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■ I 3-
L
ATTI
DELLA
REALE ACCADEMIA DEI LINCEI
ANNO CCLXXXV.
1888
SERIE CìTJ ABTA
RENDICONTI
PUBBLICATI PER CURA DEI SEGRETARI
VOLUME IV.
1° Semestre
i/a
ROMA
TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
PROPRIETÀ DEL CAV. V. SALVIUCCI
1888
III
(o 09? HA,
4- 7. ò~5T
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Classe di scienze fìsiche, matematiche e naturali.
Seduta dell' 8 gennaio 1888.
F. Brioschi Presidente
Astronomia. — Sui fenomeni della cromosfera solare, osser-
vati al R. Osservatorio del Collegio Romano nel 4° trimestre
del 1887. Nota del Corrispondente P. Tacchini.
« Ho l'onore di presentare all'Accademia una breve Nota sulle osserva-
zioni della cromosfera solare fatte al E. Osservatorio del Collegio Romano
durante il 4° trimestre del 1887. Anche queste osservazioni furono contrariate
dal cattivo tempo, e si poterono eseguire in sole 37 giornate, cioè 11 in ot-
tobre, 13 in novembre, e 13 in dicembre. Ecco i risultati di questa nuova
serie :
1
1887
Medio nu-
mero delle
protuberanze
per giorno
Media
altezza
per giorno
Estensione
media
Massima
altezza
osservata
Ottobre . .
6,3
39"0
2°1
90"
Novembre .
11,0
44,0
1,6
84
Dicembre .
8,3
44; 2
1,6
104
4° trimestre
8,65
42,6
1,7
104
« Se si confrontano questi dati con quelli del precedente trimestre (vedi
Rendiconti 13 novembre 1887), si può dire che nell'ultimo trimestre del 1887
i fenomeni cromosferici solari presentarono una lieve diminuzione, risultando
le medie del trimestre tutte inferiori di quelle del precedente. Anche in queste
serie non vi ha relazione stretta fra il fenomeno delle protuberanze e quello delle
macchie solari, perchè mentre il massimo numero diurno delle protuberanze
avvenne in novembre, in questo mese si ebbe un minimo secondario nelle
macchie. Qualche fenomeno eruttivo venne osservato in novembre e dicembre,
ma di poca importanza ».
Astronomia. — Osservazioni di macchie e f acole solari fatte
al R. Osservatorio del Collegio Romano nel 4° trimestre del 1887.
Nota del Corrispondente P. Tacchini.
« Presento all'Accademia il riassunto delle osservazioni delle macchie
e facole solari, eseguite nel R. Osservatorio del Collegio Romano durante il
4° trimestre del 1887. Le osservazioni furono un poco contrariate dal cattivo
tempo, e non si poterono eseguire che in 55 giornate, cioè 19 in ottobre,
17 in novembre, e 19 nel dicembre. Ecco i risultati:
1887
Frequenza
della
macchie
Frequenza
dei
fori
Frequenza
delle
M + F
Frequenza
dei giorni
senza
M -i-F
Frequenza
dei giorni
con soli
F
Frequenza
dei
gruppi
Media
estensione
delle
macchie
Media
estensione
delle
facole
Ottobre . .
Novembre .
Dicembre .
4° trimestre
0,90
0,88
3.37
1,75
0,37
0,82
3.31
1,53
1,27
1,70
6,68
3,28
0,47
0,47
0,16
0,37
0,00
0,00
0,00
0,00
0,70
0,71
1,21
0,88
20,21
6,41
40,10
22,82
10,53
17,30
16,84
14,19
« Paragonando questi dati con quelli del trimestre precedente (vedi Ren-
diconti 13 novembre 1887), si vede che la diminuzione nel numero delle
macchie, già accentuata nel mese di settembre, continuò in ottobre e nel no-
vembre, nei quali mesi fu anche scarso assai il numero dei relativi gruppi,
così che ad onta dell'accrescersi del fenomeno nel mese di dicembre, le medie
per il 4° trimestre 1887 relative al numero delle macchie e frequenza dei
gruppi risultano inferiori a quelle del 3° trimestre. Poca è invece la differenza
per l'estensione delle macchie e delle facole. Sono da rimarcarsi i periodi dal
6 al 17 ottobre, dal 28 ottobre al 4 novembre e dal 21 novembre al 1° di-
cembre, in cui mancarono macchie e fori ».
Matematica. — Sulle superficie d'area minima negli spasi a
curvatura costante. Memoria del Corrispondente Luigi Bianchi.
Questo lavoro sarà pubblicato nei volumi delle Memorie.
— 5 —
Fisica. — Sulla conducibilità calorifica del bismuto posto in un
campo magnetico. Memoria del Corrispondente Augusto Righi.
Questo lavoro sarà inserito nei volumi delle Memorie.
Zoologia. — Morfologia e sistematica di alcuni protozoi pa-
rassiti. Nota preliminare del Corrispondente B. Grassi.
« È mio scopo il completare in alcuni punti gli studi da me fatti sui
protozoi parassiti nel 1879, e raccolti poi in una Memoria che vide la luce
nel 1882 (Atti della Soc. Ital. di Scienze naturali, voi. XXIV). I migliora-
menti introdotti in questi ultimi anni nella tecnica microscopica e la pra-
tica maggiore da me acquistata nelle ricerche, m'invogliarono a tornare sul-
l'argomento, nonostante che dopo di me fosse stato già ripreso e nuovamente
illustrato da parecchi studiosi (Blochmann, Biitschli, Kiinstler, Fisch, See-
liger, Danilewsky).
« La forma da me descritta come Monere (?) delle Raganelle, è stata
ristudiata dal Fisch, che ne ha fatto risaltare la grande importanza morfo-
logica e l'ha definitivamente denominata Grassia Ranarum. Il Seeliger ha
invece sospettato che il nostro protozoo non fosse che una cellula epiteliale
a ciglia vibratili : è quasi inutile soggiungere che l'erroneità di una tale sup-
posizione riescirà evidente a chiunque vorrà osservare le figure e le descri-
zioni date da me e dal Fisch.
Il Danilewsky ha riveduto il Paramecioides Costatum, Grassi, e l'ha ri-
tenuto nient' altro che una varietà del Tnjpanosoma Sanguinis, Gruby. Il
Bùtschli ha cancellato il mio genere Paramecioides, facendolo sinonimo del
gen. Tripanosoma.
« Contro l'opinione del Danilewsky devo ripetere ciò che nella mia
Memoria ho già fatto risaltare :
« I. che il Paramecioides a Rovellasca si trova appena nella Rana
Esculenta, in cui è anzi comunissimo, manca cioè costantemente negli altri
Batraci (Rana Temporaria, Hyla viridis, Bufo varie specie) ancorché convi-
vano colla prima; che il Trypaìiosoma è per contrario comunissimo tanto
nella Rana Esculenta quanto negli altri or citati Batraci;
« II. che non si trovano forme intermedie tra il Tripanosoma e il
Paramecioides.
« Io poi non posso accettare la soppressione del gen. Paramecioides
proposta dal Biitschli, e ciò perchè la forma stabile del corpo e le coste o
creste, che ne percorrono la superficie in senso longitudinale, mi sembrano
caratteri di valore generico.
— 6 —
« Premesse queste brevi osservazioni critiche, passo alle ricerche da me
nuovamente istituite: esse riguardano i Monocercomonas, i Cimaenomonas
(Trichomonas), i Trìchomonas Grassi, i Plagiomonas e infine YAmoeba Coli.
« Sono già parecchi anni che io descrissi coi nomi di Joenia (niiiecteas im
Flagellato parassita del Calotermes Flavicollis; uno dei caratteri più sor-
prendenti della Joenia si è un bastoncello, che percorre l'interno del corpo
di questo Protozoo, nel senso della lunghezza, trafiggendolo talvolta da parte
a parte, e che all'avanti presenta un'incavatura per accogliere il nucleo, il
quale possiede anzi una membrana che appare aderente al bastoncello in
corrispondenza all'incavatura. Questo organo venne da me interpretato come
una sorta di scheletro interno. Nella stessa Nota io richiamava l'attenzione
sulla possibile omologia del bastoncello col cosidetto Kiel dei Trichomonas
(Sin. Cimaenomonas) e ne induceva la possibilità di far rientrare nella cla.->>'
dei Flagellati anche la famiglia delle Lophomonadine (da me stabilita per
i gen. Lophomonas e Joenia), famiglia che si trova esclusa nel sistema pro-
posto nell'opera classica del più grande conoscitore di protozoi oggigiorno
vivente, il prof. Biitschli (Brorn's Protozoa). Molte e prolungate osservazioni
mi autorizzano ora a sostenere che nei Trìchomonas, (Cimaenomonas) non
esiste, come asseriscono specialmente Biitschli e Blochmaun, - un Kiel auf
dem Korper » cioè una carena o cresta sul corpo (superficiale) ; non è una
cresta, ma bensì un bastoncello molto simile a quello della Joeaia, non è
superficiale, sibbene interno come quello della Joenia; esso sta però più av-
vicinato a quella superficie del corpo che i suddetti autori denominano obero,
che a quella che gli stessi denominano unterò, ma, ripeto, è certamente interno.
M'è d'uopo aggiungere che in certi individui, talora in tutti quelli ospitati
da un dato esemplare d'un Batracio per es., il bastoncello non è visibile,
oppure è sottile come nelle figure del Blochmann, oppure trovasi limitato quasi
alla metà posteriore del corpo. Credo che tutte queste variazioni siano ascri-
vibili alla differente età degli individui. Il bastoncello è molto sviluppato e
relativamente grosso nei Trìchomonas dei Bufo: si è negli esemplari molto
grandi che riesce facile di persuadersi che sta veramente nell'interno del corpo.
Io credo perciò ornai indiscutibile la già da me supposta omologia di questo
bastoncello con quello della Joenia: non esito quindi a ritener dimostrata
la parentela della Joenia coi Trichomonas, parentela indicata anche da altri
caratteri (nucleo ecc.).
« È possibile che il bastoncello non sia altro che il prodotto della dif-
ferenziazione della membrana del nucleo. Notevole si è anche l'analogia del
bastoncello in discorso o,o\Y Axenfaden di molti spermatozoi, i quali, com'è
noto, imitano nella loro struttura i Flagellati.
« In tutte le forme da me ristudiate, ho potuto trovare un nucleo nella
parte anteriore del corpo, anche nel Plagiomonas e nel Trichomonas Grassi
(Poli/mastice? Butschli) in cui m'era sfuggito nel 1879. Nel Trichomonas Ba-
trachorum il nucleo possiede un evidente nucleolo.
« Tutti i Flagellati da me riesaminati (eccetto il Megastoma, di cui qui
non mi occupo) si possono nutrire d'alimenti solidi in pezzi più o meno vo-
luminosi : possono assumere materie fecali dell'oste, corpuscoli amilacei, leu-
cociti, globuli rossi ecc.
« In tutti ho trovato una bocca che era già stata da me segnalata nella
Memoria precedente: riesce però molto malagevole il formarsene un'idea
esatta. Fatto sta che nei Trichomonas (Cimaenomonas) fa l'impressione di
una fessura o d'un infossamento in vicinanza all'inserzione dei flagelli: le
labbra, o pareti, delimitanti questa fessura, possono presentarsi, già sul vivo,
distaccate l'ima dall'altra, ovvero combaciantisi; e quest'ultimo è il caso più
comune, lo che spiega come l'organo in discorso sia sfuggito al Butschli, al
Blochmann ed al Kùnstler. Io credo che questa fessura esista appena virtual-
mente quando il protozoo è ben pasciuto, e venga a diventar beante quando
sta nutrendosi ; diventa beante, a mio credere, per mezzo d'un vacuolo che
compare in essa, probabilmente uscente dal fondo della fessura stessa (Mund-
stelle): questo vacuolo allontanerebbe le due labbra l'ima dall'altra e ver-
rebbe a sporgere fino al di fuori dell'apertura boccale. Esso mi apparve molto
più evidente nel citostoma del Plagiomonas e del Mono e er corno nas Insectorum.
Voglio aggiungere d'aver veduto non di rado un vacuolo boccale occupante
il grande citostoma (spazio peristomiale) del megastoma.
« Il gen. Trichomonas degli autori (Cimaenomonas) è caratterizzato
da un peculiare ondeggiamento che nella precedente Memoria io aveva at-
tribuito allo scuotersi d'un flagello originante anteriormente e rovesciato al-
l'indietro sul corpo dell'animale, del quale sorpassa la lunghezza per un
tratto maggiore o minore. Questo tratto distale appare ordinariamente spinto
da un lato rispetto all'estremità posteriore dell'animale. Il Blochmann, il
Butschli e il Kùnstler si sono persuasi che questo flagello, nella parte cor-
rispondente al corpo dell'animale, non è libero, sibbene resta riunito al corpo
stesso per mezzo di una sottilissima membrana. Anch'io ho potuto convin-
cermi che essi hanno ragione: è quindi infondata l'interpretazione data del-
l'organo ondeggiante dallo Stein e recentemente ripetuta dal Seeliger. Questo
flagello rivolto all'indietro, ancorché strappato via dal corpo dell'animale,
purché vi resti fisso in un punto anteriore o posteriore (l'osservazione riesce
facile nel T. muris), continua a vibrare. La membranella riuniente il flagello
al corpo ha un margine più lungo e uno più corto: è più lungo quello che
s'attacca al flagello, il quale descrive costantemente una linea serpentina:
è più corto quello che s'attacca al corpo dell'animale, percorrendo una
linea retta.
« Il Trichomonas Muris verso la parte media del crasso, e non di rado
anche prima, assume lo stato di riposo : in questo stato il corpo presentasi
tondeggiante, il protoplasma addensato, quasi irrigidito, i flagelli sono scom-
parsi, può restare ancora traccia del bastoncello e dell'inserzione del flagello
rivolto all'indietro, il nucleo è sempre evidente, manca una vera capsula.
Una trasformazione simile ho trovato anche nel Monocercomonas Insectorum.
« Vengo ora alla parte sistematica. Il Butschli ha adottato ben poche
linee dell'edificio sistematico da me proposto. Ora, dopo le nuove ricerche
da me fatte, mi è restata la convinzione che quello nuovo del Butschli non
può senz'altro venir preferito al mio. E infatti col sistema del Butschli XHe-
teromita (Sin. Bodo) viene ad essere in un sottordine differente (Heteroma-
stigoda) da quello (Isomastigoda) del THchomastix Bloch. (Sin. Monocerco-
monas Grassi) per la semplice ragione che il THchomastix possiede due
flagelli di più, mentre i Megastoma e le Hexamitae vengono ad essere ac-
cozzati in un medesimo sottordine (Isomastigoda) coi Trichomonas e coi
THchomastix ecc. non ostante che presentino divergenze ben più considerevoli
anche nei flagelli. V Ihteroraita {Bodo) resta in un sottordine differente da
quello del Plagiomonas (con cui presenta un'innegabile affinità) (contraria-
mente a quanto suppone il Butschli, il Plagiomonas non è affatto un Heteromita
ma trova posto tra gli Isomastigoda con due flagelli anteriori). Anche il Pa-
ramecioides e il Tripanosoma col sistema del Butschli vengono enormemente
discostati dal Polijmastix (?) e dal Trichomonas a cui pm naturalmente paiono
vicini. Non è neppur giustificata la separazione di sottordine delle Monomite
(Herpetomonas) e dei Plagiomonas. Dell'esclusione dei Lophomonas dai Fla-
gellati ho già sopra parlato.
« Il metodo della divisione dei Flagellali in semplici famiglie, metodo
da me seguito nella mia Memoria, mi sembra molto più naturale.
« Anche per quel che riguarda la nomenclatura, vado convinto che il
Butschli ha tenuto troppo poco conto delle mie proposte. Ho già detto che
non possono esser considerati sinonimi Tripanosoma e Paramecio ides, Plagio-
monas e Bodo. Io aveva fatto una famiglia speciale dei Megastomi (Mega-
stomidea) e l'aveva collocata dopo la famiglia delle Cercomonadina, della
quale l'ultimo genere era X Ilexamita. Con ciò volevo dire che il Megastoma
per un carattere sagliente (due flagelli posteriori) ricorda XHexamita, ma che
si è però ulteriormente differenziato tanto da meritar d'esser collocato in una
famiglia differente. Il Butschli invece crea la famiglia delle Tetramitine e
delle Polymastigina: a quella riferisce i Monocercomonas A Trichomonas ecc.,
a questa le Hexamitae, i Megastoma, il Polymastixì Butschli (Sin. Tri-
chomonas, Grassi). Intanto il termine Polìjmastigina è per lo meno superfluo
essendo anteriore quello di Mcgastomidea, Grassi. Ma perchè il Butschli ha
denominato la famiglia dal genere incerto Polymastix (?) Butschli? Il Poly-
maslix (?) del resto è intimo parente delle Tetramitae e dei Plagiomonas e
non ha nulla che vedere colle Hexamitae e coi Megastoma. Il gen. Tricho-
mastix Bloch., adottato dal Butschli è forse superfluo, rientrando benissimo nel
_ 9 —
gen. Monocercomonas, Grassi. Il Bùtschli infine, attenendosi alle leggi della
nomenclatura, ha respinto certi cambiamenti da me proposti, per es. quello
di Cimaenomonas, invece di Trichomonas. Io li aveva suggeriti nella ferma
opinione che fosse lecito mutare i nomi che potrebbero dare una falsa idea
dell'animale che indicano, ogni qual volta non fosse possibile che il cam-
biamento producesse confusione.
« Per comodo del lettore riproduco qui la classificazione già da me adot-
tata, con pochissimi cambiamenti. Difetti ne presenta : la famiglia Cercomo-
nadine vuol esser scissa, ma io lascio volentieri queste innovazioni a chi si
occuperà anche delle forme libere.
Fani. Cercomonadine Kent emend.
« Gen.: 1. Herpetomonas Kent (Sin. Monomita Grassi). — 2. Tripa-
nosoma Gruby. — 3. Paramecioides Grassi (Sin. Paramecium Wedl 1850). —
4. Plagwmonas 1882 Grassi (Sin. Cystomonas E. Blanch. 1886 (1). — 5. Bodo
Ehr. (Sin. Heieromita Duj.). — 6. Monocercomonas Grassi (Sin. Trichoma-
styx Bloch.). — 7. Cimaenomonas Grassi (Sin. Trichomonas Donne). — 8. Co-
sti fera Grassi 1887 (Sin. Polymastix? Bttt.). — 9. Bicercomonas Grassi
(Sin. Hexamita Dui., Giardia Kunst.).
Fam. Megastomidea Grassi 1882 (Sin. Polymastigina Biit. 1883).
« Gen. 10. Megastoma Grassi (Sin. Cercomonas Lambì 1859; Lamblia
R. Blanch. 1886).
Fam. Lophomonadìdea Grassi.
« Gen. 11. Lophomonas Stein. — 12. Jocnia Grassi.
« Riassumo brevemente le caratteristiche dei singoli generi.
1. Herpetomonas : Un solo flagello anteriore (cioè originante all'estremo an-
teriore del corpo), diretto anteriormente, nessuno posteriore.
2. Trypanosoma: Una membrana ondulante, terminante in un flagello: forma
del corpo mutabilissima.
3. Paramecioides: Come il gen. 2, ma forma del corpo costante e corpo
percorso da creste longitudinali.
4. Plagiomonas: Due flagelli anteriori, diretti anteriormente, ed uno poste-
riore (caudale).
5. Bodo : Due flagelli anteriori, uno diretto anteriormente e l'altro poste-
riormente: nessuno posteriore.
0. Monocercomonas: Quattro flagelli anteriori, tre diretti anteriormente ed
uno più lungo rovesciato all'indietro e sopravanzante l'estremità poste-
riore del corpo: nessuno posteriore.
7. Cimaenomonas: Quattro - cinque flagelli anteriori, tre -quattro diretti in
(') Traile de ZooL Medicale. Paris 1886, p. 78.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 2
— 10 —
avanti, uno rivolto all' indietro, più lungo del corpo e fissato per un
gran tratto al corpo stesso con una sottilissima membranella, nessun fla-
gello posteriore : scheletro interno fatto da un pezzo longitudinale (ba-
stoncello).
8. Costi fera: Quattro flagelli anteriori, tutti diretti più o meno nettamente
in avanti: un flagello posteriore delicatissimo: corpo percorso da coste
o creste longitudinali, quasi come nel gen. 3.
9. Dicercomonas : Quattro flagelli anteriori, tutti diretti più o meno netta-
mente in avanti : due flagelli posteriori : scheletro interno (fatto da uno
o due pezzi ?) : corpo senza una distinta cuticula.
10. Megastoma: V. Memoria speciale in corso di stampa.
11. Lophomonas: Molti flagelli anteriori, diretti più o meno nettamente in
avanti: scheletro interno fatto da due pezzi.
12. Joenia: Molti flagelli anteriori, diretti più o meno nettamente in avanti:
scheletro interno fatto da un pezzo principale (bastoncello) e da molti
piccoli accessori: metà posteriore del corpo rivestita di fine ciglia im-
mobili.
« Mi sono convinto che quei corpiccioli sporgenti che presentano le Co-
stifere e che con grande riserbo io aveva nell'altra Memoria tentato di spie-
gare come corpi tricocistomorfi, sono veramente corpi estranei (batteri) insi-
nuatisi e fissatisi con un loro estremo nei solchi tra le coste, ond'è percorso
il corpo del protozoo. Un sospetto simile era già stato avanzato dal Kunstler.
A proposito del Kunstler non ho che a dolermi dall' aver egli ridescritto nei
Comptes Reiidus 1883, parecchie forme da me scoperte senza nemmeno ci-
tarmi: egli ha fatto così nascere una confusione che il Butschli ha cercato
di togliere.
« Il sopra esposto quadro sistematico conferma, se non m'inganno, la mia
opinione sulla posizione del gen. Megastoma. L' Hexamita non è prossima al
Megastoma tanto quanto crede il Butschli : l'unico riscontro sicuro viene dato
dai due flagelli caudali: per gli altri caratteri l'Hexamita è molto più pros-
sima al Monocer corno nas, al Trichomonas ecc. (') La forma da me descritta
come Dicercomonas'? muris è veramente un Dicercomonas, e perciò lascio i
nomi Dicercomonas muris, togliendone soltanto il punto interrogativo.
« Secondo le mie nuove ricerche il Monocercomonas hominis deve mutar
genere : esso è in realtà un Ci ma enomo nas, o se si preferisce, un Trichomonas
hominis a cui restano sinonimi anche Cimaenomonas hominis (Grassi) Cercomo-
nas hominis (Dry a.ìne), Cercomonas intest inalis (Leuckart), Amoeba sp. (Lambì.)
Non ostante i dubbi sollevati dal Leuckart, dal K. Blanchard e prima di loro
(!) La forma Hexamitus inflatus Dus., quale viene ridescritta da Butschli, dev'essere
considerata rappresentante d'un nuovo gen. (Dujardinia) per la disposizione dei flagelli
e per i vacuoli contrattili.
— 11 —
dal Butschli, vado convintissimo che due sole specie di Monadine si riscon-
trano nell'intestino dell'uomo in Italia, in Francia, in Germania ed in Austria,
e cioè il Megastoma entericum (Grassi) e il Trichomonas hominis (Dav.). La
piccolezza di quest'ultimo parassita ne rende oltremodo difficile lo studio, da
ciò l'insufficienza della mia precedente descrizione. Con buone lenti ad immer-
sione ho potuto persuadermi che l'ondeggiamento verificasi in tutti gli individui;
che quest'ondeggiamento è interamente paragonabile a quello dei Trichomonas;
che il flagello ondulante si comporta come nei Trichomonas e s'estende perciò
d'un bel tratto al di là dell'estremo posteriore dell'animale; che infine esiste
un bastoncello interno pure come nei Trichomonas, ma questo bastoncello non
è visibile che di rado, talvolta appena nella sua parte posteriore, tuttociò
forse perchè gli individui in esame non sono interamente maturi.
« Eiassumo brevemente i caratteri del Trichomonas hominis Dav. che inte-
ressa la scienza medica. Corpo piriforme, ovalare, o subovalare, un po' asimme-
trico; coda più o meno spiccata, lunga talvolta quanto il corpo dell'animale, di
solito non corrispondente perfettamente al polo posteriore del corpo ; non più di
quattro flagelli anteriori e diretti anteriormente difficili a vedersi, appiccicantisi
facilmente l'uno all'altro, lunghi in generale circa una volta e un quarto la lun-
ghezza del corpo dell'animale, uguali tra loro, relativamente molto più lunghi
negli individui piccoli; citostoma (bocca) vicino all'inserzione dei flagelli; baston-
cello interno longitudinale non sempre visibile, talvolta visibile appena nella sua
parte posteriore; nucleo con nucleolo, collocato anteriormente e corrispondente
alla parte curva del bastoncello; flagello ondulante rivolto all' indietro, più grosso
di quelli anteriori e riunito al corpo dell'animale per una delicatissima membra-
nella difficilissimamente visibile. Il flagello talvolta non ondeggia benché esista e
l'individuo si locomova (alterazione ?). Notisi però che i movimenti dell'animale
rendono difficile di rilevare l'ondulamento, che perciò a tutta prima pare man-
cante negli individui che rapidamente si locomovono. Il flagello ondulante
percorre in direzione longitudinale obliqua la superficie del corpo e prolungasi
sottilissimo al di là del corpo per un tratto lungo quasi come il corpo stesso.
Lungh. mass, del corpo 10-11 ,u, largh. mass. 5-6 fi. Lo strato superficiale
del corpo è alquanto ispessito, non esiste però una cuticula distinta come nel
Megastoma. Molti individui assumono forma tondeggiante e presentansi allora
come tante sferette oscillanti e roteanti (alterazione?). Il Trichomonas hominis
viene ad esser similissimo al Trichomonas viginatis, da cui io non saprei
distinguerlo se le osservazioni del Kunstler, come si ha ragione di credere,
sono esatte.
« Il T. batrachorum e il T. Muris si differenziano dal T. hominis perchè
hanno soltanto tre flagelli anteriori (almeno io non ne ho trovati che tre),
perchè sono più voluminosi, perchè il tratto distale del flagello ondeggiante
è meno sottile, può fare un passo spirale sulla coda prima di diventar libero ecc.
— 12 —
Distinguere il T. batrachorum da quello Muris è molto difficile; può farlo sol-
tanto chi ha avuto sottocchio migliaia d'individui provenienti da differenti osti.
« V Amo eh a Coli dell'uomo si incapsula (l) precisamente come X Amo eh a
blattarum Biitschli. Le capsule a completo sviluppo contengono più o meno
numerosi (tre-sei-nove) nuclei difficilmente colorabili e circondati da scarso
protoplasma. Abbiamo trovato tutti gli stadi intermedi tra le Amoebae tondeg-
gianti e senza involucro e le capsule in discorso. Queste sono un po' più piccole
delle Amibe da cui provengono e risaltano nelle feccie perchè incolori e splen-
denti. Esse servono per fare la diagnosi dell' Amoeba Coli. Kipetuti sperimenti da
noi fatti dimostrano che se un uomo inghiotte queste capsule, riceve le Amibe,
e ne riceve probabilmente tante quanti sono i nuclei in esse contenuti. Si tratta
quindi di una riproduzione endogena; notisi che ima volta sviluppate nel-
l' intestino esse possono riproducisi enormemente per semplice scissione » .
Matematica. — Sui concetti di limite e di continuità. Nota
di E. Oesàro, presentata dal Socio Cremona.
« Una funzione f{x) manca alla continuità ogni qual volta, nel tendere
di h a zero, f{x -f- h) — f(%) ridiventa, in valore assoluto, superiore al nu-
mero f, positivo ed arbitrariamente piccolo. Più frequente è l'infrazione alla
continuità nell'intorno di x, più si è autorizzati a dichiarar grave la discon-
tinuità in x , e si capisce che discontinuità piena ed intera è soltanto quella
di prima specie, poiché le funzioni discontinue di seconda specie non abban-
donano mai una certa tendenza più o meno insistente verso la continuità.
Limitandoci a studiare ciò che accade a destra di x, supponiamo calcolata
la probabilità che l'incremento assoluto della funzione superi e nell'inter-
vallo (x , x-\-h) e facciamo decrescere h indefinitamente. Tenda verso mt{x) la
probabilità stessa, e sia:
zs(x) = lim zs-c(x).
e = 0
La funzione zs rappresenta il grado di discontinuità di f(x) in x, e si può
dire che 1 — zs ci dà la misura dell'aspirazione di f{x) alla continuità. È
necessario tener presente l'espressione di z?e, affinchè apparisca in qual modo
si è pervenuti a zs col decrescere di e . Si osservi infatti che le funzioni
continue non sono caratterizzate da zs = 0 , perchè esistono funzioni infinita-
mente poco discontinue, nel senso che srE tende a zero insieme ad é , ma
senza raggiungere il valore limite. Similmente, per le discontinuità di seconda
(') Le ricerche suH'Ànioeba Coli sono fatte in collaborazione col signor Salvatore
Calandracelo.
— 13 —
specie si potrà avere zs = 1 , senza che il valore 1 sia, come per le discon-
tinuità ordinarie, effettivamente raggiunto. Un esempio di ciò si ha nella funzione
che per « = 0 è zero, e per x^-0 è espressa da sen — . Posto £ = cos — -,
X à
con 6 compreso fra 0 ed 1 , si cerchi la probabilità che il valore assoluto
di sen— superi « nell'intervallo (0,/ì). Indicando e n n il minimo intero
superiore ad —, si ottiene:
re h
zsz = lim n y
4:8
(2*-f-l)2 — 0S
ma, per applicazione d'una celebre forinola di Eulero, la 'somma che figura
nel secondo membro si riduce facilmente a
^ 2JÌ— i-M I p/ X
log2tt-l-tf+B0i),
dove n2R(/i) tende, per n infinito, ad un limite finito. Ne segue :
zs = lim n log 2^ — 1 + 6 = e •
n=co 2n — 1 — 6
Col tendere di s a zero, 6 tende all'unità, e però zs = 1 ; ma questo valore
non è mai raggiunto effettivamente da zs-z, cosicché la discontinuità della
funzione considerata, nell'intorno di x — 0 , non è la piena discontinuità,
benché ne differisca infinitamente poco. Essa si dileguerebbe quasi per intero
se la funzione si prendesse uguale a zero nei valori irrazionali di x , oltreché
in «r = 0: si avrebbe w(0) = 0, e la funzione sarebbe quasi continua. Si avrebbe
dunque, per così dire, una discontinuità nascente.
« Si consideri ancora la funzione rappresentata da — — — per x
diverso da zero, ed uguale a zero per x = 0 . Si riconosce subito che per
essa la funzione tz{x) differisce infinitamente poco dall'unità quando x = 0 ,
e raggiunge poi effettivamente il valore 1 a destra ed il valore 0 a sinistra
di infiniti valori di x, differenti da zero meno di quantità arbitrariamente
piccole. È poi facile costruire delle funzioni che abbiano nell'intorno di x = 0
un determinato grado 6 di discontinuità. Un calcolo in tutto simile al pre-
cedente conduce a considerare la funzione <f(x), generalmente nulla, ma
uguale ad 1 nell'intervallo ( — ti , ti). La funzione espressa in generale
da (jp I sen— J , ed uguale all'unità per x = 0, è la funzione richiesta. Simil-
mente, la funzione uguale ad — — — quando questa espressione rappre-
senta un numero non superiore a 0 , ma nulla in ogni altro caso, ha, per x = 0 ,
a zer
— 14 —
una discontinuità di grado 0. Ciò è spiegato dall'esistenza di infiniti tratti
di continuità, che vengono in qualche modo a rompere la discontinuità nel-
l'intorno di x = 0, derivando essi da infinite discontinuità ordinarie, che
riconducono incessantemente la funzione al valore che deve assumere per x = 0 .
Ed è anche discontinua di grado 0, in x = 0, la funzione che per questo valore
è zero e per gli altri valori della variabile è espressa da — -\- 0 — — . Si
noti che a destra di zero la funzione è generalmente continua, pur presen-
tando discontinuità ordinarie a destra di infiniti valori di x, arbitrariamente
piccoli.
« Ancorché due funzioni siano ugualmente discontinue, si può giudicare
quale delle due aspiri meno fortemente ad avere quella determinata discon-
tinuità, studiando, per ciascuna di esse, il modo di variare di zrt , quando s
tende a zero. Così, per x = 0, il grado di discontinuità della funzione uguale
o per # = 0, ed espressa da sen (Z: sen— J quando x differisce dazerò,
è il limite, per £ = 0, di 1 — — - . Ne segue, per esempio, che mentre le
■ Ih'
funzioni espresse in generale da
sen I sen— ) , sen { - sen — ) ,
\ x 1 \il x)
hanno lo stesso grado di discontinuità in # = 0, si può dire che l'aspira-
zione della seconda alla continuità è n volte più energica dell'aspirazione
della prima. Conviene dunque introdurre, oltre il concetto del grado zs di
discontinuità, anche quello dell'intensità d'aspirazione al grado stesso, e, per
ciò che si è detto, tale intensità potrà essere convenientemente misurata dal
valore assoluto di —r1 per * = 0 .
de
« Dato un gruppo di numeri, G, sia f{x) uguale ad 1 o a zero, se-
condo che x appartiene o no a G . Già sappiamo definire la frequenza di G
a destra di x. Calcolata la probabilità che un numero del gruppo sia infe-
riore ad x , è noto che la frequenza di cui si tratta è la derivata della pro-
babilità stessa, a destra di x. D'altra parte, se f(x) = 0 , e se s è una
frazione propria, piccola quanto si vuole, è chiaro che zsz è il limite, per h = 0,
della probabilità che un numero dell'intervallo (x,x-{-h) appartenga a G,
e tale probabilità limite non differisce, come è facile vedere, dalla frequenza
testé definita. Così vediamo che il grado di discontinuità di f(x) a destra
d'ogni numero esterno a G è rappresentato dalla frequenza g(x) degli ele-
menti di G a destra del numero considerato, e si può scrivere:
zs{x) = f(x) + g(x) — 2f(x)g(x).
E noto che, se G è di prima specie, se ne possono raccogliere gli elementi
in un intervallo arbitrariamente piccolo. In altre parole, i numeri costituenti
— 15 —
un gruppo di prima specie sono infinitamente rari fra i numeri reali. Ed è
evidente che la frequenza, generalmente nulla, è infinitesima nei valori limiti.
In questi ultimi si ha dunque discontinuità di grado infinitamente vicino
all'unità o a zero, secondo che essi appartengono o no al gruppo. Anche se G
fosse di seconda specie potrebbero presentarsi circostanze analoghe. In parti-
colare, la funzione di Hankel, uguale ad 1 o a zero secondo che x è razio-
nale o no, ha la proprietà di rappresentare il proprio grado di discontinuità,
in quanto che il suo stato è infinitamente prossimo alla piena discontinuità
per valori razionali di x , :-e raggiunge quasi la continuità per ogni valore
irrazionale.
« Per poter misurare l'energia con cui una funzione aspira ad avere una
determinata discontinuità, occorre calcolare il limite, per e = 0, di — - — ;
e quando tale limite non esiste, si è obbligati a ricorrere a criterii di pro-
babilità per formarsi un convincimento morale circa la maggiore o minore
aspirazione della funzione considerata. Occorre dunque estendere ancora il
concetto di limite, ed a ciò si perviene come segue, nel caso più semplice
d'una successione di numeri, procedenti in un determinato ordine. Sia p,(x)
la probabilità che un numero preso ad arbitrio nella successione x — ax ,
x — ttì , x — as, , riesca inferiore ad e in valore assoluto, e si rappre-
senti con p il limite di ps per £ = 0. La funzione p(x) rappresenta l'inten-
sità con cui la successione ax , a2 , az , tende ad avere per limite il
numero x: essa è la misura dell'aspirazione di a» ad x. Se realmente la
successione considerata ha un limite determinato a , è chiaro che p(a) = 1,
e p(x) = 0 pe x % a . Se invece non esiste il limite di a» , per n infinito,
ciò non può impedirci di ritenere che an tenda con maggiore o minor forza
verso ciascun numero x , e nell'incertezza in cui siamo circa l'esistenza di
un limite non ci sentiamo meno propensi ad attribuire al limite stesso un
valore ben determinato, che cerchiamo di apprezzare studiando il succedersi
dei valori ax , a% , az , , col tener conto de le momentanee tendenze
verso valori preferiti, e della probabilità di riuscita che ciascuno di essi
presenta. Così ad ogni valore x si attribuisce una determinata importanza,
rappresentata da xp(x) secondo i più elementari principii del calcolo delle
probabilità. E però, immaginando che il limite atteso sia l'ammontare d'un
premio da conseguire, la media
X = 2 xp (x)
è la speranza matematica, che possiamo considerare come il valore morale
del limite della data successione, poiché X rappresenta precisamente la somma
che potremmo equamente pretendere da chi volesse sostituirci, a suo rischio
e profitto, nella ricerca del limite, considerata come caccia ad un premio.
In particolare, se il sistema dei numeri interi si può scindere in più sistemi A! ,
A2 , A3 , , in modo che an tenda ad un determinato limite U quando n
— 16 —
percorre A,- , e se j), è la frequenza di A* nel sistema dei numeri interi, è
chiaro che p(x) è uguale a zero in generale, ma p{x)=pi se ay=Xt-. Ne
segue :
A =lh A +P* K -\~lh h-\-
Si consideri, per esempio, la successione
0,1,0,2,0,1,0,3,0,1,0,2,0,1,0,4,
ottenuta prendendo an uguale all'esponente della massima potenza di 2 che
divide n . Sebbene non esista il limite di questa successione, noi potremo
dire che essa ha per medio limite l'unità. Infatti, dopo aver messo in A,
i numeri ottenuti moltiplicando per 2'-1 gli interi dispari, si vede che i
sistemi A esauriscono, senza compenetrarsi, il sistema dei numeri interi,
e si ha :
1 ...
Pi =
xi = i-i , a^yìzL.1
2l ___ 2'"
i
Ma bisogna osservare che non è sempre lecito invertire i sistemi A , e
quando le loro frequenze ed i limiti corrispondenti danno luogo a serie sem-
plicemente convergenti, occorre eseguire il calcolo di A pei primi n termini
della successione, e far poi crescere n all' infinito. È anche importante osser-
vare l'eguaglianza
lini 1 . . . . . ,
À = n = cc — («i + «2 + (h -\ f- a») ,
la cui dimostrazione è facile. Essa ci conduce a definire altrimenti il limite
d'una successione. A questa si sostituisca
«i , 4 («i + eh) , | («i -|- a2 -f- «3) ,
Se la prima successione ha un limite determinato a , anche la seconda ha
un limite X = a. Se la prima successione non ha limite determinato, la seconda
può averne uno, che si assumerà come medio limite della prima, e questa
definizione del limite concorderà con quella data in principio. Se poi la seconda
successione non ha limite determinato, se ne deduca una terza, e così via,
si avrà un mezzo di classificare le successioni di numeri, ascrivendo al
genere 0 quelle che hanno un limite determinato, al genere 1 quelle che,
non appartenendo al genere 0 . ammettono una prima successione derivata con
limite determinato; ecc. Benché queste successioni derivate tendano a dive-
nire ai ,«!,«!,... . può accadere che una successione sia di specie trascen-
dente, nel senso che, fra le sue derivate, non se ne trovi una a limite deter-
minato.
« Ritornando alle funzioni, si calcoli la probabilità che f(x) sia compreso
fra a — s ed »-{*"*, nell' intervallo (x ,x -\- h) , e si faccia tendere h a
zero. Il risultato P= tenda poi a P (x , a) , per s = 0 . Questa funzione rap-
presenta l'aspirazione di f(x) al valore a. Quando f (x) è continua per
— 17 —
x = x0 , si ha P (x0 , a) = 1 , se a = f (x0) , e P (x0 , a) = 0 per ogni
altro valore di « . In generale si converrà di considerare come medio limite
di / (x) , in x , la somma
2 = 2 a? (x , a) ,
estesa a tutti i valori di a . Riprendendo la funzione f(x) = — — —
x [_x J
è facile vedere che Ps ha, per ss = 0 , un. valore indipendente da a , se
0 = «<1, ed il valore zero se a è negativo o non inferiore all'unità. Il
medio limite di / (x) , quando x tende a zero, è dunque ~ , giacché tutti
i valori dell'intervallo (0,1) sono egualmente probabili. Si consideri ancora
la funzione — — 2 — , supponendola nulla o uguale all'unità per
x = 0 . L' intorno di zero è costituito da infiniti tratti di continuità, nei quali
si alternano i valori 0 ed 1 , egualmente probabili, cosicché P (0 , a) = \ ,
quando a è zero o 1 , e P (0 , a) = 0 in ogni altro caso. Il medio limite
della funzione, per x = 0 , è dunque | . Si osservi che la discontinuità della
funzione considerata è di grado \. Similmente la funzione — — 3 — ,
supposta indifferentemente uguale a 0,1,2, per x = 0 , ha per questo
valore una discontinuità di grado j , ed il suo medio limite è 1 . Importa
osservare che le precedenti considerazioni permettono di supplire alla mancanza
di derivata mediante il calcolo del medio limite di ciascun rapporto incremen-
tale, quando l' incremento della variabile tende a zero. È questo un argomento
sul quale ritorneremo, per occuparci altresì dell' integrazione fondata su cri-
terii di probabilità.
* Non è probabile che la nozione del medio limite sia per rendere qualche
servizio all'analisi classica, dappoiché non è sempre possibile estendere a X
le proprietà degli ordinarli limiti ; ma non vien menomata l' importanza della
nozione stessa quando se ne circoscriva l'uso alle teorie che l' hanno generata,
cioè allo studio degli eventi matematici e delle mutue distribuzioni numeriche.
Quanto alla discontinuità delle funzioni non è facile scorgere fin dove potrebbe
farsi sentire l'utilità di misurarla esattamente o in media; ma è certo che
la questione acquisterebbe alta importanza se il contegno della funzione spe-
cifica 73 da noi introdotta avesse qualche influenza su taluni essenziali fatti
concernenti le funzioni, come la derivabilità, l'integrabilità e l'esprimibilità
analitica « .
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem.
— 18 —
Matematica. — Forinole relative al moto d'un punto. Nota
di E. Cesàro, presentata dal Socio Cremona.
n Due forinole (l) del prof. Siacci, relative al moto d'un punto in un
.piano o nello spazio, furono dimostrate dal prof. Cerniti mercè la teoria dei
complessi (2). Ora noi vogliamo estendere le forinole stesse al caso d'una tra-
jettoria n — 1 volte curva, mostrando che esse restano indipendenti dalle cur-
vature esteme al nostro spazio. Un punto 0 , fisso nello spazio ad n dimen-
sioni, in cui si muove M , si projetti in Of sul piano che oscula, in M , la
trajettoria (M) , e siano rispettivamente E , ¥ , le componenti dell'accelera-
zione secondo O'M e la tangente ad (M) , in M. Siano r,l,p, le distanze
di 0' ad M , alla normale principale, alla tangente. Poiché le componenti
v2 vdv
dell'accelerazione secondo queste ultime rette sono — , —r- , si vede subito che
q ds
_ /' if_ „ vdv l v2
P Q ds J) Q
Ponendo pò uguale ad una funzione arbitraria T , la prima forinola diventa
E-4..-5-.
f Q
Per trasformare la seconda ricordiamo anzitutto che, in virtù delle forinole
fondamentali della Geometria intrinseca delle curve, da noi recentemente sta-
bilite (3), si ha, per l' immobilità di 0 ,
US Q Qi
essendo q la projezione di OM sulla binormale principale, e Qi il raggio di
torsione. Dunque
_ rdn , / ilp ( q \ y% _ v_ d (pv) , _j?_ v%
Jdp q \ V2 _ V
T\ds "■" Qx ì p p
()
ds ' \ ds Ci / p p ds p
ovvero
p% ds 2ji ?i
È questa la seconda forinola cercata. Si osservi che occorrono n relazioni per
fissare 0 nello spazio, e quella da noi adoperata basta soltanto ad esprimere
che 0 non può spostarsi parallelamente alla normale principale di (M) . Ne
segue che 0 può, ad ogni istante, arbitrariamente muoversi in un determinato
spazio ad « — 1 dimensioni, senza che ne soffra l'esattezza delle due formole
(!) Atti dell'Accademia delle Scienze di Torino, t. XIV
(2) Accademia dei Lincei, Transunti, 1879.
(3) Annali di Matematica, 1888.
— 19 —
stabilite. Così, per esempio, quando il moto ha luogo in un piano, le for-
inole sussistono per due punti animati da velocità parallele, potendosi inoltre
assumere come 0 l'uno o l'altro dei punti stessi».
Ottica matematica. — Le lamine sottili anisotrope colorate
nella luce polarizzata parallela. Nota dell' ing'. Carlo Viola, pre-
sentata dal Socio Blaserna.
GENERALITÀ
« I fenomeni, che si ottengono quando si analizza la luce polarizzata, la
quale attraversi una lamina anisotropa (non isotropa, eterotropa) non assor-
bente, sono stati trattati spesso, anche matematicamente : un ultimo lavoro
completo è di A. Bertin (1). Non è invece stato considerato il caso se la la-
mina assorbe la luce. A riempire questa lacuna tende la presente Memoria.
« Se una lamina assorbe la luce, essa ci apparisce colorita, e se è ani-
sotropa, può apparirci dicroica. L' intensità dei colori, di cui è composta la
luce bianca (solare) possiamo rappresentare colle ordinate di una curvilinea,
la quale presenta il suo massimo nel colore giallo, e tocca l'asse delle ascisse
negli estremi del rosso e del violetto. L'area racchiusa da questa curvilinea
e dall'ascisse è dunque Y intensità della luce bianca, che vogliamo assumere
eguale ad uno. L'intensità di un colore qualunque sia rappresentato dal
segno k2, essendo k l'ampiezza d'oscillazione eterea nello spazio vuoto. Avremo
per definizione : 2k2 == 1 .
* Per ogni direzione del raggio luminoso in una lamina anisotropa (ad
uno o a due assi ottici) le oscillazioni dell'etere si decompongono in due dire-
zioni determinate, e variano, in tesi generale, da colore a colore ; queste due
oscillazioni sono tra loro perpendicolari ed individuano i piani di polarizza-
zione della luce. Oscillando l'etere in uno o nell'altro di questi due piani,
l'assorbimento della luce nella lamina anisotropa sarà differente, e varierà
pure per ciascun colore. Vogliamo indicare con 1 — m2 e con 1 — n2 i coeffi-
cienti generali d'assorbimento pel colore la cui intensità è k2, e ciò relativa-
mente ai due piani di polarizzazione, di guisa che dopo il passaggio della
lamina l' intensità k2 diverrà m2 k2 ovvero n2 k2 secondochè il raggio esce
polarizzato a seconda di una o dell'altra direzione (è ordinario o straordinario);
se nell'esperienza si fa uso della luce bianca, essa passerà la grossezza della
lamina colle intensità rispettive 2m2 k2 e 2n2 k2, e la sua intensità totale sarà
quindi 2m2 k2 -f- Iti2 k2.
« Ora prendiamo a sviluppare le forinole relative all'interferenza della luce
pel caso più generale contemplato da Bertin: un raggio monocromatico di
(') Ueber die Farben von Krystallplatten in clliptisch polarisirten Lichte, von A.
Bertin in Paris. — Zeitschr. f. Kry stali, u. M'uier. herausg., v. P. Groth, volume V, p. 36, 1881.
— 20 —
intensità k- e di lunghezza d'onda X nello spazio libero, si polarizza linear-
mente nel Nicol polarizzatore, attraversa una lamina di mica di \ d'onda
(affine di assumere la polarizzazione ellittica), attraversa indi la lamina sottile
di un cristallo anisotropo senza cambiare direzione, infine attraversa un Nicol
analizzatore combinato con una mica di \ d'onda luminosa. Per passare dal caso
generale ai casi speciali, avremo da sopprimere l'una o l'altra delle due miche
od anche ambidue per avere il caso il più semplice.
« Per ottenere l'espressione generale dell'intensità della luce nell'analiz-
zatore, non seguiremo tutto lo sviluppo datoci da Bertin; ci basterà di rias-
sumerlo e di introdurvi le varianti, che sono relative ai coefficienti m e n, e
poscia estenderemo le nostre considerazioni all' interpretazione delle formole
pei singoli casi sperimentali. Per direzione di una lamina anisotropa inten-
deremo sempre quella di estinzione tra i Nicol incrociati, e colla voce Nicol
intenderemo semplicemente i piani di polarizzazione e d'analisi di cui è for-
nito il microscopio. Denotino:
ce l'angolo che la direzione della prima mica fa col Nicol polarizzatore,
<p l'angolo che la direzione del cristallo fa colla direzione della prima
mica ;
ip l'angolo che la direzione del cristallo fa colla direzione della 2a mica e
/? l'angolo che quest'ultima racchiude col Nicol analizzatore.
« Per semplificare diciamo :
sen a = a cos a = a ,
sen (p = v cos g> = Vi
sen \p = u cos \p — ux
sen /? = b cos fi = bi .
« Per ottenere l'ampiezza della luce nel Nicol analizzatore, avremo da
decomporre dapprima quella nel polarizzatore a seconda delle due direzioni
della prima mica, indi ciascuna di queste nelle due direzioni della lamina
anisotropa e cosi via fino a raggiungere il Nicol analizzatore, ove le ampiezze
normali ad esso non si tengono in conto. Ciò posto è facile vedere che in
seguito a questa decomposizione si ottengono otto ampiezze nel Nicol analiz-
zatore con ritardi diversi ; a due a due però essi sono eguali, e quindi le
ampiezze rispettive possono essere sommate senz'altro. Con ciò si ottengono
le seguenti quattro ampiezze coi ritardi corrispondenti :
P = m/c (a b ih Vi — d\ bx u v) col ritardo o
X
Gr = mk (a bx u Vi — eh b U\ v) » -r
B. = nk {a\bxU\V\ — abuv) » à'
X
K = nk (ablrrl v — axbtiv^) » <H~~7' '
— 21 —
Ove <$ è lo spessore relativo (cioè spessore ottico) della lamina, ossia il prodotto
del suo spessore reale J per la differenza massima o — e di due esponenti
di rifrangenza per la data direzione del raggio luminoso.
« Ognuna delle quattro ampiezze sopra notate è ancora decomponibile in
due : l'ima avente il ritardo nullo, l'altra ~ d'onda. Le ampiezze relative
allo stesso ritardo di moto possono essere sommate, sicché ci risultano le due
seguenti :
(■ A'
X = F -f- H cos 2rt -r- — K sen 2rr —
Y = G + H sen 2/r -j + K cos 2/r -y •
« Un'ulteriore decomposizione non è possibile per modo che i ritardi
siano eguali tra loro, per conseguenza l' intensità della luce sarà /=X2-f-Y2 (l)
vale a dire :
/ = (F2 + G2+H2 + K2) + 2(FH4-GK)cos2/r|+2(GH— FK)sen2^. (1
« Per semplificare introduciamo :
sen 2« = A cos 2a = A!
sen 2/? = B cos 2/? = B,
sen2(/> = U cos2«/>=U1
sen 2y> = V cos 2y> = Vi
« Fin qui lo sviluppo condensato di A. Bertin. In seguito dobbiamo tenere
conto dei coefficienti m, n; non ci soffermiamo però alle riduzioni di genere
elementare, diamo senz'altro i valori delle tre quantità in parentesi, che pren-
dono parte a formare i; essi sono:
F» -f G2 + H2 + K2=^ (1 — B'U, - A^t + Ai B, U^,) +
4
ri
+ -|- (1 -f BìTJì + A^ + A! Bt UiV,) ,
2 (FH + GK) = ^ (AB — UVA, B,) ,
ed infine
2 (GH— FK) = \ 1 AU[m2 (Bx + V.) + *« (Bx — V,)] +
+ BV [m2 (A! + Ux) + n- (Ax — Ux)] 1 ■
(') Ciò si dimostra facilmente, vedi tuttavia: F. Neumann, Theoretische Optlk, p. 18.
Leipzig, 1885.
— 22 —
« Per conseguenza l'espressione dell' intensità della luce polarizzata ellit-
ticamente sarà :
m2[l— BxUx— À! V1+A1B1UIV,]+»1 [1+BxU^A! V,+A M!i*&
+ mn [AB— UVAiB,] cos 2tc —
W2
: ' + $ AU[m2 (Bt + V,) + # (B,— V,)] +
+ BV [w2 (At -fUO + ^2 (A! — U,)] sen 2n —
Discussione dell'equazione generale.
I Caso. La luce è polarizzata lineare.
1. Luce monocromatica.
« Chiamiamo con 0(0 — <p-\-\p -f- «) l'angolo, che l'analizzatore fa col
polarizzatore e manteniamo ad a il suo primo significato; l'espressione per
l'intensità della luce nell'analizzatore lineare sarà :
ii = k* \_m cos « cos ( 0 — a) — n sen a sen ( 0 — a) ~^-\- (3
2
-f- #»«#* sen 2a sen 2(0 — «) sen2 n — •
« Dando all'analizzatore im quarto di giro, ossia facendo 0-J-9O0 in luogo
di 0, per l' intensità della luce avremo :
i% = k2 1 m cos a sen (0 — a) -\- n sen a cos(0 — a) | — (4
— »2/zA-2 sen 2a sen 2 ( 0 — a) sen2 7r -y •
« La somma di i, e it è :
f = e'i + /2 = #2 (w2 cos2 a -}- n2 sen2 «) . (6
« Vale a dire:
I. La somma delle intensità di un colore nell'analizzatore,
per due posizioni normali di questo, è eguale alla inten-
sità del colore prima di attraversare l'analizzatore.
« Supponiamo che lo spessore relativo ó della lamina anit-otropa sia eguale
ad un numero intero d'onda ; le intensità del colore per le due posizioni nor-
mali dell'analizzatore saranno in tal caso :
ii — A'2 [m cos a cos (0 — a) — n sen a sen (0 — «) ]2 ì
h = k2 \_m cos a sen (0 — «) -f- n sen a cos (0 — «) ]2 )
« Questa condizione si raggiunge per una grossezza qualunque della lamina
e per un qualunque colore, quando vi si sovrapponga una lamina di quarzo
(o di un'altra sostanza anisotropa) tagliata a bietta e non normalmente
all'asse di simmetria.
«Se 0 = 90°, sarà: ix = k2(m~n Vsen22« . (7
(6
— 23 —
« L' intensità ìx in questo caso non può annullarsi che per due soli valori
di a cioè : per a = 0 e a = 90°. Essa invece è sempre nulla per m = n .
Quindi :
IL Se si introduce tra i Nicol incrociati una lamina aniso-
tropa in una direzione intermedia, e vi si fa passare
sopra parallelamente un cuneo di quarzo: se è possibile
ottenere l'estinzione completa, adottando la luce mono-
cromatica, la lamina è monocroica, se no è dicroica.
« Se 0 = 0, l' intensità sarà : », = k2 (m cos2 a-\-n sen2 a)2. Vale a dire:
in questo caso l'oscurimento non sarà mai possibile per un arbitrario valore
di « se m ed n sono differenti da zero.
« Se 0 < 0 < 90°, l' intensità i della luce potrà annullarsi quando sia
soddisfatta la condizione :
— = tg a . tag (0 — ce) ; quindi : (8
III. Assumendo per 0 un valore compreso tra 0° e 90° e gi-
rando la lamina nel suo piano fino a tanto che vi sia
l'oscurimento della luce, l'espressione superiore ci de-
termina il grado di dicroismo di un cristallo.
2. Luce bianca.
« Facendo uso nell'esperienza della luce bianca, otterremo l' intensità
della luce nell'analizzatore per due posizioni normali di questo, dando a k,
m, n, ó e A tutti i valori possibili dall'estremo rosso all'estremo violetto, e
quindi facendo la sommatoria di tutte le singole intensità luminose della
forma 3 e 4, che così risultano. Avremo :
Ij = 2k2 [m cos a cos (0 — a) — n sen a sen (0 — a)]2 -\~ \
* I
-f- sen 2a sen 2 (0 — a) 2mnk2 sen2 m -yf I
I2 = 2k2 [m cos a sen (0 — «) -\- n sen a cos (0 — «) ]2 —
— sen 2a sen 2(0 — a) 2mnk2 sen2 n —
(9
« A rigore, l'angolo a è pure variabile se la lamina anisotropa appartiene
ad un cristallo a due assi ottici, ma però in via d'approssimazione è permesso
di ritenerlo costante, e di introdurre nell'equazione un valore medio. Quindi:
IV. Le immagini sono colorate.
« Facendo la somma di li e I2, intensità della luce nell'analizzatore
corrispondenti a due sue posizioni normali, avremo :
I = Ij -j- I2 == 2k2 (m2 cos2 a -f- n2 sen2 a), quindi : (10
V. Sommando l'immagine di una lamina colorata monocroica
o dicroica coli' immagine per una posizione di 90° del
— 24 —
Nicolanalizzatore si ottiene perrisultatoil colore della
lamina osservata senza l'analizzatore; ovvero :
Le immagini d'interferenza di una lamina anisotropa
assorbente per due posizioni normali del Nicol analizza-
tore sono supplementari nel colore proprio della lamina.
« È interessante per la pratica di dare all'angolo a alcuni valori particolari.
«Se a = 0°, si avrà: ^ = cos2 02m2k2 \
I2 = sen2 QIm2k2 I
« Se a = 90° » Ix = cos2 Q2n2 k2
l2 = sen20^2/t2 ;
« Quindi :
VI. Se la direzione della lamina è parallela al Nicol pola-
rizzatore, e facendo uso di luce bianca, si gira il Nicol
analizzatore di 90°, l'immagine cambia bensì di inten-
sità ma non di colore. Se invece si tengono fermi i due
Nicol e si dà alla lamina un quarto di giro, l'immagine
varia di colore se la lamina è dicroica, non varia se è
monocroica.
« Se 0 — u = 0 , sarà : It = co$2Q2rn2k2
l2 = sen20^2/j2
« Se 0— « = 90° » I, = cos*©2»8 &
I, = sen20^2 k2
« Quindi :
VII. Se la'direzione della lamina è parallela al Nicol analiz-
zatore, e facendo uso di luce bianca, si gira l'analizza-
tore di 90°, l'immagine cambia di colore se la lamina è
dicroica, non cambia se è monocroica, al contrario, dando
alla lamina un quarto di giro, l'immagine varia bensì di
intensità ma non di colore.
II Caso. La luce è polarizzata circolare.
1. Luce monocromatica.
« E cioè possono darsi tre combinazioni : o la luce si polarizza circolar-
mente, o la si analizza circolarmente ovvero infine la si polarizza e la si
analizza circolarmente. Le due prime sono le più interessanti pel dicroismo.
« a) La luce subisce la polarizzazione circolare solo all'entrata. Basta
porre « = zt 45° e /? — 0 , onde si ha :
a=±a2, b = 0, &,=*!} é==a=l, A, = 0, B = 0, Bt = 1;
quindi le intensità della luce per polarizzazione destrogira e levogira saranno :
4i = in2 k2 (1— Ui)+ n2 k2 (1+UO =t U/,-2 [m^l+VO-W^l— Vx)] sen2 n-j
— 25 —
ossia facendo alcune riduzioni ed introducendovi i seni e coseni :
21 = k2 (m2 sen2 tp -\-n2 cos2 </') =t sen 2^/ (m2 cos2#> -f- #2 sen2y) sen 2/r — (13
A
ove <f-t:45 è l'angolo che la direzione della lamina fa col Nicol polariz-
zatore, e tp l'angolo che la direzione della lamina racchiude coli' analizzatore.
È evidente che se i coefficienti m, n fossero tra loro eguali, l'intensità i non
dipenderebbe dall'angolo <j. Quindi :
Vili. Girando il polarizzatore circolar e(') comunque si voglia,
l'intensità della luce monocromatica non cambia se la
lamina è monocroica, cambia invece se essa è dicroica.
« b) La luce subisce la polarizzazione circolare solo all'uscita. Basta
porre ce = 0 e (ì = =*= 45, onde si ha :
a = 0 , ax — 1 , b^^zb,, A == 0 , A, = 1 , B = et 1 , Bi '= 0;
quindi le intensità della luce monocromatica per polarizzazione destrogira e
levogira saranno :
U = k2m2 (1— Vi) -f n2k2 (1+V,) + V [in2 (1 -f UO -f n2 (1— TJi) ] A2 sen2^^,
ossia facendo alcune riduzioni ed introducendovi i seni e coseni :
2i = m2k2 sen2^ -j- n2 k2 cos2</> =t sen 2^ (m2 cos2ip -j- «2 sen2^) k2 sen 2;r -r • (14
A
« Questa combinazione è analoga alla precedente, cioè : se i coefficienti
m, n sono eguali, l' intensità del colore non varia se gira l'analizzatore. Quindi :
IX. Tenendo fermo il polarizzatore lineare e girando l'ana-
lizzatore circolare quanto si voglia, l'intensità della luce
non varia se la lamina è monocroica, varia invece se è
dicroica.
« Sono anche interessanti i casi particolari quando sen 2/r — è zero ,
A
vale a dire quando la grossezza relativa della lamina anisotropa è identica-
mente eguale ad un numero intero d'onda luminosa.
X. Girando comunque si voglia il Nicol con polarizzazione
circolare rispetto al Nicol con polarizzazione lineare,
l'intensità del colore non varia mai se la lamina è mono-
eroica, varia invece se è dicroica.
2. Luce bianca.
« Anche qui è interessante di considerare le due combinazioni sepa-
ratamente.
« a) La luce bianca si polarizza circolarmente solo air entrata. Per
avere l' intensità della luce nell'analizzatore basterà sommare tutte le intensità,
(') Per Nicol circolare si intende un Nicol ordinario fornito di una mica di | d'onda
ed in posizione di 45° col Nicol.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 4
— 26 —
che si ottengono dalla equazione (13) introducendovi tutti i valori possibili di
/;, m, n, à e l per la luce bianca. Chiamando questa intensità con I, avremo
per le due posizioni normali della mica :
j
2l=2k2 (m2 sen 2ip -\- n2 cos2(p) =t sen 2ìp2k* (m2 cos2^-f-»2 sen2^) sen 2n T (15
« Da cui si ricava senz'altro :
XI. L'immagine è colorata.
XII. I colori delle immagini che si ottengono nell'analizza-
tore, polarizzando la luce d'entrata circolarmente levo-
gira e destrogira, sono supplementari nel colore proprio
della lamina.
XIII. Se si gira comunque si voglia il polarizzatore circolare,
l'immagine non cambia di colore se la lamina è mono-
croica, cambia invece se essa è dicroica.
« b) La luce bianca si •polarizza circolarmente solo all' u trita, cioè
nel Nicol analizzatore. Qui si otterranno, in analogia coll'equazione (15)
le seguenti intensità della luce nell'analizzatore con polarizzazione circolare
destrogira e levogira :
j
21 = 2fc* (m2 sen2<p -j- «2cos2^) _£ seiì2(f2k2 (m2 cos2t/' -f- n2 sen2(//) sen 2n - ;
da cui senz'altro si ricava:
XIV. L'immagine è colorata.
XV. I colori delle immagini che si ottengono nell'analizza-
tore, polarizzando la luce d'uscita circolarmente levo-
gira e destrogira, sono supplementari nel colore proprio
della lamina.
XVI. Se si gira comunque si voglia l'analizzatore circolare,
l'immagine non cambia mai di colore se la lamina è mo-
nocroica, cambia invece se essa è dicroica.
« Tutte queste proposizioni hanno qualche importanza nell'analisi delle
rocce ; la VII e la XVI ci forniscono il mezzo di riconoscere se un cristallo
è monocroico o dicroico, l'ultima proposizione senza alcun inconveniente.
« Il metodo che si segue generalmente in tale ricognizione consiste in
ciò: di levare il Nicol analizzatore e di far girare o il Nicol polarizzatore
ovvero la lamina sottile sul piatto del microscopio. In ambedue i casi vi
sono degli inconvenienti : intanto, dando alla lamina ima diversa posizione
rispetto al polarizzatore, le linee di sfaldatura, le fenditure, i corpuscoli in-
clusi ecc., fanno sì che la luce trasparente ci apparisca diversa secondochè
essa sia polarizzata nell'entrata in un piano o nell'altro; in secondo luogo
girando il polarizzatore, diversa luce si riceve dallo specchio del microscopio,
la quale è composta di due parti : di luce polarizzata linearmente e di luce
normale; inoltre girando il polarizzatore, l'osservatore si fa ombra colle dita,
— 27 —
di guisa che anche per questa ragione semplice si osservano delle intensità
variabili ; di più girando il piatto del microscopio, ci appariscono le diverse
variazioni che la luce riflessa produce sulla superficie della lamina. In terzo
luogo non sarebbe raccomandabile, per le cose note e dette, di togliere il Nicol
polarizzatore e di sostituire in sua vece il Nicol analizzatore. Applicando la
XVI proposizione, che abbiamo dato, tutti codesti inconvenienti spariscono
perchè tutte le disposizioni nel microscopio rimangono inalterate, solo il Nicol
analizzatore gira nel suo asse verticale senza che diversa quantità di luce,
di variabile intensità e diversamente disposta rispetto alle singolarità della
lamina giunga all'analizzatore, se non per il solo effetto del dicroismo della
lamina sottile.
« Eimangono a considerare la 3a combinazione ossia : luce polarizzata cir-
colarmente all'entrata e all'uscita, ed infine considerare il caso quando la luce
è polarizzata ellitticamente in tre combinazioni diverse. La nostra discussione
fermiamo qui : in primo luogo perchè l'ulteriore ha molta analogia colle cose
dette, in secondo luogo perchè l'espressioni per l'intensità della luce sono
più complicate, e non offrono dei dati semplici per il dicroismo dei cristalli » .
Astronomia fìsica. — Le protuberanze solari nei loro rap-
porti colle variazioni del magnete di declinazione diurna. Nota
del prof. P. M. Garibaldi, presentata dal Corrispondente Tacchini.
« La notissima corrispondenza fra i massimi e i minimi di macchie solari
e i massimi e i minimi del magnete di declinazione diurna messa in evidenza
anche nei particolari, in una nostra comunicazione (') nella quale si paragona-
vano i valori assoluti mensili delle due serie, subì una notevole anomalia negli
anni 1885-86 che merita di essere segnalata perchè lascia supporre che, oltre
le macchie, vi siano altre espressioni dell'energia solare che possano influire
sopra l'ago di declinazione e regolarne l'amplitudine dell'oscillazione diurna.
« Dalla Nota sopra citata risulta che l'ultimo periodo di macchie solari
e variazioni declinometriche diurne coincideva, con un minimo comune, nel
giugno del 1879 e che terminava, con un maximum, nel maggio 1884 per
i valori di macchie e nel giugno successivo per quelli declinometrici : nei mesi
compresi fra questi estremi l'andamento dei termini delle due serie è quasi
parallelo e sincrono, tranne pochissime eccezioni, come appare dal t quadro
numerico e dal diagramma in quella Nota riportato.
« Dal giugno 1884 in poi i valori delle variazioni diurne e quelli delle
macchie andarono diminuendo, come lo faceva prevedere il cominciamento
del nuovo periodo, toccando un primo minimo in aprile 1885 quelli di decli-
nazione e in marzo quelli di macchie; senonchè mentre queste ripigliavano
. (') Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, Classe di scienze fisiche, matematiche
naturali. Seduta del 6 dicembre 1885.
— 28 —
un leggiero aumento fino a luglio, per poi continuamente diminuire fino ad
oggi, le variazioni magnetiche diurne crebbero straordinariamente sino a set-
tembre 1885 toccando un valore di 113,12 superiore a quello del maximum
periodico del giugno 1884 che era rappresentato da 111,26; inoltre nel mentre
il numero dei gruppi di macchie andava sempre diminuendo, meno una sta-
zionarietà nei mesi di marzo, aprile maggio e giugno 1886, i valori declino-
metrici ripigliavano sensibilmente nel dicembre 1885 fino all'aprile 1886,
epoca in cui raggiunsero il valore di 110,70, poco inferiore a quello notato
nel giugno 1884 nel tempo della ricorrenza del periodo undecennale.
« Dal sopra esposto si vede che i due massimi declinometrici, molto spic-
cati, che si riscontrano nel settembre 1885 e aprile 1886, non hanno la loro
base e riscontro in quelli di macchie solari le quali, per conseguenza, non
possono ritenersi come unici fattori da cui dipenda l'ampiezza della variazione
diurna dell'ago calamitato, la quale perciò, deve risentire l'azione di altro o
altri agenti.
« E questo dubbio è anche confortato dalla considerazione che se le va-
riazioni declinometriche diurne fossero solo, o principalmente, funzioni di
macchie solari, dovrebbero presentare una qualche ragione di grandezza con
queste, nel mentre, tal fiata, si verifica il contrario ; così per esempio si vede
che il maximum magnetico (periodico) del 1884 rappresentato da 111,26 è
accompagnato da un maximum (pure periodico) di macchie misurate da 722,82,
mentre nel 1885 il valore declinometrico massimo 113,12 ha per riscontro
un sistema di macchie solari misurato da 260,30.
« Fra le varie espressioni dell'energia solare quella che ci parve, con
maggiore probabilità, più atta ad influenzare il declinometro, fu quella delle
protuberanze, specialmente in causa degli elementi fisici onde sono costituite.
« A questo proposito instituimmo una serie di calcoli, i quali ci fornirono
opportuni elementi per confrontare, con un'unità di criteri, declinazioni ma-
gnetiche diurne, macchie e protuberanze solari.
« Le basi di questi calcoli sono comuni a tutte tre le serie di fenomeni,
i quali perciò riescono perfettamente paragonabili.
«. A). Dai valori declinometrici diurni si dedussero quelli di mese e per
mettere in evidenza l'influenza dei singoli, il valore d'ogni mese è rappresen-
tato da quello notato nella serie ottenuta dalla somma di dodici mesi suc-
cessivi: nel quadro seguente sono notati sotto la lettera V.
u B). I valori delle macchie sono calcolati egualmente, però si tenne
conto del numero dei gruppi di macchie G e della loro estensione E : il va-
lore mensile GXE risulta egualmente dalla somma di dodici mesi successivi.
« C). I dati per le protuberanze sono dedotti egualmente ; anche a ri-
guardo di esse si tenne a calcolo la loro altezza media mensile A e la loro
estensione parimente media mensile E e i rispettivi valori di mese sono dati
da AXE, come sopra, calcolati.
— 29 —
« Gli elementi per le macchie sono desunti dalle osservazioni fatte dal
sig. Tacchini al Collegio Romano e notate nella Memoria degli spettrosco-
pisti italiani; quelli delle protuberanze furono tratti da osservazioni fatte a
Palermo dal sig. Ricco e da Tacchini a Roma e registrati nelle Memorie anzi-
dette ; le variazioni declinometriche sono quelle fatte regolarmente ogni giorno
nell'Osservatorio dell'Università di Genova.
« I valori GXE, V, EX A sono notati nel seguente quadro numerico A
che comprende il sessennio 1882-87.
Quadro A.
1882
1883
1884
GXE
V
EX A
GXE
V
EX A
GXE
V
EXA
Gennaio ....
Febbraio . . .
Marzo
Aprile
Maggio ....
Giugno ....
Luglio
Agosto ....
Settembre . . .
Ottobre ....
Novembre . . .
Dicembre . . .
. 129,22
. 135,12
. 145,93
. 182,72
. 199,91
. 195,95
. 172,24
. 179,78
. 175,69
. 174,83
. 164,09
. 162,27
101,76
101,90
101,86
103,58
106,30
104,70
103,08
102,67
101,96
102,09
103,54
102,61
111,44
108,65
109,01
110,17
111,09
110,98
106,61
107,11
106,83
109,12
113,25
113,64
167,57
159,59
146,77
140,31
128,23
181,16
271,14
285,31
326,34
408,40
473,79
522,81
104,22
103,24
103,72
103,69
101,38
102,30
103,47
103,38
104,01
105,69
104,76
105,05
111,80
112,66
116,25
122,03
127,59
134,65
138,10
137,19
137,31
138,84
139,33
143,44
553,74
594,44
661,05
682,78
722,82
678,77
601,97
604,12
574,01
492,11
436,82
396,28
105,38
107,89
109,99
110,56
111,07
111,26
110,54
109,54
109,33
108,34
108,49
109,13
143,38
148,58
154,62
155,20
151,52
173,11
173,04
174,22
175,46
169,89
169,97
166,26
i
1885
1886
1887
GXE
V
EX A
GXA
V
EXA
GXE
V
EXA
Gennaio ....
Febbraio . . .
Settembre . . .
Novembre . . .
Dicembre . . .
. 354,12
. 342,57
277,82
286,54
217,47
259,16
. 276,95
267,77
. 260,32
249,41
. 241,16
. 232,77
107,90
105,29
103,03
101,55
104,38
106,10
109,75
113,05
113,12
111,55
110,70
109,37
163,81
162,88
151,16
144,70
142,78
118,46
122,71
130,73
137,05
146,41
160,27
161,80
228,88
203,19
211,67
211,07
178,82
125,28
94,47
83,14
! 69,13
61,05
58,95
57,85
110,50
110,19
110,48
110,70
109,68
107,64
105,15
102,77
100,38
100,72
100,41
101,20
161,21
162,27
164,64
160,54
160,97
156,11
149,83
140,72
131,07
125,78
107,26
102,59
54,07
52,68
35,42
27,63
22,69
21,07
15,91
15,98
14,13
100,58
100,42
98,74
98,01
97,22
96,70
97,41
97,96
98,86
97,15
96,62
100,22
92,02
90,15
91,35
88,86
88,63
— 30 —
« Per mettere in migliore evidenza l'andamento dei valori suddetti si co-
strusse il seguente diagramma B.
Diagramma B
Variazioni V
Protuberanze ExA
Macchie G X E
« Dall'analisi dei valori numerici e dal movimento delle curve si vede
che quella di V e GXE procedono armonicamente fino e durante il primo tri-
mestre 1885, dopo del quale cessano di essere concordanti e, in certi tempi,
sono opposte: così per esempio, ad un maximum declinometrico di aprile 1886
corrisponde un minimum di macchie in marzo dello stesso anno ; inoltre ad un
maximum assoluto di energia magnetica, che non ha riscontro negli ultimi
15 anni, svolgentesi nel secondo trimestre e specialmente nel settembre 1885,
corrisponde una grande debolezza in quanto a macchie solari.
« Considerando ora i valori EXA del quadro numerico A tradotto grafica-
mente nel diagramma B si vede che la curva delle protuberanze solari ha,
nel suo insieme, un andamento che corrisponde alle altre due fino alla metà
del 1885, colla differenza che i valori non si muovono sincroni e quelli delle
protuberanze sono alquanto in ritardo.
« Dopo il primo semestre 1885 le macchie sono in continua e sensibile
diminuzione mentre, invece, la curva rappresentante le protuberanze solari è
in marcatissimo aumento come quella delle variazioni declinometriche diurne;
e questo potrebbe dimostrare che l'azione delle protuberanze sull'ago è analoga
— 31 —
a quella delle macchie, e che talvolta l'indebolimento dell'energia solare
(in quanto a macchie) può essere compensata o rimpiazzata da quella prove-
niente dalle protuberanze solari.
« Da ciò conseguirebbe che il movimento diurno dell'ago non può più
essere definito tenendo solo a calcolo le macchie, ma che nello studio delle
amplitudini declinometriche di giorno, debbano anche considerarsi le azioni
che possono produrre le protuberanze dell'astro, la natura delle quali è spe-
cialmente e direttamente annoverata fra quelle che influenzano maggiormente
le condizioni elettriche del cosmos » .
Fisica terrestre .- Il terremoto di Firenze del 14 novembre 1887.
Nota del prof. Carlo Marangoni, presentata dal Socio Blaserna.
« 1. Benché il terremoto avvenuto a Firenze il 14 novembre p. p. non
abbia prodotto alcun danno materiale, pure è importante per la sismologia di
riferirne qui alcuni interessanti particolari.
« La prima scossa, che si verificò alle ore 6,48 ant. (tempo medio di
Eoma), parve in Firenze forte, sussultoria e brevissima; essa fu seguita da
5 o 6 oscillazioni, lente, orizzontali, della durata in tutto di 5 a 6 secondi.
« Pochi momenti avanti la prima scossa, fu udita una forte romba, simile
al rumore del vento in principio, che poi crescendo somigliava al rumore d'un
treno, e nel momento della scossa, allo scontro di due convogli
« Da taluno fu notato che, una mezz'ora avanti il terremoto, i canarini,
che stavano in una gabbia appesa al muro, schiamazzavano, ed erano straor-
dinariamente inquieti.
« Che la prima scossa abbia una componente verticale, anche in un ter-
remoto ondulatorio, la credo una necessità meccanica; e se i sismografi non
la registrano ordinariamente, come è avvenuto in questo di Firenze, ciò si deve
attribuire alla poca sensibilità del sismografo verticale. Infatti una rapida
scossa orizzontale, nel propagarsi, urta gli strati che gli stanno avanti, e com-
primendoli, li solleva momentaneamente.
« Io che ero a letto provai l'impressione, dalla prima scossa, come se
uno avesse sollevato dappiede il letto e l'avesse tosto lasciato ricadere.
« 2. Il sismografo a pendolo che da poco tempo avevo stabilito al K. Li-
ceo Dante mi ha segnata una bellissima traccia, che qui riproduco ingrandita
7 volte per mezzo della fotografia. 11 sismografo è stabilito nell'angolo di due
robusti muri maestri al pian terreno. Esso amplifica 7 volte le dimensioni
della scossa (*); cosicché il disegno qui riprodotto è 49 volte più grande del
vero moto sismico di un punto della terra,
(') Il mio pendolo ha analogia con quello immaginato dal P. Cecchi : ma la massa
pesante è a '/„ della distanza dalla sospensione cardanica alla punta; l'asta è fatta di un
tubo di ottone, leggiera e rigida a un tempo; finalmente la punta scrive su d'una lastra
di vetro da specchi affumicata. Di qui la sensibilità dell'apparato e la nitidezza della traccia.
— 32 —
« Nella traccia si distinguono varie ellissi e una lemniscata, ovvero come
un 8. Tutte queste curve mostrano che vi furono più scosse a brevissimi inter-
valli in direzioni diverse. Ma la teoria non si presta a trovare le direzioni
elementari delle scosse, essendo il problema indeterminato.
« Mi limito a notare che l'asse maggiore delle più grandi ellissi è nella
traccia di mm. 6 ; per lo che l'estensione massima del moto sismico fu di 6/,
di millimetro ; e questo avvenne sensibilmente da nord a sud. Il prof. Pittei,
direttore del R. osservatorio meteorologico di Firenze, e il P. Giovannozzi
dell'osservatorio Ximeniano, pure di Firenze, hanno notata nei loro sismografi
una traccia di circa un millimetro da nord a sud.
« La traccia mostra inoltre che le grandi ellissi sono punteggiate; il che
proverebbe vibrazioni rapidissime del suolo nel tempo della scossa.
« La durata d'una oscillazione del mio pendolo sismometrico è di mezzo se-
condo: per lo che, se Y oscillazione sismica fosse stata di uguale durata, cia-
scuna ellissi sarebbe stata descritta in 1"; e siccome in ogni ellissi sono se-
gnati circa 50 punti, così si avrebbero avute 50 vibrazioni complete al secondo,
che corrisponderebbe all' incirca al sol-y . Ma non avendo io pendoli di diffe-
renti lunghezze, non posso stabilire la durata di una oscillazione; credo però
debba essere stata assai minore di 1".
a La lemniscata sembra essere dovuta alla prima scossa, perchè ha il suo
nodo nel punto di equilibrio del pendolo. La sua forma ci dice che essa è
stata prodotta probabilmente da due scosse sensibilmente perpendicolari NS
e EW , aventi le durate rispettivamente come 2:1; che in oltre le du« oscil-
lazioni perpendicolari s' incontrarono, nel nodo, nella fase della loro massima
velocità. Ciò spiegherebbe la
romba straordinariamente fra-
gorosa udita al R. Liceo Dante.
Essendo poi cessata l'oscilla-
zione, a periodo più breve, la
punta descrisse le due grandi
ellissi e poi quelle più piccole
da est-nord-est a ovest-sud-ovest.
Si noti che il moto reale della
terra è direttamente contrario al
moto apparente della punta che
ha descritta la seguente traccia.
« Anche i tromometri del
P. Bertelli alla Querce si mo-
strarono agitatissimi. Appena
_ dopo la scossa il grande pendolo
Traccia del terremoto di Firenze ingrandita 7 volte, tromometrico segnava 6 divi-
aisfnla traccia vera la p,m,eggiatu" è men0 res°'are di quella (lui" sioni; quello normale, di m. 1,50,
— 33 —
segnava 25 divisioni. In oltre, dalle osservazioni gentilmente favoritemi dal
chiariss. P. Bertelli, risulta un massimo al tutto straordinario nel novembre 87,
come apparisce dalle medie mensili in valore intensivo dei due tromometri
riuniti pel seguente quinquennio:
1883 1884 1885 1886 1887
Medie del Novembre 156 103 176 142 322
« 3. Un altro particolare interessante di questo terremoto si è la sua cir-
coscrizione molto ristretta e circolare non ostante l' intensità insolita per Fi-
renze. Nessuna notizia dai giornali di altri terremoti, se si eccettua quello
quasi simultaneo di Cavaillon e Saint Saturnin in Provenza.
« Mi recai alla Direzione dei telegrafi dove, per una circolare del P. Ser-
pieri, gli impiegati devono dare notizie sui fenomeni sismici all'Ufficio cen-
trale. Ma il terremoto avvenne in un' ora nella quale tutti gli uffizi telegrafici
erano chiusi e non si ebbe alcuna notizia. Tuttavia il direttore compart.le
comm. Mazzanti, molto gentilmente mi promise di fornirmi privatamente delle
notizie sulle varie linee che irradiano da Firenze ; ed ho avute infatti le rela-
zioni da più di 50 stazioni telegrafiche.
« Anche il comm. Municchi direttore del Traffico della rete Mediterranea,
il sig. ing. Niccolari, direttore della Ferrovia Faenza-Firenze, l'ispettore Mar-
tini della rete Adriatica, il prof. Bombicci a Bologna, e i Sindaci di vari
Comuni della provincia di Firenze, da me interpellati, mi fornirono altre indi-
cazioni, che mi hanno servito benissimo per fare la carta della scossa sismica;
per lo che io ringrazio qui pubblicamente i prelodati Signori che nell'inte-
resse della scienza si sono data ogni premura.
« Ed ecco pertanto i risultati avuti dalla mia carta.
« Il centro della scossa fa Firenze e si possono distinguere tre zone
circolari quasi concentriche.
« 1° Un cerchio di 13 chilometri di raggio che ha per centro Firenze,
dentro il quale si è sentito molto forte il terremoto e parve generalmente sus-
sultorio, fu preceduto da più o meno forte romba. Questa zona comprende
al perimetro i paesi Pratolino, Pontassieve, San Casciano, Lastra, Calenzano.
« 2° Una zona anulare che ha per centro Firenze e che si estende
fra due raggi di 13 km. e 25 km.
a In questa zona la scossa fu ondulatoria, debole e senza romba, se si
eccettua Montespertoli dove si sentì forte con romba. Comprende al perimetro
esterno i paesi Borgo S. Lorenzo, Reggerlo, Greve, Empoli.
« 3° Una zona che si estende fino al raggio di 50 km. avente però per
centro l'Impruneta (9 km. al sud di Firenze).
« In questa zona la scossa fu appena sensibile a pochissimi e senza
romba, eccettuato Certaldo, dove questa fu sentita forte. I paesi estremi che
appena avvertirono la scossa furono Firenzuola Toscana, Arezzo, Siena e
Pontedera.
Kendiconti. 1888, Voi,. TV, 1° Sem. 5
— 34 —
« Unisco qui l'elenco di circa 70 località colle rispettive indicazioni for-
nitemi. Le divido in 4 zone. Chi volesse ricostruire la carta può prendere
quella della Provincia di Firenze da 1 a 12,500 del dott. Francesco Vallardi.
la Zona.
Firenze. — Sì, fortissima sussultoria ondulatoria nord-sud. Forte romba.
Fiesole. — Sì, forte sussultoria, 6,48.
Cercina. — Sì, forte.
Sveglia. — Sì, forte.
Pratolino. — Sì, forte, ondulatoria sussultoria. Grande romba.
Pontassieve. — Sì, forte sud-nord, 8".
Strada. — Sì, 6,48. Due scosse forti ; forte romba prolungata avanti, ondula-
toria est-ovest.
Galluzzo. — Sì, forte sussultoria, 6,45.
Impruneta. — Sì, leggerissima ondulatoria.
San Casciano (Val di Pesa). — Sì, forte sussultoria (da far sonare i campa-
nelli), ondulatoria nord-sud. Forte romba.
Lastra a Signa. — Sì, fortissima ondulatoria sussultoria nord est - sud ovest.
Brozzi. — Sì, forte, 6,40.
Campi. — Sì, forte.
Calenzano. — Sì, leggerissima ondulatoria preceduta da forte romba (secondo
altri, fortissima).
2:i Zona.
Vaglia. — Sì, debolissima, 6,45
San Piero a Sieve. — Sì, leggerissima.
Borgo San Lorenzo. — Sì, leggerissima ondulatoria, 6,49.
Vicchio. — Sì, leggera ondulatoria, poi sussultoria, 6,55.
Rufina. — Sì, forte ondulatoria est-ovest, ore 7.
Vallombrosa. — Sì, debolissima.
Eeggello. — Sì, forte ondulatoria.
Figline. — Sì, leggera ondulatoria.
Greve. — Sì, forte ondulatoria est-ovest, ore 6,50.
Montespertoli. — Sì, forte ondulatoria nord ove.-t-sud est, preceduta da romba.
Montelupo. — Sì, forte.
Empoli. — Sì, forte ondulatoria nord-sud.
Prato. — Sì, forte ondulatoria sud-nord, 7a.
3a Zona.
Barberino di Mugello. — Sì, leggera ondulatoria, 6.30.
Firenzuola Toscana. — Sì, debolissima.
Scarperia. — Sì, leggerissima ondulatoria.
— 35 -
Ronta. — Sì, debole.
Crespino (sul Lamone). — No.
Dicomano. — Sì, ondulatoria rapida, 6,30.
San Godenzo. — Sì, leggerissima ondulatoria.
San Giovanni (Valdarno). — No.
Terranuova Bracciolini. — Sì, leggera ondulatoria, sussultoria.
Montevarchi. — Sì, leggerissima sussultoria.
Arezzo. — Sì, leggerissima.
Poggibonsi. — Sì, forte ondulatoria sud est -nord ovest, 6,45.
Colle Val d' Elsa. — Sì, forte ondulatoria ovest-est.
Siena. — Sì, leggerissima nord-sud.
San Gimignano. — Sì, leggera ondulatoria.
Certaldo. — Sì, leggera, con forte romba, 6,45.
Montatone. — No.
Castel Fiorentino. — Sì, leggerissima ondulatoria.
Ponte a Elsa. — Sì, debolissima.
San Miniato. — Sì, leggera ondulatoria, 6,45.
Fucecchio. — Sì, leggera ondulatoria sud-nord, circa le 7.
Santa Croce sull'Arno. — Sì, due scosse leggere ondulatorie sud-nord.
Castel Franco di sotto. — Sì, leggerissima ondulatoria, poco dopo le 7.
San Romano. — Sì, leggerissima ondulatoria.
Pontedera. — Sì, leggera ondulatoria, nord nord ovest -sud sud est, circa le 7.
Monsummano. — Sì, debole sussultoria, 6,50.
Pistoia. — Sì, leggerissima ondulatoria nord-sud, 6,50.
Montale Agliana. — Sì, debolissima.
4a Zona.
« Esternamente alla 3a Zona non hanno avvertito il terremoto come ci
venne attestato dai seguenti luoghi situati a distanza maggiore di 50 Km.
Bologna, Brisighella, San Cassiano (sul Lamone), Rocca San Casciano, Vico
Pisano, Buti, Cascina, Calci, Navacchio, Pisa, Lucca, Bagni San Giuliano,
Pracchia, Sambuca.
« N. B. Nelle gallerie dell'Appennino, di Pratolino e in tutte le altre
secondarie della ferrovia Faenza - Firenze in costruzione, non fu avvertita
alcuna scossa di terremoto.
« 4. Quale può essere stata la causa del terremoto di Firenze ? Le cause
principali dei terremoti si possono ridurre alle quattro seguenti :
« 1° Sollevamento per vulcanismo.
« 2° Avvallamenti per plasticità o per azione dissolvente delle acque
.sotterranee.
« 3° Fenditure per contrazione della terra.
— 36 —
« 4° Esplosione di miscugli gassosi sotterranei (1).
« Interroghiamo quindi i fatti per vedere di appurare la causa.
« Sebbene il vulcanismo sia la causa più generale e poderosa che pro-
duce i terremoti, come lo ha luminosamente provato il eh. prof. Stoppani,
nessun fatto ci fa pensare che Firenze sia su di un cratere vulcanico sot-
terraneo.
« Il giorno 14 novembre avvenne pure un forte terremoto alle 9,20 ant.
a Cavaillon (9,50 di Roma) e a Saint Saturnin in Provenza; e mentre a
Saint Saturnin fece screpolare le case, ad Avignone (che dista appena 60 chi-
lometri) non fu avvertito. Ciò mostra che questi terremoti furono proprio
locali e indipendenti l'uno dall'altro; per lo che sarei disposto ad escludere
l'azione vulcanica.
« Sotto all'Arno serpeggia un fiume invisibile che alimenta la galleria
filtrante donde Firenze ha l'acqua potabile.
« Il giorno 16 settembre (1887) si osservò in Firenze un curioso fatto.
Alla mattina, avanti le 7, l'Arno era perfettamente asciutto: c'era solo un
po' d'acqua in quei burroni che stanno dietro le pile dei ponti; ed in quelle
piccole pozze, i pesci che vi si erano rifugiati vi si trovavano così fitti, che
i pescatori li prendevano colle mani.
« Poco dopo le 7 l'acqua cominciò a comparire e alle 4 di sera era ri-
tornata al livello ordinario.
« Dubitai che si trattasse di una frattura sotterranea che avesse inghiot-
tita l'acqua, la quale del resto è scarsissima nei mesi caldi nell'Arno; osservai
il sismografo che avevo impiantato appena da poco tempo, ma non mostrò
alcuna traccia di scosse.
« Venuto il terremoto del 14 novembre, mi sovvenni del fenomeno dell'Arno
del 16 settembre. Le due date precedevano di un giorno il novilunio (2). In-
terrogai il P. Bertelli per sapere se il 16 settembre almeno i tromometri
fossero stati agitati ; ma questi mi assicurò che in tutta la 2a quindicina di
settembre i tromometri segnarono zero. Mi venne allora un dubbio, e per chia-
rirlo andai dal capo meccanico dello stabilimento idraulico di San Niccolò,
dove trovansi le turbine per elevare l'acqua potabile, e seppi infatti che nella
notte dal 15 al 16, per la scarsità dell'acqua, fu elevata la chiusa dell'acqua
per potere lavorare il giorno dopo colle turbine le quali riprincipiarono il la-
voro alle 7 antim. del 16, ora nella quale riapparve l'acqua; dunque quel
(1) La teoria del Perrey, che ammette una marea luni-solare della crosta terrestre,
galleggiante su di un mare plutonico interno, non è più sostenibile ; imperocché pare pro-
vato che la terra sia totalmente o quasi totalmente allo stato solido. Tuttavia l'influenza
luni-solare sui terremoti si può spiegare benissimo per l'attrazione dei detti astri sulle masse
fluide che stanno nascoste dentro le viscere della terra e a poca profondità.
(2) Si sa dagli studi statistici del Perrey che i terremoti sono più frequenti nei noviluni
che nelle altre fasi.
— 37 —
prosciugamento non era dovuto a un fatto naturale. Eppure come sarebbe stato
facile ingannarsi, e propendere per la teoria delle fratture.
« La teoria dell'esplosione di miscugli gassosi sotterranei, la quale è
validamente sostenuta dal prof. Bombicci, ha una certa relazione con quelle
di Aristotele e del Lemery; ma ne differisce, perchè la forza motrice nella
teoria del Bombicci è istantanea.
« Tre circostanze verrebbero in appoggio alla teoria del Bombicci:
« 1° Gli abbondanti depositi di ligniti che si trovano nel Valdarno, ca-
paci di generare l'idrogeno protocarburato.
« 2° La forte romba che si è fatta sentire nel centro della scossa.
« Citerò una esperienza curiosa. Una volta avendo fatto passare l'ossigeno
attraverso a una boccia contenente petroleina, ed avendo riempito di quel
miscuglio gassoso un bicchiere a calice, di quelli alti che servivano per lo
champagne, nel darvi fuoco sentii uno spaventoso boato, simile all'urlo di
un animale feroce. La durata dell'urlo sarà stata di \ secondo, e il volume
del miscuglio solo di T^ di litro. Si comprende quindi agevolmente come una
massa maggiore di gas, capace di cagionare un terremoto, possa produrre una
romba fragorosa e prolungata per alcuni secondi.
« 3° Il terremoto del 14 novembre avvenne in una stagione piovosis-
sima. I mesi di ottobre e di novembre furono ostinatamente piovosi; circostanza
di grande valore per la teoria del Bombicci (')•
« Ma la data del 14 novembre, che precede di un sol giorno il novi-
lunio, sarebbe più favorevole alle altre cause che non ali ultima. Si comprende
come la marea lunare possa determinare (come semplice causa occasionale)
delle fratture, dei dislogamenti nel suolo, e delle eruzioni vulcaniche ; ma non
si comprende, per ora almeno, come la marea lunare possa incendiare il
miscuglio esplosivo sotterraneo, senza il concorso di un'azione vulcanica.
Conclusione.
* Volendo spiegare il terremoto di Firenze col vulcanismo, si dovrebbe
ammettere la sede della scossa a grande profondità. In questo caso il raggio
di 50 Km. della zona che fu scossa è troppo ristretto.
« Per lo contrario, la zona scossa sarebbe troppo grande, se la causa fosse
stata un piccolo avvallamento od una piccola frattura. D'altra parte un avval-
lamento od una frattura avrebbero prodotto in Firenze (centro della scossa)
dei danni nei tubi dell'acqua potabile e del gas, ma verificai alle Direzioni
di questi servizi, che nessuna fuga straordinaria si verificò nel giorno del ter-
remoto. Soltanto l' indicatore della pressione del gas lasciò, nella curva gra-
fica, il segno di una rapida depressione di circa 2 mm. in acqua, 12 minuti
(i) Bombicci, Sulla costituzione fisica del globo terrestre ecc. Memorie della E.
Accademia di scienze dell'Istituto di Bologna, serie 4a, toni. Vili, 1887.
— 38 —
avanti le 7, cioè all'ora della scossa ; e ciò tanto al misuratore del Gabinetto
del Municipio, quanto all'officina del gas. Ma dopo questo seguono altri segni
simili, dovuti alle diminuzioni di pressione che si fanno alla mattina nel rego-
latore del gas. Per il che rimane dubbio se quel segno sia dovuto alla scossa,
ovvero alla mano dell'operaio.
« L'ipotesi di un colpo istantaneo, come d'una mina non riuscita, pro-
dotto dall'esplosione di un miscuglio gassoso, parrebbe più confacente al caso
nostro, per la grande ristrettezza dello spazio ove si sentì la scossa verticale
e la romba; per l'istantaneità; per la natura vibratoria della scossa (come
lo prova la traccia sismica a punteggiature), simile alle vibrazioni elastiche
che devono provare le pareti di un eudiometro nel momento dell'esplosione;
che poi, col liquefarsi del vapore acqueo prodottosi, cessa la causa di ulte-
riori spinte.
« Benché dal complesso dei fatti, e per esclusione, io sarei per applicare
la teoria del Bombicci al terremoto di Firenze, pure veggo che non ho un
valido argomento da potere asserire che così deve essere stato di certo. Sarò
lieto se altri verrà in mio aiuto con nuovi fatti, oppure mi toglierà dall'errore ».
Fisica terrestre. — Contributo allo stadio delle rocce ma-
gnetiche dei dintorni di Ruma. Nota I. di Filippo Keller, presentata
dal Socio Blaserna.
« Come risulta da ricerche assai estese, da me fatte in questi ultimi
anni, esistono nei dintorni di Roma delle rocce magnetiche in moltissime lo-
calità; prima però di entrare in una esposizione delle cose osservate, stimo
opportuno di fare alcune considerazioni sopra i diversi procedimenti atti a
riconoscere queste rocce magnetiche.
« In generale è facile a stabilire se una roccia possiede del magnetismo
o no, ma riescirebbe difficilissimo di misurare questo magnetismo in un modo
assoluto. Tre sono i metodi per rintracciare il magnetismo del terreno; nel
primo si riduce una piccola porzione della roccia da sperimentarsi in polvere
e si porta questa in contatto con un magnete o elettromagnete più o meno
potente per estrarne le particelle magnetiche; in questo modo si giunge a
stabilire la quota percentuale magnetica del terreno. Nel secondo metodo si
distacca dalla roccia un frammento, che si analizza poscia coll'ago magnetico,
presentando a questo successivamente i diversi punti del campione e osservando
la relativa azione sull'ago. Finalmente nel terzo procedimento si studia l'in-
fluenza, che produce la roccia ovvero il terreno sugli istrumenti magneto-tel-
lurici e questo metodo è senza dubbio il più importante dal punto di vista
della fisica terrestre. In ordine al relativo valore di questi tre procedimenti
e l'opportunità della loro applicazione, devonsi fare le seguenti considerazioni.
« Trattandosi di rocce friabili o poco coerenti, allora riesce il primo metodo
— 39 —
di grande speditezza e rileva la più piccola traccia di minerali estrattibili col
magnete. Sotto questo aspetto sarebbe preferibile agli altri due metodi, ma
un grave inconveniente sta in ciò, che l'estrazione di queste particelle possa
cambiare le loro proprietà magnetiche, sia per l'induzione del magnete analizza-
tore, sia per la loro cambiata posizione e orientazione relativamente alla primi-
tiva giacitura. Se si ha poi da fare con rocce molto compatte, allora non è sicuro
se l'operazione meccanica della riduzione in istato polverulento non influisca
essa pure sul magnetismo delle particelle estratte. Infatti è notissimo che
gli urti forti indeboliscono i magneti e si sa poi anche da un altro lato,
che scuotimenti non molto violenti favoriscono l'azione induttrice della Terra.
Così percuotendo ripetutamente e con poca forza una sbarra di acciaio tem-
perato, tenuta in posizione verticale, questa si magnetizza talvolta conside-
revolmente e assai più forte che senza scosse. In ogni modo però è sicuro
che sebbene nella esecuzione di questo metodo sia da temersi un cangiamento
del magnetismo delle particelle estratte, rimane tuttavia provato che esse
sono soggette all'induzione magnetica e quindi devono nella loro posizione
iniziale, per lo meno possedere una certa intensità magnetica dovuta all'indu-
zione terrestre, la quale però potrebbe anche essere piccolissima. Se poi vi
sia pure del magnetismo permanente non può essera deciso con questo proce-
dimento, e neppure l'analisi microscopica farebbe luce su questo punto, perchè
potrebbe avvenire benissimo, che il magnetismo permanente che si rileverebbe
in questo modo fosse derivato dal magnete, col quale vennero estratte le par-
ticelle in discorso.
« La terra, che viene depositata nei letti dei torrenti nell'Agro Ro-
mano o anche semplicemente lungo gli scoli delle acque piovane, con-
tiene spesse volte una quota percentuale di sabbia magnetica molto con-
siderevole. Tali depositi, che si formano in conseguenza del maggior peso
specifico di detta sabbia relativamente alle altre sostanze travolte dall'acqua,
si possono nella vicinanza di Roma assai bene osservare nella tenuta di Roma
Vecchia e altrove, ove la detta quota percentuale giunge talora persino a 22.
Il rinvenimento di questa sabbia magnetica e augitifera è in certa condizioni
anche di utilità pratica per la geologia, perchè addita la presenza di giaci-
menti vulcanici esistenti in località superiore del bacino del torrente. In questo
modo rinvenni non pochi giacimenti vulcanici negli Abruzzi.
« Il secondo metodo per rintracciare le rocce magnetiche è meno difettoso
del primo ; qui non viene il magnete adoprato in contatto col corpo da speri-
mentarsi, la sua azione induttrice è quindi molto meno da temere e appunto
per ovviare il suo effetto o almeno per renderlo minimo è da raccomandare
di servirsi di aghi magnetici piccoli. Vi sono degli autori che distinguono i
minerali in ordine al loro comportarsi verso il magnete in due specie, cioè
in semplicemente magnetici e in magneto-polari. I primi chiamati anche
unipolari, sarebbero caratterizzati da un'azione attrattiva sopra ambedue i poli
— 40 —
dell'ago magnetico, mentre la seconda specie (bipolare) attrae un polo e respinge
l'altro; il ferro dolce si comporterebbe nel primo modo e il magnete permanente
nel secondo. Ma questa classificazione non regge o almeno è poco opportuna
quando s'intende stabilita nel senso generale come ora yenne enunciata; inoltre
essa dà luogo a molti equivoci. Così analizzando un corpo debolmente magnetico
con un ago grande e assai forte, lo si troverà in generale semplicemente magne-
tico e soltanto nel caso di una distanza assai grande fra ago e minerale, comparirà
magneto-polare come è di fatto. La spiegazione di questo cambiamento delle
proprietà magnetiche del minerale è assai semplice e dipende unicamente
dall'induzione esercitata dall'ago sul minerale stesso, che produce sempre
attrazione e finché il magnetismo proprio del corpo viene superato da questa
induzione si ha sempre attrazione; nel caso contrario si manifesta invece anche
la ripulsione.
« Il primo che ha richiamato l'attenzione su questo argomento è Hauy ('),
e il Melloni (2) che pare non aver conosciuto il lavoro di questo autore giunge
alla medesima conclusione. Melloni fece sotto questo punto di vista degli studi
assai estesi sopra rocce vulcaniche provenienti principalmente dalle adiacenze
del Vesuvio e dalle province Napoletane in genere, dando un elenco molto
dettagliato di quelle che possiedono del magnetismo e io mi sono occupato
di simile ricerche sulle rocce dei dintorni di Roma, sebbene l'oggetto prin-
cipale del mio studio fosse un altro, cioè di ricercare l'influenza di queste rocce
sulle misure magneto-telluriche. Ho trovato, conformemente a quanto dice
Melloni, che i minerali magnetici anche i più deboli si palesano come i cosidetti
bipolari, quando si ha cura di ridurre abbastanza piceola l'induzione dell'ago
sul minerale. A questo scopo mi sono servito di aghi piccolissimi forniti di
specchio e facendo la lettura con cannocchiale. Melloni invece adoprò l'ago
astatico grande, il quale però non si deve accostare troppo al minerale.
« In tutti i corpi magnetici si devono distinguere due magnetismi, uno
permanente, il quale suppone una certa forza coercitiva e l'altro indotto
della Terra, e quest'ultimo varia colla posizione fra il corpo e la Terra. In-
vece di distinguere in mineralogia i corpi magnetici in bipolari e uni-
polari, sarebbe molto meglio di prendere per base della classificazione la
prevalenza dell'uno o dell'altro dei due magnetismi ora accennati. Indispen-
sabile sarebbe però in queste ricerche di rendere minima l'influenza dell'ago
sul corpo ; inoltre non devesi perdere di vista, che il magnetismo indotto
dalla Terra varia colla forza di quest'ultima; volendo quindi togliere ogni
incertezza sulla classificazione in discorso, occorrerebbe di riferirla ad una
C) Sur les Aimants naturels. Journal de physique, de chimie eie. par La Metilene,
tome 45, an. 1794, pag. 309.
(-) Memorie dell'Accademia delle Scienze di Napoli, fase. II dell'anno 1853, pag. 120
e seguenti.
— 41 —
certa intensità terrestre fondamentale. Non mi sembra però che l'utilità di
questo argomento sia tale di meritare considerazioni così estese.
« Venendo ora al terzo metodo atto a rintracciare le rocce magnetiche,
conviene innanzi tutto riflettere che questo magnetismo si manifesta talvolta
con intensità assai forte in guisa da essere riconoscibile a colpo d'occhio con
una piccola bussola sprovvista persino di graduazione. Avvicinando questa
alla roccia da indagare si rilevano qualche volta delle deviazioni di 180°, e
di questi blocchi o rupi, consistenti tutti di lava basaltina, esistono nei dintorni
di Koma un numero non indifferente ; due di questi giacimenti sono descritti
nella Nota: Sulle rocce magnetiche di Rocca di Papa (l). Per rintracciare sì
forte magnetismo non occorre uno speciale procedimento; occupiamoci invece
del caso di un magnetismo debole da rintracciarsi cogli strumenti magneto-
tellurici.
« Per tal fine potrebbe servire ciascuno dei tre elementi dei quali viene
caratterizzato il magnetismo terrestre (declinazione, inclinazione e componente
orizzontale) e qui giova riflettere, che verificandosi in un tale luogo una ano-
malia del magnetismo terrestre, allora si può in generale ritenere che questa
si estende a tutte e tre le costanti magnetiche, e che il caso contrario è piut-
tosto eccezionale.
« Il metodo più perfetto in questo riguardo consisterebbe senza dubbio
nella misura assoluta di queste costanti; ma si giunge anche all'intento in
modo più o meno completo mediante le misure relative, e questa maniera di
operare è in generale assai più spedita.
Metodo della declinazione.
« Supposte certe condizioni topografiche, questo metodo si presta assai
bene e il relativo procedimento si riduce in sostanza alla determinazione della
differenza di declinazione di due punti A e B, il che riesce molto semplice
quando si può mirare direttamente da un punto all'altro. Per tale fine basta
di stabilire in A una bussola azimutale, di appuntale lo zero della scala al
punto B e di fare la lettura dell'ago ; si trasporta poi la bussola in B, mi-
rando verso A e facendo nuovamente la lettura dell'ago. Ammesso che in B
non si verifichi anomalia di declinazione e che le letture non coincidano, allora
è evidente che la loro differenza rappresenta l'azione del terreno in A. Sarà
appena necessario ricordare, che qui si prescinde dalla sfericità della Terra ;
per distanze AB grandissime bisognerebbe fare le dovute correzioni, come anche
per la variazione generale della declinazione colla posizione topografica. Trat-
tandosi poi di misure assai precise, come sarebbero richieste nel caso di un
magnetismo molto debole, non si potrebbero neppure più trascurare le variazioni
periodiche della declinazione.
(') Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, voi. II, anno 1886, pag. 428.
Rendiconti. 1888. Vol. IV, 1° Sem. 6
— 42 —
« Volendosi esplorare una data località rapporto al suo magnetismo, allora
dopo fissata una buona mira B posta preferibilmente in terreno non magnetico,
si debbono considerare due cose per la scelta del punto A. L'istrumento
dev'essere posto primieramente in poca altezza sul suolo esponendolo così più
da vicino all'azione del terreno ; in secondo luogo poi è utile, ma non indi-
spensabile, di stabilire questo punto preferibilmente in un luogo ove esiste
qualche discontinuità del suolo ; così se è possibile al piede di una prominenza,
principalmente quando questa è di forte scarpata. In questa disposizione trovasi
l'ago dissimmetricamente esposto all'influenza del suolo, quindi meno facilmente
si elidono le azioni delle diverse parti del terreno circonvicino. Nell'inclino-
metro si farà questa neutralizzazione più difficilmente sentire quando anche il
suolo sia perfettamente piano.
« Il metodo ora esposto si presta bene in pratica e una distanza AB
molto grande riesce favorevole alla precisione del risultato, ma spessissime
volte rimane assai difficile di stabilire il punto B in guisa che soddisfaccia alle
supposte condizioni, di essere cioè visibile da A e di trovarsi in un terreno
privo di magnetismo, o almeno ritenuto come tale. In questo caso volendo
continuare a praticare il metodo nella sua semplicità come venne stabilito,
altro non rimane che di fissare questo punto in terreno dubbio o anche pro-
babilmente magnetico. Ma ciò posto, il risultato assume un significato molto
meno netto di prima e non si può concludere altro riguardo la differenza in
discorso, che la metà di essa rappresenta un limite inferiore della anomalia in
declinazione che si verifica in uno dei punti A e B senza poter precisare in
quale. Se però dal punto B fosse visibile una buona mira B1 posta in terreno
neutro, allora ripetendo lo stesso metodo si giungerebbe in fine a collegare
B1 con A ottenendo così la perturbazione di A in grandezza e direzione come
prima, e questo procedimento sarebbe ancora applicabile quando fra A e Bl
fosse necessaria una serie di più punti invece di uno solo. Rinunciando
all'indicato vantaggio, allora il metodo ora trattato può essere modificato nel
senso di mirare da ambedue i punti A e B sopra un terzo C posto in grande
distanza e possibilmente nel prolungamento della A B . La semidifferenza
delle due letture rappresenta come prima un limite inferiore della perturba-
zione di declinazione in uno due punti A e B. Non verificandosi la condizione
dell'allineamento, allora deve applicarsi la dovuta correzione agli angoli, la
quale risulta in parità di circostanza tanto minore quanto sono maggiori le
distanze AC e BC. Questo modo di procedere non richiede una distanza AB
assai grande, anzi questa può essere anche piccola senza pregiudicare l'esattezza
del risultato; ma con ciò non intendo dire che non vi siano delle altre ragioni
che consigliano di non oltrepassare un limite inferiore di questa distanza.
Difatti con questo metodo non si rileva in fondo altro che la differenza di
azione del suolo nei punti A e B, e facilmente si comprende essere in generale
più attendibile il caso, ove questa differenza cresce colla distanza, che non
— 43 —
il contrario. In ogni modo però devonsi prendere possibilmente grandi le di-
stanze AC e BC.
« Per illustrare il fin qui detto con un esempio pratico, riporto i risul-
tati delle osservazioni fatte per esplorare il magnetismo del pendio setten-
trionale del monte sul quale siede il paese di Rocca Priora. Per tal fine
ho stabilito una visuale generale che termina da un lato al palazzo munici-
pale di questo paese (il quale occupa il culmine del detto monte), e dall'altro al
casale di S. Angelo (territorio di Tivoli) sul declivio del monte omonimo,
in prossimità della via rotabile Tivoli-S. Gregorio ; la distanza di questi due
punti è di circa 15 km. Per sfuggire la possibile azione perturbatrice da
parte degli oggetti di ferro contenuti in questi fabbricati, fissai i due punti
A e B nella indicata linea di mira, non proprio ai due estremi, bensì ad una
opportuna distanza dai medesimi, A a Rocca Priora e B a S. Angelo. Dalle
serie d'osservazioni fatte in entrambi i punti, risulta per la lettura media
dell'ago:
in A 32°,55'
in B 30",14'
differenza 2°,41
e siccome l'andamento della divisione va nel presente caso in senso della declina-
zione crescente, dobbiamo concludere che la declinazione di S. Angelo sia infe-
riore a quello di Rocca Priora di 2°,41'. Finora non è stato provato diretta-
mente per quanto io sappia, se si verifica una qualche anomalia del magnetismo
terrestre nella località dame scelta a S. Angelo, ma tutto fa credere il contrario,
giacché il terreno consiste di roccia calcarea. Con ciò però non intendo dire che il
terreno adiacente sia assolutamente privo di magnetismo. Di fatti a circa m. 400
di distanza dal punto in discorso nella direzione verso Tivoli esiste un giacimento
poco esteso di tufo vulcanico di natura poco coerente, il quale palesa una forza
magnetica assai debole. Portando la bussola quasi fino al contatto con esso, non
ottenni col metodo dei tre punti A, B, C di sopra descritto che soli 16' di
differenza di lettura della bussola ; basandosi su questo numero quale azione
sarebbe attendibile nella distanza di circa m. 400 ? Del resto gioverà qui notare,
essere nel territorio di Tivoli le rocce magnetiche non molto rare, così i tufi
vulcanici di villa Adriana, Corcolle, Santa Balbina, Ponte dell' Acquoria, Vi-
triano e segnatamente quello di Valle degli Arci agiscono in modo molto pronun-
ciato sul declinometro, però questi giacimenti si trovano in distanza troppo
grande dal punto B, per poter credere che la loro azione arrivi fino a questo
punto.
« Possiamo quindi concludere, se non con certezza assoluta almeno con
grande probabilità che la differenza di 2°,41' che si verifica fra le declina-
zioni delle due località esplorate di Rocca Priora e S. Angelo derivi unica-
mente dall'azione del terreno di Rocca Priora. Che ivi esista positivamente
del magnetismo può essere comprovato assai speditamente col metodo dei tre
— 44 —
punti, anteriormente descritto; per tale fine non occorre neppure una grande
distanza A B. Non sarà poi fuori di luogo di richiamare l'attenzione sulla
rupe o picco isolato denominato Pentima della Fontana, che non dista che
soli 700 m. dal punto A; questa rupe è dotata di un magnetismo assai forte
e qui si trovano diversi punti, ovvero se vogliamo chiamarli poli, che invertono
completamente la direzione dell'ago magnetico. Del resto è da notare che il
nucleo del monte su cui giace il paese di Rocca Priora consiste di sperone,
però nel punto A si trova invece un giacimento di terra di colore rosso scuro,
che viene estratta ad uso di pozzolana.
« Rapporto alla trovata differenza di declinazione, rimarrebbe ancora da
appurare un'ultima circostanza; si potrebbe cioè domandare fino a che grado
si facci.1, in questa differenza sentire l'induzione della bussola sul suolo. La
risposta a i uesta domanda non è facile, è però verosimile che questa influenza
non sia di glande entità ; per chiarire questo argomento bisognerebbe ripetere
le osservazioni con aghi di diversa grandezza e intensità, il che rimane ancora
da farsi ».
Fisica. — Sulla scarica elettrica nell'aria fortemente riscal-
data. Nota del dott. Pietro Cardani, presentata dal Socio Blaserna.
I.
« Numerose esperienze, fatte a temperatura ordinaria, hanno dimostrato
che molto sensibilmente il potenziale al quale avviene la scarica varia pro-
porzionalmente alla pressione alla quale un gas determinato è sottoposto, e
quindi proporzionalmente alla sua densità : numerose esperienze, fatte invece
a temperatura variabile ma con pressione costante, hanno dimostrato che il
potenziale a cui avviene la scarica, diminuisce rapidamente col crescere della
temperatura; ma non hanno potuto stabilire con rigore se tale diminuzione
fosse esclusivamente dovuta alla variazione di densità del gas per l'elevarsi
della temperatura, o se fosse anche dovuta ad una minore resistenza alla sca-
rica che i gas riscaldati potrebbero presentare indipendentemente dalla loro
densità.
« Il metodo più sicuro e più decisivo per risolvere tale questione sarebbe
stato quello di riscaldare ad alte temperature un recipiente ermeticamente
chiuso, e nel quale vi fossero gli elettrodi tra i quali potesse avvenire la
scarica: ed è questo appunto il metodo che fu seguito dall'Harris. La misura
del potenziale, al quale avveniva la scarica, si faceva misurando le quantità
di elettricità che si somministravano al condensatore, con una bottiglia elet-
trometrica; e l'Harris potè constatare che occorreva lo stesso numero di scin-
tille della bottiglia elettrometrica perchè avvenisse la scarica, sia che il reci-
piente, dove essa aveva luogo, fosse a temperatura ordinaria, sia che fosse alla
temperatura di 148 gradi.
— 45 —
« Ma le esperienze dell'Harris non si possono considerare come sufficienti;
i limiti, tra i quali fece variare la temperatura, furono troppo ristretti; né
gli era possibile salire a temperature più elevate, giacché l'involucro di vetro
attraversato dagli elettrodi , cominciava a diventar conduttore : e, tra questi
limiti di temperatura così ristretti, il metodo di misura da lui seguito non
comportava quella precisione che sarebbe stata necessaria, se la variazione di
resistenza del gas al passaggio della scarica col variare della temperatura
fosse stata tanto piccola, da abbisognare una differenza nelle quantità di elet-
tricità del condensatore, minore di quella che veniva misurata da una scin-
tilla della bottiglia elettrometrica.
« Il non possedere corpi isolanti ad alta temperatura fu difficoltà speri-
mentale così grave che il metodo dell'Harris non venne più oltre tentato. Si cercò
invece di risolvere la questione riscaldando i gas liberamente e tenendo conto
dell'effetto che avrebbe dovuto produrre la loro progressiva diminuzione di
densità : e dalle esperienze fatte con questo indirizzo, sia da quelle del Becquerel
dalle quali risulta che attraverso i gas al calor rosso passa anche la corrente
di pochi elementi di pila, sia da quelle del dott. Emo secondo le quali il
potenziale E a cui avviene la scarica varierebbe colla temperatura i secondo
una legge rappresentata dalla formola:
E = A — m— Ct2
sia anche da quelle più recenti del Baille, si ricaverebbe che col crescer della
temperatura, la resistenza che un gas presenta al passaggio della scarica, dimi-
nuisce molto più rapidamente di quel che vorrebbe la semplice variazione di
densità, e quindi anche se il gas rimanesse a volume costante per il semplice
riscaldamento, dovrebbe offrire al passaggio della scarica, resistenze sempre mi-
nori col crescer della temperatura.
« In questa incertezza di risultati ho cercato di poter realizzare il me-
todo seguito dall'Harris per temperature molto più elevate di quella alla quale
egli era arrivato, ed ho raggiunto lo scopo propostomi, impedendo che la sca-
rica avvenisse lungo l'involucro che pel riscaldamento si comportava come un
corpo buon conduttore, col seguente apparecchio.
IL
Descrizione dell' apparecchio.
« L'apparecchio adoperato era formato di due parti principali:
« I. Di un tubo di vetro MN del diametro di circa 50,nm e della lun-
ghezza di circa 25 centimetri, al quale venne saldato un tubo di vetro quasi
capillare NL ; nel tubo capillare era stata fatta precedentemente una saldatura
laterale con un tubo di egual diametro SR. Dentro il tubo NL si fece passare
un filo di rame sottilissimo che portava alla parte inferiore un'asticina di ottone
con pallina rappresentata nella figura in P. Dopo aver teso il filo di rame in
f
I
M
M
— 46 —
modo che 1' asticina venisse a comprimersi fortemente contro il vetro, si saldava
il filo di rame al tubo di vetro in L con ceralacca. Così si otteneva in L una
chiusura perfetta, e la pallina P
restava immobile.
« IL Di im altro tubo di vetro
AB, del diametro di circa 40lnm e
della lunghezza di circa 35cm al
quale venne saldata dalla parte in-
terna con saldatura a campana, un
altro tubo di vetro BC, del dia-
metro di circa 15"ltn e più lungo
del tubo AB di 3 o 4cm.
« La zona concentrica che ri-
maneva tra i due tubi era chiusa
in A con un turacciolo di sughero,
il quale a sua volta era attraver-
sato da due tubi di vetro di piccolo
diametro ; di questi uno, il tubo E,
arrivava fino quasi alla saldatura a
campana, l'altro invece, il tubo D,
appena attraversava il sughero.
« Sopra il sughero si colò del mastice, e così una corrente d'acqua en-
trando per D, circolava nella zona concentrica dei tubi ABC ed usciva per E.
« Nel tubo vuoto centrale si trovava una asticina rigida di ottone che
portava nella parte superiore una pallina pure di ottone. L'asticina era fer-
mata nella parte inferiore al tubo di vetro C, con sughero e mastice: lo spazio
poi che rimaneva tra l'asticina ed il tubo BC si riempì con paraffina fusa che
poi si lasciò lentamente solidificare.
" Per riunire queste due parti dell'apparecchio in modo da ottenere una
chiusura ermetica si seguì il seguente metodo : si prese un pezzo della stessa
canna di vetro che si era adoperata pe: fare la prima parte dell'apparecchio
e della stessa lunghezza, e si dispose concentricamente alla seconda parte del-
l'apparecchio, e nello spazio anulare rimasto tra i due tubi si versò paraffina
fusa sino a due centimetri circa dall'estremità superiore del tubo AB. Dopo
che la paraffina divenne solida, si riscaldò leggermente il tubo esterno e lo
si levò, rimanendo così aderente al tubo AB un cilindro di paraffina HK di
diametro esterno eguale al diametro interno della prima parte dell'apparecchio.
Preparate così le due parti dell'apparecchio, si riscaldò leggermente il tubo MN
e vi si introdusse dentro il tubo AB, in modo che la pallina F venisse a
trovarsi distante dalla pallina P di 3 o 4mm.
« Perchè poi la paraffina aderisse bene al tubo MN, lo si riscaldava nuo-
vamente in due volte consecutive, in modo che prima si fondessero gli strati
— 47 —
superiori mentre gli strati inferiori rimanendo solidi impedivano che la paraffina
medesima potesse gocciolare lungo il tubo AB, indi aspettando che questi
strati solidificassero e ripetendo la medesima operazione per gli strati infe-
riori dopo aver capovolto l'apparecchio. Per aver con più sicurezza la chiusura
dei due tubi a tenuta d'aria, si colò sopra la paraffina anche un grosso strato
di ceralacca.
« Preparato così l'apparecchio, lo si sospese in un sostegno Bunsen ver-
ticalmente ed il tubo laterale SR si mise in comunicazione con un manometro
ad aria libera, formato di due tubi di vetro, dei quali, quello che comunicava
coll'apparecchio, era alto settanta centimetri, l'altro circa 180 cent. Inferior-
mente e lateralmente era saldato un rubinetto in vetro per fare uscire, all'oc-
correnza, il mercurio dal manometro. Dopo avere versato del mercurio nel ma-
nometro in modo da riempirne completamente il tubo più corto, si riuniva il
manometro col tubo SR e nella congiunzione si metteva uno strato di cera-
lacca: così nell'apparecchio veniva rinchiuso un certo volume d'aria che alla
temperatura ordinaria aveva la pressione atmosferica.
« La parte superiore del tubo di scarica MN venne circondata con rete
metallica; e da due tubi ripiegati circolarmente, posti uno sopra l'altro concen-
trici al tubo MN ed esterni alla rete e muniti di molti fiorellini, usciva il gas,
in modo che tutto l'apparecchio veniva circondato completamente dalle frmme.
« Col crescer della temperatura il volume dell'aria aumentava ma si ricon-
duceva al volume primitivo versando mercurio nel tubo aperto. Se tutto il
gas racchiuso nell'apparecchio avesse assunto una temperatura costante ed
uniforme, dall'aumento di pressione avrei potuto rigorosamente ottenere l'au-
mento di temperatura del gas : ma, per la corrente di acqua fredda che cir-
colava rapidamente nel tubo AB, l'aria aderente alla porzione di questo tubo,
che si trovava nell'ambiente circondato dalle fiamme, doveva essere ad una
temperatura inferiore a quella dell'aria che si trovava in contatto delle pareti
riscaldate, perciò la pressione risultante misurata dal manometro doveva esser
minore di quella che avrebbe dovuto essere, se tutta la massa d'aria rinchiusa
avesse avuta la temperatura delle pareti riscaldate. In alcune esperienze pre-
liminari, nelle quali invece di paraffina aveva adoperata della sabbia per
riempire tutto quello spazio che non prendeva parte alle variazioni di tempe-
ratura dell'apparecchio, era tale la condensazione dell'aria nelle parti fredde
che, mentre il vetro cominciava a diventar pastoso, la temperatura che si
avrebbe dedotto dalla pressione era inferiore di 200 gradi. Colluso della
paraffina, questo spazio, che chiamerei spazio nocivo, era ridotto ad avere una
influenza estremamente piccola ; ad ogni modo potremo tener contro di questa
causa di errore e considerare le temperature, dedotte dalle pressioni, di poco
inferiori alle temperature vere : del resto in tali ricerche anche un errore di
10 o 15 gradi nella temperatura, non sarebbe un errore di gravi conseguenze.
« La pallina superiore dell'apparecchio era metallicamente in comunicazione
— 48 —
col suolo e la pallina inferiore rilegata all' armatura interna di una bat-
teria di quattro grandi bottiglie, che si caricavano con una macchina di Holtz.
« L'armatura esterna comunicava col suolo. Con un filo, isolato accura-
tamente, l'armatura interna era pure comunicante con un elettrometro di Righi
e le deviazioni dell'ago, proporzionali ai quadrati dei potenziali, venivano lette
con cannocchiale e scala.
« Il metodo sopra descritto si prestava bene per eliminare l'errore che
potrebbe commettersi per le dilatazioni degli elettrodi sotto l'azione del riscal-
damento, stabilendosi una specie di compensazione tra le dilatazioni del vetro
e le dilatazioni delle asticine metalliche (').
III.
Risultati delle esperienze.
« Ho fatto coli' apparecchio diverse serie, delle quali trascrivo qual-
cuna per esteso, sia per dimostrare che le deviazioni dell'elettrometro erano
fra loro molto concordanti, sia per dimostrare l'andamento generale del feno-
meno in condizioni iniziali di pressione molto differenti.
« La serie seguente fu cominciata colla temperatura dell'ambiente di 26°.
« Pressione atmosferica 762'™.
« Deviazione dell'ago espresse in divisioni della scala perchè avvenisse
la scarica del condensatore :
130 — 132 — 133 — 133 — 133 — 133.
« Riscaldo fortemente il tubo mantenendo il volume dell'aria costante.
Pressione data dal manometro 715""".
« Temperatura che corrisponderebbe a questa pressione 282°.
«Deviazioni dell'ago: — 130—133 — 132 — 133 — 131.
« Lascio raffreddare il tubo e faccio una osservazione intermedia ; pres-
sione data dal manometro 300nUB : temperatura che corrisponderebbe a questa
pressione 133°.
« Deviazioni dell'ago: — 133—135 — 137—136 — 135.
« Lascio raffreddare completamente il tubo : pressione atmosferica 762mm :
temperatura dell'ambiente 26°.
* Deviazioni dell'ago: — 134 — 137 — 135 — 136 — 135.
« Rinnovo la serie riscaldando il tubo.
« Pressione data dal manometro 530mm. Temperatura che corrisponderebbe
a questa pressione 215°.
« Deviazione dell'ago: — 138 — 139 — 137 — 139—138.
(') Per 300 gradi ravvicinamento degli elettrodi sarebbe stato minore di — della
distanza tra gli elettrodi stessi.
— 49 —
« Pressione data dal manometro 767mm. Temperatura che corrisponde-
rebbe a questa pressione 300°.
« Deviazioni dell'ago: — 115 — 113—114 — 115 — 113.
« Seguito a riscaldare l'apparecchio : pressione data dal manometro 790mm :
temperatura che corrisponderebbe a questa pressione 309°.
« Deviazioni dell'ago: — 108 — 107 — 109 — 108 — 107.
« Lasciato raffreddare completamente l'apparecchio trovo alla pressione
atmosferica ed alla temperatura ordinaria le seguenti deviazioni dell'ago:
134 — 135 — 137 — 135 — 136.
« Dalle esperienze sembrava quindi che risultasse questo fatto, che cioè
la resistenza opposta dai gas al passaggio della scarica diminuisse solo len-
tamente col crescer della temperatura, ed essendomi sorto il dubbio che questa
diminuzione avesse potuto dipendere da una non omogenea distribuzione della
densità del gas nell'apparecchio, ho pensato di ridurre ancor più piccola la pa-
rete di vetro che rimaneva fredda per la circolazione dell'acqua. Smontato perciò
l'apparecchio, ed aggiunta lateralmente un'altra piccola quantità di paraffina,
ho fatto, dopo averlo rimontato col metodo superiormente descritto, la seguente
serie di esperienze.
« Pressione atmosferica 761mm. Temperatura dell'ambiente 27°.
«Deviazioni dell'ago: — 137 — 135 — 134—135 — 135 — 136.
« Riscaldo l'apparecchio.
« Pressione data dal manometro 567mm : temperatura che corrisponderebbe
a questa pressione 230°.
«Deviazioni dell'ago: — 140 — 138 — 135 — 137 — 136.
« Pressione data dal mamometro 725mm: temperatura che corrisponde-
rebbe a questa pressione 287°.
«Deviazioni dell'ago: — 128 — 130 — 130 — 127 — 128.
« Pressione data dal manometro 845mm: temperatura che corrisponde-
rebbe a questa pressione 330°.
«Deviazioni dell'ago: — 119 — 122 — 119 — 121 122.
« Lasciato raffreddare l'apparecchio, trovo risultati concordantissimi con
quelli avuti prima di cominciare la serie.
« Anche con pressioni iniziali molto minori l'andamento generale del feno-
meno è sempre lo stesso: trascrivo come esempio una serie di osservazioni.
« Dopo aver eseguite diverse misure a temperatura ordinaria ed a pressione
di 762mm, dalle quali risultava che per avvenire la scarica tra le palline
occorreva una deviazione dell'ago di 98 divisioni della scala, tolgo la comu-
nicazione tra il tubo di scarica ed il manometro e riscaldo fortemente l'ap-
parecchio lasciando l'aria libera di dilatarsi: indi rimessa la comunicazione
col manometro e masticiata la congiunzione con ceralacca, lascio raffreddare
il tubo avendo cura di togliere successivamente del mercurio dal manometro
in modo da rimanere durante il raffreddamento il volume dell'aria costante.
Rendiconti, 1888, Vol. IV, 1° Sem. 7
— 50 —
« Alla temperatura ordinaria di 27° la pressione indicata dal manometro
è — 380mm: la pressione del gas era quindi di 382mm.
a Deviazioni dell'ago : — 30—30 — 29 — 31 — 30 — 30.
« Kiscaldo nuovamente il tubo, versando mercurio nel manometro in modo
da rimanere il volume dell'aria costante.
« Pressione indicata dal manometro 0, cioè pressione dell'aria contenuta
nel tubo di scarica 762mm. Temperatura che corrisponderebbe a questa pres-
sione 300°.
u Deviazioni dell'ago: — 27 — 28 — 27 — 27 — 27.
« Lascio raffreddare l'apparecchio: a temperatura ordinaria trovo risultati
identici a quelli prima ottenuti.
IV.
Conclusione.
n Dalle serie trascritte risulta manifesto che la diminuzione di resistenza
che presentano i gas al passaggio della scarica per l'elevarsi della tempera-
tura è molto piccola, giacché bisogna tener presente che i potenziali variano
colle radici quadrate delle deviazioni dell'ago dell'elettrometro, e che quella
piccola porzione di tubo che si trovava in contatto coli' acqua corrente, mentre
doveva produrre come una condensazione nell'aria aderente, doveva produrre
d'altra parte una diminuzione di densità del gas nel resto dell'apparecchio,
cospirando così a far diminuire il potenziale al quale doveva avvenire la sca-
rica: ed ove si osservi che fino oltre 250 gradi le deviazioni dell'ago sono
rimaste quasi costanti, se ne potrebbe concludere che solamente a tempera-
ture molto elevate la diminuzione di resistenza dei gas al passaggio della
scarica si rende sensibile, e che questa resistenza dovrebbe esser indipendente
dal numero degli urti molecolari. È inutile avvertire che questo si riferisce
alla scarica disruptiva, giacché la scarica che ha luogo per convezione, per
la quale l'elettricità si disperde nel gas di cui è circondato il corpo elettriz-
zato, avviene sempre più facilmente quanto più elevata è la temperatura, tanto
che una corrente d'aria calda è uno dei migliori mezzi per scaricare i corpi
elettrizzati; e nelle esperienze superiormente descritte era necessario girare
la macchina di Holtz con grande rapidità, quando la temperatura era elevata,
perchè la scintilla scoccasse tra le due palline.
« Considerando poi che il potenziale a cui avviene la scarica dipende
essenzialmente dalla quantità di materia che deve attraversare, che non di-
pende invece dal numero degli urti delle molecole (e lo dimostrano le pre-
cedenti esperienze), che per il passaggio della scintilla la molecola dei corpi
gassosi si scinde, come lo provano le analisi spettroscopiche, e che nelle varie
sostanze gassose nelle identiche condizioni di temperatura e di pressione oc-
corrono potenziali differenti per produrre scintille della stessa lunghezza, tutto
— 51 —
questo tenderebbe a dimostrare che la scarica compie nei gas un vero lavoro,
e che quindi, perchè si produca, il potenziale deve esser più o meno grande
secondo che è più o meno grande il lavoro che deve eseguire: ed in questo
caso è facile comprendere che la temperatura non può avere nella scarica che
una influenza piccolissima, giacché, secondo le classiche esperienze del Saint-
Claire Deville sulla dissociazione, se occorrono temperature elevatissime per
ottenere parziali dissociazioni delle molecole dei corpi composti stabili, molto
probabilmente occorreranno temperature anche elevatissime per ottenere una
modificazione sensibile nella stabilità della molecola dei corpi semplici, e
quindi perchè la scarica esegua un lavoro sensibilmente minore per scinderla.
« Era mia intenzione sviluppare più distesamente questo concetto, di
vedere cioè se realmente il potenziale al quale avviene la scarica disruptiva
nei gas, dovesse dipendere dal maggiore o minor lavoro di disgregamento mo-
lecolare che essa deve compiere : concetto che sarebbe avvalorato dal fatto che
per la stessa distanza esplosiva la scarica avviene a potenziale minore del-
l'idrogeno che nell'ossigeno, e nell'ossigeno a potenziale minore che nell'azoto,
e che nei composti stabili dall'azoto e dell'ossigeno ed in generale nei gas
composti, il potenziale è generalmente superiore di quello necessario pei gas
semplici componenti: come pure era mia intenzione tentare coli' apparecchio
superiormente descritto, di vedere se nei vapori di mercurio, la cui molecola
è mono-atomica, si potesse ottenere la scarica disruptiva , tanto più che in
una delle serie fatte, per un momentaneo abbassamento di temperatura, essendo
penetrata nell'apparecchio una piccolissima quantità di mercurio , trovai che
la deviazione dell'elettrometro istantaneamente era di molto diminuita. Il
cambiamento di residenza, da Palermo a Roma, mi impedisce di poter con-
tinuare per ora nel lavoro intrapreso, dal quale sperava poter ricavare qual-
che interessante relazione tra il potenziale di scarica e la costituzione mole-
colare dei corpi aeriformi » .
Mineralogia. — Sulla così detta Savi te di Montecatini. Nota
di Ettore Artini (') , presentata dal Socio Struever.
« Già dal 1856 Quintino Sella, in una lettera al cav. A. Sismonda (2),
dalle misure goniometriche eseguite su alcuni « aghi di Savite finissimi » con-
clude che « poco resta a dubitare doversi considerare la Savite come una delle
« tante varietà di mesotipo che già si conoscono » ; ma, verso la fine del lavoro,
non avendogli permesso la piccolezza degli aghi lo studio dei caratteri ottici,
pare non escluda in modo assoluto la possibilità che si tratti di una varietà
di mesolite o scolecite.
(1) Lavoro eseguito nel Laboratorio di Mineralogia della E. Università di Pavia.
(2) Il nuovo Cimento, VII, 225.
— 52 —
« 11 D'Achiardi (') riporta i dati del Sella, e ritiene trattarsi di un meso-
tipo magnesiaco, respingendo il sospetto di impurità del materiale sottoposto
ad analisi.
» Io potei avere, grazie alla gentilezza del prof. L. Bombicci, alcuni cri-
stalletti della Savite di Montecatini, abbastanza grossi, e tra questi ne trovai
due bellissimi, terminati ad una estremità ; la lunghezza di entrambi è circa
un centimetro, essendo l'uno della grossezza di un millimetro, e di poco più che
mezzo millimetro l'altro. Presentano la combinazione (010) (100) (110) (111) ;
le facce di queste forme presentano gli stessi caratteri che nella Natrolite.
e i cristalli, per l'aspetto generale, ricordano abbastanza quelli di Montecchio
Maggiore. I risultati delle misure goniometriche eseguite su questi, e sopra
un sottile prismetto non terminato, sono esposti qui sotto, col relativo peso.
Spigoli
misurati
XX0 I
xx° II
xx° ni
Angoli calcolati
da BrOgger
per la Natrolite
no.ilo
88° 54' ■
-II;
—
88° 49' — III;
88° 45' 30"
J»
88 21 -
■il;
—
—
n
110.111
63 25 -
-III;
63° 24' —II;
—
63 10 31
»
64 18 -
•il;
63 32 —II;
—
n
n
63 59 -
-i;
64 1 —II;
—
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63 22 -
■I;
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■ni;
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m.iii
37 40 -
-li;
37 45 —III;
—
37 37 45
n
37 41 -
-I;
—
—
»
111.111
36 38(2)-
il;
36 41(2)— IH;
—
36 47 30
* Come si vede, questi angoli corrispondono a quelli della Natrolite, e
se c'è qualche oscillazione, la si deve alle facce di (111) che sono spesso
poco piane e spezzate in questo minerale.
« Un risultato anche più soddisfacente e decisivo mi fornì lo studio dulie
proprietà ottiche. Anzi tutto, nessuno dei molti prismi trasparentissimi osser-
vati al microscopio mi lasciò scorgere la più piccola deviazione della dire-
zione di estinzione dallo spigolo [110 . ilo] . Poi, nel più grosso dei due cri-
stalli predetti, dopo avere segata la estremità terminata per conservarla, tagliai
due lamine, normali alle due bisettrici, le quali, grazie alla perfetta traspa-
renza del cristallo, mi permisero misurazioni esattissime. Nessuna traccia di
geminazione apparve dallo studio di queste lamine ; il piano degli assi ottici
(J) Mineralogia della Toscana, n, 143.
(2) Osservai due vicinali abbastanza brillanti, che facevano colla rispettiva faccia
di (111), angoli di 1°8' e 1°36'. Siffatte vicinali poco definite abbondano nella Natrolite
di Montecchio Maggiore.
— 53 —
è parallelo alla (010) ; la bisettrice acuta, positiva, è parallela a [110 . 110].
Trovai
2Ha= 62°44'(1) (Na)
2Ho=119°38'(-') (Na);
da questi si calcola
2 Y = 62°6' (3) (Na) .
« Risulta evidente da tutto ciò la perfetta identità del minerale detto
Savite colla Natrolite. Io non potei farne l'analisi, per mancanza di materiale
puro in quantità sufficente, ma osservai che i più dei cristallini sono assai
torbidi, come per inclusione di sostanze estranee.
« Questo fatto, insieme al trovarsi il minerale su roccia molto magnesi-
fera, e nello stesso giacimento per l'appunto in cui dal medesimo autore fu
trovato il picranalcime, altra specie magnesifera, già abbattuta dalia analisi
di un materiale puro (4), e insieme alla riflessione che sarebbe strano che
la magnesia contenutavi in proporzione nientemeno che del 13 ^ per cento
non portasse alcuna variazione, nemmeno nelle proprietà ottiche, da quanto
si trovò per la Natrolite, mi conferma che i risultati delle analisi fatte della
Savite non autorizzano affatto a mantenere questo nome, nemmeno ad indi-
care una semplice varietà » .
MEMORIE
DA SOTTOPORSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
P. Busin. Sulla frequenza delle alte e basse pressioni nell'emisfero
boreale. Presentata dal Socio Betocchi.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
, Il Segretario Blaserna presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna-
lando fra queste il fascicolo 1° della pubblicazione del Socio Gemmellaro:
La Fauna dei calcari con Fusulina della valle del fiume Sosio nella Pro-
vincia di Palermo ; la 3a edizione dell'opera del defunto accademico P. Vol-
picelli: Trattato completo sulla elettrostatica induzione od elettrica in-
fluenza ; e l'opuscolo del sig. E. R. G. Groth : An Essai/ on the Origin and
Development of the Solar System.
0) Media di sei letture; limiti 62.35— 62.53.
(2) Media di sei letture; limiti 119.36—119.42.
(3) Per la Natrolite fu trovata 2 V (Na) = 62°9'10" ; 62°15' (Brogger) — 61°52' ;
61°32'; 62°24' (Artini).
(4) E. Bamberger, BechVs sogenannter « Picranalcim » von Montecatini. Zeit. fur
Kryst. VI, 32.
— 54 —
CONCORSI A PREMI
Il Segretario Blaserna dà comunicazione dei lavori presentati ai due
concorsi ai premi Reali, scaduti col 31 dicembre 1887, per la Matematica
e per la Chimica.
Lavori presentati al Concorso al premio di S. M. il Re per la Matematica.
(Concorso prorogato).
1. Ascoli Giulio, l) Integrazione della equazione differenziale J2 = 0
in un'area Riemanniana qualsivoglia (ms.). — 2) Le curve limite di una
varietà data di curve (stampata negli Atti dei Lincei, Memorie se. fis., ser. 3a,
voi. XVIII)
2. De Paolis Riccardo. Fondamenti di una teoria, puramente geome-
trica, delle curve e delle superficie (ms).
3. Riboldi Giovanni. Sopra il teorema relativo alla som?na degli angoli
di un triangolo rettilineo (st).
4. Ricci Gregorio, i) Principi di ima teoria delle forme differenziali
quadratiche (st.). — 2) Sui parametri e gli invarianti delle forme qua-
dratiche differenziali (st.). 3) Sui sistemi di integrali indipendenti di una
equazione lineare ed omogenea a derivate parziali di 1° ordine.
Lavori presentati al Concorso al premio di S. M. il Re per la Chimica.
Ciamician Giacomo. 1881. l) Sopra alcuni composti della serie del
pirrolo (st.). — 2) Sull'azione del cloroformio sul composto potassico del
pirrolo (st.). — 3) Sopra un nuovo (terzo) omologo del pirrolo contenuto
nell'olio di Dippel (st.). — 1882. 4) Studi sui composti della serie del pir-
rolo.!. I derivati della pirocolla (la parte) (st.). — 5) Studi sui composti
della serie del pirrolo. IL Trasformazione del pirrolo in piridina (st.). —
6) Studi sui composti della serie del pirrolo. III. (st.). — 1883. 7) Sull'azione
del cloruro di cianogeno sul composto potassico del pirrolo (st). — 8) Studi
sui composti della serie del pirrolo. IV. Azione dell'idrogeno nascente sul
pirrolo (st.). — 9) Studi sui composti della serie del pirrolo. V. / derivati
della pirocolla (2a parte) (st.). — 10) Studi sui composti della serie del
pirrolo. NI. L'acetilpirrolo ed il pseudoacetilpirrolo (st.). — 1884. li) Sin-
tesi della pirocolla (si). — 12) Ueb3r einen blauen Farbstoff aus Pyrrol.
(Dai « Berichte der deutschen chemischen Gesellschaft zu Berlin » ) (st.). —
13) Sopra alcuni derivati dell' imide succinica (st.). — 14) Studi sui com-
posti della serie del pirrolo. .VII. I derivati dell'acido a-carbopirrolico (si). —
— 55 —
15) Sull'azione dell' idrossilammina sul pirrolo (si)- — 16) Sopra una nuova
sintesi dell'acido a-carbopirrolico (si). — 17) Sull'adone degli ipocloriti
ed ipobromili sul pirrolo (si). — 18) Studi sui composti della serie del
pirrolo. Vili. Sull'azione di alcune anidridi organiche sul pirrolo (si). —
1885. 19) Sull'azione del cloruro di carbonile sul composto potassico del
pirrolo (si). — 20) Sulla monobromopiriduia (si). — 21) Sull' acetilpir-
rolo (et.). — 22) Sopra un solfoacido del pirrilmetilchetone (si). — 23) Sul
dipseudoacelilpirrolo (si). — 24) Studi sui composti della serie del pir-
rolo. IX. Sull'azione dell'acido nitrico sul pirrilmetilchetone (si). —
25) Sull'azione del calore sull' acetilpirrolo e sul carbonilpirrolo (si). —
26) Sugli alcaloidi derivanti dal pirrolo (si). — 27) Sull'azione degli alo-
geni sul pirrolo in presenza di idrati alcalini (si). — 28) Sulla costitu-
zione del pirrolo (si). — 29) studi sui composti della serie del pirrolo. X.
Sugli alcaloidi derivanti dal pirrolo (si). — 1886. 30) Sul pirrolilene (si). —
31) Sopra un metodo di estrazione del pirrolo dalla parte non alcalina
dell'olio animale (si). — 32) Sopra alcuni nitro composti della serie del
pirrolo (si). — 33) Sull'azione dell'anidride acetica steli' omopirro lo (metil-
pirrolo) (si). — 34) Sull'azione dell' allossana sul pirrolo (si). — 35) Sopra
alcuni derivati bisostituiti del pirrolo e sulla loro costituzione (si). —
36) Sul comportamento del metilchetolo (a-metilindolo) e sulla formola di
costituzione del pirrolo (si). — 37) Sul tetrajodopirrolo (Iodolo) e sulle sue
proprietà terapeutiche (si). — 38) Sintesi del pirrolo (si). — 1887. 39) Sulla
trasformazione del pirrolo in derivati della piridina (si). — 40) Sull'azione
dell'anidride acetica sul N-metilpirrolo e sul N-benzilpirrolo (si). —
41) Studi sulla costituzione di alcuni derivati del pirrolo (due Note) (si). —
42) il pirrolo ed i suoi derivati (Monografia) (in corso di stampa).
Alle pubblicazioni sopraindicate il concorrente aggiunge tre Note di due
allievi dell' Istituto chimico di Koma, perchè contengono la descrizione di
ricerche che hanno relazione coi suoi studi e perchè sono citate nella Mono-
grafia: Il pirrolo ed i suoi derivati.
a) Sul piperilene (di Gaetano Magnanini) (si). — b) Sul joduro di
trimetilpropilammonio (di Tommaso Langeli) (si). — <0 Sulla trasforma-
zione degli omologhi dell' indolo in derivati della chinolina (di G. Ma-
gnanini) (si).
PERSONALE ACCADEMICO
Il Segretario Blaserna legge le lettere di ringraziamento per la loro
nomina, inviate dal Corrispondente Golgi e dai Soci stranieri : von Bruecke,
De Bary, Dohrn, Gegenbaur, Hèbert, Kekulè, Klebs, Kovalewsky,
VON RlCHTHOFEN, WEBER e ZeUNER.
56 —
CORRISPONDENZA
Il Segretario Blaserna dà comunicazione di una lettera del Rettore
della R. Università di Bologna, colla quale s'invita l'Accademia ad assistere
alla celebrazione dell' 8° centenario di quella Università.
L'Accademia unanime delibera di accettare il cortese invito, e di farsi
rappresentare alla solenne cerimonia da alcuni Soci, che a suo tempo saranno
delegati dalla Presidenza.
Lo stesso Segretario rende conto della corrispondenza relativa al cambio
degli Atti.
Ringraziano per le pubblicazioni ricevute :
La R. Accademia palermitana di scienze, lettere e belle arti di Palermo ;
la R. Accademia danese di scienze e lettere di Copenaghen ; la Società sici-
liana per la storia patria di Palermo; la Società ligure di storia patria di
Genova; la Società batava di filosofia sperimentale di Rotterdam ; la Società
filosofica di Birmingham; la Direzione dell'Archivio di Stato di Bologna; la
R. Deputazione di storia patria di Modena ; il Museo di geologia pratica di
Londra; il Museo di zoologia comparata di Cambridge Mass.
Annuncia l'invio delle proprie pubblicazioni:
L'Università di Freiburg.
P. B.
57 —
KENDICQNTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Classe di scienze morali, storiche e filologiche.
Seduta del 22 gennaio 1888.
G. Fiorelli Vice-Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Archeologia. — Il Socio Fiorelli presenta il fascicolo delle No-
tizie per lo scorso decembre , e lo accompagna con la Nota che segue :
« Le ultime informazioni intorno ai rinvenimenti d'antichità cominciano
con un rapporto sopra una tomba antica, scoperta in s. Pietro al Natisone
(Regione X). Ivi coi resti del defunto si trovò un braccialetto di bronzo,
che fu conservato nel Museo di Cividale del Friuli. Oggetti di varia età
nella stessa Regione X furono rimessi alla luce presso Cancello Veronese,
nel comune di Mizzole.
« In Torino (Regione XI) si riconobbero i resti di una strada dell'an-
tica Augusta Taurinorum, in via del Seminario. Nella città stessa, al di
là della Dora, nel punto dei nuovi quartieri segnato dalla via Foggia, si
scoprirono tombe della necropoli romana, e tra queste un frammento epigra-
fico, riferibile per la forma delle lettere al primo secolo dell'impero.
« Altri sepolcri, pure di età romana, furono scoperti a Rivoli, nella
contrada Mongioie.
« A Bertinoro presso Forlì (Regione VIII), negli scavi per le fonda-
zioni del nuovo cimitero, ad un chilometro dall' abitato, s' incontrarono og-
getti appartenenti alla suppellettile funebre di una tomba preromana : cioè
Eendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 8
— 58 —
braccialetti di bronzo ; cuspidi di lance di ferro ; un giavellotto ; ed altri
frammenti dello stesso metallo.
« Ma le notizie più importanti, contenute nel nuovo fascicolo, sono
quelle che riguardano gli scavi di Vetulonia (Regione VII). Annunziai già
{Notizie 1886, p. 143), che sotto la direzione dell'ispettore cav. Falchi erano
state ripigliate, per conto del Ministero, nuove ricerche nella necropoli vetu-
loniese, dove le esplorazioni precedenti avevano restituito ricco materiale
scientifico, aggiunto alle pubbliche raccolte del Museo di Firenze. Di questi
nuovi scavi, che diedero suppellettile anche più preziosa, tratta un ampio
rapporto che non si potè comunicare prima di ora, sia perchè era necessario
che fosse compiuto il restauro dei numerosi oggetti scoperti, sia perchè occor-
reva aggiungerci varie tavole, ove fossero rappresentati gli oggetti medesimi.
« Le tombe esplorate furono moltissime ; tra le quali la più importante
è quella che fu denominata del duce, formata da un gran circolo di pietre,
dentro cui si scoprirono vari depositi di bronzi di sommo pregio, di fittili, e
di utensili riferibili all'età alla quale vanno attribuiti gli oggetti del depo-
sito di Palestrina, conservato ora nel Museo Kircheriano, e la suppellet-
tile della tomba Regulini-Galassi di Cere, esposta nel Museo Gregoriano al
Vaticano.
« In uno di questi depositi, si trovò una coppa fittile con iscrizione
etrusca; e con questa un vasetto di argento, coperto di lamina d'oro, ab-
bellito di ornati di stile fenicio, simili a quelle delle coppe di Cipro, di
Cere e di Palestrina. Anche questa nuova suppellettile fu esposta nel Museo
di Firenze.
« In Roma (Regione I) furono esplorati vari ambienti di una casa, di
età romana, sotto la chiesa dei santi Giovanni e Paolo al Celio, ove si ri-
conobbero pitture del secolo IV dell'era nostra, rappresentanti soggetti cri-
stiani e scene di martirio. In queste scene sembrò verosimile, doversi rico-
noscere fatti allusivi al martirio dei santi, ai quali fu dedicata la chiesa, e
che nella casa loro, sopra la quale fu poi costruita la chiesa stessa, vennero
trucidati per ordine dell'imperatore Giuliano, come è narrato da antichi do-
cumenti.
« Un bassorilievo marmoreo, rappresentante il ratto di Elena, fu recu-
perato negli sterri di via Cavour, dove pure si rinvennero non pochi fram-
menti epigrafici ; ed altra tomba del sepolcreto vetustissimo esquilino, ricom-
parve presso la chiesa di s. Martino ai Monti.
« Resti di suppellettile di altro sepolcro antichissimo si raccolsero in
piazza Vittorio Emanuele, nei cui pressi non mancarono avanzi d' iscrizioni.
« Merita qui pure di essere ricordato, che nuovi studi sull'epigrafe sco-
perta in piazza della Consolazione {Notizie 1887, p. 110, n. 4), e riferibile
al tempio di Giove Ottimo Massimo in Campidoglio, hanno condotto a rico-
noscere, che i popoli Asiatici quivi memorati, non gli Abeni, come fu creduto.
— 59 —
ma sono i Tabeni di Tabai della Caria, popoli dei quali si hanno altre
memorie epigrafiche e monete.
« Parecchie altre lapidi iscritte rividero la luce nel sepolcreto antico
fra le porte Pinciana e Salaria, dove pure fu recuperato un frammento di
calendario, riferibile ai giorni dal 14 al 21 di agosto.
|l Una importantissima lapide onoraria, di un prefetto del pretorio e
prefetto dell'annona, fu estratta dall'alveo del Tevere presso la sponda di
Marmorata.
« Nel fondo Patturelli, presso santa Maria di Capua Vetere, fra dirti
e s. Prisco, dove tornarono a luce pochi mesi or sono due epigrafi osche, delle
quali fu data comunicazione alla R. Accademia, fu dissotterrato recentemente
un cippo, su cui sono incise due nuove epigrafi parimenti osche. Unitamente
a questo cippo, si rinvenne un'ara di tufo; quindi una statua fittile, man-
cante della testa, e rotta in minuti frammenti.
« In Pompei proseguirono gli scavi nell'isola 2a della Regione VII, e
nell'isola 7a della Regione IX, e si trovarono monete ed anfore scritte.
« Finalmente in Vasto (Regione IV) si riconobbero altre tombe di età
romana, e si scoprirono mattoni con marche di fabbrica ».
Storia. — Il Socio Tommasini presenta una Memoria illustrativa d'un
documento tratto da un manoscritto della Biblioteca Angelica, contenente un
Registro degli Officiali del Comune di Roma a tempo di Nicolò V e nel
primo anno di pontificato di Calisto III, scritto dallo scribasenato Marco
Guidi.
Questo lavoro sarà pubblicato nei volumi delle Memorie.
. Storia religiosa. — Le premiers chrétiens et le démon. Me-
moria del Socio Edmondo Le Blant.
Questo lavoro sarà inserito nei volumi delle Memorie.
Archeologia. — Il Socio Helbig intrattiene l'Accademia su di una
figura arcaica di guerriero, in bronzo, trovata nel santuario d'Asclepio ad
Epidauro, secondo l'iscrizione di dialetto dorico e d'alfabeto argiro granita
sopra la base, lavoro d'un certo Hybriastas.
60 —
Filologia — Frammenti Copti. Nota VIP del Socio Guidi.
« In quest'ultima nota pubblico i frammenti Borgiani relativi agli apo-
crifi del N. T. che restavano ancora inediti, vale a dire i N' 114 e 115 del
Catalogo di Zoega ; anche questi, come parecchi dei precedenti, sono in forma
di omelie, forma comune nella letteratura copta ('). E come ho fatto per gli
altri Numeri, così nella pubblicazione di questi ho conservato i molti errori
di ortografia ecc. degli originali, nei quali non pochi fogli sono in cattivo stato
e di lettura assai difficile (-).
N° CXIV. (quattro fogli; p. 19-21, 31-32)
p.Ie pocJ>opei JuuutOK rtgHTOY. Eitta. eKOYety oy Off. Kovety
TtyKRiuu jùìnxiffOYujg,e. AffOK +ff<5^rA*q rtAX. 8«sjuiHff
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&ixff TeT-pAne^* rfrTAJU.fTrrppo. SVreTrtKÀ. ^fceicrre rt-
currrt ecy<w\uoY. AffOK +ff<vrc*&ui>rrff en^eiuirr exgeff
JUtnHYe. *yuj ^-ff<sjmoYT~e epurrrt ff^q ncyHpe. ^TGTftK*
grteffHY rfcojTrf rrre nK*£. anok +ff*JuioYTe epurrrf xe
ffACffHY. ^VrETffKA. £r7lC?\HpOffOJULOC ffCCJUTff. <5Of0K +ffA-
cyojne ffHTff ffK^sHpOffOUlOC. 5\T6T"ffKA &FfcyHpe ffCCJUTff
V-) Cfr. Amélineau, Étude sur le Christianisme en Egypte, 8.
(2) Indico qui alcune correzioni e supplementi che sono da fare nelle Note precedenti :
P. 20,2 1. Aff^peAC. a AqJUlOYg, leggi ffqAAOY&. 21,18 Buppl. [egOYft].
23,0 1. p. 7-10. 27,24 CpOI 1. epOK. 29,3 la pag. TS comincia colla sillaba &E di
rrrepeqge. 17 to?n Aff. 33,25 1. Ung^rioc. 74,9 1. JuìnTonoc. 20 1. rt-
6ffpUJJLA6. :ì_> N ff ETG ff OYq. 77,10 suppl. L^8e> 14 suppl. Ite [dfe]. 17 suppl.
TAiri[cTic]. 33 suppl. iìn[o]YOE[i]ffE e ex[it ff]. 78,27 1. line, (con
punto dopo). 79,4 1. ffTeK^enijTIJtUA? 80,5 suppl. £Gp ? 23 «cinque» 1. «sei».
81,n 1. [*t"] ItOYIip.? 256,25 1. T<S.&0. Tralascio di notare, perchè cosa di poco
momento, qualche parola non ugualmente divisa nelle varie Note. Spero poi pubblicare fra
breve la traduzione della maggior parte di questi apocrifi, con alcune osservazioni critiche
sulla lezione dei codici che talvolta è guasta da errori e lacune.
— 61 —
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coutn. Jurt g,rtJui<5crte?\oo?\e. ertole +rt<5s>+ rtHTrt ììnn^p*-
Xicoc. ^TETrtKA [&!rtxirtoYa>g,e rtcuuTrt rtcy*YT<M<o &itII
neXPortOC- ^"OK £(JU +rf<5^t" WHTÌt. ttTeKK?\HCI<S. CTC JLA6C-
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xpHY eTe <MtOK ne. Enju<s. rtrtetyrtHYe eTe ty<\Yco)K rtrtT&T
enuioY. ertole +ffAÌ- rtHTrt ììnT^cyeoeity juìnAeY<VF,Fe?\iort.
n<M eTCuuK rtripuujute e&o?s g,n nuioY egoYrt enuurtg, ty*
erteg. Eie rt<M aitaay rtHTrt rtTtyE&iuj rtrtertT<*T~eTrt-
K<*c<vr rtcouTrt. Urtrtc* rt<sj THpoY nex<sx rt^q rt6T tjuia^y
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Kocjmoc. Kft^cKepKuupK efto?\. rtmoupety rtftewfix e&oX
FccejnopK exooTK. jmrt p^Tic. itcexiTK enm* 6Te rtKOYAujq
Air. 6Te nejmgAAY ne. 5\ycju nrepeq^e rt<M ff*q nex^q
rt^q x[e o]YAgK rtc[oui]. 6m*OY*gT ììcujk Tcjurc cu n*-
xoeic. Oya^k rtcuj! uu neTpoc. rtT<*TCA&OK en^eiouT
rtATJUOY. Oya^k rtcuui t*tc*&ok en^eooY. utrt nxouic
nTAJurrrffOYrre. Oya^k rtcoui ta.k<voict<\ IIjuiok Una.-
npocuunorr gixrt ToiKOYJmertH THpc. Htok ne neTpoc eg-
p<M exeit TeineTp* +rt<ScKUJT rtTAeKK?\Hci<\. ayuu JuinY^sH
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gixjùì nKAg. qffAtyuune eqftn?\ grì euinHYe. 3\Kft*Y xe
rtex^eio e+it^T^^Y ffAK. ceo mto<T erteKgice eTeicrfAtyo-
noY. K^ir^p oy ne neoYoeicy eTCKim^Aq eKcyengice.
Krr*p «je rtpouine. ilurt OYoeicy. juumrt OYXP0ftoc na-
cyuune. HneuiTO e&o?\ jutneurro rfeTft^cyuune itAK. TertoY
de OYAgK rtcoui n^uiepiT". t^tcaRok enxuux ìtT^AJirtT-
rtoYTe. ^qKOTrq rt(H neTpoc. AqnAY [enjm^eHTHc eq*.-
— 64 —
&ep<vrq. neT"epe le Jute juùutoq. Ilex^q rt*q. xe nxoeic
(sic) n<M à.e rtToq ite. <J\qoYu)cy5 rr*q rttft Te. xe eicy<JOt-
ovoucy eTpeqtfuj cy^rr+ei. Tttk titxx Rtok. oya&k itcoui. $\
neity^xe 2^e ei bKo7\ gìt rtecrtHY. xe JuinjLt^oHXHc etjlié-
juiay rr^juioY Art uja erfeg,. K<Mr*p neTertjmoY uu rt<3UTO-
cto?\oc. TtoYuioY An ne. a?\||>s*j
N° CXV. (sette fogli; pag. 43-44, 99-110)
p< uiy CT^Ypoc. AYCgAi epoq noYTiT^oc. <vrei egOYft n67 grt-
juirrrpe nrfOYX. ayxuu ìtgrtK^THropiA eg,0Yrt epoq. ay-
«juune rex^xe enrtoYTe. 3Vuoy 6b errrtuiHrre jujtooy cju
X*X neiurr ìinertTAYCT^YpoY juùuoq. kata. c^pg. rtr-
\j/A^\?\ei kata negpHTort eTxoouie eneity*. liinooY.
3\yxi rtOYtyoxrte noyuut nex^q giOYCon. AYCJmirte
rtoYXi^eHKe epo< rt6t njui^ncyajne rtruXoYJUi<Moc juit m-
fcjuiAH ?\n"Hc. juioaìì. juirt rteeRo?\ grt Ar<\p. reftep. uùt
«sjuuuiouff. SJ.U n<vu*?\HK. utrt rt^?\?socJ>Y^\oc. aycju rtFTOY-
H8 THpOY &ft TYpOC. KAir^p ACCOYp Aqqei ffIÌJUl*Y
ay+tootoy Jmrt rttynpe ridurr.» UmtcA. rt<M *qT<\JiiooY
eneYtyine uirt neYrt o67te<T eqxuu juìmoc xe. « 3\piee rt^Y
rrr<M<<\*c ìIjut<\Xig,<\.u uirt cic^p*. *yuj rtee rciA&m &n
(sic) « nextStJLà^PP0C «Ticcurt. ay&otoy efto?\ grt oyjwa. ejuùt
jmooY rtg,HT"q. <jJy cyuune rt ee mTrt [LinKAg,. K uu rt]-
ì.jui^ « rceYf^px^^] Nee rcuupHfì. Jurt ^h&. jmrt c*ReH. utrt ca?\-
uus.rt<\ rfeY^px^J^ THpoY. rt<M rrr^Yxooc. xe m^pert-
K?\Hportouiei rt<jat Unuus. ctoy^^IÌ utnrtoYTe. n^rtoYTe
kaay rtee rtoYTpoxoc. rtee rtoYpooYe uìnurro e&o?\ un-
thy. rtee rtoYKuugT eiy*qpa>Kg, rtoYuiArtcyHrt. ayou rtee
rtOYKuu&T eqpuuKg, rt&rrrooY. eKenuuT rtcuuoY. rrreige
grt TeKgA.T"HY. aycju eKecyTpToupoY &rt tck op]rH. ute^
rceY[go rtcy]uuty. [^yoj c]erf^tyifte rtc^] ne[K]pArf nxoeic.
U^poYxityine rtcetyTopTp Ttj^A erreg. rterteg. rfceoYuj?sc.
— 65 —
« rtceTAKO. ayou JutApoYeme xe neKpArt ne n^oeic. xe
« rtTOK aaayaak neTXOce exjut nKAg THpq. » ^ycouoy&
rAp NAJme g,ìt oYJutrrrArpioc egpAi exouq. eYoucy eRo^s
eni^sATOC. 2ce Àrtme ì!u.oq CTAYpoY Juùutoq. ayou qei ui-
juay JùnemeAxe &rt TrmHTe. rrrrtrtAtyqei eport Alt ertrtAY
epoq. 5\ hai kou nan e^pAi ft&Nftoutoc ejuut cy[tfojut] Jx-
xxoit e
TeKjmrTTAnicrroc TAp. &ouc eccil ***-** y rcT-UitTAnicroc p. 99
itrtertT-AYpAniCToc epoi +0Yecy TeKJUÙrr&HT-crfAY a; Xi-
2lYJUOC. &ouc eccyououT e&o?\ njutrtTg,HT~citAY mui. ^pi
ATitA&Te ou ooujuiac. Api ATitA&Te ene&oYo. xckac eie-
TAxpo gou. xe fterfTAKnAY epooY +p«jnHpe aitok ìIjutooY
oj ooujuiac. xg nouc AK&e eTeicoc|>iA eKAJUiA&Te JUjutOK rtoY-
koyi &rt TeuurrrATff AgTe. A&e nexAq ìttfi eouxiAc ^"cooYrf
rtT-uirrrAFAeoc JuinAxoeic. juu? TeqjmnTtyrt^THq. *e eq-
cyAitrt ay epoi eAi&e efto?\ noykoyi. qitAei tyApoi rtq^iop-
ooy Juùmoi NTAqei FAp enecHT eneigoufì.. Kenep erteqco-
( sic* le lettere
oyn juTjuioi xe eicyme rtcA TeqAit actacic ic tam ay epoc ec.'in rreq.
AqOYOUcyE ìi&lTc ZG AKDATTfA&Te. CAKItAY 6pO! AKITICTe- Alt. aggiunte
^ _ dopo)
Y6. Ue&GlAATK KA?\OUC gli OYOOpX X6KAC exege eneTEK-
tyme rtcouq. 5\<rtAY epoi grt iteK&A?\ cu ooujlaac. AAHnoTe p. 100
ìrrA&ouK eRo^s giTOOTK. ttTKTOK ori eT-eKjmitTATitA^T-e
meeeon. Arti neKTHHKe eneiuiA. rtrrtAY ertAtfTx. ayou tck-
<fix rrrrtoxc e-xJx nAcnip. NFTlI<^oune rtAnicToc. a?\?\A
jùtnicroc. ^qoYoutyS ittft euuJUAC xe nAXoeic ayou ha-
rtoYTe. ^fnicreYE eTeictfìffei enecHT nrxicAp*? gii AAApiA
-reKJLiAAY UnApeertoc ^-nicreYe eTeKtfTftA?\e enecTAY-
poc xe itTK oYitoYxe eqxHK e&o?s. ayou ìitk oYpoujue git
oYJuie. +nicTeYe eTEKArfACTAcic eRo^\ git fteTJUtooYT.
+nicrreYe cu nAxoeic xe nccuxiA itTAKXiTq eRo?s gxt
AAApiA TeKÀAAAY. rtToq oit ne rcxAiftAY epoq eqAtye ene-
CTAYpoc. Hnroq ort ne+ftAY epoq gw ftAfiiA^ eqA&e-
Rendiconti. 1888, Vol. IV, le Sem. 9-
— 66 —
p<vrq epoi nAXoeic. ayou nAnoYTe. IlexAq nA.q rt<rfìc
xe AKffAY AJcnicTeve. haiatoy rtrteTÌinoYff<w\ aycju <vy-
* __ _
p. p* niCTeYe. NTepeqRujK rtK[o]?\ &itootoy rt6T ic. AYTÀxpo
enegoYO. *yuj <w\«OYg NpAtye. erteY«joon 2ie ne gioY-
con rf<rf ciUKjurf neTpoc juirt oujjuac neTe cy*Y.uoYTe
epoq xe àj^Ymoc. ayuu ft<vo*rfAH?\ ne e£.o?s grt TK^rtA.
r?TFA?\i?\<sjA. uirt rtcyHpe rt^eRe^Aioc. ayuj KecrtAY eRo?\
gn rteqjuu^eHTHC. nex^q rf ay ntff cuuujrf neTpoc xe ^Tf a-
Ruuk eden tEt. nex<\Y n^q xe TmtHY gujuurt rrltjuiAK
+rfAKuu nc[uji n]negpH[To]rf taci egfpAi e jxcjok cu neTpoc.
ctKg oy KeneeYJue: eTJUtrrroYujge rticecon. e^y+hak nre-
^oycià. nToiKOYUierfH THpc. Gjcrf^RajK etfen tEt ne* oy
cju neTpoc. azic iiJUi<ST~e neTCKOYAcyq xrfAge epoq.
UnpenieYJutei gta^ok cyxoi uu neTpoc. ay+ n<Mc rrroi-
KOYUierfH THpc uirt ;rte'TrfgHTC. Umoff nex<\q +rfARa)K
eden tEt. xek^c eiexicRuu eTJmrtTOYujge rctfen puujme.
P.pE EmAxicRuu eTenp^gic Ntyopn. xe<<\c em<\xic&uj ort epoc
TenoY. ^XrtoK Artr oYuu&e npeqtfen tEt. TertoY 6e <sitr
oYuuge npeqtfén pume. Nujopn juiert emnx *&<ju ee^^AccA
eitfén tEt. TertoY 6e em<jatoYX rcrfAtyrte eToiKOYJmertH
THpc jutfc rteTHgHTC. xe [eijCTArf go ftrre \[/y^xh rtftpuu jm]e
itT^YKrfoc gii nrtofte. Oyxoi jmert nujopn ne juu? gert-
cyitHY. uirt genoYocep. UnooY 2s.e guuuuq OYneTpA. matkijui
te. Jutrf gertcRooYe rc<vrujxrf. juh oycjuoy iinrfOYTe. Nc^q
gìtT&T eujAYJmoY ne. ayoj ejutit gHY tyoon gii neYJuioY.
linooY 2s.e guuujq grt\J/YXH npuujute ecyAYamg ree. ayuu
OYft OYrtotTrtgHY tyoon gii neYujrtg. Nc^q anok juh rtAep-
r<VTHC ne ei^-Reice nay. iinooY Xe gaxjuq ahok ne uirt
rt^cyRHp rt<\nocTo?\oc epe ne^c +KeKe rt^rr. Nc^q oy-
cgume Te juirt gerfcynpe ecyAYJuioY. iin ooy] Xe guuujq
#
p. 103 [n]e^c ne xtrt Teqe<K?\HCiA n<s.t.u.oy. Nc^q oY+ime ne Juirt
gertcYftrertHc. iinooY xe gajojq. Tne Te. juu? rfArreTsoc.
TertoY (fé kaat taKojk eRo?\ TA2.0KiJutA^e ììjuoi. T^rt<VY
— 67 —
xe +rt*eiJUG exJuùrroYuj&e xm jùuuiort. %xzt 2ie e&o?\
nex*q aya^sg enxoi. *yu> JuTnoYtfen ^a<s,y &rt xeYtyH
gtìajui^y. anok nGT-ff^T^JuioK. Em^H npume exp^coR
ettH HI Hi HI H HI te. eqty^rtuucK eqrtoYxe
mteqtyrtHY eeA2s.*ccA. rtqTJÌltfuune. UJ^qpKOYi rtgHT
ene&OYO nqKATOOTq e&o?\. eTJ&e hai Aq^oKiJui^e jla-
juooy rt67 nxoeic. xe K<JOt eYTJùIóTjune irreYtyH etiaaa^y.
ayuu ort FrceAJUA&T-e UneY^OTiciuioc ìtcerTJUi6umT. *yuj
rtceTiIpKOYì ìtgHT enTHpq. OYKOYff oym 6ò*x juluooy ep
T2a*icortiA. nx^qT^rt^oYTOY epoc. II|
H H ^ht rrroiKOYJUtertH THpc. IlKeceene Xe &o>oy p. 104
eT-pcYKcuK eT^tyeoeity Hneqp*rr ettaeihy. kat* x^P*
ilnoYA. noYA. JÙùmooY. 3\yuu iinoYpn ?s**Y &ft TeYcyH
THpc exJuùui^Y. 3\Y&ice jutert. *yuu ayk^too'toy e&o?\
jÙnoYepKOYi rtgHT. oy2s.6 ilnoYXuu rtoYty^xe rtoYurr
eRo?\ &r? pouoY. HTepe tyuupn 2s.e tyajne *qi Ntft ic *q-
A&ep<vrq g,i nexpo jutnecjuicrr ìtoY[p]uj[juie]
Hi Hi rteiujHpetyHim juih oym ^**y ìtTEx NTETHYTit.
nex*Y rt*q xe juumorf. Aito* r*p +ptynHpe. xe najc *q-
jutoYTre epooY xe cynpecyHJUL Kenep rtepe &2\?\o rt&HTOY.
Extepe oYort ìtgHTOY EAqAJAJ &rt oy?\hkia. ayu) rt&erc-
tyHpecyHJii *rt fte. ertole 2s.e i-rf,vr*AJieT-HYTN. xe etKe
oy AYJUtoYTe epooY xe cyHpetyHJUi. Eni2^H rrroq nerrrAq-
xooc eKo?\ &rt puuq Xxjuirr juùutoq. xe &*JmHrt +xcu juijlioc
rtHT-[rt x]e euuH[Tei] KTCTTficeMT-HYT-rt ftT6]Tftpee ìtrttyH- p.pe
petyHJUi nrteT-rtRuuic e&oYrt eTJUtrrrepo ìlnrcoYT-e. Eq*&e
p<vrq rttft neTCOOYrt juin&HT- HoYort rruui. eqtfuutArr e&o?s
epooY. eqrt^Y epooY evo rtVrJc**!*. rtee rf&erttyHpetyHAi.
ayuj epe neYg,HT o rtK^eApoc. rtee JùTn<Mt*Fre?\oc eTgn
Tne. eqrt^Y 2,e epooY xe AYT^xpo k*?\ujc AqxiOYTe epooY
rrrei&e xe rfeit^HpetyHJui juih nex[AC|] [rt*]Y H7\[aay] I
r-ìfjrj-*- ~^ " E""""1 "^ ^ Htooy ^.e nex<s,Y rt<s.q xe
nTncooYn ^n ilnerttfuune. ^oYcjurt itrreKK^^ uj neTpoc coy-
— 68 —
(jurrr «\noK neTty<\xe niuuiAK. CoYcunT kak cu ciutcun xe
Ano* ne neicxoeic. noi &a neK&HT cu n^cuuT-n xe Ano*
neftTAixc^B.OK eTJUtrrroYcu&e. UnppgoT-e cu neTpoc
eT&e n&ice ìrreioYtyH. Eie gHHTe Anox +*gep<s/r ìlnei-
p. p*Z aia. aycu +n[Aq]i £* ~ J -T ! [xcMàc]
6KE6UUE xe Aftr nuu. Etyxe UnexcoYoum" cu n^JuiepiT"
Ano* +n<vr4JUutoic. 3\nox nemvuxooc rt ak xm nujopn xe
kcu rtrteKtyftHY ìtccuK «juuioy oya&k nccui. £\rtoK nem"<M-
+ ft^K rtft6(X)OCXJT rtftGKK^sHCIA THpOY. 3\nOK nenTA.lTA.X-
poK exit TneTpA nATKUut. ^nox nenTAiTCARox enAeooY
gixLI nxo[ovj Ano* | Aito* nerr-
TAiTpexei tyApoi exjuiootye gixn baracca noe ITnneT-
ujoycuoy. 3\noic nenTAic-Young, iyàk e&o?\ nrepiTcuoYn
efto?\ gn neTutooYT. 3\nox nenTAiTCARe eoujutAc enA67x
jutn nAcmp. 3\nox neTc^Axe nSJjiAAK TenoY. Uh nY-
cooYn Huoi An ou nerpoe rtTAixooc ft^K xe oya£k n-
nrJccu,n- CUJJ t^^^k n[oY"oup,e itpeci 6en p cutie. T ^cu ne
CCUK?J __ r ^ _
p. 107 L.k nr+gTHK ene\J/YXH «taytaaoy etootk. juh
OYn ?\aay ktSt iiTETHYTÌt jcuuon nexAY. 3\noic nenT-
AiOYeg,cAg,ne ttftTST eTlrrpeYftcuK e^oYn eneTntynHY.
xckac JuutncA oykoyi ETETFrtArtAY EftE+ftAAAY. NoYxe
HnetynH Fica oYnAJut. Llnxoi. ayou TeTnnAge eoYon.
Ntooy xe nexAY nAq xe Angice ennoYxe nnentynHY
nxeYcyH THpc. aycu jtInentfeLn] ^aa.y. GtKc nexcyAxe
2^e. aycu &ÌI neKpAn. TnnAKTon nicecon. aycu TftnA-
noYxe nnenujnHY enecHT enjutooY. TenoY tfe 6cucyT ou
nAcnHY itTETitrt^Y ETJUtnTCTJuiHT. juin TJunrtyngTHq.
jutn TuitTCAlìe nneipuujuie. OnTcuc ene Ano* ne neinAxooc
nAq. xe eKcooYn jùuuon Tcun. cu npcujuie. eie htk mut h
oy ne neic&cuR. h eiccooYn Tjcun] xe e7ttyAjn[noY]xe |
#
p. 108 BH ■ %t\?\& uinoYxe ?\aay &n nAi ncA nAi sjl-
jutATe. xe eTRe neiccyAxe TmtAnoxq. 0Yà.e neYcooYn
xiJUioq An xe nVoq ne. oYXe HìneqoYcun nneY&A?\ eTpeY-
— 69 —
COYOUftq. $tt\?\A AYKTOOY rrreYrrc-Y ayx^^ rtrteYujrtHY.
ìrrepoYrtoxoY tfe JunoY^6"iI<SoJu ecokoy egp<sa &n~rt T^tye
rtffT&T. NToq à.e fteqgjuiooc ne Hnove eqóuucxrr epoc-Y
[eq]K(xi rtpouq FtTepov[pj<VTtfoJm ■ ""^ [grJTit [taJu^g] H (suppiisc. e-
XT TLT COKOY e
IlexAY rtftGYepHY xe JutAport eneKpo. rrrepoYJmoofte ene- Km-j^T?]
Kpo AY&uurt egc-Yrt epoq. AqoYojrt nrfevR^?\ eTpeYCOYuurtq.
ITexe luugArmHC 2^6 juìneT-poc. xe jtxoeic ne. NTepeq-
cuutjGl Xe r?6T neTpoc enp<Jot Uneqxoeic. JutneqAgep<vrq
enxHpq. a?\?\a. Aqxi UneqenertTHT-HC. ET6 neqcJ>AriA- LJ2S&?)
piort Aqjutopq Huoq. xe rteqKH r*p ka&hy ne. Uneqtfuu
ujAirreqei gì nxoi eT&e nequie eg,OYrr epoq. a.7\7\^ *q-
&o6q eeA?\<sxc<s. rrreYttOY. NTepeqrt ay Xe rt6T neTCOOYrf p 109
eireTe Jutn^TOYcyuune xe AqRotfq coa?\<sxca. AqoYeg-
c^&rte eTpe nJutooY Agep^Tq. ayuj rtqtyoune nco&t rtee
rtoYome. Nnrepeqei 2^e eneKpo AqrfAY epoq AqcoYumq (sic)
xe rtToq ne neqxoeic. ayuu AqoYujT rt<\q Nnejuus.ehrrHC
2s.e gouoY. aybi eYcouK ìlnxoi. HTepoYJmoone Xe eneKpo
ayn<\y eYty^g I* nitori kow jutrt oytEt *Inrf<vriKorf.
jurt oyocjk IInrta>riKorf gykh e&p<sj. ^ycuuk Xe jiuìne-
tyrtH eneKpo eqjuteg, mtotf^rrrET. ^ycju jmmtc<\. Tei^cyn
FctEt Une rfetyrtHY nuug,. IlexAq 2^e iiay xe Aftme
eRo?\ £Ìt rcTEnr rrTrfVrexntfonoY TertOY. ^yoj Une oya
n&htoy to?\ojuu*. exrtOYq xe irne mui. AYCOYounq FAp (sic)
xe neYXoeic ne. Ilex^q n^Y xe «suuiHiTrt n>rerrr(OYujJut.
5\ygi ay&ajlooc iSneqilTO eRo^s Aqxi &ìl noeiK Aq+
nay. ^yiju ori eKo^s giut htEt. Ul rfAnocrro^oc tcxjk
it&HT xe OYffo6~he np^tye rrr*qcyujne rtHTit eg[oYe] enKe-
ceene rmpuujme eT&txjut. nK*&. Ecyxe «vreTnep oykoyi p- no
itOYoeity eTeTrt&oce jmrt neTrtxoEic. eie gHHxe xe TertoY
TeTrtitAcyuune gjuì neunrort cy^ eneg. ^qxi eKo?\ ^ii
noeiK ^q+ rt<\Y. aycu on gRo?\ gH htEt. Oyoeik ìinoY-
TAjmioq grt fftfix «OYAimpH. oytEt HnoYtfonq giTrt ntfix
rtoYou^e. oykcw^t euieYStepouq giTrt FttfTx: rtrtpouxie.
— 70 —
ETreTÌtgoce ite*, oy cu rfAnocro^oc etoyaa&. eie &hhtg
[aycjO&te rtHxrt rtoY&pE Jumrt^TiKort. 3\g,purrrt t-etnuie-
EYE E&0?\ 5\ftOK nErtTAIT-rfSJUUE nETff AcyuunE. riTETrtp^opiA
Art 6e rtxixpon. oy^e EqipooYcy Ert<MiK<Scg,. ^icoKte rtHTN
rtTUtrrrEpo nrfJutnHYE. Unpcyn&iCE 6e xm TEftoY. AnEjm-
K*8 «8HT nurr. uirt T?\YnH. Jutrt n*cyAg,out. ÀJUHiTtt
IITET-rtOYUUJUt. NTEpOYCJU 2^E EYOYUUJUt.. JlEXAq rtCIJUUJUrT
nETpoc n<H Te xe cijmuurr nujHpE ruuu&<5atrtHc kjue juluoi
E&OYE EffAI. NTEpEqCUUT-il
« Con questo frammento terminano i testi copti di letteratura apocrifa
conservati nel museo Borgiano. Speriamo che presto vengano ordinati e fatti
conoscere gli altri manoscritti copti di tal genere che si conservano nelle
varie biblioteche di Europa, se pure non sia possibile avere esatta contezza
di quelli che trovansi nei monasteri di Egitto. Sarà allora men difficile il
dare un'edizione critica degli Apocrifi Copti del Nuovo Testamento-.
Archeologia. — Il Corrispondente Barnabei presenta una sua Me-
moria, nella quale è illustrata una preziosissima lapide, rinvenuta nell'alveo
del Tevere vicino alla sponda di Marmorata.
« Fu posta in onore di L. Iulio Iuliano prefetto del pretorio sotto
Commodo, e nominato a questa carica nell'anno 189 dell'era volgare. La
lapide contiene tutto il corso degli onori di questo personaggio, ricor-
dato dal biografo di Commodo e da Dione; e ci fa sapere che prima
che fosse stato egli eletto alla prefettura del pretorio, fu prefetto dell' an-
nona ; preposto alla cura della cassa centrale dello Stato ; comandante della
flotta pretoria Misenate e della riotta pretoria Ravennate; messo a capo di
corpi speciali di cavalleria in varie guerre ed in varie spedizioni, tra le
quali è ricordata la spedizione contro i Mauri che sotto Marco Aurelio in-
vasero la Spagna, ed i Castaboci che nel tempo stesso invasero la Grecia;
comandante di una flotta sul Ponto, comandante di vari corpi di cavalleria
nella guerra Germanica e Sarmatica (anni 170-175 e. v.), non senza farci
sapere che fece la sua prima carriera delle armi come tribuno della cohors
prima Ulpia Pannoniorum, come prefetto della cohors lertia Augusta Thra-
cum, finalmente come prefetto dell' ala Tampiana, e prefetto dell' ala Her-
culana od Herculiana.
« La Memoria del Corrispondente Barnabei sarà inserita nel fascicolo
delle Notule degli Scavi per lo scorso dicembre ».
— 71 —
Archeologia. — Notice sur une vue de Rome et sur un pian
clu Forum à la fin chi XVe siede, cVaprès un reeueil conserve
a VEscurial. Nota del sig. E. Muntz, presentata dal Socio Fiorelli.
« En publiant l'année dentière un reeueil de documents sur les monu-
ments antiques de Rome, j'y mentionnai, d'après les indications gracieuse-
ment communiquées par M. le professeur Justi, l'émineut biographe de Win-
ckelmann, un album inédit renfermant diverses vues de la Ville éternelle au
temps du pape Alexandre VI (*). Depuis, à la suite de nombreuses démarches,
je suis parvenu à obtenir la reproduction de deus des dessins conservés dans
cet album, ceux là mème que j'ai l'honneur de soivmettre aujourd'hiii à l'Aca-
démie royale des Lincei.
« Rappelons sommairement l'origine et le contenu de ce précieux reeueil.
C'est un volume en papier de 63 feuillets, portant, d'ordinaire sur les deux
còtés, de nombreux dessins, dont les uns représentent des édifices entiers,
d'autres des fragments et surtout des ornements. Nul doute que nous n'ayons
devant nous l'oeuvre d'un des nombreux architectes qui sillonnaient alors en
tous sens l'Italie, d'un contemporain de Giuliano da San Gallo, dont les deux
albums conservés, l'un à la bibliothèque Barberini, l'autre à la Bibliothèque
communale de Sienne, n'ont plus besoin d'étre signalés, ou encore d'un con-
temporain de Fra Giocondo qui, nous le savons par une publication recente,
recueillait pour le compte du roi Ferdinand les principales antiquités du
royaume de Naples (2). J'hésite à prononcer un nom, me bornant à recommander
le problème aux savants qui se sont voués a l'étude de la topographie romaine.
« L'exécution du reeueil, on l'a vu plus haut, appartient aux demières années
du XVe siècle, à la fin du pontificat d'Innocent Vili, ou au commencement
du pontificat d'Alexandre VI. En effet un des dessins (fol. 39) contient l'ins-
cription: Roma]mcccccxxx|xi; d'autre part la présence de la pyramide,
connue sous le nom de Sepulchrum Scipionum ou Meta Romuli, prouve que
0) Les antiquités de la ville de Rome aux XIV, XVe et XVIe siècles. Paris,
Leroux, 1886, p. 157-161.
(2) Archivio storico per le provincie napoletane, 1884-1885.
1489. 19 octobre. Il detto Lucio da Sessa ha pure 2 d. 3 t. spesi nei di passati allor-
ché Fra Giocondo e Jacobo Sannazaro si recarono a Pozzuoli a vedere quelle anticaglie.
1489. 21 octobre. Fra Giocondo di Verona riceve 3 d. correnti per la spesa che gli
converrà fare andando a Mola ed Gaeta per vedere certe anticaglie.
1492. 30 juin. Si danno 4 d. 3 t. ed 11 gr. ad Antonello de Capua, pittore, e per
esso a Fra Giocondo prezzo di 126 disegni, che a fatto in due libri di Maestro Francesco
de Siena in carta di papiro, uno di architettura, e l'altro d'artigliera e di cose apparte-
nenti a guerra.
— 72 —
le dessin correspondant a été exécuté avant l'année 1499, date de la déinolition
de ce monumenti.
« En entreprenant de faire reproduire par la photographie les princi-
paux dessins du volume de l'Escurial, je me suis tout d'abord attaché à la
vue de Kome, me rappelant l'accueil bienveillant fait par l'Acadérnie des
Lincei à une précédente communication de méme nature, le pian du Livre
d'heures du due de Berri, que le regretté Marco Minghetti avait bien voulu
lui communiquer de ma part.
« Cette vue est un croquis fait très librement et qui, partant du Pan-
théon, que l'on voit représentée à l'extrème gauche, coupé la ville en ligne
droite pour aboutir au Chateau Saint Ange, et de là suit la ligne des forti-
fications jusqu'au « Palazo papale», e est à dire jusqu'au Vatican inclu-
sivement.
« La partie la plus développée est donc le Borgo. On y reconnait successi-
vement la « Meta Romuli » , l'hospice de Santo Spirito, avec sa coupole poli-
gonale, le clocher de l'église attenante, puis, en revenant sur le premier pian,
la grosse tour construite par Nicolas V, et enfin le palais pontificai et la
basilique de Saint Pierre. Le palais est vu de coté, coni me sur le pian de
Benozzo Gozzoli, et non de face comme sur les plans publiés par M. de Rossi.
« Nul doute que M.M. de Rossi, ou Lanciani, ces maìtres de la topo-
graphie romaine, ne parvieiment à identitìer les differente autres monuments
indiqués dans la région représentée par l'anonyme de l'Escurial.
« En attendant, il importe de signaler la parfaite sincérité de l'artiste
au quel est due cette vue ; il a representé - par fois un peu naivement - ce
qu'il avait sous les yeux, sans tenir compte des plans autérieurs, depuis ceux
qua publiés M. de Rossi jusqu'à ceux qu'ont mis au jour MM. Gregorovius,
Stevenson, Gnoli et Strzygowski. Les informations qu'il nous apporte sont
donc absolument indépendantes de celles de ses devanciers et n'en ont que
plus de prix.
« Les fouilles qui ont été entreprises au Forum avec tant de succès dans
les dernières années, et qui ont complétement renouvelé cette partie de la topo-
graphie romaine, m'ont décide à m'attacher, dans le choix des spécimens que
je me proposais de faire reproduire, un dessin assez fini, représentant le Campo
Vaccino tei qu'il était à la fin du XVe siècle.
« La vue du Forum est prise du haut du Capitole. On apercoit d'abord
les trois colonnes du tempie de Vespasien, puis, plus à droite, la colonnade
du tempie de Saturne, dans l'état, ou à peu près, dans le quel elle se trouve
aujourd'hui.
« La partie la plus intéressante est celle qui a été représentée à gauche.
Il n'est pas diffìcile de reconnaìtre l'are de Septime Sevère (inscription : Lucio
Settimeo Severo) (*), avec sa base presque complétement déblayée et son
(*) Et non « l'arco Settimes Severo » corame je l'avais imprimé par en-eur dans mori
volume.
— 73 —
couronnenient débarassé des costructions qu'y avait élevées le moyen àge (des
traces de constructions se voient cependant encore sur le pian de Du Pérac
qui date de 1575).
« A travers l'arcade principale, on apercoit un édifice a pilastres qui se
trouve à la hauteur de l'église Sant'Adriano.
« Plus loin, du coté du Colisée, s'élève un édifice construit en pierres
de grand appareil, avec une porte ou arcade cintrée au centre, et un fronton
triangulaire. Ce monurnent fait penser, soit au tempie de Cesar soit à un
are qui se trouvait autrefois dans cette région. La rangée des colonnes qui
lui fait suite est évidemment le tempie d'Antonin et de Faustine. Quant au
campanile on peut y reconnaìtre sans hésitation celui de ss. Cosma et Da-
miano. Au fond, enfin, le Colisée.
« La vue conservée à l' Escurial, outre qu'elle est peut ètre la plus
ancienne des vues du Forum Romain, nous apporte donc des données inté-
ressantes sur plusieurs monuments qui ont disparii depuis, et que les archéo-
logues romains n'auront pas de peine à restituer, en rapprochant; les éléments
nouveaux fournis par le dessinateur anonyme, des fouilles récemment exécutées
par le gouvernement italien.
« Parmi les autres dessins relatifs aux Antiquités de Rome, je citerai
(fol. 4) une reproduction des mosaiques de Santa Costanza, des ornements
conserva à Santa Sabina (fol. 1), d' autres provenant de la basilique des
Santi Apostoli (fol. 4), de Sant'Agnese (fol. 5), de 1' « Areno male arrivato »
(fol. 7), des vues du Colisée (fol. 13, 15, 31), les détails du Chateau
Sant'Angelo et do Sant'Adriano (fol. 14-27), de l'are de Constantin (fol. 17),
du Panthéon (fol. 18, 19, 33), du tombeau de Cecilia Metella et de Sant'Ur-
bano (fol. 22), des reproductions d'une statue d'Hercule trouvée au Monte
Cavallo et apparfcenant au Cardinal de Sienne (fol. 26), des mosaiques de
ss. Cosma e Damiano (fol. 27), un « veduta d'Aracoeli » (fol. 29), des cro-
quis de fragments de sculptures conservés près de San Sebastiano, à Santa
Maria in Trastevere, à Santa Cecilia (fol. 31, 33), des vues de l'are de
Vespasien, de l'are de « Trusi », de l'are de Titus (fol. 34, 35, 36), du
théàtre des Savelli (fol. 43), un dessin de l'Apollon du Belvedére (fol. 42),
alors encore conserve dans les jardins du Cardinal de San Pietro in Vincoli,
c'est-à-dire de Julien della Rovere, la plus ancienne reproduction à coup
sur de cette statue célèbre, et ime infinite de plans, de vues d'ensemble ou
de détails, de reproductions d'ornements de toutes sortes ».
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. IO
— 74 —
Etnografìa. — Collesione etnografica della Nuova Caledonia
esistente nel Museo preistorico di Roma. Nota del dott. G. A. Colini,
presentata dal Socio Pigorini.
« Quando il Cook nel 1774 scoprì la Nuova Caledonia, i suoi abitanti non
conoscevano affatto l'uso del metallo, quantunque i minerali di ferro sieno
abbondanti nell'isola. Ma dal principio del secolo presente, e specialmente
dopo l'occupazione francese, essendo divenute frequentissime le loro relazioni
con le popolazioni civili, vanno lentamente perdendo i caratteri originali.
L'Opigez nel 1886 riferiva alla Società di Geografìa di Parigi (Bull, de la soc.
de géogr., 1886, p. 411) che non si trovano al sud di Canala che indigeni
semicivili. Solamente le tribù della regione settentrionale vivono ancora allo
stato selvaggio, ma circondate da posti militari, dalle missioni e da stazioni
di coloni liberi o di deportati, non potranno a lungo resistere alla civiltà.
Le industrie e le arti specialmente sono troppo bambine, perchè possano con-
servarsi a lungo di fronte alla concorrenza straniera, e già le stoviglie indi-
gene e le accette di pietra sono state quasi completamente sostituite dai
prodotti europei o dell'Australia (Moncelon, Bull, de la soc. d'anthr. di Pa-
rigi, 1886, p. 376: Rev. d'Etha. dell'Hamy, 1883, p. 340). È difficile pre-
vedere so i Neo-Caledonì sopravviveranno alla violenza della tisi e ad altre
cause di distruzione, le quali mietono numerose vittime specialmente fra i
convertiti, ma possiamo con sicurezza presagire vicino il giorno, in cui anche
dalla Nuova Caledonia saranno scomparse le ultime tracce dell'età della pietra
e delle condizioni di vita che vi sono associate.
n 11 primo gruppo etnografico di quest'isola che ebbe il Museo Preistorico
di Roma, fu offerto nei primi anni della sua fondazione dal cav. Luigi Mari-
micci, a cui nel 1885 e nel 1886 si aggiunsero due ricchi doni fatti l'uno dal
cav. Alessandro de Goyzueta e l'altro dal cav. Luigi Hanckar, r. console
a Numea. Il materiale così raccolto è molto numeroso, e per la sua varietà
può somministrare agli studiosi un concetto esatto degli usi e dei costumi
degli indigeni. Dobbiamo soltanto dolerci che qualche pezzo mostri troppo
chiaramente l'influenza della civiltà europea, sopra tutto nelle decorazioni, e
qualche altro faccia perfino sorgere il sospetto di essere stato lavorato da in-
digeni semicivili per farne commercio. Ma ciò corrisponde perfettamente alle
mutate condizioni di quest'isola, ed oggi sarebbe difficile rappresentare in
modo migliore le sue industrie e le sue arti.
« La serie più ricca della intera collezione è quella delle armi, che com-
prende mazze, giavellotti, pietre da lanciare con la fionda, archi, frecce ed
accette di pietra.
* Le mazze si ammirano per l'eleganza del lavoro e per la diversità della
forma, e distinguonsi da quelle dell'isole vicine per una specie d' impugnatura
— 75 —
formata dall' ii^rossamento della parte superiore del manico. Il tipo più
comune è quello che i Francesi chiamano en forme de champignon, perchè
somiglia ad un fungo gigantesco. Gli esemplari di questa forma spesso nella
superficie superiore hanno scannellature verticali, che partono dal centro a
guisa di raggi, mentre in altri sul margine è intagliata una serie di punte.
Vi hanno inoltre mazze con testa sferica provveduta all' intorno di bozze,
dal Vieillard e dal Deplanche paragonate a più seni di donne messi l'uno
accanto all'altro circolarmente. Ma le più belle, e nel tempo stesso le più
micidiali, sono quelle che rappresentano una testa di uccello, probabilmente
del cagu (Rhynocetus jubatus J. Verr. e 0. des Murs), la quale sormonta
un lungo collo che serve da manico.
« Per fabbricare le dette armi i Neo-Caledonì adoperano parecchi legni
duri e pesanti, specialmente quelli della Casuarina equisetifolia Forst., della
Casuarina nodlflora Forst., e di altre specie di Casuarina chiamate dagli
indigeni nanui. Le decorazioni consistono in stoffe di corteccia di Broussonetia
papyrifera o in tessuti europei avvolti intorno al manico, in nastri di vari
colori, in cordoncini di lana, in treccioline di fibre vegetali o di peli di pipi-
strello {Pteropus rubricollis Lath.). Talune delle mazze en forme de cham-
pignon sono inoltre ornate nella superficie inferiore della testa con incisioni
imbiancate (Labillardière, Belai, du Voy. à la recherche de La Pérouse,
Parigi, anno Vili, voi. II, p. 246, tav. XXXVII, fig. 10-15 ; Vieillard e De-
planche, Rev. Mar. et Colon., voi. VI (1862), p. 220-21 ; Patouillet, Trois ans
en Nouvelle-Calédonie, Parigi, 1873, cap. Vili, p. 141-43; Rev. d'Ethn.,
1883, pag. 333; Ratzel, Vòlkerkunde, voi. II, p. 241 e 244; Wood, The
nat. hist. of man, Londra, 1880, Nuov. Cai., p. 206-07).
« I giavellotti consistono in aste di legno arrotondate, lunghe da m. 1,80
a 2,30, con "due cent, circa di diametro, colla punta talora dentata, e sono
sempre tinti in nero, salvo nel mezzo. Si anneriscono o col carbone oleoso
della noce dell' Aleurites triloba Forst., od anche esponendoli al fumo del
kaori, resina che cola dal tronco della Dammara Moorii Lindi., della Dam-
mara ovata Moore, e della Dammara Lanceolata. In alcuni esemplari, a 10
o 15 centimetri dalla punta, si trova un pungiglione di razza, legato in modo
che rimane conficcato nella carne neU'estrarre il giavellotto dalla ferita. A
questi se ne aggiungono altri colla base intagliata a coda di pesce per poterli
dirigere più facilmente, e perchè possano meglio fendere l'aria. Una terza va-
rietà finalmente più lunga delle altre è provveduta di tre o quattro punte a
guisa di fiocina e serve per la pesca. Quasi tutti questi giavellotti sono de-
corati con incisioni geometriche, e quelli usati nelle feste hanno inoltre ric-
chissime decorazioni di nastri di stoffa di Broussonetia, di fili di lana, o di
cordoncini di pelo di pipistrello. L'ornamento però di tali armi più elegante
e più pregiato dagli indigeni è una piccola tavoletta ovale di bambù, coperta
di ricami bianchi e neri, legata all'asta con treccioline di pelo o con fili di lana.
— 76 —
« I Neo-Caledonì scagliano il giavellotto, prendendolo nel mezzo fra
il pollice e le due prime dita, portando rapidamente il braccio dal di dietro
in avanti, o per gettarlo più lontano si servono di un piccolo strumento
cui danno il nome di tabi o di Un, di paolé, nabo ecc., che ricorda Yametfr
tum dei Romani. Viene così descritto dal Labillardière (voi. II, p. 246,
tav. XXXV). che figura anche il modo di servirsene : « J'admirai la méthode
« ingénieuse qu'ils ont inventée pour accelerar la vìtesse de ces javelots lors-
* qu'ils les lancent. Ils se servent pour cet effet d'un bout de corde très-éla-
« stique fabriquée avec de la bourre de cocos et du poil de roussette ; ils en
■ fixent l'ime des extrémités au bout de l'index, tandis que l'autre qui est
« terminée par une sorte de bouton globuleux entoure la zagaie sur laquelle
* est disposée de manière quelle l'abandonne aussitòt qu'on lance cette arme ».
Oltre le fibre del cocco, si usano per simili strumenti anche le fibra di altre
piante tessili ed una specie di giunco. Sono poi di grossezze diverse: alcuni
nostri esemplari sono come la penna di im'oca, altri poco meno del dito mi-
gnolo. Il giavellotto lanciato in tal guisa può colpire il bersaglio tino a
60 metri di lontananza. Nella corsa è sottomesso ad un movimento di ro-
tazione che rende le ferite tanto più gravi, quanto più si sono ricevute da
vicino, ma non produce serie conseguenze se non quando colpisce le parti
più delicate del corpo, come gli occhi, il petto, il ventre ecc. Del resto gli
indigeni sono così abili ed esercitati che evitano per lo più il colpo (Pa-
touillet, cap. Vili. p. 147-53; Vieillard e Deplanche, p. 221-23; Rev. d'Bthn^
1883, p. 332-33; Wood, p. 205-6; Ratzel, p. 204, fìg. 3).
■ Manca nella nostra collezione la fionda fatta generalmente con le fibre
del cocco o delle foglie della Musa discolor Hort. (colabutc degli indigeni).
Vi hanno però le pietre da lanciare, di forma ovoidale, poco più grosse di
un uovo di piccione allungato, che sogliono prepararsi strofinandole su pietra
dure bagnate. Ciascun uomo ne porta sempre una ventina con sé in un
sacco avvolto intorno alla vita. Abbiamo due esemplari di simili sacchi, e si
compongono di tre parti: nel mezzo vi è una borsa di un tessuto molto
stretto, più lunga che alta, la quale si porta davanti sul ventre e contiene
otto o dieci pietre ; le altre due parti, fra le quali è sospesa la precedente,
sono due sacchi a maglia abbastanza lunghi da potersi adattare intorno la
vita, nei quali si ripone un certo nnmero di pietre di riserva. Gli indigeni sono
abilissimi nell'uso della fionda, che portano sempre intorno la fronte, e lanciano
pietre alla distanza di 200 o 300 metri (Labillardière. voi. II, p. 186, 202-3,
tav. XXXV e tav. XXXVIII, fig. 16-18 ; Vieillard e Deplanche, p. 223, 630-1 ;
Patouillet, cap. Vili, p. 153-5; Wood, p. 205; Ratzel, p. 250.
« Le frecce e gli archi sono usati comunemente dai Melanesì, ma non
da tutti. Il Labillardière non trovò queste armi fra i Neo-Caledoni ; altri esplo-
ratori più recenti però ne constatarono l'uso nella caccia degli uccelli e nella
pesca. Probabilmente sono state da poco introdotte nell' isola. Le frecce
— 77 —
esistenti nel Museo si compongono di una punta di legno nero levigatissima
e di un'asta di canna con striscioline di corteccia d'albero avvolte alle due
estremità. Nella raccolta dell' Hauckar e del Marinucci ve ne hanno inoltre
molte con punte di osso, ma queste e gli archi di Casuari aa appartengono
indubbiamente alle Nuove Ebridi (Labillardière, voi. II, p. 246 ; Vieillard e
Deplanche, p. 220; Patouillet, cap. VI, p. 112; Moncelon, p. 371; Rev.
d'Mhu., 1883, p. 336).
« I pezzi che attirano specialmente l'attenzione, sono le accette che i
Francesi chiamano en forme d'oste/isoir : ne abbiamo tre esemplari, uno dei
quali con testa di nefrite. Le prime notizie intorno a questi oggetti singo-
lari si trovano nella relazione del Labillardière, il quale non solo ne fece
un' esattissima descrizione e li figurò, ma somministrò ancora interessanti
particolari sul loro uso : « Ils (gli indigeni) avoient apportò un instru-
« ment qu'ils appellent nbouet, nom qu'ils donnent également à leurs tom-
« beaux. Il étoit forme d'un beau morceau de serpentine aplati, tranchant
« sur les bords, taillé a peu près en ovale, parfaitement poli et de la lon-
« gueur d'un doublé décimètre. Il étoit percé de deus trous dans chacun
« desquels passoient deux baguettes très-flexibles qui le lixoient sur un manche
« de bois auquel elles étoient liées avec des tresses de poil de chauve-souris ;
« cet instrument étoit porte sur un pied fabriqué avec un noyau de cocos
« qui étoit attaché aussi par des tresses de méme nature dont quelques-unes
« étoient plus grosses (voyez pi. 38, fig. 19). Nous n'avions pu jusqu'alors
« connoìtre l'usage de cet instrument ; ces Sauvages nous apprìrent qu'il ser-
« voit à couper les membres de leurs ennemis qu'ils partagent après le
« combat. Un d'encre eux nous en fìt la démonstration sur un homme de
« l'équipage qui se coucha sur le dos d'après son invitation. D'abord il re-
« presenta un combat dans lequel il nous indiqua que l'ennemi tomboit sous
« les coups de sa zagaie et de sa massue qu'il agita violemment, puis il exé-
* cuta une sorte de danse pyrrhique, tenant en main cet instrument de
« meurtre et nous montra qu'on commencoit par ouvrir le ventre du vaincu
« avec le nbouet et qu'on jetoit au loin les intestins après les avoir arrachés
,y. au moyen.de l'instrument figure dans la pi. 38, fig. 20, et qui est forme
« de deux cubitus humains taillés, bien polis, et fixés dans un tissu de tresses
* très-solide. Il nous montra qu'on détachoit ensuite les organes de la gé-
f « nération qui deviennent le partage du vainqueur; que les jambes et les
« bras étoient coupés aux articulations et distribués ainsi que les autres
« parties à chacun des combattans qui les portoit à sa famille. Il est difficile
« de peindre la feroce avidité avec laquelle il nous exprima que les chairs
« de cotte malheureuse victime étoient dévorées par eux après avoir été
"« grillées sur les charbons. Ce cannibale nous fìt connoìtre en méme temps
« que la chair des bras et des jambes se coupoit par tranches de sept à
— 78 —
« huit centimètres d'épaisseur, et que les parties les plus rnusculeuses étoient
« pour ces peuples un mets très-agréable (voi. II, p. 215-17) ».
« Simili accette furono anche illustrate come armi di battaglia, ma i
moderni esploratori più degni di fede escludono quest'uso e si accordano nel
descriverle come insegne di potere, come una specie di scettri, dei quali gli
indigeni fanno mostra nelle feste, nelle danze e nelle visite (Meyer, Jadeit- und
Nephrit-Object; Asien, Oceanien und Afri/ca, p. 55, tav. V, fìg. 3; Heger,
Mitili, d. Anthr. Gesellsch. in Wien, 1880, voi. IX, p. 139-40, tav. II,
fìg. 1-2; Ratzel, p. 227 e 240, fig. 19; Patouillet, cap. Vili, p. 140,146;
Rev. d'Eihn., 1883, p. 333; Vieillard e Deplanche, p. 221). Solamente il Gar-
nier {Bull, de la soc. de géogr. di Parigi, 1868, p. 459-60) prosegue a chia-
marle accette da sacrifizio, aggiungendo che servivano per tagliare i cadaveri
dei nemici uccisi, senza per altro dire se ha tratto questa notizia dalla rela-
zione del Labillardière o da altra fonte. Ora è difficile determinare in modo
certo qual fede meriti il racconto dell'illustre naturalista francese. Ad ogni
modo, sebbene nelle moderne relazioni non si trovi confermata quella nar-
razione, e non vi si faccia nemmeno menzione dell' istrumento per estrarre gli
intestini dal ventre, è certo che la maggior parte delle numerose circostanze
da cui è accompagnata, si trova riferita con poche differenze da un gran numero
di esploratori. Il cannibalismo infatti dei Neo-Caledonì è stato constatato da
testimoni oculari degni sotto ogni aspetto di fede, quali il ( ìarnier ( Tour
du monde, 1868, sec. sem., cap. XV). 1 particolari poi riguardanti la divisione
dell'ucciso sono accertati dal Vieillard e dal DeplanclK-. L'individuo ucciso,
essi scrivono, è sospeso al tronco di un albero, mentre un indigeno armato di
un coltello di bambù o di una valva di conchiglia comincia ad aprire il ventre ed
estrae gli intestini. Fatto ciò, stacca le cosce e le altre membra, e niente desta
maggior meraviglia che la facilità con cui si eseguisce questa operazione. Tutto il
cadavere è fatto in pezzi e distribuito. Spesso accade che la quantità di carne su-
pera il bisogno attuale : allora si fa subire al corpo umano il medesimo processo di
disseccamento che si usa coi pesci. Cadaveri intieri sono così affumicati e servono
da provvigioni da viaggio (p. 216). Tutte le parti del corpo non sono ugual-
mente apprezzate: la testa e gli organi sessuali appartengono di diritto ai capi,
come i pezzi più nobili e più delicati. Qualche pezzo succolento è avvolto
in foglie di banano e inviato agli amici e ai conoscenti delle tribù vicine, e
il rimanente è distribuito fra i sottocapi e gli alti personaggi. Il basso po-
polo raramente ha l'onore di gustare questo cibo e le femmine ed i fanciulli
ne sono esclusi, ad eccezione delle donne dei capi, alcune delle quali mo-
strano una voracità straordinaria (p. 214-15). La verità delle circostanze ac-
cessorie sembra una prova molto seria per indurci a credere all'intero racconto
e farci ritenere che un giorno simili accette nelle feste non figuravano sola-
mente come oggetti di parata.
— 79 —
« Essendo le teste di queste accette oggetti di pietra dei più notevoli la-
vorati da popolazioni selvagge, sarebbe interessante conoscere particolarmente il
metodo di fabbricazione, ma non sembra che si sieno potute raccogliere su
ciò notizie positive. « En Nouvelle-Calédonie, scrive il Garnier {Rev. Mar. et
« Col., voi. XIX (1867, voi. I), p. 907), les indigènes aujourd'hui ou ne sa-
li vent plus faire les belles plaques de jade poli auxquelles ils attachent
« tant de prix, ou ignorent d'où elles viennent. En general, quand on lem
« demande où ils se sont procurés ces plaques, ils indiquent invariablement
« come lieu de provenance une localité très-éloignée de leur propre terri-
« toire ». 11 Patouillet (cap. Vili, p. 143-44) riferisce il sistema di fabbri-
cazione quale gli è stato spiegato da alcuni vecchi indigeni. Avrebbe con-
sistito nel mettere un pezzo, naturalmente piatto, di giada sotto una caduta
d'acqua, adattandolo in una cavità affinchè la corrente non lo spostasse.
L'acqua cadendo sulla giada, portava con sé una pioggia di sabbia che a
poco a poco la levigava, e sarebbero stati necessari due anni per ottenere
l'accetta. Osservando la forma regolare di simili strumenti, la grossezza non
uniforme, e l'affilatezza del taglio, riesce difficile convincersi che si fabbri-
cassero col processo indicato.
« Alle armi, nella collezione del Museo Preistorico, fanno seguito gli uten-
sili e gli strumenti da lavoro, fra cui ricorderò dapprima una valva levigatissima
di conchiglia con gli orli affilati, che le donne portano attaccata alla cintura
come ornamento o piuttosto come coltello. Conchiglie, frammenti di quarzo,
schegge di bambù, ed ora pezzi di vetro di bottiglie rotte, sono gli unici stru-
menti da taglio dei Neo-Caledonì per radersi la barba, per fare sanguigne ca-
pillari nelle parti malate, per intagliare gli oggetti di legno, per staccare le cor-
tecce del niauli (Melaleuca viridifìora Gaertn.) da coprire le case ecc. (Vieillard
e Deplanche, p. 204, 206, 228, 494, 619; Patouillet, cap. XII, p. 231, e tav.
p. 218, fig. 6; Bourgey, Nouv. Ann. de Voij., 1865, voi. I, p. 346). Per
scavare invece i canotti usavano asce di pietra molto singolari, di cui due esem-
plari esistono nella collezione. Uno ha il manico molto corto, piegato ad angolo
nella parte superiore, con grosso nodo sferico allo spigolo e con l'estremità
intagliata per inserirvi la testa. Il Forster, l'illustre naturalista della spedizione
Cook, descrisse e figurò per primo queste asce, aggiungendo che servivano
per coltivare la terra e lavorare il legno. Sebbene anche in qualche illustra-
zione moderna sieno ricordate come strumenti agricoli, tuttavia i recenti
esploratori sono concordi nel far menzione di un solo di questi, ed è un ba-
stone di legno colla punta indurita al fuoco (Vieillard, p. 627 ; Patouillet,
cap. V, p. 98-99 ; Opigez, p. 439-40 ; Rev. d'Ethn., 1883, p. 337-38). Tutti
ammettono poi che le asce di pietra erano usate di preferenza per lavori da
legnaiuolo : il Vieillard e il Deplanche aggiungono anche che qualche volta,
ma di rado, servivano come armi da guerra, prima che le accette di ferro
diventassero l'arma prediletta di quegli indigeni (Heger, p. 140, tav. II,
— 80 —
fig. 3-4; Meyer, p. 53, tav. V, fig. 2; Congrès intér. d'A/ithr. et d' Arche ol.
PrehisL, 4 sess., Copenaga, 1869, p."477; Vieillard e Deplanche, p. 221;
Patouillet, cap. XII, p. 224). L'altra accetta della nostra raccolta differisce
dalla prima notevolmente, perchè il manico è più lungo ed ha unappendice
che forma spigolo con esso, nella quale è legata la testa. Abbiamo inoltre molte
teste per accette, alcune col taglio molto logoro, indizio sicuro del lungo uso.
« Nella collezione non figurano le stoviglie, che le donne fabbricavano
con molta abilità e servivano per cucinare i cibi. Vi hanno invece parec-
chie zucche della Lagenaria vulgaris Ser. per conservare e trasportare l'acqua.
Dopo averle ben pulite e lavate gli indigeni ne aumentano la solidità cir-
condandole con tremoline piatte di libre di cocco, riunite poi a guisa di
manico per renderne più facile l'uso (Vieillard e Deplanche, p. 498, 651).
A ciò si aggiungono, cestelli abilmente intessuti con erbe, e vari esem-
plari della piccola mazza di legno, « qui rappelle assez bien par sa forme et
« ses stries une grosse pomme de pin » (Patouillet, cap. XII, p. 231). Si
chiama fécapo, néapo a Houagape, e sambo a Canala. Serve per battere le
cortecce della Broussonella papyrifera e del Ficus prolifici Forst. (uangui
degli indigeni) con cui si preparano le stoffe da farne turbanti ed altri or-
namenti. I Neo-Caledonì però non dimostrano in questa industria multa abi-
lità, e i loro prodotti sono di gran lunga inferiori a quelli delle isole Figi,
delle Samoa ecc. Nella collezione del cav. Hanckar ne esistono alcuni esem-
plari, ma non è certo che provengano dalla Nuova Caledonia.
« L'abito dei Neo-Caledonì è molto povero: consiste nella maggio'- parte
degli uomini in un cordone adattato intorno alla vita, col quale sovente ten-
gono legati contro il ventre in posizione verticale gli organi genitali, general-
mente avvolti con stoffe e con foglie di banano. (Bourgarel, Mém. de la Soc.
d'Anthr. di Parigi, voi. II, p. 4ul; Labillardière, voi. II, p. 186, J:;7. tav. XXXV;
Pigeard, Nouv. Ann. di Voy., 1847, voi. I, p. 202-3; Bourgey, Nouv. Ann.
de Voy., 1865, voi. I, p. 352 ; Moncelon, p. 351-2). Il vestito delle donne
invece è molto più decente : nubili, e di frequente prima della pubertà, por-
tano intorno la vita una specie di gonnellino lungo da 6 a 8 metri e largo
circa da 10 a 15 centimetri, chiamato mendha o gh/\ formato da una cintura
da cui pendono a guisa di frangia fibre estratte dalle foglie del Pandamts
Minda e del Pandanus macrocarpus, o dalle corteccie della Thcspesia popul-
nea, del Paritium tiliaceum, ecc. Tale gonnellino è avvolto intorno alle anche
in modo che tutte le sue parti sono sovrapposte. Qualche volta vi aggiungono
un grembiule, che giunge fino alla metà della coscia (Vieillard e Deplanche,
p. 204-5, 635, 641, 656; Bourgarel, voi. II, p. 402; Labillardière, voi. II,
p. 187, tav. XXXVI; Patouillet, cap. XII, p. 229). Abbiamo nella collezione
parecchi di questi gonnellini, alcuni tinti in nero con sostanze vegetali (Coleus
Blumei, Semecarpus atra, Eugenia Jambos, Dianella ensifolia) (Vieillard,
p. 645). Nella notte e nei giorni freddi e piovosi ambedue i sessi usano un
— 81 —
mantello fatto coi gambi molli e resistenti dell' Eleo charis esculenta e del-
l' Fle ocharis Alt slro- Caledonica, i quali sono semplicemente intessuti a guisa
di stuoia nella parte interna, mentre esternamente pendono sciolti. Anche di
simili mantelli esiste nella collezione un bell'esemplare (Vieillard, p. 624;
Bourgarel, voi. II, p. 402).
« I Neo-Caledonì hanno molta cura della loro capellatura, che tagliano
e dispongono in differenti fogge, ungono coll'olio di cocco, ed ornano con penne,
foglie, fiori, stoffe di Broussonetia e tessuti rossi. Per pettinarla usano due
forme differenti di pettini molto comuni anche in altre isole della Melanesia.
L'una consiste in lunghe asticelle di legno ben levigate, legate ad un'estremità,
l'altra in mezze rotelle di bambù su cui sono intagliati i denti. Quasi tutti
i nostri esemplari sono ornati con disegni geometrici incisi (Vieillard e De-
planche, p. 204, 205, 206, 617, 619 ; Bourgarel, voi. II, p. 381 ; Opigez, p. 434 ;
Moncelon, p. 351-2; Labillardière, tav. XXXV, fig. 8-9).
« Come nel decorare le armi e gli utensili, così nel fare ornamenti per-
sonali attribuiscono speciale importanza e valore ai cordoncini del pelo del
Pteropus rubricollis Lath. , che richiedono lunga e paziente preparazione
descritta dal Patouillet (cap. XII, p. 225-9). « Quando un pipistrello è stato
ucciso, egli scrive, l'indigeno prende un pizzico di cenere fra le dita, affinchè
il pelo non gli scorra dalle mani, poi comincia a carpirlo dal dorso, dal ventre
e da sopra la testa. Il rimanente è troppo ruvido o piuttosto troppo nero per
essere utilizzato, oltre che non prenderebbe il cclore. Il pelo ottenuto si con-
serva gelosamente, finché non se ne ha una quantità sufficiente, perchè quello
di un solo animale non darebbe che due metri di corda. Per farla si prepa-
rano cordoncini di fibre del banano, intorno ai quali si avvolge il pelo.
Quando se ne hanno tre, ben coperti coi detti peli, s'intrecciano insieme. Tale
lavoro è lungo e se ne occupano egualmente gli uomini e le donne. Si ottiene
una corda di un bruno grigio, della grossezza di una penna di corvo e gene-
ralmente lunga una trentina di metri. Innanzi di servirsene però bisogna
tingerla in rosso, e simile operazione è riservata specialmente agli uomini » .
Il Vieillard (p. 646, 650-51) afferma che per la colorazione si adoprano le
radici della Morirtela tinctoria Roxb. fatte bollire con le foglie di un piccolo
arbusto chiamato dagli indigeni uabune affine alla Barringlonia. Dalla rela-
zione del Patouillet si può desumere che il sistema tenuto per colorire
i cordoncini è molto complicato, e si usano altresì la cenere e l'acqua di
mare. Quello che importa di rilevare poi si è che danno all' operazione un
carattere religioso, e perciò sottopongono al tabu il luogo della fabbricazione
attaccando ad un palo delle pagliuzze e un lungo pezzo di tapa. Un indi-
geno, egli aggiunge « róde aux alentours pour s'assurer que la curiosité des
« femmes n' expose pas les travailleurs à l'arrivée des génies protecteurs des
« roussettes. Ces esprits, disent-ils, foncièrement salaces comme les animaux qu'ils
« patronnent, vont circulant partout autour des femmes, et ne manqueraient
Eendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 11
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« pas, si quelqu'une s'approchait du lieu protégé par le tabou, de se mettre
« à ses trousses et de découvrir en la suivant ceux qui ont méchamment mis à
« mort les animaux qu'ils aiment. À quelles extrémités, dans ce cas, la fureur
« les pousserait, c'est ce qu'on n'ose prévoir ».
« Nella collezione vi hanno parecchi ornamenti personali di peli di pipi-
strello cui sono attaccate conchiglie {Guida o Gonui) e servono indubbia-
mente per ornare le gambe, il collo, o la vita (Vieillard e Deplanche, p. 205,
206, 477; Patouillet, cap. XII, 229). A ciò si aggiungono parecchi braccialetti
di Conus, un gioiello generalmente usato dai Melanesì « Cet ornement se fait
« avec un cóne, scrivono il Deplanche e il Vieillard, que l'on use sur une
« pierre, de manière à en détruire la base et le sommet et à ne laisser que le
« premier tour de spire ; il en résulte un anneau dans lequel on passe assez dif-
« ficilement la main » . (Labillardière, voi. II, pag. 245, tav. XXXVII, fig. 5-6 ;
Vieillard e Deplanche, p. 206; Patouillet, cap. XII, p. 224-25).
« Non mancano nella collezione alcuni fischietti di canna, soli strumenti
musicali dei Neo-Caledonì. Più comunemente però sogliono accompagnare i
loro canti e le danze battendo in terra con una canna di bambù, o percuotendo
la stessa canna con la mano (Patouillet, cap. XI, p. 205-06 ; Vieillard e De-
planche, p. 209, 213; Rev. d'Etlm.. 1883, p. 331). Queste canne servono
anche da bastoni di viaggio, ed allora generalmente vi sono incise figure
umane, di animali, di alberi, di case ecc., che richiamano alla mente fatti
importanti o scene che hanno colpita la fantasia del disegnatore 11 Carnier
fa menzione di un bambù, su cui erano stati incisi i principali avvenimenti
di una spedizione francese (Bull, de la sor. de géogr. di Parigi, 1870, primo
seni., i». 26; Vieillard e Deplanche, p. 619; Opigez, p. 445; Reo. il' ' Elìni..
1884, p. 352-53).
* Finalmente debbo fare menzione di una maschera, in generale nelle
recenti relazioni detta masque de (//'erre. È di legno, tinta di nero, col naso
schiacciato e larghe narici molto convesse. Rappresenta ima figura spavente-
vole, con una specie di parrucca tessuta di fibre vegetali e coperta di ca-
pelli. Intorno alla bocca sono attaccati con mastice semi rossi dell' Abrus prc-
catorlus, mentre al collo è sospesa una lunga rete, in ciascuna delle cui
maglie è inserita una penna, formando così una specie di veste. Non essen-
doci fori agli occhi, chi la porta deve necessariamente guardare attraverso la
grande apertura della bocca (Ratzel, p. 240, fig. 9; Patouillet, p. 180).
u. Il Labillardière che descrisse e figurò le maschere dei Neo-Caledonì
(voi. II, p. 239, tav. XXXVII, fig. 1), intorno al loro uso riferisce le se-
guenti notizie : « Ils font usage sans doute de ces masques pour ne pas étre
« reconnus de leurs ennemis lorsqu'ils entreprennent contre eux quelques ho-
« stilités » . Questa informazione è confermata e completata dalla relazione
del Patouillet, (cap, Vili, p. 159), dalla quale si rileva il modo con cui
simili maschere sono usate nelle dichiarazioni di guerra. Un guerriero vestito
— 83 —
di una di esse si reca nel villaggio nemico, portando da una mano un gia-
vellotto e dall'altra una moneta indigena (perle di conchiglia). Giunto in pre-
senza dei nemici getta la moneta in terra e scaglia il giavellotto. Fatto ciò,
la sua missione è finita e può ritirarsi tranquillamente, perchè la moneta serve
a compensare la tribù per l'offesa che personalmente le ha recato. Tali ma-
schere però figurano anche in alcune danze, e in ispecie nelle cerimonie alle-
goriche che fanno parte delle feste date in onore dei capi morti, le quali
senza dubbio hanno carattere religioso (Vieillard e Deplanche, p. 210; Bour-
garel, voi. II, p. 402-03; Opigez, p. 432-33; Moncelon, p. 351, 372; Gar-
nier, Tour du Monde, 1867, sec. sem., cap. XII, p. 206; Wood, p. 203-04;
Patouillet, cap. IX, p. 184). È quindi ragionevole il sospetto che a simili
oggetti si attribuisca dagli indigeni qualche significato religioso, che noi non
conosciamo » .
Astronomia. — Relazione sulle esperienze istituite nel R. Os-
servatorio Astronomico di Padova in agosto 1885 e febbraio 1886
per determinare la lunghezza del pendolo semplice a secondi, pre-
ceduta dalla esposizione dei principi del metodo e dalla descri-
zione dello strumento di Repsold. Memoria del Corrispondente Gio-
vanni LORENZONI.
Questo lavoro sarà pubblicato nei volumi delle Memorie.
Zoologia. — Significato patologico dei protozoi parassiti del-
l'uomo C). Nota del Corrispondente prof. Battista Grassi.
« A chi studia la letteratura di questi ultimi anni sembra che stia per
spuntare sull'orizzonte medico una nuova stella : mentre la maggior parte degli
studiosi stanno concentrati intorno agli Schizomiceti ed agli Ifomiceti, alcuni
pochi, quasi pionieri, tentano dimostrare che i Protozoi non hanno minore impor-
tanza, che cioè molte malattie supponibili parassitarie, nelle quali fin qui
non si è dimostrato con sicurezza o non si è trovato alcun Schizomicete, alcun
Ifomicete, siano prodotte, invece che da questi esseri, dai Protozoi. È bene
che enumeriamo le malattie in cui fino ad ora si è trovato, o almeno si è
creduto di trovare, dei Protozoi. Esse sono: la malaria, l'anemia perniciosa
progressiva, il gozzo colloide, certe pseudoleucemie, certi empiemi, il vaiuolo,
(') Questa Nota forma quasi un'appendice alla mia precedente Sulla Jl/orf. e Sist.
dei Protozoi parassiti (v. seduta dell'8 gennaio 1888).
— 84 —
la varicella, la tosse convulsiva, il morbillo, la scarlattina, il mollusco conta-
gioso, l'herpes zoster, la dissenteria, certe enteriti, certe vaginiti (a catarro
purulento ed acido). E si noti che le ricerche su questa strada sono appena
cominciate ; se dunque già all'inizio pochissimi osservatori hanno potuto racco-
gliere tanta messe, è ragionevolissima la speranza di poter rischiarare mol-
tissimi morbi colla face dei Protozoi. Essendomi io molto occupato di protozoi
parassiti, quand'era ancor studente in medicina, ho creduto opportuno di ritor-
nare sull'argomento: la Nota che qui presento è appunto il frutto dei nuovi
miei studi.
« Il Lòsch in Kussia, avendo trovato un caso di grave colite comitata
dalla presenza di molte amibe {Amoeba Coli, Lòsch) le ritenne causa della
colite stessa. Il giudizio del Lòsch venne accettato senza discussione fino al
1878 in cui io sostenni che quest' Amoeba Coli è comunissima in Italia e
non si può concederle alcun valore patogenetico. Poco dopo di me il Cunnin-
gham in Calcutta è arrivato alla stessa mia conclusione. Orbene un amiba,
che dalle descrizioni risulta identica all' Amoeba Coli venne recentemente da
Kartulis (Virchow's ArchiulSSG) e da altri {Centralblatt /'. Bacter. 1887)
proclamata causa di quella malattia infettiva che è nota col nome di dissenteria.
« Dopo nuove ed estese ricerche io sono stato costretto a ritornare alla
mia convinzione del 1878. Non si dimentichi che gli autori, a cui accenno,
non si sono dati la briga di fornire quelle prove che sono necessarie per
stabilire con sicurezza l'efficienza morbosa del parassita in discorso, quasi che
questa efficienza fosse naturalmente evidente come quella dell' anchilostoma.
Oltracciò sono convinto che se essi vorranno cercare, verificheranno facilmente
quel che in tutta Italia, al sud della Francia e su parecchi militari reduci
da Massaua ho potuto osservare e quel che ha confermato il Cunningham
in India : che cioè l'Amoeba Coli può accompagnare in più o meno numerose
coorti, talvolta in un numero veramente sterminato, le più svariate malattie,
tra cui nomino specialmente la tifoide, il colera, la pellagra, le coliti anche
secondarie a tumori del colon ecc.; che l'Amoeba Coli può comparire in
enormi sciami per diarrea o dissenteria ab ingestis ; e che infine molti individui
sani, specialmente contadini e ragazzi, presentano nelle feccie (che eliminano
pultacee) ('), per mesi e mesi, non di rado numerosissimi, quei corpuscoli
speciali che io e Calandracelo dimostrammo amoeba coli incapsulata. In molti
casi assistemmo alla scomparsa delle amibe senza che l'individuo ne resentisse
alcun vantaggio. L'Amoeba può pascersi di corpuscoli sanguigni, di cellule
epiteliali, se trova liberi questi elementi nel cavo intestinale : se no, essa si
contenta anche di materie fecali (per es. di corpuscoli amilacei e dei fram-
menti di fibre musculari ecc.), perfino di megastomi e di trichomonas.
(!) Si noti che per sé solo il carattere pultaceo delle feccie nei nostri contadini e
nei ragazzi, non esprime alcuna rilevabile alterazione del processo digestivo.
— 85 —
« Le amibe sono abbastanza comuni nel colon dei Mus senza alcuna appa-
rente alterazione dell'organo che le alberga; sono pure comuni nelle rane
(in tutta l'Italia e nella Germania) e nelle Blatte (in Lombardia e in Ger-
mania), del pari senza che producano loro alcun danno rilevabile. Conchiu-
dendo nego che le amibe siano causa della dissenteria epidemica : esse sono
semplici commensali del tutto innocui.
« Nel 1878 io ho dimostrato contro Zunker che i Trichomonas (Mono-
cercomonas o semplicemente Cercomonas) hominis (intestinalis) Davaine sono
del pari innocenti, e nessuno ha più pensato d'invocarli come cause morbose
tranne il Leuckart che li sospetta sempre capaci d'irritare. Il suo sospetto
per quanto autore\ole, non è però basato ad alcuna seria prova, ma invece
ad una imperfetta cognizione delle mie osservazioni e dei miei esperimenti.
« Il Kiinstler ha recentemente creduto di poter tornare a sostenere che
le trichomonadi vaginali siano causa di vaginite a catarro acido. Se le cose
stessero veramente in questi termini, almeno in molte parti d'Italia le vagi-
niti in discorso dovrebbero essere di gran lunga meno frequenti che in Francia
e in Germania, essendoché il Trichomonas da noi è una grande rarità (io
non l'ho mai trovato) mentre esso è invece oltremodo comune in Germania
e in Francia. Ma possiamo noi seriamente ammettere questa enorme diversità
di frequenza delle vaginiti ? Certamente il ginecologo ne sarebbe stato colpito
e non aspetterebbe che noi coi nostri Trichomonas venissimo ad insegnarglielo.
« Passiamo ai Megastomi, una forma che prima di me veniva confusa
coi Cercomonas; com'io ho dimostrato, essi sono adattati alla vita parassi-
taria più perfettamente che molti altri Protozoi parassiti. Essi hanno una
grande bocca, o ventosa, ad orlo contrattile, colla quale stanno attaccati
alle cellule dei villi intestinali del duodeno e del digiuno: essi vivono a
spese di queste cellule, evidentemente le succhiano. 11 numero di questi
Megastomi è di spesso così considerevole che ogni cellula epiteliale ne pos-
siede uno o parecchi. Da queste mie osservazioni parrebbe risultare che
fossero causa morbosa. Ma di fronte ad esse stanno le osservazioni cliniche.
Queste ultime non mi autorizzano punto a ritenere che il Megastoma produca
quel danno di cui a tutta prima si crederebbe capace. Se certe diarree cro-
niche accompagnate da anemia paiono indubitatamente riferibili al Megastoma,
vi sono per contrario individui, e non pochi, i quali pur ospitando questo
parassita, anche in gran numero, godono di salute perfetta. Aggiungasi che
il Megastoma si trova in molti animali senza che mostrino di risentirne alcun
danno (1). Per apprezzare convenientemente il Megastoma si deve tener conto
(') Voglio qui soggiungere che resta sempre il valore diagnostico da me concesso
ai Protozoi parassiti nella mia Memoria. Quanto ai Megastomi ne ebbi una prova evidente :
ad un individuo che non presentava nelle feccie Megastomi né liberi nò incapsulati, diedi
cinque plerocerchi di perca. Dopo due giorni cominciò ad eliminare colle feccie inumere-
voli Megastomi, in parte incapsulati; ciò durò 8 giorni dopo i quali restarono appellale
— 86 —
della circostanza che l'intestino dell'uomo è, per pai-ere di parecchi autori,
molto più lungo che non occorrerebbe, e perciò parti considerevoli possono
molto probabilmente venir esportate o impedite di funzionare senza che la
salute resti seriamente compromessa. Non è assurdo il supporre che l'inte-
stino di molti animali, compreso anche quello dell'uomo, si sia allungato
appunto adattandosi a certi parassiti. In proposito notisi che l'Anguillula
{Strongijloides) nell'uomo e nella donnola s'annida nelle ghiandole del
Lieberkuhn che altera non poco, e nel ratto abita i lunghi e grossi villi in
cuniculi (gallerie) serpentini che essa stessa scava insinuandosi tra l'epitelio
e il connettivo sottostante. È quindi certo che essa altera l'intestino, eppure
io ho studiato a lungo molti casi in cui erano presenti infinite schiere d'An-
guillule senza che potessi convincermi che gli osti ne risentissero alcun sin-
tomo molesto! È il caso d'un ricco signore che può continuare a vivere con
gran lusso anche perdendo una parte dei suoi capitali.
« Il Balantidium Coli nell'uomo in Italia è rarissimo ; io lo vidi una sol
volta a Pavia. Nel colon dei porci in Italia è volgare oltre ogni credere. Al
proposito debbo esternare il sospetto che la specie dei porci sia ditì'erente da
quella dell'uomo, non essendo riusciti Calandruccio ed io a propagarlo nell'uomo,
dandoglielo a mangiare in condizione d'incistamento. In ogni caso manca
qualunque prova che il Balantidium sia causa morbosa.
« Passiamo ai Coccidi. Io ho a lungo cercato i Coccidi nell'uomo, sempre
invano. Eppure altri osservatori li hanno trovati facilmente ! V'è però luogo
al dubbio che essi abbiano pigliati per Coccidi i corpuscoli speciali delle fec-
cie già de me stesso sospettati psorospermi, e che oggigiorno sappiamo Amibe
(Grassi) e Megastomi (Perroncito, Schewiakoff e Grassi) incapsulati. Certo è
però che veri Coccidi sono stati trovati parecchie volte nell'uomo e che sono
cause morbose, come è stato ammesso da molti osservatori. I ratti e special-
mente i ratti bianchi in Sicilia vengono tormentati da un coccidio che, se
le descrizioni di Eimer sono esatte, è differente dall' Eimeria. Il coccidio dei
nostri ratti, contrariamente a quanto si ammette peli' Eimeria, per riprodursi
ha bisogno di passare un certo tempo in vita libera, in cui entra colle feccie
quando è incapsulato : in vita libera si segmenta e produce i corpi falciformi.
Se questo coccidio così sviluppato viene inghiottito, si trasforma in tanti
Coccidi quanti sono i corpi falciformi : si trovano i giovani Coccidi non ancora
incapsulati dentro le cellule dell'intestino tenue. Essi distruggono queste cellule
e s'incapsulano. Giunti a questo periodo di sviluppo, prima di segmentarsi,
capsule che andarono rarefacendosi ; dopo 15 giorni scomparvero interamente esse puro.
Dal comparire i Megastomi nelle feccie io indussi che i Plerocerchi s'erano sviluppati (si
sa che il Botriocefalo risiede nella parte superiore dell'intestino) e infatto dopo 23 giorni
l'individuo col felce maschio eliminò tre Botriocefali. Il Botriocefalo evidentemente aveva
prodotto l'eliminazione dei Megastomi.
— 87 —
vengono eliminati colle feccie. Questo andamento (compreso il punto più
importante e forse non ancora ben accertato per alcun altro coccidio, cioè
l' infezione diretta coi Coccidi contenenti corpuscoli falciformi), è facilis-
simo ad osservare nei ratti bianchi tenuti in gabbia. D'estate bastano alcuni
giorni perchè il coccidio uscito colle feccie formi i corpi falciformi : e richie-
donsi meno di altri dieci giorni perchè il ratto bianco presenti nelle feccie
Coccidi incapsulati.
« Il ratto può presentare una grave coccidiosi, grave a tal punto che
le sue feccie non sono quasi nient'altro che un'ammasso di Coccidi sospesi
in un liquido d'aspetto sieroso, o mucoso. Queste scariche diarroiche possono
essere di color bianco sporco, tirante al rossigno ; se si ripetono frequentemente,
l'animale dimagrisce e muore. All'autopsia si trova quasi tutto l'intestino tenue
disepitelizzato e il contenuto intestinale è rappresentato quasi soltanto da
una enorme quantità di Coccidi con cellule intestinali più o mena alterate.
Tutti questi fatti s'intendono riferiti ai casi gravi, i quali si verificano a
gran preferenza nei ratti bianchi, nati da uno o da pochi mesi. In realtà la
coccidiosi, per quanto ho detto, ha decorso acuto, se l'infezione non si ripete;
ripetizione che però accade facilmente d'estate se le gabbie in cui si tengono
i ratti non vengono ben ripulite giornalmente.
« Quando si trova che i ratti presentano il coccidio nelle feccie, se non
si vuole andare incontro al pericolo di vederli soccombere, si deve cambiar
loro la gabbia ogni giorno, servendosi di gabbie che siano state ben disin-
fettate. Così si impedisce che il ratto assuma nuovi germi, e si è certi di
veder scomparire i Coccidi dalle feccie dopo poco tempo.
« Questi fatti già stati intraveduti da altri, ma non esattamente osservati
per quanto io sappia, sono stati qui da me accennati perchè essi indicano
al medico le regole da osservare per la cura della coccidiosi.
« Prima di lasciar l'argomento voglio aggiungere che io ho cercato in-
vano i Coccidi pleurici, che sono stati dimostrati causa di empiema in un
caso d'individuo proveniente da paesi tropicali (Kùnstler).
« Eecentemente Pfeifter (1), ha descritto un'altro Sporozoo e precisamente
una vera Gregarina (Monocystis) nel vaiuolo, nella varicella e nelle pustole
vacciniche dell'uomo e di vari animali. Io mi sono occupato di confermare,
col sig. dott. Segré e da solo, questa interessante scoperta, la quale se fosse
vera, indicherebbe indubitatamente la vera causa del vaiuolo e della varicella,
inquantochè sappiamo che le Gregarine negli invertebrati sono capaci di
produrre seri disturbi. Senonchè noi ci siamo convinti che certamente lo
Pfeiffer non ha avuto sott'occhi una Gregarina ed ha pigliato per Gregarina
degli elementi alterati, forse delle cellule epidermoidali in degenerazione.
(!) Per la bibliografìa delle Memorie qui citate rimando il lettore al tanto diffuso
Centralblatt f. Bacter. u. Parasitl. 1887.
I corpi descritti dallo Pfeiffer sono facilissimi a riscontrarsi in molte malattie
cutanee ma non dimostrano alcun carattere proprio degli esseri vivi. Parlano
in favore della nostra convinzione l'irregolarità somma delle loro forme e
sopratutto il modo di succedersi degli stadi, il mancare i corpi falciformi ecc. ecc.
Alla medesima conclusione sono giunto per la Gregarina scoperta dallo stesso
Pfeiffer nell'herpes zoster e pel coccidio scoperto dal Perroncito nel mollusco
contagioso. Sono contento che il prof. Maiocchi al Congresso medico di Pavia,
in cui comunicai una parte di queste osservazioni, siasi dichiarato perfet-
tamente d'accordo con me.
« Voglio ancora accennare al Protozoo scoperto da Deichler nella tosse
ferina. Purtroppo finora mi mancò l'accasione di studiar casi di tosse ferina:
le figure e le descrizioni date dal Deichler sono però tali da lasciar adito
al grave sospetto che- si tratti di pseudoparassiti come quelli dello Pfeiffer.
I cenni del Deichler sul morbillo e sulla scarlattina sono troppo incompleti
per meritar seria attenzione. Un Flagellato è stato descritto come causa del-
l'anemia perniciosa progressiva (Klebs). Finora però le ricerche sono incom-
plete: io non l'ho trovato in un caso clinicamente classico della malattia in
discorso. Si è trovato anche una Monadina in casi di pseudoleucemia.
« È in ogni modo a notarsi che i Flagellati nel sangue degli anfibi,
dei rettili (ho trovato anche 1' Heteromita laccrtae Grassi, nel sangue della
Lacertae viridis) e dei mammiferi non sono punto rari; che possano produrre
gravi malattie è possibile, ma non è punto dimostrato.
« Resta di accennare alla malaria. Il zoologo che studia le belle
Memorie di Marchiafava, di Celli e di Golgi si sente fortemente inclinato a
credere che il Plasmodium malariae sia un'amiba imperfettamente osservata,
un'amiba straordinariamente simile all'amiba pigmentifera da me scoperta
nei Chetognati, i quali per essa subiscono di sovente la castrazione cosidetta
parassitaria (Giard).
« Che il Plasmodium fosse un'amiba, era appunto la mia convinzione
fino a che ebbi io stesso occasione di osservare la cosa da vicino. Allora vi
cercai invano i caratteri di Sarcodino che mancavano nelle descrizioni dei
vari autori (compreso anche il Metschnikoff) e precisamente non vi trovai il
nucleo in alcun modo, non ho potuto determinare che il Plasmodium assuma
nutrimento solido co' suoi pseudopodi, non ho trovato neppure il Flagello nelle
cosidette spore, Flagello forse necessario per spiegar l'entrata loro nel globulo
sanguigno. Capisco che ai risultati negativi si deve concedere un valore rela-
tivo : in ogni modo a me pare lecito asserire che manca la prova che il Pla-
smodium rnalarise sia un essere vivo, ciò che ha già prima di me sostenuto
il prof. Tommasi-Crudeli.
« Ora che abbiamo passato in rassegna le varie malattie in cui si de-
scrissero Protozoi, facciamo la somma.
« È dimostrato che certi Protozoi (i Coccidi sopratutto e forse in certi casi
— 89 —
i Megastomi) (*) possono, produrre malattie locali. Manca la prova che siano
capaci di far sviluppare le cosidette malattie infettive. Questa, dirò così,
indifferenza dei Protozoi che vivono parassiti, trova un importante riscontro
nei Protozoi che conducono vita libera. Come gli Schizomiceti e gli Ifomiceti
parassiti, quelli liberi hanno in complesso un'importanza grande nell'economia
nella natura (fermentazione, putrefazione, nitrirìcazione ecc.). Invece i Protozoi
liberi benché straordinariamente diffusi in modo che dapertutto dove c'è un
po' d'acqua s'incontrano in enorme numero, almeno per quanto finora si sa,
non hanno alcun significato sé non in quanto servono di preda gli uni agli
altri e per altri esseri. Gli Schizomiceti e gli Ifomiceti producono fermenti
solubili, veleni ecc. I Protozoi non danno niente di simile. Insomma senza Schi-
zomiceti e Ifomiceti l'equilibrio degli esseri vivi sarebbe grandemente turbato,
ciò che non accadrebbe che molto limitatamente se scomparissero i Protozoi.
« E si tenga conto d'un altro fatto. I Protozoi parassiti se portati in
vita libera, o muoiono o si conservano in una condizione che possiamo deno-
minare morte apparente, mostrando così una proprietà negativa in confronto
alla maggior parte degli Schizomiceti e degli Ifomiceti. Perciò i Protozoi già
a 'priori non si prestano a spiegare molti fenomeni propri delle malattie
infettive, i cui germi in molti casi, come per es. nella malaria, debbono
poter moltiplicarsi fuori dell'organismo umano.
« Conchiudo. Io ho poca fede nei Protozoi considerati come causa di
malattie infettive. Essi possono produrre malattie locali nell'uomo: queste
malattie però, almeno nei nostri paesi, sono relativamente rare. La stella
adunque, a cui accenno nel principio di questa mia breve lettura, è secondo
me una stella cadente (2) ».
Fisiologia. — Ricerche sui gas contenuti nella vescica nata-
toria dei pesci. Nota II (3) di Margherita Traube Mengarini, pre-
sentata dal Socio Blaserna.
« Nel 1883 il chiarissimo professore Emile du Bois-Beymond volse la mia
attenzione sulle esperienze di A. Moreau intorno alla vescica natatoria dei pesci.
« Il fatto veramente nuovo e sorprendente stabilito da Moreau è che
l' esperimentatore può far variare la proporzione tra l'ossigeno e l'azoto nella
vescica natatoria dei pesci, variando la pressione alla quale il pesce è esposto.
(1) Fors'anche i Sarcodini possono produrre malattie locali, cosi V Haplococcus reti-
culatus Zopf nei muscoli del porco (Biol. Centrablatt Bd. Ili, n. 22, 1883).
(2) Non ho ricordato in questa Nota VAmoeba parasitica Lenden. (trovata da Len-
denfeld in Australia nella cute di pecore affette da una grave malattia cutanea) perchè non ho
potuto consultare il lavoro originale : ne conosco appena un estratto pubblicato nel Wiener
Landwirt. Zeitung 1886, n. 70.
(3) V. Rendiconti. Voi. Ili, 2° Sem., pag. 55.
Rendiconti, 1888, Vol. IV, 1° Sem. 12
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« Moreau dimostrò che ciò dipende dall'aumento di ossigeno che av-
viene nella vescica quando si rende il pesce specificamente più pesante;
aumento che egli spiega con una secrezione di ossigeno nella vescica stessa.
Questo aumento dell'ossigeno nella vescica si può procurare, sia vuotando la
vescica stessa col trocart o colla pompa pneumatica, sia rendendo il pesce
più pesante applicandogli una zavorra, sia infine tenendolo forzatamente nel-
l'acqua ad una profondità maggiore di quella a lui solita.
« Da questo fatto fu dedotto, ed è ora generalmente ammesso, che i
pesci sono capaci di segregare nella vescica natatoria l'ossigeno. L'azoto vi
si troverebbe per osmosi (Nota I 39 p. 77). L'autore non parla della pro-
venienza delle piccole quantità d'acido carbonico che spesso vi si rintracciano.
k Per dimostrare anche meglio che i pesci non prendono i gas trovan-
tisi nella loro vescica dall'ambiente, Moreau fece sui pesci fisostomi la se-
guente esperienza che trascrivo per intiera dalle Revues scieatifiques (40
p. 392) non avendo potuto in nessun modo ritrovarla fra le opere originali
di Moreau.
« Et maintenant d'où vieat l'air de la vessie natatoire ? Lorsqu'il y a
« un canal de communication avec l'estomac, on peut se demander si le pois-
« son, qu'on voit du reste souvent venir à la surface gober des bulles d'air,
- ne les introduirait pas directement dans sa vessie. On démontre quii
« n'en est rien en laissant pendant plusieurs jours le vase où nagent les
« poissons sona une vaste cloche pleine d'un mélange d'hy drogane et d'oxy-
« gène: on ne trouve jamais d'hydrogòne dans la vessie à moins qu'on ait
« au préalable vide le réservoir gazeux par le jeu de la pompe pneumatique ■ .
« Alcune esperienze da me fatte nel laboratorio del marchese Stefano
Capranica gentilmente posto dal proprietario a mia disposizione, confermano
soltanto l'ultima asserzione di Moreau, che cioè i pesci colla vescica vuo-
tata ad arte inghiottiscono il gas che trovano alla superficie dell'acqua.
« — Prima serie di esperienze eseguite sui carassius auratus ed infine
sui leuciscns.
« Il carassius auratus ha, come è noto, la vescica natatoria ristretta a
circa due quinti della sua lunghezza, in modo da formare due sacchi comu-
nicanti. Questi sacchi però sono tanto indipendenti l'uno dall'altro, che si
possono benissimo vuotare separatamente. Perfino separandoli con un taglio il
gas non si perde.
« Credo però che questa indipendenza non debba attribuirsi ai due
muscoli annulari descritti da Mueller, ma bensì alla materia colloidale della
vescica, giacché pure i fori del trocart richiudonsi subito; e recidendo il
dutto esofageo dove sbocca nella vescica, pochissimo gas ne esce nonostante
che io abbia trovato i gas nella vescica del carassius auratus sempre sotto
pressione maggiore di quella dell'aria atmosferica.
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« Per vuotare la vescica del pesce mi servii del metodo di Moreau
adoperando invece del trocart una siringa di Pravaz capace di 10 ce.
« La siringa viene introdotta un po' al disopra della linea laterale del
pesce per non ferire l'intestino.
« Il pesce fu tenuto durante l'esperienza in acqua disaereata (!) satura
d'idrogeno.
« L'esperienza fu disposta nel seguente modo: il pesce operato venne
introdotto in un pallone di vetro chiuso ermeticamente con un tappo di gomma
coperto di mercurio e attraversato da due tubi di vetro con robinetti ugual-
mente di vetro. Uno dei tubi, che era destinato ad introdurre una abbon-
dante corrente di idrogeno nel pallone vi pescava poco oltre il centro di
esso, l'altro destinato all'uscita del gas non oltrepassava lo spessore del tappo.
« Il pallone venne riempito d'acqua che vi fu fatta bollire prima alla
pressione atmosferica e poi per lungo tempo nel vuoto prodotto da una pompa
ad acqua.
« L'acqua poi venne tenuta satura d'idrogeno che vi gorgogliò durante
tutta l'esperienza, formando un'atmosfera di pochi centimetri di altezza tra
la superficie dell'acqua ed il tappo.
« L'idrogeno prima di entrare nel pallone passava per alcuni apparecchi di
lavaggio, cioè : due tubi ad u pieni di pezzetti di pomice imbevuti di sublimato
corrosivo, una bottiglia con nitrato di piombo, una con nitrato d'argento,
un tubo con potassa caustica e finalmente delle bolle di Liebig riempite di
nitrato d'argento serventi di teste.
« Appena queste s'annerivano vennero fatti i necessari cambiamenti
negli altri apparecchi.
« Queste precauzioni sono necessarissime per preservare i pesci dalle
velenose impurezze dell'idrogeno. Il pesce introdotto nell'acqua disaereata
non cade in fondo se ha perduto il gas di una vescica sola. Sta allora ver-
ticalmente colla testa in su, se il gas perduto è quello della vescica poste-
riore ; se invece è quello della vescica anteriore si avvicina meno alla ver-
ticale e tenendo la testa in giù.
« Il pesce con ambedue le vesciche vuote riempie probabilmente prima
l'anteriore, giacché sta dopo poco tempo verticalmente colla testa in su.
« Questi fenomeni non si osservano nettamente che nei pesci messi dopo
l'operazione nell'acqua disaereata o guasta, oppure in quelli operati che per
qualunque lesione stanno male.
« Si vede che dipende dalla volontà del pesce o piuttosto dalle sue
facoltà di coordinazione di controbilanciare col giuoco dei muscoli la spinta
(*) Sapevo da esperienze non ancora pubblicate che feci sulla proposta e sotto la
direzione del prof. Hugo Kronecker, che i pesci resistono relativamente bene alla man-
canza d'ossigeno se si asporta l'acido carbonico, locchò allora si operò fissandolo col-
l' idrato di sodio.
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che sente. Le posizioni straordinarie assunte dal pesce non dipendono da una
paralisi muscolare del pesce, poiché esso allo stesso tempo è capace di giun-
gere con straordinari sforzi muscolari sia alla superfìcie, sia in fondo del
vaso secondo che pesa più o meno dell'acqua.
« la esperienza : Un pesce di 63 gr. viene introdotto nel pallone dopo
essere stato privato di circa 10 ce. di gas. Esso cade al fondo del vaso: soffre
di una forte dispnea e fa ogni sforzo per arrivare alla superficie, ciò che gli
riesce ad intervalli per mezzo di movimenti serpiformi. Arrivato alla super-
ficie succhia, per tutto il tempo che gli riesce di fermarvisi, avidamente
l'idrogeno.
« Dopo circa tre ore e mezza il pesce galleggia alla superficie ; riesce
allora ad andare giù cogli stessi sforzi muscolari che al principio gli servi-
rono per salire. Non arriva però fino in fondo al vaso e finisce dopo poco
tempo per non muoversi più dalla superficie dove galleggia in posizione oriz-
zontale senza muovere le pinne. Viene ucciso dopo dodici ore di permanenza
nel pallone.
« Il gas della sua vescica viene introdotto nell'eudiometro e dà una forte
detonazione seguita da forte contrazione di volume.
« Il pesce dunque aveva aggiunto l'idrogeno all'ossigeno rimastogli nella
vescica.
« Quest'esperienza non parlerebbe contro la possibilità di una secrezione
dell'ossigeno nella vescica : il pesce sentendosi più pesante dell'ambiente e
vieppiù privo d'ossigeno, ha procurato di tornare allo stato normale più presto
che poteva inghiottendo il gas esistente . alla superficie.
« 2a esperienza : Senza cambiare l'apparecchio già descritto, circondai
il tubo afferente l'idrogeno d'una rete metallica a forma d'imbuto che chiu-
deva poi il collo del pallone in modo che il pesce introdottovi non potesse
più attingere né le bolle d'idrogeno che gorgogliavano nell'acqua, né l'idro-
geno alla superficie.
« Un pesce di 155 gr. introdottovi si comporta al principio come i pesci
della prima esperienza : tenta di andare alla superficie con movimenti serpi-
formi e finisce per tenersi verticalmente.
« Dopo due ore e mezzo però sta al fondo e non va in su che di rado.
Dopo trentasei ore rimane permanentemente al fondo del pallone. La sua
respirazione ha cambiato carattere. Invece delle respirazioni frequentissime,
ma con mosse normali della bocca e degli opercoli, respira molto di rado
spalancando la bocca e le branchie annerite in modo convulso.
« Viene ucciso dopo 71 ore e mezza di permanenza nel pallone. Il gas
della sua vescica introdotto nell'eudiometro esplode soltanto coll'aggiunta del-
l'ossigeno.
« Kipetei quest'esperienza su vari soggetti. Per l'ultima di esse misurai
i gas della vescica sebbene in modo poco preciso, senza catetometro.
— 93 —
« Ottenni come risultato dell'analisi :
Idrogeno 3,30 ce.
Azoto 3,70 ce.
Acido carbonico 0,10 ce.
Queste esperienze provano che il pesce è capace di empire la vescica nata-
toria non soltanto coi gas che trova alla superficie dell'acqua, ma anche con
quelli sciolti in essa, cosa negata da Humboldt e Provencal (') e non più posta
in questione, per quanto io sappia, da alcun naturalista dopo di loro.
« 3a esperienza : Esiste un'ipotesi di Erman sulla respirazione dei pesci
colla quale si potrebbe pure spiegare come i pesci provveduti di dutto eso-
fageo siano capaci di riempire la loro vescica natatoria coi gas sciolti nel-
l'acqua.
« Egli (21) dice : « Io credo con buona ragione che gli animali con
« branchie producano od almeno favoriscano assai la separazione dell'aria
« (dall'acqua) aprendo rapidamente la cavità buccale prima fermamente chiusa
« attirando così l'acqua in uno spazio molto aggrandito ; l'aria in parte libe-
- rata dalla pressione dell'acqua si espande e si stacca dall'acqua, in bolli-
« cine che l'animale nella seconda parte della respirazione dirige alle branchie » .
« Per verificare l'ipotesi di Erman variai le mie esperienze. Al pallone
chiuso venne sostituito una vasca a pareti di vetro, nel di cui centro per
mezzo di appositi tubi gorgogliano durante tutto il decorso dell'esperienza
due correnti gazzose : l'ima di aria atmosferica, l'altra d'idrogeno. Delle reti
di nickel erano disposte in modo che i pesci non potevano attingere diret-
tamente i gas né alla superficie, né lungo il tragitto delle bolle.
« Introdussi in questa vasca un Leuciscus colla vescica intatta e colla
bocca mantenuta permanentemente spalancata da un pezzo di sughero imbe-
vuto colla paraffina e spintogli nelle fauci in modo da non impedire il pas-
saggio dell'acqua, ma da rendere immobile l'apparecchio buccale.
(') 23 p. 283 « On a fait respirer des tanches non seulement dans du gaz Hydro-
« gène, mais aussi dans une des eaux charge'es d'un mélange d'Hydrogòne et d'Oxygène.
« Pas un atòme d'Hydrogène n'est entré dans la vessie natatoire des poissons soumis à
« ces expe'nences ».
« Qnesto risultato negativo ottenuto dal celebre naturalista dipende probabilmente
dalle impurezze dell'idrogeno adoperato, poiché a p. 279 dice : « Les poissons placés dans
« un liquide qui contenait de l'Oxygène, de l'Hydrogène et de l'Azote parurent souffrants
« dès qu'il furent place's sous la cloche qui e'tait renversée sur du mercure. On les retire
« presque morts après trois heures de temps ». E poi : « Ils souffrent plus dans l'Hydrogène
« que dans l'Azote. Ils sont dans un état de mort apparente si on les y enferme pendant
« quatre ou cinq heures. On remarque géne'ralement que dans les gaz Azote et Hydro-
« gène, ils ferment leurs opercules comme pour garantir leurs branchies du contact de ces
« deux gaz ».
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« Il pesce reso dal sughero più leggiero dell'acqua resta come sospeso
e colla testa in su alla rete di nickel che gli rende impossibile l'accostarsi
alla superficie dell'acqua.
« Dopo due ore va verso il fondo con grandi sforzi muscolari. Abban-
donandosi però rimane di nuovo sospeso sotto la rete, ma questa volta colla
testa obliquamente in basso.
« È difficile spiegare questo secondo spostamento nelle condizioni di equi-
librio del pesce giacché esso non perdette durante l'esperienza alcuna bolla di
gas (1). Dopo 20 minuti cambia di nuovo la sua posizione e finisce per rimanere
orizzontalmente sotto la rete.
« Il pesce venne sacrificato dopo 72 ore. È da notare che il numero
delle sue respirazioni era alla fine come al principio da 80 a 85. Le inspi-
razioni però parevano più ampie del normale, giacché il pesce dilatava molto
gli opercoli.
K L'aria della sua vescica esplose vigorosamente nell'endiometro; essa
conteneva quindi oltre all'ossigeno suo proprio, una ragguardevole quantità
d'idrogeno assorbito dall'acqua.
« Dalle esperienze finora descritte risulta :
« 1° Le citate esperienze di Moreau si verificano soltanto per ciò che
riguarda i pesci, i quali avendo la vescica natatoria vuotata ad arte vanno
alla superficie per inghiottire qualsiasi gas ivi trovano per riempirne la loro
vescica natatoria.
n 2" I pesci fisostomi sono capaci di separare l'idrogeno sciolto nel-
l'acqua e di riempirne la vescica.
« 3° Questo processo accade sia che per mancanza di gas nella vescica
essi sentano lo stimolo di riempirla, sia nel caso che avendo loro causato
artificialmente una diminuzione di peso essi galleggino sull'acqua.
« 4° I pesci respirano benissimo senza far movimenti colla bocca.
Quindi la morte dei pesci tenuti colla bocca spalancata sotto l'acqua corrente
non può essere attribuita, come suppone Erman, alla loro incapacità di pro-
curarsi l'aria facendo il vuoto colla bocca.
b In altra nota dimostrerò che i pesci senza dutto esofageo si compor-
tano in modo identico ai fisostomi » .
(') Dopo le esperienze di Charbonnel Salle (Annales des Sciences nat. 1887 voi. II
p. 305), pare escluso il dubbio che i ciprini siano capaci, come ammette Mueller, dietro
considerazioni anatomiche, di spostare le masse di gas volontariamente da una vescica
all'altra.
95
MEMORIE
DA SOTTOPOKSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
P. Toldo. / Fableaux. Presentata dal Segretario.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Carutti presenta, in nome del dotto e operoso editore,
le due seguenti opere: 1° il volume decimo della Bibbia volgare secondo
la rara edizione del 1 ottobre MCCCCLXXI, ristampata per cura di Carlo
Negroni ; col quale volume, che contiene le «■ Lettere Apostoliche » e « l'Apoca-
lisse » ha termine l'opera; 2° Le Letture edite e inedite di Giovan Bat-
tista Gelli sopra la Commedia di Dante, raccolte per cura di Carlo Ne-
groni, socio della r. Commissione pei testi di Lingua. Firenze, 1887, fratelli
Bocca editori; volumi in ottavo.
Lo stesso Segretario presenta pure la Storia dell'Impero Ottomano da
Osman alla pace di Carlovitz, del senatore Vincenzo Errante, Roma, 1882,
due volumi, e ne discorre; e l'opera del Socio Lampertico intitolata: La
Legge 14 luglio 1887 J n. 4727 {Serie 3a) di abolizione ed affrancazione
delle decime.
Il Socio Guidi presenta, a nome dell'editore prof. Rossi, l 'papiri copti
del Museo Egizio di Torino, ragionando dell'importanza e dell'utilità della
pubblicazione.
Il Socio Lampertico presenta all'Accademia la Relazione testé pub-
blicata in nome del Ministero d'Agricoltura, Industria e Commercio sul com-
mercio, l'industria, il credito, ed aggiunge le seguenti parole:
« Autore ne è il comm. Monzilli, direttore Capo divisione dell'industria
e del commercio. La relazione con molta chiarezza di dettato e molta
copia di notizie fa conoscere quale sia l'azione che nelle attribuzioni del
Ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio, l'amministrazione pubblica
esercita quanto all'industria, al commercio e al credito. Essa peculiarmente
si occupa di quanto concerne quella parte dell'istruzione che spetta ancora
al Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio.
« Non ne fo una recensione, ma solo la presentazione, non senza segna-
larne l'importanza anche scientifica nelle svariate applicazioni della scienza
in questo campo di attività dell'Amministrazione Pubblica » .
— qg-
ii Socio Betocchi, a nome del conte di Charencey, fa omaggio del
tomo XV degli Atti della Società filologica di Francia.
Il Corrispondente Lumbroso presenta in nome dell'autore, la seconda edi-
zione ampliata e corretta dei Ritratti e profili politici e letterari di Matteo
Ricci (Firenze, Cellini, 1888). Questa pregevole raccolta, in cui è da notarsi
che lo scrittore è fonte a sé stesso, contiene le monografie : Azeglio e Cavour ;
Federigo Sclopis; i due Promis; Giovanni Prati; Caterina Ferrucci; Carlo
Baudi di Vesme; Ercole Ricotti; Cesare Campori.
PERSONALE ACCADEMICO
Il Segretario Carutti annuncia all'Accademia la morte del Socio nazionale,
senatore Francesco Carrara, Socio della R. Accademia dal 9 marzo 1875,
avvenuta il 17 gennaio con-., dicendo che ogni sua parola sarebbe insufficiente a
segnare la dolorosa perdita che l'Accademia, la Scienza del diritto e l'Italia
hanno fatta.
Il Socio Mancini si associa ai sentimenti espressi dal Segretario Ca-
rutti, ed aggiunge che si riserba di commemorare l'illustre estinto insieme
al chiaro giurista Francesco Laurent, che faceva parte dell'Accademia
come Socio straniero.
CONCORSI A PREMI
Il Segretario Carutti dà comunicazione dei lavori presentati al concorso
al premio Reale per le Scienze filosofiche e morali, scaduto col 31 di-
cembre 1887.
I.Cecconi Giovanni. La genesi dell Italia (st.).
2. Maltese Felice. Monismo o nichilismo, voi. I, II (st.).
3. Paoli Giulio Cesare. Fisiocosmos o saggio di un sistema naturale
di filosofia (ms.).
4. Paolini Eugenio Paolo. L'allevamento umano. Manuale per gli edu-
catori della prima infanzia. Educazione fisica (st.).
5. Pitrelli Nicola. L'uno per ogni verso o la lingua universale di
Leibnizio e la inesattezza delle scienze esatte (st.).
6. Santangelo Spoto Ippolito, l) La tendenza delle classi sociali infe-
riori nella 2a metà del secolo XIX (st.). — 2) Importanza della monografia
di famiglia negli studi sociali (st.).
— 97 —
7. Anonimo. (Motto: « Intima panduntnr vieti penetralia coeli »)• L'asso-
soluto vivente (ms.).
8. Anonimo. (Motto: « Laboravi » ). Z« dottrina del vovg noirjTixóg e na-
Trjrixóg studiala in Aristotele e ne' suoi principali interpreti da Teofrasto
fino a giorni nostri (ms.).
9. Anonimo. (Motto : « Mestier gli fu d'aver sicura fronte » . Inf. XXI). —
Primordi del linguaggio (ms.).
CORRISPONDENZA
Il Segretario Carutti comunica una lettera del ff. di Sindaco marchese
Guiccioli, colla quale s'invitano gli accademici ad assistere alla inaugura-
zione dei busti di Bartolomeo Borghesi e Guglielmo Henzen, che avrà
luogo in Campidoglio il 27 del corrente mese.
Lo stesso Segretario dà conto della corrispondenza relativa al cambio
degli Atti.
Ringraziano per le pubblio azionioni ricevute:
La Sovraintendenza agli Archivi nelle Provincie Romane ; la Società di
scienze naturali di Ottawa; l'Università di Oxford; la Scuola politecnica di
Delft; il Museo di zoologia comparata di Cambridge, Mass.
Annunciano l'invio delle loro pubblicazioni:
L'Accademia delle scienze di S. Francisco; la Società storica di Han-
nover ; le Università di Utrecht e di Tubinga ; il Museo nazionale di Mexico ;
l'Istituto Teyler di Harlem; l'Osservatorio Morrison di Glasgow, Missouri.
D. C.
— 99 —
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Classe di scienze fìsiche, matematiche e naturali.
Seduta del 5 febbraio 1888.
F. Brioschi Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PKESENTATE DA SOCI
Astronomia. — Osservazioni sul bordo e sulle protuberanze
solari, fatte all' Osservatorio del Campidoglio negli anni 1884,
1885, 1886 e 1887. Memoria del Socio L. Respighi e del dott.
F. Giacomelli.
Questo lavoro sarà pubblicato nei volumi delle Memorie.
Mineralogia. — Sulla cosi detta Savite di Montecatini. Comu-
nicazione del Socio Alfonso Cossa.
« A complemento di quanto fu giustamente asserito dal sig. Ettore Ar-
tini nella sua Nota presentata nella seduta del giorno 8 gennaio scorso, sulla
identità della Savite del Bechi colla Nalrolite, m interessa di far cono-
scere che per riguardo alla composizione chimica l'identità dei due minerali
fu già stabilita. L'ingegnere Ettore Mattirolo eseguì nel corso dell'anno 1886,
nel mio laboratorio, delle indagini sulla composizione di cristalli della così
detta Savite, dalle quali risulta che questo minerale quando è ben scelto
Rendiconti. 1888, Voi,. IV, 1° Sem. 13
— 100 —
non contiene traccie di magnesia, e presenta una composizione centesimale
che soddisfa a quella corrispondente alla formola della Natrolite (l) » .
Matematica. — Sopra alcuni invarianti simultanei di due
forme binarie degli ordini 5 e 4 , e sul risultante di esse. Memoria
del Corrispondente Enrico D'Ovidio.
« Il numero degl'invarianti e covarianti fondamentali di una o più forme
binarie cresce assai rapidamente all'elevarsi dell'ordine di ciascuna forma, e
non meno rapidamente si accumulano le difficoltà che presenta il calcolo
degl'invarianti e covarianti medesimi. Ciò spiega come non siano stati ancora
stabiliti i sistemi completi simultanei di due forme, una almeno delle quali
sia di ordine superiore al 4°.
« Il presente scritto reca qualche contribuzione al sistema simultaneo
di due forme, una del 5° ordine e l'altra del 4°; e precisamente ha per
oggetto: di assegnare quegl' invarianti fondamentali che son di gradi non supe-
riori a 4 e 5 rispettivamente nei coefficienti delle due forme, e di esprimere
mediante essi il risultante delle due forme.
« In conseguenza questo lavoro ha stretto legame con la mia Noia sulle
forme binarie del J° ordine (Atti dell'Accademia delle Scienze di Torino,
voi. XV, 1880) e con la Memoria Sopra alcuni invarianti di due fornii:
binarie degli ordini 5 e :'. o 6 e .'»'. e in particolare sul risultante di esse
(Memorie della Società Italiana delle Scienze detta dei XL. tomo IV, 1881) ».
Questo lavoro sarà inserito nei volumi delle Memorie.
Matematica. — Sopra certi integrali definiti. Nota del Corri-
spondente S. Pincherle.
« 1. Sia y(t) una funzione continua, reale o complessa, data per ogni
valore reale e positivo di / da 0 a oo, e finita per ogni valore finito di L
eccettuato al più t = 0. Si supponga inoltre che sia
lira <f(t)ertx — 0
t=ao
per ogni x la cui parte reale è maggiore di un numero reale dato a (2). In
tale ipotesi, è noto che l'espressione
,,-t.r
(f(t) di
0) Sulla Natrolite di Montecatini. Nota di E. Mattirolo. Atti della R. Accademia
delle scienze di Torino. Voi. XXI. Adunanza del 20 giugno 1886.
(2) Verrà indicata con r{x) la parte reale della quantità complessa x.
— 101 —
rappresenta una funzione analitica di x, regolare per r(x) ]> a e per e pic-
colo quanto si vuole ed anche per s = 0 se <f(t) è finita, o infinita d'ordine
(algebricamente) minore del primo, per t= 0. Ma se (f{t) è infinita per t = 0
d*ordine k > 1, l'espressione
(1) e-tx(f(t)dt
non avrà alcun significato, benché essa possa continuare a godere di proprietà
formali. Bensì avrà significato l'espressione
•-» co
(2) (— 1)M e-top-ytydt
per ogni ^, >. A; ; e supponendo d'ora innanzi X intero, qust' ultima espres-
sione si potrà chiamare la derivata Xsima formale della (1).
« Ciò posto, se in luogo della (1) prendiamo a considerare l'espressione
dove a è tale che r(a) ^> a, questa avrà significato per r(x) > a e rappre-
senterà per quei valori di x una funzione analitica, le cui proprietà saranno
affatto simili a quelle di cui godeva formalmente la (1). In particolare le
derivate della (3), dall'indice X in avanti, coincidono colle (2).
« Il procedimento con cui dalla (1) si è passati alla (3), è stato sug-
gerito da una formula che s' incontra nella teoria delle funzioni euleriane come
r'(x)
espressione di „ . [ (l). Esso sarebbe suscettibile di generalizzazioni sulle
r (x)
quali mi propongo di tornare, ed è appena necessario di avvertirne l'analogia
col metodo che si tiene nell'applicazione del teorema di Mittag-Leffler, quando
ai termini di una serie si sottraggono funzioni opportune in modo che la
serie si riduca convergente.
« 2. Prendo a considerare la serie multipla
(4) V /rA (r*\ . • . (rA (—l)n^n^...nm ^
/ VV \ih) \nm) (x -h >ii ai -h n2 ce2 h nm «w)x
dove le ri, r2 , . . . rm sono quantità reali e negative e le «i , «2 , • • • Km
sono quantità complesse aventi la parte reale positiva, e la somma va estesa
a tutti i valori interi, positivi o nulli, degl'indici nXì n%,... nm. Siccome
questa serie converge e diverge insieme alla
( — iy»1-w*8H-...nJi,
Z__ \nx) \nj \nm)
(iti «i + %«H — nm ccm)x
così mi occuperò prima di questa.
« Estraggo dalla (5) quel gruppo di termini, che dirò Su, in cui la
0) V. Hermite, Cours, 3me ed., p. 131 (Paris, Hermann, 1887).
— 102 —
somma nx -+- n% + . . . Hm degl' indici è costante e uguale ad n : indi, essendo
a la minima fra le r(«0, r(«2), . . . r(am), osservo che in quel gruppo
| rti ax -+- ??2 «2 H — Km am\>.nir (ai) -l- n2 r («2) + -»m r (am) > «a ;
inoltre, per essere le ri , r% , . . . rm negative, il coefficiente
<-^"C:)(»i)-(i:) (».+».+••■»-=»)
è essenzialmente positivo; infine per le proprietà dei coeflìcenti binomiali,
Z.WW vw V w /
dove la somma si estende ai valori degl' indici la cui somma è uguale ad n.
Per queste ragioni, si ha:
11 èri1 ' èri V » '» «^
Ma il rapporto di due termini consecutivi in quest'ultima serie essendo
_ / -I- /'! -f- rr± - rm -f- 1 _^_
si ha, per il criterio di Gauss, che essa sarà convergente sotto la condizione
(6) *> — (ri -h r2 -h - rm) .
Tale è la condizione di convergenza della serie (5) e conseguentemente della (4).
« 3. Tornando alle espressioni della forma (1), consideriamo il caso speciale
(7) e-xtn(ì — e-^'Yvdt
dove le «v hanno le parti reali positive. La (7) si può riguardare come
la generalizzazione dell' integrale euleriano di prima specie, come si vede
scrivendola sotto la forma
( Wl
//*-»/7(l — u*v)rvdu,
Jo
mediante la trasformazione u = e~l.
« Quando la (7) ha un significato, essa rappresenta, per ì\x) > 0, una
funzione analitica regolare di x\ ma se gli esponenti rv sono, come li sup-
porremo quindi innanzi (•), reali e negativi, la funzione sotto il segno è intì-.
nita dell'ordine — (ri -f- rz •+■ . . . rm) per 1 = 0 e la (7) non ha significato
se quest'ordine è maggiore dell' unità. Ha invece sempre un significato
l'espressione
/~\ 00
( 1 Xk-i [ m
(8) A—i! F(X~"(;g)== e-^P-'lIiì—e^y.dt,
per l intero e soggetto alla condizione (6).
(l) Si tralascia per brevità l'estensione al caso che le rv siano complesse, e all'altro,
assai semplice, che alcune delle rv siano positive.
— 103 —
« Svolgendo in serie il prodotto sotto il segno nella (9), si può eseguire
l'integrazione termine a termine, poiché in forza delle considerazioni svolte
nel § precedente, si può applicare un noto teorema del Dini (l); e si ottiene
così
(_1 )x-i jia-i) tx\ = 'ST (_i )« (?1\ (r*\ . . (rA 1 .
« Il teorema di Mittag-Leffler e' insegna, partendo da questa espressione,
integrando l — 1 volte e determinando convenientemente le costanti, a for-
mare un'espressione che nei punti — {nxal-+-n\a%-\ — nmam) è infinita del
prim' ordine coi residui ( — l)n i 1 ) ( ' 2 )• • ( m ). Ora, il mio scopo è ap-
yriif \ii2/ VW
punto di far notare come questa espressione si possa ottenere in forma d'in-
tegrale definito, applicando alla (7) il procedimento indicato al § 1 ; e questa
espressione si ha senz'altro nella forma
j j,-*_/i+(i_-5)fH — f- (1~^ tX~2) e~l ì n (l—e-^y,dt ,
che, integrata termine a termine, dà appunto l'espressione indicata dal teo-
rema di Mittasr-Leffler
1
i<-oc)-(air
ih «i -+- ••• nm <xm — (1 — x)
1 _ \—cc (1— xY-% )
1 -f- 'Ih «i H llm ««? (1 + nx «1 H ttm Cimf (l-H&i«H— • • llma m)~K~l)
« 4. Il eh. Hermite, ricordando la nota formola
per il caso di r{a) >> 0, si propone di vedere ciò che essa diviene per r{a) <C 0 (2).
Il metodo accennato al § 1 conduce ben presto al risultato, che non è che
un caso speciale di quanto si è trovato al § 3. Infatti, posto u = e~\ l'espres-
sione
J-, co
e-xt(l— e-tf-Ult
o
non ha, per r{a) <[ 0, alcun significato ; ma si indichi con l un numero in-
tero tale che sia
X-hr(a)<0
e si consideri la
her*t—(i + {i—a) + ..(1 ^'^ V')j(l — e-1)"-1
dt
(x) Dini, lezioni litogr. di calcolo, calcolo integrale, p. 90. Pisa, 1877-78.
(2) Acta Societ. Scientiarum Fennicae, t. XII, 1881.
— 104 —
questa sviluppata in serie diviene
/_l } \ n )(,i-hl — {l—a
1 — x
x) n-+-l (>i-hiy
' 0H-i)x !
che non può differire dalla —, — -~- che per una funzione intera d'ordine
r^a-hx)
X — 1 al più ».
Astronomia. — Sulla distribuzione delle protuberanze alla su-
perficie del sole durante ranno 1887. Nota del Corrispondente
P. Tacchini.
« Presento all'Accademia una breve Nota sulla distribuzione delle protu-
beranze alla superficie del sole durante il 1887. Dagli angoli di posizione
osservati per 1863 protuberanze, ne ricavai le corrispondenti latitudini elio-
grafiche, e dalla serie delle latitudini le cifre del quadro seguente, che rap-
presentano la frequenza relativa del fenomeno in ogni zona di 10 gradi in
ciascun emisfero solare.
Latitudine
1887. Frequenza
1° trimestre
2° trimestre
3° trimestre
4° trimestre
Anr.o
90°+ 80°
0,000
0,016
0,003
0,006
uhm,;
80 + 70
0,003
0,008
0,011
0,009
0,008
70 + 60
0,005
0,008
0,009
0,009
(1.1 1< IX
60 + 50
0,078
0,072
0,023
0,054
0,053
50 + 40
0,140
0,070
0,056
0,110
0,086
40 + 30
0,083
0,127
0,065
0,066
0,086
30 + 20
0,109
0,086
0,107
0,066
0,095
20 + 10
0,101
0,074
0,082
0,016
0,073
10 . 0
0,062
0,039
0,061
0,038
0,051
0-10
0,052
0,052
0,098
0,069
0,071
10 — 20
0,057
0,086
0,062
0,104
0,075
20 — 30
0,104
0,090
0,114
0,098
0,102
30 — 40
0,088
0,091
0,076
0,079
0,083
40 — 50
0,096
0,134
0,188
0,179
0,153
50 — 60
0,015
0,027
0,033
0,088
0,037
60 — 70
0,000
0,006
0,006
0,006
0,005
70 — 80
0,007
0,010
0,006
0,000
0,006
80 — 90
0,000
0,004
0,000
0,003
0,002
— 105 —
« Nel primo trimestre le protuberanze furono più frequenti nell'emisfero
boreale del sole, come nell'ultimo trimestre dell'anno precedente con una fre-
quenza però sempre marcata fra -1-10° e -f-60° e fra — 10° e — 50°, mentre
si mantennero relativamente scarse presso all'equatore solare, cioè da 0° a=t 10°.
Nell'emisfero boreale è notevole la zona (-+-40°-f-50°) di massima frequenza
assoluta.
« Nel secondo trimestre le protuberanze furono in numero quasi eguale
tanto al nord, che al sud dell'equatore solare. Nella zona equatoriale (0°=t 10°)
si mantennero scarse come nel precedente trimestre, e ci furono due zone
ben distinte di massima frequenza a (-+- 30° -+- 40°) e( — 40° — 50°). Anche
per questo trimestre, come per il primo, la frequenza delle protuberanze so-
lari è bene marcata dall'equatore a =!=600, e raro il fenomeno nelle restanti
calotte polari.
« Nel terzo trimestre si appalesa una maggiore frequenza delle protube-
ranze nell'emisfero australe. È notevole la massima frequenza delle protube-
ranze nella zona australe ( — 40° — 50°), come nel 2° trimestre, mentre nella
zona equatoriale (0°ztlO°) non vi fu scarsità del fenomeno, come nei due
trimestri precedenti. Anche in questa nuova serie di osservazioni però può
dirsi, che le protuberanze furono sempre frequenti dall'equatore tino a z£ 60°.
Notiamo anche il fatto, che nel 1° trimestre 1887 in cui si ebbe una grande
prevalenza delle protuberanze nell'emisfero nord, la massima frequenza di
esse avvenne nella zona (-f- 40° -f-50°), cioè alla stessa distanza dall'equatore,
come per l'emisfero sud in questo terzo trimestre.
« Nel quarto trimestre continuò la maggiore frequenza delle protuberanze
nell'emisfero australe. Inoltre si ebbe ancora la maggiore frequenza del feno-
meno nella zona ( — 40° — 50°), mentre intorno all'equatore le protuberanze
furono scarse. Puossi dire in complesso, che il fenomeno delle protuberanze
si manifestò con abbastanza frequenza in quest'ultimo trimestre dall'equatore
a zt 60°, con due massimi nelle zone (zt: 40° zt 50°), e che fu assai raro
intorno ai poli.
« Nel risultato annuo si ha una maggiore frequenza delle protuberanze
nell'emisfero sud, con due zone di massima frequenza equidistanti dall'equa-
tore (zz 20° zt 50°). Una frequenza sempre rilevante si manifestò dall'equatore
fino a zt 50° come nel precedente anno « .
Astronomia. — Sull'eclisse di Luna del 28 gennaio 1888.
Nota del Corrispondente P. Tacchini.
« Il cattivo tempo impedì quasi del tutto le osservazioni che ci eravamo
proposti di fare. La nostra attenzione era rivolta ad osservare le occultazioni
di stelle, che in numero considerevole ebbero luogo durante l'eclisse lunare:
K. *■
Grandezza
delle stelle
Fenomeno osservato
Osservatore
136
9,5
Immersione
Àfillosevich
148
10
n
s
89
7,7
Emersione
Tacchini
136
9,5
n
»
201
8,7
n
n
— 106 —
ma il continuo passaggio di nubi più o meno dense non permise di fare che
sole 5 osservazioni, che qui riferisco:
Koma 18 gennaio 1888.
Tempo medio di Roma
llh.10n,.39s,57
11.27. 7,02
11.31.40,86
12.24.24,18
12.31.38,82
« La parte eclissata del disco lunare può dirsi che si mostrò quasi sempre
rosea; l'eclisse totale doveva incominciare alle llh. 21ni, e già alle 10h. 50m
era sensibile la tinta rosea della parte in ombra. Durante l'eclisse totale poi
il disco della luna si fece decisamente rossastro, e il fenomeno di detta colo-
razione è da ritenersi più marcato che nel 1884, e paragonabile invece alla
colorazione osservata nel 1877. Il contorno dell'ombra fu sempre trovato re-
golare, cioè senza indizio di distorsione o gobba, del genere di quella che
si annunziò essere stata veduta durante l'eclisse lunare dell'ottobre 1884.
L'uscita della luna dall'ombra doveva aver luogo alle 2h, e ad lh.42m si
vedeva ancora tinta di un roseo latteo la parte ombrata del disco lunare ■ .
Astronomia. — Osservazioni del pianetino (264) Libussa. Nota
di E. Millosevicii, presentata del Corrispondente P. Tacchini.
« Nelle sedute 12 giugno e 13 novembre dell'anno decorso, ho presentato
all'Accademia gli elementi ellittici del pianetino (264) Libussa, che rappre-
sentano abbastanza bene l'insieme di tutte le osservazioni della prima oppo-
sizione, ed una effemeride per la ricerca nella seconda opposizione. Quest'ul-
tima avrebbe bisogno d'una lieve correzione, poiché l'anomalia vera del pia-
neta fu da me calcolata con una costante dell'orbita, nel cui logaritmo mi
si insinuò un errore. Da ciò deriva che le posizioni che io potei fare in gen-
naio, dopo ritrovato il pianeta il giorno 8, sono molto più in accordo coi luoghi
dedotti dagli elementi, di quello che non sembri ad una semplice lettura di
confronto.
« Mi propongo ora di discutere ambedue le opposizioni allo scopo di de-
durre un sistema di elementi che le rappresenti ; ciò si potrà fare con maggiore
vantaggio possedendo osservazioni fino all'aprile prossimo; attualmente do le
— 107 —
cinque posizioni che posseggo, le quali già da sole bastano per la formazione
d'un luogo normale.
Epoca
1888
Tempo medio
Roma
C R
a apparente (264)
Logaritmo
fattore
parallasse
ó apparente (264)
Logaritmo
fattore
parallasse
Gran-
dezza
I. 8
13h 0m35s
10h17m26s79
9,406 n
h- 26°20'55"4
0,442
12,2
9
12 28 46
2,93
9,481 n
26 55, 2
0,469
12,2
10
10 57 56
16 38,97
9,628 n
32 57, 1
0,578
12,2
11
11 25 28
12,23
9,587 n
39 8,4
0,535
12,4?
18
11 32 16
12 17,78
9,522 n
-4- 27 24 57, 1
0,471
12,2
Matematica. — Sopra una estensione della teoria dì Mentami
sulle funzioni di variabili complesse. Nota II (!) del prof. Vito Vol-
terra, presentata dal Socio Dini.
« 1. In una Nota che ebbi l'onore di presentare recentemente, ho esposto
i fondamenti della estensione della teoria di Riemann. Nella presente mi pro-
pongo di stabilire la teoria delle caratteristiche relativa alle funzioni colte-
gate net senso riemanniano .
« Dalle formule (6) trovate nella Nota citata si ricava
(1) Dx dx + D2 dy 4- D3 (U
1 y^\ (D\ dx' + D'2 dy' + Dr3 ds').
d(x',y',z')
L'espressione differenziale lineare J)ldx -hT^idy -\-J)zdz gode quindi di una
proprietà invariantiva.
« Distingueremo due casi: quello cioè in cui
(2) Di dx -h'Didij-h D3 ds = 0
è integrabile, dal caso in cui non è integrabile.
(3)
(4)
1° Caso.
« 2. Nella ipotesi della (2) integrabile avremo
Dx dx + D2 dy -h D3 di = Xdfi .
* Abbiasi una funzione O dipendente da linee e supponiamo che sia
Dt
do
d{ys)
D
« Poniamo
dO
d (yg)
73,
dO
d(zx)
dO
Da
dO
d {xy)
dO
= 0
d (zx)
d (xy)
Q,
(0 V. Rendiconti, Voi. HI, 2° Sem. 1887, pag. 281.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem.
14
— 108 —
avremo
^ "ty 7>; ^ ^ A in-
quinai (vedi: Sopra le finis, dip. da linee, Art. Ili, § 1) si potrà trovare
una funzione 6» la quale soddisfa alle condizioni
(5j d(ys) ~ ' rf(^) _ x ' d(#y) s
« Le funzioni 0 e fi rimangono inalterate eseguendo un cambiamento di
d® . . ... j.
variabili. Se sopra una superficie a sarà — = 0 , nei tratti di essa ove fi
non è costante potremo prendere 0=0. (Vedi : Sopra le fidi:, dip. da linee,
Art. Ili, § 2, 4).
« 3. Ricaviamo prima di tutto dalle formule precedenti un teorema ana-
logo a quello di Green. A tal fine consideriamo due fimzioni tf\ e #2 dipen-
denti da linee le quali soddisfino alla condizione (4). Esisteranno due fun-
zioni 6»! e 02 tali che
~òy "a* — 7>j ty -- ^i ^(//j) l ty X- ~ ^* 7>y " d{yz)
, 16X Ifi 7>0_i_;^«_ d(t>x ] "dflg "Bjtfc ~3flg ~hfi d<I>2
(6l))17 7>o? " " la Hi =~ Xl ~d(;<c) {()2>\ li la: ' ìx li " Xi ~~ d{ix)
16! 1(i l*8±lwL_ (/^i pft2 iti __^t>2 Ifi _ dd>2
Hx~òy"l>y lx~~Ql ~ d(#y) \ "da >/ ty ^<<' ~ d{xy)'
« Essendo noto il fi, potremo limitarci a considerare una porzione di
spazio T entro il quale, comunque siano cri, Xn qù bt8, x2, «■>. purché monodrome
finite e continue, le (6^ e (62) si possano soddisfare mediante delle funzioni
di e 02 pure monodrome finite e continue.
« Dando alle EéS lo stesso significato attribuito loro nella Nota prece-
dente, avremo :
,_v TT E22 gx g2 — E23 ((>! y2 -»- g2 Xi) -1- E33 Xi y8
( J ) H*,*, = ^1 =
_ 1 ( /E13y2— E^o-A^ /E23y2— E22o2\7)<9i /E33x2— E38p8\T>fli ) =
_ 1 ( /E13yi— E18pAT»fl8 __ /E23yi— E82oxU08 /E33Xi— E38oA^8)
-A(\ D, h^ \ Di !*>¥ \ D' /"*)
« Se lo spazio limitato dal contorno a fa parte di quello T in cui si
considerano $,e <J>2 , si ottiene facilmente dalle formule precedenti, mediante
— 109 —
integrazione per parti, denotando con n la normale a a diretta verso l'esterno di S,
(A) f AH*,*, dS =
=J>.iE"'^E"g'coB^
Di
D,
Dx
~ò /E33X!— E23gi\)
dS
J<j ( Dx Di ^i
f« < ^ /E13y2-E12o2\ 7) /E23X2-E22g2\ ^/E33y2-E23gAj^
« Queste formule ci forniscono evidentemente il teorema analogo a quello
di Green.
« Altre formule che è utile stabilire sono le seguenti
®*»*» ~ Dt
*2,P2
1 Ip2. sy2
Xi,pJ D2|pi,s7i
zs%
7*2, *2
■* J
ir "**• ■ ^ , ^2~| i
= T &1— \-%i— — +Pi— - =7
da cui si deduce, mediante integrazioni per parti,
ce C dOi
(B) JflA0#i#a rfS = j^ fa cos ;u- + Xi cos ny ■+- Pi cos ras) dtf=J^ 02 -^T^=
= I 6X fa cos rc# -h X2 cos rcy + p2 cos nz) dc=\Bx -^~da ■
« « 4. Possiamo dare subito una applicazione della formula (A) dimo-
strando il seguente teorema : m
« Se la funzione reale *P, dipendente da linee, soddisfa
alle condizioni
2
E 1 ;
d®
d(ccy)
-Ei;
dV -i
rf (&#)
Di
^d{yz)
•E21
dv n
d(xy)
(C)
Dx
2
d«P
J^31
•rf(^)
-E3
d*P -I
d(?/*)
D.
D3
d*P
D9
= 0
3 d (xy)
d {yz) ' 2 ^ (*»)
e si conoscono i valori di *P corrispondenti a tutte le linee
del contorno a del campo S, (entro il quale l conserva sem-
pre lo stesso segno echeèinterno a T) la «P è completamento
determinata per tutte le linee chiuse del campo S.
« Infatti supponiamo che esistano due funzioni *P' e *P" le quali sod-
disfino alle condizioni poste ; anche la loro differenza *P'" dovrà soddisfare
— 110 —
alle condizioni (C) ed inoltre essa dovrà avere corrispondentemente alle linee
del contorno un valore nullo. Applichiamo ora la formula (A) prendendo
a>1=a>2=jp'" ; si avrà
i
/■H.ii;"'ji'" ab =
= rtfi «W.-B„g> cos >lx +E»3X1-Eirf.cos E,dt.-EMf . cos ,u U
Ja •{ JJi Dx Di )
dW"
« Ma al contorno a si ha — — = 0 , quindi (vedi § 2) potremo pren-
der
dere 0i=O limgo e, nei tratti in cui fi non è costante, mentre lungo questi
avremo
Ti" 7>" D'i
(8) cos ««2;: cos;??/: cos /?j=-J- : -1- : — - ;
perciò la equazione precedente diverrà
f/H;;,-;/,-' dS = 0
da cui risulta Hjp/"ap"' = 0 e quindi W" costante (vedi Nota prec. § 6).
La W" dovendo esser nulla al contorno, sarà sempre nulla e perciò X¥'=W".
«Basterà dunque conoscere i valori corrispondenti alle
linee del contorno di S della parte reale o della parte imma-
ginaria di una funzione collegata alla F nel senso rieman-
niano, perchè la funzione stessa sia nota.
« Il teorema precedente può dimostrarsi anche applicando la (B) e sup-
ponendo in essa Ol-Jri<l>.2 collegata ad F nel senso riemanniano.
« 5. Imprendiamo la formula (6) e poniamo <PX -f- <7>2 = <D. Avremo :
I = j J/IWS = j f /H^, dS +J/H#i*s 4- ìfjE+n dS .
« Supponendo <P2 nullo per tutte le linee del contorno a, potremo assu-
mere 0o = 0 lungo a ove fi non è costante, mentre negli altri tratti ove
(i = cost., avremo soddisfatte le (8), onde applicando la (A) otterremo
= 1 J>,,,, * + ij>,,*. <IS -js », g(**=**)
* l d; ; + * l d; h dS ■
« La condizione necessaria e sufficiente affinchè I risulti massimo o mi-
nimo, per dati valori di <P corrispondenti alle linee del contorno, e suppo-
nendo l sempre dello stesso segno in S, sarà quindi data da
/m 7) /E13y — E12g\ , 1 /E83y — E88g\ . 7) /E33x — E38g\
(9) SV— ^T "j + ^l dT -J^tA 5 ) = °
e si avrà per I un minimo od un massimo secondochè l sarà positivo 0
negativo.
— Ili —
« Dall' esser soddisfatta la (9) insieme alla (4) segue (vedi Nota prec. § 7)
che esisterà una funzione $>' tale che ®-hi<P' sarà collegata alla F nel
senso riernanniano. È palese l'analogia fra le presenti considerazioni e quelle
su cui si basa il così detto principio di Riemann-Dirichlet.
«■ 6. Se d>1 -4- id>2 è collegato ad F nel senso riernanniano, esisteranno
le due funzioni 6X e 02 (vedi § 2) le quali soddisfano le equazioni (5).
« Troviamo ora quali relazioni sussistono fra queste funzioni. Tenendo
conto delle equazioni (Ax) della Nota prec. § 4, avremo
l 1)1/ 1)2 1)X ly l>s
}0, _ D0! t, ~ò02 , -n "^2 , -n "^
(10) { L\^ — D3^-L = E21^--f-E22^- + E
2 3
~òs ~òx ' ~ìx ~òy !>g
D2 lx _Dl 7>y ~Esi >s +Es2 ^ +Es3 tt
come pure le equazioni equivalenti
d,^-d,^=-(e11^-h-e„^ + e„^
ly l>g \ Ix ly ì*
-»g ìx \ " ~òx Dy D* J
1)2 ix -^^y- — r31l^ + E32 Dy +E33 W
« Le due funzioni 6X e 02 debbono dunque soddisfare ad una stessa equa-
zione differenziale che è la seguente
(d, ink H+Elt^+El,H\n+±ryBtl^B,12?+B,,3?)-L
lx\_/-\ l)x l>y 7>g j J 1>ijìJ\ ìx l>y ^«/J
+ ^R(E31^+E3!H+E33^-] = o
1)2\_A \ 1)X Dy 1>g !_\
e lungo una superfìcie qualunque e, per la quale il quadrato dell'elemento
lineare è ds* = Fida2 -f- 2Fdu dv -f- Gc/y2, dovrà aversi (vedi : Sulle funz.
dipFda linee, Art. Ili, § 3)
dd>1 1 d^elf.i) dd>2 _ 1 d(doji)
d<* ' " |/EG — F2 <*(w, ^) ' da ' ~ |/EG — F2 d (u, v)
« 6. Le
d¥l dF, ^ dF,
lh ~ d(yz) ' CJl — d (gx) ' ri — rf (#y)
dF8 ^F2 d¥2
752 "~ ri (y*) ' q'2~d (gx) ' r2 ~ of (ay)
soddisfano anche esse alle condizioni (vedi Nota prec. § 4)
I J^i_ + ^£i_ + _>j_ = () I ^2 {_ >/2 + ^r2 _Q
| "Sa; 7)2/ D£ j 7)^ ì>y "2)s
I ViPi + D2 (Zi -+- D3 rt = 0 | D^2 + D2 ^2 -{- D3 r2 = 0 ;
— 112 —
quindi potremo porre
( d( tx.u) ___ d{U , n) _ d(tnp) __
) tf(y,*) _i;i1 d(*,tf) _ri1' d{*,l)
(11) i ^,rt_, ^,,/f) ^^) = r.
d(y,t)~Pt' d{z,x)~l2' d(x,y) "
« Se ne deduce
; ==_<l(tn **»_/« )_
d (x , y , *)
« Eseguiamo un cambiamento di variabili e prendiamo invece di #, y, £
un sistema di variabili a?', y\ /, tali che x'=tXì y'=t*, z'=a. Avremo
En=l, E22=l, E33=0; E23=0, E3l=0, E12= 0
Dx = 0, D2 =0, D3=— 1
e le equazioni (10) diverranno
"ày' " ìx' ' ìx' ~~ ~òy'
u Ne segue che
(12) 0i + f'4*"G(*i + ftt,p).
« Nell'Art. Ili, § 5 della Nota : Sittfe /tour. &jp. da lince, abbiamo dimo-
strato che se sono doddisfatte le (6i)(G2)(ll) si ha
fa (ih cos nx -f- Qi cos ny H- rx cos «*) c/c =$z.U dp
fa (p2 cos ;u- -f- ry2 cos ny -f- r2 cos ?w) da =/l £2 d/t
/o (wicos ìix -+- Xi cos »y -j- (>i cos »*) da =fudìdfi
fa (sy2cos ra# -f- x2 cos «y H- q2 cos tu) dtì=flfii <ln
essendo L la linea contorno della superficie a,
« Ne segue che
F |[L]| = /L (*, H- t/t) 4> , ® IMH/t («i 4- *«t) fr
e reciprocamente se le funzioni complesse F e <I> dipendenti da lineo saranno
ottenute colle formule precedenti da fi + tYa e 08-M'02, legate dalla (12)T
esse saranno collegate fra loro nel senso riemanniano.
« Si ha dunque il modo di costruirò le funzioni complesse di linee col-
legate fra loro nel senso riemanniano nel caso in cui la (2) sia integrabile.
Basta perciò prendere tre funzioni finite continue e monodrome fi, U, n
di x , v , * , tali che ;, 1 ' 2 ' '* ^ 0 e quindi una funzione finita continua e
J d(x, y , 4
monodroma G (£, a) di £=tx-\-i U e di /«• Presa una linea qualunque L e posto
F|[L]|=Jl», <P|[L]| = fLG4«
avremo che F e <S> saranno collegate fra loro nel senso riemanniano.
— 113 —
2° Caso.
En
IX
-HE„
^1
+Ei3
~3<Ti
-CJ-21
-\- E22
TV
H- E23
E31
-f-Esi
tv
+ E33
"t>yi
« Consideriamo ora il caso in cui la (2) non sia integrabile. Adottando
le solite notazioni, relativamente alle due funzioni F e <P collegate fra loro
nel senso riemanniano, si determinino </ 1 e y2 in modo che siano soddisfatte
le equazioni:
D2 — D3 — — = KTSi
12 l>y
oX o«
~òy Ix
in cui k è una funzione che lasceremo per ora indeterminata. Supporremo
di rimanere entro un campo T in cui le equazioni precedenti possono essere
soddisfatte da funzioni </l5 </2 monodrome finite e continue, comunque siano
k -, tóii Zi, Q\ purché anche esse monodrome finite e continue. A cagione
delle relazioni (3) e (BJ (vedi Nota I) avremo che delle equazioni prece-
denti, una risulta conseguenza delle altre due. Da esse si ricava, tenendo
conto delle formule (Ai), (3), (4r) della Nota I,
JliU — -f-Jlii2— — f— -Tii3 ~ — JL>2 — — H- U3 ~T — wh
l Ix l>y 12 12 ly
(13,) E^+E^H-E^-D^ + D^-^
Ix l>y ìz ix 12
E3i^+E3^+E33*-D1^-f-D^ = /^
Ix li/ 33 ^ ìy Ix
« Moltiplicando le (132) per i e sommandole colle (13i), posto q>i-\-i(p2 = g>
e denotando con p' , c[ , / i valori coniugati di p , g , r, avremo con un
calcolo facile:
Se ora eseguiamo un cambiamento di variabili e passiamo dalle x , y , 2
alle «2/, / , /, si dimostra senza difficoltà che basterà prender k in modo
che k(x' , ?/,/) = k(x, y, 2) , }'. ' , " n affinchè colle stesse (fi e <r2
d \x , y , z )
le (13i) e (132) valgano qualunque siano le coordinate x, y , 2.
«Abbiasi ora un'altra funzione <P' = <I)i -hi<&2 collegata alle prece-
denti nel senso riemanniano e a cui corrispondono zsì , fa' , Qi ; ts% , xì , q-2'
e le funzioni <p/ , <p2' , tali che fra esse passino le relazioni analoghe alle
(130 e (13,).
— 114
« Formiamo
1
H#x*\ — dx
X2, Qz
r
D2
C 2, ro 2
Ci , »i
_1_
D3
ro2>X2
^l,Xl
E22 gì gfi — E23 (gì x\ H- g'i Xi) -+- E33 Xi x'i __
E33 ori ro'i — E3i (a?! gri -+- m\ o,) -f- En gì g't _
""• D22
_ En xi Zi — Eig (xi ui\ -f- x'i gyi)-f- E22 ot! syfi
D32
« Si otterrà facilmente
lirVi , Vi Vi "l.rVz^ Vi.
^
>]
« Moltiplicando la (14) per kdS ed estendendo la integrazione ad un
campo S, interno a T, entro il quale le funzioni che compariscono non hanno
alcuna singolarità, otterremo, mediante integrazione per parti,
«> I^^t^'f)^^'^^)
da
in cui le derivazioni rispetto a a sono eseguite in modo che la normale sia
diretta verso l'esterno di S. In particolare prendendo gj1=c?5'1 , Xi=x'i > Qì=q'u
avremo H — 0 (vedi Nota I. § 5) ; onde
« 11. Dalle (14) si deduce facilmente la espressione di H per mezzo di
<Pi, </>2, <f>\, y'2 che denoteremo con H(g>i, </"2, y'i, <jp'2) e quella di & me-
diante yi e <p2 che si indicherà con &((fi , cjp2).
« Si ponga
essendo la somma del 2° membro costituita da tre termini che si ottengono
ruotando. Le equazioni a cui dovranno soddisfare (fi e (f2 saranno
(17) r(<pv,<f2) = 0 r(9ii— 5Px) = 0 .
« Reciprocamente se (fi e <p2 soddisfaranno alle equazioni precedenti le
Wi , Xi , Ci ; w2 , X2 , g2 dedotte dalle (13,), e (132) verificheranno le condizioni (E)
della Nota I.
— 115 —
« Le (17) dipendono da un problema di calcolo delle variazioni. Infatti
si consideri
e si formi
+/. m. (<f, , 5P, , Vi , v*) c?s .
« Supponendo xpx e i//2 nulli al contorno, avremo mediante integrazioni
per parti
« Quindi (supponendo A' sempre dello stesso segno) affinchè sia I mas-
simo 0 minimo, per dati valori al contorno di qx e <f2, bisognerà che siano
soddisfatte le equazioni (17). Dalle formule precedenti si deduce pure facil-
mente che dati i valori di q>x e y2 al contorno del campo S, le
funzioni stesse sono determinate dalle condizioni (17).
« 12. Riprendiamo la formula (15) e supponiamo k sempre dello stesso
segno entro tutto il campo S. Se esistessero due funzioni complesse di linee
(P' e <P" collegate ad F nel senso riemanniano e che per le linee del con-
torno di S avessero gli stessi valori, posto <D' — 0>"=a>, risulterebbe lungo
d<P dd», .d&2 . .. . /1K. . . . - n
e, 0 = ±-r— = — (- % —— , quindi per la (15) si avrebbe 0=0 e perciò
<P sarebbe nullo per tutte le linee del campo S. Se ne conclude che i valori
al contorno di S di una funzione (P collegata ad F nel senso riemanniano
definiscono completamente la funzione ».
Matematica. — Sur la comparaison des séries divergentes.
Nota di E. Cesàro, presentata dal Socio Cremona.
« Convenons de dire que, de deux séries divergentes, dont les termes
généraux sont un et vn, la première est moins divergente que la seconde,
lorsque le rapport des sommes
Un = U\ -f- II* -| \- Un , V„ = V\ -\- Vz -\ \~ Vn ,
/ ni
tend vers zero, pour n infini. Etant donne * < 0 , si le rapport — — tend
vn
vers une limite l, il existe un nombre fini v, tei que les rapports
2N+1 ^n+2 ^'n
sont tous compris entre X-\-s et 1 — s , quelque grand que soit n. Cela
est encore vrai pour le rapport
l\+l + Vs+i -| f- Vn _ V„ — Vv '
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 15
— in; —
pourvu que les nombres v soient positifs. Le dernier rapport tend donc aussi
a A, pour n iufìni. En conséquence
lim2»=:lim^ (1)
V„ Vn
lorsque le second mernbre existe. 11 en résulte que, pour comparer deux séries
divergentes, on peut se borner, dans un grand nombre de cas, a comparer
leurs termes généraux.
« Une serie divergente (\-\-Vi-\- étant donnée, on peut toujours en
construire ime infinite d'autres, qui divergent moins. Il suffit de "prendre
K = fi"! + r, -\ h vn) — f(i\ + v* H h y«-0 '
en supposant que /' (x) croisse indéfiniment avec x, tandisque sa dérivée tend
a zero. On a alors
U„ = /•(¥„),
et U„ croìt indéfiniment avec n, bien que son rapport a V„ ait zero pour
limite. Il est donc impossible de séparer nettement la classe des séries con-
vergentes de celle des séries divergentes. C'est à cette impossibilitò qne nous
devons l'imperfection nécessaire de tous les caractères spéciaux de convergence.
« Ayant fixé une sèrie divergente V\ -\- Vs -\ , a termes positifs, sup-
posons que, pour une serie quelconque. dont le terme general est w„, le rap-
port — alt une limite A, pour n infini. On aura, cu verta de (1),
vn
lini ^ = A. (2)
Si la sèrie est convergente, A = 0 ; mais il couvient de remarquer <jue la
fi
condition A = 0 n'est pas nécessaire pour la convergence; car — pour-
rait ne pas avoir de limite. Elle n'est jamais suffisante, quelle que soit la
serie des v. Cette importante remarque, due à Abel, résulte immédiatement
de ce que, d'après (2), les séries pour lesquelles A = 0 sont convergentes ou
moins divergentes que la sèrie des v, et nous savons quii est toujours pos-
sible de cOnstruire une infinite de séries, qui divergent moins que la serie
des v. Il suflit de considérer, par exemple, la sèrie dont le terme general est
Un = log yr- ■
" n—l
On a U;l = logVH. La sèrie diverge donc. Cependant, à cause de
on a A = 0 . On pourrait encore imaginer une fonction f(x), qui augmente
continuellement et indéfiniment avec x, tandisque sa dérivée reste finie. On
voit que, pour la sèrie dont le terme general est
— 117 —
la condition / = 0 est remplie. Cependant, la serie est divergente. En eftet
Pour n croissant à l'influì et v Constant, le second membro ne peut tendre
à zero, sans quoi /' {%) devrait angmenter indéfiniment avec se, contrairement
à l'hypothèse. Il en est de méme, à plus forte raison, de U„ — IL,, quelque
soit v. Cela suffit pour affirmer que la serie est divergente.
« Onsait, d'après Kummer, que, si l'on pose
Un Un—\
Vn Vn—\
l'examen du rapport — - fournit, pour les séries à termes positifs, un inté-
ressant caractère de convergence, puisque la serie des u est convergente ou
divergente, suivant que la limite du rapport considéré, si elle existe, est
negative ou positive (1). Si elle est nulle, on ne peut, en general, rien affir-
mer. Cela étant, supposons que la serie proposée soit divergente. La for-
mule (1), appliquée aux séries des w et des u, donne
,. Un r Wn
lim — = lim — >
U„ V» Un
IO
pourvu que le second memore existe. Donc lim — - = 0 , non seulement dans
Un
li - 11
le cas de lim — = 0 , mais encore dans le cas où — tend, pour n infini,
vn vn
vers une limite finie et déterminée. Le caractère rappelé ne conduit donc a
u
rien, toutes les fois que le caractère base sur Fexamen de — permet de
Vyx
constater la divergence de la sèrie. C'est pourquoi il convient de borner l'exa-
w u
men de — - aux séries pour lesquelles — tend à zèro. Mais l'on peut faire,
Un Vn
ici, une remarque analogue à celle d'Abel (1), en montrant qu'il existe une
infinite de séries divergentes, qui satisfont aux conditions simultanées
Vn Un
quelle que soit la serie des v. Reprenons, dans ce but, la serie dont le terme
general est donne par l'égalité (3). On a
Wnf(Y v /(V»)-/(V^l)
— rVn-l)— y _y
u>n T n * n—\
Le second membre ne peut augmenter à l'infuri avec n. puisque f'(-v) est
(!) Voyez le Mémoire de Dini sulle serie a termini positivi (Annali delTUniv. Tose,
IX, § 18).
(2) Voyez Dini, loc. cit, § 23.
— 118 —
w w
toujours finie. Donc lira — - = 0 . Il y a plus : — finit par prendre un signe
Un Un
IO
contraire à celui de /'(V„), lorsque V„ croit à l'infini avec a. Donc — -
tend à zero par valeurs négatives. C'est précisément le cas qui nous interesse;
car, si — - tendait à zero par valeurs positives, on pourrait toujours affirmer
Un
la divergence de la serie.
« On étend sans peine le théorème (1) au cas où le rapport des termes
généraux, au lieu d'avoir une limite finie et détermiuée, tend vers des limites
tìnies Xx, l.2,..lr, en nombre fini, suivant que n parcourt un des systèrnes
A! , A2, ... , A,. , respectivement. On suppose que tout nombre entier appar-
tienne à quelqu'un de ces systèrnes, mais à un seul. On peut alors definir
une fonction <jp*(»), qui soit égale à l'unite ou à zèro, suivant que n appar-
tieni ou non au systòme A,-. Si la limite
l = lim ^ (fi{l)-\-ih(fi('2) H h i\, <fi(d)
existe, pour toutes les valeurs de i, on a, au lieu de (2),
lim |^ = /1/1 + /2 /, + •• + /,/,. (4)
Lorsque y„ = l, U est la probabilité qu'uu nombre entier, pris au hasard,
appartienne au système A,. Lorsque r,, = /i, on peut dire que /,/<, est la
forme asymptotique du d""c nombre du système A, ; etc. Supposons mainte-
nant que les nombres /; décroissent continuellement, et que Ai, A2, soient
les systèrnes des nombres impairs et des nombres pairs. On peut écrire
. , .. Vi — Vi -{-ih — i\
li — li = Imi —^ •
La serie du numérateur n'est pas divergente. Donc, en observant que ll-\-lt=l,
on a
lx — /, = 0, d'où lx = li = \ .
Par suite, si — tend vers « ou vers 8, suivant que n est impair ou pair,
v„
on trouve, au lieu de (2),
lim& = !(« + #.
' n
Conséquemment, pour que la serie proposée soit convergente ou moins diver-
gente que la serie des v, il est nécessaire que les limites « et /?, tant quelles
existent, soient égales et de signes contraires. La formule (4) fournit ainsi
de nouveaux caractères de divergence, qui pourraient etre utiles lorsque
— oscille entre des limites finies, en nombre fini « .
119
Matematica. — Sopra un teorema fondamentale nella teoria
del calcolo simbolico delle Forme erniarie-. Nota di Ernesto Pascal,
presentata dal Socio Battaglini.
« In una mia Nota precedente ho data una semplice dimostrazione di un
teorema sul calcolo simbolico delle Forme binarie, che io avea già accen-
nato per incidente in altro mio lavoro, e che sta dimostrato in modo diverso
nella recente opera di Kerschensteiner, raccolta dalle lezioni di Gordan.
« Il teorema il quale in fondo è che : mantenendosi sempre nei limiti delle
espressioni simboliche (cioè senza sviluppare mai i determinanti e i fattori
lineari che entrano nelle formazioni invariantive), si deve poter rintracciare
qualunque relazione che esista fra le Forme invariantive, è, come si vede,
di fondamentale importanza, costituendo uno dei principi base del calcolo
simbolico.
« In un recentissimo lavoro il sig. Study ha esteso il teorema alle Forme
ternarie (x); io mi propongo in questa Nota di dimostrare lo stesso teorema
nella sua massima generalità, cioè per le Forme ennarie. Il vantaggio del
mio metodo di dimostrazione mi pare che sia quello di far penetrare molto
addentro nell' intima natura del problema. La dimostrazione che lo Study dà
pel caso delle ternarie, ha in fondo la stessa tessitura della citata dimostra-
zione di Gordan pel caso delle binarie. Egli si serve di una certa generaliz-
zazione della forinola di Gordan data da Clebsch in una importante Me-
moria (2). Io mi servo dei risultati ottenuti in una recente Memoria del
prof. Capelli sullo stesso argomento (3).
« Siano ax , a2, ... X\ , #2 rispettivamente serie di coefficienti e
di variabili di specie n, per modo che formino le forme lineari :
«11^11 + «12^x2 H + a\nCihn = alXi
« È noto che fra un certo numero di tali elementi (coefficienti e varia-
bili) esiste sempre una relazione d'identità del tipo ùivaricmtivo, la quale
varia di forma secondochè si tratti o di tutte variabili, o di variabili e di
coefficienti, o di tutti coefficienti.
f1) Ueber tentare lineare Formen. Math. Ann. Bd. 30, s. 120.
(2) Ueber eine Fmdamentalaufgdbe der Invariantentheorie. Abh. der k. Ges. d. Wiss.
zu Gottigen, Bd. 17, 1872. Cfr. anche: Gordan, Ueber Comblnanten, Math. Ann. Bd. V.
(3) Fondamenti di una teoria generale delle forme algebriche. Memorie della R.
Accademia dei Lincei, serie 3a. voi. XII, 1882.
— 120 —
« Questa relazione prende cinque forme diverse che sono:
V (— 1)»» (ai+ì Oi+t .... ai-i) (dihbt ... b'n-i) = 0 (1)
X (—l)m («<+i «**•••■ «<-0 «<« = 0 (2)
(ed a? ... aw) (.'! .<•, ... #n) — (^,Xj «2,,., ... ",,.,-J = 0 (3)
V (—1)"' (a?i+,a?m .... #>-i) «*. = 0 (4)
i=]
n-i-l
J (—1)"'' (•'«.. -V, Fi-, ) (■<•;//, >/■> - .'/.-,) = 0 . (5)
1=1
« Cogli stessi 2n coefficienti possono evidentemente comporsi l 1 I iden-
tità del tipo (1), mentre con w— {— 1 coef&cien.'bi e una variabile non può com-
porsi che una sola identità del tipo (2), e così per (3).
« Le (1), (3), (5) possono dar luogo a molti casi particolari supponendo
due o più degli elementi che vi compariscono, fra loro eguali.
« Ora io dico che se si ha un'espressione del tipo invariantivo, cioè for-
mata con determinanti ennarii e con fattori lineari ennarii, e se questa espres-
sione è identicamente zero, essa può sempre ridursi in una somma di ter-
mini di cui ciascuno contenga per fattore una delle cinque suddette iden-
tità-zero, il che equivale a dire che usando solo le identità-zero deve po-
tersi riconoscere l'annullarsi dell'espressione senza aver bisogno di sviluppare
le diverse formazioni invariantivo che essa contiene.
« Intendiamo però che l'annullarsi dell'espressione sia di tale natura
che sussista quando i coefficienti simbolici che in essa vi compariscono si
considerino come effettivi ; ma è chiaro, che se anche ciò non fosse, possiamo
sempre ridurvici prendendo la media aritmetica di tutte le espressioni che
si ottengono dalla data permutando i simboli equivalenti in tutti i modi
possibili fra loro. L'espressione data la supponiamo naturalmente omogenea
in ciascuna serie di coefficienti e di variabili.
« Supponiamo in primo luogo che non contenga che a-\-ì serie di coef-
ficienti e una sola serie di variabili. Ponendo allora, per brevità.
(oì+1 ai+2 .... 04-1) = Ai
essa risulterà di tanti termini, ciascuno del tipo
a a. a 8 B 6
B = A!1 A2- A„V aKx a%2> flWià
mentre la (2) diventa
n+l
X(— l)«iAiaUe = Q. (2')
— 121 —
« Dalle condizioni di omogeneità di tutti i termini B, si ricava:
«1 +«H \-CCn -+/?„+!== COSÌ
a.2 +«3H r-an+i+i^i =cost. /
«,,+i-f- _«i H h a«-i+ /?» = cost.
§i -hfi*-\ hpn +/?„+!= cost.
dalle quali si ricavano :
(«! —/?!.)— («o — jt?8 ) = COSt.
(«2— A) — («3 —A ) = COSt.
(6)
(7)
(«» — /?») — (b»+i— &h-i) = COSt, ^
(«i — ft) -f- («2 — ,?2) H h («u — Ai") = cost.
« Da queste relazioni appare subito che
«i — A = cost. «2 — /?2 = cost an+1 — fln+x = cost. (8)
Quindi si ha che da ogni termine (2) possiamo togliere un fattore comune
e resta un'espressione che dovrà da sé essere identicamente zero, e che risulta
di termini del tipo:
J-> — -fi-i -tt-2 • • • JZ-n+l tl\x. ^ix • • • lhi-t-lx •
« Se l'espressione deve essere identicamente zero, considerando, cioè,
tutte le quantità che in esse figurano, come delle variabili fra loro indipen-
denti, sarà ancora zero se ad un certo numero di queste sostituiamo altre fra
loro indipendenti e legate alle prime da date relazioni algebriche. Introdu-
ciamo allora le altre quantità G\, C2,.. . C„, date da
Ai 0\x = \j\ , .A2 d-ij: = C2, A,j anx = (jn (9)
e queste nuove n quantità fra loro indipendenti C possiamo supporre di in-
trodurlo in luogo delle altre n anche fra loro indipendenti:
#11 j #21 i #31 5 ■■■ • • Om\ *
« Da (2') si vede intanto che
A„+1 an+lx=^ (— 1)— 1 A, aÌQ0=J_ (— l)'"-1 d = Cn+i • (10)
£=1 i=*l
La espressione primitiva deve dunque ridursi a zero colle sole sostituzioni
(9), (10); deve essere quindi divisibile per
i=i
ovvero per
K-+-1
*=i
come si volea dimostrare.
122
« La dimostrazione suesposta, sussiste perfettamente se invece di n-hì
coefficienti e una variabile, vi sono reciprocamente n-\-\ variabili e un coef-
ficiente.
« Consideriamo ora il caso generale, in cui vi sono p serie di coeffi-
cienti, e q serie di variabili. È chiaro in primo punto che
p -f- q > n 4- 1 .
Infatti se uno dei due numeri pì q è eguale ad n-\-l e l'altro è zero, al-
lora cogli elementi dati si possono formare solo /H-l determinanti ennarii.
« A causa della omogeneità di tutta l'espressione in ciascuno elemento,
si possono stabilire delle relazioni analoghe alle (6) facendovi però in queste
le ,-> tutte zero. Allora dalle (7) appare che ciascuna delle « deve essere
costante, e allora l'espressione risulterebbe di termini tutti eguali.
« Se imo dei due numeri p, q è eguale ad « e l'altro è 1, -allora si
può formare un solo determinante ennario, e poi n forme lineari.
« So dunque l'espressione data contiene in un suo termine il determi-
nante alla potenza a , e i fattori lineari alle potenze /?i , /?a ... (ìn , dovendosi
avere, a causa dell'omogeneità
a-f-/?!=COSt. a+/?2 = COSt (e -f- /?„. = COSt.
/*i H- & H 1- fti = cosi .
sarà per tutti i termini « = cost., e quindi allora togliendo da tutta l'espres-
sione il fattore comune (determinante), resta un'espressione composta solo di
fattori lineari.
« Allo stesso caso ci riduciamo chiaramente se nessuno dei due numeri
p e q è uguale o maggiore di n. Ora è chiaro che un tale aggregato non
può mai essere zero, almenochè non lo sia nel senso che i vani termini si
distruggano addirittura fra loro; non lo può essere cioè nel senso che per
riconoscere il suo annullarsi si debbano sviluppare le espressioni lineari che
contiene. Ed infatti se ciò fosse possibile, lo sarebbe ancora quando pongo
eguali a zero tutte le «r, p. es. con un indice superiore a 1. Allora ogni forma
lineare ennaria diventa un sol termine, e la cosa è evidente.
« Prendiamo ora p — 1 serie di coefficienti au <h<> • • • «p-i e trasformia-
moli in serie di variabili nel seguente modo : prendiamo n nuove serie di
variabili yx, //•>, . . . yn e altre n — (p — 1) serie di coefficienti a2), . . . a*, e
trasformiamo le a nelle y in modo che p. es. an , a^ . . . aln si pongano propor-
zionali ai determinanti minori formati colle y2 , ys , . . . yn , e così di seguito.
Il che equivale a porre le relazioni
(tu Vji 4- ai2 ?/j2 H h din Vjn = 0
per tutti i valori di /, j da 1 ad n esclusi i valori eguali.
« Dalle quali relazioni posso reciprocamente con forinole perfettamente
analoghe a quelle con cui le a si esprimono per le //, esprimere le y per le a.
— 123 —
« Così facendo, è chiaro che la espressione primitiva data si viene a
ridurre in un'altra contenente una sola serio di coefficienti, e r serie di va-
riabili, dove r > n avendo dimostrato che p -j- q > n H- 1 . Prima d'andare
avanti è utile osservare a questo proposito che se p — 1 >> n ed eguale p. es.
ad sn -h t allora per ciascuno dei primi s gruppi di n coefficienti io posso
introdurre n nuove variabili, e per l'ultimo gruppo di t soli coefficienti posso
introdurre altre n nuove variabili ; per modo che se q = 0 , allora essendo
jp>n-f-l , si avrà r almeno eguale a 2n e quindi, come abbiamo detto r>w.
« Altri due casi son da considerarsi ; il primo è quando p = 1 ; allora
naturalmente non si introduce nessuna nuova serie di variabili, e le con-
siderazioni che seguono vi si adattano perfettamente; il secondo è quando
p = 0 ; ma per la perfetta reciprocità che vi è fra le variabili e i coefficienti,
questo caso chiaramente non è diverso da quello in cui q = 0 che è stato già
considerato.
« Ci serviremo ora della forinola di Gordan generalizzata dal prof. Ca-
pelli in una recente Memoria (').
« Ivi si dimostra (2) che un'espressione come quella a cui abbiamo ridotta
la espressione data, può esprimersi con funzione razionale ed intera di cova-
rianti identici e di polari di espressioni contenenti a serie di variabili, o anche,
se vogliamo, «-(-1 serie di variabili. Le polari poi son fatte fra tutte le va-
riabili che sono scomparse e solo n — 1 di quelle rimaste, che chiameremo
£, , tt • ... li-i •
« Possiamo dunque fare sparire r — (n -f- 1) variabili, e sappiamo inoltre
che queste funzioni contenenti un minor numero di serie di variabili si rica-
vano dalla primitiva con aggregati di operazioni di polari, per modo che se
la primitiva è zero, anche queste funzioni derivate sono zero. Ma in queste,
avendo una serie di coefficienti e n -+- 1 serie di variabili, si può porre in
vista un fattore del tipo (4) e che sia lo stesso per tutte queste varie espres-
sioni derivate.
« Per costituire poi l'espressione primitiva dobbiamo effettuare su esse
un aggregato di operazioni di polari. Serviamoci di un teorema di Capelli (3),
che dice che quest'assieme di operazioni di polari può sempre supporsi composto
di polari le cui variabili nella formazione delle polari sono solamente le n — 1
variabili £. Allora il numero di tutte le possibili polari da dovere operare è
(r — n — 1) (n — 1) = w
aumentato del numero delle polari che si ottengono combinando le ìi — 1 £ con
loro stesse.
(!) Capelli, op. cit.
(2) § 74, pag. 58.
(3) § 7, 1°, pag. 0.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 16
— 124 —
« Però è da notarsi che, per un teorema fondamentale di Capelli sulle
operazioni invariantive (I), io posso in una operazione invariantiva disporre
l'ordine dei diversi fattori operativi come meglio mi piace ; potrò quindi
porre avanti (cioè da operarsi prima) le polari effettuate fra le a — 1 varia-
bili £. Ma allora l' idealità-zero non muta di forma ; restano quindi solo «
polari diverse che danno altrettante forme diverse all' identità-zero. Il numero
dei termini, ciascuno contenente un diverso fattore d' identità-zero è dunque
co -\- 1 = m — n2 — /' -f- 2 .
« Kidotta l'espressione trasformata a questa forma, posso ora ripassare
all'espressione primitiva data esprimendo le nuove variabili y per le a. Con
ciò ripasserò naturalmente all'espressione data primitiva, a meno però di un
fattore che conterrà pure i nuovi coefficienti introdotti ap....afi che dovranno
staccarsi interamente.
« L'espressione data quindi, moltiplicata per una certa espressione evi-
dentemente mai zero (perchè dipendente dalla trasformazione affatto generale
che si è fatta) si trova sviluppata in termini, ciascuno contenente per fat-
tore una identità-zero. Di qui è chiaro che l' annullarsi della funzione pri-
mitiva data deve potersi ottenere facendo uso solo dulie identità-zero1».
Fisica. — Scarica elettrica attraverso i minerali. Nota del
prof. Carlo Marangoni presentata dal Socio Blaserna.
m. 1. In due Memorie, pubblicate nei Rendiconti di questa R. Accademia (2)
esposi alcuni fatti nuovi che mi parvero mostrare una relazione fra l'elettri-
cità e la luce. Successivamente il prof. Panebianco ha fatto opposizione alle
mie deduzioni teoriche, nella sua Rivista (3). Egli verificò e trovò esatti molti
dei risultati da me avuti. Però non ottenne mai nella calcite la perforazione
parallela all'asse, come io ho osservato in più casi. E ciò, forse, perchè il sul-
lodato professore non avrà traforati tanti cristalli di calcite, come me, cioè
più di 40, o avrà impiegati esemplari a facile sfaldatura ; invece io traforai
del limpidissimo spato d'Islanda con distinta frattura concoide.
« Ma il vero disaccordo sta nella interpretazione dei fatti. Il prof. Pane-
bianco mi muove due importanti obiezioni: 1° Che i fenomeni da me osser-
vati nel salgemma « mostrerebbero nonché una nuova relazione fra V elettri-
cità e la luce, una improbabile differenza grandissima fra la luce e l'elet-
tricità » . 2° « Che in tutti i casi, la scarica che fora il minerale altro non
produce che gli effetti meccanici, che si ottengono per mezzo della percussione ».
(!) Op. cit. pag. 9.
(2) Rendic. R. Accad. dei Lincei. Voi. Ili, 1° Sem. 1887, pag. 136 e 202.
(3) Rivista di Minerai, e Cristallografia. Voi. I, fase. 1° e 2°. Padova, 1887.
— 125 —
« Discuto subito quest'ultima obiezione, riservando la difesa della la ad
una prossima Memoria, come già promisi fmo dalla 2a mia Nota.
« 2. Quarzo. — Dopo tante prove sono riuscito a
traforare il quarzo, ed ecco come : La lastra A di quarzo
viene saldata con cera gialla fusa su di un tubo B di
vetro e circondata pure di cera, in modo che il quarzo
sia immerso nella cera. Un filo di rame penetra nel tubo B
fino a toccare il quarzo. Il tubo di vetro è lavorato in
alto a smeriglio, e serve a tappare il fondo di una
vaschetta C di vetro. Si versa nella vaschetta il petrolio,
o meglio la benzina, e sopra il quarzo si fa arrivare
l'altro filo metallico. Producendo la scarica col rocchetto
fra i detti fili, la scintilla attraversa i cristalli, anche
se piccoli, senza scorrere sulla loro superfice. Così ho
forati dei quarzi da 3 a fino 5 millimetri di grossezza.
« In quattro quarzi, destrorsi e sinistrorsi, tagliati perpendicolarmente al-
l'asse, il foro è stato rettilineo, o in forma di una spezzata, e sembra diretto
parallelamente allo spigolo formato da una faccia del romboedro primitivo con
una faccia plagiedra adiacente. Vi sono in oltre due incrinature striate che
hanno per intersezione il foro.
« Provai a spezzare uno di questi quarzi, destrorso, nella direzione delle
incrinature; ma la frattura adiacente alle incrinature era perfettamente concoide,
senza traccia di continuazione dei piani di incrinatura. Ecco intanto una dif-
ferenza fra la percussione e la perforazione elettrica. Inoltre i piani d'in-
crinatura sono finamente striati in direzione quasi perpendicolare al foro.
« Provai a misurare l'angolo diedro delle due incrinature col goniometro
a riflessione, e per ottenere una misura più approssimata, essendo tale determi-
nazione molto malagevole, ho adoperato il goniometro come circolo ripetitore,
riportando 10 volte il detto angolo, ed ottenni 350°,06", cioè in media 35°,00';
or bene, l'angolo polare delle suddette facce che più si accosta a questo valore
è 35°,14', il quale è formato appunto dalla faccia del romboedro diretto
1,0,1,1 colla plagiedra 10,7,17,7.
« Volendo applicare poi il metodo ingegnoso del prof. Panebianco, della
riflessione contemporanea della luce sulle incrinature (s'intende attraverso
lamine a faccie parallele), e sulle faccie esterne del cristallo, per constatarne
il parallelismo, incollai sulla lastra un cristallo plagiedro giustamente orien-
tato, e trovai fra le faccette a gradinata delle due incrinature, e le facce del
romboedro primitivo, e la plagiedra adiacente il parallelismo supposto. Noto
che questa ultima faccia non è di sfaldatura.
« Traforai con maggiore difficoltà due esemplari fortemente plagiedri D e S
di quarzo affumicato, della grossezza di 5mm. Il foro non riuscì che dopo molte
— 126 —
scariche invertite ; esso riuscì un po' tortuoso, rna tendente ad essere paral-
lelo all'asse, e quindi perpendicolare alla sezione fatta. Qui le incrinature sodo
tre, inclinate di 120° fra loro, giacenti in piani paralleli alle facce del prisma
di 2° ordine.
« Ma anche le incrinature sono irregolari e interrotte. In esse non scor-
gesi la disposizione a elice che credevo di trovare ; esse assomigliano piuttosto
alle perforazioni irregolari ottenute in certi vetri.
« E avendo voluto traforare una lastra di calcedonio bianco, non ostante
che fosse grossa appena nini. 1,5, vi riuscii con estrema difficoltà, e qui pro-
dusse una sola incrinatura irregolare, come quando si rompe un vetro.
« 3. Gesso. — Il prof. Panebianco mi ha prevenuto nel pubblicare l'effetto
della scarica attraverso il gesso. Egli osservò una direzione del foro ■ [010] con
due incrinature che hanno per comune sezione la direzione del foro. La più
estesa è parallela a 100 (piano di sfaldatura concoide), l'altra, parallela a 509.
(piano di frattura per percussione di Reusch) la quale, dopo qualche milli-
metro, dalle due parti del foro, cambia direzione, formando due estese incri-
nature parallele a 101 (piano di sfaldatura fibrosa)».
« Ma io ho ottenuto, sopra più di un centinaio di fori, su lastre di gesso
parallele a 010, altre due direzioni diverse. Uno di questi fori è nell'inter-
sezione delle due incrinature 110,509, quindi la direzione del foro è [995];
l'altra le è simmetrica rispetto al piano 010, vale a dire le due incrinature
sono 110, 509, e la direzione del foro è quindi [995. j : Però la traccia delle
due incrinature oblique a 010 su questa faccia è la stessa come quando il
foro è perpendicolare alla lamina, e nell'insieme assomiglia ad una / disposta
orizzontalmente.
« Delle volte si hanno tutte e due le direzioni simultaneamente e l'ima
di seguito all'altra [995] , [995] e il foro ha la forma di un V orizzontale.
Ma facendo riflettere la luce su questi nuovi piani d'incrinatura obbliqui,
si vede che sono tutti a gradinata, e che le faccette di ogni scalino sono
parallele a 100 (piano di sfaldatura concoide). Ho misurato col goniometro
di Haiiy l'angolo formato dalle due incrinature comprendenti il V e l'ho tro-
vato di 111° i circa, che corrisponde appunto all'angolo polare delle due facce
110, 110 che hanno un'incidenza di 68° 30'. I piani di queste due facce
indicano nel gesso due direzioni di più facile incrinatura, senza che sieno piani
di sfaldatura. Forse è per l'influenza di questi due piani che la sfaldatura
secondo la faccia 100 riesce concoide, essendo questa faccia tangente all'angolo
formato da quelle due.
« È strano che alle volte la scarica segua una via più lunga e a gradinata,
piuttosto che la più breve [010], la quale giace in oltre in due piani di sfal-
datura ; e ancora più strano sembrerà il fatto, quando si sappia che il foro
obbliquo è tanto più frequente di quello perpendicolare, quanto più la lastra
è grossa. In fine il rapporto fra la frequenza delle due direzioni del foro varia
— 127 —
assai colla provenienza del minerale. Questi fatti appariscono chiaramente
dal quadro che segue:
Grossezza
della
lamina
Numero dei fori
nella
Direzione
min.
[010] | [995] (i)
4,8
12
8
Gesso
di Remagna .
1,4
20
2
0,5
16
O
2,0
0
8
Gesso
1,0
1
15
0,4
2
6
Gesso
di provenienza
incognita .
5,6
1,6
4
10
7
2
Gesso
del Bolognese
(molto fessurato)
7,7
1
3
1
Totale . . .
66 ! 51
Conclusione.
« Le incrinature parallele alle facce del prisma di 2° ordine e della
faccia plagiedra suddetta nel quarzo, mostrano che vi sono dei piani di minima
insistenza, che non sono piani di sfaldatura. Lo stesso dicasi dei piani 110, 110
ilei gesso. Dunque la scarica elettrica ha rivelato, nei cristalli, dei nuovi piani
di frattura, i quali sono quasi sempre striati, in causa della disposizione a
gradinata.
« Io li chiamerò piani di incrinatura; essi rappresentano, insieme col
foro, le direzioni della minima resistenza al passaggio dell'elettricità ».
Fisica. — Sitila velocità del suono nelle leghe. Nota del dott.
6. Giuseppe Gerosa, presentata dal Socio Cantoni.
« Nella presente Nota mi limito a riferire i risultati conseguiti per la
velocità del suono nelle leghe di zinco e stagno.
« Le leghe esaminate sono dieci, che vennero formate associando al peso
molecolare, valutato in grammi, dello zinco ordinatamente y5j 2/5, 3/5,.... '%
(') Il segno ambiguo ± indica o Turni o l'altra delle direzioni [995] , [995].
— 128 —
del peso molecolare, pure valutato in grammi, dello stagno. La velocità del
suono fu dedotta dalle vibrazioni longitudinali dei fili di piccolissimo diametro
(A. Masson, Annales de Chernie et de Physique; 1858, s. 3a, t. LUI, p. 260).
a Per preparare i fili, fondevo in un crogiuolo di porcellana, stretto e
profondo, i metalli da associarsi, presi nelle debite proporzioni accuratamente
stabilite, e, dopo aver agitato per bene la lega fusa con un tubetto di vetro
piegato a gomito e riscaldato ad un'estremità, ne assorbivo un cilindretto.
Questo poi era passato successivamente alla trafila di acciaio (per diametri
grandi) e di rubino (per diametri piccoli), e l'operazione veniva continuata
finché si fossero raggiunti diametri tali, per cui il suono reso dai fili rimanesse
invariabile, quando i diametri stessi venissero diminuiti ancora. I limiti in-
feriori dei diametri per lo zinco e lo stagno risultarono rispettivamente di
circa 0,2 e 0,4 mm. ; quelli delle leghe erano compresi fra questi.
« I fili venivano tesi orizzontalmente, stringendone le estremità fra due
morsette in ferro, che erano impegnate a vite nei due carretti del tornio
dell'officina dell'Istituto, fìssati lungo le guide ad una data distanza. Per
meglio dire, dapprima un'estremità dei fili veniva serrata in una delle morsette,
ed all'altra estremità poi, dopo che i fili stessi erano stati fatti passare attra-
verso la seconda morsetta ed in seguito sulla gola di una puleggia, veniva
appeso un piattello da bilancia. Tesi i fili con un peso conveniente, veniva
serrata anche la seconda delle morsette, delle quali le superficì prementi i
fili erano rivestite di una lamina di legno.
« La distanza delle due morsette, misurata fra i due piani verticali rasenti
le loro fronti prospettantisi, era di 1,4988 m. ; e questa era la misura della
lunghezza del filo vibrante.
« I fili erano fatti vibrare longitudinalmente sfregandoli leggermente e
per brevissimo tratto fra due dita, cosperse di polvere di colofonia. Quand'essi
erano tesi con un peso sufficiente (250 a 350 grammi secondo la natura e
la sottigliezza del filo) emettevano suoni purissimi, che per la disposizione
dell'esperienza (essendo il tornio tutto in ferro e solidissimo) non potevano
essere influenzati dalle vibrazioni dell'apparecchio.
« Il numero delle vibrazioni dei suoni resi dai fili fu determinato, me-
diante il sonometro, sul quale era tesa una corda sottilissima d'argentana,
scelta fra le più omogenee. Per ciascun filo, sottoposto ad esame, venne suc-
cessivamente preso sulla corda del sonometro l'unisono e la prima ottava bassa
del suono fondamentale del filo stesso, non che l'unisono e la prima e seconda
ottava alta di un diapason do-3, costruito dal Konig, corrispondente a 512
vibrazioni. Per tal modo, oltre che assicurarmi dell'omogeneità del filo vibrante,
veniva a riferire i suoni del filo e del diapason a tratti poco diversi della
corda del sonometro. Le esperienze furono ripetute sopra diversi fili di una
stessa lega e ad epoche diverse, e le differenze nei suoni determinati da un'espe-
rienza all'altra non sorpassarono mai gli errori di osservazione relativi alle
— 129 —
varie prove di una medesima esperienza. Si deve però usare di una pazienza
estrema per ottenere dei fili omogenei.
« Ora sono riassunti nella tabella seguente i risultati ottenuti:
Leghe
l
V
t'i
v2
v — vt
v — va
J'A
Zinco puro
mm
113, 8
11,087
11,135
—
— 0,048
—
11,9
5.7
3,9
3,0
2,3
2 1
1
125, 7
10,037
9,966
10,132
h- 0,071
— 0,095
2
131, 4
9,602
9,598
9,578
■+- 0,004
■+- 0,024
3
135, 3
9,325
9,332
9,217
— 0,007
-+-0,108
4
138, 3
9,123
9,131
8,963
— 0,008
-+-0,160
5
140, 6
8,973
8,970
8,775
-+- 0,003
+ 0,198
6
142, 7
8,841
8,834
8,629
-+- 0,007
+ 0,212
2,0
2,6
3,6
4,0
13,5
7
144, 7
8,719
8,700
8,514
-+-0,019
-+- 0,205
8
147, 3
8,565
8,549
8,419
-+-0,016
-+- 0,146
9
150, 7
8,372
8,373
8,341
— 0,001
-+■ 0,031
10
154, 7
8,156
8,165
8,275
— 0,009
— 0,119
Stagno puro
168, 2
7,501
7,536
—
— 0,035
—
« I numeri 1, 2, 3, . . . .10 della prima colonna indicano ordinatamente
le leghe formate col peso molecolare dello zinco, valutato in grammi, unito
ad 1, 2, 3, ... . 10 quinti del peso molecolare dello stagno: lo zinco e lo
stagno sono pure considerati come due leghe, nelle quali la quantità dello
stagno allegata allo zinco è nulla nel primo caso ed infinitamente grande
nel secondo.
« I valori di X esprimono le lunghezze della corda del sonometro, che
danno suoni all'unisono dei suoni fondamentali resi dai fili.
«La ^ indica la velocità del suono a 13° delle leghe, riferita a quella
a 0° dell'aria, presa come unità. Essa fu calcolata colla relazione
k
v = — .n.l ,
Vi
nella quale, pel caso presente, è ;
k = 1, riferendosi al suono fondamentale del filo ;
v0 — 331 m., velocità del suono nell'aria a 0° ;
1= 1, 4988, lunghezza del filo vibrante;
n—-~T 512, essendo A = 544, 2 mm. la lunghezza della corda del sono-
metro che vibra all'unisono col diapason.
— 130 —
« Coi valori di v, assunti come ordinate, fu costruita la curva grafica
(indicata nella tavola sottostante), di cui le ascisse rappresentano le frazioni
del peso molecolare dello stagno allegate al peso molecolare dello zinco nelle
varie leghe. La curva non si può esprimere con una relazione analitica molto
semplice : essa approssimativamente corrisponde alla forinola
(a) »! = 7,536 + 3,899* ' V 1,S ' ' ,
nella quale x esprime l'ascissa della curva. Vale a dire, per x = 0 e per
x = oo l'espressione (a) dà rispettivamente la velocità del suono nello zinco
e nello stagno, e per x = l/5 = 0,2, = 2/5 = 0,4, = 10/5 = 2 dà
!!!!!!i:lii!n!!i!ii!H!l!
iiiiijiiiiiiii
:iii:::li:::!l]=: :- ':'•••••!■••:':„
:!!!;:;;:!!!3sì:!::ì=: .^llHisilillsis iill
: !! . • ... . .:••• ili li!
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llP1 ' binili Si 1
" a!:1
■t:
•!• • • •. :
lilla
quella delle leghe 1, 2, 10. Le differenze fra i valori v osservati
e quelli v i calcolati colla (a) sono scritti nella colonna v-vx della precedente
tabella.
« L'andamento della curva poi rivela come v varii molto più rapidamente
in corrispondenza dei valori estremi, in special modo dei più piccoli, che non
dei valori intermedi della x. E più precisamente la derivata seconda della (a)
\ - /j?-o,8 yj
^i=__3899r^^ l* ^TiaP~0,8V -
dx2 L V 1,5 / éxi
\/x
, A (x— 0,8V)8~|
Ì2|/d
-^N^)T]
#
— 131 —
si annulla per #= 1, 2345, ossia la curva presenta un flesso intorno al valore
f dell'ascissa; il che corrisponde a dire che la variazione della velocità del
suono da lega a lega risulta minima per le proporzioni di 1 di zinco a f circa
di stagno, riferite ai rispettivi pesi molecolari dei metalli.
« Nella tabella numerica surriferita si può notare inoltre che le differenze
v-v2 fra i valori v osservati e quelli v2 calcolali colla media aritmetica delle
velocità del suono dei pesi rispettivi dei metalli componenti le leghe, trovano
un valor massimo per le leghe intermedie e mutano di segno per le due leghe
estreme. Anzi, se si osserva la curva di (v-v2) (tracciata nella tavola), ove
appunto le ordinate rappresentano le differenze v-v% e le ascisse le frazioni
del peso molecolare dello stagno allegate al peso molecolare dello zinco, più
sopra designate con x, si rileva che essa presenta un massimo precisamente
in corrispondenza di a = 1,24; per cui nello stesso tempo che le variazioni
della velocità del suono pella lega composta di 1 peso molecolare dello zinco
con -f- circa di quello dello stagno trovano un minimo, vi assumono un mas-
simo le differenze fra la velocità osservata e quella calcolata colla media aritme-
tica delle velocità dei pesi rispettivi dei metalli allegati.
« La curva di (v-v2) poi taglia due volte l'ascissa, in corrispondenza dei
valori x = 0,358 ed x = 1,846; cosicché, mentre per le soluzioni normali
di due sali avvi in corrispondenza di una data proporzione dell'uno di essi
una sola proporzione dell'altro, per cui le costanti fisiche del loro miscuglio
corrispondano alla media aritmetica dei valori delle costanti analoghe delle
soluzioni componenti il miscuglio stesso, qui vi sono due proporzioni diverse
dello stagno, che, unite ad un dato peso dello zinco, danno leghe corrispon-
denti rispetto alla velocità del suono, cioè che presentano il carattere in
discorso.
« È da osservare però che per i miscugli delle soluzioni saline sono molto
semplici i rapporti fra le proporzioni dei pesi molecolari dei rispettivi sali,
cui corrispondono siffatte proprietà ; mentre questa semplicità non si verifica
per le leghe qui studiate.
« Tuttavia, se da una parte risulta dalle esperienze di I. Kiewiet
(Wiedemann's Ann. 188(3, t. XXIX, p. 617), stabilite sopra verghe prismatiche
formate con leghe di zinco-rame e stagno-rame, che il coefficiente di elasticità
(alla flessione) non è costante per le leghe stesse e dipende dal loro stato
molecolare, il quale può cangiare molto col modo di fusione, e che inoltre
non si può dedurre dalla legge di variazione termica del coefficiente di elasticità
dei metalli semplici la variazione di quello d'una data lega, dall'altra parte
non è men vero che il numero delle vibrazioni longitudinali, rese dai fili
trafilati omogeneamente, si mantiene costante, a meno di piccole differenze,
e che, se non una legge fìsica, certo una data norma di variazione si presenta
da una lega all'altra, come si può rilevare tosto anche dalle differenze Al
dei valori di A, registrate nell'ultima colonna della tabella numerica più sop:a
Rendiconti. 1888, Voi,. IV, 1° Sem. 17
— 132 —
riferita. E siccome il numero delle vibrazioni longitudinali dei fili può, secondo
Poisson (Avogadro, Fisica dei corpi ponderabili', 1837, t. I, p. 241), essere
espresso da
y pi
dove g significa l'accelerazione di gravità, p il peso assoluto del filo e q la
tensione che si richiederebbe per allungare di X il filo, così dovrebbe il coeffi-
ciente d'allungamento dei fili stessi presentare un comportamento analogo al
valore di n.
« Ma riferirò per l' innanzi i risultati relativi a siffatta ricerca, insieme
a quelli della velocità del suono corrispondente a leghe diverse dalle surri-
ferite e per la natura e per il numero dei metalli consociati » .
Fisica. — Sopra ima reiasione fra il potere termoelettrico
delle coppie bismuto-rame e la loro sensibilità rispetto all'azione
del magnetismo. Nota del clott. Giovan Pietro Grimaldi, presen-
tata dal Socio Blaserna.
« Alcune mie precedenti ricerche (l) hanno dimostrato che il potere ter-
moelettrico delle coppie bismuto-rame diminuisce notevolmente quando esse
vengono collocate in un intenso campo magnetico.
« Chiamando E la forza elettromotrice termoelettrica fuori del campo
magnetico ed E' la f. e. m. dentro il campo facendo
E
ho preso ó come misura dell'intensità del fenomeno suddetto, e ne ho deter-
minato i valori numerici, per diverse coppie ed in circostanze diverse. Ho tro-
vato così che i valori di ó, positivi per il bismuto commerciale e negativi
per quello puro, per uno stesso campo magnetico variano moltissimo da coppia
a coppia, ed anche in una stessa coppia variano a seconda della posizione di
essa rispetto all' elettro-calamita, e con la direzione della corrente termoelet-
trica, apparentemente senza regola alcuna.
« Ho voluto ora riprendere in esame la quistione per vedere se esista
qualche relazione fra i valori di ó e quelli del potere termoelettrico, che,
come si sa, nel bismuto varia molto da campione a campione.
(') Rend. Acc. Lincei, Voi. Ili, 1° Sem. 1887, pag. 134 e Nuovo Cimento, serie 3a,
voi. XXI e XXII.
— 133 —
« Il metodo sperimentale seguito nelle sopra citate ricerche dava i valori
di ó indipendentemente dalla determinazione di quelli di E. Ho determinato
perciò ora questi ultimi, ricorrendo
ad un metodo di compensazione. La
figura qui accanto disegnata rappre-
senta schematicamente la disposizio-
ne sperimentale. AAi indica la cop-
pia termoelettrica da cimentare, nel
cui circuito, fatto di un grosso filo
di rame, era inserita una resistenza r
di 2ohm circa, rispetto alla quale era
perfettamente trascurabile quella in-
terna della coppia, e quella dei reofori MAi ed AL P è la pila compensatrice (una
coppia Danieli a solfato di zinco); C una cassetta di resistenze. In G è segnato il
galvanoscopio, che era una bussola di Wiedemann, grande modello Edelmann a
specchio, astatizzata. Le letture di essa venivano fatte secondo una disposi-
zione ideata recentemente dal Kighi (l) , collocando cioè la scala a 3m di di-
stanza dalla bussola, ed il cannocchiale vicino ad essa, con l'asse formante
un piccolo angolo con la normale allo specchio. Un doppio interrruttore non
disegnato nella figura permetteva di chiudere simultaneamente i due cir-
cuiti NPL ed NAi AL ; con un commutatore I si poteva sostituire ad MAj AI ,
MBX BI, dove B^ è una coppia termoelettrica campione rame-ferro la cui
resistenza interna non che quella dei fili MB! ed IB era anche trascurabile
rispetto ad r.
» Una delle due saldature di questa coppia campione era immersa nel
vapor acqueo, dentro un pallone con acqua bollente, il collo lungo del quale
era circondato esternamente da un tubo dove circolava anche il vapore per
un'altezza di 25cm circa. Attorno all'altra saldatura effluiva continuamente
dell'acqua a temperatura costante, da un vaso di 60 litri di capacità, riem-
pito almeno 24 ore prima di cominciare le esperienze.
« Questa coppia, come mi risultò da esperienze preliminari, era di una
costanza perfetta durante una serie di esperienze, e delle sue variazioni da
una serie all'altra, cagionate dalle variazioni di temperatura nelle saldature,
si poteva facilmente tener conto leggendo un termometro di Baudin diviso in
quinti di grado, immerso nell'acqua vicino alla saldatura fredda, ed un baro-
metro che permetteva di determinare la temperatura di ebollizione dell'acqua.
« Le saldature delle diverse coppie bismuto-rame venivano successiva-
mente collocate l'ima in un vaso contenente un miscuglio di neve pesta e di
acqua, l'altra in un bagno (contenente un termometro) dove effluiva continuamente
0) Vedi Faé, Influenza del magnetismo sulla resistenza elettrica dei conduttori solidi.
Atti del R. Istituto veneto, serie VI, tomo V.
— 134 —
dell' acqua proveniente dallo stesso grande recipiente adoperato per la pila
[normale. Queste saldature erano perciò all' incirca alle stesse temperature
avute precedentemente nella determinazione di e?.
« Si indichi :
Con E la f. e. m. della Danieli;
Con p e tv i poteri termoelettrici delle coppie bismuto-rame e rame-ferro,
medi fra le temperature alle quali vennero rispettivamente portate le sal-
dature delle coppie suddette;
Con l e 6 le differenze fra le temperature delle saldature delle coppie bi-
smuto-rame e rame-ferro;
Con R ed R! le resistenze della cassetta C , rispettivamente necessarie a por-
tare a zero il galvanometro quando vien chiuso o il circuito MA! AI
o quello MBiBI.
« Avremo, come è noto, le due equazioni:
dalle quali si ricava
pi _
E "
r
~R
TvO
r
E ~
Rx
TV
Rx e
R t
n
— è la quantità da determinare (').
TV
« La resistenza della Danieli, non che quella dei reofori LPCN era tra-
scurabile rispetto ad R ed R1 che variarono, il primo da 2640ohm a 6870ohm
ed il secondo da 2060ohm a 2110ohm.
« Riporto qui sotto le misure eseguite sopra le 7 coppie di bismuto com-
merciale, contradistinte nel citato lavoro con le lettere B, D, A, I, H, E, C.
Da quelle eseguite sulle due coppie di bismuto puro, nessuna conseguenza si
può trarre, attesa l'esiguità del loro numero.
« Nella prima colonna della seguente tabella sono riportate le lettere
che indicano le diverse coppie ; nella seconda i valori di — , che danno i
poteri termoelettrici delle medesime riferite a quello medio fra 0° e 100° della
coppia rame-ferro, preso come unità. Nella terza colonna sono registrati i
(!) Come si vede, operando in tal modo, non occorre determinare né r, né E, che
solo si richiede sia costante durante il tempo necessario a fare due misure.
— 135 —
valori di ó medi dei risultati ottenuti per le diverse orientazioni delle coppie,
e della corrente termoelettrica rispetto all' elettro-calamita.
2
n
&
B
2,05
0,0507
D
3,13
0,0323
A
3,21
0,0342 (!)
I
3,70
0,0322
H
4,27
0,0130
E
5,18
0,0124
C
5,25
0,0016
p
Come si vede nella superiore tabella al crescere dei valori di — i valori
TI
di S vanno decrescendo, cioè: tanto più piccolo è il potere termo-elettrico di
una coppia, tanto più grande è la sua sensibilità rispetto all'azione del
magnetismo (2). Sola eccezione fa nel nostro caso la coppia A per la quale
ó dovrebbe essere alquanto più piccolo; ma se si considera (come è detto
nel citato lavoro) che essa venne costruita con bismuto di diversa provenienza
delle altre, si spiegherà facilmente questa leggiera divergenza,
« La relazione sopra enunciata diventa più interessante se si osserva
che le coppie in parola vennero preparate in modo diverso l'ima dall'altra,
alcune tagliando il bismuto direttamente da un grosso pezzo, quale proveniva
dal commercio senza fonderlo, altre fondendole e facendole raffreddare alla
temperatura ambiente, una infine immergendola, appena solidificata, nel-
l'acqua fredda.
« Se però i valori di ó diminuiscono al crescere di — i prodotti— ó
TV TI
sono ben lungi dall'essere costanti. Se si disegna una curva prendendo i
p p $
valori di — come ascisse e quelli di - — come ordinate, essa risulta piut-
n u re
tosto complicata : se si prendono invece come ascisse i valori di J, i diversi
(*) Nella stampa della citata Memoria a pag. 13 s'incorse in un errore tipografico;
per la coppia A fu stampato cf, \jf\ = 0,0536 mentre si aveva effettivamente <f, \T] = 0,0436.
(2) Se invece di prendere la media dei quattro valori di ó ottenuti, due cambiando
l'orientazione della coppia rispetto all'elettrocalamita, e due cambiando la direzione della
corrente termoelettrica rispetto a quella della corrente magnetizzante, si prende separata-
mente la media dei due valori nei quali la corrente termoelettrica resta costante e varia
solamente l'orientazione della coppia, nelle due serie dei valori di <f così ottenuti si veri-
fica pure la su accennata relazione.
— 136 —
punti si trovano all'incirca sopra una curva che volge la sua concavità verso
l'asse delle x } al quale diventa quasi parallela per i valori di S che su-
perano 0,0320.
« È molto probabile che una relazione simile a quella sopra enunciata
sussista fra l'aumento di resistenza elettrica che subisce il bismuto per l'azione
del magnetismo e la resistenza specifica, le quali quantità, come è noto, va-
riano da un campione all'altro. Spero di poter presto eseguire uno studio spe-
rimentale su questo argomento ».
Fisica. — Poteri induttori specifici di alcuni olii. Nota del
dott. Enrico Salvioni, presentata dal Corrispondente Roiti.
« In occasione di alcune ricerche suggeritemi dal prof. Koiti, delle
quali forse tornerò ad occuparmi, disponevo di due condensatori, i quali si
prestano allo studio del potere induttore dei liquidi ; e ne ho approfittato per
determinare i poteri induttori di alcuni olii, cioè :
1° di un campione di olio di colza, di Lombardia, fatto nel 1887 ;
2° di lino, fatto a freddo, nel 1885, con semi del raccolto del 1884;
3° di cotone del 1887, depurato a Marsiglia;
4° di cotone, rancidissimo, preparato da almeno 12 anni ;
5° di ulivo, di Pontassieve, del raccolto 1886-87 ;
6° di sesamo di Giaffa, fatto a Firenze nel 1887, con semi pervenuti
da Gallipoli nel 1886 ;
7° di mandorle dolci ;
8° di ricino, questi due preparati due giorni prima del saggio ;
9° di arachide, preparato parimenti a Firenze, due giorni prima del
saggio, con semi pervenuti dalla Spagna nel 1886.
« Questa serie di olii mi fu gentilmente procurata dal sig. prof. Emilio
Bechi, il quale, come è noto, si è occupato con tanto zelo e con felice esito,
della ricerca dei mezzi atti, per fini doganali, a riconoscere le miscele dei
vari olii.
« I due condensatori hanno la stessa forma, e sono stati costruiti
saldando con mastice, l'uno dentro l'altro, due tubi di vetro chiusi ad
una estremità , in guisa che gli assi coincidessero il meglio possibile.
Nel tubo interno ho versato del mercurio ben pulito, facendolo discen-
dere per un lungo e sottile imbuto di vetro, vi ho immerso poi un filo
di rame, per le opportune comunicazioni, ed infine vi ho colato sopra della
parafina fusa. Fatto ciò, e osservato minutamente che non fossero rimaste
aderenti al vetro delle bollicine d'aria, ho rivestito di stagnola il tubo esterno,
curando che v'aderisse bene, per tutto quel tratto che nel tubo interno cor-
risponde al mercurio, lasciando scoperti solamente due tratti, l'uno in basso
— 137 —
che corrisponde al mastice, l'altro in alto che corrisponde alla parafina. Ho
così due condensatori cilindrici, nei quali il mercurio fa da armatura interna
e la stagnuola fa da armatura esterna. Le dimensioni approssimate delle varie
parti dei due condensatori, contraddistinti colle lettere A e B, costruiti iden-
ticamente, eccettochè in B non si colò la parafina, sono riassunte nel prospetto
che segue:
TUBO INTERNO A B
Lunghezza 64.c 68.c
Diametro interno medio 1.0 1.0
Grossezza media del vetro 0.09 0.09
Tratto immerso nel mastice, circa 2.5 3.5
» occupato dal mercurio 50. 48.
n occupato dalla parafina 9. —
« lasciato vuoto e verniciato con gommalacca ... 5. 20
TUBO ESTERNO
Lunghezza 53.5 49.3
Diametro interno medio. . . . , 1.3 1.2
Grossezza del vetro 0.1 0.1
Tratto scoperto inferiore 2.5 3.5
» rivestito di stagnola 47.0 44.8
» scoperto superiore 4.0 2.0
« Supponiamo che l' intercapedine di uno di questi condensatori sia occu-
pata da un dielettrico di cui sia k il potere induttore specifico : questo con-
densatore può allora considerarsi come il sistema di tre condensatori riuniti
in cascata, perchè le superficie di contatto del dielettrico col vetro sono super-
ficie equipotenziali, o almeno molto prossimamente si possono ritenere come
tali, sia per la loro forma, sia per lo strato conduttore d'umidità che si
deposita sul vetro, e non sul mastice, perchè molto meno igroscopico.
« Posso quindi, senz'altro, porre per questo sistema :
- + - + - = — [11
C, ^ C2 ^ ka Cft L J
dove si indica con d la capacità del primo condensatore che ha per dielet-
trico il vetro del tubo interno, con ka la capacità dell'intermedio che ha
per dielettrico il mezzo occupante l' intercapedine, così che « è la capacità
quando questo mezzo è l'aria secca, con C2 la capacità del terzo che ha per
dielettrico il vetro del tubo esterno, e infine con Ck la capacità di tutto il
sistema.
« Pel caso che anche l' intercapedine contenga mercurio, la [1] diventa :
- + - = -• [2]
fi \ pi ri L'-'J
— 138 —
e questa riposa sul solo fatto che nello stato d'equilibrio il potenziale è costante
in un conduttore e sulla condizione che la durata della carica sia sufficiente
per raggiungere l'equilibrio, senza che sia necessario ritenere k = od ; la quale
opinione è professata da molti (Mascart e Joubert ('), Mascari Gordon ecc.)
ma è messa in dubbio da Maxwell (2), e sarebbe contraria anche ad alcune
recenti esperienze (3).
« Sostituiamo al mercurio l'aria secca ; se C« è la capacità del sistema
in questo caso, in cui k=lJ applicando la [1], si ha:
JL + ì + i = ì. [3]
Le uguaglianze [1], [2], [3] danno allora :
jc _ Cfe(C,„ C(7) |-4-,
nella quale, come è naturale, alle Cft, Cm, C„ si possono sostituire quantità
ad esse proporzionali. Per determinare k, basterebbe quindi confrontare con
una capacità invariata, le capacità Cfe, Cm, Ca. Così ho tentato di fare sul
principio, assumendo il condensatore B, col mercurio nell' intercapedine, come
termine di confronto e paragonando con questo il condensatore A prima col-
l'aria nell'intercapedine, poi col mercurio, e infine col dielettrico, seguendo
il metodo esposto e discusso da Glazebrook (4).
« Ma con un solo elemento Danieli, essendo piccolissime le capacità dei
due condensatori, la sensibilità non riuscì sufficiente; quindi invece di au-
mentarla sia rendendo il metodo cumulativo, come facilmente si può imma-
ginare con un giuoco alternativo di contatti, sia aumentando la forza elettromo-
trice, ho preferito di misurare direttamente le capacità C„, Cm, C* e sono
ricorso al metodo di Maxwell, quale fu modificato da Thomson (5) ; a questo
mi sono poi fermato definitivamente, perchè l'approssimazione era sufficiente.
a Anche qui la disposizione è analoga ad un ponte di Wheatstone, colla
differenza che un lato è interrotto e nell' interruzione vibra un pezzo metallico
comunicante con un'armatura del condensatore, mentre l'altra comunica con
quell'estremo del lato, dove mette capo la diagonale del galvanometro. Va-
riando opportunamente le resistenze dei lati, si può far in modo che quest'ul-
timo rimanga a zero: se nell'unità di tempo si compiono n vibrazioni complete
(') Leeons sur V Electricité et le Magnetisme. Tomo I, pag. 127.
(2) Treat. on Elect. and Magn. 2a ed., voi. I pag. 53.
(3) Cohn e Arons, Wicd. Ann. Tomo XXXIII, 1888.
(*) Pini. Mag. XI, 1881, pag. 370.
(5) Philosophical Transactions of the Pioyal Society, parte III, 1883, pag. 707; vedi
anche: Eoiti, Mem. dell'Acc. di Torino, Serie 2a, XXX VTH; Nuovo Cimento, 1887, pag. 137.
— 139 —
e se l'equilibrio è raggiunto, Thomson ha dimostrato che la capacità X del
condensatore è data da:
«X
a [_{a + g-f- g) (a -f- b -f- ci) — fl2]
[ {a -\- b -J- d) (a -f- e) — a [a -\- d)~\ [a -\- d) (a -{- e -\- g — a (a -\- e) ]
nella quale a, b, e, d, g sono le resistenze dei singoli rami, contrassegnati
colle stesse lettere nella fi-
gura. Nel caso presente ho
preso a=l (A.B.),d=1000,
e fu sempre di parecchie mi-
gliaja d'unità, g è di 5630
unità A.B. , e infine la re-
sistenza b della pila è molto
piccola : si vede allora facil-
mente che la forinola si può
semplificare nella seguente
riX = — IO3
e
[5]
esprimendo X in microfaraday e e in ohm.
« Per alternare le cariche alle scariche, mi ha servito un diapason elet-
tromagnetico, isolato su ebanite, che porta, all'estremità d'un rebbio, due
striscioline di platino : ciascuna di esse, ad ogni oscillazione completa, viene
a toccare due linguette pure di platino H, K. Di queste luna (K) serve alla
carica del condensatore, l'altra (E) alla scarica, chiudendolo sopra sé stesso;
la prima comunica con uno dei vertici collegati all' elettromotore, la seconda
con uno dei vertici collegati al galvanometro, coli' armatura esterna E del
condensatore e col suolo: l'armatura internai comunica col rebbio vibrante.
« L'elettromotore usato era un elemento Danieli, che si tenne sempre
isolato su un isolatore Mascari II ponte è fabbricato dagli Elliott di Londra,
graduato in unità britanniche, tutto isolato su ebanite. Il galvanometro è di
Siemens ed Halske, cogli aghi a campana, sensibilissimo, e presenta, coi
rocchetti in serie, come fu usato, una resistenza di 5630 (A.B.).Con tale di-
sposizione l'approssimazione è buona, così da avvertire una variazione nel
ramo e di 10 unità su 9000.
« In tutte le misure ho variato il dielettrico nel condensatore A ; ma
siccome alla sua capacità si aggiunge quella degli annessi (diapason e fili),
che importa eliminare, così ho approfittato anche del condensatore B, con
mercurio nell' intercapedine, collocato vicino al primo, per modo che due brevi
tratti di filo bastassero a riunirli; e ogni volta ho fatto prima una mi-
sura con entrambi uniti in superficie e subito dopo col solo B. Spesso poi
ho fatto una terza misura, in via di controllo, col solo A. Se si indicano
con RA+B, RB, RA le resistenze nel ramo e che hanno dato l'equilibrio, allora
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 1° Sem. 13
— 140 —
le capacità di A -f- B , B , A , computati insieme gli annessi, sono, per la [5],
uroporzionali a ' ^ ' B- • Quindi, continuando ad indicare con C (e nei
^ ^ Ra+b Rb Ky
singoli casi Cft, C„, C«) la capacità di A esclusigli annessi, la C è propor-
zionale alla differenza ~- , e per avere la k basterà sostituire nella
-tiA-t-B -Kb
[4], alle 0* , Co , Cm i valori che si ottengono per questa differenza, secondo che
• r «« 1 , 1 1
il dielettrico è un olio, o l'aria, o il mercurio. La quantità — -f- - —
JLl<A -Ctu XIa-4-B
poi sarà proporzionale alla capacità degli annessi ; e si mantenne infatti co-
stante (avuto riguardo alla sua relativa piccolezza) come si vedrà nei pro-
spetti. Prima però di passare a questi, accennerò ad alcune delle cautele
osservate in tutte le misure, e cioè:
« 1° Ho determinato col cilindro di Duhamel il numero n delle vibra-
zioni compiute in un secondo, prima di cominciare e dopo terminata tutta
la serie delle misure: la prima volta ho trovato « = 126,6 vibr. comp. e
la seconda w = 126,9.
a 2° Ho cercato di smuovere il meno che fosse possibile le viti che
avvicinano le linguette del diapason ai rispettivi contatti ; giacché si sa che,
per la così detta penetrazione delle cariche, la capacità di un condensatore
non è indipendente dal tempo, per cui persistono le comunicazioni coi poli
della pila. Ed infatti, esagerando nell' avvicinare le linguette ai contatti, ho
constatato un leggero incremento della capacità.
« 3° Ho avuto cura di tener ben puliti i detti contatti: uno strato
leggerissimo d'umidità o di untuosità basta a produrre, quando il diapason
vibra, una differenza di potenziale fra ciascuna linguetta ed il corrispondente
contatto. Da questa causa d'errore, che può diventare ragguardevole, mi sono
guarentito, sia chiudendo il ramo del galvanometro mentre vibrava il diapason
ed era aperta la pila, sia invertendo i poli di quest'ultima.
« 4° Per notare con qualche esattezza la temperatura dei condensa-
tori, li ho racchiusi in due bussolotti di zinco del diametro di circa 20 cen-
timetri, dopo aver però constatato che essi non influivano sulla capacità. Come
appare dai prospetti, la temperatura media fu di 13°, le variazioni mante-
nendosi entro stretti limiti; le corrispondenti variazioni sono generalmente
insignificanti, eccetto, se mai, nel caso in cui l'intercapedine conteneva
mercurio.
«. In questo caso ho fatto sei misure, delle quali due sul principio e
quattro alla fine delle esperienze. Il mercurio era stato versato lentamente,
come aveva fatto per il tubo interno, sino a raggiungere, colla base del me-
nisco, l'orlo superiore della stagnola. È in questa serie che ho avuto l'appros-
simazione relativa migliore : i risultati sono raccolti nel prospetto che segue,
dove come negli altri, N è il numero d'ordine, t la temperatura.
— 141
Tavola 1.
N
t
Ra+b
Rb
Ra
\ Ra+b Rb/
\ RA Rb Ra+b /
1
0
17,7
4831
9716
—
0,10408
—
2
16,2
4795
9613
—
0,10452
—
13
14,0
4814
9735
9070
0,10501
0,0052
14
14,0
4808
9750
9Ó50
0,10543
0,0050
17
12,9
4800
9725
—
0,10550
—
18
12,9
4830
9770
—
0,10419
Media
0,10487
« Errore medio
1/ l2"l7.(3V2lt"" = Q
vip— i)
. 1 A' +<*»'+
:i V pìp-1)
0,00014 e cioè dell' un per
« Errore probabile ziz f-
mille circa.
« Le determinazioni nel caso in cui l'intercapedine era occupata dall'aria,
riuscirono alquanto difficili; ho dovuto più volte migliorare le condizioni,
prima di ottenere risultati concordi. Ciò è dovuto alla circostanza, che il velo
umido onde è ricoperto il vetro si estende anche sopra la ceralacca, e così
tende ad uguagliare il potenziale sulle armature del condensatore intermedio.
Ciò risulta evidente dal seguente gruppo di osservazioni successive, che cor-
rispondono a condizioni igroscopiche via via migliori.
« L'intercapedine, lavata con una soluzione di soda e poi con molta
acqua distillata, è accuratamente asciugata con carta bibula:
RA+B = 7800, RB = 9540, IO5
(— --)
\Ra+b Rb/
0,02339, (tf = ll°,2)
Faccio passare per circa due ore una corrente d'aria secca e trovo :
RA+B-8640, RB = 9500, IO3 (-^- -£) = 0,01048, (t = II9 fi);
fo lo stesso per altre due ore e trovo :
BA+B = 8680, RB = 9520, IO3 (^ - ~^j = 0,01030, (* = 11°,2);
e così ordinatamente
142 —
-tt.V-t-B "
= 8800
8840
Rb =
= 9550 103(^— -
\1wb
9570
Rb)
= 0,00894 (/ = 10°,0)
0,00863 (/=10°,1)
8690
9400
0,00870 (* = 10°,2)
« Però, insistendo, sono riuscito ad ottenere ima serie di osservazioni suffi-
cientemente concordanti: parte di queste si ebbero sul principio asciugando
semplicemente con carta bibula l'intercapedine dalla quale s'era fatto sgoc-
ciolare l'olio, parte infine (osservazioni 25a e 26a) dopo averla pulita con
acqua di soda, indi con acqua distillata e asciugata con corrente d'aria secca.
Ecco la serie ottenuta :
Tavola IL
N
t
Ra+b
Rb
Ra
H* -i)
W1 -1
\ Ra Rb
ìàr)
o
o
15,2
9265
9986
0,00779
—
10
14,7
8970
9660
—
0,00796
—
11
12,5
9000
9740
7175*
0,00844
0,0050
12
12,6
9040
9740
7815*
0,00795
0,0048
13
12,9
9070
9770
—
0,00790
—
15
12,9
9008
9720
—
0,00813
—
16
13,0
9180
9930
—
0,00822
—
19
13,4
9100
9810
—
0,00795
—
20
13,4
9095
9800
—
0,00791
—
21
13,3
! I
9750
—
0,00806
—
25
10,1
8840
9570
—
0,00863
—
20
12,0
9000
9730
—
0,00833
Media
0,00811
* Fi
irono misurate, facendo a=l, «£=10000, mentre le altre, pigliando a=\, d-
=10000.
» Errore medio di 0,00408. Errore probabile di 0,00005, cioè minore
dell'uno per cento.
« Qui trova posto anche una misura colla quale ho chiuso queste ri-
cerche, fatta allo scopo di schiarirmi un dubbio ; se cioè, alla capacità del
condensatore intermedio che fa parte di A, ed è costituito dal dielettrico che
sono andato variando e dalle superficie affacciate dei due tubi, non si ag-
giunga una capacità sensibile y ; quella del condensatore che si può sospet-
tare formato dall'aria e dai veli d'umidità condensate sul vetro, in corri-
spondenza a quel tratto del tubo esterno che non è rivestito di stagnola. Per
decidere su questo punto, nello stesso giorno in cui avevo fatto le osservazioni
segnate con a), ho tagliato
dopo di che ho trovato
BA+B = 8640 , RB = 9370 ,
— 143 —
tubo esterno
di A sin presso la stagnola;
10:
\RA-,-b Kb/
0,00902
e cioè per A una capacità maggiore, mentre avrebbe dovuto risultare mi-
nore, se l'influenza del tratto tagliato fosse sensibile rispetto a quella del-
l'umidità condensata sul vetro. Si può dunque trascurare y nei limiti dell'ap-
prossimazione raggiunta in queste determinazioni.
« Così pure sono indotto a ritenere trascurabile l'effetto del mastice,
per quel tratto di tubo che all'esterno non è ricoperto di stagnola e che
contiene mercurio nell' interno ; tanto più avendo verificato che l'aggiungere
del mercurio per lc in quest'ultimo, non produce effetto sensibile.
« Le rimanenti misure che si riferiscono agli olii, mi riuscirono senza
difficoltà. Quando un campione d'olio aveva servito, lo si levava lasciandolo
sgocciolare per parecchie ore; poi l'intercapedine veniva detersa con lunghe
strisce di carta bibula, indi sciacquata coll'olio che doveva servire succes-
sivamente ; infine si toglieva questo, e si versava lentamente l'olio non ancora
usato, e diligentemente filtrato. I risultati di questa serie sono raccolti nella
tavola III : ogni osservazione, che figura in essa, è però sempre la media di
più di due, eccettochè per gli olii di ricino e di arachide, per i quali ne
ho fatte due sole ben concordanti fra loro.
Tavola III.
x
\ ]>A-f-B Rb/ V Ra Rb Ra-+-B/
IO3
1. Olio di colza . .
2. di lino
3. di cotone recente
4. di cotone rancido
5. d'ulivo
6. di sesamo . . . .
7. di mandorle . . .
8. di ricino
9. di arachide . . .
16,15
5 13,00
6 13,70
9 14,60
7 12,40
8 13,40
22 13,20
231 10,90
241 11,40
8320
7924
8009
8000
8104
8099
7914
7565
8035
10003 —
969113801*
96893837*
97413740*
9765 3935*
9775 3877
9500
9715
9690
0,02022
0,02301
0,02165
0,02234
0,02099
0,02116
0,02110
0,02926
0,02125
0,0033
0,0044
0,0044
0,0044
0,0046
«I numeri segnati con asterisco sono stati trovati, prendendo b = \,
rf = 1000, mentre tutti gli altri prendendo £ = 1, ci — 1000. In fine nella
tavola seguente do i valori avuti per k, sostituendo nella [4], a Cm 0,10487
(vedi tavola I), a Ga 0,00811 (vedi tavola II, e a Gk i valori dati per
\RA+B RB/
=-) IO3 nella tavola III.
— 144 —
Tavola IV.
Hopkinson *
Quincke ** Palaz
Colin et Arons :
1. Olio di colza
2. di lino ....
3. di cotone recente
4. di cotone rancido
5. d'ulivo
6. di sesamo . . . .
7. di mandorle . . .
8. di ricino
9. di arachide . . .
2,85
3,35
3,10
3,23
2,99
3,02
3,01
4,62
3,03
da 3,22 a 3,07
3,37
3,15
3,17
4,78; 4,82; 4,84
3,17
2,38; 3,29
3,03
L61
4,43
* Nature 1887, pag. 142; Philosophical Magazine, Voi. XIII, pag. 242; Electrical
Eeview, Nov. 1887, pag. 537.
** Philosophical Magazine, Voi. XVI, 1883, pag. 5.
*** Lumière Électrique. Tomo XXI, 1886, pag. 97; Archives de Genève. Tomo
XVII, pag. 415.
**** L. e.
« L'errore probabile di k dipende quasi unicamente dall'errore da cui
è affetta la media delle misure eseguite coll'aria, e cioè risulterebbe inferiore
dell'uno per cento (vedi tav. II) se non vi fossero errori costanti ; siccome
poi gli errori meno facili da evitare tenderebbero ad aumentare la /e, così sarei
inclinato a ritenere che i valori dati nella prima colonna, debbano essere
aumentati un poco, non però più del due per cento.
« Chiudo ringraziando vivamente il prof. Roiti, che mi ha messo in
condizione di eseguire queste misure ».
Chimica. — Sintesi di acidi metilindolcarbonici. Nota preli-
minare di Giacomo Ciamician e Gaetano Magnanini, presentata dal
Socio Cannizzaro.
« L'analogia di comportamento del pirrolo con gli indoli è stata recen-
temente più volte provata. I fatti noti fin' ora , sebbene dimostrino in
modo indiscutibile la somiglianza chimica che esiste fra i derivati del pir-
rolo e quelli dell' indolo, pure non sono sufficienti a dare quel quadro com-
pleto di reazioni che è necessario per giudicare, in ogni singolo caso, del
modo di comportarsi delle sostanze appartenenti ai due gruppi di composti.
La storia chimica dell' indolo non ha raggiunto ancora quello sviluppo che
— 145 —
oggi vanta quella del pirrolo, sebbene si conoscano già alcune delle rea-
zioni più importanti comuni alle due serie di composti, come sarebbe quella
della trasformazione degli indoli in derivati della chinolina (Fischer, Ciami-
cian, Magnanini) e quella della formazione dei derivati chetonici dei nieti-
lindoli dall' anidride acetica (Fischer). Guidati dal concetto ora esposto, noi
abbiamo iniziato una serie di ricerche sul gruppo degli indoli, dopo esserci
accordati col prof. Emilio Fischer, che coltiva pure questo campo di studi,
per una divisione del lavoro. Noi porgiamo, in questa occasione, sentiti rin-
graziamenti all'illustre chimico di Wiirzburg per la gentilezza che ebbe in
quella occasione a dimostrarci.
« In questa nota preliminare accenneremo brevemente soltanto ad al-
cuni dei fatti da noi trovati finora, riserbandoci di esporre il tutto, a suo
tempo, in una più estesa comunicazione.
« È noto che si possono ottenere abbastanza facilmente gli acidi pir-
rolcarbonici facendo agire l'anidride carbonica sul composto potassico del pir-
rolo e il carbonato ammonico sul pirrolo, ed è noto inoltre che in queste
reazioni il carbossile va principalmente a sostituire un atomo di idrogeno in
posizione «. Ci sembrò interessante di vedere se queste reazioni fossero ap-
plicabili anche agli indoli, e di stabilire se entrambi i e - metilindoli sono
in grado di dare con eguale facilità gli acidi carbonici relativi, vale a dire
se il carbossile entra egualmente nella posizione a e nella posizione /?.
« I due e - metilindoli si prestano mirabilmente a questi studi, perchè
in uno di essi (scatolo) è disponibile l'idrogeno in posizione «, nell'altro
quello in posizione ,?. La sintesi dell'acido scatolcarbonico ha poi un inte-
resse speciale essendo questo composto, oltre all'indolo ed allo scatolo, un
prodotto costante della putrefazione delle materie albuminoidi.
« I tentativi fatti col carbonato ammonico non ci hanno dato finora ri-
sultati soddisfacenti; si ottengono invece facilmente gli acidi scatolcarbonico
e metilchetolcarbonico, facendo agire l'anidride carbonica sopra un miscuglio
equimolecolare di sodio metallico e scatolo o metilchetolo. La reazione av-
viene a quanto sembra con uguale facilità in entrambi i casi, e si compie
intorno ai 230° -250°.
« L'acido metilchetolcarbonico o acido a-metil- /?- indolcarbonico
C . COOH
C6H4 C CH3 non era conosciuto fin ora. Cristallizza dall'alcool diluito in
\y
NH
aghettini quasi insolubili nell'acqua, che si decompongono intorno ai 183°
in anidiide carbonica e a-metilindolo. È un composto poco stabile, che ri-
corda in parte il comportamento dell'acido /S-pirrolcarbonico ; si scinde nel
modo accennato anche bollendo la soluzione del suo sale ammonico.
— 146 —
* 1/ acido scatolcarbonico o acido /?- metti- a- iiidolcarbonico
C. CH3
/^
C6H4 C . COOH ottenuto per sintesi dallo scatolo è identico a quello sco-
NH
perto da H. ed E. Salkowski ('). Cristallizza dall'acqua bollente in aghi finis-
simi e fonde scomponendosi in acido carbonico e scatolo intorno a 165°.
È più stabile dell'acido metilchetolcarbonico, la soluzione del suo sale am-
monico non si scinde in scatolo libero per ebollizione.
« Sembra che per riscaldamento con anidride acetica possa dare una
anidride analoga alla pirocolla.
« Nel porre fine a questa breve comunicazione diremo ancora che è
nostra intenzione di studiare il comportamento dei metilindoli col fosgene,
(CL \
CO ,T„ ). Abbiamo inoltre ten-
NH2/
tata l'ossidazione dell' acetilmetilchetolo di Jackson, che, secondo le recenti
ricerche di E. Fischer, è un vero chetone come il pseudoacetilpirrolo, abben-
chè venga facilmente scisso dall'acido cloridrico. L'ossidazione con camaleonte
pare non dia che l'acido acetil-o-amidobenzoico, che si ottiene pure dal metil-
chetolo con lo stesso ossidante; sembra invece che tanto l'acetilmetilchetolo
che il metilchetolo diano, per ossidazione colla potassa fondente, l'acido a-'m-
dolcarbonico, ottenuto per sintesi da E. Fischer dall'acido fenilidrazinpirora-
cemico. Questo fatto sarebbe interessantissimo perchè anche i c-metilpirroli
(similmente ai fenoli) non danno gli acidi pirrolcarbonici corrispondenti per
ossidazione col camaleonte, ma bensì per ossidazione dei loro composti potas-
sici colla potassa fondente.
« Per ultimo facciamo già ora osservare che l'introduzione dell'acetile
nello scatolo offre qualche difficoltà, e sembra non avvenire agevolmente che
coli' intervento di cloruri metallici. Ci ripromettiamo risultati interessanti
dallo studio del e - acetilscatolo perchè questa sostanza si avvicinerebbe per
la sua costituzione all' a - acetilpirrolo, più del derivato acetilico del metil-
chetolo che contiene l'acetile in posizione 0. Questo ultimo fatto forse potrà
servire a spiegare il comportamento dell'acetilmetilchetolo ».
Chimica. — Ricerche sull'Apiolo. Nota preliminare di Giacomo
Ciamician e Paolo Silber, presentata dal Socio Caxxizzaro.
« Nella presente Comunicazione esponiamo brevemente alcuni dei fatti,
che abbiamo trovato finora, allo scopo di riservarci lo studio ulteriore di
questa sostanza, che ci sembra degna d'interesse e per il suo comportamento
chimico e per le sue proprietà fisiologiche.
(') Beri. Ber. 13, 189, 2217; 18, 410, 411 Bef.
— 147 —
« La costituzione chimica dell' apiolo è ancora completamente ignota,
sebbene questo composto sia conosciuto già da molto tempo, ed anche noi,
lo confessiamo, ci troviamo ancor lontani dall'avere trovato la soluzione del
difficile problema, che abbiamo intrapreso a risolvere.
« Le ricerche più recenti sull' apiolo sono quelle di E. von Gerichten ('),
che datano dal 1876. L'apiolo è stato ottenuto dai semi di prezzemolo, as-
sieme ad un terpene, per distillazione con vapor acqueo. È un solido che
secondo v. Gerichten fonde a 30° e bolle senza scomposizione intorno ai 300°.
Cristallizza in aghi bianchi, insolubili nell'acqua e solubili nell'alcool e nel-
l'etere. Quando è fuso si solidifica molto difficilmente. La sua reazione ca-
ratteristica più nota è quella con l'acido solforico, in cui si scioglie per lieve
riscaldamento con colorazione rossa intensa; aggiungendo acqua alla soluzione
solforica si separa una sostanza fioccosa bruna. All' apiolo si attribuisce la
formola C12 H14 04.
« Nostra prima cura è stata quella di avere dell' apiolo perfettamente
puro, per determinarne nuovamente la composizione. La sostanza proveniente
dalla fabbrica di E. Merck venne a questo scopo sottoposta ad una accurata di-
stillazione frazionata a pressione ordinaria ed a pressione ridotta. L'apiolo
bolle costantemente a 294° a pressione ordinaria, ed a 179° alla pressione
di 34 min.
« I risultati delle nostre analisi confermano la formola C12 H14 04, come
si vede dai seguenti numeri:
1. 0,2156 gr. di apiolo distillato a pressione ordinaria, dettero 0,5130 gr.
di C02 e 0,1310 gr. di H2 0.
IL 0,2378 gr. di apiolo distillato a pressione ridotta, dettero 0,5642 gr.
di C02 e 0,1398 gr. di H2 0.
« In 100 parti :
trovato calcolato per C12 Hx4 04
64,86
6,31
« Finora non ci fu possibile di determinare il peso molecolare del-
l'apiolo per mezzo della densità di vapore.
« L'apiolo è volatile con vapore acqueo, è solubile, oltre che nell'etere
e nell'alcool, anche facilmente nell'acetone, nel benzolo, nell'etere acetico e
petrolico. Non si combina con gli acidi né con le basi e finora non abbiamo
potuto ottenere composti coll'idrossilammina e colla fenilidrazina.
« Dei diversi prodotti di scomposizione dell'apiolo, che abbiamo ottenuti
finora, accenneremo soltanto a quello che si forma per ossidazione coll'acido
0) Beri. Ber. IX, H77.
Eendiconti. 1888, Vol. IV. 1° Sem. 19
I
ii
C 64,88
64,77
H 6,75
6,53
— 148 —
cromico. Si ossidano 4 gr. di apiolo con un miscuglio di 30 gr. di bicromato
potassico, 30 gr. di acido solforico concentrato e 600 e. e. d'acqua, bollendo
in un apparecchio a ricadere. Durante l'operazione si svolge anidride carbo-
nica e dei vapori di odore aldeidico, che però non riducono la soluzione d'ar-
gento ammoniacale. Dopo tre ore d'ebollizione, l'ossidazione è compiuta e per
raffreddamento si separano degli aghetti di una nuova sostanza. Si distilla
con vapor acqueo, per eliminare l' apiolo rimasto inalterato, ed assieme a
questo passano piccole quantità d'un acido volatile che non si è potuto affer-
rare finora. Filtrando si ottiene il nuovo corpo, che rimane in parte disciolto
nella soluzione cromica, da cui si può estrarre con etere. Il rendimento am-
monta al 20 % dell' apiolo impiegato. Ossidando l' apiolo con anidride cromica
in soluzione acetica non si hanno rendimenti migliori.
« Il nuovo prodotto venne purificato facendolo cristallizzare dall'alcool
diluito. Fonde a 102°.
« Le analisi dettero i seguenti risultati , che conducono alla for-
inola Ci2H12 06:
I. 0,1822 gr. di sostanza dettero 0,3838 gr. di CO, e 0,0812 gr. di H2 0.
IL 0,2268 gr. di sostanza dettero 0,4754 gr. di C02 e 0,1006 gr. di H2 0.
III. 0,1928 gr. di sostanza dettero 0,4040 gr. di C02 e 0,0852 gr. di H2 0.
« In 100 parti :
trovato calcolato per C,2 HI2 06
I II III
G 57,44 57,17 57,15 57,14
H 4,94 4,93 4,91 4,76
« La sostanza della forinola Ci2 HI2 Otì è perfettamente neutra. Non si
scioglie negli alcali ed è poco solubile nell'acqua. Si scioglie difficilmente
del pari nell'etere petrolico, facilmente invece nell'alcool, nell'etere, nel sol-
furo di carbonio, nell'acido acetico glaciale e nel benzolo ; da questo solvente
si separa in forma di lunghi aghi splendenti. Nell'acido solforico concentrato
si scioglie con colorazione gialla intensa; col riscaldamento la soluzione prende
un colore verde oliva e per aggiunta d'acqua si separano fiocchi bruni.
« Per ultimo vogliamo ancora aggiungere che l' apiolo dà, per ossida-
zione col camaleonte, del pari un prodotto neutro, che fonde a 122°, e pic-
cole quantità di un acido.
« Speriamo di potere fra non molto far seguire a questa breve Nota una
Comunicazione più estesa e più interessante.
— 149 —
Chimica. — Ricerche chimiche sulla germinazione del P àu-
se ola s vulgaris. Nota preliminare del dofct. A. Menozzi, presen-
tata dal Socio Cannizzaro in nome del Socio Koerner.
« Nella germinazione dei semi le materie di riserva, azotate e non azotate,
servono per la costruzione dei primi organi e pei diversi bisogni fisiologici
della nuova pianta ; e in questo periodo della vita vegetale avvengono neces-
sariamente molteplici metamorfosi sostanziali, diverse a seconda della natura
delle materie di riserva ed a seconda delle piante. Facendo astrazione da quella
parte di sostanze organiche che si scompone e si ossida fino a dare anidride
carbonica ed acqua, le materie non azotate, come amido, grassi, ecc., si tra-
sformano in sostanze diffusibili e si trasportano di cellula in cellula, dando
poi prodotti diversi a seconda delle circostanze. Anche le materie azotate,
gli albuminoidi, vanno soggette a profonde metamorfosi chimiche e danno pro-
dotti che si trasportano da un punto all'altro dell'organismo per compire uf-
fici differenti.
« Lo studio delle trasformazioni sostanziali in questo periodo presenta
uno speciale interesse, potendosi, meglio che in altri stadi, (quando la pianta
ha la facoltà di produrre nuova sostanza organica da anidride carbonica e da
acqua), ottenere dei criteri sicuri intorno alle funzioni delle sostanze organiche
diverse. Ed esso è stato argomento di ricerche per parte di molti scienziati.
Si sono fatti germinare dei semi in ambienti privi di sostanze organiche, i
germogli ottenuti si sono mantenuti all'oscurità, affinchè non intervenga il
processo di produzione di materia organica a complicare i fenomeni e rendere
non intelligibili i risultati, e dopo un certo tempo si è indagata la natura
delle sostanze contenute nelle pianticelle.
« I risultati però che queste ricerche ci hanno acquisito, sono lungi dal
completare le nostre cognizioni intorno alle trasformazioni diverse che avven-
gono nella germinazione. Così per le materie organiche non azotate le espe-
rienze del Boussingault ci hanno dimostrato che l'amido dei semi di maiz si
trasforma in zucchero, in celluioso, in gomma; quelle del Peters che le sostanze
grasse dei semi di zucca danno nella germinazione, amido, zucchero, celluioso.
Osservando agentemente si scorge come restino non poche lacune, e fra altro
si presenta la domanda : di che natura è lo zucchero che si forma in queste
circostanze ? Gli autori ammettono trattarsi di glucosio ; ma il glucosio è stato
confuso a lungo col maltoso, ed a priori si comprende come non sia impro-
babile si formi maltoso, almeno dapprincipio, inquantochè nei semi in germi-
nazione trovasi anche diastasi.
« Per ciò che riguarda le sostanze azotate le metamorfosi di queste fino
a poco tempo fa erano prese in poca considerazione. Gli sperimentatori si limi-
tavano a constatare che esse passano in parte sotto forma solubile, oltreché
— 150 —
una parte dà luogo a formazione di fermenti diastasici è peptonigeni. Tuttavia
il fatto della presenza dell' asparagina nei germogli di parecchie piante, se-
gnatamente leguminose, mantenuti all'oscurità, in condizioni in cui l' aspa-
ragina stessa non poteva provenire che dagli albuminoidi, indicava che queste
sostanze vanno soggette a profonde trasformazioni ; e tanto più ciò risultava
quando a fianco dell' asparagina il Gorup-Besanez trovava nel 1874 nei germogli
di veccia, la leucina e la tirosina. Ma un largo contributo di fatti hanno arre-
cato in questo campo, nell'ultimo decennio, le belle ricerche di E. Schulze
e dei suoi collaboratori, poiché ci hanno dimostrato una serie di trasformazioni
di sostanze azotate nelle piante, e ci hanno condotto alla conoscenza di pa-
recchie nuove sostanze fisiologicamente molto interessanti. Nei germogli di zucca
ha trovato glutammina, asparagina, leucina, tirosina, ipoxantina, /cantina,
e gitani uà come prodotti di trasformazione degli albuminoidi. Nei germogli
del lupinus luteus, asparagina, acido fenil-ammidopropionico, acido am-
midovalerianico, traccie di leucina e tirosina, ed una nuova sostanza azotata,
trovata dapprima nella veccia e nel trifoglio, e chiamata vernina. Una diffe-
renza essenziale fra le due sorta di germogli sta in ciò, che nei germogli di
zucca per quantità prevale la glutammina sugli altri prodotti di scomposizione
degli albuminoidi, mentre nei germogli di lupino l'asparagina ha di gran lunga
il sopravvento. Ciò che il Schulze spiega coll'ammettere che questi prodotti
servano più o meno facilmente, a seconda delle piante, per la rigenerazione
degli albuminoidi, di guisa che i prodotti elaborati lentamente si accumulano
per una certa quantità, mentre quelli elaborati rapidamente non si trovano
che in piccola quantità o non si trovano affatto.
« Il numero delle piante però a cui si riferiscono le ricerche del Schulze,
è troppo limitato per potere dai risultati delle ricerche stesse dedurre delle
conclusioni d'indole generale. Parecchie quistioni d'altronde rimangono insolute;
e si comprende come sia necessario accumulare quanto più è possibile ma-
teriale, instituendo esperienze con molte e diverse piante, e variando oppor-
tunemente le condizioni, onde ottenere i dati voluti per stabilire dei principi.
« Nell'intendimento di contribuire all'esplorazione di questo campo, ho
instituito una serie di ricerche su piante in germinazione. Ho scelto dapprima
il Phaseolus vulgaris. Volendo indagare le trasformazioni delle sostanze azotate
e delle non azotate, la pianta da me scelta presenta condizioni favorevoli,
contenendo e le une e le altre in quantità notevoli.
« I semi furono posti a germinare nella sabbia, mantenuta umida con
acqua distillata, in un ambiente oscuro alla temperatura di 25°-30<?. Nel ter-
mine di 10-12 giorni i germogli raggiunsero l'altezza di 25-30 cm. A questo
punto furono raccolti, tagliuzzati e spremuti. Il liquido ottenuto dalla spre-
mitura è poco colorato ; ha debole reazione acida ; fatto bollire e separato
dagli albuminoidi, che cosi si depositano, devia debolmente a sinistra il piano
della luce polarizzata; riduce il liquido di Fehling.
— 151 —
« Concentrando il succo a b. m. e abbandonandolo quando è ridotto a
piccolo volume, dopo alcune ore comincia la separazione di asparagina, sepa-
razione che continua per due o tre giorni. Kaccogliendo l' asparagina, lavandola
con acqua fredda e ricristallizzandola da acqua bollente con un po' di nero
animale, si ottiene incolore e pura. La sostanza fu identificata oltreché
per l'aspetto e pel comportamento, anche colla determinazione dell'azoto e
dell'acqua di cristallizzazione,
gr. 0,2001 di sostanza seccata all'aria diedero e. e. 31,7 di azoto a 11° e
alla pressione di 762 mm. ;
gr. 0,9072 di sostanza perdettero a 100° gr. 0,1094 di acqua.
« Da cui:
Trovato Teorico per C4 H8 N2 Os. H2 0
N% 18,96 18,67
H20 12,06 12,00
« La quantità di asparagina che così si ottiene è piuttosto grande, e senza
dubbio nella pianta in questione essa supera di gran lunga gli altri prodotti.
L'asparagina fu trovata nei fagiuoli in germinazione dapprima da Dessaignes
e Chautard, in seguito dal Boussingault e da altri autori.
« Il liquido da cui fu separata l'asparagina fu concentrato a sciroppo e
indi estratto ripetutamente con alcool a 90 % (voi). Il primo estratto contiene,
a fianco d'una piccola quantità d'asparagina, quasi tutto lo zucchero e una
certa quantità degli altri prodotti che più sotto saranno descritti, ed esso fu
utilizzato per la separazione dello zucchero come si dirà in seguito. I successivi
estratti, separati da un deposito sciropposo e liberati dalla massima parte
dell'alcool, abbandonati per qualche tempo danno luogo a im deposito costi-
tuito da piccole masse, deposito che va lentamente aumentando per parecchi
giorni. La materia che così si separa ha l'aspetto della leucina greggia ; essa
risulta dalla miscela di diversi ammido-acidi, come esporrò fra poco. Una
nuova quantità della miscela stessa si ottiene diluendo il liquido sciropposo
molto colorato, da cui fu separata la materia or indicata, e trattando con
acetato basico di piombo. Il liquido separato dal precipitato, e liberato dal
piombo con idrogeno solforato, fornisce per concentrazione una nuova quantità
di miscela.
« Questa miscela fu dapprima sottoposta a ricristallizzazione da alcool
diluito, onde ottenerla incolore, e poscia si trattò in soluzione acquosa con
ossido idrato di rame. Si ottenne così una piccola quantità di un composto
insolubile di color bleu-chiaro ed un liquido di color bleu-cupo. Il liquido
fu liberato dal rame con idrogeno solforato e indi concentrato. Ridotto
a piccolo volume, si depose poco alla volta una sostanza dell'aspetto e del
comportamento della leucina. Non potendosi aspettare d'aver a che fare con
un' unica sostanza pel fatto noto che i sali di rame degli ammido-acidi si
tengono reciprocamente in soluzione, la sostanza, raccolta fu sciolta nell'acqua
— 152 —
e trattata ancora con ossido idrato di rame. Si ottenne nuovamente una pic-
cola quantità di composto insolubile. Il liquido fu liberato dal rame con
idrogeno solforato, e indi concentrato. La sostanza che si depose a piccolo
volume fu raccolta e purificata con ripetute cristallizzazioni da alcool diluito.
Da questa soluzione si depone per raffreddammento in magnificile foglie bianche
splendentissime ; presenta grandissima rassomiglianza colla leucina naturale
purissima, e da essa con saggi qualitativi si distingue assai difficilmente.
L'analisi però del prodotto come pure quelle di alcuni suoi derivati, hanno
dimostrato in modo decisivo che la sostanza è acido ammido-valerianico.
L'analisi elementare ha dato questi risultati:
da gr. 0,2950 di sostanza si ebbero gr. 0,2502 di H20 e 0,5551 di C02;
da gr. 0,1903 di sostanza si ottennero e. e. 19,9 di azoto a 10° ed alla
pressione di 744.
« Da cui :
Trovato Calcolato per Cs Hn N02
C •/„ 51,32 51,28
H » 9,64 9,40
N » 12,24 11,96
« La sostanza, tanto allo stato greggio quanto allo stato puro, presenta,
come s'è detto, grandissima rassomiglianza colla leucina naturale. Come questa,
una volta asciutta, galleggia sull'acqua, bagnandosi difficilmente; riscaldata
in tubetto d'assaggio dà un sublimato fioccoso, voluminoso, spandendo vapori
alcalini con odore di ammine. È però più solubile nell'acqua della leucina,
come è più solubile di quello della leucina il rispettivo composto ramico.
Così pure il cloridrato ed il nitrato sono diversi dai corrispondenti composti
della leucina.
« Il sale di rame ottenuto colla soluzione dell' ammido-acido e ossido
idrato di rame, è abbastanza solubile nell'acqua specialmente a caldo, e dalla
soluzione bollente si deposita per raffreddamento sotto forma di piccolissimi
cristalli di color bleu. L'analisi del sale di rame ha dato:
gr. 0,3041 di sale diedero gr. 0,0645 di Cu, pari a 21.2 % di Cu ;
Teorico per (C5 H10 NOs)a Cu
Cu 21,4 o/0
« Per maggior sicurezza ho preparato il cloridrato ed il nitrato. Il cloridrato si
depone in prismi trasparenti solubilissimi, della composizione C5HUN02.HC1,
come risulta dalla determinazione del cloro:
gr. 0,3150 di sale hanno dato 0,2856 di Ag CI pari a CI 0,0714. Quindi:
Trovato Calcolato per C5 H„ NO». H CI
Cloro % 22,65 23,10
« Il nitrato si depone in lunghi aghi schiacciati bianchi, che si alte-
rano col riscaldamento sopra 100°.
« Acido ammido-valerianico è stato trovato da E. Schulze e I. Barbieri
— 153 —
nei germogli di lupini (1), e i caratteri dati da questi autori coincidono con
quelli della sostanza da me ottenuta dai fagiuoli. Non risulta se Schulze e
Barbieri abbiano osservato se il loro ammidoacido è otticamente attivo.
Quello da me ottenuto, in soluzione acquosa, è debolmente levogiro. La so-
stanza rassomiglia non poco all'acido «-ammido-valerianico normale ottenuto
per sintesi dall'aldeide butirrica normale, ed all'acido a-ammido-isovalerianico
ottenuto dall'aldeide isobutirrica; tuttavia non si identifica con nessuno dei
due, differendone per la solubilità e per l'attività ottica. Così pure è diverso
da quello ottenuto dal Gorup-Besanez dal contenuto del pancreas.
« Mi riservo di studiare ulteriormente e di indagare la costituzione di
quest'ammido-acido, il quale per la sua diffusione nelle piante acquista un
interesse fisiologico rilevante.
« Il composto ramico insolubile ottenuto nel modo anzidetto dal tratta-
mento della miscela di ammido-acidi con idrossido di rame, fu sospeso nel-
l'acqua e scomposto con idrogeno solforato. Dal liquido risultante concentrato,
si ottenne un ammido-acido poco solubile nell'acqua fredda, e cristallizzabile
dall'acqua bollente in pagliette lucenti. L'analisi del prodotto, purificato ri-
trasformandolo in sale ramico e cristallizzandolo da acqua, ha dimostrato che
la sostanza ha la composizione CgHnNO-z, corrispondente all'acido fenil-
ammido-propionico, e l'esame delle proprietà indicherebbe trattarsi del me-
desimo ammido-acido ottenuto da Schulze e Barbieri dai germogli di lupinus
luteus (2), pure a fianco di acido ammido-valerianico.
« Dall'analisi della sostanza si ottennero questi risultati:
0,2122 di sostanza diedero gr. 0,1332 di acqua e 0,5071 di C02.
» e. e. 22,5 di azoto a 13° C. e 747 mm. di
gr. 0,2122 di
sostanz
gr. 0,3099 »
B
pressione.
« Da cui:
Trovato
c %
65,17
H »
6,97
N *
8,42
Teorico per C9HU NOa
65,45
6,67
8,48
« La sostanza scaldata al tubetto sublima con iscomposizione. La solu-
zione acquosa precipita con acetato ramico dando un composto di color bleu-
chiaro.
« Riserbandomi di ritornare in seguito sulle sostanze descritte per ciò che
si riferisce alla quantità ed alla distribuzione nelle diverse parti delle pian-
ticelle, nelle diverse condizioni ed epoche di sviluppo, farò notare che per
quanto ho potuto osservare finora, l'asparagina supera tutti gli altri prodotti
per quantità, poi viene l'acido ammido-valerianico e indi l'acido fenil-ammido-
propionico.
(») Journ. f. prakt. Chemie (2). 27. 337.
(2) Journ. tur prakt. Chemie, 1. e.
— 154 —
« Aggiungo che dai liquidi da cui si separò la miscela di ammido-acidi
ora descritti, si ottenne, per ulteriore concentrazione, deposito di un amrnido-
acido che piuttosto del comportamento dell'acido ammido-valerianico presenta
quello della leucina. Stante però la piccola quantità di sostanza ottenuta
finora, e la vicinanza grandissima nel comportamento fra acido ammido-va-
lerianico e leucina, non posso finora pronunciarmi su questo punto in modo
decisivo.
« D'altra parte le sostanze descritte non sono i soli prodotti azotati pro-
venienti da trasformazioni degli albuminoidi nei germogli dei fagiuoli. I sci-
roppi da cui furono separate le anzidette sostanze danno un precipitato con
acido fosfo-volframico, che scomposto con barite ha fornito un prodotto cri-
stallizzabile. Così pure alcuni saggi indicherebbero la presenza di ipoxantina
e iantina. La caratterizzazione di queste sostanze è riserbata a ulteriori
ricerche.
« Come fu detto superiormente il primo estratto alcoolico del liquido
separato dall' asparagina e concentrato a sciroppo, contiene la massima quan-
tità dello zucchero. Quest'estratto ripreso parecchie volte con alcool e da ul-
timo abbandonato per qualche tempo, depone una massa cristallina costituita
principalmente da zucchero, ma inquinato da diverse altre sostanze, e molto
colorato. Liberata la materia cristallina dal liquido sciropposo, fu sottoposta
a ricristallizzazione da alcool. A motivo della presenza di altre sostanze fa-
cilmente solubili nell'alcool e nell'acqua non sono finora riuscito ad ottenere
zucchero allo stato di chimica purezza, e debbo quindi rimandarne lo studio
dettagliato. Ma faccio notare fin d'ora che l'aspetto ed il comportamento
dello zucchero separato indicherebbero trattarsi di glucosio destroso. Eiduce
il liquido di Fehling; devia a destra. Il composto con fenilidrazina, prepa-
rato secondo le indicazioni di E. Fischer, è costituito da aghi gialli facil-
mente cristallizzabili da alcool diluito e da acetone. Dopo averlo ricristal-
lizzato parecchie volte fonde a 205°.
« L'analisi elementare di questo derivato ha dato:
gr. 0,2499 di sostanza fornirono gr. 0,1371 di H20 gr. 0,5509 di C02.
gr. 0,1518 » » diedero e. e. 20,2 di azoto a 12° C. e 747 mm. di
pressione.
« Da cui:
Trovato Calcolato per fenilglucosazone C^HaaNiO*
C % 60,12 60,33
H » 6,09 6,14
N " 15,52 15,64
« In altra comunicazione renderò conto dei risultati delle ricerche sulla
natura precisa di questo zucchero, come pure delle prove instituite per inda-
gare se esso sia il solo zucchero contenuto nei germogli dei fasriuoli.
— 155 —
« Faccio osservare che le sostanze descritte provengono da trasforma-
tone delle materie di riserva contenute nei semi, poiché ricerche apposita-
mente fatte hanno dimostrato che nei semi non germinati non si contengono
uè asparagina, né zucchero, nò nessun'altra delle sopradescritte sostanze tro-
vate nei germogli.
« È mia intenzione di estendere e completare le ricerche sulla germi-
nazione del Phaseolus vulgaris, per ottenere dei dati sui rapporti quantitativi
per diversi periodi e per le diverse parti delle piante, coltivate in condi-
zioni diverse. Come pure intendo instituire esperienze con altre piante appar-
tenenti a famiglie differenti, in ispecie con cereali, onde accumulare quel
materiale di fatti richiesti per svelare e spiegare le trasformazioni sostan-
ziali nelle piante, e per dimostrare l'ufficio delle singole sostanze accumulate
nei semi ».
MEMORIE
DA SOTTOPORRSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
P. Cornaglia. Delle Spiaggie. Presentata dal Socio Betocchi.
PERSONALE ACCADEMICO
Il Segretario Blaserna dà comunicazione di una lettera colla quale il
Socio straniero F. von Recklinghausen ringrazia l'Accademia per la sua
nomina.
Lo stesso Segretario presenta inoltre una medaglia fatta coniare dalla
Società mineralogica di Pietroburgo in onore del mineralogo von Kokscharow.
Socio straniero dell'Accademia, in occasione del 50° anniversario della di
lui attività scientifica, e comunica la lettera colla quale la sopranominata
Società accompagnava il dono della medaglia.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Blaserna presenta le pubblicazioni giunte in dono, ta-
cendo particolare menzione delle seguenti inviate da Soci :
T. Taramelli. Del terreni terziari presso il Capo La Mortola inLiguria.
A. Kanitz. Magyar novénytani oapok. XI Evfoliam.
E. vox Bruecke. Varie opere, delle quali sarà dato l'elenco nel Bol-
lettino bibliografico.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 20
— 15(3 —
Lo stesso Segretario presenta anche la prima traduzione italiana fatta
dai professori G. e R. Canestrini, dell' opera di Carlo Darwin : Sulla
struttura e distribuzione dei banchi di corallo e isole madreporiche.
Il Corrispondente Cerruti presenta un fascicolo a stampa nel quale è
esposto il disegno della nuova edizione nazionale delle opere di Galileo, ed
aggiunge le seguenti parole:
« La nuova edizione, cui S. M. il Re ha concesso il suo alto patrocinio,
vien fatta a spese dello Stato e per cura del Ministero dell'istruzione pub-
blica giusta il tenore del R. decreto 20 febbraio 1887. La direzione generale
del lavoro fu affidata al prof. Antonio Favaro del quale è nota la singolare
competenza negli studi galileiani: all'opera del Favaro, per quel che con-
cerne la cura del testo, sarà associata quella del prof. Isidoro del Lungo,
accademico della Crusca. Avanti che si mettesse mano alla pubblicazione, il
Ministero volle che fosse allestito e divulgato per le stampe un disegno esatto
della nuova edizione e che questo disegno fosse riveduto, discusso ed appro-
vato da tre nostri colleghi : i prof. Ginocchi, Govi e Schiaparelli. Nel fasci-
colo, che ora presento all' Accademia, il prof. Favaro tesse una storia minuta
delle edizioni precedenti delle opere galileiane ; parla delle vicende, non
sempre liete, toccate a' manoscritti del Galileo e della sua scuola; espone i
criteri che saranno assunti come guida per la nuova edizione, la quale, per
quanto si prevede ora, comprenderà venti volumi di circa 500 pagine l'uno,
di sesto e caratteri pari a quelli di questo fascicolo. Il materiale inedito, o.
se già edito, non compreso nelle edizioni precedenti, non esclusa quella del-
l'Alberi, è considerevole pur computando soltanto il materiale già noto agli
studiosi. Ma non è dubbio che nuovi documenti ancora verranno alla luce
dalle ricerche che il Favaro si propone di istituire in biblioteche ed archivi
nazionali e stranieri ».
Il Corrispondente Roiti fa omaggio della 2a edizione dei suoi Elementi di
Fisica.
CONCORSI A PREMI
Il Segretario Blaserna dà comunicazione di un avviso col quale parte-
cipasi all'Accademia essersi costituita in Milano una « Società Italiana di
elettricità pel progresso degli studi e delle applicazioni » ed aggiunge che
questa Società ha aperto un concorso a premio sul tema seguente :
« Monografia sugli elettromagneti, atta a servire di guida nello studio
delle forme e delle dimensioni degli elettromagneti di campo, nelle mac-
chine dinamo-elettriche ».
Tempo utile: 30 ottobre 1888; premio: una medaglia d'oro del valore
di lire 600.
— 157 —
CORRISPONDENZA
Ringraziano per le pubblicazioni ricevute :
La li. Accademia di scienze, lettere e belle arti di Palermo ; la R. Ac-
cademia zoologica di Amsterdam; la Società Reale, la Società archeologica
ed il Museo britannico di Londra; la Società filosofica di Cambridge; l'Isti-
tuto meteorologico rumeno, di Bucarest; l'Università di Oxford; il Comitato
geologico di Pietroburgo.
Annunciano l'invio delle proprie pubblicazioni:
La li. I. Accademia nautica di Trieste; le Università di Kiel e di
Heidelberg.
Ringrazia ed annuncia l'invio delle proprie pubblicazioni :
L'Università di Christiania.
P. B.
159 —
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Classe di scienze morali, storiche e filologiche.
Seduta del 19 febbraio 1888.
Gr. Fiorelli Vice-Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Archeologia. — Il Vice-Presidente Fiorelli presenta il fasci-
colo delle Notule degli Scavi per lo scorso mese di gennaio, e lo ac-
compagna colla Nota seguente.
« Il territorio di Este nella Regione X, che dagli antichi sepolcreti che
circondavano l'abitato restituì in questi ultimi anni materiale archeologico
preziosissimo, di età pre-romana e romana, diede nuova ed inaspettata copia
di oggetti oltremodo rari, che accrebbero le ricchezze del Museo atestino.
« Nel fondo del sig. Luigi Baratela, ad orieate della città, fu trovata
alcuni anni or sono un'abbondante suppellettile votiva, per lo più di bronzi
scritti in caratteri euganei, e si scoprirono resti architettonici di un edificio
sacro, che quivi sorgeva.
« Di questo nuovo materiale fece un accurato studio il prof. Gherardo
Ghirardini, descrivendo patitamente le iscrizioni euganee, le antichità figu-
rate, gli oggetti di ornamento, gli utensili, e le monete.
« La prima parte di questo ampio lavoro inserita nel fascicolo di gennaio,
si occupa delle epigrafi, ed esamina prima quelle che sono incise in lami-
nette di bronzo, poi quelle che si veggono sui chiodi, in ultimo le iscrizioni
in piedistalli di pietra, destinati a sostenere statuette votive.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 21
— 160 —
« Quattordici sono le epigrafi delle lamine, una delle quali presenta pure
un'iscrizione latina. Di chiodi poi si ebbero circa duecentocinquanta, e sorprende
in essi la varietà delle lettere che vi sono incise, e la maniera con cui furono
disposte. Le basi iscritte sono quindici.
« Di questa scoperta furono date notizie incomplete fuori d' Italia ; e
dal favore col quale vennero accolte, si può argomentare la soddisfazione che
certamente avranno i dotti, nel trovare riunito nella monografia del Ghirar-
dini tutto quanto si può desiderare intorno all' importante rinvenimento.
« Alla illustrazione de' monumenti scritti del deposito votivo di Este,
succedono note del ff. Commissario dei Musei e scavi prof. E. Brizio, intorno
a vasi dipinti dell'antica necropoli di Bologna (Regione Vili) scoperti nel
fondo Arnoaldi, e sopra uà sepolcro di tipo Villanova, rinvenuto a Moglio
nel comune di Praduro e Sasso.
«■ A Cortona (Regione VII) nel luogo La Bassa, fu scoperta un'urna di
pietra, sul cui coperchio è effigiata la figura di un uomo nel solito stile trascu-
rato delle urne volterrane; ed in contrada Salvadagno, si rinvenne altra
urna con iscrizione etrusca nel coperchio.
« In Orvieto continuarono le esplorazioni della necropoli volsiniese, in
contrada Camiìcella, nel fondo Leone, dove varie tombe furono esplorate,
quasi tutte rovistate in antico.
« In Corneto furono pure visitate alcune tombe in contrada Ripagretta,
due delle quali solamente erano state rispettate dagli antichi depredatori. Erano
a buca quadrata, con entro un vaso dipinto in cui si contenevano i resti della
cremazione. Questi vasi sono anfore attiche, una di stile severo, un'altra di
maniera piuttosto trascurata.
« In Roma (Regione I) si trovarono avanzi di sculture marmoree, nei
lavori pel prolungamento di Via Cavour nella Regione della Subura; altre
tombe dell'antichissima necropoli esquilina, nella piazza Vittorio Emanuele ;
altri avanzi di oggetti votivi, tra le vie Buonarroti e Macchiavelli, dove si
crede essere stato il tempio, di Minerva Medica; ruderi di antiche fabbriche
in piazza di Termini, appartenenti agli edifici espropriati da Diocleziano,
quando costruì le grandiose Terme; finalmente molte iscrizioni si scopri-
rono nel cimitero tra le Porte Pinciana e Salaria. Dall'alveo del Tevere si
recuperarono varie migliaia di monete di bronzo e di argento, familiari ed
imperiali.
« In s. Maria di Capua Vetere, nel cortile del quartiere nuovo, tornarono
all'aperto ruderi di antiche fabbriche, e non pochi frammenti architettonici
marmorei, busti e statuette pure di marmo, e statuette fittili.
« In Gragnano, presso la piazza di s. Leone, fu rinvenuta un' urna di
marmo con iscrizione latina.
« In Nicotera (Regione III) si scoprì una parte di antico edificio, proba-
bilmente tempio, nel predio la Timpa, dove nelle indagini fatte pochi mesi
— 161 —
prima, era stata riconosciuta al proprio posto una colonna di granito, della
quale si potè misurare l'altezza che è di circa 6 metri.
« In Lazzaro, frazione del comune di Motta s. Giovanni, nella provincia
di Reggio Calabro, fu recuperata un' iscrizione latina sepolcrale, che diede
occasione al Vice Direttore di quel Museo can. Di Lorenzo, di riassumere
tutte le memorie intorno alle antichità rinvenute nel paese predetto, ove
credè riconoscere il sito di Leucopetra, non esattamente indicato nella tavola
Peutingeriana.
« In Sardegna molte antiche sepolture si scoprirono nella regione Carce-
rami, nel comune di Settimo san Pietro, alcune costruite solo di embrici, altre
formate di grosse anfore con cadaveri incombusti. Vi si trovarono, a quanto
dicesi, parecchie monete di oro, ed altre di bronzo, molte delle quali, che
unitamente a globetti per collana, andarono disperse, erano forate ».
Psicologia. — II fenomeno della ricordanza illusoria. Nota del
Socio Francesco Bonatelli.
» Questo, della ricordanza illusoria, è un fatto psichico che lo scri-
vente ha osservato parecchie volte in sé stesso ; perciò, quand'anche non fosse
intervenuto mai ad altri che a lui, meriterebbe pur sempre, come fatto che
gli è, che si cercasse di trovarne la spiegazione. Ma del resto io credo che
anche molti altri avranno avuto occasione d'osservarlo in sé medesimi e che
in moltissimi poi si sarà prodotto senza che lo avvertissero. Ragione di più
per farne oggetto di studio. Ed ecco qui di che si tratta. Preferisco esporre
dapprima un caso concreto; verremo dappoi al concetto generale.
« La scorsa notte io sognava d'avere occupato colla mia famiglia un
quartiere di certa casa situata non so in quale città. Discutendo con la moglie
sulla distribuzione dei mobili e siili' assegnare a questo o quell'uso le varie
camere del novo alloggio, io ricordava con perfetta chiarezza d'avere abitato
già. parecchi anni prima quel medesimo appartamento e andava ripetendo:
qui allora s'era collocato il nostro letto, costì era la stanza da studio e così
via. Svegliatomi e ricordando molto nettamente il mio sogno, io cominciai
a chiedere a me stesso in qual' epoca della mia vita avessi occupato quella
casa e in quale città. L'energia della ricordanza era tanta che dapprima non
ebbi, anche nella veglia, il menomo dubbio di non ricordare cosa realmente avve-
nuta; soltanto non mi riusciva di rammentare la città e l'epoca, e solamente
dopo avere percorso col pensiero minutamente tutti gli alloggi dove sono tor-
nato dalla prima infanzia al dì d'oggi, ho finito con dovermi persuadere che
quella ricordanza era falsa. Era anch'essa parte del sogno. Quel dato quar-
tiere io non solo non l'ho abitato mai, ma nemmeno veduto.
« Ripensando allora, mosso dalla meraviglia e dalla curiosità, alla mia
— 162 —
vita passata, mi ricordai d'altri sogni, nei quali m'erano apparse quelle stesse
camere e, quello ch'è più singolare, ricordai che in tali sogni quell'alloggio
mi s'era presentato come già abitato da me molti anni prima. Si tratta dunque,
diremo generalizzaDdo, d'una rappresentazione che nel sogno apparisce come
reminiscenza, mentre non è.
« E qui taluno forse dirà che non c'è punto da meravigliarsi e che la
spiegazione del fatto è ovvia. Un sogno richiama un altro sogno e questo
secondo, rispetto al primo è una riproduzione ; perciò figura come ricordanza
d'un fatto precedente. Come la vita della veglia, malgrado le interruzioni
del sonno e de' sogni, ripiglia la sua continuità al destarsi, così esser possi-
bile, anzi avvenire effettivamente in molti casi che la vita del sogno si con-
tinui malgrado le interruzioni della veglia. E invero taluni hanno descritto
de'casi di tali due vite d'uno stesso subbietto, alternantisi e costituenti cia-
scuna un tutto continuo e distinto.
« Io non so, di scienza certa, se quest'ultimo caso sia mai realmente
intervenuto con perfetta esattezza, e inclino a credere che siffatti racconti ten-
gano più del romanzo che della verità. Ma il caso mio particolare non si
acconcia del tutto alla proposta spiegazione e ciò per le ragioni che seguono.
Prima di tutto, sebbene io sogni assai spesso, è un fatto per me accertato
da tutto quello che la memoria mi suggerisce, che non ho mai sognato due
volte di ritrovarmi nello stesso ambiente. Le case, le strade, le piazze, ove
mi vedo sognando, sono sempre assolutamente nuove e non corrispondono
mai in nulla a quel ch'ho veduto nella realtà. In particolare l' interno delle
abitazioni da me sognate è sempre differentissimo — tranne rispetto a quell'ap-
partamento di cui ho parlato quassù — ; differenti, dico, tra di loro e da
quelli dove ho realmente abitato. In secondo luogo è da notarsi, che ciò che
ho riferito rispetto al sogno della notte passata, a me accade non di rado
anche nella veglia. Mi accade cioè che trovandomi in luoghi nuovi e in cir-
costanze nuove, i luoghi, le circostanze, i fatti, le persone, i discorsi che
si tengono, tutto insomma mi pare la esatta ripetizione di cosa intervenuta
un'altra volta. Ora qui, com'è chiaro, non è il caso di supporre che questa
illusione di reminiscenza sia dovuta a un sogno antecedente, dacché sarebbe
una combinazione improbabilissima o anche impossibile eh' io avessi sognato
prima esattamente proprio tutto quello che doveva accadermi più tardi.
« Quest'ultimo fenomeno — cioè il parere che ciò che è nuovo sia la
precisa ripetizione di cosa già avvenuta — io l'ho accennato più volte nelle
mie lezioni di psicologia e, per fissarlo con un appellativo, son solito chia-
marlo il fenomeno della falsa riflessione. Credo pure che altri psicologi l'ab-
biano notato, ma non rammento ora il nome di nessuno in particolare ; pro-
babilmente, se non erro, credo d'averne veduto qualche cenno nelle opere di
Herbart, ma non saprei trovare il luogo. Ora la spiegazione di questo fatto,
che mi sembra più verosimile, dovrebbe attagliarsi anche al caso della falsa
— 163 —
ricordanza nel sogno. Si tratterebbe d'un gruppo di rappresentazioni attuali,
il quale benché affatto nuovo (almeno come un. tutto, perchè quanto alle
parti si sa che debbono per forza essere o tutte o in grandissima parte ripro-
duzioni o ripetizioni) si affaccia alla coscienza come identico ad uno conser-
vato nella memoria e che ora venga richiamato appunto per la sua identità
col presente.
« Se si pensa bene alle circostanze che accompagnano il fatto del ricor-
dare e dico particolarmente del ricordare che una cosa percepita ora è stata
percepita altra volta, si vedrà che queste sono varie e di varia maniera. Per
altro la forma più ordinaria e quella che ci dà la persuasione più sicura
dell'aver già prima percepito quella tal cosa è questa: che l'immagine della
cosa stessa, mentre ci è presente frammezzo a un complesso d'altre deter-
minate, ci apparisce anche sotto un aspetto più languido circondata da un
ambiente diverso. Siffatta diversità dell'ambiente impedisce, per la contrad-
dizione in cui sta coll'ambiente attuale, che l' immagine riprodotta di quel
dato oggetto si fonda e si unifichi con quella che ci viene offerta nel mede-
simo tempo dai sensi. Così si forma in noi un secondo piano, uno sfondo di
scena per così dirlo, il quale appunto perchè staccato dalla scena attuale
dev'essere per forza collocato fuori del presente, quindi nel passato o nel-
l'avvenire.
« In quali casi la scena fantastica che si contrappone alla presente (reale)
venga naturalmente, cioè in forza del gioco naturale del meccanesimo psichico,
collocata nell'avvenire anziché nel passato; in quali casi ancora oscilli in fra
due, talché si resti nell' incertezza se abbiamo davanti a noi una cosa acca-
duta o che potrà o dovrà accadere, è una ricerca di non piccolo momento per
la psicologia, ma che qui non crediamo necessario di approfondire (*). Per
(') La coscienza della nostra individualità personale, che sotto forma più o meno distinta
ci accompagna costantemente, compendia in sé tutta la nostra vita passata. Perciò i fatti,
che appartengono realmente al nostro passato, hanno delle connessioni intime, quand'anche
non sempre esplicitamente avvertite e spesso nemmeno avvertibili, colla coscienza presente.
Questi legami peculiari, come servono a distribuire le memorie, almeno approssimativamente,
a1 luoghi loro, dimodoché un fatto accaduto, poniamo, vent'anni fa non si frammischia alle
ricordanze dell' ieri o dell'anno scorso, ma resta allogato fra altri gruppi più lontani, così
hanno per effetto immediato di resuscitare attorno a ciascuna reminiscenza un gruppo di
rappresentazioni e di sentimenti, che già occupano un posto fisso nello schema generale
della nostra vita. Ecco, sommariamente significato, il carattere per cui le ricordanze si annun-
ciano alla nostra coscienza come tali. In quanto all'avvenire, esso non è, come parrebbe,
un campo interamente vuoto, attesoché noi pensiamo spesso al futuro, sia prossimo sia
più o meno lontano ; un certo schema quindi, sebbene assai più indeterminato e vago, é
già tracciato anche per la vita avvenire. Di qui la distinzione tra le rappresentazioni che
si allogano decisamente nel futuro e quelle che non avendo nessun legame necessario né
con lo schema del passato né con quello dell'avvenire, aleggiano per dir così in un campo
affatto indeterminato.
— 164 —
lo scopo di questa Nota basterà ricordare che altro è il carattere con cui si
affacciano alla coscienza le mere riproduzioni (ricordanze), altro quello che con-
traddistingue i prodotti della fantasia (come soglionsi chiamare), vale a dire
le combinazioni nuove in tutto o in parte di elementi vecchi, ossia di riproduzioni.
« Tralascio di ricordare altre circostanze, che possono concorrere a pro-
durre il medesimo effetto, come ad es. qualche mutazione sopravvenuta nella
cosa stessa, qualche particolar legame con un fatto già riconosciuto come appar-
tenente al passato e somiglianti e vengo al caso, che offre maggiore oscurità
ed è di più difficile spiegazione. Questo interviene allorché la percezione d'un
dato oggetto suscita in noi immediatamente il pensiero ch'esso fu percepito
altre volte, sebbene manchino tutti quegli accessori, che servono a proiettare
l'immagine nel piano del passato. In questo caso non ci sono nella nostra
coscienza due immagini distinte della medesima cosa, l'una colla vivezza della
sensazione attuale, l'altra più pallida come riproduzione; bensì l'immagine
è unica, e ciò nulla meno siamo consci che la cosa fu percepita altre volte.
Parlando figuratamente, si direbbe che nei casi descritti dianzi la percezione
presente suscita dal fondo dell' incoscienza l' immagine identica, e questa nel
venire incontro alla sua gemella è arrestata davanti alla soglia del presente
dal contorno in cui è incastonata, cosicché rimane di fronte alla rappresenta-
zione attuale, e staccata; nel caso ultimo, come isolata ch'ella è, vola incontro
a questa con tanta rapidità che si fonde con essa, senza che la coscienza arrivi
a coglierla prima che la fusione siasi operata. Il che posto, si domanda dac-
capo donde nasca in tal caso la nostra persuasione che la cosa fu già altra
volta percepita.
« Io credo che a questa domanda non possa darsi, psicologicamente par-
lando, che una sola risposta. Un sentimento indistinto e indefinibile, eppure
efficace, accompagna questo fatto; sentimento che ha la sua causa sufficiente
nel processo psichico della riproduzione (e naturalmente anche ne' processi
fisiologici che la accompagnano, la condizionano o ne sono condizionati). Codesto
processo resta fuori della coscienza; ma il suo valore come fatto psichico si
traduce in un sentimento. Ora un siffatto sentimento non ha alcun contenuto
rappresentativo (che altrimenti sarebbe rappresentazione e non sentimento) e
nella coscienza si annunzia solamente per il suo effetto, cioè per quella per-
suasione che vi produce che la rappresentazione attuale è, a dir così, foderata
d'una riproduzione.
« Ciò posto, se noi supponiamo che una rappresentazione attualmente pre-
sente nella coscienza (sia poi questa una percezione sensata, sia fantasma puro
come nel sogno) per la particolar condizione in cui si trova o il sistema ner-
voso o l'anima nostra o tutti e due, dia origine a quel peculiare sentimento,
la rappresentazione ci si affaccerà come la ripetizione d'un' altra precedente.
Ed ecco spiegato e il fatto riferito del sogno e i fatti della falsa riflessione
nella veglia.
— 165 —
« Rimane a vedersi se questo tentativo di spiegazione debba arrestarsi
qui, o se sia possibile rendere qualche ragione anche del fatto introdotto nella
spiegazione detta, cioè del prodursi in noi quel sentimento anche senza che
sia data la sua causa solita e normale, che è il processo della effettiva ripro-
duzione. Io credo che, entro certi limiti, la cosa sia possibile ; ed ecco come :
« Conviene premettere una osservazione, che da vari psicologi è già stata
riconosciuta come vera, cioè che data nella coscienza una rappresentazione
attuale, che duri un certo tempo (ciò che in generale deve ammettersi di tutte),
mano mano che il processo della sua produzione prosegue, la parte di essa
che è passata si tragitta nel campo delle rappresentazioni oscurate e che pos-
siamo anche dir potenziali. Per es. a quel modo che, ove sia data la serie
successiva delle rappresentazioni A , B , C , al comparire di B si oscura A
e così B si oscura al comparire di C , del pari se sia data una rappresenta-
zione R , la cui durata corrisponda a quella della intera serie A , B , C , noi
potremo concepirla come risultante da tre parti successive r , r\ r", ciascuna
eguale nel contenuto ad R , ma durante solo un terzo di questa e però al
comparire di r' si oscurerà r , ed / si oscurerà al comparire di r" .
« Ma le rappresentazioni uscite dall'attualità e doventate latenti possono,
com'è ben noto, rinnovarsi sia spontaneamente (che qui vuol dire per effetto
di processi interni psico-fisici), sia per effetto del loro richiamo, dovuto a
un'altra rappresentazione attuale, che sia ad esse legata vuoi da somiglianza,
vuoi da contemporaneità o successione. In tal caso quelle appariscono come
reminiscenze, semprechè non compaiano isolate, ma con quel contorno che s'è
detto di rappresentazioni e di sentimenti in contrasto con quelli che di pre-
sente occupano il campo. Ora la vicenda delle nostre condizioni complessive
è talora così rapida, che un elemento appena scomparso dalla coscienza, qua-
lora ricomparisca anche solo dopo un breve istante, trova mutato l'ambiente
psichico. In tal caso esso dovrà presentarsi coi caratteri d'una ricordanza. Farei
torto all' intelligenza del lettore se mi diffondessi a mostrare come questi fatti
contengano la spiegazione che da noi si cercava.
« Basti soltanto avvertire che effettivamente i casi in cui sogliono pro-
dursi quelle che abbiamo chiamato ricordanze illusorie e false riflessioni,
sono tali da ingenerare per l'appunto una vicenda rapidissima di stati psichici;
sono casi cioè in cui la nostra sensibilità è altamente eccitata e il nostro sistema
nervoso irritabilissimo. Il che infatti si avvera sia ne' sogni molto vivaci, sia
nella veglia quando ci troviamo in circostanze straordinarie, come a cag. d'es.
fra insolite peripezie di viaggi e somiglianti. In tali casi le rappresentazioni
attuali, man mano che si vengono svolgendo, sono accompagnate dalla ripro-
duzione della loro parte oscurata e così si genera nel nostro intimo quasi
un'eco incessante ; donde quel peculiare sentimento che produce l' illusione
della reminiscenza » .
— 166 —
Archeologia. — Il Socio Helbig presenta alla Classe una figulina in
bronzo rappresentante un Sileno, ed accompagna la presentazione colle seguenti
parole :
« Ho l'onore di presentare all'Accademia una figurina di bronzo (alta
m. 0,11), la quale, come quella presentata nella seduta antecedente, fu trovata
ad Epidauro nel santuario di Asclepio. Rappresenta un Sileno, il quale sta
in piedi, appoggiando la sinistra sul fianco ed alzando la destra sopra il capo.
Siccome resta dubbioso, se quest' ultima mano abbia tenuto un attributo o sia
semplicemente stesa, così l'azione della figura non può determinarsi con sicu-
rezza. Può tessere che il Sileno si prepari a ballare, alzando a tal uopo la
destra in maniera tipica, e può essere che abbia tenuto con questa mano un
vasetto e ne versi il liquore p. e. nella bocca d'una pantera che sarebbe stata
aggiunta sulla base mancante. Ma, malgrado quest'incertezza, spicca la ras-
somiglianza che tale figurina tanto nel tipo del volto quanto nella movenza
offre col Marsia di Mirone. Essa dunque ci offre un nuovo esempio di come
i motivi inventati dai grandi maestri si modificavano e s'adoperavano in senso
diverso da altri artisti. Conosciamo giù due tipi che in tale maniera furono
derivati dal Marsia di Mirone, cioè quello dell' Atteone che si difende contro i
cani e quello d'un Satiro che col piede alzato vibra un colpo contro una
pantera (1). A questi tipi ora s'aggiunge il Sileno trovato ad Epidauro » .
Scienze sociali. — Un Socialista Cinese del V. secolo av. C. :
Mih-Teih. Memoria letta dal Corrispondente S. Cognetti de Martiis.
Questo lavoro sarà pubblicato nei volumi delle Memorie.
Storia letteraria. — Piero Strozzi fiorentino e la Metaf rasi greca
dei Commentarli di Giulio Cesare. Nota del Corrispondente Giacomo
Lumbroso.
« Il sig. Carlo Malagola ha ragione di ricordare nella sua Vita dell' Urceo
(Bologna, 1878, p. 5) che « gli studi delle lettere elleniche in Italia fiori-
rono prima che altrove nella città di Firenze », e di lamentare « non abbia
ancora trovato essa un uomo, come Venezia ebbe la ventura di trovarlo, che
imprenda a trattare questo argomento, utilissimo per tutte le città d'Italia,
per Firenze importantissimo e necessario ». E in fatti vedasi il posto che
0) Cf. Furtvangler : Dei Satyr aus Pergamon, p. 8 ss.
— 167 —
occupa l'ellenismo, perfino nella vita di un capitano di guerra ed ingegnere
militare, quale fu sopra tutto il fiorentino Piero Strozzi (1510-1558), ed il
gruppo che gli sta dietro di quesiti da sciogliere e di ricerche da fare. Io
per me sono stato tratto a considerare da vicino questo episodio ('), dall'essere
venute, fra le mie letture, ad incontrarsi e combinarsi due notizie abbastanza
importanti in proposito, finora separate nella vastità della scienza ed incon-
sapevoli, per così dire, l'una dell'altra. Uno schizzo dell'ellenismo nella vita
di Piero gioverà a porle in piena luce ; e non saprei cominciarlo meglio che
col ricordare l'ellenismo della vita del padre. Nel quale è notabile anzitutto
certo culto esclusivo della sapienza e letteratura antica pagana, che il figlio
ebbe poi comune con lui, o meglio tutti e due ebbero comune con altri in-
fervorati di rinascimento. « Il estoit fort scavant (dice il Branthóme di Fi-
lippo Strozzi) ; et voylà pour quoy ce grand scavoir luy nuisit à sa creance.
On dit que feu M. De Strozze son fils luy ressembloit un peu en ceste foy...
La reyne (Caterina de' Medici) qui l'aymoit, et son ame et tout, après l'avoir
souvant presse et importune de lire dans la Bible... après plusieurs reffus, le
tenant un jour en sa chambre, luy monstra ladicte Bible pour y lire au
moins un chapitre qu'elle luy monstra, pour l'amour d'elle; ce qu'il fit et
le lit: et y ayant trouvé un passage qui ne luy pleust, il ferma aussy tost
le livre, et dit à la reyne que ce passage luy faisoit perdre le goustz de
lire les autres » (2). Del resto Filippo Strozzi « nei primi suoi anni, udì nelle
greche lettere Fra Zanobi Acciainoli nella sua facoltà eccellente » , e « attese
all'Umanità talmente, che quella lingua ben tosto possedè » , e « fece in sua
gioventù più annotazioni sopra scritture greche » (3). Poi, prigioniero nel
« Castello di Fiorenza », troviamo che carteggiò col Vettori di testi e di
quesiti greci, ed a correggere, per uso di Alessandro Vitelli, un volgarizza-
mento del « Trattato degli Ordini della Romana milizia », nel quale erano
molti errori « per non avere lo interpetre visto Polibio greco ma il latino » ,
« dal greco fonte trasse e formò » la sua traduzione (4), e infine par che
studiasse, poco prima di uccidersi, uno scritto morale di Plutarco (5). Dunque
ellenista il padre di Piero veniente die di sua vita et decedente. Va poi
notata in lui un'altra cosa che in quell'età, aprente o promettente il suo
cursus honorum ecclesiastico agli umanisti, è per sé sola un indizio di sol-
f1) Oltre ai testi che andrà citando, mi è riuscito di leggere la poco divulgata operetta
di Francesco Trucchi, Vita di Piero Strozzi fiorentino, maresciallo di Francia, scritta
sui documenti originali, Firenze, 1847, ma senza profitto per il mio soggetto.
(2) Oeuvres complètes, Paris (Jannet, Paquerre, Daffis), 1858-1878, t. V, p. 50 e segg.
(3) Vita di Filippo Strozzi scritta da Lorenzo suo fratello, premessa alla Tragedia
del Mccolini, Firenze, 1847, p. XI e CXX.
(4) « Documenti letterari » aggiunti alla Vita suddetta, p. 343-357.
(5) Documento presso L. A. Ferrai, Cosimo dcWedici duca di Firenze, Bologna,
1882, p. 116.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 22
— 168 —
lecito avviamento del figlio nelle lettere e nella erudizione (l). Filippo
« disegnava, dice Antonio di Luca Albizzi (2), come fusse Piero in età di
farlo prete, perciò che essendo stato il cardinal de' Medici (zio di Clarice sua
moglie) l'anno 1513 creato papa, sperava per suo mezzo esso dover venir
grande nella Chiesa, e questo fu la cagione per avventura, che egli lo man-
dasse, mentre era piccolo fanciullo per alcun tempo vestito da prete, e di
color paonazzo... Accrebbe il desiderio di Filippo la creazione di Clemente,
sì per lo parentado et amicizia... come anco per le molte speranze che il
Pontefice gliene dava; per questo si messe con ogni industria a persuader
Piero, che pigliasse l'abito da Prete e volesse attendere alla Corte Romana » .
Ed anche nel Varchi si legge che « sotto le promesse fatte da Clemente più
volte al padre di doverlo far cardinale, Piero s'era vestito da prete, e andato
fuora per Firenze in abito di sacerdote » , il che più tardi « non poteva né
sdimenticarsi né sgozzare » (3). Il Branthòme poi ci dà, benché in ordine
rovescio, la correlazione degli studi di Piero a questo disegno paterno: « il
fust en ses premiers ans bien nourry et instruict aux lettres par le seigneur
Philippe Strozze son pere ; de sorte que, pour y estre très parfaict, son pere
le voulut à l'eglise » , soggiungendo « Mais, pour avoir esté reffusé d'un chap-
peau de cardinal, il quieta tout de despit, et prit les armes, non pas pour-
tant qu'il discontinuast jamais les sciences, encor quii fust à la guerre, ne
list et n'en escrist » (4): continuità dimostrata, come si vedrà, da altri fatti,
ed anche da questo che Piero alla sua volta « fust fort curieux de faire très
bien nourrir, et sur tout très bien instruire aux bonnes lettres (suo figlio Fi-
lippo); et desiroit qu'il y sceust autant que luy; car il y estoit très parfaict;
mais pourtant, son filz n'y pouvoit approcher; si en scavoit il assez » (5).
Di più leggiamo altrove in Branthòme : « Il paroissoit bien aussy que ce
grand capitaine estoit bien amateur des lettres, car il avoit une très belle
bibliotheque de livres. Je ne diray pas de luy comme le bon rompu le roy
Louis XI disoit d'un prelat de son royaume qui avoit une très belle librairie
(i) Instruzioni in Eoscoe Lorenzo il M., Pisa, 1816, t. 3°, App. p. LXXXI: « Messer
Giovanni, il quale io ho fatto Prete, e mi sforzo di lettere nutrirlo in modo, che non abbia
da vergognarsi fra gli altri ». Affò Vita di Pierluigi Farnese, Milano, 1821, p. 52: « Se
Eanuccio suo figliuolo... con sommo calore attendeva allo studio delle greche, e latine let-
tere, il tutto avveniva per la sollecitudine del Pontefice, che disegnava di farne un chiaro
lume della Chiesa". P. 89: «Ranuccio... alla presenza del Papa e di varj cardinali diede
pubblici saggi della sua letteratura greca e latina... onde meritò d'esser promosso di quest'anno
medesimo all'onor della porpora ». Dejob, Muret, 1881, p. 352: « Le titre d'érudit pouvait
inspirer l'espoir du cardinalati. ..» ecc.
(2) Vita di Piero Strozzi, nel volumetto di C(esare) G(uasti) Vite di Uomini d'arme ecc.
Firenze, Barbera, 1866, p. 512. Io mi sono valso qui del ms. Corsiniano 1320.
(3) Storia fiorentina, ed. Arbib, Firenze 1844, t. 3, pag. 6.
(4) Oeuvres, t. II, pag. 246.
(5) Oeuvres, t. VE, pag. 236.
— 169 —
et ne la voyoit jamais, qu'il ressembloit un bossu, qui avoit une belle grosse
bosse sur son dos, et ne la voyoit pas. Mais M. le mareschal visitoit, voyoit
et lisoit souvant sa belle librarne » ('). Oltre alla quale aveva « uno stu-
diolo o scrigno pieno di medaglie d'oro antiche » (2), o come scrive Caterina
de' Medici in suo carteggio, « de medailles et antiquitez » (3): cosicché sotto la
corazza del capitano di guerra, del « maravigliosissimo bravo », come lo
chiama il Celimi, Piero Strozzi nascondeva anche questo tratto caratteristico
del compiuto umanista d'allora.
« Ma veniamo al greco. L'Albizzi nella citata biografia, non solo narra
ch'egli « attese nella sua fanciullezza agli studi dell'Umanità assai diligen-
temente, i quali non abbandonò mai mentre stette in Fiorenza » , e che più
tardi « fu mandato a studio a Padova » (4), ma nota espressamente che « nella
greca lingua molto bene era introdotto », aggiungendo un « si dice essere
stato suo maestro Marcello Cervino da Monte Pulciano, che poi fu Papa
Marcello secondo ». Nulla di ciò nel commentario De vita Marcelli II di
Pietro Pollidori, Koma, 1744. Il Varchi coetaneo e conoscente di Piero (5),
ce lo presenta, a diciassette anni, « sotto la custodia di ser Francesco Zefiì
suo precettore » , e tornando a ragionare di lui quando era su i ventidue
anni (1532), dice che « intendeva comodamente la lingua latina, e faticava
più che non sogliono fare i suoi pari, sotto ser Francesco Zeni suo precettore
nella greca » (6) : ellenista ed insegnante non cattivo lo Zeni, a giudicare
anche da altre notizie. Vincenzo Borghini che fu suo scolaro (1537, 1538),
racconta (Manni, Sigilli III, 84) delle sue lezioni di lettere greche e lo dice
« huomo litteratissimo », "del quale habbiamo fatto più frutto, che di alcun
altro maestro ». Al che il Bandini aggiunge (Calai, cod. lai. Bibl. Laur.,
Ili, 401) : « Habeo in privata mea bibliotheca Sophoclis tragoedias septem,
ab Aldo Venetiis impressas a. 1502, cum correctionibus et notulis graecis
elegantissimis manu Francisci Zeffii, qui nomen suum prodit in ultima pagina
sic: xrfjfxcc (pQayxitfxov rov Zccicpiov xaì twv (pi'Xo)v »: il quale motto sembra
(!) Oeuvres, t. H, pag. 248.
(2) Montalvo, Relat. della guerra dì Siena, presso Carlo Promis, Biografie di inge-
gneri militari italiani, Torino, 1874, p. 290.
(3) Lettres de Catherine de Médicis, publiées par Hector De La Ferrière, Parigi, 1880,
t. I, p. 563.
(4) Corsiniana 1320; cf. 410 (= Magliab. CI. XXV, 337)== Chigiana G. VITI. 220:
Vita di Piero Strozzi scritta da Gio. Batt. Strozzi il cieco, con lettera dedicatoria., d
Poma 23 gennaio 1611, e Bandini, Collectio vet. moniment., Arezzo, 1752, p. XXL! (Gio-
vambattista Adriani famigliarissimo in Padova de' figliuoli di Filippo Strozzi).
(5) Opere di Donato Giannotti, Firenze, Le Mounier, 1850, II, p. 419 (Ben. Varchi
nell'a. 1538 in Venezia presso Messer Pietro Strozzi).
(6) Storia fior., ed. cit. t. I, p. 167, t. III, p. 6.
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essere indizio di non povera libreria (*); ma comunque, elegantissime postille
greche non si fanno da chi conosca così così quella lingua. Infine il prof. Pic-
colomini, in una lettera inserita dal prof. Villari nel suo « Niccolò Macchia-
velli » (I, 540), scrive che nel Cod. Laur. 40 del Plut. 89 inf. si ha una tra-
duzione di Francesco Zeffi del frammento di Polibio sulle forme degli stati (2).
« È noto che Piero Strozzi, datosi in seguito all'armi, ed alla bandiera
che « pareva la più degna ■» ai repubblicani d'Italia (3), si fece soldato di
Francia (1536), ebbe nell'anno 1543 in Parigi lettere di naturalità, (4). Or
quivi correvano i tempi di Francesco I, correvano i tempi del Budeo, che è
quanto dire del nascimento e del primo fiorire dell'ellenismo in Francia, pro-
mosso e caldeggiato da dotti, da letterati, da stampatori, dal re, dai mi-
nistri, dai cortigiani (5). Fra i quali sopraggiunto lo Strozzi, e come oriundo
della dotta Italia e come Piero, è impossibile, chi lo conosca, gli venisse
meno in ciò solo la voglia d'essere tenuto eguale o superiore ad altri qual-
sifosse. Del resto da un passo del Branthòme che dovrò recitare più innanzi,
si potrebbe arguire che avessero commercio, anziché od oltreché col figlio,
propriamente con lui, due valorosi cultori francesi dell' ellenismo, il Daurat
ed il Konsard ; uè lo vieta punto la cronologia (6) ; e se così è stato, da quel
testo trapela il compiacimento con che talvolta andò loro mostrando il suo
valore nelle lettere greche. Ma checche sia di questo, un fatto cerco e significante
è che la gran raccolta di manoscritti greci del card, liidolfi, fu acquistata,
anni dopo, nel 50, da Piero Strozzi « qui aimoit passionément les livres »,
dice un relatore dell'acquisto, « et qui scavoit le grec aussi bien qu'aucun
homme de son siècle »; e fattala trasportare in Francia, la tenne gelosa-
mente presso di sé finché visse (").
« Tuttavia le notizie che precedono sono un nulla a paragone di que-
sta, dataci dal solo Branthòme: « Pour plus grande preuve que j'aye jamais
(') Lo usavano bibliofili insigni di quel tempo : v. Muntz et Fabre, La Bihlioth. du
Vatican au XVe siècle, 1887, p. 308 e 347; Bandini, De vita et scriptis Petti Victori,
p. XXXIV; Le Roux de Lincy, Becherches sur Jean Grolier, Parigi, 1866, p. 65, 87.
(2) Altri documenti, ma non per noi, della vita letteraria dello Zeffi, possono vedersi
nel Bandini, Specimen litter. florent. 1751, II, p. 94 e nella Vita di Filippo Strozzi il
vecchio scritta da Lorenzo suo figlio, con documenti ed illustrazioni di Gius. Bini e di
Pietro Bigazzi, Firenze, 1851, per Nozze, p. XXL Nel Varchi è da osservarsi intorno allo
Zeffi anche il racconto a p. 259 e segg. del t. III.
(3) Carlo Promis, Biografie cit. p. 257.
(4) Benvenuto Celimi, Vita, lib. 2°, § 19.
(5) D. Rebitté, Guillaume Bude restaurateur des études grecques en France, Pa-
rigi, 1846 , p. 104, 110, 116, 244, 248, 255, 274.
(6) P. Blancliemain in Oeuvres de Ronsard, Parigi, 1867, t. Vili, p. 12: « En 1543
Ronsard se donna tout entier aux Grecs et aux Latins... Il s'en alla partager avec Antoine
de Bai'f, les lecons du savant helléniste Dorat».
(7) V. F u Auteur du Mera. hist. » in Delisle, Le Cabinet des Jl/anuscripts etc. 1868,
I, 209.
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veu de mondict sieur le mareschal... de son scavoir, 9'a esté les Comman-
taires de Caesar quii avoit toiirnez de latin en grec, et luy-mesmes escrits
de sa main, avecque des Gommante latins, additlons, et instructions pour
gens de guerre, les plus belles que je vis jamais, et qui furent jamais
escriptes. Le langage grec estoit très beau et très eloquaut, à ce que j'ay
ouy dire à gens très scavans qui l'avoient veu et leu, cornine M. de Ronsard
et M. Daurat, s'estonnans de la curiosité de cet homme à s'estre amusé de
faire cette traduction, puisque l'originai estoit si eloquant latin, et disoient
le grec valoir le latin. Voilà ce que je leur en ay ouy dire, car j'entends
autant le grec cornine le hault alleman; mais seachant un peu de latin, je
trouvois les Commants très beaux et dignes d'un grand homme de guerre.
M. de Strozze son fila m'a monstre souvant ce livre, et permis de lire dedans
devant luy, mais non jamais de le transporter ailleurs, ce que j'eusse fort
voulu pour en desrober les plus beaux traicts ; mais encor que nous fussions
fort grands amis, il m'en reffusoit tout à trac, tant il en estoit jaloux. Je
ne scay ce quii* est devenu; mais e' est grand dommage que ce livre n'est
imprimé pour les gens de guerre » {l). Avendo noi d'innanzi agli occhi la
vita intera dello Strozzi, tutta audacia, sapere, tenacità di proposito, ope-
rosità instancabile (2), e in quella vita intera, due vene principalissime di
studio : la lingua greca e Cesare (3), e non lungi dallo Strozzi Carlo Quinto,
pel quale un dato autore e una data lingua diversi, ma voluti entrambi
coltivare assiduamente, si fondon in ima sola lettura ed occupazione che diventa
mezzo efficacissimo a ritenere l'uno e a non dimenticare l'altra (4), e non lungi
dalla metafrasi greca di Cesare, qualche frammentaria metafrasi greca di
altri classici latini (5), potremo forse dar ragione del fatto dello Strozzi,
ma questo rimarrà pur sempre sorprendente come agli occhi dei contemporanei.
« Quale sia stata la sorte poi del manoscritto, né il Branthome (scri-
vente nel 1590) ce lo sa dire, ne altri, credo, sa. Dal contesto si vede che
non passò insieme coi codici Ridoni nella biblioteca di Caterina de' Medici,
quindi nella Reale ed ora Nazionale biblioteca di Parigi (G), ma fu dopo la
(i) Oeuvres, t. LT, pag. 247.
(2) Carlo Promis, op. cit. p. 255-294.
(3) Albizzi e Gio. Batt. Strozzi 11. citt. « Cesare i cui commentar] leggeva continua-
mente e portava appresso di sé » ; Montaigne, Fssais, LT, 34 : « il avoit prins Cesar pour
sa part » ; Branthome, t. VII, pag. 312 : « il scavoit et vouloit fort pratiquer ce qu'il
avoit leu des guerres anciannes ».
(4) Branthome, t. I, p. 102 : « il fist traduire l'histoire de messire Philippes de Co-
mines francoise, en toutes les autres qu'il scavoit, pour ne les oublier, les pratiquer, et re-
tenir mieux la diete histoire ».
(5) Mureti scripta selecta ed. Teubn., Lipsia, 1873, II, p. 35, Epist. XXIII (Seneca
tragico); Egger, Ilist. de VHellén. en France I, 222 (Virgilio, Marziale).
(6) Branthome, II, 246; Delisle, 1. cit.; Mazzatinti, Invent. dei mss. itoti, delle Bibl.
di Francia,!, Roma 1886, p. CXII; Nolhac, Invent. des mss. grecs de Jean Lascaris in
"Mélanges de l'École de France de Rome », VI, 1880, p. 251.
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morte di Piero (1558) gelosissimamente custodito dal figlio che morì nel 1582.
È sperabile che in qualche ripostiglio d' oltremonte esso esista tuttora e venga
fuori quando che sia alla luce. Ma intanto si può domandare se la traduzione
di Piero Strozzi niente abbia che fare colla metafrasi greca dei Commentari
di Cesare edita nel 1606 e d'ignoto autore. Sarebbe ozioso il quesito se il
manoscritto che ha dato luogo alla stampa, fosse venuto, poniamo, da Bisanzio,
e se il testo avesse un sapore antico od orientale. Ma ecco la storia del
manoscritto, ecco la fortuna del testo, in questi tre secoli, presso i filologi,
i quali nulla sapendo del fatto strozziano, non sono stati al certo guidati mai
da un preconcetto. Paolo Petau (1568-1614) aveva in Parigi una bella biblio-
teca, ricca di manoscritti (*), in parte provenienti dalla dispersione (1590) di
quella del Fauchet (1530-1601), il quale, sia detto di passata ed a buon
conto, fu probabilmente intrinseco dello Strozzi (2). In quella biblioteca esi-
steva manoscritta (non si sa se originale o copia) una metafrasi greca dei Com-
mentari di Cesare. Questa metafrasi, il dotto Bongars (1554-1612), cugino
del Petau (3), essendo Eesidente ed Ambasciatore di Enrico IV in Germania,
comunicò, con grande aspettazione dei dotti (4), allo Jungermann, che la rese
pubblica nella sua edizione di Cesare (Francoforte, 1606). Ma chi ne poteva
essere l'autore? Lo Jungermann e lo Scaligero opinarono che fosse Massimo Pia-
nude, od un coetano, od un imitatore di Planude ; altri non si contentò, ci vide
una mano migliore; altri Teodoro Gaza. Questa, in breve, la prefazione del primo
editore. Ora si seguiti collo scritto De graeco metajìhraste commentariorum
Caesaris dello Heller, nel « Philologus » d'or fa trentanni (t. XII, 1857,
p. 107-149). Dopo avere riferito quel « satis splendidum judicium de interprete »
il quale « in caussa fuit, cut translatio eius mox magnani auctoritatem conse-
queretur » , tanto che « insequentes commentariorum Caesaris sive editores sive
enarratores eam ubique consuluerunt, non tantum ad sensum verborum ipsius
Caesaris indagandum, veruni etiam ad textum eius constituendum » , egli accenna
la declinante fortuna del testo così : « Nunc quidem apud Caesaris editores inter-
pretis auctoritas ad minimum fere redacta est. Quorum recentissimus Schneide-
rus, quamquam verba eius innumeris locis commemorat, in praefatione p. XLIX:
« huic metaphrasi, inquit, nihil tribuimus, quippe quam ad libros mss. potius
quam ad editos seculo decimo sesto factam esse persuadere nobis nondum potue-
rimus « , indi prosegue : « Quod Schneiderus inchoavit nec perfecit . . . iam ego
absolvam atque ita illustrabo, ut nisi caecus esse aut luci sponte occludere
(!) L. Jacob, Traicté des plus belles bibl. 1644, p. 552. Cf. per le vicende, Le Rous
de Lincy, op cit, p. 315, Delisle, op, cit. I, 287 ; Mazzatinti, op. cit. p. CXXLX
(2) J. Simonnet, Le Présidem Fauchet in Revue hist. de droit frane, et étrang. voi. IX,
1863, p. 425-470 (« Pendant le siége de Sienne, en 1555, il fit plusieurs voyages en France,
pour en porter des nouvelles au roi Henri II").
(3) Lettres de Jacques de Bongars (a La Haye, 1695) II, p. 661. L. Anquez, Henri IV
et VAllemagne d'après les mém. et la corresp. de Jacques Bongars, 1887, p. XLTI.
(4) Scaligeriana, 1669, p. 73: « Habebhnus Caesarem graece versum».
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velis oculos, totani eam caussam te piane perspicere necesse sit fateare: ver-
tisseque sua metaphrasten ex Rob. Stephani exemplari Par. 1544 impresso,
iis evincam argumentis, ut in textu commentariorum Caesaris recensendo emen-
dandoque ne nientio quidem graeci interpretis arnplius fieri posse videatur » ,
e provato ciò con ventotto pagine di argomenti, non si ferma: « Iam sequitur
necessario ut graecus ille metaphrastes ne Graecus quidem fuerit. Quis enim
Graecus post 1544 etiam mine Caesaris commentarios vertisset? Quod quamvis
admirabile vel paradoxon primo adspectu videatur, sermonem metaphrastae
accuratius consideranti iam non dubium apparebit . . . Sane pauca quaedam
feliciter expressisse metaphrasten non inficior; multa alia satis bene narrasse
videtur : verum nulla fere est pagina, in qua non inveniantur gravissima vitia
ac peccata eiusmodi, qualia vix homo graecus natione committere potuisse
videatur » . Seguono vizi e peccati, e poi : « Jam si Graecus non fuit graecus
ille metaphrastes, ex alia eum natione fuisse necesse est ... « . Chi conosce
il fatto dello Strozzi e piglia gusto e diletto delle scoperte della critica, non
può giungere a questo punto del vigoroso e penetrante scritto, senza trarne
ammirazione. Si direbbe che per virtù propria, per forza di raziocinio, la Cri-
tica filologica ancorché con una benda sugli occhi stia per toccare con mano
lo Strozzi. Ma poi si legge : « Ego arbitror Gallum eum fuisse etc. ». E se
indizi ci sono di mano gallica, bisogna contentarsi di oscillare fra queste due
supposizioni, o che si avesse nel manoscritto Petau una copia alcun poco infran-
cesata del lavoro strozziano, o che nello stessissimo luogo d'Europa e momento
della storia, siano state fatte nientemeno che due metafrasi greche dei Com-
mentari.
« Pazienza per il greco, ma dove sono iti e chi ci darà mai i Commants
latins, addilions et instructions, insomma gli studi e le meditazioni di un
Piero Strozzi su Giulio Cesare capitano di guerra ? »
Filologia. — Per la Fonistoria profana. Nota del prof. F. G.
Fumi, presentata dal Socio Momaci.
Questa Nota sarà pubblicata nel prossimo fascicolo.
Etnografìa. — Ornamenti personali dei Melanesi esistenti nel
Museo Preistorico di Roma. Nota del dott. G. A. Colini, presen-
tata dal Socio Pigorini.
« Il dott. Ottone Finsch ha recentemente pubblicata un' interessante Me-
moria (]), la quale serve ad illustrare alcuni singolari ornamenti personali
della Nuova Guinea esistenti nel Museo Preistorico di Roma.
(]) Mittheil. ci. Anthr. Gesellsch. in Wien, voi. XVII, p. 153.
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« I Melanesi, scrive il Finsch, non riconoscendo il valore delle nostre cose
preziose, stimano le monete di oro quanto quelle di rame, un diamante quanto
un vetro colorato, e senza esitazione preferirebbero un pezzo di ferro vecchio
o di vetro al più splendido gioiello. Ad eccezione dei centri commerciali
importanti, come Mioko e Matupi nella Nuova Bretagna, nelle isole della
Melanesia s'incontra di rado qualche indigeno, il quale comprenda che il
dollaro ha maggiore pregio delle monete di conchiglia o dei braccialetti di
Trochus. Gli ornamenti personali fanno nel commercio e nei cambi le veci
delle monete, e ve ne hanno alcuni ai quali si attribuisce un altissimo valore
per la rarità del materiale di cui sono fatti, o per l'abilità con cui sono
lavorati. Siccome poi gli indigeni sogliono tuffarsi nell'acqua o vagare nei
folti boschi rivestiti dei loro ornamenti, così per farli hanno bisogno di mate-
riale solido, e perciò usano di preferenza, insieme a varie specie di conchiglie,
i denti, i quali crescono di pregio quanto più sono rari per la loro natura,
o per la scarsezza degli animali da cui sono tratti.
« Il Finsch aggiunge che, ai denti degli animali selvaggi, salvo poche
eccezioni, si dà poco valore, e soltanto in determinate località, mentre quelli
degli animali domestici, il cane ed il porco, erano e sono ancora in parte
pregiati in tutte le isole del Mare del Sud. I canini del cane erano una volta
tanto stimati dagli indigeni delle Hawaii, quanto lo sono ora dai Melanesi
della Nuova Guinea e delle Salomone, i quali li annoverano fra i mezzi più
preziosi di cambio, e attribuiscono loro un valore che può compararsi a quello
delle grosse monete di argento presso noi (,). Molto più dei denti del cane
poi sono stimate le zanne del porco, da cui ricavano molti e vari ornamenti (2).
« 11 Museo Preistorico possiede nelle collezioni della Nuova Guinea una
ricca serie di collane, di fasce per la fronte e per la vita ecc. ornate con
(J) A causa del loro alto valore, le collane di denti di cane debbono, insieme ad altri
oggetti preziosi, fare sempre parte del prezzo cbe gli indigeni della costa sud-est della
Nuova Guinea pagano per l'acquisto di una moglie (Finsch, Mittheil. d. Anthr. Gesellsch.
in Wien, voi. XV, p. 20; D'Albertis, Alla Nuova Guinea, Fratelli Bocca e C7, 1880,
p. 264,287).
(2) È certo che anche le popolazioni italiane dell'età della pietra fecero largo uso di
denti per ornarsi; se ne rinvennero infatti spesso esemplari furati alla radice nelle loro
tombe e nelle stazioni. Il Museo Preistorico di Roma, per esempio, comprende nelle sue
collezioni zanne di cinghiale e denti forati raccolti dal prof. Arturo Issel nelle caverne
della Liguria, dal sig. Francesco Orsoni nelle grotte di San Bartolommeo e di Sant'Elia
esistenti nel capo Sant'Elia presso Cagliari, e dal sig. Stefano De Stefani nelle palafitte
del Lago di Garda (Issel A., Nuove ricerche sulle caverne ossifere della Liguria, estr.
dagli Atti della E. Accad. dei Lincei, Mem. della CI. di se. fis. mat. e nat., 1877-78, p. 19,
tav. I, fig. 15; De Stefani Stefano, Notiz. degli Scavi comunic. alla E. Acc. dei Lincei, 1880,
p. 208 ; Sopra gli Scavi fatti nella palafitta centrale del Golfo di Peschiera ed in quella
del Mincio, estr. dal voi. LX, serie IH, fase. I, dell'Acc. di Agric, Arti e Comm. di Ve-
rona, p. 34). È notevole trovare le zanne di porco usate per ornamento personale anche
— 175 —
denti di cane, oltre a molti gioielli forirati con zanne di porco da portarsi
nel setto nasale, al collo, sul petto, al braccio ecc., alcuni dei quali sono
notevolissimi per l'originalità e per l'eleganza della forma (1).
« Meritano specialmente l'attenzione per la loro rarità due ornamenti
composti con una zanna piegata in modo, da formare quasi un circolo, intorno
ai quali il Finsch somministra nuovi ed interessanti particolari. L'uno fa parte
della raccolta del fiume Fly (Nuova Guinea) ed è figurato dal D'Albertis (2)
come un braccialetto : l'altro invece, proveniente da Porto Finsch sulla costa
nord-est della Nuova Guinea, è così descritto dal Finsch (3) « Jabo, zanna
« di porco arcuata, ornamento da petto dei capi. Queste zanne, piegate arti-
« ficialmente quasi come circolo, formano in tutta la Melanesia l'ornamento
« più prezioso e si ottengono con grande difficoltà ». La lunghezza dell'esem-
plare di Porto Finsch, presa intorno al margine esterno, è di millim. 210, il
diametro massimo interno, non compresa la larghezza del dente, misura mil-
lim. 60; la punta levigata e arrotondata dista dalla base di millim. 15. Molto
più grande invece è la zanna proveniente dal fiume Fly ; la sua lunghezza
è di millim. 358, il diametro massimo interno si eleva a millim. 97; la
punta non è pienamente arrotondata, ha una leggerissima sfaccettatura, e
si sovrappone alla base di millim. 16, così che formerebbe un circolo com-
pleto se non divergesse di 25 millim.
« Comparando tale esemplare con quelli ricordati dal Finsch si trova che
è uno dei più grandi : questi infatti variano nella lunghezza da millim. 230
in civiltà relativamente avanzate, come presso gli indigeni dell'Africa Equatoriale (Jacques V.
e Storms E., Bull, de la Soc. d'Anthr. de Bruxelles, 1886-87, p. 116, tav. X, fig. 133), e
presso le nostre popolazioni della prima età del ferro delle quali il Museo di Boma pos-
siede un magnifico esemplare legato in bronzo, proveniente da tombe del comune di Spi-
netoli nella provincia di Ascoli Biceno. Il che non deve recare meraviglia se pensiamo
cbe nella nostra medesima civiltà è sopravvissuto l'uso di portare simili zanne per orna-
mento, o piuttosto per amuleto.
(1) Gli oggetti menzionati sono descritti o figurati nelle opere seguenti : Finsch, Ca-
talog der ethnol. Sammlung der Neu Guinea Compagnie ausgestellt im Kgl. Museum fiir
Vólkerkunde, Berlino, 1886, fase. I e U, n.* 40, 88, 138, 191, 280-81, 302, 314, 320, 361,
371, 634, 682, 744, 870, 879, 919, 921, 928; Original-Mittheil. aus der ethnol. Abtheil.
der Kgl. Museen zu Berlin, an. I, fase. II e IH, p. 59, 97, 99, tav. U, fig. 5 ; Mittheil.
d. Anthr. Gesellsch. in Wien, voi. XV, p. 21, fig. 12, p. 22-23, fig. 14; D'Albertis, op. cit.,
p. 58, fig. 15, p. 154, fig. 5, p. 180, fig. 2 e 7, p. 211, fig. 4, 27, 28; Mantegazza, Arch.
per VAntr. e VEtnol., voi. VII, tav. XIV, n. 691, 976; Boll, della Soc. Geogr. Ital., 1873,
fase. 4-5, p. 64; Viaggio della Corvetta Vettor Pisani, anni 1871-72-73, estr. dalla Ri-
vista Marittima, tav. VI, fig. 9. Il D'Albertis ha compreso nelle sue collezioni del fiume
Fly e dell'isola Yule molte zanne di porco ricordate e figurate nella relazione dei suoi
viaggi (p. 286, 287, fig. 1-3, p. 351) come strumenti usati nei lavori d'intaglio.
(2) D'Albertis, op. cit., p. 180, fig. 7.
(3) Catalogo cit. n. 302.
Eendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 23
— 176 —
a 265, mentre il loro diametro interno sta fra i 65 e i 75 millim. Essendo
calcolata dal Finsch la lunghezza di una zanna normale di notevole gran-
dezza a 230 millim., è necessario conchiudere, che gli animali da cui si otten-
gono quelle piegate sono molto vecchi. Questo fatto, unito all'altro del nu-
mero ristretto dei porci allevati dai Melanesi, basta a mostrare quanto simili
denti debbano essere rari.
« Il metodo usato per dare alle zanne la forma circolare, descritto con
cura dal Finsch, è semplicissimo. Consiste nel cavare al porco ancora giovane
il dente canino superiore corrispondente alla zanna che si vuole preparare,
la quale, non incontrando più alcun ostacolo che la costringa a divergere,
cresce ripiegandosi su sé stessa e la punta giunge quasi a toccare la carne.
Quanto al modo di portarle il Finsch ricorda un capo dell'isole Samoa, che
ne portava una .attaccata a guisa di pendaglio al braccialetto. Ma più gene-
ralmente servono per ornamento del petto, sospese ad un laccio, come si
usa sulla costa nord-est della Nuova Guinea e specialmente a Porto Finsch,
o pendenti da fasce elegantemente ornate con anellini e dischetti di varie
conchiglie, costume comune agli indigeni della costa orientale e dell'arcipe-
lago d'Entrecasteaux. I nativi invece della Baia Astrolabio (costa nord-est
della Nuova Guinea) e dell'isola Willaumez (arcipelago della Nuova Bretagna)
formano preziosi ornamenti legando due denti per la base con la punta ri-
volta all'infuori.
« Ad eccezione delle piccole isole, ornamenti di tal natura s'incontrano
dalla Nuova Guinea fino a Samoa : essendo molto rari sono portati sola-
mente dai capi più potenti, e quindi servono anche come distintivo di potere.
Il colore giallo dei denti simili a vecchio avorio, e la levigatezza derivante
dal lungo uso fanno testimonianza dell'antichità di tali gioielli trasmessi di
generazione in generazione. Questi ornamenti, passando di tribù in tribù per
mezzo del commercio di cambio, si trovano spesso in località lontanissime
dal luogo di fabbricazione, ma in generale sono ceduti molto difficilmente,
anche dietro l'offerta degli oggetti ricercati dagli indigeni con la maggiore avi-
dità. Un' altro fatto ha notato il Finsch molto importante, perchè può aiu-
tarci a conoscere l'origine di molti singolari ornamenti, ed è che i capi infe-
riori, quando non possono avere zanne originali, ne fanno delle artificiali che
ricavano dalla Tridacna. Anche tali imitazioni, richiedendo un grave lavoro
e moltissima abilità, hanno alto valore » (l).
(') Un altro fatto simile è riferito dal Moseley pei Melanesi dell'Isole dell'Ammira-
gliato, che sogliono portare a guisa di amuleti ossa umane, specialmente del braccio, avvolte
con penne. Un nativo aveva sostituito alle ossa una testa di omero intagliata nel legno
(Journ. of the Anthr. Inst. of Great Britain and Ireland, voi. VI, p. 416).
— 177 —
Fisica terrestre. — Risultati delle osservazioni idrotermiche
eseguite al Porto d' Ischia nel 1887. Nota di Giulio Grablovitz,
presentata dal Socio Blaserna.
« Compiutasi col 1887 un' annata di regolari osservazioni idrotermiche
al Porto d'Ischia, ho esteso alla medesima le mie ricerche sulle influenze
manometriche e barometriche con metodo analogo a quello seguito pel primo
trimestre (vedi voi. Ili, fase. Ili, 2° semestre 1887) (!) ed i risultati valsero a
confermare all'evidenza la prima delle dette influenze e ad escludere, o quasi,
l'azione diretta della seconda.
« Il dettaglio del procedimento matematico è esposto in apposita rela-
zione rimessa airufficio centrale di meteorologia e geodinamica per la pub-
blicazione negli annali. Giova però qui accennare un'importante circostanza
di dettaglio ed è questa, che allorquando la sorgiva rimane sospesa in causa
d'un' eccessiva depressione del mare assunto nel suo valore medio diurno, la
temperatura osservata non è più atta a rappresentare il calore proprio della
sorgiva, ma è semplicemente quella d'un' acqua rimasta stagnante e perciò
in via di naturale raffreddamento. Queste temperature, essendo suscettibili di
rapidi abbassamenti ad acqua morta, e di repentini inalzamenti alla ricom-
parsa della sorgiva, se da un lato valgono a qualificare con tutta chiarezza
la sospensione dell'efflusso, dall'altro lato affettano i risultati matematici, in
modo da nascondere le altre proprietà, meno pronunciate, ma assai più signi-
ficanti. Si deve a questa circostanza se le osservazioni del primo trimestre,
quantunque mettessero in piena evidenza la legge idrostatica che regola l'efflusso
della sorgiva, lasciarono un residuo d'apparente influenza barometrica, che nel
trattamento dell'intiera annata andò eliminandosi, per iscomparire quasi del
tutto coli' esclusione di quelle basse temperature dall'analisi. In tale esclusione
ho compreso, in base a ripetute osservazioni dirette, le temperature inferiori
a 48°, che evidentemente non si verificano a sorgente viva.
« Da 36 gruppi aventi per argomento altrettante quote medie mareome-
triche, ricavate dai dati' disposti in ordine aritmetico, ho ricavato la seguente
forinola :
I = 55° 45 — 0°003736 (58 . 8558 — M)9
in cui I è il grado idrotermico corrispondente all'altezza M del mare espressa
in centimetri della scala mareometrica.
(!) Errata corrige: A linea 9 del 4° capoverso leggasi ed il in luogo della parola del.
— 178 —
« Dal seguente quadretto appariscono :
« 1) altezze del livello medio giornaliero del mare di 5 in 5 centimetri,
« 2) i rispettivi valori idrotermici desunti per interpolazione dalle medie
di 36 gruppi di valori osservati e senza esclusioni,
* 3) i medesimi con esclusione delle temperature inferiori a 48°,
« 4) le temperature idrotermiche calcolate colla formola,
« 5) le differenze tra calcolo ed osservazione.
1
60
55
50
45
40
35
30
25
20
2
55.61
55.29
55.02
54.76
54.26
53.08
51.78
45.46
35.66
3
55.53
55.29
55.02
54.76
54.26
53.16
52.37
51.20
(50.12)
4
55.45
55.40
55.16
54.74
•54.13
53.33
52.34
51.17
49.81
5
+ 0.08
-0.11
-0.1 I
-+-0.02
+ 0.13
-0.17
+ 0.03
+ 0.03
(+0.31)
« Il valore posto tra parentesi alla quota 20 della terza linea è il medio
di soli 4 dati appartenenti a livelli compresi tra 22.5 e 21.0, essendo rimasti
esclusi quelli riferentisi a quote più basse.
« Da parecchi metodi di confronto è emersa l'importante conseguenza che
l'efflusso della sorgiva è giustificato assai meglio dallo stato del mare che da
quello del barometro, ma dove quest'ultimo si rivela del tutto inefficace si è
nel raffronto delle digressioni dei singoli dati idrotermici dai valori medi presi
a gruppi aventi per argomento le medie di pressoché uguali dati mareometrici
e barometrici ; poste a confronto le digressioni idrotermiche colle vicendevoli
digressioni barometriche e mareometriche, ottenni per risultato:
« 1) Per ogni centimetro d'aumento del mare, 0"31 d'aumento idro-
termico senza esclusione delle temperature basse o 0°134 con esclusione delle
medesime.
« 2) Per ogni millimetro d'aumento barometrico, un abbassamento
idrotermico di 0°027 e 0°010 rispettivamente.
« Conviene inoltre accennare che il valore rappresentante l'influenza ma-*
reometrica è il medio di 36 risultati, tutti dello stesso segno e giustificanti
per 3/4 il totale delle digressioni senza riguardo al segno, mentre quello che
si riferisce all'influenza barometrica non ne giustifica che la 28ma parte, con
bizzarre alternative di segni.
« Le variazioni idrotermiche hanno dunque potuto essere attribuite alla
diretta influenza della pressione atmosferica, pel solo fatto che da queste dipen-
dono in grande parte le variazioni mareometriche depurate dalla marea luni-so-
lare ; ma dall'analisi matematica emerge chiaramente che, almeno per queste
termali del Porto d'Ischia, la pressione atmosferica non agisce che indiret-
tamente, cioè a mezzo dei cangiamenti di livello del mare.
« I fenomeni più salienti notati nel periodo di queste osservazioni e d'altre
anteriori, trovando in questa legge una completa spiegazione, non hanno più
bisogno d'essere attribuiti né a spinte, né ad assorbimenti d'origine vulcanica;
essendosi esclusa, almeno come causa diretta e predominante la pressione atmo-
— 179 —
sferica, rimangono con essa allontanate le teorie endogene che alla medesima
si collegano. Ciò peraltro non esclude che v'abbiano altre cause di variazione
del calore del sottosuolo, lo studio delle quali rimane riservato ad osserva-
zioni più mature. Rimane del pari aperta la via ad investigazioni sugli effetti
meccanici, fisici e chimici, che questo regime idrico sotterraneo è atto a pro-
durre, esercitando un' azione più o meno pronunciata sui fenomeni sismici.
« Rimane intanto accertata un' influenza che in seguito a maggior copia
d'osservazioni darà i valori definitivi della correzione da applicarsi alle tem-
perature osservate, per renderle confrontabili nello studio delle variazioni del
calore sotterraneo; e questi primi risultati debbono in pari tempo ammae-
strarci ad accogliere con molta cautela tutti quei fenomeni congeneri che a
primo aspetto possono inspirare concetti più fantastici che reali.
« La mia relazione si chiude con un raffronto baro-mareometrico, da cui
risulta il rapporto di 1 : 13.81, che di poco s'allontana dal rapporto teorico
(1 : 13.3) dei pesi specifici dell'acqua marina e del mercurio » .
MEMORIE
DA SOTTOPORSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
G. Filippi. L'arte dei Mercanti di Calìmala in Firenze e il suo più
antico Statuto. Presentata dal Segretario Ferri a nome del Socio De Leva.
C. Merkel. L'impresa italiana di Carlo I d'Angiò e l'opinione dei
contemporanei. Presentata dallo stesso.
C. Cipolla. Una congiura contro la repubblica di Venezia negli
anni 1522-1529. Presentata dallo stesso.
N. Morelli. Relazione sugli scavi eseguiti nella caverna Pollerà,
situata nel Finalese (prov. di Genova). Presentata dal Socio Pigorini.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Carutti presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna-
lando fra queste un opuscolo del sig. Julliot intitolato : Quelques inscriptions
romaines des Musées de Sens et de Lyon.
Il Socio Berti presenta l'opera del sig. F. Gabotto : Giason del Maino
e gli scandali universitari nel quattrocento, colle seguenti parole:
« Presento in nome dell'autore Ferdinando Gabotto un libro che porla
per titolo, Giason del Maino. — In questo libro è descritta la sua vita con
abbondanza di documenti e sono esaminati gli scritti. La giovane età del-
l'autore e le diligenti ricerche che esso fece intorno all'argomento trattato
meritano grande lode ».
— 180 —
Il Socio Tommasini fa omaggio, a nome dell'autore sig. Bruto Amante,
dell'opera: La Romania illustrata, e ne discorre.
Il Corrispondente Cognetti de Martiis offre una sua traduzione della
commedia di M. A. Plauto: I prigionieri di guerra (captivi).
PERSONALE ACCADEMICO
Il Presidente Fiorelli annuncia con rammarico all'Accademia la per-
dita da questa fatta nella persona del suo Socio straniero Enrico Summer
Maine. Egli era Corrispondente straniero dall' 11 luglio 1876, e Socio stra-
niero dal 26 luglio 1883.
Il Segretario Carutti comunica all'Accademia i ringraziamenti inviati
dal prof. Gamurrini per la sua nomina a Corrispondente.
CORRISPONDENZA
Il Segretario Carutti comunica che l'Accademia antropologica di Nuova
York ha mandato un invito per prender parte al Congresso antropologico in-
ternazionale, che sarà tenuto in quella città nei primi giorni del prossimo giugno.
Lo stesso Segretario dà conto della corrispondenza relativa al cambio
degli Atti.
Ringraziano per le pubblicazioni ricevute :
La R. Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli; la
R. Società zoologica di Amsterdam ; la Società geologica di Manchester ; la
Società filosofica e l' Università di Cambridge ; 1' Università di Oxford ; il
R. Istituto del Lussemburgo ; l' Istituto meteorologico rumeno di Bucarest ;
l'Osservatorio di S. Fernando ; il Comitato geologico russo di Pietroburgo.
Annunciano l'invio delle loro pubblicazioni:
Il Ministero della Guerra; la R. Accademia della Crusca; l'I. Società
geografica russa di Pietroburgo ; la Società di scienze naturali di S. Ottawa ;
la Società geologica di Washington.
D. C.
181 —
EENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali.
Seduta del 4 mar 'so 1888.
F. Brioschi Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Matematica. — La risoluzione della equazione di sesto grado.
Estratto di una lettera del dott. H. Maschke al Socio Brioschi.
« Si può, per mezzo di una trasformazione di Tschirnhaus :
y = x1 -f- he -j- /<<
trasformare l'equazione generale del sesto grado F {%) = 0 , nella :
2
y6 + «t + /¥ + \ f + yy + ó = ° (1)
senza che, per la determinazione dei coefficienti l , fi , si abbiano a risolvere
equazioni di grado superiore al quarto. Ora è sotto questa forma (1) che appare
la equazione (14) della mia Memoria (Ueber die lineare Gruppe der
Borchardtscìwi Moduli. Mathematische Annalen. Bd. XXX).
« Supponendo che le sei radici della equazione (1) yi^z-^e abbiano
i valori :
yi = <p -\- 6 (— tpi — 03 — 04)
yt = tp -j- 6 (— V'2 + 0a + V'4) ( (2)
y8 = (p -f- 6 (+ i/'2 — 08 + 0*)
y4 = ^ -j- 6 (+ ^ + ^ ~ ^
IJh = _ 2cp — 2 4 sl s8 s3 8A , y6 = — 2y> + 2 4 *, *2 *, s4
Eendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 24
— 182 —
essendo :
<P=tf + tf + *s4 + s*4
ho dimostrato nella stessa Memoria che le quattro quantità * soddisfano al
sistema di equazioni seguenti :
F8 = -i« , F12=|/S , P20 = -IVy , F24 = |J (3)
nelle quali le F^ sono forme determinate di grado k nelle z (equazioni 12).
« D'altra parte il dott. Bolza ha dimostrato (Math. Annalen. Bd. XXX,
pag. 478) in quale modo si possono calcolare gli invarianti A , B*, C*, J
di una forma binaria del sesto ordine f per i valori delle & (0 , 0) apparte-
nenti alla stessa forma f .
« Ora esprimendo le # (0 , 0) per mezzo di moduli di Borchardt, vale
a dire colle quattro funzioni :
^ = 05=^5(0,0|2rn,2r12,2r22)
g% = 023= #23(0 , 0 | 2rn , 2r12 , 2r22)
g3 = doì= #01(0 , 0 | 2rn , 2r12 , 2r22)
^ = 04 = ^4(O,O|2rn,2r12,2r22)
si ottengono le forinole seguenti :
, g» F212 — F24
" 32.5.27 F8F12-F20
(5)
ir
rt6 28 n10
Fs ' °*=-^5"'Fl2 ' ^ = -^-(FsF12-F20)j
34. 5
nelle quali q è un fattore dipendente dai periodi, e cioè :
?=^ —
«11 «22 «12 «21
« Ne segue che le equazioni (3) sono soddisfatte dalle quattro quantità :
Zi == T3" "5 ? £2 = ~=r u23 , £3 == "= uol , £4 = — — tì4 (7)
VQ )fQ Yq I'q
se si calcolano i periodi e le funzioni 0 cogli integrali normali iperellittici
appartenenti ad una forma binaria del sesto ordine, di cui gli invarianti hanno
i valori seguenti :
A = ? /?'-** ]
' 3.5.28 2y — ait
1 1 2* (8)
«Le sei espressioni y, , y2 . . y/6 (2) sono quindi le radici
della equazione (1), essendo le g definite dalle forinole (7)
e le 6 appartenendo ad una forma binaria del sesto ordine
gli invarianti della quale hanno i valori (8).
«Berlino 26 febbraio 1888.
— 183 —
Matematica. — Osservazioni sulla precedente comunicazione,
del Socio F. Brioschi.
« La singolare importanza della Memoria pubblicata dal dott. Maschke
nel volume XXX dei Mathematische Annalen aveva attirato tutta la mia
attenzione e già da oltre un mese in una lettera diretta al nostro Socio stra-
niero prof. Klein io dimostrava come una equazione qualunque del sesto grado
poteva trasformarsi nella equazione (14) della Memoria indicata. Nella pre-
cedente comunicazione il dott. Maschke giunge per via affatto differente allo
stesso risultato, ed io sono a lui assai grato di essersi diretto a me per ren-
derlo pubblico.
« Ecco ora in qual modo io vi giungeva. La equazione (14) della Memoria
del dott. Maschke è la seguente :
ìf — 6F8 y± + 4F12 f -f- 9F82 f — 12F20 y + 4F24 = 0
ossia la :
{if — 3F8 y + 2F12)2 + 12 (F8 F12 — F20) y — 4 (F212 — F24) = 0 .
« Posta sotto questa ultima forma, pei valori di A , B*, C*, J determi-
nati dal dott. Bolza (i), la equazione stessa si trasforma nella :
(£» — 5 . 33. B*£ — 10 . 33. C*)2 -f- -^- (£ — 5 . 27. A) = 0
nel]
.a quale £ = | q2
y •
« Facciasi ora :
£ = 5
. 27A-
-f
e si
i giungerà alla :
( t6 — 3 ,
.5.
27.
A/4 + 3 ,
. 5 . (5 .
,47,
(1)
i
i +\^t~
-10
(55
ì 410 A.3 —
-5.33,
,43
A^ — 9B*) t2 -f
AB* — 33 C*) = 0 .
« Sia u {%\ , x2) = 0 una equazione qualsivoglia del 6° grado, e k= £ {uu)A
un covariante di quarto ordine della forma u. Per un teorema da me dimo-
strato alcuni anni sono negli Annali di Matematica (2) se si pone :
Uh -4- Xi k = 0 tu2 — cci k = 0
essendo ux = | -£- , ih = \ —, — ; e si elimina il rapporto Xi : x2 da quelle
(lX\ &x%
due equazioni, si ottiene una trasformata della equazione u = 0 , cioè la :
Ót6 + Ul2 t4 ~\- Un t2 + Uis t + Ulè = 0
nella quale ó è il discriminante di u ed uu , ul4 , uì5 , it16 invarianti della
stessa forma (3).
(!) Darstellung der rationalen ganzen Invarianten der Binàrform sechsten Grades
durch die Nullwerthe der zugehórigen » — Functionen. Math. Annalen. Bd. XXX, pag. 478.
(2) Sulle relazioni esistenti fra covarianti ed invarianti di una stessa forma binaria.
Tomo XI, serie 2a, anno 1883.
(3) Non avendo eseguita la calcolazione di questi invarianti ho pregato alcune setti-
mane sono il prof. Maisano dell' Università di Messina di volerlo fare. Egli ha aderito chie-
dendo qualche tempo per altre sue occupazioni, e fu questa la ragione per la quale non
pubblicai prima d'ora il risultato superiore.
— 184 —
« Ora ponendo a confronto quest'ultima equazione colla superiore (1) si
ottengono per A , B*, C*, 4 i seguenti valori :
1 «i> ™ 1 / 2 _ 3rf \
A =
C* =
3.5.2" tf
ir
(2u12—0óu12Uli-\-27ó2ul6) , ^ = 8^
2.5.36.c)'3 rr11 — . -■- ~*v rf
« Questi valori degli invarianti della forma binaria del sesto ordine degli
integrali normali iperellittici sembrano a me degni di osservazione ; mi riservo
perciò di ritornare sui medesimi, e sulla trasformazione della equazione di
sesto grado che ad essi conduce, appena possa ottenere la calcolazione dei
quattro invarianti un , Uu , ui5 , tho » .
Astronomia. — Sulla distribuzione in latitudine delle eruzioni,
macchie e f acole solari durante il 1887. Nota del Corrispondente
P. Tacchini.
« Colla presente Nota si dà termine al resoconto delle osservazioni solari
fatte nel R. Osservatorio del Collegio romano durante il 1887. Come si è
fatto per le protuberanze nella Nota precedente del 5 febb. 1888, così anche
per gli altri fenomeni solari diamo qui appresso la loro frequenza relativa per
ogni zona di 10 gradi in ciascun emisfero solare.
Latitudine
Frequenza
delle
Frequenza
delle
Frequenza
delle
eruzioni
macchie
facole
90°-+- 80
0
0
0
80-+-70
0
0
0
70^60
0
0
0
60h-50
0
0
0
50-4-4H
0
0
0,006
40-h30
0,050
0
0,029
30 -+- 20
0
0,014
0,053
20-hIO
0,150
0,141
0,124
10 . 0
0,150
0,141
0,188
0—10
0,450
0,422
0.312
10 — 20
0,050
0,282
0,229
20 — 30
0
0
0,041
30 — 40
0
0
0,012
40 — 50
0,050
0
0
50 - - 60
0,100
0
0,006
60—70
0
0
0
70 — 80
0
0
0
80 — 90
0
0
0
— 185 —
« Le eruzioni dunque, i grappi di macchie e di facole furono più fre-
quenti nell'emisfero australe del sole, come avvenne per le protuberanze.
« Tenendo presente i dati della Nota precedente sulle protuberanze, si
rileva :
« 1.° Che mentre le protuberanze idrogeniche si osservarono dall'equatore
fino nelle calotte polari (=t: 80° + 90), gli altri fenomeni vennero quasi intie-
ramente veduti fra 0" e ± 40° come nell'anno precedente.
« 2.° Che le macchie, facole ed eruzioni metalliche presentano un chiaro
accordo nelle rispettive zone di massima frequenza fra 0° e ± 20°, e che
un solo massimo di frequenza si ha per ciascuno dei 3 ordini di fenomeni
nella stessa zona solare fra 0° e — 10°, precisamente come nell'anno 1886.
« 3.° Che la zona di massima frequenza delle protuberanze idrogeniche
non corrisponde con quella relativa ai massimi degli altri fenomeni, perchè
le protuberanze presentano un massimo di frequenza ben marcato in ciascun
emisfero, nelle zone cioè (+20 + 50) e (— 40° — 50°), ossia a latitudini
più elevate.
« 4.° Che mentre le macchie si mantennero tutte nella zona equatoriale
fra i paralleli +30° e — 20°, le eruzioni e le facole si presentarono anche
a latitudini più elevate nei due emisferi, cioè fino a -f- 50° e — 60°. Si
hanno dunque zone con facole ed eruzioni e senza macchie, e molta parte
della superficie solare con sole protuberanze idrogeniche, anche in regioni ove
le macchie non si formano mai.
« Nel 1887 si conservò così il carattere del minimo di attività solare
avvertito colle osservazioni del 1886 ».
Fisica. — Di alcuni nuovi fenomeni elettrici, provocati dalle
radiazioni. Nota preliminare del Corrispondente A. Righi.
« Cercando la spiegazione dei fenomeni descritti recentemente da Hertz ('),
da E. Wiedemann e Ebert (?) e da Hallwachs (3), sono stato condotto a
studiare l'azione della luce sui fenomeni dell'elettricità di contatto fra metalli,
ed ecco un breve cenno dei primi risultati ottenuti.
« a) Un disco metallico verticale A può collocarsi più o meno vicino
ad una rete metallica B tesa parallelamente al disco. Questa disposizione è
stata da me ideata allo scopo che sia possibile illuminare quelle parti d'uno
dei metalli che sono vicinissime all'altro metallo. Uno dei due metalli,
p. es. A, comunica con una delle coppie di quadranti di un elettrometro di
conveniente sensibilità (un Volta corrisponde ad una deviazione di circa
130 particelle della scala), l'altro B comunica coll'altra coppia di quadranti
(i) Wied. Ann. 31, 1887, p. 983.
(2) Wied. Ann. 33, 1888, p. 241.
(3) Wied. Ann. 33, 1888, p. 301.
— 186 —
e col suolo, mentre l'ago dell' istrumento è mantenuto ad un potenziale costante
(con cento coppie rame-acqua-zinco). Se per un istante si fa comunicare col
suolo anche A, poi lo si illumina vivamente, si ottiene una deviazione, che
va crescendo sino ad un valore definitivo, che vien raggiunto tanto più presto,
quanto più vicina è la sorgente luminosa, e quanto più estese sono le due
superficie metalliche. La deviazione è negativa se A è zinco e B ottone, e
lo stesso valore finale si ottiene se si carica dapprima A in modo da avere
una deviazione maggiore. Se A è vicinissimo a B, la deviazione una volta
formata non varia sensibilmente se d'un tratto A si allontana da B, il che
prova che i due metalli sono ridotti dalla luce al medesimo potenziale.
« Ne consegue che la deviazione suddetta misura in valore assoluto la
differenza di potenziale di contatto fra A e B. Infatti se si prende come zero
il potenziale dei quadranti posti in comunicazione col suolo, e se V è il
potenziale di A e V ' quello di B mentre comunicano col suolo, la differenza
di potenziale di contatto fra A e B sarà V — V. Se poi X è il potenziale
dei quadranti, che comunicano con A, alla fine dell'esperienza, X-|-V sarà
quello di A, mentre quello di B resta V. Si avrà quindi X-f-V = V\
X = V — V.
« Se si mette B invece di A in relazione coli' elettrometro, si ha devia-
zione di segno opposto, sensibilmente di egual valore assoluto.
« 11 sistema dei due metalli A e B, quando sono illuminati, si comporta
dunque come una coppia voltaica, che si potrà chiamare coppia fotoelettrica.
« La luce solare diretta non produce l'effetto in discorso, almeno in
modo ben distinto; la luce del magnesio è più attiva e quella dell'arco
voltaico dà risultati assai più notevoli. Se poi si ottiene l'arco fra carbone e
zinco, come quando si vuole proiettare in lezione lo spettro di questo metallo,
il fenomeno acquista la massima intensità, ottenendosi la deviazione elettro-
metrica in pochi secondi. Ciò fa pensare che sieno specialmente attivi i raggi
ultravioletti, il che è confermato dal fatto che una lastra di vetro basta a
intercettare quasi completamente l'azione, mentre una di quarzo l'indebolisce
assai poco, tanto che conviene in qualche caso il concentrare i raggi sui
metalli con una lente di quarzo.
« b) Quattro coppie fotoelettriche formate ciascuna da una lastra del
metallo A e da una rete del metallo B a quella vicinissima, sono riunite
in serie, e cioè la rete della prima è libera, quella della seconda comunica
colla lastra della prima, e così di seguito, sinché la lastra dell'ultima,
rimasta isolata, costituisce l'altro polo della pila. Sotto l'azione delle radia-
zioni emesse dall'arco voltaico, questa, che può chiamarsi pila fotoelettrica,
presenta i noti fenomeni elettrostatici di una pila a circuito aperto, come se
1 metalli che la formano si trovassero immersi in un vaso pieno d'acqua.
« e) Se si sopprime la rete, e si illumina semplicemente una lastra
conduttrice comunicante coli' elettrometro, dopo che per un momento venne
— 187 —
posta in comunicazione col suolo, si ha una deviazione, lenta a formarsi, e
positiva coi metalli finora messi in prova. Sembra che in questo caso i corpi
che circondano la lastra illuminata facciano le veci della rete metallica adope-
rata nella prima esperienza; per cui una quantità di elettricità negativa,
eguale alla positiva acquistata dall' istrumento, passerà in quei corpi e
nel suolo.
« d) Se A è un disco d'ottone coperto di selenio cristallino, si può
dapprima riconoscere che questo corpo è assai più elettronegativo del carbone
di storta e che come questo, ma con maggior intensità, si comporta nel
formare con un altro conduttore una coppia fotoelettrica. Ma soppressi i raggi
ultravioletti, onde impedire la produzione del nuovo fenomeno più sopra
descritto, si può riconoscere che gli altri raggi fanno variare la differenza di
potenziale fra il selenio ed un metallo qualunque, rendendolo più elettronegativo.
Per es. accoppiato all'ottone, la forza elettromotrice di contatto subisce un
aumento di circa un quarto del suo valore (con una determinata lastra di
selenio da me adoperata). È questa una proprietà del selenio, che dipende,
come altre ben note, dalla modificazione che le radiazioni producono in
questo corpo.
« Lasciando a parte quest' ultimo fenomeno, che è di diversa natura da
quella degli altri qui descritti, e senza entrare per ora in tentativi di una
completa spiegazione, che sarebbero prematuri, farò rilevare soltanto come
sembri accettabile, almeno provvisoriamente, l'idea che i raggi ultravioletti
facciano nascere una convezione o trasporto di elettricità dai corpi sui quali,
in causa delle differenze di potenziale che si stabiliscono fra conduttori comu-
nicanti, la densità elettrica superficiale ha un dato segno (probabilmente il
negativo) a quelli sui quali ha, per la stessa causa, il segno contrario
(positivo) ».
Matematica. — Sul movimento di roteinone che prende nel
vuoto od in un fluido incompressibile un corpo soggetto a forse
di potenziale Ri cos2 6 -f- H2 cos e . Nota del dott. Bernardo Paladini,
presentata dal Socio Dini.
« Il problema della rotazione di un corpo rigido P, simmetrico rispetto
ad un asse £, attorno ad un punto fisso 0 di questo asse si riduce alle qua-
drature ogni volta che il potenziale V delle forze agenti sul corpo dipenda
unicamente dall'angolo 0 che l'asse £ fa con una retta fissa Oj, il che evi-
dentemente ha luogo quando sui punti di P agiscono forze che emanano dai
— 188 —
punti di un altro corpo fisso simmetrico rispetto ad un asse che coincide
con Oj.
« Presi gli angoli euleriani 0, y, \p per determinare le successive orien-
tazioni della terna degli assi principali 0(£, rp £) di P relativi ad 0, rispetto
alla terna 0 {x, y, z) congruente ad essa e fìssa nello spazio, l'applicazione
del metodo di Jacobi per la integrazione delle equazioni del moto, conduce
subito ai seguenti integrali :
. f eh
t — U = — A
r(Crnm — o)do)
C(Cr0o)—g)do}
(1— w8)|/F(o))
essendo: t il tempo; w= costì; A, A, C i momenti d' inerzia respettivamente
intorno ad 0;c, Orn 0£ ; h la costante delle forze vive; rj quella delle aree
relativa ad Os ; r0 la componente della velocità angolare di rotazione intorno
a £ (componente che si mantiene costante durante tutto il movimento);
U, <fo > Vo tre costanti dipendenti dalle condizioni iniziali ; ed
F(«) = (2 A ( V+/ì) — AO02) ( 1— «2) — (O0 « — yf
a La funzione F sarà algebrica razionale intera in cos 0 , come è neces-
sario affinchè gli integrali (1) conducano a delle trascendenti ellittiche od
abeliane, quando V dipenda unicamente da cos 0 , che si presenta come varia-
bile di integrazione: se vorremo però limitarci alle trascendenti di ordine
non più elevato delle ellittiche, dovremo supporre che per V si abbia:
(2)
Ht cos4 0 -f- H-2 cos3 0 -f- H3 cos2 0 -f- H4 cos 0
sen20
con le H costanti qualunque.
« Nella mia tesi di laurea (novembre 1886) considerai appunto la rota-
zione del corpo P quando V prende questa forma, e poiché i risultati otte-
nuti sono in stretta relazione con quelli di Jacobi e Lottner nel problema
di Lagrange, e li contengono naturalmente come caso particolare, così credo
utile esporli brevemente in questa Nota.
— 189 —
« 1. Se l'equazione F = 0 ha tutte e quattro le sue radici reali e queste
sono ax , a2, a3, cti in ordine crescente, si ottiene :
a4 sn2w — «!sn2/r
costì =
5P=5To+-
siru — su* tv
r0(A-C)
d
\/kJt
(a 3 — <2i)(fl!4 — at)
dv
\7t(ìt , hx -J- K) -\- n(ii , ia2) j-J-
(S)<
^Ci oV2 i M~'~ m 0g ©! (« — ^i) 0 (u — ia2)
. i S(l { /• ■ i T-\ f ■ \\ dìogQAia^ . d log &( id*))
afa"!
1 1 log ^fr—fo) ®("+*tf») .
8 ©^«-f-tff,) ©(w— ?(T2) '
rie,
W-f-
m
essendo: u un argomento ellittico legato al tempo dalla relazione
u = (t0 — l) 1/ 2A (^3 — ai) {aA—a2) ;
k* il modulo delle funzioni ellittiche dato da fr~~ ai\^~ a*\-
(«3 — ai) (a4 — a2)
ÌT,l(fui(T2 tre costanti ausiliarie inferiori ad /K' definite dalle relazioni:
su'- //=■
«4 — a2
, sn^ eoy
(ai— a3)(l-f-fl4)
, SU2 (/(Ti + K):
.(ai— a3)(l — «,)
ai — az (a4—a3)(l-\-aiy^ "~1 lJ (a4_fls)(i_^1)
« 2. Se l'equazione F = 0 ha le due radici reali ax ed <?2 e le altre due
immaginarie a3=a2 — y'erits'=a1-{-yrrèirs", aA=a2 — •/é*'=ar\-y"erCs"
si ottiene :
atì (cn hx -f- cn h) (cn h2 — cn li) -f- (cn ia2 -f- cn u) (cn /o1! — cn ir)
(cn /(Ti — cn io*) (cn &V -{- cn u)
costì
(4)
. ( ;'0(C — A) d log (cn zV — cn la^ d log (cn u — cn ia2)
q~ L/ahT77, " *i + ~^T
JrTyy
rflogH(iVi) aJlogH(iVt) ìt) ;ì
~~ «to', ~ rfo', ' K)2 "^
S ®(^H ® (^f) ^(^Fh i^H-
, (c?log(cn/r — cn?'tfj) a* log ( cn jc — cn iax ) d log H(/V x )
^ — ^°~r( oV2 rfffj da\
H log
1 m
d<s2 (hi
dlogH(h'2)) u
S 2 "
e (^) h.(^) e fi±*) h,(^)
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem.
— 190
essendo :
u = (U-t) j/^ / f ; k' = cos' ^- : ci. h = ry^f, ;
y—/—«i y +«2/ y — y +«iy— ««y
ed z'^'i = &K' — 20"i j ^'2 = &K' — i^s
« 3. Ciascuno degli angoli ye^ si compone di una parte proporzionale
ad u e di un'altra periodica : le due parti periodiche g/ e ip' di essi hanno
poi, egualmente che 0, lo stesso periodo reale T. Quindi la rotazione di P
può considerarsi composta : da una rotazione uniforme progressiva attorno a £
dovuta alla parte di g proporzionale ad u; da una rotazione uniforme pro-
gressiva attorno a 2 dovuta alla parte di \p proporzionale ad u ; da una rota-
zione oscillatoria degli assi principali di P attorno a quelli fissi.
« Per trovare la posizione del corpo al tempo t si deve :
(a) sostituire i valori di 6, </', \p', corrispondenti a questo tempo, nelle
forinole
«j = cos <fr cosi/'' — sen q>' sen ip' cos 6, §l = cos y' sen xp' -f- sen y cos xp' cos 0,
Yi = sen-9' sen 0,
«0 = — sen <//cos xp' — cos y ' sen ip' cos 0, /?, = — sen </ ' sen \p'-\- cos <p' cos xp'cos 0,
ya = cos</' sen.0,
rr3 = sen ip' sen 0, /?3 = — cos 1// sen 0, y3 = cos w
e determinare la posizione corrispondente del corpo mediante le forinole :
X = «! £ + n, rt -}- a3 £ . a = ft £ -f- ft ry -{- #, £ , * = yx £ -f- y2 jj -f- y:ì £
(A) far girare il corpo attorno a ; di un angolo */v -\- ip0
(e) » « » " » s » (I>ì' -f- </„ .
« Non manca dunque, per completare la soluzione analitica del problema,
che costruire i nove coseni a, y;j; ed a ciò osserveremo che dovendosi pren-
dere il seno ed il coseno degli angoli </' e </,r non avremo per «, ys delle
espressioni razionali se non quando il divisore m unito agli integrali ellittrici
di terza specie che danno gli angoli y e ip sia un multiplo di 21. Volendo
che ciò accada si trova, per un noto teorema sul valore del divisore unito
ad un int. di 3a specie, che deve aversi fra i coefficienti H del potenziale V:
Hx= — H3 ed H2= — Hi ; nel qual caso V prende la forma : Hj cos20-f-H2 cos 0,
ed il divisore m viene precisamente 'li.
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— 193 —
essendo :
« Fra le rotazioni alle quali appartengono le formole (6) dobbiamo segna-
lare quella della terra attorno al suo centro di gravità: fu infatti mostrato
dal Tisserand che, tenendo conto dei termini più considerevoli nello sviluppo
del potenziale delle forze agenti su di essa, si può dargli la forma Hxcos2^
(con B^ > 0), e che inoltre la equazione di quarto grado F = 0 ha neces-
sariamente due radici immaginarie.
« 6. Il seguente Teorema dà una immagine geometrica della rotazione
del corpo P.
« La rotazione di un corpo simmetrico rispetto ad un
asse, attorno ad un punto fisso del suo asse di simmetria
per 1' azione di forze il cui potenziale è H1cos26 + H2cosO, si
può rappresentare mediante il rotolamento di un cono, il
cui asse coincide coli' asse del corpo, su di una superficie
di secondo grado di rivoluzione attorno alla retta fissa da
cui si contano gli angoli 6, superficie che è un elissoide, un
paraboloide o un iperboloide ad una falda a seconda che
e r0 maggiore, uguale o minore di ^ ^ •
« La curva base del cono riferita ad un sistema di coordinate polari q
e # col centro al punto di incontro coli' asse f del piano £=r0 , ha per equazioni :
q* = 4" (2Hi cos2 6 -f 2H2 cos 6 -f 2/ì — Oy2)
9- = — if -\- are tang sen 6» — - =
n>0(Q02— 2/0-Hg/y— (2H1,<7-f-r0CH2)(o _jg_ .
— #o+ro (/o— t) -\-J 2Hi m2 _j_ 2H2 M + 2/i_ Cr02 |/F(w)
Per Hx=0 la superficie di secondo grado è una sfera, e la base del cono si
riduco ad un'erpolodia, come ha trovato anche il Darboux.
— ll>4 —
IT.
ni, Un corpo P soggetto a forze di potenziale Hj cos2 tì -j- H2 cos tì si
muova in un fluido omogeneo incompressibile limitato da una superficie fissa
chiusa giacente all' infinito, colle condizioni che il fluido sia privo d'attrito,
che non possieda moto vorticoso, che sulle sue particelle non agiscano forze,
che la velocità varii in esso con continuità da punto a punto e non ne esista
altra che quella dovuta al moto del corpo : condizioni che permettono di
applicare il principio di Hamilton.
« Supponiamo che scegliendo convenientemente una terna di assi 0 (£, >r £)
nell' interno del corpo, la forza viva totale T del fluido e del corpo prenda
la forma :
T = an{iir -f v-) -j- aS3w* -{-au (f -f- q2) -f- 2«14 (up -\- vq) -f- 2a36wr -j- a6«r2
essendo: le a coeflicienti costanti; u, v, w le componenti secondo £, rn £ della
velocità del punto 0, e p, q, r le componenti delle velocità angolari secondo
£, ?;, l. Presi per parametri indipendenti qx , y8, q6, che definiscono la posi-
zione del corpo, ordinatamente, le coordinate «, /?, y del punto 0 rispetto ad una
terna fissa (%, y, s) e gli angoli euleriani tì, y,ip delle due terne, e posto, come
suol farsi per costruire la funzione caratteristica dell'equazione di Hamilton,
Pi= , j , la T espressa per le pL e le qi prende la forma:
i%)
+ («tìo,«— ^^sen^^seni/*— p2cos \p) -j TZ(P*—!Ps C08e)
— 2«i i Xpz (po—pr, cos tì) — 2«3g ," cos tì p3p5 -f-
-f- 2 ( (a66!< — ani) sen0costì#3 — a36[JiseR8p5 -f- «u^ —7 (Pe — ^5 cos 6) ) X
X (p,sen «/' — pò cosi/')
— 2&i t ^1 Qh cos </' -f-^, sen «//)>
essendo: . 2
* = «33 «66 «3C 5 ,« = «11 aU «14 •
« Prendendo per l'asse fisso s una conveniente direzione si può sempre
fare in modo che sia ^x=0, p2=0, e p3 = c= costante, quindi la equazione
a derivate parziali, un integrale completo della quale dà tutti gli integrali
del moto, è:
flnl ^ +ft33" T7 H hr TT— costì-—- — 2«14/c — — costì—
\Dtì/ \^P/ sen2tì(^i// }g>) (7^ 7^)
—2«36 e/t cos tì— ~\-a4lc-À sen26-\-aG6c\ii cos26 — 2//» ) H ,cos2tì-}-H2costì-{-/; ( =0
— 105 —
e ad essa si soddisfa prendendo :
■w = /> + .^ +
dH a I — y 2//« (Hi cos2tì-f-H2 cos 9+A)— ^»««,u cos2tì — e2«44* sen2 0
sen tì 1/ _a33jU^2_f_ 2aliùg—2cfcose(aii/.—a3(i!i )ì (1— cos2tì)
— U — /costì j*.
« Gli integrali del moto del corpo P nel fluido sono dunque (ponendo
oì =s costì ed indicando con F la espressione che è sotto il radicale)
[ , m C dm -
, t — t0=— — -==
1 auJfF(m)
-,v' / / -,w, / v i #36," — axiX foni») . f (tf« — /)#»
(7)?_To=_(flsJ^1Ii)(,_4)+__j-_+j_^_
a
J(l_W2)tF(w)
_1 L/nTl. -.<(r \ì I <" f ^
-==- 1 F(w)sen«/>-cos</<(/-ytó) +-f- -^=(2H1&,-}-H2)f/l-
?y 1 — w 2\ ; « 1 1 ^ J j F ( w)
-7Ì=jt/ì>)eosi//+sein//(/— £«)!+— f-==(
(8) /S-^o=-7=j^(«)eos^+sen^(/'-^)|+-^ f^(2HlW+H2)f/T^cos «j,
a4ic — ciMq 1 ri ) ouli»
y — y0= (t—t0) + — T C («44 X— fl66 ,") « + / («36 ,«— «14 A)5-==.
r a\\*-J \ ;yF(w)
« Occupandoci solo delle (7) che danno la rotazione attorno all'origine
degli assi £, rj, £ noi possiamo dapprima riconoscere una rotazione uniforme
progressiva attorno a & colla velocità angolare — — , ed un'altra attorno a l,
n i -ìj i c(a30fi — «14/)w . , r
colla velocita angolare — : — proporzionale cioè a cos tì ; facendo
da queste astrazione, rimane la rotazione definita dalle forinole :
fi C Cibi
t In =-
&nJf¥((o)
rn * \ ff33 /< — «n^ | f (g<» — f)d-
/./* ^ (1 — or 1 F(
Vi— </;o =
(l-,r)t F(«)
(/w — //) ^w
(l-or)| F(W)
« Ma se in queste poniamo
1 ~ = A' ~==C' <J=—9' /"=Oo
1 «11 «33
(0) f e - c! —
9/i + — (2«i4 0 — «i4 c) = 2/i , Hi + ^y— («, , X — «66 ««) = H, ,
li uA.fl
H, + -^- («:ì0 /« — «UA) = ÌL
— 19(3 —
esse divengono precisamente le (1) del § I; quindi si conclude che, astra-
zione fatta dalle rotazioni sopra dette, la rotazione nel fluido del
corpo P attorno all'origine 0 è identica a quella che prende
nel vuoto un corpo P', simmetrico rispetto adunasse, fissato
p_er un punto di questo asse, soggetto a forze di potenziale
Ht cos2 6 -\- H2 cos 0 per il quale i momenti di inerzia A e C, le
costanti g,r0h inerenti alla rotazione ed i coefficienti H^ , H2
del potenziale, si compongono mediante i coefficienti a della
forza viva T, quelli del potenziale delle forze agenti su P
e le costanti e, f, g, h nel modo dato dalle forinole (9).
" Se il corpo P fosse simmetrico rispetto ad un asse, le rotazioni attorno
a £ ed a g sparirebbero, e i movimenti di P e P' sarebbero perfettamente
gli stessi ».
Matematica. — Sopra una estensione della teoria di Riemann
sulle funzioni di variabili complesse. Nota III (') del prof. Vito Vol-
terra, presentata dal Socio Dini.
« 1. Nella Nota precedente su questo argomento venne esposta la esten-
sione della teoria delle carati eristiche alle funzioni di linee collegate fra loro
nel senso riemanniano. Nella Nota che ho Tonore di presentare viene breve-
mente trattata la teoria delle operazioni di derivazione e di integrazione rela-
tive alle funzioni stesse.
« Per questo studio è necessario introdurre delle funzioni complesse dei
punti dello spazio collegate opportunamente alle funzioni fin qui considerate.
« Riprendiamo pertanto la definizione di Riemann relativa alle funzioni
di variabili complesse. Due variabili complesse <f e \p (funzioni dei punti di
un piano, i quali si riferiscono alle coordinate cartesiane x, //) sono funzioni
l'una dell'altra quando
1*P ~bìf> ~ò<p D\p
l>x ~òy 7)# "3 ( — x)
« Questa definizione è equivalente a quella enunciata nella Nota I, ed
essa può estendersi allo spazio. Infatti si abbiano due variabili complesse F
e /', la prima delle quali sia funzione delle linee e la seconda sia funzione
dei punti dello spazio. Diremo che F è collegata ad / nel senso riemanniano,
quando
(i) -dF v ,_ ** V,|„ <® v_0
d {ys) "òse d (zx) ~òy d(xy) ~ìz
« Stabiliremo di rappresentare le funzioni di linee mediante delle let-
tere maiuscole e quelle di punti colle lettere minuscole.
C1) Vedi pag. 107.
— 197 —
« 2. Ciò premesso si possono dimostrare facilmente le seguenti propo-
sizioni :
« la Se una funzione / è collegata ad F essa lo sarà a tutte le fun-
zioni # collegate ad F nel senso riemanniano (vedi la Nota I).
« Infatti, posto
d¥
d{yg)
avremo
onde:
=p
d¥
d (gai)
or — - 4-y— --ho— - = 0
Da: ~ * ~ty * ì*
« 2a Le condizioni affinchè più funzioni ftl (/ = 1 ,2 . . n) siano colle-
gate ad una stessa funzione F sono date da
~òfi ~ò/r ~ì>fs
(2)
oO! ò30 Ù3C
ìli
1»
d(fi*fr,f,)
d{x,y,g)
O (e,r,s = l,2,...»)
« Infatti dalle
(8 = 1,2...»)
risultano come conseguenza le (2).
« Se mantenendo fissi i ed r (supposto /) e /'r indipendenti) e dando
ad s tutti i valori 1,2,...», esclusi i ed r, è sempre soddisfatta la (2) essa
sarà soddisfatta evidentemente per una combinazione qualunque di i , r , s.
« 3. Quando si avrà un sistema di funzioni fi che soddisfano alle (2)
si dirà che esse sono collegate fra loro nel senso riemanniano.
« Si giustifica facilmente la ragione di questa denominazione, osservando
che porre la condizione (2) equivale a stabilire ciò che segue:
« Si prenda un punto M ove le tre funzioni hanno i valori f, , f2 , f3 e
due punti N e P infinitamente vicini ad esso: si denotino con fi+J'fit
fi+j'f^fr + J'f, i valori di fi,fs,fr in N e qon fi + 4"fiìf,+J"f,ì
frJ^j»fr i loro valori in P e si ponga la condizione che i rapporti fra i
determinanti
;jfs, j»f.\ ' .//;, J"fr ' Ufi, *"fi
abbiano dei limiti indipendenti dal modo con cui i punti N e P si avvici-
nano ad M indefinitamente.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 2C
— 198 —
« 4. Abbiasi un sistema qualunque di funzioni *Pi collegate fra loro nel
senso riemanniano e si prenda una funzione f collegata ad esse; sia cioè
d {ys) ìx d (zx) ~ìy d {xy) 7)2
(3)
u. Si potranno trovare delle funzioni (fi tali che
dOi d(f,<pi) dd>i d(/\tn) d<I>j d (/■.<(;)
d{yg) d(y,g) ' d(z,x) d(z,x) ' d{xy) d{.rjj)
« Lo funzioni </» saranno evidentemente collegate allo <Pj, alla /' e sa-
ranno pure collegate fra loro.
« Reciprocamente se si ha un sistema di funzioni </, collegate fra loro
nel senso riemanniano, posto
d {(fi , <f.,) _ d((fj,(fs) _ d{(fj,(fs) _
dM '=57,s' d{g#) XiSì d{x,y) Qi8'
avremo
~òas ~ìy ~òz
« Esisterà dunque una funzione complessa <Pis che soddisfa alle condizioni
dG>iS d®is d®ia
d{y,z)-"iB> T>{*x)-%i8ì d{xy)-Qu'
« Le 4>iS sono fra loro collegate nel senso riemanniano.
« Infatti dalle relazioni
d(y>i,(ps,9>r)_Q ^(y«-»y«»yt)_u
d(xj/,z) ' d{x,yj)
segue che
^IS X/'s __ Qis
TSrl "Ari Qrl
« Inoltre il sistema delle <Pis sarà collegato alle (fi. Quando fra &i e
f e (pi passano le relazioni (3) si dirà che (P; è coniugata alle f e (fi q reci-
procamente f e spj coniugate a cT»j . In questa ipotesi il valore di 4>i corri-
spondente ad una linea L sarà dato da
(4) •«POH/****/
« (V. 6'ojjm ^ /W./^:. dìp. da lince Nota II) supponendo che L faccia
parte di una porzione dello spazio in cui f e (fi sono monodrome.
« Si consideri una superficie a ; fissato il senso positivo della normale n
sarà determinato
d&is
—j— = zsis cos non 4- Xis cos ny -f- gis cos »£ .
« Ora se si prende sopra e un sistema di coordinate curvilinee uv, tali
che le direzioni u, , y , » siano disposte come le ce, y, z e che il quadrato
— 199 —
dell'elemento lineare della superficie sia ds2=E du*-{-2 F du dv-\-Gr dv2, avremo
\l(D.:a 1 Du '
(5)
Du
~ò<Ps
Dv
d<* y EG— F*
« 5. Ciò premesso si può passare allo studio delle operazioni di deriva-
zione e d'integrazione. Siano Fe$ collegate fra loro nel senso riemanniano.
Posto come precedentemente
f/F dF JF_ d^_ _ A®-= d<t> ^o
d{ys)~V' d{gx)~qì d(ay)~r; d(y;)~m' d{zx) ~~ X ' d(*y) e
e preso in un punto un elemento qualunque di superficie dò, avremo
d<P\
da ì
/ dF
[da
DO
V
d®
« Questo rapporto indipendente da da lo denoteremo col simbolo -= e
col nome di derivata di 4> rispetto ad F. Essa sarà una funzione com-
plessa dei punti dello spazio. Come proprietà fondamentale può dimostrarsi
che la derivata di 0> rispetto ad F è collegata alle due fun-
zioni <P ed F nel senso riemanniano. Infatti, posto
d<t>
dF
= <P
si avrà
D(f
1 Dx
e quindi
D(p
Dm
Dx
Dp_
Dx
~ò(p
ìy
2i
~ìy
= -^- — <p
Dq_
~ìy
D(f
Dg
Do
Dz
— <f
Dr
Dz
Dy
L ^i I
P Dx ~*~ q ìy ^~ ' D8
[dx * Dy ^ ^ / * V"^ ~*y ^ '
« 6. Sia ora / collegata ad F e a una superficie aperta o chiusa nello
spazio in cui sono definite le due funzioni; fissata la direzione della nor-
dF
male n a a è definito -j— e quindi è pure definito
I
che rappresenteremo col simbolo
fa fdF .
« Col cambiare il senso della normale cambierà il seguo dell'integrale.
Se a non è chiusa, fissiamone la direzione dei contorni in modo che un osser-
vatore disposto nel senso positivo di uno qualunque di ossi e rivolto verso
la superficie, veda la direzione positiva della normale andare dalla sinistra
— 200 —
alla destra. Con questa convenzione, quando è stabilito il senso dei contorni
è fissato il segno dell'integrale.
« Si supponga tf chiusa e tale che formi da sola il contorno di uno
spazio S entro il quale la / e la F non abbiano singolarità. Avremo
f* fdl =X < yjijfì cos nx + tfM cos ny + ~^> cos m I * =
/ y rfF y. rfF y ,/f \^g_0
« Quindi si ha il teorema espresso dalla formula
(6) /« /V/F = 0 .
« Se invece di una sola superficie a si hanno le superficie o'i-(/= 1,2... n)
che limitano lo spazio S, entro il quale non sussistono singolarità per f e F,
si avrà la formula
(6') J, f fdF = 0
i .y<*..
in cui le normali alle cv sono tutte prese nella direzione dall'esterno all'in-
terno di S.
«Il teorema contenuto nella formula precedente non è
altro che la estensione del teorema di Cauchy.
« È noto che il prof. Morera ha dato un teorema inverso a quello di
Cauchy ('); esso pure può estendersi al nostro caso. Sia cioè soddisfatta la (6)
per ogni superficie a chiusa che limita uno spazio S, escluso per quelle che
hanno nell'interno dei punti o delle linee singolari di f o di F : se ne potrà
concludere che f e F sono collegate fra loro nel senso riemanniano. Si po-
trebbe stabilire la precedente condizione come definizione del collegamento
riemanniano fra una funzione di linee ed una di punti.
« 7. Si abbia un sistema di funzioni c/i collegate fra loro nel senso rie-
manniano. Prese due qualunque di esse y>i e </\, se ne trovi la coniugata &is.
Si fissi il senso positivo della normale n a una superficie a; sarà determi-
nato il valore di f„ yr d d>is , e avremo applicando la (5)
(7) /. <Pr d®>> = i/h^->l« =± <f,
in cui u e v sono un sistema di coordinate curvilinee tali che le direzioni
della terna u,v,n siano disposte come le %,y,g. Se denotiamo con d gli
0) Rend. del B. Istit. Lumi.. Serie II, voi. XIX, fase. VII.
lì K tir
— 201 —
accrescimenti nel senso delle linee u e con ò quelli nel senso delle linee v,
l'integrale precedente potrà scriversi
(fr
d(fi , d(ps
Ó(fi , Ó(fs
« Supponiamo e chiusa e che limiti da sola uno spazio S nel quale nes-
suna delle funzioni abbia singolarità, in tal caso l'integrale (7) sarà nullo
e quindi
| <Pr
d(fi , d(fs
I)
che è un'altra forma sotto cui può enunciarsi il teorema
precedente analogo a quello di Cauchy. Così pure vale anche sotto
questa forma il teorema reciproco, cioè l'analogo del teorema di Morera.
« 8. Si tolgano, mediante delle superficie convenienti, dal campo in cui
sono definite due funzioni / e F (collegate fra loro) tutti quei punti e quelle
linee in cui le due funzioni presentano delle singolarità, e per mezzo di
opportune sezioni lineari si renda superficialmente il campo rimanente sem-
plicemente connesso. Ciò fatto ogni superficie chiusa che potrà tracciarsi sarà
contorno completo di uno spazio ove le due funzioni f e F non avranno
singolarità.
«'Si prendano due linee L0 e 1^ aventi ciascuna una data direzione, tali
che si possa condurre per — L0 (') e Lt una superficie e (vedi Sopra le funs.
dip. da linee Nota II). Si determini il senso della normale a a relativamente
alle direzioni di — L0 e L{ nel modo indicato nel § 6. Sarà allora deter-
minato
(9) fa tpdF .
« È facile dimostrare che il valore dell'integrale precedente non dipen-
derà dalla superficie condotta a , ma dipenderà solo dalle linee — L0 e L^ .
Infatti condotta per le due linee un'altra superficie aì , avremo che l'insieme
di e e (Ti formerà una superficie chiusa, quindi per le ipotesi fatte
/ff+0l (fdY = 0
donde la proprietà enunciata. Perciò l'integrale (9) potrà indicarsi con
(10) jLo 9dF .
« Combiando il senso della normale n cambia il segno dell'integrale (10)
(vedi § 6) per conseguenza si avrà
f%rfF =-("',,
'd¥
(l) Con —Lo si intende la linea L„ presa in direzione opposta.
C
— 202 —
a Se tenendo fissa la curva L0 si muta la Lx , l'integrale (10) potrà rite-
nersi come una funzione dipendente dalla linea L, e quindi potremo porre
tpdF = ®\[L{]\.
« La funzione <P sarà collegata ad F nel senso riemanniano e avremo
dO>
vale a dire le due operazioni di integrazione e di derivazione si elidono scam-
bievolmente. Analogamente se le y< (a"=l , 2 , . . n) saranno collegate fra loro,
otteremo
ó(fs , òyr
e W I [Li] | sarà collegata alle qn nel senso riemanniano.
« Supponiamo che /' e </ siano coniugate ad F. in questo caso avremo
~Ll dfdcp
/Lo òfó(f
« 9. Le equazioni (2) che passano fra le derivate delle /', , /',• . fs provano
che queste variabili prese tre a tre, debbono esser legate da relazioni
e
= ^|[Li]
fimi-pimhC
F/ , r • s (fi > fr ) / s) — 0.
Reciprocamente ogni qualvolta fra le tre variabili f , fr , f» passerà una rela-
zione Fi,r,s(/?i,/r,/s) = 0, ovvero sarà f = y (/', , fs) , risulterà soddisfatta
la (2) e perciò le tre variabili f , fr , fs , saranno collegate fra loro nel senso
riemanniano.
« Ciò prova che la teoria esposta in questa Nota e nelle due precedenti
è strettamente legata allo studio delle funzioni di due variabili complesse
ed ai loro integrali, onde credo che le idee brevemente accennate potranno
mettere in evidenza la utilità di introdurre le funzioni dipendenti da linee
nello studio delle funzioni di due variabili complesse.
« Il sig. Poincaré in una importantissima Memoria pubblicata nel vo-
lume IX degli « Acta Mathematica » ha esteso il teorema di Cauchy agli inte-
grali doppi: il teorema enunciato nel § 7 coincide colla estensione del teo-
rema di Cauchy data dal sig. Poincaré. Questo teorema è stato il punto di
partenza delle mie ricerche.
« Una ulteriore estensione della teoria di Riemann alle funzioni di un
numero qualunque di variabili complesse può eseguirsi senza gravi difficoltà
purché le considerazioni, limitate in queste Note agli spazi a tre dimensioni,
si estendano ad uno spazio ad n dimensioni, e il concetto di funzione dipen-
dente da linee si generalizzi alle funzioni dipendenti da iperspazi immersi
nello spazio ad n dimensioni ■» .
— 203 —
Matematica. — Sulla classificazione delle forme differenziali
quadratiche. Nota del prof. Gregorio Ricci, presentata dal Socio Dini.
« In una mia Memoria pubblicata nel tomo XII della serie 2a degli
« Annali di Matematiche pure ed applicate » proposi una classificazione fon-
damentale nello studio delle forme differenziali quadratiche. Chiamai classe
di una forma
n
(p2 = 2rs ars dxr dxs ,
essenzialmente positiva nel campo, cui si estende la variabilità delle varia-
bili x , quel numero minimo h intiero, positivo o nullo, per cui è possibile
dedurre la forma stessa dalla
n+h
ds2 = St dy] ,
i
ponendo in questa per le y delle opportune funzioni delle x . Quella Memoria
contiene una nuova dimostrazione di un teorema già noto, che dà i criteri
per riconoscere le forme di classe 0 , nonché il teorema analogo per le forme
di la classe. Mi è ora riescito di trovare un teorema generale, che serve a
riconoscere la classe di ogni forma differenziale quadratica essenzialmente posi-
tiva, e questo teorema è oggetto della communicazione che ho l'onore di rivol-
gere alla Accademia.
« Per comodità indico con fw la derivata rispetto ad xr di una fun-
zione /di xx x% . . xn , con f™ la sua derivata seconda rispetto ad xT e
ad xs , etc. Se la forma y2 può dedursi nel modo indicato dalla espressione
di ds2 deve essere possibile determinare le y in funzione delle x per modo
che si abbia
1) ars = 2ty(?yls\
Indico con U (t = 1 , 2 , . n + h , i = 1 , 2 . . li) un sistema di soluzioni linear-
mente indipendenti del sistema di equazioni algebriche
n+h
2) 2tyln£t = 0 (r = l,«,.»)
i
legate fra loro dalle relazioni
n+h ^ LQ per i > j
3) St Cu C,j == * , f = | l per i = j •
— 204 —
Scelto ad arbitrio uno di tali sistemi di soluzioni, ogni altro sistema analogo
si ha ponendo
h
4) £«=^yii£*n
le Yij ( / , y = 1,2.. lì) essendo i coefficienti di una sostituzione ortogonale.
È di più facile verificare che, se si indica con a . crs l'elemento reciproco
di ars nel discriminante a di <^2 e si tien conto delle (1) alle identità, che
si hanno dalle (2) ponendovi £t == £« (* = 1 , 2 . . h) equivalgono le
5) 2rs Crs VV tf? = f — Ì fu tti •
1 1
« Posto
dalle (1) si traggono le
6) **,t = *1?vT
e se si pone ancora
n+h
6') PiP,K = 2t Uy? ('»* = 1 ,2. .», * = 1 , 2 . . //)
1
le (6) e (6f) risolute rispetto alle ytap) danno
7) yfp) = 2rs crs ai, , r y? + 4 fiiP , * U .
i i
Dalle (6) si traggono pure le
%,m aiq,m — **\}tt Ut Ut Vi )
e dalle (7) (6) e (6') avendosi
■5*/y#) y01> _ (H) W) \ = ^ ^ (^ r ^ _ ^ ^ j +
1 v / 1
~T **» (rty i » P»»5 , « r^ i i Pmp , i) i
1
posto
n
u) &lm , pq == ^p)W ^o »w | "^s ^ \^'r/ i »* Mmp , s &lp , r &mq , sj 5
si giunge alle
h
I) «im,p« = ^(^,i/?w?,i- §iq,ifimp,i) (lì m,p,q = 1 , 2. .%)
essendo per le (6')
I ) j3ip,i = §pi,i
— 205 —
« Le (2) essendo identicamente soddisfatte per £t = fa si ha
n-hh
1
y f „c«)
ovvero per le (6')
8)
V M«w(n _
i
Prs , fc i
mentre, posto
n-t-7i
9) ma , « = ^i ìn Cut (* » * = 1 * 2 . . h , « = 1 , 2 , . . ») ,
dalle (3) si ha
II') *»»,• + «*«,« = ().
Le (8) e (9) risolute rispetto alle f((* danno, tenuto conto delle (1),
n h
1 0) ££' = — ^M Cpq fips , ft y f + ^ WZa , s £tì
1 1
e poiché dalle (6r) si ha
n+ft , n+h
i i
tenuto conto anche delle (6) e (6'), si avrà
» /i >n-/j
Cft + *« ff« aiP , r §q* ,h = 2ì mih ,qPiP,i + 2t U yllpq)
1 1 1
e sottraendo da questa quella, che se ne trae scambiando p con q ,
n h
II) A£* _ ftai + 5« <?« («ip, r iV, fe «Jg, r &«, k) = 2< (%, g @ip, i %',y /% f)
1. 1
« In fine dalle (9) si trae
n+h /
(r) _ •»«« — y
mik,s—mik,r-
v / HO MS) ,<■(«) HO\
^* V^i Wfc fra b|» /
e per le (1) e (10)
'* n
HI) mih,s ~ m<£,r + 2) (m*J,r Mij,s— mkj,s M^r) = ìpq Cpq (firp,i /9s?jft — Prq,i &p,ft)
1 1
(i , A = 1 , 2 . . h ; r , s = 1 , 2 . . «■) .
« Se ora al sistema £«; di soluzioni indipendenti del sistema di equa-
zioni (2) se ne sostituisce un altro £ # , il quale si esprima per le precedenti
mediante le (4) , posto
n-t-h
mji,r' — -*« *tf fc« '
derivando le (4) e facendo uso delle (10) si perviene facilmente alle
a) Y% = 2j (Yij mjh , r + fr* wj,, ,.) (r = 1,2..», i , A; = 1 , 2 . . h) ,
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 27
— 206 —
mentre le (7) si trasformano nelle
/?) yfP) = 2rs crs alp , r y™ -f Sih yik fa , * ?t. .
i i
« Ciò premesso supponiamo che la forma differenziale quadratica y2 essen-
zialmente positiva nel campo, a cui si considera estesa la variabilità delle x,
sia tale che, le espressioni a^q ed aim,pq essendo definite dalle equazioni (a)
e (b), sia possibile trovare due sistemi di funzioni prs,i, #*#„■ (£,/= 1,2, ..h;
r=l,2..n), che soddisfacciano al sistema di equazioni (I) (II) (III). Con-
sideriamo il sistema di equazioni a derivate parziali, che risulta delle («)
e delle (/S), nelle quali le funzioni yt e Yì* si riguardano come incognite,
le Cu rappresentano un sistema qualunque di soluzioni del sistema di equa-
zioni algebriche
2t U y'P = 0 ; St fc £0- = e ; 2t fr U = 0 (/,/ = 1, 2, .. h— 1)
h
■*>i s ti — -L —rs trs yt t
(S)
e dalle m^-hr si intendono eliminate le derivate seconde delle y mediante
le (/?). Se si tien conto delle note relazioni, che legano fra loro i coefficienti
Yik di una sostituzione ortogonale o, posto
h(h—\)
1 2
si immaginano i coefficienti medesimi espressi per N funzioni indipendenti
Ax , A2 , . . AN per guisa che quelle relazioni siano identicamente soddisfatte e
si riguardano come incognite le funzioni A ed y, possiamo immaginare le («)
risolute rispetto alle A(s), come le (p?) lo sono rispetto alle ytilp>. Così il sistema
di equazioni («) e (/?) ci dà le derivate prime delle X e le seconde delle y
espresse per le A e per le derivate prime delle y. Le equazioni, che espri-
mono le condizioni di integrabilità di un tale sistema per le (I) (II) e (III)
riescono tutte identicamente soddisfatte, qualora per le derivate seconde delle y
e prime delle A si introducano i valori dati dal sistema stesso e in questo
senso dico che il sistema è completo. È poi noto che un tale sistema di
equazioni a derivate parziali, ammette un sistema integrale con tante costanti
arbitrarie quante sono complessivamente le derivate prime delle y e le A,
cioè n (il 4- h) -\ , e che tali costanti arbitrarie possono determinarsi
in modo che le derivate prime delle y e le A prendano valori arbitrari per
un sistema arbitrario di valori delle variabili indipendenti x, per esempio
per xx = x» = — = xn = 0. Se delle costanti stesse si dispone in modo
die per questo sistema di valori delle x siano verificate le (1), si deduce
dalle (/?) che le (1) seguiteranno a sussistere in ogni intorno del punto (0 0. .0)
— 207 —
tale che in esso le ars e le loro derivate siano tutte finite. Possiamo dunque
concludere che
La classe di una forma differenziale quadratica <f>2 è data
da quel numero minimo intiero positivo o nullo h, pel
quale è possibile determinare un sistema di funzioni fiiPìi
Mijl (l,p = l,2 ..n; i,j=*l,2>..h), che soddisfacciano al si-
stema di equazioni (I), (I'), (II), (II') e (III), nelle quali le
espressioni aim,p aim,pq sono quelle definite dalle equa-
zioni (a) e (b).
V) fyj, — j— 1 )
« Dopo aver disposto nel modo indicato di — — - costanti arbitrarie
di integrazione, ne restano — 1-^~ *~ , che rappresentano l'arbitra-
rietà di una sostituzione ortogonale a coefficienti costanti, che si può appli-
care alle ijt senza variare la forma della espressione di ds2.
« Nel caso di h = 0 restano soltanto le equazioni (I) sotto la fonila
G'im , pq == "
e nel caso di h = 1 le (1) e (I') sotto la forma
Q>lm , pq :==z §lp §mq Plq Pmp , Hip = Ppl
e le (II) sotto la forma
C — #? + *« c™ (a* .»•&•— aii ■ * M = °
come trovai già nella Memoria citata superiormente.
« Mi riserbo di applicare il teorema generale qui dimostrato alla classi-
ficazione ed allo studio delle forme differenziali quadratiche a tre variabili
e in generale di ritornare sull'argomento per ulteriori sviluppi e deduzioni ».
Matematica. — Su le trasformazioni involatone dello spazio
che determinano un complesso lineare di rette. Nota I. del dott. D.
Montesano, presentata dal Corrispondente De Paolis.
« Ogni trasformazione involutoria dello spazio dà origine ad un com-
plesso di rette : quello delle rette congiungenti le coppie di punti coniugati
nella trasformazione.
« Nella presente Nota io mi occupo di quelle trasformazioni involutorie
che danno origine ad un complesso lineare contato una sola volta, tali cioè
che ogni raggio del complesso contenga una sola coppia di punti coniugati.
« Dalla considerazione delle superficie costituite dalle coppie di punti
coniugati situate sui raggi delle congruenze lineari del complesso, deduco il
tipo generale di siffatte trasformazioni, e lo costruisco con grande semplicità
— 208 —
ponendo in evidenza alcune interessanti proprietà di una curva di 10° or-
dine e di genere 11, dalla quale la trasformazione è completamente deter-
minata.
u. Poi esamino i casi particolari piìi importanti dovuti allo staccarsi di
una superfìcie fìssa dalle superfìcie che nella trasformazione più generale cor-
rispondono ai piani dello spazio; ed ottengo anche in questi casi proprietà
notevoli per alcune curve e superfìcie gobbe.
« 1. Nello studio delle trasformazioni involuto rie dello spazio hanno, in
generale, grande importanza le superfìcie K generate dalle coppie di punti co-
niugati situate in piani passanti per una retta r. Esse costituiscono un si-
stema oo 4, e in generale ve ne sono due che passano per quattro punti dati (l).
« Ma nel caso che ci proponiamo di esaminare, che cioè i punti coniu-
gati nella trasformazione fossero su raggi di un complesso lineare r, le su-
perfìcie K , K ' dovute a due rette r , r' coniugate nella correlazione polare
nulla (T) dovuta al complesso r, coincidono in un'unica, luogo delle coppie
situate sui raggi della congruenza lineare (r — rr), sicché le superfìcie K co-
stituiscono un sistema lineare 2, il quale risulta proiettivo al sistema delle
congruenze lineari del complesso I\
« Ogni superficie K passa semplicemente per le direttrici della congruenza
a cui è dovuta, ed ha altri due punti su ciascun raggio di tale congruenza,
sicché risulta di 4° ordine.
« Essa di più contiene le curve fondamentali della trasformazione, ma
non i raggi fondamentali di essa, che sono i raggi del complesso r di cui
ciascuno corrisponde nella trasformazione ad ogni suo punto.
« 2. Le congruenze lineari di un fascio <t> del complesso r danno ori-
gine a superfìcie K formanti un fascio P, la cui base è costituita dalla linea
fondamentale della trasformazione T e dalla curva luogo delle coppie di punii
della T situate sui raggi del sistema rigato R base del fascio d>.
« Ora quest'ultima curva con le direttrici di una qualsiasi congruenza
del fascio <2> forma la completa sezione della superfìcie K4 , dovuta a tale con-
gruenza, con l'iperboloide I sostegno del sistema R, sicché essa è di 6° or-
dine e di genere 3, e quindi la linea fondamentale della T è di 10" ordine
e. se non si spezza, il suo genere è 11 (2).
« Partendo inversamente da una curva Cc di genere 3 situata su di un
iperboloide I, due qualsiansi superficie K , Kj di 4° ordine passanti per essa
determinano un fascio F (che ha per base la C0 e una Ci0 di genere 11 con
20 punti sulla C6), le cui superficie K , K^ , ... Kr segano ulteriormente la qua-
drica I secondo coppie di generatrici kk' , kx k\ , . . . krk'r , che appartengono
(') V. De Paolis, Le trasformazioni doppie dello spazio. Memorie dell'Accademia
dei Lincei. Serie 2a, voi. I, § 39 e 40.
(2) Vedi Salmon-Fiedler, Analytische Geometrie des Raumes. II Theil., 3l° Auflage,
p. 132.
— 209 —
al sistema delle quatrisecanti della CG e costituiscono su tale sistema un'in-
voluzione ordinaria, sicché le congruenze lineari (k — kr),(ki — A'\) , . . .
(k'r — //,-), di cui esse sono direttrici, appartengono ad un complesso lineare
r e vi formano un fascio <l> proiettivo al fascio F.
« Se ora su ciascuna superficie Kr^/cr^r del fascio F si considerano
le coppie di punti in cui i raggi della corrispondente congruenza (/> — fér) di <P
segano (oltre che sulle kr , k'r) la superficie, l'assieme di tali coppie col va-
riare della Kr individua nello spazio una trasformazione involutoria T della
specie cercata, in cui cioè. le coppie di punti coniugati sono su i raggi del
complesso r, una in generale su ogni raggio.
« Si è dunque costruita la T.
« Evidentemente in essa è linea fondamentale la curva C10 che con
la C6 forma la base del fascio generatore F. Invece i punti della C6 risul-
tano a due a due coniugati nella T. Due punti coniugati sono su una gene-
ratrice dell'iperboloide I del sistema delle bisecanti della C6.
« 3. Per determinare l'ordine di moltiplicità della linea fondamentale C10
e il grado della trasformazione T si noti che i due fasci generatori F , <P
determinano in un qualsiasi piano a due fasci proiettivi, l'uno di raggi:
a , «i . . . ar del complesso r, situati nelle congruenze del fascio <X> , l'altro
di curve del 4° ordine : x » Xi > • • • Xr , sezioni con le superfìcie del fascio F ; e la
curva C5 generata da questi due fasci si spezza nella conica (a I) ed in una
curva di 3° ordine J3 che passa per il centro A del fascio di raggi e per i
punti (« Ciò), la quale risulta luogo delle coppie di punti della T giacenti
nel piano « (o allineati col punto A).
« Ora se il punto A è un punto della C10, gli oo ' punti che gli cor-
rispondono nella T sono sulla corrispondente linea J3 (la quale allora viene
ad avere un punto doppio in A) sicché la curva Ciò è linea fondamentale
tripla per la trasformazione T.
« E dalla costruzione data della T segue anche che le ulteriori sue linee
fondamentali non possono essere che raggi del complesso r, di cui ciascuno
ha da corrispondere ad ogni suo punto. A questi raggi le curve J3 non si
appoggiano in generale; d'altra parte esse curve J3 sono coniugate a se stesse
nella T, sicché ogni superficie (P che corrisponda nella trasformazione ad un
piano dello spazio, ha in comune con ciascuna linea J tre punti non fonda-
mentali e dieci fondamentali che contano per 30, e quindi l'ordine delle ®
è 11, e i raggi fondamentali della trasformazione sono 20; cioè le <X> sono
delle <!>„== Ciò3 «i . . . a20.
« Questi raggi ax . . . a20 sono quatrisecanti della Ci,, .
« 4. Dal ragionamento fatto per costruire la trasformazione T si può
anche dedurre che:
«Una linea Ciò (degenere o no) tale che per essa passi un
fascio F di superficie di quart'ordine di cui la ulteriore
— 210 ■*-
linea base sia una C6 di genere 3 non generale, ma si-
tuata su di un iperboloide (') che non contenga alcuna
parte della C10, risulta linea base di un sistema li-
neare co4, .2, di superficie di 4° ordine siffatto che le
co3 superficie del sistema che passano per un punto P,
hanno in comune un secondo punto P' coniugato al pre-
cedente in una trasformazione T della specie che stu-
diasi (completamente determinata dalla Ci0), nella quale
il sistema delle superficie K (§ 1) coincide col sistemai.
« Se la Ciò non si spezza, il suo genere è 11, ma essa non è la curva
più generale di tale ordine e genere, perchè come conseguenza del teorema
precedente si ha che:
«Nel sistema co 4 delle superficie di 4° ordine passanti per
una curva data Ciò di genere 11 (2) le curve Cc di genere 3
che con la Ciò formano le basi dei fasci del sistemarono
tutte della stessa natura, o tutte cioè non hanno qu atri-
secanti (e questo è il caso più generale), otuttele hanno.
Solo in quest'ultimo caso la data Ciò è linea base di una
traformazione T.
« Come proprietà caratteristica che distingue tale curva Ciò dalla più
generale dello stesso ordine e genere, si può assumere anche questa che:
ogni piano dello spazio sega la Ciò in 1 0 punti situati su una
curva di 3° ordine.
« Ammesso infatti che esista una tale curva J3 di genere 1, si deduce
che vi è una rete di superficie K4 = Ci0^3 e che un qualsiasi fascio F di
essa ha per ulteriore linea base una linea J di 3° ordine e di genere 1,
che ha 10 punti sulla Ciò e due sulla ^/, sicché le superficie del fascio F
segano i piani delle J , J ' secondo due fasci di rette, che vengono riferiti
proiettivamente ed in modo che la retta comune ai due fasci corrisponde a
sé stessa, sicché le congruenze lineari che hanno per direttrici le coppie di
rette corrispondenti in tale proiettività, appartengono ad un complesso lineare
r e vi formano un fascio <P che viene a corrispondere proiettivamente al
fascio F in modo da poter generare una trasformazione T di cui la Ciò è
linea fondamentale. Ed ogni altro piano « segherà la curva CM in punti
situati sulla cubica J3 , luogo dei punti coniugati nella T giacenti in « (§ 3).
« 5. La superficie K* della T dovuta alla congruenza lineare (r — /)
(1) Halphen, Sur la classi fi cationi des courbes gauches algélriques. Journal de l'École
poly te dunque. Cah. 52, cap. VI. 1.
(2) Che il sistema sia oo 4 si deduce dal teorema del n. 20, cap. I, della Memoria citata
dall'Halphen. Anche in seguito nella determinazione della specie dei vari sistemi di su-
perficie che si considereranno, ci serviremo sempre di tale teorema senza citarlo ulterior-
mente.
— 211 —
contiene nei piani per r o per r' le curve J dovute ai fasci (A — «) della
congruenza. Ora se le r , r ' coincidono in un raggio r del complesso r,
tutte le curve J situate nei piani per r passano per i due punti coniugati
nella T, situati su r, sicché questi punti risultano doppi per la corrispon-
dente superficie K.
« Inversamente si ha che : Nel sistema delle superficie K della trasforma-
zione T la superficie che ha un punto doppio in un punto arbitrario P, ne ha
un secondo nel punto P' coniugato a P nella T, ed è quella dovuta alla retta PP\
« Si noti ancora che . la superficie K della T dovuta ad uno dei suoi
raggi fondamentali ax . . . a2() ha per retta doppia tale raggio a, giacché la
linea J dovuta ad ogni piano per a si spezza nella a ed in una conica.
6. Nella T la superficie Jacob iana delle <PU è una I4o=Ci0u(>i . • • a20Y;
la superficie punteggiata unita è una <?8 = C102 ax . . . «20 0); e la congruenza
delle congiungenti punti coniugati inf.te vicini è di 4° grado.
« La curva Cn che nella T corrisponde ad una retta arbitraria r ha
su questa 8 punti (i punti rSis) e ne ha 10 sulla retta / coniugata alla r
rispetto al complesso T, perchè un piano n passante per r' sega la Cu, fuori
della r\ solamente nel punto che nella T è coniugato al punto nr\
« Ogni congruenza Qm del complesso r determina una superficie imita
nella T, luogo delle coppie di punti coniugati situate sui raggi della con-
gruenza. Tale superficie passa m volte per la C10 ed ha in comune con ogni
linea J oltre gli m punti di appoggio con la 010 altri 2m punti situati sui
i-aggi della congruenza appartenenti al fascio a cui è dovuta la J, onde l'ordine
della superficie è 4m.
« Inversamente le congiungenti i punti di una superficie Ffe = Ci(/' ai
punti coniugati (che sono su di una F'u;,-4o/t = C103'J-u/l) costituiscono una
congruenza del complesso r di grado Sk — 10/ì (2).
« Si è con ciò al caso di costruire e studiare tutte le trasformazioni
doppie dello spazio che hanno per involuzione congiunta la T nel senso in-
dicato da De Paolis. Basta assumere come spazio doppio uno spazio ordinario
su i punti del quale si sia rappresentato razionalmente il complesso r con
i metodi indicati da Cremona (3).
« Si noti infine che la trasformazione T che si studia, può supporsi
anche generata mediante il complesso lineare r e un connesso conico Xi_8
di 1° grado e di 2° ordine (4), in modo che due punti coniugati nella T
(') V. De Paolis, Meni, e § cit.
(2) Ne segue che non vi è alcuna FS=C10. Veggasi la classificazione dell'Halphen.
Meni, cit., cap. VI, n. 7.
(3) Sulla corrispondenza fra la teoria dei sistemi di rette e la teoria delle super-
ficie. Atti della R. Accademia dei Lincei. Serie 2a, tomo III, § 3, in nota.
(4) V. Masoni, Su i connessi conici ecc. Rendiconti della R. Accademia di Napoli,
fase. 4°, 1883.
— 212 —
siano i punti che nel connesso X sono coordinati ad un raggio del com-
plesso r.
« I raggi «! . . . «20 sono i raggi singolari del connesso situati nel com-
plesso T; e la C10 è il luogo dei punti i cui piani coordinati nel connesso
coincidono con i piani polari nella correlazione polare nulla (T).
« 7. Dalla costruzione data nel § 4 della trasformazione T mediante la
sua linea fondamentale C10 segue che ogni quatrisecante della Ciò corrisponde
nella T a ciascun suo punto, ed è quindi un raggio del complesso r, fonda-
mentale per la T. Ora può succedere che la Ciò si spezzi in modo da am-
mettere oo x quatrisecanti. Allora la superficie S* del complesso r che ne è
il luogo, viene a far parte di ogni superficie <Pn della T, sicché, trascurando
tale superficie Sa, si ottiene una trasformazione di ordine 11 — //, nella quale
le superficie <t> sono delle d>n_a = L03 Li2 L2l L3° ai . ..a8 , ove L3 , L2 , Lx , L„
sono le parti della Ci0 (di ordine l3 , /•> , lx , /0 , per l0 -f- lx -f- /2 -+- 13 = 10)
multiple rispettivamente secondo 3, 2, 1,0 per la superficie S*.
« Il sistema della superficie K non si altera con lo staccarsi della Stt,
sicché ogni raggio r di questa si trova su tutte le superficie K dovute alle
congruenze lineari di r passanti per r, e perciò questo raggio contiene oo '
coppie di punti coniugati della Tu-*.
« Di un punto A della curva fondamentale Lr (per r=0, 1, 2) la cor-
rispondente linea J3 si spezza negli r raggi della Su. uscenti da esso ed in
una curva di ordine 3 — /', che corrisponde ad A nella Tu_a. Invece per ogni
punto A della L3 la linea J è costituita dalle tre generatrici della Sa uscenti
da esso, sicché su un qualsiasi altro raggio di T che passi per A, i due
punti coniugati nella T coincidono in A, e quindi la L3 non risulta fonda-
mentale per la Tn_a, ma ne è curva unita singolare.
« E la congruenza delle congiungenti punti coniugati inf.te vicini si
spezza nella congruenza dei raggi del complesso V appoggiati alla L3 ed in
quella dei raggi dovuti ai punti della superficie punteggiata unita, la quale
superficie formando con la Sa la i?8 del caso generale risulta una J28_a=L02Li.
« Ne segue /3 < 4 , /* < 8.
« La superficie S„. oltre le L8', L3 non ha alcun'altra linea multipla.
La sua sezione con una superficie K si compone delle linee fondamentali, e
dei fi raggi che essa ha nella congruenza lineare a cui è dovuta la K, in
modo che se per individuare la Tii_a invece di partire dalla C10 si parte
dalla S;J. che soddisfi le condizioni accennate, riesce agevole stabilire gli or-
dini delle linee L; e considerando le congruenze d'ordine minore (1 o 2) del
complesso r che contengono la Sa, e le superficie unite che esse determinano
(§ 6), le quali comprendono la S,,., si viene a determinare la linea C10 e
la corrispondente trasformazione Tn_a.
« Ciò apparirà più chiaramente negli esempi che verremo ora a con-
siderare.
— 213 —
« 8. La superficie Sa sia un fascio di raggi (A — a) del complesso r.
Allora le superficie K4 della trasformazione dovuta alle oo * congruenze li-
neari di r che contengono il fascio (A — a), si spezzano nel piano a ed in
superficie di 3° ordine K3 costituenti una rete, di cui risulta linea base
quella parte della linea fondamentale C10 della T che non giace nel piano a.
E siccome due superficie della rete, dovute alle congruenze lineari (t — t'),
(u — ur), hanno in comune, oltre la linea in questione, la conica C2, che nel
piano @=t' u' della stella A forma con il raggio « /? del fascio (A — a) la
linea J del piano /?, perciò la linea base della K3 è una C7 di genere 5
passante per A ed appoggiata in sei punti alla conica C2 •
« Partendo inversamente da una tale curva C7 e dal complesso r, riesce
agevole costruire la trasformazione T10 che cercasi.
« Si noti infatti che una C7 gobba di genere 5 è base di una rete di
superficie di 3° ordine di cui i fasci hanno per ulteriori linee basi coniche C2
appoggiate in sei punti alla C7. Di queste co 2 coniche una ne passa per
ogni punto P dello spazio ; solo quando P è un punto della C7 , le coniche
del sistema che passano per esso, sono co l e giacciono sulla superficie della
rete che ha in P un punto doppio.
« I piani delle coniche C2 costituiscono una stella di cui è centro un
punto A della C7. Che se C2 , C'2 sono due qualsiansi coniche del sistema,
basi dei fasci L , L/ della rete, e n , ri sono i loro piani, il fascio 1/ sega
il piano tv secondo un fascio di cubiche del quale sei punti base sono i
punti (C2 - C7), onde gli altri tre sono su una stessa retta. Ora di questi
ultimi punti due sono i punti {n C'2) e il terzo è il punto (n C7) = A non
situato su C2, sicché per questo punto A determinato completamente dal
piano n della conica C2 , passa il piano ri di ogni altra conica analoga C'2 .
« E inversamente ogni piano n passante per A contiene una conica C2 ,
dal che segue anche che una conica del sistema è determinata univocamente
da una sua corda che non passi per A (').
« Ora se con la C7 è dato un complesso lineare r, le coppie di punti P P'
0) Le superficie K3 = C7 di un fascio F segano il piano n della conica C2 base del
fascio secondo le rette del fascio (A — n). Da ciò segue che ciascuna superficie K8
della rete contiene una retta k della stella A (essa è l'unica retta della K3 che
si appoggia in un solo punto alla C7), sicché essa superficie può riguardarsi come il luogo
delle coniche C2 situate nei piani passanti per il raggio k. Ne segue che le coniche C2
che si appoggiano ad una retta r sono nei piani di un cono di 3a classe della stella A
e generano una superficie omaloide Fs^CVr C22 essendo quest'ultima la C» che ha per corda
la r. Analogamente le coniche Ca tangenti ad un piano q sono nei piani di un cono di
4a classe della stella A, e generano una F^^Ct4, la quale è toccata dal piano (> lungo una
C6 che ha 7 punti doppi sulla C7 .
Si ha con ciò il mezzo di determinare le caratteristiche elementari del sistema delle
coniche C2.
Rendiconti. 1888, Voi. IV, 1° Sem. 28
— 214 —
situate su una stessa conica C2 dell'assieme e su uno stesso raggio del com-
plesso r, determinano una trasformazione involutoria T della specie che stu-
diasi, in cui ogni raggio del complesso r contiene una sola coppia di punti
coniugati eccettuati i raggi del fascio (A — a) del complesso che ne conten-
gono oo l.
« La C7 è linea fondamentale tripla per la trasformazione. Ogni suo
punto P ha per coniugata la sezione della K3 = P2 C7 col piano polare di P
nella correlazione polare nulla (T).
« L'altra linea fondamentale della trasformazione (doppia per essa) è il
luogo dei punti del piano « i cui piani polari nella (r) contengono le co-
niche C2 passanti per essi; e tale luogo è una C3, perchè ogni retta r di u
contiene tre punti del luogo, che sono la sezione di r con la superficie K3
della rete che passa per la retta r della stella A coniugata alla r nella (T).
« Sicché nella trasformazione T10 che ne risulta, le <X> sono delle
<P10 = C73C32 cii . . . aì5, essendo ax . . . a^ le trisecanti della C7 appoggiate
alla C3, raggi del complesso T; e la Jacobiana delle W è costituita dalle
I9 = C73 C3 ax . . . a15 , I27 = C78 C36 («j . . . #15)\ che corrispondono alle C3 C7.
« Queste due curve hanno in comune i punti (a C7) diversi da A.
« La superficie punteggiata unita della trasformazione è di 7° ordine ; è
una £7 = C72 C3 ax. . . ai:, (').
« 9. Un caso particolare del precedente si ottiene quando la trasformazione
T presenti un punto fondamentale A, a cui corrisponde il suo piano polare a
nella (T).
« Come prima le superficie K4 della T dovute alle congruenze lineari
che contengono il fascio (A — «), si spezzano nel piano a ed in superficie K3
di una rete, in cui però ogni conica, base di fascio, C2 deve contenere il
punto A che su di essa deve corrispondere al punto («C2), sicché le super-
ficie K3 risultano monoidi col punto doppio A in comune. La C7 (di genere 3)
passa per tale punto tre volte, mentre l'altra linea fondamentale C3 della
trasformazione vi passa semplicemente.
« E tutte le superficie K, della T hanno in A un punto doppio.
"10. La superficie Sa sia un sistema rigato K del complesso r. Allora
ciascuna congruenza lineare del fascio O di r che ha per base il sistema R,
determina una superficie K che spezzasi nell'iperboloide I su cui giace il
sistema E, ed in una quadrica che col variare della congruenza descrive un
fascio V proiettivo al precedente.
« Partendo inversamente da due fasci proiettivi F , Q> l'uno di quadriche
e l'altro di congruenze lineari appartenenti ad un complesso r, le coppie di
(]) A due a due le trisecanti della C7 sono coniugate nella T. Due trisecanti coniugate
sono in un piano per A, il cui inviluppo è un cono di 5a classe, e il loro punto d'incontro
è su una curva H15 della P.7 , sicché dette trisecanti costituiscono una S1S = C,5H15^
— 215 —
punti P P' situate su una stessa quadrica S del fascio F e su uno stesso
raggio della congruenza Q del fascio <J> che nella proiettività data corrisponde
alla S, costituiscono una trasformazione involutoria T nella quale semplice-
mente i raggi del sistema R base del fascio Q> contengono ciascuno co 1 coppie
di punti coniugati.
« Le linee fondamentali di questa trasformazione T9 sono la curva C4
base del fascio F e la curva C6 luogo delle intersezioni delle quadriche S
del fascio F con le direttrici delle corrispondenti congruenze lineari Q del
fascio Q>. La prima curva è tripla per la <J>9 ; la seconda ne è doppia, è di
genere 3, ba per quatrisecanti i raggi del sistema R e ha in comune colla
C4 otto punti.
« I ra^i fondamentali della T sono le ai... an corde comuni alle C4 , C6 .
La Jacobiana delle d> è costituita dalle superficie I16 = C45C64(#i...tfi2)2.
I16=C46Ce3 («i . . . aì2)2 che corrispondono rispettivamente alle C4,C6; e la
superficie punteggiata unita è una i26 = CY C6 «i . . . ax% » .
Cristallografia. — Criteri per stabilire una classificazione natu-
rale dei cristalli. Nota del prof. Carlo Marangoni, presentata
dal Socio Blaserna.
« 1. In questa Memoria mi propongo di prosare che il salgemma è di-
metrico esagonale (l); e che, per induzione, appartengono all'esagonale tutti
quei minerali del sistema tesserale, che si sfaldano parallelamente alle facce
del cubo. Non dove ripugnare l'esistenza d'un romboedro coll'angolo di 90°;
è quasta una forma intermedia fra i romboedri acuti e gli ottusi, sebbene
però un romboedro di 90° abbia la forma esterna di un cubo, esso non cessa,
per le sue proprietà, di essere un romboedro.
« La forma esterna dei minerali è così mutabile, e spesso è mimetica,
pseudomorfa e può mancare affatto che essa costituisce un carattere secondario.
Il più importante carattere dei cristalli è l'assettamento regolare delle mole-
cole, il quale dà origine ai piani di sfaldatura.
« Qui mi limito a due soli casi : quello che dà luogo all'ottaedro di sfal-
datura e l'altro che dà luogo al romboedro di sfaldatura.
« Soltanto il primo può, secondo il mio modo di vedere, appartenere al
sistema tesserale; il secondo, all'esagonale. Dunque la fluorite, che si sfalda
in ottaedri, e il salgemma, che si sfalda in cubi (romboedri di R : R = 90°)
sono incompatibili nel medesimo sistema. Ma vediamo di appoggiare questa
mia ipotesi sopra dei fatti.
0) Eendic. d. E. Acc. dei Lincei. Voi. IV, fase. 3°, 1888.
216
« 2. Rifrazione. — Se il salgemma è un romboedro in forma di im cubo,
ima delle sue diagonali deve essere l'asse principale, e in questa direzione i
fenomeni ottici devono essere diversi da quelli veduti nella direzione delle
altre tre diagonali. Per verificare ciò feci tagliare, da un medesimo cristallo
limpido di salgemma di Stassfurt, quattro lamine della grossezza di 5"1IU
nella direzione 111 e in modo di troncare i quattro angoli di una stessa
faccia del cubo; così ciascuna sezione è perpendicolare a una delle quattro
diagonali diverse.
« Esaminando le dette lamine nel campo oscuro dell'apparato di Nor-
remberg, a luce parallela, trovai infatti che tre di quelle lamine presenta-
vano due direzioni di estinzione retta come i cristalli uniassi, e quando
l'asse ottico era in direzione diagonale la luce appariva. La quarta lamina
invece lasciava passare solo poca luce, visibile specie coll'apparato a torma-
line, e l'intensità del campo non variava col girare la lamina. Il piano che
contiene l'asse ottico nelle tre prime lamine passa per una certa mediana della
faccia dell'ottaedro ed è perpendicolare alla lamina, dunque i piani degli
assi ottici delle tre lamine passano per una diagonale del cubo, quella per-
pendicolare alla quarta lamina. Dunque il salgemma è un cristallo uniasse,
l'asse è una diagonale del cubo,
dunque il salgemma è un romboedro
coli' angolo di 90°, sfaldabile, come
gli altri, parallelamente alle facce
del romboedro.
« Si noti che la luce nelle
prime tre lamine, in posizione dia-
gonale, non apparisce, uniforme,
come osservasi nelle lamine sfal-
date di calcite; ma apparisce a
linee sfumate, di color celeste chia-
ro, parallele al piano che contiene
l'asse,come vedesi nella fìg. 1. Le
lamine triangolari avevano 22mm
di lato e vi si contavano 15 linee
luminose principali. '
« 3. Perchè il salgemma non è birifrangente ? siccome vi sono romboedri
ottusi e acuti: romboedri negativi e positivi, cercai se v'era una relazione
fra l'angolo K e il rapporto — dei due indici di rifrazione straordinario e ordi-
to
nario; e se per avventura il romboedro di 90° fosse il punto di transizione
fra i positivi e i negativi, nel qual caso dovevasi trovare — = 1, e quindi
Grandezza doppia del viro.
nessuna traccia di doppia rifrazione. Ma non è così : il rapporto — varia poco
Angolo
polare R
—
Tormalina
45°.41r
—
Pirargirite
71.18
—
Dolomite
73.48
—
Calcite
74.55
+
Dioptasio
84. 5
+
Quarzo
85.45
— 217 —
col variare dell'angolo R e poi passa d'un salto dai cristalli — ai -f- prima
d'arrivare all'angolo di 90°, come vedesi nel seguente specchietto :
0,990
0,934
0,932
0,895
1,034
1,006
« Occorre dunque di trovare un'altra spiegazione della mancanza di doppia
rifrazione. Si sa che sovrapponendo due lamine di calcite parallele ad R, della
stessa grossezza e disposte simmetricamente, come se l'una fosse l'immagine
dell'altra rispetto al piano R, guardando attraverso la detta coppia di lamine
non si osserva più la doppia rifrazione; ma la luce rimane polarizzata coi
piani di estinzione come prima. Si può allora supporre che un cristallo
di salgemma sia una forma mimetica risultante di romboedri in forma di
cubi disposti simmetricamente in diverse positure, in modo che ne risulti
ancora un cubo di apparenza quasi isotropa. Se il mimetismo è così frequente
per le forme meno regolari, lo sarà maggiormente per le forme cubiche ; nelle
quali è quasi indifferente la positura delle singole molecole.
« Ad avvalorare l'ipotesi che il salgemma sia una forma che chiamerei
mimetrica isomorfa, sta l'apparenza striata che esso presenta fra i nicol in dire-
zione diagonale, simile a ciò che osservasi in vari minerali ripetutamente
geminati; ad esempio: nel microclino e in altri feldispati.
« 4. Piani d'incrinatura. — Anche i piani d'incrinatura, prodotti dalla
scarica elettrica, mostrano: 1° una analogia fra il salgemma e i cristalli
dell'esagonale; 2° una differenza fra il salgemma e la fluorite, che è tes-
serale.
« Tanto il salgemma che la calcite possono essere attraversate dalla
scarica in tre direzioni perfettamente analoghe ({). La fluorite, invece lo è
in una sola direzione, diversa dalle tre suddette.
0) Nella seconda Memoria (R. Lincei voi. Ili, fase. 5°, 1887), notai pel salgemma
una direzione di più: lo spigolo del tetraedro e dell'ottaedro sono una medesima direzione,
come risulta dal calcolo:
tetraedro, 111, 111 ==[011]
ottaedro, 111, III [<>!!]
— 218 —
« Ecco il quadro comparativo delle direzioni dei fori e dei piani :
Calcite Salgemma
fori
incrinature
I. Spigolo culmi- ( R
nante— 2R(') ( 1210
scalini
II.
[0001]
\ ìolo
III. Spigolo R
1100
R
R
R_
0111,1101
R
R
R
lisci
i
fori
[Oli]
[111]
[001]
incrinature
scalini
100
liscia
Oli
010,001
ilo
speculari
101
a strie sottili
Oli
normali al foro
100.010
estese
speculari
110,110
brevi
(?)
« Dal precedente quadro risulta:
« 1° che il foro della calcite, parallelo allo spigolo del romboedro
inverso — 2 R, corrisponde, nel salgemma allo spigolo del tetraedro ; perchè,
se si dispone il cubo con una diagonale verticale, presa come asse principale,
le diagonali delle facce del cubo, che partono dagli angoli terminali, sono
appunto spigoli del romboedro inverso — 2 R.
« Le due incrinature sono, in tutti e due i cristalli: una, parallela a
una faccia e l'altra, alla sezione principale perpendicolare a detta faccia.
« 2° che il foro parallelo all'asse nella calcite è analogo al foro paral-
lelo alla diagonale del cubo assunto come asse principale : in ambedue i
cristalli le incrinature son tre, che hanno per intersezione l'asse suddetto, e
fanno angoli di 120° fra loro; colla differenza che, nella calcite le incrinature
sono parallele alle facce del prisma esagonale di 1° ordine; mentre che nel
salgemma sono parallele al prisma esagonale di 2° ordine, parallelo all'asse
suddetto. Il salgemma ha più analogia col quarzo, che forma pure tre incri-
nature parallele al prisma di 2° ordine. Le tre facce d'incrinatura del salgemma
corrispondono ai piani di percussione del Reusch.
« Nella calcite gli scalini sono paralleli rispettivamente a una faccia
del romboedro; nel salgemma non si scorge la direzione degli scalini.
« 3° finalmente il foro parallelo agli spigoli culminanti del romboedro R
di calcite corrisponde al foro parallelo agli spigoli del cubo di salgemma;
(') In un sol caso la calcite ha presentato un foro parallelo alla diagonale maggiore
di una faccia E. I due piani d'incrinatura erano : E, striato perpendicolarmente al foro,
e il piano di scorrimento di Reusch. Ma questa direzione sta alla I come, nel salgemma,
uno spigolo del tetraedro sta all'altro che gli e normale.
— 219 —
le due incrinature nella calcite sono due piani di sfaldatura, come nel sal-
gemma; ma in quest'ultima vi sono altri due piani in diagonale, cioè quelli
di percussione.
« La maggiore analogia dei piani .d'incrinatura del salgemma con quelli
del quarzo, piuttosto che con quelli della calcite, può confermare l'ipotesi
che il salgemma sia mimetico ; il quarzo infatti è in generale formato dalla
riunione di un cristallo destrorso con uno sinistrorso.
« Se si trafora la fluorite, tagliata parallelamente a una faccia del cubo,
o dell'ottaedro, questa si incrina sempre secondo due piani di sfaldatura che
hanno per intersezione il foro ; spesso questo è una spezzata che segue due spi-
goli successivi dell'ottaedro. Ho misurato l'angolo formato da due incrinature e
l'ho trovato = 109° | che è circa l'angolo dell'ottaedro regolare = 109°.28U6".
« Alle volte il foro è curvilineo nella fluorite ; ma allora si vede che
una incrinatura è fatta a gradinata, il decrescimento degli strati segue una
legge irregolare e si ha una incrinatura di forma apparentemente cilindrica ;
di qui la ragione dei fori tortuosi.
« La scarica elettrica, o sfalda i minerali, o produce una incrinatura
la quale è intermedia a due piani di sfaldatura, e si direbbe essere la loro
risultante.
« 5. Curve delle durezze, elasticità. Exner trovò (l) che il salgemma e la
fluorite si comportano oppostamente riguardo alla durezza, esperimentata in varie
direzioni su di una stessa faccia. Cioè, pel salgemma sulle facce 100 e 111,
la durezza è massima nella direzione dal centro della faccia ai vertici; ed
è minima dal centro ai punti di mezzo dei lati. Avviene l'opposto sulle cor-
rispondenti facce della flourite. Nella calcite, invece sulle facce del romboedro
e sulla faccia basale si hanno i massimi e i minimi precisamente come nel
salgemma.
« Voigt e Groth trovarono che l'elasticità nel salgemma, normalmente
alle facce 100, 111, sta nel rapporto 1:0,763. Tutti questi fatti stanno a
provare che il salgemma non è isometrico.
« Conclusione. — Non essendo possibile di provare che esista un cubo col-
1* angolo di 90°, (e su questo argomento richiamo al lettore l'importante lavoro
del prof. Grattatola: Dell'unità cristallonomica) (2) è probabile che presto
si veggano sparire tutti quanti i minerali dal sistema tesserale ; e che questi,
emigrando di sistema in sistema, si riducano tutti nel triclino. Questo fatto
è necessaria conseguenza dell'essere il sistema di Haity artificiale. Basandoci
invece sul concetto dei piani di sfaldatura si può stabilire una classificazione
naturale delle forme cristalline; e mi parrebbe di ridurre, per ora, molti
(') F. Exner, Untersuchungen uber dio ffàrte an Crystallflàschen. Wien 1873.
(2) G. Grattarola, Rivista scientifica di G. Viniercati anno IX. 1877. Dirò solo che
l'autore, avendo misurato un angolo del cubo della galena, ottenuto per sfaldatura, lo ha
trovato =89°.5r, coll'approssimazione di 10 secondi.
— 220 —
minerali sotto due soli tipi, eie; l'ottaedro di sfaldatura e il romboedro di
sfaldatura.
« In questa nuova classificazione avverrebbe il fatto opposto; che cioè,
minerali appartenenti a sistemi inferiori verrebbero a trovare il loro posto
nel primo tipo, cioè nell'ottaedrico ; imperciocché l'essere gli assi uguali o
disuguali; l'essere gli angoli retti o quali si vogliano, non costituisce una
differenza esenziale, ma solo specifica. 11 fatto fondamentale in mineralogia
è la forma di sfaldatura, dipendente dal numero e dalla disposizione dei
piani di sfaldatura. Qui non si passa in modo continuo da un valore all'altro
ma si salta recisamente da una forma a un altra.
n Mi sorgono, è vero, delle difficoltà, e delle obiezioni ; ma trovo anche
molti altri argomenti in appoggio. Eppoi non sono le difficoltà che hanno
arrestata la scienza, ma sono esse principalmente che l'anno fatta progredire » .
Fisica. — Nuovo metodo per la determinazione delle due co-
stanti di elasticità. Nota I. del dott. Michele Cantone, presen-
tata dal Socio Blaserna.
« La ricerca dei due coefficienti, che caratterizzano una sostanza relati-
vamente alle deformazioni elastiche, ha preoccupato molto i fisici senza che
si sia potuto venire sinora a conclusioni del tutto soddisfacenti.
« Lungo sarebbe rifare la storia delle esperienze intraprese sul riguardo,
tanto più che una severa critica ha oramai scartate alcune di esse, perchè
non corrispondenti alle condizioni teoriche, in base alle quali le formule appli-
cate erano stabilite ; non accennerò pertanto né alle esperienze fatte sui me-
talli temperati, corpi non isotropi e assai probabilmente non omogenei, né a
quelle fatte sul causciù, perchè riguardano una sostanza la quale cede alle
azioni deformatrici in modo diverso da quello che nella teoria si suppone.
Ma non potrò tacere delle esperienze di Wertheim, di Regnault e di Cornu
relative alla determinazione della costante di Poisson, ordinariamante denotata
colla lettera fi.
« Non credo che alle prime si possa attribuire importanza di ricerche
decisive sulla questione assai controversa di quella costante, oltre che per le
ragioni esposte dai fisici i quali di questa critica si sono intrattenuti, anche
per le condizioni in cui si trovavano i tubi sottoposti a trazione, ben diverse
da quelle prevedute dalla teoria: non si poteva infatti, obbligando le parti
terminali a non subire contrazioni trasversali, ottenere nei recipienti quelle
variazioni di volume interno che si sarebbero avute, supponendo i punti della
sezione terminale superiore capaci di avere spostamenti nel loro piano e quelli
della sezione terminale libera sottoposti ad una tensione uniforme.
« Le ricerche condotte con tanta cura da Regnault non hanno avuto esito
più fortunato delle prime, perchè nei calcoli relativi a quelle esperienze si
— 221 —
assumeva come coefficiente di elasticità del vetro, di cui erano formati i reci-
pienti che venivano sottoposti esternamente a pressione uniforme, quello che
era stato dedotto dalle esperienze di Wertheim : or essendo abbastanza noto
il modo con cui varia il coefficiente di elasticità, non solo per tubi di varia
qualità di vetro, ma anche per quelli della medesima qualità, si è dai fisici
ritenuto poco attendibile il risultato avuto dall'illustre sperimentatore francese.
« Si è piuttosto ritenuto come assai probabile il valore di /i 0,250, cui
porterebbero approssimatamente le esperienze fatte da Cornu applicando il
metodo di Fizeau per determinare la curvatura di una lastra di vetro sotto-
posta a flessione, tanto più che per quella determinazione non occorreva la
conoscenza del coefficiente d'elasticità della sostanza su cui si operava. Certo
le ricerche di Cornu furono eseguite con un metodo indiscutibilmente supe-
riore agli altri sino allora tenuti, non solo per la grande esattezza di cui
erano suscettibili le misure, ma bensì per il fatto che si producevano piccole
deformazioni, coudizione essenziale perchè fosse possibile trovare un riscontro
coi risultati cui porta la teoria della elasticità. Purtuttavia è rimasto sempre
il dubbio che il valore di ;i potesse variare non solo colla sostanza, ma fin anco
da una qualità ad un'altra di vetro ; per cui dai fisici, che si sono occupati
delle variazioni di volume dei liquidi nei recipienti di vetro sottoposti a pres-
sione, o si è evitato con qualche artifizio di tener conto delle deformazioni
del recipiente, o nei casi in cui questo è stato impossibile, si è adottato con
qualche incertezza da taluni il valore della costante fi trovato da Cornu, da
altri quello dedotto da Kegnault.
« In occasione di alcune mie esperienze sulle deformazioni dei conden-
satori è occorso anche a me di conoscere i valori di fi ed E per i recipienti
cilindrici di cui mi servivo, ed ho intrapreso talune ricerche in proposito, per
le quali, adoprando un metodo nuovo, son venuto con grande approssimazione
per fi al valore 0,250 cui, oltre alle esperienze di Cornu, accennerebbero i
risultati ottenuti teoricamente da Poisson e in questi ultimi tempi, per via
diversa da Saint-Venant ('): ho fiducia pertanto che la pubblicità, che io do
ad esse, valga ad avvalorare un fatto di grande importanza per la teoria
della elasticità.
« Debbo qui esternare sensi di viva gratitudine al chiarissimo prof. D. Ma-
caluso che mi ha ammesso nel Laboratorio di Fisica di questa Università
e mi ha fornito i mezzi per intraprendere le ricerche.
« Il Lamé ha calcolato le variazioni di lunghezza e di volume, che su-
bisce un recipiente di forma cilindrica, supposto che alle due superficie agis-
sero pressioni uniformi date ad arbitrio ; e si sa che le formule dedotte sono
con leggiera modificazione applicabili al caso di recipienti cilindrici terminati
da due emisferi. Ciò che rende difficilmente applicabili quelle formule è la
(») De Saint-Venant, C. R., LUI, 1107.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 29
— 222 —
determinazione dei raggi interno ed esterno del tubo, di cui essi son formati;
non tanto perchè questa misura presenti inconvenienti speciali, quanto perchè
i tubi di vetro non hanno d'ordinario pareti di spessore costante: fortunata-
mente però ho potuto trovarne alcuni a spessore sensibilmente costante, ed
ho ritenuto quindi potermi servire di quelle formule per dedurre da esse i
due coefficienti, dopo aver determinato sperimentalmente le variazioni di lun-
ghezza e di volume.
« I tubi da me adoperati per queste esperienze sono quelli di cui mi
ero servito per le ricerche sulle deformazioni dei condensatori: sono di vetro
turingio, hanno pareti sottili e gli assi quasi perfettamente rettilinei. Ho avuto
cura di dare ai recipienti una lunghezza conveniente perchè le calotte termi-
nali avessero poca influenza sulle variazioni sia di volume che di lunghezza;
ed inoltre, per operare in condizioni più vantaggiose, ho procurato di pro-
durre nelle calotte stesse, mercè la fusione, un aumento di spessore, e una
curvatura non molto forte. A far ciò sono stato costretto a modificare le dimen-
sioni dei recipienti adoperati nelle esperienze elettriche, ragion per cui si tro-
veranno diverse le loro capacità da quelle che allora aveano. Ricorrendo a
tali precauzioni ho potuto supporre trascurabile l'influenza delle calotte e con-
siderare i recipienti come aventi forma cilindrica.
« Le esperienze hanno avuto per iscopo di determinare per ciascun reci-
piente la diminuzione di capacità dell'unità di volume per una pressione
uniforme uguale ad uno all'esterno, e successivamente l'aumento di lunghezza
per una pressione uniforme uguale ad uno all'interno.
« Le formule che danno siffatte variazioni sono, come si sa :
Jv 5 — 4/f R.2
VP! E IV — IV
Ji 1— 2/t Rn2
(1)
LP0 Jbl Ri8— JV (2)
dove Pi ed Rx denotano rispettivamente la pressione ed il raggio esterno,
P0 ed R0 la pressione ed il raggio interno.
« Ponendo
si ha:
da cui si ricava
K =
K =
VPi " LP0
5 — 4/1 R.2
l—2.u R,r
A< = — |V-- (3)
Ri»
« Per avere ;i non occorre che la ricerca di K e la determinazione dei
due raggi del tubo : noto fi sarà facile ottenere il coefficiente di elasticità E.
« La misura del raggio interno di ciascun recipiente è stata fatta riem-
— 223 —
piendolo di acqua distillata, privata d'aria mediante l'ebollizione : questo li-
quido occupava tutto il recipiente, un tubo intermedio destinato alla salda-
tura di un tubo capillare, e porzione di quest'ultimo; dalla differenza dei
pesi del recipiente pieno e vuoto si avea, fatta la correzione per la tempe-
ratura, il volume del liquido; da cui togliendo la porzione che riempiva i
due ultimi tubi, si avea con sufficiente approssimazione il volume interno del
recipiente che si dovea sottoporre a pressione. Chiamando V questo volume,
ho calcolato il raggio interno R0 del tubo servendomi della nota formula:
Rn
V;
dove lx denota la lunghezza della parte cilindrica del recipiente, ed l% la
somma delle saette delle due calotte terminali.
« D'altra parte mediante lo sferometro si è avuto lo spessore delle pareti
del tubo, ottenendo i pezzettini occorrenti per questa determinazione dalla
rottura di due tratti anulari presi agli estremi della porzione che si adoperava
per la costruzione di ciascun recipiente. Il valore medio degli spessori misurati
si adottava per la determinazione del raggio esterno. Aggiungerò che il dia-
metro interno del tubo intermedio fra il recipiente e il cannello capillare erasi
determinato direttamente colla macchina a dividere, e che il diametro del
tubo capillare, destinato alla misura delle variazioni di volume, erasi dedotto,
dopo essersi accertati che il tubo fosse sensibilmente capillare, determinando
la lunghezza e il peso di una colonna di mercurio introdottavi, e facendo la
correzione per la temperatura.
« Variazioni di volome per le pressioni esterne. — In un serba-
toio cilindrico B (fig. la), comunicante per un tubo laterale C col-
l' apparecchio di compressione dell'aria, veniva introdotto il reci-
piente A che si voleva sottoporre a pressione, e con un tappo eli
sughero S, rivestito alla superficie di mastice, si operava la chiu-
sura ermetica della concamerazione compresa fra B ed A. In B si
conteneva dell'acqua destinata in parte a mantenere costante la tem-
peratura tutto all'intorno del recipiente A, e in parte a diminuire
il volume dell'aria che si volea comprimere, essendo ciò richiesto
dall'uso di una pompa-manometro di cui io mi serviva.
« Era questa costituita di due tubi di vetro a sezione piuttosto
grande, messi in comunicazione mediante un tubo di gomma fasciato,
e dei quali uno, comunicante col serbatoio B , era fissato stabilmente
alla parete, l'altro, aperto superiormente, era sorretto da apposita
custodia scorrevole lungo un'asta di ferro verticale. Fra i due tubi
si aveva un regolo graduato in millimetri per misurare la differenza
\JI di livello del mercurio, che occupava parzialmente i due rami del
Fi»-, i. manometro. Perchè tale misura non fosse affetta da errori provenienti
e
— 224 —
dalla direzione della visuale dell'osservatore, si erano circondati i due tubi
o-randi di vetro con anelli di ottone aventi il bordo superiore netto e scoi-
revoli su guide verticali: sul prolungamento dei bordi superiori si aveano
due indici che si potevano adattare, girando gli anelli, sul regolo graduato.
« Le dimensioni dei tubi di congiunzione e delle parti nelle quali si
osservano le variazioni di livello sono state scelte in modo che fossero pos-
sibili aumenti o diminuzioni di pressione sino a circa l/3 di atmosfera. Ho ri-
tenuto sufficiente questo limite perchè si poteano avere variazioni notevoli
sia di capacità che di lunghezza, e d'altra parte perchè, volendo applicare
le formule teoriche, procuravo di non avere deformazioni troppo forti.
« Un termometro a contatto del recipiente B accennava a piccole varia-
zioni di temperatura nel periodo delle esperienze; e questo era dovuto al
fatto che si lavorava sotto l'anfiteatro della scuola di Fisica, in un ambiente
perciò poco esposto, e nel quale si lasciavano costantemente chiuse le finestre'
e le imposte.
« Le letture relative alle variazioni di volume del recipiente si faceano
senza che l'osservatore stesse vicino all'apparecchio: si disponeva a tal uopo
di un cannocchiale, fissato ad un trepiedi solido, e munito di un micrometro,
su cui si valutavano gli spostamenti della superficie libera del liquido nel
tubo capillare T (tìg. la). Per avere il valore assoluto di questi spostamenti
si attaccava al tubo T lateralmente una scala in millimetri, incisa sul vetro
mediante la macchina a dividere, e senza bisogno di spostare il cannocchiale
(cadendo la scala nel campo di esso) , si verificava di quando in quando il
numero di divisioni del micrometro che corrispondevano ad ogni millimetro :
non si ebbero mai a constatare differenze sensibili fra queste letture di veri-
fica. L'ingrandimento adottato non potè essere lo stesso per tutti i recipienti,
perchè quello usato per due di essi non si trovò sufficiente per gli altri due;
si dovette quindi aggiungere una lente convergente all'obbiettivo del cannoc-
chiale per ovviare all'inconveniente di avere spostamenti assai piccoli; epperò
si ebbe cura di determinare l'ingrandimento in questo secondo caso colle stesse
cautele che si erano adoperate per il primo, e le esperienze di verifica fatte
per uno dei recipienti coi due ingrandimenti mostrarono che il rapporto loro
era uguale a quello ottenuto operando con recipienti diversi.
« Variazioni di lunghezza per pressioni interne. — Le variazioni di lun-
ghezza vennero da me determinate col metodo di Fizeau. Questo metodo non è
stato sinora adoperato per la misura di piccole deformazioni in corpi di lun-
ghezza considerevole forse perchè si è ritenuto di impossibile attuazione : si è
pensato, credo, che sarebbe stato assai difficile sottrarre il corpo a quelle
vibrazioni, provenienti dal passaggio dei carri in un centro abitato, che si
comunicano facilmente mediante le pareti ai corpi che sono ad esse legati.
Ammesse queste vibrazioni certo il metodo in parola non è applicabile ; se non
225 —
che ho potuto constatare che tali vibrazioni sono temporanee e si possono in
gran parte evitare disponendo di un locale non troppo vicino a strade fre-
quentate da veicoli. Le esperienze mie furono fatte nello stesso locale cui
sopra si accennava, e non ostante mi trovassi ad una distanza di circa 80 metri
da una delle vie di maggior traffico non ho risentito gran fatto, probabil-
mente per la natura del sottosuolo, l'influenza di quella causa disturbatrice:
ho potuto infatti produrre delle frangie che per molto tempo non subivano spo-
stamenti bruschi.
• « La disposizione cui ho avuto ricorso è accennata
dalla fig. 2a. In una mensola di legno M, fissata soli-
damente al muro, era praticato un foro, nel quale, me-
diante un tappo di sughero S si adattava il recipiente A
in modo che il suo asse riuscisse perfettamente verti-
cale, operando la sospensione per una porzione del tubo
intermedio I. L'estremo inferiore di questo tubo attra-
versava un secondo tappo di sughero S' , destinato a
sorreggere un tubo di vetro B , che circondava per quasi
tutta la lunghezza il recipiente A. Il tubo B portava
inferiormente un anello circolare C con tre fori, per
cui passavano tre viti v , facienti capo ad un secondo
anello C occupato internamente da una lastra di vetro l
a faccie piane e parallele : le viti v mediante i dati d,
che le reggevano superiormente, e le molle a spirali,
che le circondavano nei tratti compresi fra i due anelli,
permettevano, girando opportunamente i dadi, di spostare
la lastrina inferiore e di darle una orientazione qualun-
que. Fra questa lastrina ed un'altra V , fissata mediante
un po' di colla da falegname all'estremo del recipiente À.
si producevano le frangie.
« La produzione di esse riusciva facile purché si
avesse cura di far combaciare le due lastrine prima che
la colla solidificasse : le frangie comparivano per il
fatto del combaciamento, sicché il giorno appresso, gi-
rando poco a poco i dadi, si poteano portare le lastrine
ad una distanza di circa mezzo millimetro senza perderle.
« Le frangie aveano in principio forma di anelli concentrici, ma in se-
guito le ho ottenute costantemente a forma di un doppio sistema di iperboli
ad assi incrociati, probabilmente perchè qualche volta nel combaciamento delle
due lastrine si dovette produrre una deformazione permanente in una di esse.
« Le frangie si rendeano visibili nel seguente modo. Al muro era attac-
cata in basso una seconda mensola di legno Mr; su cui veniva fissato con
morsetti il piano di un trepiedi P, analogo a quello che adoperava Fizeau
Fisr. 2.
— 220
per le sue ricerche, destinato a sorreggere colle punte delle tre viti /? una
lente k piano convessa e ad orientarla in modo che la sua faccia piana riu-
scisse sensibilmente parallela alle due lastrine / , l'. Fra il piano del trepiedi
e la lente si avea uno specchietto a formante un angolo di circa 45° colla
verticale ed avente una orientazione tale che potessero per esso passare, tanto
all'andata che al ritorno, i raggi che producevano le frangie d'interferenza
fra le due lastrine. Per il resto la disposizione era identica a quella seguita
da Fizeau nelle sue determinazioni, come è accennato in pianta dalla fig. 3a.
Un fascio di raggi provenienti da una lampada
Bimsen Q , resa monocromatica da una perla di
solfato di soda, passava attraverso una lente a
corto foco L, convergendo in vicinanza della
faccia riflettente di un piccolo prisma a rifles-
sione totale i , da cui veniva deviato e diretto
verso lo specchietto o-, dove subendo un'altra
deviazione, e passando poi attraverso la lente K
dava luogo ad un fascio parallelo che generava
le frangie per la riflessione alle due faccio della
lamina d'aria frapposta alle due lastrine 1,1'.
I raggi di ritorno, riflessi nuovamente dallo spec-
chietto (/, venivano ad un cannocchiale collocato
dietro il prismetto r, dando all'osservatore un'im-
agine ingrandita delle frangie d'interferenza.
« La congiunzione del recipiente A col ma-
nometro si effettuava mediante tubi di vetro fis-
sati al muro: così veniva evitato che il reci-
piente, per qualche spostamento dei tubi che lo
faceano comunicare col manometro, avesse a subire
piccole rotazioni.
« Quanto all'influenza della temperatura si potea ritenere trascurabile,
anzitutto perchè quella dell'ambiente non soffriva variazioni notevoli, in se-
condo luogo perchè, essendo le lastrine l ed /' attaccate a due tubi di vetro
della stessa lunghezza e della stessa qualità, gli spostamenti loro per effetto
della temperatura si compensavano, ed infine perchè si ebbe cura di proteggere
con doppio involucro di latta R e con una custodia di legno N il recipiente A
dalla irradiazione della lampada Bunsen di cui si facea uso per la produ-
zione della luce monocromatica. Le esperienze del resto mostrarono la poca
influenza della temperatura, non avendosi nelle frangie da una esperienza
all'altra spostamenti sensibili.
« D'altra parte i movimenti delle frangie riferiti a punti segnati sulla
lastrina l' erano presso a poco gli stessi per tutti i punti, ed avvenivano
gradatamente pmchè la pressione non variasse tutta d'un tratto. Si riconobbe
1
Fiff. 3.
— 227 —
superfluo pertanto di misurare volta per volta gli spostamenti relativi a di-
versi punti di riferimento, e si preferì invece di limitarsi alla misura di quelli
che avvenivano rispetto ad un punto segnato nel centro della lastrina l'. In un
caso in cui si constatò che la condizione sopra citata non era soddisfatta, si
modificò la sospensione del recipiente A alla mensola M, rendendola anche
più solida, sino ad avere spostamenti dello stesso valore per tutti i punti di
riferimento.
« Con queste cautele si potea esser sicuri che il metodo impiegato per
constatare le variazioni di lunghezza era assai adatto perchè non suscettibile
di gravi cause di errori, di attuazione non molto difficile, e vantaggiosissimo
per il modo col quale direttamente ed in valore assoluto permetteva di misu-
rare quelle variazioni.
« Debbo qui render grazie alla cortesia del chiarissimo prof. Antonio Eoiti,
che mi ha permesso per queste ricerche l'uso di alcune parti dell'apparecchio
di Fizeau, attualmente in costruzione nel Gabinetto di Fisica del R. Istituto
Superiore di Firenze » .
Chimica. — Sulla formazione dei due tetrabromuri di pirro-
lilene ('). Nota di G. Ciamician e G. Magnanini, presentata dal Socio
Cannizzaro.
« In una Nota presentata a questa Accademia nel novembre scorso (2).
uno di noi fece vedere, che in seguito alle ricerche di Ciamician e Magmap-hi
e contrariamente alle asserzioni di Grimaux e Cloez, il pirrolilene (o eritrene).
ottenuto dall'eritrite o dalla pirrolidina, dà, per trattamento con bromo, di-
rettamente molto probabilmente due tetrabromuri isomeri diversi.
« I sigg. Grimaux e Cloez avevano osservato che il tetrabromuro meno
fusibile (118°-119°) si trasforma per distillazione nell'altro isomero più fusi-
bile (38°-39°), scoperto da Ciamician e Magnaghi, e da questo fatto, male
interpretando un lavoro di questi due chimici, credettero di poter conchiu-
dere che il tetrabromuro fusibile a 39°-40°, ottenuto da Ciamician e Ma-
gnaghi, provenisse dalla trasformazione dell'altro isomero per distillazione e
non derivasse direttamente dall'idrocarburo.
« Nella Nota accennata, uno di noi ebbe già occasione di dimostrare che
questa interpretazione dipendeva principalmente dal non avere i due chimici
francesi letta con sufficiente attenzione la nota di Ciamician e Magnaghi, e
la quistione a risolversi venne posta nel seguente modo. Ciamician e Ma-
gnaghi fecero assorbire il pirrolilene, proveniente dalla pirrolidina e dall'eri-
trite dal bromo, e ne eliminarono l'eccesso riscaldando il prodotto a b. m.
(!) Lavoro eseguito nel E. Istituto Chimico di Padova.
(2) Rendiconti III, 242.
— 228 —
Il residuo seruisolido venne trattato con etere petrolico, che, lasciando indi-
sciolto il tetrabromuro di Henninger, fusibile a 118°-119°, asporta un bro-
muro liquido, che, scacciato l'etere petrolico, in un caso (nel prodotto ottenuto
dalla pirrolidina) si solidificò spontaneamente dopo molto tempo, e nell'altro
(nel prodotto ottenuto dell'eritrite) venne purificato per distillazione frazionata
a pressione ridotta. In entrambi i casi risultò lo stesso composto, im tetra-
bromuro isomero a quello di Henninger, fusibile a 38"-39°. Restava perciò a
decidere se il tetrabromuro di Henninger potesse trasformarsi nell'altro iso-
mero per riscaldamento con bromo a 100°.
« Noi abbiamo ripetuto a questo scopo le esperienze di Ciamician e
Magnaghi evitando con cura ogni riscaldamento del miscuglio dei tetrabro-
muri. I prodotti di decomposizione dell'eritrite con acido formico, vennero
fatti assorbire, impiegando l'apparecchio già descritto dai due autori citati,
dal bromo puro ed il prodotto ottenuto venne liberato dall'eccesso di bromo
mediante una corrente d'aria e poi lasciandolo per qualche giorno in un es-
siccatore sulla calce. Per trattamento con etere petrolico si separò facilmente
il tetrabromuro di Henninger e la soluzione petrolica lasciò indietro, per
spontaneo svaporamento, un olio di intenso odore canforico, che si solidificò
in un miscuglio di neve e sale.
« Abbandonando il prodotto solidificato per qualche tempo a sé stesso in
un ambiente freddo, si mantiene solido e non fonde più al calore della mano.
Si potè perciò spremerlo fra carta, per liberarlo da una materia oleosa, che
ne abbassa notevolmente il punto di fusione. La materia così ottenuta è
bianchissima, e venne sciolta nell'etere petrolico per eliminare delle piccole
quantità dell'altro tetrabromuro, che non è del tutto insolubile in questo sol-
vente. Per lento svaporamento si ottenuero cristalli tabulari che fondevano
a 38°-39° (*), e che avevano tutte le proprietà del composto scoperto da
Ciamician e Magnaghi.
« Con ciò è provato che il pirrolilene dà direttamente col bromo due
tetrabromuri isomeri. Vogliamo però fare osservare che le quantità relative,
in cui si formano questi due corpi, possono variare e dipendono da cause che
non abbiamo potuto determinare. Questo fatto può forse servire a spiegare
in parte i risultati avuti da Grimaux e Cloez. — La quantità relativa del
tetrabromuro più fusibile da noi ottenuto era minore di quella che ottennero
Ciamician e Magnaghi.
« Sebbene le esperienze or descritte non lascino alcun dubbio sulla
formazione dei due tetrabromuri dal pirrolilene, pure ci è sembrato interes-
sante di vedere se, operando in condizioni simili a quelle descritte da Cia-
mician e Magnaghi, fosse possibile la trasformazione del tetrabromuro meno
fusibile in quello più fusibile. Prima di tutto ci siamo accertati, che il
0) Ciamician e Magnaghi trovarono il punto di fusione 39°-40°, Grimaux e Cloez 37°,5.
— 229 —
tetrabromuro di Henninger, non si trasforma nel suo isomero, per riscalda-
mento prolungato con bromo, in un tubo chiuso a 100°; ma poi abbiamo
voluto vedere se distillando il detto tetrabromuro a pressione ridotta, come
fecero Ciamician e Magnaghi per purificare il prodotto contenente il com-
posto fusibile a 38°-39°, avvenisse la trasformazione in proporzioni tali da
giustificare la supposizione di Grimaux e Cloez.
« Noi abbiamo distillato il tetrabromuro di Henninger ad una pressione
di circa 6 centimetri; il composto bolle costantemente a 180°-181°, ed il
distillato, polverizzato e lavato con etere petrolico, non cede a quest'ultimo
che piccolissime quantità del tetrabromuro fusibile a 38°-39°. Ora Ciamician
e Magnaghi, distillando la parte del loro prodotto greggio, solubile nell'etere
petrolico (*), a pressione ridotta, ottenero quasi esclusivamente il nuovo te-
trabromuro e solamente le ultime porzioni del distillato erano formate dal
tetrabromuro di Henninger, che evidentemente, non essendo del tutto insolu-
bile nell'etere petrolico, venne da questo sciolto assieme all'altro composto.
Con ciò noi siamo lontani dal voler negare il fatto interessante scoperto da
Grimaux e Cloez, che il tetrabromuro di Henninger si trasformi in parte
per distillazione nel suo isomero, ma vogliamo soltanto mettere in rilievo il
fatto non meno accertato che, essendo questa trasformazione funzione della
temperatura, essa non avviene che in minima quantità se si fa la distilla-
zione a pressione ridotta.
« Le osservazioni di Grimaux e Cloez sul lavoro di Ciamician e Ma-
gnaghi, sono perciò prive di fondamento : prima di tutto perchè realmente
il pirrolilene può dare col bromo direttamente due tetrabromuri diversi, iso-
meri, e poi perchè nelle condizioni in cui operarono Ciamician e Magnaghi,
la trasformazione del tetrabromuro meno fusibile in quello più fusibile non
poteva avvenire in modo da produrre il tetrabromuro che fonde a 38°-39°,
nella quantità ottenuta da questi chimici.
« Per ultimo dobbiamo fare notare che il punto di fusione del tetra-
bromuro di Henninger, da noi osservatola 118°-119°, come trovarono Cia-
mician e Magnaghi.
« Avendo preparato nel corso delle esperienze ora descritte, quantità
notevoli del bromuro di Henninger, abbiamo invitato il eh. sig. prof. Rug-
gero Panebianco a volere fare lo studio cristallografico, essendo stato già stu-
diato da questo lato l'altro isomero dall'egregio ing. Giuseppe La Valle. —
Il prof. R. Panebianco ebbe la gentilezza di comunicarci un sunto del suo
lavoro, che verrà stampato per intero nella Rivista di Mineralogia e Cristal-
lografia italiana da lui diretta.
0) I sigg. Grimaux e Cloez dicono nella loro pregevole Memoria: «... .mais en
voulant purifier le tetrabromure d'érythrène par distillation ils (Ciamician e Magnaghi)
ont rencontré un corps fusible à 39°-40° .... » per cui potrebbe sembrare che si fosse
trattato del tetrabromuro a 118°-119°, ciò che è erroneo.
Rendiconti, 1888, Vol. IV, 1° Sem. 30
— 230 —
« Sistema cristallino: Monoclino
a: b: e = 2,63485:1:2,333815
$ = 80° 55'
« Le misure istituite sopra un cristallino (fìg. 1 proiettata su 010 e in-
grandita 30 volte circa) dettero :
001:100 = 80° 55'
001:111 = 65 11
001:111 = 70 45)
001:111 = 71 8
100:111 = 67 24
111:111 = 39 28
100:111 = 73 20
70° 56', 5
Fio 2
Tu U
« Prendendo per angoli fondamentali: 001:100, 001:111 , 100:111, si
hanno dal calcolo le costanti anzi date ed i valori
001:111 = 70° 46
111:111 = 38 47
100:111 = 73 49
« Sfaldatura perfetta: (100).
« Piano degli assi ottici: parallelo a (010). — Una bisettrice dell'angolo
degli assi ottici per la luce media è circa normale a (001). — L'angolo degli
assi ottici misurato nell'olio ed in una lamina parallela a (001) fu trovato
di circa 99°.
« Il prof. R. Panebianco ha fatto anche uno studio microscopico di questa
sostanza, che crediamo utile riassumere qui brevemente, perchè può servire
a riconoscerla anche in piccole quantità. — Svaporando lentamente su di un
copri oggetti alcune gocce della soluzione eterea si ottengono dei cristallini,
per lo più poggianti con la base sul vetrino. Alcuni dei cristalli maggiori.
— 231 —
riportati alla stessa orientazione, sono raffigurati, ingranditi circa 80 volte,
nelle fig. 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8. I cristalli rappresentati dalle fig. 2 e 3 sono
i più cornimi e non sono infrequenti quelli della fig. 4 più o meno allungati.
« Per gli angoli piani si trova :
rill:001]:[lll:001] = 138°40>=10) Lim. 137° 50' — 139° 10'
[lll:001]:[100:00r]) 110. 8(y ( ==2)Liin .109° 45-111° 40
[111:001]:[100:001]^ v
« Combinando i due valori, si ha per l'angolo piano della base
[lIl:001]:[lll:001] = 41o9'
da cui risulta a'. b = 2,664 ... ,
che è poco diverso dallo stesso rapporto ottenuto nei cristalli macroscopici,
viceversa in questi ultimi si ha dal calcolo:
[111:001]:[111:001] = 41°34'
« Nel porre termine a questa comunicazione non possiamo omettere alcune
osservazioni sulle cause che possono determinare l'isomeria dei due tetra-
bromuri di pirrolilene. L'uno di noi fece osservare, nella Nota già citata, che
non è improbabile che l'isomeria in questione corrisponda a quella degli acidi
racemico e tartrico inattivo ; ora Otto e Ròssing (*) e Hjelt (2) hanno pub-
blicato recentemente alcuni interessantissimi fatti sugli acidi dimetilsuccinici
e dietilsuccinici simmetrici, i quali fatti presentano una certa analogia col
comportamento dei due bromuri di pirrolilene. Anche presso i due acidi di-
metilsuccinici ed i due acidi dietilsuccinici simmetrici, si osserva che l' iso-
mero, che ha il punto di fusione più elevato, si trasforma per distillazione
in quello, che fonde a più bassa temperatura. — Il problema dell'isomeria
elei due tetrabromuri di pirrolilene si potrà risolvere trasformando le due so-
stanze negli alcooli corrispondenti; noi abbiamo già fatto coli' acetato argen-
teo alcune esperienze in proposito, che crediamo conveniente di non pubbli-
care, avendo i sigg. Grimaux e Cloez annunciato interessanti ricerche su questo
argomento.
« Crediamo in fine utile rammentare ancora una volta, che anche l' iso-
meria dei due tetrabromuri di piperilene (■'), osservata da uno di noi, sarà proba-
bilmente da interpretarsi in modo analogo » .
(i) Beri. Ber. XX, 2736.
(2) Ibid XX, 3078.
(3) Vedi, Magnanimi Rendiconti «Iella K. Acc. dei Lincei [4], li. 13.
— 232 —
Chimica. — Sulle solfine e sulla diversità delle valenze dello
zolfo. Nota di Raffaello Nasini e Alberto Scala, presentata dal
Socio Cannizzaro (*).
« Da molto tempo noi eravamo occupati nello studio dei composti orga-
nici solforati, principalmente allo scopo di stabilire qualche cosa di positivo
riguardo alla tetravalenza dello zolfo e alla diversità delle sue valenze : noi
avevamo fatto speciale oggetto delle nostre ricerche i solfuri organici, le sol-
fine e i composti che da esse derivano. Sino a qui non avevamo creduto ne-
cessario di pubblicare i resultati dei nostri studi e attendevamo di averli
completati ancor maggiormente, ma un lavoro comparso recentemente negli
Annali di Liebig, eseguito dai signori Klinger e Maassen (2) nell'Istituto chi-
mico dell'Università di Bonn, e nel quale gli autori lavorando nello stesso
nostro campo trovano risultati diametralmente opposti ai nostri, ci obbliga a
pubblicare almeno una parte delle nostre ricerche.
« La questione della tetravalenza dello zolfo è stata lungamente dibat-
tuta. Senza tener conto dei composti in cui questo elemento è unito con altri
elementi bivalenti o polivalenti, composti che in modo assoluto non possono
mai essere una prova della sua tetravalenza, vi sono poi altre combinazioni
in cui essa sembra non dubbia : queste sono oltre il tetracloruro di zolfo, che
non si è riusciti ad isolare, i derivati solfinici dei solfuri organici, i quali
possono tutti considerarsi come derivati degli ioduri solfinici che risultano
dall'addizione di un solfuro organico M2S con un ioduro alcoolico MI: quésti
ioduri hanno quindi la composizione SM3I nei quali I può essere sostituito
da Br , CI , OH e che danno luogo poi a svariatissimi composti nei quali rag-
gruppamento SM3 figura sempre come monovalente: i tre radicali alcoolici
possono essere uguali oppure differenti : ma sino ad ora si conoscono soltanto
composti del tipo S M3 A e S M', M" A , ossia aventi tutti e tre i radicali alcoo-
lici uguali o pure soltanto due uguali. Disgraziatamente di tutti questi com-
posti né dei più semplici né degli altri, si è potuto determinare la densità
di vapore: quindi resta sempre il dubbio se si tratti di veri composti ato-
mici dalla riunione nei quali necessariamente e indubbiamente lo zolfo sa-
rebbe tetravaleute, oppure di composti molecolari derivanti p. es. di solfuri
organici e di una molecola di ioduro alcoolico. Altra questione poi vi è e del
più grande interesse che riguarda non solo la tetravalenza dello zolfo, ma
ancora la qualità delle sue valenze, se cioè esse sieno tutte uguali fra di loro.
Ove si potesse escludere l'ipotesi delle combinazioni molecolari, i fatti sco-
perti da Kruger, a proposito dei composti solfinici a cui sopra abbiamo accen-
[}) Lavoro eseguito nell'Istituto chimico della E. Università di Roma.
(J) Liebig's Annalen. T. CCXLIH, pag. 193.
— 233 —
nato, sarebbero una prova indiscutibile che le quattro valenze dello zolfo non
sono uguali. P. Kruger in un lavoro eseguito l'anno 1876 nel Laboratorio
di Kolbe (!) preparò, partendo dal solfuro d'etile e l'ioduro di metile, il cor-
rispondente ioduro solfinico (C2 H5)2 CH3 SI e quindi molti derivati di questo :
partendo poi dal solfuro misto di metile etile e dall'ioduro di etile, preparò
poi il corrispondente composto solfinico C2H3 . CH3 . C2H5 . S . I e i suoi deri-
vati. Malgrado che avessero l'identica composizione, trovò che né gli ioduri
né i derivati corrispondenti che si ottenevano erano identici : si avevano delle
isomerie. I derivati del primo ioduro solfinico li chiamò, per ricordare l'ori-
gine, combinazioni della dietilmetilsolfina, gli altri combinazioni della etil-
metiletilsolfina.
« Nella piccola tabella seguente sono riuniti i resultati più interessanti
di Kruger a proposito di questa isomeria :
Combinazioni della dietilmetilsolfina Combinazioni della etilmetiletilsolfina
E2 S . MI - olio. ESM . EI - cristallino.
2(E2 S . MCI) PtCU . monometrico . p. di f. 21.4° 2(EMS . EC1) .PtCl4 . monoclino . p . di f. 186°
E2 S . MCI . Au Cl3 . aghi lunghi . p. di f. 192° ESM.ECl.AuCl3.crist. microscopici. p.dif. 178°
E2 S . MCI . CHgCla. romboedrico, p. di f. 198° ESM . EC1 . 2HgCl2 . trimetrico . p. di f. 112"
E2 8 . MCN . Hgl2 . tetragonale, p. di f. 115°. ESM . ECN . Hgl2 . monoclino . p. di f. 98°.
« Come si vede le differenze tra i composti corrispondenti delle due sol-
fine sono abbastanza notevoli : sopra tutti poi è interessante il fatto dei due
cloroplatinati che, avendo composizione identica, cristallizzano in sistemi diffe-
renti, e quello analogo delle combinazioni dei cianuri solfinici coll'ioduro mer-
curico. Quanto ai punti di fusione, trattandosi di sostanze che si decompon-
gono con grande facilità, non si può dar loro una grande importanza: quindi
appoggio principale in favore di tale isomeria sarebbe evidentemente il di-
verso modo di cristallizzare. Ora Kruger non sembra che facesse deter-
minazioni cristallografiche, di più aggiunge nella sua Memoria che se le
soluzioni del cloroplatinato monoclino si lasciano a sé per molto tempo, si
ottiene poi cristallizzato quello monometrico. Tutto questo fece dubitare se
realmente fosse il caso di una isomeria 0 non piuttosto si trattasse di com-
posti più 0 meno puri. Lossen (2) infatti crede che Kruger avesse tra le mani
composti impuri : crede che il cloroplatinato monoclino non fosse altro che il
monometrico impuro e che perciò, pure essendo monometrico, si presentava
con aspetto diverso, e dice che a tutte queste obiezioni Kruger avrebbe po-
tuto rispondere facendo fare esatte misure cristallografiche. E anche L. Meyer
nel suo celebre libro Die modemeti Theoriea der Chemie dice che l'esistenza
di tale isomeria non è perfettamente sicura (3). Notisi poi che anche ammet-
C1) Journ. f. prakt. Chem. [2] XIV, 193.
(2) Liebig's Annalen. T. CXXXVI, pag. 1.
(3) Die modernen Theorien der Chemie. Fiinfte Auflage, pag. 353.
— 234 —
tendo che realmente esistano quest'isomeri, non si potrebbe subito concludere
assolutamente che le valenze dello zolfo sieno diverse ; giacché tutto si potrebbe
spiegare colla ipotesi delle combinazioni molecolari : in un caso si sono unite
due determinate molecole, nell'altro due molecole diverse. Di questa opinione
non era Kriiger, il quale credeva che il comportamento chimico dei derivati sol-
finici non poteva spiegarsi supponendo che fossero combinazioni molecolari.
E anche Van't Hoff ammette che si tratti di veri composti atomici (*): egli
crede che delle quattro valenze dello zolfo due sono spiccatamente positive,
le altre due invece decisamente negative : l'isomeria scoperta da Kriiger è
una conseguenza necessaria di questa teoria che Van't Hoff stabilì specialmente
sopra considerazioni di ordine chimico.
« Per contribuire a risolvere la questione della tetravalenza dello zolfo
e quella della diversità delle sue valenze, noi avevamo da molto tempo ripe-
tuto le esperienze di Kriiger, e poiché con ricerche attente e minuziose e con
esatte misure cristallografiche avevamo trovato sostanzialmente giusto quello
che da Kriiger era stato esposto, così non avevamo creduto necessario di pub-
blicare fino ad oggi le nostre ricerche, tanto più che eravamo occupati a risol-
vere la questione se in generale le solfine si debbono considerare come com-
binazioni molecolari o atomiche, e l'altra importantissima se vi possono essere
casi di isomeria anche nei composti in cui lo zolfo bivalente è unito con atomi
o gruppi monovalenti.
« Noteremo qui come vi sieno dei fatti che appoggiano una tale ipotesi.
Carius facendo agire in tubi chiusi a 150° l'alcool metilico o l'alcool ami-
lieo sul disolfofosfato di etile, ottenne due solfuri misti, quello di metiteetile
e quello di etileamile, che analizzò e di cui determinò la densità di va-
pore, il primo dei quali bolliva a 58,8°-59,5°, il secondo a 132-133,5° (-).
E identici composti disse di avere ottenuti il Linnemann (:)) trattando con ioduro
di metile e di amile una soluzione di solfuro potassico nell'alcool etilico. Ma in
seguito trattando con ioduro di metile la mercaptide sodioetilica, fu ottenuto
appunto da Kriiger un solfuro di metileetile bollente a 65°-66°, e per l'azione
dell'ioduro d'etile sulla mercaptide sodioamilica ottenne Saytzeff (4) un solfuro
di etileamile bollente a 158°-159°. Carius analizzò e determinò la densità
di vapore dei suoi prodotti, e lo stesso fecero alla loro volta Kriiger e Saytzeff:
del resto i punti di ebollizione dati da questi scienziati sono del tutto sicuri
perchè confermati da molti altri esperimentatori, mentre le esperienze di Carius
sino a qui non erano mai state ripetute. È probabile che si tratti anche qui
di un caso di isomeria, e Saytzeff stesso ne dubita e dice che sarebbe inte-
0) Ansichten iiber die organische Che mie. Braunschweig 1881, pag. 63.
(2) Liebig's Annalen. T. CXIX, pag. 313. Anno 1861.
(3) Liebig's Annalen. T. CXX, pag. 61. Anno 1861.
(4) Liebig's Annalen. T. CXXIX, pag. 354.
— 235 —
ressante di vedere quale composto si ottiene facendo agire l'ioduro di amile
sulla mercaptide sodioetilica. Noi abbiamo ripetuto le esperienze di Carius
e presto pubblicheremo i risultati delle nostre ricerche : per ora ci limiteremo
a far conoscere che nel modo indicato da Linnemann non si ottengono solfuri
misti e che, volendo preparare il solfuro di etileamile nel modo suggerito
da Saytzeff, con nostra meraviglia abbiamo osservato che l'ioduro d'amile non
reagisce quasi affatto sulla mercaptide sodioetilica, mentre si ha, come è noto,
una reazione vivissima quando si tratta la mercaptide sodioamilica coli' ioduro
d'etile.
« Come abbiamo detto in principio, la Memoria dei signori Klinger e
Maassen comparsa sul finire del decembre dell'anno decorso ci obbliga a pub-
blicare almeno una parte delle nostre ricerche, quella che riguarda i lavori
di Krùger. Klinger e Maassen affermano di avere pure ripetute le esperienze
di Kriiger e di aver trovato che non esiste che un solo ioduro solfinico in cui
lo zolfo è unito con due etili e un metile, e conseguentemente non esiste che
una sola serie di derivati : tutti i composti li riguardano perciò come deri-
vanti dalla dietilmetilsolfina e affermano che tutte le combinazioni ottenute
da loro partendo dagli ioduri solfmici preparati nei sei modi qui sotto indi-
cati, sono sempre identiche quando hanno identica composizione:
A) del solfuro di etile e ioduro di metile : 1) sotto 20° ; 2) cri-
stallizzando il prodotto 1) dalle soluzioni calde; 3) a caldo.
B) del solfuro di etilmetile e ioduro d'etile: 4) sotto 20°; 5) cri-
stallizzando dalle soluzioni calde il prodotto 4) ; 6) a caldo (in questo modo
si ottengono composti meno puri).
« Ci ristringeremo a parlare dei cloroplatinati perchè questi, per le sol-
fine, sono i composti sopra i quali si è sempre maggiormente rivolta l'atten-
zione dei chimici: cristallizzano bene e si possono purificare e analizzare
facilmente. Klinger e Maassen non hanno potuto ottenere che un solo cloro-
platinato, quello che secondo Krùger deriva dalla etilmetiletilsolfina, cioè il
monoclino: anche preparando l'ioduro nel modo descritto da Kriiger e poi
facendo il cloruro e il cloroplatinato, essi non hanno ottenuto che il composto
monoclino e che, secondo le loro" esperienze, fonde a 210°. I cristalli dei clo-
roplatinati ottenuti coi diversi metodi li hanno sempre fatti osservare da un
cristallografo, il sig. G. Laird, il quale ne ha determinato la forma e il si-
stema e ha trovato che sempre erano gli stessi, sempre monoclini (1). Secondo
gli autori se si trattano soluzioni molto concentrate di cloruro di solfma con
cloruro di platino, si ha immediatamente un precipitato costituito sempre da
cristalli monoclini, ma che a un occhio poco esercitalo e con un esame super-
0) fleher die Krystallographischen Besiehmgen der Methyl - und AethyUulfinchlo-
roplatinate. Inaugural-Dissertation. G. F. Laird 1888. Zeitschifl fiir Ejystallographie XIV,
1,
— 236 —
fidale possono sembrare monometrici e precisamente, come dice Kruger, com-
binazioni del cubo, ottraedro e tetraedro. In questo modo gli autori si spie-
gano come Kriiger si potesse essere ingannato. Concludono non esistere che
una sola solfina, la quale non dà naturalmente che una serie sola di deri-
vati aventi la stessa composizione: in qualche caso si possono avere dei
sali diversi, ma diversi perchè aventi composizione diversa: così p. es. il
cloruro di solfina può combinarsi sia con sei, sia con due molecole di cloruro
mercurico e dar luogo a due composti diversi : ma è sempre la stessa solfina
che si unisce: isomeria non esiste.
« Ora le nostre ricerche sono in perfetta contraddizione con tutto quello
che dicono i signori Klinger e Maassen. Noi abbiamo preparati gli ioduri
delle solfine secondo le prescrizioni di Kruger, e abbiamo stabilito principal-
mente che esistono due cloroplatinati, l'uno monometrico che deriva dalla die-
tilmetilsolfina, l'altro monoclino che deriva dalla etilmetiletilsolfina. Le deter-
minazioni cristallografiche furono eseguite dal prof. G. La Valle nel Gabinetto
mineralogico dell'Università di Roma diretto dal prof. Struver e non lasciano
nessun dubbio in proposito. Gli ioduri solfinici, come abbiamo detto, li abbiamo
preparati nel modo indicato da Kruger : cioè si è scaldata a bagno maria, in un
apparecchio a reflusso e per vari giorni, una mescolanza di pesi molecolari di sol-
furo etilico e ioduro metilico o di solfuro di metiletile e ioduro di etile, aggiun-
gendo alla mescolanza un po' d'acqua (circa l/A del volume). Ottenuti gli ioduri,
preparammo i cloruri per mezzo del cloruro d'argento e quindi i cloroplatinati.
Mentre la preparazione degli ioduri fu sempre fatta nel modo indicato, quanto
alla preparazione e alla cristallizzazione dei cloroplatinati abbiamo variato
moltissimo le condizioni sia di concentrazione che di temperatura : malgrado
questo noi abbiamo sempre potuto constatare che dall'ioduro di dietilmetil-
solfina si ottiene sempre un cloroplatinato monometrico ; e anzi questo com-
posto si ottiene con molta facilità puro e ben cristallizzato: dall'ioduro di
etilmetiletilsolfina si ottiene sempre un cloroplatinato monoclino. sebbene la
purificazione sia un poco più diffìcile e ci vogliano maggiori precauzioni per
ottenere cristalli che si possano ben misurare. Non abbiamo però mai sin qui
potuto constatare la trasformazione del composto monoclino nel monometrico,
sebbene le soluzioni del primo sieno state lasciate a sé per molti mesi in
condizioni svariatissime di concentrazione e di temperatura.
« Facciamo seguire le nostre analisi dei cloroplatinati avvertendo che
le sostanze analizzate sono di preparazione diversa, ma tutte sono state stu-
diate cristallograficamente. Quanto ai punti di fusione noi avremmo trovato
che il cloroplatinato della dietilmetilsolfina fonde a 205°, quello della etilme-
tiletilsolfina a 211°-212°. Del resto fondono male e si decompongono : perciò
crediamo che tale determinazione non abbia grande importanza.
IV
calcolato per
2C2H5.CH3
C2H5 SCI .PtCU
19,84
19,43
4,46
4,21
— 237 —
Cloroplatinato del cloruro di dietilmetil- Cloroplatinato del cloruro di etilmetil-
etilsolfina. 2 (C, H5). CH3 . GIS . PtCU . etilsolfina. 2 C2 H5 . CH3 . C2 H5 C1S . PtCU .
P. di fusione 2050-Monomelrico P. di fusione 2110-212°-Monoclino
I) gr. 0,4718 di sost. dettero gr. 0,1480 di Pt I) gr. 0,3760 di sost. dettero gr. 0,1172 di Pt
II) gr. 0,3764 » » gr. 0,1180 » II) gr. 0,3372 » » gr. 0,1058 »
ni) gr. 0,4980 » n gr. 0,1570 » III) gr. 0,5818 » » gr. 0,1826 »
IV) gr. 0,3807 di sost. dettero gr. 0,2720 di IV) gr. 0,5592 di sost. dettero gr. 0,4071 di
C02 e gr. 0,1560 di H20. C02 e gr. 0.2235 di H20 .
V) gr. 0,3165 di sost. dettero gr. 0,2292 di Di qui si ricava:
C02 e gr. 0,1256 di H2 O .
Di qui si ricava :
trovato calcolato per trovato
2(C2Hs)2
I II III IV V CHsSCl.PtCU I II II
C — — 19,49 19,81 19,43 C — —
H — — — 4,54 4,39 4,21 H — — -
Pt 31,36 31,34 31,52 — - .31,49 Pt 31,17 31,37 31,38 31,49
« Per tutto ciò che riguarda la conoscenza esatta della forma cristallina
dei due isomeri e la questione della morfotropia dei composti solfmici, a cui
accenna il Laird nella sua Memoria, facciamo seguire il lavoro cristallografico
che il prof. La Valle ha avuto la gentilezza di comunicarci :
Cloroplatinato di Etil-metil-etil-solfina.
« Sistema cristallino = Monoclino.
Costanti aib:c = 1,151Ì3: 1 : 0,794745 .
^ = 49°. 17'. 56"
« Forme osservate: (110) , (111) , (001) , (010)
« Combinazioni (110) (111) (001)
(110) (111) (001) (010).
« Sopra parecchi cristalli misurati, solo da tre ottenni valori angolari
« attendibili per numero di spigoli omologhi potuti misurare; e da essi ottenni:
Misurati
angoli
limiti
medie
calcolati
n.
001:110
60.
' 32' — 60.(
» 36'
60.° 34'. 20"
#
7
111:001
55.
13 —55.
39
55. 26. 20
*
7
110:110
82.
14 —82.
28
82. 13. 20
#
8
111:111
77.3
77.3
76°. 52'. 48"
4
110:111
67.
15 —67.
34
67. 24. 30
67. 43.39.
5
« Sul piano di simmetria una direzione di estinzione è quasi normale
« allo spigolo [001].
« Sulle faccie del prisma (110) si osserva nettamente un apice d'iper-
« bole con relativi anelli.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 31
— 238 —
« La bisettrice acuta è quasi normale ad (100).
« Dispersione orizzontale.
00 1
Fig. 1 Fig. 2 Pig. S
« I cristallini sono spesso tabulari secondo due faceie parallele del prisma
verticale, ed in pari tempo allungati nel senso degli spigoli che queste for-
mano colla base; vedi (fig. 1).
« Non meno sovente mostrano quasi egualmente sviluppate le forme (Ilo)
e (001), vedi (fig. 2).
« Finalmente ma più di rado si osservano le forme (111) e (110) pre-
dominanti, come è raffigurato nella fig. 3.
« In ognuno di questi tre modi vari di sviluppo dei cristalli, le dimen-
sioni massime non superano i due millimetri.
Cloroplatinato di Dietil-metil-soljina.
« Sistema cristallino = Monometrico.
Combinazione (100), (111).
Misurati
angoli
limiti
medie
calcolati
n.
111:001
54.° 12' — 55.° 37'
54.° 52'
54.° 44'
17
001:100
89. 40 — 90. 34
90. 00
90. —
3
111:111
69. 52 — 71. 10
70. 32'
70. 32
(5
« I cristalli osservati provenienti da parecchie
u cristallizzazioni, mostrano costantemente la sem-
« plice combinazione sopra indicata, ma con sviluppo
« così variabile delle singole facce, che assai sovente
« si prenderebbero per monoclini (vedi fig. qui con-
- tro) e per identici a quelli del cloroplatinato di
« etil-metil-etil-solfina ; tanto più che gli angoli di
- quest'ultimo non differiscono che di poco da quelli
« del sistema monometrico. Però l'esame ottico
— 239 —
« esclude assolutamente il sistema monoclino, poiché per quanti cristalli esami-
« nassi nella luce polarizzata e nel senso normale a tutte le singole facce, non
« ne trovai mai alcuno che non fosse a semplice rifrazione.
« Insisto sopra questo fatto perchè i resultati miei sono assolutamente
« opposti a quelli del Laird e confermano invece pienamente le osservazioni,
« quantunque poco esatte, come osserva il Laird, di Krùger, il quale non ap-
« pare che avesse fatto misure cristallografiche. Non vi ha dubbio quindi che
« secondo i resultati da me osservati, esiste realmente oltre al cloroplatinato
« monoclino (di etilmetiletilsolfina) un altro monometrico (di dietilmetilsolfma).
« Dopo ciò è chiaro che questo fatto modifica le conclusioni relative
« alla così detta morfotropia, che.il Laird ha voluto dedurre dalle osservazioni
« fatte sopra la forma cristallina dei cloroplatinati di trimetilsolfina, dimeti-
« letilsolfina e dietilmetilsolfina. Difatti si conosce ornai con certezza la forma
« monometrica in tutti e tre questi composti , come d' altra parte risulta
« chiaramente anche dallo studio cristallografico che non esiste una sola solfina
« con un metile e due etili, bensì due, e il cloroplatinato dell'una è monome-
« trico, dell'altra è monoclino ».
« È evidente da tutto quello che abbiamo esposto che esistono due clo-
roplatinati isomeri aventi la composizione 2C5 H13 SCI. Pt Cl4 ; e poiché l'uno
deriva dall'ioduro di dietilmetilsolfina e l'altro dall'ioduro di etilmetiletil-
solfina, è pure assai certo che anche i due solfuri debbono essere isomeri.
Però dalle osservazioni del prof. La Valle appare come sia facile scambiare
i cristalli monometrici con i monoclini, se la misura esatta degli angoli e
le proprietà ottiche non togliessero ogni dubbio in proposito. Notisi bene che
non si può ammettere che il composto monometrico risulti da mescolanze di
cloroplatinati di trimetilsolfina, dimetiletilsolfina e trietilsolfina, quelli che
potrebbero formarsi nella reazione: ciò sarebbe poco probabile anche dal lato
chimico giacché si ottiene sempre lo stesso composto anche variando i modi
di preparazione : ma è poi impossibile ove si rifletta che il cloroplatinato di
trietilsolfina, che necessariamente dovrebbe entrare nella mescolanza, è mono-
clino (!). L'isomeria scoperta, ma non rigorosamente dimostrata da Kriiger,
esiste dunque realmente. Se si tratti di combinazioni molecolari e quindi la
isomeria derivi dal fatto che molecole differenti si sono unite fra loro, o se
invece si tratti di composti atomici e l'isomeria derivi, secondo quello che
pensa anche Van 't Hoff, dal fatto che le valenze dello zolfo non sono uguali,
noi non potremmo dirlo in modo assoluto e aspettiamo di aver completati
i nostri studi, specialmente quelli che riguardano le combinazioni dello zolfo
bivalente e l'isomeria delle solfine con tre radicali alcoolici diversi. Ed es-
sendo stabilita tale isomeria, cade naturalmente la prova in favore della tetra-
(^ P. Dehn, Beitrag zur Kenntniss der Sulfinverbindungen. Liebig's Annalon, Bupp.
T. IV, pag. 91, anno 1886.
— 240 —
valenza dello zolfo che Klinger e Maassen avevano dedotto dal fatto, che
essi credevano di avere stabilito, che si forma sempre l'ioduro di una stessa
solfìna sia unendosi il solfuro R2S coli' ioduro RI, sia unendosi il solfuro RR'S
coli' ioduro RS. Certamente è molto probabile che si tratti di combinazioni
atomiche : il fatto che. sostituendo all' iodio degli ioduri solfinici un ossidrile
si hanno basi fortemente alcaline le quali, secondo 1* ipotesi delle combinazioni
molecolari, altro non sarebbero che l'unione dei solfuri alcoolici con alcool 0,
l'altro fatto che partendo da un determinato solfuro e ioduro organico con
radicali alcoolici differenti si possono, in certe condizioni, ottenere dei composti
solfinici in cui non entra che il radicale dell'ioduro alcoolico, certamente
tutti questi e altri fatti male si spiegherebbero coli' ipotesi delle combina-
zioni molecolari. Noi, or sono alcuni anni, avevamo cercato di risolvere spe-
rimentalmente la questione determinando il peso molecolare dei composti
solfinici per mezzo del punto di congelamento delle loro soluzioni. Sperimen-
tammo sull'ioduro di trietilsolfina in soluzione acquosa e trovammo un coef-
ficiente di abbassamento così elevato (1,551 — 1,038), da dovere necessaria-
mente concludere che in soluzione diluita la molecola doveva essere forte-
mente disgregata.
« Ci riserviamo di continuare le ricerche di cui abbiamo tenuto parola
nel corso di questa Memoria, giacché è evidente che i sigg. Klinger e Maassen
e noi lavoriamo in direzioni perfettamente opposte ».
Botanica. — Pugillo di alghe t ripolitane. Memoria dei dottori
G. B. De-Toni e David Levi, presentata dal Socio Passerini.
« La flora ficologica del Mediterraneo venne di recente compendiata dal-
l'Ardissone (2) e dopo la pregiata opera di questo botanico, ben poche con-
tribuzioni furono pubblicate allo scopo di accrescere la conoscenza delle ficee
che vegetano nel suddetto bacino.
« 11 Borzì (3) aggiunse tre specie alla flora marina di cui si tratta, cioè
Nìtophyllum carybdaeum Borzì, Callophyllis laciniata Huds., e Polysipho-
nìa Brodiaei (Dillw.) Grev., raccolte nel porto di Messina, il Pichi ( ') indicò
nuove località lungo le spiagge toscane ed all' isola Gorgona per alghe già
(*) Hortmann - Theoretische Chemie, pag. 307.
(2) F. Ardissone, Phycolggia mediterranea, parte prima: Floridee (Memorie della
Società crittogamologica italiana, voi. I). Varese 1883. — là.., Phy oologia mediterranea,
parte seconda: Oosporee, Zoosporee, Schizosporee (loc. cit, voi. II, disp. 1-2). Varese
1886-1887.
(3) A. Borzì, Nuove floridee mediterranee (Notarisia I, p. 70, tab. 2). Venezia 1886.
(4) P. Pichi, Elenco delle Alghe toscane (Floridee) (Atti della Società Toscana di
scienze naturali, voi. IX, fase. 1). Pisa 1888.
— 241 —
riconosciute proprie del Mediterraneo stesso e noi pure (l) ebbimo occasione
di illustrare l'Adriatico superiore nei riguardi dei lidi veneti, mentre nuove
forme aggiunse all'Adriatico orientale l'Hauck (2) e si occuparono dell'Arci-
pelago greco lo Schmitz (3) ed il Miliarakis (4).
« In particolar modo sono illustrate le spiagge della nostra penisola
(eccettuate le Maremme, le Puglie, la Calabria, la terra d'Otranto che ancora
mancano di speciali florale) e le isole maggiori ad opera di molti autori tra
i più moderni de' quali, oltre il citato Ardissone, meritano di esser ricordati
il Piccone (5), l'Hauck (6), lo Strafforello ('), il Falkenberg (8), il Debeaux (9),
il Langenbach (10) ; le piccole isole vennero fatte in gran parte conoscere
dall'or menzionato Piccone (H), dal Solla (12), dal Rodriguez (13); minori cogni-
zioni si possedono intorno alla costa settentrionale dell'Africa, poiché soltanto
l'Algeria oftre una notevole contribuzione nei lavori del Montagne (H) e l'Egitto
nelle classiche opere del Forskael (15) e del Dolile (16).
* Della costa tripolitana poco si può ricavare di positivo e il primo
(1) G. B. De Toni e David Levi, Flora Algologica della Venezia, parte prima: Le
Floridee (Atti del R. Istituto Veneto, serie VI, tomo III). Venezia 1885. — Id., parte
seconda: Le Melano ficee (loc. cii, serie VI, tomo IV). Venezia, 1886. — Id., parte terza:
Le Cloroficee (loc. cit, serie VI, tomo V e VI). Venezia 1888.
(2) F. Hauck, Neue uncl kritische Algen des Adriatischen Meeres (Hedwigia XXVII,
p. 15). Dresden 1888.
(3) F. Schmitz, Ueber griine Algen aus dem Gol fé von Atìien. Halle 1878.
(4) S. Miliarakis, Beitràge zur Kenntniss der Algenvegetation von Griechenland:
Die Meeresalgen der Insel Sciathos. Athen 1887.
(5) A. Piccone, Florula algologica della Sardegna (N. Giornale botan. ital. voi. X).
Firenze 1878. — Id., Spigolature per la ficologia ligustica (loc. cit. voi. XVII). Firenze
1885. — Id., Nuovi materiali per l'Algologia sarda (loc. cit. voi. XVI). Firenze 1884.
(G) F. Hauck, Die Meeresalgen Deutschlands und Oesterreichs. Leipzig 1885.
(7) F. Ardissone e I. Strafforello, Enumerazione delle Alghe di Liguria.Mila.no 1877.
(8) P. Falkenberg, Die Meeresalgen des Golfes von Neapel (Mittheilungen aus der
Zoologischen Station zu Neapel, I. Band, 2 Heft). Leipzig 1879.
(9) 0. Debeaux, Enumeration des Algues de Bastia (Corse). Paris 1874.
(10) G. Langenbach, Die Meeresalgen der Lnseln Sizilien und Pantellaria. Berlin 1873.
(n) A. Piccone, Catalogo delle Alghe raccolte durante le crociere del Cutter Vio-
lante (Memorie della R. Accademia dei Lincei, ser. 3a, voi. IV). Roma 1879.
(12) R. Solla, Auf einer Excursion nach den pelagischen Lnseln, Aprii 1884, gesam-
melte Meeresalgen (Oesterr. botan. Zeitschrift. Jahrg. 1885, n. 2). Wien 1885.
(13) F. Rodriguez, Alcune osservazioni in lettere private ; di prossima pubblica. none
un lavoro sulle Alghe delle isole Balcari.
(14) C. Montagne, Cryptogames Algériennes (Annales des sciences naturelles 2 sèi
tom. X, p. 268 et 334). Paris 1838.— Id., Exploration scientifique de V Algerie, Algues,
tom. I, avec 16 pi. Paris 1846. — Id., Sylloge generum specierumque cryptoyamarum.
Parisiis 1856.
(15) Forskael, Flora Aegyptiaco -Arabica. Haoniae 1775.
(16) H. Delile, Flore d'Ègypte, avec. 62 pi. Paris 1813.
— 242 —
abbozzo si trova offerto da alcune determinazioni del Piccone (!), fatte su
esemplari dragati a 5 miglia al nord di Tripoli mediante il gangano a circa
50 metri di profondità; delle 21 specie indicate dall'egregio algologo, 14 sono
diverse da qqelle enumerate nella presente nota, per cui si crede opportuno
riportarle: Valonia utricularis Ag., Udotea Des fo ntai nii Decne, Stilophora
rhùodes J. Ag., Dictyota Fasciola Lamour., Dictyota linearis Ag., Zanar-
dinia collaris Crouan, Cystoseira Montagna J. Ag., Chrysymenia digitata
Zanard. , Chrysymenia Chiajeana Menegh. , Cryptonemia Lomation J. Ag.,
Polysiphonia elongata Harv., Polysiphonia subulifera Harv., Rytiphloea
tinctoria Ag., e Dasya spinella Ag.
« Precisamente in vista della così imperfetta conoscenza del litorale afri-
cano bagnato dal Mediterraneo, si ritiene opportuno di pubblicare la deter-
minazione di materiali ficologici, raccolti nel golfo di Tripoli dall'egregio
prof. Kaffaello Spigai, poiché essa può giovare sia per il confronto con le
specie indicate dal Montagne nell'Algeria, sia per il progresso della cono-
scenza intorno alla distribuzione geografica dei talassofiti. Egli fu infatti con
grande meraviglia che tra le alghe raccolte a Tripoli dal prof. Spigai, si
poterono notare alcuni esemplari della Galaxaura adriatica Zanard., finora
scoperta soltanto nell'Adriatico a Lesina dal Botteri ed a Miramar dall' Hauck!
* Né si deve tacere che parecchie specie come la Gratelonpia dicho-
toma J. Ag., YAcrodiscus Vidovichii Zanard., la Gontarinia peyssonelliifor-
mis Zanard., la Ricardia Montagna Derb. et Sol., vengono nel nostro lavoro
indicate per la prima volta della costa africana settentrionale.
« Chiudiamo queste brevi osservazioni coli' esternare i nostri più vivi
ringraziamenti al eh. prof. Raffaello Spigai, residente in Tripoli, fiduciosi di
ottenere presto nuove raccolte algologiche da una località così interessante,
pronti sempre a contribuire con le nostre povere forze al progredire della
neologia mediterranea.
Florideae
Cryptonemiaceae, J. Ag.
« 1. Grateloupia diuhotoma J. Ag. Sp. II, p. 178; Epicr. p. 152. —
Kiitz. Sp. p. 732 ; Tab. Phyc. XVII, t. 28, c-e. — Ardiss. Phyc. Medit. I,
p. 137.
« Un solo esemplar etto, sorgente dalla base del caule d'ima Cistosira.
Questa specie, come s'è già detto, è nuova per il litorale africano.
« 2. Halymenia Monardiana Mont. Crypt. Algér., p. 8 ; Expl. de
l'Algerie p. 115, t. XI, f. 2.— Kiitz. Sp. p. 717 non Tab. Phyc. XVII, t. 2, d.—
J. Ag. Sp. II, p. 203. — Zanard. Icori, phyc. adriat. II, p. 91, t. LXIII —
(!) A. Piccone, Risultati aigologici delle crociere del Violante (Annali del Museo
Civico di Storia Naturale di Genova, voi. XX). Genova 1883.
— 243 —
Ardiss. Phijc. Medit. I, p. 149. — Ilalymenia mesenteroides Monard. mscv. —
H. carnosa Hering in Kiitz. Tab. Phyc. XVI, p. 35, t. 98 ! — H. palmata
Delle Chjaje Hydrophyt. Neap., t. XV.
« Rara sulla spiaggia, piuttosto abbondante sugli scogli (n. 8). L'esem-
plare comunicatoci dal prof. Spigai, corrisponde perfettamente con la figura
della Halymenia carnosa Hering. offerta dal Kutzing nelle Tabidae phyco-
logicae.
« 3. Acrodiscus Vidovichii (Menegh.) Zanard. Icon. phyc. adriat. II,
p. 119, t. LXIV. — Hauck, Meeresalgen p. 132, f. 52. — Chondrus Vidovi-
chii Menegh. in Atti della 3a Riunione degli scienziati italiani 1841, p. 11. —
Cryptonemia Vidovichii Zanard. Saggio p. 42. — Ardiss. Phyc. Medit. I,
p. 162. — De Toni e Levi, FI. Alg. Ven. 1, p. 59. — Euhymenia dichotoma
Kùtz. Sp. p. 742 ; Tab. Phyc. XVII, t. 72. — Cryptonemia dichotoma J. Ag.
Alg. Med. p. 100; Sp. II, p. 225; Epicr. $. 161.
« Rara sulla spiaggia ed a poca profondità (n. 22). E indicata per la
prima volta per l'Africa.
Rhodymeniaceae, Harv.
« 4. Chrysymenia Uvaria (L.) J. Ag. Alg. med., p. 110; Sp. II, p. 214;
Epicr., p. 324. — Mont. Expl. de l'Algerie p. 97. — Langenb. Meeresal-
gen Siùlien und Pariteli., p. 19. — Piccone, Calai. Alghe Violante p. 12,
n. 41. — Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 210. — De Toni e Levi, FI. Alg. Ven. I,
p. 75. — Fuciis Uvarius L. Syst. Ili, p. 714. — Chondria Uvaria Ag. Sp. I,
p. 347. — Physidrum Uuarium Delle Chiaje Hydrophyt. Neap., t. XLIII. —
Gastroclonium Uvaria Kiitz. Sp. p. 865 ; Tab. Phyc. XV, t. 97.
« Rara, a poca profondità (n. 5). È specie frequente pressoché in tutto
il Mediterraneo.
Squamariaceae, Ardiss.
« 5. Peyssonellia Squamaria (Gmel.) Decaisne, PI. de l'Arab., t. V,
f. 16.— J. Ag. Sp. II, p. 502; Epicr., p. 386. — Kiitz. Sp., p. 693; Tab.
Phyc. XIX, t. 97, a-b. — Mont. Expl. de l'Algerie, p. 123. — Langenb.
Meeresalgen Sizilien und Paliteli., p. 20. — Piccone, Calai. Alghe Violante
p. 14, n. 49. — Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 227. — De Toni e Levi, FI. Alg.
Ven. I, p. 83. — Fucus squamarius Gmel. Ilist. fuc.,]). 171, t. XX, f. 1.—
Ulva Squamaria Roth Cai. Ili, p. 322. — Zonaria squamaria Ag. Sp. I,
p. 131. — Flabellaria Squamaria Delle Chiaje Hydrophyt. Neap., t.IX.
« Sulla spiaggia, rejetta dalle onde e sugli scogli a poca profondità,
insieme alla specie seguente (n. 15).
« 6. Peyssonellia rubra (Grev.) J. Ag. Sp. II, p. 502 ; Epicr., p. 386. —
Piccone, Catal. Alghe Violante p. 13, n. 48; Risult. Violante p. 26, n. 85. —
Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 228. — De Toni e Levi, FI. Alg. Ven. I, p. 83.—
Zonaria rubra Grev. in Limi. Transactions, XV, 2, p. 349.
— 244 —
« Sulla spiaggia e sulle scogliere a poca profondità (n. 15). Secondo il
Piccone questa specie venne già raccolta (dm-ante le crociere del Cutter Vio-
lante) a 5 miglia a nord di Tripoli ad una profondità di 50 metri.
« 7. Contarinia peyssonelliiformis Zanard. Saggio p. 45 ; Icon. Phyc.
adriat. I, p. 47, t. XII. — J. Ag. Sp. II, p. 492. — Ardiss. Phyc. Medit. I.
p. 232. — De Toni e Levi, FI. Aìg. Vai. I, p. 84 ; Schem. gen. Florid.,
t. IX, gen. 36, p. XXIV. — Hauck, Meeresalgen p. 32, f. 6.
a Karissima, su frammenti di una Cystoseira (n. 17). La Contarinia
peyssoneliiformis Zanard., era finora indicata dell'Adriatico sulle coste del-
l'Istria dall' Hauck e su quelle della Venezia dallo Zauardini e da noi, del
Tirreno nel golfo di Napoli dal Falkenberg. Il confronto istituito con gli
esemplari veneti da noi raccolti e pubblicati nel n. 8 della nostra Phycotheca
italica non ci lascia alcun dubbio riguardo all'esattezza della determinazione.
«8. Khizophyllis Squamariae (Menegli.) Kiitz. Sp., p. 877; Tab.
Phyc. XVI, t. 8. — Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 224. — De Toni e Levi,
FI. Alg. Yen. I, p. 85 ; Schem, gen. Florid.. p. XXII. t, IX, gen. 33. —
Wormskjoldia Squamariae Menegh. Liti, ad Coriaaldi n. 8. — Phùophyl-
lis dentata Mont. Expl. de V Algerie p. 63, t. XV, f. 2. — Zanard. Icon.
phyc. adriat. Ili, p. 29, t. LXXXVII. — Langenb. Meeresalgen Sizilien
und Peniteli., p. 19. — Piccone, Calai. Alghe Violante p. 14, n. 50. —
Rhodomela perreptans J. Ag. Symb., p. 13.
« Un solo individuo sopra un frammento diPeyssonellia Squamarla n. (15).
Sphaerococcaceae, Ardiss.
« 9. Sphaerococcus coronopifolius (Good. et Woodw.) Ag. Syn. p. 29;
Sp. I, p. 291.— J. Ag. Sp. II, p. 644. —Mont. Expl.de l'Algerie]}. 103.—
Langenb. Meeresalgen S bilie n und Pantell., p. 21. — Piccone, Catal. Alghe
Violante p. 15, n. 57. — De Toni e D. Levi, FI. Alg. Veri. I, p. 89 ; Schem.
gen. Florid., p. XXVII, t. X, gen. 40. — Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 247.—
Fueus coronopifolius G. et W. in Linnean Transactions III, p. 185. —
Rhynchococcus coronopifolius Kùtz. Phyc. p. 403. t, 61, f . 1 ; Sp. p. 754;
Tab. Phyc. XVIII, t. 10, e-h.
« Kigettata sulla spiaggia dalla parte delle scogliere (n. 2)
Helminthocladiaceae, J. Ag.
« 10. Galaxaura adriatica Zanard. Icon. phyc. Adriat. I, p. t. XXII,
A.— J. Ag. Epicr., p. 527. — Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 274. — Hauck
Meeresalgen p. 64. — De Toni e Levi FI. Alg. Ven. I, p. 99 ; Schem. gen.
Florid. t. XII, gen. 48, f. a! b.
« Bara sulla spiaggia (n. 12).
* Il eh. Giacobbe Agardh al quale abbiamo spedito in comunicazione
uno degli esemplari tripolitani di questa specie, espresse 1* opinione che la
— 245 —
G. adriatica Zanard. non differisca dalla G. fragilis Decaisne. Tale parere
dell'illustre ficologo svedese è appoggiato dall'esame che potemmo istituire
tra esemplari di ambedue le specie esistenti nell'Algarium Zanardini, nonché
tra gli esemplari tripolitani e quelli adriatici raccolti a Miramar dall' Hauck.
La figura della Galaxaura adriatica Zanard. data dal proprio autore nella
Iconographia, non rappresenta che esageratamente gli esemplari provenienti
dall'Adriatico orientale e quello stesso raccolto a Lesina dal Botteri, sul
quale esemplare lo Zanardini propose la G. adriatica ; in realtà il cespuglio
assume la forma rappresentata nella tabula XII dei nostri Schemata gene-
rum Floridearum e riprodottavi mediante il processo eliotipico.
« Con tale aspetto del cespuglio e forma degli articoli, la Galaxaura
adriatica si avvicina molto alla G. indurata Kiitz. Tab. Phye. Vili, t. 31,
cui si può riconoscere identica riguardo ai dettagli strutturali; secondo G.
Agardh (Epicr. p. 528) la specie ora accennata del Kiitzing corrisponderebbe
alla G. Schimperi del Decaisne, semplice forma della G. fragilis, ciò che
pure tenderebbe a dimostrare che la G. adriatica e la G. fragilis sono una
medesima entità specifica. Né molto diversa ci sembra la G. spongiosa Kiitz.
Tab. Phijc. Vili, t. 34.
« Alquanto differente sarebbe invece per la sottigliezza della fronda
la Galaxaura cylindrica Decaisne, benché il modo di ramificazione e la
forma degli articoli sieno affatto eguali a quelli della G. fragilis.
Grelidiaceae, Harv.
« 11. Gelidium crinale (Tura.) Lamour. — J. Ag. Epicr., p. 546. —
Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 290. — Piccone Calai. Alghe Violante p. 13,
n. 47. — De Toni e Levi FI. Alg. Ven. I, p. 106. ■ — Fucus crinalis Tura.
Hist fuc, t. 198. — Gelidium corneum var. crinalis J. Ag. Sp. II, p. 170. —
Mont. Expl. de l'Algerie p. 107. — Sphaerococeus corneus var. crinalis
Ag. Sp. I, p. 285. — Acrocarpus crinalis, lubricus, spinescens, corymbosus
Ktitz. Tab. Phyc. XVIII, t. 32, d-k, 33 a-c, 33 d-e, 36 a-c.
« Abbastanza frequente sulla spiaggia e sugli scogli (n. 19).
« 12. PTEROCLADIA ? TRIPOLITANA n. Sp.
« Habitus Carpoblepharidis ceylanicae; fronde circ. 10-12 cm. alta,
piano-compressa, pinnato-ramosa, cartilaginea, sanguinea ; ramulis ultimis bi-
tricuspidatis ; tetrasporis in soros laxiuscule collectis, subglobosis, cruciatim
quadripartitis.
« Earissima sulla spiaggia, a poca profondità (n. 3). Molto importante
riesce questa specie la cui determinazione generica ci lascia in dubbio a mo-
tivo della mancanza di esemplari provveduti del frutto capsulare o cistocar-
pio, sulla struttura e disposizione del quale è in gran parte fondata la clas-
sificazione delle Floridee..
« L'esemplare da noi posseduto ha l'aspetto anche della Carpoblcpharis
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 32
— 246 —
pinnatifolia figurata dal Kiitzing nel voi. XIX, fc. 39 delle Tabulae Phy-
cologicae e descritta per la prima volta come Ptilota? pinnatifolia àsii Suhr
nella Flora 1834, p. 732, t. II, f. 18, ma nel nostro esemplare le tetraspore
anziché essere disposte in àerie trasversali e mostrarsi divise a triangolo, ap-
paiono piuttosto agglomerate in sori e divise a croce, ciò che non conviene
assolutamente coi caratteri del genere Carpoblepharis Kiitz.
« Una gelidiacea che assomiglia molto alla Pteroeladia? tripóUtana è
la Ptilophora pinnatìfida di G. Agardh, descritta nei Bidrag till Florideer-
nes Morphologie VII, p. 70 ma questa è assai più gracile della specie tri-
politana e per di più non se ne conosce la fruttificazione tetrasporica. È da
sperare che esemplari raccolti in altra stagione e forniti del cistocarpio, pos-
sano risolvere la determinazione generica di questa nuova specie.
Laurenciaceae, Harv.
« 13. Ricardia Montagnei Derb. et Sol. in Ann. Selene. Neil. 1866,
p. 209, 1. 1. — Zanard. Icon. phyc. adriat. II, t. LXI. — J. Ag. Epicr.,
p. 637. — Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 357. — De Toni e Levi FI. Alg. Ven.
I, p. 120.
« Su frammenti della specie seguente (n. 23). E nuova per la fiora
africana.
« 14. Laurencia obtusa (Huds.) Lamour. Ess., p. 42. — J. Ag. Sp.
II, p. 750; Epicr., p. 653.— Kùtz. Sp.t p. 854; lab. Phyc. XV, t. 54,
a-b. — Mont. Expl. de l'Algerie, p. 92. — Langenb. Meeresahjdi Si&lien
tmcl Pariteli., p. 22. — Piccone Calai. Alghe Viola/ile p. 15, n. 61 ; Risiili,
algol, p. 30 n. 105. — Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 326. — De Toni e Levi
FI. Alg. Veri. I, p. 118. — Fucus obtusus Huds. FI. Angl..,\>. 586. — Tura.
/list. Fuc, t. 21.
« Abbondante sulla spiaggia e sulle scogliere (n. 23). Già raccolta a Tri-
poli nelle crociere del Violante.
« 15. Laurencia papillosa (Forsk.) Grev. — J. kg. Sp. II, p. 756;
Epicr., p. 652. — Kùtz. Sp., p. 855; Tal). l'hijc. XV, t. 62. — Langenb.
Meeresalgen Sizilien und Paliteli, p. 22. — Mont. Expl. de V Algerie p. 35. —
Piccone Risult. algol, p. 30, n. 106. — Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 330. — De
Toni e Levi, FI Alg. Vea. I, p. 119. — Fucus 'papillosus Forsk. FI Aegypl.
Arab., p. 190. — Chondria papillosa Ag. Sp. I, p. 344. — Fucus cyanosper-
mus Del. Égypt., p. 152, t. 57, f. 3.
n Insieme alla Laurencia obtusa (n. 23). Già indicata di Tripoli dal
Piccone.
Khodomelaceae, Harv.
« 16. Vidalia volubilis (L.) J. Ag. Sp. II, p. 1121. — Langenb. Meere-
salgen Sùilien und Pantell, p. 23. — Piccone Coiai. Alghe Violante p. 17.
— 247 —
n. 70; RisuU. algol, p- 34, n. 118.— Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 424. —
De Toni e Levi FI. Alg. Ven. I, p. 150. — Fucus volubilis L. Sysi. Ili,
p. 715. — Volubilaria mediterranea Lamour. — Mont. ExpL de l'Algerie
p. 77. — Dictyomenia volubilis G-rev.. — J. Ag. Alg. medit., p. 146. —
Kiitz. Sp., p. 847. lab. Phyc. XVI, t. 98. — Rhodomela volubilis Ag. Sp. I,
p. 374.
« Rara sulla spiaggia (n. 21). Già indicata da Piccone, come raccolta a
5 miglia da Tripoli a 50 metri di profondità.
« 17. Acanthophora.Delilei Lamour. Ess., p. 44. — Decaisne PI. de
VArab., p. 185.— J. Ag. Sp. II, p. 817. — Kiitz. Sp.,p. 858; Tab. Phyc,
XV, t. 75, f. 1. — Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 352. — Fucus na j adi formi x
Delile Égypt., p. 292, t. 56, f. 1. — Fucus acanthophorus Tura. Hist. lue.,
t. 32. — Chondria Delilei Ag. £/;. I, p. 363. — Gystoseira acanthophora
Delle Chiaje Hydrophyt. Neap., t. XCII.
« Abbondante sulla spiaggia, fuori del golfo (n. 18). Lungo le coste afri-
cane, prima d'ora, era indicata solo di Alessandria d'Egitto.
Corallinaceae, Harv.
« 18. Jania Rubens (L.) Lamour. Polyp., p. 272. — Mont. Expl. de
V Algerie p. 131. — Kiitz. Sp., p. 709; Tab. Phyc. VIII, t. 84, f. II-IV.—
Aresch. in J. Ag. Sp., II, p. 557. — Langenb. Die Meeresalgen Suilien uud
Peniteli., p. 21.— Piccone Catal. Alghe Violante p. 14, n. 54. — Ardiss.
Phyc. Medit. I, p. 459. — De Toni e Levi FI. Alg. Ven. I, p. 164. — Co-
rallina rubens L. Syst. I. p. 1304. — Corallina cristata Eli. et Soland.
Zooph., p. 121 (sec. Areschoug.).
« Abbondante sulla spiaggia, sugli scogli (n. 14) ; alcuni esemplaretti
anche interposti ai filamenti del Gelidium crinale (n. 19).
Phaeophyceae.
Dictyotaceae, Harv.
« 19. Dictyota dichotoma (Huds.) Lamour. in Leso. Joarn. boi. II,
(1809), p. 42; Ess., p. 58. — Mont. Expl. de l'Algerie p. 30. — J. Ag.
Sp. I, p. 92. — Kiitz. Sp., p. 552; Tab. Phyc. IX, t. 10, f. I. — Langenb.
Meeresalgen Sizilien und Pantell., p. 14. — Piccone Calai. Alghe Violante
p. 9, n. 26. — Ardiss. Phyc. Medit. I, p. 478. — De Toni e Levi FI. Alg.
Ven. I, p. 172. — Ulva dichotoma Huds. FI. Angl., p. 476.— Dictyota
vulgaris, attenuata, lalifolia, sibenicensis Kiitz. Tab. Phyc. IX, t. 9,10,11,12.
« Rara, rigettata sulla spiaggia; sugli scogli a poca profondità (n. 1).
« 20. Padina Pavonia (L.) Lamour. Dici, class, d'hht. /^/. XII, p. 589.—
J. Ag. Sp. I, p. 113.— Mont. Expl. del' 'Algerie p.33. — Langenb. Meere-
salgen Sizilienund Pantell. p. 14. — Piccone Catal. Alghe Violatile, p. 1".
— 248 —
u# 28. — Ardiss. Phye. Medit., I, p. 486. — De Toni e Levi FI. Alg. Yen..
Ili, 173. — Ulva Pavonia L. Syst., II, p. 719. — Fucus Pavoaius L. Sp.,
II, p. 1630. — Padina oceanica et mediterranea Bory Z>/^. c/ass. <2'At*f.
w«/v XII, p. 590. — Zonaria tennis Kùtz. et Zonaria Pavonia Draparn.
in Eùtz. Sp., p. 565; Tab Phyc IX, t. 70 et 71.
« Abbondante sulla spiaggia e sulle scogliere del porto (Spigai in litt.).
«21. Halyseris polypodioides (Desf.) Ag. Sp., I, p. 142 — J. Ag.
Sp., I, p. 117. — Kùtz. Sp., p. 261; «. P*yc, IX, t. 53. — Langenb.
Meeresalgen Sizilien and l'unteli., p. 14. — Piccone Calai. Alghe Violante.
p. 10, n. 29. — Ardiss. Phyc. Medit., I, p. 488. — De Toni e Levi FI. Alg.
Ven.} I, p. 174. — De Toni e Paoletti Contr. fi. Massaua e Suakim n. 20. —
Fucus polypodioides Desf. FI. Atlantica, II, p. 241.— Dictyopteris poly-
podioides Lamour. in Desv. Journ. hot., II, (1809) p. 130; Ess. p. 56. —
Moni. Expl. de V Algerie p. 28.
« Abbondante sulla spiaggia (n. 11).
« 22. Zonaria flava (Clem.) Ag. Syn. p. XX. — J. Ag. Sp. I, p. 110. —
Piccone Catal. Alghe Violante, p. 10, n. 27. — Ardiss. Phyc. Medit.. 1.
p. 490. — Fucus flavus Clem. Ensayo, p. 310. — /onorili Tournefortiana
Mont. Expl. de l'Algerie p. 32! — Phycopterìs Tournefortii Kiitz. Tab.
Phyc, IX, tab. 65 ! — P. dentata et P. cornea, Kutz. /. e, t. 65 et 6(j.
* Abbastanza frequente sulla spiaggia, reietta dalle onde (n. 10). Questa
specie nel Mediterraneo è rara; finora venne scoperta nel golfo di Spezia
(Bertoloni), a Catania (Cosentino), a Palermo (Todaro), a Genova (Piccone),
ad Antibes (Boraet), sulle coste delle isolette Montecristo e Ponza (signora
Toscanelli), e dell'isola Gallita (Piccone). È invece comune nell'oceano
Atlantico.
Fucaceae, J. Ag.
« 23. Sargassum linifolium (Tura.) Ag. var. salici fol ir m J. Ag.
Sp., I, p. 342. — Picc. Risult. Algol. Croc. Violante, p. 19, n. 62. — Ar-
diss. Phyc. Medit., II, p. 15. — Fucus salici folius, Gmel. Hist Fuc, t. 98? —
Bertol. Amoenit., p. 283, t. IV, f. 1. — Sargassum Boryanum, Mont. Expl.
de l'Algerie, p. 4, t. I, fig. 3. — Kiitz. Sp., p. 613; Tab. Phyc, IX,
t. 22, f. IL
« Sulla spiaggia e nel golfo, in frammenti (n. 26). Già raccolto durante
le crociere del Violante, a 5 miglia da Tripoli mediante il gangano (Piccone).
« 24. Cystoseira discors (L.) Ag. Sp., p. 62. — J. Ag. Sp., I, p, 224. —
Mont. Expl. de l'Algerie, p. 17. — Kiitz. Sp,, p. 601; Tab. Phyc, X, t. 51,
f. II. — Vallante Gystoseiren, p. 17, t. VI. — Langemb. Meeresalgen Sizilien
uni Pantell., p, 14. — Piccone Risult. Algol., p. 18, n. 60. — Ardiss. Phyc
Medit, II, p. 29. — De Toni e Levi FI. Alg. Ven., II, p. 33. — Fucus di-
scors L. Syst., p. 717, n. 48.
« Un solo esemplare raccolto sulla spiaggia.
— 249 —
Obloropliyceae
Siphonaceae, Grev.
« 25. Anadyomene stellata (Wulf.) Ag. Sp., I, p. 400. — Mont.
Expl. de l'Algerie, p. 159. — Ardiss. Phyc. Medit., II, p. 181. — De Toni
e Levi FI. Alg. Ve/i., Ili, p. 111. — Ulva stellata Wulf. in Jacq. Coli.,
I, p. 351. — Anadyomene flabellata. Larnour. Polyp., p. 365, t. XIV, f. 3. —
Langenb. Meeresalgen Sùilien und Pariteli., p. 9. — Piccone Risult. algol..
p. 10, n. 25. — Kiitz. Sp., p. 511; Tab. Phyc. VII, t. 24. — Flabellaria
Anadyomene Delle Chiaje Hydrophyt Neap., t. 54.
« Abbondante sulla spiaggia e nel golfo (20).
« 26. Codium tomentosum (Huds.) Stackh. Ner. Brit., p. XIV et
p. 21, t. 7. — Mont. Expl. de l'Algerie, p. 48. — Kiitz. Sp., p. 500; Tab.
Phyc, VI, t. 94. — Langenb. Meeresalgen Sùilien und Pantell., p. 7. — Pic-
cone Risult. algol., p. 10, n. 28. — Ardiss. Phyc. Medit., II, p. 170. —
De Toni e Levi, FI. Alg. Ven., Ili, p. 106. — Fucus lomentosus, Huds.
FI. Angl., p. 584. — Spongodium dichotomum Lamour. Fss., p. 73. — Co-
dium vermilara Delle Chiaje Hydrophyt. Neap., p. 14, t. XXXIX. — Co-
dium filiforme Mont. /. e. p. 50, t. X, f. 2!
« Rigettata sulla spiaggia, raramente (n. 4).
« 27. Halimeda Tuna (E. et S.) Lamour. Polyp., p. 309, t. XI f. 8. —
Kiitz. Sp., p. 504; Tab. Phyc, VII, t. 21, f. IV. — Langenb. Meeresalgen
Sùilien und Pantell., p. 8. — Piccone Catal. Alghe Violante, p. 7, n. 14,
f. 1!; Risult. algol., p. 11, n. 30. — Mont. Expl. de l'Algerie, p. 159.—
Zanard. Icon. Phyc adriat., Ili, p. 129, t. CXII ! — Ardiss. Phyc. Medit,
II, p. 174. —Corallina Tuna Eli. et Soland. Zooph., p. Ili, t. 20 A. —
Flabellaria Opuntia Delle Chiaje Hydrophyt. Neap., t. X. — Halimeda
sertolara Zanard. Syn., p. 124, t. IV, fig. 1. — H. Opuntia De Noi Spe-
cimen Alg. ligust., n. 70.
« Rara, sulla spiaggia (n. 27). Già pescata a 5 miglia da Tripoli col
gangano ad una profondità di 50 metri, durante le crociere del Violante.
« 28. Caulersia prolifera (Forsk.) Lamour. in Joum. Boi., 11,(1809),
p. 142. — Delile Égypt., p. 294, pi. 56, f. 4-7. — Mont. Expl. de l'Al-
gerie, p. 161. — Langenb. Meeresalgen Sùilien und Pantell., p. 8. — Pic-
cone Risult. algol, p. 9, n. 24. — Fucus proli fer Forsck. FI. Aegipt. Arab.,
p. 193, — Phyllerpa prolifera Kiitz. Sp., p. 494.
« Abbondante sulla spiaggia (n. 6). Già dragata a 5 miglia da Tripoli,
secondo il Piccone.
Ulvaceae, Lamour.
« Ulva Lactuca (L.) Le Jol. List. Alg. Cherb., p. 38. — Boni, et
Tlmr. Et. phycol, p. 5, pi. II, 111.— Mont. FI. d'Algerie, p. 150. — Piccone
— 250 —
Risult. algol, p. 6, n. 5.— Ardiss. Phyc. Medi/., II, p. 193, — De Toni
e Levi FI. Alg. Ven., Ili, P- 186.
« Abbondante sulla spiaggia e sulle scogliere poco lungi dalla costa
(Spigai in litt.) ».
PRESENTAZIONE DI MEMORIE PER COMMISSIONI
E. Bonardi e G. G. Gerosa. Nuove ricerche intorno all'influenza
di alcune condizioni fisiche sulla vita dei microrganismi. Presentata dal
Socio G. Cantoni.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Blaserna presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna-
lando tra queste i due Cataloghi pubblicati dall'Osservatorio di Parigi, ed
aventi per titolo: Étoiles observées aux imtruments meridiens, de 1837-1881. —
Positions observées, de 1837-1881; i volumi IV e VI (A r a e h n i d e s) contenenti
i risultati della spedizione scientifica francese al Capo Horn (1882-83); e la
pubblicazione del sig. M. Benedikt : Kraniometrie und Kqihalometrie.
Lo stesso Segretario richiama poi in particolar modo l'attenzione dei
Soci sulla grande opera in cinque volumi del sig. E. Chantre : Recherches
anthropologiques dans le Caucase, di cui l'autore ha fatto omaggio all'Ac-
cademia.
Il Corrispondente Tacchini presenta le due Note a stampa del sig. E. Bras-
sart : Bue nuovi anemometroscopi registratori dei fratelli Brassarl. —
Sismoscopi o avvisatori sismici.
PERSONALE ACCADEMICO
Il Presidente Brioschi, all'aprirsi della seduta, annuncia che a questa
assiste il Socio straniero Otto Struve.
Il Segretario Blaserna dà comunicazione di una lettera del prof. Vir-
chow, colla quale ringrazia l'Accademia per la sua nomina a Socio straniero.
— 251 —
CONCORSI A PREMI
Il Segretario Blaserna annuncia che la R. Accademia delle scienze
fisiche e matematiche di Napoli ha bandito un concorso a premio sul tema
seguente :
« Sulle curve 'piane del 4° ordine in reiasione con l'interpretazione
geometrica delle forme invariantive della forma ternaria biquadratica » .
Premio: lire 1000. Tempo utile: 31 marzo 1889.
CORRISPONDENZA
Il Segretario Blaserna dà comunicazione di una lettera dei Segre-
tari generali del Congresso geologico intemazionale, colla quale invitano
i Soci dell' Accademia a prender parte al Congresso stesso, che si terrà in
Londra dal 17 al 22 del prossimo settembre.
Lo stesso Segretario, a nome del Ministero della Pubblica Istruzione,
comunica ancora come una società di scienziati francesi, allo scopo di sta-
bilire relazioni fra i cultori della Chirurgia, ha deliberato di tenere un Con-
gresso a Parigi dal 12 al 17 del corr. marzo.
Il Segretario Blaserna dà conto della corrispondenza relativa al cam-
bio degli Atti :
Ringraziano per le pubblicazioni ricevute:
La R. Società zoologica di Amsterdam ; la Società numismatica ed archeo-
logica di Filadelfia ; la Società degl'ingegneri civili di Londra; l'Università
di Oxford ; l'Istituto meteorologico rumeno di Bucarest.
Annunciano l'invio delle loro pubblicazioni:
Il Collegio degl'ingegneri ed architetti di Palermo; la R. Università
di Roma; l'Osservatorio di Parigi.
P. B.
253 —
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DEELA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Classe di scienze morali, storiche e filologiche.
Seduta del 18 marzo 1888.
G. Fiorelli Vice-Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Archeologia. — Il Socio Fiorelli presenta il fascicolo delle No-
tizie per lo scorso febbraio , e lo accompagna con la Nota che segue :
« Una seconda Memoria del prof. G-hirardini illustra gli oggetti d'arte
figurata, scoperti nel deposito votivo del fondo Baratela presso Este (Re-
gione X), oggetti rappresentati in sette tavole, che comprendono più di cen-
tocinquanta figure. Si dividono in due ordini: in statuette di bronzo ed in
lamine figurate; si aggiungono le fibule ed altri pezzi minori. Vi predomina
una rude arte locale, raramente ispirata ai modelli greco-romani; ma il com-
plesso è importantissimo per lo studio della civiltà italica.
« In Milano (Regione XI) parecchi avanzi di costruzioni antiche furono
riconosciuti nei lavori per aprire la nuova strada fra la Piazza del Duomo
e la Piazza Castello. Inoltre una lapide con epigrafe latina sepolcrale fu tro-
vata tra i materiali di vecchie fabbriche in Via Cavenaghi ; e varie anfore
e pezzi di vasi aretini e lucerne, scoperte in mezzo ad ossami presso Piazza
Castello, lasciarono il dubbio che quivi sia stato un sepolcreto gallo-romano,
compreso poi entro il recinto della città nel secolo IV.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 33
— 254 —
« Da vari siti della provincia di Bologna (Regione XIII) si ebbero
informazioni sopra antichità preromane quivi rinvenute ; delle quali mi limito
a dare il semplice annunzio, riserbandomi di presentare nel prossimo fa-
scicolo tutte le Note che a questa scoperta si riferiscono.
« Nel territorio di Chiusi e propriamente in contrada le Capando di
sopra, fu trovato un pozzo formato con sette cilindri fittili, che uniti misu-
rano in altezza circa quattro metri. E simile al noto pozzo di C. Antonius,
rinvenuto nella necropoli Esquilina, ed intorno al quale molto fu disputato dai
dotti, altri ritenendo essere stato quello una tomba vera e propria, altri
una conserva d'acqua.
« Parecchi oggetti di età varia, appartenenti a suppellettile funebre
preromana e romana, si rinvennero nel cimitero di Grosseto, a due chilometri
dalla città, ed a quattro dal sito ove sorgeva l'etnisca Kusellae.
« Da Civitavecchia si ebbero alcune lapidi iscritte che provengono dal ci-
mitero cristiano di Centumcellae. La prima, che è dell'anno 545, ha dato materia
a dotte osservazioni del eh. comm. De Rossi. La seconda è del 557 ; la terza,
troppo mutila, si addimostra, per la forma della scrittura, pure appartenente
al secolo VI dell'era cristiana: alla quale età vanno riferite anche le altre
iscrizioni di quel cimitero.
« In Roma (Regione I) molte furono le scoperte. In Piazza Vittorio Ema-
nuele ricomparvero resti di muri medioevali, nel cui perimetro si trovarono
caldaie di rame, vasetti di bronzo, ed un candelabro di ferro. Vi si trovò
pure una tomba della necropoli arcaica, tutta sconvolta e disfatta, ma con
molti resti della suppellettile funebre, consistente in fìttili con ornati a colori,
in buccheri di tipo laziale, in pezzi di bronzo ed in alcuni spirali a filo
d'oro.
« Molti altri fittili del deposito votivo, attribuito al Tempio di Minerva
Medica, si recuperarono tra le vie Buonarroti e Macchiavelli ; cioè statuette
e teste di varie dimensioni; mani, piedi, e visceri umani; animali diversi;
e vari esemplari del noto gruppo rappresentante le divinità eleusine. I pezzi
finora raccolti intieri o frammentati ascendono a cinque o sei mila.
« Un tratto di antico muraglione a parallelepipedi di tufo si scoprì
presso il palazzo senatorio in Campidoglio, vicino all'ingresso degli uffici mu-
nicipali, dove fu pure trovata ima sepoltura dell'età di mezzo.
« Resti di grandi costruzioni in travertino e mura laterizie con colonne
e pezzi di ornati marmorei rividero la luce negli sterri per la fogna della
Via Arenula, in prossimità di Piazza Cenci.
« Altre iscrizioni si ebbero del noto sepolcreto della Via Salaria, il quale
rimonta al finire della repubblica ed al principio dell'impero. Ma scoperte
di maggiore importanza avvennero nella via stessa, e propriamente nel ci-
mitero cristiano di Priscilla. Come è dichiarato in una lettera scrittami
dal comm. G. B. De Rossi , e che offre sommaria informazione di questi
— 255 —
rinvenimenti, ne' nuovi scavi praticati nel cimitero sopra detto, si scoprì un
ipogeo di forme antichissime, diverse dal tipo ordinario dell' escavazione ce-
meteriale cristiana ; e che quantunque orribilmente devastato, mostra ancora
che fu ricoperto di lastre marmoree e musaici.
« Dai frantumi delle epigrafi che vi si raccolsero si rileva che quivi
riposarono varie persone degli Acilii, che abbracciarono il cristianesimo. Al-
cuni pezzi di una lastra marmorea in bei caratteri, rinvenuti nel luogo stesso.
appartengono ad un'iscrizione, certamente estranea all'ipogeo, dedicata a L. Mi-
nicio Natale, iscrizione di cui il eh. dott. Hiilsen restituì l'intiero contesto.
« Grandi latomie di tufo, esercitate sul finire della repubblica ed il
principio dell'impero, si riconobbero in contrada Pozzo Pantaleo sulla Via
portuense.
« Nel territorio tusculano presso Frascati, in contrada le Cappellette,
si rinvennero pezzi di fistule acquane plumbee col nome di Matidia come
in altri pezzi di fistule simili trovati in Ostia.
« Un'epigrafe onoraria ad Annia Agrippina, scoperta in Pozzuoli nei
lavori del nuovo rione ci ricorda il marito di lei C. Iulius Apollonius de-
clinala Romae, al quale si riferisce un altro titolo puteolano, edito dal
Mommsen (CI. L. X, 1721).
« Non mancano informazioni sopra scoperte avvenute in Sicilia ed in
Sardegna ; ma trattandosene in Memorie, alle quali vanno unite delle tavole,
ed aspettandosi, per alcuni fatti, nuove dilucidazioni, mi riserbo di parlarne
alla K. Accademia nelle prossime tornate.
« Basti qui per ora il dire, che le scoperte accennate riguardano un
tesoretto di monete greche di argento trovato in Sicilia ed aggiunto al Museo
di Palermo; oggetti d'oro di ornamento personale rinvenuti nella necropoli di
Gela; nuove ed importantissime costruzioni rimesse all'aperto nell'acropoli
di Selinunte; colonne milliarie della strada romana di Sardegna scoperte nel
territorio di Olbia ; lapidi della necropoli di Telti nel territorio stesso. Devo
finalmente annunciare che gli scavi fatti eseguire dentro e fuori il cimitero
siracusano, de' quali fu dato un accenno nelle Notizie del 1886 p. 139, con-
dussero a riconoscere un muro robustissimo, largo quasi sei metri, formato a
grossi blocchi di pietra squadrata, che corre da sud a nord, fin sotto il colle
Temenite. Le nuove indagini fecero rinunciare al sospetto che si ebbe quando
di quel recinto si scoprirono i primi tratti dentro il camposanto, vale a dire
che fosse stata la platea in cui erano edificati i famosi templi di Cerere e
Proserpina, che, stando alle memorie classiche, in quella pianura, oggi detta
del Fusco, dovevano sorgere. Un'ampia Memoria sopra questo trovamento
sarà edita dal prof. Fr. Sav. Cavallari, come appendice al grande lavoro sopra
la topografia di Siracusa ».
— 256 —
Filologia. — La traduzione degli Evangeli in Arabo ed in
etiopico fgeesj. Memoria del Socio I. Guidi.
« L'antica traduzione araba degli Evangeli nacque forse in Palestina,
nel XIII sec. ebbe una revisione nel Patriarcato Alessandrino, e questa edi-
zione corretta ebbe grande favore in Oriente e modificò l'antica traduzione
etiopica » .
Questo lavoro sarà pubblicato nei volumi delle Memorie.
Giurisprudenza. — Gli Statuti pistoiesi del secolo XIII a pro-
posito di uno studio di L. Zdekauer (*). Riassunto e cenni critici
del Socio F. Schupfer.
« Le pubblicazioni dei nostri Statuti municipali si seguono, ma non si
rassomigliano. Non è molto il Lampertico pubblicò lo statuto di Vicenza :
adesso abbiamo dinanzi questo di Pistoia dovuto alle cure pazienti dello
Zdekauer ; e l'uno e l'altro corredati da sapienti illustrazioni. Ma quanta
differenza nel resto ! Se il Lampertico si è fatto a studiare la storia civile
della sua Vicenza dai tempi romani tino a quelli del comune, e illustra lo
statuto, che pubblica, analizzandone gli elementi, riproducendone, per cosi
dire, la fisonomia, determinandone le relazioni col gius comune, lo Zdekauer
si ferma piuttosto alla parte esteriore della legge, che ha tra mano, rintrac-
ciando la via, per la quale, da una più antica compilazione del secolo XII,
si è, un po' alla volta, arrivati ad essa. E anche la forma è diversa. La
prefazione dettata dal Lampertico ha qualcosa di artistico ; quella dello
Zdekauer pare anzi schivare tutti i lenocinì dell'arte : è irta di citazioni,
intersecata da diplomi, piuttosto pesante ; e nondimeno ha anch'essa la sua
grande importanza. Da parte nostra non esitiamo a dire che è un molto sa-
piente e utile contributo alla storia del diritto medievale italiano, che po-
trebbe servire di esempio ad altre pubblicazioni di simil genere. Diremo di
più : coloro che si occupano di siffatti studi potranno anche trovarci interesse
a vedere come uno statuto si venisse mano mano formando ; perchè in so-
stanza tutta la prefazione dello Zdekauer si riduce a questo : di farci, con
una minuta analisi delle fonti, e attraverso le molte carte del secolo XIII
e gli scritti di antichi giureconsulti, assistere alla formazione dello statuto
pistoiese del 1296.
« Abbiamo già notato come esso si appoggi ad uno statuto più antico
(*) Statutum potestatis comunis Pistoni anni MCCLXXXXVI mine primum edidit
Ludovicus Zdekauer. Praecedit de statutis pistoriensibus sacculi XIII dissertatio. —
Mediolani apud Ulricum Hoepli, pag. LXV-343.
— 257 —
del secolo XII, di cui si conservano tuttavia molti frammenti ; e infatti ben
24 capitoli sono uguali o quasi, e questi alla lor volta si riannodano ad
antiche leggi o consuetudini. Basterà ricordare lo statuto circa il maritar le
ragazze, che certo trae la sua origine dall'editto di Liutprando. Ma non può
dirsi che dopo quella pubblicazione la legislazione avesse sosta un solo istante.
Erano tempi in cui la società veniva tutta l'innovellandosi ; e naturalmente
alle condizioni e ai rapporti nuovi della vita doveano anche corrispondere
leggi nuove. Ora, non dirò che vi si provvedesse sempre con una revisione
del vecchio statuto : per lo più si trattava di singole leggi, che venivano
pubblicandosi nei parlamenti secondo il bisogno; ma, ingrossando esse sempre
più col tempo, parrà naturale che si pensasse infine a riordinare tutto quel
materiale legislativo, che era venuto accumulandosi via via, e anche correg-
gerlo e completarlo dove faceva mestieri. Tra la redazione del secolo XII e
la redazione angioina, che vien dopo, c'è di mezzo addirittura un secolo ; e
in questo frattempo ci abbattiamo in tutta una folla di leggi, che l'autore
ha avuto cura di annoverare.
«Ne ricordo una dell'anno 1191, che proibisce di alienare le torri;
un'altra riguardante l'alienazione delle cose pupillari, che un diploma del
1206 dice contenuta in constituto civitatis; una terza del 1209, che, ispi-
randosi al disposto del Senatoconsulto Macedoniano, vieta di far credenza ai
figli di famiglia prima che avessero diviso col padre ; uno statuto sulle cose
mobili, di cui è menzione in una carta del 1213 ; uno, di questo medesimo
anno, sulle donne che passavano a nuove nozze e sulla successione nei loro
beni; e altri provvedimenti degli anni 1217 e 1224 circa l'alienazione delle
case. Un altro statuto dev'essere stato scritto poco dopo l'anno 1219, in cui
fu fatta la pace tra Bologna e Pistoia, perchè vi si riferisce come a cosa
recente. Un provvedimento riguardante l'acquisto delle torri per successione
è dell'anno 1228. Lo statuto de arredo estimato et rebus que solent extimari
cum arredo è già ricordato in una carta del 1232, come contenuto nel consti-
tutum. Alcune leggi si sono occupate della locazione delle terre. Una del
1233 stabilì la prescrizione di tre anni per gli affitti, giusta i principi del
diritto giustinianeo ; e una carta del 1236 conosce già la trina requisiiio
domino facienda ut in constituto Pistorii continetur de terris in affictv/m
datis. Anche un arbitrato del 1237, con cui fu messo termine ai dissidi,
che c'erano, tra la università dei militi e quella del popolo, doveva porsi
nel constitutum ; e sappiamo veramente che vi fu posto. Una concordia dei
Pistoiesi col popolo di Carmignano, che figura nelle redazioni posteriori, è del
1242. Una aggiunta vi fu fatta nel 1251. Altre riformazioni subite dalle
leggi sugli affitti appartengono pure all'anno 1251. Uno statuto circa i tutori
da darsi dal giudice è del 1254. Un altro de easis non alienandis porta la
data del 1260.
« E così si arriva ai tempi angioini. Pistoia si era data (1267) a Carlo
— 258 —
d'Angiò ; e allora per la prima volta, dopo circa un secolo, parve necessario
di rivedere tutta questa farraggine di leggi, e specialmente adattarla alle
mutate condizioni dei tempi. In realtà la nuova dominazione angioina scon-
volse da capo a fondo lo stato della città, e fu compilato un nuovo statuto
corretto ed emendato in tre libri col mezzo dei costitutari, che si distingue
caratteristicamente dall'antico. Quando precisamente ciò avvenisse, vedremo
più sotto : qui vogliamo osservare soltanto, che molte parti furono mutate ;
ma più quelle che risguardavano il diritto pubblico. Molti provvedimenti
presi in favore dei Guelfi appartengono a questi tempi. Alcune leggi poetano
addirittura il nome di Carlo d'Angiò, e concernono la elezione dell'avvocato
e sindaco del comune che ne difendesse le cause, la elezione dei custodi
delle porte, i custodi dei castelli e altri ufficiali pubblici. Uno statuto spe-
ciale contro coloro, che dicessero villania alla Santa Romana Chiesa, al Re
• e alla Regina, fu anche pubblicato in questi tempi. Tra quelli di diritto
privato ce n'è uno, che regola la materia dei feudi, e un altro del 1271,
che proibisce di ricevere un figlio di famiglia come pagatore principale. Noto
anche alcuni provvedimenti dell'anno 1273 relativi ai luoghi pii ; uno sta-
tuto del 1278 sui legati, e un altro del 1283 sulla proprietà comune delle
case e delle torri. Un capitolo, votato nel 1284, ha questa intestazione, che
ne mostra la speciale importanza: qwd domimis episeopm non adiungatur
alieni officiali civitatis Pistoni et quoti sindicus et officiales proceda ut
in officio suo absque domino potestate. Dino di Mugello nel cons. 28 cita
due altri statuti. Uno, che non si dovesse dare ascolto alle querele e recla-
mazioni dei banditi, sia che si trattasse di malefici o di debiti ; l'altro, che
non si dovesse render ragione a chi non era allibrato, salvo nei casi di morte
o di spargimento di sangue. Questa ultima legge è del 1288. Insieme trovo
fatta parola di uno statuto del 1293 su gli artefici e artisti, che dal distretto
fossero venuti a stabilirsi in città: doveano pagare i dazi e le collette e fare
le funzioni con gli uomini del loro comune. In questi tempi cominciano anche
gli orditi* lineata sacrata et sacratissima, come son detti certi statuti del
popolo.
« Infine, correndo l'anno 1296, Pistoia dà a Firenze la «piena e libera
autorità, licenza e balìa di dirigere e riformare la città e il popolo in buono
e pacifico stato, e ordinare e statuire ciò che credesse pel buono e pacifico
stato della città stessa e del distretto » ; e nel medesimo anno Amadore di
Rabbiacanina e Loteringo di Montespertoli, giudici mandati dai Fiorentini,
correggono lo Statuto. Il lavoro fu fornito nel breve spazio di tre mesi, ed
è quello pubblicato dallo Zdekauer ; ma il nuoAO statuto segna il termine
della libertà pistoiese. La stessa legislazione è venuta foggiandosi su quella
di Firenze. L'autore ha notato ben 21 rubriche del solo libro II dello sta-
tuto fiorentino, che corrispondono a quelle del nuovo statuto pistoiese ! Del
resto è un lavoro di grande sapienza legislativa, nel quale si fondono l'antico
__ 259 —
spirito del comune, fedele all'impero, con l'ingegno politico della vittoriosa
Firenze, che impone le sue leggi alla città soggiogata.
« Tale è la nuova pubblicazione dello Zdekauer, e non esitiamo a tri-
butarle ogni più ampia lode. La stessa mancanza di un commento continuo
del testo, e anche del glossario delle voci, è supplita dagli indici metodici
copiosissimi, nei quali ha cercato di svolgere il contenuto intero dello statuto.
I frammenti poi, che si trovano riuniti nella dissertazione, serviranno molto
bene a quel lavoro d'analisi, che la edizione del testo ha iniziato.
« Soltanto non vorremmo accettare tutto ciò che dice della redazione
angioina.
« Egli crede che sia nata nel 1267, e ha cura di mettere assieme al-
cuni indizi. Osserva, che lo statuto del 1296, che fu fatto sur essa, ricorda
ben otto volte il nome di Carlo d'Angiò e anche accenna al capitolo, che
vuol punite le villanie dirette contro il Ee e la Kegina ; ma queste non ci
paiono ancora ragioni sufficienti per ritenere che la redazione debba proprio
attribuirsi a quell'anno. Né lo prova il nome di Cialdo de' Cancellieri, che
fu podestà appunto nel 1267, e che ricorre tre volte nello statuto. Ciò che
possiamo e vogliamo ammettere è, che fin dalle prime si saran pubblicati
alcuni statuti, che provvedessero al mutato ordine di cose ; ma che subito
si sia pensato a rifare tutto lo statuto, è' cosa più presto detta che provata.
D'altronde sappiamo veramente di una revisione fatta nell'anno 1272, di cui
non si sarebbe, certo, sentito il bisogno a soli cinque anni di distanza. Anzi
ne esiste tuttavia un frammento in una carta pistoiese del 1321. Comincia
così : Hoc statutum noviter factum corredini et enenclatum per constitu-
tarios comunis Pistorìi tempore — dei et regis gratta honorabilis pote-
statis Pistorìi. anno d. MCCLXXIL
« Né vorremmo ammettere che questa redazione angioina fosse piuttosto
arruffata. L'autore dice che deve essere stata più un cumulo di riforme che
non un vero corpo di leggi, o uno statuto legalmente ricevuto e rubricato ; ma,
appunto dai frammenti, che ne rimangono, rileviamo che era divisa in tre
libri ; e che il primo trattava dell'officio e della elezione del podestà, e degli
altri officiali della città e del distretto e dei loro assegni ; e il terzo, dei
giudizi, delle prescrizioni, delle successioni, dei contratti, delle appellazioni
e simili, oltre ad alcune cose straordinarie. Anzi la carta summentovata ri-
produce un capitolo, che vi era contenuto, sulle alienazioni delle donne. Vi
è detto che potean vendere con giuramento ; ma ci voleva il consenso di
due parenti, e anche doveano aver giurato spontaneamente. Del secondo libro
non sappiamo nulla.
« Aggiungiamo qualche osservazione sugli Ordinamenti del popolo, o
piuttosto sugli Ordìnamenta sacrata et sacratissima, che l'autore tocca solo
incidentalmente qua e là.
«Non c'è dubbio, che questi sien nati da quelli; ma hanno il loro
— 260 —
carattere speciale. Se vogliamo, sono leggi di sospetto, dirette contro l'aristo-
crazia dominante, che a Pistoia, come a Bologna, furon dette veramente Or-
dinamento, saerata et salatissima, e a Firenze Ordinamenti di giustizia.
Ora, il primo tentativo di uno speciale statuto del popolo pistoiese tendente
a frenare gli abusi dei maggiorenti, potrebbe trovarsi accennato in un di-
ploma del 1237, che ricorda certa caliganti a artium, avvenuta a Pistoia,
contro la universitas dei militi e giudici. Perchè sembra, che il popolo, in questa
occasione, siasi dato degli speciali statuti, e che questi fossero diretti contro
i nobili : ma la cosa, a quanto pare, non ebbe seguito. Gli arbitri, eletti
a sedare quel dissidio, avrebbero stabilito, tra le altre e prima di tutto,
quod constitutum comune sii in civitate Pistoni tam prò maiori quam
prò minori et etiam in districtu. Et hoc servetur in hoc anno praesenti
et in perpetuum. Infatti, ancora nel 1259, il podestà giurò soltanto il con-
stitutum comimis, e non si trova fatta parola che del consiglio dei CC e di
quello dei C e XL. Ma già una provvisione del 1294, tendente a stabilire
se alcune persone, che si spacciavano per cittadini ed artisti, lo fossero ve-
ramente, dice che doveano scrutinarsi salvis sempier statutis sacris et sa-
cratissimis. In quell'anno era podestà di Pistoia Giano della Bella, un nome,
che simili ordinamenti avean reso celebre a Firenze l'anno avanti. E in
seguito gli esempi si moltiplicano/ Lo stesso statuto di Pistoia del 1296
rammenta questi statuti e ordinamenti del popolo col nome di sacrata et,
sacratissima ; e un documento del medesimo anno accenna anche alla loro
provenienza. Si tratta di un inventario dell'opera di San Giacomo del 1296,
che, tra i privilegi e stromenti del comune, registra appunto gli ordina-
menta sacrata que venerimi a civitate Bononiae sigillata dnobus sigillis.
Questo inventario è ricordato dallo Zdekauer a p. LII ; e così Bologna
avrebbe dato codesti ordinamenti a Pistoia, come li ha dati a Firenze. L'au-
tore però soggiunge, che noi sappiamo ben poco degli ordinamenti bolognesi,
e ciò non è interamente conforme al vero. Certo se ne sa qualcosa di più
di ciò che sta scritto nel Dizionario del Rezzasco, a cui rimanda ; perchè
essi si conservano tuttavia a Bologna e si stan pubblicando da quell'infati-
cabile e fortunato ricercatore di cose medievali, che è il nostro amico Gau-
denzi, per incarico della Deputazione di storia patria della Romagna. Sol-
tanto ci auguriamo che la pubblicazione possa procedere più alacremente,
che non ha fatto finora. Il fascicolo, che abbiamo sott' occhio, conta già due
anni di vita, e riproduce solo un frammento di statuti del popolo della metà
del secolo XIII, desunto da un codice membranaceo della biblioteca univer-
sitaria di Bologna, e gli statuti del popolo dell'anno 1282, sulla fede di un
codice membranaceo dei conti Malvezzi de' Medici e di un altro dell'Archivio
di Stato contenente gli statuti di Bologna dall'anno 1289 fino al principio
del secolo XIV. Appunto il libro quinto di questi statuti è formato dagli
ordinamenti del popolo, promulgati tra gli anni 1282 e 1292, con le
— 261 —
aggiunte, modificazioni e detrazioni, alle quali andarono soggetti fino al 1296,
e riproduce gli statuti sacrati e sacratissimi. Il codice stesso, a proposito di
quelli del 1282, osserva : Hic est tractatits ordinamentorum sacratorum et
sacratissimorum et modificationum eorum et aliorum ordinamentorum de-
pendentium et occasionatorum ab eis. Fra i quali amo ricordarne uno, che
riguarda la responsabilità di tutto il casato pei delitti dei singoli membri,
che lo componevano. Certamente è lo statuto più importante, e per così
dire l' anima, di cotesti ordinamenti ; e può vedersi sì negli statuti sa-
crati e sacratissimi di Bologna e sì negli ordinamenti di giustizia di Fi-
renze. Anche Dino di Mugello ne allegò uno nel cons. 16 per Fredo dei
Cancellieri, e credo che interesserà di vedere, come appunto questo statuto
sacrato, che, secondo Dino, cominciava con le parole : ut lupi rapacitas,
trovi il suo riscontro in un altro degli statuti sacrati e sacratissimi del po-
polo bolognese dell'anno 1282, che comincia press'a poco allo stesso modo :
Volentes et intendentes quod lupi rapace?, et agni mansueti ambulent pari
gradii, providerunt ecc. Ciò che più importa, è l'indole della provvisione,
che concorda pure con quella citata da Dino : tutti della città e del di-
stretto, di cui erano descritti i nomi, doveano tra un anno e un mese pre-
stare buona ed idonea securtà al podestà del comune e al capitano de re-
presentando personaliter coram predictis dominis et quolibet eorum quo-
ciens ipsi vel alter eorum fuerint requisiti ex quacumque de causa et de
non tenendo vel esse seu stare permitendo in eorum domibus . . . aliquos
bannitos communis Bononie prò maleficio aliquo ... vel aliquos assassinos
vel infamatas personas, et de non offendendo seu offendi f adendo aliquem
vel aliquos in personis vel rebus. Insieme è detto che ognuno doveva ri-
spondere tanto per sé quanto per tutti quelli della sua casa: Et teneantur
quilibet infrascriptorum et eius securitas, tam prò se quam prò eo vel
eis de domo sua, tam . . . clericis personis quam laicis, videlicet patribus,
film vel fratribus nepotibus tam legitimis quam naturalibus. I maggio-
renti, che rifiutassero di dare la securtà, doveano essere banditi ; il podestà
che tralasciasse di esigerla era punito con una multa. Lo statuto aggiunge,
che egli potrà procedere contro i detti maggiorenti per qualunque maleficio,
delitto o quasi delitto, eccesso o quasi eccesso, inquirendo, multando, pu-
niendo, condempnando et confinando ad suam voluntatem et arbitrium*.
Paletnologia. — Di alcune leghe usate nelle prime età dei
metalli. Nota del Socio Luigi Pigorini.
« L'on. barone Marcello Spinelli fece analizzare, anni sono, in Napoli dal
saggiatore degli orefici una fibula, apparentemente di bronzo, dell'arcaica necro-
poli campana di Suessula. L'analisi, pubblicata dal eh. dott. von Duhn {Bull.
Rendiconti. 1888. Vol. IV, 1° Sem. 3*
— 262 —
dell'Ut, di corr. arch., 1878, p. 152), dimostrò che tale fibula, del pesa
di gr. 3,466, si componeva di
oro gr. 0,235
argento .... » 0,705
rame . . . . » 5,526
« Poco dopo il von Duhn annunziò {Bull. cit. 1879, p. 142) che l'ana-
lisi di altri oggetti d'ornamento della stessa necropoli, ritenuti pur essi di
bronzo, diede risultati ancor più notevoli, essendosi scoperto che « ve ne
erano alcuni consistenti per la maggior parte di oro puro ». Egli quindi
suppose che si fosse trovato il metallo corinzio, l'aurichalco tanto lodato da
Plinio e da altri, al quale in Napoli venne dato il nome di metallo Spinelli.
« Appresso, per cura del sig. Giacomo Egg di Piedimonte d'Alife, furono
analizzati degli oggetti, creduti anche questi di bronzo, raccolti in altra ne-
cropoli campana esistente nel territorio di Alife, coeva di quella di Suessula.
Il eh. dott. Dressel riferì (Ann. dell' Ut. di corr. arch. 1884, pag. 247,
248) che si trovarono composti, talvolta di 2/3 di argento, di l/a di oro e
di 1/6 di rame, tal' altra di 3/4 di argento e di y4 di rame.
« Questo risultato, osservò il Dressel, è non solo sorprendente, ma, secondo
« il mio avviso, anche erroneo. Imperocché un metallo composto di tre parti
« di argento e di una sola parte di rame, ovvero di due parti di argento e
« di una parte metà oro, metà rame, si deve necessariamente riconoscere per
« argento, qualunque sia il suo stato di conservazione e di ossidazione, e non
« potrà mai apparire come bronzo. I pezzi in quistione nulla hanno di questa
« necessaria apparenza di argento, anzi non si distinguono punto dagli oggetti
« di semplice bronzo. Quale sia l'errore incorso nell'analisi chimica non saprei
« dire; ma che errore vi sia è indubitato, come sono pure persuaso che l'ana-
« lisi del metallo Spinelli vada soggetta a qualche modificazione » .
« Kecentemente il von Duhn, nel suo terzo pregevole ragguaglio delle
scoperte di Suessula (Bull, dell' Imp. Ist. arch. gerrn. Sez. rom. voi. II,
pag. 252, 253), ha pubblicato il risultato di una nuova analisi, eseguita nella
Università di Heidelberg sopra una fibula e im braccialetto di bronzo prove-
nienti dalle note tombe. E il seguente:
Braccialetto. Fibula.
rame 89,09 rame 90,54
stagno .... 8,85 stagno .... 6,98
piombo .... 1,99 piombo .... 1,97
ferro 0,07 ferro 0,51
100,00 100,00
« Dunque, scrive il von Duhn, né oro, né argento ; invece una composi-
« zione somigliantissima al nostro metallo da cannoni, relativamente ricca di
— 263 —
« rame, povera di stagno, più povera di piombo, affatto sprovvista dello zinco,
« conforme insomma alle leghe più arcaiche in genere del solito bronzo greco.
« Come combinare con questo risultato quello delle analisi napoletane, sopra
« le quali doveva fondarsi il mio giudizio anteriore non lo so ; lascio ai tecnici
* il decidere come abbia a spiegarsi la strana differenza che esiste positiva-
- mente fra l'aspetto e la qualità del bronzo ordinario, e gli oggetti fatti
« del metallo Spinelli » .
« Non voglio escludere la supposizione del Dressel, vale a dire che sia
accaduto qualche errore nelle analisi ordinate dallo Spinelli e dall' Egg, spe-
cialmente ne] le ultime per la circostanza che gli oggetti di Alife, i quali
sarebbero composti per la maggior parte di argento, non si distinguono punto
all'aspetto da quelli di semplice bronzo. Credo ad ogni modo che, ove l'errore
esista realmente, si abbia soltanto in ciò che concerne la quantità dei metalli
riconosciuti in ogni singolo oggetto. Considerando pertanto che i risultati delle
analisi qualitative fatte in Italia sono molto diversi fra di essi, e assai diffe-
renti da quello ottenuto in Heidelberg, inclino a ritenere che le famiglie
campane, cui si riferiscono le antichità di Suessula e di Alife, lavorassero
oro e argento cui era unito artificialmente del rame, e inoltre facessero uso
tanto del bronzo comune, quanto di vere e proprie leghe di rame e di argento,
non che di rame, argento e oro. Lascio peraltro insoluto il problema se, nel
secondo caso, la lega venisse composta coi tre metalli presi separatamente,
oppure col rame e coli' elettro, in cui l'oro e l'argento già fossero natural-
mente combinati.
« I dubbi espressi sulla possibilità di simili operazioni nei giorni ai
quali rimontano le menzionate necropoli, potevano sembrare fondati fino a
che le osservazioni relative a Suessula e ad Alife si credevano una eccezione,
sebbene siasi citato anteriormente qualche fatto per dimostrare che innanzi
la fine della prima età del ferro, nell'Italia superiore esistevano oggetti di
argento cui era stato aggiunto del rame (1). e quantunque dell'arte di unire
il rame all'oro nella stessa età siensi trovate prove anche nelle celebri tombe
di Hallstatt (Morlot, nelle Mém. de la Soc. B. des Antiq. du Nord, 1866-
1871, pag. 31). Panni però che tali dubbi non abbiano più ragion d'essere,
dopo le importanti scoperte che gli egregi signori Enrico e Luigi Siret hanno
fatte nella Spagna, fra Cartagena ed Almeria, mirabilmente descritte ed illu-
strate nell'opera loro: Les premiers àges du metal dans le sud-est de
V Espagne.
(i) Il Gozzadini {UH. scop. nelVant necrop. « Marzabotto, tav. XVII. fig. 20) illustrò
dna fibula di argento, rinvenuta in Marzabotto, scrivendo a pag. 86, nota 233, quanto
segue: «L'analisi chimica ha dimostrato che vi è una, piccola quantità di rame unita
« all'argento, secondo che si costuma per renderne più l'arile la lavorazione ». È da notare
che tale fibula non è etrusca come il Gozzadini ritenne, ma bensì gallica (Brizio, Tombe
crop. galliche della prov. di Bologna, 1887, pag. 70).
— 264 —
« È noto che in Europa si lavorava l'oro nei primordi dell'età del bronzo,
ma comunemente si ritiene che l'uso dell'argento vi si introducesse soltanto
colla civiltà della prima età del ferro inoltrata. Le estese e fruttuosissime
esplorazioni dei signori Siret (op. cit. pag. 231) mostrarono invece, che l'ar-
gento si conosceva e si adoperava nel sud-est della Spagna chiusa appena
l'età della pietra (!), e che la scoperta di esso deve attribuirsi alla presenza
del metallo nativo esistente alla superficie del suolo. Le molte analisi chi-
miche delle antichità raccolte da quei due valenti investigatori provarono
inoltre, che nell' indicata contrada della Spagna, contemporaneamente ai più
arcaici oggetti di rame e di bronzo, se ne fabbricarono altri tanto di argento,
quanto di una lega d'argento e di rame (Siret, pag. 232).
« In una tomba dell' Àrgar, per es., insieme con varie antichità figurate
dai Siret nel loro splendido Album (tav. XXXIX, gruppo 738), si rinvennero una
lama di coltello di rame coi chiodetti pel manico composti di rame e di
argento, oltre ad un pendaglio della stessa materia, come risulta dalle seguenti
analisi (Siret, pag. 231):
Pendaglio. Chiodetti.
argento .... 22, 65 argento .... 27,74
rame 51,35 rame 28,22
ferro e piombo . . traccio stagno . . . . 3,55
piombo .... 2,04
« L'argento di cui si servivano i primitivi abitatori del sud-est della
(l) Stimo opportuno di citar-' in questo luogo un fatto osservato in Italia, che si
connette colle questioni accennate nella presente comunicazione, e di cui devo la notizia
all'egregio collega prof. Pompeo Castelfranco. — Nel famoso sepolcreto di Remedello in
provincia di Brescia, il quale rimonta ai primordi della metallurgia nel nostro paese
[Bull, di paletn. ital. X, pag 133 e seg. ; XI, pag. 138 e seg.), il eh. don Luigi Ruzze-
nenti di Asola scavò una tomba trasportata intatta nel Museo civico bresciano, della quale si
legge il seguente breve ragguaglio nei Commentarli dell'Ateneo di Brescia (1886. pag. 81).
u Lo scheletro ha sul ventre una rotella di pietra alabastrina a sette raggi ; sul fianco
« una cuspide di freccia di selce in direzione trasversale culla punta volta a sinistra e
« più basso, al lato destro, un gruppo di tre simili più piccole cuspidi colle punte verso
« i piedi. Ma la parte più importante dell'arredo, importantissima da vero, è uno spillone,
« che, se è d'argento, come non se ne dubita, mostrando l'uso di questo metallo nell'età
« cupreolitica, turba e confonde gli argomenti onde si distinguono que' periodi e sottope-
« riodi primitivi ». — Il Castelfranco, il quale fu presente al saggio dello spillone eseguito
da un orefice bresciano, mi ha dichiarato che è indubbiamente di argento fuso. Dopo le
scoperte dei signori Siret il fatto acquista una considerevole importanza e merita di essere
studiato attentamente, imperocché in altre tombe del sepolcreto di Kemedello, coeve per
fermo di quella che conteneva lo spillone, si rinvennero oggetti di rame i quali sembrano
rimontare alla età di quelli antichissimi dello stesso metallo e di bronzo, che nel sud-est
della Spagna si trovarono uniti ad ornamenti di argento.
— 265 —
Spagna era quello nativo delle Ilerrerias (Siret, pag. 226), un pezzo del quale,
sottoposto all'analisi (ibid. pag. 231), si vide contenere
argento 89,62
rame 0,18
cloro traccie
impurità 10,20%
« Ove si confronti il risultato di tale analisi con quello delle due pre-
cedenti, appare chiaro che i chiodetti e il pendaglio sono stati formati con
una lega. Nessuna meraviglia quindi che leghe analoghe fossero in uso anche
presso altri antichi popoli del bacino del Mediterraneo, quali le famiglie che
lasciarono le tombe di Suessula e di Alife.
« Fra i molti oggetti scoperti dai Siret e che furono analizzati, non
se ne è trovato alcuno di un metallo simile a quello Spinelli. Ciò non esclude
che il fatto non possa verificarsi in seguito. Intanto è da tener conto che
i nominati autori, parlando (pag. 236) della composizione degli ornamenti
d'oro rinvenuti, notano che sono di oro pallido. Li ritengono formati « d'un
electrum naturel, dans lequel l'or domine », e citano in proposito la notizia,
data già da Strabone, che l'oro e l'argento esistono naturalmente uniti nella
penisola iberica. Si può quindi con qualche fondamento supporre, che anti-
chissimamente sul bacino del Mediterraneo, come si componeva la lega di
rame e di argento, così si fabbricasse quella di rame e di elettro, la quale
potrebbe trovare riscontro nel metallo Spinelli della prima fibula suessulana
che fu analizzata.
« Dimostrato che nel sud-est della Spagna, quasi a partire dalla fine
dell'età neolitica, oltre fondere il rame e il bronzo, sapevasi unire il rame
coi metalli preziosi del paese, si può chiedere se le popolazioni di Suessula
e di Alife, vissute posteriormente e che lavorarono leghe simili, le fabbri-
cassero esse o le ricevessero preparate dal di fuori. Occorrono altre ricerche
innanzi di tentare la soluzione del problema. Se consideriamo però che le
scoperte dei signori Siret avvalorano ciò che gli antichi raccontano sulla
notevole quantità di argento e di elettro, che in età molto lontana i Fenici
acquistavano dagl'Iberi e vendevano altrove con grande profitto (Siret, pag. 236.
257, 259), e che la lega di cui ho parlato risale nel sud-est della Spagna
alle origini della metallurgia, non è inverosimile il credere che la lega ado-
perata nella Campania provenisse dalle spiaggie iberiche » .
Bibliografìa. — Di un manoscritto di Rime del secolo XV L
recentemente acquistato dalla Biblioteca Angelica. Nota del Corri-
spondente E. Narducci.
« Tra i recenti acquisti fatti dalla Biblioteca Angelica mi è parso degno
di nota un manoscritto cartaceo, in 4° piccolo, segnato ora col n. 1882, scritto
— 26(3 —
tra il 1578 e il 1582, e contenente Rime di circa 50 dei migliori poeti di
quella età fecondissima, e specialmente dei più rinomati tra gli accademici
Intronati di Siena. Non mi è riuscito di appurarne la storia e la provenienza;
ma segno manifesto ch'esso dovè finora rimanersi colato alle indagini degli
eruditi, è il trovarvisi, tra molti componimenti di Torquato Tasso, cinque a
lui attribuiti, che invano si cercherebbero nelle raccolte a stampa delle sue
Rime II nostro manoscritto ci presenta inoltre rime di otto poeti e di una
poetessa, che non menziona il Quadrio nella sua amplissima Storia della
poesia. Notevoli sono anche nove sonetti acrostici di Claudio Tolomei, le cui
prime lettere riunite formano il nome di margarita, e sono in lode di Mar-
gherita di Valois, figlia di Francesco I re di Francia, disposatasi ad Emanuele
Filiberto, Duca di Savoia. Ho pertanto l'onore di presentare all'Accademia
l'analisi di questo manoscritto, tolta dal mio catalogo inedito dei codici del-
l'Angelica.
1882.
Chartaceus, in 4.° minori, ff. 125, sec. XVI. Quinquaginta fere auctorum,
et prsesertim Academicorum lutronatorum Senensium. carmina italica; in quibus
recensendis C. est prò ' Canzone ', M. prò ' Madrigale ', 0. prò ' Ottave ' seu
Ogdoadse, S. prò ' Sonetto '.
1. Claudii Tolomei, Corona novem epigr. (S.) in lauderà Margarita^ Valesiae,
Francisci I. Francorum regis fili», et uxoria Emmanuelis Philiberti
Sabaudise Ducis: quorum cuiusque prima littera acrostichon efficit ' MAR-
GARITA '. Prsevia est eiusdem C. T. ad eamdem epistola, d. Parisiis.
16 mar. 1553, fol. l-3b.
a. ' Mirauano dal ciel gli angeli intenti'.
b. 'Alto, et caldo desir, di.' mi costrigni'.
e. 'Ride a questa Fenice l'aria intorno1.
d. ' Gratie eira pochi il eiel laryo destina'.
e. 'A mirar questa tua nuoua sorella'.
/. 'Raggio 'li l'io in uni Donna riluce'.
g. 'I nostri alti pensier di uirtu pieni'.
li. 'Tranquillo porto al empia <-\ ri, tempesta'.
i. 'Alma real, da le cui luci sante'.
k. Eiusdem ' a M. Cam,? Spannocchi hauendo co* suoi belli caratteri scrìtti
i precedenti son} ' (S.).
'Non potendo con arie formar belle'.
Leguntur a, e et g ap. Dìon. Atanagi, De le Rime di diversi nobili
poeti Toscani '._, lib. 2. Yen. 1565. f. 18b et 21a.
2. Bartholom/EI Caroli Piccolomini (S.), fol. 4a.
a. 'Voi clie 'n questi uicini ombrosi monti'.
b. '.Splenda questo felice alni', terreno'.
3. 'Dello Scacciato Intr.10' (S.), fol. 4a.
' Vani pensier che così dolcemente'.
— 267 —
4. ' Dello Spaventato Intr.t0 ' (S.), fol. 4b.
' Sì dolce fiamma già m'ardeua il cuore '.
5. ' Dell 'Ombroso Intronato ' (S.), fol. 5a-6b.
a. ' Scarco de' graui miei martìri in parte '.
b. ' S'a' miei giusti disii fatto pietoso '.
e. ' Nel mio bel sol de la diuina luce '.
d. ' Dell'usato leggiadro habito altero '.
e. ' I sospiri amorosi del mio cuore '.
f. ' Angelo in carne humana eletta et chiara '.
g. ' In morte del Bugino '.
' Anima bella che nel primo cielo \
6. Claudii Tolomei (S.), fol. 6b-10.
a. ' Un bello aurato uelo a l'aurea testa '.
b. ' L'alma beltà de l'alto sole in terra \
e. ' Qual miseria o timor sarà mai graue '.
d . ' Qual gioir lieto non si uolge in pianto '.
e. ' Dietro al orme sanguigne oggi m' inuio '.
f. ' Negli antri habitar uoglio oue Echo torni '.
g. ' Acque stillano gli occhi et sangue il cuore '.
h. ' D'amore essempio sopra ogni altro degno '.
i. ' Quando per l'ampio mar le turbate onde '.
k. ' Eccomi giunto al loco, al tempo, al giorno '.
I. ' Qual pensier qual desir nel'alma annido '.
m. ' Quanti dolci pensier d'amore ardenti '.
n. ' Quando l'ardente amor dal ciel discende \
0. ' Il tempo fugge come nebbia al uento '.
p. ' Se l'alta speme nudrisce il desire '.
q. ' L' inferma spoglia che mi cinse Adamo '.
r. ' Sotto l' insegna del tuo sangue tinta '.
Sacra, prseter a, quod est amatorium.
7. 'Del Susornione Intr.t0' (S.), fol. 11-14*.
a. ' Se pur ti piace ancor che '1 nodo antico '.
b. ' Spira per lo sgrauato aer sereno '.
e. ' Per folti boschi e per campagne aperte '.
d. ' Spirto gentil a cui '1 ciel largo diede '.
e. ' Valle oue i raggi del mio ricco sole '.
/. ' Mentre io gioiua ala bella opra intento '.
g. ' Né perch' io cerchi ognor nuoui paesi '.
h. ' Donna gentil se '1 ciel prigion mi diede '.
i. ' Così potessi io '1 duol che l'alma accoglie \
k. ' Se dopo mille et mille uoglie erranti '.
1. ' Persa ho la uista del bel uiso adorno '.
m. ' S'amorosi pensier dipinti in carte '.
n. ' Sì leggiadra è la rete oue io son colto '.
o. ' Del uiuo fonte, del mio pianto eterno '.
8. Petri Ioannis Salvestri ' Intro.10 per m. Cesare Tolomei a mad.a Frasia
Marzi' (S. caud.), fol. 14b.
' Se '1 ciel ui presti il dottor uostro tale '.
— 268 —
9. Scipionis Gonzaga (C. et S.), fol. 17.
a. ' Padre del ciel, se per dubbioso calle '.
b. ' Semplicetta fanciulla il fiero inganno '.
10. Incertorum (S.), fol. 18a.
a. ' Chiedendo un bacio ala mia cara Minta '.
h. ' Dela più bianca et mansueta agnella '.
11. Curtii Vignali, 'Ad imiialione di quello del Petr: Quando io son
tutto uolto in quella parte' (S.), fol. 18b.
' Quando i begli occhi di quel uiuo sole \
12. Incertorum, (S.), fol. 18b-19a.
a. ' Alla dantesca '.
' Carlo ammira il Boote i tuoi trofei '.
b. ' Deh potessi io Madonna uscir di uita '.
13. l Bel Cieco d'Adria', i. e. Aloisii Groto (S.), fol. 19a.
' Fortezza et senno amor dona non toglie '.
14. Incerti ' genti Ih.0 di Corfìi' (S.), fol. 19b.
a. 'Questa di sempre dardeggianti allori'.
b. ' Viua fiamma ili Marte et di Bellona'.
Huius carmina sequuntur infra, f. 41.
15. LiviiE Marzi de Placidis (S.), fol. 20-21b.
a. ' Arbor famoso li cui santi rami '.
b. ' Non è gloria portar scettro o corona '.
e. ' Stupidi intenti et fissi gli occhi miei '.
d. ' Quando ueloce il sol l'albergo lassa '.
e. ' Crudo, iniquo et fier uento dispietato '.
/'. ' L' idea a questa, o questa al' idea diede '.
g. ' Non potenza mortai, non stelle ingrate '.
16. Incerti (S.), fol. 21b.
' Speme che di dolcezza il duolo e '1 pianto '.
17. THOM.E B ALBANI (S.), fol. 22a.
' Candida neue et uoi purpuree rose '.
18. Cristophori Guidiccioni ad eumdem Th. B., fol. 22a.
' Balbani, uoi con destro alto sentiero '.
Post nomen A. eadem marni legitur : ' oggi Yescouo di ... ' Chr. G. electus est
episc. Adjacensis d. 13 maii 1578, obiitque d. 18 nov. 1582 (Cf. Ughelli, It. Sa-
cra, ed. 2, to. 3. Ven. 1718, col. 497) ; ideoque scriptus codex intra quadriennium.
19. Incerti (S.), f. 22b.
' Hor che l'Aquila e '1 Gallo infetti i figli '.
Cf. infra sub 43 e.
20. Thom.e Balbani ' Risposta al Guidicc.ni ' (S.), fol. 22b.
' Ben io seguendo un bel nobil pensiero '.
21. Fausti Sozzini ' Frastagliato Inir:t0 ' (S.), fol. 23a.
a. ' Il ciel de le sue grafie il seno aperse '.
b. ' Bagna dolor non gli occhi pur, ma bagna '.
Est a in laudem Isabella? de Medicis, ut ex acrosticho.
— 269 —
22. ' Del Tardo Intr.0 al Frast.0 Intr.0 ' (S.), fol. 23.b
' Dunque spirto gentil più tosto in carte '.
23. (Fausti Sozzini), Kesponsio (S.), fol. 23b.
' Tu e1 hai forse d'amor sì poca parte '.
24. Anon., forte eiusdem F. S. (S.), fol. 24.
a. ' Ben potete ueder negli occhi miei '.
b. ' Dolor che '1 cuor mi premi et cangi il uolto '.
e. ' Lo star mi strugge, e '1 fuggir non m'aita '.
d. ' Viui, chiari, cocenti, altieri lumi '.
Est ci in laudem Virginia Spannocchi, ut ex acrosticho.
25. Antonii Piccolomini (S.), fol. 25a.
' Se la mia dea uia più d'ogni altra è hella '.
26. Kesponsio (S.), fol. 25a.
' Beltà non uale a farsi un'alma ancella '.
27. Marii Colonna (S.), fol. 25b.
' Se '1 uostro uago giouenil desire '.
28. Responsio (S.), fol. 25b.
' Vana speranza di non uer gioire '.
29. Carmina anonyma, fol. 26-32b.
a. ' Al Materiale Intr.0 '.
' Quel duro laccio di ch'amor t'auinse '.
b. Eidem.
' Non perchè ognor uia più sommo ualore '.
e. ' Poi che da te mio sol l'empia fortuna '.
ci. ' Se non bastando ala mia fiera stella '.
e. ' Gran uendetta d'Amor, il freddo petto '.
f. ' In morte di m. VergP Grazini Amaro Intr.0
' Lasciando in terra ciò, che in te d'amaro '.
g. ' Del chiarissimo sol ch'eterno luce '.
h. ' In morte di L.° C.° '
'Già dolce scorta nel camin ch'io prendo'.
i. ' In rimembranza di mad.a Fillide sua sorella già morta '.
' Volge il quinto anno, et lasso panni un giorno '.
k. ' Stanze recitate nel trionfo dello Sdegno, rappresentato in Siena dall'uni-
versità delti scolari '.
' S'alcun per gran desio d'alta bellezza '.
I. ' Lodi dello Sdegno cantate nel suo trionfo '.
' Giusto possente sdegno '.
m. ' Canzone di David'.
' 0 beato chi mai non muoue il piede '.
n. 'Al maestro della musica. Canz. di David quando uenne a lui Natan
il Profeta, dopo l'essersi egli giaciuto con Bathsaba ' (C).
' Habbi pietà di me, o Dio, secondo '.
o. ' Al maestro della musica sopra il Ghittih, Canz. vii] '.
' 0 Ioua signor nostro '.
p. ' Canz.e di Dauid '.
' Ioua ho io per pastore '.
q. ' Vostri uiuaci lumi '.
Rendiconti, 1888, Vol. IV, 1° Sem. 35
— 270 —
Sunt a ad i S, h Ogdoadae, l ad q C. Versiones Psalmorum sunt m 1,
n 50, o 8 et jt? 22.
30. 'Del med.° Frast.°\ i. e. Fausti Sozzini (S.), fol. 32b-33a.
a. ' 7» morfe di mad.a Erminia Colombini de Simoni, che morendo di parto
lassò di quello una fig.a '.
' Che non può fiera morte, se il gran regno '•
b. ' In morte di mad.a . . . ' (sic).
' Donna, che giunta sei di questa uita \
31. ' Canzone del S.r D. Scipione da Castro in morte della S.ra Padrona
dell'Ili.™0 SS Giou. Andrea Boria' (C), fol. 35-40.
' Tra l'antiche ruine '.
In frustulo chartaceo interserto, marni recentiori legitur: ' Il sig.r Gius.e
Molini giudicò questo scritto di T. Tasso ' ; quod refellitur ex eo quod sub
nomine eiusdem S. d. C. idem Carmen extat impressimi in Rime di diversi
celebri poeti dell'età nostra, coli, a Jo. Bapt. Licino. Bergomi 1587, p. 290
ad 296. Insuper T. T. versus ut ' Arder il Ciel, e lagrimar il Sole ' nunquam
scripsisset.
32. Eiusdem incerti de quo supra ad n. 14 (S.), fol. 45a.
' Se dal terreno chiostro human pensiero \
33. Lauree Battiferri (S.), fol. 41ab.
a. 'Se gli occhi innalzo a rimirar talora'.
b. 'Sotto l'inuitta et militante insegna'.
e. ' Di uirtute in uirtù salir desio '.
34. Torquati Tasso S., prater ea quae aliter subnotantur, fol. 42-52b.
a. ' Facelle son d' immortai luce ardenti'.
b. ' Geloso amante apro mill'occhi et giro '.
e. 'L'incendio onde tai raggi uscir ltì;i fuore'.
d. ' D'aria un tempo nudrimmi, et cibo et aita '.
e. ' Cinthia non inai sotto '1 notturno uelo '.
/. ' La hella aurora mia, eh' in negro ammanto '.
g. ' Chi è costei, che 'n sì mentito aspetto '.
h. ' Sorge lo sdegno, e 'n lungha schiera et folta '.
i. ' Quel puro ardor, che da' soaui giri '.
Cf. infra sub t
k. ' Tolse barbara gente il pregio a Roma '.
I. ' Gielo ha madonna il seno, et fiamma il uolto ' (M.).
m. ' La bella pargoletta '. (M.).
n. ' Allor che ne' miei spirti intiepidissi '.
o. ' Costei che su la fronte ha sparsa al uento '.
p. ' Hor che l'aura mia dolce altroue spira '.
q. ' Alla S.ra Leonora Contessa di Scandiano, per il Duca di Ferr.a '
' Donna se ben le chiome ho già ripiene '.
r. 'Questa stirpe regal d'huomini, et d'opre'.
s. ' O con le Grati e eletta et con gli Amori ' (C).
t. ' Quel puro ardor che da' fatali giri '.
— 271 —
v.
w.
X.
y-
2.
Est repetitio i, quibusdam mutatis. Neutrum piane concordat cum impresso.
u. ' Mentre madonna il lasso fiancho posa '.
Cf. infra sub 36n.
' Amor, se fia giamai che dolce i' tocchi '.
' Tasson, qui doue il Medoniso scende '.
' Quella candida via sparsa di stelle '.
' Quando liauran queste luci et queste chiome '.
' Vedrò dagli anni in mia uendetta (ancora) '.
a. ' Nelle nozze dell' lll.mi S.ri Don Alfonso et D.a Marfisa da Este ' (C).
' Già il noturno sereno '.
35. Celsi Cittadini « ad imitai.™ del Tass.no ' (M.), fol. 52b.
' Al nostro dolce nero \
36. Torquati Tasso S., prseter ea quse aliter subnotantur; ubi animadver-
tendum s, t, u, v et w, inscripta esse ' Bel Tassino ', eo quod etiam
Bernardus, Torquati pater, clarus sui sevi poeta fuerit, fol. 53-61.
a. ' Del med.° T. Tasso essendo in carcere. Son. 2°, alla Duch.a di Ferr.a \
' Alma real, che per leggiadro uelo '.
•' Al nostro dolce azzurro '. (M.ì.
' Alla Sere.ma Sig.ra Margherita Gonzaga, Duch.a di Ferr.a, Son. p.° \
' 0 regia spera, al tuo bel nome altero '.
' Alla med.a 3.° \
' Se pietà uiua indarno è che si preghi \
e. ' Alle figlie del Duca Ercole di Ferrara '.
' 0 due figlie d'Alcide, onde s'oscura '.
Cf. infra, sub 41, p.
/'. ' La man, ch'auuolta entro adorate spoglie '.
' Sop.a Vhauer uisto due belle donne baciarsi insieme. Le donne furono
la sig.a Marfisa da Este, et la sig.a Lucretia Macchiauelli '.
' Di nettare amoroso ebro la mente '.
' Cercando uà per questo et quel sentiero '.
' Sotto '1 giogo d'amor, speranza et fede '.
' Più non potea strai di fortuna, o dente '.
' A madama Lucretia da Este Duch.a d"1 Vrbino '.
' Negli anni acerbi tuoi purpurea rosa '.
' Alla Sig.a Leonora Contessa di Scandiano '. Item ac n et o.
' Eose, che l'arte inuidiosa ammira '.
Repetitio 34 v.
' Quel labro, che le rose han colorito '.
' Oue tra care danze in bel soggiorno '.
' Al tuo dolce pallore ' (M.).
' Se de' begli occhi dela donna mia ' (M.).
' Baci soaui et cari ' (C).
' Alla Pietà ' (C).
' Santa Pietà, eh' in cielo '.
'Donna dela mia fé segno si chiaro'.
'• Del Tassino alla Duc.a d" Vrb.° '.
' Se '1 mio Marte non ha Ciprigna alcuna '.
' Donna per cui trionfa Amore ei regna '.
9-
— 272 —
37. ' D'una donna ' (0.), fol. 62-63a.
' Se bella è la cagion, ch'amar m'accende '.
38. ' D'una donna all'amante, in lontananza di lui (S.), fol. G3'\
' Bene aspetto io, né apparir ueggio ancora '.
39. Kesponsio (S.), fol. 63b.
' Se mi fu graue et duro o donna all'ora '.
40. Tetrasticha sub tit. ' Epigrammi ', fol. 64.
a. ' Sendo detto a Caton, quando ei morìo '.
b. ' Panie a Lucretia indegno essere in aita '.
e. ' Io arsi la mia destra, et non men pento '.
d. ' Taciturno era giouinetto Cato '.
e. 'Chiedi, un re disse a un saggio; et ei discreto'.
f. ' Domitiano un fa sedersi appresso '.
g. ' Dice Plato, eh' in fallo il senio mira '.
li. ' Fece sotto la fé il Pastor Leone '.
41. Torqu ati Tasso, carmina, quorum a ad h inscripta ' Del Tassino ', fol. 67-76.
a. ' Al Duca di Ferrara ' (S.).
' Così perpetui il re de' fiumi altero '.
b. ' Sopra la malatia del Principe di Mantova \
' Langue Vincenzo, e seco amor, che seco '.
e. ' Al Duca di Ferr.a ' (C.)
' 0 magnanimo tiglio '.
d. ' Al Principe di Tose." Filippo de' Med. ' (C.)
' 0 figlie de la terra '.
e. ' Questa che tanto il cieco uolgo apprezza ' (0.)
/*. ' Sopra le fascie che per il suo cauterio gli mandò la S.ra D.a Lauinia
della Rouere ' (M.)
' Se da si nobil mano '.
g. ' Dialogus inter amantem et Carontem ' (Ogdoada).
1 A. Caron, Caron? Ca: Chi sei importun, chi grida?
h. ' Tirsi morir uolea ' (C.)
i. 'Odi Filli che tuona, odi ch'in gelo' (S.)
k. ' Di sostener qual nuouo atlante il mondo ' (S.)
I. ' Al Principe di Parma ' (M.)
' 0 nipote d'Augusto '.
m. ' La natura compose ' (M.)
n. ' Tre gran donne uiddi io, eh' in esser belle ' (S.)
o. 'Donna, poi che fortuna empia mi nega' (S.)
p. ' Alla Duchessa d'Uro.0 et a mad." Leonora da Este sorelle, figliuole del
D.a Ercole di Ferrara ' (S.)
Est repetitio 36 e.
q. ' Donne cortesi et belle ' (C).
r. ' Non 6'agguagli ad Alcide ' (M.).
s. ' Il cuor che m' inuolò, donna, un furtiuo (S.).
42. Petri Francisci Moneglia, Jamiensis (Oda), fol. 83.
■Deh perchè pari agli empi antichi falli'.
— 278 —
43. Carmina anonyma, fol. 85-93a.
«. 'Ad imitatione della Canz. del Petrarca: Qual più diuersa et nuoua\
' Quante il sol di natura opre stupende ' (C).
b. ' A mad.a Laura Viuiana ' (S.).
' Come quanto han raill' alme, illustri et diue '.
e. 'Ad imitatione della Canz. del Petrarca: Verdi panni sanguigni (C).
' Aspra selce di rupe alpestre et dura '.
Cf. infra sub /.
d. ' Canz.e ad imitata di quella del Petr.a Verdi panni ' (C).
' Aure, ombre, herbette, fronde, frutti et fiori '.
e. ' Hor che l'Aquila e'1 Gallo infetti i figli ' (S.).
Est repetitio 19.
f. 'A imitatione della Canz. del Petr.a: Verdi panni' (C).
Est repetitio e.
g. ' Stanze sop.a la maniera della uita de' forzati in galera ' (0.).
' Le muse, onde qui s'odon canti et suoni .
44. ' Nella morie del Sereniss.0 Granduca di Toscana il sig. Cosimo de Me-
dici, Cannone di m. Frano.0 Baccelli, fisico in Fior.za (C), fol. 93b-95a.
' Mentre pensoso io mi sedeuo al'ombra '.
De hoc F. B., ac de eius scriptis et negotiis egi in ephem. Il Buo-
narroti, ser. iii, voi. i. Eomse 1882, p. 261 et 262.
45. Thom^ Balbani (S.), fol. 95b-96.
a. ' Lieti pastor, che per l'herbose sponde \
b. ' Volgi gli occhi, Damon, riguarda intorno '.
e. ' Se in que' begli occhi mi promette amore '.
d. ' Alla donna et gentil, che in questa etate '.
In lauderà Artemisia? Borghesi, ut ex acrosticho.
46. Eq. Sinolfi Saracini (S.), fol. 97.
a. ' Con quel fero desio, che m'arde il cuore '.
b. ' A che mi diede il ciel sì salda fede '.
47. Jo. Bapt. Strozzi (C), fol. 98.
' Dal balcon doue amor si dolce fiocca '.
48. Jo. Bapt. Strozzi, iunioris (C), fol. 99-100b.
a. ' Di questa pietra Amore '.
b. ' Sop.a u.a Donna di casa Spini o Malespini '.
' Senza fiammelle o strali '.
49. Incerti (M.), fol. 100b.
' Tirsi, mentre io ti bacio '.
50. Torquati Tasso (S.), fol. 101.
' Mentr' è degli anni nostri il lieto maggio '.
51. (Francisci) Coppetta (S.), fol. 102b.
' Locar sopra gli abissi i fondamenti '.
52. Malvicini, Kesponsio (S.), fol. 102B.
' I superbi pensier frenati et spenti '.
53. Incerti (S.), fol. 103a.
'Ben ho, Signor, di camminar desio1.
— 274 —
54. (Fr.) Coppetta (S.), fol. 103a.
'Amor m'ha posto come scoglio al'onda '.
55. Julii Caesaris Albicante, Mediolanensis, monachi Montis Oliveti (S.),
fol. 104-105.
a. ' Già morta, hor uiua, o di mia stanca uita '.
b. ' Non è se ben' io piango, e 'nuan sospiro \
e. ' Miracoli di morte, intatta e uiua '.
d. ' Morir dourei, così tenace e forte '.
e. ' Ben sapeu' io che troppo ardente e bella \
f. ' Di questo mar turbato e porto e polo \
(]. ' Spiegar d'alto polo, onde scendesti '.
h. ' Tu che sfauilli in ciel, tu che '1 crin biondo '.
Hsec tria postrema in mortem Sabaudi» Ducissae.
56. Diomedis Borghesi, acad. Intron. (S.), fol. 107.
a. ' Da te nasce il timor, nasce la spene '.
b. ' Per la S.ra Laura Peuerera, Mant.na Dama della Due." di Fer.ra '.
' Questo uago ben culto, eterno lauro '.
e. ' A richiesta di signora ingelosita et disperata '.
' Ne la tua dura, auuersa, aspra partita '.
57. Eq. [Felicis an Raphaelis?] Gualtieri, Aretini ' Li morte di m. Gi-
berto suo figliuolo' (C), fol. 108-110a.
' Come uiuer poss' io ? se la mia uita '.
58. Anonymi (S.), fol. 110b.
' Corri di puro argento, alza le corna \
59. Jo. Bapt. Guarini, Ferrariensis (S.), fol. 110b.
'0 nel silentio tuo, lingua bugiarda '.
60. Bruti Guerini, Fanensis (S.), fol. 11 la.
' Con negra benda il ciel gli occhi celarsi '.
61. (Christophori) Guidiccioni, episc. Adjacensis (S.), fol. 1111'.
a. ' Di così ricco et sì gentil lauoro '.
b. ' Ecco hor la bella donna estinta giace '.
62. Anonymi (C), fol. 112-114a.
'Poiché più uolte umano'.
63. Francisci Panigarola, Mediolanensis, ord. Minorum, fol. 114a-116a.
«• ' Ben potrian que' begli occhi ' (SS..).
b. ' Sop.a lo sponsalitio del Principe di Mantoua colla Principessa di
Parma ' (C).
' In qual parte sì ratto i uanni muoue '.
e. 'Sopra l'Imperatrice Maria d'Austria passando per Pania IL ottob.
1582 ' (M,).
' Ecco de la grande Austria a cui s'inchina '.
Subjicitur inscriptio eidem Imperatrici Januam ingredienti.
d. ' Amanti, o lieti amanti ' (Oda).
64. ' Per la sig.ra Laura Raugona. Del sig.r Giulio Cesare Gonzaga, risp.a al
Son.° del Tassino : Tolse barbara gente il pregio a Roma (S.), fol. 116b.
' Pose a barbara gente il freno, e a Poma '.
— 275 —
65. Lauree Lucchesini Guidiccioni (M.), fol. 117.
a. ' Onde è tiranno Amore '.
b. ' Per mad Giusti de* Marini \
' Donna, se giusta sete ' (M.).
66. Diotisalvi Petri Senensis Francisco Petrarchse (S.), fol. 107b.
' Il bel occhio d'Apollo del cui sguardo '.
67. F. P., responsio (S.), fol. 118a.
' Se Phebo al primo amor non è bugiardo '.
68. Anonymi ' Per la s.ra Manna' (M.), fol. 118b.
' Qual puote oggi uiro inferno '.
69. Bruti Guerini, Fanensis (S.), fol. 119.
' Con negra benda il ciel gli occhi uelarti '.
70. Alexandri Guglielmi, versio rythrnica hymni ' Dies ir ce ', prsevia epi-
stola s. d. ad Nic. Costanti, quse ine. ' Filippo, re di Macedonia \
fol. 120-1 22a.
' Giorno orrendo che 'n fauille \
71. 'Di Leonardo Vinci, famoso pittore', fol. 122b.
' Chi non può quel che uuol, quel che può uoglia '.
Cf. Gustavi Uzielli, Sopra un sonetto attribuito a Leonardo da Vinci,
in ephem. // Buonarroti, voi. X. Komse 1875, p. 177-191 et 249-268, ubi
concluditur auctorem hujus epigrarnmatis fuisse Antonium Maturi di Meglio.
72. Marignani (S.), fol. 123h-124a.
a. ' Se '1 cuor nel'amorose reti inuolto '.
b. ' Fia mai quel dì, che gratiosa stella '.
73. Francisci Bembo (S.), fol. 124a.
' Quel gran ualor, ch'ai mondo in tante carte '.
74. Ccelii Magni, responsio (S.), fol. 125a.
' Quel pregio, che non pon mie roze carte '.
75. Anonymi (S.), fol. 125b.
' Speme che di dolcezza il duolo e 1 pianto \
De Intronatorum Academia docte disseruit ab. Fabiani in Nuova rac-
colta di opuscoli, to. iii. Ven. 1757, p. 6-25.
Auctores de quibus supra, praster Baccelli Franciscum (44), Balbani Thomam (17,
20, 45), Guglielmi Alexandrum (70), Marignani (72), Marzi Placidi Liviam (15), Mo-
ne'glia Petrum Franciscum (42), Piccolomini Bartholomeum Carolum (2), Salvestri Pe-
trum Antonium (8), et Vignali Curtium (11), recensentur a Frane. Xaverio Quadrio Della
storia e della ragione d'ogni poesia. Bononis, 1739. - Mediol. 1752, 7 voli. 4° : Albicante
Julius Cassar (55), t. VI, p. 139, sqq. - Antonius Mathai di Meglio (72), t. VII, p. 99,
170. - Battiferri de Ammannatis Laura (33), t. II, p. 250, 456, 661, 676 ; t. IV,
p. 78, 121, 434. — Bembo Franciscus (73), t. II, p. 431. — Borghesi Diomedes (56), 1. 1,
p 474- t II p 254 ; t. VI, p. 260; t. VII, p. 102. - Castro Scipio De (31), t. H, p. 355;
t. Vn, p. 104.'- Cittadini Celsus (35), t. I, p. 41, 474 ; t. II, p. 186, 267. - Colonna Ma-
rina (27), t. II, p. 270; t. III, p. 187, 377. — Coppetta (Franciscus) (51), 1. 1, p. 90, 764; t. II.
p. 241; t. LU,' p. 34, 184, 267; t. VI, p. 119; t. VII, p. 75, 161, 194. - Diotisalvi Senensis
(66) t. II p. 187. — Gonzaga Julius Cfesar, seu Caesar (64), t. II, p. 376; t. V, p. 398. -
Gonzaga Scipio (9), t. I, p. 85. - Gualtieri Felix (57), t, II, p. 257; t. VII, p. 105. - Groto
— 276 —
Aloisius (13), passim. - Gualtieri Kapbael (57); t. II, p. 355. - Clarini Jo. Bapt. (59),
passim. - Guarino Brutus (60, 69), t. H, p. 277; t. HI, p. 264; t. VII, p. 102. - Gui-
diccioni Christophorus (18, 61). t. n, p. 514. — Lucchesini Guidiccioni Laura (6o), t. \ .
p 400 433, 460. -Magno Ccelius (74), t. E, p. 280; t. Ili, p. 103, 118, 267; t. VI,
p. 269. - Panigarola Francisco (63), t. I, P. 182, 196, 342, 360; t. HI, p. 63; t. VII,
p. 1056is. — Petrarca Franciscus, passim. — Piccolomini Antonius (25), t. II. p. 510. -
Saracini Sinolphus (46), t. in, p. 67. - Sozzini Faustus, (21, 23, 30), t. ni, p. 267.-
Strozzi Jo. Bapt. fil. Laurent* Philipp! (47), t. II, p. 346, 662; t. V, p. 83; t. MI,
p. 136.- Strozzi Jo. Bapt., fil. Lamentìi Friderici (48), t. I, p. 70; t. II, p. 369; t. Ili,
p. 306; t, VI, p. 678; t. MI, p. 102, 106, 174, 175. — Tasso Torquatus (34,36,41. 50
passim.'- Tolomei Claudius (1, 6), passim. - Vincius Leonardus (72), t. V,p. 521; t. VII,
p. 26, 27. Qui lateant sub tit. Acad. ' Ombroso ' (5), ' Scacciato ' (3), ' Spauentato ' ( i I,
' Susornione ' (7) et ' Tardo ' (22), quseren.lum.
Carmina 36 K i, r, 41 g et 50 inter edita T. T. minime reperiuntur ;
prseterea 34 h, q, u, 36 n, p, s et 41 h in recentioribus editionibus ab im-
pressis maxime differunt. Initia eorum, qu» in impressis desiderantur, ad
maiorem studiosorum commoditatem alphabetice subjiciimtur:
' Caron, Caron - Chi sei, importuna grida ' (O.), f. 72a.
'Cercando va per questo e quel sentiero1 (S.), f. 54b.
'Mentr' è degli anni nostri il lieto maggio' (S.)i f. 101.
'Se de' begli occhi della donna mia' (M.), f. 57a.
' Sotto '1 giogo d'amor, speranza et fede ' (S), f. 55*.
Ea et in Bernardi Tasso cai-minibus frustra requires; animadvertendam tamen,
quod in rep. litteraria notissimum , ssepe medii et infimi sevi carmina
pseudoepigrapha reperiri; nec tantum in mss., sed etiam in impressis, ut
ex gr. epigr. 71, quod a P. Lomazzo in Trattato dell'arte della pittura,
Mediol. 1584, p. 282, inscribitur Leonardo Vincio ; a Leone Allacci vero, in
Poeti antichi, Neap. 1661, p. 186, Dominico Burchiello. Insuper in exemplo
libelli : Rime et prose del signor Torquato Tasso. Parte terza, Ven. 1583,
adnotationibus manu ipsius T. T. referto, cura et solertia d. Hectoris Novelli
reperto et bibl. Angelica vindicato, tribus carminibus auctor apposuit: ' Non
è mio '.
Hic obiter notandum, operi Thorn» Garzoni, cui tit. La Piazza univer-
sale, quindecies saltem impresso, pr»fixum esse epigr. T. T., v. ' Sonetto '
ad Alphonsum II Ferrari» Ducem, quod ine. « Superbo foro, oue le scienze e
l'arti ', et latuit omnes eiusdem poet» carminum editores. (Cf. Strenam ephem.
La Gioventù,, Fior. 1863).
Archeologia. — Di un'iscrizione latina arcaica del console
Servio Fabio Fiacco, scoperta in s. Angelo in Formis presso
Capita. Comunicazione del Corrispondente F. Barnabei.
« Il Socio Corrispondente Barnabei discorre di un'importantissima iscri-
zione arcaica latina, scoperta recentemente in s. Angelo in Formis presso
Capua, dove sorgeva il famoso tempio di Diana Tifatina. L'iscrizione incisa
— 277 —
in pietre di calcare infisse in un muro antico, è lunga m. 4,16, e si rife-
risce al console Servius Fidvius Flaccus, che tenne i fasci nell'anno 619 di
Eoma, 135 av. Cr., e che nell'anno predetto, come sappiamo dalla lapide,
de mcumbies {sic), cioè col denaro ricavato dal bottino di guerra, fece costruire
quel muro forse per ringraziamento alla divinità coli' aiuto della quale aveva su-
perati i nemici. La guerra a cui qui si allude fu quella contro i Yardei od
Ardei dell' Illirico, come ci è manifesto per il ricordo di Livio (Epit. 56).
« La Nota del Socio Corrispondente Barnabei sarà inserita nel fascicolo
delle Notizie degli scavi in - corso di stampa » .
Matematica. — Su le trasformazioni involutorie dello spazio
che determinano un complesso lineare di rette. Nota II (!) del
dott. D. Montesano, presentata dal Corrispondente De Paolis.
« Continuerò nella presente Nota l'esame dei casi particolari più note-
voli, che si presentano per le trasformazioni involutorie dello spazio nelle
quali i punti coniugati sono su i raggi di un complesso lineare r.
« 1. Nel caso che la superficie S;J., che si stacca dalla superficie 3>n
■corrispondenti nel caso generale ai piani dello spazio, sia di 3° o di 4° grado,
non si hanno più infinite congruenze lineari passanti per essa; né è oppor-
tuno ricorrere alle congruenze quadratiche del complesso r che contengono
la superficie, ma è più agevole costruire la corrispondente trasformazione
Tu-,,, mediante il 1° teorema del § 4 (Notai), prendendo per fascio gene-
ratore F un fascio che contenga la superficie K4 dovuta ad uno dei raggi
fondamentali della trasformazione, la quale superficie, passando due volte per
tale raggio (§ 5, 1), può essere rappresentata su di un piano e permette con
■ciò di scorgere che il fascio costruito soddisfa alle condizioni volute per de-
terminare la trasformazione.
* Partiamo da prima da una superficie A4 = <z12 kQ%mx m» m3 in cui le
«i , k, fra loro sghembe, si appoggino alle rette m, e la conica C2 incontri la
<ii ma non la k e le m (2). Segando la A4 con una superficie S3=#2 mx m2 m3
■come ulteriore sezione si ottiene una C7 di genere 3 (3) che ha tre punti su
■ciascuna delle ai , k (i punti di appoggio di queste rette con le m) e sei
sulla C2, sicché vi è certamente una superficie K4 = # C2 C7 diversa dalla A4:
e nel fascio F determinato dalle A4 , K4 l'ulteriore linea base è ima Ctì
(0 V. pag. 207.
(2) Il dare una retta doppia per una superficie di 4° ordine equivalendo a 13 con-
dizioni lineari, restano ancora due condizioni disponibili per individuare la A4.
(3) Nella ben nota rappresentazione della A4 su di un piano si possono assumere
come immagini delle k , C2 , m le Ca =01 . . 5 , C^O' 1 .'. . 8 , d = 06 , C» = 07 , d = 08,
che allora l'immagine della C7 è una C5 = 01 . . . 5 (G78)2.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 36
— 278 —
di genere 3 (*) che ha quattro punti sulla ax (i punti in cui questa incon-
tra le C7, C2), e che perciò giace con la ax su di un iperboloide, sul quale
non trovasi alcuna delle k , C2 , C7 . Perciò la linea C10 - costituita da queste tre
curve, determina (§ 4, 1) una trasformazione T, nella quale sono fonda-
mentali tutti i raggi della S3, essendo essi bisecanti della C7 e secanti
della k (§, 7, I), sicché tale superficie S3 = £2 C7 si stacca dalle d>n ; e nella
T8 che ne risulta le <P sono delle <2>8 = C23 C72 k ax aa ... a% a9 , ove le a2 , ... «8 ,
al pari delle ax , sono trisecanti della C7 appoggiate alla C2, e la a9 è la retta
del piano x della conica C2 , che unisce il punto (yk) al punto X = (xC7),
non situato su C2.
« L'ulteriore sezione del piano x con la superficie A4 è una conica C'2
appoggiata alle a,\ , k , M\ , m2 ,m3, la quale perciò appartiene all'iperboloide
che passa per queste rette e per la direttrice semplice della superficie S3,
sicché la C2' si appoggia a tale direttrice e il punto d' incontro è il punto X.
Perciò due generatrici della S3 uscenti da uno stesso punto P della k incon-
trano il piano x in due punti situati su una retta p passante per X, la quale
nella T8 corrisponde a P (§ 7, 1).
« Il piano x appartiene perciò alla Jacobiana della <P, la quale ulte-
riormente comprende le I8=C23 C72 k- ax... as «92, I19 == C27 C75 k (ax . . . a%f r/,„
che corrispondono rispettivamente alle C2 , C7. La superficie punteggiata unita
della T8 è una i25 = C22 C7 ai... a9.
"2. Si parta in secondo luogo da una superficie A4 = a* k U Mi ... mt
in cui le ax , k , //, a due a due fra loro sghembe, si appoggino alle mx, .. w4;
e si seghi la A4 con una superficie S4 = (/i://)2 m1 . . . mA. Come ulteriore sezione
si ottiene una C8 di genere 5 che ha per quatrisecanti le ax,k,k', e che
trovasi certamente con le k , k' su di una superficie K4 diversa dalle A4 , S4.
« Nel fascio F determinato dalle A4, K4, l'ulteriore linea base è una C6
di genere 3 (2) che ha per quatrisecante la ax e che perciò giace con questa
su di un iperboloide che non contiene alcuna delle /j, //, C8, sicché queste
tre curve determinano una trasformazione T, nella quale tutti i raggi della
S4 = (£#')2C8 (corde della C8 appoggiate alle £,£') sono fondamentali,
sicché ne nasce una T7 in cui le <P sono delle <P7 = C88 /j // ax ... «8, essendo
le a2 , . . as al pari della ax quatrisecanti della C8.
« Le rette fondamentali k, k' risultano coniugate rispetto al complesso r
originato dalla trasformazione, e a ciascun punto dell'una corrisponde in
questa tutta l'altra, sicché la Jacobiana delle <P comprende semplicemente
una I24 = C87 (k k' ax ... a8)4, che corrisponde alla C8.
« La superficie punteggiata unita è una i24 = C8 ax . . . a%.
C1) Nella rappresentazione data ora della A4 essa ha per immagine una C5 = 03 1 ... 8.
(2) Le immagini delle k , A', G§t C« , mt , . . tnt sono rispettivamente le C2 = 012345 ,
C2 = 012367, C, = 03 123 (4567)283,C8;=031... 8,0, = 08 ed i punti 1, 2, 3.
— 279 —
« La trasformazione ora studiata è l'unica trasformazione T che am-
mette due linee fondamentali fra loro coniugate.
« 3. Si parta da una superficie A4 = a12C3/£, in cui la C3 sia gobba e due
qualsiansi delle ax , C3 , k non abbiano alcun punto in comune. Segando la
superficie con una S4, che passi due volte per la C3 e contenga le rette
?.>?! , ... m4 della superficie A4, corde della C3 non appoggiate alla k, si ottiene
come ulteriore sezione una H6 di genere 1. Al solito è possibile costruire
un fascio F = (A4K4), che abbia per base le k, C3, H6 e una C6 di genere 3 (')
con quattro punti sulla ax (2), sicché viene ad aversi una trasformazione T
in cui le k, C3, H6 sono fondamentali. In essa risultano fondamentali
tutti i raggi della S4 = C32H6 (corde di entrambe le curve C3,
H6), e perciò si ottiene una T7 in cui le 4> sono delle <P7 = /f3 H62 C3 au .. a6,
essendo la a2, al pari delle k, au quatrisecante della H6, e aA ... a6 le corde
della H6 appoggiate alle k, C3.
« La Jacobiana delle <P è costituita dalle I4 = k2 H6 C3 a3 • •• «e,
I16 = ^ H65 C32 (a, a2y(a3...a6y, I4 = £3 H6 a3...a6, che corrispondono rispet-
tivamente alle A-,H6, C3. Le H6, C3 hanno 8 punti in comune.
« La superficie punteggiata unita è una Sì4 = k* H6 «i ... a6.
<t Ogni congruenza quadratica Q2 = S4 del complesso r, determinato dalla
trasformazione, dà origine ad una superficie unita U4 == h* Htì (§ 7, I). Di
tali superficie vi è un sistema lineare oo4, dal quale si potrebbe anche par-
tire per individuare la trasformazione.
4. « Infine si parta da una superficie A4==flisA , che abbia sulla k due punti
doppi P, Q. I piani tangenti lungo la k alla superficie formano un fascio
proiettivo alla serie dei punti di contatto, sicché le quattro rette mx , .... m4
della A4 diverse da quelle che escono dai punti P, Q, appartengono con le k, ax
ad un iperboloide I. Ora ima superficie S4=#3Wi ... m4 (la quale ha per diret-
trice semplice l'ulteriore sua sezione con la I) sega ulteriormente la A4 secondo
una C9 = P3 Q3, di genere 4, che con la k e una C6 di genere 3 appoggiata in 4
punti alla «, (3) forma la base di un fascio di superfìcie K4 = P2Q2. Perciò
le kx , C9 determinano una trasformazione Tnella quale sono fondamen-
tali tutte le generatrici d e 1 1 a S4 (trisecanti della C9 appoggiate alla
(i) Le immagini delle C8 , k , H8 , Cs , m , • • . *»4 sono risp. le linee C4 = 0 (123)2 4 ... 8,
C1 = 345,C6^e0*1245(678)2,C5 = 031...8,Ci = 04,C1 = 05 ed i punti 1,2.
(2) Il complesso lineare r che contiene la superficie S4 (e perciò i raggi mu .. wi* di
questa) passa anche pel raggio ff, . Infatti la curva H. passa per i punti at *»i , . . . A» ™<
senza toccarvi i piani axmx,..a, mt, i quali invece risultano tangenti negli stessi punti
alla C6 e quindi anche all'iperboloide I=«iC6, sicché le direttrici della congruenza lineare
che passa per i raggi m1)...mi coincidono in au il che equivale a dire che ogni com-
plesso lineare T che contenga i raggi mu •■ miy passa anche pel raggio at.
(3) Le immagini dei punti P , Q e delle linee k , C9 , C6 , m, , . . m< sono risp. le linee
Cx = 012 , Cx =034 , Cx = 567 , C6 = 01234 (567)' 83 , C6 = 03 1 . . . 8, C, =08 e i punti 5, 6, 7.
— 280 —
fc), sicché si ottiene ima T7 in cui le Q> sono delle #, = C92«i ...«tì, essendo le
a2 ... aG come la ax quatrisecanti della C0 .
« La Jacobiana delle <I> è una I24=C97 {al....aùY die corrisponde alla C9.
La k invece è linea unita singolare della trasformazione (§ 7-1).
« La superficie punteggiata unita è una £ì4 = CWi •■« <h •
« 5. Le superficie S5 contenute in un complesso lineare r sono di due
specie (*): l'ima di genere 1 con curva doppia di 5° ordine e di genere 1;
l'altra di genere 0 con curva doppia di 6° ordine e di genere 1 dotata di
un punto triplo che è triplo, anche per la superficie (2).
« Se si suppone che la superficie S„. sia una S5=K52. considerando la
sezione della superficie con una superficie K della trasformazione risultante T0,
si deduce che l'ulteriore linea fondamentale di questa deve essere una C5
che ha da essere linea base di un sistema lineare oo3 di superficie di 3° or-
dine coniugate a se stesse nella T6. (Sono le superficie determinato (§ 7.1)
dalle oo3 congruenze quadratiche che contengono la S5).
« Ora inversamente un sistema lineare oo3 di superficie di 3° ordine che
abbia per base una curva gobba C3 di genere 1, determina una trasformazione
involutoria della specie che studiasi, della quale mi occuperò in una pros-
sima Nota.
* 6. Se invece si suppone che la superficie S,,. fosse una S5 He*, L'altra
linea fondamentale situata sulla S5 risulterebbe una C3 gobba, sicché vi sa-
rebbe un'ulteriore retta fondamentale k tripla per le <I> ; e le oc2 congruenze
quadratiche contenenti la S5 darebbero oo2 superficie S3 hs k2 C3 coniugate a
se stesse nella T.
« Partendo inversamente da una rete di S3 = A2C:, (in cui la C:t è gobba
ed ha per corda la k) e dal complesso lineare r, si può costruire la Tfl .
« Infatti i fasci della rete hanno per linee basi variabili coppie di rette
pp' appoggiate alle k, C3, sicché nella congruenza di 1° ordine Q, che ha
per direttrici queste due linee, viene ad aversi un'involuzione J di Pelasse,
siffatta cioè che ogni retta dello spazio incontra una sola coppia pp' di essa,
eccettuati semplicemente i raggi di una congruenza 4 costituita dalle diret-
trici semplici delle superficie S3 della rete, delle quali direttrici ciascuna si
appoggia alle oo1 coppie pp' situate sulla S3 a cui essa appartiene.
« Fra le superficie della rete vi è un cono K3, col vertice V sulla k,
(') Non teniamo conto (e faremo lo stesso anche in seguito) delle superficie conte-
nute in congruenze lineari, giacche esse evidentemente per /x^> 4 non possono essere con-
siderate come superficie Sm.
(2) Nella rappresentazione di Nether e Lie dei raggi del complesso r sui punti dello
spazio ordinario, le due superficie S8 del complesso r hanno rispettivamente per corrispon-
denti curve di 4° ordine di genere 1 e 0 che hanno tre punti sulla conica fondamentale
della rappresentazione. V. Cremona, Sulla corrispondenza fra la teoria dei sistemi di rette
e la teoria delle superficie. Atti della E. Accademia dei Lincei. Serie 2a, voi. Ili, § 19.
— 281 —
luogo dei raggi g della Q che incontrano i loro coniugati nella J. I piani
ffd't ffiffiy— di tali coppie speciali inviluppano nella stella V un cono di
2a classe X2, ed uno qualsiasi <o=gg' di essi è sostegno di un fascio di rette
della congruenza J, costituito dalle direttrici semplici delle co1 superficie
della rete che passano per le gg'.
« Il centro 0 di questo fascio è il 3° punto («C3) non situato sulle
rette g,g'- Viceversa ogni punto 0 della C3 è centro di un fascio (O-oi)
della J, che trovasi nel piano « del cono X2 passante per 0, diverso da
quello determinato dalla #i = VO e dalla sua coniugata nella J.
u Sicché un piano n (o una stella P) dello spazio contiene 3 (o 2) raggi
della J dovuti ai fasci (0-w) i cui centri sono in ti (o di cui i piani passano
per P), e quindi la congruenza J è di 2° ordine e di 3a classe, e unico suo
punto singolare è il punto V vertice del cono K:ì appartenente alla congruenza.
« Ora le coppie di punti PP' situati su due raggi;;,;/ della Q coniu-
gati nella J e su uno stesso raggio del complesso T, determinano una trasfor-
mazione T, nella quale ogni raggio di r contiene una sola coppia, eccettuati
i raggi del complesso situati nella congruenza J\ i quali ne contengono ce l.
« Ora pel teorema di Halphen (l) il luogo di tali raggi è unaS3 = V3C3
le cui generatrici si appoggiano alla C3 semplicemente, e che perciò risultando
di genere 0, ammette una curva doppia Htì = V3; sicché la trasformazione T
che ne risulta, è di 6° ordine ed in essa le $> sono delle <t> Q^k^G^HeCi^azi1),
essendo le ax , a* , az corde della H6 apppoggiate alle k , C3.
« La HG è di genere 1, ha sei punti sulla C3, tre su ciascuna genera-
trice della S5 e il solo punto V sulla k.
« La Jacobiana delle d> è costituita dalle I9 = /^6C32HC (ai a2 a3)2,
I7=/£3 C33H6 ai a% a3 , I4 = /j2 C3H6 ax a2 a3 , che corrispondono rispettivamente
alle H6,C3,&.
« La superficie punteggiata unita della TG è una i?3 = /,;2C3, che è anche
il luogo dei raggi della congruenza Q coniugati a se stessi nella involuzione J.
« 7. Tre specie di superficie di 6° ordine esistono nel complesso lineare,
rispettivamente di genere 2, 1, 0.
« L'ultima non può essere considerata come superficie Sy., perchè la trasfor-
mazione risultante avrebbe per linea fondamentale la curva doppia C10 della
(!) Sur les droites qui satisfarti à des conditions donrìées. Comptcs rendns, 1871-72.
V. anche Zeuten, id. id., 1874; Segre, Su la geometria della retta ecc. Memorie della
E. Accademia delle scienze di Torino, serie 2a, toni. XXXVI, § 109.
(2) Anche dalla legge di generazione data ora alla T, è agevole dedurre che le linee
k , C3 , H6 sono fondamentali per essa.
Si noti anche che ogni corrispondenza J involtltoria e di la classe fra i raggi 'li
una congruenza Q di 1° ordine, dà origine, insieme ad un complesso lineare /'. ad una tra-
sformazione T della specie che studiasi, in modo analogo a qnello ora accennato. Per essa
possono ripetersi i ragionamenti fatti ora per la T,-,.
282
superficie, la quale perciò verrebbe ad avere in comune con una qualsiasi super-
ficie K4 della T la C10 e sei raggi, cioè in tutto una linea d'ordine 26, il
che è assurdo.
« Esiste invece una trasformazione T5 dovuta allo staccarsi di una S6 = K82.
« Per costruirla, dopo avere notato che l'ulteriore sua linea fondamentale
deve giacere anche essa sulla S6 , né può incontrarne le generatrici che già
tono quatrisecanti della K8 , sicché deve essere costituita da due generatrici
li , k della superficie, dobbiamo ricorrere alla seguente proprietà della S6:
« Ogni S6=K82 è base di una rete di congruenze quadratiche.
I fasci della rete hanno per superficie basi variabili
sistemi rigati K, di cui ciascuno ha in comune con la S«
quattro raggi.
« L'assieme 2 di tali sistemi R eoo2, eper ogni raggio r del
complesso r ne passa uno. Semplicemente se il raggio r
appartiene alla Stì, esso trovasi su oo1 sistemi R apparte-
nenti alla congruenza Q2 = r2 della rete.
<• Le congruenze lineari del complesso r che passano per un
qualsiasi sistema R dell'assieme, hanno in comune con
la superficie S6, oltre i quattro raggi (RS6), coppie di gene-
ratrici costituenti sulla S6 un'involuzione, che è la stessa
qualunque sia il sistema R, in modo che se h,k sono due
raggi coniugati in essa, ogni congruenza lineare Qi = AA
contiene un sistema R di 2 (che passa per i quattro
raggi (Qi Sej) diversi da h,k); come viceversa ogni sistemaR
di 2 giace in una congruenza Qi^hk (').
« Con ciò su le direttrici di ciascuna congruenza Q^/i/t; vengono ad
(!) Rappresentando infatti il complesso r sullo spazio ordinario [S in modo che
un raggio arbitrario h della S6 sia fondamentale nella rappresentazione, alla S8 viene a
corrispondere una C5 gobba di genere 2 che ha quattro punti sulla conica fondamentale
K2 della rappresentazione ; e i sistemi rigati R dell'assieme 2 hanno per corrispondenti le
coniche C2 che sono le basi variabil* dei fasci della rete delle S3 = K2 Cs . Ora i piani di
queste coniche costituiscono una stella (§ 8, I), di cui è centro un punto K della Cs; il
raggio k della S6 che corrisponde a questo punto in r, è il coniugato ad h nella corri-
spondenza inyolutoria su accennata.
Ad un sistema rigato R di - passante per h corrisponde nella spazio S una conica
Ca che si spezza in una trisecante t della Cs ed in una retta situata nel piano della co-
nica fondamentale K2 ; ed alle congruenze lineari del complesso r che contengono tale
sistema R = A, corrispondono in S i piani passanti per la t, sicché alle coppie h' k' , . . .
che le accennate congruenze determinano sulla superficie I6, corrispondono in S le coppie
di punti sezioni della Cs con i piani passanti per la t (non situati su questa), le quali
coppie sono quelle in cui le generatrici dell'iperboloide I2 = C3 di sistema opposto alla t
si appoggiano alla curva. Per la proprietà di tali coppie veggasi Caporali, Sui complessi
e sulle congruenze di 2° grado. Memorie dell'Accademia dei Lincei, ser. 3a, voi. II, n. 35.
— 283 —
aversi due punteggiate proiettive, sezioni del sistema II contenuto nella con-
gruenza : e l'assieme di queste coppie di punteggiate proiettive (i cui sostegni
formano la congruenza lineare che ha per direttrici le h , k) determina nello
spazio una trasformazione T5 della specie che studiasi, perchè ogni raggio r
del complesso r appartenendo ad un solo sistema R di 2 contiene una sola
coppia di pirati coniugati, eccettuati i raggi della superficie Sc che ne con-
tengono 00 l.
« Ogni fascio ( D - 6) di r che abbia il suo centro sulla curva doppia K8
della SG , forma un sistema E di 2 con un secondo fascio (D'-ó') che ha
anche il centro sulla K8 . Le direttrici d, d ' della corrispondente congruenza
Qi = M, appartenendo ai fasci (D-ór), (D'-tf) vengono a corrispondere per
intero ai punti D', D nella T, sicché questa ha per linea fondamentale semplice
la K8. È anche agevole di dedurre dalla legge di generazione data alla T,
che le ìi , k ne sono linee fondamentali doppie e che perciò le <P sono delle
a>5=(M)8 K8 ax , .. a4 essendo ax ... a4 i raggi di r corde della K8 appoggiati
alle h , k.
« La Jacobiana delle d>5 comprende le I8 = (hk)iK&(a1...aiy,
li==h*k'K*al...aAì I4 = M-2K8 eh. ... a4, che corrispondono rispettivamente
alle K8, h , k.
« Il genere della K8 è quello della superficie gobba I8 che le corri-
sponde, è cioè l'8°.
« La superficie punteggiata unita della T5 è l'iperboloide luogo dei raggi
del complesso r appoggiati alle h , k.
« Invece ogni iperboloide che contenga un sistema rigato K = h k di r
è unito nella T5.
« Si noti ancora che la S6 = K82 determina oc1 trasformazioni T5 dovute
alle oo l coppie hk della specie accennata situate su di essa.
« 8. Se infine per superficie Sa si assuma una S6 = K92 del complesso r,
mediante la solita rappresentazione del complesso si deduce che la superficie
ha due punti tripli A, B (tripli anche per la K9), e che essa insieme ai
fasci (A-«), (B-/S) di r dovuti a tali punti forma la base di un fascio F di
congruenze quadratiche di r. In una qualsiasi congruenza Q, di tale fascio
la retta # = AB, congiungendo due punti singolari, è anche sezione di due
piani singolari n, nx (*), i quali vengono incontrati dai singoli raggi della Q,
in coppie di punti costituenti una corrispondenza quadratica fra i due piani,
nella quale sono fondamentali le due terne di punti secondo cui i due piani
segano, oltre che in A e B, la K9, giacché questa curva è il luogo dei punti
singolari delle congruenze Q2 del fascio F, non situati nei piani singolari or, /?.
« Ora variando la Q2 nel fascio F, la coppia n nx varia attorno alla zi-
generando un'involuzione ordinaria I proiettiva al fascio F; e le oo1 corri-
(J) Caporali, Mem. cit., n. 1.
— 284 —
spondenze quadratiche dovute a tali coppie determinano nello spazio una
trasformazione involutoria, in cui ogni raggio di r (appartenendo ad una sola
congruenza Q2 del fascio F) contiene una sola coppia di punti coniugati, eccet-
tuati semplicemente i raggi della S6, che ne contengono oo1, sicché la tra-
sformazione risulta di 5° ordine, ed in essa le <P sono delle <P5 == k* K9 ax a% ,
essendo ax , a2 i raggi di r trisecanti della Ky appoggiati alla k.
« E la Jacobiana delle <I> è costituita dalle superficie I4 = k% K9 a^ a2 ;
Ii2 = /j9K92 (a1a2y, che corrispondono rispettivamente alle h, K9.
« Il genere di quest'ultima è 4: quello della superficie gobba I12 che
le corrisponde.
« La superfìcie punteggiata unita della T-, è costituita dai piani doppi
w, co' dell'involuzione I su accennata; e le congruenze 02, 02' del fascio F,
che corrispondono alle coppie ».», »'»' della I, formano la congruenza delle
congiungenti punti coniugati nella T infinitamente vicini.
« I punti tripli A, B della K9 sono punti uniti singolari della T5.
« 9. La trasformazione T5 ora studiata è completamente determinata
dalla superficie S6 o, ciò che è lo stesso, da un fascio F di congruenze Q2
di r, che abbiano in comune due fasci (A-«), (B-/?).
« Ora nel fascio F può trovarsi una congruenza 02 costituita dai raggi
del complesso r appoggiati ad una conica H2. La coppia di piani dell'invo-
luzione 1, che viene allora a corrispondere a tale congruenza, è costituita dal
piano e» della conica H2 contato due volte (A e B sono sulla H>), essendo
doppi per la congruenza 02 i raggi del fascio (O-w) del complesso r.
« Per la natura di tali raggi si ha ancora che ognuno di essi corri-
sponde a ciascun suo punto nella trasformazione che viene ad aversi, sicché
questa, trascurando il piano a>, si riduce ad una Tt. E siccome la superficie S6
risulta il luogo dei raggi appoggiati alla H2 di un'altra qualsiasi congruenza
del fascio F, perciò la sua linea doppia si spezza nella H2 ed in una
Kt=A2B20, sicché nella T4 le <P sono delle #4 = &2K7 «, essendo a tri-
secante della K7 appoggiata alla k ; mentre la H2 risulta linea unita singo-
lare della trasformazione.
«La Jacobiana delle <l> comprende le I3 = /,• K-; a, I9 = /.;6 K,2 a3, che
corrispondono rispettivamente alle /<:, K7. Quest'ultima linea è di genere 3.
« La superficie punteggiata unita della T4 è il piano doppio o/ dell'in-
voluzione I diverso da oj, e come prima la congruenza delle congiungenti punti
coniugati infinitamente vicini spezzasi nella congruenza 02 (dovuta alla curva
unita singolare H2) e nella congruenza 0'2 (dovuta alla superficie punteggiata
unita o/).
« Inversamente dalla considerazione di una tale congruenza è agevole
dedurre che ogni trasformazione T4 della specie che studiasi, coincide con
quella considerata ora.
« 10. Esaminiamo infine il caso che la superficie S,A del complesso r
— 285 —
sia una S8. La corrispondente trasformazione T3 non avrà più una superfìcie
punteggiata unita, sicché la congruenza delle congiungenti punti coniugati
infinitamente vicini sarà costituita dai raggi del complesso r appoggiati ad
una curva unita singolare C4 , tripla per la superficie Ss (§ 7, I).
« Ed i tre raggi di questa superfìcie che escono da un punto arbitrario
della C4 , formando la linea J dovuta a tale punto, conterranno ciascuno un
secondo punto della C4 , cioè la superfìcie S8 sarà il luogo delle corde della C4
raggi del complesso r, e quindi pel teorema di Halphen la congruenza delle
corde della C4 ha da essere .di 2° ordine, cioè la C4 deve essere di genere 1.
« Ogni linea J luogo dei punti coniugati nella T situati sui raggi di un
fascio (0 — w) di r, passa per i punti (co C4) e tocca in essi le rette che li
uniscono al punto 0, sicché due punti della J coniugati nella T, e perciò
allineati con 0, risultano reciproci rispetto al fascio di coniche che ha per
base i punti accennati, e perciò anche rispetto al fascio di quadriche, di cui
è base la C4 , sicché la trasformazione T risulta costituita da coppie di punti
situati su raggi di un complesso lineare r e reciproci rispetto alle quadriche
di un fascio, ciò che determina completamente la T (l).
« L'unica sua linea fondamentale, semplice per essa, è una curva C6 di
genere 3 (affatto generale) che è la linea doppia della superfìcie S8. Essa ha.
otto punti sulla C4.
u Trasformazioni T di grado inferiore al 3° non esistono » .
Fisica. — L'isoterma dei gas. Nota I. di Aroldo Violi, pre-
sentata dal Socio Blaserna.
Cenno storico dell'isoterma.
« Nella seconda metà del secolo XVII (1670), Boyle e contempora-
neamente Mariotte, partendo da esperienze assai imperfette trovarono che:
« il volume di una data quantità di gas è in ragione inversa della pressione » ,
quando si mantiene costante la temperatura. Questa legge, conosciuta col
nome dei due sperimentatori, fu ritenuta conforme al vero per oltre un secolo
e mezzo ; e soltanto nel 1826 Oersted e Swendsen ripetendo le esperienze
sulla compressibilità dell'aria e dell'anidride carbonica, attribuendo certe de-
viazioni da loro osservate ad errori di misura, confermarono la legge di Boyle
per l'aria ma non per l'anidride carbonica. Tali risultati, per l'aria, vennero
nuovamente confermati nel 1829 da Dulong e Arago fino alla pressione di
27 atmosfere. In seguito Despretz trovò che l'anidride carbonica, l'idrogeno
solforato, l'amoniaca ed il cianogeno si comprimevano più dell'aria e l'idro-
geno meno ; e ritenendo per quest'ultimo applicabile la legge di Boyle, tutti
gli altri se ne allontanavano in diversa misura come fu confermato dalle
esperienze differenziali di Pouillet.
0) Essa è affatto analoga alla trasformazione individuata nello spazio da una rete
di superfìcie di 2° ordine. V. Reye, Die Geometrie dar Lage - II.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 37
— 286 —
« I metodi coi quali fino allora si era studiata la compressibilità dei gas
erano assai imperfetti. Kegnault, perfezionando il metodo di Boyle e Mariotte e
quello di Arago e Dulong, sottopose una serie di gas a misure che riuscirono
della massima esattezza per pressioni sempre crescenti fino a 20m di mer-
curio; e dimostrò che non solamente i gas coercibili ma anche i così detti
gas permanenti si scostano qual più qual meno da quella legge, e tanto più
quanto maggiore è la pressione a cui vengono sottoposti.
« Mentre accennavano a moltiplicarsi le esperienze sulla compressibilità
dei gas a temperature prossime a zero, si cercò ancora di verificare la legge
di Gay-Lussac, il quale riunendo i risultati delle sue esperienze a quelli di
Dawy trovò che « tutti i gas han lo stesso coefficiente di dilatazione indi-
pendente dalla loro pressione » . Tali ricerche vennero fatte da Kudberg,
Magnus e più dettagliatamente da Regnault; e dalle loro esperienze sull'aria
atmosferica, l'azoto, l'idrogeno, l'ossido di carbonio, Tanidride carbonica, il
protossido di azoto, il cianogeno e l'anidride solforosa, emergono le seguenti
conclusioni : 1° Riscaldando l'unità di volume di un gas in modo da far va-
riare la temperatura di un grado, mantenendo costante la pressione oppure
il volume, l'aumento di volume o di tensione sono quantità tali che la prima,
eccetto per l'idrogeno, è sempre maggiore dalla seconda ; 2° queste due quan-
tità, dette l'una coefficiente di dilatazione e l'altra coefficiente di tensione,
crescono con la pressione, o tanto più rapidamente quanto più il gas è
vicino al suo punto di liquefazione.
« Queste importanti conclusioni offrirono un mezzo facile per la doter-
minazione della compressibilità dei gas a temperature elevate, ogniqual-
volta si conoscevano la compressibilità a zero e il coefficiente medio di dilata-
zione, a diverse pressioni, fra zero e la temperatura alla quale si sperimen-
tava. Infatti Blaserna, confrontando i risultati ottenuti da Regnault a 100°
con quelli corrispondenti alla temperatura poco differente da zero, trovò che
l'aria a 100° segue quasi esattamente la legge di Boyle ; e alla stessa tem-
peratura la compressibilità dell'anidride carbonica è intermedia fra la com-
pressibilità corrispondente a 3°, 26 e quella dell'aria a 4°,75. A identiche
conclusioni giunse pure Amagat, il quale, con metodi più ristretti, studiò
la compressibilità dell'aria, dell'anidride carbonica e dell'anidride solforosa
a temperature diverse fino a 250° e 320°. Amagat studiò ancora la dilata-
zione dell'anidride carbonica e dell'anidride solforosa; e trovò che diminuisce
regolarmente crescendo la temperatura, e si avvicina sempre più al valore
previsto dalla legge di Gay-Lussac senza però raggiungerlo alla temperatura
di 250°.
« La compressibilità dei gas a fortissime pressioni fu studiata in principio
da Pouillet con un apparecchio differenziale che non permetteva di dedurne
i valori assoluti. Più tardi Natterer volendo liquefare i gas allora detti per-
manenti, ricorse a pressioni enormi, circa 3000 atmosfere; e giunse al ri-
sultato inatteso che l'aria e l'azoto, a quelle pressioni, si comportavano come
— 287 —
l'idrogeno, cioè si comprimevano meno di quanto esige la legge di Boyle.
Questo fatto fu confermato molto tempo dopo da Andrews come una probabile
proprietà di tutti i gas.
« Amagat fece delle esperienze sulla compressibilità dell'azoto fino alla
pressione di 320m di mercurio, alle temperature 15°-22°, con un manometro
ad aria libera, formato di tubi d'acciaio, collocato nel pozzo d'una miniera ;
e trovò che il prodotto della pressione per il volume, anziché esser costante
come vorrebbe la legge di Boyle, col crescere della pressione prima dimi-
nuisce fino a raggiungere un valor minimo e poi aumenta rapidamente:
cioè l'azoto, per pressioni basse si comprime più e per le alte meno di quanto
esige la legge. Ciò venne anche confermato da Cailletet il quale ricercò la
compressibilità dell'azoto a 15° con un manometro ad aria libera per pres-
sioni variabili da 39m a 182m di mercurio ; e sebbene i suoi risultati siano
un po' diversi da quelli di Amagat, pure si accordano nell'andamento gene-
rale del fenomeno.
« Per pressioni variabili da 24m a 300m di mercurio, Amagat si occupò
ancora della compressibilità dell'idrogeno, dell'ossigeno, dell'aria, dell'ossido
di carbonio, dell'etilene e del gas delle paludi, servendosi in parte di un
manometro ad aria libera di 75m, in parte di un manometro chiuso ad azoto
che poteva esser graduato con sufficiente esattezza; e, ad eccezione dell'idro-
geno, giunse per gli altri gas a risultati identici a quelli avuti per l'azoto.
« Nel 1822 Cagniard de la Tour esponendo ad alte temperature dei
liquidi rinchiusi in tubi di vetro osservò che : « ad una determinata tempe-
ratura, i liquidi si trasformano bruscamente e totalmente in vapore ». Tale
temperatura, differente per i diversi liquidi, è caratterizzata dal fatto che il
menisco liquido diviene piano e rimangono perciò eliminati gli effetti capillari.
« Nel 1869 Andrews con classiche esperienze mostrò il comportamento
dell'anidride carbonica liquida e gassosa. Egli osservò la compressibilità del-
l'anidride carbonica in vicinanza del suo punto di liquefazione per pressioni
crescenti fino a 110 atmosfere e alle temperature 13°,1-48°,1; e giunse a
concludere che l'anidride carbonica al disopra della temperatura di 30°,92,
che egli chiamò temperatura critica, non è più possibile poterla liquefare
qualunque sia la pressione impiegata ; ed anzi la compressibilità segue una
legge sempre più regolare quanto più è elevata la temperatura. Dalle stesse
esperienze Andrews calcolò la pressione alla quale si liquefa l'anidride car-
bonica per diverse temperature al disotto di quella critica; ne studiò il coef-
ficiente di dilatazione per pressioni di 17m-223m di mercurio alle tempera-
ture 0°-100°, come pure il coefficiente di tensione; e confermando le con-
clusioni di Begnault venne ad estenderle per le alte pressioni.
« Il metodo di Andrews fu in seguito adottato da altri sperimentatori ;
Janssen sperimentò la compressibilità del protossido d'azoto allo tempera-
ture 12°-43°,8 per pressioni variabili da 51 a 123 atmosfere misurate con
— 288 —
un manometro chiuso ad aria, senza correzione per le deviazioni dalla
legge di Boyle; e trovò la temperatura critica oscillante fra 36*,3 e 36°, 7.
Roth studiò la compressibilità dell'anidride carbonica, dell'anidride solforosa,
dell'etilene e dell'ammoniaca fino alla temperatura di 183°, 8 (vapori di ani-
lina) e alle pressioni da 10 a 160 atmosfere, misurate con un manometro
chiuso ad azoto e senza correzione.
« Finalmente Amagat pubblicò un'estesa serie di ricerche sulla compres-
sibilità dell'azoto, dell'idrogeno, dell'anidride carbonica, dell'etilene e del gas
delle paludi per pressioni crescenti da 30"' a 320m di mercurio e alle tem-
perature 16°-100°. Le pressioni erano misurate con un manometro chiuso
ad azoto di cui era stata studiata la compressibilità con un manometro ad
aria libera. Tali ricerche provano sempre che i gas studiati, per pressioni
basse si comprimono più e per le alte meno di quanto richiede la legge di
Boyle, ad eccezione dell'idrogeno. Il coefficiente di dilatazione dedotto da
esse è una funzione complicata della pressione e della temperatura : a eguali
limiti di temperatura cresce prima con la pressione fino ad un massimo corri-
spondente alla pressione del minimo di compressibilità e poi decresce rego-
larmente; in generale poi diminuisce quando cresce la temperatura, sebbene
si verifichino dei curiosi spostamenti in vicinanza ai massimi.
« Dopo che le classiche esperienze di Regnault dimostrarono l'inesattezza
delle leggi di Boyle e Gay-Lussac, si pensò di sostituire alla semplice forinola
PV = RT ,
(nella quale P e V rappresentano la pressione e il volume del gas ; R una
costante differente per ogni gas; T la temperatura assoluta), altre forinole
più complicate che meglio rappresentassero l'insieme delle osservazioni.
« Regnault propose le due forinole empiriche
-j^- = l+A(P — 1) + B(P — 1)'
pv = 1 + «(-f-i)+*(-r-1)!
nelle quali il volume è espresso in funzione della pressione, e viceversa la
pressione in funzione del volume, essendo A, a, B, b, costanti date dalle
esperienze.
« La teoria cinetica dei gas, che allora si sviluppava, offrì occasione di
stabilire delle forinole più corrispondenti alle condizioni in cui devono con-
siderarsi i gas. Così Duprez introdusse il concetto del covolume C, e dette
l'equazione
p (V + C) = costante
generalizzata poi da Budde.
« Amagat tenendo conto delle attrazioni molecolari, che chiama pressione
interna Pl5 scrive
(P -+- PO V = costante ;
— 289 —
ed in altra occasione, riconoscendo che il volume di un gas doveva ridursi
della quantità y> dipendente dal volume delle molecole, adopera la formola
P (V — (f) = costante.
« Hirn generalizzando questi concetti, e tenendo conto anche della legge
di Gay-Lussac, arriva all'equazione
(P + P0(V — ^) = KT
Kankine adopera la formola
Recknagel, tenendo conto delle attrazioni molecolari, sviluppa dalla teoria
cinetica l'altra
pv = rt(i — y)
in cui e è funzione della sola temperatura.
« Tutte queste forinole furono trovate difettose e non concordanti colle
esperienze fatte ultimamente sulla compressibilità e la dilatazione dei gas;
esse però tracciarono la via alla teoria sviluppata da Van der Waals; il
quale esprimendo la pressione interna in funzione del volume, e tenendo conto
del volume molecolare, arriva all'espressione
(p+^)(v-*) =
che è l'equazione generale dell'isoterma da lui proposta, nella quale a e b,
per ogni gas, rappresentano l'attrazione molecolare e un multiplo del volume
molecolare, e sono quantità costanti calcolate con i risultati sperimentali.
« Dal confronto con le esperienze la formola di Van der Waals rap-
presenta bene i fenomeni fin' ora osservati sulla compressibilità dei gas; rende
perfettamente ragione del punto critico e offre un mezzo semplice ed elegante
di passare da questo alla determinazione delle costanti a e b; però nei cal-
coli numerici, quando si tratti di esperienze molto estese, essa dà valori molto
prossimi al vero ma non esatti.
« Anche Clausius è arrivato alle stesse conclusioni. Egli crede che le
premesse, le quali condussero Van der Waals alla sua formola. non sieno
sufficientemente esatte. Se a tale espressione diamo la forma
RT a
RT
P =
V — b V
il termine -^ rappresenta la pressione interna, la quale sarebbe così indi-
pendente dalla temperatura T e in ragione inversa del quadrato del volume.
Clausius ritiene che la pressione interna debba dipendere dalla temperatura,
e debba crescere quando questa diminuisce; perciò modifica la formola così
p RT ___a
r — V — b T (V + C)2
— 290 —
essendo C una nuova costante. Confrontando questa espressione con le espe-
rienze di Andrews sull'anidride carbonica, Clausius trova che tutte le serie
di esperienze, meno una, rientrano perfettamente nella forinola.
« Sarrau ha voluto esaminare se le estese esperienze di Amagat rien-
trano nella formola modificata da Clausius; e nei suoi calcoli l'ha trovata
concordante per l'ossigeno, l'anidride carbonica, l'azoto, il gas delle paludi,
l'etilene e l'idrogeno (1).
Equazione generale dell'isoterma.
« Alla temperatura dello zero assoluto , immaginiamo un gas con-
tenuto in un cilindro verticale, di sezione uguale all'unità, mantenutovi da
uno stantuffo di peso uguale alla pressione esterna espressa in chilogrammi ;
e facendolo liberamente espandere, siscaldiamolo fino alla temperatura
1) 6 = (1 + ut)
essendo t una temperatura misurata in scala centigrada, « una quantità co-
stante dipendente dalla temperatura assoluta. Quando nella massa gassosa si
sarà stabilito il movimento stazionario, potremo ritenere le N molecole del
gas, di masse uguali ad m, muoventisi con eguale velocità media u ; e poiché
l'effetto, corrispondente al numero degli urti che esse produranno nell'unità
di tempo sulle pareti del recipiente in cui sono contenute, è proporzionale
alla loro forza impulsiva totale, chiamando F la forza impulsiva totale del-
l'unità di volume del gas, la forza viva delle N molecole contenute nel vo-
lume Vi sarà espressa dalla formola di Krònig e Clausius
2) 8A^i = — ó—
« Se le molecole del gas considerato fossero dei punti materiali posti
fra loro a distanze grandissime in modo da poterne trascurare la scambievole
influenza, la forza impulsiva determinante il loro movimento sarebbe precisa-
mente misurata dalla pressione esterna. Ma in tesi generale le molecole sono
sistemi di punti materiali e tali che, oltre ad occupare uno spazio relativa-
mente piccolo, si possono influenzare scambievolmente rispetto alle distanze
alle quali si trovano: a questo aggiungansi le azioni interne molecolari. Allora
la forza impulsiva totale di ciascuna molecola potremo ritenerla uguale alla
(!) Questo sunto e i numeri delle tabelle, che troveremo nel confronto con le espe-
rienze delle equazioni dell' isoterma, relativi alle osservazioni di Regnault ed altri speri-
mentatori sono tolti dall'opuscolo litografato « Lezioni sulla teoria cinetica dei gas, dettali;
nell'anno 1881-82 agli allievi dell'Istituto Fisico di Eoma dal prof. Pietro Blaserna ».
— 291 —
somma di due forze delle quali una, quella di traslazione, è equilibrata dalla
pressione esterna, e l'altra dall'insieme delle azioni interne del gas. Perciò
rappresentando con i ciò che Clausius chiamò pressione interna del gas ; con J
il peso dell'unità di volume di mercurio, e con h la pressione esterna espressa
in metri di mercurio, sarà
3) F = Jh -h ì
e la 2) si trasforma nella seguente
4) VtVA + fK^N^f ■
« La pressione interna del gas dipende naturalmente dall'attrazione mo-
lecolare totale i\ del gas, la quale sarà eguale all'attrazione molecolare esterna*/,
rispetto alle masse molecolari che s'influenzano, diminuita dell'attrazione mo-
lecolare interna a" riferita alle singole masse molecolari; perciò potremo scrivere
5) ti — a — a .
« L'insufficienza dei mezzi d'osservazione non ci permette di conoscere
fino a quale distanza le molecole dei corpi si possono scambievolmente in-
fluenzare, né quello che avviene internamente in ciascuna di esse; e soltanto
con considerazioni diverse si sono esposte delle teorie non troppo accettabili,
mano a mano che l'esperienza ci mostrava il vario comportamento dei corpi.
« Avogadro (1811) e più tardi Ampère (1814) ritenendo che, in eguali
condizioni di pressione, i gas si dilatino e contraggano quasi egualmente per
un'eguale quantità di calore somministrata o sottratta, giunsero all'ipotesi che:
« eguali volumi di tutti i gas contengono un egual numero di molecole ».
Questa ipotesi fu ben messa a profitto dai chimici i quali se ne valsero più
specialmente per determinare con molta esattezza il numero degli elementi
che formano le molecole dei corpi semplici.
« Nella sua ipotesi, Avogadro considera i centri delle singole molecole
tutti egualmente distanti fra loro; e siccome le molecole a quelle distanze
s'influenzano scambievolmente, ritenendo che le distanze dei centri moleco-
lari misurino precisamente i diametri delle sfere d'azione sensibile, rispetto
alle quali si deve verificare il movimento stazionario, è allora una conse-
guenza di tali ipotesi che, in eguali condizioni di pressione, « le sfere d'azione
sensibile delle molecole di tutti i gas sono eguali fra loro » .
« L'interpretazione di questo principio dipende dal concetto che possiamo
formarci sulla costituzione dei corpi. Infatti, ammessa l'esistenza delle atmo-
sfere eteree per gli elementi e le molecole, supponiamo che ad ogni elemento
corrisponda un'eguale atmosfera eterea, la quale ne definisca la sua sfera
d'azione sensibile ; allora è facilmente accettabile l'espressione che, in eguali
condizioni di pressione « le sfere d'azione sensibile di tutti gli elementi sono
uguali fra loro ». Però le molecole, salvo poche eccezioni, sono formate di
— 202 —
più elementi di eguale o diversa natura secondo che i corpi risultanti
sono semplici o composti ; ed in questo caso l'ipotesi di Àvogadro sarà solo
confermata quando si ammetta una condensazione nelle atmosfere eteree degli
elementi che si combinano insieme ad una deformazione nelle atmosfere eteree
condensate, in modo che il volume dell'atmosfera eterea della molecola risul-
tante sia affatto eguale a quello dell'atmosfera eterea di un elemento qua-
lunque. La condensazione delle atmosfere eteree degli elementi che si com-
binano non implica l'intimo contatto della sostanza di cui sono formati, ed
è in relazione ai fenomeni fisici che si manifestano nelle reazioni chimiche » .
Fisica. — Nuovo metodo per la determinazione delle due co-
stanti di elasticità. Nota II C1) del dott. Michele Cantone, presen-
tata dal Socio Blaserna.
« Risultati delle esperienze. Comincio col dare nella prima tabella le
dimensioni dei quattro recipienti di cui mi sono servito, e che per comodità
ho indicato coi numeri d' ordine I , II , III , IV.
Dimensioni d<-i recipienti
Numero
del
recipiente
Spessore
delle
pareti
Raggio
int.
Raggio
csl.
Lunghezza
Volume
I
II
III
IV
min
0,394
0,394
0,617
0,472
mm
4,205
4,327
7,593
4,799
m ni
4,599
4,721
8,210
5,271
min
667
631
7:::.
705
mmc
36980
36952
132210
50720
||
« Nelle quattro seguenti tabelle trascrivo nell'ordine col quale furono
ottenuti i risultati delle esperienze da me fatte per le variazioni di volume
dei recipienti col variare della pressione interna ; facendo osservare che, tanto
in queste esperienze quanto in quelle relative agli allungamenti, ogniqualvolta
si produceva una variazione di pressione si riportava sempre il manometro,
successivamente, alla posizione iniziale, sicché gli spostamenti notati per le
diverse pressioni sono le medie di quelli (quasi sempre uguali) avuti nei due
casi. Nella prima colonna di ciascuna tabella ho segnato le pressioni, notando
col segno — quelle al di sotto della pressione atmosferica; nella seconda
colonna ho registrato le variazioni di volume corrispondenti, computate in divi-
sioni del micrometro ; nella terza quelle relative ad una variazione di pres-
sione di lmm; nella quinta il loro valore medio in mm.c. ; e nell'ultima il
(>) V. pag. 220.
— 293 —
valor medio della variazione dell'imita di volume per una pressione uguale
ad lks su lmmq.
Recipiente N. I.
Diam. del tubo capii. = 0mmi,1767. Una div. del microm. = 0mm,2140
Pi
(Jv) div.
(^/y) diV.
per P, = lmm
perPi = lmra
ày
VP,
mm
72,5
120,0
174,0
d
3,65
6,20
8,85
0,0502
0,0517
0,0519
mmc
0,001924
0,003833
Recipiente N. IL
Diam. del tubo capii. = 0ramM074. Una div. del microm. = 0mm,1238
Pi
(Jy) diV.
(Jy) diV. ,
perP, = lmm
Jy
perPi = lmm
ày
VPi
mm
103,5
d
3,85
0,0372
147,5
194,0
5,60
7,40
0,0379
0,0381
mmc
0,001920
0,003821
103,0
4,00
0,0388
180,7
6,90
0,0382
Recipiente N. III.
Diam. del tubo capii. = 0mmi,6297. Una div. del microm. = 0mm,2140
p,
(z/v) div.
(Jv) div.
per Pi = lmm
ày
perPi = lmm
Jy
VP,
mm
133,0
d
7,35
0,0553
174,0
9,60
0,0552
186,0
10,10
0,0543
241,5
115,7
13,45
6,35
0,0557
0,0548
mmc
0,007398
0,004116
— 97,5
— 5,25
— 0,0538
- 139,5
— 7,60
— 0,0545
— 185,5
— 10,35
— 0,0558
— 212,5
- 11,65
— 0,0548
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sera.
38
294
Recipiente N. IV.
Diam. del tubo capii. = 0mmM156. Una div. del microm. = 0mn\1238
Pi
(Jv) div.
(Jv) div.
perP^l1
per P, = 1'
-A-
VP,
nim
90,5
(i
4,25
157,5
7,40
208,7
9,75
d
0,0470
0,0470
0,0467
mn.c
0,002412
0,003198
« Seguono i risultati ottenuti per gli allungamenti. Nella prima colonna
di ciascuna delle tabelle, in cui essi sono registrati, trovansi le pressioni,
nella seconda il numero di frangie che si spostavano rispetto al punto segnato
nel centro della lastrina /' , nella terza la frazione di frangia corrispondente
alla variazione di pressione di lmm , nella quarta il valor medio della varia-
zione di lunghezza dell'unità lineare per una pressione di lk- su lmmq.
Recipiente N. L
Po
U\
perP0 = lmm
per P0 = lmm
A.
LP0
111 111
F
F
172,0
3,40
0,0125
— 147,0
— 1,80
— 0,0122
— 231,5
— 2,85
— 0,0122
199,0
2,50
0,0120
284,0
3,55
0,0125
— 146,0
— 1,90
— 0,0121;
— 229,5
— 2,85
— 0,0121
0,00000368
0,000406
— 230,0
— 2,95
— 0,0128
275,0
3,50
0,0127
140,0
1,75
0,0125
277,0
?,52
0,0127
201,5
2,47
0,0123
284,5
2,57
0,0125
Recipiente N. IL
Po
{A
(4
per Po — l1
per P0 = 1 ",m
Al.
i.r,
ni m
146,5
193,0
195,0
145,3
227,0
226,0
195,0
— 1,65
2,10
2,25
— 1,60
— 2,60
— 2,58
2,20
0,0113
0,0109
0,0115
0,0110
0,0114
0,0114
0,0113
mra
0,00000333
0,000388
295
Recipiente N. III.
Po
(A),
(A)p
perP0 = lmm
per P0 = lmm
LP0
mm
146,5
2*00
0*0138
— 227,5
— 3,37
— 0,0148
— 227,2
194,5
— 3,27
2,88-
— 0,0144
0,0148
mm
0,00000421
0,000421
— 226,5
— 3,25
— 0,0143
194,0
2,80
0,0144
195,0
2,72
0,0140
194,7
2,70
0,0139
Recipiente N. IV.
Po
(A)F
perP0==lmm
perP0=lmm
LP0
mm
— 145,0
-1*65
- 0*0114
— 145,0
— 1,65
— 0,0114
— 225,5
— 2,60
— 0,0115
— 226,5
-2,60
— 0,0117
193,7
2,20
0,0113
195,0
2,28
0,0117
0,00000342
0,000356
196,5
2,33
0,0118
277,5
3,22
0,0116
— 144,0
— 1,67
- 0,0116
— 144,0
-1,63
— 0,0113
— 226,5
— 2,65
— 0,0117
195,0
2,27
0,0117
« In base ai risultati ottenuti vennero calcolati i valori di (i che tro-
vansi qui appresso notati :
Valori di (i
I
0,246
li
0,261
III
0,264
IV
0,256
« Si vede che tali valori accennano sensibilmente alla costanto 0,250
voluta dalla teoria e trovata sperimentalmente da Cornu; che se le cifre
— 296 —
ottenute per i recipienti II e III si discostano più delle altre da quel valore,
ciò probabilmente è da attribuire ad errori di osservazione, come si può argo-
mentare riguardando le terze colonne delle tabelle relative a quei recipienti,
indicanti appunto una maggiore discordanza tra le cifre ottenute che non per
gli altri due serbatoi.
« Non credo però che cause di errori possano esservi di natura tale da
alterare notevolmente i risultati: se infatti si calcolano gli errori di n in
R 2
funzione di quelli di K e di ~ , unici elementi che compariscano nella for-
iti
mula (3) , si ottiene :
à V ,r , 6A /Ro_'\
JV = 1 p \i i / " H 2 V \R,2/ '
HM.; (2KsH y '
* I coefficienti di JK e J\=pA sono per il recipiente I rispettivamente
0,036 , 0,408, e valori analoghi hanno per gli altri recipienti : se si considera
R 2
che errori di 0,2 in K e 0,03 in ^ danno per fi , qualora non vi sia coni-
iti
penso di sorta, un errore di 0,02, si comprenderà come sia impossibile di
arrivare con queste esperienze ai valori ottenuti da Begnault e da Wertheim;
e come invece sia perfettamente ammissibile per fi il valore 0,250.
« Forse non varrà questa costante per tutti i corpi, anzi, volendo pro-
cedere d'accordo colla teoria, non può esserlo, perchè non tutte le sostanze
solide hanno perfetta elasticità di forma, e dovendo essere u = 0 per i li-
quidi, è prevedibile che avvicinandoci ai corpi cedevoli alle azioni deforma-
trici si abbiano valori diversi; ad ogni modo parmi si possa cominciare ad
asserire che il vetro abbia il comportamento di un corpo, quale nella teoria
della elasticità si ammette.
« Ponendo ,« = 0,250 ho proceduto alla determinazione del coefficiente
dì elasticità per ciascuno dei recipienti da me adoperati.
« Avrei impiegato per questo scopo la formula:
(5 — 4/0(l — 2,u)
E =
(l-2u)^-(5-4/0 -
VP, v ' ' LP0
(la quale si ricava facilmente dalle (1) e (2)), perchè sul valore di E non
avrebbero influito Rx ed R0 ; ma non ho potuto farlo stante la eccessiva alte-
razione che sul valore di E avrebbero apportato gli errori ammissibili per
Non mi restava che ricorrere ad una delle formule :
VP! LPC
E _5— 4/c K,' ^_
^v Ri2 — ito2 ' _A_ Rl'
VPi LP0
— 297 —
che si ricavano rispettivamente dalle (1) e (2) , e la cui scelta non era indiffe-
rente atteso il valore unico di [x adottato per i diversi recipienti. Non ostante
che entrambe dessero E sensibilmente colla stessa approssimazione, ho prefe-
rito l'uso della seconda ; poiché, mentre nel primo caso il valore di E dipende
dalla determinazione di ^ , sulla quale ha influenza il diametro del tubo
capillare e l'ingrandimento del cannocchiale, nel secondo caso invece quel
valore si ha mediante
LP„
, che si ottiene in modo assoluto ricorrendo, come
io ho fatto, al metodo di Fizeau.
« Seguono i valori ottenuti per E.
Valori di E
I
6277
II
6783
III
7023
IV
6799
»
« Il non essere costante il coefficiente d'elasticità per i diversi reci-
pienti di cui mi son servito non è un fatto nuovo : nelle ricerche di questo
genere non si ha quasi mai valori vicini fra loro, per cui ritengo che tale
diversità in gran parte non sia dovuta a cause di errori ».
Micrografia. — Fotografia istantanea del preparati microscopici.
Nota preliminare di Stefano Capranica, presentata dal Socio Tommasi-
Crudeli.
« Le conclusioni cui è giunto l'autore nelle sue ricerche sono le seguenti:
1 .,. . 1
« 1° La fotografia rapida ^— o rapidissima
Zi) ZOO
può essere ottenuta
col microscopio fotografico, usando obiettivi a forti ingrandimenti e ad immer-
sione.
« 2° L'autore è giunto mediante un'otturatore ed una disposizione spe-
ciale, ad ottenere un numero qualunque di prove fotografiche successive dei
movimenti di un oggetto osservato, similmente a ciò che si ottiene macrosco-
picamente per il volo degli uccelli o per i movimenti rapidi di altri ani-
mali (Marey, Muybridge ecc.).
« 3° Mediante il sistema delle pose successive, l'autore è giunto a ripro-
durre sull'istessa lastra i diversi piani di un preparato qualsiasi, ottenendo
così una unica prova d'insieme.
— 298 —
« L'autore richiama l'attenzione dei micrografi specialmente sulle cose
accennate al n. 2, intieramente nuove in scienza, e suscettibili di molte
ricerche importanti per lo studio degli infusorii e di tutti i microrganismi
viventi »
RELAZIONI DI COMMISSIONI
Il Socio Pigorini, relatore, a nome anche del Socio Taramelli, legge
una Kelazione sulla Memoria del prof, don Niccolò Morelli, intitolata:
Scavi eseguiti nella caverna Pollerà situata nel Finalese {provìncia di
Genova), concludendo per l'inserzione della Memoria negli Atti accademici.
Le conclusioni della Commissione esaminatrice, messe ai voti dal Pre-
sidente, sono approvate dalla Classe, salvo le consuete riserve.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Carutti presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna-
lando tra queste le seguenti, inviate da Soci o da estranei:
F. Lampertico. Discorso sull'indole e scopo dell' Assoc iasione nazio-
nale per soccorrere i missionari cattolici italiani, in relazione alla con-
dizione presente e avvenire dell'Italia. — Discorso pronunciato in Senato
nella tornata del 9 febbraio 1888.
E. Levasseur. La théorie du salaire. — Sue semaines à Rome.
S. Levi. Vocabolario geroglifico copto-ebraico. Voi. VI ed ultimo.
Opera che ebbe il premio Beale per la Filologia nel 1884.
F Schaff. Church and State in the United States. Opera inviata dal
Socio Corrispondente Botta.
Lo stesso Segretario presenta inoltre il volume II dei Discorsi par-
lamentari dì Quintino Sella, raccolti e pubblicati per deliberazione della
Camera dei Deputati ; i volumi III e IV della Miscellanea della R. Società
romana di storia patria, contenente Scritti vari di G. A. Sala e il Cronicon
Siculum incerti Authoris, ab anno 340 ad annum 1396, pubblicato dalla
Società di Storia patria napolitana per cura di G. De Blasiis.
Il Socio Messedaglia offre la Relazione del regio Ministro d'Italia
in Rumenia, conte G. Tornielli-Brusati {1882-83), facendo rilevare il valore
economico e statistico che questa opera presenta.
— 299 —
11 Segretario Carutti annunzia alla Classe che è terminata la stampa
del primo volume del Supplementum al Corpus Inscriptionum, e che potrà
essere pubblicato fra non molto.
CONCORSI A PREMI
Dal Ministero della pubblica istruzione vennero trasmessi all'Accademia
gli avvisi di concorso ad assegni per istudi di perfezionamento all'estero, di
L. 3000 ognuno, per un anno a cominciare dal 1° novembre 1888, istituiti
dal Ministero stesso, dall'Amministrazione del E. Collegio Ghislieri di Pavia.
e dalla Cassa di risparmio di Milano.
CORRISPONDENZA
Il Segretario Carutti dà comunicazione di una lettera del Presidente
dell'Accademia Antropologica di Nuova York, colla quale si rinnova l'invito
ai Soci di prender parte al Congresso antropologico internazionale che avrà
luogo in Nuova York nei giorni 4, 5 e 6 del prossimo settembre. Nella let-
tera si fa preghiera ai Soci che non potessero intervenire al Congresso, di man-
dare qualche lavoro di Etnologia, di Etnografia, o di Archeologia preistorica.
Lo stesso Segretario dà conto della corrispondenza relativa al cambio
degli Atti.
Kingraziano per le pubblicazioni ricevute:
La Società Reale di Londra ; la Società di scienze naturali di Ottawa ;
le Società filosofiche di Cambridge e di Filadelfia; la Società archeologica
di Londra; le Università di Cambridge e di Upsala; l'Osservatorio di S. Fer-
nando ; il Comitato geologico russo di Pietroburgo.
Annunciano l'invio delle loro pubblicazioni:
Il R. Istituto di studi superiori di Firenze; la Società entomologica
svedese di Stockholm ; il Museo di scienze naturali di Lione ; 1' Università
di Jena ; l' Osservatorio centrale di Pietroburgo.
D. C.
— 301 —
KENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali.
Seduta dell' 8 aprile 1888.
F. Brioschi Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PEESENTATE DA SOCI
Matematica. — La forma normale delle equazioni del sesto
grado. Nota del Socio F. Brioschi.
« 1°. Denomino forma normale di una equazione del sesto grado quella
che ottiensi da una equazione qualunque del sesto grado mediante la trasfor-
mazione indicata in una mia recente comunicazione all'Accademia (').
« Rappresentando con u {xx , x2) = 0 la equazione del 6° grado, e con
k = 7 (uu)4 il covariante biquadratico del secondo grado della forma u{x\ ,x%),
eliminando il rapporto xx'.x% dalle due quintiche :
(1) (f = Uh -\-.xz k = 0 , \p = tilt — Xik = 0
si ottiene la :
(2) ót6 -f U12 l4 -f UU t* + Vis t + ««16 = 0
nella quale ó è il discriminante della forma u{x\,xt) ed Un , M14 , uÌS , uì6
sono invarianti della forma stessa dei gradi 12, 14, 15, 16. La equazione (2)
è la forma normale delle equazioni del sesto grado.
« Questa forma normale non è quindi che la risultante delle due equa-
zioni di quinto grado g.- = 0 , tp = 0 ed un metodo diretto per giungere ad
(') Rendiconti della R. Accademia dei Lincei. Seduta del 1 marzo 1888.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1" Sem. 20
— 302 —
essa fu già fatto conoscere dal prof. Gordan vari anni sono (l). Però, nel caso
attuale, per la determinazione dei valori di g, 2 , Ui 4 ... , conviene ricorrere
ad un altro metodo indiretto che indicheremo più avanti, limitandoci a fare
uso di alcuni risultati del metodo dovuto al prof. Gordan per altro scopo.
« Il prof. Gordan introduce dapprima tre covarianti simultanei delle forme
</), «/', da lui denominati o, o\ t ; ossia :
« Posto, per la forma del sesto ordine u {xx , a?2) ;
h = j(u u)s , g = (u k) , p — \ (k k),
i primi due: covarianti dell'ottavo ordine, ed il terzo di quarto ordine, della
forma u ; ed
L = ~ (un)6 , M = •- (/•/■ ) .,
i due invarianti di secondo e quarto grado ; si hanno, nel caso attuale, i
seguenti valori di q, c, % :
Q=zhhtl — ±gt-\-k%
a = ^ r-25^2 + 24p] % = \ [5L/2 + 6M] ,
e dalle due equazioni y==0, «/' = 0 si deducono facilmente le cinque che
seguono :
Cini -f- t tfn #»2 + i r#*4 = °
?1112 •f(°'llA*8 *l»#t*) Ì './•,!.''1 =0
«1122 + f (Cll #1* 40"12 ^i #2 -}- C22 ^22) -f~ 5 r^22^l2 = ^
(>1222 f (tf22^1#2 0"l2^12) | TXiX* = 0
«2222 + T" <*22 ^l2 + 1 *e£l4 = 0
nelle quali :
1 d4g 1 rf8<r
?11U~ 5.6.7.8 tf^4' °'n — 3.4^*"
« Indicando con :
cin ^'i4 + 4ar2 ^ì3 «^2 + 6<7,-3 ^!2 «r22 + 4(7>-i^-1 x% -\- ar-, x% = 0 (r=l, 2. ..5)
quelle cinque equazioni, si avrà dapprima che il primo membro della equa-
zione (2) è dato dal determinante :
V = Xf=fc aU «22 «33 «44 «55)
e sarà :
_ dV dY
X\ • x% —
cioè, come è noto, si dedurranno i valori delle radici della equazione u(xi,xi)=Q
da quelli delle radici della equazione trasformata (2) senza ricorrere a riso-
luzioni di altre equazioni ausiliari.
(') Ueber die Biìdung der Resultante sioeier Gleichungen. Math. Ànnalen. Bd. III.
pag. 385.
In
l\ì
l>ii
mu
fìlli
mt2
fin
ih 2
7I22
— 303 —
« 2.° Passiamo ora alla determinazione dei valori di u12, Un ... . Una
forma u{xx x2) del sesto ordine possiede, oltre gli invarianti L, M, tre inva-
rianti dei gradi 6°, 10°, 15° che indicheremo con N, P, R.
« N, come è noto, è l' invariante cubico di k ; per fissare i valori di
P, R, sieno l, m, n i tre covarianti quadratici di u :
l = (uk)4 , m = (^)2 , n = (mk)ì
e porremo:
j (mm)2 , R
« Sieno xx , x2 ... x6 le radici della equazione u(x, 1) = 0 e si indichino
con a, b, e, d, e le espressioni :
a = - u (xr), b — — z^r (#r) e = -^ — g mv Ov)
essendo #r una qualsivoglia fra quelle radici. Ora per ima nota proprietà
dei covarianti si ha (l) :
k (xr) = 3#2 — 4cac
e quindi, per le (1), si avrà :
Ir "
a
« I valori degli invarianti L, M, N, P, R si possono pure esprimere in
funzione delle a, b, e, d, e e lo stesso avrà pur luogo per <?, w12, uu, uì5, ui6;
salvo che le ultime espressioni conterranno un certo numero di coefficienti
indeterminati. Sostituendo il valore superiore di tr e queste espressioni nella (2),
si otterrà una equazione identica la quale condurrà alla determinazione di
quei coefficienti. Evidentemente per l'identità della equazione si potranno
anche supporre nulli una 0 più delle quantità «, b ... e , purché non si annulli
alcuno degli invarianti L, M ... R. Per esempio, supponendo b = c = Q, si
ha tr=0 e quindi identicamente uì6 = 0. Ma in questa ipotesi:
L=— Gae, M=3a2d, N=— ^-azdi
P=— «4[ft2 + 18^2£ + 81f/V + 5.81.rf5]
e per questi valori vedesi tosto che wI6 dovrà esprimersi come segue:
UlG = Qo L2 N2 + Ql L2 M3 + q2 LM2N + q3 MN2 + Qi M4 + qs NP
essendo q0 , q, ... coefficienti indeterminati. Sostituendo per L, M, N, P i valori
superiori ed eguagliando a zero, si hanno fra quei coefficienti le relazioni:
3?0 + ?5 = 0 q1 = 0 3o2 + ?5 = 0 q3 + 20q5 = 0 3(> + |(»5 = 0
(0 Vedi la mia Nota, Ueher die Trans formati on der algebraischen Gleichungen durch
Covarianten. Math. Annalen Bd. XXIX, e la Memoria del dott, Hilbert, !'<■/,<■>■ eine Darstel-
lungsweise der invarianten Gebilde im bindren FormengeUete. Math. Annalen. Bd. XXX.
— 304 —
e posto quindi £5= — 12r si avrà:
Ul6 = v [ (M2 -f- 2LN)2 + 12N (20 MN — P) ]
essendo v un coefficiente numerico ancora indeterminato. Due altri coefficienti
della equazione (2) sono noti, il ó discriminante della forma w(#i,,z2) ed u15
non esistendo altro invariante di 15° grado che K. Si hanno così le:
6 = l [ 32 (54 L2 N -f- 53 L3 M — 4L5) — 55 (8LM2 + 48MN + 3P) ]
Uis = j«R
nelle quali X, /ti sono coefficienti numerici a determinarsi. Rimangono così a
trovarsi i valori di u12l Uu e dei coefficienti A, fi, v.
« L'applicazione del metodo sopra indicato darà dapprima che posto:
2= — sono [i = 6 v =12
e si avranno pei valori di w12, w14, le espressioni seguenti:
uì2 = -L4M — 4.5.L3M — ^-^L2M2 — 2.53.LMN + ^M3— '^^N2+
o o 12 4
+TLP
Uu =— 2 . 43. L2MN — 2 . 5 . 13 . LM3 — 33. 4 . 5 . LN2 — 2 . 3 . 52. 1 1 . M2N -4-
+ 3(L2-j-2.52.M)P.
« Queste espressioni si possono semplificare introducendo in luogo del-
l' invariante P del decimo ordine il discriminante ó, e posto L = « , sosti-
tuendo agli invarianti M, N gli invarianti /?, y legati ai primi dalle due
relazioni :
5«.M = |(a» — /*), 53N = ^(2«3-3*/*+y)
cioè gli invarianti fi, y che si annullano con ó se la equazione u{x, 1) = 0
ammette una radice tripla.
« Dal valore superiore di ó si avrà così :
55.P = 3. 43 S -j- ~- (9«5—20a3/? + 3a*y — 21«/?2 + 2/?y)
e sostituendo questo valore di P e quelli di M, N nelle espressioni trovate
sopra per u12, «u, 2«i6 si otterranno le :
52.^2 = 3.42.«J-f-i-U, 55.m14 = 3.43.(11«2 — 8/?)cf-j-^V
o 27
58. mI6 =— 4C (2«3 — 3«/S + y) ó — ~- W
Li I
essendo :
U =— (15«/? — yf — 20£3
V = «U -J- 2 . 32. fi2 (lOafi — y)
W=(«2 — 16,*) U — 4.34/!?2(^ + 10aV — «/)•
— 305 —
« È noto che il quadrato di R si esprime in funzione razionale, intera
di L, M, N, P : e si ha :
R2 == 9 (20MN — P) E2 — 6 (M2 + 2LN) EF — 12NF2
posto :
l E = 3 (P -f 4MN) — 2L (M2 + 2LN)
?F=— 3L(20MN— P) — 32M3 — 21GN2.
Li
- Ora :
54(M2 + 2LN) = ^(16«4-27«2iS + 6/?2+5«y) = ^H
55(20MN — P)=— 3.43.J — ^-(8«5— 15«3/9-}-«2)' — 57«/S2 + 9^) =
81
43
inoltre :
| . 53 E = 32. 43. ó — — (15a3/f — «2 y -f 62«/52 — 4/?/) =
42
= 3*. 43. ò — — S
? 56. F = 32. 43. h.aó + |- (45« V— 3«3/— 19.21 .«2^2+ 57«^+32/53— 2y2)=
= 32.43.5.«J + ^T
e sostituendo si otterrà R2 espresso in funzione di «, /?, y, J ; ossia :
-^R2=_j3 + _L_[6S_4K_5«H_25«2(2«3-3«/? + y)]()2-
— ^I-[9S2 + 4HT — 24KS — 15«HS + 40«T(2«3— 3«/? + y)]J+
+ ^T? L3HST - 9KS2 - 4T2 (2«3 - 3«/J + y)] .
Sono cosi determinati tutti gli elementi che compongono la trasformata della
equazione del sesto grado ».
Bacteriologia. — // bacillo della malaria. Nota del Socio Cor-
rado Tommasi-Crudeli.
« L'Accademia ricorderà che nella seduta del 5 dicembre 1880, io pre-
sentai una Nota riassuntiva delle ricerche eseguite in Pola dal dott. Bernardo
Shiavuzzi, illustrandola coi preparati microscopici inviati dall'autore in dono
all'Accademia (')• I risultati ottenuti dal dott. Schiavuzzi confermavano inte-
ramente quelli ottenuti da Klebs e da me nel 1879, e l'autore non dubitava
(!) Rendiconti dei Lincei. Voi. II, 2" semestre, 1886, pag. 329.
— 306 —
di concludere che il fermento specifico della malaria è costituito da quello
Schizomicete, pel quale Klebs ed io proponemmo il nome di Bacillus melariae.
« In Italia l'annunzio di questi risultati fu accolto, dove con diffidenza,
dove con incredulità. Questa accoglienza fu in parte dovuta al discredito nel
quale le ricerche sulla natura della malaria erano cadute, dopo quel singo-
lare avvicendarsi di affermazioni, di contradizioni e di negazioni, di cui vi
tracciai la storia non edificante nel maggio dell'anno passato (*). Ma in parte
fu dovuta ancora ad un certo sentimento gerarchico che domina nel nostro
pubblico medico, quando si tratta di lavori di scienza pura, e specialmente
di lavori di fisiologia o di patologia sperimentale. Parve strano che un medico
esercente in un piccolo paese, si permettesse di asserire cose tanto contrarie
a quelle proclamate in alcuni dei principali Istituti patologici e clinici d'Italia;
e vi fu chi giunse perfino a dire che lo Schiavuzzi, ignaro di batteriologia, aveva
battezzato come bacillo specifico, il bacillo comunissimo della patata.
« Ma fuori d'Italia le cose procedettero altrimenti. Molti seppero apprez-
zare il rigore del metodo di ricerca usato dal dott. Schiavuzzi, e ne augu-
rarono bene per l'attendibilità dei risultati da lui ottenuti. Altri rammenta-
rono che la brillante carriera scientifica di Roberto Koch era incominciata
con un bel lavoro batteriologico, fatto quando egli era appunto nelle stesse
modeste condizioni dello Schiavuzzi, cioè medico di un distretto. Fra questi
ultimi vi fu l'illustre botanico di Breslavia, Ferdinando Colin, il quale nei
suoi Beitràge sur Biologie der Pflansen, aveva pubblicato quel lavoro di
Koch, e poste così le prime fondamenta della sua fama scientifica. Ferdi-
nando Cohn, dopo letta la mia Nota del 5 dicembre 188(3, andò apposita-
mente a Pola per prendere cognizione esatta dei lavori di Schiavuzzi. Egli si
persuase della realtà dei risultati ottenuti, e li dichiarò decisivi in seno alla
« Schlesische Gesellschaft fùr vaterlàndische Cultur » (-) . annunziando nello
stesso tempo che egli intendeva pubblicare il lavoro completo di Schiavuzzi
nei suoi « Bei fra gè ».
« Di questa pubblicazione, intitolata: Untersuchungen ìiber die Malaria
iti Pola (3), il dott. Schiavuzzi fa adesso omaggio alla nostra Accademia.
Essa è corredata da una tavola che riproduce le fotografie fatte a Breslavia,
sotto la direzione di Cohn, del Bacillus malariae interamente sviluppato,
non che delle varie fasi del suo sviluppo. Nella fìg. 5 di questa tavola sono
poi raffigurate le degenerazioni subite dai globuli rossi del sangue negli ani-
mali inoculati con questo bacillo; degenerazioni che erano state interpretate
da insigni patologi, italiani ed esteri, come rappresentanti lo sviluppo di un
(') Rendiconti dei Lincei. Volume III, 1° semestre, pag. 355.
(*) V. Botanisches Centrolblatt. V. XXXI. pag. 288. Theodor Fischer, Casse! 1887.
(3) Beitràge sur Biologie der Pflanzen, herausgegeben von Dr. Ferdinand Cohn.
Voi. V, pag. 245 (Sonderabdruck). S. U. Kern's Verlag. Breslau, 1888.
— 307 —
parasta animale nell' interno di quegli elementi. Questo preteso parasita,
chiamato da alcuni Plasmodium malariae, e poi da Metchnikoff Goccidium
Malariae, non esiste. Se ne riproducono tutte le forme che lo simulano, a vo-
lontà, ogni qualvolta si fanno morire lentamente i globuli rossi del sangue
in una cavità chiusa del corpo dei mammiferi o degli uccelli. Si tratta di
niente altro che di una necrobiosi dei globuli rossi, la quale avviene nel corso
della infezione malarica ; ma che può aver luogo anche in altri stati pato-
logici dell'uomo, sia nel sangue circolante, sia nel sangue imprigionato entro
cavità del corpo. La conversione, quasi costante, dell'emoglobina in pigmento
nero (melanemia) è l'unica particolarità che si riscontra in questa forma
della necrobiosi dei globuli rossi, quando essa avviene nel corso della infe-
zione malarica.
« L'insieme dei fatti verificati da Schiavuzzi e da Colin, sembra ormai
mettere fuor di dubbio che la causa della malaria è riposta nel Baciilits
malariae. Sarebbe desiderabile che questa convinzione si facese rapidamente
strada nel mondo scientifico, onde riparare, in parte almeno, alla perdita di
tempo prezioso che si è fatta, spendendo nove anni in sterili controversie mor-
fologiche, invece di rivolgere tutti gli sforzi alla soluzione del gran problema
della bonifica stabile dei terreni malarici. Per ora noi andiamo innanzi a
tentone, con bonifiche puramente sospensive, che spesso riescono fallaci, e che
quando non riescono fallaci, sono per lo più di incerta durata. Onde riuscire
ad ottenere bonifiche sicure e stabili, occorre completare lo studio biologico
del fermento malarico, e scoprire le vere ragioni per le quali, mentre esso
alligna e prospera in terreni di svariatissima composizione, talvolta prospera,
e talvolta invece non alligna, in terreni apparentemente identici per la loro
composizione geologica, giacitura e condizioni idrauliche, sebbene appartengano
alla medesima regione, e siano non di rado finitimi ; come avviene p. es. in
alcune località di Eoma e dell'agro romano. Occorre in ultimo trovare il modo
di modificare la composizione di questi vari terreni, in guisa da rendere im-
possibile la vita del fermento malarico entro di essi, più- conservando loro
la facoltà di produrre, con vantaggio economico, delle piante utili.
« Fino ad ora queste sono tutte incognite che richiedono un lungo ed
assiduo lavoro per essere rivelate. Adesso però che abbiamo un punto di par-
tenza il quale sembra sicuro, e possediamo metodi di ricerca perfezionati e
relativamente semplici, è sperabile che questo studio proceda senza interru-
zioni, motivate da dissidi scientifici e non scientifici. Già il dott. Schiavuzzi
si accinge a questo studio nella sua nuova residenza di Parenzo, dove fu recen-
temente nominato medico distrettuale dal governo austriaco. Ed ho qualche
dato per ritenere che, parallelamente alle ricerche che si faranno nell'Istria,
verranno istituite ricerche identiche nella regione romana dal prof. Cuboni,
il quale ora dirige il laboratorio di Patologia vegetale in Roma, ed il quale
— 308 —
ha già altra volta inviato alla nostra Accademia un lavoro importante su
questo argomento » (!)-
Astronomia. — Sulle osservazioni delle macchie, f acole e pro-
tuberanze solari fatte al R. Osservatorio del Collegio Romano
nel T trimestre del 1888. Nota del Corrispondente P. Tacchini.
« Ho l'onore di presentare all'Accademia il riassunto delle osservazioni
solari fatte nel 1° timestre del 1888. Per le macchie e per le facole il mi-
merò delle giornate utilizzate fu di 68, egualmente ripartite nei singoli mesi
del trimestre. Questo buon numero di osservazioni si deve al fatto, che du-
rante il giorno la nebulosità non fu continua, mentre in realtà la stagione
fu pessima. Ecco il solito quadro delle medie trimestrali:
1888
Frequenza
delle
macchie
Frequenza
dei
fori
Frequenza
delle
M + F
Frequenza
dei giorni
Bonza
M - F
Frequenza
dei giorni
con soli
F
Frequenza
dei
gruppi
Mi'li.l
deUe
macchie
Media
estensione
delle
facole
Gennaio . .
1,65
1,01
2,70
0,21
li.ilil
1,30
11,17
14,13
Febbraio . .
0,87
1,43
2,30
0,74
0,00
0,48
5,91
11,09
Marzo . . .
0.74
0,96
1,70
0,61
0,00
0,48
6,22
14,57
1° trimestre
1,09
1,11
2,23
0,52
0,00
0,75
7.77
13,26
« Se si paragonano questi dati con quelli relativi all'ultimo trimestre
del 1887, si vede che il fenomeno delle macchie e delle facole solari con-
tinuò a diminuire, e perciò si fece maggiore la frequenza dei giorni senza
macchie e senza fori. Nel mese di febbraio sopra 23 giornate di osservazione
il sole presentò poche e piccole macchie nel giorno 1 e dal 20 al 27, mentre
nella serie intermedia le macchie e i fori mancarono sempre.
« Alla diminuzione delle macchie e delle facole non corrispose analoga
diminuzione nel fenomeno delle protuberanze, come rilevasi dal seguente
specchietto :
Protuberanze 1° trimestre 1888.
1888
Numero
dei giorni
di
osservazione
Medio nu-
mero delle
protuberanze
per giorno
Media
altezza
per giorno
Estensione
media
Massima
altezza
osservata
Gennaio . .
23
8,48
.i:/'7
ln5
120"
Febbraio . .
13
8,07
45,5
1,6
120
Marzo . . .
1!'
10,31
45, 5
1,5
110
Trimestre .
55
9,02
45, 7
1,5
120
(') Nuovi studi sulla natura della malaria. Atti dei Lincei. Memorie della Classe
di scienze fisiche, ecc. Serie 3a, volume IX, pa,u. 31. Roma 1881.
— 309 —
« Nel fenomeno delle protuberanze iclrogeniche si ha dunque un leggero
aumento in paragone di quanto si notò nell'ultimo trimestre del 1887. Anche
la cromosfera si presentò spesso assai viva ed a fiamme molto pronunciate,
e nelle protuberanze predominò la struttura filosa e perciò a base relativamente
ristretta, ciò che portò la media loro estensione diurna un poco minore di
quella ricavata dalle osservazioni dell'ultimo trimestre del 1887 ».
Astronomia. — Osservazioni sulla cometa Sawerthal, fatte da
Tacchini e Millosevich. Nota del Corrispondente P. Tacchini.
« Questa cometa fu scoperta dal Sawerthal al E. Osservatorio del Capo
il 18 febbraio dell'anno corrente. L'astro aveva allora una declinazione au-
strale di 56°, era visilbile ad occhio nudo, e la coda della cometa abbrac-
ciava un angolo di 2 gradi. Col rapido moto dell'astro verso l'equatore,
l'osservarlo divenne possibile anche per gli osservatori europei ; ma il tempo
ostinatamente cattivo ritardò le osservazioni e a Eoma la cometa fu veduta
per la prima volta nel mattino del 25 marzo. Il prof. Millosevich ottenne
all'equatoriale di Merz la seguente posizione :
1888 marzo 24. 17h. 5m. 18s. Eoma (t. m. C. E.)
a app 0^21h. 38m. 21s, 25 (9. 603 n)
Ó app CK 5°. 36'. 23", 6 (0. 707).
« La cometa era sempre visibile ad occhio nudo, con nucleo stellare di
6a a 5a grandezza, e coda abbastanza bella.
« Nel mattino del 26 si tentò l'osservazione spettrale, ma non si ottenne
imagine buona; invece l'osservazione riesci nel seguente mattino, cioè del 27.
Applicai al grande refrattore il solito spettroscopio usato per le precedenti
comete, e si trovò che il nucleo della cometa dava uno spettro lineare sot-
tilissimo in relazione alla piccolezza del nucleo veduto direttamente. Lo
spettro del nucleo però presentava tre rinforzi di luce ai posti corrispondenti
alle solite zone del carbonio vedute negli spettri di altre comete, e lateral-
mente si avevano deboli tracce delle zone anzidette. Il punto più vivo dello
spettro lineare del nucleo era il più refratto dei tre. Lo spettro poi del
nucleo appariva su di uno spettro continuo assai debole e più largo, corri-
spondente forse alla luce riflessa dalla viva nebulosità oblunga, che avvol-
geva eccentricamente il nucleo. Dopo il prof. Ricco mi scrisse di avere nella
osservazione spettroscopica ottenuto risultati pressapoco come i nostri: a Pa-
lermo la cometa fu veduta per la prima, volta il 1-1 marzo.
« Il tempo si mantenne poi quasi sempre cattivo e solo nel mattino del
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Som. I"
— 310 —
6 aprile si potè determinare nuovamente la posizione dell'astro dal prof. Mil-
losevich. Ecco le nuove coordinate:
1888 aprile 5. 15h. 59m. 45s. Roma (t. m. C. R.)
a app Os22h. 15m. 21s, 00 (9. 640 n)
ó app OS + 7°. 58'. 23", 0 (1, 772).
« L'astro è indebolito, ma ancora visibile ad occhio disarmato -.
Meccanica. — Intorno ad un recente studio sulla gravità.
Nota del Corrispondente G. B. Favero.
« Il prof. J. W. Hàussler in un articolo pubblicato nel R&pertoriurh
der Physik, 1886, voi. XXII, p. 501, intende dimostrare che la gravità è
una conseguenza meccanica necessaria della rotazione della Terra intorno al
proprio asse. In un secondo articolo pubblicato nello stesso Repertorium, 1887,
voi. XXIII, p. 719, egli estende i suoi calcoli al sistema planetario, inten-
dendo dimostrarne matematicamente l'origine.
« Non mi è noto che altri siasi occupato di questi studi del prof. Hàussler.
Non credo quindi del tutto inutile accennare qui brevemente alla insussistenza
del procedimento da lui seguito e dei risultati ottenuti.
« Egli trova che il numero di giri fatto dalla Terra intorno al proprio
asse nel minuto secondo vien diminuito di 8291. 91-2t , quando alla sua su-
perficie il peso di un chilogrammo venga sollevato di un metro.
« Sebbene questo coefficiente sembri piccolissimo, è facile però riconoscere
che esso è eccessivamente grande. Gli spostamenti di masse, che avvengono
alla superficie terrestre per forze naturali turberebbero, se quel coefficiente
fosse vero, in modo assai sensibile la durata della rotazione terrestre. Così,
per es.. per citare un caso determinato, nel 1801) pcBSSO Groldau nella Sviz-
zera una frana di oltre venti milioni di metri cubi precipitò dai Rossberg
da un'altezza di oltre 900 metri; e questo fatto, secondo il coefficiente del
prof. Hàussler, avrebbe dovuto produrre una diminuzione di oltre quaranta
minuti primi nella durata della rotazione terrestre.
« Il coefficiente del prof. Hàussler è dunque erroneo, e l'errore proviene
da un procedimento erroneo di calcoli, mediante i quali egli vi perviene.
Senza entrare nei particolari di tali calcoli, ci limiteremo ad osservare che il
concetto stesso da cui parte fautore è gratuito. Infatti egli considera una
sfera in rotazione, e suppone che alla sua superficie un elemento della massa
venga spostato, e che tale spostamento esiga un lavoro, e poi soggiunge : La
condizione dell'energia costante per l'intero sistema può essere soddisfatta
solamente, se la forza consumata per tale lavoro sia presa dall'energia cine-
tica della rotazione (p. 502). Ora ciò è appunto quanto dovrebbesi dimostrare.
Lasciata anche la considerazione di forze esterne, ed il moto dei centri di
— 311 —
gravità delle masse rispetto al centro di gravità comune del sistema, vi sono,
per quanto riguarda la Terra, altre energie, oltre quella di rotazione, nelle
quali può essere convertito o dalle quali desunto un lavoro compiuto alla sua
superficie.
« Quanto, al fatto accennato dal prof. Hàussler, che la velocità angolare
di masse rotanti aumenta, quando parti di esse masse si avvicinano all'asse
(p. 501), esso sussiste, ma si spiega in base alle note leggi della meccanica,
indipendentemente dalla gravità e da qualunque concetto sulla causa della
sua esistenza.
« Abbiansi infatti i punti materiali /«, , /t8 , . . . ed il punto materiale m,
i quali si muovano sotto l'azione di forze reciproche, e di forze la somma
dei cui momenti sia nulla rispetto ad una retta fìssa. Presa questa retta per
asse delle £, avrà luogo per quest'asse il teorema delle aree. Dette £ ed rt
le coordinate di un punto ,u, x ed y quelle del punto w, secondo gli altri
due assi, sarà dunque
*(4-'S)+-(-ì-^)=°-t .
dove con fi ed m si sono indicate le masse dei rispettivi punti. Se le masse
/i formano un sistema rigido rotante intorno all'asse delle s, saranno costanti
le loro distanze ^ , q2 , . . . da quest'asse. Inoltre preso un piano passante
per l'asse, e fisso al sistema rotante, detto y l'angolo di questo piano col
piano a», ed a, ,«,,... gli angoli fatti dalle qx , q% , . . . collo stesso piano
#£, saranno costanti le differenze a, — y> , a2 — y , . . . e quindi cla^ = dy .
da» = dtf> , . . . Notando dunque che si ha £ = q cos ce , rj == q sen a , si ottiene
2„ (§& — v^\ = ^r-2(io? ; e posto x = r cos u , y = r sen « , si avrà
' \ dt dt } dt
similmente mC^M — yjr) = mr2-^ , e l'equazione superiore diverrà po-
nendo il momento d' inerzia 2(iq* = I
I^. + fflr^ = CoSt.
d2 ' dt
- Se si considerano due tempi diversi, nei quali i valori delle velocità
angolari ^t^- e del raggio r siano rispettivamente w0 , v0 , /'„ ed e», , v1 , >'.
avremo
« Che se nel primo dei due tempi considerati la massa m fa parte del
sistema rotante, e poi sotto l'azione delle forze accennate cambia di posto
rispetto al sistema stesso, in modo però da farne ancora parte nel secondo
dei tempi considerati, allora si ha y0==wo , »i=«i e quindi
/n(/\r — /'i:)'"o
( i + mn%) «0 = (i + mr*) w> ' da CU1 Wi ~~ w° = ~ i+ró^8""
— 312 —
« L'alterazione prodotta nella velocità angolare del sistema rotante, per
il cambiamento di posto della massa m, è dunque proporzionale al valore
iniziale w0, ed è indipendente dalla variazione dell'angolo u e della coordi-
nata g, corrispondenti alla posizione iniziale e finale della massa m: l'alte-
razione è nulla quando nel nuovo posto la massa m si trovi alla stessa di-
stanza dall'asse alla quale si trovava in origine.
« Invece dell'alterazione prodotta nella velocità angolare può esprimersi
quella prodotta nel numero dei giri fatti nell'unità di tempo, o quella nella
durata di un giro. Detti nel primo caso n0 ed nx il numero dei giri, e nel
secondo T0 , T\ la durata di un giro, prima e dopo il cambiamento di posto
della massa m, si hanno le relazioni 2tt«0 = w0 , %nnx = wx , w0 T0 = 27T ,
oj1T1 = 27t, e quindi le forinole:
m(r02 — r^)nQ m(rr — r02)Tn
iti ^0 TI o 1 *■ l -^ 0 T I 9
I -f- inr^ I + mr02
« Le forinole valgono anche per il caso che la massa m nel cambiare
di posto subisca degli urti elastici colle masse ;i, o quando gli urti non es-
sendo del tutto elastici siano diretti all'asse, e non producano quindi perdita
di forza viva di rotazione.
« Prescindendo dall'azione dei corpi celesti, il cambiamento di posto di
masse alla superficie o nell'interno del globo terrestre si fa per effetto di
forze reciproche, cioè tali che all'azione esercitata su tali masse corrisponde una
reazione eguale e contraria nel corpo terrestre. Se dunque si considera la
Terra come un corpo rotante intorno ad asse fisso, e si prescinde da perdite
di forza viva di rotazione prodotte da urti non elastici, potranno applicarsi
le forinole superiori. L'alterazione nella velocità di rotazione sarà dunque nulla
se il cambiamento di posto delle masse si fa nella direzione del polo celeste o
lungo un parallelo. Riguardando la Terra come una sfera di raggio 11, sup-
poniamo che la massa m si trovi alla superficie e sia assai piccola in con-
fronto della massa M della Terra. Spostaudo m di una piccola quantità l
nel senso del meridiano, e di h nel senso dell'altezza, chiamata X la latitudine,
MR2
avremo r0 = R cos / , /\ = (R -j- lì) cos I A -|- — l . Inoltre si ha I :
ni p
e sostituendo al rapporto — delle masse, il rapporto ~ dei pesi, otterremo
Tt — T0 hp cos X (h cos X — l sen X)
T0 "PR-
« Se lo spostamento si fa unicamente nel senso della verticale si ha
Tt — T0 _ òph cos2 X
T0 PR
« Se dunque all' equatore si solleva di un metro il peso di un chilo-
5
grammo, la durata della rotazione della Terra viene aumentata di — del
1 K
— 318 —
suo valore, ossia di —5^ — minuti secondi, ritenuto T0 = 86104,1, ed es-
sendo P il peso della Terra in chilogrammi ed E il suo raggio in metri.
Kitenendo eguale a 6 il peso specifico della Terra si trova
«««Uiotó.10-.
ir xt
« Siccome poi nel caso attuale può ritenersi \- — ™ = 0 ,
così il coefficiente n0 — »i, considerato dal prof. Hàussler, ha il valore
no — ni^= 14052. IO"40
invece del valore 8291. IO-24 da lui trovato ».
Fisiologia. — Ricerche sui gas contenuti nella vescica nata-
toria dei pesci. Nota III O di Margherita-Traube Mengarini,
presentata dal Socio Blaserna.
I.
« Le esperienze da me descritte nella precedente Nota si riferiscono a
pesci fisostomi.
« Per sperimentare con quelli a vescica chiusa dovetti ricorrere a pesci
marini, non potendo procurarmi tali pesci di acqua dolce.
« L'apparecchio adoperato fu sempre il medesimo già descritto; solo fu-
rono ricoperte con mastice speciale inattaccabile dall'acqua le parti metalliche,
e la rete fu fatta di ferro stagnato.
« Anzitutto feci una serie di misure per verificare la quantità di acido
carbonico che si trova nelle vesciche dei pesci dopo un soggiorno prolungato
in un'acqua bene aereata; dopo avere constatato che di acido carbonico, 0
non ve n'era punto, 0 ve n'erano tracce appena sensibili, decisi di tralasciare
questa ricerca.
« Tutte le misure furono fatte col metodo di Bunsen, col catetometro
e scala millimetrica situato vicino all'eudiometro, ed in una stanza dell'Isti-
tuto fisico della Kegia Università di Roma situata al nord e molto bene
adatta per simili misure.
« Il gas detonante fu preparato per via elettrolitica coli' apparecchio di
Bunsen. L'idrogeno e l'ossigeno furono preparati pure per via elettrolitica
con speciale apparecchio da me costrutto e che descriverò in altra Nota,
Esso ovvia alla incertezza delle varie preparazioni dell'idrogeno e dell'ossi-
geno consigliate dai vari sperimentatori.
(') V. pag. 89.
— 314 —
« Il gas in questo apparecchio usciva preparato di fresco volta per volta
che occorreva, onde ovviare a fenomeni secondari che avrebbero potuto adul-
terare i risultati delle misure.
« Debbo alla squisita cortesia del chiarissimo professore Blaserna di aver
potuto disporre per le mie esperienze del ricco materiale dell' Istituto fisico.
II.
« Insieme alle misure sui pesci senza dutto esofageo, ne feci due serie
su pesci fisostomi di acqua dolce, perchè volli persuadermi se le condizioni
fisiologiche del pesce abbiano una sensibile influenza sull'andamento.
« Tale dubbio fu in me sollevato dalle esperienze di Moreau, dalle quali
egli deduce che i soli pesci sani siano capaci di produrre l'ossigeno nella
loro vescica.
« Delle otto esperienze che qui trascrivo, tre (IV, V, VI) furono fatte su
pesci perfettamente normali ed uccisi quando essi si trovavano in piena vitalità.
« Le altre (VII, Vili, IX, XI, XII) furono fatte su pesci che dopo le
prime 24 ore di permanenza nella vasca si ammalarono per l'acqua forse
troppo calda, ed intorbidata dalle grandi quantità di uova che i pesci avevano
depositate.
« Dall'esame delle diverse analisi risulta che in tutti i pesci sani od
ammalati penetrò l'idrogeno nella vescica, ma che nei pesci ammalati il pro-
cesso di assorbimento procede più lentamente che in quei sani. In ambedue
i casi la quantità d'idrogeno cresce colle ore di permanenza del pesce nel
bagno. Per la proporzioni dell'ossigeno nulla posso dire, non risultandomi
dalle cifre trovate alcuna relazione semplice.
« Merita di essere osservato il fatto che mentre si constata per i Leu-
ciscus un aumento progressivo dell'idrogeno, un pesce di altra specie, il
Cy primis barbas cioè (n. XI), mostra una proporzione d'idrogeno diversa
dagli altri.
Data
Numero
d'ordine
dell'eBper.
Tempera-
tura
della vasca
Durata
dell'
esperienza
e •/.
0%
N »/.
Pesci
adoperati
19 Maggio
20 Maggio
21 Maggio
IV
V
VI
19,2
19,2
19,4
ore 23,5'
ore 48
ore 74,30
5,86
8,21
9,19
17,86
7,69
28,79
76,44
84,10
57,46
Leuciscus
id.
id.
10 Giugno
12 Giugno
14 Giugno
16 Giugno
17 Giugno
VII
VIII
IX
XI
XII
■2-1.1
•l'I
22,6
22 4
22
ore 29
ore 48
ore 103,45
ore 153,15
ore 153,15
5,46
2,95
6,62
4.77
8,64
11,12
33,04
14,42
83,42
64,01
79,96
Leuciscus
id.
id.
Cypnnus
Leuciscus
— 315 —
« Credo che queste esperienze siano sufficienti per dimostrare che una
differenza qualitativa tra i pesci normali ed i pesci patologici non esiste
riguardo all'assorbimento d'idrogeno della vescica.
« Fra i pesci asfittici ed i pesci normali, la differenza nella proporzione
dei gas nella vescica sembra accentuarsi ancora più che fra pesci sani ed
ammalati.
« I pesci delle esperienze IV e XII erano rimasti in un'acqua ben ae-
reata, e dimostravano sempre il colore delle branchie normale ; resta quindi
escluso trattarsi in quei ammalati di asfissia. Per contrario un Mugil ce-
phalus che mi venne portato in un vaso strettissimo, che gli impedì ogni
movimento e la respirazione normale, dimostrò tutti i segni dell'asfissia. Fu
messo allora in una vasca sufficientemente grande, nella quale gorgogliavano
idrogeno ed aria atmosferica.
« Il pesce senza l'ostacolo delle reti metalliche, cercò avidamente le bolle
di gas che si sprigionavano alla superficie. Morì dopo 12 ore. Gli vennero
estratti 14 ce. di gas dalla vescica; e di questo 70,21 n/0 era idrogeno. Il
resto era azoto.
« Pare dunque che a questo pesce colla vescica chiusa abbia giovato il
contatto diretto dei gas, dei quali non ritrovai nella vescica che l'idrogeno.
III.
« Il mugil della precedente esperienza sta in contatto diretto colle due
sorgenti gassose, idrogeno ed aria atmosferica.
« Le seguenti esperienze furono fatte tenendo i pesci lontani da ogni
diretto contatto coi gas.
« Due motelle pervenutemi dall'acquario di Napoli, morirono dopo 4 ore
30 minuti di permanenza nella vasca. Il gas delle loro vesciche introdotto
nell'eudiometro esplose senza aggiunta d'ossigeno e di gas detonante.
« È questo il tempo minimo (ore 4,30) nel quale ho potuto constatare
idrogeno nelle vesciche dei pesci.
« Esclusi il dubbio che si trattasse in questo caso d'un gas esplodente
di decomposizione, che poteva sorgere essendo i pesci morti di morte naturale,
facendo apposite esperienze sopra i pesci quasi in putrefazione senza trovare
mai la benché minima traccia d'un gas esplodente.
« Ciò va d'accordo colle esperienze di Contìgliacchi (22) e di Schultze (45).
« Le seguenti analisi quantitative furono fatte su dei mugil cephaltis
tenuti nelle stesse condizioni delle motelle. Esse dimostrano che questi
pesci si riempiono in tali condizioni la vescica natatoria di idrogeno. Pare
che mentre questo aumenta, l'ossigeno diminuisce.
« Ecco i risultati ottenuti
— 316 —
Data
Numero
d'ordine
dell'esper,
Tempera-
tura
Durata
dell'
esperienza
II",
0%
N%
Pesci
adoperai i
1886
12 Maggio
1887
22 Febbrai*:
22 »
23
28
8 Marzo
II
XIII
XIV
XV
XVI
XVII
5,7
7,5
7,5
7.5
12,0
ore 13
3,18
—
—
ore 16,40'
2,21
35,17
62,62
ore 17,45
7,97
—
—
ore 39
8,31
3,18
88,51
ore 37
. 16,78
1,76
81,46
ore 168
85,20
1,34
13,46
Mugil cepbalus
id.
id.
id.
id.
id.
« Per estrarre il gas dalle vesciche di motella e di mugil cephalus mi
convenne adoperare una siringa, che fu introdotta attraverso i muscoli late-
rali del pesce dopo avere scoperta la vescica dalla parte ventrale. Penetrando
direttamente nella vescica, questa si lacera ed il gas si disperde. La vescica
di cyprinus e di leuciscus potè essere introdotta direttamente sotto l'eudio-
metro, punteggiandola sotto il mercurio.
« Da queste esperienze risulta :
« 1° Che l'idrogeno sciolto nell'acqua penetra nella vescica
natatoria, sia chiusa, sia provvista di dutto esofageo.
«2° Che ciò non dipende dallo stato del pesce, ma che invece
l'idrogeno si ritrova nella vescica di ogni pesce che è
rimasto almeno 4 ore nell'acqua satura d'idrogeno.
«3° Che il diretto contatto del pesce ed il bisogno d'aria
accelerano questo processo -.
Fisica. — L'isoterma del gas. Nota II (') di Arnoldo Violi.
presentata dal Socio Blasbrna.
« Finora non s'è creduto necessario ricercare la legge di attrazione mo-
lecolare. Ma ritenendo che le molecole si comportino conformemente alla
legge fondamentale di Newton, l'attrazione a fra due molecole di masse
eguali ad m, i cui centri si trovano alla distanza q (diametro della sfera
d'azione sensibile), sarà espressa da
6)
.m.m j mY
(') V. pag. 285.
— 317 —
essendo / una costante di attrazione. Indicando con Nx il numero delle mo-
cole contenute nell'unità di volume, questo sarà espresso, in funzione di q, da
7) KiQ* = lt
da cui
8) $i=\;
Q
ed essendo Nxm la massa molecolare dell'unità di volume, avremo dalla 6)
per la 8)
9) 4='ff)2;
e chiamando fi la massa dell'unità di volume, o la densità del gas,
per fi = Nim , avremo
10) d = Qffi* ,
cioè l'attrazione molecolare esterna è proporzionale al quadrato della densità,
conclusione identica a quella a cui giunse Van der Waals col semplice
ragionamento.
« Facendo uguale ad uno il volume delle sfere d'azione sensibile delle
molecole, per una qualunque di esse, sarà
quindi
f
ovvero, per n = 3,1416,
11) p = l,24
e la 10) si riduce ad
12) a' = 1,24 /iit8.
« In quest'espressione la densità del gas dipende dalla pressione esterna
e quindi dall'unità di misura adottata per questa; ma per la condensazione
delle atmosfere eteree degli elementi, la quantità / è una costante specifica
dipendente dal numero degli elementi componenti la molecola. Infatti non
ammettendo la condensazione delle atmosfere eteree degli n elementi com-
ponenti le molecole risultanti, prendendo per unità il volume d'uno di essi,
avremmo ottenuto
cioè
3_
13) ^ = 1,24^
essendo ^ in questo caso, il diametro della sfera d'azione sensibile delle
molecole risultanti. Ma per la 8) la quantità Qx non verifica più l'ipotesi
di Avogadro; e soltanto sostituita a q nella 10) mostra come l'attrazione
molecolare esterna dipende allora soltanto da una costante di attrazione j\,
eguale per le molecole di tutti i gas ; e siccome, anche non ammettendo la
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 41
6
TI
— 318 —
condensazione nelle atmosfere eteree degli elementi che si combinano, l'at-
trazione molecolare esterna dev'essere ugnale a quella che si otterrebbe con
la supposizione più conforme al vero, per questa condizione, eguagliando il
valore di a! dato dalla 10) a quello che si ottiene dalla stessa sostituendo qx
ed fx a q ed f avremo
da cui
Q
e per le 11) e 13)
14) f = fifc
La costante fi , ossia l'attrazione dell'unità di massa distante di uno da
un'altra massa pure ugnale ad uno, dovendo risultare uguale per le mole-
cole di tutti i gas, dipenderà dalla pressione iniziale alla quale si conside-
ìano, e varierà inversamente a questa rispetto alla variazione delle distanze
dei centri molecolari. Perciò il rapporto fra fx , attrazione dell'unità di massa,
e la massa — dell'unità di volume di mercurio, sarà uguale a quello fra la
9
massa - dell'unità assoluta di forza e la massa — hi della forza corrispon-
9 9
dente alla pressione iniziale, essendo hx la pressione iniziale espressa in
metri di mercurio e g l'accelerazione della gravità ad una determinata la-
titudine e altitudine; quindi
J _ÌJhi
9 9' 9
da cui
e la costante specifica /, per la 14), resta così determinata da
3
15) f=&,
ghi
e per questo valore abbiamo dalla 12)
3_
i«\ , 1,24 j/^
lo) a = r M •
ghx
« Indicando con d il peso del gas di volume vx alla pressione di lm
di mercurio, alla pressione iniziale ih avremo
7v dhi
17) fi = ;
viy
319 —
e poiché la quantità a! è riferita all'unità di volume del gas, rappresen-
tando con ó il peso dell'unità di volume d'idrogeno alla pressione di Om,76
e con p il peso molecolare del gas, sapendo che alla pressione ih
18) *=V**ik*p
0,76
ó
0,76
oppure, per
19) ài =
essendo
20) d = Va ó1 Jh V
la 17) ci dà
21) i" = -èr^
e dalla 16) l'espressione
22^ , 1,24 |/i /J.yV
« Le quantità # , n , <?i , ^ , sono costanti per un medesimo gas, per
cui scriveremo
oon „ 1,24 j/Wl8 *i
e la 22) assume allora la forma
24) a' = — r ,
' Vi
e possiamo concludere, per l'espressione antecedente, che alla pressione ini-
ziale hi l'attrazione molecolare esterna
1° è proporzionale alla radice cubica del numero degli elementi com-
ponenti la molecola;
2° è proporzionale al quadrato del peso molecolare ;
3° è inversamente proporzionale al quadrato del volume del gas.
« Quest'ultima conclusione è conforme a quella dedotta dall'espres-
sione 10) e già prevista da Van der Waals.
« Anche per gli elementi, non essendovi ragione alcuna di ammettere
una legge di attrazione diversa da quella delle molecole, l'attrazione dell'unità
di massa di un elemento qualunque rispetto all'unità di massa dell'atmo-
sfera eterea posta all'unità di distanza, sarà espressa per la 6) da
25) a" = r
/" essendo la costante di attrazione eguale per tutti gli elementi, avendo
essi un'uguale atmosfera eterea rispetto alla quale reagiranno con eguale
quantità di forza per mantenersi in equilibrio; e per gli n elementi conte-
nuti nelle N molecole del volume vx del gas, dovendo anch'essa essere in
ragione inversa del quadrato del volume del gas, avremo
26) d'=f'h-
— 320 —
La costante f dipende solo dalla pressione esterna, variando con essa il
volume delle atmosfere eteree, e varierà in ragione inversa a questa ; perciò
essa sarà determinata semplicemente dal rapporto della massa dell'unità as-
soluta di forza - e la massa — hl della forza elastica esterna, alla pres-
9
9
sione iniziale hx ,
cioè
f> _ ! .eh
g ' 9
ovvero, ponendo
27)
a2 = f = -i-
avremo dalla 26)
28)
a" = -% .
»1
« Sostituendo nella 5) i valori di a e a" dati dalle 24) e 28) abbiamo
29) fi = «
e siccome alla pressione iniziale Ux le quantità ax e a2 sono costanti, chia-
mando a la costante specifica di attrazione molecolare, sarà
30) a = a-i — «2
e la 29) assume la forma
31) *"i = "V
« Così l'attrazione interna del gas, per la forma attuale, è rappresentata
da un'espressione identica a quella a cui giunse Van der Waals col semplice
ragionamento; ma in seguito mostreremo come essa debba esser modificata.
« Si è ricercata l'attrazione molecolare del gas partendosi da quella delle
masse di due molecole rispetto alle distanze, dei loro centri, uguali ai dia-
metri delle rispettive sfere d'azione ; e per conseguenza l'attrazione ix si rife-
risce ad una massa molecolare doppia di quella contenuta nell'unità di volume.
Quindi la pressione interna dell'unità di volume del gas sarà
32) i=Vi*i
ovvero, per la 31)
33) *' = 7^T
e la 4) assume la forma
« 11 volume del gas, ossia lo spazio nel quale si muovono le molecole,
è uguale alla differenza fra il volume totale del gas d e il volume molecolare
relativo b', ossia lo spazio occupato dagli elementi molecolari; per cui
35) Vl = v'— V
— 321 —
od anche, chiamando b il volume molecolare dell'imita di volume del gas,
36) v' = v{l~b).
« Il volume molecolare b , sarà uguale al rapporto fra il peso del gas
dell'unità di volume e il peso specifico molecolare, cioè sarà
37)
il hY
D
essendo d il peso dell'unità di volume del gas alla pressione di lm di mer-
curio, D il peso specifico molecolare alla pressione iniziale hx . Ma per la
legge di Avogadro, in condizioni eguali di pressione, essendo uguale il numero
delle molecole contenute in eguali volumi di tutti i gas, il rapporto fra il
numero Ni delle molecole contenute nell'unità di volume e la pressione ini-
ziale Jlh espressa in chilogrammi, sarà uguale a quello di una molecola e
il peso specifico molecolare; per cui
^1:Jh1 = 1:D
da cui
38) v—ék.
1 D
« Nelle stesse condizioni di pressione, il peso specifico molecolare è uguale
ad Ni volte il peso molecolare relativo p , cioè
D = Nijj
da cui
P
ed eguagliando questo valore a quello della 38), otterremo
30) D = tfdìhP
cioè alla pressione iniziale Jhx il peso specifico molecolare è proporzionale
alla radice quadrata di questa e del peso molecolare relativo.
« Per la 20) e la 39) la 37) si riduce alla seguente
'pjh
40) * = y«'i
dalla quale si ricava che il volume molecolare è proporzionale
1° alla radice quadrata del peso molecolare ;
2° alla radice quadrata della pressione iniziale espressa in metri di
mercurio.
« Con la 40) resta così determinato il volume specifico molecolare ; quindi
per la 36) le 33) e 34) si riducono alle seguenti
41) %
2(v\ì — b)f
42) V'j-ftf2^(i<L»i'H(1-*>--gnr
— 322 —
« Il volume totale del gas in queste espressioni è riferito alla tempera-
tura assoluta 6 . Ordinariamente le temperature alle quali si misurano i volumi
dei corpi sono riferite ad un punto diverso da quello corrispondente allo zero
assoluto ; per cui volendo vender confrontabili con le esperienze le espressioni
ottenute, adottando la scala centigrada per scala termometrica pratica, siccome
lo zero di questa corrisponde, in unità assolute, a
43) *i=-
quale si ottiene dalla 1) per t = 0° C. ; ed essendo i volumi di un medesimo
gas proporzionali alle respettive temperature assolute, indicando con v il volume
del gas alla temperatura assoluta 6X avremo la seguente proporzione
v' e
44) — = —
oppure, per la 1) e la 43)
v' ;'7«(l-h«i)
V ' Va
da cui
45) v'= v(l-hcet).
« Sostituendo questo valore nelle 41) e 42) abbiamo
46) • =
2\v(l — b)(l-h«t)
a ) /„ ',x /- ,x t.t m u
47> V.|'A+a},(1_,)(1 + „o,,|»(l-*)(l+«0 = N 2
« Clausius aveva già avuto occasione di avvertire come non fossero suf-
ficientemente rigorose le premesse che condussero Van der Waals all' equa-
zione generale dell'isoterma; e che l'attrazione molecolare doveva aumentare
col diminuire della temperatura assoluta. L'espressione 46) mentre conferma
quanto aveva preveduto Clausius, mostra ancora che la pressione interna del
gas, con la temperatura deve variare nel medesimo rapporto del volume, cioè :
la pressione interna del gas è inversamente proporzionale
al quadrato del volume del gas misurato alla corrispon-
dente temperatura espressa in unità assolute.
« Al punto cui siamo giunti è ben ricordare che la pressione interna non
è altro che quella parte della forza viva totale del gas trasformata in energia
potenziale, in conseguenza dell'attrazione molecolare esterna ed interna; perciò
essa non ha relazione alcuna col coefficiente termico molecolare « , costante
per tutti i gas, il quale ad una determinata pressione misura l'aumento della
sola energia di traslazione molecolare per un grado di temperatura espressa
in unità assolute. Infatti riscaldando di 1° l'unità di volume d'un gas che
si trovi alla temperatura dello zero assoluto e alla pressione di hm di mer-
curio, mantenendolo a volume costante, il calore di riscaldamento si distri-
buirà egualmente fra gli n atomi delle Ni molecole componenti la massa
— 323 —
gassosa. Ma del calore totale «x (calore atomico) di cui si riscalda un atomo,
una parte ne aumenterà la forza viva di traslazione e l'altra la sua energia
potenziale; per cui indicando con s il rapporto fra l'aumento di energia di
traslazione atomica e quello della forza viva totale delle Nx molecole alla
temperatura assoluta di 1° e alla pressione di 0m,76 , alla stessa temperatura
e alla pressione di hm il calore che aumenta la forza viva di traslazione mole-
colare sarà
L'aumento d'energia di traslazione molecolare Nx ns , dell'unità di volume,
per un grado di temperatura, rappresenta il coefficiente termico molecolare a ,
per cui avremo
48) * = aéi"1-
« Facendo inoltre variare di 1° la temperatura assoluta del gas, mentre
si mantiene alla costante pressione h , la stessa quantità y di calore sarà quella
che occorrerà per eseguire il lavoro di espansione della quantità di materia
contenuta nell'unità di volume, indipendentemente dalla pressione interna;
per cui indicando con e e e' i calori specifici dell'imita di peso del gas a
pressione costante e a volume costante, e con d' il peso dell'unità di volume
del gas alla pressione di 0m,76 , alla pressione di hm avremo
49) y = (c — c')d'-h
0,76
« Per alcune nostre considerazioni trovammo (!)
C==*^(1+à)
n
c = «i -
p
essendo p il peso molecolare; perciò la 49) ci dà
50) Y = %^d'
p 0,76 '
e siccome sappiamo che
ó essendo il peso dell'unità di volume dell' idrogeno a 0° C. e alla pressione
di 0m,76 , la 50) si riduce a
2/ è h
(!) A. Violi, Sulla relazione di alcune proprietà fisiche degli aeriformi col rapporto
dei due calori specifici a pressione costante e a volume costante. Nota pubblicata nei
Transunti della R. Accademia dei Lincei, voi. VII, serie 3a, 1883, pag. 112.
— 324 —
ed eguagliando questo valore a quello della 48) otteniamo
51) « = 2A - •
9
« Questa espressione dimostra chiaramente come il coefficiente termico
molecolare è una quantità costante per tutti i gas, dipendendo unicamente
dal peso dell'unità di volume d'idrogeno a 0°C. e alla pressione di un'atmo-
sfera. Ponendo nella 51) S = Cg. 0,089578 (peso di lmi d'idrogeno a 0m,76
di pressione) e g = 9m,80533 , abbiamo
52) a = 0,00365426 = ^_».).
« Procedendo nello sviluppo della teoria, osserveremo infine come la quan-
tità N — — nella 47) è una funzione della temperatura 6 = ~(l~\-at) ;
u CI
perciò scriveremo
53) »/» Ng"' =R'0
essendo E' una costante dipendente ancora dalle azioni interne del gas, ed
allora la 47) assume la forma
H* + 2!,(l-4(l+»0i'l',(1-'')(1+"<) = B'8
oppure, per
54) Ri = ^L=J_NmM2
a ó((
la seguente
■) |^+2;i,(1_,H1+K<)i^a-*)('+"0=-R.(l+«0
o quest'altra più semplice
j'* + 8;»(i-*Hi + «/)iMf(1-*)==Bi;
e siccome in pratica si esprime la pressione in metri di mercurio, facendo
Jh = H , avremo, per la pressione di H metri di mercurio, l'espressione
J> iH+2i8(i-/)(i+Bo:-ig(1-*)=Bl
che è l'equazione generale dell'isoterma, di cui ci serviremo in
seguito nello studio comparativo della compressibilità e della elasticità
dei gas » .
(*) La dimostrazione teorica del coefficiente termico molecolare è identica a quella
da me fatta altra volta pel valore teorico del coefficiente di tensione indipendentemente
dalle azioni interne dei gas. — A. Violi, Sul valore teorico del coefficiente di tensione,
del calore specifico atomico degli aeriformi, e dell'equivalente dinamico della caloria. Nota
pubblicata nei Rendiconti della E. Accademia dei Lincei, voi. VII, serie 3a, 1883, pag. 243.
— 325 —
Fisica terrestre. — Contributo allo studio delle rocce magne-
tiche dei dintorni di Roma. Nota II, di Filippo Keller, presentata
dal Socio Blaserna.
« In una Nota precedente (l) ho esposto il metodo di rintracciare il ma-
gnetismo delle rocce mediante la declinazione, vengo ora a trattare quello della
componente orizzontale. Tale procedimento può mettersi in pratica anche per
un orizzonte ristretto, giacché qui non occorre di mirare da ciascuno dei due
punti A e B sull'altro o sopra un terzo; si ha quindi molta latitudine nella
scelta del punto B, che può essere stabilito una volta per sempre e possi-
bilmente in una località non magnetica. Questa circostanza costituisce senza
dubbio un vantaggio non ispregevole di questo metodo in confronto di quello
della declinazione, potendosi più facilmente scegliere delle località riparate
dal sole e dal vento. Importantissima poi è la sua applicazione a ristretti
ambienti sotterranei; simili ricerche hanno un interesse speciale in ordine
alla questione, se in spazi racchiusi da rocce magnetiche si manifesti la forza
magnetica, la quale azione è stata negata da alcuni.
« La misura assoluta della componente orizzontale, ideata da Gauss,
esige, come si sa, due operazioni distinte; nella prima si determina il tempo
di oscillazione di una sbarra magnetica, e nella seconda la deflessione pro-
dotta dalla stessa sbarra sopra un ago liberamente sospeso ; ciascuna di queste
misure dà luogo ad im metodo speciale per la determinazione relativa della
componente orizzontale. Quale dei due metodi sia il più esatto non può essere
deciso in modo assoluto, giacché qui entra anche il grado di esattezza degli
strumenti adoperati. Lasciando da parte la sbarra magnetica, la quale dev'es-
sere costruita colla medesima cura in ambedue i modi di sperimentare, il
primo metodo richiede come parte più essenziale e delicata dell'apparecchio
sperimentale un cronometro di precisione, il quale istrumento essendo di uso
molto comune, non è poi tanto difficile a procurarsi. Valendosi invece delle
deflessioni, allora occorre un istrumento per la misura degli angoli, di
grande precisione, di costruzione tutta speciale e per certo molto meno co-
mune dell'orologio. Nelle mie ricerche in campagna mi sono sempre attenuto
al metodo delle oscillazioni il quale, tenendo conto di tutte le circostanze,
mi sembra molto più opportuno dell'altro. E qui cade in acconcio di ricordare
il lavoro di Hellmann (2) che fece degli appositi studi comparativi rapporto
alla precisione dei due metodi, nei quali conclude sulla preferenza da doversi
dare alle oscillazioni.
(i) V. pag. 38.
(2) Karl, Repertorium der Fxperimentalphysik, voi. XVI, anno 1880, pag. 212.
Rendiconti, 1888, Vol. IV, 1° Sem. 12
— 320 —
« Circa le norme pratiche, che si devono seguire in simili misure rimando
il lettore alla Nota: Misura della componente orizzontale del magnetismo
terrestre eseguita in alcune località dei dintorni di Roma (') e in un'altra
pubblicazione (2) ho aggiunto alcune considerazioni, che riguardano l'influenza
prodotta dalla Terra su questo metodo, inquantochè questa induzione fa va-
riare, sebbene assai debolmente, l'intensità della sbarra oscillante.
« Nel metodo della componente orizzontale, sia che si faccia uso delle
oscillazioni, sia delle deflessioni, esiste peraltro una causa di errore, che non è
punto da temersi nel metodo della declinazione, cioè la variazione del mo-
mento magnetico della sbarra. Per evitare il suo effetto nocivo o almeno per
deprimerlo il più possibile, è indispensabile di tener conto del suo coefficiente
termico e si dev'essere sicuri che la sbarra non sia soggetta a un indeboli-
mento progressivo troppo sensibile e che tale perdita di forza non vada a
salti. Quest'ultimo difetto, che è senza dubbio il più dannoso, ed al quale forse
non tutti gli autori hanno data l'importanza che merita, richiede una perio-
dica verifica dello stato magnetico della sbarra. Si può fare a meno di tale
operazione nel solo caso in cui il tempo percorso fra le due osservazioni in A
e B è relativamente breve e quando le medesime vengono fatte a contrat-
tempo. Per l'accennata verifica sarebbe rigorosamente necessario di determinare
il momento magnetico in misura assoluta, ma quando non viene richiesto l'ul-
timo limite di precisione, cioè quando si tratta di rocce magnetiche non debo-
lissime, basta anche la misura del tempo di oscillazione in un luogo privo
di magnetismo, prescindendo così dalle variazioni periodiche del magnetismo
terrestre, le quali sono per dire il vero, tranne casi eccezionali, sempre
assai piccole.
« Oltre la precauzione ora esposta è da raccomandare la massima cura
nel maneggio e nel trasporto della sbarra per evitare il più piccolo urto o
l'attrito, come anche il suo riscaldamento e il troppo suo avvicinarsi a oggetti di
ferro o peggio ancora a un magnete. Ora tutte queste cautele sono superflue
nel metodo della declinazione.
« Un'altra circostanza, che imbarazza in questo metodo maggiormente
che in quello della declinazione, consiste nel peso più grande che si deve
dare al magnete, perchè essendo questo più potente, produce una induzione più
forte sul terreno. La maggiore massa della sbarra è necessaria, inquantochè
influisce molto favorevolmente sulla regolarità delle oscillazioni. Infatti non
havvi causa più dannosa per le oscillazioni, che le deboli correnti di aria,
che si formano facilmente nell'interno della cassetta di oscillazioni e la non
perfetta stabilità di quest'ultima per causa del vento. Ora tali sorgenti di
I1) Atti della R. Accademia dei Lincei, Meni, fis., voi. II,serie •">'. anno 187s, pag. :>77.
(2) Considerazioni sulla misura della componente orizzontale del magnetismo ter-
restre, ecc. Roma 1881, tipografia Salv-iucci, pag. 6.
— 327 —
errore si fanno sentire assai più forti nelle sbarre leggiere ; per comprovare
la superiorità dei magneti pesanti, basta fare oscillare una sbarra in un primo
caso da sé sola e in un secondo caricata da un anello o cilindro addizionale,
appunto come si procede nel noto metodo per la determinazione del momento
d'inerzia. Confrontando i rispettivi risultati, si vedrà sempre come l'errore medio
corrispondente alla sbarra carica sia di molto inferiore all'altro. Vero è da
un altro lato, che le sbarre molto pesanti debbono essere escluse per altre
ragioni; ponderate bene le cose, sembra che sbarre di un peso di circa 50
grammi si prestino nel modo più opportuno allo scopo prefisso, ben inteso
sempre quando si tratta il misura da eseguirsi in viaggi.
« Non sarà fuori di luogo il riportare qui un esempio pratico del metodo
della componente orizzontale ; la misura in parola è stata fatta nel mese di
aprile 1880. La località A esplorata è una cava di peperino, ora abbando-
nata nella contrada Vallericcia poco distante da Marino (da non confondersi
colla valle omonima presso Ariccia). La ristrettezza di questa cava e il suo
orizzonte chiuso renderebbe impossibile l'applicazione del metodo della decli-
nazione ; essa è del resto fatta a giorno e lo strumento si pose immediatamente
sul suolo. Come punto B di riferimento è stata scelta una cava di ghiaia
sotterranea posta nella tenuta di Casetta Mattel a pochi passi dalla Via Por-
tuense sul suo lato destro. In tale località non esistono terre vulcaniche ; essa
si trova a km. 7 da Porta Portese e km. 22 dal punto A di Marino ; la diffe-
renza di latitudine dei due punti è di minuti quattro e mezzo.
« Le osservazioni del tempo di oscillazione sono state fatte in modo iden-
tico nelle due località ; il numero delle oscillazioni era di 150 per ogni sin-
gola determinazione. Giunto sul luogo ho sempre usato la precauzione di
attendere almeno un ora e un quarto prima d' incominciare, dando così all'istru-
mento il tempo necessario per mettersi in equilibrio di temperatura. Nulla è
da temere dall'indebolimento progressivo della sbarra, come mi sono potuto
persuadere con frequenti confronti, anzi perfino in un intervallo di parecchi mesi
non si manifesta ancora una decisa perdita di forza. Le condizioni sono anche
buone riguardo alla temperatura ; la differenza delle temperature medie è di
solo 0°,7 e non influisce sul rapporto delle due componenti orizzontali che
nella quarta cifra decimale. Il momento della sbarra uguaglia a circa 515
unità assolute (c.g. s); il rapporto delle due intensità orizzontali fu calcolato
colla formula semplificata
ove denotano t e tì i tempi di oscillazioni, 0 e 6Ì le temperature e « il coeffi-
ciente termico potendosi nel caso attuale prescindere dalla induzione, che pro-
duce la Terra sulla sbarra. Siccome poi le ampiezze iniziali sono rigorosa-
mente uguali e le finali almeno assai prossimamente, si può fare a meno della
— 328 —
correzione dovuta agli archi di oscillazione. Parecchie serie di osservazioni
di 150 oscillazioni ciascuna davano per i valori medi
in A t = 829,3S 6 = 15'\0
in B /1=838,0S B = 14°,3
dei quali si desume
|- = 1,0218
« Non è qui il luogo di entrare in considerazioni sulla precisione di
questo risultato; quello che è certo si è che la intensità orizzontale della
località esplorata a Marino risulta maggiore a quella di Casetta Mattei. Tale
eccedenza di forza a Marino, che sarebbe a un dipresso — « rivela senza
dubbio la presenza di rocce magnetiche nella località in questione ; vi è però
da fare una piccola correzione in meno, per causa della diversa posizione topo-
grafica. Difatti è noto che la componente orizzontale diminuisce in Italia
colla latitudine e tale diminuzione uguaglia nella nostra latitudine (posta
la forza di Roma = 1) a circa 0,0003 per 1' ('); ora siccome il punto di rife-
rimento si trova di circa minuti 4,5 al nord di Marino, si vede che il tro-
vato valore di — dev'essere diminuito presso a poco di 0,0013. La vera ecce-
denza di forza a Marino da attribuirsi al terreno è quindi di 0,0205. Rigo-
rosamente parlando sarebbe ancora da applicarsi la correzione per la differenza
di longitudine la quale non è ben nota ma certo è assai piccola.
« Rapporto alle condizioni geologiche della località in parola è da notare,
che nei contorni di Marino predomina dappertutto il peperino, il quale è,
come si sa, una lava fangosa indurita (-). Questa roccia palesa in generale
un magnetismo debole relativamente alle altre rocce dei monti Laziali di
carattere ben distinto, ma essa racchiude spesse volte dei blocchi più o meno
grandi di lava basaltina e alcuni di questi sono dotati di forte magnetismo.
Due di tali blocchi vicini alla sommità del Monte Crescenzio invertono com-
pletamente l'ago di una piccola bussola, e un altro consimile giace, nella
località appellata Costacasella, quasi in contatto col sentiero Marino-Palazzola,
il quale costeggia il bordo superiore del bacino del Lago di Castel-Gandolfo.
« Prima di mettere termine al metodo della componente orizzontale, dob-
biamo ancora fare un'altra riflessione. In generale è di vantaggio, ma non
strettamente necessario, lo stabilire il punto B in terreno neutro e possiamo
(*) Misura della componente orizsontale ecc. Memoria citata, pag. 582.
(2) Chiamando il peperino una lava fangosa, non voglio punto dichiararmi in modo
generale sulla parte che ha preso l'acqua nella sua formazione, se cioè l'impasto del ma-
teriale incoerente, di cui è composto questa roccia, si sia effettuato nell'interno del cratere
di emissione, ovvero all'esterno per mezzo delle pioggie. È però indubitato che quest'ul-
tima ipotesi dev'essere preferita se non sempre, almeno per alcuni giacimenti di peperino.
— 329 —
qui procedere analogamente al metodo della declinazione di tre punti, vale a
dire possiamo stabilire i due punti A e 3 in distanza più o meno piccola
uno dall'altro (senza aver bisogno di un terzo punto). Anzi vi sono dei casi,
da considerarsi peraltro piuttosto come eccezionali, in cui si trova con questo
procedere una differenza più marcata, che non per un punto B neutro. Poten-
dosi in questo modo più facilmente osservare a contrattempo, la correzione
per l'intensità della sbarra non ha più grande importanza.
Metodo della inclinazione.
« Questo metodo considerato in se stesso avrebbe dei pregi non indiffe-
renti ; infatti oltre di poterlo mettere in pratica in un orizzonte ristretto, dà
esso le sue indicazioni con una sola operazione, in misura assoluta e con
discreta sollecitudine. Però non si deve perdere di vista, che i difetti dell'incli-
nometro sono così rilevanti da dare allo strumento una precisione inferiore
di molto a quella del declinometro e intensimetro. Ma siccome spesse volte
si possono rintracciare le rocce magnetiche senza aver bisogno di grande pre-
cisione dell' istrumento, così l'inclinometro può rendere buoni servizi agli studi
in proposito. Essendo poi il suo uso assai semplice, non serve di entrare in
considerazioni particolari sul medesimo.
« Riassumendo il fin qui detto, abbiamo i seguenti sei modi di studiare
il magnetismo delle rocce, i due primi dei quali si possono eseguire in laboratorio,
mentre i rimanenti devonsi invece fare sul posto. 1° Ridotta una piccola por-
zione della roccia in polvere, si estraggono con un magnete le particelle ma-
gnetiche. 2° Si analizza un frammento della roccia coll'ago magnetico. 3° Si de-
termina l'influenza della roccia sul declinometro. 4° Si determina la sua
influenza sulla componente orizzontale mediante le oscillazioni. 5° Idem, me-
diante le deflessioni. 6° Si determina la sua influenza sull'inclinometro. Pure
le misure della intensità totale potrebbero servire a questo medesimo scopo,
come anche le modificazioni introdotte in questi ultimi tempi ai metodi comuni
della misura della componente orizzontale; reputo però del tutto inutile di
intrattenermi su questo argomento per la sua stretta analogia colle cose esposte
anteriormente.
Cenni storici sulla scoperta di rocce magnetiche nei dintorni di Roma.
« La notizia più antica di queste rocce è senza dubbio di Breislak. Infatti
dice questo scienziato, ragionando delle condizioni geologiche della Valle
del Sacco ('): « Lorsque j'habitais Rome, j'ai suivi les traces des matières
« volcaniques depuis les montagnes d'Albano e di Frascati jusqu'à la plaine
« de Segni, qui confine à celle d'Anagni, et c'est là que je découvris ce tuf
(') Voyages physiques et lyihologiques dans la Campanie. Tome premier. Paris 1801,
pag. 13.
— 330 —
« dont beaucoup de lythologues ont parie, qui était doué d'une force et d'une
« polarité magnétique si grande, qu'il la manifestai! a la distance de six
« pouces ». Breislak tace sull'epoca di questa scoperta; il suo libro è stato
pubblicato inizialmente in italiano nel 1798, ma la scoperta risale a un epoca
molto anteriore come si vede dal seguente brano di Lamétherie (l) « Le Pére
« Breislak, professeur de Physique au collège Nazarien, à Rome, a trouvé,
« au pied des Monts Albano un tuf qui a, à un degré éminent, la polarité
« propre à l'aimant, sans paroìtre avoir la faculté d'attirer le fer. Il repousse
« et attiro, a une très grande distance une aiguille aimentée ... Les moindres
« fragments de ce tuf ont la mème proprieté » . Lamétherie riferisce di aver
riprodotto questo brano dalle Mémoires sia- les isles Po/ires, pag. 46, par
Dolomieu; questa ultima opera è stampata nel 1788 (2). La scoperta di
Breislak risale quindi almeno a un secolo indietro. Ma vi è di più. Dice lo
Scacchi parlando delle rocce magnetiche del Monte Vulture (3). « Il primo,
« il quale abbia conosciuto qualche esempio di rocce col magnetismo polare
« è stato il nostro Breislak prima del 1761 ed egli rinvenne tale proprietà
« in un pezzo di tufo vulcanico trovato nella Valle Roscillo sotto Segni ».
(!) Journal de Physique, de Chemie etc. par Lamétherie. Anno 1704, tome 45, pag. 320.
(2) Bibliograpìnsch-literarisches Handworterlmcìi tur Gèschiehte der exactenWissen-
schaften, von Poggendorff. 1° Band. p. 588.
(3) Rendiconti della R. Accademia di Napoli, anno primo (tornata del 23 gennaio 18.">.°>).
pag. 23. Devo al mio giovane amico dottore Giovanni Agamennone l'aver avuto cognizione
di questo brano, tanto interessante per la storia della scoperta delle rocce magnetiche
romane. Le mie indagini fatte sul posto mi hanno condotto a riconoscere la località in
discorso presso la piccola chiesuola rurale chiamata Madonna di Rossilli; tale punto
si trova non nel territorio di Segni, come si potrebbe essere indotto a credere dal detto
di Breislak, bensì in quello di Gavignano ; esso dista poco più di un chilometro da questo
paese verso Nord. La distanza da Segni e in linea retta di chilometri tre circa. (La deno-
minazione Valle Roscillo, come scrive Breislak, non si conosce nò a Segni ne a Gavignano).
Questa contrada si trova appunto sul confine del terreno vulcanici» del quale è coperta
gran parte della pianura interposta fra Gavignano e Anagni e per avere una indicazione
topografica più chiara sulla medesima, basta a osservare che l'antica via Latina (ora del
tutto deserta) viene in questo punto intersecata da un ruscello, il quale, raccogliendo le
acque di una grande parte del territorio di Gavignano, va poi a fluire nel fiume Sacco
fra le stazioni ferroviarie di Segni e Anagni. Non ho dettagliatamente esplorato questa
contrada, come lo meriterebbe, bensì mi sono limitato a una sola osservazione col metodo
della declinazione di tre punti ; la divergenza ottenuta era di 1° 0' corrispondente alla distanza
AB di m. 18 circa. E qui giova notare che il terreno poco si presta a questo metodo per
la difficoltà delle mire, gli strati più fortemente magnetici si trovano secondo ogni cre-
dere in maggiore profondità e questi sono soltanto accessibili nelle cave di pozzolana sot-
terranee ivi esistenti, in parte riempite di acqua. La divergenza osservata a Rossilli vera-
mente non è molto grande, ma non si deve perdere di vista che una sola osservazione non
basta per dare una giusta idea del magnetismo del suolo, giacché assai facilmente può acca-
dere che la forza deviatrice non abbia la direzione opportuna per produrre un forte effetto
sulla bussola; vi sono poi ancora da considerare diverse altre circostanze riguardo a questo
— 331 —
Qui però si deve osservare, che probabilmente è incorso qualche errore ri-
guardo alla data del 1761, perchè Breislak è nato nel 1748 (così almeno riporta
tanto l'Enciclopedia di Boccardo che il Vocabolario di Poggendorff) ed egli
avrebbe quindi fatta la scoperta nell'età di soli 13 anni.
« Breislak conosceva pure le proprietà magnetiche del tufo litoide del
suolo di Roma ; infatti descrivendo egli minutamente le proprietà litologiche
del tufo della Collina Capitolina asserisce (J) « Son action sur le barreau
« aimanté est sensible à la distance de 5 à 7 millimètres » . Se questa osser-
vazione sia stata fatta prima o dopo il rinvenimento del tufo magnetico a
Rossilli, non può essere deciso, atteso che questo secondo passo di Breislak
non viene riportato da verun autore.
« Siccome poi viene detto, rapporto a questo tufo, che anche piccoli fram-
menti palesano il magnetismo, si vede a evidenza che l'autore si valse del
secondo dei sei metodi di sopra riportati. Degno di nota è anche il fatto,
argomento, come feci notare nella mia Nota precedente. Non cadrà qui inopportuno di
riportare alcune altre misure da me fatte nel 1886 nella zona vulcanica compresa fra Segni
e Anagni e nel suo prolungamento verso Valmontone. Il metodo adoperato era sempre quello
della declinazione di tre punti. Le rocce componenti il suolo sono dappertutto il tufo di
diverse graduazioni e la pozzolana nera. Ecco le divergenze osservate :
Pontelungo (presso
Valmontone)
12° 42'
Pontesacco
10° 7'
Osteria Bianca
7° 8'
Castellacelo
4° 47'
Colleferro
2° 35'
Da questi numeri risulta per la zona in parola un magnetismo molto pronunciato, e si
potrebbe fare la domanda sulla vera causa di questo grande accumulamento di terra magne-
tica in confronto ad altre regioni vulcaniche ; è principalmente la pozzolana nera che palesa
sì forte magnetismo. Eitengo per indubitato che nella formazione di detta pozzolana come
anche del tufo in genere, abbia avuta l'acqua una parte essenziale; similmente tome si
deposita la sabbia nera vulcanica in gran parte magnetica al fondo di tanti ruscelli dei
dintorni di Poma per semplice effetto di lavatura (nel senso metallurgico), così dovevano
le fiumare dell'epoca pluviale formare dei giacimenti di terra di maggior peso specifico
e fra queste è appunto la pozzolana nera, che contiene la magnetite in discreta quantità.
Certo, l'ammettere che la distribuzione delle rocce magnetiche dipende in parte dalle condi-
zioni idrografiche nei tempi geologici sembra a prima vista un poco strano ; analizzando
però l'ipotesi più da vicino la cosa cambia di aspetto. Del resto, chi non volesse ammet-
tere il trasporto delle terre vulcaniche e la loro distribuzione per effetto delle alluvioni,
si troverebbe secondo il mio modo di vedere nella assoluta impossibilità di spiegare la
presenza di tanti giacimenti vulcanici nelle vallate degli Apennini. Tali depositi, spesse
volte di dimensioni assai piccole e molto lontani dai centri vulcanici, si trovano perfino
nel versante Adriatico, così nel bacino del Pescara nei pressi di Aquila, Solmona e in
altri siti.
(l) Voì/ar/es physiqurs et lytologiques etc, tome II, pag. 252.
— 332 —
che Breislak non osservò soltanto l'attrazione magnetica, bensì anche la repul-
sione, la quale è più difficile a riconoscere ; ciò fa arguire che egli si servi
di aghi assai piccoli.
« Breislak non parla di altre rocce magnetiche dei dintorni di Roma ;
Bellevue invece fa menzione del magnetismo che palesa la lava basaltina nel
suo lavoro intitolato: Mémoire sur les cristaux microseopiques et en parti-
culiersur la SémélineJ la Me li lite et le Selce-Romano ('). Infatti enumerando
egli le proprietà di quest'ultima lava, dice (pag. 460) : « Quelque fragment
de la masse, qu'on en prenne, il est attirable à l'aimant par la présence des
petits cristaux dodécaèdres » . Qui però si deve aggiungere che forse Breislak
non ignorava l'esistenza delle lave magnetiche di Roma all'epoca di Bellevue,
quello che è certo si è, che egli conosceva bene il fatto, che vi siano delle
lave in genere che agiscono sul magnete, come viene avvalorato dal seguente
brano, che si riferisce alla sabbia magnetica, la quale si trova nelle spiaggie
dell'Isola di Ischia e del golfo di Napoli e di Baia, e alla sua possibile pro-
venienza dalle lave del Monte Somma: « Ce metal (il ferro) est généralement
repandu dans les laves qui font mouvoir l'aiguille aimantée » (2).
« Per completare quanto dicemmo finora sulle cognizioni che si ebbero
al principio di questo secolo sulle rocce magnetiche romane, conviene aggiun-
gere il celebre geologo Brocchi il quale enumera molte lave basaltine che
palesano del magnetismo, principalmente delle colate di Capo di Bove e di
Colonna (3). Nel museo geologico della nostra Università si trovano inoltre
molti campioni di lave magnetiche, senza conoscere positivamente il racco-
glitore; il prof. Meli opina che essi provengano appunto dalla raccolta di
Brocchi e forse anche dal Riccioli.
« Riconosciuto una volta dal Breislak, che frammenti distaccati da varie
rocce dei contorni di Roma agiscono sull'ago magnetico, ne seguiva come con-
seguenza indiscutibile che il suolo di tale località deve necessariamente alte-
rare le indicazioni degli strumenti magneto-tellurici, sebbene forse in minima
scala. Ma doveva passare un intervallo di tempo abbastanza lungo tinche venisse
fatta una osservazione positiva e sicura su questo argomento, e pare che al
Secchi deve attribuirsi la priorità della medesima. Infatti avendo questo
autore (4) nel 1859 eseguite delle misure della inclinazione a Monte Cavo e
alle Fratocchie, la trovò in questi due punti notevolmente più grande che non
a Roma, mentre secondo l'andamento generale delle isocline avrebbe dovuto
essere più piccola. Egli attribuisce questa anomalia all'azione delle lave e
scorie vulcaniche che ivi si trovano ovunque; che questa sia la vera causa
(!) Journal de Physique etc. par Lamétherie, tome LI anno 1800, pag. 142.
(2) Breislak, Voyages physiques etc, voi. II, pag. 229.
(3) Catalogo ragionato di una raccolta di rocce disposte con ordine geografico per
servire alla geognosia d'Italia. Milano 1817.
(4) Memorie delV Osservatorio del Collegio Romano dal 185? al 1859, pag. 204.
— 333 —
è
indubitato, salvo che le parole lave e scorie non si devono prendere in senso
troppo assoluto.
« Ma potrebbe dirsi : la campagna romana, questa classica regione, è stata
battuta nei tempi passati, come ancora al giorno di oggi da non pochi scien-
ziati, per fare delle ricerche topografiche principalmente sotto il punto di vista
archeologico, e molti di essi si sono senza dubbio serviti della bussola, stru-
mento dapprima molto in uso per causa della grande sollecitudine, con cui
si misurano gli angoli. Ora come è avvenuto, che a questi topografi sia ri-
masto occulto il magnetismo, che s'incontra in tanti punti dell'Agro Romano?
La risposta a questa domanda è facile; le norme pratiche per fare una buona
misura colla bussola sono le stesse, sia che si tratta di esplorare il suolo sul
suo magnetismo, sia che si tratta di una misura topografica, ma i criteri per
la scelta dei punti, nei quali debbonsi eseguir le misure, sono ben differenti
nei due casi. In secondo luogo sono le bussole adoperate in topografia pel so-
lito assai piccole, il che rende meno facile di riconoscere le anomalie ma-
gnetiche. Finalmente è probabile, anzi quasi certo, che delle divergenze del-
l'ago della bussola siano state difatti osservate, ma siccome il vero e coscen-
zioso osservatore ha difficilmente delle idee troppo ottimiste delle sue misure,
si credette che tali divergenze fossero effetti di cause inevitabili di errori o
di imperfezione dello strumento.
« Rapporto alla applicazione della bussola per ricerche topografiche nel-
l'Agro Romano, stimo opportuno di citare alcuni nomi di non dubbia fama.
Westphal, parlando del rilevamento della sua Carta Topografica dei dintorni
di Roma, eseguito nel 1828 e 29, la quale era senza alcun dubbio la più
precisa a quei tempi, dice di aver prima stabilito una rete di punti fonda-
mentali e di essersi per il resto servito della bussola tascabile (1). Anche il
celebre Maresciallo Moltke nel rilevare la sua eccellente Carta Topografica
di Roma e dei suoi contorni, la quale operazione fu eseguita nel 1845 e 46,
fece uso della bussola (2). Boscovich invece, che fece la prima triangolazione
dello Stato della Chiesa e la misura del grado del meridiano, non adoperava
affatto la bussola per il dettaglio della carta, temendo egli la poca costanza
dalle sue indicazioni (3).
« I mie propri studi sul magnetismo delle rocce fatti mediante gli stru-
menti magneto-tellurici risalgono fino all'anno 1876, e la prima località, ove
ho constatata questa forza con certezza è una cava di pozzolana nella tenuta
di Centrane. Tale cava, ben riconoscibile, si trova a pochi passi di distanza
(*) Westphal, Die Rómische Kampagne in topographischer und antiquarischer Hin-
sicht dargestellt. Berlin 1829, pag. 178.
(2) Der Frànkische Kurier. Ntirnberg, 15 Novembcr 1884.
(3) Voyage astronomique et geographique dans VEtat de VEglise-,\mr les PP. Maire
et Boscovich. Paris 1770, pag 169 e 338. Questa è la traduzione dell'opera originale scritta
in latino e stampata a Poma nel 1755, opera piuttosto rara.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. ' 43
— 334 —
della via Roma-Grottaferrata (che coincide qui perfettamente colla antica via
Latina) al suo lato sinistro, ed è compresa nel brevissimo tratto fra il ponte
sulla Marrana di Grottaferrata e la colonnetta chilometrica 13a. Esistono
quivi due punti pochi distanti fra loro, in cui si verificano le componenti oriz-
zontali di 1,1147 e 0,9003 (Roma = l); più tardi ho nella medesima loca-
lità osservato delle divergenze di declinazione di circa 8° ».
Fisica. — Sopra i coefficienti termici dei magneti. Nota II.
del dott. Adolfo Cancani, presentata dal Socio Blaserna.
« In una prima Nota su questo medesimo argomento ('), dopo avere
esposti i risultati delle mie ricerche sulle relazioni che passano fra le dimen-
sioni delle sbarre magnetiche ed i loro coefficienti termici, rimarcai che il
vario grado di raddolcimento che si può dare alle sbarre d'acciajo dopo averle
temperate, ha una certa influenza sul coefficiente termico.
« Già fin da Coulomb (2) si sapeva che la tempera più o meno forte
d'una sbarra d'acciajo ha influenza sulla quantità di magnetismo perduto nel
riscaldamento; ma i vari fisici che hanno accennato a questo fatto come
Dufour (3) Lamont (4) ecc. o non lo hanno studiato esplicitamente o non
hanno ben distinto le variazioni permanenti dalle transitorie.
n Nel mio primo lavoro già citato, feci alcune poche osservazioni per
sette sbarre portate a due soli gradi di raddolcimento corrispondenti al giallo
ed al bleu. Ho ripreso ora quello studio col considerare un maggior numero
di sbarre magnetiche, e coli' estenderlo a tutti i gradi di raddolcimento dal
più debole al più forte che si sogliono dare all'acciajo.
u. Due motivi mi hanno indotto a questa ricerca : il primo si è che sono
scarsissimi gli studi fatti su questo argomento, il secondo si è che ai pochi
valori numerici che si conoscono, come nota il Poloni (5) , non si può attri-
buire tutta l'importanza che avrebbero, se gli autori avessero tenuto conto
separatamente delle variazioni permanenti e transitorie.
« In una prima serie di ricerche preliminari ho determinato i coefficienti
termici negli stessi due magneti cilindrici cavi, di cui ho parlato nella prima
nota, ugualmente lunghi ma di vario diametro. Li ho raddolciti ad otto di-
verse temperature, ho riportato ogni volta al punto di saturazione la loro ma-
gnetizzazione e li ho ridotti ogni volta al così detto stato normale, prima di
determinare il corrispondente coefficiente termico, col portarli alternativamente
(!) Rendiconti della R. Acc. dei Lincei ; seduta del 12 giugno 1887.
(2) Coli, de meni, relatifs à la Physique. Mém. de Coulomb, pag. 371.
(3) Arch. de Sciences phys. et nat, tome XXXIV, année 1857, pag. 295.
(4) Lamont, Handbuch des Jl/agnetismus, pag. 377.
(5) Elettricista. Sul magnetismo permanente delVacciajo a diverse temperature,
pag. 194.
— 335 —
dieci volte nell'acqua alla temperatura dell'ambiente e dieci volte nell'acqua
a 100° (*).
« Ho fatto uso di un buon teodolite magnetico di Lamont posseduto dal
R. Istituto Fisico di Roma; ho seguito il metodo dei seni, ed ho calcolato
colla forinola
a-\- a a
2 cos — '- — sen —
— a
C
0 COS Ci
nella quale
C = coefficiente termico
« = angolo di cui ha girato l'ago deflesso per ritornare normale alla
sbarra deflettente, per la temperatura inferiore.
«' = angolo suddetto per la temperatura superiore.
0 = differenza delle due temperature.
« Ho tenuto le due sbarre sempre alla distanza di cent. 22, centro a
centro, dall'ago deflesso, ed ho fatto uso di un bagno d'acqua calda corrente,
che si manteneva a temperatura sensibilmente costante nell'intervallo di cia-
scuna misura.
« Nella seguente tabella espongo i risultati ottenuti per questa prima serie.
Magnete cilindrico cavo
Magnete cilindrico cavo
Lunghezza inni, 80
Lunghezza. mm. 80
Diametro esterno min. 12
Diametro esterno mm
10
" interno i
6
" interno »
6
Peso, grammi 50,400
Peso, grammi 32,470
Momento magnetico
(C. G. S.) 292
Momento magnetico (C. G. S.) 292
Temperature
di racidolcimento.
Coefficienti
termici.
Temperature
di raddolcimento
Coefficienti
termici.
232°
0,00086
221°
0,00050
243
0,00093
232
0,00060
254
0,00098
243
0,00078
265
0,00106
254
0,00072
277
0,00107
265
0,00080
293
0,00152
277
0,00110
317
0,00160
317
0,00120
330
0,00170
332
0,00140
(!) È noto da lungo tempo e studiato fra gli altri dal Poloni che oltre la perdita
transitoria di magnetismo che subiscono le calamite per l'azione del calore, perdita rap-
presentata dal coefficiente termico, subiscono anche un indebolimento permanente ogni
qual volta venga innalzata la loro temperatura; ma questo cessa dall'aver luogo se per
un certo numero di volte la sbarra magnetica venga alternativamente scaldata e raffred-
data, ed allora si dice che il magnete ha raggiunto lo stato normale. E da avvertire però
— 336 —
« Per una seconda serie di ricerche condotte con maggior cura ho costruito
una serie di sbarre magnetiche uguali in tutto, eccetto che nel raddolcimento,
e le ho studiate in condizioni per quanto mi è stato possibile identiche.
« Ho preso perciò due pezzi d'acciajo inglese trafilato così detto in piedi
(perchè trovasi in pezzi lunghi un piede) e ne ho ricavato dieci sbarrette di
uguali dimensioni. Ho numerato ciascuna di queste in maniera che quelle
ricavate dal primo pezzo portassero i numeri progressivi dall'uno al cinque,
e quelle ricavate dal secondo i numeri dal sei al dieci ; ciò allo scopo di non
paragonare nei risultati fra loro quelle appartenenti ai due pezzi diversi, nel
dubbio che in questi potesse essere qualche piccola differenza nelle condizioni
chimiche e fisiche.
« Ho temperato le dieci sbarrette tenendole tutte riunite con una specie
di gabbia di rame, in maniera che la fiamma potendo liberamente circolare
intorno ad esse, prendessero una identica temperatura, e portate tutte simul-
taneamente nell'acqua fredda prendessero tutte una medesima tempera.
« Per poterle raddolcire a temperature ben note, ho fatto uso di un bagno
d'olio e di un termometro a mercurio, al quale ho applicato le correzioni do-
vute allo spostamento dello zero ed alla colonna emergente.
« Ho raddolcito le sbarrette magnetiche alle temperature corrispondenti
ai colori qui notati.
N.° d'ordine dei magneti Colori Temperature
1 Giallo paglia pallidissimo 221°
2 r, » più scuro 232°
3 » arancio 243°
4 • bruno 254°
5 » porpora 265°
6 Porpora 277°
7 Azzurro pallido 288°
8 » ordinario 293°
9 « nero scurissimo 317°
10 Verde chiaro 332°
« lo non ho visto questi colori perchè in un bagno d'olio, quindi fuori
del contatto dell'aria, questi non si formano ; perciò ho tenuto per sola guida
il termometro.
« Ho magnetizzato le sbarrette col metodo del contatto sopra i poli di
un elettromagnete. Per evitare poi l'ineguale magnetizzazione che quelle avreb-
bero potuto prendere, in causa dell'indebolimento dell'elettrocalamita dovuto
che ciò non deve intendersi in modo assoluto, perchè a questo stato normale non si arriva
mai; infatti ogni volta che nuovamente si scalda il magnete, una perdita permanente ha
luogo, questa bensì giungerà ad essere talmente piccola da potersi nel più dei casi affatto
trascurare.
— 337 —
alla polarizzazione della pila adoperata, le ho magnetizzate in contrattempo.
Cioè ho dato, successivamente, in una prima operazione, a ciascuna sbarra
dalla prima all'ultima tre contatti ; poi in una successiva operazione ho fatto
il medesimo, ma prendendo le sbarre in ordine inverso, cioè dalla decima
alla prima. Ciò ripetuto trenta volte, mi sono assicurato che tutte hanno
preso il medesimo grado di magnetizzazione ; il che mi è stato poi sufficien-
temente confermato dall'esperienza. Infatti, avendo determinato i momenti ma-
gnetici delle singole sbarre, alla fine delle mie ricerche, li ho trovati poco
diversi fra loro.
« Dopo avere magnetizzato le sbarrette, le ho portate allo stato normale
nell'istessa maniera descritta per l'altra serie.
« Ho fatto uso del medesimo teodolite magnetico e della formola istessa
di cui ho parlato di sopra per calcolare i coefficienti termici. Ho tenuto le
singole sbarrette sempre alla distanza di centimetri 16 dall'ago deflesso, ed
in un bagno d'acqua calda corrente che mantenevasi costante entro un mezzo
grado per tanto tempo, da essere ben sicuro entro questo limite della vera
temperatura posseduta dal magnete.
« Ho ripetuto le determinazioni dei coefficienti in due varie epoche ed in
ordine inverso, per accertarmi che le sbarrette non avessero subito col tempo una
variazione. I risultati sensibilmente identici che ho avuto nelle due serie di
misure mi hanno assicurato che nessun cambiamento in esse è avvenuto.
« Inoltre ho avuto cura che i limiti della temperatura entro cui deter-
minavo il coefficiente termico fossero poco diversi per ciascuna sbarra, perchè
è noto che quello non si conserva costante col variare la temperatura (!).
« Nella seguente tabella riferisco i risultati ottenuti per i coefficienti
termici dei dieci magneti suddetti del peso ciascuno di grammi 8,150. Ogni
risultato è la media di otto misure.
Coefficienti termici di dieci magneti fra le temperature di 10° e 60°.
N.° d'ordine
Momento
magnetico
(CGS)
Temperature
di
raddolcimento
Coefficienti
termici
1
95
221°
0,001350
2
95
232
0,001405
3
81
243
0,001560
4
84
254
0,001575
5
84
265
0,001590
6
81
277
0,001665
7
84
288'
0,001675
8
81
203
0,0016S5
9
82
317
0,001740
10
92
332
0,001790
[}) Poloni, Nuovo Cimento, tomo IV, serie 3a, pag. 206.
— 338 —
«La forinola
C = _ 0,0014733 -f 0,00001884 / —0,000000027336 12
rappresenta abbastanza bene la relazione che passa fra il coefficiente termico
e la temperatura di raddolcimento, come appare dalla seguente tabella, in
cui sono notati i valori dati dall'esperienza in correlazione coi valori dati
dalla forinola
Coefficienti termici
dati dall'esperienza
Coefficienti termici
dati dal calcolo
Differenze
0,001:'.:)
0,00135
0,00000
0,00141
0,00112
-+- 0,00001
0,00158
0,00155
— 0,00003
0,001. V.»
0,00160
-f- 0,00001
0,00167
0,001 e,:.
— 0,00002
0,00168
0,00168
0,00000
0,00109
0,00170
-4-0,00(1111
1 0,00171
0,00175
-+- 0,00001
0,00179
0,00177
— 0,00002
« Ho voluto ancora determinare i coefficienti termici per due sbarrette
identiche alle dieci precedenti, ma l'uria temperata al massimo grado di du-
rezza e senza punto raddolcirla, l'altra lasciata nel suo massimo grado di
raddolcimento, cioè senza averla punto temperata.
« I risultati ottenuti sono i seguenti :
Magnete al massimo grado
di tempera
Coefficiente termico fra 10° e 60°
0,000436
Magnete al massimo grado
di raddolcimento
Coefficiente termico fra 10° e 00°
0,002635
Cioè l'uno è di molto inferiore (3 volte circa) e l'altro di molto superiore
(1,5 volte circa) a quelli di sopra notati.
« Da tutto ciò risulta assai manifestamente quanto grande sia l'influenza
che esercita il raddolcimento sopra i coefficienti termici dei magneti, e quanto
per conseguenza sia importante avere dei magneti molto fortemente tempe-
rati, ogni volta che importa ridurre al minimo l'influenza della temperatura,
tanto nelle misure elettriche quanto in quelle del magnetismo terrestre ».
— 339 —
Fisica. — II problema delle attrazioni e ripulsioni capillari.
Nota del prof. Carlo Marangoni, presentata dal Socio Blaserna.
« § 1. Fino dai tempi di Galileo (!) erano noti diversi fenomeni curiosi che
si osservavano alla superficie dell'acqua. Più curioso è quello di attrazioni e
ripulsioni che avvengono tra corpi galleggianti sull'acqua. Quei movimenti non
si potevano allora spiegare, perchè non si conosceva la causa dei fenomeni
capillari. Più tardi si tentarono parecchie teorie, basandosi sulla tensione super-
ficiale dei liquidi, ovvero sulla pressione molecolare di Laplace (2). Ma sempre
si facevano intervenire anche le pressioni idrostatiche e perfino la pressione
atmosferica (3). Ciò ha deviato i fisici dalla base del problema ed ha rese
le teorie oscure e uon corrispondenti esattamente ai fatti.
« § 2. Da alcune esperienze fatte sulle lamine liquide mi sono convinto
che nel fenomeno delle attrazioni e ripulsioni capillari, le pressioni idrosta-
tiche non entrano punto in giuoco ; quindi, basandomi soltanto sulla tensione
superficiale, ho potuto stabilire una teoria chiara e semplicissima di detti
fenomeni.
« Si sospenda a un filo di bozzolo, lungo \ metro circa, una pallina o di
sughero ; si bagni la pallina con acqua saponata ; poi, con un cerchio di filo
di ferro di cm. 10 di diametro, si produca una lamina di acqua saponata e
la si porti a contatto con la pallina. Se la lamina è orizzontale, il pendo-
lino rimane verticale; ma se quella viene inclinata, come in II' (fig. 1), il
Fise. 1.
(i) Galilei. Opere, ediz. Alberi, voi XIV.
(2) Io credo di essere stato il primo a provare che la pressione molecolare non esiste.
Rivista Scient. di Vimercati, Firenze 1880.
(3) Vedi Mariotte, Monge dott. Young, Philos. Transact. 1805 parte la; Laplace, Mé-
canique celeste, voi. IV 1845; Jamin, Cours de Plnjnque; Leconte, Eiley, Worthington ;
Phil. Mag. 1883; Van der Mensbrugghe, Bull. Acad. Royale de Belgique 1883.
— 340 —
pendolino è spostato in sii dalla lamina, quando questa passa al disotto del
centro o (fig. A); non devia affatto se la lamina passa pel centro (fìg. B)
ed è invece spostato in giù, se la lamina passa al disopra del centro o (fìg. C).
« La lamina di acqua saponata si raccorda sempre ad angolo retto colla
superficie bagnata della sfera, pel noto principio di Plateau; cosicché nel 1° caso
si forma un menisco concavo verso l'altro intorno al cerchio d'attacco lì! ; nel
2° caso non si forma menisco; nel 3° caso, un menisco convesso.
« La pallina è adunque sollecitata a muoversi, in ogni punto del cerchio
d'attacco ll\ in direzione dei raggi ol, oì! che sono tangenti all'elemento me-
ridiano del menisco che tocca la pallina.
- Chiamando t la tensione della lamina su di una listerella larga un mil-
limetro, r la risultante delle tensioni su tutto il cerchio II' , « langolo rot\
r e r' i raggi della pallina, e, del cerchio d'attacco, si ha:
r = 2t cos amr'
e perchè, dalla figura 1,
r = r sen « ,
si ha:
[1]
i = nrt sen 2w
Quando w < 90° , t è positivo
w = 90°, r = 0
» io > 90° , r è negativo
come si è verificato nei tre casi della figura 1.
« Cerchiamo ora il valore della componente orizzontale di questa forza.
Sia il pendolino in equilibrio nella posizione della figura 2. Al centro della
pallina sono applicate due forze: il peso p della me-
desima e la risultante x della tensione della lamina sul
cerchio d'attacco. Scomponendo le due forze secondo
l'orizzontale p' x e secondo la direzione o S del filo di
seta, le due componenti in quest'ultima direzione sono
equilibrate dalla resistenza del filo ; quindi le altre due
sono uguali e contrarie, cioè:
t' — y = o.
Chiamando a l'angolo poS si ha:
[2] p' =p tang «.
Chiamando § l'angolo por, dalla figura si ha:
/\ o r z' = tS — a
f\or' r = 90° -j- «
quindi dal triangolo o i' i si ha la relazione :
, sen (/? — a)
~ T tsen (90° =£ ce)
— 341 —
e sostituendo a v il valore dato dalla [1]:
, sen (8 — «) _
% = Trrt sen 2«
[3]
cos «
« Questa relazione ci fa vedere che la componente orizzontale % della
tensione del menisco è direttamente proporzionale al raggio della pallina,
alla tensione superficiale del liquido, e al seno dell'angolo tot! cioè dell'arco
di meridiano abbracciato dal minisco ; che infine % cresce coli' inclinazione 8
della lamina liquida.
« Si può verificare la forinola coli' esperienza: siccome p' = t' , combi-
nando la [2] e la [3] si ha:
p tang a
sen (8 — a)
nrt Lsen 2w
cos a
o più semplicemente :
[4] p sen a = 7r/'^ sen (/? — a) sen 2w .
« Per misurare « ho disposto accanto al pendolino una scala orizzontale
in millimetri, distante dal punto V di sospensione di \ metro. Chiamando n
(fìg. 2) lo spostamento del filo dalla verticale, espresso in millimetri, si ha :
tan«: a =
500-
« Per misurare 8 ho fissato il cerchio che regge la lamina all'asse di
un goniometro, in modo che il cerchio era orizzontale quando il nonio era a
zero. La risultante r, essendo perpendicolare alla lamina, l'angolo di cui
s' inclina il cerchio è appunto l'angolo 8.
« L'angolo w è più difficile a determinarsi ; ho adottato il compenso di
misurare colle seste il diametro II' (fìg. 1) del cerchio d'attacco; essendo 2/
questo diametro, si ha:
r'
sen w = —
r
« Ecco pertanto la tabella contenente i dati sperimentali e i valori cal-
colati delle componenti orizzontali, giusta le forinole [2] [3]. Il peso della
pallina bagnata di acqua saponata era di mg. 970 ; la tensione della lamina
su di 1 mm. è mg. 5,(3, cioè il doppio della costante di capillarità della
superfice dell'acqua saponata.
n
V
r
a
/S
IO
V'
r'
p'-r'
mm
0
mm
10,4
mm
10,4
o°oo'
0
30
90 00 '
mg
0,0
mg
0,0
mg
0,0
12
10,0
»
1 22
15
71 5
23,1
22,7
+ 0,4
20
0,5
»
2 17
15
38 12
38,6
39,3
-0,7
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Som.
Il
— 342 —
« Le colonne segnate p' e %' offrono i valori della componente orizzon-
tale della forza di gravità e della forza del menisco ; esse dovrebbero essere
uo-uali. Le piccole differenze notate hell' ultima colonna sono inevitabili, stante
la difficoltà di misurare co.
« § 3. Attrazioni e ripulsioni fra corpi abbracciati dalle lamine li-
quide.— Disponendo due pendolini uguali di sughero, colle palline al medesimo
livello, distanti qualche centimetro fra loro, e facendovi aderire la lamina piana
di acqua saponata tenuta orizzontale, si osservano tre diversi effetti:
« 1° Attrazione tra le palline, quando la lamina si trova sopra o sotto
i loro centri ; e ciò perchè, per il principio di Plateau del minimo di super-
fice, la lamina fra le palline si porta
verso la parte più ristretta; quindi i
cerchi di attacco II', miri (fìg. 3, D, E)
sono inclinati in verso opposto, direi cioè,
sinclinali o uni idi nati; per conseguenza
le resultanti delle forze dei menischi, che
sono perpendicolari a questi cerchi, con-
corrono l'ima verso l'altra.
- 2° Nessuna azione quando la la-
mina passa pei centri delle palline ; per-
chè, non essendovi menischi, le risultanti
della tensione sono nulle.
« 3° Disponendo una pallina più
alta dell'altra (fig. 3, F), e la lamina
sempre orizzontale, i due cerchi d'at-
tacco, //', miri sono inclinati nel mede-
simo verso, quindi le risultanti dei me-
nischi sono parallele, ma contrarie ; perciò
le palline si allontanano.
« § 4. Attrazioni e ripulsioni fra
i corpi galleggianti. — La teoria esposta
delle azioni esercitate da una lamina liquida si applica, con qualche mo-
dificazione, al caso dei corpi galleggianti, senza alcun intervento di pres-
sioni idrostatiche ed aerostatiche. Infatti se la pallina è bagnata, la tensione
solleva un menisco, e con esso una massa liquida, la quale abbassa la pal-
lina in modo, che l'aumento di spinta verticale faccia equilibrio al peso del
liquido sollevato. Il simile si dica quando la pallina non è bagnata. Dunque
le superficie dei menischi sono superficie equipontensiali, come quelle delle
lamine liquide libere; quindi non c'è da tener conto, sulle medesime, che
della tensione superficiale.
« Noto soltanto alcune differenze. 1 corpi galleggianti, se si attraggono,
si portano a contatto ; se si respingono, tendono ad allontanarsi indefinitamente.
Fis
— 843 —
Invece, uel caso discusso al § 3 (di pendolini abbracciati da una lamina
liquida), si ha una posizione di equilibrio stabile delle palline, senza che
arrivino a contatto.
« Ciò deriva dalla sospensione pendolare, per la quale si ha che sen a
cresce più rapidamente di sen 2«. Infatti dalla equazione [4] , chiamando k
l'insieme delle costanti, si ha:
sen a
sen 2w
= /'sen (/? — a)
« Ora, essendo a piccolissima, il rapporto
sen u
cresce col crescere di
sen 2w
sen 8; cioè sen « cresce con ragione più rapida di sen 2w; e perciò v'è un
certo valore di « che dà luogo all'equilibrio stabile.
« Invece nel caso dei corpi galleggianti il peso dei medesimi è perfet-
tamente equilibrato dalla spinta
del liquido; quindi non vi può
essere un componente della gra-
vità contraria a quella della
tensione. Siccome in questo caso
non vi è che una superficie li-
bera, bisogna prendere, per mi-
surare la tensione del menisco,
la semplice costante, o coeffi-
*<■
u Ora chiamando « l'an-
golo io l' (fig. 4). la forinola [1]
diventa :
cente di capillarità : e
~Z
Fie I.
H
2jt r e sen2 w.
« Nello stabilire questa forinola è ammesso che i menischi si raccordino
tangenzialmente alle palline; ciò non è rigorosamento vero, come dimostrò
Quinke (*); ma chiamando 6 l'angolo e' l' e di raccordamele del menisco,
la [5] diventa :
[6]
t = 2nrc sen w sen (w — 0)
e così l'equazione è esatta.
« Scomponendo la forza t del menisco secondo la verticale e l'orizzon-
tale (fig. 4), e chiamando 8 l'angolo iti', la componente verticale i" della
(*) Ueber den Randivinkel etc. Wiedemans Annalcn Bel. II, 1877. — Ueber die Be-
stimmung der Gapillarconstanten von Flussigkeiten. Wied. Ann., Bd. XXVII, 1S86.
— 344 —
forza capillare del menisco è equilibrata dalla spinta verticale del liquido,
e rimane attiva la sola componente orizzontale, cioè:
[7] % = 2rrrc sen w sen (w — 0) sen §.
«Questa componente cresce rapidamente coli' avvicinarsi dei due corpi;
imperocché l'inclinazione § del cerchio d'attacco II' va aumentando col di-
minuire la distanza delle palline; di qui il moto rapidamente accelerato che
si osserva fino al contatto.
« S'intende, senz'altra spiegazione, come avvenga la ripulsione fra una
pallina bagnata ed una non bagnata, riferendosi alla (figura 3 F); però i
menischi nei corpi galleggianti sono alla rovescia di quelli delle lamine li-
bere; perchè nel 1° caso la lamina si raccorda alle palline ad angolo retto,
invece nel 2° caso la superfice libera vi si raccorda quasi tangenzialmente.
« Colla mia teoria si spiegano molti curiosi fatti, che formeranno l'og-
getto di una prossima comunicazione.
Conclusione.
« Dalla esposta teoria risulta :
«■ 1° Che a produrre le attrazioni e ripulsioni apparenti tra i corpi gal-
leggianti non intervengono affatto le pressioni idrostatiche;
« 2° Che i detti movimenti dipendono solo dalla tensione superficiale
del liquido, e dal formarsi dei menischi i cui piani d'attacco sono inclinati sulla
superficie del liquido. E precisamente, se questi piani d'attacco sono sinclinali
o anticlinali, le due forze sono concorrenti, e vi è attrazione (fig. 3 D, E) ; se
quei piani sono paralleli, le forze sono parallele e contrarie, quindi vi è ripul-
sione (fig. E);
« 3° Infine, che i medesimi fenomeni di attrazioni e ripulsioni, si otten-
gono fra corpi abbracciati da una semplice lamina liquida; il che esclude a
priori ogni intervento di azione idrostatica ».
Fisica. — Ricerche intorno alle deformazioni dei condensatori.
Nota I. del dott. Michele Cantone, presentata dal Socio Blaserna.
« Lo studio di queste deformazioni rimonta sin dai tempi di Volta, essen-
dosi da Fontana (') per il primo osservato che la capacità di una boccia di
Leyda aumentava alla carica ; e si cercò sin dal principio di spiegare il feno-
meno attribuendolo, come Volta fece, alle pressioni che si devono produrre
alle due superficie del coibente per le elettricità di segno opposto che vi si
trovano accumulate. Altri fatti trovati successivamente e collegantisi con questo
argomento portarono a spiegazioni diverse; se non che ricerche estesissime,
(!) Per la letteratura dell'argomento ve'l' Wiedemann, Die Lekere v. d. Electrìcitiit.
B. IL S. 105.
— £45 —
fatte sul proposito negli ultimi tempi da Quincke ('), hanno mostrato che
la ipotesi di Volta è quella che meglio renda ragione dei fenomeni relativi
alle deformazioni dei condensatori.
« Il Quincke infatti tenendo conto delle pressioni che, secondo Maxwell,
si hanno sulle due faccie del dielettrico, ed applicando le formule di Lamé
per le deformazioni dei recipienti cilindrici sottoposti a pressioni uniformi alle
due superficie ; ponendo uguale a | il coefficiente di Poisson, otteneva per le
variazioni di volume interno dei termometri-condensatori da esso adoperati :
z/v 5 D P2
Y 16 7T E
°(lognat|Y
od approssimativamente, nel caso che i raggi esterno ed interno differissero
poco fra loro:
V 16/rEJ2 {)
dove D è il potere induttore specifico della sostanza costituente le pareti;
P denota il potenziale dell'armatura interna, o la differenza di potenziale
delle due armature (essendo quella esterna in comunicazione colla terra);
E il coefficiente di elasticità e rJ lo spessore delle pareti : e constatò che le
variazioni di volume erano in certo modo proporzionali ai quadrati delle
differenze di potenziale P, e inversamente proporzionali ai quadrati degli spes-
sori. Però per quanto riguardava i valori assoluti di quelle variazioni di vo-
lume non potè ottenere un accordo fra i risultati delle esperienze e quelli che
si sarebbero dovuti avere teoricamente in base alla formula (1).
« Certo potevano sul valore di -^ influire sensibilmente gli errori ine-
vitabili nella determinazione di D e P , e probabilmente anche di più quelli
che si aveano per E e d ; ma le divergenze erano assai forti perchè potessero
venire attribuite a siffatte cause di errori; si è pensato perciò di studiare
teoricamente la quistione sotto un punto di vista diverso da quello tenuto
da Quincke.
« Il prof. Helmholtz (2) per il primo ha cercato quali forze dovessero
destarsi nei punti di un dielettrico sottoposto a polarizzazione, nella ipotesi che
al variare della densità nel mezzo variasse la costante dielettrica. Le con-
clusioni a cui è arrivato, servendosi del principio della conservazione della
energia, sono diverse da quelle cui si arriverebbe supponendo col Maxwell
che le azioni elettriche si propagassero a distanza per le tensioni del dielet-
trico senza tener conto della variazione eli quella costante colla densità del
coibente, pervenendosi nel caso trattato dall' Helmholtz a tensioni in direzione
0) Quincke, Electrische (Inter suchungen. Wied. Ann., B. XIX. S. 545, 705.
(2) Helmholtz, Ueber die auf das Innere magnetisch orfer dièlectrisch polarisirter
Korper ivirkenden Krafte. Wied. Ann., B. XIII. S. :>85.
— 346 —
delle linee di forza e a pressioni perpendicolarmente ad esse, come secondo
la teoria di Maxwell ; avendosi però per le tensioni valori assoluti diversi da
quelli che si aveano per le pressioni.
« Son seguiti al lavoro del prof. Helmholtz altri lavori sullo stesso argo-
mento, fra cui importantissimi quelli quasi contemporanei di Kirchhoff (') e
Lorberg (2), i quali seguendo vie diverse sono arrivati a risultati concordanti.
Questi fisici consideravano il problema sotto un aspetto più generale che non
fosse stato trattato precedentemente, in quanto che ricercavano quali dovessero
essere le forze elastiche di reazione nell'interno del coibente, nella ipotesi di
una variazione diversa della costante dielettrica per uno spostamento in dire-
zione delle linee di forza o perpendicolarmente ad esse.
* In base a questi risultati teorici si sono potute calcolare le variazioni
di volume interno dei condensatori aventi forma sferica o cilindrica, e per
questi ultimi si è trovato dover essere la dilatazione del recipiente presso
a poco il triplo della dilatazione lineare, fatto importante perchè confermato
dalle esperienze di Quincke.
« Le formule ricavate da Lorberg per le variazioni di volume e di lun-
ghezza in un condensatore cilindrico terminato da calotte sferiche, sono rispet-
tivamente :
a p2
L = Ed
1 IL
dove a = — -7j, cioè, (tenendo presente che D = l-{-47r#); « denota il
tv ù
rapporto fra l'aumento della costante di polarizzazione & e la contrazione
corrispondente nella direzione della linea di forza; e fi è il cofficiente ana-
logo per uno spostamento perpendicolare alla linea di forza. Quanto ad h* è
una costante per un dato recipiente, e dipende dalla natura della calotta ter-
minale : nel caso che questa fosse un emisfero dello stesso spessore delle pa-
reti del tubo, si avrebbe h2 = 1 .
« Il Lorberg ha cercato di applicare le formule ricavate ai valori speri-
mentali ottenuti da Quincke e ai quali avanti si è accennato; ma non ha
potuto procedere ad una verifica dei risultati teorici, sia perchè non riteneva
potersi adottare, come il Quinche avea fatto, per il cofficiente di Poisson il
valore j , sia perchè non trovava, nei numeri ottenuti da Quincke, concordanza
relativamente alla legge che stabilisce la dipendenza fra le variazioni di vo-
lume e le differenze di potenziale delle due armature, sia ancora perchè il
(!) Kirchhoff, Weber die Formànderung, die ein fesier elastischer Korper erfàhrt,
wenn er magnetisch oder dièlectrisch polarisirt wird. Wiecì. Ann., B. XXIV. S. 52;
XXV. S. 601.
(~) Lorberg, Ueber Electrostrietion. Wied. Ann.. B. XXI, S. 300.
— 347 —
valore di h2 era incerto; si è limitato soltanto ad una verifica qualitativa,
deducendo da essa che i valori di a e § delle precedenti formule non po-
teano essere uguali a zero.
« Importava come si vede di intraprendere altre ricerche le quali potes-
sero in modo più concreto mostrare se la nuova teoria fosse d'accordo coi
risultati sperimentali, e dare, approssimatamente almeno, i valori delle co-
stanti a e /3 da questa teoria introdotte.
« Io ho voluto fare in proposito uno studio sperimentale i cui risultati
espongo nella presente Memoria. Le ricerche furono eseguite nel laboratorio
di fisica della R. Università di Palermo, grazie alla cortese ospitalità accor-
datami dal chiarissimo prof. D. Macaluso.
« Esse hanno avuto per iscopo di determinare sperimentalmente le varia-
zioni di volume interno e di lunghezza in vari condensatori cilindrici termi-
nati da calotte sferiche per diverse cariche date ai condensatori medesimi.
In base a questi valori, servendomi delle formule (2) e (3) ricavate da Lorberg,
ho proceduto alla determinazione delle costanti a e § nel modo che sarà in
seguito indicato.
« Espongo anzitutto come abbia determinato i vari elementi di cui si
deve fare uso volendo applicare le formule sopra accennate.
« Costanti di elasticità. In altra Memoria (l) ho pubblicato i risultati
di uno studio ausiliare da me fatte allo scopo di avere i valori di tali costanti
per i recipienti che adoperavo come condensatori : ho cercato che questo studio
fosse condotto colla maggior cura possibile per ovviare a quelle incertezze che
in un argomento così strettamente legato colla teoria della elasticità avreb-
bero resi dubbiamente ammissibili i risultati delle esperienze. Ho determi-
nato perciò prima i valori della costante di Poisson per i diversi recipienti,
ed ho ottenuto con grande approssimazione per tutti il numero 0,250 ; ho rica-
vato in base a tale dato i coefficienti di elasticità per i quali ho trovato valori
compresi fra 6300 e 7000 circa. Non è a meravigliare dei valori non con-
cordanti avuti per queste ultime costanti, giacché è noto come il vetro su-
bisca per i processi di fusione e di raffreddamento variazioni notevoli di strut-
tura. Del resto i fisici che si sono occupati del coefficiente di elasticità del
vetro, hanno trovato valori disparati per recipienti della medesima qualità, e
il Quincke fra gli altri operando con gran numero di recipienti pervenne a
risultati assai più discordanti dei miei.
« Dimensioni dei recipienti. I recipienti da me adoperati erano, come
si è accennato, di forma cilindrica, aveano pareti sottili e gli assi rettilinei;
ad un estremo erano chiusi da una calotta sferica, all'altro estremo portavano
saldato, mediante un tubo intermedio, un cannello capillare destinato alla
lettura delle variazioni di volume.
(') Cantone, Nuovo metodo per la determinatone delle dar costanti di elast
Rend. Acc. Lincei. Voi. IV, 1° seni., p. 220 e 292.
— 348 —
« Le determinazioni del volume di ciascun recipiente, del raggio interno R0,
dello spessore ó delle pareti, e della sezione del tubo capillare, vennero fatte
come è indicato nella memoria citata relativa alla ricerca delle due costanti
di elasticità.
« Valori di h2. Per evitare in parte gli errori cui avrebbe potuto dar luogo
la determinazione di questa costante per ciascun recipiente, ho procurato di
dar forma di emisferi alle calotte terminali dei vari condensatori, con uno
spessore non molto differente da quello delle pareti laterali. Verificate queste
condizioni si potea porre, come avanti si è accennato, h2 = 1 , ed io ho rite-
nuto per li2 questo valore, perchè assai approssimato nelle condizioni in cui
operavo. Del resto, sperimentando con diversi condensatori, le piccole incer-
tezze sui valori di h2 non potevano notevolmente influire sulle costanti « e (ì
che mi proponevo di determinare, perchè le ricerche estese ai vari recipienti
fornivano un controllo circa l'ammissibilità del valore dato ad hr. Aggiungerò
sul riguardo che la misura diretta fatta per gli spessori di alcuni pezzi otte-
nuti dalla rottura delle calotte terminali, diede in generale risultati soddisfa-
centi, mostrando appunto che tali spessori non erano assai diversi da quelli
delle pareti laterali. Fece solo eccezione uno dei recipienti, il quale presen-
tava una calotta notevolmente slargata; in esso si trovò eziandio un forte
assottigliamento delle pareti nella regione sferica terminale : siccome poi questo
condensatore diede risultati che presentavano anomalìe, non si tenne conto di
esso nei calcoli delle esperienze.
« Costante dielettrica del vetro. La ricerca di questa costante fu fatta
dopo che vennero determinate le variazioni di capacità e di lunghezza dei
condensatori. Ciascuno di questi tubi di cui erano formati i recipienti, rotte
le calotte terminali, veniva argentato internamente ed esternamente; tolta
poi l'argentatura negli estremi mediante l'immersione successiva nell' acido
nitrico diluito, si avea, in seguito al pulimento ed alla verniciatura della
della parte scoperta, un involucro cilindrico coibente circondato all'interno ed
all'esterno da due armature metalliche della stessa lunghezza.
« Si disponeva inoltre di un condensatore ad aria costituito da due lastre
da specchi, argentate per due porzioni rettangolari uguali, le quali si sovrap-
ponevano in modo che le due armature fossero prospicienti. Fra le due lastre
stavano agli angoli quattro pezzi di una lastra da specchio, aventi sensibil-
mente lo stesso spessore e destinati a mantenere parallele le due faccie argen-
tate. Le lastre che servivano a portare le due armature erano di uno spes-
sore di 3mm circa, e siccome non erano assai estese si sarebbe potuto trascurare
in certo modo l'incurvamento dovuto alla flessione della lastra sovrastante;
però volendo procedere con più rigore, ho pensato di non poggiare la lastra
inferiore direttamente sul piano che dovea reggere il condensatore, ma di adat-
tarla su quattro pezzi di vetro posti sul piano di appoggio al di sotto di
quelli su cui poggiava la lastra superiore : così l' incurvamento delle due
— 349 —
armature si poteva ritenere uguale, e lo spessore della lamina d'aria lo stesso
in tutti i punti. Due sottili strisce di stagnuola fissate alle parti argentate con
acqua gommata in due punti non prospicienti, permettevano di caricare una
delle due armature e di porre l'altra in comunicazione col suolo.
« Sapendosi che la capacità di un condensatore piano ad aria è data dalla
formula :
S
C
4tvcI
dove S denota l'area di ciascuna armatura e d lo spessore della lamina d'aria;
e che quella di un condensatore cilindrico si ottiene mediante la formula :
4,605 lg fi
dove D è la costante dielettrica della sostanza costituente le pareti, l la lun-
ghezza delle due armature ed RiR„ i raggi del tubo; si vede che per la
determinazione di D basta fare il confronto delle capacità di due condensa-
tori cosiffatti.
« Per procedere a tale confronto ho operato nel seguente modo. Un poz-
zetto di mercurio a (bene isolato) poteva mettersi in comunicazione mediante
il commutatore m con uno dei poz-
zetti b //, contenenti anch' essi mer-
curio e dei quali il primo era sorretto
direttamente da un filo metallico sal-
dato ad uno dei poli di una piccola
batteria voltaica zinco-acqua-rame B ,
l'altro da un filo metallico fissato al
morsetto corrispondente ad una coppia
di quadranti in un elettrometro Ma-
scari E: d'ordinario per l'azione di
un piccolo contrappeso dalla parte di V
applicato al commutatore, si avea la
comunicazione fra questo pozzetto ed a.
L'elettrometro avea, come si è detto,
una coppia di quadranti in comunica-
zione con b3 l'altra col suolo e l'ago caricato mediante una batteria voltaica
di 100 elementi. Al pozzetto a facea capo un filo che serviva alla carica di uno
dei condensatori, poniamo per esempio quello ad aria; mentre il filo desti-
nato alla carica dell'altro si ponea in comunicazione con b\ Dando un piccolo
colpo al commutatore dalla parte di b, si potea stabilire per circa 1" la
comunicazione fra il condensatore ad aria e la piccola batteria B ; così l'ar-
matura non derivata del condensatore veniva al potenziale P fornito dalla
pila : stabilendosi successivamente la comunicazione fra b' ed «, la elettricità
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 45
Fijr. la
— 350 —
che era servita alla carica del primo condensatore si distribuiva fra i due e
l'elettrometro con un potenziale comune P'. Si ripetea indi lo stesso processo,
tenendo però il condensatore ad aria in comunicazione col pozzetto b' e quello
cilindrico con a.
« Chiamando a ed d gli angoli di deviazione dell'ago nell'elettrometro,
avuti nei due casi, si hanno, come si sa, le seguenti relazioni:
CP
K
K
C + C' + C"
CP
CH-C' + C"
nelle quali indico con K la costante dell'elettrometro, con C C rispettiva-
mente le capacità del condensatore ad aria e di quello cilindrico, e con C"
la capacità dell'elettrometro. A tutto rigore quest'ultima sarebbe dipendente
dall'angolo di deviazione ; però gli errori provenienti dalla variazione di tale
angolo non sono considerevoli, e poiché d'altra parte si aveano angoli di devia-
zione assai piccoli, si potea supporre nel nostro caso C" costante.
« Mi sono assicurato precedentemente che queste formule erano appli-
cabili, misurando gli angoli di deviazione dell'ago, dopo aver messo in comu-
nicazione diretta b e b\ per cariche relative ad 1, 2, 3, 4 elementi della
piccola batteria ad acqua; ho trovato che gli angoli erano proporzionali al
numero degli elementi adoperati, e siccome le deviazioni ottenute per cia-
scuno di essi isolatamente erano sensibilmente uguali, ho potuto dedurre che
le deviazioni dell'ago erano proporzionali ai potenziali cui si portava la coppia
di quadranti in comunicazione con b' .
« Dalle due precedenti relazioni si ricava:
a_ _C_
a' — C
e quindi:
et
« La lunghezza e la larghezza delle armature del condensatore essendo
di 340mm e 250mm rispettivamente, e lo spessore della lamina d'aria di 0mm,874,
si trovò:
C = 7853mm.
« Mediante questo valore e quelli di et et forniti dalle esperienze, per
ciascun condensatore cilindrico, si calcolarono i valori di C, e quindi ser-
vendosi della formula (4) si ebbero le costanti dielettriche del vetro per i
vari recipienti.
« I tubi cilindrici adoperati come condensatori furono in numero di quattro
ed io li segno coi numeri d'ordine I, II, III, IV relativi ai recipienti cui
tali tubi appartenevano, osservando che conservo le stesse notazioni adoperate
nella relazione sulle esperienze di elasticità.
— 351 —
Riporto nella seguente tabella i risultati ottenuti per la determinazione
delle costanti dielettriche.
Numero
del
recipiente
Raggio
iìit.
Raggio
est.
Lunghezza
delle
armature
«
a'
C
D
I
II
III
IV
11
4,205
4,327
7,593
4,799
mm
4,599
4,721
8,210
5,271
mra
430
305
411
441
0 / //
0.36.29
0.41.56
0.32.54
0.36.44
Olii
1. 8. 4
0.50.29
1. 2.22
1. 2.28
mm
14652
9454
14887
1335 1
6,10
5,39
5,60
5,68
« I valori ottenuti per D non sono ugnali fra loro, ma questo fatto non
si potrà attribuire ad imperfezione del metodo adoperato, perchè anche il
Quincke per i vari condensatori di cui fece uso trovò con metodo diverso per
il potere induttore specifico del vetro valori assai disparati ; converrà ritenere
piuttosto che le variazioni di struttura del vetro per i processi di fusione e
di raffreddamento portino la loro influenza sulla costante dielettrica.
« Misura dei potenziali. Non avendo a mia disposizione alcun apparec-
chio che mi permettesse direttamente la misura del potenziale cui si portava
l'armatura interna di ciascun condensatore colla macchina elettrica, ho do-
vuto procedere a questa determinazione per via indiretta, servendomi di un
micrometro a scintille e basandomi sulle esperienze di Baille (J). Questi, in
uno studio accurato sulla distanza esplosiva delle scintille, era pervenuto al
risultato che, per distanze comprese fra certi limiti, la lunghezza della scin-
tilla fra due sfere, pur dipendendo dalle dimensioni loro, era sensibilmente
proporzionale alla differenza di potenziale delle due sfere. Dai risultati cui
è venuto il Baille si può dedurre l'influenza delle dimensioni delle sfere, e
inoltre, poiché i potenziali furono in quelle esperienze misurati in valori asso-
luti, si ha il mezzo, fondandosi su quelle ricerche, di ottenere i potenziali
in valori assoluti mediante la misura delle distanze esplosive fra due sfere
metalliche di diametri noti.
« Il micrometro a scintille di cui mi serviva, portava due sfere di ottone
del diametro di due centimetri ; in esso, mediante una scala graduata in mil-
limetri e un nonio, si potea misurare la distanza delle due sfere con suffi-
ciente approssimazione, purché si avesse cura di girare la vite micrometrica
sempre in un senso, per evitare gli errori provenienti dal passo perduto.
« Variazioni di lunghezza e di volume dei condensatori. Ho voluto
determinare le variazioni di lunghezza dei condensatori cilindrici servendomi
del metodo di Fizeau, che ho trovato di attuazione non molto difficile e che
(!) Baille, Ann. de Chim. et de Phys. 25, P. Am. 1882.
— 352 —
ho ritenuto preferibile a molti altri per il modo con cui in valori assoluti
si poteano avere quelle variazioni.
« La disposizione cui si avea ricorso era quasi identica a quella ado-
perata per constatare gli allungamenti dei recipienti cilindrici sottoposti a
pressione interna nelle esperienze per la ricerca delle due costanti di elasti-
cità, e permetteva nel tempo stesso di determinare le variazioni di volume
interno dei serbatoi; io rimando pertanto il lettore per maggiori dettagli a
quella pubblicazione, limitandomi solo qui ad accennare all'assieme dell'ap-
parecchio e a quelle modificazioni che per il nuovo genere di ricerche ho
dovuto introdurre.
« Ad una mensola M (fig. 2a) attaccata al muro veniva fissato il con-
densatore A per una porzione del tubo intermedio I , che univa il recipiente
stesso al cannello capillare T su cui si valutavano le
variazioni di volume. Al tubo intermedio I era inoltre
fissato un tubo B che circondava il recipiente A per
tutta la lunghezza e portava inferiormente una lastrina l.
Fra questa e un'altra /' attaccata all'estremo del reci-
piente A si producevano le frangio d'interferenza per
la doppia riflessione di un fascio parallelo di luce mo-
nocromatica. I recipienti erano pieni di acqua comune,
la quale costituiva l'armatura interna del condensatore:
un filo di platino saldato alla parte superiore del tubo I
era messo in comunicazione con una macchina elettrica
a strofinìo, e serviva a trasmettere la carica fornita
dalla macchina al liquido. Il recipiente era argentato
esternamente sino alla base del tubo I, dove mediante
alcuni strati di stagnuola si adattava il filo di rame
che metteva questa seconda armatura in comunicazione
col suolo. Ad evitare una possibile dispersione della
elettricità alla superficie del vetro lungo il tubo I, si
ebbe cura di rivestire questa superficie con vernice di
gomma lacca. Il filo che metteva in comunicazione la
macchina col condensatore portava una diramazione che
facea capo ad una delle palline dello spinterometro,
di cui l'altra era in comunicazione colla terra.
« Lo stesso tubo capillare, di cui si determinò colla
massima cura la sezione dopo essermi accertato che
fosse sensibilmente calibro, fu saldato successivamente
ai vari recipienti-condensatori : con questo ebbi il van-
taggio di evitare gli errori relativi che si sarebbero
avuti da un tubo all'altro adoperando cannelli capillari differenti. Gli sposta-
menti dell' estremo della colonna liquida alla carica del condensatore si
— 353 —
valutavano mediante un cannocchiale munito di micrometro, di cui poteva
avere con sufficiente esattezza l'ingrandimento.
« Per ogni recipiente che si adattava alla mensola M si constatò, prima
di cominciare le esperienze relative alle deformazioni, se gli spostamenti delle
frangie rispetto a vari punti, di riferimento segnati nella lastrina l' , fossero
uguali per tutti i punti, per accertarsi se le due lastre si spostassero paral-
lelamente l'una all'altra, e nei casi in cui non si trovò verificata questa con-
dizione si modificò la sospensione sino a riuscirvi. Si ritenne pertanto suffi-
ciente di misurare gli spostamenti delle frangie rispetto ad un punto segnato
nel centro della lastrina /'. Ad assicurarsi poi che lo spostamento delle frangie
non dipendesse in parte dal modo con cui si operava la sospensione, si fece
dopo una prima una seconda serie di esperienze coi vari condensatori: i ri-
sultati che si ebbero da questa seconda serie furono quasi coincidenti con
quelli della prima.
« Le esperienze furono fatte sotto l'anfiteatro della scuola di fisica, dove
la temperatura variava pochissimo durante la giornata. Del resto si erano
adoperate tali cautele, come ho accennato nel citato lavoro, per non avere
azioni disturbatrici dalle variazioni di temperatura, che si potea esser sicuri
della influenza trascurabile di tale causa di errore.
« Per quanto riguarda il modo con cui furono fatte le osservazioni, dirò
che in taluni casi vennero misurate contemporaneamente le variazioni di vo-
lume nel tubo capillare e gli spostamenti delle frangie da due osservatori ;
ma avendo visto i valori costanti che si aveano per una data lunghezza di
scintilla da una parte e dall'altea, e riuscendomi inoltre difficile di disporre
sempre di un aiuto nelle mie ricerche, ho fatto da solo alternativamente le
misure per le variazioni di volume e di lunghezza, ripetendo le une e le altre
più volte per assicurarmi dell'entità pei risultati ottenuti ».
Fisica. — Sulle modificazioni prodotte dal magnetismo nel
bismuto. Nota del dott. Giovan Pietro Grimaldi, presentata dal Socio
Blaserna.
« Il sig. Herbert Tomlinson ha presentato alla Società fisica di Londra,
nella seduta del 28 gennaio 1888 un'interessante Nota, riassunta nel fascicolo
del 3 febb. 88 della Electrical Keview.
« In essa, dopo aver accennato all'influenza del magnetismo sulla resi-
stenza elettrica di alcuni metalli, specialmente del bismuto, egli dice che riscal-
dando un'asta di bismuto sotto l'azione di una forza magnetizzante, si ha una
forza elettro-motrice, che va dal metallo non magnetizzato al magnetizzato
attraverso la giuntura calda.
» Questo fatto era stato da me annunziato fin da più di un anno fa in
— 354 —
una Nota presentata alla R. Accademia dei Lincei (!) nella seduta del 7 feb-
braio 1887 (pubblicata nel fascicolo del dicembre 1887 dal Philosophical
Magaziue) e studiato accuratamente in una Memoria presentata ai primi di
giugno 1887 alla Società di scienze naturali ed economiche di Palermo. In
questa Memoria dicevo appunto che in un'asta di bismuto in parte magne-
tizzata, la corrente va attraverso la saldatura calda « dal bismuto non ma-
gnetico al magnetico se commerciale, e dal magnetico al non magnetico se
puro » (2).
« Nella Nota sopra accennata il Tomlinson dice inoltre che le variazioni
di dimensione subite dal bismuto per effetto del magnetismo, sono troppo pic-
cole per ispiegare la variazione di resistenza elettrica.
« Anch'io ho studiato le deformazioni del bismuto nel campo magnetico,
per vedere se possano rendere conto delle variazioni di potere termoelettrico,
come pare avvenga, secondo il Thomson, per il ferro.
« Però io non ho potuto constatare, con un apparecchio molto sensibile,
alcuna variazione di lunghezza con aste di bismuto lunghe da 30cm a 40cm,
fatte con lo stesso metallo adoperato per lo studio termo-elettrico e sottoposte
all'azione di un campo magnetico uniforme, che produceva nel ferro un note-
vole allungamento. Se si considera che nel bismuto la variazione di potere
termoelettrico è moltissimo più grande che nel ferro, mentre nessuna varia-
zione di lunghezza ho potuto scorgere, si dovrà nettamente escludere la spie-
gazione sopra accennata.
« Un simile studio era stato fatto dal Tyndall ; ma le proprietà fisiche
del bismuto variano così grandemente da campione a campione, come hanno
dimostrato tanti sperimentatori e recentemente von Aubel, che io ho creduto,
per poterne trarre conseguenze attendibili, rifare le stesse ricerche sopra il
metallo adoperato per le esperienze termoelettriche. Ne riferirò in seguito
i particolari » .
(i) In una recente Memoria (Wied. Ann. 1888, n. 3) i sigg. Ettingshausen e Nemst
dicono che il fenomeno in parola da me trovato, non è altro che l'azione termo-magnetica
longitudinale da essi osservata solamente nelle lamine di bismuto collocate in un campo
magnetico, col piano perpendicolare alle linee di forza. Viceversa io ho dimostrato (Nuovo
Cimento voi. XXII pag. 5) che la detta azione, della quale gli autori non diedero alcuna
spiegazione (anzi esclusero che fosse di natura termoelettrica) è un effetto complesso dovuto
alla variazione di conducibilità calorifica e di potere termoelettrico, che avviene nel bismuto
sottoposto all'azione del magnetismo, ed è impossibile, per il modo come le esperienze erano
condotte, distinguere quanto appartiene all'una e quanto all'altra causa. La dissertazione
inaugurale del Nemst, nella quale egli studia anche l'effetto termomagnetico longitudinale
è posteriore ad entrambe le mie pubblicazioni.
(2) È probabile che il Tomlinson abbia sperimentato sopra metallo non chimica-
mente puro.
— 355 —
Mineralogia. — Sopra gli sferoidi di Ghistorr ai presso Fornii
in Sardegna. Nota IV. di Domenico Lovisato, presentata dal Socio
Struever.
« Altra visita a Ghistorrai presso Fornii ed un esame più minuto, tanto
macroscopico che microscopico, sopra i curiosi sferoidi, racchiusi nella granu-
lite di quella interessante località, non andarono esenti da nuovi risultati, che
mi piace affidare a questa Nota , ora specialmente che ho potuto esaminare
qualche campione del granito variolitico di Craftsbury nello stato di Vermont,
col quale voleva vedere una certa rassomiglianza (1).
« Le osservazioni da me già fatte (2), che gli sferoidi con un aggregato
centrale micaceo erano i più regolari, ma che queste concentrazioni di mica erano
anche affatto eccezionali, hanno avuto anche questa volta la più ampia con^
ferma: infatti sopra 69 inclusi sezionati, che quindi fanno vedere il nucleo
interno, solo due mi si manifestarono di questa specie, e quindi in generale
noi possiamo dire che la parte centrale degli sferoidi presentasi per lo più
quasi identica alla massa inglobante, non solo per la struttura, ma anche per
la sua composizione chimica.
« Ho potuto constatare ancora che tanto nella parte interna, quanto spe-
cialmente nella pasta granulitica inglobante quegli arnioni, l'epidoto è più
abbondante di quello che credea per l'esame nuora praticato; come osserva-
zioni più attente m' hanno permesso di verificare assai più frequente la mica
biotite cloritizzata e la muscovite, mancante assolutamente nelle buccie, in
discreta quantità nella parte interna degli arnioni ed abbondante nella roccia
che li involge, contrariamente quindi a quello che dissi (3), essere questa
mica eccezionale allatto nella granulite di Ghistorrai.
« Stavolta poi ho potuto trovare ed estrarre degli arnioni piccolissimi:
uno di questi, che sarebbe il più piccolo, involto da buccia micacea, che com-
pare come un involucro semplice, della lunghezza di 37 mm., ha nella sua
parte mediana il diametro maggiore di 20 mm. ed il minore di 12, appa-
rendo quasi della forma di un cristallo di feldespato un po' schiacciato ; la
compage interna d'altro piccolo, col diametro maggiore di 32 mm. e col mi-
nore di 15 nella sua sezione mediana, mostra pochissima mica, mentre il
quarzo compenetra abbondantemente il feldespato, così da dare all'interno di
questo piccolo sferoide macroscopicamente l'apparenza di struttura micropeg-
matitica ; un terzo, un po' più grande, ha lo stesso aspetto interno, sebbene più
(*) Lovisato, Sopra il granito a sferoidi di Ghistorrai presso Fonni in Sardegna.
Nota II. Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, Voi. I, 1881-85, pag. 820.
(2) Lavoro citato, p. 82-1; e Nota III, Rendiconti ecc. Voi. II, 1° Seni., 1886, pag. 509.
(3) Lavoro citato, Nota II, pag. 823.
— 856 —
rossigno, ed è così schiacciato su due lati da far pensare, meglio ancora del
primo, che un cristallo di feldespato, di cui sarebbero marcate le faccie P,
abbia servito da centro di attrazione; un quarto del diametro maggiore di
43, 5 mm., col minore di 24, presenta il nucleo centrale limitatissimo, di meno
che 240 millimetri quadrati, composto di quarzo, delle due miche e dei due
feldespati uniformemente distribuiti, ma non però come la pasta normale della
roccia involgente ; anche la parte periferica non è così bene formata come nei
grossi sferoidi, cioè solo da buccie di mica biotite, regolarmente disposta in
mezzo a feldespato, ma lascia vedere dopo una specie d'involucro micaceo una
zona centrale formata da feldespato tutto disseminato di grossi grani di quarzo
e qualche poco di mica : succedono quindi le buccie terminali di mica abba-
stanza regolarmente disposte.
« Ho trovato alcuni di questi sferoidi rotti, slogati, spostati, come fossero
derivati da piccole faglie avvenute nella massa granulitica, che li contiene,
e quindi risaldati col mezzo di quarzo, che sarebbe perciò di formazione
secondaria.
« Ho potuto col mezzo di mine addentrarmi nella roccia fresca ed estrarre
campioni, i quali fanno vedere, come veramente cristalli di feldespato o più
specialmente masse feldespatiche o masse feldespatiche mescolate con quarzo,
sieno stati i centri di attrazione per la genesi dei curiosi arnioni : alcuni di
questi campioni contengono presso ad uno sferoide completo od accanto alla
cavità lasciata da un altro di essi degli inclusi, che stanno per completarsi,
inclusi limitati da una prima buccia di mica, od anche talvolta appena accen-
nati. A questa granulite a grossi elementi, levigata e lucidata, tali inclusi
coi grossi cristalli di feldespato o formati da un aggregato centrale feldespa-
tico con particelle di quarzo, che lo compenetrano, ed inviluppati per la più
parte dalla mica biotite, danno un bellissimo aspetto, quasi porfiroide, spic-
cando nettamente dalla massa cristallina generale, e specialmente dai con-
torni di mica nera il feldespato bianco o lievemente roseo, presentandosi sopra
una superficie di un decimetro quadrato ben 11 di quelli arnioncini.
« Al microscopio però questi cristalli di feldespato si presentano estre-
mamente impuri, specialmente per pagliette di mica bianca che appariscono
in essi in abbondanza.
« L'illustre Fouqué, secondando i miei desideri, ha pubblicato una im-
portante Nota su questa granulite (1). Questo lavoro fu fatto dal Fouqué al
solo scopo di dare la sua opinione sulla curiosa roccia, non certamente nel-
l'intenzione di farne una descrizione completa ; e ciò serve a spiegare, perchè
l'esimio scienziato nella sua Nota non abbia parlato dell'apatite, dello sfeno,
del zircone, minerali quasi costanti in tal genere di roccie. né degli altri mi-
nerali accessori, che compariscono nella forma litologica di Ghistorrai.
(!) M. Fouqué, Sur les nodules de la granulite de Ghistorrai près Fonni (Sardai-
gne). Bulletiu de la Société francaise de Mineralogie. Janvier 1887.
— 357 —
« Biguardo ai feldespati il distinto professore del Collegio di Francia nella
sua interessante Nota (]) ci dice che ha trovato che l'ortosio e l'oligoclasio,
d'un bianco lattiginoso, sono egualmente sviluppati ed al microscopio si pre-
sentano molto alterati, ciò che mostra anche l'antichità della roccia, ed en-
trano nella massa e nel nucleo, mentre è l'albite o un microclino molto sodi-
fero, che forma le buccie assieme alla biotite. Questo medesimo feldespato
fu trovato dal Fouqué in uno degli arnioni con concentrazione di mica, e per
l'importanza dell'osservazione riporto le sue parole : « . . . . On y trouve, en
effet, de grands cristaux d'orthose et d'oligoclase altérés, de la biotite trans-
formée en chlorite et épidote, du mica blanc comme dans les noyaux et d'autre
part, on y voit un feldspath triclinique limpide à petits angles d'extinction,
comme l'albite que nous avons signalée dans la couronne et de la biotite
intacte irrégulièrement distribuée. Le tout est cimenté par du quartz moulant
tous les autres éléments et foraiant entre eux des plages irrégulières » .
« È a questo illustre uomo più che ad altri che devo andar riconoscente
per lo studio al microscopio delle sezioni sottili della curiosa roccia. Le se-
zioni portate con me in Francia erano soverchiamente grosse e non poteano
quindi mostrarmi specialmente certi minerali accessori, che si vedevano net-
tamente nelle preparazioni microscopiche fatte allestire dal sig. Werlein, e che
non ammettono confronto. Così ho potuto vedere posteriormente anche nelle mie
preparazioni, ridotte più sottili, che l'apatite era abbastanza abbondante ed
in discreta quantità lo sfeno. Non posso far a meno poi di manifestare la mia
più viva riconoscenza all'esimio naturalista del Collegio di Francia pel dono,
che mi volle fare, di una magnifica preparazione microscopica, fatta pure dal
sig. Werlein e che è quanto di più perfetto si possa immaginare. Questa se-
zione sottile, ottenuta dal taglio di grosso sferoide, cui stava attaccata una
bella massa di granulite, misura 97 mm. di lunghezza sopra 61 di larghezza,
quindi una superficie generale alquanto più grande di quella che presenta l'in-
gegnosa preparazione del sig. prof. Knop, fatta semplicemente dallo sferoide,
e regalatami dall'illustre prof, vom Rath dell'Università di Bonn (2), essendo
il diametro maggiore di essa di 90 mm., ed il minore di 65 con circa 1 mm.
di spessore.
« Anche lo zircone mi fu svelato in grani dal microscopio e fra non molto
potremo salutare una dotta Nota dell'illustre dott. K. de Kroustchoff, lo stesso
che studiò il granito variolitico di Craftsbury, nella quale vedremo come questo
distinto mineralista abbia trovato nella roccia di Ghistorrai oltreché lo zir-
cone del tipo del granito ordinario e del gneis, ancora un nuovo tipo carat-
teristico, affatto speciale ed unico per la roccia di Ghistorrai ; ci dirà ancora
come questo ultimo zircone comprenda dei pori vetrosi incontestabili e delle
(') Lavoro citato, pag. 1.
(2) Lovisato, lavoro citato, Nota III, 88b\ pag. 1508.
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 1° Sem. I'1
— 358 —
inclusioni fluidali, e come queste ultime sieno comprese anche nella seconda
specie di zircone e gli altri nella prima specie ; vedremo ancora come egli
abbia trovato un minerale ottaedrico anisotropo contenente delle inclusioni
vetrose, fatto d'una importanza reale per lo studio della granulite di Ghistorrai,
nella quale lo stesso dott. K. da Kroustchoff avrebbe ancora rinvenuto l'ana-
tasio in cristalli tabulari del tipo granitico.
« Altri risultati ancora spero farà conoscere il valente naturalista di
Breslavia sulla curiosa granulite che egli imprese a studiare specialmente
pe' zirconi, che in tre anni di lavoro è riuscito ad isolare in circa 100 roccie
cristalline massicce e stratificate, nonché in 50 sedimentarie.
« Che Ghistorrai presso Fonni sia ancora l' unica località in Sardegna,
dove si presenta il singolare fenomeno degli sferoidi, oggi più che mai vo
acquistandone la certezza, dopo aver attraversato in lungo ed in largo l'isola
ed averla esaminata specialmente nelle sue masse granitoidi. Kammeuterò solo
che a cinque o sei metri di distanza dal punto della limitatissima lente di
Ghistorrai m'avvenne di trovare tre sferoidi completamente formati ed alcuni
altri appena tracciati; ciò mi fece pensare che nella massa granulitica di
Fonni possa esistervi qualche altra lente, racchiudente i famosi inclusi.
« Che poi la località di Ghistorrai sia oggi ancora l'unica sulla terra che
presenti la granulite cogli inclusi descritti, valse a convincermi l'esame dei
due campioni del granito variolitico di Craftsbury, col quale aveva voluto
intravedere (') una certa rassomiglianza, dopo la lettura della Nota descrittiva,
fatta dallo stesso dott. K. de Kroustchoff (-), campioni che ebbi per sua
gentilezza.
« Dopo l'esame della roccia dello stato di Vermont devo dichiarare che
essa nulla ha che fare con quella di Ghistorrai. A Craftsbury si tratta di
un granito ordinario a mica nera, quindi oscuro, mentre a Ghistorrai abbiamo
nettamente una granulite, che in nessun punto presentasi così oscura: in quello
non si distinguono ad occhio nudo le due miche, che si veggono distinta-
mente in questa, sebbene in quello abbiamo predominanza di mica bianca:
in quello abbiamo la calcite, che manca in questa ; infatti trattando tanto la
parte granitica inglobante, quanto e specialmente quella interna dei globuli
coli' acido cloridrico in molti punti vedesi una viva effervescenza; questa cal-
cite, che in romboedri netti osservasi all'esame microscopico, particolarmente
all'orlo del nodulo centrale, diminuendo quanto più si procede alla periferia
dell'arnioncino, deve poi essere considerata come elemento primitivo, poiché
si trova in forma di inclusioni negli altri elementi della roccia: in quello non
abbiamo inclusi netti come a Ghistorrai, dove gli sferoidi dalle belle forme
arrotondate e definite sono nettamente isolabili , e dopo una certa serie di
(') Lavoro citato, Nota II, pag. 820.
(2) K. de Kroustchoff, Note sur le granite variolitique de Craftsbury en Amérique.
Bulletin de la Société Minéralogique de Franco. Tome Vili, n. 5. Mai 1885.
— 359 —
buccie, mescolanza di mica nera con albite e qualche grano di quarzo, .si
passa nettamente al nucleo centrale, per lo più della stessa natura della
roccia inglobante, mentre nel granito di Craftsbury i globuli sono bitorzoluti,
non si possono isolare nettamente e macroscopicamente si passa in modo in-
sensibile dalla periferia dei globuli al nucleo centrale ed ali 'occhio nudo
sembra una massa eguale a quella della periferia; inoltre i globuli del gra-
nito di Craftsbury sono piccoli, misurando il diametro maggiore pei campioni
da me avuti in esame meno di 30 mm., mentre gli inclusi di Ghistorrai vanno
dal diametro minore di 37 mm., a quello maggiore di 29 e 30 centimetri,
colla corona micacea involgente lo sferoide, che arriva in uno fino a 2 cen-
timetri ; nulla potrei dire del nucleo centrale dei due sferoidi, che hanno la
lunghezza di 29 e 30 centimetri, essendo essi tuttora non sezionati, ma dal-
l'esperienza fatta che quanto sono codesti arnioni più grossi, tanto più sottile
hanno l'assieme degli straterelli, che costituiscono la buccia, mi pare di poter
dire che non sarà inferiore a 28 e 29 centimetri.
« Fra i minerali accessori nella nostra granulite l'apatite è più abbon-
dante che nel granito di Craftsbury, ma come in questo essa è disseminata
in tutti gli elementi ; in tutte due le roccie compariscono lo sfeno e lo zircone ;
manca si può dire la magnetite nella roccia di Ghistorrai, mentre essa si
trova in certa quantità in quella di Craftsbury.
« Il sig. dott. K. de Eroustchoff avrebbe trovato il rutilo come microlito
prismatico nel quarzo e nel feldispato del granito dello stato di Vermont e
Tanatasio, come dissi superiormente , nella granulite di Ghistorrai. Sulla
gigantolite, che io avrei trovato nella nostra granulite, tanto nella roccia in-
globante, quanto nel nucleo centrale, darò un cenno descrittivo in altra Nota
relativa ad alcuni minerali nuovi per la Sardegna.
« Un grosso campione di granito variolitico, come quello dello stato di
Vermont, vidi a Parigi nelle ricche collezioni dell' Ecole cles Mines al n. 1574,
229 colla scritta : Granite globuleux (orthose, quarts et mica noir). Mas-
sachusetts (Etats- Unii). Avremo quindi che il granito variolitico studiato dal
dott. K. de Eroustchoff per lo stato di Vermont, si troverebbe anche nell'altro
stato, che con quello confina a sud, e perciò questo granito avrebbe un'esten-
sione maggiore » .
Chimica. — Sopra un acido solfoisovalerianico. Nota di Gio-
vanni De Varda, presentata dal Socio Cannizzaro (lK
« Per ottenere l'acido solfoisovalerianico partii dall'acido clorosolfonico
e dall'acido isovalerianico, seguendo il processo d'Hemillian (2).
« Misi in una storta prima 100 p. d'acido isovalerianico e poi 100 p.
(') Lavoro eseguito nell'Istituto chimico di Padova.
(2) L. Ann. 176, 1.
— 360 —
d'acido clorosolfonico, un po' meno cioè di quanto sarebbe stato necessario
(114.47 p.) a far entrare in azione tutto il primo acido. La reazione s'effet-
tuò con forte sviluppo di calore e leggiero abbrunimento ; dopo terminata la
reazione spontanea, credetti bene porre il tutto in un bagno ad olio, che portai
a 100°, e tenni qualche tempo a questa temperatura, ch'elevai poi a poco a poco
fino a 150°, temperatura assai vicina al punto d'ebollizione dell'acido cloro-
solfonico (153°), limite che non si dovea raggiungere e meno poi oltrepassare.
La sostanza non tardò ad assumere un colore molto scuro, fino a che verso
la fine dell'operazione non ebbi che una massa densa e nera in causa d'una
parziale carbonizzazione dell'acido organico. Aggiunta poi dell'acqua al resi-
duo rimasto nella storta, sottomisi il tutto alla distillazione a bagno ad olio,
replicando l'addizione di nuove porzioni d'acqua fino a scomparsa dell'acido
cloridrico ed isovalerianico nel distillato.
« Al liquido denso rimastomi aggiunsi del carbonato di piombo, riscaldai
a lungo ed addizionato il tutto con acqua lo portai all'ebollizione; filtrai a
caldo e replicai sul residuo i trattamenti con acqua, onde estrarre tutto il
sale del nuovo acido, che è poco solubile.
« Il liquido giallo chiaro ottenuto venne liberato dal piombo con idro-
geno solforato, ed il filtrato trattato una seconda volta nel modo descritto,
per eliminare la materia colorante, che precipita assieme al solfuro di piombo.
« La soluzione acida, debolmente colorata in giallo, ottenuta in questo
modo, venne impiegata per ottenere l'acido libero e per preparare i sali di
piombo e di bario.
Acido solfoisovcderiauico (C5 H10 SO.-,).
« Svaporando nel vuoto sull'acido solforico la soluzione acquosa dell'acido
libero ottenuta dal sale piombico, ebbi un liquido denso, che dopo qualche
tempo si solidifica formando una massa cristallina deliquescente.
« Svaporando invece a b. m. avviene una parziale decomposizione, per
cui il liquido diventa bruno ed emette un odore che ricorda quello dell'acido
isovalerianico.
« L'acido solfoisovalerianico riscaldato su lamina di platino si scompone
lasciando indietro un residuo carbonioso.
Solfoisovaleri coiaio di piombo (C3 H8 Pb S05-}-2H2 0).
« Svaporando a b. m. la soluzione del sale piombico anzidetta fino ad
una certa concentrazione, si deposita una sostanza cristallina senza colore, che,
liberata dalle acquemadri, venne purificata per mezzo di ripetute cristalliz-
zazioni dall'acqua.
« Le varie cristallizzazioni di detto sale si mostrarono fra loro identiche,
dando così a credere trattarsi d'un solo solfoacido originato dall'azione del-
l'acido solfonico sull'acido isovalerianico.
— 361 —
« Il solfoisovalerianato di piombo si presenta in mimiti cristalli tubo-
lari, di nessun odore e colore, di sapore dolce, difficilmente solubili nel-
l'acqua ed insolubili nell'alcool, etere e cloroformio ; sono infusibili e possono
venir riscaldati fino a 180° senza indizi di scomposizione. La sua soluzione
acquosa anche concentrata non viene precipitata dall'alcool assoluto, ed ha rea-
zione acida non molto pronunciata. La sua solubilità è di 0.54 di sale anidro
in 100 p. d'acqua, come lo dimostra la seguente determinazione:
gr. 24.667 d'una soluzione acquosa satura a 30° dettero per evaporamento a
b. m. gr. 0.1334 di sale anidro seccato a 150°.
« Il sale piombico ora' descritto cristallizza con due molecole d'acqua,
che perde già a 100° parzialmente e a 150° completamente,
gr. 1.1236 perdettero a 150° gr. 0.098 di H2 0 e dettero indi gr. 0.801 di
PbSOt.
« In 100 parti:
Calcolato per C.-, H» Pb SO.-, Trovato
Pb — 53.47 53.34
Calcolato per C6 H8 Pb S05 + 2H, 0 Trovato
H20 — 8.51 8.72
Solfoisovaleriaiiafo di bario (C5 H8 Ba S05 -J-H2 0).
« Ottenni il sale baritico saturando le soluzioni acquose dell'acido libero
con carbonato baritico.
« Esso presentasi in minuti cristalli tabulari, senza colore e di nessun
odore, di sapore amarognolo astringente, facilmente solubili nell'acqua ed in-
solubili nell'alcool, etere e cloroformio ; sono infusibili e possono venir riscal-
dati a 350° senza indizi di scomposizione. Contengono una molecola d'acqua
di cristallizzazione, che. perdono stando per qualche giorno esposti all'aria,
diventando opachi. Hanno reazione acida,
gr. 0.6936 perdettero a 150° gr. 0.0347 di H20;
gr. 0.905 di sale anidro dettero gr.
0.663
di
Ba
so,
t?
gr. 0.6038 gr.
0.415
di
CO
2 e
gr. 0.141 di H2 0,
«In 100 parti:
Calcolato per C3 H5 Ba S03
Trovato
C —18.91
18.74
H — 2.53
2.60
Ba — 43.24
45.98
Calcolato per C5H8 Ba S05-hH2 0
Trovato
H20— 5.37
5.00.
« La costituzione dell'acido ora descritto non è determinata completa-
mente, non avendo io stabilito la posizione del solfoossile. Hemillian dimostrò,
che l'acido solfo-butirrico ottenuto con lo stesso metodo, che io ho seguito
per preparare l'acido solfoisovalerianico, contiene il residuo dell'acido solforico
— 362 —
in posizione «, nel mio caso però non è esclusa la possibilità, che esso possa
trovarsi invece in posizione /?, essendo questa la posizione del residuo nitrico
nell'acido nitroisovalerianico, che si ottiene direttamente dall'acido isovale-
rianico » (1).
Chimica. — Sui derivati acetilici del Metilchetolo e dello Sceltolo.
Nota di Gaetano Magnanini, presentata dal Socio Cannizzaro (-).
« I derivati acetilici nella serie degli indoli sono stati fino ad ora troppo
poco studiati. Baeyer, il quale ha scoperto l' indolo, descrisse parecchi anni
fa due sostanze da lui ottenute (3) riscaldando l' indolo con anidride acetica alla
temperatura di 180°-200°. La prima di queste sostanze, fusibile a 182°-183°,
ha la composizione di un acetilindolo, e si forma accanto ad un altro com-
posto, più facilmente solubile nel benzolo, il quale fonde a 146° e rappre-
senta molto probabilmente un secondo derivato acetilico dell' indolo. Più tardi
Jackson (4) ha descritto l'acetilmetilchetolo il quale, analogamente all' ace-
tilindolo, si ottiene per azione della anidride acetica sul metilchetolo, so-
stanza ottenuta allora da Baeyer e Jackson (5) riducendo l'c-nitrofenilacetone
con polvere di zinco ed ammoniaca. Non avendo a quel tempo ancora Cia-
mician e Dennstedt (6) fatta conoscere la tendenza particolare del pirrolo di
formare colla anidride acetica un derivato chetonico, si ammise che la for-
mazione dei derivati acetilici dell' indolo e del metilchetolo fosse paragona-
bile a quella dei derivati acetilici delle basi secondarie, e che però l'acetile
sostituisse nelle sostanze in discorso l' idrogeno del residuo imminico. Solo
recentemente E. Fischer (7) ha dimostrato che l'acetilmetilchetolo descritto
da Jackson è un vero chetone e che però, anche sotto questo punto di vista,
l'analogia fra pirrolo ed indolo è completa. Si può dire pertanto che, fino
ad ora, l'acetilmetilchetolo è l'unico derivato acetilico nella serie degli indoli
del quale si conosce la costituzione molecolare ; se l' acetilindolo di Baeyer
sia un derivato chetonico, come è molto probabile, per ora non si può asse-
rire ; molto meno si conosce la natura della seconda sostanza fusibile a 146°
che si forma nella azione della anidride acetica sull' indolo e che potrebbe
essere un vero derivato acetilico, ma che però potrebbe egualmente essere,
come forse è probabile, un secondo derivato chetonico dell' indolo. In ogni
(!) Bredt, Beri. Ber. 15, 2319.
(2) Lavoro eseguito nell'istituto chimico della R. Università di Padova.
(3) Beri. Berichte XII, 1309.
(4J Ibd. XIV, 880.
(5) Ibd. XIII, .187.
(6) Reale Accademia dei Lincei. Memorie voi. XV, 1882-1883.
{"') Beri. Berichte XIX, 2980.
— 363 —
caso però l'esistenza di veri derivati acetilici, degli indoli, nei quali l'acetile
si trovi legato all'azoto non è ancora dimostrata.
« Le mie ricerche sono dirette a riempire questa lacuna. Io ho trovato
che anche gli indoli possono dare, sebbene con una certa difficoltà, dei veri
derivati acetilici, i quali a differenza dei loro isomeri sono decomponibili dalla
potassa; preferibilmente però si formano i derivati chetonici i quali si de-
compongono solo coli' acido cloridrico concentrato bollente. Questa decomposi-
zione coll'acido cloridrico, non è ristretta ai derivati chetonici degli indoli;
anche l'«-acetilpirrolo, se viene bollito con acido cloridrico concentrato, in
parte si resinifica, ed i vapori che si svolgono colorano intensamente in rosso
una scheggia di legno di abete bagnata coll'acido cloridrico.
I. Aceti lmetilchetolo.
« Questa sostanza si forma allorquando si fa bollire il metilchetolo con
anidride acetica, in presenza di acetato sodico anidro. E. Fischer nelle sue
recenti ricerche su questo composto (') descrive un metodo dettagliato, nel
quale la separazione dell' acetilinetilchetolo che si è formato, dalla resina, ha
luogo coli' aiuto del cloroformio nel quale l'acetilmetilchetolo è relativamente
meno solubile. Il rendimento piuttosto grande (80 %) che si ottiene con questo
metodo, dimostra che quasi tutto il metilchetolo viene trasformato con questo
processo nel derivato acetilico di Jackson. Io ho voluto indagare da che cosa
sia costituita quella materia resinosa nera che viene estratta col mezzo del
cloroformio.
« A questo scopo la soluzione cloroformiea venne portata a secco e di-
stillata nel vuoto. La parte che passa sul principio della distillazione è co-
stituita da un liquido intensamente colorato in rosso che non si solidifica,
mentre la parte che bolle a temperatura più elevata si solidifica prontamente
nel tubo refrigerante e possiede le proprietà dell' acetilmetilchetolo. La fra-
zione liquida venne ridistillata nel vuoto trascurando le prime frazioni colo-
rate in rosso. Si ottiene così un liquido colorato in giallo, il quale venne
distillato per una terza volta nel vuoto. La maggior parte di questa sostanza
passa a 200°-210° ad una pressione di 40 m. m.. ed è costituita da un liquido
leggerissimamente giallognolo il quale non si solidifica anche S3 viene raf-
freddato a — 15° e che ha dato all'analisi i seguenti risultati:
gr. 0,3762 di sostanza dettero gr. 1,0596 di C02 e gr. 0,2337 di H20.
« In 100 parti :
trovato calcolato per Cn Hn NO
C 76,77 76,30
H 6,90 6,36
0) Liebig's Annalen 242, 379.
— 364 —
« La differenza che si osserva fra i valori trovati e quelli richiesti dalla
formula Cu Hn NO non deve fare meraviglia. La piccola quantità di sostanza
della quale disponevo non mi ha permesso di purificarla ulteriormente. Si può
però dimostrare che senza dubbio la nuova sostanza è un vero acetilmetil-
chetolo decomponendolo colla potassa. A questo scopo Y n-acetllmetilchetolo (')
venne fatto bollire per circa 20 minuti con ima soluzione di potassa (d = 1,27)
in un apparecchio a ricadere. Si aggiunse acqua e si distillò in una corrente
di vapore. Il metilchetolo, il quale passò prontamente allo stato solido, venne
riconosciuto per mezzo della sua combinazione picrica. La soluzione alcalina
venne acidificata con acido solforico, distillata, ed il liquido ottenuto neutra-
lizzato con carbonato di soda e portato a secco ; il residuo trattato con acido
solforico ed alcool svolge intensissimo l'odore dell'etere acetico. La nuova so-
stanza pertanto viene decomposta dalla potassa concentrata e bollente in acido
acetico e metilchetolo; il suo comportamento è dunque eguale a quello dei
derivati acetilici delle basi secondarie e però deve contenere l'acetile legato
all'azoto:
GH
/%
Ce H4 C . CH3
\ /
N . CO . CH3
« Il /?-acetilmetilchetolo si forma anche per azione del cloruro di ace-
tile sul metilchetolo; io ho osservato a questo riguardo, specialmente se si
adopera il cloruro di zinco, la formazione di una materia colorante sparia,
molto simile alla fucsina, la quale starà senza dubbio in un certo rapporto
col dimetilrosindolo descritto da E. Fischer e Ph. Wagner (-).
Ossidazione del @-acetilmetìlchetolo con camaleonte.
« 5 gr. di /^-acetilmetilchetolo vennero sospesi in 500 e. e. di acqua
distillata e si aggiunse a poco a poco una soluzione fatta a caldo di 9 gr.
di camaleonte in 500 e. e. di acqua. L'ossidazione avviene prontamente sopra-
tutto se si ha cura di riscaldare e si compie bollendo ; si filtra la soluzione
bollente dall'ossido di manganese e la si lascia raffreddare affinchè si separi
un poco di acetilmetilchetolo che è sfuggito alla ossidazione. La soluzione
filtrata ed acidificata viene estratta con etere ; l'etere abbandona una sostaza
acida la quale venne purificata sciogliendola nel carbonato di soda, filtrando
(') Seguirò nella nomenclatura dei derivati acetilici degli indoli quella stessa che è
stata adottata pel pirrolo dal prof. Ciamician nella sua monografia, il Pirrolo ed i suoi
derivati ; per conseguenza n indica i prodotti di sostituzione dell1 idrogeno imminico, « e (i
sono le due posizioni nelle quali si trova il metile, rispettivamente, nel metilchetolo e nello
scatolo.
(*) Beri. Berichte XX, ^15.
— 365 —
la soluzione, acidificando ed estraendo di nuovo con etere. Cristallizzando
ripetutamente il residuo della evaporazione dell'etere dall'acido acetico diluito.
si ottengono delle bellissime laminette quasi incolore di una sostanza acida,
le quali fondono a 183°-184°. Precipitando con nitrato di argento una solu-
zione ammoniacale neutra della sostanza, si ottiene un sale argentico il quale
ha dato all'analisi il seguente risultato:
gr. 0,3990 di sostanza calcinati, dettero gr. 0,1506 di Ag.
« In 100 parti:
trovato . calcolato per C9 H8 N03 Ag
Ag 37,74 37,76
« La composizione e le proprietà di questa sotanza coincidono con quelle
dell'acido acetilortoamidobenzoico ottenuto da Bedson e King (') nella ossida-
zione della acetil-ortotoluidina e da Jackson (2) nella ossidazione con cama-
leonte del metilchetolo. Questo ultimo modo di formazione dell'acido acetil-
ortoamidobenzoico è importante; esso c'insegna che nella ossidazione con
camaleonte dell' acetilmetilchetolo deve accadere prima l'eliminazione dell'ace-
tile e poi l'ossidazione del metilchetolo risultante:
C — CO CH3 COOH
/ ^ /
C6H4 C.CH, +30 + H2O = C6H4 CO CH3 -f- C2 H4 02
NH NH
Fusione con potassa del p-acetilmelilchetolo.
« Vennero fusi 60 gr. di potassa in un crogiuolo di argento ed, agitando,
vennero introdotti a poco a poco 3 gr. di /^-acetilmetilchetolo. La maggior
parte della sostanza viene trattenuta e si ottiene così ima massa fusa scura
sulla quale nuota un olio nero. Si eleva alquanto la temperatura e si man-
tiene il riscaldamento agitando fino a che tutto l'olio sia scomparso. Si lascia
raffreddare, si aggiunge acqua, si fa bollire e dopo raffreddamento si filtra;
si acidifica con acido solforico e si estrae ripetutamente con etere. Il residuo
dell'estratto etereo è costituito da una massa nerastra, la quale si scioglie
quasi totalmente nel carbonato di soda con sviluppo di acido carbonico. La
soluzione alcalina filtrata venne acidificata nuovamente ed estratta con etere.
L'etere abbandona per distillazione una massa solida colorata in bruno che
venne cristallizzata dall'acqua, bollendo con carbona animale. Per raffredda-
mento si deposita una polvere cristallina colorata in giallo bruno, la quale
si scioglie quasi completamente nel benzolo bollente mentre, resta indisciolto
un residuo colorato in rosso. La soluzione bcnzolica venne scolorata, agitan-
dola per parecchio tempo con carbone animale, e precipitata con ligroina.
(i) Journal of Chcni. Soc. 1880, 752.
(2) Beri. Berichtc XIV, 885.
Eendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 17
— 366 —
La sostanza che si ottiene così quasi perfettamente bianca è senza dubbio
un derivato dell' indolo, giacché riscaldata in un tubicino chiuso ad una estre-
mità, svolge dei vapori che colorano intensamente in rosso un pezzetto di legno
di abete umettato con arido cloridrico, e per di più riscaldata con isatina ed
acido solforico concentrato da origine ad una colorazione rosso-violetta. Fonde
a 200°-202° in un liquido rosso, ed è identica all'acido «-indolcarbonico che
Fischer (!) ha ottenuto dal composto fenilidrazinico dell'acido piruvico. Pre-
cipitandone la soluzione ammoniacale neutra con nitrato di argento, si ottiene
il sale argentico il quale ha dato all'analisi il seguente risultato:
gr. 0,2423 di sostanza calcinati dettero gr. 0,0979 di Ag.
« In 100 parti:
trovato calcolato per C9HGNO^A--
Ag 40,40 40,29
« La formazione dell'acido a-indolcarbonico dal /?-acetilmetilchetolo si
spiega facilmente tenendo conto della tendenza che ha l'acetile in questo
composto a venire eliminato. Il metilchetolo che si forma dà poi per fusione
colla potassa l'acido, «-indolcarbonico (-').
IL Aeetilscatoli >.
C.CH3
/ ^
C6 H4 C . COCH3
NH
« Questa sostanza si forma in piccola quantità allorquando ^i fa agire
un eccesso di anidride acetica sullo scatole, in tubi chiusi, sopra 200°. 11
metodo migliore per preparare l'acetilscatolo, è quello di fare agire il cloruro
di acetile sullo scatolo in presenza di cloruro di zinco. Io ho osservato a
questo riguardo che un poco di umidità nello scatolo che si adopera non nuoce
all'esito della reazione, anzi, la determina più prontamente e la preparazione
dell' acetììscatolo riesce più facile e più sbrigativa.
« Porzioni di 1 gr. di scatolo e 0,5 gr. di cloruro di zinco granuloso,
intimamente mescolati, vengono introdotte in altrettanti palloncini e si versano
sopra 10 gr. di cloruro di acetile per volta. La reazione è pronta ed ha luogo
con sviluppo di acido cloridrico, mentre si ottiene una soluzione violetta la
quale viene trattata direttamente con acqua. L'acqua distrugge una materia
colorante spuria, evidentemente analoga a quella che si forma per azione del
(!) Liebig-'s Annaien 23G, 142.
(2) V. Ciamician e Magnanini, Sintesi ili acidi metilihdolcarbonici. Rendiconti della
E. Accademia dei Lincei. Seduta del 5 febbraio 1888.
i
ii
e
76,71
76,19
H
6,56
6,53
— 367 —
cloruro di acetile sul metilchetolo, e rimangono sospesi nell'acqua dei fiocchi
di una materia cristallina, il cui colore varia dal bianco al rosso e che non
possiede più le proprietà dello scatolo. La nuova sostanza viene disciolta nel-
l'alcole bollente, precipitata con un quantità conveniente di acqua e cristal-
lizzata dall'acqua bollente leggermente alcoolica. Si ottiene così in ragione
del 70 °/0 dello scatolo impiegato una sostanza in bellissimi aghi filiformi
bianchi, i quali cristallizzati ripetutamente dall'acqua bollente fondono co-
stantemente a 147°-148° ed hanno dato all'analisi i seguenti risultati:
I. gr. 0,2621 di sostanza dettero gr. 0,7372 di CO-, e gr. 0,1548 di H, 0
IL gr. 0,2510 n r, ■ gr. 0,7012 » gr. 0,1476 »
« In 100 parti:
trovato calcolato }ier Cu Hn NO
76,30
6,36
« L' «-acetilscatolo è una sostanza abbastanza volatile in una corrente di va-
pore acqueo, ricorda nell'odore l'a-acetilpirrolo e riscaldata con acido solforico
concentrato da origine prontamente ad una colorazione rosso-carmino intensa ; è
quasi insolubile nell'acqua a freddo, più solubile a caldo, molto solubile nel-
l'alcool bollente da cui cristallizza e si separa in gran parte per raffreddamento,
solubile nell'acetone e mediocremente solubile nell'etere. Mescolando soluzioni
benzoliche sature di acetilscatolo e di acido picrico si separano dopo qualche
tempo dei lunghi aghi filiformi, di un colore giallo aranciato, i quali sono
molto solubili nel benzolo a caldo e non molto solubili a freddo ; trattati con
ammoniaca a freddo diventano subito bianchi decomponendosi e si ripristina
l'acetilscatolo. Questa coir.binazione picrica cristallizzata dal benzolo bollente
fonde costantemente a 156°-157°. La natura chetonica dell' acetilscatolo è
dimostrata dal suo comportamento con l' idrossilamina ; l'acetilscatolo non viene
decomposto dalla potassa concentrata bollente, bollito però a lungo con acido
cloridrico subisce una parziale decomposizione, in parte si resinifica e si forma
dello scatolo.
« L'acetilscatolo si forma anche allorché si fa bollire per qualche ora
lo scatolo con un eccesso di cloruro di acetile. La quantità di scatolo che
viene così trasformata nel. derivato acetilico è però molto piccola ; la maggior
parte dello scatolo rimane inalterata ed in parte si resinifica; io ho notato
però ancora la formazione, in piccola quantità, di un olio molto volatile in
corrente di vapore; questo olio non si solidifica, ha un odore che ricorda
quello dell' ^-acetilpirrolo e con molta probabilità rappresenta 1' «-acetilscatolo
corrispondente aU'/j-acetilmetilchetolo da me descritto.
— 368 —
Ossima dell' acetìlscalolo.
« Questa combinazione si forma a preferenza facendo bollire per alcune
ore una soluzione alcoolica di acetilscatolo con cloridrato di idrossilamina in
presenza di carbonato di soda. Se non si impiega il carbonato di soda ovvero
se si adoperano soluzioni alcooliche troppo diluite, accade talvolta che la tra-
sformazione del chetone in ossima è solo parziale ed il prodotto che si ottiene
è in parte insolubile nella potassa.
« Si introducono 3 gr. di acetilscatolo, 3 gr. di cloridrato di idrossila-
mina e 6 gr. di carbonato di soda anidro " in un apparecchio a ricadere e si
fa bollire con 70 ce. di alcool per 5-6 ore. Si filtra la soluzione, dopo che
si è raffreddata, e si distilla la maggior parte dell'alcool. Aggiungendo acqua
precipita un olio il quale però dopo poco tempo si solidifica ; la sostanza so-
lidificata viene cristallizzata ripetutamente dall'acqua bollente, previa aggiunta
di una piccola quantità di alcool. Si ottengono così degli aghettini piccolis-
simi i quali si separano completamente dalla loro soluzione dopo un riposo
di 12 ore e fondono a IH»0. Si sciolgono prontamente a freddo in una solu-
zione di potassa, e bolliti per alcuni minuti coli' acido cloridrico concentrato
vengono completamente decomposti rigenerando l' acetilscatolo. Riscaldati con
acido solforico concentrato non danno però la colorazione rosso-carmino intensa
che dà nelle medesime condizioni l' acetilscatolo.
« Una determinazione della quantità di azoto contenuta nella sostanza
ha dato il seguente risultato:
gr. 0,1292 di sostanza svolsero 16,5 ce. di azoto misurati alla temperatura
di 10°,2 ed alla pressione di 761 m. m.
« In 100 parti:
trovato calcolato per i',ill,;X.O
N 15,12 14,89
u. I risultati esposti, se vengono paragonati con quelli che furono otte-
nuti dallo studio dei derivati acetilici nella serie del pirrolo. possono dar
luogo alla seguente conclusione la quale non è altro che l'espressione dei fatti:
« Il metilchetolo dà, se viene bollito con anidride acetica, quasi esclu-
sivamente il /?-acetilmetilchetolo ottenuto da Jackson parecchi anni fa e che
secondo le recenti ricerche di Fischer è un vero chetone. In piccola quantità
si forma però anche l'vi-acetilnietilchetolo liquido. Anche lo scatolo, quando
si trova in condizioni di dare un derivato acetilico, dà di preferenza, come si è
visto, 1' «-acetilscatolo, che è il derivato chetonico. Il pirrolo invece (ed anche
r«-metilpirrolo) può dare i due derivati acetilici il pirrilmetilchetone cioè e
l'/i-acetilpirrolo con eguale facilità. Sembra dunque che nella serie degli indoli
la mobilità degli idrogeni metinici del nucleo tetrolico, sia ancor più accen-
tuata che nel pirrolo, mentre sarebbero diminuite le proprietà basiche dalle
quali la sostituibilità dell'idrogeno iminico, dall' acetile, evidentemente dipende » .
— 369 —
Chimica mineralogica. — Sulla composizione elàmica e mine-
ralogica delle roccie serpenti uose del Colle di Cassimoreno e del
Monte Bagola ( Valle del Nane). Nota del dott. Clemente Monte-
martini, presentata dal Socio Alfonso Cossa.
« 1. Il professore Ciro Chistoni nei suoi lavori relativi alla formazione
della carta magnetica d'Italia accennò anche alle perturbazioni degli elementi
del magnetismo terrestre che si incontrano in alcune località dell'Italia supe-
riore, ed accettando il consiglio del prof. Taramelli rivolse le sue osservazioni
magnetiche alla regione del Monte Bagola nella Valle del Nure. Neil' ese-
guire queste sue nuove indagini, al nord del Monte Bagola nel Colle di Cassi-
moreno affatto distaccato dal monte trovò nell'arenaria, da cui le carte geo-
logiche indicano costituito il colle, dei massi di una roccia serpentinosa la
quale presenta in modo molto distinto i fenomeni di polarità magnetica, mentre
questi mancano affatto nella gran massa serpentinosa del Monte Ragola, la
quale, al pari di tutte le roccie serpentinose, agisce sull'ago calamitato come
ferro dolce (]). Però il Chistoni nel salire sul Bagola (la base del quale è di
arenaria) incontrò, pure nell'arenaria, dei massi serpentinosi di forma pirami-
dale formanti parte integrale del monte, i quali mostravano fortemente la po-
larità magnetica come la roccia del Colle di Cassimoreno.
« 11 prof. Chistoni inviò cortesemente dei campioni delle serpentine del
Colle di Cassimoreno e della grande massa del Ragola al prof. A. Cossa, il
quale volle affidarmene lo studio di cui riassumo i risultati in questa Nota.
« 2. La serpentina del Colle di Cassimoreno è massiccia, e molto compatta ;
presenta un aspetto brecciato o porriroide. In una massa fondamentale di un
colore verde nerastro, costituita da serpentino, si trovano disseminati dei cri-
stalli di un minerale lamellare, con splendore ora metallico, ora madreper-
laceo, che l'analisi chimica e l'osservazione microscopica dimostrarono formati
per la massima parte da un pirosseno trimetrico e precisamente da enstatite
(bronzite). Per questo suo aspettto brecciato la serpentina di Cassimoreno
si rassomiglia assai ad altre serpentine appenniniche ed in ispecie a quella
di Rovegno nel Bobbiese, la quale è anche essa essenzialmente formata da
0) Chistoni, Misure assolute degli elementi del magnetismo terrestre fatte neWanno
1886. Appendice I. Annali della meteorologia italiana. Parte la, 1885. Roma, 1887.— Chi-
stoni, Valori assoluti della declinazione ed inclinazione magnetica, detcrminati in alcuni
punti dell'Itali a settentrionale nell'estate del 1887. L'end. delTAccad. dei Lincei, Sed. 9 gen-
naio 1887. — Tacchini, Osservazioni magnetiche fatte sul Monte Bagola, l'end. dell'Accad.
dei Lincei. Sed. 13 novembre 1887.
— 370 —
una pasta serpentinosa in cui trovansi disseminati porfiricamente dei grossi
cristalli di enstatite (1).
« Preparando con un campione di questa roccia, del peso di circa due
chilogrammi e mezzo, una superficie levigata che misurava 8 centimetri in
larghezza, e 12 centimetri in lunghezza, ho rilevato che i cristalli lamellari
del minerale pirossenico erano disposte in serie parallele leggermente ondulate.
Questa disposizione è molto probabilmente affatto accidentale nel campione
che ebbi l'opportunità di esaminare ; ma io volli notarla perchè ad essa dovrò
riferirmi nel descrivere i fenomeni di polarità magnetica che in questa roccia
si presentano in un modo molto eminente.
« Oltre all' enstatite, coli' osservazione macroscopica, si notano nella roccia
in piccola quantità un minerale pure lamellare, verdognolo (diopside), e dei
granuli di un minerale molto duro, che in sezioni sottili è trasparente e do-
tato di un colore bruno (picotite).
« La magnetite, che è pure uno dei componenti principali di questa roccia,
è in granuli amorfi così internamente disseminati nella massa serpenlinosa
fondamentale, che, anche nella polvere molto fina della roccia, non si può
separare nettamente con una calamita.
« La durezza della roccia nella massa fondamentale è circa 6, 5; però
in alcuni punti (in corrispondenza ai granuli di picotite) la roccia riga il
quarzo.
« La determinazione del peso specifico eseguita col picnometro alla tem-
peratura di 13°c. con tre porzioni differenti della roccia diede i risultati
seguenti:
2,76
2,75
2,73.
« 3. Tutti i pezzi di serpentina del Colle di Cassimoreno di cui ho potuto
disporre possegono in modo assai marcato la polarità magnetica. Cimentando un
pezzo di questa roccia, che pesava circa due chilogrammi e mezzo, con un ago
calamitato, osservai che in varie parti della sua superfìcie esistono centri ma-
gnetici non solo di nome differente, ma anche di diversa intensità. Con questo
modo di esperimentare però non si possono precisare nò la posizione né il
numero di tali centri, perchè l'azione di ognuno di essi resta naturalmente
alquanto alterata da quella dei circostanti ed anche dall'azione del blocco
in massa.
« Riducendo la serpentina in frammenti della grossezza di circa mezzo
centimetro cubico, si nota che in quasi tutti i frammenti persiste ancora il
(x) A. Cossa, Ricerche chimidie e mineralogiche su roccie e minerali d'Italia. To-
rino 1881, pag. 1G4.
— 371 —
fenomeno della polarità. Però procedendo oltre nella divisione meccanica della
roccia, va sempre diminuendo il numero dei minuti frammenti dotati di po-
larità magnetica, e ciò appunto doveva avvenire, perchè, come fu già sopra
avvertito, nella roccia esistono porfiricamente disseminati dei cristalli di en-
statite i quali coli' osservazione microscopica si dimostrano privi di magnetite.
« Quando si sospende il grosso pezzo della serpentina tra i poli di una
forte elettrocalamita, esso si dispone in modo che la direzione secondo la
quale i grossi cristalli di enstatite trovansi disseminati nella roccia, riesce
parallella alla linea che congiunge i poli dell' elettro-magnete. Identico fatto
si osserva esperimentando sopra un frammento staccato dallo stesso pezzo.
« Un'altra esperienza mi ha confermato che la serpentina del Colle di
Cassimoreno possiede un'orientazione magnetica. Con un pezzo della roccia
ho preparato per mezzo di tagli paralleli quattro lastre dello spessore di circa
due millimetri. Presentando le varie parti delle faccie di ogni lastra davanti
al polo di un ago magnetico, si osservò:
« 1° che nelle singole faccie esistono poli o, per meglio dire, zone di
opposto nome magnetico;
« 2° che in una stessa lastra a zone di un dato nome poste su di. una
faccia, stanno di contro, sulla faccia opposta, zone di nome contrario ;
« 3° che le linee che dividono le zone di una faccia, corrispondono pressa
poco a quelle che limitano le zone della faccia opposta della stessa lastra;
« 4° che alle zone d'azione magnetica esistenti sopra una data faccia
(superiore od inferiore) (0 di una lamina corrispondono in posizione e nome
le zone di azione magnetica delle faccie omonime delle altre lastre;
« 5° che riunendo le quattro lastre in guisa da ricostituire il pezzo pri-
mitivo non cambia il nome delle zone della faccia superiore della prima la-
mina e dell'inferiore dell'ultima, ma solo aumenta la forza con cui l'ago è
attratto o respinto.
« Col pezzo più grosso di cui disponevo si fecero due lamine a faccie
parallele, dello spessore di circa 8 millimetri; una lunga 12, larga 8 centi-
metri tagliata secondo una direzione qualunque; l'altra lunga 12,5, larga 7 cen-
timetri e sulla quale si osserva bene la speciale distribuzione dei cristalli
di enstatite già più volte ricordata. Esaminata la prima con un ago magne-
tico, diede fenomeni identici ad una qualunque delle lastre precedentemente
osservate. Per meglio vedere in essa la distribuzione dei centri magnetici, ne
ho esaminato lo spettro magnetico. Facendo vibrare la carta tesa su un telaio
a non più di un mezzo millimetro dalla sua faccia, si osservò che la lastra
può produrre uno spettro ben marcato il quale mostra vari centri di azione
(]) Le qualifiche di superiore ed inferiore si riferiscono alla disposizione secondo la
quale le lamine furono tagliate.
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raggruppati in due distinte posizioni ; ogni gruppo è costituito quasi esclusi-
vamente da poli omonimi.
« Esperimentando in egual modo colla seconda lastra, non si ha uno spettro
a centri distinti, ma si osservano due zone confuse corrispondenti agli estremi
delle linee secondo le quali sono distribuiti i cristalli di enstatite. In questa
seconda lastra non ho potuto trovare punti opposti nelle due faccie che fos-
sero di nome magnetico contrario. Con un ago magnetico si osserva pure che
il bordo della lastra si può distinguere in due zone, che non si interrompono
a vicenda e che esercitano opposte azioni sullo stesso polo dell'ago; i punti
di massima azione di queste zone si trovano agli estremi della linea secondo
la quale sono disposti i cristalli di enstatite. La lastra sospesa tra i poli di
un'elettrocalamita si dispone in modo che la linea dei poli è parallela alla
distribuzione dell' enstatite.
« Da queste osservazioni si può dunque conchiudere che la serpentina
del Colle di Cassimoreno presenta un'orientazione magnetica e che questa orien-
tazione è, almeno in tutti i pezzi che potei esaminare, collegata colla distri-
buzione dei cristalli di enstatite.
« 4. La polvere della roccia ha un colore grigio cinereo ; presenta come
tutte le roccie serpentinose una reazione alcalina molto marcata. Per l'azione
di una temperatura elevata, in presenza dell'aria, la polvere assume una
tinta ocracea.
« La roccia è decomposta parzialmente dall'acido cloridrico e dall'acido
solforico con separazione di silice fioccosa. Esaminando al microscopio la parte
insolubile negli acidi, dopo averla liberata dalla silice sottoponendola ripe-
tute volte all'azione di una soluzione bollente di carbonato sodico, risultò prin-
cipalmente composta da lamine di enstatite e da alcuni granuli di picotite.
« Fondendo la polvere della roccia con una miscella di carbonato di sodio
e di potassio, la decomposizione è completa, ad eccezione di piccolissima quan-
tità di picotite in polvere minutissima che rimane insieme alla silice.
« Sotto l'azione prolungata per parecchie ore dell'addio solforico, diluito
con metà il proprio peso d'acqua, in tubi chiusi alla temperatura di 120°,
la roccia si decompone completamente ad eccezione sempre di una piccolis-
sima quantità di picotite.
« Ho potuto separare per levigazione una tenue porzione della polvere
nera che resiste all'azione degli acidi e dei carbonati alcalini in fusione, ed
ho trovato che essa non è attirabile dalla calamita e che cimentata al can-
nello presenta ben distinta la reazione caratteristica del cromo.
« Fondendo la polvere della roccia con bisolfato potassico, riprendendo
con acqua e facendo bollire in una atmosfera di gaz anidride carbonica, non
potei ottenere alcun indizio della presenza del titanio. Ottenni pure un risul-
tato negativo cimentando il prodotto della fusione coll'acqua ossigenata.
— 878 —
« L'analisi chimica eseguita per conoscere la composizione centesimale
complessiva della roccia, diede i risultati seguenti :
Perdita per calcinazione 10,13
Anidride silicica 41,19
Allumina 2,77
Ossido ferrico 4,03
Ossido ferroso. 4,33
Calce .... : 2,32
Magnesia • . . . 34,08
98,80
« 5. Per meglio conoscere la natura del minerale pirossenico contenuto
nella roccia del Colle di Cassimoreno, e corroborare i risultati delle osserva-
zioni microscopiche, ho scelto accuratamente delle laminette del minerale in
modo di averle per quanto mi fu possibile scevre da particelle della massa
serpentinosa aderente. Però l'osservazione microscopica delle laminette dimo-
stra che esse erano infiltrate in tenuissima quantità da una materia serpen-
tinosa; erano però affatto prive di granuli di magnetite.
« Le laminette di questo minerale si fondono assai diffìcilmente sui bordi
formando uno smalto grigiastro.
« L'analisi rivelò la composizione centesimale seguente :
»
Acqua 2,78
Silice 50,65
Allumina 5,05
Ossido ferroso 7,99
Calce h&
Magnesia 31M
99,60
« Da questa composizione risulta che questo minerale pirossenico può
essere classificato tra quella varietà di enstatite ferruginosa conosciuta col
nome di bronzite. La presenza dell'acqua è spiegata dalla incipiente serpen-
tinizzazione del minerale.
« L' enstatite della serpentina del Colle di Cassimoreno si avvicina assai per
la sua composizione all'eustatite della lherzolite di Germagnano in Piemonte
Rendiconti, 1888, Vol. IV, 1° San. |s
— 374 —
della quale riproduco qui i risultati dell' analisi eseguita dal professore
A. Cossa (*) :
Acqua 1,77
Silice 52,19
Allumina 2,15
Ossido ferroso 8,85
Calce 2,96
Magnesia 31,84
99,76
« 6. Anche colla sola osservazione macroscopica di una lastra sottile della
roccia del Colle di Cassimoreno, si scorge che essa è composta di due parti
ben distinte ; cioè di una parte serpentinosa che presenta i caratteri delle ser-
pentine provenienti dalla decomposizione del peridoto, e da un minerale lamel-
lare (enstatite), al quale sono frammisti in piccola quantità granuli di altri
minerali e specialmente di uno spinello, un pirosseno verde (diopside) e di la-
mine di antibolo.
« L'esame di diverse lamine sottili della roccia dimostra come i rapporti
tra la parte serpentinosa della roccia e la parte lamellare varia assai. Così,
a cagion d'esempio, in una lastra della superficie di circa quattro centimetri
quadrati il minerale lamellare occupava circa il quarto della superficie ; mentre
in un altro preparato della superficie di circa 80 centimetri quadrati, l'esten-
sione del minerale lamellare rispetto a quella della parte serpentinosa non
raggiungeva un ottavo dell'intera superficie.
« Coli' esame microscopico la parte serpentinosa della roccia presenta la
nota struttura reticolare delle serpentine peridotiche; assume però tinte più
o meno scure a seconda della maggiore o minore quantità di magnetite dalla
quale è compenetrata. In alcuni punti si notano ancora molto ben distinti dei
frammenti di olivina, riconoscibili ai loro caratteri ottici, ed al modo di com-
portarsi quando si trattano con acido cloridrico. Nei maggiori frammenti di
olivina non si riscontrano traccie di sfaldatura, e nessuna inclusione ad ecce-
zione di qualche raro granulo di magnetite. Questi granuli di olivina sono
circondati da un serpentino fibroso, di un colore verde giallognolo, che pre-
senta disposti parallelamente alle fibre delle minutissime granulazioni amorfe
di magnetite. In altri punti invece le fibre serpentinose che circondano i gra-
nuli ancora indecomposti di olivina sono così infarcite di magnetite da pre-
sentarsi come masse nere opache. Solo trattando convenientemente le sezioni
sottili con acido cloridrico, la massa nera, apparentemente uniforme, per il
disciogliersi della magnetite lascia scorgere distintamente la struttura fibrosa
(') A. Cossa, luogo citato, pag. 112.
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caratteristica del serpentino. Finalmente in alcuni preparati ho notato che la
serpentinizzazione è così avanzata, da non lasciar più scorgere alcuna traccia
di olivina inalterata.
« Il minerale lamellare che dà alla roccia del Colle di Cassimoreno un
aspetto porfirico, è per la massima parte costituito da enstatite, come venne
comprovato dall'esame dei suoi caratteri ottici e con più sicurezza ancora dal-
l'analisi chimica. Questo minerale si presenta in grani, mai in cristalli ter-
minati; ha ima struttura lamellare non però così distinta come quella del
diallaggio, ed una lucentezza madreperlacea. Le laminette che riuscirono pa-
rallele alla direzione di più facile sfaldatura, presentano delle fini stilature
fra loro parallele. Fra i nicol incrociati ad angolo retto presentano dei colori
di polarizzazione vivi, meno però di quelli che si notano nei frammenti di
olivina non ancora alterati. Gli assi di elasticità ottica sono paralleli e nor-
mali alla fina stilatura. Nelle lamine parallele alla più facile sfaldatura non
si osserva alcuna figura assiale ben distinta. Esaminando alcune laminette di
sfaldatura di questo minerale ho potuto osservare un leggero discroismo; cioè
le laminette appaiono colorate leggermente in bruno quando le striatine sono
perpendicolari alla sezione principale del nicol polarizzatore, e si presentano
invece colorite in verde molto pallido in una direzione normale a quella
accennata.
« Alcuni cristalli di enstatite esaminati nella luce polarizzata presentano
intercalate delle laminette che fra i nicol incrociati ad angolo retto non si
estinguono contemporaneamente.
« Tutti i grani cristallini di enstatite mostrano indizi di una incipiente
serpentinizzazione, che si manifesta coll'interposizione tra le lamelle del mi-
nerale di una materia verde chiara che nella luce polarizzata offre tutti i
caratteri del serpentino. È importante di notare che nella materia serpentinosa
che infiltra i cristalli di enstatite non si trova traccia di magnetite.
- Oltre all' enstatite, all'olivina, al serpentino ed alla magnetite, l'osser-
vazione microscopica dimostra, nella roccia del Colle di Cassimoreno, l'esi-
stenza dei minerali seguenti:
« a) Poche lamine di diallagio facilmente riconoscibile per l'orienta-
zione degli assi di elasticità ottica, e per la figura assiale che osservasi at-
traverso a lamine parallele alla direzione di più facile sfaldatura.
- b) Pochissimi grani di diopside verde.
« e) Delle lamine di un minerale bruno monoclino, che ritengo essere
antibolo perchè presentano un dicroismo simile a quello di questo minerà Le.
e perchè dalle misure fatte sopra quindici frammenti di cristalli, l'angolo mas-
simo di estinsione che le traccie di sfaldatura prismatica fanno con una del le
diagonali del nicol non superò mai i 25".
« d) Dei grani di un minerale che in sezioni molto sottili presenta
un colore bruno cupo ed è perfettamente isotropo. Questi grani cristallini
— 376 —
credo che debbano attribuirsi a spinello (picotite), perchè isolati presentano
una durezza maggiore di quella del quarzo, non sono intaccati dagli acidi,
presentano distintamente la recezione del cromo, e non sono attirati dalla ca-
lamita. Dall'esame delle sezioni sottili appare che questi grani sono per lo
più circondati da una materia bianca, che non ha una struttura cristallina e
che resiste all'azione degli acidi. Molto probabilmente questa materia può
essere costituita da silice amorfa; ma non mi fu possibile di determinare con
sicurezza la sua vera composizione.
« 7. Dall'esame microscopico e chimico appare che la serpentina del Colle
di Cassimoreno deriva dall'alterazione di una roccia lherzolitica, ed appoggio
questo asserto alla presenza uella roccia oltre che dell' enstatite, dello spi-
nello (picotite) e del diopside verde, i quali, come è noto, sono caratteristici
della lherzolite.
« 8. Il campione della serpentina del Monte Bagola, trasmessomi dal
prof. Chistoni, non presenta il fenomeno della polarità magnetica ed ha un
aspetto affatto diverso da quello della roccia del Colle di Cassimoreno.
'« La roccia serpentinosa del Monte Ragola è costituita da una massa di
colore verde chiaro, nella quale sono disseminati dei noduli di una materia di un
colore verde cupo che si possono distaccare nettamente e con facilità dalla
massa fondamentale della roccia. Questi noduli dall'osservazione microscopica
risultano formati da agglomerazioni di bastite alterata. In alcuni rari punti
del campione si vedono ancora delle lamiue di bastite indecomposte, con ri-
flessi metallici ed a superiici llessuose.
« L'esame microscopico delle sezioni sottili ha dimostrato che questa ser-
pentina presenta prevalentemente i caratteri delle serpentine che derivano dal-
l'alterazione di un minerale pirossenico. hi mezzo alla massa serpentinosa,
attraversata in alcuni punti da vene di crisotilo, si vedono dei grani cristal-
lini di bastite, dei quali alcuni sono ancora ben conservati a segno da potere
riconoscere alcune delle proprietà ottiche caratteristiche di questo minerale.
« Non ho potuto rilevare in questa roccia la presenza dell'enstatite, del
diopside verde, dello spinello che caratterizzano la serpentina del Colle di
Cassimoreno, e pertanto non si ha alcun criterio sicuro per ritenerla prodotta
dalla modificazione di una lherzolite.
« L'analisi chimica complessiva della roccia diede i risultati seguenti:
Perdita per calcinazione 12,81
Anidride silicica 39,18
Allumina 3^55
Ossido ferrico 7,26
Ossido ferroso 1555
Calce 0 42
Magnesia 34,79
99,56
— 377 —
« Si hanno inoltre segni della presenza del cromo, nichel, del manganese.
« Il peso specifico, determinato col picnometro alla temperatura di 14°
su tre porzioni differenti della roccia, risultò eguale a 2,54.
« Termino ringraziando vivamente il prof. Cossa, non solo per avermi posto
in grado di eseguire il presente lavoro, ma più ancora pei consigli e sugge-
rimenti di cui sempre mi fu largo nella esecuzione del medesimo « .
Fisiologia — Studi sul sangue. La produzione delle piastrine
nel sangue dei vertebrati ovipari. Nota dei dottori C. Mondino e
L. Sala, presentata dal Corrispondente Golgi.
« L'importanza delle questioni oggi ancora controverse sull'anatomia del
sangue e la speranza di potere colla costante e paziente indagine riuscire a
portare qualche nuovo contributo per la loro soluzione, ci spinsero ad intra-
prendere una serie di osservazioni, il cui risultato esponiamo ora in modo
sommario mentre siamo lavorando per la pubblicazione in esteso.
« Studiammo la produzione delle piastrine nel sangue dei vertebrati
ovipari, sia durante la sua riparazione nell'adulto, sia durante il suo accre-
scimento nell'embrione; ci servimmo della rana, della salamandra, del pollo.
« Per studiare la riparazione del sangue, praticavamo abbondantissimi
salassi, per es. nella rana amputavamo tutto un arto superiore ; come reagente
colorante usammo il siero stesso del sangue che studiavamo addizionato di
metil-violetto fino a raggiungere un color mammola un po' intenso e passato
ad un filtro lavato di soluzione acquosa di bicloruro di mercurio al 0,50 °/0,
per cui conteneva tracce di questo sale che valevano a fissare più rapida-
mente le piastrine nella forma che hanno sortendo dai vasi.
« Nel sangue di rana incominciando dal 3° giorno ad arrivare al 6°,
dopo il salasso si notano abbondanti le forme cariocinetiche delle piastrine :
ad osservare chiare le forme nucleari giova una goccia di soluzione acquosa
diluita di acido acetico che penetra per capillarità nel preparato: il filamento
nucleare si presenta molto grosso e descrive delle volute ampie che si pos-
sono seguire facilmente.
« Abbiamo visto tutti gli stadi successivi della cariocinesi fino alla sepa-
razione delle due piastrine figlie. Dal 6° giorno in poi le figure cariocinetiche
diminuiscono.
« Con identica tecnica abbiamo osservato la cariocinesi delle piastrine
nel sangue di embrioni di pollo e di girini di pochi giorni.
« Durante la riparazione del sangue nella rana ebbimo campo di stabilire
ripetute osservazioni, che comprovano essere la coaguabilità del sangue in ra-
gione diretta della quantità di piastrine che contiene ; avviene infatti di ottenere
sangue poverissimo di piastrine: questo coagula con grande difficoltà; capita
di ottenere sangue ricchissimo di piastrine: coagula rapidissimamente ».
— 378 —
Fisiologia. — La produzione delle piastrine e V evoluzione
delle emazie nel sangue dei vertebrati vivipari. Nota del prof.
Casimiro Mondino, presentata dal Corrispondente Golgi.
« Proseguendo gli studi sul sangue, constatai che la cariocinesi delle
piastrine si verifica ogni qualvolta avviene un consumo considerevole e ra-
pido dell'organismo.
« Conservando rane nella stufa ove si stanno incubando ova di gallina,
esse consumano rapidamente ; dopo un numero di giorni, clic varia a seconda
la grossezza e robustezza dell'animale, si trovano quelle forme enormemente
grosse di piastrine che Hayem ha osservato nelle rane dissotterrate al fine
dell'inverno e che, colla opportuna tecnica riferita, si dimostrano non essere
altro che magnifiche forme cariocinetiche.
« Dopo aver ripetutamente constatato la cariocinesi nelle piastrine degli
ovipari, la questione della produzione delle piastrine nei vivipari si presen-
tava con nuovi dati per la sua risoluzione: io la studiai sia nel sangue in
via di riparazione, sia nel sangue fetale. Mi valsi di cavie, conigli, topi.
In qualunque di questi animali sottoposto a salassi quotidiani, valendosi dello
siero al metile suddescritto, si constata che le piastrine aumentano via via
di volume : se ne hanno di quelle che superano in lunghezza il diametro dei
globuli rossi.
« È detto che sotto l'azione dell'acqua o dell'acido acetico, le piastrine
si dividono in una sostanza granulosa, che si raccoglie verso la parte centrale,
ed in una sostanza ialina periferica.
« Le piastrine trattate colla delicata tecnica esposta lasciano scorgere
ugualmente una sostanza granulosa che tende a raccogliersi verso il centro
dell'elemento; però nelle piastrine allungatissime del sangue che si sta ripa-
rando, questa sostanza si raccoglie costantemente in due ammassi, uno per
ciascuna metà dell'elemento il quale nella linea mediana si presenta molto
pallido.
« Si trovano esagerazioni di questa figura microscopica fino ad osservare
piastrine colla forma di allungatissima cifra co e colla sostanza granulosa
disposta in due ammassi: uno per ciascuna metà dell'elemento.
« Questa sostanza granulosa si scorge perchè si tinge più intensamente
che non il resto dell'elemento col violetto di metile; Hayem ha notato che
si colora intensamente colla ematossilina.
« Il fatto che questa sostanza è cromatica, che tende a raccogliersi in
una unica massa più o meno centrale nelle piastrine di volume ordina-
rio, che si raccoglie in due masse nelle piastrine allungate, disposte a
cifra co del sangue che si sta riparando, il fatto stesso di questo aumento
di volume e di questa disposizione a cifra oc delle piastrine durante la
— 379 —
riparazione del sangue e, infine, la descritta cariocinesi degli elementi omo-
loghi nei vertebrati ovipari, panni autorizzino la conclusione che le piastrine
dei vivipari si moltiplichino per mitosi e che la sostanza granulosa è so-
stanza nucleare.
« Osservai le piastrine nell'embrione di topo di 8, 9, 10 millimetri di
lunghezza: aperte le membrane dell'ovo con un taglio netto di forbici, rac-
coglievo in un vetro d'orologio scaldato a 37° il liquido amniotico limpidis-
simo ed il feto: con un colpo di forbici aprivo il cuore pulsante; raccolto
in una pipetta calda a 37° il sangue che fuorusciva diluendosi nel liquido
amniotico, lo esaminavo immediatamente alla temp. di 37°.
« È difficile studiare senza colorazione elementi così piccoli; ma coi
ripetuti tentativi ho visto senza dubbio alcuno più volte una piastrina molto
allungata dividersi in due.
« Il processo avviene rapido, e perchè in questi primi momenti che il
preparato è allestito le piastrine non sono ben ferme, e perchè non sono co-
lorate è difficile afferrarne i dettagli ; ma non vi ha dubbio che una piastrina
molto allungata la quale mentre move nel preparato si è offerta alla osser-
vazione da ogni sua parte, si è mostrata all'evidenza un elemento unico (os-
Df 2 0mm
sensazione coll'obb. - ' ora. imm. ed oc. 18 (10mm) Zeiss) poco dopo
Ap 1 . o 0
si dimostra come due piastrine riunite capo a capo, e se seguitano i leggeri
movimenti nella preparazione le due piastrine si separano.
« Del resto questi leggeri movimenti nel preparato possiamo prolungarli
a volontà, senza perdere d'occhio l'elemento, alitando dolcemente verso la
preparazione, non certo toccando il coproggetti con un ago, che allora si pro-
voca uno scompiglio tale da rendere inevitabile non solo coi potenti ingran-
dimenti che qui occorrono, ma anche coi deboli, il perdere di vista l'elemento
oggetto di osservazione.
« Si potrebbe dire che si tratti di rottura delle piastrine, non della loro
moltiplicazione ; ma se si tien conto delle descritte figure microscopiche che
offrono le piastrine lunghe quando vengono colorate con siero-metile; del
fatto che le piastrine non molto allungate non si vedono dividere mai, e che
d'altronde mai si vedono alterate le piastrine dalla delicatissima tecnica
usata, è ovvio ritenere che realmente si tratta di moltiplicazione, non di al-
terazione.
« L'ultima serie delle mie ricerche fu diretta a stabilire come dalle
cellule rosse nucleate derivino le emazie adulte prive di nucleo dei mammiferi.
« Mi valsi di cavie, conigli, topi e studiai il sangue fetale ed il sangue
in via di riparazione.
« Nel sangue dei feti di topo, preparato nel modo sopraesposto, si no-
tano grosse cellule rosse di diametro molto superiore a quello normale delle
emazie, emazie ordinarie e microemociti.
— 380 —
« Una goccia di siero-metile intensamente colorato che si fa penetrare
per capillarità nel preparato, basta per colorare opportunamente gli elementi.
« Si vedono cellule rosse nucleate di grandissimo diametro; poi tutte
le forme di passaggio da queste alle comuni emazie; le cellule rosse dimi-
nuiscono di volume a misura che si sviluppa in esse il cercine periferico
caratteristico dei globuli rossi : se ne vedono di quelle in cui questo cercine
occupa appena appena l'estrema periferia dell'elemento, ed il loro diametro
è appena un poco diminuito : poi si trovano tutti gli stadi successivi di ac-
crescimento dell'inspessimento periferico e proporzionale diminuzione di dia-
metro dell'elemento tino ad arrivare alle ordinarie emazie.
« Contemporanemente a questi mutamenti di forma si osservano le diverse
fasi di un processo speciale di distruzione cui sottostà il nucleo : la sostanza
di questo si risolve, tutto in giro, in trabecole granulose che si dirigono verso
la periferia dell'elemento. Queste trabecole, nelle emazie in cui il processo è
poco avanzato, si tingono al pari della massa centrale residua del nucleo:
in fasi più avanzate, se ne trovano di quelle che non assumono più una co-
lorazione intensa se non in certi tratti; nel resto della loro estensione si
tingono poco, e se si fa agire l'acido acetico, in questi tratti la colorazione
non resiste e la sostanza della trabecola scolorata si distingue soltanto per
una rifrazione speciale; in fasi ancora più avanzate una gran parte delle tra-
becole in cui si è risolta la sostanza nucleare non si tinge più affatto,
né più si distingue in mezzo al protoplasma, il quale va perdendo quella
delicatezza che offre nelle forme giovani: ne risultano figure svariate di so-
stanza nucleare tingibile sparsa qua e là nell'elemento.
« A misura che si osservano forme più adulte di emazie, si vede che,
collo sviluppo del cercine periferico, va di pari passo una specie di coarta-
zione del protoplasma che diventa più resistente ai reagenti; contemporanea-
mente cresce l'intensità del colore rosso.
« Le emazie che contengono tuttavia quantità discrete di sostanza nu-
cleare tingibile, la lasciano intravedere coir uso dello siero-metile ; esse sono
naturalmente le meno adulte; nelle più adulte non si riesce più a vedere
sostanza nucleare tingibile perchè questa, oltre all'essersi fatta scarsissima,
è meglio velata dal protoplasma fortemente colorato.
« Se si fa agire l'acido acetico, molte emazie che col semplice siero-
metile non mostravano tracce di nucleo, impallidendo ne lasciano scorgere
resti più o meno abbondanti ed evidenti.
- Le emazie che contengono maggior quantità di sostanza nucleare an-
cora tingibile sono le più grosse, e sono generalmente le prime ad impalli-
dire sotto l'azione dell'acido acetico; quelle che resistono meglio all'acido
sono in genere forme più piccole e quando impallidiscono offrono o scarsis-
simi o nulli i residui nucleari.
« I micro-emociti sono per la massima parte resistentissimi ali acido
— 381 —
acetico e pochi contengono residui nucleari; la loro colorazione rossa è assai
intensa.
« Questo complesso di caratteri unitamente al loro diametro li allontana
assai dalle forme di globuli rossi evidentemente giovanissime, e rende poco
accettabile l'opinione che le considera come forme giovani di emazie.
« Lo studio del midollo delle ossa di animali ripetutamente salassati
mi diede risultati identici a questi ottenuti col sangue fetale.
« Tutto ciò prova che le cellule rosse moltiplicatesi per cariocinesi
(Bizzozero) danno luogo alle emazie per una successiva trasformazione della
forma: la sostanza che sta al centro dell'elemento si porta alla periferia la
quale si inspessisce mentre il centro si assottiglia; il diametro dell'elemento
intanto diminuisce.
« Anche la sostanza nucleare migra verso la periferia: le trab ecole che
forma questa sostanza migrante dapprima sono ancora tingibili, ma poi mentre
si avverano tutte queste modificazioni che formano l'evoluzione dell'emazia
anche la sostanza nucleare si trasforma : perde l'affinità pei colori come perde
il significato di nucleo.
« Per quanto la successione delle forme sia criterio di molto valore
negli studi morfologici, pure volli controllare coli' esperimento i risultati ai
quali mi aveva condotto.
« Se veramente il processo descritto è quello pel quale le emazie per-
dono il nucleo, nel sangue d'un animale ben nutrito, nel quale l'ematopoiesi
è scarsissima, si devono incontrare tutte o quasi emazie adulte che perciò non
offrono più traccia di nucleo : in un animale ripetutamente salassato si devono
avere quasi tutte emazie giovani con residui nucleari cioè assai abbondanti.
«Presi due animali adulti press'a poco d'egual peso (ripetei l'esperi-
mento sui topi, sui conigli, sulle cavie) e dopo averli ingrassati esaminavo
il sangue tingendo con siero-metile e rischiarando con acido acetico.
« In iscarsissime emazie riescivo a tingere qualche granulo di sostanza
nucleare.
« Incominciavo a salassare abbondantemente uno di questi animali
mentre tutti e due venivano nutriti egualmente ; già nel giorno successivo al
salasso molte emazie mi lasciavano vedere residui nucleari, e insistendo nei
salassi, finivo per ottenere un sangue nel quale quasi tutte le emazie conte-
nevano sostanza nucleare tingibile; in alcune la forma del nucleo era ancora
conservata assai bene.
« Nelle emazie che contenevano molta sostanza nucleare, questa, forte-
mente tinta in violetto, traspariva leggermente anche prima dell'azione del-
l'acido acetico; nel massimo numero però delle emazie la sostanza nucleare
non si rivelava se non coll'azione dell'acido acetico.
« Mentre avveniva questa modificazione nel sangue dell'animale salassato,
il sangue dell'animale tenuto per controllo si conservava invariato.
Rendiconti, 1888, Vol. IV, 1° Sem. I!»
— 382 —
« Sospesi i salassi e nutrito abbondantemente l'animale, in 15, 20
o-iomi il suo sangue ritornava normale, preciso a quello del compagno non
salassato.
« Ho ripetuto fino a tre volte l'esperienza sul medesimo soggetto, poi
sul soggetto che prima serviva di controllo invertendo così le parti: il ri-
sultato rimase costante.
« Ho visto spesso nuclei di cellule rosse protundere dal corpo proto-
plasmatico, lo vidi anzi protundere tanto che questo dava luogo ad una spe-
cie di stelo il quale, allargandosi alla sua estremità, abbracciava il nucleo;
ma posso recisamente affermare che mai il nucleo viene ad uscire dal corpo
cellulare, ad esser messo in libertà : non avviene di vedere questa co&a nep-
pure quando si esamina il sangue in condizioni tali da assistere alla scissione
delle emazie.
« Del resto più frequentemente, e meglio che nelle cellule rosse dei
mammiferi, si vede protundere il nucleo delle emazie delle rane, che non
son destinate a perderlo; ma neppur qui avviene maji di vedere il nucleo
staccarsi dall'elemento; si tratta di un semplice dislocamento del nucleo e
che non va mai tanf oltre da mettersi il nucleo in libertà.
* Pubblicherò presto queste osservazioni, dando quel corredo di disegni e
quelle descrizioni di dettagli tecnici che sono necessari perchè l'esposizione
di un fatto istologico sia chiara e completa ».
MEMORIE
DÀ SOTTOPORSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
F. Mauro. Studio sui fluossisali di Molibdeno. Memoria la: Fluossiipo-
molibdati di potassio e di ammonio. Presentata dal Socio Cannizzaro.
E. Cavalli. Teoria delle moiri ci a gas-luce. Presentata dal Corrispon-
dente Cerruti.
RELAZIONI DI COMMISSIONI
Il Socio Brioschi, relatore, a nome anche del Socio Razzaboni, legge
una Relazione sulla Memoria dell'ing. P. Cornaglia, intitolata: Belle Spiag-
cjie, concludendo per l'inserzione del lavoro negli Atti accademici. ■
Il Socio Struver, relatore, a nome anche del Socio Blaserna, legge
una Relazione sulla Memoria del dott. E. Artini, intitolata: Quarzo di Val
Materno, concludendo per la sua inserzione negli Atti accademici.
Le conclusioni delle Commissioni esaminatrici, messe ai voti dal Pre-
sidente, sono approvate dalla Classe salvo le consuete riserve.
— 383 —
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Blaserna presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna-
lando fra esse le seguenti opere di Soci e di estranei:
G. von Rath. Vortràge und Mittheilungen.
H. Resal. Traité de Physique mathématique. 2a edizione.
C. Tondini de' Quarenghi. Sui vantaggi e la possibilità dell'adozione
generale del Calendario Gregoriano.
G. A. Hirn. Remarques sur un prìncipe de physique d'où part M. Clau-
sius dans sa nouvelle théorie des moteurs à vapeur.
A. Lissauer. Die pràhistorischen Denkmàler der Provi nz Westpreussen
und der angrenzenden Gebiete. Dono della Società di scienze naturali di
Danzica.
M. Sars, J. Koren e D. C. Danielssen. Fauna litoralis Norvegiac.
p. 2, 3. Dono del Museo di Bergen.
J. Koren e D. C. Danielssen. Nije Alcyonider, Gorgonider og Pen-
nalulider ecc. Là. id.
F. Nansen. Bidrag til Mgzostomemes anatomi og histologi. Id. id.
Lo stesso Segretario fa anche particolare menzione del volume I delle
Oeuvres de Fourier, pubblicate per cura di G. Darboux sotto gli auspici
del Ministero della pubblica istruzione di Francia; presenta inoltre alcuni
volumi dell' Osservatorio di Greenwich, contenenti i Risultati spettrosco-
pici e fotografici pel 1885, e le Osservazioni astronomiche, magnetiche
e meteorologiche per lo stesso anno, e varie pubblicazioni dell'Accademia
delle scienze di Cracovia.
Il Socio Tommasi-Crudeli offre la pubblicazione del prof. R. Campana:
Alcune dermatosi neuropatiche, e il lavoro del dott. B. Schiavuzzi, intito-
lato : Unlersuchungen i/ber die Malaria in Fola, di cui tratta in una sua
Nota (').
Il Socio Razzaboni presenta una sua Nota a stampa intitolata: Sopra
alcune modificazioni in un Molinello idrotachimetrico a volante di Ro-
binson, discorrendo di questo suo lavoro.
Il Corrispondente Tacchini fa omaggio delle due seguenti pubblicazioni
del sig. E. Brassart: / Sismometri presentemente in uso nel Giappone. —
// Sismometrografo a tre componenti con una sola massa stazionaria.
C1) Vedi pag. 305.
— 384 —
Il Socio Schupfer offre, a nome dell'autore, lo Statutum polestatis
comunis Pistoni del 1296, pubblicato da L. Zdekauer con imo studio degli
statuti pistoiesi del secolo XIII, opera di cui lo stesso Socio dette nel pas-
sato fascicolo un cenno bibliografico (').
PERSONALE ACCADEMICO
Il Socio Cannizzaro ricorda come oggi la Società chimica di Berlino
celebri il 70° anniversario della nascita del prof. A. G. Hofmann, Socio stra-
niero dell'Accademia, e propone che a questi si mandi un telegramma di fe-
licitazione e di auguri.
La proposta, messa ai voti dal Presidente, è approvata all' unanimità.
CORRISPONDENZA
Il Segretario Blaserna comunica esser giunta all'Accademia la parte-
cipazione di morte del dott. Josif Pancic, presidente della R. Accademia
di Serbia.
Lo stesso Segretario dà lettura di un invito della Società delle scienze
di Finlandia, la quale celebrerà con una seduta solenne, il 29 con., il 50°
anniversario della propria fondazione.
Il Segretario Blaserna dà conto della corrispondenza relativa al cambio
degli Atti.
Ringraziano per le pubblicazioni ricevute:
La R. Accademia di scienze, lettere e belle arti di Palermo; la R. So-
cietà zoologica di Amsterdam ; la Società batava di filosofia sperimentale di
Rotterdam; la Società geologica e l'Istituto Smithsoniano di Washington;
l'Istituto meteorologico rumeno di Bucarest; l'Osservatorio di Praga; l'Osser-
vatorio di S. Fernando; il Museo di zoologia comparata di Cambridge Mass.;
il Comitato geologico russo di Pietroburgo.
Annunciano l'invio delle proprie pubblicazioni:
La R. Accademia prussiana delle scienze di Berlino ; la Società di scienze
naturali di Danzica; la R. Università di Lund; la R. Università di Bonn;
il R. Osservatorio di Greenwich.
Ringraziano ed annunciano l'invio delle proprie pubblicazioni:
La Società di scienze naturali di Francoforte s. M. ; la Società geolo-
gica e di storia naturale di Ottawa.
P. B.
(l) Vedi pag. 256.
— 38;
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Classe di scienze morali, storiche e filologiche.
Seduta del 22 aprile 1888.
G. Fiorelli Vice-Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Archeologia. — Il Socio Fiorelli presenta il fascicolo delle
Notizie per lo scorso mese di marzo , e lo accompagna con la Nota
che segue :
« Al deposito votivo del fondo Baratela presso Este (Regione X) si rife-
riscono due altre relazioni del prof. Grhirardini ; la prima delle quali descrive
gli oggetti di ornamento e gli utensili; la seconda le monete.
« A Centemero in prov. di Como (Regione XI) si dissotterrarono varie
tombe romane e galliche, della cui suppellettile funebre pochi oggetti si ricu-
perarono, i quali vennero aggiunti alle raccolte del Museo Comense.
« Pavimenti di musaico si scoprirono nella città di Bologna (Regione VIII)
presso porta d'Azeglio, a poca distanza dal luogo, ove molti anni or sono
altri se ne rinvennero.
« Al territorio bolognese si riferiscono pure varie note del ff. R. Commis-
sario prof. Brizio, secondo le quali sono indicati come centri di popolazione
antichissima Crespellano, Castelfranco, Croara, Ripe della Ghedarina nellTmo-
lese, Argenta, Marzabotto, Quaderna.
« In Fossombrone (Regione VI) fu scoperta una lapide latina in contrada
La Sfanga; e presso Isola di Fano, lungo il torrente Tarrugo, si trovarono
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 1° Sem. r>0
— 886 —
tre statuette votive di bronzo, dell'arte stessa delle due altre, che quivi tor-
narono in luce negli anni scorsi, e che appartengono senza dubbio ad una
stipe votiva.
« In Orvieto (Regione VII) continuarono gli scavi della necropoli vol-
siniese in contrada Cannicella, dove parecchie tombe furono esplorate, somi-
glianti per lo stile alle tombe arcaiche dell'altra necropoli in contrada Cro-
cifisso del Tufo, nel lato opposto della città.
« Proseguirono pure gli scavi nella necropoli di Tarquinia, in contrada
Ripagretta, dove secondo un rapporto dell'ispettore prof. Helbig, avvenne
una scoperta di grande importanza, essendosi trovata una tomba a corridoio,
che può considerarsi come la più antica di questo tipo, la quale mentre pre-
senta, pel suo contenuto, stretti rapporti con le tombe a fossa, ha pure rap-
porti intimi con quelle a pozzo.
« In Roma (Regione I), e precisamente nella regione quinta urbana,
presso porta Maggiore, si rinvennero gli avanzi dei pilastri dell'acquedotto
dell' Aniene vetere, che da Frontino sappiamo essersi diretto alla porta Esqui-
lina. Tra la terra di scarico si raccolsero vari titoli di colombari, alcuni dei
quali interessanti per la menzione che vi è fatta del coiilegium scabillario-
rum, già conosciuto per altre epigrafi sepolcrali.
« In via di s. Martino al Castro Pretorio si raccolse un frammento
marmoreo, recante parte di un titolo dedicato agli imperatori dai soldati delle
coorti pretoriane, dei quali titoli più volte si ebbero avanzi, provenienti dagli
alloggiamenti di quei militi.
« Varie stoviglie aretine, alcune con bolli di fabbrica, tornarono in luce
in via della Purificazione; e nel casamento Galli, in via del Governo Vecchio,
si trovò in un pilastro del pianterreno una grande ara marmorea con epi-
grafe, dedicata agli imperatori Settimio Severo e Caracalla. Questo monu-
mento era già conosciuto dai trascrittori del secolo XVI, e sul loro apografo
ne fu edita l'iscrizione nel C. I. L. VI, n. 410.
« Nel suburbio poi, a pie' delle colline di ponte Buttero sulla via Ostiense,
in occasione de' lavori di prosciugamento del sottosuolo, si rinvenne un sepolcro
a cassettoni, con entro uno scheletro e vari fìttili da riportarsi al II secolo
dell'impero.
« Una cella sepolcrale, con traccie di pitture parietali policrome, fu
messa in luce sulla destra della Prenestina, presso la sommità del pendio,
che dal fosso di Acqua Bollicante, ascende verso la villa dei Gordiani.
« E sulla via Porfcuense, entro il perimetro degli antichi orti di Cesare,
si rinvenne un notevole ripostiglio di assi, di buona conservazione, e di tipo
normale, col solito Giano bicipite e la prua di nave.
« Nuove indagini furono fatte nell'area del tempio di Diana Nemorense
sotto Nemi; e vi si scoprirono antefisse fittili con la protome della dea, e
oggetti comuni di stipe votiva. Singolare fu il rinvenimento di un pezzo di
— 387 —
marmo scritto, servito pel fastigio di ima piccola edicola, dove come è mani-
festato dall'iscrizione, qualcuno addetto alla casa di Augusto pose alla dea
un lume perpetuo, per la salute di Tiberio Claudio Augusto Germanico, di
Giulia Agrippina, di Tiberio Claudio Britannico e di Nerone Claudio Cesare.
« Nel territorio stesso di Nemi, in contrada s. Maria, furono fatte molte
indagini, che portarono allo scoprimento dei resti di un ninfeo e di un gran-
dioso suburbano, assai guasto per ripetute devastazioni e per frane.
« Presso il lago di Licola, nella Campania, si esplorarono molte tombe
della necropoli Cumana, cioè 41 di tufo, 2 di tegoli, ed 1 a camera; nelle
quali si trovarono pochi oggetti degni di nota.
« Nel territorio di Coriinio (Regione IV), a poca distanza dal moderno
abitato di Pentima, si scoprirono varie tombe senza suppellettile alcuna.
Una di queste era formata di tutte pietre iscritte tolte da sepolcri di età
anteriore.
« Più di trenta tombe dell'epoca romana, si dissotterrarono poi nei la-
vori stradali in s. Sebastiano comune di Airola (Regione II); e non lungi
da queste riapparvero vari pavimenti in musaico, e frammenti di ornato
architettonico.
« Finalmente, una tomba della necropoli dell'antica Gela in Sicilia,
restituì ricchi ornamenti personali di oro, cioè una collana formata di pic-
coli cilindri, un laccio a maglie, " uno spirale, due orecchini e molte bratteae,
cose tutte di gusto finissimo, e proprio del III secolo avanti l'era volgare.
« Mi preme ora di richiamare l'attenzione della R. Accademia sui saggi di
esplorazioni, che si vanno facendo nella regione Sibaritica.
« Le premure vivissime che vennero da ogni parte, affinchè il Ministero
dell'istruzione pubblica facesse intraprendere nuove esplorazioni nel territorio
dell'antica Sibari, dopo i saggi quivi eseguiti circa dieci anni addietro (cfr. No-
tizie 1879, p. 49, 77, 122, 156, 245, tav. V, VI; 1880, p. 152, tav. VI),
indussero il Governo a far praticare molti studi e scavi, per determinare con
precisione l'area in cui la città greca era edificata.
« Si esplorarono moltissimi punti nel piano in cui il Crati ed il Coscile
s'incontrano, sotto le alture della Serra Pollinara, nel luogo cioè ove le tra-
dizioni classiche portano, che la città fosse stata costruita: ma le indagini
alle quali si mise mano fino dallo scorso novembre, così verso il Crati come
verso il Coscile (Sybaris) nella pianura sopradetta, non fecero intravedere
finora alcun indizio della scomparsa città. Nel corso intanto di tali ricerche,
si credette opportuno di studiare nuovamente le alture prossime, e vari scavi si
fecero sulla collinetta denominata Cosso del Michelicchio ed altri nella
Grotta del Mal Consiglio. Il Cosso del Michelicchio è una delle tante
alture della Serra Polinara, dove si vedevano avanzi di costruzioni, e molti
frammenti di laterizi. La speranza quindi di scoprirvi qualche cospicuo resto
— 388 —
d'importante fabbricato, indusse a farvi regolari scavazioni in tutto il mese
di decembre, le quali per altro furono abbandonate, visto che non risponde-
vano al fine per cui erano state intraprese. Perocché trovandosi quivi le
cose antiche a poca profondità, erano state tutte sconvolte e guaste dai la-
vori agricoli e dalle ricerche dei contadini, i quali da quel luogo princi-
palmente trassero i materiali per la costruzione dei loro tuguri. Parve non-
dimeno potersi determinare, che quivi fu un centro abitato in età antichissima,
che rimase aperto al commercio dei Penici, come è provato da alcuni scarabei
di pasta vitrea che vi si raccolsero,; ed aperto al commercio degli isolani
dell'arcipelago, secondochè pure sembra dimostrato dai resti di vasi fìttili
dipinti a decorazione geometrica, e da vasi rozzi di arte locale e primitiva;
e che finalmente risentì tutto quanto il beneficio della civiltà greca al tempo
della colonizzazione Achea, come sarebbe provato dai resti di anterìsse fit-
tili colorate, residui del coronamento di qualche tempio.
« Assai meno si raccolse nella Grotta del Mal Consiglio, dove torna-
rono in luce pochi frammenti di tubo fittile, usato forse per condottura di
acqua, e si riconobbero tratti di pavimento ad opera spicata, indizi certi
di un edificio dell'età imperiale romana.
« Abbandonate quindi queste due località, sembrò conveniente di mettere
mano all'esplorazione di un'altura prossima, dove non pareva fossero per
riuscire infruttuose le ricerche. Quest'altura, posta nel punto ove il torrente
Esaro perde le sue acque nel Coscìle, a circa 12 chilometri a monte del
luogo, in cui oggi il Coscìle o Sybaris si congiunge al Grati, chiamasi
Torre del Mordillo, dalla torre cilindrica in mattoni e breccia che vi si
trova, ed è nel territorio di Spezzano Albanese. Vari anni or sono i lavori
di drenaggio, eseguiti per conto del comune, vi fecero già riconoscere molte
antichità. Incominciativi adunque gli scavi nella metà dello scorso mese, si
vide subito estendersi colà un sepolcreto abbastanza vasto, che dalle tombe
sino ad oggi esplorate e' indica un centro abitato, che sorgeva in quelle vici-
nanze nell'età precedente alla venuta dei coloni greci di Sibari, ossia nel tempo
anteriore all'anno 720 innanzi l'era volgare.
« La suppellettile funebre raccolta dalle molte tombe fino ad oggi esplo-
rate, presenta quasi costantemente i medesimi tipi, cioè fìttili di arte rude,
e bronzi d'industria locale; oggetti che mentre hanno rapporto colle opere
di arte italica vetustissima, nessun segno manifestano di quel gusto, che la
civiltà greca portò poi in quel territorio.
« Le tombe disposte irregolarmente ed in più ordini, sono formate da
uno strato di pietre informi e di brecce senza indizio alcuno di cemento, e
sono finora tutte ad inumazione. Fa parte principale del corredo un vaso
fìttile, talvolta coperto di ciotola, lavorato a mano e cotto a fuoco libero.
del genere che si comprende sotto la categoria dei buccheri di arte italica.
Tn esso è da notare la forma, la quale richiama alla mente, massime
— 389 —
nel collo, il tipo dei cinerari di Villanova, e nelle altre parti molto si
avvicina ai vasi del sepolcreto vetusto di Bisentium, sul lago di Bolsena
nell'Etruria, e di Terni nell'Umbria. Non mancano vasetti accessori; parecchi
dei quali somigliano a quelli che si dissotterrano dalle tombe laziali dei
colli albani. Uno solo tra questi fittili presenta finora dei fasci ornamentali
a decorazione geometrica, eseguiti con qualche accuratezza mediante un pet-
tine a cinque denti.
a Sparse al di sopra dello scheletro trovansi in ciascuna tomba parecchie
fibule di bronzo, tra le quali predomina il tipo della così detta fibula a drago,
precisamente come quelle che si scoprirono nella ricordata necropoli di Bisenzio,
e nel sepolcreto antichissimo di Vetulonia. Alcune fibule di questo tipo,
specialmente di modulo grande, sono di ferro. Altre fibule di bronzo hanno
sull'arco l'ornamentazione a quattro spirali, nel modo identico a quelle che
provengono dalla necropoli di Suessola nella Campania.
« Fra gli ornamenti della persona predomina una collana di bronzo ad
anelli, talvolta ammagliati quattro a quattro, e raro incontrasi il monile a
globetti di vetro, e più raro ancora a globi o pendagli di ambra. Notevoli
sono i braccialetti, formati di un filo di bronzo raddoppiato e nell'estremità
ondulato, braccialetti che trovano riscontro nei moltissimi esemplari pro-
venienti specialmente dalle tombe di Bisenzio e di Terni, e che appar-
tengono senza dubbio all'ornato muliebre, essendosi sempre trovati in tombe
dove non occorse mai di raccogliere armi di sorta.
« Finalmente devono essere ricordate cuspidi e puntali di lancia, in
bronzo ed in ferro, che per nulla si discostano dai tipi più comuni alle
necropoli di sopra ricordate, e alcune lame di coltelli e di corte spade, di
ferro, esse pure di tipo usuale.
« Certamente le ulteriori indagini mostreranno, che anche questa popola-
zione antichissima risentì più tardi i benefici del commercio cogli orientali,
e quelli maggiori della civiltà greca sibaritica. Intanto anche il materiale
che finora si è raccolto è proficuo per lo studio dell'antichissima storia
d'Italia, avendo esso grande analogia coi prodotti che ritornarono in luce in
tanti luoghi discosti fra loro, nella parte media e superiore della penisola,
e provando la uniformità dei costumi della gente italica avanti il periodo
della colonizzazione orientale.
« Limitandomi per ora a queste semplici notizie, mi riserbo di presen-
tare nel prossimo mese l'elenco degli oggetti scoperti, a seconda delle tombe
alle quali si appartengono » .
— 390 —
Storia letteraria. — Lr Itinerarium del Petrarca. Nota
del Corrispondente Giacomo Lumbroso.
« Fra i tanti scritti lasciatici dal Petrarca nessuno forse è stato tanto trascurato dai
suoi biografi quanto l'Itinerario Siriaco». Questo diceva il Fracassetti or fa dieci anni (•),
e questo bisogna dire anche oggi. Come il Tiraboschi (ed. mil. 1823, V, 183) si stupiva che
l'ab. de Sade non ne avesse fatta parola ne1 suoi tre tomi di Memorie per la vita del Pe-
trarca, così possiamo stupirci che non ne faccia parola il Gaspary nel primo tomo in gran
parte petrarchesco della sua recente e dotta Storia della letteratura italiana (Torino, Loe-
scher, 1887). Se a coloro poi che ne parlano, si domanda che cosa è, che valore ha, che
posto tiene questa operetta, « è libro, dice il Tiraboschi (1. e), che alla storia e alla geo-
grafìa di que' tempi reca non poco lume »; « quest'opera, dice il Levati {Viaggi ài F.P.,
1820, II, 14), dimostra quanto ben addentro egli fosse penetrato nello studio della geografia »;
non basta: « è il primo modello d'illustrazione geografica che vanti la moderna lette-
ratura », scrive il Baldelli {Del Petrarca e delle sue opere 1797, p. 40); ed il Mézières
[Pétr., 1868, p. 254): «Par son Itinerarie Syriaque ... Pétrarque ressuscitail lés études géo-
graphiques »; oppure, tutt'altro tono, «è una delusione», confessa suppergiù Tito Tobler
innamoratosene per fama, poi vedutolo da presso con occhio unicamente intento alla sua
Bibliographia geographica Palaestinae (Lips., 1867, p. 208). Per il Koerting {Petrarca'»
Leben uncl Werke, Lips. 1878, p. 614), che ne ha forse o senza forse parlato meglio
d'ogni altro, è « un ritratto eccellente della niente nuova, mezzo pagana e mezzo cristiana
del Petrarca » ; ma dove ha egli veduto che questo « ritratto della mente » il Petrarca
lo abbia sostituito ad un « ritratto del viso » chiestogli dall'amico prima della partenza, e
com'è ch'egli crede aver voluto il Petrarca consegnare questo •• ritratto deliamente » ap-
punto qui, nell'Itinerarium? Il «pars mei optima », 1' « effigies animi ingeniique mei»,
non è forse un suo prediletto ritornello, come può vedersi nelle prefazioni al De vita soli-
taria, al De otio religiosorum, e nella lettera a Luigi di Kampen in cui chiama V Africa
credo, « effigie vera dell'animo suo e fedelissimo suo ritratto » (Fracass. Fani. I, 239)? Se
poi si domanda chi fu quell'amico, « noi possiamo conoscere da' codici stampati, risponde il
Tiraboschi, e solo veggiamo ch'ei fu milanese, poiché il Petrarca, a lui parlando, gli dice :
patria tua Mediolanum. Ma in un codice a penna di questo opuscolo, che si conserva in
questa biblioteca Estense, esso è indirizzato ad dominum Iohannem de Mondello, famiglia
antica e nobile in Milano . . »; e dopo il Tiraboschi, nessun passo, se non indietro, poiché
il Koerting tira fuori Laudensem coloniam patriae tuae proximam, dimenticando quel
chiaro e lampante patria tua Mediolanum. Se si domanda in qual luogo fu scritto l'Iti-
nerarium: niente. Se in qual tempo, « solo una cosa può asserirsi, dice il Fracassetti, che
cioè esso è posteriore ai viaggi marittimi del Petrarca, i quali avvennero del 1336, 37, 43.
Del resto non v'ha nell'Itinerario una parola da cui possa arguirsi il tempo in cui egli
lo scrisse » (Lincei, 1. e). Il Koerting al contrario lascia supporre che fu scritto mentre
Giotto vivea (der erste der lebenden Maler), dunque avanti il 1336. Il Tobler, senza dare
la ragione, lo pone «circa il 1370 ». Il Petzholdt (Anz. 1862, 186) « prima del 1374»,
prudentissimamente : essendo certo e sicuro almeno questo che il Petrarca non lo scrisse
dopo morto. Ma tutto ciò sia detto unicamente perchè il soggetto mi tira per i capelli, e
(1) Lincei, Meni, classe stor., serie 3a, voi. Ili, p. 434.
- 391 —
senz'ombra d'irriverenza od offesa a chicchessia, tanto sono scorrette e deformi e ripu-
gnanti ad uno studio coscienzioso le edizioni che abbiamo e tanta è la vergogna che non sia
stata ancora fatta un'edizion moderna, un'edizion critica delle opere latine del Petrarca. Tra
le quali si trova, indicibilmente scorretto, deforme e ripugnante aduno studio coscienzioso
l'Itinerarium. Ond'io stimolato da alcuni passi che mi parevano atti a spargere qualche
luce sui quesiti sovraccennati, e d'altra parte vedendo la poca fidanza che sulle stampi-
si poteva fare, mi volsi ai tre manoscritti indicati nel Catalogo de' codici petrarchescbi
delle biblioteche di Borna, del sig. Enrico Narducci (1874, p. 24, 49, 58) : due nella vati-
cana {Urbin. 332, e. 187; Vatic. 3357) ed uno nella chigiana (L. VII. 262, e. 54b-): il
primo membranaceo del secolo XV (?), il secondo ed il terzo cartacei del secolo XIV : e
li collazionai tutti e tre, copiando il primo interamente, poi notando dove il secondo va-
riava dal primo e infine riscontrando il terzo col primo e col secondo. Se debbo dire il
giudizio che me ne sono formato, non mi sembrano essi parenti per retta linea, ma tra-
versale, poiché non solo in parecchi punti uno dei tre è diverso dagli altri due (*). ma
in parecchi punti sono diversi tutti e tre l'un dall'altro (2). Computate poi le varianti che
migliorano e quelle che peggiorano il testo, parmi che nessuno di essi possa vantare una
superiorità assoluta sugli altri due, neanche il vaticano, ch'io non posso credere ne auto-
grafo, come affermavasi in casa Bembo, nò autentico (non scritto ma dettato e riveduto
dal Petrarca oppur copiato presso di lui), come insinua il sig. De Nolhac (La bibl. de Falli.
Orsini, Parigi, 1887, p. 291): non sembrandomi ammissibile né quella maggiore né questa
minor nobiltà in un testo cosparso di scorrezioni (3), guasto qua e là da errori grosso-
lani (4), e da lacune (5). E poi come può essere autografo od autentico un manoscritto
che confessa talvolta in margine, anzi nel testo le sue incertezze (6) ? Del resto ed in
(M Ch. altera Vat. alia Urb. alia (1. 54); Oh. prius caput Vat. caput Urb. caput (1. 68); Vat. gravissima Ch.
(iratissima Urb. (iratissima (1. 88); Oh. numerus Vat. modus Urb. modus (1. 106); Vat. inclitam Oh. incultam Urb.
incultam (1. 135); Ch. Populonia quae nunc Massa marìtima dicitwr Vat. Populonia Massa mari/ima Urb. Popu-
lonia Massa matritima (1. 141); Ch. Post Thelamonis Vat. Thelamonis Urb. Thelamonis (1. 142); Oh. Ultra Vat.
////e" Urb. Intra (1. 199); Ch. facili provehor Vat. provehor Urb. provehor (L. 262); Ch.romanae Vat. humanaeXSxb.
lui maìiae (1. 383) ; ecc.
(2) Oh. riribusque et mamibus Vat. turrilius et mamibus Urb. ririsque et meenièus (1. 59); Ch. patrii ritus
immanitate Vat. pari ritus immanitate Urb. peritus immanifeste (1. 185); Ch. capellam rer/is intra re Vat. capi
regioni intra/re Urb. capellam ini rari' rerjis (1. 232): Ch. urbis illius vicos Vat. illius urbis vicos Urb. ricos urbis
illius (1. 237i: Oh. Motòria Vat. Montana Urb. Motoria (1. 306); Ch. potius tongum mini quam necessarium tièiTJib.
longum potius mi/ii quam libi necessarium Vat. miài longissimum et nequaqifam necessarium libi (1. 37S) ecc.
(3) obrumpil (1. 5), posthas il. 35), demostrari (1. 45), insculta (1. 65), memoralia (1. 66), infitam (1. 73).
destra (1. 74), sotti (l. 82), maragdo (1. 83), qvoincidens (1. 105), inesaustis (1. 138), Tracina (1. 163), Licemum (1.168).
Inarme (1. 172), maroneio (1. 183), Giorgica (1. 208), Lucillum (1. 226), profexioni (1. 240), mieto (1. 240), eruptari
(1. 248), Messassis (1. 270), undisolium (1. 272). aiutoque (1. 295), orium (1. 297), Montana (1. 3061, Corna (1.306).
Bisansion (1. 318), pu/cerimi (1. 331), intenctione (1. 364), astrahet (1. 396), assinthio (1. 452), Acciatam (1. 459).
Polles (1. 468), ecc. Più gravi in die per in dies (1. 41), tu ... ticebit per tibi ... licebit (1. 42), nequaquam per
qmequam (1. 73). monstrum per nostrum (1. 95), fatigatus per fatigatis (1. 96), cuncla per cunei is (1. lui), nec
ini i'i' septem per ne ecc. (1. 149), praeterita per praeterea (1. 189), frustratm per frustratwr (1. 209), certamine par
certamen (1. 259), excepta per exsecta (1. 279), veniens per renies (1. 289), cum per causa (1. 294), iter per ùiter
(1. 310) Asiam minorem per Asia minor (1. 321), ne quam occasio per ne qua occasi» (1. 326) eco.
(4) iam tunc videns presagissimo per iam tuta ride/ice/ praesagiens (1. 152), in cineribus pa •
per et cineribus patriae negatis (1. 169), habilatione per liabilatore (1. 191), ab illitio perforali per ab ilio perfo-
rati (1. 228), al piratarum per arx piratarum (1. 323), nunc per tunc (1. 824), stia mollities per syra mollit 'es (1. 339).
iam cum gentibus per iam tum gentibus (1. 407), ubi aliquando di' habitat /amen pei- ubi
quaesitum tandem (1.412), Iransvectum per transitimi (1. 4331, Alexandre opus per Alexandre corpus (1.460),
et Pompei cinerem ostenditur per urnam quae Pompei cinerum ostenditur (1. 466).
(5) fa/cor (1. 7), sic (1. 32), et quoniam ita vis bis etiam comitabor scriptis (1. 38), me (I. 102),
insula (1. 162), crii (171), surrexit (1. 175), est (1. 193), fumum (I. 194), ut (1. 346), improhisus (1. 361), loca (1.423).
(fi) Vultjanus rei Vulcanus (1. 264), Corcycam rei Corcyram (1. 29S), rigeretur nel testo, in margine rei
ageretur (1. 206).
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sostanza, e ognuno dei tre, e tanto più tutti e tre insieme lumeggiandosi l'un l'altro, stanno
a quella falsa e ria Babilonia dell'edizione a stampa, madre d'errori, fucina d'inganni e
nido di tradimenti, come il giorno alla notte.
« Ora avendo sott'occhi il testo che essi danno, torno a quei passi dell'Itinerario, di
cui avevo adocchiata l'utilità.
u II Petrarca (nato nel 1304) parla in questa sua operetta di Giotto (morto nel 1336)
come d'uomo già defunto da un pezzo (1. 232 conterraneus olim meus . . . reliquit . . . mo-
nimsnta), là dove accenna ad un sommo pittor fiorentino de' suoi tempi (pictorum nostri
aevi princeps) che ave a lavorato nella « Cipella regis » dì Napoli, cioè senza veran dubbio
a Giotto, poiché sappiamo per altra parte che « in quella città erano alcune pitture di man
propia di Jocto ... E dentro la cappella del Castelnovo era dipinto per tutte le mure di
mano di Jocto lo testamento v.° e n.° » (*). Parla iélYAfrica (1. 103 in Àfrica* meae loco
quodam [VI, vs. 482 sqq.] ... Qui liber .. aliquando forte sub oculos tuos veniens . .) come
di un'opera, se non condotta a quella perfezione ch'ei vagheggiò indefinitamente come
ognun sa, certo compiuta: e noi conosciamo l'anno in cui concepì la prima idea di scri-
vere quel poema, 1339, e l'anno in cui prese a proseguirlo e quasi lo compi, 1341 (2). Parla
di re Roberto (morto nel gennaio del 1343), come di persona che non è più tra i vivi (1. 218
Robertus ... humanitate fretus regia, quanonreges modo, sed homines vicit). Parla de' suoi ripe-
tuti viaggi marittimi con tanto abbonimento, con animo cosi decisamente alieno oramai dal
navigare (1. 28 Expertus metuo. Quotiens putas illud monstrum retentavi .. Congressum .. noti
hostis exhorreo ... An unquam vero posthac .. subdifficilis coniectura est), che la serie altronde
nota di quei viaggi, 1313-1343 (3), dev'essere chiusa mentre scrive: con die si arriva al 1314.
Noto tutti questi passi più per la loro intonazione clic sembra già implicare una certa
distanza dai singoli anni a cui vanno ragguagliati, che per non poter farne senza, poiché
non solo quei singoli anni eliminano successivamente e rendono superfluo l'un l'altro, ma
sono tutti lasciati indietro dal 1348 in cui cominciò ad infierire la peste famosa (4), poiché
veggiamo il Petrarca notarne qui le orrende stragi (1.237 antequam pestis orbem terrae
funditus exhausisset). Anzi risultando, se non erro, da certa frase (1. 179 nam hoc Mettiolano
proximum .. Cumum est non Cumae) che in Milano fu scritto l'Itinerario, si viene a toccar,'
un ulterior terminus a quo, cioè ranno in cui il Petrarca andò a stabilirsi colà (5), ossia
il 1353. Creta « olim Iovis regnum » è « nunc possessio Venetorum » in questa guida (1. 307).
Così essendo, bisogna tener conto del fatto dei Cretesi ribellatisi ai Veneziani sul cadere
del 1362 e sottomessi nel 1364 (6), e collocare lo scritto fuori di questo intervallo, o prima
del 1363 o dopo il 1364, e, poiché dopo par difficile o meno naturale che tacesse di un
fatto così strepitoso, piuttosto prima che dopo. E piuttosto prima che dopo consigliereb-
bero anche quei passi dell'esordio (1. 13 cum multae .. me teneant causae, nulla potentior
quam pelagi metus; 1. 32 quem non sic, iunior, horruissem; 1. 35 an unquam .. posthcr
metum hunc victura sit caritas; 1. 41 hanc vultus imaginem cuius in dies mutatio multa fit)
dai quali possiamo arguire che il Petrarca, quando scrisse l'Itinerario, se non era più gio-
vanissimo, non era per anche vecchissimo. Poi ci sono qua e là pensieri e circostanze clic
stanno bene col penultimo decennio della sua vita. Così il virgiliano « vicit iter durum
(!) Pietro Summonte ap. Cicogna, Vita e opere di Marcant. Michiel nelle Mem. dell'Ist. Ven. voi. IX, 1860,
pag. 411. Cf. Vasari-Milanesi, Fir. 1878, I, 390.
(2) Fracassetti, Fami/. I, 163 e segg. Zardo. Il Petr. e i Carraresi 1887, p, 257.
(3) De Sade I, 20, 314, 435; II, 143. Fracassetti, Fami/. I, 181 segg.. II, 24 segg. Bartoli, Stor. della Lett.
Hai. t. VII, 1884, p. 18 segg.
(4) Fracass. Fami/. II, 85, 211; Semi. I, 333. Cf. Chronieon Sicnlum (340-1396) edito teste dalla Soc. nap.
di storia patria a cura di Gius. De Blasiis. Napoli, 1887, p. 8.
(5) Cronologia in Fracassetti, Fami!. I, 181 segg.
(6) Fracassetti, Se,iil. I, p. 195 segg.
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pietas » (1. 421) e l'epifonema « virtute animi et rerum gloria, non regno, non sceptro, non
diademate regem fieri » (1. 462) ricordano detti del 1354 quando Carlo IV venne in Italia ( ') ;
il « ratio principia rerum regit, eventum fortuna moderate, nihil autem magis adversuni
rationi quain fortuna» (1. 3) fa pensare al «De remediis utriusque fortunae » cominciato
nel 1358 (2); il « qui liber (Africa) nisi vel vitae brevitas ... vel aliorum librorum unum
in tempus cura concidens, vel quorum nullus est modus fortunae impedimenta ecc. » (1. 104),
ha una certa somiglianza colla lettera del 1350 a Luigi di Kampen (3) : « Sono .. impacciato ..
da grande quantità di scritti di diversa specie, che in mia casa conservo... Vinsemi la cura
delle opere di maggior lena, che da lungo tempo interrotte .. ho per le mani. Vinsemi il
pensiero della brevità della vita . . . Che se potrò dare un giorno l'ultima mano a quella
(l'Africa, pare) che sto lavorando .... Or d'altra cosa m'è forza parlarti ... Fu così lunga, fu
così fiera che m'ebbe vinto, la guerra della nemica fortuna .. Prima di questo misero tempo
chi fu che .. sentisse mai da me voce di querela e di pianto ?».
« L'Itinerario fu quel che si chiama uno scritto d'occasione. Un nobile milanese (1. 55,
239, 339; 1. 242), affezionato e caro al Petrarca (1. 34, 37, 40, 47, 55, 390), avendo riso-
luto di fare con altri gentiluomini (1. 46, 82, 439) il viaggio di Terra Santa, e sperato fino
all'ultima di attrarre il Petrarca nella comitiva (1. 7, 34), poi veduto che per molte ragioni
e soprattutto per quella paura del mare bisognava rinunziare alla carezzata idea (1. 48),
mentre spuntava la primavera (1. 46) e preparavasi al viaggio, pregò l'illustre uomo ed
amico di stendergli un breve ragguaglio delle cose che dovea vedere (1. 39, 48). Il tratto
fra Milano e Genova ove s'imbarcava, gli era noto e famigliarissimo (1. 57), ma Genova stessa
affatto nuova (1. 58). Del resto gli proponeva, forse andandogli a' versi, questo triplice pro-
gramma, gli accennasse quanto avrebbe creduto utile all'anima, alla mente ed al cuore:
sorgendo, come si vede qui (1. 51 seg.), fin da ora, accanto all'ideale della vita cristiana
(salus animae), quello della vita scientifica (notitia rerum) e della grandezza storica (me-
moria exemplorum). Il Petrarca lieto di accompagnarlo almeno in ispirito (1. 39, 48), pre-
stossi con grazia a servire così di Baedeker anche in luoghi da lui non mai veduti (1. 49,
50, 56), ed aiutato lungo la costa d'Italia dalle proprie memorie, oltre Italia dai viaggi
fatti sui libri e sugli atlanti (cf. Seuil. IX, 2 Fracass. II, 38), ed ovunque dalla molta sua
erudizione sacra e profana, in tre giorni (1. 478), currente calamo (1. 476), compì questa
guida breve (1. 54), e concisa (1. 155, 190), questa letteruccia-itinerarietto (1. 39, 48 literulas
quae brevis itinerarii loco sint), com'egli la chiama ; e i pedanti ne hanno fatto addirittura
un trattato, coli' «incipit prologus » ed « esplicit prologus » (Urbin.), e con un titolo che
non finisce più (« Francisci Petrarchae v. e. Itinerarium in quo, quicquid per Europam vel
Asiani peregrinis Hierosolymitanis memorabile occurrit, diligentissime describitur », ed. di
Basilea, 1554, I, 617). Ma è una letteruccia molto caratteristica, molto preziosa, chi la
guardi dallo stesso punto di veduta che il Koerting.
« Detto così del quando, del dove, del come fu scritto l'Itinerario, vediamo del per-
sonaggio a cui l'ebbe il Petrarca indirizzato. Aveva costui ingegno pronto ed aperto (1. 474).
viva curiosità (1. 55), una certa coltura classica (1. 71, 161) e pratica di Virgilio (1. 189, 242.
273), quantunque fosse un uomo d'arme (1. 55, 239, 339) e non un erudito (1. 180, 380, 448):
del resto di una religiosità medioevale (1. 164), cristiano nell'anima (1. 83), intento a meditare
prima del viaggio e ruminare l'Evangelio (1. 362, 379). Era un uomo fatto, non vecchio
(1. 426), avea moglie e figli (1.395). Era notissimo ed accarezzato in Milano (1.47, 390). Qualche
manoscritto ne dà il nome. Nell'estense, nel chigiano, la lettera del Petrarca ha questo
indirizzo: Egregio militi domino Iohanni De Mandello. Un Giovanni di Mandello, in quei
(1) Carlo Romussi, Petrarca a Milano 1874. p. 4(3 segg. Fani. XIX, 3.
(2) Fracassetti, pref. alle Fani. I, p. 1.
(3) Fracassetti, Famil. I, p. 239 segg. (cf. IV. p. 270).
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 51
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tempi, ci fu, e « capitano generale di Milano nel 1340, pretore di Piacenza nel 1346, gover-
natore di Pavia nel 1351, eletto 2 settembre 1352 capitano generale in Piemonte contro
Savoia e Monferrato, 1354 podestà di Bergamo, e 8 dicembre 1359 luogotenente in Milano
pel duca Gian Galeazzo Visconti, che onoravalo altresì col titolo di suo cugino germano »
(Damiano Muoni, Famiglia Mandelli, Mil. 1877, tav. VI). Altro non so dire. Ma il mila-
nese Archivio di Stato che ci ha dato teste notizie di pellegrini lombardi del secolo XV
e tra gli altri un salvacondotto ducale per recarsi a S. Giovanni di Gallizia a favore del
nobile Raffaello di Mandello (Em. Motta, in Arch. stor. lomb. 1886, p. 866 seg.), chi sa che
non conservi notizia o salvacondotto della petrarchesca comitiva del secolo XIV?
« Ora vedano gli studiosi se mi sia sfuggito qualche passo più opportuno alla storia
di questa operetta. Io do qui il testo che ho ricavato dai tre manoscritti, utile provviso-
riamente, mentre delle opere latine del Petrarca si hanno mostruose ''dizioni a stampa,
e l'edizione nuova che tenera coni" di tutti i codici non è ancor nata.
Baro admodum spei nostrae rerum exitus re3pondent ; saepe premeditata destituunt, inspe-
rata contingunt; neque id mirum cuiquam esse debet, mirimi potius si quid alitet accidat.
Siquidem ratio principia rerum regit, eventum fortuna moderatur, nihil autem magis ad-
versum rationi quam fortuna. Itaque saepe telam quam ingeniose illa quidem ordita '-rat.
'i linee impetuose ante tempus abrumpit. Quod probatione atìnam egeret, neque iis querelis
adeo vita hominum piena esset, ut iam fere nil aliud ingemiscat. Sed ut ad rem i»n<t r;im
veniam, decreveras quidem me volentem, fateor, optantemque viae comitem habere. Nam
quae usquam optabilior, aut sanctior via est? qua*' iustior peregrinata) ? quam ad sepul-
crum, ubi ille iacuit, cuius temporalis mors, immortalitatem nobis et aeternam vitam pe-
lii perit; sepulerum, ubi si dici fas est, et vieta mors simul et victrix vita sepulta est. 0 bea-
tum iter et invidiosum christiano animo spectaculum. Hinc ego nunc nescio quibus pec-
catorum vectibus arceor, uncisque detineor. Infans quidem, ut Flaccus ait, pudor loqui
prohibet, sed imperiosa veritas fari iubet, et ut paream cogit. Cum multae igitur me te-
neant causae, nulla potentior quam pelagi metus, con quod aut vitae cupidior, aut timidior
15 mortis sim, quam ceteri mortales, aut terrestrem mortem maritìmae praeferendam reax: non
enim in loco, sed in animo est, quod felices facit et miseros, et cum ubique morieiidum
sciam, ubi mori sit melius ignoro. Frustra bellum et maria vitamus, frustra labores fugi-
mus, perituroque parcimus corpusculo : in medias voluptuosorum latebras, inque ipsos regum
thalamos, invisa mors penetrat, et saepe quam forte laboi ei exercitium distulissent
i»0 iners luxus anticipat. Semel utique moriendum est, et liane mortem ut accersere vetitum,
sic evitare velie dementia est, procrastinare mollities, at aequanimiter expectare, tanquam
ubique proximam et horis omnibus affuturam, ea virtus esimia est verumque viri opus.
Secundam mortem omni nisu fugere consilium est, sed ita res se habet : ad impossibilia
studium onine conversum est: non mori, non aegretare, non lab orare, non dolere, non ser-
25 vire, non egere volunt omnes, non peccare vult nullus, cum ea vera et maxima mortis ei
aegritudinis et laboris et doloris et servitutis et penuriae causa sit. Milli vero nunc forte
dicat aliquis : si mortem ergo non metuis, quid metuis ? Longam mortem, et peiorem morte
uauseam, non de nihilo quidem, sed expertus metuo. Quotiens putas illud monstrum reten-
tavi si forte naturam consuetudo vel vinceret, vel leniret. Si quid profecerim quaeris, non
30 metum minui, sed geminavi potius cum navigatione. Supplicium hoc forsan animo vago et
rerum novarum visione inexplebili oculo frenimi posuit natura. Congressum itaque nunc
noti hostis exhorreo, quem non sic iunior horruissem, horrui autem semper, sed in dies
magis, cuius prospectu tamen adeo detector, ut quem vel tangere abominor quam cupide
videam stupor ingens sit. Iste me nunc metus Me detinet. Exoptatum mihi comitatum
35 tuum invidet fortuna. An unquam vero posthac metum hunc victura sit caritas subdifficilis
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coniectura est. Ibis ergo sine me, et multa conspicies, quorum tibi dum vixeris memoria
voluptatem renovet. Ego interim dum tu redis, quod ut celeriter feliciterque sit cupio, Eu-
ropae Italiaeque finibus contentus agam. Nihilominus te animo comitabor, et quoniam ita
vis his etiam comitabor scriptis, quae tibi brevis itinerarii loco sint. Morem enim secutus
amantium, cuius praesentia cariturus es, imaginem flagitasti, qua utcumque tuam absentiam 1"
solareris, non liane vultus imaginem cuius in dies mutatio multa fit, sed stabiliorem effi-
giem animi ingeniique mei, quae quantulacumque est, profecto pars mei optima est, Hic tibi
ergo non amici domicilium corpus hoc, quod videntes quidam totum se hominem vidisse falso
putant, sed amicum ipsum internis spectare luminibus licebit. Quoniam ut ait Cicero, mens
cuiusque is est quisque, non ea figura quae digito demonstrari potest. Sed iam'nimium te I",
moror, quem socii expectant, quem tranquilla veris facies faventesque vocant aurae, quem nos
omnes qui te suspiramus abeuntem, iamiam reducem exoptamus. Poscis ergo vir optime, quo-
niam me non potes, comites has habere literulas, in quibus quae oculis ipse tuis mox vi-
debis, ex me, qui ea certe nec dum vidi omnia, nec unquam forte visurus sum, audire expetis,
mirum dictu, nisi quia passim multa quae non vidimus scimus multa quae vidimus igno- 50
ramus. Parebo equidem, eoque promptius, quo iustius cupis, primum scilicet ut quae ad
salutem animae, dehinc quae ad notitiam rerum et ingenii ornamentum, postremo quae ad
memoriam exemplorum excitandumque animum pertinere videbuntur explicem, iterque lon-
gissimum brevi stylo metiar: prima quarum, nisi fallor, religiosi prorsus ac fidelis, altera
ferventis ac studiosi, tertia militaris ac magni animi cura est. Quid vero non possit amor? 55
Certius te visurum speras, quae calamus meus hinc, quam quae oculus tuus tibi inde mon-
straverit. Ingrediamur vero iam tandem iter hoc, et media praetervecti, quae assidue su-
biecta oculis inculcare auribus supervacuum est, nondum tibi visam, ut ais, Januam ve-
niamus. Videbis ergo imperiosam urbem lapidosi Collis in latere, turribus et moenibus
superbam, quam dominam maris aspectus ipse pronunciat. Sua sibi potentia, quod multis 60
iam fecit urbibus obstat, atque officit, iugis unde materia civilium simultatum scatet. Auc-
torem urbis et nominis, Janum ferunt, primum ut quibusdam placet Italiae regem. Quod
an ita sit, an ipse situs, urbi nomen dederit, quod nostri orbis quasi ianua quaedam esse
videatur, incertum habeo. Prima ibi celebrior opinio est, et in chronicis eoruni scripta, et
publicis insculpta monumentis. Utrique autem illud obstat, quod apud veteres non Januae, 65
sed Genuae nomen in usu est. Huius sane multa recentia et memorabilia dici possunt,
quae praetereo, neque enim scribo nunc historiam, sed loca describo; antiqua autem pau-
ciora, quod non semper hoc, sed quantum intelligere est, prius caput gentis Albigaunum
fuerat, Ipsa quidem de qua loquor Janua, temporibus belli punici secundi a Carthaginien-
sibus eversa, a romanis ducibus restituta est. In qua tu nunc et populi habitum etlocoruin Tu
situm et aedificiorum decus, atque in primis classem quod de tyria scriptum vides, cunctis
terribilem tremendamque litoribus, tum molem pelago obiectam, port.umque mirabere, ma-
nufactum, inextimabilis sumptus, infinitae operae, quem quotidianae nequicquam feriunt
procellae. Quid multa ? Cum sedulo civitatem liane, et dextra laevaque circumfusum litus,
ac montes fluctibus impendentes, ad haec corpora, mores, animos, et victum gentis aspexeris, 7")
scito te vidisse cotem illam alteram, quae romanae virtutis aciem, longo exercitio, nraltos
olim annos exacuit, quod si quid Livio creditur, nulla provincia magis fecit, ut cui scili* sei
essent omnia, quae vigilem ac sollicitum romanum exercitum haberent, locorum montana
durities, hostis prompta velocitas, commeatuum difticultas, insidiarum opportunitas, com-
munitio castellorum, labor iugis, periculi plurimum, praedae minimum, otii nihil. Itaque 80
cum ubique terrarum cum singulis, hic cum multis diflicultatibus uno tempore pugnandum
erat. Hinc tu tametsi socii properent et nautae de litore funem solvant, non tamen ante
discesseris, quam pretiosum illud et insigne vas solido e smaragdo quo Christus, cuius te
tani procul a patria amor trahit, prò paropside usus fertur, videas devotum si sic est.
alioquin suapte specie clarum opus. Hinc digressus ad laevam, totum illuni diem, ne oculos 85
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a terra dimoveas caveto, multa enira illis occurrent, quae multo tibi facilius sit mirari
quam cuiquam hominum stylo amplecti, valles amoenissimas interlabentes rivulos, colles
asperitate gravissima et mira fertilitate conspicuos, praevalida in rupibus oppida, vicos
amplissimos, et marmoreas atque auratas domos, quocumque te verteris, videbis sparsas in
90 litore et stupebis urbem talem decori suorum rurium deliciisque succumbere. Viginti nisi
fallor passuum millia emensus, extentum in undas promontorium, Caput montis ipsi \ocant,
obvium babebis, et Delpbini sive ut nautae nuncupant Alphini portum perexiguum, sed
tranquillum, et apricis collibus abditum, inde Rapallum ac Siestrum, et nomine Veneris
insignem portum, securum ventorum omnium, et omnium quae sub coelo sunt classium
ilo capacem, nostrum prope Erycem, habet enim alterum Sicilia. In medio sinus est maris
opportunus fatigatis puppibus. Et hoc quideni litus orane palmiferum, atque cedriferum ut
adversum Cereri, sic Baccho gratissimum, ac Minervae, nulli usquam terrarum cedere certuni
est. Quo magis id priscis rerum scriptoribus et praesertim vatibus praetermissum miror. Sed
adducor ut extimem non invidiarli neque desidiam causam dedisse silentio, sed quod nonduin
100 tentata, ideoque nondunl nota fertilitas locorum erat. Hinc est, ut cimi claris Baepe carminibus
Meroen Falernumque coneelebrent, terrasque alias, hanc cunctis hac laude praestantem omnes
indictam praeterierint, Id me movit omnium qui scripaerunt, et ingenio, et stylo, et aetate
novissimum, ut in Africae meae loco quodam, idoneam nactus occasionem, loca ista de-
scriberem, cbaractere dicendique genere longe alio. Qui liber nisi vel vitae brevitas, vel
105 ingenii tarditas, vel aliorum librorum unum in tempus cura concidens. vel quorum nullus
est modus, fortunae impedimenta vetuerint, aliquando forte sub oculos tuos veniens, in
horum te atque aliorum, quae nunc visurus es, locorum memoriali! revocabit. Sed multimi
nobis viae restat, Progrediamur ad reliqua. Non procul bine circa extremos fines Januen-
sium Corvum famosum scopulum, et nomen a colore sortitum, ac paululuni provectus,
Ilo Macrae amnis ostia, quae maritimos Ligures al) Etruseis dirimit, supraque litus maris.
sinistramque ripara fluvii ruinas Lunae iacentis aspicies, si famae fìdes est. Aliud enim
hac in parte nihil habeo: magnani exemplum fagiendae libidinis, quae saepe non modo
singulorum hominum, sed magnarum urbium et locupletium populorum, ac regum opes,
fortunasque pessumdedit, licet huiusce rei esemplimi maina et antiquius Troia fuit.
115 Hinc iam sensim cedentibus montibus, aliquandiu pianura, et absque scopulis, lene litus,
portus rari, castella procul in collibus, plaga maris inhospita, Sarzanum paulo subinotuin
a litore, novum frequensque oppidum, inde Laventia vicus ignobilis, Fluvius deinde re
ac nomine Frigidus, aquis arenisque perlucidus, secus Massam amoenissimani terram de-
scendit in pelagus. Prope oppidum est quod Petramsanctam dicunt, cuius auctor ut audio,
120 concivis quidam tuus fuit, illius tunc provinciae praeses, el vii domi clarus et nobilis. Itaque
familiae suae nomen transtulit in suum opus. Ultra iam praeter duas Pisanorum arces nihil
memorabile, qnarum alternili Mutronem, alteram vero Viam Regiam appellant, Nec multo
post Sercli atque Arni fluminum fauces sunt, quorum alter Lucani praeterlabitur, alter patriae
meae muros primum, tandem Pisas interfluit. Et de Luca quidem dubius sum, Florentia
125 prorsus extra conspectum latet, Pisas autem ex ipsa puppe gubernaculi tibi rector ostendet,
civitatem pervetustam, sed recenti et decora specie, et licet in plano sitam, non tamen ut
magna pars urbium paucis turribus, sed totani simul einiiientissimis aedifìciis apparentera,
quondam quoque maris potentissimam, donec patrum memoria, non modo vires aequoreas,
sed animos, navigandique propositum, magno vieti proelio Januensium amisere. Post haec
130 paucis passuum millibus portus et ipse manufactus, Pisanura vocant, aderit, et fere conti-
nuum Liburnum, ubi praevalida turris est, cuius in vertice pernox fiamma navigantibus
tuti litoris signum praebet. Hinc si ad dexteram te deflectas, Gorgon atque Capraria, parvae
quaedam Pisanorum insulae, praesto erunt, nec non turris exigua, pelagi medio, quae Meloni
vulgo dicitur, infausta fili populo, quod scilicet illic ipsa cuius paulo ante memini, pugna
135 commissa est. Sin pressius intenderis, videbis et Corsicam inclitam insulam, et armentis
— 397 —
silvestribus abundantem. Qninquaginta inde vel non multo amplius passuum millibus, Plum-
binum, insigne oppidmn, ad laevam fertili sedet in colle, portus subest, nec multarum
capax navium, et securitatis ambiguae. Ad dexteram exiguo spatio, Uva est, insula inexhau-
stis Chalybum generosa metallis, ut Maro ait. Perbibent qui longiores ibi traxerunt moras,
omnia illic ad victum optime provenire, denique post Sardiniam amissam, Pisanarum opum 140
illam praecipuam sedem esse. Haud procul inde Populonia, Massa maritima, Grossetum,
Telamonis portus, an ab Aiacis patre, an unde dictus, profiteor me nescire. Inde rursus ad
dexteram, Igilium insula, vino et marmore nobilis. Ad laevam Sancti Stephani, quem dicunt,
et mox Portus Herculeus, Argentariae mons medius. Post, Cornetum, turritum, et spectabile
oppidmn, gemino cinctum muro, et ab alto colle maria longa despiciens. Huius in finibus 145
Tarquinii fuerunt, olim civitas, nunc nihil praeter nudum nomen ac ruinas, unde qui Romae
regnarunt, Tarquinii prodiere. Post hoc illa quae Civitas vetus dicitur, decem nisi fallor
passuum millibus sita est. Deinde quem Adriani portum vocant, opus inter cuncta mirabile,
qirod ne inter septem illa famosissima numeretur, nihil sibi nisi aetas et iactantia graia
defuerit. His exactis tiberinae fauces ad laevam sunt, ad dexteram remanente Sardinia. Supra 150
Tiberis ripam Ostia est, Anci Marcii colonia quarti Eomanorum regis, quam in ipso maris
fluminisque confinio posuit, ut ait Florus, iam tum videlicet praesagiens animo futurum
ut totius mundi opes et commeatus ilio velut maritimo urbis hospitio reciperentur. Illic
sane cum fueris, scito te a regina urbium Poma, non nisi duodecim passuum millibus abesse,
de qua si tam parvo in spatio loqui velim, intolerandae nimis audaciae sim, cuius gestis 155
ac gloriae totus terrarum orbis angustus est, cuius nomini libri linguaeque omnes non suffi-
ciunt. Post ostia tiberina, Caput Antii apparet, ita enim vocant nautae. Civitas ibi Antium
fuit, Vulscorum caput, quae cum multa olim bella cum Romanis gessisset, capta demum
et cum tota gente subacta est, Proxime Astura est, inde mons praealtus, cui carminibus
potens Circe nomen imposuisse dicitur. Ibi enim, ut aiunt, habitavit atque ibi Ulixis socios 160
convertit in beluas, quae transformatio quid mysterii vellet nosti. Locus est autem et fama
Celebris et scriptorum ingeniis. Hinc ad dexteram Pontiae remanent, brevis insula, et olim
career illustrium. Progredienti tibi Terracina nunc, olim Anxur, primum aderit, mox Caieta,
nutricis Aeneae nomen servans, ubi quo prosperior navigatio sit, sacrum Erasmi tumulum
adire non pigeat, cuius opem multis iam in maritimo discrimine profuisse opinio constans 165
est. Hic flexus litorum, et pelagi sinus ingens, saltusque lauriferi cedriferique et odoratum
ac sapidum semper laete virentium nemus arbuscularum. In hoc tractu Formiae seu For-
mianum et Liternum sunt, dicam verius fuerunt: alterum Ciceronis infanda caede, alterum
Scipionis indigno exilio nobilitatum et cineribus patriae negatis. Sed haec duo loca exti-
matione magis animi quam oculis assequeris, alter enim iacet, alter et latet, nisi quod 170
apud Formias adhuc duae seu tres magnae supereminent *ruinae. Ipsa sed in oculis erit
Inarime quae se se obviam dabit, insula poetarum nota praeconio, Isclam moderni vocitant,
sub qua Jovis edicto, obrutum Typhoeum gigantem fama est ; fecitque locum fabulae vapor,
velut hominis anhelantis, et aetnaeo more aestuare solitum incendium. Vicina huic Prochyta
est, parva insula, sed unde nuper magnus vir quidam surrexit, Johannes ille qui formidatum 175
Caroli diadema non veritus, et gravis memor iniuriae, et maiora si licuisset ausurus, ultio-
nis loco habuit regi Siciliam abstulisse. Simul et ad laevam Cumas colle humili Sybillae
patriam videbis, ubi Tarquinius superbus, regno pulsus, tandemque Tuscorum et Latinorum
destitutus auxiliis, exul obiit. Nani hoc Mediolano proximum, Lario imminens, Alpibus
adiacens, Cumum est, non Cumae, quod ne forte cum vulgo fallereris dixerim. Hinc iam 180
Misenus Collis in mare porrigitur, illic humati tubicinis phrvgii nomen habens, cuius rei
meminit Virgilius Sunt qui putent Misenum ibi perempttim ab Aenea diis infernis sacra
facturo, quae ut asserunt absque humana caede fieri nequeunt, atrocitatemque facinoris maro-
neo eloquio excusatam, illic sane sacrificatum ab Aenea narrasse Virgilium ubi sacrificasse
Ulixem Homerus ante narraverat, pari ritus immanitate, ut quidam putant; res enim ambigua 185
— 398 —
est valde, esse a,utem huiuscemodi sacris apta loca, quod ibi sint Avernus atque Acheron
tartarea nomina, ibi Ditis ostia limen irremeabile, et illic facilis descensus Averni, de quo
loquitur poeta, quem patentem diebus dixit ac noctibus, sed laboriosi atque operosi reditus, de
qua re quia quod scriptum est legisti, si quid ipse praeterea viderim atque audierim sequar.
190 extra propositi metas eam. Hic Sibyllae cumanae domus maxima, super horrentem Averni
ripam cernitur, iam senio semiruta, habitatore quidem nullo, sed variarum volucrum nidis fre-
quens. In eodem flexu, fontes calidi tepentesque insignius quam in alia parte nostri orbis erum-
punt, quidam vero sulfureumac ferventem cinerem eructantes; est ubi terra sine igne visibili,
sine aquis, ex seipsa salubrem vaporem, et medentem corporibus fumum profert; denique iisdem
195 in locis ethumanae vitae remedium convenisse dixeris etmortis horrorem. Et sub Miseno qui-
dem semper in ancoris romanarum una classium stabat, ad occurrendum repentinis incursibus,
alia equidem Ravennae erat, idque alto Consilio Augustus Caesar instituit, ut mare superimi
atque inferum, quibus insulae instar Italiae magna pars cingitur, hoc gemino praesidio tuta
essent. Ultra Misenum Baiae sunt, ab illic sepulto Baio quodam socio Ulixis appellatae, situ
200 longe amoenissimo, ut non immerito hibernae romanorum deliciae videantur fuisse, quod et
marmoreae testudines calidis fontibus superiectae, et murorum reliquiae indicant, amplissima^
urbi etiam satis mnltae, et scriptorum etiam astipulatur fides. Hic neronianae piscinae, ingentia
monstrantur exordia, nam furoris alterius quo fossam, ab Averno usque Ostiam, tanto terra-
rum spatio, per tot montes, non impensa rei publicae, sed iactura, non labore populorum, sed
205 exitio fodiend(am) destinarat, ut luimano vieta studio natura tuto et libere tantum iter, non
aperto quidem mari, sed marinis aquis, ac navibus ageretur, nulla quae novenni nisi in
literis vestigia remanserunt. Hic angulus et Lucrinum habet et undam Ulani Juliam atque
aequor indignans, quorum et poeta recordatus est dum Georgica scriberet, opus autem a
Julio exstructum, ab Augusto Caesare immutatimi, et aut memoria frustratili-, aut mare
210 mortuum'appellant, sic maris ferociam atque impetum compressore hominum manus. Centra
Misenum et Baias Puteolae, tribus aut quatuor passuum millibus procul apparent. Hoc maris
intervallum Gaius romanorum quartus imperator, pessimorum vero post Neronem prìmus,
per inanem sumptuosamque iactantiam terrestri ponte connexuit, quem ipse idem equestri
primum habitu, mox triumphantis in morem, magno procerum comitatu, fastuque plus quam
215 caesareo permeavit. Non longe a Puteolis, Falemus Collis attollitur, famoso palmite nobilis.
Inter Falernum et mare, mons est saxeus, hominum manibus perfossus, quod vulgus insul-
sum a Virgilio magicis cantaminibua factum putat. Ita clarorum fama hominum, non veris
contenta laudibus, saepe etiam fabulis viam facit. De quo cum me olim Robertus regno
clarus, sed praeclarus ingenio ac literis, quid sentirem multis astautibus percontatus esset,
220 humanitate fretus regia, qua non reges modo, sed bomines vicit, iocans, nusquam me legisse
marmorarium fuisse Virgilium respondi, quod ille serenissimae nutu frontis approbans, non
illic magiae, sed ferri vestigia esse confessus est. Sunt autem fauces excavati montis angu-
stae, sed longissimae atque atrae, tenebrosa intus, et horrifica semper nox, publicum iter
in medio, mirum et religioni proximum, belli quoque temporibus inviolatum, si vera populi
225 vox est, et nullis unquam latrociniis attentatum patet. Cryptam neapolitanam dicunt, cuius
et in epistolis ad Lucilium Seneca mentionem facit. Sub finem fusci tramitis, ubi primo
videri coelum incipit, in aggere edito, ipsius Virgtlii busta visuntur, pervetusti operis, unde
haec forsitan ab ilio perforati montis fluxit opinio. Juxta breve sed devotissimum sacelluni
supra ipsum cryptae exitum. Et mox ad radicem montis in litore, Virginis Matris templum,
230 quo magnus populi, magnus quotidie pernavigantium lìt concursus. Proxima in valle sedet
ipsa Neapolis, inter urbes litoreas, una quidem ex paucis, portus hic etiam manufactus, supra
portimi regia, ubi si in terram exeas, capellam regis intrare ne omiseris, in qua conter-
raneus olim meus, pictorum nostri aevi princeps, magna reliquit manus et ingenii moni-
menta. Non audeo te hortari ut extantem in colle urbi proximo Cartusiae domum adeas.
235 Scio ut navigatio fatigationem et fastidium parit. At Clarae virginis praeclarum domicilium
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quamvis a litore parumper abscesserit videto, reginae senioris amplissimum opus. Illud nulla
festinatio, nullu3 labor impediat, quin duos illius urbis vicos, Nidum scilicet et Capuanam,
videas, aedìficiis supra privatum modum, et antequam pestis orbera terrae funditus exhausis-
set, vix cuiquam credibili militiae numero, ac decore memorabiles. Militem ad militiae pela-
gus (var. ad militem pelagi), opus professioni tuae debitum, te initto, non studiosum veri- 240
tatis ad fabulas, et idcirco Castrum Ovi titulo cognitum eminus aspexisse satis fuerit. Haec
est civitas, ubi Virgilius noster, liberalibus studiis operam dedit, cum iam ante patria illuni
tua Mediolanum, tenerioribus annis, discipulum habuisset. Hic se Carmen illud georgicum
scripsisso, hic se ignobili otio floruisse verecundissime memorat. Hanc dulcem vocat ilio
Parthenopem, id enim est aliud de nomine conditricis civitati nomen. Demum peregre 245
moriens, inter estrema suspiria suae meminit Neapolis, et huc revehi optavit, ut quam
vivus amaverat, vita functus incoleret. Hinc tandem digresso, biceps aderit Vesevus (vulgo
Summa monti nomen), et ipse flammas eructare solitus. Ad quod olim spectaculum visen-
dum cum experiendi noscendique cupidine perrexisset Plinius secundus, vir scientiae multi-
plicis, et eloquentiae floridae, vento cinerem ac favillam excitante compressus est, mise- 250
rabilis tanti viri exitus. Sic Neapolis, hinc mantuani, inde veronensis civis ossa custodit.
Mons est autem multarum rerum, sed in primis vini ubertate mirabilis, quod graecum ideo dici-
tur, quia illa pars Italiae a graecis possessa olim Magna Graecia dicebatur. Hinc ad dexteram
Capreae insula linquitur, asperrimis rupibus circumsepta, secessus infamis senilium Tiberii
voluptatum, et officina saevitiae. Pulcherrimus terrarum tractus ad laevam Pompeios et Her- 255
culaneum habuit, celebres olim urbes, nunc inania nomina, quas terremotibus eversas Seneca
inter ceteros teste didicimus. Superest adhuc Surrentum et ipsum mellifluo palmite genero-
sum. Tota regio Terra Laboris hodie, pars olim Campaniae fuerat, utraque praecipuae uber-
tatis appellatio. Quo praetextu Cereris hic Liberique certamen incerta Victoria statuere. Post .
hoc gremium maris ecce mox aliud ex ordine panditur, in quo Salernum videbis et Silerim. 260
Fuisse hic medicinae fontem fama est, sed nihil est quod non senio exarescat. Hinc utinam
tu secundis ventis et cursu tam facili proveharis ut ego ad Italiae finem facili provehor stylo.
Laeva itaque perpetuo tractu calabrum litus extenditur. Dextera autem longe Trinacria
et Vulcanus ac Liparis minoresque insulae ipsae fumum flammamque fundentes, vento-
saeque adeo ut Aeoli ventorum regis, hic regiam fuisse, vel fabulosum certe vel histo- 265
ricum sit, utrumque enim lectum est. Hinc quod convenit Aeoliae dictae sunt. Ubi angu-
stissima Italia est, Scaleam vocant, nescio quam vetus oppidum, sed nomen haud dubie
modernum. Unde cum ad extremum Italiae angulum perveneris, eum scilicet qui ad oc-
casum vergiti, hinc Rhegium Calabriae metropolim, hinc Siciliae Messanam parvo admo-
dum oculorum flexu et fere simul aspicies. In medio Pharus est, qui messanensis dicitur, 270
in quo sunt infamia illa portenta, multum formidata navigantibus, Scylla et Charybdis.
Scyllam saxum esse constat ad laevam undisonum procellosum, Charybdim contra aquarum
magnam quandam rapidamque vertiginem. Neque te moveat, quod libro tertio divini poe-
matis locatae aliter a Virgilio videantur. Ille enim venientis, ego autem euntis iter pro-
sequor. Causa vero tantae' vertiginis apud poetas et historicos una est. Ferunt enim hunc 2?5
nostrum qui nos obit ac dirimit Apenninum, in Trinacriam protendi solitum, donec multis
seculis duo maria velut ex condicto, geminum latus montis hinc illinc, sine intermissione
tundentia, undis succumbere coegerunt. Ideoque illic amoto obice maria suo impetu acta
concurrere, Apennini autem ultima, sic a foto corpore montis exsecta, nomine etiam amisso,
concessisse in nomen montis siculi Pelori, unius scilicet ex bis tribus, unde Trinacriae -s"
appellatio sumpta est, qui mons Messanae proximus est, cui quod nomen ante fuerit in-
certum habeo. Hoc enim a Peloro gubernatore Hannibalis, quem ille sive tota cum
classe Italiani linquens, ut Valerio placet, sive ut alii volunt et similius vero est, pa-
triam suam puppe unica repetens et romanos fugiens victores, propterque locorum an-
gustias dum eminus exitum non intelligit, falli ratus occiderat, ibique tandem errore 285
— 400 —
recognito terrae mandaverat, accepisse notissimum est. Et Scalea quidem digressis,
usque Ehegium ferme, rectus in meridiem est cursus. Inde cursus ad orientera relieta
procul a dextris Aetna, flammantium principe montium. Inde brevi flexu in septen-
trionem versus et Scylaceum naufragiis infame transiliens, Crotonem venies civitatem
290 quondam inter Italiae populos et animorum robore et corporum et forma et opibus et
gloria praecellentem, nunc, quid non proterit longa dies, vix ipsis italicis bene notam.
Hic Iunonis Laciniae templum fuit, toto orbe percelebre. Inde in intimo quodam pelagi
recessu, Tarentum tibi monstrabitur, Ennio natalis, Virgilio fatalis locus, quamvis alii
Brundusium dicant, magni quoque cum Romanis belli causa. Pyrrho rege in Italiani accer-
295 sito, adiutoque armis ac moenibus, post longum tempus Hannibale, quos hostilium ducum
primos romanae historiae omnibus seculis numerabunt. Iam ad flnem orbis italici ventum
est, in quo ultimum cum Hydruntem attigeris pedem * habueris. Obvium Adriaticum aequor
emensus, primam insularum ab adverso litore Corcyram, ignobilesque alias invenies, donec
ad Achaiae primum angulum perveneris. Illic equidem optabis Isthmum, quod quibus'lam
300 venit in mentem, esse perfossum, quo cum rectior tibi tum brevior cursus sit. Mons est
duo maria dirimens, qui si loco cederet, insula esset Achaia. Eius in vertice Corinthus
est, situ inexpugnabili. Id sibi cum a Romanis capta esset, eversionis praebuit matcriam,
secutis opportunitatein loci maxime, ut ait Cicero, ne posset aliquando ad bellum facienduin
locus ipse adhortari. Cum vero lirnes aequoreus ille praeclusus sit, parendum naturae, et
305 praetermissa Corintho, Maleae flexus ille longior obeundus est, videndumque litus achai-
cum, atque urbes in litore, Motona, Corona, et quicquid terrarum mare illu.l alluit, usque
ad extremum regionis angulum. Ut vero alter Italiani, sic ille Cretam respicit, mine pos-
sessionem Venetorum, ut humana omnia volvuntur, olim Iovis regnum, suprrstitionum fere
omnium fontem atque principium. Hanc a dextris, Euboeam, quam Nigropontum vocant,
310 a sinistris habens, inter Cyclad(a)s aegaei maris insulas, quae siderum in morem, p.lagus
illud illustrant, crebris portibus tutum iter ages. Hic Scyros Achillei amoris atque ado-
lescentiae prima sedes, unde ulixeo tortum astu, fulmen illud venit ad Troiam. Hic Cous
Hippocratis, Lesbos Theophrasti, Samos Pythagorae patria, qua ille deserta, in has nostras
terras venit, et italicus philosophus dici meruit, cum philosophiae nomen, quod primus
315 invenerat, summo studio atque ingenio exornasset. Sed quid ago? Non multo facilius,
Cyclad(a)s omnes, quam cceli stellas enumerem. Per has ergo navigans, et procul a tergo
linquens illa duo Graeciae lumina, Lacedaemonem et Athenas, ad laevam vero Hellesponti
fauces, Se(s)tonque et Abydon infaustis amoribus notas et Byzantimi, atque Ilion, illud
aemulatione romani imperii, hoc propriis famosum malis, recto tramite Rhodum petes,
320 olim soli, nunc Christo, verius scilicet soli sacram, et militiae domicilium Iohannis. Iam
bine Asia minor, ad laevam iacet, olim provinciarum mitissima, post Troiae ruinam graecis
referta cultoribus, nunc Turcorum veri hostium ferox regio. Huius partes, ad austrum
versae, et itineri tuo proximae sunt Lycia atque Cilicia, et caput regionis Isauria, arx
olim omnium piratarum, qui summis tunc viribus, maria cuncta pervaserant, ita ut ipsis
325 quoque romanis classibus, aperta acie decertarent, Summa tamen Pompei magni virtute
ac prudentia superati, abductique maritimi s latrociniis, et terrae cultibus restituti, ac ne
qua unquam occasio illos ad consueta retraheret, a conspectu maris procul abstracti sunt.
Ex bis inter ceteras laudensem coloniam, patriae tuae proximam constare, et de Pompei
laudibus sumptum nomen traditur. Quae quidem non tantum a mari, sed a fluminibus
330 etiam longe erat, donec nuper eversa, dum resurgeret, ut sibi casus ad aliquid profuisse
videretur, translatis sedibus, ripam pulcherrimi amnis obtinuit, Sed nondum tempus est
in patriam redeundi. Ad ea quae restant procedamus. Ante Ciliciae frontem Cyprus est,
terra nulla re alia quam inertia ac deliciis nota, quam merito Veneri sacram dixere. Et
nunc quoque Veneri, magis quam Marti seu Palladi sacra est. Raro ibi, seu nunquam vir
335" aliquis clarus fuit. Neque enim in molli agro voluptatis, virtutum rigida semina coalescunt.
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Libidinem incolarum, terrae coelique fervor indicat. Cum enim regiones traetu maximo soli
viciniores, grata temperie perfruantur, haec prope contra naturam, intolerandis aidoribiiE
aestuat, quasi hominum complexio ad elementa transierit. Noli ibi multum immorali Non
est enim militaris certe neque virilis habitatio. Fastus gallicus, syra mollities, graecae
blanditiae ac fraudes, unam in insulam convenere. Quod optimum atque pretiosissimum 34o
habent, illic, dissimillimis moribus aliunde veniens, iacet Hilarion. Contra Cyprum in
extremo maris angulo, minor latet Armenia, cui tergum puppis obvertens in dextrum latus
agenda est. Sed iam quasi tecum periculi fastidiique particeps, ad terram pervenisse
gaudeo. In quam ubi descensurus sis nescio. Neque enim unus tantum portus patet ac-
cessui. Magistri sententia, comitum consensus, ventus, mare, dies, locus, opportunitas, 345
quid te agere oporteat dicent. Nam ut antiquo proverbio monemur, Consilia capiuntur ex
tempore. Sunt autem in litore ilio, ut ab aquilone in austrum descendam, maritima oppida,
Tortosa, Tripolis, Baruth, Sur, Caesarea, Iafa, Ascalon, horumque in medio nobilis olim,
nunc eversa et in cinerem versa iacet Acon, summum et inexpiabile dedecus ac turpis-
sima cicatrix christianorum regum, nisi aliquanto turpior esset ipsa Ierusalem. Sane si 350
altius descendas, id babebis amplius, ut videas caput Syriae Damascum. Sic enim vocat
eam non quicumque cosmographus sed clarissimus prophetarum Isaias. Quamvis non
ignorem apud alios Antiochiam Syriae primam ac metropolim haberi, cui sententiae ac-
cedit Hegesippus libro 3 historiarum Iosephum secutus, aliquanto tamen nobilior ut puto
et certe multo vetustior est Damascus. Videbis civitatem et forma spectabilem, et aetate, 355
de qua quidem ab ipsis temporibus regum Israel, multis seculis ante urbem condi-
tam, crebra in utrisque literis sacris, ac secularibus est mentio. Si infra magis appli-
cueris, quantum spectaculo defuerit, tantum demitur labori, minus terrestri calle laxa-
beris, quod in terram egresso vicina Ierosolinia est, itineris propositique tui terminus.
Itaque tametsi multa tibi in medio quaerenda et visenda monstraverim, quae poteras 360
improvisus forte solumque viae finem cogitans praeterire, hic quid te moneam non babeo.
Omnia enim iam bine antequam pedem domo moveas, praeconcepta animo, et diu agitata
sunt tibi, quoniam finis rerum, ut philosophis placet, sicut in executione ultimus sic in
intentione primus est. Neque vero tu aliam ob causam tantum laboris, ac negotii suscepisti,
nisi ut in illa morte domini sacra urbe, locisque finitimis videres oculis, quae animo iam 365
videbas: amnem scilicet quo lotus est Christus, templum seu templi ruinas in quo docuit,
locum ubi summa cum humilitate passus est corpore ut nos animi passionibus liberaret,
sepulcrum ubi sacratissimum corpus illud substitit, dum ipse mortis et inferni victor, ad
regna hostis spolianda descenderet, unde etiam reversus idem, corpusque iam immortale
recipiens, pressis gravi sopore custodibus, resurrexit, Sion praeterea et Oliveti montem, ad 370
haec et unde in coelum ascendit, quo ad iudicium reversurus creditur, ubi ventis et flucti-
bus imperavit, ubi cibo exiguo maximam turbam pavit, ubi aquam vertit iu vinum, quae
licet magna convivantibus viderentur, facilia erant illi qui cibum et vinum et aquam et
ipsos de nihilo creaverat convivantes, ubi denique elegit indoctos atque inopes piscatores ,
quorum hamis ac retibus piscarentur imperatores ac reges gentium, ubi caecos illuminavit, 375
leprosos mundavit, paralyticos erexit, mortuos suscitavit, quodque his omnibus maius esset,
nisi quia omnia aeque facilia sunt deo, daemonibus ac peccatis oppressam, sepultamque
animam restituit libertati, multa etiam quae persequi mihi longissimum et nequaquam ne-
cessarium tibi est, cui omnia ex Evangelio nota sunt, quae fixa mente cernentis, per singulos
passus devotam animam pius horror invadet. Unum quod elabi posset admoneo, videre te 380
urbem illam, quam vicisse victores gentium Romani tam clarum opus esse duxerunt, ut Titus
tunC exercitus, post imperii gubernator, in ipso ingressu moenia urbis admirans, tantam
victoriam non humanae virtutis, sed divinae gratiae fateretur. Et profecto sic erat. Christus
ipse quem eradicasse de terra viventium extimabant, adversus suos hostes suis merito fa-
vebat ultoribus, licet adhuc illis incognitus, noscéndus tamen eorum suecessoribus et 385
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 52
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colendus. Itaque cum saepe alias, tamen in ea vastatione praecipue impletum est, quod ex
persona eius in psalmo dicitur, Resuscita me et retribuam eis, ea hominum strage^, ea
fames miserorum tam maestà necessitas, quae si ex ordine nosse cupis, Iosephum lege, non
audita, sed visa, et communia sibi cum ceteris referentem. Quid vero nunc cogitas ? An
390 nondum te desiderium nostri cepit, ut domum ut patriam ut amicos invisere animus Bit?
Credo id quidem, imo ne aliter fieri posse certus sum. Sed millus est acrioi stimulus quam
virtutis. Ilio nunc per omnes difficultates, generosum animum iinpellit, nec consistere pa-
titur, nec retro respicere, cogitque non voluptatum modo, sed honestorum pignorimi atipie
affectuum oblivisci, nihil aliud quam virtutis spederò optare, nihil denique cogitare. Hic
395 stimulus qui Ulixem Laertis, et Penelopes, et Telemachi fecit immemorem, te nunc noois
vereor, abstrahet diutius quam vellemus. Video libi faciem esse longius euntis. Nec imme-
rito- Ubi enim dimittes Bethleem civitatem David, quam coelesti erta claram fore divini
vates praesago ore cecinerunt. In illa primo cunabula nostri regis aspiciens, cogitabis quan-
tum Deo grata fuerit semper bumilitas, quam in fìlli sui unigeniti primordiis evidentis-
400 siine consecravit, cogitabis ineffabilern Salvatoris originem qui ante principium genitus, in
fine temporum, si ad aetatum numerura attenditur natus est. Virginem matrem in praesepio
iacentem contemplabere, et divinuin infantem in cunis ragientem, angelos ab aethere con-
cinentes, pastores attonitos, stupentesque reges alienigenas, cum muneribus affusos, indi-
genam vero regem, gladio saevientem, terram innocuo sanguine beatorum infantium et mi-
405 serarum genitricum lacrimis madentem, et inaestis resonans coelum oinne gemitibus. Inter
haec monitu angelico, sanctum altorem cum intemerata matre, coelestique alunni", clam
ex ingrata patria, in Aegyptum ire tanto pignori tutas latebras quaerentem, iam tuni gen-
tibus spe iniecta, primogenito proptei ingratitudinem abdicato, summi patris hereditatem
ad minorerà filium, hoc est ad populum gentium esse venturam. Sed tu quoque nunc ut
410 auguror Joseph imo Mariam, imo Christum profugum sequi vis, sacrum profecto teque
dignum iter. Sequendus in terris, quaerendusque nobis Christus est, ut vel sic discamus
eum ad coelum sequi, et ubi aliquando habitavit dia quaesitum tandem ubi habitat inve-
nire. Iam vero non longe bine, mare, quod Sodomorum dicitur, Jordanis influii ubi con-
sumptarum urbium vindictaeque coelestis aperta vestigia apparent. His deserti solitudo
415 proxima est. Durum iter fateor, sed ad salutoni tendenti, nulla diflicilis via videri debet.
Multas ubique difficultates, multa tibi taedia vel hominum vel locorum hostis noster obji-
ciet, quibus te ab incepto vel retrahat, vel retardet, vel si neutrunu possit, saltem in
sacra peregrinatione minus alacrem efficiat, hic vero praeter cetera nativam locorum
ingeret asperitatem, penuriainque rerum omnium. Sed meminisse conveniet omne opti-
420 mum, magno pretio constare, et virgilianum illud, in tuos usus transferre, ubi ait :
Vicit iter durum pietas, et illud Lucani paululum immutare, durum iter ad leges,
animaeque mentis, amorem. Nihil tam durum , quod virtus ardens, et pietas * incensa
non molliat. Equidem si per Syrtes libycas , et arenosa loca serpentium M. Cato
mite Caesaris imperium fugisse laudatur, tu per desertum non fugies immite feroxque
425 iugum Satanae, per quod tantus olim populus fugit saevitiam Pharaonis? Et quod
senes ac pueri et mulierculae potuerunt, tu vir fortis ac iuvenis non poteris? Deus cum
illis erat, et tecum erit. His autem in locis legem datam Moysi, colloquium cum Deo ha-
bitum, visionem rubi, laps(a)m de coelo manna(m), ceterasque erga carum, sed ingratum
populum divinas blanditias, ae divina iudicia tecum volves. Incidet vero cupiditas maris
130 rubri videndi, quod proprie a poeta non mare, sed litus rubrum dictum est, non enim ab
aquis, sed a colore litoris nomen habet. Quo cum perveneris, non odores indicos, et eoas
merces, illis faucibus in Aegyptum atque inde nostrum in mare convectas, sed populum
Deo adiutum, per medios fluctus, sicco pede transitimi meditabere. Illud enim humanae
cupiditatis et inopiae, hoc divinae pietatis ac potentiae est. Hic Catherinae virginis
435 corpus cemes, ubi angelicis mauibus collocatimi fertur, nec indignum fuit, ut quae prò
— 403 —
lege Dei usque ad inortem decertaverat, in eo ipso monte requiesceret, ubi lex divinitua
data erat Per haec loca formidabiles esse solent, Arabum incursus, sitis, fames, labor, sed
nihil fere periculosius errore viae, nullis indiciis ad rectura referentibus. Ideo vigilanter
cave ne olla te necessitas seiungat a sociis. Jam tandem in Aegyptum laborioso et anci-
piti calle perventuin est. Ibi ergo supra Nilum videbis Babylonem novam Cambysis opus 440
et Carras aegyptias frequentissimam urbem et immensam, quae Babylonem veterem trans
Euphratem et Carras assyrias repraesentant. Spectabis insignem Asiae atque Africae li-
mitem, adversum Tanai, flumen ingens, stupendumque, de quo et philosopbi et poetae et
cosmographi multa sunt opinati, Aristoteles vero libro integro disseruit, flumen, et aestivi
mirabilis incrementi, et inundationis uberrimae, et infiniti alvei, et fontis incogniti, cuius cer- 445
titudinem, et Aegyptiorum et Persarum et Macedonum reges, ad postremum romani quoque
imperatores, sed frustra omnes quaesiere. Fons hactenus ignoratus manet, opiniones, atque
inquisitiones hominum, et historiae de hoc scriptae multa legentibus notae sunt. Clarum
quiddam et relatu dignum, quod ab illustribus viris accepimus, locus lue exigit. Ferunt
fontem esse perlucidum illic ubi ab Herodis rabie Christum occultabant, quem puer om- 450
nipotens e terra arida in refrigerium anxiae matris eduxerit. Ex ilio christianos iuc Lindis-
sime bibere, saracenis absinthio amariorem esse, ita ut degustare illum vel summis labiis
poena sit, nostrosque inde tam cupide haurientes ceu monstrum aliquod admirentur. Nec
sane magnum fuit illi qui fontem fecit, eidem quoque quas voluit leges dare, et prò va-
rietate bibentium fidei, varium saporem aquis immittere. MI iam restat memorabile quod 455
quidem non meminerim, praeter Alexandriam, Alexandri opus, Alexandri nomen, Alexandri
bustum. Ad quod Julius Caesar, post thessalicum diem, mortemque Pompei, cum Alexan-
driam venisset, ambiguo turbati vulgi murmure perraotus, per speciem religionis descen-
disse legitur. Et Augustus Caesar, post victoriam actiacam, Antoniumque devictum et
coactum mori, eodem veniens, Alexandri corpus reverenter aspexit. Cumque ex eo quaere- 460
retur, an et Ptolemaeum vellet aspicere, elegantissime regem ait se videro velie non
mortuos. Cui dieto illa proculdubio sententia inest, vii-tute animi et rerum gloria, non
regno, non sceptro, non diademate regem fieri. Hoc tu dictum eatenus inflectes, ut sanctos
cupias spectare, non mortuos. Quia tamen vetustas et fama clarorum hominum, non sine
quibusdam facibus animos tangunt, poteris et hoc bustum, si nondum senio cesserit spec- 465
tare, nec minus urnam quae Pompei cinerum ostenditur. Illum enim graeci, hunc romani
scriptores magnimi vocant. Galli autem hoc cognomen ad suum Carolum transtulere. Illos
duos habet una urbs, quorum alterum arctos, alterum miserat occidens, illum Pelle, lume
Poma. Videbis ubi iniquo marte praeventus et circumventus, illa magnalia, et vix credi-
bilia gessit Caesar. Videbis Pharum, unde hoc phari nomen per alias terras usquequaque 470
diffusum est. Spectabis multifidas Nili fauces, ubi fortuna populi romani truncum sui
ducis, et lacerum cadaver, abscisumque tronco caput flens victor aspexit, sic cum genero
partitus orbem, ut illum Nilus, Tibris hunc abluat. O fortunae fides, o rerum finis bu-
manarum. Certe ut es ingenio promptus ac docilis, tantis ac talibus magistris, quantum
prosperis sit fidendum disces perpetuoque memineris. Sed iam satis itum, satis est scriptum, 17Ò
hactenus tu remis ac pedibus maria et terras, ego liane papyrum calamo properante sul-
caverim, et an adhuc tu fessus sis eundo certe ego iam scribendo fatigatus sum, coque
magis, quo celerius incessi. Quod enim iter tu tribus forte vix mensibus, hoc ego triduo
consummavi. Hic utrique igitur viae modus sit. Tibi domi, milii ad mea studia redeundum,
quod ego confestim fecero, tibi vero plusculum negotii superest peragendum Christi ope 480
feliciter. His spectaculis, et hoc duce doctior nobis ac sanctior remeabis.
— 4<)4
Archeologia — ■ Sopra un'antica tazza dì Lucio Canolelo. Nota
del Corrispondente F. Gamurìrini.
« Premessi i ringraziamenti per la sua elezione a Socio dell'Accademia,
espone l'a. una patera ombelicata, cioè concava c,olYo;i<pakog nel mezzo, di
quelle, che precipuamente servivano per i sacrifizi, e dopo il convito per le
libazioni agli dei: dice provenirne la forma e l'uso dall'oriente, e quindi per
i Fenici essersi diffusa in Grecia ed in Italia. La patera è di fine argilla,
con vernice nera alquanto iridescente, la quale fu prodotta col processo stesso
per cui risaltava il fondo nero dei vasi greci dipinti. La parte concava rap-
presenta una serie di nove navi a basso rilievo, le quali sembrano formate l'una
dietro l'altra col medesimo stampo, di tipo romano, rostrate, e si dirigono a
destra. Simili si riscontrano negli assi di Roma, che hanno la prua a destra,
mentre quelli fusi o coniati fuori di Roma si distinguono sovente colla prora
a sinistra.
« Nel campo fra Yo/i<pcdog e le navi, sta impresso un ornato composto
di una doppia fila di ovoletti, separata da una linea e chiusa da due altre
formate di punti. Sotto una delle navi, e precisamente nel fusto del rostri' ni
tridens, è segnato il nome del figlilo in questo modo: U -CAMOLINO.
« Il nome di Lucio Canoleio ben si conosce, e si ripete in diverse tazze,
che furono prodotte nella sua figulina di Cales, ora Calvi : in una delle quali
si rivela così più completo: U • CANOUEIVS • U • F • FECIT CAUENOS.
È da riputarsi pertanto ingenuo, e che appartenesse alla nota famiglia plebea
di Roma : giacché fra i Canolei apparisce per la prima volta un tribuno della
plebe nel 445 av. C. Faceva egli pertanto parte della colonia, che fu dedotta
in Cales nel 320 av. C, e vi trovò l'industria fiorente di tali stoviglie, che
furono dai Romani tolte e seguite per proprio conto. Nelle tazze calene si
mostrano, dal tempo della deduzione della colonia fino verso la prima guerra
punica, altri padroni di fabbriche di figuline, cioè un K ■ ATIUIO, e un O ed
un U • GAB1NI0 con due nomi dei loro servi, R UT VS e SI IRVI VS. Ora per la
colonia romana colà stabilita è manifesto, che Atilio e Gabinio (il cui nome
si è tratto da Gabi) provengono di Roma. Tali fabbriche romane si sostitui-
rono alle greche, che vi esistevano (l): e quindi si diffusero nel Lazio, e
nell'Etruria, dove si imitarono, e per ciò il nome, che loro è stato dato di
stoviglie etrusco-campane; le quali di frequente trovandosi con monumenti
(!) Nei bolli delle tazze calene si sono trovati nomi scritti in greco : ed il prof. Helbig
ha veduto in quella ben nota delle quadrighe le lettere I3oT3, scritte fra i raggi di
una rota. Bull. d. Tnst. ardi. a. 1881, p. 149.
— 405 —
certissimi della prima metà del secolo terzo av. C, non evvi dubbio che
spettino a quel periodo.
« La tazza, che per proposta del disserente fu acquistata dalla Direzione
generale di antichità, se non si può dire assolutamente unica è certo igno-
rata ed inedita: inoltre la si deve pregiare per vari riguardi. In prima seb-
bene si conosca, che le stoviglie romano-calene furono l'effetto della colonia
dedotta in Cales, giova però molto per la storia della ceramica antica in
Italia fissare sempre meglio il loro svolgimento cronologico. Alla ricordata
età specialmente appartiene la forma paleografica; la E con due linee II, la U
ad angolo acuto, la N pendente, la O non precisamente chiusa. Inoltre ciò
confermasi dalla terminazione di Canoleio per Canoleius, che è ancora la prima
volta, che s'incontra nelle opere di lui, essendoci noto Cauoleios e quindi
Canoleius, colla E scritta nella forma comune : ed in conseguenza questa tazza
colle navi si dovrà stimare per l'arcaica terminazione, e come sta scritto il
suo nome, quale una delle prime, che siano uscite dalla sua figulina.
« Se poi si esamina la forma della nave, si nota che il rostro è posto sotto
alla carena, come lo fu la prima volta che i Romani lo presero agli Anziati.
Perocché negli assi librali di Roma il rostro non apparisce, ma nella serie
trionfale, cioè nella ridotta dalla librale. Si aggiunga, che a determinare
meglio il tempo della tazza, è pregevole l'ornamento del fusto del rostro, di
cui si è servito Canoleio per stampare le sue navi ; è il meandro detto corri-
dietro, che simboleggia l'onda del mare 0 del fiume, la quale si travolge e
si arriccia ; ornamento antichissimo provenuto dall'Asia minore. Ora appunto
nella serie trientale di stile campano, si scorge la nave della forma medesima
che nella tazza, e di più lo stesso meandro nella trave del rostro. E se si
riguarda la testa di Mercurio del sestante della detta serie, la riconosceremo
inclusa nella linea punteggiata, che ha usato Canoleio, e che si riscontra
nelle monete emesse in quel tempo in Etruria e nella Campania.
« Dalle osservazioni generali fatte in altre occasioni, e da quelle più spe-
ciali che si sono esposte, è dato di concludere, che la tazza di Canoleio
comparve nel tempo che fu ridotto l'asse alla serie trien-
tale. Il qual fatto avvenne secondo il Mommsen verso il principio della
prima guerra punica: ma nonostante la grande autorità dell'insigne storico
ed archeologo, il riferente opina per gravi osservazioni pure da altri rilevate,
che la riduzione dell'asse combini colla emissione del denaro d'argento, cioè
nel 269 av. C. (484 di Roma). Ne conseguita che la tazza, la quale, come
si è detto, fu una delle prime della officina di Canoleio, fu prodotta verso
il 490 di Roma, e le altre che sieno degli anni successivi. Il che è d'im-
portanza grande per riconoscere il tempo d'un travamento, nel quale compa-
risca una tazza di Canoleio, che abbia o no la nota del suo nome.
« Infine si rivela una cosa particolare fra la prua e la poppa delle navi,
che non è da trascurarsi. Si veggono due scudi oblonghi in alto, che si toccano
— 400 —
l'un l'altro, e della forma che è impressa in una moneta fusa rettangolare
di Eoma del sistema trientale. Sotto si scorge una testa forse d'un guerriero,
che sta entro la cabina o sotto coverta della nave. A me pare che Canoleio
abbia qui voluto effigiare o ricordare una battaglia : ma ben mi accorgo che
la cosa non è del tutto chiara. Se mai egli ciò intese, ed impresse in una
patera, che doveva trovare il suo spaccio, e servire per i conviti dei Romani
e per le festive libazioni, certamente ha fatto allusione ad una vittoria navale
di Roma. Fu celeberrima allora, e poi sempre nei fasti la vittoria di Duillio
sulla flotta cartaginese (493 di Roma), per cui divenne Roma da quel tempo
la regina del mare : e Duillio fu il primo, che menò trionfo della vittoria
navale, e fra gli emblemi della salutazione imperatoria figurarono le navi
rostrate ».
Filologia. — Per la Fonìstoria protarla. Nota preventiva, del
prof. F. G. Fumi, presentata dal Socio Monaci Ci.
« Le dottrine dei glottologi più anziani non bastarono a penetrare nel
complicato labirinto del vocalismo indeuropeo, ma anche quelle dei più
recenti, che ne hanno trovato l'ingresso, non il filo d'Arianna, vi si muovono
ancora impacciate. Non ostante la bella mostra che la nuova teoria vocalica
e sonantica fa nel Manuale del Brugmann, si può dire nell'anno di
grazia 1888 ciò che un caldo collaboratore di quella teoria onestamente con-
fessava nel 1885, cioè che le indagini sul vocalismo indeuropeo, nonché finite,
sono appena iniziate (Hubschmann, Indog. Vocahystem ; nachtràge ]>>. 191
fine). Mi sia lecito, pertanto, di comunicare alcuni pensieri fondamentali d'una
mia vecchia congettura (2).
« 1. Premetto due savie sentenze del nostro maestro, TAscoli. La prima
dice: « La natura stessa del soggetto {indagini glottologiche). . . in ispecie
cagiona che possa mancarci la prova d'aver colpito nel vero, quando pur e' è
riuscito di farlo (Poscritta, p. 82) ». La seconda riguarda le indagini glot-
togoniche e vuole che nella scuola sien parche, e istituite « solo in ordine
a quegli addentellati da cui penda manifestamente la intelligenza di feno-
meni che son vitali nel linguaggio come si agita nella realtà della storia
( Lettera a P. Merlo, p. 54) » . La prova della giustezza delia mia conget-
(») Nella seduta del 19 febbraio 1888.
(2) Pensieri destati nel 1876 dalla Nasalis sonans del Brugmann, ricordati nelle le-
zioni ùitroduttorie al corso di Fonologia presso l'Università di Palermo nel 77 e nell'82,
ed esposti come teoria nel novembre e decembre dell'87. In 12 anni si sono succedute
curiose somiglianze, ad es. con De Saussure, Osthoff, Fed. Mù'ller, Merlo ecc. (e debbo a
questo amico e alla sua Nota recente « Ragione del permanere dell' A. e del suo mutarsi
in E (0) ecc.» la spinta a parlare), argomenti contrarj pochi e controversi. Così pare a
me: giudichino gl'intendenti. (Palermo, gennaio 1888).
— 407 —
tura non so darla ; la dimostrazione o esemplificazione la do appunto nel corso
di Fonistoria indo-greco-italica. Spero poi che tutti ammetteranno l'assoluta
necessità di cercare nell'età del protario indiviso i germi e le cause del mo-
vimento vocalico, che variamente avviva le lingue arie nella realtà della
storia. Del resto quel linguaggio teorico figura in capo-lista nel citato Ma-
nuale del Brugmann, come figurava nel Compendio dello Schleicher, e,
malgrado di qualche divergenza nei concetti e di molte confessioni di dubbio
o d' ignoranza, ci si offre sin d'ora copioso e istruttivo più di qualcuno fra
i derivati di cui ci giunse certa notizia. Studiandolo come vivo e analizzan-
dolo si rafforza l'antica credenza, che il processo flessivo siasi svolto dall'appo-
sitivo e questo dall'isolante: spingersi all'evo radicale è fare un salto nel
buio, ma affacciarvisi appena sarà temerità innocente : avventurarsi nella
penombra dell'agglutinazione sarà un'audacia, spero, non infeconda.
« 2. Penso, adunque, che nelle primissime origini il vocaleggio delle
radici protarie abbia alternato fra la vox naturalis (indistinta o fognata,
fra a ed ó'), che segno «, e il così detto a teorico, sommo nella piramide
o mediano nella linea dello schema vocalico. È l'alternanza indicata per Va
scr.co dallo scolio a una regola Pàniniana riferito dal Pullè nella Gramm.
scr., 2 n., e che si continua nei viventi vernacoli indiani, ha riscontri mol-
teplici in più lingue e si legittima per le nuove ricerche della Fonofisica e
della Tonologia. Mi par verisimile che il colore neutro sia rimasto nella
radice meno intonata, e la specifica articolazione dell' a sia venuta dalla into-
nazione piena di quella radice, che in una data sequela dovea dominare. Se
due o più radici non si sieguono a formare un'unità embrionale di forma,
non si ha linguaggio. La vicenda a... è o ò...d (gli apici non li do per
accenti veri, ma per due gradi cromatici) non è da riferire alle radici in
astratto, ma alle seguente radicali, protoplasmi delle categorie grammaticali
dell'avvenire, in cui v era dello stato debole o ipofono, ed a dello stato forte
(rafforzato) o ipsofono. In questa prima età non credo a dilegui né a propria
atonia; suppongo esclusivo il gemino vocalismo ora accennato, giudicando i
suoni i u non peranco enucleati da y w consonanti.
« 3. Man mano che certe seguenze radicali corsero e ricorsero come pro-
totipi di forma e di funzione, le cellule del libero aggregato vennero vie più
addossandosi le une sulle altre col predominio intenzionale e fonico d'una o
di più, secondo il numero e il valore loro nell'aggregato unitario. Ora io
penso che Va dei nucleoli radicali dominanti sia stato profferito, per effetto
d'una intonazione inorante o prolungata, come espanso o sdoppiato, presso a
poco aa (àiqonog o bivocalis). In una fase ulteriore della sua vita apponente,
il protario, pur serbando in certe forme radicali e in date mozioni Yaa ere-
ditato come isofono, nel maggior numero dell'une e dell'altre lo cadenzò coll'abi-
tuale alternanza «...», »...«, cioè come dittongo raccolto allofono qv od <>,,.
La variazione inversa dei due termini avrà avuto certamente i suoi motivi, ad es.
— 408 —
incrociarnenti accentuali estensivo-intensivi (accentiti e ictus) combinati, azione
di suoni laterali od anche assimilazione intervallata, distinzione funzionale,
e sviluppo analogico di tipi prodottisi in virtù di imo o più dei motivi ora
supposti. Comunque sia di ciò, m'immagino che quei due dittonghi sieno
giunti in altra fase del periodo appositivo a profferirsi <m, iw. È una vera
apofonia o dissimilazione, in quanto per adattamento orale l'articolazione di a
puro anteposto in unica emissione di fiato ad v indistinto mi sembri più an-
teriore, più esterna, più chiara, insomma vicina ad e (e però segno ce), e
all'incontro quella del medesimo a posposto mi paia più posteriore, più in-
terna, più cupa, vicina ad o (e però segno co: ce co digrammi per l'occhio,
monottonghi per l'orecchio). Quando gli antichissimi Arj profferirono, puta
caso, cen e nco d'una mora e mezza, livellarono anche i pochi eia sopra vis-
suti, smorzandone l'espansione in c£, di una mora e mezza esso pure. Le tre
supposte modulazioni son quindi di timbro sempre alfaistico e rimpiazzano
con diritti eguali Va primigenio, spettano, cioè, allo stato forte della radice
o meglio della forma radicale : questa mantenne allo stato debole l'i) per la
triade intiera, e veramente per Va originatore di essa.
« Il concetto della difonia o protrazione di pronunzia dell' a nello stato
forte (integro, pieno) d'una radice, che doveva predominare, risponde all' insi-
stenza mentale dei parlanti, che tìsicamente si manifesta in una cadenza più
marcata, come avviene nelle lingue monosillabiche e anche nelle agglutinanti.
La ulteriore apofonia, i cui motivi adombrai più sopra e che, mutatis mutandìs,
s'appaia per l'effetto dell' accentatura ai continuatori romanzi di e o latini, è
il lento prodotto dell'istinto differenziati vo (moto psichico) esplicato in gra-
dazioni fono-toniche (moto fisico) ; al medesimo istinto riferisco la conserva-
zione dei pochi casi, ove a? s'era fossilizzato isofono. L' ipotesi del Merlo,
che in tanti rispetti armonizza colla mia, è seducente e benissimo motivata;
tuttavia, a tacere di quell'assimilazione a distanza di un i e di un ni sulla
vocale tematica e sulla radicale per dare e al verbo ed o al nome, mi pare
bisogni d'altri chiarimenti, sia per la congettura cardinale circa l'entità e la
priorità degli esponenti intransitivi di persona, sia per quella che pur ne di-
pende circa il permanere di a radicale nel verbo appunto intransitivo. Essa,
non pertanto, vai meglio della teoria tonica del Fick, che non regge alla
stregua dei fatti. Ma tutte e due ammettono la schietta triade a e o nel pro-
tario (non però autogena per il Merlo) ; -il che mi sembra mal conciliabile
colla natura e la vicenda di e/o, coli' a arico, in ispecie indo-perso, in parte
anche col così detto a del nord e con altro ancora.
« 4. Il vocaleggio, adunque, delle figure radicali in istato ipsofono e semi-
ipsotono era a?, am, mo, in istato debole (ridotto, fognato), cioè ipofono e
semi-ipotono, era n per le tre modulazioni dell' a originario. Tutti gli ele-
menti sinfoni (consonanti) poterono precedere, seguire o circuire scempj e
multipli gli elementi vocali ora detti, i soli veramente auiofoni. Ma rispetto
— 409 —
ai dittonghi vocali pieni «?, cen, ma, Yv isolato è una semivocale (stcbvocalis),
un vero scevà indeuropeo; e però è da aspettarsi, che meno siasi sostenuto
e in contatto di elementi dotati di inerenza vocalica ne abbia risentito l'azione
esercitandone più o meno su di essi. La qual reciproca azione fu favorita,
immagino, e dall'accostamento dei nuclei radicali e dalla combinazione su
indicata delle due accentature, la musicale e l'enfatica.
« Fra gli elementi sinfoni dotati d' inerenza vocalica primeggiano y e tu.
I fonofisici, compreso il Sievers, ammettono che l'articolazione di i e u sia
più consonantica che vocalica, e anche i Neogrammatici hanno i u come con-
sonanti. E però supposi (§ 2 in fine) che y w fossero consonanti, d'una arti-
colazione quale, p. e., s'ode in jornu del siculo centrale (quasi yjornu col y
alla neogreca), e in vuomo (quasi pvomo), come s'ode in qualche regione
italiana. L! inerenza o sonanza di y io è rappresentata nel mio nesso grafico
dalle spiranti j v; le quali credo surte in questa età o nella successiva in
particolari situazioni, specie al principio di alcune radici, appunto da yj ]ìv
quasi assimilati nei due elementi o rallentati nell'elemento esplosivo. Noterò
l)j "w, rilevata per I u sopralineari l'inerenza (a rigore ambilalere nei
sonanti : cfr. Pullè, Gramm. scr., 40 n., e la pronunzia erre enne ecc., ma vu).
Ora questa si smarriva atfatto quando y io s'univano ai suoni vocali pieni,
ma con v agiva sovr'esso e assorbendovisi lo rideterminava col proprio timbro
in T u ; onde mj mo (e yv wv) riuscivano, credo, sul finire dell' età agglu-
tinativa ad ly Tuo (yl wv). Non si obietti che tal processo, se vero, avrebbe
dovuto effettuarsi anche con wv -h y, w e con y, iv -hvcp; dacché in questa
terza fase quei due sviluppi bivocalici avevano raggiunto la profferenza mo-
nottonga, o almeno acusticamente vi dominava quasi sola la vocale piena.
« 5. A questi due primissimi elementi sonanti, y w, sieguono le due liquide,
r l, verisimilmente autogene, benché fra loro permutabili. La loro sonanza,
che la Fonofisica, le vicende che ebbero in più linguaggi antichi e moderni
e l'orecchio ci attestano, oscilla in un vocaleggio indefinito della scala i-u
(fra i ed e per r, fra u ed o per l) ; e suoni simili ritroviamo nei linguaggi
pracritici, nell'odierna pronunzia dei bramini più accreditati e nelle equivalenze
di più lingue arie, per r l indiani. Noto per n, u capovolto sopralineare,
questa inerenza promiscua delle due liquide alternanti.
« Il terzo luogo fra gli elementi sonanti tengono le nasali, n m (n con
particolari segni diacritici rappresenterà la nasale omorganica delle esplosive
assegnabili a questa età del protario, m la nasal labiale). Nessuna delle
lingue storiche indeuropee ha conservato le nasali vocaleggianti, cioè atte a
far sillaba da sé e a portar l'accento. Ciò per altro è possibile fisicamente,
e alcune lingue moderne, specie della famiglia teutonica e della slava, che
han pure r l vocaleggianti, le hanno nella pronunzia effettiva, e l'orecchio
ce ne dà conferma. L'inerenza vocalica di questi elementi risonanti nel naso
pare che s'avvicini a e brevissimo (ad à per », ad 6 per m). e lo segnerò,
al solito, capovolto e sopra lineare, 9.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1" Sem. v;
— 410 —
« In quello stato radicale, frattanto, in cui era l'elemento suv vocale v e in
cui i?y tf'iu per la speciale energia sonantica di y tu s'eran rideterminati
in l,y uw, suppongo non avvenuta la rideterminazione di » a contatto delle
liquide e delle nasali, a cagione della scarsa sonanza delle prime, più scarsa
ancora delle seconde. Penso quindi che, paralleli di situazione e di funzione
ad », ly uw, vivessero, non importa con quale effettiva pronunzia, le coppie
foniche v*r r>H per le liquide, vln vìm per le nasali, e con » posposto
rvv nìv ecc. (segnando la sonanza ambilatere avremmo &r* e ?r'-"ù ecc.). —
È superfluo avvertire che le liquide e più ancora le nasali mantenevano la
loro natura consonantica a contatto delle vocali piene, cioè che la loro inerenza
vocalica si smarriva in tal contatto anche più di quella assai spiccata dei
suoni y io. Un'altra avvertenza generale aggiungerò circa le supposte fasi
degl'incontri di suvvocale e sonanti, ed è questa, che non pretendo né di
metter fuori concetti in tutto nuovi nò di manifestarli con tutta la precisione
e cogli esatti schemi grafici d'una dimostrazione scientifica : son pensieri con-
getturali indotti dall'analisi dei fenomeni vocalici reali negli idiomi indeuropei.
« 6. Quanto agli altri elementi sinfoni, nulla vieta che si pensino già
vivi nell'età appositiva quelli che oggi si pongono nell'età flessiva del pio-
tano. Escluderei soltanto le esplosive sorde, o forti, aspirate ; e suppongo nate
dapprima le sonore, o deboli, pei aderenza di scempie finali coli' ad flatus la-
ringeus lenis (sonoro, non sordo), il nvsvfia ipdór, di vocale ini/.iante la
cellula successiva. In cambio, p.-rò, porrei qui l'intacco parassitico delle guttu-
rali schiette in certe contingenze, quell'intacco Ascoliano onde, ad es., un h
si fece #u (v come il) : le ulteriori evoluzioni palatale e velare spetterebbero
all'età flessiva. Ma del consonantismo dirò solo quel poco che basti a com-
pletare la teoria e i miei pensieri sul vocalismo.
« L'indole fonica del protario apponente mi verrebbe a risultare ricca e
sfumata di colori vocalici, sul fondo dell' a aperto e dell'» fognato, pei effetto
della ricorrenza di date cellule radicali in libero nesso, ma in funzione più
o meno fissa, con proprie intonazioni, rilevate ciascuna, secondo il posto e
l'ufficio rispettivo nell'embrione formale, da uno scatto orale intensivo della
scala acuto-grave o grave-acuta, che predominò più tardi in alcuni dialetti
del protario. Ogni nucleo aveva quindi il suo vocaleggio variamente cadenzato
ed espirato: nessun dilegno ancora e nessuna vera atonia. Quanto all'indole
grammaticale, suppongo specializzati ed esuberanti i rami della derivazione
e flessione ormai sbocciate, men copioso, forse, che nel passato, il tesoro delle
radici. E se ponessimo in questa età la prima disgregazione degli Arj ? Oggi
par che vada prevalendo la credenza che sia stata in Europa, non nell'Asia,
la lor sede primitiva, quella insomma in cui la gente e la favella si costi-
tuirono nell'unità caratteristica lor propria. GÌ' Indo-erani allora si sarebbero
pei primi avanzati a sud-est per compiere la prima migrazione nell'Asia ; e
così spiegheremmo certi arcaismi del loro sistema di suoni e di forme.
Successive separazioni parrebbero, sempre in quanto a vocalismo, quelle dei
— 411 —
Balto-slavi, dei Teutoni e dei Celti (?) ; poi degli Armeni e le altre, quando
la terna alfaistica s'era vie più inoltrata (nell'età flessiva?) verso i suoni a e o
appunto in Armenia e nell'Europa meridionale. In breve molti problemi fo-
netici, tonici e grammaticali, tacendo degli etnici, s'avvierebbero a più pro-
babili soluzioni, pare a me, se riferissimo all'età agglutinante la prima scissione
idiomatica dell'unità protaria. Ma questa, più che ipotesi, è arditezza ; e poiché
ne basta un saggio per volta, torno a quello che vado mostrando.
7. Astrazion fatta, pertanto, dalle idee accennate da ultimo, riprendo
quelle che mi condussero a immaginare la storia fonetica già sbozzata e i
suoi effetti nell'età della flessione. Questa ci si mostra come un'agglutinazione o
composizione perfetta delle cellule radicali, già disposte e differenziate per
grado fonotonico e per funzione negli avvicinamenti appositivi. I prototipi
l'ormali passano dai liberi legami alle saldature delle parti in un tutto, e si
fissa per sempre l'organismo della parola indeuropea. Non descriverò questo
organismo notissimo ; rilevo soltanto, che la coalescenza di radici dominanti,
latrici del significato, con radicole servili (atte però a dominare alla lor volta),
latrici della forma (suffissi mortici e disiaci), produsse, a mio avviso, due
fatti caratteristici strettamente connessi : 1) prevalenza dell'accento espiratorio
sul musicale, vivi entrambi, ma di efficacia inversa a quella dell'età appo-
sitiva; 2) attrito della materia fonica, in ispecie della vocalica (riduzioni,
assorbimenti, dilegui), nell'amalgama formale avente una cellula sola chirio-
tona, su cui cadeva, cioè, Y ictus principale che dava unità alla parola. L'in-
tonazione (il vero accentua, nqoa^dia) la immagino anch'io più nella frase
che nella parola a se; tuttavia, badando sopratutto all' indo-greco, conviene
ammettere che perdurasse nella sillaba con o senza ictus. L'energia di pro-
nunzia, onde il suono vocalico s'alza o s'abbassa, ha numerose gradazioni,
le quali toccano ogni sillaba; e difatto anche le atone (pausitoné) non sono
tali che di nome; se non si tien conto che di 2 o 3 più marcate, e scritte
e avvertite nelle lingue arie, ciò non importa che nel protario sieno state le
sole o le sole influenti. L'antica spezzatura dell'età appositiva traspare ancora
in certe dissoluzioni formali e in qualche duplicità tonica di parole inflesse,
p. e. nel vedico. E la parola inflessa, che sentiamo come un tutt'uno, fu
sentita quando nacque come unione di parli, sì che, in ispecie, nell'aggre-
gato bimembre o plurimembre avessero proprio risalto fonotonico la parte ra-
dicale e la parte formale. L'azione combinata delle due accentuazioni con
prevalenza dell'espiratoria nella parola a sé spiega, mi pare, colle altre con-
cause certe fusioni vocaliche suscettibili di varia quantità e in parte le per-
mute graduative {meta-fonie) e certi fenomeni degli elementi sonanti molto
diversi da lingua a lingua. Poiché le lingue arie, qualunque sia l'età del loro
primo distacco, non lo compirono tutte ad una volta e in un tempo solo;
e perciò, a tacere di varietà dialettali già iniziate verisimilmente nell'età uni-
taria, tutte insieme talvolta, ed or l'ima, or l'altra, mostrano curiosi innesti
di vecchio e nuovo, reliquie fossili di tempi anteriori, rifacimenti analogici
— 412 —
e livellazioni d'ogni natura. Tenendo presenti tali concetti, abbozzo i linea-
menti dell'evoluzione vocalistica protaria nello stadio finale della flessione.
« 8. Accennai esplicitamente in fine del § 4 e or ora allusi alle risul-
tanze che ebbero, nella mia ipotesi, tra il chiudersi dell'età apponente e
l'aprirsi della inflettente gli sviluppi bivocalici, isofono e allofoni, che notai
q£, aw, vcp. Penso infatti che il suono aperto abbia assorbito o assimilato
a sé quello fuggevole e fognato, onde sien nati tre monottonghi di quantità
ancipite, che segno a ce ed, proprj naturalmente in origine solo della forma
radicale integra o forte. Come, dove e perchè siffatte, vocali ormai semplici
poterono continuarsi nelle lingue uscite dal protario, or come lunghe a ce od,
or come brevi a ce co? Difficile quistione, che non presumo risolvere. Intanto
si dee tener conto di due cose : che, anzitutto, nessuna delle lingue arie ci
ha tramandato intiero il patrimonio delle sue parole quotidiane, e che, in
secondo luogo, ogni linguaggio suole generalizzare e disciplinare giusta il
proprio carattere i nuovi atteggiamenti dei suoni e le varianti di grammatica
o di lessico che ne risultano. A darci qualche ragione del come nel sistema
delle forme reali apparisca, o la vocale lunga, o la breve, o entrambe a vi-
cenda, può aiutarci la qualità e quantità dell'accento originario, sia della
sillaba che le contiene, sia delle sillabe contigue, poi il tipo flessionale delle
forme rispettive, e da ultimo anche la situazione di dette forme nei composti
e nella frase (allotropi, doppioni sintattici, decomposti ecc.). Per ciò che ri-
guarda l'accento, è lecito pensare che le ancipiti fossero egualmente ortotone,
ma che nel valore protratto si sentissero macrotoae o peritomene, nel valore
rattratto acrotone o propriamente ossitone : non turbandosi l'unità tonica della
radice forte nò il trigradismo dell'accento espiratorio colla duplicità estesa o
scattante dell'ictus, come non si turba il trisillabismo greco colle omonime
qualità del xvQiog róvoc. Certo la determinazione in sedi fisse d'una delle
due movenze fonotoniche era funzionale o semantica per eredità dell'evo an-
teriore, ma nel sistematismo dell'evo flessivo fu probabilmente sorretta da motivi
diversi e concorrenti, quali l'espansione analogica di prototipi formali, l'azione
meccanica di suoni attigui, l'equilibrio sillabico, e, perchè no? -anche il so-
vraccarico materiale degli esponenti flessivi, delle sillabe reduplicanti e dei
primi membri di composizione. Le antichissime fusioni vocaliche tra una finale
tematica e una iniziale derivativo-flessiva, e viceversa, e le dislocazioni
od anastrofi anche antichissime dell'originaria accentuazione finirono di sviare
il già sconvolto ordinamento delle lunghe e delle brevi nate da a Te co.
« Con queste modulazioni ancipiti di a credo sian da riferirsi quelle
astrazioni o estrazioni che si chiamano radici protarie, basandosi naturalmente
per la fissazione d'una delle tre sul vocalismo reale delle lingue che poi le
distinsero nettamente, massime se quelle che non le distinsero, almeno nella
scrittura, presentano affezioni consonantiche e altri indizj di omofonia origi-
naria. In casi dubbj basterà notare a per lo stato forte, v per il debole.
E s intende che questo vocalismo e i segni con cui lo rappresento convengono,
— 413 —
nulla mia congettura, anche alle radicole che servirono ai processi di deriva-
zione e di flessione ; ma tutti consentono che quivi più che nelle radici car-
dini si alterarono ab antico le condizioni e le veci del vocalismo primitivo.
Queste veci, sopratutto, o metafonie delle sillabe desinenziali e predesinen-
ziali, eccetto quelle di a/ a nel nome femminile e di o/e nel maschile, in
parecchi suffissi derivativi e nel verbo di flessione detta tematica, sono ancora
le più diffìcili a spiegare e ricomporre. Credo anch' io che per intendere il
vocalismo predesinenziale bisogni partire in molti casi da forme radicali bi-
sillabe, da temi già fatti con particolari suffissi uscenti in o/e ecc. o in v pro-
teiforme, onde sien venute nella coscienza e nella sistemazione formale dei
parlanti non poche di quelle radici mutilate, che VAscoli ben disse lessicali
e altri già vollero provviste di suoni determinanti. Né dubito che quelle
pseudo-radici fossero di valore indifferente tra verbo e nome più ancora delle
semplici ; ma il colore assunto dalla vocale propriamente radicale nel fissarsi
del bisillabo nell'una o nell'altra categoria non pare dipenda dalla vocal te-
matica immediatamente. Nell'ipotesi del Merlo ne dipenderebbe mediata-
mente per effetto dell'accennata assimilazione coll'o innanzi m casuale nel
nome, coli'/ desinenziale di mi si ti ecc. nel verbo attivo. Se 17 finale delle
desinenze medie non ebbe influenza, dovremmo aspettarci karatai, se l'ebbe
a produrre karetai, mi pare che questo difficilmente sarebbesi sottratto alla
livellazione con kereti; e l'un tipo o l'altro doveva nel vocalismo, almen
radicale, malgrado le altre influenze notate dall'autore, prevalere e vincere.
Propendo, ciò non ostante, a convenire che il colore o siasi fissato particolar-
mente nel nome, quello e più specialmente nel verbo attivo ; e sembra anche
a me che le deviazioni del vocalismo radicale in certi temi nominali sien
da riferirsi a peculiari attinenze col verbo, e del pari che Yo radicale nel
verbo sia un intruso variamente penetratovi, o col nome stesso, o nella sua
parvenza. (L'ingegnosa spiegazione Mediana del perfetto singolare attivo
con o mi convince meno ; ma la parvenza del nome nel perfetto fu più volte
notata, benché talora vi si sieno viste invertite le parti).
« Nella mia gradazione alfaistica e colla supposta natura ancipite delle
vocali nello stato forte della radice non resta a dire, quanto alla fissazione
prosodiaca di dette vocali e alle loro permute negli accidenti flessionali, se
non questo poco. I lessicografi indiani e i glottologi odierni variano nell' attri-
buire a molte radici, specie in vocale uscente-iniziante, la lunga o la breve : ed
io pongo per tutte la vocale ancipite, quale mi risulta dai supposti dittonghi
anteriori. La successiva determinazione non riguarda più le radici, ma le forme,
ove fu prodotta da più concorrenze già sopra accennate; alcune delle quali
operarono eziandio sulla determinazione del colorito : ambo le determinazioni
quantitativa e qualitativa erano, giova ripeterlo, eredità dell'età anteriore più
o meno cosciente per gli Arj dell'età flessionale. Stabilire basi radicali con
una delle 6 vocali piene come nativa è una semplice constatazione, spesso
soggettiva, dell'ultimo termine a cui sembrano risalire le analisi del materiale
— 414 —
conservatosi nelle diverse lingue indeuropee. Ma queste stesse analisi, l'atte
da altre mani, o riducono le serie da 6 a 4, o spostano qualità e quantità
vocaliche, o ritentano una via all'unità: e di fronte al vocalismo mobile endo-
o-ano e metafonico delle forme radicali nella parola, fanno vedere che poche
e spesso di vocalismo irrigidito sono le basi, ove la vocale lunga faccia
serie da sé, che la serie di a, o si riattacca a quella di a (1' T scr. per a avrà
ragioni proprie, ma sempre rappresenta «, ovvero lo stato ridotto della radice),
o può spiegarsi con passaggi da un tipo temporale ad un altro e con motivi
estrinseci (merlo), e che i pochi casi, ove le due serie mostrano metafonie
con o o, permettono altre spiegazioni e in specie l'eguagliamento fonico cal-
cato per analogia sui prodotti similari della serie più generalizzata, che è
quella dell'i? colla metafonia dell'o (una serie indipendente in o, non con-
nessa con quella in ó, fu fondata sopra pochi esempj, speciali, in genere, e
mal sicuri). Mi pare quindi che, già prevenuti di nou poter trovare tutto in
regola nella quantità e qualità vocaliche che ci mostrano le lingue arie, pos-
siamo muovere da basi radicali, in cui già nell'età flessiva il protario avesse
le modulazioni a. a) <v atte a graduarsi, nello stato forte, sia per li té oó, sia
per a Te <iò.Va, — qa bivocale isofono dovea resistere come a; ma gli apofoni
(devocales) di aa, cioè w [»] ed \_if\co, veri gemelli differenziati dalla posi-
zione dell'» e proclivi ad abbreviarsi espungendolo, non solo divennero come
brevi il vocalismo alterno dominante, ma poterono, con altre spinte (azione
di y w ecc.), violentare la ingenita resistenza di a .
« 9. Nello stato debole della base radicale l'unico « rappresentava anche
in questa età le tre (o le sei) modulazioni piene di a. Per effetto dell'accento
trigrado più efficace e della correlativa equivalenza fonica nella compagine
della forma inflessa, la suv vocale, o rimase, o s' estinse. Indi la base radicale
che la conteneva appare nelle lingue indeuropee, o con particolare vocaleggio
rideterminato a seconda delle rispettive idiofonie, o sincopata, se per varie
azioni la sincope non ebbe disguidi. Il vocaleggio di v rideterminato dai
suoni ond'è vicario riappare, insiem col mero assottigliamento in ì e col re-
stauro generico in a, in tutte quelle contingenze in cui Yv sembra od è irra-
zionale (protesi, svarabakti) ed ove smarrisce quasi il senso della connes-
sione formale (in sillabe reduplicanti non perfettali, mediano in derivati, in
composti, in flessioni tematiche, e forse finale in certi esponenti). Il doppio
esito suindicato riguarda Yv in contatto con elementi sinfoni, esclusi i sonanti,
e permette di suddividere lo stato debole della base radicale, che rispetto
al forte è subaccentato {ipotono) in due forme, la vera debole (paratona,
munita d'accento secondario) e la debolissima (pausitoaa od atona). Se si
vogliono tener distinte le due forme, la lunga e la breve, dello stato forte
(ipsotono), si raggiungono i 4 stati dei Neogrammatici. A dire intiero il mio
pensiero, io immagino che la suvvocale, perdendo il coaccento, divennisse eva-
nescente, mera eco vocalica ; e vorrei dirla advocalis, o nonvocalis, e no-
tarla w, cioè i) sopralineare: il che varrà quanto lo zero, 0. del Manuale del
— 41
d
Brugmann. Ammessi tal concetto e tal segno si potrebbe, come accennai,
ricondurre la terna a Te co ad c£ qw) mo , e \& terna a Ze od ad a ce0 vod.
« Ho messo a parte i contatti di v (e v) cogli elementi sonanti, come
richiede la loro natura e il prodotto a cui eran giunti, secondo la mia ipo-
tesi, nell'età appositiva. Il prodotto di v ~\~y w (y w -f- ») era 1 >j Tue {yi wu),
giusta il § 4 ; e però a quello dovean ridursi nello stato debole le unioni ditton-
gali ay aio, cèy cèw, ooy odio (e di regola anche le sillabe inverse ya io a ecc.)
delle basi radicali di stato forte. Nell'età flessiva quei due prodotti si so-
stennero innanzi vocali (e sonanti?), ma con altri elementi si ridussero per
graduale stemperamento di y w consonanti ad TI uu, onde I u paratoni,
T u (}y Jio , vocali o spiranti) pausitoni. La vocalizzazione si estese poi
variamente ai dittonghi della radice sana, e nelle singole lingue arie subì
speciali vicende in relazione colle altre qualità di y tv ; che per le fasi anzi-
dette e l'ufficio loro nell'età flessiva chiamo convocale^, essendosi ridotta a
pochi avanzi (più visibili per y che per w) la qualità consonantica e intrec-
ciandosi troppo colla vocalica la qualità fricativa. A siffatto stemperamento
si dovrà, in parte e in singole lingue, il predominio, o l'abbreviazione, innanzi
consonanti di ay Tèio ecc. contro ay Téw ecc.
« 10. I prodotti di n-+-r l,-hn m nell'età appositiva erano, per limitarci
a questa sola posizione dei termini, ifr vH, vìn, vSm (v. § 6). Avvertii
che non so dir nulla di preciso circa la pronunzia né presumo coi detti schemi
grafici di far della scienza esatta. Quei prodotti li esige la teoria a la vio-
lenza del sistema. Nell'età flessiva suppongo che », mantenendosi suvvocale
e paratona, siasi commista coli' inerenza liquida e nasale e il vocaleggio misto
indistinto abbia avuto una quantità protratta, suscettibile a sentirsi maggiore
d'una mora: e segnerò in mancanza di meglio vr vi, vn vm. Se lo stato
debole scendeva alla vocale pausitona, venivano vrvl,vnvm (né m'opporrei
a notar qui e nei prodotti suvvocalici con nasali un anusvara o una tilde j se
tanti segni non dessero impaccio). Il suono indistinto si rivocaleggiò (r l ri-
masero, in apparenza, vocali nel scr.) nelle singole lingue arie, o sul timbro
delle inerenze, o su quello generico dell'a; e forse il tempo semi-ancipite, che
per solito si risolve in breve e coincide (eccetto il nasale nell' indo-greco)
col brevissimo dell'atonia o pausitonia (rinismo obliterato nell' indo-greco),
lasciò qualche avanzo, come logoditropo, nelle liquide e nasali sonanti lunghe.
Il parallelismo formale con i u, T u spiega molti fatti ; come quello fisico,
calcolando la resistenza maggiore nelle liquide, minore nelle nasali a stem-
prarsi, con y w aiuta a chiarire il formale e la scarsezza di nessi ar al,
Zen ccm ecc. nelle basi radicali di stato forte. Questi ricompariscono nello
stato debole come sonanti lunghe, ancora molto misteriose, ma spesso tra-
sposti nei termini. Senza ricorrere qui e anche nei prodotti brevi alla metatesi,
che pure è naturale coi suoni liquidi, serve a capacitarci l' inerenza ambi-
latere degli elementi sonanti o, date sillabe no m ecc. che si risolvano come
le inverse, la meccanica ripercussione della vocal fognata dalla fine al principio
— 416 —
della sillaba (quasi (v)rv, onde vr (v) ecc. a mo' dell' e re zendico = r sor.).
In tali fenomeni e negli sviluppi di sonanti vocaleggiate innanzi sonanti v'è
ancora troppa incertezza: certo è che spesso lo stato ipotono s'è reso indi-
pendente e però s'è rinsanguato nelle diverse lingue arie diversamente, e che
alcune crisi fonetiche dovute all'» policromo nativo e anaptittico e altre anche
più speciali (escogitate, p. e., dai Pratigakhya vedici) hanno alterato la
fisionomia primitiva del sonantismo protario.
« Il concetto e la notazione grafica che io adotto rispondono alle pre-
messe della congettura; ma non guasta nulla l'adottare i segni rr nli ecc.,
purché la species non distrugga la substantia, cioè l'illusione ottica non
travii la percezione acustica. Un lieve ed incoloro vocaleggio s'afferra anche
nelle profferenze tedesche, slave ecc. di quei suoni : io lo noto con segni vo-
calici, altri con un piccolo punto o cerchiello o lineetta sotto i segni delle
liquide e nasali. Anche ammesso che in dati intrecci fraseologici e nella pro-
nunzia comune di lingue nordiche odierne, le sonanti non sien fantasmi fonie/,
ma vere sillabe accentate o vocali accentuatoli, ciò non autorizza a porle
senz'altro come fonemi così frequenti nel protario; il quale, tutto sommato,
parrebbe nel fonetismo generale aver ritratto assai più l' indole delle lingue
meridionali, della greca p. e., che delle settentrionali d' Europa.
« Quanto al consonantismo del protario flessivo mi limito a dichiarare
che mi pare accettabile lo schema del Brugmann. La lista dei sinfoni so-
nanti comprende le varietà nasali svoltesi a contatto delle varietà esplosive ;
ma non vi porrei y w (/ u), che come sinfoni esplosivi non hanno conti-
nuità propria e certa nelle lingue arie, come convocali danno prodotti auto-
foni, come sinfoni spiranti (j v), o risultano, o variamente alternano colle
qualità anzidette. Epperò di j v e delle sibilanti s 3, che fisicamente e sto-
ricamente mostrano una natura semi-sonantica (Sievers cita nella Fono fisica
ess. tedeschi e inglesi con sib. vocaleggiate, e un'inerenza ì è fatta valere da più
linguisti in più lingue), farei una sotto-classe (stibsonantes). Gli elementi muti,
occlusivi, esplosivi con e senza implosione, o come altramente s'abbiano a chia-
mare, sono sinfoni o consonanti per eccellenza, il profferimento dei quali non
è possibile se non aderiscono a un vocaleggio (indi adsonantes o nonsonantes).
La precedenza ha le sue ragioni : pongo poi anche le schiette gutturali o faucali,
e penso, come accennai al § 6, che in questa età flessiva le gutturali intac-
cate da il (v greco) siansi spartite, secondo il colorito i od u preso da quel-
l'appoggiatura, in gutturali anteriori o palatali e in gutt. posteriori o velari.
È la dottrina del nostro Ascoli, il cui concetto e sviluppo conseguenziale
dominano ancora sovrani. Ammettere la serie distinta delle gutt. pure mi
sembra una necessità per chi badi alle vicende del complessivo gutturalismo
nelle varie lingue indeuropee e al fatto che esse vi esistono : ciò è implicito
nelle teorie dei ritorni o risanamenti, non essendovi ritorni a ciò che più
non è, né risanamenti di quanto è morto. L' influenza dei suoni, specie voca-
lici, attigui sull'articolazione delle 3 varietà è incontestabile: ma non entro
— 417 —
nella quistione. — Una seconda aggiunta al consonantismo dell'età anteriore
è un po' disputabile : alludo alle aspirate forti (sorde), non frequenti come
eredità nelle lingue arie e mal ferme anche in quelle che n' han più, per ciò
che è della continuazione e legittimità storica. Tuttavia il scr., che cogli
invertimenti di s h (per sé sonoro) descritti dall'AscoLi e col suo visarga
(h sordo) richiama un antichissimo adfìatm laringeus asper {nvtvfxcc óaai),
consiglia, non a porre indipendente un li protario, ma a supporre che per
analogia fonetica colle aspirale deboli (sonore) si fossero prodotte le asp. forli
almeno in qualche varietà dialettale, in qualche clan degli Arj. — E a simili
varietà saranno da ricondursi, se han consistenza o non entrano fra le affe-
zioni idiosincratiche, certi suoni scempj o complessi che vanno evocando alcuui
recentissimi, ad es. J5 et interdentali (cj) per kt), jh (èyoì = ahdm), sh, sii
e via dicendo. E nell' individualismo etnoglottico saranno, credo, alcuni dei
motivi per cui vennero di buon'ora molti spostamenti accentuali, che con-
corsero a dare un abito tanto vario, benché della stessa stoffa, alle singole
lingue derivate dalla protaria.
« E qui finisce il mio cenno congetturale, arido e conciso più del con-
veniente, ma adatto, spero, al suo scopo, che è di comunicare ai compagni
di studio la teoria vocalica, che avevo in mente scrivendo nel 79 e 80 la
Glottologia e i Neogrammatici (Napoli 1881, vedi le pagg. 70-71) e nell' 81
la prefazione alle Note glottologiche, I (Palermo 1882; vedi p. XIII), e
che dimostrata ed esemplata nel corso fonistorico di quest'anno potrà, in-
contrando adesioni, ricomparire, non in ischeletro, ma in carne e sangue a suo
tempo. Vedo io pel primo i lati deboli e qualche deduzione dall'aria artifi-
ciosa o vacillante, così nella congettura, come negli sviluppi, e capisco che
per certe somiglianze con altre teorie non tutti mi crederanno sulla parola.
Circa il primo punto non posso dir che questo: ho studiato la letteratura
glottologica contemporanea e non sono riuscito a far mie tutte le opinioni
che sembrano prevalere ; e però, fidando nella cortesia dei colleghi di studio
e di scuola per non venire imbrancato fra gì' ingegni solitarj, metto innanzi
un modesto contributo ad una quistione aperta, e non presumo di scioglierla.
Quanto al secondo punto potrei appellarmi ai miei scolari di un intiero de-
cennio : preferisco però che ciascuno giudichi a sua posta. Aggiungerò soltanto,
per chiudere, che l'esitanza e il silenzio s'erano imposti ai cultori della glotto-
logia in Itnlia per ragioni ben note ; rimesso tutto a suo posto e tornata la
concordia da me augurata, riprendiamo il coraggio e la parola.
Avvertenza. — Un quadro dei suoni protariani qui annesso riassume
alla meglio le cose esposte. La nomenclatura di mia invenzione è barbina.
ma non è elegante nessuna terminologia e tanto meno quella degli scritti
glottologici. Ho voluto renderla paesana : la buona intenzione mi sia di scusa !
Eendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sera. 54
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— 419 —
Fisiologia. — Applicazioni del verde metile per conoscere la
reazione chimica e la morte delle celiale. Nota IX. del Socio A. Mosso.
« Fu Heidenhain che ebbe il primo l'idea di servirsi delle sostanze
coloranti per studiare le funzioni delle cellule (') e sono note le sue celebri
esperienze col solfo indigotato di soda. Cerfces (-') trovò che i corpuscoli
bianchi del sangue della rana lasciati per 24 ore in una camera umida si
coloriscono leggermente colla cyanina, quantunque presentino anco; a dei mo-
vimenti ameboidi. Brandt (a) si servì dell' ematossilina per studiare gli in-
fusori ; ed avendo osservato che nei vacuoli delle amebe il colore violetto
dell' ematossilina cambia in bruno, conchiuse che i vacuoli sono un organo
di escrezione, e che contengono una sostanza acida.
« Pfeffer pubblicò recentemente un lavoro assai pregevole intorno al-
\ assorbimento dei colori di anilina nelle cellule viventi (4). Sono ricerche
fatte sulle piante, che hanno un grande interesse per la biologia cellulare.
Pfeffer vide che il protoplasma finché è vivo non si lascia colorire dal bleu
di metilene, mentre che invece si tinge colla più grande facilità appena si
altera e muore. La colorazione delle cellule vive succede più facilmente, col
violetto metile, ma Pfeffer fa notare che il violetto metile è una sostanza molto
velenosa e che bisogna essere cauti nel conchiudere. La colorazione del nu-
cleo che succede dopo pochi minuti, quando si fa agire una soluzione del
0,0003 per cento o anche solo del 0,0001 per cento, sarebbe già dovuta, se-
condo Pfeffer, ad un'alterazione delle cellule.
« In nessun caso col violetto metile egli trovò una colorazione del pro-
toplasma, o del nucleo, durante la vita ; e i punti che nelle piante si lasciano
colorare meno facilmente, sono quelli dove sono più numerose le cellule giovani.
« Ehrlich fece alcuni lavori assai interessanti in questo riguardo. Nel
suo scritto intorno alla reazione della sostanza nervosa vivente col bleu di
metilene (5) egli fa notare che la reazione alcalina e la saturazione coli' os-
sigeno sono due condizioni indispensabili perchè succeda la colorazione az-
zurra dei nervi.
* La reazione chimica delle cellule si può conoscere con varii colori di
anilina: quello che mi diede i migliori risultati è il verde metile (,;).
(!) E. Heidenhain, Pfliiger's Archiv 1874, Bd. 0, p. 1.
("') A. Certes, Comptea rendus 1881, voi. 92, p. 124.
(3) K. Brandt, Biolog. Centralblatt, 1881, p. "202.
(4) W. Pfeffer, Untersuchungen aus dem botan. Institut in Ttìbingen, Bd. II, p. 17!».
(5) Ehrlich, Deutscb. med. Wocbenschrift 1886, N. 4.
(°) Il verde metile che adoperai in queste ricerche mi era stato provveduto dal si-
gnor Trommsdorff di Erlangen e dal signor Grfibler di Lipsia.
— 420 —
« Il verde metile (C25 H31 CI4 N3 Zìi) fu introdotto nella tecnica microsco-
pica da E. Calberla (1). Egli vide che i nuclei delle cellule del tessuto
connettivo sottocutaneo, dei vasi, e del neurilemma si coloriscono in rosa:
che le cellule del corion, e specialmente il loro nucleo, si colorisce in rosso
violetto: che gli elementi dell'epidermide prendono un colore verde azzurro.
Calberla non cercò le cause di questa differenza di colore. Erlicki estese l'uso
del verde metile alle indagini istologiche dei centri nervosi.
« Ehilich (-) si servì del verde metile nello studio dei leucociti, ma in
combinazione colla fucsina acida, il che non gli ha permesso di avere cono-
scenza delle reazioni specifiche di questa sostanza. In seguito ad uno studio
fatto con molti colori di anilina, egli affermò che nei leucociti vi sono cin-
que qualità differenti di granulazioni specifiche che si coloriscono con differenti
colori. Ehrlich metteva una piccola goccia di sangue fra due vetrini: dopo
averlo disteso con leggiera pressione in uno strato sottile, staccava i vetrini,
e li faceva essicare alla temperatura di 120° a 130° per 2 o 3 ore. quindi
li coloriva con varie sostanze. Egli dice che le differenti granulazioni speci-
fiche si producono come una attività secretoria delle cellule, ma non dà alcun
sviluppo a questa dottrina, che si limita ad accennare dopo aver detto che
sulla natura di queste granulazioni mancano dei dati positivi.
« Heschel (3) adoperò il verde metile come reagente per conoscere la so-
stanza amiloide, e dopo lui Curschraann (4) confermò che i tessuti in dege-
nerazione amiloidea si coloriscono in violetto e che le parti non degenerate
si coloriscono in azzurro od in verde.
« Strassburger (5) se ne servì per colorire le figure cariocinetiche e dopo
lui parecchi altri lo adoperarono col medesimo scopo, ma nessuno che io
sappia cercò di conoscere la causa delle differenze di colore che presentano
le cellule immerse in una medesima soluzione di questa sostanza.
« Generalmente mi servo del verde metile in una soluzione acquosa di
cloruro sodico all' 1 per cento, nella quale è sciolto il 0, 2 per cento di verde
metile. Quanto alla dose di cloruro sodico, bisogna che il titolo della solu-
zione corrisponda alla resistenza delle cellule che si devono studiare, per-
chè una soluzione troppo acquosa le altera. Per vedere l'azione del verde
metile sui leucociti e sui corpuscoli rossi del nostro sangue basta fare una
puntura in un dito, e messa una goccia della soluzione su di un vetro por-
ta oggetti toccare con essa leggermente la goccia di sangue.
(») E. Calberla, Morphologisches Jahrbuch, HI. 1877, p. 625.
(2) P. Ehrlich, Zeitschrift fiir klinische Medichi/J, 1880, p. 553.
(3) Heschel, Wiener med. Wochenschrift, 1879, N. 2.
(4) Curschmann, Ardi. f. patii. Anat. und Phys. Bd. LXXIX, p. 556.
(5) Strassburger, Arch. f. Mikrosk. Anatomie, Bd. XXI, p. 476. ZelìbUdung und
Zelltheilung, 3. Aufl. p. 141.
— 421 —
« Nel primo momento i leucociti sembrano resistere, dopo prendono una
tinta uniforme leggermente violetta che va sempre più rinforzandosi (').
« I corpuscoli rossi si alterano, alcuni si infossano e prendono la forma
di una coppa : in altri appaiono nel centro delle infossature irregolari, e que-
sto assottigliarsi della sostanza gialla del corpuscolo nel mezzo, produce delle
figure simili a quelli che Marchiafava e Celli hanno descritto come carat-
teristiche dell'infezione malarica (2).
v. Per seguire le trasformazioni che subiscono gli elementi del sangue nel
verde metile basta mettere il preparato nella camera umida, oppure (se si chiude
la croccia di sangue in un cerchio di vasellina come indicai nella Nota III (3)
si può lasciare il preparato sotto il microscopio e seguire per molte ore le
trasformazioni che subisce il sangue.
« Dopo 6 ore alcuni leucociti prendono una tinta più azzurrognola, ed
altri diventano verdi, ma il maggior numero ha un colore violetto intenso.
Le figure plasmodiche nei corpuscoli rossi sono quasi scomparse, molti corpu-
scoli hanno perduto il loro color giallo e sono divenuti trasparenti.
« Dopo 24 ore molti leucociti hanno i cosidetti nuclei intensamente colo-
riti in verde ; la rimanente parte del corpuscolo è fatta da una sostanza gra-
nulosa leggermente azzurrognola ; alcuni leucociti si sono disfatti, e lasciarono
un detrito granuloso di colore violaceo.
« 1 leucociti rimasti violetti continuano ad avere i nuclei poco distinti in
confronto di quelli colorati in verde. Vi sono dei leucociti violetti coi nuclei
verdi, sui quali cominciano ad apparire delle sporgenze e delle goccie ialine.
« Sotto l'influenza del verde metile alcuni corpuscoli rossi perdono nelle
prime ore l'emoglobina, si scoloriscono e formano le così dette ombre; più
tardi appare un'altra differenza fra i corpuscoli rossi più resistenti. Alcuni
diventarono fortemente granulosi e si colorirono in azzurro violetto senza
che la loro forma siasi alterata. Altri si coloriscono in azzurro violaceo senza
diventare granulosi : in altri la parte centrale rimane omogenea, si colorisce
in azzurro verdognolo, e intorno si forma uno strato finamente granuloso.
« Il verde metile produce altre modificazioni dei corpuscoli rossi, che sono
interessanti per conoscere la struttura di queste cellule. Questo argomento
lo tratterò in un'altra Nota.
(») Le osservazioni contenute in questa Nota e nelle seguenti, vennero fatte con un
obbiettivo apocromatico Zeiss 2,0 millimetri ad immersione omogenea, apertura 1,30. Mi
servii quasi sempre dell'oculare N. 4 : per un maggiore ingrandimento del N. 12. ed in
casi eccezionali, del N. 18.
(2) Ritornerò in una delle seguenti Note su questo argomento per confermare con
nuove osservazioni il dubbio già espresso, che le figure plasmodiche siano probabilmente
delle infossature centrali dovute alle alterazioni di necrobiosi dei corpuscoli rossi.
(3) Rendiconti dell'Accademia dei Lincei, 1887. Voi. Ili, 1° Sem. pag. 318.
— 422 —
« Il pus fresco trattato col verde metile serve meglio del sangue per dimo-
strare le grande differenza di colorazione dei leucociti. Riferisco un osserva-
zione in esteso per dare un'idea più concreta del modo di agire di questa
sostanza.
« 15 gennaio 1888. Incido con una lancetta una piccola pustola che mi è venuta
sopra una mano, e dopo aver messo una goccia della soluzione (verde metile 2 per cento,
Na CI 1 per cento) sul vetro portaoggetti, tocco colla pustula questa goccia in modo che
vi passi dentro del pus. Pel maggior numero i corpuscoli del pus appaiono come sfere
bianche in un liquido verde : molti corpuscoli sono coloriti in violetto : pochi sono
già verdi.
« I corpuscoli verdi non presentano più alcuna traccia di movimento. Quelli che si
muovono sono incolori ed alcuni hanno una tinta leggermente violetta.
<■■ I corpuscoli rossi sono poco numerosi : alcuni sono rotondi e normali ; altri sono
incavati come una coppa, altri hanno delle infossature centrali irregolari per cui ne risulta
nel mezzo una figura chiara che rassomiglia ai plasmodi di Marchiafava e Celli.
« I corpuscoli rossi resistono bene, ma in alcuni vedesi che si formò da un lato una
mezza luna granulosa, la quale si è colorita in violetto, mentre che la massa del corpu-
scolo è per due terzi costituita da un corpuscolo giallo omogeneo.
« La sostanza ialina dei corpuscoli del pus che forma delle goccio, e dei gavoccioli
attaccati alla superficie non si colorisce, e dentro ai corpuscoli vi sono dei frammenti verdi
o violetti come ho già descritto nella Nota V e VII.
« Dopo dieci minuti quasi tutti i corpuscoli bianchi sono scomparsi, e sono diven-
tati più numerosi i corpuscoli violetti e verdi.
« Metto il preparato nella laniera umida e lo riprendo dopo due ore. I corpuscoli
gialli hanno resistito bene, il maggior numero conserva il colore normale, solo alcuni
pochi sono coloriti in verde ed hanno un grosso nucleo più intensamente colorato che mi-
sura 5 ,u di diametro, e intorno vi è una sostanza granulosa tinta in verde chiaro per cui
il diametro del corpuscolo è di 7 fi. Altre forme analoghe mostrano il passaggio dei cor-
puscoli rossi con gradi meno intensi di colorazione dove predomina ancora La tinta gialla.
« Nei corpuscoli del pus vi è una sostanza finamente granulosa che si colorisce
difficilmente, ed un'altra che si colorisce più facilmente. Questa seconda sostanza forma
dei globetti più o meno regolari che ho chiamato frammenti, perchè non sono veri nuclei.
Questi globetti o frammenti prima appaiono bianchi, poi violetti, poi azzurrognoli, ed in
ultimo verde smeraldo. Essi sono un prodotto del processo di necrobiosi, e derivano da
una specie di coagulazione, da un disgiungersi, o dal rigonfiarsi delle sostanze che costi-
tuiscono il corpuscolo. Una terza sostanza che vediamo nei corpuscoli del pus e la così
detta sostanza ialina che non si colorisce mai. Dopo 24 ore, invece dei violetti, predomi-
nano i corpuscoli colorati in verde. Se ne vede ancora qualcheduno bianco. Rimetto il
preparato nella camera umida e lo esamino dopo tre giorni. Tutti i corpuscoli del pus sono
verdi e bene conservati. Sono rari quelli che hanno una tinta violacea, e anche in essi
la tendenza è al verde più che all'azzurro. In alcuni vi sono due o tre frammenti globosi
di color verde, e accanto uno o due globetti simili di color violetto. In tutte queste cel-
lule la parte meno colorata è quella granulosa che forma il corpo della cellula, dentro alla
quale stanno i cosi detti nuclei, o frammenti corpuscolari.
« Le granulazioni delle cellule sono splendenti, e la massa ialina incolora è più
sviluppata che nel primo giorno, per cui molte cellule non sono più rotonde, ma elissoidee
con delle sporgenze ialine trasparenti da un lato. Dopo quattro giorni non vi è più un
solo corpuscolo del pus che abbia la tinta violetta, sono tutti verdi smeraldo. Pochissimi
sono incolori, e questi hanno aspetto di una massa ialina trasparente poco granulosa senza
— 423 —
nuclei o frammenti. Alcuni corpuscoli del pus sono fortemente granulosi, e formano come
una sfera che contiene dentro due o tre globetti di color verde smeraldo.
u I corpuscoli del pus sono costituiti da una sostanza finamente granulosa che forma
come una spugna che non si colorisce, e dentro a questa sfera vi sono dei globetti di una
sostanza che si è colorita intensamente in verde. Nel primo periodo, quando tutta la cel-
lula era colorita in violetto, tale distinzione fra le due sostanze era meno evidente.
« Abbiamo già veduto nelle note precedenti che il pus giovine si distingue
dal pus vecchio per una differenza profonda nella struttura dei corpuscoli, che
rappresentano dei gradi diversi e più o meno progrediti nella degenerazione.
Questa distinzione viene ora confermata dalla reazione col verde metile, poi-
mezzo della quale i corpuscoli giovani si coloriscono in violetto, mentre si
coloriscono in verde quelli che si trovano nell'ultima fase del processo di
necrobiosi. Nel pus giovane e fresco vediamo che il maggior numero dei
corpuscoli diventa violetto e pochi sono coloriti in verde. Se conserviamo il
medesimo pus in un vetro da orologio per 4 o 5 giorni nella camera umida,
e dopo lo esaminiamo, si trova che quasi tutte le cellule si coloriscono im-
mediatamente in verde smeraldo. Se affrettiamo la decomposizione del pus
mettendolo in una stufa alla temperatura di 38°, le cellule perdono la pro-
prietà di colorirsi in violetto, ed appaiono subito verdi. La stessa cosa si ve-
rifica se prendiamo, da un ascesso del pus vecchio di parecchie settimane.
« Vedendo che una medesima cellula si colorisce prima in violetto, poi in
azzurro e finalmente in verde, bisogna supporre che la colorazione dipenda
da un fatto chimico, il quale si modifichi col processo di necrobiosi.
» Le cellule che si trovano in condizioni normali di vitalità non si lasciano
colorire intensamente; anche quando sono già entrate nella prima fase del pro-
cesso di necrobiosi, resistono ancora alla imbibizione delle sostanze coloranti.
Mi sono assicurato di questo fatto non solo col verde metile, ma adoperando
il rosso di Magdala, o l'eosina, o il violetto metile, o il verde di jodo, o
l'azzurro di metilene ecc. Di queste osservazioni ne riferisco una sola fatta
sopra il pus preso da un piccolo ascesso formatosi sotto la lingua.
Rosso di Magdala 0,4 per cento. NaCS 0,75 per cento.
« Metà circa dei corpuscoli del pus si coloriscono subito in rosso, l'altra metà non si
lascia tingere. Guardando più attentamente si vede che nei corpuscoli di pus i quali non
si lasciano colorire, vi è un movimento vivace dei granuli ; mentre che nei corpuscoli di
pus colorati in rosso tutto è immobile. Fissando lungamente una cellula coi granuli in
movimento, si vede che questa poco per volta si colorisce e anche i granuli si arrestane.
In questo pus i corpuscoli rossi sono molto scarsi.
« Riepilogando risulta dalle esperienze sovraesposte che le cellule non si
lasciano colorire, quando danno segno di essere nel pieno esercizio delle loro
funzioni vitali ; che venendo queste a diminuire, si coloriscono in violetto; che
tale tinta si modifica successivamente .nella medesima cellula, prima tende
al verde azzurro, e finisce per diventare verde chiaro smeraldo.
— 424 —
« Questo è quanto si osserva generalmente nelle cellule, ma ve ne sono
di quelle che sembrano diventare verdi senza essere state prima violette.
« Colla soluzione del verde metile 0,2 per cento, Na CI. 1 per cento, si
osserva una rapida e profonda alterazione dei leucociti.
« Nel sangue dei pesci (Mustelus laevis, p. e.) dopo aver fissato l'atten-
zione sui corpuscoli bianchi omogenei che eseguiscono dei rapidi movimenti,
se si aggiunge una goccia della soluzione sul bordo del vetrino, i leucociti
ritirano immediatamente le loro espansioni, diventano globosi e dentro appaiono
molti globetti o vacuoli. Il corpuscolo prende una tinta leggermente violetta.
I vacuoli non si coloriscono, invece il nucleo è più intensamente colorato in
violetto, ed è rotondo, o ha la forma di un rene, o sono due nuclei vicini.
« Alcuni corpuscoli in pochi minuti diventano una sfera ialina con delle
granulazioni grosse e dei frammenti in forma di nucleo da una parte, e dal-
l'altra si vede la sostanza ialina che ha dentro dei granuli che si muovono
vivacemente come ho già descritto nei corpuscoli del pus. Altre volte il cor-
puscolo bianco che si muove, sorpreso dall'azione deleteria di questa solu-
zione, si altera prima che abbia tempo di conglobarsi e appaiono dentro al
corpuscolo ancora disteso ed irregolare, dei vacuoli o dei globettini in numero
di 10, o 15,0 anche più, intorno al nucleo: e poco dopo il corpuscolo appare
violetto, ritira le espansioni e diventa sferico.
« Il verde metile al 0,2 per cento nella soluzione di cloruro sodico al-
l'uno per cento, produce in questo caso una morte così rapida dei leucociti,
che noi vediamo succedersi in un medesimo corpuscolo le trasformazioni che
nel pus dentro all'organismo dei mammiferi impiegano un tempo assai
maggiore. Vediamo cioè dei leucociti, prima omogenei, che si arrestano rac-
colgono le loro espansioni e diventano globosi ; dentro (forse per un processo
di coagulazione) si forma un certo numero di globetti da 15 a 20 o 30 che
riempiono tutta la cellula; alcuni frammenti maggiori si coloriscono più in-
tensamente e rappresentano i nuclei; e nell'ultimo periodo della necrobiosi,
si separa dalle granulazioni una sostanza ialina nella quale si vedono dei
granuli che si muovono come quelli del pus, mentre il resto della cellula è
intensamente colorato.
« Le cellule epiteliali con ciglia vibratili e gli spermatozoi sono gli
elementi più indicati per studiare i rapporti che passano fra la colorazione
delle cellule e la loro vitalità. Se si prende un pezzo della muccosa della
faringe di una rana e lo si dilacera nella soluzione (0,2 per cento Na CI 0,75
per cento) le cellule nelle quali le ciglia si muovono hanno un colore vio-
letto, quelle dove le ciglia sono immobili hanno invece un color verde.
Fissando l'attenzione su queste che hanno le ciglia mobili, si vede che non
presentano traccia di nucleo : dopo mezz'ora circa, si fermano le ciglia ed
appaiono uno o due nuclei di colore azzurro, ma il loro contorno è confuso;
solo dopo 2 o 3 ore circa il nucleo è più distinto e prende una tinta verde ;
— 425 —
le ciglia non sono colorate. Dopo 4 o 5 ore tutti i nuclei sono coloriti in
verde smeraldo e sono rare le cellule che hanno una tinta violacea.
- Ho ripetuto le medesime osservazioni sulle cellule a ciglia vibratili
dell' Unio e dell' Anodo/ita, che ricoprono le branchie, o che stanno sul man-
tello. Queste ultime servono meglio perchè si staccano spontaneamente, e
siccome hanno le ciglia molto lunghe, si vede ogni più piccola traccia di
movimento, e il volume considerevole del loro corpo rende più facile lo
studio delle alterazioni necrobiotiche.
« Le cellule dell' Anodonta e dell' Unio finché si muovono con vivacità
non si lasciano colorire dal verde metile, né dal rosso Magdala, né da altre
sostanze. Questo è il periodo della piena vitalità, nel quale le cellule ese-
guiscono dei movimenti così vivaci, che spesso si vedono attraversare il campo
del microscopio flagellando colle lunghe ciglia tutti i corpuscoli e le cellule
che stanno vicino nel liquido.
« Poi viene il periodo dell'agonia nel quale, o non si muovono più, o si
muovono, ma assai lentamente ; in questo periodo, o sono incolori, o prendono
una leggera tinta violacea, ma non si vede ancora il nucleo.
« Quando si colorisce il nucleo ed appare distinto nel corpo della cel-
lula, le ciglia si sono già fermate, oppure i moti sono molto lenti e interrotti
da pause, oppure sono disordinati, cosicché il ciuffo delle ciglia si divide come
in due parti che si muovono in direzione contraria.
« Nelle cellule vibratili che si colorirono in violetto, il nucleo diventa
sempre più evidente, può apparire come diviso in parecchi nuclei o frammenti,
e questi tendono sempre più all'azzurro e finalmente diventano verdi.
« Il processo di necrobiosi qualche volta è già iniziato e le ciglia si
muovono ancora. Questa parte che riguarda la morte e la degenerazione delle
cellule con ciglia vibratili la tratterò in una Nota speciale, ed in essa dimo-
strerò che il processo di necrobiosi studiato nei corpuscoli del sangue si ripro-
duce fedelmente in tutte le sue particolarità nelle cellule epitelliali, e nelle
cellule con ciglia vibratili.
« Il verde metile è velenoso anche per gli spermatozoi : ho provato su
quelli della cavia, e su quelli della torpedine, e vidi che si fermano subito.
Per timore che la soluzione 0,2 per cento e, Na CI. per cento, non contenesse
abbastanza cloruro sodico ho preso la stessa acqua marina come liquido per
la soluzione con 0,2 per cento di verde metile e ho veduto che si coloriscono
rapidamente e muoiono. Sono rari quelli che essendosi già coloriti fanno an-
cora dei movimenti, in questo caso si vede che sono moribondi, perchè le
loro oscillazioni sono lente non guizzano più, ma si agitano con intervalli di
riposo e poi si fermano. Atteso la piccolezza della testa degli spermatozoi
non ho potuto constatare con sicurezza se tutti prendono un colore violetto
prima di diventare verdi.
« L'azione del verde metile e di altre sostanze coloranti sul protoplasma
Kendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 55
— 426 —
contrattile dalle cellule vegetali, 1* ho studiato sui peli dei fiori della
Tradescantia virginica e sulle spore di un alga marina, Y Ulva lactuca.
L'effetto del verde metile è micidiale. Gli sporangi deir Ulva lactuca sono
masse ovali che misurano 3//, 5 per 5/t, le quali portano ad una estremità
due appendici filiformi che sono dotate di un movimento vivacissimo. Se al-
l'acqua di mare nella quale stanno queste spore, si aggiunge un po' di verde
metile 0,2 per cento sciolto nell'acqua di mare, le spore si coloriscono e si
fermano immediatamente. Il contenuto degli sporangi diventa granuloso, ed
alla superficie appaiono delle goccie ialine. Il processo della morte ras-
somiglia a quello dei leucociti, perchè nella sostanza ialina delle spore si
vedono dei granuli che si muovono come quelli che ho già descritto nei cor-
puscoli del pus. Ritornerò in una prossima Nota su questo argomento stu-
diando i fenomeni della necrobiosi nelle cellule vegetali.
« Ho voluto cercare la ragione chimica di questi fatti ; e ho trovato che
se l'alcalinità delle cellule è molto grande, questa distrugge il verde metile
che tende a penetrare nel loro corpo ; e perciò la colorazione delle cellule in
violetto, sarebbe indizio di un alcalinità meno grande.
« Se si prendono gr. 0,002 di potassa caustica sciolti in 2 ce. di acqua, e vi si ag-
giungono gr. 0,002 di verde metile in 1 ce. di acqua, il colore verde si modifica e in
5 minuti diventa rosso violaceo, come il colore delle cellule. Se a questa soluzione di co-
lore rosso violaceo si aggiunge qualche goccia di una soluzione di acido acetico 11 per
cento, ritorna lentamente il color verde primitivo.
«Se invece di parti uguali adoperiamo un eccesso di verde metile, non succede più
la trasformazione del colore in violetto; cioè se a grammi 0,002 di potassa aggiungesi 2
ce. di acqua al gr. 0,003 di verde metile in 3 di acqua, la soluzione rimane verde. In
altre parole, questa reazione manca quandi adoperiamo una quantità troppo grande 'li
verde metile. In soluzioni più allungate se la quantità dell'alcali non si trova in propor-
zioni eguali a quella del verde metile, ma è superiore, la soluzione si scolorisce comple-
tamente in pochi minuti. Così ad esempio gr. 0,0004 di potassa caustica sciolti in 4 ce.
di acqua scoloriscono 0,00016 di verde metile sciolti in 0,08 ce. di aequa.'H verde metile
però non si distrugge, perchè se aggiungiamo alla soluzione divenuta trasparente due
goccie di una soluzione di acido acetico al 10 per cento, ricompare lentamente il colore
verde primitivo.
u Non si può dire però che mescolando un eccesso di potassa nella soluzione di
verde metile questo si scolori completamente. Manca il colore perchè le soluzioni sono
troppo allungate, ma se invece prendiamo gr. 0,008 di potassa caustica sciolti in 0,8 di
acqua e vi aggiungiamo 0,002 di verde metile sciolti in 1 ce. di acqua, quantunque la pro-
porzione della potassa al verde metile sia sempre di 4 ad 1, lo scoloramento non è com-
pleto, ed il liquido essendo meno diluito coll'acqua, prende un colore giallo bruno.
« Ho trovato che il verde metile impedisce la coagulazione del sangue.
« Una soluzione del verde metile al 0,5 per cento nel cloruro sodico 0,75
per cento, ritarda notelmente la coagulazione del sangue, anche solo nel rap-
porto di 2 ce. su 40 ce. di sangue.
— 427 —
« Adoperando 3 o 4 cent, cubici di detta soluzione su 40 ce. di sangue,
questo non coagula più. Di questo parlerò più estesamente in una prossima
Nota sulla coagulazione del sangue e sulla formazione della cotenna.
« I leucociti del sangue reso incoagolabile col verde metile, hanno la
sostanza incolora e dentro i così detti nuclei colorati in verde smeraldo. In
alcuni la sostanza verde è circonfusa e riempie tutto il corpuscolo; altri
leucociti invece sono completamente scolorati ; ma il maggior numero dei cor-
puscoli è violetto, senza traccia dei cosidetti nuclei.
u Mescolando 5 o 6 ce. di soluzione di verde metile al 0,5 per cento
con 40 ce. di sangue che esce dall'arteria, è facile essicurarsi che il verde metile
si distrugge. Già l'esame fatto col microscopio dimostra che l'intensità di colora-
zione dei corpuscoli e del siero non corrisponde alla quantità di verde metile
aggiunto al sangue e molti leucociti rimangono bianchi.
« Aggiungendo al sangue dell'acido acetico in qualunque proporzione ed
allungando con acqua, non si ottiene più il color verde caratteristico ; que-
sto prova che la scomparsa del verde non è dovuta all'alcalinità del sangue.
« Ho supposto che il verde metile in contatto col sangue si scolorisca per
un processo di ossidazione, e cercai se coli' acqua ossigenata potevo riprodurre
tale fenomeno. I risultati ottenuti confermarono pienamente questa supposi-
zione; tralascio per brevità di riferire queste esperienze, intorno alle quali
dovrò ritornare in una prossima Nota dove parlerò dell'azione fisiologica del
violetto di metile ».
Fisiologia. — Esame critico dei metodi adoperati per studiare i
corpuscoli del sangue. Nota X. del Socio A. Mosso.
« In una Nota precedente sulla resistenza dei corpuscoli rossi (l) ho
già dimostrato che una soluzione di cloruro sodico al 0,75 per cento può
alterare e scolorire rapidamente i corpuscoli rossi del cane. Nelle seguenti
ricerche intorno al sangue dei pesci ho studiato quali siano le soluzioni di
cloruro sodico che alterano meno i corpuscoli del sangue: e ho veduto che
nel sangue di un medesimo animale vi sono dei corpuscoli rossi di maggiore
o minor resistenza, i quali per non alterarsi avrebbero bisogno ciascuno di
soluzioni diverse.
« Vi sono dei generi di pesci i quali hanno un sangue tanto delicato,
che appena esce dai vasi sanguigni si altera subito in tutte le soluzioni di
cloruro sodico, qualunque sia il loro titolo.
« Né per lo studio del sangue di tali pesci giova procurarsi prima il
siero di animali della medesima specie e mescolarlo col sangue che esce dai
vasi sanguigni per impedire, od almeno smorzare, il contatto dei corpuscoli
(!) Atti E. Accademia Lincei. Voi. Ili, pag. 257.
— 428 —
col vetro, perchè l'adesione e l'attrito che si produce, quando i corpuscoli
scorrono fra il vetrino ed il porta oggetti, è già sufficiente per scolorire molti
corpuscoli.
« L'uso del siero, che sembra essere il metodo più razionale, presenta
la grave difficoltà che quando si tratta di specie molto piccole è impossibile
di procurarsi del siero puro e trasparente, senza che contenga dei corpuscoli
i quali hanno già subito un'alterazione per essersi trovati fuori dell'organismo.
Anche il siero iodato non serve, perchè constatai che esso scolorisce rapida-
mente tanto i corpuscoli più fragili dei pesci, quanto quelli dei mammiferi.
« Visto che non si può esaminare il sangue vivo e fresco fuori dei vasi
sanguigni, mi servii dei liquidi fissatori per rendere solido il sangue nel mo-
mento stesso che esce dal corpo. La difficoltà più grave è di trovare un li-
quido che indurisca i corpuscoli e non ne alteri il colore.
Bidonerò di mercurio
« Goadby è stato il primo che si servì del sublimato corrosivo nella
tecnica istologica (l). Fu colle soluzioni di questa sostanza alla quale ag-
giungeva del cloruro di sodio e dell'allume, che cinquant'anni fa egli è riuscito
a conservare i primi preparati microscopici di tessuti animali chiusi fra due
vetri.
« Però è stato Filippo Pacini che introdusse definitivamente l'uso del
bicloruro di mercurio nella tecnica per la conservazione dei corpuscoli del
sangue (2). Gr. Hayem modificò le forinole del Pacini, diminuendo alquanto
(') Harting, Das Mikroskop, 1859, pag. 920.
(2) F. Pacini, Di alcuni metodi di preparazione e conservazione degli elementi
microscopici dei tessuti animali e vegetali. Giornale internazionale delle scienze me-
diche, 1880.
La prima pubblicazione delle formole dei liquidi di Pacini fu fatta dal dott. Galligo
nel 1861, in una relazione sui preparati che il Pacini presentò all'esposizione nazionale
di Firenze (Imparziale, I, 1861, pag. 98). In questa comunicazione non si parla dell'ag-
giunta di glicerina alla soluzione di bicloruro di mercurio. Nel 1880 quando Pacini pub-
blicò le formole dei suoi liquidi conservatori le ridusse a quattro. Le più importanti per
lo studio del sangue sono la 2a e la 3a cioè:
II.
Bicloruro di mercurio 1 gr.
Cloruro sodico 2 >»
Acqua distillata 200 »
III.
Bicloruro di mercurio 1 gr.
Cloruro sodico 4 »
Acqua distillata 200 »
La soluzione II, che contiene meno cloruro sodico, Pacini la preferisce per con-
sertare i corpuscoli degli animali a sangue freddo ; la III, per gli animali a sangue caldo.
— 429 —
la dose dei bicloruro di mercurio ('). — Perchè Hayern abbia aggiunto
il solfato di soda nella proporzione di 5 grammi per 200 di acqua io non lo
so, ed egli stesso non lo dice. Le osser?azioni che ho fatto in proposito mi
hanno convinto che il solfato di soda è poco adatto per conservare il san-
gue. Infatti in una soluzione del 2, 5 per cento di acqua i corpuscoli rossi
perdono la forma discoide diventano sferici e poi si scoloriscono. Se il sangue è
poco resistente, è maggiore il numero dei corpuscoli rossi che si scolorano:
molti si svotano e troviamo nel liquido dei mucchi di granulazioni gialle
e delle ombre.
« L'azione del bicloruro di mercurio sui corpi albuminosi è tanto ener-
gica che l'aggiunta del solfato di soda, o della glicerina, credo giovi a nulla.
« Per escludere ogni apprezzamento personale nel giudizio di forinole em-
piriche, ho voluto cercare la ragione delle dosi che l'esperienza aveva dimo-
strato più efficaci a conservare il sangue. Credo non sia inutile che io rife-
risca alcune esperienze sull'azione del bicloruro di mercurio, perchè sono giunto
alla conclusione che non bisogna più servirsi di questa sostanza nelle ricerche
esatte sulla natura dei corpuscoli del sangue.
« Per provare l'azione fissatrice delle varie soluzioni di bicloruro di
mercurio mi servii di una stufa d'Arsonval che dava una temperatura co-
stante di 38°. Vi mettevo dentro le boccette che contenevano una goccia di
sangue su 30 ce. di uno dei liquidi fissatori, e dopo 12 o 24 ore facevo il
confronto tra questo sangue e quello che avevo lasciato in un liquido eguale
alla temperatura ambiente di 12° o 16°.
« Col liquido Pacini tanto nella forinola II che nella formola III non
Deve essere stato verso il 1860, quando era in voga la glicerina come liquido
conservatore, che qualcheduno pensò di aggiungere questa sostanza al bicloruro di mer-
curio, ma non ho potuto sapere chi sia stato il primo che modificò la formola del liquido
Pacini, e gliela attribuì erroneamente quale ora si trova nel maggior numero dei trattati
di tecnica istologica. H. Reinhard (Das Mikroskop, 1864, pag. 26) attribuisce questa for-
mola al Lambì, ma la cosa non mi pare certa.
C1) Liquido in Hayem A.
Acqua distillata 200
Cloruro di sodio 1
Solfato di soda 5
Bicloruro di mercurio 0.50
Liquido in Hayem B.
Acqua distillata 200
Cloruro di sodio 1
Solfato di soda 5
Bicloruro di mercurio 0.50
Glicerina neutra a 28° B 10
G. Hayem, Archives de physiologie, 1878, p. 70 ; 1879, p. 208.
— 430 —
si osservò alcuna differenza per il fatto della temperatura elevata. Col li-
quido Hayem il sangue generalmente resiste alla temperatura ambiente, ma si
altera a 38°. Ho trovato dei cani di cui il sangue si alterava nel liquido
Hayem anche alla temperatura ambiente. Biferisco una di queste osservazioni :
« Dalla carotide di un cane faccio cadere una goccia di sangue in due boccette che
contengono 60 ce. di liquido Hayem ; e una di queste viene messa nella stufa a 38°.
Dopo 12 ore si fa l'esame di entrambe. Il sangue freddo è discretamente conservato, vi
sono però di quando in quando delle forme irregolari che hanno tante piccole sfere
intorno, oppure hanno delle sporgenze irregolari, filiformi che danno loro l'aspetto strano
di certe lettere giapponesi : vi sono delle forine a bozzolo o strozzate nel mezzo o stirate
in forma di lagrima. Sono figure identiche a quelle che Schultze (*) descrisse e disegnò
studiando le alterazioni dei corpuscoli del sangue esposto alla temperatura di 51° a 52°.
Vedremo meglio in seguito che i corpuscoli rossi degli animali a sangue freddo ed a
sangue caldo, presentano dei movimenti di contrazione anche alla temperatura ordinaria in
, condizioni speciali. Intanto non possiamo fare a meno di considerare queste forme come
un effetto del liquido Hayem perchè nel cloruro sodico 0,75 per cento e nell'acido osmico
1 per cento esse mancavano completamente.
« Più gravi erano le alterazioni del sangue conservato nel liquido Hayem alla tem-
peratura di 38° gradi. I corpuscoli rossi normali lisci ed omogenei sono molto rari ; ab-
bondano quelli finamente granulosi ; alcuni coi granuli abbastanza grossi. Vi sono dei
corpuscoli che sembra stieno perdendo la sostanza granulosa gialla che essi contengono,
e questa ha formato degli ammassi granulosi giallognoli. Trammezzo a queste granula-
zioni si vedono delle ombre, ossia dei corpuscoli vuoti o scolorati. Vi sono dei corpuscoli
rossi profondamente alterati nella loro forma, che rassomigliano esattamente alle figure
di Schultze.
« Da queste osservazioni risulta che il bicloruro di mercurio nel liquido
Hayem è contenuto in quantità troppo piccola; e che il liquido Hayem è
meno atto del liquido Pacini a fissare bene ed immediatamente i corpuscoli
del sangue.
« Una soluzione di sublimato corrosivo su 10,000 di acqua coagula e
precipita tutta l'albumina che si trova nel siero del sangue ; ma se si aggiunge
la metà di acqua al liquido Hayem, benché si abbia ancora una soluzione
del 0,125 per cento di bicloruro di mercurio, questa non conserva più il
sangue neppure alla temperatura ambiente. La conservazione del sangue col
bicloruro di mercurio, non è dunque un semplice fenomeno di coagulazione,
ma il risultato di fenomeni complessi ; e neppure colle dosi elevate di biclo-
ruro di mercurio, si riesce ad uccidere immediatamente i corpuscoli senza
lasciare loro tempo di alterarsi.
« L'aggiunta del bicloruro sodico è necessaria, e diminuendone la dose
ho veduto che i liquidi col sublimato corrosivo alterano maggiormente il
sangue. La ragione è questa, che il bicloruro di mercurio forma delle soluzioni
un po' acide e l'aggiunta di cloruro sodico diminuisce non solo questa acidità,
ma rende il bicloruro di mercurio più solubile e più stabile. Non è il dormo
0) Schultze, Archiv. f. mickrosk. Anat. Voi. I, pag. 1.
— 431 —
di mercurio che agisce nel liquido Pacini ed Hayem, ma un cloromercurato
di sodio.
« La soluzione II del liquido Pacini che contiene 1 gr. di sublimato
corrosivo, per 2 gr. di cloruro sodico, è quella che soddisfa meglio a queste
condizioni ; ma ciò malgrado neanche questa soluzione conserva inalterati tutti
i corpuscoli del sangue.
« Questo difetto dei liquidi Pacini lo si riconosce facilmente quando si
rende un cane anemico con qualche salasso, e dopo si fa cadere una goccia
di sangue in uno qualunque dei liquidi Pacini, o nel liquido Hayem.
« La goccia che esce dall'arteria appena tocca il liquido si raggruma
e quando tocca il fondo del vaso è già coagulata. Invece il sangue normale
resiste, e si spande nel liquido come una polvere leggera. Né può dirsi che
sia l'abbondanza del siero che nel sangue anemico produce questo fenomeno
della immediata coagulazione, perchè è facile distinguere le granulazioni
dovute al coagularsi del siero, da quelle giallognole che si producono per il
disfarsi dei corpuscoli rossi meno resistenti, quando essi vengono in contatto
col liquido Pacini, e col liquido Hayem.
« Un'alterazione non meno grave che subisce il sangue nel liquido
Pacini, o nel liquido Hayem e lo scolorarsi dei corpuscoli gialli.
« Le soluzioni di bicloruro acide trasformano l'ossiemoglobina in inetae-
moglobina, ma questo l'ho veduto solo nelle soluzioni concentrate di 5 per
cento, o di 1 per cento. Nel liquido Pacini l'ossiemoglobina si trasforma in
una sostanza che si potrebbe confondere per il colore colla metaemoglobina,
ma che non ne presenta i caratteri spettroscopici; perchè manca ogni stria
delle sostanze coloranti del sangue e lo spettro è scomparso al di là del
verde ed è leggermente oscurato nel resto, presentando nel verde l'ombra di
una stria pochissimo marcata.
« Ho fatto anche delle ricerche colla ossiemoglobina pura; mettendone
un po' nel liquido Pacini ; ho veduto che questa si altera rapidamente, il
liquido prende un colore giallo caffè, ed allo spettroscopio non si osserva più
alcuna stria caratteristica ; onde si può ritenere che la sostanza colorante del
sangue siasi così profondamente alterata, da perdere affatto le proprietà ottiche
dell'emoglobina e dei suoi derivati.
« Esaminando dopo qualche tempo il sangue conservato nel liquido
Pacini od Hayem, si trova sempre che i corpuscoli gialli hanno una tinta
molto più pallida del normale, e qualche volta sono del tutto scolorati. Di
questa alterazione dell'ossiemoglobina e dello scolorarsi dei corpuscoli nel
sublimato corrosivo in qualunque dose e specialmente nel liquido Hayem e
Pacini, vedremo in seguito degli esempi evidentissimi. Vi sono dei corpuscoli
rossi tanto delicati come quelli delle sardine e delle alici che si alterano
completamente nel liquido Pacini e nel liquido Hayem, per cui il sangue
diventa irreconoscibile, e scompare ogni traccia di emoglobina.
— 432 —
« Questo rapido scolorarsi di molti corpuscoli rossi nelle soluzioni di
bicloruro di mercurio è stato causa di gravi errori, e lo dimostrerò nella
seguente Nota.
« 11 liquido Pacini ed il liquido Hayem hanno il grave inconveniente
che coagulano il siero. Hayem temo sia caduto in errore quando dice che
dagli ematoblasti esce una sostanza che vi rimane aderente. Coli' acido osmico
1 per cento non si osserva mai nulla di simile ; ed io credo che la sostanza
della quale parla Hayem, sia semplicemente siero del sangue coagulato dal
bicloruro di mercurio.
« Dei metodi di Hayem per studiare i corpuscoli, uno altera il sangue
in modo chimico, l'altro in modo meccanico. Mettendo egli il vetrino copri-
oggetti ad una piccolissima distanza dal vetro portaoggetti con un po' di
paraffina, in modo da produrre uno spazio capillare nel quale deve scorrere
ed espandersi una goccia di sangue, necessariamente questo si altera per il con-
tatto contro le pareti asciutte del vetro. Anche quando il vetro è già bagnato,
è facile dimostrare che in tali circostanze si altera un grande numero di cor-
puscoli rossi. Se si prende una goccia di sangue di pesce (ad esempio di
Mustelus laevis) e si fa toccare una goccia di soluzione di verde metile 0,2
per cento Na CI. 1 per cento, e poi la si copre con il vetrino e si esamina
(anche aggiungendovi sopra la goccia di olio di cedro per l'immersione della
lente) i corpuscoli non si alterano e dopo parecchie ore sono ancora bene
conservati. Se invece si mette sul vetro una goccia di sangue fresco, o per
fare l'esperienza in condizioni più favorevoli, si aspetta che il sangue siasi
coagulato, e dopo si prende una goccia mista con molto siero, e si ricopre
con un vetrino, si vedrà alterarsi tutti i corpuscoli, appena si mette una goccia
di verde metile sul bordo del vetrino, e si assorbe il liquido della parte
opposta con un pezzo di carta bibula. Dopo due minuti non vi è più un
solo corpuscolo normale ; la sostanza gialla è scomparsa in tutti, e il nucleo
si è colorato. Questa semplice esperienza dimostra che la coesione, o il mo-
vimento del sangue negli spazi capillari, ledono ed alterano i corpuscoli
rossi del sangue.
Acido osmico.
« L'acido osmico, introdotto da Schultze nella tecnica istologica, è un
ossidante energico che conserva i corpuscoli sanguigni meglio di qualunque
altra sostanza. L'acido osmico, nella soluzione del 1 per cento, non coagula
l'albumina come il bicloruro di mercurio. Se si mescola col siero traspa-
rente del sangue di cane, in qualunque proporzione non si forma un preci-
pitato fioccoso come succede coi liquidi Pacini ed Hayem.
« L'acido osmico all'I per cento fa scomparire immediatamente le due
strie caratteristiche dell' ossiemoglobina pura, ed in loro vece compare la stria
della metaemoglobina.
— 433 —
« Il siero del sangue nell'acido osmico prende un colore rosso, ma se la
quantità di siero è piccola come quando si mescola solo una goccia di siero
con 20 ce. di soluzione di acido osmico all'I per cento, il colore diventa
giallognolo. Questo colore è dovuto all'azione degli alcali e spezialmente
della potassa, che produce un colore giallo rosa quando si aggiunge in quan-
tità sufficiente.
« Il color leggermente giallo che prende una soluzione di acido osmico
quando vi si fa cadere dentro una goccia di sangue, non è dunque dovuto
alla perdita dell'emoglobina per parte dei corpuscoli rossi; ma dipende dalle
sostanze alcaline del siero e del sangue.
« L'acido osmico 1 per cento fìssa i leucociti nella forma in cui si tro-
vano. Li rende alquanto più granulosi, ma li conserva trasparenti come nello
stato normale : colla superficie irregolare, le sporgenze e le frangie sottili in
tutto identiche a quanto si vedeva pochi secondi prima sotto il microscopio.
È interessante che un corpuscolo bianco contrattile può morire senza aver
tempo di contrarsi e formare una massa globosa : la causa di tale fenomeno
deve cercarsi probabilmente nell'estrema lentezza dei movimenti proto plas-
motici dei leucociti, e nell'azione rapidissima dell'acido osmico che uccide
istantaneamente il corpuscolo.
« Il pus conservato nell'acido osmico mostra ancora una differenza nella
colorazione dei corpuscoli, quando questi vengono sottoposti all'azione del verde
metile. Vi sono dei corpuscoli, delle granulazioni e dei frammenti che si
tingono in violetto, ed altri in verde, pochissimi rimangono incolori. La causa
di questa colorazione dipende da ciò che la soluzione di acido osmico 1 per
cento è pochissimo acida, e spesso l'aggiunta del pus o del sangue la rende
neutra. Il pus conservato nell'acido acetico allungato si colorisce sempre in
verde, anche nelle soluzioni molto allungate purché siano ancora acide.
« Avremo occasione di persuaderci nelle seguenti note che l'acido osmico
è, di tutte le sostanze conosciute fino ad oggi, quella che conserva me-
glio il colore rosso dei corpuscoli sanguigni. Il colore bruno quasi nero che
prendono dopo un certo tempo le soluzioni di acido osmico, è dovuto ed un
processo di riduzione: ma anche dopo un anno, quando è scomparso l'odore
e la reazione caratteristica dell'acido osmico ed il sangue appare nerastro, si
trova che i corpuscoli sono ancora bene conservati. Eccetto la spesa alla
quale non si può badare quando si tratta di fare delle ricerche esatte, gli
altri inconvenienti dei vapori irritanti, e dell'annerirsi della soluzione non
mi hanno dato molestia. Anzi trovo che queste ricerche sono più comode di
molte altre, perchè basta avere una serie di tubi di vetro, o di boccette col
collo largo, vi si mette dentro 15 o 20 ce. della soluzione e fatto un taglio
nella coda di un pesce si immerge subito il moncone nel liquido ; quando si
è raccolta una goccia di sangue, si tappa anche semplicemente con un sughero,
e questo sangue si conserva per ulteriori studi e confronti » .
Rendiconti, 1888, Vol. IV, 1° Sem. 56
— 434
Fisiologia. — // sangue nello stato embrionale e la mancanza
dei leucociti. Nota XI. del Socio A. Mosso.
« Ho fatto una serie di osservazioni sul sangue dei pesci nella Stazione
zoologica di Napoli. Nel riferirne i risultati incomincierò col mettere a raf-
fronto il sangue degli animali adulti di alcuni gruppi di pesci col loro
sangue nello stato embrionale e fetale.
« Mi è sembrato che questo fosse il modo più semplice per tentare la
soluzione del grave problema di conoscere le differenze tra i corpuscoli gio-
vani e quelli adulti, o decrepiti.
« Ho scelto nel gruppo degli squali la famiglia dei Mustelus dove la
generazione si compie per mezzo di un utero e di placente simili a quelle
dei mammiferi, e la famiglia dei Scyllium dove lo sviluppo dell'embrione si
fa nelle uova fuori dell'organismo materno.
« Una femmina di Mustelus laevis lunga lm30 viene portata viva nella
Stazione zoologica : pesa circa 8 chilogrammi. Dissanguo incompletamente
l'animale facendo un taglio alla coda, e si raccolgono in due cilindri circa
95 ce. di sangue che coagula immediatamente. Aperta la cavità dell'aidome
e dell'utero si estraggono 20 Mustelus lunghi 28 centim. che pesano circa
60 grammi ciascuno. Tagliato il cordone ombellicale e messi nell'acqua
nuotano con agilità e respirano bene. Ad alcuni si taglia la coda e si rac-
coglie, come si fece per la madre, qualche goccia di sangue direttamente
nell'acido osmico 1 per cento : di altri determino la resistenza del sangue
che è circa 1,75. Na CI. per cento di acqua. Il sangue della madre è un
pò meno resistente.
* Il corpo privo dei visceri pesa 5 chilogrammi; la milza solo 3 gr. 5.
« Il coagulo si disfa spontaneamente dopo 2 o 3 ore, tanto nel sangue
adulto, quanto nel sangue fetale e i corpuscoli rimangono liberi nel siero.
« Il sangue adulto preso nella parte superiore ha i corpuscoli rossi ovali
regolari; il diametro maggiore è in media di 21 fi a 23 fi , il minore di
14 fi a 16 fi. Non si vede il nucleo. Ma nella sostanza gialla del corpuscolo
vi sono delle piccole macchie rotonde, trasparenti, in numero di 30 o 40,
molto piccole, che si muovono : il loro diametro è minore di 1 fi.
« In alcuni corpuscoli queste macchie sono meno abbondanti e più grosse
e hanno il diametro di circa 2 fi.
« Vi sono molte cellule granulose (Kòrnchenzellen di Leydig) circa 2
a 3 per cento corpuscoli rossi. Dimostrerò in una prossima Nota che le cel-
lule granulose sono corpuscoli rossi in necrobiosi.
— 485 —
« Abbondano i leucociti, ed alla temperatura di 15° eseguiscono dei
movimenti vivaci, e cambiano rapidamente di forma ; sono finamente granu-
losi ; misurano da IO fi a 13 fi , e dentro si vede più o meno distinta la
forma di un nucleo. Altri corpuscoli incolori sono rotondi e non si muovono.
« I leucociti sono così abbondanti, che ne conto da 8 a 9 per cento
rossi. Nel sangue preso sul fondo del cilindro i leucociti sono meno abbon-
danti, ma si muovono egualmente ed hanno lo stesso aspetto e ne conto da
2 a 3 per cento di rossi. I leucociti spesso hanno delle ramificazioni e delle
frangi e ; nessuno presenta delle goccie ialine alla superficie.
« Sono abbondanti le forme di corpuscoli, simili a quelle che Hayem
descrisse col nome di ematoblasti, e rappresentò nelle tavole della sua me-
moria ('): poche hanno una tinta giallognola; alcune sono rotonde, ma per
il maggior numero sono ovali e misurano 8 fi, 75 per 10 fi : il nucleo è omo-
geneo e così grande che intorno vi rimane appena uno strato corticale dello
spessore di 1 //, 5 leggermente granuloso : il nucleo è omogeneo liscio, e
dentro si vedono generalmente due piccolissimi nucleoli. Molti ematoblasti
sono fortemente granulosi ed alcuni si muovono, cosicché formano dei leucociti
più piccoli di quelli precedentemente descritti.
« Il sangue fetale lo prendo anche negli strati superiori, perchè non sia
troppo denso e si trovi mescolato con del siero. La differenza nella forma
dei corpuscoli rossi è così grande, che non si può confondere col sangue
adulto : infatti :
" 1° I corpuscoli non sono più ovali e regolari nel loro contorno, ma
un grande numero si sono accartocciati e ripiegati, in modo che formano una
massa gialla conglobata colla superficie irregolare e bernoccoluta. Tale cam-
biamento corrisponde a quello che si osserva nei corpuscoli rossi dei mam-
miferi quando perdono la forma di disco e diventano sferici con la superficie
irta di spine. Kitorneremo in seguito su questa alterazione: per ora constato
che a differenza del sangue adulto, nel sangue fetale circa un terzo dei cor-
puscoli rossi perdono nelle prime ore la forma a disco e diventano conglobati.
« 2° Quasi tutti i corpuscoli rossi sono lisci ed omogenei, mentre che
nel sangue adulto il maggior numero dei corpuscoli presenta delle piccole
macchie e dei vacuoli nella sostanza gialla.
« 3° Mancano completamente i grandi leucociti contrattili del sangue
adulto. Gli ematoblasti sono tutti scolorati : alcuni si muovono e sembrano
piccoli leucociti, altri sono granulosi tondi od ovali ed immobili. Alcuni cor-
puscoli rossi che si sono scolorati presentano un vivace movimento dei gra-
nuli sulla sostanza corticale.
« 4° Mancano le cellule granulose (Kornchenzellen di Leydig).
« Nel sangue fetale si vede un grande numero di globetti rotondi col
(l) G. Hayem, Archives de physiologic, 1879, pag. 208.
— 436 —
diametro di 1 fi fino a 5 e 7 fi. Sono piccole sfere di sostanza ialina che
derivano da un'alterazione dei corpuscoli. Parlerò più estesamente di questi
globetti nella nota intorno al processo di necrobiosi studiato nelle cellule con
ciglia vibratili.
« Dopo 24 ore il sangue della madre si è separato in due strati ; quello
dei corpuscoli rossi rappresenta poco più di un terzo dell'altezza totale; gli
altri due terzi sono di siero giallognolo di colore dell'orina chiara. Alla super-
ficie dei corpuscoli rossi vi è mostrato bianco spesso 3 mm. Esaminato, consta
di corpuscoli scolorati finamente granulosi, rotondi. Sono rarissimi i corpu-
scoli rossi, abbondano le cellule granulose. Mancano i leucociti irregolari che
eseguiscono dei movimenti o sono scarsissimi in confronto di jeri.
« Delle cellule granulose hanno una tinta leggermeli ce giallognola, e
viceversa dei corpuscoli rossi sono pallidi e quasi scolorati. Per buona parte
questo strato bianco consta di ematoblasti, ovali o rotondi con un grosso
nucleo, hanno il diametro di 7 fi a 9 fi , e sono spessi 4 o 5 /i. Lo strato
corticale sottile è leggermente granuloso, il nucleo liscio o granuloso.
« I corpuscoli rossi vicini sono grossi quasi il doppio dei leucociti ; solo
i corpuscoli rossi più piccoli che misurano 10 </, 5 per 10 fi. con un grosso
nucleo sono quasi tutti scolorati, o sono molto meno gialli dei corpuscoli
che hanno i due diametri di 14 fi per 24 ,u, e nei quali non vi è traccia
di nucleo.
« Nel sangue fetale sebbene io abbia raccolto insieme il sangue di tre
mustelus in un piccolo cilindro, non vi è traccia di questo strato bianco dei
leucociti; solo guardando la superficie, si vede che è meno rossa sullo strato
superiore, di ciò che sia sui lati del cilindro; vi è dunque uno strato sotti-
lissimo del quale coll'occhio non può apprezzarsi lo spessore che rappresente-
rebbe lo strato di 3 mm. su 45 mm. che abbiamo trovato nel sangue adulto.
Prendo con grande precauzione una goccia di siero misto al sangue che sta
nello strato supremo e trovo che sono metà corpuscoli rossi e metà leuco-
citi ; ma questi sono piccoli e misurano generalmente 7 fi Alcuni conservano
la forma degli ematoblasti, altri hanno delle frangie e delle sporgenze, ed
eseguiscono dei movimenti vivaci. Molti corpuscoli gialli sono scolorati, e
conservano nell'interno dei frammenti giallognoli. Circa la metà dei corpu-
scoli rossi continua ad essere globosa e bernoccoluta. È interessante di aver
constatato la resistenza degli ematoblasti e la loro attitudine ad eseguire dei
movimenti amebiformi. Alcuni corpuscoli che a primo aspetto sembrano leu-
cociti di un diametro maggiore si vede che sono corpuscoli rossi scolorati.
« Esamino il sangue adulto e fetale negli strati profondi, e confermo
l'enorme ricchezza di leucociti nel sangue materno in confronto del san-
gue fetale.
— 437 —
Sangue di Mustelus adulto nell'acido osmico 1 per cento
« I corpuscoli rossi sono alquanto più piccoli di quelli esaminati nel
siero: il diametro maggiore oscilla fra 19 fi e 21 fi il minore fra 12 e 14 fi.
La superficie e piena di macchiette e vacuoli in pochissimi è omogenea.
« Mancano i leucociti colle forme irregolari e frangiate che abbiamo
veduto così abbondanti nel sangue coagulato. Le forme che più rassomigliano
ai leucociti sono certi corpuscoli scolorati, omogenei, rotondi, col diametro di
12 fi finamente granulosi senza nucleo, alcuni di questi corpuscoli sono
ovali e misurano 16 /n nel diametro maggiore e 14 /i nel minore.
« Abbondano gli ematoblasti; ve ne sono dei lisci e dei granulosi. Essi
hanno il diametro di 8 fi a 10 fi. Tutto il corpuscolo è formato da un
grande nucleo con uno strato corticale sottile : il colore giallo in alcuni è
evidentissimo. Vi sono pure dei corpuscoli gialli un poco più grossi rotondi
col diametro di 12 fi che hanno un grosso nucleo, e che si è incerti se si
devono mettere fra i microciti o fra gli ematoblasti.
Sangue fetale nell'acido osmico 1 per cento
« I corpuscoli rossi sono meno elittici che nel sangue adulto. Qui ab-
abbondano i corpuscoli rotondi, o poco ovali, che hanno il diametro di 12 fi
a 14 fi con un nucleo di 7 fi. Quelli elittici hanno le stesse dimensioni
che nel sangue adulto. Il nucleo è più grosso nei corpuscoli gialli rotondi
e ha il diametro di circa 10 fi. Nei corpuscoli ovali invece è più piccolo;
anche in questi, guardandoli di fianco, si vede che il nucleo forma una spor-
genza da entrambi i lati come una sfera messa nel centro di un fuso. I cor-
puscoli adulti conservano meglio la forma di un disco e visti in profilo sono
più sottili dei fetali.
« Vi sono dei corpuscoli rossi che sopra una lunghezza di 21 fi hanno
dentro un nucleo rotondo del diametro di 12 fi e anche 13 fi ; in generale
il nucleo nel sangue fetale è maggiore che nel sangue adulto.
« Gli ematoblasti formano dei corpuscoli ovali omogenei, non granulosi,
di 7 fi in trasverso per 12 fi in lunghezza. Altri corpuscoli gialli hanno
le stesse forme e dentro vi è un grosso nucleo granuloso che ha il dia-
metro di 8 a 9 fi. Si vedono tutte le forme di passaggio fra gli ematobla-
sti e i microciti. Gli ematoblasti più piccoli sono ovali, con un grande nu-
cleo rotondo che li riempie nel centro, e solo alle due estremità vi è un
po'di sostanza granulosa, essi misurano 8 /t, 75 per 10 fi, sono giallognoli.
« Le osservazioni sul sangue fetale sono tanto più interessanti quanto
più gli animali sono giovani. Vedremo nella seguente nota che, prima di
uscire dall'uovo, alcuni Scyllium presentano già in abbondanza delle forme
decrepite di corpuscoli.
— 438 —
« L'esame del sangue in altri Mustelus che erano di alcuni mesi più
o-iovani, mostra infatti meglio distinti i caratteri del sangue fetale.
« Mustelus laevis. La mattina del 1° febbraio 1888 portarono alla Sta-
zione zoologica venti Mustelus staccati prima del parto dall'utero della
madre. Su di essi ho fatto le seguenti osservazioni.
« Sono lunghi da 20 a 21 centim. e parecchi hanno ancora un pezzo
del cordone ombellicale aderente all'addome, che sporge per la lunghezza di
5 a 6 millimetri. Messi nell'acqua nuotano, ma sono poco vivaci.
« Esamino subito il loro sangue e ne metto nell'acido osmico 1 per
cento e nel liquido Pacini e nel liquido Hayem.
*. Alcuni muoiono dopo 3 o 4 ore, parecchi resistono fino al giorno se-
guente, ma dopo 48 ore sono tutti morti. Taglio la coda ad uno, e tocco col
vetro porta oggetti la goccia che esce. Ricopro subito col vetrino, ed esami-
nando vedo che i leucociti sono quasi la metà in numero dei corpuscoli rossi;
ma è facile accorgersi che questo è un sangue alterato per il contatto col
vetro : perchè oltre ai nuclei liberi, vi sono molti corpuscoli rossi deformati,
col nucleo in posizione eccentrica ; ed in altri il nucleo sta per uscire ; vi
sono dei corpuscoli rossi scolorati e dei nuclei che hanno intorno dei fram-
menti di sostanza corticale, come goccioline gelatinose giallognole.
« Che il sangue preparato nel modo comune, come indicai or ora, fosse
profondamente alterato, potei subito assicurarmene esaminando il medesimo
sangue raccolto nel liquido Pacini e meglio ancora nell'acido osmico 1 per
cento mentre usciva dalla coda.
i Ripeto parecchie volte questa osservazione, incidendo diversi Mustelus,
e sempre trovo che il numero dei leucociti è straordinariamente grande se
tocco col vetro la goccia di sangue che esce dalla coda e poi la ricopro
col vetrino. E assai minore se metto prima una goccia di cloruro sodico
0,75 per cento sul portaoggetto e tocco con questa goccia il sangue, e man-
cano completamente i corpuscoli bianchi se raccolgo il sangue nei liquidi
fissatori.
« Acido osmico 1 per cento. Il sangue di Mustelus messo direttamente
in questo liquido ha i corpuscoli gialli più tondi, cioè meno dittici che il
sangue dei Mustelus adulti. I corpuscoli rotondi, o quasi rotondi, costituiscono
circa un quarto dell'intero numero dei corpuscoli.
« Nell'acido osmico 1 per cento i corpuscoli hanno delle dimensioni un
poco inferiori a quelle del sangue fresco; ossia nel sangue senza l'aggiunta
di liquido, la lunghezza dei corpuscoli gialli varia in media fra i 20 /i e
24 /t e la larghezza fra i 10 jtt, 6 e 14 /t, 3. Nell'acido osmico i corpuscoli
che hanno 21 a 22 /< di lunghezza per 10 o 12 n di larghezza sono
— 439 —
abbastanza rari ; generalmente i più grossi hanno 17 e 18 fi di lunghezza
e 10 a 12 fi di larghezza.
« Paragonando questo sangue con quello di un Mustelas adulto conser-
vato nell'acido osmico, si vede nel Mustelus adulto sono assai più lunghi,
ossia più elittici, mentre che nel sangue giovane sono più circolari.
« Un'altra differenza caratteristica è nel rapporto fra la grossezza del
nucleo e del corpuscolo. Mentre nel sangue adulto il rapporto del diametro
trasverso dell'intero corpuscolo sta a quello del nucleo come 3 ad 1, o poco
meno, nel sangue fetale sta solo come 2 ad 1.
« Vi sono dei corpuscoli gialli rotondi, o leggermente ovali, che hanno
il diametro di 12 fi a 15 /i e dentro un nucleo di 10 fi, oppure un corpu-
scolo giallo lungo 17 jt« 3 e largo 12 fi contiene un nucleo lungo 13 fi, 3
e largo 10 fi 6: e questo nucleo è più omogeneo e più liscio dei nuclei
minori che generalmente sono granulosi con delle macchie irregolari e scure.
« Questi corpuscoli con nucleo molto grosso sono abbastanza comuni.
« I corpuscoli del sangue adulto formano un disco come la tesa di un
cappello; la coppa è rappresentata dal nucleo che sporge come una mezza
sfera da un lato oppure da entrambi i lati. Visto di fianco il corpuscolo giallo
rassomiglia ad un fuso che ha lo spessore di 2 fi, 5 e porta nel mezzo un
globo, ossia il nucleo, che ha il diametro generalmente inferiore ai 4 fi.
« Nei giovani corpuscoli invece questa massa centrale è molto grossa
6 fi tino ad 8 fi ; in alcuni questo nucleo centrale è così rigonfiato che forma
una massa globosa di 9 fi di diametro, che rassomiglia al gambo di un fungo
dove la coppa rappresenta il disco giallo del corpuscolo.
« Queste forme sono caratteristiche, vedute di fianco rassomigliano a dei
fusi gialli lunghi 17 fi a 20/<, spessi 5 /< a 7 ,u con una grossa sfera nel
mezzo, del diametro di 8 fi a 10 fi ; e veduti di fronte hanno la forma co-
mune di dischi elittici con un nucleo nel mezzo.
« Qualche volta il nucleo per effetto dell'acido osmico si gonfia tanto
che scoppia, e si formano alla superficie dei lembi e delle frangie come
quando si soffia una bolla fusa di vetro che si fa scoppiare. Colle inegua-
glianze prodottesi alla superficie i nuclei rigonfi si attaccano insieme e for-
mano delle catene di 5 o 6 corpuscoli o dei mucchi di corpuscoli.
« Quando due si toccano e sono così strettamente attaccati che anche
scorrendo non si separano, e resistono agli urti, guai-dando nel punto di con-
giunzione non si vede nulla; i nuclei sono fusi in una massa trasparente dove
manca ogni particolarità di struttura.
« Nel sangue adulto vi sono dei corpuscoli che hanno il nucleo grosso
e globoso, ma sono rari e meno grossi e non scoppiano a questo modo.
« Le differenze fra il sangue embrionale e quello adulto sono dunque:
« 1° La forma più rotonda dei corpuscoli giovani;
« 2° La grossezza maggiore del nucleo;
— 440 —
« 3° La tendenza a gonfiarsi ed a scoppiare nell'acido osraico 1 per cento.
« Ma la differenza più caratteristica è la mancanza dei leucociti nel
sangue embrionale e fetale, che ho costatata pure negli embrioni dei mammiferi.
« II sangue fetale di Mustelus laevis conservato nell'acido osmico 1 per
cento contiene né corpuscoli bianchi, né cellule granulose, né ematoblasti
scolorati. Si vede qualche elemento ovale che misura (3 /<, 6 per 10 fi, 6
senza nuclueo, ma anche questi corpuscoli sono gialli. Altri sono più grossi,
leggermente ovali coi due diametri di 9 ft, 3 per 8 fi, oppure sono rotondi
col diametro di 8 fi e sono intensamente gialli. Né vedendo la mancanza di
leucociti può credersi che siansi distrutti, perchè non si trovano né granula-
zioni, né frammenti. Anche cercando negli strati più superficiali dove gene-
ralmente galleggiano i leucociti, non si trovano che corpuscoli rossi. I più
pallidi sono le grandi cellule ovali con grosso nucleo omogeneo, ma anche
essi hanno una tinta giallognola.
« La superficie dei corpuscoli gialli è liscia ed omogenea nella parte
corticale; alcuni hanno delle macchiette bianche o scure a seconda che si
alza o si abbassa il tubo del microscopio. Queste macchie sono rotonde in
numero di 5 o (3 sparse irregolarmente alla suparficie del corpuscolo, spesso
in numero assai maggiore, ma sono sempre piccole in modo che non superano
0,4 fi e 0,(3 fi di diametro.
n II tipo dei corpuscoli non è quello di un disco, ma di una sfera con
un anello intorno. Guardando il nucleo di fronte, a primo aspetto sembra una
massa costituita da frammenti filiformi, ma se si esamina bene il nucleo di
fianco si vede che queste linee scure sono coaguli irregolari sospesi in una
sostanza omogenea, ed alcune volte formano delle frangio irregolari che dalla
base del nucleo sopra il disco anulare si dirigono verso la parte culminante
del nucleo che è più omogeneo.
« Nel liquido Pacini i corpuscoli rossi di questi feti di Mustelus laevis
hanno in media il diametro maggiore di 21 fi e l'altro di 10 fi, ed il nucleo
di 5 fi, 25 ; ma vi sono anche dei nuclei di 8 fi dentro un corpuscolo di 10 fi, 5.
Nei corpuscoli ovali lunghi, è dove i nuclei sono più piccoli e in media misu-
rano 3 ,u,5; invece nei corpuscoli rossi più rotondi si vedono dei nuclei ovali che
hanno il diametro di 7 fi per 10 //, 5: e questi grandi corpuscoli rossi che misu-
rano 17 p. a 18/i sono appiattiti, per cui hanno la forma di un disco come
i corpuscoli rossi normali. Si può ritenere come un fatto dovuto ai liquidi
conservatori, se i corpuscoli nell'acido osmico 1 per cento hanno il nucleo più
gonfio che non quelli conservati nel liquido Pacini.
« Un'altra differenza che però va a danno del liquido Pacini, è che in
esso i corpuscoli rossi diventano più granulosi; in moltissimi si vede una pun-
teggiatura di macchiette chiare e scure, sparse irregolarmente come una granitura
leggiera, e il nucleo presenta delle granulazioni più forti chj rendono il con-
torno un po' irregolare e meno netto. Vi sono dei corpuscoli rossi che hanno
— 441 —
una estremità acuminata e l'altra rotonda, e di quelli che rassomigliano ad
un fuso, perchè entrambe le estremità sono stirate in punta.
« L'alterazione più singolare è quella dei corpuscoli rossi che hanno nel
mezzo uno strozzamento più o meno forte, così che prendono la forma come
di una bisaccia o di una borsa, essendo il corpuscolo diviso in due parti rotonde
eguali o differenti per mole che stanno riunite da un tratto di sostanza gialla.
Su queste forme sottili, che furono già descritte da Bizzozero, ritornerò in
seguito perchè le osservai frequentemente nel sangue dei pesci.
« Che il liquido Pacini alteri il sangue fetale del Mustelus laevis
lo si vede con facilità, perchè frammezzo ai corpuscoli vi sono nel liquido
non solo delle granulazioni bianche, che potrebbero essere prodotte dalla coagu-
lazione del siero, ma si vedono anche delle granulazioni gialle che certo sono
frammenti di corpuscoli rossi disfatti; e frammezzo a queste granulazioni vi
sono dei nuclei bianchi omogenei ovali o rotondi con un diametro di 5 a 6 /<.
Anche qui mancano i leucociti, o sono rarissimi, e invece sono discretamente
comuni le forme scolorate simili a quelle descritte da Hayem col nome di
ematoblasti.
« Il paragone del sangue di Mustelus conservato nel bicloruro di mercurio
colle soluzioni di Pacini o di Hayem, ci dà il modo di convincersi che il colore
del sangue adoperato come base di classificazione è un criterio instabile e
fallace. Mettendo a raffronto il sangue conservato nell'acido osmico al 1 per
cento e quello che venne in contatto col liquido Pacini o col liquido Hayem,
noi vediamo che il sublimato corrosivo ha scolorato, deformato e distrutto
molti corpuscoli rossi che nell'acido osmico conservano ancora una tinta gial-
lognola. È solo colluso di reagenti più sicuri che ci metteremo in grado di
conoscere quale sia la natura degli elementi morfologici costitutivi del sangue,
e quali le forme dei corpuscoli prodotti artificialmente o dai reattivi, o dalle
condizioni anormali della vita dei corpuscoli per un arresto o un rallentamento
della circolazione.
« Nel sangue di questi Mustelus e in quello di altri pesci di cui parlerò in
appresso, ebbi modo di persuadermi che le forme acuminate, a bisaccia, o strette
nel mezzo come una cifra ad 8, o stirate come se avessero una coda od un
flagello e tutte le altre forme di corpuscoli scoloriti che Hayem descrisse come
ematoblasti, sono semplicemente dei corpuscoli rossi alterati. E nel medesimo
sangue si osservano delle forme eguali per struttura e per forma che talora
sono gialle e talora completamente scolorite, come ad esempio i corpuscoli
rotondi od ovali di 8 a 9 n che hanno un nucleo di 5 a 6 fi.
« Che gli ematoblasti siano delle forme alterate lo si conosce facilmente
dalle estremità acuminate, stirate come lagrime di vetro; nei vedremo che
questa è una forma assai comune nei corpuscoli rossi che si alterano per
una ragione qualsiasi. Questi elementi fusiformi che hanno delle code lunghe
con un nucleo ovale omogeneo, o rotondo, che qui appaiono scolorate, le
Eendiconti. 1888, Vol. TV, 1° Sem. -r>7
— 442 —
vedremo abbondanti in altri animali e perfettamente colorate in giallo; l'essere
scolorate è un orado maggiore di alterazione e non un carattere per farne un
elemento speciale. Infatti, anche in questo sangue si vedono tutti i passaggi
dalle forme gialle a quelle scolorate. È particolarmente nello studio di queste
forme intermedie che si riconosce l'affinità degli elementi che gli istologi
moderni tendono a disgiungere.
« Finché si tratta di riconoscere un corpuscolo rosso, non vi è alcuna
difficoltà, sia esso tondo od ovale, col nucleo piccolo o grande : la interpreta-
zione diviene controversa solo quando si tratta di classificare le forme che
possono a piacimento mettersi o fra i leucociti o fra le piastrine o fra gli
ematoblasti.
« Quando incontriamo un corpuscolo bianco di 8// a 9/i, se è rotondo
non si può per questo solo metterlo fra i leucociti. Se ha un grosso nucleo
con sottile sostanza corticale e dentro al nucleo omogeneo uno o due nucleoli,
io lo metterei fra le giovani cellule; se invece si tratta di un corpuscolo
bianco con eguale diametro che ha dentro un nucleo irregolare o multiplo, io
lo metterei fra le cellule in necrobiosi, cioè fra i leucociti.
« La struttura del corpuscolo e la forma del nucleo deve essere la base
della classificazione dei corpuscoli, perchè il colorito e la forma possono va-
riare e mutarsi per molti accidenti.
« Infatti Hayem confuse coi leucociti delle forme che sono a mio parere
diverse per loro natura, e che stanno piuttosto nella categoria dei corpuscoli
giovani, o degli ematoblasti ; e viceversa fondandosi sul criterio fallace della
sua classificazione egli diede il nome di ematoblasti a degli elementi che
non sono più germi di corpuscoli rossi, ma corpuscoli alterati che diventa-
rono fusiformi ».
Matematica. — Sulla equazione a derivate parziali del Cayleij
nella teoria delle superficie. Nota del Corrispondente Luigi Bianchi.
«Se l'espressione
(1) ds% = e da? -+- g dy*
definisce l'elemento lineare di una superficie S, riferita alle sue linee di
curvatura x = cosi, y = cost. e con s si indica una funzione incognita di x, y,
la' equazione in discorso è data, nelle solite notazioni di Monge, da:
(2) s=ìM±p + ìMLq.
~òy ~òx
« Il suo significato geometrico, come è ben noto, è il seguente. Staccando
sopra ogni normale di S un segmento infinitesimo q = «*, dove * è una co-
stante infinitesima, la superficie S' luogo degli estremi dei segmenti q è la
superficie successiva alla S in un sistema triplo ortogonale.
— 443 —
« In questa Nota mi propongo di risolvere il problema: Può l'equa-
zione (1) del Cayley ammettere soluzioni indipendenti dalle
flessioni della superficie S? Supponendo cioè che dopo una flessione
la superficie S acquisti le nuove linee di curvatura
x' =. cost y' = cost
e sia
(3) ds2 = e dx2 + g def = e' dx'2 + g' dy'2
si domanda se la funzione di *, espressa per x', y' potrà nuovamente soddi-
sfare alla equazione del Cayley
^Dlog^' f + ^ftj.
« Tale questione si può enunciare sotto forma finita, ricorrendo ad un
teorema di Kibaucour sui sistemi co 2 di circoli che ammettono una serie di
superficie ortogonali, sistemi che chiamo per brevità sistemi normali di
circoli. Ad ogni soluzione s della equazione (1) del Cayley corrisponde un
sistema normale di circoli ortogonali alla superficie S (l) e se immaginiamo
la S flessibile ed inestendibile e il sistema di circoli invariabilmente legato
alla superficie S durante la deformazione, il problema proposto equivale
all' altro :
Un sistema normale di circoli, ortogonali alla superficie S,
può mantenersi normale dopo una flessione di S?
« Per risolvere questo problema cominciamo dall'osservare che se
ds2 = edx2 -f- 2 fdxdy -\- gdy2
è l'elemento lineare di una superficie e s è una funzione qualunque di x, y
l'espressione differenziale
dove r t e il noto simbolo introdotto dal sig. Christoffel nella teoria delle
forme differenziali quadratiche (Journal von Creile Bd. LXX), non varia can-
0) V. la mia Nota 2a Sui siatemi ciclici § 4, Giornale di Battaglili i, voi. XXII.
(4)
— 444 —
giando comunque le coordinate curvilinee so, y. In particolare pei due sistemi
di coordinate ortogonali (x, y\ {x\ ij) supposti nella forinola (3) avremo
\i\p |2pj5>v L hr (2PjWv
r (12/ , (12)' ,
■}1^- 2 « =
"Sa:
V
,, (22)' , (22)' ,
UIM.-J11!
(i
jp-
2f
-D-!t;h2^]©)2'
« Supponendo adunque che le due equazioni del Cayley relative ai due
sistemi (,£, y), {$', ij)
(5)
(12) , (12) ;
S ~\\\P +J2J*
, (12)' , . (12)' ,
s== 1 * + 2 U
siano insieme soddisfatte, dovremo avere
r-\lì\p-\l2\<!
ì£ M ^_ ["/ - ^22> o- <22> ff"1 ^ 3L _ n
Ma per la (3) si ha altresì
D# D?/ l>x l>y
e siccome le linee coordinate (x, y) sono differenti dalla (x, ?/) ne risulterà
(6)
9
r —
(11)
VM=«[Hai2SH222W
« Se la soluzione cercata s esiste, essa dovrà dunque soddisfare simul-
taneamente la la delle (5) e la (6). Inversamente se ciò accade, le for-
inole (4) dimostrano che, cangiando le coordinate curvilinee (x, y) in altre
ortogonali qualunque (x', y') saranno soddisfatte da / (x , y') = z (x, y)
le equazioni analoghe
s =
i12!Vo- ì12^'
■1
2j?
'['Htf'-fir'M'-ffH?*']
— 445 —
« Ciò posto prendiamo a linee coordinate x = cost le linee s = cost e
a linee y — cost le loro traiettorie ortogonali, di guisa che avremo
* = /(#).
« Le equazioni da soddisfarsi (5,0 e (6) diventano
±--f'{x) = 0
r(g)_ i -^
/" (a?) 2# 7»ar
e poiché non è f {ce) = 0, dovrà essere -^ =0, per cui, cangiando il para-
metro x, potremo fare e = l. La 2a ci dimostra che g è il prodotto di due
funzioni, l'una di x, l'altra di y. Cangiando il parametro y potremo prendere
9 = V2 {%)
e ne risulterà
z = f (x)=f(p (x)dx.
« Se ne conclude quindi: Le uniche superficie per le quali la
equazione del Cayley ammette soluzioni indipendenti dalle
flessioni della superficie, sono quelle applicabili sopra su-
perficie di rotazione.
« I corrispondenti sistemi normali di circoli sono quelli considerati al
§ 10 della mia Nota citata.
« Qui abbiamo supposto che nella flessione considerata cambino le linee
di curvatura della S. Altrimenti questa superficie è una superficie del Monge
con un sistema di linee di curvatura in piani paralleli, e i corrispondenti
sistemi di circoli sono quelli di cui si tratta alla fine del § 2 della stessa
Nota ».
Matematica.— Sopra una classe di trasformazioni in sé mede-
sima della equazione a derivate parziali'.
rt — s2 (l + q2)r—2pgs-h(l-hp2) t 1_
= costte
(I) *"(H-^ + j»)»"t'J (l+/2 + ?2)2 1-H>2H-<Z2
Nota del Corrispondente Luigi Bianchi.
« 1. Le trasformazioni di cui tratto in questa Nota appartengono al ge-
nere di quelle che il sig. Bàcklund ha studiato nel XVII e XIX volume dei
Matematische Annalen (*). Per maggior chiarezza riassumerò qui brevemente
dei risultati ottenuti da Bàcklund quelli che mi occorrono nel seguito.
« Siano
(1) g=^z\x,y), 2' = 2'(x',y')
(•) Cfr. specialmente volume XVII, pag. 311 sgg.; volume XIX, pag. 412 sgg.
446 —
due funzioni incognite delle rispettive variabili indipendenti x, y ; x', y legate
fra di loro da quattro equazioni
Fx (x, y, *, x, y\ s, p, q,p\ q) = 0
Fs (x, y, *, x\ y', sf,p, q,p\ q) = 0
F3 (x, y, H, x\ y\ J,p, q,p\ q') = 0
F4 (x, y, z, x\ y\ z', p, q, p\ q') — 0 ,
(2)
dove
V
~òz
;p
v
v
_2t .
7^ ' li ~òy ' r 7#' ' li " V '
« Affinchè z = y> (x, y) sia una particolare forma della funzione z che
renda le (2) compatibili, si richiede che eliminando x, y fra le quattro equa-
zioni (2), ove si è fatto
le due equazioni risultanti per / :
j k{x\y\z\p\q') = 0
\ B(x',i/,z',p',q) = 0
ammettano un integrale comune. La condizione d' involuzione
[AB] = 0
viene, per mezzo delle (2), trasformata direttamente da Biicklund nella seguente
(3) [AB] = { 34 i [P,Ft] + | 42 j [F^] + ) 23 J [FtF4] -f- j 1 2 j [F3F4]-+-
+ }13([F4F2]+)14([F2F3] = 0,
[FjFk] hanno il significato dato dalle forinole
dove i simboli \ìk
7)%
(«) Uki = ^™
v J li
7#
ìli.
7^ '
7_F*
Dz '
r =
D¥i , 7F
-r \-s —
!>p ~òq
7F*
ur
Vz_
Dx*'
s —
7F*
Dq ' ly
D2z
7Fft
-{-S— —
7>p
-+,a.
7* 7j?
DF£
7F*
7Ft-
7?
7F*
7?
l>x~ìy
t =
72£
(fi) [F* F,] - ^ +* ^ j ^ + ^ v + ? ^ j v
W ^7 7/ / V
7F.
V
,7^7^
« Il caso che qui esclusivamente ci interessa è quello in ciù la (3) con-
tiene x',y', z',p',q' soltanto in un fattore isolato che si possa sopprimere;
allora essa è per z una equazione a derivate parziali del 2° ordine, che defi-
nisce le infinite forme di g corrispondenti a soluzioni del sistema (2). Se di
più le (2) sono simmetriche in x, y, z, p, q, ; x\ y\ z\ p' , q', la z' soddisfa
essa stessa, come funzione di x\ y , alla medesima equazione. In tale ipotesi
— 447 —
le forinole (2) definiscono una trasformazione in so medesima della equazione
a derivate parziali (3) e per mezzo di esse, nota una soluzione particolare
della (3), si possono trovarne infinite nuove mediante integrazione di equa-
zioni differenziali ordinarie.
« Ove si riguardino x, y, & come coordinate cartesiane ortogonali di un
punto dello spazio, le (2) definiscono una trasformazione di ogni elemento
piano (x, y, z, p, q) condotto pel punto (x, y, g) normalmente alla retta i cui
coseni di direzione sono proporzionali a
p, q, — 1 ,
in oo1 elementi (x', y', /, p\ q'). Se si considera una superficie z—f(x, y),
la trasformazione (2) fa nascere dai suoi oo2 elementi piani una tripla infi-
nità di tali elementi. Solo quando la superficie s = f(x, y) è una superficie inte-
grale della (3) è possibile distribuire questi oo3 elementi in oo1 serie di oc'2
elementi, costituenti ciascuna una superficie; allora la superficie z = f(x,y)
viene trasformata dalla (2) in co1 nuove superficie, che, nel caso qui consi-
derato della simmetria delle (2), appartengono alla medesima classe.
« 2. Un esempio molto interessante di tali trasformazioni di un' equa-
zione a derivate parziali in sé medesima è quello che il sig. Lie (l) ha de-
dotto, per la equazione
u) rt~s* =--
1 ; {l-ì-p*-hq2)2 a2
che definisce le superficie pseudosferiche di raggio a, dalla costruzione che
io ho chiamato trasformazione complementare.
« Le forinole (2) relative a questo caso sono
p (x' — x)-hq (y' —y) — (/ — z) = 0
p' (xf — x)-h q'{y' —y) — (s' — s) = 0
pp' -f- qq' -h 1 =0
(x - x'Y -h(y-y'Y-h (* - zj =-- a2 ;
allora la (3) si riduce appunto alla (4).
« La trasformazione di ogni superficie pseudosferica in altre co1 tali super-
ficie data dalle forinole ora scritte fu poi generalizzata da Backlund (2) col
sostituire alla 3a di queste forinole l'altra più generale
pp' H- qq' -h 1 — K j/l-hj^+f ]/\ -\~pH -f- qn = 0
(K costte).
« Nella presente Nota mi propongo di far conoscere una classe analoga
di trasformazioni in sé medesima della equazione a derivate parziali (I). E
sebbene nelle verifiche da farsi sulle successive equazioni (6), (10) si possa
prescindere da ogni significato geometrico, pure non sarà inutile indicare per
quale via queste forinole sono state stabilite. Esse non sono altro che le for-
(') Archiv for Mathematik og Naturvidenskab Bd. V. (Zur Theorie der Flàchen con-
stanter Krummwig III).
(2) Lunds Univ. Arsskrift. T. XIX.
— 448 —
mole della trasformazione complementare o di Backlund per le superficie
pseudosferiche dello spazio di Lobatschewsky a curvatura costante K-=- — — .
Prendendo per elemento lineare di questo spazio R
(5) ds2 = 4 (dx* + dy- -+- dz-) ,
Z
la equazione a derivate parziali (I) definisce appunto in R le superficie a
curvatura costante, il 1° membro di essa, moltiplicato per — , rappresen-
tando la curvatura relativa della superficie z = z (.i\ y) [l).
« 3. Ricorrendo alle note proprietà della rappresentazione conforme dello
spazio di Lobatschewsky sullo spazio euclideo, che si ottiene riguardando
nella (5) x, y, z come coordinate cartesiane ortogonali di un punto di quest'ul-
timo spazio (-), troveremo per definire analiticamente la trasformazione com-
plementare descritta al n. 8 M. e. le forinole seguenti :
Fi —p (x' — x) H- q (y' —y)~hs-h kz' = 0
F2 = p'(x' — x) + q\y —y)- kz — z' = 0
1 S Y3=pp' + qq' — k =0
F4 = (x'—xy-h(y'—yy-hz2-hz'ì-ì- 2kzz' = 0 ,
dove k è una costante.
« Possiamo ora facilmente verificare, prescindendo da ogni significato
geometrico di queste forinole, che esse definiscono ima trasformazione, della
specie sopra descritta, della equazione a derivate parziali (I) in sé medesima.
Se infatti pel sistema (6) costruiamo le espressioni \ik\, [FjFfc] definite
dalle («) (/?), troviamo in primo luogo :
[T1P,] = (*t — 1)1, CFiFJesj*» + «• + *•, [P1F4] = 0
[F2F3]-0 , [F8F4] = 2(1— A«)i8, [F3 F4] - 2 (l-^)«,
talché la condizione d'involuzione (3) diventa
(7) {kz— l)z )34( -f-(^M-r/+£2) J42{ -h2{l—k~)z )12{ +2(1— k*)s* |31j =0.
« Abbiamo poi :
|a4(=2ry Wn-A/Hy- y' H-fc^-, #W(/— y)MM'- ffi (*+-*0j -
—2tq' }p{z+kz')-hx—x'ì
)42| = 2 1 (qr + ty) (#' — *) — (j/ + fc») (?/' — y) + (p'q — pq') (* + kz') j
J31 j* j/ (y'-y)-r/ (#'-*) I . (r/-s2)
|12|= r (x — x')(q' + ty) + S | (q' + ty) (y — y') - (/-+- Ap) (a - x) J
(i) Veggasi il § I della mia Memoria inserita nel Volume IV, serie 4a, CI. se. fìs. ecc.
degli Atti della K. Accademia.
(3) Cf. n. 1, M. e.
— 449 —
e la (7) prende per ciò la forma
(8) A (rt — s2) -h Br -+- Cs -f- D* 4- E = 0 .
« Calcolando effettivamente i coefficienti A, B, C, D, E, facendo uso
delle forinole di trasformazione (6) per porre in evidenza in ciascuno di essi
il fattore
* = 2J//(/— yW(ar-*)j,
risulta :
A = {l—k2)z2.X: B = (l — k*)z(l-hq*).X, G=—2(l — k2)2.pq.lì
D = {l—k2)z(l+p2)A, ^=—(l-+-p2~hq2)(k2^-p2^-q2)A.
« Sopprimendo quindi dalla (8) questo fattore X, che non può essere
nullo, troviamo che z deve soddisfare alla equazione della forma (I)
(q) , rt-s2 (l+yt)^2pgH-(l+p')* 1 _ 1
K } " (l-hp'-hq2)2^ (l-\-p2-hq2)2 l+p2-Hf 1— A'2
« D'altronde le forinole (6) essendo simmetriche in x, y, z,p, q ; x', ij ', z\
p', q', risulta dimostrato che esse danno una trasformazione in sé medesima
della equazione (9). È però da osservarsi che la trasformazione è reale sol-
tanto, a causa dell'ultima (6), quando &2<!1, ossia, per usare il linguaggio
geometrico, solo per le superficie dello spazio di Lobatschewsky a curvatura
relativa costante negativa (Cf. n. 8, M. e).
« Non tralasceremo di notare una conseguenza delle ricerche ai §§ III,
IV, M. e. contenuta nel teorema :
« Se z = f(x, y) è una particolare superficie S integrale
della (9), le oo1 superficie S' derivate dalla S per mezzo della
trasformazione (6) fanno parte di un sistema triplo orto-
gonale ed hanno per traiettorie ortogonali un sistema di
circoli.
« 4. Come le foratole (6) esprimono analiticamente la trasformazione
complementare per le superficie pseudosferiche dello spazio di Lobatschewsky,
così le altre più generali
Y1=p(cc' — x)-\-q(i/ — y)-hs-hkz' =0
F, = p' (x'-x)-h g'(y' — y) — kz — z' =0
H Y3=pp'-^qq' — k — cos a j/l-i-p2-hq2 j/l-hp'2-hq'2 = 0
F4 = (#' — x)2-h{y' — y)2-+-z2 + z'2-+-2kz2' = 0,
dove a è un angolo costante arbitrario rappresentano per queste medesime
superficie la trasformazione di Backlund.
Eendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 58
— 450 —
« Le verifiche si faranno anche qui come al n. precte. Abbiamo :
[FiFsfHOfc2— 1)-?, [F1F3]=7r+ry2+^— cos2ff(l+j/2-Hf), [F1F4>=0
[F2F3]=0 , CP,P4]=2(1— £2)^2 , [F:5F4]=2 (1— k2)z
-2^' \p(*+-toty+-a>—a! H-2 cos cr t_
j/lH-j/8H-g'2
-p2-
rp y'—y—(i (s-\-tó)
+s\q{y'—y)— p{x'— z)-h{f—q*){s+-M)\ — tqìaf— x— *(*+*OJ'.
)42 j=2 1 (?r + ty) (# — fe) — (p' + fc») (/— y) + (rt — F/) (« H- *0 j
(r£ — s2)
« La condizione (3) prende ancora la forma (8) e se si calcolano i coef-
ficienti A, B, C, D, E, col porre in evidenza in ciascuno di essi, per mezzo
delle (10), il fattore
U=2 (/-cos pÙ±£±£ -p) (y_,)-2 (,/-cos a^±É±£\,'-,) ,
si trova
A=(l-£2)s2.U, B=<1-A2)*(1+22)U, C=-2(l-fc2)^U, D=(1-/^(1+/)U
E =— j 1 -+- j)2 + q2 1 • j j92 -f- #2 + A-2 — cos2 a (1 -h £2 -+- q2) • U .
« Colla soppressione del fattore U troviamo quindi nuovamente per s
l'equazione a derivate parziali della forma (I) :
* rt — s2 (l-hq2)r—2pqs-h(l-hp2)t 1 __sen2tf
( } ^•(Ì+j02+?2)2"f~" (l-hpM-tf2)2 '~hl~hp2-+-q2~~l—k2'
« Ne concludiamo che le forinole (10) definiscono una trasformazione di
questa equazione a derivate parziali in sé medesima.
« 5. Terminerò questa Nota enunciando, per le superficie integrali della
equazione (I), alcuni teoremi che si deducono facilmente dai risultati della
mia Memoria sopra citata. Ricorrendo alle proprietà delle superficie evolute
(M. e. § I, II) si può in primo luogo stabilire il teorema :
« Nota una superficie S integrale della equazione (I), le
sue linee di curvatura si determinano con quadrature.
« Distinguiamo ora il caso in cui la costante C del 2° membro della (I)
è negativa da quello in cui è positiva.
— 451 —
« Se 0' è negativa, diciamo
e poniamo
1 k2
a2 k2 -h 1
potremo riguardare le superficie della classe (I) come immagini, nello spazio
euclideo, delle superficie a curvatura assoluta = — 1, esistenti nello spazio
a curvatura costante K = — — • Per ogni tale superficie
z = z (#, y)
l'espressione differenziale
% {dx2 -j- dy2 H- dz2) ,
introducendo i parametri u, v delle linee di curvatura, si riduce alla forma
cos2 6 du2 + sen2 tf dv2,
dove 0 è un integrale dell'equazione a derivate parziali
(12) ™--^| = sen0 costì.
« Inversamente ad ogni integrale 6 di questa equazione corrisponde una
superficie S della classe (I) che si determina nel modo seguente.
« Posto
<D = — .
z
si determinerà <D dalle equazioni simultanee
D2<P &2cos20 _ -DOD® , ,aT>0 T>® ,
$ — tgd hcots h
l>u2 k2 -f- 1 ° ^ "^ D-y ~dz>
, sen 6 cos i
Li j / k2®2 ( 1 n<P\2 1 pfl\2/
1 ']/ &M-1 ( cos26»\^,l + sen26> \Dy/ )
]/k2
(13) < _ ^ =— tgfl -f-cottì
~ò24> £2sen20 ^TKP , ,n 7><9 D<P
4> — tg 6 h cot 6
~ìv2 k2 -f- 1 ° -du ~òu ~òv iv
sen e cos 6 i/k2d>2_^{ 1 pg>\2 1 pg>\2 j
j/^jll ']/#M-l ~"( cos20\-^J + sen20 \^J )
le quali, in virtù della (12), formano un sistema illimitatamente integrabile.
Determinata z in funzione di u, v, si calcoleranno x, y dalla relazione
dx2 -+- dy2 == 4- (cos2 6 du2 -+- sen2 6» ^>2) — (— rf«H-— ?, V
«2 \7w 7w / '
— 452 —
il che richiede solo, come è noto, l' integrazione di un' equazione di Riccati.
Se la costante C è positiva, diciamo
C=+F'
e poniamo
1 k2
— = rt — — - secondo che k2 % 1,
a2 k~ — 1
l'espressione differenziale
^{dx2 + dy2 + dz2)
»
si ridurrà alla fonna
cosh20^2-f-sen2hf9dy2,
dove 0 è un integrale della equazione
(14) ^ + ^-= senh0cosh6> per k2 > 1
(14') ^- + ^-=— senh<9coshf9 per k2<l.
v ; ~òu2 lv2
« Inversamente se 6 è nota si otterrà Q) = — colla integrazione di un
z
sistema analogo al sistema (13), indi %, y come sopra. Si vede adunque che
l' integrazione della (I) si riduce a quella delle (12), (14) o (14') susseguita
dalla integrazione di equazioni differenziali ordinarie ».
Matematica. — Sur les lois asymptotiques des nombres. Nota
di E. Cesàro, presentata dal Socio Cremona.
u. En cherchant à établir les principes fondamentaux d'une théorie
asymptotique des nombres, nous avons été conduits à cette remar-
quable généralisation d'un théorème de Cauchy: «On a, pour n in fi ni,
lim fl'f' + fl^H h an fn _ lim ai-\-az-\ h an , ^
h *i + b2 e2 -j f- b„ en bi + b2\-\ \-bn
pourvu que le second membre existe, et que le rapport des
nombres
(*i + b* -| \- bn) «»« , bx ^ + b2 f8 -\ [- bn sn , (2)
reste fini, tandisque leur différence croìt à l'in fi ni sans
oscillerà.
«Soit
«i + <h-\ h a„ = (bx + b2 -j- • • • -|- bn) Xn , lim /„ = l .
On a identiquement
ax£\-\-a%£<i-\ \-anSn_* , Vx-\-ih-\ \-vn A Kvi+Kvì-] H»p«\
bx^i-\-b2e2-\ \-bnen~ "' *ift+ftt«iH h*«f « V " Pi+0iH H>« /
où
«?i + #s -\ h w« = (*i + h -\ 1- bn) sn+ì — (bi*x + b9et-\ \-bn en) .
— 453 —
En vertu des hypothèses la sèrie Vi -f- v% -f- v 3 -j- .
termes ont mème signe. Donc
est divergente, et ses
lim
Vi + V% -j \-Vn
pius :
lim
«i gì + «2 f 2 H h <^n fr
lim /ln ;
==2
bi £ i -}- £2 * 2 H h #n ««
« On peut énoncer la réciproque du théorème (1) toutes les fois que
le rapport des nombres (2) reste différent de zero, et que la différence des
mémes nombres, préalablement divisée par sn+1 , croìt à l'infini sans osciller.
En particulier on peut écrire, pour r > —1 ,
,. Ai + 2r«8-|-« • - -\-nr an 1 ,. ax ~\- a2 -4- • — f- an
lim ■ \—. ■ = — tt lim ! ! ! '
si l'un des deux membres existe. Il en résulte que, si la fonetion an
est asymptotique à ktf , la fonetion nrr a„ est égale en mo-
yenne à k , et réciproquement.
« Nous allons maintenant démontrer que, si une fonetion / (n) ,
toujours finie, admet une valeur moyenne constante k, la
somme des valeurs de la fonetion, étendue à tous les divi-
seurs de n , est asymptotique à klogn . Soit, en effet,
A («) = /(«) + /(*) + /(*}+•■■■ .
a , b , e , . . . étant les diviseurs de n . On sait que
A(i)+/1(2) + ..-+/1oo = Q]/(i) + g]/(2) + [|]/(3) + ...
Les valeurs absolues de f{n) ne surpassant pas, par hypothèse, un certain
nombre flxe, il en est de méme de la différence
^A(i) + A(2) + --- + A0OJ-|/(i) + i/(2) +
D'après (1) la relation
+ ;/<•)
lim
/(l) + /(2) + -•• + /(*)
= k
entraìne
Donc
lim
lim
tO)+\fQ)
+ ;/(*)
log n
fl(l) + /1(2) + --- + /1(»)
= /t
= &
% log w
En particulier, si f{n) prend les valeurs 1 ou 0 , suivant que n possedè ou
non une propriété donnée, on voit que le nombre des diviseurs de n ,
doués d'une certaine propriété, est asymptotique au loga-
rithme de n , mnltiplié par la probabilité qu'un nombre
— 454 —
entier, pris au hasard, jouisse de la mème propriété. Par
exemple : «Le n ombre des divise u r s de n \ dépourvus de divi-
seurs carrés, est asymptotique à — j-logrc». Ce théorème est dù
à Gauss.
<i Si l'on représente par à> (n) le nombre de diviseurs, dont il vient d'étre
question, la dernière proposition revient à ceci :
n log n n*
On en déduit, en vertu du théorème (1) ,
ar(l) + |eo(2) + ... + ^00 3
lim ■ - - = — r •
(log nf nl
Or on sait que, 0 (n) étant le nombre des diviseurs de w, on a
8 (tf) = (o (a) -f a (b) + a (e) -\ .
Conséquemment
limg(D + ^) + --- + g(>Q_ 3
Il (lOg »)S 7T2
Autrement dit : «Le nombre des diviseurs de n- ost asympto-
3
ti que à — -(logw)2».
« Le théorème (1) permet d'écrire, en partant de la dernière relation,
« ,. U IO J-
lim — - - — ■ = *-r •
(log nf nl
On sait, d'autre part, que
e"- (n) = e (a2) + e (b*) + e (e"-) -\ — .
Donc
lim*'(1-> + fl'(2) + ••• + »'(*) !
n (log nf
:i
Il en resulto que le carré du nombre des diviseurs de n est
asymptotique au cube du logarithme de n , divise par n1 .
« Plus généralement, il est facile de voir que, si l'on construit une suite
de fonctions, / , fx , f% , f3 , • • • , d'après la loi
/^iW = /rW+/r(*)+AW + -,
en supposant que la fonction f{n) soit en moyenne égale à #, la fonction
k
fr {ri) est asymptotique à — - (log nf . On retrouve les résultats pré-
cédents en supposant que f{n) soit 1 ou 0 suivant que n est divisible ou
non par des carrés, autres que l'unite, et en observant que
A (») = « (») , A («) = e (»■) , /3 (») = a2 oo , • • • .
— 455 —
« Il est aisé de reconnaìtre que les couditions restrictives contenues dans
l'énoncé du théorème (1) ne sont pas absolument nécessaires. Si l'on établis-
sait le minimum de conditions on parviendrait du méme coup à ouvrir une
voie large et feconde pour l'étude des nombres premiers. Bornons-nous a faire
observer que, pour des formes convenables de / (>i) , que nous cherchons
actuellement à déterminer, ou peut écrire
/(i) + A2)-l---- + /00 ' {)
PnPti'"ìPvi étant les nombres premiers, non supérieurs à n.
Pour
f (#) = \ , — : , 1 , log US , r • •
' ' log x x log x
la relation (3) nous dit que, si l'on considèreles nombres pre-
miers, non supérieurs à n: 1° Leur n ombre est asymptotique
71
2° La somme de leurs inverses est asymptotique
log il
à log log ;z . 3° La somme de leurs logarithmes est asympto-
tique à n. 4° La somme des carrés des mémes logarithmes
est asymptotique à w log ^ ; — etc.
« Le théorème de Gauss, signalé plus haut, se présente comme cas par-
ticulier d'une autre proposition, qu'on rencontre dans l'étude de la fonction
f (i , j) désignant une fonction fìnie du plus grand commun diviseur de i
et j . On remarquera d'abord que, si l'on pose
f{n) = /_, («) + /_,(£) + f_x (*) + ••■,
l'inversion de cette égalité rnontre que la valeur absolue du rapport de f-x (n)
à 6 (n) ne stirpasse pas la valeur absolue de f(n). Des lors, si l'on tient
compte de la relation evidente
n
^ f{i, SÌ = [x]V-i (1) + [!]/-i (2) + [Ij/L, (3) + • • • •
on peut affirmer que la différence
n
^•^/0',y)-|/-,(i)+j/-.(2)+---+^/-,(»)|
*, 3
est inférieure, en valeur absolue et à moins d'un facteur Constant, au nombre
Or on sait que
n
n log n (log n)-
— 456 —
Donc
n
Jtoi^/(t ,;)== /^(l> + ì/L1(B) + |/Lx (8) + ..-. (5)
D'autre part, le premier rnembre de cette égalité, limite aux couples de
valeurs de i et j qui donnent ij ?£. n , représente évidemment la somme
F (1) -f F (2) -| f- F (a) . En conséquence
i=l s=l
Cela étant, on sait que, pour toute valeur fixe de i, le coefficient de /Lj (i)
est asymptotique à
Il en résulte, pour n infini,
8=1
On voit donc, par comparaison avec (5) , que
Imi'
n loer n
' 8=1
r F(l)-|-F(2)-| \-FQi) .. 1 V"^- ■*
log 1 -j- log 2 -| \-\ogn n% /__ ' v J '
» ,J
Si, par exemple, f(n) est 1 ou 0, suivant que n jouit ou non d'une propriété
donnée, on peut dire que: «Le nombre des décompositions de n
en deux facteurs, dont le plus grand commini diviseur pos-
sedè une certaine propriété, est asymptotique au loga-
rithme de n , multiplié par la probabilité que le plus grand
commun diviseur de deux nombres quelconques, pris au
hasard, soit do uè de la me me propriété". Après une simple
transformation de la sèrie contenue dans le second membre de (5) on peut
dire que: «Le nombre des décompositions de n en deux facteurs,
admettant pour plus grand commun diviseur un terme de la
suite »i ,tfe,ft3, . . . , est asymptotique à
~T ( T + T H T H ) log » » .
n \ u\ u\ ul '
« Signalons, pour finir, quelques intéressantes propriétés de ces fonctions
F (a) . Si l'on convient de prendre f(x) = 0 , lorsque x n'est pas un nombre
entier, on peut écrire, au lieu de (4) ,
f (,) = rfr) . (a) + ffyi) „ (|) + Tfyc) . (±) + : : . . .
— 457 —
On déduit de là, cornine d'habitude,
<"F(/)^(Q _<~oQ-)^(/) X~/(Q^(/)
Zi ^ Z. ìr ' Z- ì*r
1 i 1
où ìp est une fonction quelconque, douée de la propriété \p(i)\p(j) = \p(jj)
pour les valeurs entières de la variable. Posons
„ _^0) , }P(2) , ^(3) , i/'2(l)_, V(2) , ^(3),
r~ r "•" 2r "^ 3'- ~T' ''7'-— i>- T- 2r ' 3'- "> '
Les propriétés de la fonction w conduisent sans peine au résultat suivant :
1
l T2r
t
Donc
I
i
Par exernple, en faisant r = 2 et ?// (n) = 1 , on troupe que, si F (n) est
le nornbre des décompositions de n en deux facteurs, dont
le plus grand commun diviseur appartienne au sy stèrne
Mi , u2 , ih , . . • , on a
Si ip (ìi) = sin —— , on trouve que le quotient des séries
F(l)-ÌF(3, + ÌF(5,-...,^ + ì + i+...,
est indépendant du système ux , u2 , w3 , • • • . Sa valeur est
96
— (0,915965594... )2 .
Enfìn, en supposant que xp (n) soit 1 ou — 1 , suivant que n est compose
d'un nombre pair on d'un nornbre impair de facteurs premiers, égaux ou iné-
gaux, on trouve que la somme de la serie
F(1)-|f(2)-^(3) + Ìf(4)-^(5)4-Ìf(6)-.
2
est égale aux - de la somme des inverses des quatrièmes puissances des
o
nombres du système ».
Matematica. — Sur les systèmes de nombres entiefs. Nota
di E. Cesàro, presentata dal Socio Cremona.
« Oonsidérons un système & de nombres entiers etpositifs. Soient au a.,, aA
ces nombres, rangés par ordre de grandeur croissante. Soit S2(n) = 1 , si n n,p-
partient à Sì , et S2(n) = 0 dans le cas contraire. Si l'ou pose
i2(l)-fi2(2)-j- fi(3)-f- • • ■ +G(n)=w*n .
Rendiconti. 1888, Voi,. IV, 1" Sem. 59
— 458 —
la fréquence des nombres du système est la limite or de axu , pour n infini.
Cela étant, on sait que
«»=(»+|)log(1+J)--1<i2»(«+ir
Évidemment, la serie ux + ih + u3 + . . . est convergente. Il en est de mème
de la serie exUi + etih + *3% -f • • • , si les nombres e sont définis par
l' égalité
Soit
1 — log A = fi ux -f- ?■> u2 -j- f 3 «3 + U )
Le reste de la serie est inférieur a
1 j N i ^^j _i_ ^ + » _i_ |= _L
12(r(r-f l)i"(v + l)(v-|-2)'r(V + 2)(v + 3) ' $*= 12
On pent donc écrire
V— 1
^ = l_logA-— ,
i
fl étant compris entro 0 et 1. D'autre part
/ €i Ui ~ g r^(i) 2m 3fi(8)! r^»') z_ ' '
Donc, si l'on fait
J2(v) =1 . r = «M , rra., = w ,
et que l'on pose
v
n
1
on a
Il faut remarquer que le rapport de 0„ a an tend vers zero, pour n infini.
En effet,
lim — - = lim \- (ft -f- f 2 -["••• 4" f-') — mv[ = ^ni f' — es = 0 .
n=oo ®"n »'=oo'*' ' p— oo
D'après cela nous pouvons écrire
lim "|7 — = lim 0°» = ^ ,
et cette relation nous donne une expression nouvelle de la fréquence de Sì.
— 459 —
* Il est assez remarquable que, malgré les variations illimitées qu'on
peut faire subir a fi , la constante A ne varie d'un système à l'autre qu'entre
des limites fort rapprochées. On sait que sa valeur est y 2n lorsque les nom-
bres e sont tous égaux à l'unite. Dono k^-\lcln. D'autre part
ce w-1
d'où
lo
*A< Irai (l + 1 + i + - • - + 2^TT — |lbS ^) = log 2 + |c
C étant la constante d'Euler 0,5772... En résumé
2,5066 . . . = ^2/r = A < 2?° = 2,6691 . . .
« Portons sur une droite, à partir d'un point fixe 0 , et en sens con-
traires, les distances OP = }/2/r , OQ = té" . Toute valeur de A peut ótre
représentée par la distance de 0 à un point de la eirconférence décrite sur
le diametro PQ, le point Q étant considéré cornine inaccessi!) le. Les
constantes relatives à deux systèmes complémentaires représentent les
longueurs des segrnents déterminés par 0 sur une des cordes qui y passent ;
car, si r;n et B sont ce que deviennent sn et A pour le complémentaire
de Si , on a
nzs» + ^ n{\ — w«) + g 1
rc + 2 n^2
et la formule (1) donne
00 se
2 - log AB =_- V,t. +^-^qrY = (l - log fà) + (l - log 2eic) ,
i i
d'où
AB = | Sne0 = 6,0905 . . .
« La formule (1) se prete à une fonie d'autres développements, plus
ou moins curieux. Il est aisé de reconuaìtre que. si l'on pose
s„= — ì+^TT^rT^"1"""^ i5
6 £ & -i
on peut écrire
l-logA= Um |(» + |)s*-(a..+S.. + -" + S)!
(2)
— 400 —
D'ailleurs S„ ne diffère pas de
On trouve donc, par substitution dans (2),
2^ <~ 28i-1 — 1 „
i
en posant, pour abréger,
Jj_,±,±.± ....
*m— K* T um T um T ^tn T
Eu d'autres termes
A __ Og -4 Ss"'"i'«i)!>'' 8064 SH 307*0 * '" <;{)
Il serait facile de rendre le derniers calculs parfaitement rigoureux en in-
trodnisant l'expression du reste dans les séries semi-convergentes
qui y figurent. Nous nons bornerons à faire remarquer que, quelqne soit le
système Sì , la constante quii définit est supérieure à
i J-(-L- _!_ _L_ " ^
Par exemple, si Sì est le système des n o m b r e s p r e m i e r s 2. 3, 5, 7,11,1 3
on a
A >2e°'2697- = 2,6192... .
Du reste, la formule (3) permet de ealculer A avec une très-grande ap-
proiimation.
« Le considératious qui précèdent pourraient etre appliquées a un sy-
stème quelconque de nombres, a densité variable. Nous reviendrons proba-
blement sur ce sujet; mais, pour le moment, nous allons faire voir que,
tout en restant dans le champ des nombres entiers. il y a moyen de ratta-
cher cette étude à celle de certaiues fonctiones, qui sont de la plus haute im-
portance dans l'analyse. Remarquons. avant tout, quii suffit de changer n
en n -f- x dans les formules initiales pour obtenir, par les mémes procédés,
la formule
9
où
/)H-a,-(S,J(1+E.>»3-t-S3»3+ •••) ^
k{x) = e-— — — r - -, <rn(x)=> |«-a(Of.
( 1 -f- xf+* *--
«*, + *? + -
i -j- X -f-
— 4(51 —
Oii voit que, pour uue valeur donnée de ./', le minimum de k(x) se produit
lorsque les nombres a sont tous égaux à l'unite. On a clone
A W = lim (l+^)(2 + ^)(3 + 4ii-U + ^) ^ = _J^_ .
w=oo (n + x)"**** r(\-\-x)
Si l'on privait iì de tous ses éléments, k(x) tendrait vers sa plus grande
valeur. En conséquence
l+*-log ! (1+^A (*) \ > (s + 1) . jT (log (l + -^)
d'où
À(*)<4^^+("+i)lc-*",Ì,
pourvu que Fon pose, pour abréger,
1
i+*+ì\
2 2_ 2 , 2
+ 2a?"t~3 3 + 2#
Aw=2-rr^+i-3T^+f
Par exemple
2,8284 . . . = 2 f/2 < A l±\ < ec+J = 2,9364 . .
Du reste on peut écrire
lice
A (^;) = ss .e
oìi 0 est une fraction proprement dite, dont la yaleur dépend de x et de iì
On voit que, ss croissant a l'infini, l'inlluence de iì sur k(x) tend à disparaìtre.
« Pour tàcher d'obtenir l'espression de A(^), relative à un système quel-
conque, on est d'abord porte à étudier la serie
/ x 1 — &i , 2 — 2cp8 3 — 3cp3
Le produit du terme general par le rang du terme tend vers 1 — w. Pour
que la sèrie soit convergente il faut donc que les nombres ax , a2 , a3 , . . .
soient in finirne ut frequente parmi les nombres entiers. En particulier, la
serie y> est convergente lorsque wn tend vers sa limite 1 sans osciller; mais
alors le système correspondant n'offre aucun intérèt, parcequ'il finit par con-
tenir tous les entiers supérieurs à un certain nombre. Quoiqu'il en soit, si
la serie y> est convergente, on peut definir une fonction analogue à la fon-
ction r par l'égalité
ri x
G(l+^) = lim
—(1+t)(1+i)-(1+t)
ent établi
A(.r)=-
et les formules précédemment établies permettent d'écrire
A (0) ex*lx)
G(l +•<■') '
— 462 —
Pour ces systèmes particuliers, le nonibre
K = iim}j_+j_+j_+...+j-_iog(, „j
existe, et l'on a
.JLX*-5rl
0(1 + a?)
e
(i+f)rf
« Or nous pouvons toujours demander à cette formule la cléfinitioa de
la fonction G, en observant qu'une fonction holomorphe à racines entières ne
saurait étre que du genre 1 ou du genre 0. La fonction G étant ainsi définie,
tàchons de remplacer la serie (p par une autre, dont la convergence ne di-
pende pas de fi. On y parvient en remarquant que la fonction
K + <f (x) = lim — + — H [-— — !<>g «■ H — -
existe toujours. Il en résulte que la sèrie
, V~( i — imi 1 — S2(i)ì
est convergente, quelque soit 4?. Cela étant, on démontre sans peine que la
fonction A est donnée par la formule
■A(J) = A(0) Q(1+g)
On trouve ensuite, par des transformations connues,
A(.r)=4 2^ v * > i 84* 12 « 960
Fisica. — L'isoterma dei gas. Nota III f1) di Aroldo Violi,
presentata dal Socio Blaserna.
Goafronto con le esperienze delle equazioni dell'isoterma.
« Volume specifico molecolare. Abbiamo già detto che il volume spe-
cifico molecolare varia proporzionalmente alla radice quadrata del peso mo-
lecolare e a quella della pressione espressa in metri di mercurio; per con-
seguenza facendo nella 40) ó = Cg. 0,117866 (peso di lm3 d'idrogeno a 0° C.
e alla pressione di lm di mercurio), e J = Cg. 13596 (peso di lm3 di mercurio
a 0°C.) avremo:
55) b = 0,0005^^.
« 11 volume specifico molecolare è adunque eguale per tutti quei gas
che han lo stesso peso molecolare, indipendentemente dal numero degli ele-
menti che formano le molecole e dalla qualità della sostanza di essi; e so-
('j V. p. 316.
— 463 —
stituendo nella espressione 55) i pesi molecolari di alcuni gas, i relativi vo-
lumi specifici molecolari a 0°C. e alle pressioni di 0n\76 e di lm sono
espressi dai numeri inseriti nelle colonne della seguente
Tabella I.
Aeriformi
Forinola
Peso
l
b
molecolare
0m,76
Jm
Idrogeno
Ammoniaca
Etilene
Aria
Anidride carbonica
Protossido d'azoto
H.,
NH3
C\. H*
N, 0
CO,
N20
2
17
28
28,86
44
44
0,000616
0,001797
0,002306
0,002341
0,002892
0,002892
0,000707
0,002061
0,002646
0,002686
0,003317
0,003317
- Confrontando i numeri calcolati da Van der Waals e Blaserna dai
risultati sperimentali di Regnault per l'aria, l'idrogeno e l'anidride carbo-
nica, e quelli ricavati da Van der Waals dalle esperienze di Janssen e Roth
pel protossido d'azoto, l'ammoniaca e l'etilene, con quelli inseriti nella colonna
corrispondente alia pressione di lm di mercurio della Tab. I) si ha:
Tabella IL
Aeriformi
Forinola Peso
molecolare
W
calcolato
Idrogeno
Aria
Anidride carbonica
Protossido d'azoto
Ammoniaca
Etilene
H2
2
0,00069
0,00069
N, O
28,86
0,0018
0,0026
CO*
N20
44
44
0,0075
0,0030
J
R
0,00194
»
NH3
17
"
0,00631
C3H4
28
»
0,00268
0,000707
0,002686
0.00331 7
0,003317
0,002061
0.002646
« Di qui chiaro apparisce la concordanza con i valori ricavati da Van
der AVaals (W) dalle esperienze di Regnault per l'idrogeno, l'aria e l'ani-
dride carbonica e la discordanza di quelli ottenuti da Blaserna (B) pei me-
desimi gas rispetto ai relativi valori calcolati con la 55) ; e tal differenza è
presto spiegata qualora si rifletta che Blaserna ottenne tali risultati per una
sola serie di osservazioni, mentre i numeri di Van der Waals si riferiscono a
molte serie di osservazioni. Sappiamo inoltre che Janssen e Roth eseguirono
— 464 —
le loro esperienze con un manometro chiuso ad aria, senza tener conto
delle deviazioni relative alla legge di Boyle; ed il protossido d'azoto stu-
diato da Janssen non era perfettamente puro. Questi fatti bastino per ora a
giustificare il non indifferente disaccordo del valore ricavato da Van der
Waals dalle esperienze di Janssen (J) pel protossido di azoto con quello
calcolato. È poi soddisfacente la concordanza del valore trovato con quello
calcolato per l'etilene, il quale si può ottenere puro assai facilmente.
« Van der Waals, nelio sviluppo della sua teoria, arrivò a concludere
che il volume del gas doveva esser diminuito di 4 volte il volume moleco-
lare assoluto ; e ricavò dalle esperienze di Regnault dei numeri assai con-
cordanti con quelli che per noi esprimono il volume specifico molecolare re-
lativo, ottenuto dal rapporto del peso specifico del gas e il peso specifico
molecolare. Se ora indichiamo con b" il volume specifico molecolare dato
dal rapporto della densità del gas e la rispettiva densità molecolare,
siccome abbiamo ottenuto dalla 39) il peso specifico molecolare in fun-
zione della radice quadrata del peso molecolare p, scriveremo un'espres-
sione identica a quella per il volume b" , relativamente alle masse del gas
e delle molecole, avremo cioè
dJh
essendo D! la densità molecolare, la quale per la 39) è determinata da
quindi b" sarà espresso da
.„_ 1 dhi
la quale differisce dalla 37) per \l g che moltiplica D. Ora per g= 9,80533,
si ha | # = 3,13; valore un po' inferiore a 4 come ottenne Van der Waals,
ma soddisfacente rispetto alla concordanza dei risultati ottenuti per il vo-
lume specifico molecolare relativo. Quindi la differenza stabilita da Van der
Waals, fra multiplo del volume molecolare assoluto e volume molecolare
assoluto, corrisponde per noi a quella fra volume del peso specifico moleco-
lare e volume della massa molecolare.
« Costante specifica di attrazione molecolare. Come risulta dalla 30)
la costante specifica di attrazione molecolare è uguale alla differenza fra la
pressione esterna ed interna molecolare. Facendo nella 27) J = 13596, pel-
le pressioni iniziali di 0m,76 e lm si ha
0m,76 1"'
56) a2= 0,00009677; 0,00007:'».".:.
e dalla 23), per 0 = 9,80533; ól = 0,117866,
3 _
57) a, = 0,000004568 p- \ ti hx
— 465 —
« Dalla forma di quest'espressione risulta che la costante specifica delle
attrazioni molecolari è uguale per tutti i gas le cui molecole hanno eguale
il peso relativo e il numero degli elementi componenti. Quindi, per i gas
già presi in considerazione, la costante specifica di attrazione molecolare per
la 30) e i valori dati dalle 56) e 57), alle pressioni di 0m,76 e di lm di
mercurio è espressa nella
Tabella III.
Aeriformi
Formola
Peso
n
a
molecolare
0ra,76
lm
Idrogeno
Ammoniaca
Etilene
Aria
Anidride carbonica
Protossido d'azoto
NH3
Ca H4
N,0
co2
N20
2
17
28
28,86
44
44
2
4
6
2
3
3
— 0,000079
0,001495
0,004849
0,003547
0,009598
0,009598
— 0,000050
0,002022
0,006434
0,004721
0,012682
0,012682
« Confrontando i valori ivi inseriti per la pressione iniziale di lm di
mercurio con quelli calcolati da Van der Waals e Blaserna dalle esperienze
di Regnault, e da Van der Waals dalle esperienze di Janssen e Roth alla
stessa pressione di lm si ha:
Tabella IV.
Aeriformi
Formola
Peso
B
W
calcolato
n
molec
olare
Idrogeno
H3
2
2
0,0000
0,0000
- 0,000050
Aria
N, 0
28,86
2
0,0029
0,0037
0,004721
Anidride carbonica
Protossido d'azoto
co8
N2 0
44
44
0
0.01 60
0,0115
0,012682
0,012682
J
R
0,00742
»
Ammoniaca
NH3
17
1
»
0,0169
0,002022
Etilene
C2H4
28
6
i)
0,00786
0,006434
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem.
60
— 466 —
« Dall'ispezione dei numeri inseriti in questa tabella, per l'etilene, l'am-
moniaca, il protossido d'azoto e l'anidride carbonica, non abbiamo che da ri-
petere quanto già si disse del volume specifico molecolare di essi.
« Per l'aria la costante specifica di attrazione molecolare è un po' su-
periore a quella di Van der Waals; ma qui è opportuno ricordare che noi
l'abbiamo dedotta considerando l'aria come un corpo composto chimicamente
definito, e non come un miscuglio quale essa è.
« È abbastanza singolare il valore negativo della costante a dell'idrogeno,
ossia l'attrazione molecolare interna superiore a quella esterna ; ma a questo
riguardo avremo occasione in seguito di fare qualche rilievo.
« Compressibilità. Supponiamo, come fece Regnault, che alla pressione
di lm di mercurio e a 0°C. il volume del gas sia eguale ad uno; per questo
caso speciale, facendo nella I) H = 1 , v = 1 , t = 0° si ha
58) jl+2^J(l-*) = K,
ed essendo allora determinato il valore di R[ , l'equazione generale dell'iso-
terma assume la forma
59) |H + 2Wi-*)(i + «0|» j v = 1 + W=W= R"
dalla quale si ricava l'espressione
' 2H( ^ 2(1 — bf ) ~ 2H X \ L~r 2(1 — bf ) J(l— *)(l+a*)j8
la quale permette di calcolare il volume a 0° C. a cui si riduce il gas alla
corrispondente pressione H, mentre si mantiene costante la temperatura t,
con i valori di a e b dati dalle tabelle III e I). Moltiplicando la II) per H
la compressibilità del gas sarà rappresentata da
1Tn tt,,_i/ (i_i a L./i/jij CL_ ? ^H
ni) H,_/Bji+2(1_^_ Af/(i + 2(1_^ - ]{1_bni+at)ì,
« Quest'espressione è un po' differente da quella empirica di Regnault
e da quella che risulta dall'equazione generale di Van der Waals; però essa
rappresenta assai bene, nelle differenti parti, l'andamento generale del fe-
nomeno, come confermeremo nel confronto progressivo con le esperienze.
« Intanto incominceremo a rilevare che, per i valori positivi della quan-
tità sotto il radicale, il prodotto Hv è sempre minore dell'unità per tutti i
gas, meno l'idrogeno il cui valore della costante a è negativo, cioè i gas
si comprimono più di quanto esige la legge di Boyle : l'idrogeno soltanto si
comprime meno, essendo per esso il prodotto Hy maggiore dell'unità.
« Con la forinola II), e rispetto alle crescenti pressioni comprese fra 0m
e 20m di mercurio, calcolando i valori di v per l'aria, alle temperature 0° :
4°,75; 100°; per l'anidride carbonica a 0°; 3°,25; 100°; per l'idrogeno a 6°,
— 467 —
servendosi dei valori di a e b inseriti nella colonna l1
Tab. Ili e I), abbiamo la seguente
Tabella V.
di pressione delle
H
in
metri
Aria
Anidride carbonica
Idrogeno
0°
4°,75
100°
0°
3°,25
100°
6°
0
00
00
oo
00
00
00
00
0,76
1,3165
1,3166
1,3176
1,3178
1,3181
1,3208
1,3158
1
0,999986
1,000086
1,001080
0,999993
1,000191
1,002941
0,999998
5
0,198077
0,198167
0,1992
0,194739
0,194698
0,197,830
0,200018
10
0,978136
0,097898
0,09895
0,093859
0,094029
0,097124
0,100021
15
0,064372
0,064459
0,06553
0,060026
0,060213
0,063509
0,066687
20
0,047634
0,047722
0,04882
0,042904
0,043112
0,046662
0,050022
« Ora indicando con v il volume del gas alla pressione H di 1™ di
mercurio e con v il volume del medesimo gas alla pressione di H7 metri
di mercurio, i rapporti -=—, e — confrontati con quelli ricavati dalle espe-
rienze di Regnault per l'aria a 4°,75, l'anidride carbonica a 3°,25 e l'idro-
geno a 6°, sono rappresentati dai seguenti numeri:
Tabella VI.
H'
H
Aria a 4°,75
Anidride carbonica a 3°,25
Idrogeno a 6°
Hv v
HV o
HV
V
v'
Kv
HV
V
v'
osser-
vato
calcolato
osser-
vato
calcolato
osser-
vato
calcolato
osser-
vato
calcolato
osser-
vato
calcolato
osser-
vato
calcolato
0
0,76
1
5
10
15
20
0,99886
0,99973
1,00000
1,00417
1,00851
1,01190
1,01432
0,99771
0,99945
1,00000
1,009336
1,021559
1,034340
1,047824
0
0,7598
1,0000
5,0208
10,0851
15,1784
20,2863
0
0,7596
1,0000
5,0467
10,2156
15,5151
20,9565
0,99221
0,99808
1,00000
1,03652
1,09422
1,16532
1,24982
0,99384
0,99851
1,00000
1,02742
1,06370
1,10739
1,15999
0
0.7585
1,0000
5,1826
10,9422
17,4798
24,9964
0
0,7588
1,0000
5,1371
10,637
16,6108
23,1998
1,00059
1,00014
1,00000
0,99748
0,99403
0,99023
0,98745
1,000023
0,99998
1,00000
0,99991
0,99979
0,99969
0.99956
0
0,76011
1,00000
4,98740
9,94030
14,85345
19,74900
0
0,75999
1,00000
4,99954
9,99788
14,99540!
19.99117
I
« Le differenze per l'aria e l'anidride carbonica non possono attribuirsi
altro che al fatto della sola serie di osservazioni da cui furono ricavati i
valori numerici ivi inseriti. Per l'idrogeno la deviazione dalla legge di Boyle.
per i numeri calcolati, è meno marcata di quello che risulta dall'esperienza.
Tali differenze diminuiscono notevolmente aumentando la temperatura, come
— 468 —
risulta dal seguente confronto per l'aria e l'anidride carbonica alla tempe-
ratura di 100°:
Tabella VII.
H'
H
Aria
Anidride carbonica
Ha
HV
V
v'
Ev
HV
!
osservato
calcolato
osservato
calcolato
osservata
calcolato
osservato
calcolato
0
0,99991
0,99771
0
0
0,9967
0,99384
0
0
0,76
0,99998
0,9997
0,75998
0,75977
0,9992
0,9991
0,7594
0,7593
1
1,00000
1,0000
1,00000
1,00000
1,0000
1,0000
1,0000
1,0000
5
100031
1,0051
5,00161
5,0255
1,0133
1,0139
5,066
5,0697
10
1,00063
1,01166
10,0063
10,1166
1,0306
1,0326
10,306
10,3264
15
1,00086
1,0184
15,0129
15,2762
1,0485
1,0528
15,727
15,7921
20
1,00102
1,02534
20,0204
20,5068
1,0669
1,0747
21,338
21,4937
« Per l'aria naturalmente è sempre un po' marcata la differenza; ma è
però soddisfacente l'accordo fra i valori dell'osservazione e quelli calcolati
per l'anidride carbonica.
« Coefficiente di dilatazione. Moltiplicando la 59) per il binomio (1-f-otf)
essa si trasforma nella seguente
60) (l + «0Hy-f
2v{l-\-at)(l — b)* ì "2(1 — bY)
(l + «0
Indicando con v0 il volume del gas alla temperatura ^0 = 0° C. , e
con v' = v0(l-\-cct) il volume del medesimo gas alla temperatura t e alla
costante pressione H, dall'espressione 60) otteniamo le due equazioni
Ev'
^2»o(i+«o(i-ft)« r+2(i-*)*j(1+a0.
61)
Hz>o +
1
2(1— è)2 * ' 2(1 — bY '
e dividendo la prima per la seconda, defalcando l'unità e riducendo si ottiene
v' — v0 (, , (2-\-at)a )
62)
fi =
1-+
T ■ 2K(l-\-at)\v0(l — b)\>)
cioè il coefficiente di dilatazione |S , comprimendosi in generale i gas più di
quanto esige la legge di Boyle, evidentemente aumenterà proporzionalmente
alla pressione e diminuirà inversamente all'aumento di temperatura. Per l'aria
— 469 —
e l'anidride carbonica, alla temperatura di 0°C, abbiamo i seguenti valori
messi a confronto con quelli ossei vati da Regnault.
Tabella Vili.
H
v0
Aria
v0
Anidride carbonica
osservato
calcolato
osservato calcolato
0
0,76
1
5
10
15
20
oc
1
0,7595
1
1
5,0484
1
10,2233
1
0,003658
0,003670
0,003674
0,003730
0,003788
0,003834
0,003866
0,003654
0,003667
0,003671
0,003745
0,003835
0,003938
0,004035
oo
1
0,003660
0,003710
0,003727
0,004057
0,004615
0,005332
0,006210
0,003654
0,003689
0,003701
0,003900
0,004183
0,004518
0,004921
0,7588
1
1
5,135
1
10,6542
1
15,5345
1
16,6593
1
20,9994
23,3077
« I valori di v0 riportati in questa tabella sono quelli determinati dal
rapporto di v0 alla pressione di Hm e quello della pressione di lm dei ri-
spettivi valori della Tab. V) inseriti nella colonna corrispondente a 0° C.
« In quanto alla differenza fra i valori osservati e quelli calcolati, spe-
cialmente per l'anidride carbonica, nulla abbiamo da aggiungere a quanto si
disse della compressibilità di questi gas a temperature poco differenti da zero.
« Elasticità o tensione. Dall'equazione 59) si ha
63) n=v j1 + 2(1 -by\l ~ ^r+^jj
la quale, alla temperatura t , permette di calcolare la pressione H quando si
mantenga costante il volume v ; e conseguentemente l'elasticità o tensione
del gas, per la 63) sarà rappresentata da
(. _J \
IV)
Hy = l +
1
2(1 — b)%( ' v{l + aty)
rispetto alla quale i valori di H sono quelli calcolati con la 63) in fun-
zione di v.
« Coefficiente di elasticità o di tensione. Indicando con H0 la forza
elastica del gas a 0° C. e con H' = H0 (1 -f- ai) quella alla temperatura /
— 470 —
di esso, mantenuto a volume costante v , dall'espressione 60) ricaviamo le
due equazioni
a L . a
R'v
= 1
64)
2v(l + at){l — bf ( n 2(1 — bf)
*dl+at)
H0^ +
= 1
2z;(l-f-6)2 * ' 2(1 — è)2'
dividendo la prima per la seconda, defalcando l'unità, e riducendo si ottiene
Hf — H0 i, , (2 + ut)a ) „
65)
/?' =
1-f
B0t r"r2Ho(l + «0JKl — *)i*J
Dunque il coefficiente di tensione è rappresentato da una espressione iden-
tica a quella del coefficiente di dilatazione ; cioè conformemente all'esperienza
aumenta proporzionalmente alla pressione e diminuisce inversamente alla
temperatura. Calcolando con la 63) i valori di H0 abbiamo per p' i seguenti
valori calcolati per l'aria e l'anidride carbonica a 0° C.
Tabella IX.
V
H0
Aria
H„
Anidride carbonica
osservato
calcolato
osservato
calcolato
00
1
0,76
1
1/5
1/10
1/15
1/20
0
0,7604
1,0000
4,9525
9,7864
14,5017
19,0982
0,003654
0,003665
0,003669
0,003723
0,003778
0,003821
0,003851
0,003654
0,003667
0,003671
0,003742
0,003831
0,003923
0,004017
0
0,7612
1,0000
4,8723
9,4255
13,6596
17,5744
0,003654
0,003688
0,003702
0,003939
0,004340
0,004858
0,005492
0,003654
0,003689
0,003701
0,003893
0,004148
0,001421
0,004714
« Le differenze fra i valori osservati da Regnault, per questi due gas,
e quelli calcolati sono assai minori di quelle del rispettivo coefficiente di
dilatazione.
« Dall'equazione generale dell'isoterma proposta da Van der Waals si
ottiene, pel coefficiente di elasticità,
M1+i^)«
indipendente dal volume specifico molecolare e dalla temperatura, la cui di-
pendenza è espressa dalla 65) conformemente alle osservazioni di Amagat - .
471 —
Fisica. — Ricerche Intorno alle deformazioni dei condensatori.
Nota IL (') del dott. Michele Cantone, presentata dal Socio Blaserna.
Risultati delle esperienze. Accennerò anzitutto che gli aumenti di volume
interno avvenivano gradatamente a misura che cresceva la carica nel conden-
satore, e che scoccando la scintilla nello spinterometro, la colonna liquida ritor-
nava un poco al di sopra della posizione iniziale: tale spostamento residuo,
che era sensibilmente proporzionale alla variazione di volume subita dal reci-
piente alla carica, e che in tutti i casi costituiva una frazione assai piccola
di questa variazione, spariva dopo qualche minuto. Un tal fatto è da attri-
buire probabilmente ad una piccola variazione di temperatura subita dal vetro
nel passaggio istantaneo dallo stato deformato allo stato iniziale, poiché ho
visto essere lo spostamento residuo molto accentuato quando si faceano suc-
cedere diverse scariche a brevi intervalli di tempo.
« Gli spostamenti delle frangio avvenivano anch'essi gradatamente col
crescere della carica ed accennavano ad un allungamento del condensatore;
non si potea però avere alcun particolare sul moto di ritorno, tranne nel caso
in cui lo spostamento prodotto fosse minore di una frangia, perchè negli altri
casi il moto di ritorno, sempre di brevissima durata, non potea seguirsi dal-
l'osservatore. Quando si producevano alla carica piccoli spostamenti, si ebbe
costantemente il ritorno alla posizione iniziale.
« Alcuni studi preliminari hanno inoltre mostrato che le deformazioni
di un condensatore dipendono dalla durata della carica. Ho visto infatti che
a seconda della velocità con cui ruotava il disco della macchina elettrica, si
aveano tanto per le variazioni di capacità che per quelle di lunghezza valori
accennanti in modo netto ad una deformazione sempre maggiore col crescere
della durata della carica necessaria a portare l'armatura interna ad un dato
potenziale.
« Registro nelle seguenti tabelle i risultati delle esperienze da me fatte
in proposito sui vari condensatori. Per ogni valore della distanza delle pal-
line nello spinterometro, sono segnate accanto ai corrispondenti valori delle
durate delle cariche, avuti mediante un contasecondi, in ciascuna tabella a
sinistra le variazioni di volume computate in divisioni del micrometro, e in
ciascuna di quella a destra gli spostamenti delle frangie rispetto al punto se-
gnato nel centro della lastrina l'.
(!) V. pag. 344.
— 472 —
Recipiente N.° I.
Distanza espi.
gmm
Distanza espi.
Distanza espi.
gin in
Jv
t
Jl
t
-A
t
d
13,3
13,8
14,8
15,8
15,2
15,7
20,7
%1
3,3
5,0
6,0
10,0
11,0
30,0
3^35
3,55
3,80
4,30
4,50
4,55
4,60
5,15
3,0
5,2
6,4
10,0
12,0
17,4
21,8
34.5
2*30
2 40
2,60
2,65
2,0
2,7
4,0
5,8
Recipiente N.° IL
Distanza espi.
7mm
Distanza espi.
gmm
Distanza espi.
4 m "i
Distanza espi.
"7 inni
Distanza espi.
gmm
Distanza espi.
gmm
A
t
Jy
t
/v
t
Jl
{
A
t
A
t
d
24,7
3,7
d
16,4
2,7
d
8,3
2,6
530
3,3
3*90
2,5
1*90
2,1
25,6
4,9
16,6
4,0
8,6
5,0
5,85
3,8
4,05
3,6
1,95
2,7
27,1
6,3
17.3
5,3
8,9
8,2
6,05
1.1
4,25
5,0
2,00
3,0
27,3
6,8
17,7
6,1
9,1
9,0
6,55
5,7
4,60
10,2
2,30
7,2
31,2
10,7
18,2
7,7
6,75
7,0
4,75
14,2
2,45
8,2
Recipiente
^V.° ///.
Distan
7n
i-à espi.
m
Distanza espi.
gmm
Distanza espi.
7rnni
Distanza espi.
gmm 1
-A-
t
A
t
A
t
JL
t
d
31,0
4'Ó
d
19,0
3,8
2,45
4,0
F
1,70
4,0
31,7
5,2
20,7
6,2
2,80
6,0
1,85
7,0
35,6
7,7
21,3
7,7
2,95
. 8,0
1,90
7,5
21,7
9,3
2,00
12,3
24,5
16,3
2,25
15,8
25,8
22,3
2,30
16,7
473 —
Recipiente N.° IV.
Distanza espi.
7mm
Distanza espi.
gmm
Distanza espi.
Distanza espi.
7111111
Distanza espi.
gmm
Distanza espi.
5mm
Jv
t
-A
t
Jv
t
A
t
-A.
t
J,
t
.1
15,7
4.0
il
9,8
2,8
,1
7.3
2.1
4,80
4,0
3^30
3,3
2,30
2,7
16,3
*,7
10,5
3,8
7,4
2,5
5,00
5,0
3,45
5,0
2,45
3,4
16,9
5,1
10,8
4,0
7,8
5,0
5,25
6,0
3,60
6,1
2,50
3,5
17,9
8,0
11,2
4,8
8,1
5,3
5,45
7,6
3,65
6,7
2,60
3,8
19,5
12,0
11,7
5,4
5,50
8,0
4,00
11,3
21,0
18,2
12,5
9.8
6,15
12,2
4,90
26,0
21,2
19,3
■I
« 1 dati fornitimi dalle esperienze non sono certamente tali da permet-
termi uno studio sulla legge che mette in relazione le deformazioni colla du-
rata della carica, ma bastano per mostrare 1* influenza di tale dmata sui fenomeni
sottoposti al nostro esame, e ad indicare quali gravi errori si commettereb-
bero non tenendone conto.
« Io ho procurato pertanto di dare alla macchina elettrica un andamento
regolare in tutte le esperienze successive, e son riuscito ad ottenere la sca-
rica allo spinterometro in intervalli di tempo pressoché costanti per una data
lunghezza di scintilla, e sensibilmente proporzionali alle lunghezze delle scin-
tille, ossia alle differenze di potenziale delle armature nel condensatore ; per
modo che, se non ho potuto evitare quella incortezza cui da luogo la varia
deformazione per differenti durate della carica, mi son messo nelle migliori
condizioni per risolvere il problema relativamente a durate comprese fra li-,
miti ristretti.
« Passo finalmente ai risultati definitivi sulle variazioni di volume interno
e di lunghezza dei condesatori alla carica ; risultati che registro nelle seguenti
tabelle. Nella prima colonna di ciascuna di esse ho segnato le distanze esplo-
sive allo spinterometro, nella seconda le corrispondenti durate medie della
carica, nella terza le variazioni dell'unità di lunghezza, nella quarta quelle
dell'unità di volume, nella quinta e nella sesta i valori corrispondenti a quelli
delle due precedenti colonne per una differenza di potenziale uguale ad imo.
e nell'ultima i rapporti fra il triplo della dilatazione lineare e la dilata-
zione cubica.
Kendiconti. 1888, Vol. IV. 1° Sem.
(il
— 474 —
Recipiente N.°
/.
i
Dist. espi.
Durata
della carica
A.
L
A
V
LP2
A
VP*
o A A
°L:V
mm
3.
2,3
—6
0,479X10
—6
1,270X10
—9
0,417X1°
_9
1,106X10
1,13
4.
2,5
0,902
2,510
0,442
1,230
1.08
5.
2,9
1,345
3,873
0,422
1,186
1,04
6.
3,5
1,920
5,314
0,418
1,157
1,08
Recipiente N.°
IL
Dist. espi.
Durata
della carica
A.
L
A
V
A
LP*
A
VP2
qA A
mm
3.
2^2
—6
0,403X1°
—6
1,216X1°
—9
0,351X1°
—9
1,059X1°
1,00
4.
2,5
0,670
2,061
0,328
1,009
0,98
5.
3,0
1,025
3,132
0,321
0,982
0,98
6.
3,4
1,365
4,169
0,298
0,908
0,98
7.
4,0
2,000
6,197
0,320
0,991
0,96
Recipiente N.°
III
Dist. espi.
Durata
della carica
A
L
A
V
A
LP2
A
VP2
qA A
6 L : V
mm
3.
2,1
—6
0,177X10
—6
0,499X1°
—9
0 154X10
-9
0.|:'.7X10
1,07
4.
2,6
0,289
0,871
0,1 li'
0,426
1,00
5.
3,2
0,457
1,261
0,143
0,395
1,09
6.
3,7
0,623
1,715
0,136
0,373
1,09
7.
1
4,3
0,989
2,622
0,158
0,419
1,13
Recipiente N.°
IV.
1 Dist. espi.
i
Durata
della carica
A
•A .
Y
A
LP2
A
YP2
0A A
°L: V
mm
4.
2Ì6
—6
0,652X10
—6
1,222X10
—9
0,319X10
—9
0,599X10
1,60
5.
3,2
0,931
1,750
0,292
0,549
1,60
6.
3,6
1,313
2,444
0,286
0,533
1,61
7.
4,2
1,989
3,667
0,318
0,586
1,63
— 475 —
«È a uotare dai valori della quinta e sesta colonna di ciascuna tabella,
come le variazioni sia di volume che di lunghezza risultino sensibilmente pro-
porzionali ai quadrati dei potenziali P cui si porta l'armatura interna di cia-
scun condensatore, e da quelli della settima come la dilatazione cubica sia
in generale tripla della dilatazione lineare. Farebbe solo eccezione il reci-
piente n. IV, il quale si scosta notevolmente nel suo modo di comportarsi
da quest'ultima legge : se si tien conto pertanto delle anomalie cui si è accen-
nato relativamente alla forma di questo condensatore, si comprende come non
si possa tener conto per la verifica delle formule teoriche dei risultati con
esso ottenuti.
« Dalle formule (2) e (3) ricavate da Lorberg si può avere una rela-
zione indipendente da lì1 ; infatti ponendo per brevità :
alle (2) e (3) si può dare rispettivamente la forma:
rE<?2 /, , 1— 2/i.A/D a\ M ,«-H? 2/n V/D a— 8\ ó
« Moltiplicando la prima per - — — e sottraendo da essa la seconda si ha :
(^-^mU^)H^4)^-<)'
E<?2
P2
da cui :
E(?21— 2/t/ r \ D/n ó\ i . ò\ J- , S\ ,
« In questa relazione che lega « e /? indipendentemente da A2, ho sosti-
tuito alle varie lettere i valori ottenuti mediante l'esperienza, prendendo
C T>
per — e — le medie delle cifre registrate nelle quinte e seste colonne delle
ultime tabelle, ed ho avuto rispettivamente per i recipienti I, II, III le se-
guenti relazioni:
( 0,263 = 0,297« — 0,797/?
(A) j 0,249 = 0,295* — 0,795/9
( 0,269 = 0,291« — 0,791/?
« Questo sistema di equazioni non si presta, come si vede, per la deter-
minazione delle costanti a e /? per la natura dei coeffìóienti delle incognite;
però i valori pressoché identici dei primi membri servono a mostrare la bontà
dei risultati relativamente alle formule alle quali si son voluti applicare.
— 476 —
Si ricavarono pertanto le costanti a e /? separatamente per ciascun recipiente
dalla (5) e dalla relazione:
^-^(i+A'Ho^-fa-M) w
fornita dalla formula (3), facendo in essa h2 = ì . Tale ipotesi non è, come
si è detto, rigorosamente ammissibile ; ma con molta approssimazione stante
la forma delle calotte terminali dei vari recipienti, per cui ho ritenuto poter-
mene servire nella ricerca dei valori approssimati di « e fi.
« Son venuto pertanto, applicando la (6), al sistema delle tre equazioni :
— u,080 = 0,625a — 0,375/S
(B) — 0,103 = 0,625« — 0,375/S
' — 0,066 = 0,625« — 0,3750
« Risolvendole simultaneamente colle corrispondenti (A) ho ottenuto :
a, =—0,420 /?, =—0,486
«„ = — 0,454 /?„ = — 0,481
am=— 0,397 Pm=— 0,476
« Questi risultati, accennando sensibilmente all'uguaglianza dei valori di
« e fi, porterebbero alla conseguenza che il dielettrico si comporti, relativa-
mente alle deformazioni, allo stesso modo per spostamenti pa/alleli alle linee
di forza come per quelli perpendicolari ad esse, o in altri termini che la co-
stante dielettrica dipenda solo dalla densità del coibente, come nel caso dei
liquidi. Per quanto riguarda il segno si perverrebbe ad un altro risultato im-
portantissimo, se non in generale almeno per il caso del vetro, che cioè la
costante dielettrica aumenti col diminuire delle densità.
« Il modo come varia questa costante colla temperatura ha fatto ritenere
probabile il risultato opposto ; se non che le ricerche relative ai coibenti sot-
toposti a varia temperatura hanno lasciato il dubbio che la diminuzione della
costante dielettrica al riscaldamento fosse apparente, e fosse invece dovuta
ad un aumento di conducibilità. Del resto ammessa anche tale diminuzione,
non viene provato che essa sia effetto della variazione di densità avvenuta
nel corpo, potendo benissimo essere effetto del fenomeno calorifico. D'altra parte
le esperienze di Quincke, relative alla influenza della pressione sull'indice di
rifrazione, che sole potrebbero apportare un po' di luce per la nota legge fra
il potere induttore specifico e quest'indice, hanno dato per il vetro risultati
dubbi, essendosi avuto con un aumento di pressione in taluni casi un aumento
in altri una diminuzione dell'indice ; epperò sempre variazioni così piccole da
far ritenere i risultati non attendibili.
« Ho voluto infine calcolare il valore comune delle costanti u e /? nella
— 477 —
ipotesi che queste costanti fossero uguali fra loro, servendomi della relazione (5)
per evitare gli errori relativi ad A2, e son venuto ai seguenti risultati
«i = — 0,526 «„ = — 0,498 am = — 0,538 .
« La media di tali valori sarebbe — 0,520 ossia approssimatamente — \.
« Kesterebbe a studiare il modo come « e /? variino col variare della
durata della carica, per vedere sino a che punto tali costanti dipendano dalla
natura del dielettrico indipendentemente dall'influenza che sulle deformazioni
possa avere la penetrazione delle cariche, ed io spero poter presto intrapren-
dere ricerche in proposito » .
Chimica. — Azione della anidride acetica sull'acido leoidinico.
Nota di Gaetano Magnanimi (l), presentata dal Socio Cannizzaro.
« Negli ultimi anni è stata eseguita da diversi sperimentatori tutta una
serie di sintesi di derivati tetrolici col mezzo dei chetoni ovvero degli acidi
chetonici. Dall' aceto fenonacetone si sono ottenuti (2) derivati corrispondenti del
furfurano, del tiofene e del pirrolo, e l'acetonilacetone dà un dimetilpirrolo
quando viene trattato con ammoniaca (3). Parimenti l'etere etilico dell'acido
acetofenonacetoacetico (4), l'etere dietilico dell'acido diacetilsuccinico (5), e
l'etere dietilico dell'acido diacetilglutarico (fi), che si ha dall'etere /^-bromo-
levulinico, reagiscono coli' ammoniaca e colle amine dando origine ad ima serie
di acidi pirrolcarbonici sostituiti. Anche l'etere acetonilacetoacetico di Weltner
trattato con acido cloridrico fumante, dà origine all'etere dell'acido pirotrita-
rico (") il quale probabilmente è un derivato del furfurano.
« In relazione alle ricerche sui nuclei tetrolici, attualmente in corso in
questo laboratorio, io ho fatto alcune esperienze dirette ad ottenere per sin-
tesi nuovi derivati del furfurano. In questa Nota preliminare comunico i primi
risultati ottenuti nell'azione della anidride acetica sull'acido levulinico, allo
scopo di riserbarmi questo campo di studio.
» L'acido acetillevulinico è stato ottenuto quasi due anni or sono da
Bredt (8), il quale ha dimostrato che l'anidride acetica alla temperatura di 100°
introduce facilmente nell'acido levulinico un acetile. Siccome però da quel
tempo Bredt non si è più occupato dell'argomento, e siccome l'ordine delle
idee che lo hanno guidato nello studio di quella reazione, è completamente
(*) Lavoro eseguito nell'istituto chimico della E. Università di Padova.
(*) Paal Beri. Berichte XVII, 913; 2756; XVIII, 367.
(3) Paal. ibid., XVIII, 2251.
(4) Lederer'e Paal, ibid., XVIII, 2591.
(5) Knorr, Liebig's Annalen 236, 290.
(6) Beri. Berichte, XIX, 46.
(7) Paal, Beri. Berichte, XVII, 2756.
(8) Liebig's Annalen, 236, 225.
— 478 —
diverso dal mio, ho creduto di potere liberamente proseguire le mie ricerche;
3 gr. di acido levulinico per volta vennero riscaldati con 5 volte il proprio
peso di anidride acetica, in tubi chiusi, alla temperatura di 200° — 225°.
L'aumento di pressione che si nota nei tubi dopo il riscaldamento è quasi
insensibile; si distilla l'anidride acetica nel vuoto completamente, si fa
bollire il residuo con acqua e si filtra bollente. Il liquido che si intorbida
per raffreddamento si estrae con etere, si distilla l'etere, ed il residuo si fa
bollire con acqua, scolorando con carbone animale, e si filtra bollente. La solu-
zione acquosa lascia cristallizzare per raffreddamento degli aghetti, i quali tal-
volta si dispongono in forma di mammelloni, e che cristallizzati ripetutamente
dall'acqua bollente fondono a 151°,5 — 152°. Sottoposti all'analisi hanno dato
il seguente risultato:
gr. 0.2628 di sost. dettero gr. 0.5706 di C02 e gr. 0.1282 di H2 0.
« In 100 parti:
da cui si calcola la formula
che richiede:
trovato
C . . 59.21
H . . 5.42
»C9 H10 04t
C = 59.34
H = 5.49
La nuova sostanza è un acido; arrossa la tintura di tornasole, si scioglie
nei carbonati alcalini, e scioglie i carbonati alcalino-terrosi, formando i sali
corrispondenti. Io ho analizzato i sali di argento e di bario; queste analisi
confermano la forinola C9 H10 04 , la quale contiene un solo atomo di idro-
geno sostituibile dai metalli cioè, probabilmente, un solo carbossile.
Sale argentici) C8 H9 02 . COO Ag
« Si separa cristallino dopo poco tempo, allorché si mescola a freddo una
soluzione ammoniacale neutra dell'acido con una soluzione acquosa di nitrato
di argento. Non si altera alla luce, è pochissimo solubile nell'acqua ed ha
dato all'analisi il seguente risultato:
gr. 0.2289 di sostanza dettero gr. 0.0849 di Ag .
« In 100 parti:
trovato calcolato per C9 H9 Ag 04
Ag 37.10 37.37
Sale di Bario (C8 H9 02 . COO)2 Ba
« Questo sale si ottiene facendo bollire una soluzione acquosa dell'acido
con un eccesso di carbonato baritico. Quando il liquido ha reazione neutra si
filtra e si concentra, dapprima a bagnomaria e finalmente nel vuoto sull'acido
solforico. Dopo 24 ore si ottiene un magma cristallino che si spreme sul filtro
alla pompa e si lava con poco alcool assoluto. È una sostanza molto solubile
trovato
I II
Ba
— 27.32
H20
3.57 —
— 479 —
nell'acqua, contiene una molecola di acqua di cristallizzazione che perde sola-
mente sopra del 110°, ed ha dato all'analisi i seguenti risultati:
I. gr. 0,4057 di sostanza seccata a 100°, perdettero a 110° — 120° gr. 0.0145
di acqua;
II. gr. 0.3912 di sostanza anidra dettero gr. 0.1819 di Ba S04 .
« In 100 parti:
calcolato per
(C, Ha 04)a Ba + H2 0 (C, H„ 0*)* Ba
— 27.45
3.48 —
« Sulla natura chimica della sostanza C9 H10 04 io non posso per ora
asserire nulla, se non che essa è un acido monobasico; uno studio ulteriore
deciderà sulla costituzione molecolare del residuo C8 H9 02 . Si possono però
in via di ipotesi prendere in esame alcune formule egualmente probabili, le
quali dovranno essere assoggettate ad una critica sperimentale.
« La formula C9 Hi0 04 è quella di un omologo dell'acido deidroacetico.
Che la sostanza in discorso possa essere invero un derivato del pirone non è asso-
lutamente escluso; anzi se si riflette che la formazione dell'acido deidroace-
tico dall'etere acetoacetico è un processo ancora molto oscuro, non appare inve-
rosimile che dall'acido levulinico, che è un omologo dell'etere acetoacetico,
possa formarsi, in condizioni abbastanza comparabili, una sostanza analoga
all'acido deidroacetico. In questo caso la formula di costituzione dell'acido ot-
tenuto da me potrebbe essere la seguente:
CO
/\
(COOH) C C . CH3
I! Il
CH:i.C C.CH3
0
« La nuova sostanza potrebbe però anche essere un derivato del furfu-
rano. La formula C9 H10 04 rappresenta un acido diacetillevulinico meno una
molecola di acqua:
C5 Htì 03 (CH3.CO), — H2 0 C9 H10 04
« Un acido diacetillevulinico non lo si conosce, è noto inceve l'acido ace-
tillevulinico ottenuto da Bredt (') per azione della anidride acetica a 100°
sull'acido levulinico. Nulla prova però che un acido diacetilico non possa esi-
stere ; anzi se all'acido acetillevulinico di Bredt si vuol dare la costituzione
CH3 — CO — CH — CH2 . COOH
I
CO
I
CH:J
(') Loc. cit.
— 480 —
si può intendere facilmente come un secondo acetile possa sostituire un atomo
di idrogeno del metilene vicino al carbossile, allorquando si riscalda l'acido
levulinico con un eccesso di anidride acetica sopra 200°. In quelle condizioni
un acido diacetillevulinico, nella forma desmotropica labile, dovrebbe perdere
una molecola di acqua e dare un derivato del furfurano, come dall'etere del-
l'acido diacetilsuccinico si ottiene col mezzo dei disidratanti l'etere dell'acido
carbopirotritarico :
OH, — CO -C C — COOH CH3 — CO — C C — COOH
I! I! -h2o= || ||
COH COH C C
/ \ /\ /\
CH3 CH3 CH3 0 CH3
Acido diacetillevulinico nuova sostanza
« Finalmente un'altra costituzione è possibile per l'acido C9Hj0O4; am-
mettendo che gli atomi vi si trovino concatenati in quella stessa guisa che
Fittig (l) ammette nell'acido metronico. Questo ultimo caso, però, secondo il
quale la sostanza Cu H10 04 sarebbe un derivato del pentametilene, è forse
meno probabile.
« Lo studio ulteriore dell'acido C9 H10 04 porterà luce sulla sua costitu-
zione, e su di questo spero di potere fare fra non molto una comunicazione
a questa Accademia » .
MEMORIE
DA SOTTOPORSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
G. Bordiga. Di alcune forme rinate. Presentata dal Socio Cremona.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Carutti presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna-
lando le seguenti di Soci e di estranei.
M. Tabarrini. Memorie di Gino Capponi. — Studi di critica storica. —
Vite e ricordi d'italiani illustri.
A. Loria. La teoria economica della costituzione politica.
G. Stocchi. La prima conquista della Britannici, per opera dei Ilo-
mani. Lavoro che ebbe un premio d'incoraggiamento dall'Accademia nel con-
corso del 1885 ai premi del Ministero della Pubblica Istruzione.
0) Beri. Ber. XVIII, 2526.
— 481 —
E. Musatti. Storia di un lembo di terra. Venezia e i Veneziani.
F. Calvi. Bianca Maria Sforza- Visconti, Regina dei Romani, Impe-
ratrice germanica, e gli Ambasciatori di Lodovico il Moro alla Corte Ce-
sarea; secondo nuovi documenti.
G-. de Salverte. La famille de Salverte et ses alléances.
Lo stesso Segretario offre pure un esemplare del suo libro : Il conte
Umberto I e il re Ardoino, Ricerche e documenti del Barone Domenico
Carutti, nuovamente riveduti dall'autore. Eoma, Tipografia della R. Acca-
demia dei Lincei, 1888. L'autore accenna ad alcune variazioni e giunte di
questa edizione, e segnatamente a quelle relative alla data della morte di
Umberto Biancamano, che ora può dirsi accertata, e alla seconda moglie del
marchese Bonifacio del Vasto. Presenta infine il voi. XIV del Corpus In-
scriptionum Latinarum ed il voi. XV della Politische Correspondenz Frie-
drich^ des Grossen, inviati in dono dall'Accademia di Berlino.
Il Socio Amari presenta, discorrendone, il Catalogo delle monete mus-
sulmane della Biblioteca nazionale di Parigi, pubblicato dal sig. E. Lavoix
e di cui il Ministero francese della Pubblica Istruzione inviava un esemplare
in dono all'Accademia.
Il Corrispondente Narducci preseDta una pubblicazione colle seguenti
parole :
« Ho l'onore di presentare all'Accademia un esemplare della vita di
Pitagora scritta da Bernardino Baldi, da me tratta dall'autografo. Panni che
questa vita debba convenientemente occupare il primo luogo, dopo quelle dei
matematici italiani, sì perchè Pitagora visse lungamente in Italia, e fu il
fondatore della filosofia italica e l'inventore del nome stesso di filosofia, sì
ancora perchè la medesima vita è la più estesa e dotta, e la più sottilmente
trattata delle altre.
« A corredo poi del lavoro mi è parso opportuno di riportare in 442 note,
testualmente o secondo le migliori traduzioni, i brani delle opere di autori
greci e latini che avvalorano o spiegano le asserzioni dell'autore. Dal lato
filologico poi posso assiemare che il vocabolario della nostra lingua si vantaggerà
di non poche giunte ».
Il Socio Blaserna presenta, a nome del Socio Cremona, la pubblica-
zione del maggiore F. Falangola : Sulle grandi mine nella roccia calcarea
della catena peloritana (Sicilia) e nella roccia granitica di Baveno (Lago
Maggiore). Presenta inoltre una Nota a stampa del doti W. Szajnochìs, in
polacco, intitolata : Di alcune specie di pesci fossili del Monte Bolca presso
Eendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Seni. 62
— 482 —
Verona e il voi. Vili dell' Index- Catalogne of the Librari) of the Surgeon-
General's Office, United States Army, dono del Corrispondente Bodio.
Il Socio Betocchi fa omaggio dell'opuscolo del prof. Busin: Le predi-
zioni del tempo, e di alcuni fascicoli della Società filologica di Francia, nei
quali sono riportati vari studi del conte de Ciiarexcey.
CONCORSI A PREMI
Il Segretario Carutti annunzia che la R. Accademia delle Scienze di
Amsterdam ha trasmesso il programma del concorso di poesia latina per l'anno
1889, secondo il disposto del legato Hoeutft, e il giudicio pronunciato sopra
il concorso dell'anno 1887. In questo il bolognese Giuseppe Albini consegni
la menzione onorevole pel carme Ad Urbem Bononiam.
Il Socio Blaserna presenta il seguente tema della fondazione Beneke :
« Per l'anno 1891 la Facoltà filosofica dell'Università di Gottinga pone
il seguente problema:
« Negli ultimi decenni si è sempre più riconosciuta l'importanza fonda-
« mentale della legge dell'entropia per la teoria di tutti quei fenomeni fisici
« e chimici, che sono accompagnati da produzione o assorbimento di calore. In
» modo più speciale dagli sviluppi, che la legge dell'energia ebbe in seguito
« al tema Beneke del 1884, si è resa manifesta la necessità di completare
« la legge dell'energia con quella dell'entropia. In pari tempo sono notevolmente
« progrediti i lavori, che riguardano la dimostrazione della legge dell'entropia
« col mezzo dei principi generali della meccanica, Lo svolgimento di tutte le
« questioni, che stanno in relazione colla legge dell'entropia, appare quindi
« molto opportuno.
« Tale svolgimento dovrebbe comprendere lo sviluppo delle dimostrazioni
« empiriche della legge dell'entropia, nei suoi rapporti coi lavori di Carnot :
u dovrebbe poi trattare in via storica e critica tutti i lavori, che concernono
« le relazioni fra la legge dell'entropia ed i principi generali della meccanica;
« esso dovrebbe infine contenere una relazione estesa di tutte le applicazioni,
« che la legge dell'entropia ha avuto fin qui nella teoria di processi fisici o
« chimici ».
« I concorrenti potranno presentare i loro lavori fino al 31 agosto 1890,
alla Facoltà filosofica di Gottinga, in lingua tedesca, latina, francese o inglese,
assieme ad una lettera sigillata che contenga nome, professione e domicilio
dell'autore. Primo premio marchi 1700, secondo marchi 680. Il lavoro coro-
nato rimane proprietà esclusiva dell'autor^
— 483 —
CORRISPONDENZA
11 Segretario Carutti dà comunicazione della corrispondenza relativa
agli Atti accademici.
Ringraziano per le pubblicazioni ricevute:
L Accademia delle scienze di Nuova York ; la Società filosofica di Cam-
bridge ; la Società archeologica, di Londra ; l' Istituto Egiziano del Cairo ; l' Isti-
tuto Teyler di Harlem ; l' Istituto meteorologico rumeno di Bucarest ; 1' Uni-
versità di Upsala; il Museo di zoologia comparata di Cambridge Mass.; l'Os-
servatorio di S. Fernando ; 1' Osservatorio di Oxford.
Annunciano l'invio delle loro pubblicazioni:
La Scuola politecnica di Parigi; il Museo nazionale del Messico.
D. C.
485
EENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Glasse di scienze fìsiche, matematiche e naturali.
Seduta del 6 maggio 1888.
F. Brioschi Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Matematica. — La forma normale delle equazioni del sesto
grado. .Nota IL del Socio F. Brioschi.
« 1.° Nella precedente comunicazione (*) col medesimo titolo ho deter-
minato il valore dei coefficienti della equazione che si ottiene trasformando
una equazione qualsivoglia del sesto grado u {x) = 0 , di cui le radici sono
^0, X\ , ... x5 , per mezzo della relazione :
__ 4fli — Sb2
Lf — —
a
essendo
a — — U' Or) , b = — u" (xr) , C = — ti'" (%r) •
In questa Nota prenderemo ad esaminare i valori delle radici t0 , U ... U
della trasformata normale. Posto :
u (x) = (x — Xo) <p (x)
risultando :
u' (x0) = (f (x0) , u" (x0) = 2<p' (%o) , u" (#o) = 3<f" (#o)
(') Rendiconti della R. Accademia dei Lincei. Seduta dell' 8 aprile 1888.
Rendiconti. 1888, Voi.. IV, 1° Sem. (33
— 486 —
si ha
2 . 5'-. (f («2?0) • /o = 5y (#o) 9>" (#o) — H'2 (^o)
ma :
SP(#o) ì! 5P2W i
essendo
1
si otterrà quindi :
52. u = <p (zo) [y «, «s — 2y «,■-]
nella quale gli indici r, s sono differenti fra loro. Indichiamo con (rs) il bi-
nomio xr — xs ed osservando essere :
ar — as = (rs) «,. or5
il valore superiore di t0 si trasforma nel seguente :
52. h = Vi + V* + </>3 + V ■» + V':,
essendo
^ = (-^y [(12) (15) (03) (04) + (13) (14) (02) (05)]
V* = 7^ [(21) (23) (04) (05) + (24) (25) (01) (08)]
Ifs-^j [(32) (34) (05) (01) + (35)(31)(04)(02)]
V4 = py[(43)(45)(01)(O2) + (41)(42)(O3)(O5)]
^ = (^y [(51) (54) (02) (08) + (52) (53) (01) (04)]
ossia posto :
</'! = (12345)
saranno :
ip2 = (21543) , j/'3 = (32154). ^4 •== (43215) , V>5 = (54321).
« Si introducano ora come nella teoria delle funzioni iperellittiche le
dieci espressioni (') :
y54= (02) (24) (40) (13) (35) (51) & = (03) (34) (40) (12) (25) (51)
yJi = (03) (85) (50) (12) (24) (41) yf= (04) (45) (50) (12) (23) (31)
y& = (01) (15) (50) (23) (34) (42) y44 = (01) (12) (20) (34) (45) (53)
7o4=(01)(13)(30)(24)(45)(52) &=-• (02) (23) (30) (14) (45) (51)
/{2 = (01) (14) (40) (23) (35) (52) y44= (02) (25) (50) (13) (34) (41)
(l) Ueber die Parameterdarstellung der Verhàltnisse der Thetafunctionen sweier
Verànderlicher, von Otto Staude. Math. Annalen. Od. XXIV, pag. 280.
487 —
e notisi come per le medesime le funzioni superiori t/'i , ip> , ... ip5 si espri-
mono nel modo che segue :
Yk±l±. ,,, ^'-^- a,, **+**'
— , lj.'2 ,nn\ ,;n\ SAt?\ ' T3
(01) (25) (34)
(02) (13) (45)
(03) (15) (24)
,„ yù — y»i .,, J
^4" (04) (12) (35) ' ^5
y^ + y^
(05) (14) (23)
« Ma posto :
j» = (01) (02) (03) (04) (05) (12) (13) (14) (15) (23) (24) (25) (34) (35) (45)
ossia :
ti = n7 ;
si ha che ciascuna delle cinque espressioni seguenti :
y^yryr.yL (01) (25) (34)
y^y2^ (02) (13) (45)
y22y42y2*y22(03)(15)(24)
Yi' YO Yii >03
(04) (12) (35)
7o2/52yL>L(05)(14)(23)
è eguale a 77/ .
■ I valori di i/'j , ip, ... si possono quindi esprimere in funzione delle
dieci quantità y, e si hanno le :
ny
Tly
n7
ny
Vi =— /52 y22 )0i Yu Lìti + /44]
»/>2 = >'oi y'3 YÌ2 yli [y24 — ro4]
ips = Y-z2 Yi2 YÌi YÌs \jm + 7s4]
^4 = Yi2 /o2 yi* yL bri* — yoi]
«/'5 =— 7o2 752 ìli Yi bu + y«]
ma dalle note relazioni fra i quadrati delle dieci funzioni /, si ottengono le :
y2i Yh )Ì2 YÌz = Yti (ri* + ìm) — /52 y22 ìli y%.
y24 y*2 y\ì y% — — y*4 M + y«) + y^2 y*2 >i >*4
y42 y02 yIì y% = YÌi (y.54 -yo4) — ys2 y22 y& yi*
Yo2 y52 yL yL = y54 (yì\ — y*4) + >v y22 y2M yi*
e quindi sommando si giunge al valore di t0:
52. ny.to=— /54 (y^ ^ _^ ^ yy _|_ /2. (y^ ^ _. y43 y4J _
— y4M (y54 y2' + y04 y43) + yl* (ys4 y24 - y<>4 y44)
al quale per le suindicate relazioni ponno darsi forme differenti. I valori di
— 488 —
ti,tU.... si deducono da quello di t0 per mezzo di sostituzioni circolari
e si hanno :
52. nY . u = /54 ()'24 yì, + yS yì2) - £ (y*4 t* - tu Aò +
+ À (/54 yts + A &) — >V (r54 ^3 - $ jv')
52. ffy . *2 =— Ys4 (rt, Yu +YÌ Ad + Y*u (}V yL — Y/ Yu) -
-Yl (/s4 Yl* + Y4* Y24) + y<>4 (X54 YÌi ~ tv ìlò
52. ny . f, = y5* (Yi* y\, + y4, y*,) - y8< (y4w y44 - y ,« y$3) +
+ yl4 (/54 /24 + £ $) - A Otf rti - rè £)
5*. tfy . /4 =— y3' (y04 r*4 + r*4 y42) + rè (>V rè - n* ) 4>) -
-Y44 (Yz4 YÌ3 + tu Ytù + rè (Ys4 rè ~ t* >"-•'>
52. /Zy . t5= yS (y4M rè + Yo4 rè) — rè (?o4 tn — )V rè) +
+ Yo4 (Ys4 rè + y,4 ft4) - > l ()':, ' rè — y* ' 5 0,) •
« 2.° Si indichino ora con cs, c0ìCu,... espressioni analoghe alle y5,y0,yu....
ma formate colle radici della forma binaria /' del sesto ordine appartenente
agli integrali normali iperellittici. Rammentando la relazione :
£ = 5 . 27. A — t*
della mia prima comunicazione (1), oppure la:
ed osservando che dai risultati dei dottori Maschke e Bolza (2), si deducono
le formole seguenti :
e'*4=— i(*}+M-?i) e24=-HM-^+^) <?24=— i(M-*H-&)
e-2 d =— 1 (M-k+W e2 4 =- i (M-M-?*)
t8 4 =— i (Érfk-f&O C2 c2>=- i (Éa+Mrfs)
si otterranno fra le dieci funzioni e e le dieci y le relazioni :
S c5 '= ± (|o8-'-^2-fr(52— fi2— ^2— ^ ?2 4 = I (^2+/r+/,2— /:r— /02— /r )
<?2*04=Wl2+*43+*52— ^2— ^32— tfì ?24 = i(/32+^2+/52— /„*— ^l2— /**)
(?24=7(^^r+//-//-/:r-42) <?8<==£(*«8-K2*H*8— ^2-42— /42)
r<=|(^o2+^2+^2— /a2— tr— 15~) tfef=\{h*+U*+h*— /■/— tf— tr)
(>2 ^4= i W+tf+tS—tf—tf—m Q2 4 = i (V+/32-K2— /r2-/.2— / , -')
essendo, come è noto :
(2,t/)'
P = "•
WH W22 W12 W21
(1) Rendiconti dell'Accademia dei Lincei, seduta del 4 marzo 1888.
(2) Math. Annalen. Bd XXX.
— 489 —
Mineralogia. — Ulteriori osservazioni sui giacimenti minerali
di Val d'Ala in Piemonte. II. L' idocrasio del banco di idocrasio
nel serpentino della Testa Ciarva al piano della Mussa. Memoria del
Socio Struever.
Questo lavoro sarà pubblicato nei volumi delle Memorie.
Fisiologia. — Il sangue embrionale di Scyllium catulus.
Nota XII. del Socio A. Mosso.
« Dovendo fare una serie di comunicazioni sul sangue dei pesci, non
starò a ripetere per ciascuna specie che ho studiato, tutte le cose che ho
già riferito parlando del sangue di specie affini. Per brevità cercherò di
svolgere in ogni Nota un gruppo di osservazioni che mettano in evidenza
qualche fatto generale : e passerò in silenzio le cose che ho già dette, o che
dovrò analizzare più estesamente nelle Note successive.
« Il 27 gennaio 1888 viene portato alla stazione zoologica di Napoli un
uovo di Scyllium catulus pescato alla profondità di 50 m. circa. Apro il gu-
scio e ne estraggo un pesce lungo 14 centim. che fa dei movimenti vivaci.
« Il sig. Lo Bianco mi disse che questo pesce aveva l'età di circa sei
mesi, e che fra una settimana, o due, sarebbe uscito dal guscio. Taglio la
coda dell'animale e raccolgo una goccia di sangue nel liquido Pacini: taglio
un'altra volta la coda e la immergo nell'acido osmico 1 per cento, per met-
tere immediatamente il sangue in contatto col liquido fissatore.
« Dopo determino la resistenza del sangue; ne prendo una goccia nella
soluzione di cloruro sodico al 0,75 % all'I per cento e all'I, 5 per cento. Altre
esperienze fatte prima sul sangue dei Scyllium canicula mi avevano già
mostrato che tale è il titolo delle soluzioni che alterano meno i corpuscoli
rossi dei pesci cani.
« Infatti parecchie ore dopo che ho messo il sangue in queste soluzioni
di cloruro sodico, vedo che nel liquido al 0,75 e all'I per cento vi è una leggera
colorazione rossa, mentre che il liquido all' 1,5 per cento è trasparente e sco-
lorato ed i corpuscoli si sono depositati sul fondo. Si può dunque ritenere
che la resistenza di questo sangue è tra 1 e 1,5. Il sangue coagula rapi-
damente; anche nell'acido osmico 1 per cento e nel liquido Pacini forma
un grumo, e non si mescola come una polvere sottile : e nel deposito che si
forma sul fondo del vaso vi sono dei piccoli grumetti di sangue non sciolto.
« All'autopsia trovo che la milza è rossa e bene sviluppata. Le cellule
che stanno nel plasma della milza trattate col verde metile si coloriscono
immediatamente in verde (1).
0) Queste ed altre osservazioni verranno esposte in una delle seguenti Note dove
parlerò delle ricerche che feci sul sangue della milza e sulle funzioni di quest'organo.
— 490 —
« Acido osmico 1 per cento. I corpuscoli gialli sono generalmente dit-
tici: e il loro diametro maggiore varia fra 22 fi, 75 e 24/t, 50: il minore
fra 10 fi, 5 e 12 fi, 25. Ve ne sono anche dei meno allungati che misurano
21 fi, per 10 fi, 5.
« Guardando un corpuscolo di fianco, nel maggior numero dei casi si
vede che il nucleo fa una sporgenza rotonda da un lato e dall'altro del di-
sco, per cui si ripetono le forme che ho già descritto nel precedente capitolo
parlando del sangue di Mustelus.
« La superficie dei corpuscoli gialli è finamente macchiettata. Sono pic-
cole macchie rotonde e chiare, quasi trasparenti, che in alcune posizioni del
microscopio appaiono scure o gialle, perchè essendo scolorite riflettono il color
giallo della sostanza del corpuscolo in cui stanno racchiuse. Il loro diametro è
di 0,2 fi a 0,3 fi in media, sono disposte irregolarmente in numero di 25, o 50
o 100 per ogni corpuscolo. Spesso sono molto vicine le une alle altre, in
modo che la superficie del corpuscolo sembra un crivello, o rassomiglia alle
foglie pertugiate di alcune piante come YHypericum perforatum. Ritornerò
a parlare di queste macchie in seguito.
« Dentro ai corpuscoli si vede un nucleo ovale, spesso in posizione ec-
centrica od obliqua, qualche volta sta nel mezzo, e il suo diametro maggiore
e minore corrispondono a quelli del corpuscolo. In questo caso si vedono
dei corpuscoli che hanno intorno al nucleo come un alone, od un margine
chiaro. Questo fatto lo si deve attribuire alla sottigliezza maggiore che ha
la sostanza del corpuscolo intorno al nucleo: e di ciò uno può assicurarsi
facilmente esaminando questi corpuscoli di profilo, che mostrano una infos-
satura circolare intorno al nucleo.
« Fra i corpuscoli rossi ve ne sono di tre specie: quelli lisci ed omo-
genei, quelli macchiettati, e quelli granulosi: in questi ultimi la sostanza,
del corpuscolo è come spugnosa e generalmente non lasciano vedere il nu-
cleo. Nei corpuscoli lisci invece si vede che il nucleo è fortemente granuloso.
Questi corpuscoli omogenei hanno generalmente un volume più piccolo di
quelli che sono spugnosi.
n Vi sono dei piccoli corpuscoli gialli ovali che misurano 10 fi, 5 per 7 fi
e hanno dentro un nucleo di B fi, 5: alcuni sono maggiori e visti di fianco
rassomigliano ad un fuso lungo 12,u a 14 fi con un nucleo di 8 fi a 10,".
Ve ne sono che hanno la lunghezza di 17 fi con un nucleo di 10//.
« La nota caratteristica di questi microciti è la grossezza del nucleo
che quasi tocca il bordo esterno del corpuscolo, o non vi rimane separato che
da uno strato sottile della corteccia gialla. Cosicché solo dal lato dell'asse
maggiore vi è un po' di sostanza corticale leggermente granulosa. Spesso, invece
di essere elittici sono quasi rotondi, e allora formano una cellula leggermente
gialla costituita da un nucleo omogeneo di 10 fi che contiene dentro uno, o
due nucleoli splendenti, che hanno il diametro da 0,6 fi a 1 fi e intorno a
questo grande nucleo vi è uno strato di sostanza granulosa spesso 1 a 2 fi.
— 491 —
« Alcuni di questi corpuscoli hanno la figura di un elissòide con un
diametro di 24 fi per 17 /*, e ve ne sono dei più piccoli e di varie forme; al-
cuni di questi grandi nuclei sono elittici e molto allungati, cosicché formano
un corpuscolo di 21 n per 10,u; in essi la sostanza corticale forma uno
strato dello spessore di 1 /<, 75. tutto il resto è nucleo omogeneo.
« I più piccoli misurano da 8 a a 10 /< ; sono molto pallidi, ma visibil-
mente gialli. Di tali corpuscoli in questo sangue ne ho contato da 10 a 15
per cento corpuscoli ordinari.
« La colorazione gialla di questi corpuscoli, il grande nucleo omogeneo
che quasi li riempie, e la presenza di uno o due nucleoli, fanno di questi
corpuscoli un tipo speciale che non li lascia confondere cogli altri.
« Io li considero come corpuscoli giovani, e fino a che non venga me-
glio chiarita l'origine dei corpuscoli rossi, anziché chiamarli col nome di
ematoblasti o di piastrine, per evitare confusione credo sia meglio designarli
colle loro note caratteristiche. Anche il nome di microciti non serve, perchè
abbiamo dei corpuscoli giovani che sono grossi quanto i corpuscoli rossi
adulti, e ve ne sono anche dei maggiori. La grossezza del nucleo, ed i suoi
rapporti colla sostanza corticale, sono a mio parere i criteri più sicuri per
procedere ad una classificazione dei corpuscoli. Noi vediamo infatti che dai
più piccoli, dove tutto è nucleo, esiste una serie ascendente di forme nelle
quali la sostanza corticale diventa sempre più sviluppata,
« Il nucleo cresce finché raggiunge un limite massimo e poi diminuisce :
in questo secondo periodo, nel quale il nucleo si riduce, diviene più spiccata
la forma a disco dei corpuscoli adulti.
Corpuscoli rossi deformati.
« I corpuscoli rossi si alterano e cambiano di forma colla più grande
facilità, specialmente nel sangue embrionale. Qui infatti si trovano molti cor-
puscoli gialli che da una parte sono tirati in punta. Queste punte alcuni le
hanno da entrambe le estremità, talora sono diritte e qualche volta sono pie-
gate leggermente ad uncino. Questi corpuscoli hanno la forma come di una
lacrima di vetro coli' estremità sottile curva o diritta; alcuni presentano duo
strozzamenti per cui da una parte il corpuscolo ha la sua convessità normale ;
poi viene un leggero strozzamento che abbraccia il nucleo e questa seconda
parte del corpuscolo si restringe un po' e quindi termina come un filo: in
alcuni comparisce una terza leggera espansione ; cosicché questi corpuscoli pren-
dono il profilo di certe lancie antiche col bordo sinuoso. Tali corpuscoli che
hanno tre strozzamenti sono quelli che dimostrano con maggior evidenza la
natura del processo che produce le forme irregolari. Non si tratta qui di un
fatto fisiologico di scissione che serva alla riproduzione dei corpuscoli san-
guigni, ma di un fatto morboso, o di un'alterazione cadaverica, che appare
solo quando il sangue si trova in condizioni anormali.
— 492 —
« Che del resto l'acido osinico non basti per fissare immediatamente
tutti i corpuscoli rossi nello stato in cui si trovano uscendo dai vasi, lo prova
il fatto di trovare, in questo medesimo liquido, dei corpuscoli molto più
deformati, che quasi non sono più riconoscibili, tanto sono accartocciati ; essi
formano come una pallottola gialla con sporgenze irregolari ; altri corpuscoli
sono diventati fortemente granulosi.
« Le modificazioni che subisce il sangue quando esce dai vasi, è la parte
che ho meglio studiato in queste ricerche. A tale scopo fissavo i corpuscoli
dentro i vasi immergendo le branchie nell'acido osmico 1 per cento, oppure
facendo con esse dei preparati nel semplice cloruro di sodio. Questo esame
deve farsi sempre, perchè è la pietra di paragone, e non considero come ele-
menti normali del sangue se non quelli che osservo e studio entro ai vasi
sanguigni.
« Servendosi di questo controllo, è facile assicurarsi che i corpuscoli rossi
si alterano profondamente appena escono dal loro ambiente naturale e toc-
cano degli oggetti, o dei liquidi. La sostanza del corpuscolo rosso essendo
contrattile, come dimostrerò meglio in seguito, si restringe in alcune parti e
produce delle forme che rassomigliano ad un rene, ad una patata, o ad altre
cose, che abbiano delle infossature e delle sporgenze: se lo stringimento è
circolare, ne risulta una strozzatura, che può essere centrale o laterale, che
può abbracciare il nucleo, o lasciarlo intatto ; così si producono dei corpuscoli
che nel profilo rassomigliano ad un 8, o ad una borsa a maglia, ecc.
« È stato Bizzozero il primo che ha descritto queste forme di corpu-
scoli nella Memoria da lui presentata a questa Accademia il 2 dicembre 1883
insieme al dott. Torre. Credo indispensabile citare un passo di questo im-
portante lavoro:
« Tra <i globuli rossi dei ciprini, ed anche di qualche individuo degli
» altri pesci da noi esaminati, trovammo talvolta degli elementi che meri-
« tano particolare menzione (fig. 4). In qualche caso essi erano abbastanza
« numerosi ; in preparati di sangue o di milza dei ciprini talora ne con-
« tammo uno o due per ogni campo di microscopio. Gli elementi in que-
« stione sono di differente aspetto. Alcuni sono in tutto simili ai soliti gio-
ii buli rossi adulti salvo che nel nucleo, il quale invece di essere ovale, ha
« uno strozzamento equatoriale che lo fa rassomigliare ad un 8. In altri la
« cellula è essa pure allungata e strozzata equatorialmente, e le due metà
« del nucleo non aderiscono fra loro che per un filo. Se ne vedono altre
« ancora, in cui le due metà del corpo cellulare sono allontanate luna
« dall'altra, contenenti ciascuna un nucleo e riunite fra di loro per un pe-
li duncolo colorato debolmente dall'emoglobina, od anche incoloro, ora di-
« ritto ora curvo in modo da dare all'elemento la forma di bisaccia.
« Non possiamo negare che questi elementi ci hanno fortemente im-
« pressionati, e che, per quanto ci ripugnasse d'ammettere che nei pesci la
« scissione dei globuli rossi decorra in modo diverso dagli altri vertebrati,
— 493 —
« ci abbiano fatto travedere la possibilità che in questi animali i globuli
« rossi si moltiplichino per scissione diretta. D' altra parte, però, il fatto
* che esse ci occorsero quasi soltanto nei ciprini, non è favorevole alla sup-
« posizione che esse ci rappresentino una forma fisiologica costante dell' or-
« gallismo dei pesci « .
« Nelle figure che diede il prof. Bizzozero di questi corpuscoli rossi
colla forma di bisacce, il nucleo è diviso da imo strozzamento, oppure vi sono
due nuclei nelle due metà del corpuscolo. Questo è il caso più comune ; ma
nel sangue dei selaci e dei teleostei ho potuto assicurarmi che non succede
sempre così e che il nucleo può restare tutto da una parte, e dall'altra non
vi è che sostanza gialla.
« Il dubbio espresso dal prof. Bizzozero che non si tratti qui di una
forma fisiologica, venne pienamente confermato dalle mie osservazioni. Infatti
io non ho mai riscontrate tali forme nei vasi sanguigni, ed ho invece veduto
che si producono in abbondanza quando espongo il sangue a degli agenti
energici, che mettono in azione la contrattilità dei corpuscoli rossi. È special-
mente nel liquido Kleinenberg e nel liquido Pacini che si produce più facil-
mente questa alterazione dei corpuscoli rossi che Bizzozero paragonò giustamente
alla forma delle bisacce. Siccome osservai le medesime forme anche negli
animali a sangue caldo, ritornerò nelle seguenti Note su questo argomento,
quando parlerò del sangue embrionale degli uccelli e dei mammiferi (I).
Cellule granulose.
« Leydig (2) distinse per il primo nel sangue dei Selaci tre specie di
cellule, cioè: 1° i corpuscoli ovali e colorati, 2° i corpuscoli senza colore,
pallidi e rotondi e 3° le cellule granulose (Kòrnchenzellen) che sono due
volte più grosse dei corpuscoli incolori.
« La caratteristica del sangue embrionale è la scarsità, o la mancanza
dei leucociti, e la presenza di cellule granulose gialle; così almeno risulta
da tutte le osservazioni che ho fatto fino ad ora.
« Lasciando un preparato di sangue fresco due ore sotto il microscopio, il
numero delle cellule granulose diventa maggiore, perchè vi sono dei corpuscoli
(!) Il prof. Mondino e il dott. L. Sala pubblicarono recentemente una Memoria Sulla
produzione delle piastrine nel sangue dei vertebrati ovipari, Palermo 1888, intorno alla
quale avevano presentato una Nota all'Accademia dei Lincei nella seduta dell'8 aprile scorso.
Le figure che essi diedero mi fanno l'impressione che non si tratti di un processo fisiolo-
gico di scissione delle piastrine, ma semplicemente di un'alterazione a bisacce di alcuni
corpuscoli sanguigni della rana. Per togliermi questo dubbio dovrò prima assicurarmi che
tali forme in scissione esistono dentro i vasi sanguigni e questo fino ad ora, uè a me, né ad
altri è stato possibile di osservarlo.
(2) F. Leydig, Lehrbuch dcr Histologie, pag. 150.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 6-1
— 494 —
che si scoloriscono; specialmente nel cloniro sodico scomparisce presto l'emo-
globina. Abbiamo dei corpuscoli rossi scolorati che rimangono lisci, ed altri
in cui la sostanza corticale diventa granulosa, per cui si formano delle cel-
lule rotonde di 14 (i che rassomigliano ai leucociti.
« Vi sono delle cellule granulose di colore giallognolo che hanno i gra-
nuli in movimento, come ho già descritto per le granulazioni piccole e grandi
dentro ai corpuscoli del pus e nei corpuscoli rossi in degenerazione.
« L'origine e la struttura delle cellule granulose nel sangue dei Sei ari
le studierò minutamente in una prossima Nota; qui si vede che la loro
tinta giallognola è un residuo dell'emoglobina del corpuscolo rosso primitivo,
non una semplice imbibizione colla emoglobina che possa esservi nel siero.
Le cellule finché si muovono non assorbono emoglobina, e anche quando sodo
immobili non mi è riuscito di tingerle coll'ossiemoglobina sciolta nel siero,
od in altri liquidi. Su questo fatto, che ha una grande importanza per la mia
dottrina della necrobiosi dei corpuscoli rossi, ritornerò in seguito.
« Le traccie evidenti di color giallo nelle cellule granulose mi inducono
a ritenere che questi elementi derivino dai corpuscoli rossi. Un altro argomento
si impone subito agli occhi, ed è la forma di alcune cellule granulose, che
conservano esattamente le dimensioni e la forma dei corpuscoli rossi.
« Vi sono delle cellule granulose che sembrano avere due nuclei ; invece
guardandole meglio si vede che hanno un nucleo solo piegato come un C ; in
altri il nucleo è piegato come una lettera S. Queste cellule nel sangue embrio-
nale del Scìjllium sono quelle dove si vede la maggiore irregolarità dei nuclei;
in alcune si ripetono i medesimi strozzamenti e le medesime forme a bisacce
che abbiamo riscontrato nei corpuscoli rossi.
« Siccome si trovano delle cellule granulose che hanno un nucleo grande
e di quelle invece che hanno il nucleo piccolo, credo dover supporre che il
fatto dello scolorirsi, e del diventare granuloso sia un processo di morte che
attacca gli elementi giovani e gli elementi vecchi del sangue. Questo mi pare
ragionevole ed io non saprei spiegare in altro modo i fatti osservati.
« Fino a che si tratta, come succede qui, di una alterazione del sangue fuori
del suo ambiente naturale, non è una gl'ave complicazione che i corpuscoli
giovani e quelli vecchi muoiano della stessa malattia. Il problema ci sem-
brerà più complesso, quando fra poco vedremo delle forme granulose dentro
i vasi sanguigni, le quali ci assicurano che vi è un processo comune di necro-
biosi che attacca non solo i corpuscoli decrepiti, ma anche gli adulti ed i
giovani; per cui alcune di questi cessano di vivere, prima di essere giunti
alla loro completa maturità.
« Nel sangue embrionale di Scyllium ho trovato qualche leucocito che
si muoveva, e colla camera lucida ho potuto disegnare tutti i cambiamenti
del suo profilo. Uno lo seguii dall'apparizione di uno strozzamento centrale,
fino all'ultima fase in cui vi erano due masse eguali, globose, che sembra-
vano staccate, senza però essere divise.
— 495 —
a Non mi è mai capitato di osservare una scissione completa, in modo
che le due metà del corpuscolo si separassero l'ima dall'altra. Ho veduto
spesso dei nuclei che sgusciavano dall'interno della sostanza corticale, ma
non ho veduto ancora una cellula contrattile, o un corpuscolo rosso separarsi
in due metà, quantunque la cosa sia possibile, perchè altri l'ha già osservato.
« Nel verde metile le cellule granulose diventano violette ; alcune hanno
il nucleo verde e la sostanza granulosa violetta. I corpuscoli gialli hanno pure
il nucleo violetto, mentre che i corpuscoli rossi scoloriti l'hanno verde.
« Il fatto che i leucociti sono meno abbondanti nel sangue durante la
vita fetale e mancano completamente nell'embrione, è un fatto che viene in
appoggio alla dottrina della necrobiosi dei corpuscoli rossi. L'epoca nella
quale compaiono i primi leucociti nel sangue fetale, ci indicherebbe presso
a poco la lunghezza della vita dei corpuscoli rossi; perchè i leucociti io
li considero come elementi decrepiti e forme cadaveriche.
« L'esistenza di soli corpuscoli rossi nel sangue embrionale, mi obbliga
a fare altre considerazioni ed entrare in un campo assai controverso. Non
intendo di svolgere la letteratura di questo argomento. Il Socio Bizzo-
zero presentò a quest'Accademia una sua Memoria molto interessante sulla
produzione dei globuli rossi, e non ho da aggiungere nulla a qurnto egli ha
già detto 0).
« Dopo lo scritto di Bizzozero, M. Lowit (2) con una serie di lavori sostenne
il concetto primitivo di Kolliker, che i corpuscoli rossi derivano da cellule prive
di emoglobina. Certo nella sua primissima origine il sangue deve derivare
da cellule bianche, ma non è men vero, che dentro i vasi sanguigni del pul-
cino nel quarto giorno non se ne trovano più, e anche nell'embrione del
coniglio, quando è lungo 10 mm. non ho più veduto delle cellule bianche,
e nei pesci mancano pure i leucociti nel sangue embrionale.
« Non è possibile fare rapidamente un cenno delle ricerche di Lowit,
tanto sono numerose e svariate le sue osservazioni ; ma è facile dimostrare
che probabilmente egli non ha osservato il sangue in condizioni normali.
Infatti per lo studio della linfa e del sangue egli adopera un liquido che
scolorisce completamente i corpuscoli rossi (3). Non tiene conto delle altera-
zioni di contatto, e prende il sangue dal cuore con un schizzetto di Pravaz,
oppure essica il sangue col metodo di Ehrlich e lo riscalda fino a 110° o 120°.
(i) G. Bizzozero, Memorie dell'Accademia dei Lincei, XVIII, 2 dicembre 1883.
(2) M. Lowit, Sitzungber. d. k. Akad. d. Wiss. in Wien 1883. Bd. 88, III, Abth.
p. 356. Bd. 92, III, Abth. p. 22 Bd. 95. Ili Abth. Miirz 1887.
(3) A, 5 a 6 ce. di una soluzione di cloruro sodico all'I per cento. Lowit aggiungo
3 a 6 goccie di una soluzione allungata del miscuglio di Flemming che ha la seguente
composizione: acido cromico 1 per cento, 30; acqua, 30; acido osmico 2 per cento, 8;
acido acetico 2.
— 496 —
oppure adopera un liquido fissatore che scolorisce ugualmente molti corpuscoli
rossi. Lowit dice che è il liquido Pacini modificato ; a me sembra piuttosto
una modificazione del liquido Hayem, colla differenza in peggio che contiene
meno bicloruro di mercurio ; infatti esso consta di 300 ce. di acqua ; cloruro
sodico 2 gr. ; solfato di soda 5 gr. ; sublimato corrosivo 5 ce. di una soluzione
satura a freddo. Siccome alla temperatura ordinaria di 15° il bicloruro di
mercurio si scioglie nella proporzione di circa 7 gr. in 100 gr. di acqua, il
liquido di Lòwit contiene una dose di sublimato corrosivo che è inferiore
alla metà di quella del liquido Hayem. Ho già dimostrato nella Nota X. che
la dose del bicloruro di mercurio è insufficiente nel liquido Hayem; e quanto
ho già detto in proposito, vale a [ardori pel liquido di Lowit, Infatti para-
gonandolo colla soluzione di acido osmico 1 per cento, è facile persuadersi
che altera molti corpuscoli del sangue e li scolorisce.
« Le discrepanze e le contraddizioni degli autori dipendono dalla diffe-
renza dei metodi adoperati nello studio del sangue, e la concordia potrà solo
stabilirsi quando siasi perfezionata la tecnica in modo da fissar bene i corpu-
scoli del sangue senza alterarli colle manipolazioni.
« Hayem ebbe il grande merito di aver messo le basi delle ricerche
sull'evoluzione dei corpuscoli del sangue. Non sono d'accordo con lui su tutti
i punti ; ho già detto che egli ha confuso i leucociti cogli ematoblasti, e
viceversa una differenza da lui stabilita fra gli ematoblasti ed i leucociti,
riguardo ai movimenti, non esiste; perchè nel sangue embrionale dei pesci ho
veduto che gli ematoblasti eseguiscono gli stessi movimenti dei leucociti;
temo che studiando il sangue nei vasi col metodo di Cohnheim abbia confuso
cogli ematoblasti dei corpuscoli rossi scolorati durante la stasi venosa; ma è
pur sempre vero, che Hayem portò un largo contributo di conoscenze alla
storia del sangue e le descrizioni che ho fatto nelle pagine precedenti dei
giovani corpuscoli rossi, corrispondono in molti punti a quanto Hayem aveva
già pubblicato per il sangue della rana fino dal 1879.
« Ma Hayem non si occupò dell'origine vera dei giovani corpuscoli: fu
Bizzozero che diede queste ricerche alla scienza colla serie memorabile delle
sue ricerche. Nella Memoria che Bizzozero e Torre hanno presentato a questa
Accademia nel 1883, sulla produzione dei globuli rosai, dimostrarono fra
l'altre cose che :
« Nei vertebrati inferiori (rettili, anfibi e pesci) il sangue circolante
« presenta quella particolarità che allo stato embrionale si osserva nel sangue
« di tutti i vertebrati, contiene cioè in maggiore o minor numero dei globuli
« rossi giovani, e delle forme in scissione indiretta.
« Ho confermato pienamente le osservazioni di Bizzozero e Torre an-
che nei pesci.
« Nella tecnica fisiologica manca fino ad ora un metodo, che metta in
evidenza le figure cariocinetiche senza alterare profondamente la struttura
— 497 —
dei corpuscoli sanguigni, e togliere ad essi l'emoglobina, o renderli colla
coagulazione prodotta dai reagenti così diversi dal loro stato normale, che
non sono più riconoscibili. Ritornerò in seguito su questo argomento ; per
ora mi limito ad esporre le osservazioni che ho fatto coli' acido osmico 1 per
cento sul sangue di questo Scyllium catulus.
« In ogni preparato si trovano degli elementi giovani in scissione, forse
2 o 3 per cento corpuscoli adulti. Sono cellule omogenee formate da un grande
nucleo della lunghezza di 14 fi a 17 fi: nel primo stadio della scissione pre-
sentano la forma di un rene, o di un fagiolo ; vi è una infossatila che in
altre cellule prende l'aspetto di una linea che divide il nucleo in due : e
ciascuna metà conserva un nucleolo ed è rivestita della sostanza corticale
che si accumula alle estremità opposte.
« La caratteristica di questi corpuscoli è, che il processo di scissione
appare solo nel nucleo e non alla superficie della cellula, la quale conserva la
sua forma elissoidea. Si vedono tutti i passaggi della scissione endogena:
fino all'ultime forme, che constano di elementi rivestiti da uno strato leg-
germente granuloso, che ricopre come un velo sottile due nuclei staccati
l'uno dall'altro e lontani da 1 fi a 2 fi. Questi nuclei sono ovali ; misurano
da 8fta9 /« in lunghezza, da 5/i a7 fi in larghezza. Altre volte si vedono
però delle cellule eguali per struttura che hanno dentro invece di due, tre
divisioni, e in alcuni sembra che non si tratti di una vera scissione, ma di
protuberanze del nucleo per cui assumono l'aspetto di masse isolate, o con-
giunte appena per un piccolo tratto in qualche punto. Tali forme si allontanano
molto dal tipo della scissione per cariocinesi.
« Lo studio di questi elementi è importante, perchè nella fisiologia del
sangue non è ancora deciso, se l'opera della riproduzione dei corpuscoli rossi
si compia nel sangue che circola nei vasi ; come pure non sappiamo se vi è un
solo, o due modi di generazione dei corpuscoli ; se cioè la riproduzione sia uni-
camente affidata alle cellule adulte, o se dovendo queste compiere l'ufficio
della respirazione e della nutrizione dei tessuti, divengano incapaci alle fun-
zioni riproduttive, e siano i giovani corpuscoli che si moltiplichino.
« Malassez nella sua importante Memoria : Sur V origine et la formation
cles globides rouges dans la moèlle des os (!) ha già posto chiaramente tale
questione : e i fatti da lui osservati sono degni di fiducia per la critica che
fece dei metodi della tecnica, e l'uso dell'acido osmico da lui raccomandato.
Un'altra ipotesi è che gli elementi in scissione così abbondanti nel sangue
embrionale siano delle forme in necrobiosi, e dei corpuscoli giovani che
muojono prima di aver raggiunto il loro sviluppo. Nelle prossime Note cer-
cherò di risolvere questo problema » .
(!) Laboratoire d'histologie du Collège de Franco. Travaux de l'année 1882.
(2) Eend. della E. Acc. dei Lincei, 4 marzo
498 —
Fisica. — Di alcuni nuovi fenomeni elettrici, provocati dalle
radiazioni. Nota II. del Corrispondente A. Righi.
« Continuando nello studio di questi fenomeni, ho realizzata un'espe-
rienza, che mi pare di natura tale da fornire qualche criterio intorno alla
loro causa.
« Ho fatto rilevare, alla fine della mia prima Nota (2), che dal com-
plesso dei fatti sembrava potersi supporre, che delle particelle materiali elet-
trizzate partissero, sotto l'azione delle radiazioni ultraviolette, dai corpi elet-
trizzati negativamente, e recassero le loro cariche ai corpi elettrizzati
positivamente. Nel caso delle mie esperienze, essendo p. e. negativo il disco
di rame dorato e positiva la tela d'ottone, la convezione elettrica avrebbe
luogo a partire dal disco, per non cessare che allorquando i due metalli sono
ridotti allo stesso potenziale, e quindi sono privi di carica nelle loro super-
ficie prospicienti.
« Se questa convezione elettrica esiste effettivamente, e se il conduttore
negativo illuminato è facilmente movibile, esso deve spostarsi per reazione,
alla stessa maniera delle alette d'un radiometro.
« Pensando che la differenza di potenziale di contatto non fosse sufficiente
ad ottenere questo effetto,, ho cercato di realizzare l'esperienza, facendo co-
municare il metallo col polo — di una pila secca, e l'esperienza è riuscita.
« Ecco come ho disposto l'apparecchio. Una cassetta a pareti quasi
tutte di vetro, meno che dalla parte per cui devono entrare le radiazioni,
ove essa è chiusa con selenite (corpo questo assai permeabile alle radiazioni
ultraviolette), difende la parte mobile dalle correnti d'aria. Questa parte mo-
bile poi consiste in due laminette di alluminio, portate da una leva orizzontale
sospesa a due fili di bozzolo.
« I moti della leva si osservano per mezzo d'un piccolo specchio, e con
cannocchiale e scala.
« Fatta comunicare una delle lastrine col polo — della pila, appena che
le radiazioni dell'arco voltaico (fra carbone e zinco) cadono sul sistema, si
vede lo spostamento nel senso previsto. Se si sopprime la pila, le radiazioni
più non producono tale effetto, giacché la seconda lamina di alluminio com-
pensa gli effetti dovuti alle correnti d'aria provocate dal riscaldamento della
prima, e così pure accade se lasciando le comunicazioni colla pila, si pone sul
cammino delle radiazioni una lastra di vetro, che assorbe i raggi ultravioletti.
« Senza entrare, per ora, in maggiori dettagli aggiungerò, che l'espe-
rienza è riuscita in modo tale, che mi pare non lasci alcun dubbio circa la
causa del moto osservato, e cioè sembrami escluso che esso sia dovuto ad
azioni elettrostatiche, a correnti d'aria provocate da riscaldamento, ecc.".
— 499 —
Astronomia. — Sulla distribuzione in latitudine dei fenomeni
solari osservati al R. Osservatorio del Collegio romano nel 1° tri-
mestre del 1888. Nota del Corrispondente P. Tacchini.
« Dalle latitudini eliografiche calcolate per ogni protuberanza, gruppo
di facole, gruppo di macchie e per ogni eruzione solare, ho ricavato il se-
guente quadro, che dà la frequenza relativa di ogni ordine di fenomeni in
ciascuna zona di 10 in 10 gradi.
Latitudine
Macchie
Eruzioni
Facole
Protuberanze |
0 0
90+80
0,000 \
0,000 \
0,000 \
0,008 \
80+70
0,000
0,000
0,000
0,014 1
70+60
0,000 1
0,000 1
0,000 J
0,016 j
60+50
0,000 f
0 000 f
0,000 !
0,04 1 1
50+40
0,000/ 0,500
0,000) 0,167
0,000) 0,334
0,054 ) 0,370
40+30
0,000 l
0,000 1
0,024 1
0,054 I
30+20
0,000 1
0,000 I
0,024 1
0,044 1
20+10
0,125
0,000
0,000
0,078
10.0
0,375 '
0,167 ;
0,286
0,058 1
0-10
0,500 1
0,167 \
0,476 \
0,050 \
10-20
0,000
0,666
0,166
0,087
20—30
0,000 1
0,000 !
0,024 1
0,115 1
30-40
0,000 1
0,000 1
0,000 [
0,107?
40-50
0,000/ 0,500
0,000 > 0,833
0,000 > 0,666
0,169 ) 0,630
50-60
0,000 1
0,000 l
0,000 1
0,066 l
60—70
0,000 1
0,000 \
0,000 !
0,020 1
70-80
0,000 1
0,000 1
0,000 ]
0,010 1 ■
80-90
0,000
0,000
0,000
0,006 |
« I gruppi delle macchie furono egualmente frequenti al nord e al sud
dell'equatore solare e tutti contenuti fra i paralleli -f- 20° e — 10°. Le
eruzioni si presentarono quasi tutte nell'emisfero australe col massimo di
frequenza nella zona ( — 10° — 20°); anche le eruzioni si mantennero in una
ristretta zona equatoriale compresa fra i paralleli -f- 10° e — 20°.
« Le facole furono, come le eruzioni, assai più frequenti al sud del-
l'equatore, con un massimo nella zona (0° — 10°) come le macchie. Le facole
si estesero a latitudini superiori a quelle delle macchie e delle eruzioni.
« Le protuberanze idrogeniche furono più numerose nell'emisfero australe
come le eruzioni e le facole, e il massimo assoluto di frequenza ebbe luogo
— 500 —
nella zona ( — 40° — 50°), cioè in regioni assai lontane da quelle in cui si
osservarono le macchie e le eruzioni solari. Le protuberanze, a differenza degli
altri fenomeni, si presentarono in tutte le zone, e si mantennero abbastanza
frequenti tanto al nord che al sud dell'equatore fino a 60 gradi di latitudine,
e da quei paralleli diminuisce poi rapidamente il loro numero, come nell'ul-
timo trimestre del 1887. Anche in questa nuova serie di osservazioni è dunque
chiaro, che non si può ammettere la stretta relazione fra le macchie solari
e le protuberanze, nel senso che le protuberanze siano prodotte da macchie
o da fori, perchè appunto abbiamo il fatto, che le protuberanze si possono
presentare colla maggior frequenza in regioni solari, nelle quali mai si osser-
vano macchie né fori » .
astronomia. — Stili' eclisse totale di soie del 19 agosto 1887
osservato in Russia e nel Giappone. Nota del Corrispondente
P. Tacchini.
« Il sig. Handrikof, professore di astronomia nella università russa di
Kief, aveva scelto, 25 anni or sono, per tema della sua dissertazione dotto-
rale, il calcolo di questo eclisse visibile dalla Russia, e desideroso di osser-
varlo si era recato sul monte fìlagodatj che trovasi nel versante orientale
degli Urali, a 58°. 17' di latitudine nord e 3h.59m di longitudine est da
Greenwich. Il posto da lui scelto era assai vicino alla linea centrale dell'e-
clisse. L' Handrikof, contro la previsione dei meteorologisti russi, fu abbastanza
favorito dal buon tempo, per modo che egli potè fare diverse osservazioni
durante la totalità, e di cui ha reso conto in una relazione accompagnata
da 4 tavole in cromolitografia ed una figura intercalata nel testo.
« Quando il disco lunare si projettò su quello del sole, egli dice di
avere osservato con precisione i monti della luna, ed arrivata l'occultazione
a metà non ebbe ad accorgersi di grande diminuzione nella luce. Invece una
rapida diminuzione di luce incominciò ad avvertire 10 minuti prima dell'e-
clisse totale, e allora gli oggetti apparivano giallastri e la carta giallo-rossa.
Poco prima della totalità, 15 secondi, la sottile falce solare fu suddivisa
dalle prominenze della luna, e il corno nord-est si vide molto spuntato, ed
a quel posto, poco distante dalla punta del corno, scorgevasi il contorno
della luna esternamente al sole, perchè si proiettava sulla corona, che inco-
minciava ad apparire.
« Al momento del primo contatto, allo sparire cioè dell'ultimo punto
lucente del sole, l'Handrikof dice che si accese improvvisamente, tutto intorno
al nerissimo disco lunare, un meraviglioso fuoco d'artifizio; apparve cioè la
corona di uno splendore argenteo coi suoi raggi e pennacchi luminosi e le
protuberanze, che illuminandosi presero tali colori, che invano si cercherebbero
— 501 —
sulla tavolozza del pittore. Le meravigliosa lingue di fuoco erano di co-
lore azzurro-rosa. Al principiare della totalità dell'eclisse egli notò quattro
protuberanze all'orlo orientale del sole, di cui quella più a sud aveva le
maggiori dimensioni ed era visibile anche ad occhio nudo. Le tre minori
coli' avanzarsi della luna scomparvero, mentre la più grande rimase visibile
fino alla fine dell'eclisse totale. Le sue dimensioni possono dirsi colossali,
soggiunge l'Handrikof, perchè in altezza arrivava circa a un terzo del raggio
solare.
« In quella giornata le osservazioni spettroscopiche solari in pieno sole
riescirono tanto a Roma che a Palermo, eseguite dai signori assistenti Chi-
stoni e Mascari. In tutto furono osservate 10 protuberanze, le quattro più grandi
delle quali vennero egualmente studiate nelle due specole, e i disegni trovansi
abbastanza bene in accordo, come bene si accordano le posizioni assegnate
alle protuberanze medesime. Tre di esse formano come un gruppo a sé, nel-
l'emisfero boreale del sole, e l'altra, la più alta di tutte, stava isolata nell'e-
misfero centrale, ed era la più bella protuberanza fra quelle osservate in
quel giorno. Questa protuberanza figura nel disegno del sig. Handrikof, e
così il gruppo da 691 a 922 est trova il suo riscontro tanto nei disegni del
professore russo, come nelle fotografie del Giappone, fatte a Yòmeiji-yama
dal sig. Sugiyama, ad una latitudine di 37°.37' nord e longitudine 138°. 39'
est di Greenwich. Qui notiamo il fatto, che mentre nelle osservazioni spettro-
scopiche in pieno sole, la più alta protuberanza di quel gruppo non arriva
che a 60", le altezze notate dal sig. Handrikof sono quasi il doppio; così
la protuberanza a 147° trovata di un'altezza di 64" tanto a Roma che a
Palermo, è egualmente più alta nella osservazione a sole eclissato. Inoltre
il sig. Handrikof assicura, che durante la totalità la più alta protuberanza
arrivava almeno in altezza a 300" ; e deve essere stato così, perchè rimase
visibile ad occhio nudo fino alla fine dell'eclisse totale, mentre le atre tre
sparirono coli' avanzarsi della luna. Inoltre il sig. Handrikof ha operato da
astronomo, e le cortesi lettere scritteci da lui, ci hanno fornito i dati sicuri
per il confronto che ci interessava di fare. Or bene, tanto a Palermo che a
Roma, in quella parte del bordo solare ed a molta distanza a nord e a sud
dal posto determinato dall'osservatore, non fu veduta che semplice cromosfera
con qualche basso fiocco più o meno lucente; siamo dunque in un caso ana-
logo a quelli da me riscontrati all'isola Carolina e in Grenada nel 1883
e 1886, cioè di grandi protuberanze osservate distintamente durante l'eclisse
totale, mentre erano affatto invisibili collo spettroscopio a pieno sole.
« Allo stesso ordine di fenomeno deve appartenere il grande tratto roseo
esservato dall'Handrikof sul bordo occidentale, che si estendeva su di un
arco di 60 gradi. L'altezza di questa massa rosea era ovunque di circa due
minuti d'arco, vale a dire una altezza rispettabile se paragonata alla media
altezza delle protuberanze idrogeniche solari ; or bene in pieno sole in quel
Eendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 65
— 502 —
tratto di bordo non fu veduta, che semplice cromosfera, tanto a Roma che
a Palermo.
« Questo gruppo di protuberanze, che il sig. Handrikof dice assai impor-
tante e che veniva a costituire come un enorme rialzo della cromosfera in
grande estensione, trovasi anche riprodotto nelle fotografie, dalle quali si
vede anche come fosse dotato di luce assai intensa e fotogenica, perchè nella
parte centrale si sovrappone nella fotografia al disco lunare, che rimane cosi
come intaccato, con leggera irradiazione anche più internamente, cioè verso
il centro della luna.
« Tale particolarità è pure visibile nelle fotografie fatte dal sig. Karelin
di Nijny-Novgorod, quantunque il cielo fosse ingombro sempre da nebbie e
nuvole. Invece la grande protuberanza, veduta anche ad occhio nudo, non
arrivò ad impressionare la lastra fotografica, ma solo vi ha in quella dire-
zione un rialzo nella traccia della corona, alto appunto un terzo del raggio
lunare, e che rimase attivo anche 34 secondi prima della fine della totalità ;
così eguale rialzo della corona corrisponde al gruppo delle protuberanze
boreali all'est, e molto più marcata ed alta vedesi la corona in quel tratto
corrispondente all'arco vivo di protuberanze all'ovest. Delle altre protube-
ranze poi non si ottenne nelle fotografie, che la sola impressione della loro
base. Abbiamo così da registrare altri casi, in cui molti oggetti appartenenti
alla cromosfera ed atmosfera solare mentre sono visibili durante un eclisse totale
di sole e fotografagli, non sono visibili colle ordinarie osservazioni spettrali.
Sembra poi risultare dalle fotografie giapponesi un nesso fra le protuberanze
e la maggiore estensione della corona. E sebbene il direttore dell'osservatorio
di Tokio dichiari modestamente di non avere avuto a sua disposizione buone
macchine, e di non avere ottenuto risultati soddisfacenti, pure noi crediamo
che quelle fotografie abbiano ugualmente una grande importanza, perchè le
cose fotografate a Yómeiji-yama si completano con quelle osservate sul
Blagodat, oltre che la fotografia dimostra la realtà della corona solare, da non
confondersi con quegl' altri fenomeni, che possono prodursi per il semplice
incontro dei raggi solari colla luna, e che non trovansi, nel caso di questo
eclisse, riprodotti nelle fotografie, ad onta che il sig. Handrikof dichiari, che
tutti i raggi e pennacchi erano di un intenso splendore argenteo e immobili
conservando la loro forma e posizione per tutta la durata della totalità.
« Eitornando ora alle protuberanze, abbiamo rimarcato come la più
grande rimanesse visibile fino alla fine dell'eclisse totale, e come la sua
altezza fosse cinque volte maggiore di quelle osservate in quel giorno a pieno
sole, e come quelle vedute anche in pieno sole, apparissero tutte ben più alte
durante la totalità ; ora aggiungeremo che anche in larghezza le protuberanze
vedute durante l'eclisse sorpassavano le corrispondenti osservate in pieno sole,
e più del doppio. Tali differenze sono dell'ordine di quelle da noi trovate in
altri eclissi, e confermano il fatto, che cioè allo spettroscopio noi non vediamo
— 503 —
che la parte interna, dirò così l'ossatura, di una protuberanza, mentre l'invo-
lucro esteriore più largo assai ed alto, si rende solo visibile in occasione di
eclissi totali. Il materiale delle protuberanze sorpassando certi limiti di altezza
rispetto alla cromosfera, si raffredderà rapidamente arrivando a farsi solido
specialmente nelle parti più elevate, per modo che quel materiale non rie-
scirà più visibile colla osservazione spettrale. Quelle protuberanze poi, e finora
sono le più alte, di cui non si ha traccia allo spettroscopio, mentre così bene
osservansi anche ad occhio nudo durante un eclisse totale, io ritengo altro
non siano, che materie solide sospese a grande altezza nell'atmosfera solare,
sulle quali proiettandosi il disco lunare ne nasce l'apparenza di protuberanze,
come le intendiamo ordinariamente, cioè oggetti attaccati o sfilanti dalla
cromosfera, mentre in realtà possono essere intieramente staccati e intiera-
mente molto distanti dalla superficie del sole, come il pennacchio argenteo
veduto, da me pure, durante l'eclisse del 1882, e che aveva la forma di
una cometa.
« Le cose più importanti osservate durante la totalità di quest'ultimo
eclisse stavano nell'emisfero australe del sole, e ciò sembrami importante di
fare rimarcare che sta in relazione col risultato da me ottenuto colle ordi-
narie continue osservazioni, che cioè allora come oggi la maggiore attività
solare si è manifestata quasi costantemente nell'emisfero australe del sole ;
così dicasi della corona, la cui estensione fu più grande al sud che al nord
dell'equatore (')• Ciò mi sembra di una grande importanza, perchè collega
assieme i fenomeni coronali, quelli della cromosfera e fotosfera e quelli più
straordinari, che in seno all'atmosfera solare possiamo vedere solamente a
sole totalmente eclissato.
« Il sig. Handrikof nota poi in fine della sua Memoria, come essendo
allora vicini al minimo delle macchie solari, si dovesse attendere una scarsa
comparsa di protuberanze durante l'eclisse totale dell'agosto 1887, ed aven-
done invece veduto parecchie e molto grandi, esso conchiude che ciò forma
la contraddizione della relazione, che dovrebbe esistere fra macchie e protu-
beranze. Duolmi che il gentilissimo sig. Handrikof non abbia avuto occasione
di fermare l'attenzione sua sulle numerose serie di osservazioni solari da me
pubblicate, perchè si sarebbe facilmente convinto, che la relazione fra i due
fenomeni nel senso da lui considerato noi non l'ammettiamo, e che appunto
abbiamo già osservazioni a migliaja, che dimostrano come certi massimi nel
fenomeno delle protuberanze avvengono in regioni solari, ove uè macchie né
fori si presentano mai. Non bisogna confondere il fenomeno generale delle
protuberanze idrogeniche con quelle protuberanze, che d'ordinario sogliono
accompagnare i gruppi delle macchie. D'altra parte non neghiamo, che una
relazione esista fra i diversi fenomeni, che anzi abbiamo contribuito a
(]) Montly Notices. London, February 1888.
— 504 —
dimostrarla, ina bisogna bene intenderla in un senso largo, cioè nel senso che
nell'epoca della maggiore attività solare come si hanno molte e grandi mac-
chie si presentano anche molte e grandi protuberanze, mentre le vere epoche
dei rispettivi massimi assoluti non vanno rigorosamente di accordo, perchè
le osservazioni finora raccolte fanno vedere ad esempio, che il maximum
delle protuberanze segue il maximum delle macchie, ciò che si è notato
anche per le aurore polari. Ma poi vi è un'altra considerazione da fare, ed
è che le osservazioni di eclissi totali di sole sono troppo rare, mentre per
ben giudicare dei rapporti fra i fenomeni che di giorno in giorno andiamo
osservando nel sole e quelli visibili a sole eclissato, occorrerebbe un eclisse
totale per giorno, mentre un tale fenomeno si ripete a lunghi intervalli di
tempo. Solo dopo molte osservazioni si potrà stabilire l'importanza di ciò
che spetta ad un dato eclisse in rapporto alla attività solare, mentre oggi
tutto si confonde assieme sotto il nome di protuberanze. Così mentre noi
abbiamo ragione nel dire, che nel giorno dell'eclisse dell'agosto 1887 al bordo W
del sole non vi erano protuberanze, il sig. Handrikof ha pure ragione nel dire,
che in quello stesso giorno allo stesso posto osservò una stupenda serie di
protuberanze per il fatto, che l'osservazione sua corrisponde a sole totalmente
eclissato, mentre a Roma e Palermo si osservava a sole pieno.
« La parola dunque protuberanza può in questi casi avere l'identico si-
gnificato per i diversi osservatori ? Noi crediamo di no. Bisogna dunque con-
chiudere, che vi è ancora molto da studiare, e bisogna augurarsi, che in
avvenire vi siano molti, i quali a somigliarf/a del sig. Handrikof, abbiano la
premura di recarsi in lontani paesi per osservare astronomicamente gli eclissi
totali di sole, accettando una distribuzione di stazioni senza riguardo alcuno
alle comodità personali, ma solo stabilita in vista della maggioro probabilità
di riescita dell'osservazione ».
Astronomia. — Osservazione del pianeta (275) e della cometa
Saiverthal. Nota di E. Millosevich, presentata dal Corrispondente
P. Tacchini.
« Degli ultimi pianetini scoperti non ho potuto osservare che il (275)
come segue:
1888 aprile 18. llh. 47m. lls. t. m. Roma (C. E.)
a apparente 12h. 37m. lls,92 (9.056) )
ò apparente +3°. 41'. 58",3 (0.737))
« La cometa Sawerthal, sulla quale ha testé riferito il prof. Tacchini,
fu da me riosservata il 3 maggio, come segue:
1888 maggio 3. 13h. 58»'. 44s. t. m. Roma (C. R.)
a app cometa 23h. 30m. 21s,51 (9. 691 n)
ó app cometa -4- 28°. 13'. 59",0 (0. 760)
— 505 —
« L'astro conserva aspetto interessante, peraltro non vedesi più ad occhio
nudo. La coda, quasi disposta sul parallelo e precedente il nucleo, è un og-
getto delicato, la cui lunghezza (ampiezza) può essere stimata da 20' fino
a 50', secondo lo stato del cielo e il cannocchiale che si adopera » .
Astronomia. — Elementi ellittici di {264) Libussa in base
a due opposizioni {1886-87 e 1888). Nota di E. Millosevich,
presentata dal Socio P. Tacchini.
« Dell'orbita ellittica sulle osservazioni della prima opposizione del pia-
netino (264) Libussa ho reso conto all'Accademia in una mia Nota speciale.
« Gli elementi allora dedotti erano :
1887. 0 ; eclittica.
T =1887 Gennaio 1, 5 Berlino
M= 15° 31' 40".5
« =334 21 2.5: riduzione a 1890.0 = + 6". 6
fi == 50 5 33.6 » -\-lU.3
i = 10 28 31.9 r, +0.8
<p — 7 33 9 . 1
fi = 770". 8262
(lg a = 0.442033) .
« I nuovi elementi dall' insieme della prima e della seconda opposizione
da me dedotti sono i seguenti :
1890. 0 ; eclittica.
T =1887 Gennaio 1, 5 Berlino
M= 13° 38' 1".0
co =336 32 17.8
S} = 50 6 44.9
i = 10 27 23.0
y = 7 55 56.6
fi = 758". 8083
(lg a = 0.446583) .
« I costanti per il calcolo delle coordinate equatoriali eliocentriche sono :
Xx = [9.9957476] sen (116° 10' 40".6 + v) r
p = [9.9380602] sen ( 30 48 43 . 8 + v) r
gl= [9.7137112] sen ( 12 43 2h.l-\-v)r.
« Riservandomi di calcolare un'effemeride rigorosa per i confronti fra
le osservazioni e il calcolo per l'epoca della terza opposizione, dò qui una
— 506 —
piccola porzione dell'effemeride annua, che ho calcolato per conto del Rechen-
Institute di Berlino per il 1889.
1889 Marzo 22 0h Berlino:« = 14h44m17s ó= — 10°51\1 lgJ = 0.372
Aprile 11 14 31 40 - 10 21, 6 0.344
Maggio 1 ..... . 14 14 24 - 9 42, 7 0.337
Maggio 21 13 58 29 — 9 17,9 0.352
Eq:vero dell'epoca. Opposizione 1889 Aprile 26. Grandezza 12.8.
« La posizione del piano, come aveva previsto fino dai primi saggi d'orbita,
si modificò di pochissimo, mentre /t e n mutarono notabilmente.
« Non riferirò particolari di calcolo, del resto notissimi, coi quali pervenni
ai migliorati elementi ; basterà un fugace cenno.
« Il pianeta in seconda opposizione fu da me osservato, ma poche volte,
fra 1' 8 gennaio e il 4 marzo 1888.
« Due osservazioni fece il dott. Knorre a Berlino.
« Assunto un luogo normale della prima opposizione (1886. 20 XII
12h Berlino) e l'ultima mia osservazione del 1888 4 III, col metodo delle
variazioni delle distanze e coi principi del calcolo delle probabilità dedussi
l'orbita più probabile che soddisfacesse all' insieme delle osservazioni inter-
medie, mentre di necessità doveva rappresentare i due luoghi su cui si obbli-
gavano a passare.
« I luoghi intermedi vennero rappresentati con lievi differenze, come
appare dal seguente specchietto, una piccola parte delle quali deve imputarsi
alle tavole logaritmiche, avendo usato tavole a sei figure.
(20 Die. 1886 12h Berlino : ka cos d 0S.00 ; Jó + 0".8)
22 Gen. 1887 0h » —0.85 +5.1
10 Gen. 1888 12h
18 Gen. 1888 12h
4 Febbr. 1888, 529572 *
6 Febbr. 1838, 366284 *
10 Febbr. 1888 12h
( 4 Marzo 1888, 352280 »
« Il primo e l'ultimo sono le epoche di base del calcolo e l'accordo altro
non prova ebe non vi sono errori di calcolo.
« Alcuni luoghi intermedi sono normali, altri semplici osservazioni, a cui
peraltro ho dato eguale peso, imperocché il metodo, per natura sua eccellente
per dare all'orbita un assetto quasi completo, suppone senza errore alcuno le
osservazioni di base, una delle quali, la seconda, è isolata, scelta peraltro
perchè la estrema.
-0.29
+ 8.0
+ 0.05
+ 6.0
+ 0.25
+ 4.5
— 0.15
+ 3.8
+ 0.51
+ 1.5
— 0.07
+ 0.3)
— 507 —
« Si potrebbe ora migliorare l'orbita con altro metodo di calcolo, ma
sarebbe opportuno di confrontare accuratamente tutte le osservazioni con una
effemeride rigorosa, investigare i luoghi delle stelle di confronto e formare
alcuni luoghi normali più sicuri ; tuttavia, considerando che fu omesso, come
doveva essere fatto, il calcolo delle perturbazioni, poiché gli elementi erano
ancora assai difettosi, è meglio possedere qualche osservazione della terza oppo-
sizione per l'assetto finale degli elementi, e per preparare, mercè il calcolo
delle perturbazioni speciali, elementi osculanti per la quarta opposizione.
« Del resto è fuor di dubbio che il pianeta in terza opposizione, mercè
gli elementi ora dedotti, si troverà con facilità ed aberrante di poco » .
Matematica. — Una nuova applicatone della teoria delle fun-
zioni ellittiche alla meccanica. Nota di Ernesto Padova, presen-
tata dal Socio Dini.
« Consideriamo una sfera di centro S obbligata a restare sopra un piano
orizzontale, sul quale può ruotare ma non strisciare; in essa supponiamo la
materia distribuita in modo che il baricentro sia in S ed i momenti princi-
pali d' inerzia sieno fra loro uguali. Con A indichiamo il valore dei momenti
d'inerzia e con B il punto di contatto della sfera e del piano. Supponiamo
inoltre che nel punto C della sfera sia applicata una forza verticale costante P,
e determiniamo il movimento che in queste condizioni prende la sfera, che
inizialmente era dotata di una velocità qualunque data.
« Pongasi SC = s e prendasi la retta SC per asse delle x ; per assi
delle y e delle z prenderemo due rette ortogonali fra loro e «perpendicolari
ad SC condotte per S . La forza viva T del corpo sarà determinata dalla
equazione
2 T = M V2 + A w8 ,
ove M è la massa della sfera, V la velocità di S ed w la velocità angolare
risultante. L'asse della rotazione risultante dovendo passare costantemente
per B , se si scompone la velocità angolare « in due, una orizzontale ed una
verticale, chiamando a e w le due componenti, è evidente che sarà
V2 = R2 g2 , w2 = a2 -f m2
se R è il raggio della sfera. Sieno ora al , a.2 , or3 ; fi, , fi2 , fi3 ; Yl , Ys - Yz l
coseni degli angoli che la verticale e due orizzontali perpendicolari fra loro
fanno cogli assi mobili S x y z , e, seguendo l'ordinaria notazione di Lagrauge,
indichiamo con un accento le derivate prese rapporto al tempo, avremo
e* = (*'i fiy + cc\ fi, + a'-3 fa)* + (a\ Yl + a'.2 y, -f «'3 y3Y =
= a'\ + a'I + a'\ — a'\ a\- a'\ a\ — «'2 «2 -f 2 vi x «'2 (ft ft + Yì y2) +
+ 2 u\ a', (fi, fi, + Yl y3) + 2 a\ a', (y, y, + fi, fi,) = a'\ + ct'\ + a'%
quindi sarà
(1) 2 T = (M R2 + A) (al + al -f- a'\) -f A ro2 .
— 508 —
« Prendiamo un sistema di coordinate polari che abbia per asse la
retta SC , si avrà
(2) a'ì + «1 + «1 = <>'2 + sen2 & g>'* .
« La forza ha allora la funzione potenziale
(3) U = — Ps cos & .
« Ciò posto, per trovare le funzioni incognite del tempo m , t> e y>
potremo far uso del principio di Hamilton, osservando però, come ha fatto
Lagrange, che
dai == — j Jrpdal-\-q Sa2 -|~ '' <?»3 =
ove a*! è una rotazione elementare attorno alla verticale, p , q ,r sono le com-
ponenti della velocità angolare attorno agli assi mobili ; le equazioni del moto
sono allora
.V (f" (M R2 -f- A) sen' # -f-
Di queste si ha subito l' integrale a* = cost ; e se inoltre si osserva che è
~Ò«\ , ^«2 , ><3
~ò&
^<>
»
s* r \ * t i * t \t ^aì i ^>f<2 i ^«3 \
0», «', + A «', + /fXO (n -^ + e, -^ + n ^r)
= sen #. <p' ,
^«1 r
^«2 r
#2 7T «
«3 «
#i
, 7)«2 , ~Ò«3
sen #. y,
chiamando e la costante cui è uguale w , un altro integrale delle (4) sarà
(5) kc cos ih = (M R2 -f A) sen2 ih. y'-f ^ .
Un terzo integrale si ha dal principio delle forze vive ed è
(6) (M R2 + A) (ih'* -f sen2 ih y'2) -f 2 P. s . sen ih = 2 A .
— 509 —
Eliminando fra le (5) e (6) la y' si ha, coli' indicare con hi , Si , c2 , c3 delle
nuove costanti
(7) sen2 &. ih'2 = (hl-]~2s1 cos #) sen2 # — (cos # -f- <?2)2 c3 .
« Pongasi cos & = u e la (7) darà
_^_ ^
" \/(/h -\-2slu)(l — u%) — {u + c2f c-i
talché 0- sarà una funzione ellittica del tempo. Dalla (5) si ha poi
rfy(MR2-|-A)(l— u*) = zìz(kcu — Cy) ,-— — — ox , =====
per cui anche (p potrà considerarsi come una funzione nota del tempo.
« Dalle note equazioni di Poisson
a\=ra2 — q a3 , a 2 = cc3p — ax r , cc3 = aìq — a2 p
si deducono immediatamente le relazioni
p=a1W-^-a'<ia3 — ct'3a2, ^ = «2*^ + «'3 «1 — «'i«3, r=Gr3aj-}-a'i ^s- a'«a»
poiché, come è noto, si ha
crr = «! p -\-cc%q-\- a3 r .
Possiamo dunque dire che, trovate le vs , # e y , e quindi anche le a in
funzione del tempo, lo sono anche p ,q ,r; e poiché delle equazioni di Poisson
si ha la soluzione a , si hanno le altre due § e y con semplici quadrature.
« Le coordinate rjb , C& del punto B nel piano orizzontale si possono deter-
minare osservando che quel punto è sempre sull'asse istantaneo e che le sue
coordinate rispetto agli assi mobili sono R ax , R «2 » R «3 , per cui si ha
dt
d£b
dt
= — R («x y'i -f «2 /2 + "3 y'z) ,
nelle quali i secondi membri sono funzioni note del tempo e così resta com-
pletamente determinato il moto della sfera » .
Matematica. — Sulle forme appartenenti all'ottaedro. Estratto
di lettera diretta dal prof. G. Pittarelli al Socio Brioschi.
« Alle forme binarie, il cui 4° armonizzante è identicamente nullo, vol-
sero i loro studi, in diverse occasioni e per fini anche diversi, matematici
eminenti: Schwarz, Clebsch, Cayley, Klein, Gordan e V. S., per nominar
quelli di cui lessi gli scritti. V. S. poi, specialmente nella Nota : Sull'equa-
zione dell'ottaedro (Transunti de' Lincei voi. Ili, 1879) trattò l'argomento
Rendiconti. 1888 Vol. IV, 1° Sem. 66
— 510 —
compiutamente dal punto di vista della teoria delle forme. Intanto, mi con-
cede Ella chJio le comunichi un'osservazione appunto su\Y ottaedro, ch'io
feci quasi per spiegare a me stesso i risultati avuti da Lei ?
« L'osservazione è questa: che la relazione unica esistente tra la forma
del sest'ordine F rappresentante l'ottaedro, il suo hessiano H = (FF)2, il
covariante T = (FH)! e l' unico invariante A = (FF)6 è quella stessa di Cayley
che passa tra le forme appartenenti ad una forma cubica binaria qualunque.
Da quella relazione poi traggo in modo semplicissimo le trasformazioni dei
due differenziali
(xdx) (xdx)
]/¥ pE
in differenziali ellittici : la seconda delle quali, prevista da Schwarz, non mi
pare sia stata effettuata.
« Sia f una delle forme biquadratiche di cui F è il covariante del 6° or-
dine, i e j i suoi invarianti, h il suo hessiano e t il covariante di 6° ordine,
che sarà perciò eguale ad F : tutte le biquadratiche aventi la detta proprietà
saranno in numero semplicemente infinito appartenenti al fascio sizigetico
« Come si possa trovare /' mostrò Clebsch nella Theorle der binar en
Formen, e mostrò anche V. S. nell'altra Nota : Sopra una classe di forme
binarie (Annali di Matematica, serie 2a, tomo Vili).
- Si ha intanto la relazione di Cayley tra le forme /, li, i, j, t = F :
dove è posto, come nella Theorie ecc.,
Sì (x, X) = x3 — — x X2 -
i_„n 2.
3
(() indi x = h e X = — f ossia xf-\- Xh — f,x = 0 .
« Nella Theorie (§ 43) è poi provato che
H = H,8 = (FF')2 Fx* BV = {tt'f V t\l =- ~ (ili2 - W+ f/B) =
1 .
dove iyx è 1' invariante quadratico di fA\ •
« Chiamando J l' hessiano di Sì, R il discriminante e Q il covariante
cubico (in Clebsch Jn, U2, Q&, § 41), si ha
Ìa.\ = — 3J = — 3J (x, X) ,
dunque
2) H = H^^(A,-/) = ^ = -ivr.
— 511 —
« Si ha pure ( Theorie, § 43) :
3) A = (FF')« = {ttj = \(j- f ) = 1 R •
a II precedente valore sviluppato di H e quello di A si trovano nella
Sua Nota: Sull'equazione dell'ottaedro; e vi si trova pure calcolato il va-
lore di T = (FH)1 = (FH)Fa;5Hir7 (da Lei chiamato 0). E si potrebbe mo-
strare a posteriori che si ha la relazione :
4) T = T£2=-£Q(A,-/)=-f Q=^>,-r ;
ma questo risultato importante merita d'esser trovato direttamente, e forse
più presto di ciò che, per altro fine, si legge nella Theorie pag. 345 § 88.
« Dalla (2) si ha la forma polare
e da questa, per y2=Fl=t1 , ?j ,=—¥,= —t2 , e moltiplicando per Fa.3=
T = (FH)F,5IL/ = ^
« Ma (Theorie, pag. 143)
T = (FH) ¥x* Ka< = IH (th) tj K? +| ^ itf) tj h
Dunque
(<A)y*»"=-^
www- ri-
~4S\V -oh ~ 7>7a V/
E ricordando che
. rt ■„ 1/"D12^ D«7)^\
se ne conclude, per la sostituzione a), il precedente valore di T.
« Sostituendo i valori 1), 2), 3), 4) nella relazione di Cayley esistente
tra le forme fi, J, R e Q :
5) 2Q2 + J* + K& = 0
si ha la :
6) 36T2-j-18H:?-]-AFl = 0,
eh' è la relazione tra le forme F, H, A e T.
« Di qui segue che la risoluzione dell'equazione del 24° ordine
H3
7) jfiì^*
— 512 —
si riduce a quella che fornisce i valori di x : X per i quali il fascio xf-\- Xh = 0
ammette un dato rapporto anarmonico.
* Perchè infatti la 7), per i valori 1), 2), 3) e per la relazione 5), si
trasforma nell'altra
— 2Q2 = (l + 18Ro)J22:
e da questa, ponendo
r fl. — 6R
l-fl8Bo'
si ha
(e— 6)Q2 = 3R£-;
e questa equazione, eseguendo in essa la sostituzione a), diventa identica a
quella che fornisce il parametro x : / pel quale il fascio xf -J- Ah = 0 am-
mette un dato rapporto anarmonico a, essendo e legato a a dalla relazione
notissima
o = 2i (iJrlZ^Z-w ( TheoHe' pag- 172)'
« Le trasformazioni de'due differenziali si possono eseguire così:
* I. -^ — - . Ponendo 18B = A, scrivo la 6) sotto la forma
8) 2T2 == - H3 — BF4.
* Se poi nella 7) si pone in luogo del parametro q il parametro -ttt £3,
lo
H3
viene -jr^j = — £3, ed in coordinate omogenee £i : £ 2 = £ si può porre
9) H== — &, B7.F7 = £2.
- Da 8) e 9) ricavasi la :
10) 22B6TF3 =V{£l3—h*)£*.
« Differenziando e componendo l'espressione (&/£) = £id£2 — £2^£i si ha
Di qui
(ffl) = 8B3 F3 (!■„• H^ Hrfa — H«« F*5 Fto)
= 8BTFT(FH) F*5 H*: (xdx) = 8B"Mt (#<&);.
(fM==JML = 4, (W , lal0).
| F 8B3TF3 8B1* T t*1 — ssKs
"Adunque: il differenziale 3__ si trasforma in un dif-
t F
ferenziale ellittico con l'invariante g2 = Q.
(xdx) H3
a II. 4_ • Per questo si dee porre ^7 = — £4 , ed in coordinate
— 513 -
omogenee 3 ,
12) HT = £, , BT F
« Con ciò la 8) diviene
13) 22T = y£24— &« .
« Poi si ha
gd$) = — ~ H 4 T (xdx) , dove j = 1—1 •
« Di qui per la 13)
, n {xdx) ' f/2* (§d$)
14) 4 ' — — T' / *
J/H 6B4 F^4— Sr
«Adunque, siccome osservò lo Schwarz: con la trasformazione
(xdx)
algebrica 12) il differenziale 4_ si trasforma in un diffe-
,/H
renziale ellittico appartenente alla periferia della lemni-
scata, pel quale cioè è nullo l'invariante g3.
« Le precedenti trasformazioni mi furono suggerite dalla lettura della
Nota del Klein : Binare Formen mit Transformationen in neh (Math. An-
nalen, Bd IX), dove egli esegue la riduzione, pure prevista dallo Schwarz,
del differenziale B_^' in ellittico con l' invariante g2 = 0 , essendo cP il
primo membro dell' equazione dell'icosaedro. La sostituzione da Lei adoperata
pel primo differenziale, si riduce a quella adoperata qui, ponendo £3 = t,
salvo fattori numerici ».
Fisica. — L'isoterma dei gas. Nota IV (l) di Arnoldo Violi,
presentata dal Socio Blaserna.
« Temperature corrispondenti olle tre velocità molecolari. Qualche
anno fa occupandomi della ricerca teorica delle velocità molecolari, indipen-
dentemente dalle azioni interne dei gas (2), ottenni le espressioni
66) ^=j/H (*=£?)
per le velocità corrispondenti a quella della media energia di Clausius e alla
più probabile di Maxwell, e
67) u" == |/S7
per la vera velocità di Maxwell, nelle quali H rappresenta la pressione
0) V. p. 316.
(*) A. Violi, Le velocità molecolari degli aeriformi. Nota pubblicata negli Atti
della R. Accademia dei Lincei, voi. Vili, dicembre 1883.
— 514 —
esterna, ed e, e', rispettivamente l'energia di traslazione e di moto proprio
molecolare, espresse da
e — — ; e = 1/5 —
V P
in funzione della temperatura assoluta 6 e del peso molecolare p ; tantoché
per questi valori e quello di « della 51), essendo 0 = — 1 -j- at), le espres-
sioni 66) e 67) si riducono alle seguenti :
68)
oppure, per il valore della massa dell'unità di volume del gas, dato
Sp
da M = ^- , a quest'altre due
69)
* = i/v.h['/.(i =t y.)^(i + «*)j
U" ■ 1*3/.
|/5AH|v,^(i + «0|
« Al rapporto -tt- fra l'unità di massa e la massa M dell'unità di vo-
lume, possiamo sostituire l'altro , — r fra il volume specifico molecolare
e il volume a t° del gas ; quindi le 69) si trasformano in quest'altre
tf=j/ty.H|v.a=*w3
70)
'-^%"iv.*|
« Sostituendo successivamente i valori di queste due velocità alla quan-
tità u dell'espressione
71) ^-Nìf»a8 = ~M«2
òcc ócc
nella quale Ni rappresenta il numero delle molecole di massa m contenute
nell'unità di volume, otteniamo
yM Mw2 = 3/9« MH j3/2(l =t Vb)^|
72)
Vwm««=v«mhM)
— 515 —
La quantità 5/oa MH è soltanto dipendente dalla pressione interna del gas ;
perciò per
73) R = 3/WMH
dalle 53) e 54) otteniamo
Ex (1 -f ed) = y3a Mw2 = R . 7, (1 rt y5) £
74)
Rx (1 -j- «0 = V8at M?r' = R . y2 -
e dall'espressione a) le due seguenti, per Jh = H,
j H + 2W=W+^ \ "{ì ~ b) (1 + at) = '<' (1 * Vs) Ì R •
75)
iH + aw-Ai + BOi-ì',(1-*)(1 + "<) = '/'«B-
- Nell'equazione generale dell'isoterma è tacitamente ammesso il con-
cetto delle tre velocità molecolari; perciò la quantità 3/2 (1 — 1/a) — o
1' altra 3/2 — deve considerarsi come al divisore della quantità Ri della 58).
Allora sostituendo al valore di R delle 75) quello di Rx della 58) e ridu-
cendo si hanno le equazioni :
76)
<H 4- - - ì v(l + at) = *'/M 1-1 ? ì
« Con queste due equazioni, dedotte dall'equazione generale dell'isoterma
in relazione ai valori teorici delle velocità molecolari, sarà facile determi-
nare le temperature a queste corrispondenti, essendo la temperatura una fun-
zione della forza viva molecolare.
« Ora qualunque sia il concetto col quale intendiamo seguire le mole-
cole nel loro movimento di traslazione, avremo sempre tre temperature ri-
spetto alle quali i movimenti calorifici molecolari saranno equilibrati dalla
pressione interna del gas. Questa condizione sarà sodisfatta ponendo nelle
76) H = 0, ed avremo
T-^7 = V2(l-V,)^2(l-^-[-«(
77)
— 516 —
e indicando con tx e t2 le temperature espresse dalla prima di queste equa-
zioni e con 7 quella rappresentata dalla seconda, avremo
ha
1 -f- alx
9£)2(1 — bf -j- a\
78) 1 + a'f = 6ft|2(l— *)« + «(
2a
1 + "^ 32>|2(1 — bY + a\
« La prima di queste espressioni si riferisce alla somma dei movimenti
calorifici molecolari esterni ed interni, cioè essa rappresenta la temperatura
alla quale un gas può ridursi liquido indipendentemente dalla pressione
esterna. Van der Waals, dalla sua equazione generale, per la stessa tempe-
ratura ti giunge alla seguente espressione :
1 _L , a
1 -r afl — 4b(l — b) (l -{- a)
« La seconda delle espressioni 78) si riferisce alla differenza dei movi-
menti calorifici molecolari esterni ed interni ; e quindi con molta probabi-
lità, sta ad indicare quella temperatura alla quale il gas, indipendentemente
dalla pressione esterna, si mantiene in tale stato senza dissociarsi.
« Entro questi limiti dev'esser naturalmente compresa quella tempera-
tura alla quale i veri movimenti traslatori delle molecole saranno equili-
brati dalla sola attrazione molecolare. Questa temperatura è rappresentata
dalla terza equazione delle 78), la quale acquista allora un valore molto
importante; poiché oltre quella temperatura non essendo più possibile l'equi-
librio fra i movimenti calorifici delle molecole e la loro rispettiva attrazione,
siccome l'esperienza c'insegna che, indipendentemente dalla pressione, un li-
quido può trasformarsi in vapore ad una certa temperatura, costante per
ogni liquido, temperatura che Andrews chiamò temparatura critica, eviden-
temente essa è espressa dalla terza equazione delle 78) cioè da
V) l+at gftj2^ _ by _|_ flj .
« Van der Waals, per la stessa temperatura t , ottenne l' espression e
un po' differente
-, , 7 8a
"T 276(1 — b) (1 -f a) '
« Dividendo la prima per la terza delie 78) si ha
l+afc=:5/a(l + a7)
e invece delle espressioni di Van der Waals si ottiene
l-\-atl=2'l/3i(l-{-cct):
peraltro la differenza fra 5/e e 27/3g non è rilevante.
— 517 —
« Punto critico. Alla costante temperatura critica comprimendo un gas
arriveremo a liquefarlo, quando cioè il volume del gas sarà ridotto a quello
del liquido risultante. Questa condizione è determinata dalla II) per
79) Si 4- ^— )2 ^ = 0
} c ^ 2(1 -by) ki -£)(i+ or
ed indicando con o il volume critico a cui si ridurrà il gas nell'atto della
sua liquefazione e con H la pressione critica corrispondente, avremo dalla II)
per la 79)
e dalla 79), in funzione della temperatura critica 1 ,
81) H= 8a(l-*)*
ovvero per la V) le 80) e 81) si riducono così:
a
Vi) H =
18£2 (1 — bf
vii) _=W-^ + aj
« Dunque il punto critico, ossia la temperatura assoluta critica, la pres-
sione critica ed il volume critico di un gas, è rappresentato dal seguente
sistema di equazioni:
- 2a
\-\-at — sbp(i — b)*+a\
82) H=18*8(l — *)"
_ 9^)2(1— bY + a\
a
* Van der Waals ottiene invece per il punto critico
_ — a - Sa
v = M; H = ^5 l^f(t'=21b{l-b)(l+a)-
« Con i valori di a e b , alla pressione di 0m,76, dati dalle Tab. Ili e I),
abbiamo per l'anidride carbonica
1
129,2
mentre dalle misure di Andrews risulta:
1
£ = 29°,4; H = 64atm-; v =0,00774;
nisure di Andrews risulta:
7 = 30°,92 ; H = 70alm- : v = 0,0066
e di Van der Waals si avrebbe
I = 32°,5 : H = 61atm- ; v= 0,0069 =
151,5'
e dalle formole di Van der Waals si avrebbe
J_
145 '
Rendiconti. 1888. Vol. IV, 1° Sem. 67
— 518 —
« Le differenze dei valori di 1 H v da noi calcolati in confronto a quelli
misurati da Andrews non possono spiegarsi altro che riferendosi a quella pic-
cola quantità d'aria che rendeva impura l'anidride carbonica sperimentata.
« I gas, pei quali le costanti a e b sono eguali, cioè per quelli che han
lo stesso peso molecolare, avranno ancora un egual punto critico come risulta
dalle 82). In questo caso si trovano, per esempio, l'anidride carbonica e il
protossido d'azoto, il quale per le esperienze di Janssen avrebbe la tempe-
ratura critica oscillante fra 36°,3 e 36°, 7. Questa temperatura è un po' su-
periore a quella dell'anidride carbonica; ma forse tal differenza si potrebbe
far sparire riflettendo che il protossido d'atoto studiato da Janssen era im-
puro in proporzione maggiore della anidride carbonica dell' Andrews; ed inoltre
il Janssen non tenne conto di alcune correzioni da farsi ai risultati delle sue
esperienze, per le deviazioni della legge di Boyle, rispetto al manometro
chiuso adoperato.
« Per un gas ideale rispetto al quale, per un'estrema rarefazione, si pos-
sano trascurare il volume specifico molecolare e la costante specifica di at-
trazione molecolare, ossia per a = 0, b = 0, abbiamo dalla 59)
83 Hw = R0;
ma alila temperatura critica, la 80) confrontata con la 59) ci dà pure
84) Hy= 1/2 R0
la quale, rispetto alla 83), mostra come alla temperatura e pressione cri-
tica il volume del corpo è la metà di quello che sarebbe qualora esso se-
guisse le leggi di Boyle e Gay-Lussac. In conseguenza di ciò la densità è
naturalmente raddoppiata in confronto a quella che il corpo avrebbe allo
stato di gas perfetto; ossia al punto critico un corpo ha un numero doppio
di molecole di quelle che avrebbe qualora nelle stesse condizioni di tempe-
ratura, di pressione e di volume si potesse considerare come un gas perfetto.
* Dalle espressioni di Van der Waals risulta che alla temperatura e
pressione critica il volume del gas è 3/8 di quello che sarebbe allo stato di
gas perfetto, cioè un valore un po' più piccolo di quello dato dalla 84).
« Esprimendo la temperatura assoluta, la pressione ed il volume in parti
della temperatura critica assoluta, della pressione critica e del volume cri-
tico, cioè ponendo
H = kR ; 1 -f- at = m (1 -f ai); v=nv
e sostituendo questi valori nella 59) otteniamo
viii) \k +T-m» =2
equazione nella quale è scomparso tutto ciò che vi ha di specifico per un
dato corpo. Questa è dunque l'equazione generale dell'isoterma indipendente
dalla natura dei corpi, o, secondo Van der Waals. l'equazione ridotta del-
l'isoterma, e forma quindi lo scheletro molecolare.
— 519 —
» Per l'isoterma ridotta, Van dei- Waals ottiene l'equazione alquanto
diversa
(* + |)'(3*-l) = 8«
« Dalle esperienze di Cailletet e Arnagat, sulla compressibilità dei gas
ad altissime pressioni e temperature superiori alla critica, risulta che il pro-
dotto della pressione per il volume del gas diminuisce con le crescenti pres-
sioni, arriva ad un minimo e poi cresce indefinitamente passando pel valore
iniziale: sola eccezione mostra l'idrogeno per il quale non si ha minimo.
« Ora l'espressione III) conferma pienamente quanto indica l'esperienza
sulla compressibilità dei gas; la condizione del minimo valore della com-
pressibilità è rappresentata, in funzione della pressione e della temperatura,
dalla 79), la quale risoluta ci dà la 81), cioè la pressione H alla quale si
verifica per la temperatura t .
« La III) per i valori riferiti al segno positivo del radicale indica come
la compressibilità diminuisce regolarmente con l'aumento della pressione; e
raggiunge il minimo valore per
espressione identica alla 84); ossia il minimo valore della compressibilità
dei gas corrisponde perfettamente alla compressibilità del punto critico.
« Una volta raggiunto il minimo valore la curva della compressibilità
devierà simmetricamente al primo ramo; e per conseguenza per un certo
volume e una certa pressione ripasserà pel valore iniziale. Questa condizione
è espressa dalla curva che rappresenta i valori di segno negativo del radi-
cale. E qui è opportuno ricordare che l'espressione III) darà sempre un valor
minimo, rispetto ad una data pressione e temperatura, tutte le volte che la
costante a è positiva. Per l'idrogeno, essendo a negativa, non avremo minimo,
come infatti l'esperienza conferma. Per la continuità del fenomeno, a tem-
perature superiori alla critica, rappresentato dalla III) è naturale la conclu-
sione che vi è perfetta continuità fra lo stato liquido e quello gassoso.
« Riassumendo brevemente quanto abbiamo esposto, l'espressione gene-
rale I) comprende tutti i fenomeni che si riferiscono alla compressibilità e
alla elasticità dei gas. Il concetto delle tre velocità molecolari rende per-
fettamente conto della temperatura critica, e conseguentemente del punto
critico. Inoltre la I) spiega ancora il comportamento dei gas ad elevate pres-
sioni e temperature superiori alla critica, il minimo di compressibiltà e
l'inversione della curva di essa oltre il minimo. Anche l'espressione gene-
rale di Van der Waals comprende i differenti punti d'un tale ordine di
fenomeni; ma è difettosa in ciò che si riferisce alla variazione di tempera-
tura, la quale è quantità essenziale per la variazione della attrazione mo-
lecolare.
— 520 —
« Abbiamo avuto occasione di rilevare delle discordanze nel confronto
fra i valori ricavati dalle osservazioni e quelli calcolati. Ma ripeto che i ri-
sultati dell'esperienza presi in esame, per alcuni gas si riferiscono ad una
sola serie di osservazioni, per altri a gas la cui condizione chimica non era
corrispondente alla loro costituzione molecolare. Le impurità per y500 di aria
del proprio volume dell'anidride carbonica studiata da Andrews e quella
di 3,5 % al 5 % di un gas estraneo permanente nel protossido d'azoto esa-
minato da Janssen, non sono davvero da trascurare qualora si rifletta che.
nella teoria esposta, i valori della costante specifica di attrazione moleco-
lare sono dipendenti dal peso molecolare relativo. Ed oggi che la chimica
offre dei mezzi sicuri per riconoscere se un corpo è quale ce lo indica la
sua costituzione molecolare, è da augurarsi che dagli sperimentatori si terrà
molto calcolo di ciò, prima d'intraprendere lo studio di una data serie di
fenomeni, se non si vorranno moltiplicare le difficoltà per la ricerca delle
leggi che, nella loro semplicità, stabiliscono un perfetto accordo fra i feno-
meni fisici e la costituzione molecolare dei corpi ».
Fisica. — Movimenti delle polveri alla superfìcie dell'acqua.
Nota del prof. C. Marangoni, presentata dal Socio Blaserna.
§ 1.
« Nella precedente seduta ho comunicata, a questa onorevole Accademia,
una Memoria sulle attrazioni e ripulsioni capillari, nella quale sono ve-
nuto alla conclusione che : la componente orizzontale della tensione, cioè
l'attrazione esercitantesi fra due sfere galleggiaDti di raggio r è espressa da :
i' = In re sen « sen (w — 0) sen /?
nella quale e è la costante, o coeflficente di capillarità; co l'angolo iot
(vedi la figura) e 0 l'angolo di raccordamelo del menisco colla superfice
della pallina.
§ 2.
« Se sulla superficie dell'acqua si lasciano cadere delle polveri sottili si
osservano quattro casi : o le polveri
si attraggono e formano un disco, o si
espandono rapidamente, o rimangono
indifferenti ove cadono, o si osser-
vano dei movimenti rotatori e tra-
slatori in ogni singolo frammento.
« Alcune di queste apparenze
dipendono dalla teoria delle attra-
zioni e ripulsioni capillari; altri,
da differenza di tensione specifica.
« La componente orizzontale r,
"E -2"
— 521 —
dipende anzitutto dal valore della risultante % della tensione sul cerchio
d'attacco, espressa dalla [6]:
% = 2nrc sen « sen (w — 0)
« Questa risultante può variare fra zero e un valore massimo.
« La funzione [6] è della forma
y = sen w sen (w — 0)
differenziando si ha :
_^ = cos w sen (<» — 0) -}- sen w cos (w — B).
do
« Eseguendo le riduzioni ed uguagliando a zero, si ha :
tang 2w = tang 0.
« Di qui, pel valore minimo di r si ha :
2w — 0 = 0; quindi « = —
e per il valore massimo di % :
, 0
2eo — 0 = 180° ; quindi a = 90° + y.
« Se l'angolo di raccordamene è piccolissimo si può ritenere che il
valore minimo di % corrisponde all'incirca al caso di una sfera totalmente
emersa o totalmente sommersa, cioè tangente la superfice del liquido nel punto
più basso o più alto; e che il massimo valore di r si ha quando la sfera
è immersa quasi per metà.
« Cercai di verificare questi risultati facendo galleggiare nell'acqua due
palline cave di vetro, aperte in alto, come sarebbero due serbatoi da termo-
metro. Il diametro esterno delle palline era di millimetri 16. Introducendo
dei pallini di piombo, in modo da fare immergere le palline di vetro quasi
per metà, esse si attiravano vivamente quando erano vicine ; e, tenen-
done una fissa, per staccare l'altra occorreva la forza di mg. 120. Quando
le palline erano immerse per circa s/4 occorreva nemmeno la metà di detta
forza ; e quando le palline erano quasi sommerse, esse non mostravano più
attrazione sensibile.
§ 3.
« Ed ora riassumiamo i fatti osservati sulle polveri :
« 1° Gruppo. Polveri che si contraggono sull'acqua: litargirio, cinabro,
polveri metalliche, carbone di bossolo, carbone animale.
« 2° Gruppo. Polveri che si espandono sull'acqua : rena di mare, cenere
del Vesuvio, cinabrese, farina fossile, tripolo, biossido di manganese, amido,
limatura di midollo di sambuco, acido tannico, panamina e saponina in polvere.
« 3° Gruppo. Polveri indifferenti : licopodio, limatura di sughero, ra-
schiatura di cera gialla, di spermaceto, cromato di piombo, rena di Fontai-
nebleau, oro musivo, indaco.
— 522 —
« 4° Gruppo. Polveri che si mostrano in continuo moto di rotazione e
traslazione : raschiatura di canfora, violetto di Hoffmann, sapone, panamina
in pani, belzuino, gomma mirra, sugo di liquirizia, acido pirogallico, assa fe-
tida, acido gallico, acido poligallico, solfato di chinina. Delle listerelle di
carta imbrattate in un angolo col balsamo del Canada, corrono nell'acqua
come le foglie fresche dello Sehinus molle.
« Le polveri del primo gruppo si attraggono, perchè i loro granelli sono
tutti bagnati (carbone) o non sono bagnati (polveri metalliche). Esse si at-
tirano maggiormente quanto più son dense, perchè allora w si avvicina al
valore che dà il massimo di r. È per questo che mettendo della fina polvere
di bronzo sull'acqua, ed intingendovi la penna, si scrive in oro sulla carta,
tanto si attraggono fortemente le particelle di ottone per effetto dei menischi.
« Se si mescolano delle polveri che si bagnano ad altre che non si ba-
gnano, si osserva ripulsione tra le polveri eterogenee, come vuole la teoria.
« Ma perchè le polveri più dense possano galleggiare, è necessario uno
strato gassoso attorno ai granelli ; se queste polveri si fauno riscaldare,
messe sull'acqua cadono in fondo.
« Le polveri del secondo gruppo si espandono, o perchè hanno un velo unto
attorno ai granelli, il quale gode di una tensione minore dell'acqua, ovvero
perchè la polvere si scioglie e fa diminuire la tensione dell'acqua, come
l'acido tannico.
« Qui si rientra nel fenomeno dell'espansione delle gocce, da me spiegato
nel 1865 (1). Infatti, se si lavano bene quelle polveri, non si espandono più;
per lo contrario, se si stropicciano tra le dita le polveri del primo gruppo,
queste si espandono, a cagione del sevo cutaneo che le ha imbrattate. Dunque
l'espansione delle polveri è dovuta alla minor tensione delle materie imbrat-
tanti rispetto all'acqua pura.
« Le polveri del terzo gruppo si mostrano indifferenti, o perchè sfiorano
la superfice, come il licopodio, o perchè stanno quasi sommerse, come il
pulviscolo vecchio alla superfice delle acque stagnanti.
- Il licopodio, appena tocca la superfice dell'acqua, pare indifferente.
Dopo un poco si inumidisce, si bagna e mostra di attirarsi bene ; tantoché
si fa il gioco di introdurre la mano nell'acqua, coperta di licopodio, e di
estrarla asciutta. Arrivata a un massimo, l'attrazione reciproca dei granelli
scema lentamente (2).
« Colla mia bilancina capillare ho trovato che l'attrazione del pulvi-
scolo di licopodio appena passato sull'acqua era di mg. 0,07 su di un mil-
limetro. Dopo 2 giorni arrivò al massimo di mg. 4,10. L'acqua con polvere
di bronzo presentava un'attrazione di mg. 1,95. Di qui l'origine della ela-
sticità superficiale.
f!) Pavia, tip. Fusi. Ved. Estratto N. Cimento 1870 e Pogg. Ann. 1871.
{•) Vedi la mia Difesa .della teoria della elasticità superficiale. N. Cimento 1878.
— 523
S 4.
«. I fenomeni offerti dai corpi del 4° gruppo fecero scervellare i fisici
per molto tempo ; fu J. Thomson il primo a ricondurli sulla buona strada,
facendo intervenire la tensione superficiale, secondo il concetto del dott. Young.
Ma fu poi il professore Van der Mensbrugghe, che pubblicò un accurato e
completo studio (]) del fenomeno in discorso, specie di quello della canfora.
« Ecco la teoria di Mensbrugghe :
« La tensione dell'acqua pura è di mg. 7,5, quella dell'acqua canforata,
di mg. 4,5 ; dunque un frammento di canfora, di forma irregolare, tocca
l'acqua in diversi punti asimmetrici. Dalla parte ove sono più punti di con-
tatto l'acqua scema maggiormente di tensione, e perciò la canfora è attirata
dalla parte opposta ; inoltre il frammento, per la dissimmetria suddetta, ruota
intorno a se stesso. Posando sulla superfice dell'acqua un filo flessibile an-
nodato, in modo che tocchi dappertutto il liquido, il Mensbrugghe osserva
che un frammento di canfora introdottovi, in principio gira rapidamente ;
intanto il filo prende la forma circolare ; poi, a poco a poco, il movimento
scema finché cessa ; perchè l'acqua entro il cerchio è tutta canforata. ■ Se si
solleva in un punto il filo si vede tutto il cerchio muoversi dalla parte op-
posta ; perchè, dove si è sollevato, l'acqua canforata si espande al di fuori.
« Orbene, ecco una piccola modificazione dell'esperimento, che da qualche
anno ripeto in scuola. Si facciano cadere sul vaso a trabocco del professore
Pisati (2), dei minuzzoli di canfora, rischiandola colla punta di un temperino.
Intanto che i frammenti girano si faccia cadere sull'acqua poca polvere di
licopodio con uno staccio a velo. Si osserverà :
"1° Che il licopodio è scacciato dalla canfora ed intorno a ciascun
frammento si forma un cerchio di acqua pulita contornato da licopodio sti-
pato, e il frammento vi ruota nel centro come una girandola.
« 2° Seguitando a far cadere il licopodio, questo si proietta nella dire-
zione del raggio così velocemente, che il cerchio apparisce attraversato da
un gran numero di raggi, imitanti la pioggia d'oro dei fuochi d'artifizio.
« 3° Finalmente, quando il licopodio è in tanta quantità da formare una
superfice continua, i frammenti più grossi di canfora perdono quasi il moto
rotatorio e acquistano un tortuoso moto traslatorio.
0) Sur la tension super/ideile des liquides etc, premier mémoire. Mémoires Cou-
ronnés de TAcad. R. de Belgique 1869.
(2) Si può improvvisare un apparato a trabocco posando, su due regoli appoggiati
i\ un catino, un piatto da tavola ben pulito collo spirito, e versando ad ogni esperienza
tant'acqua sul piatto che trabocchi da tutte le parti. Così la superfice dell'acqua riesce
pulitissima; condizione indispensabile alla riuscita dell'esperimento ; è bene che il fondo
del piatto sia annerito.
— 524 —
« Attorno ai frammenti si forma uno spazio ovale senza licopodio che
termina con una coda tortuosa, in direzione opposta al movimento. Queste
figure rammentano i citati cerchi aperti del Mensbrugghe.
« I moti dei frammenti e di quelle ellissi caudate rassomigliano ad un
formicolio di infusori, o ancora ai movimenti degli spermatozoi.
« Hartley (!), Stokes (2) e Mensbrugghe (3) cercarono di spiegare i moti
browniani colla semplice variazione di tensione superficiale. Chi sa che anche
i moti di quelle semplicissime cellule, che si chiamano spermatozoi, non
sieno pure dovuti a semplici variazioni di tensione delle superaci di con-
tatto di quelle cellule col mezzo ambiente ».
Fisica. — Sulla influenza delle forse elastiche nelle vibrazioni
trasversali delle corde. Nota I. del prof. Pietro Cardani, pre-
sentata dal Socio Blaserna.
I.
[ntroduzione.
« Il problema delle corde vibranti è stato largamente discusso nel campo
matematico, e la verificazione sperimentale dei risultati del calcolo fu fatta
per le vibrazioni trasversali dal Savart, nell'intento di poter conoscere l'in-
fluenza che in tali vibrazioni dovevano avere le forze della materia; è noto
infatti che nel calcolo non si tiene conto di tali forze, considerandosi i punti
materiali della corda vibrante come tanti pendoli semplici, e quindi era lo-
gico supporre che i risultati della esperienza dovessero alquanto differire dai
risultati matematici.
« Il numero N delle vibrazioni trasversali di una corda di lunghezza L,
come è noto, viene espresso dalla forinola
N = 2i
dove V è la velocità di propagazione delle vibrazioni medesime ed il valore
di V è dato teoricamente dalla relazione
V=
P0
\ P
dove P è il peso tensore della corda, g l'accelerazione dovuta alla gravità
e p il peso dell'unità di lunghezza.
0) Proc. Roy. Soc. XXVI, pp. 137-149.
(2) Ibid. ibid. pp. 150-152.
(2) Bull. Acad. E. de Belgique, XLIV, 1877.
— 525 —
« Conosciute le quantità L, P5jp, g, il Savart paragonava 1 numero N
delle vibrazioni così ottenuto, col numero che dava l'esperienza ed i risultati
per un filo di rame il cui peso di metri 0,0805 era di grammi 0,5178 sono
riassunti nella seguente tabella :
p
N
N
V
V
calcolato
dall'esperienze
teorica
pratica
0000
0
900
Metri 0,00
72,45
324
276
950
22,20
76,47
1295
552
1067
44,40
85,87
2913
828
1229
66,60
98,93
5178
1104
1422
88,80
114,47
8091
1380
1659
111,00
133,55
11650
1656
1900
133,20
152,95
15858
1932
2133
155,40
171,71
20 712
2208
2350
177,60
189,17
26214
2484
2621
199,80
2i0,99
« Nella IV e V colonna sono riportate le velocità di propagazione delle
vibrazioni trasversali dedotte dalla teoria e dalle esperienze e se dalle cifre
soprascritte si dovesse giudicare dell'esattezza dei risultati matematici, tale
esattezza sarebbe davvero da mettersi in dubbio ; il Savart però seppe benis-
simo rilegare i risultati pratici con quelli teorici mediante una relazione
semplicissima, cioè
N = \/n- -f n?
dove N rappresenta il numero delle vibrazioni che dà la corda realmente, n
quello che dovrebbe dare teoricamente per la tensione eguale a P ed iix
quello che dovrebbe dare per le sole forze elastiche, e quindi per una ten-
sione P eguale a zero ; ed il numero N in tal modo calcolato era così poco
differente da quello ottenuto dall'esperienza, da poter attribuire le divergenze
agli errori di osservazione.
« In una breve Nota che segue la Memoria di Savart, il Duhamel mo-
strava come i risultati ottenuti si potessero prevedere dalla teoria matema-
tica, supponendo di sostituire alle forze elastiche una tensione della corda
tale da farle produrre un egual numero di vibrazioni, per cui la corda do-
veva vibrare come se fosse sottoposta ad una pressione che sarebbe la somma
del peso realmente applicato alla corda e del peso ipotetico che corrisponde-
rebbe all'azione delle forze elastiche.
« Malgrado questo accordo che così risultava quasi perfetto tra la teoria
e la pratica, malgrado che le esperienze fossero state fatte da un tìsico di
indubitata abilità sperimentale, specialmente nell'acustica, mi è sorto tuttavia
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 68
— 526 —
il dubbio che in tale questione i risultati ottenuti dal Savart non fossero
corrispondenti allo scopo che egli si era proposto.
« ih noto infatti che le verghe elastiche vibrano con leggi completamente
differenti di quelle seguite dalle corde elastiche, e, come osserva il Savart
medesimo, quando il filo metallico adoperato vibra con una tensione nulla,
esso si comporta realmente come una verga elastica ; per cui un filo metal-
lico dovrebbe dare sempre due suoni secondo che esso vibri come verga ela-
stica o come corda ; il suono corrispondente al filo vibrante come verga cresce
in altezza proporzionalmente al diametro del filo ed in ragione inversa del
quadrato della lunghezza del filo, mentre il suono corrispondente al filo vi-
brante come corda, varia in altezza in ragione inversa del diametro ed in
ragione inversa della semplice lunghezza ; ed è facile comprendere che di
questi due suoni differenti che un filo metallico può rendere, si debba più
facilmente ottenere o l'uno o l'altro, secondo che nelle condizioni £perimentali
il filo si avvicini di più allo stato di verga elastica anziché a quello di
corda elastica.
« Per verificare sperimentalmente se le corde seguano le leggi dedotte
col calcolo e per conoscere quindi l'influenza delle forze elastiche sulle loro
vibrazioni, panni che il Savart avrebbe dovuto cercare di avvicinarsi più
che fosse possibile, alle condizioni teoriche poste nel problema delle corde
vibranti ; cioè adoperare fili di grande lunghezza e di piccolo diametro ; in
tali condizioni doveva esser facile ottenere il suono corrispondente al filo
metallico vibrante come corda, difficile ottenere quello che dovrebbe dare
vibrando come verga elastica; mentre, al contrario, con fili molto corti do-
vrebbe essere molto facile ottenere il suono corrispondente ai fili vibranti
come verghe elastiche, anziché quello che dovrebbero dare se vibrassero
come corde.
« Il Savart sperimentò sopra fili molto corti, di soli 8 centimetri, e,
come egli stesso dice, ebbe la precauzione di applicare l'archetto il più leg-
germente possibile, senza della quale precauzione poteva darsi, specialmente
con cariche poco considerevoli, che la pressione dell'archetto causasse una
estensione del filo ed allora, per quanto piccola potesse essere questa esten-
sione, si otteneva un suono sensibilmente troppo grave.
« Con fili così corti e colla precauzione avuta dal Savart nell' applicare
l'archetto, è facile immaginare che il filo si sarà comportato come una verga
elastica, ed il Savart, forse credendo che la corda non potesse vibrare che
in un modo unico, ha preso la nota che otteneva dal filo vibrante come
verga elastica come se fosse quello che doveva dare il filo vibrando come
corda elastica, ed ha seguito le modificazioni che a questa nota venivano
apportate dalla pressione esercitata sul filo; mentre probabilmente la nota
fondamentale del filo vibrante come corda era precisamente quella nota più
»=(!)'
— 527 —
bassa, che il Savart con ogni cura cercava di evitare e che credeva esser
dovuta all'estensione del filo.
« Ho voluto per semplice curiosità applicare ai fili adoperati dal Savart,
la forinola
7rV e
che dà il numero N delle vibrazioni doppie di una verga elastica prismatica
di spessore e e di lunghezza /, essendo V la velocità di propagazione delle
onde longitudinali nel corpo .adoperato, la qual forinola dà le vibrazioni di
una verga cilindrica fissa alle due estremità sostituendo allo spessore e la
quantità r]/$ dove r è raggio del cilindro.
« Per V ho presi i valori dati dal Wertheim e nel seguente prospetto
sono riassunti i valori ottenuti dal Savart coli' esperienza e quelli da me
avuti applicando la forinola precedente :
Peso
N
N
Sostanza
di un metro
del filo
ottenuto
dalle
esperienze
ottenuto
dalle
forinole
1
v. d.
1
v. d.
Rame . .
gr. G,432
450
483
Ferro . .
4,083
600
556
Acciajo .
2,242
485
400
Piombo .
11,211
195
101
ed i valori di N sono abbastanza concordanti, ove si pensi che per determi-
nare r ho dovuto adoperare per i pesi specifici i numeri che si trovano nel
Naccari e Bellati, mentre i fili adoperati dal Savart potevano avere pesi
specifici alquanto differenti, e la stessa osservazione è da ripetersi per i va-
lori di V.
« Il lavoro del Savart, malgrado questa differenza nella nota fondamen-
tale presa come punto di partenza, nulla perde della sua importanza speri-
mentale, ma viene cambiato lo scopo a cui mirava il lavoro medesimo ;
invece di trovare l'influenza della elasticità nelle corde vibranti, il Savart
ha trovato l'influenza della tensione nelle verghe elastiche fisse alle dite
estremità; e sotto questo punto di vista la relazione semplicissima trovata
dal Savart
N = ì/n* + ^l'-
indica che una verga elastica sottoposta anche ad una tensione si comporta
come una corda elastica, purché alla tensione che realmente si esercita su
di essa si aggiunga quella tal tensione ipotetica per la quale si otterrebbe
— 528 —
dalla verga elastica vibrante come corda lo stesso numero di vibrazioni che
essa dà quando vibra per le sole forze elastiche e quindi per una tensione
eguale a zero.
« Le esperienze del Savart quindi non risolvono il problema dell'in-
fluenza delle forze elastiche sulle vibrazioni delle corde : né, dopo il Savart,
altri tìsici si sono occupati, a quanto sappia, di fare su di esso studi ulte-
riori : alla risoluzione di questo problema mirano appunto le esperienze che
imprendo a descrivere ; le quali esperienze furono eseguite nel R. Istituto
Fisico della Università di Roma.
IL
Descrizione degli apparecchi.
« Per paragonare la velocità di propagazione dell'onde trasversali teo-
rica con quella pratica, era necessario poter apprezzare col maggior rigore
possibile, il numero delle vibrazioni realmente compiuto dalla corda: per
tale determinazione si è finora adoperato in quasi tutte le ricerche di acu-
stica il sonometro, accordando dapprima la corda del sonometro con un dia-
pason di cui si conosceva esattamente il numero delle vibrazioni, e poi os-
servando quale parte di questa corda rendeva un suono identico a quello
della corda data.
« Questo metodo però porta sempre nelle misure qualche incertezza,
sia perchè non è facile accordare rigorosamente due corpi all'unisono, spe-
cialmente quando producono suoni di metallo differente, sia perchè il para-
gone è fondato sulla squisitezza del nostro orecchio : un errore di una vibra-
zione sopra cento era con questo metodo facile a commettersi: per cui ho
creduto conveniente di abbandonare questo metodo, dove la precisione si aveva
dalla fattura più o meno perfetta dell' organo dell' udito dello sperimentatore,
ed ho invece adoperato il metodo stroboscopico di Plateau.
« Davanti alla corda vibrante ho fatto quindi girare un disco di cartone
sul quale ad eguali intervalli erano praticate otto fenditure : il movimento
di rotazione era impresso per mezzo di un buonissimo roteggio con regolatore
a palette, che dava una velocità sensibilmente costante.
« La corda vibrante era osservata sopra un fondo chiaro omogeneo, che
otteneva illuminando fortemente un foglio di carta oleata con una fiamma a
gas, ed il campo dell'occhio era limitato da una fenditura praticata in un qua-
drato di cartone che si poneva davanti al disco e vicinissimo ad esso, e di
larghezza eguale all'intervallo tra due fenditure del disco girante : così quando
il disco girava rapidamente, si vedeva la corda come se il disco medesimo
fosse stato trasparente e se ne vedeva una parte di lunghezza quasi eguale
alla distanza tra due fenditure del disco specialmente se coll'occhio si stava
alquanto discosti.
— 529 —
« Se la corda si faceva vibrare pizzicandola nel mezzo, ed il di- co aveva
tale velocità che, mentre la corda compiva una vibrazione doppia, una fen-
ditura del disco si spostasse di un arco eguale a quello che lo separava dalla
fenditura successiva, l'occhio doveva vedere la corda per le varie posizioni
della fenditura in tutte le tasi del suo movimento: la corda presentava la
. forma di una sinusoide, e la lunghezza dell'onda che sembrava immobile era
data dalla distanza tra le due fenditure del disco.
« Se la corda invece di una vibrazione, nello stesso tempo avesse com-
piute N vibrazioni, si sarebbero osservate nella corda, attraverso il disco, N
onde la cui lunghezza totale sarebbe sempre stata la distanza tra due fen-
diture successive.
« Se la velocità di rotazione del disco fosse stata maggiore di quella
necessaria per vedere la corda, in una data posizione delle fenditure, sempre
nella stessa fase di movimento, doveva sembrare che le onde si spostassero
nella direzione in cui si muoveva la fenditura; e se la velocità era minore
doveva sembrare che le onde si spostassero in direzione contraria ; ed è ma-
nifesto che se per KN vibrazioni della corda, passassero N — - fenditure, si
avrebbe uno spostamento di un'onda, la quale onda risulterebbe tanto più
piccola quanto maggiore è il numero K.
« Essendo in nostro arbitrio la velocità ed il diametro del disco girante
ed il numero delle fenditure, e quindi anche la distanza tra due fenditure
e la lunghezza delle onde in cui sembra diviso il tratto della corda che si
osserva, potremo dare all'apparecchio quella sensibilità che più ci aggrada,
giacché nel solo caso in cui per N K vibrazioni della corda passino davanti
all'occhio per la stessa posizione N fenditure, vedremo rigorosamente la corda
immobile : altrimenti la più piccola differenza ci sarà resa manifesta dallo
spostamento delle onde.
« 11 numero delle vibrazioni ci sarà dato moltiplicando il numero delle
fenditure che passano in un secondo, per il numero delle onde che si osser-
vano nella corda : per cui la determinazione del numero delle vibrazioni della
corda si riduce alla determinazione esatta della velocità del disco nel mo-
mento in cui le onde stanno rigorosamente ferme.
« Per poter poi apprezzare con maggiore esattezza la immobilità delle
onde, ho adoperato un artifìcio che mi ha dato nelle misure una costanza
ammirevole. Supponiamo di dare al disco tale velocità, che mentre la corda
compie 2K-J-1 vibrazioni passino davanti all'occhio per la stessa posizione
due fenditure: attraverso una fenditura si vedranno le prime - — -^- vibra -
zioni della corda cioè un numero impari di mezze vibrazioni della corda, e colla
seconda fenditura le seconde — -^— mezze vibrazioni della corda, cioè un
— 530 —
altro numero impari di mezze vibrazioni, cosicché avendo la corda com-
piuto un numero impari di vibrazioni semplici quando comincia a ve-
dersi colla seconda fenditura, si vedrà la corda in una fase di movimento
opposta a quella in cui si vede colla prima fenditura, e così la terza fendi-
tura farebbe vedere la corda nella fase di movimento identica a quella della
prima, e la quarta iu fase contraria cioè identica a quella in cui la corda
si vede attraverso la seconda fenditura e così di seguito. L'impressione che
si ottiene nell'occhio è come se nella corda si formassero delle onde stazio-
narie e per la persistenza delle immagini si vede la corda come divisa in
una serie di nodi e ventri.
« Il più piccolo spostamento di questi nodi risulta evidente, e quindi si
può con tutta precisione notare il momento in cui essi stanno fermi rigoro-
samente : allora conoscendo il numero delle fenditure che ad ogni secondo
passano davanti all'occhio, cioè la velocità del disco, ed osservando il nu-
mero dei nodi che si formano (il qual numero corrisponderebbe al numero
di vibrazioni semplici compiute dalla corda dal passaggio di una fenditura
a quello della fenditura successiva), si avrebbe nel prodotto, il numero delle
vibrazioni semplici compiute dalla corda in un secondo, e quindi anche il
numero delle vibrazioni doppie.
« Per conoscere la velocità del disco ricorsi al metodo cronografico. Dal-
l' asse di rotazione del disco partiva, nella direzione di un raggio, un filo
metallico che veniva legato rigidamente al disco medesimo : questo filo por-
tava saldata all'estremità una punta d'acciaio, a lama di coltello, affilatissima,
che sporgeva di circa 2 cm. dal bordo del disco.
« II disco girevole era per metà contenuto dentro una scatola di cartone
prismatica, nel cui fondo si metteva uno strato di mercurio nel quale pescava
la punta di acciaio : la scatola era stata fatta così alta in modo da racchiu-
dere metà del disco, per impedire che il mercurio venisse lanciato lontano
dall'apparecchio per la velocità colla quale la punta di acciaio ne tagliava,
girando, la sua superficie.
« Uno dei poli di una batteria di sei elementi Bunsen venne messo in
comunicazione col mercurio della scatola, mentre l'asse del roteggio si fece
comunicare coli' altro polo della pila attraverso il circuito inducente di un
rocchetto di Ruhmkorff. La punta di acciaio passando attraverso il mercurio ad
ogni giro chiudeva per un istante il circuito e corrispondentemente alla chiu-
sura ed all' apertura del circuito inducente si otteneva una corrente di in-
duzione nel circuito indotto.
« Sopra delle lastre di ebanite si trovavano isolati un cilindro girante
sul quale si poneva la carta da affumicare ed un elettro-diapason di Konig
che sopra la carta scriveva le sue vibrazioni ; il diapason eseguiva 100 vibra-
zioni doppie al secondo.
« Il cilindro era messo in movimento da un roteggio a peso ed era dotato
— 531 —
di movimento elicoidale: l' elettro-diapason veniva eccitato da una pila Grenet
e così, quando il roteggio funzionava, il diapason scriveva sulla carta le sue
vibrazioni senza che potessero sovrapporsi per il movimento laterale da cui
era animato il cilindro.
« Uno dei capi del filo indotto del rocchetto si fece comunicare coli' elet-
tro-diapason, l'altro capo col roteggio, e così ad ogni giro del disco scoccava
tra il diapason ed il cilindro una scintilla che lasciava la propria impronta
sulla carta affumicata : veramente si dovevano ottenere due scintille, una cor-
rispondente alla chiusura del circuito fatta dalla punta di acciaio, ed una
corrispondente all'apertura: ma la scintilla di chiusura quasi sempre mancava,
perchè non era sufficiente a forare la carta, mentre la scintilla di apertura
si osservava costantemente.
* Contando le vibrazioni tra due scintille, si otteneva la durata di un
giro del disco, e siccome si poteva con tutta comodità leggere con sicurezza
il decimo di vibrazione, si aveva nella misura con sicurezza il millesimo di
secondo.
« Le varie fasi del movimento del roteggio si potevano così trascrivere
in un foglio di carta : le più piccole variazioni di velocità del disco venivano
avvertite dalla distanza delle scintille, e così potei constatare che il moto del
roteggio, malgrado fosse ottimamente costruito, era tuttavia molto variabile :
la qual cosa per le mie ricerche non avrebbe avuto grande importanza, se
avessi potuto determinare la velocità del disco in quel momento in cui le onde
si vedevano ferme, giacché queste variazioni di velocità del disco erano del
resto piccolissime ed avvenivano in modo continuo, per cui per la durata di
due o tre giri la velocità si poteva ritenere con tutto rigore costante.
« Per poter segnare sul cilindro, dove il diapason scriveva le vibrazioni,
il momento preciso in cui le onde si vedevano ferme, aggiunsi una derivazione
al circuito inducente del rocchetto ed un tasto telegrafico, in modo che la
corrente si poteva chiudere o dalla punta di acciaio o col tasto : così poteva
con esso far scoccare tra il diapason ed il cilindro al momento opportuno
due o tre scintille vicinissime e che quindi non potevano confondersi con
quelle equidistanti date dalla rotazione del disco.
« Finalmente per completare la descrizione dell'apparecchio non mi rimane
che ad esporre come era costituito il sonometro adoperato.
« Esso era verticale ed era formato da una grossa colonna di ferro fissata
sopra un robusto e pesante treppiede di ferro. Alla parte superiore della colonna
era fermata rigidamente a vite una grossa e larga sbarra d'acciaio la quale
portava all'estremità un cuscinetto pure di acciaio sul quale doveva appog-
giarsi la corda vibrante. Questo cuscinetto lavorato con molta cura aveva la
forma di un piano inclinato, cosicché mentre era nettamente determinato il
punto dove la corda diveniva libera, non vi era pericolo che la corda venisse
— 532 -
tagliata dall'essere lo spigolo dell'acciaio molto tagliente. Prima del cuscinetto
vi erano due serrafili nei quali si chiudeva uno dei capi della corda.
« Nella colonna del sonometro poteva scorrere una seconda sbarra di
acciaio pure molto grossa, la quale poteva fissarsi in varie posizioni della
colonna con due robuste viti a pressione. All'estremità portava due cuscinetti
in acciaio dei quali uno era rigidamente unito alla sbarra, l'altro mobile con
una vite, di modo che questi due cuscinetti potevano portarsi a contatto e
quindi chiudere tra loro anche una corda di diametro sottilissimo. Anche
questi cuscinetti furono lavorati con molta cura ed avevano la forma di due
piani inclinati rovesciati. Le basi di questi due piani così capovolti erano
esattamente nel medesimo piano.
« Si applicava alla corda il peso voluto, indi si avvicinavano i cuscinetti
inferiori in modo da chiuder la corda così tesa, e si dava al sonometro tale
posizione che la corda, quando era chiusa, si trovasse verticale.
« Nella costruzione del sonometro ho fatto in modo che* tra questi cusci-
netti e la sbarra di acciaio che li sosteneva, vi fosse una lastrina di ebanite
in modo che rimanessero isolati e sopra di uno di essi feci porre a vite un
serratilo: così si poteva fare attraversare da una corrente elettrica la corda
vibrante, mettendo uno dei poli della pila in comunicazione col serratilo del
cuscinetto superiore, e l'altro col Berrafilo dei cuscinetti inferiori: ed ho data
questa disposizione all'apparecchio pel caso che avessi creduto, col procedere
del lavoro, essere utile studiare anche l'influenza della temperatura sulla velo-
cità di propagazione del suono nelle corde elastiche.
« Questa la disposizione generale degli apparecchi; mi riservoinuna seconda
Nota di esporre come le esperienze venivano fatte ed i primi risultati ottenuti » .
Fisica terrestre. — Il terremoto nel Vallo Cosentino del 3 de-
cembre 1887. Nota del dott. G. Agamennone, presentata dal Corri-
spondente Tacchini.
« Un mese e mezzo dopo la catastrofe di Bisignano, per incarico del
prof. P. Tacchini, direttore dell'Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodi-
namica in Roma, mi recai nella Calabria Citeriore allo scopo di raccogliere
ne' paesi più danneggiati il più grande numero di notizie che mi fosse pos-
sibile per lo studio di quel terremoto. Una relazione più particolareggiata
del medesimo sarà fra poco pubblicata negli annali della Meteorologia Ita-
liana; ma intanto credo utile di affrettarmi a rendere di pubblica ragione
le conclusioni più importanti a cui sono pervenuto.
« Il recente sconvolgimento sismico che ha funestato il Vallo Cosentino,
è sotto moltissimi aspetti analogo a quello che nel 1835, pure verso la fine
dell'anno, scoppiò tra Cosenza e Bisignano, producendo la totale distruzione
— 53:J —
di Castiglione ('). Se non che questo terremoto del 1835 ebbe una violenza
assai maggiore, perchè rese malconci non pochi paesi e riuscì a danneggiare
più o meno fortemente moltissimi altri, tra cui lo stesso Bisignano. Nel
terremoto del 3 decembre 1887 l'esplosione è accaduta invece tra questo
Comune e quello di Roggiano, presso la stazione di Mongrassano lungo la
linea ferroviaria Sibari-Cosenza. In tal modo il massimo scuotimento ha col-
pito la parte settentrionale del Vallo ; e naturalmente, a causa della grande
vicinanza all'epicentro, questa volta Bisignano ha dovuto subire l'estrema
rovina.
« Però la forza del terremoto è stata relativamente limitata, qualora si
consideri che un altro solo paese (Roggiano) è stato gravemente danneggiato,
mentre altri a distanze quasi uguali ed anche minori dall'epicentro hanno
sfuggito il pericolo. Se con centro alquanto ad est dalla stazione di Mon-
grassano, resa inabitabile insieme ad alcuni caselli prossimi, si descriva un
cerchio con raggio di circa dieci chilometri, ci troviamo ad aver racchiusa
non solo l'area disastrosa, ma eziandio quella rovinosa, dando a queste pa-
role il significato ordinariamente adottato in sismologia. Paesi, quali S. Sofia,
Tarsia, S. Marco, Luzzi, Acri, situati entro o poco al di fuori della predetta
zona, non hanno alcuni sofferto che debolmente, ed altri sono rimasti inco-
lumi; e la spiegazione di tal fatto si riscontra in parte nella qualità più
resistente del suolo su cui si trovano costruiti. Alla rovina di Bisignano in
special modo ha contribuito la natura pessima del terreno, costituito di sab-
bie plioceniche erodibilissime che si sgretolano col bastone, e la posizione
su di una collina assai prominente e per di più frastagliata per la corrosione
delle acque in altrettante radiali prominenze, sulle cui sottili creste si al-
lungano i diversi rioni.
« L'impulso sismico, nonostante i limitati disastri cui ha dato origine,
si è propagato tuttavia a notevole distanza, fino a Benevento a nord-ovest,
e fino a Reggio e Messina a sud-sud-ovest ; ma si è reso insensibile all'uomo
assai prima in molte altre direzioni, di guisa che gli estremi limiti a cui è
pervenuto si possono ritenere costituire, come una prima approssimazione,
una ellisse con l'asse maggiore di circa quattrocento chilometri in direzione
NNW-SSE e l'asse minore di lunghezza circa metà.
« Il terremoto di Bisignano risultò di due scosse poderose, luna pre-
valentemente ondulatoria alle 4h 45m a. e l'altra eminentemente sussultoria
alle 6h 25m a., le ore essendo espresse in tempo medio di Roma. La prima
scossa lesionò gravemente la maggioranza delle case, ma provocò la rovina
soltanto di poche con lievi danni alle persone; la seconda invece compì l'opera
devastatrice. Il numero limitatissimo di morti e feriti devesi alla previdenza
della popolazione, riversatasi quasi tutta nelle strade e nella campagna subito
dopo la prima scossa.
(!) Rossi, Storia dei fremitoti di Calabria itegli anni 1835 e 1836.
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 1° Sem. >;'»
— 534 —
« Per la troppa incertezza nelle ore osservate nelle diverse località, non
ha potuto emergere una velocità media di propagazione da prendersi in serio
conto.
« Le predette due scosse forti furono forse precedute poche ore prima
da qualche altra debolissima ; e ne' giorni seguenti non mancarono delle re-
pliche più o meno leggiere anche in provincie limitrofe alla Calabria Citra.
« Entrambe le scosse ebbero all'incirca lo stesso epicentro ed ebbero
uguali limiti di propagazione; ciò è risultato dall'insieme delle notizie che
io stesso ho potuto raccogliere sul luogo e da quelle trasmesse a questo Uf-
ficio. Ma la prima scossa, pel suo carattere specialmente ondulatorio anche
per località prossime all'epicentro, deve essersi probabilmente originata a de-
bole profondità; mentre la seconda, a causa del carattere sussultorio bene
spiccato, esteso a tutta una vasta zona attorno all'epicentro, parrebbe dover
essere provenuta da profondità maggiore.
« In quanto ai danni prodotti su i fabbricati, risulta eziandio dal pre-
sente terremoto come le buone costruzioni valgano certamente ad attenuare
i disastri e per lo meno ad impedire un maggior numero di vittime. Invece
le case, non ristaurate convenientemente in seguito all'iugiurie subite o dal
tempo o da terremoti antecedenti, oppure costruite con male intesa economia,
sono state in special modo quelle che hanno largamente contribuito alla ca-
tastrofe, fortunatamente limitata a' soli danni materiali ; mentre però, date
altre condizioni nella produzione del terribile fenomeno, avrebbero potuto
causare una immane nuova ecatombe di vite umane, inutilmente rimpiante a
fatti compiuti ».
Fisica terrestre. — Sunto del metodo per determinare le costanti
della marea lunare con una o due singole osservazioni al giorno.
Nota del prof. G. Grablovitz, presentata dal Corrispondente P. Tac-
chini.
« In apposita Memoria destinata agli Annali dell'Ufficio Centrale di
Meteorologia e Geodinamica espongo anzitutto le proprietà delle curve mareo-
grafìche trattate colla forinola besseliana a 4 termini ; dopo avere accennato
che il 3° e 4° termine costituiscono più che altro un dettaglio del 1° e 2°,
limito l'ulteriore discussione a questi due, che bastano da sé soli a rappresentare
i caratteri principali della marea, pure sotto il punto di vista teoretico ge-
nerale, poiché il primo dà una curva ad un massimo ed un minimo nelle
24 ore lunari ed il secondo due massimi e due minimi nello stesso inter-
vallo. Anzi, siccome l'elemento più importante, cioè lo stabilimento del porto
nel suo valore medio è esclusivamente collegato al secondo, non tengo il
— 535 —
primo in considerazione se non per la parte concernente l'ineguaglianza clic
esso produce in quello.
« Pongo per base alle ulteriori discussioni il fatto, che le altezze del
mare osservate tutti i giorni ad uno stesso istante appartengono ad altret-
tanti angoli orari della luna pressoché, equidistanti ed abbracciane nel corso
d'una lunazione l'intiera periferia ; traendo partito da ciò, espongo il metodo
per la ricerca dello stabilimento del porto, metodo che consiste nel ridurre
i dati per interpolazione aritmetica a 24 angoli esattamente equidistanti, e
sviluppare lo stabilimento del porto col secondo termine della formola
besseliana.
« Un tal metodo suppone invariabile il livello neutro, con che intendo
il livello dell'istante, depurato delle oscillazioni della marea a periodo diurno ;
essendo esso invece alquanto variabile per molteplici cause, riesce necessario
un corredo piuttosto abbondante d'osservazioni, perchè gli errori si elidano
a sufficienza.
« Ma per ottenere ciò più nettamente, esamino il caso di due osserva-
zioni giornaliere coll'intervallo di 6h12m, cioè d'un quarto di giornata lunare
e con una breve dimostrazione giungo a concludere che gli errori riescono
in tal modo molto ridotti, perchè sparisce completamente l'influenza d'errori
a lungo periodo e tutto si limita alle variazioni accidentali che possono
avvenire in quel breve intervallo, e che con molta probabilità in 30 giorni
si compensano soddisfacentemente.
« Lo stesso metodo vale in pari tempo a determinare l'ampiezza media
della marea lunare ed il livello medio del mare per la serie a cui si rife-
risce, e nella discussione, tenuto conto di tutte le perturbazioni, si espongono
le condizioni della loro eliminazione. Dal che risulta che anche un solo mese
d'osservazioni basta a dare valori abbastanza prossimi ai medi, fatta ecce-
zione per maree che siano affette (come quelle dell'Adriatico) da una forte
oscillazione di 24 ore, nel qual caso è necessaria un'annata intiera all'eli-
minazione della perturbazione che ne dipende.
« Messo in pratica il metodo nel porto d'Ischia, ne ottenni i seguenti
risultati :
Epoche Ampiezza
<Tosservazione media
da marzo a giugno 1885 215"
gennaio 1888 245
febbraio » 257
marzo » 236
« Il livello medio ha origine dal piano della panchina ; i dati pel 1885
si basano su una sola osservazione giornaliera, gli altri su due.
« Mentre la cognizione dell'ampiezza e dello stabilimento del porto
porgono base alla ricerca delle leggi di propagazione dell'onda-marea, la
min
Ora lunare
Livello
del porto
medio
8h32m
68.4cm
8 33
63.4*
8 35
57.2 »
8 45
58.1 *
— 536 —
determinazione del livello medio è atta, mediante opportuni confronti, a
rendere importanti servigi ad altri rami della scienza e particolarmente allo
studio dei bradisismi.
« Neil' esporre questo metodo ho considerato che per la facilità dell'im-
pianto di scale mareometriche e della loro lettura a due istanti fìssi del
giorno, la cognizione delle principali costanti mareometriche potrebbe com-
prendere un numero di punti di gran lunga superiore a quello che s'otter-
terrebbe dai mareografi, i quali, se è bene che funzionino in determinati
punti principali per l'analisi delle circostanze di dettaglio, non possono, e
per le spese e difficoltà richieste dal loro impianto e per la loro manuten-
zione guidata da buoni criteri scientifici, costituire un allineamento troppo
denso » .
Mineralogia. — Alcune nuove osservazioni sulle geoitti dì
Montecchio Maggiore. Nota di Ettore Artini 0), presentata dal
Socio Struever.
« In alcuni recenti scavi praticati a Montecchio Maggiore, oltre alle
zeoliti già note e descritte per quella località, se ne trovarono due non de-
scritte finora, cioè la Heulandite e la Stilbite. Veramente a pag. 311, voi. I,
dell'opera, / tesori sotterranei dell'Italia, di G. Jervis, si trova citata la
Heulandite per Montecchio; ma d'altra parte Jervis non dà la fonte cui at-
tinse la notizia, e poi nò il Catullo (-) né il Zepharovich (3) ne fanno men-
zione, né mi riuscì trovare alcuna più recente Memoria che ne parlasse;
ad ogni modo, nessuno al certo la fece mai oggetto di studio cristallografico.
« La Stilbite, che è per sicuro un minerale nuovo per Montecchio Mag-
giore, si presenta piuttosto raramente, in eleganti fiocchetti di colore bian-
chissimo, con perfetta e facilissima sfaldatura, e viva lucentezza madreper-
lacea; non sono riconoscibili forme cristalline in tali piccoli aggregati, che
hanno al massimo la grandezza di un grano di riso, o poco più.
« La Heulandite, assai più frequente, è sempre in cristalli, di gros-
sezza variabile da meno di \ mm. a 2-3 mm. Osservai le forme :
(001) , (010) , (101) , (101) , (Ilo) . (Oli) , (112) (<).
(*) Lavoro eseguito nel Gabinetto di Mineralogia della E. Università di Pavia.
(2) Elementi di Mineralogia. Padova, 1833.
(3) Mineralogisches Lexicon fur das Kaiserthum Oesterreieh. 1859.
(*) Secondo l'orientazione di Des Cloizeaux.
— 537 —
Tutte sono abbastanza frequenti, le prime quattro an'zi sono costanti ; trovai
le seguenti combinazioni:
I. (001) (010) (101) (101)
IL (001) (010) (101) (101) (110)
III. (001) (010) (101) (101) (.110) (Oli)
IV. (001) (010) (101) (101) (110) (112)
V. (001) (010) (101) (101) (110) (Oli) (112)
Fig.
Kg.
Pig.
Fig. 1.
Fiff. 2.
Fifir. 3.
« Le facce della (010) sono sempre brillanti, e quando sono prodotte
da sfaldatura, si nota su di esse la fortissima lucentezza madreperlacea ca-
ratteristica per questo minerale. Le (101), (101) sono per lo più brillanti,
ma in alcuni gruppetti di cristalli si mostrano come corrose e a superficie
molto scabra; la seconda è generalmente più sviluppata della prima. Le facce
di (110), (Oli), (112) sono piuttosto lucenti, e quelle di (110) prendono
spesso un grande sviluppo.
« Tutte queste facce però, anche quando sono assai brillanti, danno im-
magini assai brutte, multiple e diffuse, come al solito nella Heulandite ; e
per questo mi limitai a misurare un numero esiguo di angoli, unicamente
per stabilire i simboli delle forme. Trovai:
Misurato
Calcol.
da Des Cloizeaux
010
ilo
67.10
68.2
67.34
—
110
110
43.28
43.56
001
101
66.37
66.00
010
Oli
49.8
49.22
110
112
41.11
41.39
« Il simbolo della forma (112) è anche determinato dalle due zone [HO.OOT]
e [lOl.OlT], che verificai al goniometro.
« I cristallini talora sono allungati secondo l'asse [//], qualche volta
tabulari secondo (010), ma i più grossi, belli e brillanti, presentano quello
sviluppo pressoché uniforme delle facce di (101), (101), (Ilo), che fu osser-
vato nella così detta Beaumontìte di Jone's Falls presso Baltimore, creduta
— 538 —
prima tetragonale da Lévy ('), e oggi ritenuta generalmente come una va-
rietà di Heulandite.
« Se per le proprietà cristallografiche è simile ad altre già note, per
le proprietà ottiche invece questa Heulandite presenta differenze grandissime,
e degne veramente di nota. Il piano degli assi ottisi e la bisettrice acuta
sono qui, come al solito, normali alla faccia di sfaldatura (010); ma il piano
stesso non è né parallelo né normale alla base, unici due casi registrati dal
Des Cloizeaux (2) e confermati da P. von Jeremeiew (3), A. Lacroix (4) ecc. ecc.
In numerose lamine studiate trovai che il piano degli assi ottici fa costan-
temente un angolo di 30°-34° colla (001), restando sensibilmente normale
alla (101). Né riuscii ad osservare alcuna lamina in cui la sua orientazione
fosse quella indicata dagli autori per la Heulandite delle altre località. Non
rimarcai nemmeno quella fortissima oscillazione del valore dell'angolo fra gli
assi ottici nei diversi punti di una stessa lamina, benché una certa diffe-
renza ci sia, e indubbiamente esista in modo assai più sensibile fra i diversi
cristalli. In tre lamine di tre cristalli diversi trovai nell'aria:
la lamina: 2Ea = 81.14 (Na)
2a lamina: 2Ea = 94.27 (Na)
3a lamina : 2Ea = 89.54 (Na).
« La differenza, come si vede, è assai forte, ma è notevole che il 2Ea
di questa Heulandite oscilla entro limiti assai più elevati di quelli che sou
dati dagli autori: infatti il Des Cloizeaux dà angoli vari che oscillano fra 27°
e 53°, e il Mallard (5) non trovò mai che il limite massimo di variazione
oltrepassasse i 50°. È dunque l'angolo degli assi ottici maggiore del comune
nella Heulandite, e sembra essere intermedio fra questo e quello della va-
rietà Beaumontite, il quale fu osservato da Des Cloizeaux e W. Klein ((i)
essere molto vicino a 130°. Del resto un angolo quasi altrettanto grande era
già stato osservato sulla Heulandite Elbana (7), e precisamente = 89° (luce
gialla): ma in questo caso il piano degli assi ottici era normale alla (001).
« Dove poi questa Heulandite si mostra affatto lontana dalle altre, si
è nella variazione delle proprietà ottiche per effetto del riscaldamento. Primo
fu Des Cloizeaux a trovare che scaldando una lamina di Heulandite fin
(!) Compi Rend. de l'Ac. d. Se. 1839.
(2) Manuel, p. 425.
(3) Ileulandit aus dem Turkestan. Zeit. fur Kryst. II, 503.
(4) Bull, de la Soc. min. de Fr. 1885, Vili, 321.
(5) De V action de la chaleur sur la Heulandite. Bull, de la Soc. minerai, de
Fr. V, 255, 336.
(6) Beitràge zur Kenntniss der optischen Aenderungen in Krystallcn unter dem
Einflusse der Erwàrmung. Zeit. fiir Kryst. IX, 38.
(7) F. Sansoni, Sulle zeoliti delVisola d'Elba. Atti della Soc. tose, di Se. natur.,
voi. IV, fase. 2°.
— 539 —
verso i 100°, l'angolo degli assi ottici va facendosi più acuto, poi diventa
nullo successivamente per i vari colori, e finalmente si aprono gli assi in
un piano normale al primo ; col raffreddamento tornano alla posizione pri-
miera. Questa esperienza fu ripetuta da Mallard (') e da W. Klein con iden-
tici risultati ; quest'ultimo poi operando sulla Beaumontite trovò che gli assi
ottici si avvicinano bensì, ma non arrivano ad unirsi.
« Io scaldai tre lamine, una dopo l'altra, con precauzione, fin verso i 150°.
sotto al polariscopio, ma non osservai affatto un avvicinamento dei due assi ;
anzi quando la temperatura arrivò a un certo punto, li vidi, in tutti i casi
con identica maniera, rapidamente allargarsi in modo sensibile ; e questa va-
riazione, che io ritengo col Mallard essere prodotta per la perdita di alcune
molecole d'acqua, è accompagnata da un impallidimento degli anelli colorati ;
non solo, ma dopo il raffreddamento completo, resta costante l'alterazione.
« Per accertarmene definitivamente, misurai in una lamina limpidissima
l'angolo degli assi ottici, il cui piano aveva la solita posizione, e trovai:
2Ea = 92.46 (luce bianca).
« Scaldata la lamina fino circa ai 150°, osservai il solito fenomeno del-
l'allontanamento degli assi, e dopo completo raffreddamento, nello stesso punto
della lamina misurai :
2Ea = 103.50 (luce bianca).
« A luce parallela, fra i nicol incrociati, queste lamine parallele a (010),
si mostrano formate di 4 settori, come già ebbe occasione di osservare Mallard ;
questi risultano evidenti dalla diversità dei colori di polarizzazione sugli orli
della superficie di contatto, che è sempre curva e affatto irregolare. Del resto
tutti i 4 settori hanno i rispettivi piani degli assi ottici paralleli, e quindi
mi pare che potrebbe forse non trattarsi di una vera geminazione, come in-
vece sarebbe quella osservata da F. J. Wiik (2). Ad ogni modo, questi cri-
stalli non mostrano struttura omogenea, ma, a luce polarizzata, fanno vedere
piuttosto un aggregato di piccolissimi individui, analogamente a quanto av-
viene per i feldspati triclini, ciò che del resto era tenuto per fermo da
Breithaupt, Hessenberg e vom Rath. Le stesse lamine di sfaldatura mostrauo
qualche volta una struttura chiaramente zonata.
« Questa Heulandite si trova in croste che tappezzano assai vagamente
le cavità d'un amigdaloide nerastro, e allora è di colore lievemente rossic-
cio; invece i cristallini più limpidi, grossi e incolori si trovano isolati o
in piccoli gruppetti, nelle cavità della stessa roccia.
« Insieme alla Stilb ite e alla Heulandite si trovano : brillanti cristal-
lini di Calcite che presentano le forme (211), (101), (111), (100), (3ll), (223),
(l) Loco citato.
C'j Mineralogische Mittheilungen. Zeit. fur Cryst. VII, 1S*.
— 540 —
(111), (554), (110), (310), (410), (301), (502), (302), (312). (715), (già date
da Molis, Lévy e Haidinger), trasparentissimi, di colore giallo-paglia, talora
geminati (111); numerosi cristalli di Analcime (211) (100) e di Apofillile.
« Su quest'ultimo minerale stimo non inutile aggiungere qualche cosa a
quanto ne fu scritto. Il dott. G. B. Negri pubblicò nel 1886 una Memoria
su questa Apo filile (*), nella quale dice aver trovate le forme (100) (111)
(001) (113) (115); ma forse l'autore non sapeva che il Rumpf aveva, 7 anni
prima, studiata la stessa Apofillile (2), trovandovi le forme (100), (001),
(111), (9. 9. 10), (24. 24. 25) (3) e che, fin dal 1864, Schrauf {*) aveva di-
segnato un cristallo del Vicentino {Altavilla ! ?) della combinazione (100)
(111) (001) (210), assai analogo ad alcuni di quelli che passerò poi a descri-
vere. Né fu chiarita dai suaccennati autori la confusione che tuttora regna
sulle località precise della provincia di Vicenza in cui questo minerale si
trova. Il dott. Negri anzi, a proposito dell' Apo fili ite di Montecchio Maggiore,
cita il dott. Wiser (5), il quale nella sua lettera nomina « Castel di Vi-
cenza » , riferendosi evidentemente a Castel Gomberto, località pure basaltica,
a metà strada fra Montecchio Maggiore e Valdagno. Certo è che nel Leo-
nhard (6) e nel Zepharovich (7), per la località « Castel Gomberto » sono
citati: Y Analcime, la Celestina e YApofillite; anche Des Cloizoauxne parla (8);
ma a me non consta che recentemente nessun mineralista siasi recato sul
sito per sciogliere la questione, né so se il dott. Negri abbia in mano le
prove sicure che le due geodi da lui studiate sieno veramente di Montecchio
Maggiore piuttosto che di Castel Gamberto. Ad ogni maniera credei utile
muovere la questione, affinchè qualche mineralista che ne abbia l'opportunità
riprenda con più cura l'argomento, e precisi bene quello che ancora può es-
serci di dubbio.
« L'Apo filile che si trova insieme alla Heulandite, non rassomiglia che
mediocremente a quella descritta dagli autori sopra citati; si trovano talora
(i) Atti del R. Istituto veneto di se. lett. ed a. V. ser. 6».
(2) Ueber den Krystalìbau des Apophyllits. Tschermak's mìnei. and petrograph.
Mittheilungen. Serie 2a, 1879, 370.
(3) Veramente il lavoro del Rumpf si trova due volte nell'elenco bibliografico dato
dal dott. Negri nel suaccennato lavoro, ma parrebbe che l'autore non lo avesse letto,
poiché dice : « per quanto egli sappia, non essere ancora stata illustrata una specie mi-
« nerale tanto importante, di Montecchio Maggiore » e anzi la cita in modo curioso : ri-
porta infatti la citazione dello Zeitschrift fur Kryst. in questa maniera : « Ebenda, S. 369-391 » ,
non avendo notato, come pare, che in quella rivista erano fatte prima altre recensioni di
lavori pubblicati nelle Tschermak's Min. Mitth., e nel suo elenco restava quindi senza si-
gnificato quell' « Ebenda ».
(4) Atlas der Krystallformen des Mineralreiches. Tav. XXI, fig. 3.
(5) Neues Jahrbuch, 1840, 328.
(6) Handwórterbuch der topographischen Mineralogie. Heidelberg, 1843.
C) Loco cit. 13, 27, 117.
(8) Loco cit. p. 128.
— 541 —
dei cristallini isolati o in gruppetti di 2-5, della combinazione (100) (001) (111)
(fig. 4); questi cristallini, di estrema piccolezza, sono allungati assai mar-
catamente secondo l'asse [>], così da assumere un elegante
aspetto prismatico. Ma la massima parte dei cristalli sono
assai più grossi, riuniti in numero vario, e sviluppati egual-
mente secondo i tre assi (fig. 5). Molte volte sono anche
questi della combinazione (100) (111) (001), ma spesso si
presentano facce di un prisma ottagono,
facce che sono generalmente scabre, ma
qualche volta si prestano a misure di-
screte. Dalle misure trovai che appar-
tengono al prisma (310), già noto per
l'Apo fili ile in genere, ma nuovo per la
località, A questi cristalli si avvicina,
rio. 4 5. come dissi, il disegno dello Schrauf,
colla differenza che, invece della forma
(310), porta la (210).
« Misurai:
001 .111
100 . 310
Misurato
Calcol.
da Des Cloizeaux
60.24
60.32
60.31
—
18.37
18.34
17.50
—
« In questi esemplari di Beniamine e Stilbite non mi riuscì mai di
constatare la presenza della Natrolite » .
Chimica. — Ricerche sull'apiolo. Nota I. di G. Ciamician e
P. Silrer, presentataci Socio Cannizzaro.
-t In una Nota presentata a questa Accademia nella seduta del 5 feb-
braio scorso, abbiamo brevemente accennato agli studi da noi iniziati allo
scopo di scovrire la natura chimica dell' apiolo. Poco tempo dopo la nostra
pubblicazione, comparve nei « Berichte der deutschen chemischen Gesellschaft
zu Berlin » (fase. VI, pag. 1192) un lavoro del sig. I. Ginsberg sopra lo
stesso argomento, nel quale lavoro egli accenna ad alcuni derivati dell' apiolo
che noi pure abbiamo ottenuto. Questa spiacevole coincidenza ci obbliga a
pubblicare già ora i risultati dei nostri studi, affinchè apparisca chiara
la via da noi fin qui percorsa, che pure è quella che noi intendiamo prose-
guire ulteriormente, perchè ci sembra la più adatta a condurci alla solu-
zione del problema che ci siamo proposti.
Eendiconti. 1888, Voi,. TV, 1° Sem. 70
— 542 —
I. Comportamento dell'apiolo con la potassa alcoolica.
« Von Gerichten (') ottenne trattando l'apiolo con potassa alcoolica, un
nuovo corpo cristallizzato in squamette, di cui non determinò definitivamente
la composizione; noi abbiamo perciò ripetuto le sue esperienze iniziando in
questo modo i nostri studi sull'apiolo. Questo punto di partenza ci apparve
tosto beue indovinato, perchè la sostanza scoperta da von Gerichten è un
isomero dell'apiolo. Noi proponiamo di chiamarla perciò:
• « Isapiolo ».
Siamo ben lieti di poter constatare che anche il sig. Ginsberg ottenne nelle
sue analisi numeri che conducono alla stessa conchiusione.
« Per preparare l'isapiolo si riscaldano a b. m. in un apparecchio a rica-
dere 25 gr. di apiolo (-) con una soluzione di 50 gr. di potassa in 250 e. e.
d'alcool assoluto, per 12 fino a 15 ore. Il liquido giallo-bruno ottenuto, dal
quale già spontaneamente si separano dei cristalli dopo alcune ore, venne
versato, senza aspettare che si fosse del tutto raffreddato, in un litro d'acqua.
All'intorbidamento latteo della soluzione, segue prontamente la formazione
d'un precipitato, che aumenta coll'agitare, che si fa, del liquido, finche da
questo, che resta colorato in giallo, si è completamente separato il corpo
solido. Si filtra, si secca il precipitato sull'acido solforico, lo si spreme fra
carta per liberarlo da una materia oleosa che vi aderisce e lo si fa cristal-
lizzare dall'alcool ordinario. Si ottengono in tal guisa tavole o squamette in-
colore, che fondono a 55-56° e ritornano a solidificarsi a 46°. Distillano a
pressione ordinaria a 803-304° ed a pressione ridotta a 33 mm. a 189°.
« Le analisi fatte con la sostanza purificata per distillazione dettero i
seguenti risultati:
I. 0,2094 gr. di sostanza dettero 0,4966 gr. di C02 e 0,1250 gr. di ILO.
IL 0,2036 gr. » - 0,4822 gr. di CO, e 0,1172 gr. di H,0.
« In 100 parti:
i il
C 64,65 64,59
H 6,63 6,39
« Queste cifre sono identiche a quelle che si ottengono analizzando l'apiolo,
per cui l'isapiolo può avere anch'esso la forinola :
che richiede:
C 64.86
H 6,31 .
0) Bevi. Ber. IX, 1177.
(2) Proveniente dalla fabbrica di E. Merck, Darmstadt.
— 548 —
« L'isapiolo è facilmente solubile nell'etere, nell'etere acetico, nell'ace-
tone, nel benzolo, nell'acido acetico e nell'alcool bollente, ed è insolubile
nell'acqua e del pari negli idrati e carbonati alcalini. Trattato su di un vetro
d'orologio con acido solforico concentrato, dà una soluzione rossa che diviene
bruna e sporca col riscaldamento.
« Il rendimento di isapiolo è in media il 70-75 % dell'apiolo impiegato.
Dalle acque madri alcaline, acquoso-alcooliche per svaporamento, e dalla
carta che ha servito a spremere la materia greggia si ottiene un corpo il
quale trattato nuovamente con potassa alcoolica, dà nuove quantità di cri-
stalli fusibili a 55-56°.
« L'isapiolo deve avere, come si vedrà più tardi, una formola non mi-
nore di quella che comunemente si attribuisce all'apiolo (C12 H14 04), ed è
assai probabilmente un isomero e non un polimero di questo, perchè gli si
accosta assai nei punti di fusione e di ebollizione:
Apiolo Isapiolo
Punto di fusione 30° 55-56°
_, .. ,. . ... . (a pressione ordinaria 294° 304°
Punti di ebollizione 1QQo
i a 33-34 min. . . 179° 189°
« Noi abbiamo studiato parallelamente i prodotti di ossidazione dell'a-
piolo e dell'isapiolo e di queste esperienze trattano le seguenti pagine.
« Né l'apiolo, nò l'isapiolo danno composti con la fenilidrazina e con
l'idi-ossilammina.
IL Ossidazione dell'apiolo col permanganato potassico
in soluzione alcalina.
« 6 gr. d' apiolo sospesi in 600 ce. d'acqua bollente, resa alcalina con
potassa, vennero trattati, agitando energicamente il liquido, con una solu-
zione di 24 gr. di permanganato potassico sciolto in 950 ce. d'acqua. L'ossida-
zione avviene prontamente ; per ultimo si riscalda il pallone per circa un'ora
a b. m. Lasciando raffreddare, assieme al precipitato manganico, si deposi-
tano pure dal liquido alcalino, che resta colorato in giallo, piccoli cristallini
solubili nell'etere. Si estrae tutta la massa con questo solvente lino che esso
non toglie più nulla al liquido alcalino ; a questo scopo bisogna ripetere per
12-15 volte l'estrazione. Il residuo ottenuto dagli estratti eterei è una ma-
teria bianca e cristallina, che si lava sul filtro con etere; per liberarla dal-
l'apiolo inalterato che contiene, la si scioglie in poca acqua bollente e si
distilla con vapore acqueo la soluzione. Questa si converte per raffreddamento
in una massa semisolida formata da piccole squamette bianche e splendenti,
che dopo essere state seccate sull'acido solforico, vengono fatte cristallizzare
ripetutamente dal benzolo bollente. Si ottengono così pagliette di splendore
vitreo, che fondono a 122°.
— 544 —
Le analisi dettero i risultati seguenti, che conducono alle forinole :
« Ci2 Hu 06 o Ci2 H16 06 ».
I.
0,1952 gr.
di sostanza dettero 0,4032 gr.
di C02 e 0,1118 gr. di H2 0.
IL
0,2402 gr.
0,4998 gr.
di C02 e 0,1386 gr. di H2 0.
III
, 0,2976 gr.
r
0,6156 gr.
di C02.
IV.
0,2530 gr.
« In 100
parti :
0,5238 gr.
di C02 e 0,1450 gr. di H2 0.
trovato
calcolato per
i
II
in
IV
C»j H16 00 C12 H14 Oj
C 56,33
56,74
56,42
56,46
56,25 56,69
H 6,36
6,41
—
6,37
6,25 5,51
« Il nuovo corpo, che fonde costantemente a 122°, è poco solubile nel-
l'etere, ed è solubile a caldo nell'alcool, nel benzolo, nell'etere acetico e
nell'acqua. Per raffreddamento esso si separa quasi completamente dalle sue
soluzioni in tutti questi solventi. Ha reazione neutra, non si scioglie nei
carbonati né negli idrati alcalini. Si scioglie nell'acido solforico concentrato
con colorazione gialla, che per lieve riscaldamento diventa rossa e finalmente
bruno-sporca.
« La soluzione alcalina esaurita con etere nel modo ora descritto, viene
filtrata dagli ossidi manganici e concentrata notevolmente. Essa contiene un
nuovo acido, che si può estrarre acidificando con acido solforico diluito ed
agitando con etere. Si ottiene, svaporando l'etere, una materia cristallina,
mescolata ad una sostanza resinosa, che ne rende difficile la purificazione.
Per liberarla da quest'ultima, si digerisce tutto il prodotto con poco etere,
che scioglie principalmente la resina. Il residuo cristallino viene poi fatto
cristallizzare dall'acqua bollente con aggiunta di nero animale. Si ottengono
così piccoli aghetti bianchi, che fondono a 175°.
« Il nuovo acido ha, come si vedrà più tardi, la forinola:
« Ciò Hio Oc - .
ed è identico al composto di questa composizione che si ottiene dali'isapiolo,
per ossidazione col camaleonte.
« L'analisi dette:
0,2174 gr. di sostanza dettero 0,4252 gr. di C02 e 0,0938 gr. di H2 0.
"In 100 parti:
trovato calcolato per C10 Hi0 0G
C 53,34 53,09
H 4,79 4,43
« Impiegando nell'ossidazione dell' apiolo quantità di camaleonte mag-
giori a quelle anzidette (p. es. 4 gr. d'apiolo e 28 gr. di permanganato
potassico), non si ottiene più il composto neutro che fonde a 122°, ma sola-
mente piccole quantità della materia acida. All'incontro ossidando l'apiolo
— 545 —
con camaleonte in difetto (9 gr. di apiolo e 9 gr. di permanganato potassico)
si forma principalmente il composto neutro e si hanno piccole traccio della
sostanza acida molto impura. In quest'ultimo caso l'estratto etereo del pro-
dotto acido ha un forte odore d'acido formico.
III. Ossidazione dell'apiolo con bicromato potassico
ed acido solforico.
« Questa esperienza venne di già accennata nella Nota preliminare del
5 febbraio scorso. Ossidando Tapiolo con acido cromico sia in soluzione sol-
forica che in soluzione acetica, si ottiene una sostanza neutra, che fonde a
102° e che è identica al composto che si ottiene dall' isapiolo nelle stesse
condizioni. Essa ha, per ragioni che si vedranno più tardi, la forinola:
« C10 H10 05 ».
ed è un'aldeide.
« Per preparare questo composto dall' apiolo, se ne ossidano p. es. 4 gr.
con un miscuglio di 30 gr. di bicromato potassico, 30 gr. di acido solforico
concentrato e 500 ce. d'acqua. Bollendo il tutto a ricadere, si svolge ani-
dride carbonica e si nota la presenza di vapori d'odore aldeidico. Dopo tre
ore d'ebollizione l'ossidazione è compiuta, e per, raffreddamento si separano
gli aghetti della nuova sostanza. Il liquido, che contiene ancora dell'apiolo
inalterato, viene liberato da questo per distillazione con vapore acqueo ed
assieme all' apiolo passano piccole quantità d'un acido volatile. Filtrando la
soluzione cromica, che resta indietro, si ottiene la nuova sostanza, che non
essendo del tutto insolubile viene estratta con etere. Il rendimento ammonta
al 20 % dell'apiolo impiegato.
* Il composto fusibile a 102° viene purificato facendolo cristallizzare
dall'alcool diluito.
« Le analisi dettero i seguenti risultati:
1. 0,1822 gr. di materia dettero 0,3838 gr. di CO, e 0,0812 gr. di H, 0.
0,4754 gr. di C02 e 0,1006 gr. di H2 Q.
0,4040 gr. di C02 e 0,0852 gr. di H2 0.
calcolato per Ciò Ht0 05 (')
57,14
4,76
« L'ulteriore descrizione di questo corpo verrà fatta più tardi.
(') Nella Nota citata avevamo assegnato, in via provvisoria, a questo composto la
formola C12 H12 06, per ragioni che sono facili ad intendersi, la quale naturalmente richiede
gli stessi numeri della formola Ciò Hi0 08 .
IL 0,2268 gr.
»
III. 0,1928 gr.
!J
« In 100 parti:
trovato
I II
III
C 57,44 57,Ki
57,15
H • 4,95 4,93
4,91
— 546 —
IV. Ossidazione clell'isoa piolo con permanganato potassico.
« L'isapiolo dà per ossidazione con permanganato potassico principal-
mente l'acido già menzionato, che fonde a 175° ed il composto neutro che
fonde a 102°.
« L'operazione venne eseguita ossidando 8 gr. d'isapiolo sospesi in 800 gì-,
di acqua bollente, con una soluzione, fatta a caldo, di 32 gr. di camaleonte
in 1600 ce. d'acqua. Agitando fortemente la mescolanza la reazione avviene
prontamente e si compie, riscaldando a b. m. per circa un'ora. Il liquido _
soprastante al precipitato manganico si scolora completamente, e tutto il con-
tenuto del pallone viene estratto con etere. Dopo 5 o 6 agitazioni l'esauri-
mento è completo, e gli estratti eterei svaporati lasciano un residuo non
molto abbondante, che fonde fra 50 e 55°. Cristallizzando però il prodotto
frazionatamente dall'alcool, si riesce ad ottenere dalle prime frazioni l'isapiolo,
rimasto inalterato, con tutti i suoi caratteri, mentre invece le ultime con-
tengono piccole quantità del composto aldeidico che fonde a 102°.
« La soluzione alcalina esaurita con etere venne filtrata, concentrata ed
acidificata con acido solforico diluito. Si ottiene subito un precipitato giallo
pulverulento che si deposita facilmente e che venne filtrato e lavato. Dal
liquido si possono ottenere delle altre quantità di questa sostanza per estra-
zione con etere. Il precipitato e l'estratto etereo vennero entrambi fatti cri-
stallizzare ripetutamente dall'acqua bollente, aggiungendo carbone animale.
Si ottengono per raffreddamento piccoli aghetti che fondono a 175D, e che
sono la stessa sostanza, che si forma in quantità più, piccola dall' apiolo per
ossidazione con camaleonte.
» Questo acido che noi chiameremo
- Acido aplollco »
ha la forinola C10 H10 Otì, come lo dimostrano le analisi dei suoi sali argen-
tico e calcico.
« Esso dette all'analisi :
0,2048 gr. di materia diedero 0,3988 gr. di C02 e 0,0842 gr. di H2 0 .
« In 100 parti:
trovato calcolato per C,0 Hi0 Oc
C 53,11 53,09
H 4.56 4,43
« L'acido apiolico è solubile nell'etere, nell'alcool bollente, nell'acido
acetico glaciale, nel benzolo e nell'etere acetico, poco solubile nell'acqua
bollente. Da quest'ultimo solvente si separa quasi completamente per raffred-
damento.
« In
100
parti :
trovato
I
ii
C
—
35,96
H
—
2,77
Ag
e
12,24
—
— 547 —
- Il sale arg e litico [Ci0 H9 06 Ag] si ottiene in forma d'un precipitato
"bianco formato da lunghi aghi, trattando con nitrato d'argento la soluzione
neutra dell'acido nell'ammoniaca.
« L'analisi dette:
I. 0.3982 gr. di materia dettero 0,1284 gr. di argento.
II. 0,2932 gr. 0,3866 gr. di C02 e 0,0732 gr. di H2 0.
calcolato per Ci0 H0 Ag 0G
36,04
2,70
32,43
« Il sale calcico [(C10 H9 06)2 Ca] ottenuto saturando una soluzione
acquosa dell'acido con carbonato calcico puro, forma cristalli prismatici splen-
denti, che non perdono di peso se vengono seccati sull'acido solforico ed a 120°.
0,2550 gr. di materia seccata a 120° dettero 0,0688 gr. di Ca S04 .
"In 100 parti:
trovato calcolato per C20 H 18 Oi2 Ca
Ca 7,94 8,16
« L'etere metilico [C10 H9 (CH3) 06] ottenuto riscaldando il sale argen-
teo con joduro metilico a 100" in un tubo chiuso, esaurendo poi la massa
con etere e cristallizzando il prodotto ottenuto dall'acqua bollente, forma aghi
bianchi che fondono a 71-72°.
« L'analisi dette :
0.1890 gr. di sostanza diedero 0,3818 gr. di C02 e 0.0884 gr. di H, 0.
« In 100 parti:
trovato calcolato per Ciò H9 (CH3) Oc
C 55,09 55,00
H 5,19 5,00
« L'etere metilico dell'acido apiolico è solubile nell'etere, alcool ed acido
acetico glaciale; poco solubile nell'acqua, da cui si separa per raffreddamento
in aghi bianchi.
« L'acido apiolico dà inoltre, in forma di sale ammonico, in soluzione
neutra, mediocremente concentrata, le seguenti reazioni:
Con cloruro calcico : in principio una soluzione incolora, che per sfregamento
con una bacchetta di vetro dà subito degli aghi bianchi.
Con solfato di magnesio : una soluzione incolora, che non dà precipitato.
Con cloruro baritico: una soluzione incolora, che con lo sfregamento dà su-
bito un precipitato d'aghi bianchi, lunghi.
— 548 —
Con solfato di zinco', subito un precipitato bianco.
Con solfato ali cadmio: subito un precipitato bianco.
Con solfato di rame : un precipitato azzm-ro chiaro o aghetti raggruppati in
forma di mammelloncini.
Con nitrato di cobalto: dopo lungo sfregamento aghi rosei chiari.
Con nitrato di nickel: dopo lungo sfregamento aghi.
Con cloruro ferrico: un precipitato rossobruno caseoso.
Con cloruro mercurico : dopo lungo sfregamento un precipitato bianco caseoso.
« L'acido apiolico non si combina colla fenilidrazina, l'amalgama di
sodio in soluzione alcalina non l'altera. Fondendolo con potassa si ottiene
acido acetico ed ossalico. Con acido jodidrico a 100° dà joduro metilico o
etilico.
* Il rendimento da 8 gr. di isapiolo è in media di 3 gr. di acido. Im-
piegando un eccesso di camaleonte (8 gr. di isapiolo e 45 gr. di permanganato)
non si ottiene che acido acetico ed ossalico.
V. Ossidazione dell'isapiolo con bicromato potassico
ed acido solforico.
« L'isapiolo dà per ossidazione con acido cromico il composto C10 Hi0 05,
che come si vedrà non è altro che l'aldeide apiolica corrispondente all'acido
apiolico or descritto.
« L'ossidazione dell'isoapiolo venne eseguita in un apparecchio a rica-
dere munito d'un imbutino a robinetto ; si fa gocciolare lentamente nel pal-
lone, ove trovasi l'isapiolo, un miscuglio formato da 10 gr. di bicromato po-
cromato potassico e 200 gr. d'acido solforico diluito (1 a 10). La reazione
avviene prontamente mentre si sviluppano copiosamente vapori di aldeide ace-
tica. Dopo tre ore d'ebollizione la reazione è compiuta. Si distilla il conte-
nuto del pallone con vapore acqueo e si prolunga l'operazione fino che il
distillato non ha più reazione acida. Questo contiene piccole quantità dei
cristallini della sostanza C10 H10 05 ed acido acetico. Si satura con carbo-
nato sodico e si estrae con etere per eliminare il composto fusibile a 102°.
Il liquido acquoso viene concentrato e distillato con acido solforico. Il pro-
dotto ottenuto, neutralizzato esattamente con carbonato sodico e concentrato,
venne precipitato frazionatamente con nitrato d'argento. Il sale argentico
venne cristallizzato alcune volte dall'acqua, da cui si separa in forma di
lunghi aghi. L'analisi dette il seguente risultato.
0,3262 gr. di materia dettero 0,2104 gr. d'argento.
«'In 100 parti:
trovato calcolato per C2 Hs 02 Ag
Ag 64,50 64,66
« Il prodotto dell'ossidazione dell'isapiolo con acido cromico, liberato
— 549 —
nel modo ora descritto dall'acido acetico, per distillazione con vapore acqueo,
venne filtrato ancor caldo per eliminare alcune sostanze resinose. Per raffred-
damento si separano copiosamente piccoli aghetti bianchi, che si purificano
facendoli cristallizzare dall'alcool diluito. Fondono a 102° e sono del tutto
identici alla sostanza ottenuta dall' apiolo con lo stesso reattivo.
« L'analisi dette :
0,2156 gr. di sostanza produssero 0,4538 gr. di C02 e 0,0976 gr. di H2 0.
« In 100 parti:
trovato calcolato per C10 Hi0 05
C 57,40 57,14
H 5,03 4,76
« Il composto Ciò H10 05 è come dimostreremo più tardi
l'aldeide dell'acido apiolico
perchè si combina col bisolfito sodico, dà una aldossima e si converte per
ossidazione nell'acido apiolico già descritto.
« L'aldeide apiolica è poco solubile nell'acqua, del pari si scioglie dif-
ficilmente nell'etere petrolico, facilmente invece nell'alcool, nell'etere, nel sol-
furo di carbonio, nell'acido acetico e nei benzolo; da questo solvente si
separa in forma di aghi lunghi e splendenti. Nell'acido solforico concentrato
si scioglie con colorazione gialla intensa; col riscaldamento la soluzione
prende un colore verde oliva e per aggiunta d'acqua si separano fiocchi bruni.
« Il rendimento d'aldeide apiolica è più abbondante partendo dall'isa-
piolo che dall' apiolo. Da due grammi del primo se ne ottengono 0,7 di al-
deide, il che corrisponde al 35 %•
« Essendo stabilita per mezzo delle analisi dei sali, la forinola dell'a-
cido apiolico ne viene di conseguenza, che l'aldeide corrispondente abbia la
forinola C10 Hi0 05 e non la forinola CuHioOe, come avevamo ammesso
nella nostra Nota preliminare, già citata, né altra più semplice. Ora siccome
l'aldeide in questione si forma per ossidazione dell' isapiolo assieme ad aldeide
acetica ed acido acetico, ne segue che l' isapiolo deve avere una forinola con-
tenente due atomi di carbonio di più dell'acido apiolico e dell'aldeide apio-
lica, cioè
«C12H1404»
che è, come s'è detto più sopra, con molta probabilità anche la forinola
dell'apiolo ».
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 71
— 550 —
Chimica. — Sull'aldeide apiolica e sull'acido apiolìco. Nota II.
di G. Ciamician e P. Silber, presentata dal Socio S. Oannizzaro.
« Diamo nella presente Nota la descrizione ulteriore delle proprietà e
del comportamento chimico dell'acido apiolico e dell'aldeide apiolica, che, come
abbiamo dimostrato nella Nota precedente, si ottengono per ossidazione del-
l'apiolo e dell' isapiolo.
I. Aldeide apiolica [Ci0H1005].
« Il composto della forinola soprascritta, che fonde a 102°, manifesta la
sua natura aldeidica, perchè si combina col bisolfito sodico. A freddo non si
combina con questo reattivo, perchè può venire estratto, completamente inal-
terato, dall'etere; se si riscaldala combinazione avviene con forte sviluppo
di calore e per raffreddamento si separano lamelle larghe, striate della com-
binazione bisolfitica dell'aldeide apiolica. Bollendo questi cristalli con ima
soluzione concentrata di carbonato sodico, si ottiene un liquido, da cui l'etere
estrae il composto Ciò H10 05 ripristinato, che fonde a 102°.
tL'apiolaldossima [C,0 H10 04 . NOH] si ottiene trattando l'aldeide
apiolica con idrossilammina in soluzione alcalina. 1 gr. di aldeide, sciolta in
40 ce. d'alcool a 92 °/o , venne trattata con 1 gr. di cloridrato di idrossil-
ammina ed 1 gr. di carbonato sodico sciolto in 5 ce. d'acqua. La reazione
incomincia subito e si manifesta col separarsi di croste cristalline formate da
aghi bianchi. Si bolle per circa un'ora a ricadere a b. m., per rendere com-
pleta la reazione, si svapora indi l'alcool a b. m. e si estrae il residuo sciolto
nell'acqua, con etere. Il composto così ottenuto, cristallizzato alcune volte da
poco alcool, forma aghi lunghi e bianchi, che fondono a 160-161° e che det-
tero all'analisi i numeri seguenti :
1. 0,2820 gr. di materia produssero 0,5516 gr. di C02 e 0,1374 gr. di H4 0.
IL 0,2308 gr. di materia svolsero 12,5 ce. d'azoto misurato a 15° e 753 mm.
« In 100 parti :
trovato calcolato per <',„ H,, NOs
I II
C 53,35 — 53,33
H 5,41 — 4,89
N — 6,28 6,22
« L'apiolaldossima è facilmente solubile nell'etere, nell'etere acetico, nel-
l'acido acetico e nell'alcool bollente, nell'acqua bollente è poco solubile e si
separa per raffreddamento quasi completamente dalla soluzione.
— 551 —
« Scaldando l'aldossima con anidride acetica, si ottengono per lento raf-
freddamento grossi cristalli di splendore vitreo, che fondono a 129° e che
stiamo presentemente studiando.
« L'apiolaldossima ed il suo derivato acetilico, come pure la stessa aldeide
apiolica, danno con acido solforico un' intensa colorazione gialla, Che col riscal-
damento diviene verde oliva.
a Con la fenilidrazina l'aldeide apiolica dà probabilmente un fenilidra-
zone, che abbiamo ottenuto dalla soluzione acetica per precipitazione con acqua
in forma d'un precipitato resinoso.
1. Ossidazione dell' aldeide apiolica
eoa permanganato potasssico in soluzione alcalina.
« Le reazioni suaccennate dimostrano la natura aldeidica del composto
che fonde a 102°, esso si manifesta in modo evidente quale aldeide dell'acido
apiolico, perchè può essere facilmente trasformato in quest'ultimo composto
per ossidazione col camaleonte.
« Ad 1 gr. di sostanza sospesa in 100 ce. d'acqua bollente, resa alcalina
con un po' di potassa, venne aggiunto un gr. di permanganato potassico sciolto
in 50 ce. d'acqua. L'ossidazione avviene prontamente ed il prodotto ottenuto
contiene soltanto minime quantità di aldeide inalterata, che si estrae con
etere. Il liquido alcalino filtrato dagli ossidi manganici e convenientemente
concentrato dà un acido solforico diluito un precipitato di piccoli aghetti
bianchi, -che dopo due cristallizzazioni dall'acqua bollente fondono a 175° e
sono in tutto identici all'acido apiolico, ottenuto per ossidazione dell' apiolo
e dell' isapiolo in soluzione alcalina.
« L'analisi venne a confermare la composizione dell'acido ottenuto :
0,2066 gr. di sostanza dettero 0,4018 gr. di C02 e 0,0902 gr. di H2 0 .
« In 100 parti :
trovato calcolato per Ciò Ht0 Oe
C 53,04 53,09
H 4,85 4,43
- La quantità d'acido apiolico così ottenuto corrisponde stechiometrica-
mente a quella dell'aldeide impiegata.
2. Azione dell'acido nitrico sull'aldeide apiolica.
« Trattando l'aldeide apiolica in soluzione acetica con acido nitrico, si
ottiene facilmente un composto nitrico, di cui non abbiamo ancora compiuto
lo studio, che intendiamo proseguire alacremente, perchè questo corpo ci
sembra adatto a recare luce sulla natura del nucleo fondamentale dell'apiolo,
che è senza dubbio di natura aromatica.
« Un grammo di aldeide apiolica sciolta in 10 ce. d'acido acetico gla-
ciale, venne introdotta a poco a poco in 40 gr. d'acido nitrico (d=l,35)
— 552 —
raffreddato con acqua. La soluzione nitrica si colora in giallo ed agitando svi-
luppa prodotti gassosi. Finita l'effervescenza cominciano, dopo breve tempo
(10-15 minuti), a separarsi dal liquido aglietti gialli, che dopo una mezz'ora
lo convertono in una massa semisolida.
* Il prodotto venne versato nell'acqua, filtrato, lavato e fatto cristalliz-
zare dall'alcool. Si ottengono aghi gialli che fondono a 137-138°.
« Le analisi dettero i seguenti numeri, che sembrano condurre alla forinola
«C;H7N05»
a cui però non corrispondono troppo esattamente :
I. 0,2660 gr. di sostanza dettero 0,4498 gr. di C02 e 0.0928 gr. di H2 0 .
II. 0,2552 gr. di sostanza dettero 0,4332 gr. di C02 e 0,0948 gr. di H20.
III. 0,2780 gr. di sostanza dettero 0,4696 gr. di CO, e 0,0980 gr. di H80.
IV. 0,1148 gr. di sostanza svolsero 7 ce. d'azoto misurato a 7° e 761 mm.
« In 100 parti :
trovato calcolato per Ci H7 X 05
I II III IV
C 46,12 46,29 46,07 — 45,40
H 3,88 4,13 3,92 — 3,78
N — — — 7,40 7,57
« Il nuovo composto è del tutto diverso da quello ottenuto da von
Gerichten (*) e da Ginsberg (2) dall' isapiolo.
« Trattando il composto nitrico or descritto in soluzione alcoolica con
stagno ed acido cloridrico, risulta un liquido rosso, da cui si ottiene per trat-
tamento con potassa e successiva estrazione con etere un composto amidato,
che cristallizza dell'alcool in aghi gialli. Esso si scioglie negli acidi minerali
con colorazione rossa, e dà un cloroplatinato. Ci riserbiamo di fare fra breve
ulteriori comunicazioni su questo alcaloide.
II. Acido apiolicQ [CioHioOe].
« L'acido apiolico, che si ottiene per ossidazione dell'apiolo e dell' isapiolo
col camaleonte in soluzione alcalina, e che si forma anche per ossidazione
dell'aldeide apiolica, con lo stesso reattivo, perde in certe condizioni abba-
stanza facilmente una molecola di anidride carbonica per trasformarsi in una
sostanza neutra, che noi proponiamo di chiamare provvisoriamente :
« Apione " [C9 H10 Ot] ,
fino a che la sua natura chimica non sarà definitivamente messa in chiaro.
« Scaldando 3 gr. di acido apiolico con 45 ce. d'acido solforico diluito
(1 a 3) in un tubo chiuso, a 130-140° per cinque ore, si nota dopo il riscal-
damento, nell' aprirlo un abbastanza abbondante sviluppo di anidride carbonica.
(') Beri. Ber. IX, 1477.
(2) Ibid. XXI, 1192.
— 558 —
Il contenuto del tubo, che è formato da un liquido bruno e da croste cristal-
line, venne distillato con vapore acqueo. Passa una sostanza molto volatile,
che si depone nel distillato in forma di aghetti bianchi, ed il residuo contiene
una massa nerastra e resinosa, da cui si può estrarre in piccola quantità
l'acido rimasto inalterato.
« Il composto volatile venne separato dall'acqua e fatto cristallizzare dal-
l'alcool acquoso. Fonde costantemente a 79°.
« Le analisi condussero alla forinola sopra scritta :
I. 0,1142 gr. di sostanza dettero 0,2492 gr. di C02 e 0,0630 gr. di H2 0 .
II. 0,2024 gr. di sostanza dettero 0,4410 gr. di CO, e 0,1038 gr. di H2 0 .
« In 100 parti :
trovato calcolato per C9 H10 04
I II
C 59,51 59,42 59,34
H 6,13 5,69 5,49
« L'apione ha reazione neutra, è solubile nell'etere, nell'etere acetico, nel-
l'acido acetico e nell'alcool bollente ed è insolubile nell'acqua. Il suo vapore
ha un odore aromatico aggradevole.
« Sembra che distillando il sale baritico dell'acido apiolico con calce o
barite si ottengano prodotti diversi dall' apione.
« Noi continuiamo lo studio di questa interessante sostanza ; che costi-
tuisce, senza dubbio, il nucleo fondamentale dell' apiolo e dei suoi derivati.
« Per ultimo accenneremo ancora che l'acido apiolico e così pure l'aldeide
apiolica danno per trattamento con bromo in soluzione acetica lo stesso com-
posto bromurato, che fonde a 99-100° e che sembra essere un uBibromoapione».
« Le analisi dettero per il composto ottenuto dall'acido apiolico 46,75 %
e per quello avuto dall'aldeide apiolica 47,14 % di bromo. Un bibromoapione
richiederebbe 47,01 % di bromo.
« Il composto bromurato dà come lo fanno in genere tutti i derivati del-
l'apiolo, con acido solforico concentrato, una colorazione caratteristica. Scaldan-
dolo con acido solforico appena lievemente, si ottiene una bellissima tinta
azzurra, che col ulteriore riscaldamento diventa violetta intensa e poi brunastra.
« Gli studi ulteriori faranno luce sulla natiua dell' apione e dei suoi derivati.
III. Considerazioni sulla costituzione dell'apiolo e dell' isapiolo.
« Comparando le formole dell'acido apiolico, dell'aldeide apiolica e del-
l'apione, con quella dell'apiolo e dell' isapiolo
C12 H14 O.j C10 H10 Ou G10H10O5 C<jH10Ot .
apiolo e isapiolo acido apiolico aldeide apiolica apione
— 554 —
si nota che in tutti questi composti è contenuto il nucleo fondamentale del-
l'apione, l'acido apiolico e l'aldeide apiolica si possono per tanto considerare
come derivati dell'apione :
Cg Hg 04 Cg Hg 04
CHO COOH
aldeide apiolica acido apiolico o acido apioncarbonico.
« Comparando infine direttamente la forinola dell'apiolo e dell' isapiolo
con quella dell'apione, risulta che quest'ultimo differisce dai primi per con-
tenere un idrogeno invece di un gruppo « C3 H3 ». Se si considera che il residuo
allilico molto spesso si riscontra nei composti organici naturali e specialmente
in quelli che si ottennero dalle umbellifere e se si tiene conto del fatto che
l'apiolo e l' isapiolo danno per ossidazione un acido monocarbossilico, l' apio-
lieo, si può come prima ipotesi ammettere, che il residuo C3 H5 sia contenuto
in questi composti in forma di un'unica caténa laterale, che cioè apiolo ed
isapiolo sieno due propenilapìonì isomeri dèlia formola :
Cg Hg 04
C3H5
« Se si considera infine che tanto l'apiolo che l' isapiolo danno gli stessi
prodotti di ossidazione (acido ed aldeide apiolica), (non tenendo conto per ora
del composto neutro ottenuto soltanto dall' apiolo col camaleonte, che fonde
a 122° e che contiene certo lo stesso numero d'atomi di carbonio che esistono
nell'apiolo) si arriva alla conclusione, che l' isomeria delle due sostanze risie-
derà probabilmente appunto nella costituzione del residuo C3 H5 . L'apiolo
e l' isapiolo potrebbero avere perciò le forinole :
Cg Hg O4 Cg Hg O4 Cg Hg O4
CH CH2
CH e CH °d aDChe
C
*\
CH2 CH3
CH3 CH2
Dando p. es. all' isapiolo la prima di queste formole si spiega molto elegan-
temente la sua scissione per ossidazione con l'acido cromico in aldeide apio-
lica ed acetica :
Cg Hg 04 Cg Hg O4
I I
CH CHO
II + 02 = -
CH CHO
I I
CH3 CH3
isapiolo.
« Sulla natura dell'apione, non si possono fare presentemente che delle
congetture, che devono essere considerate come lo schema che ci servirà di
guida nelle ricerche che presentemente ci occupano.
— 555 —
« Se si tiene conto dei seguenti fatti : che lapido e l' isapiolo sono com-
1 osti indifferenti insolubili nei carbonati ed anche negli idrati alcalini, che
non danno ne idrazoni, ne ossime ; che l'acido apiolico non dà per ossidazione
ulteriore che acido acetico ed ossalico ; che l'apione è del pari un corpo neutro
molto volatile e di odore aromatico aggradevole ed in fine che il nucleo apio-
nico per la facilità con cui dà composti nitrici è assai probabilmente di natura
aromatica, si viene alla conchinsione :
che l'apione è probabilmente un etere d'un fenolo poliatomico che non con-
tiene catene laterali unite direttamente al carbonio aromatico (').
« Queste considerazioni noi le esponiamo con la massima riserva e spe-
riamo di potere in breve tempo trovare in una nuova serie di fatti la con-
fermazione dei nostri concetti. A questo scopo ci riserbiamo l'ulteriore studio
dei prodotti d'ossidazione dell'apiolo ed isapiolo e dei loro derivati.
APPENDICE
« In seguito alle note proprietà terapeutiche dell'apiolo, abbiamo invitato
i sigg. dottori Francesco Cervellin e Felice Lussanna, assistenti alla Clinica
Medica di Padova, diretta dal eh. sig. prof. A. De Giovanni, di volere intra-
prendere alcuni studi sulle proprietà fisiologiche e terapeutiche dell'Isapiolo,
nella speranza che questo composto potesse avere un'azione più efficace e più
vantaggiosa dell'apiolo naturale. Ecco quanto i due egregi giovani clinici vol-
lero cortesemente comunicarci. « L'Isapiolo ha un'azione sul sistema vasomo-
- torio. A piccole dosi 0,2-0,4 gr., somministrato per la via digestiva, si ottiene
^mezz'ora od un'ora dopo l'ingestione, eccitazione cardiaca con polso valido
« ed espanso; a dosi maggiori, 0,6-0,8 gr., polso dicroto, che persiste a lungo,
« per parecchi giorni, anche dopo la sospensione del preparato, se questo prima'
« lo si era somministrato per vari giorni; a questo fa talvolta seguito aritmia
■ cardiaca ed irregolarità del polso.
« L' isapiolo porta come l'apiolo naturale un senso di calore al capo e
« passeggiero esilaramento. Le dosi ripetute danno disturbi digestivi, dolore
« o peso allo stomaco, inappetenza, qualche dolore di ventre, dolor di capo
« e perfino febbre. Non dette nessun resultato come emmenagogo, e diede pure
« resultato negativo in un malarico » .
^ 0) Quasi involontariamente si è tentati, dopo quanto s'è esposto, a supporre che
l'apione possa avere la seguente costituzione :
(q>CH8 t _ (°>CH,
' "II-')(OCH3\, ' raPiol° e l' isapiolo avrebbero per conseguenza la forinola C„ H l?AnTI /
(C, Hs
e sarebbero come si vede sostanze analoghe al safrolo Ce H, ' 0>GE* . (Vedi Beri.
Ber. XIX. 1098). Cs H5
— 556
Chimica. — Sulla trasformazione del me ti le he io lo in chinai-
dina. Nota di Gaetano Magnanini f) presentata dal Socio Can-
NIZZARO.
« Alcuni mesi fa, in una Nota presentata a questa Accademia (2), ho
dimostrato che il metilchetolo e lo scatolo si trasformano per azione del clo-
roformio e del bromoformio, in presenza di alcoolato sodico, in basi alogenate,
rispettivamente isomere tra di loro, alle quali spettano le formule C10 H8 NC1
e Ciò H8 NBr. Lo studio di quella reazione fu da me intrapreso allo scopo
di verificare la natura pirrolica della molecola dell' indolo e stabilire così
una analogia che, sebbene prevista, non era allora, si può dire, ancora stata
dimostrata. Ammisi pertanto che le sostanze C10 H8 NC1 e Ciò H8 N Br fos-
sero derivati di sostituzione rispettivamente di due monometilchinoline, e che
l'addizione di un atomo di carbonio nel metilchetolo e nello scatolo, fatta
col mezzo del cloroformio e del bromoformio fosse, per conseguenza, parago-
nabile alla formazione della p- cloro- e ^-bromo-piridina dal pirrolo col mezzo
dei medesimi reattivi. La mancanza di materiale mi impedì però di verificare
la natura chinolica delle nuove sostanze da me descritte, e promisi di ritor-
nare sull'argomento.
« Delle quattro sostanze alogenate, una, quella ottenuta dal metilche-
tolo con bromoformio, si è lasciata ridurre, ed ho potuto isolare una base,
priva di bromo, la quale ha la composizione e le proprietà della chinaldìna.
La formazione della chinaldina dal metilchetolo presenta poi anche un certo
interesse, perchè è la prima volta che dagli indoli si ottiene un derivato
noto della chinolina.
,« 4 gr. di bromochinaldina, ottenuta dal metilchetolo col metodo de-
scritto (3). vennero rinchiusi in 4 tubi di vetro, 1 gr. per ciascun tubo, con
10 volte il proprio peso di acido iodidrico concentrato ed una piccola quan-
tità di fosforo amorfo e si riscaldò a 180° per 6-7 ore.
« 11 contenuto dei tubi venne soprasaturato con potassa e distillato in
una corrente di vapore acqueo il quale trascina un olio alcalino di intenso
odore chinolinico; questo olio, dopo un riposo di 12 ore, non si è solidificato.
11 distillato venne estratto con etere e l'estratto etereo seccato con potassa
solida; scacciato l'etere a bagno-maria rimase l'olio il quale venne distillato
direttamente. La maggior parte della sostanza passa intorno ai 238°-240°;
(!) Lavoro eseguito nell'Istituto chimico della lì. Università di Padova.
(2) Rendiconti, seduta del 12 giugno 1887.
(3) Loco cit.
— 557 —
venne raccolta questa frazione, trascurando una piccola quantità di una ma-
teria bollente a temperatura più elevata e costituita in massima parte da
bromochinaldina inalterata.
« La sostanza ottenuta dà con ossido di rame alla fiamma ancora la
reazione del bromo dovuta ad una piccola quantità di bromo-chinaldina. Mi
sono servito, per separare la chinaldina, della precipitazione frazionata aggiun-
gendo successivamente una soluzione alcoolica di acido picrico in difetto, alla
soluzione alcoolica, riscaldata, della sostanza. Per raffreddamento si separano
da principio degli aghi filiformi gialli che fondono a 192° e che sono picrato
di chinaldina; le ultime frazioni sono costituite da aghettini corti i quali
posseggono le proprietà del picrato di bromochinaldina. Io ho analizzato il
picrato ottenuto nella prima precipitazione, il quale fondeva esattamente a 192°
ed ho ottenuto il risultato seguente:
gì-. 0,2772 di sostanza dettero gr. 0,5293 di C02 e gr. 0,0871 di H2 0.
« In 100 parti:
trovato calcolato per Ciò H9 N C6 H2 (N02)3 OH
C 52.07 51.61
H 3.48 3.23
« I picrati fusibili intorno a 192°, ottenuti nei successivi frazionamenti
vennero riuniti, si mise la base in libertà con potassa e si distillò la solu-
zione alcalina in una corrente di vapore ; dal distillato venne estratta la base
con etere, scacciato l'etere, acidificato il residuo con acido cloridrico e la
soluzione acida precipitata con cloruro di platino. Si separano così dalla so-
luzione degli aghi giallo-aranciati, i quali cristallizzati dalla soluzione clo-
ridrica si trasformano in prismi rosso-aranciati, fusibili a 228°-230° ; l'analisi
di questo sale, seccato a 100°, ha dato il risultato seguente:
gr. 0,3324 di sostanza calcinati dettero gr. 0,0930 di Pt.
« In 100 parti:
trovato calcolato per (C10 H9 NH Cl)a Pt Cl4
Pt 27.95 27.95 (')
« Le analisi del picrato e del cloroplatinato della base ottenuta nella
riduzione della sostanza bromurata, dimostrano che quella base ha la com-
posizione di una metilchinolina. Ora, prescindendo dalle toluchinoline otte-
nute da Skraup (-), le quali contengono il metile nell'anello aromatico e pos-
seggono per conseguenza formole che non si possono attribuire alla metil-
chinolina che si ha dal metilchetolo, si conoscono tre metilchinoline, tutte
quelle previste dalla teoria, le quali contengono il metile nel nucleo piridico.
Esse sono: la lepidina che è stata ottenuta dalla cinconina (3) e che contiene
(i) Pt = 194.34
(2) Monatshefte tur Chemie II, 153 ; III, 382.
(3) Williams, Jahresberichte f. Chem. 1855, 1856, 1863.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 72
— 558 —
il metile in posizione y; la /S-metilchinolina ottenuta col mezzo dell'aldeide
propilica da Doebner e Miller (*) ; e la chinaldina la quale contiene il metile
in posizione «.
« Quantunque il punto di ebollizione della base ottenuta da me ed il
punto di fusione del picrato analizzato escludano per quella sostanza l'iden-
tità colla lepidina e colla /?-metilchinolina, io ho voluto preparare il jodo-
metilato della mia base, ed ho trovato che coincide perfettamente nelle sue
proprietà col jodometilato di chinaldina. A tale scopo la base venne riscal-
data a 100° in tubo chiuso per circa 10 minuti con im eccesso di joduro di
metile; venne scacciato l'eccesso del reattivo a bagno-maria e ripreso il re-
siduo con acqua scolorando con carbone animale; la soluzione qvasi scolorata
venne concentrata nel vuoto sull'acido solforico, ed il residuo cristallizzato
dall'alcool assoluto bollente. Si ottennero così degli aghi di un bel colore
giallo citrino, fusibili a 195°. Riscaldati in presenza dell'aria a bagno-maria
con una soluzione concentrata di potassa, danno origine ad una materia colo-
rante di un rosso-carminio, solubile nell'alcool. Secondo Doebner e Miller (2)
questa reazione che è caratteristica per il jodometilato di chinaldina non è
comune al jodometilato di /?-metilchinolina.
« Il seguente specchietto mentre dimostra l'identità della base ottenuta
dal metilchetolo colla chinaldina di Doebner e Miller, mette anche in rilievo
le differenze che si osservano nei derivati delle tre metilchinoline :
Base
ottenuta
dal
metilchetolo
< Ihinaldina
(S-Metilchinolina
Lepidina
Punto di ebol-
lizione ....
intorno
238°-240°
240°
250°
256°
Picrato
192°
192° incost.
Knorr (3).
187°
Doebner e Miller (3)
207°-208°
Doebner e Miller (4)
Cloroplatinato .
228°-230°
226°-230°,A'-
scher e Ku-
zel ; 226 ° ,
Friedl Under
e Gòhring
226°-230°
Knorr
Iodometilato . .
195°
195°
Doebner e
Miller
221°
Doebner e Miller
173°-174°
Doebner e Miller
C1) Beri. Ber. XVIII. 1640.
(2) Beri. Berichte XVIII, 1643.
(3) Liebio'\s Annalen 236, 96.
(4) Beri. Ber. XVIII 1646.
— 559 —
« La formazione della chirialdina dal metilchetolo dimostra, prima di
tutto, che le sostanze alogenate ottenute dal metilchetolo col cloroformio e
col bromoformio non sono altro che, rispettivamente, una monocloro- ed una
monobromo-chinaldina. A stabilirne però la costituzione occorre conoscere la
posizione dell'alogeno. Già nella mia Nota citata io feci vedere come molto
probabilmente in queste sostanze il cloro ed il bromo occupassero la posi-
zione § del nucleo piridico. Dimostrai questo facendo l'ipotesi che sul me-
tilchetolo e sullo scatolo il cloroformio ed il bromoformio agissero alla stessa
guisa e che l'atomo di carbonio, che entrava nella molecola di quelle sostanze,
entrasse in entrambe nella medesima posizione. Questa ipotesi era plausibile,
in quanto che il metilchetolo e lo scatolo non differiscono fra di loro che
per la posizione del metile nella molecola. La formazione della chinaldina
dal metilchetolo, dimostrando che, nella bromobase e, per conseguenza con
tutta probabilità, anche nella clorobase che si ottiene da questo, il metile
si trova nella posizione a del nucleo piridico, permette di determinare anche
la posizione dell'alogeno nella cloro- e nella bromochinaldina. Invero si co-
nosce una clorochinaldina, fusibile a 42°-43°, che è stata ottenuta da M. Conrad
ed L. Limpach (!), la quale contiene il cloro in posizione y. Siccome la cloro-
chinaldina che io ho ottenuta dal metilchetolo fonde a 71°-72° ed è per con-
seguenza diversa da quella di M. Conrad ed L. Limpach, e siccome la posi-
zione a è già occupata in entrambe le clorometilchinoline dal metile, l'alogeno
non può occupare nella mia clorochinaldina che la terza ed ultima posizione
rimanente. L'isomeria delle due sostanze è indicata per conseguenza dalle
seguenti formule:
CI
CH,
N N
Clorochinaldina di Conrad e Limpach Clorochinaldina dal metilchetolo
« Con questo rimane definitivamente dimostrato che l'atomo di carbonio
che entra nella molecola dell'indolo, nelle reazioni col cloroformio e col bro-
moformio, va ad occupare la posizione. /? nel nucleo piridico del derivato
chinolinico che si forma, come avviene nelle corrispondenti metamorfosi del
pirrolo. Dalle ricerche di E. Fischer e A. Steche (2) risulta che quando la
trasformazione degli indoli in chinoline viene fatta invece per mezzo del jo-
duro di metile, il gruppo metilenico entra in posizione «, probabilmente perchè
in questo caso si ottengono delle idrochinoline che sono basi secondarie ».
(i) Beri. Ber. XX, 952.
(2) Liehig's Annalen. Verwandlung- der Indole in Hydrochinoline 242, 348.
560 —
Chimica. — Sopra alcuni derivati della pirrolenftalide. Nota
di Francesco Anderlini, presentata dal Socio Cannizzaro (').
« Fra i derivati del pirrolo e quelli del benzolo furono riscontrate molte
analogie circa la loro genesi e costituzione come venne posto in evidenza dal
prof. Ciamician nella sua Monografia sui composti del pirrolo (2).
« Tuttavia la sostituzione dell'idrogeno nei due nuclei non si ottiene
con eguale facilità, anzi, per quanto lo stesso prof. Ciamician potè intrave-
dere (3), il pirrolo, in via generale, oltre minore resistenza e permette di
introdurre nella sua molecola altri elementi o radicali con maggiore facilità
che il benzolo. Scopo precipuo 'del presente lavoro si è appunto di contribuire
a dilucidare questo punto.
« Uno dei composti che parve dovesse prestarsi sufficientemente a tale
dimostrazione per la sua stabilità e resistenza al calore, è la pirrolenftalide
C4H3N
\/
C
CGH4^ \)
CO,
ottenuta da Ciamician e Dennstedt (4) per l'azione dell'anidride ftalica sul
pirrolo. Questi chimici studiarono il suo modo di comportarsi colla potassa, la
quale la trasforma nell'acido pirrolenfenilcarbinol-o-carbonico
C4 H3 N
COH
C6 H\
COOH.
« La costituzione della pirrolenftalide ammessa da Ciamician e Denn-
stedt non è stata dimostrata in modo assoluto, ma apparisce probabile da
tutto il suo modo di comportarsi.
« Io ho cercato di ottenere un composto idrazinico della pirrolenftalide,
perchè in questi ultimi tempi è stato dimostrato (5), che anche i lattoni,
come p. es. la ftalide, reagiscono con la fenilidrazina.
(*) Lavoro eseguito nell'Istituto di chimica dell'Università di Padova.
(2) // pirrolo ed i suoi derivati. Acc. dei Lincei. Ser. 4a, voi. IV, 1887.
(:<) Ibid.
(4) Acc. L. M. XIX, (1833-84).
(5) W. Wislicenus, Ber. deut. chem. Gesell. XX, 401.
— 561 —
« La pirrolenftalide però non si combina con questo reattivo, e non
ottenni nessun risultato con la fenilidrazina né direttamente né in presenza
di acido acetico.
« L'acido pirrolenfenilcarbinol-o-carbonico si trasforma per riscaldamento
nell'anidride da cui deriva. Io ho voluto studiare il comportamento di un
sale di tale acido, perchè in questo caso la formazione dell'anidride non è
più possibile.
« La pirrolenftalide venne sciolta nella potassa concentrata, a caldo, e
poi, dopo eliminata tutta l'acqua, venne mescolato il residuo con circa 10 volte
il suo peso di carbonato potassico, il miscuglio introdotto in una stortina e
scaldato in bagno di lega metallica oltre i 360°. Distillò un liquido i cui
vapori coloravano vivamente un fuscello d'abete, accompagnato da altro liquido
che presentava le proprietà del benzolo.
Azione del bromo in soluzione alcalina
sull'acido ])irrolenfenilcarbinol-o-carboiiico.
« La pirrolenftalide venne sciolta nella potassa a caldo, e prima del
raffreddamento fu aggiunto un eccesso di bromo rapidamente. Il liquido reso
alcalino venne agitato con etere, il quale estrasse un corpo insolubile nel-
l'acqua, solubile nell'alcool, che si colorava in verde scuro coli' acido solforico,
instabile e contenente bromo; possedeva infine tutte le proprietà che offre
il letrabromoj)irrolo col quale fu confrontato.
« Il liquido acquoso ed alcalino fu trattato con acido solforoso fino a
reazione acida ed esso pure agitato con etere. Il residuo lasciato dall'estratto
etereo presentava l'aspetto dell'acido ftalico, col quale del resto fu identi-
ficato coi dati dell'analisi del sale d'argento, colla formazione della fluore-
sceina, scaldandolo colla resorcina ed acido solforico, e col suo punto di fusione.
« L'acido pirrolenfenilcarbinol-o-carbonico si scinde dunque per l'azione
del bromo in soluzione alcalina in telrabromojnrrolo ed acido ftalico. Questa
reazione ha servito per riconoscere la posizione del bromo e del residuo ni-
trico nei prodotti di sostituzione della pirrolenftalide.
Bib romoj) irrolen fialide.
« Sopra 2 grammi di pirrolenftalide, sciolta in 15 grammi di ac. acetico
glaciale, furono fatti agire a caldo 8 grammi di bromo versato a piccole por-
zioni ed agitando. Per raffreddamento si separarono dei cristalli fortemente co-
lorati in bruno, che furono liberati dal liquido madre il più che fu possi-
bile ed indi fatti cristallizzare dall'alcool. Si ottennero in tal guisa circa
gr. 1,3 di prodotto fondente a 198°. Dopo ripetute cristallizzazioni dall'alcole
bollente il punto di fusione rimase fisso a 199".
— 562 —
y. Una determinazione di bromo nella sostanza seccata sull'acido solfo-
rico nel vuoto condusse ai risultati seguenti:
0,2188 gr. diedero 0,2314 gr. di Ag Br.
« In 100 parti:
trovato calcolato per C12 H5 Br2 NO2
Br 45,00 45,07
« La bibromopirrolenftalide fatta cristallizzare dall'alcool si presenta in
piccoli aghi disposti a fascetti, di un bel colore giallo vivo; disseccati for-
mano una massa dall'aspetto della seta. È insolubile nell'acqua, solubile con
difficoltà nell'alcool anche a caldo, pochissimo a freddo e così nell'etere.
Coli' acido solforico concentrato produce una bella colorazione rosso-viva.
Mo no iiitropirro leu fialide.
« L'acido nitrico concentrato scioglie la pirrolenftalide con grande faci-
lità dando origine ad un nitroderivato. Per prepararlo si procede nel modo
seguente. Si scioglie la pirrolenftalide, introducendola a poco a poco, in un
eccesso di acido nitrico concentrato, e si precipita con acqua. Si separa un
precipitato fioccoso giallognolo, che si raccoglie su di un filtro e si lava con
acqua per liberarlo dall'acido. La massa seccata si scioglie nell'alcool caldo
bollendo coli' aggiunta di carbone animale. La soluzione filtrata abbandona
pel raffreddamento degli aghi giallognoli, che si fanno ripetutamente cristal-
lizzare dall'alcool per depurarli.
« Analizzato condusse ai risultati che corrispondono con la forinola
C12 H6 (NO2) NO2
I. 0,2500 gr. diedero 0,5700 gr. di CO2 e 0,0(318 gr. di H2 0.
II. 0,1940 gr. svolsero 19 ce. di azoto misurato a 11°,5 e 756,7 mm.
trovato calcolato per C18 H« (NO2) NO2
I II
C 59,79 59,50
H 2,64 2,48
N 11,62 11,57
« Questo composto è poco solubile nell'alcool caldo, quasi insolubile in
quello freddo, appena solubile nell'etere caldo, insolubile nell'acqua. Dalla
soluzione alcoolica calda si deposita pel raffreddamento in aghi minutissimi
disposti in gruppi a guisa di ventaglio.
« La riduzione con stagno ed acido cloridrico fornì delle materie amorfe,
che non vennero però studiate ulteriormente.
« Tanto il bromo che il nitroderivato sotto l'influenza del bromo in
presenza di potassa si decompongono formando acido ftalico. Per constatare
questo fatto si scioglie sia il bromocomposto sia il nitroderivato nella potassa
a caldo, e prima che la soluzione si raffreddi, si aggiunge del bromo goccia
a goccia. Quando il liquido si è raffreddato, si acidifica con acido solforoso
— 563 —
e si estrae con etere. La soluzione eterea abbandona per l'evaporazione delle
squamette più o meno colorate, che si rendono bianche per ripetute cristal-
lizzazioni. L' identità dell'acido ottenuto dai due derivati della pirrolenftalide
con l'acido ftalico, fu rilevata seguendo il modo indicato più sopra.
« Dalla formazione di acido ftalico dalla nit ropirrolen fialide e dalla
bibromopirroleuftalide con ipobromito potassico risulta evidente, che nei
due composti, il bromo ed il residuo nitrico si trovano nel nucleo pirrolico e
non nell'aromatico. Le forinole di questi due composti sono pertanto
C*HBr2-N C4H2(N02)N
\/ \/
C C
/\ /\
C6H4 0 e CtìH4 0
\/ \/
CO co
« I fatti qui esposti contribuiscono a dimostrare la maggiore facilità
di sostituzione degli atomi di idrogeno del nucleo del pirrolo in confronto
di quelli del nucleo benzolico » .
MEMORIE
DA SOTTOPORSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
E. Pascal. Sopra le relazioni che possono sussistere identicamente
tra formazioni simboliche del tipo invariantivo nella teoria delle forme
algebriche. Presentata a nome del Corrispondente De Paolis.
RELAZIONI DI COMMISSIONI
Il Socio Strùver, relatore, a nome anche del Socio Cannizzaro, legge
una Kelazione sulla Memoria del prof. F. Mauro, intitolata: Studio sui
ftuossisali di Molibdeno, concludendo per l'inserzione del lavoro negli Atti
accademici.
Le conclusioni della Commissione, messe ai voti dal Presidente, sono
approvate dalla Classe, salvo le consuete riserve.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Blaserna presenta le pubblicazioni giunte in dono, facendo
particolar menzione delle opere seguenti di Soci e di estranei :
A. D'Abbadie. Récit d'un voyage magnètique en Orient.
— 564 —
D. Lovisato. Cenni geologici sulla Sardegna. — Déscription des roches
recueillies à la Terre de Feu.
P. A. Saccardo. SyUoge fungorum, omnium hucusque cogmtorum.
Voi. VII, parte la.
G. E. Saltini. Della vita e delle opere di Giuseppe Martelli, archi-
tetto e ingegnere fiorentino. Con atlante inciso da F. Livy.
Il Socio Govi offre in dono all'Accademia un suo scritto intitolato: Il
miscroscopio composto inventato da Galileo. « In questo scritto, soggiunge il
prof. Govi, riportando un documento a stampa contemporaneo, provo che già
nel 1610 Galileo aveva trasformato il cannocchiale olandese in microscopio,
per guardare oggetti vicinissimi e scorgervi quei particolari che l'occhio nudo
non sarebbe giunto a discernere ; come, per esempio, gli occhi di alcuni in-
setti, ecc. ecc. Egli ne riparlò a Giovanni Tarde nel 1614, raccontandogli
certe sue osservazioni sulle mosche, e nel 1622, scrivendo il Saggiatore,
consigliò al Padre Grassi di osservare le più minute scabrosità dei corpi
valendosi del cannocchiale, disposto per veder da vicino. Galileo aveva dunque
indubbiamente inventato e adoperato fin dal 1610 un microscopio composto, con
l'obbiettivo convesso e coli' oculare concavo, quello stesso microscopio che oggi
i Micrografi conoscono e adoperano, chiamandolo Lente di Br'ùke. Cornelio
Drebbel ricavò più tardi (nel 1621) un altro microscopio composto, dal can-
nocchiale del Keppler, ed è il microscopio composto che si adopera ancora
a' dì nostri, perchè scevro di quei difetti, che limitavano troppo il campo e
la potenza amplificante del microscopio Galileano. Galileo, avendo veduto a
Roma nel 1624 il microscopio del Drebbel, si rimise a fabbricarne de' suoi,
che chiamò allora Occhialini, sperando forse di superar con essi quelli ve-
nuti d'Olanda; ma dovette accorgersi presto che la gara non era sostenibile,
sicché da allora in poi non ne fece più altri, nò si hanno prove che se ne
occupasse ancora negli ultimi quindici anni della sua vita. Questa fase della
storia del microscopio, nel 1624, raccontata altre volte dall'Abate Rezzi, per
dimostrare che Galileo non aveva inventato il microscopio composto, si leggerà
assai più largamente esposta e documentata in questo mio lavoro, nel quale
mi sono studiato di correggere parecchi errori del Rezzi, e di mostrare
inoltre che i primi microscopi semplici, ossia le prime lenti d'ingran-
dimento, vanno attribuiti senza dubbio a Ruggero Bacon (alla fine del
XIII secolo); rimanendo pur sempre a Salvino degli Armati la gloria d'avere
inventato gli occhiali da naso per viste lunghe e corte. Molte altre cose
contiene questa scrittura concernenti la storia dell' Ottica presso gli antichi,
e nei tempi di mezzo, sino al principio del secolo XVII, alle quali passerò
sopra per brevità, notando soltanto ancora che vi dimostro, con documenti
sincroni, che i nomi di Telescopio e di Microscopio vennero dati a questi
due strumenti All'Accademia dei Lincei, il primo essendo stato proposto
— 565 —
dal Cesi o dal Demisiano, l'altro da Giovanni Faber di Bamberg ; e vi provo
che il microscopio semplice fatto con una gocciola o parlina di vetro fuso,
fu ideato ed eseguito prima d'ogni altro da Evangelista Torricelli nel 1643,
o nel 1644, così che si può adesso affermare che l'invenzione del microsco-
pio semplice più acuto e quella del primo microscopio composto fatto d'un
vetro convesso e d'un concavo, appartengono incontestabilmente all'Italia, l'uno
dovendosi al Torricelli, l'altro a Galileo ».
Il Socio Todaro offre, a nome dell'autore, una pubblicazione del prof.
L. Brunetti sulla Tannissanone dei tessuti,, dando notizia di quanto in
essa è trattato.
Il Corrispondente Tacchini presenta sei Note del dott.G.GRABLOViTz diret-
tore dell'Osservatorio geodinamico d'Ischia. Delle due prime, Sulle sorgive ter-
mali del porto d'Ischia, fu già pubblicato un sunto nei Rendiconti dell'Acca-
demia dell'agosto 1887. La terza Nota è una relazione Sul terremoto del
27 agosto 1886, nella quale si descrive come siasi manifestato nell'isola
d'Ischia quel terremoto, che scosse violentemente la Morea e s'estese alla
nostra penisola: dalla detta relazione risulta, che l'isola d'Ischia si trovò quasi
all'estremo della plaga sensibilmente scossa; l'esame poi delle variazioni idro-
termiche condusse l'autore ad un risultato negativo. Nella quarta Nota Studi
manometrici al porto $ Ischia, l'autore trova per Yora del porlo 8h 49m,
quale medio intervallo in tempo solare tra il passaggio della luna al meri-
diano e l'alta marea successiva in base ad osservazioni fatte anteriormente
ad Ischia una volta al giorno per la durata di tre mesi e da lui rintracciate.
Coli' aiuto delle medesime e d'altre eseguite da lui stesso sulla line del 1886,
determina il medio livello del mare nella cifra rotonda di 60 cm. sotto l'orlo
della panchina. Conclude collo stabilire che la scala del mareografo da im-
piantarsi abbia origine a m. 1,84 sotto lo stesso punto, in prossimo accordo
coi mareografi dell'estuario veneto.
Nella quinta Nota, Anemometria, l'autore considera il vento sotto il
punto di vista delle sue due componenti orizzontali e dimostra l'utilità di
farne pure l'osservazione diretta sotto questo aspetto, allo scopo di calcolare
con tutta l'accuratezza analitica quegli elementi che si ricavano separatamente
dall'anemometro Robinson e dall' anemoscopio, cioè la velocità e la direzione.
Nella sesta Nota descrive l'Osservatorio meteorologico e geodinamico al porto
d'Ischia. Tutte queste Note sono state di recente pubblicate negli Annali
dell'Ufficio centrale di meteorologia e geodinamica.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 73
566
PERSONALE ACCADEMICO
Il Segretario Blaserna annuncia la perdita fatta dall'Accademia nella
persona del suo Socio straniero Gherardo vom Rath; morto il 23 aprile
scorso. Era Socio Corrispondente dal 13 giugno 1879, e Socio straniero dal
26 luglio 1883.
Lo stesso Segretario dà comunicazione di una lettera, colla quale il
prof. Rodolfo Lipschitz ringrazia per la sua nomina a Socio straniero, e si
scusa di non aver potuto mandar prima i propri ringraziamenti, essendone
stato impedito da grave malattia.
CONCORSI A PREMI
Il Segretario Blaserna legge il seguente elenco dei lavori presentati
per concorrere ai premi del Ministero della pubblica istruzione per le scienze
Matematiche, 1887-88.
1. Amodeo Federico. 1) Sopra un particolare connesso (2, 2) con
due punti singolari e due rette singolari (st.). — 2) Sulle coniche bitan-
genti a due coniche (st.).
2. Andriani Angelo. Elementi di geometria euclidea (st.).
3. Arno Valentino. Applicazioni di geometria descrittiva (st.).
4. Bettazzi Rodolfo. 1) Teoria delle grandezze (ms.). — 2) Sul con-
cetto di numero (st.).
5. Biasi Giovanni. La dualità nella congruenza (ms.).
6. Bordiga Giovanni, l) Studio generale della quartica normale (st.). —
2) Di alcune superficie del 5° e del 6° ordine che si deducono dallo spazio
u sei dimensioni (st.). — 3) Le surface du sLvième ordre avec six
droites (st.). — 4) Nouveaux groupes de surfaces à deux dimensions dans
les espaces à n dimensions (st.). — 5) La superficie del 6° ordine con dieci
rette nello spazio R4 e le sue proiezioni nello spazio ordinario (st.). —
6) Dei complessi in generale nello spazio a 4 dimensioni ed in particolare
di uno del primo ordine e della quarta classe. Sua proiezione nello spazio
ordinario. Sua rappresentazione. Trasformazioni dello spazio che se ne
ottengono ecc. (ms.). — 7) Di alcune forme rigate (ms.).
7. Brambilla Alberto. !) Ricerche analitiche intorno alle curve gobbe
razionali del 4° ordine (st.). — 2) Sopra alcuni casi particolari della
curva gobba razionale del quarto ordine (st.). — 3) intorno alla quartica
— 567 —
■gobba dotata di due tangenti stazionarie (si). — 4) Le omografie che
mutano in se stessa una curva gobba razionale del quarto ordine (si). —
5) Sopra una classe di superficie algebriche rappresentabili -punto per
punto sul piano. Nota la (si).
8. Canella Giuseppe. Trattato di prospettiva pratica elementare (ms.).
9. Cordenons Pasquale. Trattato di algebra ad uso dei Licei e degli
istituti tecnici (st.).
10. De Angelis Nicola. Equazione rettificatrice di ogni arco circo-
lare per approssimazione convergentissima geometrizzabile (ms.).
11. Delitala Giuseppe. 1) Ricerche elementari di geometria appli-
cata (ms.). — 2) Sul limite di precisione delle misure angolari (ms.).
12. Du Montel Enrico. Sul significato della geometria non eucli-
dea (ms.).
13. Galassini Alfredo, i) Manuale teorico-pratico per l'uso del regolo
calcolatore Maunheim (st.). — 2) Filatura della lana (st.). — 3) U techeo-
metrino e il regolo techeometrico Soldati (st.).
14. Giuliani Giulio. 1) Alcune osservazioni di aritmetica, (ms.) —
2) Sulla potenza ed esponente irrazionale di un numero irrazionale (st.). —
3) Sulle funzioni di n variabili reali che soddisfano alla
^L + M-Ji h^-f = 0 (si)
CX\ v<X>2 Odi n
4) Sulla funzione potenziale della sfera in uno spazio di n dimensioni (st.). —
5) Sopra certe funzioni analoghe alle sferiche (st.). — 6) Osservazioni sopra
le funzioni sferiche di ordine superiore al secondo e sopra altre funzioni
che se ne possono dedurre (ms.). — 7) Aggiunte ad una Memoria del sig.
Kummer (ms.).
15. Pannelli Marino. 1) Sulle trasformazioni multiple involulorie di
due spazi (si). — 2) Sui connessi ternari di 2° ordine e di 2a classe (st.). —
•3) Sulle trasformazioni multiple associate ad ogni trasformazione piana
birazionale (ms.). — 4) Sui complessi associati ad ogni trasformazione
birazionale dello spazio (ms.). — 5) Sulle superficie del quarto ordine gene-
rate da due stelle di piani e da una rete di quadriche proiettive fra loro (ms.).
16. Pierantoni Luigi Filippo. Teoremi inversi delle parallele {ms.).
17. Pittarelli Giulio. 1) Sulle curve del terz ordine con un punto
doppio (si). — 2) QH elementi immaginari delle forme binarie cubiche
(si). — 3) Le curve di 3° ordine e di 4a classe (st.).
18. Ketali Virginio, l) Sulle coniche coniugate (si). — 2) Sopra la
proiezione immaginaria della superficie del second'ordine e delle curve
gobbe del quart 'ordine (st.). — 3) Osservazioni analilico-geometriche sulla
proiezione immaginaria delle curve del second'ordine (st.). — 4) Sull'im-
maginario in geometria (ms.). — 5) Sulle coniche coniugate degeneri (st.). —
ti) Sulle forme binarie cubiche (st.).
— 568 —
19. Ricotti Mauro. Elementi di aritmetica razionale esjwsti con me-
todo deduttivo (st.).
20. Sadun Elcia. 1) Stilla teoria delle funzioni implicite (st.). —
2) Su alcuni teoremi relativi alla divisione algebrica (st.). — 3) Sulla
risoluzione in numeri positivi interi o nulli delle equazioni :
Ai+ h + h-\ h *>n = r
U, -\- 2A2 -f- 3^3 -\ h »*« = ^
21. Torelli Gabriele, l) Un problema sulle espressioni differen-
ziali (st.). — 2) Sul sistema di più forme binarie cubiche (st.). — 3) Al-
cune relazioni fra le forme invariantive di un sistema di binarie (st.). —
4) Alcune forinole relative agli integrali ellittici (st.). — 5) Su qualche
proprietà delle curve piane del terz 'ordine fomite di un punto doppio (st.).
22. Torlasco Antonio, l) I numeri irrazionali e le operazioni coi
medesimi elementarmente e rigorosamente esposti (ms.). — 2) ia teorica
dei numeri negativi (ms.). — 3) Appunti geometrici (ms.).
23. Varisco Bernardino. 1) Sui numeri primi (st.). — 2) V indicatore
nautico (in collaborazione col prof. Pietro Agnino) (st.). — 3) Appcnd it-
ali'Indicatore nautico (ms.). — 4) Memoria sull'opuscolo L'i udì calore nau-
tico (ms.).
24. Anonimo ("Omnia commutat natura et vertere cogit » Lucrezio
lib. V.). Nuova formula relativa ai poligoni regolari (ms.).
Il Segretario Blaserna presenta il programma di concorso a due premi,
di lire 2000 ciascuno, istituiti dall'Associazione di Proprietari ed Agricoltori
di Napoli.
CORRISPONDENZA
In seguito a richiesta del Corrispondente De Paolis, si procede dal Pre-
sidente all'apertura di un piego suggellato, che nella seduta del 6 marzo 1887
era stato presentato dal Socio stesso per prender data.
Il Segretario Blaserna dà comunicazione della corrispondenza relativa
al cambio degli Atti.
Eingraziano per le pubblicazioni ricevute:
Il Comitato di geologia e di storia naturale di Ottawa; la Società degli
antiquari di Londra ; la Società filosofica ed il Museo di zoologia comparata di
Cambridge; la E. Biblioteca di Berlino; l'Osservatorio di Madison; il Comitato
geologico russo di Pietroburgo.
Annunciano l'invio delle loro pubblicazioni:
La Presidenza della Camera dei Deputati; il Ministero delle Finanze;
la E. Scuola Normale Superiore di Pisa.
P. B.
— 569 —
BENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Classo di scienze morali, storiche e filologiche.
Seduta del 20 maggio 1888.
G. Fiorelli Vice-Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Archeologia. — Il Socio Fiorelli presenta il fascicolo sui
rinvenimenti di antichità per lo scorso mese di aprile, e lo accom-
pagna con la Nota seguente:
« Varie scoperte avvennero in questi ultimi tempi nella Venezia (Re-
gione X). Si riconobbero tombe romane a sud di Asolo, nel comune di Riese ;
a Spineda nel comune medesimo; ed a Crespignano nel comune di Maser,
pure nel territorio Asolano. Avanzi di suppellettile funebre di età romana
si ebbero in contrada il Capitello della Lo vara presso Este ; ed un deposito
di anfore si riconobbe in contrada le Bressane, nel prossimo comune di
s. Elena. In s. Bruson, nel comune di Dolo, fu dissotterrato un cippo milliario
della Via Emilia Altinate con iscrizione dell' età costantiniana. In Verona
si fecero nuove indagini presso la cattedrale, per riconoscervi l'estensione
dell'antico pavimento in mosaico, del quale in vari tempi sotto e presso la
cattedrale medesima eransi scoperti molti pezzi; ed avanzi di scheletri con
armi litiche si rinvennero in contrada Carotto, presso Peri, nel territorio
veronese.
« Dalla Cispadana (Regione Vili) si ebbero oggetti di varie età, prero-
mani e romani, scoperti fuori Porta Ravaldino in Forlì; e dall'Umbria
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 74
— 570 —
(Regione VI) vari bronzi, cioè fibule, rotelle e bottoni, che si raccolsero nel terri-
torio di Sarsina, e che probabilmente sono avanzi di qualche stipe votiva.
« Una nota del prof. Milani illustra un sarcofago di alabastro policromo,
scoperto presso Città della Pieve (Regione VII), ora aggiunto alla raccolta
del Museo etrusco fiorentino. Proseguirono poi le esplorazioni nell'agro vol-
siniese e falisco, delle quali si dirà nei prossimi fascicoli.
« In Roma (Regione I) numerosi come al solito furono i rinvenimenti,
relativi così alla topografìa urbana, come alla epigrafia ed alla storia dell'arte.
Mi basterà di ricordare un sacello compitale, scoperto sul bivio delle strade
s. Martino ai Monti e Giovanni Lanza, sacello dell'antichissima regione esqui-
lina, che nell'età di Augusto fu restaurato, come dall'iscrizione che vi è incisa
chiaramente si dimostra. Questa epigrafe, dell'anno 10 av. Ci\, ricorda che
con le strenne offerte dal popolo romano consacrò Augusto in quel sacello la
statua di Mercurio, nel modo stesso con cui mediante il prodotto de' medesimi
donativi, dedicò statue di altre divinità in altri santuari degli antichi vici.
y- Un cippo di travertino, rinvenuto a poca distanza dal detto sacello
spetta ad una legale terminazione di area pubblica, pure dell' età augustea.
« Molto importanti furono gli scavi fatti nel Foro Romano a richiesta
del prof. 0. Richter, e sotto la direzione di lui; scavi che portarono a sco-
prire tra il tempio del Divo Giulio e quello dei Castori, le fondamenta del
famoso arco di Augusto, di cui nel secolo XVI era stata scoperta l'epigrafe
(C. I.L. VI. n. 873).
« Un prezioso frammento degli atti arvalici fu recuperato nell'alveo del
Tevere, presso la sponda di Marmorata : il Gamurrini che lo tolse in esame,
riconobbe che si riferisce agli anni tra il 38 ed il 40 dell' era volgare, e che
ricorda il sacrificio fatto dagli Arvali per l'anniversario del natale di Dru-
silla, figlia di Germanico, già consacrata; commemorazione che avvenne in-
nanzi il tempio di Augusto nel Foro.
« Dagli stagni di Campo Salino, sull'antica via Campana, alla destra dal
Tevere, proviene una rara epigrafe, incisa nel piedistallo di una statua, la
quale epigrafe ha rapporto col campus salinarum romanarum, come è ampia-
mente detto in una nota del prof. Lanciani. Il monumento fu posto dai Sac-
carii Salarli, che costituivano la corporazione addetta al trasporto del sale
dalle officine della spiaggia di ponente al porto Claudio-Traiano, cioè dalla
saline della sponda destra del Tevere, che furono le antichissime dei Veienti,
e che divennero poi il campo delle saline romane, denominazione rimasta
fino ad oggi a quel luogo, nell'appellativo di Campo Salino. Ha notato il
eh. Hulsen, che con questa lapide è dimostrata la prima volta l'etimologia della
via Campana, intorno alla quale erano state emesse varie ed erronee opinioni.
« Ai terreni prossimi alla via Portuense, e forse al santuario della Dea
Dia, spetta il rinvenimento di molte statuette di bronzo di tipo arcaico, illu-
strato in una nota del eh. Helbi?.
— 571 —
« A destra poi della via Salaria, nel grande viale della Regina, si sco-
prirono varie iscrizioni cemeteriali cristiane.
« Furono ricominciati gli scavi di Ostia tra la piazza del Teatro ed il
cosidetto tempio di Matidia ; e vi si riconobbero finora due gruppi di edifici
non esplorati negli ultimi quattro secoli, e non appartenenti all'ordine dei
magazzini frumentari. Uno sembrò essere la Stallo Vigilum; l'altro una terma.
Vi si trovarono statue, iscrizioni ed oggetti, di cui si dirà nel prossimo mese.
n Avanzi di una terma furono pure riconosciuti in Anzio, in prossimità
della villa Adele, dove si trovarono tubi plumbei scritti, e busti di marmo,
di buona arte e di ottima conservazione.
« In Pozzuoli, presso l'anfiteatro, ove fu scoperta di recente la base con
l'epigrafe ad Annia Agrippina (Notizie 1888, p. 143), altre due pregevolis-
sime basi scritte tornarono in luce; la prima dedicata a C. Elio Domitiano
Gauro, l'altra al pantomimo L. Aurelio Pilade, che fiorì sotto M. Aurelio e
L. Vero. Merita singolare ricordo la memoria che vi è fatta di mimerà gladia-
torum vetiatioìie passiva, nel valore di promiscua ; il che mentre toglie dubbio
sopra una frase della lapide riprodotta nel voi. X del C. I. L. n. 3704, riceve
luce dalla lapide medesima, ove una venatio passiva si dice essere stata
composta deuis bestiis et UH feris deatatis et MI paribus ferro dimi-
cantib(us).
« Resti di una cella vinaria si dissotterrarono tra la vecchia e la nuova
stazione di Sulmona (Regione IV); ed avanzi di mura, con oggetti di età
romana, si riconobbero nel comune di Roccacasale, territorio dei Peligni, nel
quale territorio presso Pratola si dissotterrarono pure tombe a tegoloni, con
fibule di bronzo ed oggetti di suppellettile funebre.
« Proseguirono gli scavi della vetusta necropoli nel territorio di Sibari,
dove altre tombe furono riconosciute. In attesa dei rapporti illustrativi di
queste nuove scoperte, presento il catalogo degli oggetti rinvenuti nelle tombe
esplorate precedentemente, in conformità di ciò che promisi nell'ultima riunione
della Classe.
* Finalmente in Cagliari, presso la chiesa dei ss. Cosma e Damiano o
antica basilica di s. Saturnino, si riconobbero varie tombe prive di suppellet-
tile, appartenenti forse, al cimitero cristiano, che sul principio del secolo XVII
fu scoperto in quel sito ; e vicino il palazzo Viceregio si ricuperò un
frammento di iscrizione cufica sepolcrale, esaminato dai chh. prof. Amari
e Guidi » .
Archeologia. — Scavi archeologici nel territorio di Sibari.
Comunicazione del Socio Pigorini.
Questa Nota verrà pubblicata nei fascicoli delle Notizie degli Scavi.
— 572 —
Fisica. — Dei colori invisibili o latenti dei corpi. Nota del
Socio Govi.
« Sin dal tempo del Newton i fisici sanno che i colori dei corpi non sono
altro se non le varie radiazioni luminose, diffuse, trasmesse, o altrimenti man-
date dai corpi all'occhio, il quale le sente, sicché noi le chiamiamo poi con
nomi diversi, secondochè esse stimolano la retina in un modo, o in un altro.
Senza luce non si hanno colori nei corpi, né la luce sola basta a destarli,
se non vi concorre una certa disposizione molecolare, per cui le cose riescono
atte a diffondere, o a lasciar passare, sia un colore determinato, sia certe mesco-
lanze di colori, sia la luce bianca perfetta, che in sé tutti li contiene e che
perciò li può tutti partecipare.
« Di qui nasce che un corpo il quale sia atto a diffondere solamente la
luce rossa, dove venga illuminato con luce turchina, non potendola diffon-
dere, la assorbe, si riscalda, si scompone o subisce altre modificazioni, e
apparisce nero all'occhio che lo contempla; un mezzo trasparente soltanto
per la luce violetta, illuminato con luce gialla si mostra opaco e nero, e
così via discorrendo. Ma in natura difficilmente, o forse mai, s' incontrano
corpi i quali diffondano una sola specie di luce, o si lasciino attraversare
da vibrazioni luminose di una sola durata. Tutti i corpi che noi diciamo colo-
rati, lo siano essi per diffusione o per trasparenza, diffondono o trasmettono
infinite qualità di radiazioni luminose, e se li nominiamo, verdi, ranciati o
cerulei li chiamiamo così soltanto perchè fra le molte radiazioni che essi man-
dano a noi prevalgono quelle che sono atte a destare nella nostra retina la
sensazione del verde, dell'aranciato o del ceruleo.
« Di qui un primo errore di quelli (ottici o pittori) i quali s' immagi-
nano che mescolando insieme i colori della tavolozza, chiamati da essi coi
nomi di rosso, d'aranciato, di giallo, di verde, di ceruleo, di turchino e di
violetto s'abbiano a produrre sulla vista quei medesimi effetti che si otter-
rebbero mescolando i raggi colorati puri somministrati da un prisma o da un
reticolo. Ogni pigmento della tavolozza, o del tino dei tintori, è un misto di
colori svariatissimi, combinati fra loro in proporzioni assai difficilmente asse-
gnabili, così che unendone due, tre ecc. se ne mischiano effettivamente non
due, né tre soltanto, ma un grandissimo numero in proporzioni sconosciute, e
però il risultato della mescolanza è lontano sempre (o quasi sempre) da quello
che si sarebbe ottenuto colla combinazione binaria, ternaria ecc. dei colori spet-
trali del medesimo nome. Sa, per esempio, ogni dipintore che dall'unione dei
pigmenti gialli cogli azzurri si ottiene il verde, mentre combinando con certo
giallo dello spettro un turchino proporzionato, l'occhio ne riceve l'impressione del
bianco. E l'occhio trova pur bianco il miscuglio d'un certo rosso scarlatto dello
spettro con un ceruleo glauco o smeraldino, mentre i colori materiali dello stesso
— 573 —
nome uniti insieme danno una tinta grigio-bru nastra lontanissima dalla bian-
chezza. Non si possono dunque applicare ai pigmenti dei pittori, o dei tintori
quelle leggi che risultano al fisico dallo studio dei colori spettrali e delle loro
mescolanze, e hanno grandemente errato quegli artisti, o quegli scrittori di pit-
tura, i quali si sono immaginati di perfezionare l'arte del colorito col ridurre a
tre soli i pigmenti della tavolozza, perchè, secondo alcuni, si possono ridurre a
tre soli colori spettrali variamente combinati tutte le possibili gradazioni di
tinte che l'occhio può percepire e distinguere. Noi non possediamo materie co-
loranti che diffondano unicamente e separatamente ciascuno di quei tre colori
semplici, alla varia mistura dei quali si son volute ridurre tutte le tinte
possibili, e quando pure le possedessimo, non potremmo aver da esse i colori
desiderati, prima di tutto perchè non si sa quali abbiano a essere precisamente
codesti colori fondamentali (alcuni volendo il rosso, il giallo e il turchino, altri
il rosso, il verde e il violetto) ; poi perchè veramente le tinte dello spettro non
sono né tre, né cinque, né sette, ma una infinità, e che solo da questa infi-
nità di colori diversi vanamente combinati può ricevere la retina quelle im-
pressioni che le danno i colori naturali.
« Converrebbe dunque per parlar correttamente dei colori nell'arte del
dipingere, abbandonar le vecchie denominazioni consacrate dall'uso e indicar
invece ogni materia colorata con una formula o simbolo atto a rappresentare
la qualità e l' intensità delle varie radiazioni semplici che essa può diffondere
o trasmettere. Se non che una tale definizione dei colori materiali è tuttavia
impossibile per la scienza, e però convien contentarsi di studiare in ogni sin-
golo caso il risultato immediato delle mescolanze, facendone tesoro pei casi
avvenire. Ma neppure così operando si possono assegnar regole sicure pel-
le combinazioni dei colori materiali, perchè la loro fabbricazione non consente
d'averli sempre eguali, quantunque composti colle medesime sostanze, e perchè
le reazioni reciproche, il tempo, l'ambiente e la luce vanno continuamente
alterandoli senza legge assegnabile e senza certa misura. Bisogna quindi su
tal proposito contentarsi, per ora, di alcuni precetti generali e approssimativi,
senza pretendere d'andar molto più in là, malgrado i progressi dell'ottica, e
malgrado quelli della chimica tecnica.
« Ma oltre alle cagioni esposte, per le quali vien meno l'aiuto della teoria
quando si vogliano determinare gli effetti di certe miscele di colori, oltre
alla varia opacità e alla trasparenza diversa dei diversi pigmenti, oltre
alla fluorescenza d'alcuni di essi o alla loro forforescenza, un'altra causa, non
considerata fin qui, contribuisce ancora a rendere incerto il nostro giudicio
sul colore proprio dei corpi e quindi su quelli che possono risultare dalle loro
mescolanze.
« Se la luce del sole (e quindi la luce del giorno, o luce diffusa) con-
tenesse veramente tutte le radiazioni colorate che si riscontrano nello spettro
d'un corpo solido incandescente (luce di Drummond, fili di platino o di car-
— 574 —
bone incandescenti ecc.) e se l'occhio non potesse sentire veramente (come par
che non senta) altre radiazioni se non quelle che son comprese fra il rosso
estremo e l'estremo violetto dello spettro, la luce solare, o la luce diffusa,
ci farebbe veder bianchi, o variamente colorati tutti quei corpi che fossero
atti a diffonder tutte le vibrazioni luminose, o alcune di esse soltanto, mentre
ci apparirebbero neri tutti quegli altri che non valessero a diffonderne alcuna.
« Ma si è scoperto dal Wollaston nel 1802 e dal Fraunhoer nel 1815
che nella luce del sole mancano, o si trovano soltanto in minima quantità
certe radiazioni o vibrazioni luminose, così che lo spettro solare invece d'essere
continuo apparisce come un intarsio mal connesso di parti luminose e d' inter-
valli oscuri, o pressoché buj, e la bianchezza della luce solare risulta, non
dall'unione di tutte le gradazioni colorate possibili comprese fra il rosso
estremo e l'estremo violetto, ma dalla mescolanza di certe gradazioni soltanto,
mancandovi un numero grandissimo di altre.
« Se si esamina lo spettro, ottenuto con molti prismi di solfuro di car-
bonio, o coli' azione diffrangente d'un finissimo reticolo del Rntherfurd si vede
che in esso difettano assai più radiazioni dal verde verso l'estremo violetto,
che non ne manchino dal rosso al verde, e sebbene non si sia tentato ancora
di misurare la quantità delle radiazioni indebolite o mancanti nella luce
solare, quantità che sarebbe rappresentata dalla poca intensità luminosa, dalla
larghezza e dal numero delle linee oscure che solcano lo spettro, dalla riga A
all' H2 (limiti che si possono considerare come quelli dello spettro visibile, quan-
tunque l'occhio possa veder ancora per breve tratto al di là di A e di H2 (*))
si può dire però con sufficiente esattezza che la luce del sole e quella del
giorno, che è ancora luce di sole diffusa, paragonate colla luce dei solidi incan-
descenti, devono riuscire assai più volgenti al rosso raaciato che al bianco
perfetto, poiché esse contengono più assai di quelle tinte che vanno dal rosso
pel ranciato e pel giallo al verde, di quello che non posseggano di quelle
altre che si distendono dal verde sino all'estremo violetto. La mancanza, o la
debolissima intensità di molte radiazioni colorate nella luce del Solerla rendono
quindi inetta a mostrare tutte le colorazioni che sarebbero proprie dei corpi,
vale a dire le attitudini che essi avrebbero a diffondere o a lasciar passare
(!) Il Newton assegnava alla luce visibile nello spettro del Sole due limiti, uno nel-
V estremo Rosso, corrispondente a una lunghezza d'onda i.r, di OP-,6 45 (millionesimi di mil-
limetro) e l'altro nell'estremo Violetto, dove lu = OH-,406. Il Listing ha posto gli stessi
limiti alle lunghezze d'onda Ar = 0^,7234, e AM = 0lA,3967, le quali lunghezze d'onda cor-
risponderebbero, la prima, K, a 412,5 billioni di vibrazioni intere al secondo, e l'altra,
A«, a 752,1 billioni, supponendo che la luce nel vuoto percorra 298360000 metri al secondo
[Poggendorff) Ann. d. Phys. und Chem. — \a sene, T. XI (201), 1867, pag. 564-577].
La riga A corrisponde a Xa = 0l\7604, e la H2, a Ih= 0lA,3933. Le osservazioni più re-
centi del Langley danno le lunghezze d'onda "kr = 0^,810, e Au = 0iJ-,360 come limiti della
luce percettibile per un occhio normale.
— 575 —
certe determinate radiazioni luminose ; così che se si riscontrasse in natura
un corpo atto a diffondere o a lasciar passare qualcuna soltanto di quelle tinte
che sono debolissime o mancano quasi affatto nella luce solare, questo corpo,
alla luce del giorno, ci dovrebbe parer, nero o di una tinta assai sbiadita,
mentre si mostrerebbe invece coloratissimo e splendente dove lo si illumi-
nasse col vapore incandescente di quel corpo, che genera nello spettro del
sole la riga scura corrispondente.
« Finora non pare che si sia tenuto conto di questa singolare circostanza,
cioè della oscurità del sole per rispetto a certe tinte, e fu solo avvertito da
secoli che alcuni corpi sembrano di color diverso nelle diverse ore del giorno,
a cielo nuvolo, o sereno, durante le eclissi solari, a lume di sole e a lume
di candela, e in questi ultimi tempi si è pur notato la mutazione di colore
che avviene quando, invece del sole o del giorno, è la luce dell'arco voltaico,
o quella del magnesio ardente che illumina i corpi colorati.
« Però, anche a questo proposito, corrono le più strane idee e si spac-
ciano spiegazioni assai poco scientifiche, non solo fra i meno istruiti, ma
ancora fra gli uomini e nei libri, dove parrebbe che non dovessero incon-
trarsi mai.
« Quante volte per esempio non si è ripetuto e non si ripete che i colori
turchini appariscon verdi a lume di candela, perchè il giallo della luce arti-
ficiale si mescola col turchino e genera il verde, quasiché il corpo turchino
avesse virtù luminosa sua propria e indipendente dalla luce che lo colpisce,
così che, -illuminato con luce gialla, valesse a trasformarla in verde (ammet-
tendo che verde con giallo produca un lume verdeggiante) meschiandovi la sua
radiazione azzurra spontanea !
« Non si trova però menzionato presso gli scrittori più conosciuti alcun
caso di colori non avvertiti alla luce del sole e fatti comparire invece da un
lume artificiale.
y- Ora, se colla fiamma pochissimo luminosa dell' idrogeno puro si arro-
venta un cono di coke poroso, o di pomice, imbevuto di cloruro di sodio, si
ottiene come tutti sanno una bella fiamma giallo ranciata la quale emette
quelle radiazioni di cui il sole è poverissimo, e che perciò nello spettro solare
sono rappresentate dalle linee oscure J)x , D2 . Ottenuta una tal fiamma in
una stanza perfettamente buia, la maggior parte dei corpi colorati vi perdono
la loro luminosità e vi appariscono neri, o d'un giallo più o meno adombrato.
« Solo i corpi bianchi e i gialli (almeno molti corpi gialli) vi si mostrano
luminosi, diffondendo un lume biancogiallognolo, il quale non è altro se non
quello del vapore incandescente del sodio. E fin qui nulla di nuovo, anzi da
questa morte d'ogni colorazione davanti alla luce gialla del sodio, s'era tratto
da tempo remotissimo un artifizio che valeva a far apparire orribili e come
spettrali i visi delle persone raccolte intorno a una larga fiamma d'alcool
salato, che si accendeva dopo d'avere spento ogni altro lume.
— 576 —
« Ma se si espongono a codesta luce, pressoché monocroma, alcuni
colori aranciati come il giallo arauciato di cadmio, quello di cromo, il minio,
il vivacissimo bijoduro di mercurio o searlet degl'inglesi, ogni rossezza scom-
parisce da questi corpi che appaiono invece come fossero bianchi o debol-
mente tinti di giallo.
« Accanto ad essi il cinabro, che pure al lume del giorno sembra diffe-
rirne assai poco, piglia una tinta brunogialla assai cupa, il carmino divien
quasi nero, e pressoché neri appariscono i più bei verdi e gli azzurri più vivaci.
« Nel minio, nello scarlatto (bijoduro di mercurio) ecc. si ha dunque una
eccezione alla regola generale, per cui ogni corpo d'un certo colore, illuminato
con radiazioni monocrome di colore diverso deve apparir nero, o per lo meno
oscurissimo, non potendosi aver mai luci assolutamente monocrome, né corpi
che diffondano proprio una sola specie di luce.
« Chi vede per la prima volta questo singolare fenomeno non può cre-
dere ai propri occhi, e gli convien ripetere più volte l'osservazione, ora alla
luce del giorno, ora a quella del sodio per allontanare dall'animo ogni sospetto
d' illusione.
« Messe in fila su un fondo bianco o su un fondo nero alcune tavolette
dei seguenti colori inglesi de' più puri: bianco d'argento, carbonato di piombo,
giallo di Napoli, giallo di cromo, giallo di cadmio, arancio di cromo, arancio
di cadmio, minio, searlet (bijoduro di mercurio), cinabro chiaro, cinabro
chinese e illuminatili colla luce del sodio, i primi appariscono tutti della
stessa tinta bianco-gialliccia, appena lievemente ombrata, mentre i due cinabri
si mostrano bruno-giallognoli oscurissimi, quantunque alla luce del giorno
quelle diverse tinte formino quasi un solo colore rosso-ranciato, che dal rosso
più vivo e forte del cinabro va diluendosi nel giallo per svanire nel bianco
purissimo.
« Codesto rischiararsi e illuminarsi dei pigmenti aranciati, perdendo ogni
rossezza davanti alla luce del sodio, difficilmente si sarebbe potuto prevedere
secondo i precetti della cromatica professata dal Newton fin qui. L'aranciato
avrebbe dovuto apparire aranciato, o spegnersi nell'ombra, come fa appunto
il cinabro, e come fa ancor meglio il più brillante carminio in polvere che
alla luce del sodio piglia l'aspetto del nerofumo.
« Se dunque il minio, lo searlet ecc. imbiancano, ciò vuol dire che inter-
viene a loro riguardo un nuovo fenomeno, il quale domanda una spiegazione
nuova. E codesta spiegazione sta tutta, molto probabilmente, in quanto fu
detto dianzi e che si può riassumere brevemente così.
« Il minio, il bijoduro di mercurio ecc. sono corpi, i quali valgono a dif-
fondere potentemente quella specie di luce gialla che manca o scarseggia
moltissimo nel sole e che vien data invece dai vapori roventi del sodio. Essi
diffondono pure una piccola parte delle radiazioni rosse aranciate e gialle che
il sole possiede e che il sodio non dà, ma quel tanto che ne diffondono è poca
— 577 —
cosa di fronte a ciò che essi diffonderebbero delle radiazioni Di . D2 se queste
fossero nel sole. Illuminate quindi tali materie colla luce del sodio, esse la
diffondono gagliardamente e appariscono giallo-chiare, spegnendo visi la poca
rossezza e il colore aranciato per difetto di luce rossa e aranciata che ne
possa esser diffusa.
« Accade insomma per questi colori, come avverrebbe pei colori verdi,
per esempio, se il nostro sole, invece d'esser com'è, brillasse soltanto per idro-
geno incandescente. In tal caso noi vedremmo, di giorno, bellissimi alcuni
rossi, certi azzurri, e i turchini violetti, ma non ci apparirebbero gli aranciati,
i gialli, e i verdi, se non come toni bruni o grigiastri più o men rossigni,
turchinicci o violacei. Se allora si illuminasse una stanza buia con vapori
incandescenti di Tallio noi saremmo grandemente sorpresi nello scorgervi le
tinte verdi vivaci delle foglie e del calice d'una rosa, che a lume d'un sole
d' idrogeno ci erano sembrati lividi, bruno-scuri o grigiognoli e privi d'ogni
vaghezza.
« Bisognerà quindi non dimenticar mai, d'ora innanzi, che il sole e la
luce diffusa non sono atti a destar nel nostro occhio la sensazione di tutti
i colori visibili, e che vi sono numerosissime tinte le quali potrebbero appa-
rirci sui corpi, se questi ricevessero altro lume da quello col quale l'uomo
è avvezzo a vederli.
« Si potrebbero aggiungere altre considerazioni a quelle esposte fin qui
per meglio assodare la novità di tale fenomeno e la probabilità della sua spie-
gazione accennata poc'anzi, ma tanto può bastare ai fisici per eccitarli ad en-
trare in un campo d' indagini, il quale può divenir fecondo di conseguenze
inattese per la scienza e per l'arte.
« Questo fenomeno presentato dal minio, dal bijoduro di mercurio ecc.
manifesta ai fisici un primo caso di corpi atti a diffondere quelle radiazioni
luminose e colorate che mancano, o sono scarsissime nel sole, ma chi sa quante
altre sostanze s' incontreranno , che finora si giudicarono scolorite , o di
tutt' altro colore da quello che si vedranno assumere quando saranno illumi-
nate colle radiazioni che ad esse convengono e che non si riscontrano, o son
troppo deboli nella luce solare.
« Non è quindi improbabile che ricorrendo alla luce data dal vapore
incandescente del litinio, del cerio, del rubidio, del thallio, dell' indio, del
gallio, ecc., e intercettando alcune radiazioni di tali corpi con vetri o liquidi
colorati, o con altre materie assorbenti, si giunga a veder nuovi colori, nuove
armonie e nuovi contrasti di tinte, e che si possa aggiungere così, collo studio
dei colori latenti, un capitolo sommamente ernioso al trattato dei colori dei
corpi, compiendo la dottrina iniziata dal Newton e accresciuta a poco a poco
da' suoi continuatori ».
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 1° Sem. 75
— 578 —
Fisica. — Di alcuni nuovi fenomeni elettrici provocati dalle
radiazioni. Nota III. del Corrispondente Augusto Righi.
« a). In una precedente Nota (!) ho descritta una esperienza, la quale
dimostra, che un corpo elettrizzato negativamente e facilmente mobile si sposta,
allorquando perde la sua carica sotto l'azione di radiazioni ultraviolette, pro-
babilmente in causa della ripulsione fra il corpo e le particelle che traspor-
tano lontano la sua carica. Siccome ripetendo più volte l'esperienza la lami-
netta d'alluminio isolata finisce col caricarsi, e questa carica può essere causa
di errori, così ho modificato l'apparecchio nel modo seguente.
u Le laminette d'alluminio A e B (di 2C,5 per 3C,3) sono attaccate a
fili metallici A o C, B o D, fissati col mastice sopra una laminetta di
mica m n , e della forma indicata
dall'annessa figura. Il filo C è sospeso
ad un filo finissimo di platino verti-
cale C P , pel quale la laminetta A
riceve la sua carica, mentre il filo D,
munito di uno specchietto S e di una
lastrina di mica destinata a spegnere
presto le oscillazioni, pesca in un
vasetto V contenente acido solforico
comunicante col suolo. I centri delle
due laminette A e B distano dal filo
di sospensione di questa piccola bi-
lancia di torsione, di circa 4C,5.
« Le radiazioni, che penetrano
nella cassa che contiene l'apparecchio, passando per una parete formata da
una lastra di selenite, investono simultaneamente le due laminette. Se anche
la laminetta A comunica col suolo, il sistema mobile non devia, ma solo si
pone ad oscillare qualche poco ed irregolarmente, allorquando le radiazioni
dell'arco voltaico cadono su di esso, dato che l'arco stesso sia collocato in
posizione conveniente (-). Lo stesso avviene se A è carica positivamente. Ma
se ad A fu data carica negativa, si ottiene subito una deviazione, nello stesso
senso come se la laminetta carica fosse respinta dalle radiazioni.
« Due antiche pile secche (che datano dal 1830), delle quali non ho
ancora misurata la forza elettromotrice, e che sono lunghe ognuna 40 cm..
(') Rend. della E, Acc. dei Lincei, seduta del 6 maggio 1888.
(2) Se si facessero cadere le radiazioni sopra una sola delle lamine, si otterrebbe una
forte deviazione nello stesso senso come se essa fosse attratta dalla sorgente luminosa, in
causa delle solite correnti d'aria provocate dal riscaldamento della laminetta.
— 579 —
poste l'ima in capo all'altra, con imo dei poli estremi in comunicazione col
suolo e l'altro colla laminetta A , hanno servito per dare a questa la neces-
saria carica. La sorgente delle radiazioni è stata, come per le altre esperienze
qui narrate, l'arco voltaico ottenuto fra un cilindretto di carbone ed uno di
zinco (1).
« Siccome non si nota deviazione alcuna nell'atto di elettrizzare la lami-
netta A , così resta eliminato anche il sospetto che la deviazione osservata
sia dovuta al variare delle forze elettrostatiche, in seguito alla possibile dimi-
nuzione di carica della laminetta.
« b). L'esperienza seguente prova, che se nella prima esperienza della
Nota I (2), i metalli (disco e tela metallica) sotto l'azione delle radiazioni
sono ridotti allo stesso potenziale, ciò si deve ad un trasporto di elettricità
negativa, dal metallo negativo al metallo positivo.
« Fra la rete metallica ed il disco ad essa parallelo, ho posto una lami-
netta di selenite in modo che non toccasse i due metalli. Mantenuti questi
in comunicazione col suolo, e fatte agire per qualche tempo le radiazioni ultra-
violette, ho riconosciuto che sempre la laminetta di selenite trovasi elettriz-
zata negativamente. Per constatare questa carica basta accostare, sino a due
o tre millimetri di distanza, la lamina ad un disco metallico comunicante
coli' elettrometro (che nel caso mio aveva tale sensibilità da deviare di 120
a 130 particelle della scala per un Volta). Si ottiene così una deviazione
negativa, che può salire a 100 e più particelle della scala.
« Se l'esperienza è disposta in guisa che il disco sia negativo (p. es. disco
di rame e reticella di zinco), le particelle elettrizzate respinte dal disco, che
è illuminato attraverso la rete, dirigendosi verso di questa, incontrano la
lamina, e depongono su di essa le loro cariche. Nel caso opposto (p. es. rete
d'ottone e disco di zinco) le particelle sono respinte dalla rete verso il disco.
La rete è diffatti illuminata anche nella faccia interna, dalle radiazioni riflesse
dal disco; ma a parità di durata, le radiazioni producono naturalmente in
tal caso minor effetto.
« e). Che realmente la carica negativa constatata colla precedente espe-
rienza nella lamina di selenite si formi in questa maniera, lo dimostra meglio
quest'altro esperimento.
(*) E bene evitare che le radiazioni ultraviolette emesse dal vapore di zinco incan-
descente, giungano agli occhi. Esse producono infatti, dopo pochi secondi, un senso di bru-
ciore essai molesto, che può durare anche per molte ore successive, se si seguita a guar-
dare a lungo direttamente la luce dell'arco voltaico ottenuto nel modo detto più sopra.
Questo effetto fu provato da quasi tutte le persone che furono messe alla prova. Una lastra
di vetro abbastanza grossa posta davanti agli occhi, impedisce quasi completamente questo
effetto, mentre una di selenite non lo impedisce quasi affatto. Si tratta qui dunque, a quanto
pare, di una azione speciale dei raggi ultravioletti molto intensi, che non mi consta sia
stata sino ad ora da altri notata.
(2) Seduta del 4 marzo 1888.
— 580 -
« Due laminette di selenite sono collocate fra i due metalli, senza toc-
carli e senza toccarsi fra loro. Se il disco è negativo, si trova, dopo che le
radiazioni hanno agito, che è la laminetta posta dalla parte del disco che
è carica negativamente, mentre l'altra o non si mostra carica o dà segni varia-
bili di lievi cariche accidentali. Se invece è negativa la rete, si trova elet-
trizzata negativamente l'altra lamina di selenite».
Filologia. — Di un aneddoto del ciclo artnriano {Re Aria ed il
gatto di Losanna). Nota del prof. F. Novati, presentata dal Socio
Monaci.
« Nel Merlino si narra che re Artù, vinti i Romani, invece di spingersi
fino a Roma, rinnovando le glorie di Belino e di Brenno, per consiglio
del profeta si volse a liberare la Gallia da un mostro che spandeva il ter-
rore in tutti i paesi vicini al lago di Losanna ('). Il mostro, il demonio, non
era per verità se non un semplice gatto; ma la battaglia che il re sostenne
contro di lui riuscì così difficile e così aspra come non era forse stata quella
data al gigante rapitore della nipote di Hoel, il conte di Brettagna (2).
« La battaglia di Artù contro il gatto è narrata, oltreché dal Merlino
in prosa, anche da altri testi. Così ne è fatto cenno, come ha avvertito testé
Gr. Paris (:i), in un frammento di poema tedesco del secolo XII, evidente-
mente cavato da una fonte francese, che l'editore ha intitolato dal nome dei
protagonisti Manuel und Ama tuie (4). Fatti molti e caldi elogi del valore
di Artù, il poeta viene poi, per quanto sembra, a narrare la sua fine, e
come di questa fosse stato cagione un mostro, che era un pesce ed in pari tempo
aveva la forma d'un gatto (r>): diciamo per quanto sembra, perchè il luogo
del poema è assai oscuro e vi fanno difetto alquanti versi.
« Questa stessa leggenda della morte del prode sovrano brettone avve-
nuta in seguito ad una lotta col gatto-pesce è rammentata in secondo luogo da
un poeta normanno, il quale però, animato da viva simpatia per l'Inghilterra,
se ne sdegna e la respinge come una favola inventata dai francesi per spar-
gere il ridicolo sopra l'eroe prediletto della Brettagna. I versi di André de
0) P. Paris, Les Boni, de la Table Ronde mis en nouv. lang., t. II, p. 358 e sgg. #
(2) Ibid., p. 362.
(3) Les rom. en vers de la T. R., Paris, 1887, p. 219-20.
(4) Osw. Zingerle, Manuel und Amande, Bruchstiicke eines Artusromans, in Zeitsch.
fur deutsch. Alterth., N. F., XIV, p. 304, v. 151 e sgg.
(5) Daz sie iz fvr icar wizzen, Ein visch u-urde vf gerizzen, Daz der kunic sere
engalt, Als ein katze gè stali, v. 155 e sgg.
— 581 —
Coutances sono stati essi pure riferiti dal Paris, ma è prezzo dell'opera ri-
portarli per esteso:
Il ont dit que riens n'a valu,
Et donc à Arflet n'a chalu
Que boté fu par Capalu
Li reis Artu en la palu;
Et que le chat l'ocist de guerre,
Puis passa outre en Engleterre,
E ne fu pas lenz de conquerre,
Ainz porta corone en la terre
E fu sire de la contre'e.
Où ont itel fable trovée ?
Menconge est, Dex le sot, prove'e
One greignor ne fu encontrée (!).
Il Paris sembra inclinato a credere che quello di Capalu sia il nome del
gatto portentoso. In tal caso, egli conclude, si tratterebbe del mostro dello
stesso nome, che apparisce nella Bataille Loquifer, e che ha per l'appunto
la testa di gatto, i piedi d'un dragone, il corpo d'un cavallo e la coda d'un
leone (2).
« Quest'identificazione del gatto di Losanna con Capalu o Chapalu,
sulla quale del resto il Paris non insiste molto, urta a mio avviso contro
difficoltà che sono, o mi paiono, insormontabili. Io credo infatti che André
de Coutances nei versi or riportati alluda non già ad una, bensì a due sto-
rielle, se non inventate, come egli par credere (3), trasformate ed alterate dai
Francesi in guisa che si prestassero a beffeggiare gli abitanti dell' Inghilterra
abbassando Artù. Si tratterebbe quindi di due avventure di Artù affatto in-
dipendenti l'una dall'altra; di due battaglie intraprese contro due diversi
mostri; le quali avrebbero però avuto gli stessi risultati disastrosi per il
sovrano della Brettagna. Giacché nella lotta con Chapalu egli avrebbe avuto
la peggio e sarebbe stato sommerso in una palude ; ed in quella col gatto
ci avrebbe lasciato addirittura la vita. E che le cose stiano realmente così
risulterà evidente quando si giunga ad accertare la differenza che passa fra
Chapalu ed il gatto di Losanna.
« Se il primo infatti è da identificare, come vide acutamente il Paris,
con il Chapalu della Bataille Loquifer, esso rientra nella categoria dei
mostri fantastici, risultanti dall'accozzamento di membra tolte ad animali
(!) A. Jubinal, Nouv. Ree. de Contes, Dits, Fabliaux ecc. T. II, p. 2-3. Le Ro-
manz des Franceis, così si chiama il poemetto, è stato composto sul principio del sec. XILT.
(2) Cfr. Hist. Littér. de la Fr., T. XXII, p. 537 ; Nyrop-Gorra, St. delVEp. Frane.,
p. 143.
(3) Cfr. str. 9, 10 ecc.
— 582 —
diversi, nella famiglia cioè che ha per capostipite la Chimera. Ma il gatto
di Losanna è tutt' altra cosa. Esso è né più né meno che un gatto, ma un
gatto che ha raggiunto dimensioni del tutto fuori del comune, ed è dotato
di una forza straordinaria e d' una spaventosa ferocia. Ma come e perchè ?
Il come ed il perchè noi lo rinveniamo descritto nel modo più soddisfacente
in un luogo del Tristan de Nànteuil, nel quale il poeta si compiace di
dare spiegazione ai suoi uditori della forza sovrumana che possedeva il suo
eroe e di quella non meno stupefacente di cui era fornita la cerva che
l'aveva nutrito del suo latte :
Nourris furent d'un lait qui fut de tei maistrie,
D'une seraine fut, sy com l'istoire crie.
Il est de tei vertu et de tei seignorie
Que se beste en a beu elle devient fournye,
Si grande et si poissant, nel tenés [à folye],
Que nul ne dure a lui, tant ait chevallerie.
Artus le nous aprouve, qui tant ot baronnye,
Car au temps qu'i regna pour voir le vc-us affi e,
Se combati au chat qu'alecta en sa vie
Du let d'une seraine qui en mer fut peschie ;
Mès le chat devint tei, ne vous mentiray mye,
Que nuls homs ne duroit en la soye paride
Qu'i ne mesist affin, à duel et à hachie.
Artus le conquesta par sa bachelerie,
Mais ains l'acheta cher, sy con l'istoire crye (l).
« Questo luogo del Tristan de Nànteuil è adunque di molto interesse
per la soluzione del nostro piccolo problema. Esso giova infatti a togliere
ogni dubbiezza intorno alla natura dell'animale sotto le cui granfie sarebbe
perito, se diamo retta alla leggenda, raccolta dall' autore del Manuel und
Amande (2), e sdegnosamente respinta da André de Coutances, il più valo-
roso dei re. Il Chapalu multiforme della Baiatile Loquifer non ha nulla
a che vedere con questo gatto mostruoso, che un pescatore ha incautamente
nutrito col latte d'una sirena. In secondo luogo poi l'autore del Tristan ci
(!) P. Meyer, Notice sur le roman de Tristan de Nànteuil in Jahrb. fiir Rom. und
Engl. Liter, IX, p. 11. E cfr. p. 8, dove il poeta narra più distesamente come una sinma
allattasse in mare Tristan, che a cagione di tal nutrimento divenne grande come un cheval
de Chartage. L'idea di far bere il latte della sirena a Tristan ed alla cerva deve esser
stata suggerita all'autore dalla lettura di un romanzo del ciclo arturiano, nel quale si nar-
rava che Artù era venuto alle prese col gatto, ma aveva potuto vincerlo. Da questo fonte
ei deve aver pur tratto quel che narra delle prime stragi perpetrate dalla cerva sul pe-
scatore che aveva raccolto Tristan e sulla di lui famiglia ; altrettanto fa il gatto diabolico
nel Merlino (P. Paris, op. cit., p. 360).
(2) Le ambigue parole del poeta tedesco, che non sa se il gatto sia un vero gatto
o un pesce d'aspetto felino, ci fan credere che nella sua fonte la cosa fosse narrata in
modo oscuro o troppo succinto.
— 583 —
fa accorti che la leggenda primitiva di Artù e del gatto era assai diversa
da quella che è narrata nel Merlino, dove l'apparizione del gatto-demonio
è provocata dalla collera di Domeneddio, che vuol punire un pescatore col-
pevole di non aver mantenuto il suo voto. Punizione ben grande per colpa
relativamente lieve! (*).
« Che un pescatore brettone o francese abbia trovato nelle sue reti una
sirena non farà meraviglia a chi rammenti come le classiche insidiatrici di
Ulisse avessero conservato l'abitudine di affascinare i naviganti anche nel
medio evo. Gervasio di Tilbury afferma che esse apparivano spesso nel mare
britannico (2). Ma né Gervasio né altri scrittori da me consultati narrano
che il latte loro avesse sì prodigiose virtù come son quelle di cui la storia
del gatto e quella della cerva nutrice di Tristan ci fanno testimonianza.
Forse ad altri, più pratici di me de' Bestiari, riuscirà di trovare qualche
notizia in proposito » .
Matematica. — Sulle reciprocità birazionali nulle dello spazio.
Nota del dott. D. Montesano, presentata dal Socio Cremona.
« Una reciprocità birazionale fra due sistemi S, S' dello spazio è quella
che liga con corrispondenza univoca i punti del sistema S ai piani del si-
stema S'.
« Una siffatta reciprocità può sempre riguardarsi come dovuta al prodotto
di una corrispondenza Cremoniana con una correlazione ordinaria.
In generale ogni reciprocità (birazionale o no) determina una superficie
luogo dei punti che trovansi nei piani corrispondenti, ed una superficie invi-
luppo di tali piani.
« Però in alcuni casi può succedere che tali superficie riescano indeter-
minate, che cioè due qualsiansi elementi corrispondenti (punto e piano) si
appartengano.
« A siffatte reciprocità fu data la stessa designazione che si dà alle cor-
relazioni ordinarie che presentano lo stesso carattere; esse cioè furono chia-
mate nulle (Nullsystem di grado superiore) (3).
(1) Come poi sia nata l'idea di far di Losanna e del monte del Lago il nascondiglio
del gatto mi rimane ignoto.
(2) Cf. F. Liebrecht, Des Gervas. von Tilbury Oda Imperialia, p. 31.
(3) Vedi la Nota dello Sturm, Ueber die reciproken und mit ihr zusammenhàngenden
Verwandtschaften (Math. Annalen Bd. XIX) (nella quale a pag. 477 si considera una reci-
procità nulla di 3° grado, determinata da una correlazione ordinaria dello spazio) e le
Memorie dell' Ameseder (Sitzungsbericbte der K. Akademie der Wissenschaften in Wien,
voi. LXXXIII, e Journal f. d. r. u. a. Mathematik. Bd. XCVII) nelle quali si esaminano le
reciprocità birazionali nulle di 2° grado. Delle reciprocità nulle di grado superiore al 3°
nessuna era stata sino ad ora costruita.
— 584 —
« Le reciprocità nulle birazionali sono l'oggetto di questa Nota, nella
quale dopo avere stabilito alcuni teoremi generali, costruisco delle reciprocità
nulle, quelle in cui le superficie 0>, che nel primo sistema corrispondono alle
stelle di piani del secondo, sono delle superficie monoidali, se, allargando
ima denominazione già in uso, per superficie monoidale si convenga indicare
quella superficie che ha in comune con ogni raggio di una congruenza di
1° ordine un solo punto non singolare per la congruenza (1).
« 1. Il prodotto di una reciprocità birazionale nulla K e
di una correlazione polare nulla r è una corrispondenza bi-
razionale dello spazio,nella quale due punti corrispondenti
sono su di un raggio del complesso lineare (r), dovuto alla
correlazione F.
u E inversamente : Ogni corrispondenza birazionale dello
spazio, nella quale le rette che uniscono punti corrispon-
denti costituiscono un complesso lineare (r), combinata con
la correlazione polare nulla r dovuta al complesso, dà come
prodotto una reciprocità birazion.ale nulla.
« I due teoremi sono senz' altro evidenti. Più generalmente :
Il prodotto di una reciprocità birazionale nulla K con
una correlazione ordinaria r è una corrispondenza birazio-
nale dello spazio, nella quale due punti corrispondenti sono
reciproci rispetto alla F\ e inversamente.
« Sicché la determinazione delle reciprocità birazionali
nulle dello spazio può farsi dipendere da quella delle cor-
rispondenze birazionali in cui due punti corrispondenti
siano reciproci rispetto ad una correlazione ordinaria, o
anche, in particolare, da quelle corrispondenze birazionali
che diano origine ad un complesso lineare (2).
« Delle corrispondenze birazionali della prima specie daremo ora vari tipi.
« 2. In due sistemi S, S' dello spazio si abbiano due stelle di rette
riferite l'una all'altra con una corrispondenza birazionale A', nella quale ad
un fascio di raggi della prima stella corrisponda nella seconda un cono
(J) L'esistenza di queste infinite reciprocità nulle che verremo a costruire, mostra
essere inesatta la dimostrazione di Lazzeri, il quale nella sua Nota, Su le reciprocità
birazionali nello spazio (Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, voi. II, 1886, pag. 78)
cercò mostrare che le reciprocità nulle di grado superiore al 1°, debbono da essere di 3° grado.
Eegge invece il teorema (già dimostrato dallo Sturai nella Nota citata a pag. 474) che nel
piano vi è una sola reciprocità birazionale nulla, che è di 2° grado.
(2) Di tali corrispondenze quelle involutorie che danno origine al complesso
lineare contato una sola volta, furono già ottenute. V. le mie Note pubblicate in questo
voi. a pag. 207 e 277. Sicché una prima famiglia di reciprocità birazionali nulle viene ad
essere determinata da tali corrispondenze.
— 585 —
F'„-— ^P*... kfir e ad un fascio di raggi della seconda corrisponda nella
prima un cono FM = h^ . . . hrar.
« Insieme a questa corrispondenza A' sia data anche una correlazione
ordinaria r fra i sistemi S, S' a cui appartengono le stelle.
« Se allora ad ogni punto P dello spazio S, situato sul raggio p della stella
0, si fa corrispondere nello spazio S' il punto P' in cui il raggio p' che cor-
risponde a p nella A, sega il piano ri che corrisponde a P nella r, la cor-
rispondenza birazionale K fra i sistemi S, S' che con ciò viene ad aversi, è
della specie cercata ; cioè in essa due punti corrispondenti sono reciproci
rispetto alla correlazione r.
« Ai punti P di una retta r (situati perciò nei raggi p di un fascio
della stella 0) corrispondono i punti P' situati sui singoli raggi _// di un
cono F'M e nei singoli piani ri di un fascio, sicché il luogo di questi punti
P', che è la curva che corrisponde alla r nella K, è di ordine n-\-\.
« Analogamente si costruisce la curva del primo spazio che corrisponde
ad una retta di S', curva che risulta anche essa di ordine n-{-l.
« È anche evidente che le superficie <t>n+1 (o le <D'„+1) che nello spazio
S (o in S') corrispondono ai piani dell'altro spazio, sono dei monoidi col ver-
tice in 0 (od in 0') e che ciascun raggio fondamentale h (o le) della corri-
spondenza A è anche fondamentale dello stesso ordine in S (o in S') per la
corrispondenza K.
« Di questa i punti 0, 0' risultano fondamentali, e le corrispondenti
superficie sono i piani o/, w che loro corrispondono nella correlazione r.
« Ogni punto P di a ha per corrispondente il punto 0' nella K, eccet-
tuato il caso in cui il raggio p' della stella 0' che nella A corrisponde al
raggio OP, appartenga al piano re' che nella stella 0' corrisponde nella cor-
relazione r al punto P, giacché allora al punto P viene a corrispondere nella K
tutto il raggio p[.
« Ora siccome col variare di P in w il raggio p e il piano n' della
stella 0' che corrispondono rispettivamente al raggio OP e al punto P nella A
e nella r, determinano una reciprocità di grado ti nella stella 0', peiciò gli
elementi p\ rì che si appartengono, sono rispettivamente su di un cono di
rette Xl' = k1vi...kr$r di ordine a-\-l ed in un cono-inviluppo V di classe
a-\-l ('), sicché la curva CM+i del piano w che corrisponde nella correlazione r
al cono V risulta linea fondamentale semplice per le <Pn+l ed ha per corri-
spondente nello spazio S' il cono U7 su accennato.
« La traccia C'„+1 di questo cono Uf sul piano co' è, a sua volta, linea fon-
damentale semplice per le superficie <t>'n+i , ed ha per corrispondente il cono
(') Vedi Jung, Sui sistemi cremoniani reciproci di grado m. .Rendiconti della R.
Accademia dei Lincei, 1885, pag. 774.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Seni.
— 586 —
irn = /*iai ... hrar che proietta da 0 la Gw, sicché le superficie & sono delle
e analogamente le <P' sono delle
« Ai raggi fondamentali h corrispondono nella corrispondenza K gli stessi
coni della stella 0' che ai raggi h corrispondono nella A', e questi coni insieme
al piano to' contato due volte ed al cono U'»+i formano la Jacobiana delle
superficie <2>'.
* Analogamente si determina la Jacobiana delle superficie 0.
* Yi sono, in generale, 2(a-\-2) punti uniti nella corrispondenza K.
Essi sono i punti in cui la curva generata dalle due stelle 0, 0' (]) incontra
la superficie luogo della correlazione r.
« 3. Vogliamo ora estendere questi risultati al caso in cui, invece di due
stelle 0, 0', si avessero più generalmente negli spazi S, S' due qualsiansi
congruenze di 1° ordine riferite fra loro birazionalmente.
« Per brevità di linguaggio diremo che una congruenza Q di 1° ordine
è di la o di 2a o di 3a specie, secondo che essa è costituita dalle rette di
una stella 0, o da quelle appoggiate ad una retta ^ e ad una curva razio-
nale J,j. che abbia /i — 1 punti sulla d (2), o dalle corde di una cubica
gobba J3 , sicché la classe a della congruenza nel primo caso è 0, nel secondo
è /«, nel terzo è 3; e il numero delle rette della congruenza appoggiate a
due rette dello spazio è tf-f-1, avendo a i valori accennati nei singoli casi.
« Ciò posto, siano date negli spazi S, S' le congruenze Q, Q' di 1° or-
dine e di classe <x, a' rispettivamente, e siano esse riferite fra loro con cor-
rispondenza birazionale A, nella quale ad ogni superficie della congruenza Q'
costituita da raggi appoggiati ad una retta arbitraria dello spazio S' corri-
sponda nella congruenza Q
una superficie Fn = 0"A1a' ... AA se la Q è di prima specie
o « » Fn = f/7^;,.M-7A1al ... hf*>- » » » » » seconda »
o n » Fn = z/2 /i!a> ... hr*>- » » « « « terza » (:<)
in modo che due qualunque di queste superficie abbaino in comune, oltre i
raggi fondamentali h e le direttrici della congruenza Q, a' -J- 1 raggi variabili.
« Analogamente nella corrispondenza A' alle superficie costituite dai raggi
(') Vedi Cremona, Su le trasformazioni razionali nel piano. Giornale di Matema-
nuitiche, voi. III.
(2) In generale la J(J. è gobba; ma può anche trovarsi, in casi particolari, in un
piano n, avendo allora per punto (u—\)-plo il punto (c/77).
(3) n in questo caso è pari.
— 587 —
della congruenza Q che si appoggiano alle singole rette dello spazio S, cor-
rispondano nella Q' superfìcie F' = kfr . ..#/*. Queste superfìcie saranno dello
stesso ordine ti delle superficie F, e avranno in comune oltre i raggi fonda-
mentali kx..<ks (e oltre le direttrici d',J-t' multiple secondo y e ri — y\
o oltre la Jj multipla secondo —, se la Q' è di 2a o di 3a specie) c-f-l
raggi variabili.
« Ogni raggio fondamentale hi (o kì) avrà per corrispondente nella K
una superfìcie di ordine a* (o- ft) della congruenza Q'(o della Q); come ad
osmi cono di una delle due congruenze che abbia il suo vertice su una diret-
trice m-pla per le F (o per le F') corrisponderà nell' altra congruenza una
superfìcie di ordine ni.
» Variando il punto nella direttrice, queste superficie formano un fascio
se la direttrice considerata appartiene ad una congruenza (Q o Q') di 2a specie;
formano invece un sistema d' indice 2 se la congruenza ora accennata è di
3a specie.
« Segando le due congruenze con due piani rr, ri rispettivamente, e
riguardando come corrispondenti le tracce su tali piani di due raggi che si
corrispondano nella A*, si viene ad ottenere una corrispondenza birazionale %
di grado n fra i piani 7t, ri, la quale in n ha per punti fondamentali mul-
tipli secondo ax...ar le tracce dei raggi hx,...hr e per punti fondamentali
semplici le tracce dei a' raggi della Q che nella X corrispondono ai & raggi
della Q' giacenti in ri.
a Ulteriormente se la Q è di 2a o di 3a specie, le tracce delle sue diret-
trici su n sono punti fondamentali per la y, multipli rispettivamente secondo
l'ordine di multiplicità di tali direttrici per le superficie Fn. Ne segue che
2a-\-a' = S(n — 1) se la Q è di la specie
o che 2a -j- y -j- fi {n — y)-\- <*' = 3 {a — 1) » » » » » 2a »
o che ^« + 3- + o-r = 3(^ — 1) » » » » » 3a »
Analoghe considerazioni valgono pel piano ri e per la 2jH.
« Ed è agevole costruire la corrispondenza % che soddisfi alle condizioni
accennate per poi ottenere da essa la corrispondenza A" fra le due congruenze.
« 4. Se ora insieme alla corrispondenza birazionale A fra le congruenze
Q, Qr si dà anche una correlazione F fra gli spazi S, S' che contengono le
due congruenze, facendo corrispondere ad ogni punto P dello spazio S che
sia sul raggio p della congruenza Q, il punto P' dello spazio S' in cui il
raggio p' che corrisponde a p nella A', sega il piano ri che corrisponde a P
nella F, la corrispondenza birazionale K che viene ad aversi, è della specie
cercata.
« In essa le superficie (P (o le <P') che nello spazio S (o in S') corrispon-
dono ai piani dell'altro spazio, sono superficie monoidali di ordine >i-\-l,
— 588 —
avendo in comune con ogni raggio della congruenza Q (o della Q') un unico
punto non fondamentale.
* È evidente ancora che i raggi fondamentali (h o k) e le direttrici di
ciascuna delle due congruenze Q, Q' sono multiple per le superficie $ o per
le <& dello stesso ordine di multiplicità che per le superficie F o per le F'.
« Per avere l'ulteriori linee fondamentali della corrispondenza K si noti
che in generale i due raggi /, p\, che corrispondono ad un raggio arbi-
trario p della congruenza Q nella X e nella r rispettivamente, non hanno
alcun punto comune. Se ciò succede, anche il raggio jh che corrisponde nello
spazio S a p nella r. si appoggerà al raggio p ; e nella K al punto ppi=7
corrisponderà in S' tutto il raggio/, come al punto p'p'^V corrisponderà
in S il raggio p, sicché le due curve C, C luoghi dei punti P. P' ora accennati
saranno linee fondamentali semplici per la K, l'una nello spazio S, l'altra
nello spazio S'.
« Ora se QL è la congruenza di ordine a' e di classe 1 che corrisponde
alla Q' nella r, essa risulta riferita alla congruenza Q con corrispondenza
birazionale, e il luogo dei punti d'incontro di due raggi corrispondenti è In
prima delle curve fondamentali che cercasi.
« Se tf' = 0, se cioè la congruenza Qi è costituita dalle rette di un
piano », questa curva fondamentale C è di ordine n -f- 1 .
« Se invece a è diverso da 0, le due congruenze Q, Qi vengono a sta-
bilire in ogni piano dello spazio una corrispondenza di punti (1, o'), quella
in cui due punti corrispondenti A, A' sono le tracce di due raggi corrispon-
denti prpi della Q, Qi, e siccome in tale corrispondenza ai punti A di una
retta corrispondono i punti A' di una curva di n° ordine, perciò vi sono
,i _]_ a' -\- 1 punti uniti, dei quali ciascuno è sulla curva C che cercasi, il cui
ordine perciò è n -f- a-' -J- 1 .
« Analogamente la curva fondamentale semplice C dello spazio S' è di
ordine n-\-a-\-\.
« Né vi sono nella K altre linee fondamentali, giacché per le superficie
<I>, p. e., si ha che nella linea sezione di due di esse, le linee fondamentali h
e le direttrici della Q contando come nella sezione di due superficie F della
congruenza, equivalgono perciò ad una linea di ordine tir — o' — 1, e si ha che
(n2 — a'— l) + (/* + ff'+l) = (/i+l)«.
« Questo fatto del resto risultava evidente anche per la genesi della
corrispondenza K.
« È anche facile la determinazione delle superficie Jacobiane della tra-
sformazione.
« Da prima, mediante il teorema che : « Se le generatrici di due superficie
razionali F^, ~Fq sono riferite le une alle altre con corrispondenza univoca, vi
sono jy -|- /y -j- 1 generatrici dell' una superficie che incontrano le corrispondenti
— 589 —
generatrici dell'altra « si può agevolmente determinare l'ordine di multipli-
cità dei centri o delle direttrici delle congruenze Q, Q' per le superficie J, J'
delle due congruenze, che corrispondono nella K alle curve C, C, deter-
minando con ciò l'ordine delle due superficie; e si ottiene che la J è una
Jn+1 = 0,!+1C„+5'+i se la congruenza Q è di la specie, è invece una
Jn+lj.+i = diJ-+7J,J,n-l+1Cn+o'+i se la Q è di 2a specie, o risulta essere una
J«+4=^3 Gn+o'+i se la Q è di 3a specie, sicché in ogni caso l'ordine della
superficie J è eguale a quello della curva C, a cui essa corrisponde.
« Analogamente la superficie J =C'M+(7+1 che corrisponde alla C, ha lo
stesso ordine ii-\-<r'-\-l della C.
« Ciò posto, se la Q è di la specie, la Jacobiana delle superficie Q>' è
costituita: 1° dalle superficie che corrispondono ai raggi h le quali sono
quelle che ai raggi h corrispondono nella A', sicché la somma dei loro ordini
è 3(n — 1) — a'; 2° dalla superficie Jn+ar+i che corrisponde alla C; 3° dal
piano oì che corrisponde al centro 0 della Q, da contarsi due volte.
« Se la Q è di 2 a specie, alla sua direttrice rettilinea ci corrisponde nella K
una superficie J'^+l = Cfw+<H.i generata dal fascio dei piani che corrispondono
nella r ai punti della d e dal fascio proiettivo al precedente costituito dalle
superficie di ordine y della Q' che nella X corrispondono ai coni della Q
aventi i vertici sulla d. Analogamente alla J,j. corrisponde una superficie
Jr ptnr-y -t-i^C'n+a-i-i generata dalle superficie della Q' che nella X corrispon-
dono ai fasci della congruenza Q, e dalla serie dei piani che nella r cor-
rispondono ai punti della J»..
« Ulteriormente la Jacobiana delle <P' contiene la superficie Jn+ar+i che
corrisponde alla C, e le superficie che nella X e nella K corrispondono ai
raggi h, gli ordini delle quali danno per somma 3 (ti — 1) — y — u(ti — y) — a'.
« Se infine la Q è di 3a specie la Jacobiana delle #>' è costituita dalle
superficie che nella A' e nella K corrispondono ai raggi h, delle quali gli
il
ordini danno per somma 3(« — 1) — 3- — a', dalla superficie J„w+i che cor-
Ci
risponde alla C, e da una superficie J^ ee5.CVmj.hu che corrisponde alla
direttrice J3, la quale superficie è quella generata dalle superficie di ordine r
che nella A' corrispondono ai coni della Jz (e che formano un sistema di
indice 2) e dai piani che nella T corrispondono ai punti della Jz.
« Analoghe considerazioni si possono ripetere per la Jacobiana delle
superficie <P,,+1 .
« Anche in questo caso le due congruenze Q, Q' generano una curva di
ordine n-{-2, luogo dei punti d'incontro di raggi corrispondenti; ed i 2(^-j-2)
punti che questa curva ha in comune con la superficie luogo della correla-
zione r sono punti uniti nella corrispondenza K.
— 590 —
« 5. Combinando ciascuna delle corrispondenze birazionali K preceden-
temente ottenute con la correlazione r, a cui la corrispondenza è dovuta, si ot-
tiene una reciprocità birazionale nulla, nella quale le superficie del primo spazio
che corrispondono alle stelle di piani del secondo, sono le stesse superficie <J>„+i
della K, mentre le superficie-inviluppo xYn+i che corrispondono ai piani pun-
teggiati del primo spazio, sono quelle che corrispondono alle superficie <P',m-i
nella r.
« In fondo la reciprocità K che si ottiene, può supporsi generata rife-
rendo birazionalmente una congruenza di 1° ordine Q dello spazio S ad una
congruenza di la classe Qi dello spazio S1; e facendo corrispondere ad ogni
punto P del primo spazio che sia sul raggio^ della Q, il piano n del secondo
spazio che passa pel punto P e pel raggio pi che nella Qi corrisponde al
raggio p ; e viceversa.
« Inversamente è chiaro che ogni reciprocità birazionale nulla, nella quale
le superficie <I> del primo spazio che corrispondono alle stelle di piani del
secondo, siano monoidali, è della specie studiata ■>.
Chimica. — Alcuni nuovi composi/' fi unni rati del vanadio.
Nota I. di A. Piccini e G. Giorgis (*), presentata dal Socio Cannizzaro.
« Tra le diverse serie di composti, che il vanadio è capace di dare, al
di sotto del limite VX5, quella corrispondente al biossido si distingue per
la sua stabilità relativamente grande. Allo scopo di mettere in relazione il
vanadio con altri elementi capaci di dare composti della forma KX4 e di
accumulare ancora nuovi esempi delle parziali analogie che un solo elemento
può avere con molti altri, anche di gruppi diversi, quando si considerino le
forme simili di combinazione ci siamo occupati di preparare dei iìuossisali
corrispondenti al VO2 ; sia perchè il fluoro suole, in generale, impartire una
maggiore stabilità ai composti inferiori, sia perchè fa comparire delle analogie,
che invano si cercherebbero con altri mezzi.
« Quello che si sa sull'argomento da Berzelius in poi è ben poco. Guyard(-)
dimostrò che trattando l'acido vanadico con acido fluoridrico e con alcool si
ottiene un liquido azzurro, che, quando si concentra, diventa verde e lascia
per svaporamento un residuo verde-cupo. L'unico fluossisale, corrispondente
al biossido di vanadio, descritto con precisione è l'ipofluossivan adato ammo-
nico di Baker. Per ottenerlo si scioglie il pentossido di vanadio nell'acido
fluoridrico, si fa passare nella soluzione una corrente d'idrogeno solforato e
si filtra il liquido divenuto azzurro. Aggiungendo fluoruro di ammonio si sepa-
(x) Lavoro eseguito nell'Istituto chimico della R. Università di Roma.
(2) Bull. Soc. Chim. XXV-350.
— 591 —
rano dei cristalli azzurri, rnonoclini che hanno la forinola 2NH4 PI. YO FI'
+ IP OC).
« Noi avremmo atteso a pubblicare le nostre ricerche, ancora incomplete,
se non fosse di recente comparso un lungo lavoro del Ditte (2), nel quale
egli comincia a sottoporre a nuovi studi tutte le serie di composti dati dal
vanadio allo scopo di dedurre qualche conclusione ben fondata sul posto die
converrebbe assegnargli.
» Lo scopo che noi ci prefìggiamo, e a cui abbiamo già accennato, è molto
più modesto ; d'altra parte dopo i molti lavori sperimentali fatti sul vanadio
e dopo le speculazioni del Mendelejeff la posizione di questo elemento non
lascia, almeno ci sembra, luogo ad alcun dubbio.
« Se si scioglie nell'acido fluoridrico acquoso il metavanadato ammonico
e si tratta con anidride solforosa, a caldo, si ottiene un liquido azzurro che,
neutralizzato con ammoniaca e addizionato di fluoruro ammonico neutro lascia
precipitare una polvere cristallina, azzurrognola. Dopo averla raccolta sul
filtro, lavata con pochissima acqua e spremuta fortemente tra carta bibula
si può purificare sciogliendola di nuovo. Dapprincipio si separano dei prismi
monoclini, che hanno la composizione del sale di Baker, poi si formano dei
cristalli piccoli, splendenti, di colore azzurro. Sono ottaedri monometrici, tal-
volta modificati dalle facce del cubo, si sciolgono bene nell'acqua, dando un
liquido azzurro, da cui il fluoruro di ammonio separa il sale primitivo. In
questa sostanza si può riconoscere la presenza del fluoro, del vanadio e del-
l'ammoniaca. Il vanadio fu da noi determinato mediante la riduzione subita
dal permanganato potassico; il fluoro col processo di Penfield (3) e l'ammo-
niaca distillando la sostanza con soda sciolta nell'acqua e raccogliendo il
N N
distillato nell'acido cloridrico — che veniva rititolato con potassa — . Otte-
nemmo così dei numeri che si accordano colla formula VO FI2. 3NH4 FI.
come si vede dalla seguente tabella:
i ii ni iv v vi vii vili tiiedia
V = 51 23,63 23,69 23,80 23,81 23,14 — — — — 23,61
0 = 16 7,40 — — — — — — — —
FI5 = 95 43,98 — — — — 43,83 45,03 — — 44,43
3NH4 = 54 24,99 ___ — — — 24,33 25,15 24,74
VOFP . 3NIP FI = 216 100,00
che raccoglie i risultati di tutte queste determinazioni.
(i) Ann. d. Chini. CCII, 262.
(2) Ann. Phys. Chini. XIII, (6) 190.
(3) Chem. News. XXXIX-197. Il metodo consiste nel convertire il fluoro in fluoruro di
silicio e fare assorbire questo da una soluzione idroalcoolica di cloruro potassico. Si preci-
pita cosi idrofluosilicato potassico e si libera dell'acido cloridrico, che si determina con
una soluzione alcalina titolata.
— 592 —
N
I gr. 0,2855 di sostanza decolorarono 13,27 ce. di permanganato —
II » 0,4567 * » 21,43 *
III » 0,5214 » » 23,82 »
IV » 0,2836 » » 12,87 ■
N
V Per gr. 0,2763 si impiegarono 42,5 ce. di ammoniaca —
20
VI » 0,2541 » 40,15 - » ^
N
VII gr. 0,3843 saturarono 10,39 di acido cloridrico —
2
Vili » 0,2000 » 5,5
« Questo fluossisale che chiameremo ipo/luossiva/iadato amino nico ottae-
drico ha il comportamento generale dei termini appartenenti alla forma VX4.
« Ci parve di qualche interesse il tentare se fosse stato possibile di
sostituire l'ossigeno col fluoro e ottenere così un ipofluovanadato, e perciò
abbiamo trattato il VO PI2. 3NH4 FI con acido fluoridrico concentrato. Dalla
soluzione di colore azzurro intenso cristallizzarono, dopo qualche giorno, dei
prismi monoclini, trasparenti che analizzammo.
N
(ir. 0,3105 decolorarono 16,03 ce. di permanganato
» 0,3025 » 15,54 »
10
« In 100 parti:
i n calcolato per VOF 1* . 2NH« FI + H' 0
V 26,33 26,19 25,88
avevamo dunque ottenuto il sale di Baker, il quale, alla sua volta, ridi-
sciolto nell'acido fluoridrico concentrato ricristallizza inalterato.
« Oltre che col processo sopra descritto, si può ottenere l'ipofluossiva-
nadato ottaedrico riducendo col polo negativo di una batteria elettrica, il
metavanadato ammonico, acidificato con acido fluoridrico e addizionato di fluo-
ruro ammonico. Si impiega vantaggiosamente l'apparecchio, di cui uno di noi
si servì per preparare il fluotitanito ammonico basico ('). Dopo qualche ora
il liquido diviene azzurro e quindi comincia a precipitarsi una polvere cri-
stallina. Si può seguire anche il metodo di Guyard, ridurre cioè la soluzione
fluoridrica di acido vanadico mediante l'alcool e aggiungere poi fluoruro
ammonico. Se questo non è in grande eccesso, il liquido azzurro si mantiene
dapprincipio trasparente ma, per evaporazione spontanea, lascia deporre l'ipo-
fluossivanadato ammonico in cristalli ben definiti. I cristalli che si depongono
in principio sono azzurri, poi se ne depongono di colore diverso che varia
(!) R. Accademia dei Lincei. Transunti, 1885.
— 593 —
dal celeste al verde. Intanto anche l'acqua madre diviene di un verde sempre
più chiaro e finalmente gialla. Allora si depongono dei cristalli ottaedrici di
un bel colore giallo di cromo.
« Questa nuova sostanza appartiene alla serie vanadica normale e si è
formata per l'azione dell'ossigeno atmosferico sulla soluzione acquosa di ipo-
fluossivan adato ammonico ottaedrico. Noi l'abbiamo potuta ottenere diretta-
mente partendo dall'acido vanadico. Si scioglie questo in un eccesso di acido
fluoridrico, che si neutralizza poi con ammoniaca, mentre il liquido è ancora
caldo ; per raffreddamento si ottiene una massa abbondante di cristalli ottae-
drici, solubili nell'acqua. L'ammoniaca non deve essere aggiunta in eccesso,
altrimenti si ottiene, insieme ai cristalli gialli, una polvere bianca cristallina ;
un eccesso fortissimo di ammoniaca è capace di decomporre anche i cristalli
già formati dando la stessa sostanza bianca. I cristalli ottaedrici, gialli con-
tengono vanadio, fluoro, ammonio ed ossigeno. Il vanadio fu determinato
0 per mezzo del permanganato potassico (dopo avere ridotto la sostanza con
anidride solforosa) oppure ricorrendo alla calcinazione moderata, in contatto
dell'aria. A 100° la sostanza non perde di peso anche dopo molte ore;
a temperatura più elevata comincia un imbrunimento e si sviluppano dei
fumi bianchi; arrivati al rosso incipiente si ha un residuo rosso bruno, che
non emette più fumi; questo, bagnato con acido azotico, poi riscaldato len-
tamente di nuovo fino a fare svaporare l'acido e calcinato con precauzione,
prende un color cannella e non cambia più di peso per quanto lo si riscaldi ;
si ha allora del pentossido di vanadio puro. Affinchè la determinazione riesca
bene occorre la massima cautela. Il fluoro e l'ammoniaca si determinarono
coi soliti metodi. Le analisi furono eseguite sopra saggi ottenuti da più pre-
parazioni fatte partendo sia dall'acido vanadico, sia dall' ipofluossivanadato
ammonico ottaedrico.
1 gr. 0,4609 di sostanza, previamente ridotta, decolorarono ce. 21,4 di per-
manganato —
II gr. 0,5828 di sostanza dettero gr. 0,2493 di pentossido di vanadio
N
III Per gr. 0,3011 » si impiegarono ce. 37,73 di potassa —
Zi)
IV » 0,3040 » » » 38,03
V » 0,3059 » » » 38,54
N
VI gr. 0,3321 saturarono ce. 9,46 di acido cloridrico —
u
VII » 0,3109 8,86 » * » „
Vili » 0,3931 11,44 » » , »
IX » 0,3311 9,44 » » * „
Rendiconti. 1888, Vol. TV, 1° Sem. 77
— 594 —
« Queste esperienze conducono alla forinola VO2 FI . 3NH4 FI, come ri-
sulta dalla seguente tabella:
i li in iv v vi vii vai ix media
V = 51 23,94 23,44 23,97 —__ — ___ 23,70
0 = 32 15,02 — — — — — — — — —
FI* == 76 35,68 — — 35,71 35,65 35,90 — — — — 35,75
3NH4 = 54 25,36 — — — — — 25,63 25,64 26,19 25,66 25,78
V08F1.3NH4F1=213 100,00
« Come si vede i risultati delle analisi si accordano molto bene tra loro
e con quelli calcolati per la forinola VO2 FI . 3NH4 FI, sulla quale quindi non
può cader dubbio. La sostanza bianca, cristallina, che si ottiene facendo agire
l'ammoniaca sulla soluzione concentrata di questo fluossisale non contiene
fluoro ed è metavanadato ammonico, come si rileva dalla seguente determi-
nazione di vanadio:
N
gr. 0,4024 di sost. ridotti con SO2 scolorarono ce. 34,32 di permanganato — .
« In 100 parti:
-trovalo calcolalo per NH*VO*
V 43,3 43,52
« Quindi l'azione dell'ammoniaca può rappresentarsi così:
VO2 FI -4- (NH4)2 0 = NH4 VO3 -f NH4 FI.
« Il metavanadato formatosi si separa per il fluoruro di ammonio conte-
nuto nel liquido.
« Il Baker, molti anni sono, intraprese lo studio dei fluossisali di vanadio
per compararli con quelli di niobio e, tra gli altri, descrisse un fluossivanadato
ammonico che cristallizzava in forma di piramidi semplici o modificate, che
somigliavano a degli ottaedri regolari ma agivano sulla luce polarizzata. Di
più questa sostanza dava coli' acido fluoridrico un fluossisale aciculare, le cui
analisi sono assai discordanti, talmentechè l'autore fu costretto a darne la
forinola dietro l'analogia col fluossivanadato potassico aciculare. Anche il
nostro composto ottaedrico giallo presenta le forme dell'ottaedro regolare,
modificato dal cubo, e agisce sulla luce polarizzata ; anche questo si scioglie
nell'acido fluoridrico acquoso trasformandosi in una sostanza aciculare, le cui
analisi non ci hanno dato per ora numeri soddisfacenti. Ci sarebbe dunque
da dubitare che il Baker e noi fossimo giunti per diverse vie alla stessa
sostanza ; ma le sue analisi e la forinola 12NH4 FI . V? O5 . 2VO FP che se
ne deduce si allontanano troppo dalle nostre, per quel che riguarda il fluoro,
perchè si possa attribuire la differenza al metodo seguito. Egli infatti trova
in media il 39,42 % , di fluoro in accordo colla forinola, del resto assai
— 595 —
complessa, da lui attribuita alla sostanza, che esigerebbe il 38,98 % »
mentre noi non trovammo mai più del 35,90%- I valori per il vanadio e
per l'ammoniaca, che si deducono dalla forinola di Baker, sono assai vicini a
quelli che si deducono dalla nostra.
« Sia comunque, il fluossivanadato oltaedrico normale ora descritto,
VO2 PI. 3NH4 PI, presenta per la forma cristallina, una stretta relazione col-
l'ipofluossivanadato ammonico pure ottaedrico. L'egregio dott. Bucca che ha
esaminato i cristalli delle due sostanze ci comunica gentilmente quanto segue :
Tutti e due i sali sono monometrici ; l'uno (l'ipofluossivanadato) presenta quasi
solo l'ottaedro (111) l'altro anche le facce del cubo (100). Però ambedue
offrono delle anomalie ottiche, come l'allume, ossia alla luce polarizzata, fra
i nicols incrociati, non si estinguono, ma rimangono luminosi. Ciò dipende
da tensioni interne sviluppatesi dopo il consolidamento dei cristalli.
« Si noti poi che i due sali contengono lo stesso numero di atomi:
V00F1..3NH4F1
VOF1F1 . 3NH4 FI
e ci offrono il secondo caso di isomorfismo fra composti di uno stesso ele-
mento, appartenente a serie diverse, poiché il primo (e anche ben più spiccato
perchè si riferisce al sistema trimetrico) fu additato dal prof. Mauro per il
tìuossimolibdato ammonico (MO2 FI2. 2NH4 FI) e l'ipofluossimolibdato ammo-
nico (MO FI3. 2NH4 FI) da lui scoperti, e descritti in una Memoria già pre-
sentata a questa Accademia.
« Di più, comparando il fluossivanadato ammonico ottaedrico col fluossi-
niobato (Nb 0 FI3. 3NH4 FI) e col fluossitantalato (Ta 0 FI3. 3NH4 FI) corri-
spondenti mentre si scorge un'analogia per il numero di molecole di fluoruro
di ammonio combinato colle fluoanidridi acide, per la forma cristallina si
nota una differenza nella composizione delle fluoanidridi stesse. Le quali,
pure mantenendosi nella stessa forma limite EX5, contengono un numero
diverso di atomi. Questo divario nella composizione può mettersi in rapporto
con la crescente facilità con la quale tende ad accumularsi il fluoro nelle
fluoanidridi degli omologhi superiori del vanadio. I fluossiniobati potassico e
ammonico ordinari sono Nb 0 FI3. 2K FI, Nb 0 FI3. 2NH4 FI mentre il tan-
talio (Nb = 94 , Ta = 182) dà, in corrispondenza, i fluotantalati Ta FI5. 2K FI,
Ta FI5. 2NH4 FI. E, come il niobio dà, sebbene più difficilmente del tantalio,
alcuni fiuosali (colla fluoanidride Nb FI5), così anche il vanadio potrà, in
determinate condizioni, dare dei fluossitali, la cui fluoanidride sia più ricca
di fluoro. Del resto nel vanadio, come in quello che serve a collegare i due
sottogruppi del gruppo V, non si poteva prevedere, neppure per i composti
fluorurati, una completa analogia col niobio e col tantalio.
« Il fluossivanadato e l'ipofluossivanadato ammonici ottaedrici, avendo
— 596 —
un numero diverso di atomi, non possono dunque prender posto nella serie
di termini isomorfi:
Nb OF13 . 3NH4 FI , Ta OFP . 3NH4 FI , Zr FI4 . 3NH4 FI , Ti O2 FI2 . 3NH4 FI
ma invece si potrebbero mettere in relazione con alcuni fluosali della for-
ma EX3 p. es. con Fé FI3. 3NH4 FI con Cr FI3 . 3NH4 FI, che cristallizzano nel
sistema regolare in cubi od ottaedri e contengono lo stesso numero di atomi :
VO2 FI . 3NH4 FI
VO FI2 . 3NH4 FI
Fé FI3 . 3NH4 FI
Cr FI3 . 3NH4 FI .
Anche qualora si voglia ammettere che le forme cubiche od ottaedriche
regolari non siano, da sole, sufficienti a costituire il vero e proprio isomor-
fismo non si può disconoscere che in tutti questi composti contenenti tre
molecole di fluoruro di ammonio l'identità della forma cristallina, non può
essere casuale. Ci guarderemmo bene dal discutere se si debba domandare la
spiegazione del fenomeno al così detto isomorfismo di massa o ad altre
simili nozioni ; vogliamo soltanto richiamare l'attenzione sul fatto. In quanto
poi si riferisce all'ipofìuossivanadato e al fluossivanadato ammonico ottaedrici
crediamo potere assicurare il perfetto isomorfismo, giacché sono capaci di
deporsi nello stesso cristallo.
« L'ossidazione che l' ipofluossivanadato ammonico subisce, quando si
trova sciolto, in presenza dell'aria, e la sua trasformazione in fluossivanadato
ammonico può esprimersi coli' equazione seguente:
2VO FI2 -f H2 0 + 0 = 2V02 FI -f 2HF1 .
« Abbiamo tentato di preparare un ipofluossivanadato ammonico conte-
nente una sola molecola di fluoruro di ammonio, e perciò abbiamo ridotto
colla pila una soluzione fluoridrica di metavanadato ammonico. Il liquido
azzurro lasciò deporre delle croste cristalline, che non dettero per ora all'ana-
lisi numeri soddisfacenti.
« Trattando con fluoridrato potassico la soluzione di metavanadato ammo-
nico ridotta con SO2 si ottengono, per svaporamento del liquido azzurro, delle
croste cristalline azzurro-celesti che hanno la composizione VO FI2. 2K FI
come si vede dalle seguenti anàlisi:
in iv inedia
— — 23,08
34,02 32,95 33,48
VOFP . 2KF1 = 221 100,00
i
ii
V = 51
23,09
23,06
23,11
0=16
7,24
—
—
FI* = 76
34,38
—
—
K3 = 78
35,29
—
—
— 597 —
I Gr. 0,4377 decolorarono 19,80 ce. di permanganato —
II » 0,2818 » 12,77 » » 10
III Per gr. 0,2144 si impiegarono 25,6 ce. di ammoniaca —
IV r, 0,2504 * 28,95 » «
« Sciogliendo l'anidride vanadica nell'acido fluoridrico, aggiungendo la
quantità di fluoridrato potassico, voluta dalla formula VO FI2. 2K FI, e ridu-
cendo colla pila, si ottiene un liquido azzurro verdastro, che, per svaporamento
dà dei cristalli, la cui analisi non è ancora completa.
« Altri esperimenti sono in corso sui quali ritorneremo fra breve » .
Chimica. — Contribuzione allo studio del cromato basico di
rame. Nota del dott. L. Balbiano, presentata dal Socio Cannizzaro.
« Se ad una soluzione di solfato ramico, contenente un peso molecolare
di sale disciolto, si aggiunge una soluzione di cromato neutro di ammonio,
che contiene pure un peso molecolare di sale disciolto, si ha immediatamente
un precipitato giallo-bruno di cromato basico di rame.
« Riguardo alla composizione di questo sale basico le opinioni sono di-
verse. Freese (') dice che trattando soluzioni di solfato ramico con cromato,
neutro di potassio si ha il cromato doppio,
K2 Cu3 Or3 O13, 2 acq.
che coll'acqua bollente si decompone in
K2 Cr2 O7 e Cu3 Cr 0G, 2 acq.
« Lo stesso composto doppio si forma, secondo Knop, trattando l' idrato
ramico con una soluzione di dicromato potassico. Al contrario Man. Rosen-
feld (2) ha dimostrato che il cromato di rame e di potassio non esiste, che,
sia in soluzioni concentrate quanto diluite, tanto a caldo che a freddo, si
precipita sempre il cromato basico di rame
Cu3 Otì Cr. 2 acq.
e questo stesso composto si ottiene anche col processo di Knop.
« Com'era da prevedersi, il cromato neutro di ammonio precipita il sol-
fato ramico nello stesso modo, e difatti il precipitato ottenuto mischiando a
freddo le soluzioni di un peso molecolare di due sali diede all'analisi i se-
guenti risultati:
gr. 0,4707 di ostanza disseccata a 100°-110° diedero gr. 0,2975 di Cu 0 e
gr. 0,0997 di Cr2 O3.
(*) Berliner Berichte. T. II, p. 478.
(2) » » T. XIII, p. 1469.
— 598 —
«In 100 parti:
trovato calcolato per Cu3 Cr 0" 2 acq.
Cu 0 63,1 63,58
Cr O3 27,8 26,80
« Lo stesso composto si genera a caldo, perchè il cromato ottenuto con-
tiene 63,19% di CuO.
u In detta reazione il rame non passa tutto allo stato insolubile, cioè
sotto forma di cromato basico, quantunque si trovi un eccesso di cromato
d'ammonio, ma, per ottenere una soluzione scevra di rame, bisogna aggiun-
gere una certa quantità di ammoniaca, che fa precipitare un composto dal-
l'aspetto fisico del cromato basico formatosi nella prima fase della reazione.
La reazione è perciò più complicata perchè si formano contemporaneamente
composti di rame e di cromo solubili insieme al cromato basico insolubile,
ed è per questa ragione che ho creduto bene di seguirla passo a passo e ten-
tare di spiegarne il meccanismo, determinando dapprima la composizione del
precipitato che si ottiene coli' aggiunta dell'ammoniaca, in seguito le quantità
rispettive dei due composti di rame insolubili che si originano.
« Grammi 24,95 di solfato ramico, depurato mediante ripetute cristal-
lizzazioni previa bollitura con poco acido nitrico, sciolti in 100 ce. di acqua,
vennero trattati a caldo con una soluzione di cromato neutro di ammonio con-
tenente in 100 ce. gr. 15,26 di sale, ed il precipitato ottenuto ben lavato diede
all'analisi la quantità di Cu 0 corrispondente alla formola (Cu O)3 Cr O3 2 acq.
gr. 0,3122 di sostanza seccata a 110" diedero gr. 0,1973 di CuO.
« In 100 parti:
trovato calcolato
CuO 63,19 63,58
n II liquido filtrato, colorato in giallo-verde con una punta di rosso, si
trattò con ammoniaca acquosa diluita, fino a che il precipitato giallo-bruno
formatosi, cominciava a ridisciogliersi. Il precipitato ben lavato venne dis-
seccato a 110° e sottoposto all'analisi,
gr. 0,5204 di sostanza diedero gr. 0,332 di CuO e gr. 0,1086 di Cr2 O3.
« Da questi dati si calcola in 100 parti :
trovato
calcolato (Cu 0)3 Cr 0" 2 acq.
CuO
63,79
63,58
CrO3
27,40
26,80.
a II composto precipitato dall'ammoniaca acquosa è quindi lo stesso cro-
mato basico che si deposita nella prima fase della reazione.
« Ho determinato in seguito la quantità di (Cu O)3 Cr O3 2 acq. che si
forma nalla prima fase della reazione.
gr. 0,7485 di solfato ramico con 5 molecole di acqua, e gr. 0,4572 di cromato
neutro di ammonio, diedero gr. 0,2265 di (CuO)3 CrO3 2 acq. disseccato a 110°.
— 599 —
« Le acque di lavaggio svaporate al volume primitivo delle soluzioni
vennero addizionate di gr. 0,068 di ammoniaca, avendo dedotto da un saggio
preliminare che tale quantità era necessaria per la precipitazione completa
del rame allo stato di cromato basico ; il precipitato di (Cu O)3 Cr O3 2 acq.
raccolto, lavato e disseccato a 110" pesava gr. 0,1475.
« Il liquido risultante dalla filtrazione unito alle acque di lavaggio era
colorato intensamente in giallo chiaro, ciò che indicava la presenza di un
eccesso di cromato ammonico, perciò si dosò la quantità di acido cromico
sciolto e si ottenne gr. 0,154 di Cr2 O3.
« Da questi dati analitici si ha che la reazione fra solfato ramico e
cromato ammonico può rappresentarsi colle equazioni seguenti:
P fase : 5(Cu 0 SO3. 5H2 0) -j- 5(NH4)2 0 Cr O3 = 3H2 0 + (Cu O)3 Cr3 . 2H20 -f
-f- 2Cu 0 Cr2 O6 -f- 5(NH4)20 SO3.
IIa fase : 3Cu 0 Cr2 0° -f- 10 NH3 -f 7 H2 0 = (Cu O)3 Cr O3 2H2 0 -f-
-f 5(NH4)2 0 Cr O3.
« Difatti secondo queste equazioni si calcola che
gr. 0,7485 di Cu SO1 . 5H2 0 reagendo con gr. 0,4572 di (NH4)2 Cr O4 de-
vono dare:
calcolato trovato
Ia fase gr. 0,2253 di (Cu O)3 Cr O3 2 acq. gr. 0,2265,
aggiunto gr. 0,067 di H3 N gr. 0,068,
IP fase gr. 0,1496 di (Cu O)3 Cr O3 2 acq. gr. 0,1475,
e gr. 0,1528 di Cr2 O3 gr. 0,154,
corrispondenti a
gr. 0,3048 di (NH4)2 Cr O4 gr. 0,307.
" L'aggiunta di ammoniaca può far precipitare completamente il rame
allo stato di cromato basico e la reazione deve in questo caso rappresentarsi
coli' equazione
3(Cu 0 SO3, 5H2 0) + (NH4)2 0 Cr O3 + 4NH3 = (Cu O)3 Cr O3 2H2 0 +
-f- 3(NH4)2 OSO3 + H2 0.
« Infatti adoperando
gr. 0,7485 di Cu SO4 5H2 0
gr. 0,1524 di (NH4)2 Cr 04
gr. 0,068 di H3 N
si ottenne
gr. 0,375 di (Cu O)3 Cr O3 2 acq.
mentre la soprascritta equazione ne richiede gr. 0,3749 ed il liquido filtrato
era scolorito. Un'ultima prova che in prima fase di reazione si- forma vera-
mente il dicromato di rame p ha nel seguente fatto.
« Se si tratta del cromato basico di rame con acido cromico, si ha una
soluzione completa solo quando i pesi dei due composti stanno nei rapporti
(Cu O)3 Cr O3 2 acq -f- 5Cr O3 = 3Cu 0 Cr2 O6.
— 600 —
« In questa soluzione non esiste acido cromico libero perchè l'acqua
ossigenata neutra non dà l'acido percromico.
« Ho tentato di separare il dicromato di rame evaporando la soluzione
a bagno maria; si ottiene una massa amorfa, solubile parzialmente nell'acqua,
e nella soluzione acquosa si trova libero dell'acido cromico riconoscibile col-
l' acqua ossigenata neutra. La stessa decomposizione ha luogo evaporando la
soluzione nel vuoto sull'acido solforico, e da questo posso confermare l'osser-
vazione di Freese (Gmelin Kraut voi. Ili, p. 698) in contradizione colle
esperienze di Dròge (Jah. 1857, p. 248) il quale dice di avere ottenuto un
dicromato di rame cristallizzato che colla bollitura con acqua forma il cromato
basico.
L'aggiunta di alcole alla soluzione acquosa di dicromato ramico fa de-
positare lentamente una polvere verde-giallo-bruna, che è per la massima
parte ossido di cromo, mentre il rame passa in soluzione sotto forma di ace-
tato. La spiegazione più semplice di questo fatto è che si formi di nuovo
coll'acronunta di alcole il cromato basico e l'acido cromico messo in libertà
ossidi l'alcole trasformandolo in acido acetico *.
MEMORIE
DA SOTTOPORSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
Kehrli e (jauchat. // Canzoniere provenzale vaticano 3207 (II).
Presentata dal Socio Monaci.
L. Balbiano. Sopra alcuni derivali monosostituiti del pirazolo e sui
composti idrogenati che ne derivano. Presentata dal Socio Cannizzaro.
C. Viola. 77 principio del minimo lavoro di deformazione. Presentata
dal Socio Cremona.
RELAZIONI DI COMMISSIONI
Il Socio Tabarrini, relatore, a nome anche del Socio Tommasini, legge
una Kelazione colla quale approvasi l'inserzione negli Atti accademici della
Memoria del prof. Cipolla, intitolata : Una congiura contro la Repubblica
di Venezia negli anni 1522-1529.
Le conclusioni della Commissione esaminatrice, messe ai voti dal Presi-
dente, sono approvate dalla Classe, salvo le consuete riserve.
— 601 —
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Carutti presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna-
lando fra queste il Voi. I dei Discorsi parlamentari di Marco Minghetti,
raccolti e pubblicati per deliberazione della Camera dei Deputati, e un
discorso : Sopra la scuola delle leggi romane in Ravenna ed il Collegio dei
giureconsulti ravennati, offerto dall'autore avv. Valentino Eivalta.
Lo stesso Segretario presenta inoltre il nuovo volume delle Reiasioni
diplomatiche della Monarchia di Savoia dalla prima alla seconda restaura-
zione (1559-1814) pubblicate da A. Manno, E. Ferrerò e P. Vayra, nella
Biblioteca Storica Italiana, edita per cura della E. Deputazione di Storia
Patria di Torino, e ne discorre. Il volume riguarda le relazioni colla Francia,
e contiene il fine della legazione del barone Perrone, e la legazione del
marchese di Entremont, l'uno e l'altro ambasciatori del re Vittorio Amedeo II
a Parigi.
Il Socio Schupfer fa omaggio della pubblicazione del prof. Luigi Chiap-
pelli intitolata : Lo Studio bolognese nelle sue origini e nei suoi rapporti
colla scienza pre- Irneriana e ne discorre.
CONCORSI A PREMI
Il Segretario Carutti legge il seguente elenco dei lavori presentati per
concorrere ai premi del Ministero per le scienze storiche 1887-88:
1. Bersi Luigi Adolfo. Senofonte, la spedizione di Ciro commentataci.).
2. Bustelli Giuseppe. Sulla decollazione di Francesco Bussone conte
di Carmagnola (st.).
3. Casagrandi Vincenzo, l) Storia e archeologia romana (st.). —
2) Lo spirito della storia d'occidente, parte I (st.).
4. Colombo Elia. Gli Angioini, re Renato e duca Giovanni in
Italia (ms.).
5. Cusumano Vito. Storia dei Banchi della Sicilia. I Banchi pri-
vati (st.).
6. Gianandrea Antonio, l) Della signoria di Francesco Sforza nella
Marca secondo le memorie e i documenti dell' archivio settempedano (st.).
2) // palazzo del Comune di Jesi (st.).
7. Mantovani Gaetano. // territorio sermidese e limitrofi (st.).
— 602 —
8. Pais Ettore. Straboniana. Contributo allo studio delle fonti della
storia dell'amministrazione romana (st.).
9. Paravicini Tito Vespasiano. Ly Abazia di Chiaravalle mila-
nese (ms.)
10. Sansone Alfonso. La rivoluzione del 1820 in Sicilia (si).
11. Sanesi Giuseppe. Stefano Porcari e la sua congiura (st)-
12. Saviotti Alfredo. Pandolfo Collenuccio umanista pesarese del
secolo XV (st).
13. Schipa Michelangelo. Storia del Principato longobardo di Sa-
lerno (si).
14. Anonimo («0 magna vis veritatis quae contra nominimi ingenia,
calliditatem, sollertiam, contraque fictas omnium insidias, facile se per se
ipsa defendit « . Cic. prò M. Cael. XXVI, 63). — A. Gabinio e i suoi pro-
cessi (ms.).
15. Anonimo (Poco spero e nulla chiedo). 1) Sul significato politico
delle tre principali congiure fatte nel secolo XV (ms.). — 2) Della ditta-
tura romana e dei limiti suoi rispetto al tribunato della plebe (ms.).
16. Anonimo (Pro ventate). Ricerche sulla storia civile del Comune
di Cremona fino al 1334 (ms.).
Concorrenti al premio del Ministero per le scienze filologiche.
Premio non conferito e rimesso a concorso sul tema fisso :
Bibliografia e critica degli scritti in poesia latina che comparvero in Italia nel-
VXI e XII secolo. — Osservazioni nella lingua adoperata in cotesti scritti e sulla in-
fluenza che ebbero i poeti latini classici in quei due secoli di decadenza.
Scaduto il 30 aprile 1888.
Ronca Umberto.
CORRISPONDENZA
11 Segretario Carutti dà comunicazione della corrispondenza relativa
al cambio degli Atti.
Ringraziano per le pubblicazioni ricevute :
La R. Accademia delle scienze tìsiche e matematiche di Napoli ; la So-
cietà archeologica di Londra ; l'Università di Strasburgo.
Annunciano l' invio delle loro pubblicazioni :
L'I. Accademia Leopoldina di Halle e l'Università di Greifswald.
D. C.
603 —
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DEL,LA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
ADUNANZA SOLENNE DEL GIORNO 27 MAGGIO 1888
ONORATA DALLA PRESENZA DELLE LL. MM. IL RE E LA REGINA
E DALLE LL. AA. RR. IL PRINCIPE DI NAPOLI
E LA DUCHESSA DI GENOVA
Relazione del Presidente F. Brioschi
Augusto Sire, Graziosissima Regina, Principe, Altezza Reale,
« Onorato anche in questo anno di potere esprimere, in nome dell'Acca-
demia, i più fervidi voti di felicità per la famiglia Reale ; giustamente orgo-
glioso di dovere qui, Nalla presenza delle LL. M. e di una tanto gentile e
colta assemblea, esporre quale fu nelle sue linee generali l'attività scientifica
dell'Accademia dall'ultima adunanza solenne, non dissimulo però che l'animo
mio nutre la fiducia di una larga benevolenza di tutti i presenti.
« E di questa invocata benevolenza ecco una speciale ragione. Io mi
rammento che molti anni sono, forse con poca carità, ma non senza spirito,
dicevasi, e si è anche scritto, di un eminente letterato francese « qu'il com-
ìnencait par faire sa phrase et pensait ensuite à ce qu'il mettrait dedans » .
« Ora io mi trovo nella situazione opposta, e non sentendomi l'autorità
di pronunciare o di ripetere quella fiera interruzione — tanto peggio per la
frase — attribuita al conte di Cavour dallo storico Reumont nell'ultima sua
opera — sento d'altra parte che la cura della frase o per dir meglio della
forma mi è resa pressoché impossibile dall' affollarsi alla mia mente di quel
complesso di nuove ricerche, di nuovi fatti, di nuove idee, delle quali posso
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 78
— 604 —
parlare senza immodestia non essendo opera mia, ma bensì quella dei miei
egregi Colleglli, e di una eletta schiera di giovani scienziati italiani che trova
in mezzo a noi la più festosa accoglienza.
« Questa, potrei dire moderna funzione delle Accademie scientifiche, di
offrire cioè il mezzo ai giovani cultori delle scienze di pubblicare i loro lavori
riconosciuti degni, incoraggiandoli e sostenendoli così nei primi passi di una
carriera la quale non potrà mai dare ad essi che quelle prime soddisfazioni
intellettuali e morali, ha una importanza, forse non ancora adeguatamente
apprezzata, ma che ha certamente contribuito, e contribuisce al progresso
scientifico presso ciascuna nazione.
« Non è dato a molti il conoscere da vicino quanta influenza possa avere
sull'avvenire di un giovane che si destina al culto della scienza, la parola
benevola ma schietta di chi ha già acquistato qualche rinomanza in essa.
Fra le bellissime lettere di Carlo Darwin, che la venerazione del figlio ci ha
posto in grado di leggere, e nelle quali si rimane in dubbio se ammirare
più le squisite qualità dell'animo o le superiori dell' intelligenza di quell'uomo
che oramai tutto il mondo civile ha consacrato come il più grande scienziato
di questo secolo, una ve n' ha che dipinge al vero le dubbiezze, le perples-
sità di un giovane modesto.
n Essa è diretta al celebre botanico Henslow. Il Darwin era presso a
compiere il ventinovesimo anno di età ed era da pochi mesi di ritorno da
quel viaggio sulla nave della marina militare inglese the Beagle, viaggio
durato cinque anni e che aveva deciso del suo avvenire.
« Se io vivrò anche fino agli ottanta anni, scrive il Darwin, mi mera-
« viglierò sempre d'essere divenuto un autore. Fino a pochi mesi prima della
« mia partenza avrei pensato essere questa eventualità così poco probabile
« come quella di essere trasformato in un angelo. È a voi, caro Henslow,
« che io devo questa meravigliosa metamorfosi ».
« Tutti i rami delle scienze naturali trovansi rappresentati nelle nostre
pubblicazioni dell'anno; la Fisica e la Chimica diedero un maggiore numero
di comunicazioni, altri rami, quali la Zoologia, l'Anatomia comparata, la
Mineralogia, la Fisiologia, la Patologia, memorie più estese.
« Un giovane naturalista, il dott. Alfonso Sella, figlio dell' illustre ed
amato mio predecessore, ha presentato all'Accademia uno studio completo del
minerale scoperto alcuni anni sono dal nostro Collega Struever e che porta
il nome di Sellaite. Il lavoro del Sella fu giudicato importante per fatti nuovi,
accuratamente constatati e coscienziosamente descritti; condotto seguendo il
nuovo indirizzo sperimentale degli studi mineralogici.
« Un secondo giovane mineralista, il dott. Ettore Artini, ha inviato due
interessanti lavori di mineralogia e di cristallografia relativi il primo alla
Natrollte della regione Veneta, l'altro al minerale denominato Fjndoto
— 605 —
dell'Elba. I giudici di questi lavori, i Colleghi Cossa e Struever conchiudono il
loro rapporto dichiarandosi lieti di veder sorgere nel nostro paese un altro
giovane mineralista, il quale non solo osserva e sperimenta con cura, ma
applica alle sue osservazioni metodi esatti di calcolo e le espone in modo
chiaro e conciso.
« Infine un altro giovane cultore della mineralogia, che pur segue le
orme di un padre illustre, il dott. Eugenio Scacchi in collaborazione col prof.
di chimica Francesco Mauro presentavano uno studio chimico e cristallografico
sui composti denominati ftuossimolibdati ammollici, studio nel quale i Col-
leghi Cannizzaro e Struever riscontrarono fatti importanti per la chimica pura
non solo ma anche per la teoria dell' isomorfismo. Mi limito ad accennare
appena le comunicazioni del dott. Montemartini, sulla composizione chimica
e mineralogica di alcune roccie serpentinose ; del dott. Keller sulle roccie
magnetiche dei dintorni di Roma, del Socio Struever sui giacimenti minerali
di Val d'Ala in Piemonte, del dott. Artini e del Socio Cossa intorno la Sa-
vite ; per passare tosto ad una delle più importanti Memorie pubblicate nel-
l'anno la quale porta il titolo : Anatomia comparata dei Tisanuri e consi-
derazioni generali sulla organizzazione degli insetti. Il prof. Grassi, nostro
Socio corrispondente, autore della medesima, fa precedere il suo lavoro da
una introduzione nella quale dà prova di molta dottrina e di un non comune
acume di esame e di critica intorno ai metodi ed alle dottrine seguite da
altri naturalisti. « A chi guarda superficialmente, scrive il Grassi, può sem-
« brare che il metodo della morfologia sia stato ben determinato, e già da
« parecchio tempo ; anzi v' è chi crede non occorra ritornare siili' argomento.
« Per certo 1' evoluzione viene generalmente riconosciuta come punto di par-
« tenza di ogni ragionamento morfologico, e si sa che le conclusioni possono
* scaturire dalla paleontologia, dalla zoologia, dall'anatomia comparata e dalla
« embriologia. I disaccordi cominciano però subito quando si tratta di trovare
« il movente della trasformazione, per esempio di un dato sistema organico,
« allora la via che si prende è differente a seconda che si adotta l'ima o
« l'altra delle varie teorie proposte per spiegare l'evoluzione. Queste difficoltà
« crescono ancora quando si tratta di stabilire il peso che si deve concedere
« alle singole materie sopranominate nel determinare una speciale trasforma-
« zione. Infine la quistione si complica ancora più perchè l'enorme varietà
« delle forme e delle disposizioni non lascia di leggeri distinguere l'acces-
« sorio dal principale, non permette cioè di stabilire, con sicurezza indiscu-
« tibile, delle norme sul valore che meritano i singoli fatti » .
« Esposto così con molta lucidezza lo stato della quistione dal punto
di vista della scienza moderna il prof. Grassi aggiunge : « La meta del mor-
ii fologo è ben definita: ricostruire l'albero genealogico degli animali e dei
« vegetali, per poi intuire le leggi che regolano la discendenza e concorrere
« a spiegare l'organizzazione dei singoli esseri viventi » .
— 606 —
« Più avanti, schierandosi, per raggiungere quella meta, fra i zoologi i
quali inducono le loro conclusioni non dallo studio di un solo sistema organico,
ma basandosi sulla intiera organizzazione, osserva come anche per questi ultimi
rimanga a decidersi sulla scelta delle forme a studiare. E prendendo ad esempio
o-li insetti scrive : « l' ideale sarebbe di studiarli tutti quanti e compararli
« l'uno coli' altro ; certamente il risultato sarebbe il migliore, ma chi mai
« potrebbe assumere lo studio di più di duecento mila insetti, che a tanti
« appunto sommano gli insetti finora noti alla scienza? » Conchiude il Grassi
coli' illustre morfologo Gegenbaur, nostro Socio straniero, che bisogna consi-
derare tutti i sistemi organici, bisogna prescegliere le forme primitive.
« Deve l'Accademia alla signora Margherita Traube-Mengarini alcune
interessanti ricerche sui gas contenuti nella vescica natatoria dei pesci. iLa
esistenza e la origine di questi gas era già nota nel secolo scorso, ma suc-
cessivamente non piccolo numero di fisiologi si occupò della quistione, la quale
poteva dirsi pochi anni sono, cioè nel 1870, giunta, dopo le esperienze di
Moreau, a quanto ne scrive Paul Bert nelle sue lezioni sulla respirazione:
* Il se fait donc dans la vessie natatoire une véritable sécrétion d'oxigène
« aux dépens du sang ».
* L'autrice dimostra, già dal principio del suo lavoro, la sua estesa col-
tura riferendo brevemente le esperienze e le opinioni di oltre quaranta natu-
ralisti i quali si occuparono dell'argomento ; e condotta dall'accurato esame, passa
a stabilire quali altri desiderata sperimentali potessero occorrere per risolvere il
problema postosi da Moreau : d'onde provenga l'aria della vescica natatoria. Le
nuove esperienze, che non mi è possibile di qui descrivere, sono condotte con
molta sagacia e conoscenza del metodo ; esse non confermano che in parte i
risultati di Moreau o per dir meglio, ne limitano il campo, aggiungendo nuovi
fatti, i quali secondo il procedimento scientifico moderno, portano luce sopra
altri aspetti della quistione.
« Altri lavori anatomici, fisiologici o di rami affini dovrei ora citare,
quali, ad esempio, quello del dott. Fusari di Pavia, Intorno alla fina ana-
tomia dell'Encefalo dei Teleostei] gli studi sul sangue del prof. Mondino di
Palermo ; non che le comunicazioni dei Colleghi Moriggia, Mosso, Tommasi-
Crudeli ed altri. Ma chiedo venia a questi ultimi ed a tutti i Colleghi
della Classe se: prefissomi quest'anno di porre in evidenza quale sia l'aiuto
che l'Accademia offre alla nuova generazione che si destina al culto della scienza,
e come da ogni parte d'Italia questo aiuto sia accolto ed apprezzato dai gio-
vani scienziati, io debba limitare specialmente questi brevi cenni alle opere loro.
« Il vasto campo della Fisica fu in quasi tutte le sue parti percorso
nell'anno da trenta comunicazioni all'incirca presentate all'Accademia.
« Ricorderò dapprima un lavoro sperimentale condotto con molta cura e
precisione presentato dal dott. Mengarini col titolo: // massimo d'intensità
luminosa dello spettro solare. È noto che circa sessanta anni or sono il padre
— 607 —
della spettroscopia, Fraunhofer, era giunto alla conclusione che il massimo
potere illuminante nello spettro solare si trova nel giallo medio, cioè ad un
dipresso nel centro dello spazio occupato dalla luce gialla. Il Mossotti, di
cui il nome non posso pronunciare senza aggiungere una parola di riverente
affetto, il Mossotti dedusse dalle misure del Fraunhofer, col mezzo dell'analisi
matematica, quale dovrebbe essere la distribuzione dell'intensità luminosa
nello spettro di diffrazione e trovò che il massimo d'intensità deve trovarsi
a metà distanza fra le righe D ed E, e che la curva dell'intensità deve ca-
dere simmetricamente dalle due parti del massimo. Ma col progredire delle
ricerche sperimentali sull'argomento, i primi risultati del Fraunhofer dovettero
subire qualche modificazione, specialmente rispetto alla costanza del fenomeno.
Le nuove esperienze del dott. Meugarini danno ragione di questi dubbi, e
conducono a dimostrare che la intensità luminosa relativa delle diverse regioni
dello spettro è variabile di giorno in giorno e d'ora in ora anche con cielo
costantemente sereno e con aria tranquilla ; che nello spettro solare prismatico
esiste un massimo d'intensità nel giallo, ma che esso non ha una posizione
fissa; che infine nelle ore pomeridiane il massimo d'intensità luminosa è
generalmente meno accentuato che nelle antimeridiane.
« Ed ancora allo spettro solare si riferiscono alcune interessanti ricerche
sperimentali del Socio Govi intorno le quali egli intratteneva di recente l'Ac-
cademia. La presenza delle linee oscure dello spettro solare indicando la man-
canza di certi colori nella luce del sole, il Socio Govi pensò che avrebbero
potuto esservi corpi i quali non valendo a diffondere (almeno in quantità con-
siderevole) altra luce colorata, se non qualcuna di quelle che mancano al
sole, illuminati quei corpi da esso sarebbero apparsi neri, grigi, o di tutt'altra
tinta di quella che avrebbero potuto assumere rischiarandoli con una luce
artificiale appropriata. Sperimentando su diverse materie, ebbe la fortuna di
imbattersi nel minio, nel bijoduro di mercurio, ed in qualche altra sostanza,
che alla luce solare appariscono di un bel colore aranciato o di un rosso scar-
latto, mentre illuminati dai vapori incandescenti del sodio si mostrano giallo-
chiari e pressoché bianchi.
« Il Socio Govi conchiude da queste sue sperienze potersi sperare la
scoperta di molti altri corpi colorati di colori ignoti fin qui e che egli pro-
pone di chiamare latenti perchè non ponno manifestarsi alla luce del sole.
« Il dott. Battelli di Torino ha inviato all'Accademia tre lavori speri-
mentali, i primi due sulla termoelettricità del mercurio e sulla termoelet-
tricità delle amalgame, il terzo sul fenomeno Thomson nel nikel. La natura
di questi interessanti lavori non mi permette che di farne menzione, mentre
sarei costretto a troppi particolari per rendermi chiaro. Risulta però dai me-
desimi, e questo non voglio tacerlo, come i lavori di questo giovane fisico
sieno apprezzati fuori d'Italia ed in modo speciale dall'eminente fisico in-
glese sig. Tait.
— 608 —
« Lavoro di lunga lena è quello presentato dai dott. "Vicentini ed Omodei,
Sulla dilatazione termica delle leghe di piombo e stagno allo stato liquido.
Le loro esperienze si estendono a cinque leghe di piombo e stagno, nelle quali
la composizione centesimale in peso dei due metalli varia da 64 a 36 per
cento, a 13 e 87. Allo studio propostosi della dilatazione termica allo stato
liquido fecero precedere quello della densità delle leghe allo stato solido, della
loro temperatura di fusione, della loro densità alla temperatura di fusione,
e della variazione di volume all'atto del loro cambiamento di stato per giun-
gere infine al risultato, che le cinque leghe hanno allo stato di perfetta fu-
sione un coefficiente di dilatazione eguale a quello che si può calcolare coi
coefficienti di dilatazione dei metalli che le compongono.
* Le ricerche sperimentali del prof. Ascoli sopra alcune relazioni fra
l'elasticità e la resistenza elettrica dei metalli, limitando un problema finora
studiato con poco frutto, condussero l'autore a stabilire alcune conclusioni
che acquistano importanza dalla difficoltà dell'argomento. Esse sono : ogni causa
che modifica l'elasticità modifica anche la resistenza elettrica dei metalli;
ad ogni stato elastico normale corrisponde uno stato normale per la resistenza
elettrica; in generale questa diminuisce all'aumentare della elasticità.
« Se non temessi di abusare della bontà di chi m'ascolta, e troppe altre
cose non avessi a dire, mi sarebbe grato il menzionare ancora la bella Me-
moria del prof. Righi : Sulla conducibilità calorifica del bismuto posto in
un campo magnetico ; quella : Sulla resistenza elettrica delle amalgame di
sodio e di potassio del dott. Grimaldi; l'altra d'argomento affine del dott. Gerosa;
lo studio del dott. Keller: Sulla deviazione del filo a piombo prodotta dal
•prosciugamento del lago di Fucino ; l'interessante lavoro d'ottica matematica
del dott. Viola, Sulle lamine sottili anisotrope colorate nella luce polariz-
zata parallela ; e non dovrei arrestarmi qui, che le comunicazioni del Violi,
del Grablovitz, del Cardani, del Cantone e di altri non potrebbero essere
dimenticate.
« Anche le comunicazioni relative alla Chimica e specialmente alla Chi-
mica organica furono numerose e dovute a giovani professori delle nostre
Università, quali il Ciamician, il Balbiano, ed a giovani chimici come il
Nasini, il Magnanini, il Menozzi, il Coppola ed altri.
« Ma tacerò di esse come delle astronomiche, desiderando rivolgere tosto
l'attenzione dell'Assemblea ai lavori della Classe di scienze storiche e
filologiche, ed in primo luogo ai lavori archeologici. Già due anni or sono io
annunciava che per aderire al desiderio manifestato dai cultori dell'archeo-
logia in Italia ed all'estero, l'Accademia aveva stabilito di iniziare una pub-
blicazione speciale comprendente le notizie relative ai risultati dei nuovi scavi.
Infatti da oltre un anno si compie da essa una pubblicazione mensile col
titolo: Notizie degli scavi di antichità, comunicate alla R. Accademia dei
Lincei per ordine di S. E. il Ministro della pubblica istruzione.
— 609 —
« Per formarsi un concetto chiaro di questa pubblicazione giova pre-
mettere che l'Italia, archeologicamente parlando, è divisa in tredici regioni,
cioè : Latium et Campania, Apulia, Lucania et Brutti, Samnium et Sabina,
Picenum, Umbria, Etruria, Cispadana, Liguria, Venetia, Transpadana,
Sicilia, Sardinia ; e che in ciascuna di queste regioni la direzione generale
degli scavi ha rappresentanti o dipendenti, i quali sorvegliano e curano gli
scavi da essa ordinati, ed hanno diritto di sorveglianza sopra scavi i quali
fossero intrapresi da privati, o da corpi morali. Ogni scavo, ogni oggetto sco-
perto, è descritto, e disegnato se occorre, da quelle stesse persone; descri-
zione e disegni sono inviati alla direzione degli scavi del Ministero e da essa
comunicati mensilmente all'Accademia, la quale come già dissi, con una spe-
ciale pubblicazione mensile porta a cognizione degli archeologi una raccolta
di fatti quale nessun' altra nazione potrebbe dare. E sebbene dalla mole di
un libro nessuno vorrà arguire del suo valore, pur siccome essa ha un certo
peso in una pubblicazione intesa a diffondere notizie di fatto ancora più che
ad illustrarle, aggiungerò, colla fatta riserva, che i dodici fascicoli di Notizie
degli scavi, pubblicati nell'anno di cui mi occupo, formano un volume di
circa 700 pagine, con 37 tavole, oltre i molti disegni intercalati nel testo.
« Queste poche indicazioni potrebbero già essere sufficienti per compren-
dere il favore che la pubblicazione delle notizie ha incontrato presso i dotti
d'Europa ; ma non basta al mio scopo, che pel momento è di precisare meglio
fin dove spingasi nella pubblicazione attuale la illustrazione delle fatte sco-
perte, per conchiudere con una nuova aspirazione dell'Accademia a maggiore
incremento di questi studi.
« Kiferirò rapidamente qualche esempio. È noto che nella regione VII.
Etruria, presso Orvieto, esiste una vasta necropoli etnisca la quale occupa
tutto il monte intorno alla rupe della città, si estende nella valle, risale i
colli circonvicini, e dalla parte di sud-ovest si dirama in direzione del lago
volsiniese (!). Or bene in uno dei rapporti dei sigg. Cozza e Pasqui, addetti
ai lavori per la Carta archeologica dell'Etruria, si legge: « Gli scavi fatti ese-
* guire dal Ministero della pubblica istruzione nella necropoli nord di Orvieto,
« oltre ad avere portato notevole sussidio alle ricerche topografiche sulle tombe
« della città etnisca , ed avere aggiunto nuovo materiale alla epigrafìa dei
« sepolcri ed alla loro speciale struttura, portarono in luce elementi tali, per
« cui lo studio della suppellettile funebre rinvenuta, condurrà a stabilire con
« sufficiente precisione, quale fosse il corredo di vasi che nelle singole tombe
« di quel tempo e di quella località solevasi deporre. Innanzi di dimostrare
« il risultato di tale osservazione, giova mettere sott'occhio la numerosa suppel-
« lettile raccolta, e ciò faremo disponendola a forma di catologo, rispondente
« ai numeri di ciascuna tomba delineata nella tavola, descrivendo brevemente
(*) Notizie degli scavi di antichità. Settembre 1887.
— 610 —
« il carattere e lo stato di conservazione di ciascun oggetto, e se questo lo me-
« riti, ricorrendo per maggiore chiarezza a disegni».
« Segue il catalogo degli oggetti rinvenuti distinti per tomba e corre-
dato da cinque tavole di disegni. La necropoli, le tombe, le iscrizioni, sono
illustrate in uno scritto del comm. Gamurrini che precede quel rapporto, scritto
esso pure corredato da opportuni disegni.
« Altra importante necropoli nella stessa regione Etruria è quella di Ve-
tulonia, dalla quale provengono molti fra quegli oggetti che si ammirano nel
Museo etrusco di Firenze. Devesi al cav. Falchi ispettore degli Scavi l'avere
riconosciuto sul poggio di Colonna presso Grosseto, i resti della ricercata città
etrusca Vetulonia, e di aver diretti gli scavi in quella necropoli, scavi che
diedero frutto scientifico anche superiore all'aspettativa.
« Gli scavi eseguiti nell'anno 1886 furono altresì argomento ad una rela-
zione del nostro egregio collega Helbig, pubblicata nel Bullettino dell'Istituto
archeologico germanico; le nuove scoperte, e specialmente quella della tomba
denominata del Duce, sono descritte e disegnate coi maggiori particolari nella
Memoria del Falchi pubblicata in un fascicolo delle nostre Notizie degli scavi.
« Il ricco deposito di oggetti votivi appartenenti ad un tempio del terri-
torio Atestino, oggetti acquistati per la pubblica collezione di Este , forma
argomento di una dotta dissertazione del prof. Gherardini. nella quale sono esa-
minate e descritte minutamente le quattro suddivisioni principali della colle-
zione, cioè le iscrizioni euganee, le antichità figurate, gli oggetti di ornamento
e gli utensili, infine le monete. Questo lavoro è corredato da undici tavole
di disegni.
« Una scoperta modesta rispetto alle precedenti, ma la quale pel modo di
sua illustrazione nelle Notizie può trovar posto fra esse, consiste nei frammenti
di iscrizione in cippo marmoreo, estratti dall'alveo del Tevere, presso la sponda
di Marmorata. Questi frammenti di una epigrafe onoraria a L. Iulio Iuliano.
Prefetto del Pretorio, e Prefetto dell'Annona, diedero occasione al nostro Socio
corrispondente Barnabei di descrivere in una sua Memoria la lunga carriera
percorsa da questo personaggio dal tempo della guerra Partica sotto Marco
Aurelio e Lucio Vero, fino all'anno 189 sotto l'impero di Commodo, nel quale,
anno Iuliano fu ucciso per ordine dell'istesso imperatore.
« Vari altri esempi potrei rintracciare nelle pubblicazioni dell'anno di
lavori illustrativi di scavi, i quali oltrepassando i limiti di una semplice notizia
costituiscono memorie originali di archeologia, andie perchè vi si trovano rife-
rite e discusse le opinioni di altri dotti nazionali o stranieri sui speciali
argomenti.
« Ma egli è facile il comprendere che non tutti gli scavi, non tutte le
scoperte che da essi ci si rivelano, hanno la medesima importanza scientifica ;
e che d'altra parte gli uomini egregi preposti dalla direzione generale alla
sorveglianza degli scavi, avvenuta una scoperta di qualche rilievo, devono rima-
— 611 —
nere perplessi se descriverla esattamente, disegnarne quanto occorre, e comu-
nicarla tosto, oppure attendere di averne fatto uno studio completo.
« Da questa perplessità parmi possa nascere un desiderio o quella aspi-
razione alla quale io alludeva pocanzi. Si continui la pubblicazione delle
Notizie degli scavi di antichità, della quale il paese deve essere grato al
chiaro Collega Fiorelli, colla forma sciolta e rapida introdotta da oltre un anno ;
ed accanto ad essa sorga col titolo di Bollettino archeologico, o con altra de-
nominazione poco importa, una seconda pubblicazione nella quale sciegliendo,
fra quella che chiamerei materia prima delle notizie, le scoperte che più inte-
ressano la scienza, la storia, l'epigrafia, l'arte; le elabori nuovamente e le pre-
senti ai dotti del mondo come un celebre Istituto straniero esistente in Roma
dava a noi fino a pochi anni or sono l'esempio. La selezione, la nuova elabo-
razione, dovrebbero essere affidate agli archeologi dell'Accademia.
t L'epigrafia forma parte dell'archeologia; non mi discosto quindi dal-
l'argomento ricordando una pubblicazione intrapresa giada qualche tempo dal-
l'Accademia e compiutasi in quest'anno.
« È il primo dei volumi destinati a completare la parte che riguarda
l'Italia del Corpus inscriptionum ìatinarum edito per cura dell'Accademia
delle Scienze di Berlino. Questo nostro volume forma supplemento al quinto
dell'opera di Berlino, il quale comprende le iscrizioni della Gallia Cisalpina
pubblicata dal nostro illustre collega Mommsen. E devo tosto soggiungere
essere stato sotto la direzione dello stesso Mommsen, a cui l'Accademia è
grata della sua presenza oggi in mezzo a noi, che il prof. Ettore Pais dopo
avere perlustrato tutta l'Italia superiore dall' Arsia al Varo, ordinò ed illustrò
il copioso materiale raccolto seguendo la stessa distribuzione del Corpus in-
scriptionum.
« La nostra opera porta per titolo: Corporis inscriptionum ìatinarum
supplementa italica, e questo primo volume sarà seguito da altri corrispon-
denti ai sei volumi della grande opera Berlinese che riguardano l'Italia.
Così per la parte epigrafica può dirsi già attuato, per opera del mio prede-
cessore e per consiglio del Collega Mommsen, il concetto di pubblicazioni
speciali accanto a quella delle Notizie sugli scavi che mi permisi or ora
accennare.
« Molto avrei a dire rispetto al contributo che anche in quest'anno die-
dero gli studi storici alle nostre pubblicazioni, ma ognuno comprende per quale
ragione io debba limitarmi a qualche cenno. Il Collega Tommasini per rispon-
dere, almeno, in parte, ad un desiderio recentemente espresso dal Villari che
un Codex diplomaticus Urbis Eomae possa ristabilire quella catena di anelli
dai cui pochi frammenti mal si può connettere la storia medievale di Roma,
ha pubblicato nei nostri Atti: Il Registro degli officiali del Comune di Roma
esemplato dallo Scribasenato Marco Guidi. « Questo, che ora pubblico, scrive
« il dotto Collega, non è atto solenne , ne documento giuridico. È tuttavia
Eendiconti. 1888, Vol. IV. 1° Sem. 79
— 612 —
« vestigio di fatto certo, e registro ufficiale : è documento sconosciuto al Ven-
« dettini, al Vitale, ai più recenti storici della città di Roma, non menzio-
« nato dal Giorgi biografo di Niccolò V ; citato di sfuggita nell'opera recen-
ti tissima del Pastor che lo indica senza farne esame e trarne profitto. Noi
« abbiamo innanzi, continua, un catalogo d'officiali del Comune di Roma al
« tempo di Niccolò V, esemplato da uno scribasenatus di sua propria mano,
« per commissione di Callisto III, che succedette a quel pontefice. Abbiamo
« inoltre, e della istessa mano, la prima tratta de' nuovi officiali deputati da
« papa Calisto, designati secondo il rione cui appartennero e secondo il loro
« particolare officio. Vedremo com'egli sia per lo storico qualcosa di meglio
« che una sterile fila di nomi » .
« E di questa affermazione dà piena prova il Tommasini nel suo scritto,
dimostrando sotto vari aspetti il partito che egli seppe trarre da quel docu-
mento per portar luce sui rapporti fra il Papato ed il Comune di Roma per
quanta fosse la mutabilità dei medesimi.
« La Giustizia e l'Ingiustizia dipinte da Giotto nella cappella degli Scro-
vegni a Padova è il titolo di una Nota storica del Socio corrispondente Lum-
broso. La rappresentazione della Giustizia, egli osserva, è chiara, manifesta,
e pienamente intelligibile nelle sue linee principali e secondarie; ma quel-
l'uomo che Giotto ci dà come tipo della Ingiustizia, donde mai viene, dove
ricomparisce, chi sarà mai? E l'autore pensa che una prima risposta a quelle
sue domande si possa rintracciare in due testi: l'uno nella notificazione di Cola
di Rienzo ai Fiorentini, l'altro in una delle Prediche Volgari dette da San Ber-
nardino nella piazza del Campo in Siena, cioè che l'uomo di Giotto sia uno
di quei rectores raptores illustrati da quelle scritture.
« Il Collega Le Blant continuava i suoi studi sui primi cristiani, comu-
nicando all'Accademia un suo lavoro col titolo : Les prèmiers chrètiens et le
démon; il Socio Schupfer le sue ricerche storico-giuridiche presentando una
poderosa Memoria, Sfila l gge romana udinese, ed una seconda, Siili' edillo
di Teodorico; ma queste comunicazioni, come le filologiche, i Frammenti
copti del collega Guidi, i Carmina Samaritana del prof. Meri di Heidel-
berg, gli Studi catalani del Parodi, ed altre devo sagrificare al desideri»»
d'essere breve. E sarei anche lieto se questo desiderio non mi si presentasse
vivo proprio ora che dovrei parlare di una erudita Memoria filosofica del
Socio Ferri, Della idea del vero e sua relazione coll'idea dell'essere, e di
una curiosa Nota psicologica del Socio Bonatelli col titolo: 77 fenomeno della
ricordanza illusoria. Mi limiterò a qualche parola sopra questo fenomeno;
ma sarei un disattento osservatore dei giudizi pronunciati all'estero sui nostri
lavori accademici se non riferissi almeno la conclusione di quello espresso
à l'Académie des sciences morales et politiques dal filosofo Franck nel pre-
sentare la Memoria del Ferri. « Il atteste chez lui, disse il Franck, un sens
* profond des plus ardns problèmes de la philosophie, et une connaissance
— 613 —
« approfoudie de tous les systèmes depui Platon jusqu'à Schopenhauer et à
« Herbert Spencer » .
a La scorsa notte io sognava, narra il Bonatelli. di avere occupato colla
« mia famiglia un quartiere di certa casa situata non so in quale città. Sve-
li gliatomi e ricordando molto nettamente il mio sogno, io cominciai a chie-
« dere a me stesso in quale epoca della mia vita avessi occupato quella casa
« e in quale città. L'energia della ricordanza era tanta che dapprima non
« ebbi, anche nella veglia, il menomo dubbio di non ricordare cosa realmente
« avvenuta; soltanto non mi. riusciva di rammentare la città e l'epoca, e so-
« lamente dopo avere percorso col pensiero minutamente tutti gli alloggi
« dove sono tornato dalla prima infanzia al dì d'oggi, ho finito con dovermi
« persuadere che quella ricordanza era falsa. Era anch'essa parte del sogno.
« Quel dato quartiere, io non solo non l'ho abitato mai, ma nemmeno ve-
« duto. Eipensando allora, continua il Bonatelli, mosso dalla maraviglia e
« dalla curiosità alla mia vita passata, mi ricordai d'altri sogni, nei quali
« mi erano apparse quelle stesse camere e quello che è più singolare, ricordai
« che in tali sogni quell'alloggio mi s'era presentato come già abitato da
« me molti anni prima. Si tratta dunque, conclude il collega, d'una rappre-
« sentazione che nel sogno apparisce come reminiscenza, mentre non è » .
« Ho riferito quasi testualmente il sogno dell'egregio filosofo, perchè il
fenomeno che egli denomina delle ricordanze illusorie si connette a quella
serie di fenomeni che si classificano siccome psichici, ma che in realtà hanno
piuttosto il carattere di fenomeni fisiologici o meglio patologici, e per lo
studio dei quali, da spiriti irrequieti, altri direbbe innovatori, si preconizza
la creazione di nuove scienze. La scienza attuale non rifugge dall' esaminare
i fenomeni apparentemente estranei ad essa, quali i fantasmi del pensiero,
le azioni a distanza, i successivi stati conscienti, e così via, come avrebbe
certamente potuto fare in altri tempi pei così detti miracoli ; purché però la
osservazione, la descrizione, la misura di quei fenomeni contengano in sé le
essenziali condizioni per la ricerca del vero. Ed è nella difficoltà della coe-
sistenza di questi elementi, nel modificarsi del fenomeno per piccole cause,
e nella conseguente necessità di raccoglierne un grandissimo numero, che si
devono ritrovare le ragioni del lento progredire di uno studio così complesso
da abbracciare lo spirito e la materia.
« Il nostro filosofo conchiude ed io con lui, che i casi in cui sogliono
prodursi quelle che egli definisce per ricordanze illusorie, e per false rifles-
sioni, sono tali da ingenerare una vicenda rapidissima di stati psichici ; sono
casi cioè in cui la nostra sensibilità è altamente eccitata, ed il nostro si-
stema nervoso irritabilissimo.
* Morte, assai dolce ti tegno, così il divino poeta. E di recente il
maggiore dei nostri poeti viventi soggiungeva: « La morte nelle sembianze
« della giovane amata è la pace: la morte è il richiamo del Signore degli
— 614 —
« angeli alla sua gloria: la morte è il passaggio veracemente alla gloria
« eterna ».
« Ma questa dolce immagine della morte è dessa di conforto anche a
chi sopravvive? Pur troppo questo non è, e noi siamo ogni anno costretti
di abbandonare per sempre, colleghi, amici, stimati e cari; ed è lieve tri-
buto alla fama da essi acquistatasi colle loro opere se io ricordo in questo
momento i nomi del Gozzadini, del Carrara fra i nazionali; del Kirckhoff,
dello Stephani, del Surnmer Maine fra gli stranieri. Ma l'Accademia non di-
mentica i propri morti e gli uomini insigni che le appartennero, ed ancora
in quest'anno essa affidava al collega Luzzatti di commemorare in speciale
adunanza la nobile figura di Marco Minghetti.
« Due premi istituiti dalla munificenza di S. M. il Re potevano essere
conferiti in questa occasione, l'uno relativo alle scienze giuridiche e politiche,
l'altro alla mineralogia ed alla geologia. I concorrenti al premio reale nelle
scienze giuridiche furono undici, e le Memorie da essi presentate di genere
assai diverso. La Commissione giudicatrice composta dei Colleglli Carle, Ca-
rutti, Messedaglia, Serafini e Schupfer relatore, osserva in un elaborato rap-
porto che in generale nelle Memorie stesse « c'è molta serietà, molto ed
« accurato studio delle fonti, molto fervore di ricerche, una certa tendenza
« a fare finalmente da sé, dopo tanti anni che si è scritto, bene o male,
« sulla falsariga degli altri ».
« I lavori che più degli altri hanno richiamata l'attenzione della Com-
missione sono : quello del prof. Scaduto che ha per titolo : Le relazioni tra
lo Slato e la Chiesa; l'altro del prof. Brugi: Dottrine giuridiche degli
agrimensori romani; infine l'opera del prof. Vivante intorno alle Assidi ini-
zio ni sulla vita.
« L'opera dello Scaduto, osserva la Commissione, è concepita molto lar-
gamente, e assume proporzioni anche più larghe di quello che si sospette-
rebbe a prima giunta; ma che del resto doveva assumere, imperocché in
quei tempi del Medio Evo la Chiesa aveva esercitato una grande autorità su
molte parti del vivere civile, che ora le sono irremissibilmente sfuggite, e
più deve averla esercitata in quel regno di Napoli che la Santa Sede con-
siderava come suo vassallo.
« Però, si legge nel rapporto, soprattutto l'epoca normanna lascia a de-
siderare ed è un'epoca che ha la sua speciale importanza come quella a cui
si riannoda tutto il movimento posteriore. E forse non bastava neanche rifarsi
dai Normanni che altri ha già richiamato l'attenzione sul Papismo Bizantino
che c'era stato nell'Italia meridionale, ed i Normanni non fecero che conti-
nuare per questa via. Altre osservazioni aggiunge la Commissione intorno la
adottata distribuzione della materia.
« Rispetto al lavoro del Brugi così si esprime la Commissione : « Qui
« non abbiamo davanti a noi una storia nel senso proprio della parola, e
— 615 -
« nondimeno il lavoro è un prezioso contributo che potrà quando che sia
« servire alla storia di quella proprietà romana, ancora così poco conosciuta,
« nonostante i molti studi che si sono fatti intorno ad essa, e d'altra parte
« così meritevole di esserlo ».
« E dopo avere esaminato il lavoro nelle sue diverse parti così conclude :
« Tutto sommato, il lavoro del Brugi fa fede di uno studio amoroso, paziente,
« molto coscienzioso degli scritti degli antichi agrimensori ; però è lavoro
* ancora frammentario e l'autore stesso avverte che altre importanti dottrine
« giuridiche contenute nei libri degli agrimensori saranno da lui esposte in
« seguito. Finora abbiamo solo a che fare con un saggio, per quanto lodevole,
« di un'opera di maggior lena, a cui l'autore sta attendendo, e così prima
« di pronunziare un giudizio definitivo è parso miglior consiglio l'aspettare,
« sperando possa condurla presto a compimento » .
« L'opera del Vivante ci trasporta in tutt'altro ordine di idee. Il campo
è qui strettamente giuridico e di tutta attualità. Si tratta di una speciale
configurazione contrattuale, che certo ha le sue radici nel medio evo, ma che
a' dì nostri ha assunto vaste proporzioni, quali certamente il medio evo non
conosceva e anche è venuta rizzandosi su nuova base.
« Il Vivante, nota la Commissione « ha scritto un libro molto pensato,
« diremo di più. ha scritto il miglior libro giuridico che la scienza italiana vanti
« su questa materia, che del resto non ne vanta molti; e nondimeno anche
« rispetto ad esso sono a farsi più riserve. Il difetto che più balza agli occhi
« è la deficienza della parte economica. Un'altra cosa abbiamo indarno desi-
« derata, ed è la parte storica che pure avrebbe giovato tanto a lumeggiare
« l'istituto e collocarlo al suo vero posto ; infine considerando che le imprese
« di assicurazione sono essenzialmente imprese internazionali, era desiderabile
« che la trattazione di questa materia fosse condotta per via di comparazione.
« Così pur tributando anche a questo lavoro gli elogi che merita, la
« Commissione non ha creduto che raggiunga veramente quel grado di asso-
la luta bontà intrinseca, che si suole generalmente esigere pel conferimento
« del premio di S. M. il Ke. E d'altra parte anche questo studio, come quello
« del Brugi, è tale da accostarsi molto a queste maggiori esigenze. La vostra
v. Commissione è d'avviso, che, sebbene nessuno dei due possa, allo stato attuale
« meritare il premio, nondimeno potrebbero venir messi entrambi in condi-
« zione di meritarlo, non trattandosi infine che di un lavoro di revisione.
« Ciò che importa è che venga completata la parte manchevole, tolte alcune
« incertezze e inesattezze, corrette le mende, in ispecie data qua e là una
« dimostrazione più sicura e persuasiva, e forse gli autori non avranno diffi-
« colta a farlo. In questa speranza la vostra Commissione ha sentito meno il
« dispiacere, che prova, di dovervi proporre che il presente concorso venga
« prorogato di un biennio. »
« L'Accademia nella seduta di ieri approvando le conclusioni di questo
— 616 —
rapporto deliberava di prorogare di un biennio il conferimento di questo
premio.
« Cinque furono i concorrenti al premio realfe di Geologia e di Minera-
logia, ma credo dovermi limitare a riassumere il rapporto della Commissione
giudicatrice composta dei Colleglli Cannizzaro, Meneghini, Struever e Taramelli
relatore, rispetto ai lavori di due fra i concorrenti, i prof.ri Carlo De Stefani
e Giorgio Spezia.
« Il lavoro presentato dal prof. De Stefani è un manoscritto di 1800
pagine sulla Geologia dell'Appennino settentrionale da lui percorso quasi do-
vunque. « La competenza dell'autore, dice la Commissione, è grande in ispecie
« per lo studio dei terreni e delle faune terziarie; ma L'ampiezza del campo
« prescelto, le molte ripetizioni alle quali l'autore è obbligato per la meno
« opportuna suddivisione dell'opera, la imperfezione della parte grafica, sce-
« mano assai il pregio dell'ampia compilazione.
« Per quanto esteso, conchiude il rapporto, è un lavoro incompleto ed
- affrettato: mentre che l'autore col suo ingegno, colla sua operosità, colle
u cognizioni paleontologiche che lo distinguono, protrebbe condurre la sua
« opera a tal punto da riuscire una delle più importanti pubblicazioni della
« nostra letteratura geologica.
« Il lavoro del prof. Spezia è di sole 42 pagine e tratta dei minerali
« di una miniera di Sicilia; ma in quelle poche pagine si trovano conden-
ti sate molte acute osservazioni sul loro giacimento, sulla loro formazione, e
« sulle alterazioni da essi subita; ed insieme importanti esperienze a sostegno
« delle ipotesi prudentemente avanzate ; se non che, aggiunge la Commissione,
« lo sviluppo dell'opera, la sua forma, la trattazione critica e sopratutto il
« numero e la importanza dei giacimenti osservati, non corrispondono inte-
« ramente alla importanza del soggetto ».
« La Commissione opina che il termine del concorso abbia colto questi
lavori, d'altronde pregevoli, quando non erano del tutto compiuti, e propose
quindi fosse prorogato di due anni il conferimento di questo premio, alla
quale proposta annuiva l'Accademia nella seduta di ieri.
« Come vedesi il risultato dei due concorsi ai premi di S. M. il Ee po-
trebbe dirsi, pel corrente anno, essere stato virtualmente favorevole, nella
attualità negativo. Nell'una e nell'altra delle discipline poste a concorso si
trovarono lavori di natura assai differente, e questo importa notare, in ciascuno
dei quali non mancavano pregi riconosciuti dalle Commissioni giudicatrici,
ma non di grado così alto da meritare l'onore di un premio istituito dal Re.
Però questo stesso risultato ci affida che nel tempo indicato l'Accademia potrà
coronare i vincitori.
« Premi di fondazione del Ministero della pubblica istruzione poteva
quest'anno conferire l'Accademia nelle scienze filologiche, e nella fisica e
chimica. Al premio per le scienze filologiche si presentarono sei concorrenti,
— 617 —
uno però di essi il quale aveva per unico titolo un volume, Tibullo, lirica
amorosa, versione barbaro-dattilica, cioè un saggio di letteratura amena,
fu escluso dal concorso.
« La Commissione composta dei Colleghi Ascoli, Comparetti, D'Ancona,
Govi e Monaci relatore, additò con accurato rapporto due dei concorrenti sic-
come superiori agli altri e propose all'Accademia che uno dei detti premi
fosse diviso in parti eguali fra il prof. Luigi Ceci pel suo lavoro, II pronome
personale senza distinzione di genere nel sanscrito, nel greco e nel latino,
ed il prof. Bemigio Sabadinipei suoi lavori sul Guarino e sul Barbaro, pro-
poste accolte favorevolmente dall'Accademia nella adunanza di ieri.
« Infine al premio per la Fisica e Chimica un solo concorrente presen-
tavasi con lavori di Fisica. L'unico concorrente, il prof. Stefano Pagliani,
ottenne pochi anni sono uno di questi premi, e la Commissione composta dei
Colleghi Blaserna, Cannizzaro e Cantoni relatore, nel mentre giudica degna di
lode la operosità scientifica del Pagliani, non crede sia il caso di accordargli
nuovo premio, sia per qualche appunto fatto ai suoi lavori, ma più ancora
pel riguardo che in taluni dei medesimi si continuano argomenti e studi i
quali valsero a lui il precedente premio. L'Accademia accoglieva le proposte
della Commissione.
« Ecco , Auguste Maestà , Altezze Keali , Signore e Signori , quale fu per
sommi capi il lavoro accademico dell'anno. Vorrei averlo riassunto con suffi-
ciente esattezza e senza oltrepassare i dovuti limiti, sebbene conosca per lunga
esperienza quanto sia difficile il mantenervisi, se il pensiero, anche d'altri,
eccita il proprio. Nessuno io credo più comprovante esempio di quello offerto
da una augusta donna, Caterina II a, la quale mentre per ringraziare d'Alembert
dell'invio di un opuscolo filosofico, principiava la sua lettera scrivendo : « Je
« suis cornine Philinte dans la comedie; j'admire et je me tais » neppure
due linee dopo, dimenticando l'ammirazione, donna d'alto ingegno come ella
era, compiacevasi nell' esaminare, nel discutere il maggior numero delle qui-'
stioni considerate nel lavoro dell'eminente matematico.
« Nessuno però fra noi ambisce, aspira ad ammirazione. Noi ci terremmo
ricompensati se della nostra opera collettiva si potesse dire che essa fu di
qualche vantaggio, di qualche lustro, a questa patria che amiamo.
« Presento alla famiglia Eeale i più vivi ringraziamenti dell'Accademia
per essersi degnata di onorare colla sua presenza questa adunanza e cedo la
parola al Collega Comparetti ».
— 618 —
1 canti epici della Finlandia.
Discorso di Domenico Comparetti.
« In due viaggi che io feci in Finlandia nel 1884 e nel 1886. rivolsi spe-
cialmente il mio studio alla poesia popolare e tradizionale di quel paese, la
quale è singolarmente importante per talune questioni storiche e scientifiche.
Presenterò a suo tempo all'Accademia il risultato de' miei studi, per com-
pletare i quali dovrò fra poco recarmi nuovamente nel nord. Intanto mi sia
lecito indicarne qui con parole quanto più potrò brevi il soggetto e lo scopo.
« C'è in Finlandia un movimento nazionale che va crescendo e prospe-
rando dai primi decenni di questo secolo ed è piuttosto intellettuale che
politico. Annesso alla Russia come granducato autonomo, non contrastato, al-
meno oggi, ne' suoi conati di progresso, questo paese può dirsi politicamente
soddisfatto. Civilizzato dalla Svezia e da essa cristianizzato nel 12° secolo,
fornito di una costituzione politica simile alla svedese, con una università
fondata nel 17° secolo, ma essa pure svedese, la sua civiltà, la sua coltura
furono per lunghissimo tratto essenzialmente svedesi, svedese la lingua uffi-
ciale, la letteraria, quella della società superiore, rimanendo la lingua nativa,
il finlandese, solamente usata dalle classi inferiori. Ma l'alito caldo del pa-
triotismo sa spirare anche nelle più fredde regioni e i moti di altri popoli
doveano pur trovare anche in Finlandia una ripercussione. Bello è vedere la
forza e la universalità di un principio fecondo estendersi da questa nostra
antica madre di civiltà fino a quella ancor virginea figlia del nord, all'e-
stremo lembo dell'Europa civile. Vogliono i patrioti finlandesi esser finni, non
svedesi né russi; lotta politica non c'è; poiché la Svezia non può ormai più
nulla imporre loro, né la Russia si cura punto di russificarli. Ma svellere
le profonde radici messe dalla nazionalità estera a cui la Finlandia deve
ogni suo bene civile, non era facile. Parve dapprima una chimera e lunga
lotta, non ancora cessata, si impegnò fra il partito finnico e il partito svedese.
Oggimai però la causa dei finni o dei fennomani, come li chiamano, ha
vinto. Da circa cinquantanni è nata tutta una letteratura nuova esclusiva-
mente finnica, la maggioranza dei giornali è scritta in questa lingua, am-
messa pur questa nell'uso ufficiale, nella università ed anche nell'uso dome-
stico di molte famiglie delle classi superiori. Tal trionfo è principalmente
dovuto al prestigio che esercitò la pubblicazione degli antichi canti nazionali
che rivelarono nel popolo finlandese una potenza poetica di cui non si aveva
idea e lo nobilitarono, non solo agli occhi altrui, ma nella sua stessa opinione.
Questi canti, anche indipendentemente dalla loro entità per quella nazione,
costituiscono un fenomeno tanto singolare e importante che fin dal primo
— 619 —
loro apparire attirarono l'attenzione e lo studio di più dotti europei, studio
che è tuttavia lontano dall'essere esaurito.
« Sono questi canti tutti raccolti dalla bocca del popolo; anche i più
lunghi e antichi furono tramandati per tradizione orale, seDza mai essere
scritti. Non in ogni parte abitata da Finlandesi si trovano ; là dove minore
è la coltura più abbondano, e la coltura è minima fra i finlandesi della
Carelia russa, delle rive del Ladoga, dell' Onega e del governo di Archangel
presso il Mar Bianco, tutti di chiesa russa. In tutta la Finlandia già svedese
e perciò luterana, non v'ha contadino che non sappia almeno leggere, il che
se è una bella cosa ed anche per noi invidiabile, sappiamo quanto nuoccia
al conservarsi delle tradizioni popolari e presto le spenga. Fu dunque in
quelle parti di chiesa russa, più verso oriente, che i patrioti Finlandesi de-
siderosi di raccogliere le memorie della loro stirpe fecero la messe più ab-
bondante; Lonnrot principalmente e Castrén, e Sjògren, Topelius, Borenius,
Ahlquist, Krohn e più altri le visitarono a più riprese con tanta maggiore
sollecitudine che quei ricordi si vanno anche in quelle parti pian piano spe-
gnendo. I primi cercatori trovarono alcuni vecchi, fra gli altri un tale
Arhippa ottantenne, che ne aveano la mente piena; morti questi, altri non
mancarono che potessero ben contribuire; ma l'antico retaggio andavasi di-
radando ; molto si perdeva ; tal canto raccolto qualche decennio fa ora non si
trova più chi lo ricordi.
« I numerosissimi canti raccolti sono di varia specie, epici o mitici,
lirici, magici. Ben si vede dal contenuto che i più sono di molta antichità
e molte dovettero essere le generazioni che vennero attraversando tradizio-
nalmente. Infatti essi sono intieramente pagani ; mentre nulla in essi accenna
a idee cristiane, tanto sono pregni di paganesimo che da essi si desume in
gran parte la mitologia e la credenza di quel popolo qual'era prima della
sua conversione, ossia prima del XII secolo. La posizione dunque di questi
canti nella storia nazionale è quella stessa dei canti omerici pei Greci ; essi
rappresentano la vita della nazione in un periodo di cui sono l'unico monu-
mento, di cui manca qualsivoglia altro ricordo di altra specie. I più alta-
mente importanti per tale aspetto sono quelli di argomento epico o mitico.
Dalla farragine di canti di tal natura da lui sparpagliatamente raccolti, il
Lonnrot riuscì a combinare tutta una epopea continua che nell'ultima edi-
zione conta più che 22,000 versi ed a cui egli diede il titolo di Kalevala.
Questo poema schiettamente nazionale e tradizionale, tramandato di bocca in
bocca dai padri antichi ai nipoti lontani è oggi la gloria della Finlandia, la
prova e la misura del suo genio nazionale, il segnacolo del suo vessillo, il
diploma di nobiltà per la sua lingua ed il suo pensiero.
« Dal 1835 quando Lonnrot pubblicò la prima edizione, il Kalevala
fu tradotto in svedese, in russo, in tedesco, in francese ed arrivò a qualche
notorietà se non popolarità, anche all' infuori della sfera dei dotti che in vari
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 80
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paesi ne fecero soggetto di studio. Dirne il contenuto è cosa da non po-
tersi fare in poche parole ; né il tempo e la circostanza me lo concedono.
Mi limiterò a dare di volo qualche accenno sulla natura di questa singolare
e bella composizione epica.
« La prima strofa dei Niebelunghi riassume in termini generali ciò che
può dirsi essere il soggetto o la materia propria di quella come di ogni
altra epopea nazionale:
Uns ist in alteri maeren wunders vii geseit
Von helden lobebèren, von groszer arebeit
Von freude und bochgezlten, von weinen unde klagen
Von kiihner recken striten, muget ihr nu wunder horen sagen.
« Dunque fatti maravigliosi, eroi illustri, grandi travagli, piaceri e feste,
pianti e lutti e tenzonare di baldi guerrieri sono la materia di ogni epopea e
in termini così generali pur di quella finlandese : ma quanto diversamente
dalle altre ! Già, di spirito cavalleresco qui non c'è da parlarne. Nel costume
primitivo dei popoli finnici, come pure di altri, era che l'uomo non dovesse
cercare la sua donna nella propria tribù, ma piuttosto in un'altra, anzi in
una tribù nemica, averla colle buone dando un donativo secondo richiesta, o
anche e spesso colle cattive portandosela via con ratto violento. Se però in con-
dizioni tali sentimento cavalleresco non si può aspettare, esse sono singolar-
mente propizie allo spirito di avventura, alle difficili e perigliose intraprese.
Cortesie dunque, no ; audaci imprese, assai. Infatti qui nel Kalevala il soggetto
dominante è la ricerca della sposa. Eroi del paese e della stirpe di Kalevala,
finnica, agognano al possesso della fanciulla di Pohjola (Pohjolaii netto)
che è paese più nordico (come dice il nome ■pohjaJ settentrione) e d'altra
stirpe, propriamente Lappone, e nemica. C'è poi di mezzo un oggetto mara-
viglioso, di significato certamente simbolico, che chiamasi Sampo ed è il dona-
tivo richiesto per avere la fanciulla di Pohjola. Un solo eroe di Kalevala
riesce con fino congegno a costruirlo, Ilmarinen l'artefice insigne, ottenendo
così l'agognata fanciulla. È quest'oggetto una specie di mola o macina da cui
scaturisce sale, farina, oro e ogni ben di Dio recando prosperità e ricchezza
al paese che lo possiede. Dal paese di Pohjola torna quest'oggetto, per grandi
vicende, a quei di Kalevala da cui provenne e fra i quali con esso prende
sua dimora la prosperità e la ricchezza, di cui Pohjola rimane per sempre priva.
Si sente in tutto ciò vibrare, benché lontanamente, una qualche nota storica:
l'avanzarsi dei Finni, venuti d'Asia, scacciando dinanzi a sé i Lapponi e ridu-
cendoli all'estremo Nord; come pure il loro prosperare divenendo popolo agri-
colo, non più vivente di caccia e pesca, progresso che i Lapponi non ebbero.
« Di guerra propriamente detta raramente parlano questi canti; l'azione
è tutta individuale di alcuni, pochi eroi, ma eroi tali che ognuno vale da sé
solo per un esercito. E tre sono i principali eroi di Kalevala: Wàinàmòinen
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l'antico, il vecchio (vanha) Wainàmòinen il cantore insigne, eterno ; Ilmarinen
il grande artefice , il fabbro maraviglioso, il Vulcano, il Vòlund dei finlandesi ;
e Lemminkainen, il più propriamente guerriero, uomo di spada, ma anche il
meno savio di tutti. Ogni eroe epico è assai più che un uomo, ma questi
sono tanto superiori che quasi sono Dei; il maraviglioso adunque, il wunder
dei Niebelunghi, che è tanto essenziale in ogni invenzione epica, è qui nel Ka-
levala straordinariamente grande. Piuttosto che ad Achille o a Rolando questi
eroi per l'entità di ciò che fanno si approssimano ad Ercole; non però pel
modo. Poiché la forza del braccio e dell'arma qui figura poco; il mezzo più
ordinario per cui si operano fatti maravigliosi è l'incantesimo. È questa una
prattica tuttavia esistente in Findandia, come pure presso la sua sorella
l'Estonia, ricche ambedue di belli ed antichi canti magici; dev'essere un
residuo dello sciamanismo che probabilmente fu la prima religione dei Finni,
come lo è di altri loro affini, quali i Samojodi, i Lapponi ecc. Però, in questi
canti epici il maraviglioso della magìa e dell'incantesimo è singolarmente
nobilitato ; spoglio di ogni pratica o rito magico, esso si riduce ad un con-
cetto fantastico e poetico del potere e del prestigio che accompagna la poesia,
il canto, la parola sapiente. L'idea fondamentale è che si possa agire su di
una cosa o persona, dominarne e paralizzarne il potere e l'azione, cantandone
poeticamente l'origine (syntys); così p. es. vediamo risanata una ferita d'arma
di ferro, con un canto che dice la origine del ferro, e in una sfida di canti
sull'origine delle cose Wainàmòinen cantando fa che il suo nemico Lappone
si sprofondi nel terreno. Perciò tietàjà che vuol dir sapiente, vuol dire anche
incantatore. È una traduzione poetico-fantastica dell'impressione che produce
sulla società primitiva il primo rivelarsi del genio artistico, del sapere. Così
gli Scandinavi antichi, come vediamo nell'Edda, attribuivano un potere ma-
gico a quel mirabile istrumento dell'intelletto che è l'alfabeto, alle loro rune;
i Finlandesi che ebbero antichi contatti con loro, non ancor preparati a ser-
virsi della scrittura, non presero la cosa, ma presero il nome e chiamarono
rune (runot) i propri canti epici e magici.
« Questa idea entusiastica del canto e della poesia ispira, informa e per-
vade tutta quella epopea da cima a fondo; poiché in essa l'eroe principali s-
simo è Wainàmòinen che ha per sua prima essenza il canto, la poesia, la
musica tanto da ricordare talvolta l'Apollo de' Greci, che fu pur egli Dio ar-
mato e abitò volontieri fra gl'Iperborei. Una delle parti del poema ove ciò
meglio traluce è il lungo e bellissimo canto ove narrasi come Wainàmòinen
fabbricasse per primo la kantele, la cetra dei Finlandesi, e per primo ne traesse
melodie tali che tutta la natura ne fu rapita e commossa. La kantele è un
istrumento a corda che può dirsi una varietà di quello che nei paesi germa-
nici vien chiamato zither ; come quello, si suona tenuto orizzontalmente, per
lo più sulle ginocchia. Come la cetra dei Greci fu, secondo il mito, ima-
ginata e costruita da un Dio ricavandola da una testuggine ed Apollo solo
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seppe per primo trarne suoni inaravigliosi cantando su quelle le origini delle
cose, degli uomini, degli Dei, così il primo inventore della kantele è l'eroe-
dio Wàinamoinen che la forma colla testa di un pesce, di un luccio, serven-
dosi dei denti per piuoli e formando le corde coi crini di un cavallo mara-
viglioso o coi capelli di una bella fanciulla.
« Ed è la kantele pei Finlandesi l'istrumento nazionale per eccellenza,
simbolo pure dell'arte musicale e della poesia come la cetra o la lira dei
Greci. Essa accompagnò sempre i canti nazionali nel passare di generazione
in generazione. Poiché tre persone han parte a quel canto, siccome già nei
principi di questo secolo descriveva per primo la cosa l'italiano Acerbi e si
vede tuttora ; uno, tenendosi in disparte, suona la /rad/eie accompagnando il
canto, due cantano stando l'uno di contro all'altro a cavallo ad una panca,
tenendosi per le mani e dondolandosi leggermente. Uno (edeltàjà) è il can-
tore vero e proprio, l'altro (sàestàjà) ripete a certe cadenze qualche verso
dando pausa al primo e tempo di risovvenirsi. Così vanno innanzi a lungo
per nottate e giornate intiere e così si conservarono per secoli i canti patr'u
senza mai essere scritti; non senza difficoltà e con qualche segretezza; poiché
essendo pieni di spirito e d'idee pagane, quei canti non arridono ai preti cri-
stiani; i quali però ormai considerano il cantarli come un semplice rààkkà •»
peccato veniale e ne danno facilmente l'assoluzione.
« La melodia è un motivetto dolce, semplice e senza enfasi. Il verso è
breve, disinvolto: ha otto sillabe che formano quattro trochei, non ha rime
stabili, ma molte alliterazioni ed anche frequente è l'assonanza nelle cadenze
delle parole, e la ripetizione della stessa idea espressa variamente in versi
successivi; caratteri tutti di poesia primitiva, mirabilmente imitati, eccetto
l'alliterazione, dall'illustre poeta americano Longfellow nel suo Hiawatha.
E con queste forme semplici una poesia semplice pure, schietta, limpida,
calda, commovente, piena di sentimento della natura e di sentimento umano,
superiore assai per disinvoltura a quei poemi di Ossian o di Macpherson che
già tanto sorpresero l'PJuropa ; una poesia che quasi senza accorgersene fa
spesso vibrare le più fine e nobili corde del cuore umano, arrivando anche
al sublime e al tragico, come, fra gli altri, nello splendido episodio di
Kullerwo più volte tradotto in più lingue.
« Quando io arrivai per prima volta in Finlandia nel 1884, appunto
allora era morto il Lònnrot, l'illustre raccoglitore dei canti nazionali. Tutta
quanta la tuhansen jàrveen maa la terra dei mille laghi, come i Finlandesi
amano chiamare poeticamente la loro patria, rimpiangeva l'uomo venerando
che meritò il titolo di Omero finlandese. E questo nome di Omero appli-
cato al Lònnrot mi giova a definire uno dei numerosi aspetti sotto i quali
questa epopea finlandese riesce assai importante anche fuori del suo suolo
nativo. Una teoria nata nella fine del secolo passato, cresciuta poi e oggi ben
nota, presenta i poemi omerici come composti di canti minori originariamente
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staccati e indipendenti che furon poi messi assieme facendone risultare due
epopee larghe e continue. Anzi parve anche a taluno che lo stesso nome Omero
altro non esprimesse se non il raccogliere, il mettere assieme, l'aggluti-
nare. E questa teoria, soggetto di forti e lunghe polemiche non ancor cessate,
fu pure applicata ai Niebelunghi, alla Chanson de Koland ed in generale, sia
di fatto sia come principio, a tutte le antiche epopee nazionali di ogni popolo.
11 Lonnrot sarebbe adunque l'Omero finlandese secondo tale teoria, cioè non
come poeta (come tale poco valeva l'ottimo uomo) ma come raccoglitore e
formatore di tutta una epopea per via rapsodica, cucendo e combinando as-
sieme canti e frammenti di canti, senza però mettervi nulla di suo. Ora,
l'alta importanza scientifica del Kalevala sta appunto in ciò che fra tutte le
antiche epopee nazionali a noi note questa è la sola di cui possiamo stu-
diare la formazione cogliendola, per così dire, sul fatto e quindi molto im-
parare sulle leggi che governano questa maniera di produzione naturale dif-
ficile a studiare, perchè propria di età e di condizioni sociali remote e di-
verse troppo dalle nostre. Dal fatto vivente assai più e meglio si apprende
di quanto si riesca incertamente a divinare attraverso la parola morta di
antichi manoscritti. La Società letteraria finlandese, depositaria di tutte le
carte di Lonnrot e di quelle di altri raccoglitori, dopo la morte di Lonnrot
ha deciso di intraprendere la pubblicazione dei canti nazionali nel loro stato
originario, cioè staccati e stanti ognuno da sé, quali solamente li conosce il
popolo che non ha alcun concetto di una vasta epopea di cui siano parti.
Così molte idee false che sul Kalevala corsero fin qui fra i dotti, verranno
ad essere corrette; e con questa stampa, di cui già i primi fogli mi furono
gentilmente comunicati da quella Società e con altre recenti pubblicazioni
di dotti della Società medesima è oggi possibile ciò che prima non lo era,
studiare e definire la formazione di questa epopea in ordine alla tanto agi-
tata questione di cui ho già parlato. E questa indagine ardua e complicata
è propriamente il soggetto speciale del mio studio e di una Memoria che
avrò l'onore di presentare all'Academia ».
Relazione della Commissione giudicatrice del concorso al premio
Reale per le Scienze giuridiche, per l'anno 1886. — Commis-
sari : Carle, Carutti, Messedaglia, Serafini e Schupfer
(relatore).
« Le Memorie, presentate questa volta al concorso pel premio Eeale
nelle scienze giuridiche, sono state undici di genere assai diverso.
« Ce n'ha, che studiano la società antica nei suoi municipi, e nelle con-
dizioni della proprietà e della procedura; altre che cercano quali fossero le
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relazioni tra lo Stato e la Chiesa in quella società medievale, tanto diversa
dalla nostra, e nella quale, nondimeno, possono ravvisarsi i germi di tante
nostre istituzioni; altre infine che si occupano di legislazioni moderne, sia
nei riguardi dello Stato, della sua costituzione e amministrazione e delle
pratiche parlamentari, sia nei riguardi del diritto privato e punitivo.
« Kiproduco l'elenco di queste opere:
1. Brugi Biagio. Dottrine giuridiche esposte secondo i libri degli
agrimensori romani e completate col Digesto (ms.).
2. Galeotti Ugo e Mancini Mario. Norme ed usi del Parlamento
italiano (st.).
3. Mosca Gaetano. Le costituzioni moderne (st.).
4. Rebaudi Giuseppe. La pena di morte e gli errori giudiziari (ms.).
5. Rivalta Valentino. Storia e sistema del diritto dei teatri se-
condo l'etica ed i principi delle leggi canoniche e civili (st.).
6. Scaduto Francesco. Stato e Chiesa nelle due Sicilie dai Nor-
manni ai giorni nostri (st.).
7. Soro-Delitala Carmine. V amministrazione e la giustizia nelle
industrie (st.).
8. Taddei Attilio. Roma e i suoi Municipi (st.).
9. Vivante Cesari:. Le assicurazioni sulla vita (st.).
10. Zocco-Rosa A. Lm Palingenesi della procedura civile di Roma (st.).
11. Anonimo. Lo Stato. Studi nuovi filosofici e storici di scienza
sociale, voi. I (st.).
« Aggiungo che, esaminati molto attentamente tutti questi lavori, la
vostra Commissione è lieta di constatare il risveglio, che segnano senza dubbio
negli studi giuridici.
« È un risveglio, che abbiamo notato già altra volta, e che lascia pre-
sagire anche meglio per l'avvenire. In generale c'è molta serietà, molto e
accurato studio delle fonti, molto fervore di ricerche, una certa tendenza a
fare finalmente da sé, dopo tanti anni che si è scritto, bene o male, sulla
falsariga degli altri.
« Prescindendo anche dai lavori, sui quali la Commissione si è fermata
più di proposito, certo è che molti sono degni di lode. Per es. le Norme ed
usi del Parlamento italiano dei signori Galeotti e Mancini, sono certamente
ima compilazione paziente, fatta con discernimento e che ha la sua buona
parte di utilità. È il primo lavoro del genere che siasi pubblicato in Italia,
ed è bene che anche da noi venga studiata questa, giurisprudenza parlamen-
tare che si forma ; ma d'altra parte manca all'opera quel carattere scientifico,
che solo può essere considerato nel concorso per il premio Reale.
« I lavori, che più degli altri hanno richiamato l'attenzione della Com-
missione, sono quelli dello Scaduto, del Brugi e del Vivante, sia per la im-
portanza delle materie e sia pel modo, con cui esse furono svolte.
— 625 —
« Certamente le relazioni tra lo Stato e la Chiesa formano una delle
pagine più interessanti della storia civile. Lo Scaduto studia quelle del Regno
di Napoli attraverso i secoli. Sono relazioni che assunsero forme caratteristiche
fin dal giorno che la monarchia normanna strinse come in un fascio le varie
popolazioni longobarde e franche, greche e musulmane. E hanno fatto luogo
a serie lotte. L'autore si occupa delle une e delle altre colla scorta delle
leggi e altri documenti. E riempie davvero una grande lacuna. Perchè ciò
che si sapeva per l' addietro era piuttosto frammentario : risguardava questo o
quel periodo ; ma una trattazione completa mancava. Ora dopo aver letto il
libro, abbiamo veramente un'idea, se non completa, certo abbastanza sicura
dello svolgimento di tutto il diritto ecclesiastico nella bassa Italia. È un mo-
vimento che comincia dalla Legazia Apostolica, che il gran conte Ruggero
strappò nel 1098 a Papa Urbano II, e termina con le riforme quasi esclu-
sivamente civili di Carlo III e Ferdinando, tanto diverse da quelle contem-
poranee della Toscana, che volevano per di più una riforma interna della
chiesa. Tra questi due limiti estremi c'è una folla di leggi, canoni e consuetu-
dini giuridiche, di trattati e scritti polemici, di materiali giuridici e storici e
anche letterari, di transazioni e di lotte, e interessa vedere come le due
podestà rivali ora siensi disputate il campo, e ora di conserto abbian tenuto
lo scettro, e quali conseguenze la loro unione o la lotta abbiano prodotto
sulle condizioni del popolo, e come la vita stessa dello Stato o della chiesa
sia venuto alterandosi, e come le idee di separazione e indipendenza dei due
poteri finissero col germogliare e crescere in quel terreno che pareva così
poco adatto a riceverle. Lo Stato s'impone alla chiesa in tutto il periodo
normanno-svevo. Nessun legato pontificio è ammesso nel Regno senza il con-
senso sovrano, e il Re ha il diritto di apporre il veto alla elezione dei prelati ;
e l'altro di mandare ai concili da tenersi fuori regno quei prelati che crede ;
e restano vietati gli appelli a Roma ; e in mezzo a tutto ciò ci sono leggi
sull'ammortizzazione, e limitazioni del foro ecclesiastico. Gli stessi beni eccle-
siastici non erano di regola esenti da imposte. Ma tutto ciò si muta sotto gli
Angioini e gli Aragonesi. La casa d'Angiò ottiene il trono dal Papa e non
può non essergli deferente. Gli Aragonesi lottano alquanto contro le censure
e gli interdetti, ma vengono a patti. Sono patti umilianti. Già sotto gli Angioini
non c'è legge contraria alla così detta libertà ecclesiastica, che non venga
revocata ; in ispecie si ammette la libertà delle elezioni, si riconosce la immu-
nità del foro, non c'è imposta a cui gli ecclesiastici e neppure i beni eccle-
siastici vengano assoggettati. È tutta una polizia ecclesiastica diversa da quella
degli Svevi. Soltanto Martino I (1392-1409) inaugura una nuova politica,
seguita dai suoi successori, specie da Alfonso I; ma neppur essi si credono abba-
stanza forti per attaccar di fronte le pretese della curia : piuttosto le attaccano
di fianco. Non combattono esplicitamente le teorie e i canoni; ma cercano
di respingere i fatti. In sostanza il governo si sentiva debole e fu un male ;
— 626 —
perchè questa debolezza non potè a meno di produrre col tempo perniciosi
effetti. Massimamente dopo Filippo II di Spagna (1598) l'uguaglianza civile
si può dire annientata : le immunità ecclesiastiche si sono venute estendendo ;
ci furono comuni che sobillati dal clero rifiutarono persino le imposte, perchè
non approvate dal papa, oppure gli domandarono il permesso di pagarle. A
questo si era arrivati dopo un periodo così luminoso come era stato quello dei
Normanni e degli Svevi. Il movimento regalista ed anticurialista non ricomincia
propriamente che nel secolo scorso con le case d'Austria, di Savoia e di
Borbone, specie coi Borboni. Del resto c'era qualcosa nell'aria che spingeva
da per tutto alle riforme.
« L'opera dello Scaduto è concepita molto largamente, e assume propor-
zioni anche più larghe di quelle che si sospetterebbe a prima giunta; ma
che del resto doveva assumere. Imperocché in quei tempi del medio Evo la
Chiesa aveva esercitato una grande autorità su molte parti del vivere civile,
che ora le sono irremissibilmente sfuggite, e più deve averla esercitata in
quel regno di Napoli, che la santa Sede considerava come suo vassallo. Basterà
accennare alla stampa, su cui l'autore ha uno speciale capitolo, che non è
dei meno interessanti del libro.
« Il compito, poi, che l'autore si è proposto, doveva riescire anche più
malagevole, perchè moltissime volte ha dovuto farsi la strada da sé. Un'opera
generale, che tratti delle relazioni tra Stato e Chiesa in Italia non esiste.
e se pure possono ricordarsi a titolo di lode quelle del Malfatti e del Crivel-
lucci, si fermano però ad un tempo troppo discosto da quello, che forma
propriamente l'oggetto degli studi dello Scaduto; e quanto a storie particolari,
non si sta meglio. In ispecie quelle che si riferiscono alle due Sicilie sono
piuttosto insufficienti, e solo qualche speciale periodo è stato trattato con
amore, o almeno si son raccolti i materiali per farlo. Ricordo soltanto a
mo' d'esempio la Historia diplomatica Friderici secimdi deH'Huillard-Brehol-
les e li regno di Vittorio Amedeo lidi Savoia dello Stellardi.
« Così non farà meraviglia che l'opera, come sta, sia ancora lungi da
quella perfezione che sarebbe stata desiderabile, e che si presenti qua e là
piuttosto deficiente, pur riconoscendo di buon grado, che abbiamo a che fare
con un lavoro il quale fa molto onore agli studi storici e giuridici odierni.
Sopratutto l'epoca normanna lascia a desiderare; e d'altra parte è un'epoca
che ha la sua speciale importanza, come quella a cui si riannoda tutto il movi-
mento posteriore. E forse non bastava né anche rifarsi dai Normanni. Già altri
ha richiamato l'attenzione sul Cesaro-Papismo bizantino, che c'era stato nel-
l'Italia meridionale ; e i Normanni non fecero che continuare per questa via.
Certo è : prima ancora di avere la Legazia Apostolica ne aveano esercitato
alcuni diritti. E d'altra parte quali furono propriamente i diritti attribuiti
loro dalla Legazia? Siccome ci fu sempre una grave disputa su essi tra rega-
listi e curialisti, importava di metterli in sodo. Forse si trattava degli stessi
— 627 —
diritti esercitati dai Bizantini. D'altronde né la bolla di Urbano II né il
concordato di Benevento del 1156 dicono in che cosa abbiano consistito, e quindi
restava da vedere quali fossero nel fatto. E l'autore non rifugge da cotesta
ricerca; ma il resultato non è grande. Eicorda solo le censure minacciate
contro i violatori delle concessioni sovrane alle chiese e ai monasteri, e finisce
col dubitare anche di queste. Ma anche altre epoche non hanno avuto una
trattazione corrispondente alla loro importanza. In generale quelli che han
trovato un ampio svolgimento sono i tre ultimi secoli: per questi c'è addirit-
tura una folla di notizie, e il quadro storico si dispiega dinanzi agli occhi
pieno, ampio, sicuro : è un fiume regale- che svolge il volume delle sue acque
maestosamente; e nondimeno anche qui l'autore è piuttosto impacciato ogni
qualvolta si tratta di stabilire se un diritto sia nuovo o vecchio ; perchè
infine tutto il libro si risente della deficienza, che abbiamo notato circa le
origini. Né si può dire che la dimostrazione riesca sempre convincente. Addur-
remo solo un esempio. L'autore dice, che in generale il diritto siculo-napo-
letano è informato al confessionismo, e che per questo riguardo non c'è divario
tra le diverse epoche. Senonchè, quanto a Federico II e agli Angioini, sa
dirci soltanto che riconobbero il giuramento e ne fecero un uso giuridico
abbastanza ampio e che proibirono e punirono la bestemmia : cose che forse,
e senza forse, potrebbero farsi anche indipendentemente da una speciale idea
confessionistica. Ad ogni modo è certo che quel confessionismo di Fede-
rigo II e degli Angioini era una cosa ben diversa dal confessionismo più
recente. A ben guardare le leggi e pratiche confessionistiche si moltiplicano
solo negli ultimi secoli; e anzi assumono proporzioni addirittura mostruose.
Basterà ricordare l'obbligo di adempiere il precetto pasquale, quello d'inginoc-
chiarsi al passare del sacramento, quello dei pubblici ufficiali di assistere in
corpo a certe funzioni, quello dei giudici di udire la messa prima di aprire
la seduta, quello del medico di avvertire l'ammalato perchè si confessi e non
visitarlo se fra tre giorni non abbia obbedito. Sono pratiche che non si trovano
nelle antiche legislazioni.
« Qualche altra osservazione vorremmo fare circa la distribuzione della
materia. L'autore premette una lunga introduzione in cui studia nel loro com-
plesso le condizioni dei luoghi e dei tempi nei quali la sua storia dovrà svol-
gersi: quello che si potrebbe dire l'ambiente storico, e cioè la politica eccle-
siastica delle varie dinastie, che si succedettero nel Segno e le idee del popolo
e il lavoro scientifico, per passare a discorrere dei Rapporti generali fra
Stato e Chiesa, e infine di alcune questioni che vorrebbero essere particolari,
cioè dei regi economati e delle imposte ecclesiastiche, della manomorta e
della riforma del clero secolare e regolare. Ma o c'inganniamola partito, o
una simile distribuzione di materia non la comprendiamo ; perchè, in verità,
anche nella parte, che vorrebbe essere generale, sono trattate molte questioni
particolari, o se pure si vogliono dire generali, lo sono né più né meno delle
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 81
— 628 —
altre. Il foro ecclesiastico, l'asilo, l'esenzione dalle imposte, la stampa ecc.
non si distinguono infine da quelle siili' economato, sulla manomorta, sulla
riforma del clero, se non per la loro diversa natura, per lo speciale carattere
politico che domina in esse, come si distinguono le altre pel loro carattere
economico e morale.
« E neppure il metodo è quale lo avremmo desiderato. L'autore non
divide la sua storia per periodi, ma per istituti, e tratta paratamente di
ciascuno di essi seguendone lo svolgimento dal suo primo apparire nella vita
del popolo fino alla sua decadenza o alla forma nuova che è venuto assu-
mendo nei tempi a noi più vicini ; e questo metodo ha certo i suoi vantaggi,
ma non tali da bilanciare i danni. Certamente può interessare e giovare allo
studioso di trovare in ogni capitolo una completa monografia e tutto ciò che
gli fa mestieri per l'argomento; ma la unità del lavoro ne soffre; non si riesce
a scorgere come i vari istituti si colleghino tra loro e s'intreccino, e certo
ne va perduto il carattere dell'epoca. Né si evitano le ripetizioni. Non sa-
ranno ripetizioni che si riferiscano a singoli istituti, ma ripetizioni di influenze,
di cause, di idee, in mezzo alle quali la esposizione non può che soffrirne.
« Insieme, ci sarebbe piaciuto che i confronti con le condizioni civili ec-
clesiastiche degli altri Stati d'Italia fossero più frequenti; e invece scarseg-
giano. In generale l'autore se n'è astenuto; e così non si riesce bene a capire
quale posto occupi questa Storia particolare dello Stato e della Chiesa nel-
l'insieme della Storia generale italiana; e manca uno dei precipui criteri,
che è quello del paragone, per giudicare della importanza dell'opera legisla-
tiva. I fatti stessi sono a volte esposti troppo nudamente, mentre non sarebbe
stato male di sollevarsi sopra essi; e anche la lingua e lo stile lasciano
molto a desiderare.
« Un carattere affatto diverso ha il lavoro del Brugi sulle Dottrine giu-
ridiche degli agrimensori romani. Qui non abbiamo davanti a noi una storia
nel senso proprio della parola; e nondimeno il lavoro è un prezioso contri-
buto che potrà quando che sia servire alla storia di quella proprietà romana,
ancora così poco conosciuta, nonostante i molti studi che si son fatti intorno
ad essa, e d'altra parte così meritevole di esserlo.
« In generale gli scritti degli agrimensori romani sono poco studiati dai
giuristi. Anni sono se n'è occupato molto sapientemente il Rudorff; ma il suo
esempio non ebbe seguito. Ed è male, perchè la importanza di quegli scritti,
anche per lo studio del diritto, è grandissima, essendoché l'indole stessa
degli uffici degli agrimensori li obbligasse ad avere speciali cognizioni giu-
ridiche; e molte cose appaiono realmente in una nuova luce. Certo il fascino
di chi si fa a studiarli attentamente è profondo; e anche il Brugi non vi
ha saputo resistere.
« Un contributo importante alla storia della proprietà offre il capitolo
su la occupazione abusiva del suolo pubblico.
— 629 —
« L'autore la chiama abusiva perchè non si trattava di rei nullius.
a Ora, si sa qual sorte toccasse alle terre conquistate; tolte all'inimico
passavano nel dominio del popolo; e quanto più si risale la corrente dei
secoli tanto più vediamo questo patrimonio immobiliare del popolo essere
grande. L'ager privatusJ se pur c'è, è ben poca cosa in confronto dell'air
publicus.
* Ma non manca la occupazione abusiva del suolo pubblico. Che se il
magistrato rivendica talvolta il luogo pubblico occupato dal privato, spesso
la occupazione abusiva viene legittimata dal tempo. Il possesso naturale ha
condotto veramente al dominio, L'autore dice a ragione, che appunto i libri
degli agrimensori ci rivelano questa pagina di storia a larghi tratti, ma sicuri.
E d'altra parte soggiunge che la occupazione protratta per lungo tempo con-
serva sempre il suo vizio d'origine, e una usucapione a rigor di diritto è im-
possibile. Certo, c'è stata lotta tra l'autorità pubblica, che rivendicava il suolo
pubblico e i privati che, invocando la vetustas, volean difendere la occupa-
zione. Spesso poi la ricerca dei subseciva allarmava addirittura le popolazioni;
e si finiva col tollerare la usurpazione come il minore dei mali, finché un
editto di Domiziano liberò tutta l' Italia dal pericolo, riconoscendo come pro-
prietà il possesso dei subseciva.
« Altri studi riguardano la condizione giuridica dei corsi d'acqua, che
è stata sempre oggetto di vive dispute tra i giuristi. Alcuni hanno distinto
i fiumi in pubblici e privati; mentre Giustiniano diceva che eran tutti pub-
blici. E in questa discrepanza di opinioni interessa vedere come la pensassero
gli agrimensori. Han essi conosciuto veramente dei fiumi privati? E quale
era il trattamento del fiume nell'air limitatus e quale negli agri arci finii?
In generele è oramai assodato che la differenza di condizione dell'ir arci-
finius, rimpetto al limitatus, deve aver avuto la sua grande influenza, specie
per la questione della proprietà dell'alveo; ma gli agrimensori non si sono
occupati di agri arci finii. Del resto, secondo essi, l'antico diritto romano
ammetteva certamente il concetto della proprietà dello Stato sull'alveo del
fiume pubblico ; ma il concetto sarebbe venuto meno nei frammenti del Di-
gesto, per im complesso di cause, tra cui principalissima la lenta, ma con-
tinua, trasformazione àQÌYager publicus in suolo privato. L'autore studia
l'alveo del fiume pubblico quando questo era stato considerato come un
subsecivus, e nota come gli agrimensori ne abbiano considerato la occupa-
zione come abusiva: il suolo dell'alveo era pubblico. Lo stesso dicasi del
caso in cui i fondi rivieraschi fossero stati le antiche striscie lateralmente
assegnate al fiume e poi vendute ai privati, o quando lo spazio di suolo ascritto
al fiume pubblico fosse stato un locus exceptus. Il locus exceptus era una
condizione simile ai subseciva ; e infatti gli agrimensori lo trattano pure come
luogo pubblico. L'autore conchiude a ragione , osservando che il princi-
pio, che considera il letto del fiume come una proprietà dello Stato, sta in
— 630 —
relazione con l'altro della proprietà del popalus su tutto il suolo che non è pas-
sato legittimamente in proprietà privata : quanto più questo secondo principio
scade nella coscienza giuridica popolare, tanto più l'altro svanisce e a poco
a poco scompare.
« Oggetto di speciale trattazione è una antinomia tra un passo di Frontino
e uno di Ulpiano' trascurata dagli scrittori. Secondo Frontino (50,9) l'alveo
si potrebbe concedere in compenso a colui che è danneggiato dal fiume, che
scorre attraverso il suo campo: ma lo stesso Frontino si ricrede; meutre i
giureconsulti avrebbero interpretato diversamente la cosa, negando che il
suolo che aveva cominciato ad essere del popolo romano, potesse venire
usucapito da alcuno. Ma a quali agri si riferisce Frontino? Ed ha egli ap-
plicato bene il principio dei giuristi che i luoghi pubblici non si usucapiscono ?
« Per ciò che risguarda le alluvioni, l'autore nota il diverso modo con
cui gli agrimensori e i giuristi pongono la tesi. Mentre questi portano la
propria considerazione sulla qualità del fondo (agri limitati o àrcifinii% quelli
la portano sul fiume. Quale n'è il fondamento giuridico? Frontino credeva
che fosse più argomento da giuristi che da agrimensori : nondimeno ne parla.
Le particelle di terra trasportate dal fiume lungo il fondo sono acquistate non
per se stesse, ma come parte di alveo che si scopre. E la causa giuridica
della alluvione è la irreconoscibilità della parte abducta. Perciò il possessore
della sponda danneggiata non può appropriarsi il suolo scoperto alla riva op-
posta. Ma quali sono i fiumi nei quali era ammessa l'alluvione?
« Altre ricerche si riferiscono alle isole fluviali, al cambiamento del
locus qui servii nelle servitù di passaggio, alle pertinenze immobili dei fondi
rustici; e specie per ciò che concerne le isole, e' erano più casi da studiale
per es. se l' isola era nata nel fiume, oppure si era staccata dal fondo rivierasco,
o si trattava di un'isola tra il nuovo e il vecchio alveo negli agri limitati ecc.
« Tutto sommato, il lavoro del Brugi fa fede di uno studio amoroso,
paziente , molto coscienzioso degli scritti degli antichi agrimensori ; e si vede
chiaro, che una lunga dimestichezza lo ha reso padrone della materia. Insieme
arriva a risultati molto soddisfacenti. Non tutti però. Molte cose si sapevano
già prima, e quegli scritti non fanno che confermarli ; ma altre si presentano
sotto un nuovo aspetto. Specie le regole del diritto romano sugli incrementi
e decrementi dei fiumi, avvicinate alla loro ragione storica, che alla sua volta
dipende dalla diversa natura degli acri limitati o arci finii, si capiscon meglio.
E nondimeno anche questo lavoro non parve raggiungere quel grado di per-
fezione, per cui gli si potesse attribuire il premio.
« Intanto è mi lavoro ancora frammentario ; e l'autore stesso avverte che
altre importanti dottrine giuridiche contenute nei libri degli agrimensori sa-
ranno esposte in seguito. Finora abbiamo solo a che fare con un saggio, per
quanto lodevolissimo, di un'opera di maggior lena, a cui l'autore sta atten-
dendo ; e così, prima di pronunciare un giudizio definitivo, ci è parso miglior
— 631 —
consiglio l'aspettare, sperando che possa condurla presto a compimento. E anche
ci siamo lusingati, che tornando con mente più riposata sul suo lavoro, potrà
riempiere qualche lacuna o purgarlo di qualche menda, che ora vi si trova.
Sopratutto si sarebbe desiderata una critica più vigorosa ed acuta delle fonti.
Quella usata dall'autore ha qua e là un carattere piuttosto fiacco ; e così non dee
far meraviglia se a volte non riesca a trasfondere in chi legge quei convinci-
menti che certo sono in chi scrive. Fu anche notato, che a volte egli gira attorno
alle questioni senza prenderle di fronte, o non le tocca affatto. Per esempio
l'autore parla di una occupazione legittima, del suolo pubblico, cioè di una
occupazione permessa sotto date condizioni e modi; ma quali? Egli non lo
dice; eppure in Siculo 138,14, che egli cita, avrebbe potuto trovarne una,
che non differiva gran fatto da simili condizioni messe da altri popoli in
simili gradi di coltura : quoti aut (miles) excoluit aut in spem colendi occu-
pava. Altrove, parlando di un passo di Frontino (50,9) su l'alveo derelitto,
ricordato più su, dice che l'agrimensore aveva interpretato bene la sentenza
dei giuristi, che i luoghi pubblici non si usucapiscono ; ma confesso di non
comprendere che cosa ci abbia a fare qui la usucapione. Capirei anche che
l'alveo del fiume, come cosa del popolo romano, non si possa occupare ; ma la
usucapione?! D'altronde la stessa occupazione mi parrebbe difficile ad esclu-
dere, se anche l'alveo fosse stato considerato come un subsecivum, tanto più
che Domiziano aveva già riconosciuto la proprietà dei subseciva in Italia.
Né sarebbe stato inutile di tentare una conciliazione di Gaio nella L. 7
§ 5 D. de a. r. d. 41.1 col § 23 I. de r. d. 3.1 che sembrano contraddirsi.
Specie la frase di Gaio Seti vix est ut id obtineal è una frase molto
disputata. Forse voleva dire che, rigorosamente parlando, il proprietario del
terreno invaso dal fiume perde la sua proprietà su esso e non la ricupera
neppure nel caso che il fiume si ritiri, tornando al letto di prima ; ma che
d'altra parte generalmente la equità prevaleva sullo stretto diritto.
« L'opera del Vivante, intorno alle Assicurazioni sulla vita ci trasporta
addirittura in un altro ordine d'idee. Il campo è qui strettamente giuridico
e di tutta attualità. Si tratta di una speciale configurazione contrattuale, che
certo ha le sue radici nel medio evo, ma che a' dì nostri ha assunto vaste
proporzioni, quali certamente il medio evo non conosceva, e anche è venuta
rizzandosi su nuova base. Al magro contratto di rendita vitalizia, che si trova
dapprima nella storia, si sono venute via via aggiungendo molte altre ope-
razioni, per il caso di sopravvivenza o di morte; e l'affare isolato, avventizio,
ha ceduto sempre più il posto all' impresa, assumendo quasi un nuovo aspetto.
Certo la differenza tecnica è piuttosto profonda, perchè ciò ch'era un giuoco
sulla mortalità altrui, diventò un'industria equilibrata e prudente; o anche
si potrebbe dire che l'assicurazione è entrata in un ambiente economico più
favorevole al suo sviluppo. Ora l'intento del Vivante è appunto di cogliere
le assicurazioni nella pratica della attuale vita sociale , per venire poi alla
— 632 —
costruzione giuridica della assicurazione sulla vita, notando le trasformazioni,
che si vanno effettuando nel suo concetto e commentando ad un tempo l'at-
tuale legislazione.
« La natura giuridica del contratto di assicurazione sulla vita è stata
veduta diversamente dagli scrittori. Per gli uni è un vero e proprio contratto
di assicurazione tendente a risarcire il danno prodotto dalla morte ; per gli
altri è un mero contratto di capitalizzazione e di risparmio , senza scopo
d'indennità e senza elemento di rischio; il Vivante si colloca in mezzo tra
queste due opposte direzioni e, pur riconoscendo che sia un contratto di assi-
curazione, in cui il debito o la misura del debito dei contraenti è designato
dalla sorte, esclude che ci sia uno scopo di risarcimento. In sostanza anche
l'assicurazione sulla vita apparterebbe alla stessa famiglia giuridica delle
altre. Gli elementi comuni ed essenziali di tutti questi contratti sarebbero
secondo il Vivante: un'impresa assicuratrice, un rischio indipendente dalla
volontà delle parti; un premio pagato all'impresa secondo le probabilità che
il rischio succeda. Specialmente merita osservazione lo sforzo continuo che
l'autore fa per piantare l'assicurazione sulla base dell'impresa. E un'idea che
domina tutto il libro, e che gli è stata suggerita dalla larga organizzazione
industriale, che l'assicurazione ha assunto oggigiorno, e particolarmente dalla
formazione di un fondo di premi e dalla necessità di una amministrazione che
ne curi l'impiego. Col che non è detto che si possa anche concepire un
contratto di assicurazione fuori della impresa o con 1" impresa esercitata da
un solo individuo; ma l'autore osserva a ragione che sarebbe un anacronismo,
una forma imperfetta sia economicamente sia giuridicamente ... un compito,
che eccederebbe le forze e la vita di un individuo e di qualsiasi ente che
riposi sovra il credito personale.
« Insieme l'autore ha abbandonato l'idea, da lui altra volta sostenuta,
che il contratto di assicurazione sulla vita non sia un contratto aleatorio; e
ha fatto bene. Il debito o la misura del debito dei contraenti sono in realtà
designati dalla sorte, e nessuno di essi può sapere se trarrà dal contratto un
guadagno o una perdita, fino al verificarsi dell'evento fortuito. D'altronde,
soggiunge il Vivante, il contratto d'assicurazione sulla vita non è un contratto
d'indennità, come si sostiene ancora da molti. Lo scopo di risarcimento, se
pur c'è nell'assicurazione, resta ignorato o indifferente all'assicuratore, non
costituisce la causa giuridica del contratto, a differenza della assicurazione sulle
cose. E certo non è raro il caso che un contratto venga via via spogliandosi
di elementi creduti un tempo essenziali e ridursi alla sua forma più sem-
plice. Col contratto di cambio non è accaduto diversamente. La rimessa da
luogo a luogo parve già essenziale, poi passò in seconda linea, infine è scom-
parsa. Ciò stesso avviene col contratto di assicurazione. Ci fu un tempo, in
cui il principio d'indennità parve sì essenziale che il contratto stesso fu detto
contratto d'indennità: adesso esso tende a spogliarsene.
— 633 —
« Il Vivante ha scritto un libro molto pensato: diremo più, ha scritto
il miglior libro giuridico che la scienza italiana vanti su questa materia,
che del resto non ne vanta molti. La sua dottrina è copiosa. Conosce tutto ciò
che è stato scritto, da più anni, in proposito; conosce anche i regolamenti
e le statistiche delle molte compagnie d'assicurazione, le clausole delle po-
lizze, i verdetti dei magistrati, e si giova di tutto questo ricco materiale
scientifico e non scientifico. E fa bene. In genere gli istituti del diritto com-
merciale non cessano di vivere di una vita attiva e feconda perchè sono stati
disciplinati dalla legge o elaborati dalla scienza; ma seguono da vicino i
bisogni reali, si adattano alle loro mille esigenze, si modificano e si trasfor-
mano; e non se ne coglie la fisonomia, né si possono presentare nella loro
unità organica, senza cacciar lo sguardo a fondo in tutto questo largo pro-
cesso scientifico e pratico, e combinare e fondere l'uno coll'altro. Dopo ciò
sarebbe quasi inutile il notare che il metodo seguito dall'autore è positivo,
cioè di osservazione; ma del resto egli procede liberamente, qua e là con
vedute e criteri suoi, e con un certo calore, proprio delle intime convinzioni.
« E nondimeno anche relativamente a questo libro abbiamo fatto più
riserve.
« Il difetto che più degli altri balza agli occhi, è la deficienza della
parte economica. L'autore di proposito non ne ha voluto trattare ; ma la vostra
commissione ha ritenuto che non ne potesse fare a meno. Né la pretesa parrà
esagerata per poco si pensi che la cifra del capitale assicurato s'accosta ai
35 miliardi; e infine dalla natura economica dipende anche la costruzione
giuridica. Certo, l'assicurazione, studiata così nella sua base economica, si
sarebbe messa in relazione coi bisogni odierni, molto più che ricorrendo, come
ha fatto l'autore, ad una costruzione tecnica a base statistica, la quale, dopo
tutto, non è così sicura, come si potrebbe credere. Infatti fino a che' punto
possono dirsi veramente accettabili e applicabili le tavole di mortalità? Ce
n'ha di varia natura; e cotesta incertezza, e in parte anche cotesta deficienza,
della base statistica può riverberarsi sull'intero contratto. In realtà, il modo
con cui queste società di assicurazione si costituiscono a base statistica può
far luogo a sgradite sorprese, e sarebbe stato prezzo d'opera l'accennarle.
« Fors'anco dipende da ciò, che la parte critica non sia trattata con
quell'ampiezza che sarebbe stata desiderabile. Certo, qua e là l'autore arrischia
qualche appunto agli attuali ordinamenti legislativi, ma piuttosto timidamente,
specie in vista dei forti attacchi, che l'istituto com' è disciplinato oggigiorno
da noi, ha subito per parte di altri. Infine, dopo letto il libro del Vivante,
è parso che restasse il dubbio, se tutto non vada proprio abbastanza egregia-
mente e non ci sia nulla a ridire, o se occorra ritoccare qua e là, e introdurre
qualche temperamento o modificazione o riforma corrispondente all'indole ed
alle accidenze dell'istituto.
« Un'altra cosa abbiamo indarno desiderato, ed è la parte storica, che
— 634 —
pure avrebbe giovato tanto a lumeggiare l'istituto e collocarlo al suo vero
posto.
« Aggiungiamo un'altra considerazione. Le imprese d'assicurazione sono
essenzialmente imprese internazionali; e dunque appunto la trattazione di
questa materia si dovrebbe, s'altra mai, condurre per via di comparazione.
Invece l'autore s' è contentato di ristampare le leggi forastiere in calce al
volume, e appena qua e là e' è qualche riscontro nel corpo dell'opera. Ora,
ciò è sembrato insufficiente alla vostra commissione. La comparazione, fatta
attentamente, ci avrebbe fatto toccar con mano come sieno regolate queste
imprese fuori del nostro territorio, e quale influenza possa avere la legge
estera sulla nostrana quando ci facciamo a contrattare con un forastiero.
« Né sarebbe stato male di attingere più largamente ai principi del
diritto civile. Dopo tutto ci son materie, per es. quella della cessione, in cui
il legislatore non ha formulato principi propri, e si è attenuto a quelli del
diritto civile. Lo stesso Vivante nota questo ; ma egli non è forse così dotto
civilista, come è profondo commercialista, e così avviene che si potrebbe muo-
vere qualche serio dubbio a talune sue conclusioni giuridiche desunte special-
mente dal diritto comune.
« Anche la forma è stata trovata troppo ricisa e assoluta. Col che non
vogliamo dire, che il libro ci sarebbe piaciuto più se avesse assunto un tono
polemico; ma generalmente ci sono troppe afférmazioni dommatiche, chi' la-
sciano per lo meno il desiderio di una più larga discussione, e troppe diffi-
coltà non avvertite, o almeno non rilevate, di cui si sente o si intravede la
esistenza, e non si sa o non si capisce se e in qual modo l'autore sia rie-
scito a superarle.
« Così pur tributando anche a questo lavoro gli elogi che merita, la
commissione non ha creduto che raggiunga veramente quel grado di assoluta
bontà intrinseca, che si suole generalmente esigere pel conferimento del premio
di S. M. il Re. E d'altra parte anche questo studio, come quello del Brugi,
è tale da accostarsi molto a queste maggiori esigenze. La vostra commissione
è d'avviso, che, sebbene nessuno dei due possa, allo stato attuale, meritare
il premio, nondimeno potrebbero venir messi entrambi in condizione di meri-
tarlo, non trattandosi infine che di un lavoro di revisione. Ciò che importa
è che venga completata la parte manchevole, tolte alcune incertezze e ine-
sattezze, corrette le mende, in ispecie data qua e là una dimostrazione più
sicura e persuasiva, e forse gli autori non avranno difficoltà a farlo. In questa
speranza la vostra commissione ha sentito meno il dispiacere, che prova, di
dovervi proporre che il presente concorso venga prorogato di un biennio ».
— 635 —
Relazione della Commissione giudicatrice del concorso al premio
Reale per la Mineralogia e Geologia per l'anno 1886. —
Commissari : Cannizzaro, Meneghini, Struever e Taramelli
(relatore).
« Il prof. Giovanni Moro, presentò un manoscritto di 130 pagine: Sul
mare quaternario.
« L' argomento delle oscillazioni del livello marino fu anche recentemente
dibattuto da geografi e geologi, in particolare da Zoffritz, Pfaff, Suess e Penk,
e se ne trova qualche cenno in tutti gli ultimi trattati di geologia. L'autore
è affatto digiuno di studi recenti; fidandosi a dati scentifìci insufficienti, in
base alle proprie osservazioni, a dir vero stabilite in vari punti della costa
italiana, avendo inteso a suo modo i fenomeni quaternari, e riconosciuto nei
cordoni litorali l'opera di grandiosi fiumi scendenti da smisurati ghiacciaj, e
scoperto, a cagion d'esempio, che il Po, tra le altre, ha depositato la colli-
netta di Campoformio in Friuli, ed indotto che per tanta acqua allora scor-
rente il mare si fece allora dolce a grande raggio attorno alle coste, viene
poi alla conclusione che in epoca glaciale il mare rapidamente si è alzato,
poi abbassato per dieci metri, ovunque. Dice che la invasione del mare ha
largamente contribuito « all' imbarbarimento universale dei popoli, colti dal-
l' orridezza del clima glaciale » promettendo di somministrare con altro lavoro
la spiegazione della comparsa e della scomparsa di quant' acqua occorreva per
produrre l'affermata oscillazione generale del livello marino.
« Queste affermazioni ed i sottili ragionamenti, che le appoggiano, sono
dirette a dimostrare una tesi oltremodo ardita. Il tempio di Serapide e le
mura di Pesto, anteriori all'epoca quaternaria, sono i monumenti di un po-
polo autoctono, non ancora per la detta cagione imbarbarito.
« Non aggiungiamo altre parole in difesa della commissione, affatto con-
traria alla speranza che nutre l'autore, di aver colte le cagioni « per cui
sorse sterminatrice la gran giornata glaciale ».
u F. Cordenons, Sul meccanismo delle eruzioni vulcaniche e geise-
riane, parte prima, stampata in Venezia, 1885; parte seconda, manoscritto
di 23 pagine.
« Nella parte stampata, l'autore svolge la « ipotesi della esistenza delle
caldaje sottocrostali, separate affatto dai camini vulcanici », ipotesi che egli
aveva due anni prima incidentalmente accennato, trattando dei terremoti
(Étude sur les tremblements de terre et les volcans. Archives des sciences
physiques et naturelles, X, 1883).
« Dice giuocoforza supporre che la materia lavica formi un mare unico,
lasciando per altro indeciso se sotto tutta la crosta terrestre, o limitato ad
Eendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 82
— 636 —
alcune sue parti. Essa teoria del mare lavico unico si concilia, egli dice,
colla localizzazione e coli' indipendenza dei vulcani, ammettendosi che ogni
vulcano sia un pertugio od un rubinetto, pel quale sfugge il vapor acqueo,
accumulatosi in località vicine, affatto separate da quelle dei vulcani. Suppone
che i camini vulcanici sorgano, non immediatamente al di sopra di queste
cavità, ma lateralmente ad esse ; e si sprofondino in modo che la loro parte
inferiore rimanga costantemente immersa nel mare lavico, rimanendo così
tolta la libera comunicazione tra il camino e la cavità, nei periodi di calma.
La eruzione invece avverrà quando la massa del vapore, aumentata, avrà
fatto abbassare sotto di sé il livello del mare lavico, per raggiungere la parte
inferiore del camino vulcanico, scacciandone polverizzata lava continuamente
rimpiazzata da nuova, spintavi dalla corrente del vapore e dalla gravità, che
la costringe a mantenere costantemente il suo livello.
« Immaginando la estremità inferiore del camino vulcanico più o meno
sprofondata nel mare lavico, od all' opposto da esso sollevata ; supponendo più
o meno vicine cavità diverse, nelle quali si accolga ed accumuli con sempre
crescente tensione il vapore acqueo (trascurando la minima porzione degli
altri gaz) ; ideando convenientemente disposte esse cavità, perchè in dati casi
ne avvenga comunicazione tra di loro e col camino vulcanico, l'autore trova
che la sua ipotesi dà facile spiegazione delle varie fasi eruttive, pliniana,
stromboliana, solfatarica, delle alternanze o successioni loro, del ridestarsi e
dello spegnersi dell'attività vulcanica, persino dei corchi craterici, delle fen-
diture e dei vulcani della Luna.
« A confermarne la attendibilità, l'Autore intraprende a dimostrare che
le ipotesi proposte degli altri autori possono spiegare tale o tal' altro feno-
meno; ma nessuna vale a spiegarli tutti. Prende in rapido esame la teoria
del Mallet, quella del Lapparent, che paragona alla Goriniana, e quella, che
egli intitola fisico-chimica o dei laghetti di lava intercrostali e che attribuisce
a Volger; e tace di tutte le altre.
« Nella seconda parte manoscritta, il Cordenons espone come sia stato
indotto a dedicare i suoi studi esperimentali alle eruzioni geiseriane, man-
candogli i mezzi di istituire opportune esperienze sulle vulcaniche.
« Dopo aver descritto i fenomeni dei geiser d' Irlanda, della Nuova Ze-
landa e dell'America, espone la teoria del Mackenzie e quella del Bunsen,
confermata, egli dice, dagli esperimenti del Tyndall. Non cita quelle di
F. Muller e di K. L. Bauer.
« Con ottimo, lodevolissimo consiglio, il Cordenons volle assoggettare
alla prova dell'esperimento le due diverse teorie. Fece costruire un tubo si-
mile a quello, del quale si serviva nei suoi esperimenti il Tyndall (ma non
quello di F. Muller): provò e riprovò in tutti i modi, ma i getti che ne
ottenne « presentavano, egli dice, caratteri ben differenti da quelli che con-
traddistinguono le eruzioni geiseriane » .
— 637 —
« Nelle prove (invece) fatte colla caldaja chiusa, cui applicai (egli dice)
un canale emissario, foggiato secondo l'idea del Mackenzie, la durata dell'eru-
zione era proporzionatamente molto più grande ; l'acqua del tubo veniva più
volte rimbalzata, e quindi il getto riproduceva esattamente quelle oscillazioni,
che sono proprie del getto di tutti i geiser e massime dei grandi » . Così di
altri singolarissimi fenomeni ottenne la riproduzione. Ed a spiegare quelli
delle così dette pseudo-eruzioni del Grande d' Islanda e del Gigante d'Ame-
rica, suppone, in luogo di un semplice bacino, in cui si accolgano i vapori,
una lunga caverna, suddivisa dalle irregolarità della volta in più bacini, co-
municanti o no a seconda del livello dell'acqua. Altre analoghe supposizioni
spiegherebbero i getti intermittenti o continui di soli vapori.
« L'argomento merita ulteriori studi, essendo gli autori tuttora divisi di
parere tra la teoria del Bunsen e quella del Lang. È indubitato per altro
che le opinioni devono essere rischiarate dalla conoscenza geologica del ter-
reno dove questi fenomeni si presentano.
« Sostenendo coi ragionamenti e colle esperienze la spiegazione antica
del Mackenzie, ed estendendola (benché dica di apprezzare la grande diffe-
renza) alle eruzioni vulcaniche, il Cordenons ha « il presentimento che la
scienza ufficiale, togata ed irregimentata.... farà passare il suo scritto inos-
servato ». Senza seguirlo nell'applicazione, che egli fa della lotta per l'esi-
stenza ai prodotti della umana intelligenza, non si può a meno di proclamarlo
felice perchè convinto che le sue idee avranno pieno trionfo quando, nell'av-
venire, saranno dissepolte da qualche uomo illustre di oltre alpe, che le pro-
clamerà come proprie. In fatto però egli non fa che modificare leggermente
delle idee esposte da altri.
« La commissione non vede il merito di molta semplicità e nemmeno
di originalità nelle ipotesi del sig. Cordenons ; né ritiene che di tali disqui-
sizioni si avvantaggino di molto la geologia e la fisica terrestre.
* Marchese Antonio De-Gregorio. — 28 lavori diversi, i più di paleon-
tologia.
« Il sig. marchese De-Gregorio Antonio presenta complessivamente al
concorso 28 lavori stampati ed aggiunge come documenti illustrativi, ma fuori
di concorso perchè scritti in francese, i cinque fascicoli finora usciti dagli
Annales de geologie et paleontologie, da lui medesimo fondati. Allo stesso
oggetto è prodotto l'opuscolo, che porta per titolo: Moderile nomenclature
des coquilles, accompagnato da nota manoscritta, dalla quale si apprende che
l'autore ha speso oltre cento mila lire nell'acquisto di collezioni e di libri, ed
ha destinato la dote annuale di lire cinque mila all'aumento progressivo del
suo gabinetto geologico. Il detto opuscolo va annesso al volume intitolato:
Fauna di s. Giovanni Ilarione (1880). Vi sono pure addotte le ragioni, che
obbligarono l'autore a ritardare e potremmo ormai dire a sospendere le pub-
blicazioni di questa prima parte. Il che deve molto deplorarsi ; poiché, come
— 638 —
o-iustamente e con lealtà lo stesso sig. marchese dichiara, è appunto il campo
dei molluschi terziari che gli è più famigliare. Invece, sedotto dalla attrat-
tiva scentitica, volle dedicare i suoi studi e i suoi mezzi alla illustrazione
di faune secondarie; in un campo, cioè, che a sua confessione gli era meno
famigliare, con successo quindi assai meno felice. Che se avesse continuato,
come prometteva, lo studio di quella sola importantissima fauna terziaria del
vicentino, che ancora non era stata descritta da geologi italiani o stranieri,
egli avrebbe arrecato alle scienze una contribuzione ben più utile e desiderata.
«Si riferiscono a faune secondarie i seguenti lavori: Cornili atonici
della Sicilia, p. 11, 1882.— Coralli giuresi della Sicilia, parti due, p. 12, 12,
1882-83. — Nuovi decapodi atonici, una pagina, 1884. — Fossili titoniani
del biancone di Rovere di Velo, 6 pagine, 1883. — Fossili dei dintorni
di Pachino 1882, 22 pagine e 6 tavole. — Iconografi delle faune dell'oriz-
zonte alpiniano in 4°, pag. 13, e 30 tavole, 1886. — Fossili del Giura-lias
di Segan e Valpore, 25 pag. e 2 tavole. — Fossi/i di M. Elice, in Sicilia,
p. 12 e 2 tavole.
« Si riferiscono a faune terziarie, oltre l'accennato principio di mono-
grafia, uno scritto sui fossili delle argille scagliose, 22 pag. e 5 tavole 1882. —
Sette brevissimi lavori sopra specie e generi terziari, ed un volume di 430 pagine
e 7 tavole su talune specie viventi e fossili mediterranee.
« Tratta di fauna di mammiferi quaternari un' ultima pubblicazione :
Intorno ai depositi dei roditori e carnivori sulla vetta del monte Pelle-
grino, in 8° grande di 39 pagine, con 4 tavole.
« Non ci dilungheremo nell'esame particolareggiato di ciascuno dei suespo-
sti lavori. Per dire soltanto dei principali, e precisamente dei risultati che
con essi si proponeva di raggiungere l'egregio autore, possiamo asserire che
a proposito delle monografie di fossili mesozoici la proposta di un nuovo
piano e di sue suddivisioni non incontrò in generale l'approvazione dei geo-
logi; e che le descrizioni, le definizioni e le nomenclature delle specie non
sembrarono a competenti giudici esenti di molte contestazioni. Alcune forme
descritte come nuove erano state pubblicate da altri con materiale prove-
niente dalle medesime località; in generale la diagnosi non è proporzionata
all'abbondanza delle illustrazioni, in particolare per l'Iconografia del piano
alpiniano. Kimangono bensì le molte e belle tavole, corredo utilissimo di
studio, del quale tutti i paleontologi devono essere riconoscenti alla splendi-
dezza dell'Autore e dell'Editore. Più completi sono i lavori sui fossili di
Pachino e delle Argille scagliose; ma anche in questi la parte descrittiva
e le notizie stratigrafiche riescono confuse e non contemplano l' importanza
stratigrafica, che potrebbero assumere i giacimenti descritti.
« Nel lavoro sui mammiferi di M. Pellegrino, le considerazioni generali,
che portano l'autore a proporre il nuovo nome di Frigidiano pel quaternario,
secondo un concetto che taluni autorevoli geologi potrebbero ritenere erroneo,
— 639 —
sono meno in accordo coli' entità dello studio. La proposizione di un genere
nuovo {Pellegrinìa) è sostenuta dall'autorità del sig. Forsith Major, al quale
l'autore sottopose il suo scritto e rende largo tributo di riconoscenza; come
fa, ogni qualvolta gliene si offra l'occasione, verso tutti coloro che coli' opera
e coi consigli hanno favorito i suoi studi.
« La attività straordinaria e la munificenza del nobile Signore sono su-
periori ad ogni elogio. Quando però la commissione si è domandato se è con-
forme ai bisogni della scienza V indirizzo di raccolta, di determinazioni spe-
cifiche e di pubblicazione, sul quale egli si è posto da parecchi anni ; se da
tante pubblicazioni è poi venuto alla geologia ed alla paleontologia quel van-
taggio, che si riprometteva e coi mezzi materiali impiegati ben poteva rag-
giungere l' Autore , con molto dispiacere essa conviene in una risposta
negativa. Qui non si tratta di una illustrazione metodica di faune spente,
zoologicamente affini o per vicini rapporti stratigrafici l'una all'altra coeve o
susseguenti. Di tali lavori monografici può essere intessuta, con risultati
utilissimi, la vita intera di un paleontologo. Piuttosto sono descrizioni sal-
tuarie di raccolte, la maggior parte acquistate, in generale senza la guida
di un concetto stratigrafico, senza ragione di opportunità per venire in
ajuto a studi contemporanei, senza quell'autorità che per generale consenso
deve essere guadagnata da chi moltiplica a centinaja le denominazioni di
specie nuove. In questo indirizzo, ogni incoraggiamento sarebbe contrario a
giustizia ed allo stesso interesse dell'autore, il quale, se con più pacato or-
dine e con sufficienti raffronti terminerà uno soltanto dei lavori iniziati, in
particolare quello della fauna eocenica vicentina, provvederà nel miglior modo
alla sua fama scentifica.
« Carlo De Stefani, Descrizione geologica dell'Appennino settentrionale.
« L'introduzione non persuade completamente della opportunità dell'am-
plissimo lavoro, il quale potrebbe dirsi una rivista della geologia di una metà
della nostra penisola. Appunto perchè l'Appennino settentrionale, come afferma
l'autore, è una regione « né troppo male né troppo bene conosciuta » più di
una sintesi prematura sarebbe stata opportuna una serie di studi monogra-
fici, per località o meglio per formazioni, sugli argomenti più bisognosi di
ulteriori indagini.
« Invero non manca l'autore nel suo scritto di oltre 1800 pagine di esten-
dersi sopra alcune regioni a lui meglio note, la maggior parte però descritte
in precedenti suoi lavori; ma per quegli argomenti appunto pei quali egli
eleva i più gravi dubbi sulle osservazioni precedenti, è d'uopo convenire che
l'esame dei fatti e la loro illustrazione grafica sono bene spesso insufficienti.
Epperò, quanto al concetto generale dell'opera, se è ammirabile un tentativo
ardimentoso, nello stato presente delle cognizioni, tenuto calcolo anche delle
nuove fornite dall'autore, alla sintesi che questi si propose mancavano i neces-
sari elementi, per quanto grande sia la competenza sua, in particolare nello
— 640 —
studio delle faune terziarie. Le due più importanti questioni: dei limiti tra
i terreni cretacei e gli eocenici e delle reali equivalenze dei terreni, ascritti
ai vari piani del miocene, non sono risolute; anzi la seconda si è fatta più
oscura per la proposta di isocronismi, che si ritengono meno accettabili.
« I limiti e le suddivisioni topografiche delle regioni descritte non sono
sempre felici; queste soverchie, obbligando l'autore a numerose ripetizioni.
Le considerazioni, ad esempio, per le quali si fissa il confine nord-ovest al
Colle dell'Altare piuttosto che alla Bocchetta, avrebbero potuto persuaderlo
a mantenere anche la distinzione della catena metallifera, dall'Appennino;
distinzione da lui stesso altra volta seguita (Geologia del Monte Pisano,
p. 96); non essendo punto contrario, come egli pensa, alla naturalezza delle
cose il distinguere le catene, quando lo si possa come in questo caso, secondo
la varietà delle rocce che le compongono. Il confine meridionale, piuttosto
che estendersi verso il Tirreno sino al Tevere, avrebbe forse dovuto fissarsi
all'Ombrone, anche per omettere la regione vulcanica, per trattare della quale
l'autore disponeva di troppo scarsi elementi.
« Esaminiamo parti tamente i sette capi, nei quali l'opera è divisa.
« Parte I. Dal Colle dell'Altare alle valli della Polcevera e della
Scrivia (pagine 162). Una particolareggiata descrizione della tectonica nelle
adiacenze di Savona conduce l'autore ad ammettere quivi una anticlinale
rovesciata a nord ; tale quindi che le rocce più antiche si presentino nella parte
mediana, e tra queste menziona dei gneiss e delle rocce amtìboliche, le quali
non sono di certo somiglianti ai terreni cristallini che affiorano sotto al paleo-
zoico nelle Alpi Marittime o nel gruppo dell'Estere! Ora, la semplicità di
questa curva anticlinale a chi conosce quella regione non pare evidente;
infatti, né la inclinazione è sempre a sud, variando in più sensi in partico-
lare presso Stella, al S. Giorgio ed a Montenotte, né la serie si ripete lungo
il Sansobbia ed il Letimbro in modo regolare, come dovrebbe accadere se-
condo il concetto dell'autore. Quanto poi alla spettanza della così detta Appen-
ninite (o Desirnaudite) al permo-carbonifero, del che l'autore non conviene, la
stratigrafia delle Alpi Piemontesi non meno che delle Orobiche torna a piena
conferma delle idee del signor Zaccagna, dall'autore impugnate. Ed a propo-
sito delle rocce magnesifere, delle quali si espone una serie per qualche ri-
guardo meno esatta, in appoggio della nota idea della loro origine per alte-
razione di colate di rocce peridotiche, l'autore non cita alcun nuovo argomento
come non espone sufficienti ragioni per dimostrare del tutto erronea la deter-
minazione ad esse assegnata, alla base del Trias, dagli autori della pregevole
Carta geologica della Liguria, pubblicata bensì dopo la presentazione del lavoro
ma pi-enunciata da ampie e ripetute pubblicazioni. L'autore non ha punto
dimostrato che quelle rocce magnesiane non possano essere, se non sono triasiche,
almeno in parte gli equivalenti dei più recenti terreni paleozoici, come risulta,
almeno nello stato attuale delle cognizioni, per le Alpi Ketiche e Pennine.
— 641 —
« Sarebbe importante, quando fosse assicurata, la presenza dell' albite nel
calcare dolomitico triasico ; le analisi offerte non la confermano. A proposito
di questo terreno, spetta al signor De Stefani il primo rinvenimento di fos-
sili, daprima noti soltanto nel versante opposto della catena, presso Mondovì.
« La critica, che l'autore trattando dei terreni terziari della regione muove
ad alcune suddivisioni del signor Meyer, in generale è molto acuta e soste-
nuta da buoni argomenti. Tuttavia l'autore non prova che tra il Bormidiano
ed il Tortoniano manchi realmente un terreno distinto, che non si può rite-
nere una facies di quest'ultimo e che passa tra i geologi sotto i nomi di
Elveziano o Langhiano. Poco si poteva dire dei terreni quaternari ; ma l'argo-
mento delle recenti oscillazioni e dei terrazzi litoranei della Liguria, assai
complesso per l'indole opposta delle cause che vanno considerate, doveva es-
sere trattato con maggiore ampiezza.
« Parte IL Dalle valli della Polcevera e della Scrivia alle valli della
Vara e del Taro. La poco felice divisione regionale addottala obbliga l'autore
a trattare in questo capo dei dintorni della Spezia, dei quali la struttura geo-
logica così strettamente si annette all'argomento del capo seguente. Poco si
aggiunge a quanto è già noto, ma le condizioni tectoniche sono studiate con
sufficiente dettaglio, ed ancora più evidente ne sarebbe la esposizione se aiu-
tata da profili e da carte più complete. Dei due dubbi avvanzati : che i bac-
irilli sieno pteropodi piuttosto che diatomee, e che le Posidonomya sino ad
ora ritenute liasiche sieno di specie giurassiche recenti, né l'uno né l'altro
è risolto ; e che lo fosse in particolare il secondo, importava moltissimo anche
per la interpretazione della stratigrafia degli altri affioramenti mesozoici della
Toscana.
« Se l'autore avesse esaurito lo studio stratigrafico della ancora poco
nota regione cretaceo-eocenica della Liguria orientale e dei monti del Pavese
e del Piacentino, avrebbe reso certamente un utilissimo servizio alla geologia
italiana. Ma alcune sue affermazioni sono decisamente inesatte, come quando
egli ammette la superiorità delle arenarie quarzose di Bobbio rispetto alle
brecciole nummulitiche e quando descrive la stratigrafia delle due valli della
Trebbia a valle di Bobbio e della Nure intorno a Bettola. Altre sono assai
discutibili, come la posizione costante degli strati ad Helmintoidea sotto la
zona ofiolitica eocenica, la quale trova invece almeno un'eccezione appunto
nella valle delle Nure presso a Farini d'Olmo. Altre male si associano, come
il parallelismo delle lavagne coi gallestri e la inferiorità di quelle alla zona
delle serpentine. Eppure quel concetto felicissimo dei rapporti tra le stra-
tigrafie della Lunigiana e delle montagne di Bobbio e di Bettola, il quale,
quando fosse del tutto dimostrato, porterebbe tanta luce nella geologia appen-
ninica e che è originale del signor De Stefani, ben meritava più minuziose
indagini e che fossero definite le modificazioni da esso apportate alle risul-
tanze di studi anteriori.
— 642 —
« Parimenti nella tanto dibattuta questione della origine della zona ser-
pentinosa eocenica l'autore non porta alcun fatto nuovo, non presenta alcun
argomento di fatto che appoggi la sua convinzione della originaria eruttività
di quelle serpentine, eufotidi e diabasi; né esamina abbastanza, anzi quasi
nemmeno ricorda quel mirabile sviluppo di rocce granitiche e quarzitiche,
regolarmente stratificate, estese per chilometri a ponente del M. Ragola. Ed an-
cora, nella importantissima affermazione di un orizzonte pliostocenico marino
a Cyprina Islandica nel subappennino di Piacenza, perchè non sono stu-
diati i rapporti di questto ultimo sedimento colle conoidi alluvionali, ampia-
mente estese, profondamente terrazzate, snimantisi coi terreni pliocenici, affatto
distinte dalle più antiche alluvioni del piano sulla destra del Po ? Più avanti,
a pag. 331, l'autore affermando che le spiagge della Liguria orientale offrono
un esempio di una regione, che lentamente si ritira nell'atto stesso che è
soggetta ad un piccolissimo e reale sollevamento, confonde cronologicamente
due fenomeni con tutta probabilità conseguenti, senza arricchire di molto
il numero ancora scarso di fatti accertati.
«Parte III. Alpi Apuane e M. Pisano (p. 247). Onora grandemente
l'autore il vedere apprezzate le osservazioni ed accettate le deduzioni degli
altri geologi, contro le quali per tanti anni egli aveva guerreggiato ; le ulte-
riori notizie paleontologiche che egli espone sopra alcune specie liasiche de-
scritte e figurate sono altro prezioso tributo alla geologia di quella così sel-
vaggia Svizzera tirrena; ma il riferimento al trias superiore di alcune rocce
che dalla maggioranza dei geologi, in particolare al monte Pisano, sono rite-
nute più antiche, rende dubbioso il lettore nell'accettare integralmente le inter-
pretazioni proposte della complicata tectonica di quei siti.
« I capitoli dove si parla delle rocce ofiolitiche della valle del Serchio
e dei depositi lignitiferi pliocenici della Garfagnana, sono ricchi di notizie ori-
ginali, condotti col miglior metodo, sommamente istruttivi. Il riassunto, con
buone aggiunte di fatti nuovi, di quanto concerne terreni e fenomeni quater-
nari, in specie i morenici, è del pari assai commendevole.
« Parte IV. Dalle valli della Vara e del Taro al Sanlerno, alla Pieve,
all'Arno (p. 415). Se da un lato le notizie paleontologiche e stratigrafiche
sulle montagne del Sasso-Rosso, Alpe di Corfino, e del Cerreto, e l'esame
della tectonica prima anzi poco nota dell'alto Appennino Toscano, argomenti
della prima parte di questo molto importante capitolo dell'opera esaminata,
rappresentano utilissimo materiale per la geologia italiana, la unificazione
che l'autore, sull'orme del Manzoni, insiste nel proporre di tutto quanto egli
considera come facies diverse del Tortoniano, sino a comprendere in questo
terreno la Pietra di Bimantova (p. 222) e la fauna echinologica di Montese e
di Cinghi, distinta per così evidente carattere di antichità tra le analoghe
terziarie, non troverebbe di certo, almeno nello stato attuale delle nozioni
dettagliate stratigrafiche, molto favore tra i geologi ; per quanto essi consentano
— 643 —
coli' egregio collega nel desiderio di abbandonare le denominazioni locali,
oppure le importate, spesso fraintese. La stessa unificazione nell'unico piano
astiano, mantenuta dall'autore pel Pliocene, pare un ardimento soverchio ; né
egli scelse il miglior mezzo per persuaderne riportando interi cataloghi di
centinaja di specie di località diverse, mentre sarebbe stato così autorevole
la scelta, che, colla competenza in lui riconosciuta, egli avesse fatta degli
elementi di ciascuna fauna, a suo modo di vedere distinti pel solo fatto delle
diverse condizioni batimetriche.
u Importanti, sebbene già dall'autore pubblicate, le notizie sui fenomeni
quaternari e sui laghi di questa porzione dell'Appennino.
« Parte V. Dalle valli della Pieve e del Santerno a quelle del Foglia
e del Chiascìo, del Tevere, della Chiana e del Chianti (p. 187). In rap-
porto colla importanza della regione, questo capo è poco diffuso; l'esame
delle importanti discrepanze nelle opinioni che corrono tuttora sulla tectonica
delle adiacenze di Firenze è in particolare difettoso; l'appunto fatto prece-
dentemente può ripetersi per la determinazione cronologica dei terreni mio-
cenici di S. Marino, del M. Fumajolo e della Vernia; pei terreni gessiferi
presso Sogliano sonovi affermazioni inesatte. Invece quanto risguarda le vicende
delle conche, già lacustri, dell'alta e bassa valle d'Arno, della Chiana, del-
l'alto bacino del Tevere, è presentato con tratti magistrali ed i confini tra il
terziario e il quaternario sono chiaramente segnati, meglio che in alcun altro
lavoro pubblicato in proposito.
K Parte VI. Dall'Amo alla Fiora (p. 325). In questo capo, che cer-
tamente l'autore non ha potuto rivedere, riesce molto confuso quanto riguarda
i depositi detti siluriani di Rovi, il carbonifero di Jano, ed i terreni del
Trias ; è meno profondamente discussa la porzione delle rocce scistose ed ofio-
litiche del capo Argentaro, per le quali è assai vaga l'affermazione: « che
non si può escludere che una parte almeno di esse spetti ad un'età più an-
tica del trias superiore » ; si omette a torto 1' importante argomento delle
rocce feldispatiche, citandosi soltanto per incidenza il granito di Gavorrano
senza accennare ai rapporti tra le trachiti ed i graniti; se si eccettuano le
poche notizie sui fossili dei calcari liasici del Campigliese, la stessa defi-
cenza di sicure determinazioni avrebbe dovuto imporre un maggior riserbo
sulla ripartizione delle rocce nei piani mesozoici superiori al lias. Assai mi-
gliore è la descrizione dei terreni terziari, in particolare dei pliocenici. Ai
venti capitoli di questa parte sesta uno ne va aggiunto, sul piano Pontico,
che fu spedito troppo tardi per essere compreso nel concorso, ma che sarebbe
ingiustizia non prendere in considerazione, perchè amplia notevolmente le
cognizioni su questo terreno, pur accettandosi quasi integralmente le conclu-
sioni di altro recente lavoro del prof. Pantanelli.
« Parte VII. / monti della Tolfa. Anche in questo capo abbiamo il
contrasto di alcuni argomenti assai ampiamente trattati, portandosi anche
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 83
i )
— 644 —
utilissimo incremento ai fatti noti, come a proposito del terreno pontico sotto
alle trachiti, colla scarsità delle notizie e delle considerazioni a proposito di
altri fenomeni, che pur formano la caratteristica geologica della regione ; ad
esempio, sulla composizione delle trachiti, sulle alterazioni che hanno subito,
e sui rapporti colle trachiti di M. Amiata e degli altri vulcani tirreni. In-
dubbio è il merito delle nuove osservazioni sui terreni pliocenici e quater-
nari, litoranei, o palustri o lacustri nelle valli o presso la spiaggia tirrena;
ma sulla spettanza al quaternario dei più recenti terreni marini di M. Mario,
della Farnesina, Acquacetosa, Torrimpietra non rimangono al lettore minori
dubbi che per l'accennata determinazione delle sabbie gialle dell'Emilia. In
complesso, le conclusioni quanto ai limiti cronologici dei vari cicli eruttivi dei
vulcani tirreni sono dubbie, ed esposte come tali (p. 89); alle cose dette dal
Ponzi, dal Verri, dal Tittoni e molti altri, assai poco si aggiunge ; la espo-
sizione storica della comples>a quistione dei turi è bensì fatta con molta
equanimità, ma anche pei colleghi non del tutto famigliari all'argomento non
contiene considerazioni né decisioni di tale importanza da giustificare l'amplia-
mento, che il signor De Stefani credette di poter dare alla regione illustrata.
« Chiude il manoscritto un riassunto non proporzionato all'ampiezza ed
alla suddivisione dell'opera. Evidentemente all'autore mancò il tempo di racco-
gliere le fila e di additare egli stesso quali fossero i principali risultiti, otte-
nuti, quali le idee dimostrate, quali i dubbi ed i desideri di ulteriori ricerche ;
dobbiamo pur convenirne, non era all'opera impari il suo ingegno, ma perciò
appunto riteniamo che l'autore stesso non consideri raggiunto il compito che
si è prescritto. Che la presentazione del lavoro sia stata affrettata, lo dimostra
altresì lo stato disordinato e frammentario della parte illustrativa, della quale
faremo breve cenno. Essa è composta dei seguenti elementi :
a) Trento fotografie in grande formato di paesaggi assai bene scelti.
Sebbene non valgano più di schizzi abilmente 3egnati, queste fotografie, ri-
prodotte in fototipia, formerebbero un bell'ornamento di una pubblicazione son-
tuosa, in grande formato, che sarebbe conveniente per un lavoro sopra una re-
gione meno nota di quanto lo sia ai geologi italiani e stranieri l'Appennino
settentrionale.
b) Sette tavole di profili, in scala assai piccola, disegnati e disposti
meno lodevolmente.
e) Tre fogli della carta geografica in scala di 1 : 600,000 per indi-
care i piani dei suddetti profili.
ci) Tre fogli della Carta geometrica della Toscana, nella scala di
1 : 200,000, colorita qua e colà in modo assai incompleto.
e Due fogli della carta a scala di 1 : 250,000 per l'Appennino setten-
trionale, coloriti soltanto per la Liguria occidentale sino a Savona e nei din-
torni della Spezia. Altrove, sono bensì segnati alcuni contorni in matita rossa,
ma mancano le lettere ed i numeri dei terreni.
— 645 —
/) Uria carta geologica delle Alpi Apuane alla scala di 1:25,000
Attendendosi imminente la stampa del rilievo fatto nella regione medesima
dagli ingegneri del R. Comitato, la pubblicazione dispendiosa di questo grande
foglio sarebbe meno opportuna.
g) Una serie di spaccati nella scala della carta precedente, e come
questa imperfettamente dichiarati dal testo.
h) U/ia tavoletta della carta topografica nella scala di 1 : 50,000,
dei dintorni di Celle e di Sassello, presso Savona; è sicuramente errata in
più siti; anche la pubblicazione di questa è meno opportuna dopo la stampa
della Carta geologica della Liguria dei signori Issel e Mazzuoli.
i) Una tavoletta nella scala medesima di Vezzano-Lerici ; illustra in
parte i terreni secondari della regione lunense.
j) Altra tavoletta di una porzione dell'alta valle del Serchio : è forse
il disegno più accurato.
/) Una porzione d'altra tavoletta, nei dintorni di Monsummano e
M. Catini; sensibilmente diversa dalle tavolette rilevate da altri geologi
sulla stessa area.
u Come fu presentata l'opera del signor De Stefani, certamente per molti
pregi commendevole, non raggiunge quel grado di merito che, secondo la
Commissione, corrisponde al cospicuo premio proposto dalla sovrana munifi-
cenza. Completato e meglio ordinato, con uno stile meno prolisso, con una
chiusa proporzionata alla quantità delle notizie, sceverato delle dubbiezze e
delle affermazioni piuttosto atte ad intralciare che a sciogliere i concetti stra-
tigrafici sull'Appennino, questo lavoro può riescire dei più importanti nella
letteratura geologica del nostro paese.
« G. Spezia. Studi di geologia chimica sopra una solfara della Sicilia.
« L'autore, in base ad un molto accurato esame delle condizioni di gia-
cimento dei diversi minerali nella miniera di Regalmuto, si propone di for-
nire nuovi argomenti per la importante questione dell'origine dei depositi
solfiferi. È noto come al solfo si associno il quarzo, la calcedonia, la calcite,
la celestina, e tra i minerali che sono rari, od almeno in tenuissimi cristalli,
la Melano ftegite, composta di silice e di acido solforico, scoperta dal Lasaulx
e studiata anche dallo Spezia. Agli argomenti, che rendono dubbia la cristal-
tizzazione di questo minerale, le nuove osservazioni dello Spezia non appor-
tano un peso decisivo ; sembrano però dimostrare che la sua formazione sia stata
in generale posteriore a quella dei minerali più abbondanti.
« Coli' esame di molti e vari casi di sopraposizione dei minerali sunno-
minati, si dimostra la diversa e reiterata successione dei fenomeni, che li
hanno prodotti ; si descrivono e figurano dei cristalli di celestina e di solfo,
finamente zonati per successive incrostazioni. Si osservarono però abbastanza
frequenti delle tonache rimaste vuote, di silice che rivestiva dei cristalli di ce-
lestina. Per indagare questa scomparsa del solfato, e prima, la sua alterazione,
l'autore ha stabilito interessanti esperienze, le quali fanno ritenere molto
— 646 —
probabile che sia stata quella un'azione dei liquidi alcalini, col progressivo
cangiamento del solfato in carbonato di stronzio; e quanto all'origine della
celestina, con altre interessanti esperienze dimostra come possa essere av-
venuta per lenta azione di cloruri di stronzio e solfato di magnesia ; mentre
dimostra assai meno verosimile l'ipotesi del Gorgen, il quale riteneva il mi-
nerale formato per reazione di solfati, disciolti in cloruri fusi.
« L'autore vorrebbe provare che le alterazioni, dissoluzioni e successive
nuove formazioni dei minerali nel giacimento studiato, continuino tuttogiorno;
e lo sostiene in base alla composizione delle acque per esso circolanti, deter-
minata collo studio dei depositi, che alcuni campioni di queste hanno abban-
donato successivamente, con lenta evaporazione. Quelle acque contenevano
cloruri di sodio, calcio e magnesio, stronzio e litio, carbonati di calce ed
alcalini e silice. Spiega la quantità eccezionale di queste col supporre che
le acque circolanti per le miniere attraversino rocce silicate, alterabili.
« Passate in molto breve rassegna le principali ipotesi che furono avan-
zate per la spiegazione de' depositi gessoso-solfiferi e ricordata in particolare
quella assai complessa del Mottura, accetta i punti essenziali di questa, ed
ai fatti, che la appoggiano, uno ne aggiunge, il quale certamente può rite-
nersi tra i più importanti risultati del suo studio, almeno pel geologo. Colla
dissoluzione progressiva del calcare solrifero, riuscì il signor Spezia ad estrarne
dei cristallini isolati e perfetti di celestina e di quarzo, certamente forma-
tisi all'atto del deposito.
« Tutte queste belle osservazioni e considerazioni sono condensate in 42
pagine di manoscritto, con una tavola di disegni fotografici. I grandi pregi
del lavoro fanno considerare quanto mai questo sarebbe riuscito più commen-
devole se ordito con osservazioni in più miniere di vari giacimenti solfiferi;
se fossero state esaminate con maggiore ampiezza le teorie proposte dai vari
autori, che trattarono dell'argomento; se all'importanza del tema e delle
stesse osservazioni dell'autore avesse insomma corrisposto lo sviluppo, e di-
remmo anche per alcuni riguardi, la forma del lavoro.
« La Commissione riconosce i molti pregi dei lavori dei concorrenti, in
particolare dei signori Giorgio Spezia e Carlo de Stefani. Questi scritti però
o per incompleto sviluppo delle loro parti, o per insufficiente trattazione
critica dei lavori che li hanno sul medesimo argomento preceduti, oppure
perchè difettosi nella illustrazione grafica che li accompagna, dimostrano
che il termine del concorso li ha colti quando non erano del tutto compiuti ;
mentre il forte ingegno e l'operosità dei loro autori inspirano intera fiducia
che questi lavori potranno venire portati a tale perfezione da corrispondere
sotto ogni riguardo all' alto grado di merito, che si desidera coronare col
Premio Keale.
« La Commissione quindi propone che si proroghi il concorso per la
Geologia e Mineralogia sino al 31 dicembre 1890; ammettendosi, se ripre-
sentati, i due lavori riconosciuti di maggior merito ».
— 647 —
Relazione sul concorso ai premi del Ministero della Pubblica
Istruzione per le scienze filologiche, pel 1886-87. — Commis-
sari : Ascoli, Comparetti, D'ancona, Govi e Monaci (relatore).
« I concorrenti furori sei ; ma il primo di essi, il prof. Casorati Pietro,
presentò come unico titolo un volume, Tibullo : lirica amorosa, versione bar-
baro-dattilica, il quale non essendo che un saggio di letteratura amena, non
poteva, per la stessa sua natura, dargli adito a questo concorso.
« L'esame dunque fu portato sugli altri cinque; dei quali ecco i nomi
e i lavori:
« Ceci Luigi. // pronome personale senza distinzione di genere nel san-
scrito, nel greco e nel latino (st.).
« Michelangeli L. A. Sul disegno dell'inferno dantesco (st.).
« Romani Enrico. Grammatica della lingua greca (ms.).
« Rieppi Antonio. Lo scudo di Enea di Virgilio con alcuni riscontri
collo scudo d'Achille, d'Omero e con quello d'Ercole di Esiodo (st.).
« Sabbadini Remigio. ]) Guarino Veronese e gli archetipi di Celso e
Plauto con un appendice sull ' Aurispa (st.). — 2) Guarino Veronese e il suo
epistolario edito e inedito (st). — 3) Centotrenta lettere inedite di Fran-
cesco Barbaro (si).
« L'argomento preso a trattare dal prof. Michelangeli non è nuovo ; pareva
anzi che ormai bastassero, seppure non eran già troppi, gli studi sulla forma
e grandezza dell'Inferno dantesco fatti dal Manetti, dal Benivieni, dal Giam-
bullari, dal Vellutello, dal Galilei e da altri. Invero, che cosa si poteva cer-
care o sperare di più in simile opera?
« L'Inferno era tutto nel pensiero o meglio nel sentimento del Poeta;
e però, che la sua compage rispondesse più o meno alle regole della statica
poco o punto importava al grande artefice, e meno ancora importa a noi che
neppure possiamo riconoscervi quel tanto di realtà esteriore onde ancora lo
materiavano i credenti del sec. XIV.
« Il prof. Michelangeli stimò invece utile il ricominciare il lavoro, e ne
empiva 61 pagine di una elegante edizione in 4° corredata di due tavole lito-
grafiche. L'autore deve essere stato mosso a intraprendere questa disserta-
zione dal convincimento che poco o nulla ne avessero inteso i suoi predeces-
sori. Questo convincimento si manifesta nel libro a ogni tratto, e dalla seve-
rità che l'autore usa verso gli altri, nonché dalla sicurezza che mostra verso
sé stesso, era da aspettare qualcosa veramente di nuovo e di rilevante sul-
l'argomento. Ecco invece in quali termini compendia esso il suo concetto:
« Chi m'ha seguito con attenzione fin qui, sarà convinto, credo, che tutto l'edi-
ficio infernale del nostro poeta risponde alle leggi di gravitazione; che alla
— 648 —
stessa legge risponde anche il mio disegno; che fra questo e le parole del
poeta v'è concordanza perfetta ....->; dimenticando intanto che poche pagine
prima (p. 14) egli medesimo aveva scritto: «Ma si tenga sempre ben fìsso
nella mente, che l'architettura dell'inferno dantesco non può condurci oltre un
certo concetto dell'insieme e una certa proporzione delle parti, non essendo
concesso ad alcuno di stabilire quelle misure che forse non stabilì nò in carta
nò in mente l'autore stesso, e s' anche le stabilì, certo non credette nò neces-
sario nò bello esprimere in opera poetica » . Se dunque non si potevano sta-
bilire misure nò proporzioni delle varie parti del baratro dantesco, a che prò
sudarvi attorno per tante pagine, e come farne un disegno il quale rispon-
desse alla legge di gravitazione sì da pretendere corrispondenza perfetta fra
le parole del poeta e la rappresentazione grafica del professore ?
- Le due lezioni di Galileo, in questo scritto acerbamente censurate,
sono tuttora il migliore e più sicuro commento del concetto dantesco; e se
il prof. Michelangeli le rileggesse con mente pacata e con animo più benevolo,
forse troverebbe che poco o punto si sarebbe potuto utilmente aggiungere a
quanto il Galilei in quelle aveva detto.
« Nulla pur presenta di nuovo la Memoria del sig. Rieppi sullo scudo
di Enea secondo Virgilio. Di erudizione classica v'è abbondanza; ma insieme
vi si tradisce una conoscenza assai scarsa dello stato presente di questi studi,
e punto perizia nella economia del lavoro, nella critica, nel metodo. La ragion
rettorica domina per tutto lo scritto più che la vera e propria indagine storico-
critica ; e quantunque il libro dia buon saggio della cultura dell'autore e del
suo amore per le lettere classiche, nemmeno questo parve alla Commissione
lavoro da potere esser proposto per un premio.
« E a conclusioni simili, sebbene per ragioni diverse, venne la Commis-
sione anche per la grammatica greca del prof. Romani. Crede questi che
l' insegnamento del greco nelle scuole secondarie debba esser diretto non
solamente a far conoscere, oltre l' italiano e il latino, un'altra lingua ; ma
eziandio a spiegare il meccanismo secondo il quale essa « venne scientifica-
mente costituita". La grammatica giustamente riputata dell' Inama gli parve
perciò troppo breve in alcune parti ; altresì gli parve che troppi fatti lasciasse
inesplicati massime nella teoria degli accenti, del verbo ecc. e movendo da
questi concetti stimò opportuno nella nuova sua grammatica aggiungere i
quadri comparativi della flessione nominale nel proto-ario, nell'antico indiano,
nel greco e nel latino. Così la tendenza a esplorare l'organismo della lingua
greca è venuta in questo lavoro ad accentuarsi anche più che non nelle
grammatiche del Curtius e dell' Inama, per non dire di quelle del Dubner,
del Krùger, del Kuhner, benché non si arrivi agli intenti puramente glotto-
logici della grammatica di Gustavo Meyer, che egli mostra di non conoscere.
Ora sembra che l' insegnamento del greco nelle scuole secondarie abbia e
debba unicamente ave ■ a scopo il far conoscere quella lingua in modo da
— 649 —
intendere bene gli scrittori antichi. A ciò conferisce, è vero, se adoperato con
misura, anche l'additamento d'indole storico-glottologica; ma il portare in
queste grammatiche addirittura le analisi e le dimostrazioni della glottologia,
è tale eccesso da rendere sempre più difficile che si raggiunga lo scopo a cui si
mira. Onde, malgrado la fatica e il molto studio che all' A. deve esser costato
questo lavoro, eseguito del resto con cura e diligenza, la Commissione è d'av-
viso che non si possa ammetterlo alla partecipazione di un premio ; sembrando
altresì discutibile se di cotesti premj possa mai esser parola per manuali desti-
nati all'insegnamento e non ancora messi alla prova pratica dagl'insegnanti.
« Lavoro d' indole strettamente scientifica è invece quello del prof. Ceci,
il quale dà prova in esso di molta erudizione e di una seria tendenza agli
studj in cui entra il soggetto che v' è discorso. L'assunto (Sul Pronome ecc.)
era molto difficile e scabroso, e anche i meglio preparati non avrebbero po-
tuto conseguire sopra codesto campo gran che di certo e di nuovo. Tuttavolta
una esposizione più metodica e una indagine più riposata avrebbero potuto
condurre il Ceci a una miglior determinazione dei problemi e a qualche mi-
glior tentativo per la loro soluzione. Kesta sempre che il suo risulti un sag-
gio notevole, e la Commissione fu concorde nel riconoscerlo meritevole di
esser considerato nella premiazione.
« Veniamo finalmente ai lavori del prof. Sabbadini.
« Il primo di quei lavori è un indice alfabetico delle epistole del Gua-
rino, condotto su stampe e codici. Esso è sopratutto destinato a verificare e
come inventariare il tesoro presentemente noto di lettere guariniane, per age-
volare il ritrovamento di altre che ancora fossero ignote e nascose, e per pre-
pararne una edizione completa. All' indice segue una vita sommaria del Gua-
rino desunta dal suo epistolario.
« Il secondo riguarda un aneddoto o meglio un problema letterario gua-
riniano, che diede occasione a lunghe dispute. Il Sabbadini, dopo altri, ne
tenta la soluzione riordinando ingegnosamente parecchie lettere del Guarini
stesso e di altri umanisti del sec. XV. Segue un cenno biografico siili' Au-
rispa tratto da lettere e documenti contemporanei.
« Il terzo è anch'esso preludio alla edizione critica di un altro epistolario ;
si tratta di quello di Francesco Barbaro, e contiene l' indice delle lettere
disposte in serie cronologica, più un sunto di ciascuna. Segue in appendice
una vita del Barbaro condotta anch'essa siili' Epistolario e un bel manipolo
di lettere inedite di lui, tratte da archivi e biblioteche.
« E questi scritti per unità di concetto e d' intenti e per conformità di
metodo si ricollegano con altri non presentati in questo concorso, con i quali
tutti il prof. Sabbadini evidentemente mira a mettere in maggior luce, colla
scorta di autorevoli documenti e soprattutto degli epistolarj, i meriti degli
umanisti, mostrando quanto si debba alla operosità loro nel rinnovamento
degli studj classici e nella conoscenza dell'antichità,
— 650 —
« Il Guarino in primo luogo e poi il Barbaro appajono essere fra tutti
gli umanisti del sec. XV quelli ai quali specialmente si volgono le ricerche
del Sabbadini; ma è chiaro non potersi di essi trattare degnamente se non
si conosca a fondo la età in che vissero, e non si abbia quasi una specie di
familiarità coi loro contemporanei amici o avversar]', studiosi o mecenati.
Che il Sabbadini possieda questa larga e sicura conoscenza dei tempi e degli
uomini del rinascimento classico, ci sembra apparisca evidente da tutte le
sue pubblicazioni, mentre dal lavoro di già premiato su la storia del Cice-
ronianismo si desume ancora ch'egli abbia un concetto ben chiaro circa l'uti-
lità dell'opera degli umanisti e circa l'opportunità di illustrarla ancora una
volta col sussidio di nuove ricerche. Onde parve alla Commissione anche il
prof. Sabbadini meritevole di esser considerato per la premiazione.
« Pertanto a voti unanimi essa venne alla seguente conclusione : che dei
tre premi ne sia conferito uno solo, ripartito questo per giusta metà fra il
prof. Ceci, per il suo lavoro sul Pronome, e il prof. Sabbadini per i suoi
lavori sul Guarino e sul Barbaro » .
Relazione sul concorso ai premi del Ministero della Pubblica
Istruzione per le scienze fisiche e chimiche, pel 1S86-S7. —
Commissari: Blasernà, Cannizzaro e Cantoni (relatore).
« Il sig. professore Stefano Pagliani, unico aspirante al concorso ai premi
ministeriali per le scienze tisico-chimiche, presentò dieci opuscoli, parecchi
dei quali compiuti in comune con alcuni suoi assistenti.
« Il primo di questi lavori riguarda la comprimibilità dei miscugli di
alcole etilico e di acqua, fatti in comune col sig. dott. Luigi Palazzo. E questo
un argomento già trattato dal Pagliani in un opuscolo presentato pel prece-
dente concorso del 1884, e sul quale uno di noi ebbe allora a riferire. Il
Pagliani stimò opportuno di rifarsi sul predetto argomento, attese le singolarità
allora avvertite, sia per quanto all'influenza delle varie temperature sui pre-
detti miscugli, come ancora per l'avvertita diminuzione nel coeitìcente di com-
pressione nei miscugli rispetto a quello dell'acqua pura. Nella presente Memoria
egli sottopose a prova otto diversi miscugli, determinandone il coeflfìcente di
comprimibilità sotto diverse temperature comprese fra 0 gradi e 70° circa.
Le pressioni furono variate in generale da una a quattro atmosfere circa.
I procedimenti sperimentali furono abbastanza accurati, ed ogni prova venne
ripetuta le più volte.
•< Le conclusioni di questo lavoro sarebbero le seguenti : a) Che la giunta
di piccole quantità di alcole tende a diminuire la comprimibilità del miscuglio
rispetto a quella dell'acqua, e ciò distintamente fino alla proporzione del
23 p. °/o di alcole, b) I miscugli alcoolici contenenti meno del 19 p. % di alcole,
— 651 —
offrono una comprimibilità che va diminuendo coll'aumentare della temperatura
al disopra dello zero; ma per ciascun miscuglio essa assume un valore minimo
sotto una data temperatura, oltre la quale essa va invece aumentando colla
temperatura, e). La temperatura del minimo di comprimibilità dei detti miscu-
gli è sempre inferiore a quella dell'acqua, e tanto più quant' è maggiore la
ricchezza alcoolica del miscuglio. Osservano però gli autori a questo riguardo
che non emerge una relazione semplice fra i valori delle temperature pel mas-
simo di densità e pel minimo di comprimibilità tra l'acqua ed i detti miscugli.
« Sebbene questo lavoro sia stato condotto dal lato sperimentale colla
solita accuratezza, che il Pagliani pone nelle sue ricerche, ci sembra che esso
avrebbe meritato ulteriori indagini, non difficili a compiersi. Cosi, ad esempio,
il fatto che l'aggiunta di date quantità di alcole all'acqua rende le diluzioni
men comprimibili dell'acqua stessa, il quale a prima giunta può parere strano,
perde ogni significanza quando si pensi che il sistema melecolare del miscuglio
ha già subito una molto profonda modificazione nell'atto stesso in cui l'alcole
si disciolse nell'acqua, come ne fanno prova la rilevante produzione di calore
e la notevole contrazione nei volumi dei due liquidi mescolati. Ed invero
questa contrazione è tale, che a volerla produrre sui due liquidi separatamente
per opera di sola pressione meccanica, richiederebbesi, in più casi, l'esercizio
di alcune centinaia di atmosfere. Epperò una diluzione alcoolica, fisicamente al-
meno, è un corpo sul generis, cioè affatto differente da entrambi i costituenti
di essi, del pari che accade nelle combinazioni chimiche ; tanta è la efficacia
delle azioni molecolari fra corpi aventi molecole di masse differenti.
« Pertanto crediamo che l'autore avrebbe dovuto innanzi tutto, per cia-
scuno dei suoi miscugli, tenere conto della variazione della densità che i
due liquidi presentano nell'atto della loro diluzione, secondo i dati delle più
accurate determinazioni. E forse allora gli sarebbe apparsa qualche relazione
abbastanza semplice fra le variazioni di densità prodotte dalla compressione
meccanica sul miscuglio già formato, e la variazione di densità determinata
dalla predetta pressione molecolare nell'atto in cui il miscuglio si è formato.
« Più importante ci sembra l'altra Nota presentata dal Pagliani sul coeffi-
cente di dilatazione e sul calore specifico a volume costante di molti liquidi.
Kicordate le note formole, che legano la caloricità di un corpo a volume costante
con quella a pressione costante, e giovandosi dei dati sperimentali più attendi-
bili su la dilatabilità termica, su la comprimibilità meccanica e su la caloricità
specifica dei liquidi medesimi, presi a differenti temperature, egli trova, come
era facile prevedere, che, fatta eccezione per l'acqua, per gli altri liquidi il
calore specifico a volume costante va crescendo coll'aumentare della tempera-
tura, nel mentre che il coefficiente di dilatazione, ridotto pure a volume costante,
va invece diminuendo col crescere della temperatura. Oltre di che così gli
aumenti della prima quantità (caloricità a volume costante) come i decrementi
della seconda (la dilatabilità a volume costante) tendono ad assumere valori
Rendiconti. 1888, Yol. IV, 1° Sem. 48
— 652 —
mano mano decrescenti coli' elevarsi della temperatura, accennando di tendere
entrambi verso un rispettivo valor limite. Ed invero, mano mano che ognuno
dei liquidi considerati si avvicineranno alla rispettiva temperatura critica tanto
i due suoi coefficienti di dilatazione, quanto i due calori specifici di esso (a
pressione costante ed a volume costante) tenderanno ad assumere valori poco
differenti fra di loro.
u Ben più degna di considerazione ci sembra un'altra Memoria del prof.
Pagliani sulle forze elettromotrici di contatto fra due liquidi differenti. Da
principio l'autore ricorda le ricerche di altri fisici rivolte a determinare se
veramente sia da ammettersi una propria forza elettromotrice di contatto fra
due dati liquidi indipendentemente dal contatto di essi coi metalli che fun-
zionano da elettrodi ; se questa forza elettromotrice abbia attinenza piuttosto
colle rispettive azioni chimiche che con atti semplicemente tìsici csercitantisi
fra i liquidi stessi; se in una serie di liquidi diversi si verifichi la legge del
Volta quanto alla risultante forza elett/omotrice, e se finalmente sussista
una relazione fra la forza elettromotrice e la quantità relativa di una data
sostanza disciolta in un medesimo liquido.
« Dopo di che il Pagliani passa a descrivere il processo da lui seguito
e la disposizione delle varie parti dell'apparecchio da lui usato per la deter-
minazione della differenza di potenziali fra i singoli liquidi. E qui ci sembra
abbastanza appropriato l'artificio da lui immaginato per ridurre a contatto
due superficie liquide eterogenee, evitando ogni inizialo commistione od agita-
zione fra i due liquidi ridotti a contatto.
« Dall'insieme delle molte sue esperienze il Pagliani trae parecchie dedu-
zioni, talune delle quali ci sembrano abbastanza interessanti : a) Il contatto
di due liquidi eterogenei è per sé condizione sufficiente di una elettromozione
analoga a quella offerta dal contatto di due solidi eterogenei; b) La differenza
di potenziale fra due date soluzioni eterogenee cresce coll'aumentare della
differenza delle rispettive loro densità; e) La legge del Volta si verifica per
rispetto ad alcuni gruppi di elettroliti disciolti, laddove per altri gruppi di
elettroliti essa si verifica soltanto approssimatamente; d) Nel più dei casi la
differenza di potenziale riesce più distinta con quelle coppie di soluzioni, per
le quali sono maggiori le differenze di solubilità dei due sali e quindi anche
le differenze di concentrazione e di densità delle loro soluzioni; e) Le forze
elettromotrici di contatto risultano più grandi nei solfati, i quali offrono mag-
gior tendenza a formare sali doppi.
« Da ultimo l'autore osserva che in queste elettromozioni di contatto
fra liquidi diversi intervenendo tanto gli atti fisici di diffusione, di soluzione
e di diluzione, quanto ancora le azioni chimiche propriamente dette, risultano
in generale molto complessi i particolari valori delle corrispondenti forze elet-
tromotrici.
« Merita ricordo un'altro opuscolo del Pagliani, in cui descrive un
— 653 —
fotometro a riflessione, da lui ideato per agevolare, negli usi industriali, la
comparazione del potere illuminante delle varie fonti di luce.
« Quattro altri opuscoli presentò il Pagliani riguardanti tutti l'attrito
interno dei liquidi; i primi due compilati in comune col dott. A. Battelli, il
terzo col sig. E. Odone ed il quarto da solo. I due primi vennero pubblicati
nel 1885, gli altri nel 1887. Per queste ricerche venne adoperato un processo
di misura conforme a quello già usato dal Graham e da altri fisici, quello
cioè del volume di ogni liquido effluito in un dato tempo da un cannello capil-
lare di dato diametro e di data lunghezza e sotto una determinata pressione.
« Sperimentando sugli alcoli di diversa costituzione e su miscugli di questi
con varie quantità d'acqua ed a temperature diverse (qual'è l'oggetto speciale
del primo dei detti opuscoli), gli autori giungono alle seguenti conclusioni:
a) Negli alcoli omologhi l'attrito interno aumenta col crescere del rispettivo loro
peso melecolare e del loro punto di ebollizione, come già aveva dimostrato il
Graham ; b) Gli alcoli etilico, metilico e propilico sciolti nell'acqua in varie
proporzioni presentano un massimo d'attrito il quale varia colla temperatura :
e) Nelle varie soluzioni di codesti alcoli la ricchezza procentica corrispondente
al massimo attrito aumenta col crescere della temperatura; ma non emerge
una relazione generale fra codesto massimo e la rispettiva composizione chimica;
d) sembra però esistere una relazione generale fra l'attrito interno per le singole
soluzioni alcooliche e la rispettiva tensione dei vapori de' liquidi mescolati.
« Nel secondo opuscolo, sperimentando sull'attrito interno delle soluzioni
di diversi gas nell'acqua, gli autori giungono alle seguenti deduzioni: a) Bastano
piccole quantità di gas condensate nell'acqua, come era già noto, per aumentarne
sensibilmente l'attrito interno; b) Nelle soluzioni acquose de' vari gas l'attrito
interno cresce coli' aumentare la quantità del gas disciolto, però sino a rag-
giungere un valore massimo per un dato grado di condensazione ; e) Coli' aumen-
tare della temperatura va pure aumentando il coefficiente d'attrito di ciascuna
soluzione gasosa; d) L'aumento nell'attrito interno dell'acqua prodottovi dalla
condensazione dei vari gas riesce tanto maggiore quant'è più grande il coeffi-
ciente di attrito interno pel gas stesso in istato aeriforme.
« Nel terzo degli opuscoli succitati, sperimentando su alcune soluzioni
acquose di acido nitrico, gli autori trovano che per esse la ricchezza procentica,
cui corrisponde il massimo d'attrito, aumenta col crescere della temperatura.
« Finalmente, nell'ultimo dei predetti opuscoli il Pagliani, occupandosi
in particolare della viscosità di alcuni liquidi grassi, descrive un apparecchio
abbastanza semplice da lui immaginato, col quale si può determinare con suffi-
ciente approssimazione la viscosità relativa di quegli olì che in varie industrie
s'impiegano quali sostanze lubrificanti.
« Ora crediamo opportuno di avvertire che l'apparecchio, già costrutto
dal Desaga di Heilberg pel prof. Naccari (nel 1883), e che poi fu usato dal
Pagliani nelle ripetute sue esperienze su l'attrito interno dei liquidi offre
— 654 —
alcuni inconvenienti, benché non molto gravi. Primieramente il cannello capil-
lare entro cui deve scorrere il liquido, avendo i suoi estremi saldati colle
due bolle pure in vetro, quella cioè di afflusso e quella di efflusso del liquido
stesso, trovasi in tali condizioni per cui non è dato determinare, direttamente
e col dovuto rigore, uè la lunghezza, e manco poi il raggio del cannello stesso.
Tanto che il Pagliani dovette accontentarsi di dedurre indirettamente codesto
raggio mediante l'attrito dell'acqua pura, assumendo i valori trovati dal Poi-
seville, e supponendo che il moto fosse lineare anche nel caso suo. Infine
non è strettamente rigorosa l'ipotesi ammessa dal Pagliani, cbe cioè la pressione
idrostatica nel passare dal vaso di afflusso a quello di efflusso si compensi,
benché nelle date circostanze l'errore che ne deriva non può essere rilevante.
« Crediamo opportuno di notare altresì, che in queste ricerche del Pagliani
sull'attrito interno dei liquidi, come ancora in quelle ricordate più sopra sulla
comprimibilità delle soluzioni alcooliche, sulle forze elettromotrici di contatto
fra i liquidi, e sui loro calori specifici a volume costante, egli si preoccupa
anzitutto, il che è pur necessario, di determinare con cura i valori numerici
dei singoli dati sperimentali ; mentre poi non sHpreoccupa abbastanza d'inve-
stigare quali relazioni possano sussistere tra codesti dati relativi ad una proprietà
fisica de' corpi e le altre proprietà tìsiche o chimiche de'corpi stessi. Laddove
quest'ultimo esser dovrebbe il precipuo intento degli studi sperimentali della
fisica moderna, i quali devono pur essere diretti a riscontrare il valore effettivo
delle previsioni della fisica matematica. Basterà, ad esempio, l'accennare gli
importanti e recenti studi, teorici e sperimentali, su le relazioni trovate, per
non poche serie di soluzioni affini, fra i valori dei rispettivi coefficienti osmotici
ed i valori relativi di varie altre qualità fisiche e chimiche delle soluzioni stesse ;
perocché codesti studi appunto rivelano nuovi indirizzi per le ricerche fisiche.
« Ora la Commissione, nel mentre giudica esser degne di lode la operosità
scientifica e la accuratezza del Pagliani nelle varie sue pubblicazioni, non
crede però che sia il caso di accordargli per esse un novello premio. E ciò
per riguardo ad alcuni degli appunti fatti più sopra, e più ancora pel riguardo
che in taluni dei predetti opuscoli si continuano argomenti e studi che, pochi
anni sono, valsero al Pagliani un premio dello stesso ordine di quello cui
ora egli aspira.
« Perciò la vostra Commissione fu altresì unanime nel proporre e rac-
comandare alla classe che, a sensi dell'art. 5° del R. decreto 14 maggio 1886,
venga riaperto un concorso, colla scadenza del 30 aprile 1891, a tre premi
nella Fisica e nella Chimica, del complessivo valore di lire 9 mila; e che
però a questi premi, oltre i professori delle scuole secondarie, potranno pure
concorrere, giusta il predetto art. 5°, i professori ed assistenti delle Università
e Scuole universitarie ».
P. B.
D. C.
— 655
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Glasse di scienze fìsiche, matematiche e naturali.
Seduta del 3 giugno 1888.
F. Brioschi Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Fisica — Nuovo metodo per costruire e calcolare il luogo,
la situazione e la grandezza delle imagini date dalle lenti o dai
sistemi ottici complessi. Nota del Socio Govr.
« La teoria delle lenti e dei sistemi ottici complessi ha preso nuova
forma e raggiunto molto maggior perfezione dacché il Moebius, il Gauss, il
Listing ecc. vi hanno introdotto la considerazione di certi piani e punti car-
dinali, che semplificano la costruzione del luogo, della situazione e della
grandezza delle imagini, permettendo di tener conto della grossezza dei mezzi
rifrangenti attraversati dalla luce. Però le operazioni preparatorie sian esse
costruzioni, o sian calcoli, colle quali si giunge a determinare il luogo dei
punti e dei piani cardinali, in lenti o in sistemi progettati, sono lunghe e
fastidiose, e spesso non proporzionate alla importanza del risultato che se
ne vuol ricavare ; sempre poi riesce difficilissimo il determinare sperimental-
mente il luogo di codesti piani e di tali punti, nelle lenti già lavorate o
nei sistemi ottici costituiti.
« I Fisici quindi, malgrado i metodi pratici e gli apparecchi suggeriti
in proposito dal Cornu, dal Gariel e da altri, si limitano ancora, nella mag-
gior parte dei casi, a considerar le lenti come prive di grossezza, o a calcolar
Eendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 83
— 656 —
direttamente, e per ogni superficie limitante, la via battuta dai raggi lumi-
nosi attraverso ai mezzi studiati o proposti, sagrificando così una parte
(talvolta non piccola) della esattezza, o accrescendo la fatica dei calcoli quando
si tratti di molte determinazioni relative allo stesso sistema ottico.
« Non sarà dunque discara agli studiosi la proposta d'un metodo più
sbrigativo per costruire o calcolare le imagini date dalle lenti grosse, lo
stesso metodo applicandosi pure a un sistema ottico qualunque.
« Codesto metodo esige la determinazione di due punti che, molto pro-
babilmente, non vennero considerati fin qui dai fisici né dai matematici i quali
hanno trattato codesti argomenti, e diciamo che probabilmente non furono
avvertiti, perchè, se qualcuno li avesse indicati, se ne sarebbero immediata-
mente riconosciute l'importanza e l'utilità, e i trattati d'ottica recentissimi
ne avrebbero tenuto conto.
« I due nuovi punti, pei quali viene assai semplificata la teoria delle
lenti, e che molto agevolmente si determinano colla osservazione, sono le
imagini dei centri di curvatura delle due faccie anteriore e posteriore della
lente veduti attraverso a quella delle due faccie, alla quale non appartengono.
Per ottenerli bisogna supporre che i raggi luminosi divergendo dal centro di
curvatura di una faccia, o convergendo verso di esso, vadano ad incontrare
la seconda faccia della lente, dove per rifrazione son fatti convergere verso
l'imagine di esso centro o divergere da codesta imagine, quando essa riesca
virtuale. Si hanno per tal modo sull'asse della lente i luoghi delle due ima-
gini q e Qi dei centri e e d di curvatura delle due facce al, bli .
« Fissata la posizione di questi due punti, che si potrebbero chiamare
punti centrici di quel dato sistema lenticolare, non occorre più altro per deter-
minare qualunque foco coniugato d'un punto situato sull'asse o fuori del-
l'asse principale del sistema, e per ottenere la grandezza e la situazione delle
imagini reali o virtuali che dal sistema stesso possono esser prodotte.
« La determinazione a priori di codesti punti (come la determinazione
— 657 —
dei punti e dei piani del Gauss e del Listing) esige la conoscenza della lun-
ghezza e del segno dei raggi di curvatura delle due superficie della lente,
quella della grossezza di essa lente, o della distanza assiale delle due super-
ficie rifrangenti, quella infine della velocità relativa della luce nei tre mezzi
successivi, vale a dire dei loro indici relativi di rifrazione. Si può, con que-
sti soli dati, costruire o calcolare il luogo dei punti centrici q e qu senza de-
terminar prima i fuochi principali e le distanze principali, o fuochi ante-
riori, delle due superficie della lente, ma si possono anche determinar, volendo,
queste quantità, che, introdotte nei calcoli successivi o nelle costruzioni ul-
teriori, abbreviano o semplificano il lavoro.
« A ogni modo, ottenuti i due punti centrici, non si ha più alcun biso-
gno, né del centro-ottico, né delle sue due imagini, o punti nodali del Li-
sting, né fai piani principali del Gauss, né dei fochi 'principali, della lente
intera, per costruire o calcolare per essa i luoghi, le situazioni e le grandezze
delle imagini. E siccome tali costruzioni si fanno molto speditamente,
così si può adoperarle, senz'altro, per la ricerca dell'effetto finale di una se-
rie qualsivoglia di superficie e di mezzi rifrangenti diversi centrati sullo
stesso asse.
« Non è però indispensabile il ricorrere, pei sistemi ottici, a questo pro-
cedimento laborioso di costruzione o di calcolo per via d'imagini successive,
mentre si possono sempre determinare in ogni sistema ottico (per quanto si
voglia complesso) le imagini dei centri di curvatura della sua prima e della
sua ultima superficie, veduti successivamente attraverso a tutto il resto del
sistema, cercando l'imagine del centro della prima superficie attraverso alla
seconda, poi l'imagine di questa imagine attraverso alla terza, e così via via,
fino all' imagine di tutte le imagini precedenti, veduta attraverso all'ultima
superficie, e rifacendo la medesima operazione in senso inverso pel centro
dell'ultima superficie e per le sue imagini successive fino a quell'ultima che
è veduta attraverso alla prima superficie. Operando così si ottengono i punti
centrici del sistema intero, mediante i quali si costruisce poi, o si calcola
rapidissimamente l'imagine di qualunque punto situato a qualsiasi distanza
dal sistema.
« La maggiore semplicità del nuovo metodo nasce dal considerarvisi
quei raggi che non subiscono deviazione né trasporto, sia all'entrata sia al-
l'uscita dei varii mezzi, per cui le faccie della lente, o le superficie esterne del
sistema vengono quasi a farvi l'ufficio dei piani principali Gaussiani, i centri
di curvatura di queste superficie quello dei punti nodali del Listing, e le
loro imagini, o punti centrici, quello dei fòchi principali del sistema ottico.
« Senza entrare per ora nei minuti particolari del nuovo metodo, basterà
mostrare, come ricorrendo ad esso, si possano trovar facilmente i punti centrici
di una lente data, e come, trovati codesti punti, si costruisca agevolmente
— 658 —
l'imagine di qualsiasi oggetto veduto attraverso alla lente; si vedrà così se
il metodo proposto meriti, o no, di venir preferito agli altri.
« Per trovare praticamente la posizione dei punti centrici d'una data
lente, se ne misura la grossezza y. e si determinano collo sferometro, o per
riflessione, o altrimenti ; i raggi di curvatura r ed rx della sua prima e della
sua seconda superficie.
« Ottenute queste quantità si pone, normalmente all'asse della lente.
0
un oggetto di grandezza nota og, a una distanza determinata ag da una
delle faccie, e si cerca l'imagine 0\ gx reale, o virtuale di esso oggetto veduto
attraverso alla lente, misurando codesta imagine, e determinandone la di-
stanza bg^ dall'altra faccia.
« Se allora si conduce una retta dalla estremità libera o dell'oggetto
al centro e di curvatura della prima faccia della lente, questa retta taglifirà
l'ultima faccia in un certo punto mx; tirata una retta dalla estremità ox del-
l' imagine al centro di curvatura cx dell'ultima faccia, si noti con m il punto
in cui questa retta taglia la prima faccia della lente. Si congiunga Oi con ///,.
il punto q in cui la retta oY m\ taglierà l'asse della lente sarà il primo punto
centrico, cioè il luogo della imagine del centro e della prima faccia veduto
attraverso alla seconda. Si unisca egualmente o con m, il punto qx in cui
la o m taglierà l'asse sarà il secondo punto centrico, cioè l'imagine del cen-
tro d della seconda faccia, veduto attraverso alla prima. Ottenuti così i punti
q e Qi, la costruzione dei fòchi principali o coniugati del sistema e quella
di tutte le imagini che esso può dare riesce speditissima, e se ne possono de-
durre poi molto agevolmente i luoghi dei piani principali, dei punti nodali, del
centro ottico ecc. ecc. se si vogliono trattare i problemi relativi alla lente data
coi meto'di del Gauss, del Listing, o di quegli altri matematici che si sono andati
occupando in questi ultimi tempi della teoria delle lenti e dei sistemi ottici.
— 659 —
« La costruzione precedente mostra subito come si possa ottener l'ima-
gine di un punto o posto fuori dell'asse della lente (se il punto dato fosse
sull'asse, si innalzerebbe da esso una perpendicolare sull'asse, e si determine-
rebbe l'imagine d'un punto qualunque di questa perpendicolare, tirando poi
dall' imagine ottenuta una normale sull'asse medesimo ; il punto di incontro
di questa normale e dell'asse sarebbe il luogo dell'imagine del punto dato).
Si guidi dal punto o una retta al centro e della faccia per cui s'intende che
penetri la luce, una tal retta rappresenterà un raggio luminoso, che partito
da o passerà, non deviato né spostato, attraverso alla materia della lente
finché incontri in mx la seconda faccia. Giunto il raggio in m,\ esso devierà
piegando verso il punto q, imagine di e ; condotta quindi la mx g, su questa
retta prolungata dovrà trovarsi l'imagine di o. Dal medesimo punto o si guidi
per Qi la oqx sino a incontrare la prima faccia della lente in m. Per m e
per Ci si conduca la cy m, la quale, prolungata, uscirà non deviata dalla lente,
e incontrerà la mx q in un punto Oi ; il punto ol sarà l'imagine cercata di o.
« Se dal punto o si abbasserà sull'asse la perpendicolare og, e da ox
laoj^!, il punto g{ sarà il luogo dell'imagine del punto g veduto attraverso
alla" lente.
« Per ottenere i Fòchi principali di una lente data, convien condurre
un raggio le al centro della sua prima faccia, e guidar quindi il suo ri-
fratto corrispondente miq, poi, pel punto ([x condurre la qx m parallela alla le
tirando la m C\ e prolungandola fino all'incontro della m^ q, prolungata, in S;
— 660 —
il punto S sarà l'imagine d'un punto situato all' infinito nella direzione
della ani l. Innalzata da S una normale sull'asse, si avrà in Px un fòco
principale della lente. La stessa costruzione ripetuta per l'altra faccia darà
il secondo fòco principale P, o punto di Distanza principale della lente.
« Però si può ottenere più prontamente il secondo fòco, quando si cono-
sca già l'altro, approfittando di una relazione semplicissima che lega fra loro
le due distanze q Pi e qxP dei due fòchi principali dai punti centrici.
« Eappresentando con r il raggio di curvatura a e, della prima faccia della
lente; con rx il raggio b cx, dell'altra faccia, con % la distanza bq del punto
centrico q dalla seconda faccia della lente, con Xi la distanza aqx di qx
dalla prima faccia, e indicando 'con F la distanza q Pi e con Fi la qx P, si
ottiene con facilità la relazione seguente:
che dà immediatamente Fx se si conosce F, o F quando sia noto Fx.
« La costruzione di questa formula è semplicissima. Dai punti q e qx
si conducano due normali sull'asse, pel centro e si conduca la ctx, ad arbitrio
fino ad incontrare nel punto tx la normale condorta per qx ; pel centro cx si
guidi cx ^ parallela a eh, finché essa incontri in t l'altra normale ql. Unito
allora il foco principale P (che si suppone conosciuto) con t, si faccia passar
per tx una parallela alla Pt, il punto Px dove essa taglierà l'asse sarà l'altro
foco, o il punto della Distanza principale della Lente.
« Basteranno per ora questi brevi cenni sul nuovo metodo per la ricerca
delle proprietà delle lenti grosse e dei sistemi ottici, il suo sviluppo com-
piuto non potendosi rinchiudere nei brevi limiti d'una Nota.
« Si avverta che lo stesso procedimento grafico (e quindi le formule che
ne derivano) si applica assai comodamente anche ai Sistemi ottici compo-
sti con lenti senza grossezza.
« In questo caso si determinano dapprima le imagini successive del
centro della prima e dell'ultima lente vedute attraverso a tutte le altre, poi,
considerando i centri delle lenti come si considerarono dianzi i centri di cur-
vatura (giacché si suppone che i raggi passino per essi centri senza devia-
zione e senza spostamento) si compiono relativamente ad essi e alle loro ima-
gini le costruzioni precedentemente indicate, e così si risolvono con rapidità
tutti i problemi relativi agli strumenti ottici composti con lenti sottili».
661 —
Fisiologia. — La frequenza cardiaca negli animali a sangue
freddo. Osservazioni e sperieuze del Socio A. Moriggia.
« In parecchie ricorrenze sperimentali ebbi occasione di verificare la
maniera diversa di comportarsi, sotto il medesimo influsso, del cuore degli
animali omoiotermi e poichilotermi, per cui mi risolsi a cercare in modo
diretto intorno a questo fatto, che incidentalmente io ed altri ebbero campo
di rilevare.
« Qualche sperienza operai a questo proposito sopra tartarughe, la mas-
sima parte però degli sperimenti vennero praticati sopra la rana esculenta :
a questa, legata sul patibolo, veniva messo a nudo il cuore colla minor per-
dita possibile di sangue. A riscontrare i risultati delle rane sperimentate, se
ne tenea sempre una di confronto. Le sostanze medicamentose o venefiche
da me usate erano introdotte per via ipodermica, o per inalazione, quando
n'era il caso ('). Ecco l'elenco delle sostanze adoperate per vedere di modi-
ficare in più od in meno la frequenza cardiaca, essendo precisamente questa
che in modo speciale presi di mira.
« Vi unisco pure, senza classificarle, quelle che leggendo Memorie di
parecchi autori rilevai aver offerti risulati in rapporto alla frequenza cardiaca,
non avendo la pretesa che di aver raccolto relativamente una parte molto
piccola del materiale qua e colà abbondantemente ^sparso, riflettente siffatto
argomento :
■« Cocaina : atropina : santonato sodico, alcool assoluto : etere, cloroformio,
« cloralio, ammoniaca, nitrato d'amile, piridina, morfina, acetato d'ammonio,
« neurina, ossigeno, cloruro sodico, eserina, delfina, aconitina: triossimetilene,
« abrotina : alcaloide del xantilon senegalense, antipirina, benzonitrile, tallina,
« paraldeide, ergotina, segala cornuta, ecbolina, acido fenico : acidi in gene-
« rale : helleborus, stricnina, curaro, apoatropina, jequirity, muscarina, digi-
« talina, scillaina, elleboreina, cairina, cairolina, veratrina, sublimato corro-
« sivo, saponina : acetal, dimetiacetal, ptomaine in genere, nicotina, chinino,
« bile, nichel, cobalto, coptis teeta, acetanilide, strophantus, ispidus, le so-
« stanze settiche in genere, lattato di etile, urina.
« Fra tutte queste sostanze non ve n'ha una capace di destare nella
rana non solo una frequenza febbrile, ma nemmeno un'aumento discreto e
prolungato di battiti, anzi quasi tutte ne inducono una diminuzione prolun-
gata e spesso grave, da far discendere il cuore a pochissime battute per V.
« Da questo lato parrebbe che nelle rane non esistessero che i nervi
frenatori.
(') Quando non sia scritto altrimenti, nell'ambiente in cui si lavorava, la temperatura
fu da 10° a 12° del centigrado.
— 662 —
« Abbastanza facilmente in questo animale si ottiene l'effetto annunciato
dal Weber colla corrente indotta sui nervi vaghi, o collo stimolo sul midollo
allungato, come, ancora prima di tutti, dimostrò il nostro Galvani : però
recidendo siffatti nervi non s'incontra nel risultato opposto, quale si veri-
fica negli animali a sangue caldo.
« Negli animali omoiotermi le nominate sostanze suscitano una reazione
dell'organismo, una maggiore frequenza cardiaca, almeno quasi tutte, special-
mente in certi periodi di loro azione, ed usate in certi dosi ; ed anche quando
vi ha tendenza ad abbassare il numero dei battiti, in generale siamo lontani
dal rasrdunsrere le cifre offerte dal batrace : anzi ve n'ha talune, tra cui la
cocaina, che secondo le sperienze di Ugolino Mosso, anche a dosi fortissime,
tendono ad alzare il numero de' battiti.
« Un'altro fatto va notato : è conosciuta negli animali a sangue caldo
l'armonia che suole intercedere fra il numero degli atti cardiaci ed i respi-
ratori, tantoché nelle circostanze ordinarie dal numero delle respirazioni si
può indurre quello delle pulsazioni e viceversa : questa corrispondenza
numerica, se non sempre ('), in generale però si conserva anche sotto l'im-
perio de' rimedi e veleni, ma per le rane presto e facilmente suole sorgere
un distacco abbastanza grande tra i numeri normali del respiro e del battito :
è però vero da dire, che anche nelle condizioni fisiologiche il rapporto fra
quei due atti non è così costante e regolare, come negli animali a sangue
caldo, forse anche a ragione delle differenze nella respirazione.
« Sebbene il dolore alla lunga, come risulta dalle esperienze del Man-
tegazza, abbassi la frequenza cardiaca negli animali a sangue caldo, sapendo,
che sul principio può indurre effetti opposti, massime se il dolore non sia
grave, volli pure sperimentarlo nelle rane, ma frequenza maggiore non ottenni,
come pure colla paura, con detonazioni improvvise, ecc.
« Osservai nell'agonia, provocai emorragie di diverso grado, ma i battiti
hanno sempre avuto tendenza a calare, e talora di molto, come nell'emor-
ragia. Con correnti elettriche provocai energico e prolungato lavoro muscolare,
ma il cuore non si smosse dalla sua frequenza, scemando od anche arrestan-
dosi, se le usava forti, per azione vasomotoria o sui vaghi, quantunque gli
elettrodi fossero applicati ai due piedi.
« Questo risultato mi ha sorpreso, essendo noto, un grande lavoro mu-
scolare poter portare negli animali a sangue caldo, la frequenza cardiaca
anche assai oltre il doppio della normale, massime se questa non sia molto
elevata, e tanto più il fatto torna singolare, pensando che nel lavoro musco-
lare si sviluppa del calore, il quale ha potentissima azione nei batraci per
(!) A quest'uopo basta eccitare, come già pubblicammo Moleschott ed io, con cor-
rente indotta il moncone centrale del vago nel coniglio, per veder rompersi l'unisono tra
frequenza cardiaca e respiratoria ; tale disarmonia viene anche in iscena talora per condi-
zioni patologiche tifo, polmonite, o per taluni veleni, curaro, stricnina.
— 663 —
affrettar l'opera del cuore : io posi rane per la metà posteriore del corpo in
bagno a 38° per 1' a 2r, ed i battiti da 25 in ambiente a 10°, salirono a
più di 80 : non v'ha che il calore capace a portare il cuore delle rane a
stato di febbrile frequenza, producendosi in tali casi anche un discreto grado
di anestesia nelle parti collocate nel bagno caldo : recando rane da ambienti
a 10°, in altri a 15°, 17°, trovai crescere la frequenza cardiaca nella pro-
porzione di quasi due battiti per ogni grado di calore in più : viceversa,
come pur si conosce, il freddo abbassa assai la frequenza de' battiti : tenni
rane colle coscie e colla pancia sopra il ghiaccio per un'intera notte (febbraio);
al mattino aveano battiti da 3 a 7, colla pelle delle coscie e del ventre
poco o quasi punto anestizzata (').
« Sarà forse per un certo esaurimento, ma la rana trasportata da un
ambiente un pochin più caldo, in altro più freddo, in cui prima stava, per
un certo tempo presenta un battito più raro, di quello, che presentava prima
d'esser stato al caldo.
« La sensibilità al calore di tutti gli animali e specialmente dei poichi-
lotermi (2), ora per esperienza propria nelle rane, trovo tanto grande, che
certamente è possibile concepirla facile fonte di errore nell'apprezzare l'azione
di diverse sostanze sulla frequenza cardiaca, per cui da questo lato non sa-
ranno mai troppe le precauzioni da pigliare onde assicurarsi la parte, che
può avere nel risultato il variare anche minimo di temperatura dell'ambiente
in cui si lavora, potendo già avere la sua quota d'influenza, specialmente
d'inverno, la semplice vicinanza di persone all'animale in isperimento. Questo
fatto unito all'altro, che rane normali poste in medesimo ambiente sono ca-
paci di aumentare o scemare i battiti per una piccola parte, l'una più o
meno della compagna, dovrà forse assumersi per concorrere a spiegare i ri-
sultati in apparenza contradicenti di alcuni sperimentatori.
« A questo proposito ho osservato, che se è basso il numero primitivo
delle pulsazioni, il cuore messo a nudo tende piuttosto ad aumentarle, e vi-
ceversa, quando si presenta dapprima elevato come nella state per es. : sulle
rane ho tentato anche la digitalina in rapporto col calore, e trovai che se il
battito è già disceso di molto per es. a 9 al 1', allora un bagno d'acqua
a 37° per qualche V non vale a neutralizzare o vincere l'azione del depri-
mente : se per es. il battito non è calato che da 28 a 18, allora il caldo
(!) Negli animali a sangue caldo, secondo Bernard, interviene diversamente, cioè è il
freddo e non il caldo ad anestizzare la pelle.
(2) A cominciare dall'ovo della rana, che a temperatura più elevata può accelerare
il suo sviluppo completo anche di un terzo del tempo ordinariamente necessario.
Aggiungo qui un altro fatto, che ieri m'occorse di osservare ; studiando i battiti in
rane mezzane di grandezza a temperatura di 25°, li trovai in numero di 96 a 102 al V ;
in 3 rane piccolissime, circa il quinto in peso di ciascuna delle altre, contrariamente ad
ogni aspettazione non arrivai a contarne che 80 ; la cosa merita d'esser studiata su più
ampia scala, risalendo anche al girino.
Kendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 87
— 664 —
può ancora crescerlo, ma ciò talora si opera in modo assai irregolare, cioè
si risale ora a 25, ora a 20, per tornare a 25, rimanendo però sempre sotto
la cifra del punto primitivo di partenza.
« Dopo l'agente universale calorico, a cui nessun vivente si sottrae,
tra le diverse sostanze tentate trovai l'alcool assoluto fiutato con spugnetta
per circa 1', poter crescere di 2 a 4 battiti cardiaci per 1', ma in modo
assai passeggero ed ancora non costantemente : invece il medesimo alcool
diluito in diverse proporzioni iniettato sotto la pelle, li ha sempre fatti ca-
lare : ponendo rane in aria carica di ossigeno mi riuscì crescere di qualche
palpito il cuore, come pure facendo fiutare per alcuni 1" una spugnetta ba-
gnata con ammoniaca diluita con 2/3 a 3/4 d'acqua : 1 ce. di soluzione di
cloruro sodico 0 grani., 75 fornì un lieve aumento, soluzioni più cariche,
davano diminuzione.
« Il solfato neutro di atropina ed il cloridrato di cocaina alla dose di
0 gram., 0025 mi diedero qualche battito in più ma a dosi maggiori ve-
niva la diminuzione : quindi per la cocaina tengo più per i risulati di Ugo-
lino Mosso ('), sebbene abbia esso lavorato con circolazione artificiale in
cuori isolati, che per quelli di Anrep, benché sperimentasse su cuori in posto.
« Mosso trovò crescere i battiti, colla dose 0,0002, mentre Anrep afferma
non ispiegarsi effetto dalla dose di 0,0005, a quella di 0,0015, salvo che
in parte ciò possa dipendere dal fatto di rane forse più grosse da esso usate,
che le nostre di mezzana grandezza.
« Forse lavorando con uguale diligenza, cioè abbassando opportunamente
le dosi, potrebbe darsi, che pur per altre sostanze di sopra citate, si trovasse
un periodo, in cui crescessero pure un po' la frequenza.
« In ogni modo, per quanto vidi, si tratta sempre di aumento numerico
assai tenue e per lo più passeggero, trapassando dappoi in generale a dimi-
nuzione, e talora ristabilendosi allo stato quo ante.
« In vista di un comportamento così speciale del cuore d'anfibio, pensai
che potrebbe forse la cosa cambiare, se per mezzo della temperatura si avesse
già il battito elevato ad un grado da accostarlo a quello di animali a sangue
caldo di non grande frequenza cardiaca : agendo anche con cuore portato a
40, 50 battiti per 1', la cosa non cambia, anzi pare aggravarsi, nel senso
che quanto maggiore è la frequenza cardiaca, da cui si parte, e più le so-
stanze cimentate tendono in generale ad abbassarla.
« Sarebbe curioso da vedere come si comportassero da questo lato gli
animali a sangue caldo ridotti quasi a sangue freddo con diversi mezzi, che
conosciamo, cioè col taglio del midollo spinale sopra il rigonfiamento brac-
chiale, coll'immersione in recipiente a ghiaccio, o dando vernice impermea-
bile alla pelle : con questi modi si può portare, senza che ancora muoia, un
(l) Archiv. Italien. de Biologie, toni. VITI, fase. III., diretti da A. Mosso.
— 665 —
coniglio da 39° a 22° e veramente per quanto riguarda l'eccitabilità dei
nervi, l'irritabilità dei muscoli, le loro proprietà elettriche, il rallentamento
del cuore e del respiro ecc. risulta, accostarsi essi agli animali a sangue freddo.
« Pensando alla grande potenza del calore per indurre il cuore in più rapida
azione, ed alla costante od almeno generale concomitanza di polso frequente
e di temperatura elevata negli animali superiori, sotto l'azione di diversi
rimedi e veleni, quasi stavo per credere, che cotesti accrescitori di batttiti
inducessero tal' effetto aumentando la temperatura, ma pei batraci sensibilissimi
al calore si direbbe le sostanze in genere non agire per sifatta ragione (*),
osservandosene quasi sempre effetto di depressione. Potrà il fatto spiegarsi
dalla bassa quota respiratoria che si verifica nella rana? Risulta dalle spe-
rienze di Regnault e Reiset, che un chilogramma di rane assorbe per ora
0gr,85, il doppio circa della marmotta in letargo, mentre nell'anitra si ha
lsr,882, ma dall'altro lato è conosciuto accentuarsi anche nella rana la re-
spirazione ed il ricambio molecolare durante energico lavoro muscolare, nel
quale ancora non si trovò elevarsi il battito cardiaco.
« In conseguenza di tutto ciò, i risultati offerti dalle rane, specialmente
per quanto concerne la frequenza cardiaca, male si possono, almeno in generale,
applicare direttamente agli animali a sangue caldo, nei quali il cuore direi
che costituisce l'organo il più sensibile per concorrere a rivelare anche colla
mutata frequenza, i diversi stati dell'organismo animale, che in esso come
in fedele specchio si sogliono riflettere, mentre quello degli anfibi o tace o
risponde con una nota monotona quasi invariabile, la depressione della frequenza:
sono animali a sangue ed a cuor freddo ».
Fisiologia. — Un veleno che si trova nel sangue dei mure-
nidi. Nota XIII del Socio A. Mosso.
§ I.
« Fra i pesci della famiglia dei murenidi ho studiato solo il genere An-
guilla > Muraena e Conger. Non ebbi occasione di sperimentare su generi
esotici, benché questi siano molto numerosi.
« Il siero del sangue delle anguille, delle murene e dei congri ha un
gusto differente da quello del siero degli altri pesci; quando se ne mette
una goccia sulla lingua si sente un gusto leggermente salato, poi vi è un mo-
mento in cui si ha la percezione confusa di un sapore alcalino, e dopo 10 a
30 secondi (raramente dopo uno, o due minuti) si ha un' impressione di bru-
ciore, ed un gusto acre, come di fosforo e di bile. Non conosco altra sostanza
(:) Potrebbe questo fatto concorrere a dimostrare la mancanza o la grande deficienza
in simili animali dei così detti centri termici?
— 666 —
nella quale esista un ritardo così lungo fra il momento nel quale si mette
sulla lingua e quello in cui se ne percepisce il sapore. Se in vece di una
goccia se ne mettono parecchie in bocca, si ha una sensazione molestissima
ed irritante che dura lungo tempo ; e anche sciacquandosi la bocca viene dopo
un leggero stringimento alle fauci, seguito da abbondante secrezione della
saliva : e si è molestati per lungo tempo dalla sensazione confusa di un sa-
pore astringente. Forse non si tratta qui di un' azione gustativa, ma di una
irritazione locale, come si vedrà meglio in seguito parlando delle iniezioni
sottocutanee.
« Il colore del siero dei pesci può variare secondo le famiglie ed i generi.
Le murene, le anguille ed i congri hanno il siero fluorescente ; cioè guardan-
dolo per trasparenza è giallognolo, come birra chiara, od orina, e a luce ri-
flessa è di color bianco azzurrognolo, con dei riflessi simili al petrolio, o alle
soluzioni di chinino.
« Questo però non ha che fare colla azione velenosa, perchè bollendo il
siero dei murenidi conserva il medesimo colore fluorescente e perde l'azione
tossica. Tra i pesci ed i rettili ne ho trovati molti (p. e. la Solea e la Vi-
pera) che hanno il siero identico pel colore e per la fluorescenza al siero della
murena' e dell'anguilla, ma senza il gusto caratteristico, e senza l'azione velenosa.
Il siero del Coiiger myrus e del Gonger vulgaris ha un sapore meno bruciante
ed è anche meno velenoso di quello della murena e dell'anguilla. Il sangue
me lo procuravo tagliando colle forbici la coda e raccogliendo in un tubo
di vetro le goccie che uscivano più o meno abbondanti ('). La coagulazione
del sangue di questi pesci succede abbastanza rapida per avere in alcune
ore parecchi centim. cubici di siero trasparente e privo di corpuscoli. Per
essere sicuro che l'azione velenosa non dipendeva dalla putrefazione, ado-
peravo il siero freschissimo, o lo conservavo nel ghiaccio. Per utilizzare meglio
il sangue dei murenidi. quando non era necessario di conoscere con scrupolosa
esattezza la quantità del siero impiegato, preferivo mescolare il sangue estratto
dall'animale con due volumi di Na CI 0,75 % e colla macchina centrifuga
facevo precipitare rapidamente i corpuscoli in modo da avere in meno di un'ora
un liquido limpido e trasparente.
« Del resto non osservai alcuna differenza fra il sangue fraschissimo, e
quello dei inurenidi morti da poco. Così che le anguille fresche che si
(!) I murenidi hanno poco sangue in confronto di altri pesci (per esempio i selaci
ed i percidi) per alcuni dei quali ho determinato il rapporto fra il peso del corpo e quello
del sangue. Da un'anguilla viva che pesava 1800 gr. al principio di marzo estraggo 32 ce.
di sangue cioè circa 1/5i del peso del corpo. Una murena presa in fehhraio nell'acquario
della Stazione zoologica di Napoli che pesava 1180 gr. dà 12 cedi sangue, cioè circa '/so
del peso totale. I congri mi diedero anche meno sangue delle anguille e delle murene.
Ma le differenze tra i vari individui sono così grandi, e il metodo così fallace, che si
dovrebbero estendere molto queste misure per ottenere qualche risultato attendibile.
— 667 —
vendono sul mercato, sono egualmente buone per questi studi : solo che il siero
è un poco rosso; ma la piccola quantità di emoglobina sciolta non influisce,
tanto è micidiale l'azione del siero.
« L'esperienze sul sangue delle murene e dei congri le feci in parte
alla Stazione zoologica di Napoli e in parte a Torino. Nell'inverno è facile
aver del sangue fresco dalla Stazione zoologica di Napoli; e in poco più di
24 ore dopo estratto il sangue dai pesci marini, potevo fare a Torino le
esperienze senza che esso presentasse alterazioni visibili.
« Il sangue ed il siero puro, od allungato con la soluzione di cloruro
sodico, venivano sempre centrifugati, e non li adoperavo se non erano tra-
sparenti, per eliminare il dubbio che i corpuscoli del sangue dei pesci venissero
a complicare i risultati delle esperienze.
« Per evitare inutili ripetizioni chiamerò col nome di veleno dei mure-
nidi, od ittiolossico « il veleno del siero del sangue dell'anguilla, della mu-
rena e dei congri ».
« Riferisco prima alcune esperienze per dare un'idea sommaria dell'a-
zione di questo veleno, e dopo esaminerò con maggiori particolari gli effetti
che produce nei vari organi.
Esperienza I. — Astone del siero di anguilla sul cane.
7 maggio 1888.
« Cane normale del peso di 15200 gr. Frequenza del respiro 16 in 60". Polso 120 in 60".
Ore 5.16. Iniezione di 0,5 ce. di siero fresco di anguilla nella vena giugulare.
« Appena finita l'iniezione, l'animale si agita molto. Slegato subito e messo in terra
si regge male sulle gambe. Eespirazione affannosa. Emette le orine.
Ore 5.18 cade e non si rialza più. Polso 90 in 60". Pupilla dilatata. Sussulti. Accesso di
convulsioni. Estremità rigide. Opistotono. Perdita delle feci. Le convulsioni durano
circa 15". Quando cessano l'animale non respira più. Le estremità posteriori sono
insensibili: anche le pressioni fortissime non destano più alcun movimento riflesso.
Ore 5.20. L'animale fa qualche movimento respiratorio colla bocca: il polso nelle arterie
è scomparso ; mettendo l'orecchio sul torace non si sente più battere il cuore. Toc-
cando la cornea le palpebre si muovono.
Ore 5.21. Manca ogni riflesso nell'occhio. Compare un tremito fibrillare nei muscoli delle
estremità.
Ore 5.23. Anche questo tremito è cessato.
« Si leva il sangue dal cuore introducendo un tubo di vetro dentro la giugulare :
questo sangue non coagula. Il siero che si separa dai corpuscoli rossi è trasparente. Al
mattino successivo trovo che vi sono due strati: l'uno liquido, trasparente, e l'altro infe-
riore dei corpuscoli rossi che sono mobili senza coagulo.
« Autossia. - Non si vede alcuna lesione. Cuore in diastole, non più eccitabile per
le azioni meccaniche. Manca ogni traccia di coagulazione del sangue nel cuore. Polmoni
normali. Intestina alquanto congeste.
« Vedremo in seguito che anche dosi di solo 0,02 ce. per chilogramma
bastano per produrre la morte nei cani. In base a questa ed altre esperienze
analoghe si può ritenere come probabile che un' anguilla del peso di due
— 668 —
chilogrammi sarebbe capace di uccidere per lo meno dieci uomini, quando po-
tesse servirsi di tutto il siero del suo corpo, come fa la vipera del suo veleno.
« Trattandosi di un'azione tossica del siero il primo sospetto che viene,
è che si tratti di un fermento il quale faccia coagulare il sangue. Ma non
è così : anzi è precisamente il contrario, perchè ho visto in tutti gli animali,
senza alcuna eccezione, che per effetto di questo veleno il sangue non coagula.
E non si altera e non si scioglie, perchè trovai spesso, come in questo caso, il
siero trasparente, ed il sangue incoagulabile.
« Pubblicherò in seguito un'altra Nota per dimostrare che l'azione del-
l'ittiotossico rassomiglia molto al veleno della vipera. Accenno preliminar-
mente questa affinità dei due veleni per facilitare l'interpretazione dei fatti.
« Le esperienze che ho fatto si possono dividere in due gruppi : in uno,
che comprende il maggior numero di esperienze, gli animali morirono con forti
convulsioni: Dell'altro le convulsioni furono deboli e talvolta mancarono.
Esperienza IL — Astone del siero di anguilla nel cane.
7 maggio 1888.
u Un cane del peso di 4620 grammi viene preparato per scrivere la pressione del
sangue nella carotide con un manometro a mercurio, il respiro si scrive con un pneumo-
grafo di Marey legato intorno al torace.
« Ore 3.42. Si inietta un centimetro cubico di siero d'anguilla. La respirazione diviene
più frequente e più forte, l'animale si agita, e subito succede un accesso di forti convul-
sioni. La pressione del sangue cresce rapidamente e misura 150 millimetri. Dopo si
abbassa e il cuore si arresta. Il torace è fermo in una inspirazione massima. L'animale
muore in tetano alle ore 3.43. Cioè un minuto dopo l'amministrazione del veleno.
u Dopo che sono cessati i movimenti del cuore e del respiro vedo che le gambe sle-
gate fanno dei leggeri movimenti. Scopro i muscoli e trovo che sono agitati da un tremito
fibrillare, e che i tendini sono tirati con scosse irregolari. Taglio il nervo sciatico ed il
nervo crurale e questi movimenti persistono ancora per qualche minuto, il che prova che
non dipendono da eccitamenti che partissero dal midollo, ma che sono un fatto locale.
« Autossia fatta alle ore 4.11. — Non mostra nulla di notevole. Il cuore sembra rigido
e contratto. Nei grossi vasi non vi sono coaguli e così pure nel cuore. Il sangue preso dai
grossi vasi venne messo in due cilindri ; in • uno alle 4.35 era coagulato, nell'altro alle
ore 5 è ancora liquido. Nel sangue che è coagulato non si separò il siero ; il sangue rimase
gelatinoso, e il coagulo cosi poco denso che versandolo in un altro cilindro si disfà tutto.
Dopo 24 ore il sangue dell'altro cilindro non è ancora coagulato.
Esperienza III. — Azione del siero di murena sul cane.
25 maggio 1888.
u Ad un cane del peso di 6160 gr. amministro 0,66 centim. cub. di siero di murena,
sciolto con 2 volumi di Na Ci 0,75 per cento. Appena finita l'iniezione l'animale si agita, n
respiro ed il polso sono frequenti. Messo in terra cade sul fianco, e non cerca di rialzarsi. Muove
le gambe, ma non ha convulsioni tetaniche. Le estremità posteriori sono insensibili. Ritira
le anteriori se vengono fortemente compresse. Pupilla dilatata. Il torace si arresta, poco
— 669 —
dopo cessa pure la respirazione diaframmatica. Il cuore batte così forte che si vedono
sollevarsi le coste ad ogni sistole. Il cane estende le estremità con forza; probabilmente
per effetto dell'asfissia.
« Dall'amministrazione del veleno alla morte sono trascorsi appena cinque minuti.
« Autossia. — Gli organi hanno aspetto normale. Si leva il sangue dal cuore e lo
si trova fluido senza coaguli. Dopo 20 minuti non è coagulato, e nel cilindro in cui si
è raccolto, i corpuscoli rossi si sono separati dal siero, il quale forma uno strato limpido
e trasparente. Eaccolgo questo siero con una pipetta, e lo metto in un cilindro nel ghiaccio.
Dopo due ore esso non è ancora coagulato, e cosi pure il sangue. Il giorno dopo trovo
che si formò nel siero un coagulo sottile come di fibre biancastre sparse nel liquido, che
diventano più folte verso la parte inferiore del cilindro in contatto coi corpuscoli rossi.
Nell'altro vaso il sangue è sciolto, e nel fondo vedesi un piccolo coagulo molle gelatinoso.
Esperienza IV. — Azione del siero dì murena sul cane.
u Ad un cane del peso di 6760 grammi iniettiamo nella giugulare 0,4 centim. cubico
di siero di murena. L'animale si agita, i battiti del cuore raddoppiano la loro frequenza.
Il respiro è affannoso.
« Taglio i nervi vaghi da entrambi i lati. Il respiro non si rallenta e i battiti del
cuore aumentano alquanto di numero. Faccio una seconda iniezione di 0,3 di siero di
murena. Succede un nuovo aumento nella frequenza dei movimenti respiratori; la loro
ampiezza è tripla del normale. È caratteristica in questo caso la debolezza e direi quasi
la mancanza delle convulsioni, malgrado che le dosi del veleuo siano forti. Si arresta prima
il torace, e poi il diaframma: il cuore batte ancora oltre un minuto.
« Il sangue nel cuore non è coagulato ed estratto non coagula.
Esperienza V. — Astone del siero di murena sul coniglio.
21 maggio 1888.
« Ad un coniglio del peso di 1030 gr. si amministra 0,3 ce. di siero del sangue di
murena sciolto in 2 voi. di Na Ci 0,75 %• Dal momento che si fa l'iniezione del veleno
nella giugulare a quello della morte completa passano 2' 30".
« I fenomeni osservati sono i seguenti: Finita la iniezione si vede che il respiro diventa
più frequente. L'animale appena slegato cade su di un fianco ed è paralitico. Subito in-
sorge un accesso di tetano, le estremità diventano rigide, le dite divaricate. La testa si
piega lentamente sul dorso, e rimane fissa con forza nella massima estensione.
« Seguono rapidamente tre accessi di convulsioni tetaniche: quindi cessa il respiro.
I muscoli tremano, l'occhio è protuberante. I vasi dell'orecchio contratti. Esce l'orina. Il
cuore batte ancora. L'animale fa qualche movimento respiratorio colla bocca e col torace
e muore ; la pupilla è dilatata, le muccose della bocca livide. Le masse intestinali sono scon-
volte da moti peristaltici così forti, che si vedono a traverso le pareti dell'addome.
« Dopo 4 minuti che il coniglio è morto è già comparsa la rigidità nelle gambe
posteriori; manca nelle anteriori, nella mandibola, e nei muscoli del collo: dopo altri 20
minuti la rigidità è completa in tutti i muscoli.
« Il siero dei murenidi agisce in modo letale anche quando lo si inietta
sotto la pelle, o nella cavità addominale.
— 670 —
Esperienza VI. — Adone del siero di anguilla sulla cavia.
14 aprile 1888.
« Ad una cavia del peso di 290 gr. si iniettano 2 ce. di siero d'anguilla nella cavità
dell'addome servendosi di uno schizzetto di Pravaz.
« Sono le ore 3.44 pom. Si slega subito l'animale e non presenta nulla di notevole.
Ore 3.46. Comprimendo le dita delle zampe posteriori l'animale non reagisce. Si lascia
mettere colle gambe larghe senza ritirarle.
Ore 3.49. Lo stato dell'animale peggiora rapidamente. Non si regge più sulle gambe ; messo
sul dorso rimane immobile. Respirazione affannosa da 70 a 72 movimenti respiratori
in 30". Ha un aspetto sonnolento.
Ore 3.54. La congiuntiva è ancora sensibile; in tutto il resto del corpo non è più possi-
bile ottenere dei movimenti riflessi per mezzo della compressione.
Ore 4.12. L'animale malgrado tale apparente insensibilità è capace di muoversi; dopo
essere rimasto sul dorso si volta da sé spontaneamente.
Ore 4.35. Respira a stento, apre largamente la bocca. Le labbra e il naso sono di colore
violaceo.
u Continua per circa due minuti a fare delle respirazioni forzate, una ad ogni 10 secondi
circa. Sono semplici inspirazioni facciali alle quali non corrisponde un moto visibile del
torace e dell'addome.
« Ore 4.38. Anche la bocca cessa di spalancarsi, e il movimento respiratorio è limi-
tato alle narici, poi tutto si ferma. Toccando l'occhio le palpebre non si muovono più.
« Autossia. — Cuore in diastole e fermo. Toccato collo scalpello il ventricolo sinistro
fa qualche movimento debole. Le orecchiette pulsano spontaneamente. Le anse intestinali
sono fortemente arrossate con macchie emorragiche. Si raccoglie circa 1 ce. e mezzo di un
liquido sieroso rossastro in fondo alla cavità addominale, che però non ha il sapore del
siero dell'anguilla. Malgrado questa infiammazione che si estende alle pareti dell'addome,
l'animale non ha mai gridato o dato segno di dolore.
« In altri porcellini ai quali iniettai il siero d'anguilla sotto la pelle
del dorso, gli effetti non furono così pronti, forse perchè l'assorbimento fu meno
rapido che non per mezzo della cavità addominale. In questi casi osservai una
azione irritante locale, e il tessuto sotto la pelle del dorso, dove si era fer-
mato il veleno era infiammato : le masse intestinali non presentavano alcuna
traccia di congestione.
Esperienza VII. — Azione del siero d'anguilla sulla cavia.
u Ad un altro porcellino del peso di 120 gr. al quale iniettai poco meno di 1 ce. di
siero di anguilla nella cavità addominale alle 9,53, i fenomeni osservati sono alquanto diffe-
renti. Dopo 3 minuti l'animale ha già un aspetto sofferente, e poggia il muso sulla tavola,
è sonnolento, socchiude gli occhi, tiene le gambe in una posizione anormale.
Ore 10. Toccato sembra svegliarsi; messo sul dorso riprende subito la posiziono di prima
e ritorna a socchiudere gli occhi come se dormisse.
Ore 10.10. L'animale che aveva presentato prima delle contrazioni irregolari dei muscoli della
faccia e dei muscoli masticatori e specialmente delle orecchie, per cui avvicinava il
padiglione alla testa, ora presenta dei veri sussulti della testa o delle estremità come
se rinculasse ; ed emette contemporaneamente un gemito.
— 671 —
Ore 10,15. E più depresso : non si regge più sulle gambe ; sta accosciato sul ventre.
Ore 11. Messo sul dorso cerca di rialzarsi, ma non riesce che a volgersi di fianco, e rimane
in questa posizione. Il respiro è difficile. Spalanca la bocca. La sensibilità delle zampe
non è ancora scomparsa. Alle 11,30 è morto.
« Autossia. Le anse intestinali, il grande epiploon, il peritoneo sono fortemente iniet-
tati. Nella cavità dell'addome raccolgo 3 o 4 ce. di un liquido roseo che al microscopio
trovasi contenere molti corpuscoli rossi del sangue di coniglio e pochi leucociti.
« Anche i piccioni muoiono, se si inietta loro uno o due centimetri cubici
di siero di anguilla o di murena nell'addome. La morte si produce solo dopo
parecchie ore ; e nel punto dove fu iniettato il veleno si vede che ebbe una
azione irritante.
« Nello studio delle dosi minime di siero dei murenidi, capaci di pro-
durre la morte nei mammiferi, trovai che il quadro del veneficio si modifica
notevolmente. Intorno a questo soggetto mi riserbo di fare ulteriori ricerche,
intanto riferisco come saggio una esperienza fatta su di un coniglio.
Esperienza Vili. — Adone del veleno dell'anguilla sul coniglio.
11 maggio 1888.
Ore 9.10 antim. Un coniglio del peso di 1510, riceve 0,4 ce. di siero di anguilla sciolti
in 4 ce. di Na CI 0,75 % nella cavità addominale per mezzo di uno schizzetto di Pravaz.
Ore 9.30. L'animale tiene la testa in una forte estensione sul dorso : è intontito e come
ipnotizzato : non si lascia spaventare, e non si muove minacciandolo. Pare che le estre-
mità siano insensibili, perchè comprimendo le zampe posteriori non reagisce.
Ore 9.40. Spande l'orina.
Ore 9.45. Messo in terra si muove spontaneamente, ma cammina male.
Ore 9.55. Cade su di un fianco e non si rialza. Temperatura anale 37°,6. Le masse inte-
stinali eseguiscono dei forti movimenti che si comunicano alle pareti addominali.
Pupilla ristretta.
Ore 10.5. Di quando in quando alza il capo e tenta sollevarsi aiutandosi colle zampe ante-
riori, ma non può. Non muove mai le gambe posteriori. Finalmente riesce a voltarsi ;
e poggia sulla tavola l'addome e il torace colla testa sollevata indietro. Poi socchiude
gli occhi e la testa si piega poco per volta all' innanzi fino a che viene a toccare la
tavola col muso. Le gambe posteriori sono ancora sensibili, perchè eccitandole il
coniglio si sveglia e reagisce.
Ore 11.5 è sempre nelle stesse condizioni.
Ore 12 è immobile e pare assopito ; poggia la bocca sul pavimento tenendo la testa in mezzo
alle gambe, e la parte posteriore del corpo è piegata di fianco colle gambe estese.
Ore 12.30. Ritorno al laboratorio e trovo che il coniglio è già morto e rigido: ma nessuno
l'avrebbe creduto morto, guardando il suo atteggiamento. L'animale deve aver cambiato
posizione dopo le 12 perchè ora l'addome e il torace poggiano sul pavimento colle
gambe ripiegate sui lati e avvicinate al corpo. La testa poggia col muso ed è messa
bene verticalmente colle orecchie diritte. Sollevo parecchie volte il coniglio ed è così
rigido in tutti i suoi muscoli, che non si altera punto l'atteggiamento fisiologico col
quale attraversò l'agonia e la morte senza scomporsi e muoversi.
« Le rane non sono immuni all'azione letale del siero dei murenidi.
Rendiconti. 1888. Voi.. IV, 1° Sem. 88
— 672 —
Esperienza IX. — Adone del siero di anguilla sulla rana.
9 maggio 1888.
u Ad una rana esculenta si inietta 0,12 ce. di siero di anguilla sotto la pelle del
dorso con uno schizzetto di Pravaz alle ore 3 p. Dopo due ore la rana è alquanto eccitata,
perchè salta continuamente urtando col capo contro la campana, come se volesse fuggire.
Ore 7,30. Sembra morta e si lascia mettere in tutti gli atteggiamenti ; il cuore batte bene ;
per riflessione guardando le pareti del torace si contano 20 sistoli in 30''.
« I nervi sono poco eccitabili colle correnti indotte; solo adoperando degli eccitamenti
che si possono dire forti per la lingua ottengo delle contrazioni nei muscoli della
gamba, mettendo gli elettrodi sopra la pelle in corrispondenza del nervo sciatico. Taglio
la pelle e scopro questo nervo : fra i muscoli vi è una vena che ledo inavvertentemente
nel mettere gli elettrodi sotto il nervo. Immediatamente si spande molto sangue nella ferita,
il che prova che la circolazione è ancora abbastanza attiva. L'eccitabilità del nervo sciatico
scoperto è molto diminuita in confronto dello stato normale. Per ottenere una contrazione
dei muscoli della gamba, bisogna impiegare una corrente indotta che si sente bene distinta
sulla punta della lingua. Faccio il confronto con una rana uccisa di fresco: e trovo che
la diminuzione della eccitabilità e grandissima da 26 a 16 cent, sulla scala arbitraria del
mio apparecchio a slitta.
« Alle 10,30 è già comparsa la rigidità; nella rana che uccisi alle ore 7 non vi e
traccia di rigidità. I muscoli sono così rigidi che non si piegano tenendo le gambe per
l'estremità delle dita in modo che sorreggano tutto il peso del corpo. Le correnti massime
che da un rocchetto ad induzione, sono affatto inattive sui muscoli delle zampe posteriori,
sul midollo, sullo sciatico, mentre che invece portando questo eccitamento sopra i muscoli
della nuca e delle estremità anteriori, questi si contraggono ancora. I muscoli dell'addome
sono pure eccitabili.
« Nel mattino successivo la rana avvelenata è ancora rigida, mentre che due rane
uccise ieri sera alle 7 pom. non sono ancora irrigidite : e quantunque si fosse distrutto il
midollo in entrambe, i muscoli ed il nervo sciatico sono eccitabili tanto, che una corrente
che non sento sopra la lingua applicata sul nervo sciatico produce delle forti contrazioni
dei muscoli.
§ II.
Proprietà generali dell' ittiotossico.
* Alcune esperienze che feci per determinare la natura del veleno dei mu-
renidi sono tanto elementari che basta enunciarne i risultati.
« I. Il siero dell'anguilla e della murena, perdono il gusto acre e bru-
ciante se viene riscaldato a 100°.
« II. Il siero dell'anguilla e della murena dopo che venne riscaldato
a 100° non è più velenoso.
« III. Il siero dell'anguilla e della murena essicato colla macchina
pneumatica e ridisciolto conserva il suo gusto e la sua azione tossica.
« IV. Il siero dell'anguilla e della murena non contiene sali della
bile, né sostanze coloranti biliari.
— 673 —
« V. La parte velenosa del siero dei murenidi non si scioglie nel-
l'alcool a 90°.
« VI. Il siero della murena e dell'anguilla iniettato nell'intestino tenue
con un schizzetto di Pravaz a traverso le pareti addominali produce la morte.
« VII. Introdotto nello stomaco è innocuo.
« VIII. Il succo gastrico, l'acido acetico e l'acido cloridrico distrug-
gono la parte velenosa del siero dei murenidi.
« IX. La putrefazione nel siero dei murenidi si manifesta nello stesso
tempo dopo la morte, che nel siero degli altri pesci.
« X. L'ittiotossico è probabilmente una sostanza albuminosa.
« Da questi primi saggi fatti per conoscere le proprietà dell' ittiotossico
si può già conchiudere che ha qualche rassomiglianza col veleno dei serpenti.
La differenza e le affinità nell'azione fisiologica si vedranno meglio nella
seguente Nota » .
Fisiologia. — Azione fisiologica del veleno che si trova nel sangue
dei murenidi. Nota XIV del Socio A. Mosso.
§ I.
Respirazione.
« Buon numero di esperienze le feci col metodo grafico, e scrissi il respiro
addominale e toracico, la pressione del sangue, e il polso della carotide ecc. In
questa comunicazione preliminare accennerò solo i risultati ottenuti, e pubbli-
cherò poi nelle Memorie dell'Accademia le grafiche e completerò lo studio
comparativo del veleno dei murenidi con quello della vipera.
« Il primo effetto che produce l'ittiotossico è un aumento della frequenza
del respiro. Questo fatto è di origine centrale e non dipende dall'azione dei
vaghi: ho provato a tagliare i due nervi vaghi appena compariva l'accele-
ramento del respiro, e non ottenni il rallentamento caratteristico che si osserva
sempre dopo tale operazione. Ho già riferito in esteso una di queste espe-
rienze nella Nota XIII, esperienza IV.
« Il fenomeno che nella morte per il veleno dei murenidi si può accer-
tare più facilmente, è l'arresto del respiro. Prima cessano i movimenti respi-
ratori del torace, poi quelli dell'addome, ed in ultimo compaiono e si rinfor-
zano quelli della faccia, mentre il cuore batte ancora fortemente.
« La morte succede però in modo diverso secondo le dosi. Per dosi
mortali medie, che sono di 0,02 a 0,03 per chilogrammo di cane si arresta
prima il respiro e poi il cuore. Le dosi più forti possono arrestare contem-
poraneamente il respiro ed il cuore, e colle dosi massime l'animale muore
— 674 —
istantaneamente per un arresto del cuore, mentre il torace e l'addome e spe-
cialmente la bocca, continuano per qualche minuto a muoversi.
Esperienza I. — Siero dì anguilla.
10 maggio 1888. Cane del peso di 4350 grammi.
« Ore 9,48. Si inietta nella vena giugulare 0,2 centim. cubico di siero di anguilla (').
« Scrivo i movimenti respiratori col pneumografo di Marey legato intorno al torace,
il polso del cuore lo scrivo coll'apparecchio di gomma elastica fatto col dito di guanto e
la trasmissione ad aria ad un timpano registratore secondo il metodo di Marey.
«L'animale finita l'iniezione fa ancora cinque o sei movimenti respiratori normali;
poi improvvisamente (senza che si modifichi il respiro od il polso) scoppia un accesso di
convulsioni. L'animale si agita così forte per circa un minuto che non è possibile scrivere
bene il tracciato.
« Alle 9,50 appena cessano le convulsioni, il polso è più lento, e la pressione del sangue
diminuisce. In 30 secondi, prima si registravano 48 pulsazioni, ora ve ne sono 20. La pres-
sione continua a scemare e l'altezza delle pulsazioni carotidee diminuisce in altezza. Il
respiro diviene irregolare, poi il torace si dilata lentamente, e rimane fermo in posizione
inspiratoria. Il cuore continua a battere con grande frequenza, 56 in 30 secondi. Scrivo per
quasi un minuto il polso della carotide, mentre il respiro è cessato completamente.
« Alle 9,52 si contraggono fortemente le estremità. Sembrano contrazioni dovute
all'asfissia, ma non ne sono sicuro, perchè si ripetono due accessi a breve intervallo e nel
primo il cane muove le gambe ripetutamente come se nuotasse. Durante questi accessi vi
è perdita delle feci e dell'orina.
« Si fa la respirazione artificiale col soffietto; u cuore batte bene; esistono ancora i
riflessi patellari, e manca ogni altro movimento riflesso ; la pupilla è dilatata. H polso
diventa più debole e frequentissimo, poi cessa. L'animale muore.
« Si vede da questa esperienza che per la dose di 0,046 per chilogrammo
di cane, non basta più la respirazione artificiale per salvare la vita.
« Eiferisco un esperimento nel quale si amministrò la dose di 0,028 gr. di
siero per chilogrammo. In questa esperienza la respirazione artificiale diede
tempo al centro respiratorio di rimettersi : e riprendendo questo le sue funzioni
comparve il fenomeno della respirazione periodica, o remittente. Ripetendo
dopo un certo tempo la stessa dose l'animale soccombe malgrado la respi-
razione artificiale.
Esperienza IL — Siero di anguilla.
11 maggio 1888. Cane del peso di 12000 grammi.
« Si prepara la trachea, la vena e la carotide e si scrive il tracciato normale della
respirazione toracica e del polso come nella esperienza precedente.
« Alle ore 3,10 pom. si inietta 0,25 centim. cubico siero di anguilla.
(') Per dosare meglio le piccole quantità di siero adopero una soluzione che contiene
1ji siero e 3/* Na CI 0,75 °/0 . Dopo la prima iniezione del siero nella giugulare faccio
l'iniezione nella vena, un'altra iniezione di un centim. cubico di cloruro sodico 0,75 % per
pulire la cannula.
— 675 —
« L'altezza delle pulsazioni diminuisce, ma non diminuisce la pressione. Il respiro è
più frequente. A un certo punto il cuore rallenta i suoi battiti ed il respiro continua colla
medesima frequenza. Subito dopo succede un accesso di convulsioni che dura pochissimo;
quando cessa, la pressione diminuisce. Il polso diventa più piccolo ed il respiro irregolare
e superficiale; quindi si arresta. Aspetto un minuto e vedendo che né il torace, né l'ad-
dome si muovono, faccio eseguire la respirazione col soffietto. Si continua per due minuti
circa senza che l'animale faccia spontaneamente qualche moto respiratorio. Faccio cessare
la respirazione artificiale per vedere se l'asfissia incipiente possa destare la funzione del re-
spiro, resa inerte forse dall'apnea. Infatti succede una pausa di quasi un minuto, e dopo
il cane fa un moto inspiratorio profondo. Lo aiuto ancora per qualche minuto colla respi-
razione artificiale, finché comparisce la respirazione spontanea e continua da sé.
« La frequenza del respiro è la metà minore di quanto era nello stato normale, e
ha dei periodi che corrispondono al tipo di Cheyne e Stokes che ho chiamato respira-
zione remittente (') cioè non esiste un'interruzione, ma ad ogni 9 o 12 o 15 movimenti respi-
ratori ne succede uno più profondo e subito dopo questo gli altri movimenti diventano
più superficiali, e dopo si fa una scala di inspirazioni successivamente crescenti fino a che
se ne produce una massima.
Ore 3,31 ripeto l'iniezione di 0,25 cent, cubico del siero di anguilla. Succede subito un
accesso di contrazioni tetaniche e il cuore si arresta; succedono altre contrazioni deboli, men-
tre il respiro addominale è abbastanza forte. Appena vediamo che il respiro si ferma, fac-
ciamo subito col soffietto la respirazione artificiale, ma senza alcun risultato. L'animale
muore alle 3,34, cioè tre minuti dopo l'iniezione della seconda dose di veleno.
« Nel momento che cessa il respiro e mentre si faceva ancora la respi-
razione col soffietto scoprii il plesso bracchiale, ed i nervi che vanno al torace,
eccitandoli con una corrente indotta dell'apparecchio a slitta, la quale appena
si sentiva sulla lingua, trovai che i nervi erano bene eccitabili. Questo dimostra
che l'arresto del respiro dipende da un disturbo della funzione del centro
respiratorio e non da una paralisi dei nervi periferici.
« L'arresto del respiro è il fatto più caratteristico e il punto dove ap-
pare meglio evidente la rassomiglianza dell'ittiotossico col veleno dei ser-
penti. Non cito gli autori antichi perchè le loro idee sulle funzioni dell'or-
ganismo erano troppo diverse dalle nostre e perchè l'analisi fisiologica si fa
ora con altro indirizzo.
« Uno dei lavori più importanti è quello che Lauder Brunton pubblicò
con I. Favrer, Sul veleno dei serpenti dell'India (2). Quivi è detto che
l'azione vsui movimenti respiratori è la più importante, e che la morte per
il morso dei serpenti è dovuta all'arresto del respiro per la paralisi del mi-
dollo spinale, e in parte per la paralisi dei nervi motori che si distribuiscono
ai muscoli respiratori.
« Quando mi accorsi dell'affinità che l'ittiotossico aveva col veleno dei
serpenti ho voluto farne il paragone con quello della vipera. Sapendo dalla
(x) A Mosso, La respirazione periodica e la respirazione di lusso. Memorie della
R. Accademia dei Lincei, 1886.
(2) Proceedings of the Eoyal Society. Voi. XXII, p. 118, 1874.
— 676 —
pubblicazione fatta dal prof. Romiti che a Siena vi sono delle vipere così
grosse che una sola ha potuto uccidere un nomo mordendolo ([) pregai il
sig. Brogi di mandarmi le vipere aspis più grosse che egli potesse trovare
nei dintorni di Siena. Tagliai la testa a due di queste vipere e scoperte le
ghiandole feci uscire dal loro interno con leggera pressione alcune gocce di
veleno di colore giallognolo e di reazione acida, che dai denti feci cadere in
un vetro da orologio. Ne pesai 0,0561 grammi, lo sciolsi in 1 ce. di cloruro
sodico 0,75 per cento e feci la seguente esperienza.
Esperienza III. — Azione del veleno della vipera.
22 maggio 1888.
« Cane normale del peso di 7300 grammi. Scrivo il respiro col pneumografo di Marey
messo intorno al torace, e il polso del cuore col dito di gomma elastica e la trasmissione
ad aria secondo il metodo Marey. Fatta una linea di tracciato normale alle ore 1.40 pom.
inietto nella giugulare il veleno della vipera. Succede immediatamente un aumento nella
frequenza e nella forza dei movimenti respiratori, il cuore invece rallenta e rinvigorisce
i suoi battiti. Dopo 15" che si è fatta l'iniezione il torace e l'addome sono completamente
immobili. Le estremità dell'animale sono rigide. Il torace si dilata lentamente. Il tracciato
scritto dal pneumografo segna una linea che si solleva gradatamente, nella quale si vede un
tremito rapidissimo dei muscoli toracici. Questa linea si solleva lentamente per un minuto
e mezzo circa, finché il torace si ferma nella sua massima dilatazione.
« Il cuore in questo frattempo batte con una frequenza minore del normale, cioè di
8 pulsazioni in 10" e le sistoli sono forti. Però circa 1 minuto e mezzo dopo che il respiro
è cessato, i battiti cardiaci cominciano a diventare più piccoli e più frequenti del normale.
A questo punto faccio eseguire la respirazione artificiale comprimendo il torace colie mani
e scopro la trachea per fare il respiro col soffietto.
« All'I. 45 incomincia regolarmente la respirazione artificiale: continua per un minuto,
ma il cuore non si rinforza. Sospendo il respiro per 30", e non vi è alcun segno che
l'animale tenda a respirare spontaneo. Si continua il respiro artificiale per 10 minuti fino
all'I. 55. Il cuore batte regolarmente da 39 a 40 pulsazioni in 10 secondi. I vasi sanguigni
sono immobili perchè la linea del tracciato del polso carotideo si mantiene diritta ed
orizzontale; anche sospendendo il respiro per 30 secondi la pressione non cambia, il che
dimostra che vi è una paralisi, od una insensibilità profonda dei vasi.
«All'I. 57 sospendo la respirazione artificiale per 50 secondi: la pressione del sangue
aumenta pochissimo e solo in fine si manifesta la tendenza ad aumentare. Le sistoli del
cuore non modificano la loro frequenza. Vedendo che il cane è divenuto cosi profon-
damente insensibile, eccito le estremità posteriori con delle correnti indotte fortissime, e
guardo la pupilla che è mediocremente dilatata, ma essa non reagisce. Ripeto l'esperienza
sull'altra gamba, e pure senza effetto. Faccio eseguire l'eccitamento nella regione dell'ano,
e l'animale è insensibile. Anche la cornea non è più eccitabile.
« Essendomi persuaso che per il veleno della vipera è scomparsa ogni traccia di sen-
sibilità, faccio continuare per un'ora la respirazione artificiale.
« Alle ore 2.40 il cane respira da sé. I movimenti sono poco profondi, ma regolari
da 8 a 9 in 30". Il polso è piccolo e frequente, 30 pulsazioni in 10".
« Quantunque l'animale sia slegato non fece mai il più piccolo movimento. Alle
(J) Romiti, Archives italiennes de biologie. Tome V, 1884, p. 37.
— 677 —
ore 3.3 succede una contrazione forte dei muscoli estensori delle gambe e cessa il respiro.
Le sistoli cardiache cambiano pure di forma e di frequenza: diventano più forti e più lente;
da 8 a 9 in 10". Dopo circa 20" comparisce un movimento inspiratorio spontaneo e pro-
fondo. Aspetto ancora 20 secondi, e poi vedendo che il respiro non compare ricomincio la
respirazione artificiale col soffietto. Il polso torna a diventare frequente, ciò che dimostra
che il precedente ritardo che si produsse durante e dopo le convulsioni era forse dovuto
ad una eccitazione dei centri nervosi all'origine del vago.
« Alle ore 3.12 si sospende il respiro artificiale, ma senza effetto sul cuore e sul centro
respiratorio che è di nuovo paralizzato.
« Alle ore 3.13 si prende la temperatura nel retto = 36°,2. Sospendendo il respiro
si vede qualche leggero movimento del diaframma trasmesso all'addome, il torace e tutto il
corpo è immobile. Eccito il nervo crurale con una corrente indotta, succede una contrazione
forte dei muscoli corrispondenti, ma l'animale non dà alcun segno di sentire il dolore e
la pressione del sangue non varia. Mancano sempre i riflessi delle palpebre quando si tocca
la cornea.
« Si continua colla respirazione artificiale. Alle 3.26 si sospende e vedesi che l'ani-
male muove spontaneamente l'addome. I movimenti del diaframma si ripetono colla fre-
quenza di 6 al minuto, e rassomigliano come ad un colpo di singhiozzo, tanto è rapida
la contrazione del diaframma. La frequenza del polso è 60 in 30".
« Alle 3.45 succede un altro accesso leggero di contrazioni. L'animale estende lenta-
mente, ma con forza le estremità ; i muscoli tremano, e il respiro cessa, il cuore si rallenta.
Non aiuto più l'animale col respiro artificiale ed esso muore senza altre convulsioni.
« Ore 3,50. Levo il sangue dalla giugulare con un tubo di vetro piegato ad angolo
retto che entra fino al cuore, e raccolgo il sangue in un cilindro. Questo sangue non coa-
gula. Il giorno successivo è ancora perfettamente liquido : il siero è rosso.
« Autossia. Nel cuore e nei grossi vasi non vi sono coaguli. Del resto nulla di no-
tevole : solo i polmoni sono un po' ingorgati e un po' meno crepitanti del normale.
« Ho riferito questa esperienza alquanto in esteso perchè essa ci dà
un'idea esatta del meccanismo di azione del veleno della vipera, e dimostra
l'utilità della respirazione artificiale ; ma più che tutto perchè ci permette
di paragonare nei loro effetti mortali le dosi del siero di anguilla col veleno
della vipera. Vediamo cioè che il cane dell'esperienza II, il quale pesava
12000 gr., è morto per una dose di veleno di siero di anguilla eguale a
0,0208 per chilogramma, mentre questo che pesava 7300 gr. è morto un
po' meno rapidamente per una dose di 0,0077 gr. di veleno della vipera
per chilogramma. Si può dunque dire che per i cani il veleno della vipera
è circa tre volte più velenoso del siero di anguilla.
§ II.
Cuore e vasi sanguigni.
« Il siero dei murenidi ha poca azione sul cuore delle rane. Se si met-
tono in due vetri da orologio due cuori di rana, e ad uno si aggiunge sem-
plicemente qualche goccia di cloruro sodico al 0,75 per cento, e all'altro
qualche goccia di siero d'anguilla, non è apprezzabile la differenza colla quale
in entrambi si spegne poco per volta il moto.
— 678 —
« Sul cuore scoperto di una rana, ho messo una goccia del siero di mu-
rena, e non vidi alcun effetto.
« Non ho fatto esperienze colla circolazione artificiale in modo che il
veleno agisse dalla superficie interna del cuore. Forse queste esperienze da-
ranno risultati più evidenti ; ma già si vede che l'ittio tossico non esercita
una azione efficace sul cuore.
« Questo stabilisce un altro punto di rassomiglianza fra il veleno dei
murenidi e quello dei serpenti (1). Però nelle rane che avvelenavo coll'ittio-
tossico il cuore cessava di battere assai prima che in quelle alle quali di-
struggevo il midollo. Forse le esperienze che si fanno estirpando o scoprendo
il cuore durano poco, e il cuore si altera per altre cause prima che l'azione
locale del veleno possa rendersi evidente (2).
« Cercando se il siero dei murenidi era velenoso per i pesci, ho visto
che le motelle morivano coll'iniezione di un centimetro cubico di siero di
murena nella cavità addominale, e in un caso tre ore dopo l'iniezione il
cuore era fermo. Continuerò queste indagini : intanto esaminiamo cosa succede
nei mammiferi, dove è più facile l'analisi dei fenomeni nervosi del cuore.
« Nei cani il primo effetto dell'ittiotossico (come abbiamo già veduto
nell'esperienza I e II) è una diminuzione di frequenza e un aumento nella forza
dei battiti cardiaci, come se vi esistesse un'irritazione del vago ; dopo i mo-
vimenti cardiaci diventano frequentissimi, come se il vago fosse paralizzato :
ed è probabile che nel centro all'origine del vago vi sia prima un eccita-
mento e dopo una paralisi.
Esperienza IV. Siero di murena.
23 maggio 1888.
« Cane del peso di chilog. 21. Preparata la carotide e i nervi vaghi, prendo un pezzo
di tracciato normale scrivendo il respiro col pneumografo di Marey intorno al torace, e
il polso della carotide coll'apparecchio anzidetto di Marey. Quindi determino quale sia la
corrente minima di un apparecchio Du Bois Eeymond che applicata sui vaghi rallenta ed
arresta i moti del cuore.
« Dalle ore 10,7 alle oie 10,9 si inietta lentamente nella giugulare centim. cub. 1,35
di siero di murena coll'aggiunta di due volumi eguali di Na CI. 0.75 °/0.
(1) P. Panceri e F. Gasco (Esperienze intorno agli effetti del veleno della naja egi-
ziana e della ceraste. Atti della R. Accademia delle scienze di Napoli, 1873, pag. 23)
avevano già detto parlando del veleno della naja egiziana : « Una prova assoluta che questo
non è un veleno del cuore sta nel fatto, che tenuto sommerso da noi il cuore in posto di
un axolotl nel liquido velenoso, non cambiò punto il suo ritmo e continuò a pulsare lun-
gamente con sistoli fatte ancor più energiche dal nuovo stimolo ».
(2) Panceri e Gasco, op. cit., pag. 24, fecero un'osservazione sul cuore àeWaxolotl,
la quale dimostra come il veleno della naja distrugga l'azione nervosa. L' 'axolotl essendo
provvisto di branchie esterne ha l'apparecchio respiratorio disposto nel modo il più favo-
revole per dare tempo all'animale di rimettersi e di eliminare il veleno quando il cuore
continui a battere, ma cionullameno esso muore.
— 679 —
u Quando il respiro è divenuto irregolare e superficiale, 27 in 10 secondi, e i movi-
menti cardiaci deboli, 16 in 10 secondi, irrito meccanicamente i vaghi, tirando le anse del
filo nei quali li ho messi; i moti del respiro diventano fortissimi e più lenti. Nei primi
10 secondi successivi alla irritazione contansi 10 respirazioni. I battiti del cuore si rallen-
tano e si rinforzano. Cessato l'effetto dell'irritazione meccanica, il respiro diventa sempre
meno ampio e più frequente. Dopo più di un minuto fa 33 respirazioni in 10 secondi, e
tanto piccole che appena si vedono ; il cuore batte rapidissimo. Un altro eccitamento mec-
canico del vago produce lo stesso effetto di prima, ma sono un po' meno profonde le inspi-
razioni : vi è una scala decrescente di respirazioni sempre più piccole fino a che il respiro
si arresta. Preparo subito la trachea e faccio la respirazione dalle ore 10,18 alle 10,19.
u Sospendo il respiro col soffietto. Dopo 31 secondi fa un movimento inspiratorio. Il
cuore batte lentissimo, fa 6 a 7 pulsazioni in 10 secondi. Continuo col respiro artificiale
dalle 10,21 alle 10,22. Sospendo il respiro, il cane fa due movimenti uno dopo 19 secondi,
l'altro dopo 25. In questo punto irrito i vaghi e succede un aumento della frequenza dei
battiti cardiaci. Prima erano 4 in 10 secondi, durante l'irritazione diventano 14 in 10
secondi. Un fatto analogo venne già osservato dal prof. Albertoni nelle sue pregevoli
ricerche intorno al veleno della vipera (l).
« Dopo 25 secondi che si è fatta l'irritazione del vago, il respiro ricomincia sponta-
neamente e continua colla frequenza di 6 in 30 secondi. Il cuore fa 8 a 9 pulsazioni in
10 secondi.
u Alle ore 10,27 si irritano i due vaghi, ma senza effetto : aumentiamo subito l'in-
tensità dell'eccitamento, e si vede subito un effetto nel respiro che diventa più forte, nel
cuore appare un leggero rallentamento dei battiti.
« Alle ore 10,36 il respiro continua spontaneo colla frequenza di 5 inspirazioni re-
golari e profonde ogni 30 secondi: il cuore nel medesimo tempo fa 40 pulsazioni.
« Ore 10,37. Si inietta lentamente 0,3 cent, cubici di siero di anguilla coll'aggiunta
di due volumi eguali di Na CI 0,75 per cento: il cuore si arresta, il respiro continua, ma
diminuisce l'ampiezza dei movimenti.
« Si fa subito la respirazione artificiale e si continua per 10 minuti, ma senza ef-
fetto, perchè il cuore rimane fermo.
« La pupilla si dilata, e l'animale muore senza convulsioni.
« È questa la sola esperienza che io ho fatto dove appare evidente
un'azione dell'ittiotossico sui nervi vaghi; non riferisco le altre che hanno
dato dei risultati negativi.
« La morte del cuore è un fenomeno complesso, e l'aumento della fre-
quenza non è prodotto dalla paralisi dei vaghi. Quando l'avvelenamento
non è troppo grave, manca ogni alterazione nella conducibilità dei vaghi, e
non solo la loro azione centrifuga, ma anche la centripeta è conservata,
perchè i movimenti del cuore e del respiro eccitando il nervo vago si modi-
ficano entrambi. Ma nell'ultimo periodo dell'avvelenamento intenso si mani-
(!) P. Albertoni, Sull'azione del veleno della vipera. Sperimentale. Firenze 1879.
Credo utile riferire le sue parole, perchè si veda meglio l'affinità del veleno dei mu-
renidi con quello della vipera. « L'apparecchio nervoso d'arresto del cuore non perde la
« propria attività per l'azione del veleno viperino, perocché si ha l'arresto cardiaco per
« l'eccitazione elettrica del vago. Vi è però uno stadio del veneficio, ed è quello, che pre-
« cede immediatamente la morte, nel quale per l'irritazione elettrica del vago si ha un
« acceleramento negli atti cardiaci in luogo che un rallentamento, od un arresto".
Eendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 89
— 680 —
festa un'azione locale dell'ittiotossico sul cuore. Quando i battiti del cuore
sono divenuti molto lenti, ho veduto che tagliando i due vaghi non si aumen-
tava la frequenza del polso: ma questo lo si vede qualche volta anche nel-
l'agonia senza l'azione dei veleni.
Azione sui vasi sanguigni.
« Facendo delle esperienze col manometro a mercurio messo in comu-
nicazione colla carotide, osservai dopo l'iniezione, un fortissimo aumento
della pressione : come si vede nella Nota XIII, esperienza II.
« Questo fatto non può attribuirsi esclusivamente alla contrazione dei
vasi sanguigni ed alla frequenza maggiore delle sistoli cardiache, perchè gli
animali per effetto del veleno entrano in convulsione, se le dosi sono ele-
vate, e la pressione del sangue supera i 120 mm. e tocca nei cani anche
i 150 mm.
* Quando invece le dosi sono piccole e non producono convulsioni, l'au-
mento della pressione è minimo e fugace, e dopo tende a diminuire.
« Albertoni aveva già dimostrato (!) che per il veleno della vipera vi è
uno stretto rapporto fra le modificazioni nella pressione sanguigna e la rapi-
dità maggiore o minore dell'esito letale : io ho trovato la medesima relazione
per il veleno dei murenidi, e vidi che la pressione del sangue diminuisce ra-
pidamente, cessato il periodo delle convulsioni.
« Le piccole dosi non paralizzano i vasi sanguigni, e questo lo si vede
non solo col manometro, ma anche semplicemente guardando i vasi nell'orec-
chio del coniglio, che continuano a dilatarsi e contrarsi a periodi irregolari.
§ IH.
Adone sul sangue.
« Dirò estesamente in una prossima Nota come il sangue non coaguli più
negli animali avvelenati coll'ittiotossico ; e svolgerò meglio in tale circostanza
il fatto accennato nella Nota IX che anche il verde metile produce tale
effetto. Per ora mi basta di mettere in evidenza l'affinità di azione dell'ittio-
tossico, del veleno dei serpenti e delle vipere.
« Il sangue venoso degli animali uccisi col siero dei murenidi presenta
un colore molto scuro: in quelli però dove si è fatta la respirazione arti-
ficiale fino a che si arrestò completamente il cuore, il sangue nel ventricolo
sinistro è più rosso che nel destro. E così pure sbattendo il sangue venoso
che si prende dalla giugulare nel cuore destro, si vede che ritorna rosso come
il sangue normale.
(!) P. Albertoni, op. cit., pag. 9.
— 681 —
« Il fatto più interessante e quasi costante è che il sangue non coa-
gula più.
« Riferisco qualche esempio. Ad un cane del peso di 4620 gr. ucciso il 7 maggio
col siero dell'anguilla, prendo 100 cent, cubici del suo sangue dalla vena giugulare e li
mantengo per due giorni nella ghiacciaia; dopo trovo che il sangue non è coagulato, ha il siero
rosso, e nel sangue liquido sottostante versandolo si trova un coagulo molle come gelatina
di ribes; messo questo coagulo in un cilindro graduato misura 3,5 centimetri cubici.
« Un altro cane del 7 maggio che pesava 15200 gr. ucciso col siero dell'anguilla,
dopo 48 il sangue preso dalla giugulare e conservato nella ghiacciaia non è coagulato, il
siero è rosso. Il sangue sottostante è fluido. Solo intorno alle pareti del cilindro vi è un
coagulo sottile disteso come un velo roseo sul vetro.
« La coagulazione nel veneficio col siero dei murenidi quando succede,
è incompleta, non vi è retrazione del coagulo, il siero non si separa dal cruore
e si forma come una gelatina, la quale si spappola facilmente. In un solo
caso trovai il sangue coagulato, e fu un coniglio avvelenato col siero di an-
guilla, ma temo sia successo, perchè ho preso il sangue dal cuore con una
pipetta che terminava in un tubo capillare ; se come nelle altre osservazioni
avessi estratto il sangue dalla giugulare, od inciso il cuore mettendovi sotto
un cilindro, forse si sarebbe verificato anche qui un ritardo più notevole della
coagulazione.
« Fayrer nella sua grande opera intorno ai serpenti velenosi dell'India (')
dice che il sangue è fluido negli animali morti per il veleno dei serpenti
viperini e coagulato negli animali che morirono per il veleno dei colubrini.
Il sangue dell'uomo, Fayrer lo trovò fluido in tutti i casi di avvelenamento,
tanto per i colubrini, quanto per i viperini. Nel 1873 Fayer nella prima parte
del lavoro pubblicato con Lauder Brunton (2) dice che il sangue spesso non
coagula negli animali morti per il veleno dei serpenti.
« Panceri e Gasco non rilevarono differenza fra il veleno di ceraste e
quello di naja, il sangue in tutti gli animali era coagulato nei grossi vasi,
o coagulabile non appena uscito dal corpo dell'animale di recente venuto a
morte.
« Anche Wall trovò il sangue fluido nell'uomo e coagulato negli ani-
mali avvelenati col morso della Naja tripudiane: fatta eccezione di alcuni
casi (3). Quanto al sangue degli animali uccisi col veleno della Daboja Rus-
sellii, egli dice che non coagulò mai, eccettuati i casi nei quali la morte
successe per convulsioni o dopo un lungo esaurimento (4).
« Albertoni afferma che il veleno della vipera injettato nelle vene rende
(') I. Fayrer, The Thanatophidia of India. London, 1872, pag. 64.
(2) Proceedings of the Royal Society, voi. XXI, pag. 371, 1873; voi. XXII, 1874, p. 84.
(3) A. J. Wall, Indian snake poisons their Nature and Effects. London, 1883, p. 15, 42.
(4) Op. cit. pag. 76.
— (382 —
il sangue incoagulabile (!). Nelle esperienze che ho fatto e delle quali
ho riferito un esempio nell'esperienza III di questo paragrafo, il sangue non
coagulò. Sono appena sei casi ; tre sui conigli, e tre sui cani, ma il risultato
fu costante.
« Ho voluto dare questo rapido sguardo allo stato delle cognizioni d'oggi
per dimostrare quanto è facile errare anche nelle cose le più semplici. Trat-
tandosi di constatare, se il sangue negli animali morti per veleno dei ser-
penti sia liquido, o coagulato, parrebbe che non vi possa essere discussione :
eppure Fontana che forse fu quegli che fece il maggior numero di esperienze
sulle vipere, dopo aver trovato che il sangue mescolato fuori dell'organismo
col veleno della vipera non coagula più, disse che « la coagulazione del
« sangue è certamente l'effetto il più notevole del veleno della vipera, quello
« che deve produrre i più gravi disordini nei visceri ■ . L'animale morso dalla
vipera, muore unicamente, secondo Fontana, perchè il sangue si coagula,
corrompe e distrugge gli organi (2).
« Malgrado l'autorità del Fontana, devo ammettere che il sangue negli
animali uccisi col veleno della vipera perde la facoltà di coagularsi, e questo
stabilisce una rassomiglianza col veleno dei murenidi, dove il sangue lo trovai
sempre sciolto, o non coagulò che lentamente e male estraendolo dall'organismo.
§ IV.
Sistema nervoso.
« Le osservazioni precedenti fanno già intravedere quale sia l'azione
dell' ittiotossico sul sistema nervoso.
« Nel quadro del veneficio prevale l'azione sul midollo spinale, sui
centri motori, e sul centro respiratorio, ma anche i nervi non sono incolumi.
« Le esperienze fatte sulle rane dimostrano che il siero dell'anguilla
paralizza i nervi, ed agisce pure sulla eccitabilità dei muscoli.
« Nell'esperienza IX della Nota XIII ho già detto come la diminuzione
della eccitabilità dei nervi può divenire assai evidente nelle rane avvelenate
col siero dell'anguilla, ora riferisco un'altra esperienza dove mentre il cuore
batte ancora, non mi fu più possibile ottenere delle contrazioni nei muscoli
della gamba eccitando il nervo sciatico.
Esperienza V. — Azione del siero di anguilla sulla rana.
8 maggio 1888.
« Ad una rana si inietta sotto la pelle del dorso 0,25 ce. di siero di anguilla alle
ore 3 poni. Durante tre ore non si vede nulla di particolare, eccetto che una leggera de-
pressione.
(!) Albertoni e Stefani, Manuale di fisiologia, 1888. Capitolo sulla coagulazione del
sangue.
(2) F. Fontana, Traité sur le vénin de la vipere. Florence, 1781, pag. 318 e 327.
— 683 —
« Ore 8 pom. La rana è ingobbita : tocca col muso il piatto : è poco eccitabile : occbio
depresso : pupilla stretta : è assopita e stupida come una rana che non avesse il cervello.
u Nel mattino successivo alle 8 trovo la rana rovesciata sul dorso che sembra morta.
Non reagisce pizzicandola con una pinzetta. Il cuore batte così debolmente che per ri-
flessione si vede appena dall'esterno. Sotto la pelle del dorso si è raccolto un liquido co-
lore citrino, alcalino. Vi fu azione irritante locale perchè il tessuto sottocutaneo dorsale
è come edamatoso. I cuori linfatici sono immobili. I muscoli dell'addome e delle estre-
mità eccitati direttamente con una corrente indotta, che non può resistersi sulla lingua, si
contraggono ancora : per far contrarre i muscoli delle estremità posteriori bisogna servirsi
di un eccitamento molto più forte; cioè avvicinare i rocchetti da 9 centim. a 3 centim.
Questa corrente indotta così forte non produce alcun effetto applicata nel nervo sciatico,
dell'uno e dell'altro lato. Apro il torace e trovo che il cuore batte ancora.
« Questa esperienza insieme ad altre due analoghe dimostra che il siero
dell' anguilla agisce intensamente sui nervi e sui muscoli, ma l'effetto non è
costante, perchè in altre rane e col siero di altre anguille e delle murene
non l'osservai più.
« Valentin ha già notato un fenomeno analogo nelle rane studiando il
veleno della vipera ; perchè egli disse (l) che spesso dopo 5 ore era scom-
parsa completamente l'eccitabilità dei muscoli, e dei nervi.
« Nei mammiferi vi sono due quadri diversi del veneficio : secondo che
le convulsioni sono forti o deboli, ma tanto nell'un caso, quanto nell'altro, si
vede che l'ittiotossico appartiene ai narcotici. Gli animali che non muoiono
immediatamente divengono sonnolenti, insensibili, apatici. Qualche volta hanno
degli accessi di vomito, spesso tremano. Sembra che i muscoli siano dolenti,
o rigidi, perchè l'animale si muove con stento, o prende delle posizioni strane.
La sensibilità della pelle, specialmente delle estremità posteriori, scompare
molto presto.
« Il fatto più importante è che la sensibilità scompare prima della mo-
tilità, ciò che non sarebbe favorevole alla supposizione che il siero dei mu-
remidi rassomigli per i suoi effetti al curaro. Per dare sommariamente un
esempio di questo fatto dirò che un coniglio il quale dopo l'amministra-
zione dell' ittiotossico nella vena giugulare passeggiava per il laboratorio,
e cambiava spontaneamente di posizione e di luogo, aveva le estremità po-
steriori tanto insensibili, che non solo comprimendole forte col piede non dava
alcun segno di dolore, ma anche bruciandole fino all'osso con un grosso tubo
di vetro arroventato e fuso, non dava alcun segno di dolore e non si moveva,
né reagiva.
« Se pensiamo che questo coniglio gridava fortemente appena si compri-
meva, o si irritava le estremità anteriori, od il muso, e che i riflessi negli
occhi erano completi, viene escluso il dubbio che si tratti di un'azione gene-
rale sui nervi sensibili. In tale caso dovrebbe essere generale la insensibilità ;
ma questo non l'ho veduto in nessuna esperienza.
(•) Op. cit. pag. ili.
— 684 -
« Questo fatto stabilirebbe un altro punto di rassomiglianza col veleno della
vipera. Valentin nel suo interessante lavoro, Sul veleno della vipera (!)
osservò che qualche volta le rane avvelenate reagiscono colle gambe posteriori
se vengono eccitate le estremità anteriori, e non reagiscono punto se vengono
eccitate le estremità posteriori.
« Probabilmente l'eccitabilità delle cellule nei centri nervosi, e la con-
ducibilità del midollo verso il cervello sono lese profondamente. Io non so
spiegarmi in altro modo questa insensibilità delle gambe posteriori, mentre
che tutte le altre parti meno lontane dal cervello continuano ad essere
sensibili.
« La conducibilità dei nervi sensibili deve essere abolita per le estre-
mità posteriori, perchè anche guardando la pupilla e scrivendo la pressione
del sangue, non ho più veduto alcuna variazione per gli eccitamenti i più
forti colla pressione meccanica e colle correnti elettriche indotte applicate
sulle estremità posteriori. Nei medesimi animali degli eccitamenti molto più
deboli applicati alle estremità anteriori, o sulla faccia, producevano una forte
reazione locale e anche dei movimenti riflessi delle estremità posteriori.
« Si può supporre che nelle estremità posteriori le vie nervose del
moto siano meno lese, oppure che gli eccitamenti che partono dai centri
per muovere i muscoli delle estremità posteriori, abbiano una intensità mag-
giore, o che possano propagarsi più facilmente nei nervi di moto, che non
gli stimoli che noi applichiamo sui nervi sensibili.
« Nel determinare l'azione che l'ittiotossico esercita sul sistema nervoso,
ho trovato le stesse difficoltà, e le medesime incertezze che si incontrano
nello studio del veleno dei serpenti.
« Credo utile accennare lo stato della questione, perchè così apparirà
meglio evidente un altro punto di contatto fra il veleno del sangue dei mu-
redi, e quello delle ghiandole velenose dei serpenti.
« Le ricerche più complete che abbiamo fino ad ora su questo argo-
mento oltre quelle celebri del Fontana furono fatte da Lauder Brunton e
I. Fayrer. Essi hanno stabilito che la morte col veleno coagulato dei serpenti è
prodotta invariabilmente dalla paralisi della midolla spinale e che i nervi
motori sono poco lesi nella loro funzione, mentre che invece col veleno secco
qualche volta predomina l'azione paralizzante sul midollo spinale e qualche
altra predomina l'azione sui nervi (2).
« Wall nel suo libro sui serpenti velenosi dell'India (3) dice che il
(') G. Valentin, Einige Beobachtungen ilber die Wirkungen des Viperngiftes. Zeit-
schrift fur Biologie, 1877, p. 112.
(2) Proceedings of the Eoyal Society, voi. XXII, p. 93, 1874.
(3) Op. cit.,pag. 81.
— 685 —
veleno della Naja tripudians produce gradatamente una paralisi generale,
e che le convulsioni che precedono la morte sono prodotte unicamente dal-
l'asfissia, mentre invece il veleno del Daboja Rmsellii produce forti con-
vulsioni che non dipendono dall'acido carbonico, e la paralisi generale che
vi succede viene seguita dall'arresto dei movimenti respiratori che prima
diventano irregolari.
« Facendo delle ricerche sull'azione del veleno delle vipere nella mede-
sima specie osservai queste due ferme diverse di avvelenamento.
« Erano vipere che mi aveva spedito da Siena il sig. Brogi, prendevo
il veleno, e lo amministravo nello stesso modo e nella stessa dose e ciò nulla
meno osservavo delle differenze grandissime, tanto nei conigli, quanto nei cani.
Alle volte col veleno della vipera morivano con delle convulsioni fortissime,
in altri animali senza che io abbia potuto conoscere la causa, non si avevano
convulsioni, o tutto al più compariva qualche leggero movimento epilettiforme
delle estremità.
« Avendo osservato la medesima incostanza per l'azione del veleno dei
murenidi, temo che vi siano delle variazioni individuali. Questa è una sup-
posizione che forse dipende da che non sono ancora abbastanza numerose le
mie esperienze; ma anche quando fosse dimostrato che esistono queste diffe-
renze individuali per la velenosità del siero nei vari individui, e per la
maggiore o minore vulnerabilità delle vittime nelle quali si prova tale veleno,
resterebbe pur sempre aperta una grande lacuna, che non vedo si possa presto
colmare.
« Nei conigli che furono avvelenati col siero dei murenidi la rigidità
cadaverica compare immediatamente dopo la morte. Gli esempi li ho dati
nella Nota XIII, esperienza V e Vili. Questo è un fatto che ho verificato
pure nelle rane e non l'ho mai osservato nei cani. Ho cercato facendo l'allac-
ciatura dell'aorta addominale se era un fenomeno dovuto all'azione del veleno
sopra i muscoli, o se tale fatto dipendeva da un' azione nervosa.
« Tali ricerche avendomi dato dei risultati incerti, mi limito per ora
ad accennare il fatto, notando che anche col veleno delle vipere osservai nei
conigli la comparsa rapidissima della rigidità cadaverica ed in meno di cinque
minuti dall'arresto del cuore ».
Chimica. — Sul peso molecolare degli acidi citraconico, itaco-
nico e mesaconico e degli acidi fumarico e maleico. Nota del Socio
E. Paterno e del dott. R. Nasini.
« È ormai noto universalmente che le formule attuali di costituzione,
fondate principalmente sulla nozione della tetravalenza del carbonio, non
bastano in molti casi a dare spiegazione di alcune isomerie ben constatate,
— 686 —
ove, ben inteso, nelle formule di struttura si voglia, come si deve, tenere
stretto conto delle funzioni chimiche dei diversi componenti della sostanza,
della sua sintesi, delle reazioni di cui è capace, del modo in cui essa si
decompone etc. etc. Di tali isomerie, inesplicabili con le solite formule, sono
tra le più interessanti, anche pel lato storico della questione, quelle dei tre
acidi della formula C5 HG 04, cioè degli acidi citraconico, itaconico e mesa-
conico, e quella di due acidi della formula C4 H4 04, cioè degli acidi fumarico
e maleico.
« Per ispiegare tale genere di isomerie si è ricorso a molte ipotesi :
lasciando da parte quelle formule che non corrispondono alle reazioni chi-
miche dei composti in questione, accenneremo che si è supposto da Fittig,
giacché si tratta di composti così detti non saturi, che in alcuni un atomo
di carbonio scambi col suo vicino due delle sue valenze, in altri invece una
sola, rimanendo libere le altre due : ipotesi questa a parer nostro e di molti
chimici assai poco probabile.
« Sola spiegazione che corrisponda a tutte le esigenze sembra quella
che la diversità di questi composti dipenda dalla diversa posizione nello
spazio degli atomi componenti la molecola. Ed appunto per spiegare tali
isomerie e per dare anche ragione di molte altre isomerie così dette fisiche e
che principalmente si manifestano col diverso modo di comportarsi delle sostanze
rispetto alla luce polarizzata, Le Bel e Van't Hoff nel 1874 mostrarono come sia
l'esistenza e la diversità del potere rotatorio molecolare, sia la possibilità di
isomerie non rappresentabili colle solite formule nel piano, ricevano una spie-
gazione completa quando invece si considerino gli atomi nello spazio, suppo-
nendo che l'atomo di carbonio occupi il centro di un tetraedro regolare e
gli atomi o gruppi di atomi a lui uniti i vertici di esso.
« Questa ipotesi così semplice già molti anni prima di Le Bel e Van't Hoff
era stata del resto emessa da uno di noi come mezzo di spiegazione di casi
di isomeria inesplicabili con le solite formule di struttura (1).
« Tale ipotesi, accettata da qualche tempo, ma soltanto per dare ragione
dell'attività ottica delle sostanze organiche, è stata ammessa generalmente
solo, può dirsi, in questi ultimi giorni dietro le ricerche di Wislicenus, V.
Meyer e von Baeyer principalmente.
u Purtuttavia in molti casi potrebbe farsi l'obiezione che non si tratti
di vera isomeria, ma bensì di casi di polimeria.
« E questo fu anzi esplicitamente detto da Erlenmeyer a proposito degli
acidi fumarico e maleico, malgrado l'esistenza dei loro eteri : né l'ipotesi è
del tutto fuor di luogo, considerato il grado tanto diverso di solubilità dei
due composti.
(!) Paterno, Giornale di Scienze naturali ed economiche di Palermo, tomo V,
pag. 117 (1869).
— 687 —
« E lo stesso potrebbe dirsi riguardo agli acidi citraconico," itaconico e
mesaconico, e particolarmente dei due ultimi, pei quali bisogna ammettere
assolutamente la stessa formula nel piano. Seguitando lo studio da noi intra-
preso or sono due anni (*), in cui ci proponemmo per i primi di applicare
la legge di Kaoult sui punti di congelamento alla discussione di molte con-
troversie sulle formule di costituzione dei composti organici, noi pubblichiamo
oggi una piccola parte delle esperienze eseguite per risolvere i problemi re-
lativi agli acidi più volte nominati ed altri problemi analoghi aventi rela-
zione colle formule di struttura nello spazio.
n Rimandiamo per la descrizione dei metodi esperimentali e per tutto
quello che riguarda l'argomento, alla nostra Memoria pubblicata negli Atti
di questa Accademia, e solo facciamo notare come la legge di Raoult, che da
principio era a considerarsi come legge empirica, oggi, mercè i bellissimi
studi di Van't Hoff sulla pressione osmotica, ha acquistato una base teorica
indiscutibile.
« Le nostre esperienze conducono ad ammettere che per i tre acidi ci-
traconico, itaconico e mesaconico non si può parlare di polimeria, ma sibbene
di isomeria, e quindi necessariamente per i due ultimi di isomeria nello
spazio ; e alle stesse conclusioni siamo giunti riguardo agli acidi fumarico
e maleico.
« Le esperienze sono state eseguite in soluzione acquosa e le riferiamo
qui brevemente.
Acido citraconico.
Concentrazione
Coefficiente
Abbassamento molecolare
delle soluzioni
d'abbassamento
per C5 H, 0*
I.
0,5847
0,2053
26,69
IL
0,7170
0,1953
25,34
III.
1,5630
0,1727
22,46
IV.
3,7370
0,1606
Acido mesaconico.
20,88
I.
0,6728
0,1709
22,22
IL
1,373
0,1529
Acido itaconico.
19,88
I.
1,081
0,1572
20,44
II.
2,006
0,1495
19,43
0) Paterno e Nasini, Sulla determinazione del peso molecolare delle sostanze or-
ganiche per mezzo del punto di congelamento delle loro soluzioni. Atti della R. Acca-
demia dei Lincei, 1886.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem.
90
— 688 —
« Come si vede, per gli acidi mesaconico e itaconico si hanno valori
normali per l'abbassamento molecolare quando si adotti come peso molecolare
quello corrispondente alla formula semplice C5 H6 04 : lo stesso è a dirsi
per le soluzioni III e IV dell'acido ci traconico.
« Per questo acido poi ci sembra notevole il fatto che per le soluzioni
più diluite I e II si hanno valori che si discostano assai da quelli normali e
che accennano ad una scissione della molecola. Ora questo è in perfetta ar-
monia colla natura chimica dell'acido citraconico, il quale dei tre isomeri è
quello che dà con maggior facilità l'anidride, mentre l' itaconico non la dà
se non pel trattamento con cloruro d'acetile ed il mesaconico non la dà
affatto o, per dir meglio, scaldato col cloruro d'acetile dà anidride citraconica.
Ora è molto probabile che i numeri elevati per l'abbassamento molecolare
dell'acido citraconico in soluzione diluita dipendano dal fatto che la molecola
si è scissa in acqua e anidride.
« Ma su questo non insistiamo, perchè lo studio qualitativo e quanti-
tativo delle disassociazioni e decomposizioni che avvengono nelle soluzioni
sarà argomento di una prossima comunicazione all'Accademia.
« Per gli acidi fumarico e maleico si è pure sperimentato in soluzione
acquosa e si è trovato :
Acido fumarico.
Concentrazione Coefficiente Abbassamento molecolare
della soluzione d'abbassamento per C4 H4 0«
0,6122 0,1470 17,05
Acido maleico.
1,243 0,2252 26,12
« Non c'è dubbio quindi che all'acido fumarico, del quale si dubitava
che fosse un polimero, si deve attribuire la formula semplice : e lo stesso
si deve dire riguardo all'acido maleico, quantunque il suo abbassamento
molecolare sia un po' troppo elevato. Se si riflette che l'acido maleico si
scinde con facilità grande nell'anidride e in acqua, mentre il fumarico solo
con trattamenti più energici dà l'anidride maleica, non parrà strano di sup-
porre che in soluzione l'acido siasi scomposto in anidride ed acqua.
« Anche di molte ricerche fatte sopra gli zuccheri e gli idrati di car-
bonio ci contenteremo per ora di riportare quelle che si riferiscono alla dulcite
e alla sorbina, sino a qui non esaminate da altri : per la dulcite le espe-
rienze fatte in soluzione acquosa conducono alla formula semplice C6 H14 06,
ossia alla stessa formula della mannite, della soluzione della quale già era
stato determinato il punto di congelamento da Eaoult : non resta quindi che
ammettere una isomeria nello spazio. Per la sorbina trovammo pure che ha lo
stesso peso molecolare del glucosio, cioè quello corrispondente alla formula
semplice C6 H12 06.
— 689 —
« Dalle esperienze fatte ci sembra intanto di essere autorizzati a con-
cludere che nemmeno l'ipotesi della polimeria spiega l'esistenza dei tre acidi
citraconico, itaconico e mesaconico, e quella dei due acidi fumarico e ma-
leico : non resta quindi definitivamente altra spiegazione possibile se non
quella fondata sulla diversità delle formule di struttura nello spazio ».
Fisica terrestre. — Sulle osservazioni magnetiche fatte ese-
guire dall'Ufficio centrale di Meteorologia di Roma. Nota del
Corrispondente P. Tacchini.
« A tutto il 1887 il dottor Chistoni, quale assistente fisico dell'ufficio
centrale di meteorologia, ebbe da me l'incarico speciale di eseguire le misure
assolute degli elementi magnetici terrestri di molti punti d'Italia, allo scopo
di compiere la carta magnetica della nostra penisola, di cui lamentavasi la
mancanza. In sette anni il dottor Chistoni completò le misure in 144 punti,
dei quali venti furono compiti durante il 1887. Dei risultati ottenuti nel
1887 l'Accademia non fu ancora informata, ma lo sarà tra [breve. Oltre a
ciò, sempre mantenendosi nel campo del magnetismo terrestre, il Chistoni
studiò le variazioni secolari degli elementi del magnetismo terrestre in otto
punti d'Italia, e da qualche anno stava raccogliendo i dati magnetici rica-
vati dalle misure fatte in Italia prima del 1880. Non passerà molto tempo,
che gli annali di meteorologia conterranno un contributo allo studio del magne-
tismo terrestre in Italia, nel quale staranno compresi colle debite citazioni
tutti i valori del magnetismo terrestre trovati in Italia.
« Fu poi mia cura speciale quella di collegare la nostra rete magnetica
con quelle delle regioni a noi finitime. Nel 1886 inviai il Chistoni a Nizza,
perchè confrontasse i suoi risultati con quelli ottenuti all'osservatorio astro-
nomico del Mont Gros, e si ebbe perfetta coincidenza fra i risultati della
declinazione e dell'inclinazione, ma non fra quelli della componente orizzon-
tale. Mentre infatti il signor Landry ottenne 0,22029 per componente oriz-
zontale (in unità C. G. S.), il signor Chistoni ottenne 0,21867; la differenza
fra i due valori è quindi di 0,00162. Si noti, che i coefficienti del magne-
tismo di Nizza furono studiati all'osservatorio del Pare de St. Maur presso
Parigi. Altra occasione di confronto fra le misure francesi e le nostre si
ebbe allorquando venne a Sonia il signor Moureaux dell'osservatorio del Pare
de St. Maur, che eseguì misure magnetiche alla nostra scuola pratica di
agricoltura nel 1887, nello stesso posto ove altre volte aveva esperimentato
il signor Chistoni. L'accordo fra i dati della declinazione e dell'inclinazione
fu perfetto, ma non così fra quelli della componente orizzontale. Il signor
Moureaux ottenne 0,23283 e dai nostri istrumenti si ebbe 0,23127 ; la dif-
ferenza è quindi di 0,00156, cioè quasi identica a quella trovata a Nizza.
Era quindi naturale, che si pensasse a risolvere il dubbio, se cioè l'errore
— 690 —
proveniva da parte nostra. I coefficienti, che entrano nella formola espri-
mente la componente orizzontale e che devono essere determinati dall'opera-
tore sono cinque; e cioè i coefficienti di temperatura e di induzione, il coef-
ficiente magnetometrico o, come alcuno chiama, delle deviazioni, la distanza
assoluta fra il magnete deviatore e il deviato e il momento d'inerzia dell'ago
delle oscillazioni. Dei primi due non mi occupo perchè non può ammettersi
che un osservatore, quale è il Chistoni, possa in essi commettere tale errore
da produrre le citate differenze. Del coefficiente magnetometrico il dottor
Chistoni ottenne sperimentalmente sempre lo stesso valore, valore che con-
corda con quello che si dedurrebbe teoricamente. Il dubbio quindi restava
sul valore assoluto dell'asta metrica e del momento d'inerzia. Nello stesso
anno 1887 feci costruire un'altra asta metrica, che venne con ogni diligenza
confrontata col metro campione dell'ufficio dei pesi e misure di Roma.
Quanto al momento d'inerzia per sottrarsi alla eterogeneità dei cilindri di
sovracarico, si fecero costruire tre nuovi cilindri di ottone, dei quali si de-
terminò il diametro, la lunghezza e il peso, sempre confrontandoli coi tipi
dell'ufficio dei pesi e misure anzidetto. Il momento d'inerzia dell'ago sulle
oscillazioni risultò identico per ciascuno dei cilindri di sovracarico ; la qual-
cosa prova che i tre cilindri erano omogenei e che il momento d'inerzia del-
l'ago è bene determinato. Col magnetometro così nuovamente e completa-
mente studiato, il dottor Chistoni ripetè le misure alla scuola agraria di
Roma, ed avuto riguardo all'aumento secolare di -f- 0,00022 all'anno, trovò
per la componente orizzontale un valore identico a quelli da esso trovati
precedentemente. E perciò si deve concludere, che ammessi esatti il metro
e il chilogramma campioni del nostro ufficio di pesi e misure, non è a du-
bitarsi che per parte nostra si siano commessi errori nelle misure della
componente orizzontale dal 1882 in poi. Restano così dubbii soltanto i valori
ottenuti in Sicilia nel 1881, pei quali si teme che il cilindro di sovracarico
non fosse omogeneo ; ma sarà mia cura di fare studiare la questione.
« Altre osservazioni di collegamento dovevano farsi a Vienna, e le ope-
razioni non ebbero luogo per ragione di servizio militare del signor Liznar :
ma anche a ciò si provvederà, mentre ora il dottor Chistoni sta studiando
a Modena un magnetometro proveniente da Kew ; e siccome il professor
Chistoni altra volta eseguì misure magnetiche in quella città, così potremo
avere una nuova prova dell'esattezza, colla quale le nostre operazioni ma-
gnetiche furono condotte, e sono lieto che il Consiglio direttivo abbia accettato
la proposta di affidare ancora nel corrente anno e nel successivo alcune opera-
zioni magnetiche al dottor Chistoni, ora professore di fisica nella R. Uni-
versità di Modena.
« Chiudo intanto emettendo il voto, che si venga ad una verifica più
concludente fra i nostri risultati e quelli che si ottennero in Francia, Sviz-
zera ed Austria, essendo troppo evidente l'utilità di questi confronti per
potere così collegare le diverse reti magnetiche dei diversi paesi. »
— (>91 —
Fisica. — Di alcuni nuovi fenomeni elettrici, provocati dalle
radiazioni. Nota IV. del Corrispondente A. Righi.
« Continuando nelle mie ricerche intorno a questo argomento, ho ot-
tenuti alcuni altri risultati, dei quali rendo conto sommariamente in questa
Nota (*).
« a) Per vedere se le radiazioni ultraviolette hanno un' azione anche
sui coibenti, ho modificato la disposizione della prima esperienza della
Nota I. applicando al disco metallico, un disco isolante (solfo, ebanite,
gomma lacca, o vetro), in modo che la faccia del coibente che resta libera,
si trovi rivolta alla tela metallica.
« Caricata leggermente questa faccia, di elettricità negativa, p. es. collo
strofinamento, mentre il metallo che regge il coibente e la tela metallica
sono in comunicazione col suolo, e poi isolato il disco che comunica coll'elet-
trometro, si ha una deviazione positiva, non appena le radiazioni ultraviolette,
passando attraverso la tela metallica, cadono sulla faccia elettrizzata del
coibente. Questa deviazione è assai forte collo solfo e l'ebanite, ed assai
piccola colla gomma lacca e col vetro.
« Se il disco metallico che regge il coibente viene tenuto in comuni-
cazione col suolo, e si mette in comunicazione coli' elettrometro la tela
metallica, si ottiene naturalmente, sotto l'azione delle radiazioni, una devia-
zione negativa.
« Dunque : le radiazioni determinano la convezione di elettricità ne-
gativa, anche quando il corpo elettrizzato è un coibente, od almeno uno
dei due coibenti nominati sopra.
« Se la distanza fra coibente e tela metallica è troppo piccola in rap-
porto alla grandezza della carica che si dà al coibente, si ha deviazione
anche prima che agiscano le radiazioni, per ordinaria dispersione della
carica. Anche in tal caso però le radiazioni mostrano il loro effetto, acce-
lerando notevolmente la deviazione.
« Sopprimendo il disco metallico e mettendo semplicemente un disco
coibente, elettrizzato negativamente, davanti la tela metallica comunicante
coli' elettrometro, appena questa viene isolata e si fanno agire le radiazioni,
si ottiene una deviazione negativa assai più forte, a parità di condizioni,
coli' ebanite e collo solfo, che cogli altri due coibenti. L'effetto ha luogo
anche quando la faccia del coibente elettrizzata negativamente non è quella
rivolta alla tela metallica, ma l'altra. In tal caso la faccia rivolta alla
tela si carica positivamente.
(l) Rend. della R. Acc. dei Lincei, Sedute 4 marzo, 6 maggio, 20 maggio 1888.
— 692 —
« Nella P Nota (4 marzo) ho poi annunciato che un semplice disco me-
tallico comunicante coli' elettrometro, si carica positivamente facendo cadere
su di esso le radiazioni ultraviolette ; orbene, ho constatato recentemente che
una lastra d'ebanite, previamente scarica, o meglio ancora, una di solfo,
si elettrizzano positivamente,, nelle stesse condizioni.
« b) Avendo constatato che verniciando alla gomma lacca, o meglio
con vernice nera da metalli (la così detta vernice giapponese oppure la
vernice nera brillante fabbricate dai fratelli Soehnée di Parigi), un disco
metallico, cessa quasi di prodursi su questo, una volta elettrizzato negati-
vamente, la nota azione delle radiazioni ultraviolette, ho tratto partito da
questa osservazione, per indagare se le radiazioni stesse hanno qualche azione
anche sui corpi elettrizzati positivamente.
« Quando nell'esperienza a) della Nota I. il disco è di zinco e la tela
è di ottone, il formarsi della deviazione elettrometrica sotto l'influsso delle
radiazioni può attribuirsi : 1° ad un'azione delle radiazioni che cadono sulla
tela d'ottone (che è negativa rispetto allo zinco) sia sulla faccia esterna
della tela, sia sulla sua faccia interna dopo riflessione o diffusione delle
radiazioni sullo zinco; oppure: 2° ad azione delle radiazioni sull'elettricità
positiva dello zinco. Nella Nota I. citata considerai il fenomeno nella prima
maniera, e la seguente esperienza sembra darmi ragione.
h Infatti, avendo verniciata la tela d'ottone, 1' effetto delle radiazioni
è sparito quasi affatto.
« Mi sembra perciò ragionevole l'ammettere come assai probabile che :
l'azione delle radiazioni sui corpi elettrizzati positivamente sia nulla, e che
gli effetti che si ottengono in tal caso sieno solo dovuti all'azione delle
radiazioni riflesse o diffuse, sui corpi circostanti, carichi negativamente
per influenza.
« Messo di fronte alla tela d'ottone verniciata un disco di rame, si
ha l'effetto solito, poiché in tal caso è il disco che è negativo.
« e) Dopo aver cercato di dimostrare, colle antecedenti ricerche, che
realmente le radiazioni determinano un movimento di particelle materiali
(probabilmente le molecole del gas in cui si fa 1' esperienza), che partono
dai corpi elettrizzati negativamente, era interessante il decidere se le parti-
celle suddette erano respinte irregolarmente, in modo da costituire nell'as-
sieme una specie di soffio d'aria o di vento, oppure se ciascuna di esse si
spostasse individualmente come farebbe un corpicciuolo elettrizzato.
« La seconda modalità del fenomeno mi sembrava più verosimile. Pare
infatti, dal complesso dei fenomeni, che le radiazioni eccitino sui corpi elet-
trizzati negativamente, quella stessa dispersione o quella scarica, che di so-
lito non cominciano che allorquando le cariche sorpassano un certo limite.
Ora con molteplici esperienze ho dimostrato, che nelle scariche elettriche,
sia ottenute da una punta, sia ottenute con conduttori di forma tondeggiante
— 693 —
il trasporto delle cariche si fa per mezzo di particelle materiali elettrizzate,
le quali sono respinte dall'elettrodo e seguono traiettorie che sensibilmente
coincidono colle linee di forza del sistema (1).
t Era dunque da prevedersi che le particelle che sono respinte da un
corpo elettrizzato negativamente, quando su di esso si fanno cadere delle
radiazioni ultraviolette, seguissero le linee di forza.
« Per mostrarlo ho tentato espe-
rienze numerose e svariate. Esse si ri-
ducono in fondo a realizzare un caso
in cui le linee di forza abbiano forma
nota, arrestando poi con lastre condut-
trici o coibenti parte delle particelle
respinte. Ma queste lastre si caricano
per influenza, e se isolanti od iso-
late acquistano carica dalle particelle
dalle quali sono dapprima colpite. Si
modifica quindi la forma delle linee
di forza, e le esperienze perciò non
sono scevre da obbiezioni. Infine sono
giunto ad una disposizione sperimen-
tale che mostra in modo assai evidente
la esistenza del fenomeno previsto.
« Una grande lastra verticale di
zinco AB, comunicante col suolo, può
spostarsi nel proprio piano in dire-
zione orizzontale ; se ne legge lo spo-
stamento su ima scala ST. Nella lastra è praticata una fenditura verticale,
occupata quasi per intero da uno stretto rettangolo di zinco mn, che non
tocca la lastra, e che è posto in comunicazione coli' elettrometro. Di fronte
alla lastra AB trovasi un cilindro verticale di zinco C isolato; esso è mo-
bile intorno al proprio asse, ed è mantenuto carico negativamente per essere
in comunicazione col polo di una pila secca.
« Tanto le lastre che il cilindro sono verniciati colla vernice nera, ad
eccezione di una sottile striscia p compresa fra due generatrici del cilindro.
Infine, un cerchio graduato GH serve a misurare l'angolo 0 che il piano
passante per 1' asse del cilindro e per la striscia non verniciata fa col piano
passante per lo stesso asse e perpendicolare al piano AB.
« Le linee di forza di questo sistema sono ben note, poiché è lecito
considerare il piano ed il cilindro come indefiniti, se le loro dimensioni sono
convenienti. Tali linee non sono infatti che archi di cerchio orizzontali, aventi
0) Le ombre elettriche, I. Memoria. R. Acc. di Bologna 1881 ; II. Memoria. R. Acc.
dei Lincei, 1882.
— 694 —
il centro nel piano AB. E siccome dal cilindro, sotto l'azione delle radiazioni
che partono dalla sorgente L, non sono respinte le particelle elettrizzate che
in corrispondenza alla striscia p, così sarà facile spostare il piano AB finché
la lastrina non sia colpita dalle particelle, del che avvertirà l'elettrometro
con essa comunicante.
« Eseguita ripetutamente l'esperienza, mettendo successivamente in po-
sizioni diverse la striscia nuda del cilindro, ho sempre ottenuti risultati in
perfetto accordo colle previsioni. Infatti, dato all'angolo d un determinato
valore, e, dopo aver isolato il rettangolo mn, fatte agire per un tempo co-
stante (5 secondi) le radiazioni, si ha nell'elettrometro una forte deviazione,
se la lastrina mn è nel luogo in cui il piano AB è colpito dalle linee di
forza che partono da p ; ma la deviazione stessa è notevolmente minore se
si sposta la lastra AB di pochi millimetri in un senso o nell'altro. E no-
tevole poi come l'esperienza riesca benissimo anche coi valori di 6 mag-
giori di 90°.
« Dicendo & la distanza DE fra il punto D ed il punto in cui la linea
di forza partita da p incontra il piano, e chiamando d la distanza fra il
piano AB e l'asse del cilindro, ed E il suo raggio, la relazione fra s e 6 è
la seguente:
2ds js* + d* — B«) + 2Bj (;» — <P + R»)
ìgd ~~ 4dìlz* — ;4 + (d* — R2)2
« Si potrebbero facilmente moltiplicare le esperienze di questo genere.
Per esempio, avendo posto in X un cilindro isolato e comunicante con C,
ho constatato che la posizione in cui devesi portare il piccolo rettangolo
isolato mn per ricevere le particelle respinte da p, diviene più lontana da D.
Mettendo invece il nuovo cilindro in Y avviene l'opposto ecc.
« Dunque : le particelle che sotto l'azione delle radiazioni ultraviolette
partono da un corpo elettrizzato negativamente, si muovono seguendo sen-
sibilmente le linee di forza ».
Matematica. — Sulle funzioni ipergeometriche generalizzate.
Nota I. del Corrispondente S. Pincherle.
« È noto che ad ogni equazione differenziale lineare a coefficienti razio-
nali si può fare corrispondere una equazione lineare alle differenze finite, pure
a coefficienti razionali. Data cioè la prima equazione, si può immediatamente
scrivere la seconda, e reciprocamente; e dall'integrale dell'una si deduce senza
difficoltà quello dell'altra. Di questa correlazione fra le due classi di equa-
zioni, correlazione che sembra quasi trarre la sua origine da un principio
di dualità, mi propongo di esporre nella presente Nota una applicazione alle
funzioni ipergeometriche generalizzate.
« Si sa che la generalizzazione delle funzioni ipergeometriche, dopo che
— 695 —
queste furono definite dal lavoro di Riemann come integrali della nota equa-
zione differenziale lineare del second' ordine, è stata cercata principalmente
in due direzioni: prima dal Pochhammer (*), sostituendo all'equazione diffe-
renziale di second' ordine un' equazione d' ordine n, con n punti singolari a
distanza finita, uno all' infinito, ed alcune condizioni sul modo di comportarsi
degli integrali nell'intorno dei punti singolari ; poi dal Goursat (2), il quale
considera pure un' equazione differenziale d'ordine qualunque, ma coi soli punti
singolari 0, 1 ed x. Le due famiglie di trascendenti scoperte da questi autori
sono dunque assai diverse fra loro, tostocchè n è maggiore di 2; ora io mi
propongo di mostrare in questo lavoro come l'accennata correlazione fra equa-
zioni lineari differenziali ed alle differenze finite permetta di collegare fra
di loro le due specie di funzioni ipergeometriche generalizzate. Troveremo
infatti che mentre le funzioni ipergeometriche generalizzate del Goursat pro-
vengono da un' equazione differenziale lineare di ordine qualunque, coi coef-
ficienti razionali in ex e del primo grado, le trascendenti del Pochhammer
hanno origine da una equazione alle differenze finite, di ordine qualunque, e
coi coefficienti razionali, interi e del primo grado in x ; troveremo pure che
ad ogni proprietà formale od effettiva delle funzioni della prima famiglia
corrisponde una proprietà correlativa per le funzioni della seconda, e inver-
samente.
« 1. Per mettere meglio in evidenza la corrispondenza fra le equazioni
lineari differenziali e a differenze finite, mi è sembrato utile di considerare
i coefficienti dell'equazione differenziale come funzioni razionali di una espo-
nenziale anziché della stessa variabile indipendente. Supponendo tutti questi
coefficienti del medesimo grado, l'equazione differenziale si prenderà nella
forma
m
(1) J_ («'».<> + «A.i e~l + «*j e~n H h «*■*» e-*1) *t>°° (0 = ° •
« Formo la trasformata di Laplace di questa equazione. A questo effetto
osservo che in virtù di un notevole teorema del Poincaré (3), se t cresce inde-
finitamente per valori reali e positivi, sarà
(2) lim e~xt ìp(t) = Q
£=oo
per ogni valore di x la cui parte reale è maggiore della massima parte reale
dei logaritmi delle radici della equazione
(3) a0.0 -f- «1.0* + atMz% H h am.oz™ = 0 .
(») Creile, t. LXXI, 1870.
(2) Annales de l'École Normale, ser. II, t. XII, 1883.
(8) American Journal of Mathematica, t. VII, n. 3.
Rendiconti. 1888, Vol. IT, 1° Sem. ;H
— 696 —
« Kisulta da ciò che posto
(4) f(x)=jer°*ip(i)dt
ed estesa l' integrazione ad una linea l che venendo dall' infinito positivo,
ruoti intorno ad alcuni punti singolari dell'equazione (1) e torni all'infinito
positivo, si avrà integrando per parti :
ed
xhf(x) = Ce~xt ip0l) (0 clt ,
(x+/c)h f{x-\-k) = Ce~xt e~M ipUÙ (t) dt ;
con ciò l'equazione (1) si trasforma nell'equazione lineare alle differenze finite,
d'ordine p e coi coefficienti di grado m:
« Questa equazione si dirà la trasformata della (1); ad essa si poteva
anche giungere seguendo altre linee d' integrazione, purché le parti finite nelle
integrazioni per parti siano nulle ai limiti.
« 2. Sia data invece una equazione alle differenze della forma (5). In-
dico con f{x) un suo integrale e pongo
(6) V(0= f ^lf{sc)dx
dove la linea d'integrazione A è soggetta alle condizioni
(7) f extf{x)dx = f eiK+inf(x+\)dx= = f e***" f(x+p)dx.
« Da queste risulta colla derivazione
yuo (t)e-u = fe*<(x-\-/e)hf(x+h)dx
e con ciò l'equazione (5) si trasforma nella (1).
« La trasformazione (6) è dunque l' inversa della (4) ; si tratta soltanto
di determinare la linea d' integrazione A in modo che soddisfi alle condizioni
indicate da (7).
« 3. Ciò si può ottenere nel seguente modo. È possibile, in generale,
di determinare l' integrale di un' equazione lineare alle differenze finite e a
coefficienti razionali, p. es. la (5), sotto forma di una funzione uniforme, con
una sola singolarità essenziale all' infinito e con singolarità non essenziali
(poli) nei punti radici delle equazioni
r (x + n) = 0 (*),
dove si è posto
(3') r(x) = a0.oJrai.oX-\ \- am.*xm
ed n è un numero intero qualunque positivo o nullo.
(*) Vedi Hj. Mellin, Acta Mathematica, t. IX, p. 159 e seguenti.
— 697 —
« Indicando con ccx , a2, ••• am le radici della r(#), i poli di f{x) costi-
tuiscono dunque in generale gli m sistemi
<*h, «A — 1 , f*h — 2 , cth — il ,
(h = l, 2, 3,....m).
« Prendo a considerare una linea chiusa A che comprenda i punti
«i , ai — 1, ... ai — w fino ad un valore di n arbitrario, e non racchiuda alcun
altro punto né di questo, né degli altri m — 1 sistemi di poli. L'integrale
—. Cextf(x)dx
' 27ZÌJ(a)
sarà eguale alla somma dei residui della funzione extf{x) nei punti ai ,
aj — 1 , .... ax — n ; V integrale
1_ Ce<^>'f^4-l)dx
2mJ(A)
sarà invece eguale alla somma dei residui della funzione e(x+1Hf (x-\-l)
nei punti «2? = ax — 1 , ax — 2 , ... ax — n , onde segue immediatamente che la
differenza
— Cextf(x)dx — fe'x+inf(x-\-l)dx
2TtU(A) 2mJ(A) ' v '
è uguale al residuo di ext f (x) nel punto ax — n.
« Similmente si trova che la differenza
— Cextf(x)dx — Ceix+v f(x-\-p)dx
2ttìJ(a) 2niJ(A)
è uguale alla somma dei residui di ext f(x) nei p punti
«! — n, ai — n -j- 1 , .... d\ — n -{- p — 1 .
« Ingrandendo ora la linea A per modo che senza cessare di soddisfare
alle altre condizioni, il valore di n cresca indefinitamente, se l' integrale con-
serva un significato e se il residuo di ext f(x) nel punto ax — n tende a zero
per n=<x> , saranno soddisfatte le condizioni (7), e ad un integrale f(x) del-
l'equazione alle differenze corrisponderà l' integrale
ìp{t)= \ extf{x)dx
dell'equazione differenziale (1)'. Si è indicata con X la linea limite di A.
* 4. Non mi tratterrò per ora a sviluppare maggiormente le proprietà
di questa corrispondenza fra le equazioni (1) e (5) (fra le quali si potrebbe
notare che l'equazione (3), che dà le singolarità dell'equazione alle differenze,
viene ad essere l' equazione determinante dell' equazione differenziale per
£ = -J-oo, e correlativamente l'equazione
(8) am(> -f- ami x-\ \-ampap = 0
che, come insegna il Poincaré, dà i limiti del rapporto v ' per x=co ,
— 698 —
è quella d'onde risultano le singolarità dell'equazione differenziale) ; e passerò
invece a trattare i casi speciali che danno origine alle due famiglie di fun-
zioni ipergeometriche generalizzate.
« Supponiamo pertanto che l'equazione (1) si riduca al primo ordine
(1') («oo+«o1^t+-"+«op^WO+(«io+«ii^+"'+«ip^V'r(Oi=0.
In corrispondenza a questa, si avrà un' equazione alle differenze con coefficienti
razionali, interi e del primo grado in x, che sarà:
+(%>+M#+ìO)/(H-.p)=0
La soluzione di questa equazione si potrà scrivere in forma d'integrale de-
finito (4), con una linea / d' integrazione presa come è indicato al § 1 ; ma
l'equazione (1') si può integrare in forma finita ed il suo integrale, all'in-
fuori di un moltiplicatore costante, si può scrivere
(9) \p (l) = e~^ U{l—aK elf*
p
11
dove le ah sono le radice dell'equazione (8) (m=l); perciò si avrà per un
campo conveniente (v. § 1) di valori di x :
(10 f{x) = f(x\ «!, «*, ...mp)= j <r<*+P»IZ(l— €tnéf*dt.
« Al mutare della linea d' integrazione si potranno trovare sotto la forma
(10) vari integrali della (5'), le cui combinazioni lineari (a coefficienti co-
stanti o periodici) saranno pure integrali dell'equazione stessa; fra queste
combinazioni se ne potranno anche trovare di quelle valide per ogni x finito,
cioè funzioni trascendenti intere. Non insisto su questa analisi, perchè non
nuova, essendo analoga a quella svolta in ima questione affine dal Poincaré (1).
« 5. La funzione f{x) data dalla (10) dipende non soltanto dalla x, ma
anche dai parametri ax, «2, «p, dei quali pure, sotto certe condizioni,
essa è funzione analitica. Ora questa funzione soddisfa ad equazioni lineari
a derivate parziali rispetto a due o più di queste variabili, e ad un'equa-
zione differenziale lineare dell'ordine p rispetto a ciascuna di esse conside-
rata separatamente. Ciò si può provare nel seguente modo.
« Derivando parzialmente la (10) rispetto ad aXì «2, ap. ed inte-
grando per parti, si ottiene dapprima:
(li) (^+iJ)/,W + «1^+«2^+- + «^=o.
(>) Mem. citata, § 3.
— 699 —
« Ma si ha pure l' identità
{l—ahelf*-x (1— a^éf* — (\—ahel)^{\—ctkelf*-1
moltiplicando per
e peri binomi rimanenti (1 — a^')^, (1 — a2 e1)'5*, .... ed integrando lungo la
linea /, si ottiene
equazione a derivate parziali del second'ordine cui soddisfa la f{x\ «1? a2,...ap).
p(p — 1)
« Dalla combinazione delle ^^, equazioni della torma (12), insieme
all'equazione del prim'ordine (11) e a quelle che se ne deducono colla deri-
vazione rispetto alle «, si ottengono molteplici equazioni lineari a derivate
parziali ed a coefficienti razionali di ordini diversi e con diverso numero di
variabili. Mi propongo di mostrare come, in particolare, si possa ottenere
un' equazione differenziale lineare dell'ordine p rispetto ad ogni singola va-
riabile «i , «2, ... CCp.
« Prendendo infatti quelle p — 1 equazioni (12) che contengono una deter-
minata ah , per esempio la ax , e derivando ciascuna di queste p=2 volte
rispetto ad ax , avremo (p — l)2 equazioni lineari fra le quantità
a*) ^L
per k=l, 2, 3, ...p ed &=1, 2, 3, ...p, eccettuata la combinazione (k=pji=p).
Derivando invece p — 1 volte la (11) rispetto ad al , si ottiene un sistema
di p equazioni lineari (compresa la stessa (11)) fra le medesime quantità (13),
ed in più la f{.x) e la — - ■ Fra queste
f-p + 1
equazioni si possono eliminare le p(p — 1) quantità
w
per k = 1, 2, 3, ...p ed h = 2, 3, ... p , e si ottiene così (volendo, sotto forma
di determinante) un' equazione lineare a coefficienti razionali fra
t2L , il y/
' ! "dai D«i2 ^ì*
« Questa equazione non è altro che l'equazione ipergeometrica delPochham-
mer, dell'ordine p. L'espressione (11) è dunque una funzione ipergeometrica
d'ordine superiore del Pochhammer rispetto a ciascuna delle variabili ai , a2, ... ap;
essa si può anche considerare come funzione ipergeometrica a due, tre, ...p
— 700 —
variabili e come tale soddisfa ad equazioni lineari simultanee a derivate pra-
ziali, le quali si deducono dalle (11), (12) e dalle loro combinazioni per
derivazione ed eliminazione lineare. Nel caso particolare di jt? = 3, «x = 1 si
ritrova la funzione ipergeometrica a due variabili Fi dell' Appell (*) conside-
rata pure dal Picard (-').
« È da notarsi che se la
11(1 — a, e1 f*
si sviluppa in serie ordinata per le potenze di una o più variabili «, e la
linea d' integrazione è tale da permettere l'integrazione termine a termine, si
ottengono serie ipergeometriche generalizzate, a più variabili, i cui più coef-
cienti sono funzioni ipergeometriche della stessa famiglia ma con una o va-
riabili di meno » (3).
Zoologia. — Intorno allo sviluppo del Cestodi. Nota preli-
minare del Corrispondente B. Grassi e di G. Rovelli.
« Avendo seguito lo sviluppo del cisticercoide della tenia ellittica nella
pulce dell'uomo e del cane, abbiamo potuto constatare i seguenti fatti.
« L'embrione esacanto, costituito da un blastema uniforme, si tramuta
in una vescicola a cavità eccentrica (lacuna primitiva) e perciò a parete di
vario spessore, e più precisamente (tenendo calcolo del futuro cisticercoide)
spessa nella metà anteriore, assottigliata nella posteriore : a quest'ultima cor-
rispondono gli uncini e propriamente ad una metà (che potrebbe forse dirsi
ventrale) di questa metà posteriore.
« Noi supponiamo che la lacuna primitiva (a contenuto liquido) cor-
risponda alla cavità dell'intestino medio (intestino del chilo) degli altri pla-
telminti: essa si forma in tutti i cisticerchi e cisticercoidi.
n. La parte anteriore della vescicola si ispessisce sempre più, acquista il
rostello, le ventose e diventa il corpo del cisticercoide.
« Il rostello si sviluppa da una fossetta od invaginazione anteriore : questa
invaginazione all'avanti è allargata, all' indietro si restringe e poi si allarga
di nuovo: crediamo lecito di paragonare la dilatazione anteriore alla cavità
boccale e quella posteriore al bulbo faringeo dei trematodi ; anche nella di-
latazione posteriore si formano piccoli uncini, ma più tardi scompaiono.
« Le ventose nascono come ispessimenti e susseguenti introflessioni già
nel luogo dove si trovano nell'adulto: il loro accenno è appena più tardivo
di quello del rostello, da cui sono del tutto indipendenti.
(>) Journal de Mathématique, ser. 3a, t. VTJI, p 173.
(2) C. R. de l'Acadéraie des sciences de Paris, t. XC, p. 1267.
(3) Cfr. Pochhammer, loc. cit, p. 323.
— 701 —
« La parte posteriore ventrale della vescicola cresce e diventa la coda ;
vi si notano gli uncini disposti a paia, come nell'embrione esacanto, ma l'un
paio assai più allontanato dall'altro. La coda raggiunge una lunghezza con-
siderevole e poi, man mano che il cisticercoide matura, alla sua estremità
prossimale subisce uno strozzamento che finisce a distaccarla dal corpo : essa
non gemma e va certamente perduta.
« La lacuna primitiva viene a trovarsi in parte nel corpo ed in parte
nella coda; nel primo non tarda a riempirsi di connettivo ricco di umore
acquoso, nella seconda tende pure a scomparire, ma si può ancora trovare
accennata nella coda al massimo sviluppo.
« Contemporaneamente all'allungarsi della coda, dopoché si sono formate
le ventose ed il rostello , la parte anteriore del corpo a poco [a, poco si
introflette nella parte posteriore ; così si ha il cisticercoide della tenia ellit-
tica, descritto dal Leuckart; esso può estroflettersi ed allora è perfettamente
eguale al cisticercoide del Cyclops (Gruber). La introflessione serve forse a
permettere allo scolice d'arrivare nell'intestino tenue dell'oste definitivo.
« Il sistema escretore si sviluppa poco dopo l'apparire del rostello e
delle ventose. Gli imbuti terminali colle fiammelle vibratili, vennero da noi
riscontrati appena dopo la comparsa dei canali escretori. Si forma , come al
solito, anteriormente un anello escretore con quattro tronchi, i quali si aprono
in una vescicola, sboccante all'esterno davanti all'origine della coda: nella
coda non trovammo traccia di apparato escretore.
« I corpuscoli calcari compaiono in piccolissimo numero contemporanea-
mente all'accenno del rostello : essi vanno diventando numerosi man mano
che il cisticercoide matura. Nella coda, o non se ne osservano, od appena alcuni
in vicinanza alla sua estremità prossimale.
« Il cisticercoide della tenia ellittica ha grande somiglianza con quello
del tetrarhynchus, col piestocystis, collo scolex polimorpìms ed infine col cisti-
cercoide del Cyclops. Alcune osservazioni di Monticelli ci lasciano intravve-
dere che identico sia il modo di sviluppo nello scolex polimorphus e nella
tenia ellittica.
« Abbiamo studiati anche alcuni stadi evolutivi del cisticercoide della
tenia murina ed abbiamo trovato che anche in esso si forma la lacuna pri-
mitiva, la quale si estende e resta infine come lacuna angustissima (virtuale) nel
cisticercoide maturo. Riteniamo molto verosimile che il processo di sviluppo
dello scolice differisca da quello della tenia ellittica, in quanto che l'inva-
ginazione della parte anteriore nella posteriore, invece di svilupparsi dopo la
formazione delle ventose, compare prima e perciò, mentre forse il rostello si
accenna anteriormente prima che cominci l'invaginazione in discorso, le ven-
tose derivano dalla parte periferica del fondo di questa invaginazione, presso
a poco come ha descritto il Leuckart per i cisticerchi ordinari. Questo fondo
va sollevandosi contemporaneamente al comparire delle ventose, nascenti
— 702 —
certamente dopo del rostello. Noi abbiamo veduto che il sollevamento continua
e si viene così ad avere uno scolice con un collo sorgente dal fondo dell'in-
vaginazione. S'intende che i vasi escretori si ripiegano dal collo dello scolice
sulla parte invaginante (parte posteriore dell'embrione).
« L'or cennato processo d'invaginazione ci pare analogo, per esempio, a
quello che produce la gastrula embolica. In conseguenza di esso, la lacuna
primitiva viene a mutare di forma ed a trcn arsi compresa tra una parete esterna
ed una interna. I vasi escretori vengono appunto a continuarsi dallo scolice
sulla parete interna. L'apertura esterna, o poro, della cavità d'invaginazione,
man mano che si solleva lo scolice, va restringendosi, e finisce a chiudersi
interamente.
« Si sviluppa anche una coda, relativamente molto corta.
« Noi abbiamo studiato anche i cisticercoidi della tenia leptocefala e pro-
glottidina ed altri due indeterminati; in complesso si comportano come il
cisticercoide della tenia marina, soltanto che la parete esterna della parte
posteriore, cioè invaginante, si differenzia in vari strati di speciale struttura.
« Tenendo calcolo di tutti questi studi e di quelli del Leuckart e del
Villot sui cisticerchi e cisticercoidi, ci crediamo autorizzati a ritenere che il
cisticercoide della tenia ellittica e probabilmente gli altri ad esso simili
sopraccennati, rappresentino la forma la più semplice: al cisticercoide della
tenia ellittica si possono ridurre tutti gli altri cisticerchi e cisticercoidi.
« Cisticerchi e cisticercoidi sono fondamentalmente eguali, soltanto la
lacuna primitiva è virtuale (cisticercoidi) o reale (cisticerchi). Possiamo forse
distinguere i cisticerchi (senso lato): 1° in cisticerchi (senso stretto) e cisti-
cercoidi, gli uni e gli altri ad invaginazione anticipante ed a lacuna primi-
tiva virtuale o reale ; 2° in cisticercoidi ad invaginazione tardiva ed a lacuna
primitiva scomparsa.
« Le distinzioni messe innanzi dal Villot sono affatto infondate.
« Nella maggior parte dei cisticercoidi si produce una coda, come nella
tenia ellittica; questa coda alle volte lunga due o tre volte più del corpo,
porta gli uncini e varia molto, anche nei vari individui di una stessa specie ;
è certamente un organo rudimentale, che noi non esitiamo a paragonare alla
coda delle cercarie. Come coda vuol essere interpretata anche la speciale ap-
pendice, descritta dal Moniez, come parte posteriore di un cisticerco in via
di divisione (eysticercus pisiformis).
« Noi abbiamo seguito anche la storia dello sviluppo degli organi; in
complesso possiamo dire finora che lo sviluppo dei cestodi, da noi studiati,
è enormemente abbreviato ; crediamo interamente soppresso il periodo in cui
dovrebbero essere distinti i foglietti germinativi ; gli organi per quanto abbiamo
finora veduto, si differenziano da un blastema uniforme e costituente una
massa unica » .
— <03 —
Matematica. — Intorno alla trasformazione del differenziale
ellittico effettuata per mezzo della rappresentazione tipica delle
forme binarie di 3° e 4° grado. Estratto di lettera del prof. G. Pit-
TARELLI al Socio BrIOSCHI.
(xdxì
- Il differenziale ., dove f{x) è una forma biquadratica in x=X\ :•<•>.
ff{x)
fu dal sig. Hermite (Creile' s Journal Bd. 52) trasformato nell'altro- "
1 ;3— ±is— ij
T_r
con la sostituzione s = — — , dove H è l'hessiano ed i e j sono gl'inva-
riante di /', l'uno e gli altri definiti dalle
H = (//)*, i = {ff)*, y = (/H)4.
« V. S. in veca e ne' Comptes rendus (1863, pag. 659) e nel tomo VII,
serie 2a degli Annali di Matematica, trasse la precedente trasformazione
dalla teoria de' covarianti associati facendo uso della sostituzione, lineare in x,
|H43Ha.
« In questa sostituzione adoperata da Lei entrano due covarianti : la forma f
e l'hessiano. Ma la stessa teoria delle forme associate fornisce una delle più
semplici sostituzioni, quella nella quale una delle forme lineari è il cova-
riante identico (y.c) : ed ecco come, in poche righe.
« I. Sia f(x) il prodotto di una cubica q(x)=g>x3 e di una forma li-
neare (yx), ossia f(x) = (yx) g>(x).
* Ponendo (Clebsch, Theo rie d. binàren Formen § 86)
1) ì = ìx = <Py<fx, £ = £a; = 2(^z?) (in Clebsch i? = K)
si ha
2) (££) = 2(fy3 = 2y (y) = 2(p , per maggior semplicità,
indi la forma tipica di y(x)
3) *2.^) = ^3 + f^^2 + iQC3,
dove le forme J = (g><p)ì e Q = (<f^)i sono scritte col parametro //. Ma si
prova facilmente che
i=—ÌJ, ;=— iQ;
dunque la 8) diviene
4) 9*'9(si) = ^—T^ — ÌJP'
Si ha poi, per le 2) e pel teorema delle identità
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 92
— 704 —
E di qui successivamente, in forza poi delle 4) e 5)
(xdx) m — m _JKzz^L. = - Ht — U'e
appunto quello che si voleva.
* Il differenziale 6) appartiene alla curva del 3° ordine
7) #3* {il*) — <fo:3 = 0 ,
per la quale il punto ^=0, x2=0 è un flesso, la retta (y.z)=0 è la rela-
tiva tangente, le rette ya,-3=0 sono le altre tre tangenti uscenti da esso, e
la #3=0 n è la polare armonica. È noto che ogni cubica si può ridurre alla
forma 7).
1
« Le sostituzioni 1) poi, scrivendo r; in luogo di — = xò<f> riducono 7)
1 2
alla forma
8) r^-^ + iaK' + f/C'^O,
dove la retta £ è, per la relazione t = <py%(fx, la retta armonica di 1° or-
dine rispetto alla terna di tangenti <fxs = 0. Un triangolo fondamentale sì
fatto può esser sempre trovato : e se la curva non è armonica o equianarmo-
iiica, ponendo 4-£ ed », 1/4- in luogo di ? ed /,, la 8) si può scrivere
"3 ì?
tfg £3_|__L(^-S£2-f-|£3) = 0, dove figura il solo invariante assoluto — •
J •'
« II. Sia ora /' una forma propria del 4° ordine, e T il suo covariante
sestico: T = Ta;6 = (fE), .
« Facendo la sostituzione
9) J^T/T., ri = {yx)
si ha (Clebsch, Theorle ecc. § 88)
dove le forme T, f ed H sono scritte col parametro y, I e J sono gì' invarianti
della forma B.f (x)—fE(x) , e
il) n(*, /) = *3 — \i*K — {;,):■■
è il primo membro della nota risolvente cubica, mentre poi
12) T2=-1^(H,-/);
(si vedano i § 41, 42, 88 dell'opera citata di Clebsch).
« Sia y una radice di / (ipotesi verificata nel caso precedente, dove f
era eguale ad (yx) y> (x)).
« Avremo allora
13) T2 = -jIF, ^§ = 3H«, l = iW, J=./H3; •
e posto
H) r=— 1^
— 705 —
verrà
« Per le 9) e 14), osservando che qui si ha (£/y) = T(/° = T , si ha
analogamente a 5)
, , v ìdi: — r,d'§ 2 (£d£ — £d£)
\XClX) ™ ■ mTT
« Di qui per la 15)
o\ {xdx) _ CdS — £d£ _ £d$ — jtó£
ff ' ) 2 Y&(U) ~ 1 2 1 '*»— iiK1— V;W '
come in 6).
« Basta porre £— 1, £ = 2j, ^2 = — , #3 = ^r perchè il differenziale
Li ')
si trasformi nell'altro
dz
du-
f4^ — g22 — g,
notissimo oggi e che serve a definire la funzione doppiamente periodica g —p (u)
di Weierstrass, adoperata con tanto vantaggio nelle Vorlesungen di Clebsch-
Lindemann per la teoria delle curve del 3° ordine » .
Fisica. — Sull'influenza delle forze elastiche nelle vibrazioni
trasversali delle corde. Nota II (') del prof. Pietro Cardani presen-
tata dal Socio Blaserna.
III.
Modo come si eseguivano le esperienze.
« Gli apparecchi descritti nella Nota precedente, cioè il roteggio che faceva
girare il disco colle fenditure, il sonometro verticale, il cilindro sul quale
scriveva le proprie vibrazioni il diapason ed il tasto telegrafico, erano stati
collocati così vicini che da solo poteva eseguire le molteplici operazioni che
si richiedevano per la determinazione del numero delle vibrazioni della corda
data. Il modo come operava era il seguente.
« 1°. Dopo aver posta la corda sul sonometro e caricata dei pesi voluti,
chiudeva colla vite i cuscinetti inferiori in modo da limitare la porzione della
corda vibrante alla distanza tra questi cuscinetti ed il piano inclinato superiore.
« II0. Metteva in movimento il roteggio che portava il disco colle fendi-
ture e faceva vibrare la corda pizzicandola nel punto di mezzo, in modo però
di dare ad essa una piccolissima ampiezza di vibrazione ed, a tentativi, variando
sia il peso che forniva la forza motrice, sia l'inclinazione delle alette, cercava
di vedere sensibilmente ferme le onde, in cui sembrava decomposta la corda
elastica.
« III0. Quando era raggiunta questa condizione, metteva rapidamente in
C1) V. pag. r,24.
— 706 —
azione l' elettrodiapason colla pila Grenet, chiudeva l'interruttore del rocchetto
in modo che la punta di acciaio passando nel mercurio ad ogni giro chiudesse
ed aprisse il circuito inducente: così tra la punta dell' elefctrodiapason ed il
cilindro scoccava ad ogni giro una scintilla che forava la carta e vi lasciava
in esso un'impronta; indi lasciava libero il cilindro sul quale era la carta
affumicata di girare.
« IV0. Siccome il moto del disco non era rigorosamente uniforme, le onde
avevano sempre un leggiero movimento di traslazione in un senso o nell'altro:
quando tutto era pronto, quando cioè il diapason scriveva sul cilindro girante
le sue vibrazioni e corrispondentemente ad ogni giro del disco scoccava una
scintilla, correggeva, applicando la mano sulla fune che portava il peso
motore, la velocità del disco girante in modo die le onde della corda vibrante
si vedessero rigorosamente ferme: in quel momento faceva scoccare due o
tre scintille vietissime nel cilindro girante per mezzo del tasto telegrafico
e subito dopo fermava il cilindro; così poteva facilmente ritrovare alla lino
nella scrittura del diapason quel tale punto che corrispondeva a quella velo-
cità del disco per la quale le onde si vedevano rigorosamente ferme.
« V°. Rilasciava libero il cilindro di girare e ripeteva l'esperienza come
precedentemente e cosi di seguito sinché il diapason avesse scritte le suo
vibrazioni in tutta la" carta all'umica ta eli i avvolgeva il cilindro. Siccome una
striscia di carta mi bastava per nove osservazioni, così spesso mutava le
condizioni delle esperienze, o cambiando il peso tensore o la corda vibrante.
« Vi. Finalmente tagliava la striscia di carta e contava il numero
delle vibrazioni che si trovavano fra due scintille: dividendo il numero delle
vibrazioni che dava il diapason in un secondo, cioè 100, per il numero delle
vibrazioni che dava la durata d'un giro del disco, aveva quanti giri compiva
il disco in un secondo, e moltiplicando questo numero di giri per il numero
delle fenditure (che erano 8), otteneva il numero delle fenditure passate
davanti all'occhio in un secondo; moltiplicava questo numero per il numero
delle mezze onde in cui sembrava divisa la corda, ed otteneva il numero
delle vibrazioni semplici date dalla corda e finalmente, prendendone la metà,
il numero delle vibrazioni doppie.
« Per ottenere la velocità di propagazione delle vibrazioni trasversali
nella corda data, doveva conoscere la lunghezza della corda vibrante giacché,
come si sa, la velocità V è rilegata al numero di vibrazione N ed alla lun-
ghezza della corda L dalla relazione
V=2NL:
la lunghezza della corda era data dalla distanza tra lo spigolo del piano
inclinato superiore ed il piano dei cuscinetti inferiori; e questa distanza la
misurai con la massima cura per mezzo di un catetometro di Stark di grande
precisione, e siccome la corda veniva caricata con differenti pesi, determinai
anche la correzione che doveva fare alla lunghezza della corda per la flessione
della sbarra di acciaio superiore, correzione che era di circa mm. 0,15 per
— 707 —
ogni chilogramma ; e così determinava la velocità di propagazione delle vibra-
zioni trasversali che forniva l'esperienza.
« Per paragonare questi risultati dell'esperienza coi risultati della teoria
doveva trovare i valori della velocità V di propagazione delle onde trasversali
dalla forinola
nella qual forinola p indica (come si disse nella prima nota) il peso dell'unità
di lunghezza della corda vibrante.
« Per determinare questo valore di p dapprima ho seguito lo stesso
metodo di Savart, di pesare cioè 10 metri del filo su cui si voleva sperimentare,
e supporlo di diametro costante; ma ho dovuto constatare che tagliando in
vari punti di questi dieci metri quella lunghezza di filo che mi bastava per
il sonometro, applicando a queste differenti corde lo stesso peso tensore, aveva
nel numero delle vibrazioni delle differenze piccole ma non trascurabili, sulle
quali differenze dovremo in seguito ritornare; per cui ho creduto che queste
differenze in parte fossero dovute a non essere il filo perfettamente cilindrico.
Per aver con maggior esattezza il peso p ho quindi pensato di fare nel seguente
modo : alla fine della serie di esperienze fatta con una data corda e caricata con
un peso medio tra quelli adoperati per tenderla, ho ravvicinato colla vite
di pressione i cuscinetti inferiori tra loro, in modo che essendo di acciaio
coi loro spigoli prospicienti tagliassero quasi la corda ; ed in tali condizioni
con un tronchetto di acciaio a taglio piano recideva la corda all'estremità
superiore nel punto dove, lasciando il piano inclinato del cuscinetto, diventava
libera. Indi levava i pesi tensori, apriva i cuscinetti inferiori e toglieva la
corda dal sonometro : bastava ripiegare la corda su se stessa, perchè si rom-
pesse dove aveva avuto l'incisione degli spigoli di acciaio dei cuscinetti infe-
riori, e così aveva per determinare p la stessa corda vibrante la cui lunghezza,
come dissi, aveva misurata colla massima cura. Il peso di questo tratto della
corda l'ottenni con una bilancia di gran lissima precisione e con una pesiera
paragonata sul chilogram 110 campione: così poteva anche conoscere il peso
di un metro del filo e determinare la velocità teorica delle vibrazioni tra-
sversali.
IV.
Influenza del peso tensore.
« Le prime ricerche eseguite cogli apparecchi precedentemente descritti
ebbero per obbiettivo di constatare se, tra i risultati della teoria e quelli
della esperienza, esisteva quella grande di ferenza che aveva constatato il
Savart, e se tale differenza si modificava col peso tensore in modo da dimi-
nuire continuamente col crescer della tensione: in altro parole ho voluto rifare
il lavoro del Savart e ciò allo scopo di assicurarmi fin da principio, se il
Savart nel suo lavoro avesse raggiunto lo scopo che si era prefisso, cioè di
— 708 —
conoscere l'influenza della elasticità sulle vibrazioni delle corde, o se al contra-
rio era vero quello di cui dubitava, e che esposi nella prima nota, che cioè
il Savart avesse trovato invece l'influenza del peso tensore sulle vibrazioni delle
verghe elastiche fisse alle due estremità. L'esperienza solo poteva decidere
nettamente la questione, giacché nella prima ipotesi avrei dovuto col metodo
di misura da me adoperato, completamente diverso da quello del Savart, arri-
vare agli stessi risultati, mentre nella seconda ipotesi i risultati che io doveva
ottenere, sarebbero stati completamente differenti da quelli del Savart.
« Come risulta dal prospetto riferito nella prima nota, il Savart, operò
per i differenti fili da un peso tensore eguale a zero fino alla tensione che
determinava la rottura del filo: e trovò che anche a questo estremo limite,
quando cioè il filo stava per rompersi, la differenza tra il numero di vibrazioni
che dava la corda elastica praticamente e quello che doveva dare teoricamente
era molto notevole. Per fissare meglio le idee riporto pei vari (ili adoperati
dal Savart le differenze trovate per una tensione zero e per una tensione che
quasi determinava la rottura del filo.
Sostanza
Tensione
in
Chilogrammi
N
calcolato
V. il.
X
dall'espe-
rienza V. il.
V
calcolata
i metri]
V
dall'espe-
rienza (metri)
Rame ross ».
0,000
0
450
0,00
72,45
20.21 1
1242
1310
109,80
210,99
Ottone del
0,000
0
450
0,00
72,45
commercio .
40.327
1932
1966
310,84
316,52
Ferro ....
0,000
ii
600
0,00
06,60
29,583
1656
1765
200,47
284,16
Acciajo. . .
0,000
ii
185
0,00
78,08
28,885
2208
2275
355,33
366,27
« Per rendere paragonabili questi risultati con quelli da me ottenuti e
che trascriverò in seguito, sarebbe stato necessario che io avessi fatte le mie
esperienze in condizioni identiche a quelle del Savart; le condizioni erano
invece alquanto differenti. Anzitutto la lunghezza delle corde da me adoperate
era di nini. 419,90 mentre quelle adoperate dal Savart avevano una lunghezza
di mm. 80,5 : adoperando corde di piccola lunghezza vi era la possibilità che
esse dessero a preferenza il suono che dovrebbero dare vibrando come verghe
elastiche anziché come corde, ed oltre a ciò nelle mie ricerche aveva bisogno
che la corda rimanesse in vibrazione per un tempo abbastanza lungo mentre
corde di piccola lunghezza si riducono quasi istantaneamente in riposo. Del
resto siccome la legge che il numero delle vibrazioni varia in ragione in-
versa delle lunghezze delle corde, è dall'esperienza, (almeno così si crede),
— 709 —
rigorosamente verificata, i risultati del Savart erano per questo riguardo facil-
mente paragonabili ai miei; anzi se invece di paragonare tra loro i numeri
delle vibrazioni, si paragonano le velocità di propagazione delle onde trasver-
sali corrispondenti, l'influenza della lunghezza viene completamente eliminata.
Infatti questa velocità è eguale al prodotto del numero delle vibrazioni per
la lunghezza della corda, e siccome col variare della lunghezza della corda
vibrante, il numero delle vibrazioni varia in ragione inversa, il prodotto di
queste due quantità, (rimanendo costanti le altre condizioni sperimentali),
deve rimanere esso pure costante.
« In secondo luogo non ho mai spinto la tensione sul filo in modo da
oltrepassare il limite di elasticità, ciò che fece il Savart arrivando fino alla
tensione che determinava la rottura del filo : così ho cercato di non avere defor-
mazioni permanenti nel filo e quindi variazioni nel peso dell'unità di lun-
ghezza : ma per le piccole tensioni il Savart trovò la massima differenza tra
il numero di vibrazioni che dava realmente la corda e quello che doveva
dare teoricamente, per cui adoperando tensioni ndn molto forti mi metteva
appunto nelle condizioni migliori per controllare le esperienze del Savart.
« Una terza differenza tra le esperienze del Savart e le mie era nel modo
come si faceva vibrare la corda: egli infatti applicava l'archetto il più leg-
germente possibile, mentre io faceva vibrare la corda pizzicandola nel mezzo:
ma i suoni che si ottengono dalle corde elastiche coli' archetto sono identici
a quelli che esse danno pizzicandole, come ha dimostrato il Duhamel in un
suo lavoro di fisica matematica.
« Finalmente un'ultima differenza nelle condizioni sperimentali era che
i fili adoperati dal Savart e quelli adoperati nelle mie ricerche non avevano lo
stesso diametro, o ciò che vai lo stesso, per la lunghezza di un metro non pe-
savano egualmente.
« 11 seguente prospetto mostra appunto questa differenza:
Sostanza
Peso
di 1 metro del Alo
adoperato
dal Savart
Peso
di 1 metro del filo
adoperato
in queste ricerche
Eame rosso . .
Acciajo
gr. 6,432
» 4,089
» 4,083
» 2,242
gr. 1,2489
» 1,1272
» 1,8324
» 0,9618
« Se i diametri dei fili non avessero avuto alcuna influenza sulle divergenze
trovate dal Savart tra il numero delle vibrazioni che la corda dà pratica-
mente e quello che dovrebbe dare teoricamente, i risultati del Savart si potreb-
bero rendere paragonabili ai miei caricando i fili da me adoperati con tali
pesi tensori che dovessero dare teoricamente lo stesso numero di" vibrazioni
di quelli del Savart : od in altre parole, facendo in modo che le velocità di
propagazione teoriche delle vibrazioni trasversali nelle esperienze di Savart
— 71») _
e nelle mie fossero state le stesse, ciò che si poteva facilmente ottenere
prendendo costante il rapporto P tra il peso tensore ed il peso dell' unità di
V
lunghezza della corda vibrante. Invece dalle esperienze di Savart risulta
che i diametri dei fili hanno una grande influenza nelle divergenze che si
notano tra i risultati teorici e quelli pratici: e precisamente la divergenza
nel numero delle vibrazioni tra la teoria e la pratica è tanto più piccola
quanto più sottile è la corda"*ed anzi per una tensione eguale a zero le diver-
genze sono proporzionali ai diametri dei fili.
« Tenendo conto di questa proporzionalità, mi viene facile rendere i
risultati del Savart completamente paragonabili ai miei calcolando colla forinola
N=fn2-f-n12
i risultati che avrebbe dovuto avere il Savart, se avesse adoperato fili dello
stesso diametro di quelli coi quali ho eseguite le mie esperienze.
« Infatti la forinola precedente rappresenta molto fedelmente i risultati
sperimentali ottenuti dal Savart ed il numero delle vibrazioni N, che dà una
corda realmente, sarebbe conosciuto quando fosse noto il numero di vibrazioni n
che dovrebbe dare teoricamente per un peso tensore P (e che si potrà sempre
calcolare), e il numero di vibrazioni », che dovrebbe dare per le sole forze
elastiche e per un peso tensore eguale a zero : ora dalla Memoria del Savart
ricavo i diametri delle corde da lui adoperate conoscendone il peso di 1 metro,
e siccome è dato il numero /?,, di vibrazioni che esse danno per un peso
tensore eguale a zero, con una proporzione potrò ricavare il uumero di vibra-
zioni n„ che avrebbe ottenuto il Savart se avesse usato delle corde dello stesso
diametro di quelle di cui mi sono servito in queste ricerche, e per una tensione
eguale a zero : quindi potrò ricavare il numero N di vibrazioni, che, secondo
il Savart, devono dare queste corde quando vibrano oltre che per le forze elasti-
che anche per un peso tensore determinato.
« Nel seguente prospetto sono riassunti i risultati che avrebbe ottenuto
il Savart se avesse operato nelle identiche condizioni delle mie esperienze,
relativamente ai diametri dei fili ed ai pesi tensori, ma con una lunghezza
della corda vibrante di cm. 8,05:
Sostanze
Diametro dei fili
adoperati
dal Savart
Diamotro dei fili
adoperati
in queste ricerche
»i
v. d.
nlt
!» ®
Sa £
S «
8 o-Z
Sia
9 =>"5
o X<
1 -5
»^l'f
N=y »*-f-»//*
Rame rosso.
mm
0,96
0,43
450
201
3574
1040
1059
Ottone . . .
0,78
0,41
450
236
2858
979
1007
Ferm ....
0,82
0,55
600
402
5595
1087
1150
Acciajo . . .
0,60
0,396
485
320
3030
1104
1149
— 711 —
« Finalmente per eliminare anche la differente lunghezza delle corde
adoperate nelle ricerche del Savart e nelle mie non mi resta che ricavare,
dal numero di vibrazioni N, la velocità di propagazione delle vibrazioni trasver-
sali e paragonare questa velocità pratica con quella teorica. Nel seguente
prospetto è fatto appunto questo confronto e nell'ultima colonna sono notate
le differenze tra la teoria e la pratica che secondo le esperienze di Savart
si dovevano avere colle corde da me adoperate.
Sostanze
Peso
tensore
grammi
V = 2NL
metri
metri
V — V»
Rame. . . .
Ottone . . .
Ferro. . . .
Acciajo. . .
0000
3574
0000
2858
0000
5595
0000
3030
32,36
170,50
37,99
162,12
64.72
186,60
51,52
184,99
0,00
167,44
0,00
157,62
0,00
175,00
0,00
177,74 •
32,36
3,06
37,99
4,50
64,72
11,60
51,52
7,25
« Se dunque, riassumendo, le esperienze del Savart avessero raggiunto
lo scopo che egli si era prefisso avrei dovuto in queste ricerche ottenere i
risultati che facilmente si possono ricavare dal prospetto precedente e cioè:
« I. Nei limiti delle tensioni da me adoperate la differenza tra la
velocità di propagazione delle vibrazioni trasversali pratica e quella teorica
dovrebbe diminuire col crescer della tensione e variare per il rame da un
massimo di metri 32,36, corrispondenti ad una pressione zero, ad un minimo
di metri 3,06 per la pressione massima colla quale venne teso il filo: per
l'ottone da un massimo di metri 37,99 ad un minimo di metri 4,50 e così
potrei dire per il ferro e per l' acciajo.
II. Queste differenze dovrebbero presentare valori notevolmente diversi
da sostanza a sostanza.
« Non mi resta ora che riferire i risultati da me ottenuti. Le prime
esperienze da me fatte furono dirette a stabilire se nelle stesse condizioni di
tensione una corda renda sempre lo stesso numero di vibrazioni ed ho potuto
constatare che la stessa corda collo stesso peso tensore può presentare delle
differenze nel numero delle vibrazioni che possono arrivare fino a 3 o 4 vibra-
zioni specialmente se il peso tensore non è molto rilevante.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 93
— 712 —
« Ho cercato di studiare quali erano le cause che determinavano queste
differenze, ma ne smisi tosto il pensiero giacché vidi che erano cause del tutto
occasionali e dipendenti in parte dalle cariche che avevano precedentemente
tesa la corda e quindi da fenomeni di elasticità susseguente : da queste ricerche
preliminari ho però potuto convincermi che l'ampiezza di vibrazione modifica
sensibilmente il numero delle vibrazioni della corda, per cui tutte le esperienze
vennero fatte con piccolissime ampiezze di vibrazione. Per ogni peso tensore
ho ripetute molte volte le osservazioni ed i numeri segnati nei seguenti prospetti
sono le medie corrispondenti.
« Nella prima colonna è notato il peso tensore P in grammi.
« Nella seconda colonna si trova la durata di un giro del disco espresso
in vibrazioni doppie dell' elettro-diapason n.
« Nella terza colonna il numero K delle mezze vibrazioni che compiva
la corda nell'intervallo tra il passaggio di ima fenditura davanti all'occhio e
quello di una fenditura successiva.
« Nella quarta il numero N di vibrazioni doppie compiute dalla corda
in un secondo.
« Nella quinta la velocità pratica V = 2NL dove per L è stata fatta la
correzione per la flessione della sbarra sotto i vari pesi.
p^" dove p è il peso del-
P
l'unità di lunghezza.
« Nella settima finalmente la differenza V — V tra i risultati pratici e
quelli della teoria.
« Nella sesta la velocità teorica V '
V-
Rame.
L=mm. 419,90 per P = 0 ; p = gr. 1,2483.
p
n
K
3
N
V
V1
V— V
358
17,95
66,87
56,13
52,98
3.15
715
13,04
3
92,02
77,44
74,93
2.51
1072
17,87
5
111,92
93,93
91,75
2,18
1430
15,61
5
128,12
107,52
105,97
1,55
1787
13,84
5
144,51
121,24
118,46
2,78
2144
17,82
7
157,13
131,81
129,76
2,05
2501
16,44
7
170,32
142,86
140,15
2,71
2860
15,50
7
180,65
151,52
149,87
1,65
3217
14,69
7
190,61
159,86
158,95
0,91
3574
13,94
7
200,86
168,44
167,54
0,90
— 713 —
Ottone.
L = mm. 419,90 per P = 0; p = gr. 1,1217.
p
n
K
5
N
V
V1
V— V1
857
19,20
104,17
87,44
86,54
+ 0,90
1143
16,36
5
122,24
102,61
99,95
+ 2,66
1429
14,75
5
135,72
113,92
111,76
+ 2,16
1714
13,51
5
148,04
124,22
122,39
+ 1,83
2000
17,45
7
160,46
134,61
132,21
+ 2,40
2286
16,39
7
170,83
143,37
141,35
+ 2,02
2572
15,69
7
178,46
149,69
149,93
— 0,24
2858
14,85
7
188,55
158,16
158,04
+ 0,12
Ferro.
L = mm. 419,90 per P = 0; p = gr. 1,8301.
p
n
K
3
N
V
V1
V— V1
466
18,25
65,75
55,19
50,02
5,17
932
13,41
3
89,48
75,10
70,74
4,36
1398
18,47
5
108,28
90,87
86,64
4,23
1865
16,37
5
122,17
102,50
100,06
2,44
2331
14,52
5
137,74
115,55
111,87
3,68
2797
18,81
7
148,86
124,86
122,54
2,32
3263
17,41
7
160,82
134,89
132,36
2,53
3729
16,31
7
171,67
143,95
141,50
2,45
4195
15,39
7
] 81,94
152,54
150,08
2,46
4661
14,64
7
191,26
160,31
158,19
2,12
5595
13,50
7
207,28
173,91
173,32
0,59
Acciaio.
L = mm. 41 9,90 per P = 0 ; p = gr. 0,9552.
p
n
K
3
N
V
V»
V— V
126
24,30
49,38
41,45
35,96
5,49
253
18,18
3
66,00
55,41
50,96
4,45
758
18,45
5
108,84
91,36
88,20
3,16
1011
16,30
5
122,70
102,98
101,86
1,12 1
1264
14,50
5
137,93
115,76
113,90
1,86
1517
18,53
7
151,11
126,81
124,78
2,03
1770
17,19
7
162,88
136,66
134,78
1,88
2022
16,06
7
174,35
146,26
144,05
2,21
2275
15,23
7
183,85
154,23
152,80
1,43
2528
14,55
7
192,44
161,42
161,07
0,35
3030
13,21
7
211,96
177,77
176,34
1,43
— 714 —
« Dai precedenti prospetti si possono ricavare i seguenti risultati:
« I. Le differenze tra la teoria e la pratica sono incomparabilmente più
piccole di quelle trovate dal Savart e sembra che leggermente crescano col
diminuire della tensione: debbo però far notare che con piccole tensioni si
avevano da una esperienza all'altra valori molti differenti nel numero di vi-
brazioni della corda.
« II. Queste differenze sono quasi le stesse per le differenti sostanze
adoperate.
« Le conseguenze alle quali portano queste mie ricerche sono dimque
completamente differenti di quelle trovate dal Savart : tra la teoria e la pratica
l'accordo è quasi perfetto: resta così dimostrato che le divergenze così note-
voli trovate dal Savart dipendono dall'aver egli preso come nota della corda
elastica, quella che essa dava vibrando come verga fissa alle due estremità.
« Non mi resta ora che di provare se è vero l'altro risultato ottenuto
dal Savart che cioè le divergenze tra la teoria e la pratica diventano sempre
più grandi col crescere dei diametri dei fili : in una prossima Nota renderò
conto dei risultati ottenuti ».
Fisica. — Influenza della temperatura sul numero delle vibra-
zioni d'un corista. Nota I. del dott. Nazzareno Pierpaoli, pre-
sentata dal Socio Blaserna.
« Parecchi sperimentatori, specialmente in questi ultimi anni e con me-
todi diversi, studiarono l' influenza della temperatura sul numero delle vibra-
zioni di un corista. Trovandomi in possesso di un istrumento capace di
dare a tale scopo ottimi risultati, ho voluto anch'io trattare una tale questione.
In questa mia prima Nota mi limiterò ad esporre il metodo seguito in questo
studio ed i risultati ai quali sono pervenuto, riservandomi però in altra Nota
di confrontarli con quelli ottenuti dagli altri.
« L'apparecchio di cui mi sono servito è un cronometro a corista, costrutto
da R. Koenig per l'ufficio centrale del corista uniforme in Roma, che offre
il grande vantaggio di tenere il corista in vibrazione per un tempo di varie ore.
« La descrizione di un apparecchio simile è fatta da Koenig stesso nel
suo libro: Quelques expériences d'acoustique, pag. 172 ('). In sostanza non
si tratta d'altro se non che di un corista che dà 145 v. s. al secondo, e che
vibrando mette in azione un movimento d'orologeria, ricevendo in pari tempo
ad ogni oscillazione un piccolo impulso atto a mantenerlo in vibrazione. Tre
quadranti permettono di valutare il numero totale delle vibrazioni compiute
0) V. anche Annalen von Wiedemann IX, 1880, pag. 394.
— 715 —
dal corista in un tempo determinato e ad una determinata temperatura. Uno
di questi quadranti ha 145 divisioni e l'indice fa un giro intero nel tempo
impiegato dal corista a fare 145 v. s. ; gli altri due quadranti segnano le
ore, i minuti ed i secondi come farebbe un cronometro comune, colla sola
differenza che esso è regolato nel suo movimento dal corista.
« Un secondo cronometro misura con esattezza la durata dell'esperienza,
e con esso si confrontano le indicazioni, del cronometro a corista, affine di
poter stabilire se il corista regolatore ha compiuto un numero di vibrazioni
maggiore, uguale o minore di 145. Quanto al numero esatto di vibrazioni
corrispondenti, per quella data temperatura, ad un secondo, esso sarà dato
evidentemente dal quoziente che si otterrà dividendo il numero totale delle
vibrazioni compiute per la durata dell'esperienza espressa in secondi.
« Per la misura del tempo mi sono servito del cronometro Williams
dell'Istituto fisico della R. Università di Roma, che ho dapprima confrontato
col cronometro a pendolo pure dell'Istituto fisico, e per parecchi giorni di
seguito col colpo di cannone. Esso ha un andamento regolarissimo ed un avan-
zamento giornaliero di 2" di cui ho tenuto conto nei calcoli.
« La temperatura del corista era fornita da un grosso termometro a scala
centigrada, con una divisone in gradi e situato fra le branche dello stesso
corista vibrante. Esso ha uno spostamento dello zero di -j- 0,5 di cui ho pure
tenuto conto nell'assegnare le diverse temperature.
« Modo di sperimentare. — Nelle prime misure fatte il metodo seguito
era molto semplice : fissata la posizione dei quattro indici sui tre quadranti,
ad un dato istante metteva in azione l'apparecchio, lo faceva funzionare per
un certo tempo, in media otto ore, e poi ad un dato istante ne arrestava il
movimento : notata la nuova posizione degli indici, dalla differenza fra le due
letture aveva il numero delle vibrazioni compiute dal corista in quell'inter-
vallo di tempo per il quale l'apparecchio aveva funzionato.
« Dubitando però che questo metodo portasse con sé qualche causa di
errore, non potendo esser certi, se nell' istante in cui si mette in azione
l'apparecchio, il movimento sia subito regolare, oppure si richieda un certo
tempo, ancorché brevissimo, perchè ciò accada, così è che l'ho abbandonato
per seguirne un altro capace di dare risultati più attendibili, metodo prati-
cato per la prima volta dallo svedese Hansteen (*) nelle sue misure sull'in-
tensità del magnetismo terrestre.
« Messo in azione l'apparecchio, anziché fare una semplice lettura in
principio ed in fine dell'esperienza, io osservava con un cannocchiale a distanza
l'indice dei secondi; ad un dato istante ne fissava la posizione e faceva al-
trettanto alla fine di ogni minuto successivo e ciò per 10 minuti di seguito;
ripeteva poi la stessa operazione in fine dell'esperienza, cosicché le letture
(») V. Annalen von Poggendorff, 3, 1825, pag. 253.
— 716 —
iniziale e finale mi risultavano come medie di 10 letture l'atte ad intervalli
di un minuto.
« Questo metodo rende certo più complicata l'esperienza ed il calcolo di
essa, ma è incontestabilmente più preciso, potendo una misura essere consi-
derata come media di dieci altre misure fatte in identiche condizioni. La
difficoltà sta tutta nel fissare con esattezza la posizione dell'indice, ma con
un po' di pratica si riesce ad apprezzare il decimo di secondo, od almeno
ad avere con esattezza il quinto di secondo.
« Quanto alla temperatura, siccome è impossibile che essa rimanga co-
stante per tutto il tempo dell'esperienza, così bisogna almeno porsi in con-
dizioni tali da poter avere con la più grande esattezza possibile una tempe-
ratura media, ed io ho posto ogni cura per mettermi in tali condizioni.
« Così in tutte le mie misure ho procurato sempre che le variazioni di
temperatura non fossero durante l'esperienza troppo forti, e che fra la mas-
sima e la minima temperatura non corresse una grande differenza (nella maggior
parte dei casi tale differenza è piccolissima, mai superiore ad 1°). Inoltre ho
avuto cura che le diverse esperienze abbracciassero periodi uguali prima e dopo
quell'ora in cui comunemente suole avvenire il massimo od il minimo nella
temperatura, potendosi in tal caso ritenere che la media delle temperature
osservate rappresenti con molta approssimazione la temperatura media del
corista per tutto il tempo dell'esperienza. Aggiungerò che le letture del ter-
mometro le ho sempre fatte ad intervalli uguali. Infine faccio notare che le
diverse temperature, alle quali ho esperimentato, le ho sempre avute natural-
mente, senza mai ricorrere a mezzi artificiali, che possono lasciar sempre un
po' d'incertezza, anche prendendo tutte le possibili precauzioni. Esperimentando
da luglio a gennaio ho potuto disporro di temperature variabili da 30° fino
a 0°. Siccome però è assai difficile qui in Roma avere durante il giorno delle
temperature prossime allo zero, che durino per un tempo abbastanza lungo,
così le misure a tali temperature le ho dovute fare dalle 3 alle 10 del mattino.
« Io son siciu'o che la bontà dei risultati ottenuti la debbo in gran parte
alle precauzioni prese nella misura delle temperature. Però nonostante queste
precauzioni poteva ancora rimanere un dubbio, se cioè l'andamento del cro-
nometro a corista era regolare ; ho voluto perciò esaminare anche questo, sce-
gliendo quelle giornate in cui la temperatura ambiente rimaneva pressoché
costante, e, facendo delle osservazioni di due in due ore e talvolta anche di
ora in ora, secondo il metodo suesposto, ho potuto constatare avere il crono-
metro un andamento regolare; almeno le differenze ottenute sono dell'ordine
stesso di quelle, che possono provenire dagli errori di osservazione. Del resto
per precauzione ho adoperato i due cronometri sempre negli stessi intervalli.
« La tabella seguente contiene tutta la serie delle esperienze da me
eseguite. In terza colonna è data la temperatura media durante la misura,
in quarta il numero delle vibrazioni osservate, in quinta le vibrazioni
— 717 —
calcolate colla formula indicata in seguito e in sesta la differenza delle due
colonne precedenti.
P
t
N
•^ OS9.
Ne al.
J
36
P
t
i-I OS3.
Ncal.
J
1
1
— 0,05
145*1995
145^1959
25
4
12,°96
145*0130
145^0117
13
2
1
0,22
» 1908
» 1921
-13
26
4
13,35
» 0060
» 0062
— 2
3
1
0,45
» 1881
» 1888
— 7
27
4
13,69
144,9985
« 0014
— 29
4
1
1,00
« 1829
» 1810
19
28
1
14,00
» 9939
144,9970
- 31
5
1
2,00
» 1648
» 1669
-21
29
3
14,44
» 9868
» 9907
— 39
6
2
3,88
» 1379
» 1403
-24
30
2
14,73
» 9788
» 9866
— 78
7
1
4,14
» 1328
» 1366
-38
31
3
15,12
» 9755
» 9811
— 56
8
1
5,04
» 1239
» 1238
1
32
4
16,25
» 9645
» 9651
— 6
9
2
5,37
» 1183
» 1192
— 9
33
2
18,14
» 9362
» 9383
-21
10
2
5,92
» 1117
» 1114
3
34
2
19,13
» 9231
» 9243
— 12
11
1
6,23
» 1078
» 1070
8
35
2
19.91
» 9127
» 9133
— 6
12
2
6,78
» 1022
» 0992
30
36
4
20,27
» 9064
» 9082
— 18
13
1
7,06
» 0985
» 0953
32
37
3
20,59
» 9020
n 9037
— 17
14
3
7,37
» 0932
« 0909
23
38
3
21,07
» 8952
» 8969
-17
15
3
7,95
» 0856
» 0826
30
39
3
21,30
» 8895
» 8936
-41
16
3
9,18
» 0682
» 0652
30
40
1
22,07
» 8808
» 8827
— 19
17
2
9,60
» 0631
» 0593
38
41
1
22,42
» 8771
» 8777
— 6
18
2
9,83
» 0587
» 0560
27
42
3
24,62
» 8459
» 8466
— 7
19
2
10,50
» 0489
» 0465
24
43
2
26,11
» 8261
» 8255
6
20
1
10,85
» 0425
» 0416
9
44
3
26,67
» 8193
« 8176
17
21
3
11,15
» 0387
n 0373
14
45
1
26,92
» 8149
» 8140
9
22
2
11,61
» 0324
» 0308
16
46
2
29,55
» 7800
» 7768
32
23
3
11,94
» 0259
» 0261
— 2
47
5
29,92
» 7746
» 7715
31
24
3
12,63
» 0165
» 0164
1
1
'
« Le esperienze fatte sono realmente 109, però siccome per alcune le
differenze delle temperature medie erano piccolissime, così riunendo insieme
quei risultati che si riferivano a temperature non differenti più di 0°,2, ho
avuto 47 valori riportati nella colonna Noss., alcuno dei quali è quindi medio
di 2, 3 o più valori osservati. Nei calcoli perciò ho attribuito ad essi un
peso P proporzionale al numero delle osservazioni che lo costituivano, come
risulta dalla colonna P.
« Ho poi tracciata anche una curva portando come ascisse le tempera-
ture e come ordinate i numeri di vibrazioni corrispondenti, e vedendo come
con molta approssimazione poteva il fenomeno essere rappresentato da una
linea retta, per calcolare i valori della colonna Ncai. mi sono servito del-
l'espressione lineare :
Nt = N0 — al. . . . (1)
— 718 —
ed applicando alla determinazione delle due costanti N0 ed a il metodo dei
minimi quadrati, che mi ha condotto alle due espressioni:
_ ^N- zi2 — st.sm
2H2t — n.2m
a =
il 2t* — (2 ty
m cui:
ho ottenuto:
per cui:
n = 109 2 *2 = 31605,9906
2* = 1653,00 2Nt = 239559,8711
2 N = 15802,8567 (2 tf = 2732409
N0 = 145v, 1952
a =0,01410
N,= 145,1952—0,01416/
N, = 145,1952 (1 — 0,000097523) t
dalla quale risulta che il corista fa esattamente 145 vibrazioni semplici per
la temperatura di 13°, 7 85.
* Dalla colonna 6a si scorge come le differenze fra i valori osservati e
quelli calcolati mediante la (1) sono molto piccole, non raggiungendo mai
neppure il centesimo di vibrazione. Però esaminando attentamente si vede che
tali differenze procedono piuttosto a periodi, anziché alternarsi le positive con
le negative, come dovrebbe essere realmente se la (1) rappresentasse bene il
fenomeno. Ciò fa dubitare che la equazione della curva del fenomeno sia
alquanto più complicata.
« Tuttavia trattandosi di differenze cosi piccole, e l'errore medio essendo
dato da rt 0V,0025, non ho creduto andare in cerca di una espressione più
complessa » .
Fisica. — Sulla dilatazione termica di alcune leghe binarie
allo stato liquido. Nota I. di G. Vicentini e D. Omodei, presentata dal
Socio Blaserna.
« Lo studio da noi pubblicato sulle leghe di piombo e stagno (') non
può autorizzarci a generalizzare i risultati ottenuti, estendendoli anche alle
leghe di altri metalli. E necessario sottoporre alla ricerca leghe di metalli
diversi e già studiati allo stato liquido, per conoscere se per esse valgano le
stesse leggi, che per quelle di piombo e stagno, e per stabilire se da alcune
proprietà fisiche presentate dalle leghe si possano ricavare dei dati sulle cor-
rispondenti proprietà dei metalli che le compongono.
(i) Rendiconti della R. Acc. dei Lincei, voi. Ili, fase. 9, 10, 11. 1887.
— 719 —
« Adesso presentiamo i risultati di nuove ricerche estese a leghe binarie
formate coi metalli stagno, piombo, bismuto, cadmio, zinco ed antimonio.
« Come si vedrà, essi comprovano non solo le nostre vedute intorno alle
proprietà delle leghe, ma ci offrono ancora il modo di ricavare dei dati abba-
stanza approssimati sulla densità e sulla dilatazione termica dei metalli zinco
ed antimonio allo stato liquido, senza aver bisogno di studiarli direttamente,
cosa molto difficile a causa della loro elevata temperatura di fusione.
Preparazione delle leghe
e determinazione della loro densità.
« Nella preparazione delle leghe la fusione dei metalli, venne fatta in
un crogiuolo di carbone di storta, munito di coperchio, in presenza di un
po' di paraffina sotto una corrente di gas inerte. Usando simili precauzioni ed
avendo pure cura che, dopo la formazione delle leghe, queste vengano versate
in recipienti ripieni di gas inattivo, non si ottiene alcun residuo di scoria.
« Nel calcolo delle proporzioni ponderali destinate alla preparazione delle
leghe di data composizione molecolare, abbiamo preso per pesi atomici dei
metalli la media dei valori dati da Magnus e da Seubert e Mayer, cioè
per il Pb Peso atomico 206,43 (!)
Sn » 117,53
Zn » 64,89
Bi » 207,51
Cd » 111,77
Sb « 119,78
« Come notammo nello studio delle leghe di piombo e stagno , il peso
specifico di una lega varia sensibilmente col variare del modo di raffreddamento
della lega fusa; perciò nella determinazione del peso specifico delle leghe
abbiamo studiati masselli metallici ottenuti in modo identico con fusioni suc-
cessive d'ogni singola lega.
« A questo scopo le leghe fuse venivano versate in piccole capsule di
porcellana, sempre disposte sotto una campana ripiena di gas inerte, in ma-
niera che fosse impossibile l'ossidazione durante il raffreddamento.
« È inutile soggiungere che, prima di preparare le leghe, venne ripetu-
tamente determinato il peso specifico dei metalli componenti, fusi anch'essi
parecchie volte e fatti solidificare colle cure avute per le leghe. I metalli,
puri, provengono dalla casa Trommsdorff di Erfurt.
« Prima di determinare la densità dei dischi metallici ottenuti nel modo
indicato, si lavano diligentemente con benzina alquanto riscaldata, nella quale
si lasciano per qualche tempo, e ciò per togliere ogni traccia di paraffina che
(!) Landolt u. BOrnstein, Physikalisch-chemische Tabellen. S. 1.
Kendiconti. 1888, Vol. IV. 1° Sem. 94
— 720 —
avesse potuto insinuarsi nelle rugosità superficiali. Dopo ciò i dischetti asciu-
gati e riscaldati leggermente sono conservati per alcun tempo nel vuoto.
« Quando nella misura della densità col metodo della bilancia idrosta-
tica si vuol determinare la spinta, che ricevono le piastrine metalliche im-
merse nell'acqua, fa d*uopo che questa penetri anche nelle più piccole cavità;
perciò la lega si tiene a lungo nell'acqua lievemente riscaldata e mantenuta
in ebollizione nel vuoto.
» È da considerare sottinteso, che nel calcolo delle densità tanto dei me-
talli quanto delle leghe, si sono fatte sempre le correzioni delle pesate per
la spinta dell'aria, e la riduzione alla temperatura di 0°, ammessa eguale
a 1 la densità dell'acqua a 4°.
« Ecco i risultati avuti nella misura del peso specifico dei diversi metalli
fusi parecchie volte di seguito.
« Per l'antimonio e per lo zinco, causa la loro temperatura di fusione
più elevata, ci siamo limitati ad un'unica fusione.
Sn Pb Bi Cd Sb Zn
7,2834 9,8182 8,6589
7,29015 11,3582 9,8200 8,6636
7,2883 11.3595 9,8160 8,6595 6,6976 7.1425
medie 7.28728 11,35885 9,81807 8,6607
« I valori delle densità dei metalli, che adoperiamo in seguito nei cal-
coli sulle leghe, sono quelli raccolti nella tabella I che segue.
« In essa oltre ai valori della densità I)„ a 0°, vi sono quelli delle den-
sità DTS e DT* dei metalli solidi o liquidi, alla temperatura di fusione r, cal-
colati in base alla variazione di densità, che essi subiscono per il cambiamento
di stato e quale fu da noi determinata (').
« La tabella contiene ancora il coefficiente di dilatazione dei metalli allo
slato liquido, pure da noi determinato.
Tabella I.
Do
r
D*
Di
a
Sn
7,28728
226°,5
7,17039
6,97539
0,000114
Pb
11,359
325
11,005
10,645
129
Bi
9,81807
271
9,70372
10,0358
120
Cd
8,6607
318
8,3594
7,9822
170
. Sb
6,6967
432 (2)
—
—
— 1
'Zn
i
7,1425
412
—
—
—
0) Atti R. Acc. di Torino, voi. XXIII, 1887.
(2) La temperatura di fusione dello zinco e dell'antimonio sono quelle date dal Ledebur
(Wied. Beiblàtter V, 1881).
— 721 —
« Nella tabella seguente (tab. II) sono raccolti i dati che si riferiscono
alla composizione ed alla densità delle leghe allo stato solido.
« In essa le due prime colonne danno la composizione atomica e cente-
simale delle leghe; la terza la loro densità a 0° (D0) riferita all'acqua a 4°
come unità.
« Per poter ricavare la densità delle leghe a 0°, da quella trovata alla
temperatura ordinaria, si è impiegato per coefficiente di dilatazione delle leghe
solide il valore, che risulta in base al fatto prosato sperimentalmente dal
Matthiessen, che i metalli che le compongono, conservano anche uniti il loro
coefficiente di dilatazione. La formula impiegata per ottenere il coefficiente
di dilatazione cubica delle singole leghe è la seguente:
{) k~ Pd' + P'tf
« In essa a,rf,Pe«',(f,P' rappresentano rispettivamente il coefficiente
di dilatazione cubica, la densità ed il peso dei due metalli componenti la
lega. L'espressione (1) si ha nella ipotesi che i metalli conservino nella lega
i loro volumi, ciò che si può ammettere senza errore nel calcolo di k. I diffe-
renti valori della densità d'ogni lega raccolti nella colonna sotto D0 si rife-
riscono a determinazioni fatte in seguito a differenti fusioni. La colonna suc-
cessiva contiene il valore medio, che si prende come valore della densità delle
leghe studiate. Per stabilire, se la formazione delle leghe è accompagnata da
variazione di volume, si calcola poi la densità che spetterebbe a 0° ad [ognuna
di esse, nel caso che i metalli conservassero il loro volume. Serve all'uopo
la formula:
<2> D=ìvF+f^'
nella quale le diverse lettere hanno il significato indicato più sopra. I valori
calcolati con la (2) registrati nella 6a colonna, e sono seguiti dalle differenze ó
che esistono sono fra le densità trovate e la calcolata. Le differenze positive indi-
cano contrazione ; le negative aumento di volume dei metalli allegati. La mas-
sima variazione di volume è quella che accompagna la formazione della lega
Bi2 Pb; variazione rappresentata da una contrazione che raggiunge il 2 %
del volume totale.
« Le leghe di piombo-antimonio o di cadmio-zinco si sono preparate se-
condo rapporti ponderali semplici dei loro componenti, senza badare alla com-
posizione molecolare.
—
722 —
Tabella II.
Leghe
Composizione
centesimale
Densità trovata
Densità
calcolata
ó
Do
Media
I
SnBi
63,84
36,157 i
8,7450
8,7503
8,5660
8,7476
8,7228
-4- 0,0248
II
Sn4 Bi3
43,02
56,98 )
8,5640
8,5729
8,5676
8,5419
0,0257
III
Sn8 Cd
67,77
32,23 j
7,6790
7,6814
9,4796
7,6802
7,6710
0,0092
IV
Bi3 Cd,
73,58
26,42 )
9,4710
9,4720
10,497
9,4742
9,4882
— 0,0090
V
Bi3 Pb
66,78
33,22 |
10,522
10,539
10,519
10,281
+ 0,238
VI
Pb — Sb
90
, ;
10,6349
10,6361
10.6355
10,6182
+ 0,0173
VII
Pb — Sb
82
- :
10,068
10,086
10,077
10,094
— 0,017
vm
Cd — Zn
90
» ;
8,478
8.361
8,420
8,480
— 0,060
IX
Cd-Zn
85
„ ;
8,3653
8,3486
8,357
8,393
— 0,036
X
Cd - Zn
75
25 i
i
8,2064
8,21i:»
8,2104
8,2237
- 0,0133
Temperatura di fusione delle leghe.
« Prima di sottoporre le leghe allo studio della dilatazione, si è deter-
minata la loro temperatura di fusione, e si è cercato di conoscere la maniera
colla quale esse si raffreddano.
« Le osservazioni si sono fatte nel modo già detto per le leghe di piombo
e stagno salvo qualche modificazione suggerita dalla pratica. Siccome parec-
chie leghe di bismuto aumentano di volume all'atto della solidificazione, sa-
rebbe stata certa la rottura del termometro se si fosse immerso senza prote-
zione alcuna nella massa metallica. Per evitare tale inconveniente, nelle
attuali ricerche il termometro è stato introdotto in una guaina formata da un
sottil tubo di rame di diametro poco superiore a quello del termometro ; la
intercapedine fra il termometro ed il tubo si mantenne sempre ripiena di
paraffina.
— 723 —
« 1 dati riferiti in seguito, sono sempre la media dei valori di più de-
terminazioni. Del resto non si abbandonava una lega, se con esperienze fatte
in condizioni diverse non si ottenevano curve di raffreddamenti concordanti.
Specialmente per quanto riguarda i valori della vera temperatura di fusione
(periodo della massima sosta) è da notare, ch'essi furono sempre concordan-
tissimi, la differenza fra i valori più divergenti giungendo al massimo a pochi
decimi di grado.
« Le temperature, che diamo, corrispondono alle indicazioni del termo-
metro ad aria.
« Ecco i risultati avuti colle diverse leo-he.
I. Lega Sn Bi.
140°
« Sono state fatte quat-
tro determinazioni della tem-
peratura di fusione di questa
lega. Essa venne fusa riscal-
dandola sino a 250° circa e
quindi portata nell'apparec-
chio delle fusioni mantenuto
due volte a 105° ed altre due
volte a 125°. La lega mostra
di raffreddarsi regolarmente
sino a 146° circa, ma da que-
sta temperatura in giù dimi-
nuisce di molto la velocità
di raffreddamento. A 136°4
si ha la sosta prodotta dalla
completa solidificazione. Con-
servando le due lettere r e
t', da noi adoperate nello stu-
dio delle leghe di Pb e Sn,
per indicare la temperatura,
alla quale nella lega liquida
che si raffredda incomincia a
separarsi allo stato solido uno
dei suoi componenti, e la tem-
peratura fissa di fusione, si
ha per la Sn Bi:
z'=146° r=136°,4.
IL Lega Sn4 Bi3.
« Anche questa lega dopo fusa e riscaldata a 260°, venne portata nel-
l'apparecchio mantenuto a 105°. Con essa abbiamo fatto due determinazioni
— 724 —
che hanno portato a risultati coincidenti. La curva che dà la legge del raffred-
damento mostra che la temperatura della lega si abbassa regolarmente sino
a circa 137°,5 ; da questo punto il raffreddamento avviene con maggior len-
tezza sino a 134°.6 ; la temperatura sale quindi gradatamente a 137°,3 e qui
si ha una lunghissima sosta. Perciò r = 137",3.
« Il carattere della curva del raffreddamento, e la mancanza del punto r'
mostrano che la lega Sn4 Bi3 è una delle così dette leghe chimiche.
III. Lega Sns Cd.
* La lega Sn2 Cd, come l'antecedente mostra di essere una lega chimica.
Fusa, riscaldata a 250°, quindi portata nell'apparecchio delle fusioni conser-
vato a 150°, essa si raffredda con grande regolarità sino a 173°,5 per salire
a 174°,8; a questa temperatura si manifesta una lunghissima sosta. È dunque
r=174°,8.
« Questo valore di t è la media dei risultati di parecchie determina-
zioni, fra i quali i più divergenti differiscono di 0°,4.
IV. Lega Bi3 Cd2.
« La curva del raffreddamento di questa lega mostra i due tratti distinti,
che indicano non essere essa una lega chimica. Riscaldata a 250° si è portata,
nell'apparecchio tenuto una volta a 118° e l'altra a 125°. Nel primo caso
la lega si è raffreddata regolarmente sino a 190°,8 per poi manifestare un
abbassamento di temperatura meno rapido che si è arrestato a 146°. 7; risale
poi a 147°,1 e a questa temperatura si mantiene a lungo. Nel secondo caso
la velocità del raffreddamento ha cambiato a 192,°8 e la temperatura dopo
essersi abbassata fino a 14(3,9 è risalita a 147°, -3 dove ha manifestato
la sosta.
« Come valori medi riteniamo quindi
r,= 19]°,8 r=147°,2
« Per determinare con maggior precisione il valore di i abbiamo fatto
raffreddare la lega nell'apparecchio riscaldato a 150°, senza levarla mai dal
tubo nel quale era contenuta, e perciò senza rimescolarla dopo le successive
fusioni e solidificazioni, alle quali fu assoggettata. In tali condizioni si è tro-
vato che il punto ?' va spostandosi sulla curva. In quattro determinazioni
fatte successivamente si sono ottenuti i seguenti valori di x ':
217,225,230,234.
« Si è perciò obbligati ad ammettere, che la lega in seguito alle succes-
sive fusioni si separa in parti di diversa composizione e densità, per cui va
variando il valore di r' per la porzione di lega che si trova all'altezza del
bulbo del termometro impiegato nella determinazione.
V. Lega Bi2 Pb.
— 725 —
* Come al solito si è studiato due volte il raffreddamento della lega
-da 245° sino alla temperatura di solidificazione, nell'apparecchio della fusione
conservato a 102". Nelle due determinazioni si sono ottenuti numeri identici.
Dapprima la lega si raffredda rapidamente e con regolarità; ma dopo rag-
giunto i 156°,8 con maggior lentezza sino a 126°,6, dove si mantiene costante
a lungo.
« Si assume perciò
T' = 156°,8 r=126°.6
VI. Lega, 90Pb-f lOSh.
« Anche per questa lega la curva di raffreddamento ha i soliti caratteri.
In tre determinazioni fatte, portandola fusa e sufficientemente riscaldata nel-
l'apparecchio a tl\ si ottiene:
2*
x'
X
200°
258°,2
246,1
222
259,0
246,5
224
259,1
246,7
« Sicché come valori medi si ritengono i seguenti:
t'=258°,8 t = 246°,4.
VII. Lega, 82Pb-f-18Sb.
« Questa lega si raffredda in una maniera più complicata delle altre finora
considerate.
« Abbiamo fatto due serie di prove e si sono ottenuti i seguenti risultati :
« 1° Lega riscaldata a 330° e portata nell'apparecchio a 223°. Inco-
mincia col raffreddarsi regolarmente sino a 254°, 7; al disotto di questa tem-
peratura l'abbassamento di temperatura si fa più lento e si ottiene quindi
una notevole costanza a 249°, 7. Dopo questa prima sosta si raffredda abba-
stanza rapidamente sino a 245°, 7 dove vi ha accenno ad altra sosta.
« 2° La lega a 340° è posta nell'apparecchio a 220°. L'andamento
della curva del raffreddamento è identico a quello della curva data dalla prova
precedente. Si ha il cambiamento nella velocità di raffreddamento a 251°,3
ed una sosta a 249,4. A 245,5 si avrebbe l'indizio di una seconda sosta. Si
assumono perciò i seguenti valori medi per x e x'
t'=153° r = 249°,6
« Come mostra il fatto di una sosta non perfetta durante la solidifica-
zione della lega, si deve arguire che il cambiamento di stato di quest'ultima
non avviene nella maniera la più semplice.
Vili. Lega, 90 Cd + 10 Zn.
« La lega riscaldata a 355° vien messa nell'apparecchio a 195°. A"279°
— 726 —
si manifesta il rallentamento della velocità di raffreddamento e a 260°,6 una
lunga sosta. Perciò
x' = 279° t = 260°,6
IX. Lega, 85 Cd-}- 15 Zn.
« Si riscalda la lega a 360° e si porta nell'apparecchio a 212°. Essa si
raffredda regolarmente sino a 260°,4 per salire a 260°, 7 e mantenersi a lungo
a tale temperatura. Si ha dunque
r = 260°,7,
e la lega è da considerarsi come una lega chimica.
X. Lega, 75Cd-f-25Zn.
« Fu studiata due volte, e nelle determinazioni si sono ottenuti risultati
coincidenti. L'apparecchio essendo a 226°, la lega si raffredda regolarmente
sino a 275°, al qual punto si manifesta una brevissima sosta ; dopo ciò si
raffredda dapprima sino a 261°. 2, e qui mostra una sosta lunghissima. Per
ciò si ammette
z' = 275° r = 2(Jl°,2.
« Nella tabella 111, che segue, raccogliamo i valori di rei' trovati per
le diverse leghe, e vicino ad essi poniamo quelli dati dal Rudberg(1).
« I valori di r segnati con asterisco e corrispondenti alle leghe VI e Vili
sono dati da Ledebur (-) il quale ha studiato la temperatura di fusione di
alcuni metalli e di diverse leghe col metodo calorimetrico.
Tabella III.
r
t'
r
(Kudberg)
I
SnBi
136,4
146
1 36, J
II
SiuBis
137,3
—
—
III
Sna Cd
174,8
—
173,7
IV
Bi3 Cd,
147,2
191,8
146,3
V
Bi2Pb
126,6
156,8
125,3
VI
90Pb + 10Sb
246,4
258,8
236*
VII
82 Pb + 18 Sb
249,6
253,0
250*
Vili
90Cd + 10Zn
260,6
279,0
—
IX
85 Cd + 15 Zn
260,7
—
—
X
75 Cd + 25 Zn
261,2
275
—
(>) Eudberg, Poggendorff's. Annalen LXXI 1847, 460.
(2) Ledebur, 1. e.
— 727 —
i I valori del Rudberg registrati nella tabella III sono tolti da una Nota
pubblicatasi dopo la di lui morte e che riguarda la quantità di calore nelle
mescolanze di metalli. In essa il Rudberg riteneva come leghe chimiche (leghe
cioè nelle quali il raffreddamento avviene regolarmente) le Sn Bij e Sn2 Cd,
Bi3 Cd2 e Bi2 Pb. Le nostre osservazioni e lo studio della dilatazione delle
leghe liquide portano ad ammettere, che fra queste leghe solo la Sn2 Cd gode
di tale proprietà.
« Non abbiamo creduto opportuno richiamare i dati sulle temperature
di fusione di alcune delle nostre leghe, quali sono comunicati nel primo studio
che ha condotto il Rudberg^1) alla scoperta dei due punti di fusione (fisso
e variabile) di leghe fatte con proporzioni diverse di dati metalli. Essi sono
incerti, perchè corrispondono alle indicazioni non corrette di termometri a
mercurio.
« Il Mazzotto (2) nelle sue ricerche sulle calorie di fusione delle leghe
binarie, dà come temperatura di solidificazione (punto fisso) delle leghe di Sn
e Bi, 137°; per quelle di Pb e Bi 125° (Indicazione di termometro a mer-
curio). Tali valori sono molto vicini a quelli da noi trovati.
« Se confrontiamo fra di loro separatamente le temp arature r di fusione
dei gruppi di'leghe I, II — VI, VII, — Vili, IX, X troviamo provato quanto
abbiamo osservato per le leghe di Pb e Sn (3) ; cioè le leghe fatte con pro-
porzioni diverse di due metalli hanno temperature r di fusione molto vicine ;
ma non perfettamente eguali.
« Così mentre per le leghe di Pb e Sn la temperatura fissa di fusione
ci risultò approssimativamente eguale a 182°, appare ora per quelle di
Bi e Sn
di 137°
Bb e Sb
* 248°
Cd e Zn
* 261
« La temperatura r delle due leghe di Pb e Sb, mostra la massima
differenza; arrivando questa a 3°. Questo fatto non deve meravigliare se si
riflette un poco ai fenomeni complicati di soprafusione che accompagnano la
solidificazione delle leghe di piombo e di antimonio (4).
« Alla fine dello studio della dilatazione delle leghe faremo altre con-
siderazioni riguardo al fenomeno della loro fusione » .
(') Rudberg, Wiedemann's. Annaleh XVIII, 1830.
(2) Mazzotto, Memorie del R. Istituto lombardo, voi. XVI, 1886.
(3) Rend. della R. Acc. voi. m, fase. 9, 241.
(4) F. de Jussieu, Annales de Chini, et Physique 1879, voi. XVIII.
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 1° Sem. 95
— 728 —
Fisica. — Sulla velocità del suono nei vapori. Nota I. dei dot-
tori G. G. Gerosa ed E. Mai, presentata a nome del Socio G. Cantoni.
« Ci siamo proposti di studiare la velocità del suono nei vapori di vari
gruppi di liquidi, appartenenti a diverse famiglie della serie organica e col-
legati fra di loro da rapporti molecolari bene stabiliti ; ma qui riferiamo solo
i risultati relativi a pochi vapori, non avendo ancora potuto raccogliere l'op-
portuna serie di liquidi, e ci soffermiamo piuttosto intorno al metodo di ricerca.
« Per la ricerca ebbimo ricorso ad un metodo molto comodo e semplice,
fondato sulla risuonanza dei tubi sonori, che fino dall' 81, a vero dire, venne
seguito con proritto dal Martini (*), ma che dev'essere sottoposto ad esame.
« Le cose sono cosi disposte.
« Si ha un tubo cilindrico di vetro (A), alto circa 50 cm., abbastanza
calibro (2) ed accuratamente diviso in millimetri, che ad una estremità è
smerigliato secondo la sezione retta e dall'altra è saldato ad un cannello
di piccolo diametro, il quale, vicino alla saldatura, viene ricurvato in modo
che il suo asse riesca parallelo ed a poca distanza dal tubo, ed, all'altezza
poc'oltre l' imboccatura del tubo stesso, è ripiegato infuori ad angolo retto.
L'estremità di questo cannello è unita al tubo di gomma della canna mano-
metrica (B) del termometro ad aria di Jolly. La canna poi, il tubo di gomma
e parte del tubo (A) (per l'altezza di qualche centimetro) vengono riempiti
di mercurio, di cui il livello nel tubo (A) stesso può essere variato a volontà
alzando od abbassando il corsoio, cui è raccomandata la canna (B). Il tubo
graduato sta sospeso al centro di im secondo tubo cilindrico di vetro, un poco
più alto ed assai più largo (diam. 12 cm.), il quale pesca colla parte infe-
riore in una vaschetta di mercurio. Esso è riempito di acqua ed in alto è
chiuso da im tappo di sughero, da cui sporge per pochi millimetri il tubo (A)
ed attraverso il quale passano le aste di un agitatore per rimuovere l'acqua
ed un termometro per segnarne la temperatura. Questa può essere variata e
regolata da una lampada a gas posta sotto la vaschetta. Tutto l'apparec-
chio è disposto vicino ad un muro, nel quale è infisso un breve tronco di
legno, di cui la parte esterna si muove a cerniera entro l'altra dall'alto al
basso; ma in modo da non oltrepassare la posizione orizzontale. Nella testa
della parte mobile è avvitato un diapason, in guisa che i suoi rebbi sieno
in im piano verticale e che l'estremità del più basso riesca circa a due
millimetri d'altezza sull'orlo del tubo (A), quando il diapason stesso viene
abbassato.
C1) La velocità del suono nel cloro. Atti del R. Istit. Veneto. Voi. VII, serie 5a,
1881. — Cronaca del R, Liceo Foscarini, 1880-81.
(2) La sezione S del tubo varia colla distanza l (millim.) dall'imboccatura secondo
la relazione ^S = 20mmi-, 756 + 0,00086./.
— 729 —
a Ora si sa che, se il diapason rende un suovo di n vibrazioni semplici,
l'altezza / del tubo sonoro, cui corrisponde il massimo di risuonanza, è data da
dove y è la velocità del suono nell'aeriforme, che riempie il tubo : ossia che.
giusta la legge di Bernoulli, il suono fondamentale reso allora dal tubo è
di n vibrazioni.
« Per cui riesce ovvio come si possa per tal via determinare la velocità
del suono negli aeriformi, ricercando, noto che sia il numero delle vibrazioni
del diapason, per ciascuno di essi l'altezza l corrispondente alla massima
risuonanza.
« Però havvi la difficoltà che realmente il suono reso dai tubi sonori
è più grave in generale di quello assegnato dalla legge di Bernoulli, e la
differenza, come dimostrò Wertheim (!), dipende da parecchie circostanze.
Cosicché la relazione di Bernoulli dev'essere corretta, secondo Wertheim,
in questo senso
a) '+*=£;•
« Wertheim poi assegna ad x pei tubi aperti di sezione rettangolare il
valore seguente
* = e(M + N)(2-J/f +|/|-|/f + |/|).
dove M ed N sono le due dimensioni della sezione S del tubo, Sx ed S2 le
aree delle due aperture agli estremi e e (= 0,210 pel vetro) un coefficiente
dipendente dalla sostanza del tubo.
« Un tubo chiuso e cilindrico poi può essere rispettivamente conside-
rato come la metà di un tubo aperto ed eguale ad un tubo quadrato di se-
zione e d' imboccatura equivalente.
« Altre circostanze invero possono intervenire a variare il valore di x,
come, ad es., la ritardazione dell'onda per l'attrito contro le pareti del tubo,
la forma dell'apertura e, pei tubi chiusi, l'elasticità della parete che ne
chiude un estremo ; ma in un grado abbastanza piccolo, se si sta ai risultati
di 'Wertheim.
Però Wertheim procedette sempre in questa maniera : o teneva fisse le
dimensioni del tubo, facendolo suonare con diversi gas e notando le differenti
altezze dei suoni ch'esso rendeva; o variava le dimensioni del tubo, facendolo
suonare sempre con uno stesso gas ; in ogni caso poi le esperienze erano sta-
bilite alla temperatura dell'ambiente. Che se invece obblighiamo un dato
(!) Annales de Chemie et de Physique. Serie 3a, t, 23 e 31.
— 730 -
tubo a rendere sempre lo stesso suono col variare solamente la sua lunghezza,
quando cambia la natura e la temperatura del gas, la correzione x del tubo
varia pure in modo considerevole, come risulta dalle esperienze qui appresso
riferite.
« Abbiamo dapprima determinato coli' aria secca la variazione dell'altezza
del tubo, corrispondente al massimo di risuonanza del suono del diapason,
col variare della temperatura fra 0° e 100°. E si procedeva così nell'esperienza.
« L'aria era richiamata, attraverso una serie di tubi di purificazione con
nitrato di potassa e d'essiccamento con acido solforico ed anidride solforica,
entro una campana di vetro, provveduta di un foro, che veniva capovolta in
un vaso di acido solforico e fungeva da gasometro. Il foro della campana
era chiuso con un tappo di gomma, attraversato da due cannelli di vetro,
dei quali, mediante tubi di gomma, l'uno era unito ai tubi d'essiccamento e
l'altro ad un cannello di vetro ch'era impegnato con tappo di gomma nel
tubo sonoro (A) e si spingeva lino a breve distanza dalla superficie del liquido
contenuto nel tubo stesso. Un altro tubicino poi, capillare, attraversava appena
il tappo ed era munito di rubinetto.
« Eichiamata l'aria nel gasometro, essa veniva spinta nel tubo sonoro,
dal quale usciva attraverso il tubetto capillare; e, quando si riteneva che
l'aria nel tubo sonoro dovesse essere perfettamente secca, si chiudeva il ru-
binetto del tubo capillare.
« Notisi infine che Bulla superficie del mercurio nel tubo sonoro era
versato per l'altezza di 3 o 4 cm. uno stato di acido solforico puro, il quale
serviva ad un tempo a mantenere l'essiccamento ed a rendere più sicura la
lettura dell'altezza della colonna sonora.
« Dopo che per un tempo non mai inferiore a 3/4 d'ora l'aria era man-
tenuta a temperatura costante, veniva rimosso dal tubo sonoro il tappo
di gomma che lo chiudeva, si abbassava e si vibrava il diapason, ed, al-
zando il corsoio, si faceva salire nel tubo con opportuna velocità il liquido,
cogliendo attentamente la divisione per la quale avveniva la massima ri-
suonanza.
» « Per ciascuna temperatura si è ripetuto almeno cinque volte la prova,
ed è accaduto di rado che la differenza fra le varie letture eccedesse il mil-
limetro. Del diapason fu notata prima di ciascuna prova la temperatura,
sebbene insignificante o minima risultasse la correzione per tale riguardo;
e da un confronto, più volte ripetuto, con un diapason campione Do3 del
Koenig, di 512 V. S. a 26°,2 e con un coefficiente di variazione di 0,0572
V. per ogni grado ('), risultò ch'esso dà 491,85 V. S. a 15", ammettendo un
coefficiente di variazione di 0,045 V. per grado. Al numero 491,85 abbiamo
riferiti tutti i valori.
(!) Journal de Physique (D'Almeida), t. X, n. 113, 1881.
731 —
« Per brevità sono qui raccolti i risultati medi dell'esperienze:
temp.
u
ix)
osser.
cale.
0
3,8
mm
326,69
mm
326,46
12,95
331,95
331,70
22,4
336,h0
336,91
25,1
338,49
338,36
34.2
343,45
313,14
49,4
350,48
350,73
60,4
355,92
355,93
74,8
361,84
362,38
82,4
365,60
365,63
97,9
1
371,81
371,95
dove appunto lt indica l'altezza della colonna sonora che a t° rinforza al
massimo il suono del diapason.
« I valori di lt possono essere rappresentati abbastanza bene da questa
relazione
(2) lt = lot/l-{-at — \{at)\
in cui /0 = 324mm,2 ed « = 0,00367 (coefficiente di dilatazione dell'aria),
come appare dal confronto dei valori osservati di lt con quelli calcolati
colla (2). •
« Ed ora, se assumiamo il valore di 331,4 m. per la velocità del suono
nell'aria a 0° (come ci risultò da esperienze più innanzi riferite), la rela-
zione (1) darebbe nel caso nostro
(3)
^ 881^1 -h*
2.491,85 -0m,3242j/l + ^_ in-
vale a dire il valore di x varia con t colla regola seguente:
Xi = x0 + a . t -f- b . t\
dove x0 = 12mm,69 , a = 0,0273 e b = 0,00057.
« Abbiamo assunto però che la velocità del suono nell'aria varii colla
temperatura secondo la legge
vt = v0 ]/ 1 + «*,
ma di questo ci accertammo direttamente, sebbene Dulong (2), Wertheim (3)
(1) Le altezze 1% furono corrette riguardo alle variazioni di lunghezza del tubo, do-
vute alle variazioni di temperatura.
(2) Ann. de Chemie et de Phys. 2a ser., t. XLI, p. 113.
f3) Ann. de Chemie et de Phys. 3a ser., t. XXXI, p. 404.
— 732 —
e Witz (') l'avessero confermato fra l'intervallo di 0° e 26°, e Kundt e
Wullner per la temperatura di 100° (2).
k Ricorremmo al metodo di Kundt. La canna di vetro, del diametro
di 17 mm., era stata accuratamente divisa in millimetri sotto la macchina
divisoria (sicché le distanze fra le figure erano lette direttamente sulla canna)
ed attraversava una vaschetta di latta, provveduta d'una parete di cristallo.
Nella vaschetta era fatta circolare ima corrente d'acqua, derivata da un grande
serbatoio, mantenuto a temperatura costante. Per raggiungere maggiore si-
curtà nel precisare il punto di mezzo delle figure, la polvere, prima d'ogni
prova, veniva divisa da un solco in due file, per cui, quando si formavano
le figure, le regioni ventrali erano fra loro separate da spazi denudati. La
lunghezza dell'onda era dedotta dalla lettura di 12 figure, promosse nella
canna dalle vibrazioni di una bacchetta di vetro, lunga circa im metro e del
diametro di un cm., che in seguito, essendosi rotta, venne sostituita con una
bacchetta di ferro, leggermente temprato.
« L'altezza dei suoni resi dalle bacchette fu determinato per ciascuna
temperatura dell'esperienza, ma non si avvertì una differenza apprezzabile
per tale riguardo.
* I risultati medi di molte prove sono questi:
verga
V
t
X
v0
vetro
4946,723
0
1,6
mm
67,219
331*542
•n
8,8
68,075
331,439
n
10,4
68,255
331,274
n
23,0
69,644
330,830
r>
38,7
71,589
331,379
ferro
5075,356
1,3
65,434
331,311
n
47,7
70,748
331,246
n
67,0
72,946
331,687
n
93,1
75,705
media
331,716
331,4
dove A rappresenta le distanze ventrali, v il numero delle vibrazioni delle
bacchette e v0 la velocità del suono a 0° nell'aria, dedotta dalla
Vo t i -|~ ltt
2/
(!) Cours de manipulations de physique, Paris 1883, pag. 492.
(2) Wiedemann's Ann. Bd. IV, S. 321, 1878.
— 733 —
« Ciò confermato, abbiamo ripreso le esperienze sul tubo sonoro, sempre
coli' aria secca, rinforzando, anziché il suono fondamentale, l'ottava del dia-
pason. Si ebbero in questo caso i seguenti valori:
temp.-
0
2,7
l't
osser.
cale.
mm
158,40
mm
158,33
13,7
161,10
161,43
15,4
161,50
161,88
24,7
163,90
164,26
38,9
167,70
167,65 |
57,3
172,15
171,59
71,0
174,40
174,23
97,2
178,85
178,62
i quali soddisfano prossimamente alla relazione
(4) l't = l'0 )/l + at — £(«*)»,
dove l\ = 157mm,63.
« Di poi si è ripetuta l'esperienza, rinforzando ancora il suono fonda-
mentale del diapason, ma impiegando, in luogo dell'aria, l'acido carbonico,
preparato con marmo ed acido cloridrico puro, e lavato per bene in una so-
luzione di carbonato di potassa prima di essere mandato nei tubi di essic-
camento.
« In tal caso si ebbero i seguenti risultati:
temp.
l
t
osser.
cale.
0
3,2
mm
256,4
mm
256,19
13,5
261,2
260,89
14,75
261,5
261,44
30,5
268,2
268,20
44,85
273,4
273,97
60,0
279,6
279,71
82,0
287,5
287,40
che possono essere rappresentati con tutta approssimazione dalla forinola
(5) II' = l0" f/l + «i*— J(«!0' ;
dove l0" = 254ram,69 ed aì = 0,00371 (coefficiente di dilatazione dell'acido
carbonico) » .
— 734 —
Fìsica. — Ricerche intorno alla magnetizzazione del ferro.
Nota preliminare del dott. Franco Magrini, presentata dal Corrispon-
dente Ròiti 0).
« Mi permetto di comunicare sommariamente alcuni resultati, d'im mio
studio intorno alla magnetizzazione del ferro.
« 1. Ho cominciato col determinare la permeabilità magnetica, mediante
una disposizione sperimentale che mi permetteva di misurarla direttamente.
Essa è definita come il rapporto tra il numero di linee di forza B, che tra-
versano l'unità di sezione nel ferro, e la forza magnetizzante F (2) : e la in-
dicherò con la lettera \x.
« L'esperienze erano condotte in modo da dare, per ogni valore di F.
un numero proporzionale al valore corrispondente di — . Per ciò il ferro, messo
r
entro un' elica, veniva magnetizzato colla corrente ; attorno alla parte centrale
dell'elica vi era un piccolo rocchetto, che serviva da circuito indotto; in luogo
di osservare, con un galvanometro balislico, l'induzione, si era opposto a
quel sistema, un altro sistema d'induzione, privo di ferro, il cui coefficiente
d'induzione mutua era variabile a piacere, cambiando il numero di giri del
circuito secondario. Per ogni valore di F, si cercava il numero di giri ne-
cessari a compensare la corrente indotta dal primo sistema. Sottraendo poi
da questo numero quello capace di compensare l'induzione dell' elica sola
senza ferro (e che è indipendente dalla intensità della corrente), il
numero che rimane sarà proporzionale al rapporto -w, supposto però, che
il ferro, prima della chiusura della corrente, si trovasse allo stato neutro. Basta
in seguito determinare una volta per tutte, il coefficiente necessario per dedurre
da quel numero il valore di fi in misura assoluta nel sistema [C. G. S].
« L'elica magnetizzante, di cui mi sono servito era lunga 70c ed era for-
mata da due fili di rame coperti di seta, fra loro attorcigliati ed avvolti su
un cannello di vetro: si poteva così disporre, pel fine che dirò poi, di due
eliche distinte, fra loro identiche e costituite ognuna di 1916 giri distribuiti
in sei strati. Il diametro interno di quest'elica era di 0C, 9, e l'esterno di 4C
circa. Il circuito secondario abbracciava la parte centrale dell'elica e con-
stava di 138 giri di filo, ben isolato. Per rocchetto compensatore ho fatto
uso delle due eliche lamellari di un generatore secondario di Gaulard e Gibbs,
privo del nucleo di ferro. Queste eliche non erano verniciate sul tratto spor-
gente di ogni spira, così che mediante morsette metalliche si poteva inserire
a piacere nel circuito un numero qualunque di spire. Una di queste eliche
(•) Lavoro eseguito nel r. Istituto di studi superiori in Firenze. — Scuola di Fisica,
Maggio 1888.
(2) Maxwell, A Treatise on Electr. and Magn. IL voi. § 428.
— 735 —
era messa per intiero in serie con l'elica magnetizzante, e dell'altra si pren-
deva, come ho detto, quella parte necessaria per compensare la corrente in-
dotta dal primo sistema col ferro, aggiungendola al circuito secondario di
questo e ad un galvanometro Thomson di piccola resistenza (35 ohm) e sen-
sibilissimo. La resistenza di tutto il Gaulard è trascurabile rispetto al resto
del circuito indotto (al massimo 0,4 ohm rispetto a 36 ohm circa).
« Bisogna però notare che l'induzione di tutta un'elica del Gaulard, su
una spira qualunque dell'altra, dipende dalla posizione di questa spira: si è
dovuto dunque calibrare l'elica indotta rispetto alla sua spira centrale; e
questo lavoro era già stato fatto egregiamente dal dott. Enrico Salvioni, che
me ne ha favorito i dati. Onde in seguito, quando si parlerà di un numero
di spire, si intenderà sempre il numero corretto, cioè ridotto alla spira cen-
trale. Le frazioni di spira, vengono poi dedotte dalle deviazioni del galva-
nometro Thomson.
« Nel circuito primario, si trovava inoltre un commutatore a mercurio.
Invertendo con esso rapidamente la corrente, l'induzione era doppia dell'in-
duzione prodotta dalla magnetizzazione totale, ma il numero di spire del
circuito compensatore è lo stesso che per la semplice chiusura, giacché con
l'inversione rapida della corrente non solo raddoppia l'induzione, ma anche
forza magnetizzante : onde il rapporto tra queste due quantità resta lo stesso.
« La corrente magnetizzante era misurata da un galvanometro di Wiede-
mann, messo in derivazione sul circuito primario, e campionato a più riprese
con voltametro a solfato di rame.
« I fili di ferro erano lunghi 70c, e di diametro non superiori a 0C, 1 ;
con tali dimensioni è eliminata quasi totalmente l'azione delle estremità Q).
« Prima di esporre i resultati ottenuti, dirò come si possa ricavare con
questa disposizione, il valore di /i in misura assoluta.
« Sia s la sezione dell'elica magnetizzante, n il numero di giri nell'unità
di lunghezza, i l'intensità della corrente, a la sezione del filo di ferro : l'in-
duzione dovuta all'elica sopra un giro del circuito indotto, o, per seguire il
linguaggio di Faraday, il numero delle linee di forza che si trovano nell'aria, sarà:
4 n n (s — a) i
e se ih è il numero di giri del rocchetto indotto, l'induzione A sarà data da
A =4:7tnni(s — a)i.
L'induzione dovuta alla magnetizzazione del ferro, sarà invece :
Q = <z/Ji B
e, poiché :
B = \i F = 4 re n fi i,
si ha :
Q = 4TTn/h[-iai.
(l) Ewing, Philosophical Transactions, voi. CLXXVI, pag. 529. — Mascari; et Joubert,
LeQons sur Vélectr. et le magn., voi. II, pag. 718.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 96
736 —
Onde la induzione complessiva riesce espressa da :
[1] Q-|-A = Qi = 47r« ni i (s — a -j- a fi ).
«■ Si indichi con g il coefficiente di una delle eliche del Gaulard su la
spira centrale dell'altra, e con N il numero corretto di spire necessarie per
compensare la corrente indotta, così che si possa applicare la formola che
vale pei solenoidi filiformi ed infiniti, cioè
[2] Qi=flfNi.
« Ed allora, dalle [1] e [2] risulta subito :
tfN — -IniaiiS , .
fi = \- 1
4 ti ti ih a
od anche, se Ni indica il numero corretto di spire necessarie per compensare
la corrente indotta dall'elica, quando non contiene ferro, si ha.
N — Ni
."=//
1.
4 n ariia
Le quantità che compariscono in questa espressione, eccetto N, sono costanti
e vengono determinate una volta per tutte.
« Per determinare (j , confrontai il rocchetto del Gaulard, con un roc-
chetto di induzione, il cui coefficiente era noto: e precisamente con quello
che ha servito al prof. Ròiti per la determinazione dell' ohm (').
« Non intendo riferire in questa Nota i valori numerici, ma do, come
esempio, tre curve sole che rappresentano la permeabilità in funzione della
forza magnetizzante.
iW0
600
ìoc ■
0 10 20 30 40 JO
0) Nuovo Cimento. Voi. XV, 1884.
80
90
— 737 —
« La curva I si riferisce ad un filo di ferro del Belgio, la curva li ad uno
di ferro crudo del Belgio, la III ad uno di acciaio inglese per corde da pianoforte.
« Esaminando queste tre curve, si osserva:
« 1° Per forze magnetizzanti non molto intense, la permeabilità è mag-
giore nel ferro men crudo che nel più crudo : maggiore in questo che nell'acciaio.
« 2° Il valor massimo della permeabilità (corrispondente al punto
d'inflessione della curva della magnetizzazione totale), si raggiunge più presto
per il ferro dolce che per il crudo, più presto per questo che per l'acciaio.
« Ciò era stato notato da vari sperimentatori, tra i quali citerò Ewing (')
e Kowland (2).
« 3° Per forze megnetizzanti superiori alle 50 unità [C. G-. S], i valori
della permeabilità sono, con grande approssimazione, indipendenti dalla qua-
lità del ferro, dipendono dalla sola forza magnetizzante ; almeno per i cam-
pioni, diversissimi fra loro, da me cimentati.
« Noterò inoltre che la parte del ramo discendente della curva, comune
a tutte le qualità di ferro, è un ramo di iperbole equilatera di equazione :
b
[l~ 1 + r/F
che è simile a quella trovata da Frolich per la magnetizzazione totale (3).
I due coefficienti, i cui valori assoluti sono :
a =0,069 , £ = 1423
possono dunque ritenersi, senza errore sensibile, appartenenti a tutte le qua-
lità di ferro : cosa questa che, per quanto io so, non è ancora stata segnalata
da alcuno.
« Le curve si riferiscono ad esperienze fatte sopra un solo filo di ferro :
ma se a questo, si sostituisce un fascio di fili della stessa qualità, si otten-
gono esattamente gli stessi valori, purché la sezione del fascio, sia tale da
poterlo considerare di lunghezza infinita.
« Se i valori di fi per forze magnetizzanti maggiori di 50 [C. Gr. SJ sono
sempre gli stessi, le varie qualità di ferro potranno venir definite dai valori
di fi corrispondenti a forze magnetizzanti minori, e della forza magnetizzante
che produce il massimo di fi. E non sarà fuor di luogo insistere per toglier
di mezzo l'opinione frequentemente manifestata che quanto maggiore è la
massa di ferro di un' elettrocalamita, e tanto più sia lontana, per una me-
desima intensità della corrente magnetizzante, la saturazione.
« Bisogna però, che nella determinazione di a , le esperienze siano con-
dotte, per le varie specie di ferro, nelle stesse condizioni. Infatti, se si deter-
minano i valori di fi, per F<^50 [C.G. SJ, crescendo gradatamente la forza
magnetizzante, e dopo esser giunti ad un valore di questa abbastanza grande,
si torna a de crescere grado a grado, i valori trovati nella discesa coincidono
(!) Loc. cit. pag. 574.
(2) Phil. Mag. Voi. XLVI, 1873, pag. 140.
(3) Elektrotechn. Zeitschrift. Voi. II, 1881, pag. 139.
— 738 —
con quelli ottenuti nella serie ascendente. Ma se si opera con un filo iden-
tico al precedente, e mai stato magnetizzato, cominciando dalla serie discen-
dente, i valori ottenuti per ,u sono alquanto più grandi di quelli ottenuti nel
modo anzidetto ; e seguitano poi a mantenersi gli stessi, anche nelle succes-
sive serie ascendenti e discendenti.
n È questo un fenomeno che, rispetto alla permeabilità, ha qualche ana-
logia con quello che Ewing ha messo in rilievo rispetto all'induzione, chia-
mandolo isteresi (1).
« 2. Si può ottenere lo spostamento della permeabilità massima, e con
esso una modificazione di tutti i valori della permeabilità, sottoponendo il
ferro, durante l'esperienza, ad una forza magnetizzante costante.
« È questo il motivo per cui furono fatte quelle due eliche identiche,
coi fili fra loro attorcigliati. In una di esse eliche, che chiamerò H , facevo
circolare una corrente costante: l'altra E, mi serviva come nelle esperienze
precedenti. Le curve ottenute in tali condizioni, hanno un andamento perfet-
tamente simile a quelle più sopra riportate. I valori della permeabilità,
quando H è chiuso sono minori dei corrispondenti quando H è interrotto,
fino a che la forza magnetizzante è inferiore a 50 [O.G.SJ. Per forze mag-
giori, l'azione di H non si fa più sentire, ed i valori di « sono quegli stessi,
comuni a tutte le qualità di ferro. L'abbassamento di fi e lo spostamento
nella posizione del ano valor massimo, riescono tanto maggiori, quanto più
intensa è la forza magnetizzante di H.
« Ciò posto, mi sono domandato se sia possibile, con tale artifizio, con-
ferire ad una data specie di ferro le proprietà magnetiche di un'altra specie
di ferro più crudo. Esattamente, ciò non è possibile, ma con molta appros-
simazione sono riuscito ad ottenere da un filo di ferro dolce del Belgio, la
stessa curva della permeabilità del ferro proveniente da Colle in Val d'Elsa,
da Lecco, e perfino dell'acciaio inglese; cambiando opportunamente, per ogni
serie, la forza costante in H.
« Lo spostamento della posizione del massimo di u , dipende, come ho
detto, dalla forza P, dell'elica H. Indicando con F, la forza per cui si ha
il punto d'inflessione nella curva dell'induzione allorché è aperta l'elica H
ossia Fx = 0, ho trovato che per F, minore di un certo valore y, il quale,
come mostrerò, è proprio di ogni qualità di ferro ed ha un significato spe-
ciale, il valor massimo di fi con l'H chiusa, si osserva per una forza magne-
tizzante F<F1-f-F,: per *\ = <p si ha F = F,+ F2; per F,>y si ha
F>F1+F2.
« Pare dunque che l'effetto di questa forza F! sia di rendere il ferro
più crudo, o, in altre parole, di aumentarne la forza coercitiva.
« 3. E giacché ho nominato la forza coercitiva, esporrò alcune espe-
rienze fatte col proposito di determinare questa quantità per le varie specie
(!) Loc. cit. pag. 524.
— 739 — -
di ferro, accettando per essa la definizione di Hopkinson ('), il quale dà
questo nome a « quella forza magnetizzante inversa, atta a smagnetizzare com-
pletamente il ferro che sia stato prima sottoposto ad una intensa forza ma-
gnetizzante ».
« Quel valore y, che ho più sopra nominato, misura appunto la forza
coercitiva di quella data specie di ferro.
« Le prove le ho fatte con fili del diametro di 0C,09.
« Ed ecco come ho proceduto. Chiudendo ed aprendo la corrente nel-
l'elica E, senza mai invertirla, si ottiene l'induzione temporaria, che, colla
mia disposizione sperimentale, può calcolarsi facilmente, conoscendo il numero
delle spire del Gaulard, e la forza magnetizzante. Ma prima di chiudere la E,
si mandi nella H una corrente inversa a quella mandata in E : alla nuova
chiusura di questa, l'induzione sarà maggiore della temporaria : minore della
totale, se la corrente in H non avrà completamente distrutto il magnetismo
lasciato dalla E; ugnale, se lo avrà distrutto tutto; maggiore, se oltre ad
eliminarlo, lo avrà invertito. Crescendo dunque la corrente E , mentre si man-
tiene per H lo stesso valore, e chiudendo quest'ultima tutte le volte ed apren-
dola, prima di chiudere E , la curva dell'induzione dovuta alle chiusure della E,
intersecherà in un punto la curva dell'induzione totale; la forza magnetiz-
zante corrispondente a quel punto, sarà quella il cui effetto è distrutto dalla H.
Si comprende dunque come si possa, crescendo poi la H , trovare qual valore
di questa sarà necessario per eliminare tutto il magnetismo lasciato da una
forte corrente mandata in E. È sufficiente sempre una forza molto più debole,
come è già stato verificato da Abria, da Wiedemann ed altri : così, per esempio,
il magnetismo lasciato da una forza magnetizzante di 120[C.Gr.S], nel filo
di ferro dolce del Belgio, vien distrutto da una forza inversa di 4 unità : nel
filo crudo da 9 unità, nell'acciaio inglese da 18 unità [C.G.SJ.
« Se si tratta però di eliminare il magnetismo lasciato da deboli forze
magnetizzanti, occorre una forza smagnetizzante maggiore per il ferro dolce
che per il crudo e per l'acciaio : e ciò forse si spiega, pensando che l'inten-
sità di magnetizzazione è in tal caso tanto maggiore quanto più dolce è il ferro.
« E già che parlo della magnetizzazione rimanente, dirò che è erronea
la credenza che essa sia minore nel ferro dolce che nell'acciaio : è dello stesso
ordine di grandezza: solo basta, nel ferro dolce, il più piccolo urto per farlo
in gran parte sparire (2).
« 4. Sostituendo al commutatore un semplice interruttore, e chiudendo ed
aprendo la corrente, si ha l'induzione /? dovuta alla magnetizzazione tempo-
raria, e che si può calcolare in misura assoluta, colla formula :
N— Ni . , , .
§ = g — — i-f-4jrni
(*) Philosophical Transactions, voi. CLXXVI, pag. 460.
(2) Cfr. Ewing, loc. cit. pag. 561.
— 740 —
che si deduce facilmente dal ragionamento, più sopra fatto, per il calcolo
di /t : è da notarsi che in questo caso il mimerò N ha un valore assai di-
verso da quello corrispondente, ottenuto coli' inversione rapida della corrente.
« Nell'induzione temporaria, si verifica benissimo Y isteresi, quando si
compia un ciclo di magnetizzazione, crescendo cioè la forza magnetizzante,
poi tornando indietro, invertendo di segno e ripetendo, colla corrente invertita
le due serie ascendente e discendente. L'induzione temporaria, dovuta alla
chiusura o all'apertura della corrente, è sempre maggiore nella serie ascendente
che nella discendente : e gli stessi valori si ripetono colla corrente invertita.
« È degno di nota che nella rappresentazione di /? in funzione della
forza F, il punto di intìes-ùone, occupa posizioni diverse nei due rami: nell'ascen-
dente si trova per un valore di F minore che nel discendente : e l'intervallo
tra questi due punti, dipende dalla qualità del ferro, ma è indipendente da
tutte le magnetizzazioni precedenti, cui sia stato sottoposto il ferro.
« 5. Sono poi passato a studiare le correnti indotte di chiusura ed aper-
tura quando il ferro, durante l'operazione, è sottoposto ad una forza magne-
tizzante costante, contraria, Per questa mi servivo al solito dell'elica H;
nell'altra E mandavo delle correnti crescenti, contrarie alla H e che aprivo
e chiudevo ogni volta: l'induzione ottenuta si calcolava come ho detto più
sopra. Essa per debolissime correnti E, si mantiene minore della induzione
temporaria (serie ascendente) ottenuta quando H è interrotta ; ma ben presto
diventa maggiore di questa. Se la forza in H è minore della forza coerci-
tiva (f del ferro, l'induzione è sempre minoro dell'induzione totale B, rite-
nuta con H interrotta ; ma se la forza in H è maggiore od uguale alla forza </ .
allora l'induzione dovuta alla chiusura od apertura di E, si mantiene minore
della B , per valori di F minori del doppio circa della forza chiusa in H , e di-
venta maggiore dell'induzione totale per tutti i valori di F più grandi di quel
limite: e se la forza in H è convenientemente intensa, può divenire anche
il doppio di B.
« Inoltre le correnti indotte di apertura sono esattamente uguali a
quelle di chiusura.
« Sotto l'azione della forza in H il punto d'inflessione nella curva nell'in-
duzione, si sposta e si trova per un valore di F all' incirca doppio della H,
« Se in tali condizioni poi si compie un ciclo di magnetizzazione, man-
tenendo la H sempre contraria alla F, non si constata più Y isteresi, e non
v'ha nemmeno spostamento del punto d'inflessione nei due rami ascendente e
discendente.
« 6. Se invece di tenere la corrente in H costantemente chiusa, si apre
ogni volta prima di chiudere la E, l'induzione risulta maggiore di quella otte-
nuta quando H resta sempre chiusa; ciò fino ad una forza F all' incirca doppia
di quella che si chiude in H: dopo diventa minore.
« In tal caso il punto d'inflessione corrisponde a forze magnetizzanti
— 741 —
minori di quella in H ; uguale ad essa nel solo caso che la forza in H sia
la forza coercitiva del ferro studiato.
« Terminerò questa descrizione sommaria, facendo notare che anche debo-
lissime forze magnetizzanti fanno sentire benissimo la loro azione sul ferro,
mentre è assoggettato ad una intensa magnetizzazione ; come del resto ha già
stabilito Lord Rayleigh (').
« È mia intenzione di proseguire l'esperienze su questo soggetto, per
poter coordinare i fatti sopra esposti fra loro e con altri che per brevità
ho tralasciato di qui riferire; riunirò poi tutto in un unico lavoro, corre-
dandolo di tutti i dati numerici e delle tavole.
« Ringrazio intanto infinitamente il prof. Ròiti, che mi è stato, come sem-
pre, largo di consigli, e mi ha fornito tutti i mezzi per eseguire questo lavoro » .
Chimica. — Sugli acidi carbossilici dei c-metilindoli (2). Nota
di Giacomo Ciamician e Gaetano Magnanini presentata dal Socio
Paterno.
« Il presente ed il seguente lavoro, sui quali fu presentata a questa Ac-
cademia una breve relazione preliminare nella seduta del 5 febbraio 1888,
vennero intrapresi allo scopo di comparare il modo di comportarsi di alcuni
derivati dell' indolo, in carte reazioni con quello dei corrispondenti derivati
del pirrolo. L'analogia che esiste fra il pirrolo e l' indolo si manifesta nelle rea-
zioni descritte in queste due note in modo veramente sorprendente e la diffe-
renza di comportamento più notevole che si riscontra, è quella di una maggiore
stabilità nei derivati indolici, dovuta certamente alla presenza del residuo
aromatico nella molecola di questi ultimi.
« E noto che si può introdurre abbastanza facilmente il carbossile nel
pirrolo e nei c-metilpirroli (3) facendo agire l'anidride carbonica a tempera-
tura elevata sui composti potassici di queste sostanze. Questa reazione è ap-
plicabile anche agli indoli. L' indolo è pur troppo ancor sempre un composto
difficile ad aversi in quantità notevole, e noi ci siamo limitati perciò ad in-
trodurre il carbossile nei due c-metil-indoli (metilchetolo e scatolo), che si
possono preparare agevolmente in grande quantità mediante le belle sintesi
di Emilio Fischer.
« I c-metilindoli non si combinano col potassio metallico, che molto
difficilmente, ma per introdurvi il carbossile non è necessario partire dalle
combinazioni potassiche, basta riscaldare, come si fa nella sintesi degli acidi
ossinaftoici un miscuglio equimolecolare del metilindolo e di sodio metal-
lico, in una corrente di anidride carbonica secca.
0) Phil. Mag. Voi. XXIII, 1887, pag. 225.
(2) La nomenclatura usata in questa e nella seguente Nota è quella che io ho addi-
tata pei derivati del pirrolo nella mia Monografia su questa sostanza. Ciamician.
(3) Ciamician e Silber Gazz. chini. XIV 264, Ciamician Gazz. chini. XI, 226.
— 742 —
« La reazione che avverrà secondo ]* eguaglianza
C9 H9 N + Na + C02 = C9 H8 N + H,
ÓOONa
non dà un rendimento corrispondente alla teoria perchè resta sempre inalterato
una parte del metilindolo impiegato assieme ad una parte del sodio metallico.
La trasformazione dello scatolo dà risultati migliori di quella del metilchetolo.
Acido «-metil-/?-indoicarbonico (metilchetolcarbonico)
C • COOH (0)
C6H4<^)C-CH3 (a)
NH
« Per preparare l'acido metitohetolearbonico si riscalda un miscuglio di
10 gr. di metilchetolo e 3,6 gr. di sodio metallico in una stortala rivolta
all'insù, in mi bagno di lega di piombo e stagno, mentre si fa passare at-
traverso alla massa fusa una lenta corrente di anidride carbonica secca. Il
sodio si discioglie lentamente nel metilchetolo con sviluppo di gaz (idrogeno ?)
e si trasforma in una massa solida e bianca. Si riscalda per tre o quattro
ore a 230°-240°, per ultimo si eleva la temperatura lino a S10°-315°. 11
metilchetolo, che si volatilizza, si condensa nel collo della storta e ricade. In
fine della operazione tutta la massa è solidificata ed ha un colore bruno o
biancastro. Il prodotto della reazione viene trattato nella stortimi, in cui si
trova, prima con alcool, per liberarlo dal sodio metallico, che rimane sem-
pre in parte inalterato, e poi con acqua per discioglierlo completamente. Si
scaccia l'alcool a b. m. e si filtra il liquido alcalino, meglio ancora lo
si distilla in una corrente di vapore acqueo, per eliminare il metilchetolo,
che non ha preso parte alla reazione. Acidificando la soluzione alcalina con
acido solforico diluito ed estraendo più volte con etere, si ottiene lilialmente
l'acido metilchetolcarbonico greggio, che è por lo più molto colorato. Da 10 gr.
di metilchetolo se ne ottengono 3 gr.
« La purificazione del nuovo composto è una operazione difficile e ri-
chiede molto tempo e molto materiale. Il prodotto greggio venne prima fatto
cristallizzare dall'alcool diluito bollente, perchè nell'acqua è quasi insolubile,
senza però un notevole vantaggio. Il metodo migliore è quello di fare cri-
stallizzare alcune volte il prodotto secco, dall'acetone bollente; per raffred-
damento si ottengono scagliette o tavolette rombiche quasi bianche, che con-
tengono acetone di cristallizzazione. Si seccano perciò a 100° e la sostanza, che
resta colorata in roseo, viene purificata completamente sciogliendola in un
miscuglio di benzolo e di etere acetico, agitando a lungo la soluzione ete-
reo-benzenica con nero animale, concentrando il liquido quasi scolorato e pre-
cipitando con etere petrolico. Per ultimo si fa cristallizzare il prodotto al-
cune volte da poco etere acetico bollente.
« L'acido metilchetolcarbonico, ottenuto nel modo descritto, forma una
— 743 —
polvere bianca, cristallina, che fonde, scomponendosi in metilchetolo ed ani-
dride carbonica a 170°-172°. Il punto di fusione, che è veramente un punto
di scomposizione, sembra non essere costante, ma dipendere dal modo di ri-
scaldamento ; elevando rapidamente la temperatura del bagno si osserva un
punto di fusione più alto.
« L'analisi dette numeri, che concordano con la forinola:
« C10 H9 N02 »
gr. 0,2740 di sostanza dettero gr. 0,6902 di C02 e gr. 0,1314 di H2 0.
« In 100 parti:
trovato calcolato per Ciò H9 N02
C 68,70 68,56
H 5,33 5,14
« L'acido metilchetoìcarbonico è assai poco solubile nell'acqua, poco so-
lubile nel benzolo, più solubile nell'alcool ed etere acetico, si scioglie facil-
mente nell'acetone ed è quasi insolubile nell'etere petrolico.
* Bollendo la sua soluzione acquosa si scinde in parte in metilchetolo
ed acido carbonico. La scissione avviene più prontamente bollendo la solu-
zione ammoniacale dell'acido.
Il sale argentico [Ci0HgAgNO2] si ottiene precipitando la soluzione
neutra dell'acido nell'ammoniaca, con nitrato argentico. Forma un precipitato
bianco, cristallino, che dette all'analisi il seguente risultato:
gr. 0,1359 di sostanza dettero gr. 0, 0516 di argento.
« In 100 parti:
trovato calcolato per Ci0 H8 Ag N03
Ag 37,96 38,29
« L'acido metilchetoìcarbonico dà in soluzione acquosa le seguenti reazioni:
« Con cloniro ferrico in soluzione diluita una colorazione bruna e poi
un precipitato brunastro; in soluzione concentrata subito un precipitato bruno.
« Con acetato di piombo in soluzione concentrata un precipitato bianco.
« La soluzione acquosa del sale ammonico dell'acido metilchetolcar-
bonica dà :
« Con solfato di rame un precipitato verde mela.
« Con cloruro mercurico un precipitato bianco.
Acido /5-metil-a-indolcarbonico (scatolcarbonico)
C.CH3 (/?)
C6 H4<^>C • COOH («)
NH
« La preparazione dell'acido scatolcarbonico dallo scatolo, corrisponde
perfettamente a quella ora descritta dell'acido metilchetoìcarbonico. Si ri-
scaldano 3 gr. di scatolo per volta con 1 gr. di sodio in ima corrente di
Kendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 97
— 744 —
anidride carbonica alla stessa temperatura indicata nella preparazione già
descritta. La massa ottenuta viene trattata con alcool per eliminare il sodio
metallico, indi con acqua, ed infine distillata con vapore acqueo per scac-
ciare lo scatolo rimasto inalterato. Acidificando il residuo con acido solforico
diluito ed estraendo con etere, si ottiene 1* acido scatolcarbonico greggio, che
si fa cristallizzare una volta dall'alcool diluito bollente, aggiungendo carbone
animale. Per raffreddamento del liquido filtrato si ottiene il composto ancora
notevolmente colorato.
« Da 12 gr. di scatolo impiegato si ottennero 3 gr. di acido cristalliz-
zato dall'alcool e 7, 5 gr. di scatolo ricavato mediante la distillazione con
vapore acqueo. L'ulteriore purificazione dell'acido riusci sciogliendolo nel ben-
zolo bollente, agitando per molto tempo la soluzione benzenica diluita, con
nero animale e precipitando il filtrato convenientemente concentrato con etere
petrolico. Si separano immediatamente aghetti colorati leggermente in giallo,
che si fanno cristallizzare ancora una volta dal benzolo bollente, aggiungendo
alla soluzione un poco d'etere petrolico.
« L'acido scatolcarbonico, così ottenuto, forma aghetti bianchi o squamette
madreperlacee che fondono a 165°-167°.
« L'analisi dette numeri concordanti con la formula:
« C10 H9 N02 »
gr. 0,2300 di sostanza dettero gr. 0,5790 di C02 e gr. 0,1126 di H2 0.
« In 100 parti :
trovato Calcolato per C,0 H9 NOa
C 68,65 68,56
H 5,43 5,14
« L'acido scatolcarbonico è poco solubile nell'acqua, facilmente nell'alcool
e nell'etere, meno solubile nel benzolo bollente ed insolubile nell' etere pe-
trolico.
« Fondendolo si scompone in scatolo ed anidride carbonica, ma è più
stabile dell'acido metilchetolcarbonico. La sua soluzione ammoniacale resi-
ste alla ebullizione più di quella dell'acido metilchetolcarbonico.
« L'acido scatolcarbonico riscaldato con acido solforico concentrato su
di un vetro di orologio, dà una bellissima colorazione rosso-porpora, che sem-
bra essere propria solamente di alcuni derivati dello scatolo. L'istessa colo-
razione viene prodotta dallo scatolo e dall' «-acetilscatolo. Non danno la rea-
zione né il metilchetolo (che produce una lieve colorazione rosea), né l'acido
metilchetolcarbonico e neppure la danno gli acidi «-indolcarbonico e /S-indol-
carbonico, che si ottengono dal metilchetolo e dallo scatolo per fusione con
potassa caustica.
« L'acido scatolcarbonico, che è stato ottenuto ultimamente per sintesi
da W. Wislicenus ed Ed. Arnold dall' idrazone dell'acido propionilformico (').
(i) Beri. Ber. XX, 3395.
— 745 —
è senza dubbio identico al nostro, abbenchè questi chimici abbiano trovato
il punto di fusione del loro prodotto un poco inferiore al nostro cioè 164°-
165.° Per ultimo è da notarsi che l'acido scatolcarbonico di H. ed E. Sal-
kowski, ricavato dalle proteine nei processi di fermentazione naturale ed ar-
tificiale, differisce notevolmente dall'acido scatolcarbonico ottenuto da noi e
Wislicenus ed Arnold, principalmente perchè la nostra sostanza non dàle co-
lorazioni con acido nitroso e con cloruro di calce, descritte da E. Salkowski,
e non dà, che molto più difficilmente, la colorazione con cloruro ferrico.
Se l'acido scatolcarbonico naturale sia perciò da ritenersi un composto di-
verso da quello prodotto sinteticamente è cosa che noi non possiamo deci-
dere, perchè potrebbe darsi benissimo, che le differenze di comportamento
rilevate da W. Wilslicenus ed Arnold, derivassero da piccole traccie di ma-
teria estranea, che accompagna l'acido scoperto da H. ed E. Salkowski.
« Per ultimo è da notarsi che l'acido scatolcarbonico dà per riscalda-
mento con anidride acetica un composto che è probabilmente la sua ìmmin-
anidride. L'acido «-indolcarbonico, di cui l'acido scatolcarbonico e l'omologo
superiore, dà come risulta dalla nota seguente, molto facilmente l'immin-
anidride. Se si bolle l'acido scatolcarbonico con anidride acetica in un tu-
betto, si ottiene scacciando l'eccesso del reattivo e riscaldando il residuo, una
sostanza sublimata in aghetti gialli, insolubile nel carbonato e nell' idrato
sodico. Questo corpo, che non è certo, né scatolo, né acetilscatolo, non può
essere altro che l'imminanidride dell'acido scatolcarbonico.
« Crediamo utile di riunire nel seguente specchietto, in fine della pre-
sente comunicazione, le proprietà principali degli acidi scatolcarbonico e me-
tilchetolcarbonico.
acido a-metil-j3-indolcarbonico
(metilchetolcarbonico)
acido ^-metil-«-indolcarbonico
(scatolcarbonico)
Punto di fusione
Con acido solforico
Con cloruro ferrico
Con acetato piombico
Con acetato ramico
Si scinde intorno a 170°-172°
in C02 e metilchetolo.
La sua soluzione ammoniacale
dà coli' ebullizione pronta-
tamente metilchetolo libero.
Non dà nessuna reazione.
Dà in soluzione acquosa un
precipitato bruno.
Dà in soluzione acquosa concen-
trata un precipitato bianco.
La soluzione acquosa del sale
ammonico dà un precipitato
verde.
Fonde a 165°-167° scompo-
nendosi in C02 e scatolo.
La sua soluzione ammoniacale
resiste alla ebullizione.
Dà per riscaldamento una in-
tensa colorazione rosso-por-
pora.
Dà in soluzione acquosa un
precipitato bruno.
Dà in soluzione acquosa un
precipitato bianco.
La soluzione acquosa del sale
ammonico dà un precipi-
tato verde chiaro.
— 746 —
Chimica. — Sugli acidi carbossili®, dell' indolo. Nota di Gia-
como Ciamician e Carlo Zatti, presentata dal Socio Paterno.
« Gli omologhi del pirrolo non danno per ossidazione con gli ossidanti
ordinari gli acidi carbossilici corrispondenti, ed anche in ciò essi ricordano
i fendi aromatici, che non si lasciano trasformare negli ossiacidi, che me-
diante speciali reazioni. Gli omologhi dell'indolo si comportano analogamente,
ed è noto che p. es. il metilchetolo ossidato col permanganato potassico si
converte in acido acetil-o-amidobenzoico (•)• Ci è sembrato perciò importante
di ricercare se si potessero ottenere gli acidi indolca rbonici dai c-metilindoli
per fusione con potassa caustica, come si ottengono gli acidi pirrolcarbonici
ossidando con potassa fondente le combinazioni potassiche degli omologhi del
pirrolo (2). Le nostre previsioni sono state confermate pienamente dall'espe-
rienza ed anche in certo modo superate, inquantochò questa reazione conduce
nella serie indolica a rendimenti molto migliori di quelli che si hanno nella
serie del pirrolo.
« Il metilchetolo e lo scatolo si convertono negli acidi a- indolcarboìiico
e §-iìidolcarbo)iico.
CH CH
c,h/)c.ch3 c6h4<()c.cooh
NH NH
a-metilindolo acido «-indolcarboni<"
(metilchetolo)
C . CH3 C. COOH
CGH4<()CH C6H40CH
NH NH
/S-metilindolo acido jS-indolcarbonico
(scatolo)
« L'acido «-indolcarbonico è stato già ottenuto da E. Fischer per sin-
tesi diretta, dall'idrazone dell'etere piruvico ; la preparazione di quest'acido
dal metilchetolo è però ora il metodo più conveniente per ottenerlo in grandi
quantità, perchè il metilchetolo è un materiale facile ad aversi e la fusione
con potassa dà un rendimento di acido greggio che ascende fino al 50 %
del metilchetolo impiegato. L'acido /5-indolcarbolico non era stato ottenuto
finora ; la sua preparazione è però assai più tediosa di quella dell'altro iso-
mero, per le proprietà dello scatolo, per il rendimento di gran lunga infe-
riore e per la difficoltà che si incontra nella purificazione del nuovo acido.
(i) Jackson Beri. Ber. XIV, 885.
(2) Ciamician, Gazz. cium. XI, 226; Dennstedt e Zimmermann, Beri. Ber. 1887, 850.
— 747 —
1°. Acido a-indclcarbonico.
« Si prepara quest'acido dal metilchetolo fondendo quest'ultimo con un
peso dieci o quindici volte maggiore di potassa caustica in una capsula d'ar-
gento. Il metilchetolo non si combina immediatamente con l'idrato potassico
fuso, per cui è necessario impedire che il metilchetolo si volatilizzi prima
di aver potuto entrare in reazione. Questa condizione tanto importante per
la buona riuscita dell'esperienza si realizza facilmente, tenendo coperta la
capsula nel primo periodo della fusione, con un vetro d'orologio pieno d'acqua.
Il metilchetolo si condensa quasi completamente sulla superficie convessa del
vetro e ricade nella capsula, mentre il vapore acqueo, che si genera nella
prima fase della reazione, può liberamente sfuggire, non essendo la capsula
chiusa ermeticamente dal vetro d'orologio, che per la sua trasparenza per-
mette inoltre di seguire l'andamento della reazione.
a L'andamento dell'operazione è il seguente : Si fonde prima la potassa
sino ad eliminarvi tutta l'acqua che ordinariamente contiene e si introduce ra-
pidamente il metilchetolo (si possono impiegare in ogni operazione 5 o 10 gr. di
metilchetolo), dopo aver lasciato raffreddare convenientemente la massa fusa, si
copre subito col vetro pieno d'acqua e si comincia a scaldare moderatamente.
Il metilchetolo fonde, si volatilizza, ricade, e mentre si svolge vapor acqueo, si
converte a poco a poco in un liquido nero, denso, oleoso, galleggiante sulla
potassa fusa. Questa materia oleosa sarà probabilmente il composto potassico
dall' a-metilindolo, perchè interrompendo a questo punto l'operazione e trat-
tando con acqua la massa, si riottiene quasi completamente il metilchetolo.
Quando la materia fondente non emette più vapori di metilchetolo, si toglie
il vetro e si agita con una spatola d'argento o di ferro, il contenuto della
capsula, che principia a schiumeggiare. Ora si svolge idrogeno dalla massa
nera in fusione, segno che l'ossidazione è incominciata. La durata di questo
secondo periodo, dipende dal modo di riscaldare e dalla quantità del metil-
chetolo impiegato, si prolunga la fusione fino che lo strato superiore si è
sciolto nel resto della massa e che questa è divenuta omogenea. Lo sviluppo
gassoso rende talvolta difficile riconoscere il vero momento per interrompere
l'ossidazione ed un poco di pratica giova in questa operazione, come già in
tutte le preparazioni chimiche un po' delicate, molto più di una lunga descri-
zione. Quando dunque si giudica conveniente di interrompere l'operazione, si
vuota il contenuto della capsula sopra una lastra di ferro e si incomincia
una nuova preparazione. La massa ottenuta è dura, fragile, omogenea, se
l'operazione è stata bene condotta, ed ha un color bruno grigiastro. Essa con-
tiene assieme alla potassa eccessiva, ed a carbonato potassico, il salo dell'a-
cido cercato. Quest'ultimo si ottiene e si purifica facilmente come segue: 11
prodotto della fusione, sciolto nell'acqua, viene saturato quasi completamente
con acido solforico, in modo però che il liquido rimanga decisamente alcalino.
— 748 —
Per raffreddamento si separa gran parte del solfato potassico, e filtrando, si
libera la soluzione alcalina dell'acido «-indolcarbonico, anche da una materia
amorfa e nera, che si forma nella fusione. Se questa venne interrotta troppo
presto il residuo solido contiene anche quantità più o meno rilevanti di me-
tilchetolo. Il liquido alcalino convenientemente concentrato e all'occorrenza
filtrato, viene infine acidificato con acido solforico. Si ottiene un abbondante
precipitato bruno o grigio-verdastro, che si filtra e si lava, dal filtrato si
può ricavare per concentrazione ed in fine per estrazione con etere un'altra
quantità, non molto rilevante, dello stesso prodotto. L'acido «-indolcarbonico
greggio così ottenuto, viene purificato mediante una serie di cristallizzazioni
dall'acqua bollente, scolorando in principio la soluzione con carbone animale.
L'acido si separa in principio in forma d'una polvere cristallina o di croste
cristalline più o meno colorate, infine in aghetti bianchi. Volendo avere un
acido molto puro, con sollecitudine, conviene usare come solvente il benzolo.
Si fa a caldo una soluzione molto diluita dell'acido nel benzolo, in cui ri-
mane indisciolta una materia nera, si agita a lungo, il liquido filtrato, con
nero animale, si filtra e si precipita il filtrato convenientemente concentrato
con etere petrolico. L'acido si separa subito in forma di aghettini quasi
bianchi, che fondono a 202-203 e si rammolliscono già a 19(3°. Facendo
cristallizzare questo prodotto ancora alcune volte alternativamente dal ben-
zolo bollente e dall'acqua bollente, lo si ottiene quasi perfettamente bianco
e fonde allora a 203-204°, senza rammollirsi sotto ai 200°, in un liquido
giallo. Nella fusione si nota appena un lieve svolgimento di gaz.
« L'analisi dettero i seguenti risultati :
I. 0,2573 gr. di materia seccata Del vuoto, dettero 0,6365 gr. di C02 e
0,1048 gr. di H2 0.
IL 0,2676 gr. di materia seccata a 100°, produssero nella combustione
0,6586 gr. di C02 e 0,1125 gr. di H2 0.
« In 100 parti:
trovato calcolato per C9 H7 N02
I II
C 67,46(0 67,12 67,08
H 4,52 4,67 4,35
« L'acido «-indolcarbonico, cosi ottenuto, è identico a quello descritto per
la prima volta da E. Fischer (2). È poco solubile nell'acqua fredda e note-
volmente in quella bollente ; per raffreddamento si separa in aghi bianchi
più o meno lunghi, è solubile nell'etere, nell'alcool, nel benzolo bollente, da
cui si separa in squamette madreperlacee, ed è insolubile nell'etere petrolico.
(!) Il composto, che era stato cristallizzato dal benzolo, conteneva tracce di questo,
che non avea perduto completamente nel vuoto.
(2) L. Ann. 236, 141.
— 749 —
« Il sale argentico [C9 H6 Ag N02] è stato già ottenuto da E. Fischer,
noi lo abbiamo preparato per trasformarlo nell'etere metilico. È un precipi-
tato bianco fioccoso, che si ottiene trattando la soluzione del sale ammonico
con nitrato argentico.
« L'analisi dette i seguenti numeri :
0,1792 gr. di materia dettero 0,0718 gr. d'argento.
« In 100 parti:
trovato calcolato
Ag 40,07 40,29
« L'etere metilico [C9 H6 (CH3) N02] si ottiene scaldando il sale argen-
tico secco con joduro di metile in eccesso a 100° per alcuni minuti. Si estrae
la massa con etere e si cristallizza il composto ricavato dalla soluzione eterea,
prima dall'alcool diluito e poi dal benzolo bollente. Si ottengono aghetti
bianchi che fondono a 151-152°.
« La stessa sostanza si forma pure trattando con acido cloridrico gas-
soso la soluzione dell'acido nell'alcool metilico. Si satura a 0° una soluzione
di acido «-indolcarbonico in 10 volte il suo peso di alcool metilico e si
abbandona il liquido a sé stesso per alcune ore a temperatura ordinaria.
La soluzione rossa viene indi versata nell'acqua ed il liquido saturato con
carbonato sodico. Si separa una materia rossastra, che si filtra, si lava, e si
secca nel vuoto. L'etere ottenuto viene poi purificato come sopra. Questo se-
condo metodo è naturalmente più comodo, ma dà un prodotto un po' meno
abbondante e più impuro.
« Le analisi dettero i seguenti risultati:
I. 0,2350 gr. di sostanza produssero 0,5922 gr. di C02 e 0,1141 gr. di H2 0.
IL 0,1881 gr. di sostanza produssero 0,4744 gr. di C02 e 0,0891 gr. di H2 0.
« In 100 parti:
trovato calcolato per Ci0 H9 N02
I II
C 68,73 68,74 68,57
H 5,39 5,26 5,14
« L'acido «-indolcarbonico dà, in soluzione acquosa, con cloruro ferrico,
una colorazione rossobruna e poi un precipitato brunastro, con acetato piom-
bico un precipitato bianco non molto abbondante. La soluzione acquosa del
sale ammonico dà con acetato di rame con precipitato verde mela.
« Con isatina ed acido solforico concentrato si ottiene con l'acido «-in-
dolcarbonico una colorazione rosso- violetta.
« L'acido «-indolcarbonico è molto stabile ; bollendo la sua soluzione
acquosa si avverte appena la presenza di indolo libero con la reazione del
fuscello di abete. Fonde quasi senza decomposizione, e come notò E. Fischer,
può distillarsi, se si riscalda rapidamente, quasi senza alterazione. In soluzione
— 750 —
alcoolica concentrata, si ottiene con acido picrico un picrato cristallizzato in
aghi gialli, che parimenti fu notato già da E. Fischer.
u L'acido «-indolcarbonico corrisponde perfettamente all'acido «-carbo-
pirrolico e dà come questo per azione dell'anidride acetica un imminanidride
dell'acido «-indolcarbonico, che corrisponde in tutto alla pirocolla.
Imminanidride dell'acido a-indol carbonico.
« Per preparare 1' imminanidride dell' acido «-indolcarbonico, si bol-
lono 3 gr. d'acido con 15 gr. d'anidride acetica in un apparecchio a
ricadere per 10 o 15 minuti. Durante l'ebollizione non si svolge anidride car-
bonica; il liquido giallo che risulta, viene distillato a pressione ridotta a b. m.
Eesta indietro un residuo oleoso bruno, che si riscalda a bagno ad olio sem-
pre a pressione ridotta; in principio passano ancora alcune goccie di ani-
dride acetica e quando la temperatura del bagno è salita fino a circa 190°.
il liquido entra in ebollizione, spesso molto viva, e mentre si sviluppano
vapori di acido acetico, si converte in una massa solida, cristallina, nerastra.
Si bolle il prodotto ottenuto con acido acetico glaciale, in cui l'anidride in-
dolcarbonica è quasi insolubile, si filtra, dopo il raffreddamento, e si lava il
residuo con acido acetico glaciale. Il prodotto greggio, così ottenuto, viene
bollito ancora una volta con acido acetico per liberarlo da una materia ne-
rastra, che passa nel filtrato. Le soluzioni acetiche contengono, oltre ad una
materia amorfa, verdastra, che precipita per trattamento con acqua e che
non venne ulteriormente studiata, acido «-indolcarbonico rimasto inalterato,
che si riottiene svaporando le soluzioni acetiche a b. m., dopo averle libe-
rate dalla materia amorfa insolubile nell'acqua. Da 12 gr. di acido si ot-
tennero 3,7 gr. di anidride greggia e si riottennero 4 gr. di acido rimasto
inalterato. La materia amorfa dà per distillazione nuove quantità di anidride.
« L'anidride indolcarbonica è quasi insolubile nei solventi ordinari e
venne perciò purificata ulteriormente facendola sublimare alcune volte fra
due vetri d'orologio. Si ottengono in tal modo bellissimi aghi gialli di splen-
dore serico, che si bollono infine con acido acetico glaciale, si lavano con
acqua e si seccano a 100°.
« L'imminanidride dell'acido «-indolcarbonico fonde, sublimando parzial-
mente, intorno ai 312-315° in un liquido nerastro.
« L'analisi dette numeri che conducono alla formula:
« C9 H5 NO »
0,2454 gr. di sostanza producono 0,6804 gr. di C02 e 0,0815 gr. di H2 0.
« In 100 parti:
trovato calcolato per C9 H5 NO
C 75,62 75,52
H 3,69 3,49
— 751 —
« L'imminanidiide indolcarbonica si forma come si vede in modo per-
fettamente analogo alla pirocolla e la sua formazione sarà forse preceduta
come quella di quest'ultima, dal formarsi di un derivato acetilico instabile
dell'acido «-indolcarbonico. Noi non possiamo per ora decidere se essa abbia
la formula semplice C5 H9 NO oppure analogamente all'imminanidride carbo-
pirrolica la doppia formula, abbenchè ciò apparisca molto probabile in vista
del punto di fusione molto elevato e della insolubilità del composto.
« L'imminanidride indolcarbonica sarà perciò da esprimersi con una delle
due formule seguenti:
CH5^o\ oppure c«hs^cn0;cn°\c,h5
« Il suo carattere anidridico si svela nel suo comportamento con le basi:
essa resiste molto più della pirocolla all'azione della potassa acquosa, perchè
non viene quasi per nulla intaccata anche bollendola a lungo con una liscivia
di potassa molto concentrata. La potassa alcoolica concentrata la scioo-lie
invece prontamente a caldo, e dalla soluzione diluita con acqua si ottiene
l'acido «-indolcarbonico, acidificando con acido solforico diluito.
« Kiscaldando l'acido «-indolcarbonico in un tubo chiuso con un eccesso
di anidride acetica a 220°, si elimina anidride carbonica, e si ottiene un
composto di reazione neutra, che cristallizza in aghi dall'acqua bollente, il
quale potrebbe essere identico all'acetilindolo di Baeyer. Le ulteriori ricerche
in proposito saranno continuate da uno di noi, ed avranno lo scopo di stu-
diare l'acido «-indolcarbonico da tutti i lati da cui è stato studiato l'acido
a-carbopirrolico.
2°. Acido /^-indolcarbonico.
« La preparazione dell'acido /^-indolcarbonico dallo scatolo venne eseguita
seguendo il metodo già indicato per ottenere l'acido «-indolcarbonico dal me-
tilchetolo. L'operazione è però molto disaggradevole, perchè per quanto si
impedisca la volatilizzazione dello scatolo tenendo, nel primo periodo della
fusione, coperto il crogiuolo d'argento con un vetro d'orologio pieno d'acqua,
pure non si può evitare che ne sfugga ima piccola quantità, ciò che riesce
di gran tedio in causa delle ben note proprietà dello scatolo, anche lavorando
sotto una cappa d'aspirazione. Si fondono 3 o 5 gr. di scatolo per volta con
un peso dieci volte maggiore di potassa caustica. Lo scatolo si combina con
la potassa fusa più presto del metilchetolo, formando un liquido denso e
nero, che con vivo sviluppo d'idrogeno, va man mano sciogliendosi nella po-
tassa fondente. Il punto di interrompere la fusione è più difficile a ricono-
scersi in questa operazione, che in quella già descritta, e non vi si riesce
che dopo alcune prove. Non conviene aspettare che la massa fusa sia dive-
nuta del tutto omogenea, perchè così operando si evita bensì di ottenere
Rendiconti, 1888, Vol. IV, 1° Sem. 98
— 752 —
scatolo inalterato, ma l'ossidazione va troppo oltre ed una gran parte del pro-
dotto viene distrutta. La massa solidificata, ottenuta nelle singole fusioni, ha
un aspetto simile a .quella che si ottiene col metilchetolo, ma non deve es-
sere del tutto omogenea e deve contenere delle parti più colorate, che soho
poi quelle che con l'acqua rigenerano lo scatolo.
« Si scioglie tutto il prodotto nell'acqua e si filtra dalla parte insolu-
bile, che contiene tutto lo scatolo ripristinato, che si può purificare per di-
stillazione con vapore acqueo. (Da 20 gr. di scatolo impiegato se ne riotten-
nero 5 gr.). Il liquido alcalino viene acidificato con acido solforico diluito,
e senza tener conto dell'acido che si separa, agitato molte volte di seguito
con etere. Distillando l'estratto etereo resta indietro per lo più una materia
oleosa di intenso odore indolieo, che si solidifica lentamente. Si scioglie il
residuo nel carbonato di soda, si filtra dalla parte insolubile, formata prin-
cipalmente da materie nerastre ed amorfe, e si estrae nuovamente con etere,
dopo avere acidificato il liquido con acido solforico. Il prodotto, che così si
ottiene, si solidifica subito ed ha un aspetto migliore. Per purificarlo lo si
scioglie in molto etere acetico bollente, si agita per molto tempo la soluzione
con nero animale e si precipita il filtrato, convenientemente concentrato, con
etere petrolico. Il nuovo acido si separa subito in forma d'una polvere quasi
bianca, cristallina, che si purifica completamente sciogliendola nella quantità
necessaria di etere acetico caldo, trattando la soluzione con etere petrolico,
e ripetendo alcune volte questa operazione. Si ottiene in questo modo una
polvere bianca, cristallina, che sublima in aghetti se la si riscalda con pre-
cauzione e che fonde in un tubetto chiuso intorno ai 214° scomponendosi con
sviluppo di gaz. Il punto di fusione non è però molto costante e sembra di-
pendere dal modo di riscaldamento.
« L'analisi diede numeri che coincidono con la formula:
« C9 H, N02 »
0,2047 gr. di materia produssero 0,5019 gr. di C02, e 0,0884 gr. di H2 0.
« In 100 parti:
trovato calcolato
C 66,87 67,08
H 4,79 4,35
« L'acido /2-indolcarbonico è poco solubile nell'acqua anche bollente, da
cui si separa per raffreddamento in squamette o pagliette senza colore ; si
scioglie poco nel benzolo bollente, più facilmente nell'etere acetico, notevol-
mente nell'etere e nell'alcool, nell'etere petrolico è quasi insolubile.
« 77 sale argeutieo [C9 Htì Ag N02] si ottiene in forma d'un precipitato
bianco, trattando la soluzione neutra dell'acido nell'ammoniaca diluita con
nitrato argentico. Il sale seccato nel vuoto sull'acido solforico dette all'ana-
lisi i seguenti numeri :
0,3066 gr. di materia lasciarono un residuo di 0,1244 gr. d'argento.
— 753 —
«In 100 parti:
trovato calcolato per C9 H6 Ag N02
Ag 40,57 40,30
* L'acido /^-indolcarbonico è notevolmente meno stabile del suo isomero;
scaldato lentamente sublima senza fondere in aghetti senza colore, ma ri-
scaldato bruscamente, fonde con sviluppo di gaz (anidride carbonica) in un
liquido senza colore, che non si scioglie nell'ammoniaca, che dà un picrato
cristallizzato in aghetti rossi e che non può essere perciò altro che indolo.
Bollendo la soluzione acquosa dell'acido si avverte subito l'odore d'indolo,
ed i vapori arrossano intensamente un fuscello bagnato con acido cloridrico.
La soluzione ammoniacale non si scompone però più facilmente di quella
acquosa.
« L'acido /J-indolcarbonico non dà in soluzione eterea un picrato poco
solubile, con isatina ed acido solforico dà una colorazione violetto-brunastra.
« La sua soluzione acquosa satura a freddo dà:
« Con cloruro ferrico, una colorazione rosso-bruna;
« Con acetato piombico non dà un precipitato.
« La sua soluzione ammoniacale acquosa:
« Dà con acetato di rame un precipitato verde-chiaro, solubile nel-
l'eccesso del reattivo;
« Con cloruro ferrico un precipitato rosso-bruno;
« Con acetato piombico un precipitato bianco solubile nell'eccesso.
« Le soluzioni di etere acetico e petrolico rimaste indietro nella prima
purificazione dell'acido ora descritto, contengono, oltre a questo, anche l'acido
a-indolcarbonico, che si forma nella reazione assieme all'acido /Mndolcarbo-
nico. Svaporando questi liquidi, si ottiene un residuo di intenso odore indo-
lieo, che venne sciolto in carbonato sodico e la soluzione estratta con etere.
Questo elimina una materia oleosa di odore fecale, che arrossa vivamente
un fuscello bagnato d'acido cloridrico, e dà un picrato cristallizzato in aghi
rossi. Sarà stato certamente indolo sebbene la quantità troppo piccola non
abbia permesso di identificarlo mediante il punto di fusione. La soluzione
alcalina, acidificata con acido solforico ed agitata con etere, cede a questo
una materia solida, che venne sciolta nell'etere acetico e trattata come sopra,
con nero animale ed etere petrolico ; si ottenne un lieve precipitato rossastro,
ma la maggior parte del prodotto rimase disciolta e scacciando il solvente
si ottenne un residuo cristallino, che non poteva essere acido /3-indolcarbonico,
perchè precipitava in soluzione acquosa coll'acetato piombico. La sostanza
così ottenuta venne sciolta nell'acqua bollente, in cui non si scioglie com-
pletamente; resta indietro un residuo oleoso volatile col vapor acqueo, ma in
quantità sì piccola da non poter essere studiato ulteriormente. La soluzione
acquosa, bollita con nero animale, dà per raffreddamento una sostanza, che
venne purificata facendola cristallizzare più volte dall'acqua e che fu tosto
— 754 —
riconosciuta per acido a-indolcarbonico, al suo punto di fusione ad alle altre
sue proprietà.
« Si può dire perciò, che nella ossidazione dello scatolo con la potassa
fondente si forma oltre all'acido /?-indolcarbonico anche l'indolo e special-
mente l'acido «-indolcarbonico. La formazione di quest'ultimo è dovuta cer-
tamente alla poca stabilità dell'acido /?-indolcarbonico.
n Crediamo utile di comparare, in fine di questa Nota, le principali pro-
prietà dei due acidi indolcarbonici per farne risaltare le differenze di com-
portamento.
Acido «-indolcarbonico
Acido ^-indolcarbonico
Punto di fusione
Fonde a 203-204° in un li-
quido piallo, con lieve svi-
luppo di C02.
Si scompone intorno a 214°
in CO» e indolo.
Con acido picrico
Dà in soluzione alcoolica o
eterea concentrate un pi-
Crato cristallizzato in aghi
gialli.
Non dà nelle stesse condi-
zioni un picrato.
Con acetato piombico
Dà in soluzione acquosa un
precipitato bianco.
La seduzione acquosa satura
a freddo non precipita.
Con acetato rainico
La soluzione acquosa del sale
ammonico dà un precipitato
verde mela.
La soluzione acquosa del sale
ammonico dà un precipi-
tato verde cbiaro, solubile
nell'eccesso del reattivo.
L'acido si separa dalla sua so-
luzione nell'acqua bollenti-,
in cui è notevolmente solu-
bile, in aghi più o meno
lunghi.
L'acido precipita dalla sua
soluzione nell'acqua bol-
lente, in cui è poco solu-
bile, in pagliette madre-
perlacee.
« Riassumendo i risultati contenuti in queste due Note si deve conchiu-
dere, che l'analogia di comportamento fra il pirrolo e l'indolo è, per quanto
risguarda le reazioni descritte, assai manifesta. Alle osservazioni in proposito
già esposte più avanti aggiungeremo per ultimo ancora la seguente : che tanto
nell' indolo, che nei due c-metilindoli gli acidi carbossilici, che contengono il
carbossile nella posizione «, sono più stabili di quelli che lo contengono nella
posizione §\ questo fatto risulta tanto dalla comparazione degli acidi «-me-,
til-^-indolcarbonico e /S-metil-a-indolcarbonico, quanto da quella dei due
acidi «- e /?-indolcarboiiici, e concorda in genere coi caratteri degli altri de-
rivati tetrolici di analoga costituzione » .
— 755 —
Chimica. — Studi sui pirroli terziari. Nota I. di Giovanni
De Varda 0) presentata dal Socio Paterno.
« Allo scopo di studiare il comportamento chimico del pirrolo, quando
l'idrogeno imminico non è più libero, ma è sostituito da un radicale alcoo-
lico, ho intrapreso una serie d'esperienze, di cui pubblico ora una prima parte.
« Il punto di partenza è stato l'n-metilpirrolo e più specialmente il suo
derivato acetilico, scoperto alcuni anni fa da Ciamician e Dennstedt.
« Il primo compito era quello di studiare i prodotti d'ossidazione del-
l'n-metil-c-acetilpirrolo e di compararli con quelli ottenuti dall' «-acetilpirrolo
e di stabilire poi la posizione dell' acetile, onde vedere se anche nei pirroli
terziari la sostituzione avviene di preferenza nella posizione a.
I. Ossidazione deH'n-metil-c-acetilpirrolo.
L'ossidazione dell' n-rnetil-c-acetilpirrolo venne fatta con permanganato
potassico, seguendo le norme con cui è stato preparato l'acido pirrilgliossilico (2).
* Presi gr. 5. del suaccennato composto pirrolico, gr. 500 d'acqua ed una
piccola quantità d'idrato potassico; riscaldato il tutto leggermente aggiunsi
a poco a poco una soluzione calda di gr. 15,50 di permanganato potassico
(un po' meno del calcolato per avere l'acido metilpirrilgliossilico) in gr. 500
d'acqua. L'ossidazione avviene prontamente e per compierla mantenni il tutto
per qualche tempo in ebollizione; distillai indi in una corrente di vapor
acqueo, ed il liquido così liberato dalla piccola parte del rnetilacetilpirrolo
non ossidata, venne filtrato e concentrato a b. m.. La soluzione alcalina co-
lorata in giallo, venne acidificata con acido solforico diluito, ed estratto su-
bito con etere il nuovo , acido, che però non è molto solubile in questo sol-
vente. La soluzione eterea lascia indietro per svaporamento una massa cri-
stallina colorata in giallo, che venne purificata facendola cristallizzare più
volte dal benzolo bollente, scolorando in principio con nero animale.
« Il rendimento di prodotto greggio ascende a 50 % del rnetilacetilpir-
rolo impiegato.
« Il nuovo acido si presenta in cristalli aghiformi, d'un color giallo pa-
glierino, che fondono fra 141° e 142. 5° in un liquido nero e non conten-
gono acqua di cristallizzazione. Sono poco solubili nell' acqua, nel benzolo,
meno nell'etere, si sciolgono facilmente nel carbonato di potassio con sviluppo
d'acido carbonico ; riscaldati in un tubetto si scompongono emettendo in sul
principio vapori d'n-metilpirrolo, poi un odore marcatissimo di mandorle amare.
(*) Lavoro eseguito nell'Istituto Chimico di Padova.
(2) Ciamician e Dennstedt, Gazz. XIII, pag. 455.
— 756 —
« I risultati dell'analisi dimostrano, che il nuovo composto è l'acido
n-metilpirrilgliossilico della forinola C4 H3 (CO. CO OH) N C H3 .
gr. 0,2542 dettero gr. 0,5130 di C02 e gr. 0,1059 di H2 0
« In 100 parti:
trovato calcolato per C? H7 03 N
C 55, 04 54, 90
H 4, 63 4, 57
« Il sale argentico (C, H6 03 N Ag) si ottiene trattando una soluzione
acquosa dell'acido, neutralizzata con ammoniaca, con una soluzione acquosa
concentrata di nitrato d'argento in piccolissimo eccesso.
« Il precipitato seccato nel vuoto sopra l'acido solforico, dette all'analisi
i seguenti risultati:
gr. 0,3535 dettero gr. 0,1460 di Ag.
«In 100 parti :
trovato calcolato per C7 H« 0$ N Ag
A^ 41, 30 41, 46
« Ho tentato d'ottenere dall'acido or descritto Y aldeide n-metilcarbo-
pirrolica per eliminazione d'acido carbonico. È noto che in questo modo si può
ottenere l'aldeide tiofenica dall'acido tienilgliossilico, e la stabilità dell'acido
n-metilpirrilgliossilico, maggiore di quella dell'acido pirrilgliossilico, faceva
sperare che la reazione avvenisse nel modo desiderato. Però abbenchè di-
stillando l'acido in questione si formino, assieme al metilpirrolo, piccole quan-
tità d'una materia d'odore aldeidico, che potrebbe essere il composto cer-
cato, pure la scomposizione non avviene in modo da invitare ad ulteriori
esperienze in questo senso.
« Anche la distillazione dei sali dell' acido metilpirrilgliossilico non
dette risultati migliori.
« Tentai in fine d'ottenere dall'acido chetonico, da me preparato, l'acido
carbossilico corrispondente, ma l'acido n-metilpirrilgliossilico non dà per fu-
sione con potassa l'acido n-metilcarbopirrolico, come del resto non si può
ottenere l'acido carbopirrolico dal pirrilgliossilico.
« Per determinare la posizione dell' acetile o rispettivamente del residuo
gliossilico nell'n-metilacetilpirrolo e nell'acido n-metilpirrilgliossilico, ho se-
guito il metodo col quale Ciamician e Silber (') hanno determinato la posi-
zione dei radicali in vari derivati del pirrolo. Nel mio caso se il radicale si
trova in posizione a si deve ottenere dai composti bromurati, per ossidazione
con acido nitrico, Timide metilbibromomaleica.
« Per accertarmi che anche i pirroli terziari bromurati si comportano
in questa reazione in modo analogo ai composti corrispondenti del pirrolo,
io ho, prima di tutto, tentato di trasformare il tetrabromometilpirrolo in
(') Gazz. china. 17, 262, 269.
— 757 —
metilmiide bibroniomaleica, per azione dell'acido nitrico fumante. La rea-
zione avviene realmente in modo del tatto comparabile alla trasformazione del
tetrabromopirrolo in bibromomaleinimide, e nel seguente capitolo dò la de-
scrizione delle rispettive esperienze.
IL Trasformazione del tetrabromo-n-metilpirrolo
in bibromometilmaleinimide.
« Il tetrabromopirrolo preparato da Hepp (1), dà facilmente il derivato
metilico, trattando la sua soluzione nell'alcool metilico con la quantità ne-
cessaria di potassa e joduro di metile. La reazione si compie già a tempe-
ratura ordinaria abbandonando il miscuglio per 12 ore in un vaso chiuso.
Si formano lunghi cristalli, aghiformi, bruno-scuri, che separati per decanta-
zione dal liquido alcalino, vennero ripresi con acqua e raccolti sopra un filtro.
Il composto ottenuto venne fatto cristallizzare dall'etere petrolico bollente,
aggiungendo nero animale.
« Per raffreddamento si separano lunghi aghi senza colore, che fondono
a 154°-155° in un liquido azzurro intenso.
« All'analisi dettero numeri, che corrispondono a quelli richiesti dal-
Yn-metiltetrabromoinrrolo C4 Br4 N (CH3).
gr. 0,2856 dettero gr. 0,5390 di Ag Br
« In 100 parti:
trovato calcolato per Cs H3 Br4 N
Br 80,31 80,55
« Il tetrabromometilpirrolo è insolubile nell'acqua, molto solubile nel-
l'alcool e poco nell'etere petrolico anche bollente.
» La trasformazione del tetrabromometilpirrolo in bibromometilmaleini-
mide si compie facilmente per azione dell'acido nitrico fumante.
« A tre parti d'acido nitrico fumante, raffreddato con neve, aggiunsi a
poco a poco una parte di metiltetrabromopirrolo ; la reazione è viva ed il
composto bromurato si scioglie prontamente nell'acido. Versando la soluzione
nitrica in circa dieci volte il suo peso d'acqua, si forma un precipitato bianco
e cristallino, che viene filtrato e cristallizzato più volte dall'acqua bollente.
Per raffreddamento si separano lunghi aghi leggermente colorati in giallo,
che fondono a 121°. Il rendimento ascende a circa un quarto del metiltetra-
bromopirrolo impiegato.
« Il composto così ottenuto è
la bibromometilmaleinimide C4 Br2 02 N (CH3)
come lo dimostra la seguente analisi:
I. gr. 0,3748 dettero gr. 0,3072 di C02 e gr. 0,0460 di H2 0
II. gr. 0,2329 » gr. 0,3245 di Ag Br.
0) Kalle u. C° Beri. Ber. 20, 123 P.
758 —
« In 100 parti :
trovato calcolato per C6 H3 Oj Br2 N
I. II.
C 22,35 — 22,34
H 1,36 — 1,11
Br — 59.29 59,40
a È poco solubile nell'acqua ed abbastanza solubile nell'etere; è vola-
tile col vapore acqueo ed i suoi vapori hanno un odore piccantissimo e sono
molto irritanti. Con l'acido solforico concentrato a freddo non si altera, a
caldo si scioglie assumendo prima un color violetto spurio e poi giallo ; per
addizione d'acqua si separano dei cristalli biancastri.
« Ottenuta nel modo anzidetto la bibromometilmaleinimide. ho tentato,
seguendo il metodo di Ciamician e Silber, di trasformare in questa sostanza
l'acido n-metilpirrilgliossilico dopo averlo bromurato.
u Dico subito che quest'acido per azione del bromo anche in eccesso,
tanto in soluzione acquosa, che acetica, non mi ha dato fin' ora il composto
completamente bromurato, ma bensì l'acido n-metilbibromopirrilgliossilico.
Questo fatto è interessante, perchè ordinariamente i derivati del pirrolo ten-
dono a dare con gli alogeni i derivati completamente sostituiti.
* li' acido ìi-metilbibromopirrilgliossilico C4 Br2 H (CO . CO OH) NCH3
si ottiene o trattando con vapori di bromo la soluzione acquosa dell'acido
n-metilpirrilgliossilico, oppure, meglio ancora, facendo agire il bromo sulla
sua soluzione acetica.
« Ad una soluzione fatta a caldo del composto in dodici parti d'acido
acetico glaciale, venne aggiunta la quantità di bromo corrispondente a tre
molecole per una di acido, nelle proporzioni dunque per ottenere un com-
posto tribromurato. Il bromo viene assorbito in parte dalla soluzione, con
sviluppo di calore e svolgimento di acido bromidrico, e dopo poco tempo in-
comincia a separarsi un composto bianco e cristallino. Tutto il prodotto venne
trattato con acqua ed anidride solforosa per eliminare il bromo rimasto in
eccesso. Si forma in questo modo un precipitato cristallino, che viene filtrato
e seccato nel vuoto sull'acido solforico.
« Il nuovo acido, che è bianco appena separato dall'acqua, prende dopo
qualche tempo un color giallo, che non perde anche dopo una serie di cri-
stallizzazioni dal benzolo. Da questo solvente si separa in forma di cristal-
lini gialli, che fondano costantemente a 160°, decomponendosi in una massa
nera e voluminosa.
« L'analisi dette numeri che concordano abbastanza bene con quelli ri-
chiesti dalla forinola C4 Br2 H (CO. CO OH) N C H3.
gr. 0,2010 dettero gr. 0,2448 di Ag Br.
a In 100 parti:
759 —
Br
trovato
51,82
calcolato per
C7 H, Br2 N03 e C7 H4 Br3 N03
51,37 61,46
« I numeri, come si vede, non lasciano alcun dubbio sulla composi-
zione della sostanza fusibile a 160°, abbenchè il leggiero eccesso di bromo
trovato, accenni forse alla presenza di piccole traccie di un composto più
bromurato.
« L'acido n-metilbibromopirrilgliossilico è poco solubile nell' acqua ed
abbastanza solubile nel benzolo e nell'etere. Con gli alcali concentrati si
trasforma subito in una materia bianca, che è solubile nell'acqua. È pro-
babile perciò che i sali alcalini di quest'acido sieno poco solubili nelle so-
luzioni concentrate degli idrati e dei carbonati alcalini.
« L'acido n-metilbibromopirrilgliossilico si scioglie abbastanza difficil-
mente nell'acido nitrico fumante raffreddato a — 10°. Se si tratta con acqua
la soluzione nitrica fatta a freddo, si ottiene assieme ad una materia oleosa,
che è probabilmente un nitro-composto, una sostanza cristallina estraibile
con etere. A temperatura ordinaria non si ottiene coll'acido nitrico, che que-
st'ultima sostanza.
« Probabilmente questo composto cristallino è la metilimide bibromo-
maleica, sebbene la quantità, che ho ottenuta fin' ora, non m'abbia permesso
di constatarne col rigore necessario l'identità.
« Se il composto in questione è realmente, come io lo credo, la metil-
bibromomaleinimide , l'acido n-metilbibromopirrilgliossilico non può avere
altra costituzione che la seguente :
CBr
CH
CBr
C. CO. COOH
N.CH3
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem.
!■!!
— 760 —
Fisiologia. — Ulteriori ricerche istologiche sul cervello fetale.
Nota del dott. G. Magini, presentata dal Socio Moriggia.
« In altra Nota (') ho descritto il risultato di alcuni studi intorno alla
istogenesi cerebrale di vari mammiferi, risultato che credo qui opportuno
riassumere brevemente :
* 1° Le cellule nervose, le cellule di nevroglia e le fibre nervose del
cervello fetale (di uomo, di cane, vitello, coniglio, cavia) presentano delle
varicosità singolari, che non si riscontrano nel cervello adulto.
« 2° La forma predominante delle cellule nervose nel feto non è affatto
quella che d'ordinario si rinviene nell'adulto, ma è assai analoga alla forma
che hanno le piccole cellule nervose della fascia dentata del pie' d'Ippocampo
nell'adulto.
u Non avendo nel precedente lavoro potuto decifrare il significato di
queste varicosità, le quali, per certi dati che offrivano, m' inducevano a cre-
dere avessero qualche importanza sulla istogenesi del cervello, volli ricercare
in periodi fetali meno avanzati per rintracciare donde esse originassero e come,
e possibilmente quale ne fosse la natura.
« A tal uopo ho usato di preferenza la reazione nera del Golgi, sola, od
associata alla colorazione colla ematossilina di Ehrlich (2) ; ed ho assunto come
materiale di studio cervelli di feti vaccini della età di 3 a 4 mesi (me li
procurava viventi al mattatojo di Roma) che ancor caldi poneva nella miscela
osmio-bicromica.
« Ora dirò in breve delle particolarità istologiche, che mi fu dato rile-
vare, studiando le sezioni verticali degli emisferi, le quali comprendevano lo
spessore che corre dalla superficie libera del cervello alla cavità dei ventri-
coli laterali.
« 1° Le cellule epiteliali cilindriche, che rivestono la cavità dei ven-
tricoli, sono piuttosto sottili (<i 4 a 6 in generale), e si continuano, ciascuna
di esse, in un filamento sottilissimo, che a guisa di raggio si porta verso la
superficie del cervello, fin dove spesso ho potuto seguirlo dopo che ha attra-
versato tutto lo spessore (circa mill. 3) della sostanza midollare e corticale ;
in modo che nell'insieme tutti questi filamenti danno l'aspetto di una elegante
(!) G. Magini, Nevroglia e cellule nervose cerebrali nei feti. Atti del XII Congresso
medico. Pavia, 1888 (con una tavola).
(2) Acqua 100c°-
Alcool assoluto 100co>
Glicerina 100cc-
Acido acetico cristall 10cc"
Ematossilina 2 grammi.
Allume in eccesso. Esponi lungo tempo alla luce.
— 761 —
f
raggiera. I filamenti misurano in genere da 1 ameno di un micromillimetro, e sono
leggermente più grossi nel tratto di continuazione colle cellule epitebiali.
Finora non mi venne fatto di vedere diramazioni laterali nei filamenti, tranne
in qualcheduno verso l'alto della corteccia. Mi riserbo però, anche a questo
scopo, di fare tagli in diverse direzioni.
« 2° La maggior parte di tali filamenti presenta lungo il decorso ricchezza
di rigonfiamenti o varicosità sferoidali (a distanze talora regolari, talora variabili)
di varia grossezza e precisamente le più grosse varicosità che misurano 9-12 fi
in generale, si trovano presso le cellule epiteliali, mentre le meno grosse che mi-
surano 6-8 fi per lo più sono intercalate lungo il tratto dei filamenti che comprende
la sostanza corticale ; e finalmente la porzione dei filamenti che decorre nella
sostanza midollare offre assai rare varicosità e anche qui, anzi più che al-
trove, in molti tratti i filamenti si offrono come fatti da serie lineari di pic-
colissime granulazioni : questa limitata ttrità di rigonfiamenti parrebbe im-
portante nel senso di non doverli riferire a semplici varicosità.
« Oltre i filamenti ricchi di varicosità se ne trovano altri, non arri-
vanti fino all'epitelio, con poche, ed altri pure che decorrono senza (*)•
« 3° In vicinanza dell'estremo limite superiore della sostanza grigia
si osserva qualche rarissima cellula nervosa abbozzata, cioè con pochi e corti
prolungamenti rivolti principalmente verso la superficie esterna del cervello.
Si trova ivi pure qualche cellula nervosa gemella.
« Finora non sono riuscito a trovare rapporti terminali dei filamenti colle
cellule nervose ora dette. La complicata disposizione dei vari elementi isto-
logici però sfida qualunque descrizione, e per farsene una giusta idea è meglio
ricorrere alla fig. 1.
« 4° Dopo aver tentato inutilmente la successiva colorazione delle se-
zioni (già tinte in nero dal nitrato d'argento) con vari liquidi coloranti, trovai
finalmente nella ematossilina di Ehrlich quel che mi occorreva per dilucidare
la natura di molte varicosità. Infatti questa ematossilina modifica in alcuni
luoghi il prodotto della reazione nera di Golgi in modo, che per questo mezzo
ho potuto constatare nelle varicosità la presenza del nucleo, colorantesi in
violetto, e circondato da una minima quantità di protoplasma ; per cui molte
varicosità rimangono constatate quali cellule (Vedi fig. 2). Le cellule
così colorate dalla ematossilina sono in numero sterminato, specialmente nella
corteccia, e presso l'epitelio ependimale, mentre sono rare nella sostanza
midollare e nella zona superficiale di sostanza bianca (Vedi fig. 1 B).
Non tutte le cellule colpite dalla ematossilina si trovano in continuazione
coi filamenti come si osserva nella fig, 2 ; ma v'ha di queste cellule che stanno
di fianco, o sopra, o sotto ai filamenti senza che vi abbiano apparentemente
(!) Vedi fig. 1 f. Dove ne ho rappresentato un certo numero insieme, ma in realtà
si trovano qua e colà irregolarmente sparsi.
— 762 —
alcun rapporto. Il che potrebbe anche dipendere dall' aver reso invisibili con
i due reattivi molti filamenti, o che alcune di quelle cellule con questi non
abbiano rapporto.
« Prima di concludere non mi sembra fuor di proposito ricordare quanto
finora si conosce di più preciso intorno alla istogenesi cerebrale, in seguito ai
lavori di Kolliker sul coniglio (') per poter tare un confronto coi risultati
delle mie ricerche. Secondo Kolliker la parete del cervello consiste origina-
riamente in cellule omogenee, allungate, e disposte radialmente ; in seguito
questa parete si divide in due strati, l'esterno dei quali contiene l'abbozzo
della sostanza grigia. La sostanza bianca consiste originariamente in fibrille
delle più delicate e piccole. Per ciò Romiti (2) dice doversi ammettere che
la sostanza bianca in origine non consiste che in prolungamenti di cellule
nervose.
« Ora faccio osservare che tale ipotesi diventa tesi se si rifletta a quanto
ho potuto rilevare per mezzo della doppia colorazione fatta col metodo ar-
genteo di Golgi prima, e coll'ematossilina di Ehrlich dopo. Infatti i filamenti
che traversano e concorrono a costituire la sostanza midollare (almeno molti
se non tutti) essendo in connessione con le cellule sferiche, che abbiamo detto
essere in numero stragrande nella sostauza corticale, parrebbero dover essere
piuttosto fibre nervose.
« Conclusione. Il significato di molte varicosità rimane sufficientemente
spiegato da quanto ho esposto; cioè molte di esse sono cellule sferiche le
quali da un lato sono connesse colle cellule epiteliali dell'ependima, e più
in alto reciprocamente tra di loro per mezzo di sottilissimi filamenti radiali
di cui si disse, lungo i quali sembrano infilate come gli acini di ima corona
da rosario.
« La connessione dei filamenti radiali, colle cellule epiteliali dei ventri-
coli ricorda in qualche modo la disposizione di varie cellule nevroepiteliali
degli organi sensoriali, tanto che si sarebbe invitati a supporre che l'epitelio
ependimale dei ventricoli cerebrali possa rappresentare un organo sensoriale
interno.
« Finalmente si potrebbe credere, che quelle cellule sferiche (varicosità).
probabilmente rappresentanti le future cellule nervose della corteccia cerebrale,
si originassero da successive scissioni delle cellule epiteliali dell'ependima; o
in altri termini potrebbero per avventura le cellule epiteliali ependimali essere
la matrice d'origine di cellule nervose e quindi anche di fibre nervose ce-
rebrali ?
(!) Romiti, Lezioni di embriogenià umana e comparata dei vertebrati. Parte II. Svi-
luppo del sistema nervoso. Siena 1882, pag. 69.
(2) Romiti, loco citato.
— 763 —
Fig. 1.
Fiff. 2.
SPIEGAZIONE DELLE FIGUKE
Fig. 1. X 250 circa. E. Cellule epiteliali cilindriche dei ventricoli laterali del cervello
di feto vaccino al 4° mese
V. Varicosità (cellule sferiche) inserite sui filamenti continuantisi colle cellule
epiteliali.
M. Sostanza midollare con filamenti radiali, e scarse varicosità (cellule sferiche).
G. Sostanza corticale ricca di filamenti radiali, e di cellule sferiche. C Cellula
nervosa abbozzata. Cg. Cellula nervosa gemella, in cui la scissione non si e ancora
completata.
B. Zona superficiale di sostanza bianca con scarsissimi filamenti e rarissime cel-
lule, sferiche, fusiformi, triangolari.
Fig. 2. X 600 circa. S. Tre cellule sferiche della corticale, con grosso nucleo n,n',n"
e una traccia di protoplasma all'intorno, inserite sopra un filamento. (Colorazione Golgi,
e poi ematossilina Ehrlich).
764 —
MEMORIE
DA SOTTOPORSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
G. La Valle. Sul Diopside della « Borne de' Broics » presso Ala.
Presentata dal Socio Struver.
G. Mingazzini. Sulla fina struttura della Substantia nigra Som-
meringii. Presentata dal Socio Todaro.
RELAZIONI DI COMMISSIONI
Il Socio Struver, a nome anche del Socio Blaserna, legge una Re-
lazione colla quale approvasi l'inserzione negli Atti accademici, della Me-
moria dell' ing. Gr. La Valle intitolata: Sul Diopside della « Borne de'Brous»
presso Ala.
Il Segretario Blaserna, a nome dei Soci Tommasi-Crudeli, relatore,
e Cantoni, legge una Relazione sulla Memoria dei dottori E. Bonardi e
G. G. Gerosa, intitolata: Nuove ricerche intorno all'azione di alcune
condizioni fisiche sulla vita dei microrganismi, concludendo per l'inserzione
del lavoro negli Atti accademici.
Le conclusioni delle Commissioni esaminatrici, messe partitamente ai
voti dal Presidente, sono approvate dalla Classe, salvo le consuete riserve.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Blaserna presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna-
lando le seguenti inviate da Soci.
T. Taramelli. Relazione alla Sottocommissione geodinamica sulla di-
stribuzione delle aree sismiche nell'Italia superiore e media.
A. De Zigno. Nuove aggiunte all' ittiofauna dell'epoca eocena.
N. von Kokscharow. Materialien sur Mineralogie Russlands. Zehnter
Band.
Lo stesso Segretario presenta il Voi. XII delle Osservazioni astrono-
miche eseguite all'Osservatorio di Pulkova e pubblicate dal Socio 0. Struve,
contenente la Memoria del sig. A. Wagner: Bearbeitung der Rectascen-
sionsbestimmungen fiir die Epoche 1865. 0; presenta inoltre la pubblicazione
— 765 —
di J. De Guerne: Excursions soologiques dans les lles de Fayal et de
San Miguel (Agores), inviata in dono all'Accademia a nome di S. A. R.
il Principe di Monaco.
CORRISPONDENZA '
11 Segretario Blaserna dà comunicazione della corrispondenza relativa
al cambio degli Atti.
Ringraziano per le pubblicazioni ricevute:
La Società siciliana di storia patria di Palermo ; il Museo britannico e
la Società Reale di Londra; l'Accademia delle scienze di Zagabria; la So-
cietà geologica e di storia naturale di Ottawa ; la Società filosofica di Cam-
bridge; le Società archeologiche di Londra e di Filadelfia; l'Istituto Smithso-
niano di Washington; l'Istituto meteorologico rumeno di Bucarest ; il Museo
di zoologia comparata di Cambridge Mass.; l'Osservatorio di Pulkowa; l'Uni-
versità di Oxford; il Comitato geologico russo di Pietroburgo.
Ringrazia ed annuncia l'invio delle proprie pubblicazioni:
La Società di scienze naturali di Francoforte s. M.
PERSONALE ACCADEMICO
Nell'adunanza generale del giorno 26 maggio 1888, si procedette alla
elezione del Presidente, del Vice-presidente, dell'Amministratore e dell'Am-
ministratore aggiunto, scaduti dalla loro carica a termini dell'art. 5 dello Sta-
tuto accademico.
Lo spoglio delle singole votazioni, eseguito dai Soci Moriggia e Tom-
masini, dette i risultati seguenti:
Il Socio Brioschi venne eletto Presidente con 43 voti su 44 votanti
(conferma).
Il Socio Fiorelli venne eletto Vice-presidente con 37 voti su 45 vo-
tanti (id.)
Il Socio Barilari venne eletto Amministratore con 44 voti su 45 vo-
tanti (id.).
Il Corrispondente Cerruti venne eletto Amministratore aggiunto con
45 voti su 46 votanti (id.).
P. 13.
— 767
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Classe di scienze morali, storiche e filologiche.
Seduta del 17 giugno 1888.
G. Fiorelli Vice-Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Archeologia. — Il Socio Fiorelli presenta il fascicolo delle
Notizie per lo scorso mese di maggio , e lo accompagna con la Nota
che segue :
« Nuovi avanzi di antiche vie romane si discoprirono in Milano (Re-
gione XI), dopo quelli dei quali si disse nelle comunicazioni precedenti
(Notule 1888, p. 128); e resti di antiche fabbriche pure tornarono all'aperto
in quella città nei lavori per le nuove costruzioni in via Giulini.
« Nel comune di Castelletto Ticino, nelle contrade Cascine Bagor e
Motto della Forca, si esplorarono tombe con olle cinerarie, simili a quelle
della vicina Golasecca, la cui necropoli si estendeva ampiamente.
« Nel territorio di Ghemme fu scoperto un cippo con iscrizione latina
votiva; in Fontanetto Po un ripostiglio di monete imperiali del III secolo
dell'era nostra ; ed in Torino altre tombe del sepolcreto romano nel nuovo
quartiere di via Foggia, al di là della Dora.
« Nuove indagini per riconoscere i limiti della necropoli felsinea si
fecero fuori porta s. Isaia (Regione Vili) in Bologna ; e furono ritrovate alcune
epigrafi latine in Montefalco nell'Umbria (Regione VI), iscrizioni già edite
sulla fede di antichi apografi.
« Molte iscrizioni marmoree, per lo più frammentate, restituirono gli
Eendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 100
— 768 —
scavi del suolo di Roma (Regione I); ma sono tutte funebri, e comuni, eccettuate
due onorarie, poste da prefetti della città, tra il secolo IV e V dell'era volgare.
« Merita speciale riguardo un'iscrizione mutila relativa al corpus pisca-
torum urinatorum, cioè alla associazione dei palombari del Tevere, intorno
al quale collegio si hanno scarse notizie. Il nuovo frammento estratto dall'alveo
del fiume presso i bagni di Donna Olimpia, ha dato materia ad una Nota del
eh. dott. Hulsen, che col sussidio di altri titoli, ne ha restituito il testo.
* Si recuperarono pure numerosi fittili iscritti, e sculture ; tra le quali
è degna di essere ricordata la statuetta di un Amore dormiente, scoperta nella
nuova via Cavour sotto la chiesa di s. Francesco di Paola.
« Ma di straordinario pregio artistico, anche per la finitezza della esecu-
zione, è un'Erma bicipite di bronzo, ripescata nell'alveo del Tevere, presso
la sponda di Marmorata. Rappresenta Bacco giovine, coronato di edera.
« Fu esplorata gran parte di una Terma di villa rustica nei pressi di Men-
tana, e vi si notò che, pei restauri fatti all'edificio nei tempi bassi dell'impero,
si adoperarono materiali tolti dai monumenti della prossima via Nomentana.
« Un'epigrafe arcaica assai deperita fu scoperta presso l'abbadia di Val-
visciola sotto Sermoneta.
« In Santa Maria di Capua Vetere si disotterrarono tombe romane
nell' ex-convento di s. Pasquale; ed in Sorrento fu rimessa in luce una statua
atletica di buona arte, portante inciso il nome dell'artefice greco 'À<pQoài0€Ì>g,
dal quale fu scolpita.
« Un ripostiglio di armi di bronzo fu trovato in contrada Castellane nel
comune di Ripatransone nel Piceno (Regione V). Sono tutti grandi pugnali
a lama triangolare, quali si rinvennero in Castione dei Marchesi nella pro-
vincia di Roma, ed in Camposacro presso Loreto Aprutino nella provincia di
Teramo. Un saggio di tali armi, rappresentante i loro vari tipi, fu aggiunto
alle collezioni del Museo preistorico di Roma, per generosità del sig. mar-
chese Bruti.
* Di somma importanza è un frammento epigrafico scoperto nell'abbadia
di Farfa presso Fara di Sabina, di cui tratta una Nota del R. Commissario
comm. Gamunini. Dalla reintegrazione di tale frammento risulta, che l'impe-
ratore Commodo, vivo il padre, cioè tra gli anni 177-180, restaurò un tempio
che sorgeva nel luogo della celebre abbadia, e le cui fondamenta ora appa-
riscono per la prima volta.
« Varie tombe si scoprirono nel territorio dei Peligni a Prezza, a Sulmona
ed aRaiano, dal quale ultimo paese si ebbe pure un'iscrizione latina funeraria
arcaica.
« In Brindisi (Regione II) furono dissepolte due statue mutile, l'una
togata, l'altra con lorica, abbellita da rilievi rappresentanti una Gorgone ed
un trofeo. Furono donate ambedue alla raccolta pubblica cittadina.
« Il fascicolo che mi onoro di presentare contiene inoltre un'ampia rela-
zione del prof. A. Salinas, sopra un tesoro di cento ed una monete antiche
— 769 —
di argento, scoperto in Sicilia nella regione occidentale dell'isola ed acqui-
stato pel Museo nazionale di Palermo. 1 tipi rappresentati sono 1 di Atene,
2 di Reggio, 2 di Agrigento, 1 di Camerina, 3 di Catania, 1 di Erice, 7 di
Gela, 1 di Himera, 3 di Leontini, 11 di Messana, 4 di Motya, 1 di Segesta,
1 di Selinunte, 21 di Siracusa, 13 Punico-Siculi. Alla relazione del prof. Sa-
linas sono aggiunte tre tavole a fototipia, rappresentanti i pezzi più notevoli
di questo insigne travamento ; il quale, mentre ha arricchito la raccolta nu-
mismatica palermitana, ha fatto acquistare alla scienza nuovi e preziosi dati » .
Bibliografia. — Il Socio Ferri presenta l'opera del prof. R. Benzoni:
Dottrina dell'essere nel sistema Rosminiano, colle parole seguenti:
« Ho l'onore di presentare all'Accademia, da parte dell'autore prof. Ro-
berto Benzoni, che insegna filosofìa nel regio Liceo Galilei di Firenze, un libro
da essa giudicato e premiato nell'ultimo concorso ai premi ministeriali per
le scienze filosofiche e sociali.
« È intitolato: Dottrina dell'essere nel sistema Rosminiano — Genesi,
forme e discussione del sistema (Fano, Tipografia Sonciniana, 1 888). L'opera vo-
luminosa ha subito poche variazioni dopo il giudizio dell'Accademia e la rela-
zione che ne fece il nostro collega Bonatelli. Essa si divide in tre parti:
una introduzione, una esposizione ed una discussione e conclusione. Nella intro-
duzione l'autore discorre delle condizioni odierne della filosofia, sostenendo
le ragioni della metafisica contro coloro che la vogliono bandita dal numero
delle scienze filosofiche. Senonchè, trattando degli uffici e del fine di questa
sintesi suprema delle umane conoscenze, egli stabilisce le condizioni da cui
dipende il suo valore scientifico. Egli non la vuole nò fondata a priori sopra
idee astratte o sopra ipotesi poco o mal connesse coi fatti, e neppure am-
mette che sia un insieme di postulati derivanti dalle idee morali e dal sen-
timento che ne è la radice, e molto meno che si restringa ad un' opera d'arte
diretta a procurare allo spirito un alto godimento estetico.
« La metafisica aspira all'unità del sapere e per essa all'unità dell'es-
sere, elaborando gli ultimi risultamenti delle scienze circa i loro oggetti su-
premi, collegandoli ed armonizzandoli fra loro e colle leggi del pensiero, in
guisa che, sia per mezzo delle proprie analisi, sia mediante i pollati delle
discipline positive, essa si fonda sulla esperienza e sul reale. Quivi è il prin-
cipio della ricerca speculativa, e la meta, per quanto sia alta e per quanto
numerosi sieno i gradi intermedi, non può esserne separata.
« Da questa ampia introduzione abbiamo la prova che l'autore si è ac-
cinto alla esposizione e discussione del sistema rosminiano con uno studio
particolare della storia della filosofia e segnatamente delle dottrine, che hanno
più stretta relazione con esso. La speciale attenzione da lui data al metodo,
in questa parte del suo lavoro, si riscontra nella esposizione e nella discus-
sione del sistema, o piuttosto del principio, che è il soggetto di questo libro;
— 770 —
il quale per altro, benché ristretto, nel titolo e nello scopo principale, all'idea
metafisica dell'essere, abbraccia nondimeno tutte le parti più sostanziali del
sistema rosminiano e vi penetra talvolta profondamente collegandole col con-
cetto supremo, che ne è il centro.
« Questo lavoro del prof. Benzoni non si limita, come gli altri apparsi
finora in Italia sullo stesso argomento, sia ad esporre la dottrina del Rosmini
sull'Essere, ricavandola soltanto dal Nuovo Saggio sulla Origine delle Idee,
sia a discuterla, ripetendo le critiche dirette al filosofo roveretano dal Gio-
berti, dal Mamiani, dal Testa, dal Franchi, dal Bertini e dalla scuola dei
neo-tomisti. Tanto la esposizione quanto la discussione consacrate dal Benzoni
alle dottrine del Rosmini si distinguono ^per una compitezza di analisi e indi-
pendenza di giudizio, che certo non sono fra i minori pregi di questo volume.
« Mediante uno studio accurato e paziente l'autore ricerca in tutte le
opere del Rosmini le forinole variate nelle quali si presenta il supremo con-
cetto dell'Essere e le fasi successive, per le quali passò il suo pensiero spe-
culativo dal Nuovo Saggio, che si può riguardare come la prima forma della
sua dottrina, ai cinque volumi della Teosofia, che, pubblicati dopo la sua
morte, ne sono pure la ultima espressione.
« L'autore ha messo in chiaro il posto che nello svolgimento delle idee
speculative del Rosmini si deve assegnare alla sua Logica e al suo Saggio
storico-critico sulle categorie e la dialettica. Fondandosi sopra notizie biogra-
fiche e sopra considerazioni intrinseche e nessi di dottrina, l'autore, con acuto e
coscienzioso esame, ci mostra il processo ascensivo della mente di Rosmini
nei gradi di una speculazione sempre più ardita e indipendente, in guisa
che noi ne vediamo corrispondere il movimento alle tre forme da lui stesso
assegnate al pensiero filosofico nel suddetto Saggio storico-critico, e cioè al
pensiero comune, al pensiero dialettico e al pensiero trascendentale assoluto.
« Il Benzoni ci mostra il filosofo italiano, dapprima intento fin dalla
più giovane età a ideare un sistema, ossia un' idea dell' Essere uno e trino
in servigio della teologia: poi, scosso dalle polemiche poderose dei filosofi
suoi avversari intorno alla parte che concerne direttamente la natura della
verità e il valore della conoscenza, cedere in parte alle obbiezioni, modificare
con sincero amor del vero le sue forinole, mettere in pratica quello sforzo
di conciliare dialetticamente le opposte sentenze, che fu una delle norme
ed abitudini costanti del suo ingegno; e, crescendo di libertà e di ardire,
accostarsi nella logica al concetto Hegeliano dell'unità fondamentale dell'essere
e del pensiero; e finalmente nel Saggio storico-critico più volte mentovato,
cercare, nello studio profondo dei sistemi metafisici, le traccie delle forme im-
perfette del pensiero speculativo che precedono quella in cui la dialettica
conduce alla forma assoluta. Nel libro del Benzoni condotto con singolare ac-
curatezza di analisi possiamo conoscere il pensiero metafisico di Rosmini nella
sua realtà storica.
« Tanto dal lato psicologico o antropologico, quanto nell'ordine speculativo.
— 771 —
lo studio della mente di questo grande è profondamente istruttivo. Addetto, fin
dalla prima giovinezza, per tradizioni patrie e di famiglia, al cattolicismo ; le-
gato per vocazione e libera scelta, agli obblighi del sacerdozio, egli nondimeno si
affrancò talmente dalle pastoie del dogmatismo scolastico e dal servilismo della
lettera che uccide, si purificò talmente nello spirito che vivifica, da congiungere
pacificamente in sé il sentimento religioso e la sostanza della religione da lui
professata colle più ardimentose indagini e speculazioni della filosofia moderna.
« Il Benzoni nulla ha trascurato di ciò che può servire a far conoscere
questo altissimo ingegno.
« Il suo lavoro riempie una lacuna nella Storia della Filosofia Italiana » .
Storia. — Censimento della popolazione di Roma dal 1686
al 1715. Nota del Corrispondente Narducci.
« Il censimento della popolazione di Roma nel periodo dei 30 anni che
corsero dal 1686 al 1715 è complessivamente inedito, ed il più antico che si
abbia per una serie non interrotta di anni. Soltanto dal 1716 in poi, come
supplemento al Cracas, si pubblicarono a cura del governo pontificio degli
Annuari col titolo Notizie di Roma, poi cangiato in altri, contenenti lo stato
annuale delle anime, dall'una Pasqua all'altra, suddiviso in diverse categorie.
Da certo tempo inoltre venivano anche annualmente in luce dei fascicoli in
foglio contenenti il medesimo stato. Vero è che Francesco Cancellieri (') die
un elenco della popolazione, dei nati e dei morti in Roma dal 1702 al 1816;
nelle seguenti tabelle per altro si hanno indicati, per soprappiù, le famiglie,
i maschi e le femmine. Gli elementi per istendere la prima di queste ta-
belle furono tratti da una saltuaria collezione manoscritta ufficiale di stati
annuali, che va dal 1686 al 1695, proveniente dal Vicariato di Roma, ora
conservata nella biblioteca Angelica (2), e le cui lacune possono facilmente
essere supplite dai riassunti decennali che accompagnano gli stati di ciascun
anno (3). Fonte tanto più pregevole, se si consideri che nell'attuale archivio
del Vicariato, siccome vengo assicurato, non si hanno statistiche risalenti al
tempo di che ci occupiamo. A titolo di curiosità storica giovi conoscere che
questi più antichi stati erano divisi per parrocchie nelle seguenti categorie :
(!) Lettera al dott. Koreff sopra il Tarantismo, Varia di Roma, ecc. Roma, 1817, p. 74.
(2) Mss. 1944, 1945 e 1946.
(3) Avverto inoltre che^nella tabella seguente ho dovuto fare le seguenti modificazioni,
affinchè il numero dei maschi e delle femmine fosse d'accordo con quello della popolazione.
a. 1690 pop. 126641 corr. 129631
1693 130655 130255
1697 133894 133179
1698 133874 133471
1699 135089 135086
La necessaria modificazione di qualche entità, fatta all'a. 1690, resta pienamente
giustificata dal numero della popolazione degli anni 1689 e 1691.
772 —
Case e famiglie — Vescovi — Preti — Frati e religiosi — Monache —
Collegiali e scolari — Cortegiani de' SS.ri Cardinali et altri — Poveri
d'Ospedali — Carcerati — Maschi d'ogni età — Femine d'ogni età — Atti
alla comunione — Non atti — Comunicati — Non comunicati — Mere-
trici — Mori — Pinzoche o Beghine — Tutti insieme. I Nati ed i Morti
non appariscono che dal 1702 in poi. Trascurando le altre, mi sono attenuto
a quelle di tali categorie che sono le più importanti.
« A facilitare poi le deduzioni storiche e climatologiche che possono
Stato annuo della popolazione di Roma dal 1686 al 1715.
Anni
Popolazione
Famiglie
Maschi
Femmine
Nati
Morti
1686
1687
1688
1689
1690
1691
1692
1693
1694
1695
1696
1697
1698
1699
1700
1701
1702
1703
1704
1705
1706
1707
1708
1709
1710
1711
1712
1713
1714
1715
121183
123151
126117
126440
129631
131634
129284
130255
131192
130826
131603
133179
133471
135086
140447
141784
138568
134528
133625
132104
132176
133128
134562
134262
132070
132979
133829
132567
134050
1362S7
27121
26834
26337
25947
27623
28784
28743
29222
28858
30109
29898
28924
29606
29536
30782
32324
34442
34031
32166
30773
32025
31687
30879
31486
32702
36334
31384
31951
31194
31621
70529
50654
71681
51470
73891
52226
73849
52591
75847
53784
7777!»
53864
75770
53514
76938
53317
76865
54327
7<;:,i;:i
54263
77849
53754
78377
•M802
77266
56205
78371
56715
88929
60518
83751
58033
80473
58095
78278
56250
77111
56511
77011
55093
76491
55685
76992
56136
77469
57093
78993
55269
76102
55968
77150
55829
77580
56249
76195
56372
77081
56969
78612
57675
3662
4317
3402
3779
4506
4248
3530
4396
4309
4252
4187
4029
4080
4056
2947
3725
3085
3026
4176
3584
4812
6463
6533
5127
4855
4772
4777
4605
— 773 —
trarsi dalla prima delle seguenti tabelle, mi è parso utile di costruire la
seconda, dalla quale emergono a colpo d'occhio le differenze in più o in meno
per ciascuna categoria rispetto all'anno precedente. Il notevole aumento del-
l'anno 1700 è da attribuire alla solennità dell'anno santo, aperto da Inno-
cenzo XII e chiuso da Clemente XI, quando i soli forastieri alloggiati negli
ospedali ascesero a 328,390 (*); onde non è maraviglia che parecchi fermassero
in Eoma più o meno lunga dimora.
Proporzione di ciascun anno rispetto al precedente.
Anni
Popola
rione
Famiglie
Maschi
Femmine
Nati
Morti
1686
_
—
1687
+
1968
— 287
+
1152
+ 816
1688
+
2966
— 497
+
2210
+ 756
1689
+
323
— 390
—
42
+ 365
1690
+
3191
+ 1676
+
1998
+ 1193
1691
+
2003
+ 1161
+
1923
+ 80
1692
—
2350
— 41
—
2000
— 350
1693
+
971
+ 479
+
1168
— 197
1694
+
937
— 364
—
73
+ 1010
1695
—
366
+ 1251
—
302
- 64
1696
+
777
_ 211
+
1286
— 509
1697
+
1576
— 974
+
528
+ 1048
1698
+
292
+ 682
—
1111
+ 1403
1699
+
1615
— 70
+
1105
+ 510
1700
+
14361
+ 1246
+
10558
+ 3803
1701
—
7663
+ 1542
—
5178
— 2485
1702
—
3216
+ 2118
_
3278
+ 62
1703
—
4040
— 411
_
2195
— 1845
+ 655
+ 778
1704
—
903
— 1865
—
1164
+ 261
— 915
— 640
1705
—
1521
— 1393
—
103
— 1418
+ 377
— 599
1706
+
72
+ 1252
—
520
+ 592
+ 727
+ 1150
1707
+
952
— 338
+
501
+ 451
— 258
— 592
1708
+
1434
— 808
+
477
+ 957
— 718
+ 1228
1709
—
300
+ 607
+
1524
— 1824
+ 866
+ 1651
1710
—
2192
+ 1216
—
2891
+ 699
— 87
+ 70
1711
+
909
+ 3632
+
1048
— 139
— 57
— 1406
1712
+
850
— 4950
+
430
+ 420
— 65
— 272
1713
—
1262
+ 567
—
1385
+ 123
— 158
— 83
1714
+
1483
— 757
+
886
+ 597
+ 51
+ 5
1715
+
2237
+ 427
+
1531
+ 706
— 24
— 172
(!) D. M. Manni, Istoria degli anni santi. Firenze, 1750, p. 226.
— 774 —
Etnografìa. — Collezione etnografica delle Isole dell'Ammira-
gliato esistente nel Museo Preistorico di Roma. Nota del dott. Giu-
seppe Colini, presentata dal Socio L. Pigorini.
Questa Nota sarà pubblicata nel prossimo fascicolo.
Fisica terrestre. — Sull'impianto del servizio geodinamico in
Italia. Nota del Socio Pietro Blaserna.
« 1. Nel 1883, in seguito al disastro avvenuto a Casamicciola, il Go-
verno propose ed il Parlamento accettò di erigervi un piccolo osservatorio,
collo scopo di studiare le condizioni geodinamiche della interessante isola
d'Ischia. Più tardi, il Ministero dell'agricoltura, industria e commercio, giu-
stamente preoccupato della terribile frequenza, con cui movimenti sismici e
tellurici avvengono ora in una, ora in altra parte d'Italia, propose alla firma
del Re la nomina di una Commissione, incaricata di studiare l'impianto di un
servizio geodinamico, che abbracciasse l'Italia intera. Per l'intima connessione
esistente tra la costituzione geologica di un paese e le sue condizioni sismi-
che, era giusto ed opportuno, che tale iniziativa partisse da quel medesimo
Ministero, che fra i suoi compiti ha pur quello di costruire la carta geolo-
gica d'Italia e che aveva già iniziato simili studi.
« Per varie ragioni, inutili a ripetersi, la Commissione reale si riunì
soltanto nel 1885; ed essendo morto nel frattempo l'illustre Quintino Sella,
chiamato a presiederla, essa conferì a me questo onorifico mandato. Il com-
pito della Commissione non era né breve, né facile. Trattatasi di tener conto
dei molti e svariati tentativi fatti per il passato, di esaminarli alla stregua
dei principi ora prevalenti in tale materia, di studiare le condizioni delle
varie parti d'Italia, tanto diverse nell'aspetto vulcanico e stratigrafico, e pur
abbracciando in un concetto sintetico tutto quanto il paese, di proporre al
Governo un piano semplice ed economico che gli permettesse di attuarlo poco
per volta.
« Si può dire, senza esagerazione e con vanto per il nostro paese, che
la sismologia ha da lungo tempo attirato su di sé gli sguardi di esimi cul-
tori e di dilettanti. Questa scienza, appena nata, ha avuto presso di noi i
suoi precursori. Per non parlare che dei morti, cito a titolo d'onore : Nicolò
Cacciatore, padre dell'attuale direttore dell'Osservatorio astronomico di Pa-
lermo; il grande Melloni, il quale suggerì al governo borbonico di erigere
il bell'Osservatorio vesuviano, ora da molti lustri diretto dal nostro collega
Palmieri; i due Gemmellaro, padre e zio all'egregio nostro collega di Pa-
lermo, che lasciarono tanta fama per i loro studi intorno all'Etna; i bene-
meriti professori Savi e Pilla, che illustrarono mirabilmente i terremoti
— 775 —
toscani del 1846; infine fra i morti più recentemente: il Cavalieri, il Cecchi
ed il Serpieri. Intorno ad essi si accumularono molti altri, tutt'ora viventi.
Si costruirono apparecchi, che si collocarono in piccoli osservatori ; e con pochi
mezzi anche privati si iniziarono e si continuarono studi d'ogni genere ed
anche osservazioni metodiche, a cui il Bullettmo del vulcanismo italiano,
pubblicato per cura di M. S. De Rossi, serviva come organo di diffusione.
« Non si può asserire, che tutti questi tentativi avessero uguale impor-
tanza. Ma qualunque sia il giudizio, che si possa portare su molti di essi, sa-
rebbe ingiusto il non riconoscerne un certo merito. Si sono illustrati molti fatti,
si è intraveduta qualcuna delle leggi ed i tentativi anche i meno riusciti hanno
talvolta mostrato, come e dove era a cercarsi la soluzione dei nuovi problemi.
Io credo quindi non solamente utile, ma altrettanto doveroso il procedere ad
un vero e serio impianto del servizio geodinamico. E dico servizio, perchè
come per la meteorologia, così anche per la geodinamica, i tentativi isolati
non possono approdare a nulla di concreto e di concludente. Non basta avere
osservatori anche ben collocati e dotati di buoni istrumenti: importa coordi-
narli e collegarli, per trar profitto dall'insieme degli studi. Fra tutti i paesi
d'Europa, l'Italia è certamente il più ricco e il più infestato di fenomeni
geodinamici d'ogni natura. Da Alessandro di Humboldt in poi, molti e illu-
stri stranieri sono venuti fra noi a studiarli e sarebbe strano, se l'Italia
risorta non offrisse un largo contributo a tali studi, essa che ha i fenomeni
in casa; sarebbe più strano ancora, se essa non provvedesse a ripararvi per
il suo proprio vantaggio.
« Io confido quindi, che alcune critiche leggiere e superficiali, avvenute
recentemente, non varranno a fermare il Governo in questo nobile e impor-
tante suo cammino, e sono certo che tosto o tardi l'Italia potrà vantare un
semplice, ma completo e bene ordinato servizio geodinamico, come essa ha
provveduto in modo altamente lodevole al suo servizio meteorologico.
« In questo lavoro di coordinamento, vari Stati ci hanno purtroppo pre-
ceduto. Cito in prima linea ed a titolo d'onore il Giappone, paese per con-
dizione geologica e geodinamica tanto simile all'Italia. Mercè l'opera di al-
cuni benemeriti inglesi, vi fu impiantato un servizio altamente commendevole.
Basta leggere le molte e importanti pubblicazioni fatte dalla Società sismo-
logica di quel paese, per persuadersi della serietà e del modo strettamente
metodico, con cui quel servizio fu impiantato e funziona. Anche negli Stati
Uniti d'America, dove la natura ha seminato con larga mano tutti i fenomeni
grandiosi e terribili, la sismologia è attualmente molto coltivata. Non occorre
altro che leggere la relazione sul recente terremoto di Charleston, per vedere
con quanta esattezza furono raccolti i dati ad esso relativi. Infine tutti gli
Stati d'Europa, chi più chi meno, sono entrati largamente in questa via. Lo
ripeto, in vista di questo movimento generale, in vista dei molteplici suoi
Eendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 101
— 776 —
tentativi già fatti, sarebbe strano se l'Italia, la più interessata a questi studi,
volesse sola disinteressarsene.
« 2. L'Italia ha il triste privilegio, di essere uno dei paesi più fune-
stati dai movimenti sismici. Ho avuto l'onore di presentare all'Accademia,
nell'ultima sua tornata, la bella relazione del nostro collega Taramelli, re-
datta per la Commissione reale geodinamica, e di richiamarvi la vostra at-
tenzione. Chieggo ora il permesso di estrarre da questa relazione, che ha
tanto giovato ai nostri studi, alcuni passaggi che riguardano l'attività sismica
del nostro suolo negli ultimi secoli, saltando le poche e rare notizie che ab-
biamo dei secoli precedenti:
« Il quindicesimo secolo, che contò nell'Abruzzo e nel Principato uno
a dei più disastrosi terremoti, nel 1456, fu per l'Italia superiore e media
« abbastanza tranquillo, tranne però che per l'alta valle Tiberina, per Fi-
li renze, Pisa, Lucca, dove si ebbero forti scosse l'anno medesimo in cui
« rovinò Aquila; e per la Lombardia tra il Ticino e l'Adda, dove avvenne
« un terremoto rovinoso nel 1473 e si rimarcò anche una straordinaria ab-
« bondanza di raccolti. Questo secolo si chiudeva con forti scosse, ma non
« rovinose, a Spoleto ed a Siena nel 1496, dal giugno al dicembre ».
« Al principio del secolo decimosesto il terremoto infuria nelle Romagne
« e in Lombardia, in particolare sul Bresciano e negli anni 1570-71 scosse
« rovinose colpiscono Padova, Bergamo, Ferrara e molti siti di Toscana, del-
« l'Emilia e del Veneto; nella seconda metà di novembre a Venezia si eb-
« bero 84 scosse, di cui 36 molto forti. In Ferrara crebbero le acque nei
« pozzi e si udirono singolari rumori, come di scrosci sotterranei ; a Bergamo
« scoscese una grossa frana al Borgo Canale. Il 24 novembre del 1590, im
« forte terremoto fu localizzato a Trevi e dintorni ».
« Il secolo decimosettimo, così funesto all'Italia meridionale pei terre-
« moti del 1627, 38, 54, 59, 87 e 88, fu assai meno disastroso per l'Italia
« media e superiore ; e sembra quindi che appunto quando ripresero a divam-
« pare i vulcani Flegrei ed in particolare il Vesuvio, anche l'attività sismica
« siasi raccolta più da vicino alla regione vulcanica. Non mancarono però
« nell'alta e media Italia terremoti rovinosi ; come ad Argenta, sul Ferra-
« rese, quasi distrutta dalle scosse del 18 marzo 1624, a Milano ed a Ber-
li gamo nel 1642, a Livorno nel 1646 dopo un fortissimo rombo, che venne
« dal mare; nell'Appennino centrale nel 1661 con molte vittime; nella Ro-
« magna di Faenza e di Forlì, nel 1689-90, estendendosi fino a Maradi.
« località nota nella storia dei più recenti terremoti. Nel Mugello, dove si
« erano risentiti ancor forti i terremoti del 1335, 1378, 1393, 1669,
« fu rovinoso anche il terremoto del 1672, che si estese fino ad Ancona,
* mietendovi 1500 vittime. La valle del Tevere era colpita da un terremoto
« rovinoso il 1° marzo 1694; nell'anno seguente incominciava una serie di
« vasti e rovinosi terremoti nel Veneto, con forti danni nel Trevisano ; e nel
— 777 —
« giugno era commossa la regione Vulsina, straripando le acque del lago di
« Bolsena sino ad inondare paesi a tre miglia di distanza; le fonti del di-
te tunno ricuperarono l'acque perdute per le scosse del 466. Occorrerà appena
« che rammenti come al finire di questo secolo dal 9 all'I 1 gennaio acca-
« desse nel 1693 il più grande e forse il più micidiale dei terremoti ita-
« liani nella parte orientale della Sicilia, colla morte di oltre 93,000 persone » .
« Nel secolo decimottavo si continuarono i terremoti nelle Provincie me-
« ridionali, coi disastri del Beneventano nel 1702, della Sicilia nel 1726-27,
« di Foggia nel 1731 con -4000 vittime, di Ariano con altre 2000 vittime,
« specialmente coi terremoti Calabri dal 1783 al 1786, non mancarono scosse
« rovinose alle altre regioni italiane. Si notano i terremoti di Verona e del-
« Umbria del 1703, dell'Umbria e della Toscana del 1730, nel 1741 nelle
« Marche in particolare a Pesaro, ed a Siena; nell'anno seguente a Livorno
« ed in altri punti della Toscana; nel 1755, in dicembre, nel Piemonte,
« Canton Ticino e Lombardia e con minor veemenza nell'Emilia; nell'Um-
« bria di nuovo nel 1762-63 e 67. Nel 1779, al 23 luglio, incominciava un
« lungo periodo di terremoti nel Bolognese; nel 1781, in gennaio, forti scosse
« colpivano il Senese ed in luglio le Marche, in particolare il M. Nerone,
« d'onde partirono fortissimi rombi, ed il M. Jago, che a breve distanza
« franò. Nel 1785 e nel 1791 ancora è travagliata l'Umbria sino a Spoleto,
« e nel 1798 la Montagnola Senese, il focolaio da cui sembrano irradiarsi
« le scosse per quella regione. Nella Toscana era avvenuto anche il forte
« terremoto del 1742 nella regione litoranea, non risparmiando le alluvioni
« di Pisa; in Lombardia, nel Canton Ticino, nell'Emilia, si estesero anche
« le scosse del terremoto di Lisbona del 1755, se pure è provato che fos-
« sero le scosse tutte contemporanee sulla larghissima area, che di solito si
« assegna a questo esempio classico dei pochi terremoti detti tellurici » .
*. Per il nostro secolo, sia che l'attività sismica sia realmente aumen-
tata, sia — il che è più probabile — che le notizie e le descrizioni sono rese
più facili e più accessibili, l'enumerazione e lo studio particolareggiato di
fatti sismici d'ogni natura abbondano. Trattandosi di cose molto più cono-
sciute e messe alla portata di tutti, tralascio di parlarne. Ciò che dissi, basta
a dimostrare l'importanza degli studi geodinamici per il nostro paese. Mi
permetto soltanto di richiamare l'attenzione dell'Accademia sulla bella carta
sismica, che accompagna la già citata relazione del collega Taramelli, carta
che mostra la ripartizione, la frequenza e la portata dei movimenti sismici,
che dai primi tempi storici in qua hanno infestato le singole provincie d'I-
talia. Da essa appare come nessuna parte d'Italia ne vada veramente esente
e come coli' andar dei secoli, l'attività sismica si sia singolarmente spiegata in
molti punti sparsi qua e là senza una legge finora conosciuta.
a 3. Un servizio geodinamico ben concepito deve quindi abbracciare tutta
l'Italia e dare in pari tempo importanza maggiore a quelle regioni, ove
— 778 —
l'osservazione ha dimostrato maggiore la frequenza e l'intensità dei fenomeni
sismici di qualsiasi natura. In tale riguardo bisogna procedere con molta cir-
cospezione nella scelta dei luoghi di osservazione, e nel loro coordinamento
sia fra di loro, sia con un ufficio centrale, destinato a sopraintendere a tutti
i lavori, a raccoglierli ed a pubblicarli. Si devon infine scegliere con cura
gli istrumenti ed i metodi di osservazione. Su questi singoli punti chieggo
il permesso all'Accademia di entrare in maggiori particolari.
« Per ciò che riguardi la scelta dei punti di osservazione, il caso che
presenta la geodinamica è simile, ma non identico, a quello che presenta la
meteorologia. Per conoscere la distribuzione del calore, della pressione e del
vapore acqueo alla superficie terrestre e tutte le meteore, che più o meno ne
dipendono, basta stabilire un numero possibilmente grande di osservatori bene
disposti e di farvi eseguire osservazioni metodiche ad ore stabilite. Il legame
fra di loro e col resto del mondo risulta dalle pubblicazioni, fatte per cura
dell'Ufficio centrale, che le esamina, le classifica, le calcola e le rende di
pubblica ragione. Per l'Italia questo problema è stato risoluto, e credo po-
terlo dire, in modo altamente commendevole, col prendere a base la divisione
in provincie e coli' erigere in tutti i loro capoluoghi osservatori, traendo pro-
fitto dagli istituti esistenti e coli' aiuto volonteroso delle provincie e dei co-
muni. Sono questi gli osservatori di la classe, ognuno dei quali funziona da
ufficio centrale per la propria provincia, ed ha alla sua dipendenza pochi os-
servatoli di seconda e quelli di 3a classe, questi ultimi numerosissimi, e
che dovranno aumentare ancora, dove con piccoli mezzi si osserva soltanto la
temperatura massima e minima e la qualità di pioggia, che cade nelle 24 ore.
Molti osservatori di prima classe contengono già istrumenti registratori ed
altri ancora. Infine alcuni punti rimarchevoli per la loro posizione altime-
trica, o perchè vicini al mare, o per altre ragioni ancora, all'infuori dei capi-
luoghi di provincia, sono pure di seconda e possono in certi casi anche di-
venire di prima classe. Per tutti questi osservatori si è studiata l'ubicazione
e l'impianto caso per caso; ed ora si può dire senza esagerazione, che resta
ben poco più a fare. Il servizio meteorologico italiano è stato encomiato da
quanti in Italia e all'estero hanno avuto occasione di conoscerlo, e non è
secondo a nessun altro del mondo. Esso corrisponde a tutte le esigenze, fin
dove la scienza certa è arrivata e sarà in grado di seguirne i progressi con
passo sicuro.
« Il servizio geodinamico è appena nascente ed avrà bisogno ancora di
molte cure, prima che esso possa rispondere al vero e grande suo scopo.
Come tutte le cose nuove, esso presenta maggiori difficoltà e richiede ancora
molti studi ed anche molta prudenza. La divisione per provincie non avrebbe,
per esso, alcuna vera ragione di essere. La Commissione geodinamica ha
quindi avuto ragione, scartando il concetto della divisione per provincie e
prendendo a base la divisione per regioni sismiche. Essa mantenne la divisione
— 779 —
degli osservatori in tre classi, limitando considerevolmente il numero delle
due prime. Queste, cioè la prima ed anche la seconda, destinate a conte-
nere istrumenti molto sensibili, devono tenersi lontane dall'abitato e dalle
strade rotabili, affinchè gli istrumenti non siano continuamente perturbati da
tremiti meccanici, che non hanno nulla a fare coi movimenti sismici pro-
priamente detti. All'incontro gli osservatori di 3a classe, che ricevono soltanto
gli avvisatori sismici e non devono indicare altro che il tempo, in cui una
vera scossa è avvenuta, la direzione di essa ed il suo carattere, non solo pos-
sono ma devono collocarsi nei luoghi abitati e di preferenza negli uffici tele-
grafici; perchè la notizia di una forte scossa avvenuta possa essere data im-
mediatamente alla stazione regionale, ed occorrendo all'ufficio centrale. Una
simile organizzazione fu adottata, in nucleo, per l'Etna, dopo l'eruzione av-
venuta nel 1879, sulla proposta di una Commissione composta del collega
Gemmellaro, del prof. Silvestri e di me. Intorno al grande vulcano furono
collocati gli avvisatori negli uffici telegrafici; essi fanno capo a Catania ed
hanno bene funzionato nelle ultime eruzioni etnee.
« Questo concetto fu adottato dalla Commissione geodinamica, la quale
raccomanda di estenderlo e di applicarlo in maggiore o minore misura a
tutte quante le regioni sismiche d'Italia. Essa propose al governo di consi-
derare l'Osservatorio di Catania come il centro delle osservazioni sismiche
della Sicilia e delle isole adiacenti, indicando i luoghi, dove si dovevano
erigere gli osservatori di terza classe e qualche altro più importante, tutti
dipendenti da Catania. Essa propose inoltre, d'accordo col voto del Parla-
mento, che a Casamicciola, vicino alla Grande Sentinella, sito esaminato
dai geologi governativi, fosse eretto un osservatorio di prima classe, col si-
stema baraccato, destinato ad eseguire tutte le osservazioni non solo geodi-
namiche, ma anche le geofisiche, che riguardano quella interessante isola.
Propose infine che a centro della regione dei vulcani laziali fosse creato un
osservatorio in Rocca di Papa, ove il De Rossi aveva già iniziato per suo
conto una serie di osservazioni.
« Queste prime proposte della Commissione furono accettate dal Governo
e dal Parlamento. Esse ebbero, con diversa fortuna, un principio di esecu-
zione. La rete etnea, per la quale molto era già stato fatto in precedenza,
può considerarsi come quasi compiuta. La costruzione dell'Osservatorio di
Casamicciola è stata ritardata da varie difficoltà d'indole amministrativa e
scientifica ; ma ora spero che vi si porrà mano. Intanto il direttore sig. Gra-
blovitz ha eseguito in una piccola succursale, vicina al porto d'Ischia, e nel
resto dell'isola una serie di lavori, che furono presentati all'Accademia,
parte a stampa, parte per l'inserzione nei nostri Rendiconti. Per ciò che ri-
guarda infine l'Osservatorio di Rocca di Papa avvenne questo deplorevole
fatto, che s'incominciarono i lavori con un progetto talmente esagerato, da
oltrepassare notevolmente la piccola spesa proposta per quell'Osservatorio.
— 780 —
Il Governo, accortosi, fermò i lavori: si dovette rifare il progetto, in modo
da ridurne notevolmente la spesa. Ma non si può abbastanza deplorare questo
fatto ; perchè esso ha servito a falsare in gran parte l'opinione pubblica ed
a far credere a spese ingenti, che l'impianto geodinamico per tutta Italia
avrebbe richiesto.
« 4. Con queste prime proposte, il mandato della Commissione geodi-
namica era lungi dall'essere esaurito. Essa non poteva non considerare la
regione vesuviana, ove da decenni il nostro collega Palmieri dirige un gran-
dioso Osservatorio, e la regione non meno importante del Vulture, senza par-
lare delle altre regioni meridionali, più piccole per estensione ma non per
l'importanza dei fenomeni sismici. Essa dovette preoccuparsi della Liguria,
le cui recenti e disastrose commozioni telluriche sono pur troppo note. E
parimenti il Piemonte, la Lombardia, la regione Veneta, l'Emilia, la To-
scana non potevano trascurarsi. Guidata da una serie di lavori preparatori e
prendendo a base la bella carta sismica del Taramelli, essa tracciò a larghi
tratti un sistema d'impianto per tutta l'Italia e lo raccomandò alle cure del
Governo. Con tali proposte Genova, Pavia, Verona, Bologna, Firenze e i punti
sovracennati dell'Italia meridionale sono i centri delle relative regioni, in-
torno ai quali si aggrupperanno tutti gli studi di fìsica terrestre, compren-
dendovi pure il magnetismo terrestre e l'elettricità atmosferica, studi che
tanto interessano la scienza e il paese.
« Un'altra questione, non meno importante delle precedenti, riguarda
l'impianto dell' ufficio centrale. Sarebbe un errore il pensare, per la geodina-
mica, ad un impianto speciale, come si era fatto per la meteorologia. Se da
una parte quella si appoggia sulla geologia, d'altra parte i suoi legami colla
meteorologia sono molti e evidenti. Si sarebbe creato fino ad un certo punto
un inutile, per non dire dannoso, raddoppiamento, se accanto alla meteorologia
si fosse fatto funzionare un secondo ufficio indipendente. Molti osservatori
meteorologici servono anche alla geodinamica, la quale in gran parte si con-
fonde con quello, eccettuati pochi centri regionali. E però la Commissione
propose e il Governo accettò : che al nostro collega Tacchini, il quale dirige
con tanto zelo e successo la meteorologia, sia pure affidata la direzione della
geodinamica, e che il medesimo ufficio centrale prov\ eda al servizio dell'uno
e dell'altro ramo di fisica terrestre. Tale sistema offre al Governo il doppio
vantaggio di maggiore semplicità di servizio e di una notevole economia.
« Un'ultima questione rimaneva a risolversi e non era, in verità, la piìi
facile : quella cioè che riguarda la scelta degli istrumenti. In questo riguardo
gli studi della Commissione furono lunghi ed incessanti. Non vi esiste forse
questione, che come questa dei movimenti sismici, abbia attirato la curiosità
e l'ingegno degli inventori e dei dilettanti. Gli istrumenti sismici si contano
a centinaia; ma ben pochi soddisfano alle condizioni richieste dal difficile
problema. Le osservazioni sismiche differiscono in un punto essenziale dalle
— 781 —
meteorologiche, ed è che, mentre queste si eseguiscono a ore fisse e determi-
nate, per quelle non si sa mai, se e quando dovranno eseguirsi. Le commo-
zioni telluriche vengono sempre all'improvviso e non si può presumere, che
l'osservatore sia lì pronto a registrarle. Ne segue, che gli istrumenti devono
essere automatici e registratori. In questo riguardo il Giappone ci aveva gran-
demente precorsi ed in Italia il solo Cecchi era, negli ultimi anni, entrato
nel vero ordine di idee. Il meccanico Brassart dell'Ufficio centrale, per in-
carico del direttore, riuscì a combinare due modelli d'apparecchi, che corri-
spondono alle esigenze richieste. Sono apparecchi automatici, che registrano
da sé le tre componenti (le due orizzontali e la verticale) del movimento
sismico. Quanto agli avvisatori, il problema era più facile ed il meccanico
Brassart riuscì a costruire un tipo semplice, la cui sensibilità può facilmente
modificarsi ed anche graduarsi. Il collega Tacchini ha avuto occasione, nel-
l'anno decorso, di richiamare ripetutamente l'attenzione dell'Accademia su
questo argomento.
« Con questi studi e con queste proposte, il mandato della Commissione
reale poteva dirsi esaurito. A me, che ho avuto l'onore di presiederlo, sia
lecito di dire, che essa ha risoluto un problema in verità molto difficile, e
che nell'esecuzione del suo mandato essa ha impiegato uno zelo, un'atten-
zione ed una serietà scientifica non comune. Quando le sue proposte saranno
divenute un fatto compiuto, l'Italia, che fu fra i primi paesi a iniziare studi
sismologici e che poi si lasciò oltrepassare da molti altri, riprenderà in questo
riguardo il posto, che le spetta per il suo passato e per le sue condizioni
geodinamiche. E di ciò ci assicura l'interesse, che ne portano gli stranieri,
i quali hanno seguito e seguono con attenzione, quanto il Governo italiano
sta facendo in proposito.
« In conseguenza delle sue proprie proposte, con Decreto reale dell'anno
1887, la Commissione geodinamica fu sciolta; fu stabilito che il medesimo
ufficio centrale provvedesse alla meteorologia ed alla geodinamica e fu creato
un Consiglio direttivo, diviso in due sezioni per le due qui indicate branche
della fisica terrestre. Spetta a questi il compito, di proporre al Governo l'ese-
cuzione graduale del piano proposto dalla cessata Commisssione, e di trac-
ciare successivamente il programma delle indagini da eseguirsi. E in ciò,
esso avrà questioni importanti a risolvere: l'esatta misura del tempo riguar-
dante fenomeni, che arrivano all'improvviso; le leggi e la velocità della
propagazione delle onde sismiche in terreni più o meno disuguali e fratturati;
la profondità infine del focolaio sismico. Sono problemi codesti, che non si
risolvono senza una forte e severa organizzazione. Ma io confido che, come
il Governo ne ha preso in modo tanto lodevole l'iniziativa, esso incoraggierà
con benevola cura questa scienza, affinchè l'Italia sia posta in grado di stu-
diare da sé gli importanti, numerosi e terribili fenomeni, che avvengono nel
suo proprio suolo. Questa speranza è in me tanto maggiore, quando considero
— 782 —
che nell'importante impresa, oltre al Direttore dell'ufficio centrale Tacchini,
ho per colleghi uomini, che l'Accademia e il paese conoscono ed apprezzano,
e che si chiamano Palmieri, Cantoni, Fincati, Giordano, Salvatori, Magnaghi,
Cornalia, Taramelli, Ferraris, Issel, Denza, scelti dai quattro Ministeri della
pubblica istruzione, dell'agricoltura, industria e commercio, della marina e
dei lavori pubblici, che sono i più interessati tanto nel servizio della me-
teorologia, che in quello della geodinamica » .
Idrometria. — Effemeridi e statistica del fiume Tevere prima
e dopo la confluenza dell'Amene e dello stesso fiume Aniene du-
rante l'anno 1887. Memoria del Socio A. Betocchi.
Questo lavoro sarà pubblicato nei volumi delle Memorie.
Biologia. — La branchia delle Salpe. Nota preliminare del
Socio Francesco Todaro.
Questa Nota sarà inserita in uno dei prossimi fascicoli.
Chimica. — Sul peso molecolare dello zolfo, del fosforo, del
bromo e del jodio in soluzione. Nota del Socio E. Paterno e del
dott. R. Nasini.
« La perfetta correlazione che gli studi di Van 't Hoff sulla pressione
osmotica dei liquidi hanno dimostrato esistere fra la materia allo stato gas-
soso e quella che si trova allo stato di soluzione diluita, ha condotto pure
ad ammettere che la legge di Avogadro si verifica per le soluzioni diluite
come per i gas, purché per le prime in luogo della pressione ordinaria si
tenga conto della pressione osmotica. Per considerazioni fondate sulla termo-
dinamica, e che non è qui il luogo di esporre, si dimostra poi come la legge
di Raoult sopra l'abbassamento sia del punto di congelazione sia della ten-
sione di vapore delle soluzioni, è una conseguenza di questa legge di Avo-
gadro estesa alle soluzioni, di modo che la determinazione del peso moleco-
lare basandosi sull'abbassamento del punto di congelazione è altrettanto legit-
tima di quella fondata sulla densità del vapore. Continuando le ricerche da
noi intraprese su questo argomento, ci è parso importantissimo sia quale
conferma della teoria generale delle soluzioni fondata sulla pressione osmo-
tica, sia per lo studio in sé, di esaminare se la legge di Raoult sul punto
di congelamento era applicabile anche alla determinazione dei pesi molecolari
degli elementi e , in caso affermativo , a quali risultati essa conduceva. Le
— 783 —
nostre esperienze non sono ancora complete, nondimeno ci affrettiamo a pub-
blicare i risultati di quelle già eseguite, in considerazione del grande inte-
resse dell'argomento.
« Abbiamo sino ad ora esperimentato sopra lo zolfo, il fosforo, il bromo
e il jodio. Le esperienze furono eseguite nel modo già da noi descritto in
precedenti pubblicazioni. Per lo zolfo adoperammo come solvente il benzolo,
e facemmo osservazioni sopra soluzioni di concentrazione assai diversa: tro-
vammo che il coefficiente d'abbassamento si mantiene costante e che l'abbas-
samento molecolare conduce alla forinola S6 per la molecola, formola che
corrisponderebbe al peso molecolare dello zolfo determinato per mezzo della
densità di vapore alla temperatura di circa 500°.
Concentrazione Coefficiente di abbassamento Abbassamento molecolare
per S6
0,8501 0,2564 49,23
0,2599 0,2693 51^78
« Tralasciando pel momento ogni discussione intorno a questi risultati,
notiamo soltanto che la concentrazione della soluzione più diluita è tale che
gr. 2,28 di zolfo occupano il volume di un litro : ora un litro di vapore di
zolfo a 500° e alla pressione di 760 mm. contiene gr. 3 circa di zolfo, mentre
alla temperatura di 1000°, quando la molecola è composta di due atomi, soltanto
gr. 0,6 circa sono contenuti in un litro: siamo quindi molto più vicini, per
quello che riguarda lo stato di condensamento dello zolfo nelle soluzioni da
noi esperimentate, a quello stato in cui la molecola è rappresentata da sei
atomi che non a quello in cui essa consta solo di due. Notisi inoltre che non
vi è qui l'intervento del calore : del resto poi non intendiamo affermare che
la natura del solvente non possa influire nel senso di produrre delle differenze
nella complessità relativa delle molecole di uno stesso corpo, indipendente-
mente dal loro stato di attenuazione nelle soluzioni.
« Per il bromo abbiamo esperimentato in soluzione acquosa e in solu-
zione nell'acido acetico, sul quale come è noto il bromo non agisce che a
caldo. Abbiamo trovato dei numeri che conducono indubbiamente alla for-
mula Br2.
Soluzione di bromo nell'acqua.
Concentrazione Coefficiente d'abbassamento Abbassamento molecolare
per Br2
1,391 0,115 18,40
Soluzione di bromo nell'acido acetico.
Concentrazione Coefficiente d'abbassamento Abbassamento molecolare
per Br2
1,711 0,2513 40,21
« E noto che il bromo si combina coll'acqua per formare un idrato ;
ma, supposta pure l'esistenza di questo idrato nella soluzione diluita, ciò non
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 102
— 784 —
può portare notevoli differenze nell'abbassamento molecolare, come mostre-
remo parlando del punto di congelamento di quei composti che si uniscono
col solvente per semplice addizione o che si scindono dando origine alla
stessa sostanza del solvente, come p. es. un acido in soluzione acquosa che
si scinda in anidride e acqua.
<t Per il jodio abbiamo fatte esperienze in soluzione benzolica e acetica.
Dalle soluzioni benzoliche ricaviamo dei numeri che conducono alla forinola I2
quando si opera in soluzioni molto diluite. Per soluzioni più concentrate sem-
brerebbe che dovesse ammettersi una maggiore complessità molecolare, la
qual cosa non è improbabile.
Soluzione di jodio nel benzolo.
Concentrazione Coefficiente d'abbassamento Abbassamento molecolare
pei li
2,053 0,151 38,16
0,8360 0,1675 42,54
0,5599 0,1875 49,62
« Dalle tre soluzioni acetiche di jodio sulle quali abbiamo esperimentato,
ottenemmo numeri costanti per l'abbassamento molecolare. Questi non condu-
cono però alla forinola I2, ma bensì ad una forinola compresa tra I2 e I.
Questo risultato, se confermato da altre esperienze, non deve meravigliare,
sapendosi per le esperienze di V. Meyer che la molecola del jodio I2 si
scinde a temperature elevate con facilità molto più grande che non quella
degli altri alogeni, e d'altra parte poi sapendosi che di tutti i solventi l'a-
cido acetico è quello che meglio degli altri impedisce le polimerizzazioni.
Soluzioni di jodio nell'acido acetico.
Concenti-azione Coefficiente d'abbassamento Abbassamento molecolare
0,8707 0,2009 50,98 per I2
25,49 per I
0,8376 0,2029 51,45 per I2
25,72 per I
0,4849 0,1959 49,76 per I2
24,88 per I
« Quanto al fosforo abbiamo esperimentato sopra un prodotto che non
era perfettamente puro e per conseguenza altre esperienze sono da farsi:
abbiamo trovato dei numeri che condurrebbero ad ammettere un miscuglio
di Ph4 e Ph2.
Soluzione di fosforo nel benzolo.
Concentrazione C'officiente d'abbassamento Abbassamento molecolare
1,158 0,5526 34,26 per Ph2
68,52 per Ph4
— 785 —
« Come è noto, l'abbassamento molecolare dovrebbe essere 49. Crediamo
utile di avvertire come V. Meyer a temperature elevate aveva appunto tro-
vato pel fosforo delle densità di vapore che corrispondono a formule inter-
medie tra Ph2 e Ph4.
« L'importanza dei risulati esposti è tale da non isfuggire a nessuno e
però noi ci asteniamo pel momento da qualunque altra considerazione » .
Matematica. — Sulla deformazione di un corpo elastico iso-
tropo per alcune speciali condizioni ai limiti. Nota del Corrispon-
dente V. Cerruti.
« L'applicazione che avevo fatto del metodo generale delineato nella mia
Memoria dal titolo: Ricerche intorno all'equilibrio deicorpi elastici isotropa})
al calcolo della deformazione di un corpo indefinito limitato da un piano,
concerneva solo i due casi principali ne' quali fossero prescritti o gli sposta-
menti de' punti del piano limite o le forze esterne applicate a' singoli ele-
menti del piano stesso. Ora il sig. Boussinesq, in una Nota (2) pubblicata
recentemente ne' Eendiconti dell'Accademia delle scienze di Parigi, è riuscito,
con metodo ingegnoso suo proprio, a studiare altri due casi intermedi in cui
i dati relativi al piano limite si riferiscono parte agli spostamenti e parte
alle forze: cioè a dire i due casi in cui sono assegnati o gli spostamenti
paralleli al piano e la componente delle forze normali al piano, ovvero le
componenti delle forze parallele al piano e gli spostamenti normali ad esso.
Ma il metodo generale proposto nella mia Memoria abbraccia, come fo ve-
dere nella Nota che ho l'onore di presentare all'Accademia, anche questi
nuovi casi, e, quando si tratti di un corpo indefinito limitato da un piano, con-
duce con grandissima facilità a' nuovi risultati conseguiti dal sig. Boussinesq.
« 1. È noto che la dilatazione cubica 0 in un punto qualunque (#l5 yu j^,
quando nell' interno del corpo non agiscano forze, si esprime mediante le forze
(L, M, N) applicate in superficie e gli spostamenti (us , vs , ws) de' punti di essa
nel modo seguente (3) :
4^*0=- ^X .(1)
/ , 0 , | / d D 1 . d D 1 . d D 1 \ , (
0) Acc. r. de' Lincei, Memorie della Classe di se. fis. mat. e nat., serie 3a, t. XIII,
pp. 81-122.
(2) Fquiliòre d" elasticità d'un solide sans pésanteur, etc. Comptes rendus de l'Aca-
démie des sciences, t. CVI. pp. 1043-1048, 1119-1123.
(3) Per i simboli de' quali qui non si dichiari in modo esplicito il significato, rimando
alla mia Memoria già citata.
— 786 —
Prendiamo un sistema di coordinate curvilinee ortogonali pel quale sia
da* = Qt2 dql* + Q22 dqf -f Q32 dq3*
l'espressione del quadrato di un elemento lineare qualunque e tale che la
superficie limite del corpo appartenga alla famiglia delle q3 = cost., e le nor-
mali in un punto qualsivoglia dello spazio alle superficie qì=cost., qz=cost.,
q3=cost., prolungate nel senso de' parametri qXì q2, q3 crescenti costituiscano
una terna di rette sovraponibile alla terna degli assi se, y, z. Sulla superficie
limite del corpo si avrà
dee _ _ 1)X_ dy__ 7>y dz _ _7vj
da ~ ~òq3 dn ~òq3 dn ì>qs
dove sarà da tenere il segno positivo o negativo, secondochè procedendo dalla
superficie verso l' interno del corpo il parametro q3 cresce o diminuisce : per
fissare le idee supporrò nel seguito che si debba tenere il segno positivo.
« Ciò posto sieno (pids*, (f2ds , (f3ds le componenti secondo le dire-
zioni qx, q2, q3 della forza applicata all'elemento ds di superficie e Qi*,,
Q2X2, Q3":! gli spostamenti di un punto qualunque secondo le medesime
direzioni. Per noti teoremi si avrà
Isx R ~ Tty R ~ 7)« R Q, Tv?, R ~ Q2 ìq, R ~ Q3 >/3 R
e così pure
2 lì 1 2 2Ij_ 2 21 1> T> 1 , 7> ~d 1 .
*S#'t>£ R "^'tw/t^ R +W^'^ R =" Xl tyi'-ÌÉB "^X8 7V/2't^R H
_L _2_ 2-2-
i"*"^,'-ai? R
(£ = ,/•,//, j).
Ma
A. AJL^ y (J-(l- JLÌY.2Ì j__L A 2_._^ìM .
quindi
_2 li 1 1 li 1 J2 _lJ_
Uìx'~ò£ R ~^V -òy'ìS R +'%/ tè R "
~;— Xj \ ~òqj \Q,:2 ìqtii)' Mi *~ Q;2 ìqi R * 7)fc 7
21_
7>qi
Accennati con x(s) i valori delle x per i punti della superficie, ne seguirà
d ~ò 1 . d 7) 1 , d 7^ 1
a« S# R «« 7)// R a« 7>£ R
=J'y /)l/lll\ /Hl£ _l_2^ li 1 lili\
j,fe J 7>ft \Qi2 "tyt R/ \7^ ~òq3 ~^~ ~òqi ìq3 ' ìqi ~òq3)
. J''y *js) J_ J_ / 7i2.r ^£ , 7>8,y _7^/ , _l£_ i£.\ ,
jéi Q'2 "^* R \ Mi Mi Mi Mi Mi Mi Mi Mj M*J
— 787 —
ossia, avuto riguardo alle relazioni tra le derivate parziali delle x, y, s rispetto
alle q e fatto per compendio
$ =n JL/J_jLJL\ 1 DQi D 1 , 1 DQ3 ~a 1
" tyi \Q32 ^R/ " Qi Q3 7)^3 7^, R "^ Q32 ^1 ^J R '
" 7>?2 \Q32 7>?3 R / Q2 Q3 7^3 Dq2 R "^ Q32 "^2 7)?3 R '
® = 0 — (— — — W 1 ^3 "* 1 , 1 ^Q3 ^ 1
3 ^3 7>£3 \Q32 ^K/"^ Qi2 ^1 ^1 R "^ Q22 ty, 7^2 R '
la trasformazione finale
Dopo ciò, fatte le debite sostituzioni nella (1), essa si cambia nella
\Qi^iR^Q,^8R^Qs^3R/
+2oW* j (a, x r} + t2 4S) + ®3 *f ) a
la quale ci dà la dilatazione cubica 0 espressa nelle nuove coordinate. Ho
supposto tacitamente che la superficie limite del corpo appartenesse tutta ad
una medesima superficie qz = cost., ma ciò potrebbe anche non essere, potrebbe
la superficie limite essere composta di parti appartenenti a superficie q3=cost.
diverse: il lettore per altro vedrà agevolmente da sé, come la (2) dovrà essere
modificata in questo caso. Se a un nuovo sistema di forze <f\dsì g>'zds, (p'zds
agenti in superficie corrisponde il sistema di spostamenti Qi x\, Q2xr2, Q3xr3,
per un teorema conosciuto del prof. Betti si avrà la equazione
( (Qi ?i *T + Q2 y2 x2(S) + Q3 <fz x'3ls))ds =
= j (Qi sp'i »?+ Q2 v'z4S) +Q3 y's 4S))ds
la quale, combinata colla (2), ci somministra
47T(>i220=— ^ V ^37^3 K// L^
1+ ( mPUqv* ft, — Qi 9P'i) + 4s)(2qo>*®s — Q2yV)
— 788 —
E da essa si caverà il valore di 0 tanto nel caso in cui per i punti della
superficie limite sieno dati gli spostamenti tangenziali Qi *!(s), Q2 x2u) e la
forza normale <p3 , quanto nel caso in cui sieno date le forze tangenziali
9>i j 9" 2 e gli spostamenti normali Q3x3(s). Basterà calcolare preventivamente
nel primo caso la deformazione che corrisponde alle condizioni ai limiti
Xì —"Qi^,B *2 Q,*^2R' *3~ Q3 fts' (4)
e nel secondo caso la deformazione che corrisponde alle condizioni ai limiti
^=trs" *—£-*■• *; =-q?^r' (5)
Kicordando che in generale si ha
» /Q3 ~ò*3 , Qi }*i \
_ 8 /Qg >2 Q3 7)x3 \
92 ~ ^w \Q3 ^3 ~^~ Q2 ^ / '
..— .<*^->*-**(^ +è(£*+3>+$*))
con semplici sostituzioni e riduzioni utilizzando le espressioni date di x\ , x'2
per i punti della superficie la terza delle condizioni (4), si mette agevolmente
sotto la forma
(6)
)?3 ' V 3 + Q38 >y, R / fl" T3 ^3 X 3 + Q32 *. *?. R / ( J
e così pure le prime due equazioni (5) colla sostituzione de' valori di x3(S>
dati dalla terza diventano
(5')
0'^l=2/r— ^ — — — — ^-3 — — \ — O2— f— — — V
yi D^3 " \Qi >/:, tyi R Q3 "tyi ìqi R / 7)?, \Q32 7>?3 R /
Qo2 _^jl = 2 / — ^2 — — — — ^-3 — — "\ — Q3! — (— — — \
Calcolata la dilatazione cubica & e sostituiti i valori delle derivate di &
rispetto alle ^ , qZì q3 nelle equazioni indefinite per l'equilibrio, non resta
più che a procedere all'assegnazione definitiva delle x, , x2, x3 subordinata-
mente nel primo caso alle condizioni ai limiti
Xj = x/s) , x2 = x2is)
?.<h», __ po, ^ ,., , ^ „ „, | Q.(y.+g(ff-2«,)e)\ .
"^ \ÌJi ' ^ 7»/l * 2?w! /
— 789 —
e nel secondo alle condizioni ai limiti
^L^ Q3/Q3 Wj) , <fi \
~òqs Qi\Q. Mi Q0)^/,
(8)
"3*2 =_ Qs /Q3 >3^_ , _^2_\ >
~^3 Q2VQ2 ^2 *~Q<iO*)'
tale assegnazione riesce nell'uno e nell'altro caso in generale meno facile che
non quando sieno dati gli spostamenti de' punti in superficie, ma più che non
quando sieno date le forze, attesoché si può fare senza che sia conosciuta la
funzione designata con E nella mia Memoria (1).
« 2. Applichiamo le cose precedenti a un corpo indefintio limitato da
un piano, che assumeremo come piano delle xij dirigendo la porzione posi-
tiva dell'asse delle 2 verso l'interno del corpo stesso : possiamo prendere allora
q_x = x, <?2 = y, q3 = z, Qi = Q2 = Q3 = l.
« Per rendere il problema compiutamente determinato aggiungeremo le
condizioni che gli spostamenti riescano entro lo spazio occupato dal corpo
funzioni finite, continue, ad un sol valore e si annullino all' infinito : in con-
seguenza le forze 0 gli spostamenti dati per £ = 0 dovranno essere tali che
queste condizioni possano essere soddisfatte.
« Nel caso in cui per z = 0 sieno dati gli spostamenti Q! xv — us ,
Q2 x.e = vs e le forze normali y3 = N, bisognerà cercare un sistema di spo-
stamenti ausiliari Q1x'1 = £, Q.ìx'2 = )jì Q3x'3 = C colle condizioni per
* = 0 (v. eq. (4) e (4'))
£=-Ai_ V=_2.L ÌÌ=_1_L. (9)
ìx R ' ; T>y R ' T>g V R K }
« Facciasi a questo fine
£ = £1 + £t 1 n = yi + v* £ = £1 + £2
ed alle £1 , rix , £\ si impongano le condizioni di mantenersi entro lo spazio
occupato dal corpo finite, continue, ad un sol valore, di annullarsi all' infi-
nito, di soddisfare entro il corpo alla J2=0 e per £ = 0 alle (9).
« Se si pone
R'2 = (x- xtf + {y - yxY + {g + ^)2,
tutte queste condizioni sono verificate prendendo
^1==-^ìT Vl=-Ty^^l==~TSB!' (10)
Le ?2 , ^2 , £2 , oltre alle solite condizioni generali, dovranno entro il corpo
soddisfare alle equazioni indefinite per l'equilibiio e sul piano z — 0 alle
^2=0, /y2 = 0, ^ = 0:
(*) Cfr. 1. e. p. 89.
— 790 —
quindi, per teoremi noti, in tutto il corpo saranno
£2 = 0, *;2 = 0, £2 = 0.
« Avremo dunque semplicemente
che per le forze, le quali applicate sul piano 2 = 0 sarebbero capaci di pro-
durre la deformazione definita dagli spostamenti £, 17, £, danno le espressioni
a' =/2om8— ^--4=— 2oco2 — — ^r) ■ (11)
0-3 = 1 2oor — — = + 2oar — — 1
u Osservando poi che per 2 = 0 si ha ancora
1x R' — Tu^ R ^ U'~ ~Di/l R ' "d* R'~="tei R '
dalla (3), quando si facciano le debite sostituzioni e si ponga per compendio
1 ( ' [ Ncfo „_. Cu-4s ^ {vsds ta
7. *hr-*' .hr-0' hr=*-
^ .ir,
8 = — — 2w!
}*1
verrà
e-53?£- <12>
« 3. Pertanto gli spostamenti u, v, w dovranno soddisfare alle equazioni
indefinite
£» — o;2 y2* J22 — ©8 }*S
-^w H = 0 . ^/2 v -\ - = 0
^ 2/rc^2 ^^ u' ^ 2mo*i22 71^*, '
L£2 — e;2 D2S
^"+ WÌ^^2^0'
e per 2t = 0 (v. eq. (7)) alle
« Se prendiamo
i22— «2 >s &— w2 >s fl8— »* 718
a="'-w^s'^;' «•-JSw*^- "-*-S5Sff*>S <13>
ne risulteranno per le Mi, t>i, m^ le equazioni indefinite
//2^ = 0, ^2^ = 0, J*Wl = 0,
— 791 —
colle condizioni sul piano zx = 0
7
ossia
perciò
7wt _ /_J_ 7« , 1 ^£\
Ttfx \47rco2 7V ~~ 4/r.Q2 7A/*1=o'
J_7>£ J_^
Wl ~~ 2/r 7>A ' Vl~ 2/r 7>*i
1 7)^
(14)
4/rc»}2 7Si 4nSÌ2
« 4. Se poi sul piano s = 0 sono date le forze tangenziali <fx = L , y2 = M
e gli spostamenti normali Q3 x3 = &0S , gli spostamenti ausiliari £, 17, £ si
dovranno scegliere in guisa che, oltre soddisfare alle solite condizioni, per £=0
verifichino le equazioni (v. eq. (5) e (5'))
7)£ 72 1 >/__ 72 1 ^ = _^_I ,
7)£ ~ Tjo? ~òs R ' Te ~ ~òy ~òz R 7£ R
ciò che si ottiene assumendo
Di guisachè, posto
i cì1 r~Lds _ i r? Tm^s om*
risulterà per la dilatazione cubica la espressione
0 = _i-^ (15)
In II1 7)^1
« 5. Come nel caso precedente possiamo mettere le espressioni degli spo-
stamenti u, v, w sotto la forma
i28— w2 7)^- n2—ar 7)& fi2— <»2 7) A
w~"1 47raJ2£2*17^1 L 4?rW2i22 -1 7>y, ' 47T«2i22 * **,
dove le %, , »2 , »! debbono soddisfare entro il corpo alla J2 = 0 , e per
jx = 0 alle equazioni speciali (v. eq. (8))
7^_ _7^__ _L_ . Sì2— q>2 7>*_ 1 / 72£ ■ 1,72C . fi8— «2J^_\
7)Ji ~~ 7^i (>w2~^47rtt)2i227^i 2tt\7)^i7^i w27)^2 ~*~ 2eo8Ì22 TU^i/^c
7yL_ _7ws_ M .fl2— o>2 7^_ 1 / 72^ _■ 1 7>2^ fl2— *>2 yV \
El ~ 7?/i ^2~^47rco2ii27)?/i — 2/r\7?/i7~-i ""^w2 7>-V "^ 2co2I22 tyiW'i «
«<'i = Ws ,
Rendiconti, 1888, VoL. IV, 1° Sem. 103
— 792 —
nelle quali equazioni si è posto
Quindi
1 7>? , 1 x \n'2 — 0ì2 >,R/ ,
Ul ~ 2rr 7)^i ~*~ 2/rw2 ^r, •" 4.tw2ì22 }#, '
_ 1 ~3? , 1 7>3rc & — of- >*V
Vl 270^ "r" 2/rw2 }*, "+" 4rr&rX>2 ^ ' ^ ^
_ 1 ~a 3
Wl Zìi }*, '
« Alle espressioni così trovate per gli spostamenti si possono dare altre
forme, come pure si potrebbero generalizzare alquanto i risultati precedenti
tenendo conto anco delle forze applicate a' singoli elementi di massa, ma
non mi fermo sopra queste minuzie, le quali d'altronde non presentano dif-
ficoltà di sorta ».
Fisica terrestre. — Alcuni risultati di imo studio sul ter-
remoto ligure. Nota del Corrispondente T. Taramelli e del prof.
G. Mercalli.
Questa Nota sarà pubblicata nel prossimo fascicolo.
Matematica. — Sulle funzioni iper geometriche generalizzate.
Nota II 0) del Corrispondente S. Pincherle.
« 6. Nei §§ 4 e 5 abbiamo preso le mosse da un'equazione differenziale
lineare del prim' ordine e ne abbiamo formata la correlativa alle differenze :
l' integrale di questa, considerato come funzione di suoi parametri, ci ha date
le funzioni ipergeometriche d'ordine superiore ad una o più variabili. Ora
invece prendiamo a considerare il caso coniugato del precedente, cioè par-
tiamo da un' equazione lineare alle differenze finite del prim' ordine, che
scriveremo
(5") (ffoo'+tfio# + 02o#8+-- amoxm) f(x)-\-
+ («oi + «n (X + 1) -\ (- Om (x + 1 )"") rt*+l) = 0,
la quale ammette come trasformata, secondo il metodo indicato a § 2, l'equa-
zione differenziale lineare d'ordine m :
(V) («oo+floi e~l) xp (t) + («10+«ur() <// (*) -f + (am0-\-amle~<) ip™ (0=0.
(!) V. pag. 694.
— 793 —
« Ora il Mellin (l) ha dimostrato che, in generale, l'integrale dell'equa-
zione (5") si può dare nella forma
(i4) m=^%n*-^)
dove le ^ sono le radici dell'equazione
(3f) «oo + «io oc -j- «20 se1 H 1- am xm = 0 .
« Suppongasi prima che «m0 ed aml siano entrambi diversi da zero. In
tal caso il numero dei fattori r del numeratore e del denominatore nel
secondo membro della (14) è il medesimo, e l'espressione di f(x) dà una fun-
zione analitica uniforme coi poli nei punti
nK\ „„ (v = li 2, .... m, \
(15) *•-» U=0,l,2,3,:...ooj;
dove i pimti q^ si supporranno per maggiore semplicità tutti diversi.
« Applicando il metodo indicato a § 3, si consideri una linea l che
avvolga i punti del sistema
Q\ , Qi — 1 , Qi — 2 , .... qx — n, ....
escludendo tutti i poli degli altri m — 1 sistemi (15): come si è visto,
l'espressione
(6') ±.J^mdx
sarà un' integrale dell' equazione (1"), purché essa abbia un significato, e
purché il limite del residuo di exif{x) relativo al punto x = qx — n sia
nullo per u = co . Questo residuo, ricordando le note proprietà della fun-
zione r, si ottiene facilmente dalla (14) sotto la forma
r_iYn n r(Ql — Q, — n)
n- nr(ql—a^ — ìi)
<;=1
« Ora, non solo questo residuo tende a zero, ma l'integrale (6) equi-
vale alla serie
oc
n—o
e questa si trova facilmente essere convergente assolutamente ed in egual
grado, per tutti i valori di t tali che sia
M<M.
0) Ada Mathematica, t. Vili, p. 37. Cfr. anche ibid., t. IX, p. 137.
— 794 —
come si vede subito formando il rapporto R„:R„_i. Questa serie è dunque
un integrale della (1"), ed essa si può scrivere
(16) e^2Cne-nt
con
r(o! — p2 — n) . . . r(g1 — gm — )i)
(17) C„ = (— l)nc?« nnir(Qi — <rl — /i)r(Ql — o2 — ,i)...r(Qì — am — u)
e riducendo ed indicando con C im fattore costante comune:
m
U (<*■, — Qi + 1) fa — Ci + 2) . . . (o\, — ?i + »)
(17') Cn = Ccrn
»! // (<?, — 0! + 1) ((?, — ?! + 2) . . . (QH — .?, + »)
dove è manifesta l'analogia coi coefficienti della serie ipergeometrica.
« Con un facile cambiamento di variabile, l'equazione (1") si riconduce
all'equazione differenziale lineare, a coefficienti razionali, regolare all'infi-
nito, considerata dal Goursat nella citata Memoria, mentre l'espressione (16)
si riduce alla serie ipergeometrica generalizzata, integrale di queir equa-
zione, e che forma l'oggetto della Memoria stessa.
« 7. Al sistema Qi , q1 — 1 , . . . e, — », ... di poli considerato in ciò che
precede, si può sostituire uno qualunque degli altri sistemi (15); con ciò
si ottengono m integrali dell'equazione (1"), costituenti nel loro insieme un
sistema fondamentale. Questi integrali sono tali che, detto i/'v(0 quello re-
lativo al sistema di poli ^v — n , sarà per t = -f- oo ,
lini <rxt i/\ (0 = 0
se la parte reale di x è maggiore di quella di q^ .
« 8. Nella (5") si sono supposte le a»», «mi differenti da zero. Se sup-
poniamo che ami sia zero, il numero dei fattori r sarà maggiore nel nu-
meratore che nel denominatore nel secondo membro della (14); il limite
del rapporto Rn:R„_! considerato a § 6, sarà zero per qualunque valore
di t, e la serie integrale 2Rn sarà una funzione trascendente intera. Si
ottengono così le trascendenti accennate nel n. 10 della citata Memoria del
Goursat.
* Se in luogo di aml , si suppone am0 = 0, la serie -2R,, del § 6 è
sempre divergente, benché essa continui a soddisfare fonualmente all'equa-
zione differenziale. Ma considerando -r—r invece di fU) , si ritorna al caso
f{x)
precedente, e con ciò si vede che nel caso di una funzione f{x) che sod-
disfa ad un equazione alle differenze del prim' ordine, le espressioni della
forma (4) per la f(x) e per la — — - sono affatto analoghe. Ciò spiega
— 795 —
l'analogia di forma fra l'integrale definito ordinario (euleriano) che rappre-
senta la funzione r(x), e l'integrale di Hankel (!) che esprime la l:r(x).
« Nel caso in cui aml è zero, si può limitare l'integrazione nella (6)
in un modo che mi sembra interessante perchè dà un esempio notevole
d'inversione d'integrale definito. Dico cioè che l'integrale (6) si può scrivere
~ a+in
n 8Ì th,A L ( r(x — eO rO — g8) . . . r{x — gm_i) r(x — gm) t}
(18) tf W - 2«i ] . ^ - *i) I\* - *.) • • • *X* - ff-i)
C/a— £<*>
deve « è un numero reale, maggiore delle parti reali di ciascuna delle
Qi , ?2 * • • • ?m • Posto a? = £ -}- ^ , sulla linea £ = a del piano «a? nessuna
delle funzioni F diventa infinita ; inoltre al tendere all'infinito di i\ (supposta
positiva), la r(x — j>v) diviene infinitesima di un ordine indicato da
7TY1
rì e 2 '
dove s è compreso fra — \ e -\-\ (2) ed m è il massimo intero contenuto*
nella parte reale di a — q*,- Al tendere di — rt all'infinito, T{x — q/) di-
viene infinitesima nello stesso modo.
« Da questa osservazione applicata ai vari fattori del numeratore e del
denominatore sotto il segno della (18) si può dedurre la condizione affinchè
la (18) stessa abbia un significato. Posto infatti t = r -f- ics , e*1 avrà il
valore assintotico e^71 per rj — rt oo , e l'integrale avrà un significato sotto
le condizioni
Tari ^ « Trri
— ™i— Y"<0' mrj — 2 < '
cioè per i valori di t compresi fra due parallele all'asse reale alla di-
stanza =±: — .
« Se ora consideriamo nel piano x un rettangolo coi vertici nei punti
k{a — ir/) , B(a -\- ir)) , C(« -J- 1 — ìrj) , B(a -{- 1 -j- irj) ,
l'integrale della ext f{x) esteso al contorno del rettangolo è nullo per il teo-
rema di Cauchy; ma per >; = oo , l'integrazione estesa ai lati AC, BD è
nulla, e rimane
extf{x)dx= l eMf(x)dx
'a-*-l— ira
e mutando x in x -J- 1 nel secondo membro :
«*' /(a:) dx = e1 ext f{x -f- 1) dx
(!) Riportato dal Bigler (Creile, T. CU, p. 237).
(2) Vedi Nota alla fine del lavoro.
— 796 —
Con ciò resta dimostrato che l'espressione (18) soddisfa alle condizioni (7),
e che quindi ij.>(t) è un integrale dell'equazione (1") nel caso di aml = 0 .
« In particolare, per ogni valore positivo di a. l'integrale
"* r(x) dx
non differisce da e~e~ che per un fattore costante.
« 10. Nello stesso modo che l'integrale (10) della equazione (51), con-
siderato come funzione dei parametri c^ , a% , . . . ap , soddisfa ad un'equa-
zione differenziale lineare d'ordine m rispetto a ciascuno, e ad equazioni a
derivate parziali d'ordine inferiore rispetto a due o più di essi parametri,
così, mantenendosi la già notata dualità, si trova che l'integrale (6) del-
l'equazione (1") considerato come funzione degl'infiniti qx , q2 , . . . om della
f(x), soddisfa ad un'equazione lineare alle differenze finite dell'ordine m
rispetto a ciascuno di essi, e rispetto a due o più, ad equazioni alle diffe-
• renze parziali, d'ordine inferiore. Le quindici note relazioni fra le
« functiones contiguae » di Gauss nella teoria delle serie
ipergeometriche, e le generalizzazioni di queste brevemente
accennate nel n. 7 della citata Memoria del Goursat, non
sono che casi speciali di tali equazioni alle differenze
ordinarie o parziali.
« Queste equazioni si possono ottenere come segue. Si ha, sviluppando
la (6')
(19) «0 = -h, J*- «" Ì SSJ * -*';«..*....*)&
Ora, indicando con q un numero intero positivo qualunque, si ha
r{x — Ql-{-q) = (x — o,) (x — Qi + 1) . . . (x — o, -f q — 1) r (x — <?,)
ossia
T* — 9x + q) = (& + 91&-* + <7^-2 + . • . + qh * + #?) r(* — e)
dove le #v sono fimzioni intere di ^ , di un grado indicato dall'indice. Se
dunque nella (19) si sostituisce qx — q al posto di qx , si ottiene immedia-
tamente :
(20) *&»-d»f£+*S£ + ."';l-ft*».
Formando le equazioni (20) per q = 1, 2, . . . w, si potranno dedurre i va-
lori di
fA dip dmip
(J) Scriverò xp(t) quando non importerà considerare i parametri qv , e vCp* > (?fc]
quando si vorranno considerare i parametri Qh , Qk P- es., e non la variabile t e gli altri
parametri q.
— 797 —
in funzione lineare delle
Vfoi] , VOi — 1] , • • • V[>i — w] .
a coefficienti razionali in ^ , e sostituendo le espressioni così ottenute nella
equazione (1"), si otterrà (volendo, in forma di determinante) un'equazione
alle differenze ordinarie, lineare, dell'ordine m e a coefficienti razionali in oj ,
cui soddisfa la ip considerata come funzione della sola qv. Analogamente
rispetto a ciascuno degli altri parametri.
« Partendo invece da una relazione come
T{x — Ql-\-r)r(x — Qi + s) = (x — qJìz — Q! -fl)...(# — ^-f- r — 1)
{% — Qt) . . . (x — q2 + s — !) r(^ — ?0 rO — Qt)
e procedendo in modo analogo a quanto si è fatto precedentemente, si giun-
gerà ad un'equazione alle differenze parziali, lineare e a coefficienti razio-
nali in Qi , Q2 , cui soddisfa la «/'[^ , qs~J- Similmente si troverebbero rela-
zioni fra tre o più parametri.
« 11. Riassumendo, l'analogia fra le due class1' di funzioni studiate in*
ciò che precede si può far risultare dal seguente specchio dei risultati di-
mostrati :
« All'equazione differenziale li-
neare a coefficienti razionali in e~l
si fa corrispondere, con una trasfor-
mazione, un'equazione alle differenze
lineari, a coefficienti razionali in x.
« Detto tp(t) V integrale della
prima, ed f{x) quello della seconda,
la forinola di trasformazione è della
forma
(a) f(x)=fe-*tip(t)dt,
l'integrale essendo preso secondo una
linea convenientemente scelta.
« Il grado p dei coefficienti della
prima in e~l dà l'ordine della seconda;
l'ordine m della prima dà il grado
in x dei coefficienti della seconda.
« Se dunque l'equazione diffe-
renziale è del primo ordine, l'equa-
zione alle , differenze è dell'ordine p,
a coefficienti razionali di primo grado.
« In questo caso l'espressione {a)
di f(x) dipende da p parametri, i
cui logaritmi sono i punti singolari
« All'equazione alle differenze fi-
nite lineare a coefficienti razionali in x
si fa corrispondere, con una trasforma-
zione, un'equazione differenziale line-
are, a coefficienti razionali in e~K
« Detto f{x) l'integrale della
prima, ed \p{t) quello della seconda,
la forinola di trasformazione è della
forma
1
(b) xp(t) =
2rti
exl f(x) dx ,
l'integrale essendo preso secondo una
linea convenientemente scelta.
« Il grado m dei coefficienti della
prima dà l'ordine della seconda;
l'ordine della prima dà il grado in e~l
dei coefficienti della seconda.
« Se dunque l'equazione alle dif-
ferenze è del prim' ordine, l'equazione
differenziale lineare è dell'ordine in
a coefficienti di primo grado in e~l
(equazione del Goursat facendo e-l=z).
« In questo caso l'espressione (b)
dipende da m parametri (poli della
798
dell'equazione differenziale. Rispetto
a ciascuno di questi, la f{x) sod-
disfa ad una equazione differenziale
lineare (ipergeometrica del Pochharn-
mer) a coefficienti razionali e del-
l'ordine p. Rispetto a due o più pa-
rametri, essa soddisfa ad equazioni
a derivate parziali simultanee, d'or-
dine inferiore a p , e a coefficienti
razionali.
f(x)). Rispetto a ciascuno di questi,
la i/>(/) soddisfa ad una equazione
alle differenze finite, lineare e del-
l'ordine m. Rispetto a due o più
parametri, essa soddisfa ad equa-
zioni alle differenze finite parziali
simultanee, a coefficienti razionali
nei parametri stessi.
NOTA
» Al § 9 del presente lavoro è stato enunciato un modo di tendere a
zero della funzione r(x) quando (x) tende all'infinito nella direzione dell'asse
immaginario. Quell'asserto si può dimostrare semplicemente come segue.
« Pongasi
F(*) = ^,* = * + fyf*>0
Si ha
FU) = ecxx h (l + — \ éf "*",
n=i \ ni
dove e è una nota costante ; onde si ottiene facilmente
e prendendo i valori assoluti :
(n-f^+^rH
F(H-^)!2
2?) | n^oV^^ + n2/'
PI
si indichi questo prodotto assolutamente convergente con P(//).
n Si ha pure l'altro sviluppo noto :
senh nrt = rcrj li l 1 -j- -1- \ ,
onde
senh nr
-HM +
U + ?)2
; *+«(i+9---(1+(i^)Ul+or+^
« Se ora in è il massimo intero contenuto in £ , ognuna delle frazioni
— 799 —
sotto il segno 77 sarà minore o eguale all'unità, e quindi per t] = z±=oo,
V(rj) andrà all'infinito d'ordine inferiore od eguale a
senh7rr; _
v1ir— 1 '
7TY)
perciò r(£ -{- irj) andrà a zero di ordine inferiore od eguale a r/"-i ^~ 2
dove 7; indica il valore assoluto di rj . Ma siccome possiamo anche scrivere
2l = 1 "ft1+ ft* + £)2
^(1 + ';2) • • • (l + 'A) Li l -| £-
senh7ri;
dove sotto il segno n ogni fattore è maggiore dell'unità, P(>;) sarà infinito
d'ordine eguale 0 superiore a
2»l4-2
senh7r/y
7T7)
e perciò r(£ -\-rj) andrà a zero di ordine eguale 0 superiore a rf^le %
L'ordine d'infinitesimo di T{x) per 1; = e» è dunque dato eifettivamente da
dove e è compreso fra — | e -+
Itti
t-m-+i /> 2
Patologia. — LaBilh a r 2 ia in Sicilia. Nota del Corrispondente
A. Grassi e del dott. G. Rovelli.
« Noi vogliamo richiamare l'attenzione dei patologi e degli igienisti sul
fatto, da noi determinato, che la Bilìiarna crassa, Sons, è comunissima
(circa nel 75 %) nelle pecore che si macellano a Catania, e che proven-
gono dalla Piana di Catania, in cui sono nate e cresciute. Questo fatto deve
fare una grande sorpresa, perchè finora si era ritenuto che le Bilharzie ap-
partenessero esclusivamente all'Africa : esso apre una strada facile a chi ha
mezzi di studio, per scoprire il ciclo evolutivo di questo parassita : esso lascia
infine adito al sospetto che la Bilharzia dell'uomo possa rendersi endemica
anche nei paesi irrigui dell'Italia per mezzo di qualche soldato che ritor-
nasse dall'Africa infetto di questo terribile parassita » .
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 10-i
800 —
Fisica. — Sulla velocità del suono nei vapori. Nota II (l) dei dot-
tori G. G. Gerosa ed E. Mai, presentata a nome del Socio G. Cantoni.
« Coi dati precedenti componiamo ora la tabella qui sotto, per trarre
alcune conclusioni.
temp.
lt
l't
l"t
Xt
ì*
yt
fffi
V"0
0
mm
324,20
mm
157,63
nini
254,69
mm
12,69
mm
12,62
m
0,0392
m
0,0392
ni
260,35
10
330,02
160,44
259,31
13,00
12,92
394
394
260,34
20
335,61
163,08
263,74
13,43
13,36
400
401
260,33
30
340,96
165,56
267,99
13,99
13,91
410
411
260,32
40
346,09
167,90
272,06
14,68
14,57
424
425
260,30
50
351,02
170,08
275,96
15,48
15,36
441
442
260,28
60
355,74
172,13
279,7]
16,40
Hi.L'ti
461
•463
260,25
70
360,27
174,05
283,29
17,42
17,27
484
486
260,22
80
364,62
175,83
286,73
18,55
18,39
50D
512
260,19
90
368,78
177,50
290,03
19,79
19,59
536
541
260,10
100
372,77
179,04
293,18
21,12
20,90
566
571
260,12
QQ1 m A -t / 1 I 77}
« Se colla relazione ^ — =I=— ^ — 0,n,15763 \l\ -{- at — ± (utf ,
analoga alla (3), calcoliamo gli errori x\ , relativi ad l't , e li ^confrontiamo
coi valori di sct , troviamo che, ad una stessa temperatura, x't corrisponde
ai f di xt , come si rileva dai numeri scritti nella 5a e 6a colonna della
tabella: sicché possiamo dire che
(6)
lt -4- xt =
ed
1 1 -f- ■=■ Xt — :
Ah
ovvero scrivendo le due relazioni (6) in quest'altro modo
(7)
*»(! + *)
2u
ed
l\{l + y\) =
Vt
Ari
e confrontando i valori di yt ed y\ fra di loro, risulta che y\ corrisponde
ai \ di yt , come si vede dai numeri registrati nella 7a ed 8a colonna della
stessa tabella: per cui dalle (7) risulta come sia
II
l't
2+|
yt
dove yt=yÀ^-\-cct-\-\{ctm
yt+i
« Però non riesce facile rendersi ragione del rapporto che esiste fra xt
ed x't , a meno che non si verifichi il fatto seguente.
(i) V. pag. 728.
— 801 —
« Se diciamo X la lunghezza dell'onda che corrisponde al suono fonda-
mentale del diapason, rappresenteranno f- X e \ l rispettivamente quelle fra-
zioni di l che emergono dal tubo sonoro quand'esso risuona in corrispondenza
del suono fondamentale stesso del diapason e della sua ottava.
« Ora, ponendo
Xt 7 1 . 3 J
i • — 8 * • j * ,
Jy t
cioè supponendo che le correzioni sieno inversamente proporzionali alla
frazione dell'oncia emergente dal tubo, risulta appunto
x t === -^ Xt .
« Ma se, a temperatura costante, la correzione cresce quando diminuisce
la lunghezza della colonna sonora, nel caso che non si muti l'aeriforme nel
tubo, tutto l'opposto avviene nel caso che questo venga sostituito con altri
diversi.
« Difatti, se poniamo eguale a 260,35 m. la velocità v0" del suono a 0°
nell'acido carbonico, i valori di x", calcolati per ogni temperatura colla
(8) ''< + *"• = -&•
soddisfano in ogni caso alla relazione
l"
ir __ fr t
X t — ? Xt ,
n
ossia la correzione è proporzionale alla lunghezza del tubo che risuona :
tanto che, scrivendo la (8) sotto quest'altra forma
e rapportando membro a membro quest'eguaglianza colla la delle (7), il valore
v"0 = v0 -rVl — («i — <*)t ,
che se ne deduce, è costante (a meno di una piccola variazione dovuta alla
differenza fra a ed ax). come si vede dall'ultima colonna della tabella nu-
merica surriferita.
« E pertanto resta sempre vera la legge di Dulong (*) che i numeri
delle vibrazioni, corrispondenti ai suoni resi dai medesimi tubi, parlanti
successivamente con diversi aeriformi, esprimono i rapporti delle velocità
di propagazione del suono negli aeriformi stessi: dacché, ad una data tem-
peratura e con uno stesso tubo di lunghezza /, fatto suonare con due aeri-
formi diversi, pei quali le velocità del suono sono rispettivamente v e vx e
l'altezza di n ed %\ vibrazioni, si avrà
(!) Ann. de Chem. et de Phys. Ser. 2a, t. XLI, pag. 113.
— 802 —
dove le correzioni sono eguali, essendo eguali le lunghezze /, e quindi
n v
Ih Vi.
« Per la stessa ragione il Martini con un ragionamento non corretto giunse
ad un risultato giusto. Egli ammise nel caso pratico la legge di Bernoulli,
che cioè, sieno le lunghezze /, li di due colonne gassose, le quali rinforzano
al massimo una stessa nota, la quarta parte delle corrispondenti onde A, ?.l .
vale a dire
(9) x = U = — , Al=4/1 = — ;
il che, nel caso presente, non può esse. e accolto. Anzi, se per Dulong, che
impiegava sempre imo stesso tubo senza variarne alcuna dimensione, aveva
luogo la relazione
IL JL
ih ~~ Vi '
deducibile dalle due
7 1 V 7 1 Vl .
in quest'altro caso, nel quale varia la lunghezza del tubo, pur ammettendo,
secondo Wertheim, che la correzione rimanga costante, non è più possibile de-
durre dalle relazioni
la seguente
<"> i-f
cui il Martini (') dedusse dalle (9). Che se la (10) corrisponde al vero, devoti
al fatto più sopra riferito, che le correzioni sono proporzionali alle lunghezze /, lu
cioè che le relazioni (9) devono essere sostituite dalle seguenti
4/(i + 2/) = v , 4Mi-ky) = -7-
(*) Luoghi citati. — Il Martini invero prima di far uso della (10) ha stabilito tre espe-
rienze, due sull'acido carbonico a 0° e 7° rispettivamente e l'altra sul protossido di azoto
a 7°. Ma calcolando, ad es., per l'aria e l'acido carbonico, mediante i dati da lui riferiti,
le correzioni x si ottengono questi valori :
t. aria C02
>mni
0° ll,2mm 9,3D
7° 9,3 13,4
i quali davvero si allontanano di molto dalle norme più sopra incontrate.
— 803 —
« Stabilite queste cose, nel tubo sonoro (A) abbiamo portato successi-
vamente sulla superficie del mercurio, in luogo dell'acido solforico, uno
straterello di diversi liquidi, ed abbiamo ciascuna volta elevata la tempera-
tura del bagno alla temperatura d'ebollizione dei liquidi stessi. In tal caso
l' imboccatura del tubo era coperta da una lastrina di vetro.
« Quando si riteneva per certo che tutta l'aria era scacciata ed il tubo
era ripieno solamente di vapore, si faceva la lettura, la quale veniva ripe-
tuta almeno sei o sette volte. Ed era cosa facilissima il ripeterla, poiché
bastava abbassare il corsoio in modo che la superfìcie del mercurio nel tubo
venisse a trovarsi di un minimo tratto al di sotto del punto raggiunto nella
prova precedente, perchè il liquido entrasse in fervida ebollizione e tutto
fosse pronto per una nuova lettura.
« Pei vapori i risultati delle singole prove riescirono più concordanti
che per i gas, poiché le risuonanze erano molto più distinte, massime pei
vapori più densi.
« Ed i risultati ottenuti pei vapori, qui sotto nominati, sono questi:
Vapori
t
u
u
V'o
V0
iÌq
d
Cloroformio
62°,95
mm
156,47
mm
357,08
m
144,20
m
144,49
1,1023
4,138
Etere etilico ....
35,55
187,41
343,81
179,91
180,04 (i)
1,0600
2,563
49,78
182,19
350,91
171,07
171,26
1,2529
3,348
Cloruro di metil.e .
43,29
185,30
347,71
175,73
175,92
1,1625
2,944
Solfuro di carbonio
47,75
198,98
349,91
187,42
187,67 (i)
1,1783
2,622
Acetone acetica. . .
58,23
224,23
354,90
207,98
208,38
1,1131
2,009
Alcole allilico . . .
95,46
246,19
370,59
217,73
218,54
1,2243
2,009
Alcole etilico ....
79,68
256,23
364,48
230,83
231,64(i)
1,0906
1,593 '
Propilaldeide ....
50,57
275,00
351,28
257,92
258,31
1,7105
2,009
dove
t indica la temperatura del vapore;
L{ la lunghezza della colonna di vapore che rinforza al massimo il
diapason ;
lt la corrispondente lunghezza della colonna d'aria secca;
V'o la velocità a 0° del suono nel vapore, calcolata colla relazione
V'o =-^«'0 1/1 — (/* — «) *,
n
(!) Si può osservare come il Masson (Ann. de Chein. et de Phys., S. 3a, t. 53,
pag. 283, 1858), avendo studiata la velocità del suono nel vapore dell'etere etilico, del sol-
furo di carbonio e dell'alcole etilico, abbia trovato rispettivamente i valori 179,2, 189, 230,
i quali sono vicinissimi ai nostri.
— 804 —
assumendo pel coefficiente di dilatazione dei vapori /? = 0,00390 ;
V0 la velocità a 0° del suono nel vapore, calcolata colla relazione
uyi + fit—iipty
ammettendo che, come per l'aria e l'acido carbonico, anche pei vapori abbia
luogo la relazione
Lt = Loj/i + # — i(#)2;
_ Vq2.^. 0,0012928 . . ...
K0 = ,,„ -„ -io k,-, » ^ rT^ il rapporto dei calori specifici a 0° del
9,805. 13,596. O,7o
vapore ;
d la densità teorica dei vapori (meno quella della gasolina che fu
determinata sperimentalmente), come quella che è intermedia in generale ai
diversi valori sperimentali.
« Qui si potrebbe notare come per i vari vapori i rapporti fra le velo-
cità Vj e quelli inversi delle radici quadrate dei rispettivi pesi molecolari
non sieno molto diversi, come appare dal seguente confronto:
Rapporti delle Rapporti inversi delle radici
velocità quadrate dei pesi molecolari
Cl01'°f0r- 0,839 i/t£t-} = 0,835
Etere 119,6
Cloro Cor.
Clor. di metil. X 119,5
l/—
(/ 119,1
0.848 1/ — — = 0,843
C1°r0f0r- 0,789 V~ = 0,797
Solf. di carb. 119,5
Clorofor.
Acetone
t/—
(/ 119,5
IMÌ|,!I 1/7777^ = 0.697
«2^£_ 0i630 t/58
Ale. alhl. | 119,5 •'
Clorofor.
Alcol, etil.
Clorofor.
l/ 46
X lf9,5
0,608 1/ -7— = 0,620
X H9,ì
0,571 1/ TT7TT '¥ = 0,569
Propilald. ' J/ 119,5
« Però se ne discosta un po' l'etere, pel quale si è dovuto moltiplicare il
rapporto dei pesi molecolari per f . È vero che anche per 1' alcole allilico e
per la propilaldeide, isomeri dell'acetone, si è dovuto moltiplicare il rapporto
dei pesi molecolari rispettivamente per j e .-§■; ma quest'era prevedibile, in
quanto che la legge stessa di Masson (1. e.) che i calori specifici a volume
— 805 —
costante, riferiti all'unità di volume, sono, pei gas ed i vapori composti, pro-
porzionali al numero dei volumi degli elementi semplici che costituiscono il
volume del composto, non ha più valore in tal caso. Anzi è interessante l'os-
servare come molto semplici sono tra questi isomeri i rapporti suindicati :
Rapp. della veloc.
Acetone „ n*„ _* /~2~
0,817 1/4 = 0,817
Propilald. [/ 3
Ale, allil. Fg
Ale. alili. I~T
Propilald." °>902 J/y = 0,894
Acetone /T"
Ale. allil. 0.906 |/-|- = 0,913
« Ed ora, nell'ipotesi che la relazione surriferita avesse luogo in gene-
rale, il rapporto dei calori specifici dei vapori alla temperatura assoluta di
ebollizione dei rispettivi liquidi risulterebbero inversamente proporzionali
alle temperature stesse, ed il coefficiente di proporzionalità, quando non fosse
l'unità, sarebbe un numero assai semplice. Ma tanto sia per ora detto colla
massima riserva, comechè fondato sovra pochissimi dati ».
Fisica. — Sulla dilatazione termica di alcune leghe binarie
allo stato liquido. Nota II (l) di G. Vicentini e D. Omodei, presentata
dal Socio Blaserna
* Nella misura della dilatazione delle leghe allo stato liquido, abbiamo
seguito lo stesso metodo ed adoperato il medesimo apparecchio altra volta
descritti (2).
« Le leghe si studiano in dilatometri di vetro di noto coefficiente di dila-
tazione e con termometro a mercurio confrontato con quello ad aria.
« Non riteniamo necessario dare qui ulteriori schiarimenti sul metodo
sperimentale, l'attuale lavoro essendo da considerarsi quale continuazione dello
studio fatto prima, delle leghe di Pb e Sn e pubblicato nei Rendiconti di
questa E. Accademia.
« Nel comunicare i risultati delle nuove ricerche facciamo cenno del modo
col quale abbiamo calcolato certi valori, che nello studio antecedente si sono
consegnati senza alcun schiarimento. Passiamo quindi senz'altro a comunicare
i risultati delle osservazioni.
0) V. pag. 718.
(2) Atti della R. Acc. di Torino, voi. XXII, 1886 e 1887. — Rendiconti della R. Acc.
dei Lincei, fase. 10, 1887.
— 806 —
I. Lega Sn Bi.
« La lega Sn Bi è stata studiata in due dilatometri diversi, i quali hanno
dato per valori della densità D alle varie temperature t quelli registrati nella
tab. IV. Kicordiamo che Wn indica il volume dei dilatometri determinato sino
alla divisione n del loro cannello, ed è espresso in cm 3 ; w invece è il volume
di una divisione del cannello nel tratto di esso ove arriva la colonnina del
metallo fuso, ed è espresso nella stessa unità.
« P è il peso in grammi della lega che riempie il dilatometro. È inutile
avvertire che tanto nella calibrazione dei dilatometri, quanto nelle pesate
delle leghe in essi introdotte si tiene sempre conto della spinta dell'aria, ed
i numeri riferiti sono sempre corretti rispetto a tal causa di errore.
Tabella IV.
Dilatometro
I.
Dilatometro IL
Wd =
= 4,19264 w
= 0,0018485
w,..
7 = 5,13846 w = 0,002300
P= 36,98
79
P = 45,1804
la Serie
2-1 Serie
t
D
t
D
t
D
1
151.2
8.7709
11
158.7
8.7829
2
179.6
8.7621
12
178.9
8.7774
3
186.3
8.7572
4
214.5
8.7311
13
204.8
8.7580
5
246.5
8.6968
8
250.7
8.6965
11
2426
8.7211
6
277.9
8.6617
9
275.9
8.6696
15
274.0
8.6874
7
298.3
8.6441
10
289.7
8.65405
16
306.6
8.6521
« Come fa vedere questa tabella, la lega Sn Bi è stata studiata entro un
intervallo di temperatura abbastanza esteso (151° — 307°). Le due serie di mi-
sure eseguite col dilatometro I. ci hanno mostrato che alle temperature più.
basse, cioè a quelle inferiori ai 210°, dopo parecchie fusioni e lente solidificazioni
della lega, non si possono ottenere valori concordanti della densità. È questa
la ragione per cui non riportiamo sotto la II. serie i valori della densità alle
temperature inferiori ai 250°, perchè riuscirono troppo piccoli, ed anzi anda-
vano diminuendo di valore colla ripetizione delle prove. Alle temperature più.
elevate invece i risultati concordano pienamente con quelli della prima serie.
« Coi dati delle esperienze 1, 2, 3, 4 e coi valori medi di quelli delle
esperienze 5-8 , 6-9 , 7-10, abbiamo costruita la curva delle densità della
lega, assumendo come ascisse le temperature (lmra per ogni grado) e come
ordinate le densità (lmm per ogni metà della terza decimale). Tale curva si
— 807 —
può considerare costituita da due tratti rettilinei ben distinti; l'uno molto
inclinato rispetto all'asse delle ascisse, che rappresenta le densità alle tem-
perature elevate ; l'altro molto meno inclinato in corrispondenza alle tempe-
rature inferiori. Le due parti rettilinee, per mancanza di un numero sufficiente
di punti, sono riunite da un breve tratto curvilineo.
u Nel dubbio che la lega avesse perduta la propria omogeneità in causa
delle ripetute fusioni e solidificazioni nell'interno del dilatometro, fu levata e
rimescolata ben bene assieme alla parte non impiegata nelle misure e quindi
introdotta nel dilatometro IL Studiata con esso ha dato i risultati registrati
pure nella tab. IV coi quali si è costruita una curva che sebbene non coincida
con quella del dilatometro I. corre però perfettamente parallela ad essa. I
valori della densità della lega ad una stessa temperatura, quali si possono
ricavare dalle due curve, differiscono solo di due millesimi del valore totale.
Questo è lo scostamento massimo che abbiamo trovato nel valore delle den-
sità delle singole leghe, misurate con dilatometri differenti.
« Dalle due curve abbiamo ricavato i valori della densità della lega a
diverse temperature t quali si trovano registrate nelle prime colonne della
tabella V, nell'ultima colonna della quale diamo i loro valori medi che hanno
servito a costruire la curva 1 della fig. I.
Tabella V.
Dilatometro I.
Dilatometro II.
Valori
medi
t
D
D
150
8,7850
8,7710
8,7780
178
8,7775
8,7627
8,7701
185
8,7740
8,7585
8,7662
200
8,7623
8,7445
8,7534
215
8,7480
8,7303
8,7391
250
8,7130
8,6940
8,7035
280
8,6808"
8,6631
8,6719
310
8,6484
8,6324
8,6404
« La curva 1 fa vedere che la lega Sn Bi non possiede una dilatazione
regolare e quindi non è una lega chimica.
« Essa è costituita da una lega ben definita di stagno e di bismuto nella
quale si deve trovare un eccesso di uno dei componenti. Nel caso attuale
d'una lega di stagno e bismuto, nota la curva della densità, è facile stabi-
lire col ragionamento quale è il metallo eccedente.
« Il tratto di curva corrispondente alle temperature più basse, sappiamo
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 105
— 808 —
corrispondere al periodo nel quale la lega chimica è già fusa ed in essa, col-
l' aumentare della temperatura, vanno disciogliendosi porzioni sempre nuove
del metallo eccedente.
« In tale periodo la densità della lega (che non è perfettamente liquida)
cambia per l'aumento di temperatura, e per la variazione di volume del me-
tallo eccedente che continua a disciogliersi in essa. Ora per la Sn Bi il primo
tratto della curva è molto meno inclinato, rispetto all'asse delle ascisse, di
quello che non sia il secondo tratto rettilineo, che dà la variazione della den-
sità della lega completamente fusa.
« È questo un indizio che il metallo che si trova in eccesso, nell'atto
del proprio cambiamento di stato diminuisce di volume.
« La lega è quindi troppo ricca di bismuto.
« Prolungando i due tratti rettilinei della curva essi si incontrano appros-
simativamente a 187°, in un punto al quale corrisponde la densità 8,768.
L'eccesso di bismuto sarebbe quindi tutto disciolto, saturando la lega chimica,
alla temperatura
z', = 187°.
« Se ci serviamo della densità a 150° ed a 178° per calcolare la varia-
zione di volume che subisce l'unità di volume della lega per ogni grado di
temperatura, nell'intervallo nel quale essa contiene del bismuto solido, si ha
il valore
«' = 0,0000322.
« Se si suppone inoltre, come abbiamo verificato per le leghe di Pb e Sn,
e riconosceremo esatto per altre, che fra la temperatura di fusione i della
lega e la temperatura t\ or ora determinata la variazione di densità si man-
tenga proporzionale a quella della temperatura, si può calcolare coll'impiego
di ce la densità della lega alla temperatura r. Facendo il calcolo a ciò neces-
sario si ha:
DT = 8,8819
come densità della lega alla temperatura di fusione.
« Nello studio dei metalli ed in quello delle leghe di Pb e Sn, abbiamo
veduto come riesca facile determinare con molta approssimazione la densità
D- di essi alla temperature di fusione ed allo stato solido. Valendoci ora
per la Sn Bi dei dati che si sono ottenuti coi dilatometri I. e II. si ha:
« Dilatometro I. Con un peso di lega di gr. 37,5810, D"7 = 8,7094.
* 36,9851, D\ = 8,7084.
« Valore medio DST = 8,7089.
« Dilatometro II. Con un peso di lega di gr. 45,1804, DST = 8,7250.
« Facendo la media dei valori ricavati coi due dilatometri si ha quindi:
DST = 8,7169.
« Noti che siano D'T e D% si ricava subito il valore della variazione per-
— 809 —
centuale J nella densità della lega, subita nel passaggio dallo stato liquido
al solido. Esso risulta
</ = — 1,86
vale a dire la lega si dilata solidificandosi.
« Il coefiìcente di dilatazione della lega perfettamente liquida, la quale
come mostra la curva della densità, entro i limiti di temperatura raggiunti
si dilata uniformemente, si calcola coi valori corrispondenti alle temperature
215° e 310°; esso è dato da
« = 0,00012035.
« Se poi si calcola il coefficiente di dilatazione ac che dovrebbe avere
la lega qualora i metalli che la compongono conservassero la dilatazione che
possiedono allo stato liquido, si ha:
«c = 0,0001 176
che è di poco differente dal coefiìcente a trovato.
« Siccome poi noi conosciamo la densità dei metalli componenti la lega
allo stato liquido, nonché il loro coeffi conte di dilatazione, ci è possibile cal-
colare la densità che dovrebbe avere la lega liquida e a temperature diverse,
qualora i metalli liquidi conservassero in essa il loro volume.
« Tale densità si può avere ricorrendo all'espressione
_100D.D'
y) C~PD'4-P'D
dove D e D' sono le densità dei due metalli liquidi alla temperatura che si
considera e P e P' i pesi dei due componenti secondo il rapporto centesimale.
« Lo studio della dilatazione dei metalli fusi ci ha portato alla conclu-
sione che vicino alla temperatura di fusione essi si dilatano uniformemente ;
quello delle leghe di Pb e Sn e della lega di cui qui ci occupiamo prova
che la stessa cosa si verifica per esse, quando si trovano allo stato di com-
pleta fusione ; e di più che la loro dilatazione, entro i limiti degli errori di
osservazione, è eguale alla somma delle dilatazioni dei metalli componenti.
Ciò significa che i metalli conservano nelle leghe fuse il proprio coefiìcente
di dilatazione anche a temperature inferiori di molto a quella della loro fu-
sione. Il calcolo della densità teorica delle leghe liquide col mezzo della (1)
si può applicare anche alle temperature alle quali i metalli presi separata-
mente sarebbero solidi.
« Applicando alla Sn Bi la (1) per le temperature 226°,5 e 271° (tem-
peratura di fusione dei suoi componenti) e per la massima temperatura 310,
si hanno i seguenti valori :
D
t
calcolata
trovata
differenza
226°,5
8,6873
8,6813
— 0,006
271°
8,6422
8,6625
4-0,0203
310°
8,6029
8,6404
4- 0,0375
— 810 —
« Le differenze mostrano che alle temperature più elevate si ha contra-
zione ed alle più basse una debolissima dilatazione.
« Come osserveremo in seguito, lo studio delle leghe binarie può servire
a determinare con una certa approssimazione il coefficente di dilatazione e la
densità di un metallo, allo stato liquido, quando si possa unire in lega con un
metallo che allo stato di fusione possiede densità e coefficente di dilatazione
noti. Ammesso di fatto, come è accennato sopra, che nella lega allo stato liquido,
i metalli conservino il rispettivo coefficiente di dilatazione; noto che sia il
coefficiente di dilatazione « della lega perfettamente fusa, quello «' di uno
dei suoi componenti, che entra in essa col peso P (rapporto centesimale), co-
nosciute inoltre le densità D e D' del metallo stesso e della lega fusi, ad
una determinata temperatura, il coefficente di dilatazione a" del secondo com-
ponente si ottiene applicando la formula
„ tt.lOOD — r/PD'
(2) a 100 D — PD' '
Calcolando questa espressione per il caso della lega Sn Bi, supposto incognito
il coefficente di dilatazione del bismuto, questo risulta
«" = 0,000 12 VI
valore alquanto più grande di quello dato dall'esperienza che è eguale a
0,000120. Si vedo dunque che qualora a" non fosse conosciuto, sarebbe dato
con sufficente approssimazione collo studio della Sn Bi.
« Finalmente considerando che la variazione di volume che accompagna
la formazione delle leghe è relativamente piccola, si comprende che la cono-
scenza della densità di queste allo stato di completa fusione, può parimenti
servire alla determinazione del valore della densità di uno dei loro compo-
nenti. Per il calcolo basta ricorrere alla formula
D' Pf
r~rr d
che dà la densità del metallo liquido alla temperatura di fusione, in funzione
delle densità D e D' che alla stessa temperatura possiedono il secondo com-
ponente e la lega, ed in funzione dei pesi P e P' dei metalli componenti
(P peso di quello di nota densità).
« Eseguendo il calcolo per determinare la densità del bismuto liquido
alla sua temperatura di fusione si ha
DT = 10,097 •
in luogo di 10,0358 che è il valore trovato direttamente col metodo diiato-
metrico. La differenza tra il valore calcolato e quello trovato è solo di 0,6
su cento.
« La densità calcolata, come era prevedibile, risulta più grande di quella
misurata, dappoiché la formazione della lega liquida alla temperatura di
— 811 —
fusione del bismuto (r = 271°). come abbiamo veduto, è accompagnata da
contrazione.
IL Lega Sn4 Bi3.
« La lega Sn4 Bi3 è stata studiata con un dilatometro col quale si sono
fatte tre serie di determinazioni che hanno portato a risultati molto concor-
danti. Alla fine delle esperienze il dilatometro è stato vuotato e calibrato di
nuovo per avere un controllo dei numeri impiegati nei calcoli delle densità.
« Tanto per questa lega come per tutte le altre, al principio ed alla fine
di ogni serie di osservazioni si è sempre pesato il dilatometro per tener conto
delle eventuali perdite di lega che possono accadere nelle operazioni già de-
scritte quando si spiegava il metodo sperimentale seguito nello studio.
Tabella VI.
dilatometro III.
W5., = 3,63112
Wo = 0,002425
la Serie
P = 31,2398
178,5
202,9
240,0
249,3
269,8
275,4
303,2
317,7
8,5379
8,5133
8,4732
8,4653
8,4465
8,4376
8,4145
8,3956
2a Serie
P = 31 ,2354
9
10
11
12
t
148,5
153,6
154,4
174,9
D
8,5689
8,5636
8,5621
8,5402
3a Serie
P = 31,2354
16
17
154,3
176,2
202,5
270,4
304,2
8,5628
8,5392
8,5126
8,4418
8,4081
« I numeri della tabella VI danno già un'idea della concordanza dei
risultati ottenuti in giorni e condizioni diverse. Tracciando la curva delle den-
sità (fìg. I curva n. 2) si trova che essa è rappresentata da una retta. La lega
Sn4 Bi3 si dilata dunque uniformemente, a partire da temperature prossime
a quella di fusione; è perciò da considerarsi una lega chimica. 11 Mazzotto
nel lavoro già citato, trovò pure che fra le leghe di stagno e bismuto, la
Sn4 Bi3 è quella che nella fusione manifesta il carattere di lega chimica.
« Dalla curva della Sn4 Bi3 togliamo i seguenti valori che danno la den-
sità della lega di venti in venti gradi.
S12 —
Tabella VII.
Densità della lega Sn4
Bi3
fra 150°
e 330°.
150, D = 8,5670;
t
= 250,
D = 8,4618
170, 8,5466;
270,
8,4444
190, 8,5261;
290,
8,4239
210. 8,5057;
310,
8,4035
230, 8,4852 ;
330.
« 11 coefficeute di dilatazione per la lega liquida è
« = 0,0001217.
« Quello calcolato
«c = 0,0001 172
riesce alquanto minore di «.
« 11 modo col quale si raffredda la lega Snt Bi3< come ha mostrato a noi
e ad altri, indica, che la sua solidificazione avviene completamente alla tem-
peratura t = 137°,3; per quanto sappiamo anche la dilatazione della lega deve
quindi mantenersi uniforme sino a tale temperatura.
* Perciò col valore della densità a 150° e con quello del coefficeute di
dilatazione della lega ora trovato si ottiene
D<T = 8,5800
quale densità della lega fusa, alla temperatura di fusione. Tale valore si ricava
anche dalla curva n. 2 prolungata sino al punto corrispondente alla tempe-
ratura 137°,3.
« La densità della lega solida alla stessa temperatura si è ricavata nel
modo noto colle indicazioni del dilatometro contenente pesi di lega fra loro
poco differenti e si è ottenuto :
« Con un peso P = 31,2421, D\ = 8,5163
31,2398, » =8,5185
31,2354, » =8,5225
« Medio D\= 8,5191.
« Per mezzo dei valori di D*T e Ds- si ha che la variazione percentuale
della densità della lega all'atto della solidificazione è misurata da
J = — 0.7l
cioè la lega aumenta di volume solidificando.
« Se si applica la espressione (1) per calcolare la densità teorica della
lega liquida a varie temperature si ottiene
D
t calcolata trovata differenza
150° 8,5393 8,5670 +0,0277
226.5 8,4640 8,4889 + 0,0249
271 8,4202 8,4434 +0,0232
310 8,3821 8,4035 +0,0214
— 813 —
* La formazione di questa lega allo stato liquido è dunque accompa-
gnata da una contrazione di volume, che va debolmente diminuendo col cre-
scere della temperatura.
« Applicando la (2) si ricava per coefficente di dilatazione del bismuto
il valore
«" = 0,0001302
che è maggiore del valore dato dall'esperienza.
« Servendoci infine della (3) per avere la densità del bismuto liquido
alla temperatura di fusione risulta
DT = 10,090.
Anche in questo caso tale numero è più grande di quello trovato.
III. Lega.
« La lega fu dapprima introdotta nel dilatom. IV di volume Wi3g==4,88693
con un cannello del quale una divisione ha il valore «' = 0,00280; un peso
di essa eguale a gr. 37,3317 arrivava fino alla divisione 19,5 ; per cui la
densità della Sn2 Cd solida alla temperatura di fusione è
D\ = 7,5756.
« Essendosi rotto il dilatometro al principio delle determinazioni sulla
lega liquida, si dovette con essa riempire il dilatometro VI, e con questo si
sono fatte le due serie di misure raccolte nella tabella Vili. Dei valori delle
densità corrispondenti a temperature molto vicine si sono ricavate le medie,
e con queste si è tracciata la curva delle densità, che risulta una linea retta
(fig. I, curva 3). È dalla curva, che si sono tolti i valori delle densità della lega
liquida fra 180° e 310° quali si trovano nell'ultima parte della tabella seguente :
Tabella Vili.
Densità della lega Sn2 Cd fra 180° e 310°.
Dilatometro VI.
W31 = 4,24001 io, = 0,00282
la Serie
P = 30,9165
2a Serie
p = 30,9124
Valori
dalla
dedotti
curva
t
184°9
D
t
7,2768
t
L>
7,2796
183°2
180
7,2820
213,6
7,2550
221,6
7,2445
210
7,2554
253,2
7,2200
252,8
7,2161
250
6,2203
283,8
7,1921
284,0
7,1893
280
7,1936
304,8
7,1696
306,1
7,1695
310
7,1670
— 814 —
« La lega Sn2 Cd è una lega chimica, come ha provato la legge del suo
raffreddamento , ed ora indica l'uniforme sua dilatazione. Ad essa spetta il
coefficiente di dilatazione
« = 0,0001235
col quale si può calcolare la densità della lega liquida alla temperatura di
fusione 174°,8, e si ha
1)'. = 7,2867
- Con D'T, e D T dato più addietro, si calcola
J = 3,964;
quindi all'atto della solidificazione della Sn2 Cd si ha un notevole aumento
di densità.
« Il coefficiente di dilatazione della lega calcolato in base a quello dei
metalli componenti è
ac = 0,0001305
molto più grande di quello trovato.
« Ecco ora i valori teorici della densità della lega liquida a varie tem-
perature, calcolati col mezzo della (1) della Nota antecedente, e le loro dif-
ferenze sopra i valori trovati.
D
t
calcolata
trovata
differenza
180°,
7,3479
7,2820
— 0,0659
226°,5
7,3038
7,2412
— 0,0626
318°
7,2178
7,1599
— 0,0579
« La formazione della lega Sn2 Cd allo stato liquido è accompagnata
da dilatazione.
u Coll'impiego della (2) si trova che il coefficente di dilatazione posse-
duto dal cadmio nella lega, ammesso che lo stagno vi conservi il proprio, è
«" = 0,0001461
valore notevolmente minore di quello misurato (0,000170).
« La (3) poi ci dice che la densità che possiede il cadmio liquido a v
nella lega stessa è
D'T = 7,7662
« L'essere questo numero più piccolo del valore di Dl~ trovato diretta-
mente (7,982) è giustificato da quanto abbiamo più sopra ricavato, intorno
alla dilatazione che accompagna la mescolanza dei metalli liquidi che costi-
tuiscono la lega ».
— 815 —
Fisica. — Sui sistemi di frangio d interferenze prodotte da
mia sorgente di luce a due colori. Nota del dott. Michele Cantone,
presentata dal Socio Blaserna (').
<■ Sinora non si è potuto procedere allo studio di deformazioni istantanee
mediante l'apparecchio di Fizeau, perchè gli spostamenti delle frangie d'inter-
ferenza, per la grande rapidità con cui avvengono, non possono seguirsi dal-
l'occhio. Io ho pensato però che fosse facile anche in tal caso l'attuazione
del metodo in parola ricorrendo per la produzione delle frangie, invece che
ad una sorgente di luce monocromatica, ad una fiamma che desse contempo-
raneamente due colori semplici dello spettro. Infatti allora in luogo di avere
anelli di una sola tinta, si devono ottenere anelli a colorazioni diverse e
riproducentisi con un dato periodo, per modo da conseguire un effetto analogo
a quello che si ha nel fenomeno prodotto dal prof. Eighi (') colla formazione
delle frangie negli specchi di Fresnel usufruendo dei raggi provenienti da
due regioni dello spettro. Con tale modificazione se si è in grado di consta-
tare nettamente quel periodo, supposto che si conosca il senso dello sposta-
mento delle frangie, si può misurare una variazione di lunghezza, avvenuta
nel corpo in esame, corrispondente ad un numero di frangie minore di quello
che costituisce il periodo, senza bisogno di seguire lo spostamento delle strie
una per una.
« Per ottenere risultati praticamente utili conviene che le tinte si ripro-
ducano coli' intervallo di un numero di frangie che non sia né troppo piccolo
né troppo grande, perchè nel primo caso si potrebbero constatare variazioni
di lunghezza assai piccole, e nell'altro si avrebbe incertezza nell'apprezza-
mento del periodo.
« La sorgente che si presta assai bene per ricerche del genere avanti
esposto è quella colorata mediante i sali di sodio e litio: con essa infatti
le colorazioni devono riprodursi coli' intervallo di circa 7,24 anelli della luce
del litio, avendosi in quel tratto un numero uguale aumentato di una unità
di frangie gialle ; cosicché dato sempre il caso che si conosca il senso dello
spostamento, si può arrivare a misurare una variazione istantanea di lunghezza
inferiore a mm. 0,0024.
« Io sono riuscito ad avere fra due lastre di vetro, con una lampada a
gas colorata dai vapori di sodio e litio, un sistema di frangie a tinte varia-
bili e riproducentisi periodicamente, ed ho constatato che l'intervallo costi-
tuente il periodo era precisamente quello preveduto dalla teoria. L'aspetto
del campo del cannocchiale era quale dovea aspettarsi per la sovrapposizione
(*) Lavoro eseguito nel laboratorio di fisica della R. Università di Palermo, maggio 1888.
(2) A. Righi, Ricerche sperimentali sulV interferenza della luce. Memorie dell'Acca-
demia delle scienze dell'Istituto di Bologna, serie 3a, tomo Vili, sessione del 19 aprile 1877.
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 1° Sem. 106
— 816 —
dei due sistemi di anelli: spiccavano alcune frangie di un rosso vivo sepa-
rate da serie identiche di altre meno pronunziate con tinte tendenti all'azzur-
rognolo ed alternantisi con dei tratti neri, che riuscivano più marcati a mi-
sura che si trovavano più lontani dalle strie rosse. Il periodo poteva pertanto
apprezzarsi sia contando il numero di frangie colorate fra due successivi tratti
neri aventi la massima nettezza e i bordi ugualmente colorati, sia tenendo
conto delle frangie che si aveano fra due successive colorate in rosso vivo.
« Per la produzione dei vapori metallici nella fiamma mi servivo di uno
stoppino di fili di amianto, alimentato da una soluzione di carbonato di litio
che era contenuta in un recipiente di vetro capovolto ; così con piccolo con-
sumo di quella sostanza poteva ottenere per molto tempo una luce sufficiente-
mente intensa per la produzione del fenomeno che si volea esaminare. Non
vi fu bisogno di aggiungere nella soluzione del cloruro di sodio, perchè, attese
le piccole impurità del carbonato di litio, la luce della fiamma esaminata
allo spettroscopio diede la riga rossa del litio e quella gialla del sodio sen-
sibilmente colla stessa vivacità. Quanto alla riga del litio nel giallo non potè
constatarsene la presenza, il che accennava alla piccola intensità dei raggi
corrispondenti a quella riga e conseguentemente all' influenza trascurabile che
la presenza di tali raggi poteva avere nel fenomeno.
« Accertatomi che il metodo da me ideato era attuabile, ho voluto stu-
diare una modificazione di cui esso è suscettibile, tendente ad apportare una
maggiore esattezza nelle misure. Ho pensato infatti che, ottenendo con una
lente l'imagine reale delle frangie sulla fenditura dello spettroscopio, si do-
veano vedere le frangie prodotte dalle due sorgenti monocromatiche separate
da uno spazio dipendente dalla dispersione del prisma e dalla larghezza della
fenditura; di guisa che facendo variare opportunamente siffatta larghezza si
poteano portare i due campi striati a contatto Timo dell'altro. Con questo
artificio, specialmente nel caso che le frangie si presentassero a forma di
tratti paralleli e perpendicolari agli spigoli della fenditura si dovea poter
misurare colla massima esattezza la differenza di fase fra i raggi rossi e i
gialli in un punto qualunque del campo visibile, per cui valutando gli spo-
stamenti delle frangie per una variazione prodotta nello spessore della lamina
d'aria si avea il mezzo di determinare la grandezza della variazione con-
nata, purché questa non superasse il limite di mm. 0,0024.
« L'esperienza ha confermato il vantaggio che si poteva avere dalla modi-
ficazione sopra esposta. Le frangie si ottenevano in questo come nel caso
precedente con un apparecchio analogo a quello di Fizeau. Il fascio di luce
dopo avere subito la doppia riflessione sulle due faccie della lamina d'aria
cadeva su una lente acromatica a corto foco, collocata al di là del punto di
convergenza di esso fascio : lo spettroscopio veniva disposto in modo che sulla
fenditura si avesse l'imagine delle frangie e il collimatore riuscisse col suo
asse sensibilmente parallelo alla direzione nella quale arrivavano i raggi.
— 817 —
Allargando convenientemente la fenditura si aveano due imagini di essa a
contatto fra loro, rossa l'ima, gialla l'altra, e portanti entrambe le frangie
d'interferenza, le quali, modificando opportunamente l'orientazione della lastra
mobile dell'apparecchio, potevano ottenersi a forma di tratti perpendicolari
ai bordi della fenditura.
« Potendosi nelle condizioni in cui si operava apprezzare assai bene il
decimo di frangia si fu in grado di constatare che fra due frangie gialle
sensibilmente sul prolungamento di due rosse ne erano comprese 7 e ì/i circa
delle prime.
« Si potrebbe, a mio credere, aumentare il limite delle variazione istan-
tanee di lunghezza suscettibili di misura con questo metodo adoperando la
luce proveniente da due regioni dello spettro solare più vicine delle linee
relative al sodio ed al litio, la quale si farebbe convergere con una lente
nel punto stesso ove d'ordinario si colloca la fiamma a gas. Se il periodo in
questo caso non può nettamente determinarsi, si può però diffìcilmente commet-
tere un errore superiore alle sette frangie ; sicché questa disposizione potrebbe,
adoperandosi alternativamente coli' altra precedentemente esposta, dare con
approssimazione il numero di frangie che sono passate per un determinato
punto, riservando la disposizione precedentemente descritta per l'accertamento
esatto di quel numero. Io non ho fatto delle esperienze in proposito perchè
il mio apparecchio, per il modo come era collocato, non mi permetteva di
realizzare quelle condizioni per le quali dovea prodursi il fenomeno ; ma non
credo che siffatta produzione sia per se stessa molto difficile.
« Accenno infine ad un risultato sperimentale cui sono pervenuto e che
facilmente si potea prevedere.
« Ho prodotto le frangie colla sola luce del sodio, ho fatto cadere l'ima-
gine ottenuta per mezzo di una lente sulla fenditura di uno spettroscopio a
forte dispersione, ed ho osservato che la imagine della fenditura era contor-
nata lateralmente da due sottili striscie di minore splendore, anch'esse striate
trasversalmente, opperò in modo da aversi in generale una differenza di fase
colle frangie corrispondenti del campo centrale, in un senso per una delle
striscie in senso opposto per l'altra. Stringendo mano mano la fenditura si
potea sopprimere la regione centrale e portare le due striscie a contatto fra
loro ; nel qual caso la differenza di fase dei due sistemi di strie si poteva
apprezzare con maggiore precisione.
« Il fenomeno, come si può subito argomentare, è dovuto al fatto che
la luce del sodio non è monocromatica, per cui si hanno sempre due ima-
gini, le quali d'ordinario sono in parte sovrapposte lasciando due porzioni
del campo una a destra, l'altra a sinistra colorate di luce monocromatica.
« I sistemi di frangie che si hanno in queste strie non sono sul prolun-
gamento l'uno dell'altro se non nel caso in cui gli anelli colorati si presen-
tano direttamente colla massima nettezza ; sono invece in opposizione quando
— 818 —
lo spessore della lamina d'aria sia tale da aversi l' annullamento delle frangie
osservate direttamente : ho visto difatti che per uno spessore della lamina
d'aria quasi nullo le strie dell'un sistema erano sensibilmente sul prolunga-
mento di quelle dell'altro, e in queste condizioni allargando la fenditura le
frangie apparivano assai marcate nella regione centrale comune alle due ima-
gini della fenditura ; mentre aumentando lo spessore della lamina d'aria si
arrivava ad avere nella porzione comune un campo colorato uniformemente
con contorni laterali striati : stringendo allora nuovamente la fenditura sino
a portare a contatto le regioni striate i tratti luminosi dell'un sistema si trova-
vano in corrispondonza coi tratti oscuri dell'altro. Aumentando ancora lo spes-
sore della lamina d'aria variava visibilmente la differenza di fase dei due
sistemi di strie ed allargando la fenditura si trovava che le frangie ricompa-
rivano nella regione centrale ».
Fisica. — Stilla influenza delle forze elastiche sulle vibrazioni
trasversali delle corde. Nota III (') del prof. Pietro Cardani, pre-
sentata dal Socio Blaserna.
V.
Influenza del diametro.
« I risultati esposti nella Nota precedende relativi all'influenza del peso
tensore hanno dimostrato chiaramente che tra la teoria e la pratica non esi-
stono quelle forti divergenze che aveva trovato il Savart, e che invece l'ac-
cordo è quasi completo anche con pesi tensori molto piccoli. Resta dunque
fuor di dubbio che il numero di vibrazioni molto elevato, che il Savart otte-
neva dalle corde anche con un peso tensore eguale a zero, era quello corri-
spondente alle corde vibranti come verghe elastiche fisse alle due estremità,
che nel corso delle esperienze egli aveva seguito le modificazioni che a questo
numero di vibrazioni apportavano le differenti tensioni, e che quindi il Savart
nel suo lavoro aveva ottenuto uno scopo del tutto differente da quello pre-
fissosi. L'equivoco in cui era incorso il Savart nel prendere come nota fon-
damentale della corda quella corrispondente alla stessa corda vibrante come
verga elastica fissa alle due estremità, doveva necessariamente portare come
conseguenza l'altro risultato da lui ottenuto, che cioè le divergenze dovevano
essere tanto più forti quanto maggiore era il diametro della corda elastica :
dimostrato invece dalle mie ricerche l'accordo quasi completo esistente tra la
teoria e la pratica nel problema delle corde vibranti, era logico supporre che
questo accordo dovesse rimanere tale indipendentemente dal diametro delle
corde adoperate.
(') v. p. 705.
— 819 —
« In questo studio dell'influenza del diametro nelle vibrazioni delle corde
ho seguito lo stesso metodo descritto nella Nota precedente, sia per determi-
nare il numero delle vibrazioni della corda, sia per determinarne la lunghezza
ed il peso. Per rendere i risultati esperimentali meglio paragonabili tra loro
ho cercato che presso a poco il peso tensore fosse proporzionale al peso del-
P
l'unità di lunghezza della corda, per cui essendo il rapporto — quasi costante,
diventava pure quasi costante la velocità V teorica di propagazione delle vi-
p
brazioni trasversali, ed il rapporto — fu calcolato in modo che avesse la ve-
P
locità V un valore di circa 100 metri.
« Ho creduto conveniente in queste ricerche dell'influenza del diametro
seguire anche nell'esposizione dei risultati il metodo della Nota precedente,
di paragonare cioè quelli da me ottenuti con quelli che avrei dovuto ottenere
secondo le esperienze del Savart; il numero N di vibrazioni che dovevano
dare le corde da me adoperate secondo il Savart fu calcolato colla solita
forinola:
e nel modo che fu precedentemente descritto.
« Per paragonare tra loro le velocità di propagazione delle vibrazioni
trasversali invece che i numeri delle vibrazioni basta moltiplicare entrambi
i membri dell'equazione
per 2L; la nuova equazione sarà
dove V è la velocità di propagazione delle vibrazioni trasversali nella corda
con un peso tensore eguale a P e che si determina coli' esperienza, v quella
corrispondente ad un peso tensore P = 0 e che si ricava dalla Memoria di
Savart supponendo vera la legge dei diametri da lui ottenuta, e vx quella
che teoricamente dovrebbe corrispondere al peso tensore P.
« Nei seguenti prospetti nella la colonna è segnato il peso p dell'unità
di lunghezza della corda adoperata.
« Nella seconda colonna il raggio R.
« Nella terza il peso tensore P.
« Nella quarta la velocità v = 2/iL corrispondente ad un peso tensore
P = 0 nella quale n viene, come si disse, dedotto dalle esperienze del Savart.
« Nella quinta la velocità vx = 1/ co^a iìua^G dovrebbero teoricamente
fi
propagarsi le vibrazioni trasversali con un peso tensore eguale a P.
« Nella sesta la velocità V = ]/vz -j- v2i che dovrebbe aversi se fossero
vere le conclusioni alle quali portano le esperienze del Savart.
— 820 —
« Finalmente nella settima le differenze V — v tra la velocità pratica e
la teorica, che esprimerebbero secondo il Savart l'influenza del diametro nelle
vibrazioni delle corde.
Marne.
V
grammi
E
millimetri
P
grammi
r = 2«L
metri
--i/a
X p
metri
V — Vi
metri
V"=J/ V + »!*
metri
7,9489
0,537
6908
80,98
92,30
122,79
30,49
4,3712
0,398
4208
60,05
97,15
114,21
17,06
2,0641
0,274
2362
41,36
105,89
113,68
7,79
1,4214
0,227
1752
34,13
109,90
115,08
5,18
1,2489
0,213
1430
32,36
105,93
110,76
4,83
0,6207
0,150
633
22,70
100,00
102,14
2,54
0,3769
0,117
437
17,93
106,0!»
108,03
1,44
Ottone.
V
grammi
R
millimetri
P
grammi
v = 2«L
metri
«'i = 1
1 9
metri
V — vi
metri
metri
5,7990
0,469
5428
87,10
95,71
130,56
34,85
3,1990
0,349
3008
64,88
95,99
115,86
19,87
1,9071
0,269
1936
49,91
99,74
111,53
11,79
1,4078
0,231
1 135
42,82
100,09
108,78
8,69
1,1272
0,207
1143
37,99
99,68
106,77
7,11
0,5211
0,141
530
26,08
99,83
103,17
3,34
0,4220
0,126
432
23,34
100,16
102,84
2,68
0,1162
0,066
120
12,24
100,59
101,33
0,74
Ferro.
p
grammi
i:
millimetri
P
grammi
v==2nL
metri
-rf/P?
t,i=l/— d-
V p
metri
V-vt
metri
metri
8,6551
0,598
7336
140,87
91,16
167,76
76,60
6,5823
0,521
6708
120,68
99,95
158,24
58,29
2,1330
0,297
2170
70,03
99,85
121,96
22,11
1,8324
0,275
1865
64,72
99,87
119,00
19,13
0,9387
0,197
964
46,37
100,32
110,51
10,19
0,8412
0,186
858
43,79
99,97
109,14
9,17
0,4884
0,142
497
33,48
99,86
105,32
5,46
0,3490
0,120
361
28,17
100,68
104,54
3,86
— 821 —
Acciajo.
V
grammi
E
millimetri
P
grammi
v=2nh
metri
metri
V — Vx
metri
metri
7,5503
0,554
7059
144,19
95,74
173,08
77,34
4,3724
0,420
4008
109,32
94,79
146,39
51,60
0,9618
0,198
1011
51,52
101,48
113,81
12.33
0,5411
0,148
561
38,47
100,79
107,88
7,09
0,4036
0,128
411 .
33,32
99,89
105,30
5,41
0,3583
0,121
361
31,47
99,36
104,22
4,86
« Nei seguenti prospetti sono invece riassunti i risultati che ho avuti
dall'esperienza. Nell'intervallo di tempo tra il passaggio di una fenditura e
quello della fenditura successiva, le corde compivano 5 vibrazioni semplici ed
il numero delle vibrazioni della corda veniva calcolato nel modo descritto
nella Nota precedente.
« Nella prima colonna è trascritta la durata T di un giro del disco in
vibrazioni doppie dell'elettrodiapason.
« Nella seconda il num. di vibrazioni N compiuto dalla corda in un secondo.
« Nella terza la velocità W di propagazione delle vibrazioni trasversali
corrispondente al numero di vibrazioni N.
« Nella quarta la velocità teorica v1=1/ —-; è inutile fare osservare
V p
che i valori di vx sono gli stessi di quelli dei prospetti precedenti.
« Nella quinta colonna la differenza W — y, tra i valori dell'esperienza
e i valori della teoria , la quale differenza esprime l'influenza del diametro
nelle vibrazioni delle corde quale risulta da queste mie ricerche.
« Finalmente nella sesta colonna ho trascritti nuovamente i valori V — vl
dei prospetti precedenti e che indicherebbero, come si disse, l'influenza del
diametro, se fossero veri i risultati del Savart.
Rame.
L = mm. 419,00 per P — 0.
T
N
W
l'i
W— o,
V— vx
17,71
112,93
94,61
92,30
-+-2,31
30,49
16,70
119,75
100,42
97,15
h-3,27
17,06
15,53
128,78
108,03
105,89
-+-2,14
7,79
15,14
132,10
110,83
109,90
■+- 0,93
5,18
15,52
128,78
108,03
105,93
-+-2,10
4,83
16,68
119,90
100,63
100,00
-4- 0,63
2,54
15,66
127,70
107,19
106,59
-+-0,60
1,44
— 822 —
Ottone.
L = mm. 419,00 per P = 0.
T
17,10
N
w
Vi
W— 1>,
V— vt
116,96
98,13
95,71
h-2,42
34,85
' 16,95
117,72
98,79
95,99
■+- 2,80
19,87
16,82
118,90
99,75
99,74
-t-0,01
11,79
16,69
119,82
100,55
100,09
-+-0,46
8,69
16,65
120,12
100,80
99,68
-H 1,12
7.11
17,06
117,29
98,44
99,83
— 1,31
3,34
17,07
117,16
98,34
100,16
— 1,82
2,68
17,04
117,36
98,52
100,59
- 2,07
0,74
Ferro.
L = min. 419,00 per P = 0.
T
N
W
Vi
W — Vi
V — vi
17.71
112,93
94,61
91,16
+ 3,45
76,60
16,15
123,84
103,78
99,95
+ 3,83
58,29
16,66
120,04
100,70
99,85
+ 0,85
22,11
16,61
120,41
101,02
99,77
+ 1,15
19,13
16,60
120,48
101,10
100,32
+ 0,78
10,19
16,58
120,62
101,22
99,77
4- 1,25
9,17
16,75
118,32
99,32
99,86
0,54
5,46
! 17,34
115,34
96,81
100,68
— 3,87
3,86
Accia] o.
L = mm. 419,00 per P = 0.
T
N
W
Vi
W — Vi
V—Vi
17,12
116,82
97,89
95,74
+ 2,15
77,34
17,34
115,34
96,72
94,79
+ 1,93
51,60
16,55
120,84
101,41
101,48
— 0,07
12,33
16,77
119,26
100,09
100,79
— 0,70
7,09
16,71
119,62
100,41
99,89
+ 0,52
5,41
16,64
120,18
100,88
99,36
+ 1,52
4,86
— 823 —
« I numeri trascritti nella quinta e sesta colonna dei prospetti prece-
denti, mostrano che anche nell'influenza del diametro sulle vibrazioni trasver-
sali delle corde il disaccordo tra i risultati del Savart e quelli da me otte-
nuti è completo : e la differenza è tale da escludere anche il più lontano
dubbio che essa possa provenire da errori di osservazione e dal metodo diffe-
rente usato nelle misure : questa differenza prevedibile invece, come più sopra
si disse, supponendo che il Savart abbia considerato come nota della corda
elastica quella che essa dava vibrando come verga fìssa alle due estremità,
conduce alla stessa conseguenza alla quale condussero i risultati relativi al-
fluenza del peso tensore, che cioè il Savart nel suo lavoro invece di studiare
quale era l'azione delle forze elastiche nelle vibrazioni delle corde, ha tro-
vato quale era l'azione di un peso tensore sul numero delle vibrazioni di una
verga fissa alle due estremità.
« Da queste mie esperienze si ricava che l' influenza del diametro nel
numero delle vibrazioni delle corde elastiche è poco sensibile; ma in com-
plesso dall'esame dei numeri della quinta colonna sembra che la velocità di
propagazione delle vibrazioni trasversali nelle corde elastiche sia di poco supe-
riore a quella che vorrebbe la teoria e che la divergenza cresca leggermente
col crescere del diametro, senza però che dai prospetti medesimi possa rica-
varsi qualche legge in proposito.
« Come ho avvertito nella Nota precedente vi sono moltissime cause per
le quali le corde presentano da una osservazione ad un'altra delle differenze
dovute in parte a fenomeni di elasticità susseguente, e in parte dovute pro-
babilmente al non esser la costituzione molecolare delle varie corde adope-
rate rigorosamente la stessa: per cui potrebbe darsi che a cause di tal fatta
si dovessero le piccole irregolarità che si osservano nelle divergenze tra la
teoria e la pratica per corde di diametri differenti.
« Ma il problema di conoscere la parte che spetta a ciascuna di queste
cause nelle vibrazioni delle corde, mi sembra che sia tanto complesso quanto
quello che riguarda l'influenza delle stesse cause nella loro resistenza elet-
trica : per cui uno studio con tale indirizzo lo crederei di molto dubbia riuscita.
« Parmi invece che meriti una speciale attenzione l'influenza che sul
numero delle vibrazioni delle corde può avere la loro ampiezza di oscilla-
zione, specialmente se si potranno eliminare tutte le cause occasionali che
possono modificare tale numero, coli' adoperare sempre la stessa corda caricata
da molto tempo collo stesso peso tensore. Se i risultati che otterrò da queste
esperienze presenteranno qualche interesse, ne renderò conto in una pros-
sima Nota ».
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sera. 107
824 —
Chimica. — Ricerche sull'apiolo. Nota III. di G. Ciamician
e P. Silber presentata dal Socio Paterno.
« Nelle due Note precedenti (') abbiamo dimostrato che l'apiolo e l'isapiolo
danno per ossidazione in soluzione acida o per ossidazione in soluzione al-
calina l'aldeide e l'acido apiolico. Questo a sua volta perde abbastanza fa-
cilmente una molecola di anidride carbonica e si trasforma in apione.
« La relazione esistente fra queste sostanze è espressa dalle formule
seguenti :
ossia
C12 H14 04
^10 ^Mo Og
Lio "io 05
C9 H10 04
C9 H9 Oj
C9H„o,
Cy H9 O4
C9 H10 O4
C3H5
COOH
CHO
apiolo ed
isapiolo
acido apiolico
aldeide
apiolica
apione
» In tutti questi corpi è dunque contenuto il nucleo fondamentale del-
l'apione, e nella nostra precedente comunicazione (2) abbiamo espresso la
supposizione, che l'apione potrebbe essere un etere di un fenolo poliatomico.
Gli studi ulteriori da noi eseguiti allo scopo di sottoporre questa ipotesi alla
prova dell'esperienza, tendono, come si vedrà da quello che segue, a con-
fermarla.
Aldeide apiolico.
« L'aldeide apiolica può ottenersi dall' apiolo 0 dall'isapiolo per ossida-
zione con bicromato potassico ed acido solforico. Noi abbiamo accennato inoltre,
che questo composto si forma pure per ossidazione dell'apiolo con acido cro-
mico in soluzione acetica. Anche l'isapiolo dà l'aldeide apiolica in questo
modo ed anzi la preparazione dell'aldeide apiolica riesce così più vantaggiosa,
perchè non resta dell'isapiolo inalterato.
« Ad una soluzione di 4 gr. di isapiolo in 40 ce. d'acido acetico gla-
ciale, si aggiungono per mezzo di un imbuto a robinetto (l'operazione viene
fatta in un apparecchio a ricadere), 6 gr. d'acido cromico sciolti in 100 ce.
d'acido acetico della densità 1,06. L'ossidazione incomincia prontamente con
forte sviluppo di aldeide acetica e si compie dopo una ebollizione prolun-
gata per due ore. Il liquido ottenuto viene diluito con circa un litro d'acqua,
neutralizzato con carbonato sodico e filtrato attraverso un filtro bagnato, per
togliervi delle materie resinose. Per raffreddamento della soluzione si sepa-
(i) Acc. L. Rend. IV, 1, 541 e 550.
(*) Ibid. 553.
— 825 —
rano lunghi aghi, che si purificano facendoli cristallizzare due o tre volte
dall'alcool. Il rendimento ascende al 35-40 % dell' apiolo impiegato.
« Le proprietà dell'aldeide apiolica sono state di già descritte dettaglia-
tamente nelle precedenti Note, e non ci resta ad aggiungere a quanto ab-
biamo già esposto, che la descrizione
dell' acetil-apiolaldossima [C9 H9 04 . CH : NO (COCH3)] .
« Come accennammo ultimamente, si forma il composto acetilico scaldando
l'apiolaldossima con anidride acetica. 2 gr. di ossima dell'aldeide apiolica
vennero riscaldati per circa un'ora con 10 e. e. d'anidride acetica a b. m. Per
raffreddamento si separano dal liquido grossi cristalli in forma di tavole esa-
gonali. Per ottenere il nuovo composto si diluisce il prodotto della reazione
con acqua, si satura con carbonato sodico e si estrae con etere. Il residuo
dell'estratto etereo, una massa bianca e cristallina, si purifica, facendolo cri-
stallizzare alcune volte da poco alcool. L'acetil-apiolaldossima fonde a 128°-
129° e dette all'analisi i seguenti sisultati:
0,3166 gr. di materia produssero 0,6272 gr. di C02 e 0,1490 gr. di H, 0.
« In 100 parti:
trovato calcolato per Ciò Hi0 04 (N0C2 H3 0)
C 54,03 53,93
H 5,23 4,87
« Essa è solubile nell'etere, nell'alcool bollente, da cui si separa per
raffreddamento in prismi di splendore vitreo, è poco solubile nell'acqua bol-
lente e quasi insolubile nella fredda. L'acetil-apiolaldossima è alterabile alla
luce; con acido solforico concentrato dà, come l'aldeide apiolica e l'apiolal-
dossima, una soluziona gialla, che prende un colore verde oliva col riscal-
damento.
Azione del bromo sull'acido apiolico.
« Riscaldando l'acido apiolico in soluzione acetica con bromo, si elimina
anidride carbonica e si ottiene
il b ib r omo apio >ie [C9 H8 Br2 04] .
« Per preparare questo composto si riscaldano debolmente per cinque
minuti 2 gr. d'acido apiolico, sciolti in 20 e. e. d'acido acetico glaciale, con
un eccesso di bromo. Si svolgono fumi di acido bromidrico e dopo scacciato
l'eccesso di bromo, si ottiene un liquido colorato debolmente in giallo, che
viene versato nell'acqua. Agitando energicamente con una bacchetta di vetro,
il liquido che è in principio lattiginoso, depone un precipitato fioccoso, che
venne filtrato, lavato e fatto cristallizzare dall'alcool, aggiungendo nero ani-
male. In questo modo si ottengono prismi striati o aghi bianchi, che fon-
dono costantemente a 99-100°.
IL
0,3746 gr.
n
III
. 0,2800 gr.
« In 100 parti
trovato
i
II
C 32,08
32,14
H 2,95
2,70
Br —
—
— 826 —
« Le analisi dettero i seguenti numeri :
I. 0,3646 gr. di sostanza dettero 0,4288 gr. di C02 e 0,0970 gr. di H2 O.
0,4414 gr. di C02 e 0,0912 gr. di H2 O.
0,3076 gr. di Ag Br.
calcolato per C9 H8 Br2 04
III
— 31,77
— 2,35
47,75 47,06
t II bibromoapione è facilmente solubile nell'etere, etere acetico, nel-
l'alcool caldo e nell'acido acetico glaciale; è assai poco solubile nell'acqua
bollente e quasi insolubile nell'acqua fredda. Trattando il bibromoapione in
un vetro d'orologio con acido solforico concentrato, esso si scioglie dopo qualche
tempo nell'acido dando una soluzione senza colore ; riscaldando lievemente
questa prende una bellissima colorazione azzurra intensa, che diviene tosto
intensamente violata; coll'ulteriore riscaldamento passa ad un colore bruno
sporco.
« Lo stesso composto, ora descritto, si ottiene pure dall'aldeide apiolica
bromurandola in soluzione acetica od in soluzione di solfuro di carbonio. In
questo ultimo caso il bromo agisce molto lentamente. Il composto ottenuto
in soluzione acetica, fonde a 99-100°. ha tutte le proprietà di quello deri-
vante dall'acido apiolico, e dette all'analisi il seguente risultato:
0,1772 gr. di sostanza dettero 0,1964 gr. di Ag Br.
« In 100 parti:
trovato calcolato pe*r C9 H„ Br. 04
Br 47,14 47,06
« Scaldando il bibromoapione con acido cloridrico in un tubo a 140°,
si ottiene una materia in gran parte carbonizzata. Aprendo il tubo si svolge
un gaz, che arde con fiamma dai bordi verdi. Estraendo con etere il prodotto
della reazione, si ottiene una soluzione eterea colorata intensamente in rosso,
che lascia indietro per svaporamento una pellicola d'un rosso cupo e dai ri-
flessi metallici, insolubile nell'acqua e nell'alcool. Se si neutralizza il pro-
dotto con carbonato sodico prima di estrarlo con etere, questo estrae una
materia d'un colore violetto intenso. In nessun modo ci fu però possibile
ottenere prodotti cristallizzati.
Acido apiolico.
« Tutti i nostri sforzi per ottenere dall' apione o dall'acido apiolico il
fenolo tetratomico, di cui probabilmente queste due sostanze sono i derivati,
non ci dettero fin'ora il risultato desiderato. Senza dubbio la ragione del poco
buon successo dei nostri tentativi risiede nella poca stabilità del fenolo, che
— 827 —
non disperiamo di poter isolare in avvenire. L'acido apiolico p. es., scaldato
con acido jodidrico a 100° in tubo chiuso od anche in vaso aperto, viene to-
talmente trasformato in materia carboniosa, mentre si svolge joduro metilico.
Quest'ultimo fatto è certamente importante, perchè dimostra la presenza di
ossimetili nell'acido apiolico e perciò anche nell'apione. Noi abbiamo ten-
tato di determinare il numero degli ossimetili contenuti nell'acido apiolico,
perchè anche non conoscendo attualmente il fenolo, di cui l'apione dovrebbe
essere l'etere, si può dedurre con una certa probabilità la costituzione di
questa ultima sostanza conoscendo il numero di ossimetili che contiene.
« A tale scopo ci siamo serviti dell'elegante ed esatto metodo proposto
da S. Zeisel {}). Una quantità pesata d'acido apiolico venne scaldata con
acido jodidrico nell'apparecchio descritto da questo autore, e la determina-
zione, eseguita secondo le sue prescrizioni, dette il seguente risultato:
0,2616 gr. d'acido apiolico dettero 0,5430 gr. di Ag J; da questi dati si
trova che l'acido apiolico contiene
27,42% di ossimetile (OCH3),
il che corrisponde a due ossimetili nella molecola Ciò H10 06 , perchè la
forinola
C8 H4 04 (OCH3)2
richiede :
27,43 % di (OCH3) .
« Se l'acido apiolico contiene due volte il gruppo ossimetile, lo deve
contenere pure l'apione, per cui le formole di queste due sostanze sono cer-
tamente le seguenti
C7 H3 02 OCH3 e C7 H4 02 i °^3
( COOH < utM3
acido apiolico apione
« Se si tiene ora conto di quanto è stato detto nella nostra Nota pre-
cedente, che cioè l'apione deve essere un composto aromatico, che probabil-
mente non contiene catene laterali carboniche unite direttamente a carbonio
benzenico, e che inoltre ha reazione e caratteri perfettamente neutri, la for-
inola dell'apione
^>CH2
( 0 . CH3 ,
da noi enunciata in via ipotetica e con la massima riserva, acquista un certo
grado di probabilità ».
0) Monatshefte fur Chemie VI, 989.
— 828 —
Chimica. — Sopra alcuni derivati del dimetilpirrolo assim-
metrico. Nota I di Gaetano Magnanimi, presentata dal Socio
Paterno C1).
« Le isomerie nella serie del pirrolo sono state fino ad ora poco stu-
diate, principalmente perchè i prodotti che si ottengono direttamente dal
pirrolo per sostituzione contengono i radicali sostituenti quasi sempre nelle
posizioni a ed a1 (2). I derivati della serie § sono stati ottenuti sopratutto
per sintesi ; fra questi il più interessante, e quello inoltre che si può facil-
mente avere in quantità cospicua, è l'etere dell'acido dimetilpirroldicarbonico
assimetrico :
CH3 . C — C . C02 Ci H5
Il II
C02 C2 H5 . C C . CH,
NH
che è stato ottenuto due anni or sono da Knorr (3), riducendo con acido
acetico e polvere di zinco ima mescolanza equimolecolare di etere acetoace-
tico ed etere nitrosoacetoacetico. Questa combinazione presenta poi, per la
storia generale dei derivati del pirrolo, un certo interesse anche perchè è
una delle poche sostanze, nelle quali i quattro idrogeni metinici del pir-
rolo sono completamente sostituiti da radicali organici, e per di più l'assim-
metria della formula di questa combinazione permette, nei derivati imme-
diati della medesima, l'esistenza di un numero maggiore di isomeri, di quello
che possa aver luogo per i derivati dell'etere dimetilpirroldicarbonico sim-
metrico :
C02 C2 H5 . C — C . C02 C2 H5
Il II
CH3 . C C . GH3
\/
NH
ottenuto da Knorr ( ') dall'etere diacetilsuccinico per azione della ammoniaca.
« Saponificando l'etere dell' acido dimetilpirroldicarbonico assimmetric(
colla potassa alcoolica si riesce a togliere facilmente alla combinazione un
0) Lavoro eseguito nell'Istituto chimico della R. Università eli Padova.
(2) Ultimamente Dennstedt e Zimmermann (Beri. Berichte XIX, 2189; XX, 850) hanno
ottenuto un etilpirrolo ed un isopropilpirrolo per condensazione del pirrolo colla paraldeide
e coll'acetone in presenza di cloruro di zinco. Questi omopirroli contengono probabilmente
il radicale alcoolico in posizione fi.
(3) Liebig's Annalen 236, 318.
• (4) Loc. cit,
— 829 —
solo etile, e si ottiene l'etere mouoetilico dell'acido dimetilpirroldicarbonico,
già descritto da Knorr , il quale non ha potuto determinare quale delle due
forinole :
CH3 . C — C . C02 C2 H5 CH3 . C — C . COOH
Il II II II
COOH.C C.CH3 0 C02C2H, .C C.CH,
NH NH
sia da attribuirsi alla sostanza da lui ottenuta.
« Io non voglio qui esporre i motivi i quali mi hanno condotto a pre-
ferire la prima formula alla seconda; la descrizione delle esperienze a ciò
relative ed ormai condotte a termine, sarà oggetto di una prossima comuni-
cazione; mi limiterò ad accennare che anche in questi acidi così complessi
il carbossile in posizione a ha grande tendenza a dare origine a composti
di forma anidridica, corrispondenti perfettamente alla pirocolla. La disidrata-
zione dell'etere monometilico dell'acido dimetilpirroldicarbonico avviene per
semplice ebullizione colla anidride acetica e conduce ad una sostanza che
fonde a 270°, che è poco solubile negli ordinari solventi e che possiede
senza dubbio la costituzione
CH3 . C — C . C02 C2 H5
Il II
CO . C C . CH3
La formazione di imminanidridi analoghe alla pirocolia sembra un fatto ge-
nerale, proprio a tutti gli acidi pirrolcarbonici i quali contengono un car-
bossile in posizione a ; io ho trovato che anche l'acido dimetilpirroldicarbo-
nico può dare una imminanidride
CH3 . C — C . COOH
Il II
CO . C C . CH,
la quale è nello stesso tempo un acido pirrolcarbonico vero e proprio. L'acido
dimetilpirrolmonocarbouico, il cui etere è stato ottenuto da Knorr (*) per eli-
minazione di anidride carbonica dall'etere monoetilico dell'acido dimetilpirrol-
dicarbonico, non dà una imminanidride, perchè contiene il carbossile nella
posizione /?.
« Nella presente comunicazione do la descrizione di alcune sostanze le
quali contengono un acetile nella loro molecola e sono nello stesso tempo
derivati del dimetilpirrolo assimmetrico.
[}) Loc. cit.
— 830 —
Etere acetildimelilpirrolmonocarbonico.
« Come ho accennato l'anidride acetica, alla temperatura di ebullizione,
agisce sull'etere monoetilico dell'acido dimetilpirroldicarbonico assimmetrico
come disidratante e si ottiene la imminanidride. In modo completamente
diverso però procede la reazione se si fa agire la anidride acetica alla tem-
peratura di 200°, alla quale la sostanza perde anidride carbonica ; in queste
condizioni l'acetile si sostituisce al carbossile e si ottiene l'etere dell'acido
acetildimetilpirrolmonocarbonico, al quale spetta per conseguenza la co-
stituzione :
CH3 . C — C . C02 C2 H5
Il II
CH3 . CO . C C . CH3
V
NH
« Allo scopo di ottenere quantità rilevanti dell' etere monometilico di
Knorr io ho impiegato 30 gr. di etere dietilico per volta, facendo bollire in
un apparecchio a ricadere con una soluzione di 25 gr. di potassa in 240 e. e.
di alcool. Dopo circa un' ora di ebullizione la soluzione alcoolica non preci-
pita più per aggiunta di acqua ; si diluisce e si precipita a porzioni per
volta l'etere-acido con acido cloridrico, meglio ancora con acido acetico; è
utile riscaldare dolcemente la soluzione alcalina prima di precipitarla, aftin-
ché il precipitato si riunisca, ma bisogna raffreddare e filtrare rapidamente
perchè la sostanza è alterabile e si arrossa in poco tempo. Da 30 gr. di
etere dietilico si ottengono 25-26 gr. di etere monoetilico.
« 20 gr. dell'etere monoetilico divisi in quattro porzioni vengono riscal-
dati con 5 volte il proprio peso di anidride acetica in tubi chiusi alla tem-
peratura di 200°-205°, per 5-6 ore. Aprendo i tubi si nota una pressione
abbastanza forte dovuta ad anidride carbonica, ed il contenuto dei medesimi
è formato da un liquido nero che si versa nell'acqua. Precipita una resina
che si estrae replicatamente con acqua bollente, la quale abbandona per raf-
freddamento l'etere acetildimetilpirrolmonocarbonico sotto forma di aghi lunghi
filiformi che si fanno ricristallizzare dall' acqua bollente. Il rendimento di-
pende sopratutto dal numero delle volte, e dalla cura impiegata nelle estra-
zioni della resina. Queste estrazioni si fanno comodamente in una capsula
di porcellana disaggregando di tanto in tanto la materia con alcool bollente.
Da 20 gr. di etere -acido si ottengono in media 9-10 gr. di etere acetildime-
tilpirrolmonocarbonico. La sostanza venne purificata ulteriormente, cristalliz-
zandola parecchie volte dall' alcool un poco diluito. L'analisi dette numeri
concordanti colla formola :
« Cn H15 NO, »
gr. 0,2702 di sostanza dettero gr. 0,6236 di C02 e gr. 0,1765 di H2 0
« In
100
parti :
trovato
c
62,94
H
7,25
831 —
calcolato per CnH^NOs
63,15
7,17
« L'etere acetildimetilpirrolmonocarbonico, cristallizzato dall'acqua bol-
lente, si presenta sotto forma di aghi filiformi, leggerissimi, i quali conser-
vano per lo più una lieve tinta giallastra e fondono a 142°-143° in un li-
quido incoloro. È una sostanza abbastanza solubile nell'acqua bollente po-
chissimo solubile nella fredda, molto solubile nell'alcool anche a freddo,' nel-
l'etere, nell'acido acetico, nell* etere acetico, nel benzolo, solubilissima nel
cloroformio e nell' acetone, e mediocremente solubile nell' etere di petrolio.
Bollita in soluzione alcalina viene saponificata assai facilmente.
Acido acetildimetilpirr olmonoca rbonico.
CH., COOH
CH3.C0
CHa
NH
« Si forma nella saponificazione dell'etere corrispondente con una solu-
zione acquosa di potassa. Si fanno bollire 5 gr. di etere acetildimetilpirrol-
monocarbonico con una soluzione di 12 gr. di potassa in 200 e. e. di acqua.
Dopo circa una mezz'ora di ebullizione la saponificazione è completa e non
cristallizza più nulla per raffreddamento. L'acido venne precipitato con acido
acetico dalla soluzione alcalina, lavato con acqua, cristallizzato dall' acido
acetico e dall'alcool ed analizzato.
« L'analisi diede numeri concordanti colla forinola:
« C9HuN03 »
gr. 0,2971 di sostanza dettero gr. 0,6511 di C02 e gr. 0,1696 di H20.
« In 100 parti :
trovato calcolato per C9 H„ N03
C 59,76 59,66
H 6,34 6,06
« L'acido acetildimetilpirrolmonocarbonico è una sostanza la quale si
avvicina nelle sue proprietà generali a quelle degli altri acidi pirrolcarbo-
Eendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 108
— 832 —
nici, rispetto ai quali però possiede una stabilità alquanto maggiore, dovuta
certamente alla presenza dell' acetile nella molecola. Ciò non pertanto l'acido
acetildimetilpirrolmonocarbonico viene alterato per contatto prolungato cogli
acidi minerali, e riscaldato in un tubicino chiuso ad una estremità fonde
a 152°-158° (incostante) decomponendosi completamente in anidride carbo-
nica ed in acetildimetilpirrolo che sublima in aghi lunghi. Nel vuoto della
pompa a mercurio, l'acido acetildimetilpirrolmonocarbonico sublima inalterato.
La sostanza è quasi insolubile nell' acqua anche a caldo, quasi insolubile
nell' alcool freddo, non molto solubile nel caldo, dal quale cristallizza in
mammelloncini ; pochissimo solubile nell' etere, cloroformio, etere petrolico,
benzolo, etere acetico, e poco solubile anche nell'acetone ; molto solubile nel-
l'acido acetico a caldo e poco a freddo. Da una soluzione acetica satura a
freddo si separano per svaporamento degli aghi rettilinei molto allungati e
splendenti.
« Una soluzione ammoniacale neutra dell'acido, abbastanza diluita, dà
coi sali metallici le seguenti reazioni :
con acelato di piombo un precipitato bianco solubile in un eccesso del reattivo,
con acetato di rame un precipitato verde solubile in un eccesso del reattivo,
con cloruro ferrico un precipitato rosso-giallastro insolubile in un eccesso del
reattivo ,
con cloruro di cobalto un precipitato leggermente roseo insolubile in un ec-
cesso del reattivo,
con cloruro mercurico un precipitato bianco insolubile in un eccesso del
reattivo.
« L'acido acetildimetilpirrolrnonocarbonico riscaldato con isatina ed acido
solforico concentrato dà origine ad una colorazione verde.
Acetildimetilpirrolo.
CH3 _ _ H
CH3 . CO
CH:J
NH
« Questa bellissima sostanza, che è un omologo del pirrilmetilchetone,
si forma allorquando l'acido acetildimetilpirrolmonocarbonico viene distillato
a secco, a pressione ordinaria.
« Per preparare l' acetildimetilpirrolo si eseguisce nel miglior modo l'ope-
razione, introducendo l'acido acetildimetilpirrolmonocarbonico, ben secco, in
una stortina senza tubulatura e riscaldando in un bagno di lega metallica
trovato
e
70,52
H
8,35
— 833 —
sopra 200°. L'acido fonde, e dalla massa fusa si sprigiona l'anidride carbo-
nica uniformemente, mentre sul collo della storta si condensa l'acetildime-
tilpirrolo, sotto forma di aghi, i quali raggiungono anche la lunghezza di 2
o 3 centimetri. È conveniente che la decomposizione si compia adagio, ed a
questo scopo non si deve spingere troppo alta la temperatura del bagno me-
tallico; in fine della operazione rimane nella storta un piccolo residuo car-
bonioso. L'acetildimetilpirrolo greggio si scioglie in acqua bollente, aggiun-
gendo alcune goccie di una soluzione di carbonato sodico fino a reazione al-
calina; per raffreddamento la sostanza si separa sotto forma di pagliette e
prismi mescolati, che vennero fatti cristallizzare prima dall'alcool diluito e
poi dall'etere petrolico bollente ; fondono costantemente a 122°-123° e sot-
toposti alla analisi hanno dato il seguente risultato :
gr. 0,2788 di sostanza dettero gr. 0,7210 di C02 e gr. 0,2102 di H2 0.
"In 100 parti :
calcolato per C8 Hu NO
70,07
8,02
« L'acetildimetilpirrolo è una sostanza abbastanza solubile nell' acqua
bollente, meno solubile nella fredda, dalla quale soluzione si può estrarre
con etere ; è molto solubile nell'alcool, nel benzolo, nell'acido acetico anche
a freddo, nell'etere acetico e nel cloroformio, è poco solubile a freddo nel-
l'etere di petrolio ma più solubile invece a caldo. La sostanza sublima già
a 100° in aghettini piccolissimi, è molto volatile in corrente di vapore, e
possiede un odore aggradevole che ricorda quello del pirrilmetilchetone. L'ace-
tildimetilpirrolo fatto bollire con una soluzione concentrata di potassa, anche
per qualche ora, non viene sensibilmente decomposto; questa sua stabilità
ne dimostra la natura chetonica; invero esso forma facilmente colla fenili-
drazina l'idrazone corrispondente, e la sua soluzione acquosa trattata con
una soluzione di nitrato di argento ed una goccia di ammoniaca, dà luogo
ad un precipitato biancastro, che senza dubbio è il composto argentico, il
quale però non è stabile e si riduce prontamente diventando nero. Bollendo
l'acetildimetilpirrolo con acido cloridrico concentrato, si ottiene aggiungendo
acqua una soluzione gialla, la quale contiene in gran copia il dimetilpirrolo.
Questa decomposizione coli' acido cloridrico si avverte meglio col dimetilace-
tilpirrolo di quello che coll'«-acetilpirrolo, evidentemente per la maggiore re-
sistenza che gli omopirroli offrono agli acidi minerali.
« Abbandonando delle soluzioni sature a freddo di acetildimetilpirrolo
nell'etere petrolico alla evaporazione, si ottengono dei cristalli abbastanza
sviluppati. Il dott. G. B. Negri, che li ha studiati cristallograficamente, mi
comunica cortesemente quanto segue :
— 834
Sistema cristallino : monoclino
t £ = 78°, 16'
costanti ^ a:b:c = 0^02155:1:0,84693
Forme osservate (110), (120), (Oli), (023).
Combinazioni: (110) (Oli)
(110) (120) (Oli)
(110) (120) (Oli) (023) Fig.
misurati
79°,20'
42,59
67, 42
16,45
85,25
58,35
74, 37
68,54
88,45
I cristalli sono piccoli, allungati sempre secondo l'asse £ ;
assumono un aspetto alquanto tabulare quando predomi-
nano due delle faccie di (110), che è sempre presente.
Della forma (120) di sovente con faccie strettissime si
vedono in generale due faccie soltanto parallele. Le (Ilo)
(120) vanno caratterizzate per essere quasi costantemente
striate, parallelamente a g.
« La forma (Oli) offre faccie poco estese, alquanto
corrose e sovente arrotondate, le quali danno perciò misure
mal sicure come si vede dai limiti molto lontani nell'an-
golo 011:011. Una sola volta ho riscontrato in zoua
con Oli: Oli una sola faccia di (023), ma sufficiente-
mente estesa, riflettente imagine semplice. Fra parecchi
cristalli misurati uno solo (110) (110) (Oli) (120) si
prestò ad essere misurato quasi completamente e credo bene riportarne i ri-
sultati ottenuti.
angoli
calcolai
011:011
*
110:110
*
110:011
*
110:120
16<\44'
110:011
84,56
120:011
58,484-
120:011
74,13
023:011
68,36
110:023
89,20
limiti
n
78°,24'— 80°,14'
5
42, 41 — 43, 06
13
67,11 — 68
10
16,17 — 17,15
15
85, 02 — 85, 57
8
58, 32 — 58, 40
3
—
1
—
1
1
«a
angoli
110:110
120:110
120:110
120:011
110:011
110:011
011:011
120:011
misurati
42°, 54
17.
120, 5^
58,32i
67,18
85, 22
80,14
75
medie n.
42°,41'— 43°,06' 2
16,45 — 17,14 2
120, 6 — 120,5 2
58, 32 — 58, 33 2
66, 56 — 67, 45 5
85, 02 — 85,67 5
1
(approssimativamente) 1
Sfaldatura non osservata.
— 835 —
« I cristallini non si prestano allo studio ottico. Sulle faccie di (110)
si osserva l'estinzione quasi parallela a z e su una lamina prossimamente
parallela a (010) un angolo di estinzione di 12° circa con z.
« Messi a confronto questi risultati cristallografici del dimetilacetilpir-
rolo con quelli ottenuti dal La Valle dallo studio del pseudoacetilpirrolo,
non ho potuto riscontrare analogia cristallografica di sorta fra le due sostanze,
né rispetto all'abito dei cristalli, né rispetto ai valori angolari.
« Devo rilevare però che l'angolo /? da me calcolato si avvicina al fi
misurato dal La Valle; e per chi volesse trovare accordo morfotropico fra
le due sostanze, dando alla forma (110) il simbolo (210) e moltiplicando
a e e del dimetilacetilpirrolo rispettivamente per 18/5 , si avrebbero delle co-
stanti vicine a quelle del pseudoacetilpirrolo ».
Chimica. — Ricerche chimiche sulle capsule surrenali. Nota
del dott. F. Marino-Zuco (*) presentata dal Socio Paterno.
« Le ricerche chimiche sulle capsule surrenali sono molto limitate ridu-
cendosi esse a studi incompleti sulla materia colorante (2). o a ricerche
speciali su qualche sostanza in esse contenuta. Wirchow e Neukomm, tro-
varono la leucina, Cloéz e Vulpian l'acido ippurico, l'acido taurocolico, il
cloruro di potassio e l'acido benzoico.
« Nel 1883 i proff. Foà e Pellacani (3) si occuparono distesamente sulla
azione tossica dell'estratto acquoso di questo organo.
« Essi constatarono come 1' estratto delle capsule surrenali fresche
injettato su cani, conigli, rane riesce sempre velenoso. Cercarono ancora di stu-
diare, quale fosse la sostanza che producesse simile veneficio, ma le loro ri-
cerche furono infruttuose, però separarono una ptomaina, che non poterono iden-
tificare, la quale non aveva alcuna azione tossica sugli animali.
" Io cominciai le mie ricerche col constatare la velenosità dell'estratto
di quest'organo e potei assicurarmi, come basta qualche centimetro cubico del-
l'estratto acquoso di poche capsule per produrre la morte, anche in grossi
conigli.
« Il fatto più sorprendente che ho potuto notare fin dal principio delle
mie ricerche fu che la velenosità dell'estratto acquoso sparisce tosto che
questo si tratti sia con un acido sia con una base. Lo stesso estratto che
prima riusciva letale è dopo simile trattamento, diventato completamente in-
nocuo. 50 capsule nettate meccanicamente di tutto il grasso aderente furono
(!) Lavoro eseguito nell'Istituto chimico della R. Università di Roma.
(2) Vulpian, Gaz. med. de Paris 1858, n. 24. — Vulpian e CloSz, C. R. 1857 II, 10 -
Wirchow, Archiv. f. prot. Anat. XII, 181. — Harley, Breit. a foreign. medie, cliem. Re-
view 1858 XLI.
(3) Archivio delle scienze mediche V, VII, fase. 2°, 1883.
— 836 —
pestate fino a farne una poltiglia, mescolate con un litro di acqua distillata
e fatte digerire a caldo a bagno maria per parecchie ore. Fu passato per cencio
il liquido freddo, spremuto il residuo e l'estratto ottenuto messo a concentrare
a bagno maria. Depositate tutte le materie albuminoidi, si filtra per carta,
si ha così un liquido limpidissimo, che si porta a secchezza sempre a bagno
maria; si riprende con acqua e si riporta a secchezza di nuovo e si filtra
finché si arriva ad avere un residuo, il quale si scioglie completamente in
acqua colorandola di un rosso vinoso di reazione leggermente acida.
« L'estratto fu portato alla diluizione di 200 ce. ed 1 ce. iniettato sotto
la cute di un grosso coniglio ha prodotto in cinque minuti la morte.
« Il liquido fu trattato con acetato basico di piombo ed il precipitato
abbondante fu raccolto sopra un filtro e lavato.
« Trattato il liquido filtrato con una corrente d'idrogeno solforato,
separato il solfuro di piombo e concentrato a bagno maria, rimase un residuo
sciropposo colorato in rosso fortemente acido, il quale fu di nuovo ripreso con
acqua e svaporato sino a scacciare tutto l'acido acetico. Questo estratto fu
portato alla concentrazione di sopra e reso alcalino con carbonato sodico; injet-
tato in un coniglio riuscì completamente innocuo anche dato in dosi vistose.
« Il precipitato piombico fu sospeso in acqua acida per acido cloridrico
e trattato con una corrente di idrogeno solforato. Filtrato il liquido e svaporato
a bagno maria, si ebbe un residuo sciropposo fortemente colorato in rosso,
il quale fu sciolto nella quantità di acqua pesata come sopra, reso legger-
mente alcalino con carbonato sodico e injettato in un coniglio. L'estratto era
diventato completamente innocuo. Ma un'e.-perienza più decisiva tu la seguente:
« L'estratto acquoso velenoso se si tratta con acido cloridrico e si sva-
pora il liquido sino a mandare via l'eccesso di acido tanto a caldo a bagno
maria, che nel vuoto, si ha sempre un'estratto, il quale injettato in un coniglio
tal quale o reso alcalino con carbonato sodico, è sempre completamente innocuo,
quantunque amministrato in dosi vistose. Lo stesso dicasi se l'estratto trat-
tasi con barite o con qualunque alcale forte.
« Constatato questo fatto e preveduta l'impossibilità o almeno l'immensa
difficoltà di potere isolare la materia velenosa, tanto più che i solventi neutri
etere, benzina, cloroformio, alcool amilico, non si prestano all'estrazione di
essa, nel dubbio che la sostanza velenosa sia una di quelle che sotto l'azione
degli acidi o delle basi possono scindersi in prodotti innocui, andai alla ricerca
della base, la quale quantunque innocua, nelle condizioni accennate pure pare
formare uno dei prodotti più rilevanti dell'estratto.
« Vari sono i metodi che io ho cercato d'impiegare per potere ottenere
la base. L'estratto acquoso acidificato con acido solforico o cloridrico dà abbon-
danti precipitati tauto col joduro di bismuto e potassio, col joduro di mer-
curio e potassio, quanto col cloruro mercurico e altri reattivi di separazione;
però quando si va a decomporre questi precipitati o non vi si riesce o vi si
— 837 —
riesce molto incompletamente restando quasi tutta la base allo stato insolubile.
Il cloruro d'oro non si può subito adoperare sull'estratto acquoso, perchè dà
un precipitato bruno in mezzo a un liquido rosso porpora e poi una grande
riduzione di oro metallico. Il cloruro di platino dà nelle soluzioni molto con-
centrate un precipitato cristallino di cloroplatinato potassico essendo le capsule
molto ricche di sali alcalini. Il metodo che mi ha dato dei risultati soddi-
sfacenti è il seguente :
« 500 capsule surrenali nettate con diligenza di tutto il grasso esterno,
pestate e diluite in molt' acqua distillata nel rapporto di cinque volte circa il
■volume di esse furono messe a scaldare a bagno maria per quattro o cinque
ore. Il liquido acquoso freddo fu filtrato per cencio; il residuo spremuto e
ripetuto di nuovo il trattamento per quattro volte.
« Al liquido acquoso fu aggiunto un egual volume di alcool commerciale,
previamente purificato e mezzo volume di etere: in questo modo si precipi-
tano tutte le sostanze proteiche solubili. Si distilla l'etere e l'alcool ed il
liquido acquoso si concentra e quando è raffreddato completamente si filtra per
carta e così si separano le poche materie grasse rimaste sciolte.
« L'estratto acquoso si presenta fortemente colorato in rosso e di leg-
giera reazione acida alle carte. Si precipita il liquido così ottenuto con ace-
tato neutro di piombo; si ha in soluzione acida un precipitato abbondante
bruno, il quale si separa per filtro. Il liquido filtrato fu precipitato con ace-
tato basico di piombo con che si ebbe un abbondante precipitato bianco sporco
formato di cloruro di piombo e sale di piombo organici. Siccome questi ultimi
sono solubili nell'eccesso del reattivo, bisogna aver cura di non metterne
che un piccolo eccesso e di ripetere più volte questo trattamento curando di
eliminare l'eccesso di piombo con l'idrogeno solforato, concentrare il liquido
e riprecipitare di nuovo. Il liquido così preparato si acidifica con acido clo-
ridrico e si scaccia l'eccesso d'acido a bagno maria o nel vuoto.
« Esso precipita con tutti i reattivi generali:
« Col joduro di bismuto e potassio dà un precipitato giallo aranciato
fioccoso solubile nell'eccesso di reattivo.
« Col joduro di mercurio e potassio dà un precipitato bianco fioccoso
solubile nell'eccesso del reattivo.
« Col cloruro mercurico, quando il liquido è ben purificato coli' acetato
basico di piombo, non dà precipitato, altrimenti dà un precipitato bianco
fioccoso.
« Coli' acido picrico dà un piccolo precipitato, che si raccoglie in fondo
del vaso.
« Col cloruro di platino dà un precipitato cristallino ottaedrico di cloro-
platinato potassico.
« Col cloruro d'oro dà un precipitato giallo fioccoso, quando il liquido
è ben depurato, altrimenti dà un precipitato bruno fioccoso mentre il liquido
— 838 —
si colora in rosso porpora, colorazione dovuta alla materia colorante del
Vulpian.
« Tutto il liquido quindi trattato con cloruro d'oro dà un abbondantissimo
precipitato giallo sporco fioccoso, amorfo senza nessuna apparente riduzione,
pochissimo solubile nell'acqua calda, abbastanza solubile nell'acido cloridrico
quantunque non mai completamente : non ho mai potuto averlo cristallizzato
per quanto abbia tentato in diversi modi. Per averlo puro si scioglie in acido
cloridrico, si precipita con idrogeno solforato l'oro e quindi si rifa di nuovo
il sale ottenendo io questo modo un prodotto di aspetto più bello, sempre
completamente amorfo e leggero, il quale quando è secco prende un colore
scuro. È da avvertire che basta un solo di questi trattamenti, perchè, anche
adoperando tutte le cure necessarie, la quantità primitiva del prodotto si riduca
almeno a metà.
« Il sale d'oro di seconda precipitazione spremuto alla pompa e seccato dà
all'analisi dei numeri i quali mentre sono costanti per ciascuna preparazione,
oscillano di molto fra di loro ogni volta che si ottengono di preparazione diversa.
« Le determinazioni d'oro oscillano fra 46,65 a 49,79 %, il carbonio
da 11,82 a 13,01 °/o e l'idrogeno da 1,63 a 2,75 %.
* Dalle analisi ripetutamente eseguite si vede subito come il prodotto
che si ottiene in queste condizioni non rappresenta una sostanza unica, come
si vede dalla solubilità sempre incompleta del salo d'oro nell'acido cloridrico.
Se il liquido primitivo dopo la precipitazione coli' acetato basico di piombo si
tratta con ossido di magnesio o meglio con ossido di argento e si filtra, il
liquido filtrato, dopo tolto l'argento con acido cloridrico, dà col cloruro d'oro
un precipitato giallo cristallino solubile a caldo nell'acqua, poco a freddo,
e dalla quale per raffreddamento cristallizza il sale. Se si decompone il preci-
pitato argentico con idrogeno solforato si ha un residuo il quale dà col cloruro
d'oro un precipitato bruno insolubile nell'acido cloridrico indecomponibile
dall'idrogeno solforato e probabilmente si tratta di un composto d'ossidazione
della materia colorante.
« Il sale di oro cristallizzato ha dato all'analisi:
gr. 0,2606 diedero di Au gr. 0,1151 Au % 44,17
gr. 0,3271 diedero di Au 0,1351 Au % 44,35.
gr. 0,2945 diedero di Au gr. 0,1299 Au % 44,11.
I. gr. 0,6122 diedero gr. 0,3045 di CO2 e gr. 0,1784 di H20.
IL gr. 0,4545 diedero gr. 0,2240 di CO2 e gr. 0,1354 di H20.
« In 100 parti:
trovato
calcolato
per C5 H" OAz C
l4 media
I II
C 13,55 13,42
13,56
13,48
H 3,23 3,30
3,16
3,26
Au
44,30
Au 44,26
— 839 —
« L'analisi, le proprietà fisiche e la decomposizione del sale con svol-
gimento di trimetilamina, dimostrano che l'alcaloide estratto è Neurina.
« Allo scopo di assicurarsi se all'infuori della Neurina io potessi estrarre
qualche altro alcaloide insieme ho cercato di lavorare su grande quantità di
materiale e cambiando il metodo d'estrazione.
« Ho preso mille capsule surrenali, ho fatto prima l'estratto acquoso come
la volta precedente cercando di ripetere spesse volte il trattamento con acetato
basico di piombo.
« Quando i precipitati piombici sono ben lavati e fortemente spremuti
alla pompa non ritengono tracce di base.
« Il liquido depurato fu acidificato con acido cloridrico, svaporato sino
ad avere uno sciroppo denso, il quale fu ripreso con alcool a 80° parecchie
volte finché rimase un residuo di sali alcalini. Queste soluzioni alcooliche
t;attate con cloruro di platino diedero un precipitato fioccoso abbondante che
fu tutto raccolto e premuto alla pompa.
« Il cloroplatinato era solubile nell'acqua all'infuori d'un po' di cloro
platinato potassico che rimase indietro : la soluzione si mise a concentrare nel
vuoto, levando ripetutamente, come il liquido si concentrava, tutto il cloro
platinato potassico. Quando il liquido si concentrò fortemente cristallizzò un
cloroplatinato giallo arancio, il quale si raccolse, si purificò di nuovo per
cristallizzazione e così si potettero avere di questo cloroplatinato diversi cam-
pioni i quali furono analizzati separatamente.
« L'analisi di questo cloroplatinato dà:
gr. 0,2208 di cloroplatinato diedero gr. 0,0700 di Pt.
« In 100 parti :
trovato calcolato per (C5 H14 OAz CI)* Pt CI*
31,7 31,55
gr. 0,5342 diedero gr. 0,3786 di CO2 e gr. 0,2255 di H2 0.
gr. 0,6724 » gr. 0,4800 di CO2 e gr. 0,2800 di H2 0.
"In 100 parti:
trovato calcolato per (Cs H14 OAz CI)2 Pt CI4 media
I II
C 19,34 19,47 19,50 19,40
H 4,65 4,62 4,53 4,63
« Anche con questo metodo adunque io ho estratto come la volta pre-
cedente la Neurina.
« La presenza però della Neurina nelle capsule surrenali non può spie-
gare la loro velenosità, sia perchè essa non si trova in quantità tali da poter
produrre simili avvelenamenti, sia perchè non si spiegherebbero i fatti osser-
vati come lo stesso liquido velenoso dopo acidificato cessa completamente di
esser tale.
Eendiconti. 1888. Vol. IV, 1° Sem. 109
— 840 —
« Tra i prodotti separati all' infuori della base e di altri principi neutri
che ho potuto isolare, ma di nessuna importanza tossicologica e che mi riserbo
di studiare in seguito, vi sono gli acidi precipitati coli' acetato di piombo.
« Tutto il precipitato piombico sospeso in acqua decomposto con idrogeno
solforato dà un liquido acidissimo formato in gran parte da acido cloridrico,
fosforico e acidi fosforati organici tra cui primeggia l'acido fosfoglicerico. Se _
il liquido ottenuto con la decomposizione dell'idrogeno solforato dei sali piom-
bici si tratta con barite si ha un precipitato bianco sporco di fosfato di bario
che per purificarlo si può sciogliere in acido acetico, filtrare e riprecipitare di
nuovo con ammoniaca finché si ha il fosfato di bario bianchissimo e sul quale
si possono eseguire tutte le reazioni speciali dei fosfati.
« Il liquido alcalino per barite è trattato con una corrente di anidride
carbonica per eliminare tutto l'eccesso di barite ed il liquido filtrato scaldato
a bagno maria del reattivo per precipitare il bicarbonato di bario si tratta dopo
raffreddato con una soluzione di acetato basico di piombo. Si ottiene un pre-
cipitato bianco di cloruro di piombo misto a sali fosforati organici solubili nel-
l'eccesso del reattivo.
« Questi acidi fosforati si possono riconoscere decomponendo con idrogeno
solforato il sale piombico ottenuto, dopo di aver eliminato colla barite tutto
l'acido fosforico. La soluzione degli acidi si svapora con acido nitrico sino a
consistenza sciropposa, si ripiglia con acqua e in questa soluzione si può consta-
tare l'acido fosforico, sia colla barite sia col molibdato ammonico. La sepa-
razione di questi acidi mi è finora riuscita impossibile poiché oltre a dare
essi sempre dei sali molto solubili, le molte materie estrattive che l'accompa-
gnano rendono sempre più difficile la separazione. Io potei assicurarmi della pre-
senza dell'acido fosfoglicerico, per il fatto che il liquido acido dà, sia per
ebollizione che per svaporamento, dell'acido fosforico. Quando inoltre il
liquido si scalda con acido metafosforico in palloncino si gente, dopo distil-
lata l'acqua, un forte odore di aeroleina caratteristico.
« Suppongo inoltre che questi acidi fosforati siano diversi stantechè
coll'alcool i loro sali baritici si comportano diversamente. Io continuerò lo
studio di questi acidi i quali pare abbiano una grande importanza fisiologica.
« Se gli acidi tale come si ottengono dalla decomposizione dei sali piom-
bici si saturano con neurina e la soluzione di detti sali anche diluitissima
s'inietta in un animale, si riproduce tutto il quadro tossicologico dell'estratto
acquoso delle capsule surrenali. Bastano piccolissime dosi di questi sali per
produrre subito la morte in un coniglio.
« La stessa quantità di soluzione fortemente venefica acidificata con acido
cloridrico riesce completamente innocua; cioè iniettate tre, quattro siringhe
in un animale di questa soluzione acida non producono più elfetti tossici
apprezzabili.
« Con questi sali fosforati di neurina si possono spiegare tutti i fenomeni
— 841 —
chimici e fisiologici che presenta l'estratto acquoso delle capsule surrenali.
Quando si tratta l'estratto acquoso con acido cloridrico diventa innocuo, perchè
l'acido cloridrico sposta l'acido fosforato formando cloridrato di neurina, il
quale in quella condizione di diluizione riesce innocuo. Se invece si tratta
con acetato basico di piombo allora si precipita il sale di piombo e resta la
neurina in soluzione; quindi né il liquido né il precipitato saranno più velenosi.
« In un altra mia Nota io esporrò insieme al dott. Guamieri le espe-
rienze fisiologiche eseguite finora tanto sull'estratto acquoso delle capsule
quanto su questi sali fosforati.
* Per rendermi maggiormente ragione del fatto ho cominciato a preparare
artificialmente il fosfato e il fosfoglicerato di neurina purissimo per constatare
quale fosse la loro azione fisiologica. Ho preso dell'acido orto-fosforico e lo
saturai fino a leggerissima alcalinità con neurina. Fatte le iniezioni in ani-
mali si potette osservare come comincia l'acido fosforico ad aumentare di
molto l'azione venefica della neurina. Ma sorprendente è l'azione del fosfogli-
cerato. Io preparai dell'acido fosfoglicerico trattando la glicerina con un ec-
cesso di anidride fosforica prima a freddo e poi scaldando al disotto di
cento gradi per poche ore: il liquido fu precipitato con acqua di barite in
eccesso fino a reazione nettamente alcalina. Fu filtrato il fosfato di bario pre-
cipitato ed il liquido filtrato fu trattato con una corrente di anidride carbonica.
Il liquido di nuovo filtrato fu scaldato a bagno maria per decomporre il bicar-
bonato di bario ed il liquido rifiltrato fu precipitato con acetato basico di
piombo curando di adoperarne il meno possibile. Si ebbe un abbondante precipi-
tato bianchissimo, il quale si lavò prima per decantazione e poi sul filtro alla
pompa; il precipitato si sospese in acqua distillata e si trattò con eccesso d'idro-
geno solforato. Per iscacciare l'eccesso d'idrogeno solforato fu fatta passare nel
liquido a freddo una corrente di aria, finché un poco di esso trattato con
acetato basico di piombo dava un precipitato bianco, senza alcun annerimento.
« Questo liquido titolato con soda N/i0 fu saturato con neurina. Questo
sale è potentemente velenoso; basta un decimo di milligrammo per ammazzare
una rana, come più dettagliatamente si potrà vedere nella Nota che pubbliche-
remo col dott. Guarnieri.
« Se ora si compara il comportamento dell'estratto acquoso delle capsule
surrenali, con quello degli acidi fosforati estratti combinati alla neurina e
dei sali fosforati preparati artificialmente, si trova una spiegazione adeguata
di tutti i fenomeni fin qui osservati.
« A causa della rilevante ditferenza di velenosità tra la base ossietilica
e quellla vinilica, come risulta dalle ricerche scrupolose del prof. Cervello
e della facilità di trasformarsi l'una nell'altra, si potrebbe attribuire a questo
fatto la velenosità delle capsule surrenali. Però se ciò potrebbe spiegare in
parte il fenomeno, non spiega il complesso dei fatti chimici e la più ener-
gica velenosità.
— 842 —
« Io sto preparando i sali purissimi delle due basi per potere meglio
controllare questo fatto interessante.
« Queste Note preliminari servono solo a mettere in vista i fatti sin'ora
osservati riservandomi uno studio più dettagliato, in vista specialmente della
importanza che possono acquistare simili studi tanto dal lato tossicologico che
fisiologico. Prima però di finire è bene far notare che lo scopo di questa mia
Nota non è di avvalorare quanto alcuni credono di aver io affermato, che cioè
non esistono altre ptomaine all'infuori della neurina. Io invece ho detto che
ho studiato sempre questo argomento dal punto di vista tossicologico e che
nelle perizie legali limitate a poca quantità di materiale, la base che più
può intralciare le ricerche è la neurina, e non ho mai escluso che si possano
ritrovare altri alcaloidi come si rileva dalle mie pubblicazioni sull'argomento ».
Tossicologia. — Ricerche sperimentali sull'azione tossica del-
l'estratto acquoso delle capsule soprarenali. Nota dei dottori G. Guak-
nieri e F. Marino-Zuco, presentata dal Socio Paterno.
a Già da alcuni anni nell' 83 il prof. Foà ed il dott. Pellacaui stabili-
rono che nelle capsule surrenali si conteneva un veleno, il quale era capace
di produrre negli animali effetti venefici costanti e mortali. Questo fatto fu
controllato completamente da alcune nostre prime ricerche, le quali poi ser-
virono di base ad uno studio più accurato dell'argomento tanto dal punto di
vista chimico quanto da quello sperimentale.
« E subito potemmo mettere in rilievo il fatto che l'estratto acquoso di
capsule surrenali (10 capsule di bue diluite con 60 ce. di acqua) injettato
nella proporzione di un centimetro cubico ad un coniglio di media grandezza
era capace di dare la morte in breve spazio di tempo. Mentre invece, appena
l'estratto veniva trattato con un acido od altro reattivo, nella medesima dose
od in dose anche alquanto maggiore non produceva fenomeni venefici ap-
prezzabili.
« Le ricerche chimiche in seguito misero in chiaro che i principi più
rilevanti dell'estratto acquoso delle capsule soprarrenali erano neurina ed
acidi fosforali organici. Allora combinando questi acidi fosforati con neu-
rina ed iiijettandone sotto pelle la soluzione in animali ottenemmo il noto
quadro dei fenomeni tossicologici dell'estratto acquoso semplice. I conigli sono
colti subito da ansia, il respiro s'affretta, emettono gemiti, fanno piccoli salti
incomposti; poi subito cominciano fenomeni paralitici, giacciono distesi su di
un fianco, stimolati si muovono appena barcollanti. Più tardi sono resi inca-
paci di spostarsi dal luogo che occupano con paralisi del treno posteriore e
più raramente di quello anteriore. Lo stupore che poco dopo fatta l'inocula-
zione si manifesta rapidamente cresce, e gli animali muoiono in tempo variabile
— 843 —
con paralisi respiratoria. Durante l'ultimo periodo dell'avvelenamento l'ani-
male non dà segni di sensibilità, mancano i riflessi. Non meno caratteristico
è il quadro che si produce sperimentando con le rane. Già dopo due o tre
minuti si nota ipoestesia marcatissima della cornea e la deglutizione dell'aria
è fatta ad intervalli lunghissimi, finché in breve cessa completamente la respi-
razione. Dopo 7 a 10 minuti i movimenti volontari non si fanno più, e la
rana stimolata con uno spillo al tallone eseguisce dei movimenti incompleti
e molto limitati e torna a giacere con gli arti lunghi sulla tavoletta. Il capo
è sollevato, gli occhi aperti, la cornea perfettamente anestesica. Stimolato
il tallone con acido acetico si hanno contrazioni limitate di alcuni muscoli
non sufficienti a spostare gli arti dalla posizione che occupano. Eccitato elet-
tricamente lo sciatico si hanno contrazioni limitate all'arto corrispondente e
nulla in altri gruppi muscolari. Eccitata la cute del tallone con acido
solforico non si nota alcun movimento riflesso, come anche eccitando elettri-
camente il tronco centrale dello sciatico. Dopo 25-30 minuti eccitando anche
con forti correnti il tronco periferico dello sciatico d'ordinario non si otten-
gono più contrazioni muscolari di sorta, e la rana sembra morta. Senonchè
asportato lo sterno si vede che il cuore ancora batte con discreta frequenza,
e cessa solo di pulsare dopo altri 20-25 minuti prossimativamente. Anche
dopo 4 ore che il cuore ha cessato di battere l'eccitazione elettrica diretta
dei muscoli dà contrazioni visibilissime.
« Ma se alla soluzione servita allo esperimento si aggiunge acido clo-
roidrico il potente eifetto venefico cessa, e solo triplicando o quadruplicando
il volume dell'iniezione si ottengono disturbi passeggeri appena rilevabili.
« La ragione di questo fatto apparisce chiara ove si eseguiscano espe-
rienze simili con il fosfato e fosfoglicerato di muriiia ottenuto artificial-
mente. Difatto iniettando gr. 0,003 del primo sale ad una rana robusta,
questa muore d'ordinario in 14-20 minuti, come ancora con iniezioni di
gr. 0,001 ed anche meno si stabilisce rapidamente l'avvelenamento carat-
teristico e le rane muoiono in 10-20 ore. Più potente è ancora l'azione del
fosfoglicerato giacché si ottiene un avvelenamento mortale anche con una dose
di grm 0,0001. Si comprende allora facilmente come l'azione dell'acido clo-
ridrico possa rendere inapprezzabile la potenza venefica dei sali ottenuti con
gli acidi fosforati organici e la neurina e dell'estratto acquoso medesimo,
poiché come è noto per gli studi del prof. Cervello e del prof. Moriggia,
bisogna adoperare dosi molto più elevate per produrre con il cloridrato di
neurina fenomeni venefici mortali.
« Noi seguitiamo le nostre ricerche su questo argomento, e speriamo di
poterne esporre completamente i risultati, quando conosciuti dettagliatamente
gli acidi fosforati dell'estratto acquoso avremo eseguite nuove esperienze col
possesso di sali puri perfettamente dosati » .
— 844 —
Fisiologia. — Studi sulla fina struttura delle capsule sopra-
renali. Nota preventiva dei Dottori G. Guarnieri e G. Magini, pre-
sentata a nome del socio Moriggia.
« L'oscurità tuttora esistente sulla funzione delle capsule soprarenali ci
ha mosso a studiarle dal lato istologico e fisiologico; ed in prima abbiamo
voluto ricercare sulla loro fina struttura. Durante il corso delle nostre ri-
cerche abbiamo riscontrato molti fatti già registrati nella ricchissima lettera-
tura, tra i quali però alcuni sono descritti od interpretati in modo che a
noi non è sembrato giusto; ed abbiamo potuto rilevare alcuni altri fatti fi-
nora sconosciuti specialmente per quel che si riferisce all'epitelio ed ai vasi
sanguigni di questi organi. Perciò ci siamo determinati a presentare fin da
ora una Nota preventiva dei nostri primi risultati, riserbandoci, in seguito
ad ulteriori ricerche, di discutere ampiamente il contenuto della presente
Nota, ed altre questioni in corso di studio.
« Gli animali sui quali abbiamo fatto le nostre osservazioni sono il
coniglio, il cane, la cavia, il topo, il bue e l'uomo. Di tutti qusti animali
(eccetto l'uomo) si prendevano le capsule soprarenali subito dopo la morte,
e venivano immerse nel liquido di Flemmiug, o nella miscela osmio-bicromica
o nel liquido di Muller, o in quello di Kleinenberg, .0 nell'alcool assoluto.
Oppure si facevano sezioni dell'organo fresco mediante il microtomo a con-
gelazione, 0 preparati per dilacerazione in liquidi indifferenti (alcool al 3°,
cloruro sodico 0,75 % ecc.). Di preferenza ci siamo serviti della inclusione
in celloidina per le sezioni dei pezzi induriti.
« Come materie coloranti abbiamo prevalentemente adoperato l'ematos-
silina di Ehrlich, l'ematossilina eosinica di Guarnieri, il carminio borico, il
boracico, l'alluminoso, il bleu di metilene in soluzione acquosa neutra 0 al-
calina, il nitrato d'argento (reazione nera di Golgi pei centri nervosi), il
cloruro d'oro.
« Ora, descrivendo sommariamente i risultati delle nostre ricerche, ci
limiteremo ad esporre soltanto quello che a noi è sembrato portare qualche
contrib ito alle attuali conoscenze istologiche, non che quello su cui dissen-
tiamo dagli altri ricercatori, senza occuparci di ciò che è già sanzionato intorno
alla istologia d.dle capsule sòprarenali.
« La capsula esterna è formata da strati connettivali sovrapposti, ed
ha nel bue uno spessore maggiore che negli altri animali; t:a le fibre con-
nettivali sono intercalati assai scarsi ganglii nervosi microscopici, composti
di tre, quattro 0 più cellule. Questo involucro della ghiandola è trapassato
da molti e grossi fasci di fibre di Eemak (bue).
« La zona esterna della sostanza corticale è divisa dalla capsula pei*
mezzo di una sottile membrana connettivale propria, che manda sepimenti
— 845 —
in direzione raggiata verso la sostanza midollare, nella quale questi non
penetrano; che anzi dopo breve tragitto si perdono nella stessa sostanza corticale;
però si accompagnano fino alla sostanza midollare non più in forma di raggi,
ma seguendo per lo più il decorso proprio dei fasci di fibre nervose. Tra i
sepimenti raggiati sono contenuti tubetti ghiandolari contorti, col cui di sacco
rivolto alla periferia, costituiti da una membranella anista basale, su cui pog-
giano cellule epiteliali cilindriche molto allungate, con nucleo rotondo. Questo
è situato verso la metà delle cellule, e non presso la membrana di sostegno
come generalmente avviene per l'epitelio delle altre ghiandole tubulari.
« Le estremità centrali delle cellule sono incastrate tra le estremità
centrali delle cellule opposte in modo che non rimane lume ghiandolare.
Nel tratto d'incastro appariscono i nuclei in due file regolari parallele vicine
tra loro presso l'asse del tubetto. Osservando coi migliori e più forti obbiet-
tivi (obbiettivo apocromatico Zeiss 1,30 - oculare n. 12) i preparata fissati col
liquido di Kleinenberg, e colorati con ematossilina eosinica, si nota che il
nucleo possiede un reticolo cromatico a larghe maglie, i cui fili sottili sono
in rapporto con uno o più nucleoli. Il reticolo protoplasmatico si presenta
con maglie più serrate all'intorno della membrana nucleare e alla periferia
della cellula.
« La zona interna della sostanza corticale occupa approssimativamente
i tre quarti della corticale intiera. È costituita da cellule epiteliali po-
ligonali irregolari, distribuite in parecchi strati, dei quali il più periferico
contiene le più grandi, il medio le mezzane, il centrale le più piccole, senza
però che si possa dire aversi una delimitazione marcata fra i diversi strati,
giacché gradatamente per sfumature si passa dallo strato più periferico
al centrale. Queste cellule hanno nucleo rotondo, polinucleolato il più
delle volte, ed un reticolo protoplasmatico fatto di filamenti molto più sot-
tili che non quelli delle cellule cilindriche della zona esterna.
« La struttura della sostanza midollare è la più complicata; questa
non è limitata da una linea regolare, ma come s'indentra a zaffi irregolaris-
simi nelle parti più profonde della corticale, così la corticale manda dei
gettoni che si approfondano nella midollare seguendo specialmente il decorso
delle fibre di Remak come descriveremo in seguito. In essa si rinvengono i
più grossi vasi sanguigni, una rete nervosa ricchissima ed uno speciale epi-
telio, che ne forma principalmente la massa. L'epitelio ha una particolare
disposizione, cioè è formato di più ordini di cellule le quali unite in forma
di circonvoluzioni contornano i vasi, i fasci di fibre nervose, e diramandosi
in propagini fìtte e sempre tra loro connesse costituiscono nell'insieme un
blocco epiteliale centrale della ghiandola. Questi elementi epiteliali che,
come è noto, sono alterabilissimi, vengono soltanto in parte fissati dal liquido
di Kleinenberg, poiché mentre trattati con questo, lasciano scorgere il nu-
cleo nello stesso modo che con altri reattivi, il protoplasma cellulare invece
— 846 —
si coarta d'ordinario, per cui si perde il rapporto coi diversi elementi vicini;
solo alcune cellule midollari rimangono in posto. Il liquido di Flemming
riesce il migliore di tutti gli altri per fissarne la fina struttura, senza alte-
rarne i rapporti. Noi preparati fissati col liquido di Kleinenberg, osservando
i luoghi dove l'epitelio non si è distaccato dalle vicine parti coartandosi,
si vede come ogni cellula abbia la forma di una piramide tronca coli' apice
in contatto con quello della cellula opposta. È negli apici delle cellule che
sta collocato il nucleo. 11 reticolo protoplasmatico del corpo cellulare è fatto
di maglie irregolari allungate nel senso del maggior diametro della cellula:
questo reticolo si mette in evidenza nei preparati colorati coll'ematossilina
eosinica che lo tinge in rosa, lasciando perfettamente incolore l'enchilema;
il quale si tinge in bruno in preparati fissati col liquido di Flemming; la
tinta bruna occupa i tre quarti della cellula, mentre l'apice di questa e
la porzione perinucleare restano perfettamente scolorati. Osservando questi
preparati col sistema Zeiss sopradetto sembra che nell'enchilema bruno siano
intercalate delle maglie più chiare, disposte secondo il diametro longitudi-
nale della cellula, che siamo portati ad interpretare come costituenti il
reticolo protoplasmatico. Alcune volte sulla base delle cellule si notano delle
dentellature, le quali segnano la terminazione periferica di strie parallele
tra loro, che ricordano quelle delle cellule epiteliali del rene.
« Costantemente, in preparati rissati con liquidi osmici (liquido di Flem-
ming, miscela osmio-bicromica), si riscontrano dei corpi cilindrici di sostanza
fortemente rifrangente, circondata da un sottile strato di altra sostanza annerita
dall'acido osmico, e di figura circolare, semilunare o irregolare. Questi corpi
cilindrici sono situati talora tra cellula e cellula, tal'altra (ed è il più so-
vente) perforano il corpo delle cellule verso la periferia o nel centro occu-
pando circa y4 o Vs della loro stoffa.
« I fasci di fibre nervose della sostanza midollare sono accompagnati
spesso da un manicotto di cellule epiteliali poliedriche, alquanto simili a
primo aspetto a quelle della zona interna della sostanza corticale, dalle
quali però differiscono specialmente perchè provviste di un reticolo protopla-
smatico a maglie più strette. Questi manicotti talora seguono il fascio ner-
voso negli strati più profondi della sostanza midollare fin presso i grossi
vasi centrali dove frequentemente si riscontrano in sezione trasversa. Alcune
volte però i fasci di fibre di Remak della midollare sono sprovveduti di
manicotti epiteliali, e corrono tra i vasi e le fibre connettivali.
« Le terminazioni nervose nella sostanza corticale e nella midollare
non le abbiamo potute vedere per quanti tentativi abbiamo fatto, colorando
le sezioni col cloruro d'oro (metodo Giaccio, Ranvier, Kupffer, Mirra).
« Nessuna cellula nervosa ganglionare abbiamo potuto mai vedere né
nella sostanza corticale, né nella midollare di un grandissimo numero di
preparati sebbene non siasi trascurato alcuno dei metodi atti alla ricerca.
— 847 —
« I vasi arteriosi entrando nella sostanza corticale tangenzialmente si
dividono in ramuscoli che la percorrono a guisa di raggi convergenti verso
la sostanza midollare, dove si continuano in lacune vascolari irregolari, e
queste alla loro volta comunicano colla vena centrale che esce per l'ilo della
ghiandola. Com'è conosciuto, vasi sanguigni delle capsule soprarenali hanno
in generale pareti sottilissime composte da un' esile membrana endoteliale i
cui nuclei sono molto distanti tra loro. Questa membrana, a quanto ci ap-
pare, è in rapporto diretto colle cellule epiteliali della ghiandola.
« Vogliamo insistere sopra un fatto, che abbiamo potuto mettere in rilievo
mediante trattamento delle capsule soprarenali colla reazione nera all'argento che
Golgi adopera pei centri nervosi : nella zona interna della sostanza corticale
si osservano costantemente numerose figme nere singolari, composte di un
corpo centrale rotondo, piriforme o a triangolo sferico, il quale per lo più
è provvisto di due appendici laterali quasi due ali aperte di farfalla, netta-
mente delimitate, formate da un reticolo a maglie poligonali. Queste figure
alate si vedono, in tali preparati, una accanto l'altra a distanze variabili e
di forme analoghe e costanti. Ove i preparati vengano successivamente trattati
con ematossilina o con carminio, si vedono le cellule epiteliali incastonate
nelle maglie delle ali. Paragonando queste figure alate con quelle di prepa-
rati ottenuti da capsule iniettate con massa al carminio (o già per sé
iniettate di sangue e colorate con ematossilina eosinica) si riconosce che non
rappresentano altro che una speciale disposizione di vasi sanguigni, che non
siamo riusciti a mettere completamente in evidenza che per mezzo della rea-
zione nera di Golgi in sezioni piuttosto spesse. Questa particolare e costante
disposizione dei vasi della zona interna della sostanza corticale ci richiama
in qualche modo alla mente quella che si osserva nelle isolette del fegato
« È noto come specialmente nella sostanza midollare delle capsule
surenali si trovino dei grossi fasci di fibre muscolari liscie che per lo più
circondano il lume delle vene a guisa di robusti cingoli. Indubbiamente a
questo fatto istologico deve corrispondere un proporzionale effetto fisiologico,
per cui riteniamo che questi fasci muscolari contraendosi servano a regolare
il deflusso venoso in modo da rallentare potentemente la circolazione san-
guigna di queste ghiandole.
« Iniettando per mezzo di un'apparecchio a pressione costante, in varie
capsule freschissime di bue, dell'acqua tiepida salata per la vena centrale
abbiamo notato l'aumento di volume della metà circa, in media (metodo
dello spostamento del liquido in cui erano immerse le capsule prima e dopo
la iniezione).
« Ad onta di ripetute iniezioni interstiziali di bleu di Prussia solubile
nelle capsule soprarenali non siamo riusciti che a far penetrare il liquido
nei vasi sanguigni; quindi nulla possiamo dire della disposizione dei vasi
linfatici ».
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 1° Sem. 110
— 848 —
MEMORIE
DA SOTTOPORSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
Gr. Terrigi. Gli Ostracodi Polizoi a Foraminiferi del calcare di Palo
(vulgo Macco di Palo). Presentata dal Segretario Blaserna.
E. Sciamanna e A Torti. Modificazioni del polso cerebrale nelle di-
verse posizioni del soggetto e per l'uso di diversi farmaci. Presentata Id.
a nome del Socio Moriggia.
RELAZIONI DI COMMISSIONI
Il Socio Carutti, a nome anche del Socio Capasso, relatore, ìegge una
Relazione sulla Memoria del sig. C Merkel intitolata : L'opinione dei con-
temporanei sull'impresa italiana di Carlo I d'Angiò, concludendo per l'in-
serzione del lavoro negli Atti accademici.
Il Socio Monaci, relatore, a nome anche del Socio D'Ancona, legge
una Relazione sulla Memoria dei signori Kehrli e Gauohat, intitolata : Il
Canzoniere Provenzale II Cod. Vaticano 3207, proponendone l'inserzione
negli Atti accademici.
Le precedenti Relazioni, messe ai voti dal Presidente, sono approvate,
dalla Classe, salvo le consuete riserve.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Carutti presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna-
lando fra queste le seguenti di Soci e di estranei:
G. Carle. Le origini del Diritto romano.
C. Cadorna. Il primo ed unico principio del diritto pubblico clericale.
G. Finali. Commemorazione di Marco Minghetti.
Lo stesso Segretario presenta anche il IV ed ultimo volume dell' In-
ventario del R. Archivio di Stato in Lucca.
Il Presidente Fiorelli offre, da parte dell'autore, la pubblicazione in-
titolata : On the track of Ulysses, together with an excursion in quest of
the so-called Venus of Melos, del sig. W. J. Stillman.
— 849 —
Il Segretario Ferri presenta l'opera del prof. R. Benzoni: Dottrina
dell'essere nel sistema Rosminiano , accompagnandola con un cenno biblio-
grafico (1).
Il Segretario Blaserna fa omaggio, a nome dell'autore prof. G. Luvini,
della pubblicazione: Contribution à la Meteorologie électrique.
Il Socio Betocchi presenta il 1° Volume dell'opera del senatore P. Man-
frin intitolata: Gli ebrei sotto la dominazione romana.
PERSONALE ACCADEMICO
Il Presidente Fiorelli annuncia che alla seduta è presente il Socio stra-
niero Gastone Paris.
CORRISPONDENZA
Il Segretario Carutti dà conto della corrispondenza relativa al cambio
degli Atti.
Annunciano l'invio delle loro pubblicazioni:
La Società filosofica di Cambridge; la Società batava di filosofia spe-
rimentale di Rotterdam; il Museo britannico di Londra; le Università di
Cambridge, di Glasgow, di Upsala, di Leida, di New-York ; il Museo di zoo-
logia comparata di Cambridge Mass.; il Museo di Bergen; l'Istituto meteo-
rologico rumeno di Bucarest; l'Istituto tecnico superiore di Karlsruhe; il
Comitato geologico russo di Pietroburgo.
Ringraziano ed annunciano l'invio delle loro pubblicazioni:
La Società di storia patria di Stuttgart ; la Società Reale delle scienze
di Upsala; la Società di fisica e di storia naturale di Ginevra; la Società
di scienze naturali di Brunn.
D. C.
C) V. pag. 769.
851 —
INDICE DEL VOLUME IV. - RENDICONTI
1888 — 1° Semestre.
INDICE PER AUTORI
Agamennone. « Il terremoto nel Vallo Co-
sentino, del 3 decembre 1887 ». 532.
Amari. Presenta un « Catalogo » delle mo-
nete musulmane possedute dalla Biblio-
teca nazionale di Parigi. 481.
Anderlini. « Sopra alcuni derivati della
pirrolenftalide ». 560.
Artini. È approvata per la stampa la sua
Memoria intitolata : « Quarzo di Val
Malenco ». 382.
— « Sulla così detta S a v i t e di Monteca-
tini ». 51.
— « Alcune nuove osservazioni sulle zeo-
liti di Montecchio Maggiore ». 536.
Ascoli. Fa parte della Commissione giudi-
catrice del concorso ai premi Ministe-
riali per le Scienze filologiche, pel
1886-87. 647.
B
Balbiano. Invia per esame la sua Memo-
ria intitolata: « Sopra alcuni derivati
monosostituiti del pirazolo e sui com-
posti idrogenati che ne derivano ».
600.
— « Contribuzione allo studio del cromato
basico di rame ». 597.
Barilari. Sua conferma ad Amministra-
tore. 765.
Barnabei. u Di una epigrafe onoraria a
L. Iulio Iuliano, prefetto del pretorio
e prefetto dell'Annona, al tempo di
Commodo ». 70.
— « Di un'iscrizione latina arcaica del con-
sole Servio Fulvio Fiacco, scoperta in
S. Angelo in Formis presso Capua ».
276.
Betocchi. Fa omaggio del volume XV
della Società filologica di Francia. 96 ;
di vari fascicoli della stessa Società.
482; di una pubblicazione del prof.
Busin. 482; di un'opera del senatore
Manfrin. 849.
— Presenta, perchè siano sottoposte ad
esame, le Memorie : Busin. 53 ; Cor-
naglia. 155.
— « Effemeridi e statistica del fiume Te-
vere prima e dopo la confluenza del-
l'Aniene, e dello stesso fiume Aniene
durante l'anno 1887». 782.
Berti. Presenta una pubblicazione del si-
gnor Gabotto e ne discorre. 179.
Bianchi. « Sulle superficie d'area minima
negli spazi a curvatura costante ». 4.
— « Sulla equazione a derivate parziali del
Cayley nella teoria delle superficie ».
442.
— « Sopra una classe di trasformazioni
in sé medesima della equazione a de-
rt —s2
rivate parziali : (I)
+
(l+/>2 + <?2)2
(1 + 7») r — 2 pqs -f (1 -f- p*) t
ì
i+j»a + ?2
= costte ». 445.
852
Blaserna (Segretario). Comunica la corri-
spondenza relativa al cambio degli
Atti. 56; 157; 251; 384; 568; 765.
— Comunica l'invito fatto dal Rettore del-
l'Università di Bologna per la celebra-
zione dell'80 centenario di quella Uni-
versità. 56.
— Dà comunicazione di un invito pel Con-
gresso geologico internazionale di Lon-
dra, e per quello di chirurgia di Pa-
rigi. 251 ; id. della Società delle scienze
di Finlandia. 384.
— Presenta le pubblicazioni inviate dai
Soci: cV Abbaile. 563; von Bruecke.
155; De Zigno. 764: Gemmellaro. 53;
Kanitz. 155; von Kokscharow. 764;
von Ruth, Resal. 383; Taramelli. 155;
764; Volpicela 53.
— Presenta le pubblicazioni inviate dai
signori: Benedikt. 250; Canestrini.
156; Ghantre. 250; Danielssen. 383;
Falangola. 481; Grotti. 53; Hirn, Ko-
ren, Lissauer. 383; Luoini. 849 ; Lo-
visato. 563; Nansen, Sars. 383: Szaj-
noche. 481; Saccardo, Saltini. 563;
Tondini de' Quarenghi. 383.
— - Presenta due « Cataloghi dell'Osserva-
torio di Parigi » e i volumi IV e VI
contenenti i risultati della spedizione
scientifica francese al Capo Horn (1882-
83). 250; il voi. I delle opere di Fou-
rier, alcuni volumi dell'Osservatorio
di Greenwich e varie pubblicazioni del-
l'Accademia di Cracovia. 383; il vo-
lume Vili dell' « Index-Catalogne of
the Library of the Surgeon General' s
Office, United States Array n donato
dal Socio Bodio. 481 ; il voi. XII delle
" Osservazioni astronomiche » eseguite
all'Osservatorio di Pulkova, e una pub-
blicazione del sig. de Guerne, inviata
a nome di S. A. il Principe di Monaco.
764.
— Dà comunicazione delle lettere di rin-
graziamento di vari Soci di nomina
recente. 55; 155; 250; 566.
— Presenta una medaglia coniata in onore
del Socio straniero von Kokscharow
ed offerta dalla Società mineralogica
di Pietroburgo. 155.
Blaserna ^Segretario). Annuncia la morte
del Socio straniero von Rath. 566; id.
del Presidente della R. Accademia di
Serbia, dott. J. Rancie'. 384.
— Dà comunicazione dell'elenco dei lavori
presentati ai due concorsi ai premi
reali del 1887 per la Matematica e
per la Chimica. 54.
— Id. dei lavori presentati al concorso ai
premi del Ministero della pubblica
istruzione per le Scienze matematiche,
1887-88. 566.
— Id. di un concorso a premi bandito
dalla Società italiana di elettricità.
156; id. dalla R. Accademia delle
scienze fisiche e matematiche di Na-
poli. 251 ; id. dall' Associazione di
proprietari ed agricoltori di Napoli.
568.
— Fa parte della Commissione giudicatrice
del concorso ai premi ministeriali pei
le Scienze fisiche e chimiche, pel
1886-87. 650.
— Presenta, perchè sia sottoposta ad esame,
una Memoria del dott. Terrigi 848.
— Fa parte della ('(immissione esamina-
trice delle Memorie : Artini. 382 ; La
Valle. 764.
— « Sull'impianto del servizio geodinamico
in Italia ». 774.
Bonateli.i. « Il fenomeno della ricordanza
illusoria ». 161.
Bordiga. Invia per esame la sua Memoria
intitolata: « Di alcune forme rigate ».
480.
Brioschi (Presidente). Annuncia che alla se-
duta assistono i Soci stranieri: Struve.
250.
— Riferisce sulla Memoria Cornaglia. 382.
— Relazione alle LL. MM. sui lavori del-
l'Accademia e sul risultato dei con-
corsi ai premi Reali e Ministeriali ».
603.
— u Osservazioni sulla comunicazione del
dott. //. Maschke, relativa alla risolu-
zione della equazione del sesto grado ».
181.
— « La forma normale delle equazioni del
sesto grado ». 301; 485.
— Sua conferma a Presidente. 765.
— 853 —
von Bruecke. Ringrazia per la sua nomina
a Socio straniero. 55.
Busin. Invia per esame la sua Memoria:
« Sulla frequenza delle alte e basse
pressioni nell'emisfero boreale ». 53.
c
Cancani. « Sopra i coefficienti termici dei
magneti ». 334.
Cannizzaro. Propone l'invio di un tele-
gramma di felicitazione al Socio stra-
niero Hofmann in occasione del 70°
anniversario della sua nascita. 384.
— Presenta perchè siano sottoposte ad
esame le Memorie : Mauro. 382 ; Bal-
biano. 600.
— Fa parte della Commissione esamina-
trice della Memoria Mauro. 563.
— Fa parte della Commissione esamina-
trice del concorso al premio Reale per
la Mineralogia e Geologia, pel 1886.
635.
— Id. della Commissione giudicatrice del
concorso ai premi ministeriali per le
Scienze fisiche e chimiche, pel 1886-
87. 650.
Cantone. « Ricerche intorno alle deforma-
zioni dei condensatori ». 344; 471.
— « Nuovo metodo per la determinazione
delle due costanti di elasticità » . 220 ;
292.
— « Sui sistemi di frangie d'interferenza
prodotte da una sorgente di luce a due
colori ». 815.
Cantoni G. Presenta, perchè sia sottoposta
ad esame, una Memoria dei dottori Ge-
rosa e Boccardi. 250.
— Fa parte della Commissione esamina-
trice del precedente lavoro. 764.
— Riferisce sul concorso ai premi Mini-
steriali per le Scienze fisiche e chi-
miche, pel 1886-87. 650.
Capasso. Riferisce sulla Memoria Merkel.
848.
Capranica. « Fotografìa istantanea dei pre-
parati microscopici ». 297.
Cardani. « Sulla scarica elettrica nell'aria
fortemente riscaldata ». 44.
— « Sull' influenza delle forze elastiche
nelle vibrazioni trasversali delle corde » .
524; 705; 818.
Carle. Fa parte della Commissione giudi-
catrice del concorso al premio reale
per le Scienze giuridiche pel 1886.
623.
Carutti (Segretario). Dà conto della cor-
rispondenza relativa al cambio degli
Atti. 97; 180; 299; 483; 602; 849.
— Dà comunicazione di un invito del sin-
daco di Roma per assistere alla inau-
gurazione dei busti di Borghesi ed
Henzen. 97.
— Dà parte di un invito mandato dall'Ac-
cademia antropologica di Nuova York.
180; 299.
— Presenta le pubblicazioni inviate dai
Soci: Carle. 848; Lampertico. 298;
Levasseur. 298; Loria, Tabarrini.
480.
— Presenta le pubblicazioni inviate dai
signori. Cadorna. 848; Calvi. 480;
Errante. 95 ; Finali. 848 ; Julliot. 179 ;
Levi. 298; Musatti. 480 ; Negroni. 95;
Rivolta. 601 ; de Salverte. 480; Schaff.
298; Stocchi. 480.
— Presenta la nuova edizione del suo li-
bro « Il conte Umberto I e il re Ar-
doino » e ne discorre. 481.
— Presenta il II volume dei « Discorsi
parlamentari di Q. Sella » e vari vo-
lumi della Società romana e della So-
cietà napoletana di storia patria. 298 ;
il voi. XIV del u Corpus Inscriptionum
Latinarum » e il voi. XV della « Cor-
rispondenza politica di Federico il
Grande ». 481 ; il voi. I dei « Discorsi
parlamentari di M. Minghetti », e un
volume delle « Relazioni diplomatiche
della Monarchia di Savoia dalla pri-
ma alla seconda restaurazione (1559-
1814) » pubblicate dai signori Mauro.
Ferrerò e Vayra. 601 ; il voi. IV del-
l' « Inventario del R. Archivio di Stato
di Lucca». 848.
— Annuncia che è terminata la stampa
del primo volume del « Supplemen-
tum » al « Corpus Inscriptionum La-
tinarum ». 299.
— Dà l'annuncio di concorsi ad assegni
— 854 —
per istudì di perfezionamento all'estero.
299; id. del programma pel concorso
al premio Hoeufft pel 1889. 482.
— Dà comunicazione delle lettere di rin-
graziamento dei Soci di nomina re-
cente. 180.
— Annuncia la morte del Socio Carrara. 99.
— Comunica l'elenco dei lavori presentati
al concorso al premio Reale del 1887
per le Scienze filosofiche e morali. 96.
— Id. dei lavori presentati al concorso ai
premi del Ministero della pubblica
istruzione per le Scienze storiche e
filologiche, 1887-88. 601.
— Fa parte della Commissione giudica-
trice del concorso al premio reale per
le Scienze giuridiche pel 1886. 623.
— Fa parte della Commissione esamina-
trice della Memoria Merkel. 848.
Cavalli. Invia per esame la sua Memoria
intitolata: « Teoria delle motrici a gas-
luce ». 382.
Cerruti. Presenta un fascicolo a stampa
nel quale è esposto il disegno della
nuova edizione nazionale delle opere
di Galileo, e ne discorre. 156.
— « Sulla deformazione di un corpo ela-
stico isotropo per alcune speciali con-
dizioni ai limiti n . 785.
— Sua conferma ad Amministratore ag-
giunto. 765.
— Cesàro. « Sui concetti di limite e di
continuità ». 12.
— « Forinole relative al moto di un pun-
to ». 18.
— « Sur la comparaison des séries diver-
gentes ». 115.
— « Sur les lois asymptotiques des nom-
bres ». 452.
— « Sur les systèmes de nombres entiers ».
457.
Ciamician e Magnanini. « Sintesi di acidi
metilindolcarbonici ». 111.
— « Sulla formazione dei due tetrabromuri
di pirrolilene ». 227.
— u Sugli acidi carbossilici dei c-metilin-
doli ». 741.
Ciamician e Silber. « Ricerche sull'a-
piolo ». 146; 541; 550; 824.
Ciamician e Zatti. « Sugli acidi carbos-
silici dell'indolo ». 746.
Cipolla. Invia per esame la sua Memoria
intitolata: « Una congiura contro la
repubblica di Venezia negli anni 1 522-
1529 ». 179. — Sua approvazione. 600.
Cognetti de Martiis. Offre una sua tradu-
zione della commedia di M. A. Plauto:
u I prigionieri di guerra (captivi) ».
180.
— u Un socialista cinese del V secolo
av. C: Mih-Teih ». 166.
Colini. « Collezione etnografica della Nuova
Caledonia esistente nel Museo preisto-
rico di Roma ». 74.
— u Ornamenti personali dei Melanesi esi-
stenti nel Museo preistorico di Roma ».
173.
— « Collezione etnografica delle isole del-
l'Ammiragliato, esistente nel Museo
preistorico di Roma ». 774.
Comparetti. Fa parte della Commissione
giudicatrice del concorso ai premi mi-
nisteriali per le Scienze filologiche,
pel 1886-87. 647.
— «I canti epici della Finlandia». 618.
Cornaglia. Invia per esame la sua Me-
moria: « Delle spiaggie ». 155. — Sua
approvazione. 382.
Cossa A. « Sulla cosi detta Savite di Mon-
tecatini ». 99.
Cremona. Presenta, perchè siano sottopo-
ste ad esame, le Memorie : Bordiga.
480; Viola, 600.
I)
D'Ancona. Fa parte della Commissione
giudicatrice del concorso ai premi mi-
nisteriali per le Scienze filologiche,
pel 1886-87. 647.
— Fa parte della Commissione esamina-
trice della Memoria Kehrli e Gauchat.
848.
De Bary. Ringrazia per la sua nomina a
Socio straniero. 55.
De Leva. Presenta, perche siano sottoposte
ad esame, le Memorie : Filippi ; Merkel ;
Cipolla. 179.
— 855 —
De Paolis. Chiede che sia aperto un suo
piego suggellato. 538.
— Presenta, perchè sia sottoposta ad esame,
una Memoria del dott. Pascal. 563.
De-Toni e Levi. « Pugillo di alghe tripo-
litane ». 2-10.
De Varda. « Sopra un acido solfoisovale-
rianico». 3C9.
— « Studi sui pirroli terziari ». 755.
Dohrn. Ringrazia per la sua nomina a Socio
straniero. 55.
D'Ovidio E. « Sopra alcuni invarianti si-
multanei di due forme binarie degli or-
dini 5 e 4, e sul risultante di esse ». 100.
F
Favero. « Intorno ad un recente studio
sulla gravità». 310.
Ferri (Segretario). « Cenno bibliografico
sull'opera del prof. Benzoni: Dottrina
dell'essere nel sistema Rosminiano » . 769.
Filippi. Invia per esame la sua Memoria
intitolata : « L'arte dei Mercanti di Ca-
limala in Firenze e il suo più antico
statuto ». 179.
Fiorelli. Presenta una pubblicazione del
sig. W. J. Stillman. 848.
— Annuncia che alla seduta assiste il Socio
straniero Paris. 849.
— Dà annuncio della morte del Socio stra-
niero Summer Maine. 180.
— « Notizie sulle scoperte di antichità:
1887- del mese di dicembre. 57; 1888-
gennaio. 159 ; febbraio. 253 ; marzo. 385 ;
aprile. 569; maggio ». 767.
— Sua conferma a Vicepresidente. 765.
Fumi. «Per la Fonistoria protaria ». 173;
406.
G
Gamurrini. Ringrazia per la sua elezione
a Corrispondente. 180.
— " Sopra un'antica tazza di Lucio Cano-
leio ». 404.
Garibaldi. «Le protuberanze solari nei loro
rapporti colle variazioni del magnete di
declinazione diurna». 27.
Gauchat. — V. Kehrli.
Gegenbaur. Ringrazia per la sua nomina a
Socio straniero. 55.
Gerosa « Sulla velocità del suono nelle
leghe». 127.
Gerosa e Mai. Inviano, per esame, la loro
Memoria intitolata : « Nuove ricerche in-
torno all'influenza di alcune condizioni
fisiche sulla vita dei microrganismi ».
250. — Sua approvazione. 764.
— « Sulla velocità del suono nei vapori ».
722; 800.
Giacomelli. V. Respighi.
Golgi. Ringrazia per la sua nomina a Cor-
rispondente. 55.
Govi. Offre un suo scritto intitolato : « Il
Microscopio inventato da Galileo » e ne
discorre. 564.
— Fa parte della Commissione giudicatrice
del concorso ai premi Ministeriali per le
Scienze filologiche, pel 1886-87. 647.
— « Dei colori invisibili o latenti dei corpi ».
572.
— « Nuovo metodo per costruire e calcolare il
luogo, la situazione e la grandezza delle
imagini date dalle lenti o dai sistemi
ottici complessi ». 655.
Grablovitz. « Risultati delle osservazioni
idrotermiche eseguite al Porto d'Ischia
nel 1887». 177.
— « Sunto del metodo per determinare le
costanti della marea lunare con una o
due singole osservazioni al giorno ».534.
Grassi. « Morfologia e sistematica di al-
cuni protozoi parassiti». 5.
— « Significato patologico dei protozoi pa-
rassiti dell'uomo » . 83.
Grassi e Rovelli. « Intorno "allo sviluppo
dei Cestodi ». 700.
— «La Bilharzia in Sicilia». 799.
Grimaldi. « Sopra una relazione fra il po-
tere termoelettrico delle coppie bismuto-
rame e la loro sensibilità rispetto al-
l'azione del magnetismo». 132.
— « Sulle modificazioni prodotte dal ma-
gnetismo nel bismuto». 353.
Guarnieri e Macini. « Studi sulla fina
struttura delle capsule soprarenali. 844.
— V. Marino-Zuco.
Guidi. Presenta una pubblicazione del prof.
Rossi. 95.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem.
Ili
— 856 —
Guidi. «Frammenti copti». 60.
— « La traduzione degli Evangeli in arabo
ed in etiopico (geez)». 256.
H
Hébert. Eingrazia per la sua nomina a
Socio straniero. 55.
Helbig. « Su di una figura arcaica di guer-
riero, in bronzo, trovata nel santuario
di Asclepio ad Epidauro ». 60.
— « Su di una figurina in bronzo rappre-
sentante un Sileno ». 166.
Hofmann. Gli viene inviato dall'Accademia
un telegramma di felicitazione, in oc-
casione del 70° anniversario della sua
nascita. 384.
K
Keller. « Contributo allo studio delle rocce
magnetiche dei dintorni di Roma ». 38;
325.
Kekulè. Ringrazia per la sua nomina a
Socio straniero. 55
Kehrli e Gauchat. Inviano per esame la
loro Memoria intitolata: « Il Canzoniere
provenzale H, cod. Vai 3207 ». 600. —
Sua approvazione. 848.
Klebs. Ringrazia per la sua nomina a Socio
straniero. 55.
Kovalewsky. Ringrazia per la sua nomina
a Socio straniero. 55.
Lampertico. Presenta una « Relazione » del
sig. Monzilli e ne discorre. 95.
La Valle. Invia per esame la sua Memoria
intitolata: « Sul Diopside della Borne
des Brous presso Ala ». 764. — Sua
approvazione. 764.
Le Blant. « Les premiers chrétiens et le
démon ». 59.
Lipschitz. Ringrazia per la sua elezione a
Socio straniero. 566.
Lorenzoni. «Relazione sulle esperienze isti-
tuite nel R. Osservatorio astronomico
di Padova in agosto 1885 e febbraio
1886, per determinare la lunghezza del
pendolo semplice a secondi, preceduta
dalla esposizione dei principi del me-
todo dello strumento di Repsold». 83.
Loyisato. « Sopra gli sferoidi di Ghistorrai
presso Fonni in Sardegna. 355.
Lombroso. Presenta una pubblicazione del
sig. M. Rìcci e ne discorre. 96.
— « Piero Strozzi fiorentino e la Metafrasi
greca dei Commentarli di Giulio Ce-
sare ». 166.
— «L'Itinerarium del Petrarca » . 390.
M
Magi ni V. Guarnì eri.
Magnamm. « Azione della anidride acetica
sull'acido levulinico ». 477.
— « Sulla trasformazione del metilcbetolo
in chinaldina ». 556.
— «Sui derivati acetilici del metilcbetolo
e dello scatolo ». 362.
— « Sopra alcuni derivati del dimetilpir-
rolo assimmetrico ». 828.
— V. Ciamician.
Magrini. « Ricerche intorno alla magne-
tizzazione del ferro». 734.
Mai. V. Gerosa.
Mancini. Si riserba di commemorare i Soci
Carrara e Laurent. 96.
Marangoni. «Il terremoto di Firenze del
14 novembre 1887». 31.
— « Scarica elettrica attraverso i minerali ».
124.
— « Criteri per stabilire una classificazione
naturale dei cristalli». 215.
— « Il problema delle attrazioni e ripul-
sioni capillari ». 339.
— « Movimenti delle polveri alla superficie
dell'acqua ». 520.
Marino-Zuco. « Ricerche chimiche sulle
capsule surrenali». 835.
Marino-Zuco e Guarnieri. « Ricerche spe-
rimentali sull'azione tossica dell'estratto
acquoso delle capsule surrenali». 842.
Maschke. « La risoluzione della equazione
del 6° grado ». 181.
Mauro. Invia per esame la sua Memoria
intitolata : « Studio sui fluossisali di Mo-
libdeno. Memoria la : Fluossipomolibdati
— 857 —
di potassio e di ammonio ». 382. — Sua
approvazione. 563.
Meneghini. Fa parte della Commissione
esaminatrice del concorso al Premio reale
per la Mineralogia e Geologia, pel 1886.
635.
Menozzi. « Ricerche chimiche sulla germi-
nazione del Phaseolus vulgaris».
149.
Merkel. Invia per esame la sua Memoria
intitolata : « L'impresa italiana di Carlo I
d'Angiò e l'opinione dei contemporanei».
179. — Sua approvazione. 848.
Messedaglia. Offre una « Relazione » del
conte Tornielli-Brusati e ne discorre.
298.
— Fa parte della Commissione giudicatrice
del concorso al premio reale per le
Scienze giuridiche, pel 1886. 623.
Millosevich. « Osservazioni del pianetino
(264) Libussa». 106.
— « Osservazione del pianeta (275) e della
cometa Sawertal». 504.
— « Elementi ellittici di (264) Libussa in
base a due opposizioni(1886-87el888)».
505.
Mingazzini. Invia per esame la sua Memoria
intitolata: « Sulla fina struttura della
Substantia nigra Sommeringii ».
764.
Monaci. Presenta, perchè sia sottoposta ad
esame, una Memoria dei signori Kerhli
e Gauchat. 600. — Riferisce sulla pre-
cedente Memoria. 848.
— Riferisce sul concoso ai premi ministe-
riali per le Scienze filologiche, pel 1886-
87. 647.
Mondino. « La produzione delle piastrine
e l'evoluzione delle emazie nel sangue
dei vertebrati vivipari». 378.
Mondino e Sala. « Studi sul sangue. La
produzione delle piastrine nel sangue
dei vertebrati ovipari ». 377.
Montemartini. « Sulla composizione chi-
mica e mineralogica delle rocce serpen-
tinose del Colle di Cassimoreno e del
Monte Ragola (Valle del Nure)». 369.
Montesano. « Su le trasformazioni involu-
torie dello spazio che determinano un
complesso lineare di rette». 207; 277.
Mont,esano. " Sulle reciprocità birazionali
nulle dello spazio ». 588.
Morelli. Invia per esame la sua Memoria
intitolata : « Relazione sugli scavi ese-
guiti nella caverna Pollerà, situata nel
Finalese». 179. — Sua approvazione. 298.
Moriggia. Presenta, perchè sia sottoposta
ad esame, una Memoria dei dottori Scia-
manna e Torti. 848.
— « La frequenza cardiaca negli animali
a sangue freddo » . 661.
Mosso. « Applicazione del verde metile per
conoscere la reazione chimica e la morte
delle cellule ». 419.
— « Esame critico dei metodi adoperati
per studiare i corpuscoli del sangue».
427.
— « Il sangue nello stato embrionale e la
mancanza dei leucociti». 434.
— « Il sangue embrionale di Scyllium
catulus». 489.
— « Un veleno che si trova nel sangue
dei murenidi ». RI. 665.
— « Azione fisiologica del veleno che si
trova nel sangue dei murenidi ». Id. 673.
Muntz. « Notice sur une vue de Rome et
sur un pian du Forum à la fin du XV9
siècle, d'après un recueil conserve à
l'Escurial». 71.
N
Narducci. Presenta un esemplare della
« Vita di Pitagora » scritta dal Baldi
e ne discorre. 481.
— « Di un manoscritto di Rime del secolo
XVI, recentemente acquistato dalla Bi-
blioteca Angelica». 265.
— « Censimento della popolazione di Roma
dal 1686 al 1715 ». 771.
Nasini e Scala. « Sulle solfine e sulla di-
versità delle valenze dello zolfo » . 232.
— V. Paterno.
Novati. « Di un aneddoto del ciclo Artu ••
riano (Re Artù ed il gatto di Losanna) ».
580.
0
Omodei. V. Vicentini.
858
lì
Padova. « Una nuova applicazione della
teoria delle funzioni ellittiche alla mec-
canica » 507.
Paladini. « Sul movimento di rotazione che,
prende nel vuoto od in un fluido incom-
pressihile un corpo soggetto a forze di
potenziale H^ cos20 + H* costì ». 187.
Pancic'. Annuncio della sua morte. 384.
Pascal. Invia per esame la sua Memoria
intitolata: « Sopra le relazioni che pos-
sono sussistere identicamente tra for-
mazioni simboliche del tipo invariantivo
nella teoria delle forme algebriche ». 563.
— « Sopra un teorema fondamentale nella
teoria del calcolo simbolico delle Forme
erniarie ». 119.
Paterno e Nasini. « Sul peso molecolare
degli acidi citraconico, itaconico, e me-
saconico e degli acidi fumarico e ma-
leico ». 685.
— « Il peso molecolare dello solfo, del fo-
sforo, del bromo e del jodio in solu-
zione ». 782.
Piccini e Giorgis. « Alcuni nuovi composti
fluorurati del vanadio ». 590.
Pierpaoli. «Influenza della temperatura sul
numero delle vibrazioni di un corista ».
714.
Pigorini. Presenta, perchè sia sottoposta
ad esame, una Memoria del sac. Morelli
179.
— Riferisce sulla Memoria precedente. 298.
— « Di alcune leghe usate nelle prime età
dei metalli ». 261.
— « Scavi archeologici nel territorio di Si-
bari ». 571.
Pincherle. « Sopra certi integrali definiti ».
100.
— « Sulle funzioni ipergeometriche ». 694;
792.
Pittarelli. « Sulle forme appartenenti al-
l'ottaedro ». 509.
— « Intorno alla trasformazione del diffe-
renziale ellittico effettuata per mezzo
della rappresentazione tipica delle forme
binarie di 3° e 4° grado ». 703.
von Kath. Annuncio della sua morte. 566.
Razzaboni. Presenta una sua Nota a stampa
e ne discorre. 383.
— Fa parte della Commissione esamina-
trice della Memoria Cornaijlia. 382.
Recklinghaisen. Ringrazia per la sua ele-
zione a Socio straniero. 155.
Respighi e Giacomelli. « Osservazioni sul
bordo e sulle protuberanze solari, fatte
all'Osservatorio del Campidoglio negli
anni 1884, 1885, 1886 e 1887 ». 99.
Ricci. « Sulla classificazione delle forme
differenziali quadratiche ». 203.
von Richthofen. Ringrazia per la sua no-
mina a Socio straniero. 55.
Righi. « Sulla conducibilità calorifica del
bismuto posto in un campo magnetico». 5.
— « Di alcuni nuovi fenomeni elettrici, pro-
vocati dalle radiazioni •■ . ls.">; l'.i.s-, :t~s-,
691.
Roiti. Fa omaggio della 2a edizione dei
suoi « Elementi di Fisica ». 156.
Rovelli. V. Grassi.
Sala. V. Mondino.
Salvioni. « Poteri induttori specifici dì al-
cuni olii ». 136.
Scala. V. Nasini.
Sciamanna e Torti. Inviano per esame la
loro Memoria intitolata: « Modificazioni
del polso cerebrale nelle diverse posi-
zioni del soggetto e per l'uso di diversi
farmaci ». 848.
Schupfer. Presenta un' opera del sig. Zde-
knuer. 384.
— Presenta una pubblicazione del prof.
Chiappelli e ne discorre. 601.
— Riferisce sul concorso al premio Reale
per le Scienze giuridiche, pel 1886. 623.
— u Gli Statuti pistoiesi del secolo XLtl, a
proposito di uno studio di L. Zdekauer ■-.
256.
Segretario della Classe di scienze mo-
rali. Presenta, perchè sia sottoposta
— 859 —
ad esame la Memoria del sig. Toldo :
I Fableaux ». 95.
Serafini. Fa parte della Commissione giu-
dicatrice del concorso al premio Eeale
per le Scienze giuridiche , pel 1886.
623.
Silber. V. Ciamician.
Struever. Presenta, perchè sia sottoposta
ad esame, una Memoria dell'ing. La Valle.
764.
— Fa parte della Commissione esamina-
trice del concorso al premio reale per
la Mineralogia e Geologia, pel 1886.
635.
; — Eiferisce sulle Memorie : Artini. 382 ;
Mauro. 563; La Valle. 764.
— u Ulteriori osservazioni sui giacimenti
minerali di Val d'Ala in Piemonte. II.
L'idocrasio del banco d'idocrasio nel ser-
pentino della Testa Ciarva al piano della
Mussa ». 489.
Summer Maine. Annuncio della sua morte.
180.
Tabarrini. Riferisce sulla Memoria Cipolla.
600.
Tacchini. Presenta le pubblicazioni del
sig. Brassart. 250; 383.
— Presenta varie Note a stampa del dott.
Grablovitz e ne parla. 565.
— u Sui fenomeni della cromosfera solare,
osservati al R. Osservatorio del Collegio
Romano nel 4° trimestre del 1887 ». 3.
— « Osservazioni di macchie e facole so-
lari fatte al R. Osservatorio del Collegio
Romano nel 4° trimestre 1887 ». 4.
— « Sulla distribuzione delle protuberanze
alla superficie del sole durante l'anno
1887 ». 104.
— Sull' eclisse di Luna del 28 gennaio
1888 ». 105.
— « Sulla distribuzione in latitudine delle
eruzioni, macchie e facole solari du-
rante il 1887 ». 184.
— « Sulle osservazioni delle macchie, facole
e protuberanze solari, fatte al R. Osser-
vatorio del Collegio Romano nel 1° tri-
mestre 1888 ». 308.
— « Osservazioni sulla cometa Sawerthal
fatte da Tacchini e Millosevich ». 309.
— « Sulla distribuzione in latitudine dei
fenomeni solari osservati al R. Osser-
vatorio del Collegio Romano nel 1° tri-
mestre del 1888 ». 499.
— « Sull'eclisse totale di sole del 19 agosto
1887 osservato in Russia e nel Giap-
pone ». 500.
— « Sulle osservazioni magnetiche fatte
eseguire nell'Ufficio centrale di Meteo-
rologia di Roma». 689.
Taramelli. Fa parte della Commissione
esaminatrice della Memoria Morelli. 250.
— Riferisce sul concorso al premio reale
per la Mineralogia e Geologia, pel 1886.
635.
Taramelli e Mercalli. « Alcuni risultati
di uno studio sul terremoto ligure ».
792.
Terrigi. Invia per esame la sua Memoria
intitolata: « Gli Ostracodi Polizoi a Fo-
raminiferi del calcare di Palo (Vulgo
Macco di Palo) ». 848.
Todaro. Fa omaggio di una pubblicazione
del prof. Brunetti e ne parla. 365.
— Presenta, perchè sia sottoposta ad esame,
una Memoria del dott. Mingazzini. 764.
— « La branchia delle Salpe ». 782.
Toldo. Invia per esame la sua Memoria:
« I Fableaux ». 95.
Tommasi-Crudeli. Offre le pubblicazioni
dei signori Campana e Schiavuzzi. 383.
— Riferisce sulla Memoria Bonardi e Ge-
rosa. 764.
— « Il bacillo della malaria ». 305.
Tommasini. Presenta una pubblicazione del
sig. Bruto Amante e ne discorre. 180.
— Fa parte della Commissione esamina-
trice della Memoria Cipolla. 600.
— u Registro degli Officiali del Comune di
Roma a tempo di Nicolo V e nel primo
anno di pontificato di Calisto III, scritto
dallo scriba-senato Marco Guidi ». 59.
Trauhe-Mengarint. « Ricerche sui gas
contenuti nella vescica natatoria dei
pesci ». 89; 313.
— 860 —
Vicentini e O'modei. « Sulla dilatazione
termica di alcune leghe binarie allo
stato liquido ». 718; 805.
Viola. Invia per esame la sua Memoria
intitolata: Il principio del minimo la-
voro di deformazione ». 600.
— « Le lamine sottili anisotrope colorate
nella luce polarizzata parallela ». 19.
Violi. «L'isoterma dei gas». 285; 316;
462; 513.
Virchow. Eingrazia per la sua elezione a
Socio straniero. 250.
Volterra. « Sopra una estensione della
teoria di Riemann sulle funzioni di va-
riabili complesse». 107; 196.
w
Weber. Ringrazia per la sua nomina a Socio
straniero. 55.
Zatti. V. Ciamician.
Zeuner. Ringrazia per
Socio straniero. 55.
la sua nomina a
861
INDICE PER MATERIE
Archeologia. Di una epigrafe onoraria a
L. Iulio Iuliano, prefetto del pretorio e
prefetto dell'Annona, al tempo di Com-
modo. F. Barnabei. 70.
— « Di una iscrizione latina arcaica del
console Servio Fulvio Fiacco, scoperta
in S. Angelo in Formis presso Capua.
Id. 276.
— Notizie sulle scoperte di antichità. G.Fio-
relli. 1887: dicembre, 64; 1888: gennaio,
159; febbraio, 253; marzo, 385; aprile,
569; maggio, 767.
— Sopra un'antica tazza di Lucio Canoleio.
F. G amurrini. 404.
— Su di una figura arcaica di guerriero,
in bronzo, trovata nel santuario di Ascle-
pio ad Epidauro. IV. Helbig. 59.
— Su di una figurina in bronzo rappresen-
tante un Sileno. Id. 166.
— Notice sur une vue de Rome et sur un
pian du Forum à la fin du XV9 siècle,
d'après un recueil conserve à l'Escurial.
E. Muntz. 71.
— Scavi archeologici nel territorio di Si-
bari. L. Pigorini. 571.
Astronomia. Relazione sulle esperienze isti-
tuite nel R. Oservatorio di Padova in
agosto 1885 e febbraio 1886, per deter-
minare la lunghezza del pendolo sem-
plice a secondi, preceduta dalla esposi-
zione dei principi del metodo dello stru-
mento di Repsold. G. Lorenzoni. 83.
— Osservazioni sul bordo e sulle protube-
ranze solari, fatte all' Osservatorio del
Campidoglio negli anni 1884, 1885, 1886
e 1887. L. Respighi e Giacomelli. 99.
— Sui fenomeni della cromosfera solare,
osservati al R. Osservatorio del Collegio
Romano nel 4° trimestre del 1887. P. Tac-
chini. 3.
— Osservazioni di macchie e facole solari
fatte al R. Osservatorio al Collegio Ro-
mano nel 4° trimestre 1887. Id. 4.
— Sulla distribuzione delle protuberanze
alla superficie del sole durante l'anno
1887. Id. 104.
— Sull'eclisse di luna del 28 gennaio 1888.
Id. 105.
— Sulla distribuzione in latitudine delle
eruzioni, macchie e facole solari durante
il 1887. Id. 184.
— Sulle osservazioni delle macchie, facole,
e protuberanze solari, fatte al R. Osser-
vatorio del Collegio Romano, nel 1° tri-
mestre 1888. Id. 308.
— Osservazioni sulla cometa Sawerthal
fatte da Tacchini e Millosevich. Id. 309.
— Sulla distribuzione in latitudine dei fe-
nomeni solari osservati al R. Osserva-
torio del Collegio Romano nel 1° tri-
mestre del 1888. Id. 499.
— Sull'eclisse totale di sole del 19 agosto
1887, osservato in Russia e nel Giappone.
Id. 500.
— Osservazioni del pianetino (264) Libussa.
E. Millosevich. 106.
— Osservazione del pianeta (275) e della
cometa Sawerthal. Id. 504.
862 —
Astronomia. Elementi ellittici di (264)
Libussa in base a due opposizioni
(1886-87 e 1888). Id. 505.
Astronomia fisica. Le protuberanze solari
nei loro rapporti colle variazioni del ma-
gnete di declinazione diurna. P. M. Ga-
ribalài. 27.
\\
Bacteriologia. Il bacillo della malaria.
C. Tommasi-Cruàeli. 305.
Bibliografia. Cenno bibliografico sull'opera
del prof. Benzoni : « Dottrina dell'essere
nel sistema Bosminiano ». L. Ferri. 769.
— Di un manoscritto di Bime del secolo
XVI, recentemente acquistato dalla Bi-
blioteca Angelica. E. Naràucci. 265.
Biologia. La branchia delle Salpe. F. To-
àaro. 782.
Botanica. Pugillo di alphe tripolitane. G.B.
De Toni e D. Levi. 240.
c
Chimica. Sul peso molecolare degli acidi
citraconico, itaconico e mesaconico, e
degli acidi fumarico e maleieo. E. Pa-
terno e R. Nasini. 685.
— Il peso molecolare dello solfo, del fo-
sforo, del bromo e del jodio in solu-
zione, là. 782.
— Sopra alcuni derivati della pirrolenfta-
lide. F. Anderlini. 560.
— Contribuzione allo studio del cromato ba-
sico di rame. L. Balbiano. 507.
— Sintesi di acidi metilindolcarbonici.
G. Ciamician e G. Magnatimi. 144.
— Sulla formazione dei due tetrabromuri
di pirrolilene. là. 227.
— Sugli acidi carbossilici degli acidi c-me-
tilindoli. là. 741.
— Bicerche sull'Apiolo. G. Ciamician e
P. Silber. 146; 541; 550; 824.
— Sugli acidi carbossilici dell'indolo. G. Cia-
mician e C. Zatti. 746.
— Sopra un acido solfoisovalerianico. G. De
Varda. 359.
— Studi sui pirroli terziari, là. 755.
Chimica. Sui derivati acetilici del Metil-
chetolo e dello Scatole G. Magnanini.
362.
— Azione dell'anidride acetica sull'acido
levulinico. Id. 477.
— Sulla trasformazione del metilchetolo in
chinaldina. Id. 556.
— Sopra alcuni derivati del dimetilpirrolo
assimmetrico. Id. 828.
— Bicerche chimiche sulle capsule surre-
nali. F. Marino-Zuco. 835.
— Bicerche chimiche sulla germinazione del
Phaseolus vulgaris. A. Menozzi.
149.
— Sulle solfine e sulla diversità delle valenze
dello zolfo. R. Nasini e A. Scala. 232.
— Alcuni nuovi composti fluorurati del va-
nadio. A. Piccini e G. Giorgis. 590.
Chimica mineralogica. Sulla composizione
chimica e mineralogica delle rocce ser-
pentinose del colle di Cassimoreno e del
Monte Bagola (Valle del Nure). C. Mon-
tetnartini. 369.
Chimica TOSSICOLOGICA. Ricerche sperimen-
tali sull'azione tossica dell'estratto ac-
quoso delle capsule surrenali. G. Guar-
niero e F. Marino-Zuco. 842.
Concorsi a premi. Relazione sul con-
corso al premio reale per le Scienze
giuridiche, pel 1886. 623.
— Id. al premio reale per la Mineralogia
e Geologia, pel 1886. 635.
— Id. ai premi ministeriali per le Scienze
filologiche. 647.
— Id. ai premi ministeriali per le Scienze
fisiche e chimiche, pel 1886-87. 650.
— Elenco dei lavori presentati per concor-
rere ai premi reali del 1887 , per la
Matematica e la Chimica. 54.
— Id. dei lavori presentati per concorrere
al premio reale del 1887, per le Scienze
filosofiche e inorali. 96.
— Id. dei lavori presentati al concorso ai
premi del Ministero della Pubblica istru-
zione per le Scienze matematiche, 1887,
1888. 566.
— Id. dei lavori presentati al concorso ai
premi del Ministero della Pubblica istru-
zione per le Scienze storiche e filolo-
giche, 1887-88. 651.
— 863 —
Concorsi a premi. Annuncio di un co-
ncorso a premio istituito dalla Società
italiana di elettricità. 156 ; id. dalla R.
Accademia delle scienze fisiche e mate-
matiche di Napoli. 251 ; di assegni per
istudì di perfezionamento all' estero.
299 ; programma pel premio Hoeufft, pel
1889.482; programma per i premi isti-
tuiti dall'Associazione di proprietari ed
agricoltori di Napoli. 568.
Cristallografia. Criteri per stabilire una
classificazione naturale dei cristalli.
C. Marangoni. 215.
E
Elezioni del Presidente, del Vicepresi-
dente, dell'Amministratore e dell'Ammi-
nistratore aggiunto. 765.
Etnografia. Collezione etnografica della
Nuova Caledonia, esistente nel Museo
preistorico di Roma. G. A. Colini. 74.
— Ornamenti personali dei Melanesi, esi-
stenti nel Museo preistorico di Roma.
Id. 173.
— Collezione etnografica delle isole del-
l'Ammiragliato esistente nel Museo prei-
storico di Roma. Id. 774.
F
Filosofia. V. Bibliografìa.
Filologia. I canti epici della Finlandia.
D. Gomparetti. 618.
— Frammenti Copti. / Guidi. 60.
La traduzione degli Evangeli in arabo
ed in etiopico (geez). Id. 256.
— Per la Fonistoria protaria. F. G. Fumi.
173; 406.
— Di un aneddoto del ciclo Arturiano (Re
Artù ed il gatto di Losanna). F. Novati.
580.
Fisica. Dei colori latenti o invisibili dei
corpi. G. Govi. 572.
— Nuovo metodo per costruire e calcolare
il luogo, la situazione e la grandezza
delle imagini date dalle lenti o dai si-
stemi ottici complessi. Id. 655.
Fisica. Sulla conducibilità calorifica del
bismuto posto in un campo magnetico.
A. Righi. 5.
— Di alcuni nuovi fenomeni elettrici, pro-
vocati dalle radiazioni. Id. 185; 498 ;
578; 691.
— Sopra i coefficienti termici dei magneti.
A. Cancani. 334.
— Nuovo metodo per la determinazione
delle due costanti di elasticità. M. Can-
tone. 220; 292.
— Ricerche intorno alle deformazioni dei
condensatori. Id. 344; 471.
— Sui sistemi di frangi e d'interferenza pro-
dotte da una sorgente di luce a due co-
lori. Id. 815.
— Sulla scarica elettrica nell'aria forte-
mente riscaldata. P. Cardani. 44.
— Sull'influenza delle forze elastiche nelle
vibrazioni trasversali delle corde. Id. 524;
705; 818.
— Sulla velocità del suono nelle leghe.
G. G. Gerosa. 127.
— Sulla velocità del suono nei vapori. (}. G .
Gerosa ed E. Mai. 728; 800.
— Sulle modificazioni prodotte dal magne-
tismo sul bismuto. G. P. Grimaldi. 353.
— Sopra una relazione fra il potere ter-
moelettrico delle coppie bismuto-rame
e la loro sensibilità rispetto all'azione
del magnetismo. Id. 132.
- Ricerche intorno alla magnetizzazione
del ferro. F. Magrini. 734.
— Scarica elettrica attraverso i minerali.
C. Marangoni. 124.
— Il problema delle attrazioni e ripulsioni
capillari. Id. 339.
— Movimenti delle polveri alla superficie,
dell'acqua. Id. 520.
— Influenza della temperatura sul numero
delle vibrazioni di un corista. N. Pier-
paoli. 714.
— Poteri induttori specifici di alenili olii.
E. Salvioni. 136.
— Sulla dilatazione termica di alcune leghe
binarie allo stato liquido. G. Vicentini e
D. Omodei. 718; 805.
— L'isoterma dei gas. A. Violi. 285; 316:
462; 513.
Fisica terrestre. Sull'impianto del ser-
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem.
11:
— 864 —
vizio geodinamico in Italia. P. Blaserna.
774.
— Sulle osservazioni magnetiche fatte ese-
guire dall'Ufficio centrale di Meteoro-
logia di Roma. P. Tacchini. 689.
— Alcuni risultati di uno studio sul terre-
moto ligure. T. Taramelli e G. Mer-
calli. 792.
— Il terremoto nel Vallo Cosentino del 3
decembre 1887. G. Agamennone. 532.
— Risultati intorno alle osservazioni idro-
termiche eseguite al Porto d'Ischia nel
1887. G. Grahlovitz. 177.
— Sunto del metodo per determinare le
costanti della marea lunare con una o
due singole osservazioni al giorno. Id.
534.
— Contributo allo studio delle rocce ma-
gnetiche dei dintorni di Roma. /*'. Keller.
38; 325.
— Il terremoto di Firenze del 11 novem-
bre 1887. C. Marangoni. 31.
Fisiologia. La frequenza cardiaca negli ani-
mali a sangue freddo. A Moriggia. 661.
— Applicazioni del veni'' metile per cono-
scere la reazione chimica e la morte
delle cellule. A Mosso. U9.
— Esame critico dei metodi adoperati per
studiare i corpuscoli del sangue Id. 127.
— Il sangue nello stato embrionale e la
mancanza dei leucociti. Id. 434.
— Il sangue embrionale diScvllum ca-
tulus. Id. 489.
— Un veleno che si trova nel sangue dei
murenidi. Id. 665.
— Azione fisiologica del veleno che si trova
nel sangue dei murenidi. Id. 673.
— Studi sulla fina struttura delle capsule
soprarenali. G. Magi/ti e G. Gruamie-
ri. 844.
— Studi sul sangue. La produzione delle
piastrine nel sangue dei vertebrati ovi-
pari. C. Mondino e L. Sala. 377.
- La produzione delle piastrine e l'evolu-
zione delle emazie nel sangue dei verte-
brati vivipari. C. Mondino. 378.
— Ricerche sui gas contenuti nella vescica
natatoria dei pesci. M. Traube-Menga-
rini. 89; 313.
a
Giurisprudenza. Gli Statuti pistoiesi del
secolo XIII, a proposito di uno studio
di L. Zdekauer. F. Schupfer. 256.
Idrometria. Effemeridi e statistica del fiume
Tevere prima e dopo la confluenza del-
l'Aniene, e dello stesso fiume Aniene
durante l'anno 1887. A. Betocchi. 782.
Invito del Rettore dell'Università di Bo-
logna per la celebrazione dell'8° cente-
nario di quella Università. 56.
— Id. del Sindaco di lumia per assistere alla
inaugurazione ilei busti di Borghesi ed
Henzen. 97.
— Id. dell'Accademia antropologica di Nuo-
va York. 180 ; 299 : id. pel Congresso geo-
logico internazionale di Londra, e pel
Congresso di Chirurgia di Parigi. 251;
id. della Società delle scienze di Fin-
landia. 384.
31
Matematica. Sulle superficie d'arca mi-
nima negli spazi a curvatura costanti'.
L. Bianchi, l.
— Sulla equazione a derivate parziali del
Cayley nella teoria delle superficie. Id.
442.
— Sopra una classe di trasformazioni in
se medesima della equazione a deri-
rt, — s-
vate parziali : fi)
+
fl+P' + q')'
1 + 1*)r -%j>qs + fi +P*)t
1
C >St . fd. 11."..
' 1+^ + f
— Osservazioni sulla comunicazione del
dott. H. Maschke, relativa alla risolu-
zione della equazione del sesto grado.
F. Brioschi. 181.
— La forma normale delle equazioni del
sesto grado. Id. 301; 485.
— Sopra alcuni invarianti simultanei di
— 865
duo forme binarie degli ordini 5 e 4, e
sul risultante di esse. E. D'Ovidio. 100.
— Sopra certi integrali definiti. S. Pin-
cherle. 100.
— Sulle funzioni ipergeometriche genera-
lizzate. Id. 694; 792.
— Sui concetti di limite e di continuità.
E. Cesar n. 12.
— Formole relative al moto di un punto.
lei. 18.
— Sur la comparaison des serica divergen-
tes. Id. 115.
— Sur les lois as3rmptotiques des nombres.
Id. 462.
— Sur les systèmes de nombres entiers.
Id. 457.
— La risoluzione della equazione del sesto
grado. //. Maschke. 181.
— Su le trasformazioni involutorie dello
spazio che determinano un complesso
lineare di rette. D. Montesano. 207 :
277.
— Sulle reciprocità birazionali nulle dello
spazio. Id.. 588.
— Una nuova applicazione della teoria
delle funzioni ellittiche alla meccanica.
E. Padova. 507.
— Sul movimento di rotazione che prende
nel vuoto od in un fluido incompres-
sibile un corpo soggetto a forze di pò- .
tenziale H, cos2 0 -j- H2 cos 0. B. Pala-
dini. 187.
— Sopra un teorema fondamentale nella
teoria del calcolo simbolico delle forme
ennarie. E. Pascal. 119.
— Sulle forme appartenenti all'ottaedro.
G. Pittarelli. 509.
— Intorno alla trasformazione del differen-
ziale ellittico effettuata per mezzo della
rappresentazione tipica delle forme bi-
narie di 3° e 4° grado. Id. 703.
■— Sulla classificazione delle forme diffe-
renziali quadratiche. G. Ricci. 203.
— Sopra una estensione della teoria di
Eiemann sulle funzioni di variabili
complesse. V. Volterra. 107; 196.
— V. Meccanica.
Meccanica. Sulla deformazione di un corpo
elastico isotropo per alcune speciali
condizioni ai limiti. V. Cerniti. 785.
Meccanica. Intorno ad un recente stadio
sulla gravità. G. B. Eavero. 310.
Micrografia. Fotografia istantanea dei
preparati microscopici. S. Capranica.
297.
Mineralogia. Sulla così detta Sa vi te di
Montecatini. A. Cossa. 99.
— Ulteriori osservazioni sui giacimenti mi-
nerali di Val d' Ala in Piemonte.
IL L'idocrasio del banco d'idocrasiu
nel serpentino della Testa Ciarva al
piano della Mussa. G. Stringer. 489.
— Sulla così detta Savite di Montecatini.
E. Artini. 51.
— Alcune nuove osservazioni sulle zeolili
di Montecchio Maggiore. Id. 536.
— Sopra gli sferoidi di Ghistorrai presso
Fonni in Sardegna. D. Lovisato. 355.
N
Necrologie. Annunzio della morte del
Soci: Carrara. 96; Summer Maine.
180; von Rath.hm.
O
Ottica matematica. Le lamine sottili ani-
sotrope colorate nella luce polarizzata
parallela. C. Viola. 19.
S
Scienze sociali. Un socialista Cinese dei
V secolo av. C: Mih-Teih. S. Cognetti
de Martiis. 166.
Storia. Registro degli Officiali del Comune
di Roma a tempo di Nicolò V e nel
primo anno di pontificato di Calisto III
scritto dallo scriba-senato Marco Guidi.
O. Tommasini. 59.
— Censimento della popolazione di Roma
dal 1686 al 1715. E. Narducci. 771.
Storia letteraria. Piero Strozzi fioren-
tino e la Metafrasi greca dei Com-
mentarii di Giulio Cesare. G. Lum-
broso. 166.
— L'Itinerarium del Petrarca. IL 390.
Storia religiosa. Les premiers chrétiens
et le démon. E. Le Blant. 59.
866 —
Psicologia. Il fenomeno della ricordanza
illusoria. F. Bonatelli. 161.
Paletnologia. Di alcune leghe usate nelle
prime età nei metalli. L. Pìgorini.
261.
Patologia. La B i 1 h a r z i a in Sicilia.
B. Grassi e G. Rovelli. 799.
Pieghi suggellati. Apertura di un
piego suggellato del Socio De Paolis.
568.
Z
Zoologia. Morfologia e sistematica di al-
cuni protozoi parassiti. B. Grassi. 5.
— Significato patologico dei protozoi paras-
siti dell'uomo. Id. 83.
— Intorno allo sviluppo dei Cestodi. B.
Grassi e G. Rovelli. 700.
KRRATA-CORBIGE
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Yen. 1565, lib. 1, f. 36 sqq. et lib. 2,
f. 18b et 21a.
latent
et ' Tardo ' (22), eodem servato ordine,
sunt Figliuccius Figlucci, episc.
Clusin., M. Ant. Cinuzzi, Jo. Bapt.
Vignali, et eq. Fortunius Mar-
tini. ' Susornione ' (7) quserendus.
maschile-neutro
biradici
vi
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e 1 ,0 Xa CI.
REALE ACCADEMIA DEI LINCEI
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
[L'asterisco * indica i libri -e i periodici ricevuti in dono dagli autori o dagli editori;
il segno -j- le pubblicazioni cbe si ricevono in cambio].
Pubblicazioni non periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di dicembre 1887.
Pubblicazioni nazionali.
* Alvino F. — I calendari. Fase. 23-28. Firenze, 1887. 8°.
*Bibbia (La) volgare secondo la rara edizione del I di ottobre MCCCCLXX1
ristampata per cura di C. Negroni. Voi. X. Bologna, 1887. 8°.
■^Bilanci comunali per l'anno 1885. Koma, 1887. 4°.
*Boccardo E. C. — Trattato elementare completo di geometria pratica. Disp. 19.
Torino, 1887. 4".
*Bombicci L. — Sulla costituzione fisica del globo terrestre, sull'origine della
sua crosta litoide, sulle cause dei moti sismici che più frequentemente vi
avvengono. Bologna, 1887. 4°.
*Id. — Sulle ipotesi dell'azione e selezione magnetica del globo terrestre,
sulle materie cosmische interplanetarie contenenti ferro. Bologna, 1887. 4°.
*Bortolotti P. — Il march. Giuseppe Campori e la Deputazione modenese di
storia patria. Modena, 1887. 8°.
* Calvi F. — La filosofia contemporanea e le lezioni di Ausonio Franchi. Mi-
lano, 1887. 8°.
*Capasso B. — Novella di Ruggiero re di Sicilia e di Puglia. Napoli, 1867. 4°.
*Id. — Sulla storia esterna delle costituzioni del. regno di Sicilia promulgate
da Federico II. Napoli, 1869. 4°.
*Id. — Monumenta ad Neapolitani Ducatus historiam pertinentia. Voi. I, IL
Neapoli, 1871. 4°.
*Id. — Historia diplomatica Regni Siciliae inde ab anno 1250 ad ammiri 1266.
Napoli, 1874. 4°.
*Id. — Sulla circoscrizione civile ed ecclesiastica e sulla popolazione della città
di Napoli dalla fine del secolo XIII fino al 1809. Napoli, 1883. 4°.
Bollettino Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Seni. 1
* Cherubini G. — Statuto municipale della città di Atri. Atri, 1887. 4°.
*F.ae G. — Influenza del magnetismo sulla resistenza elettrica dei conduttori
solidi. Venezia, 1887. 8°.
* Goiran A. — Appendice e note al Catalogo dei terremoti veronesi. Verona,
1887. 8°.
*Guignet F. — Della cheratoscopia. Trad. di M. Neuschuler. Firenze, 1888. 8°.
f Indici e cataloghi. IV. I codici palatini della Biblioteca nazionale di Firenze.
Voi. I, 6. — V. Manoscritti italiani delle Biblioteche di Francia. Voi. IL
Eoma, 1887. 8°.
* Labus C. — Per agevolare l'asportazione dei polipi mucosi nasali. Milano,
1887. 8°.
* Lampertico F. — Discorsi pronunziati in Senato nelle tornate 22 e 23 no-
vembre 1887. Roma, 1887. 8°.
*Levasseur F. — Statistique de la superficie et de la population des contrées
de la terre. Rome, 1887. 4°.
* Levi S. — Vocabolario geroglifico copto ebraico. Voi. V. Torino, 1887. 4°.
1 Livellazione del fiume Po da Moncalieri al mare. Atlante. Firenze, 1887.
* Macchiati L. — Preparazione della clorofilla e delle altre sostanze coloranti
che l'accompagnano. Milano, 1887. 8°.
* Morselli F. — L'ordinamento didattico nelle facoltà filosofiche ed il Congresso
universitario di Milano. Milano, 1887. 8°.
* Paoli B. — Del matrimonio rispetto ai beni. Firenze, 1887. 8°.
*Pasqualigo C. — Il volgarizzamento delle vite dei Santi Padri non è di Do-
menico Cavalca. Firenze, 1887. 8°.
*Pavan A. — Ghirlanda di semprevivi intrecciata sulla tomba della nobil donna
Carla Parodi-Giovio Pavan. Treviso, 1887. 8°.
* Peri nei oli C. — Legge dei satelliti. Scoperta delle orbite di essi ecc. Milano,
1888.
* Pezzi D. — La lingua greca antica. Breve trattazione comparativa e storica.
Torino, 1888. 8°.
*Pinelli G. — Dell'accentuazione della lingua italiana. Napoli, 1887. 8°.
*Riccò A. — Osservazioni e studi dei crepuscoli rosei 1883-8G. Roma,
1887. 4°.
* Scacchi A. — La regione vulcanica fluorifera della Campania. Napoli, 1887. 4°.
* Simone S. — Norba e Ad Veneris ossia Conversano e Castiglione. Trani,
1887. 8°.
+ Statistica delle cause di morte. Anno 1885. Roma. 1887. 4°.
f Statistica giudiziaria penale per l'anno 1885. Roma, 1887. 4°.
* Tauro G. — Scienza e pedagogia. Lingua e suo contenuto nella scuola ele-
mentare. Bari, 1887. 8°.
* Ursini- Scuderi S. — Il fattore personale della specie umana, proposto a
— Ili —
nuovo organo delle discipline filosofico-giuridico-sociali secondo il coraim
consenso degli scienziati. Voi. I, IL Catania, 1887. 8°.
* Zanotti- Bianco 0. — La luna, sua costituzione e sua influenza nelle vicende
atmosferiche. Torino, 1887. 8°.
Pubblicazioni estere.
+ Adler G. — Die Marasche Wertlehre und ihre Consequenzen fui die Kritik
der kapitalistischen Produktionsweise. Tiibingen, 1886. 8°.
* Allgayer A. — Ueber Central Epithelialgeschwulste des Unterkiefers. Tii-
bingen, 1886. 8°.
fAlt IL — Ueber Chinolinderivate aus metasubstituierten Arninen und eine
achte Chinolincarbonsàure. Hamburg, 1886. 8°.
+ Anecdota Oxoniensia. Semitic series. Voi. I, part IV. (Neicòaiier, Mediaeval
jewish chronicles and chronological notes), Oxford, 1887. 4°.
^Bauernfeind C. 31. — Gedàchtnissrede auf Joseph von Fraunhofer zur Feier
seines hundertsten Geburtstag. Miinchen, 1887. 4°.
f Baumann G. — Beitrag zur Kenntniss der Gliome und Neurogliome. Tubingen,
1887. 8°.
^ Bay ha H. — Ueber Lupuscarcinom. Tubingen, 1887. 8°.
fBeck 31. — Ueber einen Fall von anàmischer Erweichung des Riichenmarks.
Tubingen, 1887. 8°.
^Belila G. — Ueber die Einwirkung von Phosgen auf Anthracen. Freiburg,
1887. 8°.
f Berberich Th. — Ueber Einwirkung von Salpetriger Sàure auf Ortho-diàthyl-
amidophenol. Freiburg, 1887. 8°.
^Binder A. — Ueber die Lage der Leprabacillen in den Geweben. Tiibingen,
1887. 8°.
i Binnecker F. — Ueber verschiedene Metallsalze als Sauerstoffiibertràger an
schweflige Saure. Wetzlar, 1887. 8°.
^Biographie nationale publiée par l'Académie r. des sciences, des lettres et des
beaux arts de Belgique. T. Vili 3; IX 1, 2. Bruxelles, 1885-87. 8°.
fBlunt H. W. — The Causes of the Decline of the Roman Commonwealth.
Oxford, 1887. 8°.
f Bonhòffer 0. — Zur Kenntniss des Diphenylharnstoffchlorids. Stuttgart,
1887. 8°.
fBornemann F. — Beitràge zur Kenntniss der Lemaneaceen. Berlin, 1887. 8°.
f Breitkopf R. — Die Punktion und ihre Bedeutung far die arztliche Praxis
in diagnostischen und therapeutischen Beziehung. Wurzburg, 1887. 8°.
*Brito G. de — Elogio historico do Conselheiro Antonio Augusto D'Aguiar.
Lisboa, 1887. 8°.
"•■ Bueb J. — Beitràge zur Kenntniss der gechlorten Naphtaline. Freiburg,
1887. 8°.
— IV
'^Burstert IL — Ueber iin Kern gechlorte Derivate des Meta-xylols. Freiburg,
1886. 8°.
f Buttile r F. — Perfora tion des Oesophagus durch einen verschluckten Knochen-
splitter mit nachfolgender septischer Infektion. Stuttgart, 1886. 8°.
fCatalogue des livres de la bibliothèque de l'Académie rovai e de Belgique.
Parties 1-3. Bruxelles, 1881-87. 8°.
+ Catalogue of Transactions of Societies, Periodicals and Memoirs in the reading
Room of the Radcliffe Library at the Oxford Museum. 4th ed. Oxford,
1887. 8°.
+ Claussen 0. — Beitrage zur Kenntniss aroraatiseher Methylketone. Freiburg,
1887. 8°.
fCropp G. — Ueber Methyl-p-Cymylketon. Freiburg, 1886. 8°.
* Culia L. — China in America : a study in the Social Life of the Chinese in
the eastern Cities of the United States. Philadelphia, 1887. 8°.
f Dansenbrink IL — Ueber Lichtbrechung in Schwach absorbirenden Medien.
Aachen, 1887. 4°.
+ Bela font 'cane 31. — Sur le terbium et ses composés et sui- l'existence pro-
bable d'un nouveau metal dans la samarksite de la Caroline du Nord.
Genève, 1878. 8°.
* Esperanto. — Langue internationale. Varsavie, 1887. 8°.
*Eylmann E. — Beitrag zur Systematik der Europàischen Daphniden. Freiburg,
1886. 8°.
fFahrioìi W. — Beitrage zur Kenntniss des Carvacrols und Carvols. Freiburg,
1887. 8°.
*Feist P. E. — UeDer a-Naphtylmethylketon. Freiburg, 1887. 8°.
i Felsberg 0. — Beitrage zur Geschichte des Ròmerzuges Heinrichs VII. —
I. Innere- und Finanzpolitik Heinrichs VII in Itali en. Coburg, 1886. 8°.
'Finckh A. — Ueber die Endresultate der Castration bei Hodentuberkulose.
Tiibingen, 1886. 8°.
fFink li. — Ueber windschiefe Flàchen im allgemeinen und insbesondere iiber
solche sechster Grades. Tiibingen, 1887. 8n.
f Fischer E. — Beitrag zur Kenntniss der Antinomykotischer Herde im Gehirne
und seinen Hauten. Tiibingen, 1887. 8°.
+ Fischer 31. — Beitrag zur Lehre von der Mischinfektion. Tiibingen, 1887. 8°.
*Forir IL — Contributions à l'étude du système crétacé de la Belgique. IL III.
Liège, 1887. 8°.
fGadebusch G. — Beitrage zur Kenntniss des Chinolins. Freiburg, 1886. 8°.
+ Gàrtaer L. — Ueber Methyl-m-Xylylketon. Freiburg, 1886. 8°.
f Gaupp I. — Casuistische Beitrage zur pathologischen Anatomie des Rucken-
marks und seiner Haute. Tiibingen, 1887. 8°
f Gayler J. — Zur Histologie der Schrumpfniere nach chronischer Bleivergiftung.
Tiibingen, 1887. 8°.
— V —
"* Gesenius E. — Ueber Veràndenmgeu in Muskeln und Knochen bei Bleiver-
giftung. Jena, 1887. 8°.
* Gìesebrecht W. v. — Gedàehtnissrede auf Leopold von Kanke Miinchen,
1887. 4°.
* Gòz W. — Ueber ausgedehnte Kesection des Schàdelknochen und das Rege-
nerationsvermogen derselben. Tiibingen, 1887. 8°.
* Greìnert M. — Beitràge zur Kenntniss dei* morphologischen und anatomi-
schen Verhàltnisse der Loasaceen, mit besonderer Berucksichtigung der
Behaarung. Freiburg, 1886. 8°.
- Grò no w W. — Ueber Dinitro-m-xylolsulfonsaure und einige ihre Derivate.
Stralsund, 1887. 8°.
fGross A. — Darstellung des Kechtsmittelsystems des gegenwàrtigen deut-
schen Strasprozesses in seinen Grundziigen. Leipzig, 1887. 8°.
* Gubkin J. — Einige Messungen von Elektromotorischen Kràften gasfreier und
mit Wasserstoff gesàttigter Elemente. Freiburg, 1886. 8°.
"JScbUer S. — Beitràge zur Kenntniss des Pseudocumidins. Berlin, 1886. 8°.
" Hassack C. — Untersuchungen iiber den anatomischen Bau bunter Laubblàtter
ec. Cassel, 1886. 8°. :
^Eassenstein W. — Indicationen zur Therapie des Ulcus Cruris chronicum.
Lyck, 1886. 8°.
i ' Eeimbufger K. — Grarnrnatische Darstellung der Mundart des Dorfes Otten-
heim. Lautlehre. Halle, 1887. 8°.
' Heise A. — Ueber Schilddriisentumoren im Innern des Kehlkopfes und der
Luftrohre. Tiibingen, 1887. 8°
f Hercle I. — Ueber die Phosphorsàure ira sckwabischen -Tura und die Bildung
der phosphorsaurereichen Geoden Knollen und Steinkerne. Kiel, 1887. 8°.
^ II ir schianti S. — Ein Fall von latenter Phtise. Freiburg, 1887. 8°.
*Hirzél II. — Beitràge zur Kenntniss der AYkyì aniline. Freiburg, 1886. 8°.
^Hòlscher A. — Ueber einen Fall von Darmverschluss durch perforirten Gal-
lenstein. Freiburg, 1887. 8°.
*Hublin I. — Entretien sur la gyranastique. Le Mans, 1883. 8°.
*Id. — La place de la république au Mans. Le Mans, 1887. 8°.
*Id. — Le Mans pittoresque. Le Mans, 1884. 8°.
*Id. — Notice sur le théatre et sur les anciennes salles de spectacle du Mans.
Le Mans, 1885. 8°.
*Id. — Modiflcations apportées à la salle de spectacle en 1886. Le Mans, s. d. 8°.
*Id. — Promenade dans la vallee de Saint-Blaise. Notes historiques et archéo-
logiques. Le Mans, 1883. 8°.
*Id. — Quelques mots sur les plans du Mans. Le Mans, 1879. 8°.
f Junker I. — Die Verallgemeineruug der Hermiteschen Transformation im Zu-
sammenhang mit der Invarianten theoretischen Reduktion der Gleicliun-
gen. Koln, 1887. 4°.
— VI —
*Kanitz A. — Sulla coltivazione delle scienze, specialmente della botanica.
Kolozsvart, 1887. 8°.
*Id. — Systematis vegetabilium Janna. Kolozsvart, 1887. 8°.
t Kappes M. — Die Aristotelische Lelire ueber Begriffund Ursache der xCvyaig.
Eine Naturphilosophische Studie. Bonn, 1887. 4°.
rEehrer G. — Beitràge zur Kenntniss des Carpus und Tarsus der AmpMbien,
Reptilien und Sauger. Freiburg, 1887. 8°.
* Klein J. — Ueber die Anwendbarkeit des Diothiokarbaminsauren Ammons in
der Analyse. Hamburg, 1887. 8°.
^Kloos F. /. — Zur Casuistik der Beckenfrakturen. Tiibingen, 1886. 8°.
* Knorr E. — Ueber (4)nitro-m-xylol-(2)sulfonsàure. Freiburg, 1887.8".
^ Rock 0. — Ueber die Operation der Gutartigen Blasenpapillome beim Manne.
Tiibingen, 1886. 8°.
+ Kólmel F. — Die Grassmannsche Erzeugungsweise vcn ebenen Kurven dritter
Ordnung. Lahr, 1886. 8°
fKorschelt E. — Zur Bildung der Eihullen, der Mikropylen und Chorionan-
hiinge bei den Insekten. Halle, 1887. 4°.
"*' Krebs F. — Ueber das Vorkommen der hyalinen Thrombose in embolischen
Lungeninfarkten. Tiibingen, 1887. 8°.
f Kiigler F. — Ueber Hodentuberculose. Ottmachau, 1886. 8°.
* KùUìier P. — Ueber die Einwirkung von Halogenalkiilen, Phospborpentachlo-
rid und Brom auf die Chinolin-o-sulfonsaure und die Chinolin-j)-sulfon-
sàure. Freiburg, 1886. 8°.
f Lammfromm IL — Beitriige zur Geschichte der Erbschaftsklage. Tiibingen,
1887. 8°.
f Lówy M. — Ueber neue Derivate des Amarins. Freiburg, 1887. 8°.
* Mai L. — Der Gegensatz und die Controversen der Sabinianer und Proculia-
ner ira Anschluss an die Berichte der Gaianischen und Justinianischen
Institutionen. Ludwigshafen, 1886. 8°.
fMam W. — Die Aetiologie der alteren und modernen Ophtalmologie in ihrer
besonderen Bedeutung fur die Therapie. Freiburg, 1886. 4°.
*Marignac C. — Sur les poids atomiques du chlore, du potassium et de l'argent.
Genève, 1842. 8°.
*Id. — Analyses diverses destinées à la vérification de quelques équivalents
chimiques. Genève, 1843. 8°.
*Id. — Notices minéralogiques. Genève, 1844-1866. 8°.
*Id. — Sur les poids atomiques du cérium, du lanthane et du didyme.
Genève, 1849. 8°.
*Id. — Recherches sur la congélation et l'ébullition des hydrates de l'acide
sulfurique. Genève, 1853. 8°
~*Id. — Recherches sur le didyme et sur les principales combinaisons. Paris,
s. d. 8°.
VII
* Marignac C. — Eeclierches sur les formes cristallines et la composition chi-
mique de divers sels. Genève, 1856-57. 8°.
*Id. — Sur les équivalents chimiques du baryum, du strontium et du plomb.
Genève, 1858. 8°.
*Id. — Sur l'isomorphisme des fluosilicates et des fluostannates et sur le poids
atomique du silicium. Genève, 1858. 8°
*Id. — Eecherches chimiques et cristallographiques sur les fluozirconates.
Paris, 1860. 8°.
*Id. — Eecherques chimiques . et cristallographiques sur les tungstates, les fluo-
tungstates et les silicotungstates. Genève, 1863. 8".
*Id. — Eecherches sur les acides silicotungstiques et note sur la constitution
de l'acide tungstique. Paris, 1864. 8°.
*Id. — Eecherches sui' les combinaisons du niobiurn. I, IL Genève, 1865-66. 8°.
*Id. — Eecherches sur les combinaisons du tantale. Genève, 1866. 8°
*Id. — Essai sur la séparation de l'acide niobique et de l'acide titanique, analyse
de l'aeschynite. Genève, 1867. 8°.
*Id. — Sur quelques fiuosels de l'antimoine et de l'arsenic. Genève, 1867. 8°.
*Id. — Eecherches sur la réduction du niobiurn et du tantale. Genève,
1868. 8°.
*Id. — Sur la chaleur latente de volatilisation du sei ammoniac et de quel-
ques autres substances. Genève, 1868. 8°.
*Id. — De l'influence de l'eau sur les doubles décompositions salines et sui'
les effects thermiques qui les accompagnent. Genève, 1869. 8°.
*Id. — Eecherches sur .les chaleurs spécifiques, les densités et les dilatations
de quelques dissolutions. Genève, 1870. 8°.
*Id. — Notices chimiques et cristallograflques sur quelques sels de glucine et
des metaux de la cérite. Genève, 1873. 8°.
*Id. — Sur la solubilité du sulfate de chaux et sur l'état de sursaturation de
ses dissolutions. Genève, 1873. 8°.
*Id. — Eecherches sur la diffusion simultanee de quelques sels. Genève,
1874. 8°.
*Id. — Sur les chaleurs spécifiques des solutions salines. Genève, 1876. 8°.
*Id. — Sur les équivalents chimiques et les poids atomiques comme bases
d'un système de notation. Genève, 1877. 8°.
*Id. — Sur les terres de la gadolinite. Genève, 1878. 8°.
*Id. — Sur l'ytterbine, terre nouvelle contenue dans la gadolinite. Genève,
1878. 8°.
*Id. — Sur les terres de la samarksite. Genève, 1880. 8°.
* Id. — Vérification de quelques poids atomiques. le Mém. Bismuth, manga-
nése. 2e Mém. Zinc, magnesium. Genève, 1883. 8°.
*Id. — Sur une prétendue association par cristallisation de corps n'offrant
aucune analogie de costitution anatomique. Genève, 1884. 8°.
Vili —
*Marignac C. — Quelqnes réflexions sur le groupe des terres rares à propos de
la théorie de M. Crookes but la genèse des éléments. Genève, 1887. 8°.
*Id. et Des Cloiseaiix. — Analyses de quelques substances minérales. Genève,
1844. 8°.
* Markstahler A. — Ueber einseitig trimethyjirte Benzophenone. Karlsruhe,
1886. 8°.
*Mayer Ph. — Ueber Knorpelbindimg irn Oesophagus. Freiburg, 1887. 8°.
fMohr P. — Ueber die Ortho- Para- Dinitrobenzorsulfonsaure. Freiburg, 1886. 8°.
f MHhlebach F. — Beschreibung einer Dysenteric-epideinie von 19 Fàllen in der
Gemeinde Miihlheiin a. Bach. Freiburg, 1887. 8°.
*Mi'mster A. — Giubileo cinquantenario dell'accad. Nicola Ivanowic Kokscharow
celebrato il 6 giugno 1887. Pietroburgo, 1887. 8°.
f Nemnanii L. — Orometrie des Schwarzwaldes. Wien, 1886. 4°.
iNicolaides C. — Ueber Defecte des Septum Atrioruui Cordis &. Freiburg,
1887. 8°.
*Nòrdlinger S. — Ein Beitrag zu den Derrnoidkystomen des Ovariura. Tii-
bingen, 1887. 8°.
fNotices biographiques et bibliographiques concernant les membres, les corre-
spondants et les associés de FAcadénùe r. des sciences, des lettres et
des beaux arts de Belgique, 1886. Bruxelles, 1887.
i Ollivier Beauregard J. — Legislation italienue. Organisation judiciaire et
analyse du Code civil. Paris, 1887. 8°.
^ Paini C. — Zur Histologie des aeusseren Milzbrandkarbunkels. Tiibingen,
1887. 8°.
f Petriceicu-Hasdeu lì. — Dictionarul limbei istorice si poporane a Komauilor.
T. Il, 1. Bucuresci.' 1887. 4°.
f Pieszczek E. — Zur Kenntniss des Orto-aethyltoluols und einige seiner De-
rivate. Freiburg, 1886. 8°.
T PliUarchus. — De Proverbila Alexandrinorum (neoì tòw n<<:/ *AXs%uvdQev<si
ti a ooi tua) v) ed. 0. Cousins. Tiibingen, 1887. 4°.
f Prove 0. — Micrococcus ocliroleuchus, eine nene chroniogene Spaltpilzform.
Breslau, 1887. 8°.
t Pule meri 0. — Beitrage zur Kenntniss der Cyanursàure -Verbindungen. Frei-
burg, 1887. 8°.
ìReinhold IL — Ein Fall von Tumor der Zirbeldriise. Leipzig, 1886. 8°.
* Reiter IL — Die Siidpolarfrage und ihre Bedeutung tur die genetische Glie-
derung der Erdoberflàche. Weimar, 1886. 4°.
*Keport of the scientifìc results of the exploring voyage of H. M. S. Challenger
1873-76. Zoology. Voi. XX, XXI, XXII. London, 1887.
^Riedel IL — Ueber das Methyl-p-Tolylketon. Freiburg, 1886. 8°.
fRoel lì. v. — Beitràge zur Kenntniss der Bibromcymolsulfonsau e. Freiburg,
1886. 8°.
— IX —
* Molti A. — Comptes rendus des travaux du Comité international chargé des
essais électriques a l'Exposition universelle d'Anvers. Liège, 1887. 4°.
+ Schleich C. — Ueber nitrobenzylierte Malonsàureester. Tiibingen, 1887. 8°.
1 Schìieidler K. — Der Ort der begangenen Handlung in strafrechtlicher und
strafprozessualen Beziehung. Tiibingen, 1886. 8°.
* Schoneveld van der Cloet J. G. — Ueber die Dichlor-«-Naphtochinonsulfon-
sàure. Freiburg, 1887. 8°.
* Schónfeld F. — Beitràge zuf Kenntniss der Alkyloxalsàuren und der Alkyl-
oxalaether. Bonn, 1887. 8°.
1 Schulte im Ilo fé J. A. — Ueber dimoi- Orto-Sulfonsàure und Ortho-Cumin-
saure. Freiburg i. B. 1886. 8°.
f Schwarts A. — Ueber lineare partielle Differential-Grleichungen IL Ordnung.
Berlin, 1887. 8°.
f Sievers E. — Oxforder Benedictinerregel. Tiibingen, 1887. 4°.
f Sigerist A. — Die Lehre von der Katihabition der Rechtsgeschàfte. Tiibingen,
1887. 8°.
^ Sigio art Ch. — Vorfragen der Ethik. Freiburg, 1886. 4°.
fStàrker E. — Die Phosphorbehandlung der Bachitis. Freiburg, 1887. 8°.
f Steinike G. — Zur Kenntniss des a-Naphtylphenylketons. Freiburg, 1887. 8°.
* Steiakauler Th. — Ueber Sebacinsàure und Bibromsebacinsàure. Freiburg,
1886. 8°.
f Steudel E. — Zur Kenntniss der Regeneration der quergestreiften Muskulatur.
Stuttgart, 1887. 8°.
f Stòssner P. E. — Untersuchungen ueber den Einfluss verschiedener Aussaat-
tiefen auf die Entwicklung einiger G-etreidesorten. Berlin, 1886. 8°.
* Tesmer H. — Ueber die Einwirkung von Phenylcyanat auf Polyhydroxylver-
bindungen. Berlin, 1886. 8°.
f Trainer E. — Ueber das Verhalten von Acetaldehyd gegen Alkohole und
Phenole unter der Einwirkung von Salzsàuregas. Freiburg, 1886. 8°.
f Uhlancl E. — Zur Kenntniss der Genital-Tuberculose der Weibes. Tiibingen,
1886. 8°.
f Valeur F. — Ueber Chinolindisulfonsauren und Derivate derselben. Aachen,
1886. 8°.
f Waldaer E. — Die Quellen des parasitischen i im Altfranzosischen. Braun-
schweig, 1887. 8°.
f Weber A. — Étude siu1 les algues parasites des paresseux. Haarlem, 1887. 4°.
f Weber J. E. — Zur Kenntniss der Terpene und aetherischen Oele. Bonn,
1887. 8°.
^ Weizsaecker Th. — Die Artkropathie bei Tabes. Tiibingen, 1887. 8°.
i Werner W. S. — Ueber Aethylen-Diketone und Benzoyl- und 0. P. Dimethyl-
Benzoyl-Propionsàure. Freiburg, 1887. 8°.
Bullettino-Rendiconti. 1888, Vol. IV. 1° Sem. 2
f Wiedersheim R. — Der Bau des Menschen als Zeugniss fur seine Vergan-
genheit. Freiburg, 1887. 8°.
ì Winkelmann C. — Beitràge zur Kenntniss des syrnmetrischen Tribrornanilin.
Freiburg, 1887. 8°.
* Wissmann E. — Beitràge zur Kenntniss des Amarins. Freiburg, 1886. 8°.
+ Zakrzewski A. J. A. — Die Grenzschichten des Braunen zum Weissen Jura
inSchwaben. Stuttgart, 1886. 8°.
f Zeeh R. — Zur Kenntniss des Additionsproducte des Chinolins rnit Benzylha-
logen. Freiburg, 1886. 8°.
f Zwick J. P. — Beitràge zur Kenntniss des Cinchonins. Freiburg, 1887. 8°.
Pubblicazioni periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di dicembre 1887.
Pubblicazioni italiane.
+Annali del Museo civico di storia naturale di Genova. Ser. 2a, voi. Ili, IV.
Genova, 1886.
III. Salvadori. Elenco degli uccelli italiani. — IV. Lataste. Sur le système dentaire
du genre Daman. — Jacoby. Descriptions of new Genera and Species of Phytophagous
Coleoptera fronti the Indo-Malayan and Austro-Malayan sub-regions, contained in the Genoa
Civic Museura. Third Part. — là. Descriptions of some undescribed species of Phytopha-
gous Coleoptera from Ahyssinia, contained in the Genoa Civic Museum. — Tapparone-
Canefri. Fauna malacologica della Nuova Guinea e delle isole adiacenti. Parte I. Mollu-
schi estramarini. Supplemento I. — Thomas e Boria. Note intorno ad alcuni Chirotteri
appartenenti al Museo civico di Genova e descrizione di due nuove specie del genere
Phyllorhina. — Thomas. Diagnosis of new species of Phascologale. — Emery.
Catalogo delle formiche esistenti nelle collezioni del Museo civico di Genova. Parte III.
Formiche della regione indo-malese e dell'Australia. I.Camponotidae e Dolichode-
ridae . — Lataste. Observations sur quelques espèces du genre Campagnol (Micro tus
Schranck, Arvicola Lacépède). — Parona. Elmintologia sarda. — Boria. Res Ligusticae.
I. I Chirotteri trovati finora in Liguria. — Parona. Nota sulla Collembole e sui Tisanuri. —
PI. Ees Ligusticae. IL Vermi parassiti in animali della Liguria. — Thomas. On the spe-
cimens of Phascologale in the Museo Civico, Genoa, with notes on the allied species
of the genus. — Boulenger. Description of a new Frog of the genus M egaio phrys. —
Salvadori. Catalogo delle collezioni ornitologiche fatte presso Siboga in Sumatra, e nel-
l'isola Nias dal sig. Elio Modigliani. — Bobson. Description of new species of Soricidae
in the collection of the Genoa Civic Museum. — Salvadori. Viaggio di L. Fea in Bir-
mania e regioni vicine. I. Uccelli raccolti nella Birmania superiore (1885-1886). — Bou-
lenger. An account of te Scincoid Lizards collected in Burma, for the Genoa Civic Museum,
by Messrs. G. B. Comotto and L. Fea. — Lataste. Description d'une nouvelle espèce de
Chiroptère d'Ègypte. — Boria. Nota intorno alla distribuzione geografica del Chiropo-
domys penicillatus, Peters. — Régimbart. Dytiscidae et Gyrinidae collectés dans le
rouyame de Scioa (Abyssinie), par M. le dott. Eagazzi en 1885.
f Annali di chimica e di farmacologia. N. 5. Milano, 1887.
Sacchi. Sulla peptonuria. — Pollacci. Altri due metodi per la ricerca delle così dette
vinoline. — Capparelli. Sulle ptomaine del cholera. — Canio. Il borato di soda nella cura
della tubercolosi polmonale.
— XI —
* Ateneo (L') veneto. Ser. XI, voi. II, 1-2. Venezia, 1887.
Fambri. Pietro Siciliani. — Brentari. Venezia e i suoi monti. — Gosetti. Stefano
Fenoglio. — Pietrogrande. La situla Benvenuti del Museo d'Este. — D'Emilio. Alcune
osservazioni sulla proiezione stereoscopica. — Salvar/nini. Nota sulla famiglia Pisani.
fAtti della Accademia di Udine pel triennio 1884-87. 2a ser. voi. VII. Udine,
1887.
Occioni Bonaffons. Notizia di storia friulana cavata dai Commemoriali della Repub-
blica di Venezia. — Ostermann, Gervasutta, frazione di Udine e i suoi recenti scavi. —
Murevo. Nuova opinione sull'origine del popolo friulano. — Occioni Eonaffons. Gli Amasci
e i loro Diari udinesi. — Pauluzzi. Iscrizioni di Palmanova antiche e recenti. — Joppi.
Dei libri liturgici a stampa della chiesa d'Aquileja. — Gortani. La leggenda del lago di
Montecucco. — Ostermann. Di alcune medaglie friulane inedite. — Id. Una moneta ine-
dita di Clodoveo I.
+Atti dell'Accademia pontifìcia dei nuovi Lincei. Anno XL, sess. I-VI. Eoma,
1887.
Provenzali. Sulla struttura delle vene liquide. — Egidi. Nuovo apparato sismogra-
fico. — Lais. Trombe terrestri dell'8 novembre 1886. — Azzarelli. Sul caso irreducibile
dell'equazione del 3° grado. — Bertelli. Sopra una Memoria dei prof. T. Taramelli e
G. Mercalli: I terremoti andalusi cominciati il 25 dicembre 1885. — Lais. Applicazione dei
sali di rame al preservamene delle viti contro la peronospora. — Provenzali. Sui criteri
per distinguere i prodotti delle azioni molecolari da quelli delle forze atomiche. — Castra-
cane. Contribuzione alla flora diatomacea africana. Diatomee dell'Ogoue riportate dal conte
Giacomo di Brazzà. — Azzarelli. Alcuni teoremi e problemi sopra i triangoli annessi. —
Egidi. Intorno alla direzione e velocità delle nubi ed alla correzione del barometro.
f Atti della r. Accademia di Siena detta dei fisiocritici. Ser. 3a, voi. IV, 1-3.
Siena. 1885-87.
fAtti del r. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. Ser. 6a, t. V, 10. Ve-
nezia, 1887.
Tamassia. Sulla docimasia gastrica secondo i più recenti studi. — Pagliani. Sopra
un fenomeno di cristallizzazione dei sali nella elettrolisi delle loro soluzioni. — Lussana.
Le circonvoluzioni cerebrali in rapporto ai costumi degli animali. -- Murer. Sulla super-
ficie di 5° ordine, dotata di quartica doppia di la specie. — Spica e Halagian. Analisi
delle acque che alimentano i pozzi della città di Oderzo. — Spica. Studio chimico del-
l'aristolochia serpentaria. — Castelnuovo. Sopra una congruenza del 3° ordine e 6a classe
dello spazio a quattro dimensioni e sulle sue proiezioni nello spazio ordinario. — Anderlini.
Ricerche chimiche sulla seta. — Id. Il glicogeno negli animali inferiori ; note preliminari
sulle sue combinazioni coll'acido solforico. — Bandini. La musica nella evoluzione
della civiltà italiana. — Pirona. Nuova contribuzione alla Fauna fossile del terreno cre-
taceo del Friuli. — Cittadella Vicodarzere. La voce. — Vigna. Sopra un caso di para-
noia rudimentale impulsiva d'origine nevrastenica. — Salvagnini. La questione edilizia di
Venezia. — Bordiga. Di una certa superficie del 7° ordine. — Faè. Influenza del magne-
tismo sulla resistenza elettrica dei conduttori solidi. — Trois. Nota sopra un esemplare
di Utumania torda preso sulle spiaggie di Malamocco. — Palazzi. Le poesie inedite
di Sordello. — Toni e Levi. Flora algologica della Venezia (Parte III, le Clorof icee).—
Marchesini. Due studi biografici su Brunetto Latini.
^Bollettino consolare. Voi. XXIII, 11. Roma, 1887.
Pucci Baudana. Brevi cenni sul Porto di Anversa e Rivista locale sommaria del Com-
mercio e della Navigazione per l'anno 1886. — De Gubernatis. Condizioni economiche ed
XII
industriali del Perù. — Dalla Valle. Cenni sulla crisi agricola in Ispagna. — Landberg.
Eapport sur le commerce aux Indes Néerlandaises pendant l'année 1886. — Maissa. Stati
del commercio e della navigazione del Porto di Tangeri per gli anni 1885 e 1886.
"»" Bollettino dei Musei di zoloogia ed anatomia comparata della r. Università
di Torino. N. 27-32. Torino, 1887.
bollettino del Collegio degli ingegneri ed architetti in Napoli. Voi. V, n. 10-11.
Napoli, 1887.
Varriale. L'acquedotto potabile di Torre Annunziata. — Cariati. Sull'insegnamento
dell'igiene nelle scuole degl'ingegneri. — Pepe. Le relazioni sui servizi idraulici in Italia
nel biennio 1884-86.
"^Bollettino della Società generale dei viticoltori italiani. Anno II, n. 23, 24.
Roma, 1887.
Cedetti. Carta vinicola d'Italia. — là. Sul trattato di commercio colla Francia.
i Bollettino della Società geografica italiana. Ser. 2a, voi. XII, 10-11. Roma, 1887.
Weitzecker. Alla ricerca degli Italiani nell'Africa australe.— Alitinosi. Viaggio nei
Bogos. — Smith. Esplorazione di J. Chalmers nella Nuova Guinea. — Borda. Sommario
storico, geografico e politico della Repubblica di Colombia. — Stradelli. Dall'isola Tri-
nidad ad Atures. — Colini. Cronaca del Museo preistorico ed etnografico di Roma. —
Fiorini. Le proiezioni quantitative ed equivalenti della cartografia.
^Bollettino della Società geologica italiana. Voi. VI, 3. Roma, 1887.
lssel. La nuova carta geologica delle riviere ligure e delle Alpi marittime. — De Ste-
fani. L'Apennino fra il colle dell'Altare e la Polcevera. — Id. Il terreno terziario nella valle
del Mesima. — Verri. Rapporti tra le formazioni con ofioliti dell'Umbria e le breccie gra-
nitiche del Sannio. — Tommasi. A proposito del Permiano nell'Apennino. — Parona. Ap-
punti per la paleontologia miocenica della Sardegna. — Foresti. Alcune forme nuove di
molluschi fossili del Bolognese. — Fornasini. Di alcuni foraminiferi provenienti dalla
spiaggia di Civitavecchia. — Id. Intorno ai caratteri esterni delle textularie. — Id. Indice
delle textularie italiane. — Id. Sulle textularie «Abbreviate». — Clerici. La vitis vi-
nifera fossile nei dintorni di Roma.
bollettino delle nomine (Ministero della guerra). 1887. Disp. 52-54. Roma.
+ Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa dalla Bi-
blioteca nazionale centrale di Firenze. 1887, n. 47. Firenze.
+ Bollettino mensuale pubblicato dall'Osservatorio centrale in Moncalieri. Ser. 2a,
voi. VII, 11. Torino, 1887.
Le stelle cadenti nel periodo di agosto 1887.
f Bollettino di notizie agrarie. 1887, n. 83-84. Rivista meteorico-agraria, n. 32-33.
Roma.
f Bollettino meteorico dell'Ufficio centrale di meteorologia. Anno IX, 1887. Di-
cembre. Roma.
■^Bollettino settimanale dei prezzi di alcuni dei principali prodotti agrari e
del pane. Anno XIV, 1887, n. 46-48. Roma.
^Ballettino della r. Accademia medica di Roma. Anno XIII, 8. Roma, 1887.
Celli. Ricerche sperimentali sul virus rabbico. — Colmanti e Guarnieri. La glomerulo-
nefrite nella rabbia sperimentale. — Id. e Moscatelli. L'acido paratattico nell'orma dei soldati
dopo le marcie di resistenza. — Marchiafava e Celli. Sull'infezione malarica. — Postempski.
XIII —
Cinque laparotomie per estirpazione di quattro tumori ovarici ed uno uterino. — Leoni.
Di alcune tossi ostinate in rapporto a vizi di conformazione acquisiti e congeniti del-
l'ugola. — Berte. Sull'arteria dorsale e sulla forma dell'asta nell'impotenza virile. — Fer-
raresi e Guarnieri. Sopra un caso di morva dell'uomo. — Poggi. La cicatrizzazione im-
mediata delle ferite dello stomaco in rapporto ai diversi metodi di suture. — Ferraresi.
Gastrite flemmonosa. — Bonuzzi. I vasomotori ed i centri vasomotori nel midollo spinale
e nel cervello. I nervi vasodilatatori nelle radici posteriori del midollo spinale.
■Calendario dell' Osservatorio dell'Ufficio centrale di meteorologia al Collegio
romano. Anno IX, 1888. Koma.
+ Circolo (II) giuridico. Anno XVIII, 10. Palermo, 1887.
D'Amico. La rivendicazione dei titoli al portatore smarriti o rubati.
f Gazzetta chimica italiana. Anno XVII, f. 8. Appendice, voi. V, n. 21. Pa-
lermo, 1887.
Lepetit. L'azione delle tre aldeidi nitrobenzoiche sull'etere acetacetico e l'ammo-
niaca. — Ciamician. Sui tetrabomuri di pirrolilene. — Piccini. Ancora sulle combinazioni
corrispondenti all'acido pertitanico. — Kórner e Wendfr. Intorno ad alcuni derivati di
sostituzione della benzina. — Garzino. Sul bromo biclorofenolo e sulla bibromobicloroben-
zina. — Guareschi. Ricerche sulle basi che si trovano tra i prodotti della putrefazione.
+ Giornale della r. Accademia di medicina di Torino. Anno L, n. 9-10. To-
rino, 1887.
Morselli e Tanni. Sulle modificazioni del circolo e del respiro negli stati suggestivi
dell'ipnosi. — Perroncito. Incapsulamento del megastoma intestinale. — Id. Ancora sulla
priorità dell'osservazione deH'Actinomyces bovis. — Fubini e Spalluta. Rimarchevole tol-
leranza di ferite al cuore. — De Paoli. Del papilloraa villoso della vescica.
+ Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche di Genova. Anno X,
2° sem., fase. 6-7. Genova, 1887.
Bertinaria. Determinazione dell'assoluto. — Marcer. Delle condizioni essenziali al-
l'adempimento del Magistero scolastico. — Du Jardin. Le stazioni alpestri per gli adole-
scenti deboli. — Squinabol. Nota preliminare su alcune impronte fossili nel Carbonifero
superiore di Pietratagliata.
f Giornale medico del r. Esercito e della r. Marina. Anno XXXV, n. 11. Roma,
1887.
Bernardo. La trapanazione del cranio a proposito di un caso di frattura del frontale
con intropressione dei frammenti. — Betti. Sopra un caso di sarcoma parvicellulare del
cervello.
-i-Giornale militare ufficiale 1887. Part. la, disp. 61-64; parte 2a, disp. 61-63.
Roma, 1887.
ingegneria (L') civile e le arti industriali. Voi. XIII, 10. Torino, 1887.
Crugnola. Dei ponti girevoli in generale e di quello recentemente costruito per l'Ar-
senale di Taranto. — Gandolfi. Sulle miniere di Somorrostro (Spagna).
^-Programmi d'insegnamento per l'anno scolastico 1886-87 della r. Università
degli studi di Napoli, Facoltà matematica. Napoli, 1887.
+ Memorie della Società degli spettroscopisti italiani. Voi. XVI, 9. Roma, 1887.
Tacchini. Osservazioni spettroscopiche solari fatte nel r. Osservatorio del Collegio
romano nel 3° trimestre del 1887 (Protuberanze). — Id. Sulle macchie solari osservate al
— XIV —
r. Osservatorio del Collegio romano nel 3° trimestre del 1887. — Id. Facole solari osser-
vate al r. Osservatorio del Collegio romano nel 3° trimetre del 1887. — Auwers. Recher-
ches sur le diamètre du soleil.
*Museo italiano di antichità classica. Voi. II, punt. I, IL Firenze, 1886-1887.
Punt. I. Brisio. Vasi greci dipinti del Museo civico di Bologna (Raccolta De-Luca). —
Comparetti. Saffo nelle antiche rappresentanze vascolari. — Sabbadini. Della Biblioteca
di Giovanni Corvini e d'una ignota Comoedia latina. — Orsi. Di uno scudo paleoetrusco. —
Milani. A proposito di un Vaso imitante un bucchero etrusco. Lettera al dott. Orsi. —
Halbherr e Comparetti. Epigrafi arcaiche di varie città cretesi. — Id. id. Epigrafi arcaiche
di Gortyna. — Milani. Di alcuni ripostigli di monete romane, studi di cronologia e storia.
1° Ripostiglio di Fiesole (denari republicani). 2° Ripostiglio di Aleria (den. repubbl.). 3° Ripo-
stiglio di Roma nella coli. Ancona di Milano (den. repubbl. contromarcati e den. imperiali).
4° Ripostiglio di S. Bernardino (sesterzi, dup. assi). 5° Ripostiglio della Venera (antoniniani). —
Punt. IL Sabbadini. Codici latini posseduti, scoperti, illustrati da Guarino Veronese. —
Pistelli. Dei manoscritti di Giamblico e di una nuova edizione del Protreptico (con un saggio
della medesima). — Tomassetti. Silloge epigrafica laziale. — Piccolomini. La simulata pazzia
di Solone e l'Elegia 2aXa/iis. — Halbherr. Relazione sui nuovi scavi eseguiti a Gortyna
presso il Letheo. — Comparetti. Iscrizioni arcaiche di Gortyna rinvenute nei nuovi scavi
presso il Letheo. 1° Iscrizioni del muro settentrionale. 2° Frammenti sparsi. — Id. Iscri-
zioni di varie città cretesi (Lyttos, Itanos, Praesos, Knossos).
* Rassegna (Nuova) di viticoltura ed enologia. Anno I, n. 22, 23. Conegliano, 1887.
Cavazza. La nuova legge filosserica. — Zecchini. Sulla ricerca delle materie colo-
ranti artificiali nei vini. — Ravizza. L'aggiunta di acido tartarico nei vini. — Ardinghi.
Come si possano rinvigorire le viti vecchie e deboli.
+ Rendiconti del reale Istituto lombardo di scienze e lettere. Ser. 2% voi. XX,
17-18. Milano, 1887.
Gobbi. Sul secondo Congresso tenuto in Milano dalle Società cooperative. — Buc-
cellati. Efficacia estensiva della legge penale. — Sangalli. Di alcune alterazioni più im-
portanti e rare di prima formazione. — Scarenzio. Sifilide gommosa del naso e rinoplastica
parziale a doppio ponte.
fRevue internationale. 49 année, t. XVI, 5, 6. Roma, 1887.
5. Jacini. Le principe de la neutralisation internationale applique au saint-siège. —
l'alacio-Valdés. Riverita. — Lo Forte-Randr. Un humoriste anglais. — Balujfe. Fléchier
inconnu. — Chevassus. La question monétaire en Angleterre. — Sacher Masoch. Jankel
le sourd. Scènes du Ghetto. — Melegari. La « Souris » d'Édouard Pailleron. — 6. Palacio
Yaldés. Riverita. — Lo Forte-Randi. Un humoriste anglais. — De D. Levi. La réforme
du Sénat italien. — Veuglaire. Cette grande bete de Raboul. Scènes de la vie militaire
en France. — Raineri. Un chapitre d'histoire maritime. — Cianelli. Terni et l'industrie
italienne.
f Rivista di filosofìa scientifica. Ser. 2a, voi. VI, nov. 1887. Milano.
Lombroso. Le nuove conquiste della psichiatria. — Vaccaro. Sulla vita degli animali
in rapporto con la lotta per l'esistenza. — Pietropaolo. L'universalità delle leggi della
morale ed il concetto della libertà. — Moleschott. L'unità del sapere (« Per una festa della
scienza »). — Asturaro. La filosofia dell'Hume ed il Kantismo secondo Tarantino.
"Rivista marittima. Anno XX, fase. 11. Roma, 1887.
Colombo. La fauna sottomarina del golfo di Napoli. — Géza dell'1 Adami. D mar
Nero. Studio geografico militare.
— XV —
+ Rivista mensile del Club alpino italiano. Voi. VI, n. 11-22. Torino, 1887.
fKivista scientifico-industriale. Anno XIX, 20-21. Firenze, 1887.
Semmola. Sul riscaldamento delle punte metalliche nell'atto di scaricare l'elettricità. —
Martini. Il monotelefono o risonatore elettro-magnetico. — Tassi. Dell'anestesia e dell'av-
velenamento nei vegetali.
f Sessioni dell'Accademia pontificia dei nuovi Lincei. Anno XL, sess. 7, 8.
1887. Roma.
Spallanzani (Lo). Ser. 2a, anno XVI, 11-12. Roma, 1887.
Poli. Sul modo di valutare ed indicare razionalmente gl'ingrandimenti del microscopio
e delle imagini microscopiche. — ' Fenoglio e Drogoul. Osservazioni ed esperienze sulla
chiusura delle coronarie cardiche.
+ Statistica del commercio speciale d'importazione e di esportazione dal 1° gen.
al 30 nov. 1887. Roma.
* Telegrafista (II). Anno VII, 10. Roma, 1887.
Studi sul telefono ctel prof. Thompson.
Pubblicazioni estere.
*Abstracts of the Proceedings of the Chemical Society. N. 44. London, 1887.
1Annalen des k. k. naturistorhischen Hofmuseums. Bd. II, 4. Wien, 1887.
Marktanner-Turneretscher. Beschreihung neuer Ophiuriden und Bemerkungen zu
bekannten. — Ritti. Beitrage zur Kenntniss der fossilen Saugethiere von Maragha in Per-
sien. I. Carnivoren. — von Pelzeln und von Lorenz. Typen der ornithologischen Samm-
lung des k. k. naturhistorischen Hofmuseums.. — Berwerth. Das Meteor vom 21 Aprii 1887.
+Annalen des physikalischen Central-Observatoriums. Jhg. 1886. Th. I. S. Pe-
tersburg, 1887.
"'"Annalen (Mathematische). Bd. XXX, 4. Leipzig, 1887.
Hilbert. Ueber die Singularitaten der Discriminantenflàche. — Malsano. Die Discri-
minante der binàren Form 6. Ordnung. — Schlesinger. Ueber conjugirte Curven insbe-
sondere tìber die geometrische Relation zwischen einer Curve dritter Ordnung und einer
zu ihr conjugirten Curve dritter Classe. — Boba. Darstellung der rationalen ganzen Inva-
rianten der Binarform sechsten Grades durch die Nullwerthe der zugehòrigen #-Funktio-
nen. — Maschke. Ueber die esternare, endliche, lineare Substitutionsgruppe der Bor-
chardt'schen Moduln. — Krause. Ueber die Entwickelung der doppelt periodischen Functionen
zweiter und dritter Art in trigonometrische Reihen. — Weltzien. Zur Theorie derjenigen
ebenen Curven, deren Coordinaten sich rational und ganz durch zwei lineare Functionen
und zwei Quadratwurzeln aus ganzen Functionen eines Parameters darstellen lassen. —
Bolza. Ueber Binarformen sechster Ordnung mit linearen Substitutionen in sich. — ■ Heun.
Integration regularer lineàrer Differentialgleichung zweiter Ordnung duch die Kettenbru-
chentwicklung von ganzen Abel'schen Integralen dritter Ordnung. — Hilbert. Ueber bi-
nare Formenbiischel mit besonderen Combinanteneigenschaften. — Caspary. Ueber einen
einfachen Beweis des Rosenhain'schen Fundamentalformeln. — Kiirschàk. Ueber dem Kreise
ein- und umgeschriebene Vielecke. — Sonine. Sur les fonctions cylindriques.
^Annales de la Société météorologique de Belgique. 4e sér. 1. 1. Bruxelles, 1886.
Cossmann. Catalogue illustre des coquilles fossiles de l'eocène des environs de Paris. —
Briarl et Delvaux. Excursion de la Socie'té royale malacologique de Belgique sur le littoral
de Blankenberghe, à Coxyde, à Aeltre et à Gand. — Pergens et Mounier. La faune des
— XVI —
bryozoaires garumniens de Faxe. — Vincent. Liste des coquilles du tongrien inférieur du
Liuibourg belge.
+Annales de l'École polytechnique de Delft. Tome ITI, 3. Léide, 1887.
Hoogewerff et v. Dorp. Sur quelques dérivés de l'isoquinoléine. — Behrens. Sur la
détermination de la dureté des matières rocheuses. — Détermination de la dureté des partie
intégrantes. — Détermination de la dureté moyenne. — Scìwls. Erreurs dans les tables
de Callet. — lei. La loi de l'erreur resultante.
+Annales des ponts et chaussées. 6e sér. t. XIV, 10e cah. Paris, 1887.
Widmer et Desprez. Port du Havre. Mémoire sur les nouvelles portes en tòle de
l'écluse des transatlantiques. — Gobin. Étude sur la fabrication des ebaux liydrauliques
dans le bassin du Rhòne. — Lallemand. Note sur la théorie du nivellement. — Clavenad.
Note sur Temploi des sels en teraps de neige.
fAnnales du Muséum r. d'histoire naturelle de Belgique. Serie paléontologique.
T.XIII, Bruxelles, 1886.
van Beneden. Description des ossements fossiles des environs d'Anvers.
TAnnales (Nouvelles) de mathématiques. 3e sér. 1887, nov.-déc. Paris.
d'Ocagne. Les coordonnées parallèles dea points. — Errata aux Tables de Logari-
tbmes de Scbrdn. — Lévy. Sur le principe de l'energie. — Humberl. Sur quelquel pro-
priétés métriques des courbes. — Id. Sur quelques propriétés des courbes. — Appell. Sur
les valeurs approchées des polynòmes de Bernoulli. — Bonnet. Théories de la réfraction
astronomique et de l'aberration.
+Annales scientifiques de l'École normale superiore. 3e sér. t. IV, n. 12 et Suppl.
Paris, 1887.
Guichard. Sur la revolution de l'équation aux diffe'renees finies G(o;4-l) — G(x)=G(x). —
Duhem. Sur quelques formules relatives aux dissolutions salines. — Jamet. Sur les surfaces
et les courbes tétraédrales symétriques.
+Anzeiger (Zoologischer). Jhg. X, n. 267. Leipzig, 1887.
vom Ruth. Ueber die Hautsinnesorgane der Insecten. — Bòttger. Diagnoses reptilium
Novorum ab. ili. viro Paul Hesse in finibus fluininis Congo repertorum. — Hartlaub. Zm
Kenntniss der Cladonemiden.
+ Annuaire de la Société météorologique de France. 1887, juill.-aoùt. Paris.
Hauvel. Causes de la circulation atmospbérique. — Reno u. Resumé des observations
météorologiques faites au Parc-de-Saint-Maur, en avril et mai 1887. — Legras. Sur un
nouvel évaporomètre. — Harreaux. Observations hydrométriques de la Beauce. — Crova.
Sur l'enregistrement de l'intensité calorifique des radiations solaires. — Id. Sur la transmis-
sibilité de la radiation solaire par l'atra osphère terrestre.
fArchives néerlandaises des sciences exactes et naturelles. T. XXII, 2-3. Har-
lem, 1887.
Rauwenho/f. Recherches sur le Spliaeroplea annulina Ag. — Engehnann. Le rhéostat
à vis. — Schouten. Règie generale pour la forme de la trajectoire et la durée du mou-
vement centrai. — Verbeek. La meteorite de Djati-Pengilon (Java). — Spronck. Note sui
un cas de polydaetylie.
fBeiblatter zu den Annalen der Physik und Chemie. Bd. XI, 11. Leipzig, 1887.
tBerichte der deutschen chemischen Gesellscliaft. Jhg. XX, 17. Berlin, 1887.
17. Weinberg. Ueber Oxydipbenylbasen. — Fittig. Ueber Lactone, Lactonsauren und
verwandte Korper. — Erdmann. Ueber die Umwandlung der Naphtylaminsulfosàuren in
— XVII —
Dichlornaphtaline. — Autenrieth. Ueber gemischte Saureanhydride. — Japp und Klinge-
mann. Ueber die Ersetzbarkeit des Methylenwasserstoffs in Benzolazoaceton. — Knófler und
Boessneck. Ueber die Condensation von Chloralhydrat mit tertiàren aromatischen Aminen. —
Gabriel und Weise. Zur weiteren Kenntniss des o-Cyantoluols. — La Coste und Valeur.
Zur Charakteristik der /3-Chinolindisulfonsaure. — Lippmann v. Ueber einige organische
Bestandtheile des Rubensaftes. — Hantke. Ueber o-Kresolsulfonsàuren. — Pechmann. Ueber
die Spaltung der Nitrosoketone. — Anschùtz. Ueber die Bildung von Anilsàuren aus Anhy-
driden zweibasischer Sàuren. — Zincke und Gerland. Ueber die Einwirkung von Brom
auf Diamido-«-naphtol. II. — Liebermann. Ueber die Tbiophenreaction mit nitrosehaltiger
Schwefelsàure. — Przybytek. Zur Erforschung des Erythren-dioxyds, C4 H6 02. — Id.
Ueber Diisobutenyloxyd. — Busz und Kekulé. Ueber Orthoamide des Piperidins. — Vester-
berg. Ueber Pimarsauren. — Gelzer. Ueber Derivate des^-Amidoisobutylbenzols. — Eooker.
Zur Kenntniss des Purpurogallins. — Graebe. Ueber Auramin.
^Boletin de la Sociedad de geografia y estadistica de la republica Mexicana.
3e Ep. t. VI, 4-9. Mexico, 1887.
+Bulletin de la Société entomologique de France. 1887, feull. 22. Paris.
tBulletin des sciences mathématiques. 2e sér. t. XI. Dee. 1887. Paris.
Bertrand. Tbermodynamique. — Jordan. Cours d'analyse à l'École .polytechnique. —
Tannery. La geometrie grecque, comment sont histoire nous est parvenue et ce que nous
en savons.
•Centralblatt (Botanisches). Bd. XXXII, 11-13. Cassel, 1887.
*Centralblatt far Physiologie. 1887, n. 19. Berlin.
Piotroicski. Gafassinnervation.
iCirculars (Johns Hopkins University). Voi. VII, n. 61. Baltimore, 1887.
fCirculars of information and bulletins of the Bureau of education for 1885
and 1887. 1, 2. Washington, 1886-87.
+ Compte rendu des séances et travaux de l'Académie des sciences morales
et politiques. N. S. T. XXVIII, 12. Paris, 1887.
Saint-Eilaire. L'Inde contemporaire. — Desjardins. Le sifflet au théàtre. — Bau-
drillart. Les populations agricoles de rile-de-France. — Say. Les papiers de Turgot. —
Bénard. L'esthétique d'Aristote. — Lagneau. De la durée et de la mutation des familles
rurales.
+ Comptes rendila hebdomadaires des séances de l'Académie des sciences. T. CV,
22-25. Paris, 1887.
22. Bertrand. Théorème relatif aux erreurs d'observation. — Lévy. Sur les équations
les plus générales de la doublé réfraction compatibles avec la surface de l'onde de Fresnel. —
Faye. Objection à ma théorie tire'e de la déviation des flèches du vent sur les Cartes sy-
noptiques. — Id. Sur la marche des cirrus et leurs relations avec les cyclones. — Id. Sur
le mouvement de translation des tempétes. — Brown-Séquard et d'Arsonval. Eechercbes
sur l'importance, surtout pour les phtisiques, d'un air non vicié rar des exhalations pul-
monaires. — Liouville. Sur une classe d'équations differentielles, panni lesquelles, en par-
ticulier, toutes celles des lignes ge'odésiques se trouvent comprises. — Couette. Oscillations
tournantes d'un solide de revolution en contact avec un fluide visqueux. — Ditte. Action
de l'acide vanadique sur le fìuorure de potassium. -- Varet. Cyanures de zinc ammonia-
caux. — Bourgeois. Application d'un procede de de Senarmont à la reproduction par voie
numide de la celestine et de l'anglésite. — Freire. Sur un alcaloide extrait du fruit-de-
loup. — Dangeard. Sur l'importance du mode de nutrition au point de vue de la distinction
Bollettino Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 3
— XVIII —
des aniraaux et des végétaux. — Ledere du Sablon. Sur les sucoirs des Rhinanthées et
des Santalacées. — Bleicher. Sur la découverte da carbonifere à fossiles raarins et à plantes
aux environs de Raon-sur-Plaine. — de Mercey. Sur la position géologique de la craie pho-
sphatée en Picardie. — Renault. Sur l'organisation comparée des feuilles des Sigillaires et
des Lépidodendrons. — Bertinet. Sur le voi des oiseaux. — Laffont. Contributions à l'étude
des excitations électriques du myocarde chez le cbien. — Meunier. Les méte'orites et l'ana-
lyse spectrale. — 23. Bertrand. Sur ce qu'on nomine le poids et la précision d'une obser-
vation. — Faye. Lettre à M. Bertrand, à propos de sa précédente Note « sur un théorème
relatif aux erreurs d'observations. — Id. Réponse à M. Mascart, à propos de la déviation
des vents sur les Cartes synoptiques. — Cornu. Sur la synchronisation des horloges de pré-
cision et la distribution de l'heure. — Duhem. Sur l'aimantation par influence. — Bigourdan.
Nébuleuses nouvelles découvertes à l'Observatoire de Paris. — Pellet. Division approxi-
mative d'un are de cercle dans un rapport donne, à l'aide de la règie et du compas. —
Amagat. Sur la dilatation des liquides comprimés, et en particulier sur la dilatation de
l'eau. — Vignon. Sur une nouvelle méthode de dosage de l'acide carbonique dissous. —
de Saint-Martin. Influence du sommeil naturel ou provoqué sur l'activité des combusti"iis
respiratoires. — Straus et Duèreuilh. Sur l'absence de microbes dans l'air expiré. —
Marcimi. Sur l'excrétion ebez les Crustacés décapodes brachyoures. — Gourret. La fami.'
des Crustacés podopbthalmes du golfe de Marseille. — de Mercey. Sur des recherches pour
l'exploitation de la craie pbospbatée en Picardie. — Hehert. Observations sur la classiti-
fication de la craie, à propos de la Coinmunication de Mr. N. de Mercey. — Gorceix. Sur
le gisement de diamants de Cocaés, province de Bfinas GeraSs (Brésil). — Termicr. Sur
les éruptions de la regimi du Mézenc, vers les cuiifins de la Haute-Loire et de l'Ardècbe. —
Labonne. Sur le gisement du spath disiando. — 21. Bertrand. Sur la lui dee erreurs
d'observation. — de Jonquières. Generation des courbes unicursales. — Wolf. Comparaison
des divers systèmes de synchronisation électrique des horloges astronomiques. — Berthelot.
Sur les divers modes de décomposition eiplosive ih' l'acide ]>irri.jne et des composés nitrés. —
Id. Sur la « Collection des anciens Alchimistes grees», — Janssen. Sur l'application de la
Photographie à la Meteorologie. — Callandreau. Recherches sur la théorie de la figure
des planètes; étude speciale des grosses planètes. — Isambert. Sur la compressibilifi ile
la dissolution d'étylamine dans l'eau. — Grimaux. Sur l'aldéhyde glycérique fermentc-
scible. — Bouchardat et Lafont. Action de l'acide sulfurique sur l'essence ih' térében-
thine. — (Echsner de Coninck. Essai de diagnose des alcaloi'des volatils. — Gayon. Sur
la recherche et le dosage des aldéhydes dans les alcools commerciauz. — Fischer. Surla
distribution géographique des Actinies du littoral médìterranéen de la Franco. — Richard.
Remarques sur la faune pélagique de quelques lacs d'Auvergnc. — Topsent. Sur les pré-
tendus prolongements périphériques des Cliones. — Cric. Sur les affinités des flores noli-
thiques de la France occidentale et du Portugal. — Cadcac et Malet. Recherches experi-
mentales sur la transmission de la tuberculose par les voies respiratoires. — Guignard et
Charrin. Sur les variations morphologiques des microbes. — Poincaré. Sur les relations
du baromètre avec les positions de la lune. — Chuard. Observations concernant le méca-
nisrae de l'introduction et de l'élimination du cuivre dans les vins provenant de vignes
traitées par les combinaisons cuivriques. — 25. Bertrand. Sur les épreuves répétées. —
Jonquières. Generation des surfaces algébriques, d'ordre quelconque. — Faye. Sur la cause
de la déviation des flèches du vent dans les cyclones. — Berthelot et André. Sur l'état
du soufre et du phosphore dans les plantes, la terre et le terreau, et sur leur dosage. —
Sarrau et Vieille. Influence du rappmchement moléculaire sur l'equilibro chimique de
systèmes gazeux homogènes. — Gaitdry. Découverte d'un Tortue gigantesque par M. le
Dr. Donnezan.— de Caligny. Expériences sur une nouvelle machine hydraulique oinployée
à faire des irrigations. — Lecoq de Boisbaudran. A quels degrés d'oxydation se trouvent
— XIX
le chrome et le manganése dans leurs compose's fluorescents? — Viennet. Éléments et
éphémérides de la planète (270) Anahita. — Cruls. Sur la valeur de la parallaxe du soleil,
déduite des observations des Missions brésiliennes, à l'occasion du passage de Vénus sur
le soleil, en 1882. — Weìll. Condition d'egalité de deux fìgures symétriques. — Barbier.
On suppose écrite la suite naturelle des nombres; quel est le (101O0OO)ième chiffre écrit? —
Duhem. Sur raimantation par influence. — Antoine. Variation de temperature d'un gaz
ou d'une vapeur qui se comprime ou se dilate, en conservant la méme quantité de cha-
leur. — Henry. Sur une loi expérimentale de balistique intérieure. — Doumer. Des vo-
yelles dont le caractère est très aigu. — Fabre. Sur la chaleur spéciflque du tellure. —
Scheurer-Kestner et Meunier-Dolfus. Etude sur une houille anglaise. — Jungfleisch et
Légcr. Sur les isornéries optiques' de la cinchonine. — Ochsner de Coninck. Essai de dia-
gnose des alcaloides volatils. — Mallard. Sur diverses substances cristallisées qu'Ebelmen
avait prépare'es et non décrites. — de Schulten. Note sur la reproduction artificielle de la
pyrochroite (hydrate manganeux cristallisé). — Gonnard. De quelques pseudo-morpboses
d'enveloppe des mines de plomb du Puy-de-DOme — Guitel. Sur quelques points de l'em-
bryogénie et du système nerveux des Lépadogasters. — Hérouard. Sur le système lacunaire
dit sanguin et le système nerveux des Holothuries. — Depéret et Donnezan. Sur la
Testudo perpiniana Depéret, gigantesque Tortue du pliocène moyen de Perpignan. —
La front. Analyse de l'action physiologique de la cocaine. — Lastre. Observations au sujet
d'une Note de M. de Saint-Martin. — Cornil et Chantemesse. Etiologie de le pneumonie
contagieuse des porcs. — Debove. Pathologie de l'urticaire hydatique. — Dechevrens. Sur la
reproduction expérimentale des trombes. — Bouquet de la Grye rappelle, à ce sujet, qu'il
a précédemment montré à l'Académie les fìgures qui se forment dans des liquides de den-
sités différentes, superposés et animés d'un mouvement de rotation. — Zenger. Sur revo-
lution siderale. — Deìaunay. Chute, le 25 octobre 1887, à Than-Duc, d'une meteorite qui
parait avoir disparii à la suite d'un ricochet.
+ Cosmos. N. S. n. 150-152. Paris, 1887.
i'Denkschriften der k. Akademie der Wissenschaften. Math-natur. CI. Bd. LI.
Wien, 1886.
Escher ich v. Zur Theorie der linearen Differentialgleichungen. — Rollett. Untersu-
ckungen ueber den Bau der quergestreiften Muskelfasern. — Oppolzer v. Entwurf einer
Mondtheorie. — Spitaler. Die "Warmeverrtheilung auf der Erdoberflache. — Zukal. My-
cologische Untersuchungen. — Frauscher. Das Unter-Eocàn der Nordalpen und seine
Fauna. — Stapfl. Die botaniseben Ergebnisse der Polak'schen Expedition nach Persien
im Jahre 1882. — Id. Beitràge zur Flora von Lycien, Carien und Mesopotamien. —
Schram. Tafeln zur Berechnung der naheren Umstànde der Sonnenfinsternisse.
' Jahrbuch der Harnburgischen Wissenschaftlichen Anstalten. Jhg. IV. Ham-
burg, 1887.
Prochoumick. Messungen ari Stìdseeskeleten mit besonderer Beriicksichtigung des
Beckens. — Pfeffer. Die Krebse von Siid-Georgien nach der Ausbeute der Deutschen Station
1882,83. — Rautenberg. Romische und germanische Alterthiìmer aus dem Amte Ritze-
buttel und aus Altenwalde.
+ Jahrbuch ueber die Fortschritte der Mathematik. Bd. XVII, Jhg. 1885, Heft 1.
Berlin, 1887.
i'Jahresbericht (3, 4, 5) des Verein fur Naturwissenschaft zu Braunschweig.
Braunschweig, 1883-1887.
5. Weber. Ueber die allgemeinste Form der Wheatstone'schen Briicke. — Elster und
Geitcl. Ueber einige Vorlesungsversuche zum Nachweis der Elektricitàtserregung bei der
XX —
Tropfchenreibung. — Kloos. Die àltesten Sedimente des Nordlichen Schwarzwaldes und
die in denselben eingelagerten Eruptivgesteine. — Blasius. Die Vogelwelt der Stadt Braun-
schweig und ihrer nàchsten Umgebung.
+ Journal (The american) of Philology. Voi. Vili, 3. Baltimore, 1887.
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public, in Terence, and in Cato. — Gildersleeve. The Articular Infinitive Again. — Elliott.
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Sulpho-Benzoic Acid. — Brackett. On the Ethers of Benzoic Sulphinide. — ffedrick.
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Sokoloff. Action de l'iodure d'éthyle et du zinc sur l'éthylpropylketone. — Id. Action de
l'iodure de méthyle et du zinc sur l'éthylpropylketone. — Id. Sur les hydrocarbures CH H16
et C9 H18 . — Schoukowsky. Action de l'iodure d'éthyle et du zinc sur le malonate d'éthyle. —
Gorboff. Sur les acides oxytétriques et hydroxytétriques. — Sokoloff. Recherches expéri-
mentales des oscillations électriques dans les électrolytes. — Hesehus. Sur la determina-
tici! de la chaleur spécifique par la méthode des mélanges avec temperature constante.
+ Journal de physique théorique et appliquée. 2e sér. t. VI, dee. 1887. Paris.
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•^Lumière (La) électrique. T. XXVI, n. 49-52. Paris, 1887.
XXI
"^Magazin (Neues lausitzisches). Bd. LXIII, 1. Gorlitz, 1887.
Knothe. Fortsetzung der Geschichte des Oberlausitzer Adels und seiner Gùter von
Mitte des 16. Jahrhunderts bis 1620. — Schonwàlder. Das Quellgebiet der Gorlitzer Neisse
oder der Zagost und seine Bevolkerung.
"t Mémoires couronnés et autres Mémoires publiés par l'Académie roj7ale des
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XXXVII. Neubery. Sur le tetraèdro. — Blas. Contributions à l'étude et à l'analyse
des eaux alimentaires et spécialement des eaux de la ville de Louvain et de quelques
autres localités de la Belgique. — Errerà. Sur le glycogène chez les Basidiomycètes. —
Spring et Roland. Rechercbes sur les proportions d'acide carbonique contenues dans l'air. —
Scheler. Étude lexicologique sur les poe'sies de Gillon le Muisit. — de Harlez. Lao-tze
le premier pbilosophe chinois ou un pre'décesseur de Schelling au VI siècle avant notre
ère. — Scheler. Le Catholicon de Lille, glossaire latin-francais publié en extrait et annoté. —
Harlez. Le livre du principe lumineux et du principe passif shang thsing tsing king. —
XXXVIII. Droogenbroeck-Asselberghs. Over de toepassing van bet grieksch en latijnsch
metrum op de nederlandscbe poezij. — Cesàro. Description de quelques cristaux de calcite
belges. — Jorissen. Les pbe'nomènes chimiques de la gerniination. — Selys Longchamps.
Revision du Synopsis des Agrionines. — Van Beneden. Histoire naturelle de la Baleine
des Basques. — XXX. Monschamp. Histoire du Cartésianisme en Belgique.
f Mémoires couronnés et Mémoires des savants étrangers publiés par l'Aca-
démie r. de Belgique. T. XLVII, XLVIII, Bruxelles, 1886.
XLVII. Gravis. Recherches anatomiques sur les organes végétatifs de l'Ustica
dioica L. — Lagrage. Demonstration élémentaire de la loi suprème de Wronski. — Ubaghs.
Formules de la nutation annuelle. — Fievez. Recberches sur le spectre du carbone dans
l'are électrique en rapport avec le spectre des comètes et le spectre solaire. — Terby.
Étude sur l'aspect physique de la planète Jupiter. — Deruydts. Sur certains développe-
ments en séries. — Ball. Observations des surfaces de Jupiter et de Venus faites en 1884
et 1885 à l'Institut astronomique annexé à l'Université de Liège. — Ubaghs. Détermina-
tion de la direction et de la vitesse du transport du système solaire dans l'espace. —
Cesàro. Sur l'étude des événements arithmétiques. — XLVIII. Demarteau. Histoire de la
dette publique. — Lagrange. Développements des fonctions d'un nombre quelconque de
variables indépendantes à l'aide d'autres fonctions de ces mèmes variables. De'rivées des
fonctions de fonctions. — Deruyts. Sur une classe de polynòmes conjugués.
fMémoires de l'Académie royale des sciences, des lettres et des beaux arts de
Belgique. T. XLVI. Bruxelles, 1886.
Catalan. Quelques tbéorèmes d'arithmétique. — Id. Problèmes et théorèraes de pro-
babilite's. — Hirn. Recberches expérimentales et analytiques sur les lois de l'écoulement
et du choc des gaz en fonction de la temperature. — Calalan. Sur un développement de
l'intégrale de première espèce et sur une suite de nombre éntiers. — Id. Sur les fonctions
Xn, de Legendre. — Id. Sur quelques intégrales définies. — Hirn. La cinétique moderne
et le dynamisme de l'avenir et reponse à diverses critiques faites par M. Clausius aux con-
clusions de mes travaux précédents.
* Mémoires et compte rendus des travaux de la Société des ingénieurs civils.
Oct. 1887. Paris.
Trélat. Le feu au théàtre. — Lasne. Note sur les phosphates de Beauval et d'Ornile.
— XXII —
f Mittheilungen der deutschen Gesellschaft fur Natur- imd Vòlkerkunde Ostasiens
in Tokio. 37 Heft. Yokohama, 1887
Kellner. Beitràge zur Kenntniss der Ernahrung der Japaner. — Rathgen. Ergebnisse
der Amtlichen Bevolkerungsstatistik in Japan. — G. IV. Kleinere Mittheilungen. — Eine
Japanische Parade vor 250 Jahren.
r Mittheilungen des Yereins fùr Erdkunde. 1886. Leipzig, 1887.
Eesultate der meteorologischen Beobachtungen, angestellt auf der Stermvarte Leipzig
ini Jahre 1886. — Emin Pascila (Dr. Sclmilzer). Zwei Briefe. — Id. id. Drei neue Briefe
an Dr. Georg Schweinfurt in Kairo und Bericht tìber eine Reise auf dem Albert Nyanza. —
Briiss. Beitràge zur Kenntniss der kunstlicben Schadelverbildungen.
fMonatsblàtter des wissenschaftlichen Club in Wien Jhg. IX, 3. Wien, 1887.
•Nature. Voi. XXXVI, n. 922-939; XXXVI, n. 940-941. London, 1887.
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* Carassi I). — Appendice ai materiali per un'avifauna del Golfo di Spezia e
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XXV
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veso. Milano, 1887. 8°.
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1888. 4°.
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mici. Siena, 1888. 8°. .
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renze, 1888. 4°.
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per cura di C. Negroni. Voi. I, IL Firenze, 1887. 8".
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Sosio. Palermo, 1887. 4°.
*Lampertico F. — La legge 14 luglio 1887 n. 4727 (ser. 3) di abolizione ed
affrancazione delle decime. Padova, 1888. 8°.
* Morselli E. — Sull'azione fisiologica dei bagni idroelettrici monopolari (fara-
dici e galvanici). Torino, 1887. 8°.
*Pasqualigo F. — Egloghe di Giovanni del Virgilio e di Dante Alighieri an-
notate da anonimo contemporaneo recate a miglior lezione, nuovamente
volgarizzate in versi sciolti e commentate. Lonigo, 1887. 8°.
*Pavesio P. — IX Gennaio MDCCCLXXXVIII. Convitto nazionale di Genova.
Per lo scoprimento dell'iscrizione commemorativa di Ee Vittorio Ema-
nuele II nel decimo anniversario della morte. Genova, 1888. 8°.
*Perolti N. — Guarigione spontanea di un grosso lipoma congenito in bambina
di sette mesi. Napoli, 1888. 8°.
*PiccioU F. — Sui rimboschimenti eseguiti in Francia. Firenze, 1887. 4°.
*Relazione sui servizi dell'industria , del commercio e del credito (Ministero
di agricoltura, industria e commercio). Roma, 1887.
* Riccardi A. — Relazione di una visita nell'ottobre 1887 al colle di S. Co-
lombano e sue vicinanze esistenti o scomparse. Milano, 1887. 8°.
* Ricci M. — Ritratti e profili politici e letterari con una raccolta d'iscrizioni
edite ed inedite. 2a ed. Firenze, 1888. 8°.
*Roiti A. — Elementi di fìsica. 2a ed. voi. I, IL Firenze, 1887-88. 8°.
*Rossi F. — I papiri copti del Museo egizio di Torino. Voi. I. Torino,
1887. 4°.
* Sciupa M. — Storia del principato longobardo di Salerno. Napoli, 1887. 8°.
* Stefani S. de — Escursione paletnologia a Peschiera e Breonio. Parma.
1887. 8°.
Bullettino-Rendiconti, 1887, Vol. IV, 1° Sem. 4
— XXVI —
* Stefani S. de — Sopra alcune reliquie archeologiche delle antiche capanne
del Bostel nel Vicentino. Parma, 1887. 8°.
* Taramela T. — Dei terreni terziari presso il Capo La Mortola in Liguria.
Milano, 1887.
* Tordi D. — La pretesa tomba di Cola di Kienzo. Due Memorie. Roma,
1887. 4°.
* Volpicelli P. — Trattato completo sulla elettrostatica induzione o elettrica
influenza. 3a ed. Roma, 1883. 4°.
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Buenos Ayres, 1887. 8°.
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fBi?ig E. M. — La Société anonvme en droit italien. Genève, 1887. S°.
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iBlass F. — Naturalismus und Materialismus in Griechenland zu Platon's
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* Bogolìnbsky A. — Ueber Pigmentflecken der Haut. Bern, 1887. 8°
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fBourget L. — Contribution à l' étude des ptoma'ines et des bases toxiques de
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^Breidt H. — De Aurelio Prudentio Clemente Horatii imitatore. Heidelbergae,
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*Id. — Grundziige der Physiologie und Systematik der Sprachlaute fiir Linguisten
und Taubstummenlehre. Wien, 1876. 8°.
*Id. — Bruchstùcke ans der Theorie der bildenden Kiinste. Leipzig, 1877. 8°.
*Id. — Die Physiologie der Farben fiir die Zwecke der Kunstgewerbe auf
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dustrie. Leipzig, 1887. 8°.
*Id. — Vorlesungen ueber Physiologie. Bd. I, II. Wien, 1885-87. 8°.
iBrug A. P. van der — Over den invloed van Magisterium-bismuthi op het
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*Bruhn Th. — Beitrag zur Statistik der Extirpation tuberkuloser Lympdrusen-
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fBruijn J. — De rol der aanwijzingen in het bewijsrecht. Utrecht, 1885. 8°.
* Bruma W. B. — Art 143-146 Wetboek van Strafrecht. Utrecht, 1887. 8°.
— XXVIII —
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* Caspersohn C. — Zur Statistik und Radicaloperation des Mastdarrnkrebses.
Kiel, 1887. 8°.
'•"Catalogue de la Bibliothèque de la Fondation Teyler dressé par C. Ekama.
Livr. 5, 6. Harlem, 1886. 4°.
tCatalogus Codicum manuscriptorum Bibliotecae Universitatis Rheno-Trajecti-
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fDas II. — Het onvermogen van Asbestfilters om micro-organismen uit drinkwa-
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XXXI —
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*Lange W. — Ein Fall von Lebervenenobliteration. Kiel, 1886. 8°.
i Lait B. — Beitrag zur Kenntniss der Wirkung des Strychnins. Elinshorn,
1886. 8°.
f Lebensbaum M. — Ueber die Menge des bei Spaltung des Hàmoglobins in
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f Lenard Ph. — Ueber die Schwingungen fallender Tropfen. Leipzig, 1886. 8°.
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* Osann A. — Beitrag zur Kenntniss der Labradorporphyre der Vogesen. Strass-
burg, 1887. 8°.
f Patiojf A. — Ueber die Zerlegung der aromatischen Sàure-Ester im Orga-
nismus und durch das Pankreas. Bern, 1887. 8°.
f Petersen 31. — Ueber Hornhautrlecke als Ursache der Myopie und Anisome-
tropie. Kiel, 1887. 8°.
ìPlehn A. — 35 Falle von Schàdel-Fractur. Kiel, 1886. 8°.
fPlehn F. — Beitrag zur Lehre vom chronischen Hydrocephalus. Kiel, 1887. 8°.
' Y Ratine S. — Recherches sur les acides ortho-toluique et ortho-aldéhido-phtalique.
Genève, 1887. 8°.
"> Raeder IL — Die Tropen und Figuren bei R. Garnier, ihrem Inhalt nach
Untersucht und in den romischen TVagodien mit der lateinischen Yorlage
verglichen. AVandsbeck, 1886. 8°.
— XXXIII —
ìRasch C. 31. — Aantekeningen op artikel 138 2de lid van liet gewijzigd wet-
boeck van strafvordeving. • 'S Gravenhage, 1886. 8°.
i ' Regard P. — Contribution à l'étude de la Bronchite fibrineuse. Genève,
1887. 8°.
f Relier L. — Ueber Aethylderivate des Chynolins. Kiel, 1887. 8°.
^Rìòbìns R. M. — De Nood- of uitweg volgens de Nederlandsche Wetgeving.
Tiel, 1877. 8°.
f Riesenfeld P. — Ueber Hysterie bei Kindern. Kiel, 1887. 8°.
^Rijkebusch P. A. H. — Bijdrage tot de Kennis der Polydactylie. Utrecht,
1887. 4°.
*Rouviere L. — Leyes cosmicas ségun el principio dinamico del calor. Bar-
celona, 1887. 8°.
tRuppel E. W. — Die Teilnahme der Patrizier an den Tributkomitien. Hei-
delberg, 1887. 8°.
f Sachs E. — Beitrage zur Statistik des Lupus. S. 1. 1887.8°.
ì Salomonson H. W. — Sur les acides nitrophénylparaconiques. Genève, 1887. 8°.
f Sasse IL F. A. — Bijdrage tot de kennis van de outwikkeling en betee-
kenis der hypophysis cerebri. Utrecht, 1886. 8°.
* Savelberg IL 31. A. — De crediet-hypotheek. Heerlen, 1885. 8°.
f Savornin Lofauan W. IL de — De rechten van derden bij de overeenkomst
van levensverzekering. 'S Gravenhage, 1886. 8°.
f Schibler W. — Beitrage zur einer vergleichend-systematischen Anatomie des
Blattes und Stengels der Boragineen. Beni, 1887. 8°.
f Schopea E. — Ueber die Bedeutung der sogennanten motorischen Sphàren
des Grosshirns. Beni, 1886. 8°.
1 Schilbeler F. C. — Viridarium norvegicum. I, 2; II, 1. Christiania, 1886. 4°.
ìSchiilte P. — Beitrage zur Poetik Otfrids. Kiel, 1887. 8°.
1 Scliwartz A. — Ueber lineare partielle Differential-Gleichung IL Ordnung.
Berlin, 1887. 8°.
* Seng A. — Die Sachmiete nach dem Code Civil. Lahr, 1887. 8°.
i Sterro I. P. — Contribution à l'étude des ulcérations chroniques de la val-
vule tricuspide. Genève, 1886. 8°.
f Sievers L. — Schmarotzer-Statistik aus den Sections-Befunden des pathologi-
schen Instituts zu Kiel vom Jahre 1877 bis 1887. Kiel, 1887. 8°.
f Smirnowa A. — Ueber das Verhalten der drei isomeren Nitrobenzaldehyde
im Thierkorper. Bern, 1887. 8°.
f Smit A. — Annotatio in saturas D. Junii Juvenalis. Dotecomiae, 1886. 8°.
f Soutter A. — Contribution à l'étude des résections atypiques dans les arti-
culations. Genève, 1887. 8°.
f Spanje N. P. van — Proeven over de werking van Convallamarine. Utrecht,
1887. 8°.
1 Staìd C. — Beitrag zur Casuistik der Schàdelverletzungen. Kiel, 1887.8".
BullettinoRejndiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 5
— XXXIV —
f Steiiihàmlin T. IL — Ueber die pharmakologischen Wirkungen und die the-
rapeutische Anwendung des Coniinum hydrobromatum. Bern, 1887. 8°.
f Stenersen L. D. — Myatfundet fra Graeslid i Thydalen. Christiania, 1881. 4°.
*Id. — Catuls Digtning oplyst i deus sammenhaeng- med den tidligere graeske
off latinske literatur. Kristiania, 1887. 8°.
*Id. — Udsigt over den Romerske Satires forskjellige arter og deres oprin-
delse. Kristiania, 1887. 8°.
ì Stocker F. — "Welchen Einfluss uben die Mydriatica und Myotica auf den
intraocularen Druck miter physiologischen Verhàltnissen ? Berlin, 1887. 8°.
f Stocker J. — Darstellung der historischen Entwickelung ehelichen Guterrechts
im Kanton Bern (alten Theils) von der Lex Burgimdiorum bis zur Berner
Handveste. Aarau, 1887. 8°.
* Strick eoa Linschoten U. IL — Eenige opmerkingen over desertie. Utrecht.
1887. 8°.
f Sye Ch. G. — Beitrage zur Anatomie ivnd Histologie von Jaera marina.
Kiel, 1887. 4».
: Thomas E. — Del'atrophie musculaire progressive consecutive àia paralysie
infantile. Genève, 1886. 8°.
* Thomas W. C. — Het overspel strafrechtelijk beschouwd. Utrecht, 1877. 8°.
i Torp A. — Die Flexion des Pilli in ihrem Verhàltniss zum Sanskrit. Chri-
stiania, 1881. 8°.
f Tross 0. — Beitrage zur Frage ueber die Uebertragbarkeit der Carcinome.
Heidelberg, 1887. 8°.
: Trsebinski I. — Einiges ueber die Einwirkung der Hiirtungsmethoden auf
die Boschaffenheit der Ganglienzellen im Kiickenmark der Hunde und
Kaninchen. Berlin, 1887. 8°.
> Turk J. K. II — Beschouwingen over Muntmisdrijven. Utrecht, 1886. 8".
+ Tussenbroek A. P. C. van — Over normale en abnormale melkafscheiding.
Utrecht, 1887. 8°.
{ Umbach C. — Ueber den Einfluss des Antipyrins auf die Stickstoffausscheidung.
Stuttgart, 1887. 8".
*Universidad de Zaragoza. — Apertura del curso academico 1883-84 y 1887-88.
Zaragoza, 4°.
f Verhoeff P. M. F. — Het herroepen en vervallen van uiterste wilsbeschikkin-
gen. volgens het nederlandsche Burgerlijke Kecht. Utrecht, 1876. 8°.
f Vries van Doesburgh J. de — Onterving van wettelijke erfgenamen. Rotter-
dam, 1886. 8°.
f Waldschmìdt J. — Zur Anatomie des Nervensystems der Gymnophionen.
Jena, 1887. 8°.
f Wandschneider W. — Zur Syntax des Verbs in Langleys Vision of William.
concerning Piers the plowman together with vita de Dowel, Dobet and
Dobest. Leipzig, 1887. 8°.
— XXXV —
• Wassermann M. — Beitràge zur Statistik der Bindegewebs-Tumoren des
Kopfes. Leipzig, 1887. 8°.
f Wassilieff N. W. — Wo wird der Schluckreflex ausgelost? Mùnchen, 1887. 8°.
f Wecler A. — Zur Behandlung der politischen Verbecher im internationalen
Strafrecht. Berneck, 1887. 8°.
* Wegner E. — Zur Casuistik der Hirntumoren. Kiel, 1887. 8°.
•' Werner W. — Ueber Theilungsvorgange in den Riesenzellen des Knochen-
marks. Berlin, 1886. 8°.
f Zumsteìn /. /. — Ueber das Mesoderm der Vogelkemischeibe (Huhn und
Ente). Beni, 1887. 8".
Pubblicazioni periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di gennaio 1888.
Pubblicazioni italiane.
^ Annali di agricoltura. 1887, n. 138, 139. Roma.
Debarbieri. Le scuole pratiche e speciali di agricoltura nel biennio 1883-1885.-7(7.
Procedimenti di estrazione dello zucchero dalle melasse studiati nelle fabbriche di zucchero
in Germania.
'Annali di chimica e di farmacologia. 1887. N. 6, die. 1887. Milano.
Cavassi. Azione del fluoruro di silicio sulla chinina sciolta in liquidi diversi. —
Garzino. Sul bromobiclorofenolo e sulla bibromobiclorobenzina.
■Annali del r. Museo industriale in Torino. 1887-88. Torino.
Beltrandi. Stile egizio. — De Paoli. La laminazione del fluido motore attraverso le
luci di distribuzione delle motrici termiche.
'Archivio della Società romana di storia patria. Voi. X, 3-4. Roma, 1887.
Calisse. I prefetti di Vico. — Fontana. Nuovi documenti vaticani intorno a Vittoria
Colonna. — Corvisieri. Il trionfo romano di Eleonora di Aragona.
•Archivio storico italiano. T. XX, 6. Firenze, 1887.
La Manila. Notizie e documenti su le consuetudini delle città di Sicilia. — Sforza.
Episodi della storia di Roma nel secolo XVIII. Brani inediti dei dispacci degli agenti
lucchesi presso la Corte papale. — Stocchi. La prima conquista della Britannia per opera
dei Romani.
+ Archivio storico lombardo. Anno XIV, f. 4°. Milano, 1887.
Cian. Un episodio della storia della Censura in Italia nel secolo XVI: L'edizione
spurgata del « Cortegiano » . — Medili. Serventese, Barzeletta e Capitolo in morte del conte
Jacopo Piccinino. — Carotti. Pitture giottesche nell'oratorio di Mocchirolo a Letante sul
Seveso. — Beltrami. Le bombarde milanesi a Genova nel 1464. — Spinelli. Di un Codice
milanese. — Ghinsoni. Trionfi e rappresentazioni in Milano.
1 Archivio storico per le province napoletane. Anno XII, 4. Napoli, 1887.
Barone. Notizie storiche tratte dai registri di Cancelleria di Ladislao di Durazzo. —
S chip a. Storia del principato longobardo in Salerno. — Barone. Giovanni de Gilio, archi-
tetto ed ingegnere napolitano. — Simoncelli. Della prestazione detta Calci arium nei
contratti agrari del medio-evo. — Capasso.l registri angioini dell'Archivio di Napoli, che
erroneamente si credettero finora perduti. — Elenco delle pergamene già appartenenti al la-
famiglia Fusco ed ora acquistate dalla Società di storia patria.
— XXXVI —
+ Archivio veneto. N. S. Anno XVII, f. 08. Venezia, 1887.
Cecchetti. Funerali e sepolture dei veneziani antichi. — Saccardo. I pilastri Acritani. —
della Rovere. Dell'importanza di conoscere le firme autografe dei pittori. — Carreri. Icno-
grafia storica Spilimbergese. — Marcello. Una lettera di Giovai] Paolo Manfrone. — Giu-
riato. Memorie venete nei monumenti di Roma. — B. C. Testamento di Lorenzo Lotto,
pittore veneziano, 25 marzo 1546. — li. Un bailo accusato di stregoneria. — bd. Le sco-
perte archeologiche del Veneto durante Tanno 1886.
i'Atti del Collegio degli ingegneri ed architetti in Palermo. Anno 1887, f. 2.
Palermo.
La Mensa. Le acque dei monti di Renda. — Pace. Misura dulie sorgenti intorno ai
monti di Renda.
■Atti della r. Accademia dei Fisiocritici di Siena. Ser. 3a, voi. IV, 4. Siena. 1887.
^ Atti della r. Accademia delle scienze di Torino. Voi. XXIII, 1. Torino,
1887-88.
Basso. Commemorazione ili Gustavo Roberto Kirchhoff. — Zanotti-Bianco. Alcuni
teoremi sui coefficienti di Legendre. Nota seconda. — Spezia. Sull'origine del gesso mi-
caceo e anfibolico di Val Cherasca Dell'Ossola. — Vicentini e Omodei. Sulla densità di
alcuni metalli allo sialo liquido e sulla loro dilatazione termica. — Salvadori. La Ae-
gialitis asiatica (l'ali.) trovala per la prima volta in Italia. — Fabretti. Commemo-
razione del Socio G. Gozzadini. — Gognetti. Fondamento storico di una Leggenda italiana.
fAtti della r. Accademia di scienze morali e politiche di Napoli. Voi. XXI,
XXII. Napoli, 1887-1888.
XXI. Arabia. Della prerogativa parlamentare.— Capuano. Dell'allunaggio. — Palumbo.
Andrea d'Isernia. — XXII. Persico. Del silenzio come sorgente «li obbligazioni. Ma-
riano. Il ritorno a Kant e ai neokantiani. — Arabia. Del codice penale italiane — Chìap-
pelli. Su alcuni frammenti ili Eraclito. — Mosci, In metafisico antievoluzionista. Gust.
Teicmuller. — Mariano. Studi critici sulla, filosofia della religione. — Miraglio. I pre-
supposti dell'economia politica. -- Pepere. Le consuetudini de1 comuni dell'Italia meridionale.
Atti della r. Accademia medica di Roma. 1886-87. Anno XIII, ser. 2a, voi. III.
Mingazzinì e Ferraresi. Encefalo e cranio di una microcefala. — S'ergi. Antropologia
fisica della Fuegia. — Ficalbi. Sulla ossificazione delle capsule periotiche nell'uomo e negli
altri mammiferi. — Mingazzini. Osservazioni anatomiche sopra 75 crani di alienati. —
Vincenzi. Sulla fina anatomia dell'oliva bulbare nell'uomo. — Giovannini. Sullo sviluppo
normale e sopra alcune alt. razioni dei peli umani. — Crety. Ricerche sopra alcuni cisti-
cerchi dei rettili. — Guarnieri. Ricerche sulle alterazioni del fegato nella infezione da
malaria. — Marchiafava e Celli. Sulla infezione malarica.
f Atti della Società toscana di scienze naturali. Processi verbali. Voi. VI, sed.
del 13 nov. 1887. Pisa, 1888.
fAtti del r. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. Ser. 6a, t. VI, 1. Ve-
nezia, 1887.
Torelli. Cenni biografici intorno ad alcuni personaggi contemporanei ed attori del
risorgimento d'Italia. — Minich. Estrazione di un enorme calcolo dell'uretra spongiosa e
membranosa, seguita da guarigione. Storia clinica con osservazioni. — Marinelli. Materiali
per l'altimetria italiana. Regione veneto-orientale e veneta propria. Serie Vili.
"Bollettino del Collegio degli ingegneri ed architetti in Napoli. Voi. V, n. 12.
Napoli, 1887.
— XXXVII —
* Bollettino della Società generale dei viticoltori italiani. Anno III, 1, 2.
Roma, 1888.
Ferrano. I vini italiani all'estero. — Cedetti. Esposizione italiana a Londra ed i vini.
+ Bollettino della Società geografica italiana. Ser. 2a, voi. XII, 12, ser. 3a, voi. I, 1.
Roma, 1887-88.
Notizie dallo Scioa. — Rizzetto. Le annessioni coloniali tedesche in Africa ed Oceania.—
Fiorini. Le projezioni quantitative ed equivalenti della cartografia. — Ragazzi. Il viaggio
da Antoto ad Harar.
t Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa dalla Bi-
blioteca nazionale centrale di Firenze. N. 48-50. Firenze, 1887.
■Bollettino del r. Comitato geologico d'Italia. 1887. Voi. XVIII, 9-10. Roma.
Mazzuoli. Sulla relazione esistente nelle riviere liguri fra la natura litologica della
costa e quella dei detriti che costituiscono la spiaggia. — Lotti. Le condizioni geologiche
di Firenze per le trivellazioni artesiane. — Bucca. Studio micrografico sulle roccie erut-
tive di Radicofani in Toscana. — Clerici. Sopra i resti di castoro finora rinvenuti nei
dintorni di Roma.
f Bollettino di legislazione e statistica doganale e commerciale. Anno IV, 2° sem.
Nov.-dec. 1887. Roma.
* Bollettino di notizie agrarie. Anno IX, n. 85-87. Riv. met.-agr. Anno IX, n. 34-
36; X, n. 1. Roma, 1887-88.
r Bollettino di notizie sul credito e la previdenza. Anno V, n. 22, 23. Roma, 1887.
*Bollettino di paletnologia italiana. Ser. 2a, t. Ili, n. 11-12. Parma, 1887.
Pigorini. Tombe neolitiche di Monteroduni. — Issel. Conchiglia esotica nella caverna
delle Arene Candide. — De Stefani. Escursione a Peschiera e Breonio. — Prosdocimi.
Avanzi di antichissime abitazioni nell'agro atestino.
•Bollettino mensuale della Soc. meteor. italiana. Ser. II, voi. VII, 12. Dee.
1887. Torino.
Ricco. Osservazioni e studi dei corpuscoli rossi. 1883-86. — Roberto. I sismografi
del P. Cecchi.
f Bollettino meteorico dell'Ufficio centrale di meteorologia. Anno IX, 1887. Gen-
naio. Roma.
f Bollettino semestrale del credito cooperativo, ordinario, agrario e fondiario.
Anno IV, 2° sem. 1886. Roma, 1888.
f Bollettino settimanale dei prezzi di alcuni dei principali prodotti agrari e
del pane. Anno XIV, n. 49-52 ; XV, n. 1. Roma, 1887-88.
+ Bollettino ufficiale dell'istruzione. Voi. XIII, 11. Roma, 1887.
f Bollettino ufficiale del Ministero della guerra. 1887, disp. 55; 1888, disp.
1-4. Roma.
fBullettino della Commissione archeologica comunale di Roma. Ser. 3a, anno
XV, 11-12. Roma, 1887.
Gatti. Trovamenti risguardanti la topografia e la epigrafia urbana. — Visconti. Tra-
vamenti di oggetti d'arte di antichità figurata.
fBnllettino della Società entomologica italiana. Anno XIX, 3-4. Firenze, 1887.
Aliarci e Dodero. Due nuovi Coleotteri italiani raccolti in Sardegna dal sig. Umberto
Lostia. — Carlini. Rincori del Sottoceneri. — Casagrande. Sulle trasformazioni che subisce
— XXXVIII —
il sistema digerente dei Lepidotteri, passando dallo stato larvale a quello d'insetto perfetto. —
Chatin. Terminazioni nervose nelle antenne della Tinea tapezella.— Cuccati. Intorno
alla struttura del cervello della Somomya erythrocephala. —Emery. Le tre forme
sessuali del Dorylus helvolus L. e degli altri Dorilidi. — li. Formiche della provincia
di Rio Granee do Sul nel Brasile. - Horvath. Note emitterologiche. — Lostia. Dell'ubi-
cazione di alcune specie di Coleotteri nell'isola di Sardegna. — Magretti. Sugli Imenotteri
della Lombardia.
'Bullettiiio di bibliografia e di storia delle scienze matematiche e fisiche.
T. XX, marzo e aprile 1887. Roma.
Favaro. Documenti per la storia dell'Accademia dei Lincei nei manoscritti Galileiani
della Bibl. naz. di Firenze.
+ Cimento (Il nuovo). Ser. 3a, t. XXII, nov.-dec. 1887. Pisa, 1888.
Righi. Studi sulla polarizzazione rotatoria magnetica.— Palmieri. Origine delle va-
riazioni d'intensità nelle pile a secco e modo di evitarle. — Battelli. Sul fenomeno Thom-
son. — Boggio-Lera. Sulla cinematica dei mezzi continui. — Morera. Sulle derivate
seconde della funzione potenziale di spazio. — Palmieri. Condizioni per avere manifesta-
zioni elettriche con la evaporazione spontanea dell'acqua e col condensamento dei vapori
dell'ambiente per artificiale abbassamento di temperatura.
+ Circolo (II) giuridico. Anno XVIII, 11-12. Palermo, 1887.
D'Amico. La rivendicazione dei titoli al portatore smarriti o rubati.
'Commentari dell'Ateneo di Brescia per l'anno 1887. Brescia.
Fé d'Ostimi. Brescia nel 1796. — Casasopra. Dei partiti politici in Italia. — Ar-
cioni. Ricerche intorno al palazzo comunale di Brescia. — Martinengo Villagana. L'an-
fiteatro Morenico d'Iseo nel periodo glaciale. — Lodrini. Sulla probabile attinenza fra il
magnetismo terrestre e i terremoti così detti tectonici. — Cazzago. Storia di Brescia nar-
rata al popolo. L'età preistorica. — Rizzini. Tomba romana recentemente scoperta press i
Brescia. — Bettoni Cazzago* I/Abissinia e l'Italia. — Corniani. (ili Italiani al Piata.—
Livi. Due visite misteriose di Napoleone all'isola d'Elba. — Garbelli. Il sacco di Brescia
nel 1512 narrato in un vecchio opuscolo pochi giorni dopo l'avvenimento. — Casasopra. —
Engarda. Leggenda bresciana medievale. — Rosa. Le belle arti nel rinnovamento d'Italia. —
Ruzzenenti. Ipotesi nella causa fisica del diluvio universale. '
+ Documenti per servire alla storia di Sicilia. la serie. Diplomatica. Voi. XI, 1.
Palermo, 1887.
Silvestri. Tabulano di S. Filippo di Fragalà, e S. Maria di Maniaci.
•Gazzetta chimica italiana. Appendice. Voi. V, 22-24. Palermo, 1887.
+ Giornale d'artiglieria e genio. 1887, disp. XII. Roma, 1887.
f Giornale della r. Accademia di medicina di Torino. Anno L, n. 11-12. To-
rino, 1887.
Morselli. Sull'azione fisiologica dei bagni idro-elettrici monopolari (faracidi e galva-
nici). — Foà e Carbone. Di un particolare elemento morfologico nella milza dei mammi-
feri. — Id. e Bonome. Contribuzione allo studio delle inoculazioni preventive. — Id. e
Carbone. Di una reazione speciale degli elementi colorati del sangue. — Grassi e Rovelli.
Contribuzione allo studio dello sviluppo del botriocefalo lato.
f Giornale della r. Società italiana d'igiene. Anno IX, 11, 12. Milano, 1887.
Uffreduzzi. L'esame biologico del ghiaccio in rapporto con la pubblica igiene. —
Salveraglio. Bibliografia della pellagra.
— XXXIX —
i Giornale di matematiche ad uso degli studenti delle Università italiane.
Voi. XXV, 11-12. Napoli, 1887.
Amodeo. Sopra un particolare connesso (2, 2) con due punti singolari e due rette sin-
golari. — Zecca. Sopra una classe di curve razionali. — Sesso. Sull'integrale del prodotto
di una funzione razionale pel logaritmo di una funzione razionale. — Murer. Sulla serie
di superficie algebriche d'indice 1 e 2. — Tognoli. Sulla funzione au.
* Giornale medico del r. Esercito e della r. Marina. Anno XXXV, 12. Koma, 1887.
Pecco. Operazioni chirurgiche state eseguite durante l'anno 1886 negli stabilimenti
sanitari militari. — Lucciola. Cura d'un caso di pleurite purulenta mercè la resezione
costale seguito da guarigione.
* Giornale militare ufficiale. 1887, parte la, disp. 65; parte 2a, disp. 64. 1888
parte la, disp. 1-4; parte 2a, disp. 1-4. Roma, 1887-88.
f Ingegneria (L') civile e le arti industriali. Voi. XIII, 11. Torino, 1887.
Crugnola. Dei ponti girevoli in generale e eli quello recentemente costruito per l'ar-
senale di Taranto. — P. Di un modo speciale di attacco degli argini in muratura alle
spalle dei ponti. — Ferrerò. L'area nelle mappe censuarie. Metodo grafico-numerico. —
Gandolfi. Note sulle miniere di Somorrostro.
+ Pubblicazioni del r. Osservatorio di Brera in Milano. N. XXX. Milano, 1887.
Porro. Determinazione della latitudine della stazione astronomica di Termoli mediante
passaggi di stelle al primo verticale.
''Rassegna critica della letteratura italiana. Anno IV, 6. Firenze, 1887.
f Rassegna (Nuova) di viticoltura ed enologia. Anno I, 24; II, 1-2. Conegliano,
1887-88.
I, 24. Soncini. Primo travaso. — Baccarini. Patologia vegetale. Coniothyrium
Diplodiella Sacc. — Thomas. Dei trattamenti per combattere l'antracnosi. — F. Il
commercio dei vini In Italia nei primi 11 mesi del 1887. — Soncini. Viti americane. —
II, 1. Soncini. Scelta dei vitigni. — Stradaioli. Cantina esperimentale imolese. — Picaud.
Le fillossere aptere col digiuno si trasformano in fillossere alate. — Meneghini. Dell'im-
pianto delle talee. — Cencelìi. Effetti dell'innesto sulle viti americane. — Bordas e Che-
vreul. — Nuova malattia dei vini di Algeria. — Vannuccini. Il vitigno americano nei ter-
reni calcarei bianchi (cretacei). — Soncini. Viti americane (L abrusche). — Plotti. Nuovo
mezzo per combattere la peronospora. — Morin. Sulla composizione dell'acquavite di vino.
Rendiconti del Circolo matematico di Palermo. T. I, marzo-luglio 1887.
Palermo.
Albeggiane Sopra un teorema di Hermite. — Id. Generalizzazione di due teoremi ri-
guardanti le parentesi d'ordine n. — Id. Intorno ad alcune formole nella teorica delle fun-
zioni ellittiche. — Cantoni. Teoremi sulla cubica gobba. — Catalan. Sur les nombres de
Segner. — Cesàro. Intorno ad una ricerca di limiti. — Id. Sull'uso dell'integrazione in
alcune questioni d'aritmetica. — Id. Intorno ad una questione di probabilità. — Id. Sul
moto di un punto sollecitato verso una retta. — Conti. Sulle congruenze generate da una
coppia di piani in corrispondenza doppia. — Del Pezzo. Intorno alla rappresentazione del
complesso lineare di rette sullo spazio di punti a tre dimensioni. — Id. Sulle superficie
de\Ynmo ordine immerse nello spazio di n dimensioni. — Del Re. Su certi luoghi che
s'incontrano nello studio di tre forme geometriche fondamentali di 2a specie proiettiva-
mente riferite due a due. — Gebbia. Sopra un metodo per formare le equazioni a derivate
parziali, delle superficie che ammettono una generatrice di forma costante. — Gerbaldi.
Sulle realità dei punti e delle tangenti comuni a due coniche. — Giudice. Sulla detenni-
— XL —
nazione delle radici reali delle equazioni a coefficienti numerici reali. — Id. Un teorema
sulle sostituzioni. — Id. Sulle equazioni irreducibili di grado primo risolubili pei radi-
cali. — Guccia. Formolo analitiche di trasformazioni Cremoniane. — Id. Generalizzazione
di un teorema di Ndther. — Id. Sulle superfìcie algebriche le cui sezioni prime sono uni-
cursali. — Id. Sulla riduzione dei sistemi lineari di curve ellittiche e sopra un teorema
generale delle curve algebricbe di genere P. — Id. Sui sistemi lineari di superficie alge-
briche dotati di singolarità base qualunque. — ffirst. Sur la congruence Roccella, du
troisième ordre et de la troisième classe. — Martinetti. Sopra alcuni sistemi lineari di
curve piane algebriche di genere due. — Segre. Sui sistemi lineari di curve piane alge-
bricbe di genere p.
"Rendiconti del r. Istituto lombardo di scienze e lettere. Ser. 2a, voi. XX, 19.
Milano, 1888.
Taramelli. Dei terreni terziari presso il Capo la Mortola in Liguria. — Sorniani.
Ancora sui neutralizzanti del virus tubercolare.
Rendiconto dell'Accademia delle scienze fisiche e matematiche. Ser. 2a, voi. I,
11-12. Napoli, 1887.
Manfredi, Boccardi e /appelli. Influenza dei microrganismi sull'inversione del sac-
carosio. — Capelli. Determinazione delle operazioni invariantive. fra due serie di variabili,
permutabili con ogni altra operazione della stessa specie. — Costa. Miscellanea entomo-
logica. — Pascal. Sopra un metodo pei esprimere una forma invariantiva qualunque di una,
binaria cubica mediante quelle del sistema completo. — Fergola. Posizioni apparenti di
alcune stelle delTEridano osservate al Circolo mediano di Repsold nel r. Osservatorio di
Capodimonte.
Rendiconto delle tornate e dei lavori dell'Accademia di scienze morali e po-
litiche (Soc. r. di Napoli). Anno XXVI, gen.-apr. 1887. Napoli.
Revue internationale. V° année, t. XVII, 1, 2. Rome, 1888.
I. Biase de Bury. Mes souvenirs de la « Revue des deux Mondes. — Boni/hi. La po-
litique étrangère de l'Italie. — Delpit. La vengeance de Pierre. — Loliée. Les immoranx. —
Stevenson. Un cas extraordinaire. Imito de l'anglais. — Crésus. Les Banqnes et la circu-
lation fìduciaire en Italie. — II. Blazc di' Bury. Mes souvenirs de la « Revne des denx
Mondes ». — Veuglairc. Un ministre réformateur. Le comte de Saint-Germain (1707-1778).—
Delpit. La vengeance de Pierre. — Pierantoni. L'incident consulaire de Florence. — Ste-
venson. Un cas extraordinaire. Imito do l'anglais. — Chcvassus. La question monétaire en
Angleterre.
Rivista di artiglieria e genio. Anno 1887. Nov.-dic. Roma.
12. Biancardi. Le fortezze e l'assedio. — Canino. Cenni descrittivi sul Collegio mi-
litare di Messina. — Parodi. Puntamento indiretto per le artiglierie da campagna. — Si-
racusa. L'artiglieria campale italiana. — 13. Falanyola. Sulle grandi mine nella roccia cal-
carea della catena peloritana (Sicilia) e nella roccia granitica di Baveno (Lago Maggiore). —
Siacci. Spazio battuto ed errore battuto. — Parodi. Relazione tra cariche e velocità ini-
ziali. — Mariani. La mitragliatrice Maxim. — (***). Notizie di alcuni fra i primi cultori
italiani dell'aeronautica. — Siracusa. L'artiglieria campale italiana.
Rivista di filosofia scientifica. Ser. 2a, voi. VI, die. 1887. Torino.
Romiti. L'origine e la continuità della vita. — Asturaro. Studi psico-biografici. Ge-
rolamo Cardano e la psicologia patologica. — Julia. Terenzio Mamiani e i suoi « Dialoghi
di scienza prima » .
XLI
fEivista marittima. Anno XX, 12. Eoma, 1887.
Tadini. I marinai italiani nelle Spagne. — Pesca del corallo nei banchi di Sciacca. —
Colombo.-La, fauna sottomarina del golfo di Napoli. — Polveri usate in Eussia, Germani;:,
Francia, Austria e Italia per cannoni di diversi calibri. — Cenni su alcuni cannoni della
fabbrica di Elswick.
fBivista mensile del Club alpino italiano. Anno VI, 1. Torino, 1888.
fEivista scientifico-industriale. Anno XIX, 23-24. Firenze, 1887.
Palmieri. Studi sperimentali per ridurre le osservazioni di meteorologia elettrica a
misure assolute. — La telegrafia sopra i treni delle strade ferrate. — Influenza che eser-
cita il silicio sullo stato del carbonio contenuto nelle ghise.
* Telegrafista (II). Anno VII, 11-12. Eoma, 1887.
Studi sul telefono del prof. Thompson.
Pubblicazioni estere.
fAaarsberetning (Bergens Museums) for 1886. Bergen, 1887.
Grieg. Bidrag til de norske alcyonarier. — Nansen. The structure and combination
of the histological elements of the Ce: trai nervous System. — Brunchorst. Ueber cine
sehr verbreitet Krankheite der Kartoffelknollen. — Id. Zur Bekampfung der Kohlhernie. —
Id. Die Structur der Inhaltskorper in den Zellen einiger Wurzelanschwellungen.
^Abhandlungen aus dem Gebiete der Naturwissenschaften herausg. vom Natur-
wiss. Verein in Hamburg. Bd. X. Hamburg, 1887.
Bolau. Zur Geschichte des Naturwissenschaftlichen Vereins in Hamburg. — IVohhoill.
Joachim Jungius und die Erneuerung atomistischer Lehren im 17 Jahr. — Kiessling. Bei-
tràge zu einer Chronik ungewohnlicher Sonnen- und Himmelsfàrbungen. — Neumayer. Die
Thàtigkeit der deutschen Seewarte wàhrend der ersten 12 Jahre ihre Bestehens. — Krùss.
Die Farben-Korrektion der Fernrohr-Objektive von Gauss und von Fraunhofer. — Voller.
Ueber die Messung hoher Potentiale mit dem Quadrant-Elektrometer. — Gotische. Die Mol-
lusken-Fauna des Holsteiner Gesteins. — Kraepelìn. Die deutschen Susswasser-Bryozoen. —
Móbius. Das Flaschentierchen (Folliculin- ampulla). — Pfeffer. Beitràge zur Morphologie
der Dekapoden und Isopoden. — Stuhlmann. Zur Kenntniss des Ovariums der Àalmutter
(Zoarces viviparus Cuv.).
fAbhandlungen der math.-phys. Classe der kon. Siichsischen Gesellschaft der
Wissenschaften. Bd. XIV, 5, 6. Leipzig, 1887.
5. Drascli. Untersuchungen ueber die papillae foliatae et Circumvallatae des Kanin-
chen und Feldhasen. — Hankel. Elektrische Untersuchungen. XVIII. Fortsetzung der Ver-
suche ueber das elektrische Verhalten der Quartz- und der Boracyt-crystalle.
fAbstracts of the Proceedings of the Chemical Society. N. 45, 46. London, 1888.
+Acta mathematica. XI, 1. Stockholm, 1887.
Picard. Démonstration d'un the'orème ge'ne'ral sur les functions uniformes lie'es par
une relation algébrique. — Strauss. Eine Verallgemeinerung der dekadischen Schreibweisc
nebst functionentheoretischer Anwendung. — Lerch. Note sur la fonction E (w , x , s). —
Bruns. Ueber die Integrale des Vielkorper-Problems.
ìActes de la Société philologique. T. XV. 1785. Alencon, 1887.
+Anales del Museo nacional de Mexico. Tomo III, Entrega 11. Mexico, 1886.
/. S. Mapa de Tepechpan. Historia sincronica y senorial de Tepechpan y Mexico.
Bullettino-Eendiconti, 1888, Vol. IV, 1° Sem. 6
— XLII —
tAnnalen der Physik imd Chemie. N. F. Bd. XXXIII, 1. Beiblàtter Bd. XI, 12 ;
XII, 1. Leipzig, 1888.
Himsteclt. Ueber eine neue Bestiramung der Grosse „v". — Cohn und Aron's. Messung
der Dielectricitàtscontstante leitender Flussigkeiten. — Id. id. Nachtrag zu dem Aufsatz :
„Leitungsvermogen und Dielectrìcitatsconstante". — Tomaszewski. Beitrag zur Kenntniss
der Dielectrìcitatsconstante der Flussigkeiten. — Kohlrausch. Ueber eine Zueammenhang
zwischen Magnetisirbarkeit und electrischem Leitungsvermogen bei den verschiedenen Ei-
sensorten und Nickel. — Ilartwig. Die electrische Leitungsfàhigkeit von Losungen einiger
Glieder der Fettsàurereihe in Wasser und einigen Alkobolen. — Fromme. Ueber das Ma-
ximum der galvanischen Polarisation von Platinelectroden in Schwefelsaure. — v. Ettings-
hnusen. Bemerkungen zu dem Aufsatze: „Ueber eine neue polare Wirkung des Magne-
tismus auf die galvaniselir WSrme in gewissen Substanzen". — Id. Ueber den Einfluss
raagnetischer Krafte auf die Art der Warmeleitung ini Wismutb. — Ebert. Ueber den
Einfluss der Schwellenwerthe der Lichtempfindung auf den Charaktei dei Spectra. — /</.
Ueber den Einfluss der Dicke and Belligkeit der rtrahlenden Schicht auf das Aussehen
des Spectrums. — Kurlbaum. Bestiramung der Wellenlange Fraunhoferscher Linien. — Pub-
frich. Ein experimenteller Beitrag zur Tlieorie des Regenbogens und der uberzahligen
Bogen. — Id. Ueber eine dem RqgenDogen verwandte Erscheinnng der Totalreflexion. —
Wolf. Bestimmung der chromatischen Abweichong achromatischei Objective. — Bauer.
Ein einfacher Apparat zu Vorffihrang aller Lagen zweier Punkte, welche eine gegebene
Strecke barmoniscb tbeilen, sowic aller Lagen eines durch einen siiharischen Spiegel oder
eine sphàrische Linsc erzeugten Bildes. — Angstrom. Die Volranen- und Dichtigkeitsve-
randerungen <ler Plflssigkeiten durch Absorption von Gasen. — Fromme. Zur Frage nacb
dem Maximum des temporaren Magnetismus. — Id. Zur Frage der anomalen Magnetisi-
rung. — v. Uljanin. Bemerkung zu einer Stelle in lini. Exner's Abbandlung tiber Con-
tacttheorie. — Braun. Berichtigung, die Compressibilitiit dea Sti'insalzes betreffend.
Annalen (Justus Liebig's) der Chemie. Bd. CCXLII. Leipzig, 1887.
Reese. Ueber die Einwirkung von Phtalsàureanhydrid auf Amidosàuren. — li'ish-
cenus. Ueber die Producte der Einwirkung von Phtalyldichlorflr auf Natriummalonsaure-
ester. — Volhard. Ueber schweflige Sauri' und Jodometrie. — Polko. Ueber Butenyltricar-
bonsàure und Aethylbernsteinsàure. — Baras' :,,. CTeber Isobutenyltricarbonsiiure und die
unsymmetrische Dimethylbcrn.steinsa.ure.— Volhard. Ueber Darstellung «-bromirter Sauren. —
Michaelis. Ueber die Verbindungen der Elemente der Stickstoffgruppe mit den Radicalen
der aromatischen Reihe. — M und Genzken. Ueber die drei isomeren Tritolylstibine. —
Levy und Englànder. Ueber die Oxydation des Copaivabalsamols. — Graebe und Juillard.
Ueber Diphtalylsaure. — Thoms. Ueber den Bitterstoff der Kalmuswurzel, Entgegnun£. —
Dòbner. Ueber ft-Alkylcinchnninsauren und «-Alkylchinoline. — Id. und Gieseke. Ueber
«-Phenylcinchoninsaure und ihre Homologen. — Moller. Ueber Jodalkj'late des Chinaldins. —
Id. Ueber Derivate des Tetrahydroehinaldins. — Hinz. Ueber /?-Benzoylchinaldin und;}-Di-
chinaldin. — Griepentrog. Ueber eine Bildungsweise des Triphenylmethans und homolo-
ger Kohlenwasserstoffe. — Dòbner und Petschoir. Ueber Verbindungen von Ketonen mit
Dimethylanilin und Diàthylanilin. — Fischer und Steche. Verwandlung der Indole in Hv-
drochinoline. — Steche. Ueber einige Derivate des /S-Naphtindols. — Fischer. Ueber das
Methylketol. — Wagner. Azo- und Amidoderivate des Methylketols.
+Annales des ponts et chaussées. Nov-déc. Paris, 1887.
Nov. Alexandre. Port de Dieppe. Mémoire sur la construction de recluse d'aval du
bassin de Mi-Marée. — Gros. Note sur les càbles transporteurs aeriens (système Gourjon). —
Murgue. Expériences faites à Bessèges pour déterminer la résistance à l'incurvation des
— XLIII —
càbles raétalliques. — DÉc. Noblemaire. Les prix de revient sur les chemins de fer et la
répartition du trafic. — Bricka. Note sur les formules de résistance du fer et de Facier
employées en Allemagne et sur l'application aux ponts métalliques des résultats des expé-
riences de Wohler et Spangenberg. — Galliot. Étude sur les portes d'écluses en tùie. —
Clavenad. Le pian de rupture et la pousse'e dans les massifs cohérents et sans cohésion.
fAnnales (Nouvelles) de mathématiques. 3e sér. janv. 1888. Paris.
Ilumbert. Sur les arcs des curbes planes. — Marchand. Solution de la question pro-
pose'e au concours general de 1885. — lei. Solution de la question propose'e au concours
general de 1886. — Stieltjes. Sur une ge'néralisation de la formule des accroissements
finis. — Faure. Sur un the'orème de Chasles.
'Annals of the New York Academy of sciences, late Lyceum of Naturai Hi-
story. Yol. IV, 1-2. New York, 1887.
Eigenmann und Horning. A Eeview of the Chatodontidae of North America. — Car-
rington Bolton. Supplement to a Catalogue of Chemical Periodicals. — Laivrence. De-
scription of a New Species of Thrush from the Island of Grenada, West Indies. — Boll-
man. Notes on North American Julidse. — Hidden. On the Iron Meteorite which fell near
Mazapil, during the Star-shower of November 27, 1885. — Laivrence. Descriptions of New
Species of Birds of the Families Sylviidae, Troglodytidae and Tyrannidas.
f Annuaire de l'Académie r. des sciences de Belgique. 1888. Bruxelles.
fAnzeiger (Zoologischer). N. 26-270. Leipzig, 1887-88.
268. Sarasin. Knospenbildung bei Seesternen. — Beddard. On the so Called prostate
glans of the Oligochaeta. — Id. Note on the reproductive organs ofMoniligaster. —
Veidovsky. Das larvale und definitive Excretionssystem. — Sellili. Antony van Leeuven-
hoek's Entdeckung der Microrganismen. — 269. Fjelstrup. Ueber den Bau der Haut bei
Globiocephalus melas. — Karscli. Scorpione mit Kreisformingen Stigmen. —
Bourne. The vascular System of the Hirudines. — Zachar ias. Vorschlag zur Griindung
von zoologischen Stationen behufs Beobachtungen der Siisswasserfauna. — 270. Imhof.
Notiz ueber die microscopische Thierwelt. — Leydig. Nervenendkorperchen in der Haut
der Fische — Baur. Dermochelys, Dermatochelys oder Sphargis. — Cholod-
kowsky. Ueber einige Chermes-Arten. — Imhof. Eines neues Mitglied der Tiefseefauna
der Susswasserbecken. — Zacharias. Ueber Psorospermium Haeckelii.
tArchaeologia or Miscellaneous traets relating to Antiquity, pubi, by the So-
ciety of Antiquaries of London. Voi. L. London. 1887.
Freshfield. Mason's Marks at Westminster Hall. — Micklethwaite. A Note on the
Hall of William Rufus at Westminster. — Clarke. The west side of Westminster Hall. —
Freshfield. Some remarks upon the Book of records and history of the Parish of St. Ste-
phen. — Pullan. On recent excavations on the supposed site of the Artemisium near the
Lake of Nemi. — Middeton. On a saxon Chapel at Deerhurst. — Green. On the XV Cen-
tury Diptych of the Chevalier Philip Hinckaert, Chastelain de Tervueren, in Brabant. —
Parker. The Manor of Aylesbury. — Fortnum. The seal of Cardinal Andrea de Valle A.
D. 1517. — Hope. On the english mediaeval drinking bowls called Mazers. — Gomme.
On archaic Conceptions of property in relation to the laws of succession. — Nichols. Some
remarks upon the Regia the Atrium Vestae and the originai locality of the fasti Capitolini.
'Archives du Musée Teyler. Sér. 2e, voi. Ili, 1. Haarlem, 1887.
Lorié. Contributions à la geologie des Pays Bas. IL Le diluvium ancien ou grave-
leux. IL Le Diluvium plus recent ou sableux et le système Eemien.
— XLIV —
+Berichte der deutschen Cherniseheii Gesellschaft. Jhg. XX, 18; XXI, 1. Ber-
lin, 1888.
XX, 18. Latschinov:. Weber àie empirische Formel der Cholsàure. — Japp und Klinge-
mann.Zm Kenntniss der Benzolazo- und Benzolhydrazopropionsauren. — Raissert. Bemer-
kung. — Gottschalk. Einwirkung von Salpetersaure auf Pentamcthylbenzol. — Meyer. Notiz
uber Orthocyanphenol. — Baither. Ueber Tetramethyldiamidotbiobenzophenon. — Lippmann
von. Ueber eine imRiibenrohzucker vorkomraende reducirende Substanz. — Bischler. Conden-
sationsproducte aus Paratoluidin mit Paranitrobittermandelol. — Lossen. Ueber die Lage der
Atonie ira Raum. — Ekstrand und Johanson. Zur Kenntniss der Kohlehydrate. — Peters. Ueber
die Einwirkung von wassrigem Ammoniak auf alkylisirte Acetessigsàurealkylester und den
Einfluss von Alkoholen auf die Carboxyl-Alkylgruppen der Acetessigester. — Bailey. Die
Componenten der Absorptionsspectra erzeugenden seltenen Erden. — Dambergis. Analyse der
Mineralquellen der Halbinscl Metliana. — Polis. Ueber aromatisohe Bleiverbindungen. —
Ilantzsch und Weber. Berichtigung. — Otto. Syntbese der Anhydride aromatischer Sulfin-
sauren. — Bamberger. Zur Kenntniss des Chinolins. — Traube. Ueber die electrolytiache
Entstehung des Wasserstoffhyperoxyds an der Anode. — li. Berichtigung. — Knop. Ueber
die Einwirkung von Phosphorspentasulfid auf Anilin. — Weinberg. Ueber die Umlagerung
der /S-Naphtylaminsulfosàuren. — Kossel. Ueber das Adenin. III. — Hill. Notiz uber die
Furfuracrylsiiure. — Hollemann. Ueber die Einwirkungsproducte tod Salpetersaure 1.4 spec.
Gewicht auf Acetophenon. — Sehall. Festes Orthojudphenol aus Jod und Phenolnatrium. —
li. und Dralle. Ein neues Brasilinderivat. — Ruhemann. Ueber die Einwirkung von Am-
moniak auf Aether fetter Sauren. Zur Kenntniss des Pyridins. — Skinner una Ruhemann.
Ueber die Einwirkung von Phenylhydrazin auf die Glieder der Harnstofrreihe. — Pfordten
von der. Die niedrigste Verbindungsstufe des Silbers. — Meyer. Ueber die Darstellung von
Jodwasserstoff. — Fischer und Tafel. Syntbetische Versucbe in der Zuckergruppe.il.—
Schuhe. Bemerkungen zur Titration von Pyridinbasen. — Wislicenus. Ueber den Oxal-
essigster. II. — Id. und Avoli. Ueber den Methyloxalessigester. — Raikou\ Zur Ge-
scbichte der a-Methylzimmtsaure. — Japp und Klingemann. Ueber sogenanntr »gemischte
Azoverbindungen«. — Mauzelius. Ueber die Einwirkung von rauchender Schwefelsaure
auf salzanres a-Naptylamin bei niedriger Temiieratur. — Id. Ueber die «1= a«-Bromnapbta-
linsàure. — Klason. Ueber Darstellung von Sulfhydraten und Sulfiden des Methans und
Aethans. — Id. Ueber Alkylpolysulfide. — Pictet mxàDuparc. Ueber Pr-3-Aethylindol. —
Pictet. Ueber die Darstellung der secundaren aromatischen Amine. — XXI, 1. Rudor/f.
Zur Constitution der LOsungen. I. — Meyer. Ueber die Constitution der gemischten
Azoverbindungen. — Braun und Meyer. Ueber die Aldine und das Eso-Amidoaceto-
phenon. — Biltz und Meyer. Ueber Siedepunkt und Molecularfonnel des Zinnchlorurs. —
Meyer. Zur Darstellung der-/JJodpropionsàure. — Id. Ueber Vorlesungsxeperimente mit
Chlorstickstoff. — Kipping. Versuche zur Darstellung von isomeren Napbtalinderiva-
ten. — li. Ueber die Meta- und Paraphenylendipropionsiiuren. — Id. Ueber Meta-
und Paraphenylendiessigsiiuren. — Id. Notiz uber die Darstellung von Isophtalsiiure. —
Einorhn. Beitrage zur Kenntniss des Cocai'ns. — Bamberger und Lodter. Ueber die Re-
duction aromatischer Sàurethiamide. — Urech. Zur tbermodinamiscben Formulirung des
Temperatureinflusses auf die chemische Reactionsgeschwindigkeit. — Móhìau und Krohn.
Ueber die Umwaudlungen des Dimethylanilins nnd Monometbylanilins unter dem Einfluss
des Schwefels. — Lunge. Zur Theorie des Bleikammerprocesses. — Anschiitz. Ueber die
Bildung von Phenylhydrazilsauren aus den Anhydriden zweibasischer Sauren. — Otto. Ana-
logien zwischen Ketonsiiuren und alkylsulfonirten Fettsàuren. — Sehall. Zur Dampfdichte-
bestimmung. — Billeter und Strohl. Ueber die Einwirkung von Thiophosgen auf secun-
diire Amine. II. — Hinsberg. Ueber die Einwirkung der Natriumbisulfitverbindung des
Glyoxals auf aromatische Monamine. — Meyer. Notiz uber Benzol-Azomalonsiiure. — Ja-
— XLV —
novsky. Ueber eine Azotoluol-monosulfosàure. — Wolff. Ueber Dimethylindol. — Kriiss.
Ueber das Atomgewicht des Goldes. — Id. Ueber ein neues Vorkommen des Germaniums. —
Feit. Zur Kenntniss der Wulframverbindungen.
^BericM (X) der naturwissenschaftlichen Gesellschaft zu Chemnitz. 1884-86.
Chemnitz, 1887.
Pabst. Die Gross-Schuppenfltiger (Macrolepidoptera) der Umgegend von Chemnitz
und ihre Entwickelungsgeschichte. II Teil. — Liebe. Die Aufgabe der Naturw. Vortrag
in der Festsitzung zur Feier des 25d Bestehens der Gesellschaft. — ffaupt. Die Massen-
vergiftung durch Fleichgenuss in Chemnitz. — Kramer. Die Verànderung velche das Pflan-
zenbild Europas durch die Einwirkung des Menschen erfahren hat. — Sterzel. Ueber die
Entstehung des Erzgebirges. — Zimmermann. Die Pisanggewàchse (musa). — Kramer.
Phytophanologische Beobachtungen. — Sterzel. Rhinoceros tichorhinus Cuvier aus dem
Diluvium von Chemnitz. — Id. Ueber den grossen Psaronins in der naturwissenschaftli-
chen Sammlung der Stadt Chemnitz.
*Bidrag till kannedom od Finlands Natur odi Folk. H. 44. Helsingfors, 1887.
Bomdorff. Jordlosningen och dess circulation i den odlade jorden. — Ramsay. Om
de arkaiska bildningarna i nordostra delen af Jaala socken. — Hjelt. Journal du géne'ral
J. Kreith pendant la guerre en Finlande 1741-1743. — Bemer. Ett Kalevata-ord. — Hausen.
Anteckningar gjorda under en Antiqvanst forskningsresa sommaren 1886 i Oestra Nyland. —
Tigerstedt. Studier rorande sodra Finlands lerlager.
tBijdragen tot de Taal- Land- en Volkenkunde van Nederlandsch-Indie. 5 Volg.
Ili, 1. 'S Gravenhage, 1888.
Tromp. Uit de Salasila van Koetei. — S/wuck Hurgronje. Nog iets over de Sala-
sila van Koetei. — Wilken. Oostersche en "Westersche Eechtsbegrippen. — Kielstra. Het
contract met Bondjol van Januari 1824. — Houtsma. Een brief van Anquetil du Perron.
•Boletim da Sociedade de Geografia de Lisboa. 7e Serie, n. 2. Lisboa, 1887.
de Paiva. Expedicao ao Cubango. — Choffat. Dos terrenos sedimentares da Africa
portugueza e consideracóes sobre a geologia d'este continente.
tBoletin de la real Acadernia de la Historia. Tomo XI, 6. Madrid, 1887.
de Arteche. Diario vallisoletano durante la guerra de la Independencia. — de Pano.
Acta de apertura y reconoscimiento de los sepulcros reales del Monasterio de Sijena. —
de Mandrazo. El supuesto retrato de Hugo de Moncada. — Danvila. Nuevos datos para
escribir la historia de las Cortes de Castilla en el reinado de Felipe IV.
^ulletin dei'Académie r. des sciences de Belgiques. 3e sei. t. XIV, 11. Bru-
xelles, 1887.
Plateau. Recherches expérimentales sur la vision chez les Arthropodes. Vision chez
les Arachnides. — Spring. Simple observation au sujet d'un travail de M. W. Hallock in-
titulé: « The Flow of Solids, etc. ». — Mourlon. Sur les dépòts rapportés par Dumont à
ses systèmes laekenien et tongrien au S.-E. de Bruxelles. — Corin. Action des acides sul-
le goùt. — Stroobant. Observations physiques de Saturne faites en 1887, à l'Observatoire
royal de Bruxelles. — Deruyts. Sur la the'orie d'involution. — de Lettenhove. La dernière
séance du Conseil avant le supplice.
+Bulletin de la Société entomologique de France. 1887. Cah. 23, 24. Paris.
'"Bulletin de la Société i. des naturalistes de Moscou. 1887, n. 3. Moscou, 1887,
v. Menzbier. Vergleichende Osteologie der Pinguino in Anwendung zur Haupteinthei-
lung der Viigel. — Lindeman. Die Hessenflegie (Cecidomya destructor Say) in Russland. —
KMC.IAKOBCKArO. XiiMunecKiii xapaitTept .Iniien,Kiixi) Mimeiiajibiiux'L iio,i,'l. — Weinberg.
— XLVI —
Ueber die zunehmende Zahl der Blitzschliige und die Ursachen derselben. — Smirnov:.
Énumeration des especes de plantes vasculaires du Caucaso. — JIIITBHHOBA. CnncoKi.
pacTemtì jtnHopacrymnxi. bt> TaMÓOBCKofi rynppnin. — Ballion. Otiorhynchus Turca Stev.
Ein Beschàdiger des Weinstockes.
tBulletin de la Société khédiviale de Geographie. 2e Ber. n. 12. Le Caire, 1887.
Junker. Sept ans de voyages dans PAfrique centrale.
tBulletin de la Société mathématique de France. T. XV, 7. Paris, 1887.
Anglin. Sur le coefficient du tenue general dans certains développements. — Laisant.
Théorèmes de trigonometrie. — Poincaré. Sur Ics hypothèses fondamentales de la geome-
trie. — de Preste. Développement en produit des fonctions 8 et H de Jacobi et recherche
des valeurs de ces fonctions quand les périodes sont divisées par un nombre entier.
tBulletin des sciences mathématiques. 2e sér. t. XII, janv. 1888. Paris.
Schoenfiies. Sur les courbes et surfaces décrites pendant le mouvement à cinq con-
ditions. — Weyr. Extrait d'une lettre à M. Hermite. — Kcenigs. Un théoième concernant
la surface de Steiner, et l'ensemble de trois coniques qui se coupent dans l'espace.
•Bulletin of the Buffalo Society of naturai Science. Voi. V, 2. Buffalo, 1886.
Walker. The Gape Worm of Fowls (Syngamus trac he alia): The Earthworm
(Lumbricus terrestris), Its Originai Host. — Li. On the Prevention of the Disease
in Fowls Called the Gapes, which is Caused by this Parasite. — Fish. Ventriloquial and
and Imitative Power of Birds. — Williams. Notes on the Fossil Fishes of the Genesee
and Portage Black Shales. — Mixer and Williams. Fish Remains troni the Corniferous,
near Buffalo. — Day. Native and Natnxalized Pianta of Buffalo and ita Vicinity (Second
Supplement). — Pohlman. The Thickness of the Onondaga Sali Gronp a| Buffalo, N. Y.
1 Bulletin of the California Acaderny of Sciences. Voi. II, 6, 7. S. Francisco, 1887.
7. Becker. The Washoe Rocks. — Comstock. Provisiona] Vaino of the Latitude of the
Lick Observatory. — 1. Lee Greene. Some Genera Which Have Beni Onnfused l'nder t In-
Name Brodiaea. — 2. Miscellaneous Species, New or Noteworthy. — On Tetraodon Setosus
a New Species Allied to Tetraodon Meleagris Lace'p. — Casey. Descriptive Notices of North
American Coleoptera. — Davidson. Submarini' Yalleys on the Pacific Coast of the United
States. — Bryant. Additions to the Ornithology of Guadalupe Island. — Davidson. Stand-
dard Geodetic Data. — Id. Early Spanisi] Voyagea of Discovery on the Coast of Califor-
nia. — 7. Richter. Ocean Currents Contiguous to the Coast of California. — Party. The
Pacific Coast Alders. — Cooper. West Coast Pulmonata; Fossil and Living. — Lee Greene.
Studies in the Botany of California and Parts Adiacenti. VI. — Emerson. Ornithological
Observations in San Diego County. — Wolle. Desmids of the Pacific Coast. — Harkness.
Fungi of the Pacific Coast. — Davidson. Occultations of Stars by the Dark Limi» of
the Moon.
1 Bulletin of the United States Geological Surwey. N. 34-39. Washington.
White. On the relation of the Laramie Molluscan Fauna to that of the aucceedings
Fresh-water Eocene and other groups. — Barus and Strouhal. The Physical Properties of
the Iron Carburets. — Barus. The Subsidence of small particles of Insoluble Solid in
Liquid. — Warcl. Types of the Laramie Flora. — Diller. Peridotite of Elliot County, Ken-
tucky. — Upham. The Upper Beaches and Deltas of the Glacial Lake Agassiz.
1Centralblatt (Botanisches). Bd. XXXIII, 1-5. Cassel, 1888.
Jankò. Equisetum albomarginatum Kitaibel. — Ilansr/irg. Einige Bemerkungen zur
Aufsatze A Tomaschek's «Ueber bacillus muialis». — Mure. Ueber die Einschlepjmng
und Verwilderung von Pflanzen-arten im mittleren Nord-Tirol.
— XLVII —
'Centralblatt far Physiologie. 1887, n. 20-22. Wien, 1887.
Wurster. Ammoniakbestimmung im Harn. — Edgren. Cardiographische und sphygmo-
graphische Studien. — Danilevjsky. Ein Kymorheonom. — Engelmann. Polyrheonom. —
de Varigny. Seethiere im Stisswasser.
•"Circulars (Johns Hopkins University). Voi. VII, 62. Baltimore, 1888.
+ Civilingenieur (Der). Jhg. 1887. N. F. Voi. XXXIII, 3. Leipzig, 1887.
Nagel. Mittheilungen aus dem Gebiete der Geodasic. — Mohr. Ueber Geschwin-
digkeitsplàne und Beschleunigungsplàne. — Hartig. Die mikoskropische Untersuchung
des Papieres.
^ompte rendu des séances de la Cornmission centrale de la Société de géo-
graphie. 1887, 14-16; 1888, n. 1. Paris.
• Comptes rendu des séances et travaux de l'Académie des sciences morales et
politiques. N. S. T. XXIX, 1-2. Paris.
Zeller. Discours prononcé à la séance publique annuelle du 17 décembre 1887. —
Simon. Notice historique sur la vie et les travaux de M. Louis Eeybaud. — Chéruel. Róde
politi que de la Princesse Palatine (Anne de Gonzague) pendant la Fronde, en 1651. —
Doniol. Documents ine'dits sur le rapprochement du gouvernement de Louis XVI avec Fré-
déric II. — Levasseur. Statistique de la superficie et de la population des contrées de la
terre. — Gréard. Notice sur la vie et les travaux de M. Demolombe.
f Comptes rendus hebdomadaires de séances des l'Académie des sciences. T. CV,
26; CVI, 1-4. Paris, 1887-88.
CVI, 1. Bertrand. Sur l'association des électeurs par le sort. — de Jonquières. Déter-
mination du nombre maximum des points doubles, proprement dits, qu'il est permis d'at-
tribuer arbitrairement à une surface algébrique de degré m, dont la détermination est
comple'tée par d'autres points simples donnés. — Cornu. Sur une objection faite à l'emploi
d'amortisseurs électromagnétiques dans les appareils de synchronisation. — Gharlois.
Observations de la comète d'Olbers, faites à l'Observatoire de Nice (équatorial de Gautier,
de 0m,38 d'ouverture). — Stanoìéwitch. L'éclipse totale du soleil du 9 aoùt 1887, observe'e
en Russie (Pétrowsk). — Janssen. Remarques sur la Communication précédente. — Rouché.
Sur un problème relatif à la durée du jeu. — Bertrand. Démonstration du théorème énoncé
par M. E. Rouché dans la Note précédente. — Kcenigs. Détermination, sous forme explicite,
de toute surface réglée rapportée à ses lignes asymptotiques, et en particulier de toutes
les surfaces réglées à lignes asymptotiques algébriques. — Bemartres. Sur les système de
courbes qui divisent homographiquement une suite de cercles. — Antoine. Sur les varia-
tions de temperature des gaz et des vapeurs qui conservent la méme quantité de chaleur,
sous des tensions différentes. — Witz. De l'energie nécessaire pour la création d'un
champ magnétique et l'aimantation du fer. — Sabatier. Sur la vitesse de transformation
de l'acide metaphosphorique. — Lévy. Sur un alliage de titane, de silicium et d'alumi-
nium. — Jungfleisch et Léger. Sur quelques dérivés de la cinchonine. — Caventou et
Girard. Action de l'acide oxalique sur la cinchonine en présence de l'acide sulfurique. —
Roux et Louise. Sur la densité de vapeur de l'aluminium-éthyle. — Gonnard. De la
genòse des phosphates et arséniophosphates plombifères de Roure et de Rosiers (Pont-
gibaud). — Sauvageau. Sur la présence de diaphragmes dans les canaux aérifòres de la
racine. — Bimar. Recherches sur la distribution des vaisseaux spermatiques chez divers
mammifères. — Ricco. Sur les trombes. — Bordas. Sur une maladie nouvelle du vin en Al-
gerie. — 2. Cornu. Sur le réglage du courant électrique, donnant à l'oscillation synchro-
nisée une amplitude déterminée. — Debray et Joly. Piecherches sur le ruthénium : oxyda-
tion du ruthénium et dissociation de son bioxyde. — Broicn-Séquard et d'Arsonval. Recher-
— XLVI1I —
ches démontrant que l'air expiré par l'homme et les marmnifères a l'état de sante",
contient un agent toxique très puissant. — Verneuil. Des abcòs profonds et lointans, consé-
cutifs à l'anthrax. — Antoine. Variation de temperature d'une vapeur comprimée ou di-
latée, en conservant la mème chaleur totale. — Picard. Remarques sur les groupes de trans-
formations relatifs à certaines équations différentielles. — Lucas. Généralisation du théorème
de Eolle. — Riemann. Sur une généralisation du principe de Dirichlet. — Defforges. Sur
la mesure de l'intensité absolue de la pesanteur. — Ledehoer. De l'influence de la tempe-
rature sur l'aimantation. — Moureaux. Sur la valeur actuelle des éléments magnétiques
à l'Observatoire du pare Saint-Maur. — Baubigny. Sur l'emploi de l'hydrogène sulfuré pour
purifier les sels de cobalt et de nikel. — Ilautefeuille et Margottet. Sur les phospbates
de sesquioxyde de fer et d'alumine. — Vivier. Nouvelle méthode de dosage des nitrites. —
La font. Action de l'acide formique sur l'essence de térébenthine francaise. — Combes. Sur
les synthèses dans la sèrie de la quinoléine au moyen de l'acétylacétone et de ses dérivés. —
Hénocque. — Des variations de l'activité de reduction de l'oxyliémoglobine ebez l'homme sain
et chez l'homme malade. — Joyeux-Laffuie. Sur le système nerveux du Chétoptère (C. Va-
lencinii). — Rivière. Sur une nouvelle station humaine de l'àge de la pierre, découverte
dans les bois de Fausses-Reposes (Seine-et-Oise). — 3. Bertrand. Sur la loi de probabilité
des erreurs d'observation. — de Jonquières. Sur un tra it caraetéristique de dissemblancc
entro les surfaces et les courbes algébriques, d'où dépendent les limites respectives des
nombres de points doubles qu'il est permis de leur attribucr arbitrairement. — Cornu. Re-
marques sur la dernière Note de M. Wolf. — Faye. Sur le tome III des « Annales de l'Ob-
servatoire de Rio-Janeiro ». — Broicn-Séquard et d'Arsonval. Nouvelles recherches sur les
phenomènes produits pas un agent toxique très puissant qui surf sana cesse des poumons
de l'homme et des mammifères, avec l'air expiré. — Verneuil. Du tétanos spentane. — de Les-
seps. Sur le percemeut de l'isthme de Panama. — Albert de Monaco. Sur des courbes
barométriques enregistrées pendant latroisième campagne scientifique de l'« Hirondelle ». —
Lelieuvre. Sur les lignes de courbure et les lignes asymptntiques des surfaces. — Lerch.
Sur une formule d'arithmétique. — Goursat. Sur les systèmes d'équations linéàires qui
sont identiques à leur adjoint. — d'Ocagnc. Sur la détermination du ehiflBre qui, dans la
suite naturelle des nombres, occupo un rang donne. — De/forges. Sur la mesure de l'in-
tensité absolue de la pesanteur. — Lucas. Détermination électrique des racines réelles et
imaginaires de la dérivée d'un polynòme quclconque. — Meslin. Sur la polarisation ellipti-
que par transmission a travers les métaux. — Janet. Sur l'application du phénomòne de
l'aimantation transversale à l'étude du coefficient d'aimantation du ter. — Soret. Sur la
polarisation atmosphérique. — Etard. Sur la solubilité décroissante des sulfates. —
Ilenninger et Sanson. Présence d'un glycol dans les produits de la fermentation alcooli-
que du sucre. — Hallcr et Held. Sur l'acétylcyanacétate de méthyle. — Wurtz. Sur la
présence de bases volatiles dans le sang et dans l'air expiré. — Meunier. Conditions
géologiques du gisement phosphaté de Beauval (Somme). — Lastre. Ròle de la bile dans
la digestion des graisses, étudié au moyen de la fistule cholécysto-intestinale. — Heckel.
Sur le traitement préventif du « rouge de la morue ». — Dechevrens. Réponse à M. Faye,
sur la critique qu'il a faite de mes expériences sur les trombes artificielles. — Zenger.
Les applications de la photographie en meteorologie. — de Tillo. Répartition symétrique
des centres des quatre principaux continents. — 4. Tisserand. Remarque à l'occasion d'une
Communication de M. J. Bertrand. — Bertrand. Probabilité du tir à la cible. — de Jon-
quières. Sur quelques notions, principes et formules, qui interviennent dans plusieurs que-
stions concernant les courbes et les surfaces algébriques. — Cornu. Sur le cadran solaire
portatif de M. Faivre. — Meunier. Contribution à l'histoire des organismes problémati-
ques des anciennes mers. — Journce. Sur la vitesse de propagation du son produit par les
armes à feu. — Bisset. Nouvelles expériences relatives à la désinfection antiphylloxérique
— XL1X —
des plants de vigne. — Roger. Sur les distances moyennes des planètes au soleil. —
Tacchini. Résumé des observations solaires faites à Rome pendant le quatrième trimestre
de 1887. — Siffert. Sur les phases de Jupiter. — Rouché. Sur la durée du jeu. — Voyer.
Sur un ploblème du calcul des probabilités. — Humbert. Sur les lignes de courbure des
cyclides. — Hadamard. Sur le rayon de convergence des séries ordonnéos suivant les puis-
sances d'une variable. — Antonne. Sur l'application des substitutions quadratiques crémo-
niennes à l'integration de l'équation différentielle du premier ordre. — Pincherle. Sur une
généralisation des fonctions eulériennes. — Lucas. Résolution électrique des équations al-
gébriques. — Ditte. Action de l'acide vanadique sur les fluorures alcalins. — Engel. Action
de l'acide chlorhydiique sur le cblorure cuivrique; chlorhydrate de chlorure cuivrique. —
Pouchet. Note sur des combinaisons des dérivés mutalliques des phénols avec les chloru-
res mercureux et cuivreux. — /strati. Sur les francéines. — Lindet. Sur le dosage des
bases dans les flegmes industriels. — Bourquelot. Sur la fermentation alcooliquo du ga-
lactose. — Maquenne. Sur l'acide galactose-carbonique. — Gréhant. Sur les accidents pro-
duits par l'oxyde de carbone. — Martin. Sur l'anesthésie prolongée et continue par le mé-
lange de protoxyde d'azote et d'oxygène sous pression (méthode Paul Bert). — Béchamp.
Sur la zymase de l'air expiré par l'homme sain. — Billet. Sur le cycle évolutif et les
variations morphologiques d'une nouvelle Bactériacée marine (Bacterium Lamina-
ria e). — Rietsch, Jobert et Martinand. L'epidemie des porcs à Marseille, en 1887. —
Kcehler. Sur la doublé forme de spermatozoi'des chez les Mur ex br andar is et trun-
culus et le développement de ces spermatozoi'des. — Brunotte. Recherches sur la structure
de l'oeil chez un Branchiomma. — Giard et Bonnier. Sur deux nouveaux genres d'Épica-
rides (Probopyrus et Palegyge). — Fol. Sur la structure microscopique des muscles
des Mollusques. — Roule. Sur la structure histologique d'un Oligochaete marin apparte-
nant à un genre nouveau. — Hovelacque. Sur les tiges souterraines de l'Ut ri cui ari a
montana. — Mer. Des causes qui produisent l'exentricité de la moelle dans les sapins.
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— LI —
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LII
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„x" fur ein vollkommenes Gas.
•Report (IVth Annual) of the Bureau of Ethnology 1882-83. Washington, 1886.
Uieport (VI Annual) of the United States Geological Surwey. 1884-85. Wa-
shington.
* Résumé des séances de la Société des ingénieurs civils. Séance du 6 et 20 jan-
vier. Paris, 1888.
t Revista do Observatorio de Rio de Janeiro. Anno II, 12. Decembre 1887. Rio
de Janeiro.
tRevue Internationale de l'électricité et de ses application. T. VI, 49, 50. Pa-
ris, 1888.
i-Reme (Nouvelle) historique. Année XI, 6, nov.-déc 1887. Paris, 1887.
Gérardin. La legs de l.i cho3e d'autrui. — Beauchet. La loi de Veatrogotbia.
tRevue scientifique. T. XLI, n. 1-5. Paris, 1888.
ìRevue politique et littéraire. T. XLI, n. 1-5. Paris, 1888.
^Rundschau (Natunvissenschaftliche). Jhg. III, n. 1-5. Braunschweig, 1888.
^Skrifter (Vidensk. Selskab) 6e R. Naturw. og math. Afd. IV, 4. Kiobenhavn, 1887.
Liìtken. Tillaeg til Bidrag til Kundskab om Àrterne of Slaegten Cyamus Latr.
eller Hvallusene.
+Tijdschrift (Natuurkundig) voor nederlaudsch-Indié. Ser. 8e, Deel VII, Bata-
via, 1887.
♦Transactions and proceedings of the New Zealand Institnte. Voi. I, IX, XV.
1875-76. 1883.
*Transactions of the Seismological Society of Japan. Voi XI.
Milne. Earth Tremors in Central Japan. — Seikei Sekiva. The Severe Japan Earth-
quake of the 15th of January, 1887. — Milne. Earthquake Effects, Emotional and Moral. —
— LV —
Id. Oh Construction in Earthquake Countries. — Seikei Sckyca. A Model shuwing the
Motion of an Earth-particle during an Earthquake.
f Verhandlungen der k. k. Zoologisch-botanischen Geselleschaft in Wien. Jhg.
1887. Bd. XXXVII, 3, 4. Wien.
III. Brauer. Ueber die Verwandlung der Meloiden. — Grobben. Ueber eine Missbil-
dung von Taenia saginata Goeze. — Hagcn. Ueber Plethus cursitans. — IL
Neurobasis und Vestalis. — Lorenz v. Bericht tìber eine ornithologische Studien-
reise. — Mayr. Siidamerikanische Formiciden. — Kornhuber. Ueber das in der Wiener
Flora eingebiirgerte Carum Bulbocastanum (L.) Koch. — Kronfeld. Hat Goethe das
Ergrtinen der Coniferenkeimlinge ini Dunklen entdeckt? — Ostermeyer. Beilrag zur Flora
der jonischen Inselli Corfu, Sta. Maura, Zante, Cerigo. — Schulzer von Miiggenburg. Be-
merkungen zu dem Aufsatze Haszlinski's : „Einige neue oder wenig bekannte Discomy-
ceten''. — Stapf. Drei neue Iris-Arten. — Wettstein. Ueber zwei ftir Niederosterreich
neue Pflanzen. — Id. Ueber eine Stengelfasciation von Liliuni candidus. — IV. Lorenz v.
Ueber das Auftreten der Alca torda in der Adria. — Rogenhofer. Ueber das Auftreten
von Heliothis armiger in Europa. — Beck. Die in den Torfinooren Niederosterreichs
vorkommenden Fohren. — Breidler. Bryum Re y eri nov. spec. — Burgerstein. Mate-
rialien zu einer Monographie betreffend die Erscheinungen der Transpiration der Pflanzen.—
Rachel. Ueber das Vorkommen von Leersia he. x andrà Sw. in Spanien. — Ilaldcsy v.
Cirsi uni V i ndobonense nov. hybr. — Krasser. Zerkliiftetes Xylem bei Clematis
Vitalba L. — Id. Zur Kenntniss der Heterophyllie. — Kronfeld. Ueber das Doppelblatt. —
Id. Ueber Wurzelanomalien bei cultivirten Umbelliferen. — Moliseli. Ueber Wurzelauss-
cheidungen. — Procopianu-Procopovici. Beitrag zur Kenntniss der Gefasskryptogamen der
Bukowina. — Rassmann. Ueber die Flora der Tiirkenschanze wahrend der letzten fiini'
Jahre. — Rdthay. Ueber die Geschlechtsverhaltnisse der Beben und ihre Bedeutung fiir
den Weinbau. — Richter. Ueber die Gestalt der Pflanzen und deren Bedeutung fiir die
Systematik. — Sennholz. Ueber zwei neue Carduus-Hybriden und einige neue Standorte
von solchen und einer Cirsium-Hybride. — Stapf. Ueber die Schleuderfruchte der Al-
stroemeria psittacina. — Stoni. Ueber das Auftreten des Lepidi uni majus Darr.
in Oesterreich. — Wettstein v. Pinus Cenibra L. in Niederosterreich. — Id. Ueber die
systematische Verwerthung der Anatomie der Coniferen. — Zukal. Ueber die Ascenfruchtc
des Penicillium crustac eum Lk.
+ Verhandlungen der Pkysiologischeii Gresellschaft zu Berlin. Jhg. 1887-88, 1-4.
Berlin, 1888.
f Verhandlungen des Vereins zur Befordenmg des Gewerblieisses. 1887 HeftX.
Berlin.
Moller und Liihmann. Ueber die Wiederstandsfàhigkeit auf Druck beanspruchttr
eiserner Bankonstruktionstheile bei erhohter Temperatur.
'''Viestnik hrvatskoga arkeologickoga Druztva. God. X, 1. U Zagrebu, 1888.
Prima scoperta preistorica di abitazione dell'epoca della pietra nel nostro regno. —
Monumenti di forma speciale dell'epoca della pietra, scoperti in Dalmazia ora nel Musco
archeologico in Zagabria. — Insigne iscrizione romana. — Zlatovic. Antichità croate in
Knin. — Tributo agli antichi monumenti croati e d'ornamento da Nona. — VukasdVÌc.
Iscrizioni antiche bossinesi in Bossina e in Hercegovina (Continuazione). — Intorno il
progresso della scienza archeologica nel nostro regno croato.
+Wochenschrift des òsterr. Ingenieur- und Architekten Vereines. Jhg. XIII, 1-4.
Wien, 1888.
— LVI —
fZeitschrift der deutschen morgenlàndischen Gesellschaft. Bd. XLI, 3. Leip-
zig, 1887.
Voliera. Beitrage* zur Kenntniss der lebenden arabischen Sprache in Aegypten. — von
Arnhard. Die Wasserweihe nach dem Ritus der àthiopischen Kirche. — Klamroth. Ueber
die Ausziige aus griechischen Schriftstellern bei al-Ja'qùbì. — Gelzer. Aegyptisches. —
von JVlislocki. Marchen des Siddhi-Kiir in Siebenbiirgen. — Himhj. Anmerkungen in Be-
ziehung auf das Scbach- und andere Brettspiele. — Aufrecht. Bemerkungen. — Bollensen.
Beitràge zur Kritik des Veda. — Oldenberg. Die Adhyàyatheilung des Rigveda.
"FZeitschrift des historischen Vereines fiir Niedersachsen. Jhg. 1887. Hannover.
Bodemann. Herzog Julius von Braunschweig als deutscher Reichsfurst, 1568-1589. --
Ulrich. Zur Geschichte der Grafen von Roden in 12. u. 13. Jahrh. — Id. Die Wachstafeln
der Kaufmannsinnung in Hannover. — Erler. Zur Geschichte des Bistbunis Yerden in den
Jahren 1395-1402. — Bohlmann. Zur Geschichte des Dorfes Eilte ini Kreise Fallingbostel. —
Bodemann. Neue Beitràge zur Geschichte der CellischenHerzogin Eleonore geb. d'Olbreuse.—
Id. Wiiste Ortschaften in der Provinz Hannover, nach officiellen Berichten der Acniter u.
Stadte in J. 1715, — Id. Die angebliche Conversion des Prinzen Maxiniilian v.m Hannover
im J. 1695. — Koldewey. Die Verschiedenen Ausgaben der Kirchcnordnung des Herzogs
Julius von Braunschweig-Wolfenbiittel. — Janicke. Das Weinamt der Damherrcn zu
Hildesheim. I.
; Zeitschrift des osterr. Ingenieur* und Architekten-Vereins. Jhg. XXXIX, 4.
Wien, 1887.
Lorenz. Die transkaukasische Einsenbahn. — Kohut. Adhasions- und Zahnradbahn
fiir den Erztransport in Marienhutte bei GOlnitz (l'ngarn). — Alter. Die Quaderbossirun-
gen der italienischen Renaissance.
^Zeitschrift (Historische). N. F. Bd. XXIII, 2. Miinchen-Leipzig, 1888.
v. Below. Zur Entstehung der deutschen Stadtverfassung. — Gebhardt. Matthias Dorili-
der Minorit. — Der Ursprung des deutschen Verwaltungsrathea von 1813.
+ Zeitschrift fiir Naturwissenschafte. 4C Folge, Bd. VI, 3, 4. Halle, 1887.
Borkert. Beitriige zur Kenntniss der diluvialen Sedimentaergeschiebe in der Gegend
von Halle a. S. — Weiss. Ueber Cholin und verwandte Verbindungen.
Pubblicazioni non periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di febbraio 18S8.
Pubblicazioni italiane.
* Alvino F. — I calendari, fase. 33-34. Firenze, 1888. 8°.
* Baro fio F. e Sforza C. — Compendio di chirurgia di guerra. Koma. 1887. 8°.
*Drassarl E. — Due nuovi anemometroscopi registratori. Roma, 1888. 4°.
*Id. — Sismoscopi o avvisatori sismici. Roma, 1888. 4°.
* Bruno T. — Precetti e sentenze di Plauto. Roma, 1888. 8°.
* Catalogo della Biblioteca del Ministero della guerra. 1° suppl. Roma, 1887. 8°.
* Gabotto F. — Giason del Maino e gli scandali universitari nel quattrocento.
Torino, 1888. 8°.
— LVII —
* Giovannucci Cr. — Le italiane Termopili. Tragedia, 1888. 8°.
f Occioni-Bonaffons G. — Bibliografia storica friulana dal 1861 al 1885. Voi. II.
Udine, 1887. 8°.
*Palagi F. — Sulla costituzione della nebbia e delle nubi. Nota 2a. Firenze,
1888. 8°.
*Parona C. — Appunti storici di elmintologia italiana a contributo della co-
rologia elmintologica umana in Italia. Milano, 1888. 8°.
* Plauto. — I prigionieri di guerra (captivi). Commedia tradotta da S. Cognetti
de Martiis. Trani, 1887. 8°.
*Poli A. — Sulla misura dell'ingrandimento dei disegni degli oggetti micro-
scopici. Parma, s. d. 8°.
*Id. — Sul modo di valutare ed indicare razionalmente gl'ingrandimenti del
microscopio e delle immagini microscopiche. Roma, 1887. 8°.
*Puleio D. — Il vero fine della civiltà nella nuova comprensione della ragione.
Roma, 1888. 8°.
* Ragazzi V. — Da Antoto ad Harar. Note di viaggio. Roma, 1888. 8°.
* Revello L. E. — Elogio del comm. avv. Angelo Merello. Genova, 1888. 8°.
* Salomone- Marino S. — Studi di clinica medica. Palermo, 1887. 8°.
f Statistica giudiziaria civile e commerciale per l'anno 1885. Roma, 1887. 4°.
* Tacchini P. — Sul clima di Massaua. Relazioni a S. E. il Ministro della
guerra. Roma, 1888. 4°.
Pubblicazioni estere.
* Benediki M. — Kraniometrie und Kephalometrie. Wien, 1888. 8°.
fBeobachtungen dei* russischen Polarstation and der Lenamundung. Il Th. Me-
teorl. Beobacht. 2eLief. Beobacht. v. Jahre 1883-1884. S. Petersburg, 1887.
i Cailler C. — Recherches sur les équations aux dérivées partielles et sur quel-
ques points du calcul de généralisatiou. Genève, 1887. 8°.
tCatalogue de l'Observatoire de Paris. T. I (Oh A VI'1.). — Positions observées
des étoiles. — Etoiles observées aux instruments méridiens de 1837 à
1881. Paris, 1887, 2 voi. 4°.
+ Chantre E. — Recherches anthropologiques dans le Caucase. T. I-IV avec Atlas.
Paris, 1885-87. 4°.
Fauna und Flora des Golfes von Neapel und der angrenzenden Meeres. —
Abschnitte herausg. von der zoolog. Station zu Neapel. XV (Koeh, Die Gor-
goniden). — XVI, 1, 2 {Eisig, Die Capitelliden). Berlin, 1887. 4°. acq.
*IIolden E. S. — List of recorded Earthquakes in California, lower California,
Oregon and Washington territory. Sacramento, 1887. 8r>.
* Julliot G. — Quelques inscriptions romaines des Musées de Sens et de Lyon.
Sens, 1877. 8°.
Lebensbild des Prof, der Mineralogie an der Universitat Dorpat Dr. Constantin
Grewingk f 18/30 Juni 1887. Dorpat, 1887. 8°.
Bullettino-Eendiconti, 1888, Vol. IV, 1° Sem. 8
— LV11I —
Léonard de Vinci. — Les manuscrits. — Ms. B et D de la Bibliothèque
de l'Insti tut publiés en fac-similés (procede Arosa) avec transcription
littérale, trad. francaise &. par Ch. Kavaisson-Mollien. Paris, 1881-83. f.°
(acquistato).
f Macoun J. — Catalogne of Canadian plants. Part III. Apetalae. Montreal.
1886. 8°.
tMission scientifique du Cap Horn 1882-83. T. IV (Geologie) ; VI (Zoologie:
Arachnides). Paris, 1887. 4°.
+ Petrik L. — Ueber ungarische Porcellanerden, mit besonderer Berucksichti-
gnng der Khyolith-Kaoline. Budapest, 1887. 8°
* Zsigmondij W. — Mittheilungen iiber die Bohrthermen zu Harkàuy &, Pest,
1873. 8°.
Pubblicazioni periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di febbraio 1888.
Pubblicai io ni italiane.
j Annali della Società degli ingegneri e degli architetti italiani. Anno II, 4.
Roma, 1888.
Magontini. La bonificazione di Burana. -- Vacchelli. Sulle travi contìnue ad arco. —
Lampugnani. Congresso internazionale ferroviario. Le traverse metalliche e l'impiego del-
l'acciaio nei ponti.
f Annali di agricoltura. 1887, n. 143. Roma.
Rotolali. Sull'industria dell'amido e sulle principali applicazioni delle sostanze ami-
dacee nei rapporti coll'agricoltura.
* Annali di chimica e di farmacologia. Ser. 4, voi. VI, n. 1 gen. 1888. Milano.
Borgiotti. Studio clinico sull'azione terapeutica dell'Adoni s .Kstivalis. — Finiti.
Sintesi dell'acido aspartico. — Robert. Ptomaine e sostanze analoghe. Sunto e traduzione
del Compendio di tossicologia pratica.
+ Annali di statistica. Ser. 4a, n. 17. Roma.
Atti della Commissione per la .statistica giudiziaria, civile, commerciale e penale.
Sess. del 1887.
* Annuario della r. Università di Bologna. Anno 1887-88. Bologna, 1887.
Bertolinì. Bologna nella storia del Risorgimento italiano.
+Annuario della r. Università degli studi di Roma per l'anno scolastico 1887-88.
Roma, 1888.
Moleschott. Per una festa della scienza.
+Annuario della r. Università degli studi di Torino per l'anno accademico
1887-88. Torino, 1888.
Lumbroso. Le nuove conquiste della psichiatria.
^Annuario meteorologico italiano. Anno I (1886), III (1888). Torino, 1886-88.
* Annuario militare del regno d'Italia. 1888. Roma.
— LIX —
'Ateneo (1/) Veneto. Serie lla, voi. II, n. 3-5. Venezia, 1887.
Fabris. La Mostra nazionale di belle arti in Venezia. — Bernardi. Giuseppe Ja-
copo Ferrazzi. — Castellani. La stampa in Venezia dalla sua origine alla morte di Aldo
Manuzio seniore. — Morsolin. Tito Perlotto e Ugo Foscolo. — Marchesi. L'età eroica
della Eepubblica veneta.
+Atti della r. Accademia delle scienze di Torino. Voi. XXIII, 2, 3. Torino, 1888.
Oeìil. Contribuzione allo studio della circolazione del samgue. — Jadanza. Sul cal-
colo degli azimut mediante le coordinate rettilinee. — Naccari. Sui calori specifici di alcuni
metalli dalla temperatura ordinaria fino a 320°. — Charrier. Lavori dell'Osservatorio astro-
nomico di Torino. — Bollati di Saint-Pierre. Un inedito documento sulla battaglia di
Guastalla. — Giaeomini. Su alcune anomalie di sviluppo dell'embrione umano. — Sacco.
Studio geologico dei dintorni di Guarene d'Alba. — Charrier. Lavori dell'Osservatorio
astronomico di Torino. — Ferrerò. Di alcune iscrizioni romane della valle di Susa.
+Atti della r. Accademia economico-agraria dei Georgofili di Firenze. Sei*. 4a,
vol.X, 4. Firenze, 1887.
De Stefani. Sulle ligniti della valle di Serchio.
"> Atti della Società dei naturalisti di Modena. Memorie. Ser. 3a, voi. VI. Ren-
diconti. Ser. 3a, voi. III. Modena, 1887.
Memorie. Cenni sul clima di Marola. — Silipranti. Contribuzione alla flora dei din-
torni di Noto. — Pantanelli e Montese. Cenno monografico intorno alla fauna fossile di
Montese. — Picaglia. Contribuzione all'erpetologia di Bellavista (Rep. Argentina). — Ca-
panni. Cenni intorno alla corrente ciclonica che fece la traversata del Correggese la notte
del 4 al 5 agosto 1886.
fAtti della Società veneta-trentina di scienze naturali residenti in Padova.
Voi. XI, 1, Padova, 1888.
Sicher ed Arrigoni degli Oddi. Alcuni uccelli anomali del Veneto. — Miani. Di alcuni
crostacei isopodi terrestri osservati nel Veneto. — Berlese. Intorno ad alcune specie poco
note del genere Leptosphaeria. — Canestrini. Esperienze sopra alcuni effetti prodotti
dalle scintille d'induzione. — Paoletti. Revisione del genere Tubercularia. — Corde-
nons. Antichità preistoriche anariane della Regione euganea. — Canestrini. Intorno ad alcuni
acari ed opilionidi dell'America.
fAtti del r. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. Ser. 6a, t. VI, 2. Ve-
nezia, 1888.
De Toni e Levi. Flora algologica della Venezia (Parte III, le Cloro ficee). — Abetti.
Osservazioni astronomiche fatte a Padova nel 1887. — Lazzeri. Le curve e le sviluppabili
multiple di una classe di superficie algebriche. — Sellati e Lussana. Alcune ricerche elet-
triche sui seleniuri di rame e d'argento, Cue2Se.2kg2Se. Nota. — Favaro. Intorno ad alcune
applicazioni sul metodo delle equipollenze. — De Giovanni. Sullo sforzo cardiaco. — Ca-
vagnis. Contro il virus tubercolare e contro la tubercolosi. Tentativi sperimentali. — LI.
Dell'immunità artificiale della tubercolosi. — LI. Appendice. L'allattamento per parte di
animali tubercolosi: il latte, il sangue, la bile d'animali tubercolosi. — Tamassia. Una
vecchia questione nella diagnosi della morte per annegamento. Ricerche sperimentali. —
Levi. Su Cheronzio Augustale, Taide da Licopoli e Publio Clodio Quirinale. Memorie tre
di scoperte archeologiche.
^ Atti e Memorie delle r. r. deputazioni di storia patria per le Provincie mo-
denesi e parmensi. Ser. 3a, voi. IV, 2. Modena, 1887.
Sola. Curiosità storico-artistico-letterarie tratte dal carteggio dell'inviato estense Giu-
seppe Riva con L. A. Muratori. — Ceretti. Giovanni di F. Pico. — Vischi. Come L. A.
— LX —
Muratori fosse chiamato Dottore all'Ambrosiana di Milano. — Sandonnino. Un famoso
bandito Modenese. — Levi. Aica Traversali, aneddoto Salimbeniano. — Crespella/ri. Scavi
del modenese (1886-87).
"•"Bullettino della Commissione archeologica comunale di Roma. Anno XVI, 1.
Roma, 1888.
Lanciarli. La Venus hortorum Sallustian orum. — Borsari. Le mura e porte
di Servio. — Gatti. Antichi monumenti esistenti in s. Stefano del Cacco. — Ti/. Trova-
menti risguardanti la topografia e la epigrafia urbana.
*Bullettino della sezione dei cultori delle scienze mediche nella r. Accademia
dei fisiocritici di Siena. Anno VI, n. 1. Siena, 1888.
Toscani. Sul lavnru interno ed esterno della coppia galvanica. — Bernabeì e Santa-
relli. Prime richerche bacteriologiclie sperimentali nel Caucaso.
1 Bollettino della Società generale dei viticoltori italiani. Anno III, 3, 4.
Roma, 1888.
Ce, ietti. Le malattie dei vini e la r. Stazione di patologia vegetale. — Feletti. Cenni
sulla viticoltura ed enologia del Canavesano. — Lunardoni. Metodi curativi per combat-
tere la filossera. — Cedetti. Commissione enologica in Sicilia. — Boldi. Confronti econo-
mici sull'impianto della vigna in Puglia.
i Bollettino della Società geografica italiana. Ser. 3a, voi. I, 2. Roma, 1888.
Memorie e Relazioni: Notizie del doti L. Traversi. — Le recenti collezioni del
dott. V. Ragazzi. — Badia. L'emigrazione svedese. Fra, in, Qrillo. Il Rio di Chopim. —
Marinelli. L'opera del prof. Omlauft sulle .. alpi •>. — Annoni. Da Agram a Costantinopoli,
per Belgrado a Bucarest. — Colini. Cronaca del Mus biografico e preistorico.
■•"Bollettino delle nomine (Ministero della guerra). 1888. Disp. 6-8. Roma.
f Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa dalla
Biblioteca naz. centrale di Firenze. N. 51, 52. Firenze, 1888.
"•Bullettino delle scienze mediche pubblicato per cura della Società medico-
chirurgica di Bologna. Ser. 6a, voi. XX, 5-6. Bologna, 1887.
Gamberini. L'idros-adenia, il lichene rosso e l'eczema. — Tanijfi. Intorno alle ano-
malie del funicolo ombellicale. — Pinzarti. Influenza della segala e. muta sul puerperio.
f Bollettino del Ministero degli affari esteri. Parte la, voi. I, gennaio 1888.
Roma.
bollettino di legislazione e statistica doganale e commerciale. Anno V, 1° seni,
genn. 1888 con Suppl. Roma.
'''Bollettino di notizie agrarie. Anno X, n. 1-6. — Rivista meteorico-agraria.
Anno X, n. 2-4. Roma, 1888.
bollettino di notizie sul credito e la previdenza. Anno V, n. 24; VI, n. 1-3.
Roma, 1887-88.
* Bollettino mensuale pubblicato per cura dell'Osservatorio centi-ale del r. Col-
legio C. Alberto in Moncalieri. Ser. 2a, voi. Vili, 1, gennaio 1888. Torino.
'Bollettino meteorico dell'Ufficio centrale di meteorologia. Anno X, febbraio
1888. Roma.
•"Bollettino settimanale dei prezzi di alcuni dei principali prodotti agrari e
del pane. Anno XV, 1888, n. 2-5. Roma, 1888.
— LXI —
: Bollettino ufficiale della istruzione. Voi. XIII, dicembre 1887; XIV, gen-
naio 1888. Roma.
♦Bullettino della Commissione speciale d'igiene del Municipio di Roma. Anno
Vili, 7-9. Roma, 1888.
Finto. Il governo delle acque.
+Bullettino sanitario (Ministero dell'interno). Gennaio 1888. Roma.
* Gazzetta chimica italiana. Appendice. Voi. VI, 1. Palermo, 1888.
1 Giornale della r. Accademia di medicina di Torino. Voi. XXXVI, 1. To-
rino, 1888.
Marro. Di un nuovo criterio diagnostico nella paralisi progressiva derivato dall'ana-
lisi delle orine. — Calderini. Cellule simili a quelle della decidua ottenute sperimental-
mente mediante stimolo meccanico. — Foà e Bonome. Di un microfita patogeno per l'uomo
e per gli animali. — hi. e Carbone. Sulla fisiopatologia della milza. — hi. e Bonome.
Sulla biologia del Proteo capsulato.
1 Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche di Genova. Anno X,
2° seni. f. 8-11. Genova, 1887.
Pizsetti. Contribuzione allo studio geometrico della superficie terrestre. — Piuma. In-
torno a due classi di integrali esprimibili con soli logaritmi. — Loria. Sugli enti geome-
trici generati da forme fondamentali in corrispondenza algebrica. — Moverà. Sulla integra-
zione delle equazioni a derivate parziali del primo ordine. — Perroni. Sul punto doppio
apparente della cubica gobba. — Balbi. Studi sulla storia del diritto pubblico degli Ita-
liani nelle prime età del medio evo. — Chinassi. Brevi studi intorno a Socrate. — Ba-
steri. Flora ligustica. — Premi. Trattati commerciali colla Francia e l' Austria-Ungheria. —
Marcer. Della Storia considerata qual mezzo di educazione.
+ Giornale medico del r. Esercito e della r. Marina. Anno XXXVI, 1, gennaio
1888. Roma.
* Giornale militare ufficiale 1888. Part. I, 5, 6; parte II, 5-7. Roma.
*Giornale (Nuovo) botanico italiano. Voi. XX, 1. Firenze, 1888.
Berlese. Monografìa dei generi Pleospora, Clathrospora e Pyrenophora. —
Beccavi. Nuove specie di Palme recentemente scoperte alla Nuova Guinea.
* Ingegneria (L') civile e le arti industriali. Voi. XIII, 12. Torino, 1887.
Braycla. A proposito di alcuni rilievi architettonici torinesi. — Crugnola. Dei ponti
girevoli in generale e di quello recentemente costruito per l'arsenale di Taranto. — Gan-
clolfi. Note sulle miniere di Somorrostro (Spagna).
f Memorie della Società degli spettroscopisti italiani. Voi. XV, 10. Roma, 1888.
Bieco e Mascari. Dimensioni, aree e latitudini eliografiche dei gruppi di facole rile-
vati nel r. Osservatorio di Palermo negli anni 1882-1884.
+ Osservazioni meteorologiche eseguite nell'anno 1887 nel r. Osservatorio astro-
nomico di Brera, col riassunto composto sulle medesime. Milano, 1888.
'Programma del r. Istituto tecnico superiore di Milano. Anno 1887-88. Milano.
^Rassegna (nuova) di viticoltura ed enologia. Anno II, 3. Conegliano, 1888.
Grassi Soncini. Colbertismo. — Comboni. Cosa si può sostituire al gesso nella ges-
satura dei vini. — Mailer Thurgau. Delle uve gelate, e del sapore che comunicano al vino. —
Cettolini. L'enologia e la lotta di tariffe fra la Francia e l'Italia. — Comes. Patologia. 11
mal nero o la gommosi. — Gaia. L'Enocianina.
— LXII —
f Rendiconti del r. Istituto lombardo di scienze e lettere. Ser. 2a, voi. XX, 20;
XXI, 1-3. Milano, 1888.
XX. 20. Brambilla. Lo omografie che mutano in se stesse una curva gobba razionale
del quarto ordine.— Trevisan. Se sia vero che il bacillo imetrofo (micrococcus prodi-
gio su s di antichi autori) proceda sempre come agente specifico predisponente al calcino del
baco da seta. — Volta. Il circuito elettrico male isolato. — Ferrini. Intenzione ed effetto
dei negozi giuridici. — Canta. Cose d'Africa. — XXI. 1. Strambio. Rendiconto de' lavori
della Classe di lettere e scienze storiche e morali.— Ferrini. Rendiconto de' lavori della
Classe di scienze matematiche e naturali. — Inuma. Commemorazione del comm. Bernar-
dino Biondelli. — 2. Tondini de' Quarenghi. Sui vantaggi e la possibilità dell'adozione
generale del Calendario gregoriano. — Canta. Osservazioni alla Comunicazione del P. Ton-
dini De' Quarenghi. — Zucchi. Il quinto e sesto progetto di legge sanitaria. — Zoja. Una
quistione di priorità circa la « Bulla ethmoidalis del Zuckerkandl. — Pini. Riassunto delle
Osservazioni Meteorologiche, eseguite presso il r. Osservatorio Astronomico di Brera nel-
l'anno 1887. — 3. Vignoli. Audizione colorata. — Villa Pernice. Le casse di risparmio
e il nuovo progetto di legge per il loro riordinamento. — Bueeellati. Progetto del Codice
penale del Regno d'Italia del ministro Zanardelli. — Vidari. La convenzione di Berna del
0 settembre 1886. Protezione delle opere letterarie ed artistiche. — Bordelli. Proprietà ste-
reometriche di un sistema di forze. — Rajna. Escursioni diurne del magnete di declina-
zione fra 8 ore ant. e 2 ore pom. determinate nel r. Osservatorio di Brera durante l'anno
1887. — Chiozza. Sulla derivazione dell'Eugeniol dalla Coniferina.
+Revue internationale. T. XVII, 3, 4. Rome, 1888.
III. Biase de /lue;/. Mes Bonvenira de la « Revue des Deux Mondes».— Boglietti.
La politique extérieure de l'Autrichc-Hongne depuis Sadowa. — Delpit. La vengeance de
Pierre. _ Frenes. Jean-Pierre Vieusseux d'après sa correspodance avec J.-C.-L. De Sismondi. —
Stevenson. Un cas extraordinaire. Imitò de l'anglais. — V L'exploitation et la construction
des chemins de fer en Italie. — IV. Blaze de Burij. Mes souvenirs de la « Revue dee Deux
Mondes». — Bonfadini. La Frane, • e\ l'Italie en 1888. — Delpit. La vengeance de Pierre.—
Frenes. Jean-Pierre Vieusseux d'après sa correspondanee uvee J.-C.-L. De Sismondi. —
Loliée. La Eeine Pompadonr et son temps. — *% L'exploitation et la construction des che-
mins de fer en Italie.
+ Rivista di artiglieria e genio. Gennaio 1888. Roma.
Cerroti. Esame critico delle varie forinole in uso sulla spinta dei terrapieni ecc. —
Sobrero. Alcune proposte riguardo all'artiglieria da campagna. — Rovere. Circa gli ordi-
namenti militari in relazione col progresso civile e coll'armamento. — Sulle esperienze di
rottura di due ponti di ferro a travate rettilinee presso la stazione di Bilt (Utrecht). —
Siracusa. L'artiglieria campale italiana.
f Rivista italiana di filosofia. Anno III, voi. I, gen.-feb. 1888. Roma.
Pietrobono. La teoria dell'amore di Dante Alighieri. — Benzoni. Teorica del bello
nelle ultime pubblicazioni d'Estetica in Italia. — Valdarnini. La scienza moderna e la
Filosofia teoretica. — Ferri. Di una vecchia definizione del concetto. — Valdarnini. IX
Dizionario francese di pedagogia e una Enciclopedia pedagogica italiana.
+ Rivista marittima. Anno XXI, 1, gennaio 1888. Roma.
Tadini. I marinai italiani nelle Spagne (Appunti storici). — Colombo. La telegrafìa
ottica. — Colomb. I blocchi nelle attuali condizioni della guerra marittima. — Barlocci.
Cannone a Retrocarica, sistema dell'ingegnere Quick (Trad.).
+Rivista scientifico-industriale. Anno XX, 1-3. Firenze, 1888.
1. Rovelli. Le tinte dei crepuscoli in relazione collo stato igrometrico dell'atmo-
sfera. — Palagi. Sulla costituzione della nebbia e delle nubi. Nota IL — Canestrini. Espe-
— LXIII
rienze sopra alcuni effetti prodotti dalle scintille d'induzione. — Bargàgli. Insetti nocivi
al vino in bottiglie. — 2. Palmieri. Come cadendo la pioggia sul luogo delle osservazioni
si possa avere elettricità negativa. — Canestrini. Esperienze sopra alcuni effetti prodotti
dalle scintille d'induzione. — Maugini. Probabile causa della valenza degli atomi. — 3. Ca-
nestrini. Esperienze sopra alcuni effetti prodotti dalle scintille d'induzione. — Maugini.
Probabile causa della valenza degli atomi. — Poli. I movimenti del protoplasma in rela-
zione colla tensione superficiale.
f Statistica del commercio speciale di importazione e di esportazione dal 1° gen.
al 31 die. 1887. Roma, 1888.
f Studi e documenti di storia e diritto. Anno Vili, 3-4. Roma, 1887.
Alibrandi. Osservazioni giuridiebe sopra un ricorso de' Monaci di Grottaferrata al
pontefice Innocenzo II. — Tomassetti. Note storico-topografiche ai documenti editi dall'Isti-
tuto austriaco (Campagna romana). — Calisse. Note (Patrimonio di s. Pietro in Tuscia). —
De Nolhac. Les correspondants d'Aide Manu.ce. Matériaux nouveaux d'histoire litte'raire.
Pubblicazioni estere.
+ Abstracts of the Proceedings of the Chemical Society. N. 47, 48. London, 1888.
fActes de l'Académie nationale des sciences, belles-lettres et arts de Bordeaux.
3esér. 47 année 1885. Bordeaux, 1885.
fAnales del Instituto y Observatorio de marina de San Fernando. Seccion 2.a
Observaciones meteorologicas. S. Fernando, 1887.
tAnnalen der Physik und Chemie. N. F. Bd. XXXIII, 2, 3. Leipzig, 1888.
2. Wiedemann u. Ebcrt. Ueber den Einfluss des Lichtes auf die electrischen Entla-
dungen. — Meyer. Ueber die thermische Verànderlichkeit des Daniell'schen Elements und
des Accumulators. — Berliner. Ueber das Zerstauben gltihender Metalle. — Narr. Ueber
die Leitung der Electricitàt durch die Gase. — Hallwachs. Ueber den Einfluss des Licbtes
auf electrostatistisch geladene Korper. — Stenger. Zur absoluten Messung magnetiseber
Felder. — Braun. Bemerkung uber die Erklàrung des Diamagnetismus. — Tammann.
Ueber eine dynamische Methode zur Bestimmung der Dampfspannungen. — Braun. Ueber
einen allgemeinen qualitativen Satz fiir Zustanclsànderungen nebst einigen sich anschliessen-
den Bemerkungen, insbesondere uber niebt eindeutige Systeme. — Ketteler. Experimental-
untersuchung uber das Eefractionsvermogen der Fliissigkeiten zwischen sehr entfernten Tem-
peraturgrenzen. — Kurlbaum. Bestimmung der Wellenlange Fraunhofer'scher Linien. —
Braun. Ein Versuch iiber Lichtemission gluhender Korper. — Oosting. Zwei Methoden zur
Erregung der Lissajous'schen Schwingungscurven. — 3. Dieterici. Ueber eine Bestimmung
des mechanischen Aequivalentes der Warme und iiber die specifische Warme des Wassers. —
Winkelmann. Die Verdampfung in ihrer Abhàngigkeit vom àusseren Druck. — Koch. Ueber
das Ausstromen der Electricitàt aus einem gliihenden electrischen Korper. — Streintz. Expe-
rimentaluntersuchungen iiber die galvanische Polarisation. — v. Ettingshauseii u. Nernst.
Ueber das thermische und galvanische Verhaltnen einiger Wismuth-Zinn-Legirungen ini
magnetischen Felde. — Foeppl. Ueber die Leitungsfahigkeit des Vacuuins. — Ketteler.
Experimentaluntersuchung uber das Eefractionsvermogen der Fliissigkeiten zwischen sehr
entfernten Temperaturgrenzen. — Schmidt. Ueber die durch feine Rohrchen ini Kalkspath
hervorgerufenen Lichtringe und die Theorie derselben. — Wolf. Ueber die F:irbenzer-
streung im Auge. — v. IVyss. Ueber eine neue Methode zur Bestimmung der l\otations-
— LXIV —
dispersion einer activen Substanz, und fiher eine Fall von anomaler Dispersion. — Olszewski.
Ueber das Absorptionsspectrum des fliissigen Sauerstoffs und der verfliissigten Luft. — Puluj.
Fallapparat.
^Annalen Matheraatische. Bd. XXXI, 1. Leipzig, 1888.
Kònig. Ueber eine neue Interpretation der Fundamentalgleichungen der Dinamik. —
Schònflies. Ueber die regelmàssigen Configurationen n». — Busche. Ueber die Euler'sche
r/j-Function. — Koenigsberger. Ueber algebraische Beziehungen zwischen den Fundamcn-
talintegralen und deren Ableitungen fiir eine irreductible lineare hornogene Differcntial-
gleichung zweiter Ordnung. — v. Lilienthal. Ueber eine besondere Art von Strahlensy-
stemen. — Meyer. Zur Algebraischen Erzeugung siimmtlicber, auch der zerfallenden ebenen
rationalen Curven vierter Ordnung. — Wiltheiss. Partielle Differentialgleichungen der hy-
pcrelliptischen Thetafunctionen und der Perioden derselben. — Schafheithn. Ueber cine
Integraldarstellung der hypergeometrischen Reihe.
"■'Annuaire de la Société géologique du Nord. XV, 1. Lille, 1888.
Barrois. Les modifications et les transformations des granulites dì Morbihan. —
Garton. Lettre de Metaniera (Tunisie). — Delvaux et Ortlieb. Les poissons fossiles de
l'argile ypresienne de Belgique.
'Annales des mines. 8e sér. t. XII, 4. Paris, 1887.
Baudry. Notes sur le service du matèrie] et de la traction de quelqnes chemins de fer
arnéricains. — Aguillon. Grande-Bretagne. Loi de 1887 .sur Les mines de liouille. —
Leseure. Note sur la société cooperative formée poni L'association des carrières de Bourré,
* Annales scientitìques de l' Ecole normale supérieure. 3e sér. t. V, 1, 2.
Paris, 1887.
1. Sauvage. Sur les solntions régulières d'un système d'équations différentielles (deu-
xième Mémoire). — Nazimow. Sur qnelqnes applications de la théorie des fonctìons ellipti-
ques à la théorie des nombres. — 2. Nazimoio. Sur qnelqnes applicationa de la théorie
des fonctìons elliptiques à la théorie des nombers. — Gombescure. Sur le déplacement
tangentiel de denx srafaces rigides.
fAnnals of the astronomica! Observatory of Harward College. Voi. XIII, 2.
Cambridge, 1888.
Zone observations made with the transit wedge photometer attached tu the equato-
rial telescope of fifteen inches aperture during the Years 1882-1886, under the Direction
of E. C. Pickering.
+Annuaire de la Société météorologique de France. 1887. Sept. Paris.
Arabeyré. Projet de sismographe enregistreur. — J//n/vel. Har les cause d'une classe
de bourrasques. — Renou. Resumé des observations météorologiques faites au Parc-dc-Saint-
Maur, en juin 1887. — Gicurdevache. Variations du barometro entro deux jours consécu-
tifs en janvier. — Arabeyré. Projet de prevision automatique du mistral à Faide d'un appareil
électrique (Résumé).
^nnuaire de l'Institut de France pour 1888. Paris,
^nzeiger (Zoologischer). N. 271, 272. Leipzig, 1888.
271. Grassi. Ersatzpaar bei den Termiten. — Fewkes. The Sucker on the Fin of Ptero-
fra e h e a . — S'chimkeivitsch. Sur le développement du coeur des niollusques pulmone's d'après
les observations de M. Schalfeew. — Simroth. Ueber die azorisch-portugiesische Nacktschne-
kenfauna und ihre Beziehungen. — Villot. Encore un mot sur le développement et la déter-
minatiòn spécifique des Gordiens adultes. — 272. Simroth. Ueber die azorisch-portugiesi-
sche &. — Beddard. Preliminary note on the " Mucous Gland „ of Urochaeta. — Id.
— LXV —
Preliminary Notes on the Anatomy ofPerichaeta.— Enckerman. On interesting Spe-
cimen of Taenia saginata. — Saefftingen. Das Nervensystem der Phylactolaemen Siiss-
wasser-Bryozoen.
*Archiv der Mathernatik und Physik. 2 Reihe. T. V, 4; VI 1. Leipzig, 1887.
V, 4. Hofmann. Die synthetischen Grundlagen der Theorie des Tetraedroid-Comple-
xes. — Kótter. Ueber die Contractio venae bei spaltfòrmigen und kreisfSrmigen Offnun-
gen. — Hoppe. Das n dehnige (ra+I) eck in Beziehung aus seine Haupttràgaxen. — Decker.
Ueber die spharisch-elliptische vBewegung. — Schiffner. Ueber den geometrischen Ort der
Mittelpunkte von Kreisen, welche durch 2 Punkte gehen und eine Gerade treffen. — VI, 1.
Fuhrmann. Der Brocard'sche Winkel des Dreiecks. — Ekama. Die Lissajous'schen Curven. —
Hoppe. Erweiterung zweier Sàtze auf n Dunensionen. — Bermann. Ueber Triederschnitte
und Minimaltetraeder. — Klug. Construction der den Brennpunkten eines Kegelschnitts
entsprechenden Punkte hmcollinearen System. — là. Ueber mehrfachperspective Tetraeder.—
Simon. Zur Theorie der harmonischen Pieihe. — Oekinghaus. Ueber die Normalen der Ke-
gelschnitte.
fBerichte der deutschen chemischen Gesellschaft. Jhg. XXI, 2, 3. Berlin, 1888.
2. Brùhl. Untersuchungen iiber die Terpene und deren AbkSmmlinge. — Zùrcher.
Zur Oxydation der Chinolin-o-sulfonsàure. — Polonowsky. Ueber das Verhalten einiger Dio-
xime gegen Phenylhydrazin. — Fromm. Zur Kenntniss der Disulfone. — Tschacher. Ueber
die Condensation des m-Nitrobenzaldehydes niit Kohlenwasserstoffen. — ■ Landolt. Ueber
polaristrobometrisch-chemische Analyse. — Hartmann. Ueber die specifische Drehung der
Rechtscamphersàure und ihrer Salze. — Selmons. Ueber die Zersetzung der Perjodsàure
durch schweflige Saure, und ihren zeitlichen Verlauf. — Fahlberg und List. Zur Bildung
der o-Sulfamincarbonsiiuren. — Brunner und Chuit. Ueber Dichroi'ne, Phenoloxychro'in,
Thymolochroi'n und Thymochinon. — Bamberger und Lodter. Ueber «-Naphtalinaldehyd. —
Lange. Ueber die Einwirkung von Schwefel auf die Salze der aromatischen Oxyverbindun-
gen. — Demuth und Meyer. Zur Kenntniss der Isodibrombernsteinsiiure. — Loeto. Ueber
die Condensation des Formaldehyds unter verschiedenen Bedingungen. — Kòrner. Ueber
einige Derivate der Phenyldibromisobuttersàure. — Reese. Ueber die Einwirkung von Phtal-
sàureanhydrid auf Amidosauren. — Riidorff'. Ueber das Calciumkupferacetat. — Seubert. Die
Benzylester der chlorsubstituirten Essigsauren. — Ladenburg. Ueber y-Bicolin und /-Pipeco-
lin. — Petersen. Ueber das Pyrrolidin. — Bachér. Ueber |3-Bicolin. — Durkopfnnà Schlaugk.
Die Constitution des Aldehydcollidins. — ■ Rugheimer und Schramm. Ueber die Einwirkung
von Phosphorpentachlorid auf athylmalonsaures Anilin und àthylmalonsaures o-Toluidin. —
Friedheim. Zur Frage der Existenz des von der Pf ordten'schen Ag40 und iiber die Ein-
wirkung des K Mn 04 auf Silber. — Levy und Jedlicka. Zur Kenntniss des vierfach gechlorten
Diacetyls. — Witt. Ueber Derivate des «-Naphtols. — M essinger und Engels. Ueber die
Entwicklung von gasformigem Phosphorwasserstoff und dessen Einwirkung auf Aldehyde
und Ketonsàuren. — Bergreen. Untersuchungen iiber das Thiophosgen. — Meyer. Ueber
schwefelhaltige Abkommlinge des Desoxybenzoi'ns und seiner Analogen. — Neumann. Eine
neue Methode zur quantitativen Bestimmung des Thalliums. — Classen. Quantitative Ana-
lyse durch Elektrolyse. — hi. Ueber eine neue quantitative Methode zur Trennung des
Titans von Eisen. — Lunge. Ueber eine verbesserte Form des Nitrometers. — Ris. Ueber
einige Derivate des Brenzcatechins mit Alkylendiaminen. — Brómme. Die Einwirkung von
Brom auf die Naphtochinonoxime. — RI. Die Einwirkung von Monaminen auf die Naphto-
chinonoxime. — Vallach. Ueber Irisin. — Lellmann und Reusch. Ueber Pseudochinolin-
ananitril. — Pawleioski. Ueber Einwirkung von Chloraceton auf Diphenylsulfoharnstoff. —
Ledermann. Zur Kenntniss der Tetrabenzylphosphoniumverbindungen. — Lòscher. Einwir-
kung von Brom auf Jodoform. — Frentzel. Ueber die Polyinevisationsproducte der Tolyl-
Bullettino Rendiconti. 1888, Vol. IV, 1° Sem. 9
— LXVI —
cyanate. — Jacobson. Ueber die Eimvirkung von Schwefelkoblenstoff auf Benzolazo-,?-naphtol. —
Meline. Ueber Condènsation von Furfurol rait Monochloraldehyd. — Nletzki und Guiter-
man. Zur Kenntniss der Chinondioxirae. — Liebermann. Ueber die Leukostufen dei anthra-
chinonfarbstoffe. — Id. Ueber therapeutische Ersatzmittel des Chrysarobins. — 3. Brìi hi.
Untersuchungen tìber die Terpene und deren Abkommlinge. — Bongartz. Ueber Verbin-
dungen der Aldehjrde, Ketone und Ketonsiiuren mit der Tbioglycolsiiure. — Polonowska.
Ueber die Oxime des Benzils. — Zincke. Untersucbungen iiber P-Napbtocbinon. — Graebc.
Ueber Phenylsalicylsiiure und Diphenylenketonoxyd. — Kuhn und Hemchel. Ueber substi-
tuirte Biurete. — Scholl. Umwandlung von Ketoximen in Pseudonitrole. — Mohlau. Ueber
die Identitiit des Diphenyldiisoindols und des Pr-3-Pbenylindols. — Weyl. Weitere Ver-
suche tìber die Giftigkeit des S affransurrogats (Dinitrokresols). — Brunn. Ueber daa Mu-
rexoi'n. — Giinther. Versuche zur Umlagerung von Benzildioxira. — Anschùtz. Ueber di.'
Isomerie der Fumarsàure und der Maleinsiiure. — Conrad und Limpach. Sinthese von
«-Phenyl-;'-oxychinolin. — Id. Synthese der Homologen des ;'-Oxyebinaldins. — Willgt'.roà\.
Ueberfuhrung von Ketonen und Aldehyden in Sànren und Saureamide mittelst gelben Scbwe-
felammoniums. — Meyer. Ueber die Raoult'sche Methode der Moleculargewicbts-Be-
stimmung. — Zincke und Jaenke. Ueber Orthoamidoazoverbindnngen des Xylols und Pseudocu-
mols. — Japp imdKìingemann. Bildungsweisen von Mono- and Dibydraziden der«-Diketone. —
Id. und Iluntly. Einwirkung von Phenylhydrazin ani' ein ungesattigtee y-Diketon. —
Lepsius. Analyse des «TOnnissteiner Beilbrunnensu. — Li Vorleeungsversuch zur Demon-
stration der Valenz der Metalle. — Gdttig. Ueber bis jetzt unbekannte Verbindungen dea
Aetznatrons mit Methylalkobol, welche sich auf der Wasseroberflache bewegen. — Gabriel.
Ueber einige Derivate des Aetbylamins. — Strassmann. Ueber einige AbkOmmlini:'' dea
o-Xylols. — JVisìicenus. Ueber dir Lage der Atome im Raunie. — Id. Antwort ani'
W. Lossen's Frage. — Kràss und h'ihon. Die Componenten der Absorptionsspectrum
erzeugenden seltenen Erden. — IL'ìm. l'ebcr rinigp Nitroderivate dea Phenyl-^-naphtyl-
amins. — Ekstrand und Johanson. Zur Kenntniss der Kohlebydrate. — Liebermann. Ueber
das Nueleìn der Hefe und kunstliche Darstellung einea Nucleina aus Eiweisa and Meta-
pbospborsàure. — Meldola. Ueber den Ersatz dei Amidogruppe durcb die Acetylgruppe mit
Htìlfe der Diazoreaction. — Will. Ueber einige Reactionen dei Trimethylather der drei
Trioxybenzole nnd ueber die Constitntion des Asarons. — Wohl. Ueber Amidoacetale. —
Roos. Ueber einige schwefelbaltige Verbindungen des Chinolins.
fBibliothèque de l'École des Chartes. XLVIII. (3e livr. Paris, 1887.
Dehsle. Deux notes sur des impressions du XV6 siècle. — Moranvillé. Guillaume du
Breuil et Robert d'Artois. — Omont. Deux registres de préts de manuscrits à la biblio-
tbèque de Saint-Marc de Venise (1545-1559).
+Bibliothèque des Écoles fran9aises d'Athènes et de Rome. Fase. XLVIII.
Paris, 1887.
Muntz et Fabre. La Bibliotbèque du Vatican au XVe siècle d'après des documents
inédits.
tBoletim da Sociedade de geographia de Lisboa. 7a Serie, n. 3, 4. Lisboa, 1887.
Cardoso. Expedicào as terras do Muzilla em 1882. — Contributions à la flore crypto-
gamique du nord du Portugal. — de Serpa Pimentel. 0 Congo portuguez. Relatorio sobre
as feitorias do Zaire, seu commercio, trabalhos de Stanley e missues inglezas.
tBulletin de l'Académie delfinale. 3e sér. t. XX, 1885. Grenoble, 1886.
Crozals. L'esprit public en France et le moyen age. — Giraud. L'hellénisme en
Italie. — Reymond. Esquisse d'une estétique. — Charvet. Les barnacbements des ebevaux
de selle au moyen age. — Kirwan. La nouvelle cosmogonie. — Prudhomme. Mémoires
bistoriques sur la partie du comté de Valentinois, située sur la rive droite du Rhóne. —
— LXVII —
Delachenal. Charte comunale de Crémieu. — Id. Le gentilshommes dauphinois à la ba-
taille de Verneuil. — Roman. Deux chartes dauphinoises inédites du XP siècle. — Cha-
pelle. Fouilles archéologiques faites sur le territoire de la Comune de Pact (Isère).
+Bulletin de la Société académique Indo-Chinoise de France. 2e sér. t. II,
années 1882-83. Paris, 1883-85.
+ Bullettin de la Société de géographie. 7e sér. t. Vili, 4 tr. 1887. Paris.
Aubry. Une mission au Choa et dans les pays Gallas. — Vallière. Notice géogra-
phique sur le Soudan francais. — de Monaco. Deuxième campagne scientifique de l'H i r o n -
delle dans l'Atlantique nord. — Gouin. Le Tonkin, le haut Fleuve Eouge et ses affluents.
*Bulletin de la Société des antiquaires de Picardie. 1886 n. 1-4; 1887 n. 1.
Amiens.
+ Bulletin de la Société des sciences de Nancy. Sér. 2e, t. Vili, 20. Paris, 1887.
Thouvenin. Localisation du tannili dans les Myristicace'es. — Bleicher et Flìclie.
Note sur la flore pliocène de Monte Mario. — Bichat et Blondlot. Sur un électromètre a
indications continues. — Vuillemin. Études biologiques sur les champignons.
■+Bulletin de la Société entomologique de France. 1888, feull. 2, 3. Paris.
1"Bulletin de la Société géologique de France. T. XV, 4-6. Paris, 1887.
4. Gosselet. De l'envaliissement progressif de l'ancien continent cambrien et silurien
de l'Ardenne par les mers de'vonniennes. — Id. Eemarques sur la faune de'vonnienne de
l'Ardenne. — Bergeron. Sur le bassin houiller d'Auzits (Aveyron). — Dru. Description du
pays situé entre le Don et le Volga, de Kalatch à Tsaritsine. — de Saporta. Nouveaux
documents relatifs aux organismes problématiques des anciennes mers. — 5. de Saporta.
Organismes problématiques. — Sarran d'Aliarti {de). Note sur les environs de Pont- Saint-
Esprit, — Bourgeat. Contribution à l'e'tude du crétacé supe'rieur dans le Jura meridional. —
Collot. Age des Bauxites du S.-E. de la France. — Fahre. Origine des Cirques volcani-
ques (volcans de Beauzon) Ardèche). — de Margerie. Présentation d'un relief en plàtre
de la Pennsylvanie au nom de MM. J. P. Lesley et observations sur les plissements des
terrains paléozoi'ques. — Mouret. Note sur le Lias des environs de Brives. — Berge-
ron. Note sur les terrains anciens de la Montagne Noire. — de Lapparent. Contraction
et refroidissement du globe terrestre. — Boehn et Chelot. Note sur les calcaires à Perna
et à Me gal od on, du moulin de Jupilles (Sarthe). — de Sarran d'Aliarti. Késumé de la
monographie géologique de Cabrières par M. de Bouville. — 6. de Serran d'Aliarti. Mo-
nographie de Cabrières, par M. P. de Bouville. — Gaudry. Sur le petit Ursus spelaeus
du Muséum. — Bertrand. Conférence sur la chaine des Alpes et la formation du conti-
nent européen. — Grossouvre. Sur les gisements de phosphate de chaux du Centre de la
France. — Viguier. Sur l'Albien supérieur des Corbières. — Meunìer. Sur le tremble-
ment de terre de Ligurie (1887). — Kilian. Note sur le Gault de la montagne de Lure
et le Schloenbachia infl atiformis. — Gaudry, Communication sur le Dimodo-
saurus polignyensis. — Depéret. Sur les horizons mammalogiques miocènes du
bassin du Ebòne. — de Grossouvre. Sur le système oolitbique inférieur dans la partie
occidentale du bassin de Paris. — Goret. Geologie du bassin de l'Ubaye.
fBulletin de la Société nationale des antiquaires de France. 1885-86. Paris,
1885-86.
+Bulletin de la Société zoologique de France pour l'année 1887. Voi. XII,
2-4. Paris.
Pilliet. Note sur l'aspect des champs de Cobnheim dans les fibres mnsculaires striées
chez l'adulte. — Moniez. Sur un Champignon parasite du Le e ani uni li e speri d uni
— LXVIII —
(Lecaniascus polymorphus no bis). — Pilliet et Boulart. Glandes odorantes du
fourreau de la verge chez un Coati bruii. — Richard. Liste des Cladocères et des Cope'-
podes d'eau douce observés en France. — Jousseaume. Mollusques nouveaux de la Répu-
blique de l'Équateur. — Cousin. Faune malacologique de la République de l'Équateur. —
Ghevreux. Catalogue des Crustacés amphipodes marina du sud-ouest de la Bretagne, suivi
d'un apercu de la distribution géographique des amphipodes surs le cùtes de France. —
de Guerne. Sur les genres E e tino soma Boeck et Podon Lilljeborg, à propos de deux
Entomostracés (Ectinosoma atlanti cura G. S. Brady et Robertson, et Podon mi-
nutus G. 0. Sars), trouvés à la Carogne dans l'estomac des sardines. — Vian. Monogra-
phie des Poussins des oiseaux d'Europe qui naissent vétus de duvet (P ti lopsedes Sund-
wal). — Simon. Aracbnides recueillis à Obock, en 1886, par M. le Dr. L. Faurot. —
Simon. Liste des Arachnides recueillis en 1881, 1881 et 1885, par MM. J. de Guerne et
C. Rabot, en Laponie (Norvège, Finlande et Russie). — Id. Espèces et genres nouveaux
de la famille des Spar assida. — Scklumberger. Note sur le genre P 1 an ispirili a. —
Sauvage. Note sur le plexus brachial et le plexus sacro-lombaire du Zonure géant. —
Blanchard. Bibliographie des Hématozoaires. — Moniez. Liste des Copépodes.
+Bulletin des sciences mathéuiatiques. 2e sér. t. XII, févr. 1888. Paris.
Tannery. Pour l'iiistoire de la scienco bellóne: de Tbalès à Empedocle. — Pcarson.
A History of the theory of elasticity and of the strength of materiata from Galilei to the
present time, by Isaac Todhunter. — Kapteyn. Note sur les différentìelles binòmes.
fBnlletin of the Museum of Comparative Zoology at Harward College. Vol.XIII,
6. Cambridge, 1887.
Parker. The eyes in Scorpion.
*Centralblatt (Botanisches). Bd. XXXIII, 6-10. Cassel, 1888.
Murr. Ueber die Emschleppung and Verwilderung von Pflanzenarten im mittlcren
Nord-Tirol. — Dùnnenberger. Bacteriologisch-chemische Ontersuchung ueber die beim Auf-
gehen des Brotteiges virtenden Ursachen.
*Centralblatt fur Physiologie. 1888, n. 23, 24. Wien, 1888.
*Civilingenieur (Der). Jhg. 1888, Heft 1. Leipzig, 1888.
Connert. Mittheilungen aus dem mechanisch-technologischen Laboratorium des Konigl.
Polytechnikums zu Uresden. — Beck. Bietorische Notizen. — Friedrich. Geognostische
Wanderungen in der Gegend von Zittau u. d. (Jmgehung.
fCommunicacoes da Commissao dos Trabalhos geologicos de Portugal. T. I, 2.
Lisboa.
de Lima. Oswald Heer e a flora tossii portugueza. — de Vasconcellos Pereira Ca-
brai. Traces d'actions glaciaires dans la Serra d'Estrella. — Cho/fat. Recherches sur les
terrains secondaires au sud de Sado. — Macpherson. Étude des roches éruptives recueillies
par M. Choffat dans les affleurements secondaires au sud du Sado.
+Compte rendu de la Société de géographie. 1888, n. 2-4. Paris.
tComptes rendus hebdomadaires des séances de l'Académie des sciences. T. CVI,
5-7. Paris, 1888.
5. Janssen. Note sur l'éclipse totale de lune du 28 janvier 1888. — Stephan. Obser-
vation de l'éclipse totale de lune du 28 janvier, à l'Observatoire de Marseille. — Debray
et Joìy. Recherches sur le ruthe'nium: acide hyperruthénique. — Cailletet. Appareil pour
des expériences à haute temperature, au sein d'un gaz sous pression éleve'e. — Wolf. Sur
la statistique solaire de l'année 1887. — Lcauté. Sur la distribution dans les machines à
quatre tiroirs. — Rouché. Sur la durée du jeu. — Demartres. Sur la surface engendre'e
par une conique doubleinent secante à une conique fixe. — Foxiret. Sur quelques propriétés
— LXIX —
geometri ques des stelloi'des. — Carvallo. Formules d'interpolation. — Blondlot. Sur la
doublé réfraction diélectrique ; simultanéité des phénomènes électrique et optique. — Ma-
neuvrier et Ledeboer. Sur l'emploi des électrodynamomètres pour la mesure des intensités
moyennes des courants alternatifs. — Le Chatelier. Sur les lois de l'équilibre chimique. —
Jungfleisch et Légér. Sur la cinchonigine. — Morin. Sur les bases extraites des liquides
ayant subì la fermentation alcoolique. -- Wurtz. Sur la toxicité des bases provenant de
la fermentation alcoolique. — Galtier. Persistance de la virulence rabique dans les cada-
vres eufouis. — Maximoicitch. Des propriétés antiseptiquee du naphtol-a. — Moniez. Sur
le Tcenia nana, parasite de rhomme,' et sur son Cysticerque suppose (Cysticer cu s
tenebrioni s). — Bouvier. Sur l'anatomie et les affinités zoologiques des Ampullaires. —
Pomel. Sur le Thagastea, nouveau genre d'échinide eocène d'Algerie, et observations
sur le groupe des Fibulariens. — Munier-Chalmas et Bergeron. Sur la présence de la
faune primordiale (Paradoxidien) dans les environs de Ferrals-les-Montagnes (Hérault).—
Hébert. Remarques sur la découverte faite par M. Bergeron de la faune primordiale en
France. — Thomas. Sur les gisements de phosphate de chaux de l'Algerie. — Jaubert.
Note relative à l'observation de l'éclipse totale de lune du 28 janvier 1888, à l'Observa-
toire populaire du Trocadéro. — 6. Bertrand. Seconde Note sur la probabilité du tir à la
cible. — Chauveau. Sur le mécanisme de l'immunité. — Faye. Remarques sur une objection
de M. Kbandrikoff à la théorie des taches et des protubérances solaires. — Syloester. Sur
les nombres parfaits. — Trépied. Observations faites à l'Observatoire d'Alger pendant
l'éclipse totale de lune du 28 janvier 1888. — Rayet. Obvservations d'immersions et d'émer-
sions d'étoiles, faites à l'Observatoire de Bordeaux, pendant l'éclipse totale de lune du
28 janvier 1888. — Perrotin. Observation de l'éclipse de lune du 28 janvier 1888, faite
à l'Observatoire de Nice (équatorial de 0m,38 d'ouverture). — Charlois. Éphéméride de la
planète (252) pour l'opposition de 1888. — Robin. Distribution de l'électricité induite par
des charges fixes sur une surface fermée convexe. — Brillouin. Déformations permanen-
tes et Ihermodinamique. — Tanret. Sur une des bases extraites par M. Morin des liquides
ayant subì la fermentation alcoolique. — Hanriot et Richet. Influence de l'alimentation,
chez rhomme, sur la fixation et l'élimination du carbone. — Robert. Sur la spermatogé-
nèse chez les Aplysies. — Blanchard. De la présence des muscles striés chez les mollu-
sques. — Barrois. Sur les modifications endomorphes des massifs granulitiques du Mor-
bihan. — Nicklès. Note sur le sénonien et le danien du sud-est de l'Espagne. — Meunier.
Conditions favoiable à la fossilisation des pistes d'animaux et des autres empreintes pliy-
siques. — 7. Bertrand. Sur la détermination de la précision d'un système de mesures. —
Berthelot. Sur un procède antique pour rendre les pierres précieuses et les vitrifications
phosphorescentes. — Sylvester. Sur une classe speciale des diviseur de la somme d'une
sèrie géométrique. — de Caligny. Sur les propriétés d'une nouvelle machine hydraulique,
employée à faire des irrigations. — Lecoq de Boisbaudran. A quels degrés d'oxydation se
trouvent le chrome et le manganése dans leurs composés fluorescents ? — Vicaire. Sur les
propriétés communes à toutes les courbes qui remplissent une certame condition de mi-
nimum ou de maximum. — de Mondésir. Sur le róle du pouvoir absorbant des terres dans
la formxtion des carbonates de soude naturels. — Charlois. Observations de la nouvelle
planète (272), découverte le 4 février, à l'Observatoire de Nice. — Trouvelot. Nouvelles
observations sur la variabilité des anneaux de Saturile. — Brunel. Sur les racines des ma-
trices zéro'idales. — Poulain. Théorèmes sur les équations algébriques et les fonctions
quadratiques de Campbell. — Painlevé. Sur la représentation conforme des polygones. —
Ilumbert. Sur quelques propriétés des aires sphériques. — Amagat. Sur la vcrification ex-
périmentale des formules de Lamé et la valeur du cocfficient de Poisson. — Brillouin.
Déformations permanentes et thermodinamique. — Duhem. Sur les équilibres chimiqucs. —
Haute (e utile et Perrey. Sur l'action minéralisatrice des sulfures alcalins. Reproduction de
— LXX —
la cymophane. — Destrem. Déplacement du cuivre par le zinc, dans quelques solutions de
sels de cuivre. — de Saint-Martin. Sur le dédoublement du chloroforme par la potasse
alcoolique, et sur son dosage à l'aide de cette réaction. — Hanriot et Richet. Influence
des différentes alimentations sur les échanges gazeux respiratoires. — Gibier. Etude sur
Ittiologie de la fièvre jaune. — Giara. Sur la castration parasitaire chez les Eukyphotes
des genres Palaaemon et Hippolyte. — Soulier. Sur la formation du tube chez
quelques annélides tubicoles. — Hovelacque. Sur les propagules de Pinguicula vul-
garis. — Lernoine. Sur quelques mammifères carnassiers recueillis dans l'eocène infé-
rieur des environs de Eeims. — Ladrière. Découverte d'un 6Ìlex taillé et d'une defense
de Mammouth, à Vitry-en-Àrtois. — Delauney. Sur un théorème relatif aux écarts du tir.
f Effemeridi astronomico-nautiche pubblicate dalla i. r. Accademia di commercio
e nautica di Trieste. Anni II, III, 1888, 1889. Trieste, 1886-87.
i'Ergebnisse der Meteorologischen Beobachtungen im Jahre 1886, herausg. von
dem k. pruss. Meteor. Institut. Berlin, 1888.
+Jahresbericht des wissenschaftlichen Club. 1887-88. Wien.
"•"Jahresbericht (64) der Schlesischen Gesellschaft fiir Vaterlàndische Cultur.
1886. Breslau, 1887.
+Jahresbericht iiber die Fortschritte der classischen Alterthumswissenschaft.
Jhg. XV, 3-4. Berlin, 1888.
Susemihl. Bericht iiber Aristoteles und Theophrastos fiir 1886. — Bornemann. Jahres-
bericht iiber Pindar 1885-1887. — Heinse. Bericht iiber die in den Jahren 1881-1886 erschie-
nenen auf die nacharistotelische Philosophie beziiglichen Schriften. — "Becker. Bericht iiber
die Litteratur zu Quintilian aus den Jahren 18*0 bis 1SS7. — ITeydenreich. Bericht iiber
die Litteratur zu Propertius fiir die Jahre 1881 bis 1884. — Schiller. Jahresbericht iiber
romische Staatsaltertiimer fiir 1885. — Gioithcr. Bericht iiber neuere Publikationen auf dem
Gebiete der Naturwissenschaft. der Technik, «Ics Handels und Verkehrs im Aliertum.
+ Journal de physique théorique et appliquée. 2e sér. t. VII, févr. 1888. Paris.
Macé de Lépinay. Mesure absolues efFectuées au moyen du sphe'romòtre. — Carimey.
Sur la théorie des bandes de Talbot — Branly. Calcul de la largeur des franges dans
l'expérience des deux miroirs. — Grimaldi. Sur la dilatation thermique des liquides à di-
verses pressions. — Simon. Expérience de cours.
f Journal tur die reine und angewandte Mathematik. Bd. CU, 4. Berlin, 1888.
Hensel. Theorie der unendlich dunnen Strahlenbiindel. — Schottky. Zur Theorie der
Abelschen Functionen von vier Variabeln.
1 Journal (The american) of science. Voi. XXXV, n. 206. Febr. 1888. New
Haven.
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phical Microscope of American Manufacture. — Clark. New Ammonite which throws ad-
ditional light upon the geological position of the Alpine Rhaetic. — McGee. Three For-
mations of the Middle Atlantic Slope. — Pratt. Experiments with the Capillary Electro-
meter of Lippmann. — Creiv. Period of the Rotation of the Sun as determined by the
Spectroscope. — Reid. Theory of the Bolometer. — Fetvkes. Are there Deep-Sea Medusa ?
+Journal of the Chemical Society. N. CCIII, febr. 1888. London.
Branner and Tomicek. Action of Hydrogen Sulphide on Arsenic Acid. — Bothamley.
Notes from the Chemical Laboratory of the Yorkshire College. No. I. Reduction of Potas-
— LXXI —
sium Dichromate by Oxalic Acid. — Id. and Thompson. No. II. Estimation of Chlorates
by means of the Zinc-copper Couple. — Ball. The Alloys of Copper and Antimony and
of Copper and Tin.
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7-8. Hantken. Tinnyea Vàsàrhelyii nov. gen. et nov. spec. — Noth. Bergtheer nnd
Petroleumvorkommen in Kroatien-Slavonien und im siidwestlichen Ungarn. — Gezell. Me-
tallbergbau und Hiittenwesem Ungarns. — Id. Antimonerzbergbau bei Kiràly-Lubella im
Liptauer Comitat. — 9-11. Fischer. Die Salzquellen Ungarns — 12. Schmìdt. Zinnober
von Serbien.
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Aurés. Nouvel essai de restitution de l'inscription antique des bains de la Fontaine. —
Villani. Les banques populaires et le crédit agricole. — Magnen. Glanes botaniques, no-
tice sur diverses plantes à ajouter à la Flore du Gard.
* Mémoires de l'Académie des sciences, arts et belles-lettres de Dijon. 3e sér.
t. IX, années 1885-86. Dijon, 1887.
Journal d'un professeur à l'Université de Dijon (1743-1774) Mercure Dijounois (1748-
1789).
+ Mémoires de l'Académie des sciences, belles lettres et arts de Savoie. 3e sér.
t. XII; 4e sér. t. 1. Chambéry, 1887.
XII. Pillet. Notes pour la guerre de Savoie (1690-1697). — Id. Nouvelle description
ge'ologique et paléontologique de la comune de Le'manc, sur Chambéry. — Descostes. La
petite et la grande France. — Levanchy. Origine et nature de certains droits seigneuriaux. —
Perrin. Histoire du Prieuré de la vallèe de Chamonix du Xe au XVIIP siècle. — I. Truchet.
Saint-Jean de Maurienne au XVI6 siècle.
«"Mémoires de l'Académie des sciences et lettres de Montpellier. Sect. des let-
tres. T. IV, 3, 4; V, VII, 1. Sect. des sciences. T. XI, 1. Montpellier,
1886-87.
Lettres. VII, 1. Revillout. Antoine Gombaud, chevalier de Mère; sa famille, son
frère et ses amis illustres. — Gorbière. De l'organisation politique du parti protestant
en 1573. — Cellarier. Esquisse d'une théorie des principes rationnels. — Lisbonne. Étude
sur le président J. Grasset et ses oeuvres. — Sciences. XI, 1. Note sur un pluviometro
enregistreur installò à d'École nationale d'agriculture de Montpellier. — Combescurc. Sur
le principe des Vitesse virtuelles. — Crova. Observations actinométriques faites pendant
l'année 1885 à l'Observatoire météorologique de Montpellier. — Houdaille. Étude des
pluies de 1885. — Id. Description d'un contact à brèves émissions de courant, applique
à l'anémomètre enregistreur Pédier. — Dautheville. Démonstration d'un théorème de
M. E. Picard relatif à la décomposition en facteurs primaires des fonctions uniformes
ayant une ligne de points singuliers essentiels. — Brocard. Propriétés d'un groupe de trois
Paraboles. — Combcscure. Sur quelques théories élémentaires de calcul integrai. — de Rou-
ville. Monographie géologique de la Commune des Cabrières (Hérault). — Crova. Obser-
vations actinométriques faites pendant l'année 1880 à l'Observatoire météorologique de
— LXXII —
Montpellier. — Brocard. Eemarques sur l'analyse indéterminée du premier degre'. — Crova.
Observations actinomètriques faites pendant l'anne'e 1884 à l'Observatoire me'téorologique
de Montpellier.
+ Mémoire de l'Académie de Stanislas 1886. 59 sér. t. IV. Nancy, 1887.
Guyot. Histoire d'un domaine rural en Lorraine. — Puton. Le tarif des douanes et
les produits forestiers. — Fliche. Notice sur D. A. Godron. — Chassif/net. Souvenirs du
camp de Kab-Élias (Syrie) et d'une excursion aux ruines de Balbek. — Maggiolo. Le
tliéàtre classique en Lorraine. — Barbier. Essai d'un Lexique ge'ographique. — Benoit.
Une comédie politique d'Aristophanes.
'Mémoires de la Société de physique et d'histoire naturelle de Genève. T. XXIX,
12. Genève, 1888.
Gauthier. La première comète périodique de Tempel 1867 IL
f Mémoires de la Société des antiquaires de Picardie. 3e sér. t. IX. Amiens, 1887.
Crampon. Girart de Ronsillon, chanson de geste. — Lefèvre. Histoire des communes
rurales du Canton de Doullcns. — Ledien. Deux anne'es d'invasion espagnole en Picardie
1635-1636. — Durand. Eglise de S. Pierre de Doullens (Lomme).
+ Mémoires de la Société des sciences physiques et naturelles de Bordeaux.
3e sér. t. II, 2; III, 1. Bordeaux, 1886.
II, 2. Gayon et Dupetit. Recherches sur la réduction des nitrates par les infiniment
petits. •— Kowalski. Note sur la thèorie élémemtaire dea machinee dynamc-éléctriqnes. —
Hautreux. Sables et vases de la Gironde. — Elie. Des constarites dVlasticité dans les mi-
lieux anisotropes. — III, 1. Brunel. Monograpbie de la l'ondimi gamma.
*■ Mémoires de la Société géologique de France. 3e sér. t. IV. Paris, 1887.
Grand* Eury. Formation des couches de houille et du terrain houiller.
1 Mémoires de la Société nat. des antiquaires de France. 5e sér. t. VI, VII.
Paris, 1885-86.
VI. Baye. Sujets de'coratifs empruntès au rogne animai dans l'industrie gauloise. —
Id. Sur les carreaux émaillés de la Champagne. — Briquet. Recherches sur les premiere
papiers employés en Occident et en Orient du Xe au XIVe siècle. — Chardin. Peintures
murales de Kermaria-Nisquit (Còtes-du-Nord). — Elouest. Le char de la sèpulture gauloise
de la Bouvandau, commune de Somme-Tourbe. — Rey. Notice sur la Cavea da Raob ou
Scheriat-el-Mansur. — Riant. La part de l'èvéque de Bethléem dans le butin de Constan-
tinople en 1284. — Tamyzey de Larroque. Lettres adressées à Peiresc par Jean Tristan,
sieur de Saint-Amant. — Tourret. Les anciens missels du diocèse d'Elne. -- VII. Colli-
gnon. Le combat d'Érechthée et d'Immarados sur une tessere grecque en bronze. — Le coy
de la Marche. L'art d'enluminer, traité italien du XIVe siècle. — Delaville Le Roulx-
Les sceaux des archives de l'ordre de S. Jean de Jérusalem. — Prost. La justice privée
et l'immunite'.
+ Mémoires de la Société r. des antiquaires du Nord. N. S. 1887. Copenhague.
Mìiller. Trouvailles danoises d'ex voto, des àges de pierre et de bronze. — Bahnson.
Se'pultures d'hommes et de femmes de Page de bronze. — Tuxen. Les longues nefs de
l'ancienne marine septentrionale. — Stephens. The oldest yet found document in danish.
f Mémoires de la Société r. der sciences de Liége. 2e sér. t. XIV. Bruxelles,
1888.
Ubaghs. Notice sur l'Observatoire de Cointe. — Deruyts. Sur une classe de polynó-
mes analogues aux fonctions de Legendre.— Id. Sur certains systèmes de polinòmes associes. —
— LXXIII
ciés. — Id. Generation d'une surface clu troisième unire. — Id. Sur quelques tran sforni a-
tions géométriques. — Studnicka. Sur l'analogue hyperbolique du nombre II. — Lambotte.
La flore mycologique de la Belgique. — Folle. Traité des réductions stellaires.
+ Mittheilungen des k. deutschen Archaeologischen Instituts. Athenische Abthei-
lung. Bd. XII, 3. Athen, 1887.
Conze. Teuthrania. — Regel. Abdera. — Mordtmann. Inschriften aus Bithynien. —
Wernicke. Pausanias und der alte Athenatempel auf der Akropolis. — Doerpfeld. Der alte
Athenatempel auf der Akropolis III. — Six. Ehi Portrat des Ptolemaios IV Philometor. —
Winter. Vasen aus Karien. — KONTOAEfìN. 'Eniyouycà rrjg 'Ehóaoovos 'Aalag.
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made at the Piadcliffe Observatory, Oxford, during the year 1887, and a comparison of the
resulta with the tabular places from Hansen's Lunar Tables. — Hind. Note on the total
Solar Eclipse of 1889, January I. — Bryant. The opposition of Sappho (80) in 1888. —
Tupman. On the cross reticule. — Tennant. Note on the definition of reflecting telesco-
pes, and on the images of bright stars on photographic plates. — Common. Note on
testing polished fiat surfaces. — Perry. Notes on the Solar surface of 1887. — Backhouse.
Nebula in Andromeda, and Nova, 1885. — Denning. The chief meteor showers. — Id.
Heights of fire-balls and shooting stars. — de Kovesligethy. On invisible stars of per-
ceptible actinie power. — Royal Observatory, Greenwich. Spectroscopic resulta for the
motions of stars in the line of sight, obtained in the year 1887. No. XI. — Id. id. Ob-
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•Proceedings of the London Mathematical Society. N. 291-300. London, 1887.
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lati ons between Circles and Algebraic Curves, with Applications to Dynamics. — Cayley.
On Briot and Bouquet's Theory of the Differential Equations Fi u, ~ 1=0. — Curran.
Sharp. On the Propertles of Simplicissima (with especial regard to the related Spherical
Loci. — Hill. On the Incorrectness of the Rules for contracting the processes of finding
the Square and Cube Roots of a Number. — Cookie. On the Equation of Piccati. — Rn-
berts. On Polygons inscribed in a Quadrio and circumscribed about two Confocal Quadrics. —
Lloyd Tanner. On the Binomial Equation #J> — 1 = 0. — Leudesdorf. Second Paper on
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procant Kind.
f Proceedings of the r. Geographical Society. N. M. S. voi. X, 2. London, 1888.
Steains. An Exploration of the Rio Dùce and its Northern Tributaries (Brazil). —
Houtum-Schindler. Notes on Demàvend. — Work of the native Explorer M— H in Tibet
and Nepal in 1885-86.
1 Proceedings of the r. Society. Voi. XLIII, 261. London.
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and its representative among the Extinct Reptilia. — Heathcote. The Post-embryonic
Development of Julus terrestris. — ffickson. On the Sexual Cells and the early Stages
in the Development of Millepora plicata. — Abney and Festing. On Photometry of
Bullettino-Rendiconti, 1888, Vol. IV, 1° Sem. 10
LXXIV —
the Glow Lamp. — Symons. On the Detonating Bolide of November 20th, 1887. — Alder
Wright and Thompson. Note on the Development of Feeble Currents by purely Physical
Action, and on the Oxidation under Voltaic Influences of Metals not ordinarily regarded
as spontaneously oxidisable. — Lockicood. The Early Development of the Pericardium,
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Felde. — Lecher. Ueber Convection der Elektricit&t durch Verdampfen. — ffàussler. Er-
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Pastour en Agenais. — Fournier. La question des fausses décrétales.
''"Reviie politique et littéraire. 3 sér. t. XL, n. 5-8. Paris.
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Un Morio (Vanessa antiopa L.) hivernani dans une touffe de sphaigne. — Lampa.
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— LXXV —
Observations lépidoptérologiques aux environs de Stockholm. — Meves. Ravages occasion-
nés par les insectes forestiera. — hi. Pour les éleveurs de larves. — Bergroth. Liste de
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Adlerz. Notices myrmécologiques. — Aurivillius. Nouveaux détails sur les larves des
lycaenides et les fourmis. — Ammitzbóll. Contribution à la connaissance de l'extensioii
géographique des Lépidoptères suddois. — Schóyen. Apercu analytique des genres scan-
dinaves des Hyménoptères scandinaves. — Aurivillius. Notes entomologiques recueilles
dans le Roslag septentrional. — Sandahl. Quelquus raots sur le Hanneton du maronnier
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1 Transsactions of the Manchester Geological Society. Voi. XIX, 13. Manche-
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Clifford. On the Richmond Coal-Field, Virginia.
"Verhandlungen der Berliner Gesellschaft tur Anthropologie, Ethnologie und
Urgeschichte. Sitz. v. 18 Juni, 16 Juli und 15 Oct. 1887. Berlin.
+Verhandlungen des Vereins zur Befórderung des Gewerbfleisses 1888. Heftl.
Berlin.
Habermann. Ueber Eis-und Kalteerzeugungsmaschinen.
f Wochenschrift der òsterreichischen Ingenieur- irnd Architekten-Vereines. Jhg.
XIII, 5-8. Wien, 1888.
fZeitschrift des deutschen geologischen Gesellschaft. Bd. XXXIX, 3. Berlin,
1888.
Zeise. Ueber das Vorkommen von Riesenkesseln bei Lagerdorf. — Felix. Untersu-
chungen iiber fossile Holzer. Drittes Stiick. — Weiss. Mittheilungen iiber das ligurische
Erdbeben vom 23. Februar 1887 und folgende Tage. — Eck. Bemerkungen iiber einige
Encr inus-Arten. — Lemberg. Zur Kenntniss der Bildung und Umbildung von Silica-
ten. — Struckmann. Notiz iiber das Vorkommen des Moschus-Ochsen (Ovibo's me-
se h a t u s) im diluvialen Flusskies von Hameln an der Weser. — Neumayr. Ueber P a -
1 u d i n a diluviana Kunth.
•Zeitschrift (Historische). N. F. Bd. XXIII, 3. Miinchen und Leipzig, 1888.
Lenz. Zur Kritik Sezyma Rasin's. — Rie fé. Die Sagen von der Griindung Roms. -
Ldwenfeld. Paul Ewald. — Ein Schreiben des Grossen Kurfursten an seine Richte, die Ko-
nigin Charlotte Amalie von Danemark (Mai 1671). — Aus der Zeit des Waffenstillstands
von 1813.
Pubblicazioni non periodiche
pervenute all' Accademia nel mese di marzo 1888.
Pubblicazioni italiane.
* Alvi no F. — I calendari. Firenze, 1888. 8°.
*Boccardo E. C. — Trattato elementare completo di geometria pratica. Disp. 20.
Torino, 1888. 4°.
*Brassart E. — Il sismometrografo a tre componenti con ima sola massa sta-
zionaria. Koma, 1888. 4°.
*Id. — I sismometri presentemente in uso nel Giappone. Roma, 1888. 4°.
— lxxvi —
* Campana R. — Alcune dermatosi neuropatiche. Studi clinici ed anatomici.
Genova, 1885. 4°.
* Campi L. — Di alcune spade di bronzo trovate nel Veneto, nel Trentino e
nel Tiralo. Parma, 1888. 8°.
* Clerici E. — I fossili quaternari del suolo di Roma. Roma, 1886. 8".
*/#, — n travertino di Fiano Romano. Roma, 1887. 8°.
*Id% — La vitis vinifera fossile nei dintorni di Roma. Roma, 1887. 8°.
* la). — Sopra alcune formazioni quaternarie dei dintorni di Roma. Roma,
1886. 8°.
*Id. — Sopra alcuni fossili recentemente trovati nel tufo grigio di peperino
presso Roma. Roma, 1887. 8°.
*Id. — Sopra i resti di castoro finora rinvenuti nei dintorni di Roma. Roma,
1887. 8°.
*Id. — Sulla natura geologica dei terreni incontrati nelle fondazioni del pa-
lazzo della Banca nazionale in Roma. Roma, 1886.8°.
^Cronicon Siculum incerti authoris ab anno 340 ad annum 1396. Ed. J. De Bla-
siis. Neapoli, 1887. 4°.
Fonteanive R. — Guida per gli avanzi di costruzioni poligonie dette ciclo-
piche, saturnie, e pelasgiche nella provincia di Roma. Roma, 1887. 8°.
* Lachì P. — La tela coroidea superiore e i ventricoli cerebrali dell'uomo.
Pisa, 1888. 8°.
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Indole e scopo dell'associazione ecc. 2a ed. Firenze, 1888. 8°.
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f Strasburg J. — Beitràge zur Blutbildimg in der embryonalen Saugetierleber.
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+ Strauscheid F. — Ueber Geschwiilste des Mittelfellraumes. Bonn, 1887. 8°.
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Bonn, 1887. 8°.
f Voss P. — Ueber Rectimi-Tumoren. Bonn, 1887. 8°.
f Weber B. — De ovGt'ag apud Aristotelem notione ejnsque cognoscendae ra-
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f Wirtz Q. — Beitràge zur Kenntniss der Fumar- imd Male'insaure. Boun.
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i_ Wirz P. — Die locale Behandlung der Larynx- Tuberculose. Bonn, 1887. 8°.
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f Wolff F. — Das Empyem der Stirnhòhlen. Bonn, 1887. 8°.
f Wunderivald A. — Heilung des Uterusprolapsus mittelst Laparotomie. Jena,
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usque ad IX M. Augusti A. Chr. gestarum. Budapestini, 1887. 8°.
f Ziehen Th. — Sphygmographische Untersuchungen an Gaisteskranken. Jena.
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f Zillesseu R. — Beitràge zur Lehre von der Magen-Darm-Schwimmprobe.
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+ Zimmermann IL — Ueber die Behandlung profuser Schweissabsonderungen
mit Agaricin. Bonn. 1887. 8°.
LXXXV
Pubblicazioni periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di marzo 1SS8.
Pubblicazioni italiane.
■^Annali del r. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. Ser. 6a, t. VI, 3.
Venezia, 1888.
De Toni e Levi. Flora algologica della Venezia (Parte III, le CI oro ficee). — Fa-
varo. Sulla Bibliotheca Mathematica di Gustavo Enestrom. — Torelli. Alcuni ap-
punti su Alessandro Manzoni. Memoria postuma. — Saccardo e Paoletti. Mycetes
Malacenses. Funghi della penisola di Malacca, raccolti nel 1885 dall'abate Benedetto
Scortechini.
^Annali di agricoltura. 1888, n. 136, 146. Roma,
136. Abignente. La proprietà del sottosuolo. — 146. Atti del Concorso internazionale
di caseificio tenuto in Parma nel settembre 1887.
+Annali di chimica e di farmacologia. 1888, n. 2. Milano.
Guareschi. Sull'acido « monobromoftalico. — Campani e Grimaldi. La vanillina nei
semi del lupinus albus. — Bufalini. Sull'uso terapeutico della cascara sagrada. — Moriotti.
Dell'antipirina come medicamento analgesico.
f Annali di statistica. Ser. IV, n. 18, 19. Roma, 1887.
Notizie sulle condizioni industriali delle provincie di Sondrio e di Catania.
f Annuario della r. Scuola superiore di agricoltura in Portici. Voi. V, 3, 4. Na-
poli. 1887.
3. Comes. Il marciume delle radici nei vigneti di Angri. — Id. La peronospora della
vite e le altre malattie degli alberi fruttiferi nella provincia di Napoli. — Id. Sulla Gril-
lotalpa (Gryllotalpa vulgaris) e sul mezzo di combatterla. — Id. Istruzioni sulla
mosca olearia (Dacus oleae). — Id. Il mal nero o la gommosi nella vite ed in qual-
siasi altra pianta legnosa e gli eccessivi sbalzi di temperatura. — 4. Savastano. La tuber-
culosi dell'olivo. — Id. Iperplasie e tumori.
* Annuario della r. Università di Pavia. Anno 1887-88. Pavia, 1888.
Sorniani. L'igiene pubblica ed il progresso sociale in Italia.
* Annuario della r. Università degli studi di Pisa per l'anno accademico 1887-88.
Pisa, 1888.
Romiti. L'origine e la continuità della vita.
"^Anuario della Società degli ingegneri e degli architetti italiani per l'anno
1888. Roma, 1888.
"^Annuario del r. Istituto di studi pratici e di perfezionamento in Firenze per
l'anno accademico 1887-88. Firenze, 1887.
^Archivio per l'antropologia e la etnologia. Voi. XVII, 3. Firenze, 1887.
Bastami. Superstizioni religiose nelle provincie di Treviso e di Belluno. — Karusio.
Pregiudizi popolari Putignanesi (Bari). — Mazsucchi. Leggende, pregiudizi e superstizioni
del volgo nell'alto Polesine. — Bianchi. Sul modo di formazione del terzo condilo e sui
processi basilari dell'osso occipitale nell'uomo. Osservazioni auatomicbe.
— LXXXVI —
'Archivio storico italiano. Ser. 5, 1. 1, 1. Firenze, 1888.
Gaudenzi. Statuti dei mercanti fiorentini dimoranti in Bologna degli anni 1279-1289. —
Guasti. Eicordanze di messer Gimignano Inghirami concernenti la Storia ecclesiastica e
civile dal 1378 al 1452. — Zini. Le Memorie del duca di Broglie.
* Ateneo (L') veneto. Ser. X, voi. II, 6. Venezia, 1887.
Glasi. La legge delle guarantigie. — Bonvecchiato. Dalla galera al manicomio. —
Codemo. Bebbo Carraro. — Nani Mocenico. I precursori del nostro risorgimento. — Mol-
menti. La scomunica di Fra Paolo Sarpi.
'Atti della r. Accademia delle scienze di Torino. Voi. XXIII, 4, 5. Torino, 1888.
Battelli. Sulle variazioni della resistenza elettrica e del potere termoelettrico del
Nichel al variare della temperatura. — Sansoni. Note di mineralogia italiana. Datolite e
Calcite di Montecatini (Valle di Cecina). — Giaeomini. Su alcune anomalie di sviluppo
dell'embrione umano.
♦Atti della Società italiana di scienze naturali. Voi. XXX. 4. Milano, 1888.
Molinari. Le funzioni della silice nella crosta terrestre. — Mercalli. Il terremoto di
Lecco del 20 maggio 1887. — Parona. Contributo allo studio dei Megalodonti. — Bozzi.
Sopra una specie pliocenica di pino trovata a Castelsardo in Sardegna. — Mercalli. Le
lave di Eadicofani. — Sansoni. Studio cristallografico sopra alcuni composti organici.
Atti della Società ligure di storia patria. Voi. XII, p. I, f. 2; voi. XII
(appendice); voi. XVIII, XIX, 1. Genova, 1887-88.
XII, 1 (2). Remondini. Iscrizioni medievali della Liguria. — XII (app.). Belgrano.
Tavole a corredo della la serie dei Documenti riguardanti la colonia genovese di Pera. —
XVEH. Belgiano e Beretta. Il secondo registro della Curia arcivescovile di Genova. — XIX. 1.
Desimoni. Begesti delle lettere pontificie riguardanti La Liguria dai più antichi tempi fino
all'avvenimento d'Innocenzo III. — Amari. Aggiunte e correzioni ai nuovi ricordi arabici
su la storia di Genova. — Belgrano. Trattato del sultano d'Egitto col comune di Ge-
nova. MCCXC.
*Bollettino annuale della Biblioteca civica della città di Torino. Anno IV,
1887. Torino, 1888.
f Bollettino dei Musei di zoologia ed anatomia comparata nella r. Università
di Torino. Voi. Il, n. 34, 38. Torino, 1888.
Gihelli. Variazione di colore nel Carabus 0 limpiae. — Pollonera. Nuove specie
di molluschi dello Scioa. — Rosa. Sulla struttura delTHormogaster Redii.— Came-
rano. Girino anomalo di Rana esculenta Linneo. — Ti. Bicerche intorno alla anatomia
ed istologia dei Gordii.
"Bollettino del Collegio degli ingegneri ed architetti in Napoli. Voi. VI, n. 1.
Napoli, 1888.
*Bollettino della sezione dei cultori delle scienze mediche (Accademia dei iìsio-
critici di Siena). Anno VI, 2. Siena, 1888.
* Bollettino della Società generale dei viticoltori italiani. Anno III, 5. Roma, 1888.
Cettolini. Invecchiamento e imbottigliamento del vino. — De Pasquale. Questioni
enotecniche in Sicilia. — Ferrario. I vini italiani all'estero.
"Bollettino della Società geografica italiana. Ser. 3a, voi. I, f. 3. Roma, 1888.
Porena. La geografia in Roma e il Mappamondo vaticano. — Bodio. Notizie sulla
superficie e la popolazione dell'Etiopia. — Annoni. Da Agram a Costantinopoli, per Bel-
LXXXVII
grado a Bucarest. — Amat di S. Filippo. Recenti ritrovamenti di Carte nautiche in Parigi,
in Londra ed in Firenze. — D. V. Giacomo di Brazzà.
"* Bollettino della Società geologica italiana. Voi. VI, 4. Roma,- 1888.
Sacco. Il passaggio tra il liguriano ed il tongriano. — Malatjoli. Fauna miocenica
a foraminiferi del vecchio castello di Baiso. — TaramcUi. Osservazioni geologiche sul
terreno Raihliano nei dintorni di Gorno in Val Seriana provincia di Bergamo. — Squi-
nabol. Contribuzioni alla flora fossile dei terreni terziari della Liguria. Fucoidi ed elmin-
toidee. — Tuccimei. Nota preventiva sul Villafranchiano nelle valli Sabine.
+ Bollettino delle nomine (Ministero della guerra). 1888. Disp. 9-13. Roma.
1 Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa dalla
Biblioteca nazionale centrale di Firenze. 1888, n. 53, 54. Firenze.
1 Bollettino del Ministero degli affari esteri. Park la, voi. I, 2. Roma, 1888.
* Bollettino del r. Comitato geologico. Sor. 2a, voi. Vili, 11-12. Roma, 1888.
Zaccagna. Sulla geologia delle Alpi occidentali. — Portis. Sulla scoperta delle piante
fossili carbonifere di Viozena nell'alta valle del Tanaro.
'Bollettino di legislazione e statistica doganale e commerciale. Anno V, 1888
febb. e suppl. Roma.
^Bollettino di notizie agrarie. Anno X, 1888, n. 7-13. — Rivista meteorico-
agraria, n. 5-8. Roma, 1888.
"Bollettino di notizie sul credito e la previdenza. Anno VI, 4. Roma, 1888.
* Bollettino mensuale pubblicato per cura dell'Osservatorio centrale di Monca-
lieri. Ser. 2a, voi. Vili, 2, febb. 1888. Torino.
Hildehrandsson. Principali risultati delle ricerche sulle correnti superiori dell'atmo-
sfera fatte nella Svezia.
* Bollettino meteorico dell'Ufficio centrale di meteorologia. Anno X, marzo
1888. Roma.
f Bollettino sanitario (Direzione della Sanità pubblica). Febbraio, 1888. Roma.
'Bollettino settimanale dei prezzi di alcuni dei principali prodotti agrari e
del pane. Anno XV, 1888, n. 6-11. Roma.
+Bollettino ufficiale dell'istruzione. Voi. XIV, 2, febb. 1888. Roma.
fBullettino della Commissione archeologica comunale di Roma. Anno XVI, 2.
Roma, 1888.
Cantarelli. Il Cursus honorum dell'imperatore Petronio Massimo. — Gatti. Degli
avanzi dell'acquedotto vergine. — Tornaletti. Notizie epigrafiche. — Gatti. Travamenti
risguardanti la topografia e la epigrafia urbana. — Id. L'epitafio di « Ioannes exiguus »
vescovo d'ignota sede nel secolo sesto.
'Bullettino dell'imperiale Istituto archeologico germanico. Sez. romana. Voi. II, 4.
Roma, 1887.
Gamurrini. Dell'arte antichissima in Roma. — v. Duhn. La necropoli di Suessula. —
I. La comune provenienza da Cuma delle urne di bronzo e delle ciste a cordoni. — lì. Due figure
di urne di bronzo. — ■ III. L'epoca delle urne di bronzo. — Pauli. Inscriptiones clusinae ine-
ditae. — Dessau. Un amico di Cicerone ricordati da un bollo di mattone di Preneste.
fBullettino della r. Accademia medica di Roma. Anno XIV, 1. Roma, 1888.
De Rossi. Della scuola medica agli Stati Uniti e principalmente degli studi speciali. --
Poslempski . Sutura metallica nelle fratture della clavicola. — Id. Resezione enartrodiale
— lxxxvih —
del femore; processo Vblkmann. — Sergi. Antropologia fisica della Fuegia. — Gualdi.
Emiparesi del bacino da isteria. — Impallomeni. Sopra due casi di anomalie di reni e
delle corrispondenti arterie. — Mingazzini. Intorno ai solchi e le circonvoluzioni dei Pri-
mati in paragone con quelli del feto umano. — Z agirti. L'oftalmia detta egiziana.
'•"Bullettino di bibliografia e di storia delle scienze matematiche e fisiche.
T. XX. Maggio 1887.
Narducci. Vita di Pitagora, scritta da Bernardino Baldi.
fBullettino di paletnologia italiana. Ser. 2a, t. IV, 1-2. Parma, 1888.
Pigorini. Cuspidi di selce ovoidali dell'Italia. — Morelli. Antichi manufatti metal-
lici della Liguria — Campi. Spada di bronzo del Veneto, del Trentino e del Tirolo. —
Rujfoni. Torbiera d'Iseo.
* Circolo giuridico (II). Anno XIX, 1-3. Palermo, 1888.
Santangelo-Spoto. La insequestrabilità degli stipendi degli impiegati comunali e pro-
vinciali a proposito del progetto Crispi.
f Giornale d'artiglieria e' genio. Anno 1888, disp. I. Koma.
"Giornale della r. Società italiana d'igiene. Anno X, 1-2. 1888. Milano.
Zucchi. Il quinto e sesto progetto di legge sanitaria. — Maggiora. Relazione delle
discussioni tenute alla r. Società italiana d'igiene (Sede Piemontese) sul progetto 'li legge
per la tutela d'igiene e sanità pubblica presentato in Senato nella tornala del 25 novem-
bre 1887. — Raseri. Statistica delle cause di morte nei comuni capoluoghi di provincia
e di Circondario per l'anno 1885. — Bodio. Della statistica sanitaria in Italia. Lettera al
prof. A. Corradi.
1 Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche di Genova. Anno X,
2° seni. f. 12. Die. 1887. Genova.
Ghinazzi. Il comporre nelle scuole inferiori. — Castellini. I Siculi, ricerca di una
civiltà italiana anteriore alla greca per Rosario Salvo di Pietraganzilli. Recensione. —
Daneo. La scuola nell'officina.
f Giornale medico del r. Esercito e della r. Marina. Anno XXXVI, 2. Koma, 1888.
Panava. Considerazioni statistiche sulle febbri malariche curate nell'Ospedale militare
di Roma dal febbraio 1886 al gennaio 1887. — Bianchi. Sifiloderma ulceroso. - Colasanti
e Moscatelli. L'acido paralattico nella orina dei soldati dopo le marci'- ili resistenza.
'"Giornale militare ufficiale. 1888. Parte la, disp. 7-12; parte II, disp. 8-13.
Koma.
fIngegneria civile (L') e le arti industriali. Voi. XIV, 1, 2. Torino, 1888.
1. Ferrando. Le guglie del Siam. — Ruggiero. Intorno al canale Villoresi per una
derivazione d'acqua dal fiume Ticino. — Il tunnel del Sempione. La grande galleria di
Ronco per la linea succursale dei Giovi. La trazione funicolare per la galleria dei Giovi. —
L'acciaio al manganese. Macchina a vapore compound di grandi dimensioni. — 2. (frugnola.
Dei ponti girevoli in generale e di quello recentemente costruito per l'arsenale di Taranto. —
Penati. Il motore ad aria calda di Benier. — Sul busto meccanico universale del signor
Emilio Ferrari: Relazione alla Società promotrice dell'industria nazionale.
"Mélanges d'archeologie et d'histoire. Année Vili, 1-2. Kome, 1888.
de Nolehac. Giovanni Lorenzi, bibliothécaire d'Innocent Vili. — Prou. Notice et
extraits du manuscrit 863 du fonds de la reine Christine au Vatican. — Le Blant. Les
chrétiens dans la société paiienne aux premiers àges de l'église. — de la Bianchire. La
poste sur la voie Appienne de Rome à Capoue. — Gsell. Notes d'épigraphie. — Muntz.
Les sources de l'archeologie chretienne dans les bibliothèques de Rome, de Florence et de
LXXXIX
Milan. — Caclier Etude sur la sigillographie des rois de Sicile. I. Los bulles d'or des
Archives du Vatican. — Lécrivain. L'appel de juges-jurés sous le haut-empire. — Le Blant.
Note sur une coupé de verre grave découverte en Sicile. — là. Necrologie.
+ Memorie della Società degli spettroscopisti. italiani. Voi. XVI, 11, 12. Roma,
1888.
11. Ricco. Osservazioni e studi dei crepuscoli rossi del 1883 e 1886. — Tacchini.
Fotografie della corona atmosferica attorno al sole, fatte in Roma nel settembre 1887. —
Lockyer. Recherches sur les météorites. Conclusions générales. — 12. Tacchini. Macchie
e facole solari osservate al regio Osservatorio del Collegio Romano nel 4° trimestre 1887. —
Id. Osservazioni spettroscopiche, solari fatte nel regio Osservatorio del Collegio Romano
nel 4° trimestre del 1887. — Ricco. Osservazioni astrofisiche solari eseguite nel regio Os-
servatorio di Palermo. Statistica delle macchie e delle facole nel 1887. — Garibaldi.
Astronomia fisica. Le protuberanze solari nei loro rapporti colle variazioni del magnete
di declinazione diurna.
tEassegna (nuova) di viticoltura ed enologia. Anno II, n. 4-6. Conegliano, 1888.
4. Soncini. Pensiamo alla cantina. — Cettolini. L'enologia e la lotta di tariffe fra
la Francia e l'Italia. — Succi. Processo Gedudlt per la determinazione dello zucchero. —
Briolini. Produzione e commercio del Cognac in Francia. — Ravaz-Bassi. Propagazione
per gemma isolata. — Flotti. Statistica viticola del Cantone di Neuchatel. — Soncini.
Viti americane (Vitis Rupestris di Scheele). — 5. Carpenè. Il carbone nella pratica
delle filtrazioni dei vini. — Soncini. Peronospora della vite. Risultati degli esperimenti
fatti per combatterla nei vigneti della r. Scuola di viticoltura ed enologia in Conegliano. —
Pini. Le malattie dei vini in Sicilia. — Cettolini. La questione fillosserica in Francia. —
Joulie. Sulla clorosi della vite. — 6. Comboni. Ciò che entra in Italia. — Soncini. Pero-
nospora della vite. Risultati degli esperimenti fatti per combatterla nei vigneti della
r. Scuola di viticoltura ed enologia in Conegliano.— Cencelli.~L& tortrice dell'uva (T o r -
trix ambigue 11 a Hiibner). — Sestini. L'iposolfito sodico ed il solfito calcico nella eno-
tecnica. — Mancini. Ampelomiceti della famiglia degli Agaricini. — Soncini. Viti ame-
ricane (Vitis Cordifolia di Michaux).
f Rendiconti del r. Istituto lombardo di scienze e lettere. Ser. 2a, voi. XXI, 4, 5.
Milano, 1888.
4. Buccellati. Progetto del Codice penale pel regno d'Italia del ministro Zanardelli. —
Strambio. Da Legnano a Mogliano Veneto. Un secolo di lotta contro la pellagra. Bricciole
di storia sanitario-amministrativa. — Bellini. Esegesi del frammento ' Fugitivus ' di Claudio
Trifonino. — Ardissone. Le alghe della Terra del Fuoco raccolte dal prof. Spegazzini. —
Aschieri. Del legame fra la teoria dei Complessi di rette e quelle delle corrispondenze
univoche e multiple dello Spazio. — Ascoli. Riassunto della mia Memoria: « Le curve
limite di una varietà data di curve » , ed osservazioni critiche alla medesima. —
5. Strambio. Da Legnano a Mogliano Veneto. Un secolo di lotta contro la pellagra. Bric-
ciole di storia sanitario-amministrativa. — Celoria. Nuove orbite delle stelle doppie OS
298 nella costellazione di Boote e |3 del Delfino. — Verga. Poche parole sulla spina Co-
cleare dell'orbita umana. — Ascoli. Riassunto della mia Memoria: « Le curve limite di una
varietà data di curve», ed osservazioni critiche alla medesima.
+ Rendiconto dell'Accademia delle scienze fisiche e matematiche. Ser. 2a, voi. II,
1-2. Napoli, 1888.
1. Pergola. Rapporto dei lavori compiuti dall'Accademia delle scienze fisiche e ma-
tematiche nell'anno 1887. — Malerba e Sanna-Salaris. Su di un microrganismo trovato
nell'urina umana alla quale impartisce una consistenza vischiosa.— Traversa. Azione della
Bullettino-Rendiconti. 1888, Voi,. IV, 1° Sem. 12
— xc —
Strofantina sull'apparato cardiaco-vascolare o sui muscoli striati. — Del Re. Su certi sistemi
di quartiche e sestiche sviluppabili che si presentano a proposito delle trasformazioni
lineari di una certa quartica gobba in se stessa. — Capelli. Ricerca delle operazioni inva-
riantive fra più serie di variabili permutabili con ogni altra operazione invariantiva fra
le stesse serie. — 2. De Gasparis. Riassunti decadici e mensili delle osservazioni meteo-
riche fatte nel r. Osservatorio di Capodimonte nell'anno 1887. — Id. Determinazioni asso-
lute della inclinazione magnetica nel r. Osservat'orio di Capodimonte. — Albini. Conti-
tinuazione delle ricerche sperimentali sulla segregazione dei vegetali. — Pascal. Sopra un'ap-
plicazione del metodo per esprimere una forma invariantiva di una binaria cubica mediante
quelle del sistema completo. — Masoni. Su di una nuova formola proposta pel calcolo
della portata nelle bocche a stramazzo.
Rendiconto delle tornate e dei lavori dell'Accademia di archeologia, lettere e
belle arti. N. S. Anno I, 1887. Napoli.
fRevue internationale. Ve année, t. XVII, 5, 6. Koiné, 1888.
5. Blaze de Bury. Mes souvenirs de la « Revue des deux Mondes. — K. Les lettres
militaires du prince de Hohenlohe. — Fontane. Les marionnettes. — Frènes. Jean-Pierre
Vieusseux d'après sa correspondance avec J.-C.-L. De Sismondi. — Heard. Biasima. —
Raineri. Les grandes lignes de navigation. — 6. Massarenti. A mes amis de France. —
De Bunsen. L'empereur Guillaume.
f Rivista critica della letteratura italiana. Anno V, n. 1. Firenze, 1888.
T Rivista di filosofia scientifica. Ser. 2a, voi. VII, gen.-feb. 1888. Milano.
ArdigO. L'equivoco àc\V Inconscio di alcuni moderni. — Sergi. Evoluzione umana. —
Grossi. La divisione del lavoro nelle società preistoriche. Ricostruzione sociologica. —
Mazzarelli. Di alcuni organi rudimentali nella serie animale e del loro significato filoge-
netico. — Cesca. La « Cosa in sé ». I. La dottrina di Emanuele Kant sulla « Cosa in sé ». —
Lourie. Studi di psicologia. I fatti e le teorie dell'inibizione. II. Le teorie.
fRivista italiana di filosofia. Anno III, voi. I, marzo-aprile. 1888. Roma.
Ferri. La filosofia politica in Montesquieu ed Aristotele. — Mariano. Il processo sto-
rico della Chiesa. — Segrv. La M.itistica e il libero arbitrio in rapporto alla nuova scuola
di diritto penale.
f Rivista marittima. Anno XXI, 2, febb. 1888. Roma.
Raineri. Il canale di Corinto. — Maldini. I bilanci della marina d'Italia. — Studio
sull'ufficio e l'organizzazione delle batterie da costa. — Beresfold. L'ufficio navale di infor-
mazioni in Inghilterra. — De Haig. Il cannone pneumatico a dinamite.
r Rivista mensile del Club alpino italiano. Voi. VII, 2, 3. Torino, 1888.
Brentari. I colli euganei. — Bellucci. L'Osservatorio-rifugio del monte Vettore. —
Bonacossa. Pizzo Rodes e prima ascensione al pizzo Biolco. — Budden. L'utilità pratica
dei ricoveri alpini.
fRivista scientifico-industriale. Anno XX, 4-6. Firenze, 1888.
4. Canestrini. Esperienze sopra alcuni effetti prodotti dalle scintille d'induzione. —
Determinazione colorimetrica dello solfo nel ferro. — Poli. La peronospora dei grappoli. —
5. Martinotti. Studi sulla termogenesi magnetica. — Fai. Rivista di alcune ricerche intorno
all'influenza della luce sui conduttori elettrizzati. — Finocchi. Sul fenomeno di Leiden-
forst. — 6. Influenza del magnetismo sulla resistenza elettrica dei conduttori solidi. —
Fritsch. Produzione industriale del nitrato di etile. — Poli. Microscopio da acquario del
prof. E. Schulze.
7 Sessioni dell'Accademia pontificia dei nuovi Lincei. Anno XLI, sess. 1-4.
1887-88. Roma.
— XCI —
+ Spallanzani (Lo). Anno XVII, ser. 2a, 1-2. Roma.
Giaccio. Del sangue. — Paladino. Principali fenomeni della vita delle ovaja nei mam-
miferi. — Postempsky. Frattura della colonna vertebrale. Fratture delle ossa del bacino.
Rottura dell'uretra. Contusioni delle parti molli e trattamento dei versamenti sanguigni
per contusione. Contusioni degli organi cavitari. — Jannuzzi. Emissione di cisti di echi-
nococco.
+Statistica del commercio speciale d'importazione e di esportazione dal 1° gen.
al 29 feb. 1888. Roma.
* Telegrafista (II). Anno Vili, 1. Roma, 1888.
/loppe e Finto. Per la storia della legge delle tensioni di Volta. — Bracchi. Elet-
trometria ad uso degli impiegati telegrafici.
Pubblicazioni estere.
• Abhandlungen der k. geologischen Reichsanstalt. Bd. XI, 2. Wien, 1887.
Stur. Die Carbon-Flora der Schatzlarer Schichten.
*■ Abhandlungen herausg. von der Senckenbergischen Naturforschenden Gesell-
schaft. Bd. XV, 1. Frankfurt a. M. 1887.
Geiler und Kinkclin. Oberpliociin-Flora aus den Baugriiben des Klàrbeckens bei Nie-
derrad un der Schleuse bei Hochst a. M. — Moschler. Beitrage zur Schmetterlings-Fauna
der Goldkiiste. — Noli. Experimentelle Untersuchungen ueber das Wachstum der Zell-
membran.
+ Abstracts of the Proceeding^ ofthe Chemical Society. N. 49, 50. London, 1888.
fActa historica res gestas Poloniae illustrantia. T. IX, X, XI. W Krakowie,
1886-87.
IX. Cardinalis Hosii epistolae. 1551-1558. — X. Lauda conventuum particularium terrae
Dobrinensis. — XI. A età Stephani regis 1576-1582.
' Acta Universitatis lundensis. T. XXIII, 1886-87. Lund.
Philos.-Sprakvet. och histori. Paulson. Studia Hesiodea, I. — IVulff. Poèmes ine'-
dites de Juan de la Cueva. — Thyrén. Verldsfreden under Napoleon. — Mathem. och
Naturv. Rosén. Solution d'un problème d'électrostatique. — Agarclh. Till Algernas Syste-
matik (Femte Afdelningen). — Ratts-och Statsv. Ask. Om formaliteter vid kontrakt enligt
romersk och svensk formogenhetsràtt.
fAnalele Academiei Romane. Ser. 2, t. Vili, sect. 2; t. XI. Part. adm. Mem.
sect. ist. Mem. sect. sciint. Bucuresci, 1888.
Mem. sect. ist. Vili, 2. Ghica. Amintiri despre Grigorie Alexandrescu — Baritiu.
Apulum, Alba- Julia, Belgradu in Transilvania. — Melchisedech. Scinte din vièta Mitropo-
litului Ungro-Vlachiei Filoret II-lea , 1792, si ale altoru persóne bisericesci cu cari elu
a fostu in relatiuni de aprópe. — Papadol-Calimachu. Notita istorica despre orasulu Boto-
sani. — Tocilescu. Raporturi asupra càtoru-va manastiri, schituri si biserici din téra, pre-
sentate Ministeriului Culteloru, si alu invetamintului publicu. — Sturdza. Dare de Sèma
despre colectiunea de documente istorice romàne aflate la Wiesbaden. — Id. I. Sensore
autografa de la Michaiu-Vitézulu. IL Stegulu lui Serbanu-Voda Cantacuzino, III. Nóue desco-
periri numismatice romànesci. — IX. Mem. sect. istor. Sturdza. Dece Maiu, Memorili.—
Marianu. Biserica din Parhauti in Bucovina. — Urechia. Sema visteriei Moldovei din 1818 —
Id. 0 statistica a Terei Romànesci, din 1820. — Id. Inscriptiuni dupe manuscrise. Comu-
nicari si note. — Papadol-Calimachu. Generalulu Pavelu Kisseleff in Moldova si Tera
— XCII —
Romanésca, 1829-1834, dupé docilmente rusesci. — Urechia. Notile despre slobozii —
Mem. sect. sciint. Cabalcescu. Despre originea si modula de zacere alu Petroliului in
generalu si particularu in Carpati. — Stefanescu. A treia sesiune a Congresului Geologicu
internationalu tinutu la Berlin in 1885. — Bacalof/lo. Aperatoriulu de trasnetu (Paraton-
nerre). _ Felix. Alu Vl-lea Congresu internationalu de Igiena si demografìe si exposi-
tiunea de igiena si demografie din Viena (Septembre-Octobre 1887).
tAnnalen der Chernie. Bd. CXLIII. Leipzig, 1888.
Dobriner. Ueber die Siedepunkte und specifischen Volumina der Aether normaler
Fettalkobole. — RI. Ueber die specifischen Volumina der normalen Alkyljodide. — Pinette.
Siedepuntke und specifische Volumina einiger Phenole und Phenol&ther. — Lossetl. Bemer-
kungen zu den vorausgehenden Abhandlungen. — Gótting. Beitrage zur Kenntniss der Con-
stitution des Nitroathans. — Resse. Beitrage zur Kenntniss der Cbinaalkalo'ide. — JVisli-
cenus. Neue Reactionen des Dichloriithers. — Klinger und Maassen. Ueber einige Sulfin-
verbindungen und die Valenzen des Schwefels ; erste Abhandlung. — Wallace waàHeusler.
Ueber organische Fluorverbindungen. — Laubmann. Ueber die Verbindungen des Phenyl-
hydrazins mit einigen Ketoiialkoholen. — Hasselbach. Ueber Hydrodiphtallactonsaure und
Hydrodiphtalyl. — Jkuta. Ueber jj-Nitrosodiphenylamin. — Wacker. Zur Kenntniss aroma-
tischer Nitrosobasen. — Rock. Ueber einige aromatische Nitrosobasen. — Wehmer und
Tollens. Ueber die Bildung voti Làvulinsaure, eine Reaction allei wahren Kohlenhydrate. —
Id. id. Ueber das Verhalten des Methylenitans (der sog. Formose von Loew) brini Erhitzen
mit Sauren. — Einìxom und Lauch. Ueber das Verhalten des Chinolins und Beiner Deri-
vate gegen unterchlorige Saure. — Id. und Grabfield. Zur Kenntniss der Paramethoxyphe-
nylacrylsaure.
1 Annalen der Physik und Chemie. N. F. Bd. XXXIII, 4. Beiblatter XII, 2, 3.
Leipzig, 1888.
Stenger. Ueber die Gesetzmàssigkeite im Absorptionsspectrum eines Korpers. --
v. Oettingen u. v. Gemet. Ueber Knallgasexplosion. — Lecker. Ueber eleciromotoriscbr
Gegenkràfte in galvanischen Lichterscheinnngen. Arrhenius. [Jeber das LeitungsvermO-
gen belenchteter Luft. — Rontgen u. Schneider. Ueber die Compressibilitat des Wassers. —
Meyer zur Capellen. Mathematische Theorie der transversalen Selnvingungen eines Stabcs
von verànderlicbem Querschnitt. — Kohlrausch. Das WàrmeleitnngsvermOgen harten und
weichen Stahles. — Natansan. Ueber die kinetiscbe Theorie unvollkommener Gase. — Narr.
Zur Verhalten der Electricitiit in Gasen. — Gockel. Bemerkungen zu einem Aufsatze des
Hrn. P. Duhem, die Peltier'sche Wirkung in einer galvanischen Rette betreffend.
1Annalen des k. k. naturhistorhischen Hofmuseums. Bd. Ili, 1. Wien, 1888.
Weithofer. Ueber einen neuen Dicynodonten (Dicynodon simocephalus) aus
der Karrooformation Siidafrikas. — Id. Ueher ein Vorkommen von Eselsresten in der Hohle
"Pytina jama« bei Gabrowitza nàchst Prosecco im Ktistenlande. — von Marenzeller. Ueber
einige japanische Turhinoliiden. — Kriechbaumer. Neue Ichnenmoniden des Wiener Mu-
seums. — von Pelzeln und von Lorenz. Typen der ornithologischen Sammlung des. k. k.
naturhistorischen Hofmuseums. — von Washington. Ueber ein Vorkommen des Pel e ca-
li us sharpei du Bocage in Oesterreich-Ungarn nebst einigen allgemeinen Bemerkungen
iiber diese Art. — von Beck. Zur Kenntniss der Torf bewohnenden Fohren Nieder-
osterreichs. — Bencerth. Drifter Nephritfund in Steiermark.
+Annalen des physikalischen Central-Observatoriums. Jhg. 188(3, Th. II. S. Pe-
tersburg, 1887.
Unnalen (Mathematische). Bd. XXXI, 2. Leipzig, 1888.
Dingeldey. Die Concomitanten der temami cubischen Formen, inshesondere der Form
— xeni
xlxì'ì — 4#23+#2 iPiVs+^a?!8. — /e/. Ueber die Transformation der Gleichung der ebenen
Curve dritter Ordnung mit Doppelpunkt auf die Normalform. — Schlesinger. Ueber die
Verwerthung der 5-Functionen fiir die Curven dritter Ordnung nebst einer Anwendung auf
die zu einer Curve dritter Ordnung apolaren Curven. — Koenigsberger. Ueber algebrai-
sche Beziehungen zwischen Integralen linearer Differentialgleichungen. — Finche. Ueber
ausgezeichnete Untergruppen in der Gruppe der elliptischen Modulfunctionen. — Zeuthen.
Sur la détermination d'une courbe algébrique par des points donnés. — Killing. Die Zu-
sammensetzung der stetigen endlichen Transformationsgruppen. — Kùpper. Ueber die auf
einer Curve mter Ordnung Cm vom' Geschlecht p von den co2 Geraden G der Ebene aus-
p
geschnittene lineare Schaar q<-2K — Koenigsberger. Ueber die Erniedrigung der Ordnung
m
algebraischer Differentialgleichungen mit Hiilfe bekannter Integrale.
■"Annales des mines. 8e sér. t. XII, 5. Paris, 1887.
Marie. Les régulateurs de vitesse. — Ricour. Notice sur la répartition du trafic des
chemins de fer fran9ais et sur les prix de revient des transports. — Noblemaire. Le prix
de revient sur les chemins de fer et la répartition du trafic. — Babu. Note sur le Ram-
melsberg (Bas-Harz). — là. Note sur l'étude géométrique des croiseraents de filons.
+Annales des ponts et chaussées. 1888 janvier-février et personnel. Paris.
Janv. Noblemaire. Notice biographique sur M. Alexandre Surell. — Colson. L'orga-
nisation financière des ports maritimes de. commerce en Angleterre. — FÉvr. Mayer. Note
sur les égouts des villes. — Durand-Clave. Examen des systèmes Waring et Shone pour
l'évacuation des eaux d'ego ut. — Laurent. Note sur le nettoyage des ouvrages d'art au
moyen des procédés chimiques brevetés de M. Liebhaber. — Chicoineau. Note sur les ap-
paraux employés au rejointoiement du viaduc de Dinan.
fAnnales (Nouvelles) de mathématiques. 3e sér. 1888 févr. Paris.
Cesavo. Sur la convergence des se'ries. — Laurent. Sur la théorie de l'élimination. —
Pomey. Sur le plus grand commini diviseur de deux polynomes entiers. — Hoffmann. Sur
l'existence de trois racines réelles de l'équation qui détermine les axes principaux d'un
cune. — Worontzoff. Sur un the'orème de M. Weill. — Cesavo. Sur les cercles inscrits à
un triangle.
fAnnales scientifiques de l'École normale supérioure. 3e sér. t. V, 3. Mars
1888. Paris.
Combescure. Sur le déplacement tangentiel de^deux surfaces rigides. — Darbovx. Sur
la représentation sphérique des surfaces. — Duhem. Sur la pression électrique et les phé-
nomènes électrocapillaires.
+ Annuaire de la Société des ingénieurs civils. 1888. Paris.
^Annuaire de la Société météorologique de France. 1887 oct.-nov. Paris.
Poincaré. Déplacements du champ des alize's boréaux dans l'année météorologique
1883. Note complémentaire sur l'influence de l'amplitude de l'oscillation de la lune en dé-
clinaison. — Guilbert. Étude sur les dépressions secondaires du golfe de Gènes et obser-
vations relatives à leur pré vision. — Renou. Résumé des observations météorologiques faites
au Parc-de-Saint-Maur, en juillet et aoùt 1887.
fAnzeiger (Zoologischer). Jhg. XI, n. 273-275. Leipzig, 1888.
273. Mitsukuri. The Ectoblastic Origin of the Wolftìan Duct in Che lo ni a. -
Meinert. Ein bischen Protest. — Fritsch. Ueber die Brustflosse von Xenacanthus Do-
cile ni Godf. — v. Fischer. Ein Kornerfressendes Reptil. — Sarasin. Die Langsmuskeln
— XCIV —
und die Stewart'schen Orbane der Echinothuriden. — Richard. Note sur Moina bathy-
cola (Vernet). — 274. Horst. Cunningham on «the cardiac body. — v. Perényi. Ent-
wicklung des Amnion, Wolff 'schen Ganges und der Allantois bei don Reptilien. — Repia-
cho/f. Noch eine an Nebalien lebende Turbellarie. — 275. Goette. Ueber die Eiitwicklung
von Petromyzon fluviatilis. — Cholodkotcsky. Ueber die Bildung des Entoderms
bei Blatta germanica. — Imhof. Fauna der Susswasserbecken.
fArchaeologia or Miscellaneous tracts relating to Antiquity, pubi, by the So-
ciety of antiquarie® of London. Voi. L, 2. London, 1887.
Kirby. The Alien Priory of St. Andrew, Hamble and its transfer to Winchester Col-
lege in 1391. — Hilton Pricce. Further Notes upon Excavations at Silchester.— Cheales.
On the Murai Paintings in Ali Saints Church, Friskney, Lincolnslihv. — Browne. On
Basket-work Figures of Men represented on Sculptured Stones. — Church. Reginald bishop
of Bath (1174-1191); his episcopato, and his share in the building of the church of Wells. —
Aikinson. Notes on an Ancient Boat found at Brigg. — Peacock. Notes from the Records of
the Manor of Bottesford, Lincolnshire. — Thomas. On excavations in an Anglo-Saxon ce-
metery at Sleaford, in Lincolnshire. — Freshfield. On certain churches on the eastern coast
of Italy. — Gomme. The History of Malmesbury as a Village Community. — Sparroa:e
Simpson. Two Inventories of the cathedral church of St. Paul, London, dateci respectìvely
1245 and 1402; now, for the first time, printed, with an Introduction.
+Beitràge zur vaterlandischen Geschichte. N. F. Bd. II, 4. Basel, 1888.
Burckhardt. Christian Wurstisen. — Wachernagcl. Beschreibung des Basler Miinsters
und seiner Umgebung von Christian Wurstisen. — Burckhardt. Worte der Erinnerung an
Pfarrer Emanuel LaRoche.
fBerichte der deutschen Chemischen Gesellschaft. Jhg. XXI, 4, 5. Ber-
lin, 1888.
4. Erdmann. Notiz uber Ketonapthol (Aceto-«-napthol). — Id. Ueber |S-Naphtylaniin-*
sulfosiiure und /^NaphtylaminsulfoBaure F. — Limpach. Ueber Gesetzmassigkeittìto bei dei
Substitution aromatischer Amine. — Id. Ueber die Kernmeihylirung von syiinmtrischem
Metaxylidin. — ■ Sievers. Ueber krystallisirte Halogenquecksilbersalze. — Otto. Ueber den
Vorgang bei der Bildung von Monosulfonen aus deren Ab halogensubstituten und sulfin-
sauren Salzen sowie Alkoholaten. — Id. Zur Kenntniss des Methylenchlorphenylsulfons. —
Schneider. Ueber Amine dreibasischer organischer Sàuren der Pettreihe. — Clamidati
und Magnatimi. Ueber Indolcarbonsauren. — Fischer and ffepp. Ueber Dibromnitroso-
phenol. — Id. id. Ueber Azophenin und Chinonanilide. II. — ld. id. Paranitrosoanilin. —
Grùnewald und Meyer. Untersuchungen uber die Dampfdichte des Eisenchlorids bei ver»
schiedenen Temperaturen. — Auwers. Ueber die Anwendbarkeit der Raoult'schen Me-
thode der Moleculargewichts-Bestimmung in chemischen Laboratorìen. — Witt. Ueber Eu-
rhodine und Saffranine. — Id. Ueber Naphtalinderivate. — Mehne. Ueber Nitrosotolui-
dine. — Freer und Perkin (jun.). Synthese von Hexamethylenderivaten. — ld. id. Zur
Kenntniss des Heptamethylenringes. - Coiman und Perkin (jun.). Ueber Pentamethylen-
derivate. — Bemthsen. Zur Beziehung zwischen Hydraziden und Azoverbindungen. —
Gerber. Ueber Derivate des Orthotolidins. — Gattermann. Zur Kenntniss des Chlorstick-
stoffs. — Ladenburg und Abel. Ueber das Aethylenimin (Spermin ?). — Beckmann. Zur
Kenntniss der Isonitrosoverbindungen. V. — Knorre v. und Oppelt. Ueber pyrophoephorsaure
Salze. — 5. Ziegler. Ueber eine neue Synthese des Tetraphenyliithylens. — Boessnech.
Ueber die Condensation von Chloralhydrat mit secundaren aromatischen Aminen. — Auvjers
und Meyer. Untersuchungen iiber die zweite van t'Hoff'sche Hypothese. — Baurath.
Ueber «-Stilbazol («-Styrylpyridin) und seine Reductionsproducte. — Ahrens. Zur Kennt-
niss des Spartei'ns. — Diirkopf und Schlaugk. Ueber ehi Parvolin. — Bamberger und
— xcv
Lodter. Zur Charakteristik partiell hydrirter aromatischer Substanzen. — Id. und Milllev.
Ueber ,3-Tetrahydrophtylamin. — Holleman. Einfaches Verfahren zur Moleculargewichts-
bestimmung nach der Rauolt'schen Methode. — Zieglcr. Ueber moleculare Umlagerungen
in der Chinolinreihe. — Rathkte. Ueber Monophenylisocyanursàure ; iiber ein viertes Tri-
phenylmelarain und seine Umwandlung in das normale. — Id. Ueber Cyanurverbindungen
des Taurins. — Schòn. Vorkommen der Oelsàure und nicht der Hypogaasaure im Erdnussòl. —
Kreiling. Ueber das Vorkommen von Lignocerinsàuren, CaiHl802, neben Arachinsaure,
C20 H 40 02 , im Erdnussòl. — Elbs. Erwiderung. — Kònig. Ueber Orthooxychinaldincarbon-
ij-4 e s
sàure. — Krokn. Ueber Oxy-,3-isodurylsàure, C6 H(CH,)3 OHCOOH. — Fogh. Ueber das
Dimethylanilen-Chinonimid und dessen Sulfonsaure. — deve. Ueber die Ehiwirkung von
Chlor auf «-und /9-NapKtol. — Hempel. Ueber die Darstellung des wasserfreien Chlorma-
gnesiums. — Id. Ueber die Darstellung fester Sttìcke von Salmiak und kohlensauren Am-
moniak. — Id. Ueber die Absorption des Kohlenoxydgases durch Kupferchloriir. — Id.
Ueber die Benutzung des Siemens'schen Regenerativgasbrenners zum Eindampfen von
FKissigkeiten. — Id. Ueber die cbemische Bindung des Kohlenstoffes durch Eisen bei
hohem Druck. — Tòhl. Ueber das benachbarte Tetramethylbenzol. — Kohler. Ueber w-Oxy-
nitrosodiphenylamin. — Lor.her. Ueber die Einwirkung von Blutlaugensalz auf Diazoben-
zol. — Ciamician und Silber. Ueber das Apiol. — Kiliani. Ueber die Einwirkung von
Blausàure auf Galactose. — Fittig. Ueber das Verhalten der ungesàtfigten Sàuren bei vor-
sichtiger Oxydation. — Wurster. Anwendung des Tetramethylparaphenylendiamins zur quan-
titativen Schàtzung activen Sauerstoffs. — Leicy. Ueber die Basen aus Bromacetophenon
und Sàureamiden. — Freund. Zur Kenntniss des Ferrocyanàthyls. — Id. Zur Kenntniss
des Platincyanatbyls. — Hantzsch und Traumann. Amidothiazole aus Sulfoharnstoff und
halogenisirten Ketonen resp. Aldehyden. — Hantzsch und Arapides. Ueber Methylthiazol. -
Id. Synthese von Thiazolen und Oxazolen. — Meyer und Riecke. Einige Bemerkungen
iiber das Kolhenstoffatom und die Valenz. — Anschiitz. Ueber die Einwirkung von Pho-
sphorpentachlorid auf einige Anilsauren zweibasischer Sàuren. — Id. und Reuter. Ueber
die Gottlieb-Michaelsche Itaconanilsàure. — Reissert. Bemerkung. — Wagner. Ueber
das Titanchlorid und die Titansàure. — Evers. Ueber die aus Dinaphtylsulfoharnstoff durch
Addition von Alkylhaloiden entstehenden Basen und deren Umsetzungsproducte. — Griess.
Neuere Untersuchungen iiber Diazoverbindungen. — Fischer. Ueber die Hydrazone. — Id. Ueber
die Verbindungen des Phen}dhydrazins mit den Zuckerarten. III. — Otto R. und Otto W.
Weitere Beitràge zur Kenntniss der Analogien zvvischen alk}dsulfonirten Fettsàuren und
Ketonsàuren. — Behrend und Roosen. Ueber synthetische Versuche in der Harnsàurereihe.
f Bericht des naturwissenschaftliclien-medizmischen Vereines in Innsbruck. Jhg.
XVI (1886-87). Innsbruck, 1887.
Nicoladoni. Bericht der chirurgischen Klinik in Innsbruck fiir die Zeit von 1 Oct.
1884 bis 31 Dez. 1885.
tBericht (26, 27 11. 28) ueber die Thatigkeit des Offenbacher Vereins fiir
Naturkunde. Offenbach, 1888.
Bòttger. Materialien zur herpetologischen Fauna von China. IT. — Id. Erneunte Auf-
zàhlung der Reptilien und Batrachier des chinesischen Eeiches. — Volger. Die Bedeutung
der Pfleges der Naturkunde fiir das Gemeinwohl.
+ Berichte ueber die Verhandlungen der k. Sàch. Gesellschaft der Wissenschaft.
Math.-phys. CI. 1887, MI; Philol.-hist. CI. 1887, IV-V. Leipzig, 1888.
Mat.-Phys.Cl. Bruns. Ueber die Integrale des Vielkorper-Problems. I. Mittheilung. —
Dyck. Beitràge zur Analysis situs. III. Mittheilung. — Schlómilch. Ueber eine Entwicke-
lung des Logarithmus. — Bruns. Ueber die Integrale des Vielkorper-Problems. IL Mitthei-
— XCVI —
lung. — Lie. Die Begriffe Grappe und Invariante. — Engel. Eleinere Beitriige zur Grup-
pentheorie. — Thomae. Bemerkang iiber Thetafunktionen vom Gesehlecht 3. — Hilbert.
Ueber die Biischel von binàren Formen mit dei nàmlichen Funktionaldeterminante. —
Meyer. Ueber ein Bewegungsproblem. — Walther. Die Entstehnng von KantengerOllen in
der Galalawiiste. — Study. Ueber den Begriff dei Invariante algebraischer Formen. —
Neumann. Grundziige der analytischen Mechanik, insbesondere der Mechanik starrer Kòr-
per. — Harnack. Ueber die Darstellung einer willkiirlichen Function durch die Fourier-
Besselschen Functionen. — Philol.-hist. Cl. Zarncke. Zuin Anmdiede. — /'/. Christian
Reuter als Passionsdichter. — Wacksmuth. Neue Beitràge zur Topographie von Athen. —
Fleischer. Eine Stimine aus dem Idor^enlande iiber Dozy's Supplement aux dictionnaires
arabes. — v. d. Gabelentz. Ueber das taoistische Werk Wèn-tsi'\
+Bibliothèque de l'École des hautes études. Fase. 74, L. Paris, 1887.
de Nolhac. La Bibliothèque de Fulvio Orsini.
fBoletin de la real Acaderuia de la Historia. Tomo XII, 2, 3. Madrid, 1888.
2. Beer. La lex romana Visigothormn y la Biblia italica en un còdice palimpsesto de
la catedral de Leon. — de la Fuente. Supuesto parto de una supuesta reina. — Da/in in.
Origen, naturaleza y extensión de los derechos de la Mesa Maestra] de la Orden de Cala-
trava. — Fila. Tres bulas inéditas de Alejandro III, referentes a la historia de Espana. —
3. Duro. Centenario tercero de D. Alvaro de Bazàn. — Fifa. FI rey D. Fernando II de
Aragon en la historia parlamentaria de Cataluna. — Riu y Cabanas. Piezas inéditas del
Concilio provincial mejicano IV, celebrado en 1771. — de Dios de la Rada y Delgado.
Una viria ó torques, estremerà. — Ferndndez y Gonz&lez. Sobre la adición de una h,
delante :le vocal que se observa en el texto palimpsesto del Breviario de Aniano,
descubierto por el Sr. Beer en la biblioteca del < iabildo-catedral de Leon. — Duro. Una
escuadra de galeras de Castilla, del siglo XIV.
•Boletin de la Sociedad geogràfica de Madrid. T. XXIII, Madrid, 1887.
Minguez. Los Celtas. — Montano. Excursiiin al interior y por el Oriente de Min-
danao. — Ferndndez Duro. El valle de Aràn. — de Cuevas. Larache. -- de Foucauld.
Itinerarios en Marruecos. — El Sahara occidental. — Los franceses en Timbuctu. —
Un vapor france's en Timbuctu. — Ferrocarril de Riga al Pacifico a través de Rusia y
Siberia. — Carta catalana del 1339, por Dulceri. — Ferreiro. Memoria acerca de los pro-
gresos geogràficos. — Ganga-Argùelles. La isla de la Paragua. — Trabajos cientificos y
geogràficos en Bolivia. — Aguilar. La Repùblica de Liberia. — Sdnchez de Toca. El
canal de Panama en 1886.
"^Bulietin de VAcadémie r. des sciences, des lettres et des beaux-arts de Bel-
gique. 3e sér. t. XIV, 12; XV, 1. Bruxelles, 1887-88.
XIV, 12. Montigny. Influence des bourrasques sur la scintillation des etoiles. —
Spring. Sur la vitesse de reaction du spath d'Islande avec quelques acides. — Spring et
Winssinger. De l'action du chlore sur les combinaisons sulfoniques et sur les oxysulfures
organique. — Winssinger. Sur quelque dérivés nouveaux de l'alcool heptilique normal, com-
parés a leurs homologues. — Malaise. Sur la de'couverte de poissons devoniens dans le bord
nord du bassin de Namur. — Renard et Klément. Sur la nature minerale des silex de la craie
de Nouvelles, contribution à l'etude de leur formation. — Franeotte. Contribution à l'étude
du développement de l'épiphyse et du troisième ceil chez les reptiles. — Jorissen et Hairs.
Sur un nouveau glucoside azoté retiré duLinum usitatissimum. — Cogniaux. Notice
sur les Mélastomacées austro-ame'ricaines de M. Ed. Andre. — XV, 1. Van Beneden. De la fixa-
tion du blastocyste à la muqueuse ute'rine chez le Murin (Vespertilio murinus). —
Plateau. Recherches expérimentales sur la vision chez les Arthropodes : a. Vision chez les
Chenilles; b. Ròle des ocelles frontaux chez les Insectes parfaits. — Van Barnbeke. Remarques
— XCVII —
sur la reproduction de la Blennio vivipare (Zo arce s viviparus Cuv,.), — Henry. Études
sur la volatilité dans les composés carbone's. Composés poly-nxygéne's. — De Heen. Note sia-
le travail moleculaire des liquides organiques. — Id. Determination des variations de la cha-
leur spécifìque des liquides avec la temperature. — Damry. Sur la determination de la force
du vent en grandeur et en direction. — Vari Aubel. Étude expérimentale sur l'influence
du magnétisme et de la temperature sur la résistance électrique du bismuth et de ses allia-
ges avec le plomb et 1'étain. — Schoentjes. Sur quelques expériences relatives à la tension
superficielle des liquides.
"'Bulletin de la Société entomologique de France. 1888 feuill. 4, 5. Paris.
1 Bulletin de la Société mathématique de France. T. XVI, 1. Paris, 1888.
Karnigs. Le lieu des poles d'un pian fixe par rapport aux coniques trace'es sur une
surface de Steiner est une autre surface de Steiner. — Issaly. Nouveaux principes de la
théorie des congruences de droites.
f Bulletin des sciences mathérnatiques. 2e sér. t. XII, mars 1888. Paris.
Gilbert. Sur la convergence des intégrales a limites infinies.
+ Bulletin of the Museum of Comparative Zoology at Harwal College. Voi. XIII, 7.
Cambridge, 1888.
Feirkes. On Certain medusae fron New England.
•Centralblatt (Botanisches). Bd. XXXIII, 11-13; XXXIV, 1. Cassel, 1888.
Dunnenberger. Bacteriologischchemiscbe Untersuchung ueber die beim Aufgehen des
Brotteiges wirkenden Ursachen. — Brot.herus. Musei novi transcaspici.
f Centralblatt fiir Physiologie. 1888, n. 25, 26a. Wien, 1888.
Albertoni. Hemmungs-Centren der Krote.
iCirculars (Johns Hopkins University). Voi. VII, 63, 64. Baltimore, 1888.
1"Compte rendu des séances de la Société de géographie. 1888, n. 5, 6. Paris.
+ Compte rendu des séances et travaux de l'Académie des sciences morales
et politiques. N. S. T. XXIX, 3, 4. Paris, 1888.
3. Waddington. Le Parmenide de Platon. — Frauck. L'irréligion de l'avenir. —
Courcelle-Seneuil et Franck. Observations à la suite. — Baudrillart. Les populations agri-
coles. L'Ile-de-France. — Picot. Quatrième rapport de la commissin chargée de la publi-
cation des Ordonnances des rois de France. — 4. Boutmy. L'état et l'individu en Angle-
terre. — Beaussire. Questions de droit des gens.
fComptes rendus hebdomadaires des séances de l'Académie des sciences. T. CVI,
n. 8-12. Paris, 1888.
8. Bertrand. Troisième Note sur la probabilité du tir à la cible. — Sylvester. Sur
rimpossibilité de l'existence d'un nombre parfait impair qui ne contient pas au moina cinq
cliviseurs premiers distinets. — de Jonquières. Construction ge'ométrique de la surface du
troisième ordre. Réfìexions sur la generation des surfaces algébriques à Faide de deux fai-
sceaux projectifs. — Marion et Kovoalevsky. Sur les espèces de Pro neomenia des còtes
de Provence. — Rambaud et Sy. Observations de la nouvelle planète (272) Charlois, faites
à TObservatoire d'Alger, au télescope de 0m,50. — Borrelly. Observations de la planète (272),
faites à TObservatoire de Marseille (équatorial d'Eicbens. ouverture 0m,258). — Peinlevé.
Sur les e'quations différentielles linéaires à coefficients algébriques. — Brillouin. Défor-
mations permanentes et Thermodynamique. — Gouy. Sur l'attraction élecirostatique des
électrodes, dans l'eau et les solutions étendues. — Izarn. De l'emploi des tubes de Giessler
pour l'observation des mouvements vibratoires en general et de la veine liquide en parti-
culier. — Godard. Sur les coefficients de proportionnalité en chaleur rayonnante. — Moissan.
Bullettino-Eendiconti. 1888, Voi,. IV, 1° Sem. 13
— XCVIII —
Préparation et propriétés d'un bifluorhydrate et d'un trifluorhydrate de fluorure de potas-
siuiri. — Milliau. Réaction nouvelle des produits de saponification de rimile de coton, per-
mettami de trouver 1 pour 100 de cette huile dans Thuile d'olive. — Voiry et Bouchardat.
Sur l'essence d'aspic. — Kunstler. Sur de nouveaux Vers remarquables. — Pouchet. Le
regime de la sardine sur la còte océanique de France en 1887. — Rivière. Sur la station
quaternaire de la Quina (Guarente). — Gonnard. Sur une association de fluorine et de babel-
quartz de Villevieille, près de Pontgibaud ;Puy-de-I>òme). — Ilermite. Surla méthode pho-
tochronoscopique. — 9. Bertrand. Sur la rigueur d'une démonstration de Gauss. — Fremy
et Vernenil. Production artifìcielle des cristaux de rubis rhomboédriques. — Des Cìoizeaux.
Sur la forme que présentent les cristaux de rubis obtenus par M. Fremy. — Berthelot.
Sur quelques conditions générales de la fixation de l'azote par la terre vegetale. — Ran-
vier. Des tissus veineux des ganglions sympatiques. — Chancel et Parmcntier. Sur un
procede de dosage du chloroforme et sur la solubilité de ce corps dans l'ean. — Riviere.
L'epoque néolitique à Champigny (Scine). — Charlois. Éléments et éphéméride de la piar
nète (272). — Gruey. Sur un nonvel oculaire pour les observations méridiennés. — Lucas.
Détermination éléctrique des lignes ìsodynamiques d'un polynfime quelconque. — Brillouin.
Déformations permanentes et Thermodynamique. — Berson. Recherches expérimentales sur
les variations de l'aimantatioii d'un barre au d'acier par le choc. — Bouty. Extension de
la loi des conductibilités moléculaires. Gas de l'acide azotique fumant. —. Hedlwachs. Re-
marque sur une Note de MM. Ledeboer et Maneuvrier. — Le Chuteìlier. Sur les lois de
l'équilibre chimique. Réponse a M. Duhem. — Vivier. Sur un nouyel hydrate de l'acide
molybdique. — Louise et Rotta. Sur la dsensité de vapeoi de l'alnininiom-méthyle. — Fau-
connier. Action de l'aniline sur L'épichlorhydrine. — Annuiti et Brongniart. Sur une
cigale vésicante de la Chine et du Tonkin. — Gréhant et Quinquaud. Sur la respiration
de la levure de grains à diverses températores. — Weill. De l'acide carbonique applique
au traitement de certaines formes de dyspnée. — Conili et Chantemesse. Sur les proprié-
tés biologiques et l'attenuatimi du virus de la pneumo-entérite des porcs. — Pourquier.
Un parasite du cowpox. — Saint-Rèmy. Recherches sur le cefrean de l'Iole. — Joycux-
Lnjfuie. Sur le Delagia Ch»topteri, type d'une oouyeau genie de Bryozoaires. —
Jourdain. Sur le Machilis maritima Latr. — Chevreux el de Querne.&xa un Amphi-
pode nouveau (Cyrtophium chenolophilum), commensal de Thalassochelys ca-
retta L. — Bartet et Vuillemin. Recherches sur le rouge des feuilles du Pin sylvestre
et sur le traitement à lui appliquer. — Lacroix. Sur la bobierrite. — 10. Bertrand. Sur
l'indétermination d'un problème résolu par Poisson. — Berthelot. Sur la transfprmations,
dans le sol, des azotates en composés organiques azotés. — Sylvester. Sur les nombres
parfaits. — Jacquemin. Pu saccharomyces ellipsoideus et de ses application in-
dustrielles à la fabrication d'un vin d'orge. — Laeas. Résolution immediate des équations
au moyen de l'électricité. — Méray. Sur des systèmes d'équations aux dérivées partielles,
qui sont dépourvus d'intégrales, contrairement ;ì toute prévision. — Darbmix. Remarques
sur la Communication précédente. — Bougaiefj'. Sur une intégrale numérique suivant les
diviseurs. — Pellet. Sur les surfaces réglées, applicables sur une surface de revolution. —
Bouty. Sur la conductibilité éléctrique de l'acide azotique concentré. — Jungfleisch et
Lèrjet. Sur la cinchoniline. — Tanret. Produits d'oxj'dation des hydrazocamphènes.
Bouchardat et Voiry. Sur le terpinol, reproduction artifìcielle de l'eucalyptol oh terpane. —
de Forcrand. Sur la préparation des glycérinates bibasiques. — Mairet et Combemale.
Influence degenerative de l'alcool sur la descendance. Kecherches expérimentales. — Foio/iir.
Sur le développement et la marche de la pneumonie contagieuse des porcs dans le midi. —
Cuénot. Sur le développement des globules rouges du sang. — Garnault. Sur la structure
des organes génitaux, l'ovogénèse et les premiers stades de la fécondation chez l'Helix
aspersa. — Lemoine. Sur le cerveau du phyUoxera. — Bernard. Sur le manteau des
XCIX —
Gastéropodes prosobranches et les organes qui en dépendent. — Le Mede. Sur les calcaires
crétacés à foraminifères de Tunisie. — Vida!,. Sur les tourbillons de poussière observés dans
les rues d'Athènes. — 11. Bertrand. Sur la combinaison des mesures d'une méme grandeur. —
Lcewy et Puiseux. Théorie nouvelle de l'équatorial coudé et des équatoriaux en general.
Exposé de l'ensemble des méthodes permettant de rectifìer et d'orienter ces instruments. —
Berthelot et André. Sur le phosphore et l'acide phosphorique dans la végétation. — de Laca-
ze-Duthiers. La classification des Gastéropodes, basée sur les dispositions du système ner-
veux. — Gruey. Application de l'oculaire nadiral à la détermination des constantes de l'ho-
rizon gyroscopique. — Jensen. Sur un théorème general de convergence. — d'Ocagne. Sur
les équations algébriques à racines toutes réelles. — - Fabry. Réductibilité des équations
différentielles linéaires. — Joubin. Sur la mesure des champs magnétiques par les corps
diamagnétiques. — Duhem. Sur l'aimantation des corps diaraagnétiques. — Paquelin. Nou-
vel éolipyle. — Deslandres. Détermination, en longueurs d'onde, de deux raies rouges du
potassium. — Etard. Sur la solubilité décroissante des sulfates. — Gorgeu. Action du
grillage sur plusieurs oxydes et sels de manganése. — de Forcrand. Chaleur de formation
du glycérinate de soude bibasique. — Tanret. Produits d'oxydation des hydrazocamphènes.
Acide térébenthique. — Hugo de Vries. Détermination du poids moléculaire de la raffinose,
par la méthode plasmolytique. — Gautier et Drouin. Recherches sur la fixation de l'azote
par le sol et les végétaux. — Mairet et Combemale. Eecherches expérimentales sur l'in-
toxication chronique par l'alcool. — Fumouze. Sur l'Huechys sanguinea (Cicada
sanguinolenta d'Olivier). — May et. Sur les éléments figurés du sang leucocythémique. —
Perrier. Sur la collection d'étoiles de mer recueillie par la Commission scientifiques du
cap Horn. — Remy Perrier. Sur le rein des Gastéropodes prosobranches monotocardes. —
Kunstler. Foraminifère nouveau. — Mangin. Sur la perméabilité de l'épiderme des feuilles
pour les gaz. — Villot. Sur le classement des alluvions anciennes et le creusement des
vallées du bassin du Rióne. — Dolio. Iguanodontise et C ampton otidae. — Michel
Lévy et Lacroix. Réfringence et biréfringence de quelques minéraux des roches. — Tho-
raude. Prétendue pluie de sang, qui serait tombée le 13 décembre dernier en Cochinchine. —
Blanchard. Observations relatives aux prétendues pluies de sang. — 12. Faye. Sur certains
points de la théorie des erreurs accidentelles. — Bertrand. Sur la valeur probable des
erreurs les plus petites, dans une sèrie d'observations. — Tisserand. Sur un point de la
théorie de la lune. — Lreicy et Puiseux. Théorie nouvelle de l'équatorial coudé. Recher-
che des termes correctifs dépendant du miroir intérieur et de l'axe de déclinaison. —
Berthelot et André. Sur l'absorption des matières salines par les végétaux : sulfate de
potasse. — Schlcesing. Sur les relations de l'azote atmosphérique avec la terre vegetale. —
Crova. Sur les observations actinométriques faites à Montpellier pendant l'année 1887. —
Tondini. Sur l'unification du calendrier. — Bassot. Laméridienne de Laghouat. — Mannheim.
Sur certain conoides, et en particulier sur le conoide de Plucker. — Bortniker. Sur la
théorie des cyclides. — Bioche. Sur certaines surfaces réglées, à propos d'une Note de
M. Pellet. — Jamet. Sur deux systèmes de courbes orthogonales. — Jensen. Sur une gé-
néralisation d'un théorème de Cauchy. — Duter. Sur le passage du courant électrique à
travers le soufre. — Ader. Le phono-signal, pour la télégraphie sous-marine. — Olivier.
Sur un photomètre inscripteur et régulateur: le radiographe. — Deslandres. Spectre de
bandes ultra-violet des composés hydrogénés et oxygénés du carbone. — Duhem. Sur les
lois de l'équilibre chimique. Réponse à M. H. Le Chatelier. — de Forcrand et Villard.
Sur l'hydrate d'hydrogène sulfuré. — Villiers. Sur un nouvel acide oyxgéné du soufre. —
André. Action de certains oxydes sur les chlorures de zinc et de manganése dissous. —
Renard. Sur le ditérébenthyle. — (Fchsner de Coninck. Contributi' m à l'étude des pto-
mai'nes. — Patein. Composés cyanogénés des sulfines. — Gautier et Drouin. RechérchéiS
sur la fixation de l'azote par le sol et les végétaux. — Ferré. Contribution à l'étude
— e —
séméiologique et pathogénique de la rage. — Charrin et Roger. Sur une pseudotubercu-
lose bacillaire. — Mairet et Comò emale. Eecbercbes expérimentales sur l'intoxication
chronique par l'alcool. — Roule. Sur la structure des fibres musculaires appartenant aux
muscles rétracteurs des valves des Mollusques lamellibrancbes. — Pouchet et Beauregard.
Sur la présence de deux Baleines franches dans les eaux d'Algcr. — Ledere du Sablon.
Sur la formation des anthérozoi'des des hépatiques. — Michel. Sur la production par la
voie sèche de quelques séléniates cristallisés. — Gonnard. Sur Ics macles et groupements
réguliers de l'orthose du porphyre quartzifère de Four-la-Brouque, près d'Issoire (Puy-de-
Dòme).
• Jahrbuch d. k. k. geologischen Reichsanstalt. Jhg. 1887, Bd. XXXVII, 2.
Wien.
ìl'aagen. Die carbone Eiszeit. — Dòli. Zwei neue Kriterien ftìr die Oriéntirùng der
Meteoriten. — Hofmann. Ueber einige Saugethierreste aus der Braunkohle von Voitsberg
und Steieregg bei Wies, Steiermark. — Schuster und v. iFoullon. Optisches Verhàlten und
ebemisebe Zusaramensetzung des Andesins von Bodenroais. — Wóldrich. Diluviale Funàc
in deii Prachover Felsen bei Jicin in Biibmen. — Sjogren. Der Ausbrucb des Scnìamm-
vulcans Lok-Botan am Kaspischen Meere von 5. Jànner 1887. — ffaug. Die geologischen
Verhàltniss der Neocomablagerungen der Puezalpe bei Corvara in Stìdtirol. — Rittiicr. Ueber
Koninckiniden des alpinen Lias. — Vacek. Bemerkungen iiber ejnige Attender Gàttungeri
Earpoceras und Simoceras. — Id. Einige Bemerkungen ùber den h'ohlen Bae] der Falci-
fera!. — Stelzner. Ueber die Bohnerze der Villacber Alpe. — Paul. Beìtràge znr Kenntniss
des schlesiscli-galizisclien Karpathenrandes. — Tietze. Bemerkungen iiber eine Quelle Bei
Langenbruck unweit Franzensbad. — Weithofer. Bemerkungen Bber eine fossile Scalpellimi-
art aus dem Schlier von Ottnang und Kremsmunster3 sowie iiber Cirrìpidien im Àllgemeinen.
Jahrbuch der kon. Preuss. geologischen Landesanstalt und Bergakaderaie. Jah.
1880-1884, 1886. Berlin.
Lossen. Ueber Àufnabmen auf den Messtischblattern Elbingerode, Wernigertlde und
Harzburg im nOrdlichen Mittelharze. — Kòek. Ueber Aufnahinen auf den Sectionen Wer-
nigerode und Elbingerode. — Koenen. Ueber CJntersuchungen in dem Gebiete westlich de«
Harzes. — Rornemann sen. Ueber Àufnabmen auf Section Wutha. — Rornemann Jan.
Ueber Aufnabme der Section FrOttstedt. •*- Beyschlag. Ueber Aufaahmen auf den Bl&ttern
Salzungen und Altmarschen. — Zimmermann. Ueber Àufnabmen auf Section l 'rawinkel. —
Loretz. Ueber Àufnabmen im Bereiche der Blàtter KOnigsee und Schwarzburg. — Proe-
scholdt. Ueber Aufnahmen und Revision en der Sectionen-Hildburghausen, Dingsleben, The-
mar und Schwarza. — Oebbeke. Ueber Aùfaabme der Section Neukirchen. — Grsbe. Ueber
die Àufnabmen an der Mosel, Saar und Nabe. — Schohe. Ueber Anfnahmen in den Sectionen
Brandenburg a/H. und Piane und iiber die in der zweitea Hàlfte des Sommers 1887 erfolg-
ten Untersuchungen im òstlieben Kiigen. — Gtwmr. Ueber Aufnahmen und den Sectionen
Parey und Werben. — Jéntesch. Ueber Aufnahmen in We.stpmissen. — Klebs. Ueber
Aufhname der Section Falkenau. — Schròder. Ueber die Aufnabme der Section lìossel
und des ostlichen Theiles der Section Heilige Linde. — Koenen. Ueber postglaciale Dislo-
kationen.— Laufer. Bemerkungen iiber die Fortsetzung des alten llavellaufes von Scbwie-
low-See und Caniner Luch nacb Brandenburg. — Branco. Weissia bavaricag. n. sp.,
ein neuer Stegocephale aus dem Unteren Rothliegenden. — Biicking. Gebirgsstorungcn
siidwestlich vom Thuringer Wald. — Koch. Die Kersantite des Unterharzes. — Berendt.
Zur Geognosie der Altmark. Unterschiede in den geognostiseben Yerlialtiiissen derselben
gegeniiber denen der Mark Brandenburg. — Rornemann. Geologische Algenstudien. —
lieilhack. Ueber Deltabildungeu am Nordrande des Fliiming und iiber Gehiingemoore auf
demselben. — Zimmermann. Die zonenweise gesteigerte Umwandlung der Gesteine in
— CI
Ostthiiringen. — Proescholdt. Die Zechsteinformation ani Kleinen Thuringer Wald bei
Bischofsrod. — lei. Ueber eine Diluvialablagerung bei Themar im Werrathal. — Dathe.
Ueber die Gniessformation am Ostabfall des Eulengebirges zwischen Langenbielau und
Campersdorf. — Scìwìz. Ueber das Quartar im siidostlichen Riigen. — Heilhack. Ueber alte
Elblaufe zwischen Magdeburg und Havelberg. — Wahnschaffe. Ueber zwei conchylienfiihr-
ende Lossablagerungen nOrdlich vom Hart. — Ebert. Teredo megotara Hanley aus dem
Septarienthon von Finkenwalde. — Id. Beitrag zur Kenntniss der tertiiiren Decapoden
Deutschlands. — Loretz. Bemerkungen iiber das Yorkommen von Granit und veranderten
Schiefer im Quellgebiet der Schleuse im Thiiringer Walde.— Halfar. Einige Noti zen iiber
im Jahre 1886 ausgefuhrte geognostisebe Untersuchungen auf dem nordwestlichen Ober-
harz. — Fremtzen. Ueber Gervillia Goldfussi von Strombeck. — Stapff. Geologische Beo-
bachtungen im Gebiete des Messtischblattes Charlottenbrunn (Eulengebirge). — Dathe.
Quarzaugit-Diorit von Lampersdorf in Schlesien. — Lossen. Ueber ein durch Zufall in
einer Fensterscheibe entstandenes Torsionsspaltennetz. — Rime. Die Dachberg, ein Vulkan
der Rhon.
+ Jahres-Bericht der Naturforschenden Gesellschaft Oraubundens. N. F. Jhg.XXX,
1885-86. Chur, 1887.
Pianta. Ueber die Zusammensetzung einiger Nektar-Arten. — Am Stein. Nachtrag
zu den bei Serneus beobacht, Binnenconchylien. — Imlwf. Studien iiber die Fauna hochal-
piner Seen insbesondere des Kantons Graubunden.
tJahresbericht des Wissenschaftlichen Club. 1886-87. Wien.
+Jahresbericht iiber die Fortschritte der classischen Alterthumswissenschaft.
Jhg. XIV, 12. Berlin, 1888.
Wecklein. Bericbt iiber die die griechischen Tragiker betreffende Litteratur der Jahre
1885 und 1886. — Schicenke. Jahresbericbt iiber die Litteratur zu Cicero's philosophischen
Schriften aus den Jahren 1884-1886.
Journal de la Société physico-chimique russe. T. XX, 1, 2. S. Pétersbourg, 1888.
1. Brauner et Tomiczek. Action de l'acide sulfhydrique sur l'acide arsénique. — Roel-
sianko. Sur les dérivés nitrés de l'acide paraazobenzoique. — IVedensky. Sur la structurc
de l'acide phosphoreux. — Konelakoff. Sur le glycol triméthyléthylénique. — Mihailoff.
Sur l'état gélatineux des substances albuminoides. — Wagner. Sur l'oxydation des hydro-
carbures et des alcools non saturés. — Pirogoff. Sur le Virial. — Woulf. Compensateur
pour la mesure de l'angle de rotation du pian de polarisation. — 2. Gustavson. Action du
chlorure d'aluminium sur le chlorure d'acétyle: critique du mémoire de M. Combes. —
Ossipoff. Action de l'acide maléique sur l'aniline. — lei. Sur l'isomerie de l'acide fumari-
que et de l'acide maléique. — Lonatchefsky-Petruniaka. Sur l'absorption de l'oxyde de
carbone par le chlorure cuivreux. — Bevaci. Action du zince'thyle sur le nitroéthane. —
Kabloukoff. Sur les regularite's des re'actions de l'addition directe. — Selivanoff. Sur les
bourgeons de pommes de terre. — Konelakoff. Sur la chloruration de l'isopropyléthylène. —
Id. Sur la chloruration de 1 amylène. — Mihailoff. Sur l'état gélatineux des substances albu-
minoides. — Zetline. Méthode pour dètérminer la combinaison la plus avantageuse des élé-
ments d'une batterie. — Chwolson. Sur le deuxième théorème de Kirchhof. — Id. Sur la
dimension du potentiel électromagnétique dans le systhòme électromagnétique. — Jourairsky.
Un simple électroscope.
f Journal de physique théorique et appliquée. 2e sér. t. VII, mars. 1888.
Blondlot. Sur la doublé réfraction électrique. Simultanéité des phénomènes électrique
et optique. — Gouy. Sur l'électromètre à quadrants. — Gernez. Recherches sur l'application
du pouvoir rotatoire à l'étude des composés formés par l'action du molybdate d'animi-
— cu —
niaque sur les solutions d'acide tartrique. — Chabry. Procede nouveau pour étudier la
diffusion des acides. — Duhem. Sur un Mémoire de M. Robert von Helmholtz « Sur la va-
riation du point de congélation ». — là. Sur un Mémoire de M. Max Plank ayant pour
titre: «Sur le principe de l'accroissement de l'entropie».
* Journal of the Chemical Society. N. CCCIV. March 1888. London.
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Closed Carbon-chains. Part III. Some Derivatives of Pentamethylene. — Freer and Perkin.
The Synthetical Pormation of Closed Carbon-chains. Part IV. Some Derivatives of Hexa-
methylene. — là. ià. The Synthetical Formation of Closed Carbon-chains. Part V. Experi-
ments on the Synthesis of Heptamethylenederivativcs. — Riicker. On the Range of Mole-
cular Forces. — Schunck. On the Supposed Identity of Rutin and Quercitrin. — Divers
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nerai Resources of Eastern Shantung. — Chinese Partnerships : Liability of the Individuai
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The Salt Revenue of China. — Carles. Remarks on the Production of Salt in China. —
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crasterias americana, Ralfs, and its Varieties. — Gulliver. Note mi the Minute Structure
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+ Journal (The american) of Philology. Voi. Vili, 4. Baltimore, 1887.
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London.
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cobi in dynamics. — Forsyth. On the theory of forms in the integration of linear diffe-
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sible fluids. — Larmor. Electro-magnetic and other images in spheres and planes.
— cui —
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the Ohermittweida Conglomerate. — H. On part of the Huronian Series in the Neigh-
bourhood of Sudhury (Canada). — Lydekker. On a new Wealden Iguanodont and other Di-
• nosaurs. — Geikie. On the Altered Limestone of Strath, Skye. — Woodward. On the
Discovery of Trilobites in the Upper Green (Cambrian) Slates of the Penrhyn Quarries. —
Seeley. On Thecospondylus Daviesi (Seeley), with some Remarks on the Classifi-
cation of the Dinosauria. — Prestivich. On the Correlation of the Eocene Strafa in En-
gland, Belgium, and the North of France. — M'Keuny Hughes. On the Cae Gwyn Cave.
fLotos, Jahrbuch fur Naturwissenschaft. N. F. Bd. Vili, 1888. Prao-.
Pruder. Palaeontologische Beitrage zur Kenntniss der nordbohmischen Juragehilde. —
Gussenbeiuer. Ueber den Schmere.
f Lumière (La) électrique. T. XX.V1I, n. 9-13. Paris, 1888.
fMagazin (Neues Lausitzisches). Bd. LXIII, 2. Gorlitz, 1888.
Patir. Das friiheste Verstiindniss von Dante's Commedia. — Korschelt. Die Strafeli
der Vorzeit in der Oberlausitz. — Id. Kriegsdrangsale von Gorlitz und Umgegend zur
Zeit des dreissigjàhrigen Krieges.
^Mérnoires et compte rendus des travaux de la Société des ingénieurs civils.
Janv.-févr. 1888. Paris.
Bonnami. Théorie de la fabrication et de la solidifioation des produits hydrauli-
ques. - Lefer. Etude sur le travail des gaz et son application aux machines. — Boude-
noot. Note sur la brochure de M. Piat relative à un projet de pori en eau profonde à Ca-
bourg (Calvados). — Canovetti. Travaux du port de Venise. — de Cordemoy. Le pori de
Saint-Pierre (ile de la Réunion). — Lavalley et Molìnos. Le pori et le chemin de fer de
l'ile de la Réunion. -- Polonceau. Note sur l'éclairage au lucigène.
+Mittheilungen aus der Stadtbibliothek zu Hamburg. V, 1888. Hamburg.
Hamburg in vorigen Jahrhundert. — Analecta italica. — Analecta hispanica.
f Mittheilungen der Mathematischen G-esellschaft in Hamburg. N. 8. Leipzig,
1888.
Liebenthal. Das Potential des Ellipsoids. — Keferstein. Eine Methode zur Bestim-
mung der primitiven Wurzeln der Kongruenz eiv-x = \ (mod p) fur einen reellen Prim-
zahlmodul p.
fMittheilungen des k. deutschen Archaologischen Instituts. Athenische Abthei-
lung. Bd. XII, 4. Athen, 1888.
Milchhoefer. Antikenbericht aus Attika, Fortsetzung. — Judeich. Pedasa. — Lolliìig.
Mittheilungen aus Thessalien 11. Grabinschriften (Schluss). — Id. und Wolters. Zum Mo-
nument des Eubulides. — Studniczka. Zu dem Bronzekopfe ' Museen von Athen '. — Winter.
Vase aus Mylasa. - Wolters. Apollo und Artemis, Relief in Sparta.
'"Mittheilungen des Ornitologischen Vereins in Wien. Jhg. XII, n. 3. Wien, 1888.
"•Monatsblàtter des Wissenschaftlichen Club in Wien. Jhg. IX, 6. Wien, 1888.
f Monumenta medii aevi historica res gestas Poloniao illustrantia. T. X.
W Krakowie, 1887.
Codicis diplomatici Poloniae minoris pars tertia.
— CIV —
ìNaturforscher (Der). Jhg. XXI, n. 3-11. Tubingen, 1888.
^Notices (Monthly) of the royal Astronomical Society. Voi. XLVIII, 4. Lon-
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+Notulen van de algemeene en Bestuurs-Yergaderingen van het Bataviaasch
Genootschap van Kunsten en Wetenschappen. Deel XXV, 3. Batavia, 1888.
i Observations (Astronomical and magnetical and meteorological) made at the
r. Observatory Greenwich in the year 1885. London, 1887.
fPamietnik Akademie Urniejetnosci w Krakowie. Wydz. filol. i histor.-filoz.
T. VI. Krakow, 1887.
Ulànovjski. 0 zalozeniu klasztoru sw. Andrzeja w Krakowie i Jego najdawniejszych
przywilejach. — Kavczynski. Porownawcze badania nad rytmem i rytinami. — Wislocki.
0 wydawnictwie Liber diligenriarura krakowskiego fakultetu filozoficznego z lat 1487-1563. —
Kallenbach. Rewizyja tekstu pierwszejczc-xi « Dziadów» podlug auctografu. — Kot zsnioioskd.
0. autorach zywotu Pietra Kniity i opisu wojny kokoszej.
+Proceedings of the Cambridge philosolical Society. Voi. VI, 3. Cambridge,
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A iry. On a special algebraic function and its application to the solution of some
equations. — Easter/ìdd. Some observations on Permansali ic Acid. — Chret. On the equa-
tions of an Isotropie Elastic Solid in Polar and CylindricaJ Coordinates, their solatio?
and application — Newman. On a Table of the values of ex for values of x between 0
and 2 increasing by -001. — Basset. On the Application of Lagrange's Equations to the
Motion of Perforated Solids in a Liquid when there is Circulation. — Shipley. On the
Fungns causing the onion disease Peronospora Schleideniana. — Reynolds Vaizey. On
Alternation of Generations in Green Pìants. — Warburton. On a new species of spider,
with some observations on the habits of certain Araneina. — Glaisher. On expiessions
for the Theta Functions as Definite Integrals. — Pattison .Vuir and Adie. On the inte-
raction of zinc and sulphuric acid. —Basset. On the Application of Lagrange's Equations
to the Motion of a number of Cylinders in a Liquid when there is Circulation. — Love.
Note on Kirchhoff 's theury of the deformation of elastic platee. — Brill. Oa a New Geo-
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"+Proceedings of the r. Geographical Society. N. M. S. Voi. X, 3. March, Aprii
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West Coast of Africa and the adjacent Islands. — Cunningham. On the Development of the
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ter-snake(Enhydrina Valakadyen). — Woodhead. Simple Method of Testing the Effi-
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The Emigration of Amoeboid Corpuscles in the Starfish. — ld. Note on the Madreporite
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dridge. Note on the Changes effected by Digestion on Fibrinogen and Fibrin. — Carnelley
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ld. id. Note on the Number of Micro-organisms in Moorland Air. — Mivart. On the pos-
sibly Dual Origin of the Mammalia. — Gasiteli. On the Relation between the Structure,
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Preliminary Note on the Development of the Skeleton of the Apteryx. — ld. On Remnants
or Vestiges of Amphibian and Reptilian Structures found in the Skull of Birds, both Ca-
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•; Repertorium der Physik. Bd. XXIV, 2. Miinchen, 1888.
Both. Ueber die Bahn eines freien Theilchens auf einer sich gleichmassig drehenden
Scheibe. — Fróhlich. Seismograsph mit elektrischem Registrirapparat. — Rysdnek. Ver-
such einer dynamischen Erklàrung der Gravitation. — Tumlirz. Ueber die Fortprlanzung
cbenen Luftwellen endlicher Schwingungsweite.
'Report of the fìfty-seventh Meeting of the British Association for the advan-
cement of science, held at Birmingham in August and September 1887.
London, 1888.
+Results (Greenwich spectroscopic and photographic) 1885. London, 1887.
"; Resumé des séances de la Société des ingénieurs civils. Séances du 17 févr. et
2, 16 mars. Paris, 1888.
fRevista do Observatorio imperiai de Marina de Rio Janeiro. Anno III, n. 1, 2.
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fRevue historique paraissant tous les deux mois. T. XXXVI, 2. Mars-avril
1888. Paris.
Monceaux. Le grand tempie du Puy-de-DOme, le Mercure gaulois et l'histoire des
Arvernes. — Fagniez. Le Pére Joseph et Richelieu. La préparation de la rupture ouverte
avec la maison d'Autriche (1632-1635). — //. Francois de la Noue et la conversion du roi. —
Du Gasse. La reine Catherine de Westphalie, son journal et sa correspondance. — Savin-
hiac. L'Espagne et Fexpédition du Mexique. Une lettre inedite du marechal Prim.
"'Revue internationale de l'électricité T. VI, n. 53, 54. Paris, 1888.
+Revue politique et littéraire. 3e sér. t. XLI, n. 0-13. 1888.
fRevue scientifique. 3e sér. t. XLI, n. 9-13. 1888.
fRocznik zarzadu Akademii Umiejetnosci W Krakowie. Rok 1886. W Krakowie.
Bullettino-Rendiconti, 1888, Vol. IV, 1° Sem. 14
— evi —
1 Rozprawy i sprawozdania z posiedzen. Wydz. tilol. t. XII ; hist.-filos. t. XIX,
XX.; matem.-przyr. t. XV, XVI. W Krakowie, 1887.
+ Rundschau (Naturwissenschaftliche). Jhg. Ili, u. 10-14. Braunschweig, 1888.
+Soriptores rerum polonicarum. T. XI. Krakow, 1887.
Diaria Comitiorum Poloniae anni 1587.
+ Sprawozdania komisyi do badania historyi sztuki w Polsce. T. III, 4. Kra-
kow, 1887.
^SLudies (Johns Hopkins University) in histoiical and politicai Science. 5th
Series, XII. Baltimore, 1887.
Wkite. European Schools of history and pulitici.
^Transactions of the Manchester Geological Society. Voi XIX, 14-17. Man-
chester, 1888.
Bainbridge. On a New Description of Miners' Safety Lamp. — Bramali. On a New Lead
Rivet Mould. — Bolton. Observations on Boulders from the High-Level Driff of Bacup. —
Cowburn. On Boulders in Coal Seanis. — Stirrup. On Foreign Botddera in Coal Seanis. —
Pcrcy. On Mine Rents and Minerai Royalties.
'Verhandlungen der k. k. geologischen Reichsanstalt. 1887, n. 9-16. Wien.
Verhandlungen der Naturforschenden Gesellschaft in Basel. Th. Vili, 2.
Basel, 1887.
Miììler. Fiinfter Nachtrag zum Katalog der herpetologischen Sammlung des Basler Mu-
sLums. — Kollmann. Das Grabfeld von Elisried and die Beziehungen der Etimologie zu
den Resultaten der Anthropologie. — Id. Schàdel aus jenem Htigel bei Genf, auf dem
einst der Matronenstein, Pierre aux Dames, gestanden hat. — LI. Schiidel von Genthod
und Lully bei Genf. — ld. Ethnologische Literatur Nord-Amcrikas. — Kahlbaum. Ueber
Dampftemperaturen bei vermindertem Druck. — Id. Welche Temperatur haben die aus
kochenden Salzlosungen aufsteigenden Dampfe ? — Miiller. Zur Crustaceenfauna von Trin-
comali. — Gilliéron. Sur le caleaire d'eau douce de Moutier attribue au purbeckien.
f Verhandlungen der Physiologischen Gesellschaft zu Berlin. Jhg. 1887-88, n. 5-0.
* Verhandlungen des Jnaturhist. Vereines der preuss. Rheinlande, Westfalens ecc.
Jhg. XLIV, 2. Bonn, 1887.
Hosius. Ueber den Septarienthon von Schernibeck. — Follmann. Unterdevonische
Crinoiden. — Schulz. Geognostische Uebersicht der Bergreviere Amsberg, Brilon und
Olpe. — v. Dechen u. Rauff. Geologische und niineralugischc Litteratur der Rheinprovinz
und der Provinz Westfalen ecc. — Dittmar. Mikroskn]ii?che Untersuchung der aus Kri-
stallinische Gesteinen, insbesondere aus Schiefer herrulirenden Auswurflinge des Laacher
Sees. — Esser. Die Entstehunp der Bluthen an alteni Holz.— Knops. Ueber die Moleku-
larrefraktion der Isomerieen, Fumar Malei'nsàure, Mesacon-Citracon-Itaeonsaure und des
Thiophens und ihre Bezieliun>,r zur cliemischen Konstitution diesel Substanzen. — Brauns.
Was wissen wir ueber die Ursachen der optischen Anomalien ?
f Verhandlungen des Vereins zur Befòrderung des Gewerbfleisses. 1888, 2.
Kosmann. Die Marraoraten des Deutschen Reiches.
t Wochenschrift des òsterr. Ingenieur- und Architekten-Vereines. Jhg. XIII, 9-13.
Wien, 1888.
: AViirtembergische Vierteljahrshefte tur Landes-Geschichte. Jhg. X. 1877.
Stuttgart.
— C VII —
fZeitschrift des osterr. Ingenieur- und Architekten-Vereins. Jhg. LX, l.Wien,
1888.
Das Detailprojekt tur die Wienflussregelung. Mit Bentitzung des Berichtes des Stadt-
bauamtes an den Gemeinderath des Stadt Wien. — Land. Kinematische Theorie der sta-
tisch bestimmten Tràger. — Prokop. Die Konkurrenzplàne fiir das «Deutsche Haus« in
Briinn. — Das Grabdenkmal fiir Dr. Cari B-itt. v. Ghega auf dem Ehrenfriedhofe der
Stadt Wien.
tZeitung (Stettiner Entomologische). Jhg. 10-12. Stettin, 1888.
Pubblicazioni non periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di aprile 1888.
Pubblicazioni italiane.
* Brunetti L. — La tannizzazione dei tessuti animali che mi appartiene de-
v'essere impiegata dagli anatomici e compresa dai patologi. Padova,
1888. 8°.
*Busin P. — Sulle predizioni del tempo. Roma, 1888. 8°.
*Carutti D. — Il Conte Umberto I e il Re Ardoino. Roma, 1888. 8°.
* Deodati E. — Della medicina legale, dei suoi uffici e dei suoi limiti. Venezia,
1888. 8°.
* De Toni G. B. e Levi D. — L'Algarium Zanardini. Venezia, 1888. 8°.
*Falangola F. — Sulle grandi mine nella roccia Calcarea della catena pelo-
ritana (Sicilia) e nella roccia granitica di Baveno (Lago Maggiore). Roma,
1887. 8°.
* Govi G. — Il microscopio composto inventato da Galileo. Napoli, 1888. 4°.
*Grablovitz G. — Anemometria. Roma, 1888. 4°.
*Td. — Descrizione dell'Osservatorio meteorologico e geodinamico al Porto
d'Ischia. Roma, 1888. 4°.
*Id. — Studi mareometrici al Porto d'Ischia, Roma. 1888. 4°
*ld. — Studi preliminari sulle sorgive termali al Porto d'Ischia. Roma,
1888. 4°.
*Id. — Sulle sorgive termali del porto d'Ischia. Roma, 1888. 4°.
*Id..— Sul terremoto del 27 agosto 1886. Roma, 1888. 4°.
* Loria A. — La teoria economica della costituzione politica. Torino, 1886. 8°.
*Lovisato D. — Cenni geologici sulla Sardegna. Cagliari, 1888. 8°.
*Majetti E. — Cenno storico e utilità della stenografia. Napoli, 1887. 8".
*Marcacci G. — Statistica nosologica del r. Arcispedale di S. Maria Nuova
e stabilimenti riuniti di Firenze. Pistoia, 1888. 4°.
* Martini T. — Esperienze di confronto fra i vari tipi di accumulatori elet-
trici. Venezia, 1888. 8°.
* Nazari G. — Il prof. Cesare Lombroso e il valore scientifico delle sue opere.
Oderzo, 1887. 8°.
— CVIU —
*Onoranze funebri rese al prof. Francesco Carrara. Lucca, 1888. 8°.
'Penile A. — Storia del diritto italiano dalla caduta dell'impero Romano alla
codificazione. Voi. VI, 2. Storia della procedura. Padova, 1887. 8° (aeq.).
*Saccardo P. A. — Sjlloge fungorum omnium hucusque cognitorum. Voi. VII, 1,
Patavii, 1888.8°.
* Saltini Gr. E. — Della vita e delle opere di Giuseppe Martelli, architetto e
ingegnere fiorentino. Firenze, 1888. 4°. con atl.
* Strambio G. — Il nuovo ed il nuovissimo progetto di legge per la tutela
dell'igiene e della Sanità pubblica ecc. Milano, 1888. 8°.
* Stocchi G. — La prima conquista della Britannia per opera dei Romani. Fi-
renze, 1888. 8°.
* Tabarri/li M. — Gino Capponi, i suoi tempi, i suoi studi, i suoi amici.
Firenze, 1879. 8°.
*Id. — Studi di critica storica. Firenze, 1876. 8°.
*Id. — Vite e ricordi d'italiani illustri del secolo XIX. Firenze, 1884. 8°.
Pubblicazioni estere.
*Abbadie A. d\ — Récit d'un voyage en Orient. Paris, 1888. 8°.
f Adam C. — Eine menschliche Frucht mit verkùmmerten obera Gliedmaasseii
Unterkiefer. Kdnigsberg, 1887. 8°.
f Alexander TI. — Ueber hydroxylaminhaltige Platinbasen. Konisberg, 1887. 8°.
f Ammaan F. — Die Schlacht bei Prag am 6 Mai 1757. Heidelberg, 1887. 8°.
^ Animi E. — In Dionysium Periegetam quaestiones criticae. Regimonti, 1888. 8°.
+AHTOHHHA. A. — Hs* Pyjjejrm. CaHKTneTepByprB L886. 4".
*.Arens M. — Statistik der geburtshiiltìichen Operationen an der k. gyniiko-
logischen Uuiversitatsklinik zu Konigsberg in Pr. vom 1. Januar 1880 bis
1. Januar 1886. Konigsberg, 1887.
^Arnoldt C. — Einige Untersuchungen ueber quadratische Strahlen Complexe.
Strassburg, 1887. 8°.
i ' Beets K. — C und Ch vor lateinischen A in altfranzosischen Texten. Darm-
stadt, 1887. 8°.
^'Bernhard A. — Ueber Leberabscesse im Kindesalter, im Auschluss an drei
in der Strassburgen Kinder- Klinik beobachtete Falle. Leipzig, 1 886. 8°.
'l Bìenemann Fr. — Conrad von Scbarfenberg Bischof von Speier und Metz
und Kaiseiiicher Hofkanzler. 1200-1224. Strassburg, 1880. 8°.
iBlink H. — Wind- und Meeresstromungen im Gebiet der Kleinen Sunda-
Inseln. Stuttgart, 1887. 8°.
*Bluth J. — Ueber einen Fall von Hiimatocele des Samenstranges. Stettin.
1887. 8°.
i Bochert P. — Untersuchungen ueber das Netzhaut-Gliom. Konigsberg,
1887. 8°.
*Boi'atéis J. — Grundlinien des Bosporus. Kdnigsberg, 1887. 8°.
— CIX —
*Boll F. — Ueber den Einfiuss der Teraperatur auf den Leitungswiderstand
und die Polarisation thierischer Theile. Kònigsberg, 1887. 8°.
fBongers P. — Ueber Synthesen im Organismus der Vogel. Kònigsberg, 1887. 8°.
^Borries E. von — Das erste Stadium des i-Umlauts im Grermanischen. Strass-
burg, 1887. 8°.
*Bdttcher G. — Untersuchungen ueber die histologischen Vorgànge und das
Verhalten des Blutes in doppelt unterbundenen Gefàssen. Jena, 1887. 8°.
fBrauch Th. — Beitrag zur Lehre von den Talusfracturen. Strassburg,
1887. 8°.
^Buchenau H. — Ueber den Gebrauch und die Stellung des Adjectivs in Wolf-
rams Parzival. Còthen, 1887. 8°.
fBuc/c C. — De scholiis Teocriteis vetustioribus quaestiones selectae. Argen-
torati, 1886. 8°.
f Caro R. — Zur Prophylaxe der Blenorrhoea neonatorum. Kònigsberg. 1887. 8°.
1 Cohen R. — Experimentelle Bestimmung des Verhàltnisses der beiden spe-
cifischen Wàrrnen des Wasserdampfs. Strassburg, 1887. 8°.
'"Corpus Inscriptionum latinarum Consilio et auctoritate Academiae litteraruin
regiae Borussicae editimi. Voi. XIV. Berolini, 1837. f.°
f Daimler C. — Ueber neue Synthesen mit Oxalsàuren- und Malonsaureester.
Strassburg, 1886. 8°.
fDannehl IL — Die Kettenlinie auf einigen Rotationsflàchen. Greifswald,
1887. 8°.
f David R. — Ueber die Syntax des Italienischen im Trecento. Genf. 1887. 8°.
^Davidsohn K. — Versuche iiber die Wirkung des Nitroprussidnatriums. Kò-
nigsberg, 1887. 8°.
i Dessau B. — Ueber Metallschichten welche durch Zerstiiuben einer Kathode
entstehen. Leipzig, 1886. 8°.
''c Didymas. — De Aristarchea Odysseae recensione reliquiarum supplementum
ab A. Ludwich editum. Eegimontii, 1887. 4°.
f Dietsel A. — Condensation von Acetessigester mit Branzweinsauren Natrium.
Strassburg, 1887. 8°.
+ Du Bois H. H. J. G. — Magnetische Circularpolarisation in Cobalt und Nickel.
Leipzig, 1887. 8°.
"Durre. — Rede zum Gediicntniss an K. Wilhelm I. Aachen, 1888. 8°.
* Eckerlein J. — Ein Fall von Pulsirenden Exophthalmus beider Augen in
Folge einer Traumatischen Ruptur des Carotis interna im Sinus Caver-
nosus. Kònigsberg, 1887. 8°.
f Elsner W. — Untersuchungen zu dem mittelenglischen Fabliau « Dame Siriz - .
Berlin, 1887. 8°.
f Emdea R. — Ueber die Dampfspannungen von Salzlosungen. Leipzig, 1887. 8°.
' Engelbrecht P. — Die Compensation mit naturalobligationen. Kònigsberg,
1887. 8°.
— ex —
■ Engelìen R. — Ueber das Verhalten der Animoniakausscheidung bei Phosphor-
vergiftung. Konigsberg, 1887. 8°.
• Eynern F. voti. — Condensation von Acetessigester rait bernsteinsaurern Na-
trium. Strassburg, 1887. 8V
'Fé/:- e r C. A. — Voruntersuchung zu eiaer Gesckichte des Poutificats Ale-
xander IL Strassburg, 1887. 8°.
^Feldmann L. — Ueber die Entwicklung organischer Erkrankungen des Cen-
tralen NeiTensystems bei Personen velche lange an Schwerer Hysterie
gelitten haben. Leipzig, 1887. 8°.
fFriek A. — Ueber den Friihjahrskatarrh der Conjimctiva. Wiirzburg, 188(3. 8°.
f Friedrich d. (ir. — Politisene Correspondenz. Bd. XV. Berlin, 1887. 8°.
*Gasperini R. — Contributo alla conoscenza geologica del diluviale dalmate
Zara, 1885.
' là. — Secondo contributo alla conoscenza geologica del diluviale dalmato.
Spalato, 1887. 8°.
' Id. — Notizie sulla fauna imenotterologa dalmata. I, IL Zara, 1887. 8°.
f Geil G. — Ueber die Abliiingigkeit Locke' s von Descartes. Strassburg, 1887. 8".
7 Grethen R. — Die politischen Beziehungen Clemen's. VII. zu Karl V in den
Jahren 1523-1527. Hannover, 1887. 8°.
1 Groll S. — Untersuchungen ueber Hàmoglobingehalt des Blutes bei voll-
stàndiger Inanition. Konigsberg. 1887. 8°.
*Grollmus M. — De M. Tullio Cicerone poeta. Part. I. De inscriptionibus, de
argumeutis, de temporibus singulorum carminum. Regimonti, 1887. 8°.
7 Grossmann IL — De doctrinae metricae reliquiis ab Eustathio servatis. Ar-
gentorati, 1887. 8°.
' Haag e ìi M. — Ueber den Einfluss der Darmfàulnis auf die Entstehung der
Kynurensaure beim Hunde. Konigsberg, 1887. 8°.
: Handelmann IL — XXXVIII Bericht zur Alterthumskunde Schleswig-Hol-
steins. Kiel, 1885. 4°.
^Hergesell H. — Ueber die Aenderung der Gleichgewichtsrlàchen der Erde
dm-ch die Bildung polarer Eismassen und die dadurch verursachten
Schwankungen des Meeresniveaus. Stuttgart, 1887. 8°.
^Herkner IL — Die Anfange der Baumwollindustrie im Ober-Elsass. Strass-
burg, 1886. 8°.
^Ilersog B. — Ueber den praktischen Nutzen des Wolffberg'schen Apparates
zur diagnostischen Verwertung der quantitativen Farbensinnpriifung. Ko-
nigsberg, 1887. 8°.
T Heydrich E. — Beitrag zur Lehre der hyalinen Degeneration der quergestreif-
ten Muskulatur. Strassburg, 1887. 8°.
''Hilbert P. — Ueber das physiologische und chemische Verhalten des Ace-
tanilids und einiger werwandter Substanzen im Tier-Korper. Konigsberg.
1888. 8°.
CXI
*Hofer B. — Untersuchungen ueber den Bau der Speicheldriisen uud des dazu
gehòrenden Nervenapparats von Blatta. Halle, 1887. 4°.
* Hofmann L. — Ueber die Allegorie in Spensers Faerie Queene. Gleiwitz,
1887. 4°.
* Hofmann G. — De juvandi apud Athenienses formulis. Darmstadii, 1886. 8".
fHoven Th. — Beitrag zur Anatomie der Cerebralen Kinderlàhmung. Strass-
burg, 1887. 8°.
*Index Catalogue of the library of the Surgeon-general's office United States
Army. Voi. Vili. Washington, 1887. 4°.
;' Jacob j J. C. — Ueber Eisenauscheidung aus dem Thierkorper nach subcuta-
ner und intravenòser Jnjection. Strassburg, 1887. 8°.
f Jacobson £. — Beitràge zur Frage nach dem Betrage der Residualluft nebst Uu-
berblick ueber die bisherigen Bestimmungs-Methoden. Kònigsberg 1887. 8.u
f Jacobson II. — Ueber einige Pfanzenfette. Kònigsberg, 1887. 8 .
f Jordan IL — Commentationis fragmentum de Sallustii historiarum libri II
reliquiis quae ad bellum Piraticum Servilianum pertinent. Regimontii,
1887. 4°.
fJosi L. — Ein Beitrag zur Kenntniss der Athmungsorgane der Pflanzen.
Strassburg, 1887. 4°.
f Kehlert 0. — Die Insel Gotland im Besitz des deutschen Ordens. 1398- 1408.
+ Keibel F. — Die Urbewohner der Canaren. Ein anthropologischer Versuch.
Strassburg, 1887. 8°.
1 Klamroth A. — Ueber die neueren Methoden des Kaiserschnitts. Strassburg,
1887. 8°.
+ Kny E. — Untersuchungen ueber den galvanischen Schwindel. Berlin, 1887. 8".
*KochH. — Richard von Cornwall. I Th. (1209-1257). Strassburg, 1887.8°.
f Koch J. — Quaestionum de proverbiis apud Aeschylum, Sophoclem, Enripi-
dem. Caput I. Regimonti, 1887. 8°.
ì Kónig G. — Zu Shaksperes Metrik. Strassburg, 1888. 8°.
f Lackner G. — De incursionibus a Gallis in Italiani factis. Quaestio histo-
rica. Regimonti, 1887. 4°.
* Lavoix IL — Catalogue des monnaies musulmanes de la Bibliothèque natio-
naie. Khalifes orientaux. Paris, 1887. 8°.
1 Legiehn J. — Ueber die Aetiologie der Beckenendlagen. Kònigsberg, 1887. 8".
+ Levy E. — Kritische Besprechung der verschiedenen Behandlungsraethoden
der Placenta praevia auf Grund von 13 in der hierigen gebustrhulfli-
chen Poliklinik beobachteten Fàllen. Strassburg, 1887. 8°.
f Loebel 0. — Anatomie der Laubblatter, vorzuglich der Blattgriin f uhrendeu
Gewebe. Kònigsberg, 1888. 8°.
f Loewe Aem. — De Aesculapi figura. Argentorati, 1887. 8°.
^ Lo j ernie i' IL — Beitriige zur Kenntniss des Drachenblutes. Strassburg,
1887. 4°.
— CXII —
• Lo eludo I). — Description des roohes recueillies à la Terre de Feo. Paris,
1887. 4°.
f Ludwieh A. — Homeri Iliadis et Odysseae periochae metricae. Regimonti,
1887. 4°.
f Marburg II. — Synthesen der «-Methyl-Butyrolactoncarbonsàure und Methvl-
Vinaoonsaure. Strassburg, 1887. 8°.
* Mar et IL — Ueber die Inipetigo herpetiformis Hebra's. Metz, 1887. 8°.
""'' Maschke M. — Ein Beitrag zur Lehre der Aderhautsarkome. Kònigsberg.
1887. 8°.
f Michael C. — Die Statistik des Militàr-Ersatz-Geschaftes im deutscheu Reiche.
Leipzig, 1887. 8°.
1 Maurer I. — Zur Theorie der linearen Substitutionen. Strassburg, 1887. 4°.
''' Merkel E. — Beitrag zur Casuistik der Castration bei Neurosen. Nurnberg,
1887. 8°.
tMilsadd Ph. — Bibliographie bourguignonne. Supplement. Dijon, 1887. 8°.
+ Moldenke Ch. E. — Ueber die in Altagvptischen Texten erwahnteu Bàume
und deren Verwerthung. Leipzig, 1887. 8°.
^Moszeik 0. — Morphologische Untersuchungen ueber den Glycogenansatz in
der Leber. Kònigsberg, 1887. 8°.
ìNatanson E. — Ueber die Abkiihlung der Kohlensiiure bei ihrer Ausdehimug.
Leipzig, 1887. 8°.
f Nathan N. — Das lateinische Su&x-alis in PranzOsischen. Darmstadt, 188G. 8°.
fNeivmark L. — Ueber die Methoden und die Erfolge der Neurektomien des
Trigeminus. Strassburg, 1887. 8°.
f Nickell R. — Untersuchungen ueber das Centrimi des reflectorischen Lid-
schlusses. Kònigsberg. 1888. 8°.
: Nólde ke A. — Die Fortdauer der Offenen Handulsgesellschaf't wahrend der
Liquidation. Strassburg, 1887. 8°.
1 Petriceicu-Hasdeu. — Dictionarul limbei istorice si poporane a Koniauilor.
T. 11,2. Bucuresci, 1887. 8°.
*Pfuhl IL — Untersuchungen ueber die Kondeaux und Virelais specieil des
XIV. und XV. Jahrhunderts. Regimonti, 1887. 8°.
+ PìeUcker E. — Die juristiche Natur der R e s p u b 1 i e a e. Hamburg, 188(5. 8".
1 Pineus 0. — Beitrag zur Lehre vom Staphyloma Corneae congenitum. Kò-
nigsberg, 1887. 8°.
'' Piale 0. — Die Kunstausdriiche der Meistersinger. Strassburg, 1887. 8°.
ì Preha A. — Quaestiones Plautinae de pronominibus indefìnitis. Argento-rati.
1887. 4°.
fPeicke Aem. — De rebus post Alexandri Magni mortem Babylone gestis quae-
stionum. Particula la. Regimonti, 1887. 8°.
'; Reipschlaeger E. — Ueber die Cholecystitis suppurativa und ihre chirurgi-
sche Behandlung. Strassburg, 1887. 8°.
— Olili —
^Rijf A. — Ueber einige Filile von Syphilis ira spateren Kindes- und Jugend-
alter. Wien, 1887. 8°.
f Rob insoliti D. — Untersuchungen ueber Jodol und dessen Wirkungen. Kò-
nigsberg, 1887. 8°.
* Rothenberg M. — Missbildungen des weiblichen Genitalschlauches. Kònigsberg,
1887. 8°.
f Rudershausen K. — Die Castration der Frauen bei nervòsen Leiden. Wiirz-
burg, 1888. 8°.
l 'Rudolph E. — Ueber submarine Erdbeben und Eruptionen. Stuttgart, 1887. 8°.
f Salm A. — Antifebrin als Antiepileptikum. Strassburg, 1887. 8°.
* Solverle G. de — La famille de Salverte. Paris, 1887. 8°.
* S oliar schmidt C. — Tertiarer Amylalcohol als Sehlafmittel. Strassburg,
1887. 8°.
* Shimoyama Y. — Beitràge zur Kenntniss des japanischen Klebreises, Mo-
zigome. Strassburg, 1886. 8°.
f Schmidl A. — Einwirkung von Butyraldehyd auf bernsteinsaures Natrium
bei Gegenwart von Essigsàure-Anhydrid. Strassburg, 1887. 8°.
f Schmid! 0. — Ueber die Endungen des Praesens im Altprovenzalischen. Darm-
stadt, 1887. 8°.
f Schneegàns IL — Laute und Lautentwickelung des Sicilianischen Dialectes
nebst einer Mundartenkarte und aus dem Volksmunde gesammelten
Sprachproben. Strassburg, 1888. 8°.
+ Seelig F. — Der Elsiissische Dichter Hans von Biihel. Strassburg, 1887. 8°.
1" Servaes F. — Die Poetik Bodmers und Breitingers. Strassbusg, 1887. 8°.
^Skibbe G. — Ein Thoracopagus. Kònigsberg, 1887. 8°.
+ Skrzeczka 0. — Ueber Pigra entbildung in Extravasaten. Kònigsberg, 1887. 8°.
f Spengler C. — Ueber die Erblickkeit multipler Exostasen. Strassburg i E.
1887. 8°.
f Stoeber P. — Die Parlamentarische Immunitàt des Landesausschusses fur
Elsass-Lotliringen. Freiburg i. B. 1886. 8°.
f Storp J. — Untersuchungen ueber foetale Rachitis. Kònigsberg, 18S7. 8°.
* Stossich M. — Il genere H etera kis Dujardin. Zagreb, 1888. 8°.
*Id. — Prospetto della Fauna del mare Adriatico. Parte IV. Trieste,
1885. 8°.
' Szajnoclie W. — 0 Kilku gatunkach ryb kopalnych z Monte-Bolca pod
Werona. W Krakowie, 1886. 4°.
f Takaliasi S. — Vier Falle von primarer infectiòser Osteomyelitis. Strassburg,
1887. 8°.
f Tavel F. von — Beitràge zur Entwickelungsgeschichte der Pyrenomyceten.
Strassburg, 1886. 4°.
ì Thiel A. — Beitràge zur Kenntniss der esperimentellen Glycosurie. Kò-
nigsberg, 1887. 8°.
Bullettino-Rendiconti, 1888, Vol. IV, 2° Sem. 15
— CXIV —
+ This C. — Die Mundart der franzosischen Ortschaften des Kantons Falken-
berg (Kreis Bolchen in Lothringen). Strassburg, 1887. 8°.
: Vii et W. F. Pan — Winden en Regenverdeeling over Sumatra. Beverwijk,
1887. 8°.
f Voelsch M. — Beitrag zur Frage nach der Tenacitàt der Tuberkelbacillen.
Konigsberg, 1887. 8°.
+ Vollert J. — Ueber Durchbohrung der Darmscheide bei Invaginationen. Strass
burg, 1887. 8°.
' Voss G. — Beitriige zur Kenntnis der ameinsauren Salze. Konigsberg, 1887. 8°.
1 Wiener 0. — Ueber die phasenànderung des Lichtes bei der Reflexion und
Methoden zur Dickenbestinimung diinner Blattchen. Leipzig, 1887. 8°.
* Wiens A. — Beitràge zur Kentnis des specifischen Volumens niissiger Ko-
hlenstoffverbindungen. Konigsberg, 1887. 8°.
f Wolfheim P. — Ueber die eigentlichen Sehnervengeschwiilste. Konigsberg,
1887. 8°.
f Wolfowics G. — Ueber die Frage der Pathogenen Eigenschaften des « Tv-
phusbacillus » . Konigsberg, 1887. 8°.
* Wuttke R. — Die Anfechtung des Kaufvertrages wegen laesio enormis. Leipzig,
1887. 8°.
f Zartner A. — Ueber eine neue niit Terpenylsaure isoruere Saure. Limburg,
1886. 8".
Pubblicazioni periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di aprile 1888.
Pubblica.:'/ <>iù italiane.
* Annali della r. Scuola superiore di Pisa. Filos. e tilol. voi. V. Pisa, 1888.
Nencini. De contaminatione in P. Terenti Adelphis. — Saviotti. Pandolfo Collenuccio
umanista pesarese del secolo XV.
f Annali della Società degli ingegneri e degli architetti italiani. Anno III, f. 1.
Roma, 1888.
Frascata. L'arte Dell'architettura moderna. — Lampugnani. L'illuminazione e il
riscaldamento dei treni e l'aderenza delle ruote delle locomotive. — Ceratimi. Sopra un
Capitolato tipo per le costruzioni metalliche. — Costa. La Farnesina. — Betocchi. L'or-
dinamento dei Congressi. — Af/udio. Come si potrebbe aumentare la potenzialità del va-
lico dei Giovi. — Ceradini. Sopra una forinola della teoria della resistenza dei mate-
riali. — Sonato. La edizione nazionale delle opere di Galileo Galilei.
* Annali dell'Università libera di Perugia. Anno II, voi. I, fac. giur. e fac. med.-
chim. Perugia, 1887.
+Annali del Museo civico di storia naturale di Genova. Ser. 2a, voi. V.
Genova, 1887-88.
Thorell. Viaggio di L. Fea in Birmania e regioni vicine. IL Primo saggio sui Ragni
Birmani. — Botilc/itjer. An account of the Batrachians obtained in Burina hy M. L. Fea,
— cxv —
of the Genoa Civic Museum. -- Dobson. Description of a new species of the Genus Cro-
cidura in the Collection of the Genoa Civic Museum. — Emery. Catalogo delle Formiche
esistenti nelle Collezioni del Museo civico di Genova. Parte III. Formiche della regione
Indo-malese e dell'Australia. Continuazione e fine. — Boulenger. Àn account of the Reptiles
and Batrachians ohtained in Tenasserim by M. L. Fea, of the Genoa Civic Museum. —
Gestro. Res Ligusticae. III. Gli Anophthalmus trovati finora in Liguria. — Issel. Cenni
di una accetta litica proveniente dalla Birmania. Lettera al marchese G. Loria. — Salva-
dori. Liagnosi di nuove specie d'uccelli del Tenasserim, raccolte dal signor L. Fea. —
Monticelli. Note chirotterologiche. — Salvadori. Descrizione di una nuova specie del ge-
nere Hemixus raccolta in Sumatra dal dott. 0. Beccari. — Emery. Catalogo delle For-
miche esistenti nelle collezioni del Museo civico di Genova. Parte III (Supplemento). For-
miche raccolte dal sig. Elio Modigliani in Sumatra e nell'isola Nias. — Gruber. Res Ligu-
sticae. IV. Enumerazione dei Protozoi raccolti nel porto di Genova. — Salvadori. Viaggio
di Leonardo Fea nella Birmania e nelle regioni vicine. III. Uccelli raccolti nel Tenasse-
rim (1887). — Gestro. Descrizione di un nuovo genere di Lamellicorni.
annali di agricoltura. 1888, n. 140, 146, 147. Koma.
140. Ohlsen. La razza bovina macchiata rossa del Cantone di Berna. — 146. Targioni-
Tozzetti. Relazione intorno ai lavori della Stazione di entomologia agraria di Firenze. —
147. Provvedimenti a vantaggio della produzione equina degli anni 1887-88.
'"Annali di chimica e di farmacologia. 1888. N. 3, Milano.
Brignone. Alcune osservazioni sui vari metodi di dosamento dei cloruri nell'urina. —
Venturini e Gasparrini. Sugli effetti anestetici locali della elleboreina. — Gaglio. Nota la.
Sulla resistenza delle funzioni del cuore e della respirazione alla paralisi per azione della
stricnina — Id. Nota 2a. Il protossido di azoto nell'avvelenamento con la stricnina. — Pisenti.
Sul modo d'azione del bromuro di potassio sui centri nervosi.
"Annuario del Ministero delle finanze del regno d'Italia. 1888. Statistica finan-
ziaria 1888. Roma.
* Archivio veneto. N. S. Anno XVIII, 69. Venezia, 1888.
B elleno. Sul viaggiatore Nicolò De' Conti. — Cecchetti. Appunti sulle finanze antiche
della Repubblica veneta. — Caffi. Pittori veneziani nel milletrecento. — C Appunti sugli
strumenti musicali usati dai veneziani antichi. — Joppi. Diario del campo tedesco nella
guerra veneta dal 1512 al 1516, di un contemporaneo. — Simonsfeld. Sulle scoperte del
dott. Roberto Galli nella Cronaca Àltinate. — Frali. Un manoscritto ignoto delle lettere
di Francesco Barbaro. — Cipolla. Statuti rurali veronesi, Cavalpone. — Pietrogrande.
Iscrizione interessante la storia civile ed ecclesiastica di Venezia.
"l'Atti del Collegio degli ingegneri ed architetti in Palermo. 1887 sett.-dic.
Palermo.
*Atti della Accademia olimpica di Vicenza. Voi. XX. Vicenza, 1885.
De Faveri. Raggio verde. — Negrin. Gio. Bellio e la sua scuola. — Ciscato. E. C.
Davila.
+Atti dell'Accademia pontificia dei nuovi Lincei. Anno XL, sess. 7, 8. Roma,
1888.
De Rossi. Il P. Filippo Cecchi d. S. P. ed elenco delle opere del medesimo. — Lanzi.
Le diatomee fossili del Monte delle Piche e della via Ostiense. — Guidi. L'energia ma-
gnetica modificata dalle vibrazioni sonore.
*Atti della r. Accademia delle scienze di Torino. Voi. XXIII, 6-8. Torino.
1888.
— CXVI —
Piolti. Sulla Cossaite del colle di Bousson (alta valle di Susa). — Porro. Intorno
all'ecclisse totale di luna del 28 gennaio 1888. — Claretto.. Illustrazione di sigilli inediti
dei secoli XV e XVI. — J adama. Sullo spostamento della lente anallattica e sulla verti-
calità della stadia. — Cìiarrier. Lavori dell'Osservatorio astronomico di Torino. — Scìua-
parelli. Sull'etnografia della Persia antica anterione alle invasioni ariane. — Lustig. Sulle
cellule epiteliali nella regione olfattiva degli embrioni. — Rossi. Tre documenti copti.
ì Atti della r. Accademia econornico-agraria dei georgofìli di Firenze. 4a ser.
voi. X, 3. Firenze, 1887.
Passerini. Sulle acque di pozzo di Firenze ed in particolare sull'acqua potabile mu-
nicipale. — Gotti. L'Ufficio che possono avere certe Accademie scientifiche in un go-
verno libero. — Del Puglia. Sulla cultura della barbabietola considerata come pianta da
foraggio. — Sestini. Del vanir negli esseri viventi.
"l'Atti della Società degli ingegneri e degli industriali di Torino. Anno XXI, 1887.
Torino.
f Atti della Società toscana di scienze naturali. Processi verbali. Voi. VI, adu-
nanza del 15 gen. 1888.
*■ Bollettino del Collegio degli ingegneri ed architetti in Napoli. Voi. VI, 1-3.
Napoli, 1888.
f Bollettino della Società generale dei viticoltori italiani. Anno III, 6-S. Koma,
1888.
Cerletti. Provvedimenti legislativi a favore dell'industria enologica. — Celotti. La
distribuzione dei sessi Dei fiori della vite e la colatura. — Soldi. Altri confronti econo-
mici sull'impianto della vigna in Puglia.
f Bollettino della Società geografica italiana. Ser. Ili, voi. I, 4. Roma, 1888.
Porena. La geografia in Roma e il Mappamondo vaticano. — Restagno. Le rnjssioni
e le scuole italiane in Oriente. - Schiaparelli. <ili interessi italiani in Oriente. Raineri.
Il Canale di Corinto. — Badia. Il Sund o l'Oresund.
*Bollettino della sezione dei cultori delle scienze mediche (r. Accademia dei fisio-
critici in Siena). Anno VI, 3. Siena, 1888.
f Bollettino delle nomine del .Ministero della guerra. 1888. Disp. 14-17. Koma.
f Bollettino delle opere moderne straniere acquistate dalle Bibl. pubbl. governa-
tive (Bibl. naz, centr. V. Emanuele). Voi. II, 4-6. Roma, 1888.
* Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa dalla Bi-
blioteca naz centr. di Firenze. N. 55-56. Firenze, 1888.
+Bollettino del Ministero degli affari esteri. Part. la, voi. I, 3. Koma, 1888.
bollettino del r. Comitato geologico d'Italia. Ser. 2a, voi. IX, 1-2. Koma.
Mazzuoli. Sul modo di formazione dei conglomerati miocenici delTApennino ligure. —
Lotti. Un problema stratigrafico nel monte Pisano. — Portis. Sui terreni attraversati dal
confine franco-italiano nelle Alpi marittime. — Bucca. Contribuzioni allo studi" petrogra-
fia dei vulcani viterbesi.
t Bollettino di legislazione e statistica doganale e commerciale. Anno V, marzo
1888. Roma.
f Bollettino di notizie agrarie. Anno X, 1888, n. 14-19. Rivista meteorico-
agraria. Anno X, 1888, n. 9, 10. Roma.
+ Bollettino di notizie sul credito e la previdenza. Anno VI, 5. Roma, 1888.
— CXVII
+ Bollettino mensuale pubblicato per cura dell'Osservatorio centi-ale di Monca-
lieri. Ser. 2a, voi. Vili, 2. Torino, 1888.
Hildebrandsson. Principali risultati delle ricerche sulle correnti superiori dell'ateo
sfera fatte nella Svezia.
f Bollettino meteorico dell'Ufficio centrale di meteorologia. Anno X, aprile 1888.
''Bollettino settimanale dei prezzi di alcuni dei principali prodotti agrari e
del pane. Anno XV, 12-15. Roma. 1888.
■+Bullettino delle scienze mediche. Ser. 4a, voi. XXI, 1, 2. Bologna, 1888.
Novi. Sul tempo di eccitamento latente dei riflessi muscolari. — Ceccherelli. Di una
cistotomia soprapubica per tumore della vescica. — Franceschi. Sul peso dell'encefalo,
del cervello, degli emisferi cerebrali, del cervelletto e delle sue metà, del midollo allun-
gato e nodo, e dei corpi striati e talami ottici in 400 cadaveri bolognesi. — Poggi. Aspor-
tazione della scapola destra con ablazione dell'intero arto e resezione della metà acromiale
della clavicola per voluminoso fìbro-sarcoma. — Gotti. Di una cisti sierosa dell'orbita. —
Medini. Di un piccolo osteoclaste per la correzione del ginocchio valgo e varo.
tBullettino della Commissione archeologica comunale di Roma. Anno XVI, 3.
Roma, 1888.
Lanciarli. Il «Campus salinarum romanarum». — Borsari. Del pons Agrippae
sul Tevere tra le regioni IX e XIIII. — Cantarelli. Osservazioni onomatologiche. — Gatti.
Trovamenti risguardanti la topografia e la epigrafia urbana. — Visconti. Trovamenti di
oggetti d'arte e di antichità figurata. — Lanciani. Notizie del movimento edilizio della
città in relazione con l'archeologia e con l'arte.
+Bullettino di bibliografìa e di storia delle scienze matematiche e fìsiche. T. XX,
giugno-luglio 1887. Roma.
Baldi. Vita di Pitagora. — Favaro. Di G. Tarde e di una sua visita a Galileo dal 12
al 15 nov. 1614. — Id. Appendice prima alla libreria di Galileo.
* Documenti per servire alla storia di Sicilia. la serie. Diplomatica. Voi. II,
f. 3; X, 2. Palermo.
II, 3. Corrispondenza particolare di Carlo d'Aragona. — X, 1. Starabba. Lettere e
documenti relativi a un periodo del Vicariato della Regina Bianca in Sicilia.
fGazzetta chimica italiana. Anno XVII, 9-10; XVIII, 1. Appendice VI, 2.
Palermo, 1887-88.
XVH, 9-10. Maugini. Analisi dell'acqua ferruginosa di Raffanelo di proprietà del Co-
mune di Canale Monterano, provincia di Roma. — Piutti. Sintesi dell'acido aspartico. —
Gucci. Reazioni fra la m-fenilendiammina od il solfuro di carbonio in tubi chiusi. —
Grassi Gristaldi. Azione della fenilidrazina sulla santonina. — Borrelli. Sulla benzo-
tribromanilide. — Ricciardi. Sull'azione dell'acqua del mare nei vulcani. — Schiff.
Composti cogli zuccheri con le aldeidi e con gli acetoni. — Mendeleief. Sui composti
dell'alcool etilico con l'acqua. — Campani e Grimaldi. La vanillina nei semi del lupinus
albus. — Colmanti e Moscatelli. L'acido paratattico nell'orina dei soldati dopo le marce
di resistenza. — Schiff. Isomeri dell'acido tannico. — Id. Anidridi dell'acido cresotico.
Cavassi. Azione del fluoruro di silicio sulla china sciolta in liquidi diversi. — Grimaldi.
Sulla teoria dei liquidi. — Oliveri. Ricerche sulla costituzione della quassina. — XVIII, 1.
Spicci. Richerche sulla diosma crenata (2a comunicazione). Sulla diosmina. — Guareschi.
Sull'acido «-monobromoftalico. — Naccari. Sui calori specifici di alcuni metalli dalla tem-
peratura ordinaria fino a 320°. — Ricciardi. Ricerche di chimica vulcanologica. Con-
fronto tra le roccie degli Euganei, del monte Amiata e della Pantelleria. — Sestini. Sulla
— CXVIII —
composizione chimica del concio delle nostre stalle; ricerche ed osservazioni.— Gigholi.
Sulla fosforite del Capo di Leuca. Analisi.
* Giornale d'artiglieria e genio. Anno 1888, t. IL Roma.
+ Giornale della r. Accademia di medicina di Torino. Anno LI, 2-3. To-
rino, 1888.
Bonome. Di una forma insolita di tubercolosi laringea. — Balp e Broglio. Sull'azione
fisiologica e terapeutica dell'etere nitroso dimetiletilcarbinolico (nitrito amilico terziario). —
Foà e Bonome. Sopra una grave setticoemia nell'uomo. — Pcrroncito. Sul modo di diffon-
dersi dei cercomonas intestinali. — Masini. Nuove ricerche sui centri motori corticali
della laringe. — Lutz. Sul modo di trasporto dell'Ascaris lumbricoides. — Di Mattel.
Sulla durata dell'immunità negli animali per i bacilli del carbonchio dopo l'innesto pre-
ventivo dei cocchi dell'eresipela. — Perroncito. Considerazioni sul modo di presentarsi
del virus nei tubercoli e nobuli tubercolari. — Carbone. Sugli adenoini nel tenue.
f Giornale della r. Società italiana d'igiene. Anno X, 3. Milano, 1888.
Conti. Il clima del Masino.
* Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche di Genova. Anno XI,
1888, 1° sem. fase. 1-2. Genova.
Bossi. L'igiene della donna in rapporto alla profilassi ostetrica e ginecologica. —
Celesia. Saggio di Toponomia Ligure. — Chinassi. Dell'influenza del temperamento e del-
l'età sull'educazione dei fanciulli.
f Giornale di matematiche ad uso degli studenti delle Università italiane.
Voi. XXVI, gen.-febb. 1888.
Pannelli. Sui connessi ternari di 2" ordine e di 2a «lasse in involuzione doppia. —
Bettazzi. Sulla derivata totale delle funzioni di due variabili reali e sull'inversione delle
derivazioni. — Pascal. Su di un teorema sul calcoli» simbolico nella teoria delle forme
binarie. — Lerci,. Démonstration élémentaire d'une forme de Etaabe. — Certo. Sulle forme
di terzo grado generate da due for elementari proiettive 'li primo e di secondo grado
di un piano o di una stella. — là. SnU'w-agono inscritto [sodino in un »-agono piano
semplice dato. — D'Arone. Intorno ad un teorema di Tchébychew.
f Giornale medico del r. Esercito e della r. Marina. Anno XXXVI, 3. Roma, 1888.
De Rensio. Sulla, yerruga peruana.
•"Giornale militare ufficiale. 1888. Parte la, disp. 13-16; parte II, disp. 14-17.
Roma.
* Giornale (Nuovo) botanico italiano. Voi. XX, 2. Firenze, 1888.
Berlese. Monografia dei generi Pleospora, Clathro spora ePyrenophora.—
Massalongo. Contribuzione alla teratologia vegetale.
f Ingegneria civile (L') e le arti industriali. Voi. XIV, 3. Torino, 1888.
Ferria. La molo Antorielliana. — Ruggiero. Intorno al Canale Villoresi per una
derivazione d'acqua dal fiume Ticino. — Crugnola. Bei ponti girevoli in generale e di
quello recentemente costruito per l'arsenale di Taranto.
* Memorie della reale Accademia delle scienze di Torino. Ser. 2a, t. XXXVIII.
Torino, 1888.
Segre. Le coppie di elementi imaginari nella geometria proiettiva sintetica. — Pollo-
nera. Molluschi fossili post-pliocenici del contorno di Torino. — Roiti. Misure assolute
di alcuni condensatori. — Bellardi. I molluschi dei terreni terziari del Piemonte e della
Liguria. — Posa. Sul criodrilus lacuum. — Portis. Contribuzioni alla ornitolitologia ita-
liana. — Vincenzi. Contributo allo studio dei vizi congeniti del cuori'. — Cattaneo. Siigli
— ex IX —
organi nervosi terminali muscolo-tendinei in condizioni normali e sul loro modo di com-
portarsi in seguito al taglio delle radici nervose e dei nervi spinali. — Bollarci}. I mol-
luschi dei terreni terziari del Piemonte e della Liguria (parte V, continuaz). — Loria.
Il passato e il presente delle principali teorie geometriche. — Mattirolo. Illustrazione di
tre nuove specie di tuberacee italiane. — Canterano. Ricerche intorno al parassitismo dei
Gordì. — Ferraris. Sulle differenze di fase delle correnti, sul ritardo d'induzione e
sulla dissipazione di energia nei trasformatori. — Rossi. Vita di Sant'Ilarione e martirio
di Sant'Ignazio, vescovo di d'Antiochia, trascritti e tradotti dai Papiri Copti del Museo di
Torino. — Ferrerò. Commemorazione di Luigi Prospero Gachard. — Fabretti. Statuti
ed ordinamenti suntuari intorno al vestire degli uomini e delle donne in Perugia dall'anno
1266 al 133G raccolti ed annotati. — Rossi. I martiri di Gioore, Heraei, Epimaco e Pto-
lomeo con altri frammenti; trascritti e tradotti dai Papiri Copti nel Museo egizio di
Torino. — Ferrerò. Della vita e degli scritti di Ercole Ricotti. — Cognetti De Martiis.
E fondamento storico di una leggenda italica. — Ferrerò. La strada Romana da Torino
al Monginevra. — Puntoni. Sulla narrazione del mito di Prometeo nella Teogenia
Esiodea.
Rassegna (Nuova) di viticoltura ed enologia. Anno II, n. 7, 8. Conegliano, 1888.
Soncini. La guerra delle tariffe. — Id. Peronospora della vite. — Mancini. Ampe-
lomiceti della famiglia degli Agaricini. — Comboni. Ricerca del rame nei vini. — Mina
Palumbo. La melanosi della vite. — Perroncito e Maggiora. Ricerche sul vino amaro.
Rendiconti del Circolo matematico di Palermo. T. II, 1, 2. Palermo, 1888.
1. Retali. Sulle forme binarie cubiche; Nota di geometria immaginaria. — Giudice.
Sopra la determinazione di funzioni d'una variabile definite per mezzo d'un'.equazione con
due variabili. Un'osservazione relativa alla costante che compare negli sviluppi in serie
delle funzioni circolari. — Del Re. Sur une question élémentaire de geometrie. — Halphen.
Sur l'équation d'Euler (Extrait d'une lettre adressée à M. G.-B. Guccia). — Segre. Alcune
considerazioni elementari sull'incidenza di rette e piani nello spazio a quattro dimensioni. —
2. Segre. Alcune considerazioni elementari sull'incidenza di rette e piani nello spazio a
quattro dimensioni. — Vivanti. Sulle equazioui a derivate parziali del 1° ordine. — Jordan.
Sur la marche du cavalier. — Volterra. Sulla teoria delle equazioni differenziali lineari.
Rendiconti del reale Istituto lombardo di scienze e lettere. Ser. 2a, voi. XXI,
6, 7. Milano, 1888.
Strambio. Da Legnano a Mogliano veneto. Un secolo di lotta contro la pellagra. Bric-
ciole di storia sanitario-amministrativa. — Schiaparelli. Osservazioni fatte nella R. Spe-
cola di Brera durante l'eclisse totale di luna avvenuta il 28 gennaio 1888. — Aschieri.
Del legame fra la teoria dei complessi di rette e quella delle corrispodenze univoche e
multiple dello Spazio. — Ascoli Giulio. Riassunto della mia Memoria : « Le curve limite
di una varietà data di curve », ed osservazioni critiche alla medesima. — Maggi. Intorno
ai protozoi viventi sui muschi delle piante. — Buccellati. Progetto del Codice penale pel
Regno d'Italia del ministro Zanardelli. — Strambio. Da Legnano a Mogliano veneto. Un
secolo di lotta contro la pellagra. Bricciole di storia sanitario-amministrativa. — Bertini.
Sopra alcuni teoremi fondamentali delle curve piane algebriche. — Brambilla. Sopra una
classe di superficie algebriche rappresentabili punto per punto sul piano. -- Maggi Sul-
l'importanza dei fagociti nella morfologia dei metazoi. — Ascoli Giulio. Riassunto della
mia Memoria: «Le curve limite di una varietà date di curve », ed osservazioni critiche
alla medesima.
+ Revue intemationale. T. XVIII, 2. Rome, 1888.
Philis. La Franco et l'Italie en 1888 (Lettre à M. Bonfadini). — Rizo-Rangabé. Le
notaire. — Fuster. Francesca da Rimini. — Blaze de Bury. Mes souvenirs de la « Bevue
— cxx
des deux mondes». — Blondel. R. Topffer critique littc'raire. A propos d'une étude inèdite
sur « Gii Blas ». — Loliée. Le inoyen àge moral et licencieux. — Frènes. Jean-Pierre
Vieusseux d'après sa correspondance avec J.-C.-L. De Sismondi.
f Rivista di . artiglieria e genio. Febbraio 1888. Roma.
V. Armi a ripetizione. Studi delle anni a ripetizione fatti in Austria. — Messina.
Il canale navigabile fra la rada ed il mare piccolo di Taranto. — Freddi. Proposta di
una carabina a rinculo utilizzato per l'armamento delle truppe d'Africa.
* Rivista di filosofia scientifica. Voi. VII, marzo-aprile 1888. Milano.
Pietropaolo. Contributo alla storia della filosofia in Italia. Considerazioni sulla filo-
sofia di Pasquale Galluppi. — Galluppi. Lettere inedite. I. Sui rapporti. II. Sulla possi-
bilità intrinseca. — Tanzi e Musso. Le variazioni termiche del capo durante le emozioni.
Ricerche termo-elettriche sopra individui ipnotizzati. — Cesca. La «Cosa in se». IL Di-
mostrazione della « Cosa in se ». — Bunge. Vitalismo e Meccanismo. — Valeria/ti. Il prin-
cipio d'identità e l'Apriorismo nella filosofia scientifica. — Puglia. Le leggi di composi-
zione e decomposizione delle aggregazioni sociali umane.
"'Rivista italiana di numismatica. Anno I, 1. Milano, 1888.
Gnecchi. Di alcune monete inedite e sconosciuti' della zecca di Scio. — Ambrosoli.
Il ripostiglio di Durate Abbate. — Rossi. I medaglisti del Rinascimento alla Corte di
Mantova. I. Ermes Flavio de Bonis. — Mulaszani. Studi economici sulle monete di
Milano. — Motta, (ili zecchieri di Milano nel 1 179.
f Rivista marittima. Anno XXI, f. 3°. marzo, 1888.
Busin. Sulle predizioni del tempo. — F. D. Operazioni di salvamento del piroscafo
«Taurus». — Discussione del bilancio della marina francesi' per l'anno 1888. — Il can
none pneumatico a dinamite Zalinsky.
f Rivista mensile del Club alpino italiano. Anno VII, n. 4. Torino.
^Rivista scientifico-industriale. Anno XX, 7. Firenze, 1888.
Osservazioni delle comete <li Sawerthal. — Giovannozzi. lì sismografo analizzatore
del P. Filippo Cecchi. — Martinotti. Studi sulla termogenesi magnetica. — Sulle diffe-
renze di fase delle correnti, sul ritardo dell'induzione e sulla dissipazione dell'energia nei
trasformatori, pag. 118.
+ Spallanzani. (Lo) Anno XVII, ser. 2a, f. 3-4. 1888. Roma.
Durante. Gli ospedali degli Stati l'ititi ili America. Relazione al Ministro della pub-
blica istruzione. — De Rossi. Della Scuola medica agli Stati Uniti, e principalmente degli
studi speciali. Relazione alla R. Accademia di medicina in Roma. — Postempski. Ferite
delle parti molli, semplici <■ complicate (Dall'Ospedale di S. M. della Consolazione in
Roma). — Marchesini. Studio sperimentale sugli organi digerenti e sulla digestione delle
sanguisughe. — Lepori. Sull'importanza dei sali di calce nell'organismo animale e sulla
reale natura delle cosi dette ghiandole del collo nel Phyllodactylus europaeus.
f Studi e documenti di storia e diritto. Anno IX, 1. Roma, 1888.
Ambrosi de-Magistris. Note ai documenti editi dell' Istituto Austriaco relativi alla
storia della Campania. — Talamo. Le origini del Cristianesimo e il pensiero stoico. —
Parisotti. Ricerche sull'introduzione e sullo sviluppo del culto di Iside e Serapide in Roma
e nelle provincie dell'Impero in relazione colla epigrafìa. — Campello della Spina. Pon-
tificato di Innocenzo XII. Diario del conte Giovanni Battista Campello.
+ Telegrafista (II). Anno Vili, 2. Roma, 1888.
Bracchi. Coefficienti d'induzione propria di alcuni apparati telegrafici. — Dura/i. Sul
fenomeno di fulminazione avvenuto a Favignana.
— CXXI
Pubblicazioni estere.
* Abhandlungen der Philol.-hist. CI. der Kon. Sachsischen Gesellschaft d. Wissen-
schaften Bd. X, 8. Leipzig, 1888.
van der Gabelentz. Beitràge zur Chinesischen Graramatik.
fAbstracts of the Proceedings ofthe Chemical Society. N. 51, 52. London, 1888.
fActa mathematica. XI, 2. Stockholm, 1888.
Heun. Zur Theorie der mehrwerthigen, mehrfach linear verkniipften Functionen. —
Schwering. Eine Eigenschaft der Primzahl 107. — Thomson. On the Division of Space
with Minimum Partitional Area. — Goursat. Sur un mode de transformation des surfaces
minima. — Hurwitz. Ueber die Entwicklung complexer Grossen in Kettenbruche.
fAnalele Academiei romane. Seria II, T. V, 2; VI, 2. Bucuresci, 1884-85.
fAnalele Institntului meteorologie al Eomaniei. T. II, 1886. Bucuresci, 1888.
"Mnales del Museo nacional de Mexico. T. IV, 1. Mexico, 1887.
Ten Kate. Materiales para servir a la Antropologia de la Peninsula de California. —
de Molina. Arte de la lengua mexicana y castellana (1571). — Tonalamatl. Calendario
ritual mexicano.
Unnalen der Physik und Chemie. X. F. Bd. XXXIV, 1. Beiblàtter XII, 4.
Leipzig, 1888.
Hufner. Einige Versuche iiber die Absorption von Gasen durch grauen vulkanisirten
Kautschuk. — Blùmcke. Ueber die Bestimmung der specifischen Gewichte und Dampfspan-
nungen einiger Gemische von scbwefliger Sàure und Kohlensàure. — Lildeking. Anomale
Dichten von geschmolzenem Wismuth. — Graetz. Ueber die Reibung von Flussigkeiten. —
Ebert. Die Methode der hohen Interferenzen in ihrer Vervvandbarkeit fiir Zwecke der quan-
titativen Spectralanalyse. — Zehnder. Ueber den Einfluss des Druckes auf den Brechungs-
exponenten des Wassers fiir Natriumlicht. — Sheldon. WechselstrSme und Electrolyte. —
Planck. Das chemische Gleichgewicht in verdunnten Losungen. — Hertz. Ueber die Ein-
wirkung einer geradlinigen Schwingung auf eine benachbarte Strombahn. — Nahrwold.
Bemerkungen zu der Abhandlung des Hrn. P. Narr : » Ueber die Leitung der Electricitat
durch Gase«. — Auerbach. Ueber die Erregung des dynamoelectrischen Stromes. — Hen-
richsen. Ueber den Magnetismus organischer Verbindungen. — Foeppl. Versuch einer ma-
thematischen Theorie der Gasentladungen.
fAnnalen (Mathematische). Bd. XXXI, 3. Leipzig, 1888.
Isenkrahe. Ueber die Anwendung iterirter Functionen zur Darstellung der Wurzeln
algebraischer und transcendenter Gleichungen. — v. Gali. Das vollstànlige Formensystem
der binàren Form 7ter Ordnung. — Nekrassoff. Der Modul des Maximum Maximorum einer
Function \}/ (re?*) in Bezug auf ip und die Anwendung seiner Eigenschaften auf die Reihe
von Lagrange. — Neovius. Ueber eine specielle geometrische Aufgabe des Minimums. —
Heun. Ueber Euler's homogenen lineàren Multiplicator zur Integration der regularen lineii-
ren Differentialgleichungen zweiter Ordnung. — Brill. Ueber algebraische Corresponden-
zen. — Wiltheiss. Ueber die Potenzreihen der hyperelliptischen Thetafunctionen. — v. Gali.
Die irreducibeln Syzyganten zweier simultanen cubischen Formen. — Stroll. Ueber einen
Satz der Formentheorie. — Stroh. Ueber die asyzygetischen Covarianten dritten Grades
einer binaren Form.
fAnnales de l'Académie d'archeologie de Belgique. 4e sér. t. II. Anvers, 1886.
Hagemans. Vie domestique d'un seigneur chàtelain du moyen àge. — Soil. Un inven-
taire de 1527 ou le mobilier d'un bourgeois de Tournai au commencement du XVI° siècle. —
Bullettino-Rendiconti, 1888, Vol. IV, 2° Sem. 16
CXXII —
Dejardin. Deuxième supplément à la description des cartes de la province d'Anvers et des
plans de la ville.
+ Annales de la Société d'agriculture, sciences, arts et belles-lettres de Tours.
Année 126, t. LXVII, 7-13. Tours, 1887.
Hignard. Étude des phénomènes de la foudre dans le département d'Indre-et-Loire.
+ Annales de la Société géologique du Nord 1886-87. Livr. 5-6; 1887-88
livr. 2e. Lille.
5-6. Thibout. Compte-rendu du l'excursion dirigée dans le terrain devonien de l'ar-
rondissement d'Avesnes par M. Gosselet, du 13 au 16 ami 1887. — Cayeu.v. Compte-rendu
de l'excursion faite à Lezennes et à Cysoing. — Gosselet. Lecons sur Ics Nappes aquifères
du Nord de la France, professées par M. Gosselet, à la Faculté des sciences de Lille en
1886-1887. — 2. Delvaux et Ortlieb. Les poissons fossiles de l'argille ypresienne de Bel-
gique. — Malaquin. Coupé d'une carrière située au sud-est de Verlain. — Barrois. Les
pyroxénites des iles du Morbihan. — Id. Exposé des opinions de M. Grand'Eury sur la
formation des couches de houille et du terrain houiller. — Gosselet. Sur la présence du
coticule dans le poudingue de Salm-le-chàteau et de la biotite dans les schistes de l'ar-
kose gedinienne. — Ladrière. Note sur la découverte d'un silex taillé et d'une défense
de Mammouth à Vitry-en-Artois. — Barrois. Sur le terrain devonien de la Navarre.
+Annuaire de la Société météorologique de Frauce. 1888. Janvier. Paris.
Lasne. Bemarques théoriques sur les mouvements gyratoires de l'atmosphère.
^ Annales de l'École polytechnique de Delft. T. Ili, 4. Léide, 1888.
Cardinaal. Application des principes de la geometrie synthétique a la solution des
problèmes de la geometrie descriptive. — Intersection des surfaces du second ordre. —
Prejection des courbes gauches qui résnltent de L'intersection des surfaces du second ordre. —
Construction et intersection des courbes planes d'après le principes de la géomértie syn-
thétique. — Solution de quelques problèmes sur la construction et les intersections des
surfaces du second ordre.— Srhols. Démonstration directe de la lui limite pour les erreurs
dans le pian et dans l'espace.
''Annales des Ponts et chaussées. 1888 mars. Paris.
de Préaudeau. Note sur la stabilite des écluses de grande ouverture. Application des
courbes de pression. — Flamant. Note complémentaire sur la statique graphique de
M. Maurice Lévy. — Voisin. Mémoire sur l'organisation et le fonctionnement du service
bydrométrique et d'annonce des crues du bassin de la Liane.
* Annales (Nouvelles) de raathéraatiques. 3e sér. mars 1888. Paris.
Fouret. Sur les póles principaux d'inversion de la cyclide de Dupin. — Laurent. Sur
la théorie de l'élimination. — Ilo/fmann. La solution geomètriche de l'équation du qua-
trième degré. — de Coelingh. Transformation de figures analogue à la trasformatimi par
rayons vecteurs réciproques. — Cesavo. Questions de geometrie intrinsèque. — Id. Sur la
courbure des coniques.
f Annales scientifiques de l'École normale supérieure. 3e sér. t. V, 4. Paris, 1888.
Duhem. Sur la pression et les phénomènes électro-capillaires.
fAnuario de la real Academia de Ciencias exactas, fìsicas y naturales. 1888.
Madrid, 1888.
+Anzeiger (Zoologischer). Jhg. XI, 276, 277. Leipzig, 1888.
276. Imhof. Fauna der Siisswasserbecken. — Schoof. Beitràge zur Kenntniss der
Urogenitalsystems der Saurier. — Bolide. Histologische Untersuchungen iiber das Nerwen-
system von Amphioxus. — 277. Urech. Bestimmungen der successiven Gewichtsabnabme
der Winterpuppe von Pontia brassica und mechanisch-pliysiologische Betrachtungen
CXX.III —
dartiber.— Zacharias. Summerischer Bericht tiber die Aufnahme meines Vorschlags (Studium
der Stisswasserfauna &.) seitens der Fachkreise. — Sarasin. Ueber die Niere des Seeigel.
^ Bericht (XIV) des naturhistorischen Vereins zu Passai! fui die Jahre 1886-
87. Passali, 1888.
fBerichte der deutschen chemischen Gesellschaft. Jhg. XXI, 6. Berlin, 1888.
6. Mohler. Ueber Pyridinbasen aus Steinkohlentheer. — Goldschmidt und Holm. Ueber
gemischte Diazoamidoverbindungen. — Zincke. Ueber die Einwirkung von Chlor auf Phe-
nole. — Gabriel. Ueber Vinylamin. — Petersen. Ueber das àtherische Oel von Asarum
europaeum L. — Hobbs. Ueber einige Derivate des Orthotolidins. — Auwers und Meyer.
Uebes die Raoult'sche Methode der Moleculargewicbtsbestimmung und das Acetoxim. —
Fischer und Schmitt. Ueber Pr-2-Phenylindol. — Blau. Die Destillation pyridinmonocarbon-
saurer Salze. — Schumann. Ueber die Einwirkung von Titanchlorid auf Phenol. — Marckwald.
Ueber die Furfuralmalonsàure. — Hantzsch und Herrmann. Bemerkung zu Geuther's
Auffassung der Acetessigsàure und der Grappe des Succinylobernsteinsaureathers. — Weber.
Ueber den Einfluss der Zusammensetzung des Glases auf die Depressionerscheinungen der
Thermometer. — Stolte. Ueber m-Ditolyl. — Cleve. Ueber die Sulfimidoverbindungen. —
Bokorny. Ueber das angebliche Vorkommen von WasserstofFsuperoxyd in Pflanzen- und Thier-
sàften. — Vortmann. Ueber die Anwendung des Natriumpyrophosphats zur Bestimmung und
Trennung von Metallen. — Pictet und Créfieux. Ueber Alkylforraanilide. — Bamberger und
Miiller. Ueber /3-Tetrahydronaphtylamin. — Bamberger. Zur Formulirung der Campherba-
sen. — Brómme und Claisen. Ueber die Einwirkung des Oxalàthers auf Acetopbenon. —
Claisen und Fischer. Ueber den Benzoylaldehyd. — Id. und Stylos. Ueber die Einwirkung des
Oxalàtbers auf Aceton. — Id. id. Ueber den Acetessigaldehyd, CH3 . CO . CH2 COH. — Id.
und Loioman. Zur Kenntniss des Benzoylacetons. — Constam und Goldschmidt. ZurKennt-
niss der Amidoisopropylbenzole. — Beckmann. Ueber das Moleculargewicht der Oxime. —
Liebermann und Jellinek. Ueber die Aether der Oxyanthrachinone. — Liebermann. Ueber
die Leukostufen von Antbrachinonderivaten (Fortsetzung). — Id. Ueber Methyloxanthra-
nol. — Goldmann. Ueber Derivate des Anthranols. — Sachse. Ueber die Halogenadditions-
producte des Dianthryls. — Wolffenstein. Ueber die Einwirkung von Phosphorpentachlorid
auf «-Oxynaphtoesàure. — Ginsberg. Ueber das Apiol. — Meerson. Ueber einige Derivate
des Biarnidonaphtols. — Rabe. Laboratoriumsturbine. — Knorr. Ueber die Identitàt des
Phenylmethylpyrazolonazobenzols mit dem Phenylhydrazinketophenylmetylpyrazolon und
iiber die innere Anbydridbildung der Diphenylhydrazinacetylglyoxylsàure und Diphenylby-
drazindioxyweinsaure. — Id. und Laubmann. Ueber das Verhalten der Pyrazole und Pyra-
zoline. — Laubmann. Notiz tiber das 1 . 5-Diphenylpyrazolon. — lanovsky und Reimann.
Ueber Substitutionsproducte des Paraazotoluols. — Pinner. Einwirkung von Harnstoff auf
Hydrazine. — Nietzki und Schmidt. Ueber Benzoltripbenazin. — Wagner. Ueber di Oxy-
dation der Olefine und der Alkohole der Allylalkoholreihe. — Freund und Goldsmith.
Ueber die Einwirkung von Phosgen auf Hydrazide. — Freund. Ueber einige Derivate der
Aethylmalonsaure. — Ruhemann. Ueber das Amid der Dioxyisonicotinsàure. — Lossen und
Mierau. ■ Ueber die Einwirkung der salpetrigen Saure auf einige organisene Basen und
tiber Dinitrosobenzenylamidin. — Bischoff. Ueber die Zersetzung von Aniliden bei hoherer
Temperatur. — Paiclewski. Erwiderung. — Otto. Ueber die Einwirkung des Chlorkohlen-
oxyds auf ameinsensaures Natrium. — Meyer. Bericbtigung. — Braun und Meyer. Ueber
die Aldine. — Torride. Ueber das Trimethylen und die Bildung des Allylalkobols aus
symmetrischem Dichlorhydrin. — Meyer. Ueber die negative Natur organisebor Radicale
und die Frage der Existenz wahrer Nitrosokorper. — Id. und Oelkers. Ueber die negative
Natur organiseber Radicale : Untersuchung des Desoxybenzoins. — Meyer. Ueber Phenyl-
essigsauren und Benzylcyanid. — Rattner. Zur Kenntniss der negativen Natur organischer
— CXXIV —
Radicale. — Schneidewind. Versuche tiber substituirbarkeit organischer Verbindungen, die
negative Radicale enthalten. — Pàpcke. Ueber die Substituirbarkeit des Benzoins und
einiger Analogen des Desoxybenzoins und Benzylcyanids. — Knoevenagel. Beitriige zur
Kenntniss der negativen Natur organischer Radicale. — li. Ueber Bidesyle. — Reissert.
Condensationsproducte von jS-Anilidosanren (III. Mittheilung). — Id. Condensationsproducte
von jS-Anilidosàuren (IV. Mittheilung). — Id. Condensationsproducte von /3-Anilidosauren
(V. Mittheilung). — Piccini. Ueber die Einwirkung des Wasserstoffsuperoxyds auf die Titan-
sàure (Zur Wahrung der Prioritat). — Boyen von. Ueber Derivate Broraengenols. —
Marcku-aldt. Zur Kenntniss der Furfuranverbindungen. II. — Harpe de la und Reverdin.
Ueber das Nitrosonitroresorcin. — Weyl. Zur Kenntniss der Seide. I. — Pechmann von
Studien iiber 1. 2-Diketone. — Kiliani. Ueber Metazuckersàure. — Heymann und Koe-
nigs. Ueber einige Lepidinverbindungen. — Ciamician und Magnanini. Ueber die Bildung
der beiden isomeren Tetrabromide des Pyrrolylens. — ìVilm. Zum ehemischen Verhalten
des Kaliumplatincyanurs. — Quincke. Ueber die Reactionsproducte des Acenaphtens mit
der Salpetersaure und einige Derivate derselben. — Lcvy und Andreocci. Ueber die Ein-
wirkung von Phosphorpentachlorid auf Succinylobernsteinsaureiither.
• Bijdragen tot de Taal- Land- en Volkenkunde van Nederlandsch-Indié. Volg. 5,
Deel III, 2. 'S Gravenhagen, 1888.
Joung. Then Sioe Kim Njong, in de Westerafdeeling van Borneo, bekend als Njonja
Kaptai. In memoriam. — Campen. Beschrijving van de westkust van het Noorder-sehierei-
land van Halemahera. — Wilken. De verbreiding van het Matriarchaat op Sumatra. —
Kielstra. Sumatra's Westkust van 1826-1832.
+Boletin de la real Acadernia de la historia. T. XII, 1. Enero 1888. Madrid.
Danvila. Nuevos datos para escribir la historia de las Cortes de Castilla en ed rei-
nado de Felipe IV. — Ricino. Historia de Baeza. — Gonzdles. Archivo hispalense. — de
la Rada y Delgado. Historia de Carraona. — Fita. Duro (Mataró).
*Bulletin del'Académie d'archeologie de Belgique. N. 10-15. Anvers, 1887-88.
"^Bulletin de l'Académie r. des sciences de Belgique. 3e sér. t. XV, n. 2, 3. Bru-
xelles, 1888.
Vanderkindere. Sur la dilaterà dans les textes francs. — Philippson. Dernière séance
du Conseil avant le supplice de Marie Stuart, par le baron Kervyn de Lettenhove. -
Kervyn de Lettenhove. Roponse à l'interpellation de M. Philippson. — La féte de
la Toussaint à Fotheringay. — Rousseau. Léonard de Vinci. — Van Iìnmbeke. Sur des
follicules rencontrés dans répiderme de la màchoire supérieure chez le « Tursiops tursio "
(avec pianelle). — Renard. Nutice sur les haches en fibrolite Irouvées en Espagne par
MM. H. et L. Siret. — De Ileen. Détermination des variations de la chaleur spécifique
des liquides au voisinage de la temperature critique. — Masius. De Finflueuce de pneu-
mogastrique sur la sécrétion urinaire. — Lamy. Elie de Nisibe, sa Chronologie. — Phi-
lippson. Assassinat de Henri Darnley, époux de Marie Stuart.
+Bulletin de la Société académique de Brest. 1886-87. Brest.
Jouan. La fregate la «Belle Poule ». — Coutance. Madagascar, en 1829. — Guichon
de Grand-Pont. Ovidius Nauticus. — Pradère. Causeries humoristiques. — Jouan. La fregate
la « Belle Poule » (suite et fin). — Turiault. Jean Dubuc et le Pacte colonial. — Guichon de
Grand-Pont. L'Amiral de Gueydon. — Jardin. Mode d'administration à la fin du
dernier. — Augier. Brives-Charensac. — Le Balle. À la Muse — Id. Ave Mater Alma. —
Id. Sonnet à ma Femme. — Id. En Carème. — Le Lan. Trois Légendes. — A. C. Con-
férences et soirées.
— cxxv —
^Bulletin de la Société académique Indo-Chinoise de France. 2e sér. t. II,
Années 1882-83. Paris, 1883-85.
Kern. Les inscriptions khmers recueillies au Cambodge par M. J. Moura. — Bergaigne.
Inscriptions khraers. La date du règne de Sùrya-Varman. — Lesserteur. Inscriptions ghia-
mes de l'ancien Ciampa. — Schoebel. Histoire des origines et du développement des Castes
de l'Inde (première partie). — Genin. Malie et Goa, d'après un manuscrit inédit de la bi-
bliothèque de M. l'abbé Pierfite, cure d'Ainvelle (Vosges) intitulé : Note de voyage à bord
de la Cordillère, par l'abbé Guerret, aum.ìnier de la Marine. — Delavaud. Journal des
deux voyages à Siam de Du Quesne-Guitton (1681-1691), manuscrit inédit, n. 12, 543, de
la bibliothèque de la Marnière-Eochefort. — Castonnet des Fosses. Les relations de la
France avec le Tongkin et la Cochinchine, d'après des documents inédits des Archives du
Ministère de la marine et des Colonies et des Archives du Dépòt des cartes et plans de
la marine. — Bartet. Archeologie khmer. — Trau-Nguyen-IIành. Coutumes et constitution
de la famille annamite. — Dru. La pe'ninsule malaise. — Projet de percement de l'isthme
de Krau. — San-Januario. Documents sur les missions portugaises au Cambodge et en
Cochinchine. — Bouillevaux. Le premiere princes de l'Annam, d'après les annales indi-
gènes (suite et fin).
+Bulletin de la Société entomologique de France. 1888, Cah. 6, 7. Paris.
*Bulletin de la Société géologique de France. 3e sér. t. XV, 7, 8; XVI, 1.
Paris, 1887.
XV, 7. Goret. Geologie du bassin de l'Ubaye. — Seunes. Sur quelques Ammonites
du Gault. — Schlumberger. Note sur les Biloculina bullo'ides et B. ringens. — De Cos-
signy. Sur le Crétacé inférieur du sud-est du bassin de Paris. — De Lacvivier. Sur le Cré-
tacé de l'Ariège. — Nolan. Note sur le Trias de Minorque et de Majorque. — Roussel.
Étude sur le Crétacé des Petites Pyrénées et des Corbières. — Cotteau. Catalogue des Échini-
des recueillis par M. Roussel dans le terrain crétacé des Petites Pyrénées et des Corbières. —
XV, 8. Cotteau. Echinides des petites Pyrénées et des Corbières. — Bertrand. Hot tria-
sique du Beausset (Var). Analogie avec le bassin houiller franco-belge et avec les Alpes
de Glaris. — Vélain. Le Carbonifere dans la région des Vosges. — de Mercey. La craie
phosphatée à Belemnitella quadrata dans le Nord de la France.— Sauvage. Note
sur l'are pectoral d'un Ichthyosaure du Lias de Watchet. — de Zigno. Sur les Siréniens
fossiles. — Seunes. Note préliminaire sur la geologie du département des Basses-Pyrénées. —
Gourdon. Note sur les débris de mammifères du sud-ouest • - de Bouville. L'horizon ar-
moricain dans la région de Cabrières (Hérault). — Léenhardt. Le Crétacé inférieur de
La Clape (Aude). — Douvillé. Chamidés et Rudistes. — XVI, 1. Mailer le (de). L'ceuvre
du Congrès géologique international par M. G.-K. Gilbert. — Porte. Note sur les gisements
de charbon de la Nouvelle-Calédonie. — Gaudry. Lettre de M. Capellini sur l'Ours de
Cassana. — Stuart-Menteath. Note sur la constitution géologique des Pyrénées. — Seunes.
Note sur la geologie des Pyrénées-Occidentales. — Kilian et Léenhardt. Note sur le Cré-
tacé inférieur du sud-est. — Girardot. Note sur les Corralligènes jurassiques supérieurs
au Rauracien, dans le Jura du Doubs. — Stanislas-Meunier. Contribution à la geologie
de l'Afrique occidentale. — Tardy. Nouvelles Observations sur la Bresse. — Bouvil/c (de).
Les formations paléozo'iques de la région de Cabrières, par le docteur Frech, de Berlin.
i'Bulletin de la Société imperiale des naturalistes de Moscou. 1887, n. 4. Moscou.
Gustavson. Die organischen Verbindungen in ihren Beziehungen zu den Haloidsalzen
des Aluminiums. — Wagner. La regénération des organes perdus chez les araignées. —
Ballion. Kurze Notizen uber einige russische Blaps-Arten. — Walter. Vorlaufige Diagnose
und Beschreibung zweier neuer Branchiopoden aus Transkaspien. — Smirnow. Énuméra-
tion des espèces de plantes vasculaires du Caucaso.
— CXXVI —
+ Bulletin de la Société mathématique de France. T. XVI, 2, 3. Paris, 1888.
Jssaly. Nouveaux principes de la théorie des congruences de droites. — là. Nouveau
principes de la théorie des congruences de droites. — Perrìn. Sur l'identité des péninva-
riants des formes binaires avec certaines fonctions des dérivées unilatérales de ces fornies.
+Bulletin de la Société zoologique de France 1887. Voi. XII, 5-6; XIII, 1.
Paris, 1888.
Boulanger. Les espèces du genre Ophimore. — Moniez. Sur un parasite nouveau du
Ver à Soie. — Plateau. Sur le ròle des palpes chez les arthropodes maxillés. — Cotteau.
Sur la famille des Brissidées. — Chevreux. Crustacés amphipodes nouveaux dragués par
l'Hirondelle pendant la campagne du 1886. — Biyot. Diptères nouveaux ou peu connus. —
Taczanoicsky. Contributions à la faune ornithologique du Caucase. — Cotteau. Echinides
nouveaux ou peu connus.
1Bulletin de l'Institut égyptien. 2e sér. n. 1887. Le Caire, 1888.
Walther. L'apparitici de la craie aux environs des pyramides. — Vidal Pacha.
Le sol égyptien analysé par la betterave. — Id. Sur les quantités ditus ne'gatives et ima-
ginaires. — Gay Lussac. Quelques observations sur l'emploi des engrais en Egypte. —
Borelli Bey. Notes à propos de docunients relatifs a l'expédition franeaise en Egypte. —
Ventre Bey. De la densité du sucre. — Rossi Bey. Quelques raots sur la rage. —
Schweinfurth. Sur une recente exploration ge'ologique de l'Ouady Arabah. — Yucoub At-
tiri Pacha. Note sur le Dra-el-Cher'ì. — Ascherson. Le lac Sirbon et le mont Casius. —
Ventre Bey. Quelques rechercli* s bux l'are voltalqne. — Artin Pacha. Monnaies de Mebdy
Mouhammed Ahmed du Soudan. — Ibrahim Bey Moustapha. La valeur des intervalles
dans la musique arabe.
+Bulletin du Comité géologique. Voi. VI, 8-10 e Suppl. S. Pétersbourg, 1887.
Sokolov. Compte-rendu préliminaire des recherches géologiquee faites danslapartie
septentrionale du gonvernement de la Tauridei — Pavlow. àperc,u géologique de là région
entre les rivières Swìaga, Barysch et Soura dans le gouvern. de Simbirsk. — Michalsky.
Apercu géologique de la partie de sud-est du gouvernenient de Kielce. — Krasnopolsky.
Comi)te-rendu prélimìnaire dea recherches géidogiques dans la partie de sud-est de la
feuille 126. — Fedoroff. Note sur l'origine des «sebistes verts« (Griinschiefer).
+ Bulletin du Comité international permanent poiu* l'exécution photographique
de la carte du ciel. Fase. Ier. Paris, 1888.
+ Bulletin des sciences mathématiques. 2e Sér. t. XII, avril 1888. Paris.
Lerch. Sur une formule d'arithmétique.
+ Bulletin of the Museum of Comparative Zoology at Harward College. Vol.XIII,
8 ; XVI, 1. Cambridge, 1888.
XIII, 8. Slade. On Certain vacuities or deficiencies in the Crania of mammals. —
Hobbs. On the petrographical Charaters of a dike of diabase in the Boston basin.
fCentralblatfc (Botanisches). Bd. XXXIV, 2-5. Cassel, 1888.
Godlewsky. Einige Bemerkungen zur Auffassung der Reizerscheinung an den wachsen-
den Pflanzen.
fCentralblatt fiir Physiologie. 1888. Aprii 15-28, Màrz 31. Wien.
+ Civilingenieur (Der). Jhg. 1888, Heft 2. Leipzig, 1888.
H:yn. Daclibinderconstruction uber einem Maschinenhause. — "Connert. Mittheilungen
aus dem mechanisch-technologischen Laboratorium desKonigl. Polytechnikums zuDresden. —
Land. Ueber die Berechnung und die bildliche Darstellung von Triigheits- und Centrifu-
galmomenten ebener Massenfiguren.
— CXXVII —
fCompte rendu de la Société de géographie de Paris. 1888, n. 7-8. Paris.
+ Comptesrendus hebdomadaires de séances des rAcadémie des sciences. T. CVI,
n. 13-16. Paris, 1888.
13. Bertrand. Sur l'évaluation a posteriori de la confiance méritée par la moyenne
d'une sèrie de mesures. — Loswy et Puiseucc. Théorie nouvelle de l'équatorial coudé et
des equatoriali* en general. Termes dépendant de la situation du miroir extérieur. Formu-
les générales. — Schloesing. Sur les relations de l'azote atmosphérique avec la terre vege-
tale. — Berthelot et André. Sur l'absorption des matières salines par les vége'taux. Acé-
tate et azotate de potasse. — de Jonquières. Construction géométrique, par deux faisceaux
projectifs, de la surface du troisième degré déterminée par diverses conditions données. —
Mouchez. Nouvelles nébuleuses remarquables, découvertes, à l'aide de la pbotograpbie, dans
les Pléiades, par MM. Henry. — Id. Travaux préparatoires pour l'exécution de la Carte
photographique du ciel. Publication d'un Bulletin special. — Berthelot. Traitement des
sables aurifòres, par amalgamation, cbez les anciens. Collection des alchimistes grecs. —
de Lesseps donne quelques nouvelles indications sur les travaux du canal maritime de Pa-
nama. — Bigourdan. Observation de la comète a 1888, faite à l'Observatoire de Paris
(équatorial de la tour de l'Ouest). — Périgaud. Nouveau baili de mercure, pour l'obser-
vation du nadir. — Wolf appelle l'attention des astronomes et des physiciens sur l'expé-
rience de M. Périgaud. — Hatt. Sur l'évaluation des erreurs inhérentes au système des
coordonnées rectangulaires. — Car vallo. Sur l'application de la méthode des moindres
carre's. — Kcenigs. Sur la distribution des volumes engendrés par un contour ferme', tour-
nant autour de toutes les droites de l'espace. — Gouy. Sur les actions électrostatiques
dans les liquides conducteurs. — Krebs. Essai d'un moteur électrique alimenté par des
accumulateurs destinés à un bateau sous-marin. — de Labouret. Sur la propagation du
son produit par les armes à feu. — André. Sur quelques combinaisons ammoniacales des
sels de nickel. — de Forcrand et Villard. Sur la formation des hydrates de gaz. — Scheu-
rer-Kestner. Expériences sur l'empi oi du calorimètre Thompson pour la détermination du
pouvoir calorifìque pratique de la houille. — Gautier et Drouin. Kecherches sur la fixa-
tiori de l'azote par le sol et les vége'taux. — Raeine. Sur quelques dérive's de l'acide or-
thoaldéhydophtalique. — Boucheron. Surdité pour les harmoniques de la parole, dans l'oto-
piésis. — Poncet. Sur une nouvelle déformation des mains cbez les Terriera; mains en
crochet. — Sabatier. Sur les formes de spermatozoi'des de l'Eledone musquée. — Petit.
Note complémentaire sur l'anatomie du pe'tiole des Dicotylédones. — Dolio et Buisseret.
Sur quelques Pale'chinides. — Rolland. Les atterrissements anciens du Sahara, leur àge
pliocène et leur synchronisme avec les formations pliocènes d'eau douce de l'Atlas. —
Démoulin. Nouvelles indications sur la nature cosmique de certaines poussières de l'air. —
Saint-Loup. Sur la trisection de l'angle. — 14. Bertrand. Sur l'erreur à craindre dans
l'évaluation des trois angles d'un triangle. — Lcewy et Puiseux. Théorie nouvelle de l'equa-
torial coudé et des équatoriaux en general. Procédés nouveaux pour l'orientation de l'axe
polaire. Etude de la flexion du bras. — Wolf. Késultats des comparaisons de la toise du
Péruu au mètre international, exécutées au Bureau international des Poids et mesures par
M. Benoit. — Schloesing. Sur les relations de l'azote atmosphérique avec la terre vege-
tale. — Dehérain. Sur la fabrication du fumier de ferme. — Faye. Sur le blizzard des 11
et 12 mars dernier aux Etats-Unis. — Cayley. Note sur les surfaces minima et le théo-
rème de Joachimsthal. — Bigourdan. Sur une disposition qui permettrait l'emploi de puis-
sants objectifs dans les observations méridiennes. — Charlois. Observations de la comète
Sawerthal, faites à l'Observatoire de Nice (équatorial de Gautier, de 0m,38 d'ouverture). —
Jung. A propos de deux Communications récentes de M. J. Bertrand, sur la probabilità
du tir à la cible. — Violle et Vautier. Sur la vitesse du propagation du son. — Forel.
— CXXVIII —
Expériences photographiques sur la pénétration de la lumière dans les eaux du lac Le'man. —
Chappuis. Sur les chaleurs latentes de vaporisation de quelques substances Irès volatiles. —
Le Chatelier. Sur les lois de l'équilibre chimique. — Arnaud. Sur la matière cristallisée
active des flèches empoisonnées des (^omalis, extraite du bois d'Ouabai'o. — Levallois. In-
fluence des engrais chimiques sur la composition de la graine du Soja. — Brulle. Falsifi-
cations des huiles d'olive. — Godefroy. Sur une méthode simple et usuelle, pour déceler
et pour doser les irapuretés contenues dans les alcools d'industrie. — Leplay. Sur la for-
mation des acides organiques, des raatières organiques azote'es et du nitrate de potasse,
dans les différentes parties de la betterave en végétation de première année, par l'absor-
ption par les radicules des bicarbonates de potasse, de chaux et d'ammoniaque. — Lépine
et Porteret. De l'influence qu'exercent les substances antipyrétiques, et en particulier l'an-
tipyrine, sur la teneur du foie en glycogène. — Dupuy. Expériences sur les fonctions mo-
trices du cerveau. — Dor. Pseudo-tuberculose bacillaire. — Pelseneer. Les Pélécypodea
(ou Lamellibranches) sans branchies. — Lacroix. Sur la syénite éléolithique de Pouzac
(Hautes-Pyrénées). — de Tillo. Sur le deplacement des grands centres d'action de l'atrao-
sphère. — 15. Mouchez. Observations des petites planètes, faites au grand instrument mé-
ridien de l'Observatoire de Paris pendant les troisième et quatrièrne trimestres de fannie
1887. — Bertrand. Sur les lois de mortalité de Gompertz et do Mekeham. — Boussmesq.
Équilibre d'élasticité d'un solide sans pesanteur, bomogène et isotrope, dont les parties
profondes soint maintenue fixes, pendant que sa surface éprouve des pressions ou des dé-
placements connus, s'annulant bors d'une règion restreinte où il sont arbitraires. — Ber-
thelot. Observations sur la fixation de l'azote par certains sols et terres végétales. — Cailletet.
Nouveau thermomètre à gaz. — lligourdan. Observations de la comète Sawertbal (a 1888),
faites à l'Observatoire de Paris (équatorial de la tour de l'Ouest). — Trépied et Sy. Ob-
servations de la nouvelle planète Palisa (d>;couverte le 3 avril 1888), faites à l'Observa-
toire d'Alger au télescope de 0m,50. — Rayet et Courty. Observations de la comète Sa-
wertbal, faites à l'équatorial de 0m, 38 de l'Observatoire de Bordeaux. — Pellet. Sur la
formule de Fourier et ses analogues. — Demartres. Sur les courbes de M. Bertrand, con-
sidérés cornine lignes géodésiques de surfaces cerelées. — Bougaief. Sur les fonctions di-
scontinues logaritbmiques. — Loir. Caractère de la divisibili!.1 d'un nombre par un nombre
premier quelconque. — Lucas. Résolntion des éqnations par l'électricité. — Quantin. Action
du tétrachlorure de carbone sur le composès oxygèiiès minéranx exempts d'hydrogène. —
Leidié. Sur le sesquichlorure de rliodium. — Saint-Edme. Sur la passivile du fer et du
nickel. — Varet. Action du cyanure de zinc sur quelques chlorures. — Haller. Synthèses
au mo3ren de l'éther cyanacètique: II. Homologues supérieura de l'ètber acètylcyanacètique. —
Renard. Sur les bydrocarbures qui accompagnent le ditérébenthjle dans des huiles de
resine. — Petit. Chaleur de formation de l'aniline. — Henry. Su la volatilité dans les
composès carbonés polyoxygénés. — Scheurer-Kestner. Chaleur de combustion de la houille
du nord de la Franco. — Duroziez. Sphincter du trou ovale. — Rietsch et Jobert. L'epi-
demie des porcs à Marseille, en 1887. — Gautier et Drouin. Recherches sur la fixation
de l'azote par le sol et les végétaux. — Gorgeu. Sur une pseudomorphose de l'acerdèse.
Production artificielle de la pyrolusite. — Vemeuil. Recherches sur la blende hexagonale
phosphorescente. — Poincaré. Relations entre les mouvements barométriques et les posi-
tions de la lune et du soleil. — Noguès. Sur la vitesse de transmission des ébranlements
souterrains. — 16. Bertrand. Sur la méthode des moindres carre's. — Janssen. Sur les
spectres de l'oxygène. — Boussinesq. Équilibre d'élasticité d'un solide sans pesanteur,
homogène et isotrope, dont les parties profondes sont maintenues fixes, pendant que sa
surface éprouve des pressions ou des déplacements connus, s'annulant hors d'une région
restreinte où ils sont arbitraires. — Schhesuig. Sur les relations de l'azote atmosphérique
avec la terre vegetale. Réponse aux observations de M. Berthelot. — Perrin. Sur quelques
— CXXIX —
familles d'opérateurs différentiels. — Fouret. Sur une source d'équations algébriques ayant
toutes leurs racines réelles. — Paraf. Sur deux théorèmes de Jacobi relatifs au lignes géo-
désiques. — Bonnet. Observations relatives à la Communication précédente. — Cesavo.
Sur deux récentes Communications de M. Jensen. — Guyou. Sur une solution élémentaire
du problème du gyroscope de Foucault. — Mathias. Sur un nouvelle méthode de mesure
de la chaleur de vaporisation des gaz liquéfiés. — Stoletow. Sur une sorte de courants
électriques, provoqués par les rayons ultra-violets. — Berget. Sur la variation de la con-
ductibilité calorifique du mercure avec la temperature. — Pollak. Régulateur de lumière
électrique fonde sur la dilatatici] tbermique des fils conducteurs. — Osmond. Contribution
à Tétude des fontes. — Ilugounenq et Motel. Sur un carbonate sodico-potassique. — Scheu-
ver-Kestner. Chaleur de combustion de la bouille du nord de la France (bassin de Char-
leroi). — Vignon. Thermochimie des composés diazo'iques. — Henty. Sur la volatilité dans
les composés carbonés polyoxygénés. — Chautard. Sur la cyanaldéhyde. — Lafont. Action
des acides et des anhydrides sur les terpilénols. — Iìallet. Synthèses au moyen des
éthers cyanacétiques. III. Éthers, benzol, orthotoluol et paratoluolcyanacétiques. — Gautier
et Dtouin. Recherches sur la fìxation de l'azote par le sol et les végétaux. — Liebreich.
Sur la fonction biologique des éthers cholestériques nommés lanoline. — Fol. Sur la
répartition du tissu musculaire strie chez divers invertébrés. — Giatd. Sur les Nephro-
myces, genre nouveau de Champignons parasites du rein des Molgulidées. — Viguier.
Sur l'oligocène du bassin de Narbonne et la formation des couches à végétaux d'Armissan. —
Tschetning. Étude sur la position du cristallin de l'oeil humain. — Straus et Sanchez
Toledo. Recherches bactériologiques sur l'utérus après la parturition physiologique. —
Galtier. Nouvelles expériences sur l'inoculation antirabique, en vue de préserver les ani-
maux herbivores de la rage à la suite des morsures de chiens enragés. — Luvini. Les
cyclones et les trombes.
tCosmos. Kevue des sciences et de leurs applications. 37e année, S. N. n. 154-
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turai Silicates. — Norton and Westenhoff. On the Amine Salts of Benzene-Sulphonic Acid. —
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On the Amine Salts of Para-Toluene-Sulplnmic Acid. — Novy. Some Higher Homologues
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biegsamer, unausdehnbarer Flachen. — Scheibner. Ueber eine Transformationsformel fiir
Doppelintegrale. — Pincherle. Sur la nature arithmétique des coefficients des se'ries inté-
grales des équations différentielles linéaires. — Ileymann. Bemerkung iiber elliptische
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CXXXI —
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Entwicklung unserer Kenntniss der Ptomai'ne und verwandter Korper. — Meyer. Die Be-
deutung der Bacterien fiir die Keimung der Pflanzen. — Funcke. Ueber Gletscher im Allge-
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schen Widerstand des Wismnths und dessen Legirnngen rari Bici und Zinn. — Fuchs.
Ueber Verdampfung. — Pernter. Ueber die barometrische HohenmessfonneL — Hihissler.
Die Rotationsbewegung der Atome als Ursache der molecularen Anziehnng und Ab-
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Philippson. Études sur l'histoire de Marie Stuart. Les lettres de la cassette. Suite:
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phalie, son journal et sa correspondance. Suite.
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Beaudouin. La participation des hommes libres au jugement dans le droit frane.
5° Les scabins. 6° Procedure ordinaire et procedure extraordinaire. — Léouzon Le Due.
Le regime de l'hospitalité chez les Burgundes. — Esmein. Le serment promissoire dans
le droit canonique. — Tardif. Un me'moire de Guillaume Du Breuil.
f Kevue politique et littéraire. T. XLI, n. 14-17. Paris.
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f Verhandlungen der k. k. zool.-bot. Gesellschaft in Wien. Bd. .XXXVIII, 1.
Wien, 1888.
Beling. Beitrag zur Metamorphose einiger zweifliigeliger Insecten aus der Familie
Tabanidae, Empidae, Syrphidae. — Heller. Die postembryonalen Entwicklungs-
stànde des Dermestes peruvianus Cast. — Latzel. Von Dr. J. Karlinski in Bosnien,
in der Herzegowina und in Novibazar gesammelte Myriopoden. — Lóiv. Uebersicht der
Psylliden von Oesterreich-Ungarn mit Einschluss von Bosnien und der Herzegowina nebst
Beschreibung neuer Arten. — Kieffer. Ueber Gallmiicken und Miickengallen. — /{ohi Fr.
Neue Hymenopteren. III. — Entleutner. Die Ziergeholze von Siìdtirol. — Fritsch. Beitràge
zur Flora von Salzburg. — Loitlesòerger. Beitrag zur Algenflora Oberosterreichs. — Rai-
manti. Ueber die Fichtenformen aus der Umgebung von Lunz, sowie tìber Calycanthemie bei
Cy ci amen . — Richter. Floristisches aus Niederdsterreich. — Weinlànder. Die blìihenden
Pflanzen der Hochschobergruppe. — Wettstein. Beobachtung tìber den Bau und die Keimung
der Samen von Nelumbo nucifera Gartn. — Id. Vorarbeiten zu einer Pilzflora der
Steiermark.
'Verhandlungen des Vereins zur Beforderung des Gewerbfleisses. 1888. III.
Kosmann. Die Marmoraten des deutschen Reiches. — Hahermann. Ueber Eis- and
Kiilteerzeugungsmaschinen.
— CXXXIV —
"^Viestnik hrvatskoga Arkeologickoga Druztva. God. X, 2. U Zagrebu, 1888.
Ljubic. Scoperta di monete romane in gran bronzo del 1 e 2 secolo dopo Cristo vi-
cino a Prugovac di sotto la Brava. — Badie i Vid Vuletic V. Tre nuovi oggetti prei-
storici dall'isola di Curzola. — Vid Vuletic Vukasovic. Iscrizioni antiche bossinesi in
Bossina e in Hercegovina (Continuazione). — S. L. Intorno il progresso della scienza ar-
cheologica nel nostro regno croato. — Vid Vuletic. Aggiunta all'iscrizione del duca Stefano.
^Wochenschrift d. òsterr. Ingenieur- und Àrchitekten Vereines. Jhg. XIII.
14-17. Wien, 1888.
^Zeitschrift fur Mathematik und Physik. Jhg. XXXIII, 2. Leipzig.
Schendel. Verschiedene Barstellungen der Eesultante zweier binaren Fonnen. — Stoll.
Ueber einige Sàtze J. Steiner's. — Bochow. Zusammenhang zwischen particuliiren und allge-
meinen Integralen gewisser Bifferentialgleichungen. — Ilossfeld. Ueber eine Aufgabe aus
der projectiven Geometrie des Raumes, und Construction der Raumcurven dritter Ordnung
aus imaginàien Punkten. — Buka. Bemerkungen zu der Grubler'schen Bestimmung der
Krummungsmittelpunkte der Polbahnen eines ebenen Systems. — Cantor. Ueber eine Pro-
portion aus der elementaren Geometrie. — Beyel. Vier Aufgaben uber drei- und vierpunktige
Beruhrung von Kegelschnitten. — IVeihrauch. Ueber gewisse Beterminanten. — Gelcich.
Entwurf einer Geschichte der Gesetze des Stosses.
*Zeitschrift (Historisch). N. F. XXIV, 1. Miinchen, 1888.
Biess. Ber Ursprung des englischen Unterbauses. — Schiemann. Zur Geschischte des
Posener Friedens von 1806. — Hàbler. Neuere Arbeiten zu Geschichte Spaniens im 17.
Jarhrhundert.
ATTI
DELLA
BEALE ACCADEMIA DEI LINCEI
ANNO CCLXXXV.
1888
SBBIE Q.TJABT A
KENDICONTI
PUBBLICATI PEE CURA DEI SEGRETARI
VOLUME IV.
2° Semestre
Il 0 M A
TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
PROPRIETÀ DEL CAV. V. SALVIUCCI
1888
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
pervenute alV Accademia sino al 1 luglio 1888.
Fisica terrestre. — Alcuni risultati di uno studio sul terre-
moto ligure del 23 febbraio 1887 . Nota del Corrispondente T. Tara-
melli e del prof. G. Mercalli.
« Il rapporto, di prossima pubblicazione, da noi presentato al R. Mini-
stero circa le osservazioni e le ricerche, che abbiamo eseguite sul terremoto
ligure, è riuscito assai voluminoso e ci parve quindi opportuno quanto sino
ad ora la natura analitica di tali ricerche ne ha obbligato a differire: cioè
il raccogliere in brevi parole le principali risultanze, alle quali ci trovammo
da esse ricerche condotti.
« La struttura geologica della regione di massimo scotimento, tra Nizza,
Genova e Torino, era abbastanza nota, in particolare pei lavori di Pareto,
Si smonda, Issel, Mazzuoli e Zaccagna, perchè a noi, che abbiamo percorso a
più riprese quasi tutta questa regione, rimanesse poco più che il compito di
una compilazione avente per mira quelle condizioni litologiche e stratigrafiche
e quelle particolarità orogenetiche, le quali fossero in più stretto rapporto
col fenomeno esaminato. Abbiamo rilevato, tra le cose principali , come
questo tratto della cerchia alpina risulti dalla justaposizione di tre elissoidi, del
M. Viso, del Mercantour e dei monti da Mondovì a Savona. Il primo elissoide
— 4 —
risulta essenzialmente di un anteclinale, coricato a levante e quindi da questo
lato destituito dell'orlatura dei terreni mesozoici ed eocenici; ma gli altri due
elissoidi, sebbene mostrino le loro molteplici curve secondarie in vario modo
inclinate, tuttavia presentano questi terreni al loro contorno ed in una striscia
intermedia, fortemente compressa e sollevata, che partendo dal colle di Tenda
attraverso la valle della Stura di Cuneo e pel passo dell'Argenterà si dirige
verso la valle dell' Ubajette, presso Barcellonette, in Savoja. L'elissoide di
Savona è tronca verso il mare, là dove la spiaggia da Àlbenga a Savona piega
più fortemente a nord-est, e quivi vengono bruscamente troncati i terreni
eocenici, i quali più a ponente si allargano in uno spazio triangolare tra Albenga,
il Colle di Tenda e Ventimiglia. Verso sud-ovest i terreni mesozoici ed eocenici
più regolarmente declinano verso l'area di confluenza delle valli del Varo,
quindi si innalzano dolcemente, per appoggiarsi all'altro elissoide di rocce
antiche, in gran parte sommerso, dei monti dell' Estèrel.
a II massimo sconcerto nella direzione delle rocce secondarie ed eoceniche
per la regione litoranea si avverte nelle adiacenze di Monaco e di Mentone;
altri complicati rovesciamenti e salti si offrono verso Noli e sopra Savona:
un campo di fratture, che però sono soltanto approssimativamente intravedute,
esiste con ogni probabilità lungo l'alta valle della Stura. Come appare anche
dalle sezioni di recente pubblicate dal signor Zaccagna, le forti curve di terreni
secondari ed eocenici sono coricate nelle Alpi liguri da un lato verso la pianura
padana e dall'altro verso il Tirreno; alcuni particolari, che noi abbiamo più
minutamente esaminato nelle vicinanze di Mentone, dimostrano quanto queste
curvature siano complicate e compresse. E da così tormentato corrugamento
provenne anche il fatto dell'enorme sollevamento, che in alcuni punti ha subito
l'eocene, che al M. Bertrand, presso il Colle di Tenda tocca l'altitudine di
2482m, e verso il contine savoiardo rimane poco sotto la vetta dell' Bncastraje
(2928m). I terreni, che costituiscono la regione, si ripartono per epoche come
segue :
<i Al protozoico spettano i gneiss a due miche, con quarzo rossiccio, di
Cannes e delle alte valli del Varo, il gneiss granitico lungo la Varaita e forse
talune delle rocce scisto-cristalline presso Savona. Secondo il signor Zaccagna,
sono presiluriani anche gli scisti cristallini, quarzosi, cloritici, talcosi, e le
rocce serpentinose, comprese o sopraposte, delle quali il massimo sviluppo,
paragonabile a quanto si osserva nella catena andalusa di Ronda, avviene a
nord di Varazze e di Voltri. Invece i signori Mazzuoli ed Issel ritengono
triasiche le serpentine e le rocce annesse; a noi, parvero comprese nella
grande zona del paleozoico recente. Comunque sia, è importante il notare come
in quella stessa guisa che la massa di serpentine antiche della Serrania di
Ronda ha limitato a ponente l'area di scotimento rovinoso nel terremoto anda-
luso del 25 dicembre 1884, così pel terremoto ligure l'area del disastro si
arresta ad Albissola, al limite occidentale della massa serpentinosa di Varazze
pure essendosi la scossa comunicata con violenza ai terreni terziari, che cir-
condano le serpentine antiche e comprendono le serpentine recenti, a tramon-
tana ed a levante di Genova.
« Al paleozoico appartengono i conglomerati e gli scisti argillo-talcosi
di Demonte, Calizzano e Mallare, con fìlliti sicuramente carbonifere ; arenarie
e calcoscisti, e le quarziti talcose, passanti a gneiss, di quel tipo di roccia
detta dal signor Zaccagna Besimaudite, che è identica al gneiss verde dello
Spluga e delle Alpi Orobiche. Sonvi porfidi quarziferi, al Colle del Sabbione
presso Tenda e nel versante orientale del Mongioje (263 lm); e conglomerati
analoghi al verrucano, assai sviluppati nelle valli della Tinea, della Vesubia,
della Eoja e della Neria, presso Erli e Zuccarello.
« La divisione inferiore del Trias a noi parve rappresentata soltanto da
scisti argillo-talcosi e da quarziti rosee e bianche, alla base delle dolomie e
dei calcari cerei, riferibili al trias medio o superiore. Tali calcari, più o meno
magnesiferi, offersero fossili nelle valli di Vinadio e del Gesso, nonché nei
dintorni di Mondovì, Finale e Noli ; recentemente furono dal signor De-Stefani
osservate delle giroporelle nel calcare del Gezzo presso a Sestri. Con molta
continuità, il trias contorna l'elissoide delle montagne del Varo e quello del-
l'Estèrel, si insinua tra il primo e quello del Viso con altri terreni più recenti;
contorna a sud e ricopre con lembi assai intralciati le Alpi marittime, dalla
Stura alle origini dell'Erro. Nella valle del Varo i terreni triasici sono spesso
gessiferi, con marne variegate e dolomie cariate ; la quale condizione di
terreno, unitamente ad addossamenti morenici, rese per alcuni paesi ancora
più fatali le scosse.
« Una zona molto distinta di terreno infraliassico si è riscontrata in
più siti del Nizzardo ; ma non si conosce se e come si continui più a levante,
dove vanno anche gli altri terreni giuresi e cretacei, fossiliferi, gradatamente
attenuandosi. Un lembo di calcare giurese esiste nella catena del Mongioje
ed è coperto direttamente dal nummulitico. I calcari della creta inferiore e
media nel Nizzardo sono irregolarmente compatti e formano delle montagne
aspre e incolte; i terreni della creta superiore passano invece per gradi al
carattere dell'eocene appenninico e sono perciò rivestiti di bella vegetazione.
« Il terreno eocenico, oltre a costituire, come si disse, l'area triangolare
tra Albenga, Ventimiglia ed il Colle di Tenda, si accompagna in lembi più
o meno frastagliati e sempre molto contorti attraverso le valli della Bevera,
del Paglione, della Vesubia, del Varo e dell' Esterone. Esso è fosilifero, con
banchi calcari soltanto nella parte inferiore, sopra due zone ; l'ima più antica
a Nummulites Lucasana e N. perforata, e l'altra con prevalenza di orbitoidi.
Più in alto, consta di macigno o di calcari marnosi, con fucoidi e qualche
accenno alla formazione del galestro, presso Albenga e nella valle dell'Impero,
probabilmente al livello delle rocce ofiolitiche reconti. Queste compaiono sol-
tanto noi dintorni di Genova; poi si sviluppano, come è noto, nella Liguria
— 0 —
orientale o nell'Appennino pavese ed emiliano. La concordanza dell'eocene
colla creta sembra perfetta ; così di questa cogli altri terreni mesozoici. Per
modo che la coltre dei terreni più recenti del permiano, per quanto pieghet-
tata e dilacerata presenta per vaste aree una continuità di massa certamente
non estranea alla varia modalità di trasmissione del fenomeno sismico.
■ Invece le rocce oligoceniche o del miocene inferiore, composte di fram-
menti rotolati, più o meno grossolani, delle rocce preesistenti, comprese le
eoceniche, riposano con discordanza su queste ; e sebbene fortemente sollevate
sino presso a mille metri ed a luoghi assai inclinate, non sono giammai così
contorte e rigettate come le eoceniche. Rappresentano un antico periodo conti-
nentale della Liguria, che in quell'epoca quivi presentava un'orografìa di arci-
pelago corallino. Poi tutto si sommerse, tranne forse le aree centrali degli
elissoidi. sotto al mare in cui si deponevano le marne e le arenarie del miocene
medio (langhiano e serravalliano) ; ma verso il Tirreno presso le spiagge di una
terra, che ora male si saprebbe definire, depositavasi il calcare grossolano a
Clipeaster detto Pietra di Fidale, dell'epoca medesima che le arenarie ad
Amjìhiope di Yence.
« Il terreno tortoniano, collo strato politico, appena accennato a sud, si
svolge con sufficiente continuità alle falde padane, esso pure rappresentando
una sommersione seguita da sollevamento. 11 terreno pliocenico, ultimo dei
depositi marini liguri, astrazione fatta di limitatissimi cordoni litoranei, formava
certamente una non interrotta spiaggia, con sedimenti argillosi di mare alquanto
profondo nella parte inferiore ; ma fu smembrato in molti lembi litoranei, ad
alcuni dei quali, come a Diano Castello, Castellare, Bussami. Massabovi,
Vigne e Piani di S. Remo ecc., corrispondono delle località dove fu massimo
il disastro. Il lido pliocenico sulla Liguria occidentale trovasi al presente
sollevato secondo un piano, che declina da circa 600 a 100 metri, dalle
sbocco del Varo presso La Gaude sino a Genova. Stante l'importanza di questi
lembi pliocenici, essi furono accuratamente distiuti e delineati nella tavola
geologica, che accompagna la nostra relazione.
« Così abbiamo indicato le più evidenti morene, presso Limone, S. Dal-
mazzo, S. Salvatore in Val Tinea, Lantosca in V. Vesubia, Briga e Sospello
nel bacino della Roja; e gli accumuli di frane di Clanzo, da Scarena al Toetto,
ed altrove, i quali furono causa, non meno delle morene e delle dolomie
cariate, di una maggiore intensità di rovine, presentantesi così saltuaria da
non potersi altrimenti spiegare se non ponendo mente alla natura geologica.
Del pari abbiamo distinto, anche se di piccola estensione, i limitati depositi
di alluvioni recenti, perchè con essi si connettono altre località funestamente
privilegiate, lungo la spiaggia. Al contrario, verso la pianura padana, le più
potenti alluvioni quaternarie, riposanti di solito sopra un conglomerato plioce-
nico, sebbene profondamente incise dai confluenti della Stura, hanno trasmesso
— 7 —
la scossa in modo più uniforme ed i danni vi furono minori che a Torino
e per entro alle valli del Piemonte meridionale.
« I terreni qui brevemente ricordati costituiscono una regione quasi tutta
montuosa e che declina rapidamente al mare, degradando meno abrupta ma
sempre alpestre verso la molto vasta zona di colli terziari alla destra del Po;
alcune vette cospicue quali il Viso (3843), l'Encastraje (2928), il Mongioje
(2631), vi impartono coll'ampia corona che loro si assiepa d'intorno un carat-
tere alpestre. Ma quello fu il tratto meno funestato dalle scosse ; dalle quali
il maggior disastro fu causato, appunto dove è maggiore l'amenità, per meno
aspro carattere orografico e per più abbondante vegetazione. Ovunque, le valli
sono profondamente incise, intaccando anche se di breve corso il lido solle-
vato pliocenico per uno spessore sino oltre 500 metri, a brevissima distanza
dalla spiaggia. Come risulta dalle recenti esplorazioni batimetriche della nostra
regia marina, queste incisioni proseguono ben marcate sotto al mare sino a
grandi distanze formando dei veri fyords, sommersi. Il valore geologico di
questo fatto, che è comune al golfo di Marsiglia, ma che non si verifica per
la regione ligure orientale, venne diversamente considerato da noi e dall'egregio
collega, professore Issel. Questi giudica l'incisione di tali valli ora sommerse
di data anteriore al pliocene, e la sommersione avvenuta del pari in questo
periodo ; noi pensiamo invece che tanto l'incisione come la sommersione siano
avvenute dopo il pliocene, del quale come abbiamo detto, i depositi lungo
la spiaggia sono così smembrati e verso occidente profondamente incisi. L'area
occidentale del golfo Ligure non sarebbe nello stesso modo plasmata dall'erosione
fluviatile, perchè dopo il pliocene essa o rimase sempre sommersa od emerse
per minor tempo e per breve zona presso la spiaggia attuale. Vi sarebbe adunque
stato, a nostro avviso, per la Liguria occidentale una grandiosa oscillazione,
prima di sollevamento poi di sommersione, con ampiezza sempre minore verso
levante, di cui il risultato si rappresenta per la posizione del lido pliocenico,
che da Ventimiglia a Genova si abbassa di quasi di mezzo chilometro. Vi
si aggiunsero però anche dopo l'epoca archeolitica oscillazioni secondarie, di
assai minore ampiezza, avvenute con misura varia e forse anche in senso
differente anche a breve distanza. Presso Genova, secondo il signor Issel, la
zona delle Foladi quaternarie si eleva a 18 metri sul livello marino; mentre
alla grotta di Bergeggi abbiamo evidenti prove di una sommersione della
breccia ossifera, contenente ossa umane; pure essendo le pareti della grotta
traforate da foladi, le quali, se non erriamo, intaccano anche la breccia ossifera.
In tal caso noi avremmo una doppia oscillazione ; ed è probabile che i feno-
meni sismici nei tempi antropozoici non sieno stati estranei a questi mutamenti
di posizione delle sconnesse masse litoranee di rocce, rispetto al livello marino.
In ogni modo, se non siamo nel falso, interpretando come abbiamo fatto le
sommerse valli della Liguria occidentale, intravediamo in esso una riprova
della instabilità di questa regione e quindi meno ci meravigliamo di vederla
— 8 —
anche nei secoli storici assai esposta ai terremoti, a differenza della Liguria
orientale.
« Trattando di questi fenomeni endogeni, ci parve di grande interesse
anche la determinazione cronologica dell'attività vulcanica, rappresentata dalle
andesiti della penisola di Antibo, di Biot, Rochefort, Vence, La Gaude, Beaulieu
e dintorni di Monaco ; il signor Cossa, colla collaborazione di un suo allievo
in litologia, il sig. dott. Montemartini, ha assunto il compito di esaminare
le rocce da noi raccolte. Dai fatti che esponiamo nella nostra relazione risulta
che queste andesiti augitiche, a feldispato labradoritico, contengono quasi
sempre anche dell'amfibolo; che furono eruttate certamente dopo l'eocene e
prima del pliocene, forse anche prima del deposito delle molasse mioceniche
di Vence; che hanno qualche analogia colle andesiti degli Euganei, con taluna
delle quali sono certamente coetanee. Per essere questa regione vulcanica
così ristretta presso al lido, può ritenersi molto probabile che si estendesse
nell'area ora sommersa; forse presentava qualche rapporto colle andesiti del-
l'Isola Capraja. La eruzione di questa lava fu certamente conseguente al corru-
gamento orogenetico, nel quale furono implicate tutte le formazioni anteriori
al miocene inferiore, ed appartiene ai primi cicli della attività vulcanica
tirrena.
« Terremoti passati. — È noto come i terremoti sogliono replicare sulle
medesime aree e cogli stessi caratteri. Premettiamo quindi allo studio del
terremoto ligure attuale uno sguardo ai terremoti passati della regione. Eccone
alcune conclusioni:
« 1° La Liguria occidentale è soggetta ai terremoti molto più di quella
orientale e di quasi tutte le altre parti dell'Alta Italia; infatti essa venne
colpita da terremoti più o meno dannosi nei seguenti anni: 1222, 1494, 1536,
1556, 1564, 1612, 1643, 1752, 1818, 1819, 1831, 1854. Sicché nel terremoto
recente rovinarono case già più o meno gravemente danneggiate nei terremoti
passati. Ed è certo che gran parte delle rovine e specialmente delle vittime
umane si sarebbero risparmiate, se dopo i terremoti violenti del 1818 e del
1831 si fossero presi seri provvedimenti per rendere le case della Liguria più
solide e più resistenti all' urto di nuovi movimenti sismici.
« 2° Quasi tutti i movimenti più violenti della Liguria si devono all'at-
tività di tre focolari sismici propri a questa regione ed allineati da est ad
ovest, il 1° nel mare di Oneglia, il II0 a sud di S. Remo e Taggia, il III0
nel Nizzardo o nel mare vicino.
« 3° Nei terremoti liguri le rovine furono quasi sempre limitate entro una
zona ristretta della costa ligure compresa tra Nizza e Savona. Anche nel ter-
remoto presente i danni gravi non escirono da questa zona, che già uno di
noi aveva tracciato nel suo Saggio di Carte sismiche d'Italia sotto il nome
di distretto sismico della Riviera di ponente.
« 4° Si verificarono rapporti cronologici degni di nota tra i terremoti
— 9 —
liguri e quelli di altri punti del bacino mediterraneo : ricorderemo solo che,
tanto nel 1818 come nel 1887, lo scoppio dei terremoti liguri fu preceduto
di pochi giorni da scosse alla base dell'Etna e che i terremoti del 1831 e
del 1887 furono ambedue preceduti dai periodi sismici andalusi del 1828-29
e del 1884-85.
« Per lo studio monografico del terremoto ligure del 23 febbraio abbiamo
raccolto il maggior numero dei fatti e di notizie che ci fu possibile, visi-
tando noi stessi quasi tutti i paesi più fortemente colpiti e mandando appo-
sita Circolare-questionario in tutte le località che non potemmo visitare perso-
nalmente. Ebbimo in tal modo notizie dettagliate sul modo con cui si è sen-
tito il terremoto in più di 1100 paesi. Questo ricco materiale, opportunamente
ordinato e discusso, forma la parte principale di una nostra Relazione sul
terremoto ligure del 23 febbrajo, che è in corso di pubblicazione negli Annali
dell'Ufficio centrale della Meteorologia italiana. Per ora, in questa breve Nota,
non possiamo che riassumere le conclusioni principali a cui siamo giunti con
tale studio.
« Fenomeni precursori. — Diverse scossette precursori o preparatorie
non mancarono di precedere di poche ore i terremoti liguri del 1752 e del 1854
non che quello del 23 febbraio 1887. Infatti nella notte del 22 al 23 febbraio
ebbero luogo non meno di 4 scosse leggere, ma sentite precisamente su quasi
tutta l'area colpita poco dopo dalla scossa disastrosa. Evidentemente il focolare
sismico ligure era già in piena attività durante la notte del 22 al 23, ma
nessuno vi aveva fatto caso, mancando affatto istrumenti ed osservatori sismici
su tutta la Riviera di ponente. Poco prima del terremoto, molti notarono nel
mare una calma straordinaria ed una estrema magra ed in alcuni luoghi si
afferma di aver visto nell' aria luci straordinarie. Quasi generalmente nel-
l'area più colpita si avvertì l'inquietudine degli animali, prima che l'uomo si
accorgesse della scossa. Poche invece sono le località dove prima del terremoto
si siano notate alterazioni nelle sorgenti. Nulla di straordinario si osservò
nell'andamento della temperatura e della pressione atmosferica.
« Area sismica, sua forma e divisione. — La scossa principale venne
avvertita sensibilmente su un'area subcircolare di 568000 chilom. q. circa ter-
minata a sud presso Roma ed in Sardegna al monte Ferrù, ad est presso
Pordenone, verso ovest a Perpignano, infine verso nord a Digione ed a Ba-
silea. Il terremoto si mantenne più sensibile nel propagarsi verso nord, in
Francia e nella Svizzera occidentale, che non a sud nella penisola italiana.
Entro l'area descritta, distinguiamo le seguenti zone isosismiche :
a) Area centrale o mesosismica dove sono comprese tutte le grandi
rovine e le disgrazie personali: è una zona estesa per circa 100 chilom. lungo
il littorale, tra Mentone ed Albissola, ed assai ristretta entro terra per due
ragioni principali, che sono : 1° la posizione del centro in mare, per cui anche
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Seni. 2
— 10 —
l'area mesomisica si estese in gran parte su questo; 2° lo sviluppo delle rocce
cristalline antiche nell'Appennino ligure, le quali hanno rimandato per rifles-
sione ovvero trasmesso senza urti il movimento sismico. Questo ci sembra pure
il motivo per cui cessano quasi improvvisamente le rovine ad est di Albissola,
ad ovest di Nizza ed a nord verso Tenda ed Ormea.
b) Zona isosismica quasi rovinosa', essa presenta un maggiore svi-
luppo a nord verso la regione collinesca del Piemonte denominata le Langhe,
dove si spinge fino all'Astigiano.
6') Zona isosismica fortissima, la quale offre il massimo sviluppo
un po' più verso nord-nord-ovest in confronto colla precedente, estendendosi
fino a Torino e nel basso Canavese, dove il terremoto pare sia stato rinfor-
zato dalle onde ritiesse dall' elissoide gneissica del Gran Paradiso, e dallo
spessore non molto grande che ivi hanno le alluvioni recenti o quaternarie.
d) Zona isosismica forte dove il terremoto fu avvertito ancora quasi
generalmente, ma senza lesioni di sorta. Passa a nord per Como ed Arona,
ad est per Parma e Livorno, ad ovest per Marsiglia ed a sud comprende
quasi tutta l'isola di Corsica.
■ Forma e durata della la scossa. — In tutta l'area più danneggiata
la la scossa durò circa 30 secondi e risultò dalla successione quasi imme-
diata di due scosse, in ciascuna delle quali il movimento parve prima sussul-
torio poi ondulatorio. Siccome però in nessun paese anche dei più colpiti il
movimento sismico fu prettamente verticale, ma più o meno sensibilmente
inclinato all' orizzonte, è facile intendere come esso, decomponendosi, abbia
potuto agire, a seconda delle circostanze, in alcuni luoghi più sensibilmente
colla componente verticale in altri con quella orizzontale; onde la scossa
parve molto differente anche in località molto vicine tra loro. La 2a fase fu
la più forte, specialmente per il sussulto, eccettuato però nel Nizzardo ed
ìli Francia dove parve più sensibile la la fase. Dapertutto poi la 2a fase
si complicò pel sopraggiungere di movimenti indiretti cioè riflessi ovvero par-
tenti dal verticale sismico, scosso pel primo e più fortemente, ovvero, infine
suscitate da cause locali messe in attività dal primo scuotimento. Così si
spiega perchè molti nella 2a fase della scossa ebbero l'impressione di movimento
vorticoso del suolo e perchè in molte località, per esempio a Mentono, siano
stati straordinariamente numerosi i movimenti rotatori degli oggetti poggiati
liberamene sulle basi. Passando alle zone isosismiche fortissima e forte, la
scossa andò diminuendo abbastanza regolarmente nell'intensità e specialmente
nella componente verticale, poco variando però negli altri suoi caratteri.
Nella zona isosismica forte od appena sensibile si notò durante la prima
scossa la particolare lentezza, regolarità ed ampiezza delle oscillazioni, le quali
misero in movimento di preferenza i pendoli di 1 metro e più di lunghezza.
« Velocità di projezione. — In diverse località abbiamo potuto calco-
lare la velocità orizzontale di proiezione, deducendola dall'osservazione di
— 11 —
oggetti lanciati a distanza. Ad Oneglia la forza impulsiva della scossa fu
tale da essere capace di imprimere ad un grosso pezzo di cornicione di una
casa del peso di circa 2500 chilog. una velocità orizzontale di m. 9,4, lan-
ciandolo alla distanza di 6 metri, mentre si abbassava di circa 2. Allontanan-
dosi dal centro di scuotimento la velocità orizzontale di projezione diminuì;
infatti per Taggia abbiamo trovato m. 3,53 e per Nizza m. 4,7 al secondo.
« Rombi sotterranei. — In molte località della regione, dove il terre-
moto fu più violento, si asserisce di aver sentito il rombo distintamente
prima del movimento del suolo. Ad alcuni parve il rumore di un treno in
marcia ; più generalmente però viene paragonato al sibilo di un vento impe-
tuoso, ovvero al fracasso di veicoli trascinati sul selciato ovvero di tuono
lontano. Anche in tutta la sona isosismica fortissima sono molte numerose
le località dove venne sentito il rombo prima o durante la scossa; invece
pochissimi l'avvertirono nelle parti più esterne dell'area sismica.
« In alcune località, non molto numerose però, della provincia di Porto
Maurizio e del Circondario di Albenga si sentirono pure rombi sotterranei
non accompagnati né seguiti da movimenti del suolo; ciò specialmente nel
giorno 23, dopo la la scossa.
« Direzione delle scosse. — Epicentro. — Abbiamo posto ogni cura nel
determinare colla massima esattezza la direzione della la scossa per mezzo
degli effetti che essa produsse, cioè : — a) Oscillazioni di lampade e di altri
oggetti sospesi ; b) Arresto di orologi a pendolo ; e) spostamento e caduta di
oggetti ; d) esame delle parti maggiormente lesionate degli edilìzi in rapporto
colla loro orientazione ed architettura. I principali risultati a cui siamo giunti
con questo studio delle direzioni sono i seguenti:
« 1° In tutta la parte dell' appennino ligure maggiormente scossa non
esiste una direzione dominante, la quale accenni ad un epicentro lineare
parallelo alla costa ligure, come alcuni hanno supposto. Invece, nelle località
ad est del meridiano di Oneglia dominano le direzioni comprese tra est-nord-est
ovest-sud-ovest e nord-est sud-ovest; in quelle invece ad ovest dello stesso
meridiano le ondulazioni furono in grande maggioranza comprese tra est-ovest
e sud-est nord-ovest.
« 2° In molte località durante la la scossa cambiò due e forse più
il piano di oscillazione del movimento sismico ; sicché in esse abbiamo potuto
distinguere la principale direzione della scossa, ossia quella dovuta alle onde
sismiche provenienti con minore deviazione dal centro e dal verticale sismico
principale, da quelle secondarie di altra origine. Spesso poi tra le diverse
direzioni ne trovammo due dominanti sensibilmente normali tra loro.
« 3° Fuori dell'area centrale, specialmente nella valle padana, la dire-
zione accennante al centro principale di scuotimento dominò solo verso la fine
della scossa, mentre al principio pare che le rocce cristalline delle alpi occi-
dentali, scosse qualche istante prima dei terreni recenti limitrofi, abbiano
— 12 —
deviato il movimento sismico verso l'asse della valle padana con direzione
prossima ad est-ovest.
« 4° Riportando tutte le direzioni più attendibili sopra una carta topo-
grafica della Liguria occidentale, si vede che in grande maggioranza conver-
gono in mare, fra Oneglia e S. Remo e tra 15 e 25 chilom. circa a sud
della spiaggia. Ivi riteniamo doversi collocare il centro superficiale od epi-
centro principale del terremoto, come viene confermato specialmente dalla
forma generale delle curve isosismiche sensibilmente concentriche ad un'area
situata appunto circa 20 chilometri a sud di P. Maurizio. Vedremo come questa
determinazione venga confermata dagli altri fatti che più avanti accenneremo,
e come sia probabile l'esistenza di un centro secondario nel mare nizzardo.
» Ora della scossa. Velocità di propagazione. — Dal confronto delle
indicazioni più attendibili per l'ora della scossa principale abbiamo concluso
che le località del littorale ligure comprese tra Nizza e Loano furono col-
pite dalla grande scossa verso le 6t,20m ani Onde ne consegue, che all'epi-
centro la scossa dev'essere cominciata qualche poco prima delle 6,20, molto
probabilmente verso 6h,19m ant.
* Confrontando poi quest'ora con quelle dell'arrivo della scossa nelle sin-
gole località, si trova: 1° che tutte, in generale, aumentano gradatamente par-
tendo dal supposto epicentro j il che conferma la determinazione dell'epicentro
stesso ; 2° che il movimento sismico si propagò con velocità un poco diversa
nelle diverse direzioni a partire dal centro di scuotimento: per esempio, la
velocità di propagazione fu maggiore verso ovest, ossia verso Nizza e Mar-
siglia (valore medio m. 1452) e minore verso Genova (media m. 584).
« Però questa grande differenza di velocità in parte è forse solo appa-
rente, poiché la maggiore intensità della la fase della scossa nel Nizzardo,
mentre altrove si verificò il contrario, induce a credere che la la scossa
abbia cominciato con un movimento partito non dal centro principale sopra
indicato, ma da un altro centro sismico secondario situato nel mare di Nizza ;
centro, la cui esistenza ci è già nota dallo studio dei terremoti passati
(del 1564 e del 1752).
« Angolo d'emergenza^ profondità del centro — In pocchi luoghi ci
fu possibile determinare con qualche precisione Y angolo d'emergenza della
scossa, però ci parve abbastanza sicuro il valore di 40° circa per diverse
località comprese tra S. Remo ed Albenga. Basandoci poi su questi dati e
sulla meno rapida diminuzione dell'angolo d'emergenza coll'allontanarsi del
centro, nel terremoto ligure in confronto con quello andaluso del 25 dicem-
bre 1884, abbiamo concluso che la profondità del centro principale può
ritenersi di circa 18 chilom., ed un poco minore quella del centro secon-
dario del mare nizzardo. Forse le scosse precursori e la maggior parte delle
repliche ebbero pure origine nel centro principale; le prime ad una profon-
dità maggiore, le seconde ad una minore di quella della scossa disastrosa,
— 13 —
ossia il centro si sarebbe spostato avvicinandosi alla superficie, dopo i primi
suoi conati sismici *della notte 22-23.
« Effetti del terremoto in mare. — La grande scossa del 23 febbraio
venne sentita in mare tra la Corsica e la Riviera di ponente da diversi basti-
menti, i quali vennero scossi in tutti i sensi come avessero battuto contro
un fondo duro. Sulla spiaggia in quasi tutti i paesi della Riviera il mare, al
momento della la scossa, si è alquanto abbassato, ritornando subito dopo al
livello primitivo, senza però quelle ondate violente che seguirono le grandi
scosse in altri terremoti littorali. In alcune località però si afferma che l'ab-
bassamento del mare sia perdurato parecchi giorni dopo il terremoto ed in
altri (Loano e P. Maurizio) che sia stato permanente.
« Ma, più ben accertato ed assai importante è il fatto che a Nizza, a
S. Remo ed a Savona si raccolsero pesci morti sulla spiaggia dopo il terremoto.
Secondo il dott. C. Belletti, i pesci morti raccolti in questa circostanza a
Nizza sono abitatori di notevoli profondità. Ed il medesimo dott. Bellotti
pochi giorni dopo il terremoto, trovò nel mare di Nizza molti esemplari di
Alepocephalus rostratus, pure pesce di grandi profondità e rarissimo nella
stagione invernale. Pare adunque che nelle profondità del mare presso la Li-
guria, in coincidenza col terremoto, siano avvenuti fenomeni violenti, i quali
vengono un'altra volta a confermare la posizione già definita del centro di
scuotimento.
« Effetti nel suolo e nell'atmosfera. — Il terremoto cagionò nel suolo
solo alterazioni superficiali e di poco rilievo, le quali non mostrano nessuna
intima relazione colla causa endogena del fenomeno, altro non essendo evi-
dentemente che effetti dinamici cagionati dal propagarsi del movimento si-
smico nei terreni più superficiali e meno solidi, i quali si fratturarono o subi-
rono leggeri spostamenti alterando variamente la circolazione delle acque poco
profonde. Questa mancanza di fenomeni importanti nel suolo, come sogliono
verificarsi presso l'epicentro di un grande terremoto, persuade sempre più
che il centro di scuotimento non deve porsi sul continente presso i paesi
più rovinati, ma in mare, come sopra si è detto.
« In seguito alla scossa del 23 febbraio mancarono quei fenomeni me-
teorici attestanti una straordinaria produzione di elettricità atmosferica,
come noi stessi ebbimo occasione di verificare essere avvenuto dopo il grande
terremoto andaluso del 1884. Si è invece ben constatato lo sviluppo di forti
correnti telluriche al momento della grande scossa del terremoto ligure. Con
minore sicurezza si sono pure verificate perturbazioni negli aghi calamitati
ma solo locali e di poca importanza, ed, in ogni modo, da considerare come
conseguenze indirette del fenomeno sismico e senza connessione evidente colla
causa endogena del terremoto.
« Repliche. — Circa 9 minuti dopo la la scossa, ne seguì una 2a pure for-
tissima e prolungata che aumentò le rovine, poi verso le 8h,53'" (t. m. di Roma)
— 14 —
una 3a breve ma più forte della 2a e meno della la che fu la più violenta
di tutte. Per la 3a scossa, a Diano Marina, Bussana ecc. rovinarono altri
edifici e vi furono altri morti e feriti. Molto leggermente la 2a e special-
mente la 3a scossa si avvertirono su quasi tutta l'area su cui fu sensibile la
la. Nell'area mesosismica furono assai numerose (circa 22) le repliche leggere
durante tutto il giorno 23 e nella notte del 23 al 24 : una sola fu forte (verso
le 2h.20m a.) ; poi le repliche leggere continuarono diminuendo a mano a
mano di frequenza, ma ripetendosi ancora numerose fino all' 11 marzo, quando
avvenne la più forte di tutte le repliche, dopo le prime tre. A Savona dal
23 febbraio all' 11 marzo si contarono circa 50 scosse sensibili.
« Complessivamente per le prime tre scosse, le sole rovinose, vi furono
640 morti e quasi altrettanti feriti. I danni accertati da perizie tecniche per
la sola provincia di Porto Maurizio ascendono a quasi 13 milioni di lire e
pei circondari di Albenga e di Savona ad 8 milioni e | complessivamente.
I danni furono molto gravi anche nel nizzardo ma ci mancano dati precisi
sul loro valore.
« Distribuzione dei danni. — In questo terremoto, come e più che in
altri, fu saltuaria ed apparentemente capricciosa la distribuzione delle rovine.
La natura delie rocce profonde e superficiali, i loro rapporti tettonici e
l'orografia locale, sono, a nostro modo di vedere, le cause principali che
in duplice modo avranno agito nel! ingrandire o nello sminuire a seconda
delle circostanze gli effetti rovinosi del terremoto. Anzitutto, siccome nei
diversi punti dell'area sismica più colpita giunsero tre serie di onde si-
smiche, cioè, oltre quelle dirette dei due centri principali, quelle varia-
mente riflesse da punti che diventarono quasi altrettanti centri secondari,
è facile intendere come nell'interno del suolo talvolta queste onde di differente
provenienza abbiano potuto rinforzarsi, talvolta invece elidersi a vicenda.
II primo caso, per esempio, crediamo siasi verificato a Mentone, dove l'arrivo
di onde in diverse direzioni è attestato dal gran numero dei movimenti rota-
tori. In secondo luogo, a parità dell'intensità del movimento sismico mole-
colare, esso si sarà trasformato presso la superficie del suolo in movimento
di massa più o meno disastroso a seconda delle condizioni litologiche e mec-
caniche che incontrò. Al quale proposito abbiamo constatato che la massima
intensità corrisponde, a seconda delle località, ad una od a diverse delle se-
guenti circostanze:
« 1° Ristretti lembi di conglomerati pliocenici ed in generale terreni
recenti poco consistenti e di piccolo spessore poggianti su rocce compatte
più antiche, come a Diano Castello, Bussana, Castellaro ecc.
« 2° Ristrette alluvioni e chiazze di terreno argilloso recente (Diano
Marina, Nizza) ;
« 3° Terreni recenti di notevole spessore ma formati dalla ripetuta
— 15 —
alternanza di strati di marne incoerenti e di arenarie o calcari compatti (nelle
Lunghe) ;
« 4° Elevati lembi di alluvioni grossolane come a Clanzo (Val di Tinea) ;
« 5° Regioni del gesso e relative dolomie cariate, come alla Bollena ;
« 6° I bruschi cambiamenti di allineamento tectonico, come a Mentone ;
« 7° La posizione topografica : a) alla cima di alture coniche, isolate,
molto corrose dalle acque (Bussana, Bajardo, Castel Vittorio ecc.); b) sopra creste
allungate ed assai ristrette come Castiglione e Prelà; e) sul pendìo ripido
delle montagne specialmente.se coperto da terreno di sfacelo, dove in gene-
rale soffrirono più che dal fondo delle valli sottoposte come a Glori in Val
di Taggia ed a Torria e Chiusanico in Val dell' Impero ecc. » .
« Indipendentemente poi dalle precedenti circostanze geologiche o topogra-
fiche, che aumentarono localmente la violenza del terremoto, è certo che gran
parte delle rovine, e specialmente delle vittime umane, si deve al cattivo
stato degli edifici ed in particolare modo alle seguenti cause :
« 1.° Le vòlte in muratura, molto usate in Liguria anche ai piani
superiori, le quali furono le prime a crollare, danneggiando anche i muri
laterali per la spinta esercitata sopra di essi ; tanto che si può ritenere che
il 90 per cento delle vittime nelle case e tutte assolutamente quelle nelle
chiese, perirono sotto la rovina di volte troppo vaste e mal costrutte ;
« 2° L'altezza esagerata delle case sproporzionata allo spessore dei
muri ed alle fondamenta, specialmente per l'aggiunta di nuovi piani ad edi-
fici già vecchi e mal sicuri ;
« 3.° La mancanza o l'insufficienza di chiavi e di catene di ferro,
e la poco omogeneità di costruzione, per cui al momento della scossa, oscil-
lando le diverse parti con notevole dissincronismo, più facilmente si stacca-
rono e si sfascinarono ;
« 4.° 1 pessimi materiali, cioè la scarsità o la mancanza di buon
cemento e l'impiego di pietre pesanti e non squadrate, quali abbiamo visto
nella volta rovinata di Bajardo ;
« 5.° L,e lesioni mal riparate dei terremoti precedenti, specialmente
nei dintorni di Taggia, dove erano stati maggiori i guasti del terremoto
del 1831.
« Infine minore influenza, ma non trascurabile, hanno esercitato sull'en-
tità dei danni la forma ed orientazione dei fabbricati, la loro posizione re-
lativa ecc. Al quale proposito, abbiamo notato che, a parità di altre circo-
stanze: 1.° rovinarono di preferenza le case isolate o quelle formanti la parte
libera di una serie di edifici; 2.° negli edifici rettangolari venne maggior-
mente danneggiato il fianco normale alla direzione principale della scossa,
specialmente se era il più lungo ; non mancarono però paesi dove si osservò
il contrario ; 3.° le case colpite parallelamente ad una diagonale ebbero gli
angoli più lesionati ma, in generale, resistettero maggiormente.
— 16 —
« Se i Liguri non vogliono preparare a sé stessi od ai loro nepoti altri
disastri sismici, come imprudentemente hanno fatto i loro avi, noi raccoman-
diamo che, nel ricostruire i paesi più danneggiati, I.° scelgano il terreno
più opportuno, evitando le condizioni di suolo da noi sopra indicate come
più sfavorevoli, specialmeute quelle segnate col n. 1° e 7° ; II" le case siano
basse, senza vòlte, neppure al terreno e tanto meno ai piani superiori, con
tetti leggeri e solide fondamenta, con muri di sufficiente spessore fatti di
mattoni o di pietre squadrate ed abbondante cemento calcareo, col minore
numero di aperture, di canne fumarie od altre interruzioni nei muri, infine
tutte le parti ben connesse con chiavi e catene di ferro. Teoricamente sa-
rebbe pure utile orientare gli edifici rettangolari in modo che essi abbiano
a ricevere l'urto sismico nella direzione di una diagonale; ma in pratica
questo criterio non è di facile applicazione, essendo necessario conoscere la
direzione dominante del movimento sismico in ciascuna località ».
Fisica. — Di alcuni nuovi fenomeni elettrici provocati dalle
radiazioni. Nota V del Corrispondente Augusto Righi.
« a) Nella mia prima Nota su questo soggetto (') annunciai che le radia-
zioni emesse dall'arco voltaico, specialmente se ad uno dei carboni è sosti-
tuito un pezzo di zinco, non solo riducono allo stesso potenziale due metalli
diversi posti a piccola distanza fra loro, ma possono ancora generare delle
cariche elettriche in corpi allo stato naturale, od almeno che furono antece-
dentemente posti per un istante in comunicazione col suolo (2). Trovai allora
infatti, che un disco metallico isolato e comunicante coli' elettrometro, si elet-
trizzava positivamente allorché sulla sua superficie cadevano le radiazioni.
In seguito ho riconosciuto (3) che anche alcuni coibenti danno fenomeni ana-
loghi a quelli presentati dai metalli, e che in particolare un disco di solfo
o di ebanite si carica positivamente, allorché riceve le radiazioni ultraviolette.
« Era naturale che cercassi di considerare questa azione elettrizzante
delle radiazioni, come conseguenza della proprietà che esse possiedono di far
(!) Seduta del 4 marzo 1888.
(2) Ricevo adesso il numero 8° degli Annali di Wiedemann (1888), e vi trovo una
Memoria di Hallwachs, nella quale descrive come nuovo il fenomeno della carica positiva
d'un conduttore che riceve radiazioni, evidentemente senza sapere che il fenomeno stesso
era stato da me dimostrato per primo, e descritto nella Nota del 4 marzo. Questa Memoria
di Hallwachs è stata la prima volta pubblicata nel Gottincjer Nachrichtcn, maggio 1888.
Però alla fine della sua prima pubblicazione sull'influenza della luce sopra i corpi elet-
trizzatiJ1888. JVied. Ann. n. 2) il sig. Hallwachs disse essere probabile il caricarsi dei
conduttori sotto l'azione delle radiazioni.
(3) Nota IV, Seduta del 3 giugno 1888.
disperdere la carica dei corpi elettrizzati negativamente. Basta perciò ammet-
tere, che i metalli messi in esperienza sieno negativi per rapporto ai conduttori
circostanti (muri, legno ecc.). Infatti mettendo il disco metallico in comuni-
cazione col suolo, esso resterà rivestito di una piccolissima carica negativa;
l'azione delle radiazioni su questa, produrrà l'apparente caricarsi positiva-
mente del disco.
« Per rendermi conto dell'attendibilità o meno di questa ipotesi, ho isti-
tuito l'esperienza seguente, basata sul fatto che il solo mezzo di ridurre a
zero la carica superficiale di un conduttore, è quello di introdurlo in un con-
duttore cavo, la cui superfìcie interna sia di natura identica alla sua, e di
porlo con esso momentaneamente in comunicazione.
« Il disco di rame su cui volevo sperimentare venne perciò posto entro
una scatola cubica di rame. L'asta di rame che regge il disco esce dal cubo
passando per un foro praticato in una delle faccie, senza toccarne il contorno,
La faccia opposta è nella parte centrale minutamente traforata onde le radia-
zioni possano cadere sul disco.
« È chiaro, che la densità elettrica è zero sul disco, dopo che per un mo-
mento è stato messo in comunicazione col cubo che lo circonda; perciò le
radiazioni non devono, stando alla precedente ipotesi, determinare alcuna devia-
zione nell'elettrometro comunicante col disco.
« Al contrario, eseguita ripetutamente l'esperienza, ho ottenuto sempre
deviazione positiva. Dunque: le radiazioni agiscono sui metalli
anche quando sono allo stato naturale, ed in tal caso li elet-
trizzano positivamente.
« È chiaro poi, che siccome le radiazioni continuano nella loro azione
anche quando il corpo già ha cominciato a caricarsi positivamente, così può
dirsi che : le radiazioni cadendo sopra un corpo debolmente
carico di elettricità positiva, vi producono un aumento di
carica.
« Si constata il fatto direttamente, dando al disco una lieve carica posi-
tiva, inferiore ad un dato limite, prima di far cadere su di esso le radiazioni.
« È verosimile poi, per analogia, che questa carica si formi in seguito ad un
trasporto di particelle elettrizzate negativamente, sotto l'azione delle radiazioni.
« La deviazione massima che si ottiene è tanto maggiore quanto più il
disco è lontano dalle pareti del cubo che lo circonda ; ma è in pari tempo
tanto più lenta a formarsi.
« Queste ed altre esperienze in corso di esecuzione mi hanno condotto
ad ammettere , che: l'azione elettromotrice delle radiazioni
cessa solo allorché la densità elettrica superficiale posi-
tiva del disco (e quindi la forza elettrostatica presso la su-
perficie), ha raggiunto un determinato valore.
« Siccome più è vicina al disco l'opposta parete del cubo, maggiore
Bullettino-Rendiconti, 1888, Vol. IV, 2° Sem.
— 18 —
diviene la capacità di questo, e minore per conseguenza il potenziale cui deve
essere portato perchè la densità raggiunga il valore limite, così resta spie-
gato come la deviazione diminuisca al crescere della suddetta capacità. La più
forte deviazione si ottiene dunque con un disco isolato lontano da ogni con-
duttore ; la deviazione diviene invece trascurabile, quando il disco è vicinis-
simo ad altro conduttore della stessa natura.
« Se colla disposizione della mia prima esperienza ('), e cioè avendo
un disco parallelo ad una rete metallica di diversa natura, il disco si pone
di più in più lontano dalla rete, la deviazione elettrometrica che si ottiene,
cambia in pari tempo di valore, divenendo maggiore se era positiva e mi-
nore in valore assoluto se era negativa. Furono anzi queste lievi variazioni
che mi misero sulla via di studiare l'azione delle radiazioni sui conduttori
isolati; esse si devono appunto alla circostanza che la convenzione elettrica
cessa solo quando sul corpo che riceve le radiazioni (o su quello che ne ri-
ceve con maggiore intensità) , la densità elettrica ha un valore non già nullo,
ma positivo.
« Perchè la deviazione raggiunta nel caso della mia prima esperienza
(disco e tela metallica) , misuri esattamente la differenza di potenziale di
contatto fra i due conduttori, bisogna dunque che la distanza fra disco e tela
metallica sia minima.
« Il valore della densità elettrica superficiale positiva pel quale l'azione
elettromotrice delle radiazioni è equilibrata, è diverso pei diversi corpi. Dalle
prove finora fatte mi risulta che è massima nell'oro, platino, carbone di
storta ecc. e gradatamente minore negli altri corpi, discendendo nella scala
di Volta verso i metalli più ossidabili.
« Anche la rapidità con cui sotto l'azione delle radiazioni si disperde
una debole carica negativa, è diversa pei vari conduttori, e dalle poche prove
da me fatte in proposito, sembra variare, contrariamente a quanto accade
per le cariche più forti nello stesso ordine precedente, tanto da essere p. es.
maggiore coli' oro che collo zinco.
« /;) Sono giunto a rendere più forte e più rapida a formarsi la carica
positiva d'un conduttore isolato sotto l'azione delle radiazioni ultraviolette,
riunendo tutte le circostanze che tendono a favorirla. Così, avendo posta una
lastra di carbone di storta, assai estesa, a pochi centimetri dall'arco voltaico
(ottenuto nel solito modo), ho avuto una deviazione elettrometrica pronta e
forte. Nel campo del cannocchiale l' immagine della scala si spostava dap-
principio colla velocità di 60 o 70 particelle al minuto secondo, essendo un
Volta rappresentato da circa 300 particelle.
« (?) Ho constatato infine, che alcuni gas, anche sotto piccolo spessore,
assorbono abbondantemente quelle radiazioni ultraviolette (probabilmente le
(!) Nota del 4 marzo 1888,
— 19 —
più rifrangibili di tutte), che valgono a provocare i nuovi fenomeni di cui
qui è parola. Basta una scatola a pareti opposte di gesso trasparente, grossa
non più di 5 centimetri, posta sul cammino delle radiazioni, e che si riempie
successivamente di diversi gas, per ottenere effetti di assorbimento assai note-
voli. L' idrogeno, l'anidride carbonica, introdotti nella scatola al posto del-
l'aria, non producono mutazione apparente. Ma il gas illuminante, l'aria ca-
rica di vapori di benzina, o di vapori di solfuro di carbonio, introdotti nella
scatola, arrestano in gran parte le radiazioni attive ».
Fisica. — Sulla dilatazione termica di alcune leghe binarie
allo stato liquido. Nota III 0 di G. Vicentini e D. Omo-dei, pre-
sentata dal Socio Blaserna.
« Nella presente Nota continuiamo a comunicare i risultati dello studio
della dilatazione delle leghe, fatto col metodo dilatometrico e colle norme
date nella Nota antecedente.
IV. Lega. Bi3Cd,.
a Si è introdotto un peso P = gr. 39,8516 di lega Bi3 Cd2 nel dilato-
metro VII per il quale
W34.9 = 4,24286 w = 0,0024093.
« Allo stato solido essa arriva sino alla divisione 25,8. Ha quindi una
densità
DT8 = 9,4021.
« In altro dilatometro n. Vili per il quale
W,0 = 4,86327 w = 0,002396
un peso di lega P = 46,0978 arriva alla divisione 26,0 per cui
IV = 0,4115.
et II valore medio risulta quindi
DTS = 9,4063.
« È col dilatometro Vili che si sono fatte due serie molto estese di
determinazioni, in giorni diversi, e dopo ripetute fusioni e solidificazioni della
lega nell'interno di esso.
« Ad onta del fatto notato nello sudio del raffreddamento delle lega
Bi Cd, quello cioè dello spostamento del punto v\ il quale ci ha fatto sup-
porre la separazione della lega in parti di diversa composizione, i numeri
che danno la densità alle diverse temperature sono concordantissimi per le
due serie di misure.
« Per questa lega la curva della densità (curva 4, fig. I, Nota II), ha
una forma molto diversa da quella delle altre leghe studiate finora.
(i) V. pag. 718 e 805, voi. IV, 1° semestre.
— 20 —
« La densità della lega a 147°,2 diminuisce fino ai 178°, quindi cresce
rapidamente sino e raggiungere un massimo valore a 221 °,5 circa, per poi
diminuire un'altra volta pure rapidamente, mostrando una dilatazione uni-
forme dai 230° in su.
« La tabella IX dà i risultati delle due serie di determinazioni fatte
col dilatometro Vili. I numeri progressivi indicano l'ordine col quale sono
state eseguite le misure.
Tabella IX.
la Serie
2a Serie
t
1»
t
I)
1
154,1
9,3413
12
155°8
9,3411
2
169,6
9,3369
11
169,9
9,3388
3
177,7
9,3371
13
178,1
9,3377
A
187,0
9,3396
14
187,3
9,3396
5
206,0
9,3517
L5
21 1,6
9,3576
G
220,5
9,3635
17
222,7
9,3634
7
229,6
9,3577
16
227,0
9,3604
8
241,3
9,3443
18
249,0
9,3339
9
263,0
9,3158
19
278,2
9,2992
10
293,6
9,2776
20
317,2
9,2512
Dalla curva togliamo i calori della seguente tabella:
Tabella X.
Densità della lega Bi3 Cd2 fra 147°.2 e 320°.
t
I)
t
D
r = 147°.2
9,3430
210
9,3550
L50
9,3422
i7= 221.5
9,3640 massimo
160
9,3402
230
9,3570
170
0,3378
250
9,3330
178
9,337 ! minimo
270
9,3083
180
. 9,3375
290
9,2837
190
9,3408
320
9,2470
200
9,3470
« La curva IV mostra un'andamento assai strano e di difficile inter-
pretazione.
« Mentre si comprende come al disotto della temperatura x\ , la lega
diminuisca di densità, per il fatto che il bismuto contenuto in eccesso sulla
— 21 —
lega chimica, deve solidificarsi e quindi aumentare di volume, non è altret-
tanto facile spiegarsi l'aumento di densità che ci mostra al disotto dei 178°.
« Avendo prolungata la curva sino alla temperatura di fusione (r = 147°,2)
si ha che
DJ = 9,343
per cui
j = 0,665 ;
vale a dire all'atto della solidificazione la lega diminuisco di volume; par-
tecipa così in grado maggiore alla proprietà del cadmio il quale fra i me-
talli da noi studiati è quello che solidificando soffre maggior aumento di
densità.
« Alla temperatura t\ = 221°,5 alla quale l'eccesso di bismuto è tutto
disciolto, corrisponde la massima densità della lega liquida
D = 9,364.
« Approfittando della densità della lega a 230° e 320° si ricava
a = 0,0001333
quale coefficente di dilatazione della lega perfettamente liquida. Quello cal-
colato risulta invece
ac = 0,000120
notevolmente minore.
« Impiegando la solita formula che dà la densità della lega in base a
quella dei metalli liquidi si ha
D
t calcolata trovata differenza
230° 9,4841 9,3570 —0,1271
318 9,3607 9,2995 —0,0612
n L'unione dei due metalli liquidi che formano la lega è accompagnata
da notevole aumento di volume.
« Così la densità del Cd che si può calcolare è
DJ = 7,6841
minore di quella data dalla misura diretta.
« Il coefficente a" che si calcola per il cadmio è
«" = 0,0001618
di poco più piccolo del coefficente trovato.
Y.Lega. Bi8 Pb.
« La lega Bi2 Pb è stata studiata coi dilatometri IX e X. Avendo in-
trodotto nel primo, pesi di lega dati rispettivamente da P = 43,7281,
P = 43,7123, è risultata per essa la densità DTS 10,395 e 10,393; valore
medio 10,394. Nel secondo dilatometro un peso P = 48,9942 ha dato per
la lega solida a e la densità 10,456.
« Facendo la media dei valori ottenuti coi due dilatometri si ha:
DJ = 10,425.
— 22 —
« Quantunque la temperatura di fusione della Bi2 Pb sia molto bassa
(126°,6) nullostante per il fatto che essa si mantiene pastosa anche a tem-
perature abbastanza elevate, le indicazioni dei dilatometri dapprincipio sono
molto incerte. Nella tabella XI dove sono raccolti i risultati delle osserva-
zioni fatte coi due dilatometri si vede difatto che i valori delle densità a
temperature vicine ed inferiori ai 200° (esperienze 1 e 7, 2 e 8) non sono
molto concordanti, mentre ciò si mostra per le temperature elevate.
Tabella XI.
wS6.,=
Dilatometro IX.
= 4,16539 ?'• = 0,002396
P = 43,7281
W,.,=
Dilatometro X.
= 4,65629 w = 0,002799
P = 48,9942
t
D
t
D
1
187,7
10,3434
7
0
175,8
10,3565
2
201,4
10,3284
8
197,9
10,8446
• >
228,2
10,3107
9
226,3
10,8160
4
258,0
10,2694
IO
257,2
10.2722
5
286,5
10,228<i
11
279,4
10,2411
6
306,9
10,1972
12
298,9
10,21 17
« La linea che passa più vicina ai punti che rappresentano le densità
qui sopra notate (curva 5) è, per le temperature superiori ai 215°, una retta,
la quale come per le altre leghe mostra che allo stato di perfetta fusione auche
la Bi2 Pb si dilata uniformemente. Per le temperature più basse, alle quali,
com'è accennato sopra, non abbiamo trovata tutta la concordanza desidera-
bile, si è trovato opportuno fare le medie delle esperienze 1-7, 2-8 e si
hanno così valori che segnati sulla carta dauno due punti che individuano
una retta, che incontra l'altro tratto a 216°,5 in corrispondenza alla densità
10,328 della lega. La retta che unisce i due punti a temperatura più bassa,
è molto meno inclinata della prima sull'asse delle ascisse; indizio che questa
lega di piombo e di bismuto è una lega contenente un eccesso di bismuto
il quale si trova completamente disciolto in essa alla temperatura
7\ = 216°,5.
« Dalla curva deduciamo i seguenti valori della densità della lega
liquida.
Tabella XII.
Densità della lega Bis Pb fra 170° e 325°.
t = 170
D
= 10,356
£ = 271
1) = 10,251
200°
10,338
280 •
10,238
216,5
10,328
310
10,196
220
10,323
325
10,175
250
10,281
t
calcolata
220°
10,317
271°
10,253
325°
10,185
— 23 —
« Il coefticente di dilatazione della lega liquida è
a = 0,0001362
mentre quello della lega allo stato postoso
«'=0,0000581
« Se si suppone che la variazione di volume della lega fusa, al disotto
di 170° si mantenga uniforme, allora sia dall'esame della curva opportuna-
mente prolungata sia in base al valore di a1, si ricava che la densità di
essa alla temperatura di fusione è data da
DT' = 10,382
per cui risulta
J = 0,42.
« La lega aumenta di densità solidificando.
« Calcolando alla solita maniera la densità della lega, con quella dei
metalli si ha
D
trovata differenza
10,323 -f 0,006
10,251 —0,002
10,175 —0.010
« A temperature relativamente basse, la formazione della lega liquida
è accompagnata da piccolissima contrazione ; per le temperature più elevate
da leggera dilatazione. Le variazioni sono però così piccole, che cadono entro
il limite degli errori possibili di osservazione.
« Calcolando anche qui il coefficente di dilatazione del bismuto in fun-
zione di quelli della lega e dello stagno risulta
a" = 0,0001396
analogamente la densità del bismuto liquido alla temperatura di fusione la
quale è riuscita:
DJ = 10,0336.
VI. Lega. 90 Pb -f- 10 Sb.
« Alle leghe finora studiate ne abbiamo aggiunte altre cinque; due di
piombo e antimonio, e tre di cadmio e zinco.
« Scopo delle nostre ricerche si era di determinare almeno approssima-
tivamente la densità posseduta dall'antimonio e dallo zinco allo stato liquido;
e ciò senza ricorrere alla misura diretta che riuscirebbe difficilissima col
metodo dilatometrico.
« Dai risultati che ora comunichiamo si vedrà sino a qual punto siamo
arrivati nella soluzione del problema propostoci.
« La lega VI l'abbiamo studiata con un dilatometro, col quale è stata
sottoposta a tre serie di determinazioni. Dalla posizione alla quale la lega,
allo stato solido, arrivava nel cannello, abbiamo trovato per essa
DTS = 10,3059.
— 24 —
« La tabella XIII contiene i risultati delle esperienze.
Wss.
t,55937
Tabella XIII.
Dilatometro XI.
P = 47,0965
30 = 0,00479
la Serie
2a Serie
3a Serie
t
D
t
D
t
D
260°4
10,1330
2654
10,1162
255°4
KM515
293,7
in.0790
293,6
10,0809
271
10,1086
317,5
10,0539
321,0
10,0466
346
10.01 1!»
351,5
10,009
» Kappresentando graficamente la densità della lega alle varie tempera-
ture si ottiene una curva costituita da due tratti rettilinei : il primo va da
255°, 4 sino a 2(55°; l'altro da 265° a 350° ed è meno inclinato del primo
rispetto all'asse delle ascisse. Non diamo la figura di tale curva essendo
essa molto semplice e avendo forma simile a quella delle leghe di piombo
e stagno contenenti un eccesso di uno dei due metalli, sopra la lega chi-
mica Pb Sn3.
« La temperatura i , ' = 265° alla quale la lega è satura del metallo
che vi si trova in eccesso è poco diversa dal valore ix =258,8 trovata collo
studio del raffreddamento della lega medesima.
« Dalla curva si ricavano i seguenti valori della densità della lega fusa.
Tabella XIV.
Densità della lega 90 Pb + 10 Sb fra 250° e 350°.
t
D
t
D
250°
10,171
300
10,0735
265
10,116
325
10,0425
280
10,098
350
10,0115
« Il coefficente di dilatazione della lega perfettamente liquida è
Ci = 0,0001228.
« Nel periodo nel quale la lega non è perfettamente fusa fra r e 205°
il coefficente di variazione di volume è
a' = 0,000368
col quale si calcola la densità della lega fusa a t
LV = 10,1846.
— 25 —
« Ne viene da ciò che la lega solidificando subisce l'aumento percen-
tuale di densità
J = 1,094.
« Il calcolo del coefficente di dilatazione dell'antimonio dà per esso
«"=0,000088.
« A 350° ricorrendo alla solita forinola si ricava per densità dell'an-
timonio liquido
D = 6,6368
per cui ammessa eguale a .432 la temperatura del metallo
DT* = 6,59 ».
Fisica terrestre. — Sulle correnti telluriche. Nota preliminare
di Angelo Battelli, presentata dal Socio Blaserna.
« Kiferisco brevemente in questa Nota preliminare i risultati delle espe-
rienze che ho fatte sulle correnti telluriche nei mesi di agosto, settembre e
ottobre 1887. La Memoria completa comparirà negli «Annali di Meteorologia
Italiana » .
« Alla massima parte dei lavori che antecedentemente erano stati eseguiti
intorno a questo soggetto esisteva l'inconveniente di aver fatto uso di linee
telegrafiche, nelle quali le correnti telluriche restavano spesso coperte da
correnti dovute ad azioni chimiche o ad azioni termoelettriche. E nei rari
lavori (di Lamont, di Galli e di Wild), non furono soddisfatte che in parte
soltanto le condizioni necessarie per ottenere dei risultati sicuri, come mostrerò
nella Memoria completa. Inoltre anche in questi lavori era ignoto il valore
della forza elettromotrice dovuto al contatto delle lamine col terreno, ed era
pure ignoto, tranne in quello di Lamont, il valore della polarizzazione delle
lamine per effetto della corrente tellurica.
« Per ovviare principalmente a questi ultimi due difetti, io ho fatto delle
esperienze preliminari in laboratorio per scegliere il metallo da porre sotterra :
e avuto riguardo a tutte le circostanze, ho preferito la stagnola. Con questi)
ho rivestite delle lastre di legno quadrate di un metro e mezzo di lato, e
poi le ho ricoperte da ogni parte con cuscini alti 50 centimetri e formati di
terra tolta dalla fossa dove dovevano essere sepolte le lamine, e ben compressa
su di esse, e tenutavi aderente mediante robusti reticolati, fatti con aste di
legno e con funi.
« Sovra un tavolato ben isolato dal suolo, feci poi disporre un alto strato
della stessa terra, e alle due estremità vi feci scavare due fosse che potes-
sero contenere due delle lastre colla loro copertura. Indi congiunti i fili isolati,
che uscivano dai cuscini di terra e che erano saldati alla stagnola, con un
apparecchio che serviva a misurare col metodo di compensazione la forza
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 2° Sem. I
— 20 —
elettromotrice della coppia così formata. Queste* misure furono ripetute più
volte in diverse circostanze, prima e dopo delle osservazioni sulle correnti
telluriche, e si ottennero sempre risultati discretamente concordanti.
« Furono così studiate due coppie di lamine ; quelle costituenti la prima
coppia furono poi collocate nella direzione del meridiano magnetico, alla
distanza di un chilometro l'ima dall'altra, e alla profondità di metri 3, 20
sotto il suolo ; quelle costituenti la seconda coppia furono collocate nella dire-
zione perpendicolare al meridiano magnetico, alla stessa profondità, e alla
stessa distanza fra di loro. Il luogo delle esperienze era una vasta pianura
senza inclinazione sensibile, nel comune di Riva presso Chiesi.
« I fili isolati che uscivano dalle fosse venivano posti in comunicazione
col filo della linea rispettiva, mediante larghi bicchieri pieni di mercurio, e
ben difesi dal sole e dalla pioggia. 11 filo costituente ciascuna linea, era for-
mato di due fili di ferro zincato del diametro di tre millimetri, il quale
partendo dai bicchieri di mercurio, andava ad un casolare appositamente
costruito, dove veniva messo in comunicazione con un galvanometro. I fili
erano sostenuti da pali da telegrafo, ma da essi perfettamente isolati, ed
erano interi (senza alcuna congiunzione) dalle fosse al casolare. Così si evi-
tarono forze termoelettromotrici.
« Per conoscere bene il comportamento delle correnti telluriche era neces-
sario prendere in considerazione non i valori delle correnti osservate nei fili
della linea, ma quelle delle differenze 'li potenziale fra i due punti del suolo
in cui erano sepolte le lastre. Per ottenere una forinola che mi desse queste
differenze per mezzo delle correnti indicate dai galvanometri. ho fondato il
ragionamento sulla supposizione che La terra per linee brevi, quali erano le
mie, potesse considerarsi come un conduttore piano indefinito, e che la sua
resistenza rimanesse costante nel tempo della misura. Chiamando E la diffe-
renza di potenziale che sarebbe esistita fra due punti a e b della terra quando
non vi fosse stata la diramazione del filo esterno; e la t'orza elettromotrice
dovuta al contatto delle lamine col suolo; ìi la resistenza opposta alla corrente
del terreno fra le due lamine stesse, r quella del filo che le congiungeva,
ho trovato che l'intensità della corrente che effettivamente percorreva il filo
che era dato da
T _ E + *
~ R -f- /■
« Inserendo poi nel filo una resistenza q si aveva
R + r + Q
« Da queste due eguaglianze essendo conosciuta e si potevano ricavare
E ed R. Però ho fatto generalmente ambedue queste misure soltanto due volte
la settimana : e del resto facevo le letture del galvanometro di 5 in 5 minuti
— 27 —
tutti i giorni dal 6h del mattino alle 10h di sera, e datali letture deducevo diret-
tamente i valori di E, recandovi la correzione dovuta alla polarizzazione, e
quella dovuta ai mutamenti di /• ed anche talvolta di R. Ho trovato cosi che
nel luogo, in cui avevo riposte le mie esperienze, la differenza di potenziale
fra due punti della terra distanti un chilometro nella direzione del meridiano
magnetico era compresa fra 0,000680 Volta e 0,000810 Volta e nella dire-
zione perpendicolare era compresa fra 0,00150 Volta e, 0,00185 Volta nei
tempi in cui la corrente stessa aveva un andamento regolare. Ma in momenti
di rapide ed improvvise variazioni, assumeva valori molto più grandi.
« La direzione delle correnti telluriche nella linea del meridiano magne-
tico, era da Nord verso Sud e nella linea a questa perpendicolare da Est verso
Ovest. Cosicché la vera direzione della corrente tellurica era da N-E verso
S-0 ; e l'angolo di questa direzione col meridiano magnetico era di circa 66°
da Nord verso Est. Tale angolo, considerando il meridiano come fisso, variava
in modo uniforme nei giorni in- cui la corrente si manteneva calma : al mattino
andava crescendo finché raggiungeva un massimo circa le 7h 30 ani, poi dimi-
nuiva fino a raggiungere un minimo circa le llh ant. ; dopo di che riprendeva ad
aumentare fino a un nuovo valore massimo circa le 7h pom. e finalmente a dimi-
nuire fino a nuovo valore minimo poco dopo le 10h pom. Sarebbe risultato dalle
mie esperienze un andamento abbastanza regolare anche per le medie giornaliere
di tali angoli, le quali andrebbero ora aumentando ora diminuendo, passando
successivamente per valori massimi e minimi. Nei tempi in cui la corrente tel-
lurica soffriva variazioni irregolari non si aveva alcuna legge intorno al senso
della corrente stessa, e intorno ai mutamenti a cui esso poteva andar soggetto.
a Ho calcolato poi i valori della caduta del potenziale nella direzione
stessa in cui la corrente tellurica passava nel luogo delle mie esperienze, e
ne ho determinato le variazioni giornaliere, e sono giunto alla conclusione
che la forza elettromotrice di tale corrente, che ho chiamato principale, aveva
un andamento giornaliero regolare; a cominciare dal mattino andava diminuendo
fino a raggiungere un minimo circa le 9h ant. poi cominciava a crescere e
raggiungeva un massimo circa le a 3h 1/2 pom. e finalmente riprendeva a
diminuire senza che generalmente alle IO pom. si fosse raggiunto ancora un
minimo. Pare che anche le medie giornaliere della forza elettromotrice della
corrente tellurica principale avessero un andamento abbastanza regolare; ma
l'esperienze fatte non sono ancora sufficienti per poterlo decifrare. Avendo
inoltre determinato esattamente la caduta del potenziale nelle duo direzioni
S E S 0, i valori ottenuti concordavano molto bene coi valori ricavati dalle
proiezioni della caduta di potenziale a cui è dovuta la corrente tellurica
principale sovra le due direzioni stesse.
u Ho anche fatto ricerca delle relazioni che le cori enti telluriche hanno
coi fenomeni meteorologici, e cogli elementi del magnetismo terrestre. Ecco
i risultati a cui sono giunto rispetto alle prime:
— 28 —
*a) Non passa alcuna relazione fra lo stato igrometrico dell'aria e le
correnti telluriche.
« b) La rugiada e la brina non alterano né l'andamento, né i valori
delle correnti telluriche.
« e) Generalmente durante la pioggia le correnti telluriche non soffrono
alterazioni sensibili, se si eccettuino quelle piccolissime che possono essere
prodotte dalla variazione di resistenza del suolo le quali però non nascondano
affatto l'andamento delle correnti stesse ; e soltanto al vedere delle prime
goccie si osservano variazioni repentine dovute probabilmennte a irregolare
mutamento del potenziale elettrico nei diversi punti del suolo, per effetto di
elettricità comunicata dalla pioggia stessa, o per effetto dell'induzione eser-
citata dall'elettricità delle nubi. Si ha pure una variazione repentina ad ogni
lampo, dovuta certamente all'effetto prodotto nel suolo dalla scarica elettrica.
« d) Nei tempi in cui le correnti telluriche hanno un andamento rego-
lare, le loro variazioni non hanno alcun rapporto con quelle della differenza
dei potenziali elettrici dell'atmosfera fra le due estremità della linea in cui
si osserva la corrente. Semina invece che esista una relazione fra i mutamenti
irregolari della corrente tellurica, e quelli della differenza dei potenziali
elettrici dell'atmosfera.
ne) L'evaporazione alla superficie della terra non esercita un'influenza
sensibile sulle correnti telluriche.
- /') Non si riscontrò alcuna relazione fra l'andamento giornaliero e
mensuale delle correnti telluriche e quello della temperatura dell'aria e della
pressione atmosferica.
« I risultati poi ottenuti intorno alle relazioni fra le correnti telluriche
e gli elementi del magnetismo terrestre sono :
« m) Le correnti telluriche non possono avere influenza senza la compo-
nente verticale del magnetismo terrestre.
- n) Così nei tempi di calma, come in quelli di burrasca magnetica, le
variazioni giornaliere e mensuali della corrente N S, concordano molto bene
con quelle della declinazione e le variazioni della corrente E 0 con quelle
della intensità orizzontale del magnetismo terrestre.
n p) Le variazioni delle correnti telluriche precedono quasi sempre di
alcuni minuti le variazioni corrispondenti degli elementi magnetici rispettivi.
Cosicché si è indotti a credere che le correnti telluriche siano la cagione delle
variazioni regolari ed irregolari del magnetico terrestre colle nostre latitudini.
« Chiudo questa Memoria ringraziando vivissimamente il prof. Nac-
cari il quale ha lasciato a mia disposizione tutti gli apparecchi che in queste
esperienze poteva porgermi il gabinetto di fisica dell'Università di Torino.
« Io ho cercato d'impiegare tutti gli scarsi mezzi di cui potevo disporre
per contribuire alla soluzione di questo oscuro problema, che andrebbe affron-
tato con mezzi potenti su vasta scala. Se il mio studio avrà giovato ad
— 29 —
aggiungere alcun che alle nostre conoscenze su questa importantissima parte
della fisica terrestre, avrò sufficente compenso alle gravi spese ed ai sacrifici
di più sorta che ho dovuto sostenere ».
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Pervennero all'Accademia le seguenti pubblicazioni di Soci e di estranei :
A. De Zigno. Aatracoterio di Monteviale. — Quelques observdtions
sur les Siréniens fossiles.
G. Paris. La Littéralure francaise au moyen àge {XF-XIVe siede).
G. Castelli. L'età e la patria di Quinto Curzio Rufo. Voi. I. Pre-
sentato dal Socio Ferri.
G. Bernardi. Tavole dei quadrati e dei cubi dei numeri interi da
1 a 1000, ecc. Presentata dal Corrispondente Siacci.
C. Malagola. Statuti delle Università e dei Collegi dello studio Bo-
lognese. Inviati in dono dall'Università di Bologna.
PERSONALE ACCADEMICO
11 Socio straniero F. C. Donders inviò una lettera di ringraziamento
per le felicitazioni e gli auguri che l'Accademia gl'indirizzava in occasione del
suo 70° anniversario.
CORRISPONDENZA
Ringraziarono per le pubblicazioni ricevute:
La E. Accademia di scienze e lettere di Copenaghen ; la Società di storia
naturale di S. Ottawa; l'Accademia delle scienze di Nuova York ; la Società
filosofica di Cambridge; l'Istituto nazionale di Ginevra; la R. Biblioteca di
Berlino ; il Collegio navale di Cambridge ; l' Istituto meteorologico rumeno di
Bucarest; il Comitato geologico russo di Pietroburgo.
Annunciarono l'invio delle proprie pubblicazioni:
La Società antropologica di Vienna; la Società di fìsica e di medicina
di Erlangen; la Società di storia patria di Breslau; l'Istituto Smithsoniano
di Washington: il Collegio degl'ingegneri ed architetti di Palermo.
P. B.
I). C.
31 —
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DEL, LA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
pervenute all'Accademia sino al 15 luglio 1888.
Archeologia. Il Socio Fiorelli trasmette il fascicolo sui
rinvenimenti di antichità per lo scorso mese di ghigno e lo accom-
pagna con la Nota seguente:
« Il nuovo fascicolo comincia con l'ultima parte del lavoro del prof. Ghi-
rardini intorno all'antichità del fondo Baratela presso Este (Regione X). Vi
si discorre delle epigrafi euganee quivi rinvenute, di altri titoli pure euganei
dell'agro atestino, e di altri lavori di arte non conosciuti per lo innanzi.
« Succedono alla monografia del Ghirardini notizie intorno ad un ripo-
stiglio di monete imperiali scoperte a Lizzano nella provincia di Novara
(Regione XI), quindi altro rapporto sopra un sepolcro con bronzi di tipo etrusco
e vasi dipinti esplorato nel territorio di Bibbiano in provincia di Reggio d'Emilia
(Regione Vili) ; poscia varie relazioni sopra urne con leggende etnische dissot-
terrate nel territorio di Perugia (Regione VII) ; sopra nuove indagini della
necropoli volsiniese in contrada Cannicella sotto Orvieto ; e sopra un'iscrizione
funebre latina del territorio di Bolsena.
« Dal suolo di Roma (Regione I) continuarono a ritornare in luce fram-
menti epigrafici. Un pezzo di lapide iscritto, scoperto presso la chiesa di
s. Martino ai Monti, portava i nomi di Severo e Caracalla, e spetta all'anno
203 dell'e. v. Due altri pezzi scavati nel luogo medesimo appartengono ad
un antico calendario inciso con belle lettere di età augustea, su grande tavola
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 5
— 32 —
di marmo. Il primo di questi si riferisce ai primi tre giorni di aprile ed ai
quattro primi giorni di maggio; il secondo ai giorni dal 18 al 29 di aprile.
Il luogo del trovamento, le particolarità della paleografia, il numero dei giorni
danno fondato motivo per credere che cotesti frammenti spettino a quei mede-
simi fasti calendari che si chiamano Esauilini, e che contengono le indicazioni
proprie dei giorni 20-31 maggio, 18-30 giugno (cfr. C. I. L. I, p. 310 n. VII).
« Nell'area del Castro Pretorio sopra un pavimento in musaico si è sco-
perto un cippo votivo con iscrizione alla Fortuna restitutriee, dedicato da
un tribimo il cui nome venne abraso.
« Ma la scoperta più importante è avvenuta nei lavori del Tevere. De-
molendosi un vecchio muro di rincontro al vicolo del Polverone, nell'area già
occupata dal giardino del Palazzo Farnese, sono stati recuperati nei giorni
ultimi di giugno quattordici pezzi della pianta marmorea capitolina. Non è
necessario ricordare come questi avanzi preziosissimi della topografia urbana
dissotterrati nel Foro Romano nel secolo XVI, fossero rimasti nel palazzo Farnese
fino al 1742, quando sotto il pontificato di Benedetto XIV passarono in Campi-
doglio. Né anche è questo il luogo per trattare la lunga questione intorno ai pezzi
della detta pianta che andarono smarriti, questione che potrà in molte parti
essere sciolta con lo studio di quelli ora recuperati, e che senza dubbio, tolti
dal numero degli altri che si conservarono nella casa farnesiana fino al 17 1:!
vennero adoperati per l'uso ignobile, nel muro del giardino sulla sponda si-
nistra del Tevere. Mi basti per ora dare l'annunzio della pregevolissima sco-
perta, ed aggiungere che per disposizione del Ministero dell'Istruzione Pub-
blica i pezzi recuperati sono stati destinati alle raccolte antiquarie del Cam-
pidoglio, per essere esposti unitamente agli altri della famosa pianta capitolina.
« Nuove indagini si fecero nel tempio di Diana nemorense presso il lago
di Nemi, e vi si scoprirono altri avanzi della solita stipe votiva, cioè monete
in bronzo di coniazione campana, lucerne fittili ed utensili comuni. Va notata
una iscrizione votiva a Giunone, recuperata in questi nuovi scavi, e che di-
mostrerebbe come anche la regina degli dei avesse avuto nel santuario ne-
morense un particolare sacello.
« Varie epigrafi latine si ebbero dalla Marsica. Una, scoperta presso il
villaggio le Case Santa Croce nel comune di Canistro, nella valle del Liri,
non lungi dal luogo ove sboccano in questo fiume le acque del Fucino per
l'antico emissario, porta una dignità municipale di Alitino de Marsi, e giova
allo studio dell'antica topografia.
« In Regio di Calabria (Regione III) fu aggiunto al Museo civico uu
bel frammento d'iscrizione greca agonistica recuperato nelle demolizioni del
muro medioevale presso la Candelora. Si ebbe pure un piccolo avanzo di iscri-
zione greca-bizantina forse di qualche sacello dedicato alla Madonna.
« Copiose notizie di rinvenimenti appartengono alla Sardegna. In Ca-
gliari si esplorarono parecchie tombe nel fondo la botanica, dove estendevasi
— 33 —
la necropoli Calaritana. La suppellettile funebre recuperata è ingenerale di
età romana, salvo alcuni oggetti che accennano ad età anteriore. Tra questi
è un cippo con iscrizione probabilmente fenicia, esposto ora nelle raccolte di
quel Museo.
« In Portotorres si recuperarono parecchi antichi marmi nei lavori dei-
porto, e dal suolo dell'antica Oblia in Terranova Pausania provennero vari
frammenti lapidari latini, e mattoni con bolli di fabbrica.
« Dal territorio stesso di Olbia e precisamente dal villaggio di Telti si
ebbero infine alcune iscrizioni, ed antichità varie, che confermano doversi quivi
collocare un centro abitato dell'età romana».
Etnografìa. — Collezione etnografica dell' isole dell' Ammira-
gliato esistente nel Museo Preistorico di Roma. Nota del dottore
G. A. Colini, presentata dal Socio Pigorini.
« L'arcipelago dell'Ammiragliato situato ad 0. della Nuova Annover fra
1° 40' e 3° 30' lat. S. e 145° 30' e 148° 30' long. E., si compone di una
grande isola chiamata generalmente nelle carte col nome dell' Arcipelago (!),
e di molte altre piccole fra le quali la principale è quella di Gesù e Maria.
« Scoperto nel 1616 da Le Maire e Schouten che lo chiamarono Ven-
ticinque isole, fu veduto nel 1767 dal capitano Filippo Carteret da cui rice-
vette il nome attuale, e dopo di lui fu visitato nel 1781 dal capitano Fran-
cesco Maurelle e nel 1792 dal D'Entrecasteaux e dal Labillardière (2). Tut-
tavia le informazioni più complete e più particolareggiate intorno a quegli in-
digeni si debbono al Miklucho-Maclay e al prof. Moseley : il primo visitò quelle
isole dal 1876 al 1883 ; l'altro, che fece parte come naturalista della spe-
dizione scientifica inglese sullo Challenger, si trattenne alla costa N-O. del-
l'isola dell'Ammiragliato a Nares Harbour dal 3 al 10 marzo 1875 (3).
« Le popolazioni dell'Ammiragliato sono melanesiane. Il Turner nei crani
0) Il capitano Francesco Maurelle la chiamò Bosco {Beport ori the scientific results
of the voyage of H. M. S. Challenger during the ijears 1873-76. — Narrative, voi. I,
parte 2, 1885, cap. XVII, p. 699). I nativi dell' isola Agomes o Hermit, discendenti dalla,
popolazione dell' Ammiragliato, la riconoscono sotto il nome di Taui: è quindi molto
probabile, secondo l'opinione del Miklucbo-Maclay, che questo sia il nome indigeno non
ancora dimenticato dagli emigranti ( Ver h. d. Berliner Gesellsch. f. Anthr. ecc., 1878, p.109).
(2) Meinicke C, Die Inseln des Stillen Oceans, Lipsia, 1875-76, parte Ia, lib. IT.
sez. 2, cap. I, p. 142-43; Bep. cit, voi. I, parte 2, p. 696-9.
(3) Moseley, Journ. Anthr. Inst. of Great Britain ecc., voi. VI, p. 379; Miklucho
Maclay, Verh. d. Berliner Gesellsch. f. Anthr. ecc., 1876, p. 290-1, con tav. ; 1878,
p. 109, con tav.; 1882, p. 576; Arch.per VAntr. e la Etn. de] prof. Mantegazza, voi. XII.
p. 333. Per altre comunicazioni fatte dal Miklucho-Maclay all' imp. Società russa di geo-
grafia confr. i riassunti \\e\Y Ausland, 1883, p. 644; Bev. & Anthr., di Parigi, 1883, p. 484.
— 34 —
] tortati dallo Challenger trovò in modo notevole pronunziati i caratteri distin-
tivi di questa razza ('). Nel loro linguaggio è singolare che i vocaboli pei
numeri 8 e 9 sono formati per sottrazione, detraendo cioè rispettivamente da lo
i numeri 2 ed 1, sistema seguito da alcuni Indiani dell'America settentrionale,
dagli Àino di Tesso e dai Micronesi dell'isola Yap (Caroline Occidentali). Il
loro cibo vegetale consiste specialmente nel sagù e nella noce del cocco, ma col-
tivano inoltre in piccole quantità il Caladium esculentum (taro) e i banani,
ed hanno una canna da zucchero di qualità superiore a quella della Baia di
Humboldt. Allevano un numero notevole di porci; i cani invece sembrano
-'•arsi, poiché riuscì al Moseley di vederne solamente due (-)•
« Confrontando i racconti dei primi viaggiatori coi risultati delle più
recenti esplorazioni, pare che questi Melanesi nel lungo spazio di tempo
decorso dopo le prime relazioni con gli Europei abbiano poco modificato i loro
usi, e che la civiltà abbia esercitato sopra i loro costumi un'influenza molto
limitata. Infatti all'epoca della visita dello Challenger mostravano la più alta
meraviglia n eli' osservare la bianchezza degli Europei sotto gli abiti, non com-
prendevano l'uso del tabacco, nò delle pipe, ne degli specchi; cercavano di
adattare questi ultimi sulla testa e sul petto a guisa di ornamenti. Possede-
vano asce di ferro, ma non sapevano, lavorare questo metallo; perciò ricusa-
vano i pezzi che non potevano immediatamente essere messi in uso, e preferivano
specialmente i piccoli frammenti di cerchi per faine teste di asce. Si mo-
stravano desiderosi di commerciare, offrendo tartaruga di varie qualità, di cui
conoscevano il valore relativo. Non avevano però molta conoscenza delle merci
europee, così che accettarono vecchi giornali tedeschi credendoli stoffe di
maggior pregio, tinche cadde la pioggia. Avevano già imparato a fabbricare
pel commercio asce di conchiglia e modelli di canotti, i quali erano così male
lavorati come gli oggetti che ricevevano in cambio (:{).
« Fra i prodotti industriali di quelle isole da lungo tempo attirarono spe-
cialmente l'attenzione dei viaggiatori e degli studiosi i giavellotti. Già il
Carteret osservò, che avevano la punta d'una pietra turchiniccia, e il Labil-
lardière ne diede poi la figura e una particolareggiata descrizione (4). Ai giorni
nostri furono più volte illustrati nelle opere di Etnografia generale e nei Ca-
taloghi dei Musei, ma siccome gli esemplari venuti pei primi in Europa
erano, almeno in gran parte, acquistati a Capo York dai commercianti di ma-
dreperla e di tartaruga, così non si avevano idee molto esatte intorno alla
(l) Ti-rner, Rep. cit., voi. I, parte 2, p. 730; Zoologi/, voi. X. parte 29, Report on
the human skeleton*. — The Cranio, 1884. p. 51 : .Tonni. Anat. and Physiol., voi. XVI. p. 135.
(») Moseley, p. 382, 390-3, 402.
(3) Moseley, p. 406-7, 412, 417-!».
(4j Carteret, Voyages autour du monde delTHawkesworth, trad. frane, Parigi, 1774.
voi. II, cap. VII, p. 182; Labillaidière, Rei. du voy. à la recherche de La Pérouse, Parigi,
anno Vili, voi. I, p. 203- !. Atlante, tav. XXXVIII. fig. 25.
loro provenienza. A prova del fatto basti ricordare, che nel celebre lavoro del
Lubbock: / tempi preistorici e l'origine dell'incivilimento (p. 72, fig. 95-6),
uno di tali giavellotti è attribuito ai Neo-Caledoni (').
« Il Museo Preistorico di Roma ne possiede una bella serie : alcuni fu-
rono inviati nel 1873 alla Società geografica italiana dal Beccali, che indub-
biamente li ricevette dal capitano Redlich, il quale visitò l'arcipelago del-
l'Ammiragliato nel settembre del 1872 (2); altri erano compresi nelle colle-
zioni acquistate recentemente dal dott. Finsch e sono dell'isola Gesù e Maria (ò).
« Le parti più importanti di questi giavellotti sono le lame consistenti iu
grandi schegge di ossidiana, con una faccia liscia più o meno concava, e con
una costa tagliente in rilievo nel mezzo dell'altra. Le punte ed i lati sono
per lo più leggermente ritoccati per renderli affilati, ma le facce e gli an-
goli sono lasciati rozzi nello stato originale, e perciò queste cuspidi sebbene
sieno in generale di forma triangolare, pure presentano notevoli differenze ed
irregolarità. Qualche scheggia poi essendo per se stessa tagliente, è stata
messa in uso senza punto ritoccarla. L'orlo inferiore, secondo il Moseley,
è sempre arrotondato per adattarlo all' asta. I diversi esemplari variano al-
quanto nella grandezza. Uno dei più grandi, senza la parte conficcata nel-
l'asta, misura 20 centimetri di lunghezza con 4 di larghezza alla base : un
altro è lungo 175 millimetri e largo 45, mentre il più piccolo ha 45 mil-
limetri di lunghezza e 40 di larghezza. Tali cuspidi sono accuratamente
conservate entro guaine coniche fatte con foglie secche di banani, e sono ta-
glientissime ed appuntite. I nativi indicano le montagne dell' interno del-
l'isola principale come luogo di provenienza dell'ossidiana (4).
« Le punte sono unite alle aste di legno o di canna, flessibili e leg-
gere, mediante un apparecchio intagliato nel legno, e i vari pezzi sono quindi
(') Wood, The nat. Just, of man, Londra, 1880, p. 302; Tylor, Anthropology, Londra,
1881, p. 191, fig. 58 a; Ratzel, Volkerkunde. Lipsia, 1885-88, voi. II, p. 240, tav., fig. 1
e 18; Catal. of the objects of ethn. art in the national Gallery publish. by direct, ofthc
Trustees of the public Library and Museums of Victoria, Melbourne, 1878, p. 111-4, nn.
153 A, 153 B, 153 C, 153 D; Schmeltz e Krause, Die cthnogr.-anthr. Abtheil. des Max.
Godeffroy in Hamburg, Amburgo, 1881, p. 77-8, nn. 3035-6, p. 445, n. 3479-81; Mosel.v.
p. 408-9 tav. XX, fig. 1-10; Rep. cit., voi. I, parte 2, p. 718-20, tav. G e tav. H, fig. 1.
(2) Bollet. Soc. Geogr. Italiana, 1873, fase. IV- V, p. 64; 1874, p. 481-2; Journ.
R. Geograph. Soc. di Londra, 1874, p. 32.
(3) Original-Mitth. aus d. ethn. Abtheil. d. Kgl. Museen zu Berlin, anno I, fase. 2
e 3, p. 62.
(4) Sarebbe di grande importanza conoscere come sono preparate le schegge di ossi-
diana dai Melanesi dell'Ammiragliato, ma non si trova in proposito alcuna notizia, <ììi
antichi Messicani, che usavano largamente dell'ossidiana per fare armi, utensili ed orna-
menti, ottenevano mediante la pressione magnifiche schegge, con cui facevano anche col-
telli e rasoi. Il Cortes vide i barbieri nel gran mercato di Tlatetolco radere i nativi con
simili rasoi (Torquemada citato dal Lubbock, / tempi preistorici, ecc., p. 72-1; Tylor,
Anahuac, Londra, 1861, p. 97, e Appendice, p. 331-2).
— 36 —
legati insieme con sottili cordoncini e fermati solidamente con un mastice
tenacissimo estratto dal frutto del Pariiiarium laurinwm. La maggior parte
dei giavellotti hanno l'intero congegno e i fili nascosti sotto uno spesso strato
di questo mastice colorito di rosso, sopra cui spiccano figure geometriche nere
circoscritte da linee incise, generalmente dentellate, riempite di bianco. In
altri, decorati con maggiore ricchezza e con migliore gusto, il mastice è usato
più parcamente, e i fili delle legature lasciati scoperti formano figure rom-
boidali, triangolari ecc. colorite di bianco, rosso e nero e ornate con semi
di Coix lacryma attaccati simmetricamente.
« Gli indigeni dell'Ammiragliato possiedono un'enorme quantità di queste
armi e le cedono in cambio con facilità. Si usano gettandole con la mano, tanto
in guerra, quanto nella caccia dei porci. La loro lunghezza negli esemplari
del Museo varia da ni. 1,49 a 1,93. Uno solamente, più lungo degli altri, mi-
sura m. 2,38, e si distingue per la grande cuspide di ossidiana quasi come
foglia di lauro, accuratamente ritoccata, e per una seconda punta di spina
di pesce conficcata dietro la prima. L'asta, intagliata e colorita con ricerca-
tazza ed abilità, rappresenta nella parte superiore una figura di donna alta
9 centimetri.
« I nativi dell'isole dell'Ammiragliato si servono altresì delle teste dei
giavellotti a guisa di coltelli, rompendole poco sotto il punto d'inserzione
nelle aste. Generalmente però quando le schegge di ossidiana si destinano
a quest'uso, sono adattate in im breve manico di legno. Nella collezione del
Pinsch abbiamo uno di tali utensili, proveniente dall'isola Low a S-E. di
quella di Taui. Ha il manico di legno, conico, spalmato con mastice, colo-
rito di rosso ed ornato, come la parte superiore dei giavellotti, con incisioni
bianche e fasce nere. L'intera lunghezza è di 26 centimetri. La lama è trian-
golare, lunga 13 centimetri, e larga 5 alla base. Simili coltelli essendo ta-
glientissimi, si adoperano dagli isolani per tatuarsi, o come rasoi per radersi
i peli del viso, compresi quelli dei sopraccigli (').
« L'uso che quegli indigeni fanno delle schegge di ossidiana, richiama
alla mente uno dei caratteri principali delle industrie umane nella loro in-
fanzia. In questo periodo le armi e gli utensili non erano spesso distinti, ed
un medesimo strumento serviva egualmente a rompere i crani e le noci, e a
tagliare i rami degli alberi e le membra degli uomini. La somiglianza poi
che vi è fra queste punte e le cuspidi di selce del tipo di Moustier (2), pre-
senta grande interesse per gli studiosi dell'Archeologia primitiva, perchè serve
a mostrare il diverso uso a cui tali cuspidi potevano essere destinate, adat-
tandole o ad un breve manico, o ad una lunga asta di canna o di legno.
0) Labillardière, voi. I, p. 254; Moseley, p. 386, 401, 407, tav. XXI, fig. 10; Rep.
cit., voi. I, parte 2a, p. 717, tav. I. fig. 1 e 2; Miklucho-Maclay, Verh. cit., 1878, p. Ili ;
Ratzel, p. 240, fig. 9-11.
(2) De Mortillet, Musée Préhist., Parigi, 1881, tav. XI, fig. 62-4; X1T, fig. 67-73.
— 37 —
« Nelle collezioni del Finsch è compreso inoltre un curioso pugnale pro-
veniente dall'isola Gesù e Maria, il quale ha la lama di spina di Trygon (?),
unita mediante mastice al manico di legno leggero, elegantemente intagliato (l).
Tali armi sono ricordate nella relazione della spedizione scientifica inglese,
ma non vi si accenna in alcun modo al loro uso (2). Pugnali poco differenti
si trovano nell' isole Palau, ove forse servono, scrive il Katzel, per tormen-
tare i prigionieri e per infliggersi ferite in segno di lutto (3).
« Fra gli oggetti del Museo Preistorico che probabilmente spettano al-
l'isole dell' Ammiragliato, vi ha pure una piccola ascia con testa di Tere-
bra maculata,, donata dal sig. Luciano Manara. Sappiamo dal Moseley che
anche all'epoca della sua visita, mentre le asce di Tridacna e di ffippopus
e le accette di pietra erano rarissime, le piccole asce invece di Terebra
s'incontravano abbastanza di frequente in quell'isole, e che ciascun uomo ne
portava una appesa sulla sinistra spalla, sebbene nella maggior parte dei
casi la conchiglia fosse stata sostituita da un pezzo di cerchio di ferro (4).
L'esemplare del Museo è benissimo conservato, e si distingue specialmente
per la copia e pel gusto degli ornamenti del manico, che consistono in in-
tagli a traforo e in una figura di coccodrillo. Malgrado però che la gran-
dezza, la forma e sopratutto le decorazioni richiamino alla mente gli uten-
sili simili e le arti delle isole dell'Ammiragliato, tuttavia mancando indi-
cazioni precise, è difficile con sicurezza determinare la provenienza di que-
st'oggetto, poiché asce poco differenti sono usate eziandio negli arcipelaghi
vicini (5).
« Non sono rappresentate nel Museo di Koma le stoviglie, di cui questi
Melanesi si servono per cucinare e per l'acqua; vi hanno invece due dei vasi
di legno che usano per mangiare. Sono compresi nella raccolta del dott. Finsch
e provengono dall'isola Gesù e Maria (6). Uno, piccolo ed ovale, come i vasi
di Porto Finsch e della Baia Astrolabio sulla costa N-E. della Nuova
0) Original-Mitth. cit., p. 62.
(2) Moseley, p. 407 ; Rep, cit., voi. I, parte 2a. p. 718.
(3) Pag. 154, 157, 158.
(4) Moseley, p. 407, tav. XXI, fig. 8; Rep. cit.. voi. I, parte 2a p. 716, fig. 2 {6;
Ratzel, p. 246.
(5) Nel Museo di Roma si conserva una testa di Terebra per ascia dell'isola Nu-
guoro (Monteverde) (Caroline Centrali), ed il Finsch riferisce che nella Nuova Irlanda
erano ancora usate nel 1885 asce di Terebra per scavare canotti, e per questo lavoro crune
preferite a quelle di ferro. Il dott. Martens inoltre ne descrive una che proverrebbe, s< -
condo la sua opinione, dalla Nuova Guinea, ma questa provenienza dev'essere accettata
con qualche riserva. {Original-Mitth. cit., pag. 68; Verh. cit., 1887, p. 25-6, fig. 6;
Zeitschr. f. Ethn., 1872, p. 32; Schmeltz e Krause, Die ethnogr.-anthr. Abtheil. ecc., p. 337-9,
n. 653, 662, 3332).
(6) Original-Mitth. cit., pag-. 62
— 38 —
Guinea ('), richiama alla mente per la forma un canotto, mentre l'altro, più
grande, è quasi emisferico. Ambedue posano sopra quattro piccoli piedi, partico-
larità che si trova comunemente nei vasi di quelle isole. Sono ornati con ele-
ganti intagli sotto l'orlo: oltreché il primo ha anche figure umane scolpite alle
due estremità. I nativi sono espertissimi nell arte d'intagliare il legno, e
della loro abilità fanno mostra specialmente nella lavorazione dei vasi da
mangiare, notevolissimi per le loro graziose forme e pei manichi delicata-
mente scolpiti (2). Ai vasi va unita una coppa per l'acqua, fatta col guscio
della noce del cocco, la quale merita attenzione solamente pel lungo manico
intagliato nel legno.
« È comune presso gli indigeni dell'Ammiragliato l'uso di masticare la
noce di areca insieme alla calce ed alla foglia del betel. Conservano la calce
talora in astucci di bambù, ma più comunemente si servono di zucche singo-
lari per la forma che ricorda un orologio a polvere, e per le decorazioni a
linee curve e spirali eseguite mediante il fuoco. Ve ne hanno nel Museo duo
esemplari, provenienti dall'isola Gesù e Maria insieme ad alcune spatole di
legno con cui la calce si porta alla bocca. Queste in generale sono lisce,
una solamente ha il manico intagliato (3).
« Gli ornamenti personali di quell' arcipelago non presentano quasi al-
cuna originalità : la maggior parte, compresi i magnifici dischi di Tridacna
e tartaruga che si portano sulla fronte o pendenti sul petto, trovano perfet-
tamente il loro riscontro in quelli dell'isole vicine. Merita invece attenzione
il modo di vestire, che sotto qualche aspetto è caratteristico. Le donne hanno
per unico vestimento una cintura intorno la vita, a cui sono fermati due
pugni di erbe, o forse di foglie di Pandanm preparate, l'uno dei quali pende
davanti e l'altro più lungo dietro. Gli uomini usano una fascia di stoffa di
corteccia d'albero, probabilmente della Thespesia popuhiea, lunga m. 1,52
e larga 15 centimetri, che adattano intorno alla vita, facendola poi passare
fra le gambe. Talora si dispensano anche di questo vestito embrionale, ed
allora si limitano ad introdurre l'estremità del pene entro una conchiglia
Ovula ovum.
« Il Labillardière per primo diede su tale costume particolareggiate no-
tizie, che poco differiscono dalle informazioni dei recenti viaggiatori più degni
di fede. La conchiglia si usa solamente dagli adulti, che in generale v'intro-
ducono il membro fin sotto il glande. La portano di rado sotto la fascia di
(•) Finsch, Catal. d. etltn. Samm. d. Neu Guinea Compagnie ecc., n. 117, 237; Ori-
ginal-Mitth. cit, p. 97, 99.
(2) Moseley, p. 406, 410: Rep. cit, voi. I, parte 2a, p. 713, 720-1, fig. 252-5 e
tav. M.; Eatzel, p. 256.
(3) Original-Mitth. cit., p. 62: Rep. cit, voi. I, parte 2 , p. 712, fig. 241 e tav. K,
fig. 2, 2a, 2b, 3; Labillardière, voi. I, p. 262-3, Atlante, tav. ni; Moseley, p. 402, 406, 418,
421-2, tav. XX, fig. 14.
— 39 —
stoffa. Per lo più quando si mettono questa, ripongono quella in un sacchetto
pendente dal collo. Il Labillardière riferisce che la pressione della conchiglia
produce sul prepuzio infiammazione e tumori, ma questa notizia non è stata
confermata dai recenti viaggiatori. Sono invece tutti concordi nel descrivere la
grande ripugnanza e la vergogna che manifestano gli indigeni nel mostrarsi al
pubblico senza la fascia o la conchiglia, in modo da far credere che il senti-
mento della decenza sia in questa popolazione molto sviluppato (J).
« Nelle collezioni del Museo esiste una di simili conchiglie dell'isola
Gesù e Maria (2). Ha la bocca alquanto allargata con la rottura di una parte
delle labbra, ma non tanto da potervi introdurre comodamente il dito mi-
gnolo. E decorata artisticamente con incisioni annerite, che formano figure
romboidali, triangolari ecc. ».
Fisica. — Sulla dilatazione termica di alcune leghe binarie
allo stato liquido. Nota IV (3) di G. Vicentini e D. Omodei, pre-
sentata dal Socio Blaserna.
VII. Lega. 82Pb-f-18Sb.
« Per questa lega si è trovata la necessità di ricorrere a dilatometri
con cannello relativamente largo ; e ad onta di ciò abbiamo incontrate delle
difficoltà a studiarla a temperature inferiori ai 300°, causa la pastosità che
essa assume. Con un poco di lega di gr. 51,9226 introdotta nel dilatometro XII
si è trovato che allo stato solido possiede la densità
DTS == 9,9658.
« Qui sotto non registriamo che la densità della lega liquida a tempe-
rature superiori a 300° omettendo quelle avute a temperature più basse
perchè alquanto incerte causa l'accennato inconveniente.
0) Labillardière, voi. I, p. 259-60, Atlante, tav. Ili; Moseley, p. 397-9, tav. XXIII.
fig. 4-5; Rep. cii, voi. I, parte 2a, p. 709, tav. XXIX; Schmeltz e Krause, Die etlm.-anthr.
Abtheil. ecc., p. 445, n. 3525; Miklucho-Maclay, Verh. cit, 1878, p. 113 e nota; KedliHi.
Journ. R. Geograph. Soc. cit., p 32;Meinicke, p. 145. L'uso di coprire solo in parte gli
organi genitali, e sopratutto il glande, non è speciale agli indigeni dell'Ammiragliato, ma
è stato osservato in molte isole della Melanesia, e trova riscontro nella vergogna e nella
repugnanza che manifestano alcuni Polinesi nel mostrare il glande nudo (Ratzel, p. 231 :
Muller F., Allgemeine Ethnographie, 2.a edizione, Vienna, 1879, p. 130; Waitz-Gerland.
Anthr. d. Naturvòlk., voi. VI, p. 28, 561, 562, 565, 567; Filiseli, Cat., cit., fase. II, n. 887,
934-5). Per la spiegazione e l'imporanza di questo costume confi". Moseley, p. 398-9.
(2) Original-Mitth. cit,, p. 62.
(3) V. pag. 19.
Rendiconti. 1888, Vol IV, 2° Sem. 6
40
Tabella XV.
Densità della lega 82 Pb -f- 18 Sb fra 300° e 350°.
Dilatometro XII
W31.6= 5,25878 w = 0,004214 P = 53,0933
la Serie
2a Serie
t
D
!
t
D
303°
326
348
320
9,6305
9,6007
9,5718
9,6048
300°
325
350
9,634
9,602
9,570
« La curva che riunisce i valori della serie 1 è una retta dalla quale
si sono tolte le densità da 300 a 350". raccolte nella seconda parte della
tabella XV.
« Abbiamo provato a studiare la lega con altri dilatometri, ma non
avendo cannelli abbastanza larghi, tutti i tentativi fatti con tubi a piccolo
diametro non riuscirono a nulla. Crediamo però sufficienti i dati segnati
sopra, per farà i soliti calcoli i quali portano ai risultati seguenti:
« Coefficenti di dilatazione della lega liquida
a = 0,000134.
« Coefficiente di dilatazione dell'antimonio
0,00015:».
- Densità dell'antimonio liquido a 350°
D = 6,615.
« Densità dell'antimonio liquido alla temperatura di fusione
DT' = 0,53.
« Discuteremo in altro luogo i risultati ottenuti colle due leghe di
piombo ed antimonio. Qui notiamo solo che abbiamo cercato di combinare
in lega l'antimonio collo stagno nella proporzione Sn Sbfi ma non siamo riu-
sciti ad ottenere una lega tale da poter essere assoggettata allo studio, con
sicurezza di risultati, separandosi essa con facilità in parti di diversa com-
posizione.
Vili. Lega. 90 Cd +10 Zìi.
« La lega Vili è stata studiata col dilatometro XIII per il quale si ha :
W37.5 = 3,87711 w = 0,00273.
.« Causa la grande variazione di volume che subisce la lega nel fon-
dere, era necessario introdurre nel dilatometro una tal quantità di essa, che
allo stato solido non giungesse nel cannello.
— 41 —
« Col dilatometro XIII contenente un peso di lega P = 30,5757 si sono
fatte due serie di determinazioni a tre sole temperature, superiori ai 300°;
i risultati ottenuti nelle due serie per temperature corrispondenti essendo
molto concordanti, si sono fatte le medie dei dati di osservazione prima di
calcolare con essi la densità. Ciò per brevità di calcolo. Si ebbero così i
seguenti valori:
t = 308.8 D = 7,8353
323.5 7,8174
346.2 . 7,7906
- I punti che rappresentano graficamente questi valori si trovano sopra
una retta.
« Il coefficente di dilatazione della lega liquida è
u= 0,0001531
quello dello Zn liquido che si calcola nel modo più volte richiamato, riesce
molto piccolo, e cioè
a" = 0,000026.
- La densità dello stesso liquido a 350° riesce eguale a 6,6278; e
quindi quella dello zinco alla temperatura di fusione
J)J = 6,62.
- Non avendo potuto studiare la lega a temperature vicine a quelle
della fusione, per stabilire il coefficente di variazione di volume fra % e t1,
non si può conoscere il valore della densità della lega liquida a r°. Dopo
le due serie di determinazioni, si è introdotto nel dilatometro dell'altra lega
(raggiungendo il peso P = 31,4893) in maniera che essa allo stato solido
arrivasse nel cannello, procurandoci in tal modo dati per calcolare la den-
sità della lega solida a r°; essa è risultata
DJ = 8,1856.
IX. Lega. 85Cd-f-15Zn.
« Per questa lega si sono fatte due determinazioni della densità DJ
impiegando i dilatometri XIV e XV:
Dilat. XIV W51.8 = 5,21810 w = 0,006755
» XV W81.4 = 5,62357 «# = 0,006700
* Nel primo si è introdotto un peso di lega P = 42,8712, col quale
la densità DTS è riuscita eguale a 8,1202; col secondo mediante un peso
P = 45,8672 si ottenne
LV = 8,1380.
- Per cui il valore medio è
DTS = 8,129.
« La misura della densità della lega liquida si è potuta fare col dila-
tometro XV che ha dato i risultati che seguono.
« È qui da notare che i numeri registrati nelle due serie di valori,
— 42 —
rappresentano i valori medi di determinazioni doppie, fatte a temperature
eguali, nelle due serie di misure si sono fatte cioè delle osservazioni portando
il dilatometro dalle temperature basse alle più alte, e poscia retrocedendo
sino alla temperatura iniziale, e avendo cura di fermarsi, nella serie discen-
dente, alle temperature alle quali si sono fatte le osservazioni della serie
ascendente. Dai risultati appunto di tali osservazioni a temperature pressoch-'
eguali si sono fatte le medie e con queste si sono calcolate le densità.
« I valori delle densità sono rappresentati da una retta, dalla quale si
sono dedotti i numeri registrati nell'ultima parte della tabella XVI. Tale
retta prolungata sino alla temperatura r di fusione della lega (perciò 10° al
disotto della minima temperatura osservata) serve a stabilire la densità della
lega liquida a i.
« Ciò si può fare per essere la lega, come lo dimostra il suo raffred-
damento, una delle così dette leghe chimiche.
Tabella XVI.
Densità della lega s:, ed -f 15 Xn fra 260°,7 350°.
1* Serie
P = 45,8242
2a
P =
Serie
5,5260
1)
Valori
dalla
dedotti
curva
t ; I»
'
'
»
305°0
7.71 II
•_>7"'.'[
7,7843
7
7.7!»80
325,6
7.7 I-M
279,6
7,7756
260
7.7745
299,2
7.7:. 1 ii
300
7. 7. -.05
321,2
7,7260
318
7.7280
342,5
7,6964
350
7,6885
- 11 coefficente di dilatazione della lega liquida è
« = 0,0001601
col quale si calcola la densità IV si ha 7,7985, come si è ottenuto colla curva.
« La variazione percentuale della densità nell'atto della solidificazione
è quindi:
J = 4,24.
« Il coefficente di dilatazione dello zinco liquido quale si può ricavare
dai dati che sopra, è
« = 0,0001144
e la densità dello zinco liquido a 350° 6,476; perciò è per esso
DJ = 6,431.
— 43 —
X. Lega. 75 Cd -f- 25 Zìi.
« La lega X, l'ultima portata nel campo delle nostre ricerche è stata
studiata nel dilatometro XVI per il quale si hanno i dati
W20.2 = 5,71389 w = 0,00670.
« Dappricipio si è introdotto in esso un peso di lega P = 45,0279 per
il quale si è trovata la densità DTS = 7,9831. Dopo tutte le determinazioni
fatte col dilatometro e delle quali si danno più tardi i risultati, abbiamo
spezzato il dilatometro stesso, avendo cura di levare il metallo che allo
stato solido giungeva ad una determinata divisione. Col peso di esso si è
trovato che la densità Dzs = 7,8936 ; per cui facendo la media di questo
valore e di quello dato antecedentemente si ha
DTS = 7,938.
« Col dilatometro ripieno di lega si è fatta una lunga serie di deter-
minazioni fra 280° e 350°, seguita da un'altra più breve, riconosciuta ne-
cessaria per stabilire bene la forma della curva delle densità. Tale curva è
costituita da due tratti rettilinei che s'incontrano a 298° ; il tratto che rap-
presenta la densità alle temperature inferiori ai 298° è molto più inclinata
dell'altro, rispetto all'asse delle ascisse. La tabella XVII oltre ai risultati
delle esperienze, contiene i valori della densità della lega a diverse tempe-
rature, quali si sono tolti dalla curva.
Tabella XVII.
Densità della lega 75 Cd-f-25Zn fra 261°,1 e 350°.
la Serie
p = 44,6714
2a !
P = 4
t
Serie
4,6540
Valori
dalla
ricavati
curva
t
D#
D
t
D
277°4
7,6588
261°2
7,694
307,2
7,6005
280
7,652
347,5
7,5502
298
7.6113
320,7
7,5825
318
7,587
297,9
7,6113
295,0
7,6161
350
7,547
280,4
7,6503
280,1
7,6487
« La lega fusa si dilata moltissimo da r sino a 298° == i\ ; da questa
temperatura in su la dilatazione diventa molto più piccola. Colle densità a
280° e 290° si calcola il coefficente di variazione di volume
a' = 0,0002973
e con esso si può pure calcolare
DJ = 7,694.
— 44 —
« Dunque per l'atto della solidificazione la lega subisce un aumento di
densità, e per essa è
</ = 3,18.
* Il coefficente di dilatazione della lega completamente liquida è
a = 0,0001639
quello dello zinco risulta
u" = 0,0001488
e la densità dello zinco liquido a 350° 6,573 ; per cui
DT' = 6,513 ».
Chimica. — Sulla trimetilenfenilimina. Nota del dott. L. Bal-
biano 0, presentata dal Socio Struever,
« Nella Memoria Sopra alcuni derivati monosostituiti del pi rasoio
presentata a quest'Accademia nella seduta del 20 maggio p. p. accennavo ad
esperienze intraprese per studiare l'azione del calore sul cloridrato di trime-
tilenfenildiamina
CH2— NH2HC1
I
CH2
I /H
CH2— N<
XFIPHC1.
* Il meccanismo della reazione pirogenica fra cloridrati di dianime è assai
semplice, originandosi sempre, come ha dimostrato il Ladeuburg, l'amina se-
condaria risultante dalla sostituzione di due atomi di idrogeno dell'ammoniaca
con un radicale bivalente CnH2n = (CH2)". A queste amine secondarie l'il-
lustre chimico dell'Università di Kiel diede il nome di Imine (-) e finora
vennero studiate le seguenti :
- Il cloridrato di pentametilendiamina (cadaverina) dà la piperidina o
pentametilenimina (3)
/NH2HC1
{QW)\ = NH ' CI + ( CH2 )5 = NH . HC1 .
\NH2HC1
« I cloridrati di tetrametilendiamina e di /tf-metiltetrametilendiamina
danno la pirrolidina e la /?-metilpirrolidiiia, e finalmente il cloridrato di di-
metilendiamina dà la dimetilenimina (4), base che molto probabilmente è
identica a quella che Schreiner estrasse dallo sperma ed alla quale diede il
nome di spermina.
(J) Lavoro eseguito nel Laboratorio di Chimica della R. Università di Messina.
(2) Berliner berich. XVI p. 1149.
(3) ■' • XVIII p. 3100.
(4) « » XXI p. 758.
— 45 —
« La reazione pirogenica può, nel caso mio speciale, trattandosi di una
dianima sostituita, far nascere due composti a seconda che si elimina cloruro
d'ammonio o cloridrato di anilina. Nel primo caso si deve avere un imina
sostituita, nel secondo caso un' imina, ed il meccanismo della decomposizione
può essere rappresentato dalle seguenti equazioni :
JNH2HClÌ
P (CH2)3<;1-.. ,- :- =(CH2)3 = N — C6H5HC14-NIPHC1
\NiHiC6H5HCl
/NHiEQHCl
IP (CH2)3<;-— ' '■ - : =(CH2)'=NH.HC1 + C6H5NH2HC1.
\|NHC6H5HCli
! !
« In questa Nota mi propongo di dimostrare che ha luogo la prima rea-
zione riservandomi di ritornare con una prossima M emoria a descrivere det-
tagliatamente la base ottenuta.
« Il cloridrato di trimetilenfenildiamina ben disseccato e finamente pol-
verizzato, venne distillato a fuoco nudo in piccole stortine in quantità non ec-
cedente i 3 grammi per ogni stortina. Si sospese il riscaldamento quando
tutto il sale era sublimato nella volta e nel collo della stortina; si ripigliò
la massa con acqua acidulata con acido cloridrico e la soluzione acquosa co-
lorata in rosso bruno, filtrata dalla materia resinosa che si forma in discreta
quantità, venne concentrata a bagno maria fino a sciroppo. Aggiungendo allo
sciroppo dell'alcole assoluto, si ebbe precipitata una sostanza cristallina, che
mediante ripetuti lavaggi con alcole si finisce ad ottenere bianchissima. Questo
sale cristallizzato è solubile nell'acqua, riscaldato con potassa svolge ammo-
niaca e trattato con cloruro platinico dà un precipitato giallo chiaro cristal-
lino che non è altro se non cloroplatinato ammonico.
« Difatti gr. 0,4629 di sale disseccato a 100 diedero gr. 0,2084 di platino.
« In 100 parti :
trovato calcolato per (NH4Cl)aPtCl4
Pt 43,94 43,84.
« Le acque madri alcooliche vennero diluite con 20 a 25 volumi di
acqua e rese più acide con aggiunta di pochi centimetri cubici di acido clo-
ridrico D. 1,10 indi trattate con soluzione di joduro bismuto potassico. Si
ebbe immediatamente un precipitato fioccoso di color rosso, che veune subito
filtrato e lavato con acqua. Le prime acque filtrate non lasciarono depositare
col riposo, quantità apprezzabili di precipitato.
« Il composto bismutico, asciugato fra carta, venne sospeso in acqua ed
aggiunto di un grande eccesso di soluzione al 50 p % di idrato potassico e sot-
toposto alla distillazione in corrente di vapore.
— 46 —
« Col vapor d'acqua passò un olio incoloro di odore empireumatico, che
ricorda alla lontana l'odore viroso della coniina.
« Questa base oleosa si disciolse nell'acido cloridrico diluito e la solu-
zione acquosa del cloridrato svaporata a bagno maria, indi tenuta per più
giorni in un essicatore ad acido solforico nel vuoto, divenne un denso sciroppo,
ma non presentò tracce di cristallizzazione. Nemmeno l'aggiunta di alcole
assoluto fece depositare il sale solido. Perciò si diluì con acqua e si aggiunse
cloruro platinico, che diede immediatamente un precipitato giallo rosso. Si
fece bollire e si filtrò a caldo. Col raffreddamento la soluzione diventa dap-
prima lattiginosa, indi si deposita un precipitato fioccoso microcristallino di
colore giallo rosso.
« All'analisi diede il seguente risultato :
gr. 0,140 di sale disseccato a 100° lasciarono alla calcinazione gr. 0,040 di
platino.
gr. 0,1391 diedero gr. 0,105 di CO2, gr. 0,047(5 di H20 e gr. 0,0391 di
platino.
« Da questi dati si calcola in 100 parti:
c
32,35
H
3,79
Pt
28,39 .
28.57.
- Ora il cloroplatinato di trimetilenfenilimina rappresentato dalla forinola
[ (CH8)3 = N — C6 H5 HC1 J Pt CI ■
richiede in 100 parti :
C 31,98 H 3,55 Pt 28,78.
« Lo studio della base libera non potè farsi per la mancanza di mate-
riale, ma ritornerò fra poco sopra questi composti ed è solo per riservarmi
lo studio delle imine trimetileniche che ho creduto opportuno di pubblicare
questi risultati incompleti, ma che dimostrano chiaramente quale è la decom-
posizione pirogenica delle trimetilendiamine sostituite.
« Accennerò in ultimo che sto tentando di avere la trimetilendiamina
per idrogenazione del cianuro di metilene, ed è a sperare che in quest'idro-
genazione si potrà anche avere la trimetilenimina nello stesso modo che dal-
l'idrogenazione del cianuro d'etilene si ebbe la tetrametilenimina o pirro-
lidina (*) ».
(') Ladenburg, Beri, berich. 20,442 e C. Petersen Beri, berich. 21,290.
— 47
Chimica. — Studi sui diossitiobenzoli. Nota III di G. Tas-
sinari, presentata dal socio Struever.
a A completare lo studio chimico della reazione fra cloruro di solfo e
fenoli, era mestieri determinare la struttura dei diossitiobenzoli e dei loro
ossisolfoni.
u. Quantunque, ad onta dei numerosi tentativi in varie direzioni, io non
abbia potuto trovare una reazione piana per la quale, o per sintesi si pro-
duca uno dei corpi mentovati, o per analisi si arrivi da uno di essi a deri-
vati di struttura cognita, ed il problema che mi era proposto non sia ancora
risolto, mi permetterò tuttavia di esporre alcune considerazioni e di riferire
sulle esperienze fatte.
« Fino a prova contraria ritengo che i diossitiobenzoli ottenuti, ed i loro
omologhi, siano simmetrici; infatti non si vede a priori ragione alcuna perchè
le cause che determinano l'entrata dello solfo in un dato luogo dell'anello
benzolico, non abbiano a valere anche per l'altro : tanto più che non fu mai
osservata la formazione contemporanea di più isomeri.
« È da notarsi che la reazione è molto più violenta ed accompagnata
da maggior sviluppo di calore, quando reagiscono dei fenoli che hanno libero
il posto para (OH = 1) e come anche il prodotto ottenuto in questo caso,
abbia il punto di fusione più elevato dei suoi isomeri : il che starebbe ad
indicare che di preferenza si formi il diparaderivato. E se, come spero, potrò
in seguito dare la dimostrazione di ciò, verrà ad essere confermata l'analogia
che rilevo fin d'ora fra la reazione studiata in queste Note, e molte altre :
per es. trasformazione di idrazobenzol in benzidina, di metilanilina in para-
toluidina (A. W. Hofmann, Beri. Ber. Y, 720) di solfato fenilpotassico in para-
fenolsolfonato potassico (F. Baumann, Beri. Ber. XI, 1909) di metilfenilni-
trosamina in para nitroso-metilanilina (0. Fischer, Beri. Ber. XIX, 2991) ecc.
In tutti questi casi un monosostituito della serie aromatica, in cui il sosti-
tuente è un gruppo complesso di atomi, trovandosi in condizioni oppor-
tune, per sdoppiamento di esso gruppo si trasforma in un bisostituito della
serie para.
Sul diossitiobenzolo p. f. 130°.
« Già nelle esperienze (di cui alla Nota II pag. 222) mi ero accorto
che il rendimento della reazione fra bicloruro di solfo e fenol è molto cattivo :
nel ripetere ora le dette esperienze mi sono accorto, che rimane sempre senza
reagire una parte del bromofenol e del cloruro di solfo come se si stabilisse
fra essi una specie di equilibrio, e non ho trovato le condizioni per ottenere
una reazione completa.
Rendiconti. 1888. Vol. IV, 2° Sem. 7
— 48 —
« Colla piccola quantità di prodotto ottenuto ho preparato l'acetilderi-
vato p. f. 86°-87° ('), e da questo, per ossidazione col solito metodo, l'acetil-
ossisolfone, sostanza che ho avuto in cristallini incolori poco solubili nell'alcool
a freddo, insolubili nell'acqua, i quali cominciano a rammollirsi circa a 160 ,
ma non fondono che a 186°-187° in un liquido incoloro. Questo composto,
ricristallizzato dall'acido acetico, presenta gli stessi fenomeni. Avendone solo
pochi grammi, ho creduto di non studiarlo ulteriormente, ma di trasformarlo
nell'ossisolfone. Per togliere gli acetili, l'ho sciolto in potassa alcoolica, evi-
tandone un eccesso, che resinifica il prodotto, ed acidificando la soluzione,
sono arrivato al nuovo ossisolfone isomero con quello di Annaheim ma di
struttura sicuramente diversa. Per le considerazioni sovra esposte esso non
può essere che un dimeta, od un diortoderivato. Questo corpo è bianco, cristal-
lino, solubile in alcole, poco nell'acqua e nell'acido acetico. Fonde a 1860-187".
« In 100 parti :
trovato calcolato pei i',,H,„04s
C 57,47 57,60
H 4,35 4,00
S 12,67 12.80
È notevole la coincidenza del punto di fusione di questo composto col suo
acetilderivato. Ciò può spiegarsi ammettendo che quest'ultimo a temperatura
elevata perda gli acetili, e difatti l'acetilderivato scaldato fino a 187° si
scioglie facilmente nell'idrato potassico, il che non succede quando non ha
subito tale trattamento. Questo fatto ha riscontro nell'altro osservato per la
paradimetilossisolfobenzide che fonde come il suo derivato acetilico. Se questo
fatto trattandosi di corpi che differiscono poco nella funzione chimica e nella
composizione potesse essere indizio [di simile struttura avrebbe importanza,
e spero di potermene valere in seguito.
« Fra gli altri modi con cui ho tentato di determinare il luogo chimico
nel diossitiobenzolo p. f. 150°, vi è stato anche quello di attaccarne la ossi-
solfobenzide.
« E noto infatti che la stabilità degli acidi solfonici diminuisce coli' en-
trare di gruppi negativi, e sembra dover essere altrettanto per gli ossisolfoni.
« Con questo intento nitrai della ossisolfobenzide (di Annaheim) per
preparare della binitro, e della tetranitro, ma mi accorsi che nelle acque
madri si conteneva dell'acido picrico, che identificai col suo punto di fusione
ecc., e di più che se ne formava anche dai nitroderivati della ossisolfoben-
zide, bollendoli con acido nitrico.
« Si forma anche un nitrofenolo, che non ho potuto studiare finora, dalla
nuova ossisolfobenzide : spero in seguito di poter tornare su queste esperienze.
(!) I punti di fusione sotto 200° sono presi nell'apparecchio di Roth, gli altri in
palloncino con acido solforico, quindi per questi ultimi è maggiore l'errore in meno.
— 49
Sull'ortodimetildiossitiobemolo.
« L'acetilderivato di questo corpo, ottenuto con anidride acetica ed ace-
tato sodico, si separa liquido dalla sua soluzione, quando la si diluisce con
acqua, ma poi si solidifica e si può averlo cristallizzato dall'alcool. Fonde a 44°.
« Ossidato in soluzione acetica con permanganato potassico, dà un pro-
dotto incoloro, insolubile nell'acqua, solubile nell'alcole caldo, poco a freddo,
che fonde a 132°- 133°. Contiene S % 8,95 mentre la diacetildimetilossi-
solfobenzide richiede S % 8,83. Scacciando gli acetili con potassa alcoolica,
evaporando l'alcole, ed acidificando la soluzione acquosa, si precipita una
polvere gialla, che può aversi incolora cristallizzandola dall'acido acetico.
« Fonde a 263° con decomposizione.
« In 100 parti:
trovato calcolato per C14 Hu 04 S
C 60,58 60,43
H 5,33 5,03
S 11,57 11,51
« La o. dimetilossisolfobenzide si scioglie oltre che negli idrati anche
nei carbonati alcalini, e la soluzione è poi precipitata dal C02. Una solu-
zione concentrata di questa sostanza nel carbonato potassico depone un sale
cristallino.
« Ho tentato di trasformare in carbossili i metili di questo ossisolfone,
e di ottenere un acido solfosalicilico
.OH -
CG H3< S02
\COOH_J2 "
sia trattandolo con permanganato in soluzione alcalina, sia trattandone con
permanganato l'acetilderivato in soluzione acetica, ma in entrambi i casi
parte del prodotto si ossida completamente, parte rimane inalterato.
« Questo risultato, mentre mi ha tolto il mezzo di aver qualche lume
sulla sua struttura, perchè eliminati i carbossili ottenevo un ossisolfone para-
gonabile coi due conosciuti, non ha più interesse dopo che la regola di Remsen,
sulla protezione esercitata su di un metile vicino da un gruppo S02 (Beri.
Ber. X, 1039; XI, 226) è stata contraddetta da E. Fahlberg (Beri. Ber. XX,
2928). L'applicazione di questa regola del resto mi avrebbe portato a scie-
gliere la forinola :
OH OH
CH3
— SO,
CH3
/
— 50 —
fra le quattro possibili simmetriche, risultato che non coincide colle mie
vedute, per le quali mi sembra invece da preferire l'altra :
CH3 CH3
Ho/ \ SO, / \)H
Sul par adimetildiossitio benzolo.
* In un modo del tutto simile a quello precedentemente descritto, ottenni
il diacetilparadimetildiossitiobenzolo p. f. 83°-84°, S % 9,80 trovato, S% 9,69
calcolato. Da questo per ossidazione ebbi la diaeotilparadinietilossisolfoben-
zide p. f. 206°-208, S % 8,89 trovato, S % 8,83 calcolato : polvere leggera
poco solubile nell'alcole anche a caldo. Questo acetilderivato è lentamente
decomposto già dalla potassa acquosa, ma mescolato con potassa alcoolica
si scioglie con lieve riscaldamento. La soluzione alcalina, acidificata, preci-
pita una polvere mediocremente solubile nell'alcool, e nell'acido acetico, dai
quali si ha cristallizzata.
« Fonde costantemente a 209°, fatto notevole per la coincidenza col
punto di fusione del suo acetilderivato, e da spiegarsi come già è stato
detto sopra.
« In 100 parti:
trn\ calcolato pei Cu Hl4 0« S
C 60,83 60,43
H 5,20 5,03
S 11,40 11,51
« Essa si scioglie come la isomera, ottenuta dall'ortocresol, in soluzioni
concentrate di carbonati alcalini (nel carbonato sodico esente di bicarbonato)
ed è precipitata da C02.
«. Anche questo ossisolfone presenta, come l'isomero, difficoltà contro
l'ossidazione con permanganato, tanto in soluzione acida, che alcalina.
« La mancanza di materiale, tanto in questo che nell'altro caso, mi ha
impedito di tentare l'ossidazione con altri mezzi.
Sul diossitiobenzol dal timol.
« L' acetilderivato di questo prodotto si ha in cristalletti abbastanza bene
sviluppati ed incolori, che fondono a 95°-96°. Ossidati col solito metodo danno
una massa che cristallizza dall'alcool in grossi cristalli che fondono a 107°-108U.
« In 100 parti:
trovato calcolato per C»4 li :,, I >,-, S
C 64,81 64.57
H 6,97 6,72
S 7.10 7,17
— 51 —
« Questo acetilderivato decomposto con potassa alcoolica e ricristallizzato,
è in cristallini bianchissimi, che fondono a 213°-214° e sono solubili negli
idrati e carbonati alcalini come gli omologhi inferiori. S % 9,49 trovato,
S % 9,75 calcolato. Questo ossisolfone è probabilmente identico od isomero
di quello di cui il prof. Paterno, già da molti anni (Gazzetta Chimica 1875,
voi. V, pag. 13) ottenne un etere metilico, assieme a due acidi solfonici
del timol.
Sulla diossitionaftalina.
« L' acetilderivato della diossitionaftalina si ottiene cristallizzato dall'al-
cole in cristalletti splendenti, ed alterabili all'aria. Fonde a 200°, è assai
poco solubile nell'acido acetico anche a caldo, e non si può tenervelo sciolto
senza che si alteri. Non potendo sacrificare forti quantità di acido acetico
*
glaciale, non ho potuto ottenere il relativo ossisolfone.
« A proposito della diossitionaftalina mi permetterò una osservazione
sopra una Nota del sig. Lange escita da poco (Beri. Ber. XXI, 260).
* In essa l'autore riferisce di aver solforato il § naftol, bollendolo in so-
luzione alcalina con solfo, e di avere ottenuto due prodotti, l'uno che si separa
spontaneamente dalla soluzione alcalina, e che fonde a 210°, e l'altro
p. f. 168°-170° che può aversi acidificandola con un acido dopo tolto il primo.
Ed in seguito aggiunge che al primo (p. f. 210°) conviene la formola
(Ciò Htì OH)2 S2, mentre al secondo (p. f. 168°-170°) non può decidersi colle
nu e sia un prodotto di riduzione
del primo, o se gli convenga pure la formola (Ciò He OH)2 S2 e sia un iso-
mero del primo.
« Non entrando nella questione se dopo gli studi di Haitinger (Journal
of the Chem. Society 1883, n. CCLII, pag. 988) possa cader dubbio sulla
natura di questi composti, ed essendovi dubbio, esso non possa togliersi
sperimentalmente: non so spiegarmi l'affermazione, che si legge nella detta
Nota, che cioè siano identici i due corpi, l'uno preparato dal sig. Lange e
della formola (C10 Ho OH)2 S2 e l'altro (cioè la diossitionaftalina) preparato
dalla ditta Dahl e C. e da me, corpo della formola (C10 H6 OH)2 S ».
PRESENTAZIONE DI MEMORIE
DA SOTTOPORSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
F. .Ranieri. Sui diagrammi degli sforzi lungo le aste delle travati' re
reticolari inde formabili non triangolari soggette a carichi mobili. Presen-
tata dal Socio Cremona.
— 52 —
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Pervennero all'Accademia le seguenti pubblicazioni, inviate in dono da
Soci e da estranei:
E, Levasseur. Esquìsse de l'Ethnographie de la Fra/ice.
G. A. Hirn. La Thermodynamique et l'étude du travati chez les ètres
oivants. — Construction et emploi du métronome eii musique. — Theorie
et application du pendute à deux branches.
J. Lenhossék. Varie Memorie d'anatomia, di cui l'elenco sarà inserito
nel Bullettino bibliografico.
Studi editi dalla Università di Padova a commemorare l'ottavo cen-
tenario dalla origine della Università di Bologna. Voi. I-III, inviati dal-
l'Università di Padova.
ELEZIONI DI SOCI
Colle norme stabilite dallo Statuto e dal Regolamento, si procedette dal
Presidente alla elezione di Soci e di Corrispondenti nelle due Classi del-
l'Accademia e si ebbe il risultato seguente:
Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali
Fu eletto Socio nazionale:
Nella Categoria III, per la Geologia e Paleontologia: Achilli-:
De Zigno.
Furono eletti Soci stranieri:
Nella Categoria I, per la Matematica: Giulio Enrico Poincaré
ed Hermann Schwarz ; per la Meccanica : Gustavo Adolfo Hirn e Mau-
rizio Lèvy; per Y Astronomia: A. Auwers; per la Geografia matematica
e fìsica: Giorgio Augusto Schweinfurtii.
Nella Categoria IL per la Fisica: Giorgio Gabriele Stokes.
Nella Categoria IV, per la Zoologia: Alessandro Agassiz; per
l' Agronomia: Luigi Pasteur; per la Patologia: Luigi Ranvier e Ro-
berto Koch.
Queste nomine saranno sottoposte all'approvazione di S. M. il Re.
Furono inoltre eletti Corrispondenti:
Nella Categoria I, per la Matematica: Vito Volterra; per la
Meccanica: Giuseppe Colombo.
— 53 —
Nella Categoria II, per la Chimica: Giacomo Ciamician e Fran-
cesco Mauro.
Nella Categoria IV, per la Botanica: Giovanni Arcangeli; per
la Zoologia: Giuseppe Bellonci; per Y Agronomia: Adolfo Targioni-Toz-
zetti; per la Fisiologia: Pietro Albertoni; per la Patologia: Pio FoÀ.
Queste nomine furono proclamate dal Presidente con Circolare del
14 luglio 1888.
Classe di scienze morali, storiche e filologiche
Furono eletti Soci nazionali:
Nella Categoria II, per l'Archeologia: Giulio De Petra.
Nella Categoria IV, per le Scienze filosofiche: Carlo Cantoni ed
Augusto Conti.
Nella Categoria V, per le Scienze giuridiche: Carlo Fran-
cesco Gabba.
Furono eletti Soci stranieri:
Nella Categoria I, per la Filologia: Franz Miklosich.
Nella Categoria li, per Y Archeologia: Wolfango Helbig.
Queste nomine saranno sottoposte all'approvazione di S. M. il Re.
Furono inoltre eletti Corrispondenti:
Nella Categoria I, per la Filologia: Gio. Battista Gandino e
Francesco Rossi.
Nella Categoria II, per Y Archeologia: Giuseppe Gatti e Pompeo
Castelfranco.
Nella Categoria III, per la Storia e Geografia storica: Tommaso
Belgrano e Giuseppe De Blasiis.
Nella Categoria IV, per le Scienze filosofiche: Alessandro
Chiappelli.
Nella Categoria V, per le Scienze giuridiche: Errico Pessina.
Nella Categoria VI, per le Scienze sociali: Giuseppe Ricca-
Salerno.
Queste nomine furono proclamate dal Presidente con Circolare del
14 luglio 1888.
PERSONALE ACCADEMICO
Giunse in dono air Accademia ima medaglia coniata in ricordo del giu-
bileo del Socio straniero F. C. Donders, celebrato ad Utrecht nei giorni
27 e 28 maggio del 1888.
— 54 —
CORRISPONDENZA
Ringraziarono per le pubblicazioni ricevute :
La K. Deputazione di storia patria in Modena; l'Accademia delle scienze
di Nuova York ; la R. Società zoologica di Amsterdam ; la Società Reale di
Londra ; la Società filosofica e 1' Università di Cambridge ; la Società archeolo-
gica di Londra; la Società geologica di Manchester; il Museo Britannico
di Londra ; il Museo di zoologia comparata di Cambridge Mass.
Inviarono le proprie pubblicazioni:
La Società olandese delle scienze di Harlem; la Società di scienze na-
turali di Boston Mass.
I). C.
P. B.
55 —
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DEELA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
pervenute all'Accademia sino al 5 agosto 1888.
Botanica. — Diagnosi di funghi nuovi. Nota III (') del Socio
G. Passerini.
Pirenomiceti.
- 1. Apiosporium vaccinimi Passer. hb. — Perithecia vii lente perspicua
subgregaria vel sparsa ; punctiformia atra 100 a diam. bisso nullo insiden-
tia, membranacea. Asci numerosi elliptici aparaph}rsati vix constricto-stipitati
plejospori, 35-45 X 12,5-15 ; vel etiam globosi 40 /t diam. ; sporae ovales
hvalinae 5X3. Paraphyses nullae.
« Sul vecchio fimo vaccino insieme a Sporormia minima Auersw. ed
Ascobolus sp. a Vigheffio presso Parma, nel greto del torrente Baganza.
Ottobre 1887.
« 2. Eosellinia Mamma Passer. hb. — Perithecia plus minus dense gre-
garia cortici immutato vel ligno infoscato insidentia, globosa laevia opaca
glabra, vertice saepe depressa, ostiolo papillato. Asci paraphysibus filiformibus
guttulatis obvallati, teretes longe attenuato-stipitati, 150-175 X 7,5, pars spo-
rifera 100-125 fi long. 8 spori; sporae monostichae, oblongo-ovoideae, apicibus
acutiusculis muticis, fuligineae, 15-17,5X5,6.
(!) Vedasi Rendiconti, voi. Ili, 1° seni., p. 3-89.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 8
— 5b —
« Ascis longioribus, angustioribus, longius stipitatis, paraphysibus gut-
tulatis et sporis brevioribus angustioribusque a R. mastoidea Sacc. distinguenda.
« Su stecchi fracidi di Gornus sanguinea, o Ligitstrum vulgare. Vigheflio
presso Parma.
« 3. Laestadia ramulicola Passer. hb. — Perithecia sparsa vel gregaria
tecta minute pustulaeformia atra. Asci cylindrico-clavati aparaphysati 8 spori,
50X8 : sporae distichae fusiformes, eurvulae continuae, utrinque acutae, hya-
linae, 17,5-20 X 2,5-8.
« Nei ramoscelli secchi di Genista tinctorio,. Vigli effio presso Parma.
- 4. Laestadia pinciana Passer. hb. — Perithecia minutissima, globosa,
fusca, in series, longitudinales continuai arcte digesta, contextu membranaceo
minute celluioso, ostiolo perforato. Asci obpyriformes aparaphysati, basi acuti.
25X10-12: sporae subdistichae vel conglobatae, oblougo-fusiformes quadri-
guttulatae, hyalinae.
« Nelle foglie fiorali e sugli steli secchi del Iancus acutus. Roma al
Pincio, nella vasca presso la clessidra.
» 5. Gnomoniella rubicola Passer. hb. — Perithecia sparsa tecta ostiolo
acuto epidermidem sublevante et vix emerso, atra. Asci paraphysati fusi-
formes, 30 X 5, 8 spori ; sporae distichae, fusiformes, oblongae integrae,
hyalinae, 6-7 X 2. Paraphvses copiosae, tenuissimae, ascos aequantes vel
superantes.
« A G. ideimi a (Karst) ascis sporisque minoribus. hisque non chlorinis
difterre vidctur.
« In un ramo secco di Rubiti fruticosus. Fornovo, provincia di Parma.
« 6. Sphaerella vitalbina Passer. hb. — Perithecia sparsa, minuta, tecta,
globoso-depressa, atra. Asci vani, elongato-clavati, vel interne innati, aut
ovati et gibbi, 30-75 X 10-15, 8 spori; sporae distichae vel conglobatae, navi-
culares vel cuneatae, medio septatae, leniter constrictae, 12,5 X 2,5-3.
«À51. Vitalbae ditfert praecipue sporis multo minoribus ut etiam ascorum
forma varia.
« Nei sarmenti aridi di Clematis Vitalba a Sala, provincia di Parma.
« 7. Sphaerella Hesedae Passer. hb. — Perithecia gregaria matricem
infuscantia, globoso-conoidea prominula. Asci clavati vel obclavati aut gibbi,
basi ventricosi, 45-62 X 15-20, 8 spori; sporae bi-tristichae, oblongae vel ob-
longo-cuneatae, medio septatae non constrictae hyalinae, 15-18 X 5.
* Fructificatione ad S. carpogenam Passer. accedit, sed peritheciis cras-
sioribus infuscantibus distinguenda.
« Negli steli fracidi di Reseda luteola. Vigheflio presso Parma.
« 8. Sphaerella Terebinthi Passer. hb. — Perithecia hypophylla minuta
gregaria, tecta, maculas fuscas venis limitatas formantia. Asci numerosi, forma
varii basi breviter stipitati, raro clavati, recti, saepius curvi, prope basim vel
medio ventricosi, 55-75 X 15-20; sporae octonae subdistichae vel conglobatae.
— 57 —
oblongae, didymae vix constrictae, loculo inferiore attenuato longiore. hyalinae.
20-22,5 X 5.
« Ascis numquam clavato-cylindricis et sporis non ellipticis nec loculis
aequalibus, a S. Pistaciae Cooke diversa.
" Nelle foglie sternate di Pistacia Terebinthiis. Parma, nel E. Orto
Botanico.
* 9. Sphaerella Pecten Passer. hb. — Perithecia in matrice fuscescente
crebre sparsa, punctiformia atra, ostiolo acutiusculo. Asci ovati, basi abrupte
breviter stipitati, 8 spori, 40-42 X 12,5-15; sporae stipatae oblongae, utrinque
rotundatae, medio septatae, 12,5 X 5.
« Nei frutti sternati di Scandite Pectai Veneris. Fornovo, provincia di
Parma.
« 10. Sphaerella maculans Passer. hb. — Perithecia in maculas epi-
phyllas albicantes fusco marginatas panca, crassiuscula, atra. Asci saepius
ovoideo-elongati vel subclavati, 8 spori, 50-75X12-15; sporae oblongae, bi-
tristichae, medio septatae, hyalinae, 15 X 5.
n Ascorum et sporarum magnitudine a & maculosa Sacc. et a ,S'. macu-
lari (Fr.) pariter diftert. Maculis exceptis ad S. crassam Auersw. propius
accedit.
« Sulle foglie vive di Populus alba. Vigheffio presso Parma.
« 11. Sphaerella Moraeae Passer. hb. — Perithecia sparsa vel sub-
gregaria tecta, dein libera subglobosa. Asci aparaphysati oblongo-clavati, sub-
stipitati, 65-87 X 15-20, 8 spori; sporae oblongo-spathulatae, subtristichae, ad
septum non vel vix constrictae, hyalinae, 20-25 X 7,5-10.
« Sphaerellae Iridis Auersw. affinis, sed ascis sporisque grandioribus
diversa.
« Nei cauli, nei peduncoli e nelle foglie aride della Moraea chinensis.
Parma, nel K. Orto Botanico.
« 12. Lidymella chaetostoma Passer. hb. — Perithecia sparsa subglobosa
tecta, ostiolo acuto setulis rigidis convergentibus 30-40 /t long., obsito erum-
pente. Asci cylindrici, breviter stipitati 8 spori, 60-80 X 9-10, paraphysibus
filiformibus stipati ; sporae monostichae ovatae, prope medium septatae et
constrictae, hyalinae, 20 X 7,5, loculo altero minore.
« Nei cauli secchi di Artemisia camphorata. Vigheffio presso Parma.
a 13. Venturia elastica Passer. hb. — Perithecia superficialia minuta
setulosa atra hypophylla, in series lineares transversim digesta vel sparsa. Asci
cylindrici 8 spori elongati; sporae biseriales, ovales, medio septatae, hyalinae,
7,5-8 X 3.
« Nelle foglie fracide del Ficus elastica. Parma nel R. Orto Botanico.
« 14. Diaporthe (Chorostate) Cydoniae Passer. hb. — Acervuli valsei laxe
vel crebre erumpentes, pulvinati, parenchymati corticali insidentes. Perithecia
— r,s —
snbglobosa intus albida, ostiolo obtuso vix emergente. Asci cylindraceo-clavati
curvi 8 spori, 100-112 X 12; sporae oblique uniseriatae vel subdistichae,
oblongo-ovatae, prope medium septatae, leniter constrictae, loculis inae-
qualibus haud guttulatis, altero angustiore, hyalinae, 17,5X7,5.
« Su rametti di Cotogno insieme a Phoma Cydoniae Sacc. Ascochita sp.
Ehabdospora sp. etc. Parma.
« 15. Didymosphaeria endoleuca Passer. hb. — Perithecia solitaria sparsa,
atra sub epidermidem pustulatim inflatam integram vel vix fissam nidulantia.
nucleo candido. Asci elongato-clavati, basi breviter attenuato-stipitati paraphy-
sati 8 spori, 100-125 X 15 ; sporae amygdaloideae vel ellipticae, medio septatae,
non constrictae, obscure fuscae, 20-27,5 X 8-10.
« Nei rami secchi di Cercis Siliquastrum insieme a Diplodla Siliquaslri
Passer. Parma, nel R. Orto Botanico.
« 16. Ottia Wistariae Passer. hb. — Caespituli parvuli erumpentes subro-
tundi, vel rarius oblongi, loDgitudinaliter subseriati ; perithecia stremate cor-
ticali fusco insidentia, subglobosa opaca, ostiolo punctiformi vel obsoleto. Asci
cilindrici paraphysati 8 spori, 105 X 8; sporae monostichae ellipticae, unisep-
tatae, non vel vix constrictae, fuscae, 12,5 X 7,5.
« Ottiae dimiiiutae Karst. aftinis. sed asci breviores, paraphyses non
ramosae et sporae latiores.
« Nei rami secchi della Wistaria chinensis. Parma, nel R. Orto Botanico.
■ 17. Massaria Holoschoeni Passer. hb. — Perithecia insculpta sparsa,
vix papillata, globoso-depressa, atra. Asci ampli, saccato-oblongi, recti vel curvi,
basi abrupte breviterque oblique stipitati, paraphysati, 8spori, 150-175 X 25-37 ;
sporae bi-tristichae fusiformes, medio leniter constrictae, rectae 9-11 septatae,
chlorino-hyalinae tandem fuscae. circulo hyalino eiicumdatae, 32-42 X 8-10
(sine circulo).
« Nei calami fracidi dello Scirpus Holoschoenus insieme a Lophiotrema
pusillum Fuckel. Vigheffio presso Parma, nel greto del torrente Baganza.
« 18. Leptosphaeria Rssedae Passer. hb. — Perithecia subgregaria
hypophloea, tandem cortice consumpto nudata, ligno adnata, globosa atra.
ostiolo minuto, papillari, interdum depressa. Asci elongato-clavati, paraphysati
8 spori, 75-110 X 10-12; sporae elongato-fusiformes distichae, apicibus acumi-
na,is, triseptatae, loculis aequalibus. 30-35X5, primo hyalinae, tandem flavidae.
- Leptosphaeriac Boceoniae (0. et E.) Sacc. videtur affinis, sed sporae
numquam fuscae visae. Oaeterum huius descriptio nimis contracta judicium
difficile reddit.
- Nei cauli fracidi della Reseda lutea.
« 19. Leptosphaeria carduina Passer. hb. — Perithecia sparsa pusilla
globosa epidermide rupta cincta, atra, basi filis dematiaceis parcis praedita,
contextu minute celluioso fuligineo. Asci paraphysati, elongato-clavati, inferne
— 59 —
breviter attenuato-stipitati, 8 spori, 68-75 X 10-12; sporae distichae elongato-
ellipticae, utrinque rotundatae 3-5septatae, 15-18 X 5, loculo uno alterove
saepe longitudinaliter diviso, e flavo fuscidulae.
- Nelle brattee involucrali dei capolini sternati del Carduus nutans. Vi-
gheffio presso Parma, nel greto del torrente Baganza.
« 20. Leptosphaeria Salviae Passer. hb. — Perithecia hypophloea
subgregaria globosa parce setulosa, ostiolo cylindrico corticem perforante. Asci
paraphysati clavati, inferne longe attenuati, 8 spori, 87-125 X 12-14; sporae
fusiformes 9-11-septatae, subdistichae, 45 X 5, flavidae, loculo altero ex in-
termediis subtumido.
« Nei rami secchi della Salvia offlcinalis insieme talvolta ad Ophiobolus
hormosporus col quale non è da confondersi. Parma, nel R. Orto Botanico.
« 21. Leptosphaeria patellaeformis Passer. hb. — Perithecia subgregaria
vel sparsa, subglobosa, ostiolo minutissimo vix papillari, atra, siccitate col-
lapsa, scutellata. Asci elongato-subclavati, paraphysibus fìliformibus superati
8 spori, 80-100X8-10; sporae fusiformes 3septatae, distichae vel oblique mo-
nostichae dilute flavae, senio fuscescentes, 15-17,5 X 5.
« Nel culmo fracido di Zea Maijs. Vigheffio presso Pai-ma.
* 22. Leptosphaeria rhizomatum Passer. hb. — Perithecia parce gregaria
tecta, globosa atra, ostiolo epidermidem perforante vel subinde pontiformi
sublevante, tandem nudata glabra. Asci paraphysati, plus minus late clavati,
basi sensim attenuati, noduloso-stipitati 8 spori, 62-87 X 6-10; sporae distichae
vel oblique monostichae, in ascis latioribus superne tristichae, fusiformes.
7-9-septatae, loculis aequalibus, vel altero ex intermedis vix tumidulo, e luteo
fuscae ad apices acuminatae et quandoque apiculatae, 22-25 X 2,5-3,5.
«AZ. culmifraga (Fr.) non distare videtur, sed peritheciis glabris et
sporarum longitudine, satis diversa.
« Nei rizomi sternati del Cynodon Dactylotfe negli stoloni dell' Agrostis
mdgaris. Vigheffio presso Parma.
« 23. Melanomma Caricae Passer. hb. — Perithecia gregaria vel sparsa per
corticem fissimi erumpentia vel, ilio consumpto, demuni nudata, ligno insi-
dentia, subglobosa, glabra opaca, ostiolo papillari nitidulo, vertice tandem
depresso. Asci elongato-clavati, inferne attenuati, paraphysibus tenuibus stipati
8 spori, 70-80X8-10; sporae subdistichae fusiformes, utrinque acutae, triseptatae.
ad septa non vel vix constrictae, melleo-fuscescentes, 12 X 15.
* In un ramo secco di Ficus Carica. Parma.
« 24 Trematosphaeria Carestiae Passer. hb. — Perithecia superficialia
sparsa vel parce gregaria, globoso-depressa, rugulosa atra, minute papillata,
vel tantulum umbilicata. Asci paraphysati, tubulosi, basi sensim attenuati
8 spori, 125-160 X 16; sporae monostichae vel subdistichae ovoideae triseptatae,
margine angusto hyalino cinctae, loculis intermediis amplis melleo-fuscis,
guttulatis, extimis minimis subhyalinis, 20-25 X 8-10.
— 60 —
it Sulla vecchia scorza di B etnia alba a Riva di Valsesia (Piemonte).
Carestia.
« 25. Ealmusia Fici Passer. hb. — Perithecia subgregaria, stromate
corticeru dealbante immersa, parvula, pustulaeformia atra, ostiolo obtusiusculo
vix emerso, nucleo albo. Asci clavati, copiose paraphysati, basi longe atte-
nuato-stipitati 8 spori, (30-70 X 8-10; sporae. distichae elongatae roctae, apicibus
qbtusis, triseptatae, ad septa leniter constrictae lnteo-fuscae. 15 X 5.
« In rami secchi di Ficus Carica. Parma.
« 26. Massarina Spartii Passer. hb. — Perithecia subcutanea, depressa
fusca, ostiolo obsoleto, contextu celluioso ochraceo-fusco. Asci paraphysati cylin-
drici, basiabrupte stipitati, stipite tenui incurvo 4? — 8 spori, $0-100 X 15:
sporae uniseriales ellipticae vel subovatae didymae, castaneo-fuseae, baione
mucilaginoso circumdatae, episporio crasso. 18-22,5 X 10-12 (halone excluso).
« Nei ramoscelli dello Spartium scoparìum lungo l'Incisa presso Santa
Maria del Taro, prov. di Parma.
■ 27. Metasphaeria sphaerelloides Passer. hb. — Perithecia crebre sparsa
punctiformia tecta. Asci clavati tenuissime stipitati 8 spori, aparaphysatì,
42-50 X 5-7,5 ; sporae biseriatae elongato-fusiformes. in asci lamine flavidae,
ejectae subhyalinae, triseptatae. loculis subinde guttulatis, altero ex inter-
mediis tumidulo, 22,5 X 2,5-3.
« Nei rami della Clematis Vitalba insieme a Sphaerella vitalbina Passer.
ed Ophiobolus Clematidis Passer. Sala, provincia di Parma.
« 28. Metasphaeria Liriodendri Passer. hb. — Perithecia sparsa vel
subgregaria minuta, sub epidermide turgida nidulantia, ostiolo vix prominulo.
Asci clavati, paraphysibus tenuibus obvallati, breviter stipitati, 75-90 X 10,
8 spori ; sporae distichae fusiformes triseptatae, medio leniter constrictae, qua-
driguttulatae, loculo altero ex intermediis tumidulo. 15-20 X 4-5 hyalinae.
« In ramicelli secchi di LiHodendron Tulipifera insieme a Phoma ThH-
meniì Passer. Parma nel R. Orto Botanico.
« 29. Metasphaeria Forsythiae Passer. hb. — Perithecia tecta minuta,
pustulaeformia, globosa atra, ostiolo papillari per epidermidem perforatam vix
emersa. Asci paraphysati, clavati, longe attenuato-stipitati, 8 spori, 112 X 15;
sporae fusiformes utrinque acuminatae, curvulae 5septatae, medio constrictae,
loculis guttulatis, septis tenuissimis, chloro-jodureti zinci ope tantum pers-
picuis, 25-30 X 5-6.
« Nei ramicelli secchi della Forsythia vividissima insieme con Phoma sp.
e Rhabdospora sp.
« 30. Metasphaeria Idesiae Passer hb. — Perithecia epiphylla puncti-
formia sparsa, in macula exarida cinereo-fusca. Asci pauci oblongo-tubulosi
aparaphysati 8-spori; sporae fusiformes, triseptatae chlorino-hyalinae, 17, 5 X 5.
« Nelle foglie languenti della Idesia polyoarpa. Parma, nel R. Orto
Botanico.
— 61 —
«31. Metasphaeria Caricae Passer. hb. — Perithecia crebre sparsa
minuta, sub epidermide pustulatim elevata nidulantia, ostiolo punctiformi
atro vix emerso. Asci cylindrico-clavati, basi breviter attenuato-stipitati 8 spori,
85-100 X 8; sporae subuniseriales fusiformes, rectae vel eiirvulae, triseptatae,
chlorinae, intra ascos flavidulae, 22,5 X 5. Paraphyses copiosae filiibrmes.
« M. corticolae (Puckl) proxima, sed pheritheciis nunquam erumpen-
tibus et sporis exacte fusiformibus chlorinis distinguenda.
« In un ramo fracido di Ficus Carica, assai rara. Parma.
« 32. Metasphaeria Chamaeropis Passer. hb. — Perithecia globulosa.
crebre sparsa tecta, pustulatim erumpentia. Asci elongato-clavati, basi atte-
nuato-stipitati 8 spori, 55-75 X 10 ; sporae subdistichae oblongo-cuneiformes,
triseptatae, non vel vix constrictae hyalinae, loculis interdum guttulatis,
penultimo subtumido, 17,5-20 X 4-5. Paraphyses non visae.
« Nei picciuoli secchi della Chamaerops humilis. Parma, nel R. Orto
Botanico.
« 33. Metasphaeria sepulta Passer. hb. — Perithecia immersa globosa,
ostiolo punctiformi vix erumpente, interdum superficialia. Asci subclavati, pa-
raphysati, 75-100 X 12,5; sporae distichae fusiformes 3-septatae, ad septa con-
strictae, loculis guttulatis, altero ex intermediis tumidulo, 25-30 X 7,5 hya-
linae, tandem flavidulae.
« Nei calami fracidi di Scirpus ffoloschoenus. Vigheffio presso Parma.
« 34. Metasphaeria Seae Passer. hb. — Perithecia sparsa tecta dein
nudata atra punctiformia, contextu minute celluloso-fuligineo. Asci lanceolati
vel basi subventricosi aparaphysati 8 spori, 60 X 10 ; sporae distichae vel tri-
stichae fusiformes, utrinque acutae hyalinae, varie guttulatae, tandem trisep-
tatae non constrictae, 15 X 4,5.
« Nel culmo fracido di Zea Mays a Fornovo, provincia di Parma.
« 35. Sphaerulina Coriariae Passer. hb. — Perithecia sparsa vel sub-
gregaria, tecta, minuta, subglobosa, atra, ostiolo acutiusculo epidermidem
sublevantia et perforantia. Asci caespitosi aparaphysati, obovati vel elongati
aut clavati, basi breviter abrupte stipitati, 35-63 X 12-15 ; sporae senae-
octonae, fusiformes vel subclavatae, subtristichae, vel stipatae 3-5-septatae.
hyalinae, 12-15X4-5.
« Nei rami secchi della Coriaria myrtifolia a Rocca Prebalza presso
Berceto, prov. di Parma.
« 36. Zignoèlla adjuncta Passer. hb. — Perithecia gregaria vel sub-
sparsa, globosa, opaca rugosula minute papillata, basi vix insculpta, Asci pa-
raphysibus tenuibus subaequilongis stipati, cylindrici, 65-75 X 5-6, 8 spori :
sporae uniseriales fusiformi-elongatae, apicibus rotundatis, hyalinae triseptatae.
ad septa crassiuscula fuscidula non constrictae, 12-5 X 4.
« Habitus Melanommatis Pulvis pyrius (Pers) vel Teichosp&rae oàdw
eentis Fuckl.
— 62 —
a In un ramo fracido denudato di Corylus Avellana. Vigheffio presso
Parma.
- 37. Teichospora endophloea Passer. hb. — Perithecia sparsa vel
subgregaria erumpenti-superficialia, globosa, atra, vertice obtusa. Asci para-
physati clavati 8-spori, 112X20; sporae uniseriales ellipticae, 7septatae, medio
constrictae, loculo altero vel plerisque longitrorsum divisis, 22,5-25X11-12.5.
olivaceo-fuscae. Paraphyses longae, filiformes.
- Sulla faccia interna della scorza staccata dell' Amygdalits persica. Vi-
gheffio presso Parma.
* 38. Ophiobolus Resedae Passer. hb. — Perithecia crebre sparsa,
minuta tecta, ostiolo conico acuto emerso, basi dematiaceo-fibrillosa. Asci
aparaphysati, cilindrici, interne longissime attenuati 8 spori, 65-112 X 5 :
sporae filiformes, tenuissimae, continuae, ascorum partem cylindricam subae-
quantes, in asci lumine flavidae, ejectae hyaliuae.
« Ophiobol/im Hesperidis Sacc. accedere videtur, sed peritheciis basi
tibrillosis, ostiolo vix emerso et ascis longe attenuatis satis differt.
* Nei cauli fracidi della Reseda lutea. Vigheffio presso Pai-ma.
« 39. Ophiobolus Rhagadioli Passer. hb. — Perithecia sparsa, tecta,
minuta, pustulaeformia, ostiolo brevi vii erumpente. Asci paraphysati, cylin-
drici 8-spori, 100-125 X 5-6. Sporae ascos subaequantes, tenuissimae, conti-
nuae, hyalinae, in asci lumine vix flavidulae.
« Accedit spermogonium peritheciis 9Ìmilibus, interdum subgregariis.
spermatiis cylindricis, 3-4guttulatis, 10-12 X 1,3.
« Nei cauli, nei rami e negli acheni del Rhagodiolus stellatus. Parma,
nel R. Orto Botanico.
« 40. Ophiobolus hormosporus Passer. hb. — Perithecia sparsa, cortici
immersa, ostiolo acuto, atro plus minusve erumpente. Asci paraphysati, cla-
vati, inferno attenuati et undulato-stipitati, 4-8 spori, 100-130 X 12-15. Sporae
bacillari-clavatae, ascos subaequantes, superne 5 /* crassae multiseptatae, ad
septa plus minus constrictae, in asci lumine flavidae, ejectae hyalinae, arti-
culis subglobosis saepe guttulatis, altero vel pluribus ex intermediis crassio-
ribus. Paraphyses filiformes non guttulatae.
« Nei rami secchi della Salvia oflicinalis insieme talvolta a Lepto-
sphaeria Salviae. Parma, nel R. Orto Botanico.
« 41. Ophiobolus cannabinus Passer. hb. — Perithecia sparsa ligno infu-
scato immersa, ostiolo conico vix erumpente. Asci paraphysati cylindrici subsessi-
les 8 spori, 85 X 5; sporae filiformes aequales, continuae hyalinae 65-85 X 1-1 V*.
« Peritheciis ligno omnino immersis praecipue distiDguenda.
« Su canàpuli stemati. Langhirano, provincia di Parma.
« 42. Ophiobolus parmensis Passer. hb. — Perithecia subgregaria, ligno
denudato insidentia, globosa atra glabra, ostiolo longiusculo cylindrico trun-
cato ! Asci cylindrico-subclavati, inferne lenissime attenuato-stipitati, 6-8 spori.
— 63 —
obscure paraphysati, 112-137X7,5; sporae filiformes continuae non guttu-
latae, in asci lumine dilute flavidae, ejectae hyalinae, 90-100 X 1,3.
« In un ramo secco scortecciato di Ficus Carica insieme a Diplodiella
ficina. Parma.
« 43. G-ibberella atro-rufa Passer. hb. — Perithecia laxe vel acervatim gre-
garia, atro-rufa globosa minute papillata, demum cupulaeformi-collapsa, con-
textu sordide coeruleo-yiolascente. Asci clavati, 62 X 12,5, 8-spori, sporae sub-
distichae ovatae, triseptatae, hyalinae, 15-17,5 X 7,5.
« Stylosporae didymae ftiligineae, 15-20 X 10.
« In un ramicello fracido di Ficus Carica. Parma.
« 44. Seynesia Caronae Passer. hb. — Perithecia sparsa minuta scu-
tiformia atra, centro papillata et pertusa, contextu radiato fuligineo, margine
fimbriata, et hyphis tenuibus hyalinis radiantibus, nonnullis quoque crassio-
ribus fuligineis praedita. Asci cylindrici, vel apice sensim attenuati, apara-
physati recti vel curvi, 40-50 X 7,5, 8 spori ; sporae subdistichae, ellipticae,
medio septatae non constrictae, fuscidulae, 10 X 4,5.
« Nella scorza di rami secchi dello Spartium junceum presso Carona
in quel di Fornovo, provincia di Parma.
« 45. Triblidiella brachyasca Passer. hb. — Perithecia sparsa vel sub-
gregaria superfìcialia, ovalia vel difformia plus minusve late hyantia, atra. Asci
clavati vel saccati, 8 spori, 50-63 X 12, 5-15 paraphysibus aequilongis apice
colorato coalitis, obvallati ; sporae di-tristichae fusiformes, strato mucoso obdu-
ctae, spuriae tn-quinque septatae, diu hyalinae, tandem fuscidulae, 20 X 5-7,5.
« Sulla scorza del tronco della Coffaea arabica. Parma, nel K. Orto
Botanico.
Sferossiclei.
« 46. Phyllosticta corrodens Passer. hb. — Maculae vagae, repentes,
griseae fusco-cinctae, mox erosae. Perithecia epiphylla punctiformia, atra,
sporae oblongo-ellipticae ad polos obscure nucleatae integrae hyalinae, 7, 5 X 2,5.
« Nelle foglie vive della Clematis Vitalba. Vigheffio presso Parma.
» 47. Phyllosticta bacteriispsrma Passer. hb. — Perithecia hypophylla
punctiformia tecta. in maculis irregularibus angulosis fuscis sparsa; sporae
minimae, bacillares aequales hyalinae, 2-2,5 n longae.
« Nelle foglie della Clematis Vitalba insieme a Septoria Clematidis Kob.
Vigheffio presso Parma.
« 48. Phyllosticta Moutan Passer. hb. — Maculae fusco-atrae, subdi-
scoideae vel oblongae, perithecia sparsa superfìcialia punctiformia fusca, fo-
ventes ; sporae ellipticae hyalinae circiter 4 X 2,5.
« Nelle foglie languenti di Paeoiiia Moutan. Vigheffio presso Parma.
« 49. Phyllosticta Tulipiferae Passer. hb. — Maculae subdiscoideae
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 9
— 64 —
exaridae fusco-marginatae, mox lacerae ; perithecia epiphylla subgregaria
minutissima semiimmersa; sporae oblongae continuae hyalinae, 10X3-4.
« A P. Liriodendri Thùm. sporarum forma et magnitudine differt.
« Nelle foglie vive di Liriodendro ti Tulvpiferd. Nel R. Orto Botanico
di Parma.
« 50. Phyllosticta Menispermi Passer. hb. — Maculae vagae, angu-
losae, venis limitatae, superne fuscae, inferne griseae, peritliecia hypophylla.
gregaria, minutissima, globosa, tecta, membranacea plus minus coerulescen-
tia, foventes; sporae ellipticae, continuae hyalinae ad polos plus minus per-
spicue nucleatae, rectae, 5-6 X 3.
« Sulle foglie languenti del Menispermum canademe. Parma, nel R. Orto
Botanico.
«51. Phyllosticta lenticularis Passer. hb. — Perithecia epiphylla,
lenticularia, crebre sparsa atra opaca, nucleo albo in maculis irregularibus
a mplis albo-exaridis; sporae oblongo-ellipticae, rectae, biguttulatae, hyalinae,
12,5-15 X 5, basidiis crassiuóculis, subaequilongis fultae.
« Nelle foglie vive dei Limoni. Parma.
« 52. Phyllosticta deliciosa Passer. hb. — Perithecia epiphylla pun-
ctiformia atra in maculis exiguis albo-exaridis, margine elevato, castaneo-fulvo
nitido cinctis; sporae minimae, cylindricae, integrae, hyalinae, 4X1.
* Nelle foglie vive del Cytrus deliciosa. Parma nel R. Orto Botanico.
« 53. Phyllosticta Terebinthi Passer. hb. — Maculae amplae irregulares
exaridae ferrugineo-griseae, mox lacerae; perithecia epiphylla sparsa puncti-
formia, ostiolo perforato, membranacea, contextu minute celluioso rufidulo;
sporae minutae ovales hyalinae, 2,5-3 X 1,5-2, ad apices obscure nucleolatae.
« Sulle foglie languide della /'/sfocia Terebinthus. Parma, nel R. Orto
Botanico.
« 54. Phyllosticta advena Passer. hb. — Maculae discoideae parvulae
vel irregulares plus minus amplae, primo luteae, dein fuscae, exaridae haud
marginatae. Perithecia minima, lente vix perspicua ; sporae ovatae vel oblon-
gae, rectae vel leniter curvae, integrae hyalinae, 8-12 X 3.
« Nelle foglie languenti della Robinia Pseudacacia. Gaione presso
Parma. Settembre.
« 55. Phyllosticta candicans Passer. hb. — Maculae irregulares exa-
ridae candicantes, margine fusco-rubiginoso limitatae. Perithecia mesophyllo
immersa, punctiformia atra, utrinque perspicua ; sporae ellipticae guttulatae,
hyalinae, 5-7,5 X 2,5-3,7.
« A Ph. cytisella Sacc. cui quodammodo accedit magnitudine sporarum
differt, et a Ph. Bauhiniae Cooke maculis candicantibus et sporis longioribus
diversa.
« Nelle foglie della Baithinia aculeata nel R. Orto Botanico di Parma,
« 56. Phyllosticta globuli Passer. hb. — Perithecia hypophylla dense
— 65 —
gregaria in maculis parvulis amphigenis subdiscoideis umbrinis ; sporae bacil-
lari-fusiformes, integrae, hyalinae, 10-12,5X1,5-1,8,
» Nelle foglie sternate dell' Eucalyptus globulus. Parma, nel K. Orto
Botanico.
« 57. Phyllosticta coronaria Passer. hb. — Maculae plus minus amplae
subdiscoideae discretae, raro plures confluentes, halone fusco circumdatae. Pe-
rithecia epiphylla punctiformia sparsa, primo tecta, dein epidermide perfo-
rata cincta, atra subglobosa; sporae oblongo-ellipticae integrae hyalinae, ad
apices nucleolatae endoplasmate opaco, medio leniter constrictae, 7-7,5 X 2,5-3.
« A Ph. vulgari Desm. differt peritlieciis aliquanto minoribus non su-
perficialibus et sporis multo brevioribus.
« Nelle foglie vive del Philadelphus coronarmi a Vigheffio presso
Parma. Autunno.
«■ 58. Phyllosticta Lagenariae Passer. hb. — Perithecia epiphylla, minuta
gregaria in maculis sordidis discoideis vel irregularibus mox laceris ; sporae
oblongae, utrinque rotundatae rectae cguttulatae hyalinae, 10-12, 5X5.
« Nelle foglie languenti della Lagenaria vulgaris. Nel R. Orto Botanico.
Autunno.
« 59. Phyllosticta implexa Passer. hb. — Maculae discoideae vel late
expansae folium dimidium et ultra occupantes. Perithecia epiphylla sparsa vel
subgregaria punctiformia depressa opaca ; sporae fusiformes continuae-, acerva-
tim visae rlavidulae, singulae hyalinae, 5-7,5 X 2,5.
« Praeter sporas non atomisticas, peritheciis non prominulis neque ni-
tidulis a Ph. nitidula Dur et Mont. differt.
« Nelle foglie languenti della Lonicera implexa, talvolta colla Sphae-
rella implexa Passer. della quale sarebbe lo spermogonio. Parma, nel R. Orto
Botanico. Giugno.
« 60. Phyllosticta Melissophylli Passer. hb. — Maculae amphigenae di-
scoideae vel angulosae arescendo albido-griseae, halone fusco-rubiginoso cir-
cumdatae, perithecia epiphylla subgregaria punctiformia tecta foventes ; sporae
oblongae utrinque nucleolatae et rotundatae integrae hyalinae, 7,5-10 X 4,5.
« Nelle foglie della Melittis Melissophyllum. Collecchio, provincia di
Parma. Settembre.
«61. Phyllosticta morifolia. Passer. hb. — Maculae amphygenae sub-
discoideae, arescendo sordide griseae, margine latiusculo castaneo -fusco cinctae.
Perithecia epiphylla gregaria punctiformia, nigra; sporae hyalinae, minutae
oblongae integrae, 3,5 X 1,5.
« Nelle foglie languide del Morus alba. Parma, nel suburbio. Novembre.
« 62. Phyllosticta lacerans Passer. hb. — Maculae vagae exaridae griseae
plus minus amplae et confluentes mox lacerae, perithecia exigua puncti-
formia tecta foventes. Sporae ovoideae vel elliptico-oblongae, hyalinae!
4-7,5 X 2,5-S.
— 06 —
« A Ph. ulmicola Sacc. differt maculis laceris et sporis hyalinis et a
Ph. ulmi. West, sporis minoribus.
« Nelle foglie vive in parte arsicce e lacerate dell' Ulmus camjìestris
insieme ad Acalyptospora nervisequa.
« 63. Phyllosticta cocophila Passer. hb. — Maculae exaridae candidae.
irregulares, oblongae, fusco-marginatae, perithecia atra snbglobosa epidermi-
dem lacerantia, foventes. Sporae oblongo-lanceolatae achroae, opacae endo-
plasmate granuloso repletae, sterigmatibus longiusculis filiformibus fultae,
15-20 X 6-7,5.
« Sporis multo majoribus a Ph. Cocos Cooke et a Ph. cocoina Sacc. pa-
riter distinguenda.
« Nelle foglie del Cocos flexuo&a. Nel R. Orto Botanico di Parma.
« 64. Phyllosticta cycadina Passer. hb. — Perithecia in macula fusco-
cincta sparsa vel subgregaria, globosa atra, per epidermidem erumpentia, cel-
lulis grandiusculis fuscis non radiatis contexta, ostiolo punctiformi ; sporae mi-
nutissimae bacillares, hyalinae, 2,5 X 0,5-0,7.
« A Leptolhqrio Cycadìs Passer. peritheciis crassioribus epidermidem
sublevantibus facile distinguenda.
« Nelle foglie della Ci/cas revoluta. Panna, nel R. Orto Botanico ».
Fisica. — Di alenili nuovi fenomeni elettrici provocati dalle
radiazioni. Nota VI del Corrispondente Augusto Righi.
« a) Alla fine della precedente Nota (') ho annunciato che alcuni gas e
vapori esercitano un assorbimento straordinario su quelle radiazioni ultravio-
lette, che provocano i nuovi fenomeni fotoelettrici. Siccome ho riconosciuto
d'altra parte, che i raggi solari sono inetti a produrre i detti fenomeni, così
è sorto in me naturalmente il sospetto, che la causa di tale inettitudine sia
l'assorbimento operato dall'atmosfera, specialmente coi suoi strati più bassi
e più densi, sulle radiazioni di minor lunghezza d'onda. Sono stato così
condotto alla seguente esperienza.
« Un disco di rame è mantenuto carico negativamente dal polo d'una
pila di 6 coppie a bicromato. Davanti ad esso e parallelamente alla distanza
di qualche millimetro, è tesa una rete di ottone, comunicante coll'elettro-
metro. Le radiazioni dell'arco voltaico, cadendo sul disco, dopo aver attra-
versato la rete, determinano l'ormai noto fenomeno di trasporto, e l'elettro-
metro devia, per la carica negativa che su di esso depongono le particelle
gazose partite dal disco. La deviazione cresce di più in più lentamente, finché
il potenziale della rete ha raggiunto un certo valore negativo. Ma se
(!) V. pag. 16
— 67 —
l'illuminazione dura solo pochi secondi, il potenziale raggiunto dall'elettrometro
è più o meno grande, a norma della maggiore o minore intensità delle ra-
diazioni attive ; anzi il potenziale raggiunto in un tempo determinato e assai
breve, per esempio un secondo, si può prendere come misura della intensità
medesima.
« Posto fra l'arco voltaico e gli strumenti ora descritti, un tubo lungo
circa 30 centimetri, chiuso agli estremi con lamine di gesso ('), nel quale
potevasi alternativamente o fare il vuoto (sino a 5 mm.), o lasciar rientrare
l'aria, ho ottenuto sempre, in tempi eguali, una deviazione alquanto mag-
giore quando il tubo conteneva aria rarefatta, di quando conteneva aria
all'ordinaria pressione, sia presa direttamente dall'ambiente, sia dopo averla
obbligata a traversare un tubo con anidride fosforica onde disseccarla.
« Dunque l'aria assorbe le radiazioni più rifrangibili, e può darsi be-
nissimo che la luce solare sia ricca di tali radiazioni, ma che esse siano
assorbite dall'aria atmosferica. Può accadere altresì, che le radiazioni attive
provenienti dal sole, agiscano sui corpuscoli solidi o liquidi sospesi nell'atmo-
sfera, e li carichino positivamente, nello stesso modo che si carica positiva-
mente un disco di rame o un pezzo di zolfo, esposti alle radiazioni dell'arco
voltaico, d'onde una possibile causa della elettricità atmosferica.
« L'assorbimento che produce l'aria è però di gran lunga inferiore a
quello che producono certi gas e vapori, come ad esempio il gas illuminante.
Bastano traccie di questo gas mescolate all'aria per dare un assorbimento
sensibile, e forse con questo mezzo si potrebbero rendere palesi delle quan-
tità di gas tali da sfuggire agli altri mezzi d' indagine.
« b) Quantunque possa a taluno apparire superfluo, pure, onde eliminare
subito certe spiegazioni che potrebbero essere proposte, ho voluto diretta-
mente constatare, se o meno le radiazioni attive si polarizzano per riflessione,
come le radiazioni sulle quali si esperimenta di consueto. Perciò, le radia-
zioni emesse dall'arco voltaico, dopo essersi riflesse due volte sotto un angolo
press' a poco eguale all'angolo di polarizzazione, sopra lastre di vetro nero,
sono ricevute dal sistema di rete e disco adoperati come nella esperienza
precedente, o semplicemente da una coppia foto-elettrica (in tal caso
impiegando lo zinco nell'arco voltaico). Allorché i due piani di riflessione
coincidono, si ha una deviazione all'elettrometro; ma non la si ha più, se i
due piani di riflessione sono fra loro perpendicolari « .
(') Oltre del gesso (selenite) e del quarzo, ho trovato recentemeute che anche il sal-
gemma è assai permeabile alle radiazioni attive.
— 68
Astronomia. — Benedetto IX e l'eclisse di sole del 29 giu-
gno 1033. Nota del prof. E. Millosevich, presentata dal Corrispon-
dente Tacchini.
« Colla morte di Silvestro II, avvenuta 1*11 maggio 1003, il Papato
divenne ludibrio de' partiti che funestavano Roma, e mentre l'autorità del
patrizio Giovanni Crescenzio diminuiva, a dismisura crescevano in potere i
Conti Tusculani.
« Agli oscuri Papati di Giovanni XVII e XVIII, creature del patrizio,
tien dietro quello di Sergio IV, vescovo di Albano e legato ai Conti di
Tusculo.
« Ne la morte di lui interruppe la tirannia dei Conti, perocché, di fronte
al nuovo eletto dal partito de' Crescenzii, oppongono i Tusculani colla vio-
lenza Teofilatto, che sale sulla cattedra di Pietro colle armi alla mano, scaccia
l'eletto de' Crescenzii, e col nome di Benedetto Vili governa la Chiesa e vi
si regge energicamente.
« Nella primavera del 1024 muore Benedetto Vili, ma la tiara non
isfugge dai Conti di Tusculo, che il fratello di Benedetto Vili smette le
vesti laicali, compera o impone colla violenza i voti, ed è Papa sotto il nome
di Giovanni XIX.
« La podestà civile e religiosa sono ora in Roma in mano dei Conti,
in .mano anzi d' un solo.
« La città, o meglio la Cristianità, ricordava ancora con isbigottimento
il Papato turpe del giovane Giovanni XII, Ottaviano, pur della stessa famiglia,
quando, alla mo.te di Giovanni XIX, un altro fratello di lui, Conte palatino
e console, colla violenza, colle armi e col danaro fece eleggere Pontefice, devesi
ritenere in forma canonica, suo figlio di nome pur Teofilatto, in età di
dodici anni.
« Un documento, citato da Gregorovius (IV, pag. 48), mostra che in
marzo del 1033 questo triste fanciullo era Papa col nome di Benedetto IX.
« Poi Gregorovius a pag. 51 (IV) ricorda, sull'autorità di R. Glaber,
una congiura, che i capitani di Roma tentano per liberarsi di tanto scandalo.
« Glaber, monaco di Cluny, che era contemporaneo, accenna che la
congiura doveva tor di mezzo il Papa il dì di S. Pietro, ma che al momento
convenuto, quando dovevano trucidare Benedetto IX presso l'altare, si oscurò
il sole e si sbigottirono i congiurati, e Benedetto, avvedutosene, si salvò fug-
gendo dalla Chiesa.
« Gregorovius soggiunge che le date sono tutte confuse e che Auger nella
vita di Benedetto accoglie perfino il racconto di una cacciata post suam pro-
motionem.
« Era facile accertare il tempo preciso della mancata congiura, qualora
— 69 —
intorno a quell'epoca vi fosse stato un eclisse di sole o totale o quasi totale
per Koma.
« Il monaco di Cluny ben s'apponeva fissando proprio il 20 giugno come
data della congiura, e l'Auger ancora è nel vero quando accoglie la cacciata
(io dirò la mancata cacciata) post suam promotionem.
« Dal Canone degli eclissi del celebre astronomo defunto Teodoro Op-
polzer di Praga (1841-1886) si apprende che un eclisse anulare avvenne il
29 giugno 1033 e fu centrale sulle Alpi intorno il meriggio di Roma.
« Calcolando, cogli elementi dati da Oppolzer nel suo mirabile Canone,
l'istante della massima fase di questo eclisse per Roma e la grandezza di esso,
mi è risultato:
1033 giugno 29 t vero di Roma
Massima fase 0h12,ml pm.
Grandezza = 0.85 del diametro del sole.
« L'incertezza quindi delle cronache è tolta di mezzo, ed è provato che
proprio intorno al meriggio del dì dell'Apostolo, proprio nello stesso anno
della esaltazione al Pontificato, post suam promotionem, dovevasi uccidere
il Papa fanciullo, il quale, mercè un fenomeno naturale, serbò la vita, come
dice Gregorovius, a danno di Roma e a vitupero della Chiesa.
« A conforto degli spiriti pii piacemi chiudere queste due righe col far
riflettere al lettore che, testimone di tante nefandezze che deturpano la vita
di Benedetto IX, vi era un giovane di spirito elevato e di mente politica
eccelsa, di durezza di carattere adamantina, e di senso teocratico fulmineo,
Ildebrando di Soana, il quale forse fin d'allora, come osserva Gregorovius,
architettava l'edificio colossale della riforma della Chiesa in rapporto a sé ed
allo Stato ».
Fisica. — Sopra un nuovo modello di barometro normale.
Nota I dei dott. G. Agamennone e F. Bonetti, presentata dal Socio
Blaserna.
« Per alcune nostre ricerche sulla compressibilità dei gas, intraprese
nell'Istituto Fisico di Roma, avevamo bisogno di un barometro, che desse la
misura della pressione atmosferica con una precisione almeno paragonabile
a quella dell'apparecchio manometrico adoperato. Non avendo a nostra dispo-
sizione che barometri Fortin, del tipo comunemente oggi in uso, abbiam do-
vuto pensare a costruire un altro barometro, con cui si potesse ottenere una
maggior esattezza. A raggiungere questo scopo abbiamo cercato di tener conto
dei perfezionamenti più notevoli, suggeriti dal progresso della scienza negli
ultimi anni.
— 70 —
« È noto come nella costruzione di un barometro, destinato a misure asso-
lute, si deve aver di mira :
« 1°) L'esatta conoscenza della densità del mercurio adoperato.
« 2°) La bontà del vuoto torricelliano.
« 3°) Un metodo preciso per rilevare l'altezza della colonna barometrica.
a Nella presente Nota esporremo successivamente ' e per sorami capi il
modo, col quale abbiamo procurato di risolvere queste tre parti del problema
proposto, riservando ad altra Nota la descrizione dell'apparecchio.
« Cominciamo dalla prima parte. Il mercurio, di cui ci siamo serviti
per riempire il nostro barometro, è mercurio nuovo proveniente direttamente
dalla fabbrica, non purificato coi soliti processi chimici, ma solamente distil-
lato nel vuoto. Ci siamo contentati di operare in questa guisa, perchè, trat-
tandosi nelle nostre ricerche di misure relative, interessava solamente che il
mercurio del barometro fosse netto d'ossido, ben asciutto e identico a quello
di cui avremmo fatto uso nell'apparecchio manometrico. D'altra parte la pra-
tica ha insegnato che il mercurio, proveniente direttamente dalle fabbriche,
suol essere di qualità molto buona ; in modo che la sua densità differisce assai
poco da quella del mercurio trattato, come si usa, nelle diverse maniere perchè
si avvicini il più possibile ad essere chimicamente puro ('). Volendo dare alle
misure fatte col nostro barometro un valore assoluto, sarà necessario deter-
minare colla maggior esattezza la densità del mercurio; ed a questo scopo
se ne è lasciata da parte una quantità sufficiente (2).
« La densità del mercurio viene determinata sperimentalmente per la
temperatura di zero, ma La misura dell'altezza barometrica vien fatta alla
temperatura dell'ambiente. Si è costretti dunque per mezzo del calcolo di
ridurre l'altezza osservata a quel valore che avrebbe avuto, se il mercurio
e la scala si fossero trovati a zero. Però, quanto ad esattezza, questa ridu-
zione lascia a desiderare, sia per l'incertezza dei dati sulla dilatazione del
mercurio e della scala, sia per la difficoltà di conoscere la loro vera
(xj Violle, Cours de Physique, T. I. p. 777. — Alcune misure di densità fatte dal dott.
W. J. Marek su due campioni di mercurio, uno purificato chimicamente, l'altro preso diret-
tamente da una bombola del commercio e filtrato su carta, hanno dato rispettivamente
13,595602
13,595571.
D'altra parte le determinazioni di densità, fatte da vari fisici su campioni di mercurio
purificati con metodi chimici diversi, oscillano dentro limiti non tanto ristretti, in modo
che le divergenze possono anche superare 5 unità nella quarta decimale. Trav. et Mém. du
Bur. Intera, des poids et més., T. II, D (pag. 37-40, 56-58).
(2) Per mettere in rilievo l'importanza della determinazione esatta della densità del
mer:urio adoperato, facciamo osservare che in essa l'incertezza di un'unità nella quarta
decimale trae seco quella di 0ram,006 sopra una pressione di 760mm.
— 71 —
temperatura. Già altra volta da uno di noi (») si è insistito sull'utilità di evi-
tare questa correzione, col portare direttamente a zero il barometro, tenendolo
immerso nel ghiaccio fondente. Così il mercurio viene a trovarsi senz'altro a
quella stessa temperatura, alla quale ne è stata determinata la densità, e non
è necessario di conoscerne la legge di dilatazione. Lo stesso è a dirsi per la
scala metrica, poiché si suppone di conoscere la sua lunghezza a zero, in
seguito al campionamento fattone con un metro campione. La cosa in pratica pre-
senta delle difficoltà gravi ; ed è forse per questo principalmente che, a quanto
sappiamo, l'idea esposta non è stata finora da nessuno messa in atto. Noi pel-
le nostre ricerche sulla compressibilità dei gas avendo creduto utilissimo tener
immersa nel ghiaccio la massa gassosa da comprimere, insieme all'annesso
manometro, per uniformità nel modo di sperimentare abbiamo voluto portare
a zero anche il barometro. Alcuni tentativi preliminari ci convinsero che il
problema non era tanto difficile a risolversi, quanto a prima vista appariva;
e con una conveniente disposizione data al barometro e ad un involucro di
zinco, che lo circonda, siamo riusciti nell'intento. In altra Nota si vedrà il
modo con cui è stato raggiunto lo scopo, senza che le misure ne siano rese
gran fatto più difficili.
« Passando alla questione del vuoto torricelliano, si sa che ordinariamente
nella costruzione di un barometro, dopo aver riempito la canna di mercurio,
vi si fa bollire questo dentro, a fine di cacciar via i residui d'aria e d'umi-
dità. Fin dal 1857 Taupenot (2) aveva proposto di eseguire la bollitura nel
vuoto ottenuto con una macchina pneumatica, per evitare così l'ossidazione
del mercurio, ed abbassandone di circa 90° la temperatura d'ebollizione, dimi-
nuire il pericolo di rottura delle canne. Wild nel 1871 (3) espose il seguente
metodo da lui adottato per più anni con successo. Egli faceva bollire nel vuoto,
in un pallone a parte, il mercurio, che veniva poi introdotto nella canna baro-
metrica, precedentemente disseccata, mediante un tubo di caucciù non vul-
canizzato. Durante il riempimento la canna era mantenuta leggermente calda
e priva d' aria. Violle (4) dice che al giorno d'oggi nelle canne larghe si fa
a meno di farvi bollire il mercurio. Il metodo che egli espone, e che asse-
risce dare eccellenti risultati, è un semplice perfezionamento di quello di Wild,
perchè si fa uso delle migliori pompe a mercurio e si evita ogni giuntura
in caucciù. Noi abbiamo tenuto un metodo, che è in certo modo la combi-
nazione di quello di Taupenot e di quello esposto da Violle. La canna era
disposta molto obliqua sopra un graticcio, e saldata ad un apparecchio, in
cui distillava il mercurio nel vuoto fatto da una pompa Sprengel. Man mano
(') G. Agamennone, Sul grado di precisione nella determinazione della densità dei
yas. Rendiconti d. R. Accad. d. Lincei, 1° febbr. 1885.
(*) Annales de Chinile et de Physique. ser. 3a. t. XLIX, p. 91.
(3) Carl's, Rep. t. VII, p. 256.
(4) Cours de Physique. T. I, p. 779.
Rendiconti. 1888, Voi, IV, 2° Sem. LO
— 72 —
che il mercurio cadendo a gocce si raccoglieva dentro la canna, veniva tenuto
in ebollizione mediante carboni accesi opportunamente collocati sul graticcio.
Questa maniera d'operare presenta i seguenti vantaggi : 1°) il mercurio appena
distillato vien introdotto nella canna senza porlo di nuovo a contatto dell'aria:
2°) attesa l'ebollizione continua, in cui si trova il mercurio nella canna, i
suoi vapori trascinano via gli ultimi residui d'aria e di umidità; 3°) l'ebol-
lizione ha luogo ad una temperatura più bassa, senza soprassalti, senza ossi-
dazione del mercurio e con diminuito pericolo di rottura della canna.
y. Per impedire poi che, dopo empita e messa definitivamente a posto
la canna, l'aria possa col tempo accidentalmente introdurvisi, abbiamo usato
il noto artifizio di una punta Bunten, saldata verso l'estremità inferiore: di
più altri ostacoli all'ingresso dell'aria sono posti dalla disposizione stessa della
parte inferiore del barometro.
« Però, nonostante che nella costruzione di un barometro siano state usate
tutte le cautele possibili per la buona riuscita del vuoto torricelliano, si ri-
tiene comunemente necessario il farne la verifica, avanti di servirsene. Il me-
todo seguito è quello di Arago, con cui si riduce in un dato rapporto il vo-
lume della camera barometrica. Ciò si ottiene con diverse disposizioni, che
rendono più o meno complicata la costruzione ed il maneggio del barometro,
e che tutte si riducono ad introdurre colle debite cautele una nuova e consi-
derevole quantità di mercurio nella canna. Noi cercando da una parte di evi-
tare una troppa complicazione nell'apparecchio, e ritenendo dall'altra che la
verifica del vuoto possa bastare qualora si faccia a discreti intervalli di tempo.
ci siamo contentati di una disposizione, che permette di sostituire ai pezzi
mobili del ramo aperto del barometro altri pezzi di ricambio. Questi servono
per alzare il livello del mercurio nel detto ramo, e per conseguenza anche
nella camera barometrica, dove così vien ridotto in un dato rapporto il vuoto
torricelliano. Il nuovo mercurio introdotto deve essere, naturalmente, ben asciutto
e di qualità uguale a quello già contenuto nel barometro (').
« Resta ora a discutere il modo di misurare l'altezza della colonna baro-
metrica. Per far ciò i metodi più in uso sono i tre seguenti. Il più semplice
(') Ci sembra buono il metodo adottato per la verifica del vuoto dalla Commissione
Internazionale di pesi e misure nella costruzione del barometro normale (Travaux et Me'm. etc.
Ili , D , pag. 34-35). Questo barometro consiste in tre tubi di vetro impiantati sopra
un medesimo blocco d'acciaio e comunicanti fra loro per mezzo di un foro praticato nella
lunghezza del blocco. Due di essi costituiscono i due rami di un barometro a sifone; il
terzo è una specie di serbatoio, dove si conserva il mercurio nel vuoto. Questo mercuri"
può introdursi nel barometro aprendo un robinetto posto nel blocco d'acciaio e manovrando
convenientemente una pompa, che sta in comunicazione colla parte superiore di detto ser-
batoio. In questa maniera parrebbe sufficientemente garantito il buono stato del mercuri"
destinato ad entrare nella canna barometrica, e nel tempo stesso l'operazione della verifica
del ruoto deve riuscire abbastanza spedita.
consiste nel riportare mediante corsoi adattati, le estremità della colonna baro-
metrica sopra una scala posta vicino alla canna. Così si pratica con successo
nei barometri Fortin, nel barometro a sifone costruito dal Tecnomasio di
Milano ecc. Il secondo metodo più preciso è stato adottato da Régnault, e con-
siste nel riportare il dislivello fra le due superficie di mercurio alla scala
di un catetometro. Però anche da questo metodo, per quanto buono, non si
può aspettare una precisione oltre un certo limite. Preferibile senza dubbio
è il terzo metodo già usato da Wild fin dal 1873 ('), nel quale si fa uso
di un comparatore verticale, - per mezzo di cui si riferiscono le estremità della
colonna barometrica ad un metro campione, posto a fianco della medesima.
Anche la Commissione Internazionale dei pesi e misure ha seguito questo me-
todo ; e noi pure, convinti delle maggiori garanzie che offre in paragone degli
altri, ci siamo attenuti ad esso.
« E noto poi quanta difficoltà si incontri quando si vogliano puntare in
modo preciso col microscopio del comparatore o col cannocchiale del cateto-
metro le estremità della colonna di mercurio, e come siansi immaginati pa-
recchi artifizi a questo scopo. L'uso di punte d'affioramento è stato ricono-
sciuto come uno dei più pratici e precisi. Infatti lo vediamo adottato per far
la lettura alla superficie inferiore del mercurio tanto nel barometro da labo-
ratorio di Eégnault, quanto nei barometri Fortin, mentre Debrun (2) si è ser-
vito nel suo barometro amplificatore di una punta d'affioramento alla stessa
superficie superiore, giovandosi anche di una soneria elettrica per verificare
il contatto. Dopo ciò era naturale l'idea di estendere l'uso delle punte ad
ambedue le letture, superiore ed inferiore ; ed in vista dei vantaggi che se ne
possono cavare l'abbiamo attuata nel modo seguente. Una prima punta di
vetro è fìssa al cupolino della canna barometrica, ed è destinata alla verifica
del vuoto torricelliano. Una seconda punta è saldata lateralmente sulla parte
più larga della canna, sotto la prima e ad una conveniente distanza da essa,
ed è quella che serve per le ordinarie osservazioni. La terza punta poi è mo-
bile nel ramo aperto del barometro. In questo modo una misura di pressione
si riduce a tre operazioni semplici: 1°) si solleva con opportuno artifizio la
colonna di mercurio fino ad affiorare ad una delle due punte fisse, secondo
il caso ; 2°) alla superficie del mercurio nel ramo aperto del barometro si fa
affiorare la punta mobile ; 3°) facendo calare un poco il mercurio si mettono
allo scoperto queste due punte, e coi cannocchiali si riferisce la posizione
delle loro estremità sulla scala metrica posta a fianco.
« L'introduzione di punte fisse di vetro nella camera barometrica teme-
vamo che avesse a rendere molto pericolosa l'operazione della bollitura del
mercurio; ma l'esperienza ci ha rassicurati, poiché di parecchie canne se ne
sono rotte, è vero, alcune, ma sempre in tutt' altra parte che alla saldatura
(') H. Wild, Ueber die Bestimmung des Luft-druckes 1878. Riportata nel « Rep. l'in-
Meteorologie, 1874 ».
(2) Journal de Physique, 1880, IX. p. :J,*7.
— 74 —
delle punte, dove pareva si avesse a temere. Sembrano più rischiose la
saldatura della parte larga della canna su quella più stretta, e la saldatura
della punta Bunten.
« Il metodo delle punte d'affioramento si voleva adottare per suggeri-
mento del dott. Pernet dalla Commissione Internazionale di pesi e misure
nella costruzione del barometro normale. Ma non volendo i membri di detta
Commissione a causa degli usi speciali, a cui poteva servire il loro barometro,
rinunziare al vantaggio di poter puntare sul mercurio a qualunque altezza,
decisero di adottare un altro metodo suggerito da Marek. Consiste questo nel
disporre dietro la canna, e davanti all'estremità della colonna barometrica, un
collimatore, per mezzo di cui si forma nell'asse del tubo, e appena al disopra
della superficie del mercurio, l'immagine reale di un filo teso orizzontalmente.
Ciò dà origine nel campo del microscopio a due immagini, una diretta, l'altra
riflessa dal mercurio: al loro mezzo corrisponde l'estremità della colonna
barometrica ('). Noi ci siamo attenuti senz'altro al metodo delle punte, non
solo perchè nel caso nostro ci è parso nella pratica assai semplice e spedito,
ma anche perchè ha questo vantaggio che, una volta ottenuto l'affioramento
alle due punte, la pressione atmosferica qual'era in quel momento viene fis-
sata, per così dire, sull'apparecchio, potendosi dopo a comodo misurare la
distanza delle due punte rimasta invariabile, senza dipendere più dalle varia-
zioni successive di pressione. Inoltre la misura della distanza può ripetersi
per maggior sicurezza quante volte si creda opportuno.
« Riepilogando, il nostro barometro soddisfa alle condizioni di un baro-
metro normale nel modo seguente:
« 1") La determinazione dell'altezza si ottiene in un modo molto pre-
riso, facendo affiorare la superficie del mercurio nella camera barometrica ad
una punta fissa, e nel ramo aperto ad una punta mobile.
« 2°) La misura della distanza verticale fra le due punte si fa rife-
rendola mediante un comparatore verticale ad una scala metrica posta a fianco
della canna.
« 3") La disposizione dell'apparecchio permette che possa essere im-
merso nel ghiaccio fondente. Con ciò si fa a meno di termometri, e non è neces-
sario conoscere il coefficiente di dilatazione del mercurio e della scala metrica.
* 4°) L'errore di capillarità è tolto completamente, attesa la notevole
larghezza della canna barometrica nei due tratti dove cadono le letture.
* 5°) Il processo di riempitura della canna, distillandovi dentro il
mercurio nel vuoto, e facendovelo contemporaneamente bollire, è sufficiente
garanzia per la perfezione del vuoto torricelliano.
- 6°) Una punta Bunten in vetro ed una speciale disposizione nella parte
inferiore dell'apparecchio hanno in mira di preservare il vuoto barometrico.
- 7°) Una seconda punta d'affioramento fissata al cupolino della canna
(») Trav. et Mém. du Bureau Intern. des poids et més. Ili D. 37-38.
barometrica, a notevole distanza dall'altra, permette, quando si voglia, di fare
la verifica del vuoto. A tal uopo si hanno degli appositi pezzi di ricambio
nella parte inferiore del barometro » .
Fisica. — Sulla dilatazione termica di alcune leghe binarie
allo stato liquido. Nota V (') di G. Vicentini e D. Omodei, presen-
tata dal Socio Blaserna.
CONCLUSIONI
Variazione di volume
che accompagna la formazione delle leghe.
- Fra le quindici leghe che abbiamo sottoposte alla esperienza, come
risulta da quanto finora abbiamo comunicato, solo a dieci si può applicare il
calcolo per conoscere se la mescolanza dei metalli fusi che le compongono
sia accompagnata da sensibile variazione di volume; e ciò per non essere
nota la densità dello zinco e dell'antimonio allo stato liquido. Nella seguente
tabella riuniamo i risultati ottenuti. In essa sono date sotto ò le differenze
fra la densità a 0" delle diverse leghe allo stato solido e la densità che spet-
terebbe ad esse se i loro componenti non variassero di volume; sotto ó' i
valori corrispondenti per le densità delle leghe liquide alla temperatura di
fusione del loro componente di più elevata temperatura di fusione; infine
sotto ó' (%) è registrato il valore che avrebbe ó' riferito alla densità
eguale a 100.
Tabella XVII.
&
fJ"
<*"(%)
ri'
ó'
*(•/•)
PbSn
— 0,026
— 0,009
0,10
SnBi
-+-0,025
-+• 0,020
0,27
Pb Sn,
- 0,004
-h 0,005
0,06
Sii* Bij
-+- 0,026
-+- 0,023
0,27
PbSn,
— 0,006
-+- 0,005
0,07
Sn3 Cd
-+- 0,009
— 0,058
— 0,81
PbSm
— 0,016
— 0,006
0,08
Bi3 Cd2
— 0,009
— 0,061
— 0,66
Pb Sn12
'
- 0,018
— 0.001
0,01
Bi,Pb
-+- 0,238
— 0,010
— 0,10
« I numeri raccolti nella tabella ci dicono chiaramente che la varia-
zione di volume che accompagna la mescolanza dei metalli liquidi è pic-
colissima; solo per le leghe Sn2 Cd, Bi3 Cd2, ha raggiunto rispettivamente
il valore dell' 8 e del 7 per mille circa e corrisponde a dilatazione.
« Per le cinque leghe di piombo e stagno la massima variazione osser-
vata rappresenta una dilatazione dell'I per mille; sicché per tali leghe i
(,'j V. pag. 89.
— 7(3 —
valori trovati per le differenze ó', cadono quasi entro il limite degli errori
possibili di osservazione.
« Altra conclusione alla quale porta l'esame dei valori di ó ór si è che
non esiste alcuna relazione fra le variazioni di volume che accompagnano
la formazione delle leghe allo stato solido e allo stato liquido. Di fatto
mentre per le due leghe di stagno e bismuto si nota una contrazione pres-
soché eguale tanto allo stato solido che allo stato liquido, per le leghe
Sn2 Cd, Bi2 Pb si osservano variazioni di volume di segno contrario per
i due differenti loro stati di aggregazione.
« La lega Bi2 Pb è quella che allo stato solido mostra il maggiore
valore di 6 ; si contrae cioè del 2, 3 % ; invece allo stato liquido mostra
una dilatazione di 1 su 1000.
« Dai valori di <T registrati nelle altre Note sotto la rubrica delle sin-
gole leghe, si può pure riconoscere che per queste il valore di à' non è
costante, ma per talune di esse varia notevolmente a seconda della temperatura
alla quale vengono considerate.
« È per questo che nella tabella XVII diamo i valori di ó' corispondenti
alla temperatura di fusione del componente della lega che fonde più difficil-
mente ; e ciò per riferirci realmente al caso dei due metalli mescolati ambedue
allo stato liquido.
« Nelle leghe di piombo e stagno questa variazione dei valori di ò ' è
meno sensibile; è massima invece per le leghe Sn Bi. Bi3 Cd2.
Temperatura di fusione delle leghe.
Temperatura di saturazione.
« Le nuove esperienze comprovano quanto abbiamo dedotto dallo studio
delle leghe di piombo e stagno per ciò che si riferisce alla fusione delle
leghe binarie.
« Per ogni gruppo di leghe formate con proporzioni diverse dei due
metalli, ne esiste evidentemente una di composizione fissa che si forma tutte
le volte che i due metalli fusi vengono mescolati insieme ; questa lega, che
il Eudberg ha chiamato col nome di lega chimica, fonde completamente ad
una temperatura costante r. Quando uno dei metalli mescolati supera la pro-
porzione nella quale si trova insieme all'altro nella lega chimica, l'eccesso
del primo rimane disciolto in questa finché la miscela è conservata a tem-
peratura sufficientemente elevata. Quando però si raffredda la lega, si arriva
ad una temperatura v' alla quale, come E. Wiedemann ha ammesso, il metallo
eccedente incomincia a separarsi allo stato solido nel seno della lega chimica;
dalla tem peratura x sino alla temperatura r, tale separazione di uno dei
metalli allo stato solido è accompagnata da sensibilissimo sviluppo di calore,
che si rende manifesto con una minor velocità di raffreddamento della lega.
- Il valore di r' al quale incomincia a variare la velocità di
_ 77 —
raffreddamento d'ima lega non può però servire a indicare la vera temperatura
alla quale un eccesso di metallo, sopra la lega chimica, viene a saturarla.
Come abbiamo già fatto rilevare, una tale temperatura si determina in ma-
niera più sicura collo studio della dilatazione delle leghe liquide.
« Le curve della densità delle leghe che si sono potute studiare da
temperature elevate sino a temperature prossime a quelle della loro fusione,
permettono di determinare la temperatura t \ alla quale incomincia a sepa-
rarsi nella massa della lega chimica, che si conserva liquida, il metallo
eccedente, vale a dire la temperatura alla quale questo satura quella. A tale
temperatura, alla quale non ci pare bene appropriato il nome di punto mobile
di fusione, oppure di secondo punto di fusione della lega, troviamo più con-
veniente la denominazione di temperatura di saturazione della lega chimica
per l'eccesso di metallo che contiene o più brevemente temperatura di satu-
razione della lega.
« La causa per cui il valore r' che vien dato dallo studio del raffred-
damento delle leghe, non misura la vera temperatura di 'saturazione, si è che
esso, si mostra molto variabile in seguito ai fenomeni di soprasaturazione
che accompagnano il raffreddamento delle leghe stesse.
« La tabella XVIII contiene le temperature t di fusione delle leghe
studiate ; le temperature di saturazione v ' alle quali il raffreddamento delle
leghe non chimiche cambia notevolmente di velocità ; le temperature di satu-
razione t\ determinate colle curve della densità; ed infine le densità LV,
delle leghe stesse alla temperatura di saturazione.
Tabella XVIII.
Leghe
r
t'
l'i
»r\
1
Pb Sn
181°8
245°5
o
252,0
8,976
2
Pb Sn,
182,3
—
226,0
8,368
3
Pb Sn3
182,9
—
—
4
Pb Sn4
183,3
188,3
—
-
5
Pb Sn12
181,0
210,2
219,0
7,318
6
SnBi
136,4
146,0
187,0
8,768
7
Sn4 Bi:!
137,3
—
—
—
8
Sn, Cd
174,8
—
—
—
9
Bi3 Cd,
147,2
191,8
221,5
9,364
10
Bi3 Pb
126,6
156,8
216,5
10,328
11
00 Pb-H 10 Sb
246,4
258,8
2(15.0
10,116
12
82 Pb '■+■ 18 Sb
249,6
253,0
—
— 1
13
90 Cd -t- 10 Zn
260,6
279,0
—
. : |
14
85 Cd -+- 15 Zn
260,7
—
—
15
75 Cd h- 25 Zn
261,2
275
298
7,611
— 78 —
« In base ai dati raccolti nella tabella XVIII ed ai risultati dello studio
della dilatazione segue che fra le cinque leghe di piombo e stagno quella
che è dotata dei caratteri di una lega chimica è la Pb Sn3 per la quale
r = 182°,9. La temperatura di fusione delle altre quattro leghe differisce
di poco da questa, e le termperature i' delle stesse, dedotte dalle curve del
loro raffreddamento sono tutte più basse della temperatura / \ di saturazione,
ricavata dalle curve delle densità.
« Ciò era infatti prevedibile nella supposizione che sul modo di raffred-
damento della lega influisca molto come si è detto sopra, il fenomeno della
soprasaturazione. Tali considerazioni per le temperature i ' e t'u valgono anche
per tutte le altre leghe.
« Fra le leghe di stagno e bismuto la Su4 Bi3 rappresenta la lega ben
definita; essa ha la temperatura di fusione i = 137°,3.
« Di leghe formate da stagno e cadmio abbiamo considerata solo la
Sn2 Cd la quale si comporta come una lega chimica ed ha la temperatura di
fusione t = 174°,8.
« Abbiamo studiato soltanto una lega di bismuto e cadmio, ma essa è
ben lungi dal possedere i caratteri di una lega ben definita. Essa serve però
a stabilire che le leghe Bi-Cd hanno una temperatura di fusione che è data
approssimativamente da i = 147°.
« Anche fra le leghe di piombo e bismuto ne abbiamo scelta una sola-
mente per sottoporre alle nostre ricerche. Essa non è una lega chimica e
colla sua temperatura di fusione ci mostra che le combinazioni varie di
piombo e bismuto devono fondere ad una temperatura vicina a 126°. Ciò
è anche comprovato dalle esperienze del Wiedemann (').
« Lo studio delle leghe di piombo ed antimonio dimostra che la tem-
peratura di fusione di esse è approssimativamente i = 248°, e che la lega
chimica deve essere più ricca di antimonio di quello che sia la (82 Pb-i-18 Sb).
Questa lega deve differire pochissimo dalla composizione della lega chimica,
perchè la differenza fra i ' e r è per essa di 3°,4 solamente.
« Fra le leghe di cadmio e zinco la 14a (85 Cd-f-15 Zn) mostra i
caratteri di una lega chimica. Per essa è r = 260°, 7 temperatura che coincide
con quella delle altre due leghe cioè la 13a e la 15a della tabella precedente.
Densità delle leghe alla temperatura di fusione;
sua variazione all'atto del cambiamento di stato.
« Riuniamo in una sola tabella le densità DST delle varie leghe solide
e alla temperatura di fusione ; le densità D'T delle stesse leghe liquide pure
alla temperatura di fusione; e di valori J che danno la variazione percen-
tuale della densità nel passaggio dallo stato liquido al solido. Viciuo a questi
(!) E Wiedemann, Wied. Ann. XX, 228, 1883.
— 79 —
ultimi valori mettiamo quelli corrispondenti alla variazione 4 dei metalli
impiegati. Sono posti tra parentesi i numeri che misurano la grandezza di
J per lo zinco e l'antimonio, che non sono stati misurati direttamente, ma
nel modo che viene indicato in seguito.
Tabella XIX.
k . — _
D»r
D»T
J
J
Pb Sn
9,2809
9,180
1,10
Sn
2,80
Pb Sn,
8,6298
8,4509
2,12
Bi
— 3,31
Pb Sn3
8,2949
8,0821
2,63
Cd
4,72
PbSiu
8,0735
—
—
Pb
3,39
Pb Sn12
7,4849
—
—
Zn
(4,85)
SnBi
8,7169
8,8819
-1,86
Sb
(0,23)
Siu Bi3
8,5191
8,5800
— 0,71
Sna Cd
7,5756
7,2867
3,964
Bi3 Cd,
9,4063
9,343
0,665
Bi2Pb
10,425
10,382
0,42
90Pb + 10Sb
10,3059
10,1846
1,094
82 Pb •+- 18 Sb
9,9658
—
—
90Cd-HlOZn
8,1856
—
—
85 Cd -+- 15 Zn
8,129
7,7985
4,24
75 Cd -+- 25 Zn
7,9383
7,694
3,18
« Per tutte le leghe si manifesta ciò che avevamo notato per le leghe
di stagno e piombo ; la variazione di densità all'atto della solidi Reazione
in generale è minore di quella che spetterebbe alle leghe se i metalli che
le costituiscono conservassero in esse il valore di J che possiedono isola-
tamente.
« Questo fatto per le leghe che sono discoste dalla composizione delle
leghe chimiche è una conseguenza necessaria del modo col quale avviene la
loro solidificazione.
Coefficiente di dilatazione delle leghe fuse.
« Le curve della densità delle leghe fuse (Fig. Nota I) mostrano che queste
quando hanno raggiunto lo stato di completa liquidità si dilatano uniforme-
mente. La tabella che segue dà i valori dei coefficienti di dilatazione a delle
singole leghe liquide quali risultano dalle esperienze, nonché quelli di ce
calcolato nella ipotesi che i metalli che le compongono conservino inalterati
in esse i loro coefficienti di dilatazione.
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 2° Sem.
11
— 80 —
Tabella XX.
Leghe
«
calcolato
Leghe
«
a
calcolato
PbSn
0,0001269
0,0001220
Bis Cd2
0,0001333
i 0,0001200
Pb Sn,
1206
1184
Bi2Pb
1384
1228
Pb Sn,
1208
1181
90 Pb -+- 10 Sb
1228
—
PbSn,
1189
1173
82Pb-+-18Sb
1345
—
PbSn,,
1123
1153
90 Cd -+- 10 Zn
1531
—
SnBi
1202
1176
85Cd+-15Zn
1601
—
Sn4 Bi3
1217
1172
75 Zn -+- 25 Zn
1639
—
Sna Cd
1235
1305
« I numeri della tabella XX mostrano che la differenza che passa fra
i valori di a dati dalla misura diretta, e quelli di a calcolato sono, di tal gran-
dezza da cadere entro i limiti degli errori di osservazione per le cinque leghe
di piombo e stagno e per le due di stagno e bismuto. È più grande invece
la differenza per la lega Sn2 Cd, ed infine sono rilevanti quelle delle due
leghe Bi3 Cd2, Bi2 Pb.
« Non deve fare meraviglia però che le leghe di cadmio mostrino un
coefficiente di dilatazione tanto diverso da quello calcolato. E da notare che
nello studio della dilatazione dei metalli liquidi, abbiamo trovato la mas-
sima difficoltà per il cadmio ; anzi per coefficiente di dilatazione di esso
abbiamo dovuto assumere la media di tre valori poco concordanti (0,000140;
0,0001800;, 0,000200) trovati misurando' la dilatazione del metallo in tre dila-
tometri differenti. Non si potè ottenere maggior precisione causa la ossidazione
che si manifestava nel metallo, quando veniva fatto fondere entro ai dilato-
metri; per cui i cannelli di questi si coprivano all'interno di uno strato
opaco che rendeva assai difficili le letture.
« In base a questa considerazione, ed all'esame della tabella XX pos-
siamo dire che le leghe binarie di piombo e stagno, stagno e bismuto, stagno
e cadmio, allo stato di perfetta fusione possiedono una dilatazione eguale
a quella che risulta dalla somma delle dilatazioni dei metalli che le com-
pongono.
« Le misure fatte non permettono di stabilire se ciò valga per le
leghe di bismuto e cadmio.
« La lega Bi2 Pb possiede un coefficiente di dilatazione molto più
grande di quello che le spetterebbe, se le dilatazioni dei suoi componenti
sì sommassero, semplicemente.
— 81 —
Densità e coefficiente di dilatazione dell'antimonio
e dello zinco liquidi.
« Nella tabella XVII non si potè registrare la differenza fra la densità
delle leghe liquide di piombo e bismuto, di zinco e cadmio e la densità delle
stesse calcolata nella ipotesi della nessuna variazione di volume dei metalli
che le compongono, e ciò causa la mancanza dei dati necessari relativi ai due
metalli zinco ed antimonio. La stessa osservazione è da farsi per la tabella
XX, nella quale non può comparire il valore calcolato di a per le leghe di
questi metalli. Solo si avrebbe il valore che Chandler e Wrighston danno
per la densità dello zinco liquido (6,480) determinata coll'oncosimetro.
« In altro studio abbiamo però fatto osservare che i numeri dati dai
sunnominati sperimentatori non possono aspirare a grado sufficiente di esat-
tezza.
« Parimenti col metodo dilatometrico non è facile determinare con sicu-
rezza la densità e il coefficiente di dilatazione dei due metalli allo stato liquido.
« Noi abbiamn voluto approfittare delle conclusioni alle quali siamo
arrivati collo studio delle leghe, per determinare con un sufficiente grado di
approssimazione queste due quantità.
« L'esperienza ci ha mostrato che la variazione di volume che accompagna
la mescolanza dei metalli liquidi (Sn, Bi, Pb e Cd) è piccolissima; in nessun
caso ha raggiunto lìmo per cento del volume totale. Se, come è probabile,
ammettiamo che la stessa cosa avvenga per la mescolanza dell'antimonio e
dello zinco con uno dei quattro metalli suaccennati, sarà possibile determi-
nare in base alla densità delle loro leghe fuse., la densità che essi possiedono
allo stato liquido e a determinata temperatura.
« Oltre a ciò, se per tali mescolanze di metalli possiamo supporre
verificata la conclusione che abbiamo tratta sulla dilatazione delle leghe dei
metalli che allo stato liquido possiedono noto coefficiente di dilatazione, ci
sarà pur possibile calcolare il coefficente di dilatazione dei due metalli zinco
ed antimonio. Ciò difatti abbiamo fatto ed i risultati si trovano già registrati
più addietro nello stud;o delle singole leghe.
« Come appare dalle Note antecedenti tali calcoli li abbiamo fatti anche
per ricavare la densità ed il coefficiente di dilatazione del piombo e del bismuto
dalle loro leghe collo stagno, e per avere i valori delle stesse grandezze per
il cadmio, per mezzo delle sue leghe collo stagno e col bismuto.
« Nella tabella XXI riuniamo appunto sotto D^ i valori delle densità
dei metalli piombo, bismuto, cadmio, zinco ed antimonio liquidi (quali sono
già registrati nei risultati delle singole leghe) alla loro temoeratura di fusione;
per ogni serie di leghe degli stessi metalli tali valori sono seguiti dalla loro
media, al disotto della quale e fra parentesi è posta la densità dei metalli
— 82 —
liquidi alla stessa temperatura quale ci è stata fornita dalla misura diretta.
Colla stessa regola sono registrati i valori dei coeffiicienti di dilatazione.
Tabella XXI.
D'c
e. calcolato
Pb Sn
Pb Sn2
Pb Sn,
Pb Sn4
SnBi
Sin Bi,
Bi, Pb
Sn2 Cd
Bi, Cd2
90 Pb -+- 10 Sb
82Pb-i-18Sb
90Cd-t-10Zn
85Cd-^15Zn
75 Cd -+- 25 Zn
Pb 10,643 \
10,699 /
> 10,684
10,720 i (10,645)
10,674 !
Bi 10,097 f
10,093
10,090 S (10,036)
10,034 10.O:1.!
Cd 7,766 )
7,707
7,684 \ (7,982)
Sb 6,590 i
' 6,560
6,580 S
6,620 ,
6,431 6,520
6,513 ;
0,0001382 j
1323 f
(i.OOi il 364
1389 \ (0,000129)
1363 '
1254 )
i 0,0001278
1302 ? (0,000120)
1896 0,0001396
I 160 /
; 0.0001. M
1018 ' (0,000170)
osso
1550 0,000155
0260
II II
I 188 0,0001 19
« La densità del piombo liquido a r° (10,684) calcolata in base a quella
delle sue leghe collo stagno, essendo nota la densità ed il coefficiente di
dilatazione di quest'ultimo differisce meno del 4 per mille da quella misurata
direttamente (10,645).
« La densità del bismuto calcolata colle leghe di stagno e bismuto
(10,093) differisce pure meno del 6 per mille da quella data dall'espe-
rienza (10,036); la densità dello stesso metallo dedotta da quella della lega
Bi2 Pb (10,034) coincide con quella trovata.
« La densità invece dal cadmio liquido quale si ricava dalle due leghe
Sn2 Cd, Bi3 Cd2 (7,707) è notevolmente più piccola di quella trovata (7,982)
e la differenza è circa del 3 p. 100 del valore totale; ciò era prevedibile
dal momento che la formazione di tali leghe allo stato liquido è accompa-
gnata da una grande dilatazione.
« Sci ammettiamo che la formazione delle leghe di piombo ed antimonio
e di cadmio e zinco sia accompagnata da variazioni di volume dello stesso
ordine di grandezza di quella che si è ri scontrata per le leghe degli altri
metalli, ne viene che con un grado di sufficiente approssimazione possiamo
ritenere rispettivamente eguale a 6,56 e a 6,52 le densità dell'antimonio e
dello zinco liquidi, alla temperatura di fusione, quali si deducono dai valori
della tabella.
— 83 —
« Per ciò che riguarda la dilatazione dei metalli liquidi è da notare
che il coefficiente a dei metalli piombo, bismuto e cadmio calcolato in base
alla dilatazione delle loro leghe e di quelle collo stagno, riesce ad eccezione
che per il cadmio, maggiore di quello trovato. Per i due metalli antimonio
e zinco che non si sono studiati direttamente si nota il fatto strano che tale
valore cambia di grandezza assieme alla quantità dei due metalli uniti rispet-
tivamente al piombo e al cadmio col quale furono allegati; più cresce la
loro proporzione e più grande si fa il loro coefficiente di dilatazione.
« Assumiamo come valore più approssimato quello ottenuto colle leghe
più ricche dei due metalli; cosicché per l'antimonio riteniamo il valore
0,000155 e per lo zinco il valore 0,000149.
« Siccome abbiamo incontrato difficoltà a preparare leghe di antimonio
e zinco con metalli diversi da quelli coi quali sono stati allegati, e non
volendo assoggettare allo studio leghe che mostravano grande tendenza ad
impoverirsi di uno dei metalli componenti, in seguito a successive fusioni
e raffreddamenti, così ci siamo limitati per ora alla considerazione delle 5
leghe intorno alle quali abbiamo comunicati i risultati delle nostre ricerche.
« Sarà compito di uno di noi di cercare di accrescere con altre misure
il grado di esattezza dei valori che ora diamo per la densità e per il coeffi-
ciente di dilatazione dell'antimonio e dello zinco.
« Se si ammette che per questi due metalli valga ciò che abbiamo
trovato verificarsi con buona approssimazione per gli altri da noi studiati e
cioè che essi fra 0° e r si dilatino colla stessa legge che fra 0° e 100° si
ricava che allo stato solido, alla rispettiva loro temperatura di fusione, pos-
siedono le seguenti densità:
Antimonio Ds- = 6,575 Zinco DST = 6,836
« L'antimonio liquido nell'atto della solidificazione subisce quindi una
variazione percentuale di densità misurata da J = 0,23; per lo zinco risulta
invece J — 4,8.
« Sicché per tali ^metalli che allo stato liquido non si sono potuti stu-
diare isolati ci crediamo autorizzati a dare i seguenti valori approssimati :
w
J
C(
Sb
Zn
6,56
6,52
0,23
4,80
0,000155
0,000149
« Lo studio sperimentale comunicato colle presenti note è stato eseguito
nel Laboratorio di Fisica nella R. Università di Cagliari - .
84 —
Fisiologia. — Sul processo fisiologico di neoformazione cel-
lulare durante V inanizione acuta dell'organismo. Nota del dott.
B. Morpurgo, presentata dal Socio Bizzozero.
« Flermning (!) osservò che la scissione indiretta delle cellule è più
attiva negli animali ben nutriti che in quelli affamati, ma che in larve di
anfibi si trovano delle figure cariocinetiche anche dopo un digiuno prolungato.
« Bizzozero e Vassale (2) stabilirono che il numero delle mitosi nelle
glandule del fondo dello stomaco, ed in quelle di Galeati di un animale a
stomaco vuoto non differisce da quello trovato durante il periodo di digestione
di un ricco pasto.
« Hofmeister (3) nei tessuti linfatici dell'intestino notò una diminuzione
progressiva delle mitosi durante il digiuno, ma anche dopo 17 giorni di fame
riscontrò nel gatto qualche forma cariocinetica.
« Queste nozioni diedero origine ad una serie di ricerche che ho eseguite
nel corso del presente anno nel laboratorio di patologia generale dell'Università
di Torino.
« Le notizie più esatte sulla letteratura dell'argomento, i risultati ottenuti
nei singoli organi di animali di età diversa, ed il resoconto dei metodi seguiti
saranno oggetto di una pubblicazione più estesa; qui mi basterà di rendere
note le conclusioni più generali delle mie esperienze.
« I. In conigli morti per inanizione acuta si dimostrò come fo.-se persi*
stito fino all'ultimo il processo fisiologico di riproduzione cellulare per cario-
cinesi.
«II. Le mitosi si trovarono tanto negli organi adulti quanto in quelli
in via di sviluppo: ciò che valse ad attestare che durante l'inanizione con-
tinua nelle cellule tanto l'attività rigenerativa quanto quella produttiva.
« III. Le forme cariocinetiche rinvenute negli organi dei conigli morti
per fame si poterono considerare come veramente formate durante il periodo
dell'inanizione poiché:
1) di esse si trovarono sempre anche i primi stadi.
2) si riuscì ad ottenere il processo di scissione indiretta durante il
periodo dell'inanizione inferendo delle lesioni al fegato di un animale adulto.
« IV. Il numero delle mitosi diminuisce sempre durante l'inanizione,
tanto là dove esse rappresentano un processo formativo quanto dove rappresen-
tano un processo rigenerativo.
« V. La diminuzione numerica delle mitosi fu stabilita relativamente
(») Zellsubstanz Kern-und Zelltheilung 1882, pg. 270.
(*) Archivio per le scienze mediche 1887, Voi. XI, N. 12.
(3) Archiv far experimentelle Pathoìogie und Pharmakologie, Voi. 22, pg. 320.
minore negli organi glandulari poco differenziati e negli epiteli di rivesti-
mento, che in quelle glandule altamente differenziate nelle quali il processo
di scissione indiretta si estende molto innanzi nella vita estrauterina (glan-
dule peptogastriche, pancreas, fegato, reni).
« In questi ultimi organi non venne fatto di rinvenire mitosi che in una
età assai giovane (coniglio di 20 giorni).
« VI. Gli organi genitali dell'animale adulto, sebbene altamente differen-
ziati, dimostrano, ad onta dell'inanizione, attivissimo il processo di rigenera-
zione cellulare.
« Questo fatto sta in accordo con quello dimostrato da Miescher (l) per
il luccio del Keno portato al più alto grado di inanizione, ma nel quale a
spese di tutti gli altri organi si mantennero bene sviluppate le glandule
genitali ».
PERSONALE ACCADEMICO
Pervennero all'Accademia lettere di ringraziamento per la recente loro
nomina, dal Socio nazionale : De Zigno; dai Corrispondenti : Albertoni, Ar-
cangeli, Ciamician, Colombo, Foà, Mauro, Volterra, Targioni-Tozzetti;
e dai Soci stranieri: Auwers, Hirn, Koch, Lévy, Pasteur, Poincaré,
Eanvier.
CORRISPONDENZA
Eingraziarono per le pubblicazioni ricevute:
La R. Deputazione di storia patria di Modena ; i Musei di Bergen e di
Harlem; il Museo di zoologia comparata di Cambridge Mass.; l'Università di
Cambridge; il Comitato geologico russo di Pietroburgo.
Inviarono le proprie pubblicazioni:
La R. Accademia delle scienze di Berlino e la Società di scienze naturali
di Marburgo.
D. C.
P. B.
(*) Schweizer Literatursammlung zur internationalcr Fischerausstellung. Berlino 1880.
— 87 —
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
pervenute all'Accademia sino al 19 agosto 1888.
Archeologia. — Il Socio Fiorelli trasmise il fascicolo sui
rinvenimenti di antichità per lo scorso mese di luglio e lo accom-
pagnò con la Nota seguente:
« Parecchie scoperte avvennero nel Veneto (Regione X). Furono rico-
nosciuti i resti di una via romana nel comune di Nimis ; si scoprirono iscri-
zioni latine in Belluno; oggetti preromani in Treviso, ed un'epigrafe sepol-
crale di età romana in Verona.
« Un'altra iscrizione latina fu trovata in Modena (Regione Vili), e varie
notizie si ebbero intorno ad antichità preromane scoperte in Monteveo-lio
Loiano e Pianoro, nel territorio felsineo. Statuette di arte romana si scopri-
rono a Piano del Voglio nel territorio medesimo.
« In Terni (Regione VI) alcuni resti, di costruzioni antiche tornarono in
luce in piazza Corona, ed un bel frammento di epigrafe dell'età augustea
fu recuperato nel luogo ove fu costruito il forte Tasserò, di faccia al ponte
sul Nera.
« Importante è il rapporto intorno ai resti di un antico tempio in con-
trada lo Scasato in Civita Castellana, nell'area dell'antica Falerii. Le in-
dagini quivi fatte eseguire dal Ministero, secondo che fu esposto nello scorso
anno {Notùiì 1887, p. 137) incoraggiarono il Governo a far continuare gli
scavi, i quali diedero nuovo e copioso frutto. Vi fu trovato grandissimo
Rendiconti. 1888, Voi, IV, 2° Som. 12
numero di frammenti fittili, assai preziosi per lo studio dell' architettura, coi
quali si ricompone uno dei più ricchi esempi dell'ornato policromo, onde era
composto il coronamento dei templi.
« Nel comune di Servigliano in provincia di Ascoli Piceno (Regione V)
fu rinvenuto un bel thjmiaterion di bronzo, simile ai molti che restituì
il suolo d'Etniria, e che in generale sono attribuiti al III secolo avanti
l'era volgare.
« Nella città di Eoma (Regione I) le scoperte furono moltissime. Per
quanto concerne la storia dell'arte ricorderò alcune statuette rinvenute presso
l'antica Villa Casali al Celio ; frammenti di statue trovati fra le vie Buo-
narroti e Macchiavelli ; un simulacro marmoreo mutilo della leggendaria lupa
capitolina, ed un pavimento in musaico a colori, rappresentante pesci e mol-
luschi, scoperto nella via Balbo.
« Per gli studiosi dell'antica topografia urbana gioverà il conoscere che
moltissimi altri frammenti della rinomata pianta capitolina si recuperarono
nei pressi del Tevere, in via Giulia, dove si discoprirono gli altri pezzi, dei
quali fu detto nello scorso mese.
« Duecento cinquantuno tessere plumbee provennero dagli scavi del Te-
vere, ed appartengono, come pare, alla categoria delle tessere frumentarie.
« Molte iscrizioni tornarono pure all'aperto in vari luoghi delle regioni
urbane. E nel suburbio, in un solo scavo si scoprirono durante il mese di
luglio più di centocinquanta epigrafi intiere e frammentate, trentotto delle
quali di età classica, e le altre di cimitero cristiano. Cotanta messe archeo-
logica fu recuperata nella vigna già degli Agostiniani, poi vigna Tanlongo
fuori Porta del Popolo, ed in occasione dei lavori per la passeggiata Flaminia.
Si riconobbero quivi sepolcri pagani e cristiani, ed avanzi di fabbriche mo-
numentali, costruite nel secolo quarto presso il cimitero di s. Valentino.
« Una nuova iscrizione latina fu copiata in Anticoli Corrado nel Lazio,
ed un'iscrizione greca si scoprì nei resti dell'antico edificio termale sotto il
villaggio di Suio, nel comune di Castelforte nella Campania.
« Un mattone con bollo di fabbrica fu rimesso in luce in s. Giovanni
Reatino, nel comune di Rieti (Regione IV), ed altri mattoni con bolli, che
diedero modo di precisare lezioni incerte già edite, tornarono all'aperto in
Vasto, dove pure si rinvenne un'iscrizione funebre latina.
« Segue l'elenco degli oggetti rinvenuti nella necropoli italica di Torre
del Mordìllo nell'agro di Sibari (Regione III) e la notizia sopra im'epigrafe
latina frammentata scoperta in Termini-Imerese ».
89
Filosofia. — Sopra una opinione fisica di Senofane. Nota del
Corrispondente Alessandro Chiappelli.
« Le notizie che abbiamo intorno alle dottrine fisiche di Senofane non
son dovute ai frammenti originali di lui, ma, per la massima parte, ai cosi-
detti dossografi. Quello che possiamo raccogliere dai versi che ci sono rimasti
dei suoi Carmi è così poca cosa, e bene spesso così oscuro, che dobbiamo
trar partito da ciò che ne hanno scritto, e non sempre concordemente, gli
antichi. Quella difficoltà che, nonostante le recenti ricerche sopra Senofane,
incontriamo nel definire quali fossero le sue dottrine religiose, se queste si
risolvano in un vero monoteismo, o se invece e fino a qual punto egli abbia
serbata la intuizione politeistica popolare ('), ci si presenta sotto altra forma
quando vogliamo ricomporre il concetto che il poeta di Colofone aveva del-
l'universo e delle sue parti, o porre d'accordo le varie notizie che si hanno
sulle sue opinioni fisiche e astronomiche.
« Fra queste, assai oscura e diversamente interpetrata dai critici è
quella che si contiene nel frammento riferito da Achille Tazio (Isagog. Arai
ed. Petav. p. 127). Fr. 12 (Karsten):
rafrjg [.lèv róde Tcsìgag arco nàq ttoGCÌv òqùxai
aìd-SQi TiqoGtiIci^ov, xà xàxw ó' se etnei qov Ixàvu (2).
Che la terra sia rappresentata da Senofane come prolungata infinitamente
nella parte inferiore, risulta chiaro da questi versi ; ed è poi assicurato da
Aristotele De Coelo, II, 13, 294a, 22, il quale parlando di coloro che ansiqov
xò xcctù) xrjg yrjg eìvai (pctGiv, ere ' utcsiqov ccvxrjv ÌQQit,óóad-ai Xt'yovxsg,
wGtcsq Ssvoipcivrjg ó Kolocpónog, riferisce a lui alcuni versi d'Empedocle,
contro questa stessa dottrina fisica.
v. 199 s. (Karsten) sì'nsq dnsiQova yrjg xs §à&ri x. daxpiXòg ccì&rjQ,
cog olà noXXwv ór) yXcódd^g qr^évxa [xccxccioog
èxxéyVXCtl CTOpLCCTOìV, ÒXiyOV XOV TiaVXÒg ÌÓÓVXUÌÌ'.
« Il senso dell'espressione ère' ansiqov xi]v yì(v eQQi^ùaO-at, che pel suo
carattere imaginoso e poetico possiamo credere risalga a Senofane, non può esser
(') Cf. l'importante Memoria del Freudenthal, Die Theologie des Xenophanes 1886;
cf. pure Archio fùr Gesch. d. Philos. I, 3, 1888.
(2) Il Karsten, Xenoph. Colophon. Carminum reliquiae, 1830, p. 49 ha così emendato
il secondo verso, che secondo la lezione volgata era questo : xcd §st -n^oanlà^ov, y.«uo
if'sk cineiQov Ixveìxai ; cf. anche Ritter-Preller, Hist. pkil. f/r. 7 ed. Schultess, 1886, p. 79-80.
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dubbio ; sebbene Simplicio, dichiarando però di non aver letto i versi propri
di Senofane, si mostri incerto se la terra, secondo l'opinione dell'antico filo-
sofo, sia propriamente prolungata all'infinito inferiormente e per questo stia
immobile, ovvero si debba intendere che vi sia al di sotto un infinito spazio
e aria infinita di guisa che la terra, portata sempre all' ingiù, sembri rima-
nere immobile ([). Aristotele contrapponendo l'intuizione di Senofane a quella
ancora infantile di Talete della terra galleggiante sulle acque, e a quella
di Anassimandro e dei Pitagorici della terra libera e isolata nello spazio,
ne pone fuori di dubbio il significato preciso. E con lui tutti gli antichi in-
tesero nel senso proprio l'espressione e la dottrina senofanea (2).
« Anche fermato questo punto, la difficoltà però può nascere per un'altra
via. Secondo la concorde testimonianza di molti antichi, l'universo, che per
Senofane è una cosa stessa colla divinità, è limitato e di forma sferica
((jycaoof-ióà^, coaglobata figura Cic.) (3), e anzi la terra stessa, sulla auto-
rità grande di Teofrasto (4), dovrebbe avere questa forma. S'intende quindi
come Simplicio, il quale attinge pur talora le sue notizie intorno a Senofane
da Teofrasto (5), si argomentasse di conciliare la sfericità della terra secondo
Senofane attestata da questi, colla espressione aristotelica èn' aneiQov rqv
yi]v tooi£d)Gfrai, intendendo questa come significante un perenne movimento
della terra all' ingiù. Posto che la terra sia sferica e sospesa nello spazio,
il « tendere le sue radici all'infinito », non può significare altro per Simplicio
che il cadere indetinitamente della terra.
« Il che presuppone invece un' altra forma dell' infinita estensione del
mondo per Senofane, cioè l'infinità dell'aria così al di sotto come al di sopra
della superficie terrestre. Ora è notevole che i critici e gli storici recenti
non dubitano di attribuire questa dottrina a Senofane. E come già il Karsten
scriveva « ut terram subtus infinitam, sic super terra aetherem sive coelum
(') Simpl., De Coelo, fol. 127. A. ùyyoiò dì... nóxeQoy xò xaiuiitooy fitoog xrtg yijg
ìineigoy eU'cu Xéywy d<« xovxo fuù'tiy avxr\v tp-r,aiv, y xòy vnoxurio xrtg yttg xónov xuì ròy
aì&èpu (inetQoy, x . (ftù toìto ttg uneigoy ini rò x«roi cptQouévtjv rtjv yijv doxtìy qosueìy '
oi>'r£ yùg 'Jgiaroxthjg ó'tsaucf^yeaey oi>&. xi'k.
(2) Pseudo-Arist. , De Melisso, Xen. Gorg. e. 2, 976 a, 32, wg x . Eeyocfdy^g anetQoy
xó re pti&og xìjg yì,g x . xov àéoog cfì,aìy eìrai xxX. Aetios, Plac. Ili, 9, 4 (Diels Doxogr. 376):
asyocpay . ex xov xuxwxsqio [ttgovg ek uneiQoy {jutgog] èQQl£t5o9m Hippol. Philos. 14, 3
(Dox., 565). Plutarc. Strom. 4, (Dos. 580): cf. gli altri luoghi in Karsten p. 154 e in
Zeller I4, p. 495, n.
(3) Alessandro Polistore presso Simplic. Phys. I, 2, 6r, 16 (Diels). Cic. Acad. n, 37,
118. Theodor, cur. graec. aff. IV, 5 (Diels, Dox. 284). Sext. Pyrrh. I, 225 (Bekker). Hippol.
Philos. 14, 26 (Doxogr. p. 565).
(4) Teofrasto presso D. L. IX, 21: nQcòxog tfovrog [se. SeyorpJ] xrjy yijy tméxfirpn
ttcpaiQOMÓtj x. èy fiéaia xeìa&cti.
(5) Simplic. Phys. 5, 6 (cf. Zeller I4, 472, 3).
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item infinitum dixit(1)», così seguono la stessa opinione che per Senofane,
come la terra inferiormente così l'aria in alto si distenda all'infinito, lo
Zeller (2), l'Ueberweg (3), il Teichmùller (4), e più risolutamente di tutti
di recente anche il Tannery (5). Pure, se ben si guarda, codesto consenso non
ha sicuro fondamento di verità storica. Il frammento 12 sopra riferito non
solo non dice nulla di questa infinita natura dell'aria al di sopra della terra,
come anche lo Zeller ha dovuto riconoscere (6), ma inteso a dovere sembra
escluderla. Se di fatti sarebbe una osservazione per lo meno puerile e gros-
solana il dire che la terra è. limitata superiormente, il senso della prima
parte del frammento dev' esser ben altro. Ora, a parer nostro, l' intuizione
di Senofane è qui molto vicina a quella di Anassimene, suo contemporaneo,
Aétios II, 11 (Doxogr. p. 339): 'Ava&fisvrjg tì)v nsQKfogùv rì]v s^cotcctio yijg
sìvea vàv ovqavóv ('). L'apparente curva della volta celeste, in questo senso,
è quella che per Senofane, come per Anassimene, circoscrive la superficie
terrestre, la quale quindi nei suoi estremi confini è, come dice Senofane, con-
tigua all'aria o al cielo (ai-O-tgi ngoGirlà^ov), o, come s'esprime Anassimene,
il cielo è l'esterna circoscrizione della terra.
La parte superiore del cosmo dev'essere perciò circoscritta in forma di
un emisferio per Senofane, al modo che è tale senza dubbio per Anassimene (8),
il quale la paragonava ad un cappello (wa/tsgsì rò mXiov). E che tale sia
il significato di quella espressione di Senofane ci è anche confermato dalla
inconciliabilità delle due testimonianze, ambedue autorevoli, di Aristotele e
di Teofrasto ; il primo dei quali ci attesta che per Senofane la terra * ha
le sue radici all' infinito « , e il secondo invece che Senofane si rappre-
senta la terra come sferica (tìcpceiQosiòrjg). Poiché il senso dell' espressione
(l) Karsten, Xenoph. Carminum reliquiae, p. 159.
(«) Zeller I* p. 494.
(3) Ueberweg, Grundriss I, 7, ed. 1886, p. 68.
(4) Teichmùller, Studien sur Gesch. d. Begriffe 1874, p. 599.
(3) Tannery, Pour Vhìstoire de la science Hellène, 1887, p. 132. Il quale trova che
per Senofane la terra non è nemmeno limitata lateralmente, e ravvicina a questa intui-
zione i versi di Sully-Prudhomme :
Que sa face ne doit pas rondP
Mais s'étende toujours, toujours !
Ma lo stesso fr. 12 ch'egli cita dice manifestamente il contrario.
(6) Zeller, 1. e. in nota « er selbst sagt zwar nur von der Erde ir. 12 ».
(~) Questo rapporto si potrebbe credere indirettamente confermato dall'affinità già
notata dagli antichi fra Anassimene e Parmenide, riguardo a questa dottrina astronomica.
Stob. Ecl. 1, 15, 23 (Doxogr. p. 339): *Ava$' x« JIaftum<% xrtv nsqicpoQàv r/;V ètmàtio xtX.
(8) Cfr. Sartorius, Die Entwicklung der Astronomie bei den Qriechen, in Zeitscluit't
fur Philos. N. F. 82, 2, 1883, p. 225.
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aristotelica, come abbiamo veduto, non può esser dubbio, resta che si abbia
a intendere diversamente la designazione di sferica presso Teofrasto. E difatti
il senso di questa ci è dato dal paragone col primo verso del frammento
senofaneo, nel modo che ora è stato interpetrato. Se la terra è nei suoi
estremi confini contigua all'aria o al cielo (cdxke'Qi TTooGn/.d^oi), e il cielo
emisferico segna il perimetro della terra, è chiaro che questa dev'essere di
forma circolare. Ora noi sappiamo d'altronde che presso gli antichi talora
il termine (f(fuToa stava a indicare tutto ciò che ha forma circolare o ro-
tonda. Diogene, parlando della forma della terra secondo Anassimandro (D.
L. II, 1), la dice sferica (Gycaootidi]*) ; mentre poco appresso (II, 2) attri-
buisce ad Anassimandro oltre ad un yi]c x. Vuh'caoi^ TTtQt'iteigor, anche
una ocfcaQa, cioè contrappone una tavola della terra alla volta celeste (').
Supponendo dunque che lo (J(jccioottóitg di Teofrasto significhi discoide, è
evidente la corrispondenza di questa notizia colle parole stesse di Senofane.
« Se il cielo o l'aria incombe sul disco terrestre come un emisferio, non
possiamo più ammettere come dottrina di Senofane l' infinità dell'aria al di-
sopra della terra, attribuitagli generalmente dagli storici. E realmente, non
solo il frammento di Senofane vi si oppone come abbiamo veduto, non solo
Aristotele nel luogo citato (De Coelo II, 12) non mostra di saperne alcun che,
ma nemmeno il verso di Empedocle, allusivo a Senofane, citato da Aristotele
sembra possa avere un tal significato. L'espressione óaìpiXòg al&r}(> non ha
necessariamente il valore di « aere infinito » (2), ma indica solo l'ampiezza
dell'aere, nel senso stesso in cui Lucrezio parla del diffitóilis aether (3), intui-
zione anche questa che ravvicinerebbe Senofane ad Anassimene. Empedocle,
il quale ammetteva che per l'azione rotatoria del vortice (óivrj) l'aria o l'etere
si distacchi dal chaos e venga poi racchiusa dalla sfera luminosa o del fuoco
che occupa il più lontano spazio, combatte naturalmente la dottrina di Seno-
fane che l'aria formi l'emisfero superiore dell'universo e ne segni gli estremi
confini, a quel modo stesso che ammettendo egli, come Anassimandro, la terra
immobile al centro del mondo, combatte l' intuizione senofanea della terra
protraentesi di sotto all'infinito. Era però facile interpretare l'allusione d'Empe-
docle nel senso che le viene comunemente attribuito, e un esempio già antico
è il Pseudo-Aristotele (De Mei., e. 2, 976a, 32) che è il primo ad attri-
buire a Senofane l'idea della natura infinita dell'aria superiore. Ed è poi il
solo; perchè gli antichi che parlano della terra infinitamente prolungata di
(1) Anche Straberne, Geogr. I, 1, attribuisce ad Anassimandro una tavola della terra.
(2) Vedi la difficoltà che ne nasce accennata, sebbene non accolta, dal Karsten, Xenoph.
reliquiae, p. 159. Per me la ragione principale è invece la distinzione che vien qui fatta
fra ììneiQQv e óaxpi'Aòg.
(3) Lucret. V, 466: ravvicinamento già fatto dal Karsten. 1. e. p. 163 e dal Grote,
Plato and the other companions of Sokrates, I, 19.
— 93 —
Senofane, aggiungono che perciò questa non venga ricompresa dall'aria o dal
cielo; il che indica che l'aria e il cielo sono spazialmente circoscritti (,).
« Questa interpretazione è poi confermata da altri dati storici relativi alla
fìsica di Senofane. Potrebbe sembrare inconciliabile con quanto abbiamo esposto
qui sopra una notizia che troviamo nei dossografì, secondo la quale Senofane
invece di ammettere il movimento di rotazione del sole intorno alla terra,
avrebbe detto che il sole segue una linea retta indefinita, e solo per la distanza
nasce l' illusione che cada al di sotto dell'orizzonte (2). Se non che l'espres-
sione Big uTzaiQov nqo'Csvm anziché alla lettera deve intendersi in un senso
iperbolico; poiché nello stesso luogo si dice che i molti soli e lune che si
trovano nelle varie regioni della terra, arrivando in qualche parte non abitata
s'estinguono (3). L'espressione txXeixpiq equivale chiaramente ad estinzione
(<r/?é'o7c), e ad ogni estinzione d'un sole risponde l'accensione d'un altro all'o-
riente (4). Il corso del sole, e così quello degli altri corpi celesti, trova dunque
per Senofane il suo termine all'orizzonte, là dove l'arco dei cieli s'incurva agli
estremi confini della terra. A noi quindi non può far meraviglia, come avviene
al Tannery (5), che Senofane non abbia sostenuto che i corpi celesti conti-
nuano il loro corso all' infinito, ma che invece s'estinguano. Questo sarebbe
inesplicabile se si attribuisce, come si fa comunemente, a Senofane la dot-
trina dell'aria o dello spazio infinito al di sopra della terra ; è invece chiaro
e naturale nell'ipotesi nostra. Senofane parla di vere accensioni e di vere
estinzioni dei corpi celesti, a cui risponde il lor sorgere e il loro cadere quo-
tidiano (6) ; onde il paragone di essi coi carboni, che troviamo riprodotto nelle
Nubi d' Aristofane. E s' intende ancora che se a Senofane viene attribuito
il concetto di mondi infiniti, questo non può significare un infinito numero
(*) Hippol. 1. e. xr\v Sì yìp' unei-Qov eìvcu x. f.irjxe vii ' ùégog firjXE imo xov ovqavoi
ntgiéxeo&cu e così anche Plutarc. Strora. 1. e. (Doxogr. 565, 580). Cade quindi da sé l'ipotesi
del Gruppe, Die Kosmische Sy sterne" der Griechen, 1851, p. 95, che la terra, secondo Senofane,
riempia la metà della sfera cosmica con la sua massa, e che quindi l'infinito prolungarsi
della terra altro non significhi se non che « la terra inferiormente da nient1 altro è circo-
scritta che dai limiti dell'universo».
(2) Stob. Ecl. I, 25. Plut. Epit. II, 24 (Dox. 355) :.. ó <T avrò? \3evotpàvris\ xòv ìjhov
Big ànEiQov [tèv nQóiévai, óoxeh' (fèxvxXveìa&ca dia xr\v ttnóaraaiv.
(3) Ib. 3ev. noXXovg eìvea yXLovg x. aeXrjvag .... xccxcc de riva xtuQÒi> èxnmxBiv ròr
diaxou sìg xivu ànoxo^.ì\v xijg yijg ovx otxovuù't]< Jqp' rjuwi' x. ovtcog (óantQèi xeve/ifttc-
xovvxu BxXeiìpiv vnocpcdi'eiv.
(4) Dox. 354. Sev. xarà afìéaiv. bxbqov de naXiv ralg ni'axoXwg yiv&rd-ai.
(s) Tannery, op. cit., p. 132.
(6) Achill. Tat. Isagog. in Ar. e. 11 (Dox. 343): 3. de Xéysi xoiig àsréQccg... ttfév-
t'va&ao x. àvùnxsa&ui, <J<m uvd-Qaxccg . x . oxe (lèv ànxovxai tpnvxaaiuv nuàg t/fo' àr«-
rnXrjg, ore de ofSévi'vvTca dvffeiag . Hippol. Philos. 1, 14- (Dox. 565) : roV (fé ìjkiov... ylves&M
*«#' ixdartjv rj/iéom'. Zeller I. 500. 5.
— 94 ~
di mondi coesistenti, bensì una serie infinita di mondi che si succedono a
vicenda (1).
« Il moto del sole e degli altri corpi celesti è dunque rettilineo, e solo
nell*apparenza circolare; e l'orbita loro è come la corda dell'arco celeste.
Così Senofane s'accorda con Anassimene nel negare il moto degli astri al
di sotto della terra (-), pur non ammettendo come il fisico di Mileto il loro
movimento laterale intorno ad essa, e di più (ciò che è notevole) nella ra-
gione dell'apparente circolarità dell'orbita del sole che per l'uno e per l'altro
deve cercarsi nella distanza (3). Il che illumina sempre più la relazione sto-
rica fra le dottrine di Senofane e di Anassimene (4).
« E ammessa la forma emisferica dell'aria e del cielo secondo Senofane,
accanto all'indefinito prolungarsi dalla terra inferiormente, noi potremmo
ritrovare un fondamento fisico di quelle antinomie che vengono attribuite al
fisico di Colofone da Teofrasto presso Simplicio, e dal Pseudo-Aristotele
« De Melisso Xenophane et Gorgia » , sono presentate in ima forma schiettamente
dialettica. Senofane avrebbe potuto, con rozza e imaginosa espressione, affer-
mare che l'universo è mobile e immobile, finito e infinito, e insieme anche
dire che non è né l'uno né l'altro (5), riferendosi alla parte che sta al di sopra
0) Karsten, p. 167. Lo Zeller I, 501 e il Tannery p. 133, credono invece a infiniti
inondi coesistenti. Il che non posso consentire, perchè l'espressione di Stobeo noXXovs
uvea rjliovg x. oewvag riguarda il numero degli astri coesistenti nello spazio, mentri-
l'altra dell'autore dei Philosoph amena ànelQovs tjXiovs tirai x. aeXyvas cfr. Diog. IX, 19;
xóaiiog d" ccneiQovg , riguarda la loro successione. Difatti si trovano unite in Teodoretn
(IV, 15. Doxogr. 327) noXXovs rivai x. ànetgovg; ciò che spiega il loro significato. Quanto
alla lezione ànagaXXdxzovg in Diogene 1. e. che il Cobet muta in nuouXXdxrovs (sulla
quale cfr. Zeller I, 500, 1), a me par preferibile la prima per il rapporto con Philos. I. 1 1
x tavTTjV Tiàat toh xóouotg yivead-eu uerafioXtjv.
(2) Nel che credo di dover dissentire dallo Zeller 1,501,2, e accordarmi col Teich-
miiller, Studien z. Gesch. d. Begr., 601, 621, non solo per la ragione da questi addotta
che il cielo non può rotare intorno alla terra se questa si protende all'infinito, ma per
l'esplicita negazione che ne viene attribuita a Senofane (&oxeìv ót xvxXsta&ai), per la dot-
trina della estinzione e accensione degli astri, e della loro infinita natura. Che la terra
secondo Senofane debba rappresentarsi come un cilindroide indefinito è esatto, e risponde
ai dati anche sopra discussi ; ma è assurdo o troppo artificioso in tal caso il pensare
ad una rotazione degli astri ora al di sopra ora al di sotto dell'orizzonte.
(3) Senofane óoxeh' de xvxXeìoSai dui r/,V ùnóaruaiv. Anassimene presso Hippol.
Ref. I, 7 (Dox. 560) xgimread-ai re xòv ìjXiov . . . vnò twv Ttjg yrjs v^Xorégoìv pepo»-
axenófieroy x. dtà riju Ttfxealoycc tjfiuiy uvrov yEi'otiéi>rtv anòaiaaiv.
(4) E così abbiamo un nuovo punto di contatto fra le scuole ioniche e le scuole ita-
liche : cfr. Chiappelli, Zu Pythagoras und Anaximenes in Archiv. fflr (reseli, d. Philos.
I, 4, 1888, p. 582-594.
(5) Simplic. Phys. 6r, 22, 26 (Diels), 23, 18. 23. 4. De Melisso 977°, 23, 9776, 2, 9.
cfr. Kern Untersuchung iiber die Quellen f. d. Philos. des Xenophanes, 1877 p. 4 sg.
Freudenthal. op. cit. p. 10-15. Un altro senso avrebbero queste antinomie secondo l' Uè-
— 95 —
della terra, limitata e mutabile, e alla terra che inferiormente si prolunga,
immutabile, all'infinito ; giustificando così l'affermazione di Aristotele (Met. 1,5,
986b, 18) che Senofane non avesse detto nulla di chiaro su questo punto;
a quello stesso modo che ora aveva detto « il sole se ne va all' infinito » ,
ora invece aveva parlato di ecclissi e di estinzione dei soli » .
Botanica. — Diagnosi di funghì nuovi. Nota IV (') del Socio
G. Passerini.
« 65. Phoma Thiimenii Passer. hb. — Ph. Liriodendri Thm. Pungi
littor. 170? Perithecia minuta gregaria vel lineari-seriata , hypodermea
erumpentia, globosa atra; sporae ellipticae vel elongatae hyalinae non gut-
tulatae, 5-7 X 2,5-3.
« Nei ramoscelli secchi del eriodendron Tulipifera. Parma, nel R. Orto
Botanico.
« 66. Phoma pterogena Passer hb. — Perithecia minima punctiformia,
ostiolo atro tantum perspicuo, vel tandem nudata, globosa, atra, contextu fu-
ligineo, minute celluioso; sporae innumerae bacteriformes hyalinae.
« Sui frutti sternati del Liriodendron Tulipifera. Parma, nel R. Orto
Botanico.
« 67. Phoma Capparidis Passer. hb. — Perithecia crebre sparsa epider-
mide tecta, lenticularia vel ovalia, ostiolo non perspicuo; sporae oblongae
elliptico-lanceolatae, ad polos nucleatae, 10 X 21/2, basidiis filiformibus te-
nuibus, 20-25 fi longis fultae.
« A Ph. herbarum f. Capparidis Sacc. sporis et basidiis longioribus
diversa.
« Sui rami secchi di Capparis spinosa. Parma.
« 68. Phoma capparidina Passer. hb. — Perithecia crebre sparsa epi-
dermide nigricante tecta, crassitie varia; sporae oblongae, ad polos non vel
obscurae nucleatae, tandem pulvere albo ejectae, 5X1 1/i.
« Nei rami secchi della Capparis spinosa. Parma.
« 69. Phoma Lentisci Passer. hb. — Perithecia amphigena sparsa epi-
dermidem sublevantia, tandem erumpentia, subglobosa, atra; sporae subfusi-
berweg, Grundriss I6 p. 67. Il mondo sarebbe limitato perchè di forma sferica, e insieme
illimitato, per Senofane, in quanto, riempiendo tutto lo spazio, non ha nulla al di fuori
di sé che lo limiti. Questa dottrina è certo di Parmenide (v. 109. Stein), e forse anche di
Melisso. Ma dubitiamo se possa farsi risalire a Senofane. A ogni modo il ricercarlo ci con-
durrebbe a seguire il concetto àelVanstgov nella tradizione della scuola Eleatica: il che
avremo altra occasione di fare,
(i) V. pag. 55.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem, i::
— 96 —
formes ad polos obscure nucleatae, 5-7 X 3,5. basidiis tenuibus rectis sub-
duplo loDgioribus fultae.
« Nelle foglie secche della Pistacia Leutiscm. Nel R. Orto Botanico
di Parma.
« 70. Phoma navicularis Passer. hb. — Perithecia longitudinaliter crebre
digesta vel sparsa, per corticeui fissimi vel stellatim ruptum pustulaeformi
erumpentia, globosa atra, nucleo fusco ; sporae naviculares, majusculae bigut-
tulatae, ■ continuae hyalinae, 10X3,5-4, basidiis bacillaribus subaequilongis
fultae.
« Nei ramoscelli secchi della Gleditschia triacanthos. Parma.
« 71. Phoma dealbata Passer. hb. — Perithecia epidermide albicante
velata; sporae minimae, bacillares sterigmatibus longioribus fultae.
« Nei ramicelli secchi dell' Amygdalm Persica. Vigheffio.
« 72. Phoma spiraeina Passer. hb. — Perithecia crebre sparsa, epider-
mide tecta, atra globoso- depressa, ostiolo vix aperto, contextu minute celluioso
fuligineo; sporae ellipticae, 5X2,5 enucleolatae, hyalineae, basidiis non visis.
« In un ramo secco di Spiraea sorbifolia. Parma.
* 73. Phoma Pomi Passer. hb. — Perithecia in matrice albo-pulveru-
lenta gregaria, pustulaeformia tecta, ostiolo papillari atro ; sporae cylindricae
hyalinae obscure biguttulatae, 5 X 1,5 ; basidia non visa.
« Nel frutto secco indurato della Cydonia sinensis. Vigheffio, presso
Parma.
« 74. Phoma Bignoniae Passer. hb. — Perithecia sparsa minuta globu-
losa atra, apice acuto epidermidem perforantia; sporae ellipticae hyalinae
non guttulatae, 5-6 X 2,5 ; basidia non visa.
« Sporis minoribus non guttulatis et forsan basidiorum defectu a Ph.
Tecomae Sacc. diversa.
« Nei ramicelli secchi di Tecoma radicans. Parma, nel R. Orto Botanico.
« 75. Phoma cicatricum Passer. hb. — Perithecia crebre vel laxe gre-
garia peridermio insculpta, minutissima, atra; sporae ellipticae non guttu-
latae, integrae, hyalinae, 5-6 X 2,5-3.
« Peritheciis minoribus non subcutaneis et sporis non guttulatis nec
fusiformibus a Phoma cinerascente Sacc. facile distinguenda.
« Nelle cicatrici delle foglie in rami annuali morti per gelo del Ficus
Carica. Parma, nel R. Orto Botanico.
« 76. Phoma limbalis Passer. hb. — Maculae nullae ; perithecia hypo-
phylla sparsa vel gregaria primo tecta, ostiolo minuto vix visibili, dein nu-
data punctiformia atra glabra ; sporae oblongo-ellipticae hyalinae continuae non
nucleolatae, 5 X 2,5, basidia non visa.
« Nelle foglie sternate del Plataaus occidentalis insieme a Laestadia
veneta Sacc. immatura, della quale è forse lo spermogonio.
» 77. Phoma cooperta Passer. hb. — Perithecia immersa extus intusque
— 97 —
atra, subglobosa, pustulas centro hyantes sublevantia; sporae hyalinae cylin-
dricae rectae, utrinque truncatae, 10,5 fi longae, sessiles vel basidiis brevis-
simis fultae.
« Sulle squame dei coni di Abies exceha. Parma, nel R. Orto Botanico.
« 78. Phoma Vitalbae Passer. hb. — Perithecia membranacea, luteo-
fuscidula, basi hyphis reptantibus articulatis praedita; sporae oblongo-elli-
pticae, obscure ad apices nucleatae, 5 X 2,5.
« A Ph. Clematide Sacc. differt praesertim sporis multo minoribus, et
perithecii characteribus ab omnibus aliis in Clematide descriptis videtur
diversa.
« Nei ramicelli della Clematis Vitalba. Parma, nel R. Orto Botanico.
- 79. Phoma Polygalae Passer. bb. — Perithecia sparsa tecta punctiformia
pallidula: sporae cylindricae rectae, utrinque acutiusculae et nucleatae
hyalinae, 10X2,5; basidia non visa.
« Negli «teli secchi di Polygala vulgaris. Fornovo presso Carona, pro-
vincia di Parma.
« 80. Phoma polygalina Passer. hb. — A precedente differt peri-
theciis crassioribus atris pustulatim prominulis, et sporis ovoideis minutissimis.
« Nella Polygala vulgaris. Fornovo presso Carona.
« 81. Phoma Lini Passer. hb. — Perithecia crebre sparsa saepius in
lineas longitudinales digesta, minutissima, fusca, contextu celluioso fuligineo;
sporae minimae allantoideae.
« Nei cauli secchi del Unum tenuifolium. Vigheffio presso Parma.
« 82. Phoma tecta Passer. hb. — Perithecia subcutanea parvula glo-
bosa, lineari-seriata ostiolo minutissimo vii perspicuo, contextu parenchy-
matico atro ; sporae minutae oblongae non nucleatae, 5-6 X 2,5 hyalinae.
« Nei cauli fracidi della Bryonia dioica. Parma, nel R. Orto Botanico.
« 83. Phoma lagenaria Passer. hb. — Stroma atrum plagas irregu-
lares efformans, pustulis prominulis obtusis disseminatum ; sporae oblongae
apicibus rotundatis, binucleatae hyalinae, 10 X 2,5.
* Nel pericarpio fracido della Lagenaria vulgaris. Parma, nel R. Orto
Botanico.
« 84. Phoma Silphii Passer. hb. — Perithecia sparsa punctiformia tecta
subglobosa atra; sporae subfusiformes apicibus acutis non nucleatis, 7,5-10 X 2.5
hyalinae.
« Nei fusti sternati di Silphium. Parma, R. Orto Botanico.
« 85. Phoma Cichorii Passer. hb. — Perithecia gregaria lineari-seriata
subglobosa vel oblonga, matricem infuscantia vel strato subcrustaceo fusco
inquinantia ; sporae oblongae binucleatae hyalinae, 5 X 2,5, basidiis filifor-
mibus lougioribus fultae.
« Nei cauli secchi denudati del Cichorium Intybus e del Phlo.v caro-
lina. Vigheffio presso Parma.
— 98 —
« 86. Phoma Plumbaginis Passer. hb. — Perithecia sparsa minuta, tecta,
subglobosa vel elongata, papillulata, atra, tandem, epidermide consumpta, nu-
data ; sporae naviculares, utriuque acutiusculae et guttulatae, hyalinae, 5X2,
basidiis filiformibus, longitudine varia, saepe sporas multo superantibus.
« Nei rami secchi della Plumbago europaea. Orvieto.
« 87. Phoma Typhae Passer. hb. — Perithecia minuta subglobosa
sparsa vel aggregata, atra, contextu eximie celluioso, fumoso-violascento ;
sporae ovales rectae, 9-10X3,5 ad apices non nucleatae hyalinae.
« Nelle foglie secche della Typha lati/olia. Alla Magnana presso For-
novo, provincia di Parma.
« 88. Phoma trina Passer. hb. — Perithecia subsparsa tecta puncti-
formia atra, contextu celluioso fuligineo ; sporae elongatae, utriuque rotundatae,
triguttulatae, guttula intermedia septulum quasi mentieute, polaribus ampliu-
sculis, hyalinae.
« Negli steli secchi della Funkia cordata. Parma, nel R. Orto Botanico.
* 89. Phoma Holoschoeni Passer. hb. — Perithecia punctiformia tecta,
per epidermidem fissam vix erumpeutia, atra; sporae elongato-subfusiformes
rectae, continuae, polos versus guttulatae, melleae, 12-15X4-5.
« Nei calami fracidi dello Scirpus Holoschoeaus. Vigheffio presso Parma.
« 90. Phoma abscondita Passer. hb. — Perithecia in matrice immutata
omnino immersa subglobosa atra, ostiolo minutissimo fusco lente vix per-
spicuo; sporae oblongae, ut tinque rotundatae, pallidissime chlorino-hyalinae,
12,5-15X3,5-4.
« Nei calami secchi dello Scirpus Iloloschoenus. Vigheffio presso Parma.
«91. Macrophoma conica Passer. hb. — Perithecia sparsa vel sub-
gregaria, tecta, globosa, ostiolo conico erumpente : sporae oblongo-fusiformes,
intus granulosae, hyalinae, 18-25X5-6.
« Nei rami secchi del Rubus Hoffmeinsterianus. Parma, nel R. Orto
Botanico.
« 92. Macrophoma Oleandri Passer. hb. — Epiphylla, peritheciis sparsis
nunquam circinnatis tectis, globoso-depressis atris. Sporae ellipticae integrae,
hyalinae, 20-25 X 10, basidiis bacillaribus subaequantibus fultae.
« Nelle foglie sternate del Nerium Oleaader. Parma, nel R. Orto
Botanico.
« 93. Macrophoma Ipomosae Passer. hb. — Perithecia sparsa subglo-
bosa atra, subtecta; sporae elongato-ellipticae vel cuneiformes aut ovatae,
endoplasmate granuloso, non nucleatae, hyalinae, basidiis crassis aequilongis
vel longioribus fultae, 12-22X5-7,5.
« Nei cauli secchi dQÌÌ'Ipomoea panduraia Hort. Parma, nel R. Orto
Botanico.
« 94. Macrophoma pinea Passer. hb. — Perithecia minuta erumpentia
— 99 —
globosa atra, nucleo albo; sporae elongato-fusiformes continuae hyalinae,
22,5X7,5 basidiis longiusculis fultae.
« Nelle squame dei coni di Pinus austriaca. Parma, nel E. Orto Botanico.
« 95. Macrophoma Cocos Passer. hb. — Perithecia crebre sparsa tecta,
minute pustulaeformi-erumpentia, ostiolo fusco vii visibili; sporae oblongae,
elliptico-lanceolatae vel pyriformes, hyalinae, 10-20 X 6-7, endoplasmate gra-
nuloso opaco, basidiis crassiusculis sporas subaequantibus.
« Nei picciuoli delle foglie morte del Cocos fi exuosa. Parma, nel E. Orto
Botanico.
« 96. Aposphaeria compressa Passer. hb. — Perithecia sparsa vel gre-
garia superficialia, ligno nigrificato innata sphaeroidea, ostiolo compresso lo-
phiostomaceo ; sporae tenuissimae bacillares, rectae vel curvulae 5 fi longae.
« An Lophidii compressi (Pers.) spermogonium?
« Nel legno indurato di Persica vulgaris. Vigheffio presso Parma.
« 97. Apospheria Caricae Passer. hb. — Perithecia sparsa vel subgre-
garia minuta, nuda vel interdum velo rubescente tecta, globosa, atra, minute
papillata; sporae fusiformes, integrae, obscure bi-triguttulatae, hyalinae,
6-7,5 X 2 ; basidia non visa.
« In un ramicello denudato del Ficus Carica. Parma.
« 98. Vermicularia Scolopendra Passer. hb. — Perithecia epiphylla
crebre sparsa in macula ampia castaneo-fusca vel marginali, vel folii partem
magnani occupante, tecta lenticularia membranacea fusca setis brevibus aut
longiusculis fusco-nigris apice pellucidis integris, basi praesertim, subsparsa.
Sporaeoblongo-ellipticae integrae hyalinae, endoplasmate granuloso, 12-15 X 4-5
interdum guttulatae, basidiis brevibus crassiusculis fultae.
« Nelle foglie dello Scolopendrium officinale coltivato in vaso. Parma.
« 99. Vermicularia heterocheta Passer. hb. — Perithecia sparsa vel
subgregaria ernmpentia atra, setosa, setis atris brevibus, nonnullis tri-qua-
druplo longioribus; sporae fusiformes hyalinae, leniter curvae muticae, 20X3-4.
* Nello scapo secco del Mascari comosum. Vigheffio.
« 100. Rabenhorstia Fourcnyae Passer. hb. — Stromata superficialia
aggregata subglobosa, granuloso-rugosa atra et pruina chrysfcalloidea alba con-
spersa, intus subcarnosa fumida varie locellata: sporae minutulae oblongo-
ovales integrae ad polos nitide nucleatae, 5X2, hyalinae, basidiis filifor-
mibus, 15-20 /i long, fultae.
« Nella guaina fracida delle foglie cauline della Fourcroya gigantea.
Parma, nel E. Orto Botanico.
« 101. Cytosporella Chamaeropis Passer. hb. — Pustulae globosae vel
irregulares epidermide lacerata cinctae, perithecia subglobosa, stromate atro
insidentia foventes. Sporae minutissimae innumerae, globusae, maxime refrin-
gentes, basidiis filiformibus longiusculis fultae.
« Nel picciuolo fracido di Chamerops humilis. Parma, nel E. Orto Botanico.
— 100 —
« 102. Sphaeropsis endophloea Passer. hb. — Perithecia sparsa basi in-
sculpta minuta prominula, subglobosa atra; sporae ellipticae vel ovatae in-
tegrae olivaceo-fuscae, 18-20 X 10-12.
« Sulla faccia interna della scorza sollevata di Pirus Mattò. Collecchio,
provincia di Parma.
« 103. Sphaeropsis salicicola Passer. hb. — Perithecia sparsa vel gre-
garia globoso-conoidea erumpentia, epidermidae cincta, atra, scabrida, ostiolo
obtuso fibrillis dematiaceis raris brevissimis consperso; sporae ellipticae vel
inaequilaterales, raro subglobosae, basidiis hyalinis fultae, continuae, castaneo-
fuscae, 15-22,5 X 10.
« In un ramo secco di Salice. Parma.
« 104. Sphaeropsis heterospora Passer. hb. — Crebre sparsa vel sub
gregaria tecta pustulaeformis ; perithecia subglobosa atra; sporae fuligineae,
globosae, 10-12,5 diam. vel ovatae 15-17,5 X 10; basidia non visa.
« In un ramicello secco di Morus alba. Parma.
« 105. Sphaeropsis Euphorbiae Passer. hb. — Perithecia sparsa vel sub-
gregaria in ligno denudato superficialia, atra subglobosa, papillata vel bre-
vissime rostellata ; sporae ovales apicibus subacutis vel subrotundatis integrae,
flavo-fuscidulae, 12-15 X 7-7,5, sterigmatibus crassiusculis longitudine varia
fultae.
« Nei cauli secchi spogliati di Euphorbìa. Parma, nel R. Orto Botanico.
* 106. Sphaeropsis zonata Passer. hb. — Perithecia subcutanea erum-
pentia sparsa, carbonacea, subglobosa vix ostiolata, rugosa, tandem decidua,
nucleo albo-zonato ; sporae magnitudine variae, ellipticae aut ovatae, integrae
castaneo-fuscae, ut plurimum 20-22 X 10-12.
« Nei rami secchi della Lonlcera Xylosteum. Vigheffio presso Parma.
« 107. Sphaeropsis Cydoniaecola Passer. hb. — Perithecia crebemme
sparsa vel subgregaria, saepius in series lineares digesta, tecta, pustulaeformia.
vix epidermidem fÌDdentia; sporae forma variae ellipticae, ovatae vel sub-
globosae, subinde irregulares, castaneo-fuscae, integrae, 15-25X7,5-12,5:
basidia non visa.
« Nei rami secchi di Cy doma vulgaris.
« 108. Haplosporella marginata Passer. hb. — Perithecia parvula, sub-
globosa atra, stromate carbonaceo subcutaneo erumpente ; sporae ellipticae, vel
elongatae, primo hyalinae, dein fuscae, hyalino-marginatae, idest endoplasmate
fusco, perisporio hyalino, 17,5-20 X 7,5-10; basidia non visa.
« In un ramo secco di Gymnodadits canadensis. Parma, nel R. Orto
Botanico.
« 109. Haplosporella Bouwardiae Passer. hb. — Perithecia in pustulas
vel series lineares epidermide cinctas congesta erumpentia, globosa papillata
atra, nucleo albido; sporae ellipticae, basidiis subaequantibus fultae, diu hya-
linae, tandem olivaceae semper continuae, episporio crassiusculo.
— 101 —
« Nei rami secchi di Bouwardia versicolor. Parma, nel R. Orto Botanico.
« 110. Diplodia antiqua Passer. hb. — Perithecia tecta parenchymati
corticali immersa, subglobosa, ostiolo obtuso epidermidem lacerantia et dein
erumpentia, atra, opaca, contextu celluioso fusco-coerulescente, nucleo albo.
Sporae cirrosae ejectae ellipticae, primo hyalinae, integrae, tandem medio
septatae, non constrictae fuliginae, 22-25 X 10-12.
« Nel caule fracido di Euphorbia antiquorum. Parma, nel R. Orto
Botanico.
«111. Diplodia Helychrysi Passer. hb. — Perithecia sparsa tecta pusilla
tandem nudata; sporae ovatae, castaneo-fuscae, propre medium septatae et
constrictae, loculo altero minore, 12-15 X 7-8.
« Nei rami secchi dell' Helychrysum angusti folium. Nel monte Prinzera,
prov. di Parma.
« 112 Diplodia caerulescens Passer. hb. — Perithecia lenticularia epi-
dermidem pustulatim sublevantia et pustulam apice perforantia, contextu
fusco-coerulescente. Sporae ellipticae, primo hyalinae, dein plus minus coeru-
leae vel semper? hyalinae, integrae, tandem medio septatae, subconstrictae,
griseo-fuscae, 22,5 X 10.
« Nei ramicelli secchi del Salix viminalis. Vigheffio presso Parma.
« 113. Diplodiella ulmea Passer. hb. — Perithecia e Ugno denudato erum-
pentia, solitaria vel parce gregaria, globosa, minute papillata, atra; sporae
ellipticae, ovatae, aut elongatae, non vel leniter constrictae, uniseptatae fu-
ligineae, 15-25 X 8-10.
« In un palo di Ulmus campestris. Vigheffio, prov. di Parma.
« 114. Diplodiella ficina Passer. hb. — Perithecia crebre sparsa vel
subgregaria, sphaeroidea brunnea interdum depressa, ostiolo minuto; sporae
parvulae ellipticae, medio septatae, non constrictae, fuscidulae, 6-7, 5X2, 5-3.
« In un ramo spogliato di Ficus Carica. Parma.
- 115. Chaetodiplodia anceps Passer. hb. — Perithecia sparsa vel connata
erumpentia, basi epidermide cincta, hyphis dematiaceis* intricatis plus minus
vestita, subglobosa, ostiolo papillari, atra, contextu celluioso atro-cyaneo,
nucleo albo; sporae numerosae stipitatae, diu hyalinae et continuae, tandem
fuscae, prope medium septatae, ellipticae vel saepius cuneatae non constrictae.
17-25 X 10.
« Ad Botryodiplodiam vergit.
« In un ramo secco di Salia; alba. Parma.
« 116. Diplodina Spiraeae Passer. hb. — Perithecia crebre sparsa, mi-
nute pustulaeformia, tecta, fusca ; sporae numerosae fusiformes medio septatae
non constrictae, hyalinae 10-12,5X2,5-3; basidia non visa.
« Nei rami secchi di Spiraea crenata. Parma, nel R. Orto Botanico.
« 117. Stagonospora Fici Passer. hb. — Perithecia hypodermia subgre-
garia vel lineari-seriata, pustulatim erumpentia. tandem corticc consumpto.
— 102 —
nuda, ligno insculpta, subglobosa atra, contextu celluioso olivaceo, ostiolo vario
papillari, crassiusculo aut compresso. Spora 3 fusiformi-subclavatae, rectae vel
curvili ae, triseptatae, hyalinae, 20-22,5 X 3, basidiis bacillaribus subaequi-
longis fultae.
« In un ramicello secco spogliato di Ficus Carica. Parma.
« 118. Stagonospora assans Passer. hb. — Maculae griseae vagae con-
fluentes, matricem obducentes et tandem exaridae. Perithecia gregaria tecta,
minuta pustnlaeformia atra; sporae elongatae, utrinque rotundatae, uni-trisep-
tatae, ad septa non vel levissime constrictae, dilutissime melleae, numquam
guttulatae visae, 10-15 X 2,5-3; basidia non visa.
« In varie specie di Cereus e di Echiaocactus che presto o tardi uc-
cide. Parma, nel R. Orto Botanico.
«119. Septoria Narcissi Passer. hb. — Perithecia sparsa epidermidi
adnata, punctifurmia fusca, membranacea; sporae cylindricae, utrinque obtusae,
continuae, curvulae, 17.5-20 X 2,5-3, basidiis tenuibus longiusculis fultae.
« Nell'apice disseccato delle foglie vive di uua specie di Narcissus.
Parma, nel R. Orto Botanico.
« 120. Septoria phyllachoroides Passer. hb. — Perithecia in maculis
atris phyllachoroideis immersa, vii perspicua ; sporae cylindraceae rectae vel
curvulae, utrinque rotundatae, obscure triseptatae. hyalinae, 25-35 X 2,5-3.
« Nelle foglie languenti o seccate dell' A gropyrum repens. Vigheffio
presso Parma.
« 121. Rhabdospora sphaeroidss Passer. hb. — Perithecia sphaeroidea
erumpentia papillata, atra: sporae filiformes, rectae vel arcuatae, continuae,
hyalinae, 22-35 fi long, basidiis crassiusculis, circiter 20 n long, fultae.
« Nei rami secchi di Wisiaria sinensis. Parma, nel R. Orto Botanico.
« 122. Rhabdospora Cydoniae. Passer. hb. — Perithecia sparsa erum-
pentia depressa, brunnea ; sporae bacillares rectae vel flexuosae, obscure uni-
triseptatae, hyalinae, 20-27,5X2,5, basidiis crassiusculis subaequantibus fultae.
* Nei ramicelli di Cydoiiia vulgaris insieme con Diaporthe Cydoniae
Passer. Parma.
« 123. Rhabdospora Bouwardiae Passer. hb. — Perithecia sparsa minuta,
erumpentia, globoso-conica atra ; sporae bacillares rectae vel curvulae conti-
nuae hyalinae, 15-20 X 1.
« Nei rami secchi di Bouwardia versicolor. Parma, nel R. Orto Botanico.
* 124. Rhabdospora Forsythiae Passer. hb. — Perithecia sparsa cortici
immersa depressa atra, vertice obtuso vix emersa vel tandem nudata; sporae
tìliformes, ut plurimum flexuosae e strato minute cellulari oriimdae, conti-
nuae hyalinae. 35-40 X 1,5.
« Nei rami secchi di Forsylhia vividissima. Parma, R. Orto botanico.
» 125. Rhabdospora tennis Passer. hb. — Perithecia subgregaria vel
crebre sparsa cortici immersa vel, hoc consumpto, ligno insidentia, per epidermi-
— 103 —
dem vii fissam minute eruinpentia, parvula, globosa, atra; sporae filiformes
tenuissimae, integrae, hyalinae, reetae vel curvae aut flexuosae, 18-25 X 0,7-1 ;
basidia tenuia, longiuscula.
« In un ramo morto di Ficus Carica. Parma.
« 126. Leptothyrium Cycadis Passer.hb. — Maculae oblongae exaridaeal-
bicantes, fusco-rubiginoso-marginatae, interdum pinnam dimidiam et ultra oc-
cupantes. Perithecia punctiformia sparsa vel quaDdoque gregaria, atro-nitida,
minute ostiolata, contextu membranaceo fuscidulo, celluloso-radiato ; sporae
ovales compressae continuae hyalinae, 5-6 X 2,5-3, a latere visae 1,5 fi crassae.
« Nelle foglie della Cycas revoluta. Parma, nel E. Orto Botanico.
«127. Leptostromella ancaps Passer. hb. — Perithecia crebre sparsa
subseriata, innato-erumpentia oblonga, rimula longitudinali tenui exarata;
sporae bacillari-clavulatae, reetae vel curvae, pluriseptatae, ad septa tandem
constrictae et quandoque secedentes, hyalinae, 45-50 X 2,5-3.
« Negli stoloni e nei rizomi dell' Agrrostis vulgaris. Vigheffio presso Parma.
Melanconiee.
« 128. Gloeosporium Philyreae Passer. hb. — Acervuli amphygeni in
maculis expallentibus, dein effusis, sparsi, disciformes albidi: conidia cylin-
drica, curva vel sygmoidea, rarius recta, sporophoris bacillaribus subaequi-
longis fultae, hyalinae, biguttulatae, 12,5-15 X 2,5.
» Nelle foglie languenti della Phylirea media. Parma, nel K. Orto
Botanico.
« 129. Colletotrichum sphaeriaeforme Passer. hb. — Pseudoperithecia gre-
garia vel crebre sparsa, convexo-pulvinata, discoidea, vel ovalia, atra, nitida,
epidermide vix centro fissa tecta, basi cellulis fuligineis parenchymaticis chloro-
jodureti zinci ope brunneo-caerulescentibus contexta et setis crassis erectis,
50-90 X 7-15 vel usque ad 112 fi longis, subclavatis, rectis, vel curvulis.
aut toruloso-gibbosis, continuis, simplicibus vel furcatis, atris, apice pellucidis,
obvallata. Sporae elongato-subclavatae vel subfusiformes, ut plurimum con-
tinuae, quandoque spurie bi-triseptatae, hyalinae, circiter 10 fi long, sporo-
phoris subaequilongis tenuibus strictis, dense fasciculatis fascidulo-rufescen-
tibus fultae.
« Ob sporas interdum spurie septatas a genere aliquantum descisit.
« Nei rami morti del Menispermum canademe. Parma, nel R. Orto
Botanico.
« 130. Naemaspora guinmosa Passer. hb. — Nuclei hypodermici gre-
garii fusci, per epidermidem sublevatam et longitudinaliter fissam globulum ce-
raceo-gummosum eructantes; sporae minime bacteriformes hyalinae 2-2,5 X 0,8;
basidia tenuissima, semplicia vel parce ramulosa interdum usque ad 60 fi long.
« In un ramo secco di Paulownia imperialis. Parma, nel R. Orto Botanico.
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 2° Sem, ! !
— 104 —
- 181. Pestalozzia Chamaeropis Passer. hb. — Acervuli in matrice im-
mutata sparsi vel gregaria punctiformes fusci; sporae fusiformi-clavatae bi-
triseptatae, apice ciliis duobus divaricatis coronatae, breviter pedicellatae. fu-
mosae, parte colorata 15 X 5, loculo supremo cum crista secedente.
« A. P. Phoenicis Vize differt maculae defectu et sporis minoribus: a
P. Palmarum Cooke sporis biciliatis.
« Nel picciuolo secco della Chamaerops humilis. Parma.
Ifomiceti.
« 132. Ovularia Alismatis Passer. hb. — Maculae amphigenae fuscae
initio discoideae dein varie expansae et confluentes. Caespituli hypophylli
maculas velo araneoso tegentes; sporae elougato-clavulatae, hyaliuae, intus
varie granulosae, 12-15X3. Hyphae tenues, simplices vel parce ramosae?
« Nelle foglie dell' Alisma Plantago. Alla Magnana presso Forno vo, pro-
vincia di Parma.
« 133. Coniosporium Agaves Passer hb. — Acervuli punctiformes fusci
in macula discoidea albida, solitarii vel, maculis pluribus confluentibus, gre-
garii. Sporae globosae olivaceae vel fuligineae 4-5 ,u diam. Perithecia piane
deficentia.
« An Papularia conce /Urica Kickx fl. micol. belg. 3, pag. 176? sed
sporae semper globosae et maculae haud zonatae obstare videntur.
« Nelle foglie fracide dell'Agave Americana. Roma.
« 134. Trichosporium heteronemum Passer. hb. — Eifusum olivaceum ;
hyphae filiformes, decumbentes vage ramosae, ramis plerisque longe assurgen-
tibus, crassitie varia, plus minusve crebre septatae, fuligineae, immixfe
aliis tenuioribus hyalinis. Sporae globosae vel ovales fuligineae, 2,5-3 /i diam.
vel 5 X 2,5.
« Sotto le foglie languenti della Cycas revoluta. Parma nel R. Orto
Botanico.
« 135. Ellisiella Ari Passer. hb. — Maculae discoideae exaridae fusco-
maginatae sparsae vel confluentes; caespituli amphigeni punctiformes atri
centrales vel circinnantes ; hyphae steriles fuscae erectae sursum attenuatae
et pallidiores, continuae, 60-100 <i long. Sporae elongatae hyalinae, rectae
vel leniter curvae, utrinque muticae continuae, 15-18 X 5-6; basidia non visa.
« Nelle foglie languenti dell' Arum italicum. Parma, nel Regio Orto
Botanico.
« 136. Stemphylium viticolum Passer. hb. — Acervuli crebre sparsi
subglobosi, castaneo-fusci, hyphae breves intricatae septulatae subhyalinae,
sporae pyriformes, magnitudine varia, muriformes, fumosae, pedicello hyalino,
25-45 X 15-20.
« In ramicelli secchi di Vìtis vinifera. Parma, nel R. Orto Botanico.
— 105 —
« 137. Tubercularia atra Passer. hb. — Sporodochia sparsa erumpentia,
globuloso-depressa, ligno basi insculpta, extus atra, opaca, intus fusca; sporo-
phora fasciculata filiformia simplicia, 30-55 fi longa; sporae minutae oblongae
hyalinae, 2,5-3,7 X 1-1,5, ad polos obscure nucleatae.
■ Sui ramicelli fracidi di Ficus Carica. Parma, nei R. Orto Botanico.
« 138. Dendrodochium ? olivaceum Passer. hb. — Sporodochia erumpentia
globosa solitaria, vel duo plura conjuncta, epidermide cincta, ceraceo-fusca
opaca; sporophora e basi parenchymatica oriunda, fasciculata, brevia, cylin-
drica, hyalina; sporae acrogenae ovales pallide olivaceae, 5-6 X 2,5.
« Nei ramicelli secchi di Poinciana Gillesii. Parma, nel R. Orto Botanico.
« 139. Fusarium Poincianae Passer. hb. — Erumpens, aurantiacum,
discoideum epidermide cinctum lineari-seriatum ; hyphae fasciculatae, 12-15 fi
longae; sporae minutissimae bacteroideae, Iryalinae, 3-4X1.
« In un ramo secco di Poinciana Gillesii. Parma, nel R. Orto Botanico.
« 140. Fusarium sphaeroideum Passer. hb. — Sporodochia subgregaria
atra globoso-conica ligno denudato. insidentia; hyphae longae filiformes, ramosae;
sporae fusiformes, rectae, falcatae vel sygmoideae, chloro-jodureti zinci ope
distincte triseptatae, 22-38 X 2,5-3, apicibus acuminatis, hyalinae.
« In un ramo denudato di Ficus Carica. Parma.
«141. Hymenopsis decipiens Passer. hb. — Gregaria, e ligno erumpens
subhysteriformis atra; basidia densa bacillaria hyalina; sporae cylindriaceae,
rectae hyalinae, 6-8 X 1,5.
« Nei rami denudati di Ficus Carica. Parma » .
Fisica. — Suir influenza delle forze elastiche nelle vibrazioni
trasversali delle corde. Nota IV (2) del prof. Pietro Cardani, pre-
sentata dal Socio Blaserna.
VI.
Influenza dell'ampiezza di vibrazioni.
« Nel corso delle esperienze precedentemente descritte, ho avuto parec-
chie volte occasione di constatare che il numero di vibrazioni date da una
corda non è sempre lo stesso, qualunque sia l'ampiezza colla quale la corda
oscilla: per cui nelle esperienze di misura fatte ho avuto sempre cura di
dare alla corda una ampiezza di vibrazione molto piccola, ma tale però che
permettesse di vedere distintamente quei nodi e quei ventri in cui sembrava
suddivisa la corda.
(0 Vedasi Rendiconti, voi. IV, 1° .seni. 1888, p. 818.
— 106 —
t La dimostrazione che le oscillazioni della corda non sono isocrone
risulta evidentissima, e si può anche ottenere per proiezione, col seguente
metodo. Si faccia vibrare la corda con una ampiezza di vibrazione, per esempio,
di 4 mm. e si dia tale velocità al disco, che porta le fenditure, da vedere
le onde, in cui sembra divisa la corda, rigorosamente ferme. In tali condi-
zioni si imprima alla corda una ampiezza di vibrazione maggiore, per esem-
pio, di 6 mm., e si lasci che la corda a poco a poco si riduca in riposo :
nei primi istanti si vedono le onde spostarsi rapidamente in direzione con-
traria alia rotazione del disco': indi fermarsi quando l'ampiezza s' è ridotta
a 4 mm., per poi spostarsi rapidamente in senso contrario al precedente e
quindi nello stesso senso della rotazione del disco, e tanto più rapidamente
quanto più piccola è l'ampiezza di vibrazione della corda.
* Conseguentemente a quanto si disse nella I* Nota, nel caso in cui si
vedono le onde spostarsi in direzione contraria a quella della rotazione del
disco, si deve concludere che la velocità di rotazione del disco è più piccola
di quella che converrebbe per vedere le onde medesime ferme; od in altre
parole che il numero delle vibrazioni della corda è più grande di quello
necessario per ottenere tale condizione di immobilità colla velocità che il
disco possiede: e siccome la velocità del disco è tale che si vedono le onde
ferme quando hanno un ampiezza di vibrazione di 4 mm., ciò significa che
il numero delle oscillazioni che la corda compie con ampiezza maggiore è
più grande di quella che essa compie quando vibra con ampiezza minore :
allo stesso risultato si arriverebbe considerando il fatto che quando la corda
vibra con ampiezza minore di 4 mm. le onde si spostano nella direzione
della rotazione del disco.
« Le vibrazioni delle corde si allontanano dunque dalla legge dell' iso-
cronismo, ma in senso contrario a quello nel quale se ne allontanano le oscil-
lazioni del pendolo : e siccome la durata di oscillazione nelle corde vibranti
è tanto minore quanto più grande è l'ampiezza, deve concludersi che la forza
colla quale i punti vengono portati verso la posizione di equilibrio cresce
più rapidamente che lo spostamento dalla posizione medesima : la qual cosa
è del resto prevedibile sapendo che le corde sono ben lungi dall' esser per-
fettamente elastiche e che la forma che esse prendono vibrando è pure al-
quanto differente dalla forma di trocoide, come vorrebbe la teoria.
« Nessuna esperienza che io mi sappia è stata fatta per conoscere di
quanto possa variare la durata di una oscillazione di una corda per la dif-
ferente ampiezza colla quale si mette in vibrazione : né credo che tale
ricerca sarebbe stata possibile coi metodi finora adoperati, dove l'organo del-
l'udito aveva una parte così importante : solamente in qualche trattato si ac-
cenna a queste variazioni, e fondandosi più sulla logica che sull'esperienza,
si ammette che la rapidità delle vibrazioni debba crescere tanto più rapida-
mente quanto più grossa è la corda e quanto essa è più corta. Il metodo
— 107 —
straboscopico da me adoperato, e che è suscettibile di ima grande sensibilità
per la misura del numero delle vibrazioni delle corde, mi ha permesso di poter
fare qualche esperienza anche su questo argomento: ed ho preso occasione
di questo studio per cercare di formarmi contemporaneamente un' idea sul
modo come influiscono sulle vibrazioni delle corde altre cause occasionali,
come la durata della carica, la maggiore o minore ampiezza di vibrazione
precedentemente raggiunta, ecc. Per dare alla corda un'ampiezza di vibrazione
determinata, ho collocato vicino ad essa una piccola lastra metallica di circa
1 cm. di larghezza, che terminava dalla parte della corda a forma di cuneo
collo spigolo orizzontale. Questa lastrina era portata da un' asticina metallica
che si fermava a vite sulla sbarra verticale del sonometro. Con una vite di
passo di mezzo millimetro si poteva avvicinare lo spigolo della lastrina più
o meno alla corda vibrante, e portando la corda in contatto collo spigolo di
essa, si poteva variare l'ampiezza di vibrazione e misurare colla vite questo
spostamento.
« Trascrivo le esperienze fatte con una corda di acciaio di 0,39 mm. di
diametro caricata con un peso tensore di grammi 1060:
Ampiezza
di
Durata di ì
in giro del disco inV. D. dell'elettrodiapason
vibrazione
mm.
3 luglio
6 luglio
8 luglio
10 luglio
11 luglio
1.5
16,31
16,48
16,61
16,60
16,61
3,0
16,14
16,33
16,47
16,48
16,46
4,5
16,03
16,21
16,37
16,36
16,35
6,0
15,94
16,09
16,26
16,26
16,26
7,5
15,82
16,00
16,17
16,18
16,17
Dal precedente prospetto risulta chiaramente che l'azione prolungata della
carica fa diminuire lentamente il numero delle vibrazioni della corda , giacché
per vedere le onde ferme aumenta la durata di rotazione del disco e quindi
diminuisce la sua velocità : e che questa durata della carica non influisce
sulla legge colla quale l'ampiezza di vibrazione modifica la durata della vi-
brazione della corda. Ad identici risultati sono pervenuto adoperando corde
di rame e di ferro.
« In queste esperienze, e specialmente colle corde di rame, ho constatato
che per aver sempre risultati concordanti bisogna, direi quasi, abituare la
corda a vibrare dentro limiti determinati : se si aumenta l'ampiezza di vibra-
zione in generale cambiano i risultati che prima si avevano per le ampiezze
più piccole: vibrando con una data ampiezza la corda acquista col tempo
come uno stato normale, che si modifica col cambiare il limite dell'ampiezza:
— 108 —
il quale fatto sarebbe analogo a quelli che si riscontrano tanto sovente in
altri fenomeni di elasticità e magnetismo.
a Dal prospetto precedente risulta pure evidente il fatto, che col crescere
dell'ampiezza di vibrazione, diminuisce la durata di rotazione del disco neces-
saria per vedere le onde immobili, e quindi cresce il numero delle vibrazioni
della corda: ma la legge non risulta egualmente manifesta. Dal prospetto
precedente sembrerebbe che la differenza tra i numeri delle vibrazioni corri-
spondenti ad ampiezze differenti crescesse meno rapidamente che l'ampiezza
di vibrazione : ma con altre corde, ho trovato in alcuni casi che sembrerebbe
invece l'opposto: bisogna pensare che ciascimo dei numeri trascritti nel pro-
spetto è la media di parecchie osservazioni, e che la seconda cifra decimale,
dalla quale potrebbe dedursi questo allontanamento in più od in meno dalla
legge di proporzionalità, rappresenta diecimillesimi di secondo e quindi non
può considerarsi affatto come certa. Potremo quindi dire che la variazione
della durata dell'oscillazione per le differenti ampiezze è approssimativamente
proporzionale alla variazione dell'ampiezza medesima.
« Ho fatto molte altre esperienze con corde di metalli differenti e dello
stesso diametro, e con corde dello stesso metallo ma con diametri differenti,
facendole vibrare con una minima ampiezza di 2 mm. o con una massima
ampiezza di 7,5 mm., ma i risultati ottenuti sono molto incerti. In generale
sembra che nei vari metalli l'ampiezza di vibrazione influisca differentemente
sul numero di vibrazioni delle corde : così per esempio ho notato che nel ferro
e nell'acciaio si hanno divergenze più notevoli che nel rame: in media per
100 vibrazioni al minuto secondo e per una differenza d'ampiezza da 2 mm.
a 7,5 mm. la differenza ottenuta è stata di circa 3 vibrazioni : la lunghezza
della corda vibrante era di mm. 419,42. Così, relativamente al diametro, le
differenze che si osservano son quasi le stesse anche adoperando corde di dia-
metro molto differente, però dal complesso generale dei risultati ottenuti som-
brerebbe che l'influenza dell'ampiezza di vibrazione fosse tanto meno sensi-
bile quanto più grossa è la corda: se però le esperienze non sono talmente
concordanti da poter decidere nettamente se la variazione del numero delle
vibrazioni per la differente ampiezza con cui si fa vibrare la corda sia indi-
pendente dal diametro della corda, od invece diminuisca col crescer del dia-
metro, tuttavia le esperienze sono tali da poter escludere che tale variazione
cresca col crescer del diametro della corda.
VII.
Esperienze l'atte con altri metalli.
« Per completare questo studio non mi restava che sottoporre all'espe-
rienza altri metalli, oltre il rame, l'ottone, il ferro e l'acciaio, che erano stati
adoperati anche dal Savart, per vedere, se l'accordo tra i risultati teorici e
— 109 —
quelli pratici si manteneva sempre così perfetto come per i metalli prima
studiati.
« Riassumo brevemente i risultati ottenuti.
« La lunghezza della corda per P = 0 era di mm. 419,62.
- Filo di platino. Peso di 1 metro p = gr. 4,5503.
* Peso tensore P = 1660 grammi.
« La corda compie 3 V. D. mentre passano davanti all'occhio 2 fenditure.
* Durata di un giro del disco in vibrazioni doppie dell'elettro-diapa-
son 16,40.
« Numero di vibrazioni compiuto dalla corda N = 73,16.
- Velocità pratica V = 2 ?i L = 61,34 metri.
* Velocità teorica V' = t /— = 59,80 metri.
- Differenza tra la pratica e la teoria V — V = 1,54 metri.
- Filo di Aluminio. Peso di 1 metro |J = gr. 2,1846.
« Peso tensore P = 2160 grammi.
« La corda compie 5 V.D. mentre passano davanti all'occhio 2 fenditure.
- Durata di un giro del disco in V.D. dell' elettro-diapason: 16,52.
- Numero di vibrazioni compiuto dalla corda N = 121,06.
« Velocità pratica V = 2 n L = 101,48 metri.
« Velocità teorica V = t/— = 98,45 metri.
- Differenza tra la pratica e la teoria V — V' = 3,03 metri.
« Filo di Aluminio. Peso di 1 metro p = 0,5729.
« Peso tensore P = 610 grammi.
« La corda compie 5 V.D. mentre passano davanti all'occhio 2 fenditure
« Durata di un giro del disco in V.D. dell' elettro-diapason 16,28.
* Numero di vibrazioni compiuto dalla corda N = 122,84.
* Velocità pratica V = 2 n L = 103,03 metri.
- Velocità teorica V = f/— = 102,17 metri.
V jP
- Differenza tra la pratica e la teoria V — V = 0,86 metri.
« Filo di Nikel. Peso di 1 metro p = 1,7698.
« Peso tensore P= 1910 grammi.
* La corda compie 5 V. D. mentre passano 2 fenditure davanti all'occhio.
« Durata di un giro del disco in V.D. dell' elettro-diapason 16,06.
— 110 —
« Numero di vibrazioni compiuto dalla corda N = 124,53.
« Velocità pratica V = 2 n L = 104,39 metri.
« Velocità teorica V = \ ~ = 102 86 metri.
V p
n Differenza tra la pratica e la teoria V — V' = 1,53 metri.
« Anche con questi metalli, tra i quali il platino è quello che possiede
il peso specifico più grande e l'aluminio il peso specifico più piccolo, l'ac-
cordo tra la teoria e la pratica è completo: per cui ho creduto inutile pro-
seguire lo studio anche con altri metalli per i quali, secondo tutte le proba-
bilità avrei ottenuto risultati della stessa natura di quelli più sopra riferiti.
Vili.
Conclusione.
« Dalle esperienze riportate nelle note precedenti e nella presente, pos-
siamo dunque ricavare:
« I. L'accordo tra il numero delle vibrazioni che una corda dà realmente
e quello che dovrebbe dare teoricamente è quasi completo: in generale le
corde danno praticamente un numero di vibrazioni un poco maggiore di quello
previsto dalla teoria, e tale piccola differenza tra i risultati sperimentali e
teorici, sembra che leggermente cresca col diametro della corda. Tenuto pero
conto che quanto più piccola è l'ampiezza di vibrazione, tanto minore è il numero
di vibrazioni che la corda produce, l'accordo tra i risultati di queste espe-
rienze e quelli teorici, sarebbe stato anche più perfetto se fosse stato pos-
sibile dare alle corde ampiezze di vibrazione infinitamente piccole.
« II. Le differenze tra i risultati delle esperienze e quelli previsti dalla
teoria, sono sensibilmente della stessa grandezza qualunque sia il metallo
adoperato; per cui collegando questo fatto coll'influenza che sulla vibrazione
delle corde ha l'ampiezza di vibrazione, si potrebbe sino ad un certo punto
dubitare che le differenze notate, più che a cause inerenti alla costituzione
chimica dei corpi, si debbano invece alla forma che prendono le corde che
non è rigorosamente quella che vorrebbe la teoria.
«. III. Finalmente il notevole disaccordo trovato dal Savart non è spie-
gabile in altro modo che ammettendo che il Savart medesimo abbia preso
un equivoco sulla nota fondamentale della corda, prendendo come nota fon-
damentale della corda quella che essa dava vibrando come verga elastica
fissa alle due estremità, per cui il Savart invece di risolvere il problema
dell'influenza della rigidità sulle vibrazioni delle corde ha risoluto un problema
egualmente interessante, cioè l'influenza della tensione sulle vibrazioni delle
verghe elastiche fisse alle due estremità *.
— Ili
PERSONALE ACCADEMICO
Pervennero all'Accademia lettere di ringraziamento per la recente loro
nomina, dai Soci: Cantoni, Gabba, e dai Corrispondenti: Belgrano, Ca-
stelfranco. De Blasiis, Gandino, Gatti, Pessina, Rossi.
CORRISPONDENZA
Ringraziarono per le pubblicazioni ricevute :
La R. Accademia di scienze, lettere e belle arti di Palermo ; la R. Società
zoologica di Amsterdam; la Società filosofica di Cambridge ; la Scuola politecnica
di Delft ; la Società batava di filosofia sperimentale di Rotterdam ; il Comitato
geologico russo di Pietroburgo; l'Istituto meteorologico rumeno di Bucarest.
D. C.
P. B.
— 113
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
pervenute alV Accademia sino al 2 settembre 1888.
Matematica. — Sopra la Entropia di un sistema Newtoniano
in moto stabile. Nota del Socio Enrico Betti.
« Se denotiamo con P , T e d> il potenziale, la energia cinetica e la fun-
zione di Iacobi di un sistema Newtoniano, i punti del quale sono in moto gli
uni relativamente agli altri, avremo
Jl — ^2
2 M «
2 M «
dove mi è la massa concentrata nel punto mt , Me la somma di tutte lo
masse, ris la distanza di mi da ms , vis la velocità relativa di irti ed ms .
« Diremo che il sistema è in moto stabile quando il valore di <P si con-
serverà sempre compreso tra due valori finiti, avrà un numero infinito di mas-
simi e di minimi, e denotando con tn il tempo impiegato a passare dal 1°
all'esimo ^ej massjmi 0 minimi di (P , — ÌJ—r o sarà indipendente da n ,
oppure col crescere di n convergerà verso un limite determinato.
Rendiconti. 1888, Vol IV, 2° Sem. 15
— 114 —
« Nel primo caso il valore costante di questo rapporto, nel secondo il
limite di esso, lo chiameremo tempo periodico medio.
« Indichiamo con (fn il valor medio di </> nel tempo /„ , cioè poniamo
1 f-tn
9>n=-r-\<pdt.
t>K o
« La equazione di Iacobi e quella delle forze vive, integrandole tra 0
e tn , divengono
(1) 0 = M2*ij ms (—\ — 2/i
(2) | 2 mi ms (v*ia) = M2 wu ms ( — J — h .
«Se -=r— è un valore compreso tra il massimo e il minimo di [ 1,
e v2n è un valore compreso tra il massimo e il minimo di ( iris) , e poniamo
^ nii m,
dall'equazioni (1) e (2) avremo :
( f-=2H-
e quindi R„ e v„ indipendenti da n . Li denoteremo con R e v , e li chia-
meremo la distanza media e la velocità media del sistema.
« Dall'equazioni (3) si deduce
tA\ 2 M
(4) V=~R
e quindi
2T = P.
« Ora per un sistema in moto stabile, per a sufficientemente grande e
per le variazioni che conservano la stabilità del moto, è verificata la equa-
zione di Clausius
(5) — dF = dT-\-2TÓ\ogt„
la quale con i valori trovati diviene :
M M v2h- M V1 Mfl2
-2Rcnog-^- = — Jlog^- = o
onde
essendo À:? una costante e abbiamo il teorema:
«Le variazioni del moto di un sistema Newtoniano in
moto stabile non mutano ilrapporto tra il cubo della di-
— 115 —
stanza media e il prodotto della massa per il quadrato del
tempo periodico medio.
« Denotando con E la energia totale del sistema la equazione (5) può
scriversi :
cfE — 2T:(? log v2 6 = 0
o anche sostituendo il valore di 6 dato dalla (6)
SE — T ó log M R = 0 ,
e quindi: la entropia del sistema è uguale al logaritmo del
prodotto della massa per la distanza media».
Scienze economiche. — Intorno all'influenza della rendita
fondiaria sulla distribuzione topografica delle industrie. Nota del
Corrispondente Achille Loria.
« Tutti coloro, i quali hanno appreso dalle indagini degli economisti
che la rendita è un limite della produzione ed un ostacolo ai miglioramenti
agricoli, si saranno posti il problema, se la rendita influisca anche ad impe-
dire od inceppare quella forma speciale di miglioramento agricolo, che è la
distribuzione delle singole colture ad una distanza dal mercato, che sia in
ragione inversa del costo di trasporto dal prodotto da esse ottenuto. Ora a
risolvere questo problema, è necessario determinare l'influenza, che la distri-
buzione razionale delle colture esercita sul valore dei prodotti, influenza la
quale, a nostro avviso, non venne ancor posta nella vera sua luce.
« Supponiamo che si abbiano tre terre, l'una delle quali abbia una supe-
riorità sulle altre nella produzione di due derrate, ma una superiorità mag-
giore nella produzione dell'una, che in quella dell'altra. Sia dunque la terra A
ove con 10 giorni di lavoro si produce G, e con altrettanti Q; la terra B
ove con 12 giorni di lavoro si produce G e con 15 si produce Q; e la terra B'
incolta, di prodottività uguale a B. In queste condizioni è evidente che il
prodotto, qualunque esso sia, che si coltiva in A, avrà un valore uguale al
suo costo di produzione in B; poiché se il produttore della terra A si rifiuta
a vendere il prodotto ad un valore minore, il consumatore è costretto a pro-
durre quella derrata in B o in B', cioè precisamente ad un costo uguale a
quello, a cui deve sottostare, aquistando il prodotto dal proprietario della
terra A. Ora. ciò posto, il produttore della terra A ha interesse a produrre
la derrata, nella produzione della quale la sua terra ha la massima produtti-
vità, poiché di tanto maggiore è la differenza fra il costo di produzione della
derrata in B e in A, quindi di tanto maggiore la rendita di quest'ultima
terra. Dunque, nel caso nostro, in A si produrrà Q e in B G ; G si venderà
al valore dato dal costo della sua produzione sulla terra B, ossia per 12
— 116 —
giorni di lavoro, Q si venderà al valore dato dal costo della sua produzione
in B, ossia per 15 giorni di lavoro, e darà quindi al proprietario di A una
rendita, uguale a 5 giorni di lavoro.
« Ora questa distribuzione delle colture, che è vantaggiosa al proprie-
tario, è più- quella che consente di ottenere i prodotti col minimo costo;
poiché la inferiorità produttiva della seconda terra viene ridotta al minimo,
limitandovi la coltivazione a quel prodotto, in cui essa ha la minore inferiorità.
La distribuzione razionale delle colture è dunque veramente utile alla società,
in quanto produttrice; ma la società, in quanto consumatrice, non ne trae
però alcun vantaggio, poiché il valore dei prodotti rimane uguale a quello,
che si avrebbe se l'ordine delle colture fosse invertito, o se tutte le terre fossero
sterili. Infatti poiché il valore del prodotto ottenuto in A è eguale a quello,
che esso avrebbe se fosse prodotto in B, è ovvio che la qualità del prodotto
ottenuto in A è affatto indifferente al consumatore, e che l'ordine razionale
delle colture, se diminuisce il costo totale dei prodotti, non ne diminuisce
il valore ; esso è un miglioramento agricolo limitato alle terre più produttive;
e come tale scema bensì il costo di produzione su queste terre, ma non scema
il valore dei prodotti, che rimane determinato dal loro costo sulla terra-limite,
le cui condizioni sono inalterate. Il consumatore si trova adunque costretto
a dare una quantità di lavoro uguale a quella, che darebbe se il migliora
mento agricolo non fosse avvenuto; ma una parte di questa quantità di la-
voro, che, inesistente il miglioramento agricolo, sarebbe andata a compensare
un costo sofferto sulla terra migliore, va invece al proprietario di questa, sotto
forma di un incremento di rendita.
« Tale è l'effetto di una distribuzione razionale delle colture fra terre, che
abbiano diversa attitudine alla produzione delle varie derrate. Ora lo stesso
dee dirsi della distribuzione razionale delle colture fra terre di eguale qua-
lità, ma diversamente distanti dal mercato, quando il costo di trasporto sia
diverso pei vari prodotti. Infatti date due terre, l'una a distanza zero, l'altra
ad una distanza qualsiasi dal mercato, e dati due prodotti G e Q, di cui
l'uno esige una spesa di 10, l'altro di 20 giorni di lavoro per essere traspor-
tato dalla terra più lontana al mercato, è evidente che il produttore della
terra vicina potrà vendere il prodotto, qualunque esso sia, che egli ottiene,
ad un valore uguale (astrazione fatta dalle spese di produzione) al costo di
trasporto di quel prodotto dalla terra lontana al mercato ; e che per ciò quanto
maggiore è il costo di trasporto di questo prodotto, tanto maggiore sarà la
rendita della terra prossima alla città. Dunque su questa terra si produrrà Q,
che esige maggiore spesa di trasporto, mentre G si produrrà sulla terra più
lontana. Ora questa distribuzione topografica delle colture, che è vantaggiosa
al proprietario, è pure vantaggiosa alla società come produttrice, poiché le
permette di ottenere il prodotto coltivato sulla terra più lontana, col minimo
costo di trasporto, di 10 giorni di lavoro; mentre una inversione delle colture
— 117 —
obbligherebbe la società ad un costo di trasporto di 20 giorni di lavoro per
ottenere il prodotto della terra più remota. Ma la società, in quanto consu-
matrice, non ritrae dalla distribuzione razionale delle colture alcun vantaggio,
poiché il valore dai due prodotti è identico a quello che essi avrebbero, se
fossero coltivati sulla terra più lontana. Pel consumatore tutte le terre sono
sterili, tutte le terre sono lontane ; ed il risparmio di costo dovuto alla fer-
tilità, o prossimità di alcune terre non vantaggia che i loro proprietari.
« Da ciò si scorge che la rendita non ha alcuna ragione di inceppare
quello speciale miglioramento agricolo, che è la distribuzione razionale delle
colture, anzi ha interesse a provocarlo, poiché questo miglioramento, essendo
esclusivo alle terre più vicine, riesce ad elevare la rendita. Ma questa stessa
influenza della distribuzione razionale delle colture, che la rende vantaggiosa
ai proprietarj, esclude ogni azione di quella a deprimere il valore delle derrate;
onde è in errore il Thùnen, il quale crede che la distribuzione razionale delle
colture abbia per iscopo di render possibile che i prodotti agrari si vendano
al minimo valore. Infatti, secondo Thiinen ('), i prodotti coltivati sulle terre
più vicine hanno un valore (prescindendo dal costo di produzione) eguale alla
rendita che avrebbero quelle terre, se vi fosse coltivato il prodotto, che è ot-
tenuto sulla terra più lontana, o più brevemente il prodotto-limite ; ossia un
valore uguale al costo di trasporto di questo prodotto dalle terre più lontane
alle più vicine; onde si deduce tosto che quanto minore è il costo di tras-
porto del prodotto limite, tanto minore è la rendita delle terre più vicine,
quindi il valore dei prodotti in esse ottenuti. Ma è appunto la premessa che
è errata. Infatti i proprietari delle terre più vicine possono elevare il valore
dei loro prodotto per tutto il costo di trasporto di esso prodotto, e non già
del prodotto-limite, dalla terra più lontana; dacché i consumatori, i quali
non volessero sottostare a quel prezzo, dovrebbero recarsi a produrre le derrate
da essi richieste sulla terra più lontana e sobbarcarsi appunto ad un costo
uguale a quello, a cui ora sono obbligati. Ora dato ciò, non è più vero che
il minor costo di trasporto del prodotto-limite scemi il valore dei prodotti
ottenuti sulle terre più vicine e la loro rendita, poiché quel valore e questa
rendita sono dati esclusivamente dal costo di trasporto del prodotto, che su
quelle terre è coltivato. È giusto, ad es., ciò che afferma Thiinen, che la pro-
duzione del legname dee farsi nei pressi della città, mentre nelle zone distanti
debbono prodursi i cereali, che hanno un costo di trasporto minore; ma il
prezzo del legname non è uguale alla rendita, che avrebbero le terre coltivate
a bosco, se fossero coltivate a cereali, ossia al costo di trasporto dei cereali dalle
terre più lontane alle più prossime ; bensì è uguale alle spese di trasporto del
(') Thiinen, Ber isoline Staat, Berlin 1875, I, 321 e pass. — Vedi anche Wolkoff,
Précis d'economie politique rationnelle. Paris 1868, Cap. X. — Manara, Concetto e gcìi<^'
della rendita fondiaria, suoi correttivi e sua naturale elisione-. Roma 1882, 45-55.
— 118 —
legname stesso dalle terre più lontane alle più vicine. E dato ciò, il valore
del legname e dei cereali è sempre uguale in qualunque zona essi siano pro-
dotti; e se pur fosse invertito l'ordine delle colture, il legname avrebbe un
valore eguale al costo del suo trasporto dalle terre più lontane, mentre i cereali
coltivati sulle terre più prossime avrebbero un valore eguale al costo, che
esigerebbe il loro trasporto, se fossero coltivati sulle terre più remote; co-
sicché la distribuzione razionale delle colture, se ha pur sempre un'efficacia
che la rende desiderabile, poiché scema il costo dei prodotti, ha un'efficacia
ben minore di quella attribuitale dal Thunen (!).
« Non vi sono che due casi, in cui la rendita delle terre vicine, o il
valore del prodotto in esse ottenuto, è uguale alle spese di trasporto del pro-
dotto-limite. Siano due prodotti, di cui quello che ha le minime spese di
trasporto sia coltivato sulla terra più lontana, e suppongasi che la domanda
del prodotto coltivato nella zona prossima scemi e cresca quella dell'altro pro-
dotto, per cui una parte di questo venga di necessità coltivata sulla zona vi-
cina alla città. In tal caso le terre di questa zona, che hanno abbandonata
la coltura del prodotto, che ha il maggior costo di trasporto, veggono scemare
la loro rendita; poiché questa ornai non è uguale che alle spese di trasporto
del prodotto, che le esige minori. Quindi si avrà una disparità nella rendita
delle varie terre coltivate nella stessa zona, secondo che in esse si coltivi il
prodotto, che ha le maggiori o le minori spese «li trasporto. Ora questa disparila
determina l'immediato abbandono, sulle terre della prima zona, della produ-
zione della derrata, che ha le minori spese di trasporto, quindi una produ-
zione eccessiva dell'altra derrata ed il suo deprezzamento; e la condizione,
perché questo deprezzamento sia evitato, è che il prodotto, che ha le mag-
giori spese di trasporto e che si coltiva nella prima zona, si venda ora ad
un valore uguale non più alle sue spese di trasporto, ma a quelle del pro-
dotto che le ha minori; il che degrada in proporzione la rendita di tutte le
terre della prima zona, e permette che vi coesista la produzione delle due
derrate. È questo un caso, in cui il valore del prodotto ottenuto sulla prima
zona è uguale al costo di trasporto del prodotto ottenuto sulla zona più
lontana. Un secondo caso si ha, quando il prodotto coltivato sulle terre vicine
non sia richiesto che al valore dato dalle spese di trasporto del prodotto-li-
mite. Infatti in questo caso, se i produttori domandano un valore maggiore,
i consumatori non passano a produrre quella derrata sulla terra più lontana,
ma si astengono da essa, e perciò in tal caso manca quella condizione, per
cui i proprietari delle terre più prossime potevano esigere un valore uguale
(') Settegast (Die Landwirthschaft una ihr Betrieb, Breslau 1885. 242-6Ì avverte
che i proprietari delle terre prossime alla città, ad ottenere la massimi rendita, debbono
coltivare i prodotti che hanno le maggiori spese di trasporto ; il che è vero soltanto quando
si ammetta che il valore di ciascun prodotto è dato dal costo del suo trasporto dalla terra
più lontana, non dal costo di trasporto del prodotto coltivato su questa.
— 119 —
al costo di trasporto del prodotto in esse coltivato dalla terra più lontana
alla città.
« Se il prodotto ottenuto sulle terre più vicine è il prodotto di consumo
del lavoratore, questo prodotto ha un valore maggiore e quindi il saggio del
profitto è minore di quello che si avrebbe, se l'ordine razionale delle
colture avesse l'influenza voluta da Thiinen, ossia scemasse il valore dei prodotti.
Può darsi però che il prodotto di consumo dell'operaio non sia richiesto, che
quando il suo valore sia gravato soltanto da una rendita eguale al costo di
trasporto del prodotto-limite dalla terra più lontana alla più vicina; ed in
tal caso il valore del prodotto consumato dall'operaio sarà determinato alla
meta voluta da Thùnen e sarà tanto minore, quanto minore è l'estensione della
zona coltivata ad esso prodotto, poiché tanto minore sarà la parte del suo
valore, che corrisponde al costo reale del suo trasporto alla città ossia che
è gravata dalle spese di trasporto del prodotto, cho le esige maggiori (l).
« Si osservi ancora che sulla distribuzione topografica delle colture non
influisce il costo di trasporto di. una unità di peso dei vari prodotti, ma il
costo di trasporto della quantità totale dei vari prodotti coltivati sopra una
data estensione di terra. Quindi se un prodotto m ha un costo di trasporto,
per unità di peso, minore che un prodotto n, ma il peso totale dell' m, che
può prodursi su una data estensione di terra, è di tanto maggiore del peso
totale dell' w in essa producibile, che il costo totale di trasporto della quantità
di m prodotta su una terra è maggiore del costo totale di trasporto della
quantità di n producibile in essa, in queste condizioni sarà più utile produrre
sulle terre vicine la derrata, che ha un costo di trasporto, per unità di peso,
minore, poiché il costo di trasporto delle quantità di quel prodotto, ottenibile
sopra una data estensione di terra, è maggiore di quello della quantità
corrispondente dell'altro prodotto e quindi è maggiore il risparmio di costo,
che si ottiene producendo quella derrata sulla terra prossima al mercato. Così
le piante industriali, esaurendo assai il terreno, si annettono una grande
estensione di questo sotto forma di prati e pascoli e perciò la quantità di
esse, prodotta su una data estensione di terra, ha un peso minore di quello
di altri prodotti, i quali hanno un peso unitario minore. Quindi le piante in-
dustriali debbono essere prodotte nelle zone più lontane.
{}) Cosi p. es. sieno tre terre a, b, e, di cui la prima a distanza zero, le altre a
distanza crescente dal mercato; sia un prodotti) di consumo dell'operaio, /, coltivalo in a e b\
ed un altro prodotto in, esigente costo di trasporto minore, sia coltivato in e. Se la rendita
è uguale al costo di trasporto del prodotto limite, il valore di l sarà uguale al costo ili
trasporto di m da e a h, più il costo di trasporto di / da b ad a ; mentre se la coltura
di / si limita ad a, il valore di l sarà eguale al costo di trasporto di m da e ad a, ossia sarà
minore. Ma se invece il valore di l è sempre dato dal suo costo di trasporto da e ad a,
la riduzione della sua coltivazione alla sola terra a non ha alcuna influenza a scemarne
il valore.
— 120 —
« Fin qui però noi abbiamo fatto astrazione da un elemento rilevante, il
costo di lavoro, il quale arreca modificazioni notevoli al risultato della pre-
cedente disamina. Infatti supponiamo anzitutto parecchie derrate, che abbiamo
eguali spese di produzione e di trasporto, e supponiamo che il prodotto di con-
sumo del lavoratore sia coltivato sulla terra più lontana. Suppongasi che 100
giorni di lavoro producano 100 misure avena in «, terra vicina, e 100 mi-
sure grano in b terra lontana; il costo di trasporto di 100 misure grano, o
di 100 misure avena da b ad a sia 22,2 giorni di lavoro; il salario di 100
giorni di lavoro sia 50 misure grano, e perciò il saggio del profitto sulla
terra b sia 100 %>• Date queste condizioni, il produttore della terra a eleva
il valore del prodotto in ragione delle spese di trasporto, che avrebbe la
sua derrata, se coltivata in b e vende 100 misure avena per 122,2 giorni
di lavoro. Ma esso deve pagare in salari 50 misure grano ed ottenerle dalla
terra b, dunque ad un valore di 61,1 giorni di lavoro. Dunque il saggio del
<"* 1 1
profitto sulla terra a è ~-r = 100%; ossia il saggio del profitto sulle due
terre è uguale e la rendita non esiste. E ciò si comprende. Infatti in queste
condizioni, mentre il valore del prodotto ottenuto in a si eleva in ragione delle
spese di trasporto fittizie, (cioè di quelle, che esso esigerebbe se fosse pro-
dotto sulla terra più lontana) il valore del salario si eleva in ragione delle
spese di trasporto reali, ossia nella stessa proporzione, e quindi il rapporto
fra capitale e prodotto rimane identico nelle due terre; il che esclude la
possibilità di una rendita.
* Pertanto ammesso che sulle varie terre i prodotti siano ottenuti con
eguale spasa di produzione e di trasporto e ammesso che il valore del salario
speso sulle varie terre cresca in ragione della loro prossimità al mercato, la
rendita di distanza scompare ; poiché per le terre più prossime il vantaggio
della prossimità al mercato del loro prodotto è neutralizzato dalla distanza
del luogo di produzione della merce-salario. Ma diversa corre la cosa, quando
nei vari prodotti il costo di trasporto sia identico e diverso il costo di produ-
zione. Infatti, per ritornare al caso nostro, se le 100 misure avena sono ottenute
con 80 giorni di lavoro, il produttore della terra a venderà il suo prodotto
per 102,2 giorni di lavoro, mentre il salario da esso speso, il quale consiste di
40 misure grano, avrà un valore di 48,8 giorni di lavoro. Dunque il profitto
53 4
sarà 53,4; ed il saggio del profitto, -^-^ , essendo maggiore di 100 °/o> saggio
4o,o
di profitto ottenuto sulla terra b, lascierà una rendita al proprietario di a.
Il che è pure facile a spiegare. Infatti se il prodotto ottenuto in a esige una
quantità di lavoro minore del prodotto di consumo del lavoratore avente un
egual costo di trasporto, ciò vuol dire che il costo di trasporto eleva il valore
del prodotto della terra a in una proporzione maggiore del valore del salario ;
ossia che il proprietario di a può elevare il valore del suo prodotto, per le
— 121 —
spese di trasporto fittizie, in una proporzione maggiore," che non debba
elevare il valore del salario per le spese di trasporto reali ; o^sia che il rap-
porto fra il salario ed il prodotto è minore in a che in b e lascia una ren-
dita al proprietario della prima terra. Quindi l'interesse più. ovvio induce il
il proprietario della terra più vicina a coltivarvi il prodotto, che ha le mi-
nori spese di produzione, affine di ottenervi una rendita, che non otterrebbe
invece quando il prodotto da esso coltivato ed il prodotto di consumo del lavo-
ratore avessero eguali spese di produzione.
« Noi vediamo dunque . che la elevazione del costo di lavoro sulle terre
più prossime introduce un nuovo criterio di distribuzione locale delle colture,
collocando sulle terre vicine quella derrata, in cui la proporzione fra i costi
di t .-asporto e di produzione è maggiore che nel prodotto-salario, ed anzi che
presenta il rapporto massimo fra questi due costi. Tuttavia siccome nel caso
supposto i diversi prodotti hanno un costo di trasporto eguale, così il nuovo
elemento non determina alcuna infrazione alla" distribuzione razionale delle
colture, imposta dal criterio delle spese di trasporto dei vari prodotti. Né di-
versa è la cosa, quando si supponga il caso inverso, cioè un costo di produ-
zione eguale e un costo di trasporto diverso dei vari prodotti ottenibili su
una data estensione di terra. Infatti in questo caso il prodotto, che ha la
massima proporzione fra le spese di trasporto e di produzione, è pur quello
che ha le maggiori spese di trasporto assolute ; onde la coltivazione di quel
prodotto sulle terre vicine risponde alla legge di distribuzione razionale delle
colture.
« Ma supponendo invece che sia diverso e il costo di produzione e il
costo di trasporto dei vari prodotti, si trova che il prodotto, il quale ha la
proporzione massima fra le spese di trasporto e di produzione, può non avere
le spese massime di trasporto assolute e che perciò il proprietario della terra
vicina può avere interesse a coltivare un prodotto diverso da quello, che sarebbe
imposto dall'ordine razionale delle coltivazioni. Così p. es. se le 100 misure
avena hanno un costo di produzione di 80 giorni di lavoro, e di trasporto di
20 giorni di lavoro, e se gli altri prodotti grano, orzo, ecc., hanno una spesa di
produzione di 100 e di trasporto di 22,2 giorni di lavoro, il proprietario di a.
coltivando orzo, non ottiene alcuna rendita, poiché eleva il valore del suo
prodotto nello stesso rapporto, in cui si eleva il valore del salario ; ma colti-
vando invece avena, esso eleva il valore del suo prodotto da 80 a 100 giorni
di lavoro, ossia di j, mentre il valore del salario da esso speso non si eleva
che da 40 a 48,8 giorni di lavoro, ossia di — ; il che gli dà un saggio di
51 9
profitto di —~ , che è maggiore di quello del produttore di b, e quindi gli
48,8
lascia una rendita. Ora importa osservare come in questo caso la rendita abbia
Rendiconti. 1888, Voi.. IV. 2° Sem. 16
— 122
veramente un'influenza ad impedire la distribuzione razionale delle colture:
poiché mentre questa richiederebbe che il prodotto esigente le minori spese
di trasporto si coltivasse sulla zona più lontana, la rendita esige la coltiva-
zione di quel prodotto sulla terra più vicina, per ciò solo che in esso prodotto
le spese di produzione sono in un rapporto minore colle spese di trasporto,
che non nella derrata di consumo del lavoratore. Ora imponendo la coltiva-
zione della derrata, che ha le minori spese di trasporto (qual'è nel caso nostro
l'avena) sulla terra più vicina, la rendita fa che il prodotto esigente le mag-
giori spese di trasporto (l'orzo, nel nostro caso) si coltivi sulla terra più lon-
tana e quindi grava la società come produttrice di un costo di trasporto
addizionale, che la distribuzione razionale delle colture avrebbe evitato. E
diciamo la società come produttrice, poiché in quanto consumatrice essa
rimane illesa da questa alterazione nell'ordine delle colture. Infatti poiché,
come vedemmo, il valore dei vari prodotti è sempre uguale al loro costo
di trasporto dalla terra più lontana, la rimozione della produzione di una
derrata alla terra lontana eleva bensì il suo costo di trasporto, ma ne lascia
invariato il valore. Il valore dei vari prodotti rimane inalterato ; il valore del
prodotto ottenuto sulla terra vicina è minore di quello, che vi avrebbe il
prodotto imposto dall'ordine naturale delle coltivazioni ; ma siccome nel primo
prodotto, la parte del suo valore, che rappresenta le sue spese di trasporto
fittizie, sta alla parte del valor del salario, che rappresenta le sue spese di
trasporto reali, in una proporzione maggiore che nel secondo prodotto, così si
ha una elevazione nel saggio del profitto sulla terra più vicina, ossia ima
causa speciale di rendita a favore del suo proprietario.
« Le coi^iderazioni precedenti son vere, quando le derrate di cousumo del
lavoratore sono prodotte sulle sole terre lontane dal centro del mercato. Che
se invece il prodotto di consumo del lavoratore è coltivato su ciascuna terra, il
maggior costo di salario delle terre più prossime, dovuto alla spesa di trasporto
di quel prodotto, scompare ; mentre, se le derrate di consumo del lavoratore
sono prodotte sulle sole terre vicine al centro del mercato, queste hanno una
doppia causa di rendita, nel minor costo di trasporto dei loro prodotti e nella
inesistenza di un costo di trasporto del prodotto salario. Tuttavia anche in
questi ultimi casi i proprietari delle terre più vicine sono normalmente gra-
vati da un maggior costo di lavoro, per la elevatezza speciale dei salari
agricoli nella zona vicina alla città, dovuta alla maggiore facilità, con cui i
lavoratori agricoli in essa impiegati possono trasferirsi alle manifatture (*).
(') Già Arturo Young notava che il salario agricolo medio per settimana scema in
ragione diretta della distanza da Londra. Infatti sino a 20 miglia da Londra quel salario
è 10 scellini e 9 pence; da 20 a 60, 7.8; da 60 a 110, 6.4; da 110 a 170, 6.3. — « L'in-
fluenza della capitale ad elevare il prezzo del lavoro, conclude Young, è prodi nosa. Essa
è inesplicabile, poiché a Londra i viveri non sono più cari che nelle provincie". (Sir
veeks tour through the southern rountries of E)if]land and Wales, Lond. 1772, 342-5).
— 128 —
Ora in questo caso l'interesse dei proprietari li indurrà a coltivare sulle terre
più prossime quella derrata, in cui la proporzione fra le spese di produzione
e di trasporto è minore che la proporzione fra il salario delle terre lontane
e l'incremento di salario delle terre vicine alla città ; ed anzi quella derrata,
che presenta la proporzione minima fra le spese di produzione e di trasporto.
E se questa derrata non presenta il costo massimo di trasporto assoluto, ossia
se la quantità di essa prodotta su una data estensione di terra non presenta
una spesa di trasporto maggiore, che la quantità d'ogni altra derrata pro-
dotta sulla stessa estensione di terreno, la coltivazione di quella derrata sulle
terre più vicine implica una inversione dell'ordine razionale delle colture.
« Concludiamo. Quando le derrate di consumo del lavoratore sono colti-
vate su ciascuna terra, le spese di trasporto colpiscono solo il valore dei pro-
dotti, ma non il valore del salario ; ed in queste condizioni ciò che determina
la distribuzione delle colture è la spesa di trasporto assoluta delle varie quan-
tità dei prodotti coltivate su una data estensione di terra ; quindi si coltiva
sulle terre più vicine quella derrata, che ha le maggiori spese di trasporto, ciò
che assicura la massima rendita ai proprietari ed impone le minime spese di
trasporto totali alla società. Ma quando invece le derrate di consumo dell'ope-
raio sono prodotte sulle terre più lontane (sia per condizioni speciali di pro-
duttività di queste terre, sia pel minor costo di trasporto di quelle derrate), il
costo di trasporto non accresce soltanto il valore del prodotto, ma quello del sa-
lario. Ora in tali condizioni il prodotto coltivalo sulle terre vicine dà una rendita,
solo quando il valore di esso prodotto cresca per le spese di trasporto fittizie
in una proporzione maggiore, che non cresca il valore del salario per le spese
di trasporti reali; e dà la massima rendita, solo quando la proporzione fra
le spese di trasporto e di produzione in esso prodotto presenti la massima
superiorità di fronte alla proporzione analoga nel prodotto-salario. Dunque in
tali condizioni si deve coltivare sulle terre vicine non già quel prodotto, che
presenta le massime spese di trasporto assolute, ma quello che presenta la
proporzione minima fra le spese di produzione e di trasporto. Lo stesso dee
dirsi quando il salario sia maggiore sulle terre vicine alla città. Ora se questo
prodotto, che presenta la proporzione minima fra le spese di produzione e di
trasporto, non ha le spese massime assolute di trasporto, la coltivazione di
esso prodotto sulle terre vicine alla città implica una inversione dell'ordine
razionale delle colture.
« Un fatto memorabile, che sta a riprova delle precedenti considerazioni, è
la inversione dei circoli di Thiinen, che si manifesta nei più diversi periodi
della economia. Siccome il prodotto grano esige una quantità di lavoro maggiore
e presenta una maggior proporzione fra le spese di produzione e di trasporto.
che non il prodotto bestiame, così (supposto sempre che la derrata di con-
sumo del lavoratore sia prodotta sulle terre più lontane) è l'allevamento del
bestiame il genere di produzione, che è maggiormente vantaggioso ai proprie-
— 124 —
tari delle zone prossime alle città, appunto perchè esso riduce al minimo la
detrazione recata alla loro rendita dal maggior costo di trasporto del prodotto
pagato agli operai, o dal salario addizionale (J). Ma poiché il bestiame è il
prodotto agrario, che ha le minori spese di trasporto assolute, così l'ordine
naturale delle colture esigerebbe che si praticasse l'allevamento del bestiame
sulle zone estreme e la coltivazione del grano (prodotto esigeate maggiori spese
di trasporto) sulle terre più prossime alle città. Quindi l'interesse dei pro-
prietari li induce ad invertire l'ordine delle coltivazioni. Quando il costo medio
di lavoro è depresso, ed un aumento specifico di esso è poco significante,
possono i proprietari tollerare una detrazione limitata alla loro rendita, senza
ribellarsi modificando il sistema di coltivazione; ma quando il costo medio
di lavoro è particolarmente elevato e considerevole il suo accrescimento nelle
zone prossime alle città, i proprietari sono indotti dalle leggi imperiose del
tornaconto a preferire il sistema di coltura, che esige la minor quantità
di lavoro, quindi a diffondere l'economia pastorale sulle zone più vicine ai
centri del mercato, costringendo le zone più lontane alla coltivazione dei
cereali (2).
« Cosi nell'economia a schiavi, la quale eleva, come il costo medio del
lavoro, il suo accrescimento specifico nelle zone prossime alle città, sia pel-
le maggiori spese di trasporto degli Bchiavi, sia per le loro maggiori esigenze,
i proprietari delle terre più prossime sono stimolati a praticarvi l'economia
pastorale, respingendo la granicoltura nelle terre più remote dal centro del
consumo. Quindi noi troviamo diffusa l'economia pastorale nell'Attica* la quale
importa dalle terre transmarine i cereali (3); quindi troviamo una florida eco-
nomia pastorale nell'Italia romana, mentre incontriamo la produzione del grano
nella Sicilia, nella Sardegna, nella Corsica, che lo forniscono alla Città (').
Perchè ciò? Perchè (la derrata di consumo degli schiavi essendo prodotta sulle
terre lontane ed essendo maggiore la loro retribuzione sulle prossime) i proprie-
tari dell'Attica e dell'Italia soffrivano una detrazione alla loro rendita pel costo
specialmente elevato del lavoro .schiavo in quelle zone ed erano perciò indotti
a praticare quel sistema di coltura, che esigeva la proporzione minima fra
(' ) Inoltre questo cangiamento nel sistema 'li coltura, assottigliami/ la domanda di
lavoro, può scemare quello stesso incremento di salari", che è proprio alle zone vicine
alla città.
(2) Fraas, Die Ackerbaukrisen und ihre Heilmittel, Leipz. 1886. 180-1 ; Thiinen stesso
(1. e. I, p. 5 e ss ) rileva l'influenza dell'alto salario nei pressi delle città a modificarvi
il sistema di coltura.
(3) Wiskemann, Die antike Landicirthschaft und die v. Thiinensche Gesctze, Leipz.
1859, 37, 85, 96 ecc.
(4) Rodbertus, Zar Geschichte der agrarischen Entwicklung lìoms, negli Jàhrbùcher
fur X. Oek. 1861, II, 221-2. — Mommsen, Rdmische Geschichte, Berlin 1858, I, 814 e ss. —
Koscher, Nationalekonomik des Ackerbaues, Stuttg. 1878. 158.
— 125 —
le spese di produzione e di trasporto. È così che in altra epoca, nella quale
una accumulazione eccedente gli aumenti della popolazione elevava il costo
di lavoro e quindi il costo addizionale del lavoro agricolo presso le città,
nel secolo XVII e XVIII, troviamo nuovamente invertiti i circoli di
Thùnen ; onde ad es. è praticato l'allevamento del bestiame nelle terre vicine
a Londra, mentre la coltivazione del grano è respinta nella Scozia ('). Ma
anche nell'epoca attuale si nota una inversione dei circoli di Thùnen, poiché
l'Europa produce il bestiame ed importa i cereali dall'America, dall'Australia
e dall'India. Secondo Sax (2). è questo un effetto dei progressi nei mezzi di
comunicazione, che hanno scemato il costo di trasporto dei grani, così da
renderne profittevole la coltura sulle terre più lontane. Ma questa spiegazione
è insoddisfacente. Infatti anzitutto accanto al perfezionamento dei mezzi di
trasporto dei grani si ha quello dei mezzi di trasporto del bestiame e della
carne, che subirono pure assai notevoli miglioramenti (3). Inoltre, contempo-
raneamente ai perfezionamenti nei mezzi di trasporto dei grani, si ha una
intensificazione progressiva della loro coltura, la quale accresce la quantità
di quelle derrate producibile sopra una data estensione di terra, quindi il
costo di trasporto di quella quantità. E poiché una intensificazione simile,
od una proporzionale, non si nota nella produzione del bestiame, così la quan-
tità totale di grano producibile sopra una terra presenta sempre un costo di
trasporto maggiore della quantità totale di bestiame producibile sopra una
terra di estensione eguale, ciò che implica la economicità della produzione dei
grani sulle terre più vicine (4). Ma la inversione odierna dei circoli di Thùnen
diviene perfettamente spiegabile, appena si consideri come il prodotto della
lotta dei proprietari per ottenere la massima rendita. Infatti siccome la derrata
di consumo dell'operaio (il grano) è prodotta sulla terra più lontana (Ame-
rica), così si deve praticare nelle zone più prossime al mercato la coltivazione
del prodotto (il bestiame), che presenta la proporzione minima fra le spese
di produzione e di trasporto ; prodotto, il quale, nel caso concreto, essendo
pur quello che esige le minori spese di trasporto, respinge sulle terre più
lontane (India, Australia) la coltura dei prodotti, (riso ed altri cereali) che
richieggono una spesa di trasporto maggiore.
(') Cfr. Eogers, Thornton e tutti gli storici de 11' agri coltura britannica.
(2) Sax, Die Verkehrsmittel, Wien 1878, II, 34 e ss.
(3) Ricorderemo soltanto l'apparato refrigerante Coleman, che rende facile e poco
costoso il trasporto della carne.
(4) « La carne, il formaggio, il burro, che valgono da 9 pene e a 1 scellino e 3 pence
per libra, possono tollerare un costo di trasporto per una distanza assai maggiore che il
gr.mo, che vale meno di un penny per libra. Il grano, che giunge da terre lontane pre-
senta un grave svantaggio per l'alto costo di trasporto; ed e perciò che nel decennio com-
piuto nel 1832 l'importazione del grano è cresciuta solo del 25 °/o. mentre quella dei pro-
dotti agrari più costosi crebb ■ del 60 °/0 »'. Cosi il Caird, The price of wheat. nel Times,
10 febbraio 1É85.
— 126 —
« La legge, che presiede alla distribuzione razionale delle colture, si
applica perfettamente alle industrie manifattrici. Un prodotto manufatto si
vende sempre nel mercato centrale ad un valore (prescindendo dalle sue
spese di produzione) uguale al costo del suo trasporto dalla terra più lon-
tana. Quindi se il manufatto ha le spese di trasporto minime esso sarà otte-
nuto, o l'industria che lo produce sarà stabilita, sulla terra più lontana; mentre
se ha la spesa di trasporto massima, quell'industria sarà stabilita sulla terra
più vicina e l'eccedenza del valore sul costo, eccedenza pari alle spese, che
sarebbero necessarie a trasportare il manufatto dalla terra più remota, andrà
a costituire la rendita dell'area, su cui l'industria è stabilita. Tutto ciò, na-
turalmente, prescinde dalle molteplici influenze, indipeudenti dalla distanza
e cospiranti a rendere vantaggiosa la fondazione d'industrie in alcuni punti
del territorio, che il criterio esclusivo della distanza renderebbe meno pre-
feribili ('). Così se il manufatto ha spese di trasporto minori di quelle dei
prodotti agrari e se tuttavia, per ragioni indipendenti dal criterio della di-
stanza, si vuol produrlo sulle terre vicine alla città, si deve gravare il valore
del manufatto di una rendita eguale alle spese di trasporto del prodotto agrario,
che le ha maggiori, dalle terre più lontane alla città. Che anzi i vantaggi
speciali, che la prossimità al mercato assicura alle industrie, eleveranno pro-
babilmente sopra questo limite la rendita dell'area sita presso la città e
quindi il valore dei prodotti sovr'essa ottenuti.
« Infine, nella zona più vicina, la rendita dell'area di editìzi non dediti
a scopi industriali, è uguale alla rendita che avrebbe quell'area, se coltivata
col prodotto, che ha le maggiori spese di trasporto, ossia è uguale alle spese
di trasporto del prodotto che le ha maggiori, dalla zona estrema alla città;
mentre nelle zone più lontane la rendita degli edilizi è zero. Quindi se la
collocazione delle colture in una od altra zona non ha alcuna influenza sul
valore dei loro prodotti, che è sempre uguale al loro costo di trasporto dalla
terra-limite, la collocazione di un edificio in una zona o in un'altra ha un'in-
fluenza decisiva sulla rendita, che da esso si esige e che oscilla fra un massimo,
eguale alle spese di trasporto del prodotto, che le ha maggiori ed un minimo
eguale a zero. Tutto ciò però quando si ammetta, che il tìttaiolo di un edi-
ficio nella zona più vicina non sia disposto che a pagare una rendita eguale
al vantaggio, che ritrarrebbe da quell'edificio impiegato a scopi produttivi;
mentre se l'inquilino è disposto a pagare una rendita più elevata, questa salirà
senza trovare altro limite che la capacità economica del consumatore ».
C) Vedi su ciò Roscher, Ueber zweckmàssigen Standovi der Industrie:/' ci ;/e, nelle
Ansichten der Volkswirthschaft. Leipz. 1878, II, 1-100. — Cossa, Prime linee di una
teoria delle imprese industriali, nei suoi Saggi, 1878.
— 127 —
Fisica. — Sopra un nuovo modello di barometro normale.
Nota li dei dottori G. Agamennone e F. Bonetti, presentata dal
Socio Blaserna.
« Descrizione del barometro. — La prima nostra idea fu di costruire
il barometro interamente in vetro, del tipo di quello a sifone. La camera
barometrica portava due punte in vetro, l'ima saldata al cupolino della canna,
l'altra lateralmente alquanto più in basso. Verso la parte inferiore della canna
era ima punta Bunten, e di fianco al ramo aperto del sifone era saldato un
tubo in vetro di sufficiente capacità destinato a contenere del mercurio, il cui
livello mediante un pistone mobile poteva alzarsi ed abbassarsi per ottenere
l'affioramento in una delle due punte della camera barometrica. Avendo più
volte tentato di far bollire il mercurio col metodo ordinario in apparecchi
di questo- genere ci fu impossibile' di condurre felicemente a termine l'ope-
razione; ma è importante notare come la rottura sia sempre avvenuta in
tutt'altra parte che nelle saldature delle punte di affioramento.
« Scoraggiati da questi cattivi risultati deponemmo l'idea di costruire il
barometro interamente in vetro, e risolvemmo di fare in vetro la parte stret-
tamente necessaria, e la restante in ghisa. La canna, separata in tal modo
dal resto, si può più facilmente bollire ; ed una volta montato il barometro
su di apposito sostegno, oltre al minor pericolo di rottura, si ha il vantag-
gio, nel caso che questa avvenga, di potere in breve tempo ricambiare la
sola canna, utilizzando tutto il resto.
« Si può avere un'idea dell'insieme del barometro per mezzo delle figure
intercalate nel testo. Sopra una robusta base BB in ghisa (flg. 1, 2, 3), di forma
quasi triangolare, a viti calanti, è fissato verticalmente per mezzo di chiavarde
un telaio TT, ricavato da un'unica piastra di ferro laminato dello spessore di
circa otto millimetri. Questo telaio è destinato a sostenere tutti i pezzi del
barometro, e per impedire che esso possa oscillare in avanti e indietro, è te-
nuto dalla sbarra AA saldamente congiunto alla base. La canna CC si com-
pone di un tubo rettilineo di vetro di circa 15mm di diametro, il quale nella
camera barometrica aumenta sino a raggiungere 35mm. e quivi porta saldate
le due punte di vetro p e p' distanti tra loro di 20cm. La canna termina
inferiormente un poco affilata, ed alquanto al disopra della sua estremità
trovasi la punta Bunten b (tìg. 5) dell'apertura di circa 5mm. La parte in
ghisa, desinata a congiungere i due rami in vetro del barometro, si vede
in maggiori dimensioni nella fig. 5. Sul pezzo DD s'innesta la canna per
mez o della viera conica E E, fissata con mastice alla canna stessa. Sulla piat-
taforma FF si adatta a vite una viera 0 in ghisa, e su questa è fissato pure
con mastice il tubo di vetro KK dello stesso diametro della camera baro-
— 128 —
metrica, il quale rappresenta il ramo aperto del barometro a sifone: la co-
municazione fra i due rami è stabilita mediante il canale ce del diametro
di circa 5mm, scavato nel pezzo di ghisa.
Come si vede dalla figura, 1' estremità
affilata della canna si protende al disotto
dello sbocco del canale di comunicazione,
funzionando così come un' altra punta
Bunten ; e nel ramo aperto la parte ver-
ticale del canale ce termina alquanto al
disopra della piattaforma FF per impe-
dire che l'aria possa introdursi nel ba-
rometro. Il tubo di vetro KK è chiuso
da un coperchio, che porta la vite mobile
d' affioramento ; e la comunicazione col-
l'aria esterna è stabilita mediante il tu-
betto t. A fianco del ramo aperto del sifone
sopra una seconda piattaforma F' F' è
fissato a vite il tubo LL di ghisa, in
cui per mezzo di una vite si muove il
pistone P in bosso ; questo pezzo di ag-
giunta serve, come è stato dotto, per ot-
tenere l'affioramento nella camera baro-
metrica, e comunica colla piattaforma FF
per mezzo del canale dd, che si apre in
prossimità dell'altro ce. Il rubinetto R
serve per far scolare, quando si voglia,
tutto il mercurio, contenuto nei tubi KK
e LL, restando però sempre pieno il ba-
rometro fino all' estremità superiore del
canale ce. I tubi KK e LL possono fa-
cilmente essere sostituiti dai corrispon-
denti K' K' e L' L' (fig. 4), co' quali è
possibile alzare il livello del mercurio
fino alla punta superiore della camera
barometrica, quando si voglia effettuare
la verifica del vuoto. Il congiungimento
dei diversi pezzi si fa a vite coll'inter-
posizione di dischi di pelle di dante, che
da soli bastano ad impedire l'uscita del
mercurio. A fianco del barometro vedesi
il metro MM, che è un regolo di ottone
a sezione quadrata di due centimetri di
tV del vero
— 129 —
lato; sulla faccia anteriore inargentata è tracciata una graduazione in milli-
metri. Tanto il metro quanto la canna di vetro ed il pezzo di ghisa, che
congiunge i due rami del barometro, sono
rissati al telaio mediante robuste morse
in ottone. Alcune viti di registro permet-
tono di mettere il metro nella posizione
voluta.
« Una volta condotto a termine il
riempimento e la bollitura della canna
barometrica, vi si fissa con mastice alla
debita altezza il pezzo conico EE (fig. 5):
dipoi sul telaio TT, appositamente rove
sciato e mantenuto verticale, si adatta la
canna colla camera barometrica in basso.
Per sostenere il peso di questa, e nel tempo
stesso per disporla all'altezza voluta/serve
la vite N, che è fissata alla sommità del
telaio mediante la madrevite e termina in
una specie di coppa. Per unire definiti-
vamente la canna al telaio si fa in ma-
niera che l'appendice HH del pezzo co-
nico EE si adagi sopra la corrispondente
traversa del telaio ; e perchè nello stringere
le chiavarde, che ve lo fermano, non si
abbia a forzare la canna con pericolo di
rottura, per il non perfetto parallelismo
dei piani, si fanno avanzare opportuna-
mente sei piccole viti v (fig. 2). Fatto
ciò si mette a posto la morsa G- de-
stinata a sostenere la canna. A questo
punto si innesta sul cono EE il pezzo
di ghisa corrispondente DD , interpo-
nendovi un leggerissimo strato di paraf-
fina fusa per ottenere una chiusura erme-
tica. Chiusa con una vite apposita e prov-
visoria 1" estremità superiore del canale
ce, si pone in comunicazione il barometro
per mezzo dell'apertura /coll'apparecchio
a distillazione del mercurio ; e dopo aver
ben disseccato l'interno del pezzo di ghisa,
vi si fa distillare dentro nel vuoto il
mercurio finché tutto lo spazio interno sia
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Seni.
17
Fie. 3.
— 130 —
riempito. Tolta la comunicazione colla pompa, si chiude con vite l'orifizio /",
frapponendo un disco di pelle di dante ; ed il barometro è pronto ad essere
rovesciato. Nel modo come è disposto l'apparecchio, il rovesciamento della
canna si fa senza pericolo nò di rottura, né d'introduzione d'aria. Non resta
allora che adattare con chiavarde il telaio sulla base di ghisa, già disposta
su di una mensola di marmo fissata solidamente al muro.
« Per mettere il barometro in stato
di poter funzionare si comincia ad avvitare
a lor posto i due pezzi KK ed LL, oppure
i corrispondenti K' K' ed L' 1/ ; quindi,
aprendo la vite che chiudeva l'estremità
del canale ce, si fa riversare entro di essi
il mercurio che si abbassa nella camera
barometrica, e l'eccesso si toglie mediante
il rubinetto R. Il barometro è pronto a
funzionare quando a fianco della canna si
disponga il metro, e davanti in posizione conveniente si stabilisca un com-
paratore verticale. Questo va disposto in modo che la graduazione del metro
e le punte di affioramento si trovino sensibilmente sulla superficie di un cilindro
verticale, il cui asse coincida coll'asse di rotazione del comparatore : servono
a questo scopo le viti di registro del metro e le viti calanti del treppiede
di ghisa BB. Dietro il barometro sono disposti sul muro a conveniente altezza
dei piccoli specchi, mobili in tutte le direzioni, i quali servono per dirigere
la luce di una finestra sulle punte di affioramento. Per illu-
minare poi la graduazione della scala metrica possono ba-
stare due specchi fissati allo stesso comparatore.
« Per fare una misura di pressione atmosferica si co-
mincia dall'ottenere l'affioramento nella canna barometrica,
manovrando opportunamente il pistone P. Immediatamente
dopo nel tubo KK si conduce ad affiorare la punta mobile,
e per mezzo del medesimo pistone fatto abbassare il mer-
curio sotto le due punte, si procede alla misura della loro
distanza verticale. Quando si voglia fare una verifica del
vuoto torricelliano è necessario lo scambio dei pezzi KK e
L L cogli altri K' K' e L' L'. In tale circostanza è indi-
spensabile di far prima uscire per mezzo del rubinetto R
tutto il mercurio contenuto in essi. Naturalmente uscirà anche una porzione
di quello contenuto nella canna CC, finché il dislivello tra l'estremo orifizio
del canaletto ce e la superficie del mercurio nel ramo chiuso del barometro
corrisponda alla pressione atmosferica. Ciò non è possibile impedire (*) in
(*) Si sarebbe potuto evitare l'uscita del mercurio dalla canna ponendo nel pezzo di
ghisa sotto la piattaforma FF un rubinetto a tre vie, il quale avrebbe anche facilitato la
Fig. 4.
ir
u
e
tr;'
L'
131 —
quanto che, tenendo conto delle più grandi variazioni che possono sopraggiungere
nella pressione, è indispensabile che l'estremità del canaletto si trovi a circa
79cm al disotto della punta inferiore, posta nella camera barometrica, mentre il
punto di mezzo del tubo di vetro KK a soli 76cm; essendo quest'altezza quella
che qui in Koma corrisponde all' incirca alla media pressione dell'atmosfera. Dopo
di avere messo a lor posto i pezzi K' K' e 1/ 1/ di ricambio s'introduce at-
traverso quest'ultimo del nuovo mercurio in buone condizioni. Quando a lungo
andare fosse necessario di rinnovare il mercurio nel ramo aperto, insudiciato
sia per l'ossidazione, sia per la polvere, si procederebbe alla stessa maniera.
« Per portare a zero l'intero barometro, tenendolo immerso nel ghiaccio
fondente, secondo le idee esposte nella prima Nota, si è dovuto costruire
uno speciale involucro in lamina di zinco, il quale per la sua forma e di-
Pifr- 5. sposizione soddisfacesse nel miglior modo
possibile allo scopo accennato. Esso con-
siste in un cilindro a sezione ellittica
di dimensioni tali da involgere non solo
la canna barometrica ed il metro, ma lo
stesso telaio. Alla parte inferiore la se-
zione si allarga per rinchiudere nel ghiac-
cio anche'il ramo aperto. Per facilitare
l'introduzione del ghiaccio, l'involucro è
n diviso in tre parti, che speditamente pos-
iJSBsono sovrapporsi una all' altra, e fis-
" sarsi alla sbarra AA. La sovrapposizione
di queste tre parti dell' involucro si fa
successivamente man mano che vengono
- del vero riempite di ghiaccio. L'acqua di fusione
viene raccolta in basso in apposito reci-
montatura del barometro e l'operazione dello scambio dei pezzi KK e LL cogli altri K' K' e 1/ L'.
La Commissione internazionale di pesi e misure (Trav. et Mém. du Bur. Intern. des poids
et més., T. Ili, D, pag. 34-35), nella costruzione del suo barometro normale non
ha avuto difficoltà a disporre dei rubinetti in acciaio a scopo analogo a quello di cui qui
si fa cenno. Nella descrizione del citato apparecchio non è detto se i rubinetti siano ingrassati.
Noi da una parte temendo che l'uso del grasso possa, se non altro a lungo andare, insudiciare
il mercurio della canna, come fa notare anche il Violle (Cours de physique, t. I, p. 796),
e d'altro canto non sapendo se sia possibile costruire rubinetti in acciaio o ghisa, che senza
essere ingrassati possano tenere perfettamente e si possano manovrare con facilità, abbiamo
creduto più sicuro di escludere il rubinetto, rimediando coll'artifizio d'interrompere il ca-
nale di comunicazione come si vede nella figura 5. L'uso del rubinetto R di scolo, leg-
germente ingrassato non porta con sé alcun pericolo, perchè da questo il mercurio non fa
che uscire all'esterno. Si sarebbe potuto evitare detto rubinetto, rimpiazzandolo con una
disposizione speciale a vite di pressione.
— 132 —
piente. L'involucro porta dei fori di circa 3cm di diametro tanto sulla faccia
anteriore quanto su quella posteriore, i quali si corrispondono uno all'altro
all'altezza delle punte di affioramento ; e similmente vi sono altri fori davanti
al metro nei punti dove cadono le letture. E siccome queste possono cadere
ad altezza variabile per la punta inferiore, i fori in basso sono portati da pia-
strine che possono scorrere su e giù sull'involucro dentro i limiti necessari. Mentre*
l'involucro si riempie di ghiaccio, i fori sono chiusi da tappi di legno che s'inter-
nano fino alla canna ed al metro, e rimangono compresi nel ghiaccio. Quando oc-
corre fare una misura, si tiran fuori questi pezzi di legno, e così rimangono nel
ghiaccio dei pertugi, attraverso i quali può penetrare la luce e possono farsi le
puntate. Per rendere omogenea l'illuminazione delle punte, i fori che corrispon-
dono dietro ad esse sono chiusi con una lastrina di vetro smerigliato; quelli
poi che restano davanti alle medesime possono con facilità essere muniti, al
momento opportuno, di una lente a corto foco, allo scopo di ottenere con più
esattezza l'affioramento, il coperchio a vite, che chiude il ramo aperto del ba-
rometro, impedisce assolutamente che l'acqua di fusione del ghiaccio circostanti.'
possa penetrare nell'interno, mentre la comunicazione coll'aria esterna viene sta-
bilita mediante il cannello t (fig. 5), il quale si prolunga con un tubetto di
caucciù fino ad un apparecchio essiccante, senza che lungo il percorso possa me-
nomamente essere modificata la pressione atmosferica. Questa cautela è necessaria
per impedire che del vapore acqueo possa condensarsi alla superficie fredda del
mercurio del ramo aperto. Quando si voglia invece operare a temperatura
ambiente, si possono disporre tra il metro e la canna dei termometri, i cui
bulbi, come è stato da altri già usato, pescano nel mercurio contenuto in
provette di conveniente capacità. In tal caso l'involucro di zinco, qualora sia
riempito di sostanze poco conduttrici del calore, rende meno variabile la
temperatura nell'interno e fa sì che la temperatura segnata dai termometri
corrisponda meglio a quella del mercurio nel barometro. La presenza dell'invo-
lucro protegge anche l'apparecchio dall'influenza dell'osservatore, il quale per
l'affioramento è costretto ad avvicinarsi notevolmente.
« Nel chiudere la presente Nota sentiamo il dovere di esprimere i nostri
più vivi ringraziamenti al prof. Blaserna, che ha fatto costruire questo nostro
barometro nell'Istituto fisico della R. Università di Roma, ed ha fornito
quanto occorreva per le relative esperienze. Siamo pur grati al dott. Menga-
rini, assistente dell'Istituto fisico, perchè interessato anch'egli nella costru-
zione di un barometro di precisione, ha cooperato alla miglior riuscita di quello
qui descritto. A lui devesi l'idea del pezzo conico EE (fig. 5), che serve per
innestare la canna barometrica nella parte in ghisa ».
— 133 —
Matematica. — Sur une distribution de signes. Note de M.
E. Cesàro, presentata dal Socio Cremona.
« Siles nonibres ax , a8 , a3 , .... croissent continuellement
et indéfinitnent, et que Ui-\-u2-^-u3-\ soit une serie diver-
gente à termes positi fs, on a, pour n infiui,
lim Vi + V± H \~ Vn __ y ^1^1 + ^2^2-1 YdnVn .
ih -\-u2-\ (- un ai ih + «2 % -\ h ««k.»
pourvu qne le second inembre existe.
« Pour montrer que ce théorème découle immédiatement d'un autre, que
j'ai eu l'honneur de communiquer le 22 Avril a l'Académie, il me suffira de
faire voir que l'expression
i=n
ZatuA— )
\ ai an+ij
évidemment positive et croissante, croìt avec n au-delà de toute limite. Ayant
choisi N arbitrairement grand, il est clair qu'on peut toujours trouver un
nombre v, tei que l'on ait
ax ux -f- a2 u2-\- •••-{- a-, iu = a0 (ui -j- u2 -j- — \-us — N) ,
a0 étant un nombre positi '/, dépendant de v. L'expression considérée devient
alors
X
+ {ax ux -f- «2 ih + - + a*, ih) ( — — ) + /at u% ( ) •
et l'on voit qu'elle surpasse N dès que an+i surpasse a0. Le théorème est
démontré. Si l'on fait vn = £nun, anun — \, on obtient l'importante propo-
sition que voici:
« Soit Ui-\-u2-\-u3-\ une sèrie divergente, dont les ter-
mes tendent, en décroissant, vers zero. On a, pour n in fi ni,
lim fi^i+f2^-j \-£nUn = Um fi + fg-J \-en t
Ui-\-ut-\ \- un n
si le second membre existe.
a Ce théorème m'a fait découvrir une curieuse proprietà des séries sim-
plement convergentes. Le terme general d'une telle serie peut étre représenté
par sn un , où sn est 1 ou — 1 suivant que le terme est positif ou negati f.
A cause de la convergence de sxU\ -f- £%u% -{- *3u3 -\ et de la divergence
de ux -f- ut -J- u3 -| — , le premier membre de la dentière égalité est nul.
— 134 —
et le second est évidemrnent 2ar — 1, si w représente la probabilité de ren-
contrer, dans la serie considérée, un terme positi f. Donc w = j- Autre-
ment dit :
«Dans tou te serie simplement convergente les termes
positifs sont aussi fréquents que les termes négatifs, si 1 eurs
valeurs absolues décroissent toujours.
« Il est vrai que dans cet énoncé on admet tacitement Xexistence du
nombre vs, de sorte que la propriété signalée ne senible pas aussi generale
qu'on pourrait le désirer ; mais nous verrons que, si m n'existe pas, la distri-
bution des signes des termes ne cesse pas de présenter ime certame régula-
rité. Afin de mieux expliquer cela, je vais (Vabord faire quelques remarques
sur la fréquence des propriétés dans les successions de nombres.
« Pour indiquer qu'ime propriété -Q appartient à quelque nombre du
système A, ou peut imaginer une fonction S2(x), égale à 1 ou à 0 suivant
que x possedè ou non la propriété -Q. Soient ax , «2 , a3 , ... les nombres du
système. Ayant pose
S2(al) -f- S2(az) -j f- Sì(an) = nmn ,
vsn est la fréquence de -Q parmi les a prenderà nombres de A. Si, pour a
croissant à l'infuri, mn tend vers une limite or, il est naturel de considérer
celle-ci comme exprimant la probabilité qu'un nombre de A, pris au hasard,
possedè la propriété fi ; mais on ne doit jamais perdre de vue qu'on a dispose
les nombres dans un certain ordre, de sorte que, dans l'évaluation de or, on
vient a admettre que chaque nombre an est, pour ainsi dire, d'autant moins
accessible que son indice est plus grand. C'est donc sous la condition de
considérer A comme une successione et non comme un système dont les nom-
bres soient aussi accessibles les uns que les autres, quii est permis d'attri-
buer à ccr la signification indiquée plus haut. Le nombre or peut d'ailleurs
varier avec l'ordre des termes de A. Il pourrait mème ne pas exister. On
confoit, en effet, qu'en parcourant le système suivant une route presente, une
répétition trop frequente de fi ou de la propriété contraire finisse par dérou-
ter l'observateur, de manière a lui rendre impossible l'appréciation exacte de
la fréquence cherchée. Je ne dis pas que, pour une telle appréciation, l'exi-
stence de cs soit iudispensable. Je puis mème indiquer une infinite de cas
où la valeur de la fréquence est parfaitement déterminée au moyen de la
notion de Yespérance mathémalique, bien que ur n'existe pas. Cela arrive,
par exemple, lorsqu'on sait construire un certain nombre de successions par-
tielles, constituant A sans omissions ni répétitions, et telles que, n parcou-
rant une quelconque de ces successions, zsn tende vers une limite déterminée.
Cette limite étant multipliée par la fréquence, relative à A, de la succes-
sion partielle correspondante, la somme de tous les produits analogues donne
la mesure de la fréquence demandée. Il y a malheureusement des cas où
— 135 —
l'on ne saurait concevoir une telle décomposition en successions partielles.
C'est ainsi que, pour le moment, je ne saurais dire quelle est la probabilité
de rencontrer, dans la succession des nombres naturels, un terme éerit avec
un nombre impair de chiffres. Si n parcourt la succession 1, IO2, IO4, .... , zsn
tend vers — ; mais on trouve une limite dix fois plus grande lorsque n parcourt
la succession 10, IO3, IO5, Ce n'est pas tout: zsn tend vers une infinite
d'autres limites ; mais il semble impossible à'isoler les successions partielles
qui leur correspondent.
« Pour le but que je me propose il faut savoir assigner une infinite de
successions de nombres finis ft, #2, b3, .... , tels que bn admette nécessaire-
ment une valeur moyenne. Cela dépend de Xexcès e„ de chaque terme sur
la moyenne arithmétique des termes qui le precèderti. Si la valeur absolue
de bn ne surpasse pas a, quelque soit n, celle de c„ ne surpasse pas 2«.
Or on a
bi + b2-\ \-bn+l bx + b2-\ \-bn cn
n-\-ì n n-\-l
et l'on voit que la variation de — (bx -\-b2-] J- bn), lorsque n s'accroìt
2«
dune unite, ne surpasse pas en valeur absolue. S'il est impossible
de trouver dans la succession cx, c2, <?3,.... plus de v termes consécutifs,
ayant méme signe, on a évidemment
\ (*, + h + .- + bnr) -±(^ + 0,+ - + M
2av
n
pour toutes les valeurs de ri et ri '-, supérieures à n. La valeur moyenne
de bn existe donc, non seulement dans le cas de v fini, mais encore pour -
n
tendant vers zero. En particulier nous pouvons prendre
bn — Sì (an) , c~n =iì (an+i) — zsn ,
et nous voyons que c„ est positif ou négatif suivant que an+l possedè ou non
la propriété Sì . La limite zs de zstl existe donc, si chaque groupe de termes
consécutifs de la succession ax , a, , a3 , .... , jouissant de la propriété Sì, ne
renferme qu'un nombre fini de termes, ou méme un nombre de termes dont
le rapport au rang n de l'un d'eux tende vers zèro lorsque n croìt à l' infini.
Dans tous les cas, il est assuré que sr„ tend à parcourir d'ime manière con-
tinue un certain intervalle. Dans l'exemple donne plus haut l' intervalle était
(tt'ttI; mais la difficulté réside toujours dans la détermination de Yim-
— 13G —
portarne de chaque nornbre de l' intervalle. Si l'on parvenait à exprimer cette
importance au moyen d'une fonction f{x), la probabilité clierchée serait
f{x)dx
* Je vais utiliser les con^idérations qui précèdent pour donner quelques
éclaircissements sur la proprietà des séries simplement convergentes, signalée
plus haut. J'ai dit que. si une certaine limite ts existe, sa valeur est ~. La
non-existence de zs entraìne-t-elle toujours la non-convergence de la serie?
Je vais d'abord montrer que, si les valeurs absolues des termes décroissent
assez lentement, le nomhrezs existe. En effet, si — («ì-f-^H f-f„) n'admet
pas une limite pour n influì, c'est que le rapport précédemment désigné
par — ne tend pas vers zero. Il s'ensuit que l'ou peut trouver des valeurs
de n, aussi grandes qu'on le veut, pour lesquelles le rapport en question sur-
passe quelque fraction — , r étant, si l'on veut, un certain nomine entier.
Il en resulto n<Cjrv\ puis, en désignant par n le produit (r-\-l)r,
_J_ _!__!_ \ -^ W Un'
r-f-i
A cause de £n+1 = en+2 = ••• = en+^ la somme un+x -f- un+2 -f~ ••• -f- ^«+v est
la valeur absolue de la somme de v termes consécutifs dans la serie conver-
gente considérée. Donc, si nun finit par surpasser constamment quelque norn-
bre positif, zs existe.
« En résumé, s'il est possible que l'excès de la fréquence des termes
positifs sur celle des termes négatifs ne tende pas vers zero, cela ne peut
arriver que pour les séries dont les termes décroissent assez rapidement en
valeur absolue. Dans tous les cas, il est certain que la valeur absolue de la
différence considérée ne peut fluir par surpasser constamment un nombre po-
sitif k. En effet, si cela avait lieu pour >£>>»•, la somme S„ des n premiers
termes de la serie pouvant étre mise sous la forme
Oi + «2 H h *n) Un+i + y> («J + *! H h *i) (W — Uu-i) ,
on aurait
S« > k (uv+ì -f- Mn+2 H h Un) .
— 137 —
ce qui devient impossible pour n suffisamment grand. Par un calcili inverse
on trouve
*i
Un+i / \Ui+1 Ili!
et l'on en déduit sans peine
lim (zsn — l)nun = 0.
Cette égalité nous dit, encore une fois, que si nu„ tìnissait par surpasser
quelque nombre positif, zsn tendrait nécessairement vers j . Si la fonction zsn
ne tend pas vers j, elle oscille dans un intervalle qui contient \ comme
nombre intérieur ou comme extrémité. Dans le premier cas, les oscillations
s'effectuant de part et d'autre de \ , on voit clairement quii y a, entre les
signes -J- et — , des alternatives de prépondérance, qui ne cessent jamais.
Dans le second cas, un signe tend à prévaloir; mais sa tendance ne finit
jamais par étre constamment satisfaite. Dans tous les cas on peut dire que,
si des irrégularités se manifestent parfois dans la distribution des signes.
elles sont compensées par des retours continuels à la pleine régularité; car
on peut assigner une infinite de valeurs de a, pour lesquelles la fréquence
des termes négatifs, parmi les n premiers termes de la serie, s'approche
autant qu'on le veut de la fréquence des termes positifs. D'après cela il est
toujours possible de grouper les termes, sans on altérer l'ordre, de facon que
les deux fréquences dont il s'agit tendent à différer entre elles aussi peu
qu'on le désire, c'est-à-dire de manière à assurer, pour la nouvelle serie,
l'existence du nombre zs = \ . Au contraire le fractionnement des termes peut
détruire cette existence. Ceci nous indique un moyen de construire une infi-
nite de séries simplement convergentes, pour lesquelles la fonction zs„ oscille
aussi fortement qu'on le veut. Si le nème terme de fi «, -j- ez u2 -}- e 3 uz -j —
est decompose en pn parties, ayant mème signe, on peut toujours poser
*=Pi +P2 H \-Pr-i + Opr ,
6 étant une fraction proprement dite, qui tend vers toutes les valeurs de
l'intervalle (0, 1), si pn croìt à l' infini avec n. Cela étant on a, pour la non-
velie sèrie,
_ ! | *l ]h + f 2 ìh ~\ f- f ,-i Pr-i + fcr Vr
et l'on voit qu'on peut régler comme on veut les oscillations de zsH autour
de \ , en disposant convenablement de la fonction pn. En particulier, pour
les séries à termes alternativement positifs et négatifs, si l'on fait pn •= 2",
on voit que l'expression de ww tend à prendre la forme
1 (— l)r 1—30
2 ~*~ 6 ì~\-tì '
qui représente l'intervalle (|'|).
Bullettino-Rendiconti, 1888, Vol. IV, 2° Sem. ]8
— 138 —
k II est clair que la régularité de distribution des signes -f- et — uè
petit étre détruite par un groupement de terrnes, à moins que la serie da
devienne absolument convergente, ce qui est toujours possible pour une infi-
nite de groupements. Evideruraent, pour les séries à convergence absolue, les
tendances de la fonction zsn ne sont soumises a aucuue loi. Lorsqu'on sort
du domaine de l'absolue convergence pour entrer dans celui de la conver-
gence simple, on commence par rencontrer des séries pour lesquelles la fonction.
tout en restant libre de tendre vers une infinite de valeurs, est obligée de
s'approcher sans cesse de j. A mesure qu'on s'éloigne des séries absolument
convergentes l' intervalle d'oscillation tend à devenir nul, et il se réduit effecti-
vement au point \ pour les séries dont la simple convergence n'est pas moins
accentuée que dans les séries convergentes, déduites de la sèrie harmonique.
C'est, comme on le voit, pour les séries à convergence simple, fort accentuée.
que le nombre rs esiste nécessairement. La condition or = \ se présente donc
comme une garantiti de converginee au moment de franchir les limites qui
séparent le domaine des séries convergentes de celui des séries divergentes -.
Filosofìa. — Le facoltà dell 'anima in sé stesse considerate se-
condo i principi posti da Platone nella Repubblica. Nota I del
prof. Luigi Rossi, presentata dal Socio Ferri.
Sommario. — I. Entrati nella quistione, si espongono due criterii che secondo Platone si
devono seguitare nel far giudizio delle diverse potenze dall'anima ; sì determina qualsia
la natura dei cinque sensi; e per mezzo del principio di contfadizione, si stabilisce
che, oltre i sensi esterni, nell'anima sono tre altre facoltà <> parti tra Itoro distinte e
l'ima dall'altra diverse, la parte razionale, la irascibile e la concupiscibile. — II. Dimo-
strato poi che la congettura, la credenza, la conoscenza avuta per ragionamento e la
intellezione pura devono tenersi come stati della parte razionale, si definisce che cosa
siano, quante siano e quali proprietà abbianole potenze dell'anima, e si fanno vedere
da ultimo le relazioni che Intercedono tra esse e l'anima e traesse e il corpo.
« Quello che io sono per dire non sarà già una critica, ma una espo-
sizione ragionata dei luoghi che si trovano nella Repubblica di Platone sopra
le facoltà dell'anima e di ciò che da essi si può dedurre. Le facoltà del-
l'anima poi da me verranno considerate in sé stesse, quindi rispetto al loro
numero, alla loro distinzione, alla loro essenza, alle loro proprietà, e non in
quanto per esse noi possiamo procacciarci varie maniere di conoscenze. Con
questo, ad onta che moltissimi abbiano discorso su le dottrine che il grande
filosofo professò intorno all'anima e alle sue pertinenze ('), io non credo di
(*) Vedi Kitter, Zeller, Chaignet, Eassai s. I. philosophie d'Aristote. Paris in 8°.—
Ast, lexicon platonicum. — Siebeck, Geschichte der Psy citologie. — Peipers, L'ntersuchun-
gen uber das system Platos. Leipzig. 1874. Peipers, Ontologia platonica ad noti onum ter-
— 139 —
far cosa del tutto inutile, tra perchè gli scritti di Platone tornano difficili
a capirsi per la loro forma dialogica, e perchè le cose, che a lui attribuirò,
verranno confermate con l'allegare i passi ad esse relativi (')•
« Platone parla delle facoltà o potenze dell'anima nel Fedro, ma quivi
ne favella in modo allegorico, per esempio assomigliando a due ali l'istinto
che tende al vero divino e quello che aspira al bene divino ; nel Timeo ne
ragiona paragonandole alle forze onde è fornita l'anima del mondo (2) ; nella
Eepubblica invece fa intorno a esse una indagine quale si conviene ad uno
scienziato.
« Quivi adunque ei pone due regole che si devono seguitare nel far
giudizio delle operazioni, degli abiti e delle potenze dello spirito, e sono la
diversità dell'oggetto e la diversità intrinseca degli atti comparati gli uni
con gli altri. Quanto alle 'potenze osservo questo solo, che cosa esse riguar-
dano (3) cioè con che cosa esse hanno relazione, di che cosa esse sono po-
tenze, qual'è l'oggetto loro. L'altra differenza si scorge nel considerare che
cosa esse operano (4), ossia quale' è l'operazione che esse producono, quale
diversità c'è t>*a l'operazione di una e quella di un'altra. Ambedue queste
differenze sono significate da quel detto : ciascuna potenza può qualche cosa
di differente, « potendo ciascuna qualche cosa di differente » (5). E
aggiunge : « ho dato un proprio nome - a ciascuna, e quella che è ordinata
- a una medesima cosa e produce la stessa operazione, la dico la me-
? desima, e l'altra che è ordinata ad altro fine e produce una operazione
- differente la nomino diversa » (r>).
minorumque historiam symbola. Lipsiae 1883. — Platonis opera omnia recensuit prolego-
menis et commentar iis instruxit Godofredus Stallbaum — Platonis opera, argumenta
dialogorum etc. condidit J. Hunziker etc. voi. 3° della ed. Didot, Parisiis 1873.
(!) In questo trattatello ho fatto capitale del volgarizzamento della Eepubblica for-
nito dal sig. Eugenio Ferrai, e stampato in Padova il 1883. Però in alcuni luoghi non
per disprezzo della versione del sig. Ferrai, ma perchè si addicevano meglio al presente
lavoro, ho messo di mio delle parole e delle frasi, e questi luoghi perciò verranno con-
trassegnati con una nota in fondo alla pagina in questo modo: Ferr. Var.; quelli presi
dalla traduzione del sig. Ferrai saranno distinti con queste lettere : Ferr. Altri luoghi poi
ho ridotto a volgare da me, e questi non avranno alcun segno.
(2) V. Grote, Plato and the others companions of Sokrates. Cfr. Bain.; Les sens et
V intelligence, Append. Psychologie d'Aristote, pag. 568-570, Paris 1874,
(3) (fvi'cffiecji ffl.eig ixth'o fxóuov fténio ècp' to ré sari. Eep. Lib. V, cap. XXI, pag. 177-1 78,
ed. Stef.
(4) x«l 6 ùneQyriCeTcu (ivi).
(5) trsQJy ri dwcuiki'ì] éaaxéqa ccvriòy (ivi).
(6) xià tavrri éxtìazrp/ c.vnòi' Avvicini' èxóXèda, xtù tt\v [ièv ènì no (tihtò Teiicyui-vi,!'
y.ul io avrà ànsgyctCo^éfijp xì)p uvjìjv xkXù, fV}t> dì ènì trégio xal ì'isqoi' a7TEQya&fiévt}y
ti'Ah]v (ivi).
— 140 —
«. Platone però non applica esplicitamente questi criterii a distinguere
le varie potenze che egli ammette nell'anima, ed inoltre nel trattare di esse
non segue alcun ordine, onde sembra esser data all'espositore facoltà di potere
incominciare dai sensi esterni, i quali pel nostro filosofo sono virtù (àgarai)
o forme sopraggiunte ai sensorii viventi. Ciò deducesi da molti passi che ha
nella Repubblica e che è bene allegare. - L'arte medica è ella per sé stessa
« in difetto, o sì vero ad ogni altra arte ... è mestieri d'una qualche virtù.
- a quel modo medesimo che agli occhi della vista, e dell'udito alle orec-
« chie? » ('). E altrove: - non direni dunque che questi (il vedere e l'udire)
« sono i lor (degli occhi e delle orecchie) proprii atti? (-) . . . Tutto ciò che
- abbia una operazione propria da compiere non ti pare che abbia una pro-
li pria virtù? . . . V'ha egli . . . un'operazione propria degli occhi ? — Sì che
- v' ha — V" ha dunque eziandio una virtù degli occhi? — Anche una virtù —
- Dì ancora: e v'era una operazione propria delle orecchie? — Sì — E dunque
- anche una loro virtù — Anche una virtù... Piano un momento: forse gli
« occhi potrebbero mai compire la loro propria operazione a dovere, se non
« avessero la loro propria virtù, ma anzi in luogo di essa un vizio? — Ma
« come? rispose, tu intendi già dire la cecità in luogo della vista... Così
« pure anco le orecchie prive della loro virtù male adempiranno l'ufficio loro?
- Sicuramente - (3).
« Adunque tutto ciò che ha una operazione propria ha una propria
virtù, per la quale compie quell'operazione ; gli occhi e gli orecchi e in ge-
nerale i cinque sensi hanno una operazione propria ; dunque hanno una propria
virtù, per la quale sentono. Ora la parola virtù (ccqst^) riferita ai sensi non
può dinotare altro che forma innata (come la virtù morale è una forma
acquisita dell'animo), cioè forma che è in noi non perchè ce la procacciamo
noi, ma perchè nasciamo con essa : in quanto non si trova che Platone abbia
pensato che gli uomini si procurino i sensi da loro, e questo d'altra parte
adesso non avviene se non per accidente, poiché a chi ha il male della ca-
teratta, il medico non fabbrica la vista, ma gliela libera da cose che impe-
divano che ella fosse. Il vocabolo virtù dinotando adunque forma innata, dalle
parole di Platone : - forse che gli occhi potrebbero mai compire la loro pro-
« pria operazione a dovere se non avessero la loro propria virtù, ma in luogo
(*) ccvxi) 7j ìuxqixì'j èaxi noi>i]QÙ, ìj cc'Ah] rig rt'/t'ìj eo&'bxi riQoaóetxcà xirog àqtttfS,
ùiffneQ 6cp&ctX[iol oipeiog xcà iòne axoijs\ I, XV, 342, Ferr.
(2) ovxovv óixcduyg ììv rc.vxic xovxiav cpufièv %Qya eìi'ca; I, XXIII, 352-353.
(3) ovxovv xiù dota] fìoxet aoi elvca éxciaxii), lòneo xcà eoyov xi Txnooxéxcixxcu; ..
ocfftH'/.ftuJv, cpccuèi', tarli' eoyov, "Eariy. Aq ovp xcà cìperi] òcffrctXutòi' èortv ; Ti Sé; wroii'
i]v ti eoyov; Ned. Ovxovv xcà ùpen]; Kcd àtteri] . . . 'E%e ih), ciò av note o[A{autu rò avtwv
ioyov xcdùg uneQyàaiui'to fj.rj e/orrec xi]v avrtòi' oixeii'.v cìoerijv. uXV ùvil rrjg àoerì]g xccxictr;
Kcà niòg cip; hrpi] ' rvcp'kóri]za yào iaiog Xéyeig cipri xì]g ìiipetog . . . Ovxovv xcà tata crxepn-
(xevtt zrjg civxMi' «Qexrjg xaxiòg xò civriòv eoyop cìneoyciaerca ; ìlàvv ye. I, XXIV, 353-354
Ferr. Var.
— 141 —
« di essa un vizio » ? : vale a dire la cecità ; si deduce che gli occhi, benché
viventi di vita vegetativa, senza una forma innata che si chiama vista, non
potrebbero vedere, e in generale gli organi dei sensi, sebbene viventi di vita
vegetativa, senza la forma innata loro rispettiva, non potrebbero sentire. Dalle
altre parole poi « v' ha egli altro mezzo nessuno pel quale tu vegga, all' in-
■ fuori degli occhi? No certo. E dunque? Potresti tu altramente udire che
- per le orecchie? No » (*); si ricava che se non ci fossero gli occhi, e le
orecchie, noi non vedremmo né udiremmo, e in generale che quella forma
innata, che rende l'organo del senso atto a sentire, non sarebbe senza l'organo
del senso. Se tutto questo è vero, conseguita che i sensi esterni sieno in noi
perchè in noi sono gli strumenti di essi o sensorii, perchè cotesti sensorii
sono viventi, e perchè nei sensorii viventi si trovano le forme innate o virtù
ad essi relative. Più in là di queste conseguenze noi non possiamo andare;
ma già si vede come Platone avesse precorso Aristotele a fare quella avver-
tenza, su la fine del secondo dell' anima, che il corpo vivente è un composto
di materia prima e di forma sostanziale che lo rende vivente, e diviene sen-
ziente allorquando a questo composto si aggiunge un'altra forma, data la
quale ciascun organo sensorio si trova capace di sentire, e tolta la quale
ciascun organo sensorio vive, ma non sente (-).
« I cinque sensi poi sono mezzi, onde si fanno le sensazioni esterne;
imperocché domanda : « con che parte di noi medesimi vediam le cose visi-
« bili ? » ; e risponde : « con la vista » ; e soggiunge : « con l'udito quelle che si
« odono e con gli altri sensi tutte le altre cose sensibili » (3). Infine i sensi
esterni sono facoltà o potenze. « Ha' tu mai pensato come l'artefice de' nostri
« sensi ha costruito splendidissimamente la facoltà del vedere e per la quale
« sono vedute le cose? » (4). E nel libro quinto investigando la natura delle
potenze, e detto che cosa gli sembra che sia potenza, aggiunge : « per esempio
« dico essere potenze la vista e l'udito - (5).
« Veramente Platone non parla che della vista e dell'udito; tuttavia
non avendone egli detto nulla in contrario, pare doversi tenere il medesimo
(*) £0"#' orai «V (iX'Atoìtfoig. >)' òxfO-c.X^ioìg ; Ov &rJTa. Ti tfé; uxovaatg (iXAto ìj watt' ; Ovó\t-
(J.(Ò9 ivi. cap. XXIII. pag. 352.
(2) ovry tj (da&fjaig [tt'ye&óg èaxiv, uXkù Xóyog ng xuì dvfc^utg txtivov (jutyé&ovg.
uia&rjrrjQLov tiqojiov). Né il senso è grandezza, ma proporzione (forma) e potenza di quella
(della grandezza, cioè del sensorio primo, cioè del sensorio in cui primamente si fa la
sensazione, quale l'occhio, l'orecchio, il naso, la bocca, la carne). De anima, Lib. II, cap. XII,
n. 2, ed Tauchnitiana, Lipsiae, Holtze 1880, testo comune 122.
(3) T<ò ovf ÓQiòuei' ì'julòu {(vriòv tu ÒQuJfxeytc ; Tfj òipei, tcprj. Ovxovv, ì]v S ' èytò, xc.'t
àxorj rà àxovóutvu xcà tatg a'A'Acag (ci'ad-ijasffi nùviu x<t «ìafrìjià ; Ti u>';r ; VI, XVIII,
507-508, Ferr.
(4) slo' ovv, vv (P iyiò, tyi'Sfótjxag xnv xùv c.iofr)]aexoi' dtjuiovgyòi'. oaot noXvxt'Ataxai »,r
tì)i> roìi oqùv re x«l ÓQÙaiha ovvienti' èórjfUovQyrjaev ; (ivi) Ferr.
(5) oiov 7.éyu) oipti' xc.ì àzorjv nói' òvveifAecw tìnti. V, XXI, 177-17S.
— 142 —
eziandio dell'odorato, del gusto e del tatto; del tatto in quanto per esso si
percepiscono le qualità tattili delle cose esterne, e non in quanto sperimen-
tiamo il piacere e il dolore organico, perchè in tal caso sembra che queste
passioni, come conosceremo fra poco, siano atti della parte concupiscibile del-
l'anima. Dalle cose esposte seguita dunque che secondo Platone i cinque sensi
sono virtù o forme sopraggiunte ai cinque sensorii viventi, sono mezzi coi
quali si percepiscono i sensibili esterni, e sono potenze. In seguito vedremo
che cosa dinota quest'ultima espressione.
« Frattanto, lasciando da parte gli atti dei ciuque sensi, sembra che
per Platone tutte le altre passioni od operazioni dell'anima, si possano ri-
durre a tre generi o specie : l'una che comprende l'amor dell'apprendere e
in generale le operazioni razionali (Xóyog, passim); l'altra l'ardimento del-
l'animo, ossia il montare che noi facciamo in isdeguo, l'adirarci (òoy>r •'><'-
fióg, 1. IV, e. XIV, p. 439-440); e la terza l'appetire cose basse, cioè l'avi-
dità del guadagno (tTiiOvni'u, (jiÀoyo^nuiov, 1. IV, e. XI, p. 486) « 0 la
« vaghezza dei diletti del cibo, dei piaceri venerei, e di quanti altri sono
fratelli a questi » ('), o con termini diversi - il desiderio del mangiare, del
* bere, delle cose veneree e di ciò che viene appresso, e ancora delle
« ricchezze, perchè col mezzo del denaro massimamente si possono sodisfare
« questi diletti - (2).
« Ciò posto Platone si fa a ricercare - se ciascuno di questi atti
- compiamo con un solo e medesimo principio, ovvero se, essendo tre, ogni
« diverso atto compiamo con un principio diverso; sì che per uno inten-
« diamo, per un altro che pure in noi sia montiamo in isdegno, e
« per un altro terzo poi sentiamo vaghezza dei diletti del cibo e delle cose
* veneree e di quanti altri piaceri sono fratelli a questi ; o se invece com-
« piamo con tutta quanta l'anima ciascuno di questi atti quando usciamo ad
« essi medesimi - (3). Siccome poi, per quello che soggiungerà Platone, di
questa proposizione disgiuntiva è vera la parte che dice come ognuna delle
specie di atti nominate, la compiamo con un principio diverso, così il prin-
cipio per cui si compiono le operazioni razionali, sarà chiamato la forma o la
parte razionale dell' ani ma (io loyiciixòr tidog); all'altro di cui sono atti
lo sdegno e l'ira, cioè le passioni non sensuali, si dovrà dire la forma o la
(*) èni&v/LtoviASf <f«v t(>ìt<o tkvì TÙir neQÌ n]i' iqoqnjv rt xcù yévvrjeip y&ovìSp xat
oacc Tovrtov ctóeXcpà. IV, XII, 436-437, Ferr. Yar.
(2) T(òv tisqI rtjt' tcJcxfyV tTiifti'jUliòv xcù Ttóaiv xcù ampodioia y.<ù offa tiXXcc tovtois
uxóXov&cc, xcù cpiXoYQijftcxTQV óì], oti ó'tù /q^ui'ciiov LtuhoTu ùnoitXoìiicci al roiccvrcci èm-
ttvuUa. IX, VII, 580-581, Ferr. Yar.
(3) Tode &è »}cf/; ■/aXsnòt', si t«i avtói tovtio ixacttt noc'cTTouev, ìj rgiaìr ovaiv u'/.'/.o
àXXo)' ucci'&uvofAsv {J.tv èiégio, d^vuovfis&a efè iiXXio rwy cV rjfùv, im&vuov/uev & ' tev colio)
Tifi rtòy Titgì r?yV TQocptjv it xcù yévvijaiv tjdovtòv xcù óoc< tovxiùv à&eXtpéc, rj 6X>j Trj ipv/fj
*«#' é'xcxoTov ccvTwy ngcaro^iar, orca1 ÒQfÀ^aoutv. IV, XII. 136, Ferr. Yar.
— 143 —
parte irascibile {tò d-v^oeióèg slóog); e il terzo, che è la sede delle passioni
sensuali, converrà appellare la forma o la 'parte concupiscibile (tò em-
D-viufcixòv eldoo). Però questi non sono i soli nomi con cui Platone significa
coteste tre parti dell'anima, che alla parte razionale dice altresì /.óyog, tò
(fdòaoyov, tò (fdofta&tg, e anche $ fiav&eivet civ^Qamog (J); la parte ira-
scibile la designa ancora col nome di &vpós (2); e in ultimo la parte con-
cupiscibile, la dice eziandio tò epilobi) natov, cioè amante della ricchezza, perchè
la ricchezza talvolta si desidera per procacciarci i piaceri sensuali (3). Che poi
iì nome generico di siffatte parti dell'anima sia forma o ù'óog, si cava da molti
luoghi, ma tra gli altri da questi : « Così dunque, o amico, quanto all'uomo
« individuo faremo conto che abbia nell'anima sua le stesse forme » che si trovano
nello stato, le quali sono i lavoranti, i guerrieri e i magistrati (4). E altrove :
« Sia dunque stabilito che nell'anima sono due forme » (5) ; e poco dopo :
« ed è forse che . . . non v'abbiano tre, ma due sole forme dell'anima? » (,;).
« Ma tornando al proposito del discorso dismesso, Platone detto aper-
tamente che la cosa di cui va in traccia è difficilissima a rinvergare (rude
óè rjóì] yrccXsTxóv (7)), incomincia con lo stabilire come principio che una
medesima cosa non è « capace d'azione e passione ad un tempo e nello stesso
« modo e pel medesimo obbietto, sì che se mai ci trovassimo a caso cotale,
« noi sarem certi che non è '1 principio medesimo, ma più e diversi » (s).
Per atto d'esempio di un uomo, il quale stia in piedi e muova ad un tempo
le mani e il capo, non può dirsi che egli sta e si muove ad un tempo, ma
invece che una parte di lui è in quiete ed un' altra si muove. E di una
trottola similmente, la quale fisso l'asse in un punto, giri intorno ad esso,
non diremmo che ella nel medesimo tempo sta e si muove, ma diremmo che
ella ha una parte diritta ed una rotonda, e per la diritta sta ferma senza
piegare da verun lato, e per la rotonda si muove in giro. Cotesto principio
in sostanza è il principio di contradizione significato in modo meno generale,
e il quale espresso in forma più chiara, è che ima cosa non possa operare
e non operare nel medesimo tempo e considerata sotto lo stesso rispetto ; ma
0) Cfr. Fedro, cap. XXITI, p. 247 cit. dal sig. Ferrai, proem. alla repub. cap. XI.
pag. COXLVIII.
(2) Eep. IV, XIII, p. 438; IX, VII, p. 580.
(3) IV, XI, 435.
('*) Kul xòv èva uq«, oì (pile, ovxwg àSnóffouei' tic avrà xavta eìcfij eV ri, uvtov tl'v/f,
eyovxu dia %à avrà ndO-ìj èxeivoig rw avt(òv nvoixv.nav ÒQ&tSg rìStovff&ca rìj nóhei. IV. XI,
435. Cfr. cap. XV, pag. 441.
(5) tfvo ìjixTv iÓQÌad-o eìóì) tr tpvyrj èyóvta, IV, XIV, 43!».
(G) (offre fxì} tq[((, uk'kà évo ei(?>] eluca, iv »/'"/,') ■' ivi 440.
{->) IV, XII, 436.
(8) Jìj'kov ori xuviòv xàvavxla noieìv ij nàffytiv -/.unì nevi ór ye xcù noòg ravròv
ovx e&ehjaei ic/uu . ùisxe, avnov evQiffxojjev eV avxocg xuìxc yiyróuevu, elffóueftcts ori ov
xccvxòv riv, ùllù nXelu). IV, XII, 436-437. Ferr.
— 144 —
se in una cosa si ritrovano due operazioni contrarie o due stati contrarii
nello stesso tempo, è necessità attendere la cosa da due lati, e ammettere
in essa due parti o principii, pei quali quell'unica cosa può nel medesimo
tempo compiere quelle due contrarie operazioni, o pei quali in quell'unica
cosa possono ad un tempo trovarsi quei due differenti stati.
« Così stabilito il principio si passa alle conseguenze sue per quella
parte che riguardano l' anima. E si comincia con l'osservare che in noi acca-
dono operazioni (le quali ora non si determina se sono azioni, o passioni)
contrarie, quali sono « consentire e negare,, attaccarsi a una cosa e riget-
tarla, trarla a sé e respingerla » ('), e via discorrendo; e queste operazioni
avvengono in noi nel medesimo tempo: il che è manifesto se si considera
uno che ha sete e non vuol bere. Imperocché l'anima di costui - in quanto
ha sete, non altro ruote se non here, e questo appetisce e a ciò tende » (2),
ma nello stesso tempo ricusa di bere. Ora nell'anima di quell'assetato altra
è la cosa che ha sete e che spinge l'anima, come un bruto, a bere, e altra
quella che non vuol bere e che ritrae da ciò l'anima. E questo per la ra-
gione che noi non vorremmo dire che uu principio operi contrariamente ad
un tempo medesimo e rispetto ad una medesima cosa - a quel modo mede-
« simo... che d'un arciere non sarebbe ben detto che le sue mani ad un tempo
« stesso tirano e allentano l'arco, ma si che l'ima mano lo tende e l'altra
- lo allenta - (3). Da cotesto discorso di Platone segue che intanto in noi
ha due forze: una che ci comanda di bere, ed una che ce lo vieta. Ma di
queste due forze quella che ci vieta di bere è da ragione, laddove quella che
ne tragge e ne sospinge a bere procede da sofferenza e malore. Quindi con-
viene stabilire che in noi ha due forze tra loro diverse « l'ima per la quale
- ragionasi e che chiamerem razionale ;• e l'altra, per la quale si ama, si ha
- fame, si ha sete e degli altri desidera tutti ci si accende, irrazionale,
« a' piaceri inchinevole e tutta amica di sodisfazioni e diletti - (4).
« Distinte adunque in noi, o nell'anima nostra che vogliam dire, due
parti o forze che sono la razionale (o il io XoyiOTixóv) e la irrazionale
(*) io èmvEvetp vip ttpavsveiv xaì rò ècfieo&id ttpog XaBetv tu) anagueìad-at xrd tò
nQooàyeo&cu r«> ancjd-eTo&lu, nàpra i<> rotavra rwp èvaititav txXXijXois '>ehtg eire noirjfia-
tiov tire Tic.fh^KCTwr : IV, XIII, 437-438, Ferr.
(2) Tov (fnjj(Sftog ('i(ìtc /; >!')■/>] xa&óffop à't^/rh ovx aXXo ri BovXerai, rj nielv, xaì tovto
òqéyena xaì ini tovxov <\>uà, IV. XIV, 439, Ferr.
(3) ùiarren . . . tov tolgóxov ov xrcXiJòg è/ei Xéyeip, 'òri avxov atta ai /eìqeg tò tó£op
(CTicoftoì't'Tcd rs xaì ngoaéXxoPTai, d'/X óit aXXrt utr >] àmo&ovaa %el(>, èTéga de ì'é nooaayo-
tiévi,. IV, XIV, 439, Ferr.
(4) ov dV; aXóytog, rjv ef' iycì, dcuóaouer avrà òirrd re y.c.ì trenu aXXtjXoiP eìif«i, tò
uèv (6 XoyiCercci, Xoyiaxixòp ngoGayogevovres rtjg il'v/fc. rò tfè io ìqù rt xaì netpg xcd ói-
ijjfl xul neoi Tccg aXXag èni9vulag ènxótjxai, aXóyustóv re xaì trrtOvuìjrtxòi', nXegtóffstov
tiptop xaì ijóopcòp èxaÌQop. IV, XIV, 439-440, Ferr.
— 145 —
(o il rò àkóyiazor), Platone procede alla investigazione se questa seconda
parte dell'anima, cioè la parte irrazionale è una sola o è più parti, come si
vede dalle parole: quella parte dell'anima « per la quale ci accendiamo al
« furore sarà ella una terza, ovvero a quale di queste due (alla parte irra-
di zionale o alla parte razionale) potrebb'essere connaturata? » ('). Per risol-
vere questa quistione adunque conviene cercare se le ire procedono o no dalla
parte concupiscibile, o dalla parte razionale, e se si troverà che non proce-
dono né dall'una né dall'altra di queste, avrassi a conchiudere che esse ire
procedano da un'altra parte, che si chiamerà irascibile ; e così la parte irra-
zionale sarà molteplice.
« Ora che l' ira non proceda dalla parte concupiscibile apparisce da
questo, che « talvolta l'ira ai desidera fa guerra, come diversa a cose di-
verse « (2). E difatti certe volte l' ira (O-vfiog, ÓQyrj) si congiunge con la ra-
gione {XoyiGfxóg, Xóyog) e così unita combatte contre il desiderio (em&viu'a (3));
come quando uno, provando un desiderio vile o anche onesto in sé, ma che
non è opportuno averlo in quelle circostanze (operazione della parte concu-
piscibile o del rò e7ri&v/.irjTixóv), conoscendo che quel desiderio non gli con-
viene (operazione della parte razionale o del rò Xoyianxóv), si adira con sé
stesso perchè 1' ha (operazione della parte irascibile o del rò ttviioaótg) ; e
così in questo caso la parte irascibile, o il rò &v[xo£ióé'g, si unisce alla parte
razionale, o al rò Xoyictixóv, per combattere la parte concupiscibile, o il
rò smd-vfiurpcixóv. Ma se la parte irascibile nello stesso tempo è in guerra
con la parte concupiscibile, è chiaro che la operazione della parte irascibile, cioè
l' ira o l' iracondia, è contraria alla operazione della parte concupiscibile, vale
a dire al desiderio o alla cupidigia ; e siccome queste due operazioni si pro-
ducono nell'anima a un medesimo tempo, per la massima stabilita con-
seguita che l'una operazione proceda da un principio diverso da quello, dal
quale procede l'altra, e quindi che la parte concupiscibile o il rò sni&viiìjTixòr
sia cosa diversa dalla parte irascibile o dal rò x^v/ioeiósg. La quale conclu-
sione Platone esprime dicendo: « quanto all'iracondia or ci apparisce il con-
« trario di dianzi. Allora infatti ritenevamo attenesse a quella (parte del-
« l'anima) che è la sede de' desiderii, ed ora invece, che ne è molto lontana
« affermiamo ; ed anzi nelle ribellioni dell'anima, eh' ella si schiera dalla
« parte della ragione » (4).
(!) Tavxa [lèv xolvov, tju <f iyiò, ót<a ì^uiv (óolo&u) eìdij èv \pv%f] èvóvttt ■ xò de di)
xov frvfxov xai w &v{ìovìus9k, nóxegov xoixov, rj xovtoiv tioxéqm «V t'ù] òfiocpvég. IV, XI\ ,
439, Ferr.
(2) xrjv ÒQyrjv nofefieìv èvloxe rais inid-vfiUag iag «AAo ov ukho. IV, XIV, in fine, 440,
Ferr.
(3) IV, XV, 440.
(4) ori xovvavxlov, ì) àgxitag, f\pìv (puiverca neol xov &v{ioeio*ovg. xóxs (lèv yàg entàv-
f-tqxixóv xi avrò tìóusd-a etvai, vvv cFè nolXov óeiu cpctfj.èu, «AA« nokiì iuùXXov avrò èr rjj tifa
^vxfjs axuoei xi&toftcu rà onXa ngòg xov Xoyianxov. IV, XV, 440, 441, Ferr.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 18
— Ut» —
« Rimane a risolvere l'altra questione, se la parte irascibile sia una
forma della parte razionale, oppure se sia realmente distinta da questa e
quindi da essa diversa, come si vede dalle parole : « ed è forse che (la parte
« irascibile) dalla ragione diversa essendo, od essendo della ragione stessa
« una forma, non v'abbiano tre ma due sole parti dell'anima, la razionale
a e la concupiscibile? ovvero . . . nell'anima v'ha questa terza parte, la ira-
- scibile, la quale di natura sua alla ragione soccorra, ove non sia dalla mala
« educazione guastata? « ('). Il che si può rintracciare, confrontando le ope-
razioni razionali con le ire o iracondie, non rispetto alla cosa in sé, ma quanto
al tempo in cui esse due operazioni appariscono nell'uomo, e di poi osser-
vando se sono o no negli altri animali : e allora se ci verrà fatto di trovare
che negli altri animali e negli uomini quando sono fanciulli e' è l' ira, ma
non e' è la ragione, avremo a conchiudere che l' ira non presuppone la ragione,
ma è in essere indipendentemente da lei ; e però il principio dell' ira sarà
una parte o forma la quale sussisterà nell'anima indipendentemente dalla
parte razionale. Ora la cosa passa appunto così: ■ ne' ragazzi infatti ognun può
- vedere come sian subito pieni d'ira; della ragione invece alcuni, a me pare,
- mai non partecipino, e il più gran numero tardi soltanto ... ed anco negli
« animali bruti si può vedere che egli è come dici » cioè che si adirano ma
non partecipano di ragione ('-').
« In questo modo Platone è venuto stabilendo come nell'anima, olto\3
i sensi esterni, sieno altre tre forme o parti, le quali sono principio di
tre specie diverse di operazioni : delle quali parti una che è partecipante di
ragione, e che è principio delle operazioni razionali, si chiama la parte ra-
zionale o il rò Xoyiauxòr siàog, e le altre due che sono irrazionali (ùXoyiaia)
si appellano la parte irascibile o il rò LrviiotiótQ u'òog, principio dell' ira o
dell'iracondia, e la parte concupiscibile, o il rò im&vprjzixòv eidpg, prin-
cipio del desiderio, della cupidigia, dell'amore, insomma degli appetiti sen-
suali ; come apparisce chiaramente da questo luogo del libro nono, nel quale
dice che « tre essendo le parti dell'anima . . . una abbiam detto, eh' era
- quella per la quale l'uomo conosce; l'altra per la quale s'accende all'ira;
- la terza poi per la varietà sua non sapevamo con un solo e proprio nome
- designarla, ma da ciò che in essa preponderava ed era più forte, il suo
- nome abbiam tratto. L'abbiamo infatti chiamata la parte desiderativa per
(!) *Aq ovv ìx£qov òV xcà tovtov, t'j Xoyiarixov ri eìòag, wais uij TQia aXXà (fio eì&tj
eìvea cV ipv*(fh Xoyiartxòi' xaì èntfrvuTjTlxóv ; tj . . . èv V'/,'/ roiioi' rovró sari rò x}t\uoeidèg,
ènixovQOP ov nò XoyurtixiS covasi, èà» ui) vnò xaxijg Tooifi^ ^(«qr^f^fl; IV, XV, p. 440,
Ferr. Var.
(2) èy roìg jiai&lois tovto ys uv ti$ tdoi, ori &i\uov (lèv evSvg ysvófieva /ueoici iati,
Xoytauoì (T ei'ioi uèv è'fioiye Soxovaiv ovàénoxe uETu).autìuvtiv, ol àè no'/.Xol òxpt noie (ivi). . .
kri óè eV ro^g &>/QLoig av xig ìtfiot o Xéysig, ori o'vriog i/ei (ivi), 441, Ferr.
— 147 —
« la violenza de' nostri desiderii del mangiare, del bere, de' congiungimenti
« venerei e di tutto ciò che viene in appresso; ed anche cupida di ric-
« chezze, perchè a mezzo del denaro massimamente questi tali desiderii tro-
« vano soddisfazione » (').
CORRISPONDENZA
Eingraziarono per le pubblicazioni ricevute :
La K. Società di Londra; l'Università di California; l'Istituto nazionale
di Ginevra; la Biblioteca di Berlino; il Museo di zoologia di Cambridge
Mass; il Museo di Harlem.
P. B.
D. C.
(]) tquòv ovxtav (riòy eliftàv trjg xpv^ìjg) . . . rò (.lèv, tpajièv, i]v ih /navfrcivsi av&Qtanog,
tò óè ih &v{iovzaf rò de tq'itov &ià noXvsidiav évi ovx eg/ouev òvófiart, ttqoositieiv lòtta
avxov, alla o fxéyiacov xal Io%vqÓtcctov £Ì%ev èv avrà, tovtio ènovoficiaufiev . im&vjUTjti-
xòv yùq avrò xexlt'jxafiev àia Gcpo&QÓrrjTa riòv nsol Ttjv èótadrjv im&vfiMÙv xal nóatv, xaì
ilcpQoóioia xal óaa alla rovroig dxólovOa- xal cpiXo/Q^uarov &i], ori due ^ij^iàrov fiahara
ù.ioTsXovvrai al roiaìrai im&vuUa. IX, VII, 580, Ferr.
— 149 —
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
'pervenute all'Accademia sino al 16 settembre 1888.
Archeologia. — Il Socio Fiorelli trasmise il fascicolo sui
rinvenimenti di antichità per lo scorso mese di agosto e lo accom-
pagnò con la Nota seguente:
« Riassumerò come al solito, per sommi capi, gli argomenti dei quali
è parola nel fascicolo del passato mese.
- Nuove scoperte avvennero nel predio Baratela presso Este (Regione X).
Vi si trovarono altre statuette di bronzo, altri chiodi votivi, vari oggetti, ed
un piccolo frammento di iscrizione euganea. Tombe attribuite al III periodo
atestino si riconobbero a Pra nel comune stesso di Este, e parecchi fittili
romani si rimisero a luce presso la città nel subborgo Caldevico.
« Sul finire di agosto nei lavori di restauro al ponte sul Silaro press.»
Castel s. Pietro nella provincia di Bologna (Regione Vili), furono recupe-
rati, tra i materiali di fabbrica e nei vecchi restauri del poute medesimo,
due grandi blocchi di marmo con epigrafi latine, dei quali si riserba dar.'
ampie notizie il ff. R. Commissario prof. Brizio.
- In Chiusi (Regione VII) nella Cattedrale si scoprirono vari pezzi di
iscrizioni latine di età longobarda, adoperati anch'essi come materiali di
fabbrica. Alcuni si ricollegano fra di loro, e ci offrono la maggior parte di
un titolo sepolcrale in onore di un vescovo, il cui nome andò perduto.
Rendiconti. 1888, Voi, IV, 2° Sem. 20
— 150 —
« Ai rapporti che si riferiscono a questi rinvenimenti seguono le note
intorno a sei tombe dell'antica necropoli di Ancona (Regione V), scoperte
sul colle Cardetto, presso la batteria di s. Giuseppe. La suppellettile rac-
colta fu depositata nel Gabinetto archeologico della città.
« In Roma (Regione I) fra i pezzi di sculture e gli oggetti comuni
rimessi in luce durante l'agosto, meritano singolare ricordo altri frammenti
della pianta marmorea capitolina, che furono ritrovati nei lavori per la siste-
mazione del corso del Tevere, presso gli antichi orti di palazzo Farnese:
inoltre la scoperta di alcuni resti di antiche costruzioni presso s. Andrea
del Quirinale in via Venti Settembre, nelle fondamenta delle nuove fabbriche
costruite dalla Real Casa. Riapparvero quivi alcuni tratti di antica gradinata ;
quindi una parte di costruzione rettangolare in travertino di età angustea,
coi fori per rissarvi le lastre marmoree che ne formavano la ricopertura.
Riconducendo a quel luogo le memorie topografiche relative al famoso tempio
di Quirino, restaurato da Augusto, e ricordato da Vitruvio e da Dione, parve
manifesto che la costruzione rimessa all'aperto fosse stata l'ara di quel celebre
Santuario. Ma le ulteriori indagini dimostreranno se il giudizio non sia pre-
maturo, e se nella parte del monumento ritrovato sia da riconoscere l'ara
compitalicia dell'antichissima spartizione della città, restaurata pure da Augu-
sto, come gli altri sacelli del culto primitivo, uno dei quali fu scoperto pochi
mesi sono presso s. Martino ai Monti Bull'Esquilino.
- Un'altra ara compitalicia, relativa al culto dei Lari, ed eretta l'anno
747 di Roma, fu scoperta sull'angolo della Via Arenula presso la testata del
nuovo ponte Garibaldi.
«Nei lavori medesimi di Via Venti Settembre, a non molta distanza
dalla supposta ara di Quirino, e verso la piazza del Quirinale, fu rinvenuta,
usata come materiale di lastricato nelle trasformazioni alle quali nei tempi
di mezzo andò soggetto il luogo, una base marmorea con iscrizione greca,
dedicata a Betitio Perpetuo Arzygio da città della Sicilia, in memoria della
buona amministrazione sua. Questo personaggio, di cui la base rinvenuta do-
veva sostenere la statua, secondo che si deduce dai resti dei perni che vi si
veggono, fu correttore della Sicilia, nella prima metà del secolo IV dell'era
nostra, come è ricordato in una epigrafe di Mazara (C. I. L. X, 7204).
« Moltissime altre iscrizioni latine furono dissotterrate presso la Via Fla-
minia nel cimitero di s. Valentino; e come per lo passato alcune pagane ed
altre cristiane. Tra le prime è degno di essere notato un bel frammento degli
atti arvalici, riferibile all'anno 21 di Cr., e che può considerarsi come il
più antico di tutti gli altri finora conosciuti, che contengono la solenne pro-
clamazione della maggiore festa del sodalizio.
« Un ampio rapporto del prof. Sogliano tratta dei rinvenimenti pompeiani
dal dicembre 1887 al giugno 1888; e descrive le case segnate coi numeri
26 e 28 nell'isola 2a, Regione Vili, delle quali fu compiuto il disterro ; e
— 151 —
le due abitazioni, che hanno i numeri 1-5 nell'isola 7a, Regione IX, anch'esse
intieramente sgombrate.
« Riproduce poi molte epigrafi graffite, recentemente copiate, tra le quali
è una in nove versi di soggetto amoroso. Molte poi sono programmi elettorali.
« Si scoprirono due epigrafi latine in Massa d'Albe, provenienti dalla
necropoli di Alba Fucense (Regione IV), ed un'altra epigrafe inedita si rico-
nobbe in s. Benedetto di Pescina, appartenente quindi alla necropoli di Morsi
Marruvium.
« Una Nota del eh. ispettore cav. latta descrive un piccolo bronzo tro-
vato in Ruvo (Regione II) rappresentante Hermes con l'ariete.
« Importantissima è poi la relazione dell'ispettore di Terranova Pausania
sig. P. Tamponi, ove si parla di quarantasei nuove colonne milliarie della
via romana da Cagliari ad Olbia, che l'ispettore ebbe la fortuna di ricupe-
rare. Appartengono al tratto tra Terranova e Telti, e formano la serie più
ricca dei monumenti stradali dell'isola».
Filosofìa. — Le facoltà dell 'anima in sé stesse considerate
secondo i principi posti da Platone nella Repubblica. Nota II (')
del prof. Luigi Rossi, presentata dal Socio Ferri.
IL
« Or sembra che Platone faccia della immaginativa, della memoria,
dell' intelletto e della volontà tutta una parte o potenza dell'anima. Dacché
non ha nella Repubblica un luogo che dica essere esse cose diverse dalla
parte razionale; e quanto alla memoria in altre opere di Platone ora par-
rebbe che attenesse e ora no alla parte razionale dell'anima (2). Altresì
pare che quando la parte razionale è nello stato di conoscenza (cioè cono-
scente in atto), questo stato sia suscettivo di diversi gradi. Viene a dire
quando le cose che conosciamo sono entrate nella parte razionale pel canale
del senso, allora se le conosciamo direttamente usando del senso esterno,
si ha lo stato di fede o di credenza, la mang; se invece si apprendono
le immagini loro, si ha lo stato di congettura o la eìxaaia. Se poi si per-
cepiscono oggetti, i quali sono stati astratti dalle cose materiali, nasce lo
stato di conoscenza avuta per via di ragionamento o discorso, cioè la óidvoia;
se per contrario nelle cose che abbiamo presenti all'anima non è niente di
ciò che viene dalla esperienza esterna, allora sorge lo stato di intellezione
(') V. pag. 138.
(2) Cfr. Teeteto, e. XV, p. 166; Filebo XIX, 34, e altrove; Memmo, Fedone XVIII.
73, e altrove.
— 152 —
o intelligenza, o conoscenza pura, la ró)totc. Di poi da una parte la intel-
lezione pura (vórfiig) e la conoscenza avuta per ragionamento (óuiroia) co-
stituiscono la scienza (inunjjpi]), e da altra parte la congettura (ebtaèia) e
la credenza {nCaiig) formano la opinione (dóga). Ecco la tavola dei gradi
della conoscenza secondo Platone, tavola che si trova nella prefazione che il
signor Ferrai fa al suo volgarizzamento della Repubblica (1):
\ Intel
5 )
■/.nano; uotjróg, yvioexóg S l'essere ( scienza
, . ,„ , \ intellezione pura
mondo mtelllfflDlle I c»o>' \ cuoi ì tu 1 .
diavola
conoscenza avuta
per ragionamento
77 (' a r i g
mondo sensibile / tò yiyófiivov \ (fò|« \ credenza
•/.nanne òouróg, io^aaxóg) ciò che diviene ( opinione j eixactia
' congettura
- Sposta la cosa come pareva che dovesse essere, resta a dimostrare
che ella è così. Ora per quello che attiene alla congettura e alla credenza
(opinione), alla conoscenza avuta per ragionamento e alla intellezione pura
(scienza), dal capitolo ventunesimo del libro quinto, pag. 477, apparirebbe
che non fossero stati, ma potenze o parti dell'anima, Infatti quivi si ragiona
della potenza intesa in questo senso; dacché essa, per quanto pare, si pre-
dica della vista (oifng) e dell'udito (oxojj), poi si dà il criterio, secondo il
quale si devono distinguere le potenze, e infine si soggiunge:
« Qua ancora una volta, o carissimo, ripres'io a dire: di' tu che la
- scienza sia una potenza e in che specie la metti? -.
u In questa rispose, come di tutte le potenze la più forte -.
- Ebbene: e l'opinione la porrem noi con essa potenza o sotto un'altra
« specie? » (-). E più sotto: « ciascuna potenza ha per sua natura un proprio
« fine, e ambedue queste cose sono potenze, la opinione e la scienza, l'ima
- dall'altra diversa come abbiamo detto » (:!). Ad onta di ciò, per due ra-
gioni clic adesso si adducono, è forza dire che quelle quattro cose sono tal-
volta sfati e talvolta abiti dell'anima.
(!) Pag. 166, nota 348. Su questo punto altri pensano in modo diverso, ed io non
entro in quistione, perchè ciò non mi riguarda che indirettamente. Vedi in proposito il sig.
prof. Luigi Ferri, // fenomeno sensibile e le percezione esteriore, ossia i fondamenti del
realismo. Parte la, II, Platone. Reale Accademia dei Lincei, serie 4a anno 1885-86, Me-
morie della Classe di scienze morali, storiche e filologiche, voi. II, parte la. Cfr. Zeller.
Philosophie der Qriechen, 3a ediz., parte 2;|. ser. 1'' pag. 493-494.
(2) Jevoo ih] ndhì'. f\v d" i yià , to Sjoiare • èmazijfitjv ixÓtsqov Sivapiv riva if \" sivtu
c.rT)]ì', tj elg ri yévog li't^g;
Eìg tovto, efprj, tmcomi' yt &vvccuea>p èoQtafisveaxénrjv,
Ti óé ; ó\>Zui' £('s- ó'r l'inai-, i] eìg à'XXo tidoì oìanutr. V, XXI. 477, Ferr. \ ar.
(3) in ' &XÌ.O) akXt] óvvafxig zjkcpvxe, dvvdfteig (U ùutf orinai èarov, Jó£« re xià t:u-
nntiiir aXXtj óì éxaréoa, <>k (f«iitv ivi, 478.
— 153 —
« In primo luogo Platone, libro sesto, in fine, proponendosi di dare
a divedere ciò che egli prende per intelligibile, adduce per esempio quello
che fa il geometra, quando lavora nella sua scienza; imperocché costui non
considera quella figura che ha disegnato o che in qualche modo ha dinanzi
agli occhi, ma guarda soltanto alla essenza di essa, cioè a quelle proprietà
solamente che costituiscono il suo genere e la sua specie. L'intelligibile è
dunque l'essenza di ciascuna cosa. Ma noi non perveniamo al conoscimento
dell'intelligibile, se non per via di passaggi (àntfàaeig) e gradini (ÓQfidg).
A spiegare questi passaggi e. gradini Platone fa alcune distinzioni (rprjfutta)
nella conoscenza, che si riducono a quattro. Soggiunge poi che conviene inten-
dere per queste quattro distinzioni della conoscenza i quattro stati (7ra&rj fiata)
che avvengono nell'anima, e questi quattro stati sono: la intellezione, che tiene
il grado più alto; la conoscenza, che si ha per ragionamento, la quale viene
subito dopo; la credenza che le sta sotto, e la congettura che è più bassa.
« Or m'applica a queste quattro distinzioni i quattro stati che si producono
« nell'anima; la intellezione alla più alta, la conoscenza che si ha per ra-
* gionamento alla seconda, alla terza assegna la fede e all'ultima la conget-
« tura » ('). Dunque secondo questo passo la intellezione (vórjffig), la cono-
scenza che si ha per ragionamento (diavola), la credenza {nitìxig) e la con-
gettura (slxctaioc), sono passioni {nad-rniaru) o stati dell'anima, e non forme
0 parti (el'àr]).
« In secondo luogo « conoscenza avuta per ragionamento, dice Pla-
« tone, panni tu chiami l'abito dei geometri e d'altri cotali, ma non mente,
« essendo la conoscenza avuta per discorso intermedia tra la opinione e la
■ mente » (-'). Or qui la parola mente (vovg) non può dinotare altro che
intellezione (vórjtng); perchè Platone ha posto come la conoscenza che si ha
per via di discorso (o d'idiota), e che qui si chiama abito dei geometri
(twv yscofisTQixmv t-'gtv), è cosa che si sta di mezzo tra la opinione (óó§a,
cioè la credenza niffrig e la congettura thaa(a) da una parte, e la intelle-
zione pura (vórjaig) dall'altra; e perciò anderemmo contro questo che Platone
ha stabilito, dicendo che la parola mente, adoperata nel luogo ora allegato,
non valga intellezione o vór^ig. Ammesso questo, poiché l'abito dei geometri
è una conoscenza avuta per discorso, ne viene che la conoscenza avuta per
discorso sia talvolta un abito. E poiché una parte o forma dell'anima non
può mai essere un abito, così segue che la conoscenza avuta per ragiona-
mento, la quale può essere anche un abito, non sia una parte o forma del-
1 anima. Oltre a ciò essendo la opinione (cioè la credenza e la congettura) e
( ) Kccl tuoi ini roìg xéxxc.qai i/utjuaat léxtaqa xavxa nccfhjiiaTct èu t>] \pv/!i }'<)'>'"•
(AEvct /.ape, voijGiv fxèv ini roì av (orar io, diàvoiav ifè ini rw àevrépto, nò tolta} ifè riianr
itnóóog y.ai rw rsXsvraùo eìxaalav. VI, in fine, Ferr. V;ir.
( ) oiuvoiav (fé xakelv [Mot, doxeìs Trjv rwc yeojfiezQixtSv re x«i ii]r tùv toiovTiov el-iv,
«/A ' ov vovv, tàq fxera^v ti óóì-rjt; re xai voi xijv ótuvoittv ovaav. VI, XXI, 511, Ferr. Varr.
— 154 —
la intellezione conoscenze, tra cui è di mezzo la conoscenza avuta per ra-
gionamento, è necessario che tutte sieno della stessa specie ; e però, siccome
la conoscenza avuta per ragionamento è talvolta abito, così ancora tutte le
altre possono essere qualche volta abito, e quindi non possono in nessun
modo essere parti o forme dell'anima.
« Adesso conviene vedere se nel luogo mentovato a principio della
presente quistione (e che è nel capitolo ventunesimo del libro quinto) le
parole oipig e àxoi< significano visione e udizione, oppure vista e udito ; e se
valgono queste due ultime cose, siccome esse sono forme dei sensorii viventi,
così la parola potenza, óvvctfiig, predicandola di loro e della credenza, della
congettura, della conoscenza avuta per ragionamento e della intellezione, avrà
due sensi e quando si attribuisce alla oipig e alla dxm] dinoterà parte o forma
del corpo vivente, e quando si predica della credenza e delle altre cose che
seguono, converrà intenderla in senso di stato o abito e non di parte o forma
dell'anima. Se poi le stesse parole oipig e <xxort significano visione e udizione,
la voce potenza avrà un senso solo, tanto se si predica di esse, quanto se si
dice della credenza della congettura e via discorrendo, e varrà stato o passione
dell'anima.
« Or noi siamo impediti di determinar ciò con segni o argomenti
certi ; mentre di argomenti probabili ce ne ha a sufficienza per una parte e
per l'altra. Invero per aiutare l'ima interpretazione, cioè che oìfftg e àxoij
dinotano vista e udito, potremmo dire che Platone nello esprimersi non si mostra
così esatto come è bisogno che sia il filosofo ; oppure allegare quello che si
trova scritto nel capitolo terzo e dimostrato nel capitolo dodicesimo della
prefazione che il sig. Ferrai fa alla Repubblica, come l'opera fu compilata in
tempi'diversi, e con intendimenti diversi e per quanto Platone si ingegnasse, non
gli accadde mai di tornarla a quella forma, per cui sembrasse un libro fatto,
avendo avuto l'autore sempre gli stessi sentimenti. Per sostenere poi l'altra inter-
pretazione, che ói}>tg e àxort significano visione e udizione, si potrebbe notare che
psr queste due operazioni noi possiamo vedere e udire, cioè possiamo fare cose
a cui eravamo in potenza; appunto come per la scienza e per la opinione
siamo fatti capaci di conoscere scientificamente e di opinare cose a cui era-
vamo in potenza di apprendere in questo modo. Tuttavia questa ragione
sembra meno certa di quelle addotte a confortare l'altra parte, perchè il dire
che per la visione siamo fatti capaci di vedere, è lo stesso che dire che per
il vedere siamo fatti capaci di vedere.
« Da tutto questo apparisce come la voce potenza (óvvafiig), adoperata
da Platone, può intendersi in doppio modo, o come parte o forma, oppure come
operazione o stato o meglio ancora abito dell'anima. Ma il presente lavoro
non si maneggia intorno alla potenza presa in questo secondo senso. Resta
quindi a spiegare che cosa significherà intesa in quell'altra maniera. Diremo,
« soggiunge Platone, che le potenze sono un certo genere di cose, per le quali
— 155 —
* [potenze] invero e noi ■possiamo [fare] quelle cose che possiamo [fare],
» e [per le quali] ogni altra cosa [può fare] tutto ciò che puh [fare, o
« tutto ciò a cui fare è in potenza] ; per esempio dico essere 'potenze la
« vista e l'udito, e così intenderai [che è ciò] che voglio chiamare specie
« [di potenze] » (1).
a Ad evidenza del qual luogo prima di tutto adunque fa mestieri cercare
se ciò che Platone chiama potenza di una cosa è alcun che di reale, esistente
nella cosa stessa, oppure un concetto della mente nostra. Se Platone volesse
dire che le potenze sono concetti nostri, converrebbe intendere quelle parole
« per le quali potenze noi possiamo fare quelle cose che possiamo fare »
in questa maniera « per le quali potenze da noi in noi concepite, noi con-
cepiamo esser noi capaci di far quello cui siamo ordinati a fare » , come
se Platone amasse significare che noi per renderci ragione dell'operare delle
cose, concepiamo in queste certi enti, pei quali esse, giovandosene come
di mezzi, compirebbero ciò che non ripugna che compiano, ma che in
realtà questi enti da noi concepiti non sono nelle cose, ma soltanto nella
mente nostra. Ma in tal caso, come chiaramente si vede, il passo non è più
di Platone. Oltre di ciò ripugna che le potenze, avendo quell'ufficio che Pla-
tone dà loro, sieno nostri concetti. Imperocché per le potenze noi e ciascuna
cosa può fare quello a che fare è in potenza, e le cose e le operazioni delle
cose sono certi reali.
« Ciò essendo, sembra che nel passo addotto Platone distingua in noi
due specie di potenze, l'una la non ripugnanza o possibilità di compiere
certe operazioni, e quindi l'esser noi in potenza a compiere queste tali ope-
razioni, la qual cosa è espressa dalle parole « quelle cose che. possiamo
fare* (« óvvàfis&a)] l'altra il mezzo onde compiamo quelle operazioni,
alle quali siamo in potenza « per le quali potenze noi possiamo fare quelle
cose che possiamo fare » (aiq SvvdfisO-a ce dwàfis&a). Sì che una cosa per
Platone deve dirsi essere in potenza alle operazioni in un doppio modo; in
un modo quando non ha il mezzo atto a compiere l'operazione, in un altro
modo quando ha cotesto mezzo, ma non opera per esso.
- Ora le operazioni che si compiono in noi sono le operazioni razio-
nali, l' adirarci, l'appetire sensualmente, e le sensazioni dei cinque sensi
Queste operazioni poi si fanno in quanto in noi sono, o le tre forme o parti
dell'anima, se si parla delle tre prime, o, se si discorre delle sensazioni, in
quanto nei nostri cinque organi sensorii sono le virtù che li rendono capaci
di sentire. Perciò le tre forme o parti dell'anima e le cinque virtù dei sen-
sorii, essendo mezzo onde noi operiamo in certa data maniera, segue che
(') 'Pìjuousi' àvvaueig eìvea yéi'og ci tiòi> oviiov, w.g ó't) xal rj/ieìs àvva/ie&a a <)Vm
fted-a, xcà àXXo nùv óuneo ìh> Svvrjxm; o*ov Xéyia Siptv xal àxorjv icàv ùwaftecov urei.
et (igee Liay&uyscs o povkojiut Xéysiv cu eìfìog. V. XXI. 177.
— 156 —
secondo Platone si debbano chiamare poterne, e le potenze dell'anima siano:
la parte razionale, la parte irascibile, la parte concupiscibile, la vista, l'udito,
l'odorato, il gusto ed il tatto.
« Ma pigliandone l'occasione da quel passo sopra addotto, ove Platone
afferma che « ne'ragazzi... ognun può vedere come sian subito pieni d' ira; della
« ragione invece alcuni, a me pare, mai non partecipino, e il più gran nu-
« mero tardi soltanto -> ('), uno potrebbe dire che per Platone la ragione è
uno stato oppure un abito, e non una potenza o un mezzo per cui l'anima
opera. Però ei non sembra che questo sia vero; perchè quelle parole di
Platone « della ragione alcuni (ragazzi) a me pare mai non partecipino, e
« il più gran numero tardi soltauto - , non implicano che ci siano ragazzi la
cui anima non abbia quel mezzo per cui l'uomo ragiona, ma dinotano solo
che quei ragazzi non si valgono mai, o molto tardi, di quel mezzo, non ma-
nifestano mai, o molto tardi, le operazioni che la loro anima può compiere
per quel mezzo. E ciò può provenire da altra causa che non sia la mancanza
della parte razionale.
« Inoltre, come del resto segue eziandio dalla dottrina esposta, Platone
con un argomento cavato dalla coscienza, stabilisce che le potenze sono cose
semplici. « Di una potenza, egli dice, non veggo nò colore, nò figura, né verun
« altro di tali accidenti, e così eziandio di altri obbietti, i quali riguardando,
« distinguo pur tuttavia in me medesimo gli uni dagli altri - (2).
« E soggiunge: - ho dato un proprio nome a ciascuna (potenza), e
« quella che è ordinata a una medesima cosa e produce la stessa operazione,
« la dico la medesima, e l'altra che è ordinata ad altro fine, e produce
- una operazione differente, la nomino diversa » (3). Ora da quest'ultimo che
è stato addotto e da altri luoghi che arrecherannosi, si inferisce che le po-
tenze portano seco un conato pel quale tendono continuamente all'atto. Del
luogo allegato conviene ponderare le parole « quella (potenza) che è ordi-
- nata a una medesima cosa - , le quali parole si restringono a queste: quella po-
- tenza che è ordinata a un medesimo fine - ; e queste a quest'altre: ciascuna po-
- tenza è ordinata ad un fine - . Degli altri due luoghi che sono stati accennati uno
è questo « ciascuna di esse (potenze), potendo <i/"ilche cosa di differente (da
(*) iv totg :itaóioic tovxó yt av rig itìoi, ozi 9-vfj.ov (lèv sv&vg yevófieva tieffrtt iati,
Xoyicuov J" ì'i'ioi uèr etuótye doxovoiv ov&énoTi ueraXafiBccvetv, ol óè noX'Aoi oipé note.
IV, XV. 441, Ferr.
(2) óvydfXSUìg •/(<n èyà ovzé urei %q<hcv oqw ovt( a/ìtuc. ovre rt ràv toiovtiov. oior
xal iiXXtav noXXàv, TiQÒg à ccnoBXénwv evia dioglCoitai nidi èuavxio, tu fxèv SXXa ni'c.i.n:
&è atta. V. XXI, 477-478, Ferr. Var.
(3) y.c.l thvtij iy.u.at^v ctvTiSv ffivafiiv èxttXeoa, y.aì j>]r tur ì;u rcù avrai itrc.yiit'i'^r
y.ià rò avrò «TrsQya^ofievrjv i i]r avi rjv xaXtò, xi]v ài tm étégw y.cù itegov aneQycc^ofxevr,»
aXXijv. V, XXI, 477-478.
— 157 —
* quello che possono le altre), è fatta per natura ad altra cosa » (') ; o con ter-
mini diversi « ciascuna potenza, potendo qualche cosa di differente da quello che
possono le altre, è ordinata per natura ad un fine differente da quello a che
sono le altre potenze ». L'altro passo che rimane ad addurre è: » l'una po-
tenza ver natura è fatta per altra cosa (-'), cioè: « l'ima potenza è ordinata
per natura ad altro fine che non sia quello delle altre » . Adunque espri-
mendo tutto ciò con una sola proposizione « ciascuna potenza è ordinata
per natura ad un fine ». Ora il fine di ciascuna potenza è l'operazione:
imperocché ciascuna potenza ha un'operazione propria da compiere: * v' ha
egli . . . una operazione 'propria degli occhi? — Sì che va . . . Di ancora,
e v'era un'operazione propria delle oi%ecchie ? — Sì (3) ; e operazione pro-
pria di ciascuna cosa è quello che viene compilo o da quella cosa sola,
o da quella cosa meglio che da tutte le altre » (4). Se dunque ciascuna potenza
è ordinata per natura a un fine, a compiere un dato ufficio, a fare una data
operazione , questo implica che ella sia naturalmente disposta a siffatta ope-
razione, e naturalmente vi tenda. Perciò in ciascuna potenza è un conato, o
un appetito, o una inclinazione naturale a compiere l'atto suo. E dicesi na-
turale, perchè non è quello un appetito prodotto da conoscenza, ma un appetito,
per così dire, cieco. Di modo che, secondo la mente di Platone, ciascuna
potenza dell'anima potrebbe parzialmente definirsi per una tendenza a pro-
durre una operazione ; e si aggiunge il complemento parzialmente, perchè
in universale per Platone potenza dell'anima è ciascun mezzo col quale
l'anima compie ciascuna specie di operazioni : il qual mezzo, giusta i luoghi
ultimamente addotti, ha, fra le sue note, la tendenza altresì a compiere la
propria operazione.
« Di siffatto appetito naturale, o conato che si voglia dire, inerente
alle potenze, parlò anche Aristotele nella Morale a Nicomaco, libro nono,
capitolo nono, paragrafo settimo, della impressione curata dal Sushemil, ove
dice: « la potenza tende ad uscire in atto (è portata verso l'atto), e il punto
principale della potenza (la sua perfezione) sta nell'atto » (5). Ma il conato
che Platone concede essere nelle potenze è cosa diversa da quello ammesso
dal Leibnitz (6) e dal Rosmini (7); imperocché costo:o tengono che il co-
nato sia un atto iniziale e imperfetto, che stia fra la potenza e l'atto com-
pleto, e sia un certo atto primo e non si ritrovi in tutte le potenze, ma solo
(') è(py etÉqw uga tregór ti (ìvt'Kfiévt] éx(crt()i'. <cvtmi> nécpvxei'. V, XXI, 478.
(2) 67r' iìXXio tiXXì] 6'vi'iefÀ.L? nécpvxe (ivi).
(3) I, XXIV, 353 Ferr. Var.
(4) tovtov txrioTov... egyov, o av >j jiói'oi' ri, ì] /.i'Xkiatu xtòv aXXoiv «7ieQyà^sxat (ivi).
(5) i) &è dvvafitg eig tì)v èvégyeiav avayexcw xò de xvqìqv èv ti] èvegyeiq. Arist.
Hetic. Nic. IX, IX, 7 ed. Sushemil, testo 67.
(6) N. E., lib. II, e. I, par. 2.
(7) N. S., sez. 4, e, 2, art, 3, p. 235. Torino 1852.
Eendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 21
— 158 —
uell' intelletto. Mentre secondo Platone deve dirsi che siffatto conato è una
certa disposizione prossima all'atto, e ha luogo in tutte le potenze.
« Venendo ad altro, se le potenze, come vuole quel passo della Repub-
blica sopra addotto sono mezzi, pei quali l'anima opera in diverse maniere,
segue che esse non siano l'essenza dell'anima, ma cose distinte da essa, seb-
bene da lei non separate.
« La qual cosa deve ritenersi altresì, se si pone mente agli altri luoghi
della medesima Repubblica, nei quali, per la massima che un solo prin-
cipio in noi non può compiere due operazioni contrarie nel tempo mede-
simo, Platone ha stabilito che le tre potenze dell'anima, la concupiscibile,
la irascibile e la razionale sono realmente diverse, e però distinte le une
dalle altre per distinzione reale. Dappoiché se sono realmente distinte tra
loro è necessario che ciascuna sia realmente distinta anche dall'anima. E
difatti se la parte razionale, per esempio, è distinta realmente dalla parte
irascibile, ma non dall'anima, e la parte irascibile pure è distinta realmente
dalla parte razionale, ma non dall'anima, segue che la parte razionale nel
medesimo tempo è realmente distinta e non distinta dalla parte irascibile.
Distinta realmente perchè la parte razionale si pone realmente distinta dalla
parte irascibile; non distinta realmente, perchè le parte razionale e la parte
irascibile amendue realmente si confondono con l'anima e fanno con essa una
cosa sola. A sfuggire dunque la contradizione è necessario dire che, anche giusta
questi luoghi della Repubblica, le tre parti dell'anima sono dall'anima distinte
per distinzione reale.
«Ma con ciò non ne viene che esse sieno dall'anima separate; perchè
quegli che ragiona, che si adira, che soffre quella passione, è sempre un unico
individuo, o l'anima, per usare la parola di Platone.
« Ora i filosofi che vennero di poi e che ammisero nell'anima potenze
da lei distinte per distinzione reale, ricercarono eziandio se esse sieno, e
se sono, in qual modo sieno principio delle operazioni ; e poiché l'anima
pure era principio delle operazioni, stabilirono che le potenze fossero prin-
cipio immediato o prossimo e l'anima mediato e remoto. Di poi notarono che
le potenze non potrebbero sussistere senza l'anima, di cui sarebbero state
attributi e proprietà, e conchiusero che l'anima è principio primo e le po-
tenze principio secondario o derivato delle operazioni ; onde tennero tutte le
potenze derivare o sgorgare dall'anima, e tutte essere in lei come in prin-
cipio. Eziandio costoro si domandarono, se le potenze, oltre che come in
principio, sono o no tutte nell'anima come in soggetto. L'esser poi le po-
tenze nell'anima come in soggetto importava che, separatasi l'anima dal
corpo, quelle potenze rimanessero tuttavia in lei, sì come prima, e perciò
fossero spirituali ; e l'essere le potenze come in soggetto nel composto di
anima e di corpo, inchiudeva che esse, dipartitasi l'anima dal corpo rimanes-
sero nell'anima come per metà, cioè (dicevano) in principio o in radice, in
— 159 —
modo che l'anima non potesse più compiere quelle operazioni che per esse
compiva, fino a che ella non si fosse ricongiunta col corpo. E però tali po-
tenze, sebbene semplici, con tutto questo sarebbero state spirituali in parte,
cioè spirituali in quanto in principio o in radice si ritrovavano nell'anima
separata dal corpo; ma in parte materiali, in quanto acciocché l'anima se
ne potesse servire, era necessario che essa fosse unita al corpo.
« Se pertanto volessimo vedere in Platone qualche accenno a coteste
quistioni, non lo potremmo vedere altro che all'ultima. Perchè avendo egli
detto che i cinque sensi risultano dall'unione di un sensorio vivo e di una
speciale virtù di questo sensorio, seguirebbe che coteste potenze sensitive fos-
sero come in soggetto non nella sola anima, ma nell'anima e nel corpo insieme.
« Lo stesso è mestieri pensare rispetto alla parte irascibile e alla
parte concupiscibile; dappoiché nel Timeo è detto che esse sono cosa mor-
tale, e di più che la irascibile abita nel petto, cioè fra i precordii ed il
collo, e la concupiscibile nel torace o addome, cioè fra i precordii e l'um-
bilico. I figli di Dio, avuto ordine di fabbricar l'uomo « nel petto e in quello
« che è detto torace, collocavano il genere mortale dell'anima (') ». Quello
« pertanto che nell'anima partecipa di fortezza e di iracondia, essendo amante
« della contesa, lo collocarono più vicino al capo, fra i precordii e il collo (-) » .
E altrove : « l'animale partecipa della terza forma dell'anima (la parte con-
« cupiscibile), la quale forma insegnammo essere collocata tra i precordii e
- l'umbilico, la quale non reca seco nulla di opinione e di ragionamento e
« di mente, ma porta con sé il piacere e il dolore del senso con le cupidità (3) » .
Tutto ciò significa che la parte concupiscibile e la parte irascibile, nell'anima
separata dal corpo non sono più, almeno come erano, allorché questa a quello
si trovava congiunta.
« Quanto alla parte razionale, parrebbe che pure essa risiedesse come
in soggetto nell'anima e nel corpo insieme; poiché, si dice nel medesimo
Timeo, che ella abita, alberga, dimora (oìxst) nella testa « rispetto alla parte
- o forma principale dell'anima nostra, si deve tenere come Dio l'ha data
* a ciascuno quasi genio, questa cioè la quale diciamo che abita nella cima
- del nostro corpo e oltre a ciò ci solleva dalla terra per unirci col
- cielo, come se noi fossimo stirpe non terrena, ma celeste » (4). Ma in
(1) ev de roig arr^eai xat rw xccXov/uevo) 0-i6q«xi tò zijg \pv%ìjs &p)jTÒf yévog èvédovv.
Timeo, pag. 69.
(2) tò fueré/oi' ovv rrjg ipv/ijg àrdQsiug xaì ftv/uov, (piXóveixoi> òV, xaxaxwav èyyvrsQm
rtjg XEtpalijg iisTct^v tiov cpQevwv re xtà uv%évog (ivi).
(3) fxsré%si ys fxrjv tovro (?«o*'), o vvv ìéyofjsv, rov tq'uov ipvxìjg eìdovg, o tinnir
cpQertov niicpuXov te IdcfvoO-ctt, Xoyog,,iò dóhjg iièr kayiofiov re xtà fov ustegti tò wnóèv,
(ua&ijaeojg de ijóiLag xaì ccXyetvijg fiera èntOriiuòr. Timeo pag. 77.
(4) tò de nsQL tov xvQtwTctTov tw(/ ^fjùv ipvxijg s'idovg dinvoEÌad-ui det rfjde, ióg «(>«
«vto duiiioi'ct &eòg éxccaro) dt'dioxs. tovto, o di'] (pajXBV oixet'v uèv nudSv èn"1 oxquì rio
aitiiiKTt, ngòg dì ttjv eV ovqcìi'm g~vyyévEiuv ihxò yìjg fjfiag a'igeip <JS- òrncg (fruir ovx
eyyeiov, àHà ovgc'cviov. (Timeo pag. 90).
— 160 —
generale nella dottrina di Platone si tiene che cotesta parte non ha
bisogno del corpo per sussistere, poiché esisteva nell'anima prima che l'anima
si congiungesse al presente corpo, poiché quando l'anima si sarà dipartita dal
corpo ella rimarrà tuttavia nell'anima, e poiché la vita dell'anima dopo la
morte del corpo è una vita puramente razionale. Perciò quella parola abita,
alberga, dimora (olxst) va intesa in questo senso che la parte razionale si
trova in quella data parte del corpo virtualmente, per estensione a essa della
tua virtù, in quanto la muove. Né, cosi facendo, si pone in contradizione
con sé stesso Platone, il quale ha ammesso che l'anima e la parte razionale
sono spirituali e immortali. Imperocché bene è vero che una sostanza spi-
rituale non può stare per sé stessa in un luogo in un modo formale, cor-
poreo, quantitativo o materialmente misurabile; altrimenti sarebbe anch'essa
misurabile ed avrebbe quelle proprietà che porta seco la quantità corporea.
M;i vi può stare in. modo che sia definita da esso luogo, così che, fuori di
quel luogo non sia quella cotal sostanza; il che è starvi in modo virtuale,
per applicazione ad esso della propria virtù od azione. Per esempio se questa
sostanza spirituale producesse un effetto in un luogo di due metri cubici,
potremmo dire che essa, rispetto alla sua operazione è misurata da due metri
cubici, ma non già che misura due metri cubici, perchè non è estesa. Questo
che si è detto di una sostanza spirituale si dica ancora delle proprietà o at-
tributi di essa, e si capirà come, secondo Platone, la parte razionale, che è
attributo o proprietà inerente come in soggetto nella sola anima, possa al-
bergare nella testa.
« In fine le tre parti dell'anima non si ritrovano nello stesso grado
presso tutti gli uomini: dacché i Greci avanzano gli altri uomini per la
parte razionale, i barbari settentrionali, specie quei della Tracia e della
Scizia, fanno ciò per la parte irascibile, la quale è principio di coraggio e
i Fenici, gli Egizii e i popoli dell'Oriente passano tutti per la parte concu-
pì cibile, principalmente in quanto essa è fonte di desiderii di ricchezza.
« Sarebbe infatti da ridere se alcuno credesse non provenire dagli individui
- agli Stati l'ardimento dell'animo, quale si mostra ad esempio in Tracia e
- nella Scizia, e in generale nelle regioni d'insù; o l'amor dell'apprendere
- che si potrebbe dire sia da attribuire al nostro paese massimamente ; o
- l'avidità del guadagno, che taluno direbbe propria de' Fenici e de' popoli
« dell'Egitto (') -.
(!) yeloìor yàq «V eìt], f< ti; oty&eiq io d-VfiOEl&ès io] ex ttoV ìiftioTwv tY t€tt$ no-
'/.toiv tyytyofinu. alt de xttì t/oiai tavrtjf tì]v aìriay, oiot' ol xatà t i,r Sgaxrjp re xaì
Ixifrtxrji' y.(à a/8<hn' ti xutic tòt- avi» xónoi', rj rò cfUouuftèg, o ()>; tisqI tòv ticcq »,«"'
iiàXiat &p rig alttaaatto xónov, i] io tfi?.o/Qt]u«Toy. o negì rovg re foivueas sìrcu xcà
rovg xcaù AXyvnxov (fair ne àv or/ fausta. IV, XI, 435 e 436, Ferr.
— 161 —
Matematica. — Sulle superficie Fuchsiane. Nota del Corrispon-
dente Luigi Bianchi.
« Da una Memoria Sulle forme differenziali quadratiche inde finite che
sto preparando per la pubblicazione negli Atti di questa R. Accademia, tolgo
alcune notizie intorno ad una nuova classe di superficie, che, per la loro rela-
zione colla bella teoria delle funzioni Fuchsiane, di cui si è recentemente
arricchita l'analisi ('), mi sembrano degne d'interesse.
« Lasciando da parte le considerazioni geometriche, che per rendere più
complete queste notizie, dovrebbero essere troppo diffuse, dirò soltanto della
parte analitica della questione.
« 1. Il problema, che mi ha condotto alla considerazione delle super-
ficie, cui più avanti darò il nome di superficie Fuchsiane, consiste nella
integrazione della equazione a derivate parziali del 2° ordine
(1) {1-f}r-\-2pqs + (l-f)t = 0, (»)
con assegnate condizioni ai limiti, per una funzione incognita g di due varia-
bili indipendenti x, y.
« Esso può precisamente enunciarsi così :
«Dato nello spazio un contorno chiuso C, determinare
una porzione semplicemente connessa di superficie s = 2{x,y),
integrale della (1). che sia limitata al contorno C e nel suo
interno sia priva di punti singolari.
« Come si vede, questo problema è l'analogo di quello di Plateau per
le ordinarie superficie d'area minima, caratterizzate dall'altra equazione a deri-
vate parziali
(2) (l + <72 )r — 2pqs -{- (1 -{- p2) t = 0 .
« La possibilità di trattare il primo problema con un metodo analogo
a quello che si tiene pel secondo, si fonda sulle proposizioni seguenti.
« Come ad ogni integrale della equazione (2) delle superficie minime
(*) Poincaré, Sur les gronpes Fuchsiens et sur les fonctions Fuchsiennes. Acta Mathe-
matica, voi. I.
(2) A questa equazione a derivate parziali si può dare un significato geometrico
assai semplice. Se diciamo che due rette dello spazio sono armoniche, quando incon-
trano il piano all'infinito in due punti coniugati armonici rispetto alla conica all'infinito
del cono
X2 -\- %p — Z- = 0;
le superficie integrali della equazione (1) sono caratterizzate dalla
proprietà che in ogni loro punto le due direzioni assintotiche sono
armoniche.
In altre parole le superficie in discorso sono le superficie d'area minima di quello
spazio parabolico, il quadrato del cui elemento lineare e dato da
ds* = dx- + dy* — dsfl.
— 162 —
corrisponde una determinata rappresentazione conforme della sfera sul piano,
così ad ogni integrale della (1), che renda inoltre p--\-q2 <^1, corrisponde
una determinata rappresentazione conforme della pseudosfera sul piano. Ove
si consideri una porzione di superficie integrale della (1), superfìcie che.
per abbreviare, chiamerò in questa Nota superficie 2, vi corrisponderanno
sulla pseudosfera e sul piano due aree A, A1 in guisa che ogni punto preso
sulla porzione considerata di 2 darà un punto M sull'area pseudosferica A
ed un punto Mr sull'area piana A'. La corrispondenza fra i punti M, M' delle
aree A, A' dà una rappresentazione conforme dell'una area sull'altra.
« Ora il contorno assegnato alla superficie - può esser tale che ne ven-
gano già determinate le due aree A, A' ; allora il problema proposto si ri-
duce all'altro: Rappresentare in modo conforme l'area A sul-
l'area A', in guisa che al contorno dell'una corrisponda il
contorno dell'altra.
« 2. Si presenta appunto questo caso quando il contorno C del problema
proposto è un poligono rettilineo sghembo; di questo caso soltanto tratterò
in seguito ('). Allora l'area A è racchiusa da un poligono geodetico sulla
pseudosfera, e l'area A1 nel piano da un poligono rettilineo. Utilizzando
quella rappresentazione conforme delle superficie pseudosferiche sul piano,
di cui trattano i primi paragrafi della citata Memoria del sig. Poincaré sui
gruppi Fuchsiani, si può anche dire che il problema consiste nel: Rap-
presentare in modo conforme un poligono piano P, i cui lati
sono archi circolari, coi centri in linea retta, sul mezzo
piano.
« A tale problema sono applicabili i metodi sviluppati dal sig. Schwarz
nei Monatsberichte der Berliner Akademie 1870. In particolare, se il poli-
gono è un quadrilatero curvilineo simmetrico (nel senso di Poincaré m. e.
p. 37) rispetto ad una diagonale, il problema si risolve per funzioni iper-
geometriche.
« Immaginiamo sul piano del poligono P distesi i valori di una varia-
bile complessa w e. per fissare le idee, supponiamo che la retta dei centri
degli archi circolari, che formano il perimetro di P, sia l'asse reale. Effet-
tuata la rappresentazione conforme del poligono P sul mezzo piano, le for-
inole che danno le coordinate se, y, 2 di un punto della porzione richiesta di
superficie 5, limitata al contorno C poligonale rettilineo, saranno le seguenti
(3) # = R (1— w*)F(™V/w, ,y=R 2«F(«)d», *=R (1+m8)F(m)^«,
(l) Avendo omesse le considerazioni geometriche, non posso qui parlare del caso più
generale (che si tratta tuttavia collo stesso metodo) di un contorno formato, al modo di
Schwarz, di tratti rettilinei e di piani.
— 163 —
dove il simbolo R, preposto ad una quantità complessa io, sta ad indicarne
la parte reale. La funzione F(o>) è pienamente determinata dalla rappresen-
tazione conforme del poligono P sul mezzo piano e nell'interno di P essa
è finita, continua e monodroma. Se nelle forinole (3) il cammino d'integra-
zione parte da un punto fisso «0 interno a P e termina all'estremo varia-
bile o) nell' interno o sul contorno, avremo analiticamente rappresentata la
porzione di superficie 2 richiesta, consistente in un poligono n a superficie
curva, il cui contorno è formato da tratti rettilinei.
« 3. Immaginiamo ora che il poligono P, per successive riflessioni (Spie-
gelungen) sopra ciascuno dei suoi lati circolari dia origine ad altrettanti nuovi
poligoni adiacenti a P e continuiamo indefinitamente la stessa operazione sui
nuovi poligoni via via ottenuti.
« Se si fa uscire l'estremo o) del cammino d' integrazione dal poligono P
per un suo lato a e si fa muovere entro il poligono P' aderente a P pel lato a,
le forinole (3) daranno un nuovo poligono curvo n', contornato da tratti ret-
tilinei, aderente al precedente per 'quel lato « che corrisponda ad a. Questo
nuovo poligono n' è la continuazione analitica del primo tv, lungo il lato a,
ed è in certo senso simmetrico di n rispetto al lato comune. La simmetria
non è però della specie ordinaria, ma di un'altra specie che potrebbe dirsi
obliqua, e sulla quale non posso qui dare ulteriori dettagli. In fine lasciamo
•muovere liberamente l'indice w dell'estremo d' integrazione nel piano. Se il
cammino descritto da co traversa successivamente i poligoni
Pi Pi ) P2 ••• Pn
della rete, altrettanti poligoni curvi
TX, 7TX , 7T2 ... TXn ,
appartenenti ad una medesima superficie 2, traverserà il punto M le cui coor-
dinate x, ij, z sono date dalle (3).
« In generale la superficie 2, rappresentata dalle formole (3) quando non
si limiti il corso della variabile w, è tale che in ogni porzione finita dello
spazio penetrano infiniti poligoni n. Volendo escludere questa circostanza,
bisogna che la rete di poligoni ad archi di circolo
P, Pl5 P,....
ricopra una sola volta, senza sovrapposizioni, il semipiano ; il poligono P
deve essere cioè il semi-poligono generatore di un gruppo Fuchsiano (sim-
metrico). E nel caso qui considerato di un contorno C, tutto composto di
tratti rettilinei, tale condizione necessaria è pur anche sufficiente.
Chiamerò le superficie 2 corrispondenti superficie Fuchsiane. Esse sono, per
l'equazione a derivate parziali (1), l'analogo delle superficie minime, così
felicemente studiate da Schwarz e Neovius.
« Ogni superficie Fuchsiana si trasforma in sé medesima
per un gruppo di collineazioni dello spazio, 0 1 0 e d rie amente
isomorfo al gruppo Fuchsiano. Qualunque sostituzione del
— 164 —
gruppo scambia fra loro i poligoni curvi, contornati da tratti
rettilinei, che costituiscono la superficie.
« 4. Terminerò dimostrando con un esempio la effettiva esistenza di classi
di superficie Fuchsiane.
« Il poligono fondamentale della rete Fuchsiana sia un quadrilatero
ABDC, che dalla diagonale BC venga diviso in due triangoli ABC, DBCr
simmetrici rispetto alla diagonale BC. Indichiamo con
rispettivamente gli angoli in A, B, C del 1° triangolo, ove i numeri a, /?, yy
affinchè la rete sia veramente Fuchsiana, sono assoggettati alle sole condi-
zioni di essere interi e di soddisfare la disecruaglianza
a ti y
« Rappresentiamo in modo conforme il triangolo ad ardii di circolo
ABC sul mezzo piano positivo di una variabile complessa te, supponendo che
ai vertici A, B, C corrispondano rispettivamente sull'asse reale del piano di w
i punti
w = 0 , w = 1 , w = co .
« La funzione w(to) così determinata sarà precisamente la funzione Fuch-
siana corrispondente alla rete generata dal triangolo ABC.
« Ora le forinole
x = R
1 —
w(ì—io)
4 \ dia ì
2w i dw \:
m(\ — ir)
I 10(1 — io)
quando si limiti il corso dell'indice di « all'interno del quadrilatero fonda-
mentale ABDC, ci daranno una porzione di superficie 2, contornata da un
quadrilatero sghembo.
« Assoggettiamo ora i numeri interi a, (3, y alle condizioni seguenti :
1° /J sia pari
2° siano soddisfai fé le disegnagli anse
«^.2, /? ^ 4 , y >4 .
— 165 —
« Escludendo il caso « = 2 , /? = 4 , y = 4 , sarà pur soddisfatta la
diseguaglianza
e la funzione
iv(\ — IV)
che comparisce sotto il segno integrale nelle forinole (4), in tutto il semi-
piano positivo di uì (l'asse reale escluso) sarà finita, continua e monodroma.
Conseguentemente la superficie 2, definita dalla (4), quando l' indice di w si
muova liberamente nel semipiano, sarà una superficie Fuchsiana, costituita
da infinite porzioni contornate da quadrilateri sghembi.
« Confrontando il risultato di questo esempio con quello ottenuto dal
sig. Schwarz rispetto alle superficie minime, che si suddividono in infiniti
quadrilateri curvi, dei quali soltanto un numero finito entra in ogni porzione
finita di spazio, vediamo che mentre queste ultime sono in numero di cinque
soltanto, l'analoga classe di superficie Fuchsiane ne comprende invece infinite ».
Chimica. — Sull'astone del joduro di metile sopra alcuni de-
rivati del pirrolo. Nota I. del Corrispondente G. Ciamician e di
F. Anderlini.
« Il modo di comportarsi del pirrolo con i joduri alcoolici non è stato
ancora sufficientemente studiato, e la ragione per cui la storia chimica del
pirrolo rimase per sì lungo tempo incompleta da questo lato, risiede nelle
difficoltà che tali ricerche presentano. Il pirrolo non agisce sui joduri alcoo-
lici come la altre ammine secondarie e, come è noto, non si può sostituire
nel pirrolo l'idrogeno imminico con radicali alcoolici, che impiegando il suo
composto potassico. In questo modo furono ottenuti, già molti anni or sono,
l'n-metilpirrolo e l'n-etilpirrolo. Queste reazioni non vanno egualmente bene
con tutti i joduri alcoolici, col joduro di metile si ottiene facilmente ed in
grande quantità l'n-metilpirrolo, col joduro etilico invece, oltre all'n-etilpir-
rolo, che bolle a 131°, si ottengono prodotti che hanno un punto di ebulli-
zione più elevato, tanto che Liubawin (') il quale pel primo studiò tali
reazioni, credette erroneamente che questi prodotti, che bollono sopra i 130°,
contenessero l'n-etilpirrolo cercato. Inoltre già molti anni or sono uno di noi
ebbe occasione di notare, che nella preparazione del metilpirrolo, se si im-
piega un eccesso di joduro metilico e si scaldano i tubi contenenti il miscu-
glio del composto potassico e di joduro metilico, dopo compiuta la reazione
('j Beri. Ber. 1869, 99; vedi poi Bell., ibid. 1878, 1810.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 22
— 166 —
spontanea, a 100°, si ottiene un prodotto molto impuro per la presenza di
sostanze, che hanno un punto di ehullizione molto più elevato del metilpirrolo.
u Per queste ed altre ragioni uno di noi intraprese ancora l'anno scorso,
assieme al dott. P. Silber, lo studio di queste reazioni, senza però potere
arrivare a risultati bene definiti. Gli esperimenti preliminari fatti allora di-
mostrarono che scaldando il pirrolo con joduro di metile in presenza di po-
tassa in tubi chiusi, si formano, in piccola quantità, sostanze decisamente
alcaline e dimostrarono ancora, che questi prodotti alcaloidici si ottengono
più copiosamente impiegando invece del pirrolo e della potassa il sale potas-
sico o sodico dell'acido carbopirrolico. Gli studi sull'azione dei joduri alcoo-
lici sul pirrolo erano, come si disse, appena avviati, quando comparve il
lavoro di E. Fischer (') sull'azione del joduro di metile sul metilchetolo,
nel quale quell'illustre chimico dimostrò che gli indoli si trasformano per
tali reazioni in diidrochinoline. Sebbene l'analogia di comportamento fra il
pirrolo e l'indolo non fosse allora ancor bene stabilita, pure non c'era da du-
bitare che anche il pirrolo potesse in analoghe circostanze subire una tra-
sformazione corrispondente, tanto più, che la formazione di nuclei piridici
da nuclei pirrolici, costituisce una delle proprietà più caratteristiche di questi
ultimi. Nonpertanto il problema non era facile a risolversi, perchè ben presti»
si dovette acquistare la convinzione, che nei composti pirrolici la reazione
non è così semplice come nel metilchetolo, e che la trasformazione in deri-
vati piridici è accompagnata da altre metamorfosi, che come si rivedrà da
quello che segue, sono ancora più sorprendenti.
« Le esperienze preliminari fatte col carbopirrolato sodico servirono di
ammaestramento, in quanto che fu d'uopo convincersi, che sarebbe stato im-
possibile arrivare a risultati definiti, senza impiegare notevoli quantità di
materia prima. La preparazione dell'acido carbopirrolico in grandi quantità
è purtroppo un'operazione difficile ad eseguirsi in laboratori che non sono
provveduti di apparati per riscaldare grandi quantità di sostanze sotto forti
pressioni, e le presenti ricerche non sarebbero state effettuabili, se non ci
fosse venuta in aiuto la squisita cortesia del eh. sig. dott. Ed. Hepp, chimico
della ditta Kalle e C°, il quale fece preparare per noi nella fabbrica a Bie-
brich sul Reno una ragguardevole quantità di acido carbopirrolico, usando il
metodo di Ciamician e Silber.
I. Azione del joduro di metile sai sale sodico
dell'acido carbopirrolico.
« Come si disse, la reazione che stiamo descrivendo avviene molto meglio
coi sali alcalini dell'acido carbopirrolico che col pirrolo libero, però è da
notarsi che il carbossile non rimane nei nuovi composti, che si formano nella
(') E. Fischer e A. Steche, Beri. Ber. 20, 818 e 2109; L. Ann. 242, 348.
— 167 —
reazione, ma che viene eliminato sotto forma di anidride carbonica. Il mi-
gliore rendimento si ebbe operando come segue: 5 gr. del sale sodico, 10 gr.
di joduro metilico e 7 gr. di alcool metilico introdotti in un tubo, vennero
scaldati per circa 12 ore a 120°. Aprendo i tubi, dopo il riscaldamento,
si svolgono notevoli quantità di anidride carbonica, ed il contenuto dei me-
desimi è in gran parte liquido, colorato in bruno, ed ha reazione acida, per
acido jodidrico libero. Distillando il prodotto in corrente di vapor d'acqua,
passano prima il joduro di metile rimasto in eccesso e l'alcool metilico, e
poi notevoli quantità di etere metilico dell'acido carbopirrolico, formatosi
nella reazione. Il residuo, trattato con forte eccesso di potassa, si divide in
due strati ed il più leggero è formato da un olio nero, fortemente alcalino,
che distilla facilmente con vapore acqueo. Nella distillazione passa in prin-
cipio assieme ad ammoniaca, la parte del prodotto, che è solubile nell'acqua,
infine invece si ottiene, in piccola quantità, un olio alcalino, poco solubile
nell'acqua, che venne raccolto separatamente. Quest'ultimo prodotto si forma
in maggior copia se si saldano i tubi a temperature più elevate.
« La soluzione acquosa, fortemente alcalina, venne soprasaturata con
acido cloridrico e svaporata a secchezza. Il residuo bruno, dopo essere stato
ripreso più volte con acido cloridrico concentrato e portato nuovamente a
secco a b. m., per distruggere le sostanze pirroliche che poteva contenere,
venne trattato in soluzione acquosa con potassa e distillato. Si raccolsero le
prime porzioni separatamente dalle ultime, che vennero riunite alle prece-
denti. Il liquido alcalino venne separato dall'acqua mediante la potassa solida,
seccato per ebullizione con barite anidra e finalmente sottoposto alla distil-
lazione. Il prodotto non ha un punto di ebullizione costante, ma incomincia
a bollire intorno a circa 140° e la temperatura si eleva durante la distilla-
zione fino a circa 170°-180°. Da 170 gr. di sale sodico dell'acido carbopirrolico
si ottennero circa 10 gr. di prodotto secco e distillato. Dopo una serie di di-
stillazioni frazionate dovemmo persuaderci di avere a che fare con un miscu-
glio di basi, che data la quantità di prodotto di cui disponevamo, non sarebbe
stato possibile separare completamente mediante la sola distillazione frazio-
nata. Nonpertanto vennero raccolte separatamente le seguenti frazioni, che, ad
eccezione della prima, contenevano principalmente un solo composto:
« La prima frazione, che distillò fra 140° e 150°, costituiva circa due
quinti della massa ;
« La seconda, che venne raccolta fra 150°-160° ne formava tre quinti e
« La terza presa fra 160° e 170° era circa un quinto del tutto.
« La piccola parte che rimase indietro nel palloncino da distillazione
era poco solubile nell'acqua e venne riunita agli altri residui già menzionati.
« Le proprietà delle sostanze contenute in queste diverse frazioni sono
molto simili. Posseggono tutte un'odore caratteristico, non disaggradevole, che
si direbbe ricordare quello del pirrolo e della piridina contemporaneamente;
— 168 —
all'aria imbruniscono, specialmente quelle delle frazioni che hanno più ele-
vato il punto di ebullizione, negli acidi si sciolgono prontamente con forte
sviluppo di calore. I cloridrati sono solubilissimi nell'acqua e danno le rea-
zioni seguenti:
« Col cloruro di piati ao : cloroplatinati solubilissimi ;
« Col cloruro di oro: cloroaurati, che precipitano allo stato oleoso,
ma che poi si solidificano e sono poco solubili nell'acqua;
« Col joduro doppio di bismuto e potassio : un precipitato resinoso
rosso-bruno.
« Col joduro doppio di cadmio e di potassio : un precipitato giallo
cristallino ;
« Col joduro mercurico p>otassico : un precipitato oleoso che poi si
solidifica;
« Con acido picrico ; picrati cristallizzati in aghi gialli notevolmente
solubili nell'alcool.
« Dopo una serie di tentativi fatti allo scopo di isolare da queste sin-
gole porzioni il prodotto principale in esse contenuto, abbiamo trovato che
il metodo migliore è quello di servirsi dei cloroaurati. In questo modo ci
siamo persuasi, che le due ultime frazioni sono costituite principalmente da
un solo alcaloide, che è contenuto in piccola quantità anche nella prima.
« Precipitando incompletamente la soluzione cloridrica della prima fra-
zione con una soluzione non troppo diluita di cloruro d'oro, si separa subito
una materia gialla oleosa, che tosto si solidifica. Il precipitato Tenne
sciolto in molta acqua bollente acidificata con acido cloridrico, e la soluzione
venne abbandonata a se stessa. Per lento raffreddamento, se la concentrazione
è ben riuscita, si separano aghi gialli, raggruppati in modo molto caratte-
ristico, di un cloroaurato, che descriveremo dettagliatamente più avanti.
Questo bellissimo sale, che si ottiene più copiosamente dalle altre frazioni,
fonde a 109-110°.
« L'analisi diede numeri che conducono alla formula:
C, H13NHCl.AuCl:{.
I. 0,2412 gr. di sostanza dettero 0,1996 gr. di C02 e 0,0744 gr. di H2 0.
IT. 0,1723 gr. di materia dettero 0,0706 gr, di oro.
« In 100 parti:
trovato calcolato per C8 H,g XAuCl4
I II
0 22,56 — 22,68
H 3,43 — 3,36
Au — 41,31 41,20
« La quantità di questo cloroaurato, ottenuto dalla frazione 140°-150°, ■
era molto piccola, tanto da bastare solamente alle determinazioni analitiche.
« Non staremo qui a descrivere i lunghi, laboriosi ed infruttuosi tentativi
— 169 —
da noi fatti per separare le altre basi che costituiscono la maggior parte di
questa frazione, e che erano contenute nel filtrato del cloroaurato ora de-
scritto. Malgrado la pazienza e la cura rivolta a raggiungere lo scopo, non
siamo riusciti ad ottenere finora dalle diverse soluzioni prodotti unici e bene
definiti. Si può asserire bensì, senza tema di andare errati, che nella por-
zione che bolle fra 140°-150° sono contenute principalmente basi con meno
di nove atomi di carbonio, senza però poter dare a questi alcaloidi formule
precise. I loro cloroaurati sono tutti più solubili nell'acqua di quello che
fonde a 109-110° e contengono più oro di quest'ultimo. I risultati delle
analisi oscillavano fra 41,90, 42,72 e 42,90 % di oro.
« Dovendo, per le ragioni ora esposte, abbandonare l'idea di isolare tutti
i prodotti che si formano nella reazione di cui avevamo intrapreso lo studio,
abbiamo rivolta la nostra attenzione a quelle basi, che erano contenute nelle
frazioni superiori, con la speranza di ritrovare in queste quell'alcaloide, dal
cloroaurato fusibile a 109-110°, che avevamo scoperto in piccola quantità
nella prima frazione.
« Le esperienze di cui daremo ora la descrizione, provarono di fatto
che le nostre speranze non erano prive di fondamento, perchè realmente questo
alcaloide costituisce in grandissima parte le frazioni che furono raccolte fra
150°-Ì60° e 160°-170°.
« Dopo esserci convinti con saggi preliminari, fatti su piccole quantità di
prodotto, che queste frazioni erano formate principalmente dall'alcaloide de-
siderato, abbiamo distillato nuovamente i due liquidi, che durante il tempo
impiegato nello studio della prima frazione si erano notevolmente colorati in
bruno, ed abbiamo trovato, che il composto principale in esse contenuto deve
avere il suo punto di ebullizione intorno ai 160°.
« Una porzione del distillato sciolta nell'acido cloridrico venne precipi-
tata quasi completamente col cloruro d'oro. Si ottenne un cloroaurato oleoso,
che ben tosto si solidificò. Il precipitato è poco solubile nell'acqua bollente
e fonde prima di sciogliersi, per raffreddamento si separa nuovamente allo
stato oleoso se le soluzioni sono molto concentrate, dalle soluzioni più diluite
si separa in aghi gialli disposti in modo molto caratteristico. A seconda della
concentrazione delle soluzioni si ottengono aghi innestati l'uno sull'altro ad
angolo quasi retto, che formano una specie di reticolo, oppure singoli cristalli
staccati. Dalle soluzioni concentrate questi raggruppamenti sono formati da
aghetti piccolissimi, dalle meno concentrate si formano reticoli composti di
aghi lunghi e sottili in modo da rassomigliare ad un tessuto, le soluzioni
molto diluite depongono aghi lunghissimi, per lo più molto appiattiti, che
assumono l'aspetto di lamine, disposti spesso l'uno sull'altro ad angolo
quasi retto.
« L'aspetto di questi cristalli è talmente singolare e caratteristico, che
abbiamo pregato il eh. sig. prof. Panebianco a volere fare uno studio cristallo-
trovato
1
II
e
22,87
—
H
3,65
—
N
—
3,12
Au
—
—
— 170 —
grafico di questa sostanza. Dobbiamo alla sua gentilezza i dati cristallografici
che pubblichiamo qui sotto.
« Il cloroaurato ora descritto, più volte cristallizzato dall'acqua bollente,
acidificata con acido cloridrico, fonde costantemente a 109°-110° ed ha la
formula già accennata più sopra:
C9 H15 NHC1 . AuCl3
come lo dimostrano le seguenti analisi:
I. 0,3025 gr. di materia diedero 0,2537 gr. di C02 e 0,0995 gr. di H2 0.
II. 0,2735 gr. di sostanza svolsero 7,8 ce. di azoto, misurato a 28° e 760 mm.
III. 0,1738 gr. di sostanza diedero 0,0716 gr. di oro.
« In 100 parti:
calcolato per C9 H,6 NAuCl«
III
— 22,68
— 3,36
— 2,96
41,20 41,20
« Studio macroscopico. I cristalli lamellari (100) allungati, secondo
[001], che si ottengono per lento raffreddamento dalla soluzione acquosa,
acida di acido cloridrico, mostrano le forme :
(100), (Ilo), (111), (111), (001).
« La (100) è predominante, la (110) presenta soltanto qualche faccia
estesa, le altre forme sono pochissimo sviluppate.
* Dalle misure approssimate si ebbe:
100:110 = 28° circa
100:111=51°
Il0:ììl = 43°,5 »
le altre forme furono determinate dalle zone ed il sistema moaoclino fu
posto fuori di dubbio dalle proprietà ottiche.
« Dai dati disopra si ha approssimatamente:
a : b : e = 5 V3 : 10 : 5 l/< ; fi = 85" 4/5 •
« Sulla 100 si vede la figura d'interferenza, con evidente dispersioni',
orizzontale, con la bisettrice acuta positiva di pochi gradi inclinata sulla
normale a 100 e con q > v.
« L'angolo apparente degli assi ottici nell'aria misurato nella lamina 100,
diede a luce ordinaria 91° circa.
« Doppia rifrazione debole. Dicroismo inapprezzabile.
« Vi ha sfaldatura perfettissima secondo (100).
« La sostanza di un bel giallo, scaldata diviene d'un giallo più carico prima
di fondere. Fusa la sostanza sopra un vetro portaoggetti, posto sul liquido un
vetrino coprioggetti, e lasciata solidificare senza farla raffreddare bruscamente,
— 171
si hanno dei cristalli lamellari allungati, disposti a ventaglio, senza inter-
valli fra l'uno e l'altro cristallo. Questi cristalli sono lamelle (100), allun-
gate secondo [001] e mostrano delle rotture parallele a [010]. Otticamente
essi sono identici a quelli ottenuti per cristallizzazione dal solvente. Infatti
ho verificate tutte le proprietà ottiche, compreso l'angolo apparente degli assi
ottici nell'aria, sopra uno di tali cristalli, che mi risultò di circa 91° (luce
ordinaria). Il colore di tali cristalli è quello della sostanza ottenuta per
via umida.
[ooi]
100
[ooi]
Fig. 3.
Fig. 2.
Fig. 4.
« Studio microscopico. I cristallini che si ottengono per lenta evapora-
zione della soluzione anzidetta, non si lasciano misurare, ma mostrano al micro-
scopio la combinazione:
(100) (110) (111) (111) Fig. 1.
« I cristallini, che si ottengono mettendo su d'un vetrino portaoggetti
una goccia dello soluzione anzidetta bollente e satura, mostrano qua e là.
qualche lamella (100) allungata e terminata a una o a tutte e due le estre-
mità dagli spigoli [Oli] e [Oli] formanti un angolo di 124°,5 (media di
13 angoli su 5 cristalli) Fig. 2.
— 172 —
« Dall'angolo [Oli] : [Oli] = 124°,5 si calcola e : b = 0,55 .. . . valore
più attendibile di quello che si calcola dalle misure approssimate sui cri-
stalli macroscopici.
« Disponendo il microscopio per vedere la figura d'interferenza, usando
olio per la lente ad immersione, si constata e q > v e la dispersione oriz-
zontale : la figura d'interferenza, come nelle lamine macroscopiche, non ha
il suo centro coincìdente con l'asse dello strumento. Volendo si potrebbe mi-
surare anche l'angolo apparente degli assi ottici.
« Lo schizzo Fig. 3, preso dal vero, rappresenta il modo più ordinario
e caratteristico come si presentano i cristallini, che si ottengono per rapido
raffreddamento dalla soluzione anzidetta.
« Le direzioni dell'allungamento degli individui incrociati è in media di
86° l/4 circa.
« Un piano di massima estinzione fa, in generale con la direzione dell'al-
lungamento in ciascun individuo un angolo di
13° circa.
« Parrebbe che gli individui fossero disposti in modo che la base di
uno sia parallela a 100 dell'altro e che le 010 dei due individui siano pa-
rallele. In tali individui non sono rare le facce orizzontali e l'angolo 86° l/4
non differisce che di mozzo grado circa dal /?. Piano di geminazione sarebbe
(101) avendosi 101 : 001 = 40" '/, , KM : [00 = 47o4/si tale piano non fu
riscontrato come faccia.
« Lo schizzo in Fig. 4 mostra appunto due di tali individui presi dal
vero: le facce orizzontali, probabilmente 010, sono sviluppatissime e la lar-
ghezza nell'individuo più corto è di min, 0,022. Le figure 3 e 4 mostrano
lo stesso ingrandimento di circa 270 diametri.
u. Lo studio microscopico caratterizza perfettamente tale sostanza e dà
il rapporto e : b nonché, se si volesse, l'angolo degli assi ottici apparente nel-
l'aria sulla 100. Per tare queste misure basta una goccia della soluzione
satura a caldo.
« Concentrando le acque madri delle singole cristallizzazioni si ottengono
sempre gli stessi aghi, solamente quelle avute nella prima purificazione,
danno con ulteriori trattamenti con cloruro d'oro altri cristalli che non ab-
biamo studiato.
« Da quanto abbiamo esposto risulta dunque che il prodotto principale,
che si forma per l'azione del joduro di metile sul sale sodico dell'acido car-
bopirrolico, oltre all'etere metilico di questo acido, è un miscuglio di basi,
fra cui predomina un composto, che bolle intorno a 160° e che ha la forinola
« C9H15N ».
« Questo alcaloide ha, come si vede, la composizione di un pentametil-
pirrolo; ora siccome è assai improbabile, che un derivato del pirrolo abbia
proprietà alcaline così pronunciate come la sostanza che abbiamo descritto.
— 173 —
non è certo azzardato l'ammettere, che la base in questione sia invece di un
pentametilpirrolo, un tetrametilderivato di un omologo nel nucleo del pirrolo
ossia una tetrametildiidropiridina. In questo modo il comportamento del pir-
rolo col joduro di metile (perchè nella reazione in discorso, l'acido carbopir-
rolico agisce come pirrolo nascente) diventa comparabile a quello degli indoli,
che danno in modo simile le diidrochinoline. La differenza principale consi-
sterebbe nel fatto, che il pirrolo per azione del joduro di metile ad elevata
temperatura, scambia prima i suoi atomi di idrogeno metinici col metile, e
si trasforma poi in derivato piridico. Su questa prima metamorfosi del pir-
rolo, altrettanto nuova quanto inaspettata, ritorneremo in fine della presente
comunicazione.
« Eiprendendo la discussione sulla natura della base C9 H15 N ed am-
mettendone la struttura piridica, rimane ancora a decidere, per stabilire la
sua formola di costituzione, se essa sia secondaria o terziaria, perchè come
si vede da ciò dipende quale delle due seguenti formule le si debba attribuire :
C CH3 C CH3
CH3Cif ^CCH3 CH3C
CH3CV /^CH, CH3C
CH
NCH3
« La questione non è stata facile a risolvere, perchè nulla si sa ancora
sui caratteri delle piridine biidrogenate secondarie. La nostra base forma un
composto, che potrebbe essere una nitrosamina, ma anche le diidrochinoline
terziarie danno dei composti coli' acido nitroso, come risulta dalle recenti
ricerche di E. Fischer e A. Steche (]).
« Per azione del joduro di metile si ottiene un composto oleoso, che
poi si solidifica. Esso non ha invero i caratterfdei joduri degli ammonii or-
ganici, perchè la potassa lo decompone, ma non è ancora dimostrato, che il
jodometilato di una tetrametildiidropiridina terziaria resista all'azione della
potassa. Il comportamento della base in questione, sebbene corrispondesse
più a quello di un'ammina secondaria che a quello di una base terziari;!,
non era tale da escludere del tutto quest'ultima possibilità.
« Alla soluzione del problema restava non pertanto aperta un'altra via,
che noi abbiamo seguito con buon successo, cioè quella della trasformazione
dell'alcaloide da noi ottenuto, nella corrispondente base piperidinica. Se la
base da noi studiata era realmente una tetrametildiidropiridina secondari;!,
doveva potersi trasformare per riduzione in una tetrametilpiperidina, in cui
sarebbe stato poi facile riconoscere la presenza dell'imminu libero. Di fatto
(') L. Ann. 242, 348.
Rendiconti, 1888, Vol. IV, 2° Sem. 23
— 174 —
le cose si passarono secondo le nostre previsioni ed anche nel nostro caso la
bella reazione di Ladenburg dette il risultato desiderato.
« Veramente la base che noi abbiamo impiegato per la riduzione con
sodio ed alcool non era purissima, perchè non era formata esclusivamente
dal composto C9 Hi5 N, ma la piccola quantità di sostanza di cui dispone-
vamo non permetteva la ulteriore purificazione passando attraverso al clo-
roaurato. D'altronde come si vedrà, la separazione dalla base idrogenata dalle
piccole quantità di altri composti che l'accompagnavano riuscì, fortunatamente,
per mezzo della sola distillazione frazionata, assai più agevolmente che la
purificazione della base primitiva.
« Il seguito della presente comunicazione verrà pubblicato in una se-
conda Nota ».
Chimica. — Sopra alcuni derivati del dimetìlpirroló assimme-
metrico. Nota IT. di Gaetano Magnanimi f1), presentata dal Corri-
spondente G. Ciamician.
« In una precedente comunicazione (2) io ho descritto alcuni derivati
del dimetilpirrolo assimmetrico, i quali si possono agevolmente ottenere col
mezzo dell'etere a /?'-dimetil-r/ /?-pirroldicarbonico sintetico, e più precisa-
niente dall'etere monoetilico, sostituendone il carbossile libero col radicale
dell'acido acetico. Feci notare fin d'allora come all'etere monoetilico dell'acido
dimetilpirroldicarbonico assimmetrico si potessero attribuire egualmente bene
due formule di struttura differenti :
CHS . C — C . COOC> H5 CH3 . C — C . COOH
Il II II II
COOH.C C.CH3 0 COOC2H,C C.CH3,
/
NH NH
però dissi come in base a nuovi fatti, che mi riserbavo di esporre in altro
luogo, la costituzione di quella sostanza dovesse venire espressa dalla prima
forinola e come, per conseguenza, nei derivati da me descritti l'acetile do-
vesse trovarsi in posizione a.
« Nella presente Nota, mentre do la descrizione di alcune imminanidridi
di acidi dimetilpirrolcarbonici, espongo i motivi i quali mi hanno condotto
ad attribuire la posizione a al carbossile libero dell'etere monoetilico del-
l'acido dimetilpirroldicarbonico assimmetrico.
(1) Lavoro eseguito nell'Istituto chimico della E, Università di Padova.
(2) Rendiconti della R. Acc. dei Lincei 1888, 1° semestre, pag. 828.
— 175 —
« Facendo agire l'anidride acetica sull'acido dimetilpirroldicarbonico, in
tubi chiusi, ad elevata temperatura, non si ottengono, almeno nelle condi-
zioni da me impiegate, risultati soddisfacenti ; facendo invece agire l'anidride
acetica alla temperatura di ebollizione, si toglie all'acido dimetilpirroldicar-
bonico una molecola di acqua e si ottiene un derivato anidridico, al quale,
per la sua composizione e per le sue proprietà generali, si deve attribuire
una costituzione analoga a quella della pirocolla, l'unica anidride nota fino
al presente nella serie del pirrolo. La forinola seguente:
CH3 . C — C . COOH
il II
CO . C C . CH3
\V
\N
potrebbe per conseguenza rappresentare la costituzione di questa anidride
dell'acido dimetilpirroldicarbonico. Anche però volendo mantenere fino ad un
certo punto quella analogia, si potrebbe ammettere, che il legame anidridico
avesse luogo per mezzo dell'altro carbossile, in modo da attribuire alla so-
stanza questa altra costituzione:
CH3 . C — C . CO -
li II
COOH . C C . CH,
N
« L'analogia della pirocolla sarebbe forse meno evidente, perchè l'acido
carbopirrolico, che dà la pirocolla, contiene per l'appunto il carbossile in po-
sizione a, ma sempre però giustificata dalla esistenza di un legame anidri-
dico di quella natura. Io ho cercato di decidere la questione studiando se,
dei due carbossili dell'acido dimetilpirroldicarbonico, uno solo abbia la pro-
prietà di formare coll'immino un legame anidridico, ovvero se, godendo en-
trambi di questa proprietà, la posseggano però in modo diverso.
« L'etere monoetilico dell'acido dimetilpirroldicarbonico, bollito con ani-
dride acetica, si trasforma in una sostanza, fusibile a temperatura elevata,
la quale è l'etere etilico dell' anidroacido citato. Dunque il carbossile libero
di quell'etere monoetilico possiede la facoltà di formare un legame anidri-
dico. Distillando a secco l'etere monoetilico dell'acido dimetilpirroldicarbonico,
questa sostanza perde il suo carbossile e si ottiene l'etere etilico di un acido
pirrolmonocarbonico, già descritto da Knorr (1). A questo acido si deve attri-
buire una delle forinole:
CH3 . C — CH CH3 . C — C . COOH
COOH.C C.CH3 o HC C . CH
NH NH
0) Liebig's Annalen 236, 318.
— 176 —
dipendentemente dalla formula che si vuole ammettere per l' etere-acido da
cui esso deriva. Io ho preparato questo acido ed ho trovato che esso non è
in grado di dare una imminanidride. Allo scopo di ottenere una dimetilpi-
rocolla dall'acido dimetilpirrolmonocarbonico, io ho seguito lo stesso processo
che è stato impiegato da Ciamician e Silber (') per ottenere la pirocolla
dall'acido carbopirrolico. Quei chimici hanno trovato, che bollendo questo
acido con anidride acetica, si forma im prodotto intermedio, che riscaldato
ulteriormente si scinde in acido acetico e pirocolla. L'acido dimetilpirrolmo-
nocarbonico di Knorr venne fatto bollire in un apparecchio a ricadere con
dieci volte il suo peso di anidride acetica per qualche ora; si distillò l'ani-
dride acetica nel vuoto ed il residuo venne riscaldato oltre i 180°. Si ottenne
cosi ima massa nera, solubile completamente nell'alcool e dalla quale io non
ho estratto che l'acetildimetilpirrolo fusibile a 122°.
« Questo fatto dimostra che, dei due carbossili, che si trovano nell'a-
cido dimetilpirroldicarbonico, uno solo può formare una imminanidride. Credo
che questa differenza così netta di comportamento si possa e si debba attri-
buire unicamente alla posizione diversa dei due carbossili rispetto all'azoto ;
e siccome nell'acido carbopirrolico, che dà la ordinaria pirocolla, il carbos-
sile si trova in posizione « (2), così sembra probabile che negli acidi
pirrolcarbonici ì soli carbossili, che si trovano nelle posizionici, possono
dare con facilità imminanidridi analoghe alla pirocolla. E inoltre assai
notevole il fatto, che, mentre l'acido ^-carbopirrolico dà per ebollizione con
anidride acetica, prima un composto intermedio, il quale per ulteriore riscal-
damento si trasforma in pirocolla, l'acido dimetilpirroldicarbonico ed il suo
etere monoetilico, danno direttamente, per ebollizione, le imminanidridi cor-
rispondenti.
« La forinola di costituzione, che colla massima probabilità, deve per
conseguenza venire attribuita all' an idroacido da me ottenuto, è la seguente:
CH3 . C — C . COOH
Il II
CO . C C . CH3
v \ /'
\N
Imminanidride dell'acido « /^'-dimetilpirroldicarbonico.
* Per procurarsi quantità notevoli di acido dimetilpirroldicarbonico con-
viene fare la saponificazione dell'etere corrispondente in determinate condi-
zioni. Si fanno bollire 20 gr. di etere dimetilpirroldicarbonico, ottenuto di-
rettamente dall'etere acetoacetico, con una soluzione di 55-60 gr. di soda
(i) R. Acc. dei Lincei, Memorie Vili, 1883-84.
(2) Ciamician e Silber, Rendiconti della 11. Acc. dei Lincei, III, 1887.
— 177 —
caustica in un litro di acqua per qualche ora, fino a che tutto è disciolto.
La soluzione alcalina, che contiene il sale dell'acido, deve venire diluita con
una quantità conveniente di acqua (più del suo volume), prima di essere
precipitata coll'acido solforico. Se non si diluisce la soluzione, l'acido dime-
tilpirroldicarboirico si separa in fiocchi, la filtrazione del liquido procede a
stento e per il contatto coll'acido minerale la sostanza si decompone e si
arrossa rapidamente. In soluzione più diluita, l'acido si separa dopo qualche
minuto, dacché è stato aggiunto l'acido solforico, sotto forma di una polvere
cristallina quasi bianca, che si raccoglie sul filtro, si lava rapidamente e si
secca nel vuoto. Da 20 gr. dell'etere si ottengono così in media 13-14 gr.
dell'acido.
« Allorquando si riscalda in un apparecchio a ricadere l'acido dimetil-
pirroldicarbonico con dieci volte il suo peso di anidride acetica, l'acido pron-
tamente si discioglie, dopo qualche tempo però di ebollizione il liquido an-
nerisce e si nota la formazione di una polvere bianca, la quale va aumen-
tando, cosicché dopo 3-4 ore di ebollizione, il vaso si trova ricoperto inter-
namente da una crosta biancastra. Si distilla l'anidride acetica nel vuoto,
si lava il residuo con alcool caldo, il quale trasporta la materia resinosa
molto solubile, e si discioglie la sostanza nel carbonato di soda. La solu-
zione alcalina filtrata, dà, per precipitazione con acido acetico, dei fiocchi
bianchissimi, i quali col riscaldamento si riuniscono, e formano una polvere
finissima, che si .lava di nuovo con alcool. Il rendimento ascende a 40-45 %
dell'acido impiegato. La soluzione alcoolica di lavaggio abbandona per sva-
poramento una materia resinosa, dalla quale l'acqua bollente estrae una certa
quantità di acetildimetilpirrolo, identico a quello che ho descritto nella mia
prima comunicazione.
« La nuova sostanza è un acido, e corrisponde nella sua composizione
a quella di un acido dimetilpirroldicarbonico meno una molecola di acqua.
Le sue proprietà generali sono invero quelle di un acido pirrolcarbonico,
al quale però il legame anidridico comunica una certa stabilità, propria di
tutte le pirocolle. Sembra per altro che la soluzione acquosa del suo sale
ammonico subisca per riscaldamento una leggera decomposizione e si formi
del dimetilpirrolo. Resiste all'azione degli acidi minerali; l'acido solforico
concentrato la discioglie col riscaldamento e si ottiene una soluzione gialla-
stra. È insolubile nell'acqua, nell'alcool, nell'etere, nell'acido acetico, nell'e-
tere di petrolio, nel cloroformio; può venire riscaldata oltre 300° senza su-
bire che un leggero imbrunimento ; a temperatura più elevata si decompone,
si forma del dimetilpirrolo accanto ad un'altra sostanza fusibile a 272°-272°,:>,
la quale, come si vedrà in seguito, non è altro che dimetilpirocolla. I sali
di questo acido partecipano in generale della sua insolubilità, anche il sale
di ammonio è poco solubile, cosicché la sostanza non si discioglie nella am-
moniaca se non si aggiunge una quantità sufficiente di acqua. La soluzione
— 178 —
neutra del sale ammonico dà luogo, colle soluzioni dei sali metallici, alle
seguenti reazioni:
- Con cloruro dì bario una polvere cristallina quasi insolubile;
- Con cloruro di calcio un precipitato gelatinoso ;
« Con cloruro mercurico un precipitato gelatinoso biancastro ;
« Con cloruro ferrico fiocchi di color rosso-intenso ;
- Con solfato ferroso un precipitato verdastro gelatinoso;
- Con solfato di nichelio un precipitato verdognolo ;
<■ Con acelato di rame un precipitato azzurro-verdastro.
« Il sale argentico si ottiene sotto forma di precipitato amorfo gialla-
stro; versando una soluzione di nitrato argentico in una soluzione ammonia-
cale neutra dell'acido; raccolto sul filtro e lavato con acqua si concreta dis-
seccandosi in una massa compatta, relativamente molto dura, la quale ha
dato all'analisi il seguente risultato :
gr. 0,2844 di sostanza dettero gr. 0,1122 di Ag.
«In 100 parti:
trovato calcolato per CeH6NOtAg
Ag 39,45 39,70
« Sale magnesiaco. Allorquando si aggiunge solfato di magnesia ad una
soluzione del sale ammonico, non si nota, se la soluzione è sufficientemente
diluita, nessun cangiamento. Abbandonando però a sé il liquido si separano,
dopo qualche tempo, degli aghetti splendenti alquanto solubili anche a freddo.
« L'analisi ha dato il seguente risultato:
gr. 0,1877 di sostanza, seccata nel vuoto, dettero gr. 0,0212 di Mg 0.
t In 100 parti:
trovato calcolato per (C» H6 N03)2 Mg.
Mg 6,77 6,81
« Etere etilico. Facendo bollire l'etere monoetilico dell'acido dimetil-
pirroldicarbonico con dieci volte il suo peso di anidride acetica per due o
tre ore e lasciando raffreddare, si separano dal liquido degli aghi filiformi,
bianchi, leggerissimi, i quali lavati con alcool, possono venire cristallizzati
dall'acido acetico; fondono intorno ai 270°, sono poco solubili negli ordinari
solventi, e costituiscono l'etere etilico dell'anidroacido ora descritto (').
(*) Le analisi di questa sostanza, fatte con diversi preparati, cristallizzati ripetuta-
mente dall'acido acetico, non mi hanno dato risultati soddisfacenti; io non ho voluto in-
dagare la causa del difetto di carbonio trovato, poiché sulla natura chimica della sostanza
non vi può essere dubbio.
I. gr. 0,3056 di sostanza dettero gr. 0,6895 di C02 e gr. 0,1595 di H2 0.
n. gr. 0,2734. di sostanza dettero gr. 0,6165 di CO, e gr. 0.1436 di H, 0.
In 100 parti:
trovato calcolato per C10 Hn N03
i ii
C 61,53 * 61,50 62,16
H 5,79 5,87 5,69
— 179 —
a /S'- Dimetilpirocolla.
u Questa sostanza si forma in piccola quantità assieme al dimetilpirrolo,
quando rimminanidride dell'acido dimetilpirroldicarbonico perde anidride car-
bonica per riscaldamento sopra 350°. Per preparare la dimetilpirocolla con-
viene distillare a secco, in una corrente di anidride carbonica, il sale di
rame (o di argento), ottenuto aggiungendo una soluzione di acetato di rame
ad una soluzione ammoniacale neutra dell' anidroacido. Solo in questo modo
si ottiene un rendimento soddisfacente.
« Si introduce il sale ramico in una navicella di rame, a piccole por-
zioni, e si riscalda in un tubo di vetro sufficientemente largo, in una cor-
rente di anidride carbonica secca, elevando a poco a poco la temperatura.
La dimetilpirocolla sublima in aghi gialli nella parte fredda del tubo, e
contemporaneamente si svolge una quantità notevole di acido prussico. Finita
l'operazione, si taglia il tubo ove si è condensata la pirocolla, la si toglie mec-
canicamente e la si cristallizza dall'acido acetico bollente. Da 14 gr. di sale di
rame si possono ottenere così 5 gr. di dimetilpirocolla cristallizzata in aghi
lunghi, intensamente colorati in giallo. La sostanza cristallizzata ripetute
volte dall'acido acetico bollente e finalmente da una mescolanza di alcool e
cloroformio, ha dato all'analisi il seguente risultato:
gr. 0,2482 di sostanza dettero gr. 0,6340 di C02 e gr. 0,1364 gr. di H2 0.
« In 100 parti:
trovato calcolato per C7 H7 NO
C 69,66 69,42
H 6,11 5,78
« La dimetilpirocolla fonde costantemente a 272°-272°,5 e conserva con
insistenza un colore giallo chiaro, che però non ha influenza sui risultati della
analisi; è insolubile nell'acqua, quasi insolubile nell'alcool freddo e poco a
caldo, pochissimo solubile nell'etere di petrolio, poco nell'etere ordinario, ab-
bastanza solubile nell'acido acetico bollente, molto solubile anche a freddo
nel cloroformio. Abbandonando una soluzione cloroformica della sostanza, alla
evaporazione spontanea, si ottengono dei cristalli bene sviluppati, che furono
studiati cristallograficamente dal dott. G. B. Negri, il quale mi comunica
gentilmente quanto segue:
« Sistema cristallino: trimetrico.
« Costanti cristallografiche : a : b : e = 0,78834 : 1 : 0,94602.
«Forme osservate: (110) , (010) , K(lll) , K(lll) , (Oli ) , (001).
— 180 —
« Combinazioni osservate: (110) (010) K(lll) K(lll) (Oli) fig. 1; (110)
(OlO)K(lll)K(lll)(011)(001) fig. 2; (110) (010) K(lll) (001); (110)
(010)K(111)K(111);(110)K(111)(001) fig. 3.
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Fig. 1.
1°°>
A
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1
ito
ito
j
\th
Fiff.
Fi-. 3.
« I cristalli esaminati sono piccoli, di colore giallo o giallo aranciato e
presentano tre aspetti distinti : nella maggior parte dei casi si mostrano pri-
smatici, allungati secondo l'asse 2 con la (001) pochissimo estesa, spesso
mancante; raramente si osservano cristalli tabulari por la predominanza di
(001) fig. 2, i quali sono alquanto allungati nel senso dell'asse x e si ve-
dono talvolta in accrescimenti paralleli di due o più individui secondo la
(001). In questi cristalli tabulari la (001) è spesso a tramoggia. Dopo ri-
petute cristallizzazioni della sostanza dallo stesso solvente ho ottenuto dei
cristalli rimarchevoli per il loro abito spiccatamente emiedrico come risulta
dalla fig. 3. In questi cristalli emiedrici è degno di nota la costante man-
canza di (Oli), che è stato sempre osservato nei cristalli dei primi due tipi,
inoltre il tetraedro K(lll) di sovente manca, e quando è presente, mostra
soltanto una o due facce piccolissime. Le facce di tutte forme, quasi sempre
striate ed ineguali, offrono in generale immagini multiple e diffuse, perciò
ho dovuto misurare parecchi cristalli per ottenere misure abbastanza buone.
Gli angoli misurati e calcolati sono i seguenti:
misurati
angoli
calcolati
medi''
limiti
D
110:010
—
51°45'
51°38'-51°54'
15
010:111
—
58 48
58 34 - 58 59
13
110:111
33° 12'
33 15
32 50 - 33 43
12
010:011
46 35
46 49
46 43 - 46 57
7
011:111
41 5 '
40 59
40 56-41 2
2
011:110
64 49
64 35
64 25 - 64 50
5
— 181 —
« Sfaldatura perfettissima secondo (001).
« Proprietà ottiche.
« Forinola ottica: hca.
« Piano degli assi ottici parallelo a (100).
« Bisettrice acuta negativa e normale a (001).
« Dispersione q < v energica.
« Tre lamine di sfaldatura diedero in media :
. rosso giallo azzurro
2Ea 44°56' 46°20' 54°25'
2Ha 30 22 31 5 35 55
« Sopra un prisma naturale parallelo a z ho determinato l'indice di ri-
frazione minimo a :
angolo rifrangente : 110:110 — 75°50' ;
deviazioni minime : 52°58r (rosso) ; 53°29' (giallo) ; 54°8' (verde) ;
dai quali dati si calcola:
a = 1,4676 (rosso) , = 1,4707 (giallo) , = 1,4746 (verde).
« Dicroismo forte sulle facce di (110) , (010) ; appena apprezzabile sulle
lamine (001) di sfaldatura; sopra queste ultime le vibrazioni parallele &X
e y danno quasi la stessa colorazione gialla o giallo-aranciata a seconda del
minore o maggiore spessore di dette lamine, mentre sulle facce di (010) e (110)
le vibrazioni parallele a s forniscono una colorazione giallo-pallida, che è
quasi insensibile quando i cristalli sono di un tenue spessore.
« La dimetilpirocolla possiede come la pirocolla (e come probabilmente
tutti i derivati di questo tipo) la formula doppia. Io ho tentato di deter-
minarne la densità di vapore col metodo di V. Meyer, in un bagno di lega
metallica, ma non ho ottenuto nessun risultato, perchè la sostanza si decom-
pone. Si può però asserire che la formula C7 H7 NO deve venire raddoppiata,
perchè saponificando la dimetilpirocolla con potassa alcoolica (la sostanza si
mostra assai resistente verso la potassa acquosa), non si ottiene un acido di-
metilpirrolmonocarbonico, come sarebbe da attendersi, ma bensì un altro acido,
il quale contiene almeno quattordici atomi di carbonico nella molecola. Lo
studio di questo acido, che non ha riscontro nei derivati del pirrolo fino ad
ora studiati, sarà oggetto di una prossima comunicazione ».
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 24
— 182 —
Chimica. — Studi sui pirroli terziari. Nota IL di Giovanni
De Yarda 0), presentata dal Corrispondente G. Ciamician.
« Nella precedente comunicazione (2) ho dimostrato che l'n-metil-c-acetil-
pirrolo dà per ossidazione col camaleonte l'acido n-metilpirrilgliossilico e mi
rimaneva ancora a determinare la posizione dell' acetile, rispettivamente del
residuo gliossilico (CO. CO OH) in questi composti.
« A tale scopo già allora, seguendo il metodo di Ciamician e Silber, ho
tentato di bromurare l'acido n-metilpirrilgliossilico, per vedere se lo si po-
tesse poi trasformare in bibromometilmaleinimide per azione dell'acido nitrico.
Il composto bromurato, che ottenni anche impiegando un eccesso di bromo,
sembrava essere con grande probabilità l'acido n-metilbibromopirrilgliossilico,
ma per stabilire con sicurezza la sua costituzione erano necessarie ulteriori
esperienze, che mi sono riservato di fare con maggiori quantità di prodotto.
« A questo scopo dovetti preparare una certa quantità di n-metilpirrolo
partendo dal composto pirrolpotassico e trattandolo con joduro di metile. In
questa occasione ho modificato leggermente l'operazione in modo da ottenere
un rendimento assai maggiore di quello avuto finora.
« Nell'azione del joduro metilico sul composto pirrolpotassico, parte di
quest'ultimo rimane sempre inalterata, e trattando il prodotto con acqua si
ripristina il pirrolo, che è poi difficile a separarsi per mezzo della distilla-
zione frazionata. Per eliminare questa difficoltà io ho fatto bollire per molto
tempo a bagno ad olio, in im apparecchio a ricadere, il miscuglio di pirrolo
e metilpirrolo, direttamente ottenuto, con un eccesso di potassa solida, allo
scopo di fissarvi tutto il pirrolo libero. Distillando la parte che rimane inat-
taccata dalla potassa, quasi tutto il liquido passa fra 114° e 115°, e da
100 gr. di composto potassico si hanno così 45 gr. di n-metilpirrolo.
« L'acido n-metilpirrilgliossilico venne trasformato nel composto bromu-
rato, seguendo il metodo già descritto nella precedente Nota, ed il composto
così ottenuto, che fonde a 160°, è realmente, come s'era trovato allora:
un acido ii-metilbibromojnrrilglìossilico [C4 H Br2 (CO. CO OH) N CH3],
come lo dimostra la seguente analisi :
0,3182 gr. di sostanza dettero 0,3836 gr. di Ag Br.
« In 100 parti:
trovato calcolato per C7 H6 Bra N03
Br 51.30 51.37
« L'acido n-metilbibromopirrilgliossilico cristallizza dal benzolo in pris-
metti corti, colorati in giallo intenso ed ha le proprietà già descritte nella
Nota precedente.
(') Lavoro eseguito nell'Istituto chimico della R. Università di Padova.
(2) V. Rendiconti. Voi. IV, 1° Sem., pag. 755.
— 183 —
III. Trasformazione dell'acido n-metilbibromopirrilgliossilico
in metilimide bibromomaleica.
« L'acido nitrico fumante agisce abbastanza energicamente sull'acido
n-metilbibromopirrilgliossilico, però, come già accennai nella mia precedente
comunicazione, non è facile ottenere la metilimide bibromaleica, perchè, come
dovetti accorgermi, in qualunque modo si operi, si formano sempre, assieme
a questa dei prodotti oleosi, che non ho creduto studiare ulteriormente non
presentando essi nessun interesse per la questione che aveva a decidere.
« Il miglior metodo per dimostrare la formazione della metilimide bibro-
momaleica dall'acido in discorso, è il seguente: Si aggiunge 1 p. d'acido
n-metilbibromopirrilgliossilico, a poco per volta, a temperatura ordinaria, a
10 p. d'acido nitrico fumante; la reazione è viva ed accompagnata da sviluppo
di calore. Si tiene quindi la soluzione a b. m. per un quarto d'ora e vi si
aggiunge poi circa cinque volte il suo volume d'acqua. Dal liquido fattosi
biancastro, si separano dopo qualche ora lunghi aghi quasi bianchi e goccio-
line oleose leggermente colorate in giallo. Per separare queste due sostanze
si distilla in una corrente di vapore acqueo. L'olio distilla in principio e pei"
ultimo passa lentamente, trasportato dal vapor acqueo, il composto solido in
forma di fiocchetti bianchi. Questi vengono raccolti su d'un filtro e ricristal-
lizzati dall'acqua bollente.
« Si ottengono per raffreddamento aghi lunghi e senza colore, che fon-
dono a 121° in un liquido leggermente colorato in giallo e che hanno tutte
le proprietà della metilimide bibromomaleica.
« Con ciò resta definitivamente stabilito, che i due atomi di bromo occu-
pano nell'acido n-metilbibromopirrilgliossilico le due posizioni /?, e che la co-
stituzione dell' n-metil-c-acetilpirrolo e del suo prodotto d'ossidazione, l'acido
n-metilpirrilgliossilico, deve essere rappresentata dalle seguenti forinole:
CH „ , CH CH t .CH
C.CO.CH3 CHV ^C.CO.COOH
NCH3 NCH3
« Il fatto, che nell'acido n-metilpirrilgliossilico il bromo sostituisce di
preferenza soltanto due atomi di idrogeno e precisamente quelli in posizione /?,
è assai rimarchevole, perchè non osservato finora in altri casi nei derivati
del pirrolo. Mi parve perciò interessante di vedere se facendo agire il bromo
a temperatura più elevata, si potesse effettuare la bromurazione completa,
che di solito riesce tanto agevolmente nei derivati del pirrolo.
« Allo scopo di ottenere l'acido n-metiUribromopirrilgliossilico feci agire
— 184 —
un forte eccesso di b;omo sulla soluzione acetica d'una determinata quantità
d'acido n-metilpirrilgliossilico e riscaldai il tutto all'ebollizione fino a scom-
parsa dei vapori d'acido bromidrico e di bromo. Diluendo con acqua, si ottiene
un prodotto giallo cristallino, il quale cristallizzato più volte dal benzolo,
dette all'analisi risultati, che accennano ad un composto più bromurato del-
l'acido n-metilbibromopirrilgliossilico, ma meno di quello contenente tre atomi
di bromo; evidentemsnte qui trattasi d'un miscuglio dei due acidi. Si potrà
forse raggiungere lo scopo facendo la reazione in tubi chiusi » .
Chimica. — Sull'azione dell'anidride acetica sull'acido a-indol-
carbonico. Nota di Carlo Zatti ('), presentata dal Corrispondente
G. Ciamioian.
« Baeyer (L>) ottenne per la prima volta l'acetilindolo, riscaldando l'indolo
da lui scoperto, con anidride acetica alla temperatura di 180°-200°- Però
non essendo allora ancora nota la proprietà del pirrolo, scoperta più tardi
da Ciamician e Dennstedt, di dare con l'anidride acetica, composti chetonici,
questo derivato acetilico dell' indolo si considerava analogo ai derivati aceti-
liei delle basi secondarie. I recenti lavori del Fischer (:i) e quelli eseguiti
ultimamente in quest'Istituto dal Magnanini (4) facevano invece supporre che,
come l'acetilmetilchetolo scoperto da Jackson e l'acetilscatolo, preparato dal
Magnanini, anche l'acetilindolo di Baeyer, più che un vero derivato acetilico.
dovesse essere un coni posto chetonico.
« Questa natura probabilmente chetonica dell' acetilindolo non era ancora
accertata, ed io ho tentato perciò d'ottenere un' acetilindolo, riscaldando con
anidride acetica a temperatura elevata l'acido «-indolcarbonico, scoperto recen-
temente da Fischer (5). Il modo di comportarsi di questa sostanza con l'ani-
dride acetica dipende dalla temperatura. Mentre, com'è noto (fi), per l'ebolli-
zione con questo reattivo si forma un prodotto, che per riscaldamento ulte-
riore si scinde in acido acetico, e nell'imminanidride, riscaldando l'acido «-in-
dolcarbonico con anidride acetica a 220°, si elimina anidride carbonica, e si
ottiene un composto che ha la composizione di un acetilindolo. La sostanza
da me ottenuta si avvicina molto per le sue proprietà all' acetilindolo di
Baeyer, fusibile a 182°- 183°, ma non coincide esattamente con questo com-
posto nel suo punto di fusione.
(!) Lavoro eseguito nel R. Istituto chimico dell' Università di Padova.
(*) Beri. Ber. 12, 1314.
(3) L. Ann. 242, 378.
(■») Rend. Acc. Lincei 4, I 362.
(5) L. Ann. 236, 141.
(6) Rend. Acc. Lincei 4, I, 746.
— 185 —
« L'acido tt-indolcarbonico da me impiegato fu ottenuto dal rnetilchetolo
per fusione con potassa, seguendo il processo indicato ultimamente da Cia-
mician e Zatti (1).
« Facendo agire 10 parti di anidride acetica sopra una parte di acido
a-indolcarbonico in tubi chiusi alla temperatura di 220° per 7 ore, si elimina
anidride carbonica, ed il prodotto viene bollito ripetute volte con acqua fino
ad asportarne tutta la parte solubile. Il liquido neutralizzato completamente
con carbonato sodico, manda un forte odore d'indolo, e dà per raffreddamento
cristalli aghiformi assai piccoli, separati i quali, il liquido viene esaurito con
etere. Il residuo lasciato dall'etere, sciolto nell'acqua bollente, e trattato con
nero animale, dà per raffreddamento cristalli aghiformi, che uniti a quelli
separati dalla soluzione alcalina, dopo ripetute cristallizzazioni dall'acqua e
dal benzolo bollenti, sono bianchissimi e fondono a 185°-188° (a 187°-190°
temperatura corretta).
« Le analisi conducono alla formula:
«C8H6N.COCH3 *.
I. 0,1(368 gr. di sostanza, cristallizzata dal benzolo e seccata a 110°, diedero
0,4638 gr. di G02 e 0,0922 gr. di H2 0.
IL 0,1214 gr. di sostanza, depurata per sublimazione, diedero 0,3366 gr. di
C02 e 0,0636 gr. di H2 0.
trovato calcolato per Ciò H9 N 0
75.47
5.66
« V acetilindolo così ottenuto è una sostanza di reazione neutra, solu-
bile nell'acqua e nel benzolo bollenti, quasi insolubile a freddo. Da questi
solventi si separa in forma di aghetti senza colore. Sublima facilmente in
squamette, che hanno lo stesso punto di fusione della sostanza ottenuta per
cristallizzazione dal benzolo.
« Baeyer ottenne per azione dell'anidride acetica, sull' indolo a 180°-200°
due composti, dei quali uno fonde a 182°-183° e l'altro a 146°. La prima
di queste sostanze, che ha la composizione di un acetilindolo, è come la mia
poco solubile nel benzolo, cristallizza dall'acqua in aghi incolori ed è del pari
sublimabile senza decomposizione. La differenza principale si riscontra nel
punto di fusione, e ciò non mi permette per ora di decidere con certezza
sull'identità o diversità dei due composti.
« L' acetilindolo non si scioglie a freddo nella potassa , e nemmeno al-
l'ebollizione si decompone. Bollito con acido cloridrico concentrato dà mar-
catissima la reazione dell'indole
(>) Ibid. i, I, 746.
i
ii
c
75.77
75.61
H
6.10
5.82
— 186 —
« Mescolando soluzioni benzoliche sature di acetilindolo ed acido picrico,
si separa il picrato giallo ranciato, che è facilmente solubile nel benzolo bol-
lente, quasi insolubile a freddo. Cristallizzato ripetute volte dal benzolo dà
dei cristalli aghiformi che rammolliscono a 163°, e fondono completamente
a 183°.
« L'ammoniaca a freddo lo decompone.
u Che l' acetilindolo da me ottenuto sia un composto chetonico lo dimostra
il suo modo di comportarsi con l'idrossilammina, ottenendosi così l'ossima del-
l'acetilindolo.
Ossima dell acetilindolo.
[ C8 H6 N . C (NOH) . CH3]
« Questo prodotto si ottiene facendo bollire per 6 ore, in un apparecchio
a ricadere, 3 parti di acetilindolo, 3 di cloridrato di idrossilammina, (3 di car-
bonato sodico secco e 70 parti di alcool. Il liquido, dopo raffreddamento, viene
filtrato e distillata la maggior parte dell'alcool. Aggiungendo acqua al residuo,
il liquido diviene lattiginoso, e si separa una sostanza bianca, cristallina, che
dopo ripetute cristallizzazioni dall'acqua bollente, dà cristallini aghiformi bian-
chissimi, che fondono a 144°-147°.
* La determinazione della quantità di azoto, contenuta in questa sostanza,
ha dato il seguente risultato:
0,1234 gr. di sostanza diedero alla temperatura di 22°,5 ed alla pressione
di 757 mm. 17,9 e. e. di azoto.
« In 100 parti:
trovato calcolato per Ciò H10 N2 0.
N 16.28 16.09
« L'acetilindolo dà pure un idrazone in forma d'una sostanza resinosa
giallognola, quando viene riscaldato in soluzione acquosa con 2 parti di cloro-
idrato di fenilidrazina e 5 di acetato sodico cristallizzato.
« Da quanto ho esposto risulta dunque, che per azione dell'anidride ace-
tica sull'acido a-indolcarbonico, si ottiene, con eliminazione di anidride car-
bonica, un'acetilindolo, che contiene l'acetile legato ad imo degli atomi di
carbonio. Ulteriori ricerche decideranno quale sia la posizione dell' acetile nel
composto ora descritto » .
— 187 —
Fisiologia. — La sostanza colorante rossa dell' Eustrongy-
lus gigas. Nota L del doti Vittorio Aducco, presentata dal Socio
A. Mosso.
« Il 2 aprile 1888 trovai una femmina di Emtrongylus gigas, della lun-
ghezza di m. 0,765, nella capsula del rene destro di un grosso cane. Il verme
occupava lo spazio in cui prima vi era il parenchima renale. Questo era quasi
completamente scomparso: e, come dimostrò l'esame microscopico, ne esisteva
appena uno straterello di meno di 1 mm. di spessore e largo un poco più
di 1 cmq. ad uno dei poli della capsula.
« Il cane era affatto normale e nel poco tempo che stette in laboratorio
non presentò disturbo di sorta. La secrezione della orina si compiva in modo
regolare ed abbondante, quantunque uno dei reni mancasse e l'altro non si fosse,
a giudicarne dal peso, ipertrofizzato.
« Dentro la capsula, oltre il verme, non si trovò né pus né sangue. Le
sue pareti erano lubrificate da una quantità minima di liquido e presentavano
qua e là delle chiazze come se in quel punto fossero state raschiate legger-
mente. Probabilmente in quei punti si era applicata la bocca del verme per
succhiarne il sangue. Infatti nel tubo digerente del nematode vi erano dei glo-
buli rossi discoidei e senza nucleo. Avendo lavata la capsula con poco cloruro
di sodio al 0.75 % ed esaminata questa lavatura al microscopio vi trovai nu-
merose uova di Eustrongylus. Trovai pure delle uova nel tubo digerente del-
l'elminto e nelle orine del cane. Il che dimostra che il verme aveva ingoiato
le uova emesse e quel po' di liquido che umettava le pareti della capsula
renale e che l'uretere del cane era pervio. Il contenuto del tubo digerente era
acido. Il verme aveva un bel colore rosso vivacissimo, con delle macchiette
nere. Quantunque non gli abbia visto fare alcun movimento, tuttavia ri-
tengo che fosse ancora vivo, giacché, come dissi, nel tubo digerente vi erano
ancora molti corpuscoli rossi del cane benissimo conservati. Si riconobbe poi
che le macchiette, e le venature nere erano dovute al fatto che in alcuni
punti disseminati irregolarmente il sacco musculo-cutaneo del verme era più
sottile e quindi più diafano e perciò quivi traspariva il tubo digerente di co-
lore bruno cupo come ardesia.
« Se si afferrava il verme per l'un dei capi, e lo si sollevava vertical-
mente, avveniva quel che si ha in un tubo a pareti cedevoli (come ad es.
in un pezzo d'intestino) e pieno di liquido. Si rigonfiava la parte inferiore,
mentre la superiore si afflosciava. Dunque il verme era ripieno di un liquido
situato in una cavità unica o in parecchie cavità comunicanti fra loro.
« La parte superiore del verme messo in tale posizione conservava inal-
terato il proprio colore rosso ; anzi lo conservò ancora dopoché da una piccola
— 188 —
•
incisione praticata nel sacco muscolo-cutaneo si fece defluire tutto il liquido
contenuto e si lavò parecchie volte la cavità con soluzione indifferente.
« Il liquido così ottenuto, in quantità di circa 25 ce, aveva un colore
rosso rubino; esso stava raccolto nella cavità periviscerale del verme.
« Questo verme presentava adunque un'emolinfa di colore rosso ed inoltre
aveva colorate in rosso più vivo le pareti del sacco muscolo-cutaneo.
« Per consiglio del prof. Mosso iniziai delle ricerche per riconoscere la
natura della sostanza colorante da cui derivava il colore rosso tanto dell'emo-
linfa quanto delle pareti del corpo del verme.
Esame dell'emolinfa dell'Elisi re- ngylus gigas.
« È un liquido di colore rosso rubino cupo. Ha una reazione leggermente
alcalina, un odore sui generis, un aspetto torbidiccio. Esaminato al microscopio
si vede una quantità innumerevole di corpuscoli discoidei, incolori, omogenei,
che si colorano con vari reagenti e specialmente col picrocarminato di ammo-
niaca. Dopo filtrazione ne risulta un liquido di una trasparenza perfetta.
Peso specifico.
« Determinai la densità di questo liquido e la paragonai con quella del
siero di sangue del cane nel quale venne trovato il verme. Siccome il liquido
era assai scarso mi servii del picnometro (').
« La densità dell'emolinfa dell' Eustrongilo risultò eguale ad 1,0037 mentre
quella del siero di sangue si trovò eguale a 1,0271 (2). Per questo riguardo
adunque non vi è nessun rapporto di somiglianza tra i due liquidi.
Coagulazione.
« Il liquido dell' Eustrongilo non coagula spontaneamente. Quando viene
trattato con alcool fornisce un precipitato assai scarso. Lo stesso avviene trat-
tandolo con gli acidi e con gli alcali. È notevole il suo modo di comportarsi
rispetto al calore, specialmente in paragone col siero di sangue e con le solu-
zioni di emoglobina pura. Per fare questa esperienza mettevo quantità eguali
di liquido di Eustrongilo, di siero di cane e di soluzione di emoglobina, pre-
parata col metodo di Zinoffsky (3), fresca, in tubettini del diametro di 4 min.
circa ed a pareti sottilissime. Attaccavo i tre tubetti intorno al bulbo di un
termometro in modo che il fondo dei tubetti corrispondesse al fondo della
0) Gscheidlen, Physiologischc Methoclik, 1876 p. 62.
(2) La densità del siero di cane sarebbe eguale, secondo Hoppe-Seyler, a 1025, cioè un
poco meno del numero trovato nel caso presente.
(3) Zinoffsky, Ueber die Grosse des Haemoglobinmolekùls. Zeitschrift fiir physiol. Che-
mie X, p. 16-34.
— 189 —
bolla di mercurio. Quindi immergevo il tutto in un bagno ad olio, come quelli
che si adoperano per determinare il punto di fusione di una sostanza, e
riscaldavo lentamente. Ho ripetuto in questo modo parecchie volte la prova
e costantemente trovai che una soluzione di ossiemoglobina altrettanto colo-
rata quanto il liquido del verme incomincia a coagulare verso i 60° C, il
siero di sangue verso 67°-68°; il liquido dell' Eustrongilo verso 80° (]).
« Come alcuni dei liquidi citati in nota anche l'emolinfa dell' Eustron-
gylus gigas presenta due punti di coagulazione. Se si mettono alcuni ce. di
emolinfa in un tubetto di saggio e si riscalda nel modo sopradetto fino ad 85"
per alcuni minuti, si può allora ritenere che tutto ciò che era coagulabile
ad 80° sia coagulato. Se a tal punto si filtra per bene e si porta il filtrato
nuovamente nel bagno ad olio e si scalda, si trova che il liquido va fino alla
ebollizione senza opacarsi. La temperatura sale ancora fino a 103° senza che
avvenga alcuna modificazione nel liquido. Se qui cessa il riscalamento inco-
mincia poi a manifestarsi un intorbidamento nel liquido quando, pel succes-
sivo raffreddarsi, la temperatura ri discende a 100°-99°. Il liquido si imbianca
rapidamente come latte e diventa affatto opaco.
« Con un riposo prolungato poi si depone uno scarso sedimento rimanendo
al disopra un liquido limpido colorato in giallo-rosso il quale, anche portan-
dolo alla temperatura di 110°, non coagula più.
« L'emolinfa dell' Eustrongylus adunque si comporta in modo completa-
mente diverso da quello che avviene in altri liquidi analoghi di animali appar-
tenenti alla classe dei vermi.
« Dalle ricerche fatte sopra il modo che essa tiene nel coagulare per
effetto del calore, bisogna concludere che contiene due sostanze di cui una
coagula alla temperatura di 80° circa, l'altra alla temperatura di circa 100°.
Ma vi ha di più. La seconda sostanza coagulabile dell'emolinfa dell' Eustrongilo
(}) A proposito del punto di coagulazione dell'emolinfa dei vermi ricorderò alcuni dati
che si trovano nei lavori di Krukenberg (*). Questi trovò che l'emolinfa dello Spirographis
Spallanzanii coagula tra 64° e 66°. L'emolinfa del Lumbricus complanatus coagula verso
i 64°. Il liquido perienterico alcalino del Sipunculus nudus coagula in parte a 65°, in parte
fra 75° e 79°. Il liquido verdognolo alcalino, che si ottiene dalla Bonellia viridis, non
coagula neppure a 100°. Invece il liquido chiaro come acqua, che si può ricavare àalVAphro-
dite aculeata, coagula pure in due riprese e cioè una prima volta verso 60° ed una seconda
verso 77°. Sorby (**) esaminò l'emolinfa dal genere Planorbis e vide che coagulava già a 45°.
L. Fredericq (***) ha trovato in un polpo, YOctopus, che la sostanza colorante del sangue,
l'emocianina, in soluzione diventa opalescente a 65° ed è coagulata a 74° C.
(') C. Fr. W. Krukenberg, Zar vergleiehenden Physiologie der Lijmphe, der Hydro- toid Hàmolymphe.
Vergleiehend-physiologische Studieu. II Reihe, Erste Abthlg. r- 87-138.
(") H.C. Sorby, Ori the evoluito* of 'haemofflobin.Ka.tan, voi. XIII, 17 febbr. 1876, p. 306 (citato da Krukenberg).
(*") L. Fredericq, Sur V orgamsation et laphysìologie du poulpc. Bulletins de L'Abadémie royale de Belgique.
2a serie, t. XLVI, n. 11, 1878.
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 2° Sem. 25
— 190 —
coagula alla temperatura di 99°-100°, ma solo dopo che venne riscaldata ad
una temperatura superiore ai 100°. Non mi pare troppo arrischiato il pensare
che detta sostanza in realtà non sia coagulabile a 99°-100° ma che per l'azione
di una temperatura superiore si modifichi in modo tale da diventarlo.
« Comunque sia la cosa sta il fatto che l'emolinfa dell' Eustrongylm
gigas per ciò che riguarda la temperatura di coagulazione non rassomiglia
uè al siero di sangue, né alle soluzioni di ossiemoglobina pura di cane (!).
« Si vede quindi che è un liquido speciale, proprio del verme e non già,
come si sarebbe potuto sospettare, identico al siero di sangue del cane in cui
il nematode viveva.
Azione dell' ebullù ione.
« L'emolinfa dell'Eustrongilo portata alla ebullizione da un coagulo fioccoso. Lasciando
o facendo depositare con la macchina centrifuga questo precipitato, si ottiene un liquido
che ha lo stesso colore dell'emolinfa ma meno intenso come se si trattasse di emolinfa
diluita. Questo liquido esaminato allo spettroscopio presenta le strie medesime che si ve-
devano prima dell'azione del calore.
« Pare quindi che la sostanza colorante dell'emolinfa anche sottoposta
ad una temperatura di 100° non si trasformi, come avverrebbe per l' ossiemo-
globina, la quale, come si sa, si sdoppia in ematina ed albumina quando
viene riscaldata sola o in presenza di un acido o di un alcali.
Reazione del guaiaco odi Almèn-Schónbeini}).
u Poche goccie di emolinfa di Eustrongilo, aggiunte ad una miscela di
trementina vecchia e di tintura recente di resina di guaiaco danno una colo-
razione prima verde, poi verde azzurra, ed infine azzurra.
Ricerca del ferro.
« Una goccia di emolinfa calcinata su lamina di platino, quindi trattata
con acido cloridrico puro e caldo, fornisce aggiungendo una traccia di ferro-
cianuro potassico un precipitato azzurro intenso identico a quello che si ricava
trattando nello stesso modo una goccia di soluzione di ossiemoglobina pura.
(*) Secondo Hoppe-Seyler (Handbuch der physiol. u. path.-chem.-Analyse. IV ed. 1875
p. 232) la seralhumina coagula a 72°-73°, e così pure l'albumina di uovo.
Secondo L. Fredericq il fibrinogene del plasma sanguigno coagula a 55°-57° (De Vexis-
tence dans le plasma sanguin d'une subitanee albuminoìde se coagulant à -f-56°. Annales
de la Société de médecine de Gand, 1887. Eecherches sur la constitution du plasma san-
guin. Gand, 1878, p. 25).
Secondo Hammarsten, (Ueber das Paraglolulin. Pfluger's Arch. 1878, voi. XVIII,
p. 67) la paraglobulina del sangue coagula a 75° e coagula pure a 75° la vitellina (Weyl,
Beitràge zur Kenntniss thierischer und pflanzlicher Ehveisskòrper. Zeitschrift f physiol.
Chemie. Voi. I, p. 72).
(2) S. Laache, Analisi dell'orina per i medici pratici. Tradotto da Mya, p. 113. —
G. Bizzozero, Microscopia clinica. Tradotto da Ch. Firket, 1883, p. 50.
— 191 —
Ricerca dell'azoto.
« Alcune goccie di emolinfa evaporate a secchezza vengono bruciate ar-
roventando in un tubetto di vetro con del sodio. Si scioglie nell'acqua, si filtra
e si aggiungono alcune goccie di una soluzione di solfato ferroso agitato al-
l'aria. Si forma un precipitato che con acido cloridrico si scioglie in un liquido
di colore azzurro dal quale precipitarono poi dei fiocchetti azzurri.
Esame e reazioni spettroscopiche.
« Per fare questo studio mi sono servito di un piccolo spettroscopio di
Browning, col quale mi facevo una prima idea della disposizione delle strie,
del microspettroscopio di Zeiss (*) con cui misuravo in micromillimetri quale
fosse la lunghezza di onda (2) che corrispondeva alle singole strie, ed infine,
nei casi dubbi ricorrevo allo spettroscopio di Laurent grande modello a due
prismi con graduazione arbitraria micrometrica. In quest' ultimo caso pro-
ducevo la stria del sodio o quella del potassio e disponevo la scala micro-
metrica in modo che una determinata divisione corrispondesse alla stria di
assorbimento, ad es., del Na, e tutte le osservazioni le facevo senza mai spo-
stare la scala. Naturalmente non mutai mai l'ampiezza della fenditura, né
l'intensità della sorgente luminosa.
« Noterò anzi tutto che l'intensità del colore dell'emolinfa dell' Eustron-
gylus gigas corrispondeva all' incirca a quella di una soluzione di emoglobina
all'uno p. %• Tanto è vero che le strie di assorbimento dello spettro erano
a un dipresso egualmente estese ed egualmente marcato per gli strati di eguale
spessore sia di emolinfa, sia di soluzione di ossiemoglobina 1 %• Col cromo-
metro di Bizzozero (2) bisognava prendere spessori poco diversi di soluzione
emoglobinica 1 °/0 e di emolinfa per avere un'intensità di colore eguale a
quella del vetro colorato campione.
« L'esame spettroscopico a fresco fatto con lo spettroscopio di Laurent
diede i seguenti risultati, essendo la stria del sodio tra 59 e 61 della scala
micrometrica. Uno strato di emolinfa spesso cm. 0,9 assorbe tutto lo spettro
dalla divisione 60 fino al violetto. Il rosso è libero salvo alla estremità peri-
ferica dove tra 0 e 10 vi è un tratto assorbito. Uno strato di cm. 0,5 presenta
due strie di assorbimento, delle quali la prima subito a destra della linea D
di Fraunhofer tra le divisioni 60 e 75, e la seconda presse la linea E tra
le divisioni 85 e 115. A cominciare dalla divisione 150 lo spettro è assorbito
(bleu, indaco, violetto). L'estremità sinistra del rosso è opacata. Con uno strato
(') E. Gscheidlen, Physiologische Methpdik. Braunschweig. 1887. HI Lieferung,
p.370 etc.
(2) G. Bizzozero, Manuale di microscopia clinica. Tradotto da Oli. Firket, 1883,
p. 26-36.
— 192 —
di cm. 0,2 si ha un bello spettro con due strie, l'ima tra 60 e 75. l'altra
fra 90 e 110.
« Una soluzione di ossiemoglobina, che ha un colore simile per intensità
all'emolinfa, presentò in uno strato di anche cm. 0,2 due strie che occupa-
vano la stessa porzione di spettro. Aumentando lo spessore di questa solu-
zione di ossiemoglobina ottenni nel modo di comportarsi allo spettroscopio delle
variazioni analoghe a quelle ottenute per l'emolinfa.
*■ Avendo esaminato contemporaneamente sia con lo spettroscopio Laurent,
sia col microspettroscopio di Zeiss l'emolinfa ed una soluzione egualmente
colorata di ossiemoglobina, mi convinsi che i due spettri ottenuti non presen-
tavano alcuna differenza rilevabile. Si può adunque affermare che l'emolinfa
fresca ed intatta dell' Eustrongylus gigas ha uno spettro di assorbimento ana-
logo se non identico a quello dell' ossiemoglobina.
« Stabilito questo primo fatto mi posi a studiare l'azione di vari rea-
genti (sostanze alcaline, sostanze acide, sostanze riducenti e sostanze ossidanti)
quella del vuoto e quella del calore e quella della putrefazione.
« Per non ripeterlo ad ogni esperienza dirò subito che ho sempre fatto
le prove di controllo con soluzioni di ossiemoglobina che avessero la stessa
intensità di colore dell'emolinfa e che fossero in quantità eguale ed avessero
un eguale spessore. La stria del sodio si trovava sempre fra 59 e 61 della scala
micrometrica.
Azioae della potassa caustica.
u Preparo due soluzioni egualmente colorate ma poco intensamente, una di liquido
di Eustrongylus, l'altra di ossiemoglobina. Entrambe allo spettroscopio presentano due strie.
La prima fra 60 e 75, la seconda fra 90 e 110.
« Aggiungo allora in eguali quantità di ciascuna soluzione una quantità eguale di
potassa caustica diluita. L'emolinfa teW Eustronyylus diventa immediatamente gialla, la
soluzione di ossiemoglobina leggermente rosea. Scompare in entrami uni strìa.
« Quindici ore dopo la soluzione di ossiemoglobina è diventata gialla e non dà alcuna
stria. L'emolinfa invece si è divisa in due strati uno superiore giallo e che non dà strie,
l'altro inferiore costituito da un precipitato tenue, fioccoso di color rosso e che presenta
due strie
la 75-90
2a 105-115.
di cui la prima è molto scura, la seconda appena visibile. È lo spettro dell'emocromo-
geno. La modificazione osservata nell'emolinfa comparve nella soluzione di ossiemoglobina
solamente dopo cinque giorni; allora nello strato inferiore rosso veniva assorbito lo spettro
1° fra 78-90 intensamente
2° fra 105-115 in modo appena percettibile.
« Adunque i due liquidi per rispetto alla potassa caustica si comportano
in modo diverso. L'emolinfa in poche ore fornisce dell' emocromogeno ; l'ossie-
moglobina di sangue di cane solo dopo parecchi giorni.
— 193 —
Adone dell'acido tartarico.
u Due soluzioni come le precedenti vengono trattate con eguali quantità di acido tar-
tarico. La soluzione di ossiemoglobina diventa immediatamente gialla e presenta la stria
della ematina acida nel rosso, cioè tra 18 e 30. L'emolinfa non muta di colore e conserva
le sue due strie (60-70; 90-110). 48 ore dopo lo spettro della soluzione di ossiemoglobina
è immutato, quello dell'emolinfa lascia vedere un'ombra quasi impercettibile fra 25 e 35.
Sono assai marcate due strie
la fra 60 e 75
2a fra 90 e 115;
dopo 125 tutto è assorbito.
u 5 giorni dopo lo spettro della soluzione di ossiemoglobina presenta una stria fra
15 e 30 ed assorbimento completo al di là di 60. Quello dell'emolinfa ba una stria di assor-
bimento assai scura fra 25 e 40, una seconda stria fra 60 e 70 ; dopo 85 tutto è assorbito.
u 9 giorni dopo nella soluzione di ossiemoglobina non si ha alcun cambiamento.
L'emolinfa invece ha uno spettro alquanto diverso. La stria fra 25 e 40 è diventata più
oscura, quella fra 60 e 70 è quasi impercettibile (1).
« Adunque si vede che quella quantità di acido tartarico, la quale, agendo
sopra una soluzione acquosa di ossiemoglobina, la decompose immediatamente
dando luogo a dell'ematina acida, agendo invece sopra una soluzione egual-
mente colorata di emolinfa di Eustrongylus produsse, solamente dopo più di
48 ore, una leggera riduzione generando della metemoglobina.
Azione del ferricianuro di potassio (2).
u Aggiungo a quantità eguali di emolinfa diluita e di soluzione di ossiemoglobina,
che allo spettroscopio presentano le due strie « e /?
« = 60-75
£=90-110
una stessa e piccolissima quantità di soluzione di prussiato rosso preparato di fresco.
Questa aggiunta dà luogo nella soluzione di ossiemoglobina anzitutto alla scomparsa
di ogni stria e ad un ingiallimento del liquido; quindi, subito dopo, comparisce una nuova
stria non molto marcata ma evidente fra 30 e 40. Invece la soluzione di emolinfa non pre-
senta alcuna stria nel rosso; solo diventarono più pallide le strie a e fi, che poi svanirono
affatto.
Adoperando una soluzione più concentrata di emolinfa e di ossiemoglobina, e trattando
col ferricianuro si osservò lo stesso fenomeno con la differenza che la soluzione di ossie-
moglobina, in questo secondo caso, presentava molto più marcata la stria della metemoglobina.
« 15 ore dopo le due soluzioni, quella di ossiemoglobina e quella di emolinfa, hanno
(*) Questo fatto va d'accordo con quanto trovai studiando la proprietà della metemo-
globina. In un lavoro, che pubblicherò fra poco sopra tale argomento, dimostrerò elio la
stria u diventa sempre più pallida quanto più di metemoglobina si forma e quanto meno di
ossiemoglobina rimane inalterata.
(2) V. Mering, Weber die Wirkung des Ferricyankalium ciuf Bìut. Zeitschrift tur
physiol. Chemie. Voi. Vili, 1883-84, p. 186. È stato Jaederholm il primo a trovare elio
aggiungendo del ferricianuro potassico ad una soluzione di emoglobina si produce una
colorazione bruna e si forma della metemoglobina.
— 194 —
presso a poco lo stesso colore giallo ; ma la prima contiene meteraoglobina, la seconda non
ne contiene.
« Tre giorni dopo osservai che i due liquidi trattati con ferricianuro e rimasti in
tubettini chiusi alla temperatura ambiente (di 14°-15°) avevano presa una tinta diversa:
rossa la soluzione di ossiemoglobina, rosea la soluzione di emolinfa. All'esame spettrosco-
pico vidi in entrambi i liquidi una sola stria, corrispondente a quella dell'emoglobina ri-
dotta (1). Dibattendo fortemente ricomparvero le due strie.
« Il ferricianuro di potassio trasforma rapidamente l'ossiemoglobina in
metemoglobina e riduce lentissimamente la sostanza colorante dell'emolinfa,
stìfaza però dar luogo a della metemoglobina.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Giunsero in dono le seguenti pubblicazioni di Soci:
G. Kòrner. Ricerche sulla composizione e costituzione della Sirin-
gina, un glicoside della Syringa vulgaris.
G. Lorenzoxi. Correzione di scala ed elevazione sul mare del baro-
metro dell' Osservatorio astronomico di Padova, e risultati medi con esso
ottenuti nel ventennio 1868-1887.
K. A. Zittel. Handbuch der Palaeontologie. I. Abth. Bd. III. 2 Pa-
laeozoologie; II. Abth. Lief. 6 Palaeophytologie {Dicotylaé).
PERSONALE ACCADEMICO
Pervennero all'Accademia lettere di ringraziamento per la recente loro
nomina, dal Socio nazionale Conti; dai Corrispondenti Chiappelli e Gandino;
e dal Socio straniero Agassiz.
Venne partecipata all'Accademia la dolorosa notizia della morte del
dott. Rodolfo Clausius, mancato ai vivi il 24 agosto 1888; egli era Corri-
spondente straniero dal 17 aprile 1880, e Socio straniero dal 26 luglio 1883.
CORRISPONDENZA
Ringraziarono per le pubblicazioni ricevute:
La R. Accademia delle Scienze fisiche e matematiche di Napoli; la
Società di Storia naturale di S. Ottawa; l'Università di Glasgow; l'Univer-
sità di Upsala ; l' Istituto Egiziano.
D. C.
P. B.
(J) L. Hermann, Notiz betr. das reducirte Hàmoglobin, Pfliiger's Archiv. 1888, voi.
XVLTI, p. 235.
— 195 —
KENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
pervenute all'Accademia sino al 7 ottobre 1888.
Matematica. — Sopra la Entropia di un sistema Newtoniano
in moto stabile. Nota II (!) del Socio Enrico Betti.
« In seguito alla Nota pubblicata nei Rendiconti dell'Accademia, voi. VI,
f. 5, reputo conveniente di aggiungere la dimostrazione dell'applicabilità del
teorema di Clausius ai sistemi Newtoniani in moto stabile, dalla quale dipende
la determinazione della loro Entropia.
« Le funzioni :
<P-22 M r„,
tp = ±2mirii = $ + 0,
dove t'i denota il raggio vettore di mi e & la energia cinetica del baricentro.
in cui si riguardano concentrate tutte le masse, hanno gli stessi massimi e
minimi, e sodisfano alla stessa equazione differenziale di 2° ordine. Potremo
dunque, in vista delle ulteriori applicazioni, considerare la funzione f/ invece
della <1>.
« Un sistema di valori delle coordinate di tutti i punti del sistema de-
termina la loro posizione ; diremo che determina la posizione del sistema, e
denoteremo questa con una lettera.
(l) V. pag. 113.
Rendiconti. 1888, Voi, IV, 2° Sem. 26
— 196 —
<i Se le coordinate dei medesimi punti in due posizioni a e b diff eri-
scono tutte di quantità infinitesime, diremo che le posizioni a e b sono infi-
nitamente vicine.
u Denoteremo con óab/'\^ variazione che riceve una funzione qualunque /
delle coordinate, nel passare da una posizione a del sistema a una b infini-
tamente vicina; cioè porremo:
ó\,h f = 2 ( -f- 3* Xi + — £ (Kb !h + ^- 3ab Si ) ■
\ >'■'', Oifi 0&\ I
« Se a, b, e sono tre posizioni del sistema infinitamente vicine, per ogni
coordinata sarà :
dac = dab -\- óbc ,
e quindi
(1) dacf=dahf-\-ìJbcf.
« Chiameremo trajettoria di un sistema in moto, e denoteremo con una
lettera, la serie linearmente infinita di posizioni che il sistema prende col
variare del tempo.
« La variazione che una coordinata, per esempio #,•, riceve nel passare
dalla posizione b che ha sopra una traiettoria Del tempo /. alla posizione e
che ha sulla stessa traiettoria nel tempo / -j- Al. sarà :
(2) 3bl •./-, ■- ~x\3t .
« Consideriamo ora una traiettoria A di un sistema in moto stabile.
Sia o la posizione del sistema all'origine del tempo, a sia una posiziono
sopra A, nella quale la funzione </ lui un valore massimo o minimo e ta il
tempo in cui il sistema ha la posizione a : avremo
« Sia B un' altra traiettoria dello stesso sistema e o la posizione che
ha sulla medesima il sistema all'origine del tempo. Chiamiamo corrispon-
denti due posizioni, una in A l'altra in B, che prende il sistema per lo stesso
valore del tempo , e supponiamo che le posizioni* corrispondenti siano infi-
nitamente vicine e il moto sia stabile in ambedue le trajettorie. Le posi-
zioni di massimo e di minimo della funzione tp non saranno corrispondenti.
ma infinitamente vicine e se a è una posizione di massimo o minimo di (j
sopra A, e e la posizione di massimo o minimo di </ sopra B, infinitamente
vicina ad a, avremo
<Pc = 9>a ~\-(hc<f
e quindi, a cagione della (3),
dòae(f
— 197 —
Se b è la posizione corrispondente ad a, ponendo mente alla equazione (1),
otterremo :
,±\ ddab(p ^ d(ìbc(f>
dt ~ dt
« Supponiamo che le variazioni delle velocità siano infinitesime di 2° or-
dine, mentre le variazioni delle coordinate sono di 1° ordine, cioè che le
variazioni infinitesime delle coordinate avvengano in tempi finiti, sarà :
(5) ~- = 2r,ii {x'i óxì -f- y'i Syt -f- x\ Sst).
Sostituendo nel 2° membro della equazione (4) e rammentando le equazioni (2),
otterremo :
(6) ^f=-T,A.
essendo T„ la energia cinetica del sistema nella posizione a, e ta il tempo
in cui si trova in a, ta -f- óta il tempo in cui si trova in e.
« Ora sia a un' altra posizione di massimo o minimo di y sopra A, b'
la posizione corrispondente, e la posizione di massimo o minimo di tp infi-
nitamente vicina ad a sopra B, e ta> il tempo della posizione d. Avremo
analogamente :
(«)' (^=-T„.dY,„.
Affinchè il sistema dal descrivere il tratto ad della trajettoria A passi a
descrivere il tratto bb' della trajettoria B, è necessario che sia verificata la
diseguaglianza
Va'
( jp _|_ s T)dt — 2mì {x'ì dan/ Xt + iji óa,v ,/i -j- g\ da,b Si ) -f
>ta
-\- 2Mì (Xi #ab %i + i/i Ó'ob t/i + S'i ó\,b Si) > 0 ,
e se osserviamo l'equazioni (5), (6) e (6)', e denotiamo con t„ il tempo im-
piegato dal sistema a passare dalla posizione a ad «', avremo:
(JP _|_ JT) tn + 2 (Ta, Sta, — T„ Ò(„) > o ,
Ma
onde
T„ =T — sa
(FP + (fT+2Tcr log *M -f- -f Jfc + ■/ cty, > o
e al limite col crescere di tn,
rfP+(fT + 2T(Flog«>o
— 198 —
ed essendo
T — P = E
avremo :
f)E — 2TtflogT 0 <Co .
- Tutto questo vale tanto per i sistemi liberi, quanto per quelli con le-
gami qualunque, tanto per le forze che variano colla distanza secondo la legge
di Newton, quanto per quelle che variano con ima legge qualunque ».
Fisiologia. — Le leggi della Fatica studiate nei muscoli del-
l'nomo. Memoria del Socio A. Mosso.
Questo lavoro sarà pubblicato nei Volumi delle Memorie.
Chimica. — Sull'azione del joduro di melile sopra alcuni de-
rivati del pirrolo. Nota II (') di G. Ciamician e V. Anderlini.
- Tutto il prodotto di cui disponevamo, (descritto nella precedente comu-
nicazione), venni' ridotto con sodio ed alcool assoluto nelle proporzioni ili
1 parte di base per 2\ di sodio e 12 parti di alcool assoluto. La riduzione
si compì agevolmente, e già il mutamento di odore avvertì subito della tra-
sformazione avvenuta. Si distilla la massa, che pel raffreddamento si solidifica,
sciolta nell'acqua, in una corrente di vapor acquei», m satura il distillato con
acido cloridrico e si svapora a secco la soluzione del nuovo cloridrati Sven-
turatamente questo non dà con i reattivi ordinali, sali doppi, che si prestino
per purificare il nuovo alcaloide.
- I suoi sali sono tutti molto solubili e per lo più oleosi.
- La soluzione concentrata del cloridrato:
i Non dà col cloruro di piali, io nessun precipitato.
« Col clorura di oro si ottiene un precipitato oleoso, che si solidifica
molto lentamente. Sciolto nell'acqua bollente si separa allo stato oleoso e
dopo molto tempo si trasforma in aghi gialli che fondono verso 117°-119°.
« Col cloruro mercurìco dà dopo qualche tempo un composto cristal-
lizzato in aghi bianchi;
« Col joduro doppio di bismuto e ftotassio un precipitato resinoso
rosso ;
« Col joduro mercurico-potassico un precipitato oleoso giallo- chiaro,
che poi si solidifica;
(i) V. pag. 165.
— 199 —
« Col bicromato potassico, un precipitato formato di goccioline giallo-
ranciate che poi cristallizzano ;
« Góll'acido picrico, in soluzione alcoolica, si formano, concentrando,
delle goccie gialle, che poi si solidificano.
« In seguito a queste sue proprietà noi abbiamo preferito di studiare la
nuova base allo stato libero. Distillando la soluzione del cloridrato con la
potassa, si ottiene un'olio alcalino, non molto solubile nell'acqua, che non ha
più affatto l'odore della base primitiva, ma che è più pungente e ricorda quello
della piperidina. Il nuovo alcaloide venne separato dall'acqua per mezzo della
potassa, e dell'etere, seccato quindi in soluzione eterea prima con la potassa
fusa e poi col sodio metallico ed in fine distillato sul sodio per togliere le
ultime traccie di umidità. Quasi tutto il prodotto passa fra 150° e 155°;
distillandolo frazionatamente abbiamo raccolto separatamente la porzione che
bolliva fra 150°-152°. Non crediamo di andare errati ammettendo che il punto
di ebullizione della base si trovi entro questi limiti.
« L'analisi fatta con una parte della frazione 150°-152° dette numeri,
che come era da aspettarsi, coincidono sufficientemente con quelli richiesti
dalla formula:
«C9H19N»,
0,1610 gr. di sotanza dettero 0,4538 gr. di C02 e 0,1953 gr. di H2 0.
« In 100 parti:
trovato calcolato
C 76.87 76,60
H 13,48 13,47
« La nuova base ha le proprietà di una piperidina, essa si distingue
dalla base primitiva, oltre che all'odore, anche per la sua stabilità; all'aria
ed alla luce non si altera affatto. Avrà forse un'azione fisiologica interessante,
simile a quella della coniina, per lo meno i suoi vapori producono pesantezza
di testa ed in fine dolore di capo.
« Noi non ci siamo occupati, che del suo comportamento col joduro di
metile, perchè come si disse, questo doveva offrire il mezzo per decidere della
sua costituzione.
« La base analizzata, cioè la frazione bollente fra 150°-152°, venne perciò
trattata con joduro metilico in un'apparecchio a ricadere, la reazione è molto
viva e la massa si solidifica. Scacciando l'eccesso di joduro di metile a b. ni..
si ottiene un prodotto colorato in giallo, semisolido, che venne sciolto nel-
l'alcool assoluto e trattato con etere anidro. Si forma un precipitato biano .
se si eccede con l'aggiunta dell'etere si ottiene invece un'olio pesante. 11 pre-
cipitato venne filtrato, seccato rapidamente nel vuoto e fatto cristallizzare
dall'alcool assoluto. Per lento svaporamento si ottengono prismetti senza
— 200 —
colore a base quadrata, solubili nell'acqua, ma non deliquescenti, che fondono
a 262° con decomposizione.
« La nuova sostanza è il joduro di un vero ammonio organico, insolu-
bile nella potassa, insolubile nell'etere, ed ha la formula:
«C9H18N(CH3),I",
come lo dimostra la seguente analisi:
0,1266 gr. di sostanza dettero 0,2048 gr. di C02 e 0,0913 gr. di H2 0.
« In 100 parti:
trovato calcolato per C0H18 N(CH,)»I
C 44,12 44,44
H 8,01 8,08
« Il liquido etereo-alcoolico rimasto indietro nella precipitazione del joduro
dell'ammonio, contiene i jodidrati delle basi meno mettiate, che si ottengono,
svaporando i solventi a b . m., in forma di una massa oleosa, che posta in
un'essiccatore si solidifica. Distillando questo residuo con la potassa, resta
indietro quella parte del joduro dell'ammonio, che era rimasto in soluzione,
e passa un'olio alcalino, quasi insolubile Dell'acqua . che sarà certo formato
in gran parte dalla base metilata:
C9HI8NCH3.
« Esso dà un cloroaurato oleoso, che difficilmente si solidifica e, che per-
ciò non venne ulteriormente studiato.
* Dal comportamento della base ridotta, bollente a 150°-152°col joduro
di metile, risulta dunque che essa è una base secondaria della formula:
«C,H18NH»,
cioè una Parpevolina.
« Di alcaloidi di questa composizione non è noto finora che la etillupe-
tidina simmetrica, cioè la dimetiletilpiperidina ottenuta pochi mesi fa sinte-
ticamente da JaeckleC) uel laboratorio del prof. Hantzsch. Questo alcaloide
è certamente diverso dal nostro perchè bolle a 165°-167°.
« La base da noi ottenuta, tenendo conto di quanto abbiamo finora esposto,
è perciò con grande probabilità una:
« tetrametìlpiperidina [C5 H6 (CH3)4 NH] »,
che per azione del joduro metilico si converte direttamente nel joduro di
dimetil-tetrametilpiperilammonio:
C5 Htì (CH3)4 N (CH3)2 1.
« La base poi che si forma per azione del joduro di metile sul pirrolo
e che bolle intorno a 160° deve essere per conseguenza una diidroparvolina
ossia una
« tetrametìldiìdropirìdina secondaria [G5 H2 (CH3)4 NH] » .
(') L. Ann. 2Ì6, 45.
— 201 —
« Per spiegare la sua formazione bisogna ammettere, che il pirrolo per
l'azione del joduro di metile -si trasformi in tetrametilpirrolo, il quale poi
con un' altra molecola di joduro metilico diventa base piridica idrogenata
secondaria :
H3/S,GC/7_. _nCCH3/S CCH3/7
C CH, a
«'CH3C<C SCCR, «
ti'CU.C,
a'CH3q
CH,
NH
« Le reazioni potrebbero avvenire secondo la seguenti uguaglianze :
G4 H4 NH -f 4CH, I = Ct (CH3)4 NH + 4HI
C4 (CH3)4 NH + CH3 1 = C4 (CH3)4 . CH2 . NH + HI .
« Dando questa interpretazione alla reazione da noi studiata, è molto
drobabile che la prima frazione del prodotto alcalino, che bolle fra 140° e
150°, contenga delle idropiridine meno metilate.
« Eesta ancora a dire dell' ultima frazione, di quella cioè che venne
raccolta separatamente nella distillazione con vapore acqueo del prodotto
greggio della reazione, e che è insolubile nell'acqua.
« Le basi contenute in questa parte del prodotto vennero estratte e pu-
rificate come la parte più volatile. Formano un olio alcalino poco solubile
nell'acqua, che all'aria imbrunisce molto presto e che distilla quasi tutto
sopra i 165°, passando in gran parte fra i 165°-190°. Queste basi danno un
cloroaurato oleoso, ma formano, in soluzione cloridrica, col cloruro di platino
un cloroplatinato che cristallizza in aghetti giallo ranciati, che contengono
26,87 °/o di platino. Questa frazione era però troppo esigua per essere ulte-
riormente studiata.
IL Azione del joduro di metile sull' n-metilpirrolo.
« Da quanto è stato esposto fin qui risulta come fatto più importante,
che il pirrolo, per azione del joduro di metile scambia facilmente con altret-
tanti metili i suoi quattro idrogeni metinici.
« La reazione studiata finora solamente col sale sodico dell'acido car-
bopirrolico meritava di essere sperimentata anche con altri derivati del pir-
rolo. Il pirrolo stesso, come si disse in principio, si presta poco a questi-
trasformazioni e di ciò non è a sorprendersi; l'acido jodidrico, che necessa-
riamente si rende libero, resinifica in gran parte il pirrolo, anche se adope-
rando nella reazione un'alcali, si cerca con questo mezzo di sottrarlo all'a-
zione dell'acido minerale. Noi abbiamo pensato perciò di tentare la reazione
coli' n-metilpirrolo, che, come tutti i pirroli terziari, resiste maggiormente
— 202 —
all'azione degli acidi. Questo sperimento aveva poi un doppio interesse, perchè
ammettendo che la reazione avvenisse col metilpirrolo in modo analogo a
quella osservata col pirrolo, che si libera dall'acido carbopirrolico, era da
prevedere la formazione di un'alcaloide, che contenesse un metile di più di
quello testé descritto. Anche in ciò non ci siamo male apposti, perchè real-
mente in questo modo si ottiene una base, che sarà probabilmente una
- metìldiìdroparvoUna [C5 H2 (0H3)4 NCH3] »,
ma la reazione superò la nostra aspettativa in quanto che col metilpirrolo si
potrà ottenere ed isolare anche il pirrolo pentametilato che si tra*forma poi
nella base piridica.
« Noi ci limitiamo per ora ad accennare brevemente ai risultati fin qui
ottenuti, e sarà compito di uno di noi. continuare queste ricerche, che illu-
streranno una delle proprietà più interessanti del pirrolo.
« Scaldando in un tubo chiuso a 120° per 6 ore un miscuglio di 3 gr.
di metilpirrolo con 7 gr. di joduro di metile e 3 gr. di carbonato potassico
secco in presenza di 5 gr. di alcool metilico, si svolgono, dopo il riscalda-
mento, nell'aprirlo, notevoli quantità di anidride carbonica, e si nota la pre-
senza di cristalli cubici di joduro potassico. Il contenuto del tubo, che hi
debole reazione acida, venne distillato con vapore acqueo, per eliminare l'al-
cole metilico ed il metilpirrolo rimasto inalterato, indi reso alcalino con
potassa e distillato nuovamente. Assieme all'acqua passa un olio, insolubile,
che sebbene venga trattenuto dagli acidi, non forma con questi sali come le
basi. Esso ha un odore caratteristico, che ricorda quello dei pirroli superiori,
arrossa il fuscello d'abete bagnato di acido cloridrico ed ha infine proprietà
tali, che noi non dubitiamo si tratti di un miscuglio di pirroli terziari superiori.
La quantità del prodotto non era tale da permettere altre ricerche ed inoltre
la stagione tanto avanzata da dover rimettere gli studi ulteriori al prossimo
ottobre.
- Se si scalda il metilpirrolo col joduro di metile e carbonato sodico
nelle proporzioni già indicate, a 140° per LO ore, si ottiene operando nel
modo anzidetto, un prodotto in cui predomina sulla parte pirrolica la parte al-
calina. L'olio che si forma in questo modo, venne scaldato con acido cloridrico
saturo, in tubi chiusi a 125°-130°, per distruggere i pirroli che conteneva e dalla
soluzione cloridrica si ottenne per distillazione con potassa, un'olio fortemente
alcalino di proprietà molto simili a quello avuto dall'acido carbopirrolico.
Il cloridrati di questo alcaloide dà col cloruro d'oro un precipitato, che con-
venientemente purificato per alcune cristallizzazioni dall'acido cloridrico di-
luito, forma aghi gialli appiattiti o squamette dello stesso colore, che fon-
dono a 100° e che hanno la formula :
- C10H17rNHCl.AuCl3 -
— 203 —
come lo provano le seguenti analisi:
I. 0,2252 gr. di sostanza, seccata nel vuoto sull'acido solforico, diedero 0,2030
gr. di C02 e 0,0784 gr. di H20.
IL 0.1792 gr. di sostanza, seccata come sopra, dettero 0,0720 gr. d'oro.
« In 100 parti :
trovato calcolato per (J10 H„ NAu('l4
T II
G 24,54 24,48
H 3,87 • - 3,67
Au — 39,84 40,02
« La base che si ottiene dall' n-metilpirrolo contiene dunque un metile
di più di quella che si forma dal pirrolo, e sarà senza dubbio una base
terziaria.
« Lo studio ulteriore di questo alcaloide servirà, lo speriamo, a confer-
mare la costituzione che abbiamo attribuito al composto ottenuto dal carbo-
pirrolato sodico.
« Riassumendo brevemente i fatti descritti, si può dire che il pirrolo, in
modo analogo alla trasformazione degli indoli in idrochinoline, si converte
per azione del joduro di metile in idropiridine, e che molto probabilmente
in questa metamorfosi, il quinto atomo di carbonio, che trasforma il nucleo
pirrolico in nucleo piridico, occupa in quest'ultimo la posizione a (orto). Il
pirrolo però, per la grande mobilità dei suoi atomi di idrogeno metinici gli
scambia, ancor prima di diventare piridina idrogenata, con metili, producen-
do acido jodidrico libero, il quale probabilmente impedisce che nella rea-
zione si formino basi terziarie.
« Questa proprietà del pirrolo, finora ignorata, spiega tutti i fatti accen-
nati in principio di questa Nota ed apre un nuovo campo alle ricerche.
u Sarà molto interessante il vedere se questo comportamento del pirrolo
trova riscontro nelle altre sostanze che appartengono al gruppo dei composti
tetrolici ».
Chimica tossicologica. — Nuovo metodo per la distruzione
delle materie organiche nelle analisi tossicologiche. Nota del dott.
F. Marjno-Zuco, presentata dal Socio Struever.
« Fra i vari metodi fin qui adoperati per la ricerca dei metalli nelle ana-
lisi tossicologiche, quello che offrendo maggiori vantaggi meglio risponde ali
scopo è il metodo di Fresenius e Babo, quasi generalmente oggi adottato.
Purnondimeno anche esso offre non lievi inconvenienti: come la facilità di
perdite quando si hanno metalli volatili ; l'essere obbligati di dover aggiungere
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Seni. 27
— 204 —
alla sostanza da analizzare una gran massa di sali alcalini prima di distrug-
gere la materia organica, i quali sali possono spesso per la loro quantità essere
dannosi all'analisi. Si aggiungano inoltre le difficoltà pratiche che spesso s'in-
contrano, come la facilità di spumeggiare che hanno i liquidi per l'aggiunta
del clorato potassico , e le facili esplosioni dell'apparecchio, specialmente
quando per evitare possibili perdite di metalli volatili, si è costretti di ser-
virsi di apparecchi chiusi.
n Col metodo che son per descrivere non vi può essere perdita di alcun
metallo, poiché tutti vengono a formare combinazioni fisse, e i reattivi che
si introducono si possono allontanare facilmente; la distruzione della ma-
teria organica è più completa clic nel metodo di Presenius e Babo, poten-
dosi giungere sino alla distruzione della materia grassa, mentre l'operazione
procede in un modo tranquillo senza uè sussulti né spuma.
« Quando la materia di natura vegetale o animale si ricopre di acido
nitrico concentrato, ed in esso si fa gorgogliare una corrente di biossido di
azoto, l'acido nitroso, che si genera, brucia tranquillamente la materia orga-
nica con formazione di anidride carbonica. Si osserva in tal modo una vera
combustione senza sussulti, ne spuma. Quando il liquido, dopo l'azione del
biossido di azoto, si è fatto verde, allora si comincia a scaldare Leggermente
sino a giungere alla ebollizione, completando in questo modo la combustione
delle sostanze più combustibili. Si ottiene subito un liquido giallo con uno
strato oleoso, galleggiante, formato dalle materie grasse, le quali per rallVedda-
mento si solidificano in uno strato solido, bianchissimo. L'operazione sino a que-
sto punto per un chilogrammo di carne non può durare più di mezz'ora. È
necessario però continuare il riscaldamento in una corrente di biossido d'azoto
tinche dal liquido, specialmente dallo strato oleoso non escano più delle bol-
licine gassose: allora si può ratfreddare illiquido, separare per decantazione
la soluzione nitrica dalla materia grassa solida, e lavare questa ripetutamente
con acqua acida. Se poi si puoi giungere a distruggere completamente la ma-
teria grassa, bisogna continuare l'operazione parecchi giorni facendo passare
a freddo sino a colorazione verde del liquido, una corrente di biossido d'azoto
e poi scaldando sino all'ebollizione in corrente del suddetto gas e di ossigeno
e così alternativamente, sino a scomparsa della materia grassa.
« Io opero nella maniera seguente :
« Se la sostanza è tagliuzzata si pone subito in un pallone, se invece è
a pezzi grossi come ad esempio un polmone, un fegato ecc. senza infastidirsi
a tagliuzzarlo, cosa spessissimo, come nel caso di cadaveri esumati, nauseabonda
e nociva, si mette subito in una capsula di porcellana, si versa sopra tanto
acido nitrico concentrato da coprire tutta la materia da analizzare e si fa
passare la corrente di biossido di azoto. Quando il liquido è divenuto verde
si scalda leggermente: dopo poco tempo si ottiene una massa liquida, che si
può per mezzo di un imbuto versare nel pallone.
— 205 —
« Il pallone è munito di un tappo di pomice a 2 fori : per uno è con-
nesso un piccolo refrigerante a ricadere, e per l'altro passa un tubo di vetro
piegato ad angolo retto che pesca nel fondo del liquido e che serve a con-
durre la corrente di biossido d'azoto, precedentemente lavato. A questo tubo
ne è saldato un altro il quale porta la corrente di ossigeno o di aria. Come gas-
sometro per il biossido d'azoto io mi servo molto comodamente di due grandi
bocce impagliate ordinarie del volume di 50 litri. I gas biossido di azoto ed
ossigeno sono precedentemente lavati passando per due bottiglie di Woulf.
contenenti acqua distillata.
« Disposto così l'apparecchio si chiude ermeticamente il tappo con gesso,
si fa passare la corrente di biossido d'azoto, sino ad inverdire il liquido, e
quindi si scalda direttamente con una piccola fiamma.
« La combustione procede tranquillamente e si continua così finché non
si vedono svolgere più dal liquido bollicine. Giova invece di tenere continua-
tamente il liquido all'ebollizione, di farlo di quando in quando raffreddare
facendolo quindi inverdire, e poi scaldare di nuovo. Quando non si vedono
più bollicine è bene far passare insieme al biossido d'azoto un pò di ossigeno
o di aria per completare la combustione, e bruciare così la maggior parte
delle materie grasse.
« Io ho potuto osservare che è inutile allora continuare più a lungo
l'operazione sino a bruciare completamente la materia grassa; perchè con i
lavaggi a caldo con acido nitrico e poi raffreddando si può decantare com-
pletamente la materia grassa e lavare questa scrupolosamente; però niente
toglie, specialmente nelle analisi scrupolose, di poter più a lungo continuare
il trattamento finché tutti i grassi siano esauriti.
« Io, per provare il metodo sopra descritto, ho fatto le seguenti esperienze
in condizioni esagerate :
« Ad un coniglio fu iniettata una soluzione titolata di arsenito potas-
sico e messo in una capsula: dopo morto l'animale senza scorticarlo, né ta-
gliargli il ventre, si versò sopra dell'acido nitrico concentrato, a poco per volta,
sino ad immergerlo completamente: si fece agire il biossido di azoto prima
a freddo, e poi a caldo, e dopo parecchie ore di questo trattamento, tutta la
materia organica tanto della pelle, dei peli, delle ossa era bruciata restando
il liquido con uno strato di grasso galleggiante: allora fu versato in un pal-
lone, come è stato sopra descritto, tutto il liquido ed il grasso ; e continuata
l'operazione fino a completo esaurimento della materia grassa. Bisogna però
avvertire che quando si deve eseguire un'operazione come questa, in cui tutto
il fosfato di calcio delle ossa e tutto il resto dei sali metallici entrano in
soluzione, non si può, come avanti ho accennato, riscaldare direttamente il
pallone a causa del liquido denso formatosi, ma bibogna invece scaldare a
bagno di sabbia.
« Un' altra esperienza fu da me eseguita con le uova fresche.
« È risaputo che le uova sono difficilissime a bruciare, specialmente perchè
— 206 —
danno dei liquidi i quali hanno una grande tendenza a spumeggiare ; l'ope-
razione quindi, oltre ad essere stentata, è ancora praticamente molto noiosa e
lunga. Col metodo da me adoperato ho potuto, mettendo nell'apparecchio de-
scritto venti uova fresche, compiere completamente la distruzione della materia
organica senza nessuna difficoltà pratica.
« Altre esperienze io ho potuto eseguire con carne, grassi, cartilagini
e farine, ed ho potuto sempre osservare che tra le anzidette sostanze, quelle
le quali stentano a bruciare sono, come era da prevedersi, solo le materie
grasse ; però mentre con gli altri metodi i grassi o non sono punto bruciati
o rimangono sotto forma di olio denso, col metodo presente si possono, insi-
stendo, completamente esaurire. Quando anche non si voglia prolungare molto
tempo l'operazione, la materia grassa rimane sotto forma di uno strato solido
bianco facilmente fusibile nell'acqua calda, sicché si presta benissimo ad un
completo lavaggio e separazione.
« La soluzione nitrica ottenuta si svapora a bagno maria sino a scacciare
l'eccesso di acido ; resta indietro un residuo, il quale, oltre a tutti i sali me-
tallici, contiene poca quantità di materia organica solubile nell'acqua.
« Distrutta in questa maniera quasi tutta la materia organica, e la poca
rimasta non intralciando punto le operazioni successive, si potrà scegliere
quel metodo ulteriore di analisi che può tornare più utile all' operatore, o
che meglio potrà essere ronsigliato dal caso speciale, in cui l'operatore si trova.
- Si potranno trasformare con uno dei metodi ordinari i nitrati in clo-
ruri e seguire i metodi generali: si potrà anche, ove ci sia la certezza dell'as-
senza di metalli volatili, calcinare il residuo, il quale è combustibilissimo,
ed infine, come io preferisco, dopo lo svaporamento dell'acido nitrico si ripiglia
il residuo con acqua e qualche goccia di acido nitrico, si iiltra, se è neces-
sario; e questo liquido si precipita con l'idrogeno solforato e con gli altri
reattivi generali come nei casi ordinari. Si avrà sempre con l'idrogeno sol-
forato un precipitato di solfuro misto a zolfo e sostanza organica, come av-
viene anche col metodo del clorato di potassio.
« Io però ho potuto osservare, che le poche materie organiche sciolte nel
liquido non impediscono punto la precipitazione con i reattivi generali. Ho
eseguito infatti molte prove quantitative con sali di arsenico, rame, zinco ed
altri metalli ed ho potuto osservare che la precipitazione è sempre completa.
« Ciò viene dimostrato dai risultati seguenti, in cui l'arsenico è stato
determinato allo stato di arseniato ammonico magnesiaco, e gli altri metalli
allo stato di solfuri :
Metallo trovato
As gr. 0,0752
As gr. 0,042:;
Cu gr. 0,2516
Cu gr. 0,1861
Zn gr. 0,3742
Zn gr. 0,2207.
Metallo
introdotto
As gr.
0,07<in •
As gr.
0,04:i:»
Cu gr.
0,2534 *
Cu gr
0,1863
Zn gr.
0,3754
Zn gr.
0,2215
— 207 —
« Delle esperienze sopra accennate quelle segnate con l'asterisco furono
eseguite iniettando in un coniglio le soluzioni metalliche: ho evitato le cause
apprezzabili di perdita situando l'animale nella stessa capsula, dove poi si con-
tinuò l'operazione.
« Le altre furono eseguite aggiungendo la sostanza velenosa alla carne,
alle uova ed ai cervelli.
« Dalle esperienze sopra descritte si desume che il metodo da me pro-
posto offre parecchi vantaggi. Mentre la distruzione della materia organica si
fa più completa che con gli altri metodi, non vi è nessun pericolo di perdita
di tracce di metalli volatili. I reattivi che si introducono si possono con la
massima sicurezza e facilità avere purissimi, e nello stesso tempo si possono
allontanare facilmente a bagno maria. Ma il vantaggio maggiore è quello di
avere ottenuto, che mentre la distruzione della materia organica procede in
modo relativamente rapido, essa altresì si eseguisce con la massima sicurezza,
senza paura di sussulti, né di spumeggiamenti, tanto da richiedere solo di
quando in quando la vigilanza dell'operatore ».
Farmacologia. — Sull'adone fisiologica della pilocarpina e dei
suoi derivati in rapporto alla loro costituzione chimica. Nota I di
F. Coppola ('), presentata dal Socio Struever.
« La pilocarpina presenta senza dubbio un comportamento fisiologico molto
simile a quello della muscarina non solo per ciò che riguarda i suoi effetti
generali, ma anche in rapporto alla sede e all'intimo meccanismo della sua
azione. Tanto la pilocarpina che la muscarina posseggono la proprietà di
aumentare le secrezioni eccitando le terminazioni dei nervi secretori, restrin-
gono la pupilla e determinano lo spasmo dell'accomodazione per eccitamento
delle estremità periferiche dell' oculo-inotore; producono contrazioni spasmo-
diche dello stomaco, dell'intestino, della vescica per eccitazione degli stessi
apparecchi motori periferici ; e tutti questi fenomeni o siano determinati dalla
muscarina o siano determinati dalla pilocarpina cessano prontamente per azione
dell'atropina, e mancano negli animali precedentemente atropinizzati.
« Però d'altra parte la pilocarpina esercita sul sistema nervoso centrale
un'azione che richiama assai da vicino quella della nicotina, e così anche
per la sua influenza sulla funzione cardiaca si allontana dalla muscarina e
si ravvicina alla nicotina, la quale inoltre partecipa della stessa azione della
pilocarpina in riguardo agli apparecchi glandulari e agli organi a fibre mu-
scolari lisce.
« Tali analogie che la pilocarpina presenta simultaneamente colla musca-
rina e colla nicotina non hau permesso di stabilire rigorosamente se essa
(') Lavoro eseguitò nell'Istituto farmacologico della R. Università di Messina.
— 208 —
debba comprendersi nel gruppo farmacologico della muscarina o piuttosto in
quello della nicotina; anzi a seconda dell'importanza maggiore che è stata
attribuita alle une o alle altre la pilocarpina è stata compresa ora nel primo
ed ora nel secondo gruppo. Così l'Hard}' e il Bochfontaine (!), il Vulpian (2),
il Kahler e il Soyka (3), il Tweedy (4), il Riegei (•"), il Nothnagel e il
Rossbach (6) ecc. mettono la pilocarpina nel gruppo della muscarina, mentre
l'Harnack e il Meyer ("), il Binz (s), lo Schmiedeberg (9) ecc. la compren-
dono nel gruppo della nicotina.
« È poi veramente degno di nota il fatto che, se noi facciamo astrazione
dal comportamento fisiologico di queste basi, e ne consideriamo soltanto le
relazioni chimiche, noi incontriamo eguali difficoltà a determinare se la pilo-
carpina possegga affinità maggiori colla muscarina ovvero colla nicotina. Infatti
non tenendo conto di una certa relazione priva affatto d'importanza, che esiste
tra la forinola empirica della pilocarpina (CM H1(JN202) e quella della nico-
tina (CioH14N2), e sulla quale a torto l'Harnack e il Meyer credettero tro-
vare un argomento per sostenere le affinità farmacologiche di questi due alca-
loidi (I0), risulta dalle ricerche del Kingzett ("), del Pochi ('-), dello Cha-
staing (,3), dell'Harnack e del Meyer (14) che nella distillazione della pilocarpina
sulla potassa si ottiene da una parte della trini etil amina e dall'altra parte
una base dai caratteri della coniina ; dimodoché la pilocarpina potrebbe con-
siderarsi sia come un derivato della trimetilamina al pari della muscarina,
sia come un derivato piridico al pari della nicotina.
« Recentemente poi la sintesi che l'Hardy e il Calmels riuscirono a fare
della pilocarpina venne a stabilire la costituzione chimica di questo alcaloide
che è rappresentata dalla seguente forinola:
eoo
I I
(C5H4N)P — C — N==(CH,)8(15)
CH3
(') (iaz. méd. do Paris 1875, p. 309.
(2) Leeoni sur Vact. de» subst. to.v. et mèdie. Du iaborandi. Paris 1882.
(:ì) Arch. f. exp. Patii, u. Pharm. VII, 435.
(4) Lancet. 1875.
(5) Beri. klin. Woch. 1875.
(c) Handbuch der Arzneimittellehre.
(') Arch. f. exp. Path. u. Pharm. XII, "66.
(8) Vorlesungen ùber Pharmakologir.
(9) Grundriss der Arzneimittellehre. 1888.
(i0) Annalen. CCIV, 67.
(u) Journ. of chem. Soc. II, 907.
(i2) Berichte XII, 2185.
(13) C. r. XCIV, 223, 968.
(14) L. e. Ann.
(15) Bulletin de la Soc. eh. XLYIII, 231.
— 209 —
da cui risulta che la molecola della pilocarpina è per metà betaina e per
metà piridina ; sicché le relazioni farmacologiche che essa presenta colla mu-
scarina e colla nicotina, trovano la più evidente corrispondenza nella costitu-
zione chimica di queste basi.
« La muscarina è infatti rappresentata dalla forinola
OH
OH —
OH
C2H3 — N = (CH3)3
ed è quindi anch'essa una base quaternaria della trimetilamina come la pilo-
carpina; quanto alla nicotina non ne è stata ancora determinata la costitu-
zione : è però dimostrato ch'essa sia un derivato della piridina, anzi la
formazione dell'acido carbo-/?-piridico per ossidazione della nicotina prova
ch'essa è al pari della pilocarpina un derivato //-piridico ; però mentre l'An-
dreoni le attribuisce la costituzione rappresentata dalla forinola
CH3
I /CH2
(C5H4N)p — C-N' | (i)
! XCH2
CH3
e il Wischnegradsky e il Krakau propongono di rappresentarla colla forinola
CH — N — C2 H5
/ \ /
CH N
Il I
CH CH (2)
\ ^
C
■ I
C3 H5
il Cahours e l'Étard sostengono invece ch'essa debba considerarsi come un
dipiridile (3) ; ma in ogni modo resta dimostrato che la pilocarpina possiede
per metà la costituzione della muscarina e per metà quella della nicotina.
« Né si può a priori ritenere che il nucleo piridico per la sua maggiore
stabilità debba determinare l'azione fisiologica di tutta la molecola della pilo-
carpina, poiché è nota l'influenza energica che sul comportamento fisiologico
delle sostanze esercita la presenza di un azoto pentavalente, come prova il
fatto che tutte le basi terziarie, qualunque sia la loro costituzione chimica
e la loro azione fisiologica, trasformate in basi quaternarie perdono la loro
azione caratteristica ed assumono tutte lo stesso comportamento, che è quello
del curaro.
(i) Gazz. chini, it. IX, 169.
(2) Berichte XIII, 2315.
(3) C. r. LXXXVIII 999, XC 275, XCII 1079, XCVII 1218.
— 210 —
« Ciò per la piridina stessa io ho avuto occasione di mostrare collo studio
della piridincolina, piridinneurina e piridinmuscarina, nelle quali resta del
tutto mascherata l'azione propria del nucleo piridico prevalendo quella dell'azoto
pentavalente (1).
« D'altra parte poi il gruppo trimetilico, ancorché legato a un azoto pen-
tavalente, è in certi casi capace di esercitare tale prevalenza nel comporta-
mento fisiologico di tutta la molecola, da mascherare anche l'azione propria
dell'azoto; di che è prova la stessa muscarina la quale, pur essendo una base
quaternaria, possiede un'azione dovuta alla presenza dei metili, mentre nella
neurina e nella colina, benché in grado diverso, si manifesta tanto l'azione
propria dei metili come quella dell'azoto pentavalente (-).
« Dimodoché dobbiamo conchiudere che le conoscenze che noi possediamo
sulla costituzione chimica della pilocarpina, della muscarina e della nicotina,
anziché permetterci di definire se la pilocarpina appartenga al gruppo della
muscarina ovvero a quello della nicotina, vengono invece ad affermare le diffi-
coltà che la farmacologia aveva incontrato a risolvere tale quistione ; e molto
meno ci permettono di stabilire quale e quanta parte nell'azione complessiva
della pilocarpina prendano rispettivamente l'azoto pentavalente, il nucleo pi-
ridico e il nucleo trimetilico della sua molecola.
« Se non che la pilocarpina, per ebollizione della sua soluzione acquosa,
si decompone sviluppando della trimetilamina ; e d'altra parte assorbendo gli
elementi di una molecola di acqua, si trasforma in acido /?-piridin-«-lattico
secondo la equazione seguente:
COO COOH
I I I
(C5 H, N)p — C— N =- (CH3)3 + H2 0 = N (CH3)3 + (Cs H, N)p — 0-OH
! I
CH3 CH3
« Ora se noi paragoniamo la struttura di questo acido con quella della
pilocarpina, troviamo ch'esso non contiene più né l'azoto pentavalente nò il
gruppo trimetilico che costituivano il lato muscarinico della molecola della
pilocarpina, ma ne rappresenta esattamente il lato piridico; e allora è evi-
dente che se noi determiniamo l'azione fisiologica di questo derivato e la para-
goniamo a quella della pilocarpina e della nicotina, veniamo rigorosamente
a decidere le quistioni che ci siamo proposte.
« Per la preparazione dell'acido ^-py-«-lattico ho seguito il processo indi-
cato da Hardy e Calmels (3) : 5 gr. di pilocarpina pura, sciolti in Kgr. 1,5
di acqua distillata, furono tenuti per 12 ore consecutive in rapida ebollizione
(») Gazz. chini, it. XVr, 330.
(2) Ib. p. 343.
(3) Bull, de la Soc. chini. XLVIII, 226.
— 211 —
in un apparecchio a ricadere. Questa soluzione fu quindi ridotta a 25 ce, satu-
rata con C03K2 e portata a secco; questo residuo fu ripetutamente lavato
con alcool per trasportare la pilocarpidina formatasi nella reazione. La parte
rimasta indiselo! ta fu trattata con HC1 in eccesso, e dopo avere portato a
secco questa soluzione, il residuo fu trattato con alcool che trasportò il clo-
ridrato dell'acido ,?-py-a-lattico impuro di un po' di cloridrato di pilocarpidina,
da cui fu purificato per mezzo del cloruro d'oro che fa precipitare la pilocar-
pidina mentre il cloroaurato dell'acido resta in soluzione. Il filtrato fu decom-
posto con H2S; separato il precipitato la soluzione fu svaporata e lasciò un
residuo gommoso solubilissimo nell'acqua e nell'alcool, cioè il cloridrato
dell'acido /j-piridin-«-lattico (').
« Nelle esperienze farmacologiche io ho adoperato il cloridrato dell'acido
/?-piridin-«-lattico.
« Da esse risulta che l'acido /?-py-«-lattico determina nelle rane (disco-
glossus pictus) gli stessi effetti generali della pilocarpina. Anche per l'acido
ho potuto verificare che le convulsioni dipendono dal midollo allungato, e i
fenomeni convulsivi si manifestano prima nel treno anteriore e in seguito si
estendono al treno posteriore ; però l'azione convulsivante è più spiccata
nell'acido nel quale è accompagnata da eccitazione dei riflessi anziché nella
pilocarpina nella quale i riflessi sodo invece depressi; così la paralisi conse-
cutiva al periodo delle convulsioni si svolge più presto colla pilocarpina an-
ziché coli' acido.
« Anche per azione dell'acido si osserva un aumento nella secrezione
cutanea ; il cuore batte ancora con discreta frequenza anche quando già i ri-
flessi siano del tutto aboliti.
« La paralisi consecutiva alle convulsioni dipende per l'acido esclusiva-
mente dai centri nervosi ; né i muscoli né i nervi motori vi partecipano affatto;
per la pilocarpina le opinioni dei vari sperimentatori sono discordi; cosi
l'Harnack e il Meyer escludono assolutamente ch'essa eserciti un'azione para-
lizzante sulle terminazioni periferiche dei nervi motori (2) ; l' Albertoni invece
ammette per le dosi tossiche una certa diminuzione della eccitabilità dei nervi
motori e dei muscoli, la quale però non sarebbe abolita nemmeno per dosi
letali (3).
« Avendo escluso per l'acido /?-py-«-lattico qualunque azione curariea,
e stabilito che la paralisi da esso determinata in seguito alle convulsioni
dipende semplicemente dai centri nervosi, acquista un grande interesse il defi-
nire se la pilocarpina eserciti o no un' azione paralizzante sulle terminazioni
(*) Mancando l'Istituto farmacologico dei mezzi necessari per qualunque ricerca chi-
mica, ho eseguito questa preparazione nell'Istituto chimico diretto dal chiariss. prof. Bal-
hiano, a cui son lieto di esprimere la mia gratitudine.
(2) Ardi, f. exp. Patii, u. Pharm. XII. 389.
(3) Jahresb. f. ges. Med. 1880, I, s. 485.
Rendiconti. 18S8, Voi.. IV, 2° Sem. 28
— 212 —
dei nervi motori, poiché essa a differenza dell'acido contiene un azoto pen-
tavalente.
« A questo scopo ho fatto delle esperienze, dalle quali risulta che nella
pilocarpina la paralisi periferica precede la paralisi centrale, anzi impedisce
che le convulsioni possano acquistare tutta la loro energia perchè l'azione
curarica si va svolgendo accanto all'azione convulsivante della pilocarpina.
« Quanto ai mammiferi si sa che in essi l'azione elettiva della pilocarpina
si spiega sul sistema glaudulare, tantoché il fenomeno più imponente della
sua azione consiste nell'aumento delle secrezioni. Questo fatto costituisce una
delle analogie più evidenti colla muscarina, mentre nell'azione della nicotina
prevalgono i sintomi dipendenti dal sistema nervoso centrale. Ora mancando
nell'acido /?-py-«-lattico il nucleo muscarinico della pilocarpina, è natural-
mente interessante il determinare quale comportamento questo derivato pre-
senti nei mammiferi.
« Or hene anche l'acido py-lattico possiede la proprietà di aumentare le
secrezioni, di eccitare la peristalsi intestinale, di produrre il vomito, di restrin-
gere la pupilla ecc., e tutti questi fenomeni sono vinti dall'atropina come
avviene per la pilocarpina.
« Per dosi elevate (10 centigr.) in un gattino di gr. 400 nel corso di
tre ore si svolse un avvelenamento completo, durante il quale oltre i sintomi
precedenti si osservarono tutti i fenomeni dipendenti dalla eccitazione del
bulbo: prima contrazioni spasmodiche nei muscoli della faccia, e quindi
accessi convulsivi con epistotono, trisma e convulsioni cloniche del tronco
e delle estremità; sicché l'azione di questa sostanza sui mammiferi corri-
sponde perfettamente a quella già osservata sulle rane.
« Pari somiglianza di effetti fra gli animali a sangue freddo e gli ani-
mali a sangue caldo non esiste invece per la pilocarpina in riguardo al si-
stema nervoso centrale: l'Harnack e il Meyer affermano di non avere osser-
vato mai nei mammiferi delle vere convulsioni, ma al più un tremore con-
vulsivo ('); l'Albertoni esclude un'azione diretta dalla pilocarpina sul sistema
nervoso centrale, ma fa dipendere i fenomeni convulsivi dai disturbi avvenuti
nella circolazione (2).
« Pertanto avendo osservato che l'acido lattopiridico possiede anche sui
mammiferi un potere nettamente convulsivante, io ho pensato che anche nella
pilocarpina questa azione non dovesse del tutto mancare, ma potesse restare
più o meno mascherata per la prevalenza che assumono gli altri sintomi dello
avvelenamento. E quindi ho voluto provare se le alte dosi di pilocarpina fos-
sero capaci di determinare delle vere convulsioni epilettiformi anche nei
mammiferi, quando si prevenissero per mezzo dell'atropina l'aumento delle
(') L. e. s. 390.
(*) I, e.
— 213 —
secrezioni, le modificazioni della circolazione e gli altri disturbi, i quali o affret-
tando la morte dell'animale o diminuendo la eccitabilità dei centri nervosi,
potessero impedire lo sviluppo completo delle convulsioni. Le mie previsioni
furono confermate ; a un cane di circa 5 Kgr. nel corso di 30' iniettai in varie
dosi per la vena giugulare gr. 0,01 di solfato di atropina e gr. 1 di cloridrato
di pilocarpina: si osservarono delle covulsioni prima cloniche e poi toniche
violentissime, che si ripetevano a brevi intervalli, e certamente indipendenti
dai disturbi della respirazione, perchè si praticava la respirazione artificiale.
Successe finalmente uno stato di completa paralisi, e allora sospesasi la respi-
razione artificiale il cuore si arrestò » .
Fisiologia. — La sostanza colorante rossa dell' Eus tv ongy-
lus gigas. Nota IL C1) del dott. Vittorio Aducco, presentata dal
Socio A. Mosso.
Astone del sol/idrato di ammonio.
« Trattando con quantità eguali di soluzione allungata di solfidrato di
ammonio delle quantità eguali di soluzioni egualmente colorate di emolinfa
e di ossiemoglobina contenute in tubetti dello stesso calibro si vede, osser-
vando con lo spettroscopio, che si comportano in modo diverso. La soluzione
di ossiemoglobina viene ridotta, scompaiono le due strie « e fi e cedono il
posto alla stria unica più larga della emoglobina ridotta. La sostanza colo-
rante della soluzione di emolinfa viene trasformata in emocromogeno come
avvenne anche per l'azione della potassa caustica.
« Le due strie u e fi, che aveva prima della aggiunta della sostanza
riducente, sono sostituite da due altre strie le quali, rispetto alle precedenti,
sono spostate verso il violetto. Di queste due strie la prima è molto scura,
la seconda è assai sbiadita.
« Essendo rimasta l'emolinfa, trattata con solfidrato di ammonio esposta
all'aria fino al mattino successivo, trovai che aveva ricuperato il primitivo co-
lore e che erano ricomparse le due strie a e fi; mentre nella soluzione di
ossiemoglobina persisteva tuttora la stria dell'emoglobina ridotta.
Astone del vuoto.
u Due soluzioni egualmente colorate di ossiemoglobina e di emolinfa e che danno
nello spettro due strie identiche
la 60-75
2a 90-110
vengono messe in tubi di vetro di diametro eguale e sottoposte alla azione del vuoi"
ottenuto con la pompa a mercurio di Pfliiger (2), aiutando l'azione della decompress
(!) V. pag. 187.
(2) R. Gscheidlen, Physiol. Methodik pag. 443-450. — E. Cyon, Methodik d. Physiol.
Experimente u. Vivisectionen, pag. 231 etc, tav XXXI, fig. 4.
— 214 —
atmosferica con il riscaldare ad una temperatura fra 38° e 40°. Mentre si fa agire il vuoto,
si esamina il liquido contenuto nei tubi con lo spettroscopio di Browning.
« Così facendo trovai che mentre la soluzione di ossiernoglobina non tar-
dava molto a ridursi ed a presentare la stria dell'emoglobina ridotta fra 55
e 110, invece la soluzione di emolinfa rimaneva invariata anche prolungando
l'azione del vuoto, e anche riscaldando ad una temperatura di circa 50°. Per
dare una prova della resistenza della sostanza colorante dell'emolinfa, dirò che
su di essa il vuoto agì per un tempo tanto lungo che il volume del liquido
si ridusse a meno di un terzo, mentre per la soluzione di ossiernoglobina il
tempo di azione era stato molto più breve ed il volume si era ridotto ai due
terzi del volume primitivo.
« Una delle differenze più notevoli tra l'ossiemoglobina e la sostanza
colorante dell'emolinfa dell' Eustrongylus gigas, sta appunto nella diversa resi-
stenza che rispettivamente presentano all'azione del vuoto. La difficoltà di
ridurre la sostanza colorante dell'emolinfa dell' Eustrongylus si era già dimo-
strata trattandola col solfidrato di ammonio.
«" A questo riguardo debbo richiamare l'attenzione sull'altro fatto che per
l'azione del ferricianuro potassico avvenne la riduzione dopo tre giorni, senza
che si passasse per lo stadio della metemoglobina.
Azione dell'ossido di carbonio.
«Preparo dell'ossido di carbonio (l) con 30 gr. di acido ossalico e 180 gr. di acido
solforico puro e lo raccolgo nel gazometro di Pepys (2) dopo lavatura in soluzione di po-
tassa caustica.
« Quindi faccio passare per 5 minuti una corrente lenta di CO attraverso ad una solu-
zione di ossiernoglobina e ad una di emolinfa dell1 'Eustrongylus che presentavano entrambe
lo stesso spettro di assorbimento : cioè
« = 60-75
£ = 90-110.
« La soluzione di ossiernoglobina prende rapidamente un colore rosso più vivo e le
due strie si spostano
65-80
95-115.
« La soluzione di emolinfa non cambia colore anche dopo 10' di azione
del CO e non si modificano neppure le strie. Però prolungando ulteriormente
l'azione del CO e coadiuvandola col riscaldare il liquido fino a 40°, si ottenne
pure lo spostamento delle due strie verso il violetto come per la soluzione
ossiemoglobinica di confrouto.
« Dopo 24 ore tanto nell'un caso quanto nell'altro si vedono sempre le
due strie della emoglobina ossicarbonica e non si modificano, anche dibat-
tendo fortemente in presenza dell'aria.
0) E. Jungfleisch, Manipulations de Cliimie , 1884, p. 521.
(2) R. Gscheidlen, Physiol. Methodik pag. 47.
— 215 —
Azione del calore.
« Preparo tre tubettini di calibro eguale e ben tappati con cotone. Il primo contiene
una soluzione di ossiemoglobina pura, il secondo una soluzione di ossiemoglobina con me-
temoglobina, il terzo una soluzione di emolinfa. L'esame spettroscopico diede i seguenti
risultati :
« 1° Due strie: cioè « = 60-75
(3=90-110.
« 2° Tre strie 30-40 appena percettibile.
60-75
90-110
« 3° Due strie: 60-75
85-115.
Metto i tre tubetti in una stufa d'Arsonval regolata a 42°.
« Dopo circa cinque ore :
« 1° Presenta una stria marcata nel rosso 30-40.
« 2° La stria fra 30 e 40 è più scura.
« 3° Si mantiene immutato.
« Dopo circa ventidue ore :
« 1° Marcatissima stria fra 30 e 40; più sfumate le strie « e ,1 Dopo 90 assorbito.
« 2° Più larga e più nera la stria nel rosso. Ora si estende da 25 a 40. Le strie
e. e £ sono meno scure.
« 3° Nessuna modificazione salvo una maggiore diffusione di « e fi.
« Il colore delle soluzioni 1 e 2 è diventato giallo roseo, mentre il n. 3
conserva a un dipresso il suo colore primitivo.
« Dopo 4 giorni : 1 e 2 presentano la stria della metemoglobina forte-
mente più marcata. Il n. 3 non presenta alcun' altra modificazione che quella
già accennata.
« Dunque, dopo quattro giorni di permanenza nella stufa alla tempera-
tura di 42°, la sostanza colorante dell'emolinfa dell' Eustrongilo non subì al-
cuna alterazione, mentre la sostanza colorante del sangue, già dopo poche ore,
aveva fornito della metemoglobina in quantità tale da riuscire evidentissima
allo spettroscopio (1).
Azione della putrefazione.
« Una piccola quantità di emolinfa tenuta per undici giorni nella camera alla tem-
peratura di 14°-15° non presentò la più piccola alterazione nel colore, nella limpidezza e
nelle proprietà spettroscopiche. Al contrario del siero di sangue rosso per ossiemoglobina
disciolta e delle soluzioni di ossiemoglobina pura tenuti nelle stesse condizioni, presenta-
rono o riduzione dell'ossiemoglobina in emoglobina ridotta o formazione di metemoglobina.
« Però tre giorni più tardi si osservò una modificazione profonda. Il liquido emolin-
fatico contenuto nel tubo di saggio si divise in due strati. Uno strato profondo di color
(!) Secondo G. Hayem è necessario che la quantità di metemoglobina raggiunga al-
l'incirca il 10 °/0 della quantità totale di sostanza colorante, perchè lo spettro diventi carat-
teristico (G. Hayem, La méthémoglobine d'origine médicamcnteusc. Eevue scientifìque.
ni serie, t. XI, voi. XXXVII della collezione, Ì886, p. 717-721).
— 216 —
rosso violaceo ed uno strato superficiale di color rosso vivo nettamente separati l'uno dal-
l'altro. Alla superficie del liquido si era formata una patina di colore bianco sporco, costi-
tuita da innumerevoli bacteri. Il liquido aveva una forte reazione alcalina riconoscibile
colle carte comuni. L'esame spettroscopico dimostrò che l'emolinfa negli strati profondi
presentava una sola stria, che corrispondeva esattamente a quella dell'emoglobina ridotta,
mentre negli strati superficiali presentava ancora le due strie simili a quelle dell'ossiemo-
globina. Parecchi giorni dopo tutto il liquido aveva assunto un colore rosso violaceo, e dava
la caratteristica stria unica dell'emoglobina ridotta.
«Si potè dall'emolinfa, ridotta per opera della putrefazione, ricostituire facilmente
l'emolinfa non ridotta, con il solo agitare il liquido.
« Nel liquido cosi trattato una corrente di ossido di carbonio, diede rapidamente luogo
alla formazione delle strie dell'emoglobina ossicarbonica.
« Così pure trattando con ferricianuro potassico ottenni subito la stria della mete-
moglobina nel rosso.
« Disgraziatamente la piccola quantità di liquido disponibile non mi permise di fare
altre ricerche sulla sostanza colorante dell'emolinfa la quale aveva subito la putrefazione.
« Si può dunque conchiudere che la sostanza colorante dell'emolinfa su-
bisce per azione della putrefazione un cambiamento, mercè il quale le sue
proprietà diventano molto più simili e forse identiche a quelle dell' ossiemo-
globina.
« Può darsi che non il solo processo di putrefazione produca tale effetto,
ma ogni agente capace di dar luogo alla formazione di una sola stria al posto
delle due normali dell'emolinfa.
«Dopo 24 giorni il liquido dell'Eustrongilo aveva un odore sgradevolissimo, e si era
intorbidato. La sua reazione era diventata intensamente alcalina ed era coperto da ura densa
patina fatta di bacteri. Allo spettroscopio presentava un'anica stria identica a quella del-
l'emoglobina ridotta. Non vi era traccia di metemoglobina. Dibattendo prese un color rosso
più vivo od allora comparvero immediatamente le due strie dell'ossiemoglobina.
« Invece una piccola porzione di emolinfa portata alla temperatura di 93°, quando
la putrefazione non era ancora incominciata , e poi lasciata decantare fino a separazione
completa del precipitato, dopo 21 giorni presentava ancora evidentissime le strie « e fi. Solo
4 giorni più tardi si formarono due strati , uno superficiale di color rosso vermiglio nel
quale si vedevano le strie « e fi, ed uno profondo di color rosso violaceo che dava una
stria unica.
« Facendo queste osservazioni sulla putrefazione si vide che. per riguardo
alla reazione, l'emolinfa si comporta in modo diverso delle soluzioni di emo-
globina e di quelle di sangue.
« Queste ultime ed in modo speciale le soluzioni di ossiemoglobina anche
in cloruro di sodio 0,75 % si acidificarono, e si trasformò in parte la loro
sostanza colorante in metemoglobina. L'emolinfa dell'Eustrongilo invece dopo
un tempo molto lungo (un mese) diventò molto più alcalina di prima e
la sua sostanza colorante si ridusse in un pigmento che, allo spettroscopio,
si comportò in modo identico alla emoglobina ridotta.
« Bisogna pure notare che, alcalinizzando le soluzioni inacidite di san-
gue o di emoglobina, si genera della ematina alcalina. Invece l'emolinfa
— 217 —
dell'Eustrongilo, malgrado la forte alcalinità acquistata, non presentò traccia
di ematina alcalina.
Determinazione della resistenza della sostanza colorante dell'emolinfa
dell' Eustrongylus gigas.
« La maggior parte delle esperienze precedenti mi avevano indotto nella
convinzione che nella emolinfa dell' Eustrongylus gigas fesse contenuta una
sostanza colorante analoga alla ossiemoglobina del sangue ma più resistente.
Ho voluto cimentare, per assicurarmi del fatto, la sostanza colorante dell'Eu-
strongilo con la soluzione di acido acetico 10 p. %, o con quella di soda
caustica pure al 10 p. %, seguendo le indicazioni date da Kòrber e poi da
Kriiger.
« Le ricerche di Korber(1) e quelle di Kriiger (2) hanno dimostrato che
le strie « e /? dell' ossiemoglobina del sangue di vari animali svaniscono in
tempi diversi, quando volumi eguali di soluzioni di ossiemoglobina egualmente
concentrate vengono trattati con volumi rispettivamente eguali di acido ace-
tico o di soda caustica al 10 %• Secondo questi osservatori il fatto dipende
dalla maggiore o minore alterabilità della sostanza colorante (3).
«Feci l'esperienza nel seguente modo:
« In un tubettino di vetro versai un ce. di emolinfa di Eustrongylus ed in un altro
tubettino perfettamente eguale misi un ce. di soluzione di ossiemoglobina pura 1 %• I due
liquidi presentavano lo stesso colore e, esaminati allo spettroscopio , avevano uno stesso
spettro di assorbimento. Allora versai in ciascuno 2/i0 di ce. di soluzione di acido clori-
drico 10°'o. Dopo 3 minuti ogni traccia di stria era scomparsa dallo spettro della soluzione
di ossiemoglobina ed il liquido aveva preso un colore giallo torbidiccio. Invece nello spettro
della emolinfa le strie « e /S erano scomparse completamente solo dopo sei giorni, vale a
dire dopo 244 ore.
« Adunque per produrre uno stesso effetto quale la scomparsa delle ca-
ratteristiche strie di assorbimento si impiegò un tempo 4880 maggiore per la
sostanza colorante dell'emolinfa dell' Eustrongylus. La qual cosa fino ad un
certo punto darebbe il diritto di attribuire al pigmento dell'emolinfa una resi-
stenza 4880 volte maggiore di quella dell'ossiemoglobina di cane.
« Procedetti nello stesso modo per determinare la resistenza opposta alla soluzione
di soda caustica 10 p. %• I risultati non furono eguali ai precedenti. Infatti in seguito alla
aggiunta della soluzione sodica la emolinfa diventò immediatamente di un colore giallo
verdognolo e svanì ogni stria di assorbimento. La soluzione di ossiemoglobina solo dopo
2 minuti cambiò di colore e di proprietà spettroscopiche. Dodici ore dopo l'emolinfa pre-
sentava sul fondo uno straterello di color rosso vivo, mentre la parte soprastante era gialla.
La soluzione di ossiemoglobina era ancora gialla come il giorno prima.
(!) E.Korber, Weber Differenzen des Blutfarbstojfs. Inaugurai Dissertation. Dorpat. 186b\
(2) F. Kriiger, Ueber die ungleiche Resistenz des Blutfarbstoffs verschiedener Tkiere
gegen zersetzende Agentien. Zeitschrift fùr Biologie, 1888, voi. XXIV, p. 318-338.
(3) Korber fece le sue esperienze direttamente sul sangue ; per la qual cosa Preyer ne
aveva contestato i risultati. Ma Kriiger li confermò facendo le esperienze sull'ossiemoglo-
bina pura.
— 218 —
u. Non saprei a che cosa attribuire questo modo di comportarci della emo-
linfa sotto l'azione della soluzione sodica, giacché, come risulta dalle ricerche
di KÓrber e da quelle di Kriiger quelle specie di emoglobina, che resistono
bene alla soluzione acetica resistono pure alla soluzione sodica. Può darsi che
eserciti una qualche influenza la reazione del liquido che nel caso presente
era alcalina per l'emolinfa e leggermente acida per la soluzione emoglobinica.
Preparazione dei cristalli dulia sostanza colorante dell'emolinfa.
« Ho sottoposto l'emolinfa a vari dei trattamenti che si adoperano per
ottenere l'ossiemoglobina del sangue allo stato cristallino. Nò col metodo di
Rollet ('), né con quello di Hoppe-Seyler (-) né con quello di Kunde (3) ho
potuto ottenere dei cristalli. Per lo più la sostanza colorante si precipitava
sotto forma di granuli di un colore giallo roseo più o meno marcato.
« Anche col metodo consigliato da Gscheidlen (4), che consiste nel tenere
un tubetto pieno di sangue e saldato alla lampada per alcuni giorni alla
temperatura di 37" e poi nel far evaporare una goccia di liquido sul copri-
oggetti, non si precipitarono dei cristalli.
« Solo una volta, avendo messo dell'emolinfa in un miscuglio refrigerante
fatto di 2 di neve e 3 di cloruro di calcio cristallino per mezzo del quale la
temperatura si abbassa fino a — 51°, si formò nel liquido un intorbidamento
che poi scomparve quando cessò l'azione del freddo.
« In uno dei preparati eseguiti col liquido intorbidato vidi alcuni cri-
stalli di dimensioni veramente enormi , affatto incolori aventi la forma di
grandi rettangoli i margini dei quali cominciavano già ad erodersi. Non essen-
domi occorso altre volte di avere di questi cristalli non posso neppure pronun-
ciarmi sulla loro natura.
« Dalle ricerche che feci a tale riguardo posso dire solamente che la
sostanza colorante dell'emolinfa dell' Eustrongilo, o non è suscettibile di cri-
stallizzare o cristallizza, molto difficilmente.
« Invece ottenni molto facilmente delle belle ed evidenti forme cristal-
line, decomponendo il pigmento dell'emolinfa con acido acetico o tartarico o
formico e poi trattandolo col cloruro di sodio, col joduro di sodio, col bro-
muro di sodio e col borato di soda.
(!) Rollet, Versuche und Beobaclituiigen ani Biute. Sitzungberichte der mathem.-
naturw. Classe der kaiserl. Akad. der Wissensch. Bd. 48. II Abthlg. p. 77, 1863, e Mole-
schott's, Untersuchungen zur Naturlehre des Menschen und der Thiere. IX Band. 1865, p. 36.
(2) Hoppe-Seyler, Beitràge zur Kenntnìss des Blutes des Menschen und der Wir-
belthiere. Hoppe-Seyler's, Medicin-Chemische Untersuchungen 1866-71, p. 181.
(3) Kunde, Ueber Krystallbildung im Biute. Zeitschrift f. ration. med. Neue Folge
Bd. 2, p. 275, 1852.
(4) R. Gscheidlen, opera citata p. 361, e Pflùger's, Archiv Bd. 16, p. 421-26 e Maly's,
Jahresberichte f. Thier-Chemie. Voi. Vili, p. 102, 1878.
— 219 —
« Seguii in queste ricerche il processo consigliato da Husson ('), attenen-
domi anche ai precetti dati da Axenfeld (2).
« In tutti i modi sopradetti, ma specialmente facendo uso dell'acido tar-
tarico e dell'acido formico, si ottennero molti talvolta numerosissimi cristalli,
alcuni dei quali grossissimi, ora isolati ora raggruppati a croce od a stella od
a rosetta, di forma per lo più romboedrica, talora coi margini un po' incurvati
in modo da somigliare ad una mandorla o ad un ferro di lancia, affatto si-
mili e per colore e per forma a quelli delle varie forme di emina. Si otten-
nero più facilmente, più numerosi e più grossi trattando con acido tartarico,
con borato di soda 0,05 % e poi con acido acetico. Si formarono pure con faci-
lità col cloruro di sodio, un po' meno col joduro e meno ancora col bromuro
di sodio.
« I cristalli ottenuti col cloruro di sodio hanno un colore caffè più o meno
scuro. Quelli ottenuti col joduro hanno inoltre una tinta verdognola. Quelli
ottenuti col bromuro sono meno bruni. Però le differenze di colorazione sono
così leggere che non servirebbero a far distinguere una forma dall'altra.
« Anche queste ricerche confermano la grande analogia che vi è tra la
sostanza colorante dell'emolinfa e l'ossiemoglobina.
Esame della cuticula dell'E ustrongylus gigas.
« Ho già detto che il colore rosso del verme persistette dopo l'evacua-
zione della emolinfa e dopo la lavatura della cavità del corpo. Fu assai facile
il convincersi che tale colorazione era propria della cuticula. Infatti si poterono
staccare per strato tutti i tessuti situati più profondamente della cuticula e
lassamente aderenti ad essa ottenendo così dei pezzi considerevoli di cuticula
pura.
« Questa era trasparente come un foglio di gelatina secca, aveva una colo-
razione rossa. Esaminata fra due vetri allo spettroscopio presentava le due strie
a e § identiche a quelle dell'emolinfa e dell' ossiemoglobina pura (3). Su dei
pezzetti di cuticula posti fra due vetri portaoggetti fu possibile di fare tutte
le reazioni che ho descritto a proposito dell'emolinfa. Il risultato fu identico.
La cuticula, messa a macerare nell'acqua, le cedette la sostanza colorante e si
ottenne una soluzione rosea che diede pure le note strie di assorbimento e sulla
quale si potò determinare la temperatura di coagulazione, la reazione col
guaiaco, la presenza del ferro e dell' azoto, la formazione di cristalli di emina, la
(*) C. Husson, Sur quelques réactions de Vhémoglobine et de ses dérivés. Comptes
rendus LXXX 1, 1875, p. 477-480.
(2) Axenfeld, Sui cristalli di emina. Rivista di chimica medica e farmaceutica, fa-
scicoli IX e X 1884; e Archives italiennes de Biologie, 1884, voi. VI, p. 34-51.
(3) Essendo la stria del sodio fra 59 e 61 le strie della cuticula si trovano l'ima fra
60 e 70 l'altra fra 90 e 110.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 29
— 220 —
resistenza alle soluzioni acetiche e sodiche 10 %, al calore ecc., precisamente
con gli stessi risultati a cui si era giunti sperimentando con l'emolinfa. Sa-
rebbe affatto superflua una descrizione dettagliata di queste ricerche fatte
sulla sostanza colorante della cuticula. Mi limito perciò a constatare che il
pigmento rosso della cuticula dell' Eustrongylus gì gas è identico al pigmento
della emolinfa e che quindi, come quest'ultimo, ha molta analogia con la ossie-
moglobina del sangue di cane, differendone per alcuni riguardi.
Conclusione.
« lì Eustrongylus gigas ha nell'emolinfa e nella cuticula una sostanza
colorante rossa : la quale è molto simile alla ossiemoglobina del sangue dei
vertebrati, ma ne differisce per il grado di temperatura al quale coagula e
per la maggior resistenza ai reagenti ed in modo speciale al vuoto, all'acido
acetico ed ai riducenti » .
Pubblicherò fra breve una seconda Nota riguardo ad altre osservazioni ed
esperienze, che ho fatte sopra l'Eustrongilo.
Fisica del globo. — Influenza dello stato orario della marea
sulle sorgive termali del porto aV Ischia. Nota del prof. G. Gra-
blovitz, presentata dal Corrispondente Tacchini.
« In due Note presentate il 7 agosto 1887 ed il 19 febbraio 1888 esposi
alcune conclusioni a cui m'avevano guidato i confronti eseguiti tra le varia-
zioni idrotermiche e le variazioni barometriche e mareometriche, facendo emer-
gere il fatto che queste ultime sono, per principio idrostatico, le regolatrici
delle prime nella stazione del porto d'Ischia. Manifestai allora pure la fiducia
che ulteriori osservazioni, fatte mediante strumenti registratori, avrebbero rive-
lato l'influenza dello stato orario della marea, e la mia speranza non andò
fallita.
« Le osservazioni fatte per l'addietro una volta al giorno nell'ora meri-
diana davano già indizio d'una oscillazione a periodo sinodico lunare; ma se
da un lato è ovvio che un'oscillazione regolata dal moto apparente diurno
della luna debba pure in quella guisa rivelarsi in una serie d'osservazioni
fatte ad ora fissa, d'altra parte non rimane escluso che l'oscillazione possa
essere regolata effettivamente da un periodo lunare mensile. Però spettava
alle registrazioni orarie la risoluzione del problema.
« I risultati che sono ad esporre, se anche si basano su una serie molto
interrotta, sono peraltro tali da escludere ogni dubbio sulla realtà dell'in-
fluenza in questione.
— 221 —
« Le registrazioni si sono ottenute per mezzo d'un termometro registratore
Richard da laboratorio.
« Una delle cause di disturbo alla continuità delle osservazioni è l'in-
vasione del mare in occasione d'alte maree straordinarie, ma questo caso, fre-
quente all'inverno, si verifica di rado nei mesi estivi. In cambio havvi un'altra
causa che nella stagione estiva disturba quasi giornalmente la continuità
delle osservazioni ed è l'estrazione dell'acqua ad uso terapeutico, operazione
che, venendo fatta mediante pompa a vapore alla prima scaturigine, sottrae
quasi tutta l'acqua che d'ordinario passa nel bacino, e l'acqua che in questo
rimane, non venendo espulsa e sostituita dalla nuova, se non ad intermittenze
e con irregolarità, subisce generalmente un abbassamento d'un paio di gradi
con isbalzi frequenti e repentini. Fortunatamente l'operazione si sospende per
circa 12 ore al giorno, nonché talvolta per qualche giornata intiera. Mi fu
dunque possibile utilizzare questi intervalli, ma prima di farne l'analisi sotto
il punto di vista prefissomi, volli rendermi esatto conto degli effetti della
pompatura anche nelle ore di sosta e. calcolata una curva media, mi convinsi
che la temperatura primitiva viene riguadagnata interamente entro la prima
ora di riposo; vi succedono oscillazioni ristrette, ma di apparenza periodica,
che forse possono ascriversi esclusivamente alla componente solare, ma in ogni
modo si può ritenere che occupando esse giornalmente circa le stesse ore solari,
vanno alternandosi successivamente nella surva lunare di 12 ore. in modo da
eliminarsi, per uniforme distribuzione, già nel corso di mezza lunazione o
di 15 giorni.
« Nel corso della presente discussione Yora esprime l'angolo orario lu-
nare contato dal meridiano superiore verso ovest o dall'inferiore verso est, o
in altri termini i 24mi di giornata lunare decorsi da ciascuna culminazione.
« Anzitutto estrassi dalla serie intiera (10 giugno a 5 settembre) i dati
registrati di 2 ore in 2 ore, a partire dalla culminazione superiore od infe-
riore e ne determinai le medie biorarie, dividendo semplicemente la somma
dei rispettivi dati pel numero delle osservazioni, senz'applicare alcun metodo
correttivo in riguardo alle interruzioni di serie; tuttavia il primo risultato
così ottenuto riuscì soddisfacente.
« Eccolo:
Ore lunari 0 II IV VI Vili X
Temperatura = 50° -J- 3.70 3.39 3.06 2.95 3.13 3.53
da cui:
T = 53° 29 + 0° 377 sen (99° 16' -f- 2 h)
ove h esprime un arco di 15° = lh. I valori calcolati con questa formola sono:
3.66 3.43 à.06 2.92 3.16 3.53
ed i rispettivi errori: -J-0.04 —0.04 0.00 -4-0.03 —0.03 0.00
222
Il massimo idrotermico corrisponde a llh 41m dopo il passaggio al meridiano,
ossia a 3h 8m contate dall'alta marea, la cui costante è = 8b 33m; l'ampiezza
media dell'oscillazione idrotermica è di 0° 75.
« Ho considerato poi separatamente i sei periodi di mezza lunazione che
approssimativamente compongono la serie e vi applicai la correzione dell'an-
damento progressivo col metodo di raccordamento suggerito dal prof. Schia-
parelli nelle Effemeridi astronomiche di Milano pel 1868 per le osservazioni
barografiche ; ne ricavai i seguenti risultati:
Periodi
Media
idrotermica
Oscillazione
media
Ora
del massimo
Ritardo su Ila
alta marea
2h37"'
Livello medio
del mare
10-23 giugno
53°8
0»69
111' 1
cui. 35.5
24- 8 luglio
53 8
0 79
12 4
3 31
36.1
9-22 »
53 9
0 61
11 31
2 58
34.6
23- 6 agosto
52 6
1 ni
11 35
3 2
33.1
7-20 "
51 !»
1 36
il 13
3 10
33.1
21-5 settembre
53 7
0 59
11 9
2 36
38.0
35.2
Serie intiera
53 3
0 82
11 34
3 1
II
IV
VI
Vili
X
3° 399
2.999
2.883
3.156
3.559
3° 402
3.000
2.879
3.158
3.560
—3
—1
+4
—2
— 1
« Nelle curve parziali il massimo errore giunge a 0° 02 e nella curva
generale non arriva a 0° 01, come apparisce dal seguente raffronto spinto alla
terza decimale:
Ore 0
Osservazione = 50° -4- 3° 685
Calcolo = 50° -f 3° 681
Differenza (O-C) in mmi +4
« È sorprendente un tal risultato di fronte alla ristrettezza dell'oscilla-
zione, tanto più se si considera che la traccia della registrazione non sempre
permette di determinare con sicurezza il decimo di grado; svolgendosi inoltre
i diagrammi con lentezza (un cm. in 6 ore) non giova attribuire importanza
alle differenze nell'ora del massimo, le quali del resto si riducono a pochi
minuti se in luogo di semiluuazioni si assumono lunazioni intiere.
« Maggior riguardo meritano le variazioni di ampiezza dell'oscillazione
e se si dà uno sguardo ai livelli medi del mare, nonché alle medie idro-
termiche, si riconosce tosto la loro correlazione, nel senso che a bassi livelli
del mare corrispondono basse temperature idrotermiche e che coli' abbassarsi
di queste crescono le rispettive variazioni ; il che sta in piena armonia colla
forinola esposta nella mia Nota del 19 febbraio p. p. e che qui riproduco :
I = 55045 _ 0.003736 (58.8558 — M)2
— 223 —
« Tal fatto turba alquanto le condizioni d'uniformità che nella progres-
sione della scala idrotermica sarebbero necessarie a rendere confrontabili im-
mediatamente gli elementi delle curve sotto altri aspetti ; ad ovviare questo
inconveniente, ho stimato opportuno e in pari tempo molto comodo, a sem-
plicità di conteggio, il ricondurre i dati idrotermici ricavati dai diagrammi
alle quote mareometriche ad essi corrispondenti secondo la forinola, ed oltre
che sotto quel punto di vista lo feci per mettere in evidenza immediata
quanta parte dell'intiera oscillazione della marea si estrinsechi efficacemente
nell'influenza analizzata, ammessa implicitamente come unità l'influenza rap-
presentata dalla forinola e dovuta a variazioni non periodiche di durata, in
tutti i casi, alquanto più lunga e perciò più efficaci.
« Tale ricerca m'ha fornito i seguenti risultati:
« a) A periodi di mezza lunazione
Periodi
Oscillazione
media in cm.
Ora
del massimo
10-23 giugno
24- 8 luglio
9-22 »
23- G agosto
7-20 »
21-5 settembre
4.29
5.26
4.14
4.35
5.4G
3.76
llh 4m
12 3
11 30
11 34
11 54
11 8
Serie intiera
4.44
11 34
« b) Per ottanti lunari (cioè riunendo le fasi opposte, come novilunio
e plenilunio, primo ed ultimo quarto ecc.)
Ottante
Limiti
delle culminazioni
Oscill. inedia
Massimo
Dopo le sizigie ....
Avanti le quadrature .
Dopo » »
Avanti le sizigie . . .
da 0h- a 3h a. e p.
ii 3 'i 6 'i " »
» 6 " 9 "» ii
i- 9 -i 12 » ii u
5.38
5.82
3.50
3.42
11h42m
11 14
11 28
11 53
« Si scorge che l'effetto corrisponde in media a cm. 4.5 d'oscillazione
manometrica influente, mentre la vera oscillazione del mare ricavata dalle
osservazioni mareometriche dà una media di 23.7.
« Si arguisce pure che il massimo effetto corrisponde prossimamente al
giorno in cui la luna culmina a 3h ant. o poni, (cioè giorni 3.7 dopo le sizigie)
mentre nel mare questo ritardo è di 20 ore soltanto; quindi un ritardo re-
lativo di 3 giorni.
— 224 —
« Le curve delle singole giornate sono poi abbastanza ben definite, perchè
si possa apprezzare grossolanamente, quasi giorno per giorno, l'ora del mas-
simo ed appunto di tal metodo mi sono servito per tentare con larga appros-
simazione la determinazione di ciò che in mareologia si appella equazione
semimensuale, e la curva così ricavata traversa abbastanza nettamente la
media presso le culminazioni di 3h e 9\ cioè tre giorni dopo le sizigie e
le quadrature, scostandosene di circa un'ora nei valori estremi; il che del
resto sta in armonia colle leggi delle maree e spiega altresì le differenze
d'ora che emergono tra gli ottanti lunari.
« Come si rileva chiaramente, l'influenza dello stato orario della marea
è abbastanza accentuata; soltanto che la parte efficace dell'oscillazione della
marea si riduce alla quinta parte di questa. Ciò dimostra che la comuni-
cazione attraverso i sotterranei meandri non è tanto immediata da permettere
che nelle sei ore di durata, sia del flusso sia del riflusso, l'effetto sia com-
piuto. Ad analoga deduzione conduce il ritardo di 3h lm, in cui si manifesta
l'effetto giornaliero e quello di 3 giorni rispetto alla fase generale.
« Kicordando qui ciò che altra volta ho dimostrato, cioè che la tempe-
ratura, variando di conserva coli' efflusso della sorgiva, è atta a rappresentare
fedelmente la portata, non mi pare arrischiato il concludere che la pressione
esterna del mare sul bacino interno debba prodursi attraverso un filtro natu-
rale di quella sabbia che costituisce la spiaggia d'Ischia ed ottura proba-
bilmente i più reconditi ed angusti meandri della trachite situati al disotto
del livello del mare. Il tributo che ha origine dalle precipitazioni acquee
sull'isola, potendo riguardarsi perenne, dà luogo ad una continua tendenza
all' efflusso verso il mare, il che impedisce grandemente la mescolanza delle
due qualità d'acqua, ma non tanto il ristabilimento delle necessarie condizioni
d'equilibrio, da cui consegue l'efflusso dell'acqua termale, di minor peso spe-
cifico, ad un livello un po' superiore a quello del mare.
u Lo stesso metodo d'osservazione, applicato a sorgive più elevate, rile-
verà se pme in queste la marea abbia influenza e se convenga ricercarne il
meccanismo idrostatico in meandri molto più profondi, cioè tanto da giusti-
ficarne l'elevatezza con analoghi criteri.
« Frattanto sono soddisfatto d'aver potuto fissare per le sorgive del porto
d'Ischia leggi tali che rendano ragione, mediante agenti esterni di tutte le
variazioni idrotermiche attentamente osservate, dalla completa siccità al mas-
simo calore.
« La dimostrazione dettagliata delle conclusioni qui esposte in sunto
generale, la quale è in corso d'elaborazione per essere pubblicata negli An-
nali dell' Ufficio centrale di meteorologia e geodinamica, terrà in considera-
zione altre circostanze più minute e tratterà una nuova serie d'osservazioni,
libera dalla metà di settembre in poi delle interruzioni derivanti presente-
mente dalla pompatura » .
— 225 —
MEMORIE
DA SOTTOPORSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
A. Maggiora. Le leggi della Fatica studiate nei muscoli dell'uomo.
Presentata dal Socio A. Mosso.
V. Grandis, Influenza del lavoro muscolare, del digiuno e della tem-
peratura sulla produzione di acido carbonico e sulla diminuzione di peso
dell'organismo. Pres. id.
PERSONALE ACCADEMICO
Il dott. G. Schweinfurth inviò all'Accademia una lettera di ringra-
ziamento per la recente sua nomina a Socio straniero.
Giunse all'Accademia la dolorosa notizia della perdita da essa fatta nella
persona del Senatore Cesare Correnti, Socio nazionale dal 6 Aprile 1873,
mancato ai vivi il 4 ottobre 1888.
CORRISPONDENZA
Ringranziarono per le pubblicazioni ricevute :
La R. Accademia storica di Madrid ; la Società Reale e la Società degli
antiquari di Londra; la Società filosofica e l'Università di Cambridge; l'Uni-
versità di Upsala; la R. Biblioteca di Berlino; il Museo Teyler di Harlem;
l'Osservatorio dell' «Harvard College» di Cambridge Mass.; l'Osservatorio
di Washington; l'Osservatorio del Capo di Buona Speranza.
Annunciarono l'invio delle loro pubblicazioni:
Il R. Istituto di studi superiori di Firenze ; la Società fisica di Berlino ;
la Società di scienze naturali di Karlsruhe ; l'Università di Giessen ; la R. Scuola
d'applicazione per gl'ingegneri di Roma; la Scuola politecnica di Delft;
l'Osservatorio astronomico di Berlino.
Ringraziò annunciando l'invio delle proprie pubblicazioni:
La Società delle scienze di Christiania.
P. B.
D. C.
— 227
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DEIiLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
pervenute all'Accademia sino al 21 ottobre 1888.
Archeologia. — Il Socio Fiorelli trasmise il fascicolo sui
rinvenimenti di antichità per lo scorso mese di settembre, e lo accom-
pagnò con la Nota che segue:
« Da Lirnena nella provincia di Padova (Regione X) si ebbe un rapporto
intorno a mattoni con bolli di fabbrica, scoperti in sepolcri di età romana in
contrada Tavelle Una lamina di bronzo con figura in rilievo, rappresentante
una Vittoria, fu recuperata in Verona ; ed in Ravenna (Regione Vili), in occa-
sione del riordinamento delle lapidi nel nuovo Museo, si ritrovarono varie iscri-
zioni, che si credevano smarrite, e che furono edite sopra antichi apografi.
Si ebbero pure alcune iscrizioni nuove dell'agro ravennate.
« In Orvieto (Regione VII) furono ripigliati gli scavi della necropoli
volsiniese in contrada Cannicella, dove si scoprirono tombe a camera, per
lo più depredate, e vi si raccolsero buccheri e vasi dipinti in frantumi.
« Preziosi frammenti di iscrizioni latine furono studiati dal R. Com-
missario comm. Gamurrini in Cupra Marittima (Regione V). Alcuni appar-
tengono al calendario, altri ai rinomati fasti cuprensi; e vi si aggiungono
vari titoli sepolcrali ed un pezzo di tavola di bronzo, con parte di un decreto
di patronato. Nella Nota in cui il eh. Gamurrini rende conto delle scoperte,
sono pure trattate questioni di topografia dell'antica città picena.
Rendiconti. 1888, Vol IV, 2° Sem. 30
— 228 —
« In Koma (Regione I) si dissotterrarono molte iscrizioni funebri nella
villa Lancellotti, già Giustiniani, al Laterano; altre se ne scoprirono nella
villa Bonaparte; altre nella via Nomentana; altre infine sulla Salaria.
« Si recuperarono pure vari pezzi della pianta marmorea capitolina,
nell'area adiacente ai giardini del palazzo Farnese presso via Giulia, ove si
ritrovarono gli altri dei quali si disse nelle precedenti comimicazioni alla
E. Accademia. Con questi ultimi, i frammenti ora scoperti ascendono a centottan-
totto; e sono stati destinati alla raccolta antiquaria del Campidoglio, per
essere riuniti agli altri che quivi si conservano.
« Parecchi si riconnettono con quelli già editi ; ma ogni giudizio intorno
all'importante rinvenimento è prematuro, finché non sieno compiuti gli studi
necessari intorno ai rapporti tra la serie ora salvata, e quella già messa per
lo innanzi a profitto dello studio.
« In Pompei proseguirono gli scavi nell'isola 7 della Regione IX, e
nell'isola 3 della Regione V. Si scoprirono molte anfore iscritte, ed oggetti
comuni di corredo domestico.
« Ai rapporti pompeiani seguono le relazioni intorno agli oggetti rin-
venuti nella necropoli di Torre di Mordillo nell'agro di Sibari (Regione III),
durante gli scavi colà eseguiti dal 16 al 27 dello scorso aprile. Dalle 143 tombe
allora esplorate, si ebbe suppellettile di arte locale, simile a quella che resti-
tuirono i sepolcri esplorati precedentemente. In Reggio di Calabria si recu-
perarono parecchi frammenti fittili di vasi e di mattoni, nei quali si lessero
impronte di bolli greci.
« Un'ampia Relazione dei professori Salinas e Patricolo descrive i lavori
eseguiti nell'acropoli di Selinunte, dove si fecero scoperte di antica topografia,
assai ragguardevoli.
« Finalmente una Nota del prof. Guidi tratta di un'iscrizione cufica fram-
mentata, scoperta presso il palazzo già Vice Regio di Cagliari; e chiudono
il fascicolo varie notizie intorno a rinvenimenti di minor conto, avvenuti entro
la stessa città di Cagliari, a Cuglieri, e nel territorio dell'antica Olbia ».
Filologia. — Sulla classificazione dei manoscritti della Divina
Commedia. Nota del Socio Ernesto Monaci (*).
« Scopo di questa Nota è di sottoporre al giudizio dei dantologi una
proposta circa il metodo che più efficacemente si potrebbe adoperare per clas-
sificare i manoscritti della Divina Commedia.
0) Di questa Nota, letta all'Accademia fin dal gennaio 1884, indugiai la stampa
desiderando unirvi una nuova recensione che dei mss. danteschi delle biblioteche di Roma
avevano intrapresa il dott. N. Angeletti e il dott, G. Salvador! Avendo per altro cagioni
I
— 229 —
« Si sa che la classificazione dei mss. è un lavoro preparatorio, indi-
spensabile per la ricostituzione di qualunque testo di cui siasi perduto l'ori-
ginale e di cui si abbiano invece molte copie discordanti fra loro; e si sa
ancora che per il testo della Divina Commedia questo lavoro preparatorio non
fu mai fatto, causa principalmente lo stragrande numero delle copie da confron-
tarsi, le quali passano il mezzo migliaio.
« Fra i dantofili unico Carlo Witte tentò la diffìcile impresa (!). Ma dopo
trentacinque anni di fatiche egli desistette scorato davanti a un immenso
cumulo di materiali che trovò insieme soverchio e insufficiente al bisogno.
Insufficiente, perchè l'apparato critico non era ancora completo, ma pur già
soverchio, perchè in mezzo a tanta congerie di varianti raccolte il filologo
smarriva la via per la quale muoversi.
« Così il Witte disperando di poter mai riuscire a « distribuire per
famiglie tutti i codici esistenti » (p. lxxiv), alla fine s'appigliò, come a
spediente migliore, al partito « di scegliere fra tante centinaia di testi a penna
quei pochi che offrono la lezione più primitiva e più corretta » (p. lxxv),
e su di quelli fondò la nuova sua edizione, che fu la berlinese del 1862.
« E veramente in via provvisoria non si sarebbe potuto far di meglio.
Una edizione, siccome quella del Witte che ha per base quattro mss., è sempre
da preferirsi alle tante e tante che la precedettero e che la seguirono, nes-
suna delle quali, eccetto qualche riproduzione diplomatica, può invocare per
sé intera l'autorità di un codice solo, mentre poi tutte furono più o meno
alterate dall' eccletismo e da arbitri i più capricciosi.
« Ma ho detto « in via provvisoria » ; perocché lo appagarsi nel testo
wittiano, del quale l'editore medesimo si confessò non soddisfatto, sarebbe
non che altro leggerezza inescusabile. Tanto più che a parte i difetti già rico-
nosciuti dallo stesso Witte, resta pur sempre il dubbio non s'ascondano errori
persino là nelle fondamenta della ricostituzione wittiana.
« Il Witte dichiarò di avere prescelto per tale lavoro quattro dei codici
che offrono « la lezione più primitiva e più corretta » . Ma con quali criteri
giunse egli a riconoscere questa lezione più primitiva e più corretta, se non
era riuscito a classificare i codici per famiglie, e molto meno a ritrovare i
capostipiti di quelli e a ricomporne l'albero genealogico?
diverse impedito finora il compimento di tale lavoro, mi limito alla stampa della sola Nota,
riservando di comunicare in altro momento la recensione predetta, intesa a supplire quella
del Batines, che nella sezione romana in ispecie è affatto insufficiente.
0) La Divina Commedia di Dante Allighieri ricorretta sopra quattro dei più auto-
revoli testi a penna da Carlo Witte. Berlino, Decker, 18G2.
— 230 —
« Evidentemente il Witte si mosse dentro un circolo vizioso, e se oggi
si ammette che egli abbia, nella maggior parte dei casi, colto nel segno,
ciò per verità avviene più per un atto di fede nella bontà del senso critico
di lui, che non per la dimostrazione con la quale egli avrebbe dovuto avva-
lorare il suo processo ricostitutivo.
« Adolfo Mussarla, in una Memoria da lui letta all'Accademia delle
Scienze di Vienna, nel 1865, diceva: « Se al comparire dell'edizione del Witte
« fu dichiarato da alcuni che il lavoro è finito, che s'è ottenuto quello cui
« s'aspirava, io non esito a credere che l'illustre editore sarà stato il primo
« a contraddire a tale asserzione, e ch'ei molto si dorrebbe se gli studiosi
« volessero arrestarsi all'opera sua, e non cercassero piuttosto di continuarla
« I codici consultati dal Witte vanno, non v'ha dubbio, fra i migliori; ma
« non è certo (e secondo me nemmeno probabile) che spettino ciascuno ad
« una diversa famiglia, né che in quelle a cui appartengono abbiano il
« primo luo (io ; la critica non può adunque riconoscere nella nuova edizione
« cne un primo utilissimo tentativo di nulla accettare nel testo che non si
« fondi sull'autorità dei codici ».
« Determinato con queste parole del Mussafia, che non potrebbero essere
più chiare né più giuste, il valore dell'opera wittiana, resta da vedersi come
quella possa essere continuata. Il Mussarla stesso lo suggeriva in quella
Memoria. « Gioverebbe adunque ■ egli diceva « ora che il principio s'è fatto,
« procedere alacremente, ed esaminare da un capo all'altro il maggior numero
« possibile di manoscritti, e darne relazione esatta e completa, cosicché a
« mano a mano riesca metterne in chiaro la vicendevole relazione e ridurre
« a pochi capi l'esuberante loro quantità ».
« A un tale consiglio aggiunse il Mussafia l'esempio, dando contezza di
due codici, uno di Vienna l'altro di Stoccarda; e vari contributi simili si
ebbero pure dall'Italia, ove ormai è stato fatto conoscere, anche nelle più
minute particolarità ortografiche, un considerevole numero di testi a penna.
« Ma non c'illudiamo. Seppure si continuasse alacremente, e ciò non pare
troppo, il materiale da esplorarsi è tanto e tante sono le difficoltà che lo
circondano, che non potremmo mai ragionevolmente sperare di vederlo tutto
messo alla luce, per quanto volessimo augurarci lunga vita.
« La missione dunque dei nostri contemporanei negli studi sul testo dan-
tesco dovrà limitarsi ad accumulare descrizioni di codici e spogli di varianti
per uso della generazione futura? E non sarà possibile di abbreviare la via
e di far noi stessi un passo di più, oltre quello delle ricognizioni bibliografiche?
A me pare di sì.
« Per determinare le varie famiglie dei codici non necessita punto quel-
l'apparato completo di varianti che si domanda per il lavoro definitivo della
costituzione del testo. Moltissime varianti in quel primo stadio non porgono
i
— 231 —
alcun criterio classificativo ; altre moltissime, non che aiutare, valgono sol-
tanto a rendere più intricata e difficile la bisogna del classificatore, e l'abilità
del filologo in questo caso sta principalmente nel non mettere in azione
materiali più del necessario. Se si trascura? questa norma economica, si rischia
di mandare perdute tutte le fatiche anteriori o almeno di accasciarsi davanti
a un lavoro pel quale non si trova uomo con forze bastevoli. Così accadde
al Witte dopo aver sudato trentacinque anni.
« Ma se un numero ristretto di varianti è sufficiente per determinare, al-
meno fin a un certo punto, le principali famiglie dei codici, perchè adesso
non ci limiteremo appunto a ciò ? Determinate le famiglie ossia i gruppi prin-
cipali, allora vi sarà bisogno di un secondo spoglio di varianti per lavorare
entro ciascun gruppo, per dividere le sezioni e le sottosezioni, per ricercare
i testi più anziani e fondamentali. Ma allora nemmeno saranno necessarie le
varianti tutte, e intanto, fissato il metodo, diverrà possibile la ripartizione
del lavoro ulteriore, e chi studiando in uno chi in altro gruppo, si potrà
con molto guadagno di tempo giungere, forse da più parti insieme, fino ai
capostipiti.
« Dai capostipiti poi bisognerà estrarre fino all'ultima le varianti anche
minime ; perchè su di quelli si dovrà finalmente intraprendere il vero lavoro
di ricostituzione del testo. Ma certo i capostipiti non saranno molti, e quanto
inutile ingombro di varianti dei codici secondari e terziari, quanto vano sper-
pero di danari e di forze sarà stato allora evitato!
« Non fosse che per queste considerazioni, credo la proposta non imme-
ritevole di esser presa in esame.
« Se non che dirà taluno : uno spoglio parziale delle varianti potrà ve-
ramente bastare a questa prima indagine su le diverse famiglie dei codici?
Uno spoglio parziale non fu già sperimentato insufficiente dal Witte ? Kispondo :
fra lo spoglio parziale che fu adoperato dal Witte, e quello che qui si pro-
porrebbe, e' è differenza.
« Il Witte raccolse tutte le varianti di un solo canto, il terzo dell'In-
ferno; io proporrei di raccoglierne alcune solamente, ma da tutti i canti del
poema. Si tratta dunque di procedere addirittura con altro metodo. Potrà
aspettarsi da ciò un risultato migliore ?
« Ho già notato più addietro che non tutte le varianti sono buone come
base a criteri classificativi. Ora è il caso di chiarir meglio questo concetto.
« Varianti siccome et ed <?, borio e buono, siam e seni, cioè varianti che
consistono soltanto nel diverso modo di scrivere una stessa parola, o nel di-
verso modo di pronunziarla, o anche nel diverso modo di articolarla gram-
maticalmente, possono esse mai offrirci sicuro indizio intorno alla figliazione
dei manoscritti ove le incontriamo ? Non si può esitare a dir di no. Ignoriamo
forse che i copisti del medio evo, non avendo una grammatica e perciò nem-
— 232 —
meno una ortografia fissa, oscillavano continuamente nell'uso fra le così dette
grafie etimologiche e le fonetiche, tra le forme più spontanee del vernacolo
materno e quelle altre forme men comuni che suggeriva loro una coltura ibrida
quasi sempre latineggiante? La fedeltà del copista non era intaccata se, tro-
vando buono egli scriveva borio ; se trovando onore scriveva ìionore ; se tro-
vando avemo scriveva abbiamo, o viceversa. Laonde differenze simili vanno
affatto bandite da uno spoglio destinato allo scopo di cui parlo : perchè non
si può mai esser certi se esse provengono dal codice esemplato, oppure dal
diverso modo di scrivere del copista.
« Le sole differenze a cui si può, anzi si deve badare nel caso nostro,
sono quelle di una parola per un'altra, di una per un'altra frase; ossia, messe
da parte le varianti puramente grafiche, fonetiche e morfologiche, conviene
ristringere la osservazione alle varianti sintattiche e alle lessicali. Quando,
per esempio, su dieci mss. quattro, nel canto V dell'Inferno v. 83, leggono
con l'ali alzate e sei leggono con l'ali aperte, non potremo più dubitare
che i primi quattro appartengono a una famiglia o almeno a una sezione che
non è quella degli altri sei, e sarà giustificata una prima classificazione su
simili basi.
« Ma non sempre un codice fu esemplato tutto su di un altro, e le differenze
o le coincidenze di un canto non possono sempre dare argomento sicuro sulle
relazioni degli altri canti e soprattutto delle altre cantiche. È dunque indi-
spensabile prima d'ogni altra cosa andare spigolando non in un canto solo,
ma per tutto il poema, alcune lezioni che veramente possano chiamarsi « punti
critici », e in questi por ora converrà fermare il primo studio.
« Chiarite le ragioni della mia divergenza dal metodo wittiano, resterebbe
soltanto da scegliere le lezioni che dovrebbero essere sottoposte al confronto.
Io qui ne offro un saggio di trenta, cavate tutte dalla prima cantica. Se altre
paressero più acconcie allo scopo, gioverebbe che fossero segnalate: io pre-
ferii queste, perchè mi sembrarono le meno illusorie.
« Al saggio di queste trenta varianti ho aggiunto lo spoglio dei sessanta-
cinque mss. della Commedia che si conoscono in Koma; il quale spoglio fu
fatto da due miei antichi alunni, il dott. N. Angeletti e il dott. G. Salvadori.
Sarà così più facile di giudicare della mia proposta ; e si vedrà pure quanto
presto, adottando questo metodo, si potrebbe portare a compimento lo spoglio
di tutti gli altri manoscritti. Basterebbe che in ogni città ove stanno codici
della Commedia, si trovasse uno studioso, il quale raccogliesse le varianti
di quei luoghi medesimi e le ordinasse in una tabella simile in tutto a questa
che presento. Kaccolte le tabelle, dovrebbero essere fuse tutte in una, ed è
su quell'una che converrebbe incominciare il lavoro della classificazione.
« Avverto da ultimo che i numeri 1-65, con i quali qui indico i codici
— 233 —
spogliati, corrispondono ai numeri della Bibliografia dantesca del De Batines
come appresso:
1 = De Bat. 358
2 » 359
3 » 365
4 » 372
5 » 369
6 » 370
7 » 36S
8 » 362
9 » 366
10 » 371
11 » 467
12 » 373
13 » 364
14 » 363
15 » 374
16 « 375
17 » 343
18 = De Bat. 442
19 » 334
20 » 380
21 » 376
22 ;> 378
23 » 385
24 « 380
25 « 379
26 » 377
27 » 383
28 » 384
29 » 382
30 » 353
31 » 356
32 » 354
33 » 348
34 « 349
35 .
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
De Bat. 352
» 345
» 346
» 351
355
347
» 350
341
» 319
327
335
» 326
330
338
» 321
336
» 322
52 = De Bat. 328
53
54
55
56
57
58
59
60
61
62
63
64
65
329
334
333
337
332
340
323
331
320
320
324
325
388.
~2U~
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22*23 24 25 26 27 1
1 4. E quanto a dir ....
A. 12 .... 17 • 19
Ai quanto
28 Poi ch'ei posato un poco . . 12 3 4 5 6 7 8 9 . . .13 . 15 16 17 18 19 •
r .... 24 . 26 .
Poi posat'ebbi un p
.... 12 ;
Numero de1 Codici
Inferno. na 07
12 3 4 5 6 7 8 9 .11 . 13 14 15 16 .18 . 20 21 . 23 24 . 26 27
ii 23
E riposato un p 1J-
Poi ch'ebbi riposato
E riposato un
Com'io posato
11
Da ch'ebbi riposato ATE
• • • 21
E poi che fo posato
. . 20 .
Poi prese lena un poco.
. raeme ten^e 1 2 3 4 . 6 7 8 9 . 11 12 13 1 1 15 16 17 18 19 20 21 . 23 24 . 26 2.
48. Si che
treraesse .... 5 .
n 60 quanto '1 moto. . . 1 2 3 . 5 . . 8 9 . . 12 13 . . 16 . • • '
„„,„»1„,-. 4.67 ... 11 . • 1415 .1718192021 . . 24 . 26
93. E fiamma 11 . •
»_ 12845678-9 . .12 13 14 15 .17 18 19 20 21 .23 21 .26 2
„, 59. Vidi , c.-M 128456789 .11 .13 14 15 16 17 18 19 20 21 .23 24 .26 2
19
Guardai e vidi ±a ■
.... i o a fi 7 9 11 13 14 15 . 17 18 19 20 . . 23 24 . 26 2|
IV, 95. Di quei signor 12.4.01.» • lx • x" ■"
„ K o io 16 . ■ ■ • 21
Di quel signor o . •> . • o . • • A * •
1 o q A. K fi 7 8 0 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 . 23 24 . 26 2
V, 59. Che succedette 12- 345o7o» . 1' lj 10 «
. ,, ... 16d
Che sugger dette ,
i o o 4 c e - fi o li 13 14 15 16 17 18 19 20 21 . 23 24 . 26 t
83. Con l'ali alzate 123456709 - U . IO I i
io
Con l'ali aperte -1"
VI 18 scuoia ed isquatra ...4 11.
ingoia 123.56789 . .12 13 14 15 .17 18 . .21 . .24 .26.
. 19 20 . .23 . . •
ingola
Vili, 101. E se '1 passar .2.456789 .11 . 13 14 15 16 17 .19 .21 .23 . j
.12 .... 18 . 20 ... 24 . 26
E se l'andar 1 .3
IX 64 sucid' onde . . 1 9
torbid'onde... .2345678. .1112 13 14 15 16 17 18 19 20 21 .23 24 .26!
x 136 spiacer suo lezzo 12 3.56789 . 11 12 13 14 15 . .18 . .21 . 23 24 .26
.. 16 17 ..19 20
spicciar suo lezzo
sparger suo lezzo . ... 4
XI, 90. La divina vendetta 1 2 . . 5 . 7 8 9 .11 . 13 14 15 . 17 18 19 20 21 . 23 . ■
i9 16 24 . -so
La divina giustizia ..o4.b -1 •
n , , . . . f 1 9 o a S fi 7 8 9 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 . 23 24 . 26
91. 0 sol che sani ogni vista .. l^o4DO'OJ . i' *■"
0 sol che solvi
a Manca in questo codice la cantica dell'Inferno.
b La varala primitiva, che ora è inintelligibile, fu corretta in succedette.
e II testo ha succedette, nel margine poi fu scritto sugger dette dallo stesso «*»*»• mm k,ioM n0lì è sicura.
d Pare che pròna fosse scritto succedette, e che quindi sia stato corretto sngir dette, ma quest ulttma le^.e
235 —
32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 4960 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61*68 63 64 65
32 33 34 . 36 37 38
. . 41 42 43 44
. 46 .
. . 50 51 52 . 54 55 56
. 58 59 .
. . 63 64 .
. 33 . . . 37 .
40 41 42 43 .
. 59 .
32
. 34 35 44
36 . 38
58
62
46
63 64
63 64
52 33 34 35 36 37 38 . 40 41 42 43 44 . 46 48
• 34 . . . 38 . 40 . 42 43 44 . 46 .
52 33 . 35 36 37 . . . 41 . . 45 .48
50 51 52 53 . . 56 . . 59
• . . . 54 55 . . 58 .
50 . 52 59
.51 . 53 54 55 56 . . .
50 .-.-. .
. 63 64 .
62 . . .
. . 64 .
62 63 . 65
Ì2 33 34 35 36 37 38 . 40 41 42 43 44 45 46
12 33 34 35 36 37 38 . 40 41 . 43 44 45 46
42 . . .
59
. 51 52 53 54 55 56
50 51 52 53 54 55 56
59
62 63 64 65
62 63 64 65
. . 34 35 36 37 38 . 40 . . 44 45 . 48
2 33 39 . 41 42 43 . . 46 . .
12 33 34 35 36 37b38 . 40 41 42 43 44 45 46 . 48
50 51 52 53 54 . 56 . . 59 . . 62 63 . 65
55 64 .
50 51 52-53 54 55 56 . . 59 . . 62 63 64 65
2 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 .
. 50 51 52 53 . 55 56 .
. 59 .
. 62 63 64 65
2 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48
. 50 51 52 53 . 55 56 .
. 59 .
. 62 63 64 65
2 33 34 35 36 37 38 39 40 41 . . 44 45 46 47
42 43 .... 48
33 . . 36 . 38 44 45 . .48
. 34 35 .37 . 39 40 41 42 43 . . 46 47
! 33 . . . 37 . 39 40 41 42 43 . 45 46 47 48
34 35 36 . 38 44
50 51 52 53 54 . 56 . . 59 . . 62 63 65 65
55
60
55
60
50 51 52 53 54 . 56 . . 59 . . 62 63 64 65
50 51 52 53 54 55 56 . . 59 . . 62 63 . 65
57 ...... 64 .
ì 33 34 35 36 37 38 39 40 41 . . 44 45 46 47
"... 42 43 .... 48
33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48
. 51 52 53 54 55 . 57 . . . . 62 63 64 65
50 56 .. 59 60
50 51 52 . 54 55 56 57 . 59 60 . 62 63 64 65
... 53
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 2° Sem.
31
— 236 —
Numero be' Codici 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 2
Inferno.
XII 125. Quel sangue sì, che cocea . . 1 2 . . 5 . 8 9 . 11 . 13 14 15 . . 18 19 . . . 23 . . . i
... copria. ..34.67... . 12 . . . 1617 . . 2021 . . 24 . 26
toccava
xin, «.Daii-un'de'capi 123456789 .1112 13 .15 16 17 18 19 20 21 .23 24 .26 2
lati 14
xiv 70. Dio in disdegno 2.4567 89 .1112 13 14 15 16 17 18 . .21 .23 24 .26
„ . o ... 19 20 21
.... dispregio O
.... dispetto 1
12 3 4 5 6 7 8 9 . 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 . 23 24 . 26 2
XV, 121. Poi si rivolse
.... partì .
.... mosse
1004^6 «9 il 13 14 . 16 17 18 . 20 . . 23 24 . 26 2
XVI, 135. O scoglio 1 ,4 e* 4 O O . O y • n ■ io x*
7 12 ... 19 . 21
A scoglio ....
|odì fi 7 8 9 11 12 13 14 . . 17 18 19 20 21 . . 24 . 26
XVII 115. Ella sen va notando 1 ^ o * . D I o J . 11 io xu xt
k 16 . . . 23 . . .
rotando °
XVIII 104 col muso isbuffa ...4 La .
scufta. 1 2 3 . 5 6 7 8 9 . 11 . 13 14 15 16 17 18 19 20 21 . 23 24 . 26
stuffa
io ^879 11 12 13 15 . 17 18 . 20 21 . . 24 . 26
XIX, 12. E quanto giusto I £ . . O O I . V ■ xi io io
fi . . . 16 . . 19 . . • 23 . . •
Quanta giustizia ° •
14
E quant'e giusta •
E quanto giusta o 4
12 3 4 5 6 7 8 9 .11 . 13 14 15 16 17 18 19 20 21 . 23 . .
XXIV, 119. 0 potenzia di Dio
0 vendetta di Dio
io .... 24 . 26
0 giustizia di Dio LLj
„ , 1 o a k « 7 a o 11 T3 14 15 16 17 18 19 20 21 . 23 24 . 26
XXV, 144. La novità se fior la penna . . 1 2 . 4 5 b 7 O V .11 ■ IO li io io n io
r, 19
lingua . ..£> l"
XXVI, 57. A.la vendetta vanno 12.456789 .11 . 13 14 15 16 17 18 19 20 21 . 23 24 .26
corron 3 xo
12 3 4 5 6 7 8 9 . 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 . 23 24 . 26
XXIX, 120. Dannò Minos a cui fallar
peccar
parlar
XXX 31 rimase tremando 12 3 4 5 6 7 8 9 . 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 . 23 24 . 26
tirando
gridando.
il 1 2 3 4 5 6 7 8 9 . 11 12 13 14 15 . 17 18 19 20 21 . 23 24 26
Poiché '1 dolor potè più che '1
XXXIII, 75. Poscia più che il dolor potè
.... 16
16 . . 19 . 21
XXXIV, 82 si fatte scale
. .colali. . 12 3 4 5 6 7 8 9 . 11 12 13 14 15 . 17 18 .20 . . 23 24 .26
L'amanuense avea cominciato a scrivere dispr, poi cancellò e scrisse disdengno.
Il codice ha tirando, via scritto da altra mano e assai piti recente.
— 237
12 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65
52 33 34 35 36 37 38 39 40 41 . . 44 45 46 47 48 . . 51 52 . 54 55 . 57 . 59 . 62 63 64 65
42 43 50 . . 53 . . 56 . . . 60
| 33 34 35 36 37 38 38 40 41 . . 44 45 46 47 . . 50 51 52 53 54 55 56 57 . 59 . . 62 63 64 65
42 43 .... 48
;2 33 34 35 36 37 38 39 40 41 . . 44 45 . 47 48 . 50 51 52 53 54 55 . 57 . 59 . . 62 63 64 65
42 43 . . 46 . . . . 51e
Ì2
33
34
35
36
37
38 39
40 41
42 43
44 45 46 47 48
. 50
51
52
53
54
55
56
57
. 59
60
. 62
63
64
65
12 33 34 . 36 32 38 39 40 41 . . 44 45 46 47 48 . . . .53 54 55 56 . 59
• -35 42 43 50 51 52 . . . . 57 . .
12 33 34 35 36 37 38 . 40 41 42 43 44 45 . 47 48 . 50 . 52 53 . 55 56 57 .
39 46 .... 51
62 63 64 65
54
59
62 63 . 65
. . 64 .
35
42
48
62
| 33 34 . 36 37 38 39 40 41 . 43 44 45 46 47 . . 50 . 52 . 54 55 56 57 . 59 . . . . 64 65
51 . 53 63 .
,2 33 34 35 36 . 38 39 40 41 42 43
48 . 50 . .53 54 55 56 57 . 59
62
37 45 46 47
44 . . .
65
2 33 34 35 36 37 38 39 40 41
. : 43
51 52 63 64 .
44 45 46 47 48 . 50 51 52 53 54 55 56 57 . 59 . .62 63 64 65
2 33 34 35 36 37 38 39 40 41 . . 44 45 46 47
42 43 ... .
2 33 34 35 36 37 38 39 40 41 . . 44 45 46 47
51 52 53 . 55 56 57 . 59 . .62 63 64 65
50
51 52 53 54 55 56 57 . 59 . . 62 63 64 65
2 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48
. 50 51
52 . 54 55 56 57 . 59 .
. 62 63 64 65
2 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48
. 50 51
52 53 54 55 56 57 . 59 .
. 62 63 64 65
2 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48
. 50 51
52 53 54 55 56 57 58 59 .
. 62 63 64 e.:>
. 33 . . . .
2 . 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 . 50 51 52 53 54 55 56 57 . 59 . .62 63 64 65
— 238 —
Matematica. — Sui punti sestatici di una curva qualunque.
Nota I. del Socio G. Battagline
« Il problema della determinazione dei punti di una linea d'ordine qua-
lunque, nella quale essa ha con una linea di 2° ordine un contatto di quinto
ordine (punti sestatici) fu risoluto completamente dal Cayley ('), e la sua
soluzione fu poi verificata dallo Spottiswoode: in questa Nota si tratta la
stessa questione con altro metodo, fondato sulla Teoria dei Reciprocanti del
Sylvester.
« 1. Siano tra le coordinate cartesiane (X, Y) le equazioni di una linea
Cr, d'ordine r, e di una linea C2, di second' ordine, rispettivamente
(1) /(X, Y) = 0 , AX2 -f 2HXY -f- BY2 + 2GX -f- 2FY -f- C = 0 .
« Supponiamo che nel punto p (x, y) di Cr la conica C2 abbia con Cr
un contatto di 5° ordine ; indicando, pel punto p, con //', y'\ ... yw i coeffi-
cienti differenziali successivi di Y rispetto ad X, sino a quello di 5° ordine
(ricavati dalle prime cinque equazioni derivate, rispetto ad X, dell'equazione
di Cr) si avranno le condizioni
Ax2 -f 2Exy -f B//2 -f- 2G# + 2F// -f C = 0 ,
kx -f Ey -f G -f (Ha; + By + F)y' = 0 ,
A + 2Ky' + IV2 + (Ha + By + F)y"= 0 ,
(2)
3 (H + By') y" + (Ex + By + F) y'"= 0 ,
3By"° + 4 (H + By') y'"+ (Ex + By + F ) y» = 0 ,
10ByY"+5(H + B/)3r+"(H^+By+F)r = 0.
« Per trovare la condizione che determina i punti p (punti sestatici, o
punti di contatto sipunto tra C2 e Cr) bisognerà eliminare tra le equazioni (2)
i coefficienti A, B, ... C dell'equazione di C2 ; ora osservando che le ultime
tre delle suddette equazioni contengono linearmente ed omogeneamente le
tre espressioni
B, H + By', H^ + By + F,
il risultato dell'eliminazione richiesta sarà espresso da
= - V" (%"2 f - 45/' y'" f + 40/"3) = 0 .
0, 3/', y'"
3y"> ±f\ yn
10y"y'", hy", ?f
(') Cayley, On the ^extaclic Points of a piane Curve. Phil. Trans. Voi. 155, Pari II
(1865) p. 545-578. — Spottiswoode, Ibid. pag. 653-669.
: — x" (9x"2 xv — 45x" a?" xlv -f 40#'"3) = 0
— 239 —
« Se si considera invece X come funzione di Y, indicando, pel punto p,
con x\ w", ... xv i coefficienti differenziali successivi di X rispetto ad Y, sino
a quello di 5° ordine (ricavati dalle prime cinque equazioni derivate, rispetto
ad Y, dell'equazione di Cr) si troverà similmente che i punti p saranno deter-
minati dalla condizione
w, ÓX , X
3x"2, 4x"\ x™
« Luna, o l'altra, di queste equazioni è verificata da f = 0 , o da
#" = 0, condizione che determina i flessi di Cr; ma in un flesso tre punti
infinitamente vicini della curva essendo allineati sulla tangente d' inflessione,
la conica C2 che ha con Cr un contatto sipunto in un flesso si riduce alla
tangente d'inflessione presa due volte; adunque gli effettivi punti sestatici
di Gr sono determinati dall'una, o dall'altra, delle equazioni
(3) rx = 9y"2 if — 45/ y"f f -f 40/"3 = 0 ,
ry = 9x"2 xv—4òx" x'"x™ -f 4Qx"'3 = 0 ,
« I primi membri di queste equazioni sono (secondo la definizione del
Sylvester) Reciprocatiti, vale a dire ciascuno di essi differisce dall'altro per
un fattore, funzione della derivata la di y rispetto ad x, o di x rispetto
ad y ; ed infatti da xy' = 1 (come è noto) si deduce
y x'3 ' y ~ f5 » y ~ r7-
X ffi
v = _ 105^ x"2x'"—l9x'2 x'"2 — \9hx"±—\hx'2 x"x™ + x'3xv
x'9 '
sostituendo quindi i valori di queste derivate in rx, si troverà facilmente
rx= — y'12. Ty , onde similmente ry -= — x'12. rx.
« 2. Siano ora (sx , s2 , s8) le coordinate trilineari di un punto p, e sia
l'equazione simbolica di Gr
r = (A *i + A s2 + U ^Y = U = a! = b? = cr = .»
a, b, e, ... essendo simboli equivalenti ; sia inoltre una retta qualunque rap-
presentata dall'equazione lineare
V = Vi Si -f- v2 s2 -f- v3 s3 = vs = 0 .
« Indichiamo con (s\ , sf2 , s'3) le derivate di (s, , s2 , s3), considerate come
funzioni di un' altra variabile t ; essendo evidentemente f/-1 fa = 0 , ponendo
per brevità
(/>)i = A v3 — /s z>, , (fv)2 = f% vx — /', z>3 , (/^a = A »i — A »i .
si potrà supporre
s'x s'2 s'.
(1)
fsr-l(fv)x U-l{fv)2 U-X{fv),
— 240 —
« Consideriamo le due forme lineari
A = «! Si -f- «2 St -f- a3 s3 = «s , B = /?, Si -f- & S2 + /?3 Sa = A ;
si potrà porre
d t dv
# = «« , y = §$, onde ~rr = oy, -tt = &»
e per le formole del cambiamento della variabile indipendente, sarà "j=y,=:=~ì
sostituendo in questa espressione per le derivate (s\ , s'2 , s's) i denominatori
delle formole (1), che sono ad esse proporzionali, si troverà
y" Ar"1[«i(^)1 + «2(/t;)8 + «,(/»)■] frl{"fv) " Iac.(A,F,V)
onde ponendo
0) = Iac. (A, F, V) = a/-1 (aay) = b/~l (abv) — e/-1 (aev) = -
W= Iac. (B, F, V) = a/~l (fiav) = b/~l {§bv) = e/'1 (#w)=-
verrà finalmente
(21 ,_V_bf-l({ìbv)
« Indichiamo col simbolo J, posto innanzi ad una funzione di (s, , s2 , s3),
il risultato dell'operazione di differenziare quella funzione, rispetto ad (s, , s2 , s3)
(considerate come funzioni di /), e di porre per (s\, s'2, s'3) i denominatori
delle formole (1): supponendo in generale <P = <fsm, *P=i/>sn, sarà quindi
jcp = r,i(/sìr-ì f/-1 ( </ fv) = m Iac. (4>, F, V) ,
JV = n (/'.s"-1 /7"1 (V/>)= n Iac. (V, F, V) ,
j.O>V= mxj™-1 fs'-1 (*fo).V + nip;'-1 f/-1 {yfv).Q
= m Iac. (0, F, V) . W + n Iac. (V, F, V) . <P .
« Differenziamo l'equazione (2) rispetto ad x\ basterà evidentemente ope-
rare nel secondo membro col simbolo A, e poi dividere il risultato per <P;
si avrà così
ft_jfJW—qij<i> In/-lbsr-W-Kàcv)—b/-ìa/-W-\acv)^(aav)(^v)
y ^s —v" *) ^
il numeratore di questa frazione, scambiando tra loro, nella sua prima parte,
i simboli equivalenti b e c\ e nella seconda parte, i simboli equivalenti a
e e, diverrà
«/-1 b/-1 e/-2 [(aav) (cbv) (ficv) — (0bv) (eav) (acvf\ ;
addizionando questo risultato con l'altro che si ricava da esso scambiando
tra loro i simboli equivalenti a, e b, si potrà scrivere invece
2 US
xb^xc^Ucav)^ccbv){§cv)-- («w)(w|+(^)|(««p)OfwM«w)(^a»)|"];
— 241 —
ora è facile vedere che
(abv) (fov) — (acv) (fov) =— (cbv) (cefo) ,
ed
(aav) (fov) — (acv) (fov) = — (cav) (ufo) ,
si avrà quindi
(3) y" = - {r~l)Jia?v) af* br* c/-> (acv) (bcv) .
« Intanto tra le quattro forme lineari a8ì bs, cs, vs (effettive o simbo-
liche) si ha l'identità
as (bcv) -f- bs (cav) -f- cs (abv) = vs (abc) ;
elevando a quadrato verrà
as2 (bcv)2 + bs2 (cav)2 + cs2 (abv)2
— 2 [#s cs (abv) (acv) -f- cs as (bcv) (bav) + as bs (cav) (cbv)~\ = vs2 (abc)2 ,
onde moltiplicando per asr~2 bsr~2 csr~2 si avrà
af. br2 e/-2 (bcv)2 + b/. csr-2 asr~2 (cav)2 + e/. a/~2 br2 (abv)2
= vs2.a/-2bsr-2csr-2(abc)2:
quando a. b, e sono simboli equivalenti di una stessa forma ternaria di grado r,
questa relazione si ridurrà a
Besr. ar* bi-2 (abv)2 — Sor1 bf-x cr2 (acv) (bcv)=v2. a/~2 br2 esr~* (abc)2,
con ciò, ponendo
F2 = oT* br2 (abv)2, H = asr~2 br2 csr~2 (abc)2,
la forinola (3) diverrà
m ,,_(r—\)(afo) v*ìì — 3F2F
K > y ~ 6 ' <P3
« Per avere le altre derivate y'", ?fv, f, si differenzii successivamente
rispetto ad x l'equazione (4), vale a dire si operi nel secondo membro col
simbolo J, e poi si dividano i risultati per <D: ponendo in generale, per
brevità, Iac. (<Z>, «P, A') = (0>, W, X), e posto
K = ys2H — 3F2F,
(5) K' == (3r - 4) (K, F, V) O — (3r - 3) (<P, F, V) K ,
K" = ( 5r— 7) (Kr, F, V) <Z> — (òr — 5) (<P, F, V) K',
K"'= (7r— 10)(K'\F, V) <t> — (Ir — 7) (d>, F, V) K",
si troverà così
„_(r—l)(afo) JK (r-l)(afo) JC
J 6 0>3 ' y ' 6 " 0>5 '
(6)
ylv== (r-l)(afo) K^ (^-D(^) K^
J 6 0>7 ' J (3 <p» '
— 242 —
ora la condizione per i punti sestatici essendo, come si è veduto,
sostituendo i valori (6) di //", y"\ ifv, if verrà l'equazione
(7) 9K2 K"' — 45KK'Kr> + 40K'3 = 0 ,
e questa rappresenterà una curva, che nei suoi punti comuni con la curva
F = 0 , darà i punti cercati.
* I gradi di K, K\ K", K'" essendo rispettivamente 3/* — 4 , 5r — 7 ,
Ir — 10, 9r — 13, sarà il grado dell'equazione (7) v = 15r — 21; esso
però può essere ridotto con le considerazioni seguenti.
« 3. Richiamiamo alcune note proprietà dei determinanti funzionali di due
forme binarie, le quali col così detto principio di trasporto (uebertragungs-
princip) (l) si estendono ai Iacobiani di tre forme ternarie, delle quali una
sia lineare.
« Consideriamo le due forme ternarie
(p = <pm = asm = as'm = ••• , XY = tys" = b,n = b,'n = -
e la forma lineare V = vs . Siano £, /; due punti arbitrarli della retta V = 0 ;
per ogni punto p{$i, s2, s3) di questa retta si potrà porre (con «' = 1,2,3)
Si = 0ih -j- tfa^t, onde
as = axa\ -f- c2«r, = a1ffl-\- u.2a2 = a0 ; ba = ftxb£ -f- <t%bT = ptfi -f- /^^ = fic ,
avendo posto per brevità a\ = «i , o^ = «2 ; &£ = fr , &* -= /?* . Segue da ciò
che i punti d' incontro della retta V = 0 , con le curve <P = 0, e 9* = 0 ,
saranno determinati eguagliando a zero le forme binarie
tT) r, ffl f, ' m ... ,». f> n f> 'n ...
<fv — an — «a — • , Yv — Pn — Ra — •
« Indichiamo le transvesioni dei diversi ordini (ucberschiebungen) delle
due forme $p„ , \pv con
delle quali la prima non è che il determinante funzionale delle due forme
binarie <pv , i/\. ; pel suddetto principio di trasporto si avrà, relativamente alle
tre forme ternarie <I>, *P, V (essendo V forma lineare),
(0>, W, V)x = asm~l bs"-1 (abv), (#, *P, V)2 = «,*-» fc"^ (róy)2,
(<P,*P , V)3 = «sw-3 bs"-3 (abv)3, ...
delle quali la prima è il determinante funzionale, o Iacobiano, delle forme
ternarie CD, W, V (con V forma lineare) e le altre si potranno chiamare tran-
svesioni dei diversi ordini delle forme ternarie cP. *P con la forma lineare V.
(!) Clebsch Lindemann, Vorlesungen ùber Geometrie, pag. 274-277.
— 243 —
È noto, per la teoria delle forme binarie, che il quadrato del determi-
nante funzionale di due di tali forme è una funzione quadratica delle forme
stesse, sicché per le forme <pv e \pv si ha la relazione (')
(<f '« , V'»)i2 = — j\ (9v » %h - VV — 2 (qr , ìpv)t . <fv VV -j- ( ipv , %)t . tpv2 ;
quindi per le forme ternarie (P, *P e la forma lineare V sarà
(1) (<P,Y,V)1=— i[~(<M>,V),.Y8 — 2 (<P,^,V)2.<M>-|- (T,¥,V),.0>n .
dove, essendo a, al e b, V simboli equivalenti di <P, e di W,
(<P, <p, V)2 = «*-■ «'sw-2 {aa'vf, (#, Y, V), .= a,"-8 6sn"2 (aste)*,
(lF, ¥, V)2 = bsn~2 b\n-* (bb'vy.
« Considerando una terza forma ternaria X = A/ = csp = c'sp = ••• è più-
noto (2) che per le tre forme binarie cpv , ipv , yc si ha la relazione
w, — il I
e quindi per le forme ternarie (P, *P, A" e la forma lineare V
(jd>, *P,V |, ,A\v) =^=A_ (a>,^,V)2.A+i[(a>,A,V).^-(^,A,V)2^]:
se A è la stessa <I> , o pure */; , sarà invece
(^vj^v) = i (o>;<p,y)2.^- ^~1 (a>,^,v)2.<P,
( j <M*,Y j, ,*P,V)1 = - ì (*,*,V)t . 0) + ;^~"2 (*,V,V), . *" .
Finalmente se & = Osq = rfs« = d'/ = . . . è una quarta forma ternaria
si ha la relazione (3)
(yii,V«)i(zi»^)i=-4
((fv,Xc)2-^v^v—{<fr^v)2-VJvXv—{^7v)2-(f\:%M^v,ev)2-(fvXi
quindi per le forme ternarie <P , */; , A , Q) e la forma lineare V sarà
((P^V), (A,0,V),
^8) =— i|((P,X,V)2.^@— (a>,0,V)2.*PA— (?P,A,V)2.^0+(^,0,V)8.<PA
Ciò posto ; riprendiamo i valori (5) del numero precedente ; poniamo per
brevità
(*$,rk=*it (<P,F,V),=<!>8; (K.I'.V^K» , (K,F,V)2-K2, (F,F.V), i\.
(K',P,V) = K'1 , (K",F,V) =-- K", ;
(') Gordan, Invarianten Theorie. Parte II, pag. 52.
(2) Gordan, 1. e. pag. 57.
(3) Gordan, 1. e, pag. 52.
Eendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 32
si ha così
(4)
— 244 —
K' = (3r — 4)Ki <P — (3r — SJ^K,
K"=(5r— 7)K'1<Z> — (5r — 5)(P,K',
K'"= (7 r —10) K"i 0> — (7 r — 7) <Z>i K".
Fatti gli opportuni cambiamenti di lettere nelle formole (2), (1) e (3)
si ha poi
(K1|P,V)= — *F8K + ^r=§KgF , «P,,F,V)= - 1 F2 <Z> + ^^-^ <*>2 F ,
4r— 0
2r— 3
(5)
(p;2 = — \ [( 4>.0>. V)2 F2 — 2 0>, 0> F -f- F2 0>2 ,
K,2 = — | |"(<P,K,V)8 F2 — 2 K2 K F -f F2 K2 ,
(pì K, = — \ [~( #.lv\V ), F2 — K, '/> F — 4>, K F -f F2 <PK | ,
e dal paragone delle ultime tre si deduce
(<P,<P,V)2 F2 = 1>82 . (<P,K,V)8 F2 = d>s K, . (K,K,V)2 F2 = K2- ,
(6) <!>,* F2 = - 4 (0>2 F — F,, 4>Y . K!8 F2 = - £ (Ks I' - F2 K)2 ,
(P, K, F, = — | (</>, F — F2 <l>) (K,> F — I\ K ) .
onde
K'2F2 = — i[~(3/' — 4)(K2F — F2K)0> — (3/- — 3)(0>,F — F2<J>)kJ
— _ i f~F2 0>K -f F } (3 /' — 4) K, O — (3 r — 3) 0>8 K .
Ponendo attenzione ai gradi delle funzioni, e giovandosi delle formole (5)
si troverà successivamente
(5 r — 7) E', = (3 >• — 4) f~(4 r — 6) (K, , F ,V) 0> -f (r — 1 ) <f>, K, J
— (3 r — 3) [~(2 r — 3) (<P, , F,V) K + (3 r — 4) <£, K, J
= (3 r — 4) |~— J (4 /■ — 6) F2 <t> K -j- (3 r — 5) K2 0>F |
— (3/- — 3)1" -J (2/- — 3)F8<PK + (/' — 2)tf>, K F~j
+(3r— 4)|(r— 1)— (:V— 3)L— J~(0,K,V)àF*— K2#F— 0>2KF-f-F2#K~|
4 (5r— 7)F20>K+r(2/- — 4)(3r— 4)K20> — (2r — 2)(3r — 5)<P8K |f
_|_ (3r_ 4) (r— 1)(4>,K,V)2F2.
— 245 —
Inoltre
(5 r _ 5) o)1 K'= (5 r — 5) [~(3 r — 4) ^ Ki . # — (3 r — 3) 0>r . K ]
= _4.(5r — 5)T(3r — 4) j (0>,K,V)2F2 — K2<PF — <P8KF+F8a>K j *
_ (3 r _ 3) j (<p,<p,V)8 F2 — 2 <P2 # F + F2 <P2 k|
= | (5 r _ 5) |~F2 <P2 K — j (3 r — 2) <P2 K — (3 r — 4) K2 $ j <P F
— j (3 r — 4) (<P,K,V)2 <t> — (3 r — 3) (<P,0>,V)2 K | F2 J .
« Quindi
(7) K" = i (5r — 7) F2 0>2 K + |~(2r — 4) (3r — 4) K2 <P
— (2r — 2) (3r — 5) <Z>2 K | <P F
_|_(3r_4)(r — 1)(0>,K,V)20>F2 — i(5r — 5)F20)2K
_j_ | (5r _ 5) j(sr — 2) 0>2 K — (3r — 4) K2 0>| 0> F
_}_ j (5r _ 5) |(3r — 4) (<P, K, V)2 (P — (3r — 3) (0>, 0>, Y)2 Kj F2
= — F20>2K — *[~(3r — 4)(r+3)K20> — (r— l)(3r+ 10)0>2KJ<J>F
4-^f(3r — 4)(7r — 7)(0>,K,V)2^ — (òr — 3)(5r — 5) (<P, 0>, V)2 kJf*.
« Similmente, osservando che si ha identicamente (F, F, V) = 0 , si
troverà
(7r _ io) K/' = — Vpr - 4) (F2 , F, V) <P2 K
-f (2r — 2) F2 <P <!>! K -f- (3r — 4) F2 0>2 K,
_ 4- T(3r _ 4) (r + 3) j(4r - 8) (K, , F, V) 0> -f (r — 1) K2 ^ j
__ (r — 1) (3r -f 10) l(2r — 5) (<P2 , F, V) K + [3r — 4) 0>2 kÌJ <P F
_ ^ (r — 1) [~(3r — 4) (r + 3) K2 <P — (r — 1) (3r + 10) 0>2 KJ <D, F
+ ±r(3r _ 4) (7r - 7) [(4>- 9)j(0, K, V), , F, vj*+(r- ÌX^V)^,
— (3r— 3)(5r— 5)[(2r— 6) j(<P, <È>, V)2 , F, vj K
_|_(3r_4)(a>,0),V)2K1]lF2.
— 246 —
« Inoltre
(Ir — 7) <P, K" = — (Ir — 7) F2 tf>3 ^t K
- J (7r — 7) [~(3r — 4) (r-\- 3) K, 4> — (r — 1 ) (hr -f- 10) <P2 K~| <f> ^ F
-j- i (7r — 7) |~(3/' — 4) (7r — 7) (<Z>, K, V)2 <D
— (3r — 3) (òr — 5) (<P, </>. V)2 K~j <f>, F2 .
« Quindi
(8) K'"=— (2r — 4)(F2.F,V)0)3K + r(r,/- — 5)*,K— (Sr — 4)K1<P~|F2a>2
+ [— i (3r — 4) (r + 3) (4r — 8) (K2 , F, V) 4>
+ J;(r - 1) (3r + 10) (2/- - 5) (<P8 . F, V) K
-i(3r— 4)(r-j-3)(r— lJK.^+ifr— l)(3r+10)(3r— 4)<D2K! p'F
+ (3r— 3)[~(3/— 4) (r + 3) K2# — (//•— 1 ) (3r +10) 0>2K~] OXP, F
+ Q (3r — 4) (7r — 7) (4r — 9) j(0>, K, V)2 J\ vj </>
- | (3r - 3) ( òr — 5) (2* — 6 ) ( 0, 0>, V ),, . F. V K
+ i(3r — 4)(7r — 7)(r — 1) (0> , K , V), <P,
— V (3/- - 3) (.V — 5) (3r — 4) (<I>, <J>, V)2 kH 4> F2
- i (7r — 7) |(3r — 4) (7/.- — 7) (<D, K, V)2 </>
— (Sr— 3)(5r— 5)(0>, 0>, V), K~j ^ F2 .
« Il risultato della sostituzione dei valori di K, K', K", K '" nell'equazione
9K2 K"' — 45K K' K" -4- 4<>K'3 = 0 ,
formerà oggetto di altra comunicazione ».
Fisica. — Sulla costituzione fisica dei liquidi. Nota del Socio
Giovanni Cantoni.
« Alcune importanti Memorie dei signori William Ramsay, e Sydney
Joung sulla natura dei liquidi, dichiarata collo studio delle proprietà termiche
dei corpi stabili e dissociabili ('), mi suggerirono alcune considerazioni che
stimo non inutile di raccogliere in una breve Nota.
0) Philosophical Magazin and Journal of Science. Voi. XXIII, Fiffch"* Series, Januarv-
,lune, 1887, London.
— 247 —
« Gli autori delle predette Memorie concludono che le molecole di un
liquido stabile non sieno più complesse (cioè non abbiaDO una massa mag-
giore di quella del corrispondente vapore), e che perciò la differenza fra le
molecole di un dato liquido ed il rispettivo vapore o gas non sia di qualità,
come accade pei corpi composti, ma sia soltanto una differenza di quantità.
Essi appoggiano questa tesi considerando anzitutto i rapporti tra le caloricità
di una data sostanza, sia essa in istato liquido o in istato aeriforme, col suc-
cessivo mutare della temperatura nella sostanza medesima.
« Ed invero pare a me' che le nozioni comunemente esposte dai fisici
intorno alle molecole dei liquidi non sieno abbastanza esplicite, talché, ad
esempio, per essi le calorie di vaporizzazione di un liquido servirebbero a
compiere due lavori fra loro molto distinti, l'uno corrispondente al disgrega-
mento degli elementi vaporosi d'una data molecola liquida - vincendo l'azione
coesiva che li connetteva tra loro quasi a modo delle calorie di decomposi-
zione di una sostanza composta-, l'altro lavoro corrispondente soltanto all'espan-
sione o diffusione delle molecole vaporose così separate contro la pressione
dell'ambiente esterno. In tal senso ciascuna molecola liquida risulterebbe da
un aggruppamento particolare ed abbastanza stabile di minori particelle, quelle
cioè costituenti il vapore. Laddove si potrebbe anche imaginare che un liquido
fosse costituito da una sola qualità di molecole, quelle corrispondenti al ri-
spettivo gas o vapore, le quali aggruppate dapprima a forma di sistemi secon-
dari andrebbero di poi, col graduato crescere della temperatura, espandendosi
mano a mano restando però ancora, parzialmente almeno, governata dalla
reciproca loro gravitazione, infino a che ridotta questa al suo minimo d'azione,
siffatti sistemi secondari si risolverebbero tutti come in una nebula cioè in
un sistema discontinuo ed uniforme, qual sarebbe il gas prodotto dagli stessi
elementi ridotti liberi.
Pare a me che, nel mentre lo sviluppo della teoria cinetica dei gas -
accolta oramai dai tìsici siccome la più attendibile - provocò notevoli modifi-
cazioni nei concetti riguardanti le proprietà fisiche dei gas medesimi, i con-
cetti invece sulla costituzione dei fluidi liquidi non vennero, generalmente
almeno, modificati in correlazione ai principi della stessa dottrina cinetica.
« Già parecchi fatti mi sembravano contradditori al predetto modo di con-
siderare l'evaporazione nei liquidi come una dissociazione delle molecole
liquide di un sol tratto in minime molecole vaporose, ogniqualvolta cioè le
stesse molecole liquide vengono elevate alla rispettiva temperatura d'ebolli-
zione sotto data pressione, o meglio quando vengono elevate alla rispettiva
temperatura critica. Ad esempio, il progressivo aumento delle calorie di scalda-
mento dei liquidi correlativo all'aumentata loro temperatura, mentrechè la
coesione fra le molecole liquide deve scemare attesa la loro dilatazione, non
può essere interpretato se non si ammette, per ogni incremento di tempera-
tura, una parziale risoluzione delle molecole stesse in vapore; imperocché
— 248 —
crescendo la densità massima del vapore per l'aumentata temperatura deve
pure crescere il calore speso per elevare una data massa di liquido mano
mano a temperature superiori : e ciò correlativamente a quanto verificasi per
la evaporazione superficiale dei liquidi entro il vuoto torricelliano, e per la
variata temperatura di ebollizione di imo stesso liquido col variare della pres-
sione nell'ambiente esterno. Con altre parole il disgregamento della molecola
di un liquido nei rispettivi elementi vaporosi dovrebbe effettuarsi, parzialmente
almeno, anche nell'interno del liquido stesso ogniqualvolta si produca in esso
un incremento di temperatura od una diminuzione nella pressione esterna : e
ciò sempre entro i limiti compresi fra la temperatura di liquefazione del cor-
rispondente solido e la così detta temperatura critica, quella cioè per cui
il liquido stesso risolvesi tutto quanto in un gas abbastanza stabile.
« Ad analoga deduzione conduce il fatto seguente, avvertito da Driou.
Taluni liquidi, la cui temperatura d'ebollizione è molto bassa sotto la pres-
sione normale, contenuti però entro dilatometri abbastanza robusti e chiusi,
offrono, a temperature assai più elevate, un coefficiente di dilatazione, che cresce
così rapidamente da raggiungere ed anche da eccedere il coefficiente di dila-
tazione dei gas perfetti. In quest'ultimo caso e per questi liquidi rendesi evi-
dente l'influenza dei loro vapori interni, la cui tensione massima cresce appunto
più rapidamente del corrispondente aumento di temperatura.
« Già negli Atti di questa Accademia (') pubblicai una Nota nella quale,
traendo partito di alcune determinazioni dell' Amagat sulla correlazione esi-
stente fra la comprimibilità meccanica e la dilatabilità termica di alcuni
liquidi, mi adoperai per dimostrare la probabile sussistenza, negli spazi inter-
molecolari d' ogni liquido, dei vapori di questo allo stato di densità massima
corrispondente alla temperatura del liquido stesso. Ivi ho già raccolti altri
fatti, che mi sembrano in appoggio di codesta opinione.
« Ora però crederei che si possa con più di fondamento affermare, come
accennai più sopra, che la discontinuità interna di un liquido è mantenuta
grazie ad alterne ed assidue condensazioni ed espansioni del relativo vapore,
le quali non modificano la temperatura del sistema, finché si ragguagliano
quantitativamente, e quindi finché si ragguagliano pure le calorie prodotte
dalla condensazione e quelle volute per produrre la corrispondente espansione.
« Panni anzi che, nello stesso modo per cui effettuasi la propagazione
del calore nei fluidi aeriformi mercè i moti cinetici delle rispettive loro mole-
cole, così anche la convessione del calore entro di un liquido dal basso all'insùpuò
immaginarsi prodotta da successiva espansione dei gruppi molecolari inferiori e
condensazione di questi, così espansi, nei gruppi molecolari superiori, talché la
temperatura verrebbe aumentata da uno ad altro stato sovrastante, mercè siffatta
duplice ed inversa mutazione di densità nel vapore costituente il liquido stesso.
(*) Sui vapori diffusi nell'interno dei liquidi. Nota del Socio Cantoni letta il 1° giu-
gno 1879. (Transunti, serie 3a, voi. Ili, pag. 223).
— 249 —
« Un altro fatto a questo analogo sarebbe, a mio credere, quello riguar-
dante la lunga conservazione nella figura e nella posizione relativa di alcuni
cirri disseminati entro di un campo atmosferico nel resto sereno. Accadde
non poche volte di osservare in giornate serene e calme, nelle ore di poco
posteriori al mezzodì e nell'alto dell'atmosfera, che alcuni sottili gruppi di
cirri-strati o di cirri-cumuli si mantengono lungamente disseminati, conser-
vando, in generale, la disposizione e la forma delle singole loro parti; e ciò
anche per parecchie decine di minuti, sebbene nel frattempo la densità rela-
tiva e l'ampiezza delle varie parti di questi cirri vadano via via scemando.
Ora anche in questi casi non può non ammettersi una continua espansione
di vapore in ciascuna parte di siffatti gruppi sino a rendersi invisibili ed in
pari tempo un continuo addensarsi di vapori, là dove si mantengono visibili.
È pur rimarchevole che, per così dire, l'intelaiatura principale in tali sistemi
di cirri (segnatamente quando si connettono i cirri-strati coi cirri-cumuli) man-
tiensi immutata, quasi si trattasse di un sistema solido.
« Ebbene in questi casi possiamo dire, che nelle parti, che si manten-
gono a lungo visibili ed immutate di torma, i vapori, che le compongono,
formino un sistema abbastanza coerente, sebbene le distanze fra le parti pos-
sono essere notevoli; perciocché questa apparente coerenza è il risultato di
un continuo lavorio di espansione e di condensazione del vapore, per sé invi-
sibile, che le costituisce ; o, se vogliamo anche è il risultato di un continuo
ricambio di calore fra le parti, che si condensano, e, quelle che si espandono.
Talché la distinzione fra vapore invisibile, vapore visibile e liquido non
sarebbe essenziale, ma soltanto formale per rispetto ai nostri sensi; mentre,
in realtà, risponderebbe ad una semplice differenza nel grado di addensamento
relativo dei singoli elementi vaporosi. E ciò in armonia a quanto si disse
sopra, parlando della differenza fra liquido e vapore » .
Farmacologia. — Sull'azione fisiologica della pilocarpina e dei
suoi derivati in rapporto alla loro costituzione chimica. Nota IL (i)
di F. Coppola (2), presentata dal Socio Struever.
« Esperienze sul cuore. — L'azione della pilocarpina sul cuorejdella rana
è stata studiata da vari sperimentatori, e si è osservato che il cuore viene arre-
stato in diastole come avviene per la muscarina ; però questo arresto è passeg-
giero, e ben presto le pulsazioni cardiache raggiungono il ritmo iniziale, e
allora l'irritazione del vago non è più capace di determinare l'arresto o il
rallentamento dei battiti, mentre la muscarina e l'irritazione del seno agi-
(') V. pag. 207.
(2) Lavoro eseguito nell'Istituto farmacologico della R. Università di Messina,
— 250 —
scono come sul cuore normale. Dimodoché se ne conchiuse che la pilocarpina
agisca prima eccitando e poi paralizzando nel punto intermedio fra le fibre
proprie del vago e quelle parti sulle quali la muscarina agisce eccitando e
l'atropina paralizzando (1).
« Però queste conchiusioni riguardano la rana temporaria e dovendo io
sperimentare sulla disco glossits picti/s, perchè il paragone coli acido lattopi-
ridico riuscisse rigoroso, ho cominciato dal determinare l'azione della pilo-
carpina sul cuore in sito ed isolato di questa rana, essendo note le differenze
che spesso presentano le varie specie di rane nel loro comportamento coi
farmaci.
« Risulta dalle mie esperienze che la pilocarpina non è capace nella
rana discoglossus di portare l'arresto diastolico del cuore ma semplicemente
un rallentamento dei battiti più sensibile dentro certi limiti quanto maggiore
è la dose iniettata. Questo rallentamento è dovuto a eccitazione degli appa-
recchi d'arresto potendosi prevenire o correggere per mezzo dell'atropina. A
questo rallentamento iniziale che è accompagnato da indebolimento delle
contrazioni segue il riacceleramento dei battiti accompagnato dal rinvigori-
mento delle contrazioni; però il cuore non raggiunge il ritmo iniziale; ma
in questo stato per eccitazione del seno non ottenni mai l'arresto del cuore ma
invece un acceleramento dei battiti, il che ci porta a couchiudere che la dif-
ferenza tra il comportamento della rana temporaria e la discoglossus riguarda
anche la sede dell'azione.
* Per mezzo dell'apparecchio del Williams ne ho detcrminato anche
l'azione sul cuore isolato, che si comporta esattamente come il cuore in sito.
« Ora l'acido lattopiridico esercita sul cuore di rana un'azione identica
a quella della pilocarpina, e ne differisce soltanto in ciò che nel cuore in
sito il rallent imento iniziale dovuto all'eccitazione degli apparecchi di arresto
o manca del tutto o è appena accennato.
Dalle esperienze fatte possiamo conchiudere che l'azione fisiologica del-
l'acido /•/-piridico-tt-lattico corrisponde esattamente a quella della pilocarpina
non solo per ciò che riguarda gli effetti generali, ma anche in rapporto ai
singoli organi e al suo meccanismo di azione.
« La differenza più sensibile che mi è stato dato di osservare riguarda
gli apparecchi di arresto del cuore e le terminazioni periferiche dei nervi
motori : la pilocarpina pur non essendo capace di portare nella rana discoglossus
l'arresto diastolico del cuore, determina tuttavia un rallentamento notevole
dei battiti mentre l'acido lattopiridico agisce sul cuore in sito anche a pic-
colissime dosi direttamente paralizzando gli apparecchi di arresto ; la pilocar-
pina inoltre possiede un'azione curarica che manca del tutto nell'acido.
(') Schmidieberg-Albertoni, Compendio di farmacologia. Torino 1885, p. 60. — Harnack
u. Meyer, Arch. f. exp. Path. u. Pharm. XII, s. 327.
— 251 —
Queste differenze non possono naturalmente dipendere che dalla diversa
composizione chimica di queste due sostanze; ma noi dobbiamo Cercare se
il gruppo =N = (CH3)3 conferisce tali proprietà alla pilocarpina perchè dà
ad essa il carattere di base quaternaria colla struttura di una muscarina o
semplicemente esercita l'influenza di una catena laterale che rinforza il gruppo
pro)ionico dell'acido lattopiridico.
« Per risolvere questa quistione ci basterà confrontarne l'azione con quella
di un altro derivato della picocarpina che è la pilocarpidina.
* La pilocarpidina fu ottenuta dalle acque madri del jaborandi dall' Har-
uack, che ne determinò la composizione centesimale rappresentata dalla
formola C10H14N2O2 (J); però l'Hardy, e il Calmels ritengono ch'essa non
preesista nella pianta ma sia un prodotto di trasformazione della pilocarpina :
e la sua formazione si spiega facilmente perchè la pilocarpina per azione degli
acidi e per azione del calore si trasforma facilmente in pilocarpidina (2).
« L'Hardy e il Calmels riuscirono a prepararla per sintesi e trasformarla
quindi in pilocarpina; la sua costituzione è rappresentata dalla formola
COOH
I
(C5 H4 N)p — C — N = (CH3)8
I
CH3
sicché essenzialmente essa differisce dalla pilocarpina in ciò- che l'azoto
estrapiridico non è più pentavalente ma trivalente e collegato non più con tre
metili ma con due, dimodoché la pilocarpidina non è più una base quaternaria,
né ha più la struttura della muscarina. E quindi evidente che collo studi"
della pilocarpidina noi possiamo decidere se le differenze che abbiamo osser-
vato nel comportamento fisiologico della pilocarpina e dell'acido lattopiridico
dipendano o no dalla presenza dell'azoto pentavalente collegato al gruppo
trimetilico.
« L'azione fisiologica della pilocarpidina è stata studiata dall'Harnack.
il quale in tutti i particolari vi ha trovato riprodotta l'azione della pilocar-
pina, differendone per una minore energia di azione (;!).
« Le esperienze che io ho fatto col nitrato di pilocarpidina ritirato da
E. Merck in Darmstadt confermano in generale i risultati dell'Harnack, e mi
dispenso quindi dal riportarle ; e del resto avendo dimostrato che l'azione della
pilocarpina dipende dal nucleo lattopiridico, l'azione della pilocarpidina non
poteva essere diversa da quella della pilocarpina e dell'acido ^-py-«-lattico.
Io ho potuto però osservare che la pilocarpidina esercita sul sistema nervoso
(!) Ann. CCXXXVIII, 228.
(2) Bull. Soc. chini. XLVIII, 221.
(3) Arch. f. exp. Patii, u. Pharm. XX, 439.
Rendiconti. 1888. Voi,. IV, 2° Sem. 33
— 252 —
centrale un'azione convulsivante più netta di quello che faccia la pilocarpina ;
ma quello che a me interessava specialmente di studiare era la sua azione
sul cuore e sulle terminazioni dei nervi motori.
« La pilocarpidina esercita sul cuore di rana la stessa azione della pilo-
carpina e dell'acido; però in riguardo al cuore in sito il rallentamento ini-
ziale dei battiti è meno notevole di quello che sia colla pilocarpina ma più
di quello che si osservi coll'acido.
« Anche nella pilocarpidina ho potuto osservare l'azione curarica, però
questa è meno profonda e più tardiva di quello che sia colla pilocarpina.
« Azione fisiologica della jaborina. — La pilocarpina per azione degli
acidi e del calore si trasforma in un'altra base detta jaborina ottenuta per
la prima volta da Harnack e Meyer che la ritennero isomera della pilocar-
pina (•). È probabile che questo alcaloide preesista nella pianta; in ogni
modo la sua costituzione dietro gli studi dello Hardy e del Calmels è rap-
presentata dalla seguente formola:
(CH3)3
III
NO
/ \ CH
p:i>C CO
pP" \ /
NO
III
(CH3)3
» L'azione fisiologica della jaborina è stata soltanto studiata dall' Har-
nack e dal Meyer (3), i quali osservarono ch'essa possiede un'azione assolu-
tamente opposta a quella della pilocarpina, agendo in modo del tutto identico
all'atropina.
« Pertanto se noi paragoniamo la costituzione chimica della jaborina a
quella della pilocarpina troviamo ch'essa risulta dalla condensazione diretta
di due molecole di pilocarpina, e per conseguenza contiene inalterato il gruppo
fondamentale lattopiridico ; e poiché abbiamo già dimostrato come sia preci-
samente questo nucleo quello che informa tutta l'azione fisiologica tanto della
pilocarpina che della pilocarpidina, non riesce facile lo spiegarsi in che modo
possa la jaborina assumere un comportamento fisiologico affatto diverso; ed
ho quindi creduto utile riprendere lo studio farmacologico di questo derivato.
« La jaborina sulla quale io ho fatto le seguenti esperienze mi è stata
fornita dal Merck di Darmstadt, che me ne ha assicurato la completa purezza.
(i) Ann. CCIV, 67.
(2j L. e. p. 226.
(3) Arch. f. exp. Patii, u. Pharm. XII, 369.
— 253 —
« Azione generale. — In riguardo all'azione generale della jaborina l'Har-
nack e il Meyer si limitano a dire vagamente che in essa non mancano
nemmeno quei fenomeni di eccitazione caratteristici dell'atropina. Però le mie
esperienze hanno provato che si tratta di un'azione diversa in quantochè la
jaborina esercita sul sistema nervoso centrale un'azione, che tanto per la
sede che per la natura corrisponde esattamente a quella dell'acido lattopiri-
dico e degli altri suoi derivati.
« Le mie esperienze in riguardo al cuore della rana confermano i risul-
tati dell' Harnack e Meyer, che la jaborina eserciti sulla funzione cardiaca
un'azione identica all'atropina; infatti essa determina la paralisi degli appa-
recchi nervosi d'arresto intracardiaci, e non mi è stato possibile anche per
piccolissime dosi di jaborina ottenere in principio anche un leggiero rallenta-
mento dei battiti.
« Tuttavia se confrontiamo l'azione cardiaca della jaborina con quella
della pilocarpina, noi non osserviamo nei loro effetti una differenza assoluta,
ma una semplice modificazione di grado. Nella pilocarpina infatti si possono
distinguere due fasi di azione : una prima fase più o meno transitoria in cui
i battiti cardiaci diventano meno frequenti nella rana cllscoglossus e nella
rana temporaria vengono meno del tutto ; e una seconda fase in cui per la
paralisi degli stessi apparecchi di arresto prima eccitati, si riprende il ritmo
iniziale; dimodoché la differenza tra la pilocarpina e la jaborina, che almeno
nella rana discoglossus agiscono sugli stessi apparecchi nervosi, si riduce a
ciò che mentre la pilocarpina agisce prima eccitando e poi paralizzando, la
jaborina porta direttamente la paralisi. Questa relazione diventa poi più evi-
dente se si richiama il comportamento della pilocarpidina e dell'acido latto-
piridico nei quali già l'azione eccitante è meno pronunziata e più passeggiera,
e per l'acido si rende evidente soltanto nel cuore isolato.
« Guidato da queste analogie io ho voluto provare l'azione della jabo-
rina anche sul cuore isolato; ed ho potuto così osservare che anche nella
jaborina esiste il potere eccitante sugli apparecchi d'arresto che caratterizza
la prima fase dell'azione cardiaca della pilocarpina, della pilocarpidina e
dell'acido lattopiridico ; soltanto quest'azione è in essa molto più debole e
molto passeggiera trasformandosi facilmente in azione paralizzante, e mentre
manca del tutto nel cuore in sito si può mettere in evidenza solo nel cuore
isolato.
« Il comportamento della jaborina rispetto al cuore ci permette anche
in riguardo agli altri organi una interpetrazione del suo modo di agire che
ci fa riconoscere nuove analogie tra la jaborina e gli altri derivati. Così in
riguardo all'iride la jaborina possiede l'azione dell'atropina, cioè a dire dilata
la pupilla paralizzando le terminazioni dell'oculo-motore; la pilocarpina invece
restringe la pupilla, ma in seguito alla miosi si può sempre osservare uà
certo grado di dilatazione; il che significa ch'essa si comporta colle termi-
nazioni dell'oculo-motore in modo del tutto identico agli apparecchi di arresto
— 254 —
intracardiaci, cioè prima eccitando e poi paralizzando ; soltanto in questo caso
l'azione eccitante, mentre è più duratura e più pronunziata nella pilocarpina,
non riesce a mettersi in evidenza nella jaborina.
« In riguardo poi agli apparecchi glandulari e agli organi addominali a
fibre muscolari lisce, non è stata, ch'io sappia, osservata nella pilocarpina
una fase di paralisi consecutiva alla loro eccitazione, né l'Harnack e il Meyer
tanno affatto cenno per la jaborina di alcun potere eccitante, ma dicono anzi
ch'essa di comporta come l'atropina.
« Però anche ammettendo un'opposizione assoluta negli effetti di queste
due sostanze, non viene per questo ad escludersi qualunque loro ravvicina-
mento in riguardo a questi organi: inquantochè la loro azione si esercita
sempre sugli stessi elementi anatomici; solamente l'ima agisce eccitando e
l'altra paralizzando; il che non costituisce una differenza essenziale di azione;
anzi in analogia a ciò che abbiamo osservato per gli apparecchi cardiaci e
per l'iride, noi dobbiamo concepirla come una differenza di grado. Questa idea
viene del resto appoggiata dal fatto che qualunque sostanza che agisca sopra
un dato organo eccitando, per dose elevata porta la paralisi di esso, cioè la
sovraeccitazione tende a trasformarsi in paralisi.
« Guidato da questo concetto io ho voluto provare se mai la jaborina
a piccole dosi fosse capace nei mammiferi di determinare anche in modo
passeggiero gli effetti propri della pilocarpina. L'importanza di questa ricerca
mi obbliga a riportare qualche esperienza.
« Gatto di gr. 1700:
Ore 9,28 s'inietta sotto la polle gr. 0,001 di jaborina;
•' 9,30 il gatto si lecca :
9,40 continua a leccarsi: iniez. di gr. 0,001 :
0,50 cola una goccia ili saliva: gli ocelli sono lacrimosi:
9,53 quantunque il gatto si lecchi continuamente 'li quando in quando cade qualche
goccia di saliva; naso ed occhi umidi;
» 10 la salivazione è notevole; iniez. di gr. 0,002;
•• 10,5 la salivazione è aumentata; emissione di urina;
» 10,20 continua nello stesso stato; iniez. di gr. 0,01;
" 10,40 continua sempre nello stesso stato; iniez. di gr. 0,03;
» 12,55 in questo intervallo ha continuato a salivare; pupilla dilatata; agitazione generale;
» 1 iniez. di gr. 0,03.
1,5 continua la salivazione; aumenta l'eccitazione generale; si osservano delle con-
trazioni spasmodiche dei padiglioni degli orecchi : defecò ;
1,40 continuando nello stesso stato s'iniettano altri gr. 0,03 di jaborina;
» 2,6 la secrezione continua; vomito; si accentuano di più i movimenti convulsivi dei
muscoli della faccia.
Kestò in questo stato fino alle 6 pom. in cui si sospese l'osservazione: l'indomani del tutto
rimesso.
u Cane di Kgr. 4,5:
Ore 8,10 iniez. di gr. 0,005 di jaborina;
•i 8,12 si lecca,
n 8,25 si lecca : iniez. di gr. 0,01 ;
— 255 —
Ore 8,30 evacuazione di abbondanti materie fecali; continua a leccarsi;
8,37 comincia a colare la saliva;
8,45 continua nell'istesso stato; iniez. di gr. 0,02;
" 8,53 occhi lacrimosi ; naso umido ; di quando in quando cade qualche goccia di saliva ;
" 8,57 iniez. di gr. 0,02:
» 9,10 cola la saliva; iniez. di gr. 0,03;
» 9,15 la salivazione è sensibilmente aumentata; la pupilla dilatata;
» 10,40 la salivazione ha continuato senza interruzione;
» 11,10 evacuazione e vomito; emissione di urina;
» 3,45 il cane ha continuato sempre a salivare ; ha evacuato e vomitato diverse volte ;
si presenta molto depresso, abbandonato sul ventre; inietto 5 mgr. di atro-
pina; in pochi minuti cessò la salivazione, si risollevarono le forze e l'animale
si mostrò del tutto rimesso.
« Queste esperienze ravvicinano più di quanto poteva prevedersi la jabo-
riua e la pilocarpina, poiché la jaborina, quantunque in grado più debole,
esercita sugli apparecchi glandulari, sullo stomaco, sulle intestina, l'azione
propria della pilocarpina, e la sua analogia di azione coll'atropina non si
estende come conchiudouo l'Harnack e il Meyer a tutti gli organi, ma si
limita invece al cuore e all'occhio. Ciò spiega un fatto da diversi sperimen-
tatori già osservato, come ad esempio dal Vulpian (1), che l'estratto acquoso
del jaborandi conserva la sua azione scialagoga e sudorifera molto tempo
dopo che sia stato preparato, mentre perde dopo pochi giorni la proprietà di
rallentare i battiti del cuore della ranae, spiega perchè le divergenze dei vari
autori sull'azione sia del jaborandi sia della pilocarpina riguardano non le
secrezioni, bensì il cuore e l'occhio, perchè trasformandosi parzialmente la
pilocarpina in jaborina si modifica soltanto la sua azione sulla pupilla, sul-
l'accomodazione e sugli apparecchi cardiaci.
« Tuttavia la differenza tra i miei risultati e quelli dell'Harnack e del
Meyer mi fece dubitare che la jaborina fornitami dal Merck non fosse per-
fettamente pura, quantunque ove pure avesse contenuto della pilocarpina,
agendo come l'atropina, avrebbe dovuto prevalere sempre la sua azione e
restare invece mascherata quella della pilocarpina. In ogni modo malgrado
le reiterate assicurazioni del Merck, malgrado che i caratteri della jaborina
da me studiata corrispon lessero a quelli descritti dall'Haruack e dal Meyer,
dall'Hardy e dal Calmels, io ho ritirato la jaborina anche del Trominsdori'
di Erfurt ed ho trovato ch'essa agisce in modo perfettamente identico a quella
del Merck.
Conclusioni.
« L'azione fisiologica della pilocarpina dipende essenzialmente dal nucleo
piridico. Le analogie di struttura tra quest't nucleo e quello della nicotina
e le relazioni, che esistono nel comportamento fisiologico della pilocarpina e
(!) Lee. sur Ics subst. tox. et mèdie. Du jaborandi, p. 164.
— 251) —
della nicotina, non lasciano alcun dubbio che la pilocarpina debba compren-
dersi nel gruppo farmacologico della nicotina.
« Tra le forinole di struttura proposte per la nicotina quella deU'Andreoni
presenta certamente le analogie più strette colla costituzione chimica della
pilocarpina, e dà quindi più facilmente ragione dei loro rapporti farmacolo-
gici. Però considerando la differenza notevole che esiste tra il potere tossico
della nicotina e quello dell'acido /S-piridin-a-lattico e dei suoi derivati, e
la prevalenza che assume nella nicotina l'azione sul sistema nervoso centrale,
a me pare che si debba piuttosto preferire per la nicotina la costituzione
di uo dipiridile, che è del resto considerata come la più probabile dopo gli
studi del Cahours e Etard (-); infatti le esperienze del Kendrich e Dewar
provano che le dipiridine possaggono un'azione assai più energica delle basi
monopiridiche (s).
« Le modificazioni, benché d'importanza secondaria, che si osservano
nell'azione fisiologica passando dall'acido lattopiridico alla pilocarpina, dipen-
dono naturalmente dalla presenza del gruppo —N = (CH3)3, non già però
perchè esso conferisce alla pilocarpina la costituzione di una base quaternaria
colla struttura della muscarina, ma semplicemente perchè esso rinforza il lato
estrapiridico della molecola; inlatti le stesse dilferenze, benché meno accen-
tuate, si osservano anche nella pilocarpidina in cui l'azoto estrapiridico è tri-
valente e legato a 2 soli metili.
« Quando la pilocarpina polimerizzandosi si trasforma in jaborina, per
certi organi (cuore, iride ecc.) sull'azione eccitante già variamente sviluppata
negli altri derivati prevale l'azione paralizzante, per cui essa acquista uncom-
portamento che la ravvicina più o meno all'atropina; mentre per altri organi
l'azione s'indebolisce ma non cambia di natura.
« Questi risultati confermano la dottrina che conservandosi inalterato il
nucleo fondamentale di una sostanza, le modificazioni secondarie che noi por-
tiamo nella sua struttura anche quando apparentemente trasformino la sua
azione fisiologica, pure non determinano che differenze di grado nel suo com-
portamento come si può sempre riconoscere studiandone i derivati intermedi.
Ciò io ho già provato colle basi di ammonio della trimetilamina (-), coi
derivati della santonina e della morfina (3), e resta anche dimostrato pei deri-
vati dell'acido /?-piridin-«-lattico, poiché anche quando l'azione della jabo-
rina fosse del tutto opposta a quella della pilocarpina e simile a quella
dell'atropina, il confronto coll'acido lattopiridico e colla pilocarpidina fa
scomparire qualunque differenza essenziale nella loro azione ».
(2) Physiologische Wirkung der Chinolin u. Pyridinbosen. Bericht 7, 1459.
(3) I, C.
(4) Lo Sperimentale, 1888.
— 257 —
Fisica. — Sopra un nuovo modello di barometro normale.
Nota III dei dottori G. Agamennone e F. Bonetti, presentata dal
Socio P. Blaserna.
« Studio di alcune cause di errore nel barometro. — Prima e dopo
la costruzione del nuovo modello di barometro, già descritto nella precedente
Nota, era naturale l'esame di quelle cause di errore che potevano avere nel
nostro caso speciale importanza. Veniamo perciò ad esporre brevemente i ri-
sultati delle nostre ricerche, incominciando dallo studio sulle punte di affio-
ramento, che costituiscono il tratto più caratteristico del nostro barometro.
« Il Dott. Pernet, che ha fatto ricerche sull'esattezza che si raggiunge
affiorando con punte di vetro alla superficie del mercurio, ha trovato che il
loro uso porta un errore probabile di =t mm. 0, 0005. Anche noi abbiamo
creduto fare qualche esperienza in proposito, e ci siamo serviti del seguente
metodo. Uno sferometro Perreaux, col passo di vite di l/4 di millimetro e
col tamburo diviso in 500 parti, poggiava in modo assai stabile sopra una
mensola di marmo. L'asticina mobile nell'interno della vite era sostituita
con tre altre, di cui una di acciaio terminava con punta molta aguzza, un'al-
tra pure d'acciaio con punta meno acuminata, ed una terza di vetro con
punta terminante in una sferetta ottenuta per fusione. Al disotto della vite
tra i piedi dello sferometro stava una bacinella a piccolo bordo, contenente
un sottile strato di mercurio, sulla cui superficie si otteneva l'affioramento
con una delle punte, facendo ogni volta la corrispondente lettura sul cerchio
graduato. Il contatto della punta col mercurio si accertava coli' aiuto di un
microscopio da comparatore metrico, che ingrandiva circa 30 volte, ed era
disposto orizzontalmente (*). Alcune puntate furono fatte con una semplice
0) Il non essere perfetta-
mente orizzontale il microscopio
introduce un errore costante nelle
puntate, perchè in questo caso il
contatto apparente della punta
colla sua imagiue riflessa dal
mercurio non corrisponde al con-
tatto reale. Supposta la punta
terminata a curvatura sferica di
raggio r, e indicando con a l'obli-
quità dell'asse ottico od del mi-
croscopio sull'orizzonte, si ha per
la distanza vera cf dalla punta alla
superficie del mercurio l'espres-
sione
\ Cos (( f
Per dare un' idea dell' impor-
— 258 —
lente d'ingrandimento. Per essere al coperto dalle variazioni di temperatura
sullo sferomet:o e da altre cause d'errore proprie dell'istrumento, le misure
furono distribuite in parecchie serie, ciascuna delle quali costituita da nu-
mero non molto grande di osservazioni. Per le punte d'acciaio abbiamo vo-
luto farci un'idea della precisione che si può ottenere determinando l'affiora-
mento mediante il contatto elettrico. A tale scopo lo sferometro ed il mer-
curio sottoposto erano messi in comunicazione con una pila, in modo che il
circuito veniva chiuso quando la punta toccava la superficie del mercurio, ed
un galvanometro indicava l'istante del contatto. Nella seguente tabella si rias-
sumono i risultati dell' esperienze:
Errore di una sola puntata
affiorando
Affiorando
Affiorando
Qualità della punta
colla lenti'
col microscopio
col contatto elettrico
Medio
Probabile
Medio
Probabile
■Iodio
Probabile
Punta di acciaio acuminata . .
unii
0,0011
mm
o,0007
IN III
0,0001
nini
0,0003
Punta di acciaio meno acuzza
mm
0,0008
mm
0,0005
0,0008
0,0005
—
—
Punta di vetro
—
—
0,0009
0,0006
—
—
« Ciascuno dei precedenti valori è il risultato di circa 40 misure, e
possiamo dire che in ogni serie la massima differenza tra le diverse puntate
sta sul mezzo centesimo di millimetro. Apparisce poi dai valori riportati
che la precisione, ottenuta guardando con una semplice lente, non lascia nulla
a desiderare.
« Altra causa di errore, di cui è bene rendersi conto, è lo spostamento
in altezza, che subiscono le punte per effetto della rifrazione della luce at-
traverso i tubi di vetro. Su ciò il Wild ha già richiamata l'attenzione dei
tanza pratica di questa causa di errore abbiamo calcolati alcuni valori di tf contenuti nella
seguente tabella :
1
Angolo
Raggio d
curvatura
di
inclinazione
mm
0,4
mm
0,2
mm
0,1
mm
0,05
0
30
mm
0,062
mm
0,031
mm
0,0154
mm
0,0077
20
0,026
0,013
0,0064
0,0032
10
0,006
0,003
0,0015
0,0008
5
0,002
0,0007
0,0004
0,0002
— 259 —
fisici, ed ha adottato un metodo speciale per l'esame dei tubi impiegati nel
suo barometro normale. Questo metodo consiste nel mettere di fronte due
cannocchiali, regolati per la distanza infinita, di cui l'uno (collimatore) ha
nel fuoco un filo fisso, e l'altro è munito di un micrometro, col quale si
punta alternativamente l'imagine del filo fisso, una volta senza ostacolo ed
un'altra volta interposto il tubo da studiare (*). Il doti Marek si è anche
esso servito di tal processo nei lavori per l'Ufficio Internazionale di pesi e
misure, e dalle serie di esperienze da lui riportate risulta che l'errore mas-
simo (salvo alcune regioni del tubo facili a riconoscersi e ad evitarsi) non
supera il mezzo centesimo di millimetro. Col precedente metodo di speri-
mentare si ammette che la rifrazione sia uguale nelle pareti opposte del
tubo, e che quindi lo spostamento dell' imagine dovuto ad una sola parete
sia la metà di quello totale trovato. È però preferibile, quando si possa, de-
terminare direttamente la rifrazione sulla sola faccia anteriore del tubo dove
cadono le misure. Quando si tratti di esaminare i pezzi di tubo prima che
vengano messi in opera
nel barometro, si riesce
facilmente nell'intento
col ripiego seguente. Si
dispongono un collima-
tore C ed un cannoc-
chiale C ad angolo retto
fra loro, e nel vertice
dell'angolo retto si fissa
un piccolo prisma P a
riflessione totale colle
due facce corrisponden-
ti ai cateti, normali ri-
spettivamente agli assi del cannocchiale e collimatore. In tali condizioni basta
disporre il tubo da studiare T in modo che il fascio di raggi dal collimatore C,
entrato per l'estremità aperta del tubo nella direzione dell'asse di questo,
venga riflesso dalla faccia ipotenusa del prisma, e dopo attraversato normal-
mente il punto voluto della parete del tubo entri nel cannocchiale C. Natu-
ralmente il sostegno del prisma deve permettere, nel modo indicato, l'inter-
posizione del tubo, e questo deve poter girare su se stesso e spostarsi
(!) La prima idea, che potrebbe affacciarsi alla mente per determinare la correzione
dovuta alla rifrazione del vetro, sarebbe quella di mirare con un cannocchiale un punto
ben fisso disposto nell'asse del tubo, potendo questo esser tolto a volontà. Ma puntando
a piccola distanza, come è necessario per avere un sufficiente ingrandimento, si va incon-
tra all'inconveniente che l'interposizione del tubo di vetro obbliga a modificare la posizione
dell'oculare per ottenere di nuovo netta l'imagine. Da ciò la necessità dell'impiego di lue
parallela.
Rendiconti, 1888, Vor,. IV, 2° Sem. 34
— 260 —
parallelamente al proprio asse allo scopo di potere esaminare i suoi diversi
tratti. Noi in pratica abbiamo trovato bastante all'uopo uno spettrometro,
sulla cui piattaforma si adagiava orizzontalmente il tubo, mentre il prisma
cogli spigoli verticali era sostenuto da un braccio a parte. Le deviazioni
venivano misurate sul cerchio graduato dello strumento. D^tto R il raggio
del tubo e y la deviazione misurata, lo spostamento o di un punto lungo
l'asse del tubo, per effetto della rifrazione del vetro, è sensibilmente uguale a
p=Rtgp.
« Dalle nostre esperienze è risultato che il valore di p in generale resta in-
feriore al mezzo centesimo di millimetro, ma in qualche punto ha raggiunto
persino il centesimo ; di più esaminando diversi punti di una stessa sezione
del tubo, facendolo girare su se stesso, abbiamo riscontrato differenze non tra-
scurabili. Da ciò la necessità della costruzione di un'apposita tabella di cor-
rezione. Nel nostro caso, mirandosi nella camera barometrica sempre alla
stessa altezza a causa della punta fissa di affioramento, interessa di conoscere
bene la correzione solo in quel tratto della parete di vetro in corrispon-
denza della punta.
« Quando il barometro è tutto immerso nel ghiaccio fondente, bisogna
anche badare all'influenza che può esercitare sulle letture il sottile velo di
acqua che si stende sulla superficie esterna del vetro. L'esperienza ci ha
mostrato che vi sono dei momenti in cui la punta, veduta attraverso il tubo
bagnato, apparisce deformata e sensibilmente spostata a causa del passaggio
di uno strato irregolare d'acqua ; ma se si aspetta alquanto, la punta non
tarda a vedersi di nuovo netta assumendo una posizione invariabile. Per
determinare qual'è lo spostamento permanente della punta e le variazioni a
cui esso può andare soggetto al variare dello strato d'acqua, abbiamo mirato
con un microscopio ima punta fissa nell'asse di un tubo di vetro, che da
una serie all'altra di misure era tenuto alternativamente asciutto e bagnato,
rinnovando il velo d'acqua prima d'ogni misura. Quando le puntate si face-
vano sul tubo asciutto si è trovato per l'errore medio di una puntata
=fc 0mn\ 0005, mentre nel caso del tubo bagnato — 0mm,001 ; le più forti
differenze dalla media non eccedevano nel primo caso 0mm,0015, e 0mm,003
nell'ultimo. Né maggiori differenze si sono riscontrate passando da una serie
di misure col tubo asciutto alla successiva col tubo bagnato o viceversa.
Da ciò si vede che il velo d'acqua ha bensì un'influenza, ma che si può
ritenere trascurabile. Alle volte accade che invece di un velo continuo d'acqua
sul tubo di vetro a zero si formi un deposito di rugiada ; basta allora bagnare
con un pennello la superficie del vetro, provocando così la formazione di
uno strato d'acqua regolare. Questo espediente torna anche utile quando la
rugiada si formi sulla stessa lente, portata dall'involucro del barometro, che
serve per l'affioramento.
— 261 —
« In quanto all'uso di punte di vetro nell'interno della camera baro-
metrica può nascere il dubbio se per effetto di riflessioni e rifrazioni nella
sferetta di vetro terminale possano introdursi degli errori nella misura del-
l'altezza barometrica. Anche qui abbiam voluto fare delle esperienze in pro-
posito. Due punte, una d'acciaio l'altra di vetro, erano poste vicinissime tra
loro sopra ima vaschetta di mercurio; ed ottenuto l'affioramento per en-
trambe con due microscopi, tenuti in posizione orizzontale, si abbassava la
vaschetta, e col cannocchiale a forte ingrandimento di un catetometro ben
livellato si rilevava la posizione delle punte. La differenza, tra le due me-
die delle letture del micrometro è stata troiata in una serie di -f- 0mm, 0003
e in un'altra — 0mm, 0016, differenze queste che non sembrano accennare ad
un errore costante. In ogni caso per elidere possibilmente l'effetto di errori
costanti, se mai ve ne fossero, abbiamo fatto uso per l'affioramento nel ramo
aperto del barometro di una punta di vetro, simile a quelle della camera
barometrica, e fissata con mastice alla vite di acciaio. La pratica inoltre ci
ha suggerito che è cosa ottima far pervenire la luce per l'intermezzo di un
vetro smerigliato fissato sull'involucro dietro la punta, evitando qualsiasi al-
tra luce di fianco. Allora la sferetta, in cui termina la punta di vetro, appa-
risce nel campo del cannocchiale perfettamente opaca su fondo illuminato,
ed in queste condizioni il filo del micrometro si può con esattezza portare
tangente alla sua estremità (').
« Un'operazione assai importante è quella di rilevare la distanza verti-
cale delle due punte del barometro sul metro posto a suo fianco. La gra-
duazione della nostra scala metrica è stata eseguita per mezzo di un comparatore
Gambey, che permetteva di copiare quella di un metro campione, ed è stata
in seguito rettificata con i metodi in uso; sicché da questa parte abbiamo
un'esattezza più che sufficiente. Lo stesso non può dirsi del modo di riportare
la posizione delle punte sulla scala. A questo scopo si dovrebbe far uso di
un apposito comparatore verticale, accuratamente studiato per determinare le
correzioni. Noi in mancanza di esso abbiamo fatto uso di un catetometro
Starke a due cannocchiali, di eccellente costruzione, col quale si faceva la
lettura ad una distanza di circa 30 cm. A questa distanza una divisione del
micrometro dei cannocchiali corrispocdeva a circa 0mm,Q014, essendo il tam-
buro diviso in cento parti. Tenuto conto del piccolo angolo, di cui bisognava
girare l'istrumento per passare dalle punte del barometro al metro, e della
sensibilità della livella (13" corrispondono ad una divisione), l'esattezza rag-
giunta era sufficiente per lo scopo particolare prefissoci nelle nostre ricerche.
Però è certo che la precisione che si ottiene adoperando il catetometro non
(!) Per rimuovere qualsiasi dubbio sull'uso delle punte di vetro, basterebbe saldare
alla loro estremità un cortissimo filo di platino, a cui riferirsi per l'affioramento.
— 262 —
può stare a confronto di quella che si può raggiungere col comparatore
verticale (').
« Avendo noi abbracciato il partito di circondare di ghiaccio l'intero
barometro, abbiamo creduto fare qualche esperienza preliminare, per vedere
se per determinate dimensioni date all'involucro si poteva realmente raggiun-
gere la temperatura di 0°. A tal fine si scelsero due provette di vetro lunghe
circa 20 cm. dei diametri rispettivi di 15mm e 35mm, corrispondenti a quelli
della canna barometrica nella porzione stretta e larga. Kiempiutele di mer-
curio, furono immerse nel ghiaccio contenuto in un involucro cilindrico di
sezione ellittica, di tali dimensioni che lo spessore minimo dello strato di
ghiaccio circostante raggiungesse almeno 6 cm. Fra le due provette v'era una
verga di ferro, di sezione quasi uguale a quella del metro, con un foro prati-
cato lungo l'asse e ripieno di mercurio, allo scopo d'introdurvi un termo-
metro. Questo, diviso in decimi di grado, era introdotto successivamente nelle
due provette e nel foro della verga di ferro, e colle debite cautele si effet-
tuava la lettura della temperatura. Le differenze fra le indicazioni di questo
termometro immerso nel mercurio e quelle, quando veniva posto direttamente
nel ghiaccio per la verifica dello zero, non hanno mai .sorpassato i due cen-
tesimi di grado. Supposto che questa differenza non debba attribuirsi ad
inesattezze occorse in questa esperienza preliminare, la sua influenza sulla
misura della pressione atmosferica a zero non supererebbe tre micron. Anche
senza proteggere esternamente l'involucro di zinco del barometro con un'ovatta,
il ghiaccio durante l'esperienza fonde soltanto a contatto del zinco, mantenen-
dosi compattissimo verso il centro e aderente tanto al metro quanto ai diversi
pezzi del barometro; in modo che persino alla temperatura ambiente da 20"
a 25°, la massa di ghiaccio non si è fusa completamente che dopo un paio
di giorni. La quantità di ghiaccio adoperato non ha mai sorpassato Cg. 35 ;
però è chiaro che l'uso di un'ovatta non sarebbe che vantaggioso. Noi abbiamo
fatto uso di neve naturale, quale si può avere in commercio, abbastanza
pulita e che avevamo cura di ben pestare prima che venisse introdotta nell'in-
volucro. La totale riempitura di questo esigeva quasi un'ora, impiegandosi
molto tempo per ben allogare e pigiare il ghiaccio intorno al barometro ed
al metro. Per l'influenza che può avere l'uso di neve e ghiaccio sia naturale
sia artificiale, ed il modo di adoperarlo, rimandiamo ad un lavoro del Pernet (2),
dove risulta essere di piccolissima entità gli errori che si possono temere.
« Crediamo bene di chiudere con alcune esperienze fatte sulla bontà e
verifica del vuoto torricelliano. A tale scopo non abbiamo voluto compromet-
tere la canna definitiva, accuratamente bollita, che ne avrebbe potuto soffrire,
(') A questo proposito si possono utilmente consultare i seguenti lavori: Chistoni,
Discussione degli errori possibili ecc. col catetomctro. Suppl. alla Met. It. 1887, fase. 1 ;
Marek, Trav. et Mém. du Bureau Intern. ecc. Ili, D, 24.
(2) Trav. et Mém. du Bureau Intern. de poids et més. I, B. 11, 1881.
— 2(33 —
ma fu operato su altre due canne simili ad essa per forma e dimensioni.
La capacità totale delle canne da noi adoperate è di circa e3. 300, ed il
volume della camera barometrica, quando si affiori alla punta inferiore, è di
circa e3. 200, mentre quando si affiori alla punta superiore il volume si riduce
approssimativamente a e3. 30, e quindi nel rapporto circa di 1 a 7. Su di
una prima canna si volle fare una prova di riempimento a temperatura ordi-
naria, facendovi però sempre distillare il mercurio nel vuoto. Riempita in
questo modo la canna, il mercurio presentava un bello aspetto speculare e
non appariva alcuna traccia di bolle d'aria. Però montata la canna nell'ap-
parecchio e fatto discendere il mercurio, perchè si formasse il vuoto torricel-
liano, si osservarono poco al di sotto della punta inferiore, là dove restringe
la sezione, numerose bollicine, le quali andarono ingrandendo man mano che
si abbassava il mercurio ; ed alcune di esse persino si staccarono dalle pareti,
portandosi alla superficie libera del mercurio. Questo cattivo risultato potrebbe
forse imputarsi ad un non perfetto essiccamento della canna o al non essere
stato abbastanza spinto il vuoto colla nostra pompa Sprengel ; ma potrebbe
anche metterci in guardia circa la bontà del metodo di riempimento della
canna a freddo, potendo rimanere un ultimo strato di aria e di umidità ade-
rente al vetro. Una seconda canna fu riempita con metodo identico, salvo
che mentre vi distillava dentro il mercurio era mantenuta ad una tempera-
tura non lontana da quella dell'ebollizione del mercurio, senza però che questa
avesse luogo. Montata la canna e fatto scendere il mercurio, non si osservò
punto l'inconveniente verificatosi nell'altra, e con essa abbiamo proceduto
alla verifica del vuoto nel modo seguente :
« Si facevano prima alcune misure di pressione (generalmente tre) rife-
rendosi ad una delle due punte della camera barometrica ; poi aggiunto o
tolto del mercurio, secondo il caso, se ne effettuavano altrettante riferendosi
all'altra punta. Spesso si terminava ritornando a far misure sulla punta
primitiva. Siccome la sostituzione dei pezzi di ricambio nel ramo aperto del
barometro e l'aggiunta della necessaria quantità di mercurio richiedeva un
certo tempo, era indispensabile tener conto della variazione che intanto avve-
niva nella pressione atmosferica. In mancanza di un apposito e delicato baro-
metro differenziale si ricorreva ad un barometro Fortin, su cui si facevano
delle letture a brevi intervalli di tempo per diminuire l'errore di osservazione.
Era nostro scopo di vedere se l'introduzione nella canna barometrica di una
considerevole quantità di mercurio, quanta è necessaria per ogni verifica del
vuoto, potesse di per sé alterarne sensibilmente la bontà. A questo fine
abbiamo ripetuto la verifica del vuoto più volte ad epoche diverse, mettendo
sempre in giuoco lo stesso mercurio e usando la sola cautela di filtrarlo ogni
volta su carta. E per mettere meglio in evidenza, se in realtà avesse luogo,
la temuta alterazione del vuoto torricelliano, è stato ripetutamente fatto entrare
ed uscire del mercurio nel barometro senza procedere a misure. Come risul-
— 264 —
tato dell'esperienza riportiamo i seguenti valori, che rappresentano la tensione
esistente nella camera barometrica, eccezion fatta di quella dovuta al vapor
di mercurio, quando il volume della camera venga ridotto circa ad 1/-1.
rara
5 Marzo 0,25
18 Aprile 0,21
1G Maggio 0,06
6 Giugno 0,09
9 Giugno 0,07
13 Luglio 0,09
17 Luglio 0,14
25 Luglio 0,14
* Le prime tre misure sono state fatte tenendo il barometro immerso
nel ghiaccio, le restanti a temperatura ambiente; poiché trattandosi di misure
relative importava conoscere soltanto con esattezza la variazione nella tem-
peratura, e questa nelle nostre esperienze ha difficilmente sorpassato mezzo
grado. È notevole la diminuzione della tensione verificatasi dopo le due
prime misure; questo fatto, non facile a spiegarsi, è stato osservato anche
da altri ('). In seguito la tensione è rimasta sensibilmente costante, ed abba-
stanza piccola, nonostante che fino al 13 luglio la quantità di mercurio fatta
passare in più volte per la camera barometrica abbia raggiunto più di un
litro. Fra il 13 e il 17 luglio è stato fatto passare di seguito circa un altro
litro di mercurio, e le verifiche successive del vuoto sembrano indicare che
realmente dell'aria o dell'umidità sia entrata, benché in menome proporzioni.
Parrebbe quindi che nel nostro barometro colla verifica del vuoto non si corra
grave rischio di alterarlo, specialmente se si abbia cura che il mercurio ogni
volta introdotto sia distillato e conservato in ottime condizioni, ciò che noi
nel precedente studio non abbiamo a bella posta voluto fare ».
Botanica. — Appunti algologici sulla nutrizione dei girini di
Rana esculenta. Nota del dott. D. Levi-Morenos, presentata dal
Socio Passerini.
« I girini di rana sono generalmente ritenuti fitofagi; tali li fa supporre
non soltanto l'osservazione diretta, ma anche la conoscenza anatomica del
loro tubo intestinale.
« Tuttavia, secondo l'Heron-Royer, essi non hanno una nutrizione esclu-
sivamente vegetale. Questo autore dice (2) : « Dii:-ant la vie larvaire ces
(') Trav. et Mém. du Bureau Intera, ecc. II, D. 13.
(2) Heron-Royer, Noticcs sur les moeurs des Batraciens. Bullet. de la Soc. d'Étud.
Scientif., d'Angers, 1885.
— 265 —
« étres se repaisent de végétaux, de toutes sortes de détritus et aussi d'ani-
«maux morta qu'ils déchiquettent à merveille ». Lo stesso autore in altri
suoi lavori, confermati anche dalle ricerche del Jung ('), trova che il nutri-
mento vegetale è insufficiente per condurre i girini allo stato di anuri per-
« fetti (2): « malgré la longeur du tube intestinal, les materies erbacées ne
« sont pas assez nutritives, il faut de toute nécessité un complément des
« substances animales, ou dérivant de celles-ci, tei que les dejèctions d'ani-
« maux, sans distinction d'ordres, de genres ou d'espèces; cornine la chair
* fraiche ou en decomposition ; ces residus stercoraires sont une friandise pour
« les tétards ».
« L'autore citato, dietro questa conoscenza, col regolare la dieta in modo
che essa sia in parte vegetale ed in parte animale e coli' abbassamento della
temperatura può arrestare a qualsiasi periodo gli piaccia lo sviluppo larvale
degli anuri. Come fu riportato l'Heron-Royer dice semplicemente la nourri-
ture vegetale, les matiéres herbacées senza specificare quale sostanza erbacea
egli abbia somministrato ai girini.
« E presumibile abbia usato delle comuni confervacee, come rilevo da
una Nota del chiarissimo conte P. A. Ninni, s'adoperi generalmente dai zoologi
per nutrire i girini. Aggiunge il Ninni, ch'egli adoperò con buon esito la co-
mune lattuga (Lactuca saliva) ma tenuta precedentemente in macero (3).
« Queste specificazioni di sostanze nutritive sono insufficienti, e noi ve-
dremo, che l'arresto di sviluppo non viene causato dalla dieta vegetale, ma
da una dieta vegetale che non è quella propria dei girini.
« In un mio precedente lavoro, in collaborazione con l'amico dott. G. B. De
Toni (4) ho notato quali alghe si rinvennero nel tubo digerente di alcuni
girini raccolti a Conegliano. Una semplice occhiata a quell'elenco fa vedere
come il maggior numero di specie appartenga alle diatomee. Tuttavia quella
Nota non pone bastantemente in rilievo la quantità proporzionale degli in-
dividui appartenenti ad un gruppo di alghe in confronto di quelli d'altri gruppi.
Nelle ricerche eseguite a Belluno io ebbi cura anzitutto di tener conto di ciò,
ed inoltre dello stato di conservazione delle alghe stesse.
C1) Jung. E., De Vinfluence de la nourriture sur le developpement de la grenouille.
Comptes-Rendus de l'Acad. des Sciences Paris 27 Juin 1881,
(2) Heron-Royer, Cas tetralogiques observeés chez quelques tétards des Batraciens
anoures et de la possibilité de prolonger mrthoiliquement Vétat larvaire chez les batra-
ciens. Bullet. de la Soc. Zool. de France, IX, 1884. Sullo stesso argomento l'autore ha
une nota e che io non potei consultare. Vedi Bull, della Soc. d'Étud. Scientif. d'An
gers, 1876-78,
(:i) Ninni P. A., Sui tempi nei quali gli anfibi anuri del Veneto entrano in amore
Atti R. Istit. Ven. t. IV Serie VII Venezia 1886.
(4) De Toni e D. Levi Liste des aìgues trouvées dans le tube digesti f d'un tétard
Bull, de la Soc. Bot. de Lyon. Lyon 1887.
— 266 —
« Nei girini da me raccolti nei fossi formati dal Piave a Belluno, il tubo
digerente si presentava tutto pieno di diatomacee, pochissimi frammenti ili
Ulothrix sp. ed inoltre individui diversi di Sccnedesmiis obtusus.
« Nei girini ch'ebbi occasione di esaminare in altre parti della regione
veneta, come nel Padovano, nel Polesine ecc., il contenuto btomacale si pre-
sentava ad un dipresso d'una composizione eguale a quella più sopra esposta:
sempre notevolissima prevalenza delle diatomacee su tutte le altre alghe, che
si comprende debbano essere accidentalmente ingerite. In quelli di Belluno
abbondavano sopratutto Gyrttbella cisttida e C. oariabiUs, più Navicala sp. e
NitMchia liaearis. Del resto io mi riservo di riportare parecchie liste spe-
cificate delle diatomacee rinvenute nei tubi digerenti di questi girini e di quelli
avuti da altre regioni d'Italia, il che potrà, come vien detto più sotto, of-
frire occasione di numerosi raffronti. Ora questo è a notarsi: chele diatomacee
si presentavano nella maggior parte mancanti del contenuto protoplasmatico,
ovvero con questo già in parie digerito e coi cromatofori, o placche endocr-
iniche, decolorate.
« I Sceaedesmus erano invece nel loro miglior stato non solo, ma anche
per la maggior parte uniti in colonie di due, quattro o sei individui. 1 pochi
frammenti di confervacee riferibili alla Ulothrix tennis presentavano quasi
tutte le cellule intatte, eccezione fatta di qualcuna all'estremità.
« In seguito a queste osservazioni sugli animali in natura, feci alcune
ricerche onde constatare in modo positivo se il fatto della grande prevalenza
delle diatomacee fosse accidentale o costante. Senza riportare ora tutte le ri-
cerche eseguite, il che sarebbe inutile, le dividerò in alcuni pochi gruppi
come qui sotto vien esposto.
« I. In un acquarietto con Cladophora insignis e Ulothrix sonata
ed una fanghiglia diatomifera composta quasi esclusivamente di Meridion
circidare si pongono alcuni girini ; dopo 24 ore il tubo digerente di questi
si presenta interamente riempito dai gusci delle diatomee con qualche raris-
sima fllamenta di Ulothrix zonata,', nessun frammento di Clodophora. Poche
diatomacee conservano ancora i cromotofori coloriti, le altre o sono del tutto
vuote ovvero hanno il contenuto scolorito.
« II. Si ripete la medesima esperienza ma ponendo assai più Ulothrix
e pochissime diatomacee, l'esame dà per risultati i gusci di queste, filamenti
di lilothrlx conservanti ancora la clorofilla e frammenti di Clodophora in
maggior quantità di quelli avuti nella prima esperienza; questi frammenti
sono quasi tutti in perfetto stato di conservazione meno le cellule estreme
o quei frammenti che si presentano assai piccoli e composti di sole due o tre
cellule.
« III. Acquarietto con Conferva bombici/ia, Cosmarium botrytis,
Protococcus vlridls e poca fanghiglia diatomifera con prevalenza di Cym-
bella afflìiis, Navicida appendiculata var. exilis. Le cloroficee si rinvennero
— 267 —
piccolo numero ma perfettamente conservate, alcuni frammenti di Conferva
raccolti all'estremità dal tubo digerente avevano ancora una notevole lun-
ghezza essendo composta di 25 a 40 cellule ; di queste sole alcune poche ai
due capi erano prive della clorofilla. Dei Cosmarium solamente quelli che
avevano perduto una semicellula, mancavano del protoplasma, gli altri erano
intatti. Le diatomacee, come nelle altre esperienze.
« IV. Tenevo alcune culture d'alghe in cui si erano sviluppate delle
colonie protococoidi globose formate dall'unione di sei, otto, dodici individui av-
volte da un muco gelatinoso e che stimo fossero una forma di sviluppo dell' Hy-
drarus foetidus; disposta l'esperienza con queste sole alghe dopo due ore,
il tubo digerente dei girini ne era del tutto pieno, le colonie però erano
perfettamente conservate, anche quelle poste all'estremità dell'intestino.
« V. Vengono poste delle fenerogame acquatiche ( Veronica Becca-
bunga L. etc.) e pochissima Conferva bombicina ; avendo cura di lavare più
volte detti vegetali onde detergerli di qualsiasi diatomea.
« Dopo 48 ore il tubo intestinale presentava nella sua parte anteriore
soli frammenti di parenchima fogliale coi granuli di clorofilla ancor verdi
tranne che in alcune cellule marginali ed in poche intermedie. Nella parte
posteriore pochi filamenti di Conferva di cui quasi tutti assai ben con-
servati e solo alcuni alterati o ridotti alla membrana; aggiungasi pochissimi
frammenti di fasci fibro-vascolari e di parenchina fogliale in parte digerito.
« Da questa prima serie di ricerche (') si possono ritrarre alcune dedu-
zioni ; anzitutto dalle esperienze di laboratorio nonché da quelle sugli animali
allo stato libero si ricava con sicurezza come l'alimento da questi preferito
quando sono in libertà, e il più digeribile, venga somministrato dalle diatomacee.
« In qualsiasi fosso che contenga dei girini questi si rinvengono sempre
sopra un fondo ricoperto da una fanghiglia di color bruno, gelatinosa, com-
posta totalmente di diatomacee {Navicula, Meiosi ra, Pinnularia etc).
« Le clorotìcee filamentose pluricellulari come Conferva bombicina, Ilio-
tlirix sp., Chaetomorpha sp. etc. e le ramificate, come Cladophora sp. riescono
pochissimo digeribili quantunque in mancanza d'altri vegetali possono venir
ingerite dai girini. Le clorotìcee unicellulari o riunite a cenobio come Cosma-
rium, Plettro co ce us, Scenedesmus etc. nonché le varie forme protococcoidi «li
specie superiori attraversano, se non hanno subito delle lesioni accidentali,
il tubo digerente senza esser menomamente intaccate. In mancanza di dia-
tomee, sembra che qualche fanerogama acquatica possa somministrare maggior
quantità di sostanza nutritiva che non le cloroficee.
(x) Di altre ricerche eseguite sulle cianoficee ini riservo esporre in altra Nota i risul-
tati, quando avrò potuto estenderle ad un maggior numero di specie. Basti per la presenti-
notizia il dire che le poche alghe {Oscillarla Nigra Vauch., 0. Frolichi Vauch., Lyngbya
corium Ag., Scytonema myochroum Ag.) su cui si sperimentò non sono intaccate dai succhi
gastrici, condividendo da questo lato, le proprietà delle confervacee.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 35
— 268 —
« Qualora si pensi esser le diatomee rivestite da un guscio siliceo che
protegge il contenuto protoplosmatico, si direbbe a priori che tali organismi deb-
bano opporre maggior resistenza che non le altre alghe o le fanerogame prive
di un tal mezzo di difesa. Ma il fatto ci dimostra invece il contrario, e ci
fa comprendere che la struttura microscopica dei gusci delle diatomee debba
esser tale da permettere con maggior facilità l'azione dei succhi gastrici di
quello che lo permettono le altre membrane cellulari non silicizzate.
« Torna qui opportuno ricordare, come anche le diatomee fossili conser-
vanti una piccola quantità di sostanza organica hanno ancora un certo potere
nutritivo che deve dipendere dalla facilità con cui cedono a certi acidi
la loro parte organica. Sono infatti notissime le così dette terre commestibili
di cui nutronsi in mancanza di meglio alcune tribù dell'Africa e della China
e che devono la loro proprietà all'esser nient' altro che ammassi di diatomee.
« Qual'è dunque la struttura di queste valve? Molte furono le ipotesi
emesse fino ad ora, nessuna può dirsi generalmente accettata.
« Ci sembra avrebbe maggior probabilità d'interpretar il vero quella,
che non mettendosi in opposizione con gli altri fatti accertati, potesse spiegarci
anche quest'ultimo venendo in certo qual modo da questo confermata.
« A tali condizioni corrisponde, mi sembra, l'ipotesi del chiaro diato-
mologo inglese M. J. Deby (') e ch'io riporto con le parole dell'autore stesso (2):
« Le dépót de la silice se fait a l'intérieur dea jeunes valves, au mo-
« ment de la déduplication, per l'intermédiaire des courants protoplasmiques
« qui lui servent de porteurs. Ces courants ou fìlets cvclotiques varient de
« position, allant tantót dans un sens, tantót dans un autre. Les dépots se
« font aussi en dessins sous forme d'anastomoses, dont les orifices se rem-
« plissent de plus en plus de silice tout en laissant toujours un lumen. Ce
« filet siliceux anastamosé s'adapte à une couche de cellulose homogéne et
- continue qui constitue la face externe de la valve. A l'intérieur, lors de
« la maturité, le fond des petites cavités se recouvre également d'une mem-
« brane siliceuse, quelquefois méme feuilletée.
« Je pense qu'une diatomee qui présente à la vue des points, des he-
« xagones, ou d'autres dessin délicats, montre en section des cavités nom-
« breuses fort petites, recouvertes au-dessus par une membrane homogéne
- continue. L'ime ou l'autre ou chacune de ces cloisons peut porter des dessins
« encore plus petits qui lui sont propres. Chez les diatomées fossiles cornine dans
« celles qui ont été soumises à l'action du feu ou des acides, les fines membranes
- externes sont disparues et dans ces cas la membrane du frustule est bien
(x) Deby J., On the microscopìe al strutture of the diatovalvem. Journ. Microscop.
Club. 16 Septemb. 1886. Londra.
Vedi pure dello stesso autore; Sur la structure intime de la valve des Diatomées.
Journ. de Micrograph. n. 9, 1886, avec pi.
(2) Deby J., Introduction à VÉtucle des Diatomées. Paris 1888.
— 269 —
« réellement perforée de trous, et forine tamis, corame cela a souvent été
« décrit. Nons ne pensons pas à la possibilité d'un contact direct du p roto-
li plasme du frustule avec les milieux arabiants. La cellule prend sa nour-
* riture par intussusception ou par capillarité ; peut ètre aussi par endosmose
« à travers les membranes » .
« Ammessa quindi nella sua totalità l'ipotesi del Deby, noi vediamo
come la parte plotoplosmatica di una diatomea sia in alcuni punti difesa
dal mondo esterno, ad onta del suo guscio siliceo da una membrana tenuissiraa,
assai più tenue di quella di altre alghe e senza quelle trasformazioni chimiche
per cui le altre membrane cellulari servono di protezione meccanica, giacché
in questo caso tale ufficio vien compiuto dalla sostanza silicea depositata.
« Si comprende quindi la facilità con cui può, attraverso i detti lumen,
agire il succo gastrico sul protoplasma mediante la distruzione delle tenui
membrane. Nel caso poi, assai improbabile, che queste mancassero, e che,
come taluni opinano, fosse possibile un contatto diretto del protoplasma con
l'ambiente, l'azione dei succhi gastrici riuscirebbe ancor più facilitata. Debbo
ancora notarle che i frustuli giovanili sembrano più prontamente intaccati
degli adulti, il che riceverebbe pure la sua spiegazione dall'ipotesi del Deby.
Ulteriori e più generali ricerche potranno porre in rilievo se alcune specie
di diatomee si mostrino più sensibili all'azione dei succhi digerenti che non
altre, e ricavar così nuove deduzioni a conferma dello spessore relativo delle
membrane, dell'ampiezza dei fori nelle valve giovanili, della reale perfora-
zione dalla fascia connettiva in alcuni generi (p. e. Isthimia) ecc.
* Nelle cloroficee pluricellulari l'azione digerente è per lo più limitata
ad alcune cellule, e precisemente a quelle che avevano subita una lacera-
zione della loro membrana. Questo fatto viene pure posto in rilievo dal mio
egregio amico prof. Piccone, il quale nello stomaco di un gasteropodo ma-
rino (Aplijsia) rinvenne numerosi frammenti di Laminaria debilis (') molti
dei quali si mostravano intaccati dai succhi digerenti, ma specialmente là
dove erano stati recisi.
« Le fanerogame hanno forse un maggior potere nutritivo delle cloro-
ficee filamentose, in quanto che i frammenti staccati dalla pianta offrono
una superfìcie lesa, e quindi intaccabile, maggiore. All'incontro, le cloroficee
unicellulari o di poche cellule non subendo alcuna lacerazione o conservando
perciò intatta la membrana, possono impunemente attraversare il tubo di-
gerente. Io ho potuto fare coi Scenedesmus estratti dall'ultima porzione
dell'intestino dei girini una copiosissima coltura. Tuttavia non credo che i
girini abbiano una grande influenza sulla disseminazione delle cloroficee
d'acqua dolce, anzitutto perchè a ciò provvede assai bene l'acqua stessa e
(*) Piccone A. / pesci fitofagi e la disseminazione delle alghe. Nuovo Giornale
Bot. Ital. v. XVII Firenze 1885.
— 270 —
poi perchè tali alghe sono, ben si comprende, accidentalmente ingerite dai
batraci (l).
« Quanto ebbi ad esporre, ci spiega ora il perchè le sostanze vegetali
somministrate dagli egregi zoologi Heron-Koyer e Jung ai girini ne arre-
starono lo sviluppo. Detti scienziati somministrarono con grande probabilità
solo delle clorotìcee, l'Jung anzi dice « des algues d'eau douce soigneuse-
ment lavées » dal che si comprende come le diatomee o mancavano o si
trovavano accidentalmente ed in piccolissimo numero frammiste alle alghe
maggiori.
« Ma questa dieta equivale ad un semi-digiuno se non a digiuno to-
tale e quindi nessuna meraviglia che questo nutrimento vegetale arresti lo
sviluppo dei girini. Mentre eseguivo le sopracitate ricerche non erano ancora
a mia cognizione i lavori del Jung e del Heron-Royer di cui sono debitore
alla gentilezza del chiarissimo conte Ninni. Tuttavia avevo conservati dei
girini in due aquarietti per circa un mese nutrendo i primi esclusivamente
con Diatomee (Meridión circolare e Nìtschia sp.) i secondi con Cladophora
glomerata e Conferva bombycina; J a differenza di sviluppo era già notevole
ed io suppongo eh' essa si sarebbe fatta ancor più rilevante qualora le con-
dizioni del mio meschino laboratorio mi avessero allora permesso di conti-
nuare questa ricerca che io ripeterò l'anno venturo.
* Sarebbe utile però che qualche zoologo volesse rifarla tenendo conto
non solo delle varie condizioni tisiche che influiscono sullo sviluppo degli
anuri, ma anche della qualità ilei cibo vegetale ».
Fisiologia. — Importanza del polso per la cireolazione 'lei
sangue. Nota del prof. Ugo Kronecker, presentata dal Socio A. Mosso.
« Nel mio lavoro: TJelnT di,- Ermùdung "mi Erholung der quergestreiften
Musicela, ho notato che il sangue il quale si fa circolare per i vasi sanguigni
di muscoli di rane sotto pressione costante non corre con uguale velocità.
Scrissi : « Will man den Strom Constant erhalten, so muss man den Druck
« schnell wachsen lassen und erMlt bald Oedem (was auch C. Ludwig u.
« Alex.Schmidt bemerkt habeu). Viel besser ertragen die Gefàsse der Frosch-
« muskeln ganz kurz dauernde periodische Druckerhòhungen selbst bis auf
- 100 Mm. Quecksilber. Kochsalzlòsung, rein, wie mit geringen Mengen
« ùbermangansauren Kali's vermengt scheint schneller als Blut die Gefàsse
« zu verengen. In manchen Zeiten bewirken kleine Quantitaten von Kali
« hypermanganicum obliterirenden Gefasskrampf » .
(l) Piccone A. Nuove osservazioni intorno agli animali fitofagi ed alla dissemina-
zione delle alghe, loc. cit. v. XIX, Firenze 1887.
— 271 —
« Molti fisiologi hanno ripetuto l'esperienza di Ktihne : cioè la trasfu-
sione della rana intiera colla soluzione (0,5 — 0,6%) di cloruro di sodio ed
hanno trovato che in questo modo tutto l'animale si può liberar del suo
sangue, continuando per molte ore la trasfusione.
« Per qual mezzo si mantiene viva tale circolazione ?
« Non è probabile, che il cuore lavori con forza da grado in grado
crescente a misura che la resistenza dei vasi sanguigni si aumenti. Si sa
che il cuore privo di sangue perde di forza (Kronecker e Stirling).
« Considerando questo feci Y ipotesi, che sia necessario l' impulso ritmico
del cuore per mantenere in buono stato le pareti dei vasi sanguigni, e che
invece la tensione intravascolare continua sia nociva. Invitai il signor Gustavo
Hamel, studente di medicina, di mettere a cimento questa idea.
« Le esperienze erano molto semplici:
« Nelle coscie di rane e di rospi si istituì una circolazione artificiale
legando una cannula nell'aorta addominale, dopo che furono legati e levati
gli intestini coi loro vasi. Dopo ciò si condusse da una bottiglia di Mariotte
(sotto pressione costante) una soluzione di cloruro di sodio (0,6%)? sangue
diluito (di vitello), oppure siero di vitello nel preparato e si misurava la
velocità dell' eflusso. — Risultava da tali esperienze :
1) In vari casi la corrente dell'acqua salata che passava per i vasi
sanguigni restava per delle ore costante. Il più delle volte la velocità della
corrente diminuisce già dopo 10-15 minuti primi; e ciò qualche volta
dopo che la corrente per poco tempo fosse stata più celere. Se si alzava la
pressione non si accelerava in proporzione reflusso.
2) Sangue (diluito) corre molto più lentamente per i vasi sanguigni;
talvolta stagna il sangue affatto.
3) Anche il siero (di vitello) si trattiene qualche volta nei vasi in
modo che la circolazione cessa.
« Però non si può ammettere, che siano emboli (di corpuscoli di sangue)
che chiudano i vasi. Si tratta certamente di contrazioni toniche dei vasi,
come le trovai facendo la trasfusione nei muscoli faticati coli' ipermanganato
di potassio o come Mosso osservava, quando fece correre del sangue arterioso
per i vasi asfissiati dei reni.
4) Quando si sterilizza il siero col calore scaldandolo fino a 56°, questo
circolando per i vasi non gli irrita più.
* Essendoci assicurati che la specie del liquido ed il suo stato modifica
quasi sempre la circolazione rallentandola, abbiamo ricercato l'effetto sui
vasi di una circolazione effettuata per impulsi ritmicamente ripetentisi (pres-
sione discontinua).
« A tale esperienza ci servì un robinetto a pendolo elettrico. Un ro-
binetto che gira senza notevole resistenza può essere aperto e chiuso da un
grave pendolo che batte i minuti secondi quando è lasciato libero da una elet-
— 272 —
tro calamita. La corrente elettrica che animava la calamita, fu chiusa ed
aperta per mezzo di un orologio a secondi di Bowditch-Baltzar.
« L'apparecchio si graduava paragonando il tempo, nel quale un mezzo
litro d'acqua passava pel robinetto sotto pressione costante, col tempo che
fu necessario pel passaggio di un mezzo litro d'acqua attraverso il robinetto
ritmicamente aperto e chiuso col pendolo elettrico ogni 3 minuti secondi.
« Risultava di queste misure che \ litro di acqua nutriva per 4 minuti
primi la corrente attraverso il nostro robinetto aperto, mentre ci vollero un
po' meno di 17 minuti per far passare \ litro pel robinetto aperto e chiuso
ogni 3 secondi dal pendolo. Vale a dire il pendolo lasciava aperto il robinetto
soltanto j del tempo intiero.
« Dalle esperienze di trasfusione istituite sulle rane adoperando il cuore
artificiale adesso descritto risultava : che i vasi sanguigni fanno passare
molto piti liquido iniettalo da impulsi ritmici che spinto da pressione
continua.
a La corrente che risulta da impulsi può diventare 4 volte più celere
di quella che esce per pressione continua : in guisa che nonostante le inter-
ruzioni l'afflusso ritmico può spedire alle vene la stessa quantità di liquido
quanto l'afflusso continuo.
« Dopo ciò abbiamo paragonato l'effetto del cuore artificiale con quello
del cuore naturale: 1°, facendo passare per la vena addominale nel cuore di
ranocchie e rospi vivi la soluzione di cloruro di sodio, la quale compita la
circolazione usciva dal moncone periferico della stessa vena addominale ; 2°,
facendo passare la stessa soluzione pel robinetto a pendolo direttamente
nell'aorta, sostituendo così al cuore naturale l'apparecchio impulsivo. Il ritmo
e l'altezza della pressione artificiale furono fatti press' a poco uguali al ritmo
ed alla forza del cuore.
« Osservammo che all' incirca la stessa quantità di liquido fu spedito
pel cuore naturale quanto pel cuore artificiale. Colla pressione continua in-
vece ne passava molto meno per i vasi, sia che la trasfusione si facesse nel
cuore paralizzato o direttamente nell'aorta.
« Un fenomeno di grande interesse teorico e pratico intervenne in queste
esperienze : l'edema.
« Se la soluzione di cloruro di sodio di concentrazione favorevole (0,6%)
sotto pressione normale (10-25 cm. di acqua) era passata continuamente durante
6 ore per le coscie della rana, dai vasi sanguigni era trasudato tanto liquido nei
tessuti d' intorno, che il peso delle coscie era aumentato da 20-90 %. Quando
la trasfusione di acqua salata pelle coscie si effettuava colla pressione ritmica,
non si manifestò edema o questo era in piccola quantità (fino a 3 % del
peso delle coscie). Ma se il giorno dopo un tale esperimento si ripeteva collo
stesso preparato, anche colla pressione ritmica nasceva un edema considere-
vole (14-22%).
— 273 —
« Da queste osservazioni è provato; 1° che i vasi sanguigni vengono irri-
tati per tensione continua delle contrazioni toniche; 2° che per irritamenti
chimici (siero non sterilizzato) i vasi pure si contraggono, e che dopo fanno tra-
sudare oppure stravasare il loro contenuto ; 3° che nei vasi male nutriti o mo-
ribondi il liquido produce degli stravasi anche se viene spinto con impulso
normale.
« È necessario il polso, per tener normale la circolazione » .
CORRISPONDENZA
Ringraziarono per le pubblicazioni ricevute:
La R. Accademia delle scienze di Lisbona; la R. Accademia di Frei-
berg; la Società filosofica di Cambridge; l'Istituto Egiziano del Cairo; l'Uni-
versità di Upsala.
Annunciarono l'invio delle loro pubblicazioni:
La R. Accademia della Crusca di Firenze ; la Società di scienze naturali
di Francoforte s. M. ; l'Istituto Smithsoniano di Washington; la Scuola po-
litecnica di Darmstadt; il Collegio degl'ingegneri ed architetti di Palermo.
D. C.
P. B.
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali.
Seduta del 4 novembre 1888.
F. Brioschi Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Astronomia. — Sulle osservazioni delle macchie, f acole e pro-
tuberanze solari fatte al li. Osservatorio del Collegio Romano nel
2° trimestre del 1888. Nota del Corrispondente Tacchini.
« Ho l'onore di presentare all'Accademia il risultato delle osservazioni
fatte nel 2° trimestre del 1888. Per le macchie o per le facole solari il
numero delle giornate di osservazione fu di 76, cioè 26 in aprile, 26 in
maggio, 24 in giugno. Ecco il solito quadro delle medie trimestrali :
1888
Frequenza
delle
macchie
Frequenza
dei
fori
Frequenza
delle
M-i-F
Frequenza
dei giorni
senza
M + F
Frequenza Frequenza
dei giorni - .
con soli ael
F gruppi
Media
estensione
delle
macchie
Media
estensione
delle
f acol
Aprile . .
Maggio- •
Giuguo. .
2° trimestri
0,96
0,69
1,65
0,39
0,08
0,89
1,42
1,08
2,50
0,54
0,00
0,46
1.42
2.29
3,71
0,-12
0,00
0,79
1,26
1 ,33
2,59
0,45
0,03
0.71
l.:'.l
18,77
1,18
9.35
13,65
7,20
12,52
12,68
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 2° Sem.
36
— 27() —
« La grande scarsità di macchie avvertita in marzo continuò anche nel-
l'aprile, poi si ebbe aumento nel maggio e nel giugno, così che il numero
medio diurno delle macchie e fori risulta un poco maggiore di quello del
trimestre precedente. La media estensione dei gruppi delle macchie fu mag-
giore in questo trimestre, mentre quella delle facole si conservò pressoché
la stessa. Vi sono nella serie tre periodi di minima frequenza nelle macchie,
intorno all' 11 di aprile, <> maggio e 31 maggio, separati da intervalli cor-
rispondenti prossimamente ad ima rotazione solare. Diamo ora i risultati delle
osservazioni sulle protuberanze solari :'
Protuberan:e 2° trimestri- isss.
1888
Numero I Medio 1111-
dei nomi mero delle
di protulieranze
osservazione per giorno
Media
altezza
per giorno
Estensione
media
Uassima
altezza
osservata
aprile . . .
22
12,00
I.V's
1 '.::
100"
Maggio . . .
21
7. hi
16, 7
1,5
110
Giugno . . .
23
8,83
16,3
L,8
90
2° trimestre
69
9,36
16,3
1,1
1 l<>
« L'aumento nel numero delle protuberanze trovato nel marzo continuò
nell'aprile, e dobbiamo far rimarcare che una frequenza diurna di 12 non
la si trova nel 1887, nel 1886 e nel 1885; bisogna risalire dunque fino
al 1884. Nel maggio e nel giugno la frequenza delle protuberanze riprese
valori analoghi a quelli trovati in principio d'anno. Nel resto delle medie vi
è poca differenza con quelle relative al trimestre precedente. Per le macchie
solari abbiamo veduto, che il minimo del febbraio e marzo si prolungò nel-
l'aprile, così che è questo uno dei casi più adatti per concludere, che la
relazione fra le macchie e le protuberanze solari non è così intima, come
qualcuno ha supposto, perchè appunto è possibile di incontrarsi con un mas-
simo rilevante di protuberanze mentre le macchie sono ad un minimo marcato » .
Astronomia. — Sulla distribuzione in latitudine dei fenomeni
solari osservati al R. Osservatorio del Collegio Romano nel 2° tri-
mestre del 1888. Nota del Corrispondente Tacchini.
« Dalle latitudini eliografiche calcolate per ogni protuberanza, gruppo di
facole e di macchie e per ogni eruzione solare, ho ricavato il seguente quadro
per la frequenza relativa di ogni ordine di fenomeni in ciascuna zona di 10
in 10 gradi.
« I gruppi delle macchie furono più frequenti al sud dell'equatore solare
e il massimo di frequenza avviene nella zona (0° — 10°). I gruppi delle macchie
si conservarono a basse latitudini.
« Le facole sono anche in questo trimestre molto più frequenti nell'emi-
sfero australe del sole, come le facole. Esse presentano un massimo nella zona
(0° — 10") come le macchie, ciò che si notò anche nel precedente trimestre.
« Le eruzioni si manifestarono tutte nell'emisfero australe del sole, e la
quasi totalità di esse corrisponde alla zona di massima frequenza delle macchie
e delle facole.
« Come nel trimestre precedente, così anche in questo le protuberanze
furono più frequenti nell'emisfero sud, e il massimo assoluto di frequenza
avvenne nella zona (—50° — 60°), cioè più al sud ma attigua alla zona del
trimestre precedente. Le protuberanze si mantennero abbastanza frequenti tanto
al nord che al sud dell'equatore lino a =t 60, come nel primo trimestre, e i
massimi di loro frequenza corrispondono a latitudini ben più elevate di quelle
corrispondenti ai massimi degli altri fenomeni. Anche in questo trimestre l'at-
tività solare si manifestò maggiormente nell'emisfero australe rispetto a tutti
gli ordini di fenomeni » .
278 —
Matematica. — Sulle forme differenziali quadratiche Indefi-
nite. Memoria del Corrispondente L. Bianchi.
Questo lavoro sarà pubblicato nei volumi delle Memorie.
Archeologia. — Sopra una iscrizione dorici/ grafita sul piede
d'un vaso dipinto. Comunicazione del Socio Hklhio.
Il Socio Helbig presenta un vaso tarantino trovato presso Chiusi, sul
cui piede è granita un' iscrizione in dialetto dorico dichiarante il regime de-
mocratico una cosa cattiva.
Astronomia. — Sulla nuova cometa Barnard 30 ottobre. Nota
di E. Millosevich, presentata del Corrispondente Tacchini.
« Mentre mi riservo con maggior agio di comunicare all'Accademia le
osservazioni da me fatte sulle comete scoperte o ritrovate durante il periodo
di ferie, mi affretto a dar notizie della cometa di recentissima scoperta da
me, osservata questa notte all'equatoriale «li 0m,25 di apertura.
« Questa cometa è la seconda che il Barnard scopre spiando il cielo dal
magnifico novello osservatorio di Lick della Università di California, diretto
dal celebre astronomo Holden.
« Fu annunciata telegraficamente qui 1' 1 sera, ma soltanto questa notte
con cielo burrascoso, ma spesso serenissimo, potei osservarla. L'astro, che
secondo l'annuncio dovea essere debole, è invece sufficientemente lucente e
le osservazioni mi riuscirono facili. Ha nucleo di ll",a grandezza non bene
definito in causa di qualche altro punto lucido che gli è vicinissimo, mostra
un indizio di coda precedente di 3' circa piuttosto larga trasversalmente.
Ho riferito l'astro a tre stelle, ma per mancanza di tempo do il luogo de-
dotto con calcolo approssimato.
« 1888 nov. 3 I5h37m,6 Collegio Romano
(e apparente cometa 9h48m48s,9
ó apparente cometa — 14°45',29"
- L'astro si muove abbastanza lentamente verso NE » .
« PS. La posizione rigorosa mi risultò :
9h48ra48s.93 (9.537 n)
— 14° 45' 29". 1(0.831)
- 1888 nov. 3 15h36m37s Roma C. R. -.
— 279 —
Fisica. — Sulla temperatura della neve a diverse 'profondità
e sulla temperatura dei primi strati d'aria sovrastanti alla neve.
Nota di Ciro Chistoni, presentata dal Corrispondente Tacchini.
« Nello scorso inverno si ebbero a Modena successive ed abbondanti ne-
vicate, le quali coprirono il suolo con uno strato di neve alto quasi un metro
e mezzo. Approfittando dell'occasione volli ripetere alcune esperienze, già fatte
in numero scarsissimo dal Fusinieri e mai, per quanto io sappia, state veri-
ficate da altri.
« Sfortunatamente per tale studio potei valermi soltanto di pochi ter-
mografi a massima ed a minima, inviatimi dall'Ufficio Centrale di Meteoro-
logia, non avendo altro materiale scientifico a mia disposizione.
« Le osservazioni vennero fatte tutte da me nel podere della R. Stazione
agraria di Modena.
« I risultati delle osservazioni verranno pubblicati per esteso negli An-
nali dell'Ufficio Centrale di Meteorologia; e qui mi limito a citare quanto
ho potuto dedurre dalle osservazioni stesse.
« In primo luogo mi risultò che la escursione diurna della temperatura
nello strato di neve aderente al terreno raggiunge difficilmente un grado cen-
tigrado; e che la temperatura massima di esso strato fu sempre 0°, anche
in giornate nelle quali il termometro esterno si mantenne costantemente sotto
zero e la temperatura minima dello strato superficiale della neve raggiunse
parecchi gradi sotto lo zero.
« Questo tatto, secondo me, trova facile spiegazione, quando si consideri
che il terreno coperto dalla neve si mantiene sempre caldo e che comunica
incessantemente calore al sovrastante primo strato di neve.
« Ed il fatto da me osservato che la differenza di temperatura fra lo
strato di neve aderente al terreno e lo strato superficiale della neve possa
raggiungere circa .10°, e forse superare questo limite, lo si deve alla tenue
conduttività calorifica della neve.
« Ho osservato poi che la minima temperatura del primo strato d'aria
sovrastante alla neve è quasi sempre più bassa della minima temperatura
dello strato superficiale della neve, e che assai raramente succede il contrario.
« Ciò è facilmente spiegabile quando si pensi che la temperatura della
neve è sempre in ritardo su quella dell'aria sovrastante, per la qual cosa
al cominciare del giorno, quando avviene il minimo della temperatura del-
l'aria, alla neve occorrerebbe qualche ora per raggiungere la temperatura
dell'aria sovrastante; ma in qual momento i raggi solari del nuovo giorno
che succede, vengono a scaldare la neve, la quale per conseguenza è impe-
dita così di raggiungere un minimo di temperatura uguale a quello dell'aria
.sovrastante.
— 280 —
« E per la stessa ragione deve avvenire che se ad una giornata freschis-
sima succede una notte relativamente mite, in questa notte il minimo di
temperatura della neve dev'essere minore di quello dell'aria sovrastante; e
appunto dalle mie osservazioni risulta che in fatto s'ebbe un minimo di tem-
peratura della neve inferiore a quello dell'aria sovrastante, solo in quelle notti
nelle quali la temperatura si conservò abbastanza alta relativamente alla
temperatura del giorno precedente.
« Ho disposto anche due termograti a minima, uno a tre centimetri
sopra la neve ed uno a cinquanta centimetri (protetti ben inteso con oppor-
tuno schermaglio dalla radiazione notturna), ed ho osservato in generale che
la minima temperatura del primo strato d'aria è sempre da uno a due gradi
più bassa di quella dello strato sovrastante.
- Solo in due notti nelle quali l'aria era assai caliginosa si verificò un
innalzamento dello strato d'aria più freddo, dovuto forse quest'innalzamento
al fatto, che avendo in quelle notti l'aria un potere conduttivo maggiore del
solito, avveniva che la neve potesse propagare il suo maggior calore ai primi
strati d'aria. Non insisto sull'esistenza, durante la notte, di uno strato d'aria
più freddo degli altri vicino al suolo, perchè di questo ho distesamente trat-
tato in altra occasione discutendo la teoria della formazione della rugiada.
« Prima di lasciare questo argomento farò notare una cosa, e cioè che
mentre in aperta campagna e a pochissima distanza dalla neve la minima
temperatura da me osservata tu nella notte del 20 gennaio 1888 con — 20°,5,
all'orto botanico con un termografo posto vicino al muro la minima tem-
peratura osservata nella stessa notte fu — 1 4°,0 e all'osservatorio di Mo-
dena — 8°,4.
« Sorge quindi spontanea la domanda: Per gli studi meteorologici ed
in ispecie per le applicazioni della meteorologia all' agricoltura, in quale strato
d'aria si dovrà misurare il minimo di temperatura?
« Non è qui il caso di rispondere a questo problema, il quale fa parte
della questione della ricerea della vera temperatura dell'aria, questione che
ha occupato ed occupa tisici valentissimi : ma tuttavia il fatto da me accen-
nato dimostra che alcuni disastri agricoli (come sarebbe quello avvenuto ap-
punto nel basso Modenese, dove morirono nello scorso inverno parecchie viti
pel freddo intenso) se trovano la loro ragione in fatti meteorologici osservati
in prossimità del suolo, non la troverebbero nei dati meteorologici che si
ricavano sull'alto degli editi zi.
« E perciò è importante che, come da alcuni anni fa il nostro ufficio cen-
trale di meteorologia, si cerchi di istituire osservatori meteorologici presso
le scuole di agricoltura, nelle quali è possibile una collocazione razionale
degli istrumenti, allo scopo di bene studiare i rapporti fra i fenomeni della
vegetazione e quelli meteorologici ».
— 281 —
Botanica. — Intorno all'identità del Phyllactidium tro-
picum Moebius con la Hansgirgia flabelligera De-Toni.
Nota del dott. G. B. De-Toni, presentata dal Socio Passerini.
« Pino dal 13 giugno del corrente anno, io ho inviato alla Società reale
di botanica del Belgio una Nota preliminare (i) sopra un nuovo genere di
Alghe aerofile, da me denominato Hansgirgia e scoperto un mese prima sopra
le foglie di un esemplare -di Anthurium Scherzerianum, conservato nella
serra più calda del r. Orto botanico di Padova.
« Né devo tacere come nell'agosto scorso il mio corrispondente belga
E. De Wildeman mi spediva dei campioni di una Orchidea indeterminata,
proveniente dal Brasile, sopra le foglie della quale trovavansi delle alghe fog-
giate quasi a disco, sulle quali egli desiderava conoscere il mio parere. Io fui
ben lieto di riconoscervi la specie da me già poco tempo innanzi descritta
col nome di Hansgirgia flabelligera, e m'affrettai a partecipare al De Wil-
deman tale risultato, alquanto importante nei riguardi della fitogeografia,
indicandogli in pari tempo le somiglianze della porzione disciforme del tallo
con i generi Chromopellìs Keinsch (-) e Phycopeltis Millard. (3), nonché
in certo modo coi dischi della Mycoidea Cunningh. (4) e di alcune Coleo-
chaelaceae.
« In una Nota successiva (5) io , a proposito del nuovo genere da me
proposto, emettevo l'opinione che il medesimo potesse costituire una sotto-
famiglia {Hansgirgiaceae mihi) nella famiglia Trentepohliaceae (Rabenh.)
Hansg. (,!) , la quale sottofamiglia verrebbe a porgere l'anello di congiunzione
tra la sottofamiglia Chroolepidaceae (Rabenh.) Borzì (7) e la sottofamiglia
Alycoideaceae (Van Tiegh.) Hansg. (8).
« Io stavo proseguendo le mie ricerche biologiche sul materiale vivo
che giace a mia disposizione, per poter completare la diagnosi preliminare
0) J. B. De Toni, Sur un genre nouveau (Hansgirgia) cVAlgues aériennes, Comptes-
rendus de la séance du 2 juillet 1888 de la Société Royale de botanique de Bel-rique.
(2) P. F. Reinsch, Contributiones ad Algologiam et Fungologiam. Cum tabulis.
(3) A. Millardet, Phycopeltis. Mémoires de la Société d'histoire naturelle de Strass-
bourg, voi. VI.
(4) Cunningham, On My coidea parasitica. Transactions oftbeLinnean Society, ser. II.
voi. I, 1880.
(5) G. B. De-Toni, S'opra un nuovo genere di Trentepohliacee. Notarisia anno III.
(1888), n. 12, p. 581-584.
(tì) A. Hansgirg, Ueber die Gattungen Ilerposteiron Naeg. und Apkanochaete Berti,,
non A. Br. nebst einer systematischen Uebersicht aller bisher bekannten oogamen
anoogamen Confervoideen-Gattungen, p. 12. Flora 1888, n. 14-15.
(7) A Borzì, Studi Algologici, fase. I. Messina 1883.
(8) A. Hansgirc;, loc. cil.
— 282 —
del genere da me stabilito, allorquando mi pervenne il lavoro bellissimo, pub-
blicato nella Hedwigia del corrente ottobre, dal mio egregio amico dott. M. Moe-
bius (') sopra alcune alghe acquatiche ed aeree, provenienti dall'isola di Por-
toricco, ove furono raccolte dal Sintenis, le cui collezioni fìcologiche vennero
in parte, oltreché dal Moebius. già illustrate dagli amici Lagerheim (2), Nor-
stedt (3) ed Hauck (')•
n La seconda specie che il Moebius prende in considerazione sotto il
nome di Phyllactidium tropicum n. gen. et sp. è un alga epifita sulle foglie
di parecchie Orchidee; l'egregio algologo, con la perizia dimostrata in altre
ricerche ficologiche, ne descrive ampiamente ed illustra con opportune ligure,
la forma dell'apparecchio vegetativo, la genesi dei dischi, la posizione degli
zoosporangii ecc., facendo risaltare la curiosa conformazione del sistema vege-
tativo, il quale viene ad essere costituito da una porzione disciforme e da
una porzione croolepiforme anastomosata a rete.
« È più che tutto la presenza dei dischi e la Ioni origine e rapporto con
la parte del tallo foggiata a rete, egregiamente figurata dal Moebius nella
tavola Vili, f. 10, quella che dimostra all'evidenza l'identità del genere /'/////-
lactìdium Moebius (non Kiitz.) col genere Hansgirgia De-Toni, il quale ul-
timo nome per diritto di priorità, dev'essere conservato con le modificazioni
che le ricerche diligenti del Moebius vi possono aggiungere.
« Negli esemplari brasiliani, comunicatimi dal De Wildeman, ho potuto
riscontrare rarissimi filamenti eretti simili a quelli figurati dal Moebius (tav.
Vili, f. 8) mentre non li potei osservare negli esemplari viventi rnìl'Anthtt-
rium Scherjserianunij conservati nella serra calda del r. Orto botanico di
Padova, dove forse la pianta non gode quelle condizioni che le otfrono le
località tropicali dove cresce spontanea; all'incontro sulle foglie àéll'Antku-
rium succitato, Y Hansgirgia vegeta in relazione con un lichene, del pari che
il Phyllactidium tropicum Moebius sulle foglie di Lepanthes.
- Anche la grossezza dei filamenti croolepiformi, la formazione laterale
degli zoosporangi, l'aspetto irregolare delle cellule vegetative, la presenza
dell' ematocroma, la genesi dei dischi dell' Hansgirgia ftabelligera concordano
affatto con quelli del Phyllactidium /rt>/i>'c/'„/.
« La presenza dei filamenti eretti avvalora l'opinione da me emessa
sull' affinità dell' Hansgirgia De-Toni (Phyllactidium Moebius) con la Mycoidea
(!) M. Moebius, Ueber einige in Portorico gesammelte Siisswasser - und Luft - Algen.
Hedwigia, XXVII. Band, 9 u. 10. Heft (1888), p. 221-249, Taf. YII-IX.
(2) G. Lagerheim, Ueber einige Algen aus Cuba, Jamaica und l'iurto-Rico. Bota-
niska Notiser 1887, Hàft, 5, p. 193.
(3) 0. Nordstedt, Einige Characeen-Bestimmungen II. Hedwigia XXVII. Band. 7. u.
u. 8. Heft (2868) p. 194-195.
(4) F. Hauck, Jleeresalgcn von Puerto-Rv'o. Engler"s Bot. Jahrb. IX. Band. V.
Heft (1888), p. 457-470.
— 283 —
Cunningh. Da tale genere differisce YHansgirgia, oltreché per la presenza
del reticolo croolepideo, anche per la presenza di un solo zoosporangio all'apice
dei filamenti eretti.
« Il genere Hansgirgìa viene a riempire quella lacuna tra le Coleochae-
taceae, le Trentepoliliaceae e le Mycoideaceae, come fu preveduto da Mar-
shall Ward (L) il quale così si esprime: « I think we may probably expect
that subsequent discoveries will establish a group of organismes have a si-
milar relation to the filamentous Chroolepideae, that Coleochaete scutata has
to its simpler allies, and that so-called genera « Phyllactidium » « Phycopel-
tis » and « Mycoidea » will be found allied in other respects besides habit
and mode of growth ».
« E riguardo alla collocazione sistematica del suo genere Phi/llactidium
che corrisponde al mio genere Hansgirgìa^ si esprime il Moebius in questa
maniera: « Was die systematische Stellung der hier beschriebenen Alge betritft,
« so schliesst sie sich sehr nahe an Mycoidea an, far welche es nach der Unter-
« suchung von Marshall Ward sehr wahrscheinlich geworden ist, dass sie sich
« auch nur ungeschlechtlich durch Schwarmsporenbildung fortpflanzt. Wenn
y- der genannte Autor seine Mycoidea fiir nahe verwandt mit Chroolepus hàlt,
« so kann ich darin nur beistimmen und dasselbe auch fiir Phyllactidium
« annehmen. Diese 3 Gattimgen sind dann dadurch characterisirt, dass die
- Zoosporangien aus den Endzellen der Faden entstehen und sind sich biologisch
« àhnlich als an der Luft lebende Algen, womit oifenbar auch die Farbung
« des Zellinhaltes im Zusammenhang steht. In dieser Hinsicht ist auch Millar-
« det's Phycopeltis hier anzuschliessen, die sich aber, wie schon erwahnt, in
« der Ausbildung der Sporangien von den drei anderen Algen unterscheidet.
- Diese durfen nun auch nicht zu den Coleochaetaceen gerechnet werden, da
« sie mit ihnen nichts als die àussere Wuchsform, welche eine einfache An-
« passung an das Substrat ist, gemeinsam haben ».
« La Hausgirgia flabelligera De-Toni (Phyllactidium tropicum Moebius)
venne finora scoperta sulle foglie di Anthurium Seller zeriammi a Padova
nella serra calda del r. Orto botanico da me stesso, sulle foglie di una Or-
chidea indeterminata del Brasile (De Wildeman) e di altre Orchidee (Hor-
midium, Lepanthes, Epidendrum, Dichea, Pleurothallis , Tsochilm) dell'isola
Portorico (P. Sintenis) ».
(!) M. Ward, Sructure,development and life history of a tropical epiphyllow Lichen
(Striglila complottata Fée). Transact. of the Limi. Soc. ser. II. voi. II. 184.
Rendiconti, 1888, Voi,. IV, '2° Sem. 37
— 284 —
Zoologia. — Elenco dei Copepodl pelagici raccolti dal tenente
di vascello Gaetano Chierchia durante il viaggio della R. Corvetta
« Vettor Pisani » negli anni 1882-1885, e dal tenente di vascello
Francesco Orsini nel Mar Rosso, nel 1884. Nota I del clott. W.
Giesbrecht, presentata dal Socio Todaro.
u La Commissione nominata dalla R. Accademia dei Lincei a richiesta
di S. E. il Ministro della Marina per provvedere allo studio delle raccolte
di Storia Naturale fatte dagli Ufficiali della R. Marina, mi ha concesso i Cope-
podi pelagici raccolti dagli ufficiali sigg. G. Chierchia e P. Orsini, affinchè
io potessi avvalermene per una monografia dei Copepodi pelagici del Golfo
di Napoli. Mi permetto ora di presentare all'Accademia dei Lincei una rivista
di queste collezioni, e al tempo stesso rendo le più sentite grazie alla Com-
missione a cui debbo di aver potuto studiare un materiale così prezioso.
« La collezione di Copepodi pelagici raccolta da G. Chierchia nel viaggio
della « Vettor Pisani » (') è la più ricca che mai sì sia fatta di questo gruppo :
da più di Ilo punti il sottile reticeli" ha pescato presso a poco 200 specie,
tra le quali circa la metà nuove, lo so di due sole spedizioni che possano
per la loro ricchezza stare in confronto con quella della - Vettor Pisani": la
« United States Exploring Kxpedition (18:38-1842) » e quella anche più nota
del « Challenger - (2); le quali due furono intraprese allo scopo speciale
di ricerche biologiche nell' oceano , e condotte da una riunione di scienziati
competenti; eppure sono state vinte nella ricchezza della raccolta, da questa
fatta con scopi affatto diversi su una nave da guerra da un officiale, il quale
poteva concedere alla cattura e alla conservazione degli animali soltanto quel
tempo che il suo servizio gli lasciava libero; e se era coadjuvato dalla intelligente
cooperazione del comandante, doveva purtroppo accontentarsi della scarsezza
dei mezzi che gli consentiva lo spazio angusto destinato allo scopo, né posse-
deva in fatto di conoscenze scientifiche altre che quelle che aveva potuto acqui-
stare grazie al suo zelo durante pochi mesi nella Stazione zoologica di Napoli.
« E il risultato prin riparissimo delle fatiche del Chierchia non sta nella
ricchezza e nelle ottime condizioni di conservazione della raccolta, ma nel
fatto che questa spedizione ha per la prima volta risposto ad un desiderio
già da tempo sentito nella zoologia marina.
(') Il Chierchia ha pubblicato nella Rivista Marittima (1885, 171 pgg. 11 tav.j una
descrizione del viaggio che sarà letta con piacere anche dai non zoologi.
(2) Dana che studiò i crostacei della spedizione Americana, riporta circa 140 specie di
Copepodi pelagici, ma la metà almeno di queste sono create su forme giovanili di altre
specie, Brady descrisse nella raee,,lta del « Challenger » circa 85 specie di questo gruppo.
— 285 —
« Questo desideratimi è la costruzione di un apparecchio per riconoscere la
distribuzione verticale degli animali; un apparecchio con il quale, in altre
parole, si possano pescare in quantità sufficiente animali ad una determinata
profondità, escludendo assolutamente la possibilità di prenderne altri d'altra
provenienza. In parte questo risultato era raggiunto da alcuni apparecchi più
anticamente costruiti; così uno di questi serve ad esplorare la zona immedia-
tamente sovrastante al fondo, e si giova dell'urto contro il fondo per aprirsi
e chiudersi; un altro, costruito da Sigsbee, può, mediante un peso che si
lascia cadere, aprirsi e chiudersi, a qualunque profondità si voglia; un peso
però discende nell'acqua soltanto lungo una corda pressoché verticale ('), così
che l'apparecchio di Sigsbee può soltanto prendere quei pochi animali di una
data zona che si trovano nel suo passaggio quando esso la attraversa ; quanto
più si aumenta l'altezza della zona, tanto più abbondante sarà la raccolta,
ma al tempo stesso tanto minor valore essa avrà nelT apprenderci la distri-
buzione verticale.
« Ciò che abbisognava era un apparecchio che si potesse aprire ad una qua-
lunque voluta profondità, che attraversasse orizzontalmente una data zona e
si richiudesse nell'uscirne. Questo problema è stato sciolto nel viaggio della
« Vettor Pisani" dal comandante della nave, Gr. Palumbo, in modo sorprenden-
temente semplice. Nella descrizione del viaggio suddetto, il Chierchia ha dato
la figura della rete di Palumbo (1. e. p. 77, tav. X); l'essenziale in essa si
è che l'aprirsi e il chiudersi sono fatti (in modo simile a quello adoperato
nei termometri capovolgentisi di Negretti e Zambra e nella « waterbottle » di
Sigsbee) per opera di un propulsore che è messo in moto dalla contropres-
sione dell'acqua, e comunica questo moto ad una vite. Fu adoperata a tal
fine la vite ad elica di un termometro capovolgentesi, e si aveva in tal modo
il vantaggio di ottenere al tempo stesso la temperatura della zona. È chiaro
però che sarebbe stata preferibile una vite ad elica che lavorasse solo per la
rete ; giacché si sarebbe potuto prima di tutto, allungando la vite, avere per
più lungo tempo aperta la rete. Ma siccome la scoperta fu fatta a bordo ad
una nave (dopo lasciata la costa occidentale dell'America) e non nei pressi
di una officina meccanica, dove l'idea con facilità avrebbe potuto ottenere la
sua completa attuazione, così furono adoperati i mezzi suddetti. 11 Chierchia
(!) Perciò non può ottenersi, mediante mio o due pesi che si lasciano cadere, l'aper-
tura e la chiusura di una rete che si muova in direzione orizzontale, semprechè si tratti
di una profondità piuttosto grande; giacche la corda della rete, quand'anche si lasci andare
verticalmente la rete, acquisterà, pel movimento della nave, una curvatura, per modo che
il peso destinato alla chiusura non raggiungerà mai subito la rete, ma soltanto quando
nel venire essa tirata su, la corda avrà una posizione ahhastanza prossima alla verticale.
cioè qualche volta poco prima che la rete raggiunga la superfìcie. Questo l'atto è stai i
trascurato da Pouchet e Chabry (C. R. Soc. Biologie Paris, Sm0 se'r., Tome I p. 602).
— 286 —
pescò con la rete Palumbo nel Pacifico a varie profondità tino a 4000 metri,
e quasi ogni volta si trovarono nella rete anche dei Copepodi.
u L'apparecchio ideato dal Palumbo ha permesso di studiare un fenomeno
già spesso osservato nel mondo pelagico, il quale aveva non rare volte
imbarazzato i naturalisti che lavoravano nella Stazione Zoologica di Napoli;
e consiste in ciò che il prodotto della pesca di superfìcie aumenta e decresce fino
a sparire del tutto, periodicamente in relazione con le epoche dell'anno. La
causa di questo fatto fu già a un dipresso scoperta nell'estate del 1886, mercè
alcune ricerche iniziate dalla Stazione in ciò che gli animali nelle epoche
in ciù la pesca di superficie è povera, abbandonano la superficie e si portano
a maggiori profondità, quando il prof. C. Chun nell'autunno dello stesso anno
ottenne il vaporetto e gli apparecchi della Stazione, per poter tentare un'altra
prova ; egli adoperò la rete di profondità del Palumbo, modificata da E. v. Pe-
tersen, che era in quel tempo ingegnere della Stazione Zoologica. Non è qui
il posto di intrattenersi dei risultati ottenuti da Chun; debbo però menzionare
le modificazioni apportate dal v. Petersen alla rete Palumbo. Esse non ver-
sano su nessuna parte essenziale , anzi , non solamente la vite ad elica, ma
anche i due pezzi semicircolari che formano l'apertura della rete son inal-
terati (r). Tra i cambiamenti introdotti dal v. Petersen è da notare un miglio-
ramento, cui già innanzi ho accennato: la maggiore lunghezza cioè della vite,
che vien girata dall'elica. Nel rimanente però mi sembra che la rete modi-
ficata sia alquanto inferiore alla originale. Un difetto di minore importanza
si è che la rete, mentre si muove orizzontalmente, pende con tutto il suo peso,
molto aumentato dalla pressione dell'acqua che ci corre dentro, dalla vite mede-
sima, e siccome questa nel tempo stesso gira, devono in breve tempo consu-
marsi i suoi passi. Molto più importante è però quanto segue. La rete non
può chiudersi completamente, ma, come mostra la figura di Chun, anche quando,
dopo che tutta la vite ha girato, i due semicerchi della apertura della rete
combaciano, si trova tra essi ima verga di ferro, cosi che le due metà della
apertura sono necessariamente separate da una fenditura ; la rete prende nel-
l'ascensione tale posizione che questa fenditura è rivolta in su. È chiaro che
mentre la rete vien tirata su. la fenditura, per la contropressione dell'acqua,
tende ad aprirsi sempre più quanto più rapidamente è tirata la rete. Il Chun
(') Il Climi, dir figura e descrive la rete modificata (Bibliotheea Zoologica Hi't. 1, Cassel
1888) la chiama inesattamente u Petersensches Schliessnetz »; e sembra inoltre aver frainteso
la descrizione di Chierchia, quando osserva che colla rete del Palumbo « ein eigentliehe-
Fischen in horizontaler Richtung durch die Befestigung an der Lothleine ausgeschlossen
war ». Il principe Alberto di Monaco (C. R. Soc. Biologie Paris, 8 sér., Tome IV p. 662)
chiama forse ancora meno esattamente questa rete « rete di Chun »; egli l'adoperò nel viaggio
della sua « Hirondelle », ma, come notano Pouchet e Chabry (ibid. p. 602), « ce filet a, en
somme, mal fonctionné... le principe moine du filet Chun est absolument fautif»: gli au-
tori non spiegano in nessun modo quale sia l'errore del principio e perchè esso sia sbagliato,
— 287 —
dice che per tirare su la rete da una profondità di 1000 metri s'impiegavano
25 minuti, ciò che corrisponde ad ima velocità di 40 metri, al minuto; sic-
come d'altra parte la rete, secondo i dati di Chun, rimane aperta, pescando
in direzione orizzontale, 15-20 minuti, e siccome la velocità in tal caso deve
essere notevolmente minore di 40 metri al minuto, ne segue che la rete nel-
l' ascendere attraversa una estensione di mare molto maggiore che non nella
direzione orizzontale, e che quindi, insieme al materiale raccolto alla profon-
dità data, ve ne sarà una ragguardevole quantità appartenente a zone supe-
riori. Quanto può essere il materiale estraneo così mescolatosi è difficile ap-
prezzare, ma si vede chiaro che una semplice rete aperta può anche dare
una raccolta tanto esclusiva di una data profondità quanto la « rete di Chun » ,
se si rende il percorso orizzontale sufficientemente maggiore di quello verticale.
Deve dunque nell'apprezzare i risultati di Chun, pubblicati nel luogo detto,
tenersi conto di queste sorgenti d'errore.
« Di tali errori è completamente esente la rete di Palumbo nella sua forma
originale ; innanzi tutto l'ultima sorgente di errore menzionata è esclusa : mentre
la rete è tirata su, essa rimane completamente chiusa, giacché essa è sospesa
in posizione tale che la contropressione esercitata dall'acqua anzi che meno-
marla rende la chiusura sempre più ermetica.
«L'altra collezione di Copepodi che si deve al tenente di vascello sig. Orsini,
è veramente molto meno abbondante, ma la sua provenienza le conferisce un
interesse speciale. Giacché, sebbene la fauna littoranea e anche i grossi animali
della fauna pelagica del Mar Eosso sieno stati più volte studiati, pure non
abbiamo alcuna notizia delle forme pelagiche microscopiche. Che anche que-
sta sia molto ricca ed interessante, si rileva già dalla raccolta dell'Orsini;
quanti elementi propri essa contenga non è possibile dire, finché non si saprà
del mondo animale microscopico dell'Oceano Indiano almeno tanto quanto si
sa dell'Atlantico e del Pacifico » .
« Farò seguire in una prossima comunicazione un elenco delle specie con
la indicazione dei posti dove sono state pescate.
MEMORIE
DA SOTTOPORSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
E. Artini. Studio cristallografico della Cerussite di Sardegna. Pre-
sentata dal Socio Struver.
RELAZIONI DI COMMISSIONI
Il Segretario Blaserna, a nome dei Soci Mosso, relatore, e Golgi, legge
le Kelazioni colle quali approvasi la inserzione negli Atti Accademici delle
Memorie seguenti: Le leggi della fatica studiate nei muscoli dell'uomo, del
— 288 —
dott. A. Maggiora, e: Influenza del hi coro muscolare, del digiuno e della
temperatura, sulla produzione di acido carbonico e sulla diminuzione di
peso dell' organismo , del dott. V. Grandis.
11 Socio Fa vero, relatore, a nome anche del Socio Razzaboni, legge la
seguente relazione sulla Memoria dell'ing. E. Cavalli intitolata: Teoria delle
ni acci ti ne a gas-luce.
« L'autore si è proposto in questa Memoria di istituire una teoria com-
pleta delle macchine a gas-luce.
« Per raggiungere il suo scopo egli si è servito di recenti lavori pub-
blicati sull'argomento, ed ha raccolto con diligenza e disposto in ordine chiaro
i risultati delle principali esperienze e delle ricerche che furono l'atte sui mo-
tori a gas.
« Egli premette un'accurata classificazione dei vari loro sistemi, forman-
done quattro gruppi, e dicendo con molta chiarezza delle particolarità che
distinguono fra loro i singoli sistemi appartenenti ad un medesimo gruppo.
Egli si diffonde poscia intorno alle due principali questioni relative a iali
motori, cioè intorno al modo con cui procede e si compie la combustione del
miscuglio operatore, ed intorno all'influenza dell'involucro refrigerante nel-
l'azione della macchina.
- fìsposte intorno a questi argomenti le varie esperienze che furono fatte,
e le opinioni che ne conseguirono, l'autore passa a sviluppare le forinole per
il calcolo del » coefficiente economico-, intendendo per questa espressione il
rapporto fra le calorie utilizzate dalla macchina ed il totale delle calorie dovute
alla combustione. Lo studio ili questo coefficiente vi è fatto sotto il punto di
vista tanto teorico che pratico. L'autore chiude il suo lavoro con una breve
ricerca intorno alla pressione media utile per ogni gruppo di macchine.
« La ricerca dell' effetto utile costituisce senza dubbio la parte più impor-
tante in questo studio sulle macchine a gas. Egli è perciò che sarebbe stato
desiderabile che l'autore, oltre il coefficiente economico, avesse pure conside-
rato quello che il Witz chiama : « rendement générique » , e più ancora avesse
svolto il concetto dell' * Arbeitswerth des Brennstoffes » considerato dallo Zeuner.
Con queste aggiunte il lavoro del Cavalli conterrebbe in buon ordine e chia-
rezza ciò che oggi si conosce di più importante sulla teoria di questi motori,
e potrebbe opportunamente seguire di guida agli studiosi.
« Sebbene adunque il lavoro dell'ing. Cavalli, per essere essenzialmente
un'esposizione di cose note, non si presti ad essere accolto nelle pubblicazioni
dell'Accademia, noi lo riguardiamo tuttavia come importante e lodevole, e
proponiamo perciò un ringraziamento all'autore-.
Le conclusioni delle Commissioni esaminatrici, messe partitamente ai voti
dal Presidente, sono approvate dalla Classe, salvo le consuete riserve.
— 28U —
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Blaserna presenta le pubblicazioni giunte in dono, facendo
particolare menzione delle seguenti inviato da Soci stranieri:
A. Auwers. Die Venus-Durchgànge 1874 und 1882, Bericht ùber die
deutschen Beobacktangen. 3 Band.
A. Daubrée. Les eaux souterraines à l'epoque actuelle. T. I. II: Id.
aux époques anciennes.
C. Gegexbaur. Lehrbuch der Anatomie des Menschen. 3e Aufl.
G. H. Halphen. Tratte des fonctions elliptiques. Voi. I. II.
A. Kanitz. Istoria della B. Università Ungarese per l'anno 1887.
A. Le Jolis, Le Glyceria Borreri à Cherbourg.
M. Lèvy. Là Statique graphique. 2 ed. part. I-IV.
Lo stesso Segretario richiama l'attenzione dei Soci sul 26° volume
contenente i risultati scientifici ottenuti colla spedizione del - Challenger ■ :
sul voi. 1° della Bibliographe generale de l'Astronomie dei signori J. C. Hot:-
zeau e A. Lancaster; e sul voi. 1° (Histoire da voyage) contenente i ri-
sultati della missione scientifica francese al Capo Horn nel 1882-83, inviato
in dono dai Ministeri della Marina e della Pubblica Istruzione di Francia.
Il Socio Govi fa omaggio di una sua Nota a stampa intitolata: Sur
les couleurs lalentes des corps.
PERSONALE ACCADEMICO
Il Segretario Blaserna annuncia che le nomine dei Soci nazionali e
stranieri, ultimamente eletti ('), furono approvate da S. M. il Re con R. De-
creto in data 7 settembre 1888.
CONCORSI A PREMI
Il Segretario Blaserna dà comunicazione de' seguenti temi dei concorsi a
premio del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti.
Fremii ordinari biennali del Reale Istituto:
— Si domanda un manuale di chimica, il quale abbia in mira di guidare gli stu-
diosi nella pratica del laboratorio e dell'analisi, con particolare riguardo alla farmacia
ed alla medicina. — Tempo utile 31 dicembre 1889. Il premio è d'ital. lire 1500.
— Avuto riguardo all'ingente incremento >!< Ila emigrazione, VIttituto conferì
premio all'autore di una Storia dell'emigrazione delle provincie venete alV America, tem-
poranea e permanente, distinta per professioni, stato, rondi:.//,/},-, età degli emigranti,
i'i V. pag. 52.
— 200 —
indicandone rimbarco, il viaggio, la destinazione ; determinandone le date, indagandone
le cagioni e le conseguenze, non meno per gli stessi emigranti, che per le provincie di
origine: anche per via di confronti, chiarendo in qual modo possano di tale storia sin-
cera, esatta, compiuta, giovarsi la scienza economica, Varte di governo, la legislazione
nazionale. — Tempo utile 31 dicembre 1890. Il premio è d'ital. lire 1500.
Fremii della fondazione Querini-Stampalia :
— Storia ragionata delle opere e delle dottrine idrauliche nella regione Veneta,
con particolare riguardo all'influenza esercitata dallo Studio di Padova. — Tempo
utile 31 dicembre 1889. Il premio è d'ital. lire 3000.
— Si esponga la storia del diritto di famiglia nella Venezia, e con principale
riguardo a Venezia, dal secolo decimoterzo al decimonono. — Tempo utile 31 dicembre 1889.
Il premio è d'ital. lire 3000.
— La fognatura delle città, in rapporto alle malattie endemiche ed epidemiche,
con speciale riferimento al sistema di fognatura esistente nella ritto di Venezia, ed alle
modificazioni da apportarvisi, nei limiti concessi dalla condizione topografica a/fatto
speciale della città stessa, e ciò allo scopo ch'esso meglio risponda ai bisogni della igiene
cittadina. — Tempo utile 31 dicembre 1889. Il premio e d'ital. lire 3000.
— Goltaiuto di dati scientifici, pratici e statistici, si determinino le basi, su cui
oggi giorno dovrebbe essere fondata una legge sulla costruzione, prova e sorveglianza
delle caldaje a vapore, e la costituzione in Italia di //urli,- Società, che i/ià fioriscono
presso altre nazioni, e che s'incaricano di tenere 'm attenta osservazione Ir caldaje dei
loro clienti.
Il concorrente, nello svolgere il tema, non dorrà dimenticare gli arridenti relati-
vamente numerosi e talora assai gravi, che avvengono nei grossi tubi bollitori, le cui
pareti sono soggette a compressione {raldaje Cornovaglia). — Tempo utile "1 dicembre 1890.
Il premio è d'ital. lire 3000.
Premio di fondazione Tomasoni :
— Un premio d'ital. lire 5000 a chi detterà meglio la storia del metodo sperimen-
tale in Italia. — Tempo utile 31 marzo 1889.
Premio di fondazione Balbi- Valier:
— È aperto il concorso al premio d'ital. lire 3000 all'italiano che avesse fatto pro-
gredire nel biennio 1888-89 le scienze mediche e chirurgiche, sia colla invenzione di
qualche istrumento o di qualche ritrovato, che servisse a lenire le umane sofferenze, sia
pubblicando qualche opera di sommo pregio. — Tempo utile 31 dicembre 1889.
CORRISPONDENZA
Ringraziarono per le pubblicazioni ricevute:
La Società delle scienze di Cherbourg ; la Società filosofica di Cambridge :
la Società degli antiquari di Londra ; 1' Università di Cambridge.
Annunciarono l'invio delle loro pubblicazioni:
La R. Accademia serba di Belgrado ; il R. Museo di storia naturale e
il R. Osservatorio di Bruxelles ; 1' Università di Rostock ; il R. Osservatorio
di Greenwich.
P. B.
291 — .
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Classe di scienze morali, storiche e filologiche.
Seduta del 18 novembre 1888.
G. Fiorelli Vice-Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Archeologia. — Il Socio Fiorelli presenta il fascicolo delle
Notizie per lo scorso mese di ottobre, e lo accompagna con la Nota
seguente :
« In Pieve di Cadore (Regione X) fu dissotterrata una tomba di età pre-
romana, con qualche avanzo di suppellettile funebre. Tombe di età romana
con iscrizioni latine si rinvennero in Este, e nel suo territorio, ed altre tombe
pure romane, in Verona.
« In Bergamo (Regione XI), presso alcuni scheletri, si raccolsero monete
di bronzo di vario modulo, appartenenti in generale al basso impero ; e mo-
nete del periodo medesimo si trovarono in altri sepolcri scoperti a Martinengo.
In Monza si aprirono tombe preromane con oggetti di bronzo e di ferro.
« In villa san Pellegrino presso Reggio d'Emilia (Regione Vili) furono
riconosciuti gli avanzi di un acquedotto romano, che aveva origine dal luogo
denominato Acque chiare, e metteva alla città antica.
« In Castel san Pietro sul Silaro si scoprirono avanzi di un antico ponte,
a cui appartengono due iscrizioni latine dell'età di Traiano, illustrate dal
prof. Brizio, alle quali accennai nelle comunicazioni dello scorso mese.
Rendiconti. 1888, Voi,. IV. 2° Sem. 38
— 292 —
« In Orvieto (Regione VII) continuarono gli scavi della necropoli meri-
dionale volsiniese presso la Cannicella, nel fondo denominato « Le Piaggie ■ .
Yi si riconobbero i resti di tombe a camera, con pochi avanzi di buccheri,
di vasi dipinti, e di bronzi, quivi lasciati da precedenti devastazioni.
« In Ascoli Piceno (Regione V) fu trovato un frammento di epigrafe la-
tina, ed un'ara di marmo greco, con rilievo di un Genio alato. Tombe cri-
stiane si esplorarono pure in contrada Castagneti fuori la città, dove tra gli
oggetti raccolti merita essere ricordata una bella ampollina di vetro, ornata
di smalto bianco.
« In Roma (Regione 1) molti, come al solito, furono i trovamenti. Pa-
recchie tombe di un sepolcreto repubblicano si riconobbero nella Villa Cam-
panari, già Wolkonsky, al Laterano ; e tra queste parecchie epigrafi furono
rimesse all'aperto. Singolare è quella di un collegio funeraticio, per le nuove
formule che vi si incontrano. Un'altra importante epigrafe, dissotterrata al
principio della via Labicana, accenna al tempio d'Iside donde toglieva il nome
la regione terza urbana. Resti di fini musaici policromi si recuperarono presso
la chiesa di santa Lucia in Selci, dove si dissotterrò un piatto medioevale
di bronzo, ornato di graffiti Un tesoretto di monete di bronzo del primitivo
sistema latino si estrasse dall'alveo del Tevere, presso la Salara, sotto l'Aven-
tino. Sono tutte trienti e spettano al Lazio, alla bassa Etruria ed a Roma.
Proseguirono le ricerche nel cimitero di s. Valentino sulla Flaminia, dove le
iscrizioni scoperte nel corso di pochi mesi, ascendono a duecento settanta.
- In Pozzuoli, presso il cantiere Armstrong, si scoprirono entro il mare
due muri di età romana; e presso di essi furono estratti quaranta capitelli
marmorei, e basi pure di marmo, con altri avanzi di ornati architettonici ed
oggetti vari, e frammenti di porfido, di serpentino, e di colonne di fior di
persico.
« Resti di un edificio termale furono riconosciuti presso le cosidette « Stufe
di Nerone » nel comune stesso di Pozzuoli.
« Nel territorio di Pescosansonesco nei Vestini (Reg. IV) il solerte ispet-
tore de Nino visitò parecchi luoghi, che conservano avanzi di età antica, sco-
prendovi alcune epigrafi, tra le quali è degna di speciale riguardo quella di
santa Maria degli Angeli, che ricorda i magistri di un vico, che probabil-
mente ebbe sede in quelle vicinanze.
« Riconobbe pure l'andamento dell'acquedotto Corfiniese, e raccolse pa-
recchie notizie sopra antichità dell'Agro di Ortona a mare nei Frentani, e di
Castel di Sangro nel Sannio, ove fu scoperta un'iscrizione funebre latina.
« Mattoni con bolli di fabbrica si trovarono nel tenimento di Rionero in
Vulture (Regione II) e di s. Fele.
« Appartiene alla Regione III il seguito del catalogo degli oggetti tro-
vati nella necropoli di Torre del Mordillo nel territorio di Sibari, e precisa-
mente nelle tombe che furono aperta dal 1 al 22 dello scorso maggio. Singolare
— 293 —
è l'oggetto rinvenuto nella tomba 206, che fu dato nella tav. XIX n. 15,
e che consiste in un ornamento di cinturone, formato con dodici tubetti
spiraliformi, del quale nessun altro esemplare così completo erasi rinvenuto
precedentemente.
« Singolare eziandio è ciò che si raccolse nella tomba 207, donde fu tolto
intatto il cranio dello scheletro, sul cui osso temporale destro aderisce l'orec-
chino di filo di bronzo, nel modo che vedesi nella figura 14 della tav. citata.
n Chiude il fascicolo una nota sopra monete d'argento e di bronzo, sco-
perte in Pizzo della Campana nel comune di Càccamo in Sicilia » .
Filosofìa. — Il Socio Ferri presenta a nome dell'autore, prof. Roberto
Benzoni, la prima parte di un'opera intitolata : II Monismo dinamico e sue atti-
nenze coi principali sistemi moderni di Filosofia. Dopo avere ricordato che
al Benzoni fu conferito, per giudizio pronunciato dall' Accademia, uno dei
premi assegnati dal Ministero della Pubblica Istruzione al Concorso per le
Scienze filosofiche e sociali, riassume il libro presentato nella seguente Nota
bibliografica :
« La compiuta conoscenza critica del valore delle varie ipotesi filosofiche
ideate allo scopo di riassumere, in suprema sintesi, i risultati delle singole
discipline, e di chiarire la natura e l'ordine del mondo giovò grandemente a
meglio proporre e a formolare con maggiore chiarezza i gravi problemi della
Filosofia. In virtù, appunto della conoscenza critica del fondamento sul quale
poggiano le opposizioni dei sistemi filosofici, si fece vivo il bisogno di una
veduta filosofica generale che tutte le comprendesse, e comprendendole le
ponesse, per quanto possibile, in armonia. Ad indicare tale bisogno della cri-
tica e dello spirito filosofico fu rinnovato il vocabolo Monismo ; ma non tutti
i filosofi però s'accordano nel determinarne il compiuto significato. 11 prof. Ben-
zoni, partendo dal principio che un vocabolo filosofico riassume una serie d'ana-
lisi e determina il grado di riflessione per il quale fu formulato, si studiò di
chiarire il contenuto del vocabolo, di cui si tratta, donde il titolo di questa prima
parte del suo lavoro : Esame critico del concetto monistico e pluralistico del
mondo. A tale scopo egli esamina criticamente le ragioni che nella storia della
filosofia volsero le menti al concetto monistico del mondo e trova il fondamento
del Monismo considerato nelle sue varie forme: 1° nella legge psico-ontolo-
gica dello spirito umano, per la quale il pensiero per natura sua tende all'unità
e non s'acqueta che nell' uno-molti ; non s' appaga se non trova la ragione
della moltiplicità nell'unità; 2° nel principio di quella dottrina della cono-
scenza per la quale l'intelligenza si sforza di cogliere la realtà, l'intima natura
delle cose, per cui queste si modellano sul tipo del pensiero; 3° nei tenta-
tivi metafisici per ispiegare l'origine del moto, la possibilità dell' azione e
reazione tra le cose, in generale la comunicazione del moto; 4° nel presup-
posto metafisico che reciproca attività non possa aver luogo se non tra cose
— 294 —
simili, e che l'effetto debba essere qualitativamente uguale alla causa; 5° nei
tentativi metafisici di chiarire la possibilità della coesistenza delle due se-
rie distinte dei fatti psicologici e fisiologici. A determinare ancor meglio il
contenuto del Monismo ed a valutarne con maggiore precisione il fondamento,
il Benzoni oppone alle ragioni storiche del Monismo, le critiche dei so-
stenitori del Pluralismo dell' Herbart e del Fechner; e nota che: 1° il bi-
sogno di conciliare l'essere col divenire affin di rendere possibile l'esperienza;
2° l'affermazione del valore obbiettivo ed illimitato del principio di causa;
3° i tentativi per ispiegare i mutamenti, ai quali danno luogo i vari reali
sono il fondamento diretto del Pluralismo; mentre le critiche fatte alle ra-
gioni che possono piegare la mente alla veduta monistica del mondo ne sono
il fondamento indiretto. — La discussione critico-comparativa delle ragioni
che stanno a base del concetto monistico e pluralistico del mondo induce il
Benzoni ad affermare: 1° Se i sostenitori del Monismo non procedono retta-
mente quando credono di trovare una base del loro sistema nell'identifica-
zione dell'essere e del pensiero, e nella legge d'unità che governa lo svolgi-
mento di questo, non evitano perciò gravi errori i seguaci del Pluralismo,
quando al pensiero riferiscono un valore puramente soggettivo, formale, ed
affermano che la legge dell'unità non possa dai concetti estendersi alla realtà.
Le due affermazioni del Monismo e del Pluralismo implicano proposizioni
contrarie non contradditorie: esse possono dare luogo ad una sintesi, possono
essere comprese da una proposizione più generale : cioè il pensiero non è
tutta la realtà, non havvi identità tra il pensiero e tutte le tonno della realtà:
ma ciò nulla meno esso non è fuori della realtà, non è una vuota forma,
una pura modificazione, un mero stato dell'energia psichica; esso è un atto
della realtà pura, un atto e non l'atto dell'essere. La legge dell'unità è pro-
priamente legge de'concetti ; ma siccome i concetti importano uno svolgimento
del pensiero, così la legge dei concetti è pure legge del pensiero; d'altra parte,
siccome il pensiero appartiene alla realtà, è un atto dell'essere, così la legge
dell'unità è pure legge di una parte della realtà. In altre parole: siccome
il pensiero non è tutto l'essere, così la realtà non può essere compiutamente
unificata a modo che s'unificano i procedimenti del pensiero. L'unità delle
cose non può essere tanto stretta, logica ed intima quanto è quella del pen-
siero e de'suoi atti. 2° Per quanto spetta alla relazione del Monismo e del
Pluralismo col problema dell'origine del moto il Benzoni scrive: * Il Mo-
nismo considera un tale problema quale uno de'suoi più efficaci fattori ; esso
perviene all' assolutamente uno, identico ed immutabile, al motore primo e se
vuoisi anche immobile. Il Pluralismo nega ogni importanza, per rispetto alle
questioni metafisiche, ad un tale problema; per esso il moto, inteso quale
cambiamento di posto nello spazio, non ha nessun valore metafisico, essendo
lo spazio un puro fenomeno che sussegue all'attività reciproca <leip?*imi ele-
menti semplici, qualitativamente diversi. Quantunque da un tale punto di
— 295 —
vista il Pluralismo la vinca sul Monismo, tuttavia il problema dell'origine
del moto può avere un significato prettamente metafisico, se per moto inten-
desi il passaggio dalla potenza all'atto, dall'atto immanente all' atto tran-
seunte. Tra il riferire al problema dell'origine del moto tale un'esagerata
importanza che debba la soluzione sua necessariamente condurci all'assoluta-
mente uno, immobile, all'assoluta quiete, e il negare alla soluzione di un tale
problema ogni significato metafisico, havvi una via di mezzo ; si può perve-
nire all'imo, ma non all'assoluta quiete, né all'assoluto moto; l'immanente è
u/io in quanto non ha principio né fine, è moto in quanto è atto, è quiete
in quanto non è atto transeunte, ma bensì atto immanente. 3° Al problema
dell'origine del moto si collega direttamente l'altra ricerca del come si chia-
risce la possibilità delle relazioni che intercedono tra i reali. Tra l'afferma-
zione: non essere possibile azione e reazione che tra cose simili, e la sua
contraria : non essere •possibile azione e reazione se non tra cose diverse,
tramezza l'affermazione che le comprende tutte e due; cioè l'azione e la rea-
zione importano tanto il simile quanto il diverso. 4° I sostenitori del Plu-
ralismo sono nel vero quando affermano che non si spiega la realtà né con
l'essere degli Eleatici, né col divenire dell'Hegel : dal vero però s' allonta-
nano quando asseriscono che que'due principi s'escludono, sono in relazioni
di contradittorietà. La pluralità e la qualitativa diversità degli elementi
semplici non ispiegano la realtà e le reali relazioni, perchè non comprendono
l'uno e il piti, perchè non sono la sintesi comprensiva dell'essere uno e del
divenire molteplice.
« A viemeglio chiarire che il concetto pluralistico del mondo non corri-
sponde né alle esigenze ontologiche, né ai bisogni scientifici delle discipline
sperimentali, il Benzoni sostiene contro l'Herbart ed il Lotze che un collega-
mento puramente formale od estetico della moltiplicità e diversità delle cose
non è sufficiente a spiegare il reale condizionarsi delle cose ; ma richiedersi
all'incontro un elemento reale quale contenuto della legge della comunica-
zione del moto.
« Determinata la natura ed il contenuto del Monismo, il Benzoni passa
ad enumerarne le forme possibili: 1° per rispetto alla natura dell' 'unità che
sta a base della moltiplicità e diversità, ed enumera il Monismo (a) onto-
logico; (b) dialettico o idealistico; (e) naturalistico; (d) materialistico; (e) psi-
cologico; 2° per rispetto al passaggio dialettico dall'uno ai più e viceversa
enumera le seguenti forme : (a) Monismo per emanazione ; (b) per immanenza ;
(e) per evoluzione; (d) per evoluzione dialettica; (e) naturale; (/') mecca-
nica; 3° per rapporto alle attenenze dell'uno coi più enumera le seguenti
forme di Monismo: (a) unitario; (b) panteistico; (e) ateistico. Chiarita la
natura delle molteplici possibili forme di Monismo, il Benzoni determina il
posto che tra queste deve occupare il Monismo dinamico ; ma come si possa
raggiungere la meta alla quale tende il Monismo dinamico, egli chiarirà in
una terza parte del suo lavoro, dopo avere criticamente esaminate quelle
— 296 —
forme di Monismo che hanno già avuto un'espressione nella storia della Fi-
losofia.
« i pregi del presente volume, attestati da analisi accurate e da larghe
cognizioni nella storia della Filosofia, ci fanno desiderare le parti che deb-
bono dar compimento allo studio di così importante argomento ».
Archeologia. — Il prof. Comparenti comunica una breve Nota intorno
alla iscrizione di un vaso antico presentato dal prof. Helbig nella seduta
dell'altra classe, del 4 novembre.
« L'iscrizione segnata sotto il piede del vaso con una punta di stecca
mentre l'argilla era ancora morbida, offre ben chiare le lettere
HOYTOTONAAMONE^AnONEPON
A
* È del tutto corretta e deve leggersi
ovico xòv óuiiov t-(ffc novriQÓv
(t
« Si vede che è dei tempi in cui non era ancora in pieno uso l'alfabeto
ionico, particolarmente presso i privati; cioè dei primi del 4° secolo.
« Il collega Helbig legge ovto(s) supponendo che il e sia stato omesso
per errore; ma chi sarebbe quell' ovtog ? il morto forse nella tomba del
quale il vaso fu deposto ? converrebbe supporre che il vaso fosse fabbri-
cato espressamente per lui, il che non suol essere. Del resto non c'è bisogno di
ricorrere a supporre un'omissione quando si ha parola e senso soddisfacente
senza di ciò. Ovtw, adeo è intensivo dell'aggettivo Tror^oór; abbiamo la
frase assai chiara adeo Improbum dùjit esse populum. Ma anche qui rimane
da sapere quis dixit ? Una prima idea che si presenta alla niente, trattandosi
di un vaso, come pensa l'egregio collega, proveniente dalla Magna Grecia e
propriamente da Taranto, è che si abbia qui un effato pitagorico, ove non fa-
rebbe alcuna maraviglia trovar lasciato sottinteso il nome del grande maestro.
Anche il concetto collima colle idee pitagoriche sullo stato, non favorevoli
al regime democratico; e se il vaso proviene da Taranto, come opina il
nostro collega, c'è pur da notare che all'epoca a cui esso può riferirsi il
potere supremo in quella città stette assai tempo in mano di un pitagorico,
del celebre Archyta; né sorprende un accenno a scissure di partiti politici
in quella città ben nota per la sua irrequietudine.
« C'è però da osservare una lettera che si scorge sottoposta alla parola
novi oóv; è quella lettera un A un po' mutilato, ed il collega Helbig ha
creduto scorgervi una correzione di novr^ov in novaqóv secondo il dorismo.
Ma egli ha torto; il dorismo conserva sempre 1'/, negli aggettivi di questa
forma derivanti da nomi non di prima declinazione e dice Ttovqqóq^ ÓxvtjqÓq
e non mai TtovaQÓg, òxraQÓg (Ved. Ahrens D. D. p. 139 sg.). Dunque quell'«
— 297 —
va spiegato altrimenti e può anche darsi che sia la prima lettera del nome
di colui che disse. Vogliamo supporre che questo nome fosse appunto ^[Qy^vrag]?
Ma poiché l'eccesso nell'ipotesi dà risultati nulli, meglio addirittura nulla
supporre e contentarsi di prender nota di questa singolare iscrizione unica
nel suo genere, in cui spira tuttavia quello sprezzo per la democrazia che
fu proprio de' più antichi Dori e che palpita pure, in tempi ancor più antichi
di questa iscrizione, nella poesia di Teognide ».
Storia della geografia. — Come veramente si chiamasse il Ve-
spucci, e se dal nome di lui sia venuto quello del Nuovo Mondo.
Nota del Socio G. Govi.
« Dopo d'aver tanto accusato Amerigo Vespucci, per essere stata chia-
mata dal suo nome la Terra nuova scoperta dal Colombo, certi scrittori son
venuti fuori in questi ultimi tempi a sostenere che il nome di America non
è derivato altrimenti da quello del Vespucci, ma bensì dal nome che già
portava un tratto di quelle regioni, prima assai che il Colombo le incontrasse
nella sua ardita navigazione dalla Spagna verso il Cataio, o che vi appro-
dasse il Vespucci coi navigatori portoghesi.
« Il Lambert ritiene che America sia una trasformazione di Amaraca,
nome dato dai Peruviani a un vastissimo impero dell'emisfero occidentale.
Uri altro, il Marcou, afferma che fra il lago di Nicaragua e la costa dei
Mosquitos sorge una catena di montagne chiamata Amerrique in lingua
Maya, cioè a dire : Paese del vento, e che i primi navigatori i quali appro-
darono in quelle regioni, inteso quel nome dagl'indigeni, lo trasportarono nelle
lingue europee sotto la forma di America, e lo diedero a tutte quelle terre
che da principio erano state chiamate : Mundus novusJ Terra Sanctae Crucis
e Terra dei Papagalli.
a Siccome però a sostenere siffatte asserzioni non solo bisogDa dimostrare,
che i vocaboli Amaraca e Amerrique, veri e non inventati, si usavano già
innanzi al primo viaggio del Colombo, che da essi potè derivar facilmente la
voce America, e che i primi navigatori la derivarono da quei nomi e la intro-
dussero fra noi; ma convien provare ancora che dal nome del viaggiatore
fiorentino non potè nascere una tal voce, così tutti e due concordemente
quegli scrittori sostengono che il Vespucci, prima che fosse battezzata l'Ame-
rica, si chiamava Alberico, e non Americo, che sant'Americo non è fra quelli
del Calendario, e che quindi, se il Nuovo Mondo si fosse voluto denominar da
lui, si sarebbe dovuto chiamar Alberica e non America. Aggiungono poi con
bel garbo che, divulgatosi il nome di America, il Vespucci cambiò Alberico
in Americo, per far pensare, al pubblico che dal suo nome fosse stato tratto
quello dei paesi nuovamente scoperti, e visitati, fra gli altri, anche da lui.
« E veramente, a rigor di Almanacco, il nome di Americo non si riscontra
— 298 —
fra quelli dei Santi, ma neppure quello d'Alberico figura nelle Agiografie, sicché
né l'uno né l'altro potendo essere un nome da cristiano, converrebbe ammettere
che il Vespucci non solo non si chiamasse Americo, ma neppure Alberico!
« Però con buona pace dei signori Lambert e Marcou, e malgrado il si-
lenzio dei Calendari], il fortunato navigatore fiorentino si chiamava proprio
Americo o Amerigo, come s'era chiamato il notaio Amerigo di Stagio Ve-
spucci, fra' suoi antenati, e come fra'suoi coetanei si nominava quell'Amerigo
de'Benci, del quale Lionardo da Vinci ritrasse la moglie Ginevra, e forse
disegnò anche il ritratto (')•
« Amerigo o Americo dovea dunque essere un nome cristiano, era in
uso a Firenze da un pezzo, e poteva benissimo portarlo il Vespucci, se altri
l'aveano portato prima di lui o lo portavano in quel tempo.
« I fiorentini, d'altronde, hanno sempre avuto il vezzo di trasformare i
nomi a grado loro, e se si cercassero nei Calendarii i nomi di Dante (Du-
rante), di Stagio (Anastasio), di Goro (Gregorio), di Beco (Domenico), di
Lapo (Jacopo), ecc., si dovrebbero dichiarare tutti anticristiani, o mascherati
così per qualche grave motivo, se anticristiano fosse quello d'Americo, o, come,
(*) Il Vasari racconta d'aver posseduto, fra1 vari disegni di Lionardo, il ritratto «lì
Amerigo Vespucci: « che e una testa di vecchio bellissima, disegnata ili carbone ». Ora
Amerigo Vespucci, domiciliatosi giovane in Spagna, non si sa, nò pare probabile che tor-
nasse in Italia nella sua vecchiaia, né che andasse in Francia negli ultimi anni della vita
di Lionardo; il quale poi, senza dubbio, non visitò mai Portogallo né Spagna dosante la
vecchiaia del Vespucci, se pure può convenire al Vespucci l'epiteto di vecchio, adoprato
dal Vasari parlando di quél suo supposto ritratto, poiché, nato nel 1451, morto nel 1512,
a poco più di 60 anni il Vespucci non avrebbe potuto dirsi un bel vecchio neppure al
tempo della sua morte.
Però la famiglia dei Vespucci avendo avuto tre gonfalonieri e venticinque priori
della Repubblica fiorentina, parecchi dei quali mentre Lionardo visse, o passò qualche
tempo in Firenze, ed essendo il nome di Emerico o Americo ripetuto più volte in quella
casa, potrebbe il ritratto posseduto dal Vasari essere stato lineilo d'un Amerigo Vespucci
già vecchio al tempo di Lionardo, persona ragguardevole e degna d'essere effigiata, quan-
tunque diversa dall'Amerigo Vespucci fortunato esploratore del Nuovo Mondo, e pilota
maggiore del re di Spagna dal 1508 sino alla sua morte.
Potrebbe essere ancora, e ciò mi par più probabile, che il ritratto del da Vinci, pos-
seduto dal Vasari, fosse quello d'Amerigo Benci, indicato sul disegno Col solo nome d'Ame-
rigo, e perciò creduto quello del Vespucci. Si sa che il Benci aveva fatto ritrarre da
Lionardo la moglie Ginevra, e in casa Benci si trovava ai giorni del Vasari ([vlq\Y Ado-
razione dei Magi che Lionardo lasciò incompiuta, e che ora si vede a Firenze nella
Galleria degli Uffizi.
Il sospetto che il ritratto posseduto dal Vasari potesse essere quello di Amerigo Benci
era pure venuto, parecchi anni fa, al chiarissimo illustratore del Vasari, il comm. Gaetano
Milanesi, il quale me ne aveva fatto cenno; sarei quindi lieto se queste mie considera-
zioni potessero confermarlo in quel parere, e fargli togliere così dall'opera del Vasari una
delle tante inesattezze chi, purtroppo! il buon pittore aretino accolse nelle sue celebri
Vite dei Pittori.
— 290 —
più dolcemente diceasi a Firenze, Amerigo, il quale è trasformazione toscana
di Emmeric o Emery, nome d'un figliuolo di Santo Stefano, che la Chiesa
commemora il dì 4 di novembre.
« Ma quantunque sia certo che il nome d'Americo s'usava in Firenze
ed era stato pure portato anticamente da altri della famiglia dei Vespucci,
potrebbe ancora taluno sostenere che il celebre navigatore non si chiamasse
con codesto nome prima che dal Colombo, o da altri, fosse stato divulgato fra
noi quello del grande Impero Peruviano, o quello delle Montagne di Nica-
ragua, dai quali, secondo i- signori Lambert e Marcou, è derivato il nome al
Nuovo Mondo; ma che, battezzato Alberico (come lo battezzò in fatti Fra
Giovanni del Giocondo nel tradurre in latino la prima sua lettera) si fosse
poi detto Americo dopo il 1492, per farsi bello della gloria altrui.
« A dissipare ogni dubbio non bastano i documenti a stampa, dove il
Vespucci è chiamato Amerigo, essendo tutti codesti documenti posteriori al 1500,
e quindi posteriori ai tre primi viaggi del Colombo. Ne bastano per lo stesso
motivo le cedole Reali pubblicate dal Navarrete, né una ricevuta sottoscritta
dal Navigator Fiorentino.
« È vero che il Vamhagen ha riprodotto una lettera giovanile del Vespucci
che porta la firma Emericus Vespucius, firma che ci addita l'origine della
forma Toscana Americo, ma la lettera del Varnhagen è tenuta per documento
sospetto, dai nuovi padrini del Continente Americano.
« Qualche altra scrittura citata dal Bandini, e portante il nome di Amerigo
anteriormente alla scoperta dell'America, è pure respinta dagli oppositori come
apocrifa talché potrebbe durare ancora in certi animi timorosi il dubbio se
veramente il Vespucci si chiamasse Americo innanzi al ritorno del navigator
genovese dal primo suo viaggio.
« A togliere qualunque incertezza e a restituire al celebre navigatore il
vero suo nome, varrà quindi, vogliamo almeno sperarlo, un documento autentico
e, assai probabilmente, autografo, che si trova in Mantova fra le carte dell'Ar-
chivio Gonzaga (').
« Trattasi di una lettera del Vespucci scritta di Siviglia il 30 di Dicembre
del 1492 a Corradolo Stanga Commissario Ducale in Genova, il quale aveva
l'incarico di ricevere le corrispondenze di Spagna e di trasmetterle a Francesco
Gonzaga.
« Ecco la lettera:
Y. h. s.
Reverendissime in Christo Pater ac Domine
Dopo le debite rachomandationi etc.a E sapra V. R.ma S. Come di
qui parti circa di Vili giorni sono il magnifico Messer Antonio Salimbeni
Imbasciadore dello III.™ Signore di Mantoa per agranata, et perche molto
(0 Rubr. E. XIV, 3. — Busta 585.
Rendiconti. 18S8, Voi.. IV, 2° Sem. 39
— 300 —
miìicharico che io dessi boiio richapito alle interchiuse ho fallo questi pochi
uersi a V. R. S. per farle intendere come hauete a. dare di porto per
le presenti al chorriere dna charlini de quali ve ne uarrete dal prefato
Messer Antonio Salimbeni che tanto mi lascio in commissione a sua partita.
Rachomandomi a V. R. S. la quale dio felice et imperpetuo consentì.
Sy bìlie die XXX decembri s M°CCCC°LXXXXIL
E. V. R.me I)is
Si'/'. Amerigho Vespucci
merchante fiorentino in Sybilia
e nella soprascritta:
Reverendissimo in Christo Patii Domino Domino Gomissario
Duellali Janue dignissimo Domino suo observandìssimo. eie.
In Gienova
Pagliate diporto al 'presente latore dna charlini.
« Sulla autenticità di questa lettera (anteriore al ritorno del Colombo
dal suo primo viaggio) non si può muovere dubbio alcuno, poiché dalle filze
dell'archivio Gonzaga contenenti le corrispondenze di quell'anno (1492) ri-
sulta appunto che Antonio Salimbeni avea in quei giorni lasciato Siviglia per
recarsi a Granata, e perchè in una lettera del 12 di febbraio del 1493 Cor-
radolo Stanga (commissario perpetuo del duca di Milano Lodovici» il Moro
presso la Repubblica Genovese, postasi pochi anni innanzi sotto la protezione
dello Sforza), scrivendo da Genova al marchese Francesco di certe lettere che
aspettava da Tunisi, soggiunge: ■ quale capitando qui mandato battanolo ala
S. V. Ill.ma corno e debito mio, et corno ho fatto laltre che mi sono ca-
pitate de hispagna -. Le quali altre (lettere) provenienti dalla Spagna do-
veano essere state quelle appunto di cui parlava il Vespucci nella sua, che
lo Stanga avrà pure mandata al marchese di Mantova, forse per acquistar
merito al mercante fiorentino presso il Gonzaga, che primeggiava allora fra i
principi d'Italia, fors'anche per giustificare la spesa dei due carlini pagati
al portatore del plico spagnuolo, e che dovevano essere rimborsati dall'am-
basciatore Salimbeni.
« Se la lettera è autografa (come pare probabile), essa attesta l'abilità
calligrafica del Vespucci, che essendo reputatissimo disegnatore di carte nau-
tiche doveva infatti aver mano sicura e occhio geloso, condizione indispen-
sabile per formar, scrivendo, i caratteri colla uniformità elegante e severa ad
un tempo, colla quale essi appariscono delineati nella lettera dell'archivio
Gonzaga.
« Ora che non può rimaner più alcun dubbio sul nome di battesimo
del Vespucci (poiché, a Firenze, Ani cri co, o Amerigo sono sempre stati
e sono ancora una stessa cosa, e Yh posta fra il g e Yo d'Amerigo, e ri-
petuta per altre parole [rachomandationi,, mincharico, richapito, citar! ini .
— 301 —
■pagliate ec. ec] in più luoghi della lettera del Vespucci, era allora usata da molti,
e fra gli altri da Lionardo da Vinci, per significare che il e, o il g, doveano essere
pronunciati aspri e non dolci) cade tutto l'edilìzio dei signori Lambert e Marcou,
e rimane a Martino Valdseemueller (Hijlacomilm) tutta intera la colpa d'a-
vere ignorato nel 1507 i viaggi del Colombo, e d'aver proposto nella sua Co-
smographiae Introducilo, stampata in quell'anno a Saint-Die in Lorena, che
al Nuovo Mondo fosse dato il nome à'Amerige, o d'America per averlo sco-
perto e descritto pel primo (come egli riteneva) Americo Vespucci » .
Archeologia. — Il Socio Lanciani annimcia la scoperta del rivus
herculaneus ossia del ramo celimontano dell'acquedotto Marcio, del quale parla
Frontino nel cap. 19 del primo libro. Di questa notevole opera idraulica del
secolo VII non s'era mai scoperta traccia: oggi il rivo erculaneo si può dire
rimesso alla luce in tutta la sua lunghezza di circa 2200 metri. Nelle esca-
vazioni per l'Ospedale militare in villa Casali, ed in quelle attualmente in
corso nella villa Wolkonsky, si è ritrovata una condottura assai profonda, com-
posta di enormi macigni attraversati da parte a parte da un foro cilindrico,
ed innestati a battente l'uno nell'altro. I macigni son lunghi in media m. 1,50
grossi e larghi m. 0,75. Il diametro del foro è di m. 0,33 : la grossezza
della incrostazione alabastrina attorno alle pareti del foro medesimo è di
millimetri quarant' uno. Tutte le particolarità tecniche, topografiche, ed idrau-
liche di quest'opera convengono egregiamente con le notizie date da Frontino
intorno al rivo erculaneo. Esso aveva origine da un castello di divisione
tuttora esistente nell' interno della torre delle mura urbane, a destra della
nuova porta s. Lorenzo, ed aveva termine sul fornice stesso della porta Ca-
pena, gli avanzi della quale esìstono nell' orto annesso all' ex monastero di
S. Gregorio.
Matematica — Le equazioni differenziali pei periodi delle fun-
zioni iper ellittiche a due variabili. Nota del Socio F. Brioschi.
Questa Nota verrà pubblicata nel prossimo fascicolo.
Paletnologia. — Appuntì per lo studio delle stazioni lacustri
e delle terremare italiane. Nota del Socio Luigi Pigorini.
« È opinione generalmente seguita dai paletnologi che le stazioni lacu-
stri italiane, esistenti nelle contrade subalpine dai Colli Euganei in provincia
di Padova al territorio d'Ivrea in Piemonte, non presentino alcuna essenziale
differenza per ciò che concerne il materiale archeologico che contengono, e
attestino famiglie di uno stesso popolo le quali occuparono circa nel medesimo
tempo i nostri laghi.
— 302 —
« Confrontando con diligenza i prodotti industriali che si scavano nelle
dette stazioni appar chiaro invece, che se parecchi sono realmente comuni a
tutte, altri sono propri soltanto di talune. Le stoviglie, ad esempio, coìYansa
lunata o cornuta abbondano nelle stazioni lacustri delle Provincie venete, e
mancano completamente in tutte quelle della Lombardia e del Piemonte.
Altrettanto è a dire, per non citare qui maggior numero di fatti, del coltello
di bronzo a doppio taglio o rasoio come vogliamo chiamarlo. Pure di questo
utensile, che non di rado si scopre nelle stazioni lacustri del Veneto, non si
conosce alcun esemplare trovato in quelle, assai più numerose, della Lom-
bardia e del Piemonte. Per tali comparazioni, come ho recentemente accen-
nato altrove (Bull, di paletti. Hai. XIV, pag. 124), si dimostra che le sta-
zioni lacustri italiane formano due gruppi ben distinti, Yorientale e V occi-
dentale. Il primo comprende quelle delle Provincie di Padova, Vicenza e Ve-
rona; il secondo le stazioni dei laghi e delle torbiere lombarde e piemontesi.
« Ho avuto più volte occasioue di ricordare (') che colle stazioni lacu-
stri subalpine si legano le terremare di parte della bassa Lombardia (Man-
tovano e Bresciano) non che delle provincie dell'Emilia, e credo siano tutti
in ciò d'accordo con me. Ora però che dobbiamo faro due gruppi delle sta-
zioni lacustri, si rende necessario di indagare a quale di essi le terremare
si stringano.
« Chi consideri la distribuzione geografica delle terremare. rileva tosto
che la regione nella quale sono sparse si accosta a quella delle stazioni lacu-
stri del gruppo orientale, ed è quindi presumibile che abbiano piuttosto re-
lazione con queste che non colle stazioni Lacustri del gruppo occidentale. Ciò
diviene evidente per poco che si esamini e SÌ confronti il materiale archeolo-
gico delle une e delle altre, come risulta dalle mie comparazioni fra le an-
tichità delle terremare dell'Emilia e quelle delle palafitte del Garda (Le abit.
lacus. di Peschiera, nelle Mera, dei Li ucci, C. di se. mor. serie 3a, I). A
darne anche qui una prova mi basta rammentare, che tanto per le stazioni
(*) Alle relazioni fra le terremare dell'Emilia e le stazioni lacustri subalpine accen-
nammo già Strobel ed io nella prima e nella seconda descrizione delle terremare pubblicate
nel 1862 e nel 1864. Per ciò poi che ne ho detto io in particolare, vedi i seguenti miei
scritti: Le abit. lacus. nella Nuova Antol. gennaio 1870, pag. 114. — La terroni, de Ca-
saroldo, negli Atti d. Congr. preist. di Stoccolma, I, pag. 373. — Le abit. lacus. di Pe-
schiera, nelle Mem. d. Lincei, CI. di se. mor. s. 3a, I. — Distrib. fieogr. d. stazioni preist.
in Italia, nel Boll. d. soc. geogr. it. 3. 2a, III, pag. 191, 192 — Escurs. paleoetn. nell'Italia
super., nelle Not. d. scavi 1878. — La paleoetn. veronese, pag. 12. Estr. dalla Nuova Antol.
I settembre 1879. — 77 Museo Preist. di Roma, la relaz. pag. 5, 6. — Terram. di Ca-
stione dei Marchesi, pag. 53, 54. Estr. dalle Mem. d. Lincei, CI. di se. mor. s. 3a, Vili. —
II Museo preist. di Poma, 2a relaz. pag. 7. — L'Italia preist. nel Boll. d. soc. geogr.
it. 3. 2a, X pag. 244-47 — I più ant. sepol. d'Italia, pag. 9, 10. Estr. dalla Nuova Antol.
15 aprile 1885. — A ciò è da aggiungere quanto dissi nel Bull, dipaletn. ital. IV, pag. 101 ;
VI, pag. 191; X, pag. 39, 123; XI, pag. 92.
— 303 —
lacustri del Veneto, quanto per le terramare sono caratteristiche le stoviglie
coli' ansa cornuta o lunata e il rasoio di bronzo a doppio taglio.
« Le terremare pertanto non sono, per così dire, che la continuazione
delle palafitte venete sulle due rive del Po nel suo tronco inferiore, ciò che
spiega la ragione della mancanza di terremare sulle sponde del tronco supe-
riore dello stesso fiume, in corrispondenza colle stazioni lacustri lombarde e
piemontesi. E se, come a me par certo, nelle terremare abbiamo le primi-
tive stazioni degl'Italici, è da ritenere oggi che questi non uscirono dalle fami-
glie di tutte quante le nostre antichissime stazioni lacustri subalpine, ma bensì
da quelle soltanto della regione veneta.
« Il nome di terramara, giova ripeterlo col Chierici {Bull, di paletti.
iteti. V, pag. 187), conviene unicamente a quelle stazioni della pura età
del bronzo che palesano un determinato sistema rigorosamente seguito nel
fondarle, quello cioè di essere rettangolari, orientate, con palafitta rinchiusa
in un argine che si elevava sul piano di campagna e attorno al quale era
scavata una fossa ('). Vi ha però qualcuno che non è dello stesso avviso, e
per mostrare che i terramaricoli ebbero anche stazioni diverse, se ne citano
dell' Imolese e del Forlivese specialmente, nelle quali si trovano prodotti indu-
striali propri delle terremare, ma in cui non si ha traccia di una vera pala-
fitta, dell'argine ecc.
« Studiando accuratamente simili stazioni si osserva che in esse ai pro-
dotti industriali delle terremare, se ne associano altri che nelle terremare non
si scavano mai. Siffatta circostanza, e quella precedentemente notata che nelle
dette stazioni mancano le particolarità essenziali delle terremare, per me dimo-
strano che esse non appartengono ai terramaricoli, cioè agi' Italici, ma bensì
a famiglie contemporanee di altra schiatta e di origine diversa. Tali famiglie
occupavano il paese all'arrivo degl'Italici, vi rimasero mentre questi si diffon-
devano nelle provincie dell'Emilia, e pei contatti e per gli scambi trassero
dai nuovi venuti molti dei loro prodotti industriali e dei loro usi. Per citare
la principale di simili stazioni scambiate colle terremare, ricorderò quella del
Castellacelo d'Imola, divenuta celebre dopo le diligentissime, complete ri-
cerche del sen. Giuseppe Scarabelli, e dopo l'accurato e splendido ragguaglio
(Stazione preist. sul Monte del Castellacelo presso Imola, 1887), che egli ne
ha pubblicato.
« È mio intendimento di esporre in seguito con maggiore estensione
gli argomenti sui quali fondo le opinioni accennate in questa breve Nota.
Qui mi limito a farne menzione nel desiderio che i miei colleghi nelle ricerche
paletnologiche si occupino della quistione, ed espongano a profitto della scienza
i risultati delle loro indagini ».
•
(!) Ciò fu nel corrente anno confermato dai risultati degli scavi sistematici che ho ese-
guiti in una delle più estese terremare parmensi, detta del Castelliamo, situata nel comune di
Fontanellato. Spero di pubblicare in proposito ira non molto un particolareggiato ragguaglio.
— 304 —
Geografia. — Notizie d' Italia estratte dall'opera di Sihdb ad-
din'al lUmari, intitolata masàlik 'al 'absàr fi mamàlik 'al 'ain-
sàr. Nota del prof. C. Schiaparelli, presentata dal Socio M. Amari.
« Sull'autore delle presenti notizie e sull'opera da cui sono estratte scrisse
l'Amari in questi Atti accademici, dove egli illustra il passo che tocca delle
Condizioni degli Stati Crini inni dell'Occidente secondo una relazione di I)o-
menichino Boria da Genova (!). Il testo che pubblico è stato copiato sullo
stesso codice bodleiano C. M. e dalla nota liberalità del Consigliere barone
Tiesenhausen di Pietroburgo comunicato all'Amari. 11 quale occupatissimo in
altri lavori, e per atto di squisita cortesia, volle cedere a me l'incarico di far co-
noscere queste succinte notizie sull'Italia lasciateci dal Segretario del Sultano
'al malik 'an nàsir'ibn qalàwun, per la strettissima affinità che
hanno colla parte della Geografia di Edrisi da me pubblicata (2).
« L'autore non ci presenta una completa ed ordinata esposizione delle
condizioni geografiche d'Italia, nò a ciò basterebbe il breve spazio; qui abbiamo
poco più di una semplice enumerazione delle precipue città italiane, divise per
climi e regioni, alla quale s'aggiunge la descrizione, spesso compendiosa, di al-
cune di esse. La fonte principale a cui attinse 'al'Umarìèil Nuzhat 'al
mustàq, ossia la grand'opera geografica di Edrisi, altrimenti conosciuta col
titolo di « Libro del Re Ruggero » , opera che egli riteneva, ed a ragione, la più
esatta che ei possedesse, in fatto di cognizioni geografiche (;!). Il passo che pub-
blico corrisponde ai compartimenti 3" del clima IV0 e 2° e 3° del clima V°
che contengono la descrizione della parte continentale d'Italia; la descrizione
della Sicilia e delle altre isole, corrispondente al compartimento 2° del clima IV0,
è stata pubblicata dall'Amari nella Biblioteca arabo-sicula (').
« Dal confronto dei due testi è facile scorgere il criterio che servì di
guida al compilatore nel suo corso attraverso 1' opera edrisiana (5). Ei tien
conto della divisione per climi ma non della loro suddivisione in comparti-
menti ; trascura le distanze fra i vari paesi, uno degli elementi più impor-
tanti dell'originale, le descrizioni particolareggiate dei corsi d'acqua e le vie
0) Atti dei Lincei. Ser. 3a, Memorie della classe di scienze murali, storiche e filo-
logiche, Voi. XI, pag. 67. Per altre fonti si consulti Wiistenfeld, Die Geschichtschreiber
cler Araber una ihre Werke in Abhandlungen d. Kon. Gesellschaft d. Wiss. zu Gottingen,
Bd. XXVIII e XXIX.
(2) Atti dei Lincei, Serie 2a, Voi. Vili.
(3) ( >)LJ\ JU,«J isyu j, ^1 ) «^_>IJI \Sjt, (j ._;lX<r ^o\ y^. Amari, Biblio-
teca arabo-sicula pag. ior
(4) Pag. io.-iov
(5) La compilazione di 'al 'Umarì non ha relazione col compendio del Nuzhat
stampato a Roma nel 1592.
— 305 —
di comunicazione. Non tralascia la descrizione di alcuna delle principali città,
ove specialmente prevalga l'immaginazione o quel che ei credea bello stile:
quindi riporta fedelmente la fantastica descrizione di Roma, e per non per-
dere un fiorellino retorico dell'originale, trascrive i ricordi della potenza pi-
sana, mentre ei ben sapea come già volgesse al tramonto (!). Delle altre città
minori compendiosamente descritte da Edrisi egli spigola qua e là, quelle forse
il cui nome era fino a lui pervenuto; ma, soppresse le distanze e la forma d'iti-
nerario che troviamo nel Nuzhat, se questo mancasse, difficile sarebbe ren-
dersi ragione dell'ordine loro. Di altre infine, e sono le più, non dà che i
nomi classificati per regioni, copiando e rimestando tutti o in parte i sommarii
che nell'originale precedono i singoli compartimenti.
« La sua posizione a corte d' Egitto, le comunicazioni giornaliere con
ambasciatori, con funzionari distinti, con mercatanti stranieri, la facilità di
consultare gli archivi e le corrispondenze più secrete gli davano pur mezzo di
scrivere su le condizioni degli Stati d' Occidente, ma l'imparzialità e la cri-
tica gli facean difetto. Nella terribile pittura de' Veneziani colla loro sor-
dida avarizia, coli* amor del guadagno che fa loro dimenticare la famiglia e
l'onor delle mogli, mal si cela il cattivo umore de' Genovesi. L'implacabile
procedere di costoro verso il nemico vinto in mare, è riportato quasi testual-
mente dalla relazione del Doria (2). Su le condizioni di Roma e dei Cristiani,
quando non copia da Edrisi, parla con acrimonia inusitata, se per proprio
apprezzamento, con rispetto, se per relazione altrui.
« Nel testo di 'al 'Umarì, quale è a noi pervenuto nell'unico esemplare
della Bodleiana, esistono trasposizioni e lacune, ed i nomi proprii sono in gran
parte sfigurati al punto che senza il testo di Edrisi molti sarebbero irrico-
noscibili. Se dell'alterazione di questi ultimi la colpa può essere degli ama-
nuensi, le prime sono, a mio credere, imputabili per lo più al compilatore.
Certe inserzioni non si spiegano che come sbagli di primo getto.
« Nella versione, quando i due testi sono identici seguo possibilmente
la mia traduzione di Edrisi, alla quale rimando per le note ed i confronti.
Nel testo poi riporto tutte le varianti per quel poco che possan servire alla
critica dei codici edrisiani esistenti.
l_^a»U>^ d ì. ^°5 c 1_^J3-«jU b ^~o_5-> L^i^x^ ^_yoj a ^Ov^ià' k->i2>.a £^r^ f^^ *'°'- '"':' x
s- 3)53 l>llJn>-*-6 dji^ A *, ir *-. & y*.*^ <^L_^v>.^a ij &* ' &■ — -o..5\ <à.-OiAxio
a) Cod. «*»»)>li. — b) Cod. ^s»-^. — '') ^'",'- ^^-^■5_9- — *) Cod. ^-o-**^- -
e) Cod. $>). — f) Cod. 4Ji>jS\. — 9) Cod. ej»^9 ^«. — h) Cod. à^y^.
(') Vedi: Condizioni degli Stati Cristiani ecc., loc. cit. pag. 80.
(2) Ibid. pag. 82.
— 306 —
C^.Ì)Ua L^-ij^o ^j x>* r^^ AX-aX'a (_, — Sb* ; S.>_^£_>1 (j_jXi desiai» ^^^.ba-j n ^y»O^Ja
156 r°. .^ft—^^a «j^-? LfJU-^ ^àj L^jyè ^ ^y*^ L$Jj <^-=» * J£ cr* _;Là-«~Jl U^^ioo,
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J~ib òÀjSl*2 L-ÌL*ig J_o^k^j\ «-^Jj y_j« U^-~> ^^Kiòo, bsx>_j l^i ^_^ib*o ^m>Lwo
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«) Cod. o~?»y> — b) Cod. »ybol. — c) Cod. 4j»-^v-o. — d) Cod. s^^^»-. — e) Cod.
J.^- CUX^o. — r) Cod. àó)LJ\. — 9) Cod. )^i). -- h) Cod. b^ Uj^s. — «) Cod.
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— 307 —
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«) C0(1. À >.>°r«^\. — b)Cod. <^ i- SS— >. -- e) Cuci, f 4zr'sL>\y~i. -- d) Cod.
^ — ^oUXiJ^. — «j Qui l'autore riporta da Edrisi la parte della descrizione di Roma
che comincia colle parole J\ ^^\ <*^rJii à^c^ òJ^j^^ (pag. vr, lin. 6) e va alle pa-
role bLv^^a, s».o. Per brevità trasciivo le sole varianti, segnando con E il testo di
Edrisi e con U quelle di 'al 'Urna ri. Pag. vr, Un. 8 E ^il, U om. 10 E Uji^j
^^o bo J^JÒixi, U ^jy*J\ ^-0 U.^. 11 E £j—*>, U om. 13 E >y^\ U >y*l\.
14 E CU-ol^l^, U 0111. Ib. E <^*b', U **U». 15 E *^ ò^ jaSL^.> V, U ^o y^— ?. ^
±^ M_j t^^. Ib. E ^y ^ — ^-Ul \Mr?3- U ^;_5 — > y-r—Lll IJou^. vf, 1 E <3?.
U ,^5^^. 2 E ^Jj-ìj, U «jpJ>?^. ;j-^ E b^^-uj ^l — ÀJ^b db^ ' — ^^ ' — ^*®^5
cl^> iibo. U om. 6 E * ^•rr^-^ * *-°>- U om. ^ ^^r^- 8 E * — b-S-, U om.
9 E j<r2-, U om. 12 E «*..>bJI, U 4- jbJl. Ib. E <>by ^^-J^, U Jb* <^Jìj«J' eJ^-JU
ljo^uJI. 13 E j*3 J^-, D iib*j. Ib. E ^-b /^u, LI <*^bo ^OJbc J_* ,Csw
^ib. Ib. E JlLjl, U ,JUiJ\. 15 E ^—«o-^. U om. 15-16 E Ua-^obzr0 ^Lojb,
U b^ibo^b. — f) Edr. B. X-o^ , A. C. coinè 'al'Uniarì. — 9) Cod. ^yb. '■) Cod.
^yòbJl. _ i) Cod. o^> — *) Cod. ^b_j. -- 0 Cod. Ubi. - '») Cod. ->U-oU.
w) Cod. <^ob. — o) Cq^^ «a.^o^JI. _ v) Cod. <*.*«.io^il. — '/) Cod. <^*JbL)i'.
Rendiconti, 1888, Voi.. IV, 2° Sem. 40
— 308 —
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— 309 —
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« Clima quarto... [Fa parte di questo clima la penisola di qillawrìah
(Calabria) fra le cui città [abbiamo] b ùb.s (Bova), 'stìlù (Stilo), sìm.rah
(Simeri), e tàg.nù (Tacina).
« E r.yyù (Reggio) che è città popolata, posta sulla costiera dello
stretto [pel quale si va] in siqillìah (Sicilia). Essa ha frutti in abbon-
danza ed erbaggi in quantità (').
« E la città di '.tr.bìah (Tropea), città grande e bella con poderi, se-
minati e viti (2).
« Tra le città che v'appartengono nella parte settentrionale del continente
[si trovano] sant fimi (Sant'Eufemia), '.tr.bìah (Tropea), 'al -ma ss ah
(Massa), b ù b . s (Bova), g . r a g ì (Gerace) (3), ed una parte dell' 'a n k u b a r dah
(Longobardia) che è continuazione della terra ferma.
a) Cod. y-~-> «JU-Loj. — &) CV1. ^)\$. — c) Cod. à^Jlx^i. — <') Cod. ^ybvXs^il. —
e) Cod. ^y^*. — f) Cod. ^Ij-o^Ì^. — ■■') Cod. CjbJ^o^. _ h) Cod. <*~Jliò*. — i) Cod-
CJy^. — *) Cod. ^5— «%. — l) Cod. *^-^. — m) Cod. àJ>)), — ») Cod. CU_^i_j
^jbo. — o) Cod. A^oj-ol. — i>) Cod. <*->.jb. — 9) Cod. ^bìò. — r) Cod. ^b_à. -
») Cod. ^J^ob^. _ ') Cod. _^-^*j. — '") Cod. k__^^3Jò_?. — ») Cod. _;' — ^-Jas. — *) Cod.
^b^^^. _ v) Cod. O^U-o._5. — *) Cod. eA_b3. — ««) Cod. ^ — o«. — &«>) Cod.
«^ojj^o^. _ «e) Cod. <J,b cux^o^. — <*i) Cod. OJ-^jX^. — *9) Cod. ^-^jv-o». — ''/'ì Cod.
^L^-^^. — gg) Cod. J— s.-yi^. — '''') Cod. \^\s.y>j. — ") Cod. «J-wà^A-j. — "i Cod.
Cj_o^-^>. — "j Cod. «JoJl^U^. — «wn) Cod. A-oyiJj. — •*») Cod. aJJÙL^&a. — ■ "i Cod.
^^1 ^U-Liò^. — vp) Cod. Llk-^L^. — a?) Cod. j*^* ^U-L^Òa. — '"r) Cod. y_^-\ d^J-^j. —
S!) Cod. ò^^.— ») Cod. c^,)^ ,*-^- — '"') Cod. ^j^^^.
f1) Edrisi p. oì, 71. — (2) Questa descrizioni' appartiene a Gerace (Edr. p. "•. 72). La
descrizione edrisiana di Tropea è data qui appresso a pag. 314. — (:!) Edr. p. o% 70.
— 310 —
* Tra le città sue [si annovera pure] tàr.nt (Taranto) con belli editici
e palazzi sontuosi, frequente di mercanzie e di mercanti. Là dan fondo le
navi e là traggono i viaggiatori da ogni banda. Essa ha da ponente un porto
e da tramontana un mare piccolo, profondo, che raggiunge in alcuni luoghi
le 30 braccia (') e in cui hanno foce [alcuni] fiumi. Tra esso ed il mare [vivo]
avvi un ponte che dà il passo all'acqua [che va] dal mare piccolo al mare
[vivo] due volte l'anno (-').
« Clima quinto. Fra i paesi che entrano in questo clima v'ha lo stato di
g.nwah Genova, la cui capitale è Genova, città di antica costruzione. Belli ne
sono i dintorni, numerosi i luoghi di delizie, eccelsi gli edilizi, copiosi i frutti,
sovrabbondanti le acque. Giace sulla riva di un piccolo fiume (il Bisagno)
e non interrotti sono i suoi giardini, i campi da seminare, i villaggi e i poderi.
È popolata da mercanti agiati che viaggiano per le terre e pei mari e si ac-
cingono alle imprese facili e difficili. Essi hanno naYiglio formidabile, cono-
scono gli stratagemmi della guerra e le arti di governo. Sono popolo di altis-
simi spiriti fra tutti i Kùm (:!) e di man ferma, e tra i Franchi hanno
fierezza araba e nobile orgoglio. (Jente esperta per terra e per mare vi com-
battono con risolutezza e ferocia. Senonchè essi meglio conoscono il mare
che per lo più corrono a scopo 'li mercatura, alla quale sono maggiormente
portati. E se in esso trovano competitore, lo combattono e, vinto, l'uccidono.
« Fra le città di questa [regione] trovasi g.n.brah (Ginevra) (') da' pa-
lagi elegantemente costruiti, in posizione fortificata: la città di '.ri . s (Arles)
eia città di sant gìlì (Saint Gilles). Questi paesi giacciono sul fiume rùd.nù
(Rodano). Quanto al primo, ne abbiam detto dianzi; quanto ad Arie- e
Saint Gilles esse sono entrambe poste sulle rive di quel fiume; Saint Gilles
sulla riva orientale e Arles sulla riva occidentale. Entrambi posseggono ogni
ben di Dio, territorio popolato, irrigato da fiumi, abbondante d'ogni maniera
di frutta (•").
* Città di bis (Pisa). È dessa una delle metropoli dei Kùm; celebre è
il suo nome, esteso il suo territorio; ha mercati abbondanti e palagi ben
(!) La maggiore profondità attuale del Mare Piccolo si trova verso il lato nord, dove
si misurano metri 13,3 al livello dello acque basse. Calcolato il dira" (braccio) a 48 cen-
timetri, e supposto che la misura di 30 braccia tolta da Edrisi sia presa in condizioni
identiche, abbiamo metri 14,4, cioè poco più di un metro d'insabbiamento nel periodo di
circa 730 anni. — (2) Edr. p. ir, 74-75. L'autore qui rifonde e raccoivia il tosto del Nuzhat,
cambia la posizione del Mare Piccolo e sostituisce alla marea quotidiana quella annuali'.
Si riporta in Maqrizì (Hitat I, cf) che alcuni ritenevano la cresciuta del Nilo e del-
l'Indo effetto di rigurgito delle acque respinte dalle onde del mare noi periodi di massima
marea, ossia nelle congiunzioni della luna ai due equinozi. Non è improbabile che 'al
'Umari, se sua è la variante, abbia, per analogia, trasportato questo fenomeno dal Nilo al
Mare Piccolo di Taranto. — (3) .Sin qui Edr. p. vr, 85. Il resto della descrizione di Genova
è originale. — (4) Mancano i punti diacritici a questo nome, ma la lezione non è dubbia.
Si confronti la versione d' Edrisi del Jaubert T. LT, p. 244, 245 e 359. — (5) Edr. p. vi, 84-85.
— 311 —
tenuti. Abbonda d'orti e di giardini, e non interrotti sono i suoi villaggi e
i suoi campi. Eccelse son le sue mura, formidabili le sue condizioni di po-
tenza, alti i suoi fortalizi, fertili le terre, salubre l' aria, copiose le acque
meravigliosi i monumenti, singolari le vicende della sua storia. Essa ha navi
e cavalli e tali apparecchiamenti che la sua gente può [subito] mettersi in
mare e correr sopra qualsivoglia paese, in qualunque parte del mondo le venga
in capo o che s' immagini [di potervi far guadagno]. La città è posta su di
un fiume che a lei viene dalla parte dell' ankubardah (Longobardia) , e
che fa girare i molini e serve alla irrigazione dei giardini (').
« Città di l.kkah (Lucca). È città antica, di costruzione maravigliosa,
con mercati fiorenti (2).
« Città d' ' . l.k.rì (de'Liguri) (;^). È questa un' altra [denominazione di]
Genova.
« Città di f.ntimìah (Ventimiglia) (4).
« Città di sàwùnah (Savona).
« Città di b . r . g z ì (Varazze) (5).
« Città di 'alf.n.rà ((i). Da questa si raccolgono i loro cavalieri. Ha ter-
ritorio vasto con provincie estese ; [la popolazione] è coraggiosa e forte. Sonvi
quindici corsi d'acqua di cui uno porta le piccole navi e per esso si va a
t.rùnah (Torino).
(J) Edr. p. vr, 85-86. — (2) È questa la descrizione abbreviata di Lucca, data da Edrisi
(p. fv, 91) e riportata più innanzi (p. 313) dal nostro autore. Parmi quindi sicura la lezione
che sostituisco al testo, dove , soppresso il i_5-*j ripetuto, le tre lettere rimanenti si pre-
stano al facile scambio. — (3) Manca al testo di Edrisi. Alla prima lettera si può sostituii!'
una dal e leggere senz'altro d.likuri ossia «de'Liguri». — (4) Manca pure al testo di
Edrisi. Trovo la pronuncia « xxmia » nel mappamondo dei fratelli Pizzigani (1373). La
carta araba dell'Ambrosiana (sec. XIV) ha <^r^:-o^-^ b.ntirniliah. — (■">) Cosi leggo
questo nome che pure manca in Edrisi, aggiungendovi un sol punto. — (G) A varia le-
zione si presta questo nome nel testo arabo. Leggendo 'al f.n.rà. esso può rispondere a
Finale [marina] (finara dalla carta pisana (sec. XIII) ) ed a [Porto] Venere (Edr. vr, 85
ha f.n.rah). Sostituendo alle due ultime lettere una min e leggendo ' alfìn si avrebbe
[Porto] Delfino « sive utnautae nuncupant Alphini portum» (Petrarca, Itinerarium ed. Lum-
broso in questi Rendiconti Voi. IV, 1° seni. p. 396). Ma la descrizione di questa città coi suoi
quindici corsi d'acqua, col suo territorio vasto, coi suoi cavalieri ecc., ci allontana dalla
riviera ligure, c'induce, o m'inganno, a supporre uno scambio di nome con fai w fi (Pa-
dova) o f.n.zà (Venezia) (cf. Edr. Ilf, 136) o 'alt in (Aitino), e ci porta nel circuito del
grande estuario veneto dalle città temute e rispettate, da' soldati valorosi (cf. Edrisi ib.),
alle molteplici diramazioni del Po, a questo fiume navigabile « per cui si va a sawu nah »
(leggi tarùnah, Torino). Ed io opinerei per Padova (col suo territorio) che Edrisi stesso
(vi, 91) colloca sul Po e chiama « città grande con navi ed arsenale » (ni*, 136). Benché
questo passo di 'al 'Umari non si trovi in Edrisi, di costui è lo stile, e può esser omis-
siene dei copisti dei codici edrisiani conosciuti, come sono state omesse ne'codici A. e C Le
parti del cod. B da me riportate come appendici nella Descrizione deWItalia forse per-
chè ritenute ripetizioni inutili. E ciò farebbe supporre la copia adoperata da 'al'Umarì
meglio rispondente al prototipo di Re Ruggero.
— 312 —
« Città di ' a fi ù r . n s a h (Firenze). Essa giace a pie' di un monte ; è
bene abitata ed ha territorio fertile (1).
« Paesi di rum ah (Roma). Son questi i dominii degli adoratori della
Croce e le vie da costoro [percorse, sian] lontani sian vicini. In essi [e pro-
priamente] nella città di Roma è la sede del loro tiranno maggiore è il luogo
dove concorrono più numerosi. Dinnanzi a lei s' inchina ogni settatore del
Crocifìsso e della passione , credente alla ipostasi della natura divina nel-
l'umana. Nel mar tenebroso di Roma si frangon le une colle altre le onde
de'Cristiani, dal suo elemento immondo pullulano lor sette. Base della cu-
pola della cristianità e?sa è grembo di Maria Maddalena; sede de' miscre-
denti allo Eterno e partigiani di quello che suppongono padre e di quel che
chiaman figliuolo. Ma Iddio si alza molto sopra ciò che gli empii dicon di
Lui. Or la città di Roma è capitale di cotesti paesi, anzi di tutti i bat-
tezzati, tranne i Giacobiti che dissentono [da' suoi dommi] e ne sostengono
altri, come anco altre dinastie di re e divisioni di reami: sette di principii
assurdi e speranze bugiarde come quelle della religione loro. Il papa, dicon
essi, è vergine e non sa che sia matrimonio; non lussureggia nel vestire,
nel bere e nel mangiare. Più austero nella condotta che i patriarchi ed i
monaci, ei non si ciba di carne d'animale, uè di prodotto d'animale come il
miele e il latte. Egli giudica su tutti i sovrani temporali, seguendo le tra-
dizioni de'loro predecessori aborriti. Quanto ai sovrani spirituali (lett. celesti),
i seguaci di costoro s'inchinano ad obbedirlo, sperando la salute in questo e
nell' altro mondo, mercè la sua intercessione, miniera del loro errore Al suo
comando si scindono e si collegano, si accordano e dissentono (-).
Da Roma dipendono molte città e metropoli celebri fra le quali ' ù r t
(Orte), mài malva r (Magliano), wustù (Ostia), m.nt yànì (Mentana),
e q.stàl (Castello) (:<).
« La città di 'ankùnah (Ancona) è posta sul mare veneziano ( '). Essa
giace a ponente del fiume di Roma, è città di mezzana grandezza, ha mer-
cati e mura di terra (■"'). È una delle metropoli del paese dei Rum e loro
ribàt (Marca) ((i).
(') Edr. p. vi, 91, _ (2| pjn qUi ia descrizione delle condizioni 'li Roma e del sim
governo è originale e può servire a spiegare il silenzio di 'al 'Uni ari riguardo al Papa,
notato dall'Amari nelle Condizioni degli Stati Cristiani ^Occidente dello stesso autore.
(Mera. Ac. Lincei, Ser. 3, CI. Se. Mor. rol. XI, pag. 69). Tralascio la parte della descrizione
che comincia: "Roma, è città di perimetro esteso» ecc., perchè riportata integralmente dal
Nuzhat (vr-vp, 87) con omissioni e varianti di poco momento. Osservo soltanto che là dove
Edrisi afferma che « i Re sono a lui (al Papa) soggetti Ei governa con equità » ecc. il
nostro autore dice: « i Re lo hanno in gran conto, al dire del Sceriffo [Edrisi] Ei governa
« in conformità della sua religione, con equità, » ecc. Aggiunta e mutazione necessarie
a salvaguardare l'ortodossia dell'autore che scrivea a corte di principe musulmano. —
(3) Edr. p. Vf, 88. — (4) Edr. ib. — (5) Questa parte della descrizioni' d'Ancona si deve
riferire ad Orte (Edr. p. VO, 88). — (6) Rendo per "marca» il vocabolo ribàt col quale
— 313 —
« tùd.r (Todi). Questa giace a ponente del suo fiume che vien da
Boma e sulla sponda a levante le sta di fronte la bella città di '.màqah
(Amelia) (').
« [Città di] nàràwm (Narni) (-).
« Città di rat (Rieti). È città provvista d'ogni bene e popolata (3).
« Città di àsìà (Jesi) (4).
« Città di t. runa li (Torino). È città bella e popolata e metropoli fio-
rente e commerciante. La popolazione è gente agiata fra cui [molti] artefici
ed operai (5).
« La città di gamindìù (Gameadlum, ora Castellazzo Borinida) è città
popolata e grande da cui dipendono villaggi e terre seminative. È recinta di
mura ed ha popolazione ricca, mercati attivi e commercio con importazione
ed esportazione (6).
« Città di b a b ì a h (Pavia). È città ragguardevole, una delle metropoli
del paese di an barai ah (Lombardia). Ha belli i dintorni e le case, quar-
tieri popolati, mercati fiorenti, guadagni continui, industrie sviluppate e grandi
comodità della vita (7).
« Citta di m . n t ù (Mantova). È città notevole (8).
« Città di l.kkah (Lucca). È città antica [anzi] primitiva, di costru-
zione meravigliosa, con edilìzi notevoli, mercati fiorenti ed industrie bene
avviate (9).
« Città di 'aflur.nsah (Firenze). È città bene abitata; essa [giace] a
pie' d'un monte ("').
« Città di s.nqalìliah (Sena Mia, Siena). È città popolata, con mer-
cati, artieri e ricchezze (")•
« Città di s.trìàn (Sarteano?). È città grande ('-).
« Città di hiu nt tìn (Montalcino). Questa città è piccola "ma1 popolata (13).
« Città di 'ar.tsìn (Arezzo). È luogo forte posto in pianura; popolato
è il territorio e produttivo (u).
« Città di b.b.nù (Bibbiena). È città piccola [ma] popolata ('•').
« Città di sant làw (San Leo). È città posta a pie' di un monte (K;).
« La città di trr.gìnah (Terracina) è città bella, fiorente e popolata,
[con territorio] ubertoso; il porto [però] è angusto e di nessuna utilità (17).
avea significato comune di « luogo di guardia ai confini » , astrazion fatta, da ugni idea
di concessione di autorità politica e giudiziaria o d'altri diritti feudali inerenti a cote-
sta istituzione carolingia. Si vegga il Dozy, Supplement aux dictionnaires arabes alla
voce isb). — (i) Edr. p. vo, 88. L'autore leva di peso l;-]ì errori topografici di Edrisi col
quale scambia Todi con Terni e confondendo per giunta in un su] fiume la Nera ed il
Tevere, fa rimontare il corso a quest'ultimo. — (2) Edr. p. vo, 88-89. — (:;) Edi. p. vo.
89. Torna la descrizione di Osimo. — (l) Edr.il». — (■">) Edr. vo, 90. — (i;) Edr. ih. L'au-
tore segue la variante della nota li del testo. - - (') Edr. ih. — (8) Edr. p. VI, 01. —
('•') Edr. ib. — (io) Edr. ib. — (") Edr. ib. — (»2) Edr. p. w, 92. — P:i) Edr. il». — I " I Edr.
ib. — (15) Edr. ib. — (16) Edr. p. va, 93. -- (i") Edr. p. va, 94.
— 314 —
- La città di gay tali (Gaeta) è città estesa e ben popolata. Ha buon
porto, nel quale si sverna al sicuro. Ivi si costruiscono navi grandi e pic-
cole (•).
« Città di kùrnah (Clima). E città piccola lontana dal mare (2)-
« La città di n à b . 1 ' a 1 kattàn (Napoli dal lino) è città bella, an-
tica [anzi] primitiva e popolata; ha mercati con traffico di mercanzie e so-
vrabbondanti in merci e robe d'ogni genere (:<).
<t '.sta bah (Stabia). E porto ben chiuso da ogni parte con acqua molta,
[formato dalla] imboccatura di un fiume perenne d'acqua dolce ( ').
« Continuamente getta fuoco e sassi (5).
« La città di surr.nt (Sorrento) giace su di una punta di terra che
si protende in mare. È [città] popolata, con belle case, ricca di prodotti e
d'alberi. Ha vicino un canale di difficile accesso, nel quale le navi non pos-
sono [entrare a] gettar l'ancora. Vi si costruiscono navigli ((i).
« La città di b.s.t finali (Positano). È città popolata; essa oifre an-
coraggio ben difeso dalla parte di terra, [ma] facilmente fu presa dalla parte
del mare quando venne assalita. E antica [anzi] primitiva, ha mura solide
e popolazione molta ed agiata (:).
« La città di s.l.mù (Salerno) è città illustre, ha mercati fiorenti, co-
modità pubbliche, frumento ed [altri] cereali (8).
« Rocca di b.lì qast.riì (Policastro). E fortilizio grande e popolato (!l).
« Città di '.tr.bìah (Tropea). È città bella e nota fra le primarie del
paese dei Riìm (10).
a La città di b.n.b.nt (Benevento) è città antica [anzi] primitiva e
popolata (ll).
« La città di 'arg.nt (Arienzo) è città bella e popolata, in prospere
condizioni (V1).
« [Questo clima comprende ancora] la terra di s.wàbah (Schwaben)
[con] '.sk.ngah ([Donaifj-eschingeu), ' .krìzàw (Gratz) e '.Iman (Ulma)
e la regione di qarantàrah (Carentana, Carinzia) colla quale confina il
lido dei Veneziani (I3). Costoro abitano la costiera del golfo [che staccasi] dal
mar di Siria (Mediterraneo) andando da mezzodì a tramontana (mare Adria-
tico). Capitale loro è la città di rab.nnah (Ravenna) (H) la quale è sede di
loro signoria, e giace sulla riva di un fiume (il Montone) che corre alla sua
volta. Le terre sue producono più frutte che cereali. I lor paesi arrivan fino
alla città di k . r a d . s ( GraduSj Grado) essendo questa posta all' estremità
(0 Edr. p. va, 9-1. _ (2) Edr. p. v% 95. Omesso «poco». — (3) Edr. ib. — (4) Edr.
ib. — (r>) Edr. ib. È parte della descrizione del Vesuvio. — (6) Edr. ib. — (~) Edr. p. a., 96.
E la descrizione di Amalfi. L'espugnazione qui ricordata torna meglio alla prima del 4-5
agosto 1135 che alla seconda del 1137, ambedue per opera de' Pisani. — (8) Edr. ib. —
(9) Edr. p. a., 97 - (io) Edr. p. ai, 98. — (») Edr. p. Ar, 98. — 02) Edr. ib. — (13) Edr.
p. TI, 78. — (») Edr. p. 1A, 81.
— 315 —
del golfo veneziano. Essa è città fiorente, larga di perimetro (')• I paesi
de' Veneziani sono popolati di milizie e di operai, di guerrieri e di mercanti
che fan grossi guadagni (-'). Là [tu scorgi] borghi, fattorie, piantagioni
d'alberi e campi da seminare. I Veneziani sono gente agiata che ha ricchezze
a destra e a sinistra. L'avarizia che li predomina li porta a tener sempre
il pugno chiuso, tanto che qui non trovi un uomo liberale, né uno che si
travagli pei figliuoli e per la moglie mentr ei gode un' opulenza che appa-
risce a tutti e va girando per il mondo e soggiorna oggi qui e domani là.
« Fra le città di questa regione sono rìg.nù (Rovigno). bùi ah (Pola),
d . r ù n a li (Lovrana ?) a s ì à (Arsia ?), m . s q . 1 a li ([Castel] muschio ? Castrimi
musculum) 'arb.s (Arbe), s.ntù (Zatton), nùn.s (Nona), gàd.rah {Ja-
deraj Zara), ' . s b a t . 1 ù (Spalatro), e t . r g u r ù n ( Tragurium, Trau) (3).
« Di questo paese fa parte il territorio di 'ìq.làyah (Aquileia) e v'ap-
partengono [le città di] b.ns.rah (Pesaro), qast.llù (Castello), qumà-
1 i g a h (Comacchio), '. s t a g à n . k ù ( Tergeste, Trieste), '. r b u n a li (Narbonne),
m un t b.slìr (Montpellier), sangìlì (Saint Gilles). 'ìr.s (Hyères), s.gù-
• nah (Savona) ed altre.
-[Qui pure van noverate] le terre della d.sqàlìah (leg. dusqà-
nìah, Toscana) e il rimanente territorio di 'a nkubard ah (Longobardia) (4)
che sta a ponente del golfo veneziano (Adriatico), ove [si trovano] fra le
altre le città di '. b r . n d . s (Brindisi) , '. s 1 . m un a li (leg. '. s t ù n a h, Ostimi),
m . n ù b .1 ì (Monopoli), q . nb . rs a n (Conversano), m . 1 f . nt (Molfetta), b s à-
lìah (Bisceglie), '.t r anali (Trani), b.rl.t (Barletta), qànì (Canne), sì bun t
(Siponto), rùdànah (Rodi), làs.nah (Lesina) che dicesi pur làz.nah e
qanb mar in (Campo Marino) (5).
«[E fan parte di questo clima] i paesi di '. libarti i ah (Lombardia)
la cui metropoli è la città di b a b i a h (Pavia). Essa ha belli i dintorni e le
case, quartieri popolati, mercati fiorenti, beni continui, industrie avviate e
grandi comodità della vita (6).
« Fra le città di questa [regione] v'è sàw.sah (Susa) (7).
« Sua capitale è la città di Bari. Essa [è dedita] alla costruzione
de' navigli ed è una delle metropoli rinomate de' Rum (s).
« Ed '. n b ù r ì a h {Eboreia, Ivrea), g a" mi n d ì \i ( G-amendium, ora Castel-
lazzo Bormida), madyulàn (Mediolanum, Milano), m.ntù (Mantova), f.r Ti-
rali (Ferrara), e b. limi ah (Bologna) (9).
« [Vengono inoltre] i paesi che completano la Calabria fra le cui città
f1) Edr. p. il, 82. È parte della descrizione di Trieste. — (2) Edr. ib. Estende a
tutti i paesi veneziani altra parte della descrizione di Trieste. Quel che dice in appresso
de' Veneziani è originale. — (3) Edr. p. Ar, 99-100. — (•») Edr. p. n, 78. — (•"') Edr.
p. Ar, 100. — («) Edr. p. vo, 90. — (") Edr. p. ti, 79. — (8) Edr. p. ao, 103. L'autore
confonde evidentemente la Longobardia, ossia i Principati longobardi dell'Italia inferiore
colla Lombardia che, secondo Edrisi, abbracciava anche il Piemonte. — ('•') Edr. p. rr. 79.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 41
— 316 —
[troviamo] qat.nsàr (Catanzaro), mart.ràn (Martirano), b.g.nàl (Vig-
gianello), q.trùb.li (Castrovillari), b.n.b.nt (Benevento), m.lf la con-
tinentale (Melfi), q.ns (Conza). b.nùsah (Venosa), sant gàti (Sant'Agata).
k . 1 . r m u n t (Chiaromonte), s . n ì s (Senise), b . s n ì à n (Bisignano), s ì m . r ì
(Simeri). ' . s t . r . n \ . lì (Strongoli). t . r g a r i q ù (Tricarico), g .r s . nah (Ace-
renza) (l).
« E [s'aggiungono] i paesi di Longobardia fra le cui città [si annoverano]
m . t ì r a h (Matera). q . r . n . 1 i a (Ceriguola). m a t . lì (Mottola), g a ràb ìnah
(Gravina), q ami sali (Canosa). '.trùnah (Ordona), 'asqalah colla sin
dopo la''ayn (Ascoli [di Satriano]). sant lawrìn (San Lorenzo), sant
b.gùs (Sarnbiase), g. bit. ai. (CiYitate), sant sabìr (San Severo), -^ant
'ang.lì ([Monte] Sant'Angelo), làz.nah (Lesina), qanb mar in (Campo
Marino) e t . r ni . 1 . s (Termoli) ( -' ).
« E parte dei paesi dei >aqlab (Slavi) ere -
Statistica. — Sulla condizione dell'emigrazione italiana. Nota
del Corrispondente Luigi Bodio.
« Mi è grato di poter presentare all'Accademia i risultati generali di
una nuova inchiesta statistica fatta in questi ultimi mesi intorno all'impor-
tanza dell'emigrazione che avviene dal nostro paese, alle cause che la deter-
minano ed ai caratteri che assume nelle varie provincie.
« Ricorderò, prima 'li esporre le cifre, che la statistica dell'emigrazione
è difficilissima a farsi per più ragioni, ma soprattutto perchè il fenomeno che si
vuole conoscere e misurare è molto complesso. Non si tratta di fatti semplici
da enumerare, com'è il caso della statistica dei nati e dei morti, ovvero dei
maestri e degli allievi nelle scuole; l'emigrazione è un fatto composto di
due elementi, l'uno materiale: l'uscire dai confini del regno; l'altro inten-
zionale: l' idea di cercare occupazione e fortuna altrove, ossia di lasciare la patria
senza il deliberato proposito di ritornarvi. Non si potrebbe al certo fare una
tale investigazione nei singoli casi, per ciascun individuo ; né sarebbe possi-
bile contare tutte le persone che escono dallo Stato, per le frontiere di
terra o di mare. Fa d'uopo appigliarsi a certi indizi, ammettere delle presun-
zioni, contentarsi di approssimazioni e stare paghi di avere rinserrata la
cognizione del fatto fra limiti di minimo e di massimo.
« Come possiamo avere notizia di tutti coloro che escono dalle frontiere ?
Attingiamo le informazioni ai registri dei passaporti. Ma non tutti coloro che
emigrano sono muniti di passaporto; c'è anzi un'emigrazione clandestina,
composta specialmente di renitenti alla leva, di individui pregiudicati, di per-
sone che hanno conti da rendere alla giustizia, che evitano di chiedere
t1) Edr. p. Ar-Af, 101. — (-) Edi. p. tf, 101.
— 317 —
passaporto. D'altra parte, non tutti coloro che escono sono emigranti. Vi
sono quelli che si recano all'estero per diporto, per motivi di studio, per
affari momentanei, non pochi dei quali si provvedono di un passaporto, com-
presi coloro che sono inviati in missione di console o di agente diplomatico.
Come sottrarre queste persone che non appartengono all'emigrazione, dal totale
numero dei passaporti ?
« Vi è tuttavia un mezzo di separare, con grande probabilità di andare
vicini al vero, i semplici viaggiatori dagli emigranti; e il mezzo è questo:
il passaporto si rilascia, secondo la condizione economica di chi lo do-
manda, colla spesa di 2 lire e 40 centesimi o colla spesa di lire 12 e mezza;
ai poveri si fa pagare la piccola tassa, agli agiati la maggiore. Non si con-
tano questi ultimi nella statistica degli emigranti, tranne nei casi, rarissimi,
in cui il Sindaco, richiesto di rilasciare il nulla-osia per il passaporto, abbia
appreso da colui che lo chiede, che realmente esso intende di espatriare. Gli
altri, dei passaporti da due lire e quaranta, si considerano in massa come
emigranti; e si ha motivo di credere che la massima parte degli emigranti
non trascuri di prendere il passaporto, giacché il povero ha bisogno di pos-
sedere un foglio di riconoscimento, un documento rilasciatogli dall'autorità
del suo paese, che stabilisca la sua identità personale, quand'egli sarà in
terra straniera, viandante in misero arnese, interrogato sulla sua provenienza
dal gendarme. E sono poveri quasi tutti i nostri emigranti.
« Col mezzo adunque dei passaporti si cerca di stabilire il numero degli
emigranti, avendo cura di distinguere le due specie di emigrazione che si
producono in Italia, cioè la temporanea e la permanente o a tempo indefinito.
« La prima si compone principalmante di contadini, terraiuoli, mura-
tori, fornaciari, scalpellini, che vanno a cercare occupazione nei grandi lavori
di sterro, ferrovie, fortificazioni, scavi di canali, costruzioni edilizie ecc. ;
partono per solito in primavera, quando principiano i lavori all'aperto, e ritor-
nano ai loro villaggi in autunno, quando di nuovo la terra si copre di neve
e divengono impossibili le opere murarie; costoro si spargono in molte parti
d'Europa, in Francia, in Germania, in Svizzera, in Austria, nella penisola
balcanica ed anche negli Stati più settentrionali d' Europa. L'emigrazione
propriamente detta si dirige per la massima parte all'America, specialmente
all'Argentina, al Brasile ed agli Stati Uniti.
« L'emigrazione temporanea oscilla, da molti anni, intorno a 100,000
individui che non rappresentano una perdita di popolazione, perchè ritornano,
per consueto, nello stesso anno in cui sono partiti. L'emigrazione propria-
mente detta, invece, è venuta crescendo di passo rapido, con una velocità
che mette in pensiero. Negli ultimi dieci anni questa specie di emigrazione
è salita da 20,000 circa nel 1878 a 85,000 nel 1880, a 128,000 nel 1887:
e nel corrente anno, solamente nei primi sei mesi, a 87,000.
« La statistica però dei passaporti, se può dare un'idea approssimativa
— 318 —
dell'estensione del fenomeno, e indicare con certezza quali sono i comuni e le
Provincie che danno i maggiori contingenti all'una ed all'altra specie di emi-
grazione, non potrebbe bastare per far conoscere le direzioni che prende il movi-
mento. Per sapere dove vanno gli emigranti a prendere imbarco, e verso
quali paesi si avviano, in Europa o in altre parti del mondo, è necessario di
consultare le statistiche della navigazione, dei porti italiani e dei porti esteri.
e quelle dell'immigrazione nei paesi di colonizzazione; vedere, cioè, quanti
italiani siano arrivati a Buenos-Ayres, a Eio de Janeiro, a New- York, ecc.
« Se si avessero presenti le sole cifre della statistica formata sui regi-
stri dei passaporti, si sarebbe indotti in errore. Non di rado avviene che chi
è partito dall'Italia dicendo che andava, per esempio, in Francia a cercare
lavoro, arrivato poi in Francia, e non trovando ivi da collocarsi, ovvero licenziato
dalla fabbrica in cui è stato occupato per qualche tempo, prende imbarco a
Marsiglia per l'America, ed ecco che fa parte dell' emigrazione vera e pro-
pria, mentre nel comune di origine fu compreso nell'emigrazione temporanea.
« 1 registri delle autorità marittime e politichi' nei porti d'imbarco,
così italiani come stranieri, dividono i pas>eggeri di rubina da quelli di
corsia; i primi sono, per lo più, viaggiatori per all'ari o per diporto, i
secondi sono nella quasi totalità veri e propri emigranti. Nei porti di arrivo
però difficilmente si possono distinguere gli emigranti che vi si recano coll'in-
tenzione di prendervi stabile dimora, dai passeggeri che vi sono condotti per
affari temporanei di commercio o per altri motivi transitori; cosicché le cifre
degli arrivati secondo le statistiche dei paesi che appellano l'immigraeione,
sono generalmente assai superiori a quelle degli emigranti, considerati come
tali nei paesi di origine. La verità dovrebbe trovarsi fra le une e le altre.
« Secondo le dichiarazioni fatte innanzi ai sindaci per ottenere il nulla-
osta per il passaporto, gli emigranti per l'America sarebbero rappresentati
dalle seguenti cifre per lamio 1887: per gli Stati Uniti 37.221; per il Ca-
nada 1,632; per l'Argentina -">l\383; per l'Uruguay 1,295; per il Brasile
31,445. Secondo le statistiche dei paesi di immigrazione sono arrivati nello
stesso anno, agli Stati Uniti 46,256; all'Argentina 67,139; al Brasile 40.1:.:'.:
in complesso per questi soli paesi 153,548, senza contare quanti sono arri-
vati negli altri Stati, dei quali non conosciamo statistiche abbastanza recenti.
« I centri principali di emigrazione sono il Veneto, la Liguria e le Pro-
vincie di Salerno. Campobasso, Potenza, Cosenza e Catanzaro. Le cifre che
verrò qui esponendo potranno subire qualche piccola correzione nella edizione
ufficiale della statistica.
« Nel Veneto l'emigrazione è principalmente temporanea, ma questa pure
tende a convertirsi in emigrazione permanente, verso l'America.
« Le Provincie del Veneto, dalle quali partono in maggior numero, o in
maggiori proporzioni rispetto alla popolazione, per l'ima e pe; l'altra specie
di emigrazione, sono quelle di Belluno, Udine, Treviso, Rovigo.
— 319 —
* « La piccola provincia di Belluno, che ha appena 185,000 abitanti,
ebbe un'emigrazione temporanea di 8,094 individui nel 1886 e 9,517 nel 1887;
e nel solo primo semestre del 1888, 8,203, contro a 7,586 nei primi sei
mesi del 1887. L'emigrazione permanente, dalla stessa provincia di Belluno,
è stata di 377 individui nel 1886; 497 nel 1887; 175 nel primo semestre
1887 e 229 nel primo semestre del corrente anno.
« L'emigrazione è principalmente temporanea anche dalla provincia di
Udine: 25,696 nel 1886; 29,292 nel 1887; 27,500 nel primo semestre 1887;
29,603 nel primo semestre 1888 (rammentiamoci che l'emigrazione temporanea
avviene principalmente in primavera, e quindi cade quasi tutta nel primo
semestre). L'emigrazione propria ne ebbe 1,629 nel 1886; 4,567 nel 1887;
1,129 nel primo semestre dello stesso anno 1887 e 2,951 nel primo
semestre del 1888. In complesso adunque nelle due specie di emigrazione
si contarono 33,859 individui nell'anno 1887 e 32,554 nei primi sei mesi
del 1888. La popolazione della provincia di Udine è molto superiore a quella
della limitrofa Belluno (532,000 abitanti) ma l'intensità del fenomeno è
grandissima in entrambe le provincie, poiché per il primo semestre del cor-
rente anno la totale emigrazione, propria e temporanea, del Bellunese, si rag-
guaglia a 4,545 per 100,000 abitanti e quella del Friuli a 6,116.
« Nelle provincie di Treviso e Bovigo 1' emigrazione è quasi tutta
permanente, cioè si porta in America, anziché negli Stati dell' Europa. Nei
primi sei mesi di quest' anno si rilasciarono nella provincia di Treviso
(401,503 abitanti) 728 passaporti per l'emigrazione temporanea e 9.259 per
l'emigrazione propria; nella provincia di Kovigo 83 per la prima e 6,706 per
l'altra; in complesso, dalla provincia di Treviso 2,487 emigranti per 100,000
abitanti e 2,965 da quella di Rovigo.
« Per farsi un'idea dell'altezza di queste proporzioni, giova confrontarle
colle medie proporzioni degli emigranti a 100,000 abitanti di tutto il Regno;
presi tutti insieme i comuni, tanto quelli che danno emigrazione, quanto quelli
che non vi contribuiscono, si hanno i seguenti rapporti, per l'intero anno 1887 :
per 100,000 abitanti 426 di emigrazione propriamente detta e 294 di emi-
grazione temporanea.
« Dalla Germania l'emigrazione transoceanica si ragguagliava nel 1887.
come media generale, a 213 per 100,000 abitanti ; e dal Regno Unito della
Gran Bretagna e Irlanda a 770.
« Ho già detto che la nostra emigrazione temporanea non rappresenta
una perdita di popolazione per la patria, poiché quelli che la costituiscono
ritornano entro l'anno alle loro famiglie. Non dimentichiamo che la popola-
zione del Regno d'Italia è tra le più fitte che siano in Europa, non solo, ina
che l'eccedenza dei nati sui morti è molto elevata, tanto che c'è sempre mar-
gine per un aumento rapido della popolazione in paese, malgrado l'emigrazione.
La densità della popolazione del Regno è di 105 abitanti per chilometro qua-
— 320 —
drato, superiore a quella della Germania (87), della Francia (72), dell'Austria
cisleitana (74). L'eccedenza del numero delle nascite su quello delle morti in
Italia, ragguagliata a 1000 abitanti, è rappresentata dalle seguenti cifre negli
ultimi anni: 9,62 nel 1882; 9,(34 nel 1883; 12,08 nel 1884; 11,54 nel 1885;
8,21 nel 1886; 10,51 nel 1887; mentre l'emigrazione propriamente detta
corrisponderebbe a poco più di 3 all'anno, per 1000 abitanti. Dalla Francia
l'emigrazione è minima : ma l' aumento interno della popolazione vi è
pure minimo, oscillando intorno a due e mezzo per 1000 abitanti; l'ec-
cedenza annuale delle nascite sulle morti nella Germauia è del 10 o 11.
paragonata alla stessa unità di popolazione; nell'Inghilterra e nella Scozia,
anche di più, circa 13; nell'Irlanda meno; ivi l'emigrazione ossia la perdita
di popolazione ò più forte dell'aumento naturale: 12 a 14 per mille e, se-
condo gli anni, finanche 16 e 21 per mille abitanti, mentre l'eccedenza sa-
rebbe di 5 a 6 ; onde avviene che l'Irlanda si spopola.
« Abbiamo visto come dalle provincie venete il movimento dell'emigra-
zione sia divenuto allarmante. Nella Liguria L'emigrazione è sempre stata im-
portante; ma ha caratteri suoi propri, per motivi di commercio e naviga-
zione. L'emigrazione nel 1SS7. tanto propria che temporanea (quasi tutta
però della prima specie) si ragguaglia a 731 per 100,000 abitanti per la
sola provincia di Genova.
« Nelle provincie meridionali che ho testé nominate, l'emigrazione si
recluta quasi tutta per le Americhe; nel primo semestre di quest'anno par-
tirono in emigrazione propria dalla provincia di Salerno (578,750 abitanti)
6,274 persone; da quella di Campoba-.-" (386,035 abitanti) 5.657: da quella
di Cosenza (475,935 abitanti) 5,342; da quella di Catanzaro (450,099 abi-
tanti) 3,305; da quella di Potenza (546,886 abitanti) 5,261. Queste cifre
sono probabilmente inferiori al vero, poiché vi è da aggiungere l'emigrazione
clandestina e quella parte della emigrazione che viene registrata come tem-
poranea e si converte poi in emigrazione a lungo termine.
« C è anche una emigrazione tradizionale che si effettua dalle provincie
di Massa e Carrara e di Lucca , la quale ha una fisionomia speciale,
come quella che si compone di figurinai, mercanti girovaghi, ed anche di
giardinieri, ortolani, ecc.
^L'emigrazione dalla Toscana è nulla; nell'Emilia, dove prima si mo-
strava soltanto un movimento interno, verso la Lombardia, nella stagione della
maggior richiesta di braccia pei lavori agricoli, comincia ora a manifestarsi
una emigrazione sensibile ; e così pure si palesa un' emigrazione sporadica,
ma in vari punti assai numerosa, nelle Marche.
« Il Ministero di agricoltura e commercio non si limita a chiedere ai sindaci
quanti nulla-osta abbiano rilasciato per passaporti, e come gli emigranti si divi-
dano per sesso, età (sopra e sotto i 14 anni) e professione; ma prosegue una
inchiesta approfondita sulle cause che determinano l'emigrazione vera e propria.
— 321 —
« Una simile indagine era stata fatta nel 1884, per impulso dell'onorevole
Berti, allora Ministro di agricoltura e commercio; in quest'anno essa si è
rinnovata, con interrogatorio anche più particolareggiato, e con preghiera fatta ai
sindaci di voler procurare alla direzione della statistica quante lettere po-
tessero raccogliere di emigrati che scrivono ai loro amici e parenti, per dire
come si trovano nei paesi in cui sono capitati e per dissuaderli o incorag-
giarli a raggiungerli.
« Nella loro ingenuità, nella loro scorrettezza di lingua, di grammatica
ed anche di ortografia, codeste lettere sono documenti umani, come ora suol
dirsi, di grande interesse. Tutte dimostrano l'amore vivo per la patria lontana;
e nelle stesse impressioni diverse e contradditorie che esse riflettono, fanno
prova che lo stabilirsi nei nuovi paesi è impresa aspra e dolorosa; ma che poi,
chi riesce a trovar collocamento, se ne trova abbastanza bene, e può procac-
ciarsi anche una relativa agiatezza.
« Non di rado la medesima persona che sulle prime ha scritto in linguaggio
desolato, dopo qualche mese vede le cose sotto un aspetto meno sconfortante
e, passato qualche altro tempo, invita parenti ed amici a seguirlo. Tale è il
caso degli emigrati nel Brasile, specialmente nella provincia di S. Paolo.
« Da qualche altro paese, come dal Messico, tutte le lettere comunicateci
sono piene di lamenti, di gemiti e di fosche previsioni.
« Cause dell'emigrazione. Vediamo le cause principali della emigrazione
secondo le provincie dalle quali avviene.
« Non si potrebbe indagare caso per caso quali siano i motivi che in-
ducono i singoli individui o famiglie ad espatriare. Furono invitati i sindaci
a dire quali ritengono essere le cause principali dell'emigrazione che avviene
dai rispettivi comuni, e ad indicare codeste cause nell'ordine della loro impor-
tanza, cominciando da quella che credono la più forte ; inoltre fu chiesto
se gli emigranti partano con un peculio proprio, oltre al denaro necessario
per il viaggio, e se siano stati sollecitati a partire dall'invito e dall'aiuto di
altre persone della famiglia già stabilite all'estero, o anche da istigazioni
di agenti di compagnie di colonizzazione o di trasporti. Si sono raccolte notizie
interessantissime, ed ecco alcuni profili che si ricavano dalla gran massa dei
documenti riuniti.
« Cominciamo dal Veneto. Nella provincia di Treviso, sopra $6 comuni
che hanno una emigrazione considerevole, 70 sindaci dissero l'emigrazione es-
sere causata soprattutto dalla miseria o da una serie di cattivi raccolti, dalla
mancanza di lavoro, ecc. ; e 16 dicono essere spinti gli emigranti a cercare
una vita meno disagiata, nel che sarebbe da scorgere piuttosto il fatto d'una
miseria relativa anziché una deficienza assoluta di mezzi.
« Nella provincia di Padova, sopra 51 comuni che hanno emigrazione
più o meno considerevole, 36 dicono essere causa principale la miseria e 15
il desiderio di miglior fortuna presso individui non del tutto poveri.
— 322 —
« Nella provincia di Venezia, sopra 38 comuni, 33 menzionano la miseria
come prima causa dell'emigrazione, e 5 comuni altre cause come principali,
senza escludere la miseria.
« Nella provincia di Udine, su 123 comuni, 56 indicano come causa prin-
cipale la miseria e 27 comuni la mancanza di lavoro, la crisi agraria, invito
dei parenti, tasse gravose, ecc. ; 40 dissero più comunemente attirati all'estero
gli emigranti dal desiderio di migliorare la loro sorte, senza parlare di una
miseria squallida che fosse il primo movente.
« Nella Liguria i lamenti della miseria non sono tanto frequenti come
nel Veneto. Nella provincia di Genova, su 140 comuni, 15 indicano come causa
principale la miseria; 19, i cattivi o scarsi raccolti; 22. la mancanza di la-
voro e di commercio (in alcuni si lamenta la decadenza della marina mer-
cantile) ; 73, il desiderio di miglior fortuna ; 1 1 comuni indicano alcuni le
tasse gravose, la crisi agraria, esuberanza di popolazione.
« Nelle provincie meridionali come causa dell'emigrazione è menzionata
generalmente la miseria.
« Per la provincia di Cosenza su 123 comuni. 89 indicano come causa
la miseria ed altre cause e 34 comuni il desiderio di miglior fortuna, ecc.
Fra le varie cause è indicata la meschina retribuzione del lavoro e l'esem-
pio e l'invito dei parenti od amici già emigrati, che hanno migliorato la loro
posizione all'estero, e che mandano in patria alle loro famiglie delle somme
relativamente considerevoli.
« Nella provincia di Campobasso 40 comuni risposero che la causa del-
l'emigrazione è stata la miseria; 30, il desiderio di miglior fortuna; 10,
altre cause. La miseria spingo i contadini che forniscono il maggior contin-
gente all'emigrazione. Ma vi concorrono le buone notizie, gl'inviti dei parenti
che spediscono talvolta i biglietti di passaggio.
* Nella provincia di Catanzaro è nominata fra le prime cause la miseria
o la mancanza di lavoro.
« Nella provincia di Potenza su 9(3 comuni. 40 risposero essere causa
dell'emigrazione la miseria; 46 il desiderio di miglior fortuna e 10 comuni
altre cause, che si riducono ad equivalenti della prima. Le mercedi non ba-
stano a far fronte ai bisogni più urgenti della vita, mentre invece aumentano
i fitti delle terre e l'interesse dei capitali. Quest'ultimo è salito ad enormi
saggi, per piccole somme. Vi si aggiungono gli inviti dei parenti od amici
all'estero che mandano i denari o il biglietto per il viaggio.
* Le stesse cause sono menzionate dai sindaci della provincia di Salerno.
Infatti, sopra 122 comuni aventi emigrazione, 70 pongono in prima linea la
miseria e 52 il desiderio di miglior fortuna. Incoraggiano all'emigrazione le
lettere di parenti ed amici già emigrati all'estero, che parlano di buona riu-
scita, quand'anche quelli che possono rallegrarsi di avere incontrata fortuna
siano pochi.
— 328 —
« Condizioni economiche degli emigranti. È frequente il caso che gli
emigranti partano senza avere neppure il denaro necessario per il viaggio ;
molti prendono a prestito, facendo debiti presso i loro parenti che rimangono
nel villaggio natio, ovvero ricevono il denaro in prestito da parenti già stabiliti
in America.
« Nel Veneto l'emigrazione per 1" America, come s'è visto, è stata in
quest'anno anche molto più numerosa del consueto; partirono a famiglie in-
tere, e prima di mettersi in viaggio i più vendettero le masserizie, gli ani-
mali, e, se proprietari, anche le terre.
« Degli emigranti alcuni ebbero i denari per il viaggio dai parenti ed
amici già all'estero., e moltissimi ebbero il viaggio gratuito da Genova a
S. Paolo (Brasile).
« Nella provincia di Torino (circondario d'Ivrea) i due terzi circa degli
emigranti per l'America avevano appena il denaro per il viaggio, e gli altri un
peculio alquanto maggiore.
« Genova. Tutti gli emigranti hanno in proprio il denaro per il viaggio,
magari quanto potrebbe bastare anche per il viaggio di ritorno. Non pochi
portano un peculio maggiore. Pochissimi avanti di partire vendettero le loro
masserizie, gli animali e la terra.
« Udine. Vendettero gli animali e le masserizie circa 700 su 2,600 emi-
granti contadini. Di 900 contadini proprietari (compresi fra i 2,600 emigranti
contadini) circa 140 alienarono le terre o le case. Quasi tutti avevano il denaro
pel viaggio e 360 circa portavano un peculio oltre al denaro occorrente per il
viaggio. Gli emigranti per il Brasile (San Paolo) ebbero quasi tutti il passag-
gio gratuito sul bastimento e pagarono soltanto il trasporto fino a Genova.
« Circa 1800 emigranti presero a prestito il denaro per il viaggio ; per 248
si seppe che ebbero i denari dai parenti o amici stabiliti in America, e 208
da parenti od amici nel paese d'origine.
t Padova. Gli emigranti, quasi tutti agricoltori, vendettero le loro poche
masserizie, e taluni anche gli animali onde procurarsi il denaro per il viaggio.
Ben pochi portarono seco un peculio in più. Anche in questa provincia molti
ebbero il viaggio gratuito per il Brasile, offerto loro dalle agenzie. A] tri
l'ebbero dai parenti stabiliti all'estero.
« Treviso. Molti emigranti vendettero le masserizie e il bestiame. Tutti
gli emigranti approfittarono del viaggio gratuito offerto per il Brasile. Colla
vendita delle poche cose che posseggono si procurano i mezzi per recarsi
fino a Genova. Nessuno porta un peculio che possa servire di aiuto e di primo
impianto al loro arrivo in America.
« Venezia. Alcuni avevano il denaro per il viaggio fino a destinazione,
e molti ebbero il viaggio gratuito dal porto di imbarco (Genova) lino al paese
di destinazione (in generale per San Paolo nel Brasile).
« Pochi portarono seco un peculio. Solo i proprietari che alienarono le
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sera. -12
— 324 —
terre e le case portarono seco qualche somma. Altri ebbero i danari dai pa-
renti stabiliti in America. Un comune accenna ad alcuni emigranti che par-
tirono col denaro loro anticipato da impresari di costruzioni coli' obbligo del
rimborso mediante ritenuta sulla mercede nel luogo di destinazione.
« Eovigo. Su 3000 agricoltori, un decimo erano proprietari di terre; molti
di costoro le alienarono. In generale gli emigranti agricoltori partono a famiglie
intere, vendendo animali e masserizie per provvedersi i denari per il viaggio.
Pochi portarono seco un peculio.
« Lucca e Massa. In generale tutti avevano il denaro pel viaggio e non pochi
anche un piccolo peculio. Pochi vendettero le terre, gli animali e le masserizie.
« Campobasso, Avellino, Caserta, Napoli e Salerno. Gli emigranti per
la maggior parte portarono con sé qualche piccolo peculio, oltre il denaro per il
viaggio.
« Caserta, Avellino, Salerno, Potenza, Catanzaro, Cosenza. In parecchi
comuni gli emigranti tolsero a prestito anche il denaro per il viaggio. Al-
cuni sindaci dicono che gli emigranti presero a mutuo i denari occorrenti
per il viaggio ad interesse incredibilmente alto, come sarebbe il 50 °/0, ed
anche più, celandosi l'usura sotto varie forme.
« Non di rado si dice che gli emigranti ebbero i denari pel viaggio da
parenti all'estero. In alcuni casi i denari furono anticipati dagli agenti di
emigrazione.
« Campobasso, Salerno. Caserta e Potenza. Parecchi emigranti ipotecarono
o diedero in enfiteusi i loro piccoli fondi.
« Colonizzazione nel Brasile. Il governo imperiale offre dei passaggi
gratuiti agli emigranti europei che intendono stabilirsi come coltivatori nei
terreni di proprietà nazionale ; e a questo scopo ha stipulato convenzioni con
diverse società. Le provincie a loro volta, nello intento di colonizzare i vasti
terreni di loro proprietà, fanno somiglianti concessioni agli emigranti, col
mezzo di società.
« Specialmente notevoli sono i vantaggi che la provincia di San Paolo
offre agli emigranti. Coli' ultima legge provinciale sull' immigrazione, sanzio-
nata il 3 febbraio 1888, il presidente della provincia venne autorizzato a
contrattare colla Società promotrice dell' immigrazione per l'introduzione
di 100,000 immigranti europei secondo i bisogni dell'agricoltura. Il Governo
della provincia potrà pagare alla Società promotrice, a titolo d'indennizzo
per i passaggi degli immigranti, fino alla somma di 75,900 reis (1.000 reis,
alla pari, sarebbero equivalenti a L. 2,83, ma vi è la carta moneta, che
scapita nel cambio coli' oro), per ogni adulto, e la metà di tale somma pei
ragazzi dai 7 ai 12 anni, e un quarto, pei bambini dai 3 ai 7 anni. Le
famiglie degli immigranti spontanei che si destinassero ai lavori agricoli
nelle fattorie (fazende) nei nuclei coloniali, o che si stabilissero per conto
proprio, avranno diritto al sussidio di circa 70,000 reis pei maggiori di
— 325 —
12 anni; della metà per gli altri da 7 a 12 anni e di un quarto pei bam-
bini. Le famiglie introdotte per conto del Governo generale del Brasile che
avessero la stessa destinazione degli immigranti spontanei, percepiranno un
sussidio corrispondente alla differenza tra quanto paga il Governo e il sussidio
concesso dalla provincia. Gli immigranti riceveranno il sussidio al quale
avessero diritto, solamente 30 giorni dopo che si troveranno fissati nelle fat-
torie {f agende). Nel contratto colla Società promotrice potrà venire autorizzata
l'introduzione di donne nubili purché il loro numero non ecceda il 10 per
cento del totale degli immigranti.
« A proposito dello stato attuale della provincia di S Paolo devo men-
zionare a cagione di onore una relazione importante scritta dal Console ita-
liano cav. Enrico Perrod, pubblicata testò dal Ministero degli affari esteri.
In essa l'autore considera la situazione del Brasile dal punto di vista prin-
cipalmente degli interessi italiani e studia con grandissima diligenza la co-
stituzione e divisione della proprietà, le mercedi e i prezzi delle merci, le
imposte, le scuole, la diffusione della lingua ed ogni altro fattore economico
e morale.
« Begli agenti di emigrazione. Un'indagine accurata fu fatta per sapere
dove esistano vere e proprie agenzie di emigrazione oppure incaricati stabili
di siffatte agenzie.
« Esistono agenzie nelle provincia di Alessandria, Torino, Genova, Como,
Cremona, Mantova, Belluno, Udine, Vicenza, Lucca, Chieti, Napoli, Salerno
e Potenza.
« Vi sono incaricati stabili di agenzie nelle provincie di Alessandria,
Cuneo, Novara, Torino, Genova, Como, Cremona, Mantova, Milano, Belluno,
Venezia, Padova, Treviso, Udine, Vicenza, Massa, Campobasso, Chieti, Avel-
lino, Caserta, Salerno, Potenza, Catanzaro e Cosenza.
« Nel circondario d'Ivrea (Torino) vi sono incaricati dalle Società di Na-
vigazione che procurano biglietti d'imbarco per l'America. Un rappresentante
di una ditta inglese ha arruolato un centinaio di minatori operai e terraz-
zieri per Costarica. Questo anticipò lire 50 alle famiglie di ciascun emigrante.
« Per la provincia di Venezia la spinta maggiore ad emigrare è data
dalle agenzie esistenti in Genova. In parecchi comuni si sono recati degli
agenti clandestini per promuovere l'emigrazione degli abitanti por il Brasile.
« Anche nei comuni della provincia di Vicenza sono andati degli agenti
per promuovere l'emigrazione pel Brasile. Parecchi incaricati agiscono per
conto di una ditta molto nota di Genova.
« Parimente in vari comuni della provincia di Treviso esistono degli in-
caricati, presso i quali accorrono i vogliosi di emigrare per avere informazioni.
Non mancano gli eccitatori che girano per le fiere e per i mercati.
« A Rovigo si può dire che tutto il lavorìo si accentri nella ditta di
Genova a cui si è alluso più sopra. Si sa di un altro agente, il quale per
— 326 —
conto di un'impresa di Costarica ha ingaggiato operai nella provincia di Rovigo
e in altre vicine. Questo ingaggiatore offriva ad ogni emigrante l'anticipazione
di lire 60. In un comune risulta che venivano arruolati a mercede fissa, con-
venuta con scritture private, e si davano sovvenzioni alle famiglie restanti in
patria che fornivano un emigrante atto al lavoro.
« Dal comune di Oppeano (abitanti 3.156) provincia di Verona, parti-
rono 104 famiglie ('/tì) e con esse anche l'arciprete. Nel Veronese l'idea della
emigrazione si dice mantenuta viva dagli agenti sobillatori. Furono presentate
al Procuratore del Re 14 denuncie. Di queste 4 ebbero per effetto la condanna
degli agenti; per gli altri pendono i procedimenti.. La mitezza però della
condanna (poche lire d'ammenda), e per un solo caso (recidivo) il carcere,
non possono fornire una efficace repressione.
« A Mantova su 1,800 emigranti nel 1° semestre 1888, circa 700 furono
arruolati da una società inglese, per occuparli nella costruzione di strade
ferrate nella republica di Costarica.
« A Campobasso sonvi degli incaricati di agenzie di emigrazione.
« Nella provincia di Chieti gli incaricati dalle agenzie non mancano di
fare propaganda, anche offrendo biglietti d'imbarco gratuiti e piccole antici-
pazioni di denaro.
« Vi sono incaricati temporanei di agenzie in parecchi comuni delle
Provincie di Alessandria, Cuneo, Novara, Torino, Genova. Bergamo, Brescia,
Como, Cremona, Mantova, Milano, Pavia, Sondrio, Padova, Treviso, Udine,
A'icenza, Reggio Emilia. Massa, Ancona, Macerata, Campobasso, Avellino, Na-
poli, Salerno, Foggia, Potenza, Cosenza, Caltanisetta. Girgenti e Palermo.
« Come mezzi di eccitamento all'emigrazione si citano, oltre le promesse
di alti salari, l'anticipazione delle prime spese, con obbligo di rimborso, in
parecchi comuni delle Provincie di Cuneo, Genova, Como, Mantova, Milano,
Pavia, Sondrio, Padova, Treviso, Udine, Vicenza, Ferrara, Ancona, Campo-
basso, Avellino, Benevento, Napoli, Salerno, Foggia, Potenza e Cosenza. Le
promesse di trasporto gratuito fino al paese di destinazione, si citano da molti
sindaci delle provincie di Brescia, Torino, Pavia, Udine, Verona, Vicenza,
Parma, Campobasso e Caserta. Si dice che fossero anche distribuiti sussidi
in denaro agli emigranti di parecchi comuni delle provincie di Cuneo, Torino,
Genova, Milano, Pavia, Sondrio, Padova, Treviso, Udine, Vicenza, Reggio
Emilia e Potenza.
« La promessa della concessione gratuita di terreni da dissodare si cita
dai sindaci delle provincie di Alessandria. Bergamo, Como, Mantova. Pavia,
Padova, Treviso e Vicenza.
« Condizione economica degli emigrati all'estero. In generale trovarono
una posizione discreta e da collocarsi vantaggiosamente nell'Argentina e nel-
l'Uruguay la maggior parte degli emigranti delle provincie di Alessandria, Cu-
neo, Novara, Torino, Como, Cremona, Milano, Pavia, Sondrio, Udine e Macerata.
— 327 —
« Nelle repubbliche Platensi e negli Stati Uniti del Nord, come pure
nel Chili e Perù gli emigranti dalle Provincie di Genova e Piacenza.
« Nel Brasile gli emigranti del Bellunese. Nel Brasile e nell'Argentina
quelli delle provincie di Treviso, Verona e Vicenza.
« Nell'Argentina, nel Brasile e negli Stati Uniti quelli delle provincie
di Lucca e Massa.
« Negli Stati Uniti quelli della provincia di Salerno.
« Delle professioni che esercitavano in patria gli emigranti avanti
di partire e della occupazione che trovano più frequentemente all'estero.
I maggiori contingenti all'emigrazione sono forniti dai contadini; essi formano
più di due terzi dell'emigrazione italiana. Dopo i contadini vengono per
numero i muratori, i manovali, i braccianti, i facchini, artieri, ecc. Gl'industriali
ed i commercianti non superano la media del 4 o 5 °/0 e gli esercenti pro-
fessioni liberali sono forse l'uno per mille fra gli emigranti ed anche questi
pochi non trovano da occuparsi che con somma difficoltà.
« L'emigrazione agricola si è diretta in questi ultimi anni per gran parte
al Brasile, dove ha trovato da collocarsi alle piantagioni del caffè, principal-
mente nella provincia di San Paolo. Non pochi degli emigranti hanno trovato
un collocamento abbastanza rimunerativo, quantunque le spese, alle quali
vanno incontro, siano molto gravi.
« Si trovano in generale malissimo dappertutto coloro che non abbiano
appreso un mestiere manuale o un' arte speciale. È appunto per il difetto
di un'abilità tecnica speciale, che molta parte della emigrazione italiana, spe-
cialmente del mezzogiorno, dà triste spettacolo di sé nei mestieri più bassi,
come di raccoglitori d'immondezze, barbieri, musicanti ambulanti. Ciò viene
lamentato altamente negli Stati Uniti.
« Condizioni economiche dei rimpatriati. Nella provincia di Vicenza un
terzo circa dei rimpatriati era in misere condizioni ; gli altri in discrete con-
dizioni finanziarie, e qualcuno ha riportato a casa qualche migliaio di lire.
« I ritornati nella provincia di Treviso erano quasi tutti, se non in buone,
almeno in discrete condizioni. Quelli ritornati nella provincia di Udine per
la maggior parte godevano una posizione discreta; soli 13 comuni risposero
che i rimpatriati erano in misere condizioni. Alcuni sindaci della provincia
di Padova dissero che i rimpatriati erano in discrete condizioni finanziarie.
« Pochi fecero ritorno nelle provincie di Mantova e Sondrio e di questi
la maggior parte erano in discrete condizioni.
« I rimpatriati delle provincie di Milano e di Como avevano migliorata
assai la propria condizione da quando erano partiti. I rimpatriati nella pro-
vincia di Genova erano quasi tutti in condizioni molto buone e non pochi
ritornarono ricchi. Quelli di Lucca e Massa tornarono quasi tutti in buone
condizioni.
« Le risposte a questo quesito, raccolte nelle provincie meridionali, si
— 328 —
possono riassumere in una parola: i rimpatriati si trovavano in condizioni
discrete » .
« Mentre il Governo sta facendo queste ricerche a mezzo dei sin-
daci, la Società Geografica Italiana si è proposta di fare, a sua volta, un'in-
dagine sulle condizioni degli italiani all'estero, scrivendo ai suoi corrispon-
denti e valendosi anche della cortese mediazione dei consoli presso i nota-
bili delle colonie. Fu incaricato di condurre questa inchiesta un uomo assai
bene preparato a ciò da viaggi compiuti in America e da studi di economia
commerciale, pubblicati e favorevolmente giudicati; il cav. Egisto Rossi, il
quale procede d'accordo con un piccolo comitato speciale scelto nel seno del
Consiglio della Società stessa.
« Il lavoro di preparazione dell' inchiesta avviato dalla Società Geogra-
fica richiese qualche tempo; ma cominciano ad arrivare le risposte dal nuovo
continente, e i risultati ne saranno fatti di pubblica ragione tra pochi mesi.
u Avremo per questa via un'ampia informazione sulle istituzioni di pa-
tronato e di collocamento degli emigranti, esistenti nei luoghi di sbarco,
sulle professioni più sovente esercitate dei nostri concittadini all'estero, sulle
occupazioni nei quali essi trovano migliore mercede, sui prezzi delle derrate
alimentari e degli altri generi di generale consumo, sulla probabilità di fare
delle economie, sulla concorrenza che si fanno nelle varie industrie gli im-
migranti italiani e quelli di altre nazionalità: sulla facilità o imuio che i
nostri possono avere di acquietare qualche terreno in proprio, sulle condi-
zioni reali che trovano gli immigranti presso i Governi esteri e presso le
compagnie di colonizzazione o presso i privati proprietari dei terreni da dis-
sodare e coltivare.
« È noto che nell'Argentina la provincia di Santa Fò è quella dove
la colonia italiana, dopo Buenos Ayres, ha i suoi maggiori interessi. La
città di Rosario è popolata in gran parte da italiani, e da questi sono col-
tivate estese regioni dei dintorni.
« Le colonie agricole vengono formate per conto del Governo federale
e per conto delle provincie. Nell'un caso e nell'altro, il Governo concede la
terra e anticipa gli strumenti e i capitali a condizione del rimborso da parte
del colono, e questo ratealmente, dopo il secondo o terzo anno dell' impianto
« L'emigrato, appena arrivato a Buenos Ayres, viene ricoverato nell' ap-
posito ospizio, e mantenuto per otto giorni a spese del Governo ed indiriz-
zato a qualche lavoro, se non ha speciale destinazione. Il terreno fuori della
provincia di Buenos Ayres si vende ancora a prezzi bassissimi. Mendoza,
Corrientes, Entrerios, Missiones, e la immensa regione del Chaco, che adesso
il Governo intende seriamente a colonizzare, possono offrire al contadino ita-
liano, quando sia ben diretto, un campo vastissimo di risorse.
a Nel Brasile la provincia di San Paulo ha dato lavoro in questo ultimo
anno a migliaia dei nostri emigrati.
— 329 —
« Le associazioni che vi sono a scopo di beneficenza, le molte aziende
agricole possedute da italiani in prospero stato, fanno di questa provincia un
centro di attrazione per l'emigrazione nostra ; la quale, quando vi giunge, come
troppo spesso avviene, sprovveduta di mezzi, è pure a Rio Janeiro o a San
Paulo ricoverata e mantenuta dal Governo in appositi asili per vari giorni,
finché l'emigrante abbia trovata un'occupazione.
« Le piantagioni di caffè formano la principale industria agricola. Si
può acquistare il terreno a poco prezzo, e coltivarlo ; ma i nostri, sprovvisti
come sono quasi tutti di denaro, preferiscono impiegarsi in una fazenda per
qualche tempo. Generalmente si accorda loro un tanto per mille piante di
caffè coltivate ; e la facoltà di piantare per loro conto ogni sorta di prodotti
negli spazi interfilari delle piante; più altre concessioni che fanno non di
rado dell' operaio del Fazendiero un partecipante quasi diretto della pro-
prietà della fazenda a cui appartiene. Vi sono però degli abusi che rendono
questa specie di mezzadria molto sovente illusoria.
« Negli Stati Uniti l'emigrante è ospitato nel Castle- Garden per pochi
soldi al giorno ; ivi, se non ha altri impegni, può trovare lavoro, rivolgendone
domanda al Bureau of Labor.
« A chi preferisce lavorare la terra, il Governo degli Stati Uniti concede
fino a 160 acri per ogni uomo maggiorenne, nei terreni di pubblico dominio,
in gran parte spopolati e distanti dai centri abitati. Il possedimento si con-
segue dopo cinque anni di residenza nel territorio e dopo avere eseguita
qualche coltivazione. Chi vuole usufruire di questa concessione deve farsi cit-
tadino americano.
« Molti inglesi, irlandesi, tedeschi divennero proprietari di terre confor-
mandosi appunto alle prescrizioni di questa legge, detta Homestead Law.
« Pochi italiani hanno finora approfittato di essa, e ciò principalmente
perchè la nostra colonia si compone di gente che non ebbe nessun indirizzo
coloniale e finì col restare nelle città ad esercitare i più bassi mestieri. I
tedeschi e irlandesi, grazie alle loro potenti società di patronato, appena giunti
nei porti sono indirizzati nel Far-West. Di recente si è costituita a Nuova
York una consimile società di patronato fra gli italiani. I quali troverebbero con-
dizioni agricole eccellenti nella California ed in altri Stati del Pacifico, nel
Kansas ed Arkansas, nel Missouri, nella Luigiana e nella Florida, dove po-
trebbero ottenere dalle Società ferroviarie i terreni a mitissimo prezzo.
« Nel Manitoba, che è la regione Nord-Ovest del Canada, si hanno pure
eccellenti condizioni per gli agricoltori e si concedono loro le stesse facilità
che agli Stati Uniti.
« Per ora nell'America del Nord i soli centri agricoli, dove si trovano
agricoltori e proprietari italiani, sono nella California, nel Nevada, nell'Arkansas,
in qualche altro Stato del centro.
« Le colonie dell' Australasia, sebbene floridissime e promettenti per tutti
— 330 —
coloro che intendono stabilirvisi come coltivatori, attrassero fin qui pochissimi
italiani. Fino a pochi anni or sono le colonie dell'Australia e della Nuova
Zelanda pagavano per intero o per la metà il prezzo di passaggio per gli
emigranti. Oggi questa pratica ha cessato e l'immigrazione, sebbene il costo
della traversata non sia molto elevato, non procede a quella volta numerosa
come altrove. Ma uno degli ostacoli principali che impediscono alla nostra
emigrazione di rivolgersi all'Australia, è, dopo il costo del lungo viaggio,
l'ignoranza della lingua e delle istituzioni e leggi che regolano e disciplinano
la colonizzazione delle loro terre. Queste si possono anche ottenere gratuita-
mente dai rispettivi governi, previa l'osservanza di certe condizioni oppure
acquistarsi a poche lire all'acro dalle Società o dal Governo.
« Tali sono i fatti più noti. Gli studi bene avviati dalla Società Geo-
grafica faranno conoscere le circostanze particolari e renderanno immagine
della vita vera delle colonie italiane all'estero » .
Zoologia. — Elenco dei Copepodi pelagici raccolti dal tenente
di vascello Gaetano Chierca durante il viaggio della R. Corvetta
« Vettor Pisani » negli anni 1882-1885, e dal tenente di vascello
Francesco Orsini nel Mar Rosso, nel 1884 (!). Nota II del dott.
W. Giesbrecht, presentata dal Socio Todaro.
« Alla mia precedente comunicazione fo seguire un elenco delle specie
con la indicazione dei posti dove sono state pescate (un 0. indica la prove-
nienza dalla collezione di Orsini) dando una breve diagnosi delle nuove, e
ancora un elenco dei punti dove si è pescato con le specie che vi sono state
trovate; dove i numeri esprimenti la profondità stanno in ( ), s'intende che
l'apparecchio Palumbo non ha funzionato bene o che si è pescato con una
semplice rete aperta; in tal caso non è naturalmente certa la profondità
alla quale la specie è stata pescata; dove la indicazione del luogo della pesca
sta in [ ], s'intende che la determinazione della specie non è fuori dubbio ».
Genere Calanus Leach.
1. C. finmarchlcas Gunner.
« Gibilterra ; Capo d. Vergini ; Punta Arenas ; Porto Lagnnas ; Porto Suite ; Ancud "
Valparaiso ; Caldera ; Autofagasta (molti) ; Arica ; Mollendo ; Mollendo-Pisco ; Pisco ;
Pisco-Callao ; N.-Ov. d'Ancori ; Callao ; 80° Ov. (3° N. (giorno e notte) ; Hongkong.
2. C. gracilis Dana (= Cetochilus longiremìs Claus).
« Mediterraneo (13° E.) ; N. delle isole di 0. Verde ; 26° Ov. 4° S. ; Ov. di Caldera ;
82° Ov. 3° N. ; 87° Ov. Equ. ; 09» Ov. 3° S. (1800 m.) ; 108° Ov. Equ. (700 m.) ; 138" Ov.
0) V. pag. 287.
— 331 —
15° N. (100 in.); 170u Ov. 20° N. (100 m.) ; 175° Ov. 19° N. (100 in.); 169° E. 16° N.
(100 m.); 166° E. 16° K 1500 ni.; 165° E. 1(3° N. (notte); 160° E. 14° N. 500 m. ;
156" E. 13u X. ; 155° E. 13° N. (notte); 154" E. 12" X. (notte).
3. C. minor Claus (= C. valgus Brady).
« N. d. isole d. C. Venie (molti) ; 24° Ov. 5" X. (inulti) ; 26" W. 3° N. ; 26° Ov. 4° 8. ;
27° Ov. 6° S. ; 35° Ov. 13° S. ; 38° Ov. 20" S. ; Caldera (molti) ; N.-Ov. d'Ancon ; 80° Ov.
6° X. (notte) ; 82" Ov. 3° N. ; 87° Ov. Egu. ; 88° Ov. Eq.; Callao; 99" Ov. 3° S. (1800 m.) ;
108" Ov. Equ. (700 m.) ; 124" Ov. 11° N. (100 m.) ; 128° Ov. 12° X. (notte); 132" Ov.
14° N. (100 e) 4000 m. ; 138" Ov._15° N. (100 m.) ; 145" Ov. 18" N. (100 in.); 170" Ov.
20° N. (100 ni.); 175" Ov. 19° N. (100 m.) ; 178° E. 20° X. (100 m.) ; 156" E. 13° X.
(notte) ; 155° E. 13" X. (notte) ; 60" E. 14° X. (notte) ; 55" E. 13° X. (notte) ; 54" E.
13° X. (notte).
4. C. ienuicoruis Dana.
«Gibilterra; 99" Ov. 3" S. (1800 m); 108" Ov. Equ. (700 in.); 124" Ov. 11" X.
(100 e) 1000 m. ; 138" Ov. 15" X. (100 m.) ; 145" Ov. 18° X- (100 m.); 173" E. 20° X.
(100 m.); 171" E. 18" X. (100 ni.); 169" E. 16" X. (100 m.).
5. C. brevicornis Lubbock.
« Gibilterra ; 38° Ov. 20° S. ; Rio Janeiro.
6. C. caroli n.
« O* 1,65-1,85 mill. C. darwinii affinis ; sed 5li pedis maris forceps brevior, curvati
hanvi processus propior hami basin.
« 81" Ov. 5" X. ; 82° Ov. 3" X. ; 87" Ov. Equ. ; 88° Ov. Equ. ; 89° Ov. 4 S. ; 90" Ov.
7" S. (notte); 99° Ov. 3" S. (1800 m.) ; 109° Ov. 1" X. (300 in.) ; 115" Ov. 5" X. (100 e)
450 m. ; 119" Ov. 9° X. (100 m.) ; 138° Ov. 15" X. (100 m.).
7. C. darwiiiii Lubbock.
«Caldera; 80" Ov. 6" X.; 82" Ov. 3" X.; 87" Ov. Equ.; 88" Ov. Equ.; 89" Ov.
4" S. (giorno e notte) ; 89° Ov. 5" S. (notte) ; Cailao ; 90" Ov. 7" S. (notte) ; 99" Ov. 3° S.
(1800 m.); 108" Ov. Equ. (700 m.) ; 109° Ov. 1° X. (300 m.) ; 115° Ov. 5° X. (100 e)
450 m. ; 119" Ov. 9° X. (100 m.); 124° Ov. 11° X. (100 e) 1000 m. ; 132° Ov. 14° X.
(100 m.) ; 138° Ov. 15° X. (100 m.) ; 170° Ov. 20° X. (100 m.) ; 175° Ov. 19° X. (100 m.) ;
169° E. 16° X. (100 m.) ; 165° Ov. 16° X. (notte) ; 156° E. 13° X. (notte) ; 155° E. 13° X.
(notte) ; 154° E. 12° X. (notte) ; 143° E. 11° X. (100 m.).
8. C. patagoaiensis Bracty.
«Baja di Churruca ; Valparaiso.
9. C. pauper, n.
« $• 1,3-1,6 mill. Margo interna l'1 segmenti basalis 5U pedis non denticulata :
antennae anteriores ejusdem longitudinis ac corpus ; caput et anguli 5U thoracis segmenti
rotunda. Ó" 1,3-1,5 mill. Ramorum externorum 5U pedis margines internae sine setis :
ramus externus sinister longior quam dexter ; ramus internus sinister cum 2 setolis.
«Puna; Panama; 81° Ov. 5° X.; 82° Ov. 3" X.; 87° Ov. Equ.; 88" Ov. Equ.;
89° Ov. 4° S. ; Callao ; 109° Ov. 1° X. (300 in.) ; 115" Ov. 5° X. (100 m.) ; 119" Ov. 9° X.
(100 m.); 124° Ov. 11° X. (100 ni.); 132" Ov. 14" X. (100 m.) ; Amoy ; Hongkong (giorno
e notte).
Rendiconti. 1SS8, Voi.. IV. 2° Sem. I".
— 332 —
10. C. propinquus Brady.
« 55° Ov. 37° S. ; 65" Ov. 49° S. ; C. d. Vergini.
11. C. robustior n.
« Gracili affinis sed feminae abdomen largius et maris 5li pedis sinistri ramus rudi-
mentarius, setis non instructus.
«35° Ov. 13" S. ; 87" Ov. Equ.; 88" Ov. Equ. ; 115" Ov. .VX. (100 m.) ; 124° Ov.
11" X. (100 ni.); 170" Ov. 20" X. (100 ni.); 175" <>v. 19° X. (100 m.).
12. C. vulgaris Dana.
«24° Ov. -V N. ; 24" Ov. 8" X.; 26° Ov. 3" N. ; 27" Ov. 0" S. ; 35" Ov. 13° S.
Abrolhos; 38" Ov. 20° S. ; 11" Ov. 25" S. ; S. <li Panama (giorno e notte) ; Isole Perle
Panama; 81" Ov. 5" X. ; 82" Ov. 3" X.; 87° Ov. Equ.; 88° Ov. Equ.; 89" Ov. I 3.
84° Ov. 8" 8.; 90" Ov. 7" S. (notte); 119° Ov. 9° X. (100 m); 121" Ov. 11" X. (100 m.)
128" Ov 12" X. (notte); 132° Ov. Il" X. (100 m.) ; 145° Ov. 18° X. (100 ni.); 170° Oi
20" X. don ;,i. : 1 7" E. li'" X. (notte); Hongkong (notte, molli).
Genere Paracalanus Boeck.
13. P. parvus Claus.
«Gibilterra; Abrolhos; Baja <li Churruca; Arica; Porto Euite; Caldera; Calla";
108° ov. Equ. (700 m.); Hongkong.
14. P. aculeatus n.
u Parvo affinis, sed 2cli-lu pedis basale I""1 nndnm; Latns posterins 2r|i segmenti
rami externi 3tu et lu pedis cum spinis. ?- 0,85-1,2 raill.
"2-1" Ov. 5° N. : 21" Ov. 8° X.-. 26° Ov. 3° X. : X.-Ov. d'Ancon (notte)^ 87° Ov.
Equ.; 88" Ov. Equ.; 89° Ov. I" S. ; Ov di Callao ; 99° Ov. 3° S. (1800 ni.); 108" Ov.
Equ. (700 ni.); 115" Ov. 5° X. (100 e) 450 m.; 119° Ov. 9° X. (100 m.); Eongkong;
60° K. 1 1" X. (notte) : bsab (O.).
Genere Acrocalanus n.
« Par acalano affine, sed card 5t0 pede; margo externa 2'1'1 segmenti rami externi
in 3ti0 et 4t0 pede denticulata.
15. A. longicornis, n.
« Antennae anteriores superant l'uream 5 altimis segmentis ; margo externa 3Ui seg-
menti 1'* pedis cum finissimis et aumerosis dentibns. -■ 1-1,2 mill.
«Abrolhos; 80° Ov. 6° N. ; Ov. di Callao; 99° Ov. 3° S. (1800 ni.); 108" Ov. Equ.
(700 m.); 115" Ov. 5° N. (100 m.) ; 138° Ov. 15" X. (100 m.); 60° E. li" X. (imite).
1(3. A. gradi 'is n.
« Antennae anteriores breviores qnam in longicorni ; dentes supra significati minus
fini et densi. Z 1,2 mill.
« 89" Ov. 4" S. ; 99° Ov. 1" S. (superficie e 1800 ni.) ; 115" Ov. 5" X. (100 e) 450 m. ;
138° Ov. 15" X. dito m.); 170- Ov. 20° X. (100 in.): 165° E. 10" X. (notte).
17. A. gibber n.
« Gracili affinis, sed latns dorsale capitis gibberum. ?- ",!,;>>-l mill.
.• Hongkong •. Assab (O.).
— 333 —
18. A. monachila, n.
« Caput prolungatimi, visu laterali prope quadratimi. £ 0,92 raill.
«115° Ov. 5° N. (100 ni.); 110" Ov. 0" N. (100 ni.).
Genere Calocalanus n.
« Pro Calano pavone Dana, plumuloso Claus et affinibus.
19. C. pavo Dana.
«87° Ov. Equ. ; 09° Ov. 3" S. (1800 m.); 108° Ov. Equ. (700 ni.) ; 109° Ov. 1" X.
(300 ni.) ; 115° Ov. 5" N. (100 e) 450 m. ; 119° Ov. 9° N. (100 m ) ; 124° Ov. 11° N. [U )
1000 m. ; 132° Ov. 14° N. (100 ni.) [4000 ni.] ; 138° Ov. 15° N. (100 ni.); 175° Ov. 10" X
(100 ni.); [173° E. 20° N. 100 ni.].
20. C. pliimulosus Claus.
"108° Ov. Equ. (700 ni.); 124" Ov. 11" N. (100 ni.).
21. C. styliremis n.
« -?■ 0,6-0,72 mill. Differì ab aliis speciebus 5li pedis forma ; ultimimi segmentimi
aiitennarum anteriorum duplo longius quam penultimum ; lum segmentum basale lmi pedis
sine seta in margine interna.
« 99° Ov. 3° S. (1800 m.) ; 108° Ov. Equ. (700 m.).
Genere Eucalanus Dana (non Claus).
22. E. elongatus Dana (= Calanella hyalina Clans).
« 8" Ov. 34° N. ; Valparaiso ; Coquimbo ; Ov. di Caldera; Pisagua ; Mollendo-Pisco ;
S. di Pisco ; Pisco ; Pisco-Callao ; 80" Ov. 0° X. ; 81° Ov. 5" X. ; 99° Ov. 3" S. (1800 m.) :
124° Ov. 11" N. 1000 ni.; 132° Ov. 14° N. 4000 m.
23. E. attenuatits Dana (= Calanella mediterranea Claus).
« 25° Ov. 18" X. ; Ov. di Callao ; Isole Perle ; 80" Ov. 6" X. ; 82" Ov. 3" X. ; 88° Ov.
Equ.; 89° Ov. 4° S. ; 99° Ov. 3° S. (1800 m.) ; 115" Ov. 5° X. (100 m.) ; 119" Ov. 9" X.
(100 m.); 124° Ov. 11" X. (100 e) 1000 m. ; 132" Ov. 14" X. (100 ni.); 138" Ov. 15" X.
(100 ni.).
24. E. crassus n.
« ° 2,9-3,3 mill. Corpus crassum ; 2da furcae seta terminalis sinistrae partis non
crassior quam dextrae ; margo externa 2di segmenti rami interni 2di-4li pedis sine dente.
«38° Ov. 20" S. ; Pio Janeiro; Pisco; Ov. di Caldera; 175" Ov. 19" X. (100 mi:
178" E. 20° X. (100 m.).
25. E.-monachus n.
« $• 2,13-2,35; Crasso affili is ; differt capitis forma; margo externa 2di segmenti
rami interni 2di-4li pedis parva dente instructa.
« Gibilterra.
26. E. siibteniris n.
« ? 2,65-3,1 mill. Capitis forma attenuato similis, frons triangularis cimi apice obtnsa.
«25° Ov. 18° X.; Ov. di Caldera; Ancon ; X.-Ov. d'Ancon ; 80" Ov. ti" X. (giorno
e notte); 82" Ov. 3" X. ; 89" Ov. 4" S. ; Ov. di Callao; 99° Ov. 3° S. (1800 ni.)-. 1"-" Ov.
Equ. (700 m.); 109° Ov. 1" X. (300 ni.); 115" Ov. 5" X. (100 e) 450 ni.; 119° Ov. 9° X.
— 334 —
(100 ni.); 124° Ov. 11° N. (100 e) 1000 m. ; 132" Ov. 11" X. 4000 ni.; 138" Ov. 15" X.
(100 in.).
27. E. mucronatus n.
«+•3,2 mill. Caput triangolare, apice acuto panloque curvato instnictum.
« 175" Ov. 19" X. (100 m.J ; 106° E. 16° X. 1500 m.
28. E. pileatus n.
«^p 1,96-2,25 mill. Capiti* prolungatìo frontalis pileo sìmilis.
"24" Ov. 5° X.; 24" Ov. 8° X. : 26° Ov. 3" X.: 38" Ov. 20° S.; l'ima : Panama.
29. E. subcrassus n.
u +• 2,35-2,68. Forma corporis crasso aflinis : 2,la l'urea»- seta teimìnalis sinistra».- parila
multo crassior et longior guam dertrae.
«Panama; 80° Ov. 6° X. : 85° Ov. 5° N I. ; 82° Ov. 3°N.; 99° Ov. 3° S. (1800 m.);
Ann. v. Hongkong; Assab (O.).
Genere l^liincalfiniiss» Dana.
30. Rh. nasutus n.
« ^ 3,9-4,75 mill. Capitis fin-ma Rh. giganti Brady similis; differì corporis longitu-
dine, thoracis aculeorum et rami interni lmi pedis segmentornm unni. ro.
.. Mediterraneo 5° E. -, Gibilterra : Punta Arenas : Valparaiso : 80° Ov. 6° X. ; 81° Ov.
5° N.j 99° Ov. 3" S. (1800 m.) ; 17::" E. 20° X. (800 m.).
31. Rh. cornutus Dana.
«80° Ov. 6° X.- 89° Ov. I" S.; 90° Ov. 7" S. (notte); 99° Ov. 3° S. (1800 m.);
1"-" Ov. Kqu. (700 m.); 1 19° Ov. 9° X. (100 e) 2300 m. ; 124° Ov. 11" N. il ) 1000 m. :
138° Ov. 15° X. (100 in.».
Genere Lex>toccil;unis n.
«Abdomen 3 segmentis compositum; feminae 5*°' pes ramo interno destitutus;
(primae antennae magis qnam bis corpore longior
32. L. /Uieornis n. ( ?. o.«>-l mill.).
«99° Ov. 3° S. (1800 mi-. 108° Ov. Equ. (700 m.); 115° Ov. 5° X. (100 nu :
119° Ov. 9° X. (100 m.); 124° Ov. 11" X. (100 e) 1000 m.; 132° Ov. Il" X. (100 m.);
138° Ov. 15° X. (100 in ì.
Genere Clausocalanuts n.
«Pro Eucalano Claus non Dana.
33. C. mastigophoriis Claus.
.. Mediterraneo 13°, 11° E.; Baja di Churruca ; Ov. .li Caldera : 87° Ov. Equ.: 88° Ov.
Equ.: 89° Ov. 1" S. : Ov. di Callao ; 99° Ov. 3° S. superficie (e 1800 m.); 108° Ov. Equ.
(700 m.): 109" Ov. 1" X. (300 m.) ; 115° Ov. 5° X. (100 e) 450 m. ; 119" Ov. 9° X.
(100 m.): 124° Ov. 11" X. 1000 ni. ; 128" Ov. 12" X. (notte); 132° Ov. 1 1" X. 1000 m. ;
138" Ov. 15" X. (100 in.); 175" Ov. 19" X. (100 m.) ; Hongkong (giorno e notte).
34. C. furcatus (== Drepanopm furcatus) Brady.
« 24" Ov. 5" X. : 24" Ov. S" X. ; Ov. di Caldera : 87° Ov. Equ.; 89° Ov. 1" S. : 99° « h .
3° S. superficie (e 1800 m.) : 108" Ov. Equ. (700 ni.); 109° Ov. 1" X. (300 in.); 115" Ov.
— 835 —
5° N. (100 e) 450 m. ; 119° Ov. 9° N. (100 m.) ; 124° Ov. 11° N. 1000 m. ; 132° Ov.
14° N. (100 m.); 138° Ov. 15° N. (100 ni.) ; 175" Ov. 19° N. (100 ni.).
Genere Ctenocalanvis n.
« Clausocalano similis, differt 3tu et 4U pedis structura normali et forma aculeorum
niarginis externi rami externi 3tu et 4U pedis, qui pectina imitant.
35. Ctenocalcmus vanus n. ( ?- 1,1 mill.)
«[99° Ov. 3° S. (1800 m.)]j 132" Ov. 14" N. 4000 ni.
Genere Drepanojjus Brady.
36. D. forcipatus n.
" ^ 1,5-1,9 mill. Dr. pedinato Brady similis; mas differt antennarum anterioruni
segmentorum numero (21) et caret ramo interno 5U pedis.
u 65° Ov. 49° S. ; Capo d. Vergini ; Porto Lagunas ; Baia di Churruca.
Genere 8pinocalanus n.
« Rostrum deest ; ramus intemus lmi pedis 1 segmento, 2di pedis 2 segmentis, 3tu
et 4U pedis 3 segmentis constat ; 3tium segmentum rami externi 2di-4u pedis cum 5 setis
internis et 1 seta terminali denticolata ; 5tus pes deest ; posterioris maxillipedis 2dum seg-
mentum cum riga aculeorum transversali, flagelli 2dum segmentum valde elongatum.
37. S. abyssalis n. ( ?. 1,1-1,25 mill.).
«99° Ov. 3" S. (1800 m.); 124" Ov. 11" X. 1000 in. ; 132° Ov. 14" N. 4000 m.
Genere Aétidius Brady.
38. A. armatus, Brady.
"Gibilterra; 99° Ov. 3" S. (1800 in.); 119" Ov. 9° N. 2300 m. ; 124" Ov. 11" N.
1000 m.
Genere Gaetanus n. (').
« Rostrum simplex, non furcatum ; capitis latus dorsale cum aculeo mediano prorso ;
ultimum thoracis segmentum Aètidio simile ; ramus externus lmi pedis 2 vel 3 segmentis,
ramus internis lmi pedis uno, 2di pedis duobus, 3tii-4ti pedis tribus segmentis constructus ;
5tus pes deest.
39. G. miles n.
« Antennae anteriores duplo et magis corpore longiores. ° 3,5 mill.
«99° Ov. 3° S. (1800 m.-); 108" Ov. Equ. ; 115" Ov. 5° N. (450 m.).
40. G. armiger n.
« Antennae anteriores corpore breviores. 9- 3,2 mill.*
«99° Ov. 3° S. (1800 m.); [115° Ov. 5" N. 450 m.J ; [163" E. 16" N. (1500 m.)].
Genere Undeuchaeta n.
«Rostrum simplex, non furcatum; 5tus pes deest; ramus externus lmi polis 2 seg-
mentis, ramus internus lmi pedis uno, 2di pedis duobufi, 3,u et 4U pedis 3 segmentis con-
fi) Genus Gaetano Chierchiae dedicatimi.
— 336 —
structus ; setae mediae rami externì maxillae breviores reliquiis ; maxillae segmenti basalis
lobus externus cum 9 setis, quarum 5ta rigida, non plumulata ; posterioris maxillipedie fla-
gellum brevissimum ; 4li pedis l"uim basale sine aculeis.
41. U. major n.
« " 4,5 mill. Caput cum crista.
« 173" E. 20" N. (800 m.).
42. U. minor n.
« ° 3,2 mill. Caput sine crista ; differì; etiam abdominis l'orma ab altra specie.
«166°. E. 16" N. 1500 m. ; 173° E. 20 N. (800 m.).
Genere Euchirell» n.
«Pro Undina Claus non Dana.
43. E. goleata n.
«-j-6,4 mill. Caput cum alta crista: antennae posterioris ramus externus plus qnam
dnplo longioi interno.
« Caldera.
44. E. ptdchra Lubbock.
« Abrolhos ; Caldera.
45. E. bella ri.
« + 3,8 mill. Caput sine crista; rami interni antennae posterioris longitndo quarta
externi longitudinis pars : primum I'1 pedis basale cum I aculeis.
u Mollendo-Pisco (notte); [138° Ov. 15° N. (100 m.l].
46. E. venusta n.
« f 4,4 mill. Caput sin.' crista; rami interni antennae posterioris longitndo quarta
externi longitudinis pars : primum ! pedis basale cum 1 ve! 2 aculeis.
«82° Ov. 3" N.
47. E. amoena n.
« C* 3,35 mill. Pulci) ra*' allinis, iliffrrt forma largiori V1 pedis.
«115° Ov. 5" N. (100 m.l.
48. E. curi /et inda n.
« ° B,5 mill. Abdomen sextam thoracis longitudinis partem non superai : rostrum
deest ; caput cum crista.
«106" E. 16" N. 1500 m.
Genere Euchaeta Philippi.
49. E. marina Prestandrea (= prestaudreae Phil. et auct.).
«Mediterraneo 13" E., 11° E.; 25" Ov. 18" N. ; 24" Ov. 5" N. ; 21" Ov. 8° X. ;
26° Ov. 3" N. ; 26" Ov. 4° S. ; 27° Ov. 6" S. ; 35" Ov. 13" S. ; Abrolhos ; Ov. di Caldera;
Autofagasta ; Panama ; 80° Ov. 6° X. ; 86° Ov. Equ. ; 88" Ov. Equ ; 89" Ov. 4° S.; 89° Ov.
5° S. (notte); Ov. di Callao ; 90" Ov. 7" S. (notte); 99° Ov. 3° S. (1800 m.) ; 109° Ov.
1" N. (300 m.); 115° Ov. 5" X. 450 m. ; 117" Ov. 8° N.j 119" Ov. 9° X. (100 m.) ;
124" Ov. 11" X. (100 m.); 128" Ov. 12" X. (notte); 132" Ov. 14° X. (100 e) 4000 m. ;
138° Ov. 15" X. (100 m.); 145" Ov. 18° X. (100 m.) ; 170" Ov. 20" X. (100 m.) ; 175" Ov.
— 337 —
19° N. (100 m.); 173" E. 20" N. (100 m.) ; 169" E. 16" N. (100 m.); 166" E. 16" N.
(100 m.); 163" E. 16" N. (1500 m.) ; 160" E. 14" N. 500 m. ; 156° E. 13" N. (notte);
155° E. 13" N. (100 in.); 154" E. 12° N. (notte); 147" E. 11° N. (notte); 143" E. 11" N.
(100 ni.)\ HO" E. 12" N.
50. E. hebes n.
« -f 2,85T2,95 mill. Organi frontalis processus prope deest ; pes dexter 5li paria maris
sine aculeo terminali ; furcae 2<la seta terminalis reliquuis longior.
« Gibilterra.
51. E. concinna Dana.
« Hongkong.
52. E. media, n.
« +■ 3,5 mill. Furcae setae terminales fere eadem longitudine ; interna illis crassior
et longior ; ramus internus maxillae cum 4 crassis setis, lobus maxillae segmenti basalis
externus cum 7 longis et 1 brevi seta ; seta proximalis segmenti terminalis rami antennae
posterioris externi segmento brevior.
"[108" Ov. Equ. (700 m.)] ; 166" E. 16° N. 1500 m. ; 163° E. 16" N. (1500 m.);
[160" E. 14" N. 500 m.].
53. E. flava n.
« % 3,2 mill. ; barbatae Brady similis, sed corpus multo brevius et anterioris maxil-
lipedis setae normali structura.
«99" Ov. 3° S. (1800 m.).
54. E. longicornis n.
« -f 3,1 mill. Antennae anteriores furcam prominent ; rami externi 2di pedis 3tium seg-
mentimi normali fere structura ; seta lmi segmenti basalis 4H pedis apicem rami interni
attingit.
« 80" Ov. 6" N. ; 82" Ov. 3° N.
55. E. grancliremis n.
« \- 5,2 mill. Antennae anteriores multo longiores corpore ; quarum segmentimi termi-
nale ter longius segmentis 8V0 et 9n0 conjunctis.
"99" Ov. 3" S. (1800 m.); 124" Ov. 11" N. 1000 m. ; [160" E. 14" N. 500 ni.].
Genere Scolecitlirix Bracty.
56. Se. clanae Lubbock.
«Mediterraneo 11" E.; 24" Ov. 5" N. ; 25" Ov. 18" N. ; 26" Ov. 4" S. ; Abrolhos ;
Caldera; Pisco ; 87" Ov. Equ.; 88° Ov. Equ.; 89° Ov. 4" S. ; 99n Ov. 3° S. (1800 m.) ;
108" Ov. Equ. (700 m.) ; 115" Ov. 5" N. (100 e) 450 ni.; 119" Ov. 9" N. (100 m.ì :
124" Ov. 11" N. (100 ni.); 132" Ov. 14" N. (100 ni.); 170" Ov. 20" X. (100 in.); 175° Ov.
19" N. (100 ni.); 155" E. 13" N. (notte): 137° E. 10° N. (notte)'.
57. Se. bracini n.
« % 1,1-1,35 mill. Anterionun antennarum segmenta 8vum-12"""" conjuncta, quae
eandem longitutidinem habent quam ultima duo segmenta etiam conjuncta . pars lateralis
destra ultimi thoracis segmenti longior quam sinistra.
«99" Ov 3" S. (1800 m.)s 121" Ov. 11" N. 1000 m. ; 138° Ov. 15" N. (I"" ni).
— 338 —
58. Se. abyssalis n.
«t 1,9 mill. Anteriorum antennaram segmenta 12um ei L3om conjuncta brevìora seg-
mentis 8um, 9um et 10um conjuncta ; in latore posteriori segmenti lmi basalis 4U pedis duo
vel tres aculei.
«124" Ov. 11" N. 1000 in.: 132" Ov. 14" X. 4000 m.
59. Se. marginata n.
u %- 1 mill. Anteriorum antennaram segmenta 12'"" et 13um disjuncta, 8um, 9um et
10um conjuncta; margo externa 1"" segmenti basalis 2,H et 3tu pedis denticolata.
«138" Ov. 15" X. (100 ni.).
60. Se. longifurca n.
« ^ 1,75 mill. Furcae longitudo latitadinem duplo superat.
«99° Ov. 3" S. (1800 m.): 121" Ov. 11" X. 1000 ni.
61. Se. porrecta n.
« ? 2,65 mill. Thoracis ultimimi segmentimi cimi angnlis lateralibtis aeutis ; abdo-
minis 5tum segmentum longius quam lu"" vel 3Uum.
« 99" Ov. 3° S. (1800 m.).
62. Se. ? ctenopus n.
« O* 1,3 mill. Pes dexter 5li paris brevis ; sinister longissimus, 5 segmentis cons-
tructus, quorum penultimuni pectinatam.
«138° Ov. 15° N. (100 m.); 173" S. 20° X (100 ni.).
Genere IPliaorina Claus.
63. Ph. spini fera Claus.
«99° Ov. 3° S. (1800 ni.): 160° E. 11" X. 500 m.
MEMORIE
DA SOTTOPORRSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
E. Lodrini. Su l'anello etrusco della collezione Strozzi in Firenze.
Presentata dal Segretario Ferri.
A. Battelli. Sul fenomeno Peltier a diverse temperature^ e sulle sue
relazioni col fenomeno Thomson e colle forze elettromotrici delle coppie
termoelettriche. Presentata dal Socio Blaserna.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Ferri presenta le pubblicazioni giunte in dono, segnalando
le seguenti inviate da Soci:
F. Lampertico. Commemorazione del senatore Luigi Torelli.
C. Nigra. Canti 'popolari del Piemonte.
E. Levasseur. Labolition de l'esclavage au Drésil.
— 339 —
Lo stesso Segretario presenta inoltre, discorrendone, le pubblicazioni:
Senso e intelletto del dott. L. Angelici ; II problema della popolazione e
V avvenire dell Italia, del prof. A. Galanti; e l'opera di P. Ceretti, tra-
dotta dal latino dai professori C. Badini e E. Antonietta intitolata: Saggio
circa la ragione logica di tutte le cose. Presenta poscia il voi. 11 dei
Discorsi parlamentari di Marco Mughetti raccolti e pubblicati per deli-
berazione della Camera dei Deputati, e la parte la dell'opera del prof. R. Ben-
zoni: II Monismo dinamico e sue attinenze coi principali sistemi moderni
di filosofia, accompagnando presentazione la con una Nota bibliografica (>).
Il Segretario Ferri fa inoltre particolar menzione del Voi. VI, fase. 2°,
del Vocabolario degli Accademici della Crusca, e di una collezione com-
pleta dei Comptes-Rendus e Bulletins della Commissione Reale di storia del-
l'Accademia del Belgio.
Il Socio Boccardo fa omaggio della sua pubblicazione: L'economia na-
zionale e le Banche.
CORRISPONDENZA
Il Segretario Ferri dà conto della corrispondenza relativa al cambio
degli Atti.
Ringraziarono per le pubblicazioni ricevute:
La R. Società zoologica di Amsterdam; la Società di scienze naturali
di Basilea; la Società filosofica di Cambridge; la Società degl'ingegneri civili
di Londra; l'Osservatorio Radcliffe di Oxford; l'Istituto meteorologico ru-
meno di Bucarest; il Comitato Geologico russo di Pietroburgo.
Annunciarono l'invio delle loro pubblicazioni:
La Società geografica e statistica di Mexico; la Società geologica e di
storia naturale di Ottawa; l'Università di Kiel; l'Istituto geodetico di
Berlino.
L. F.
(>) V. pag. 293.
— 341 —
KENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Glasse di scienze fisiche, matematiche e naturali.
Seduta del 2 dicembre 1888.
F. Brioschi Presidente
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Matematica. — Le equazioni differenziali pei periodi delle
funzioni iper ellittiche a due variabili. Nota del Socio F. Brioschi.
« 1." È noto dalla teoria delle funzioni ellittiche che indicando con od, rt
i due periodi ; g%, gz, d gli invarianti quadratico e cubico ed il discriminante
della forma del quarto ordine, posto :
si hanno fra //, g le relazioni :
,=_8f/5..r(J-ir|. 2, = 6>/3.J*(J-l)'§
dalle quali si deducono le due equazioni differenziali ipergeometriche per y,
e per «, esse pure conosciute (l).
(') Si può consultare l'ottimo, Traiti- des fonctions elliptiques et de lettrs applica-
tion*, par M.r Halphen. Première Partie, pag. 307 e seguenti.
Eendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 1 1
_ 342 —
« Scopo di questa comunicazione è il dimostrare che relazioni analoghe
alle superiori sussistono per i periodi delle funzioni iperellittiche p = 2.
« 2.° Premetteremo in questo paragrafo la enunciazione di alcuni teo-
remi relativi agli invarianti assoluti di una forma binaria del sesto ordine. Sia:
/' (xi , x-i) = A0 ccf + 6Ai oc? x, -j f- A7 «r26 = A0 T1r (#, — arcc2)
0
la forma del sesto ordine :
*=i(/y)4, *=*(**)■
i suoi due covarianti del quarto ordine :
l = (fk)i , m — (l/c ), . n = ( mk)t
i tre covarianti del secondo ordine ; ed A, B, C, G gli invarianti del secondo,
quarto, sesto, decimo grado, così definiti :
A = | (ff)6 = A„ A6 — 6A, A5 + 15A2 At — 10A38
B = | (kk)4 = k0 /•, — 4ft, k3 + 3àV , G = j (mm)2 = j (lm)t
(j = K0 IC<l iC\ — p 2/i'i ICo /i':j A\\ #3 /Ci' li\ AV
infine ó il discriminante, il quale, come è noto, si esprime in funzione di
A, B, C, G nel modo seguente :
ó = 35. 43 j 32A2 [51. C + 53. AB — 4A8] — 55 [8AB* + 48BC -f 3G] j (1).
« Introduco ora i seguenti sei simboli di operazione :
P3 = V- [A0 Or* + <3A, ^ + 1 5A2 Or"] '
o d«r
p4 = ff [A0flr*+6A , Or8 + 15A, «,•• + 20Aa Or] '
dar
d
p5 = V . [ ac v -f 6A, ar4 -f 15A2 av8 + 20A3 ov! + 15A4 a,]
0
dar
ed osservo in primo luogo che pel discriminante ó si hanno le relazioni
P0 (J) = 0 , P, (<T) = 30(7 , P2 (<?) = 120A! cf ,
P3 (<?) = 180A2f) ', P4 (<?) = 120A3<*, P5 (à) = 30A,rf .
« Indico con a, b, e \ tre invarianti assoluti :
A _ _B_ C
ÓT (^ óT
— 343 —
si hanno le :
Po (a) = P! (a) = P2 {a) = 0
ed analogamente per b, e ; equazioni caratteristiche pei covarianti assoluti;
inoltre si trovano le :
P3 (a) = 15 -\ , P4 (a) = 30 -k , P5 (a) = 15 ~^-
ó" ò> ót
Pt(*) = -^r[4U0 — 6«o]
5<?5
P4 (*) = — [4A/, — 5Wi]
5J5
P5 (b) = -^ [4A/2 — 5«?2]
5d5
P3 (c) = — 3- [5w0 + 2Aw0 — lOB/o]
10 J5
P4 (c) = -^ [5Wl _}_ 2Amj — 10BA]
10<?5
P5 (c) = — I [5«2 -f- 2km2 — 10B/2]
10cT5
nelle quali l0, lx, l%\ m0 , rrii , m2 ; >i0 , ^ , #2 sono i coefficienti dei covarianti
quadratici l, m, n.
« Dai precedenti risultati emerge tosto la opportunità di questi altri sim-
boli di operazione :
l (i/O = u p3 M - h P4 (ip) + u ps (V)
M (</>) = m2P3 (i/;) — miP4 (V) + WoPB (V)
N (V) = % P3 (</') — «1 P4 («/') + n0 P5 ( v)
in quanto che come è noto essi danno per L(«), L(b) ... delle funzioni intiere,
razionali, dei quattro invarianti sopra indicati divisi per le potenze frazio-
narie corrispondenti di ó. Ponendo altresì :
L(a) = aió5, Tj(b) = biófiì L(c) = d<?5
M.(a) = a2óT, M(£) = MS M(c) = c2óT
N(«) = «3^, N(a}=-MT, N{<?)==<?3(^
« Si avrà che le di,bi... saranno funzioni intiere razionali dei soli cova-
ci
rianti assoluti a , b , e ; giacché l' invariante assoluto ^ = — è esso pure fun-
zione razionale, intiera di quei primi per la relazione (1).
— 344 —
Posto
aA = ba2 -j- 2cax , as = ba3 -j- 2ca2
si hanno per le nove quantità ax , bx . . . i seguenti valori :
a1 = 20(tf£-|-18£) , «2 = 40 (2b2 -j- 3«c) , «,==30p
25
25
1
C! = — (5«3 + 2««2 — lOdrtx)
£2 = 77: (5«4 + 2«fl3 10^«2)
di)
c-i = — (5ff5 + 2fl«4 — h)ba3) .
50
« Posto
«1 //x £|
1
50
«1 «2 «3
J =
«2 #2 ff|
«8 &3 <?3
0S «3 di
03 «4 fl5
trovasi essere :
^ = — 5 . 3S
E.
nella quale R è il noto invariante del quindicesimo grado
'0 '1 £2
R= w0 mx m,
do nx >h
n 3.° Indico con ax , a2 , «:5 ; /?, , ^2 , & ; Pi , /.> • )'-.\ i determiiianti minori
di J ed introduco le seguenti denominazioni :
a6 — b(ti-\- 2ca3 , a-, = bab -j- 2ca4
lu = ££2 -j- 2cbx , //, = J&3 -j- 2cb2
c4 = bc-i -j- 2«'i , ^5 = bc-i -j- 2^2 •
« Alle note nove relazioni fra le ax , a2 . . . e le «x , «2 • • • aggiungo le
seguenti deducibili da esse ed alle quali dovremo richiamarci in seguito :
o
2 2
«!«3+«2«4+«3«5=— ^(4rt2— 25/;)^/ c<xa-o-{-a2a6-\-c(.ia1=—(25bì—4a'2b-{-20ac)J
«idi-{-c<2a-a-\-a3a6=-(2ab-\-òc)J
e quindi
«1 b, -j- «2 h + «3 #* = -77 (12«2 — 253) </
o
«1 £3 + «2 bi + «3 &5 = — — (16«3 — 50«£ + \2bc) J
o
«1 c2 -f erg c3 + "3 Ci = — — (8a3 — 125tf) ^
«1 c-i -}- «2 ?4 4~ a% cz
(8«2 3 — 2hb2 4- 30«c) ^
— 345 —
ed analogamente :
§ih+fch+§zbt=-^aJ /»i*a+A&4+ft**=À(8*H-25*)^
e ri"o i fi"* i r-J^a o
.)
Y\ a% + ^2 «3 + /3 «4 = 0 yx Og -f- /2 a4 4~ ys «5= 10*/
yi£2 +/2^3 + y3£4 = — 2^ y, b3 -\-y-ibi -f- y.3br,=laJ
y2 c-i -f- /2 ?3 -f- Xs ^ = I «^ yi c'3 + y* ^ + ya ^ =—b4
« Ed altresì per l'uso di cui dovrà farsene nei paragrafi seguenti ram-
mentiamo le relazioni seguenti :
(nk)t = Bm -f- 20/
(/'/), = | (A# + 12A) , (/*»), = $P -f 1 (BA + A/O
(/V3)2 = fc» + |BA- 4C/,'
(W),=|(3» — 2BQ, (Aot),=:|Bw + C/, (Àa), = | B» + Cot .
« 4.° Sia i/> una funzione dei coefficienti A0 , A: ... della forma f{xi , #2)>
o delle radici «0 , «i ••• ; se la funzione stessa soddisfa le tre equazioni :
P0(i//)_0, Px (V0 = 0, P8(tf/) = 0
essa è un invariante assoluto della forma /, ed in questo caso si avrà :
ed analoghe.
«5.° Indico con wlm, w2OT; >/lm, iy2m (m = l, 2, 3, 4) i periodi delle
funzioni iperellittiche a due variabili corrispondenti alla forma del sesto or-
dine f{x\ , Xz). Posto col prof. Klein :
prs = Mlr w.2s — wls w2r = — psr
si hanno, come è noto, fra -le sei quantità prs due relazioni, la prima
7^13+^24 = 0
che include una proprietà dei periodi ; la seconda :
Pvzlhi + Piilho -)rPnPa& = 0
che è una identità.
« Porremo analogamente:
Qrs == rjir */2s '/is tfir == (]sr
e si hanno fra le sei quantità qr3 le relazioni:
?13 = #24 = 0 , ^is #34 + 018 #42 = (Zl4 #23 = 0.
•:,,■
— 346 —
« Dai valori di wm, w2m si ricavano tosto le:
Po(»im) = 0 PoK™)=— «i,
Pi («im) = — 2«m P, (w«m) = "
p, (wlm) = A0 (o2m — 9A-i wim P2 (<»gm) = — 3A! w2m
ed analogamente per r)ìm, ',-'»* si hanno:
Po (';1«) = 'Ì2l« Po(^2r,l) = 0
Pi (l?lm) = 2>?im Pi (^2«i) = ',2m
P2 ('/im) = 9Aj J?lw P2 (t}2m) = — A0 l,m + 3Ai i,8m .
« Se quindi si indicano con y, s le espressioni :
si ottengono le :
Po (y) = Pi (y) = P2 (//) = 0 , Po (*) = Pi (*) = Ps («) = 0
le quali dimostrano essere y, z invarianti assoluti.
« Si introducano ora i seguenti tre ordini di espressioni :
tn == (,)i'- '/--'s — 0)is rj2r
= «ir 7u — »»ia »?ir + «w V-'»" — w8r •?!
si trovano essere :
P3 (y) =_ i- *" /,, . P, (,/) = 1 A,, , P, (,,) =— 1 Affc
dalie quali ponendo:
u= ò "' [w2/r,.-f- miiirs-{- m*vn I
p = d ' ° [Wg /« + ih Uri + «0 V«]
si deducono le tre rimarchevoli relazioni :
L(y)= — j<J5 f, M(y) = — \d*u> N(//) = — U5 w
ossia
« 6.° Le tre quantità £, k, # sono esse pure invarianti assoluti, della
forma f(xi, x2) ; esse soddisfano infatti alle relazioni:
p0(<)=p1(<)=pi(<) ; P0(w)=P1(«)=P2(w)=0 ; Ptì(y)=P1(e;)=P2(t;)=0
— 847 —
e danno per le nove funzioni :
ó~TL(t), <S~TL(u), S~L(v); eT*M (*).».
delle espressioni lineari di t, u, v, y, z di cui i coefficienti sono funzioni
degli invarianti assoluti «, b, e.
« Queste prime relazioni differenziali corrispondono a quelle della teoria
delle funzioni ellittiche rammentate nel primo paragrafo. La determinazione
delle medesime formerà argomento di una prossima comunicazione » .
Storia della Geografìa. — Nuovi documenti relativi alla sco-
perta dell' America. Nota del Socio G. Govi.
Questa Nota sarà pubblicata nel prossimo fascicolo.
Cristallografìa. — Sulle leggi di geminazione e 'j superficie
di scorrimento nella ematite delVElba. Nota del Socio G. Struever.
« Essendomi occupato già da molto tempo dello studio degli splendidi
cristalli di ematite dell'Elba, mi trovo in grado di rettificare alcune opinioni
enunciate dagli autori, me compreso, rispetto alla priorità della scoperta delle
leggi di geminazione conosciute in questa importante specie.
« Come i miei predecessori, così io stesso, nei miei studi cristallografici
sulla ematite di Traversella (Atti della E. Acc. d. Se. di Torino, voi. VII.
17 die. 1871; Torino 1872,8°) avevo creduto di dover attribuire al Naumann
(1828) la scoperta della legge di geminazione, per la quale è asse di rivo-
luzione la normale a (111) e al Breithanpt (1847) quella della legge per la
quale l'asse di geminazione è normale aduna faccia di |100|. Io avevo allora
seguito l'opinione dell'Hessenberg; ma ulteriori studi mi hanno fatto vedere
che le cose stanno ben altrimenti. Di fatti, noi troviamo già nel Mohs (Grund-
riss der Mineralogie 1824, voi. II, p. 472) indicati i gemelli a penetra-
zione secondo la prima legge. Di più, nella traduzione inglese di questo trattato
stampato nel 1825 da Haidinger (Treatise on Mineralogy. Tranciateci frora
the Germaii, ivith considerale additions, by W. Haidinger. Edinburg, 1825,
8°, voi. II, p. 406) si trova il seguente passo:
« Compound Varieties. Twin crystals: 1. Axis of revolution perpeudi-
« cular, face of composition parallel to R — oo ; the individuals are continued
« beyond the face of composition (Altenberg, Saxony). Sometimes two indivi-
« duals in the same position are joined in a face of R -j- oo . and terminate
« at this face (Stromboli). 2. Axis of revolution perpendicular, face of compo-
« sition parallel to a face of li, generally observable in the reversed situation
— 348 —
« of thin films engaged in the mass (Elba). Faces of composition in these
« directions must not be confounded with faces of cleavage ».
« Da queste citazioni segue all'evidenza che i gemelli ad asse [111] e
a penetrazione erano già noti al Mohs nel 1824, e che a Haidiuger proba-
bilmente si deve la scoperta dei gemelli ad asse [111] e a giustapposizione,
ovvero ad asse normale ad una faccia di )10lJ, come anche quella dei gemelli
ad asse normale ad una faccia di ;100J. e precisamente sotto forma di quelle
sottili lamelle intercalate che hanno assai più tardi richiamato l'attenzione di
Bauer, Sadebeck, Groth, Miigge etc. Tali lamelle poi certamente furono già
viste sin dal 1804 dal Mohs, benché egli non le riconoscesse come lamelle
gemine. A conferma di ciò basterà citare i seguenti passi dell'opera di lui
intitolata: Des Herrn J. F>'. von der Nuli Mineralien- Kabìnet. Wien, 1804,
8°, (3U Abtheilung., pag. 377-78).
« 3109. Blàttriger gemeiner Eisenglanz, von stahlgrauer, etwas ins eisen-
- schwarze sich neigender. und zugleich ein wenig ins rothe schimmernder
- Farbe; ein unbestimmt eckiges, der Tetraederform sich nàherndes Bruch-
- stiick, von vollkommen- und grossblàttrigem Brache, vierfachen, gleichwin-
- klig sich schueidenden Durchgangs, und gestreifter glànzender Bruchflàche.
« Mit etwas Quarz verwachsen.
« Aus Schweden.
« 3110. Blàttriger gemeiner Eisenglanz. von derselben Farbe, etwas an-
- gelaufen, derbe, von blàttrigem Bruche, vierfachen Durchganges u. s. w.;
- und alle Bruchrlàchen dreifach gestreift. Verwachsen mit gemeinem Quarz
- und Talk.
- Von Norberg in Westermannland.
« Es ist zugleich an diesem Stiick die Anlage zu tetraedrischeu Brueh-
« stiicken zu bemerken ».
« La scoperta dovuta all'Haidinger, della esistenza cioè di sottili lamelle
intercalate a ino' di geminati secondo le faccie di )100J nella ematite del-
l'Elba, ci conduce a dire due parole in genere sulla trasformazione che subi-
scono i simboli delle faccie per lo spostamento semplice lungo una superficie
di scorrimento.
« Il Liebisch, in un suo recente lavoro (Nachrichten der Konigl. Ges.
der Wiss. in Gottingen 1887, n. 15, p. 435; e Neues .Tahrbuch fiir Mine-
ralogie. Beilage, VI, fase. 1, 1888, p. 105) ha risoluto il problema in modo
generale, supponendo la superficie di scorrimento normale ad un piano di
simmetria, nella quale ipotesi il sistema monoclino rappresenterebbe il caso
generale. Ma, adoperando i simboli a quattro indici riferiti agli assi del Weiss
nel sistema romboedrico, pare gli sia sfuggita la semplicità che si ottiene
impiegando invece i classici simboli a tre indici del Miller. Di fatti è ovvio,
che usando questi ultimi simboli, nel caso della calcite sarebbe p. e. piano
di scorrimento (110), e (001) sarebbe l'altro piano in cui non vi ha distorsione;
— 349 —
e basterebbe, per trovare il nuovo simbolo di (hkl) dopo lo spostamento, di
cambiare il segno dell'ultimo indice, scrivendo (hkl). E lo stesso dicasi della
ematite e del corindone che si distinguono, sotto questo aspetto, dalla calcite
soltanto in ciò, che vi è invece piano di scorrimento (001), mentre (110)
rappresenta l'altra superficie in cui non vi ha distorsione.
« Ho creduto di dover comunicare questi risultati fin da ora, perchè mi
pare siano adatti ad invogliare maggior numero di giovani studiosi a queste
interessanti ricerche e a fare ritornare i cristallografi in genere alla notazione
romboedrica del Miller, abbandonata quasi da tutti, parrebbe per il solo mo-
tivo, di rendere più facile la notazione ad indici ai segnaci delle scuole del
Weiss, Naumann etc. ».
Astronomia. — Sulle osservazioni delle macchie, f acole e pro-
tuberanze solari fatte al R. Osservatorio del Collegio Romano nei
■3° trimestre del 1888. Nota del Corrispondente P. Tacchini.
« Ho l'onore di presentare all'Accademia il consueto sunto delle osser-
vazioni solari fatte nel 3° trimestre del 1888. Per le macchie e per le facole
il numero delle giornate di osservazione fu di 84, cioè 31 in luglio, 28 in
agosto, e 25 in settembre. Ecco il quadro dei risultati per mese e per tri-
mestre :
1883
Frequenza
delle
macchie
Frequenza
dei
fori
Frequenza
delle
M-t-F
Frequenza
dei giorni
serrza
M + F
Frequenza
dei giorni
con soli
F
Frequenza
dei
gruppi
Media
estensione
delle
macchie
Media
estensione
delle
facole
Luglio . . .
0,45
0,65
1,10
0,68
0,06
0,42
3,45
15,81
Agosto . . .
1,00
0,86
1,86
0,46
0,00
0,68
13,71
14,29
Settembre .
2.56
2,24
4,80
0,04
0,12
1,68
40,12
27,80
3° trimestre
1,26
1,19
2,45
0,42
0,06
0,86
17,7!»
18,87
« È ben notevole il minimo di frequenza e la piccola estensione delle
macchie solari nel mese di luglio, dopo una frequenza relativamente forte nel
precedente giugno. In agosto e settembre tanto le facole che le macchie an-
darono aumentando, così che le medie del trimestre poco ditferiscono da quelle
del trimestre precedente, e nel complesso i fenomeni furono più accentuati
nel 3° trimestre. La mancanza di macchie al finirò del giugno continuò anche
ai primi di luglio, così che ai periodi di minimum nelle macchie, indicati per
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 45
il precedente trimestre, ne seguirono altri 4 intorno al 29 giugno, 28 luglio,
20 agosto e 16 di settembre. Diamo ora i risultati per le protuberanze:
Protuberanze solari 3° trimestre 1888.
1888
Numero
dei giorni
.li
osservazione
Medio nu-
mero delle
protuberanze
per giorno
Media
altezza
per giorno
n<ione
media
M.iwima
altezza
osservata
Luglio . . .
20
7,55
Ili".".
1°,6
90"
Agosto . . .
28
7,97
47,3
1,6
120
Settembre .
21
6,90
43,2
1,3
88
3° trimestre
69
7,52
15, -
1,5
120
« Rispetto al trimestre precedente il fenomeno delle protuberanze solari
fu più scarso, e non presentò variazioni, perchè solo nell'ultimo mese si ap-
palesa una leggera diminuzione in tutte le medie, mentre invece in settembre
il fenomeno delle macchie solavi crebbe sensibilmente e così dicasi delle fa-
cole. In tutto il trimestre una sola eruzione solare venne osservata e assai
debole ».
Fisica. — Nuove figure elettriche. Nota del Corrispondente A.
Righi.
« Ho avuto ripetutamente occasione, in pubblicazioni anteriori, di emet-
tere l'opinione che le scariche elettriche ( si tratti di quelle in forma di
scintilla, o di quelle che hanno origine sulle punte acute, o infine di quelle
invisibili che sono provocate dai raggi ultravioletti pllorchè cadono su corpi
elettrizzati negativamente ) sieno un fenomeno di convezione, e cioè un
trasporto di elettricità che ha luogo per opera di particelle materiali che si
muovono sotto il dominio delle forze elettriche. Anzi, nei casi almeno delle
scariche silenziose, sarebbero le particelle del gas ambiente che principal-
mente avrebbero parte nel fenomeno. Siccome poi i corpi sono sempre rive-
stiti di atmosfere gassose, cioè di un velo di gas aderente, così quando scariche
elettriche hanno luogo da uu elettrodo qualunque è da aspettarsi che la sua
atmosfera gassosa sia in qualche modo alterata, e forse anche distrutta.
- Ora, fu dimostrato dal Waidele (') che a norma della diversa abbon-
danza del gas aderente ad un corpo, questo condensa in modo diverso i va-
pori (d'acqua o di mercurio), d'onde la spiegazione delle così dette immagini
di Moser. Ho avuto appunto ora occasione di constatare la esattezza delle
(!) Pogg. Ann. t. LIX.
— 351 —
esperienze e delle deduzioni del Waidele, per cui. panni evidente che le im-
magini, simili a quelle di Moser, che Karsten, Riess ed altri ottennero pel-
mezzo di scariche elettriche alla superfìcie di lamine di vetro o di mica,
sieno dovute esse pure a modificazioni nelle atmosfere gassose di questi corpi,
provocate però in tal caso dalle scariche elettriche.
« Le esperienze che qui descrivo porgono altri esempi delle modifi-
cazioni prodotte dalle scariche nelle atmosfere gassose dei corpi. Avverto
prima per chiarezza, che quando ad una lastra d'argento si toglie (per esempio
col contatto di carbone liberato in precedenza colla calcinazione del gas che
aveva assorbito) la sua atmosfera gassosa, e poi si alita contro la lastra, il
vapore acqueo si condensa in minor abbondanza sulla parte cui fu sottratto
in tutto o in parte il gas aderente, per cui questa parte rimane più brillante
e speculare che non il resto della lastra, od almeno se diviene un po' opaca,
assume una tinta azzurra, diversa dalla tinta grigia che offre la parte fornita'
di atmosfera. Inoltre, seguitando ad alitare contro la lastra, il vapore finisce
col condensarsi in goccie poco numerose ma assai larghe e distese nella
parte privata di gas, mentre nel resto seguita ad offrire il solito aspetto
opaco e grigio. I vapori di mercurio danno un effetto analogo, ma durevole.
D'ora in poi dicendo che una data parte di una lastra è brillante, intenderò
di esprimere che quella parte fu liberata in tutto o in parte della sua atmo-
sfera gassosa.
« Nelle mie attuali esperienze ho adoperato di preferenza delle lastre
di rame argentato destinate al dagherrotipo, pulite con rosso inglese ed alcool,
ed una grande macchina di Holtz a quattro dischi, capace di dare scintille
di 30 centimetri di lunghezza, ed alla quale sono stati tolti i condensatori.
Però in molti casi può bastare una piccolissima macchina di Voss, ed in
quanto alle lastre, esse possono essere di altri metalli, purché levigatissime,
per esempio: oro, platino, zinco, nichel, alluminio, ed anche mercurio.
« a) La lastra argentata L è posta orizzontalmente sopra un isolatore
e al di sopra di essa è disposta un'asta AB che termina in basso con una
punta d'ago. Gli eccitatori M, N della macchina elettrica sono messi in
comunicazione l'uno con L e l'altro con
A B. Fra M ed A può lasciarsi un pic-
colo intervallo d'aria ed anzi è bene vi
sia. Facendo agire la macchina per un
tempo sufficiente, per esempio da 20 a
60 secondi o più, a norma della distanza
fra L e B, poi alitando contro la lastra,
si vede apparire un disco brillante nella parte che si trovò di fronte alla
punta, dato che questa abbia ricevuto dalla macchina l'elettricità negativa.
Il disco è più o meno largo secondo la distanza fra B ed L; di più questa
distanza deve essere non tanto piccola onde evitare che delle minutissime
— 352 —
scintille arrivino alla lastra e vi lascino delle impronte in forma di punti
neri. Il fenomeno poi non ha luogo se la lastra riceve la carica positiva.
« Dunque, nella scarica fra una punta positiva ed una superficie
piana negativa, quest'ultima perde la sua atmosfera gassosa. Questo fatto
è da mettersi a confronto con le altre note proprietà dell'elettrodo negativo.
« Le scintille lasciano invece sulla lastra un piccolo disco brillante,
qualunque sia la direzione della scarica.
« Sul disco brillante ottenuto colla punta si formano, meglio che al-
trove, le immagini di Moser, collocando per qualche mezz' ora sulla lastra
un timbro metallico o una medaglia, che sieno provvisti di atmosfera. Sembra
auzi che il far servire la lastra da elettrodo negativo di fronte ad una punta
sia il miglior mezzo possibile per liberarla presto della sua atmosfera gas-
sosa. Inversamente, se sopra una lastra d'argento (pulita con tripoli o rosso
inglese, o meglio tenuta in contatto con carbone in polvere per ben provve-
derla di gas aderente) si pone un timbro metallico il quale abbia servito da
elettrodo negativo di fronti' alla punta, si ottiene in minor tempo che d'or-
dinario l'immagine del timbro, che come di solito apparisce coll'alito.
« Che poi la parte della lastra che ha servito da elettrodo negativo
abbia veramente perduto il gas aderente, oltre che dalla produzione delle
immagini di Moser, risulta da queste esperienze. Bagnando con acqua la
lastra, e poi agitandola in modo da sgocciolarla fortemente, vedesi rimanere
un velo d'acqua aderente m'Ha regione che tu liberata dalla sua atmosfera,
mentre in tutto il resto della lastra rimangono solo poche goccie d'acqua
poco aderenti. Messa la lastra nell' acqua bollita, e posto il recipiente che
la contiene sotto la campana della macchina pneumatica, veggonsi formarsi
bollicine d'aria in vari punti della lastra, ma non in corrispondenza alla
parte privata di atmosfera : e similmente accade ponendo semplicemente la
lastra in acqua che viene gradatamente riscaldata. A questa esperienza può
darsi un'altra forma. Si fauno due cavità nella lastra argentata, e dopo aver
fatto servire la superficie di una di esse da elettrodo negativo di fronte ad
una punta, si pone in entrambe un poco d'acqua che sia stata bollita da poco.
Scaldando la lastra gradatamente, l'acqua della seconda cavità entra in ebol-
lizione, mentre l'acqua contenuta nella prima, cioè in quella che fu privata
del gas aderente, si evapora senza bollire. Infine, mentre non si forma più
il disco brillante su una lastra di platino che sia stata arroventata, esso
formasi di nuovo dopo avere lasciato qualche tempo la lastra nella polvere
di carbone.
« b) Sulla lastra argentata L è posta una carta od un cartoncino sot-
tile, poi un timbro metallico, che porta delle lettere in rilievo. Oppure, sono
messe sulla lastra delle striscio di carta che sostengono il timbro per alcuni
punti del suo contorno a piccola distanza dalla lastra. Fatta agire la mac-
china avviene la scarica continua fra la punta e la parte superiore del
— 353 —
timbro, che è rotonda, ma in pari tempo si formano piccole scariche fra il
timbro e la lastra, principalmente di fronte alle sporgenze delle lettere. Per
cui l'alito fa apparire sulla lastra un' immagine brillante del timbro. Si ottiene
lo stesso risultato se la punta è applicata al timbro, e di fronte ad essa è
collocato l'eccitatore.
« In questo caso, in cui la scarica si effettua fra due metalli vicinis-
simi, separati dall'aria o dalla carta, l'effetto ha luogo qualunque sia il segno
dell'elettricità che riceve la lastra d'argento. Si nota invece un'influenza del
segno della punta, giacché sia questa sul timbro o di fronte ad esso, l'im-
magine riesce più perfetta quando la punta è positiva, forse perchè la sca-
rica possiede in tal caso una maggior regolarità.
« e) Avendo posto sulla lastra argentata, colla disposizione della prima
esperienza, una carta stampata, ed avendo fatto agire la macchina, riconobbi
che i caratteri erano riprodotti sulla lastra ed apparivano in brillante su
fondo opaco sotto l'azione dell' ali tazione. Esaminato bene il fatto, mi con-
vinsi die esso proveniva principalmente dalla sporgenza leggierissima che resta
spesso sul rovescio della carta in corrispondenza alle lettere. Infatti, ho com-
presso, per mezzo d'un torchio da copialettere, una carta, posta sopra parecchi
doppi di altra carta. La carta superiore ha così ricevuto dal timbro una im-
pronta delle lettere, le quali sono rimaste sporgenti da una faccia, e incavate
nell'altra. Posta questa carta .sulla lastra argentata, ho ottenuta su questa nel
solito modo una immagine in questo caso assai perfetta, dei caratteri, imma-
gine che è formata da lettere brillanti su campo opaco, se la carta viene posta
sulla lastra dalla parte delle sporgenze, e invece un'immagine formata da let-
tere opache su fondo brillante, se la carta viene adagiata sulla faccia opposta.
- Le immagini ottenute colla carta che ha leggiere sporgenze o leg-
gieri incavi, sono le più belle e le più perfette. Esse si formano meglio
quando la punta ha l'elettricità positiva, come nel caso della esperienza b ,
e possono rendersi permanenti adoperando il vapore di mercurio, come nel
processo del dagherrotipo, invece del vapore acqueo. Infine, non sono lontano
dal credere che possano ricevere qualche applicazione, giacché il fatto da me
trovato della perfetta adesione dell'acqua alle parti d'una lastra che la sca-
rica ha privato della loro atmosfera gassosa, fa pensare ai processi della
litografia ».
Fìsica. — Sulle coppie a selenio. Nota del Corrispondente A. Righi.
« In una mia Memoria sulle forze elettromotrici del selenio (•) dimo-
strai, che una coppia formata con due metalli e con selenio frapposto dà
una forza elettromotrice, anche se è tenuta all'oscuro, mentre il sig. Kali-
(•j V. Studi offerti dalla Università padovana alla bofcgnese nelTVIII centenario ecc.
— 354 —
schei* (!) aveva ottenuto da una simile coppia una corrente, solo mentre il
selenio era illuminato. Ora, il detto autore ha fatto recentemente osservare (2)
che per essere sicuri che la luce non entri per nulla nella produzione di
quella forza elettromotrice, sarebbe necessario che le coppie a selenio fossero
costruite nell'oscurità, e sperimentate prima di essere esposte comunque alla
luce. Le forze elettromotrici da me riscontrate nelle coppie all'oscuro, sareb-
bero dunque un effetto persistente di una precedente illuminazione.
« Benché non manchino seri motivi da addurre per mostrare quanto poco
soddisfacente sia questa interpretazione dei miei risultati, mi limiterò a ri-
ferire, che ho ripetute testé le mie esperienze, costruendo le coppie e met-
tendola a prova senza che ricevessero la minima luce, e che anche in tal
modo esse hanno mostrata la solita forza elettromotrice. Ecco come ho pro-
ceduto. Un disco d'ottone viene coperto in una delle sue faccie con selenio
fuso, in modo da formarvi uno strato sottile, poi è portato nella stufa ad
aria ove il selenio amorfo deve trasformarsi in selenio cristallino. La stufa
è metallica e chiusa, ed inoltre si trova in una camera assolutamente buia.
Trascorso il tempo necessario per la trasformazione del selenio, il disco è
lasciato raffreddare entro la stufa, poi ne viene tolto onde adoperarlo a co-
struire la coppia, la quale si fa mettendo il disco sopra una rete di zinco
o sopra una lastra dello stesso metallo. Stando sempre all'oscuro e guidan-
dosi col tatto, si stabiliscono infine le comunicazioni cogli strumenti, posti
in una camera attigua, per mezzo di fili isolati che passano attraverso la
parete. Si constata così l'esistenza di una forza elettromotrice che fa deviare
l'ago dell'elettrometro, e spesso anche lo specchietto d'un galvanometro asta-
tico di Thomson, se lo strato di selenio non offre troppa resistenza.
« Dopo ciò ho illuminato il selenio attraverso la rete di zinco, ed ho
notato un aumento di forza elettromotrice; ma togliendo la luce, essa ha ri-
preso sensibilmente il valore primitivo. Ho pure nuovamente constatato l'ef-
fetto della compressione, che trovai già essere sempre inverso di quello della
illuminazione, giacche caricando di pesi il disco, ho visto diminuire la forza
elettromotrice. Insomma, tutti i risultati che avevo avuti con coppie prepa-
rate alla luce diffusa, li ho ottenuti ora con coppie preparate nell'assenza
completa d'ogni luce.
« Analoghi risultati ho ottenuti fondendo il selenio fra due lastre di
vetro e facendolo cristallizzare nella oscurità, in modo da avere delle lami-
nette sottilissime di selenio cristallino. Una di questa laminette posta fra
due lastre di metalli diversi, o fra una lastra ed una rete metallica, forma
una coppia, che ha una forza elettromotrice distinta, anche prima di ricevere
qualsiasi luce. In questo caso è tolto il dubbio che l'effetto osservato sia
dovuto alla formazione di qualche seleniuro ».
(0 Wied. Ann. 1887, n. 5, p. 101.
(*) Wied. Ann. 1888. n. 10, p. 397.
— 355 —
Matematica. — Sulle funzioni analitiche polidrome. Nota del
Corrispondente Vito Volterra.
« 1. Alle parole funzione analitica, comportarsi regolarmente di una
funzione nell'intorno di un punto, elemento di una funzione, valore di una
funzione, in un punto, singolarità, darò il significato che, seguendo Weierstrass,
viene ormai dato a quelle denominazioni in tutti i corsi di analisi (1).
« Ammetterò pure come noto che una funzione analitica è completamente
definita quando se ne conosce un elemento p(x\ a) e che ogni altro ele-
mento si otterrà da quello dato mediante l'operazione del prolungamento della
funzione, la quale consiste nel prendere entro il cerchio di convergenza del-
l'elemento iniziale un punto ai e formare l'elemento p{x\ a ,#i), quindi pren-
dendo il punto a2 entro il cerchio di convergenza del secondo elemento for-
mare un terzo elemento p (x \a , aA , a2) e così di seguito ; per modo che riterrò
per definizione che due elementi P , Q appartengono ad una stessa funzione
analitica, quando è possibile considerarli come facenti parte di una serie
finita di elementi
j>i(#|«i)— P, p2{x\ «2), , pn(x\an) = Q
tali che il centro a,t di ciascuno di essi giaccia entro il cerchio di conver-
genza del precedente, e ciascun elemento sia un prolungamento del precedente.
« 2. Mi permetto di dare ancora alcune altre definizioni che serviranno
per enunciare con semplicità i teoremi stabiliti in questa Nota.
« Abbiasi una funzione analitica f(z) , ottenuta prolungando col metodo
di Weierstrass un elemento dato senza mai escire da un cerchio a. Entro
questo cerchio possano esistere un numero finito o anche infinito di singola-
rità essenziali o non essenziali. Faremo solo due ipotesi ; la prima che chia-
meremo la ipotesi (A) , ossia la ipotesi di monodromia entro a , è la seguente :
che ad uno slesso punto non possa corrispondere piti che un solo elemento.
La seconda ipotesi, che chiameremo la ipotesi (B), ossia la ipotesi dell'flò'-
senza di spazi lacunari entro <r, è la seguente: che preso entro a un nuovo
campo qualunque a' , entro di esso possa sempre trovarsi un elemento della
funzione.
« Ingrandiamo ora il cerchio e, senza mutarne il centro, finché è pos-
sibile in modo che entro esso f(z) goda sempre delle proprietà (A) e (B).
Chiameremo la funzione così ottenuta entro il cerchio massimo una porzione
monodroma della funzione f(z) e il cerchio stesso il dominio di monodromia
del suo centro M relativamente a quella porzione monodroma della funzione.
(*) Faccio notare che nel corollario al teorema III (vedi § 8) io considero solo i
valori delle funzioni analitiche nei punti nei cui intorni esse si comportano regolarmente.
— 356 —
Il punto M potrà essere un punto singolare o meno. È evidente che, presa
una funzione analitica qualunque e prolungandola finché è possibile nel piano
complesso, potrà avvenire che uno stesso punto appartenga a più porzioni mo-
nodrome distinte della funzione. Ad uno stesso punto potranno quindi corri-
spondere più dominii di monodromi a a seconda delle porzioni monodrome della
funzione a cui si riferiscono. Considereremo come distinti due dominii di mo-
nodromia, anche se consistenti in due cerchi coincidenti, quando essi corri-
spondano a due porzioni monodrome diverse della funzione.
- 3. Partendo da un elemento, supponiamo di estendere finché è possibile
una funzione analitica senza mai eseire da un cerchio a. Ammettiamo che,
escluso il solo centro M di e, al quale non corrisponde alcun dominio di
monodromia , ad ogni altro punto corrisponda uno o più dominii di mono-
dromia (') i quali, o taglino il contorno del campo e . 0 passino pel punto M.
Diremo in questo caso che è verificata la propri ita (0). Ingrandiamo ora, finché
è possibile, il cerchio, mantenendone il centro in M, in modo che entro esso
la proprietà (C) sia semp.-e verificata. Chiameremo il cerchio massimo costruito
il dominio di diramazione del punto M e la funzione ottenuta entro di esso
una porzione di diramazione della funzione.
« Giova anche in questo caso fare una osservazione, analoga a quella
fatta precedentemente, cioè che riterremo come distìnti due dominii di dira-
mazione, anche se costituiti da due cerchi coincidenti, se essi corrispondono
a due diverse porzioni di diramazione della funzione.
« 4. Abbiansi due dominii u e «x (ciascuno dei quali sia indiffereute-
mente o di monodromia o di diramazione) che posseggano una parte di piano
a comune, ed in questa la porzione della funzione corrispondente ad a abbia
un elemento a comune colla porzione della funzione corrispondente a (3; di-
remo in questo caso che fi è un prolungamento di «.
« Un insieme di dominii tali che. mediante un numero finito di prolun-
gamenti, si possa passare da uno ad un altro qualunque di essi, si dirà che
formano un insieme connesso.
« 5. Un punto in quanto è centro di un certo dominio (di monodromia
o di diramazione) lo chiameremo un punto analitico, e considereremo come
distinti due punti analitici, anche se coincidenti, purché siano centri di due
dominii distinti. In uno stesso punto dovranno dunque coincidere tanti punti
analitici distinti, quanti saranno i dominii di monodromia e di diramazione
corrispondenti a quel punto. In un punto analitico, centro di un dominio di
monodromia, diremo che la funzione si comporta in modo monodromo,, mentre
chiameremo punto regolare di diramazione un punto analitico centro di un
dominio di diramazione.
(') Vedremo che resulta necessario che ad ogni altro punto corrispondano più dominii
di monodromia.
— 857 —
« Se un punto analitico M centro del dominio a, giace nell'interno o
al contorno di un dominio /?, che è un prolungamento di a, diremo che il
piato analitico M è contenuto nell'interno o al contorno del dominio /?.
« Ad ogni elemento di una funzione analitica corrisponde un certo cerchio
di convergenza ; se riterremo come distinti due cerchi di convergenza, corri-
spondenti a due elementi diversi, potremo estendere ai cerchi di convergenza
le definizioni introdotte relativamente ai domini! di monodromia, e quindi
senz'altro intenderemo il significato da attribuire alle parole dice cerchi di
convergenza uno prolungamento dell'altro; sistema connesso di cerchi di
convergenza ; punto analitico contenuto in un cerchio di convergenza.
« 7. Sia a un cerchio di raggio r, tanto piccolo quanto si vuole e
di centro M, situato entro il dominio di diramazione del punto regolare di
diramazione M. Supponiamo che, partendo da un elemento della porzione di
diramazione della funzione relativa ad un punto situato entro a , si eseguisca
la estensione della funzione senza escire dall'interno del cerchio e.
« È facile dimostrare:
1°) che ad ogni punto del cerchio a devono corrispon-
dere più dominii di monodromia.
2°) che se ad un punto del cerchio <r corrisponde un nu-
mero finito m di dominii di monodromia, ad ogni altro punto
del cerchio stesso deve corrispondere un egual numero di
dominii di monodromia, e se ad un punto del cerchio <r cor-
risponde un numero infinito di dominii di monodromia, pure
lostesso deve avvenire per tutti gli altri puntidel cerchio e
3°) che il numero m (anche per m = oo)per uno stesso
punto regolare di diramazione è indipendente dal cerchio a.
« 8. Ciò premesso, ecco quali sono i teoremi che mi propongo di di-
mostrare.
Teorema I. Presa una funzione analitica qualunque, prolun-
gata col metodo di Weierstrass finché è possibile, si po-
trà sempre scegliere un insieme enumerabile di dominii
di monodromia fra loro connessi, tali che ogni punto ana-
litico ove la funzione si comporta in modo monodromo
sia contenuto nell'interno di uno di essi, ed ogni punto
regolare di diramazione sia contenuto al contorno di al-
cuni di essi.
Teorema IL Si può sempre scegliere un insieme enumerabile
di cerchi di convergenza fra loro connessi, tali che ogni
punto analitico, ove la funzione si comporta regolar-
mente, sia contenuto nell'interno di uno almeno di essi.
Eendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 46
— 3Ó3 —
Teorema III. Ad ogni punto del piano complesso corrisponde o
nessuno, o un insieme e numerabile di punti analitici in
esso coincidenti.
« Corollario ('). Ad uno stesso punto del piano complesso corrisponde
o nessuno, oppure un insieme enumerabile di valori della funzione.
Teorema IV. In ogni parte del piano complesso, entro la quale
è possibile estendere la funzione, esistono dei punti tali
che in tutti i punti analitici ad essi corrispondenti, la
funzione si comporta regolarmente.
Teorema V. I punti regolari di diramazione formano un in-
sieme enumerabile.
« 9. Onde dimostrare i teoremi precedenti cominciamo dallo stabilire
un lemma. Partiamo da una porzione monodroma di una funzione analitica
f(s) relativa al dominio di monodromia a di un punto A. Prendiamo i do-
mimi di monodromia di tutti i punti razionali (-') interni ad «, che si otten-
gono prolungando il dominio a. Avremo così un insieme di cerchi che chia-
meremo i cerchi ax. Presi i punti razionali interni ai cerchi «i costruiamo i
loro domimi di monodromia che si ottengono prolungando i dominii «x. Avremo
un insieme di nuovi dominii a8. Operando su questi, come sui dominii «1
otterremo dei nuovi dominii «3, e così di seguito indefinitamente.
« Il lemma da dimostrare è il seguente:
« L'insieme di tutti i dominii di monodromia- a , «, , «2 — an , —
è un insieme enumera hi 'le.
" Infatti, come è ben noto, i punti razionali interni ad « formeranno
un insieme enumerabile, quindi potremo enumerare tutti i dominii «i dispo-
nendoli in una serie come la seguente : <V , aa8 af
« Ora i punti razionali contenuti entro «xn formano un insieme nume-
rabile, e per conseguenza potremo prendere tutti questi punti disponendoli
nell'ordine seguente:
P)i,l p n,2 p n.m
1 -M ì rl i
« Consideriamo tutti i possibili punti P!"'m. Ad uno stesso valore della
somma m -f- n corrisponde un numero finito di punti Pi"'™ , quindi potremo
ordinare i punti stessi per ordine di grandezza della somma m -f- n. I punti
Pi"-"1 e per conseguenza i dominii ((., formeranno un insieme enumerabile.
Nello stesso modo si ha che i dominii «3 formeranno un insieme enumerabile,
(!) Questa proprietà è dovuta al prof. Cantor, che la comunicò senza dimostrazione
al dott. Vivanti.
(2) Chiameremo punto razionate un punto z=OB-\-iy del piano complesso, quando x
ed y saranno dei numeri razionali.
— 359 —
e così di seguito. In generale tutti i dominii an si potranno disporre in una
serie anl , «n2 , anm ,
« Prendiamo ora tutti i dominii anm e ordiniamoli per ordine di gran-
dezza della somma m-\-n\ in tal modo potremo enumerare tutti i dominii
costruiti ; solamente avremo che uno stesso dominio potrà essere contato più
volte, perchè è evidente che un dominio che appartiene agli ccn ,è ripetuto
anche nei dominii a„> , se ri > n. Ma si vede immediatamente che, se per-
correndo l'intera serie di dominii, così enumerati, si toglieranno man mano
quelli che si saranno precedentemente incontrati, si otterranno enumerati tutti
i dominii e ciascuno di essi verrà contato una volta sola.
« Il lemma resta così dimostrato. Poiché l'insieme dei dominii a , al ,
«2 — è numerabile potremo ordinarli (prendendo ciascun dominio una volta
sola) in una serie che indicheremo con
(I) =«,«', «",«'",..•• «*>,
« 10 Se invece di partire da un dominio di monodromia et partiremo da
un cerchio di convergenza /? , è evidente che potremo ripetere le stesse ope-
razioni fatte precedentemente sopra dei cerchi di convergenza, invece che
sopra dei dominii di monodromia.
« Otterremo in tal modo la serie di cerchi di convergenza /? , §x , §t
che (senza mai essere ripetuti) potranno disporsi in una serie enumerabile.
(II) = /?,/?',r,-.-. {&>,
«11. Dimostrazione del Teorema I. La dimostrazione di questo teorema
consisterà nel provare che, preso un punto analitico qualunque della funzione,
ove essa si comporta in modo monodromo, esisterà almeno un dominio appar-
tenente alla serie (I) che lo conterrà internamente, e che, preso un punto
regolare di diramazione esisterà un dominio della serie (I) che lo conterrà
al contorno.
« Infatti abbiasi il punto analitico M a cui corrisponda un dominio a
(di monodromia o di diramazione) di raggio r. Prendiamo un punto analitico
in esso contenuto, distante da M meno di \r , ove la funzione si comporti
regolarmente. Esso sia centro di un corrispondente cerchio di convergenza Q.
« Si prenda inoltre un punto analitico contenuto in a centro di un corri-
spondente cerchio di convergenza P. Per quanto fu detto precedentemente (Art. 1)
dovrà trovarsi un sistema finito di cerchi di convergenza m1 , m2 , vsn ,
tali che srx = P , mn = Q e ciascuno abbia il centro nel precedente e ne sia
un prolungamento. Sia qì il raggio di mit , N,- il punto analitico contenuto nel
suo centro, 2s una quantità inferiore alla minima delle differenze qì — N,-N"»+i.
« Supponiamo che i punti analitici Ni , N> . . . N;, siano contenuti entro «.
Si prenda nello spazio comune ai due cerchi « e ar(i un punto razionale Mj
distante da Ni, meno di e. Se costruiamo il dominio di monodromia di M!
prolungando il dominio « otterremo uno dui dominii a, che denoteremo con
— 360 —
ve* , che dovrà contenere internamente il punto analitico N,-1+1. Siano ora Nil+1 ,
Nt-1+2 1 Ni, contenuti entro ctx*.
u Prendiamo nella porzione di piano comune a ro(-, e ad ax* un punto
razionale M2 distante da N,-, meno di f e costruiamo il dominio di mono-
dromia di M2 prolungando il dominio ax*. Otterremo in tal modo uno dei
cerchi «2 che denoteremo con at* e che conterrà nell'interno il punto ana-
litico Nja+i.
« Supponiamo di operare sopra «2* come fu fatto precedentemente su «/
e così proseguire di seguito. Dopo un numero finito di tali operazioni giun-
geremo evidentemente a trovare un dominio di monodromia ce* , il quale do-
vrà contenere il punto analitico N„. Nella parte comune ad «*_, ed a m„ = Q
prendiamo un punto razionale M;1-, distante da N„ meno di — e formiamone
il dominio di monodromia prolungando il dominio a*v
« Otterremo un dominio «/ appartenente ai dominii «p e quindi alla
serie (I) , il quale, se in M la funzione si comporterà in modo monodromo,
conterrà internamente il punto ]\1 , mentre se M sarà un punto regolare di
diramazione conterrà il punto stesso al contorno.
« 12. Dimostrazione del teorema II. Questa dimostra/ione si otterrà
ripetendo per i cerchi di convergenza, quello che si è detto nella dimostra-
zione precedente per i dominii di monodromia e considerando invece dei do-
minii a , orj — et i dominii /£ , §x , /f2 , §n , e la corrispondente
serie II.
« 13. Dimostrazione del teorema III. Ciascuno dei punii analitici, coin-
cidenti in un punto M del piano complesso, deve essere contenuto in un di-
verso dominio della serie (I), quindi i punti analitici coincidenti in M do-
vranno formare un insieme enumerabile.
« 14. Dimostrazione del Corollario. Ad ogni valore della funzione in
un punto deve corrispondere un punto analitico ove la funzione si comporta
regolarmente. Poiché i punti analitici coincidenti in un punto formano un in-
sieme enumerabile, così anche i valori della funzione in un punto dovranno
formare un insieme enumerabile.
« 15. Dimostrazione del teorema lì'. Denotiamo con fp la porzione mo-
nodroma della funzione analitica che si considera corrispondente al dominio
a,, della serie (I).
« Sia 6 una parte del piano complesso entro la quale è possibile esten-
dere la funzione analitica, e sia atì il p:imo dominio che si incontra per-
correndo* la serie (I) entro cui giacciano dei punti interni al campo ti. Pren-
diamo (il che sarà sempre possibile) un cerchio ti' situato tutto internamente
— 361 —
alla parte comune ad or< ed a ti , tale che in tutti i punti di esso fi si com-
porti regolarmente. Sia av , il primo dominio della serie (I) che si incontra
dopo ai che abbia una parte a comune con 6' e dentro di essa prendiamo
un cerchio 0" nel cui interno fa , si comporti regolarmente, e cobi si proceda
finché è possibile.
« In tal modo avremo che si prenderà dalla serie (I) una serie di dominii
(V) = ai , atr , a/f/) ....
e che corrispondentemente otterremo una serie di cerchi H' , b" , tì"' .... si-
tuati tutti internamente uno all'altro. Dovrà dunque esistere almeno un punto
M interno a tutti i cerchi 0& e quindi interno al campo 0. Dico che in tutti
i punti analitici corrispondenti ad M, la funzione si comporterà regolarmente.
Infatti :
1°) nessun punto analitico corripondente a M potrà essere un punto
regolare di diramazione, perchè M non giace al contorno di nessuno dei do-
minii della serie (I).
2°) preso un punto analitico corrispondente ad M in esso la funzione
si comporterà in modo monodromo, quindi dovrà essere contenuto (pel teo-
rema I) entro uno dei dominii della serie (I). Se questo è ap, esso dovrà'
appartenere alla serie (I'), quindi fa si dovrà comportare regolarmente in M
ciò che dimostra il teorema.
« 16. Dimostrazione del teorema V. Dal teorema I resulta che, preso
un punto qualunque regolare di diramazione deve esistere un dominio up della
serie (I) che lo contiene al contorno. Ora preso un dominio ap consideriamo
tutti i punti regolari di diramazione W& che esso contiene al contorno. Essi
dovranno formare un insieme isolato. Infatti il dominio di diramazione di uno
qualunque di essi, separerà sulla circonferenza del cerchio ap un arco entro
il quale non potranno esistere altri punti del gruppo M(*J). Ne segue che i
punti M*} formeranno un insieme enumerabile e perciò potremo prenderli tutti
ordinandoli in una serie
M,^' ,M2(p> .... Mqw ....
« Prendiamo ora tutti i punti MqW ed ordiniamoli secondo l'ordine di
grandezza della somma p -j- q ; avremo così enumerato tutti i punti regolari
di diramazione ».
— 362 —
Chimica. — Sulle proprietà fìsiche del benzolo e del tiofene.
Nota del Corrispondente Giacomo Ciamici.vn.
« In una Memoria di recente pubblicazione (1), io ho tentato di met-
tere in rilievo l'analogia che i composti appartenenti al gruppo, da me chia-
mato tetrolico hanno con quelli del gruppo aromatico. Le sostanze del gruppo
tetrolico, cioè: il furfurano, il pirrolo ed il tiofene, hanno un comportamento
chimico, che in molte reazioni si avvicina a quello del benzolo o di alcuni
suoi derivati. Io dissi allora, che la ragione di queste analogie era da cer-
carsi nei caratteri del residuo tetrolico « d H4 » , comune a queste tre sostanze,
il quale mantiene nelle sue combinazioni coll'ossigeno, coli' immino e con lo
zolfo una parte delle proprietà che esso ha nei composti aromatici, quando
unito a due metini forma l'anello benzenico.
« I caratteri aromatici del residuo « C4 H4 » marcatissimi nel tiofene,
lo sono molto meno nel pirrolo e nel furfurano, per cui si può dire che lo
zolfo influisce meno dell'ossigeno e dell'immino sulle proprietà chimiche del
residuo aromatico a cui è unito.
« È assai rimarchevole ed interessante il fatto, scoperto recentemente
•dal Hantzsch, che anche nella piridina lo zolfo può rimpiazzare due metini
senza troppo alterare la proprietà dell'anello piridico, per cui il tiazolo
(C3H3SN) ha con la piridina la stessa analogia che il tiofene ha col benzolo.
« Riflettendo su queste meravigliose somiglianze, sono stato indotto a
comparare le costanti tisiche del benzolo con quelle del tiofene, con la spe-
ranza di trovare nelle proprietà fisiche di questi due corpi qualche relazione
che potesse servire di appoggio alle vedute suaccennate.
« Se le considerazioni ch'io esporrò nella presente Nota non sono del
tutto prive di valore, si può dire realmente, che l'analogia fra benzolo e tiofene
trova riscontro nelle loro proprietà fisiche.
Il Horstmann (2) ha dimostrato recentemente in modo assai originale,
che le apparenti contraddizioni, che si erano manifestate deducendo la for-
mula di costituzione del benzolo dal suo volume molecolare e dalla sua ri-
frazione molecolare da un lato e dalle sue costanti termo chimiche dall'altro,
spariscono se si ammette che il benzolo abbia quella costituzione che Baeyer
ultimamente trovò essere la sola che corrisponda a tutte le proprietà chi-
miche del benzolo. Ora qualche cosa di perfettamente analogo si verifica pel
tiofene, ed io credo che da quanto segue si arrivi alla conclusione che, indi-
pendentemente dalla forinola, che si vuole attribuire al benzolo, il tiofene
debba avere una costituzione corrispondente a quella del nucleo benzenico.
(*) // pirrolo ed i suoi derivati. R. Acc. L. Memorie [4] IV, 274.
(2) Beri. Ber. 21, 2211.
— 363 —
« Il Horstraann (!) compara nelle sue dedazioni il calore di combustione
del benzolo con quello dell'esano e trova per la differenza corrispondente a 4H2
un certo valore, che è quattro volte maggiore di quello dedotto per un H2,
dalla comparazione del calore di combustione del metilene (CH2") con quello
del metano (CH4).
« Ora in modo del tutto analogo si può comparare il calore di combu-
stione del tiofene con quello del solfuro d'etile.
Q& H14 — C6 H6 = 4H2
esano benzolo
C4 Mio o — C4 H4 o = 3H2
solfuro d'etile tiofene
« Ammettendo che nella trasformazione dell'esano in benzolo si formi
un aggruppamento di atomi corrispondente a quello che ha luogo nella trasfor-
mazione del solfuro d'etile in tiofene. i valori 4 H2 nel primo caso e di3H2
nel secondo, devono stare nel rapporto di 4 a 3.
« Di fatti il valore di 4H2 nel primo caso, prendendo per calore di
combustione del benzolo il valore più probabile di 787,5 Cai., è secondo
Horstmann :
999,2 — 787,5 = 211,7 Cai.
per cui il valore di 3 H2 risulta essere :
158,8 Cai. .
« Il calore di combustione del tiofene dovrebbe essere quindi, se il calore
di combustione del solfuro d'etile è 772,2 Cai. :
772,2 — 158,8 = 613,4 Cai.
« Il valore trovato sperimentalmente da Thomsen è realmente:
610,6 Cai..
« Un ragionamento simile si può fare per il volume molecolare (2) e
per la rifrazione molecolare. Senza esprimere veruna ipotesi sulla forinola del
benzolo, si può dire che se il residuo « C4H4 » ha una costituzione analoga
a quella dell'anello benzenico « C6H6 », le costanti che sono da attribuirsi
al radicale tetrolico staranno a quelle del benzolo come 4 :6 ossia come 2 : 3.
Questo ragionamento non è troppo azzardato, se si tien conto che così in fine
non si fa altro che dedurre il valore di un metino benzenico, considerando
tutti i sei metini perfettamente uguali tra di loro.
« Il volume del residuo « C4 H4 » sarà perciò, prendendo per volume mo-
lecolare del benzolo al punto di ebollizione, il valore trovato da R. Schilf 95,94 :
2Xf-94 = 63,96.
0) l. e
(2) Vedi anche Horstmann, Beri. Ber. 20, 774 e 775.
— 364 —
« Il volume molecolare del tiofene, pure al suo punto d'ebollizione, (in
questo caso le due costanti sono più che mai comparabili essendo la diffe-
renza fra i punti d'ebollizione del tiofene e del benzolo di solo 4°) è secondo
Schiff:
84,93.
Per cui
84,93 — 63,96 = 20,97
il volume atomico dello zolfo risulterebbe circa 21.
« Il volume atomico dello zolfo dedotto da Kopp ('), da una serie di
composti solfurati, al loro punto d'ebollizione è 22,6. Ora se invece di 22,6
si prende il numero dedotto dal tiofene, si trova che la coincidenza fra i
valori trovati e quelli calcolati è migliore, considerando naturalmente soltanto
quei composti solfurati che sono comparabili al tiofene:
Volami molecolari
di Kopp
Voi. mei. cal-
colalo per
S = 21
osservati
calcolati
Mercaptano etilico . .
Mercaptano amilicu .
Solfuro di metile . . .
C, HoS
Cs Hu S
C4 H10 S
Ca H6 S
76—76,1
140,1—140,5
120,5—121,5
75,7
77,6
143,6
121,6
77,6
76
1 12
120
76
« Per ultimo anche le costanti ottiche conducono sensibilmente agli
stessi risultati. Pur troppo il lavoro di Knops sulla rifrazione molecolare del
tiofene, già annunciato negli Annali di Liebig (2), non m'è ancora pervenuto,
sebbene l'abbia aspettato lino ad oggi, per cui non posso qui tenerne conto.
« Prendendo pel benzolo la rifrazione molecolare trovata da Bruhi (3) e
pel tiofene quella trovata da Nasini (4), si ha per le due forinole :
,"a — 1
P d
"ù
<a2 + 2)d
benzolo
44,03 e
25,93
tiofene
41,40 e
24,13
Da cui risulta per la rifrazione di « C4 H4 » :
C4 H4
29,39 e
17,28
e per la rifrazione atomica
dello zolfo:
S
12,04 e
6,85
(!) Liebig's Annalen 96, 303.
(2) Vedi voi. 247. fase. 3.
(3) Ostwald's Lehrbruch der allgemeinen Chemie I, pag. 453 e 455
(4) Gazz. chini. 17, 66.
— 3(55 —
« Nasini (l) trovò per la rifrazione atomica dello zolfo bivalente nei
composti organici, quando le valenze non sono unite, come nel solfuro di
carbonio, ad un solo atomo di carbonio, i valori :
14,10 e 7,87
Pel solfuro di carbonio invece:
15,61 e 9,02
« Le considerazioni ora esposte permettono quindi di trarre la conclu-
sione che l'edificio atomico che rappresenta il radicale « C4 H4 » del tiofene,
ha una costruzione perfettamente comparabile a quella del benzolo; se si
ammette per questo composto la cosidetta formolo, centrica di Baeyer, si
deve ammetterne una simile pel tiofene .
CH CH CH
CH
CH
CH
CH
CH
CH
CH
Benzolo
s
Tiofene
Botanica. — La fosforescenza del PI euro tus ole ari ics DC.
Nota preliminare del Corrispondente G. Arcangeli.
« Sulla fosforescenza dell'Agarico dell'olivo, Pleurotus olearius DC, osser-
vata per la prima volta dal Battarra, scrissero A. P. De Candolle, Sprengel,
Larber, Meyen, A. De Candolle, Dolile ed altri. Fu però in seguito ai lavori
del Tulasne e del Fabre che si acquistarono cognizioni più esatte sopra un
fenomeno così singolare. Il Tulasne infatti (-) dimostrò che la fosforescenza
del fungo dell'olivo spetta realmente a lui stesso e non ad una produzione
estranea ; che la fosforescenza dell'imenio comincia appena questa regione ha
preso uno sviluppo apprezzabile, e sembra limitata al tempo in cui le lamelle
conservano il color giallo dorato; che la fosforescenza non appartiene esclu-
sivamente alla superfìcie imeniale, come riteneva Delile, ma ne partecipa
tutta la sostanza del fungo ; che il fungo anche giovanissimo emana una luce
assai viva, e ne rimane dotato fino a che esso sembra conservare una vita
attiva ; che nei funghi avanzati in età, nei quali le lamelle più non risplen-
devano, lo stipite poteva mostrarsi fosforescente ; che allorquando lo stipite è
fosforescente alla superfìcie, non lo è necessariamente nella sua sostanza in-
terna, ma questa la diviene dopo aver subito il contatto dell'aria ; che com-
primeado delle particelle di fungo fra le dita, queste perdevano sollecitamente
(!) Gaz. Chini. 13, 309.
(2) L. R. Tulasne, Sur la phosphorescence spontanee de VAg. olarius DC. Ann. des
Se. Nat, 3e ser. Bot. IX p. 338-362.
Rendiconti, 1888, Vol. IV, 2° Sem. 47
— 366 —
la fosforescenza; che l'immersione nell'acqua non modifica da primo la fosfo-
rescenza, ma i funghi l'avevano perduta la sera successiva; che l'alcool non
annulla d'un tratto la fosforescenza, ma l'indebolisce prontamente. Quanto poi
all'asserzione di Delile, che il fungo dell'olivo non risplende durante il giorno,
asserisce d'avere osservato la fosforescenza verso il tramonto del Sole. Il
Fabre (') pure comunica osservazioni molto interessanti sopra questo argo-
mento. Egli asserisce di non aver potuto osservare il chiarore fosforico altro
che sulle lamelle, senza peraltro infirmare le osservazioni di Tulasne e so-
stiene che l'Agarico dell'olivo è fosforescente tanto nel giorno che nella notte,
facendo avvertire come il Delile non abbia tenuto conto della grande diffe-
renza nella sensibilità del nostro occhio alla piena luce del giorno e nella
oscurità di un sotterraneo. Dimostra inoltre che l'esposizione alla luce solare
è senza influenza sensibile sulla fosforescenza dell'Agarico ; che lo stato igro-
metrico dell'aria non v'influisce allatto; che il calore entro certi limiti non
la modifica, ma che però essa si estingue alla temp. di -f- 3° a 4" C, per ristabilirsi
quando la temperatura aumenti di qualche grado, raggiungendo il massimo da
-f- 8° a 10° C, ed estinguendosi a -j- ">ir i ' : che la fosforescenza è la stessa nel-
l'acqua aerata come all'aria libera, ma si estingue dopo una diecina di ore,
mentre nell'acqua privata di aria con l'ebullizione rapidamente decresce a
vista d'occhio, e si estingue sollecitamente per ristabilirsi sollecitamente quando
il fungo si tolga dall'acqua, e ciò per più volte di seguito. Aggiunge pure che
la fosforescenza si estingue nel vuoto, come pure nelT idrogeno, nello acido
carbonico e nel cloro, con la differenza che nei primi anche dopo più ore si
riattiva (però dopo 6 ore nell'acido carbonico assai indebolita), mentre nello
ultimo bastano pochi istanti d'immersione per distruggerla irreparabilmente;
che nell'ossigeno la fosforescenza non si rende più vivace , e dopo 36 ore di
permanenza in questo gaz, il fungo emette una luce molto indebolita; che
allorquando il fungo è fosforescente espira una quantità di C02 maggiore che
allorquando è oscuro; che l'agarico fosforescente non produce un inalzamento
di temperatura apprezzabile col termometro. Conclude in fine col ritenere, in
seguito alle sue esperienze, che la fosforescenza del fungo riconosca per causa
un'ossidazione più energica durante il periodo luminoso, e che debba abban-
donarsi l'idea, essere essa fosforescenza aualoga a quella che la luce, il ca-
lore e l'elettricità possono sviluppare nei corpi bruti.
« Nella seduta, tenuta dalla Società botanica italiana in Firenze nell'otto-
bre u. s., fu discusso sopra questo argomento ; ed in tale occasione feci cono-
scere come avendo raccolto il Pleurotus olearius negli oliveti di S. Giuliano
presso Pisa fino dal 1866, in quell'epoca mi fosse avvenuto riscontrare
la sua fosforescenza in pieno giorno. Ultimamente però avendo potuto pro-
curarmi questo fungo in sufficiente quantità, ho potuto istituire sopra di esso
(!) M. rubre, Èecherches sur la cause de la phosphorescence de VAgaric de V Olivier.
Ann. des Se. Nat. 4e sér. Bot. IV p. 179-197.
— 367 —
varie ricerche, delle quali mi propongo di far conoscere i principali resultati,
riserbandomi la loro completa esposizione in un lavoro più esteso, che mi
propongo di presentare appena sarà terminato.
« Ecco pertanto quali sono questi resultati.
« La fosforescenza, come già dimostrò il Tulasne, non si limita alle lamelle
del ricettacolo, ma vi partecipano pine le altre parti, quali sono lo stipite,
la pagina superiore del cappello ed il tessuto interno. La fosforescenza che
ho potuto riscontrare nelle altre parti talora era uguale a quelle delle lamelle,
spesso però assai minore, tanto da non potersi così facilmente avvertire. Lo
strato imeniale era spesso la parte più luminosa. Le spore mature non erano
fosforescenti.
« Luce assai viva si emana anche dai funghi molto giovani: la fosfo-
rescenza però si mostra maggiore allorquando il fungo ha raggiunto un grado
assai elevato di sviluppo, si continua fino a che il fungo ha completamente
svolto il suo cappello, ma successivamente decresce e cessa col suo deperi-
mento più o meno lentamente. In alcuni funghi raccolti il 16 ottobre, la
fosforescenza si mantenne per circa due o tre giorni, dopo dei quali andò
gradatamente decrescendo fino al 22 dello stesso mese. Il massimo d'inten-
sità luminosa mi avvenne riscontrarlo in alcuni funghi ch'erano nel pieno
dell'energia vegetativa e col margine del cappello tuttora involuto. Impie-
gando uno di questi funghi, nella oscurità della notte in luogo chiuso, ho
potuto riscontrare che la sua luce si rendeva percettibile alla distanza di
circa 11"1. Avvicinando poi due di questi funghi ad un orologio, si vedeva
la mostra con le ore, ed aiutandosi con una lente biconvessa si poteva pure
leggere l'ora segnata dalle lancette.
« La fosforescenza non è dipendente da precedente insolazione, come
quella che si riscontra in vari minerali sottoposti alla radiazione solare. Tutti
gli esemplari da me esaminati si sono mostrati luminosi, tanto se esposti alla
luce del sole per qualche tempo, come pure se conservati all'oscuro entro un
vascolo da erborazione in una camera oscura.
« L'opinione del Delile, che il fungo sia luminoso solo di notte, non può
accettarsi, perchè in realtà esso è fosforescente tanto di giorno che di notte.
Per osservare la fosforescenza di giorno occorre di collocarsi allo scuro, e
rimanervi per qualche tempo, cioè fino a che la retina abbia riacquistata la
sensibilità necessaria. Il tempo a ciò necessario varia secondo l'intensità della
luce cui si trovò precedentemente esposta la retina, secondo l'intensità della
fosforescenza e secondo altre circostanze. Spesso occorrono 5r per apprezzare
il primo sentore della fosforescenza, talora ne occorrono soli 3' e talora per-
sino IO'.
« Nessun organismo estraneo al fungo, sia epifita come parassita, può
ritenersi essere la causa della fosforescenza, essendoché nei funghi in piena
fosforescenza nessun organismo di tal fatta, né alcuna batteriacea, potei
— WS —
riscontrare. La fosforescenza si mostra intimamente connessa al ciclo di evolu-
zione del fungo, ed è quindi da considerarsi come dipendente da qualche fun-
zione fisiologica del fungo stesso.
« Il calore, purché non si oltrepassino certi limiti, non modilica la fosfo-
rescenza, come già dimostrò il Fabre. Alcuni funghi raffreddati a 0° hanno per-
duto la fosforescenza nel tempo da '/2 ad 1 ora, riportati poi a -{- 14° C,
dopo la permanenza di 5 ore a 0°, hanno ripreso la fosforescenza con l'inten-
sità primitiva. In altri funghi , raffreddati a 0° e lentamente riscaldati, la
fosforescenza ha cominciato a ricomparire da circa -4- 3° a 4° ed ha raggiunto
il suo massimo da-f-80 a 10°. L'immersione nell'acqua a -f- 40° gradi faceva
sparire sollecitamente la fosforescenza ; però questa si ristabiliva appena estratto
il fungo dall'acqua e si conservava a lungo. Nell'acqua riscaldata a -(-50° la
fosforescenza si estingueva sollecitamente; però dopo l'estrazione del fungo
più non si ristabiliva.
« L'immersione nell'acqua alla temperatura ordinaria (14° C) da primo non
altera la fosforescenza ; ma questa col tempo via via s'indebolisce e finalmente si
estingue. Il tempo necessario per l'estinzione varia secondo la quantità del-
l'acqua ed altre circostanze. In circa 340 ce. di acqua contenuta in un cilindro
di 0m,05 di diametro, l'estinzione è avvenuta in circa 6-10 ore. È però inte-
ressante il fatto che se, dopo che il fungo ha soggiornato per qualche tempo
nell'acqua ed ha perduto alquanto della sua fosforescenza, lo si estragga dal-
l'acqua, esso riacquista la sua fosforescenza con maggiore energia che da prima
in pochi secondi. Nell'acqua deaerata per mezzo dell' ebullizione la fosfore-
scenza si estingue in un tempo molto più breve. Se il fungo non trascinò
seco molta aria nell'immersione, 9'-10' minuti possono bastare. Nei funghi poi
che hanno subito un parziale prosciugamento, l'acqua riattiva la fosforescenza.
« Immergendo il fungo dell'olivo in anidride carbonica (C02), ossido di
carbonio (CO), ossidulo d'azoto (N20), idrogeno (H2) ed azoto (N2) la fosfo-
rescenza si estingue sollecitamente. Se il fungo viene estratto dal gaz dopo
un tempo assai breve, la fosforescenza si ristabilisce con maggiore energia
che da prima. Se poi il fungo è rimasto per un tempo assai lungo immerso in uno
dei detti gaz, la fosforescenza può ristabilirsi con intensità minore alla pri-
mitiva, ed anche non ricomparire. Nei miei esperimenti i funghi hanno ripreso
la fosforescenza con intensità notevole dopo 6, 12 e 24 ore, e con intensità
minore perfino dopo 36 ore di permanenza in uno dei detti gaz.
« Nell'ossigeno puro la fosforescenza dell'Agarico dell'olivo non acquista
intensità maggiore, ma si conserva come nell'aria. Un fungo collocato in un
recipiente chiuso contenente 500 ce. di ossigeno, ha conservato la sua fosfore-
scenza per più di 36 ore, alla pari di altro fungo lasciato in contatto del-
l'aria come termine di confronto.
« Un fungo tenuto in idrogeno solforato (H2 S) per soli 12', in contatto
dell'aria riprende la fosforescenza, e lo stesso avviene se la permanenza nel
— 360 —
gaz si prolunga fino a 1 ora. Se però si tenga il fungo in detto gaz per più
di due ore, la fosforescenza non si ristabilisce più in contatto dell'aria.
« L'Agarico dell'olivo produce una elevazione di temperatura apprezza-
bile col termometro al contrario di quanto sostenne il Fabre. Se le ricerche
si effettuano sul fungo nelle condizioni ordinarie, mediante un termometro
diviso in decimi di grado, od anche mediante una pila termo-elettrica ed un
galvanometro, il resultato è che il fungo possiede una temperatura inferiore
a quella dell'ambiente e ciò per l'effetto della traspirazione che rende latente
il calore sviluppato nei tessuti del fungo. Ma se si elimina la funzione di
traspirazione, cimentando il fungo collocato in un ambiente chiuso, facilmente
si rileva che il fungo ha una temperatura da 0°,7 a 1°,1 superiore a quella
dell'ambiente, allorché questa è di circa -J- 14° C.
« La fosforescenza dell'Agarico dell'olivo ha per causa una'ossidazione.
Essa, o deriva direttamente dalla funzione di respirazione, che compiendosi con
maggiore energia produce radiazioni luminose oltre le calorifiche, o proviene da
un'ossidazione secondaria strettamente collegata alla respirazione. Non è infatti
fuor di luogo il pensare, che nella funzione di respirazione qualche albuminoide
del proplasma decomponendosi, dia luogo alla produzione di un composto di
fosforo, capace di ossidarsi e produrre la fosforescenza. Ciò resulterebbe appog-
giato dal fatto, che le ceneri dell'Agarico dell'olivo, come ha ultimamente
riscontrato il prof. P. Tassinari, contengono fosfati in notevole quantità: ma
per risolvere tale questione si rendono necessari altri e più accurati studi, e
principalmente quelli riguardanti la composizione dell'Agarico dell'olivo ed
i prodotti della sua fosforescenza » .
Astronomia. — Immagine deformata del sole riflesso sul
mare, e dipendenza della medesima dalla rotondità della terra.
Nota del prof. A. Ricco, presentata dal Corrispondente P. Tacchini.
Questa Nota sarà pubblicata nel prossimo fascicolo.
Matematica. — Sulla teoria delle coordinate curvilinee. Nota I
di Ernesto Padova, presentata dal Socio U. Dini.
«I prof. Brioschi e Bertrand (') hanno mostrato l'utilità di considerare
nello studio delle superficie i parametri differenziali di 1° e di 2° ordine delle
coordinate cartesiane dei vari punti di una superficie, considerate come fun-
zioni di due coordinate curvilinee prese sulla superficie stessa. La estensione
(!) Vedi Brioschi F., Sulla teoria delle coordinate curvilinee, Annali di Matematica)
serie 2a, t. I. — Beltrami E., Sulle proprietà generali delle superficie d'area minima,
Istituto di Bologna, serie 2a, t. VII.
— 370 —
delle formule trovate al caso in cui i punti della superficie sieno determinati
nello spazio mediante coordinate generali, e la introduzione di quel nuovo
parametro differenziale di 2° ordine e di 2° grado, per la prima volta notato
dal prof. Ricci (*), mi hanno condotto ad alcuni resultati che ho in questa
Nota riunito.
« 1° Sia
3
(1) ds* = -r.s ar.s dxr dxs
i
il quadrato dell'elemento lineare di uno spazio dato, U = cost, l'equazione
di una superficie in esso situata, sia a il discriminante della forma (1) e
si ponga
d\oxa TT _ ^U 1 TrtJ 1
si avrà
(2) Yr = Xr,,X, , 2rXrYr = ì
poiché si ha, come è noto,
JiU-2„c„ ^ ^ .
Se ar è il coseno dell'angolo che la normale alla superficie U fa colla nor-
male alla superficie xr = cost. , si ha <<,] rri.~^-\
« Ciò posto, indichiamo con y, , //, un sistema di coordinate curvilinee
tracciate sulla superficie U; è chiaro che sarà
(3) -,X,.^ = 0 , ^Xr-^-0
e quindi, se per brevità si scrive xy per rappresentare la derivata di X\ rap-
porto ad i/j , si avrà
Ai ! À2 '• X3 = (#21 #32 — .''22 ''':n) : (#31 #1! #32 X\\) '■ ('1 1 • 'Vj #12 X%\) •
Pongasi ora
0\ = X%\ #32 #22 #31 1 Og = #31 X\l #3J #11 , 03 = «^7i j ^22 #12 #21
Ors — 2jj a tj ■'';,- Xjg
avremo pel quadrato dell'elemento lineare della superficie U l'espressione
(4) da2 = Srs br3 dyr dys
i
ed inoltre
ove b è il discriminante della forma (4), si avrà quindi
(5) X( = ^|/f.
(!) Ricci G., Sui parametri e gli invarianti delle forme quadratiche differenziali,
Annali di Matematica, serie 2a, t. XIV.
— 371 —
« Ora, si ha
Jl Xx = T"|_^12 (^» *'l2 ~ ^12 #n) + #11 (#22 #11 #12 ^12)~| ,
e col porre
sarà
4- = 2h ciih xhi , mi = 2h am xh2
^•ì H X[% = — , ììli X{\ -, 022 — ^Yfli X(2 ■)
0\\ — ~i li 30 il i 0\ì
quindi con calcolo facile
JlXx =ìfe X* — 2«23 X2 X3 -f «33 XI] =cu — Y\ = cu (1 — a»)
ed analogamente
JiXo = c22(l — (4) , ^^3 = ^33(1 — 4) •
« Un calcolo perfettamente simile a questo conduce alle formule
V#i x2 = cX2(l — «i«2) , v^i«f3 = c13(l — «i«3) , V^2 ^3 = ^23(1 — «2 «3)
tenendo conto delle relazioni c'2rs = crr css , che hanno luogo quando le crs
sono diverse da zero e crs = esr come nel caso attuale.
« 2° Dimostriamo adesso che le formule note (!)
1
(6)
1 J2\J dtfJiTJ 1 JÌ3U J2JJ dyljS . J.J.JJ
du
4(^U)2
che legano i raggi di curvatura di una superficie situata in uno spazio euclideo,
ai parametri differenziali di quella funzione che uguagliata ad una costante
fornisce l'equazione della superficie, valgono anche quando la superficie trovasi
immersa in uno spazio curvo, purché per le 0 si intenda di rappresentare i
cosidetti raggi di curvatura ridotti della superficie. Noi sappiamo infatti che
questi raggi sono le radici della equazione (2).
bu
b\2 — q
■Oh
£,9
F.u
#22
Gu
Q ,
0
nella quale le b e la U hanno il significato loro attribuito nel paragrafo pre-
cedente, ed è
Sì*
■iti;
y u ~ìxh ~ìXk
~òxh ìxk 1yr ~òys
Attili
'hMj flij-li Clil:
"t)Ù ~òXj ~ÒXj
~ì%h ~òyr ìys
2aij,h =
~ìa;
idi
oXj
òXi
ìxh
(') Vedasi Lamé G., Lerons sur les coordonnées curvilignes e la mia Memoria Sulle
espressioni invariabili. Memorie della R. Acc. dei Lincei, serie l\ t. IV.
(2) Vedasi A. Voss, Zur Theorie der Trans format ionen ecc., Math. Annalen, Bd. XVI.
372 —
oppure, col porre
u rx —
7>2U
oXf oXs
■*ij &rs,i dj
TìU
è, più semplicemente,
2£rs — *. \Jh\ — -
hk ì?Jr ^>Vs
« Avremo dunque
— = 2\Jhk\ bu — — -\-bu~ — — 2biz— r
_L__vr / ÌXh ÌXj 'ìXi tati \ ( ìJk ~^j ^V ì>Vk \
b]/7js hltaij\ìyx *y* ' ' ~òyi ty» /\^i ìy* ' ' ~òyi ìy%)
(7) ± + ^
Ci di
ìy* J
ed inoltre
I
-21L
(8) — r==òi
£X(j2 20/J^
ossia in forza delle (5)
J_ , 1
(7„)
' Xj («33 U22 ~T" ft22 U33 2#23 U23)
C2 a\
+ X^ («n U33 + «33 Un — 2«)3 U13) + XI («J2 Uu -f- fln U22 — 2«,2 U12)
+ 2Xi X2 (U23 «13 4~ U13 «23 — U33 «12 — UlS " I
-f- 2Xx X3 (U12 «23 + U23 «12 — U22 «13 — U13 «22)
-f- 2X2 X3 (U13 «12 + U12 «13 — Uu «23 — U23 «!,)]
ed analogamente
1 1
(8«)
Ci C2
aJxU
0 Ai À2 A3
X, U„ Ui2 U13
X2 U2i U22 U23
X3 U31 1)32 U33
D'altra parte ricordando le note formule (')
\b3Gf
Ur dJ]
,-f-=l ^u,
dJ.U
2^UirUi , JÌJÌ\]=42 CrsTJtrUjJJiUj
dp j^iU' dp ,Lrr
ove dp rappresenta l'elemento normale alla superficie, si avrà
1
^2u dyj.u
Au
d\]
t^iU
2Um Xj Xj (chk dj — Chi ckj),
^22U J2U dyjrf ^_ J^Jtf
4(^iU)2
^iU tfjjj d\]
= ~j^ 2Mih uJ cftR Xi Y, — cjk Yi Yh -f - (<?M ^ — chj cki)\
(!) Eicci, Memoria citata, § 3.
— 373 —
« Lo sviluppo dei secondi membri di queste equazioni mostra ch'essi
coincidono coi secondi membri delle (7a) (8a) rispettivamente, sicché il teo-
rema resta dimostrato. Segue di quache le equazioni a derivate par-
ziali che negli spazi curvi definiscono le superficie d'area
minima e le superficie a curvatura relativa nulla, quando
si faccia uso dei parametri differenziali, acquistano la stessa
forma di quando si considerano nello spazio euclideo riferito
a coordinate generali.
« 3° Vediamo ora quali sono le condizioni perchè le superficie xY sieno
ad area minima, supposto che l'elemento lineare dello spazio sia dato dalla
equazione
ds2 = «i dx\ -f- a-2 dx\ -f- a3 dxl
nel qual caso la (70) prende la forma
T + T" ="^y7?r^lU22 +C<2 Un) X! + (fltUs, + a* Un) X2
+ (a2 U33 + a, U22) X2 — 2«,U23 X2 X3 — 2a2 U13 Xl X3 — 2a3 U12 X, X2] ;
facendo in questa equazione U = #i e ponendo uguale a zero il secondo
membro, si ha
d log a2 a3
CIX\
ossia : la condizione necessaria e sufficiente affinchè le superficie $x ■■= cost.
sieno di area minima è in questo caso che il prodotto «2 #3 sia indipendente
da X\. È evidente l'analogia fra questo teorema e quello relativo alla forma
che assume il quadrato dell'elemento lineare di una superficie, quando si
prendono su di essa per linee coordinate un sistema di geodetiche e le loro
traiettorie ortogonali.
« Se la espressione del quadrato dell'elemento lineare dello spazio fosse
ds2 = #n dx\ -j- a22 dx\ -f- 2a23 dx2 dx3 -f- <233 dx\
si troverebbe analogamente, che la condizione necessaria e sufficiente affinchè
le superficie xx = cost. fossero d'area minima, è che sia indipendente da xx
l'espressione a22 «33 — a223. Donde segue che, se sopra una superficie d'area
minima situata in uno spazio qualunque, si traccia un contorno chiuso e
pei punti dell'area A racchiusa, si conduce un sistema di traiettorie ortogo-
nali alla superficie, ogni sezione fatta in questo tubo da una superficie orto-
gonale alle traiettorie, e che sarà essa stessa d'area minima, sarà uguale ad A.
« 4° Se nello spazio il cui elemento lineare è definito dalla equazione
ds* = l (dx2 + dìf + dz2)
si considera la superficie rappresentata dalla equazione
(9) TJ^;-f(xy) = Q
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 2° Som. -18
— 374 —
e facendo uso delle notazioni di Monge si pone
-\„ ~ì* ">>2 g
OS de 0 e
7>8s
t **
P- l>x ' ll~ l>y ' ; "~ ìx* ' °~
~òx ~òy
' v
il quadrato del suo elemento lineare sarà
da2 = X (1 -f /) rf./;2 + 2% <& rfy + * (1 + (f) d/r .
« Considerando 5 come funzione delle variabili #, y sarà
e d'altra parte, lasciando fra loro indipendenti le coordinate, si ha
dj/jjj fi r -4- if t -j- 2p?s yAU
quindi
2/.J ^,U
dj ^iU y/U
Ml i+r' + rLl^u
f/u / j jjj
e perchè il coseno a3 dell'angolo che la normale alla superficie U fa colla
normale in quel punto alla superficie x3 che passa per lo stesso punto, è
dato dalla equazione
y^:i U 1
" ] 7xxi.Jl\!~~\/l+pt + qt '
così sarà
J*3 =
iH r J2U _ <l\ i.U _ y/U ~j
~j/X|_y^7u dl] xìjJjj
« Se la stessa superfìcie venisse rappresentata dall'equazione
Ys*-/,(yi)=iO
e si ponesse
^y~2hì ~:o~I = ql, V=;" ìy i>3 ~ Sì ' i?" [
si troverebbe analogamente
1 r^2V ^J/^V y/V ~1 _
1^ fi+^ + tfi2 Lf 7^v " f/v " rff/^vj '
ma fra le quantità p, q, r, s, t e px , #i , ì\ , S] , ^ , hanno luogo delle rela-
zioni che si ottengono derivando convenientemente la identità che risulta
dalla equazione U = 0 col sostituirvi per x la sua espressione fx (y, i\ si
ha allora
q 1 fp2-\-rq2 — 2pqs _rq — sp _ r_
— 375 —
e conseguentemente
1 " ^2 ' V 1J ' f/^V dY ~ rfU i/^u
per cui sarà
^2 #
j> r j*v dj/jjj
e poiché il coseno «i dell'angolo che la normale alla superficie U fa colla
normale alla superficie a che passa per quel punto, è dato da
vU«ffi p
1 ~ Y7a[ fjjj ~ ~ \/\ +p2 + (f
così avremo
ed analogamente troveremmo
' 2 y " t^ Ll^u ^u ~ IjT^u J '
« Queste formule costituiscono la cercata estensione delle formule del
Beltrami.
« Le proprietà delle superficie definite dall'equazione a derivate parziali
(10) ^2U __dj/7jj _ y2U
possono studiarsi nello stesso modo tenuto dal Beltrami per studiare le pro-
prietà delle superficie d'area minima nello spazio euclideo, poiché le consi-
derazioni di questo geometra sono basate sulla proprietà caratteristica di
quelle superficie di annullare i parametri differenziali J2 delle tre coordinate
dei loro punti, considerate come funzioni di coordinate sulla superficie, e
questo accade ora per le superficie della classe (10). Risulta ad esempio
subito che le superficie (10) sono tagliate dalle superficie coordinate secondo
linee che costituiscono tre sistemi isometrici. Ma si può osservare che facendo
dello spazio ora considerato, che diremo S, una rappresentazione conforme
nello spazio euclideo col prendere per punto immagine del punto {%, yJ s)
dello spazio S, quel punto dello spazio euclideo, che ha per coordinate car-
tesiane le stesse quantità x} y, z, come ha fatto il Bianchi (l), le superficie
che soddisfano la (10) non sono che la immagine nello spazio S delle superficie
d'area minima dello spazio euclideo e costituiscono in S una classe analoga
a quella trovata dal Bianchi (2) nello spazio euclideo.
(*) Vedi Bianchi L., Sui sistemi di Weingarten negli spazi di curvatura costante.
Memorie della R. Acc. dei Lincei, serie 4a, t. IV.
(2) Vedi Bianchi L., Sulle superficie d'area minima negli spazi a curvatura costante.
Ibidem.
— 37(3 —
« Non sarà forse inutile fare osservare che nello scrivere lo sviluppo
dei simboli contenuti nella equazione (10) non è necessario supporre che la
funzione incognita abbia la forma (9). Infatti se <f {x ij z) = 0 è una equa-
zione equivalente all'altra U = j — f(xy) = Q, per modo che sostituendo
in essa per 2 la espressione f l'equazione si cangi in identità, si ha con
calcolo facile
djJi<p _ dj'Jrf (f33 /— =
ove
v2
e quindi
J2cp iì] Jtf vhf ^/2U dyJjJ T7/U
come volevamo provare - .
Matematica. — Moti rigidi e deformazioni termiche negli
spazii curvi. Nota di E. Ce3àro, presentata dal Socio Beltrami.
« È facile convincersi, applicando un noto procedimento alle equazioni
dell'equilibrio elastico, quali furono date da C. Neumann, che il teorema di
Betti sussiste in coordinate curvilinee, per un numero qualunque di variabili,
indipendentemente da qualsiasi vincolo tra gli incrementi che gli archi coor-
dinati prendono proporzionalmente agli incrementi dei rispettivi parametri.
D'altronde è noto che tali vincoli son quelli che caratterizzano la natura
dello spazio considerato, ed è ovvio che questa non influisce sulle integra-
zioni per parti e sulle riduzioni di integrali, che si adoperano nell'ordinaria
deduzione del teorema di Betti. Adunque questo teorema è vero in tutti gli
spazii, e nel suo significato meccanico non è subordinato alla verità del po-
stulato di Euclide. Limitandoci al caso di tre variabili, avremo, con la segna-
tura adottata dal prof. Beltrami nella Memoria Sulle equazioni genomi;
dell'elasticità:
(1)
=j (Q3l,,ì«i+QS5F2X2+Q3P,3Jc3)rfS-f T(Qi/Vi+Q8/VH- Qsf'sxs)ds j
purché siano soddisfatte le solite condizioni. Per trarre dalla relazione (1)
infinite conseguenze basta particolarizzare in infiniti modi il sistema di spo-
— 377 —
stamenti Qix^ , Q2x'2 , Q3x'3. A questo scopo giova saper integrare le equa-
zioni, date dal prof. Beltrami nella citata Memoria,
almeno nell'ipotesi che siano costanti le 6 e le w. Nelle espressioni x', , x'2 , *'3
che si ottengono, compariscono linearmente sei costanti arbitrarie. Se inoltre
si suppongono nulle le 6 e le w, che caratterizzano la deformazione, le Qx'
rappresentano spostamenti rigidi, e però sono nulle le corrispondenti forze F'
ed /". Ne segue che la relazione (1), in cui si riduce a zero il secondo membro,
si scinde in sei equazioni distinte, che sono le equazioni dell'equilibrio rigido
in coordinate curvilinee, non includenti, come quelle che fornirebbe la tra-
sformazione diretta delle ordinarie equazioni cartesiane, l'ipotesi euclidea. Pos-
siamo invece rendere isostatico il sistema, e supporre uguali fra loro e costanti
in tutto il corpo le forze elastiche principali. In tal caso dalle equazioni
©i = ©2 = 03 = l, J?i = !22 = i23 = 0, si ricavano, in generale, per le 0
e per le w, valori determinati, mentre le equazioni dell'equilibrio elastico
danno F< = 0, f\ = cos (nqì), e conseguentemente il secondo membro di (1)
si trasforma in —J0clS. Così la relazione (1) fornisce la dilatazione totale
del corpo, quando sono date le azioni deformatrici.
« Si consideri, per esempio, uno spazio di curvatura costante «, e si as-
sumano coordinate stereografichq, per le quali è noto che si ha
Q1 = Q2 = Q3 = 1L, E^ + ffà + qS + qS).
« Le equazioni (2) diventano
- — = aW -J- »! , - — -j- - — = oh
7)^1 ìq3 T>q2
— = «<p + 62 , — -f- — - = «2 , (3)
= aW -4~ 03 , -4- = oh,
<h xi + Qz *2 + <h *3 = 2Ha>- (4)
« Dalle (3) si ricava agevolmente, supposto costanti le 0 e le w, per
ogni terna di indici diversi,
= 0, —7 = — —= — «—-. (5)
ì'Jiìqj ìqi* "off ~*fr
— 378 —
« Ne segue
vo> v*i> va
ì?2^3 M^'l 1 >7l^2
e però (P si scinde in tre parti, ciascuna delle quali racchiude un solo pa-
rametro. Inoltre è facile assicurarsi, mediante sostituzione in (3) ed osser-
vando (5), che <t> dipende linearmente dai parametri stessi, cioè (I>=c0-{-ciqì-\-
c2q2-\-c3q3. Sostituendo nuovamente in (3), integrando ed osservando (5), si
ottiene
I xi = (h -f hq* + ,"2^ + («# + 0i)£i — ~ ^ (qf + q<? + q3~)
) x2 = a2 + À,^ -j- n-,qx + («tf> + 08)#s — -£- r, (ry,2 -f- q8* + ?32) (6)
| *3 = «3 -j- l2q} 4- «,fl3 4- {a$> 4- 6>3)</3 — y Ci (yf 4- Y->- 4- Y32)
essendo A* 4- ■"< = wt- Finalmente si vede, per sostituzione in (4), che deve
essere c0 = 0, Ci = 7 a% , ed è inoltre necessario che le 0 e le « siano nulle.
Ciò vuol dire che negli spazii a curvatura costante, diversa da zero, non ha
riscontro la deformazione detta omogenea da Thomson e Tait. Nel caso attuale
fallisce dunque il processo immaginato per calcolare la dilatazione totale.
« Introdotti gli ultimi risultati nelle (6), queste diventano
SIC Ci
xì=a1-^rbiqs— hq* 4~ jj tfifatfi+^H-^s)— |#i((Zi2+(7224-^2)
x2=a,-\-b^q1—bìq; 4- " qì{axql+a2q2-{-a3q:i)— ^ aiiq^+qf+qj) (7)
I ( c ce
Dividendole per H si ottengono gli spostamenti rigidi in uno spazio di cur-
vatura «. Per trovare le condizioni dell'equilibrio rigido basta prendere per
le x le ultime espressioni, e sostituirle in (1). Eguagliando separatamente
a zero i moltiplicatori di alt a2ì tf3, bi, b2, b3, si riconosce che le equazioni
richieste si scrivono come nello spazio euclideo, salvo un'aggiunzione di ter-
ct
mini alle equazioni di traslazione. Questi termini sono i prodotti di - per
le espressioni
tyiCFtf, 4- f2 q, 4- f*,) - (yv 4- q** + ?*2)F<]f
+ \\jqi (A ii + A ?. + A ?») - (^2 + ^2 + ^ /Ql" • (2=1,2,3).
« L'eterogeneità necessaria delle deformazioni negli spazi sferici e pseu-
dosferici, rappresentati in coordinate stereografiche, non può recar meraviglia
se si pensa che nello stesso spazio euclideo sono talvolta impossibili certe
— 379 —
deformazioni omogenee, definite come tali in rapporto alla speciale rappre-
sentazione prescelta. Così le deformazioni, che si possono dire omogenee nella
rappresentazione cilindrica, non sono possibili se non quando gli assi di ro-
tazione, in ogni punto, toccano i corrispondenti cilindri coordinati. Si vedrà
che l'impossibilità segnalata in principio è intimamente legata all'impossibi-
lità di produrre una stessa variazione di temperatura in tutti i punti d'un
mezzo elastico, senza provocarvi tensioni, evanescenti con la curvatura dello
spazio.
« Determiniamo gli spostamenti dovuti ad un'elevazione di temperatura
U per unità di volume, seguendo la via tracciata nel § 12 della « Teoria »
del prof. Betti. Se k è il coefficiente di dilatazione lineare, ed il corpo si sup-
pone omogeneo ed isotropo, dev'essere Qx — 02 = #3 = kJJ , «i = «2 = °h =■ 0 ,
e però le corrispondenti funzioni x si deducono dalle (6) sopprimendo le 0,
sostituendo a #
k
4> + — U = c0 + cx qx -f- c2 q2 -\-c3q3,
facendo ancora A* = — m = — bt : , e trascurando quelle parti che, secondo
le (7), corrispondono a moti rigidi. In tal modo si ottiene
*ì=^(Ao+Ai?i +^-HW73)- ^ H'h'+qS+tf) . 0=1,2,3)
mentre si ha necessariamente
HU = A0 Ti- -| (?l> + qj + q32)^ + Àtf , + ktqt + A3r/2 (8)
Così vediamo che i termini evanescenti con a negli spostamenti rigidi figu-
rano come spostamenti dovuti ad una conveniente elevazione di temperatura,
supponendo il coefficiente di dilatazione lineare proporzionale alla curvatura dello
spazio. Se HU non ha la forma (8), la deformazione genera forze elastiche,
ed il potenziale unitario 77 si deduce evidentemente dall'ordinario potenziale 7/0 ,
relativo al caso che la temperatura non vari, sottraendo kU da 0i , 02 , 03 •
Intanto sappiamo che
2770 = ©A + ©A + 0363 -f- .<*?!«! -f -Q2W3 + £3«3 ,
essendo, nel caso della perfetta isotropia,
e{ = — (A — 2B) 0 — 2B0* i?» = — BaH , (t = 1, 2, 3) .
Si vede che restano invariate le Sì, mentre le 0 aumentano di k (3A — 4B) U.
Ne segue
277= y \[&i + k (3A — 4B) u] (0, — kJJ) + Sii «n j -
ovvero
77 = 77O + /(;(3A-4B)U0-|^(3A — 4B)IP.
Per conseguenza, nel formare col solito processo le equazioni indefinite, si ha
e CndS = ó Cn0dS + k (3A — 4B)Ju<^/s .
— 380 —
D'altronde
(wmb = fu 2fe </s + f £ (^i *,, + 2Sì *,, + 2S< fa \ rfS .
J J ^ J QA^l ^ M* I
Applicando al primo integrale l'integrazione per parti e la riduzione ad in-
tegrale doppio, si riconosce che la somma dei moltiplicatori di òxt negli
integrali tripli è
• 1 ^vU ■ U 7>Qi . U 7>Q8 , U 7>Q3 _ ^U
V Mi Qi Mi Qa Mi Qa ^i }?t
ed è invece — QlTJcos(^J) negli integrali doppi. Quindi le equazioni per
l'equilibrio si deducono dalle note equazioni, date dal prof. Beltrami nella
Memoria citata, prendendo
Ft = _£(3A-4B)^J /",.-=_ /,(3A-4B)Ucos(;^). (9)
Ecco, per esempio, le equazioni indefinite:
A ìG BQ, /T>Qtc, 7>Q?g8\ , ( nn A-QA— 4B) 7>U
Qi Mi v \ 7)(/3 ty* / Qi Mi
A j« ■Bg,/j9il,_ jfi^X WA-4B) jU (10)
Q2 Dg8 v \ >yi )q3 / Q* >/?
A 1>0 BQ3pQ1si 7>Q8Fg\ lf.EQ &(3A— 4B) ^U
Sono così estese agli spazi di curvatura costante le equazioni di Duhamel e
F. Neumann. Per lo scopo che abbiamo in vista conviene lasciarle sotto la
forma generale
Iv2(v^)_^ + ,(8A-4B)^ = 0, (11)
v — Mj \ ì*ìj i >« Mi
yQj^cos(^) + /,:(3A — 4B)QiUcos(/^y,) = 0. (12)
Supponendole scritte per un'altra funzione Ur, cui corrispondano spostamenti
Qx', moltiplichiamo (11) per x\t/S, facciamo z'=l,2, 3, sommiamo ed in-
tegriamo a tutto S. Adoperando le solite integrazioni per parti e trasforma-
zioni in integrali tripli, osservando (12) e ricordando che I70 è forma qua-
dratica delle X{ e Xy , otteniamo
Y j Q^ cos (nqi) ds + X ( ^ *i f/S = /.(3A-4B) ( n° (*' *'} dS '
Il primo membro, interamente trasformato in integrale triplo, equivale a
-tJ \Mi v Mi J e, J v Mi J
Ne segue
k (3A — 4B) (WtfS + fl70 (*, ^) «ffl = 0 .
— 381 —
Dunque
j \]'0dS = IU0'rfS. (13)
Questa notevole legge di reciprocità, che esprime una proporzionalità com-
plessiva, per così dire, fra le variazioni di volume e di temperatura, conduce
ad un risultato notissimo quando si prende per HIT una delle forme speciali
racchiuse in (8). In tal caso si ha 0' = 3k U', e si ottiene
i— -Atf+gS+tè) ( i— rC^H-^M-g'a2)
@dS = 'ó?c I UdS.
1+f (lZiMV+038) | ) l + f(^2+rÌ22+r/32)
Per a == 0 si vede che si è autorizzati soltanto nello spazio euclideo ad asse-
rire che la dilatazione del corpo è sempre misurata dal triplo prodotto del
coefficiente di dilatazione lineare per la totale elevazione di temperatura. Per
ottenere la dilatazione nel caso generale bisogna supporre U' costante nella
relazione (13), e dedurre dalle (10), per sostituirla in (13), l'espressione di 0'.
Si tenti di soddisfare alle (10) prendendo
*-èS- (^1'2-3')
Anzitutto è facile vedere che
0' = i2V, s'1 = sr2 = s'3 = 0.
Così le (10) si riducono all'unica equazione
AzTV -f 4«BV = 0 ,
risolvendo la quale, col tener conto delle equazioni ai limiti, si ottiene poi
dalla (13) la forinola
[eWS= — 4«-^(uVt/S,
che serve a calcolare la dilatazione totale quando è nota la variazione di
temperatura in tutti i punti del corpo. Quest'ultima relazione porta a credere
che la forma della superfìcie abbia influenza sulle variazioni di volume do-
vute al calore, mentre sappiamo che ciò non si avvera nello spazio euclideo.
Per convincersi che la predetta influenza non è solo apparente, basta osser-
vare che, nella determinazione di V, le equazioni ai limiti non possono essere
soddisfatte indipendentemente dai valori di cos(nqi), coa(/tq2), cos(«{/3). Infatti
si dovrebbe avere
(A — 2B) & + 2B0'i = k (3A — 4B)
per £=1,2,3, e se ne ricaverebbe
6\ = 6'2 = 6'3 = \@ = k.
Inoltre to\ = o/2 = w'3 = 0. Avremmo così una deformazione omogenea, im-
possibile per «>0. Adunque l'influenza della forma geometrica del corpo sul
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 49
— 382 —
valore della dilatazione totale si manifesta necessariamente negli spazii non
euclidei. Per esaminare più da vicino tale influenza, è bene fermarsi nell'ipo-
tesi d'una curvatura infinitesima, in modo da poter trascurare le potenze su-
periori di a. Giacché per « = 0 ed U = 1 si soddisfa alle equazioni del-
l'equilibrio prendendo x» = kqt , poniamo
*i = k {qi + *») > (2=1,2,3)
con Xi indipendente da a. Sia inoltre
9 DXx , 1X*_ ,, ,2fe. ^==ìy±_ìlL, &z==ìlL__ì*Lt ^_ÌXL_ìlL,
Mi Mi Mi ' Mi M* M* Mi Mi ^
Si ottiene facilmente
», = k + k<t [j| - 1 («,« + ?.' + Zi'fj .
\^3 ^* ' V^l >/3 / \M* Mi '
Quindi
0 = U + fc« [# — 1 (</i2 -f ?22 + ry32)] , B, = ka&i .
Ciò premesso, le equazioni (10) diventano
i^+B(3£«_3£A=(3A_4B)?1
Mi \M* M*J
A^ + B(^-^U(3A-4B),/2 d4)
Mi \Mi ^3 /
A^ + b(^-^) = (3A-4B)^
« Similmente le equazioni ai limiti si trasformano in
[(A - 2B) » + 2B|^] cos (jifc) + B (|^ + ^7) cos 0«») +
+ B (2& + M\ cos (^3) = 3A~4B fe" + <tf + ?,») cos (**)
\Mi Mi/ ù
B/^U ,Ju\ cos ( } +r(A-2B)^4-2B^2-lcos(^2) +
\^2 Mi/ L ^-1 (15)
+ B (^ + 2*i\ cos (nqt) = 8AT4B (?>2 + ?22 + ?32) cos («g.)
\Ms Mi /
Ht+t)TOS^)+B(ì+|)cos(^)+
_j_ [~(A— 2B)^+2B !&. j cos (^3)= — g (?i2+^22+^32) cos (^3)
Paragonando le equazioni (14) e (15) alle ordinarie equazioni cartesiane si rico-
nosce subito che la deformazione dovuta ad una variazione costante di tempera-
tura, in uno spazio di curvatura « infinitesima, è assimilabile alla deformazione
che si produce nello spazio euclideo per un'elevazione di temperatura proporzio-
— 383 —
naie ad 1 -4- j ar\ essendo r la distanza di ciascun punto ad un punto fisso. Qui
è bene ricordare che questa distanza è data dalla relazione Hcos2-^ = l,
Li
che per a evanescente diventa, come nello spazio euclideo, r* — qf -{- qf- -\- qz\
L'ultima proposizione è inclusa in altra, che ci limitiamo ad enunciare. Se U
si riduce, per « = 0, ad una funzione lineare delle coordinate, la deforma-
zione è assimilabile a quella che si ha nello spazio euclideo per un'elevazione
di temperatura HU + — U0, essendo U0 il valore di U nell'origine delle
coordinate.
« Applichiamo le formole (14) e (15) ad ima sfera di raggio E. Pren-
diamo l'origine delle coordinate nel centro della sfera, e poniamo xi == XQì,
con x funzione di r soltanto. Anzitutto si ha
&sss9* + rfr' #1 = ^ = ^3 = 0,
e le equazioni (14) danno
0- = 3C + 8A~4B r\
uA.
Quindi, integrando,
Le equazioni (15) si riducono ad una sola
(3A — 4B) x -f- kr — = r\
che dev'essere soddisfatta per r = R. Se ne deduce
Sostituendo nell'espressione di #, poi in quella di 0, che si assume per 0',
si ottiene finalmente dalla (13), per una deformazione termica qualunque,
J@dS = SkJjJdS + ka ||- J[3R2 — 5 (?r -f q22 -f q32j]\JdS .
« Le relazioni (9) hanno interesse in quanto che mostrano come si possa
impedire o riprodurre una deformazione termica mercè l'applicazione di forze
esterne, che ammettano una funzione potenziale, proporzionale alla tempera-
tura. In particolare la deformazione dovuta ad un'elevazione costante di tem-
peratura si può ottenere sottoponendo il corpo ad una pressione costante, uni-
formemente distribuita in superficie. Sono anche interessanti le deformazioni
termiche, per le quali ogni punto si sposta nella direzione della forza che
lo sollecita, percorrendo un cammino proporzionale all' intensità della forza
stessa. Siano
Q.*_A(SA-_iBLJ-*E (,=12 3)
— 884 —
gli spostamenti, e si supponga ^'~TJ = 0 in tutto il corpo. Evidentemente
<•), Gì, 62, 63, sono uguali a zero, cioè si ha, per «<0, una deformazione
priva tanto di dilatazione quanto di rotazione, la quale, come ha osservato
il prof. Beltrami, non trova riscontro nello spazio euclideo, ma risponde ai con-
cetti di Faraday e Maxwell sulle azioni elettriche nei mezzi dielettrici. Non è
tuttavia incondizionata la possibilità di questa deformazione, ma è subordinata
alla possibilità di risolvere quattro equazioni alle derivate parziali del secondo
ordine, tre delle quali debbono essere soddisfatte soltanto in superficie, dimo-
doché l'esistenza di U dipende dalla forma geometrica del corpo che si con-
sidera ».
Matematica. — Sopra una certa equazione differenziale a
derivate parziali del 2° ordine. Nota del prof. A. Tonelli, pre-
sentata dal Corrispoudente V. Oerruti.
« 1. L'equazione differenziale a derivate parziali del secondo ordine
(1) v v_ii_ipvA|N: = M
1 1 * •' ,■ 1 •' -■ 1 i /'
dove P, N, M sono funzioni delle sole variabili indipendenti xXì #2), .. , #»,
può scriversi nel seguente modo:
per cui, ove tra P ed N sussista la relazione
(2) N~^-^ — -^ = 0
1 •' 1 oA ì oA ,1
e dopo aver posto
assume la forma
(4) l±lj... + l=S;M.
OH 1 ( -' g c'ca-ji
« Come è noto, l' integrazione della (4) si effettua senza alcuna dif-
ficoltà, con sole quadrature, mediante il sistema
che dà luogo agli n — 1 integrali
<3?2 X\ C% , <2?3 X\ £3 , •• , Xn <£\ Cn
— 885 —
ed all'altro che si ricava dall'equazione differenziale
dJL = Mdx\
quando in M al posto di x2 , x3 , .. , xn , si sostituiscano, i valori in funzione
di xx , forniti dai precedenti integrali. Facendo
J Jàfa , Xx + d , .. , =2?! 4- cn) dXy = fi (Xi ,Ci,:., CH)
avremo per l' integrale della (4)
Z = (l (Xi , X% — XX , ,. , Xn — Xx)-\-(f {Xt — Xi , .. , #„ — Xx)
con y simbolo di funzione arbitraria.
« Determinata così la Z, sarà facile ottenere dalla (3), ancora con sem-
plici quadrature, la *, e per questo basterà considerare il sistema
dxx = dx2 = .» == dxn = cg ' '
ù — r £
dal quale si ricavano subito gli n — 1 integrali
Xi — X\ = C>2 , X3 — Xx = C3 , .. , Xn — Xx = C„
e l'equazione lineare a derivate ordinarie del primo ordine
dxx "
dove in P e Z, come sopra in M, ad xz , x3 , .. , xn si sostituiscono respet-
tivamente Xx-\- c2, Xx 4"%, •• , xx + £w .
« Dopo aver posto
r
j P (^i , #i + £,y,. , a?a 4- e«) Api = ^(«2?! , <?g , .. , <?„) ,
j ,U (^ , C2 , .. , £n) e dXx = r (#, jf,;..,^),
I e efo?l = x,(«£l,c2, .. , ffn)-,
l'integrale generale della (3) e quindi della (1) sarà dato dall'espressione
2 = e \v {%x , X2 — ^! , .. , Xn — XX) 4-
+ ?' (^2 — 3Gx , •• , #M — XX )k(Xx,%% — XX , .. , #„ — #, ) 4- ìp(x2 — Xx , .. , #« — #i ) j
con i/> nuovo simbolo di funzione arbitraria.
« 2. Qualora la relazione (2) non sia verificata, se ne può stabilire un'altra
che corrisponde ad un nuovo caso di integrabilità per quadrature della (1).
Si raggiungerà lo scopo seguendo un metodo analogo a quello di Eulero e
La-Place per lo studio di una nota equazione a derivate parziali del secondo
ordine con due variabili indipendenti. Si ponga
(5) X — — — ^- — = l(
ÌXx ~Ò%2 c>#w
queste due ricavare i valori di *, — — • — — , .. , ^— e sostituirli nella se
oX\ vXz òOCn
— 386 —
e la (1) diverrà
0X\ i't2?2 òJCn
con
« Essendo «, per ipotesi, differente da zero, potremo dalla prima di
e due ricavare i valori di *, -
e
conda, la quale assumerà la forma :
1 M
Z_ Z_ ÌXr ~ÒXS ' i Z_ ÌXr \Z-DXs1 Z— ~lXr
che è analoga a quella della (1). Ad essa sarà quindi applicabile il crite-
rio (2), e, per conseguenza, la sua integrazione si ridurrà alle quadrature
quando si abbia
a_ÌP__2L 7)P . yy-^2log"_0
OXi 0X2 r-<*/t i "7~ oXf vXs
ovvero, a causa della (5),
j j oXf oXg
Integrata poi l'equazione che ci dà la Z, la (3') ci fornirà l' integrale della (1).
« 3. Proseguendo in questo modo si vede che si possono ottenere tanti casi
quanti si vogliono, nei quali la (1) è integrabile per quadrature; ma ad
ognuno di essi corrisponde una relazione differente, per cui ritengo che non
sia del tutto privo di interesse il ricercare una relazione sola, la quale, per
la presenza di una funzione arbitraria, corrisponda ad infiniti casi di integra-
bilità della (1).
« A questo scopo si ponga
ed otterremo
oX? cX$ vXf 0-l's cXg dXf cXf cXs vXf oX$
per cui, dopo fatta la sostituzione, la (1) assumerà la forma
(6) ,vv_l^_ + ySPl/ + 2v^|^ +
l i O'tj- oX$ s=j ' ,-=i òXf j uX$
i n ->„ ?» n -\2, \
+ Ni; + P I^ + I Y-^- f = M.
' i oXf i i oXf dXs ;
— 387 —
« Questa equazione differenziale, dopo che è divisa tutta per r/, si trova
nelle medesime condizioni della (1), e quindi sarà integrabile, rispetto alla
funzione £, quante volte abbia luogo la relazione
(7) N + pvll^ + i-yf_Z^_y^_2yyZte=0
« La presenza della funzione rn cui può assegnarsi una forma arbitraria,
fa sì che in questa relazione sieno compresi infiniti casi di integrabilità
della (1), poiché il valore di rj si ottiene da quello di £ ricavato dalla (6)
moltiplicato per la funzione rj che ha servito a rendere soddisfatta la (7).
« 4. Così il problema della integrazione della (1) vien ricondotto al-
l' integrazione della (7), la quale se ha apparentemente una forma compli-
cata, in realtà può ridursi assai semplice con una opportuna sostituzione.
« Si ponga
(8) Y^ = a
j ~òXr
ovvero
(8') É£ — ^
e si osservi che quando è data la u con sole quadrature la (8') ci dà ry.
Derivando la (8) e la (8') rispetto ad xs otterremo
y Vlogi?_ ìu
c=i oXy oX$ oXs
2_ ~ — = Tj f- U L
y*=\ ÙXy uXg ÒXg oX$
e facendo la somma rispetto all' indice 5 da 1 ad », tenendo conto della (8) :
yy-Vlogi? = y J«
i i uXy oXs i oXs
^1 1 i oXr dXs j oX$ i oXs *~\~ óX$
« Sostituendo nella (7), questa diverrà :
(9) N-y-^-+pw + w2= t^-
ed anche a causa della (5):
(9r) « + Pw + ^ = V-^--
1 vXy
- 388 —
« Così il nostro problema è ridotto all' integrazione di questa equazione
differenziale molto più semplice della (1): anzi, pel nostro scopo, non è nep-
pure necessario di integrare completamente questa equazione differenziale,
essendo sufficiente la conoscenza di un integrale particolare qualunque. Per
esempio nel caso di a = 0 si potrà prendere u = () e ^^ = 0 ovvero ^ = 1,
ritrovando così un risultato ottenuto in principio. Come pure quando sia N=0
si vede che le (9) è soddisfatta da u~ — P. In ogni modo però, l' integra-
zione della (9') effettuandosi mediante il solito sistema
u -j- Fu -f- vr
si vede subito che il problema posto in principio dipende dall' integrazione
dell'equazione differenziale a derivate ordinarie del primo ordine
(10) ^• = a1 + PlM + M8
dove con a, , Fx indico le «, P dopo che alle a?8 , x3 , .. , xn sono sostituite
respettivamente d\-{- c2, .. , X\-\- cn. L'equazione (10) che può facilmente
ridursi alla forma
dV 17 2
j— = a + bv*
è troppo nota perchè sia qui il caso di discuterla; basti accennare che si
integra immediatamente quando di essa si conosca ima soluzione particolare.
Quindi se fosse soddisfatta p. e. la relazione
«i + Pi* -f- e2 = 0
con e costante qualunque, la (1) sarebbe integrabile con semplici quadrature ».
Meteorologia. — Sulla determinazione della temperatura media
di Roma, Nota del dott. Adolfo Cancani, presentata dal Corrispon-
dente P. Tacchini.
« Nel supplemento della Meteorologia Italiana del 1869 il prof. Cantoni
dimostrava, che la media dedotta dalle temperature osservate alle 9h ant. e
9h pom. colla massima e minima della giornata si avvicina grandemente alla
media ricavata dalle 24 temperature orarie segnate dal termometro registra-
tore, e ciò per la stazione di Berna. In conseguenza egli introdusse l'uso nella
Meteorologia italiana di calcolare la media temperatura diurna con la com-
binazione anzidetta, salvo poi ad applicarvi le relative correzioni da determi-
narsi coi dati ottenuti da strumenti registratori posti in azione in luoghi
diversi della penisola. Il prof. Grassi poi in una sua Nota pubblicata nel
Supplemento alla Meteorologia Italiano del 1878, esponeva le ricerche da
lui fatte a questo riguardo per diversi Osservatori italiani come Milano e Napoli,
— 389 —
servendosi delle osservazioni termografiche che da qualche tempo si vanno ese-
guendo con tanta diligenza in quegli Osservatori. Le correzioni da lui trovate
sono assai piccole. Inoltre il prof. Grassi trovò, che nel calcolo della media
temperatura si poteva far uso delle medie mensili dei massimi e minimi osser-
vati coi comuni termografi anziché del massimo e minimo di tutte le medie
orarie ciò che non può aversi che dagli strumenti registratori.
« Essendo le correzioni trovate dal prof. Grassi per Milano positive e
per Napoli quasi tutte negative, è molto probabile che per Koma si annul-
lino o si avvicinino molto allo zero (1).
« In uno studio da me intrapreso ma non ancora condotto a termine in
questo ufficio centrale meteorologico, sono venuto incidentalmente a compro-
vare l'eccellenza del metodo proposto dal prof. Cantoni ed a verificare la pre-
visione, qui enunciata, del prof. Tacchini. Espongo sommariamente in qual modo
sono giunto a questa verifica.
« Ho dedotto la temperatura media di Roma dell'anno 1886 servendomi
delle 7 osservazioni dirette fatte ogni giorno nell'Osservatorio del Collegio Ro-
mano ed utilizzando le curve del termometro registratore Richard, che da
alcuni anni ivi funziona, per ottenere con interpolazione la temperatura
delle 17 rimanenti ore. Ho fatto questa interpolazione calcolando le diffe-
renze fra due osservazioni dirette consecutive e i corrispondenti dati del regi-
stratore, e supponendo che ove queste differenze non si mantengano costanti
variino proporzionalmente al tempo.
« A questo metodo potrebbe obbiettarsi l'influenza che produce lo spo-
stamento eventuale delle curve rispetto alle linee orarie dovuto all'avanzare
o al ritardare dell'orologio del registratore.
« Per rispondere a questa obbiezione ho calcolato l'errore che può portare
nel risultato lo spostamento della curva del registratore. Ho scelto nell'anno
una curva in cui fosse massima l'escursione diurna della temperatura onde
massimo fosse pure l'errore sul risultato e ne ho dedotto col metodo suddetto
la temperatura media diurna facendo tre ipotesi:
la Supponendo la curva del registratore al suo posto.
2a Supponendo che la curva stessa fosse tutta spostata di un' ora.
3a Supponendo che quella curva fosse al suo posto al principio della
giornata, ma che poi avesse avanzato man mano in modo che alla fine delle
24 ore si trovasse in avanti di unJora.
Risultati :
1° La curva è al suo posto; temperatura media diurna =24° 87.
2° La curva è tutta spostata per un'ora; temp. media diurna = 25" 38.
(') Sul clima di Roma. Nota di P. Tacchini. Annali dell'ufficio centrale di meteoro-
logia italiana, anno 1882.
Rendiconti. 1888. Voi, IV. 2° Sem. 50
— 390 —
3° La curva è dapprincipio al suo posto infine spostata di un'ora;
ternp. media diurna 25°. 01.
« Da ciò si conclude che se in tutti i giorni dell'anno la curva fosse
tutta spostata di un'ora la temperatura media annua verrebbe errata di 0° 5
al massimo, e se in tutti i giorni dell'anno avesse luogo la terza ipotesi ver-
rebbe errata di 0° 15 al più. Ora questi casi estremi che ho supposto mai
hanno avuto luogo nell'anno; infatti i massimi spostamenti che si ritrovano
nelle curve del 1886 non giungono che ad una mezz'ora circa ed il numero
dei giorni in cui si avverte qualche spostamento delle curve riguardo al tempo
non giunge a dieci.
« Quindi il risultato della temperatura media annua per ciò che può
dipendere da questa causa d'errore si può garantire fino a 0°01.
« La temperatura media annua del 1886 dedotta col metodo sopra indi-
cato ossia dalle 24 temperature orarie di ciascun giorno è di 15°. 606, mentre
quella dedotta col metodo adottato dal Consiglio della Meteorologia italiana
è di 15°. 612.
« Il Grassi nel suo lavoro che lui per titolo Sul calcolo dell'i tempe-
ratura media diurna in I/alia (') trova le correzioni seguenti da applicarsi
nei singoli mesi alla media dedotta colla regola del Cantoni per Milano;
queste sono dedotte dalle osservazioni d' un periodo di tre anni e sono espresse
in centesimi di grado:
Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio
+ 12 -f-11 13 + 12 + 7 H 5 + 7
Agosto Settembre Ottobre Novembre Decembre Anno
+ 9 +12 +11 +9 +13 +10
« La medesima determinazione ha fatto il Grassi con i dati del termo-
metro registratore di Modena quali sono esposti dal Ragona nella sua Memoria
sulla, temperatura (-'). Le correzioni seguenti sono dedotte da parecchi anni
di osservazioni e sono espresse in centesimi di grado.
Gennaio Febbraio Maivo Aprile Maggio Giugno Luglio
+ 8 +19 f-20 f-4 —5 —5 —13
Agosto Settembre Ottobre Novembre Decembre Anno
— 2 +1 +15 +13 +3 +5
« Nota il Grassi che la correzione media dell'anno è diminuita notevol-
mente da Milano a Modena, e presentando pure una piccola diminuzione da
(') Meteorologia Italiana. Memorie e notizie; anno 1878, fase. II.
(2) Andamento annuale della temperatura. Supplemento alla Meteorologia italiana,
anno 1875, fase. III.
— 391 -
Berna a Milano s'indusse a fare un calcolo analogo per i dati termografici
di Napoli di un periodo di 6 anni ; ecco i risultati ottenuti espressi sempre
in centesimi di grado:
Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio
+ 1 —2 — 6 —1 —1 +2 —1
Agosto Settembre Ottobre Novembre Decembre Anno
0 —5 — 4 —2 0 —1.6
« Sebbene già da parecchi anni il metodo adottato dal Consiglio della
Meteorologia italiana fosse stato verificato per Berna, Milano, Modena e Napoli
non era stato ancora verificato per Koma. Ora ecco i risultati a cui sono
giunto per il 1886.
Correzioni per le temperature medie mensili
ottenute colla regola del prof. Cantoni, in centesimi di grado.
Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio
+ 15 +20 +16 +1 —16 —13 —10
Agosto Settembre Ottobre Novembre Decembre Anno
— 17 —11 —2 +9 +1 —0.6
« Mi riservo a comunicare in altra Nota i risultati di parecchi anni di
misure e le correzioni definitive da apportarsi alle medie mensili ed alla media
annua per Koma, dedotte col metodo adottato dal Consiglio di Meteorologia, me-
todo che anche da questo mio primo lavoro risulta dimostrato opportunissimo ».
RELAZIONI DI COMMISSIONI
11 Socio Struver, relatore, a nome anche del Socio Spezia, legge una
Kelazione sulla Memoria del dott. E. Artini, intitolata: Studio cristallo-
grafico sulla Cerussite di Sardegna, concludendo per l'inserzione di questo
lavoro negli atti accademici.
Il Segretario Blaserna, a nome dei Soci Taramelli, relatore, e Mene-
ghini, legge una Relazione colla quale approvasi la pubblicazione negli Atti
accademici, della Memoria del dott. G. Terrigi intitolata: 77 calcare {Macco)
di Palo e la sua fauna microscopica.
Le conclusioni delle precedenti Relazioni, messe ai voti dal Presidente,
sono approvate dalla Classe, salvo le consuete riserve.
— 392 —
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario Blaserna presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna-
lando quelle inviate dai seguenti Soci ed estranei :
T. Taramelli. Terremoto ligure del 23 febbraio 1887. In collabora-
zione col prof. G. Mercalli.
A. Eighi. Sni fenomeiii elei l ri ri provocati dalle radiazioni.
A. Targioni-Tozzettt. Pubblicazioni varie, di cui sarà dato l'elenco nel
Bollettino bibliografico.
P. A. Saccarim». Sylloge fungorpm omnium hucusque cognitorum.
Voi. VI e VII.
Lo stesso Segretario presenta inoltre il voi. 3° dei Discorsi parla-
mentari di Q. Sella, raccolti e pubblicati per deliberazione della Camera
dei Deputati, e il Voi. XXVII {Zoologia) contenente i risultati scientifici
ottenuti colla spedizione del <• Challenger * .
Il Socio Govi, offrendo air Accademia una sua pubblicazione intitolata :
Della invenzione del Micrometro per gli strumenti astronomici, così ne
riassume il contenuto :
« L'invenzione del Micrometro per gli strumenti astronomici ha intera-
mente sconvolto le idee che gli antichi si erano fatte intorno alla grandezza
dell'universo e degli astri. Sino al 1609, cioè sino a quando Galileo pensò
d'adoperare il cannocchiale olandese per osservar le cose del cielo, gli astro-
nomi non avean potuto misurare con qualche esattezza nessun angolo infe-
riore ad un grado, e quindi essi attribuivano ai pianeti e alle stelle diametri
angolari lontanissimi dal vero.
« Galileo, pel primo, valendosi dell'anello oculare come d'un micrometro,
pervenne a misurare con una precisione insperata il diametro degli astri e
le piccole distanze angolari di quei corpi celesti che ci appariscono assai
vicini fra loro. Egli non potè far meglio, non permettendolo il suo cannoc-
chiale, che non ammetteva a un tempo la visione distinta dellV/;^//o oculare
e quella degli oggetti da misurarsi. Però lo stesso Galileo conobbe, e usò
forse, mezzi micrometrici migliori ; ma quali fossero codesti mezzi, qua e là
accennati da lui, non è detto chiaramente in nessun luogo de' suoi scritti
che ci sono pervenuti, e per ciò non possiamo darne giudicio alcuno.
« Simone Mayr {Marius) che cercò di carpire a Galileo la gloria di
aver scoperto i satelliti di Giove, volle ancora far credere d'aver impiegato
— 393 —
un mezzo micrometrico migliore del suo, ma non avendolo mai fatto cono-
scere, possiamo credere a buon diritto che egli non ne avesse alcuno.
« Passarono 40 anni dalle prime osservazioni di Galileo, innanzi che
s'immaginasse un vero e proprio micrometro per gli stronfienti astronomici, e
fu ancora un italiano che lo ideò, lo eseguì e se ne valse per misurar gli
astri e per ritrarre la Luna.
« Eustachio Divini, da San Severino nelle Marche, valente lavoratore
di vetri per telescopi e per microscopi, pubblicò infatti, nel 1649, una ima-
gine incisa in rame del nostro satellite, osservato nel tempo dell'opposizione
con un cannocchiale Kleperiano, e disegnato da lui stesso, com'è detto sulla
tavola incisa, valendosi di una graticola di fili metallici posta nel piano
focale dell'oculare, dove veniva pure a dipingersi l'immagine della Luna data
dall'obbiettivo.
« Per una fortunata serie di vicende la lastra di rame coll'immagine
della Luna fattavi incidere dal Divini, rimasta presso gli eredi degli ultimi
discendenti di quel valente artefice, è giunta pressoché intatta (*) sino a noi,
e ho potuto valermene, facendone trasportare sulla pietra litografica l'ima-
gine della Luna, per aggiungerla come prova irrefragabile a codesto scritto
intorno alla invenzione del Divini.
« Prima del Divini, il cannocchiale con due vetri convergenti ideato dal
Keplero nel 1611 (col quale soltanto diveniva possibile l'uso d'un vero, mi-
crometro) era stato eseguito e adoprato nelle osservazioni dal padre Cristo-
foro Scheiner (fra il 1613 e il 1630) senza però ch'egli avesse pensato mai
a collocare in esso un apparecchio micrometrico.
« Eustachio Divini mandò in dono la sua Luna al Kiccioli e agli altri
astronomi di quel tempo, ma, quantunque l'uso del micrometro vi fosse chia-
ramente descritto, nessuno l'intese, o per lo meno nessuno lo adoperò, finche
nel 1659 Cristiano Huygens non ebbe fatto conoscere il suo artifizio micro-
metrico. Anche l'Huygens, però, ebbe pochi seguaci e nel 1662 Geminiano
Montanari, credendosene inventore, rifece la graticola del Divini e se ne valse
per le osservazioni da lui fatte a Modena nella specola del marchese Cor-
nelio Malvasia. Gli storici dell'astronomia, badando solo al frontispizio del-
l'opera, diedero il merito al Malvasia d'aver inventato la graticola oculare
perchè le Effemeridi e le osservazioni del Montanari erano uscite in luce
sotto il nome di lui, e del Montanari vi si parlava soltanto come d'un abile
collaboratore.
0) Essa presenta appena alcune macchie nere dovute forse a qualche goccia ili ma-
terie acide o corrosive cadute sul rame, macchie che si sarebbero potute togliere facil-
mente nella riproduzione litografica, ma che si è preferito lasciarvi perdio non fosse sop-
presso né aggiunto arbitrariamente alcun tratto al disegno originale.
— 394 —
« Finalmente nel 1666 Adriano Auzout pubblicò il suo micrometro ocu-
lare a vite e a capelli, o a fili di seta, assai più accurato e sicuro che
non fosse quello a graticola del Divini, del quale però potea dirsi un sem-
plice perfezionamento. Felice Fontana sostituì nel 1754 i fili di ragno ai
fili di seta o d'argento, e gli astronomi ebbero finalmente il più squisito mezzo
di misura del quale possano valersi anche al dì d'oggi.
« È ben vero che prima del 1649, forse nel 1640, un giovane inglese
William Gascoigne (ucciso nel 1644 nella battaglia di Marston-Moor) aveva
ideato, lavorato e adoprato un micrometro simile a quello dell' Auzout, ma
l'invenzione del Gascoigne, che questi non aveva mai pubblicata, era ignota
agli stessi inglesi, quando l'Auzout, un quarto di secolo dopo, fece conoscere
il suo micrometro, sicché, per quanto essa onori l'ingegno del Gascoigne,
non può scemare in alcun modo il merito del Divini, né togliere all' Auzout
la gloria d'averne perfezionato l'invenzione.
u Rirnan quindi ormai provato con documenti incontestabili che il primo
micrometro oculare fatto conoscere agli astronomi è -stato quello del Divini,
e che l'immagine della Luna, da lui ritratta per mezzo di esso, oltre a es-
serne la prova, è senza dubbio ancora la prima mappa selenografica bastan-
temente esatta per poter servire a raffronti colle zelenografie posteriori più mi-
nute e più certe » .
11 professore Tacchini presenta il primo volume delle Memorie di Geo-
dinamica, che fa parte degli Annali dell' Ufficio centrale di Meteorologia e di
Geodinamica. Il volume contiene una relazione sulle sessioni diverse della
R. Commissione incaricata dell'ordinamento del servizio geodinamico in Italia,
seguita da alcune memorie riguardanti studi ordinati dalle Commissione me-
desima, e fra queste va notata la memoda del Tarameli] sulla carta sismica
d' Italia, che serve ora di base alla distribuzione delle stazioni per lo studio
dei movimenti del suolo. Vi sono poi importanti memorie dei Signori Tara-
melli, Mercalli, Grablovitz, Agamennone e Cortese, oltre ad alcune note del
meccanico Brassart sugli apparecchi nuovi costruiti da lui per incarico della
Commissione Geodinamica e del nuovo Consiglio Direttivo di Meteorologia e
Geodinamica. Il volume è corredato di molte tavole illustrative.
PERSONALE ACCADEMICO
Il Presidente annuncia con rammarico alla Classe la perdita fatta
dall'Accademia nella persona del suo Socio nazionale conte Paolo Ballada
di San-Robert, mancato ai vivi il 21 novembre 1888. Apparteneva il de-
funto Socio all'Accademia, sino dal 26 maggio 1878.
— 395 —
Il Segretario Blaserna dà comunicazione delle lettere colle quali i
professori G. G. Stokes e H. A. Schwarz ringraziano l'Accademia per la
loro recente nomina a Soci stranieri.
Su proposta del Socio Todaro la Classe approva che il giorno 7 de-
cembre sia inviato al Socio straniero A. Kowalewsky un telegramma di
felicitazione e di auguri, ricorrendo in quel giorno l'anniversario del 25° anno
d'insegnamento del predetto Socio.
CORRISPONDENZA
Il Segretario Blaserxa dà conto della corrispondenza relativa al cambio
degli Atti
Eingraziano per le pubblicazioni ricevute:
La R. Società zoologica di Amsterdam; la Società di scienze naturali
di Emden; la Società geologica di Manchester; la Società di scienze natu-
rali di Basilea; la Società geologica e di storia naturale di Ottawa; la So-
cietà batava di filosofia sperimentale di Rotterdam: la Società filosofica di
Cambridge ; la Società degli antiquari di Filadelfia ; le Università di Oxford,
di Cambridge e di California ; il Museo di zoologia comparata di Cambridge
Mass. ; il Museo di geologia pratica di Londra ; il Museo Teyler di Harlem.
Annunciano l'invio delle loro pubblicazioni:
L'Istituto archeologico germanico di Roma; l'Università di Halle.
P. B.
— 397 —
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DEL.LA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
Classe di scienze morali, storiche e filologiche.
Seduta del 16 dicembre 1888.
G. Fiorelli Vice-Presidente
Aperta la seduta, il Vicepresidente Fiorelli comunica alla Classe la
notizia della morte del Principe Eugenio di Carignano. Interpretando il
sentimento dei Colleglli, propone che in segno di lutto la seduta sia levata.
La proposta è approvata all'unanimità e la seduta è tolta.
Furono presentate alla Presidenza le seguenti :
MEMORIE E NOTE
DI SOCI 0 PKESENTATE DA SOCI
Archeologia. — Il Socio Fiorelli presenta il fascicolo delle
Notizie per lo scorso mese di novembre, e lo accompagna con la Nota
seguente :
« Nella Regione X l'agro atestino restituì una nuova iscrizione votiva
alle Matrone. Nella Regione XI si ebbe notizia di un sepolcreto vetustissimo
riconosciuto nel comune di Brembate Sotto, e propriamente nei lavori per la
costruzione della nuova strada da Osio a Trezzo. Sventuratamente la neces-
sità di procedere con sollecitudine nei lavori impedì che fossero avvertiti in
tempo coloro che avrebbero potuto raccogliere tutti i dati scientifici ; e dobbiamo
alla solerzia dell'ispettore prof. Mantovani se non ci manca il catalogo degli
Rendiconti, 1888, Vol. IV, 2° Seni. 51
— 398 —
oggetti ricuperati. Tra essi sono meritevoli di speciale ricordo una cista in
bronzo a cordoni, una fibula di bronzo intera, e frammenti di altre.
« Nella Regione Vili va notata una iscrizione latina, pure dedicata alle
galliche Matrone, rinvenuta nella città di Piacenza.
« Per l'Umbria (Regione VI) il nuovo fascicolo contiene una nota del
R.Commissario cornili. Gamurrini intorno ad un'epigrafe della via Flaminia
esistente in Massa Martaua.
« Per l'Etruria (Regione VII) è importante un rapporto dello stesso
cornili. Gamurrini, ove si descrivono le scoperte avvenute >ul poggio di Ta-
lamonaccio, nel comune di Orbetcllo. Furono quivi rimessi in luce avanzi
di un'antica città, che il Gamurrini ritiene l'etnisca Talamone, e vi si recu-
perarono molti oggetti in terracotta ed in bronzo.
« Segue una relazione del prof. Helbig sopra gli scavi eseguiti nella ne-
cropoli di Tarquinia, durante la scorsa primavera. Furono fatte indagini nel
luogo detto il Tiro a segno, presso il nuovo cimitero, e non lungi dalle Ar-
catelle ; e si scoprirono tombe a fossa ed a camera per lo più franate e de-
predate. Ma non fu scarsa la suppellettile funebre raccolta, che tu aggiunta
alle collezioni del Museo civico tarquiniese.
« In Roma, come di consueto, si scoprirono molte iscrizioni, per lo più
funebri. Il maggior numero proviene anche questa volta dagli scavi attorno
ai ruderi dell'antica basilica di s. Valentino fuori di Porta del Popolo. Quivi
è stata pure riconosciuta l'estensione delia basilica, e bì sono determinati fatti
di importanza topoprafica e storica. Anche Le lapidi nuovamente recuperate
sono pagane e cristiane; parecchie tra queste portano' la data consolare come
le altre rimesse in luce nei mesi precedenti.
« Ma tra le lapilli intere o mutile rinvenute nella città e nel suburbio
supera per importanza grandissima un frammento marmoreo estratto dall'alveo
del Tevere presso la Salina sotto l'Aventino. Vi si contiene un cospicuo avanzo
dei Fasti trionfali capitolini.
* Continuò la scoperta di sepolcri sul margine della Labicana nella villa
Wolkonsky-Caiiipanari al Laterano ; si ebbe una statua di Mercurio nei lavori
pel prolungamento della via Balbo in prossimità «li Panisperna; furono recu-
perate sculture fittili presso il deposito di statuette votive tra la via Macchia-
velli e Buonarroti, finalmente non mancarono resti di suppellettile funebre
appartenenti al sepolcreto vetustissimo che si stendeva presso la chiesa di
s. Martino ai Monti.
« Furono ripigliate le indagini nell'area dove sorgeva il famoso tempio
di Diana sulle sponde del lago di Nerni, e se ne ebbero finora nuovi dati
per la topografìa del santuario.
- Una nota dell'illustre comm. G. B. De Rossi mette innanzi il pregio
di un'iscrizione scoperta a Baia, del cui rinvenimento fu da'.o il semplice an-
nunzio alla R. Accademia,
— 899 —
« la Villavallelunga nei Marsi (Regione IV) fu dissotterrata una la-
pide con iscrizione latina ; dall'area dell'antica Rudiae, non molto distante da
Lecce (Regione II), provenne un fittile, ove è un graffito, una leggenda mes-
sapica ; e dal territorio di Nicotera (Regione III) un'altra epigrafe sepolcrale.
Nella regione medesima in Reggio furono tratte all'aperto tre iscrizioni ono-
rarie usate come materiale di fabbrica nei restami di un antico edilìzio termale.
« Il territorio di Macomer in Sardegna restituì due iscrizioni funebri
latine, che furono aggiunte alle lapidi del R. Museo antiquario cagliaritano».
Storia letteraria. — Su la Gemma purpurea e altri
scritti volgari di Guido Fava o Faba, maestro di grammatica in
Bologna nella prima metà del secolo XIII. Nota del Socio Ernesto
Monaci.
« Allorché il Rockinger pubblicò nel 1863 a Monaco di Baviera la sua
interessantissima raccolta di Brief Heller niid FormeMcher cles XI-XIV Jahr-
hunderts (l), gli studiosi delle antichità letterarie italiane non sospettarono che
in mezzo a quella congerie di latino medioevale si trovassero confuse anche
alcune scritture volgari, le quali, non fosse stato che per la loro vetustà,
avrebbero certamente attirato tutta la loro attenzione e il loro studio.
« Infatto nella Doctrina ad ìnveniendas, incipiendas et formandas
materias di Guido Faba o Fava, maestro di grammatica in Bologna durante
la prima metà del secolo XIII, fra molti esempi o formule che egli vi avea
inserite di epistolografia latina, altri pure ve ne incontriamo scritti in vol-
gare; e poiché il libro era stato dall'autore dedicato al podestà di Bologna,
messer Aliprando Fava, il quale occupò quell'officio nell'anno 1229, ne ve-
niva che questi saggi di epistolografia volgare di maestro Guido dovessero
riportarsi per lo meno a quell'anno medesimo, se non anche più addietro.
« E il fatto era importante: perocché, se già ben prima del secolo XIII
furono scritte in volgare carte notarili, ricordi domestici e cose di chiesa,
di prose veramente letterarie poi non si avevano finora documenti i quali
fossero riconosciuti anteriori alla seconda metà del tredicesimo secolo. Si avea
bensì tutto un ciclo di lirici che erano stati contemporanei di Federico II,
e taluni lo avevano anche preceduto ; ma di prosatori in quel tempo istesso
nulla. Ora le forinole epistolari del maestro bolognese, per quanto esigua
cosa, cominciavano a colmare una lacuna non facile a spiegarsi nella nostra
storia letteraria; e perciò, lo ripeto, soltanto alla qualità del libro in cui
erano state pubblicate e alla rarità di esso in Italia si deve attribuir
gli studiosi nostri non misero subito a profitto quelle preziose pagine.
(': Quellen und Erórterungen sur bayeris* deutschen Gescì c7«te, m
Band
— 400 —
« Ad agevolarne la conoscenza fra noi, volli ultimamente darne una
seconda edizione nella Crestomazia italiana dei primi secoli ('), e potei in
essa giovarmi di una ricollazione di ambedue i mss. adoperati dal Rockin-
ger, della quale collazione ringrazio il mio amico prof. W. Meyer della Uni-
versità di Gottinga.
« Senonchè, i mss. adoperati dal Rockinger, sebbene pregevoli per la
loro antichità, erano tuttavia tali da non potersene trarre troppo profitto per
rendere il testo abbastanza intelligibile a tutti. Ambedue opera probabilmente
di scolari tedeschi, costoro certamente non dovevano avere alterata la fonetica
o la morfologia del testo per influenze di dialetti congeneri, come si è ve-
rificato quasi sempre in simili casi, sotto -la penna di copisti italiani ; ma
essi, copiando senza capir sempre quel che copiavano, avevano bene spesso
tanto deformata la parola da non potervisi più rintracciare la prima effigie
se non per via di congetture e di ipotesi. Così, infino a che non si fosse
trovato almeno un terzo ms. indipendente dai due già menzionati, per mezzo
del quale tentare una ricostituzione critica, stimai opportuno limitarmi per
il momento ad una edizione quasi diplomatica, e l'uno e l'altro testo ripro-
dussi con tutti i loro errori anche i più evidenti, siccome con runico su>-
sidio che si avesse per iscrutarne le mende occulte.
« Ma fortunatamente il riscontro di altri mss. non si è fatto desiderare
a lungo. Il prof. Augusto Gaudenzi, col quale intendo a preparare una edi-
zione delle opere didattiche «li Guido Fava e di altri dìctatores italiani.
mi ha segnalato testò due nuovi mss. contenenti le predette forinole volgari.
tutti e due conservati nella biblioteca Vaticana, che sono i seguenti:
« Vat. Palat. 1611, scritto - anno Doni, incarnationis mcclxvhi»;
« Vat. 5107, probabilmente esso pure della seconda metà del secolo XIII.
« Confrontando questi mss. la prima cosa che si osserva è che qui le
forinole volgari non stanno inserite nella Doctrina ad inveniendas etc. come
nei due della biblioteca di Monaco conosciuti dal Rockinger, ma formano
un'operetta a parte, la quale operetta in tutti e due i mss. si trova intitolata
Gemma purpurea. È un titolo a primo aspetto molto strano per una rac-
colta epistolare; ma chi ripensi alla Palma,dH& Oliva, al Cedrus, alla Mijrrìia,
alla Rota Veneris di maestro Boncompagno da Firenze ; al Candelabrum di
maestro Bene da Lucca ; al Rosarium di maestro Guido da Baisio; alla Rosa
novella di maestro Pietro de'Boatteri; all' Aurora del De Unzola, e ai tanti
Flores, Margarìiae ecc. sotto il cui nome i colleghi del Fava presentavano
agli scolari altri simili e più aridi manuali didattici, non si meraviglierà del
titolo adattato a questa operetta, nel quale anzi vedrà rispecchiato fedele e
vivace il sentimento poetico della età e della classe medesima alla quale
il nostro grammatico appartenne.
(i) Città di Castello, Lapi, 1888, pp. 32-35.
— 401 -
« Qual sussidio dai predetti inss. ritraggasi per la costituzione di un
testo unico che ci ravvicini quanto è possibile al testo dettato dall'autore,
cercherò di mostrare prossimamente. Ora mi preme di aggiungere che al
Gaudenzi dobbiamo anche il trovamento di un'altra opera volgare del Fava,
assai più estesa della Gemma purpurea e quindi ben più di quella importante
come saggio della nostra prosa letteraria nei tempi di Giacomo da Lentino.
di Pier della Vigna e di Federico IL
« Questa seconda opera, conservataci pure da uno dei predetti co-
dici vaticani, il 5107, s'intitola Parlamenta et epistole , e consiste in una
nuova serie di esempi in parte destinati anch'essi alle corrispondenze episto-
lari siccome la Gemma purpurea, in parte a quelle composizioni che altri-
menti erano chiamate dicerie. Per le stampe di già conoscevamo fra le altre
le Dicerie del Ceffi, pubblicate dal Biondi nel 1825 (1). I Parlamenti del Fava
sono scritture dell'istesso genere ; con la differenza che il Ceffi appartiene
alla prima metà del secolo XIV, mentre il Fava appartiene alla prima metà
del XIII, e viene perciò a prendere il primo posto nella serie di quei mae-
stri che facendo passare dal latino nel volgare l'arte dei dictamina, contri-
buirono assai più di quel che non si creda, nella formazione del nostro primo
idioma letterario.
Superfluo che io stia qui a ricordare che l'ars dictaminis o la episto-
lografia medioevale fu un prodotto dei più caratteristici delle scuole italiane
e che principalmente nello studio bolognese vigoreggiò ed ebbe svolgi-
mento la sua copiosissima letteratura (2). Quei maestri diedero alla epistola
fra le prose quella importanza artistica che alla canzone e al sonetto fu data
nella poesia, e fu per essi che l'ars dictaminis finì col fondersi insieme con
l'ars notar ia. Così l'ufficio del notaio e del segretario presto abbisognò fra
noi di una speciale preparazione letteraria, e non fa meraviglia il numero
stragrande che troviamo di manuali per questo studio, se si pone mente allo
stragrande numero che si ebbe allora di notai, dapertutto ricercati, vuoi al
servigio delle Comunità e delle Podesterie, vuoi nelle corti signorili ed epi-
scopali. Quei manuali si dividevano in due classi: teoretici, ove erano rac-
colti ed esposti i precetti dell'ars dictaminis ; pratici, ove si offrivano in
guisa di antologia i migliori esempi di lettere e di parlate per ogni contin-
genza della vita {summae diclaminum). E se una siffatta letteratura, tutta
latina di forma e d'intenti, sembra a prima vista che poco o nulla dovesse
contribuire al trionfo del parlar materno, ornai si può invece affermare, come
più sopra dicevo, che vi contribuì moltissimo. Imperocché se il latino era la
C1) Torino, Chirio e Mina, 1825.
(2) Su questo argomento, oltre alle memorie del Rockinger, del Wattembach e ili altri,
merita di esser letto il bel lavoro del prof. P. Novati su La giovinezza di Coluccio Salu-
tati, Loescher, 1888, segnatamente ai Capitoli II e III.
— 402 —
lingua officiale dell'insegnamento, nell'uso peraltro non potevasi evitare il vol-
gare. Si preparavano dunque le dicerie in latino, ma si pronunziavano in
italiano; e per facilitare la intelligenza delle forinole epistolari a chi, più:
sapendo poco di latino, voleva per più eleganza in latino scrivere la sua
corrispondenza, si dovette presto ricorrere a dare lo stesso testo in latino e
in volgare, o almeno a dare in volgare un transunto del testo latino, sic-
come poi fu espressamente stabilito per gli atti giudiziari. La società dei
notai bolognesi, pubblicando nel 1246 il suo statuto, vi inserì una sanzione
la più esplicita in questo senso, e troviamo che nel passar roani e di abi-
litazione al notariato in Bologna si doveva dar prova di saper scrivere cor-
rettamente così in latino come in volgare ; e a tale scopo furono eletti quattro
notai « a consulibus artis tabellionatus, coram potestato et ejns judicibus,
u qui inquirerent qualiter scirent scribere et qualiter legere Bcripturaa quas
« fecerint vulgariteb et literaliter, et qualiter latinare et dictare » (').
« Ciò ricordato, si troverà ben naturale quel che vediamo l'atto da Guido
Fava con la sua Gemma e con i suoi Parlamenta. Con la Gemma egli com-
pendiò in volgare delle forinole che aveva più ampiamente svolte in latino;
con i Parlamenta ci diede altri testi ugualmente o quasi ugualmente svolti
così in latino siccome in volgare.
« Veggasi per esempio la letterina amorosa che sta sotto il u. VI della
Gem
« Quando eo vego la vostra splendiente persona, perlagrande aleg
« me par ke sia in paradiso, sì mi prende la vostr' amore, donna gensore, sovra
« omne bella! -
« Ecco ora il testo intero latino della stessa Lettera quale ci è porto
da un ms. vallicelliano della Summa dìctaminis dello stesso autore:
« Nobili et sapienti domine .P. inorimi elegancia decorate .15. salutem
« et quicquid fidelit . iruicii potest. sic me eepit uestre elaritatis amor,
« uirgo splendida rosea et serena, quod diebus ac uoctibus non posami aliti 1
« quam de uestra pulcritudine cogitare, quam timi videre ualeo, in tantum
« meus animus gloriatili-, quasi essem inter paradisi gandia constitutus.- cum
« autem sitis spes mea, que milii sola potest in terris conferre mentis Leti-
te ciam et salutem. gratiam suam mihi pereunti vestra curialitas miseri-
« corditer largialur: sine qua mea vita mora creditur».
Ma i limiti di una Xota non mi permettono ora di trattenermi in simili
particolari, sui quali spero di tornar presto. Qui basti di avere raccolto
una doppia prova del nesso che corse tra la scuola dei grammatici bolognesi
e la cultura della lingua volgare in questa stessa ritta già fin dai tempi di
Federico li, e possano questi primi cenni pei ricercatori essere di qualche
(!) Rockinger, op. cit. p. XXIV; e già prima l'aveva notato il Sarti. De claris Ar-
iymn. Bono//, professor, p. L25, uè dime. isso il Novati, op. cit. p. 71.
— 403 —
stimolo alla piena esplorazione di un filone, nel qual resta ancora da far quasi
tutto. Riserbandomi di dare in altra nota il testo della Gemma ristabilito
sui quattro mss. di cui ho parlato, qui intanto, grazie alla cortesia del prof.
Gaudenzi, comunico un saggio dei Parlamenta, e richiamo in ispecie l'at-
tenzione sopra le due Invettive tra Carnevale e Quaresima, amene diva-
gazioni, come molti sonetti e canzoni d'amore, di quelle medesime scuole dove
maestri bolognesi, lombardi, toscani, romani e meridionali insegnavano a met-
tere in volgare i loro libri di testo, quali il Libro di Calo, il Pan/ilo, i
Trattati di Alberlano, i Proverbi di Salomone e altre opere latine del
medio evo e dell'antichità. È in simili divagazioni che la prosa italiana co-
minciò a liberarsi dalla falsariga latina » .
Cod. Vat. 5107.
e. 75 a
/
Responsivum parlamentum ellecti fratris.
« No serave dexevele u raxonevele cosa fare prego a voi; ka noi somo
« sci una cosa, k'el parave che fosse a mie medesemo. e so che no è mistero
« che voi seti apareclà d'audire quelle cose che piacerà a vue dire eo, avegne
« che scia indigno et immerito, voglo mie assimblare al mercatante, de el
« quale dice la Scriptum c'andò in terra luntanna, et trovando una bona mar-
« garita, vendeo omne cosa e sci la comperò, questa terra luntana sci è
« terra incoronata, là o eo son stato a li pie de la phylosophya et audito la
« soa doctrina e nutrito de lacte de la sua dolceca; e no cenca spese e fa-
« tica ò atrovato margarita de sciensia preciosa, la quale resplenderà in la
« nostra terra, in oricio plubico, al quale voi diti so alecto in presenti, unde,
« a co che la cemuia se debia provare, e mostrare la sua clarità per experientia
« de verità, vero cimi mia mercatandia seguro et alegramente, quando la nuova
« curte intrare devrà a dire et a fare quelle cose che pertineranno ad acre-
« samento de gloria et honore » .
De commutate ad militem ellecLum in ■polestaiem, parlamentum:
« Inperquello che in voi ène grande discretione e multo savere, vo faro
« prego che sia audito, cha voi e questi savii homini vostri parenti et amisi
« m'audiriti, et intendenti quello che dirò al vostro honore e de coloro ch'amono
« la vostra persona, da grande amore se parte et è da tignire forte a plaxere
« quando le cita de multe persone allege lima e tolse de sci e mitte se in
« altroi potestà, scicomo à facto Sena, la quale in presente à riama voi
« in soe rectore e sciore, sperando per li vostri meriti recevere accrexemento
« de bona ventura, la quale electione ve representa da parte del dicto coni-
— 404 —
« mimo, pregando la vostra dinnatione che voi la nostra potesteria voglà recevere
« scicomo se convene, guardando che in regemento s' acatte omne honore, là
« o la gentilisia resplende, la bontà apare e 1 savere s'acognose manifeste-
« mente ».
e. 81 a
De Quadrar/esima ad Caniis privium.
« Noi Quaresema, matre d'onestà e de discretione, no salutemo te Car-
« nelvare (') lopo rapace, che do se digno. ma in logo de salute abie pianto
« e dolore, tu sai bene che noi conosemo le tue opere, e le tue iniquità sono
« a noi manifeste; che tu se' fello e latro, ruffiano, putanero, glotto. lopo
« ingordo, leccatore, biscaccero, tavernero, yogatore, baratero, adultero, forni-
« catore, homicida, periuro, fallace, traditore, inganatore, menconero, amico
« de morte e pieno de multa cucura. unde lo mundo, lo quale tu ay bruto
« per pecati, volendo purgare dignamente per vita munda et immaculata,
« per deyono et oratione et beneficio de carità, comandamoti destrectamente
« che tra qui otmartidie debie inscire de tuta christianita, e la tua habitatione
«scia in logo diserto, overo in terra d'esaratìone; sapando, che se tu ti
« lasaria trovare, noi cum nostra cavallaria confonderemo te et tuta la
« tua gente ».
C. 81 B
Responsiva contrarili.
« Noi Carnelvare rege di rre, prencepo de la tera, no diamo salute a
« tie, Quaresima topina, ch'ei piena de pianto e d'onne miserie ; ma tego scia
« confusione angustia e dolore: ka tu è inimica del mundo, matre de avaricia,
« sore de lagreme, fìgla de indito, le toe nare è grise, sci e cenere sacchi
« e dici (-'), le toi cibi sono legome bistiale ; da te desende ira, divisione,
« mellenconia, infirinità, pallore; onne anno ne fai asalto scicomo fulgore e
«tempesta; et in la tua pigola demoranya se fa multi mali et iniquità; e
« tanto e' tediosa e fastidiosa, che tuti te porta odia e desidrano che te debia
« tornare, ma per noi e la nostra gente se fa belli canti e tresche ; per noi
« le donzelle se racenca e fasse grandi solaci, yoie e deporti, unde inperquello
« che noi avemo a fare via luntana, a co che la tua malicia sia conoscoda,
« donote parola che tu fin a sabbato sancto e no più deibe demorare, se tu
«voi fugere la morte e scampare la vita; saipando ke Ho die preclaro de la
« pasca noi veremo incoronati cum gilli e rose e flore, e faremmo l'auxelli
« supra le ramelle cantare versi de fino amore » .
(!) Il Cod. carnelure.
(2) Sic.
— 405 —
e. 81 e
De filio ad patrem prò pecunia.
« Andato sono al prato de la phylosophya, bello, delectevele e glorioso.
■ et volsi coglere fiore de diversi colori, acò ch'eo facesse una corona de mera-
« veglosa belleca, la quale resplendesse in lo meo capo et in la nostra terra,
« a li amisi et parenti reddesse odore gratioso. ma lo guardiano del cardino
« contradisse, s'eo no li facessi doni placeveli et honesti. unde inperquello
« che nnon ò che despendere ; si la vostra liberalità vole che vegna a co-
« tanto honore, voglatime mandare pecunia in presente, sci che in lo cardino
« in lo quale sono intrato, possa stare e coglere fructo pretioso « .
e. 81 e
De amico ad amicum communìs audientìa.
« In presentia del maestro è Ila nostro posto (J) scicomo denanco a quelle
«persone che sono ornamento de savere ; dubitarave fortomente de favellare.
« ma la vostra curtisia è tanta, che cenca prego me dariti audientìa. ca voi,
« mesere Petro amico spetiale, lo signore Deo ne dia la sua gratta e bona
« ventura, longeca de vita in onne allegrerà, alla vostra voluntà. mando (2)
« eo vego la vostra persona, la nostra floresse, scicomo sci è l'arbore in lo
« mese d'aprile, che mostra lo bello maio e la fresca verdura, ad odire de
« la cui liberalità seguramente recurro, per adomandare picola cosa e grande.
« picola no dive dire, che tute le cose son grande fra l'amisi, per la grande
« voluntà ch'egl'ano da fare avixendevelemente plaxeveli servisii. unde eo ve
«prego, ma pregar no vo sso, enperquello che farave iniuria alla preclara
« amistà ; ma sola mente ve faco conto che ò bexono multo del vostro palla-
« freno, lo quale me voglati prestare e mandare in presenti, saipando ch'el
«me convene andare all'enperiale corona in servisio de la nostra terra».
Biografìa. — Il Segretario Ferri presenta alla Presidenza il volume
intitolato: Diario inedito con note autobiografiche del Conte di Cavour
pubblicato per cura e con introduzione di Domenico Berti, accompagnando
il dono del Socio Berti col seguente cenno bibliografico:
« Nessuno studio accurato sulla vita e sul carattere del Conte di Ca-
vour può esserci indifferente, molto meno poi quando un tale studio sia fon-
dato sopra documenti inediti e atti a rivelarci le più intime tendenze del-
l'animo, i più segreti pensieri dell'uomo. Questo è appunto il caso del volume
di recente pubblicato da Domenico Berti. Le informazioni che in questo volume
(*) Sic, corr. nostra persona?
(2) Sic, corr. quando ?
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 2° Sem. 52
— 406 —
attingiamo sul grande uomo, al quale il nostro paese deve in così gran
parte la sua ricostituzione, non sono soltanto nuove, ma ciò che più importa,
sono scritte da lui stesso, sono ricordi intimi e spesso confessioni secrete,
registrate, non certo con intendimento di lontana pubblicità, ma per desi-
derio e proposito di meglio conoscere se stesso; scopo a cui talvolta avrà
potuto contribuire la curiosità e l'amor proprio, ma a cui più spesso ancora
mira un'aspirazione seria al perfezionamento intellettuale e morale. La let-
tura di questo volume non può lasciare su ciò alcun dubbio, ed è vera for-
tuna che questi documenti sieno dai possessori, giunti nelle mani d'un edi-
tore che non solo per competenza singolare e relazioni di vita pubblica e
privata, era quanto altri mai in grado di valutarne l'importanza e trarne gli
insegnamenti che ne derivano, ma per senno e prudenza non poteva cadere
nel difetto lamentato in pubblicazioni fatte in analoghe circostanze da edi-
tori poco scrupolosi per l'onore dei morti o pei riguardi ai vivi.
« Il volume, a cui questo cenno è rivolto si divide in due parti : la
prima di LXX pagine contiene una larga introduzione, che per se stessa e
per i pregi di pensiero e di forma che la distinguono, è un lavoro originale ;
la seconda di pagine 350 è tratta tutta quanta da scritti intimi del Conte
di Cavour. L'introduzione che su di essa si aggira prima di tutto ci rende conto
dell'origine e della distribuzione di questi scritti, ci dà notizie precise intorno
alla loro provenienza, allo stato in cui si trovano, al tempo e alle circostanze
in cui nacquero, all'ordine loro cronologico. Essi si dividono in tre parti e
cioè: 1° una miscellanea giovanile che va dal 1828 al 1832; 2° il Diario
che comprende gli anni dal 1832 al 1837; 3" le note autobiografiche che
comprendono gli anni 1842-1843. Come si vede, abbiamo per un periodo di
dieci anni nel Conte di Cavour medesimo il narratore di tutto ciò che ha
creduto degno di nota nella sua esistenza. I suoi ricordi sono generalmente
scritti nei giorni stessi dei fatti e delle cose a. cui si riferiscono. Essi ci
permettono di tener dietro ai suoi primi studi, di conoscere quelli che hanno
formato la sua mente e la parte più cospicua della sua coltura, di scorgere
nella maturità del suo sviluppo intellettuale quelli che più l'hanno attratto
e gli hanno procurato maggiore autorità e maggior fama; e l'interessamento
che proviamo dalla lettura di queste note, e dalla esposizione viva e sentita
che ne fa il suo editore, cresce, per così dire, in ragione diretta della distanza
che separa il periodo di tempo a cui si riferiscono da quello nel quale, dive-
nuto primo Ministro di Vittorio Emanuele, dispiega le virtù d'ingegno e di
carattere, il sapere economico e la sapienza politica che fecero di lui il più
eminente uomo di Stato del tempo suo. La formazione nell'ordine biologico
umano è per lo meno così attraente pel filosofo, come quella degli organismi
pel fisiologo, tanto più poi cresce questa attrazione quanto maggiore è l'orga-
nismo morale del quale ci è dato di rintracciare, se così posso esprimermi, i
primi germi e le fasi evolutive.
— 407 —
« Leggendo l'accurato lavoro del Berti rileviamo con lui nel Conte di
Cavour, non già una tendenza esclusiva negli studi, ma una predilezione per
quelli che si domandano positivi. La matematica e l'economia politica hanno
lasciato una traccia profonda sia negli scritti speciali di Ini, sia ne'suoi ricordi,
senza che per altro la loro relazione coi fini pratici della vita sociale abbia
impedito la sua mente di riconoscere l'importanza degli studi storici e mo-
rali, e la connessione loro col progresso civile. Questo ingegno così forte
come equilibrato, non disprezza alcuna delle parti costitutive della umana
coltura, benché concentri la sua attività in quelle indagini che conducono più
direttamente a conoscerne il valore sul terreno dei fatti e dell'esperienza. E
per fermo una delle doti più spiccate che meglio appariscono dal Diario, è
lo spirito di osservazione. I suoi viaggi, il suo soggiorno in alcune grandi
città dell'Europa, le sue visite agli opifici, ai circoli letterari e scientifici,
ai parlamenti, i ricordi registrati delle conversazioni avute coi dotti, ne por-
tano in forma varia l'impronta ; non è per altro osservazione passiva la sua,
attiva bensì, mista di critica, feconda di nuove vedute, impulso a sviluppo
originale. Neil' esaminare le forme di governi, l'indole delle istituzioni e dei
popoli, nel raccogliere dati statistici relativi alle industrie e alle classi lavo-
ratrici, i suoi studi hanno per oggetto non solo problemi politici, ma anche la
questione sociale della quale egli scorge fin dalla sua giovinezza l'importanza
e la cui soluzione egli domanda dal canto suo a un profondo esame delle
leggi economiche, lontano del pari da un egoismo imprevidente e da utopie
malsane. Né solo queste alte materie più direttamente attinenti alla sua
missione di uomo di Stato, lo occupano in Parigi, in Londra, in Ginevra,
ma le lettere, le scienze morali e giuridiche, in generale tutto ciò che fa
parte dell'umana coltura, attira l'attenzione di questo spirito indagatore di
tutto ciò che si riferisce all'ordinamento della vita civile. Neppure la filo-
sofia è stata estranea alle sue riflessioni, e il Berti ha fatto a questo
riguardo interessanti avvertenze sulla sua inclinazione per le dottrine spiri-
tualistiche, ai maestri delle quali per altro egli non risparmiava qualche pun-
tura provocata da forinole troppo indeterminate o insufficienti pel suo spirito
positivo; carattere che nondimeno si conciliava con l'idealità e l'elevatezza.
Imperocché la libertà che egli tanto contribuì a dare all'Italia e che già
era l'oggetto del suo patriottismo quando metteva in iscritto le sue impres-
sioni sulla Rivoluzione piemontese del 1821 e più tardi quando registrava il
suo giudizio intorno a quella dell'Italia centrale del 1831, passava ben tosto
in lui dal sentimento al concetto e allargandosi da un concetto all'altro in
guisa da abbracciare e armoneggiare tutte le sfere della vita civile, costituiva
l'unità di quei principi liberali che informarono le fasi e gli aspetti diversi
della sua camera economica e politica. Il Berti ha notato particolarmente i
ricordi da cui risulta il profondo disgusto che in tempi ancora lontani dal
suo ingresso nella vita politica, egli sentiva per gli abusi commessi dalla
— 408 —
Curia Komana in nome della religione, e il severo giudizio che recava sul
governo teocratico. Egli voleva fin d'allora un sacerdozio conforme alla sua
missione spirituale e la forinola Libera Chiesa in libero Stato, si può con-
siderare come l'espressione matura di un liberalismo assai anteriore che nella
sua elasticità doveva trovare, a suo tempo, anche questa nuova applicazione.
Ma l'aspetto di questa vita così breve e feconda che più interessa al filosofo
e che ha suggerito al nostro socio le più acute e istruttive avvertenze, è forse
il più intimo e cioè l'aspetto psicologico e morale descritto in ricordi del Conte
di Cavour che si potrebbero chiamare le sue Confessioni.
« La passione non è stata estranea a questa vigorosa tempra di uomo.
In un libro anteriore al presente il Berti ci ha fatto conoscere i suoi amori
giovanili, e il Diario pubblicato in questo volume ci apprende che il giuoco lo
dilettò al punto da diventare un'inclinazione prepotente e viziosa; ma egli
sa prendere una risoluzione energica e vincere se stesso. Altre tendenze più
materiali sono da lui combattute quando si accorge che stanno per diventare
abitudini, e cominciano a turbare sensibilmente la vita dello spirito. Il sen-
timento dell'armonia necessaria alla sanità morale e intellettuale, si fa in lui
ognor più vivo dall'esame abituale che egli applica a se stesso, dalla coscienza
che egli si procaccia delle sue facoltà e dei fini loro, dal giudizio severo che
egli reca sui propri atti, dall'amore sincero e dominante della verità, salda
radice di moralità e di umano perfezionamento. Le sue confidenze non ci
permettono di dubitare che egli fosse fin dalla sua giovinezza, consapevole
della superiorità del suo ingegno, e che egli aspirasse fin da'suoi venti anni
alla grandezza e alla gloria congiunte coll'avvenire del Piemonte e al risor-
gimento d'Italia, benché questo sentimento non pigliasse poi forma precisa e
stabile che col tempo e cogli avvenimenti. Ma pochi forse furono da princi-
pio così contrariati dalle circostanze e dagli uomini. Educato sotto un go-
verno assoluto, in una famiglia nutrita di pregiudizi aristocratici, quando
tutto intorno a lui congiura a spegnere i sentimenti liberali, egli ne prova
l'impulso, ne trova la radice nella dignità e nella responsabilità umana, vi
unisce un'ambizione giustificata da una natura alla cui virtù è campo troppo
ristretto l'attività privata, sia pure utile al pubblico con occupazioni di
second'ordine. Questa nobile passione che da una parte lo stimola a sforzi
felici per migliorare se stesso, onde prepararsi alla vita politica, gli suscita
una lotta assai più difficile con la fortuna. Imperocché contrariato ora dalla
volontà e dal modo di vedere dei membri più influenti della sua famiglia,
ora ingannato nelle sue previsioni circa le mutazioni sperate nello stato
politico dell'Italia e dell'Europa, perde momentaneamente la fede in se stesso
e negli uomini, dispera per un istante dell'avvenire, e cade in un pessimi-
smo che gli strappa un gemito doloroso. La sua tristezza giunge al punto di
fargli esprimere il desiderio di finire una vita resa inutile, da quanto gli
sembra, per la mancanza de'suoi intenti; ma tosto la coscienza morale che
— 409 —
condanna il suicidio e il nativo vigore dell'animo rintuzzano la tendenza
malsana e lo rimettono nel suo vero stato. 11 sentimento della responsabilità,
unito a quello di una indipendenza e di una superiorità senza superbia, ma
senza debolezza, è forse il tratto morale che più spicca in questa grande
figura che il Diario ci rivela. Assai giustamente il Berti v'insiste, come vi
hanno insistito generalmente gli scrittori che si sono occupati di questa pubbli-
cazione. La lettera scritta da Ventimiglia all'età di 18 anni in difesa delle
sue opinioni politiche contro le censure della famiglia che le avversa in modo
ingiurioso alla sua persona, è l'eloquente espressione di questi sentimenti. Essa
è la professione di fede di un animo che si sente ferito nella sua parte più
vitale, che geloso dell'onore, quanto gli uomini della sua antica schiatta, e
consapevole della libertà individuale e del valore del cittadino secondo il
diritto moderno, significa e mantiene con ardimento e fermezza le proprie
convinzioni. Presago del trionfo della democrazia e persuaso della necessità di
conciliarlo coli' avvenire della Monarchia è più presto disposto a rinunciare
alla vita che alla sua fede politica.
« Non seguiremo l'Autore dell'introduzione al Diario nei confronti de-
lineati a larghi tratti fra il Conte di Cavour e gli altri eminenti uomini di
Stato che prima di lui o contemporaneamente, concorsero alla rigenerazione
politica dell'Italia, e neppure rileveremo le osservazioni che le Note del
Conte gli suggeriscono circa le influenze esercitate su lo sviluppo delle sue
facoltà e l'indirizzo delle sue idee dai dotti, dagli uomini di Stato e dagli
amici che furono in relazione diretta con lui o coi quali mantenne com-
mercio epistolare. Ci basti l'avere espresso un' impressione ricevuta dalla
lettura di uno studio, che non potrà essere trascurato da chi voglia occuparsi
della vita e dei tempi del grande statista italiano ».
Storia della Geografìa. — Nuovi documenti relativi alla sco-
perta dell' America. Nota del Socio G. Govi.
« Mentre a festeggiare il IV0 Centenario della scoperta del Nuovo Mondo
si va da ogni parte febbrilmente rovistando nelle biblioteche e negli archivi
per discoprirvi qualche documento che valga a diradare la nebbia onde tut-
tavia si velano i primi tempi della vita di Cristoforo Colombo, le vicende e
le notizie che apparecchiarono la grande scoperta, i particolari di codesta sco-
perta, i tentativi contemporanei per toglierne a lui la gloria, la fine sconso-
lata del grande navigatore, spero che l'Accademia vorrà accogliere per le sue
pubblicazioni due brani di lettere, del 1493 e del 1494, nei quali appunto
si discorre degli scoprimenti fatti dal Colombo, e che con squisita cortesia,
il sig. Davari, conservatore dell'Archivio Gonzaga di Mantova, mi aiutò a
trovare e a trascrivere.
— 410 —
« Si tratta di due lettere dirette, l'uria al Marchese, l'altra alla Mar-
chesana di Mantova. Il Marchese era allora quel Francesco II Gongaza, che
poi, del 1495, divenne famoso pel valore mostrato nel combattimento di Fornovo,
o del Taro, e che allora figurava, colla moglie Isabella d'Este, fra i più rag-
guardevoli e splendidi signori delle terre italiane.
v. La prima lettera, scritta di Firenze, è di maestro Luca Fancelli ('), che
fu scultore, architetto e idraulico di merito singolare, e visse in Mantova
al servigio del Gonzaga dal 1450 al 1493. Ecco le parole del Fancelli (2):
ILI.0 p. eL ex.0 duo duo Fra/icischo Marchiani Montile etc.
Duo meo singularissimo eie.
« Ill.mo eL Rx.mo Sìgnìor mio elc.a - V.a S." può auere inteso chome
qui e teiere che auendo mandato eL re di Spagnja atquni legnj olire al
mar di spagnja die in tempo di 16 giornate schoperxono cierte ixole in fra
le altre verxo lorienle una ixola grandisima la quale avena grandisimi
fiumi e feribile montagnie e molto fertiliximo paexe e abitato da begli
homenj e donne ma uanno tuli ingniudi da cieto che alquni anno ima foglia
fato di ehotone denansi almenbro genitale e che el paexe e abondantisimo
doro e sono perxone a, irsi del loro avere e che eie ehopia di palme e
de pin di 6 spezie e alberi altiximj a maraviglia e che sono più ixole'
de le quali na nominate 5 e una quii. ri grande chome Italia e che que
fiumi menano oro e die ano rame asai ma non ferro e molle altre ma-
raviglie e che non si uede nel polo articko ne lantarticho
.... Data in Firenze a lopera de Seta Uperata 22 aprile 1 L'J'J.
V.° /idei seruidor Lucha ingieniere
« Che questa lettera sia proprio del 1493 non può rimaner dubbio, poiché
quantunque a Firenze si cominciasse l'anno ah incarnationej cioè il 25 di marzo,
il 22 d'aprile non avrebbe potuto portar la data del 149:} se non fosse proprio
stato di quell'anno, secondo lo stile comune a nativitate.
« Ora Colombo, giunto a Palos, il venerdì 15 di marzo, arrivò verso la
metà d'aprile in Siviglia, dov'erano Ferdinando e Isabella. La lettera del
Fancelli ci fa quindi conoscere che le novelle della scoperta erano giunte rapi-
dissimamente a Firenze, dove egli allora si trovava e dove nel 1491 s' era
« ogupato en fare un modelo per La furiala di Santa Maria Liperala
[Reparata] ».
« Così vien confermato quel passo del Diario di Tribaldo de Rossi che
1' Uzielli riferì nell' avvertimento premesso alla ristampa del poemetto di
Giuliano Dati intitolato : Lellera delle Isole che ha Lrovato nuovamente il
C1) Intorno a Luca Fancelli, veggasi nell'Archivio Storico Lombardo, Anno III,
Milano 1876, pag. 610-038, uno studio di Willelmo Braghirolli, intitolato : Luca Fancelli
Scultore, Architetto e Idraulico del secolo XV.
(2) Archivio Gonzaga di Mantova. Iìubr. E XXVIII, 3 — Firenze.
— 411 — .
Re di Spagna (l) e dove il de Bossi nota: « Richordo, coinè di marzo a
« dì 1493 ci vene una lettera alla singnoria chome e re di Spangnia ;
« cierti giovani iti chon charovele a cierchare di paesi nuovi ecc. ».
« Non s'intende troppo facilmente come il Fancelli faccia scoprire le
prime isole incontrate dal Colombo « in tempo di 16 giornate » a meno che
questo numero non sia stato da lui mal letto nella scrittura di dove l'avea
tratto, e dove probabilmente era un 36, avendo infatti Colombo impiegato 36
giorni (dal 6 di settembre al 12 di ottobre) per andare dall'Isola di Cromerà
a Guanahani, prima Isola da lui scoperta.
« Le altre notizie scritte dal Fancelli s'accordano benissimo con quelle
date dal Colombo, nella sua lettera a Luis de Santangel, o in quella a Gabriel
Sanchez, che ridotta in poveri versi da Giuliano Dati fu poi pubblicata in
Firenze il 26 di ottobre dello stesso anno 1493.
t Le 5 isole che il Fancelli dice nominate dal Colombo, furono quelle
di San Salvador, di S. Maria de Concepcion, di Ferrandina, d' Ysabella
e di Juana, che non si sa bene adesso quali siano veramente fra le molte
che compongono il gruppo delle Bahama o delle Lucaye.
« Non apparisce poi dalle lettere del Colombo aver egli detto (come scrive
invece il Fancelli) che da quelle terre nuovamente scoperte « non si vede
« né il polo artico, né l'antartico » né avrebbe potuto dirlo non essendovi luogo
della terra dove questo avvenga, e le isole Lucaye o Bahama situate fra il
15° e il 30° grado di latitudine boreale, avendo tutte sull'orizzonte il polo
artico, e mai non vedendo l'antartico.
a La seconda lettera (2), posteriore d'un anno e più alla prima, e perciò
forse meno importante, è nondimeno abbastanza curiosa perchè ci dà notizie
che non si leggono nelle lettere del Colombo, e che mostrano come allora
corressero altre relazioni sulle cose del Mondo Nuovo oltre a quelle dovute
allo scopritore.
« Essa è scritta di Ferrara l'il di giugno 1494 da un Moreleto Ponzone
di Cremona e diretta a Isabella Marchesana di Mantova. Eccone il brano
relativo alle nuove terre scoperte.
A la mia Ill.ma Madonna Marchisana
de Mantua In Mantua.
« A lo fato de Spagna nouamenle, uno chiamato colimbo, si atrouato
una certa Isola per lo Me de Spagna in la quale gè sono Uomini de sta-
tura uaria ma sono beretlnazl et ano lo naso corno simla, et lo primo de
(!) Scelta di curiosità inedite o rare dal secolo XIII al XVII. Bologna, Romagnoli,
Dispensa CXXXVI (1873) ... pag. XVII e seg.
(2) Archivio Gonzaga di Mantova. Rubr. E. XXXI, 3 — Ferrara.
— 412 —
loro sia ataehato in lo naso uno peso de oro che gie copri, la bocha e
largo 4 dita et le donne anno la faza larga corno una rutella, e futi nano
nudi, homini e donne, e ne ha menato a lo Re de Spagna 12 e l donne,
e sono tanto debili de natura, se ne infirmo 2 in Siuillia per modo che
li medici non intendalo sua infirmila e non gè trouano polso e sono morti,
li altri sono uestidi e corno uedeno uno ben uestito gè mettano li man per
adosso e se baseno le mane, che gè piace, poi/ li ano amaijstrati, et ano
co gnosci mento, e sono cemolezij (sic ?) e nìsuno non intende de suo lenguazo
pur manzeno a la tagola e manzeno de ogni cosa e non gè dano vino, in
la loro parte manzeno radice derbj, et vna certa cosa che pare corno pe-
però grossa corno vna nose che da grande sustanzia e cosi uiueno, et soto
li lor sassi leuandoli se gè troua tanto horo assaij che bello non rnancha
se non a purgarlo, per altre darò auiso quelo seguirà.
Data in Ferava a dj ij sugno 1494
Moreleto ponsone de Cremona Ser.n
« In questa lettera, scritta mentre il Colombo era già tornato al Nuovo
Mondo, si vede apparire il nome di Columbo, taciuto in quella del Fancelli,
ma in iscambio di 5 isole principali, e di qualche altra minore da lui tro-
vata, il Ponzone parla soltanto di una certa [sola, e d'uomini di color Bere-
t iiiazzo (grigiastro) col naso da scimmia, ornato con un pezzo d'oro che copre
loro la bocca, dando poi su sedici Indiani portati dal Colombo in Ispagna
alcuni particolari che non si riscontrano altrove.
u II Ponzone parlando di codesti Indiani condotti nella Spagna, in un
punto della sua lettera li chiama cemolezij, epiteto che non si sa troppo che cosa
voglia significare, quando non sia una storpiatura di tinnì hit; >, dissimulati, che
potrebbe accordarsi col resto della frase, la quale allora suonerebbe così: poi
li hanno ammaestrati, e hanno conoscimento, e sono dissimulati, e nessuno
I,t tende il loro linguaggio, se pure il ceraolezij non corrisponde alla parola
dialettale smoledeg, che in Mantovano, in Ferrarese e in altri dialetti Lom-
bardi significa lubrico, iiìolliccio, e qui varrebbe: molli, senza vigore, come
appunto il Ponzone avea detto poco prima essere quegl' Indiani tanto debili
de natura.
« Tutte due le lettere poi parlano dell'oro che si trova abbondantemente
nelle nuove Isole, perchè il Colombo, a ottenere aiuti e privilegi, ne andava
promettendo moltissimo al Ke Cattolico, e forse da codesta promessa arri-
schiata e mal compiuta derivarono poi tutti i suoi guai, perchè l'avarissimo
e cupido Ferdinando, non seppe mai perdonargli d'aver pensato più tosto a
chieder titoli e privilegi, e a convertire e battezzare Indiani, per compiacere
Isabella, anziché a cercar metalli preziosi e perle e legno Aloe e altre cose
rare per arricchire il tesoro del Re ».
— 413 —
Histoire réligieuse. — Sur quetques inscriptions de vases sa-
crès offerts par Saint Didier, évéque de Cahors. Nota del Socio
E. Le Blant.
« L'auteur anonyine qui éerivit la vie de Didier, évéque de Cahors au
septième siècle, nous apprend que ce saint personnage dota son église de
vases sacrés et d'objets dir plus grand prix dont il donne la curieuse nomen-
clature : « Tarn vero, dit-il, in altaris ecclesia ministeria dici non potest quantum
« se fuderit, quantaque fecerit, qnam numerosa, quam pulchra, quamque nitentia
« qua3 hodie constare melius puto intuentium oculos judicare quam nostro ser-
« mone exponere. Quantus sit in calicibus decor, in distinctione gemmarum nec
« ipsos intuentium obtutus facile dijudicare reor; fulgetris quidem gemmis au-
« roque calices, prominent turres, micant corona; candelabra resplendent, nitet
« pomorum rotunditas, fulget recentarii cselique varietas, nec desunt patena
« sacris propositionis panibus preparata ; adsunt et statarli cereorum corpo-
« ribus aptati. His omnibus Crux alma ac pretiosissima varia simul et
« candida arcubus appensa, sanctisque superjecta fulgetris. Hac sunt opera
« Desiderii, hac monilia illius sponsa, hoc studium Pontificis nostri, hoc
«emolumentum Pastoris egregii; in his sedulum studium impendit, ' quod
« duna praeparavit Domino quidem honorem, sanctis autem venerationem, et
« sibi providit mercedem perennem « (l).
« Plus loin, dans l'épilogue de son écrit, l'auteur, célébrant de nouveau
la munificence du saint évéque, constate qu'il avait fait graver, sur les vases
offerts par sa main, de courtes inscriptions : « In quibiisdam autem versi-
« culis sic scripsit: DESIDERII VITA CHRISTVS. In qnibusdam autem sic
« scripsit: DESIDERII TV PIVS CHRISTE SVSCIPE MVNVS. In aliis autem
« ita: ACCIPE CHRISTE MVNERA DE TVIS TIBI BONIS OBLATA. In
«aliis quoque ita: SVSCIPE SANCTE DEVS QVOD FERT DESIDERIVS
« MVNVS VT MAIORA FERAT VIRIBVS ADDE SVIS. In aliis: HAEC EST
« SAPIENTIA SAPIENTIVM PROFVNDI SENSVS. In aliis vero abbreviatimi
« illud dictum : SAPIENS VERBIS INNOTESCIT PAVCIS » (2).
« C'esfc entre les années 629 et 652 ou 653 que saint Didier occupa le
siége épiscopal de Cahors ; ses inscriptions ont donc une date certame qui en
augmente le prix, car elles mettent sous nos yeux des types des légendes
dédicatoires que l'on composait à cette epoque.
« La première rappelle le Verset de l'Epitre aux Philippiens : Mihi vivere
(') Vita S. Desiderii Caturccnsis episcopi et confessoris, e. IX. (Labbe, Nova biblio-
theca manuscriptorum librorum, t. I, p. 705).
(2) Ibid. p. 715, Epilogus.
Rendiconti. 1888, Vol IV, 2° Sem. 53
— 414 —
Christus est (') et les textes nombreux où les Chrétiens proclauient avec
l'Apótre que le Christ est la vie (2).
« Les deux légendes qui suivent : DESIDERII TV PIVS CHRISTE SVSCIPE
MVNVS, ACCIPE CHRISTE MVNERA DE TVIS TIBI BONIS OBLATA, re-
produisent des formules liturgiques, ainsi qu'on le voit par cette oraison du
vieux Sacraraentaire de saint Gélase : « Suscipe mimerà, qusesumus, Domine,
» qua? tibi de tua largitate deferimus » (3). Ces inscriptions, comme la prière,
procèdent des paroles prouoncées par David en présentant à Dieu ses offran-
des et celles des chefs d'Israel: « Cuncta quse in coalo sunt et in terra, tua
« sunt .... Tua sunt omnia, et quse de maini tua accepimus dedimus tibi » ( ').
Aux temps antiques, au moyen-àge, les chrétiens ont souvent reproduit cette
pensée qui proclame le Seigneur comme le créateur, le maitre, le dispensa-
tela de tous les biens d'ici-bas, le souverain auquel nos dons ne peuvent
que reporter humblement le fruit de ses bienfaits. Si le prétre Leporius, dit
saint Augustin à ses ouailles, a pu élever une basilique, e' est a l'aide des
ressources que Dieu lui a fournies par leurs mains (5). Donner au Christ.
dit-on ailleurs, c'est lui rapporter son propre bien ('). A chaque page, Ics
recueils de l'épigraphie chrétienne enregistrent des dédicaces grecques ou la-
tines rappelant ainsi que l'objet otfert au Seigneur est l'ini des présente
mémes de sa bonté : DE DONIS EX DONIS DEI (:) DEDIT. OFFRIT,
FECIT. y lisons-nous en méme temps que les mots TA CA GK TWN CwN
(') I, 21.
(2) S. Iren. 1. I. e IX, §3; s. Damas. Carmen VI: S. Gregor. Nyss. Ornt. X, Contra
Eunomium, e. 2; Phoebadius, De Filli divinitate, <■. 60. On connaìl les groupes un I, - mots
4>50C zgjh sont disposés cornine il suit, en forme de crois, pour réunir deux épithètes du
Christ :
<t>
Z &) H
c
(Card. Pitra, Spicilegium Solesmeme, t. Ili, p. XV et 448; Renan, Mission de Phénicie,
p. 216; Mémoires de la Société des Antiquaires de VOuest, 2e serie, t. IV, p. 357).
(3) Muratori, Liturgia romana, t. I, p. 689.
(4) Paralipom. I, v. 11, 14 et 16.
p) Sermo CCCLVI, § 10.
(G) et tribvit christo q_vod fvit ante svvm {Inscriptions chrétiennes de
la Gaule, n° 585).
(7) Peut-étre y a-1-il lieti de lire, d'après ces formules, dans le texte qui m'occupe,
DE TVIS DONIS au licil de DE TVIS BONIS.
— 416 —
nPOC<ì>GPOMGN (0 empruntés, comme les précédents, au formulaire de la
liturgie (2),
« Je ne connais point de texte à rapprocher du distique:
SVSCIPE SANCTE DEVS QVOD FECIT DESIDERIVS MVNVS
VT MAIORA FERAT VIRIBVS ADDE SVIS.
Je n'y relèverai que deux points relatifs à la quantité du nom de Deside-
rius. En ce qui touche les deux premières syllabes, il y a fante evidente;
elles sont longues, et il les faudrait brèves pour que, sous une réserve que
j'indiquerai plus loin, le vers fùt acceptable. Des erreurs de cette nature
qui se trouvent chez les poètes des bas temps, Prudence, Fortunat et d'autres
encore, permettent de passer sur cette irrégularité. Elle peut d' ailleurs s'ex-
pliquer d'une autre manière, si l'on veut admettre que, selon une coutume
d'alors, l'évéque, se dégageanfc du souci de la quantité, s'est borné à copier
un distique où se trouvait un nom satisfaisant aux lois de la métrique et
qu'il a remplacé par le sien. Ainsi ont fait ceux qui voulant introduire dans
d'autres inscriptions ce vers de l'épitaphe de sainte Paule:
HOSPITIVM PAVLAE EST CAELESTIA REGNA TENENTIS (3),
l'ont travesti des deux facons suivantes:
HOSPITIVM BEATISSIMI HONORI ABBATIS CAELESTIA REGNA
TENENTIS (4)
HOSPITIVM ROMVLI LEVITAE EST CAELESTIA REGNA TENENTIS (5).
« Si l'auteur de notre inscription a voulu tenir pour brèves les deux
premières syllabes de Desiderius, un autre point doit étre relevé. Selon les
règles des temps classiques, la désinence du noni qu'il faudrait brève devient
en effet longue devant le mot munus. En admettant qu'en cet endroit le
saint évéque ait pris souci de la prosodie, le fait peut s'expliquer par la
(!) Mabillon, Museum italicum, p. 213; Marini, dans Mai, Scriptorum veterum nova
collectio, t. V, p. 80, n° 2; Fontanini, Disco votivo, p. 17 et suivantes ; De Rossi, Roma
sotterranea cristiana, t. I, p. 300. La mème formule, directeraent inspirée par le texte des
Paralipomènes, se trouve dans une antique inscription juive en langue grecque {Corpus
inscriptionum grwcarum, n° 9894).
(2) lol, Kvqis 6 &sò; tjuwv, rà cu ex rw a dai' TnQosOiixausy (Renaudot, Liturg. orient.
t. I, p. 156).
(3) Hieron. Epist. LXXXVI, ad Eustochium.
(4) Hubner, Inscriptiones Hispanice Christiana;, n° 49.
(5) Bolland. 9 febr. t. II, p. 333. J'ai cité ailleurs d'autres vers défìgure's ainsi par
Tignorance de ceux qui voulaient les copier (Inscriptions chrétiennes de la Gaule, t. II,
p. 18 etc). Certaines inscriptions grecques présentent des erreurs de mème sorte (Desrous-
seaux, Mélanges de VEcole francaise de Rome, 1886, p. 588). Dans son important recueil
intitulé : Les rouleaux des morts, p. 63 et 89, Mr. Delisle donne une pièce où se trouve
le vers:
Regula quod dat habens vocitamen domnus et abbas,
vers reproduit ailleurs dans cette forme:
Regula quod dat habens vocitamen domnus Basilius et abba.
— 416 —
suppression que, pour l'oreille, les anciens faisaient parfois de Vs final. C'est
ainsi que nous lisous sur des marbres ces vera qu'auraient répudiés les
niaìtres :
STALLIVS GAIVS HAS SEDES HAVRANVS TVETVR {l)
VT SINT QVI CINERES NOSTROS BENE FLORIBVS SERTIS
SAEPE ORNENT (*)
CETIBVS SANCTORVM MERITO SOCIATVS RESVRGAM (3)
« L'énumération des objets que le saint évèque de Cahors offrit à ses
églises appellerait un examen special; je me bornerai à signaler, pour l'in-
térét qu'elles présentent au point de vue de l'antiquité figurée, les tours qui
figurent dans la liste. Ces tabernacles, faits d'ordinaire de métaux précieux,
et dont il paraìt ne plus exister de types, étaient destinés à contenir les
saintes espèces (4), attendu, nous dit un texte du sixième sièele, que la tombe
du Seigneur avait été taillée en forme de tour dans le rocher : - Corpus vero
« Domini ideo defertur in turribus, quia monumentum Domini in similitu-
« dinem turris fuit scissum in petra » (5). Quoi quii en soit de l'exactitude
de cette assertion non relevée par les archéologues, elle fait comprendre pour-
quoi les sculpteurs de trois monuments plus anciens, des Barcophages d'Arles,
de Milan et de Kome, ont donne au saint sépulcre la forme d'une petite
édicule ronde » (6).
Archeologia — Di un nuovo frammento dei Fasti trionfali,
scoperto nell'alveo del Tevere. Nota del Corrispondente F. Barnabei.
« Fu ripescato dalla draga nell'alveo del Tevere presso la Marmorata
un blocco di marmo, alto in. 0.20, largo m. 0,27. e dello spessore di m. 0,35,
rotto superiormente ed a sinistra, e smussato dalla parte destra. Inferiormente
conserva il taglio antico, ma corroso nel margine. Contiene un cospicuo avanzo
dei Fasti trionfali, che giunge a tempo per occupare il suo posto nella nuova
edizione del voi. I del C. I. L., la cui pubblicazione è in corso di stampa.
« Il pezzo recuperato appartiene agli anni 576-579 dell'era varroniana; e si
(*) Fabretti. Inserì ptiones, e. I, n° 130.
(2) Jahn, Specimen epigraphicum, p. 107.
(3) Hubner, Inscriptiones Hispanioe Christiana, n° 158.
(4) Thiers, Dissertation sur les principaux auteìs des églises, p. 196 et suivantes;
Yiollet Leduc, Dictionnaire du mobilier, t. I, p. 244.
(5) Dom Martòne, Thesaurus novus anecdotorum. t. V, col. 95; Expositio brevis
antiqua liturgia gallicana.
(6) Etude sur les sarcophages d'Arles, pianelle XXX ; Bugati, Memorie di S. Celso,
tav. I; Bottari, Roma sotterranea, tav. XXX. Le Saint Sépulcre figure dans une mosaique
de S. Apollinare nuovo de Ravenne a de mènie une forme arrondie (Garrucci, Storia del-
l'arte cristiana, tav. 251, n° 6).
— 417 —
interpone fra il frammento trovato nel 1872 (cfr. Eph. Epigr. I, p. 158), relativo
agli anni 559-563, ed il frammento XIX dell'antica edizione (cfr. C. I. L. I,
p. 459).
« Vi si legge :
ìiEIS • HISPANEISQ^III ■ NON • 1}
(k ■ N • ALBlNVS • PRO • AN ■ BLXX)
NIA • HISPANIA • Q^ PR • NON ■ FE\
iN • PVLCHER • COS • ANN ■ BLXXl
^IGVRIBVS • Y • INTERA
I • N • GRACCHVS.II- '
,^D I N I A • TERIVl>
I-N-CVRVVS-PP/
« Ne ho confrontata la lezione sull'originale coll'amico dott. Hiilsen.
Nel primo verso è manifesta la parte inferiore di un N, con cui comincia
il frammento. Seguono in modo abbastanza chiaro gl'indizi di GRA. Dopo
la lacuna, nel verso medesimo, appariscono i segni di ADLx. Nel verso se-
condo appare innanzi tutto il residuo di un E; e dopo una serie di lettere
chiarissime, si termina con un F , rotto a destra. Nel verso settimo le ultime
quattro lettere frammentate sono ABL.X. Nell'ottavo è visibile in principio
la finale di un R , ed in fine la parte superiore di un I. L'ultimo verso co-
mincia con un'asta di M , e termina con un R.
« Ci mancano adunque i nomi delle persone ricordate in questa parte
dei Fasti trionfali, e le indicazioni precise degli anni ai quali questi trionfi
vanno riferiti. Con tutto ciò il nuovo marmo presenta elementi tali, da render
facile la reintegrazione di quanto fu perduto. Si può in fatti restituirne il
testo nel modo che segue:
3 febb.
a. 576
4 febb.
a. 577
24 febb.
a. 570
23 febb.
ti. se mp r o n ius. p. f. t i./:^—G-l<rA-\c chus /AB-B-X^ v
procos. de. ^/^eixEIS-HISPANEISQ^III-NON-]feèr
l. postumius. a. f. rÀ^N • ALBlNVS • PRO • AN • BLXXY
cos. ex. lusita\N\A ■ HISPANIA • QjPR-NON ■ FEÌ//r
e. claudius. ap. f. jo.In • PVLCHE R -COS-ANN-BLXX/-/
de.histreis. é?*\L IGVRIBVS • ¥ ■ INTERK (
ti. sempronius. p. f. j)l • N- GRACCHVS-^-A-24^-U^Y
procos. ex. s a p I N I A • T E R pCVn aliò
m. titinius... f. j/l-N • CVRVVS-PP/Qgos. an. dlxxviii
ex. hispania. citeriore
« Bastano poche note per dichiarare la ragione dei supplementi.
— 418 —
« Il primo trionfo è quello di Tiberio Gracco sopra i Celtiberi ed i loro
alleati nella Spagna, celebrato Vanno 576 di Roma. Il secondo è quello di
L. Postumio Albino sopra i Lusitani, celebrato l'anno medesimo. Sapevamo
da Livio, che questi due trionfi si celebrarono in due giorni consecutivi:
Triumphi delude ex Eispania duo continui acti ; prior Semproiiius Grac-
chila de Celtìberis sociisque eoruMj postero die L. Postumius de Lusitanis
aliisque eiusdem regionis Hispanis trìumphavit (XLI, 7). Ora il nostro marmo
ci fa anche sapere, che le celebrazioni avvennero nei giorni 3 e 4 di febbraio.
Tiberio Gracco e L. Postumio, furono nominati pretori l'anno 574. Il primo
di essi fu destinato nella Spagna citeriore , il secondo nella ulteriore
(Liv. XL, 35). Ambedue vi ebbero prorogato il comando nell'anno succes-
sivo 575 (ib. 44); e perla buona fortuna con cui guidarono le armi romane,
meritarono il trionfo nell'anno 576 (ib. 47, 48, 50).
« Il terzo trionfo è quello di C. Claudio Pillerò, che tenne i fasci
l'anno 577 della città, unitamente a Tiberio Gracco. Fu celebrato nel pre-
detto anno 577, leggendosi in Livio: C. Claudius eonsul ad urbem venit;
cui cum in senatu de rebm in Histria Liguribusque prospere gestis disse-
ruisset, postulanti triumphus est deeretus. trìumphavit in magistraiu de
duabus simul gentibus (XLI, 13). Nessuna difficoltà quindi pel supplemento
de Histreis. Ci è dimostrato dal documento nuovo, che il trioni;» si celebrò il
24 di febbraio [k{alendis) interk{alaribus)~\.
« Il quarto fu il secondo famoso trionfo di Tiberio Gracco sopra la Sai-
degna, ricordato dalla iscrizione che nell'anno 580 di Koma pose Tiberio stesso
nel tempio della Madre Matuta, e che secondo ci è raccontato da Livio diceva:
Ti. Semproni Gracchi consulis imperio auspicioque legio exercitusque po-
litili Romani Sardiniam subegit. in ea provincia hostium coesa aut capta
supra octoginta millia. re pubUca felicissime gesta, atque liberatis sociis,
vectigalibus restitutis. exercitum so Ir" ni atque incolumem, plcnissimum
lancila domum reportavit ; iterum triumphans in urbem Romam rediil.
cuius rei ergo hanc tabulam donum lori drilli (XLI, 28).
- Ma se conosciamo per mezzo di Livio l'anno in cui questa tavola fu
posta, non sappiamo ugualmente l'anno in cui il trionfo fu celebrato ; la qual
cosa occorre indagare per decidere del supplemento nella parte mutila del
nostro marmo; perocché mentre quivi si è conservata la nota del giorno in
cui il trionfo avvenne, la nota dell'anno, come nelle altre linee, è mancante.
« Può nondimeno stabilirsi a priori, che questo trionfo non sia stato cele-
brato nell'anno stesso 580, in cui l'iscrizione intomo alle gesta di Tiberio Gracco
fu collocata nel tempio. Vi si oppone il fatto che il frammento XIX dell'an-
tica numerazione, e che segue immediatamente a quello ora recuperato, co-
mincia con un trionfo celebrato nel 579, con quello cioè di M. Emilio Lepido
sui Liguri e sui Galli. Dobbiamo dunque vedere a quale degli anni 577,
578, e 579 questo secondo trionfo di Tiberio Gracco debbasi rimandare.
— 410 —
Va escluso l'anno 577, cioè quello in cui Tiberio fu console, dicendoci Livio
che in questo anno fu egli a capo dell'esercito contro i ribelli nella Sardegna.
Va escluso anche il susseguente anno 578, essendo noto per Livio stesso, che
il senato nell'anno predetto, avuta notizia della buona sorte delle armi romane
nell'isola comandate da Tiberio, ordinò che questi rimanesse nella provincia
come proconsole. Senatus in aede Apollinis legatorum verbis auditis suppli-
cationem in biduum decrevit, et quadraginta maioribus ìwstiis consules sa-
crifica?^ iussit Ti. Sempronium proconsulem exercitumque eo aiuto in 'pro-
vincia manere (XLI, 17). È dimostrato adunque di per se che il trionfo
si celebrò nel 579, ed il 24 di febbraio (terminalibus), come è detto dal
nostro marmo.
« Per l'ultimo verso il cognome Curvus rimanda al M. Titinius ri-
cordato da Livio, nel tempo medesimo a cui si riferiscono i trionfi sopra
indicati. Sappiamo che M. Titinius Curvus fu eletto pretore per l'anno 576:
praetor um inde tribus creatis comitia tempestas diremit. postero die relìqui
tres facti, ante diem quartum idus Marl.ias, M. Titinius Curvus, Ti.
Claudius Nero, T. Fonieius Capito (Liv. XL, 59). Sappiamo inoltre, che nel-
l'anno medesimo rimase in Eoma per l'arruolamento dei soldati: si mul dee re-
turn ut Ti. Claudius praetor militibus legionis quartae et socium latini
nominis quinque miliibus equitum ducentis quinquaginta Pisas ut conveni-
rerd ediceret eamque provinciali, dum consul inde abesset, tularetur, M. Ti-
tinius praetor legionem primam, parem numerum sociorum peditum equi-
tumque Ariminum convenire iuberet. Nero paludatus Pisas in provinciam
est profectus; Titinius C. Cassio tribuno militimi Ariminum, qui preesset
legioni, misso dilectum Romae habuit (XLI, 5). Sappiamo poi, che Titinio ac-
colse in senato Tiberio Gracco e L. Postumio, reduci dalla Spagna, i quali dopo
aver riferito sulle loro gesta, chiesero il trionfo, celebrato quindi come sopra si
è detto: Per eos dies Ti. Sempronius Gracchus et L. Posturnius Albinus
ex Hispania Romam cum revertissent, senatus iis a M. Ti lì. nio praetor e datus
in aede Bellonae ad disserendas res quas gessissent (Liv. XLI, 6). E poiché
il trionfo fu celebrato nei giorni 3 e 4 febbraio, si può concludere che la
relazione in senato fosse stata fatta nel gennaio precedente, e però che pel
solo primo mese del 576 si possa aver notizia certa della dimora del pretore M.
Titinio Curvo in Roma. Dopo questo tempo e nell'anno stesso egli fu mandato
nella Spagna citeriore, mentre l'altro pretore con lui eletto, T. Fonteio
Capitone, ebbe in sorte la Spagna ulteriore: cum 31. TU litio primum,
qui praetor Q. Manlio et M. Jtinio constdibus (cioè nel 576) in citeriore
Hispania fuerat (Liv. XLIII, 2).
« È inutile che io mi fermi a dimostrare la inesattezza di coloro, che di
questo M. Titinio Curvo fecero un personaggio diverso dal M. Titinio memorato
da Livio nel passo ora riferito, e nelle vicende degli anni 577, ">7S (cfr.
Smith, Dici, of myth. and biogr. ad. v.).
— 420 —
« Nell'anno 577 egli ed il sno collega continuarono nel comando della
provincia, come proconsoli: et legionem unam cum equitibus treceniis et
quinque mìlia peditum sociorum et ducentos quìnquagiata mittere equites in
Hispaniam coasules ad M. Titiniwm iussi (Liv. XLT, 9). E colà rimasero anche
nel successivo anno 578, Ca. Cornelio et Q. Petillio consiilibas. Avrebbero
dovuto recarvisi i nuovi pretori eletti, M. Cornei ias Scipio e P. Licinius Cras-
sus ; ma questi non vi andarono, pei motivi che Livio espone ; ed allora ordinò
il senato che vi restassero M. Titinius e T. Fonteius proeonsules, rum eodem
imperii iure (XLI, 15).
« L'anno appresso 579, M. Titinio fu surrogato da uno dei pretori
nuovamente eletti, cioè da Ap. Glaudius Centho (Liv. XLT, 2(i, 28).
E benché da un lato tutto porterebbe a credere, essere mancata a lui
la occasione di procurarsi un pubblico onore al suo ritorno dalla provincia
in questo anno 579, dicendoci Livio che Celtiberi, qui pacati manserant
M. Titinio praetore obtinente provincia, rebellarunt sub adventum Ap. Claudi
(XLI 26) ; pure non è da escludere che nei primi tempi del suo impero nella
Spagna avesse avuto a vincere dei pericoli, dicendoci pure Livio che fu oidi-
nato ai consoli di mandare soldati nella Spagna a .M. Titinio; e ciò nel-
l'anno 577, come si è riferito (XLI, 9). Vuol dire che M. Titinio al ritorno
in Roma nel 579, avrà avuto modo ili far valere i suoi meriti presso il senato,
ed ottenerne un' onoranza come quella che a vari reduci da quel comando
medesimo era stata accordata, onoranza che dovè esser celebrata subito, e prima
che i lamenti dei provinciali contro il mal governo del proconsole, avessero
reso meritevole costui di pubbliche accuse (Liv. XLIII. •'!).
« Il nuovo frammento è stato destinato dal Ministero alle raccolte ca-
pitoline ».
Paletnologia. — Nota III ad una pagina di 'preistoria sarda
di Domenico Lovisato, presentata dal Socio Pigorini.
« Nel mio primo lavoro di paletnologia sarda (*) asseriva che l'azza
proveniente da Campumannu, campagna presso Dorgali, era di una roccia, che
non avea rinvenuto ancora in Sardegna.
« L'esame microscopico delle due sezioni sottili, preparate, una seguendo
la schistosità della roccia, e l'altra perpendicolarmente a quella, mi confer-
marono nella supposizione, mostrandomi come quell'azza era di fibrolite, me-
scolata con clorite e con grani di sfeno: questi grani arrotondati, apparte-
(*) Una pagina di preistoria sarda. E. Accademia dei Lincei, serie la. Memorie
della Classe di scienze fisiche matematiche e naturali, voi. III. Seduta del 21 febbraio 1886,
a pag. 23.
— 421 —
nenti ad un minerale molto antico, sono certamente rotolati dentro la sostanza
fibrolitica, che forma la massa principale, minerale più recente quindi dei
grani, ma pure di antica formazione, e derivante dalla decomposizione di mi-
nerali che noi oggi non conosciamo.
« Effettivamente fra le roccie, di cui va così ricca la Sardegna, non
mi avvenne ancora di rinvenire questa roccia antica, né saprei affermare
quindi, se essa sia indigena od esotica.
« A questa accetta col taglio rovinato, di colore oscuro, piuttosto scabra,
dal peso specifico =2,88 alla temperatura di 15° C, così basso forse per la
quantità di clorite mescolata, dalla durezza da 6 a 6,5 e che porta il n. 31
nella mia collezione speciale, faccio seguire alcuni cenni sopra altre 34 azze,
più o meno piccole, e delle quali 32 di mia proprietà. Premetto un cenno
descrittivo sulle due non mie, per passare poi a quelle.
« a) Azzina verde oscura con chiazze d'un verde più chiaro, che por-
terebbe a pensare tosto ad un serpentino, se non si opponessero la sua du-
rezza ed il suo peso specifico di molto superiore per la sostanza di questa
accettina, appartenente al signor Alberto Cara e rinvenuta in un suo podere
a Quarto non lungi da Cagliari. È levigatissima, rotta un tantino nel taglio
e con lievi intaccature nella parte superiore, che a primo aspetto fan vedere
non trattarsi di cloromelanite, o minerale affine, come la giadeite. La durezza
non supera il 6° grado della scala, ma in qualche luogo è intaccata da una
punta d'acciaio: ha il p. s. =3,05 alla temperatura di 23,75°, essendo il
suo peso assoluto di grammi 7.05 colle dimensioni relative di mm. 27,3,
27,5 e 5,5, lunghezza e larghezza essendo quasi eguali. Molto probabilmente
trattasi di una nefrite, ma senza lo studio microscopico, pel quale si dovrebbe
rovinare la preziosa reliquia, non si può accertarlo, tanto più che manca di
qualunque trasparenza anche alla parte più sottile del taglio, il quale del
resto è troppo ingrossato per un' azzina così piccola: in ogni modo si può
ritenere con certezza trattarsi di un minerale nefritoide, escludendo sempre
la giadeite e tanto più la cloromelanite.
« b) Grossa azza verde con macchie rosso brune, appartenente al
signor Barrage È di color verde oliva carico con macchie e strisele a pic-
cole zone di verde più chiaro e chiazze e punti rosso-bruni, dovuti ai gra-
nati, mentre nella frattura fresca è verdiccio chiaro, come si può osservare
al taglio: è liscia nella parte inferiore, scabrosa per l'immanicatura nella
parte superiore con cavernosità specialmente al luogo dei granati, in gran
parte decomposti. Manifesta una marcata tendenza a dividersi in fibre a splen-
dore sericeo, formanti un vero tessuto minerale, nel quale qua e là compa-
risce anche qualche granello di pirite. La sostanza generale fonde in massa
oscura, attirabile dalla calamita, ma quasi nulla è intaccata dagli acidi: dà
col borace perla d'un bel verde a caldo e verde bottiglia a freddo. La so-
stanza delle macchie rosse, più ancora del magma generale, è fusibile in
Rendiconti. 1888, Vol. IV. 2° Sem. 54
— 422 —
massa attuabile dalla calamita ed alquanto si decompone con gli acidi : la
soluzione cloridrica diviene azzurra e la nitrica verde intenso col ferro cia-
nuro di potassio, ed assai più marcatamente che non avvengano le stesse
reazioni sulla sostanza generale, che perciò contiene meno ferro del granato,
nel quale forse dobbiamo vedere un almandino molto decomposto.
y. Colle dimensioni relative di mm. (ri. 46 e 15 ha la durezza di poco
superiore al 5° ed il peso specifico, determinato alla temperatura di 15,2° C,
è di 2,97: è una tremolile, per la quale anche il Websky dà il peso spe-
cifico, che va da 2,93 a 3,00; il forte peso specifico della nostra azzina si
deve forse attribuire alla presenza abbondante dei granati.
« Passando alle 32 di mia proprietà, ne possiamo annoverare 17 di
roccia amftbolica, che predomina in Sardegna negli utensili preistorici:
queste dal p. s. =2,83 vanno all'altro di 3,11, calcolato per la maggior
parte alla temperatura di 21° C. e cioè:
« 32. Grande azza dioritica, scanalata lateralmente col p. s. =2,83
(Dorgali).
« 33. Azza dioritica, nella quale l'amiìbolo ed il feldespato triclino net-
tamente si veggono, e col p. s. 2,83 (Dorgali).
« 34. Scalpellino di diorite^ somigliante all'apparenza esterna ad un
serpentino ranocchiaia col p. s. = 2,91 (Dorgali).
« 35. Azza più piccola dello scalpellino precedente, ma eguale in com-
posizione chimica, col p. s. =2,92 (Dorgali).
« 36. Azza di diorite schistosa col p. s. =2,93 (Oliena).
« 37. Azzina-scalpello col p. s. =2,94 (Dorgali).
« 38. Azzina più larga che lunga, rovinata nel taglio, di diorite a grana
minutissima col p. s. =2,94 (Dorgali).
« 39. Scalpello dioritico, quasi delle stesse dimensioni del n. 34, a quello
somigliante all'apparenza esterna, ma col p. s. =2,97 (Oliena).
« 40. Azza schiacciata levigatissima, quasi nera, col p. s. =2,98 (Yid-
da' eccia).
« 41. Azzina forata nella parte superiore col p. s. =3,01 (Oliena).
« 42. Azzina conservatissima, quasi nera, col p. s. = 3,01 (Dorgali).
« 43. Azza oscura colle costole piane e col p. s. =3,03 (Dorgali).
« 44. Azza, che fra le sarde si può dire delle più grandi, raggiungendo
le dimensioni relative di mm. 91, 48 e 20 : è di diorite schistosa ed ha il p. s.
= 3,07 e deriva da Oliena.
« 45. Azzina con due fori nella parte superiore ed in linea retta nel
senso della larghezza col p. s. =3,07 alla temperatura media di 10,9" C,
avuta da Francesco Antonio Spezziga, abitante a Nuragassu in Sa C'mlrn
presso Perfugas.
« 46. Azza di diorite oscura a grana minutissima col p. s. = 3,09 (Dorgali).
« 47. Azza oscura con numerosi granati di roccia pure amftbolica, ma che
— 423 —
non m'avvenne ancora di trovare in Sardegna col p. s. =3,11 alla tempe-
ratura di 26,5° C. (Dorgali).
« Di 7 azzine schiacciate, forma che più predomina in Sardegna e por-
tanti i n. 48, 49, 50, 51, 52, 53 e 54, coi relativi p. s. uguali a 2,80,
2,86, 2,87, 2,87, 2,88, 2,92 e 2,93, darò la diagnosi altra volta, se avrò
potuto fare lo studio microscopico, il quale pur troppo esigerebbe la profa-
nazione di queste reliquie, che per la Sardegna sono sempre più piccole che
per tutte le altre regioni della terra.
u 55. Azzina sgorbia yerde oscura con macchie biancastro sporco, forata
nella parte superiore conservatissima, ma col taglio ingrossato e costole ap-
pianate, di una massa fibrosa, distribuita a nuclei, che nelle parti salienti
sono levigatissimi e presentano quindi un numero immenso di anfrattuosita,
che si mostrano più chiare : sembra appartenere al gruppo delle roccie ser-
pentinose ed il suo p. s. alla temperatura di 10,9° C. è di 2,32. La sua
poca durezza, inferiore al 3° grado, essendo scalfita dalla calcite, mostra evi-
dentemente come questa reliquia non abbia potuto servire da arma, ma come
oggetto d'ornamento o come oggetto votivo, al quale scopo ritengo pure abbiano
servito tutte le altre reliquie così piccine e specialmente portanti uno o due
fori nella parte superiore. Proviene dalla località chiamata Sassu di Sedini,
vicino a S. Pancrazio in terreno detto Culumbuzzu e la debbo alla genti-
lezza di Sanna Giovanni.
« 56. Con questo numero segnalo la sgorbia regalatami dal prof. Piso-
Borme, trovata a Fontana Meddoni presso Laconi, già accennata da me (')
col p. s. =2,927 alla temperatura di 13° C. È levigatissima, col taglio ma-
gnificamente conservato, mostrante in varie sue parti il ciottolo di fiume, di
color oscuro, con venature e macchie verdi chiare sopra una faccia, rossastra
sull'altra. Ha la durezza inferiore a quella dell'acciaio, ma mostrasi netta-
mente d'un minerale nefritoide mescolato con qualche lamella di mica e con
altro minerale molto decomposto.
« 57. Di minerale nefritoide più puro è altra sgorbia, meglio conser-
vata e levigata della precedente, che devo ad Antonio Lorenzo Zucconi di
Bulzi. È d'una bellezza sorprendente, supera il 6° di durezza ed ha il p. s. = 2,93
alla temperatura di 11,25° C. Ha il taglio inclinato ed è grigiastra.
« 58. Azzina rossastra, schiacciatissima colle dimensioni di mm. 35,23 e 5,
colla durezza =6,5, col p. s. =2,93 alla temperatura di 20° C, comperata
a Dorgali: certamente di minerale nefritoide, come lo è anche il numero
seguente :
« 59. Azzina più corta, ma più larga della precedente e di colore gial-
lognolo-verdastro con macchie rossastre, colla durezza inferiore alla prece-
dente, ma col peso specifico superiore, perchè eguale a 2,94 alla temperatura
(') Memoria citata, nota a pag. 23.
— 424 —
di 20,5° C. Rassomigliano queste due azzine ad alcune altre della mia col-
lezione calabrese, sono della medesima sostanza, sebbene queste di Sardegna
sieno di dimensioni molto più piccole. Deriva da Viddalba in Gallura, non
molto lungi dalla foce del Coghinas, sulla sua sponda destra.
« 60. Azza schiacciata giallo-verdognola, chiazzzata di un verde pomo
sopra una faccia, con macchie verde oliva carico sull'altra, levigatissima, col
taglio bene conservato, colle costole appianate, rotta nella parte superiore ed
un tantino lateralmente fra una costola ed il taglio : colla durezza = 6, ha
il p. s. =2,97 alla temperatura di 10,9° C. I due ultimi caratteri congiunti
a quelli della translucidità in quasi tutto il taglio e della inattacabilità
dall'acido cloridrico mi portano nettamente a pensare per quest'azza, che
devo alla gentilezza del sig. doti Giuseppe Ignazio Cravesu di Sedini, ad
un minerale ne f rilutele, non però alla nefrite, ostandovi l'infusibilità.
« 61. Graziosissima azzina col taglio ad arco, come pure ad arco ed ar-
rotondata è la parte superiore : tali archi che dalle costole vengono nettamente
tagliati presentano una specie di trapezio coi due lati paralleli in ni iva. È
fra le più piccole della mia collezione sarda, misurando min, 27 di lunghezza,
altrettanto in larghezza e 5 in grossezza. E levigatissima ed assai bene con-
servata, colla durezza superiore a 6,5 ha il p. s. = 8,25 alla temperatura
di 11,2° C. Sopra un fondo verde-giallastro ha in grande quantità chiazzette
e punti di color rossastro, quasi ruggine ili ferro: una costola è più tondeg-
giante dell'altra ed il taglio, ad eccezione di due dentini, è conservatiasimo :
qnest'azziua di probabile saussurite con giadeite deriva da Vidda'ecoia presso
a Viddalba.
- 62. Azza grossolana quasi a triangolo isoscele di roccia por/ìrica, che
in un magma feldespatico contiene numerosi cristallini minuti ed in maggior
numero grossi cristalli di feldespato bianco decomposto con cristalli di orni-
blenda, di cui si veggono le sezioni sulle faccio, con mica e clorite, ma po-
chissimo quarzo. Quest'azza, dono gentile del prof. Pietro Cara, che l'ebbe
da Dorgali, ha una durezza di poco inferiore al 6" grado ed il p. s. = 2,89
alla temperatura di 19,8° C.
« 63. Azza verde-oscura di eclogite, ricordante il ciottolo di fiume in
una cavernosità fra una faccia ed il taglio, ma più ancora nella parte supe-
riore, Irniente quasi in cono ed alquanto scabrosa per l'immanicatura. È molto
bene levigata con numerose piccole cavernosità, dovuta ai granati decomposti :
nella durezza supera il 7° grado ed arriva col p. s. a 3,45 alla temperatura
di 21° C, raggiungendo le dimensioni relative di mm. 82, 39 e 20, La com-
perai a Dorgali, come la maggior parte delle altre, che derivano da quella
località.
« Ho annoverato varie azze di minerale nefritoide, pochissime di gia-
deite fra le prime descritte, ma nessuna di cloromelanite si è rinvenuta nel-
l'isola, fatto curioso e che merita di essere segnalato.
— 425 —
« Altro fatto che salta alla mente di chi esamina il mio elenco di pezzi
litici sardi, che per la più grande parte suppongo gingilli, amuleti, oggetti
di ornamento ecc., anziché armi, è che la maggior quantità di essi appartiene
alla provincia di Sassari, da cui derivano pure i due arnesi di eclogite, tro-
vati nell'isola, e dei quali uno solo appartiene alla mia collezione.
« Mi sia ora permesso di ricordare ancora alcune di quelle singolari grotte
artificiali, generalmente conosciute col nome di domos de gianas, e da me nuo-
vamente esplorate in roccia granitoide decomposta. Esse son quattro, rovinate
in gran parte, in territorio di S. Stefano a 10 minuti dalla borgata di Oschiri,
dove vengono dette volgarmente furrighesu.
« La più alta di tutte ha l'apertura rivolta a S. S. E. è di forma tra-
pezia, col lato inferiore di m. 1,3(3 ed il superiore di 0,96, coll'altezza di
1,16. Si entra a piovente inclinato verso l'interno del primo ambiente, lungo
m. 2,12 e ad una profondità di m. 1,70 dalla volta si abbassa la parete,
che metteva per porta, ora quasi tutta abbattuta, in altra stanza, alta 1,50,
mentre la prima immediatamente davanti alla soglia di divisione è di 1,42,
essendo la lunghezza di tutte due quasi eguale a m. 2,12. Sulla sinistra della
seconda stanza con soglia dell'altezza di 0,42 si presenta incassatura larga
di una stanzetta, che, colla porta alta 0,64 e larga 0,55, è larga 1,50, pro-
fonda 1,12 ed alta 1 m. Può benissimo aver servito per abitazione nelle due
prime stanze e per tomba nell'ultima.
« Più in basso con apertura rivolta ad 0. si entra in una stanzetta che
mette in altra più grande colla parete a sud rotta e quindi lasciaste larga
apertura: da questa a N. 0. per porta ora ridotta ovoidale si entra in pic-
cola stanza rotonda.
« In altra massa, che s'erge quasi a perpendicolo, abbiamo una terza
furrighesu con una sola stanza, ma rovinata, e più in alto una 4a coll'aper-
tura rivolta a S. S. 0., e la porta provveduta di un'incassatura esteriore ro-
vinata alta 0,65, larga 0,62, che mette in stanza arrotondata, alta 0,84,
larga 1,21 e prò fonda 0,92.
« Ad evitare errori per chi si portasse a visitare quelle località ricorderò
che più vicino alla chiesa in massa granitica, tutta corrosa dagli agenti este-
riori, esiste una grande caverna, chiamata il palalo di S. Stefano, ma che
nulla ha da fare coi nostri monumenti, essendo essa naturale ad onta che in
vari punti sembri lavorata dalla mano dell'uomo.
« Nella regione Monte Cuccù vi sono varie altre di queste grotte ed altre
non lungi esistono nella località Sa Ma/idra Manna, in territorio di Tuia,
dove son conosciute col nome di casas de faddas o domos de faddas.
« Ad Est di S. Stefano in immediata vicinanza esisteva il nuraghe di
Patadéga, distrutto dalla linea ferroviaria, che per là passa ; a maggiore di-
stanza esisteva l'altro di Sas Concas, che fu disfatto per procurare il mate-
riale a' muri di tanche (! !). Vicino a M. Cuccù abbiamo il nuraghe di
— 426 —
Lugherìa, a circa un quarto d'ora di distanza, e che pure fu disfatto, ma di
esso si veggono ancora le fondamenta.
« Presso alle grotte di Tuia troviamo il nuraghe Rugiu, ben conservato,
ed altro non intero esiste non molto distante dalle stesse grotte : sicché anche
qui le due sorta di monumenti si accompagnano.
« Nell'anno vegnente spero di portare largo e nuovo contributo sull'ar-
gomento di queste grotte sepolcrali, descrivendo specialmente le numerose e
bellissime, che si trovano sulla linea Sindia-Padria-Monte Minerva e quelle
di Mores » .
Paletnologia. — Sopra alcuni ornamenti personali antico-ita-
lici. Nota del dott. Giuseppe Bellucci, presentata dal Socio Fiorelli.
«Negli Atti della R. Accademia de' Lincei (Voi. IV. p. 178, 1888)
fu inserita una Nota del dott. Colini interini ad alcuni ornamenti personali
dei Melanesi, esistenti nel Museo preistorico di Roma, l'illustrazione de' quali
trovasi in una recente Memoria di 0. Finsch {Mittheil. <l. Anthr. (resellsch.
in Wieii XVII, 153). Questi ornamenti consistono principalmente in denti e
conchiglie; molta importanza e moltissimo valore hanno tra i denti quelli
di cane e di porco e singolarmente le zanne di quest'ultimo animale, da cui
i Melanesi ricavano molti ornamenti.
« Riguardo a ciò il dott. Colini, ricordando l'uso fatto dalle popolazioni
italiane dell'età della pietra di denti animali per ornarsi, uso continuato di
poi senza interruzione tino a' giorni nostri, cita il fatto, che nel Museo pre-
istorico di Roma trovasi ima magnifica zanna di porco legata in bronzo, pro-
veniente da tombe del Comune di Spinetoli (provincia di Ascoli Piceno) , tombe
che risalgono alla prima età del ferro.
« Essendo in grado di aggiungere a questa citazione quella di altri og-
getti esistenti nella mia collezione privata e riferibili pure alla prima età
del ferro, mi ha sembrato opportuno di farlo con la presente Nota, per di-
mostrare anzitutto come la costumanza di portare denti a scopo di ornamento
doveva essere fin da quell'epoca piuttosto comune nelle regioni italiane e per
illustrare di poi maggiormente un soggetto di studio poco conosciuto.
« Dai trovamenti fatti in alcune tombe nel piano di S. Scolastica presso
Norcia (provincia dell'Umbria) proviene una zanna di porco, la quale offre
un particolare interesse. Come facilmente accade in codesti denti, o natural-
mente o ad arte, la zanna suddetta fu spaccata in tutta la sua lunghezza e
divisa così in due parti ugualmente conformate. Di ciascuna di queste però
ne fu procurata la conservazione, fasciandola accuratamente con un nastrino
di bronzo, largo due millimetri circa, il quale si diparte in ognuna di esse
dalla porzione radicale del dente e svolgendosi con forma spirale giunge fino
— 427 —
all'estremità. Codesto nastrino è fortemente annodato ad un foro praticato
lateralmente in ognuna delle due parti della zanna in corrispondenza della
radice ; non può dirsi come il nastrino terminasse e fosse fissato alle due estre-
mità, perchè proprio le parti estreme delle due porzioni di zanna sono in-
frante e mancanti.
« Un altro foro è praticato presso il margine terminale della radice in
ciascheduna delle due parti della zanna e per questi fori passavano due anelli
in ferro, oggi profondamente ossidati ed infranti, i quali dovevano servire per
appendere le due parti della zanna di porco così accuratamente aggiustate
o ad una collana o ad un' armilla. Queste parti della stessa zanna ridotte così
a due ornamenti distinti, sono convertiti in calcate per opera del rame del
nastrino con cui sono legate, e per azione del tempo.
« A Montelparo, Comune di S. "Vittoria in Matenano (provincia di Ascoli)
si rinvenne una quantità copiosissima di oggetti del più alto valore archeo-
logico, riferibili al primo periodo dell'epoca del ferro. Mi consta che questo
insieme interessantissimo di oggetti è andato disperso ; solo pochissimi entra-
rono casualmente a far parte della mia collezione. Tra questi importa notare
per ora tre zanne di porco, un canino di lupo, un canino di cane. Le zanne
di porco sono frammentate, una longitudinalmente e fin d'antico tempo ; le
altre due sono rotte a metà circa della loro lunghezza e la rottura, da quel
che sembra, avvenne per le pressioni del terreno in cui furono sepolte. La zanna
rotta longitudinalmente fu fasciata mercè un nastrino di bronzo largo un mil-
limetro e ravvolto a spira, seguendo la stessa tecnica tenuta per i due fram-
menti di zanna rinvenuti a Norcia ; come questi la zanna di Montelparo aveva
un anellino in ferro oggi infranto per appenderla. La differenza esistente tra
la zanna trovata a Montelparo e quella proveniente da Norcia, sta in ciò che
le due parti in cui fu divisa la prima zanna si mantennero riunite e ne ri-
sultò un solo oggetto d'ornamento ; in quella di Norcia le due parti si fascia-
rono separatamente e ne risultarono così due ornamenti distinti.
« Le altre due zanne rotte trasversalmente erano pure fasciate da na-
strini di bronzo avvolti a spira ed appese mercè anellini in ferro. I nastrini
erano fissati a piccoli fori praticati attraverso la zanna nelle sue parti estreme
e nel centro ed il capo del nastro sottoposto e ripiegato ad una delle spire.
Tutte tre le zanne di porco trovate a Montelparo sono convertite in calaite (').
« Altissimo doveva essere il pregio di codeste zanne di porco, se, non
ostante la loro frammentazione longitudiuale, ne fu procurata la conserva-
zione e se in altre intiere ne fu prevenuta una possibile divisione con un
(!) Era già composta questa Nota quando ricevetti da Grottamare La seguente infor-
mazione inviatami dal prof. Gamurrini, che riporto a maggiori' illustrazione dell'argomento.
« Denti per lo più di cignale legati con filo di rame sì ritrovano nella necropoli italica
di Cupra marittima nella collina di S. Andrea, che guarda e si prolunga nel mare qui
nel Piceno ».
— 428 —
mezzo così opportuno e solido e nel tempo stesso cosi elegante dal punto di
vista ornamentale. Quali virtù si attribuissero a queste zanne intiere o fram-
mentate, non è possibile stabilirlo ; può solo dirsi che dovevano ritenersi come
cose preziosissime, e certamente possedute e portate da persone di distinzione.
« Il canino di lupo, pure convertito in calaite, non è intiero, ma in occa-
sione degli scavi che lo misero in luce fu diviso longitudinalmente per metà
e rotto in ciascuna parte estrema. In corrispondenza della punta e ad una
certa distanza da questa, mostra un solco cilindrico, che attraversa il dente
in tutta la sua grossezza, solco che attesta l'esistenza di un foro per cui
doveva passare un anellino in ferro per sorreggere od appendere il dente;
nel solco veggonsi residui incrostati di ferro ossidato.
« Il canino di cane è intiero ; fu trovato riunito in un cumulo di Cipree
e di valve di Peetunculus forate e può presumersi perciò che facesse parte
con esse di una collana. Non offre particolarità degne di nota.
« Oltre alle tombe del Comune di Spinetoli, anche i trovamenti fatti a
Norcia e a Montelparo, località quest'ultima finitima a quella «li Spinetoli,
dimostrano pertanto la costumanza nelle popolazioni antico-italiche della prima
età del ferro di adoperare zanne di porco e denti canini, sia del Oanis lupus,
sia del Cams familiari*, a scopo di ornamento o di mezzo di protezione
contro sinistre influenze o contro malattie. Le tribù antico-italiche presentano
perciò un punto di contatto non solo con i Melanesi, ma con la maggior parte
dello popolazioni selvagge e primitive vissute e viventi, le quali si valsero
e si valgono delle zanne di porco e dei canini di Cardi, col duplice soppo
di ornamento e di scongiurare l'effetto di spiriti maligni od avversi. Nella
primitiva età del ferro però non si fece che proseguile si tratto costume, in-
trodotto già fino dall'epoca della pietra. La così detta civiltà del bronzo e
quella ancor più progredita della prima età del ferro, se avevano migliorato
in confronto delle precedenti le condizioni dell'umana esistenza, non avevano
servito però a togliere dalla mente degli uomini quei concetti primitivi sulla
causa delle umane afflizioni, che si avevano fin dall'epoca della pietra. E co-
desti concetti erano mantenuti nella mente degli uomini da una intelligenza
infantile, da un' assoluta ignoranza e da una credulità cieca, altrettanto facile
ad accettare le prime idee, quanto difficile a rimuoversi da esse. A cosa po-
tevano riuscire di fatti la civiltà del bronzo e del ferro, quando si rifletta,
che gli stadi ulteriori della civiltà stessa, e perii no il così detto splendore
della civiltà attuale, il progresso scientifico raggiunto in tanti rami dell'umano
sapere, non han servito a togliere nemmen oggi dalle credenze del volgo, quella
che i denti di cane o di lupo e le zanne di porco hanno particolari virtù,
benefiche ai possessori! L'età della pietra e le primitive epoche metalliche
sono in Italia da lunga pezza tramontate, ma negli strati più bassi dell'umana
intelligenza si prosegue anche oggi a vivere con alcuni di quei pensieri, che
si ebbero in quelle lontanissime età, ne' primordi dell'umano incivilimento » .
— 429
Matematica. — Le equazioni differenziali pei periodi delle fun-
zioni iperellittiche a due variabili. Nota II. (') del Socio F. Brioschi.
« 7.° Si è osservato precedentemente che la quantità :
z = ó 10
Qrs
è un invariante assoluto ; e si trovano pei valori di P3 (2), P4 (z), P5 (z) le
seguenti espressioni :
P3 (*) = f ó l0 1 ktrs -f 10 [A, /„ + ft, «,, + A0 »„] |
P4 (J) = f rf 1 " — kurs-\- 20 [£3 ^ + ki Urs + A, 0„]
-—{ )
P5 (*) = f d 1 ° Ayrs-f- 10 [A4 /rs -f- &3 ^rs + #2 »«] j
(2)
dalle quali si dedurranno fra la 2 e le t, u, v le tre equazioni differenziali :
L(j) = |Jt[^ + 10w]
M(*) = •£**[««+ 10»]
N(/) = f d\av-\-\Qw']
posto w = #w -[" 2c£ , ed a, è, <?, come sopra, sono i tre covarianti assoluti
della forma f{xx , x2).
« Ora osservando che per le relazioni stabilite nel paragrafo 3° si hanno le:
. 1 e* sdii
ct1t-\- a2u-j- ce3v = — là -*-
filt + fiiU + frv = -2J&
^#W^=-W [- 5 g - | a % + ij (4a> + 25*) g]
^ r ^d// . 4 dy~~\
YiU+Y* v+y3w=-2J [- 2fb + y a ^ j
(!) V. pag. 341.
Rendiconti, 1888, VoL. IV, 2° Som. 55
430 —
se si moltiplicano le equazioni (2) per «x , «2 , a8 : Pi » fa » P% \ Yi^Y^Ys e si
sommano, si giunge al seguente risultato :
-*[-«oì-u.*+*(^+-.)g
d$_
de
- Queste relazioni differenziali si semplificano sostituendo alle variabili
a. b, e le «, p, y definite dalle
« = « , 0 = 2a2 — 2.V/ . y = 4«3 — Ihab — 375c
trasformandosi nelle :
£--*[-2+«<«-'-<*+r)J0
d§ |_ da ' //ti r dyj
dalle quali si deducono le tre equazioni differenziali parziali del secondo
ordine :
— ri- — i(b«2 — fi) -7~-— 14«!— 9«/J+y) ... — 9"-t + t-73=0
— ^— — 3«-r^r- + 4(14«3 — 9«;^ + y) t4— t j =0
(/«rf/? dady ' - v ' ' " dy* dy
da rfy ^ 3 ^2 rij8 f/y 2 l P } df '
Sono queste le equazioni le quali corrispondono alla nota equazione ipergeo-
metrica nel caso delle funzioni ellittiche.
« -8.° Essendo :
Po(j»«) = 0 , 1\(>,) = — Sprs , P2(;/,,.) = — 12ÀXJV,
il rapporto di due qualunque fra le sei quantità pn , e similmente delle qrì .
è un invariante assoluto.
« Essendo inoltre :
Pi Br ) = M DP" 9* + £* ftr + #r V-' »]
+ «li Lpsr rju -f-JOfi >/W. 4- /v, yu] J
— 431 —
posto :
«"n =
j?3_2
Ih* '
*li =
ffl3 ff>42
x22 —
^12
da cui :
7?34
: Tll r22 712
si hanno le
P3(*ii) =
ni
T
2
, P
*(*
ìiH
7lÌ ft)12W22
, P5(^l) =
ni w|j
2 ^22
4 rè
P (t \
ni
wuw
12 p
l(*
^
ni mum22-j-&}]
2W21 p /-. \_
77"/ W2] W22
1 2\T\ì) —
4
vi
1 *-<
12J
4 rè
} J-sl/12; —
4 rè
P3(r„) =
ni
4
«il
$2
, P
l(*
») =
7T2 «ii«21
2 ^f2
• , P5(r22) =
777 <»li
Trè '
Sia ora e una funzione dei periodi wrs per la quale sussistano le relazioni:
P0(o) = 0, P1(ff) = 0, P2(^) = 0
sarà :
ed analogamente per P^cr), P5(c). Da queste tre equazioni si dedurranno
cosi le seguenti :
in P3 (a) — &?2, wn P4 (a) -j- w^ P5 (<r)
4
drn
ni
da
4
dr12
71Ì
da
2«21 W22 P3 (O") («11 «22+w12 W2l) P4(°04~ 2W12 0)n P5 (O-) (3)
= coli P3 (ff) — «12 W22 Pi (<r) + «w P5 (<r) •
4 ttr22
« 9.° Dimostrasi facilmente che ogni covariante della forma f{xi , #2)
in cui l'ordine sia doppio del grado e nel quale alle a?i , x-2 si sostituiscano
i periodi w2r, — wlr; come pure le polari dei covarianti stessi nelle quali
si sostituiscano alle ylt //2 i periodi w2s, — »is, sono invarianti assoluti della
stessa forma /. Così, per esempio, dalla forma f{xx , a?2) e dai covarianti
k {xx , ax,), / (d?i , a?*)» w («1 » #»)> « (# 1 , #») si deducono gli invarianti assoluti :
A/(w2r , — «ir) , A («2r } — «ir)
_i _! -4-
ò 5 £ (w2r , — wlr) , ó '°m (ahr , — «ir) j <? 5 W (w2r > — «ir)
e saranno pure invarianti assoluti :
AjA , BpS. , QpKi
e cosi via.
— 432 —
u Pongansi :
Ó 3 [/0 ("li 2/, W2i Wn -j- l.y l»\^\ = /i i
J 5[/0 W2, W22 /l (Wll «22 + W'2 a>21) ~1~ ^2 "" t,)l2^ == ^*
()' 5 p0 &?§2 2/i W22 W;-2 -f" ^2 ("lV] = ^22
ed analogamente per mn, w12 Sostituendo nelle ultime forinole del para-
grafo precedente gli invarianti assoluti a, fi, y alla tf, si hanno le equazioni :
ni da ni da
ni da
~. ; — = lo In
4 drn
ni d8
4 diu
ni dy 32.£
T dvu = ~~ 2
dalle quali :
5T° ?
4 </r12
7T& rfjS
4 '/'i>
Tre dy
12
= 30Z12
= 150mi2
4 rfr.22
= !:>/.,.,
— ■ —£-=75?H22
4 ar88
7n flJy
= -32.53.«12? -r /
:;J.:.:i
ft2;
,/,
*/*<
din dil2
d$ djì
di n di 12
dy dy
di i
da
di, 2
di22
dy
di 12 ill::
t)'
essendo, come sopra,
y==(T10JB12
« Ora e?-3 K2 è una funzione razionale, intiera di «, ,->, y ; la forinola
superiore corrisponde quindi alla analoga delle funzioni ellittiche.
« 10.° Si è trovato per quest'ultimo valore di y essere :
Ps(y) =—***<», P4(y) =—***«„, P.(y)=— i^»u
sostituendo quindi v/ a ff nelle forinole (3) si ottengono le tre seguenti :
. ni dìogi/ ni d log // 0 ni dlogy
2 dr„ ""' 2 rfria
essendo :
0Vs = wi>- '/is 4~ w2r */2s •
Le quantità #rs, per le quali, come è noto:
9rs — Osr = 0 ■ oppure grs — gs
2 efo
7T£
022
secondo che r -f- s è numero dispari o pari, sono invarianti assoluti. Si hanno
infatti le :
ni
#12 =^24 #12— #24^12 |
7n
#13 =Plì ^43+^24 #12 +^41 #2:1
e così di seguito ; le quali dimostrano la proprietà indicata.
— 433 —
« I valori di P3(#Vs), Piiffrs), PsQ/r.s) hanno molta importanza in queste
ricerche. Essi sono :
P3 (9rs) = 6 \jc0 «2r »2s #1 («ir «2s + «is «2r) + ^2 «ir <»isj +
-j- -r- A«lr Wls g r/2r ^2S
P4 (#r.<) =12 ^1 M2r W2s — #2 («ir «2* + «1^ »2r) + #3 «ir »isj +
+ f A (wlr w2s -f- wls w,,) + 7 far IJu + "?u ?/2r)
P5 (#rs) = 6 T/Ja <0tr W2s &3 (wlr w2,. -j- «is «2r) + #4 «ir «ìsj +
-j- 4- A«2r w2s — j rjlr rjis
e conducono, col mezzo delle formolo (3), al seguente gruppo di equazioni
differenziali :
ni da n . , , „_ ni da a , inTr nidgn ,•, . ftir , 3 A «
nelle quali si è rappresentato con K0 il covariante k{xi , #2) sostituendo in
esso alle xXi x2 le ^-w,,; e con Kl5 K2 ... le successive polari dello
stesso covariante posto yx = «22 , yz = — «i2.
« Si noti che le equazioni superiori dimostrano la esistenza delle relazioni:
dgn _ dgz% . dgu_ _ dg^ j d^ _2 ^£i2_ _
f/r22 t/ru ' rfr12 rfrn dr12 f/r22
« Posto :
g = ó~T°qi2
e perciò :
a = yji = Pi* Qit
vedesi facilmente essere :
a = gngu — gu
e da questa per le equazioni differenziali (5) si deducono le seguenti :
1iÉ^\LgìiX = ^aguf-Jr 6 [K0 gM — 2K, ^, -f K2 gi{]
' -1- jltx = iagujrt+12[Kign — 2Ktgit + 'K*gid
4 rfr12
ni dx
-|_ i ^22 x == l «r/22 y2 + 6 [Ki #22 — 2K3 $rlt + K4 0n] •
4 dr.n
«11.0 I secondi membri delle equazioni differenziali (5) sono, pel
— 434 —
teorema enunciato sopra, altrettanti invarianti assoluti della forma f. Indicando
con (f il covariante di sesto ordine e terzo grado:
e con ip il covariante dello stesso ordine e grado :
infine con XY0 , W: , ... XV0 le funzioni che si ottengono da \p colle sostituzioni
già usate precedentemente, si ottengono queste altre equazioni differenziali :
^^ + 2r/uKtì = 12¥0
^^4-2(^uK1+.Vl,K0) = 24'K1
7* + (9* Ko + *0« K' + 9u K.) = 24T8 - * J„ f
4 Col \ì
f f^ + i (*. K, + 3? „ K.) = 12¥3 + £ iM y"
X^ + Jn K, + 2fjl2 K2 ■+ 9ìl K3 = 24¥3 - | /,,, y«
T ^~ + *■" Ka + *■ lv:ì = 12 J ' + * '" ■''
e così quelle per K3 , K4 che si deducono dalle superiori per K,. K„ . Anche
i secondi membri delle quindici equazioni differenziali così stabilite sono in-
varianti assoluti di f e la loro derivazione rispetto a rUl r12, r.,., riprodur-
rebbero le funzioni stesse moltiplicate per //,,. 7,.., gM e nuovo funzioni che
si deducono da covarianti dell'ottavo ordine e del quarto grado di / mediante
la sostituzione più volte indicata.
« 12.° Sia / una funzione di g^ , gx% , gtì ; rn , tì2 , r2g ; di y e di due
variabili vx , v2 legate ad altre due U\ , n., dalle relazioni :
1 r 1 1 r -1
Essendo, per quanto si è dimostrato nei precedenti paragrafi :
Po (0,,)= Po (*,,) = Po (y) = 0
ed analogamente pei simboli di operazione Pj e P2 , si hanno le :
— 485 —
Se t è una funzione omogenea di vx , v2 e quindi di ux , u2 , dell'ordine m ,
da queste equazioni deduoesi essere la funzione t , nella quale pongasi
U\ = — #2 , Ut = #1 ) un covariante di / del grado f m.
« Si ottengono inoltre le :
P3W=(15A,«1-3AlM!)^+(3A*-Aa«I+A)^+Q3(,)
(V) P^=(uA3Mi-3A2«^g| +(A3K!_3A4„1-|gf +Q,(<)
P5(0=(3A4«1-A^+i|)|-3A5,1£+Q5W
nelle quali le Q3 (7) , Q4 (t) , Q5 (0 rappresentano le operazioni P3 , P4 , P5 ,
eseguite sulle grs , ^rs , y contenute in / . e quindi :
Q;J (o = s Ap, (.,,, + s£p,M + A P>(jf)
ed analogamente per Q4 , Q5 ; e :
</ = 4 (#u tV -f- 2gl2 vx V, -f- ^22 v22) = (C0 w22 -j- 2Ci 2*2 ^i + C2 Kj2)
posto :
C0 = «il ^22 «12 fai = tu C2 = ^11 «22 YJ12 0)2l = Vii
Ci === «H )lì2 Oìx2 ìln = «22 fjtl «21 »/22 = i ^12 •
« Indicando con :
&(Vi ,v2,rn ,t12,t23)
una qualunque delle sedici funzioni théta, pongasi :
& (vi ,v2) = t;
dalle note relazioni :
d* # , . d& d2^ n . dd- rt d- & . . dd-
-r— — ±711 — — = 0 , — — — 2rri — — = 0 , -j-r- — 4:m — — = 0
avi aru dvi dv2 drì2 dv2 dr22
si deducono le seguenti :
j_ d2 1 _7liV dt j_ v di dgrs . dt dy ~~ 1
16 dvx2 4 |_ tìJrn ' ' dgrs dru ' dy drn_\
j d2t _ ni |~ dt , v di dgrs dt dy ~ I
8 di\dv2 4 _dr12 dgrs dr12 * dy dr12__
~ dt . _ dt dgrs dt_ dy ~|
_ dr22 ' '" dgrs di22 ~r dy di22_\
d2 1 _ ni
dvf 4
Si moltiplichino queste equazioni per P3 (rn) , P3 (r12) , P:j (r22) e si som-
mino, ed analogamente per P4 , P5 ; rammentando le (3), si giunge alle :
— 436 —
i
quali valori sostituiti nelle equazioni (7) conducono alle tre equazioni dif-
ferenziali del secondo ordine per la funzione / , corrispondenti alle tre supe-
riori per la funzione &.
« La forma quadratica <j , nella quale si ponga ux = — x* ut = X\ ,
è un covariante di / del secondo ordine e di primo grado. Si hanno infatti le :
r.(*)H£, p,W=2Hhh*. P^)=-A„«;J+oA,[y+„g
e per esse si vede tosto che ponendo :
i valori di P0 (T) , ?, (T) , P, (T) si deducono dalle (6) sostituendo T a t.
« Sieno, come precedentemente, /.; {x\ , .'■.,) il covariante biquadratico e
di secondo grado di /' , ed A l' invariante quadratico ; posto :
„ 1 d2k T_ 1 &k „ 1 <Pk
■"■il = o~. TI — e" ' ^tz==o~7'~j 1 — » &22 =
3.4 dxf ' '-3.4 dxxdxt ' " 3.4 dxt%
nelle quali siasi operata la sostituzione X\ = K2 x* = — i'\ . si hanno per
P3(y), P-i(y), Ps(sp) i seguenti valori:
P3(y)=6Ku+lAM^+(15A2ai-8AlM8)^+<3A^-A8Wl)^+|(^)'
P5(9)=6K22+iAa8>^^^
Ponendo a confronto queste equazioni colle corrispondenti per t (7), si giunge
alle seguenti equazioni differenziali per la funzione T :
P3(T)=(3K11+^AMl2)T+(15A2«1-3A1«2#+(3A8^-A8K1#+lrf
2 flf'2
P4(T)=(6K18+|A«1«8)T+(11A3/<1— 3A3«,)^-+(A3«8— 3A4Wl)^~ i^^
P5(T).(3K22+^^)T+(3A1,1-A3.)^-3A,,|+i0.
« Le medesime, salvo lievi modificazioni, furono già trovate per altra via
dal sig. Wiltheiss » (').
(!) Ucber chic partielle Diferentialgleickung der Thetafunctionen zweier Armi-
mente, Math. Annalen, Bd. XXIX,
— 437 —
Biologia. — Sull'omologìa della branchia delle Salpe con quella
degli altri Tunicati. Nota I. del Socio Francesco Todaro.
« In una comunicazione fatta nel 1884 all'Accademia (') descrissi la
doppia serie di stigmate e tasche del nastro branchiale delle Salpe, e riconobbi
essere corrispondenti alle stigmate branchiali dei Doliolum, dei Pirosomi e delle
Ascidie. Per la disposizione dell' epitelio di tali organi e per i loro intimi rap-
porti con la fitta rete vascolare sanguigna del nastro branchiale, sostenni
inoltre essere esso il vero organo attivo della respirazione in questi animali.
Ora sono in grado di affermare che vi sono altri due organi i quali, avuto
riguardo alla loro struttura, debbano funzionare anch'essi attivamente come
organi respiratori : questi sono la fossa vibratile o cigliata, ed il solco vibratile
pericoronale, o solco branchiale, come io voglio appellarlo; poiché entrambi
questi due organi presentano una grande cavità la cui parete interna è cir-
condata da una fitta rete sanguigna, ed è rivestita da un epitelio che, come quello
delle tasche branchiali, è fatto: in parte da liste di cellule cilindriche provviste di
lunghe ciglia vibratili le quali determinano una forte corrente d'acqua nella
cavità; ed in parte di piccole cellule cubiche o poliedriche, trasparenti, che
rivestono la superficie osmotica della parete e facilitano il ricambio gassoso
fra l'acqua ed il sangue circolante nella rete. La fossa cigliata non si sviluppa
dall'intestino branchiale o faringeo, ma dall'ectoblasto o ectoderma introflesso
per formare la cavità o seno boccale; e quindi del valore e significato di
essa me ne occuperò più tardi. Adesso voglio richiamare l'attenzione sopra
il solco branchiale, ed anzitutto sulla branchia, allo scopo di cercare di que-
st'ultima non solo il valore morfologico, ma eziandio il significato filogenetico.
« Il solco branchiale è affondato in un cercine bilabiato il quale sporge
internamente fra la cavità boccale e la cavità faringea, e si distende circo-
larmente dalla parete dorsale alla parete ventrale, ove si attacca d'ambo i
lati all'estremità anteriore dell' endostilo. Nella parte mediana della parete
dorsale fa un angolo coli' apice rivolto in dietro che viene a contatto col-
l' estremità anteriore del nastro branchiale, e colla apertura in avanti la
quale abbraccia l'estremità posteriore della fossa cigliata. Il solco decorre
per tutta la lunghezza del cercine. Non sono riuscito ad assicurarmi se nel-
l'angolo che il cercine fa nella parete dorsale, sia o no interrotto il solco,
ma, avuto riguardo al suo sviluppo, si deve ammettere che non sia unico
ma duplice; come non sono neanche riuscito a vedere chiaramente se nella
parete ventrale il solco comunichi o no colla cavità dell' endostilo.
(x) F. Todaro, Sopra i canali e le fessure branchiali delle Salpe, Atti d. lì. Àcc. d.
Lincei. Transunti, voi Vili, p. 348.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sera. 56
— 438 —
* Secondo Fol (*) in questo solco verrebbe ad accumularsi il muco segregato
dall' endostilo per imprigionare, in certo modo, gli animali microscopici che deb-
bono servire alla nutrizione del Tunicato. Ma la sua struttura parla tuttavia in
favore della funzione respiratoria. Infatti in una sezione trasversale (fig. 1 s.),
nella quale si vede in tutta la sua lunghezza questo solco immerso nel cor-
cine dalla sua apertura nella cavità faringea fino al fondo cieco, esso si mostra
Fig.' 1. Sezione trasversa del solco pericoronale osolco branchiale della S. Tilesii.
A) sacco branchiale o parete del corpo dell'animale; lj ectoderma 2) mesoderma; 8) ento-
derma; s) solco branchiale; b) sua parete anteriore o boccale; e) sua paivtc posteriore o
faringea; «), p) grandi seni sanguigni; rf) rete sanguigna; 1$) mantello di cellulosa.
limitato da due pareti labbriforme, una anteriore o boccale (b), e l'altra poste-
riore o faringea (a). La parete anteriore è più spessa e rovesciata in avanti,
la parete posteriore, sottile e più alta, è inclinata su questa, sicché la direzione
della cavità del solco è obliqua coli" apertura rivolta in avanti.
« Queste due pareti sono fatte da una ripiegatura della mucosa, e pre-
sentano uno scheletro congiuntivo rivestito esternamente dall'epitelio. L'epi-
telio che riveste la parete posteriore (a) è formato da uno strato semplice di pic-
cole cellule cubiche e trasparenti, e proviene dalla faringe; esso si ripiega
sul margine libero e scende tino al fondo del solco, ove si continua coll'epi-
telio che riveste la parete anteriore. Questo epitelio (b) invece è fatto di grandi
0) Fol, Ueber die Schleimdrùse oder den Endostyl der'tTunikaten, MorphoL Jahr-
buch. I Bd.
— 439 —
cellule cilindriche con lunghe ciglia vibratili, e si continua in seguito coli' epi-
telio pavimentoso della cavità boccale.
« Nel tessuto congiuntivo sottostante al solco si vedono grossi vasi san-
guigni («, fi) provenienti dai due grandi seni sanguigni che percorrono da
dietro in avanti nel nastro branchiale. Dirò fin d'ora che tutti i seni san-
guigni, grandi e piccoli, di questi animali, compresi anche quelli che for-
mano le reti a strette maglie, hanno una parete costituita da un semplice
strato endoteliale di cellule piatte che nella sezione si presentano fusiformi.
« Da questi grossi vasi si partono altri seni più piccoli che si ana-
stomizzano a distanza ; e da questi alla lor volta si partono seni ancora più.
piccoli che vanno a formare, nel tessuto congiuntivo della parete posteriore
del mentovato solco, una rete a strette maglie (ó). Però questa rete è rivestita
da un epitelio sottile, il quale facilita il ricambio del gaz del sangue che corre
in essa con quello dell'acqua; e questo fatto, nonché la inclinazione del
solco in avanti e la speciale disposizione dell'epitelio vibratile, parlano piut-
tosto in favore della funzione respiratoria. L'epitelio di questo solco si svi-
luppa dal punto di fusione dell'entoderma faringeo coll'ectoderma boccale;
il solco comincia a formarsi con due accenni nella parete dorsale ai lati
della fossa cigliata o vibratile, donde si distendono nella parete ventrale.
« La branchia delle Salpe è ridotta, come si sa, ad un nastro branchiale
impari e mediano, compresso lateralmente, il quale è teso diagonalmente
d'avanti in dietro fra la cavità faringea o branchiale e la cavità cloacale e
peribranchiale, e separa le due grandi comunicazioni fra queste due cavità.
Colla sua estremità anteriore si attacca alla faccia interna della parete dor-
sale della faringe dietro l'angolo del solco branchiale; e posteriormente, dopo
essere passato sul lato sinistro del cercine imbutiforme che limita l'apertura eso-
fagea, ripiegandosi anteriormente ad arco, va a raggiungere nella parete inferiore
l'estremità posteriore delle pliche vibratili dell' endostilo. Costituito da tessuto
connettivo che ne forma il corpo, è rivestito da uno strato semplice di epitelio.
Nel corpo del nastro branchiale decorrono numerosi vasi sanguigni, e due
lunghe serie di tasche branchiali che con le loro aperture o stigmate limitano,
alla superficie, la parte inferiore dalla parte superiore di esso.
« I vasi sanguigni del nastro branchiale delle Salpe presentano due grandi
seni o tronchi longitudinali, come si mostra nell'animale vivente e si vede
chiaramente in una sezione trasversa (fig. 2), i quali decorrono nel piano me-
diano : uno (fi) nella parte superiore o cloacale ; e l'altro («) nella parte in-
feriore o faringea. Nascono con un tronco comune dalla parte posteriore del
cuore, il quale tronco subito, non appena penetra nella estremità posteriore della
branchia, si divide nei due seni in discorso.
« Lungo il loro cammino nella branchia, questi tronchi danno o ricevono,
un numero infinito di rami collaterali, i quali, dividendosi ed anastomizzau-
dosi fra loro, formano reti di seni sanguigni di medio e piccolo calibro elio
— 440 —
occupa tutte le parti della branchia. La parte più fitta della rete (.>), formata
dei vasi più piccoli, si trova intanto all'intorno delle tasche branchiali immerse
nei due lati del corpo della branchia. I rami terminali di questi due grandi
seni longitudinali, si anastomizzano con quelli che formano una rete a larghe
maglie sotto il ganglio cerebrale, e danno i vasi del solco branchiale.
-a
&
~à
>;. :^TJ^i/J/ ---..£
Fig. 2 = sezione trasversa del nastro branchiale della S. bicaudata. — A) parte
inferiore o faringea ; B) parte superiore o peribranchiale ; e) cresta vibratile epibranchiale;
s) stigmate branchiale e t) tasca branchiale ; a) epitelio sottile e trasparente della parte
superiore del nastro ; a') epitelio sottile e trasparente della parete mediale della tasca bran-
chiale ; b) epitelio vibratile della lista ciliata ; V) epitelio vibratile della parete laterale
della tasca branchiale; a) grande seno longitudinale inferiore ; fi) grande seno longitudinale
superiore ; ») rete fìtta di piccoli seni circondante le tasche branchiali.
« L'epitelio che riveste la superficie del nastro branchiale presenta nel
mezzo della faccia superiore una cresta (fig. 2, e) longitudinale vibratile, la quale
dalla estremità anteriore va a raggiungere nell'estremità posteriore le pliche
vibratili dell'endostilo. Questa cresta epibranchiale, longitudinale, è fatta di alte
cellule cilindriche che portano lunghe ciglia vibratili, ed è omologa a quella che
— 441 _
si trova negli altri Tunicati sul rafe dorsale della branchia. Nella parte superiore
del nastro branchiale, a partire da questa cresta fino alla serie delle stigmate,
d'ambo i lati l'epitelio è uniformamente costituito da piccole cellule cubiche,
o poliedriche, e trasparenti («). Nella parte inferiore, a partire dalle medesime
stigmate e corrispondentemente a loro, l'epitelio invece presenta una serie di
liste vibratili (b) che si alternano con liste di cellule cubiche prive di ciglia,
come quelle della parte superiore.
« Le stigmate e tasche branchiali non mancano in nessuna specie,
ma variano di numero, di grandezza e di forma, a seconda la specie e talora
anche a seconda la prole. Nella S. Tilesii hanno la forma di fiasco, e sono così
numerose e grandi che arrivano quasi a toccarsi reciprocamente. Nella
S. pinnata, benché numerose, sono molto piccole; e nella S. bicaudata
(fig. 2, s, t.) in principio hanno la forma di lunghi tubi, ma poi la
loro apertura diviene svasata ed imbutiforme. In questa specie erano state
indicate brevemente, prima di me, da H. Fol in una Nota inserita nella
sua Memoria sull'endostilo ('), nota che mi era sfuggita quando feci la
mia prima comunicazione. Egli le descrisse come una doppia serie di intro-
flessioni laterali , alle quali non attribuì altra importanza che quella di
accrescere la superficie respiratoria ; e quindi non riconobbe essere esse vere
stigmate branchiali.
« La presenza delle stigmate e tasche branchiali delle Salpe è stata
recentemente confermata da F. Lahille (2), il quale ne ammette al par di me
l'omologia con le stigmate delle Ascidie, chiamandole hemitremas.
« L'epitelio delle tasche e stigmate branchiali, ubicate nella parte la-
terale del nastro, (b') a partire dal loro fondo cieco, è formato di cellule
cilindriche vibratili, e si continua rispettivamente con le liste cigliate esterne,
come ha detto il Fol. A partire dallo stesso fondo, la parete mediale (su-
periore) della tasca branchiale invece è formata da una serie di piccole cellule
trasparenti, come l'epitelio che riveste la metà superiore della superficie del
nastro, col quale epitelio si continua.
« Adunque l'epitelio delle tasche branchiali si comporta allo stesso modo
dell'epitelio del solco branchiale; l'epitelio della parete esterna per il mo-
vimento attivo delle sue ciglia, sussidiato da quello delle liste vibrali,
(*) Riporto qui testualmente la nota del Fol. « Der Bau dieser Kieme ist nicht liberali
« so einfach wie angenommen wird; bei Salpa bicaudata z. B. bildet sich jederseits ani
« Kiemenbalken eine Reihe seitlicber Einstptìlgen, deren jede mit einem Wimperstreifen
« correspondirt. Es dringt sogar jeder quere Wimperstreifen bis in den Grand des corre-
« spondirenden blindgeschlossenen Sackchens; eine Einrichtung, welche wohl die Vergros-
« serung der respirirenden Flache bezweckt. (Morphol. Jahrbucb. I. Bd. 238 S.) ».
(2) F. Labille, Contribution à Vétude analomique des Salpes. Di questa memoria non
si è pubblicato sinora che il sunto verbale fatto nella seduta del 7 marzo di quest'anno
alla Societé d'Histoire naturelle de Toulouse.
— 442 —
determina una forte corrente d'acqua dentro alla cavità della tasca, e l'epitelio
sottile della parete interna ne facilita i fenomeni osmotici dei gaz dell'acqua
con quelli del sangue; e però la funzione respiratoria del nastro branchiale
delle Salpe deve essere molto attiva, come nella branchia degli altri Tunicati.
Ma quale è il rapporto morfologico di questo organo nei vari Tunicati?
« Ed. Van Beneden e Ch. Julin nella loro morfologia dei Tunicati (') dicono:
« De tous les Tuniciers ceux qui, au point de vue des caractères de l'appareil
« respiratole, se rapprochent le plus des Appendiculaires sont, à nótre avis,
« les Salpes. Il est probable en effet que les deux grands trous qui chez ces
« animaux établissent une large communication entre la cavité branchiale ou
« pharyngienne et la cloaque, sont homologues aux caQaux brauchiaux des
« Appendiculaires. Ce que l'on appelle la branchie chez les Salpes, c'est la
« voùte réduite du pharynx - . Evidentemente questi due osservatori non hanno
fatto attenzione alle stigmate e tasche del nastro branchiale delle Salpe.
Tuttavia io sono del loro avviso sull'omologia delle due tìssure branchiali
delle Appendicularie con le due grandi aperture di communicazione fra la
cavità faringea e la cloaca delle Salpe, e mi fondo sul seguente ragionamento.
« Nelle Appendicularie, da quanto sappiamo dalle ricerche del Fol (-'),
ognuna delle due aperture branchiali si forma dalla fusione e perforazione
dei fondi ciechi di due diverticoli che vengono, l'uno dalla parte dorsale del-
l'ectoderma della larva e l'altro dall'intestino faringeo. Le aperture sono cir-
condate da un epitelio a lunghe ciglia vibratili, e la parte esterna del canale,
che si forma in tal modo, si allarga ad imbuto; così si vengono a for-
mare anche due cavità, soltanto peribranchiali come l'omonima dell' Am-
phioxus, che rimangono indipendenti per tutta la vita, a canto alle quali si
apre esternamente l'ano intestinale.
« La formazione delle prime fissure branchiali e della cloaca delle Ascidie,
come ci ha insegnato il Kowalesky, (3), accade secondo lo stesso processo dalle
stesse parti e nello stesso luogo. Se non che in questi altri Tunicati, dalla
fusione dei due diverticoli dell'ectoderma con le estroflessioni dell'intestino
faringeo si formano due paia di fessure branchiali circondate da un epitelio
vibratile : il primo paio si forma in avanti ; ed il secondo in dietro, per la
fusione di un secondo paio di diverticoli dell'intestino faringeo o branchiale,
con le due mentovate introflessioni ectodermiche. Secondo Ed. Van Beneden e Ch.
Julin il numero delle prime fessure branchiali si può elevare nella Phallusia
scaraboides da due a sei; le quattro ultime si formano senz'ordine simmetrico.
« Trascorso molto tempo dalla formazione di queste fissure, e dopo
(*) Van Beneden e Ch. Julin. Recherches sur la Morphologie des Tuniciers.
Gand 1886, pag, 401.
(2) H. Fol, Etudes sur les Appendiculaires du detroit de Messine. Genève 1872.
(3) R. Kowalevsky, Weitere Studien ilo. d. Entwicklung d. einfachen Ascidien.
Archiv f. mikr. Anat. VII Bd. 1871.
— 443 —
l'apertura anale nella cavità cloacale sinistra, e la fusione delle due cavità
cloacali in una grande cavità, le fissure branchiali si multiplicano a dismisura
in tutta la parete che separa questa dalla cavità faringea, nella quale parete
vengono a disporsi in linee trasversali e perpendicolari.
« Ora, a mio avviso, conformemente a quanto affermano i due men-
tovati osservatori, le due prime fissure branchiali delle Ascidie corrispondono
perfettamente alle due fissure omonime delle Appendicularie ; le altre si sono
formate secondariamente, cioè dopo che l'introflessione ectodermica si è differen-
ziata, in seguito all'apertura anale, nell'epitelio della cavità cloacale, anche
prima della fusione delle due in una sola. Alle prime aperture si potrebbe dare
il nome di fissure branchiali e a queste ultime lasciare quello di stigmate.
« Le stigmate delle Ascidie hanno la stessa posizione e la medesima
forma e struttura delle stigmate delle Salpe; e studiando lo sviluppo onto-
genetico di quelle delle Salpe, vediamo che questo è lo stesso, quantunque
ne sia modificato il processo. Anche nella struttura loro notiamo alcune diffe-
renze, vale a dire : le stigmate delle Ascidie hanno l'epitelio vibratile all'in-
torno dell'apertura, mentre internamente si prolungano in corti canali che si
aprono nella faringe; nelle Salpe le stigmate hanno l'epitelio vibratile in
tutta la parete laterale, e si terminano internamente a fondi ciechi : ma con tutto
ciò noi possiamo affermare che le stigmate delle Salpe sono omologhe a quelle
delle Ascidie.
« Possiamo anche ritenere le due grandi aperture che fanno comunicare
la cavità faringea e la. cavità cloacale delle Salpe, siano omologhe alle due
fissure branchiali delle Appendicularie ed alle due fissure (prime fissure) delle
Ascidie, quantunque il processo ontogenetico, col quale si formano nelle Salpe,
sia anch'esso modificato o cenogenetico, e la struttura loro diversa.
« Infatti nelle Salpe, la cavità cloacale e peribranchiale, invece di ri-
sultare dalla fusione di due introflessioni laterali, è formata da due intro-
flessioni successive dell'ectoderma che si sviluppano in tempi diversi. Ac-
cade dapprima nella parte dorsale, dietro la vescicola celebrale, una prolife-
razione dell'ectoderma, per cui sotto lo strato esterno se ne forma un altro
più spesso. Le cellule di quest'ultimo si dispongono poscia attorno ad una ca-
vità che si svolge in mezzo a loro, e così si fonila una prima vescicola cloa-
cale che in origine è chiusa da per tutto. La parte interna, o il fondo di
questa vescicola, resta separata, nel mezzo, dalla corrispondente parte dell'en-
toderma dell'intestino branchiale o faringeo per la presenza mesenchima; ai
lati manca questo strato, e l'ectoderma della prima vescicola non ancora dif-
ferenziato, viene a contatto con l'entoderma, col quale si fonde e quindi si
aprono due larghe comunicazioni fra la faringe e questa vescicola. La quale si
ingrandisce allora e riceve contemporaneamente l'apertura anale dell'intestino
terminale ; perciò questa vescicola corrisponde alla cavità cloacale sinistra
delle Ascidie. Così si formano le due grandi fessure branchiali, dopo di clic
— 444 —
1 epitelio di questa vescicola mettendosi anche, per l'apertera anale, in comuni-
cazione con l' intestino posteriore, si differenzia. Il mesenchima rimasto tra
la cavità di questa vescicola e la faringea, rivestito dalle cellule dell'ectoderma
e dell' entoderma, rappresenta il primo abbozzo del nastro branchiale-
« Dagli elementi del mesenchima di questo abbozzo si sviluppano i vasi
sanguigni che ho descritti : dalle cellule ectodermiche ed entodermiche che lo
rivestono, lo strato epiteliale. Nel punto in cui l'ectoderma e l'entoderma
si fondono insieme, si sviluppano ben tosto le due serie di stigmate che vanno
a terminare a fondo cieco nella spessezza del nastro branchiale. Il diffe-
renziamento delle cellule vibratili comincia a farsi nelle stigmate branchiali,
e quindi si distende successivamente, da ambo i lati, nella superficie infe-
riore del nastro, per formare le liste vibratili che sono pari, come ha soste-
nuto C. Vogt (*).
« Molto più tardi della formazione delle stigmate, nella parte dorsale
succede l'introflessione del menzionato strato esterno dell'ectoderma; per cui
si viene a formare la seconda vescica cloacale nella quale si introflette con-
temporaneamente il mantello di cellulosa. Tanto l'uno che l'altro finiscono
per perforarsi entrambi e, coufondL'ndosi la prima vescicola cloacale colla
seconda, si stabilisce una grande cavità , peribranchiale e cloacale ad un
tempo come nelle Ascidie, la quale resta aperta largamente all' esterno.
« Le due grandi tissure branchiali sono limitate medialmente dai ri-
spettivi lati del nastro branchiale; lateralmente hanno per limite la parete
interna del corpo dell'animale in corrispondenza del punto in cui dalla fa-
ringe passa senza alcuna distinzione a rivestire la cavità cloacale.
«Adunque: le due grandi fissure branchiali delle Salpe
sono omologhe alle due fissure branchiali delle Appendi-
cularie ed alle due prime fissure branchiali delle Ascidie;
come le numerose stigmate o fissure branchiali secondarie
delle Ascidie e quelle delle Salpe sono omologhe fra loro.
« Dimostrerò nella prossima Nota che le stigmate o fissure branchiali
secondarie dei Tunicati, perdono la funzione respiratoria e divengono il timo
dei Vertebrati ».
Fisica. — Alcune esperienze colia scarica di una grande bat-
teria. Nota del Corrispondente Augusto Righi.
« La batteria, che ho fatto costruire e che mi ha dato ottimi risultati,
si compone di 108 condensatori. Ognuno di essi ha la forma cilindrica di
un grande bicchiere, è alto più di mezzo metro, ed ha il diametro di
(!) C. Vogt, Rccherches sur les animaux inférieurs de la Mediterranée. 2d Memoire,
I, du Genre Salpa.
— 445 —
circa 16 centimetri. Le armature occupano circa metà della sua altezza, ed
hanno ciascuna una superficie di circa 1432 cent, quadrati. Il vetro è grosso
poco più d'un millimetro e quindi si può valutare a 6270 unità elettrostati-
che (C. Gr. S.) la capacità d'ogni bicchiere. La disposizione dei conduttori è
simile a quella dei conduttori della batteria descritta in una Memoria sulle
scariche elettriche (1).
« I 108 vasi sono riuniti in 6 batterie di 18 ciascuna disposte in cascata,
onde poter ottenere potenziali elevati. Le armature estreme comunicano coi
conduttori di una macchina d'Holtz, e le armature di mezzo comunicano col
suolo. Si ha così la stessa capacità, come se si avessero ls/6 = 3 vasi insieme
riuniti a batteria, colle armature direttamente comunicanti coi due conduttori
della macchina; per cui la capacità del sistema sarà di 18810 unità elettro-
statiche (C. Gr. S.), ossia circa yis di Micro-Faraday.
« La macchina d'Holtz è simile ad una altrove da me descritta (2), ma
è a quattro dischi. Dà usualmente scintille di più di 30 centimetri di lun-
ghezza, e questo anche nelle giornate umidissime, poiché essa è racchiusa in
una cassa di vetro contenente aria mantenuta secca con cloruro di calcio,
insieme ad una piccola macchina a strofinamento, destinata a dare la prima
carica ad una delle armature. I dischi sono senza vernice, e basta pulirli di
tanto in tanto con un po' di alcool, perchè diano il miglior effetto.
« Essendo accaduto più di una volta che la batteria si scaricasse entro la
macchina lasciando sui dischi profonde traccie, ed una volta essendosi pro-
dotta una scarica che traforò due delle grosse pareti di vetro della cassa,
così per prevenire questi danni ed anche per la sicurezza della persona che
mette in moto la macchina, ebbi l'idea di stabilire le comunicazioni fra i
suoi due conduttori e le armature estreme delle sei batterie, per mezzo di
lunghi tubi di vetro pieni d'acqua. Con tale disposizione, se la scarica av-
viene nella macchina, essa non produce più nessun guasto, né è più pericolosa
per le persone, giacché nel circuito di scarica trovasi una fortissima resistenza.
Naturalmente le comunicazioni cogli apparati nei quali si producono le sca-
riche da studiarsi, sono interamemente metalliche, essendo fatte con lunghi
e grossi tubi d'ottone.
«■ Questa batteria, che mi ha servito per illustrare con adatte esperienze
un Corso speciale sull'elettricità atmosferica, può fornire in iscala anche mag-
giore, gli effetti, già notevoli, altravolta da me descritti (3). Così per esem-
pio, se nel circuito di scarica, oltre che un intervallo d'aria di 5 a 10 cen-
timetri fra sfere di ottone di 6 a 7 cent, di diametro (che è evidentemente
indispensabile in quasi tutte le esperienze), si pone una lastra di vetro lunga
(*) Acc. di Bologna, 11 maggio 1875.
(2) Descrizione ed uso di una macchina ecc., nell'Acc. di Bologna, 1879.
(3) L. e.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 57
— 446 —
5 metri o anche più, rivestita di limatura di zinco a guisa dei così detti
quadri magici, si ottiene sulla lastra, invece delle solite diramazioni lumi-
nose, una rumorosa e grossa scintilla di 5 o più metri di lunghezza e con
tale esperienza si rende conto in parte dell'enorme lunghezza delle folgori,
ammesso che le particelle di limatura rappresentino le goccioline d'acqua
sospese nell'aria. Sopra la superficie dell'acqua (nel caso mio contenuta in
tante grandi cassette di vetro messe in fila), si ottiene una scintilla lunga
più di un metro, e quasi di egual lunghezza la si ottiene attraverso di una
grande fiamma di gas.
u. Ecco ora le nuove esperienze che hanno dato origine a questa Nota.
« Un filo di platino lungo 3 metri e mezzo (e forse anche uno alquanto
più lungo) e grosso V20 di millimetro, viene fuso dalla scarica, trasforman-
dosi momentaneamente in una bella corona di globuli incandescenti; ma se
si prende un tratto più breve dello stesso filo, per esempio lungo solo un
metro e mezzo, si osserva il seguente curioso fenomeno. Nell'istante della
scarica si vede una bianca scintilla di un metro e mezzo di lunghezza nel
luogo occupato dal filo, rettilinea se il filo ha questa forma, e incurvata cui ne
il filo, se a questo si da una forma capricciosa qualunque. Naturalmente non
si trova più traccia del filo dopo la scarica; soltanto si solleva da quella
lunga scintilla un po' di fumo che sparge un odore caratteristico.
« Con filo di ferro, 0 di rame, 0 d'oro (con lega di rame) con un sottile
e strettissimo nastro di acciaio, 0 di magnesio, 0 di foglia di stagno, si ot-
tiene un fenomeno analogo. Solo la scintilla diviene gialla col ferro e cotì'oro,
e verdastra col rame. Con questi metalli il fumo che si eleva dopo la sca-
rica è più denso ed abbondante, ma non produce l'odore penetrante che si
ha col platino.
« La formazione di questa scintilla parmi possa spiegarsi come segue.
Bastano le prime porzioni della scarica per far passare il filo allo stato di
vapore; il resto della scarica trova quindi una colonna di vapore metallico,
a temperatura elevata, che gli offre un facile cammino, come qualunque gas
rarefatto. In certo modo si l'orma istantaneamente un tubo di Geissler, le cui
pareti sono costiate dall'aria fredda circostante, pieno di gas rarefatto perchè
ad altissima temperatura.
« Per mettere alla prova questa spiegazione ho ideato la seguente espe-
rienza. Al di sopra del filo AB, a poca distanza e verso il suo mezzo, pongo
un conduttore C comunicante col-
l'estremità A. Se è vera la data
spiegazione, ecco quanto deve av-
^___ venire. Neil' istante della scarica,
A B questa deve cominciare col percor-
rere il filo AB e volatilizzarlo,
ammesso che la pallina C sia messa a distanza conveniente dal filo; ma poi,
— 447 —
invece di formarsi la scintilla da AaB attraverso il vapore metallico, deve
formarsene una semplicemente da C a B. Cosicché il filo deve evaporarsi tutto,
ma la grossa scintilla deve solo apparire alla destra di C.
« Avendo più volte fatta l'esperienza, ho riconosciuto che essa riesce
completamente secondo le previsioni, e cioè nell'istante della scarica tutto il
filo si evapora, ed apparisce una scintilla soltanto da C a B. »
Chimica. — Sopra alcuni derivati della maleinimide (1). Nota
del Corrispondente G. Ciamician e di P. Silber.
n Nel corso dei nostri studi sui derivati del pirrolo abbiamo più volte
accennato alla facilità, con cui molte di queste sostanze possono essere tra-
sformate nelle imidi bicloromaleica o bibromomaleica, ed uno di noi ha fatto
vedere (2) quanto queste reazioni sieno comparabili alle trasformazioni di
molti composti aromatici nei derivati clorurati e bromurati del chinone. L'a-
nalogia del cloroanile e del bromoanile colla bicloromaleinimide e la bibro-
momaleinimide,
CI C , , C CI
^\
co^ \co
CCl^^^CCl NH
Cloroanile luride bicloromaleica
che si rivela già nella comparazione delle loro forinole, trova realmente ri-
scontro nei resultati dell'esperienza.
« Guidati da questo concetto noi abbiamo cercato nuovi fatti che venis-
sero a confermare le vedute ora esposte ed abbiamo a tale scopo iniziato
uno studio nel quale ci proponiamo di vedere quali delle reazioni, che sono
state eseguite col cloroanile e col bromoanile, possono essere applicate ai de-
rivati alogenati dell'imide maleica.
« In questa Nota pubblichiamo una parte dei resultati ottenuti colla
bicloromaleinimide, da noi scoverta alcuni anni or sono, ri serbandoci di esporrò
a suo tempo completamente le nostre ricerche.
(!) Le esperienze descritte in questa Nota sono state eseguite nel E. Istituto chini Leo
di Roma.
(2) G. Ciamician, // pirrolo ed i suoi derivati.
— 448 —
Azione del nitrito potassico sull'imide bicloromaleica.
u Studiando l'azione di una soluzione di nitrito sodico sul cloroanile
I. U. Nef (0 ha ottenuto il sale sodico dall'acido nitranilico (C6 Na2 N2 08)
ed in modo analogo il sale potassico corrispondente ; ora questa interessante
reazione è perfettamente applicabile alla bicloromaleinimide, come lo dimo-
strano le seguenti esperienze.
« Una soluzione di 5 gr. di imide bicloromaleica in 75 ce. d'alcool e
50 ce. d'acqua, venne trattata con 15 gr. di nitrito potassico; col riscalda-
mento il liquido si colora in giallo e si separa, con svolgimento di gaz, una
sostanza solida polverulenta, che si deposita in fondo al palloncino. Dopo un
riscaldamento di circa un quarto d'ora a b. ni., fino che cessa lo sviluppo
gassoso, si lascia raffreddare, si filtra e si cristallizza il prodotto alcune
volte dall'acqua bollente. Il rendimento è soddisfacente: da 5 gr. di imide
si ottennero 3,8 gr. di prodotto.
« L'analisi del nuovo composto dette numeri corrispondenti alla formula
preveduta :
C,HN205K.
I. 0,2870 gr. di materia seccata a 130° dettero 0.4332 gr. di CO, e 0,0278 gr.
di H2 0.
IL 0,1814 gr. di materia svolsero 22 ce. d'azoto misurato a 12° e 761 mm.
III. 0,2870 gr. di materia dettero 0,1284 gr. di K, SO,.
« In 100 parti:
calcolato per I \ II N« 0»K
ni
— 24,4!»
0,51
— 14,28
20,05 1!»,89
« Il sale potassico così ottenuto non perde di peso, dopo essere stato
seccato sul cloruro di calcio, anche se viene riscaldato fino a 130°. Forma
piccoli cristallini colorati in giallo chiaro, che sono insolubili nell'acqua
fredda e solubili nell'acqua bollente, riscaldati sulla lamina di platino de-
flagrano.
« Non ci fu possibile di ottenere da questo sale l'acido libero (C4H2N205)
corrispondente. Trattando una soluzione acquosa calda, con acido solforico di-
luito, si separa la sostanza inalterata, come lo dimostra la seguente deter-
minazione del potassio.
0,3290 gr. di materia dettero 0,1454 gr. di K2S04.
(!) Beri. Ber. 20, 2028.
trovato
i
ii
c
24,69
—
H
0,64
—
N
—
14,42
K
—
—
— 449 —
« In 100 parti:
trovato calcolato per C4 H N2 Os K
K 19,81 19,89
« Bollendo la soluzione con acido solforico diluito, 5 gr. di sale potas-
sico con 400 ce. d'acido solforico (1 : 10), per qualche tempo, essa diventa
senza colore ed estraendo con etere molte volte di seguito, si ottiene una
sostanza cristallina, che non è altro che acido ossalico. La sostanza ottenuta
per estrazione con etere, cristallizza dall'acqua bollente in grossi prismi senza
colore, che fondono a 10O°-101°.
« Contiene due molecole d'acqua di cristallizzazione, che perde stando
sull'acido solforico.
1,3798 gr. di materia, seccata sul cloruro di calcio, perdettero nel vuoto
sull'acido solforico 0,3926 gr. di acqua.
- In 100 parti:
trovato calcolato per C2 H2 04 + 2H2 0
H2 0 28,45 28,57
0,2085 gr. di sostanza deacquificata dettero 0,20H3 gr. di C02 e 0,0480 gr.
di H, 0.
« In 100 parti:
trovato calcolato per Co H2 04
C 26,41 26,66
H 2,56 2,22
« L'acido deacquifteato sublima senza decomposizione, la sua soluzione
dà col cloruro calcico un precipitato insolubile nell'acido acetico ed ha in
una parola tutte le proprietà dell'acido ossalico.
« La costituzione del sale potassico C4 HN2 05 K, ora descritto, sarà con
molta probabilità analoga a quella della combinazione potassica dell'acido
nitranilico :
e noi crediamo che convenga chiamarlo piuttosto composto potassico del ni-
troossichinone del pirrolo, che composto potassico dell'imide nitroossimaleica.
« Crediamo utile far notare che anche l'acido nitranilico si decompone
facilmente in soluzione acquosa, dando acido ossalico.
« Come era da aspettarsi, non siamo riusciti ad ottenere il composto
amidato corrispondente ; trattando il sale descritto con cloruro stannoso ed
acido cloridrico si ottiene soltanto acido ossalico.
— 450 —
A: io ile dell'anilina sull'imide bicloromaleica.
« Trattando una soluzione di 3 gr. di imide in 30 ce. d'alcool, con 7 gr.
d'anilina si ottiene immediatamente un liquido giallo, che venne fatto bollire
per qualche tempo (15 minuti) a ricadere. Per raffreddamento si separano
aghi gialli, che vennero filtrati, lavati e fatti cristallizzare dall'alcool bol-
lente. Fondono a 196° ed hanno la composizione:
C10 H, CI N, 02.
« Il composto, che ci riserbiano descrivere esattamente in una prossima
comunicazione, ha senza dubbio la costituzione:
XH'VH.
e corrisponde alla cloroanilanilide [CG Cl2 02 (N H C0 H-,),], che si ottiene
in modo analogo dal cloroanile.
« Per ultimo vogliamo accennare, che Timide bicloromaleica dà in solu-
zione alcoolica colla fenilidrazina un precipitato formato da aghi rosso-rau-
ciati di cui ci riserbiamo lo studio.
« Noi continueremo queste ricerche ti-attando Timide bicloromaleica con
tutti quei corpi con cui fu sperimentato il cloroanile e le estenderemo anche
all'imide mono-cloromaleica, da noi descritta per la prima volta alcuni anni
or sono. Questo lo diciamo perchè i sigg. R. Lòscher e K. Kusserow hanno
recentemente studiato il comportamento della monobromofumarimide coll'a-
nilina » (').
Astronomia. — Immagine deformala del sole riflesso sul
mare, e dipendenza della medesima dalla rotondità della terra.
Nota del prof. A. Ricco, presentata dal Corrispondente P. Tacchini.
« Nella seduta dell' 8 ottobre di questo anno, all'Accademia di Francia,
l'illustre astronomo e geodeta prof. Fave, presentava una relazione delle
mie osservazioni e fotografie, dalle quali risulta che l'immagine del sole a
poca altezza, riflesso sul mare calmo, invece di esser eguale al disco stesso
solare, come sarebbe se la superficie delle acque fosse piana, è molto schiac-
ciata in direzione verticale, quale sarebbe per la riflessione molto obbliqua
(i) Beri. Ber. 21, 2718.
— 451 —
su di uno specchio convesso sferico, o cilindrico, di grande raggio di curva-
tura. Aggiungevo in quella Nota che tale alterazione dell'immagine solare
riflessa costituisce una prova molto evidente (se pur altra ne occorre) della
rotondità della terra.
* Tale notizia destò una certa sorpresa, ed il sig. Wolf pensò di sottoporre
al calcolo le circostanze del fenomeno in discorso, e nella seduta successiva del
15 ottobre presentava all'Istituto di Francia stesso i suoi risultati, compen-
diati in una tabella numerica, da cui egli dichiarava venire confermato l'in-
sieme delle mie osservazioni. Nell'altra seduta dell'Accademia, al 22 ottobre,
il prof. Forel di Morges faceva sapere che l'interpretazione da me data alla
deformazione dell'immagine del sole riflesso nel mare era confermata dai cal-
coli fatti nel 1873 dal prof. Dufour pure di Morges, dimostranti la possibi-
lità della deformazione dell'immagine riflessa di oggetti terrestri sul lago di
Ginevra, e poi ancora dalle osservazioni, fatte dai prof. Forel e Dufour
medesimi, di tali deformazioni nelle immagini di barche, case ecc. sul lago.
« A me pare che si poteva facilmente dimostrare le possibilità di tale
deformazione delle immagini riflesse, semplicemente dietro una considerazione
tecnica. La riflessione del sole si fa sopra uno specchio di mare grandissimo
(come notò il prof. Faye alla seduta
Fi9.i
dell' 8 ottobre): per l'Osservatorio di
Palermo il cui orizzonte marino si
stende a 30 km., la larghezza, per il
sole all'orizzonte, col diametro di 32',
è di circa 300 m. ; la lunghezza, come è
facile comprendere (e come si vedrà ap-
presso) è considerevolmente più grande.
Ora nella pratica è trascurabile la cur-
vatura di uno specchio, poniamo del-
l'apertura anche di 1 m., quando il
raggio di curvatura sia di 20 km. Per-
chè adunque fosse trascurabile la cur-
vatura di uno specchio d'acqua esteso
anche solo 1 km., dovrebbe il raggio
della terra essere di 20000 km., mentre
è poco più di 6000 km.
« Le relazioni dei diversi elementi
nella riflessione di un punto luminoso
(a distanza infinita) sulla sfera terre-
stre, io le trovo assai semplici nel
seguente modo (iìg. 1).
Sia 0 luogo dell'osservatore; OA = A sua altitudine; OB suo orizzonte appa-
rente ; HOB = ACB = D depressione e distauza del medesimo ; SOB = a
— 452 —
apparente altezza angolare del punto luminoso ; E luogo ove succede la
riflessione; KFE = ACE = f/ distanza del medesimo; BOE = w appa-
rente altezza angolare dell'immagine riflessa.
Sarà:
£ = 90° — » — D, ó = e = a — (D — d), (3 + d -\- (90° -}- Ó) = 180°
donde
a = a — 2(D — d), a — co = 2(D — d).
<i È evidente che se il punto luminosa è all'orizzonte apparente, la
riflessione si fa al limite dell'orizzonte stesso: che di mano in mano che il
punto s'innalza, la riflessione succede più vicino all'osservatore, ed in line
avviene ai suoi piedi, quando l'oggetto raggiunge lo zenit. Quindi a — w,
alterazione assoluta dell'immagine riflessa, cresce al crescere di « : il che
si accorda colla serie di valori trovati dal sig. Wolf.
«Ma se nella serie stessa si calcola il valore di (« — w): «, ossia
Valle razione relativa dell'altezza dell'immagino riflessa, si trova invece che
cresce al diminuire dell'altezza del punto obiettivo. Perciò le immagini solari
riflesse più fortemente schiacciate, sono quelle a sole più basso.
« Si ha poi : per a = 0 : d = D , w = 0 , « — « = 0
per « = 90° : d = 0 , to = 90°— 2 D, a — co = 2D
pure d'accordo col sig. Wolf.
« Per il calcolo delle immagini riflesse in discorso convieni' (come ha
fatto opportunamente il sig. Wolf) assumere una serie di valori di d, e tro-
vare i corrispondenti di « ed ta. Nel triangolo OCE essendo noti CE = 11,
CO — R-j-A, e dato OCE = f/ si troveranno tì e 90° -f-cf, e quindi saia
w = 90° — {ì — D, a = w-f-2(D — d)
« D, ed R, che potrà ritenersi il raggio del circolo osculatore norma Ir
al meridiano, si calcolano colle note forinole:
D = 115".6 ih, K= a=r
' 1 1 — e2 sen2 X
ove e è il semi-asse maggiore terrestre, e X la latitudine del luogo.
« Per l'Osservatorio di Palermo in cui h = 72m, X = 38°. 6'. 44", risulta
D = 16'. 20" R=6385520m.
« Coll'indicato processo ho trovato, fra altri, i seguenti valori :
( in minuti 10'. 0 6'. 7 3'. 1
\ in chilometri 19
« 14'. 7
w 2'. 0
ce — m 12'. 7
a — co ; a 0.86
dove vedesi che le variazioni succedono come si disse prima.
« Tenendo conto della rifrazione astronomica, per cui il diametro ver-
ticale del sole presso l'orizzonte viene notevolmente accorciato, si ha ancora:
12
6
26'. 2
54'. 7
6'. 9
28'. 2
19'. 3
26'. 5
0.74
0.49
— 453 —
che quando presso a poco metà del disco è sorto dall'orizzonte apparente,
l'altezza (negativa) dalla immagine è ridotta a 2', cioè a meno di |: sul
mare l'immagine stessa occupa 30 — 19 = 11 km. Quando tutto il disco è
sorto dal mare, il diametro verticale dell'immagine, minore di 7', è ridotto
a poco più di j del diametro visibile direttamente: l'immagine stessa occupa
sul mare una lunghezza di 30 — 12 = 18 km. Quando l'orlo inferiore del
sole è alto sull'orizzonte apparente circa quanto è l'apparente diametro ver-
ticale, il vertice del sole nell'immagine riflessa dista da esso orizzonte 28'.2,
ossia poco più della metà dell'altezza del vero vertice : il diametro verticale
dell'immagine è circa 28'. 2 — 0'. 9 = 21'. 3 cioè f del diametro orizzontale,
e si stende sul mare per una estensione di 6 km.
« Dal detto ora si rileva anche che l'immagine riflessa del sole non è
veramente elittica, non solo perchè il disco solare visto direttamente non è
né circolare, né elittico, in causa della rifrazione atmosferica, ma ancora
perchè l'immagine riflessa sulla superficie acquea, nella metà inferiore risulta
schiacciata più che nella metà superiore.
* Confrontando i precedenti risultati del calcolo colle mie osservazioni
e fotografìe, si trova accordo nell'insieme (come trovò anche il sig. Wolf), ma
l'altezza dell'immagine riflessa, osservata o fotografata, è sempre sensibil-
mente minore della calcolata.
« Sarà interessante di ricercare la causa di questa differenza : la diffra-
zione, ed anche l'irradiazione, oculare, o strumentale, o fotografica, tende-
rebbero invece ad ingrandire l'immagine riflessa, che è sempre assai brillante.
È ora accreditata l'opinione che l'attrazione del fondo e delle rive del mare
ne possa alterare il livello nella loro vicinanza. Tale alterazione, accadendo
nel luogo ove succede la riflessione, potrebbe modificare sensibilmente l'im-
magine riflessa.
« Determinato coll'osservazione D, e misurati a ed co, dalle forinole
precedenti si avrà:
£ = 90° — D — w, d = D — ^=^
e nel triangolo OAE conoscendosi /? e l'angolo OAE = 90° -f- -, ed il lato A,
si troverà OE : ed allora nel triangolo OCE sarà noto il detto lato OE e
gli angoli § e d ; pertanto si potrebbero calcolare i due lati, dei quali CE = R
dovrebbe coincidere col raggio del circolo osculatore, e la differenza coli' altro
lato CO dovrebbe essere uguale ad h. Mancando tali coincidenze, si potrebbe
forse riconoscere se nel luogo della riflessione vi è alzamento o depressione
del livello del mare.
« Però volendo istituire una indagine così delicata, si dovrebbe trovar
modo di tenere esatto conto della rifrazione geodetica, la quale altera i
diversi elementi del problema ; ed è noto che sussistono sempre delle sensibili
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 58
— 454 —
incertezze nell' eseguire tale correzione ('). Ad ogni modo non sarà inutile il
tentare questo studio: il che io mi propongo di fare in seguito.
« Confrontando i risultati dei calcoli fatti dal sig. Wolf per una stazione
alta 100"\ coi miei, si deduce che per una stazione più alta, a parità di
altezza angolare del punto obiettivo, la riflessione si fa più lontano dall'os-
servatore e l'altezza angolare dell'immagine riflessa è minore, cioè la defor-
mazione è maggiore.
« Sull'Etna l'orizzonte giunge all'enorme distanza di più che 200 km.,
e la depressione del medesimo arriva a 1°.51'; pertanto di lassù l'alterazione
dell'immagine riflessa del sole dev'essere notevolissima, e quindi più facil-
mente potrebbe accusare le alterazioni del livello del mare presso la costa
orientale ed anche presso la settentrionale della Sicilia. Donde l'importanza che
le osservazioni in discorso venissero fatte al novello Osservatorio Etneo, situato
in posizione, anche per tante altre ragioni, singolarmente privileggiata.
« P. S. Nei giorni 20, 21, 28, 29 novembre ho potuto vedere in mare,
a pochi chilometri dalla riva, le immagini riflesse di barche e pescatori,
fortemente schiacciate, come quelle descritte dai prof. Dufour e Forel -.
Matematica. — Sulla teorìa delle coordinate curvilìnee.
Nota II (-). di Ernesto Padova, presentata dal Socio u. Dini.
« 5.° Dalle formule ora trovate se ne possono dedurre altre che danno la
curvatura media espressa per le coordinate .<•, //. s ed i parametri di queste
considerate come funzioni di due coordinate superficiali. Riprendiamo infatti
l'equazione
1 1
J.M =
n t !+*•+*■
Li >.f
</r
z/2u dyTiu
essa può scriversi anche così
hV+hq — h _ «3 /l ■ 1\
2" + x2(l+/-H2) " \fl\Qy "1"*t/
ove ^-i, X2, l-i stanno a denotare le derivate di /. rapporto ad .>■, //. g rispet-
tivamente; ma si ha
?.ip-\r hq — ^3 _
/ a2
(1) Per tale ragione qui non si è fatto alcun conto della detta rifrazione geodetica.
(2) V. pag. 369.
— 455 —
per cui avremo
ci—
« Ed operando allo stesso modo sulle due equazioni che danno J2x e
J2y avremo
<J o x ■
, 4
* fife
<*4-
yT *■ T % j/;tv<>l T<?J
« Per le superficie d'area minima avremo dunque le equazioni
d— d—
'■* + — +rfJ = 0- ^^ + Tz+^ = °-
(11) _i_
e, se le coordinate u, v sulla superficie sono isometriche, le funzioni %, y, z
dovranno soddisfare inoltre la condizione
« Analogamente a quanto ha fatto il Beltrami per le superficie di area
minima situate nello spazio euclideo, si potrà ora procedere così, trovare la
soluzione generale del sistema (11) e limitarla in modo da soddisfare alla (12);
se nonché adesso in generale non spariranno dalle (11) i coefficienti dell'ele-
mento lineare della superficie e quindi anziché trovare tutte le superficie
d'area minima del dato spazio, non si avrà che il gruppo di quelle applica-
bili sopra una data. Un esempio chiarirà meglio queste osservazioni. Suppo-
niamo che lo spazio dato sia quello a curvatura costante negativa che ha
per elemento lineare
ds — — ]/dx% -\- dif -\- dz2,
se lo coordinate scelte sopra la superficie d'area minima sono isometriche e
danno all'elemento lineare la forma
da = 1-1]/ chi2 -j- dv9
le (11) diverranno
Ó£X cVx 2_(d%dz_ i d%ds\ n
du2 dv2 g \du du dv eh)
clM i cìl1 _ A (él*L -L (lJL (il\=o
~*~ dv2 z \du dti dv dv)
+ do- z Lw+W J +
<"•> *7 + ^-2^"'^0; e-1-2'3)
— 456 —
le quali con facili riduzioni, quando si ponga
x y 1
X\ — ' X2 — ■ ' X3 —
acquistano tutte e tre la stessa forma
d2Xi , d'- Xi n Xi
~a*
scelta ad arbitrio la funzione fi che dipende dalle u, v, tre funzioni X\ che
verifichino queste equazioni e quella in cui si cangia la (12) colla sostitu-
zioni della Xi alle x, //. g saranno le coordinate dei punti di tutte le superfìcie
d'area minima applicabili su quella che ha per elemento lineare /.i] dir -{-(//• :.
« 6. Alle precedenti notazioni aggiungiamo queste altre
«n=A (1-f-p*) , aì2=/.pq. a2i=l (1+'/) ; a=an (/.,-,— «-,0, S=l-f-;j2+'y">
Xì = xl-\- pX3 , ?., = /o -f 7/ ...
*n = r — 2r «, !,,- (/Vi y + r<-> 8 )• ^8! = f — sr a*i,r ( crìp + er8 7) ,
gn = S — 2r tf 12,,. ( rrl // -f- Cn 7 ) J
le funzioni ;u , g22 , j12 sono (') coefficienti di una forma quadratica cova-
riante con quella che rappresenta il quadrato dell'elemento lineare della su-
perficie. Avremo allora
^ = *n + ^pilKS + rt-Ì<Kl+j>«)]
f-=^+^[x^(s+^)-ili?(i+rt]
f-ii.+sptja+rt+^a+j*1)]
e conseguentemente, ricordando che si ha
Jì2: =
rt~s v . 1 M
MI «82 12
='«*f^t|fi.ptf(S^^
/ — —
^A ^ 1
— ^22,— -j- — 4- — v,2/j
ove V22 k è un parametro differenziale misto, che si deduce da Jn 8 coll'os-
servare che le quantità!^, J2q, j(hq-\-hp) sono coefficienti di una forma
i1) Ricci, Memoria citata, § 3.
— 457 —
covariante con quella che dà il quadrato dell'elemento lineare della super-
fìcie e che per conseguenza anche
d^f2o — . d^22-
diu "ir ' di„
è un invariante assoluto.
« Inoltre avendosi
AX = V (l+g«) -f-A22 (l-f-;?»)4-A3« (p»-{-g8)— 2/^-f- 2A1/,3;j + 2***:.'/
4aA 4A4(l+^-|l?2)2
y + V + y (AlJP + ^8g — ;.3)« j\x
(v'AU)2
4/4(l-j-^2 + ^2) 4/4(l-j-;;2-|-^2)2 4i4/,U 4/4(^\U)2
ove, per maggior chiarezza, ho contrassegnato con un apice i parametri dif-
ferenziali di funzioni considerate nello spazio S, avremo
«3a F rt—*s2 __ a\X _■_ (v'AU)8"!
= *3 L;-(^'iU)2 4 "r" 4,/iU J'
ri*i— *i" j\X (y7V)2~| 1
'~4A3^'1VJ^'1V
« Analogamente si troverebbe
'^ _ 4/.3 + ^1 2~ T"
ma poiché si ha
_/-V'iV)2 4A!
'Vi — -V
^ i v = — — ' v >tv
v'AU
^4
;;-
73
cobi sarà
^XA y».('/ J2%yX,
ed analogamente
//xA V22//A ^ì'.IX]''!!
= ori L^'iU)2 4 + 4z/\U J/3
^22?/
4A3 ' A 2A
« D'altra parte dalla (8a) abbiamo
A3
4^\U JA3
r/— s-2 ^/
?lf2 & L_ -1
, Aj\U
e poiché
v'AU
Vii , x3
A2./XU
così, eliminando dalle precedenti forinole ri — s2, avremo
jxX yuzX ■ X «,s/ 1 *\X\
ci—
4\X , V-22//A 'A ^ «22 / 1 ^'tA\
A ""•" ' - f/y ~ " A \p, (<i 4A2 /
J
22//
4A3
&
JXX y32jA A _ «32 / 1 z/\A\
— 458 —
* Queste formule nel caso in cui sia A=l, quando cioè lo spazio con-
siderato è quello euclideo, divengono
"l" „ «ì2 , «32
J22 x = , ^22 y — 5 ^22 2 —
QlQì QiQo QiQ,
e queste danno per la curvatura totale l'espressione
— = j22 x -f- ^22 y + J-22 g
QìQì
notevole per la sua simmetria rispetto alle coordinate ».
Matematica. — Sopra una certa equazione a deridile parziali
del 3° ordine. Nota del prof. A. Tonelli , presentala dal Corri-
spondente V. Cerruti.
« Come applicazione dei risultati ottenuti in una mia precedente Nota ('),
espongo in questa alcune considerazioni relative ad una equazione differenziale
a derivate parziali del 3° ordine della forma
(i) y ,v; , +p1^ìt+q1— +n^
r,s,t ì)Xr~òX$~òXt r,a oXroXt ,■ oXf
M
in cui P , Q , N , M sono funzioni qualunque delle sole variabili indipendenti
X\ 1 Xì, , .. , xn .
«Lo scopo che mi prefiggo è quello di vedere come e quando l' integra-
zione della (1) possa ricondursi alla integrazione di una equazione differenziale
a derivate parziali del secondo ordine della forma :
(2) l^--!-^ — -fi^-w
r,s oXf 0X1 r vX?
in cui (f , \p , oì sono pure funzioni delle sole xx , x2 , .. , xn 1 e la cui inte-
grazione esige solamente la ricerca di una soluzione particolare di una equa-
zione differenziale a derivate ordinarie del primo ordine (2)
(3) JL = f + fiìt + „
dove le funzioni /', /\ di .>■ si compongono facilmente coi coefficienti <f , ip
della (2).
« Intanto osservo che la (1) può scriversi nel seguente modo :
r ~ÒXr ( 7J ~ÒXS ~ÒXt ' s 7>Xa ) * \ r ÌXr ì 4" ÌXt
M
(0 S'opra una certa equazione differenziale a derivate parziali del 2° ordine. V. a
pag. 384 di questo volume.
(2) Cfr. la nota citata.
— 459 —
e, dopo aver posto per brevità
r oXy
anche nell'altro
I^r I^rèr+Pl^ + P^+fa-I^M* =m
(4) N_I-^ = N-I^ + V^P_:=0
r o3Cf f ~òXr r,s ~òXr ~dX$
per cui, ove tra' coefficienti P , Q , N abbia luogo la relazione :
(4) N.-Z^j
r Od
la (1) si riduce all'altra
(5) ^-TT = M
con
s,t o35s uJCt s oJCs
« La (5) è immediatamente integrabile, e quindi la relazione (4) corri-
sponde ad un caso in cui lo scopo che ci ha guidato nello studio della (1)
è raggiunto.
« 2. Ma di questi casi che, per brevità, chiameremo di riduzione
della (1), se ne possono trovare tanti quanti se ne vuole. Infatti supponiamo
che la (4) non sia sodisfatta e poniamo :
DP
1N — Z_'
r
e la (1) assumerà la forma :
(7) V^L + „; = M
con
(8) Itt^t + pI^t + p. — z
s,t oXs ù3Ct s ò& s
« Dalla (7) si ricava
M lv ~òZ
a
f£ /' £'<//?*
^~ 7>£
M
7) — ■
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^ « 1 v 7)3Z
r ~ù%r Xt ~à$s ~0>l-'t lt r,s,l l%r òXs òXt
— 460 —
per cui la (8), dopo fatta la sostituzione, diventa :
(q) N h /' h '/ r "z = w
V r£tì&r~à£tì&t ' rf'òXr'ÌX* * r ~òXr
con
k Ne dedurremo allora, per quanto si è detto sopra, che la relazione
a_y^i-+2:— -2-=o
corrisponde ad un caso di riduzione della (9) e quindi anche della (1); perchè,
integrata che sia la (9), la (7) ci dà subito il valore di g.
« 3. Però ad ognuno di questi rasi di riduzione per la (1), corrisponde
una relazione differente, di forma sempre più complicata: per cui non è allatto
privo di interesse il ricercare una relazione unica, che comprenda infiniti casi
di riduzione della equazioue proposta. Per trovare questa relazione si l'accia
e si osservi che, dopo aver posto
>'•
= ti ,
si ha (') :
yJlL + PvJL + PlJ== fjv_^L_|.L\-2L + LlC|
con
L = P + 2u
L^Px+Pm + ^ + Z^-'
per cui la (1) diventa :
,yA;vJ!i_ + LvJL + LiC|+
r ÌXr ' 7.7 7ìXs~ÒXt s ì%s )
-Mi—— + l I— +^11-^- + ^: -=m
' s,( f)#s^)^( s 7)e27s ; r "t)^r
e, dopo avere sviluppato e diviso tutto per r , assume la solita forma
(io) 2_tt 77~ + 'TJL ~ "T * 2, ~z — -r rb = —
(]) Vedasi la Nota citata.
— 461 —
con
n = L -4- u ,
l —- Li -j- Lm -|~
y 7)L
r — _ « -|- Lj^ -}- V
0;X'f
« Applicando a questa equazione la formula (4), si vede che è riducibile
quando si abbia
,, — j^ _ — _|_ y_ = o
ovvero
(11) u-\-LiU — JL + 2l — ~ — = 0.
r oJCy r,s dvUr òSCs
« La presenza della funzione u , cui può assegnarsi quella forma che più
ci piace, fa sì che alla (11) corrispondano infiniti casi di riduzione della (10)
ovvero della (1). Se invece noi consideriamo la (11) come una equazione a
derivate parziali del secondo ordine in u , si vede subito che la sua integra-
zione risolve il problema di ridurre la integrazione della (1) alla ricerca di
una soluzione particolare di una equazione differenziale della forma (3). Però
la forma dell'equazione (11) è troppo complicata per poter asserire che in
questo modo si è ottenuto un vantaggio reale : ma questo vantaggio si mani-
festa non appena si pensa che, pel nostro scopo, basta la conoscenza di una
soluzione particolare della (11). Potremo quindi enunciare il seguente:
"Teorema: L'equazione (1) è integrabile per quadrature
quando si riesca a trovare una soluzione particolare della
(11) e una soluzione particolare di una equazione differen-
ziale della forma (3).
« Questo metodo, molto probabilmente, potrà estendersi ad equazioni ana-
loghe alla (1) e di ordine superiore » .
Fisica. — ■ Sopra V inesattezza di un principio ritenuto giusto
nella Teoria Cinetica dei gas. Nota del dott. Alessandro Sandrucci,
presentata dal Socio Blaserna.
« Quando l' illustre Hirn, per abbattere completamente la Teoria Cine-
tica dei gas dimostrandola insufficiente a spiegare certi fatti assai elementari
ricavati dall'esperienza ed in contradizione aperta con essi nelle sue più vitali
conseguenze, formulava le 9 obbiezioni che si contengono nella sua Memoria :
La Ciaétique moderne et le Dijnamhmc de l'avenir, sembrava indiscutibile
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. :.!»
— 41)2 —
in cinetica e fondamentale il principio seguente, ammesso da cinetistì e
dinamisti :
Quando un gas costituito cineticamente ad una certa pressione e
ad una certa temperatura e racchiuso in un recipiente di volume inva-
riabile ed impermeabile al calorico, vien messo in presenza di un vuoto
(a) { indefinito ed assoluto, la velocità con cui le molecole uscenti si laude-
ranno in questo ultimo, non può essere superiore a quella preesistente
di pura traslazione molecolare, che corrisponde (cineticamente) alla tem-
peratura posseduta dal gas.
* In una Nota presentata nel 1887 a questa R. Accademia (*) e pubi Li-
cata nei suoi Atti, io, dopo aver dimostrata la concordanza perfetta fra le
formule della Cinetica e l'equazione ben nota di Weissbach, cioè fra la Cine-
tica «ipotesi" e la Termodinamica «realtà sperimentale», li" fitto notare
come il principio sopra esposto non poteva venir sostenuto senza Ledere le basi
stesse su cui fondasi la Cinetica, senza guastare l'accordo di essa colla Ter-
modinamica. Con tutto il rispetto e la reverenza dovuta a chi l'avea prima
ammesso, mostrava fin d'allora di ritenere il principio medesimo come un
errore in Cinetica: e fondavo la mia convinzione sul fatto che, prese le for-
mule della Cinetica, quali il rimpianto creatore di lei cu Le avea date, insieme
ad alcune loro conseguenze, postele a confronto con la formula di Weissbach
e dimostrato il reciproco perfetto accordo in tutti i rasi possibili, non si
doveva passar sopra alla relazione
(1) (w) = vY2
resultante fra la velocità con cui ogni molecola gassosa Hlluisce nel vuoto
e quella preesistente di traslazione molecolare: relazione clic era di per 86
stessa la negazione immediata del principio enunciato di sopra.
« Ora il fatto indicato dalla (1) à in so apparentemente qualche cosa ili
strano. Può sembrare paradossale, come certo dovea sembrare a l' illustre
oppugnatore della Cinetica, che le molecole di un gas, pel solo fatto die una
porzione della parete del recipiente viene a mancare, debbano prendere la ria
del vuoto assoluto con una velocità, con una forza viva superiore a quella
che preesiste in loro. Di più mi si potrebbe rimproverare che io, per difen-
dere la teoria cinetica, l'abbia tolta da una angustia per porla in angustie
forse maggiori presso i suoi oppositori, dando campo ad essi di richiedere che
la Cinetica giustifichi per sua difesa questo nuovo fatto a cui dà luogo o cada
assolutamente. Insomma si dirà che il valore dello accordo da me dimostrato
fra la cinetica e la termodinamica, come argomento in difesa della prima.
0) Su raccordo della teoria cinetica dei gas colle Termodinamica, e sopra un prin-
cipio della cine! ire ammesso linoni rome vero.
— 463 —
è tutto subordinato alla interpetrazione in teoria cinetica del fenomeno rap-
presentato dalla formula (1). Tali ragioni mi hanno spinto a ricercare una
simile giustificazione : mi sembra di averla rinvenuta e di poter asserire che
il principio (a) debba ritenersi definitivamente come un vero errore nella
teoria cinetica attuale. Tale resultato è interessante perchè, come già accennai
nella Nota sopra ricordata, il principio (a) è stato preso dal Hirn come car-
dine di una gran parte delle critiche sue (').
« Dalla equazione del Weissbach si ricava, per la velocità di efflusso
di un gas alla temperatura T in un vuoto indefinito dove la pressione è nulla,
la formula :
(2) (tv) = 1 2gEep T .
In essa il valore di cp è una quantità determinata e costante ; ed usando della
ben nota relazione rinvenuta dal Clausius
(3) cp — cv = AB
si potrà porre
(4) Cp = c0-\-KR.
Sostituendo un tal valore nella (2) si avrà :
(5) {to) = 1 2gEccT-\-2gHT .
Osservando che cv rappresenta il calorico specifico del gas a volume costante
e quindi, trattandosi d'un gas perfetto, può identificarsi alla capacità calori-
fica assoluta K , si vede che la prima parte della somma contenuta sotto il
radicale non è che il quadrato della velocità molecolare totale media u alla
temperatura T , perchè si à sempre
(6) u = t 2^/EKT C1).
Quindi la (5) può prendere la forma :
(7) ("•) = ] a2 + 20KT.
Elevando a quadrato ambedue i membri, moltiplicandoli per la massa m
d'una molecola e dividendoli per 2, avremo :
(b) — - — .— — -j- mgUT
e chiamando n il peso di una molecola gassosa avremo altresì
(9) *kM? = ™* + nV£m
U Ci
(J) Il lettore mi perdoni questo preambolo che mi è parso necessario a ben far com-
prendere lo scopo di questa mia Nota.
(2) V. mia nota: Sopra una obbiezione mossa da G. A Hirn "il" teoria cinetica
dei gas, N.° Cimento, Nov.-Dic. 1886.
— 464 —
Se avessimo voluto mettere in relazione la velocità di efflusso colla velocità
molecolare di semplice traslazione v , ponendo mente alla relazione
— = |*A (')
a ' w
avremmo trovato, come è facile verificare :
(io) -££,«!+!„,«.
Le due eguaglianze (9) e (10) rappresentano, sotto una forma diversa dalla 1 1 ).
il fatto che la Cinetica deve giustificare. La (10) esprime che la forza viva
posseduta dalla molecola uscente è superiore a quella che essa, possiede per
il movimento traslatorio preesistente: ma la (9) dice altresì che la forza viva
di efflusso è pe 'sino superiore alla forza viva totale posseduta dalla molecola,
corrispondente al movimento di traslazione e di rotazione insieme, quindi
sembra viepiù accentuare la stranezza del fatto in questione. Adunque per
quella formula, la molecola uscente sarebbe capace di fornirci un lavoro supe-
riore a quello misurato da tutta la forza viva che la molecola possiede prima
di uscire, quando è in mezzo alle altre: una specie di assurdo, a prima vista.
Che cosa rappresenta perciò questa parte ./UT ? d'onde yiene essa? — fac-
ciamoci a ricercarlo.
« La quantità R è una costante, la costante caratteristica di ogni gas
che comparisce nella equazione dell'isoterma dei gas perfetti. ESssa, come ho
fatto vedere in una mia Nota pubblicata nel Giornale di Matematiche del
prof. Battaglini (-), rappresenta il lavoro che l'unità di peso del gas può
eseguire dilatandosi contro una pressione costante che sopporta (eguale alla
sua forza espansiva) per la variazione di uu grado nella temperatura. R è
per ogni gas una quantità costante ed indipendente dalla temperatura dalla
quale si parte per dar luogo all'aumento di un grado. Quindi UT (essendo T
il numero di gradi intercedenti fra lo zero assoluto e la temperatura attuale
del gas) rappresenterà il lavoro totale che l'unità di peso del gas avrà fatto
vincendo una psessione costante, riscaldandosi dallo 0° assoluto tino alla tem-
peratura T. Essendo poi n il peso di una sola molecola, il prodotto .tKT
rappresenterà la porzione di questo lavoro appartenente a ciascuna molecola.
Se mi sono chiaramente spiegato, mi pare si potrà ammettere che:
« Il prodotto ttRT rappresenta il lavoro che una molecola gassosa do-
« vrebbe fare per portarsi dallo 0° assoluto alla temperatura T corrispondente
e al suo stato attuale, quando dovesse vincere una pressione costante, eguale
« a quella che possiede a T il gas cui essa appartiene ».
(') V. nota citata precedentemente.
(2) Sopra la costante R nell'isoterma dei gas perfetti. G. di Mai vul., XXV 1887.
— 465 —
« Ora, perchè un tale lavoro riappare sotto la forma di una quantità di
una forza viva nella molecola al momento in cui essa si lancia nel vuoto
indefinito? La necessità di questo fatto potrà risultar chiara dalle seguenti
considerazioni.
« Quando noi prendiamo a considerare una data massa di gas costituita
cineticamente in una condizione determinata, non dobbiamo considerarla sol-
tanto in se, ma nelle relazioni che essa ha od ha avuto col mezzo in cui
si trova, da cui è stata presa ed in cui si è generata. Comunque si voglia
intendere generata « cineticamente » una data quantità di gas M, è chiaro
che nella sua produzione tutto sarà avvennto come se realmente fosse acca-
duto quello che vado ad esporre.
« In un ^ambiente gassoso, indefinito, costituito già cineticamente colle
proprietà rivelate dall'esperienza, si trova l'unità di peso M di una sostanza
chimicamente analoga a quella che l'orma l'ambiente, ma allo 0° assoluto,
mentre l'ambiente è alla temperatura T e possiede la pressione p. Questa
sostanza allo 0° assoluto è contenuta in un inviluppo impermeabile assoluta-
mente al calore, cioè incapace di trasmettere alcun movimento dall'ambiente
esterno nella sostanza esterna. Se noi immaginiamo ad un tratto distrutto
completamente tale inviluppo e la massa suddetta del tutto libera nell'am-
biente, che cosa accadrà? Una trasmissione di movimento si produrrà dal-
l'ambiente nella massa M, e questa durerà finché la detta massa non avrà
raggiunto uno stato tale da non essere più in nulla dissimile dal resto del-
l'ambiente. Questa massa M nella sua e creazione allo stato gassoso », nel
passaggio dallo stato « precinetico » allo stato « cinetico » assumerà dall'am-
biente due quantità di energia:
« 1° una andrà impiegata a somministrare alla massa M quella quan-
tità d'energia che il Zeuner chiama « lavoro interno », cioè la forza viva
corrispondente in ciascuna molecola al movimento di traslazione e di rotazione ;
« 2° un'altra verrà ceduta dall'ambiente alla massa M per eseguire
il lavoro di spostamento dell'ambiente medesimo, vincendo la sua costante
pressione p ; perchè insomma la massa M possa prendere il proprio posto
(come spazio) nel seno dell'ambiente stesso, in modo da formare una parte
dell'ambiente totale non dissimile dalle rimanenti.
« Questa seconda parte, per ciò che spetta ad ogni molecola dovrà
dunque necessariamente venir misurata da un lavoro 7rET. Quando la massa M
si trova libera nell'ambiente che l'ha cineticamente generata, questa energia
trovasi, per dir così, in ciascuna molecola allo stato potenziale, non sensibile
come quelta che corrisponde alla temperatura. Ma quando dinanzi al gas si
distrugge l'ambiente generatore, come allorché si pone il gas in presenza di
un vuoto indefinito assoluto, ciascuna molecola deve rendere in forza viva
quella energia misurata du quel lavoro. Più esplicitamente, quando il gas
fa sempre parte dell'ambiente generatore ci è su di lui la pressione continua
— 46(3 —
dell'ambiente che richiede da lui un lavoro continuo ed equilibra quella quan-
tità di forza viva, che quindi non può apparir come tale: allorché il gas non
si trova più nell'ambiente generatore ma invece in uno affatto opposto, quella
energia deve ricomparire sotto la forma di forza viva, ed è precisamente
l'eccesso di forza viva che il gas mostra di avere secondo la formula di
Weisbach sopra la forza viva totale sensibile preesistente delle sue molecole,
quando si lancia in un vuoto assoluto ed indefinito. Si osservi che la formula
di Weisbach dà la velocità (w) e la forza viva corrispondente del gas nel-
l'efflusso, ricavandola dal lavoro che il gas potrebbe seguire mentre effluisce:
quando entra nel vuoto esso si trova in condizioni da poter trasformare in
forza viva tutto il lavoro di cui è capace, quindi di dover rendere sotto la
forma di forza viva tutto quello che ha preso dall'ambiente per poter essere
costituito come gas, nel nostro assunto cineticamente.
« Facciamo un esempio. In un recipiente a pareti impermeabili al ca-
lorico noi lasciamo entrare l'aria esterna in modo ••li,' dentro e fuori le tem-
perature e le pressioni sieno eguali: poi chiudiamo l'orifizio e quindi in certo
modo segreghiamo il gas dall'ambiente esterno, sostituendo a questo la pa-
rete del recipiente che, trattenendo le molecole Dei movimenti rereo L'esterno
e continuamente sostenendo i loro urti, contribuisce a mantenere il gas nel
suo stato cinetico attuale. Però il gas nel recipiente è chiaro che si trova
come se fosse libero nell'ambiente generatore. Realmente questa condizione
è turbata quando noi poniamo il gas in presenza d'un vuoto assoluto: co-
minciando a mancare intorno a lui ciò che è necessario perchè egli sia cine-
ticamente costituito come è, cioè con quella pressione e con quella tempera-
tura, deve mutare la sua costituzione cinetica, il buo stato cinetico. Alcune
molecole sono iibere di muoversi indefinitamente verso uno spazio indefinito
e poiché esse abbandonano uno spazio di una determinata costituzione cine-
tica per entrare in un altro privo assolutameate, misi permette l'espressione,
di costituzione cinetica nelle sue parti, debbono possedere tutta quella energia
che ci è voluta per venir portate insieme alle altre a costituire prima l'am-
biente cinetico che abbandonano ora. Se noi, dopo aver lasciato uscire una
o più molecole, chiudiamo l'orifizio,- ripristiniamo cioè la parete del recipiente
in cui è contenuto il gas, rimane nel recipiente una quantità minore di mo-
lecole gassose: la pressione di esse è diminuita, perchè il numero degli urti
contro un elemento a di superficie in un tempo fi è divenuto necessariamente
minore, e la temperatura è altresì diminuita, cioè la forza viva media mo-
lecolare totale è divenuta minore, perchè per ogni molecola è diminuita in
un dato tempo la probabilità e la frequenza di quegli urti che sono neces-
sari al mantenimento di una costante media velocità molecolare. Quando noi
supponiamo di riaprire l'orifizio, usciranno ancora una o più molecole di gas;
ma la forza viva posseduta da esse nell' efflusso sarà minore di quella posse-
duta dalle molecole che sono uscite la prima volta, perchè in questo caso
— 4(37 —
sarà come se la massa di gas contenuto nel nostro recipiente noi l'avessimo
presa da un ambiente generatore trovantesi in uno stato cinetico diverso da
quello del primo ambiente, cioè ad uoa temperatura minore e ad una pres-
sione inferiore. La massa nuova di gas che noi abbiamo nel recipiente, ge-
nerandosi cineticamente nell'ambiente nuovo, avrà assunto da esso una minore
forza viva totalecorrispondente alla temperatura ed una minor quantità d'e-
nergia per eseguire il lavoro contro la pressione del mezzo istesso: perchè
quantunque si sia dilatata quanto la massa considerata prima, avendo il me-
desimo volume (quello del recipiente), avrà dovuto però vincere una pres-
sione minore per prendere il posto proprio nell'ambiente indefinito generatore.
Perciò le molecole che escono nella seconda apertura dell'orifizio, saranno for-
nite di una minor forza viva per due ragioni: perchè in loro esisterà una
minor forza viva preesistente (calorico sensibile) e perchè sarà minore la quan-
tità di forza viva corrispondente al lavoro eseguito per assumere la propria
condizione cinetica in seno al mezzo generatore.
« Mi pare che le precedenti considerazioni riescano alquanto a far in-
tendere come cineticamente possano aver luogo quei fenomeni che l'esperienza
mostra realmente accadere in simili casi di efflusso. Ma studiamo ancora un
fatto molto interessante.
« La formula di Weisbach ci dà che la forza viva con cui la prima
molecola gassosa esce dal recipiente per lanciarsi nel vuoto è, a parità di
temperatura, indipendente dalla pressione iniziale del gas. Questo per noi si
riduce a dovere ammettere indipendente dalla pressione il termine ttKT: e
ciò è evidente una volta che K è una quantità costante ed indipendente dal
valore della pressione costante sotto cui l'unità di peso del gas, col volume
specifico che può avere corrispondentemente a quella pressione esterna, si è
dilatata riscaldandosi di un grado. Ma si può ragionare anche così. In un
recipiente di volume V abbiamo l'unità di peso di un gas a T gradi e pres-
sione p. In un recipiente identico abbiamo più di una unità di peso del gas
alla medesima temperatura, ma evidentementeiad una pressione superiore di-
pendente dal fatto che, essendo eguale in tutti e due i recipienti la tempe-
ratura, il numero delle molecole è maggiore nel 2° recipiente che nel 1°.
Supponiamo di prendere dal 2° recipiente una parte di gas eguale all'unità
di peso e di chiuderla in un 3° recipiente di volume eguale al volume spe-
cifico del gas nel 2° recipiente. Da questo 3° recipiente il gas uon potrebbe
effluire nel vuoto se non con la medesima forza viva dell'efflusso dal 2° re-
cipiente. Ora questa unità di peso di gas, chiusa nel 3° recipiente, è come
se noi l'avessimo presa da un ambiente generatore a pressione^ ^> p e tempe-
ratura T, al quale, generandosi cineticamente, avrebbe tolto una quantità di
energia per il lavro necessario a prendere il suo posto: questa quantità di
energia sarebbe precisamente la stessa di quella assorbita nella formazione
cinetica del gas rinchiuso nel 1° recipiente; perchè è vero che il gas del 3°
— 468 —
ha vinto una pressione p{ maggiore di p, ma ha occupato nel proprio am-
biente un volume V! minore di V, cioè quello del 3° recipiente e perciò vi
e stato un compenso. Dunque le molecole che escono dal 1" e dal 2° reci-
piente, o dal 1° e dal 3°, il che è lo stesso, devono possedere eguale la
quantità di energia relativa al lavoro fatto contro l'ambiente nella respettiva
generazione cinetica e quindi devono effluire colla medesima forza viva perchè
eguale è anche la parte relativa alla temperatura. Laonde, anche nella nostra
teoria cinetica, la pressione iniziale del gas affluente nel vuoto (a parità di
di temperatura), non ha alcuna influenza sulla l'orza viva d'efflusso della
prima molecola e delle successive.
« Ritornando adesso al nostro punto di partenza, mi sembra che quanto
è stato fin qui detto dimostri la natura e la provenienza del termine rrRT
nella equazione (9) e giustifichi pienamente il fatto che « la forza viva «li
« efflusso nel vuoto è superiore alla forza viva totale preesistente nelle mo-
« lecole gassose » togliendo ad esso qualunque aspetto paradossale. A volere
che il principio (a) sia giusto, bisogna ammettere L'eguaglianza:
.MIT o.
« Questo è impossibile per le considerazioni esposte, quindi è ormai le-
cito dire che il principio in questione non è affatto ammissibile e che rite-
nerlo vero equivarrebbe a trascurare una considerazione importantissima nello
stabilire l'ipotesi che un gas sia costituito cineticamente, a creare una cine-
tica monca e non rispondente in ogni suo punto ai fatti ».
Chimica. — Sopra alcuni derivati del dimetilpirrolo assim-
metrico. Nota III di Gaetano Magnanini (') presentata dal Corri-
spondente G. ClAMICIAN.
« In una recente comunicazione fatta a questa Accademia sui derivati
del dimetilpirrolo assimmetrico (2) io ho descritto l'imminanidride dell'acido
dimetilpirroldicarbonico dalla quale per eliminazione dì anidride carbonica si
ottiene la tetrametilpirocolla (3). In analogia colla pirocolla ordinaria e col-
l'acido carbopirrolico, pel quale è dimostrata la posizione a del carbossile,
io ammisi, che in quelle sostanze il carbossile che prende parte alla forma-
zione del legame anidridico sia quello situato vicino all'azoto. La tetrame-
tilpirocolla dà, come si vedrà dalle sperienze descritte in questa Nota, un
f1) Lavoro eseguito nell'Istituto chimico della R. Università «li Padova.
(2) Rendiconti voi. IV. fase. 6°, '_)0 seni.
(3) Questa tetrametilpirocolla fu da me chiamata dimetilpirocolla nella Nota prece-
dente. Siccome però, come si vedrà in seguito, questa combinazione possiede la furinola
raddoppiata C14 Hi4 N2 0» , devi venire chiamata tetrametilpirocolla essendo quattro i metili
realmente contenuti nella molecola.
— 469 —
acido a f- dimetilpirrolmonocarbonico o metadimetilpirrolmonocafbonico, il
quale non è identico a quello ottenuto da Knorr (')• La differenza fra questi
due acidi si manifesta principalmente nel loro modo di comportarsi colla
anidride acetica, perchè mentre l'acido di Knorr non dà, come ho dimostrato
in una precedente comunicazione, una imminanidride, l'acido da me ottenuto
si trasforma facilmente nella pirocolla da cui deriva. Questa differenza di
comportamento dei due acidi dimetilpirrolmonocarbonici deve dipendere dalla
differente posizione del carbossile, per cui la costituzione delle due sostanze
sarà espressa dalle seguenti ' forinole :
H C - - C • CH3 COOH C C • CH3
CH3C C-COOH CH,-C CH
NH NH
acido ottenuto dalla tetrametilpirocolla acido di Knorr
« Il nuovo acido dimetilpirrolmonocarbonico non è però l'immediato pro-
dotto della saponificazione della tetrametilpirocolla; io ho ottenuto invece col
mezzo della potassa alcoolica un prodotto a funzione acida, intermedio, il
quale per ulteriore trattamento coli' alcali conduce all'acido cercato. Attri-
buendo alla dimetilpirocolla la formula doppia, l'acido dimetilpirrolmonocar-
bonico corrispondente avrebbe origine dalla addizione di due molecole di
acqua ad una molecola della anidride:
CM H14 N2 02 + 2H2 0 = 2 C7 H9 N02.
« Se si immagina invece che ad una molecola della anidride, per effetto
della potassa alcoolica, si addizioni una sola molecola di acqua:
C14 H14 N2 02 + H2 0 = Cu H16 N2 03 ,
si ottiene una nuova sostanza la cui molecola non è divisibile e la compo-
sizione della quale corrisponde realmente a quella della sostanza da me otte-
nuta. La formazione di un acido Cu H16 N2 03 dimostra prima di tutto in
un modo abbastanza elegante, che alla pirocolla dell'acido dimetilpirrolmo-
nocarbonico da me ottenuto compete la formula doppia; inoltre porta luce
sulla costituzione molecolare di una classe di sostanze ancora poco studiate
ed a tutte le quali probabilmente si devono attribuire formole raddoppiate.
Weidel e Ciamician (-) hanno attribuito alla pirocolla ordinaria la struttura
molecolare seguente:
N • C4 H3 — CO
I I
CO— C4H3N
Questa formula la quale spiega la trasformazione della pirocolla in acido
(!) Liebig's Annalen 236, 318.
(«) Monatshefte flir Chem. I, 279.
Rendiconti. 1888, Voi.. IV, 2° Sem. 60
— 470 —
carbopirrolico, permette anche di dare conto della formazione di un acido
Cu H1C N2 03 per addizione di una sola molecola di acqua alla tetrametilpi-
rocolla. La combinazione da me ottenuta ha molto probabilmente la costituzione:
X<\H(CH3).> — CO OH
I
CO — C4H(CH3)2NH.
la quale spiega le proprietà generali della sostanza a cui si riferisce, e sopra-
tutto il fatto che per azione della potassa acquosa l'acido Clt II, N '..<>. addi-
ziona una nuova molecola di acqua e si sdoppia nettamente in due molerò] e
di acido dimetilpirrolmonocarbonico. L'acido della formula CM Hi0 N2 03 deve
per conseguenza molto probabilmente venire considerato come un acido
tetrametilpirroìlpìrrolmonocarbonìco.
« Il comportamento della tetrametilpirocolla eolla potassa alcoolica è
tutto speciale: come io ho potuto constatare, la pirocolla ordinaria per azione
della potassa alcoolica, anche molto diluita, si converte direttamente nel-
l'acido carbopirrolico di Schwanert; egualmente si comporta L'imminanidride
dell'acido a-indolcarbonieo, ottenuta lo scorso anno in questo stesso I > tituto (*),
la quale per azione della potassa alcoolica ripristina l'acido da cui deriva.
Saponificazione della tetrametilpirdcolla
colla potassa alc-ooli» •; 1 .
« Si fanno bollire in un apparecchio a ricadere 2 gr. di tetrametilpi-
rocolla con una soluzione di 2 gr. di potassa in -4<> e. e. di alcool al 90-95 " 0.
Dopo circa una mezz'ora di elmllizioue la sostanza si è disciolta. Si aggiunge
acqua e si scaccia l'alcool a b. m.; si filtra da una certa quantità di tetra-
metilpirocolla che si è separata e si precipita l'acido formatosi con acido
acetico. La sostanza filtrata lavata con acqua e seccata nel vuoto, venne
analizzata direttamente.
I. gr. 0,2978 di sostanza dettero gr. 0,7060 di C02 e gr. 0.1779 di H,0.
IL gr. 0,2471 » » gì-. 0.5811 - gr. 0.1454
« In 100 parti:
trovato calcolato per Cu IL* N8 03
I (') II (2)
C 64,65 64,14 64.61
H 6,63 6,53 6.15
- La combinazione CuHltìX203 è, come si rileva dalle analisi del
suo etere metilico e del suo sale di bario, un acido monobasico. Le soluzioni
(') Vedi Ciamician e Zaffi. Rendiconti, voi. IV. ln seni., p. 750.
(2) Le analisi I e II som, state eseguite con due preparati differenti.
— 471 —
acquose dei suoi sali non sono stabili; se vengono riscaldate subiscono una
decomposizione per la quale l'acido abbandona la base e si ripristina la te-
trametilpirocolla. 11 fenomeno si osserva Del modo migliore col sale ammonico.
Se si discioglie l'acido anche in un forte eccesso di ammoniaca si ottiene
una soluzione limpida, la quale se viene riscaldata a b. m. si intorbida,
e dopo qualche tempo cominciano a depositarsi dei fiocchi i quali vanno
sempre aumentando tino a che la maggior parte dell'acido si è trasformata
nella anidride. I fiocchi della tetrametilpirocolla che si deposita trascinano
con sé la materia colorante-, cosicché da un acido relativamente colorato si
può ottenere un acido bianco. Basta scioglierlo in ammoniaca, determinare
col calore ima parziale separazione di pirocolla, filtrare a freddo e precipi-
tare coll'acido acetico. La trasformazione in tetrametilpirocolla avviene anche
quando si fa bollire l'acido tetrametilpirroilpirrolmonocarbonico con anidride
acetica. La soluzione neutra del sale ammonico dà luogo colle soluzioni dei
sali metallici alle seguenti reazioni:
con acetato di piombo un precipitato bianco quasi insolubile in un eccesso
del reattivo ;
con nitrato argentico un precipitato bianco del sale argentico non alterabile
alla luce ;
con cloruro ferrico un precipitato rosso ;
con acetato di rame un precipitato verde chiaro.
« La sostanza riscaldata perde anidride carbonica intorno ai 145° e si
ottiene un liquido colorato, che si solidifica prontamente per raffreddamento.
Il nuovo prodotto, che si forma, non è solubile nei carbonati alcalini, e cri-
stallizza dall'alcool diluito in pagliette splendenti. La piccola quantità di so-
stanza di cui disponeva, non mi ha permesso però di purificarla ulteriormente
per l'analisi; è probabile che la nuova combinazione non sia altro che un
tetrametilpirroilpirrolo :
NC4H,(CH3)2
I
CO . C4 H (CH3)2 NH
« Saponificato con potassa acquosa bollente fornisce infatti un acido il
quale sembra identico all'acido dimetilpirrolmonocarbonico che descriverò in
seguito.
« Sale di bario. Per ottenere questo sale si discioglie l'acido tetrame-
tilpirroilpirrolmonocarbonico nella barite, si precipita l'eccesso di questa con
acido carbonico, si fa bollire per poco tempo, si filtra e si concentra nel
vuoto. Per lento svaporamento si separano delle tavolette rombiche, le quali
hanno dato all'analisi il risultato seguente:
gr. 0,1176 di sostanza seccata nel vuoto dettero gr. 0,0419 di Ba S04.
— 472 —
« In 100 parti:
trovato calcolato per (d« H,.-. N« 0»)» Ba
Ba 20,92 20,91
« Etere metìlico. Per preparare questa sostanza si rinchiude in un tubo
il sale argentico dell'acido tetrametilpirroilpirrolmonocarbonico, ben secco,
con un eccesso di joduro di metile. La reazione ha luogo già in parte a freddo
e si compie immergendo il tubo nell'acqua bollente per 5-10 minuti. Si
estrae la massa con alcool caldo, si filtra dal joduro di argento insolubile
e si precipita con acqua. La sostanza venne purificata ulteriormente scioglien-
dola in un eccesso di etere acetico, agitando la soluzione, mantenuta a dolce
calore, con carbone animale per circa due ore fino a che non dava più segno
di scoloramento, filtrando, distillando la maggior parte del solvente, ed aggiun-
gendo alla soluzione ancor calda etere petrolico leggero ben secco. La sepa-
razione della sostanza comincia dopo qualche tempo t si depositano dei Ria-
mili relativamente molto grossi e pesanti, i quali fondono costantemente a
163°-163",5 ed hanno dato all'analisi il seguente risultato:
gr. 0,2250 di sostanza dettero gr. 0,5401 di CO, e gr. 0,1400 di H20.
« In 100 parti:
trovato calcolato pei «',.-. 11,^ X .. < » ,
C 65,46 • 65,69
H 6,91 6,57
« L'etere metilico dell'acido totrametilpirroilpirrolmonocarbouico è una so-
stanza solubilissima nel cloroformio anche a freddo, poco solubile nel benzolo se
raffreddato, più solubile nell'etere acetico, pochissimo solubile nell'etere di
petrolio, insolubile nell'acqua. Ha in comune coi sali dell'acido tetrametil-
pirroilpirrolmonocarbonico la tendenza a dissociarsi ed a dare tetrametilpiro-
colla eliminandosi alcool metilico. Questa proprietà tutta speciale si mani-
festa primieramente per azione del calore. Allorquando la sostanza viene
riscaldata gradatamente, a 163°-163°,5 fonde e si ottiene un liquido traspa-
rente quasi incoloro dal quale però per poco che si elevi la temperatura
cominciano a sprigionarsi delle bollicine ; riscaldando ulteriormente la massa
si solidifica e fonde poi di nuovo a 272°. Analoga decomposizione ha luogo
allorquando si fa bollire una soluzione idro-alcoolica della combinazione per
qualche tempo; la sostanza che si separa per raffreddamento è tetrametilpi-
rocolla. 11 fenomeno è ancora più notevole allorquando si fa uso di una solu-
zione acquosa di carbonato di soda; basta un brevissimo contatto a caldo
perchè l'aspetto fisico dell'etere tetrametilpirroilpirrolmonocarbonico vari; se
si filtra si trova che la sostanza si è trasformata completamente in tetrame-
tilpirocolla. Questa dissociazione è rappresentata nello schema seguente:
NC4H (CH3)2 CO OC H3
CO-C4H(CH3),NH
— 478 —
Abbandonando soluzioni in etere acetico della sostanza alla evaporazione spon-
tanea si ottengono cristalli abbastanza sviluppati. Devo alla consueta cortesia
del dott. G. B. Negri i risultati dello studio cristallografico dei medesimi:
Sistema cristallino : monoclino
a:b:c = 0,70154: 1:0,44307 ; /? = 80°,59'
« Forme osservate: (010), (110), (111), (121), (103).
no
Aitt
121
Angoli
110:110
Misurati
69°,26'
Calcolati
i i
110:111
72,39
*
! !
111:010
70,54
*
i i
110:111
48,05
47°,52'
010 \
100:103
88 circa
87,26
! i
l ;
' OlO : 103
90 i »
90,00
1 j
121:110
94,13
94,25
"'"•■-1--!..,
121:010
53,20
51,23
« I cristalli nella maggior parte dei casi non terminati, sono allungati
nel senso dell'asse s e tabulari secondo (010) ; mostrano talvolta la (103),
che è sempre imperfetta: in un solo cristallo essa mi diede misure approssimate
a 1° circa. Della forma (111) una sol volta in un cristallo ho riscontrato una
faccia abbastanza estesa, piana, riflettente al goniometro immagine semplice
e nitida, la quale mi permise buone misure che impiegai per il calcolo delle
costanti cristallografiche. La (121) è piccola, il più delle volte microscopica,
costantemente con faccie contorte che danno immagini multiple ed assai allar-
gate. Le faccie di (110) in qualche cristallo furono rinvenute perfette, sicché
l'angolo misurato 110:110 (media di 15 angoli) è il più attendibile fra gli
angoli misurati. Inoltre furono osservati geminati secondo (100) con angolo
rientrante 103:103 = 5°,50' misurato (media di 5 angoli), 6°, 14' calcolato.
L'angolo di estinzione dei due gemelli è uguale a 76°, 50 (media di 3 angoli
misurati, con 24 letture ciascuno) a luce bianca. I due individui di ogni
geminato sono compenetrati in modo irregolare verso la parte centrale, non
estinguendosi mai questa parte fra nicoli incrociati.
«Al microscopico fu misurato inoltre Ì03:[00l] = 87°,25' (media di
3 angoli) mentre dal calcolo si ha 86°,53\
« Sfaldatura (010).
« Il piano degli assi ottici, normale a (010), forma con e verso — a un
angolo di 39° circa (luce bianca). Coincidente il piano degli assi ottici con
una sezione principale dei nicol si vedono i due centri degli assi ottici con
evidente dispersione rotatoria e fortissima. L'angolo degli assi ottici è molto
grande e non potè essere misurato.
— 474 —
« Peso molecolare dell' rie/c metilico dell'acido tetrametilpifroilpirrol-
monocarboìiico. La determinazione del peso molecolare di questo etere è stata
fatta col metodo di Baoult. determinando il punto di congelamento di una
soluzione benzolica della sostanza. Mi sono servito a questo scopo di una
disposizione di apparecchio identica a quella descritta da Beckmann (l) e di
un termometro di Baudin, diviso in cinquantesimi di grado ; questo termo-
metro permette però anche di valutare 0°,005. La quantità di benzolo ado-
perata oscillava intorno ai 15 gr. ; la concentrazione è riferita a 100 parti
in peso del solvente. Il benzolo è stato distillato sul sodio ; bolliva costante
a 80°,2 e si congelava a 4°,62. Ecco il risultato ottenuto:
concentrazione abbassamento termom. coefficiente di abba
I. 1,1515 0°,20 0,17368
IL 1,6794 0°,28 0,16672
da cui assumendo per coefficiente di abbassamento molecolare nelle soluzioni
benzoliche il valore medio 4!» si calcola :
trovato calcolato pei < ', , Il , N ' l
I il
peso molecolare 282 293 -7 1
« Questi numeri dimostrano che in soluzione benzolica L'etere tetrame-
tilpirroilplrrolmonocarbonico si comporta in modo normale (*). Io ho ottenuto
risultati differenti nelle determinazioni delle tempereture di congelamento
delle soluzioni acetiche. L'acido acetico è stato preparato fondendo frazionar
tamente un prodotto proveniente dalla fabbrica di Kahlbaum e prendendo
poi la parte meno fusibile ; il sui» punto di congelamento determinato ripe-
tute volte è stato trovato fra 1G°,54 e 16°,53.
« Ecco i risultati ottenuti:
concentrazione abbassamento termom. coefficiente «li abbass.
I. 0,5382 0°,12 0,2229
IL 0,8977 0°,18 0,2005
III. 1,6826 0°.:;l 0.1842
IV. 2,0860 0°,34 0.1629
le quali determinazioni, prendendo per coefficiente molecolare normale nelle
soluzioni acetiche il valore 39, condurrebbero ai pesi molecolari seguenti:
I II III IV
174 lot 211 239
« Queste cifre tenderebbero a dimostrare che l'etere metilico dell'acido
tetrametilpirroilpirrolmonocarbonico dà in soluzioni acetiche coefficienti di
abbassamento troppo grandi i quali però vanno diminuendo mano mano che
(!) Zeitscbrift fiir Pbys. Cileni. II, 638.
(2) Nella II esperienza la concentrazione della soluzione è già troppo forte in rispetto
alla poca solubilità della sostanza nel benzolo a bassa temperatura.
— 475 —
la concentrazione aumenta. Ben lungi dal voler dar ragione alcuna di questo
fatto, il quale si tradurrebbe in un aumento nella pressione osmotica secondo
Van't Hoff('), mi limito anzi a dare queste cifre col massimo riserbo, e
tostochè avrò preparata una nuova e più sufficiente quantità dell'etere meti-
lico, non mancherò di rivederne i coefficienti di abbassamento per una serie
estesa di concentrazioni.
Acido dimetilpirrolmonocarhonico.
« Se si disciolgono gr. 1 di acido tetrametilpirroilpirrolmouocarbonico in
una soluzione di 4 gr. di potassa in 20 ce. di acqua e si fa bollire a rica-
dere, dopo cica 15 minuti di ebullizione il liquido comincia a colorarsi leg-
germente in rosso e si svolge una piccola quantità di dimetilpirrolo. Si sospende
l'ebullizione prima che sia giunto questo termine e si precipita la soluzione
con acido acetico. L'acido così ottenuto differisce dall'acido tetrametilpirroil-
pirrolmonocarbonico principalmente perchè :
a) si discioglie completamente a freddo in una piccola quantità di
ammoniaca, mentre il sale ammonico dell'acido tetrametilpirroilpirrolmono-
carbonico è poco solubile ;
b) la soluzione ammoniacale ottenuta è stabile e non dà luogo, anche
se viene mantenuta a 100°, a formazione di pirocolla:
e) è abbastanza solubile nell'acqua bollente. ,
« La sostanza venne purificata sciogliendola in molto benzolo anidro ed
agitando la soluzione mantenuta costantemente sopra i 40° con carbone ani-
male per circa due ore fino a completo scoloramento, filtrando, distillando la
maggior parte del solvente e precipitando la soluzione ancor calda con ligroina
leggera. Si separa una polvere bianca, la quale venne di nuovo disciolta in
benzolo e riprecipitata con ligroina. L'analisi di questa combinazione dette
numeri che concordano con quelli richiesti dalla . formula C7H9N02:
gr. 0,2270 di sostanza dettero gr. 0,5052 di CO* e gr. 0,1399 di H, 0.
"In 100 parti:
trovato calcolato per CT H9 NO.,
C 60,69 60,43
H 6,84 6,48
« La nuova sostanza si presenta sotto forma di una polvere bianchissima
la quale riscaldata in tubo chiuso si decompone costantemente a 137°. Nel-
l'acqua a freddo è assai poco solubile, per riscaldamento si discioglie ma
contemporaneamente perde anidride carbonica con effervescenza e si forma
dimetilpirrolo ; per raffreddamento la parte non decomposta si separa cristal-
(l) Zeitschrift fiir Phys. Chem. I, 481.
— 476 —
lina. Trattandone la soluzione ammoniacale neutra colle soluzioni meta] lidio
si ottengono i sali corrispondenti:
con acelato dì piombo precipitato bianco solubile in un eccesso del reattivo ;
con acetato di rame precipitato verde cristallino;
con cloruro ferrico precipitato rosso scuro polverulento.
« Se si bolle l'acido dimctilpirrolmonocarbonico con anidride acetica poi-
qualche minuto e si scaccia poi il solvente, rimane un residuo che riscaldato
ulteriormente fornisce grande quantità di tetrametilpirocolla. Se l'ebullizione
dell'acido colla anidride ha luogo per lungo tempo (qualche ora) la quantità
di tetrametilpirocolla che si forma è assai piccola e si ottiene invece sopra-
tutto acetildimetilpirrolo fusibile a 122°-123°. Il nuovo acido è isomero
coll'acido meta-dimetilpirrolmonocarbonico di Knorr, dal quale differisce note-
volmente nel punto di decomposizione (l'acido di Knorr fonde decomponen-
dosi a 183° (1)). La sua formazione dall'acido tetrametilpirroilpirrolmonocar-
bonico è indicata dalla eguaglianza seguente:
N C4 H (CH3)2 — COOH H NH C4 H (CH3)2 — COOH
I + I =
CO — C, H (CH3), NH OH COOH — C , H (CH3), NH
acido tetrametil-pirroilpirrol- acido meta dimetilpirrol-j8-
monocarbomeo mone-carbonico
L. F.
(i) Liebig's Annalen 236, 318.
— 477 —
INDICE DEL VOLUME IV. - RENDICONTI
1888 — 2° Semestre
INDICE PER AUTORI
Aducco. « La sostanza colorante rossa del-
l' E ustrongylus gigas». 187.
Agamennone e Bonetti. « Sopra un nuovo
modello di barometro normale». 69;
127; 257.
Agassiz. Sua elezione a Socio straniero.
53. — Eingrazia. 194. — Approva-
zione Sovrana della sua nomina. 289.
Albertoni. Sua elezione a Corrispondente.
53. — Ringrazia per la sua nomina. 85.
Anderlini. V. Ciamician.
Arcangeli. Sua elezione a Corrispondente.
53. — Ringrazia per la sua nomina. 85.
— « La fosforescenza del Pleurotus
olearius DC. ». 365.
Artini. Invia per esame la sua Memoria:
« Studio cristallografico della Cerussite
di Sardegna». 287. — Sua approva-
zione. 391.
Auwers. Sua elezione a Socio straniero.
53. — Ringrazia. 85. — Approvazione
Sovrana della sua nomina. 289.
li
Balbi ano. « Sulla trimetilenfenilimina ». 44.
Ballada di San Robert. Annuncio della
sua morte. 394.
Barnabei. « Di un nuovo frammento dei
Fasti trionfali, scoperto nell'alveo del
Tevere ». 416.
Battaglioni. « Sui punti sestatici di una
curva qualunque » . 238.
Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem.
Battelli. « Sulle correnti telluriche ». 25.
— Invia per esame la sua Memoria : « Sul
fenomeno Peltier a diverse tempera-
ture, e sulle sue relazioni col fenomeno
Thomson e colle forze elettromotrici
delle coppie termoelettriche». 338.
Belgrano. Sua elezione a Corrispondente.
53. — Ringrazia per la sua nomina. 111.
Bellonci. Sua elezione a Corrispondente.
53.
Bellucci. « Sopra alcuni ornamenti perso-
nali antico-italici». 426.
Betti. «Sopra l'Entropia di un sistema
Newtoniano in moto stabile » 113; 195.
Bianchi. «Sulle superficie Fuchsiane». 161.
— « Sulle forme differenziali quadratiche
indefinite ». 278.
Blaserna (Segretario). Comunica la corri-
spondenza relativa al cambio degli
Atti. 290 ; 395.
— Presenta i temi dei concorsi a premio
del R. Istituto veneto di scienze, let-
tere ed arti. 289.
— Presenta le pubblicazioni dei Soci :
Au/rers , Daubrée , Gegenbaur, Hal-
phen, Kanitz, Le Jolis , Lévy. 289 ;
Righi, Taramelli, Targioni-Tozzetti.
392.
— Presenta le pubblicazioni del prof. Sac-
cardo. 392.
— Richiama l' attenzione dei Soci sul
XXVI voi. della Relazione, sui risultai i
scientifici ottenuti colla spedizione ilei
« Challenger » ; sul voi. I della « Bi-
bliographie generale de L'Astronomie n
(il
— 478 —
dei signori Houzeau e Lancaster ; e
sul voi. I contenente i risultali della
missione scientifica francese al Capo
Horn nel 1882-83. 289.
— Presenta il voi. 3° dei «Discorsi parla-
mentari di Q. Sella» e il voi. XXVII
(Zoologia) della Relazione sulla spedi-
zione del «Challenger". 392.
— Dà comunicazione del R. Decreto che
approva le nomine dei Soci nazionali
e stranieri, di recente nomina. 281».
— Presenta, perchè sia sottoposta ad esame,
una Memoria del dott. A. Battelli. 338.
Boccardo. Fa omaggio di una sua pubbli-
cazione. 339.
Bodio. « Sulla condizione dell'emigrazione
italiana". 316.
Brioschi (Presidente). «Le equazioni dif-
ferenziali pei periodi delle funzioni
iperellittiche a due variabili». 301;
341 ; 413.
C
Cancani. « Sulla determinazione della tesa.'
peratura media di Roma ». 388.
Cantoni C. Sua elezione a Socio nazio-
nale. 53. — Ringrazia. 111. — Appro-
vazione Sovrana della sua nomina. 289.
Cantoni G. « Sulla costituzione fisica dei
liquidi » . 246.
Cardani. «Sull'influenza delle forzo cla-
stiche nelle vibrazioni trasversali delle
corde ». 105.
Castelfranco. Sua elezione a Corrispon-
dente. 53. — Ringrazia per la sua
nomina. 111.
Cavalli. È approvato un voto di ringrazia-
mento per la sua Memoria.: '-Teoria
delle macchine a gas-luce». 288.
Cesàro. « Sur une distribution de sigses ».
133.
— « Moti rigidi e deformazioni termiche
negli spazi curvi » . 376.
Chiappelli. Sua elezione a Corrispondente.
53. — Ringrazia per la sua nomina.
194.
— «Sopra una opinione fisica di Seno-
fane ». 89.
Chistoni. « Sulla temperatura della neve
a diverse profondità, e sulla tempera-
tura dei primi strati d'aria sovrastant
alla neve ». 279.
Ciahician. Sua d, zi. ine a Corrispondente
53. — Ringrazia per la sua nomina. 85.
— «Sulle proprietà fisiche del benzolo e
del tiofene». 362.
Ciamician e Anderlini. « Sull'azione del-
l'joduro di metile Bopra alcuni deri-
vati del pinolo ». 165; 198.
Ciamician e Su. ufi;. « Sopra alcuni deri-
vati della maleinimide ».
Cl ausi us. Annuncio della sua morte. 194.
Colini. «Collezione etnografica delle isole
dell'Ammiragliato esistente nel Museo
preistorico di Roma ». 33.
Colombo. Sua elezione a Corrispondente.
53. Ringrazia per la sua nomina BS
Compàretti. «Intorno alla iscrizione ili un
vaso antic i ». 296.
Conti. Sua elezione a Socio nazionale. 53. —
Ringrazia. 194. -- Approvazione So-
vrana della sua nomina. 289.
Coppola. « Sull'azione fisiologica della pilo-
carpina e dei suoi derivati in rapporto
alla loro costituzione chimica». 207;
249.
CORRENTI. Annuncio della sua morte. 225.
Cremona. Presenta, perchè sia sottoposta
ad esame, una Memoria dell' ing. /•'.
Ranieri. 51.
I>
De BlaSIIB. Sua elezione a Corrispondente.
53. — Ringrazia per la sua nomina. 111.
De Petra. Sua nomina a Socio nazionale.
53. — Approvazione Sovrana della
nomina. 289.
De-Tom. « Intorno alla identità del Phyl-
lactidium tropicum Moebius con
la Hansgirgia flabelligera De-
Toni». 281.
De Varda. «Studi sui pirroli terziari».
182.
De Zigno. Sua elezione a Socio nazio-
nale. 53. — Ringrazia. 85. — Appro-
vazione Sovrana della sua nomina. 2S9.
Donders. Invia una lettera di ringrazia-
mento all'Accademia. 29.
479
F
Favero. Riferisce sulla Memoria dell' ing.
E. Cavalli. 288.
Ferri (Segretario). Comunica la corrispon-
denza relativa al cambio degli Atti. 339.
— Presenta le pubblicazioni dei Soci: Lam-
pertico, Levasseur, Nigra. 338.
— Presenta, discorrendone, le pubblica-
zioni dei sigg. L. Angelici, A. Galanti,
P. Ceretti, R. Benzoni ed il voi. II
dei « Discorsi parlamentari » di M.
Minghetti. 339.
— Presenta un fascicolo del « Vocabolario »
degli accademici della Crusca, e una
raccolta completa dei « Comptes-Ren-
dus » della R. Commissione di storia
dell'Accademia del Belgio. 339.
— Presenta , perchè sia sottoposta ad
esame, la Memoria del sig. E. Lo-
chi ni. 338.
— « Nota bibliografica sull'opera del prof.
Benzoni : Il Monismo dinamico e sue
attinenze coi principali sistemi ma-
derni di filosofia». 293.
— u Nota bibliografica sull'opera : Diario
inedito con note autobiografiche del
Conte di Cavour » . 405.
Fiorelu (Vicepresidente). Propone che sia
levata la seduta in segno di lutto per
la morte del Principe E. di Carignano.
397.
— « Notizie sulle scoperte di antichità del
mese di giugno, 31 ; luglio, 87 ; ago-
sto, 149; settembre 227; ottobre, 291;
novembre, 397.
FoÀ. Sua elezione a Corrispondente. 53. —
Ringrazia per la sua nomina. '85.
G
( ìikshrecht. « Elenco dei Copepodi pelagici
raccolti dal tenente di vascello G.
Chierchia durante il viaggio della R.
Corvetta « Vettor Pisani » negli anni
1882-85, e dal tenente di vascello F.
Orsini nel Mar Rosso, nel 1884 ». 284;
330.
Golgi. Fa parte della Commissione esa-
minatrice delle Memorie : Maggiora,
Grandis. 287.
Covi. Fa omaggio di una sua Nota a
stampa. 289.
— Presenta la sua pubblicazione : « Della
invenzione del Micrometro per gli istru-
menti astronomici » riassumendone il
contenuto. 392.
— « Come veramente si chiamasse il Ve-
spucci, e se dal nome di lui sia venuto
quello del Nuovo Mondo ». 297.
— « Nuovi documenti relativi alla scoperta
dell'America». 347; 429.
Grablovitz. " Influenza dello stato orario
della marea sulle sorgive termali del
porto d'Ischia». 220.
Grandis. Invia, per esame, la sua Memoria:
u Influenza del lavoro muscolare, del
digiuno e della temperatura, sulla pro-
duzione di acido carbonico e sulla
diminuzione di peso dell'organismo » .
225. — Sua approvazione. 287.
H
Helbig. Sua nomina a Socio straniero. 53.—
Approvazione Sovrana della nomina.
289.
— « Sopra una iscrizione dorica granita sul
piede di un vaso dipinto ». 278.
Hirn. Sua elezione a Socio straniero. 53. —
Ringrazia. 85. — Approvazione So-
vrana della sua nomina. 289.
Gabba. Sua elezione a Socio nazionale. 53.
— Ringrazia. 111. — Approvazione
Sovrana della sua nomina. 289.
Gandino. Sua elezione a Corrispondente.
53. — Ringrazia per la sua nomina.
111.
Gatti. Sua elezione a Corrispondente. 53.—
Ringrazia per la sua nomina. 111.
K
Koch. Sua elezione a Socio straniero. 53. —
Ringrazia. 85. — Approvazione So
vrana della sua nomina. 289.
Kowalbwsei. Riceve dall'Accademia un
telegramma di felicitazione, pel suo
giubileo scientifico. 395,
— 480 —
Kroneckee U. « Importanza del pois ) per
la circolazione del sangue ». 270.
Lanciani. « Sulla scoperta del R i v u s h e r-
culaneus ». 301.
Le Blant. «Sur quelques inscriptiom de
vases sacrès offerte par Saint Didier,
évéque de Cahors ». 413.
Levi-Morenos. «Appunti algologici sulla
nutrizione dei girini di liana escu-
lenta». 264.
Lévy. Sua elezione a Socio straniero. 53. —
Ringrazia. 85. — Approvazione So-
vrana della sua nomina. 289.
Lodrini. Invia, per esame, La sua Memoria:
«Su l'anello etrusco della Collezione
Strozzi in Firenze ». 338.
Loria. «Intorno all'influenza della rendita
fondiaria sulla distribuzione topogra-
fica delle industrie ». 115.
Lovisato. «Nota III ad una pagina di
preistoria sarda ». 420.
Al
Maggiora. Invia, per esame, la sua Me-
moria: «Le leggi della Fatica studiate
nei muscoli dell'uomo». 225. — Sua
approvazione. 287.
Magnanini. « Sopra alcuni derivati del
dimetilpirrolo assimmetrico». 174; 168.
Marino-Zuco. « Nuovi» metodo per la distru-
zione delle materie organiche nelle
analisi tossicologiche». 203.
Mauro. Sua elezione a Corrispondente. 85.
— Ringrazia per la sua nomina. 85.
Meneghini. Fa parte della Commissione
esaminatrice della Memoria del dott.
G. Terrigi. 391.
Mercalli. V. Taramelli.
Miklosich. Sua elezione a Socio straniero.
53. — Approvazione Sovrana della
nomina. 289.
Millosevich. « Benedetto IX e l'eclisse di
sole del 29 giugno 1033". 68.
— «Sulla nuova cometa Barnard 30 otto-
bre». 278.
Monaci. « Sulla classificazione dei mano-
scritti della Divina Commedia-'. 22S.
— «Su la Gemma purpurea e altri
scritti volgari di Guido Fava o Faba,
maestro di grammatica in Bologna
nella prima metà del secolo XIII ». 399.
Morpurgo. •• Sul processo fisiologici» ili
neoformazione cellulare durante L'ina-
nizione acuta dell'organismo». 84.
Mosso. Presenta, perchè siano sottoposte
ad esami', Le Memorie: Grandis, Mag-
giora. 225.
— Riferisce sulle precedenti Memorie. 287.
— «Le Leggi della Fatica studiate nei
muscoli dell'uomo ». 198.
O
Omodei. V. Vicentini.
P
1"aimi\ a. u Sulla teoria delle < rdinate cur-
vilìnee ». 369 ; L55.
bini. •• Diagnosi «li funghi nuovi ».
55 : 95.
I'astki k. Sua elezione a Socio straniero.
53. — Ringrazia. .v">. — Approvazione
Sovrana della sua nomina». 289.
Pessina. Sua, elezione a Corrispondente.
53. — Ringrazia per La sua nomina.
111.
PlGORINI. •• Appunti per lo studio delle sta-
zioni Lacustri '• delle terramare ita-
liane ». 301.
PoiN< A.RÉ. Sua elezione a Socio straniero.
58. - Ringrazia. 85. — Approvazione
Sovrana della sua nomina. 289.
R
Ranieri. Invia, per esame, la sua Memoria:
« Sui diagrammi degli sforzi lungo le
aste delle travature reticolari indefor-
mabili non triangolari soggette a ca-
richi mobili ». 51.
Ranvier. Sua elezione a Socio straniero.
53. — Ringrazia. 85. -- Approvazione
Sovrana della nomina. 289.
Razzaboni. Fa parte della Commissione
481 —
esaminatrice della Memoria dell'ine.
E. Cavalli. 288.
Ricca-Salerno. Sua nomina a Corrispon-
dente. 53.
Eiccò. « Immagine deformata del sole ri-
flesso sul mare, e dipendenza della
medesima dalla rotondità della terra » .
369; 450.
Righi. « Di alcuni nuovi fenomeni elettrici
provocati dalle radiazioni ». 16; 66.
— « Nuove figure elettriche ». 350.
— « Sulle coppie a selenio ». 353.
— « Alcune esperienze colla scarica di una
grande batteria». 444.
Rossi G. Sua elezione a Corrispondente.
53. — Ringrazia per la sua nomina.
111.
Rossi L. « Le facoltà dell'anima in se stessa
considerate secondo i principi posti da
Platone nella Repubblica». 138; 151.
S
Sandrucci. « Sopra l'inesattezza di un prin-
cipio ritenuto giusto nella Teoria Cine-
tica dei gas ». 461.
Schiàparelli C. « Notizie d'Italia estratto
dall'opera Sihàb addin 'al ' ['mari, in-
titolata ma-sàlik'al'absàr fi ma-
ni ài ik ' al ' a m s à r » . 301 .
Schwarz. Sua elezione a Socio straniero.
53. — Approvazione Sovrana della no-
mina. 289. — Ringrazia. 395.
Schweinfurth. Sua elezione a Socio stra-
niero. 53. — Ringrazia. 225. — Appro-
vazione Sovrana della nomina. 299.
Silber. V. Ciamician.
Spezia. Fa parte della Commissione esami-
natrice della Memoria del dott. E. Ar-
dui. 391.
Stok.es. Sua elezione a Socio straniero,
53. — Approvazione Sovrana della no-
mina. 289. — Ringrazia. 395.
Struever. Presenta, perchè sia sottoposta
ad esame, una Memoria del dott. E. As-
tiai. 287. — Riferisce sulla precedente
Memoria. 391.
— « Sulle leggi di geminazione e le super-
ficie di scorrimento nella Ematite del-
l'Elba ». 347.
T
Tacchini. Presenta il 1° volume delle Me-
morie di Geodinamica e ne discorre.
394.
— « Sulle osservazioni delle macchie, fa-
cole e protuberanze solari, fatte al
R. Osservatorio del Collegio Romano
nel 2° trimestre del 1888». 275.
— « Sulla distribuzione in latitudine dei
fenomeni solari osservati al R. Osser-
vatorio del Collegio Romano nel 2° tri-
mestre del 1888 ». 277.
— « Sulle osservazioni delle macchie, fa-
cole e protuberanze solari fatte al
R. Osservatorio del Collegio Romano
nel 3° trimestre del 1888 ». 349.
Taramelli. Riferisce sulla Memoria del
dott. G. Terrigi. 391.
Taramelli e Mercalli. « Alcuni risultati
di uno studio del terremoto ligure del
23 febbraio 1887 ». 3.
Targiom-Tozzetti. Sua elezione a Corri-
spondente. 53. — Ringrazia per la sua
nomina. 85.
Tassinari. "Studi sui diossitiobenzoli». 47.
Terrigi. È approvata la stampa della sua
Memoria : « Il calcare (Macco) di Palo
e la sua sua fauna microscopica ». 391.
Todaro. Propone l'invio di un telegramma
di felicitazione al Socio straniero Ko-
walewsky. 395.
— « Sull'omologia della branchiadelle Salpe
eon quella degli altri Tunicati ». 437.
Tonelli. « Sopra una certa equazione dif-
ferenziale a derivate parziali del 2° or-
dine ». 384; 458.
Vicentini e Omodei. « Sulla dilatazione
termica di alcune leghe binarie allo
stato liquido » 19; 39; 75.
Volterra. Sua elezione a Corrispondente.
53. — Ringrazia per la sua nomina. 85.
— « Sulle funzioni analitiche polidrome ».
:!55.
Z
Zatti. « Sull'azione dell'anidride acetica
sull'acido «-indolcarbonico ». 184.
— 482
INDICE PER MATERIE
n
Archeologia. Di un nuovo frammento dei
Fasti trionfali, scoperto nell'alv Lèi
Tevere. F. Barnalci. 4M.
— Intorno alla iscrizione di un vaso aulir,.
D. Comparetti. 296.
— Notizie sulle scoperte di antichità del
mese di giugno, 31; luglio, s~ ; ago-
sto, 149; settembre, 227: ottobre 291 ;
novembre, 397.
— Sopra una iscrizione dorica granita buI
piede di un vaso dipinto. V. /!•
278.
— Sulla scoperta del Rivus hcrcula-
neus. R. Laudani. 301.
Astronomia. Benedetto IX e l'eclisse di sole
del 29 giugno 1033. K. Millosevich. 68.
— Sulla nuova cometa Barnard 30 ottobre.
Id. 278.
— Immagine deformata del sole r
sul mare, e dipendenza della medesima
dalla rotondità della terra. A. BiccO.
369 ; 450.
— Sulle osservazioni delle macchie, facole
e protuberanze solari, fatte al R. Os-
servatorio del Collegio Romano nel
2° trimestre del 1888. P. Tacchini 275.
— Sulla distribuzione in latitudine dei fe-
nomeni osservati al R. Osservatorio
del Collegio Romano nel 2° trimestre
del 1888. Id. 276.
— Sulle osservazioni delle macchie, facole
e protuberanze solari, fatte al R. Os-
servatorio del Collegio Romano nel
3° trimestre del 1888. Id. 349.
Bibliografia. Nota bibliografica sull'opera
del prof, Benzoni: "11 Monismo di»
namic i e sue attinenze coi principali
sistemi moderni di Filosofia». L. Ferri.
293.
Biografia. Nola bibliografica sull'opera:
u i Mario inedito con noto autobiogra-
fiche del i "olito 'li < iavour ». là. 405.
Biologia. Sull'omologia della branchia dolio
Salpo con quella degli altri Tunicati.
F. Todaro. 437,
Botanica. La fosforescenza del Pl.enro-
I ns oleari u b I>< '. G. . '•■ 365.
— Intorno alla identità del Phyllacti-
d i ii m t io p i e u in ftfoebius, con la
II a osgi rgia il abolì i gera I*'1 Toni.
G. li. De Toni. 281.
— Appunti algologiei sulla nutrizione dei
girini di Etana esculenta. D.. Levi-
Moreno». 264.
— Diagnosi di funghi nuovi. G. Passerini.
55; 96.
C
Chimica. Sulla trimetilenfenilimina. L. Pal-
liano. 1 1.
— Sullo proprietà tisiche del benzolo e del
tiofene. G. damici an. 362.
— Sull'azione dell'joduro di metile sopra
alcuni derivati del pirrolo. G. Qiami-
Cina e F. Anderlini. 165; 198.
— Sopra alcuni derivati della maleinjmide.
G. Ciamician o P. Silber. 447.
483 —
Chimica. — Studi sui pirroli terziari. G. De
Varda. 182.
— Sopra alcuni derivati del dimetilplrrolo
assimmetrico. G. Magnanini. 174; 468.
— Studi sui diossitiobenzoli. G. Tassì-
nari. Al.
— Sull'azione dell'anidride acetica sull'a-
cido «-indolcarbonico. C. Zatti. 184.
Chimica tossicologica. Nuovo metodo per
la distruzione delle materie organiche
nelle analisi tossicologiche. F. Murino-
Zuco. 203.
Concorsi a p r e m ì . Programma dei con-
corsi a premio del R. Istituto veneto
di scienze, lettere ed arti. 289. J
Corrispondenza relativa al cambio de-
gli Atti. 29; 54; 85; 111; 146; 194;
225; 273; 290; 339; 395.
Cristallografia. Sulle leggi di gemina-
zione e le superficie di scorrimento
nella Ematite dell'Elba. 67. Struver.
347.
U
Decreto Reale, col quale si approvano le
nomine dei Soci nazionali e stranieri.
289.
E
Etnografia. Collezione etnografica delle
isole dell'Ammiragliato, esistente nel
Museo preistorico di Roma. G. A. Co-
ltili. 33.
F
Farmacologia. Sull'azione fisiologica della
pilocarpina e dei sui derivati in rap-
porto alla loro costitituzione chimica.
F. Coppola. 207; 249.
Filologia. Sulla classificazione dei mano-
scritti della Divina Commedia. E. Mo-
naci. 228.
— Su la Gemma purpurea e altri
scritti volgari di Guido Fava o Faba,
maestro di grammatica in Bologna nella
prima metà del secolo XIII. hi. 399.
Filosofia. Sopra una opinione fisica di Se-
nofane. A. Chiappelli. 89.
— Le facoltà dell'anima in sé stesse con-
siderate secondo i principi posti da
Platone nella Repubblica. L. Rossi.
138; 151.
Fisica. Sopra un nuovo modello di barome-
tro normale. 67. Agamennone e F. Bo-
nn ti. 60; 127; 257.
— Sulla costituzione fisica dei liquidi. G.
Cantoni. 246.
— Sull'influenza delle forze elastiche nelle
vibrazioni trasversali delle corde. P. Car-
dani. 105.
— Sulla temperatura della neve a diverse
profondità, e sulla temperatura dei pri-
mi strati d'aria sovrastanti alla neve.
G. Chi stoni. 279.
— Di alcuni nuovi fenomeni elettrici provo-
cati dalle radiazioni. A. Righi. 16; 66.
— Nuove figure elettriche. Id. 350.
— Sulle coppie a selenio. Id. 353.
— Alcune esperienze colla scarica di una
grande batteria. Id. 444.
— Sopra l'inesattezza di un principio rite-
nuto giusto nella Teoria Cinetica dei
gas. A. Sandrucci. 461.
— Sulla dilatazione termica di alcune leghe
binarie allo stato liquido. G. Vicentini
e D. Omodei. 19; 39; 75.
Fisica del globo. Influenza dello stato
orario della marea sulle sorgive ter-
mali del porto d'Ischia. G. Grablovitz.
220.
Fisica terrestre. Sulle correnti telluriche.
A. Battelli. 25.
— Alcuni risultati di uno studio sul ter-
remoto ligure del 23 febbraio 1887.
T. Taramelli e 67. Mercalli. 3.
Fisiologia. La sostanza colorante rossa del-
l'Eustrongylus giga s. V. Aducco.
187.
— Importanza del polso per la circolazione
del sangue. F. Kronecker. 270.
— Sul processo fisiologico di neoformazione
cellulare durante l'inanizione acuta del-
l'organismo. /■'. Morpurgo. 84.
- Le leggi della fatica studiate nei mu-
se ili dell'uomo. A. Mosso. 198.
— 484 —
<;
Geografia. Notizie d'Italia estratte dall'o-
pera Sihàb addili 'al ' Uniari, intitolata
masàlik'al 'absàr fi mani ài i k'al
'amsàr. G. Seluaparelli. 304.
V. Storia.
M
Matematica. Sui punti sestatici di una
curva qualunque. G. Bat'fi:/!nii. 23s.
— Sopra la Entropia di un sistema Newto-
niano in moto stabile. E. Betti. 113;
195.
— Sulle superficie Fachsiane. I.. Bianchi.
161.
— Sulle firme differenziali quadratiche in-
definite. Iti. 278.
— Le equazioni differenziali pei perìodi
delle funzioni iperellittiche a dnfl va-
riabili. F. Brioschi. 301 ; 341 : 113.
— Sur une distributimi de signes. E. Ce-
sàrei. 133.
— Moti rigidi e deformazioni termiche
negli spazi curvi, Id. 376.
— Sulla teoria delle coordinate curvilinee
E. Padova. 369; 455.
— Sopra una certa equazione differenziale
a. derivate parziali dui 2° ordine. .1. To-
rnili. 38-1,
— Sulle funzioni analitiche polidrome. V.
Volterra. 355.
Medaglia inviata in dono all'Accademia
a ricordo del giubileo scientifico del
Socio straniero F. C. Dondcra. 53.
Meteorologia. Sulla determinazione della
temperatura media di Roma. A. Can-
cani. 388.
N
Necrologie dei Soci: Glausius. 194
Correnti. 225; San Robert. 394.
Paletnologia. Sopra alcuni ornamenti per-
sonali antico-italici. Q. Bellucci 42U.
— Nota III ad una pagina di preistoria
sarda. D. Lovisato. 420.
— Appunti per lo studio delle stazioni
lacustri e delle terremare italiane L.
Pigorini. 301.
Pubblicazioni inviate in dono dai Soci:
De Zifino. 293; Kòrner. 194 j Levas-
>e; Lorenzoni. 194 ; Paris. 29 ; Zil-
tel 194.
— id. inviai'' in dono dai signori: Ber-
it nr Ili. 29; ffirn : Lenhossek.
.■.2: Malagola. 29.
— id. inviata in dono dall'Università di
Padova. 52.
s
Scienze economiche. Intorno all'influenza
della rendita fondiaria Bulla distribu-
zione topografica delle industrie. .1.
Loria. 11").
Statistica. Sulla condizione dell'emigra-
zione italiana. /.. Bodio. 316.
Storia della geografia. Come veramente
>i chiamasse il Vespucci e se dal nome
di lui sia venuto quello del Nuovo
Mondo, n. Oovi. 297.
— Nuovi documenti relativi alla scoperta
dell'America. Id. 347; 129.
Storia Letteraria. V. Filologia.
Storia Religiosa. Sur quelques inscriptiona
di' vas.'s sanvs offerta par Saint Didier,
evenne de Caliors. E. Le fìlant. 413.
Zoologia. Elenco dei Copepodi pelagici rac-
colti dal tenente di vascello G. Cicer-
chia durante il viaggio della R. cor-
vetta « Vettor Pisani» ne^li anni 18S2-
85, e dal tenente di vascello F. Orsini
nel Mar Rosso nel 1884. W. Giesbrecht.
284; 330.
ERRATA CORRIGE
Rendiconti — Voi IV, 1° semestr
A pag. 107, formula (1) invece di ^liA mrr(t d{x',y\z')
d {x', ?/, z') ' d(x y z) '
» 109, linea 4 dal basso, dopo Raggiungere e può' ritenersi generato dal
moto di una porzione semplicemente connessa della sin,
,« = cost. * '
114, nelle formule (14), (15), (16) scambiare cp, con cp, e <p\ con <p\
» 201, linea 27, invece di formerà una superficie chiusa, porre formerà una o più
superficie chiuse.
REALE ACCADEMIA DEI LINCEI
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
[L'asterisco * indica i libri e i periodici ricevuti in dono dagli autori o dagli editori;
il seguo -{- le pubblicazioni che si ricevono in cambio].
Pubblicazioni non periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di maggio 1888.
Pubblicazioni italiane.
*Bertini E. — Sopra alcuni teoremi fondamentali delle curve piane algebriche.
Milano, 1888. 8°.
i Biblioteca storica italiana pubbl. per cura della r. Deputazione di storia patria.
IV. (Relazioni diplomatiche della monarchia di Savoia — Francia.
Pari III, voi. II). Torino, 1888. 4°.
* Castelli D. — Storia degli Israeliti dalle origini fino alla Monarchia secondo
le fonti bibliche. Milano, 1887-88. 8°, voi. I, II.
*Chiappelli L. — Lo Studio bolognese nelle sue origini e nei suoi rapporti
colla scienza pre-irneriana. Pistoia, 1888. 8°.
'Ciò falò S. e Battaglia A. — Sull'ippopotamus Pentlandi delle contrade
d'Imera. Termini, 1888. 4°.
* Costelli P. — Discorso commemorativo del prof. comm. Francesco Magni se-
natore del regno. Bologna, 1888. 8°.
"De- Vii V. — Adria e le sue antiche epigrafi illustrate. Firenze, 1888.
2 voi. 8° (ac/j.).
"Giovanni V. di *— Giordano Bruno e le fonti delle sue dottrine. Palermo.
1888. 8°.
' Mario, le M. — Dimostrazione della trascendenza del numero. Napoli, 1888. 8".
*Id. — Nota ad una dimostrazione di un celebre teorema del Fermai Napoli.
1888. 8°.
* Minghetti M. — Discorsi parlamentari. Voi. I. Koma, 1888. 8°.
*Moroni C. — Vent'anni prima. Impressioni e ricordi di Roma papale. Perugia.
1888. 10°.
"Nona C. — Sur le projet de loi uniforme en matiòre de lottres de change
Bcllettino-Kenihconti, 1888, Voi,. IV, 2° Seni. 1
— II —
au Congrès international de droit commercial tenu a Anvers en 1885.
Kome, 1888.8°.
delazione su le condizioni economiche della provincia di Reggio di Calabria.
1887. Reggio, 1888. 4°.
' Hi valla V. — Discorso sopra la scuola delle leggi romane in Ravenna ed il
Collegio dei giureconsulti ravennati. Ravenna, 1888. 8°.
' Taramelli T. — Relaziono alla r. Sottocommissione geodinamica sulla distri-
buzione delle aree sismiche nell'Italia superiore e media, Roma, 1888. 4°.
* Vadala- Papale (}. — La dottrina filosofico-giuridica di Schopenhauer e di
Hartmann. Trani, 1888.
" Ville A. de la — Poesie. Roma, 1887. 8°.
* Zig no A. de — Nuove aggiunte alla ittiofauna dell'epoca eocena. Venezia,
1888. 4°.
Pubblicazioni estere.
f Albrecht E. — Anatomische. histologischc physiologische Untersuchungen
ueber die Muskulatur des Endocardium bei Warmblùtern. Greifswald,
1887. 8°.
* Arendt W. — Zur Casuistik der Nephrektomie. Greifswald, 1887. 8".
^Bierbaum G. — Ein Fall von totaler Extirpatiou der Scapula wegen eines
Fibrosarcoms. Greifswald. 1887. 8°.
f Bodenstein P. — Beitrag zur Casuistik von Deckung grosser Defekte am
Arm durch einen Bauchlappen. Greifswald, 1887. 8°.
'• Bóttcher 0. — Ueber die Anwendung des Antip\ ri 1 1 mit besondercr Beriick-
sichtigung des Gelenkrheumatismus. Greifswald, 1887. 8°.
f Brinile A. — De excerptis tcsqì tov vùtv fjQaxov xa& "Ofirjftov fliov ab Athe-
naeo servatis. Gryphiswaldiae, 1887. 8°.
* B uscii E. — Laut- und Formenlehre der Anglonormannischen Sprache des XIV
Jahrhunderts. Greifswald, 1887. 8°.
]' Cohnstàdt E. — Ueber die osteoplastische Fussresoction nach Mikulicz.
Greifswald, 1887. 8°.
f Delgado J. F. N. — Estudio sobre os bilobites e outroa foBseis das quartzitea
da base do systema silurico de Portugal. Suppl. Lisboa, 1888. 4°.
; Dollcn W. — Stern-Ephemeriden auf das Jahr 1888 zur. Bestimmung von
Zeit und Azimuth mittelst des tragbaren Durchjningsinstrumuuts im Ver-
ticale des Polarsternes. St. Petersburg, 1887. 8°.
f Dommes W. — Radicaloperation einer Prostatahvpertrophie complicirt mit
suppurativer Cystitis. Greifswald, 1887. 8°.
'Dos G. — Zur Lehre vom Huften. Greifswald, 1887. 8°.
^Dupuy IL — La snrvivance du Roi-martyr. 9e ed. Toulouse, s. a. 8°.
1 Pi. — Un arrèt sans valeur ou la question de Louis XVII devant la Cour
d'appel de Paris. Toulouse, 1885. 8°.
— Ili —
+ Elbusch P. — Ueber entziindliche Epiphysenlòsung. Greifswald, 1887.8°.
t Elfeldt 0. — Zur Casuistik der Schussverletzungen der Wirbelsàule. Greifs-
wald, 1887. 8°.
^Faber K. — Ein Fall von schwerer allgemeiner Syphilis mit syphilitischen
Knie-Gelenkentziindiingen. Greifswald, 1887. 8°.
1 Fàhndrich E. — Beitrag zur operativen Behandlung des Carcinoma Penis.
Greifswald, 1887.8°.
^FLichfer L. — Zur Pathologie und Therapie des Carcinoma Uteri nebst ca-
suistichen Beitràgen. Greifswald, 1887. 8°.
l 'Frank E. — Zur Statistik und Behandlung der Querbruche^ der Patella.
Greifswald, 1887. 8°.
* Frank F. — Beitrag zur Kenntnis der typischen Banchdecken-Fibrome.
Greifswald, 1887. 8°.
fFra)ifce C. — De nominimi propriorum epithetis homericis. Gryphiswaldiae,
1887. 8°.
^Frucht Ph. — Metrisches und Sprachliches zu Cynewulfs Elene, Juliana und
Crist auf Grund der von Sievers Beitr. X 209-314. 451-545 und von
Luick Beitr. XI 470-492 veròffentlichten Aufsàtze. Greifswald, 1887. 8°.
1 Gieschen L. — Die charakteristichen Unterscbiede der einzelnen Schreiber
im Hatlon Ms. de Cura Pastoralis. Greifswald, 1887. 8°.
1 Goedicke K. — Ein Fall von schwerer Urogenitaltuberkulose mit Tendenz
zur Heilung. Greifswald, 1887. 8°.
fGranow 0. — Zur Wirkung des Colchicin. Greifswald, 1887. 8°.
• Grumbkow F. v. — Beitrag zur Aetiologie der Peritonitis. Greifswald,
1887. 8°.
* Gueme /. de — Excursions zoologiques dans les ìles de Fayal et de San Mi-
guel (Acores). Paris, 1888. 8°.
^Haase A. — Die Schlacht bei Niiraberg vom 19 Juni 1502. Greifswald,
1887. 8°.
* Masse P. — Kieler Stadtbuch aus den Jahren 1264-1289. Kiel, 1875. 8°.
UleUenbroich IL — Casistiche Beitriige zur Chirurgie des Magens. Greifs-
wald, 1887. 8°.
^Hildebrandt 0. — Die vaginale Total-extirpation des Carciìiomatòsen Uterus
mit Anwendung der Miillerschen Zangen nebst Casuistischen Beitriige.
Greifswald, 1887. 8°.
*Hoppe J. — Ueber den Streckapparat des Unterschenkels und die Behandlung
der querbriiche der Kniescheibe. Greifswald, 1887. 8°.
t Jaworowics A. — Ein Fall von Carcinoma omenti maioris. Gn-ifswald, 1887. 8°.
+ Jaworowicz W. — Ueber die Hydraziaverbindungen einiger Amidobenzol-
sulfonsàuren. Greifswald, 1887. 8°.
KTohansen Chr. — Die nordfriesische Sprache nach der Fohringer und Am-
rumer Mundart. Kiel, 1862. 8°.
— IV —
tJùngst Th. — Experirnentelle Untersuchungen ueber Seduta acre. Greifswald.
1887. 8°.
+Katalog der Bibliothek des Kais. Leop.-Carol. Deutsch. Akademie derNatur-
forscher. Lief. 1. Halle, 1887. 8".
]Kessler R. — Einige Falle von Echinococcus hepatis uiit Bemcksichtigung
der Aetiologie und Therapie. Greifswald, 1887. 8".
^Ketel K. F. — Anatornische Untersuchungen ueber die Gattung Lemanea.
Greifswald, 1887. 8°.
^Kiessling A. — Coniectaneorum spicilegiuni IV. Gryphiswaldiae, 1887. 4°.
*Klinke G. — Quaestiones Aeschineae criticae. Lipsiae, 1887. 8°.
* Klitskowski F. — Ueber die integration der m.ten Wurzel aus einer rationa-
len Function. Greifswald, 1887. 8°.
*Koch W. — Die conforme Abbildung des hyperbolischen Paraboloida auf
einer Ebene. Greifswald. 1887. 8°.
1 Kokscharow N. v. — fttaterialien zur Mineralogie Russlands. B<L X. 8. 1-96.
St. Petersburg, 1888.
ìKóppler F. — Ueber das Antifebrin. Greifswald, 1887. 8°.
+ Kozuszkiewicz F. — Ueber Psendolenkaemie. Greifswald, 1887. 8°.
^ Frase A. — Ueber die Beziehungen des Kohlensauren Ainm<mi;iks zur Uraemie.
Greifswald, 1887. 8°.
* Laspeyres. — Ueber Zeitalter und Entstelmng des Cronicon Selavicum quod
vulgo dicitur Parochi Suselensis. S. 1. e a. 8°.
* Lemkowski /. — Beitrag zur Behandlung primàrer perinephritiseher Abscesse.
Greifswald, 1887. 8°.
*Lobert M. — VAn Fall von Thrombose der Pfortader. Greifswald, 1887. 8°.
fMacks R. — Ueber den Zusammenhang zwischeu psychischen Stòrungen und
AbDahme des KOrpergewichts. Greifswald, 1887. 8".
+ Marte >is F. — Geschichte der franzosischen Synonymik. Teil I. Die Anfange
der franzosischen Synonymik. Stralsund, 1887. 8°.
lMevs W. — Zur Legation des Bischofs Hugo von Die unter Gregor VII.
Greifswald, 1887. 8°.
■ [ Miehelsen A. L. J. — Urkundenbuch zur Geschichte Landes Dithmarschen.
Altona, 1834. 4°.
*Id. — Sammlung altditnmarscher Kechtsquellen. Altona, 1842. 8°.
* Moerlin J. — Ueber indirecte Sternalfracturen. Greifswald, 1887. 8°.
[ Niesel M. — Ueber die Wirtoing fortgesetzter Kleiner Dosen von Schwefel
beim gesunden Menschen. Greifswald, 1887. 8".
fNifesch K. W. — Das Taufbecken der Kieler Nicolaikirche. Kiel, 1857. 8°.
1 Observations de Pulkova publiées par 0. Struve. Voi. XII. St. Pétersbourg.
1887. 4°.
+ Olbrich 0. — Zwei Falle einer Compilation von Carcinoma uteri mit Gra-
viditàt. Greifswald, 1887. 8°.
+ Pascile F. — Ueber Toluol- und Toluidindisulfosauren imd ueber die Con-
stitution der sechs isomaren Toluoldisulfonsàuren. Greifswald, 1887. 8°.
f Per 'ilice L. — Ueber die Wirkung localer Blutentziehungen auf acute Haut-
entziindungen. Greifswald, 1887. 8°.
* Pfennig R. — De librorum quos seripsit Seneca « de ira » compositione et
origine. Gryphiae, 1887. 8°.
[' Philipsen IL — Ueber Wesen und Gebrauch des bestimmten Artikels in
der Prosa Kònig Alfreda auf Grand des Orosius (hs. L.) und der Cura
Pastoralis. Greifswald, 1887. 8°.
ìProske A. — Ein Fall von Derrnoidcyste des linken Ovariums. Greifswald,
1887. 8°.
tQuellensammlung der Schleswig-Holstein-Lauenburgischen Gesellschaft far
vaterlàndiscbe Geschichte. Bd. I-IV. Kiel, 1862-1835. 8°.
ìRahmer S. — Der gegenwàrtige Stand der Lelire von den Lungenerkrankungen
und von der Todesursache nach doppelseitiger Vagusdurchschneidung am
Halse und experimentelle Beitrage zu dieser Frage. Greifswald, 1887. 8°
^ Ratjen LI. — Verzeichniss der Handschriften der Kieler Universitàtsbiblio-
thek welche die Herzogthiimer Schleswig und Holstein betreffen. Kiel,
1858-1866. 8°.
+Register ueber die Zeitschriften und Sammelwerke tur Schleswig-Holstein-
Lauenburg-Geschichte. Kiel, 1872-73. 8°.
*Report (Summary) of the operations of the geological and Naturai history
Survey to 31 Dee. 1887. Part III. Ottawa, 1888. 8U.
i Roche W. la — Experimentelle Beitrage zur Eisenwirkung. Greifswald, 1887. 8°.
f Sauer A. — Ein Beitrag zur Lehre von der Perspiratio insensibilis. Greifs-
wald, 1887. 8°.
f Schiìike C. — Zur Casuistik der Leberkrankheiten. Greifswald, 1887.8°.
* Schinner 0. — Experimentelle Studie ueber reine Linsencontusionen. Greifs-
wald, 1887. 8°.
f Schleich C. — Ueber einen Fall von pulsirenem Knochensarcom des Ober-
schenkels &. Greifswald, 1887. 8°.
Schlesinger L. — Ueber lineare homogene Differentialgleichungen vierfcer
Ordnung, zwischen deren Integralen homogene Relationen hoheren als
ersten Grades bestehen. Berlin, 1887. 4°. (acq.).
f Schiùdi 0. — Rousseau und Byron. Ein Beitrag zur vergleichenden Litte-
raturgeschichte. Teil 111. Rousseaus und Byrons schriftstellerische Eigen-
art. Greifswald, 1887. 8°.
i Schómanu 0. — Ueber Leukaemie in verschiedenen Lebensaltern mit beson-
derer Beriicksichtigung eines Falles im 75sten Jahre. Greifswald, 1887. 8°.
+ Schròder M. — Die Mitchell-Playfair'sche Mastkur in den Irren-Anstalteii.
Greifswald, 1887. 8°.
+ Schuke G. — Quaestionum Homericarum specimen. Gryphiswaldiae, 1887. 8°.
* Seyler E. — Zur Casuistik der Hodensarcoine. Greifswald, 1887. 8°.
* Stein E. — Ueber die Virkung fortgesetzter kleiner Doseu von Kainither beim
gesunden Menschen. Greifswald, 1887. 8°.
f Steinhauseii G. — DeLegumXII Tabularum patria. (inphiswaldiae, 1887. 8°.
"Susemihl F. — De Platonis Phaedro et Isocratis contra Sophistas oratione
dissertatio cum appendice aristotelica. Gryphiswaldiae, L887. 4°.
*Thùmmel G. — Ueber einen Fall von allgemeiner Garcinose rait besonderer
Beriicksichtigung des klinischen Verlaufes. Greifswald, 1887. 8".
^Ullrich V. — Zur Casuistik der Unterbindungen des truncus anonymus.
Greifswald, 1887. 8°.
tUrkundensammlung der Gesellschaft far Schlesw^-Holstein-Lauenburgische
Geschichte. Bd. IV. Kiel, 1874/75. 4°.
*Wehner 0. — Ueber zwei Denkschriften Radetzkya aus dem Fnihjahr 1813.
Greifswald, 1887. 8°.
+ Weinert M. — Zur Casuistik der Leukaemie bei Frauen. Greifswald, 1887. 8°.
1 Wendland S. — Ueber die Total-Eistirpation des Carcinomatósen tJterus.
Greifswald, 1887. 8°.
f Weslphal 0. — Ueber einen in aknte Leukaemie ribergebenden Fall von
Pseudoleukaemie. Greifswald, L887. 8".
1 Wìbel F. — Die Cultur der Bronze-Zeit Nord- und Mittel-Europaa. Kiel,
1865. 8U.
* Zielstorff IL — Ein Fall vod Unterleibscyste (Pancreascyste?). Greifswald,
1887. 8°.
Pubblicazioni periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di maggio 1888.
P ibblicasioni italiane.
* Annali di agricoltura. 1888, n. 142, 144, 148. Roma.
142. Atti della Commissione consultiva per la fillossera. — 144. Concowo ili distil-
latoci e di apparecchi enotecnici di saggio in B. Miniato (Firenze). — 111. Consiglio di
agricoltura. Sess. 1887 die.
f Annali di chimica e di farmacologia. 1888. N. 4. Milano.
Ciqmician e Silber. Ricerche sulTapiolo. Nota preliminare. — Sestini. Del rame
negli esseri viventi.
* Annali di statistica. Ser. IV, n. 16 e 20. Roma, 1888.
16. Statistica dei pensionati civili e militari dello stato. — 80. Notizie sulle condizioni
industriali della provincia di Livorno.
* Archivio della r. Società Romana di storia patria. Voi. XI, 1. Roma, 1888.
Cagnoni. Memorie della vita e degli scritti dal cardinale Giuseppe Antonio Sala. —
Parisotti. Evoluzione del tipo di lumia nelle rappresentanze figurate dell'antichità clas-
sica. — Tomassetti. Della campagna romana.
•Archivio storico italiano. Ser. V, 1. 1, 2. Firenze. 1888.
— VII —
Bertolini. Statuti della città di Concordia del MCCCXLIX. — Villari. Nuove que-
stioni intorno alla « Storia di G. Savonarola e de' suoi tempi » a proposito d'uno scrìtto
del prof. F. C, Pellegrini. — Zini. Le Memorie del Duca di Broglie.
"''Archivio storico lombardo. Anno XV, 1. Milano, 1888.
Sommi Picenardi. Le commende e i commendatori di S. Giovanni di Persichello. —
Intra. Il castello di Goito. — C. Diarj di Marin Sanudo. — Calvi. Il poeta Giambattista
Martelli e le battaglie fra classici e romantici. — N ovati. Di un Codice sforzesco di Fal-
coneria. — Motta. Suicidi nel quattrocento e nel cinquecento. — Ghinzoni. Usi e costumi
nuziali principeschi. Gerolamo Eiario e Caterina Sforza (1473). — Beltramì. Il pavimento
del duomo di Milano.
+ Archivio storico per le provincie napoletane. Anno XIII, 1, Napoli, 1888.
Barone. Notizie storiche tratte dai Registri di Cancelleria del re Ladislao di Du-
razzo. — Alar esca. Memoria degli avvenimenti di Napoli nell'anno 1799 scritta da Amedeo
Ricciardi napoletano. — Gaudenzi. Le vicende del Mundio nei territori longobardi dell'Italia
meridionale. — Bonazzi. Dei veri autori di alcuni dipinti della chiesa di S. Maria della
Sapienza in Napoli. — Pèrcopo. La morte di Don Errico d'Aragona, Lamento in dialetto
calabrese (1478). — Elenco delle Pergamene già appartenenti alla famiglia Fusco ed ora
acquistate dalla Società di Storia patria.
f Archivio storico siciliano. N. S. Anno XII, 4. Palermo, 1888.
Salinas. Escursioni archeologiche. III. Il Monastero di S. Filippo di Fragalà. —
Starrahba. Catalogo ragionato di un protocollo del notaio Adamo de Citella dell'anno
di XII indizione 1298-99, che si conserva nell'Archivio del Comune di Palermo. — Carini.
Aneddoti siciliani. — Starrahba. Documenti per servire alla Storia delle condizioni degli
abitanti delle terre feudali di Sicilia. — La Mantia. Sa i libri legali bruciati in Palermo
per mano del boja. — Starrahba. Di un Codice Vaticano contenente i privilegi dell'archi-
mandrita di Messina. — M. Lettera al dottor Giuseppe Lodi, direttore dell'" Archivio sto-
rico siciliano ».
ateneo (L') veneto. Ser. XII, voi. I, 1-3. Venezia, 1888.
Martini. Filippo Cecchi. — Fabris. Sonetti. — Fradeletto. Pietro Aretino. — • Boni.
Monumenti d'architettura della Dalmazia. — Occioni-Bonaffons. Dell'abolizione dei premi
scolastici (Breve studio). — Riccoboni. Realismo e verismo. — Castellani. La stampa a
Venezia, dalla sua origine alla morte di Aldo Manuzio seniore.
fAtti della r. Accademia delle scienze di Torino. Voi. XXIII, 9-10. Torino.
1888.
Ferraris. Rotazioni elettrodinamiche prodotte per mezzo di correnti alternate. -
Ovazza. Sul calcolo delle deformazioni dei sistemi articolati. — Morera. Sul problema,
della corda vibrante.
fAtti della r. Accademia econ. -agraria dei georgolìli di Firenze. 4a ser. voi. XI, 1.
Firenze, 1888.
Luciani. Sui fenomeni respiratori delle uova del bombice del gelso.— Bargagli. Ri-
cerche sulle relazioni più caratteristiche tra gli insetti e le piante. — Sestini. Della coni
posizione chimica dei cardi per la lana (Dipsacus full on um). — Valvassori. Sulla
scuola di pomologia e di orticultura alle Cascine. — Villari. Il lavoro manuale nelle Scuole
elementari. — Vannuccini. Sulla legge di restituzione in agricoltura. — Passerini. Bulla
quantità di olio contenuto nelle olive delle più comuni varietà delle campagne fiorentine. —
Id. Ricerche chimiche sulla cenere di Coke e uso che potrebbe farsene in agricoltura.
— Vili —
t Atti del r. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. Ser. (5a, t. VI, 4, 5.
Venezia, 1888.
4. Bizio. Il più recente metodo del Iterili per iscoprire Tulio di cotone Delle mi-
scele.— Jlforsolia. Un umanista del secoli» decimoquarto pressoché sconosciuto. — Spica.
Kicerche sulla diosma crenata (II comunicazione). Sulla diosmina. — Castelnuovo. Sulle
congruenze del terzo ordine dello spazio a quattro dimensioni. Seconda Memoria. — Martini.
Esperienze di confronto fra vari tipi di accumulatori elettrici. — Dc-Toni. Intorno ad al
cune diatomee rinvenute nel tubo intestinale di una Trygon violacea pescata nel-
l'Adriatico. — 5. Lorenzoni. Eclisse totale della luna e cont< mporanee occultazioni di stelle
osservate a Padova nella notte del 28 gennaio 1888. — Deodati. Della medicina legale,
dei suoi uffici e dei suoi limiti. — Tamassia. Il progetto del Codice pi naie, presentato dal
ministro Zanardelli, nei suoi rapporti con la giurisprudenza medica. Appunti. — Turazza.
Introduzione ad un corso di statica dei sistemi variabili. — Spira. Studi- chimico sui
principi attivi dell'Àhrus precatorins (Jequirity). Wlacovich. Sulle fibrille del
tessuto congiuntivo. — Levi. Studi archeologici su Aitino. [. Aitino. IL Antichità altinati,
raccolte nella Reali a Dosson. 111. Assaggi eseguiti in Aitino.
fAtti e Memorie della r. Accademia di scienze, lettere ed arti in Padova. N. 8.
voi. III. Padova, 1887.
Favaro. Seconda serie di scampoli gal ilei ani. — Bertini. Dall'accompagnamento della
natura Col soggetto principale .lei dramma. — OtSOlatO. Appuntì alla statistica medica di
questa casa degli Esposti. — Crescini. Sul ritmo cassinese. - Gloria. Difesa e desideri
a proposito degli ordinamenti delle pubbliche biblioteche e del Civico mua li Padova. —
Tosathi. Sulla, difterite cutanei. — Lorenzoni. Viaggio compiuto dall'astronomo Santini in
Germania nell'autunno del 1843. Frigo. La rabbia e sua cura profilattica col metodo
Pasteur. — De Leva. Della vita e delle opere di G Cittadella. Man/redini. Concetto
scientifico della procedura civile.
'Bollettino dei Musei di zoologia ed anatomia comparata della r. Università
di Torino. Voi. Ili, n. :,.!>-l_). Torino, 1888.
:i'.t. Rosa. Sui generi Pontodrilus, Mierascoles e Photodrilus. — lo. /</.
Sul Geoscolex maximus Lenck. — 11. A/. Nuova classificazione dei Terricoli. 12.
Camerario. Ricerche sopra i tinnii d'Europa e descrizione di 'lue nuove specie.
1 Bollettino della Commissiono speciale d'igiene del Municipio di Roma. Anno
Vili, 10-12. Roma, 1887.
'Bollettino della Società generale dei viticoltori italiani. Anno III, n. 9-10.
Roma, 1888.
'Bollettino della Società geografica italiana. Ser. 3a, voi. I, 5. Roma, 1888.
Ilugues. Sul nome « American. — Porena. La geografia in Etoma e il Mappamondo
vaticano. — Millosevich. Intorno ad alcuni problemi geografici e cronologici collegati coi
movimenti della terra. Conferenza.
'Bollettino delle casse di risparmio. Anno III, 2° seni. 1886. Roma, 1887.
+ Bollettino delle nomine (Ministero della guerra). 1888. Disp. 18-22. Roma.
f Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa dalla Bi-
blioteca naz centr. di Firenze. N. 57-58. Firenze, 1888.
1 Bollettino del Ministero degli affari esteri. Parte la, voi. I, 4; parte 2a,pag. 359-
538. Roma, 1888.
— IX
bollettino del r. Comitato geologico <T Italia. Ser. 2a, voi. IX, n. 3-4. Roma.
1888.
Sacco. Studio geologico delle colline di Cherasco e della Morra in Piemonte. — Portis.
Sul modo di formazione dei conglomerati miocenici della collina di Torino. — Mascarini.
Le piante fossili nel travertino ascolano. — Cortese. Appunti geologici sull'isola di Mada-
gascar. — Silvestri. Sopra alcune cave antiche e moderne del vulcano Kilaznea nelle isole
Sandwich.
f Bollettino di legislazione e statistica doganale e commerciale. Anno V, aprile
1888.
* Bollettino di notizie agrarie. Anno X, 1888, n. 20-29. Rivista meteorico-
agraria. Anno X, n. 11-13. Roma, 1888.
^ Bollettino di notizie sul credito e la previdenza. Anno VI, 6. Roma, 1888.
+ Bollettino mensuale dell'Osservatorio centrale del r. Collegio C. Alberto in
Moncalieri. Ser. 2a, VII, 4. Torino, 1888.
Hildebrandsson. Principali risultati delle ricerche nelle correnti superiori dell'atmo-
sfera fatte nella Svezia.
f Bollettino meteorico dell'Ufficio centrale di meteorologia. Anno X. Maggio.
Roma, 1888.
f Bollettino sanitario della Direzione della Sanità pubblica. Aprile 1888. Roma.
''Bollettino settimanale dei prezzi di alcuni dei principali prodotti agrari e
del pane. Anno XV, 16-18. Roma, 1888.
f Bollettino ufficiale dell'istruzione. Voi. XIV, 3. Roma, 1888.
tBullettino della Commissione archeologica comunale di Roma. Anno XVI, 4.
Roma, 1888.
Lanciani. Notizie del movimento edilizio della città in relazione con l'archeologia e
con l'arte. — Gatti. Trovamenti risguardanti la topografia e la epigrafia urbana.
'Ballettino della r. Accademia di scienze, lettere e belle arti di Palermo.
Anno 1886-1888. Palermo.
fBullettino della r. Accademia medica di Roma. Anno XIV, 2-3. Roma, 1888.
Tassi. Resezione di cinque ossa del piede. — Durante. L'ano artificiale come mezzo
di cura dell'enterite ulcerosa cronica. — Postempski. Resezione circolare del tenue per ernia
inguinale destra cangrenata. — Axenfeld. Contributo alla fisiologia degli organi di senso. —
Tassi. Neurectomia del cubitale. — Postempski. Nefractomia addominale per rene mo-
bile. — Bastianeìli. Il valore fisiologico del succo .enterico. — Fedeli. Emorragia cere-
brale. — Colasanti. Una nuova reazione dell'acido solfocianico.
+Bullettino delle scienze mediche. Ser. 6a, voi. XXI, 3-4. Bologna, 1888.
Coen. Contribuzione alla cura degli ascessi freddi mercè le iniezioni d'una miscela
di iodoforme con glicerina e alcool. — Poggi- Disarticolazione di coscia per voluminoso
osteosareoma del femore destro. — Franceschi. Sul peso dell'encefalo, del cervello, degli
emisferi cerebrali , del cervelletto e delle sue metà , del midollo allungato e nodo, e dei
corpi striati e talami ottici in 400 cadaveri bolognesi. — Oddi. Effetti dell'estirpazione
della cistifellea.
+ Bullettino dell'Istituto storico italiano. N. 1-4. Roma, 1886-1888.
*Bullettino del vulcanismo italiano. Anno XIV, 8-12. Roma, 1887.
Bullettino-Rendiconti.. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 2
De Rossi. Concetto e classificazione degli osservatori geodinamici in generale e de-
scrizione scientifica del r. Osservatorio dinamico di Rocca di Papa.
+Bullettiiio di bibliografia e di storia delle scienze matematiche e fisiche. Tomo
XX, agosto 1887. Koma.
Henry. Lettre sur divers points d'histoire dea mathématiques. — Marre. Théorème
du carré de l'hypoténuse.
*Bullettino di paletnologia italiana. Ser. 2a, t. IV. 3-4. Panna, 1888.
Gnoli e Pigorini. Stazioni dell'età della pietra nel Camerinese. — De Stefani. Sta-
zione litica a Giare Veronese.
+ Cimento (Il nuovo). Ser. 3a, t. XXIII, gen.-feb. 1888. Pisa.
Moverà. Intorno alle derivate normali della funzione potenziale di superficie. — Gri-
maldi. Sulla resistenza elettrica delle amalgamo di sodio e di potassio. — Far. Influenza
del magnetismo sulla resistenza elettrica dei conduttori Bolidi. — Padova. Sopra un teo-
rema della teoria matematica della elasticità. — Righi. !>i alcuni nuovi fenomeni elettrici,
provocati dalle radiazioni. — Battelli. Sull'annullarsi del fenomeno Peltier al punto neutrale
dij alcune leghe.
* Circolo (II) giuridico. Anno XIX, 3-4. Palermo, 1888.
Maiorana. Sull'art. 1128 Cod. civ. — Sampolo. La capacità del fallito dopo la chiu-
sura delle operazioni per mancanza di attivo. — Qiaira. I figli legittimati anche per sus-
seguente matrimonio non succedono in Sicilia nei titoli 'li nobiltà.
+ Gazzetta chimica italiana. Anno XVIII, f. 2. Appendice, voi. VI. 3-6. Palermo,
1888.
Ciamician e Silber. Ilicerclie sulTapiolo. — li. e Magnanini. Sintesi ili acidi me
tilindol-carbonici. — Nasini >■ Scala. Sulle solfine e sulla diversità delle valenze dello
zolfo. — Ciamician e Magnanini. Sulla formazione dei due tetrabromuri ili pirrolilene.
Bellucci. Sulla formazione dell'amido nei granuli di clorofilla. — Barbaglio, azione dello
zolfo sull'aldeide paraisobutirrica. — Campani. Aziono dell'ossicloruro di fosforo sull'acido
colalico. — Gazzarrini. Intorno all'azione dello zolfo sull'aldeide benzoica. — De Varia.
Sopra un acido solfoisovalerianico. — Magnanini. Sui derivati acetilici del metilchetolo e
dello scatolo. — Montemartini. Sulla composizione chimica e mineralogica delle roccie
serpentinose del colle di Cassimorei del monte Bagola (valle del Nure).
f Giornale d'artiglieria e genio. Anno 1888, disp. III. Roma.
'Giornale della reale Società italiana d'igiene. Anno X, 4. Milano, 1888.
Bonfiglio. Sulle condotte medico-chirurgiche della provincia di Girgenti. — Fratini.
Acqua potabile ed ileo-tifo (Epidemia di Fiere. 1887). — Nosotti. Ancora della possibile
trasmissione della tubercolosi degli animali all'uomo per le vie digestive e dei mezzi per
impedirla.
1 Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche di Genova. Anno XI.
3-4. Genova, 1888.
Accame. Psicologia razionale. — De Marzi. Cenni critici sull'attuale condizione del-
l'insegnamento della Musica nelle scuole e proposte per renderlo efficace, razionale e pro-
duttivo. — Panizza. Su alcune somme di potenze e di prodotti. — Basteri. Flora Ligu-
stica. — Mazzarella Sulla fondamentale analogia tra l'endoscheletro degli Artropodi e
l'esoscheletro dei Vertebrati. — H. Sulla diversa direzione dello sviluppo Ontogenetico e
Filogenetico dello scheletro nei Vertebrati e negli Artropodi.
XI
* Giornale di matematiche. Voi. XXVI, marzo-aprile 1888. Napoli.
Marcolongo. Sull'analisi indeterminata di 2° grado. - Lugli. Sul numero dei numeri
primi da 1 ad n. - Loria. Sul concetto di volume in uno spazio lineare qualunque. —
Pirondini. Sulle linee a doppia curvatura.
* Giornale medico del r. Esercito e della r. Marina. Anno XXXVI, 4. Roma, 1888.
Lucciola. I feriti di Dogali e Saati.
'Giornale militare ufficiale. 1888. Parte la, disp. 17-21; parte II, disp. 18-22.
Roma, 1888.
+Ingegneria civile (L') e le arti industriali. Voi. XIV, 4. Torino, 1888.
Lanino. I nuovi ponti costruiti sul Malone e sull'Orco per la strada provinciale da
Torino a Milano. — frugnola. Dei ponti girevoli in generale e di' quello recentemente
costruito per l'arsenale di Taranto. — Bertolino. Usi diversi del catasto e relativo grado
di approssimazione.
*Mélanges d'archeologie et d'histoire. Année VIII, 3-4. Mai 1888. Rome.
Grandjean. Bonoìt XI avant son pontificai — Le Blant. D'un nouveau monument
relatif aux fils de sainte Félicité. — Battiffol. Librairies byzantines à Rome. — Diehl.
Notice sur deux manuscrits à miniatures de la Bibliothèque de l'Université de Messine. —
Pélissier. Les amia d'Holstenius. III. Aléandro le Jeune. — Marucchi. Un antico busto del
Salvatore trovato nel cimitero di san Sebastiano. — Miclxon. L'administration de la Corse sous
la domination romaine. — Esmein. Un contrat dans l'Olympe homérique. — Bibliographie.
+ Memorie della Società degli;spettroscopisti italiani. Voi. XVII, 1-4. Roma, 1888.
Ricco. Protuberanze solari osservate nel r. Osservatorio di Palermo nel 1887. —
Tacchini. Osservazioni spettroscopiche solari fatte nel r. Osservatorio del Collegio romano
nel 4° trim. 1887. — lei. Sulle macchie solari osservate nel r. Osservatorio del Collegio
romano nel 4° trimestre 1887. — Id. Facole osservate nel r. Osservatorio del Collegio
romano nel 4° trim. 1887 e 1° trim. 1888. — Id. Sulle eruzioni metalliche solari osser-
vate nel r. Osservatorio del Collegio romano nel 1887. — Vogel. Ueber die Bestimmung
der Bewegung von Sternen im Yisionsradius durch spectroscopische Beobachtung. —
Janssen. Sur les spectres de l'oxygène.
f Rassegna (Nuova) di viticoltura ed enologia. Anno II, n. 9. Conegliano, 1888.
Comboni. Enoglucosio o zucchero al fegato di solfo ? — Succi. Azione del ferro sulla
vegetazione. Gettolini. La questione dei vermouth e la produzione dei vini bianchi. —
Soncini. L'ibridazione.
f Relazione e bilancio industriale dell'Azienda dei tabacchi per l'esercizio 1886-87.
Rendiconti del reale Istituto lombardo di scienze e lettere. Ser. 2a, voi. XXI,
8, 9. Milano, 1888.
Merlo. Le radici e le prime formazioni grammaticali della lingua ariana. — Zucchi.
Il settimo progetto di legge sanitaria. — Maggi. Di alcune condizioni patologiche negli
organismi superiori analoghe a condizioni fisiologiche negli organismi inferiori. — Bertini.
Sopra alcuni teoremi fondamentali delle curve piane algebriche. — Scarenzio. Di un caso
di rinoplastica totale a lembo frontale cutaneo-periosteo. — Somigliano. Sopra alcuno rap-
presentazioni delle funzioni per integrali definiti. — Aschieri. Del legame fra la teoria
dei complessi e quella delle corrispondenze univoche multiple nello spazio. — Taramelli.
Di una vecchia idea sulla causa del clima quaternario. — Zoja. Caso di polianchiL >i>iuli;i
in un esadattilo.— Buccellati. Progetto del Codice penale pel Pegno d'Italia del ministro
Zanardelli. — Strambio. Da Legnano a Mogliano Veneto. Un secolo di lotta contro la pel-
lagra. Briciole di storia sanitario-amministrativa. — Ascoli, Graziatilo. Glossarium palaeo-
hibernicum (a-ath).
XII —
•Rendiconto dell'Accademia delle scienze fisiche e matematiche. Ser. 2a voi. II, 3.
Napoli, 1888.
Giringione. Sopra alcune alterazioni degli strati ganglionari dell'intestino del cane. —
Palmieri. Significato delle forti tensioni elettriche nell'aria, con cielo perfettamente sereno. -
Trio. Recerche sulla cute del negro.
* Rivista critica della letteratura italiana. Anno V, 2. Firenze, 1888.
'Rivista di artiglieria e genio. Marzo-aprile 1888. Roma.
Marzo. Parodi. Sulla condotta del fuoco per le artiglierie da campagna. — Ro<
Le forme ed i materiali della nuova fortificazione. — Messina. Il canale navigabile fra la
rada ed il mare piccolo di Taranto. — Marciani. Puntamento indiretto per l'artiglieria da
campagna. — Aprile. Figari. Nota sulla forinola empirica della spinta dei terrapieni pro-
posta dal signor generale Cerroti. — Eocchi. Le for d i materiali della nuova fortifi-
cazione. — Guarducci. Nota sull'impiego dell'artiglieria nell'attacco dei boschi
* Rivista italiana di filosofia. Anno 3°, voi. I. maggio-giugno 1888. Roma.
Cantoni. Giordano Bruno, ritratto Btorico. — Oredaro. Le Bcuole classiche italiane
giudicate da un professore tedesco. - Ferri. Antonio Rosmini e il decreto del Sant'Uffizio. —
Martini. Un nuovo compendio ili si ria della Filosofia.
* Rivista marittima. Anno XXI. 4. Roma, 1888.
Tu, lini. I marinai italiani fra arabi e tnrchì (Appuntì storici). — Scotti. Illumina-
zione elettrica sottomarina. Maldini.ì bilanci della marina d'Italia. A. 0. I. a marina
da guerra inglese (Programma dell'Ammiragliato presentato al Parlamento col progetto di
bilancio 1888-89). — Henwood Sulla corrosione e incrostazione delle carene delle navi in
ferro e in acciai ni modi ili preservamele.
"^Rivista scientifico-industriale. Anno XX, n. 8. 9. Firenze, 1888.
Fossati. Sulle recenti scoperte di elettro-ottica. — Martinotti.jitaà'ì sulla Term
nesi magnetica. — Poli. Note 'li microscopia. — Giovannoztsi. Il terremotò del 1 1 novembre
1887 in Firenze.
+ Telegrafista (II). Anno Vili, 3. Roma, 1888.
Bracchi. Elettrometria ad uso degli impiegati telegrafici
Pubblicazioni estere.
: Abhandlungen der Kon. Gesellschaft dei* Wissenschaften zu Gottingen. Bd.
XXXIV. Gottingen, 1887.
v. Koenen. Beitrag zur Kenntniss der Crinoiden dea Muschelkalks. — Voigt. Theo-
retische Studien ueber die Elastieitatsverlialtnisse der Knstalle I. I. — Scìwarz. Ueber
specielle zweifach zusammenhingende Fl&chenstucke, welche Kleineren Flackeninhall be-
sitzen als alle benachbarten von denselben Randlinien begranzten Flàchenstucke. — Sche-
ring. Cari Friedrich Gauss und die Erforschung des Erdmagnetismus. — Bechtel. Die
Inschriften des jonische Dialekts. — Frensdorjf. Das Statutarische Recht der deutschen
Kaufleute in Novgorod II. — De Lagarde. Ein Beitrag zur Geschichte der Religion.
f Abhandlungen d. mat.-phys. CI. der k. Sàchs. Gesellschaft der Wissenschaften.
,Bd. XIV, 7, 8. Leipzig, 1888.
VII. His. Zur Geschichte des Gehirns sowie der centrateli und peripherischen Ner-
venbahren beim menschlichen Embryo. — VIII. Braum und Fischer. Ueber den Antheil
den die einzelnen Gelenke des Schultergurtels an der Beweglichkeil des menschlichen
Humerus haben.
XIII
tAbhandlungen herausgegeben von der Senokenbergischen Naturforschenden Ge-
sellschaft. Bd. XV, 2. Frankfurt, 1888.
Noli. Beitriige zur Naturgeschichte der Kieselschwamme. — Andrae und Kónig. Der
Magnetstein vom Frankenstein an der Bergstrasse.
■ Abhandlungen herausg. vom naturwiss. Vereine zu Bremen. Bd. X, 1, 2.
Brernen, 1888.
Bergholz. Das Kliraa von Bremen. — Buchenau. Der abnorme Regenfall vom 31.
Juli 1887. — Krause. Reiseerinnerungen. 3. Fliegende Fische und Fischztige. — Buche-
nau. Otto Wilhelm Heinrich Koch. — Koclx und Brennecke. Flora von Wangerooge. —
Kocli. Die Kerbelpflanze und ihre Yerwandten. — Foche. Die Verbreitung beerentragender
Pflanzen durch die Vogel. — Kissling. Ueber den Gehalt des Weserwassers an festen
Stoffen. — Foche. Die Quellen von Blenhorst. — Klehahn. Beobachtungen und Streitfra-
gen tiber die Blasenroste. — Foche. Bemerkungen iiber die Arten von Hemerocallis. —
Buchenau. Mammut-Stosszahn aus der Weser bei Nienburg. — Mocsdry. Aus den Stàdti-
schen Sammlungen ftir Naturgeschichte. Species novae generis Pepsis. — Foche. Die
einheimischen Gebirgsarten im Blocklehm. — hi. Versuch einer Moosflora der Umgegend
von Bremen. — Mùller. Die oldenburgische Moosflora. — Buchenau und Foche. Melilotus
albus X macrorrhizus. — Poppe. Ueber parasitische Milben. — Buchenau. Aus den Stad-
tischen Sammlungen ftir Naturgeschichte und Ethnographie. Die Standortskarten von Ge-
wachsen der nordwestdeutschen Flora. — Id. Naturwissenschaftlich-geographische Littera-
tur tiber das nordwestliche Deutschland. — Hàpke. Fabricius und die Entdeckung der
Sonnenfiecke. — Koenihe. Eine Hydrachnide aus schwach salzhaltigem Wasser. — Id.
Ein Tausendfuss im Htihnerei. — Poppe. Ein neuer Podon aus China. — Krause. Rei-
seerinnerungen. 4. Sansibar. — Foche. Pfropfmischlinge von Kartoffeln. — Hàpke. Nachtrag
zu Fabricius.
+Abstracts of the Proceedings of the Chemical Society. N. 53-54. London, 1888.
+Acta Mathematica. XI, 3. Stockholm, 1888.
Sylow. Sur les groupes transititi dont le degré est le carré d'un nombre premier. —
Goursat. Sur un mode de transformation des surfaces minima (second Mémoire). —
Sclucering. Untersuchungen tiber die Normen komplexer Zahlen. — Soderberg. Démon-
stration du théorème fonclamental de Galois dans la théorie de la résolution algébrique
des équations.
fActa (Nova) Academiae Caesar. Leop.-Carol. Germanicae Naturae Curiosonim.
T. L, LI. Halle, 1887.
L. Triebel. Ueber Oelbehiilter in Wurzeln von Compositen. — Lehmann. Systema-
tische Bearbeitung der Pyrenomycetengattung Lophiostoma (Fr.) Ces. &. DNtrs, mit
Berticksichtigung der verwandten Gattungen Glyphiuin (N. i. e), Lophium, Fr. und
Mytilinidion Duby. — Kolbe. Beitriige zur Zoogeographie Westafrikas nebst elnem
Bericht ueber die wàhrend der Loango-Expedition von Herrn Dr. Falkenstein bei Cliin-
choxo gesammelten Coleoptera. — Dervitz. Westafrikanische Tagschmetterlìnge, westafri-
kanische Nymphaliden. — Reichardt. Ueber die Darstellung der Kummer'schen Flachen
durch hyperelliptische Functionen. — Knoblauch. Deber die elliptische Polarisation der
Wàrrnestrahlen bei der Reflexion von Metallen. — LI. Bornemann. Die V'ersteinerungen
des Cambrischen Schichtensystems der Insci Sardinien nebst vergleichenden Untersuchun-
gen ueber analoge Vorkommnisse aus andern Landern. — Kessler. Die Entwickelungs- and
Lebensgeschichte von Chaitophorus aceris Koch, Chaitophorus Testudinatus Thornton und
Chaitophorus Syropictus Kessler. — Drei gesonderte Arten (Bisher nur als eine Art, Aphis
— XIV
aceris Linné, bekannt). — Korschelt. Zur Bildung der Eihullen dei Mikropylen und Cho-
rionanhànge bei den Insekten. — Bennecke. Untersuchungen der stationiiren elektrischen
Stròmung in einer unendlichen Ebene ftir den Fall dass die Zuleitung der beiden verschie-
denen Elektricitaten in zwei parallelen geradlinigen Strecken erfolgt — Feist. Ueber die
Schutzeinrichtungen der Laubknospen dicotyler Laubbàume w&hrend ihrer Entwickelung. —
Hofer. Untersuchungen ueber den Bau der Speicheldriisen und des dazu gehOrenden Ner-
venapparats von Blatta.
+Annalen der Physik und Chemie. N. F. Bd. XXXIV, 2. Leipzig, 1888.
v. Vljanin. Ueber die bei der Beleuchtung entstehende electromotorische Kraft ini
Selen. — Hertz. Ueber Inductionserscheinungen, bervogerufen durch die electrischen Vbr-
gange in Isolatoren. — Voller. Ueber die Messung hoher Potentiale mit dem Quadrant-
electrometer. — Tammann. Ueber Osmose durch Niederschlagsmembranen. — Walter. Die
Aenderung des FluorescenzvermOgens init der Concentration. — Pulfrieh. Untersuchung
uber die Lichtbrechungsverhàltnisse des Eises und des untorkiiblt.-n Wassera, aebsl einem
Anhang, die Polarisationsverhaltniase der GrenzcurveD der Totalreflexion betreffend. —
Ambronn. Ueber den Pleochroismus pflanzlicher Zellmembranen. — Oeigel. Ueber Reflexion
des Lichtes im Inneren des Auges und einen neum Versoci) zur Erkl&rang der llaidin-
ger'schen Polarisationsbiischel. — Hildebrand. Untersuchungen Uber den EinflusBdea Feuch-
tigkeit auf den Làugenzustand von EOlzern und Elfenbein. — Bdmitein. Eine aeue fora
des Electmdynamoters.
+Annales de la Société scienti fique de Bruxelles. Année XI (1880-87). Bruxelles.
Salvert. Sur l'emploi des coordonnées curvilignes dans tea problèmes de mécanique
et les lignes géodésiques des surfacee ìsofhennes. — Dolio. Psephophorus. — Boulay. La
flore fossile du Bezac. — U. Sur la Aure des tufs qùatemaires de la vallèe de la Vis.—
Sparre. Cours sur les fonctiona elliptiques (28 p.). - Smeti. Chelone (Bryochelya) Water-
keynii, van Ben. — Id. Chelyopsia littoreus, van Ben.— li. Nbticea paléontologiques. —
D'Ocagne. Sur les péninvarianta dea formes binaires.
+Annales (Nouvelles) de mathéraatiques. 3e sér. avril 1888. Paris.
Stieltjes. Note sur l'intégrale /].c)('<(.n </.<-. — Cesar o. Sur deux classes remar-
. a
quables de lignes planes. — Errata. — Pomey. Sur quelquea Lntégralea remarquables. —
Id. Sur l'integration de l'équation différentielle dea coniques uomofocales. -- Jensen. Sur
un théorème general de convergence. — BiehUr. Sur lea série8 ordonnéea Buivant les puis-
sances croissantes d'une variable.
fAnnales scientifiques de l'École normale supérieure. 3n sér. t. V, 5. Paris, 1888.
Duhem. Sur la pressios électrique el les phénomènes électrocapillaires. — Nazimow.
Sur quelques application de la theorie des fonctions elliptiques à la théorie des aombrea. —
Kònigs. Détermination de toutes les surfaces plusieurs fois engendréea par dee i iques.
f Annuaire de la Société météorologique de France. 1888 février. Paris.
Janssen. Sur l'application de la photographie à la meteorologie.
•'■Anzeigen (Gottingische Gelehrte). 1887. Bd. I, II. Gòttingen, 1887.
Unzeiger (Zoologischer). Jhg. XI, n. 278-280. Leipzig, 1888.
278. Wierzejski. Kleiner Beitrag zur Kenntniss des Psorosper ini um Haeche-
lii- — Kulagin. Zur Anatomie und Systematik der in Rusaland vorkommende Fam. Lum-
bricidae. — Lutaste. Sur la classification des Batraciens anoures, à propos du système de
Blanchard. — Sluiter. Ein rnerkwiirdiger Fall von Mutualismus. — 279. Leydig. Altes und
Neues ueber Zellen und Gewebe. — Bóttger. Ueber die Reptilien und Batrachier Trans-
caspiens. — Verson. Ueber Parthenogenesis bei Bombyx mori. — Nordqvist. Ueber
— XV —
Moina bathycola (Vernet) und die grossten Tiefen, in welchen Cladoceren gefunden
Torden. — Dolio et Storms. Sur les Téléostéens du Rupélien. — C80. Leydig. Altes und
neues ueber Zellen und Gewebe. — Schimkervitsch. Ueber Balanoglossus Mere-
schkovskii Wagner. — Imhof. Die Vertheilung der pelagischen Fauna in den Siiss-
wasserbecken.
fAtti e Memorie della Società istriana di archeologia e storia patria. Voi. Ili,
3-4. Parenzo, 1888.
Direzione. Pergamene dell'Archivio arcivescovile di Ravenna riguardanti la città di
Fola. — Id. Senato Misti. Cose dell'Istria. — Vesnaver. Grisignana d'Istria. — Notizie
storiche. — Morteani. Isola ed I stuoi statuti. — Direzione. Testamenti estratti dall'Archi-
vio della Vicedominaria di Pirano.
^Bericht ueber die Thàtigkeit der S* Gallischen naturwissenschaftlischen Gesell-
schaft 1885/86. Sl Gallen, 1887.
Brùschiveiler. Atmosphàrische Electricitàt und Blitz besonders in ihren Beziehungen
zu der Telegraphie. — Wild. Mathematik und Naturwissenschaft in einigen Wechselbezie-
hungen. — Ileuscher. Zur Naturgeschischte der Alpenseen. — Vonvciller. Die Medicin.
Eine Culturhistorische Skizze. — Ziceifel- Weber. Die Salzwerke und Salinen der Schweiz. —
Maillard. Ueber einige Algen aus dem Flysch der Schweizer-Alpen. — Muhlberg. Ausge-
storbene und aussterbende Thiere.
"■'Berichte der deutschen Chemischen Gesellschaft. Jhg. XXI, 7, 8. Ber-
lin, 1888.
7. Fasbender. Ueber Diàthylentetrasulfid. — Id. Ueber Aethylendisulfide und Aethj'-
lendisulfone. — Dennstedt und Zimmermann. Ueber die durch Einwirkung von Salzsaure
auf die Pyrrole entstehenden Basen. — Wolff. Ueber Acetal- und Diacetalamin. — Kapf
und Paal. Ueber den Phenacylbenzoylessigather. — Welter. Ueber Xylylphosphorverbin-
dungen und tìber Toluphosphinsauren. — Schenk und Michaelis. Ueber phosphorhaltige
Derivate des Dimethylanilins und iiber Quecksilberdimethylanilin. — Dòrken. Ueber Deri-
vate des Diphenylphosphorchlorùrs und des Diphenylphosphins. — Otto R. uncl Otto W. Ueber
die Einwirkung des Chlorkohlensàureathers auf Salze von Fettsauren und aromatischen
Sàuren. — Classen. Zur Kenntniss des Titantrioxyds. — Bailey. Die Componenten der
Absorptionsspectren erzeugenden seltenen Erden. — Magnanini. Ueber die Einwirkung
von Essigsàureanhydrid auf Làvulinsaure. — Wurster. Activer Sauerstoff in lebendem Ge-
webe. — Weyl. Zur Kenntniss der Seide. II. — Tust. Ueber Tetrachlorbenzoésàure aus
Tetrachlorphtalsàure. — Niementov:ski. Ueber die wi-Homoanthranilsaure und ihre Deri-
vate. — Barr. Ueber die Darstellung von Nitraminen aus Nitrophenolen. — Drechsel.
Pseudotriphenylmelamin. — Munzelius. Ueber die Aethylester der Sulfoessigsaure und der
Aethylidendisulfosiiure. — Dennstedt und Zimmermann. Ueber die Einwirkung von Methyl-
und Aethylamin auf Salicylaldehyd. — Id. id. Reduction des Pyrrolenphtalids. — Knecht.
Zur Kenntniss der chemischen Vorgànge , welche beim Fàrben von Wolle uud Seide mit
den basischen Theerfarben Stattfinden. — Griess. Neue Untersuchungen iiber Diazoverbin-
dungen. — Tollens und Mayer. Ueber die Bestimmung der MoleculargrOsse der RafBnose
und des Formaldehyds mittelst Raoult's Gefriermethode. — Id. und Stone. Ueber die
Gahrung der Galactose. — Lang. Einwirkung von Pyridin auf Metallsalze. — Cornei) und
Jackson. Ueber Zinkoxyd-Natron. — Nietzki und Otto. Ueber Safranine und verwandte
FarbstotFe. — Id. id. Einwirkung von Chinondichlorimid auf /?-Naphtylamin. — Letts und
Collie Zur Kenntniss der Tetrabenzylphoniumverbindungen. — 8. ffenriques. Ueber Spal-
tungen des Naphtalin- und des Benzolringes durch Oxydation. — Meyer und Riecke. Nach-
tragzu der Abhandlung: » Einige Bemerkungen iiber das Kohlenstoffatom und die Valenz. —
— XVI —
Ciamician und Silber. Untersuchnngen uber das Apiol. — Gattermann und Wtchmann.
Ueber zwei Nebenproducte der technischen Darstellung von Amidoazobenzol. — G laser una
Kalmann. Analyse des Roncegno-Wassers. — Deninger. Ueber Dikresoldicarbnnsaure. —
Mathèus. Ueber einige Azofarbstoffe, der Oxychinoline. — Saytzeff. Eine Notìz in Bezug
auf die Mittheilung von Rudolph Fittig :» Ueber das Verbali. n dei ongesattigten Siiuren
bei vorsichtiger Oxydation «. — Conrad und Limpach. Synthese yon Uioxychinaldinderiva-
ten. — Id. id. Ueber die Condensation des Tetraiii.'l]iv]ihenylaniidocrotonsàureesters. —
Fischer und Tafel. Ueber Isodulcit. — Feit und Kubierschky. Ueber die Thioderivate der
Antimonsàure. — Abenius und Widman. Ueber das Bromacd irthotoluid and einige daraus
erhaltene Verbindungen. — LI. Ueber einige aromatische halogensub.slituirie Acetamido-
derivate und daraus erhaltene Verbindungen. — Abenius. Ueber eine nene Klasse aus den
Glycinen derivirender Lactune. — Richarz. Ueber die elektrolytiscbe Entstehung von Ue-
berschwefelsàure und WasserstoffsuperoxydVra <1<t Anode. — Id. Ueber die Conatitution der
Superoxyde. — Id. Zur »Berichtigung« des Hrn. M. Traube. — Snyders. Ueber den Einflnsa
einiger Wasserfilter anf die Zusammensetzung des Wassers. — Otto I! und Otto W. Qebei
die Einwirknng von salfinsauren Alkalisalzen auf trihalogensubstituirte Kohlenwasserstoffe. —
Buyer und Claisen.Ein Beitrag zur Kenntniss der gemischten Azoverbindungi a. — Palmer
und Jackson. Zur Kenntniss des Pentamidobeuzols. — Jackson and Moore. Ueber eia Ad-
ditionsproduct von Tribromdinitxobenzol and TetrabromdinitrobenzoL — Koenigundi P
ten von der. Untersucbungen iiber das Titan. — Will. Ueber Atropiu and Byoscyamin. —
ffell. Ueber die Bromirung organiscber S&uren. — GerodeUky und Beli. Ueber die Dar-
stellung der Dibrombernsteinsaure.
^Bibliothèque de l'École des Ohartes. 1888, Uvr. I. Pari-.
Funck-Brentano. Philippe le liei el la ooblesse franc-comtoiso. — Delizie. Lea ma-
nuscrits des fonds Libri et Barrois. — Cadier. Les archives d'Aragon et de Navarro. —
Moranvillé. Une lettre à Charles Ir Mauvais. — Bavel. Charte d>- .Metz accompagnée de
notes tironiennes.
tBibliothèque des Écoles francaises d'Athènes et de Ivmi.'. 1-W. .YJ. I'ari>. |xs^.
Lécrivain. Le sénal romain depuis Dioclétien à Rome el à Constantinople.
tBoletin de la Acadeiiiia nacional de ciencias cu Cordoba. T. X, 1. Buenos
Aires, 1887.
Holmberg. Viaje à Misionea.
'Boletin de la real Academia de la historia. T. XII, 4. Madrid, 1888.
Duro. Descubrimiento de una carta de marear, eapanòla, de ano 1389. Sa autor An-
gelino Dulceri d Dulcert. — Id. Cartas nàuticas de Jacobo Russo (siglo XVI). — /(/.Las
cartas universales de Diego Ribero (siglo XM). — Coderà y Zaidin. Monedas arabes do-
nadas por el Sr. D. Celestino Pujol. — Danvila. Los chapines en Espana.
+Boletin da Sociedade geografica de Lisboa. 7a Serie, n. 5, 6. Lisboa, 1888.
Marianno. Exploracào portugueza de Madagascar em 1613. — de Andrada. No ca-
minho de Mussirise. — Missao de Iluilla. Documentos officiaes. — de Santa Brigida de
Sousa. Mossamedes.
•Boletim de la Sociedad de geografia de Madrid. T. XXIV, 1-3. Madrid, 1888.
Baldasano y Topetc. America ó Colonasia. — Vdzquez Illa. La casa de Colon en
Valladolid. — Canga-Argiielles. La isla de la Paragua. — de la Espada. Una ascensión é
El Pichincha en 1582. — Vicente y Sdnchez de Toca. El canal de Panama en 1886. —
Navarro. Ligeras consideraciones sobre el estado de las posesiones espanolas del golfo de
Guinea.
XVII —
•Botanisches Centralblatt. Bd. XXXIV, 7-10. Cassel, 1888.
Godlewscliì. Éinige Bemerkungen zur Auffassung der Eeizerscheinungen an don wach-
senden Pflanzen. — Schilberszky . Aspidium cristatum Sw. in Oberungam. — Tomaschek.
Ueber Bacillus rauralis. — Eoli. Artentypen und Formenreihen bei den Torfmoosen.
•Bulletin de l'Académie r. des sciences, des lettres et des beaux arts de Bel-
giques. 3e sér. t. XV, 4. Bruxelles, 1888.
Folle. Sur la méthode la plus sùre pour déterminer la constante de l'aberration au
raoyen d'une sèrie d'observations d'une mèrae étoile en ascension droite. — Renard. Sur
quelques roches des iles du Cap-Vert. — Coviti et Berard. Contribution à l'étude des ma-
tières albuminoi'des du blanc dv03uf. — Kervyn de Lettenhove. Elisabeth et le meurtre
de Darnley.
TBulletin de la Société entomologique de France. 1888, feull. 8, 9. Paris.
7 Bulletin des sciences mathématiques. 2e sér. t. XII, mai 1888. Paris.
Hadamard. Eechercbe de surfaces anallagmatiques par rapport à une infinite de
pòles d'inversion. — Lerch. Théorèmes d'arithme'tique. — Lelleuvre. Sur les lignes asympto-
tiques et leur représentation spbérique.
•Bulletin d'histoire ecclésiastique et d'archeologie religieuse des diocèses de
Valence &. 7e année, livr. 4-7. Valence, 1887.
4. Chevalier. Mystère repre'senté à Romans à la dature de la mission de 1698-99. —
Francus. Notes sur la commanderie des Antonins à Aubenas, en Vivarais. — Fillct. Histoire
religieuse de Pont-en-Royans (Isère). — 5. Francus. Notes sur la commanderie des Antonins
à Aubenas, en Vivarais. — Chevalier. Manuscrits et incunables liturgiques du Dauphiné:
Valence. — Fillet. Histoire religieuse de Pont-en-Royant (Isère). — Perrossier. Recueil des
inscriptions chrétiennes du diocèse de Valence : Etoile. — G. Giraud et Chevalier. Mystère
des Trois Doms, joué à Romans en 1509. — Fillet. Histoire religieuse de Pont-en-Royans
(Isère). — Francus. Notes sur la commanderie des Antonins à Aubenas, en Vivarais. —
Lagier. Les Trièves pendant la grande Revolution, d'après des documents officiels et inédits.
+ Centralblatt fiir Phvsiologie. 1888, n. 3, 4. Wien, 1888.
•Circulars (Johns Hopkins University). Voi. VII, 65. Baltimore, 1888.
•Compte rendu de l'Académie des inscriptions et belles-lettres. 4e sér. t. XV,
oct.-déc. 1887. Paris, 1888.
Bertrand. Le Dispater gaulois, le Jupiter Sérapis et le Pluton Eubouleus de Praxi-
tèle. — Boissier. Un pian de Rome et une vue du Forum à la fin du XVe siècle. —
Chodzkiewicz. Sépultures de l'epoque romaine de'couvertes en Silésie. — de Nolhac. Les
études grecques de Pétrarque. — Le Blant. Lettres. — Oppert. Amraphel et Hammurabi.
T Compte rendu des séances et travaux de l'Académie des sciences morales et
politiques. N. S. t. XXIX, 5-6. Paris, 1888.
Levasseur. La théorie du salaire. — Leroix-Beaulieu. L'Église russe et l'autocra-
tie. — Glasson. Le premier Code de commerce. — Baudrillart. Les populations agricoles
de l'Ile-de-France (Seine-et-Oise). — Janet. Rapport sur le prix Jean Reynaud. — Desjar-
dins. Rapport sur le prix Morogues. — Bouillier. Discours prononcé aux funérailles de
M. Hippolyte Carnot. — Cìiarton. Note sur M. Hippolyte Carnot. — Lucas. L'unification
pénale à réaliser en Italie par l'abolition de la peine de mort.
TComptes rendus hebdomadaires des séances de l'Académie des sciences. T. CVI,
17-21. Paris, 1888.
17. Bertrand. Sur la précision d'un système de mesures. — Lrewy et Puiscux. In-
fluence de la pesanteur sur les coordonnées mesurées à Faide des équatoriaux. Fonnules
Bullettino-Rendiconti, 1888, Vol. IV, 2° Sem. 3
— XVIII —
générales de réduction. — Cornu. Sur le réglage de l'amartissement et de la phase d'une
oscillatimi synchronisée re'duisant au minimum l'influence des actions perturbai rices. Ré-
glage apériodique. — Becquerel. Observations à propos d'une Note recente de M. A. Btc-
letow. — Berthelot. Sur la fìxation de l'azote par la terre vegetale. Réponse aux obser-
vations de M. Scblcesing. — Des Cloizeaux. Note sur les propriétéa optiques de la pbar-
macolite naturelle et sur leur comparaison avec celles des cristaux artificiels de M. Dufet. —
Id. Sur les caractères optiques de la haidingérite. — Trépied, Rambaud et Sy. Observa-
tions des nouvelles planètes (275) et (276) Palisa. faites a l'Observatoire d'Alger au téle-
scope de 0m, 50. — Fouret. Sur certains types d'équations algébriques ayant toutes leurs
racines réelles. — Crafts. Sur l'emploi des thermomètres à gaz. — d'Arsonvaì. Sur la me*
thode calorime'trique à temperature constante. — Germa in. Sur un nouveau Bystème de com-
munication téléphonique entre les traina en marcile et les gares voisines. — Defilar cay,
Remarques sur quelques raies spectrales de l'or. — Lecoq de Roisbaudran. Observations
relatives à la Communicatiuii de M. Eug. Demarcay. — Scheurer-Kestner. Chaleui de com-
bustion de la houille du nord de la Franco (basBÌn du Pas-de-Calais). — Oautier ei Drouin.
Rechercbes sur la fìxation de L'azote pai le sol et les végétaux. — Maquenne. Recherches
sur la perséite. — Dufet. Reproduction de la pharmaeolite. Étude chimique e1 optique. —
Brongniart. Sur un nouveau poisson fossile du terrain houiller de Coramentry (Allier). —
Bertin-Sans. Sur le spectre de la méthémoglobine acide. — Hénocque ei Baudouin. Des
variations de la quantité d'oxyhémoglobine ei de l'activité de La réduction de cette Bub-
stance dans la fièvre typhoi'de. — Gréhant ei Quinquavd. Dosage de Bolutions étendues
de glucose par la fennentation. — Blake. Sur les relatìone entre L'atomicité dee éléments
inorganiques et leur action biologique. — Boueheron. Opération de la Burdité ■ > t ■ • j • i • ; .- i -
que. — Gerspacìt. Sur le bàtonnage, ancienne manière de mesuiei Les tapiaseries dea Gro-
belins. — 18. Bertrand. Sur les cunséqueiices di.- l'égalité idre la valeur vraie
d'un polynòme et sa valeur moyenne. — ffalphen. Sur les intégrales pseudo-elliptiques. —
Lévy. Sur la théorie de la figure de la terre. — Faye. Remarques au sojel de la Note
du P. Dechevrens sur le mouvemenl ascendant de l'air dans les cyclones. Sylvester.
Preuve élémentaire du théorème de Dirichlel sur les progressions arithmétiques dans les
cas où la raison est 8 ou 12. — Guyou. Note relative à l'expression de l'erreur probable
d'un système d'oliservations. — Tacchini. Distribution en latitude des phénomènes .-"laires
pendant l'année 1887. — Id. Résumé des observations Bolaires faites à Rome pendanl Le
premier trimestre «le 1888. — Jacques >\ Curie. Sur un électromètre à bilame de quarte. —
Louguinine. Détermination des chaleuis <le combustion des acides isomères correspondanl
aux formules C4H404 et C4H604. — Bakhuis Roozehoom. Sur la formation des bydrates
de gaz. — Schlossing fils. Sur la combustion Lente de certaines matièrea organiques. —
Rocques. Sur la recbercbe des impuretés dans les'alcools. — Topsent. Sur les gemmules
de quelques Silicisponges marines. — Bimar. Recberches anatoiniques sur la distribution
de l'artère spermatique chez l'bomme. — Nepveu. Contribution à l'étude des bactériens
dans les tumeurs. — Verneuil. Remarques relatives à la Communication précédente. —
Dechevrens. Quel est le sens des courants verticaux au centre des cyclones? — 19. Ber-
trand. Sur l'introduction des probabilités moyennes dans l'interprétation des résultats de
la Statistique. — Lévy. Sur la théorie de la figure de la terre. — Lcewy et Puiseux.
Théorie nouvelle de l'équatorial coudé. Procédés spéciaux applicables dans la region equa-
toriale. Exposé des méthodes pbysiques ]i"iir évaluer la flexion des axes. — ffalphen. Sur
la convergence d'une fraction continue algébrique. — Resal. Mouvement dans un milieu,
dont la résistance est proportionnelle au carré de la vitesse, d'un point matèrie] alliré par
un centre fixe en raison de la distance. — Lannelongue. De l'ectocardie et de sa cure
par l'autoplastie. — Cesavo. Sur une fonction arithmétique. — Le Chatelier. Sur les
fonctions caractéristiques de M. Massieu. — Pionchon. Sur la variation de la chaleur
— XIX
spéciflque de quartz avec la temperature.- Blondlot. Sur la théorie du diamagnétisme. -
Righi. Sur les phénomènes électriques produits par les rayons ultra-violets. - Bichat et
Blondlot. Action des radiations ultra-violettes sur le passage de l'élecfricité à faible ten-
sion au travers de l'air. - Amai. Sur les phosphites acides des métaux alcalins. - Vii-
liers. Sur les propriétés du disulfopersulfate de soude. - hi. Sur la forme cristalline du
trithionate de soude. - de Forcrand et Villard. Sur l'hydrate de chlorure de méthyle -
Bouchardat et Voiry. Sur le terpinol. - Fréchou. Du mode de formatici) des asques dans
le P h y s a 1 o s p o r a B i d w e 1 1 i i . - Demeny. Appareils de mesure ayant pour but de déter-
miner avec précision la forme extérieure du thorax, l'étendue des mouvements respiratoires,
les profils et les sections du tronc, ainsi que le débit d'air inspiré et expiré. -- Arloing.
Sur la présence d'une matière phlogogène dans les bouillons de culture et dans les humeurs
naturelles où ont vécu certains microbes. — Galtier. Sur un microbe pathogène chromo-
aromatique. — Galippe. Sur l'existence d'une maladie analogue à la gingivite arthroden-
taire infectieuse , chez l'éléphant d'Asie. - 20. Lévy. Sur la théorie de la figure de la
terre. — Mascart. Sur le diamagnétisme. — Becquerel. Bemarques relatives à la Commu-
nication de M. Mascart. - cVAbbadie. Note accompagnant la présentation d'une Carte in-
titulée « Massaja en Ethiopie ». — Sylvester. Preuve élémentaire du théorème de Dirichlet
sur les progressions aritlnnétiques dans tous les cas où la raison est 8 ou 12. — Lecoq
de Boisbaudran. Fluorescence de la chaux cuprifere. — Charlois. Observations de la nou-
velle planète (277), découverte le 3 mai 1888, à l'Observatoire de Nice. - Trépied. Ob-
servations, faites à l'Observatoire d'Alger, de la planète découverte le 3 mai 1888, pal-
li. Charlois, à Nice. — Perrotin. Observations des canaux de Mars. — Bazin. Expériences
sur les déversoirs à seuil épais (barrages à poutrelles). — Engel. Action de l'acide chlor-
hydrique sur la solubilità du chlorure stanneux; chlorhydrate de chlorure stanneux. —
Amai. Sur l'existence d'un acide pyrophosphoreux. — de Forcrand et Villard. Sur la
composition des hydrates d'hydrogène sulfuré et de chlorure de méthyle. — Delauney. Essai
sur les équivalents des corps simples. — Schutzenberger. Eecherches sur la synthèse
des matières albuminoides et protéiques. — Jungfleisch et Leger. Sur la cinchonibine. —
Haller et Barthe. Synthèses au moyen de l'éther cyanacétique. Ethers cyanosuccinique et
cyanotricarballylique. — Barthe. Preparatici du benzoylcyanacétate de méthyle et de la
cyanacétophénone. — Voiry. Sur l'essence d'Eucalyptus globulus.— Saglier. Sur
les combinaisons des chlorure, bromure et iodure cuivreux avec l'aniline. — Meunier. Sul-
la combinaison des anhydrides de la mannite avec l'essence d'amandes amères. — A. et
B. Buisine. Présence de l'acide malique dans la sueur des herbivores. — Saint-Remy. Bechor-
cher sur le cerveau des Phalangides. — Chatin. Der diverses Anguillules qui peuvent s'ob-
server dans la maladie vermineuse de l'oignon. — Bertrand. Les plis couchés et les ren-
versements de la Provence. Environs de Saint-Zacharie. — de Rouville. Note complémen-
taire sur le prolongement du massif paléozoi'que de Cabrières dans la région occidentale
du département de l'Hérault. — Gréhant et Quinquaud. Expériences comparatives sur la
respiration élémentaire du sang et des tissus. — Maximovitch. Nouvelles recherches sur
les propriétés antiseptiques des naphtols « et (ì. — Bazy. De la dilatation de ì'estomac
dans ses rapports avec les affections chirurgicales. — Heckel et Schlagdenhauffen. Sur le
Batjentior (Vernonia nigritiana S. et H.) de l'Afrique tropicale occidentale et sur
son principe actif, la vernonine, nouveau poison du cceur. — Gracl. Le mouvement de
la population en Allemagne. — 21. Chevreul. Sur le róle de l'azote atmosphérique dans I
nomie vegetale. — Marion. La sardine sur les còtes de Marseille. — Quiquet. Sur la for-
mule de Makeham. — Picard. Sur la limite de convergence des sérics représentant Ics
intégrales des équations différentielles. — Cosserat. Sur l'emploi du complexe linéaire de
droites dans l'étude des systèmes linéaires de cercles. — Tcrby. Étude de la planète Mars. —
Gouy et Rigollot. Sur un actinomètre électrochimique. — Louguinine. Détermination de
XX —
la chaleur de combustion d'un nouvel isomère solide de la benzine. Ilolìer et Guntz.
Sur les chaleurs de neutralisation des éthers cyanomalonique, acètyl et benzoylcyanacétique.—
Viguier. Sur le pliocène de Montpellier. — Nicati. Guérison spontanee de cataracte senile.
'Cosmos, revue des sciences et de leurs application N. S. n. 172-175. Paris, 1888.
•Djela Jngoslevenske Akademije znanosti i umjetnosti. Kn. VII. U Zagrebu,
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logie d.r Umgebung von Apàtfalva im Comitat Borsod. — Richter. Mykologische Mitthei-
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laten des Golfes vini Neapel. Td. Eine freischwimmende Acinete ans dem Golf yon
Neapel. — Id, Eine neue Cercaria-Form aus dem Golf von Neapel.
1 Jabrbnch des kais. deutsch. Archiiologisclien Institiits. Bd. III. 1. Berlin. LI — .
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Julier. — Kekulé. Staine in der Glyptothek. — Robert. Zar Erkl&rang des pergameni-
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reliefs. — Fiirh''ii//</h,r. Eine Eros and Psyche-Gemme.
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gestattet vom Director der Sternwarte. S*. Petersburg, L887.
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Jhg. XV, 5-8. Berlin, 1888.
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zu Plato ans den .Ialini! 1880 1885. — Magnus. Bericbl iìberllie Litteratur zu Catul] und
Tibull fui die Jahre 1877-1886. Gùnther. Berichl Qber oeuere Publikati n auf dem
Gebiete dei- Naturwissenschaft, der Tecbnik, des Eandels und Verkehrs ini Allertimi.
Hartfelder. Berichl iiber die Litteratui des Jahres 1886, welche Bich ani' Encyklo]
und Methodologie der klassischen Philologie, Geschichte der Altertumswissenschafi and
Bibliographie beziehen. - 7-8. Magnus. Berichl Qber die LitteratuT zu Catull und Tibull
ftir die Jahre 1^77-1886. — //e Berichl iiber die Litteratur des Jahres 1886, welche
sich auf Encyklopàdie und Methodologie der klassischen Philologie, Geschichte der Alter-
tumswissenschafl und Bibliographie beziehen.
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Additions à l'histoire des éthers de l'acide fumarique et de l'acide maléique. — Selivanojf.
Sur quelques réactions colorimétriques des glucoses. — Id. Sur la nature du sucre des
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hung und Ahstossung. — Wild. Qeber die elektromotorische Gegenkrafl im galvanischen
Flammenbogen. — Exner. Qeber die Abhangigkeit der atmospharischen Elektricitat vom
Wassergehalte der Luft. — v. Ettingshausen. Absolute dianiagnetisrlic lìcstiniraungen. —
Rontgen. Ueber die durch Bewt'irun.ir «iiies ira homogenen elektrischen Felde befindlichen
Dielektricums hervorgerufene elektrodynamische Kraft. - Kurt W. Weber's und R. Kolh-
rausch's absolute Messung des Elektricums. — 5. Exn rr. tJeber die Abhangigkeil der
atmospharischen Elektricital vom Wassergehalte der Luft.— Chieolson. Ueber den zweiten
Kirchhoff'schen Satz. — li. Ueber die Dimensi ori der elektromagnetischen Einheil dea
elektrischen Potentiales. — Fuchi. Qeber den Zasammenbang von Oberflachenspannung,
Oberflacbendicbte and oberflachlicher Warmeentwicklung. • Ahrenit. Experimentelle Un-
tersuchungen tiber das T h o m s o n'sche Gesetz der BewegnngsgeBchwindigkeit von Flflssig-
keitswellen. — Lampe. Replifc anf die »Erwiderang« des Elerrn J. W. Eftnssler. -- Fuchi.
Ueber die Rtìckwirkung der Flutbewegung anf den Bfond. - Plebei. Ein einfaeber KtJhlen-
halter zum Lothen und Scbweissen der Metalle mittels des elektrischen Licbtbogens.
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verte au Piree. — Muntz. L'antipape Clement VII. Essai sur l'histoire des Arts à Avignon,
vers la fin du XVC siècle. — Reinach. Statuette de femme gauloise au Musée britannique. —
Deloche. Etudes sur quelques cachets et anneaux de l'epoque me'rovingienne. — Cagnat.
Note sur une plaque de bronze découverte à Crémone. — Révillout. Une confrerie e'gyp-
tienne. — des Ormeaux. Observation sur le mode d'emploi du mors de bronzo de Moerin-
gen. — Reinach. Chronique d'Orient.
— XXV —
• Revue interaationale. Année V, t. XVIII, 1. 3. Rome.
1. Biase de Bury. Mes souvenirs de la » Revue des Deux mondes «. — K. Lcs lettres
militaires du prince de Hohenlohe. — Fontane. Les marionnettes. - Bodenheimer. Guil-
laume de Hohenzollern. Le souverain et l'hommc. — Frènes. Jean-Pierre Vieusseux d'apres
sa correspondance avec J.-C.L. De Sismondi. — 3. La France à l'Italie. Un paquet de let-
tres. — Levi. Le Livre vert sur l'Afrique. — Biase de Bury. Mes souvenirs de la
"Revue des Deux mondes ».— Rizo-Rangabé. Le notaire. — Loliée. Le moyen àge moral
et licencieux. — Schott. Les romanciers modernes de l'Allemagne. — Maurice. A travers
les Revues anglaises.
f Revue interaationale de l'él-ectricité et de ses applications. T. VI, 57, 58. Paris,
1888.
*Revue politique et littéraire. T. XLI, n. 18-21. Paris, 1838.
'Revue sdentifique. T. XLI, n. 18-21. Paris, 1888.
•Rundschau (Naturwissenschaftliche). Jhg. Ili, n. 19-22. Braunschweig. 1888.
!:>aniicKi[ KieBCKaro OEiu;ecTBa EcTecTBOHcnHTaTejieH. T. I-VII, 1870-1884.
KieBT..
■Schriffcen der Naturforschenden Gesellschaft in Danzig. N. F. Bd. VII, 1.
Danzig, 1888.
Kónike. Eine neue Hydrachnide aus dem Karrasch-See bei Deutsch-Eylau. — Brischke.
Zweiter Nachtrag zu den Beobachtungen ueber die Blatt- und Holzwerpen. ~ Brick. Bei-
Irage zur Biologie und vergleichenden Anatomie der baltischen Strandpflanzen. — Jentzsch.
Ueber die neueren Fortschritte der Geologie Westpreussens.
A Sitzungs-Berichte der Kiulàndischen Gesellschaft filr Literatur und Kunst.
1887. Mitau, 1888.
Engelmann. Wo lag das Wellmitz'sche Haus ? — Bluhn. Das Hereon bei Gjolbaschi
in Lykien. — Dóring. Ueber zwei alte Kirchenfahnen nebst Schilderung der Kirke und
•les Schlosses, in Edwalen. — Schòpping. Bericht in Bornsmunde gefundene Altertiimer. —
Bluhn. Ueber Danilewskys « Skythische Altertiimer». — Dòring. Bericht ueber Heinrich
von Offenberg's Kiinster-Album. — Id. Die Untersuchungen von Apulia bei Schoden.
T Sitzungsberichte und Abhandlungen der Naturwissenschaftlichen Gesellschaft
Isis. Jhg. 1887 Juli-Dec. Dresden, 1888.
"Starine na sviet izdaje jugoslavenska Akademija znanosti i umjetnosti. Kn. XIX.
U Zagrebu, 1887.
university (The) of the City of New York. 1887-88.
i'Verhandlungen der Berliner Gesellschaft fiir Anthropologie, Ethnologie und
Urgeschichte. 1887. Sit. Nov. 19; Dz. 10, 17. Berlin.
+ Verhandlungen der k. k. geologischen Reichsanstalt. 1888, n. 5, 6. Wien.
iVerhandlungen des Vereins zur Befòrderung des Gewerbfleisses. 1888, HeftIV.
Herzfeld. Die chemische Beschaffenheit des Nesselharzes. — Gàrtner. Die Weiss-
blechfabrikation.
f Vierteljahrsschrift der Astronomischen Gesellschaft. Jhg. XXII, 4. Leipzig,
1888.
1 Wochenschrift des òsterr. Ingenieur- und Architekten Vereines. Jhg. XIII,
18-21. Wien, 1888.
Bullettino-Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 4
XXVI —
+Zeitschrift der deutschen geologischen Gesellschaft. Bd. XXXIX, 4. Berlin.
1888.
Frech. Ueber das Devon der Ostalpen, ncbst Bemerkungen iiber das Silur unde einem
palàontologischen Anhang. — là. Ueber Bau und Entstehung dei Karnisclien Alpen. —
Gylling. Zur Geologie der cambrischen Arkosen-Ablagerung des westlichen. — Hornemann.
Der Quarzporpbyr von Heiligenstein und seine Fluidalstructur. — Pohlig. Ueber Eie phas
trogontherii und Rhinoceios Merckii von Rixdorf bei Berlin.
^Leitschrift der Gesellschaft fiir Schleswig-Holstein-Lauenbiirgische Geschichte.
Bd. XVII. Kiel, 1887.
Varrentrapp. Dahlmann's politische Erstlingsscbrift ueber die letzten Bchicksale dei
deutschen Unterthanen Danemarks und ihie Hofifnungen von dei Zukunft. — Afackeprang.
Das Gebiet des diinischen Rechtes in Schleswig-Holstein. — ìi'ol/f. Mattina* Friedrich
Glasemeyer's Bericht ueber seine 1712 und 1713 wahiend dea Schwedischen Kiieges der
Stadt FlensbuTg geleisteten Dienste. — Hansen. Aufzeichnungen des Plerisbuigei Bfl
Franz BOckmann hauptsachlich ueber seine Unternehmungen ini Januar 1713. — Moller.
Schleswig-Holsteins Antheil ani Deutschen evangelischen Kirchenliede. - Bertheau. Zur
Kritik der Quellen dei Ohteiveiftrag Dithmarschens. — Carstens. Die geistlichen Liedei-
dichter Schleswig-Holsteins. Afackeprang. Uehei den Uispiung dei vonnals D&nischen
Landestheile Schleswigs und ihie Wiedervereinigung mit deni Herzogthmn. — Berthepu.
Zu meineni Aufsatze : Eeizog Johaun dei Aelteie. — Hack. Das Bogenannte Ansveruskieuz
bei Batzeburg.
■Zeitschrift fiir Etimologie. Jhg. XX, 1. Berlin, 1888.
Seler. Der Charaktei der aztekischen and dei Maja-Handschiiften.
Pubblicazioni non periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di giugno 1888.
Pubblicazioni italiane.
*Bas$ani V. — Colonna vertebrale di Oxyrhina Mantelli Agassiz, sco-
perta nel calcare senoniano di Castellavazzo nel Bellunese. Napoli,
1888.
' [lenoni H. — Dottrina dell'essere nel sistema rossiniano (genesi, forme e
discussione del sistema). Fano, 1888. 8°.
* Bernardi G. — Tavola dei quadrati e dei cubi dei numeri interi da 1 a
1000 &. Parma, 1888. 8".
'Biblioteca italiana Canal a Crespano veneto. — Testi di lingua a stampa.
Bassano, 1888. 8°.
* Cadorna C. — Del primo ed unico principio del diritto pubblico clericale.
Roma, 1888. 8°.
* Campani ai N. — Ars siricea Regii. Vicende dell'arte della seta in Eeggio
nell'Emilia dal secolo XVI al sec. XIX. Reggio, 1888. 8°.
* Campi L. de — I Campi Neri presso Cles nell'Anaunia. Rovereto, 1888. 8°.
'Carle G. — Le origini del diritto romano. Torino, 1888. 8°.
— XXVII —
* Castelli G. — L'età e la patria di Quinto Curzio Rufo. Voi. I. Ascoli,
1888. 8°.
"Documenti degli Archivi toscani. Inventario del r. Archivio di Stato in Lucca.
Voi. IV. Lucca, 1888. 4°.
'Elenco dei fari e fanali sulle coste del mare Mediterraneo, mar Nero, mare
d'Azof e mar Rosso. Genova, 1888. 4°.
^Ferravi C. — Dante Allighieri. Poema in 10 canti. Bologna, 1888. 16°.
*Id. — Nuove liriche. I. Pietro Calderon de la Barca. II. Lea. III. Inno alla
morte. IV. à Marie Thérèse T.... Bologna, 1888. 16°.
* Finali G. — Commemorazione di Marco Minghetti. Bologna, 1888. 8°.
T Indici e Cataloghi. IV. I codici palatini della r. Biblioteca nazionale centrale
di Firenze. Voi. I, 7. Vili. I codici Ashburnhamiani della Biblioteca
mediceo-laurenziana di Firenze. Voi. I, 1. Roma, 1887-88. 8°.
*Jebb R. C. — Allo Studio di Bologna festeggiante l'ottavo suo centenario il
XII giugno MDCCCLXXXVII1. Bologna, 1888. 4°.
* Luvini /. — Contribution à la meteorologie électrique. Turin, 1888. 8°.
'Mmifrin P. — Gli ebrei sotto la dominazione romana. Voi. I. Roma, 1888. 8°.
* l'til adi ilo G. — Ulteriori ricerche sulla distruzione e rinnovamento continuo
del parenchima ovarico nei mammiferi. Napoli, 1887. 8°.
* Paolucci D. — Il nuovo indirizzo nella scienza giuridica e nel diritto posi-
tivo. Parte la. Salerno, 1888. 8°.
f Popolazione. Movimento dello Stato civile. Anno XXV. 1886. Roma, 1887. 4°.
'Possi A. — La bilancia del commercio e il Senatore Cambray Dignv. Roma.
1888. 8°.
* Possi L. — Gli scrittori politici bolognesi, contributo alla storia universale
della scienza politica. Bologna, 1888. 8°.
*Santagata. — Unification du Calendrier. Bologne, 1888. 4°.
* Siragusa P. C. — Ricerche sul geotropismo. Palermo, 1888. 8n.
'Statuti delle Università e dei Collegi dello Studio Bolognese pubblicati da
C. Malagola, Bologna, 1888. f°.
* Stefani S. de — Stazione litica a Giare nel Comune di Prun veronese. Parma,
1888. 8°.
* Talassio L. — Pro pedibus. Versi giocosi. Genova, 1888. 16°.
* Travali G. — Un inventario di libri del secolo XV. Palermo, 1888.8°.
* Zig no A. de — Antracoterio di Monteviale. Venezia, 1888. 4°.
Pubblicazioni estere.
■Boc/i C. — Reis in Ovst- en Zuid-Borneo van Koetei naar Banjermassin.
'S Gravenhage, 1887. 4°.
* Choffat P. — Description de la Fanne jurassique du Portugal. Lisbonne.
1888. 4°.
— XXVIII —
+ Meìser K. — Ueber historische Dramen dei* Romer. Miinclien, 1887.4°.
* Monumenta tridentina. Beitràge zur Geschichte des Concila von Trient von
A. v. Druffel. Heft. Ili Jan.-Febr. 1546. Miinchen, 1887. 4°.
J' ' Mouches. — Rapport annnel sur l'état de l'Observatoire de Paris pour L'année
1887. Paris, 1888. 4°.
*Paris G. — La littérature francaise au moyen àge (XI-XIX siècle). Paris,
1888. 8°.
*Petrik L. — Ueber die Verwendbarkeit der Rhvolithe filr die Zwecke dei
keramischen Industrie. Budapest, 1888. 8".
+ Pickering E. C. — 2d Animai report of the photographic study of stellar
spectra conducted at the Harvard College Observatory. Cambridge.
1888. 4°.
tRanhe E. — Antiquissimae veteris Testamenti versionis latina»' frammenta
Stutgardiana nuper djtecta. Marburgi, 1888. 4°.
* Stìllman W. J. — On the track of Olysses together with an excursiou in
quest of the so-called Veims of Melos. Boston. 1888. 4°.
* Zig no A. de — Quelques observations sur Lea Siréniens fossiles. Paris,
1887. 8°.
Pubblicazioni periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di giugno 1888.
Pubblicazioni italiane.
''Annali di chimica e di farmacologia. N. 5. Maggio 1888. Milano.
Pesci. Azione dell'azotito ili potassio sopra il cloruro ferrico. - Buf alini. Sul valore
terapeutico del sozojodolo. — Curri. Ricerche farmacologiche sulmuscari comosum.
* Annuario dell'Istituto zoologico della r. Università di Sassari. 1887-88. Sassari.
+Archeografo triestino. N. S. voi. XIV, 1. Trieste, 1888.
loppi. Documenti goriziani del secolo XIV. — Zenatti. La vita comunale ed il dia-
letto di Trieste nel 1426, studiati nel quaderno di un < 'ani. -imi-m. Pervanoglù. Attinenzi
dei metalli colla mitologia e colla paletnologia delle terre della penisola balcanica ed ita-
lica. — Barsan. Sul dialetto rovignese. — Menegazzi. Su alcuni frammenti e vasi di terra
cotta medioevali rinvenuti in un antico pozzo romano presso Aquileja. - Lorenzutti. Re-
lazione dell'annata LXXYII della Società di Minerva.— Pavoni. Varietà: Del belletto. —
Una saggia disposizione 'li Giuseppe II.
f Archivio storico per le Provincie napoletane. Anno XIII. 2. Napoli, 1888.
Memorie del Buca di Gallo.
+ Archivio storico siciliano. N. S. Anno XIII, 1. Palermo, 1888.
Di Giovanni. Divisione etnografica della popolazione 'li Palermo nei secoli XI, XII.
XIII. — Starr abba. Catalogo ragionato 'li un protocollo del untai' adamo de Citella del-
l'anno di XII indizione 1298-90, che si conserva nell'Archivio del Comune 'li Palermo. —
Cosentino. Due schiavi offerti a Maria SS. della Catena. — Beccaria. Lettera al dottor
Giuseppe Lodi.
XXIX —
'Ateneo (L') veneto. Ser. XII, 4-5. Venezia, 1888.
Marnato. Francesco Carrara. — Pavan. Il rinascere della pittura italiana nel se-
colo XIV. — Luzzatti. Evoluzione economica e legge del valore. — Levi. Giacomo Za-
nella. — Riccoboni. Realismo e verismo (coni).
fAtti del Collegio degli ingegneri ed architetti in Palermo. Anno XI, gen-
naio ed aprile 1888.
Ziino. La macinazione del grano e la panificazione.
;Atti del r. Istituto veneto. Ser. 6a, t. VI, 6, 7. Venezia, 1888.
6. Baldoria. La Madonna lattante nell'arte del medio evo. — Tolomei. Sui progetti
di un codice penale comune a tutto il regno d'Italia, da quello senatorio del 1875 all'ul-
timo del ministro guardasigilli Zanardelli del 1887. — Occioni-Bonaffons. Di un Episto
lario femminile inedito nella Quiriniana di Venezia. — De-Toni. Ricerche sulla istiologia
del tegumento seminale e sul valore dei caratteri carpologici nella classificazione dei Ge-
rani i italiani. — l.Bordiga. Dei complessi in generale nello spazio a quattro dimen-
sioni ecc. — Panebianco. Sulla nomenclatura dei minerali. — Levi-Morenos. Contribuzione
alla conoscenza dell'antocianina studiata in alcuni peli vegetali. — Merlo. Sulla euritmia
delle colpe nell'Inferno dantesco.
'Bollettino del Club alpino italiano. Voi. XXI, 54. Torino, 1888.
Sella V. C G. E. ed A. Traversata invernale del Monte Bianco. — Brentari. Dante
alpinista. — Vaccarone. La parete terminale di Valgrande. — Marinella. Le Alpi Carni-
<-he. — Bey. Grand Pie de la Meije, Barre des Ecrins, Monviso. — Mattirolo. Un'escur-
sione botanica nel gruppo del Viso. — Abbate. Prima ascensione del Corno Piccolo. —
De Marchi. Della influenza delle catene di monti sulla circolazione generale dell'atmo-
sfera. — Abbate. Le tre cime di Levaredo. — Spezia. Le sorgenti del Toce. — Bey. Prima
salita del Monviso per la faccia Est. — Zanotti Bianco. Presagi del tempo. — L'Anno.
Prima ascensione della Cima di Fiocobon. — Miliani. Alpinismo.
"' Bollettino della Commissione archeologica comunale di Roma. Anno XVI, 5.
Roma, 1888.
Huelsen. Vedute delle rovine del Foro romano disegnate da Martino Heemskerk. —
Laudani e Gatti. Notizie del movimento edilizio della città in relazione con l'archeologia
e con l'arte. - Gatti. Trovamenti risguardanti la topografia e la epigrafia urbana. —
Visconti. Trovamenti di oggetti d'arte e di antichità figurata.
■f Bollettino della sezione dei cultori delle se. med. della r. Accademia dei fisiocri-
tici in Siena. Anno VI, 4. Siena, 1888.
bollettino della Società generale dei viticoltori italiani. Anno III, n. 11-12.
Roma, 1888.
Taìrof. La viticoltura nel Caucaso. — Cuboni. La peronospora dei grappoli nella
Italia centrale. — Cerletti. Distillazione dei vini scadenti. — Széchénvi. Regolamenti e
organizzazione della Cantina centrale dello Stato a Budapest. — Bossati. I vini italiani
alla Esposizione di Londra.
■^Bollettino della Società geografica italiana. Ser. Ili, voi. I, 6. Roma,. 1888.
Per il IV centenario della scoperta dell'America (dalla Gazzetta Ufficiale). — Hug
Sul nome « America », Appendice alla seconda Memoria. — Varatelo. Cristoforo Colombo
e Savona. — Grablovich. Sul clima della stazione di Let-Marefià nello Scioa. — Stradelli.
Contro l'immigrazione nei paesi dell'alto Orenoco. — Vinciguerra. La crociera del «Cor-
saro » alle Azzorre. — Bicchieri. L'insegnamento della, Geografia nelle scuole secondarie. —
Randani. Corrispondenza dall'Harar.
XXX —
Bollettino della Società geologica italiana. Voi. VII, 1. Roma, 1888.
Foresti. Di una varietà di Strombus coronatus Defr. e di un'altra di Murex
torularius Lk. del Pliocene di Castel-Viscardo (Umbria). — Del Prato. Sopra alcune
perforazioni della pianura parmense. — Fornasini. Tavola paleo-protistografica. — Verri.
Osservazioni geologiche sui crateri Vulsinii. — Clerici. Sopra una sezione geologica presso
Roma.
'"Bollettino delle casse di risparmio. Anno IV, 1° sem. 1887. Rorna, 1888.
1 Bollettino delle nomine (Ministero della guerra). 1888, n. 23-25. Roma, 1888.
1 Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa dalla Bi-
blioteca naz. centr. di Firenze. N. 59. Firenze, 1888.
fBollettino del Ministero degli affari esteri. Par. I, voi. I, 5; par. II,pag. 541-778.
Roma, 1888.
f Bollettino di legislazione e statistica doganale e commerciale. Anno V, maggio
1888. Roma.
•Bollettino di notizie agrarie. 1888, n. 30-39. Rivista meteorico-agraria. Anno
1888, n. 14-16. Roma.
■Bollettino mensuale dell'Osservatorio centrale del r. Collegio C. Alberto in
Moncalieri. Ser. 2a, voi. VIII, 5. Torino, 1888.
Hildebrandsson. Principali risultati delle ricerche Bulle correnti superiori dell'atmo-
sfera nella Svezia. — Busin. Le temperature nel versante mediterraneo dell'Italia.
"'Bollettino meteorico dell' Ufficio centrale di meteorologia. Aimo X, giugno 1888.
Roma.
f Bollettino sanitario. Maggio 1888. Roma.
bollettino settimanale dei prezzi dì alcuni dei principali prodotti agrari e
del pane. 1888, n. 19-22. Roma,
bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione. Voi. XIV. aprile
1888. Roma.
fBulletin de l'Institut national de Statistique. T. Ili, 1. l.sss. Koiné.
Belarli. La popolazione d'Italia nei secoli XVI, W li e WIII. Wùrzburger. La
statistique criminelle de l'Empire allemand. . Des éléments essentiels qui doivenl
figurer dans la statistique criminelle ei des moyens de Les rendre comparables. — Ricca-
Salerno. Il debito pubblico in Europa e negli Stati Uniti d'America. Note di statistica
comparata. — Raseri. Il quarto Congresso internazionale per la demografia tenuto in
Vienna dal 26 settembre al '_' ottobre 1887. Sui Lavori presentati e sui voti espressi dal
medesima. — Guèrin. De la méthode des monograpbies de famille.
tBullettino dell'i. Istituto archeologico germanico. Sez. Romana, voi. Ili, 1.
Roma, 1888.
Barnabei. Di alenile iscrizioni del territorio di Hadria nel Piceno scoperte in monte
Giove, nel comune di Cermignano. — Man. La basilica ,li Pompei. — Wolters. Das
Chalcidicum der Pompejanischen Basilica. — Rossbach. Teller des Sikanos. — Harì
Nereide im Vatican. — Mommsen. Tre iscrizioni Puteolane. — Huelsen. .Miscellanea
epigrafica.
+Bullettino dell'Istituto di diritto romano. Anno I, f. 1. Roma, 1888.
Scialo/a. Nuove tavolette cerate pompeiane. — Alibrandi. Sopra una tavoletta cerala
scoperta a Pompei il 20 settembre 1887. — Scialoja. Libello di Geminio Eutichete. —
XXXI
Ferrini. Ad Gai. 2, 51. — Padda. Sul cosi detto « pactum de j are j mando ».— Bonfante.
« Res mancipi » o « res mancipii ? ».
+Bullettino di bibliografia e di storia delle scienze matematiche. T. XX.
sett. 1887. Roma.
Schram. Notice sur les travaux de Théodore d'Oppolzer.
^Cimento (Il nuovo). 3a ser. t. XXIII, marzo-aprile 1887. Pisa.
Beltrami. Intorno ad alcuni problemi di propagazione del calore. — Grassi. Forza
espansiva del vapore d'alcole amilico. — van Aubel. Studio sperimentale sulla influenza
del magnetismo e della temperatura, sulla resistenza elettrica del bismuto e delle sue leghe
col piombo e con lo stagno. — Cattaneo. Sulla forza elettromotrice delle amalgame nella
coppia Danieli. — Grassi. Sul calcolo della temperatura di regime negli essiccatoi. —
Ferraris. Sulle differenze di fase delle correnti, sul ritardo dell'induzione e sulla dissipa-
zione di energia nei trasformatori. — Boggio-Lera. Sulla cinematica dei mezzi continui.
+ Gazzetta chimica italiana. Appendice. Voi. VI, 8,9. Palermo, 1888.
+ Giornale d'artiglieria e genio. Anno 1888, Disp. 4. Roma.
* Giornale medico del r. Esercito e della r. Marina. Anno XXXVI, 5. Roma, 1888.
Baro/fio. I treni ospedali della Croce rossa italiana.
+ Giornale militare ufficiale 1888. Pari la, disp. 22-26; parte 2a, disp. 23-29.
Roma, 1888.
* Ingegneria (L') civile e le arti industriali. Voi. XIV, 5. Maggio 1888. Torino.
Lanino. I due nuovi ponti costruiti sul Malone e sull'Orco per la strada provinciale
da Torino a Milano. — Cr ugnala. Dei ponti girevoli in generale e di quello recentemente
costruito per l'arsenale di Taranto. — Bertolino. Usi diversi del catasto e relativo grado
di approssimazione.
*Museo italiano di antichità classica. Voi. II, 3. Firenze, 1888.
Ilalbherr. Scavi e travamenti nell'antro di Zeus sul monte Ida in Creta. — Orsi.
Studi illustrativi su bronzi arcaici trovati nell'antro di Zeus Ideo. — Ilalbherr e Orsi.
Scoperte nell'antro di Psycrù. — Ilalbherr. Scoperta nel Santuario di Hermes Craneo.
i Rassegna (Nuova) di viticoltura ed enologia della r. Scuola di Conegliano.
Anno II, n. 10, 11. Conegliano, 1888.
10. Grazzi Soncini. Combattiamo la peronospora. — Succi. Sul pianto della vite in
rapporto coll'epoca della potatura. — Mancini. Sopra un parassita dei vasi vinari. — La
lotta contro la fillossera. — Da Bios. Causa del deterioramento dei vini nella provincia
di Ancona. — Ottavi. Uve meridionali e non zuccheraggio. — Mancini. Nuova denomi-
nazione della Peronospora viticola D. By. Funghi viticoli. — Grazzi Soncini. L'ibri-
dazione. — 11. Comboni. La sgessatura' dei vini gessati. — Velicogna. Nuove ricerche sugli
effetti del solfito di calcio usato in enotecnia. — Meneghini. Difendiamoci dalla perono-
spora. — Viola e Ravaz.V. Mancini. Nota sul « Black-Rot » (La e stadia Bidwel li). —
Grazzi Soncini. Viti americane « York's Madeira, Othello».
T Rendiconti del Circolo matematico di Palermo. T. II, 3. maggio-giugno 1888.
Conti. Sulle congruenze generate da una coppia di piani in corrispondenza doppia. —
Murer. Generazione della superficie d'ordine n con retta (n — 2)-pla. — Lazzeri. Sopra
certi sistemi di linee e di superficie. — Starkojf. Sur un problème du calcul des varia-
tions. — de Jonquières. Construction géométrique de courbes unicursales, notammeni de
celle du 5ème ordre douée de six points doubles.
— XXXII —
* Rendiconti del r. Istituto lombardo di scienze e lettere. Set-. 2a, voi. XXI.
f. X-XII. Milano, 1888.
X-XI. Strambio. I>.i Legnano a Sfogliano Veneto. Un secolo di lotta contro la pel-
lagra. Briciole di storia sanitario-amministrativa. - Jung. Sulla riduzioni; all'ordine mi-
nimo dei sistemi lineari di genere qualunque. — Mariani. ForamÌDÌferi della collina 'li
S. Colombano Lodigiano. — Cantoni Gio. Sull'uso del lucimetro per L'agronomia. — B
olila. Sopra una classe di superficie algebriche rappresentabili punto per punto sul piano.
Scarenzio. Salle virtù terapeutiche dell'acqua termale arsenicale di Acquarossa. — XII.
Segre. Sulle curve normali di genere p dei vari spazi. - Zucchi. La discussione in Se-
nato sull'ultimo progetto di legge sanitaria. — Sangalli. Questioni d'oncologia: I. Btio-
logia d'una ciste con peli ed ossa in un polmone; il. Etimologia di verruca e mollusco. -
Geriani. L'antico testamento in greco secondo i Settanta pubblicato dal dott. Swete.
"• Rendiconti dell'Accademia delle scienze fisiche e matematiche. Ser. 2a, voi. II.
4-5. Napoli, 1888.
Costa. Miscellanea entomologica. — Scacchi. Sulle ossa t'ossili trovate nel tufo dei
vulcani fluoriferi della Campania. Marcolongo. Sulla rappresentazione conforme della
pseudosfera e sue applicazioni. Nannei. Le superficie ipercicliche. — De Gasparis. Va-
riazioni della declinazione magneti» rvate nella R. Specola 'li Capodimonte nell'anno
1885. — Boccardi. Sopra un processo per lo studio della Cariocinesi nel Bangue. -
Scacchi. Seconda Appendice alla Memoria intitolata : La Regione vulcanica fluorifera della
Campania. — Boccardi. Nuove ricerche buì processi rigenerativi nell'intestino. - Bat-
sani. Sopra un nuovo genere 'li Fisostomi, scoperto nell'eoceno medio del Friuli, in pro-
vincia di Udine (Piano di S. Giovanni Ilarione).
+Revue internationale. T. XVIII, 4. Rome, 1888.
Blaze de Bury. Mes souvenirs de la «Revue dee Deui mondes». — Levi. Le Livre
vert sur l'Afrique. — Vesselinovitch. Lea frères. Scènes de la vie dn paysan serbe. —
Rousseau. Lettres inédites. — Sohott. Les romanciera modernea '1" l'AUemagne. - Faucon.
Petites poemes vènitiens. - Wagnon. Da tragique dans le théàtre naturaliste. Essai siti-
le drame norvégien «Spectres». - Maurice. A traverà Lea Bevi
•Rivista di artiglieria e genio. Maggio 1888. Roma.
Baro/fio e Marzocchi. \.'- baracche d'ambulanza all'Esposizione d'Anversa del 1885. —
Ninci. Sul motore Bénier ad aria calda. — Siracusa. L'artiglieria campale italiana, l'art-' 2*.
Storia delle batterie.
f Rivista di filosofia scientifica. Voi. VII. Maggio 1888.
Dal Pozzo di Mombello. Luce e colore. Studio critico sulle ipotesi intorno alla na-
tura della luce e sulle dottrine tisiopsicidogichc del colore. — Valeriani. La costanza del
nostro pensiero logico, e la scienza e la pratica dell'educazione.
f Rivista marittima. Maggio 1888. Roma.
Tadini. I Marinai italiani fra arabi a turchi. — Giacich. Il mal di mare. — Holzacr.
Tentativi fatti dalle potenze straniere per ridurre il calibro dei fucili. — Sulla difesa
delle coste inglesi. — Fotergill. Combustione a tiraggio forzato nei focolari delle caldaie
marine. — Barlocci. Illuminazione del canale di Suez. — Tiro con granate cariche di
potente sostanza esplodente (sistema Graydon).
+ Rivista mensile del Club alpino italiano. Voi. VII, n. 5. Torino, 1888.
+ Telegrafista (II). Anno Vili, 4. Roma, 1888.
Pugnetti. Orologio contatore per la luce elettrica. — Braccia. Elettrometria ad uso
degli impiegati telegrafici. — Cuboni. La corrispondenza Hughes a doppia corrente.
— XXXIII —
Pubblicazioni estere.
\Abhandlungen der Kon. bay. Akademie der Wissenschaften. Math.-Phys. CI.
Bd. XVI, 2. Hist. CI. Bd. XVIII, 1. Munchen, 1887-88.
XVI, 2. Voss. Ueber die projective Centraflàche einer algebraischen Fliiche n. Ord-
nung. — v. Braunmuhl. Untersuchungen iiber p-reihige Charakteristiken, die ans Dritteln
ganzer Zahlen gebildet sind, und die Additionstheoreme der zugehorigen Thetafunktionen. —
Rùdinger. Ueber kiinstlich deforrairte Schàdel und Gehirne von Siidseeinsulanerii (Neu
Ilebriden). — Seeliger. Zur Theorie der Beleuchtung der grossen Planeten insbesondere
des Saturn. — XVIII, 1. Preger. Ueber das Verhaltnis der Taboriten zu den Waldesiem
des 14. Jahrhunderts. — Stieve. Wittelsbacber Briefe aus den Jahren 1590 bis 1610. Abtei-
lung II. — Riezler. Arbeo's Vita Corbiniani in der urspriinglichen Fassung.
'•Abstracts of the Proceedings ofthe Chemical Society. N. 55. London, 1888.
• Acta (Nova) regiae Societatis scientiarum upsaliensis. Ser. 3, voi. XIII, 2.
Upsaliae, 1887.
Cleve. New Researches on the Compounds of Didymium. — Forsell. Beitràge zur
Kenntniss der Anatomie und Systeraatik des Gloeolichenen. — Berger. Sur une application
de la theorie des équations binómes à la sommation de quelques séries. — Angstrom.
Sur une nouvelle méthode de faire des mesures absolues de la chaleur ray amante, ainsi
qu'un instruraent pour enregistrer la radiation solaire. — Bovallim. Amphipoda Synopi-
dea. — Lundstróm. Pflanzen biologische Studien. II. Die Anpassungen der Pflanzen an
Thiere. — Aurivillius. Beobaclitungen ueber Acariden auf die Blàttern .verschieden» i
Baume.
7Annalen der Chemie (Justus Liebig's). Bd. CCXLIV. Leipzig, 1888.
Hagen. Ueber dimethylirtes Methyluracil. — Schijf. Verbindungen von Zuckerarten
,uit Aldehyden und Acetonen. — Gattermartn. Ueber Harnstoffchloride und deren syntlo -
lische Anwendung. — Debus. Ueber die Zusammensetzung der Wackenroder'scheu
Fliissigkeit und die Bildungsweise der darin vorkommenden Korper. — Geuther. Ueber
die Constitution der Acetessigsaure, der Sue cinylobernstein saure und der Chinonhydrodi-
carbonsiiure. — Meyer. Ueber Geuther's Auffassung der nitrirteli Fettkohlenwasser-
stoffe. — Bottinger. Ueber ein basisches Thonerdesulfat. — RI. Ueber Verbindungen von
Leira mit Gerbsaure. — Meister. Ueber eine Condensation zwischen Acetessigàther inni
Urethan. — Schón. Ueber Nichtvorkommen der Hypogàasàure im Erdnussol. — Resse. Zur
Kenntniss des Lactucerins. — Rerzfeld. Ueber Làvulose. — Wìnter. Einiges tiber Lavu-
lose. — Neumann. Ueber Doppelsalze von Sesquichloriden mit anderen Metallchloriden. —
Id. Ueber die quantitative Bestimmung des Thalliums.
^Annalen der Physik und Chemie. N. F. Bd. XXXIV, 3, 4. Beiblatter zu den
Annalen. XII, 5. Leipzig, 1888.
Quincke. Electrische Untersuchungen. — Wicdemann. Ueber Fluorescenz und 111
sphorescenz. I. Abhandlung. — Wiedemann u. M esser Schmitt. Ueber Fluorescenz und Pho-
sphoreschenz. II. Abhandlung. Giiltigkeit des Talbot'schen Gesetzes. — Kundt. Uebei die
Brechungsexponenten der Metalle. — Drude. Benbachtungen iiber die Reflexion des Lichtess
am Antimonglanz. - Rontgen u. Schneider. Ueber die Compressibilità! des Slyvins, des
Steinsalzes und der wasserigen ChlorkaliumlOsungen. — Hertz. Ueber die Ausbreitungs-
geschwindigkeit der electrodynamischen Wirkungen. — v. Oettingen. Ueber Interferenz
oscillatorischer electrischer Entladungen. — Weber. Ueber die Widerstandsanderungen,
Avelche Metalllegirungen beim Schmelzen zeigen. — Kohlrausch. Die Accumulatoteli mit
Bollettino-Rendiconti. 1888, Voi,. IV, 2° Sem.
XXXIV
Riicksicht auf ihre Verwendung ala Gebrauchselemente im Laboratoriam. — Mcyrr. Zur Be-
stimmung der Warmeleitungsfahigkeit schlecht leitender festcr KOrper nach absolatem, calo-
rimetrischem Maase. — Kayser. Zur Zerstàubung glohenden Platina. — Hertz. Ueber
electrodynamische Wellen im Luftraume und deren Eeflexion. — Schleiermacker. Ueber
die "Warmeleitung der Gase. — Wiillner. Ueber den Einfluss der Dicke und Helligkeit der
strahlenden Sebicht auf das Ausseben des Spectrums. — Lorberg. Einige Bemerkungen
zur Theorie der Termostrome. — Kolacek. Beitrage zar electromagnetischen Lichttheo-
rie. — Narr. Ueber die Wirkung des Lichtes auf statische Ladungen. — Yoìkmann. Be-
merkungen zu den Phasenànderungen des von durchsichtigen KOrpern in der Nahe des
Polarisationswinkels partiell reflectirten Lichtes. — Hallwachs. Ueber die Electrisirung ron
Metallplatten durch Bestrahlung mit electrischem Licht. — Pictet. Einige Bemerkungen
zu der Abhandlung des Hrn. Ad. Bliimcke: "Ueber die Bestimmung der specifischen Ge-
wichte und Dampfspannungen einiger Gemisene von schwefliger Saure and Kohlens&are. —
Lorberg. Nachtrag zu dem Aufsatz : « Einige Bemerkungen zur Theorie des Thermostrorne «.
"^Annalen des k. k. naturhistorischen Hofmuseums. Bd. Ili, 2. Wien, 1888.
Finsch end fleger. Ethnologische Erfahrangen and Belegstacke aas der Sfldsee. —
von Ferrari. Pie Hemipteren-Gattang Xepa Latr. — von Foullon. Untersuchung der M. -
teorsteine von Shalka und Manbboom.
rAnnalen (Mathematische). Bd. XXXI, 4. Leipzig, 1888.
Pringsheim. Zur Theorie d< r Gamma-Fanctionen. — Hilbert. Ueber binare Formen mil
vorgeschriebener Discriminante. — Maisano. Die Steioer'sche Covariante der binarci)
Form 6. Ordnong. — Kneser. Synthetische Ohtersuchungen ttber die Schmiegangsebenen
beliebiger Raumcurven and die Realitateverhaltnisse specieller Kegelschnitteysteme. —
Simony. Ueber einige mit der dyadischeo Schreibweise der ganzen Zahlen zusammenh&n-
gende aritbmetische Siitze. — Gordon. Die Discriminante der Form 7. Grades f=a ' —
Stolz. Ueber zwei Arten von anendlich kleinen und von anendlich grossen Grosseh.
*Annales des Mines. 2e sér. t. XII, 6. Paris, 1887.
JValckenaer. Les explosiona de locomotivea en Trance, en Belgiqae e1 en Angle-
terre, d'après un bravai] de M. v'incotte et divera autres documents. — Mallard. Ezamen
de diverses sabstances cristallisées, préparées, mais non décritea par Ebelmen. — Mallard.
Note sur une disposition particulière du goniomètre de Wullaston. — Colladon. Note sur
l'emploi de l'air comprime pour le percement des longs tunnels.
■"Annales des Ponts et chaussées. 1888 avril. Paris.
Tourtay. Détermination des pressions réelles dans les voùtrs surbaissées en forme
de chaìnette. — Tavernier. Note sur l'eiploitation locale des grandes compagnie* et la
nécessité de réformes décentralisatrices.
fAnnales (Nouvelles) de Mathématiques. 3e sér. mai 1888. Paris.
Gesaro. Remarques sur la theorie des ronlettes. — Ferra!. Solution de la question
proposée au concours d'agrégation en 1887. — Barisien. Solution de la question proposée
pour l'admission à l'École polytechnique en 1887. — Quelques remarques géomélriquea à
propos de la question précédente. — Niewenglowski. Solution de la question proposée en
philosophie au concours general de 1884.
fAnnales scientifique de l'École normale supérieure. 3e sér. t. V, 6. Paris, 1888.
Kcenigs. Pétermination de toutes les sourfaces plusieurs fois engendrées par des
CQ(x)dx
coniques (suite). — Guìchard. Sur les intégrales • , — . — Appell. Sur des équa-
tions linéaires intégrables à l'aide de la fonction %m {x , y).
— XXXV —
tAnzeiger (Zoologischer). Jhg. XI, n. 281. Leipzig, 1888.
Leydig. Altes und Neues ueber Zellen und Gewebe. — Hudendorff. Einige Bemer-
kungen zu Dr. Eylmann's Beitrag zur Systematik der Europaischen Daphniden.
tArchiv des Vereins der Freunde der Naturgeschichte in Meckleuburg. Jhg.
XLI. Gustrow, 1888.
Oehmke. Der Bockuper Sandstein und seine Molluskenfauna. — Loock. Ueber die
jurassichen Diluvialgeschiebe Mecklenburgs. — Kobbe. Ueber die fossilen Hòlzer der
Mecklenburger Braunkohle. — Geìnitz. Beitrag zur Geologie Mecklenburgs.
'Beobachtungen (Meteorologische) des Tifliser Physikal. Observatoriums,in Jahre
1886. Tiflis, 1888.
tBericht der meteorologischen Commission des Naturforsch. Vereines in Brunn.
1885. Brùnn, 1887.
i Berichte der deutschen chemischen Gesellschaft. Jhg. XXI, 9, 10. Berlin, 1888.
9. Nietski und Otto. Zur Kenntniss der Indamine und Inclophenole. — Vogel. Ueber
den Unterschied zwischen Heidelbeer- und Weinfarbstoff und iiber spectroskopische Wein-
pitìfungen. — Hantzsch und Hermann. Bemerkungen iiber Desmotropie. — Bòniger. Ueber
desmotrope Derivate des Succinylobernsteinsaureathers. — Bally. Zur Kenntniss des Phlo-
roglucintricarbonsàureesters. — Id. Einwirkung von Cblor auf Pyridin, Piperidin und De-
rivate derselben. — Kehrmann. Ueber die Einwirkung von Alkalinitrit auf die halogen-
substituirten Chinone. — Jeaurenaud. Ueber die Condensation von Phenylessigaldehyd
rait Ammoniak und Acetessigàther. — Ledermann. Entgegnung. — Bamberger und Alt-
hausse. Ueber «-Tetrahydronaphtylamin. — Gorodetzky und Hell. Ueber Dianilidobernstein-
sàure. — Id. id. Ueber die Einwirkung des Silbers auf Dibrombernsteinsaureester. — Ja-
novsky. Ueber Toluidinmonosulfosàuren. — Fischer und Hirschberger. Ueber Mannose. —
Briining v. Ueber Methylhydrazin. — Fischer und Schmidt. Ueber Pr . 3 . Phenylindol. —
Will und Peters. Einige Derivate des Isodulcits. — Engler. Zur Bildung des Erdoles. —
Miller. Einwirkung von Schwefel auf Cbinaldin. — Schmidt. Umwandlung von Hyoscya-
min in Atropin. — Griess. Notiz iiber die Anwendung von Diazoverbindungen zur Nach-
weisung von organischer Substanz ini Wasser. — Gòtting. Ueber ein Aetzkali-Methylal-
koholat. welches sich auf der Wasseroberflache bewegt. — Zelinsky. Ueber /^-Thioxen
und Tetramethylthiophen. — Seubert. Ueber das Atomgewicht des Osmiums. — Bokorny.
Zur Frage der Silberabscheidung durch lebende Zellen und deren Angeblicben Zusammen-
hang mit dem Wasserstoffsuperoxyd. — Nietski und Schmidt. Ueber einige stickstoffhal-
tige Cbinonderivate. — Foerster. Beitrag zur Kenntniss der Tautomerie der Thioham-
stoffe. — 10. Fittig. Ueber die Oxydation ungesattigter Sauren. — Kopp. Zur Kenntniss der
Moleculargewichtswàrmen starrer Verbindungen. — Riidorff, Zur Constitution der Losun-
gen. II. — Mathèus. Ueber ein neues Chinolinchinon. — Bamberger und Mailer. Zur
Kenntniss des Phtalimids. — Id. und Althausse. Ueber «-Tetrahydronapbtylamin. —
Volhard. Ueber die Darstellung gebromter Sàuren. — Boessneck. Ueber die Doppelverbin-
dungen des Acetons mit den Sulflten aromatischer Amine. — Solzer. Ueber das Verhalten
einiger Sàuren gegen Chromsaure und Permanganat. — Thoms. Wcitere Mittheilungen
uber die Bestandtheile der Kalmuswurzel. — Lellmann und Geller. Zur Kenntniss des Pi-
peridins. — ld. Ueber Piperylenchlorstickstoff. — Ciamician und Magnanini. Ueber die
Carbonsauren der Methylindole. — Id. und Zalti. Ueber Indolcarbonsiiuren. — Magnanini .
Ueber die Acetylverbindungen des Methylketols und des Skatols. — Id. Ueber die Verwand-
lung des Methylketols in Chinaldin. — Reissert. Zur Constitution des Pyranilpyrolns&ure,
des Pyranilpyroi'nlactons und der Anilbernsteinsaure, Antwort an Hrn. Anschutz. — Braun
und Meyer. Zur Kenntniss Aldinbildung. — Ilerrmann. Ueber die raumliche Configuration
— XXXVI —
des Benzolmolekules. — Levy und Andreocci. Ueber Dichlorterephtalsàure und Dichlor-
(lihydroterephtalsàure. — Conrad und Limpach. Beitriige zur Kenntniss des y-Oxychinal-
dins. — M inunni. Ueber die Einwirkung des ^-Toluidins und des Anilins auf Phloroglu-
cin. — Niementoicsky und Rozanski. Zur Geschichte der Nitrotoluylsàuren. — Horton.
Ueber éinige Hexamethylenaminderivate. — Graebe und Juillard. Ueber Benzilorthocar-
bonsàure. — Carnelley und Dumi. Ueber die Einwirkung von erhitztem Kupfer auf ein
Gemisch der Dampfe von Phenol und Scbwefelkohlenstoff. — Bruns und Pfor
der. Ueber das Quecksilberoxydul. — Blitz. Ueber die MoleculargrOsse des Schwefels. —
Meyer. Bemerkungen zu der vorstebenden Abhandlung. — Kruss und Nilson. Schlussworl
an Hrn. G. H. Bailey. — Will. Zur Constitution der aus Trimethylpyrogallo] durch con-
centrirte Salpetersàure entstehenden Verbindungen. — Tollens und Mayer. Zusatz zu der
Mittheilung auf Seite 1566 diesel Berichte.
'Boletin de la real Academia de la Historia. T. XII, 5. Madrid, 1888.
Ferndndez-Guerra. Una teserà de hospitalidad en las ruinas de Clunia. — Co<
Comisión histórica en Tùnez. — là. Tres manuscritos importantes de autores àrabes espa-
iioles en la mezquita mayor de Tùnez. — Colmeiro. Colon en Espana, por D. Tomas Ro-
driguez Pinilla. — Duro. Noticias de Don Cristóbal Colon, almìrante de las Indias. —
de la Fuente. Historia de Salamanca. — de la Raday Deldago. Historia de la ensenanza
en Espana.
+Bulletin de la Société entornologique de France. 1888. Cab. lo. 11. Paris.
fBullettin de la Société khédiviale de géographie. Ili sér. n. 1. Le Caire, 1888.
Lenz. Mon dernier voyaj ters l'Afrique. - Mi , I Dar-for pendant
Tadministration de Gordon l'i
''Bulletin de la Société vaudoise des sciencea naturelles. Voi. XXIII. 97. Lau-
sanne, 1888.
Du/bur. Noticc sur quelques maladies de la vigne. - Chuard. Note sur la in-
dù cuivre dans le vin des vignes sulfatéea et sur le mécanisme de son élimination. —
Schnetzler. Observations sur une matière colorante des eaux da lac de Bret. — Pittier.
Le Cardamine trifolia L. dans la Suisse occidentale. — Schnetzler. Sur les différents
modes de reproduction du Tbamnium Alopecurum. — linux. Interrupteur électrique
J.-E. Lecoultre. — Forel. Les micro-organismes pélagiquee des lacs Bubalpins. — Lugeon.
Notice sur la molasse de la Borde. — Schmidt. Analyses de jus de raisins de Montreus
e1 de Vllleneuve. — Herzen. De la nature des mouvements fonctionnels du coaur. —
Gauthier. Les températures eicessives observées à la Vallèe du lacdeJouz,èn janvieret
févrièr 1888.
• Calendar (The St. Andrews University) for the year 1888-89. Edinburgh, 1888.
• Centralblatt (Botanisehes). Bd. XXXIV. 11-13; XXXV. 1. Cassel, 1888.
Rèll. ■■ Artentypen •• und •■ Formen reiben •• bei den Torfmoosen. — Massalongo. Ueber
eine neue Species von Tapbrina. — /' : eber Quernetze in Gefassen.
'Centralblatt tur Physiologie. 1888. n. 5, 6. Wien.
' Civilingeniem- (Der). Jhg. 1888, N. F. Bd. XXXIV, 3. Leipzig, 1888.
Ulbricht. Ueber die Beziebungen zwiseben elastiscben Systemen und Stationaxen elektri-
schen Stromen. — Holzer. Der Eebel. Ein Beitrag zur Entwickelungsgeschicbte der Ma-
schine. — Undeutsch. Wie sind Gasrobrnetze inBezug auf den Dichtheitsgrad razionel] zu
prufen und was hat man unter einer in Bezug auf den Dichtheitsgrad in Procenten
steten Garantie zu verstehen. — Mittheilungen aus dem Dresdener Zweigvereine des Sàch-
sischen Ingenieur- und Architekten-Vereins. — Hartig. Zur Formulirungstechnik in Patent-
— XXXVII
sachen. — Furhmann. Die Bibliothek des Polytechnikums Dresden im Jahre 1887. —
Siemens. Das Mannesm ann'sche Verfahren, nahtlose Eohren aus dem vollen Stucke ohne
Dorn zu walzen.
^Comptes rendus des séances de l'Académie des inscriptions et belles-lettres.
4e sér. t. XVI, janv.-févr. 1888. Paris.
Le Blant. Lettres. — Waille. Quatrième note sur les fouilles de Cherchel.
fCompte rendu des séances de la Commission centrale de la Société degéofie.
1888, n. 9-12. Paris, 1888.
Conrpte rendu des travaux . présentés à la 70e session de la Société elvétique
des sciences naturelles réunie à Frauenfeld les 8, 9 et 10 aout 1887.
Genève, 1887.
• Comptes rendus hebdomadaires des séances de l'Académie des sciences. T. CV1.
n. 22-25. Paris, 1888.
22. Loewy et Puiseux. 'Théorie nouvelle des équatoriaux. Comparaison de la théorie
avec les observations. Eemarques générales sur l'emploi de l'équatorial coudé. — Cailletel
et Colardeau. Sur la mesure des basses températures. — Debray et Joly. Eecherches sul-
le ruthénium: rutbéniates et lieptaruthéniates. — de Saporta. Sur les Dicotylées proto-
typiques du système infra-crétacé du Portugal. — Siman. Sur les Cartes mensuelles des
courants de l'Atlantique nord. — Luvini. Origine de l'aurore polaire. — Blondel. Sur les
moyens propose's par M. Somzée pour prevenir les collisions en mer. — Waller. Détermi-
nation de l'action électromotrice du cceur de l'homme. — Rambaud et Sy. Observations
de la nouvelle planète (279) Palisa, faites à l'Observatoire d'Alger, au télescope de 0m,50. —
Esmiol. Observations de la planète (278) Borrelly, faites à l'Observatoire de Marseille, à
Faide de l'équatorial Eichens de 0m,26 d'ouverture. — Kcenigs. Sur les volumes engendrés
par un contour ferme dans un mouvement quelconque. — Cosserat. Sur les proprie'tés infi-
nitésimales de l'espace cerclé. — Petot. Sur les surfaces qui ont pour lignes de courbure
d'un système des hélices tracées sur des cylindres quelconque. — Jensen. Sur un théorème
general de convergence. Eéponse aux remarques de M. Cesare — Boitel. Sur les arcs sur-
numéraires qui accompagnent l'arc-en-ciel. — Lallemand. Sur le niveau moyen de la mer.
et sur la surface generale de comparaison des altitudes. — Gernez. Eecherches sur l'ap-
plication du pouvoir rotatoire à Tétude des composés forme's par l'action des tungstates
neutres de soude et de potasse sur les solutions d'acide tartrique. — Rousseau et Bern-
heim. Sur la production, par la voie sèche, d'hydrates ferriques cristallisés. — L<
Sur le sesquisulfure de rhodium. — Combes. Sur deux naphtoquinoléines isomériques. —
Voiry. Sur l'essence de cajeput. — Fatto. Sur un nouveau Coregone francais (Corego-
nus B e zola) du lac du Bourget. — de Janezeivski. Germinatimi de l'Anemone apen-
nina Lin. — Levy et Lacroix. Sur un nouveau gisement de dumortiérite. — Ber-
trand. Sur les relations des phènomènes éruptifs avec la formation des montagnes et sui
les lois de leur distribution. — Gourret et Gabriel. La bauxite et les étages qui la recou-
vrent dans le massif de Garlaban. — Biette. Sur un buste de femme taillé dans la racine
d'une dent d'Equidé et trouvé dans la grotte magdalénienne du Mas d'Azil. — Michel.
Sur la prétendue fusion des cellules lymphatiques cu plasmodes. — May et. Sur un nou-
veau perfectionnement apportò à la numération des éléments figurés du sang. — (J-
et Demeny. Etude de la locomotion humaine dans les cas patìiologiques. — Macé. Sur la
présence du bacille typhique dans le sol. — Gavoy. Sur un appareil axial de suspensi
pour le transport des malades ou blessés en campagne (sur les chemius de fer), — 23. Poin-
caré. Sur l'équilibre d'une masse hétérogène en rotation. — Mascart. Sur l'arc-en-ciel. —
Broivn-Séquard. Eecherches expéximentàles montranl que, sous l'influence de la gravita-
XXXVIII —
tion, les centres appelés moteurs et les autres parties d'une moitié de l'encéphale penvcnt
déterminer des raouvements dans chacune des moitie's du corps. — Bouchard. Sur l'élimi-
nation par le urines, dans les maladies infectieuses, de raatières solubles, morbifìques el
vaccinantes. — Gyldén. Quelques remarques relativement à la représentation des nombn -
irrationels au moyen des fractions continues. — Beuf. Observations de la comète Sawer-
thal, faites à FObservatoire de la Piata (équatorial de 0m,217 de Gautìer) — J¥%illeumier.
Détermination de l'ohm par la méthode électrodynamique de IL Lippmann. — StoletOtc.
Sur les courants actino-électriques au travers de l'air. — Chaperon et Mercadier. Sur la
radiophonie électrochimique. — Fabingi et Farkas. Pile à courant Constant dans laquclh-
l'électricité negative est du charbon. — Ouvrard. De l'action des phosphates alcalins sur
les oxydes alcalinoterreux. — Villard. Sur quelques nouveaux hydratea de gaz. — uccì-
de Conine k. Contribution à l'étude des ptomai'nes. — Gautier et Drouin. Recherches sui
la fixation de l'azote par le sol et les végétaux. — Maupas. Sur la conjugaison des Vor-
ticellides. — Balland. Sur les développement du grain de blé. — Bertrand. Allure gèni -
rale des plissements des couchea de la Provence: analogie avefl ceux des Alpes. — Lan-
glois et Richet. Influence de la temperature organique sur les coiivulsion de la cocaine. —
Berger. Recherches sur les troublea oculairos dans le tabes dorsal. — Charrin. Sur les
conséquences tardives de l'infection. — Macé. Sur les caraotères des cultures de Clado-
thrix dichotoma (Cohn). — Fokker. Sur l'action chimique et les altérations végéta-
tives du protoplasma. — Heckel e1 Schlagdenhaufen. Sur le produit des laticifera des
Mimusops el des Payena compare à celui de FIsonandra guttaHook. — 24. I
letet et Colardewt. Étude des mélanges refrigerante pbtenus avec l'acide carbonique Bo-
lide. — Marey. Représentation des attitndes <1<> la locomotion humaine au moyen des
figures en relief. — Lellemand. Détermination da niveau moyen de la mer a Faide d'un
nouvel instrument, le médimaréraètre. — Bourgeois. Surla reproduction artificielle de l'hydro-
cérusite, sur la compoaition chimique de cette eapèce minerale et sur la conatitntion du blam
de ce'ruse. — Bigourdan. Sur tea variations de Féquation personnelle dans les rpeaures
d'étoiles doubles. — Lamey. Sur la conatatation de nonveani anneanx de Saturno, Bitués
au delà do ceux déjà connua. — Liouville. Sur certaines équations diffc'rentielles du premier
ordre, — Cesato. Sur les fondements du calcul aaymptorique. — Lecornu. Sur lea mou-
vements giratoirea des fluides. -- Dejforges. Sur un point de l'hiatoire du pendule. —
Wolf. Remarques relatives à la Note de M. Defforges. — Graffa. Sur une correction à
apporter aux déterminations par Regnault du poida d'un litre des gaz élémentaires. —
Boillot. Expériences sur le pendule uon-oscillant. — Negreano. Meaure la ritesse d'étìié-
rification à Faide des conductibilites électriques. — Petit. Sur les dérivéa azolques de la
benzine. — Vif/non. Formation thermiqne des Bela de phénylènes diaminea. Recherches
sur la paraphénylène diamine. — de Schulten. Action du carbonate de calcium sur Lea
chlorure et bromuro de cadmium. — Engel. Sur la formation d'acide amidobutyrique ]»,ir
fixation directe d'ammoniaque sur l'acide crotonique. — Ierofeieff 'et Latchino/f. Meteorite
diamantifère tombe le 10/22 septembre 1886 à Nowo-Urei (Russie). — Daubrée. Obser-
vations relatives à la Communication précédente. — de Rey- Palili ade. Sur un corps d'eri-
gine organique hydrogénant le soufre à froid. — Kunstler. Les éléments vésiculairea du
protoplasme chez les Protozoaires. — Bonnier. Sur les espèces de Galathea des cdtea
de France. — Tscherning. Le centrage de Fceil humain. — Prévost et Binet. Recherches
expérimentales relatives à l'action des médicaments sur la sécrétion biliaire et à leur éli-
mination par cette sécrétion. — Lucas-Championnièrc. Faits pour démontrer l'innocuité de
l'ouverture du cràne et les ressources qu'elle offre pour la thérapeutique. — Hallez. Sur
la destruction de Silpha opaca. — Dechevrens. Variation diurne de nnclinaison dee
mouvements de Fair observée à Zi-ka-wei, en Chine. — 25. Faye. Bypothèse de Lagrange
sur l'oricrine des comètes et des aérolithes. — de Boisbaudran. Fluorescence de la chaux
XXXIX
ferrifere. — Viola et Ravaz. Recberches expérimentales sur les maladies de la vigne. —
Rayet. Recberches sur les erreurs accidentelles des observations de passages dans la mé-
thode de l'oeil et de l'oreille. — Perrotin. Sur les anneaux de Saturne. — li. Sur la pla-
nète Mars. — Maneuvrier et Chappuis. Sur l'électrolyse par les courants alternatifs des
machines dynamo-électriques. — Vignon. Chaleur de combinaison des monamines primaires,
secondaires et tertiaires aromatiques avec les acides. — Sabatier. Sur un clilorhydrate de
chìorure cuivrique. — Rousseau et Bernheim. Sur la dccomposition du ferrate de baryte
aux temperature* élevées. — Ouvrard. Sur quelques nouveaux phosphates doubles dans la
serie magnésienne. — Meunicr. Sur quelques composés de la mannite. — Engel. Sur les
acides aspartiques. — Claret. Du venin des Hyménoptères à aiguillon lisse et de l'existence
d'une chambre à venin cbez les Mellifères. — (VArsonval. Relation entre rélectricite ani-
male et la tension superfìcielle. — Olivier. Expériences pbysiologiques sur les organismes
de la glairine et de la barégine. Ròle du soufre contenu dans leurs cellules. — Corni!
et Toupet. Sur une nouvelle maladie bactérienne du canard (cboléra des canards). —
Arloing. Essai de détermination de la mature pblogogène sécréte'e par certains microbes. —
Letulle. Origine infectieuse de certain ulcères simples de l'estomac ou du duodénum.
f Cosmos, revue des sciences et lèur applications. N. S. n. 176-178. Paris, 1888.
* Denkschriften (Neue) der allgemeinen schweizerischen Gesellschaft fur die
gesammten Naturwissenschaften. Bd. XXX, 1. Ziirich, 1888.
Frilh. Beitràge zar Kenntniss der Nagelfluh der Schweiz.
tJahresbericht der k. Ung. geologischen Anstalt fùr 1886. Budapest, 1888.
Hofmann. Bericht iiber die ina Somraer d. J. 1886 im NW-licben Theile des Szolnok-
Dobokaer Cnmitates ausgefuhrten geologischen Detail-Aufnahmen. — Koch. Bericht iiber
die in dem siìdlich von Klausenburg gelegenen Gebiete im Sommer d. J. 1886 durchge-
fuhrte geologische Detail Aufnahme. — Pethó. Die geologischen Verhaltnisse der Unge-
bungen von Boros-Jeno, Àpatelek. Buttyin und Béel im Fehér-Koros-Thale. — Loczy. Be-
richt iiber die geologischen Detailaufnahmen im Arader Csanàder und Temeser Comitato
im Sommer des Jahres 1886. — Bockh. Daten zur geologischen Kenntniss des NW von
Bozovics sich erhebenden Gebirges. — Roth v. Telegd. Die Gegend SO-lich u. z Th. O-lich
von Steierdorf. — Gesell. Montangeologische Aufnhame des Kremnitzer Erzbergbauge-
bietes. — Schafarzik. Reise-Notizen aus dem Kaukasus. — Staub. Stand der phytopalS-
ontologischen Sammlung der kgl. und geologischen Anstalt am Ende des Jahres 1886.
f Jahreskefte des Yereins fùr vaterlandische Naturkunde in Wurttemberg. Jhg.
XLIV. Stuttgart, 1888.
Kissling. Beitràge zur Insektenfauna der Umgebung von Tiibingen. I. Die bei Tii-
bingen vorkommenden Wasserjungfern (Odonaten). — /{rimmel. Ueber die Vorkommen
der Kreuzotter (Pelias berus. Mer.) in Wurttemberg. — Sautermeister. Beitrag zur Kennt-
nis der Diatomeen der Umgebung Spaichingens. — Schenerle. Die Riedflora der Spaichin-
ger Gegend. — Koch. Die Blattflechten der Zwiefalter Gegend. — Kirchner. Nachtrage
zur Algenflora von Wurttemberg. — Scheuerle. Die Weidenarten Wiirttembergs. — Reuss.
Beitràge zur wurttembergischen Flora. — Fraas. Die naturlichen Verhaltnisse der Spai
chinger Gegend. — Zakrzewski. Eine im stubensandstein des Keupers geftmdene Schild-
]jrote. _ Leube. Vorkommen von Krystallisiertem Schwerspat im Weissen Jura. — Probst.
Ueber die Ohrenknochen fossiler Cetodonten aus der Molasse von Baltringen. — Lenze.
Beitràge zur Mineralogie Wiirttembergs. — Fraas. Ueber die Finne von Ichthyosaurus. —
Schmidt. Wellenbewegung und Erdbeben. Ein Beitrag zur Dynamik der Erdbeben. —
Eck. Zusatze zu der Uebersicht iiber die in Wurttemberg und Hohenzolleni in der Zeil
vom 1. Januar 1867 bis zum 28 Februar 1887 wahrgenommenen Erderschùtterungcn. —
— XL —
hi. Uebersicht uber die in Wurttemberg und Hohenzollem in der Zeil vou 1 M&rz 18S7
bis zùm 29 Februar 1888 wàhrgenommenen Erderschùtterungen. — Zeck. Uebei die Son-
nenfinsternis vom 18 Augusl 1887. — Me*. Delinen sich die Silicato bei dem Dborgairg
aus dèm flussigen in den festen Aggregatzustand aus? — Klinger. Untersuchungen uber
das Neckarwàssei in Rucksichl auf die Verànderungen welche es wàhrend seinea Laufes
von oberbalb Beri;- bis unterbalb Cannstatt erleidet.
fornai de sciencias mathematicas e astronomicas. Voi. Vili, 4. Coimbra, 1887.
Weyr. Deus remarques relatives aux séries. — B'Ocagne. Note sur un problème d'arith-
raétique. — là. Note sur les coniques.
' Journal de la Société physico-chiniique russe. T. XX, 4. S. Pétersbourg, 1888.
Mihailoff. Sur l'étal gélatineux d< ces albuminoides. — Saytzeff. Sur un iso-
mère de l'acide oléique. — Goldstein. Sur la capillarité des dissolutions salines. — So-
rokine. Action de l'aniline sur l'isosacharine. — - là. Sur le rapport dn pouvoir rotatoire
avec la composition des com] organiques. — Tchernay. Sur la dilatation des diss -
lutions salines. — àe Kòvesligethy. Analyse spectrale mathématique. — Piltscìtikoff. Gè-
néralisation de la méthode de Gaj Lussac pour déterminer la constante de capillarité des
liquides. — Woejkoff. Sur la temperature des eaux.
'Journal de Physique théorique et appliquée. 2e sér. t. Vili. Juin 1888. Paris.
Gòrnu. Sur la syrichronisation dea horloges de precisione! La distribution de l'heure. —
Defforges. Sur L'intensité absolue de La pesanteur. — Ntyreneuf. Action des courants d'in-
duction sur le voltametro à aluminium. — Houllevigue. Note sur la solubilité di •
dans Ics liquides. — Kundt, Sur les indices de réfraction des métaux; par M. E. Bichat.
•Journal fin- die reine and angewandte Mathematik. Bd, CHI, 2. Berlin, L888.
Schafheitlin. LJeber die Integraldarstellung der allgemeineren hypergeometrischen
Reilie. — Meyer. LJeber einen Satz von Dirichlet. —Busche. LJeber grOsste Ganze.
Lerch. LJeber ili'1 Nichtdifferentiirbarkeil gewisser Functionen. — Frobenius. LJeber die
Jacob ischen Covarianten der Systerae von Beruhrungskegelschnitten einer Curve vierter
Ordnung. — Weingarten. Qeber eine Eigenscbafi der Flachen, bei denen der eine Baupt-
krummungsradius eine Function des anderen i.st.
f Journal of Mathematics. Voi. X, :'>. Baltimore, 1888.
Goursat. Snrfàces telles que La somme des rayons de courbure principaux est pro-
portionnelle à La distance d'un poinl fise au pian tangent. — ffeun. Remarks <>n the Lo-
garithmic Integrals of Regular Lineai Differential Equations. - Chapman. <>n Bome Ap-
plications of the Units ofan w-foldSpàce. — Moore. A Problem suggested in the lieometrj
of Nets and Curves and applied to the TheoryofSix Points having multiply Perspectìvc
Relations. Humbert. Sur l'orientation des systèmes de droites.
* Journal of the China Brandi of the r. Asiatic Society. N. S. Voi. XXII, 3-4.
Shanghai, 1888.
Hirth. Ancient Porcelain. — //. The Chinese Orientai College.
f Journal of the rovai Microscopical Society. 1888, part 3. June. London.
Rattray. A Revision of the Genus Aulacodiscus Ehrb. — Burrows, Davies Sherbort}
and Bailey. The Foraminifera of the Red Chalk.
• Journal (The American) of Archaeology and of the history of line arts. Voi. IV, 1 .
March 1888. Boston.
Reinach. An inedite* Portrait of Plato. — Rumsay. Antiquities of Southern Phrygi i
and the Border-Lands (II). — Trowbrià'ge. Arcbaic [onic Capitata found oh thè Akropolis. —
Emerson'. Au Engraved Bronzo Bull at Metaponto. — Warà. Notes on Orientai Antiqui-
ties. VII. Two Stone Tablets with Hieroglyphic Babylonian Writing. — Marquanà. Early
— XLI —
Athenian-Lmic Capitala fornici on the Akropolis. — The Excavations in Ikaria by the
American School of Classical studies at Athens. — Merriam. Letter from Greece.
•Journal (The American) of science. Voi. XXXV, N. 210. New Haven, 1888.
Holden. Note on Earthquake-Intensity in San Francisco. — White. Relation ofthe
Laramie Group to earlier and later Formations. — Williams. The Gabbros and Diorites
of the « Cortlandt Series » on the Hudson River near Peekskill, N. Y. — McGee. Three
Formations of the Middle Atlantic Slope. — Gibbs. Comparison of the Elastic and the
Electrical Theories of Light with respect to the Law of Doublé Refraction and the Di-
spersion of Colors. — Biddle. Notes on the Surface Geology of Southern Oregon. —
Clarke. Some Nickel Gres from Oregon. — Merrill. Note on the Secondary Enlargement
of Augites in a Peridotite from Little Deer Isle, Maine. — hi. New Meteorite from the
San Emigdio Range, San Bernardino County, California.
'Journal (The) of the chemical Society. N. CCCVII. June 1888. London.
Japp and Klingemann. The Constitution of certain so-called « Mixed Azocompounds ». —
Shenstone and Cundall. The Influence of Temperature on the Composition and Solubilitv
of Hydrated Calcium Sulphate and of Calcium Hydroxide. — Skinner and Ruhemann. The
Action of Phenylhydrazine on Urea and some of its Derivatives. — Edeleanu. Some De-
rivatives of Phenylmethacrylic Acid. — Perkin. On the Magnetic Rotatory Power of some
of the Unsaturated Bibasic Acids and their Derivatives; also of Mesitly Oxide. — Werner.
Oxidation of Oxalic Acid by Potassium Dichromate. — Brown and Harris Morris. The
Determinatimi of the Molecular Weights of the Carbohydrates. — Ramsay. The Molecular
Weights of Nitrogen Trioxide and Nitric Peroxide. — Lawson and Collie. The Action of
Heat on the Salts of Tetramethylaninioniuni. — Collie. Action of Heat on the Salts of
Tetramethylphosphonium.
+ Journal (The) ofthe College of science imperiai University Japan. Voi. II, 1.
Tòkyo, 1887.
Fujisaiva. Ueber die Darstellbarkeit willkiirlicher Functioiien durch Reihen die nach
den Wurzeln einer transcendenten Gleichung fortschreiten. — Divers and Kaaakitn. On
the Composition of Bird-lime. — Kikuchì. On Anorthite from Miyakejima. — Ijima. The
Source of Bothriocephalus latus in Japan. — Sekiva. Earthquake Measurements of Recent
Years especially relatig to Vertical Motion.
r Journal (The quarterly) of pure and applied Mathematics. Voi. XXIII, n. 9<».
June 1888. London.
Larmor. Electro-magnetic and other images in spheies and planes (continued). —
Forsyth. Systems of reduced simultaneous ternary forni* equivalent to a given ternary forni,
which involves several sets of variables. — Mac Maìion. The eliminant of tvvo binar]
quantics. — Whitehead. Second approximations to viscous fluid motion. — Love. On the
motion of a liquid elliptic cylinder under its own attraction. — Id. The oscillations ofa
mass of gravitating liquid in the form of an elliptic cylinder which rotatea as if rigid
about its axis. — Cayley. The investigation by Wallis of bis expression for n. — Rich-
mond. A symmetrical system of equations of the lines of a cubie surface which has a
conical point. — Je/fery. On the circles, which are described abo-ut the four circles, escrihed
and inscribed in a given piane triangle, taken by triads.
TKòzlony (Fòldtani) havi folyóirat Kiadja a Magyarhoni Folcitimi Tàrsulat.
Kot. XIII, 1-4. Budapest, 1888.
Szabó. Claudedit von Szomolnok. — Primics. Geologische Beobachtungen ini Csetràs-
Gebirge. — Posewits. Lateritvorkonimen in West-Borneo. — Kreaner. I. Zinkhlende aus
Bullettino-Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. G
XLII
Schweden. — II. Pseudobrookit v»n Vesuv. — Framenau. Beitrag zur Kenntniss des Un-
tergrundes von Budapest.
'Lumière (La) électrique. T. XXVIII, 22-25. Paris, 1888.
; Mémoires de la Société de physique et d'histoire naturelle de Genève. T. XXIX,
2. Genève, 1886-87.
Galloni. Anomalie* de la fleur <lu Rumex scutatus, Linné, avec notes bui revolution
florale, l'anthotaxie et la nature axile de l'ovulo dans les Rumex. — I . Étude nu-
mérique des concouis de compensation de chronomètres, faits à l'Observatoire de Genève
en 1884 et 1886. — de Candolle. Sur une monstruosité du < lyclamen neapolitanum. — M
Graphideae feeanse, incl. trib. affinibus nec non Graphidese exoticse Acharii, l'I. Fri
Zenkeri, e novo studio speciminum originalium exposits ei in novam dìspositionem ordi-
nata}. - Celle sur la théorie des halos. — 5ui la couleur de l'eau. —
Rilliet. Recherches sur la tran pai man, faites en 1884, 1885 ei
1886, par une réunion de membres de la Société de physique. — Gautier. La premier»
comète pdriodique de Tempel, 1867 H, étude consai i .1 aux apparitiona de 1873
et de 1879. — Sarasin. Pénétrationt d<- la lumière du jour dans les eaux du lac d
néve ei dans celle de la Mediterranée.
f Mémoires et compte rendu des travimi de la Société des ingénieurs eivils.
May 1888. Paris.
/'.risse. Sur les accidente ac coup de feu des ebaudières à vapeur.
;Memoirs of the rovai Astronomica! Society. Voi. XLIX. 1. London, 1888.
Dreyer. A new general Neb ! Clnsters of Stara, being the Cata-
logne of the late Sii John F.W. Eerschel Bart. revised, corrected and enlarged.
'Mittheilungen aus doni Jahrbuche der K6n. Ungar. Geologist-ln' A.nstalt. Bd.
Vili, 6. Budapest. 1888.
ffalavéts. Der Artesiscbe Brunuen von Szentes.
f Mittheilungen aus dem Naturwissenschaftlichen VereiD fui Xru-Vorpommern
und Riigen in Greifswald. Bd. XIX, 1887. Berlin, 1888.
Scimi:-. Zur Wirkung der Hefegiste. — Moller. Uebei dae Vorkommen dei Gerbsàure
und ihre Bedeutung fui den StonVechsel in dei- Pflanzen. — Id. Writ.Tr Mittheilungen
iiber die Bedeutung der Gerbsàure tur den Stoffwechsel in dei Pflanze. — Cohen. < ; . . 1 .1-
fuhrende Conglomerate in Sudafrika. — Dr r ein Geschichte mit A.
pricornu Schloth. von Ueckermiinde. -- Id. l'i.- Foraminiferenfauna ini Aptien von Carniol
(Basses Alpes). — Lepel. Uebei electrische Entladungen in engen Rohren. — Cohen. Uebei
die Entstebung des Seifengoldes. — Oberbeck. Berichi Bber verschiedene, tur das physi-
kalische Institut in Greifswald construifte A].]. arai.' und nitri- einige Versuche mit den-
selben. — Gcrstaecker. Weitere Beitràge zur Artenkenntniss dei Neuiopteia Megaloptera. —
Ilohze. Die Heilgrotte von Monsummano ini Thale der Nievole in Toscana.
+ Mittheilungen der deutschen Gesellschaft tur Xatur- und Vòlkerkunde Osta-
siens in Tokio. Heft 39. Yokohama, 1888.
von Kreitner. Die Chinesische Provinz Kansu. — Fesca. Literatur iiber die Verhalt-
nisse des Bodens und der Landwirthschaft in Japan. — Kellner und Mori. Ontersuchun-
gen iiber das Rosten des Thee's.
-Mittheilungen der Naturforschenden Gesellschaft in Bern. N. 1169-1194.
Bern, 1888.
Baltzer. Mineralogisch-geologische Notizen. — Bigler. Betraebtung eines riiumlichen
Integrals ausgedehnt iiber das liniere eines Ellipsoids. — Id. Potential einer ellipt. Scbeibe
■ •
— XLIII —
mit der Dichtigkeit 1 abgeleitet mittelst des discontinuirlichen Faktors von Dirichlet. —
là. PotentiaJ eines homogenen rechtwinkligen Parallelepipeds. — Dutoit. Ueber den Vege-
tationscharakter von Nord-Wales. — Fellenberge. Granit und Gneis in den Berner Alpen. —
Fischer. Bemerkungen uber den Streckungsvorgang des Phalloiden-Receptaculums. —
Flesch. Ueber die Verschiedenenheiten im Chemischen Verhalten der Nervenzellen —
Gitisi. Beitrage zur vergleichenden Histologie der peripheren Ganglien. — Rader. Ueber
Anlage von Blitzableitern. — Kotlarewski. Physiologische u. mikrochemische Beitrage
zur Kenntniss der Nervenzellen in den peripheren Ganglien. — Steck. Bericht uber die
Vermehrung der entomologischen Sammlungen des naturistorischen Museums in Bern ini
Jahr 1886. — Studer. Bericht iiber die Vermehrung der zoolog. Sammlung des na-
turhistor. Museums in Bern im Jahr 1886. — Wassilief. Wo wird der Schluckreflex
ausgelost ?
tMittheilungen pràhistorischen Commission der k. Akad. der Wissenschaften.
N. 1, 1887. Wien, 1888.
Szombathy. Ausgrabungen ara Salzberg bei Hallstatt, 1886. — Moser. Untersuchun-
gen pràhistorischer und romischer Fundstàtten im Kiinstenlande und in Krain.
tMittheilungen des k. deutschen Archaologischen Instituts. Athenische Abthei-
lung. Bd. XXX, 1. Athen, 1888.
Schuchhardt. Die makedonischen Kolcnien zwischen Hermos und Kaikos. — Momm-
sen. Relief aus Kula. — Humann. Die Tantalosburg im Sipylos. — Cichorius. Inschriften
aus Lesbos. — Judeich und Doerpfeid. Das Kabirenheiligtum bei Theben I. IL — Doer/,-
feld. Die Stoa des Eumenes in Athen.
TMittheilungen (Monatliche) des Naturwissenschaftlichen Vereins des Kegie-
rungsbezirkes Frankfurt. Bd. I-V, 1884-88. Frankfurt.
■Notices (Monthly) of the r. Astronomical Society. Vol.XLVIII, 7. London, 1888.
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on Sir George Airy's « Numerical Limar Theory ». — Downing. The positions for 1750.0 and
proper motions of 154 stars south of —29° declination, deduced from a revision of P«>-
walky's reduction of the star places of Lacaille's Astronomia Fundamenta. — Oudemans.
On the condition that in a double-image micrometer the value of a revolution of the mi-
crometer screw be independent of the accommodation of the eye. — Ranyard. Note on a
siinple method of applying electrical control to the driving clock of an equatorial. —
Cambridge Observatory. Observations of Sappho made by Mr. A. Graham, with the Nor-
thumberland equatorial and square bar-micrometer. — Nevill. Occultations of stars observed
during the lunar eclipse of 1888, January 28. — Tebbutt. Observation of the occultation
of Venus by the Moon, 1888, March 9. — Rogai Observatory, Greenwich. Observations of
Comet 1888 a (Sawerthal). — RI. id. Observations of the spectrum of Comet 1888 a (Sa-
werthal). — Radchffe Observatory, Oxford. Observations of Comet a 1888 (Sawerthal). —
Biggs. Observations of Comet a 1888 (Sawerthal), in February and March, made at Laun-
ceston, Tasmania. — Belding. Sextant Observations of Comet a 1888, extracted from the
meteorological log, No. 7120, kept on board the barque «Atlantic».
hOversigt over det k. Danske Videnskabernes Selskab Forhandlinger og del
Medlemmers Arbejder. Aar. 1887, n.3. 1888, n. 1. Kiòbenhavn.
1887. 3. Ussing. J. N. Madvigs videnskabelige Betydning. — Steenstrup. Notse teu-
thologicg. 8. — Madseri og Topsoe. Forsog over Varmetoningen og Trykforholdene ved
Forbrsending af Krudt i lukket Rum. — 1888. 1. Rciberg. Om et mathematis'k Sted hos
Aristoteles.
— XLIV —
• Proceedings of the Aeademy of Naturai Sciences of Philadelphia. 1888. Part lst.
Philadelphia.
Leidy. On a Fossil of the Puma. — Wilson. On the relation of Sarracenia purpurea
to Sarracenia variolaris. — Rothrock. Mimicry among Plants. — Hartman. A biblio<rraphic
and synonymic Catalogue of the Genus Auriculella Pfr. — Id. A bibliographic and syno-
nymic Catalogue of the Genus Achatinella. — Ryder. On the resemblance of the primitive
Foraminifera and of ovarian Ova. — Leidy. Chaetopterus from Florida. — McCook. Ne-
cessity for revising the Nomenclature of American Spiders. — Leidy. Cirolana feasting
on the Edible Crab. — Id. On Bopyrus palaemoneticola. — Id. Note on Lepas fascicu-
laris. — Id. Reputed tape-worm in a Cucumber. — Lewis. Diamonds in Meteorìtes. —
Sharp. Ctenophores in fresh water. — Alien. The Distribution of the Color-marka of the
Mammalia. — Chapmann and Brubacker, Researches upon the general physiology of KTerves
and Museles. No. I. — Wright. Deseriptions of new species of Uniones from Florida.
•^Proceedings of the London Mathematical Society. N. 301-310, 314-316. Lon-
don, 1888.
301-304. Curran Sharp. On the Properties of Simplicissima (with especial regard to
i.ie related Spherical Loci. — d'Ocagne. Sur une propriété de la Bphère et bod extension
aux surfaces quelconques. — Larmor. General Theory of Dapin's Space-Extension of the
Focal Properties of Conic Sections. — Iìasset. On the Bfotìon of Two Spheres in a Liquid,
and allied Problems. — Griffiths. Second Note on Elliptic Transformation Annihilators. —
305-307. EllioU. On Pure Ternary Reciprocante, and Fnnctions allied to them. — Forsyt h.
The Differential Equationa satisfied by Concomitants of Qaantics. — Basset. On the Sta-
bility of a Liquid Ellipsoid which is Rotating ab >ut a Principal Axis onder the inflaence of
its own Attraction. — 308-310. Basset. On the Stability of a Liquid Ellipsoid whicb is
rotating about a Principal Axis under the inflaence ofits own Attraction. — Russell. Geo-
metry of the Quartic. — Rayleigh. <>n the Stability or Instabilità of certain Plaid Dio-
tions. — Johnson. Hannonic Decomposition of Fnnctions and Bome Allied Expansions. —
Russell. On xX-x'X Modulai Equations. — 311-31G. Lamh. On Reciprocai Theorems in
Dynamics. — Roherts. On the Analoguea of the Nine-Points Circle in Space of Three
Dimensions, and connected Theorems. — Tucker. Isoscelians. — Love. The Free and
Forced Vibrations of an Elastic Spherical Shell containing a given Sfasa of Liquid.
•Proceedings of the r. Geographical Society. Voi. 6. June 1888. London.
Freshfield. Snanetia. — Woodford. Exploration of the Solomon Islanda. — Explo-
ration of Route Between Assalii and Upper Bnrma.
•Proceedings of the r. Society. Voi. XLIV, n. 267. London.
Boys. The Radio-Micrometer. — Sylvester and ffammond. On Bamilton's Nambers.
l'art II. — Hennessy. Bydraalic Problems on the Cross-sections of Pipes and Channels. —
Preece. On the Heating Effects of Electric Corrents. No. III. — Camcron and Maeallan.
On the Componnds of Ammonia with Selenium Dioxide. — Stoney. On the Logarithmic
Law of Atomic Weights.
tProceedings of the scientific meetings of the zoological Society. 1887. Part IV.
London, 1888.
Boulenger. A List of the Reptiles and Batracbians collected by Mr. H. H. Jobnston
on the Rio del Rey, Cameroons District, W. Africa. — Smith. Notes on three Species of
Shells from the Rio del Rey, Cameroons. — Butier. On two small Collections of African
Lepidoptera recently received from Mr. il. H. Jobnston.-- Dobson. On the Genus Myo-
sorex, with Description of a new Species from the Rio del Rey (Cameroons) District. —
Boulenger. On a new Species of Hyla from Port Hamilton, Corea, based on an ezample
— XLV —
ìiving in the Society's Gardens. — Giglioli and Salvatori. Brief Note on the Fauna of
Corea and the adjoining coast of Manchuria. — Taczanowsky. Liste des Oiseaux recueillis
en Corée par M. Jean Kalinowsky. — Flotrer. On the Bigmy Hippopotamus of Liberia,
Hippopotamus liberiensis (Morton) , and its claims to distinct Generic Rank. —
Douglas-Ogilby. On a new Genus and Species of Anstralian Muffi lidae. — Id. On a
new Genns ofPercidae. — Menzbìer. On a new Caucasian Goat (Capra severt-
zowi, sp. n.) — Blanford. Criticai Notes on the Nomenclature of Indian Mammals. —
Boulenger. Description of a new Genus of Lizards of the Family Teiidae. — Gorham.
Revision of the Japanese Species of the Coleopterous Family Endomychidse. — Bou-
lenger. An Account of the Fishes ohtained by Surgeon-Major A. S. G. Jayakar at Muscat,
East Coast of Arabia. — Druce. Descriptions of some new Species of Lepidoptera Hete-
rocera, mostly from Tropical Africa.
*Publications de l'École des langues orientales vivantes. 3e sér. voi. II. Paris.
1888.
^>\J.\ ^yDI ^t)y^ ^L^-b ^$>U.l <*jfc^j — r^i^JI 0,4.
• Repertorium der Physik. Bd. XXIV, 6. Miinchen-Leipzig, 1888.
Mebius. Ueher Disjunctionsstrome. — Fachs. Ueber den Einfluss der Flut auf die
Bewegungen des Fluttragers und des Fluterzeugers. — Kundt. Ueber die Brechungsexpo-
nenten der Metalle. — Klemencic. Ueber den Glimmer als Dielektricum. — Kurz. Zur
genaueren Bestimmung des specifischen Gewichtes.
+ Resumé des séances de la Société des ingénieurs civils. Séance du ler juin.
1888. Paris.
■^Revue internationale de l'électricité et de ses applications T. VI, n. 59, 60.
Paris, 1888.
59. Reynier. Accumulateurs à plaques jumelles. — Kapp. Les transformateurs de cou-
rants alternatifs. — Michaut. Avertisseur universel system e Digeon. — M'Evoy. Applica-
tion de l'électricité' aux torpilles et aux mines sous-marines. — 60. Fleming. Nouveaux
appareils de mesure de sir W. Thomson. — Michaut. Avertisseur universel système Digeon.
'Revue (Nouvelle) historique de droit fran9ais et étranger. 1888, n. 3. Paris.
Rivier. L'Université de Bologne et la première renaissance juridique. — d'Arbois de
Jubainville. La saisie dans la loi Salique et dans le droit irlandais. — Id. La peine du
voi en droit irlandais et en droit romain. — Esmein. Le serment promissoire en droit
canonique.
+Revue politique et litt^raire. T. XLI, n. 22-26. Paris, 1888.
''■Revue scientifique. T. XLI, n. 22-26. Paris, 1888.
+ Rivista trimensal do Instituto historico-geographico e ethnoghraphico do Brazil.
T. XLIX. Trim. 1, 2. 1886. Rio de Janeiro.
1 Rundschau (Naturwissenschaftliche). Jhg. Ili, 23-26. Braunschweig, 1888.
Oberbeck. Ueber die Bewegungserscheinungen der Atmosphare. — Nicolaier. Ueber
das Wasen und die Ursache des Wundstarrkrampfes. — Dieterrei. Ueher die Bestimmungen
des Mechanischen Aequivalentes der Warme.
' Sitzungsberichte der k. Akademie der Wissenschaften zu Miinclien. Philos.-
philol. und hist. CI. 1887 III. Bd. 2, I-1II; 1888 I. Math.-phys. CI.
1887 I-ILI. Mùnchen.
Phil. Cl. 1887, III. Burkhard. Das Verbinn der Kàcmlrl-Sprache. - 1vv~. 2, I.
Meiser. Beitriige zur Textkritik des Geschichtschreihers Curtius Rufus. - Keins. Zur Frage
nach Neidharts Heimat. — Krumbacher. Eine Sainmlung byzantinischei SprichwOrter. —
XLVI
Keinz. Flurnamen aus den Monumenta Boica. — ffeigel. Die Beziehungen zwiachen Bayern
and Savoyen 1648 bis 1G53. — 1887, 2, II. Wdlfflin. I>as Wbrtspiel ini Lateinischen. —
v. Brinz. Zu den Alimentenstiffcungen dei rOmischen Kaiser. — v. Bruii,. Troische Miecel-
len. Vierte Abtheilung. — Spengel. Ein Beitrag zur Wertschatzung und zum Verstandnis
der III. Philippischen Rede des Demosthenes. — Preger. Die Zeit einiger Predigten
Taulers. — 1887, 2, UE. Maurer. Daa angeblicbe Vbrkommen dee GesetzBprecheramtes in
Dànemark. — Keinz. Ergiinzungen zum bayerìschen Wflrterbuche, Besonders aus dei Ge-
gend von Passau. — 1888, I. Schòll. Der Process des Phidias. — Friedrich. Ueber die
Unàchtheit der Decretale de recipiendis et non recipiendis libris des P. Gelasius I. —
Wecklein. Ueber fragmentariscli erhaltene Tragùdien des Euripidea. — Math. Ci.. 1887,
I. Kohlrausch. Bestìmmung der Selbstinduction eines Leiters mittels inducirter Streme. —
LI. Ueber die Herstellung sehi grosser genau bekannter elektrischer WiderstandsverhSlt-
nisse und uber cine Anordnung von Rheostatenwiderstanden. — Id. [Jeber die Bereclmunu'
der Fernwirkung eines Magnete. — Finsterwalder. Qeber katoptrische Bigenschaften der
Flaehen 2 Grades. — Hessler. Ueber Naturgescbichte der alteri Inder, — H'"iI>h<. Qeber die
Befruchtung des Neunaugeneics. — v. Volt. Untersucbung der Kosl eii irianers. -
IliUlìnger. Das Hirn < »;unl>«t f ;is. - Ueber die Photometrie der diffosen Zorfickwer-
fung. — Ilausìiofer. Ueber di.' mikroscopiscben Formen des Germaniumsulfides und des
Germaniumoxydes. — Hessler. Allgemeine Uebersichl der Beilkunde der alteri Inder. —
Reis. Ueber Bolonostomus, A.spidorhynchus und ihre Beziehungen znm lebenden Lepido-
stenus. — IL v. PettenJcof <r. U< 1" t Gesundheitsscbàdlichkeit mebrerer bygienisch und b ch-
aisch wicbtiger Gase und Dampfe. — Qòtx und Rurz. Elektrometrische Untersuchun-
gen. — v. Gumbel. De miocànen Ablagerungen ira oberen Donaugebiete und die Stellung
des Schliers von Ottnang. — III. Meyer. Uebi r dir Bestimmong der inneren Reibung
nach Coulomb's Verfahren. - - Radlkofer. Ueber einige I lapp iris- Lrten. Zweite Rlittbeilung. —
Kdnigsberger. Ueber die fiir cine homogene lineare Differentialgleichung dritter Ordnung
zwischen den Fundamentalintegralen und deren Ableitungen Btattfindenden algebrai&cben
Beziehungen. — v. Sandberger. Ueber die altesten Ablagernngen im BudOstlicben Theile di
Iti'dimischen Silurbeckens und deren Verhaltniss zu dem anstossenden Granii - l!>ì<linger.
Ueber die Abflusskanale der Endolymphe des inneren Ohres. - Gordon. Ueber die Bil-
dung der Discriminante einer tertiaren Form.
"•"Sitzungsberichte der physikalisch-medizinisehen Societiit zu Erlangen. Heft
XIX. Erlangen, 1887.
Heischmann. Ueber die erste Anlage der Placenta bei den Ranbthieren. — Tamba.
Die Herkunft der Zallkerne in den Gefassthyllen von Cucurbita. — Selenka. Die elektrische
Projektion slampe.
+Skrifter (Vidensk. Selsk.). 6 Raekke Naturw. og math. Afd. IV, 6, 7. Hist. og
philos. Afd. II, 1. Kiobenhavn, 1887-88.
Lùtken. Kritiske Studier over Nogle Tandhvaler af Slaegterne Tursiops, Orcaog
Lagenorhyncbus. — Koefoed. Studier i Flatosoforbindelserne. — Finsen. Om den
Oprindelige Ordning af nogle af den islandske Fristats In.stitutioner.
^Societaturn Litterae. Verzeichniss der in den Publikationen der Akademieen
un Vereine aller Lander erscheinenden Einzelarbeiten auf dern Gebiete
der Naturwissenschaften. Jhb. 1887, 1888, n. 1-4. Frankfurt.
*Tidsskrift for Mathematik. 5 li. Aarg. V. 1887, Kiòbenhavu.
Meyer. Billeddannel.se i Kuglespejle og Linser. — Schmidt. Om Planens uendelig
fjerne Punkter. -- Hertzsprung. En Kombinationspogave. — Birkeland. En Generalisation
af Sylvesters skjaeve Pantograf. — Olsson. Hàrledning af additionsteoremen for nagra ellip-
— XLVII
tiska integraler. — Gram. Om Transformationer af den binome Ligning. - Zeuthen. Om
algebraiske Kurvers Bestemmelse ved Punkter. — Buchwald. Interpolation og Integration
ved Rsekker. — Jensen. En Funktionalligning. — Buchwaldt. Interpolation og Integration
ved Rsekker. — Christensen. Den forste Bestemmelse af en kruni Linies Lamgde. — Ma
Om EaBkkeudviklinger af en algebraisk Lignings Rodder. — Bang. Nogle Maximumspro-
blemer i den ikke-euklidiske Geometri. — Juel. Om Samlingen af de Linier, hvoraf en
given Kugle afskjasrer Korder, som ses under ret Vinkel fra et givet Punkt. — Hjort. H.C.
F. C. Schjellerup. — Juel. Om Argands Bevis for Algebraens Fundamentalsaetning. —
Ilansen. Graffes Oplosning af unmeriske Ligninger.
• ' Transations of the Manchester geological Society. Voi. XIX, 18, 19. Man-
chester, 1888.
Vaughan Cornish. On the Artificial Reproduction of Minerals and Rocks. — Gresley.
On the Occurrence of Boulders and Pebbles in the Coal Measures. — 19. Walmesley. On
Mine Rents and Minerai Royalties. — Martin. On Mine Rents and Royalties. — Meadows.
On Irish Mine Rents. — Clifford. On Mine Rents and Royalties. — Ashvjorth. On Ashworth's
Patent Hepplewhite-Gray Safety Lamp. — Moore. On Pearson's Patent «Eclipse » Miner's
Safety Lamp. — Mercier. M. E.-On Cunliffe's Patent Hydraulic Goal-Getter.
^Verhandlungen der k. k. geologischen Eeichsanstalt. 1888, n. 7, 8. Wien.
7. Catherin. Chloritoidphyllit von Gerlos. — Bittner. Lossschnecken hohle Diluvial-
geschiebe und Megalodonten aus Bosnien-Hercegowina. — • Grave. Mac tra pò do li e a
und Cardium obsoletum aus Rudolfsheim. — 8. Scharizer. Ueber persisene Bleierze. —
Bittner. Ueber ein Vprkommen von Brachiopoden des Salzburgischen Hochgebirgskorallen-
kalkes an der Tonion Alpe und ueber einen Fundort von Hallstàtter petrefacten an den
Neun Kogerln. — v. Foullon. Ueber KorundfQhrenden Quarzporphyr von Teplitz. — Pichler.
Ein Aufschluss in der Gneissfonnation der Centralalpen zwischen Kematen und Sellrain.
+Verhandlungen der Physiologischen Gesellschaft zu Berlin. 1888, n. 8-12.
Berlin.
"+Verhandlungen der Schweizerischen Naturforschenden Gesellschaft in Frauen-
feld. Jhb. 1886-87. Frauenfeld.
+Verhandlungen des naturforschenden Vereins in Briinn. Bd. XXV. Briinn, 1887.
Seidlitz. Bestimmungstabellen der Dytiscidae und Gyrinidae des europàischen
Faunengebietes. — Jehle. Zehnjàhrige Beobachtungsresultate der meteorologischen Station
Prerau. — Hónig und Scìiubert. Ueber die Dextrine einiger Kohlenhydrate. — Makovjsky.
Das Salzbad Luhatschowitz in Mahren. — Kupido. Die Wiederaufnahme des màhrischen
Blei- und Silberbergbaues. — Jehle. Untersuchungen von Nahrungs- und Genussmitteln.
fVerhandlungen der Vereins fùr innere Medizin zu Berlin. Jhg. VII, 1887-
1888. Berlin.
+Verhandlungen des Vereins zur Beforderung des Gewerbfleisses. 1888. Heft V.
Berlin.
Gàrtner. Die Wiessblechfabrikation. — Ramiseli. Ueber ebene Kinematische Cyiin-
derketten und deren momentane Bewegung.
+ Wochenschrift des osterr. Ingenieur- und Architekten-Vereines. Jhg. XIII.
n. 22-25. Wien, 1888.
fZeitschrift des osterr. Ingenieur- und Architekten-Vereins. Jhg. XL, 2. Wien,
1888.
v. Podhagsky. Die Entwàsserung des Laibachei Moores. — v. Rziha. I -a> Projecl
der.Simplonbahn. — v. N.eumann. Castell Diószegh, Umgebaut. — Zampis. Die Verstar-
XLVIII —
kung der Paidolfs-Kettenbriicke iiber den Wienfluss. — Popper. Ueber die iisthetischc und
kulturelle Bedeutung der technischen Fortschritte.
fZeitschrift des Vereins fiir Geschichte und Alterthuni Schlesiens. Bd. XXII.
Breslau, 1888.
Markgraf. Die Entwickelung der schlesischen Geschichtschreibung. — ìi't'igclt. Der
Kirkenstreit in Gross-Glogau (1564-1609). — Fricdensburg. Einfùhrung in die Scblesiscbe
Miinzgeschichte mit besonderer Beriicksichtigung des Mittelalters. — Knoetel. Der Verfaaaer
der « Annales Glogovienses ». — Sevientek. Beitrii^e zur Geschichte von Czaroowanz. —
Kanje. Das osterreichische Unternchmen auf Polen und die Schlachl bei Pittschen (1588). —
Ketrzynski. Einige Bemcrkun<ren ueber die altesten polnischen Urkunden. — Grùnhagen.
Oesterreichische Anschliige auf Breslau und Schweidnitz 1711. — Neustadt. Beitr&gezur
Genealogie schlesischer Ftirsten. — Markgraf. Zur Geschiclite des Brealaner Kaufhauses. —
Id. Die Geweltthat auf dem Neisser Landtage von 1497.
tZeitschrift fui Naturwissenschaften. 4 F. Bd. VI, 6. Halle, 1887.
v. Schlechtendal. Physopoden ana dem Braunkohlengebirge von Rott ani Siebenge-
birge. — Wilhelm. Beitrage zur Kenntniss des Hydrastins.
*Zeitschriffc (Historische). N. F. Bd. XXIV. 2. Munchen-Leipzig, 1888.
Meinecke. Der Regensburger Reichstag und der Devolutionakrieg. — Flathe. Eegei
in seinen Briefen. — Delbrùck. Triarier und Leicbtbewassnete. — Lehmann. Zwei politi-
sche Testamento und die Anfànge einea geschichtlichen Werkea von Friedrich dem Grossen.
fZeitung (Stettiner Entomologische). 49 Jhg. n. 1-3. Stettiu, 1888.
Staudinger. Centralasiatìsche Lepidopteren. — Alpheraki. Neue Lepidopteren. —
Saalmùller. A Schmid : Die Lepidopteren-Fauna der Regensburger Omgegendmil Kelheim
und WOrth. — Dolira. Welsche Plaudereien. — fferms. Lepidopterologiache Beobachtungen.
Pubblicazioni non periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di Luglio 1S88.
/ '■ il >blic azioni italiane.
'Arcangeli C. — Ancora sulle forme regolari delle cellule vegetali. Pisa,
1873. 8°.
*Id. — Sulla teoria algolichenica. Pisa, 1874. 8°.
*Id. — Sull'organogenia dei fiori del Cy t in us h ypocisti . Livorno, 1874. 8°.
'Id. — Sul Lycopodium Selago. Livorno, 1874. 8°.
*Id. — Studi sul Cytiuus Hypocistis. Firenze, 1876. 8°.
- hi. — Ancora sopra la Me die ago Bonarotiana. Pisa, 1877. 8°.
*Id. — Di nuovo sulla questione dei Gonidi. Pisa, 1877. 8".
*Id. — Sulla Fistulina Hepatica Fr. Pisa, 1878. 8°.
*Id. — Ancora sul Tacca rum cylindricum. Pisa, 1879. 8°.
*Id. — L'Amorpliopliallus Titanum Beccari. Pisa, 1879. 8°.
■/(/. — Osservazioni bulla fioritura del Dracunculus vulgaris Schott.
Firenze, 1879. 8°.
*Id. — Sopra uua nuova Specie del genere Taccarum. Pisa, 1879. 8".
*Id. — Sopra alcune specie di Batrachospermum. Firenze, 1882. 8°.
— XLIX —
* Arcangeli G. — Sulla fioritura dell' Bury al e i'erox Sai. Pisa, 1887. 8".
*Id. — Sul Kefir. Firenze, 1888. 8°.
"Id. — Sulla fermentazione panaria. Pisa, 1888. 8°.
*Id. — Sull'influenza della luce nell'accrescimento delle foglie. Firenze, 1888.
*Id. — Sul Saccharomyces minor Engel. Firenze, 1888. 8°.
*Id. — Ulteriori osservazioni siili' Euryale ferox Sai. Pisa, 1888.8°.
•Atti del IV Centenario della nascita di Raffaello. Urbino, 1887. 8°.
* Bar zizza G. — Lettere e orazioni edite ed inedite pubblicate da R. Sabba-
dini. Milano, 1886. 8°.
*B ossemi F. — Sopra un nuovo genere di Fisostomi scoperto nell'Eocene medio
del Friuli. Napoli, 1888. 4°.
* Canestrini G. — I Tiroglifidi. Padova, 1888. 4°.
''Carpi L. — Cesare Correnti. Note storico-biografiche. Milano, 1888. 8°.
* Carnei T. — Flora italiana. Voi. Vili, 1. Firenze, 1888. 8°.
*Ceci L. — Il pronome personale senza distinzione di genere nel sanscrito, nel
greco e nel latino. Milano, 1886.
"Clerici E. — Sopra una sezione geologica presso Roma. Roma, 1888. 8°.
* M. — Sopra alcune specie di Felini della caverna al Monte delle Gioie presso
Roma. Roma, 1888. 8°.
* Danielli I. — Il Corridore Martinelli. Osservazioni antropologiche. Firenze.
1888. 8°.
*Id. — Tecnica antropologia. Firenze, 1888. 8°.
* Gregorio A. de — Fauna di S. Giovanni Barione (Parisiano). Palermo, 1880. 4°.
* Id. — Sulla Fauna delle argille scagliose di Sicilia (oligocene-eocene) e sul
miocene di Nicosia. Palermo, 1881. 4n.
* Id. — Coralli giuresi di Sicilia. Palermo, 1882. 8°.
*Id. — Coralli titonici di Sicilia. Palermo, 1882. 8°.
*Id. — Fossili dei dintorni di Pachino. Palermo, 1882. 8°.
* Id. — Nota sul rilevamento della Carta geologica di Sicilia eseguita dagli
ingegneri delle Miniere. Palermo, 1882. 8".
*Id. — Su talune specie e forme nuove degli stati terziari di Malta e del
sud-est di Sicilia. Conchiglie conservate nelle Università di Valletta e
di Catania. Palermo, 1882. 8°.
*Id. — Una gita sulle Madonie e sull'Etna. Torino, 1882. 8°.
*Id. — Elenco di fossili dell'orizzonte a Cardi ta Jo nanne ti Bast. Pa-
lermo, 1883. 8°.
*Id. — Intorno alla pubblicazione di un gran giornale geologico internazionale.
Palermo, 1883. 8°.
* Id. — Nota intomo ad alcune nuove conchiglie mioceniche di Sicilia. Palermo,
1883. 8°.
' Id. — Nuove conchiglie del postpliocene dei dintorni di Palermo. Palermo,
1883. 8°.
Bullettino-Kendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 7
— L —
* Gregorio A. de — Nuovi fossili terziari (vertebr. e invertebr). Palermo, 1883.8°.
* Iti. — Studi su talune ostriche viventi e fossili. Palermo, 1883. 8°.
*Id. — Sulla costituzione di una Società geologica internazionale. Palermo,
1883. 8°.
*jd. — Un nuovo Pecten (amu siimi) vivente nella Nuova Calidouia. Pa-
lermo, 1883. 8°.
•jd, — Intorno ad alcuni nomi di conchiglie linneane. Siena, 1884. 8°.
*Id. — Nuovi decapodi titonici. Palermo, 1884. 8°.
* hi. — Studi su talune conchiglie mediterranee viventi e fossili con una ri-
vista del gen. Vulsella &. Siena, 1884-85. 8°.
fId. — Una nuova cypraea pliocenica. Palermo, 1884. 8°.
*jd. — Fossili del Giura-Lias (Alpinismo De Greg.) di Segan e di Valpore
(Cima d'Asta e Monte Grappa). Torino, 1885. 4°.
*Id. — Fossili titonici (Stramberg Schichten) del biancone di Rovere di Velo.
Palermo, 1885. 8°.
*Id. — Annales de geologie et de paleontologie. Livr. 1-5. Palermo, 1886. 4°.
' ld — Iconografìa della Fauna dell'orizzonte alpiuiano (Giura inf.-Lias sup.).
Palermo, 1886. 4°.
* ld. — Intorno ad un deposito di roditori e di carnivori sulla vetta di Monte
Pellegrino con uno schizzo sincronogratìco del calcare postpliocenico della
Vallata di Palermo. Pisa, 1886. 8°.
* ld. — Nota intorno ad alcune conchiglie mediterranee viventi e fossili. Pa-
lermo, 1886. 8".
' ld. — Nota intorno a taluni fossili di Monte Erice di Sicilia del Piano Alpi-
niano de Greg. (Giura-Lias Auctorum) e precisamente del sottorizzonte
Grappino de Greg. Torino, 1886. 4°.
* Mancini M. e Galeotti U. — Norme ed usi del Parlamento italiano. Roma,
1887. 8°.
* Michelangeli L. A. — Sul disegno dell'Inferno dantesco. Bologna, 1886. 4°.
*Minghetti M. — Discorsi parlamentari. Voi. IL Roma, 1888. 8°.
* Mosca G. — Le costituzioni moderne. Saggio. Palermo, 1887. 8°.
*Nitopi G. — Studio sul diritto penale. Catania, 1888. 8°.
* Pagiiani S. — Sopra alcune esperienze fotometriche eseguite nel laboratorio
di fisica del r. Istituto tecnico di Torino. Torino, 1885. 8°.
*Id. — Sulle forze elettromotrici di contatto fra liquidi. Torino, 1886. 8°.
*Id. — Fotometro a riflessione. Torino, 1887. 8°.
* ld. — Sulla misura della viscosità dei liquidi e degli olii lubrificanti in par-
ticolare. Torino, 1887. 8°.
*Id. e Battelli A. — Sull'attrito interno nei liquidi. N. 1-3. Torino, 1885-87. 8°.
*Parri E. — Vittorio Amedeo II ed Eugenio di Savoia nelle guerre della
successione spaglinola. Milano, 1888. 2 voi. 8°.
' Pezzi D. — La vita scientifica di Giorgio Curtius. Torino, 1888. 4°.
— LI —
*Rajna P. — Intorno al cosidetto « Dialogus Creaturarum » ed al suo autore.
Torino, 1888. 8°.
*Ricerche e lavori eseguiti nell'Istituto botanico della r. Università di Pisa
durante gli anni 1882-83-84-85. Fase. 1°. Pisa, 1886. 8°.
*Rieppi A. — Lo scudo di Enea di Virgilio con alcuni riscontri collo scudo
d'Omero e con quello d'Ercole di Esiodo. Reggio C. 1886. 4°.
*Rivalta V. — Storia e sistema del diritto de' teatri secondo l'etica ed i prin-
cipi delle leggi canoniche e civili. Bologna, 1886. 8°.
* Sabbadini R. — Centotrenta lettere inedite di P. Barbaro precedute dal-
l'ordinamento critico cronologico dello intero suo epistolario. Salerno.
1884. 8°.
*Id. — Guarino veronese e il suo epistolario edito ed inedito. Salerno, 1885. 8".
*Id. — Guarino veronese e gli archetipi di Celso e Plauto con un appendice
sull'Aurispa. Livorno, 1886. 8°.
*Id. — Codici latini posseduti, scoperti e illustrati da Guarino Veronese.
Firenze, 1887. 4°.
* Sarti M. et Fattorini M. — De Claris Archigymnasii Bononiensis profes-
soribus a saeculo XI usque ad Saeculum XIV. T. I. Pars la. Bononiae,
1888. 4°.
* Scaduto F. — Stato e Chiesa nelle due Sicilie dai Normanni ai giorni nostri
Palermo, 1887. 8°.
*Studì editi dalla Università di Padova a commemorare l'ottavo Centenario
dall'origine della Università di Bologna. Voi. I-III. Padova, 1888. 4°.
* Taddei A. — Roma e i suoi municipi. Firenze, 1886. 8°.
* Tamassia G. — Le origini dello Studio Bolognese e la critica del prof.
F. Schupfer. Bologna, 1888. 8°.
* Tibullo. — Lirica amorosa. Versione barbaro-dattilica di P. Casorati. Verona,
1885. 8°.
* Tuccimei G. — Bradismi pliocenici della regione Sabina. Roma, 1888. 4°.
* Vivante C. — Il Contratto di assicurazione. Voi. I, III. Milano, 1885. 1887. 8°.
* Zocco-Rosa A. — La Palingenesi della procedura civile di Roma. Catania.
1886. 8°.
Pubblicazioni estere.
* Botta V. — Inauguration of the Statue of Garibaldi in Washington Square
New York on the 4 of June 1888. New York, 1888. 8°.
+ Bruce A. T. — Observations on the Embriology of Insects and Arachnids.
Baltimore, 1887. 4°.
* Canopi L. — Stazione preistorica ai « Dos del Gianicol » presso Tuenno.
Trento, 1888.8°.
fCatalogue of periodicals Contained in the Bodlaien Library. Part 1. Englisli
periodicals. II. Foreign periodicals. Oxford, 1878-80. 8".
— LII —
;Collectio Davidis i. e. Catalogus celeberrimae illius Bibliothecae hebraeac
quara indefesso studio magnaque pecuniae impensa collegit R. Davides
Oppenheimerus. Hamburgi, 1824. 8°.
•Corpus inscriptionum latinarum. Voi. XI, 1; XII. Berolini, 1888. 4°.
-. Ehi R. T. — Taxation in American States and Cities. Baltimore, 1888. 8°.
Ephemeris epigraphica Corporis inscriptionum latinarum supplementum.
Voi. VII, 1, 2. Berolini, 1888. 8° (acq.).
•Festschrift zur Begrussung des XVIII Kongresses der deutschen Anthropolo-
gischen Gesellschaft in Niirnberg. Niirnberg, 1887. 4°.
1 Hall F. (}. — De origine mali (Praemium Gaisfordianum). Oxonii, 1888. 8°.
iIIiltO)i Sargent J. — Quaeritur de variis Mythologiae interpretationibus.
Oxford, 1888. 8°.
*Hirn G. II. — Construction et emploi du métronome en musique. Paris.
1887. 4°.
* lei. — La termodynamique et l'étude du travail chez Ics ótres vivants. Paris.
1887. 4°.
*/#. — Théorie et application du pendule à deui branches. Paris. 1887. 4°.
^Hurmusaki E. de — Docilmente previtóre la Istoria Elomànilor. Voi. Ili, -1.
1576-1600.
^Éuygens G. — Oeuvres complètes publiées par la Société hollandaise des
sciences. T. I. Correspondance 1638-1656. La Eaye, L888.
■ Laspeyres II. — Gerhard vom Rath. Eine LebenssMzze. Bonn, 1888. 8°.
*Lenhossék J.v. — Az emberi gerinezagj Dyùltag} és Vàrholid BzérvezeWnek
górcsoi tàjviszonyai. Pesten. 1869. 4°.
*Id. — Das venose Convolut der BeckenhChle beimi Manne. Wien, 1871.4°.
'hi. — Az emberi Koponyaisme. Cranioscopia. Budapest, 1875. 4U.
*ld. — Das Venensystem der Niere. Berlin, 187<i. 8°.
*Id. — Deàk Ferencz Koponyàjàn tett mérések es ezekbol vont Kóretkezte-
tések. Budapest. 1876. I.
* hi. — Description d'un cràne macrocéphale deforme et d'un cràne de l'epoque
Barbare en Hongrie. Budapest, 1877. 8°.
*Id. — Die Ausgiabungen zu Szeged-Oethalom in Ungara. 2e Ausgabe.
Wien, 1886. 4".
* Levasseur E. — Esquisse de l'ethnographie de la France. Paris, 1888. 4°.
* Orinai/ A. — Supplementa faunae Coleopterorum in Transilvania. Nagy-Szeben.
1888. 8°.
* Stato (Lo). Studi nuovi filosofici e storici di scienza sociale per un uomo bonae
voluntatis. Voi. I lib. 4. Bellinzona, 1885. 4".
*Waugh A. — Gordon in Africa (Newdigate Prize Poem 1888). Oxford,
1888. 8°.
lui
Pubblicazioni periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di luglio 1888.
Pubblicazioni italiane.
* Annali di agricoltura. 1887, n. 100, 129; 1888, n.149. Eoma, 1887-88.
100. Studio sulle endemie del cretinismo e del gozzo. — 129. Notizie sulla pesca
marittima in Italia. — 149. Eivista del servizio minerario in Sardegna.
i Annali di chimica e di farmacologia. 1888, n. 6. Milano.
Pesci. Ricerche sul terebentene destrogiro.
* Archivio per l'antropologia e la etnologia. Voi. XVIII, 1. Firenze, 1888.
Bellucci. Sopra due pinta deras rinvenute nell'Umbria. — Sergi. Antropologia fisica
della Fuegia. — De Stefani. Di alcune proprietà collettive nell'Apennino e degli ordi-
namenti relativi. — Mantegazza. Il tatuaggio nell'antico Perù. — Danielli. Il corridori-
Martinelli. Osservazioni antropologiche.
■^Archivio storico italiano. Ser. 5a, 1. 1, 3. Firenze, 1888.
Errerà. Un diploma inedito dei re Berengario II e Adalberto. — Zini. Le Memorie
del duca di Broglie. — Picenardi. Esumazione e ricognizione delle ceneri dei principi
Medicei fatta nell'anno 1857.
f Archivio storico lombardo. Anno XV, 2. Milano, 1888.
Frati. La contesa fra Matteo Visconti e Papa Giovanni XXII secondo i Documenti
dell'Archivio vaticano. — Bertolotti. Le arti minori alla corte di Mantova nei secoli XV.
XVI e XVII (Continua). — Canta. Gli Sforza e Carlo Vili. — Caffi. L'antica Badia di
S. Celso in Milano. — Beltrami. L'Arco dei Fabbri antica Pusterla di Milano. — Motta.
Per la storia dei fonditori di campane in Lombardia.
f Atti del Collegio degli architetti ed ingegneri in Firenze. Anno XII. Fi-
renze, 1888.
Zannoni. Sull'irrigazione dell'agro romano. — Vitta. Sistema di ventilazione e riscal-
damento applicato al grande Stabilimento di Cura della Malo j a. — Francolini. Delle opere
pubbliche e private fatte dall'arch. G. Poggi. — Pini. La nuova Stazione di Firenze.
1 Atti dell'Accademia delle scienze di Torino. Voi. XXIII, 11-12. Torino.
1888.
11. Montemartini. Sulla composizione di alcune roccie della riviera di Nizza. —
Grassi. Taenia flavop un ctata Wein., Taenia leptocephala Creplin, Taenia
diminuta Rud. — CI aretta. Corollari storico-critici dedotti dalla recente edizione del-
l'opera di D. Carutti «Il conte Umberto I e il re Ardoino « (Roma 1888). — De Rivoire
la Bdtie. Note sur la véritable origine de la Royale Maison de Savoie. — Per
Un'opera postuma di Ercole Ricotti. — 12. Stacci. Sulla compensazione delle poligonali
che servono di base ai rilievi topografici. — Pizzetti. Gli azimut reciproci di tra arco di
geodetica. — Errerà. Sugli eteri nitrobenziletilici. - Ferrerò. Giantommaso Terraneo,
Cesare Sacchetti e l'epigrafia di Susa. — Nani. Lo Studio bolognese nelle sue origini di
L. Chiappelli.
+Atti dell'Accademia economico-agraria dei Georgofili. 4a Ser. Voi. XI. 2. Fi-
renze 1888.
Lawlcy. Sulla concimazione della vite. — Targioni-To'xzetti e Berlese. Intorno ad
alcuni insetticidi, alle loro mescolanze, ed alle attivila relative di quelli e di queste contro
gl'insetti. — Bechi. Intorno all'olio di cotone. — Caselli. Di alcune applicazioni della
LIV
elettricità all'agricoltura. — Laicley. Relazione sul libro di F. Sahut, che tratta dello adat-
tamento delle viti americane, al terreno ed al clima. — Roster. Sunto degli studi eseguiti
su l'acido carbonico dell'aria e del suolo di Firenze.
: Atti della Società dei naturalisti di Modena. Memorie. Ser. 3a, voi. VII, 1.
Modena, 1888.
Malagoli. Descrizione di alcuni foraminiferi nuovi del Tortoniano di Montegibbio (Mo-
denese). — Macchiati. Prima contribuzione alla flora del Viterbese. — Bergonzini. Con-
tribuzione allo studio della spermatogenesi. — Malagoli. Note paleontologiche sopra un
Astrogononium ed una Chirodota del pliocene. — Lepori. Il P ernis apivorus Cuv. (ai-
turato in Sardegna. — Pantancìli. Le acque sotterranee nella provincia modenese. — Della
Valle. Sopra le glandole glutinifere e sopra gli ocelli degli Ampeliscidi del golfo di Napoli.
•Atti e Memorie della r. Deputazione di storia patria per le provincie di Ro-
magna. Ser. 3* voi. VI, 1-3. Bologna, 1888.
Ferravo. Viaggio del cardinale Rossetti fatto nel 1G44 da Colonia a Ferrara, scritta
dal suo segretario Armanni Vincenzo. — Venturi. L'arte ferrarese nel perii ni' d'Krcole I
d'Este. — Favaro. Bonaventura Cavalieri nello Studio di Bologna. — Dollari. Della
vita e degli scritti di Gio. Sabadino degli Arienti. — Allicini. Le origini dello Studio di
Bologna.
'Bollettino della Sezione dei eultori delle seienze mediche (r. Àccad. dei lisio-
critici di Siena). Siena, 1888.
•Bollettino della Società generale dei viticoltori italiani. Anno III, 13. Roma,
1888.
Cerletti. Insegnamento agrario enologico. Piatti. Depositi franchi in Iavizzera.
f Bollettino delle nomine (Ministero della guerra). 1888. Disp. 26-28. Roma.
'Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa dalla
Biblioteca nazionale centrale di Firenze. 1888, n. 60, 61. Firenze.
'Bollettino di notizie agrarie. 1888, n. 40-46. Rivista meteorico-agraria.
N. 17. Roma.
"'Bollettino di notizie sul credito e la previdenza. Anno VI, 7. Roma, 1888.
'Bollettino mensuale dell'Osservatorio centi-ale del r. Collegio 0. Alberto in
Moncalieri. Ser. 2a, VIII, 6. Torino, 1888.
Denza. L'inverno del 1887-88. — Bertelli. Osservazioni fatte in occasione di una
escursione sulla riviera ligure di ponente dopo i terremoti del 1887.
f Bollettino meteorico dell'Ufficio centrale di meteorologia. Anno X. 1888
luglio. Roma.
•" Bollettino settimanale dei prezzi di alcuni dei principali prodotti agrari e
del pane. Anno XV, 1888, n. 24-26. Roma.
'Bullettino della Commissione archeologica comunale di Roma. Anno XVI, 6.
Roma, 1888.
Cantarelli. Intorno ad alcuni prefetti di Roma della serie Corsiniana. — Petersea.
Penelope. — Gatti. Travamenti riguardanti la topografia e la epigrafia urbana.
'Bullettino delle scienze mediche. Ser. 6a, voi. XXI, 5-6. Bologna, 1888.
Putti. Due casi di splenectomia. — Maglia. Un nuovo caso di struma soprarenale
accessoria nel rene. — Bordi'. Il Jequirity nella cura della metrite cronica. — Putti. Con-
tributo alla cura chirurgica della peritonite septica. — Secchi. Azione della cocaina sul
gusto e sull'olfatto. — Mediai. Alcune utili modificazioni all'osteoclaste piccolo del Rizzoli.
— LV —
'Bullettino dell'Istituto storico italiano. N. 5. Roma, 1888.
Spinelli. Lettere a stampa di L. A. Muratori.
* Bullettàio di bibliografia e di storia delle scienze matematiche e fìsiche. T. XX,
ottobre 1887. Roma.
Bertelli. Di alcune teorie e ricerche elettro-sismiche antiche e moderne.
* Circolo (II) giuridico. Anno XIX, 5. Maggio. 1888. Palermo.
- Ben fante. Gli interdetti e gl'inabilitati nell'esorcizio della mercatura. — Granata.
La solidarietà legale o delittuosa, vincola gli eredi del correo in confronto agli altri correi ?
* Gazzetta chimica italiana. Anno XVIII, 3. Appendice, voi. VI, 10. Palermo.
1888.
Wedard. Intorno all'azione del calore sull'acido tartrico-in soluzione acquosa a 150°
ed in tubi chiusi. — Magnanini. Azione dell'anidride acetica sull'acido levulinico. — Mauro.
Nuove ricerche sui fluossimolibdati ammollici. — Ciamician e Silber. Ricerche sul-
l'apiolo. — là. id. Sull'aldeide apiolica e sull'acido apiolico. — Anderlini. Sopra alcuni
derivati della pirrolenftalide. — Magnanini. Sulla trasformazione del metilchetol in chinal-
dina. — Paterno e Nasini. Sul peso molecolare degli acidi citraconico, itaconico, e mesaco-
nico e degli acidi fumarico e maleico. — Mengarini. Ricerche sulla elettrolizzazione del vino.
+ Giornale della r. Accademia di medicina di Torino. Anno LI, 4-5. To-
rino, 1888.
Pesce. Osservazioni cliniche sulla Fenacetina. — Gallenga. Brevi considerazioni sulla
differente struttura dei tumori congeniti della congiuntiva e della cornea. Descrizione di
due casi di Dermoide del limbus. — Passerini. Sopra un caso di trofoneurosi cutanea. —
Gallenga. Annotazioni di anatomia patologica della congiuntiva. — Ottolenghi. Il ricambio
materiale nei delinquenti nati (pazzi morali). — Giacomini. Sul canale neurenterico e sul
canale anale nelle vescicole blastodermiche di coniglio. — Foà e Bonome. Sulle intossi-
cazioni preventive. — De Blasi. Le febbri continue epidemiche in Palermo.
"Giornale della reale Società italiana d'igiene. Anno X, 5, 6. Milano, 1888.
Zucchi. Il settimo progetto di legge sanitaria e la sua discussione in Senato. — Bo-
relli. La questione dei sifilicomi. — Gazzaniga. Le condizioni sanitarie di Pavia.
i Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche di Genova. Anno XI.
5-6. Genova, 1888.
Pellerano. Volapiik. — Basteri. Flora ligustica. — Chinazzi. Il Mendacio nella storia.
■Giornale medico del r. Esercito e della r. Marina. Anno XXXVI, 6. Roma, 1888.
Paris. Grave lesione traumatica della articolazione del piede sinistro per ferita d'arma
da fuoco. — Basso. Alcune considerazioni terapeutiche e statistiche sui casi di otite media
acuta osservati nell'Ospedale militare di Roma durante l'inverno degli anni 1886-87 e
1887-88. — Tacchetti. Di un caso di erpete linguale e seguito d'itterizia catarrale.
* Giornale militare ufficiale. 1888. Parte la, disp. 27-29; parte 2a, disp. 30-33.
Roma.
1 Giornale (Nuovo) botanico italiano. Voi. XX, 3. Firenze, 1888.
Martelli. Nota sopra una forma singolare di Agaricus. — Macchiati. Caratteri delle
principali varietà di viti che si coltivano nei dintorni di Arezzo. — Martelli. Contribu-
zione alla fiora di Massaua. — Caruel. L'orto e il museo botanico di Firenze nell'anno
scolastico 1886-87.
^Ingegneria civile (L') e le arti industriali. Voi. XIV, 6. Torino, 1888.
— LVI —
Saccheri. Pochi cenni sui meccanismi per elevazione d'acqua costruiti ed impiantati
dall'officina meccanica Locami per il servizio dell'Ospedale maggiore della città di Ver-
celli. — Lanino. I due nuovi ponti costruiti sul Mabme e sull'Orco per la strada provin-
ciale da Torino a Milano. — Grufinola. Dei ponti girevoli in generale e di quello recen-
temente costruito per l'arsenale di Taranto. — Bertolino. Usi diversi del catasto e rela-
tivo grado di approssimazione.
Memorie della r. Accademia delle scienze, lettere ed arti in Modena. Ser. 2a
Voi. V. 1887.
Olivi. Delle prerogative delle persone che compongono il Begnito dell'inviato diplo-
matico. — Ragona. Nuove formuli' relative alla risoluzione dei triangoli sferici. — Olivi.
Dei poteri dell'agente diplomatico sulle persone del seguito. — Ragona. Il barometro regi-
stratore Richard. — Riccardi. La statura dei Bolognesi contemporanei studiata in rapporto
al sesso e all'età. — Graziarli. Sull'aumento progressivo delle opere pubbliche negli stati
moderni in relazione colla ricchezza della Nazione e dei privati. — Olivi. Delle nozze 'li
Ercole I d'Este con Eie ira d'Arag ma. — Camus. Precetti di rettorica scritti per Enrico III
re di Francia. — Crespellani. Conii e punzoni del Museo Estense. — Hugues. Lo stile
del duomo Modenese e della nuova decorazione dipintavi nell'abside.
f Memorie della Società degli spettroseopisti italiani. Voi. XVII. 4. Roma, 1888.
Tacchini. Facole, macchie ed eruzioni solari osservate nel 1° trimestre del 1888. —
là. Sull'eclisse totale di sole del 10 agosto Is'nT. osservato in Russia e nel Giappone.—
Turner. Report of the Observations of the Total Solar Eclipse nf August 2ì', issr>. ìnu.l
at Grenville, in the Island of Grenada
•Pubblicazioni del r. Osservatorio di Brera in Milano. X. XXXIII. Milano, 1888.
Schiaparelli. Osservazioni sulle delle doppie. Serie la.
T Rassegna (Nuova) di viticoltura ed enologia della r. Scuola di Conegliano.
Anno li, n. 12-13 Conegliano, 1888.
12. Grazzi Sminuì. In cantina. — Succi. La fermentazione rapida dei mosti. — Bonghi.
Il vino. — Mancini. Nuovi ampelomiceti italici del dott. Fridiano ''avara. — Q ruzzi Soli-
cini. Viti americane San Salvator.-. - 13. Grazzi Soncini. Nel vigneto. - Devincenzi.
Salviamo la grande industria. Kobler. Qualità ed apprezzamento del mosto. — Trentin.
Vini italiani all'estero. — Grazzi Soncini. Viti americane Herbemont. — Lesner. Il mar-
ciume della vite. — Mancini. Nuovi ampelomiceti italici del dott. Fridiano ('avara.
f Rendiconti del r. Istituto lombardo 'li Bcienze e lettere. Ser. 2a, voi. XXI, 13.
Milano, 1888.
Buccellati. Progetto del Codice penale pel Regno d'Italia del ministro Zanardelli. --
Kòrner. Intorno alla Siringina, un glucoside della Syringa rulgaris.
f Rendiconto dell'Accademia delle scienze tìsiche e matematiche. Ser. 2a, voi. II, 6.
Napoli, 1888.
De Gaxparis. Determinazioni assolute della componente orizzontale della t'orza ma-
gnetica terrestre fatte nel r. Osservatorio di Capodimonte negli anni 1885,1886,1887.—
Villari. Sulla resistenza elettrica opposta dà alcuni circuiti metallici alla scarica dei con-
densatori ed alla corrente della pila. — Freda. Sulla composizione del Piperno trovai -
nella collina del Vomero, e sull'origine probabile di questa roccia. — J/ontesano. Su la
curva gobba di 5° ordine e di genere i . — Capelli. Tua legge di reciprocità per le ope-
razioni invariantive fra due serie di variabili nrie. — Falcone, studio sulla circonvoluzione
frontale inferiore. — Malerba e Sanna-Salaris. Ricerche sul Gliscrobatterio.
fRevue interaationale. T. XIX. 1. Rome, 1888.
Renàu. L'Italie et la France. Réponse a la lettre de M. le se'nateuT Fedele Lampertic >
intitulée «La France et l'Italie». — James. Une Américaine à la recherche d'une situi-
LVII
tion. — Boglietti. Philippe II et D. Carlos. A projtos d'un livre recent. — Lindau. Lolo. —
Zanichelli. Le huitième centenaire de l'Universite de Bologne. — Fuster. La robe. — Mau-
rice. A travers les Revues italiennes.
+ Rivista di artiglieria e genio. Giugno 1888. Eoma.
/. V. Armi a ripetizione. Studi sulle armi a ripetizione fatti in Germania. — Miran-
doli. Recenti progressi nelle locomotive stradali. — Signorile. Sulle pozzolane vulcaniche,
divista mensile del Club alpino italiano. Voi. VII, n. 6. Torino, 1888.
Abbate. Nazionalità della vetta del Monte Bianco.
f Rivista di filosofìa scientifica. Voi. VII. Giugno 1888. Milano.
Merlo. Studi di ^litografia comparata. La più antica poesia dell'India. — Vaccaro.
Sulla genesi del delitto e della delinquenza. — Martinotti. Il progresso delle scienze e
la « Forza vitale ». — Bianchi. L'arte e la scienza. Perchè gli artisti moderni odiano
la linea.
''Rivista italiana di filosofìa. Anno III, voi. II, luglio-agosto 1888. Roma.
Benini. Dell'analogia considerata dal punto di vista logico e nelle sue applicazioni. —
Pélissier. Due frammenti inediti dell'epistolario di Leibnitz. — Puglia. Di alcune inesat-
tezze negli studi di Sociologia. — Martini. Un nuovo compendio di Storia della Filo-
sofia. — Marconi. La Filosofia nei licei italiani.
'"Rivista italiana di numismatica. Anno I, 2. Milano, 1888.
Gnecchi. Appunti di numismatica romana, I e IL — Rossi. I medaglisti del Rina-
scimento alla Corte di Mantova. IL Pier Jacopo Alari-Bonacolsi detto l'Antico. — Oster-
mann. Le medaglie friulane del secolo XV e XVI. Aggiunte ai Médailleurs Italiens del-
l'Armand. — Ambrosoli. Di una monetina trivulziana con S. Carpoforo. — Gnecchi. Do-
cumenti inediti della zecca di Correggio. — Gavazzi. A proposito delle monete di Gian-
carlo Visconti. — Ancona. Il ripostiglio di S. Zeno in Verona città.
f Rivista marittima. Anno XXI, 6. Roma, 1888.
Armani. Criteri per la sistemazione dei congegni lancia-siluri sulle navi. — Maldini.
I bilanci della marina d'Italia. — Freemantle. La velocità delle navi nella guerra navale. —
Tentativi fatti dalle potenze straniere per ridurre il calibro dei fucili (Compilazione del
capitano d'artiglieria austro-ungarica signor Franz Holzner).
^Rivista scientifico-industriale. Anno XX, n. 10. Firenze, 1888.
Poli. Ricerche su di un metodo per determinare il coefficiente di magnetizzazione nei
corpi isotropi. — L'isoterma dei gas. — Note di microscopia. — Rovelli. Fenomeni ed
influenza elettrica nei corpi coibenti.
"^Spallanzani (Lo). Ser. 2a, anno XVII, 5-6. Roma, 1888.
Conti. Considerazione sulla operazione di Estlander. Storie di operati e proposta
di una modificazione. — Postempski. Ferite penetranti nel petto ed addome semplici o
complicate. Lesioni articolari. Ustioni. Traumi dell'occhio e suoi annessi. Malattie vari''
non traumatiche. — Tassi. Neurectomia del cubitale. — Postempski. Nefrectomia addo-
minale per rene mobile.
f Telegrafista (II). Anno Vili, 5. Roma, 1888.
Bracchi. Elettrometria ad uso degli impiegati telegrafici.
Pubblicazioni estere.
"^Abhandlungen d. mathem.-phys. Classe der k. Sachs. Gesellschaft der Wissen-
schaften. Bd. XIV, 9. Leipzig, 1888.
Heinricius und Kronecker. Beitràge zur Kenntniss des Einflusses der Respirations-
bewegungen auf den Blutlauf ini Aortensysteme.
Bollettino-Rendiconti. 1888, Voi.. IV. 2° Sem.
— LVIII —
•■ Abstracts of the Proceedings of the Chemical Society. N. 56. London, 1888.
• Anales del Museo nacional de Mexico. T. IV, 2. Mexico, 1888.
Mejia. Exploracion en las ruinas del ceno de Tenguiengaj>>, Estado de Oaxaca. —
Thomas. Descubrimientos hecbos en los Códices Mexicanos y Mayas. —Orozco y Berrà.
El Tonalamatl. — de Molina. Arte de la lengua mexicana y castellana.
*Annalen der Chemie (Justus Liebig's). Bd. CCXLV. Leipzig, 1888.
Sohst mici Tollens. Ueber krystallisirte Zuckersaure (Zuckerlactonsiiure). — Herzfeld.
Ueber die Producte der Einwirkung Ton rothem Queksilberoxyd und Barvtwasser auf Glu-
cosi _ Schiff. Ueber Isomere der Gerbsiiure. — Id. Anhydride dei Kresotinsiiure. —
Kehrmann. Ueber Phospborwolframsauren und Arsenwolframsaurcn ; dritte Mittbeilung. —
Marcs. Ueber einfacb- und gemischtbalogensnbstituirte Acetessigester, sowie aber ilir Ver-
halten zu Natriumalkoholat. — Pingel. Ueber den Propiopropions&ure-Methylftther. —
Geuther. Chemiscbe Kleinigkeiten. — Baeyer. Ueber die Constitntion dea Benzols; erste
Abbandlung. — Wallach. Ueber die Benutzbarkeit der Molecularrefractìoii far Constitutions-
bestimmungen innerhalb der Terpengruppe. — Belo-end. UebeT ein Diazoderivai dee Methyl-
uracils. — G arte /ime isti')-. Ueber Liebreich'a todten L'anni bei ebemiseben Reactionen. —
Haberland und Hanekop. Schwefligsaures PlatoBammoniumoxydnatron ; mitgetheiH fon
K. Kraut. — Kraut. Oxalsaures Nickeloxydul-Aramoniak. — Wallach. Zar Kenntniss dei-
Terpene, siebente Abbandlung. — ZawMchirm. Ueber einige Alkylderivate dea Benzyla-
mins unti iiber die lieduction des Amarins. — Uebel. Ueber einige AmmoniakabkOmmlinge
des Cuminol8. — Roser. Untersuchungen aber das Narcotin, erste Abbandlung. — Theurer.
Ueber Xanthogallol. — Knorr. Synthetische Versncbe niit dem acetessigester, vierte Mit-
• tbeilung. — Khtz. Notiz aber das a-Amidolepidin.
+ Annalen der Physik und Chemie. X. F. Bd. XXXIV, 5. Beiblfttter. Bd. XII, 6.
Leipzig, 1888.
v. Ilelmholtz. Weitere Untersuchungen , 'li'' Electrolyse dea Wassera betreffend. —
Streintz. Ueber die electromotorische Gegenkrafl de8 Aluminiumvoltameters. — John. Experi-
mentalnntersnchungen aber die an der Grenzfl&cbe heterogener Leiter auftretenden localen
Wàrmeerscheinungen. — Edi und. Bemerkungen zu dem Aufsatze dea Brn. Foeppl aber die
Leitungsfahigkeil de8 Vacuums. — Toepler und ffennig. Magnetische Untersuchung einiger
Gase. — Botile. Ueber Fraunhofer'sche Ringe and die Farbenerscheinungen behauchterPlat-
ten. — Gumlieìi. Die Newton'schen Ringe im dorcbgebenden Lichte (experimenteller Theil).—
Norrenberq. Ueber Totalreflexion an doppeltbrechenden Krystallen. — Mezserschmitt Ueber
diffuse Reflexion. — Brodhun. Ueber das Leukoskop. — Lenard und Wolf. Luminescenz der
Pyrogallussaure. — Sohncke. Beitr&ge zur Theorie der Luftelectricitat. — Braun. Ueber die
Volumenànderung von Gasen brini Maschen; ein Beitrag zur Frage, ob der Druck einea
gesàttigten Dampfes im Vacnum ein anderer ist, als in einem Gase. — Brerker. Ausdeb-
nurig, Compressibilit&t und specifisebe Warme von Chlorkalium- und ChlorcalciujilCsun-
gen. — Natanson. Ueber die Gescbwindigkeit, mit welcher Gase den Maxwell'schen Zu-
stand erreieben. — Voigt. Bestimmung der Elasticitàtsconstanten von Topas und Baryt. —
Grimsehl. Tonstàrkemessung. — Michelson. Ueber das Electroaràometer. — Obericeli. Ver-
suche iiber das Mitschwingen zweier Pendei. — Muller-Erzbaeh. Die Bestimmung des
Dampfdrucks aus der Verdampfungsgescbwindigkeit.
•Annales des mines. 8e sér. t. XIII, 1. Paris, 1888.
Mario. Les régulateurs dans les distributions d'electricité. — Rcy. Note sur l'avan-
tage de la carbonisation sur place dans les aciéries. — Résal. Note sur la cause de la cata-
stropbe de Zng.
LIX —
^Annales des ponts et chaussées. 1888 mai. Paris.
de Saint-Venant. De la houle et du clapotis. — Durand-Clayc et Debray. Note sur
les phénomènes de dilatation qui se présentent dans les pàtes de ciment Portland. — Id.
Note sur la perméabilité des mortiers de ciment Portland et leur de'composition sous
l'action de l'eau de mer.
tAnnales (Nouvelles) de mathématiques. 3e sér. juin 1888. Paris.
Cesaro. Sur la potentielle triangulaire. — d'Ocagne. Quelques propriéte's de l'ellipse;
de'viation, écart normal. — Jukel-Rénoy. Sur la section d'une surface par un pian bitan-
gent. — Bioche. Sur les minima'de sommes de termes "positif dont le produit est Constant. —
Farjon. — Sur une^propriété du cercle des neuf points. — Fontaneau. Coniques polaires
d'un point et d'une droite.
fAnnales scientifiques de l'École normale supérieure. 3e sér. t. V, 7. 1888. Paris.
Appetì. Sur des équations line'aires inte'grables à l'aide de la fonctien /m(x , y). —
Stoujf. Sur la transfonnation des fonctions fuclisiennes.
• Annals of the N. Y. Academy of sciences. Voi. IV, 3-4. New York, 1888.
Vogdes. The Genera and Species of North American Carboniferous Trilobites. —
Bollman. Notes upon a Collection of Myriapoda, from East Tennessee, with a description
of a new genus and six new species. — Newberry. On the Stucture and Eelations of
Edestus, with a description of a gigantic new species. — Britton. On an Archsean Plant
from the White Crystalline Limestone of Sussex Co., New Jersey. — Julien. On the va-
riations of Decomposition in the Iron Pyrites; its cause, and its relation to density, Partii.
-Anzeiger (Zoologischer). Jhg. XI, n. 282-283. Leipzig, 1888.
282. Leydig. Altes und Neues ueber Zellen und Gewebe. — Nathusius v. Ueber die
systematische Stellung von Capra (?) pyrenaica und die massgebende Bedeutung der
Hornwindung. — Spenge!.. Das Spiraculum der Bombinator-Larve. — Tickeli. Vorlàufige
Mittheilung ueber das Nervensystem der Echinodermen. — 283. Blanchard. Quelques mota
au sujet de l'article de Mr. Lataste. — Keller. Die Wanderung der marinen Thierwelt im
Suezcanal. — Imhof. Sur la dissemination des organismes d'eau douce par les Palmipèdes.
[Bericht (XXIX) des Naturwissenschaftlichen Vereins fui- Schwaben und Neu-
burg. Jhg. 1887. Augsburg.
Roger. Verzeichniss der bisher bekannten fossilen Sàugethiere. — Wìedemann. Die
im Piegierungsbezirke Schwaben und Neuburg vorkommende Kriechthiere und Lurche. —
Boiler. Die Moosflora der Ostrachalpen. Ein Beitrag zur Bryogeographie des Algiin. —
Britzelmayr. Hymenomyceten aus Siidbayern. — Nachtrage zur Flora von Schwaben und
Neuburg insbesondere neue Fundorte in der Umgegend von Augsburg. — Bildenbrand.
Zwolfmonatliche Beobachtungen der tàglichen Temperaturschwankungen in der Memminger
Ach im Wergleiche mit der Luft-Temperatur.
tBerichte der deutschen Chemischen Gesellschaft. Jhg. XXI, 11. Berlin, 1888.
Vogel. Spektroskopische Notizen. — Bartshom und Jackson. Ueber Anilìntrisul-
fosàure. — Jackson und Robinson. Ueber die Einwirkung von Natriummalonsiiureester auf
Tribromdinitrobenzol. — Marquardt. Ueber Wismuthalkyle. — Id. und Michaelis. Zur
Kenntniss des Telluràthyls. — Rayman. Ueber die Rhamnose (Isodulcit). — Melikoff und
Zehnsky. Ueber Glycidsaureester. — Bolzmann. Ueber die Thioderivate einiger secundii-
rer und tertiarer aromatischer Amine. — Bischoff. Ueber Orthodinitrostilbene. — Id. Azo-
farbstoffe aus Orthodiamidostilben. — Id. Weitere Beitriige zur Kenntniss des Acetylente-
tracarbonsiiureethers. — Id. und Hjelt. Ueber symmetrische Diathylbernsteinsiiuren. l-II. -
Bischojf. Ueber symmetrische Diàthylbernsteinsauren. III. — Id. Beitriige zur Synthese
mehrbasischer Sauren der Fettreihe. — Fiochi. Ueber eine Reaction des Formaldehyds. —
— LX —
Pechnann v. und Mailer. Ueber neue Diketone der aromatischen Reihe. — Stierlin.
Ueber einige Derivate des Benzoylessigesters. — Sóderbaum und Widman. Ueber die
Darstellung von Nitrocymol und seine Oxydationsproducte. — Ciani irian und Silber.
Untersuchungen iiber das Apiol. — Fittig und Srhloesser. Ueber die Condensation von
Benzoylessigàther mit Bernsteinsaure. — Id. und Erlenbach. Ueber die Einwirkung von
Natrinm auf Monochloressigesaureàthylather. — Pechmann und Otte. Ueber einige Homo-
loge des Diacetyls. — Pawlewskù Ueber Thiophen. — Nielzki und Diestericeg. Ueber
Disazoverbidungen. — Gans, Stone und Tollens. Ueber Zuckersàurebildung als Reaction
auf Dextrose in Raffinose und anderen Kohlenhydraten, und iiber Furfurolbildung als Rea-
ction auf Arabinose. — Paterno und Nasini. Ueber das Moleculargewicht des Scbwefels,
des Phosphors, des Broms und des Jods in Losungen. -- Id. id. Ueber das Molecularge-
wicht der Citracon-, Itacon- und Mesaconsiiurc und der Fumar- und Malei'nsàure. —
Drehschmidt. Ueber die Absorption des Kohlenoxyds durch Kupferchloriir. — Kossel. Ueber
eine neue Base aus don Pflanzenreich. — Heymann und Koenigs. Ueber einige Lepidin-
verbindungen. II. — Fischer and Tafel. Ueber Isodalcit. II. — Manasse. Notiz iiber die
Einwirkung von Amyl nitrii auf Nitrosoketone. — Zedel. Notiz iiber die Einwirkung des
Hydroxylamins auf Acetylaceton. — Seubert. Ueber das Atmngewicht des Platins. —
Janovsky. Zur Bericbtigung.
: Bijdragen tot de Taal- Land- en Volkenkunde van Nederlandsch-Indié. 'S Gra-
yenhage, 1888.
Kielstra. Sumatra's Westknsl van 1*20-1 s;'>2. — van Langen. De inricbting van het
Atjehsche staatsbestuur onder bei sultanaat. — ÌVilken.letB over de mutilatie der tanden
bij de volken der Indischen Archipel.
1 Boletim da Sociedade de geographia de Lisboa. 7a Serie, n. 7, 8. Lisboa, 1888.
de Oliveira. Primeiras exploracóes no sul de Angola. — Dos Sunto* Vaquinhas. Co-
lonisacao de Timor. — Geraldes. Guiné portugueza.
; l>ulletin de rAcadémie r. des sciences, des lettres et des beaux arts de Bru-
xelles. 3e sér. t. XV, 5. Bruxelles, 1888.
Folie. Sur les formules de réduction des circompolaires en ascension droite et en
déclinaison. — Schoentjes. Sur quelques expéiiences relatives à la tension snperfìcielle des
liquides. — De Bruyne. Contribuliuii à l'etude de la vacuole pulsatile. — Massart. Sur
l'irritabilité des spermatozoides de la grenouille. — Bormans. Les fausses chartes et la
diplomatique. — Yanderkindere. La condition de la femme et le mariage à l'epoque mé-
rovingienne.
•Bulletin de la Société d'histoire naturelle de Colmar. Année 27-29 (1886-
1888). Colmar, 1888.
Reiber. L'histoire naturelle des eaux strasbourgeoises de Léonard Baldner. — Id. Sur
les six grandes cornes antiques et sur quelques autres curiosités d'histoire naturelle an-
cienne de Strassbourg. — Grad. Les foréts pétritiées deTFgypte. — Faudel et Bleicher.
Mate'riaux pour une étude préhistoriqne de l'Alsace. — Konig et Durckel. Les plantes in-
digènes de l'Alsace propres à Pornamentation.
•Bulletin de la Société entomologique de France. 1888, cah. 12. Paris.
■Bulletin de la Société i. des naturalistes de Moscou. 1888, n. 1. Moscou.
Trautschold. Einige Beobachtungen iiber die Folgen des Erdbebens vom 23 Februar
1887 auf der Riviera di ponente. — Lindeman. Die schadlichsten Insekten des Tabak in
Bessarabien. — Benzengre. Le comte Alexis Eazoumovsky, jirésident de la Société Im-
periale des Naturalistes de Moscou. — .UITlìIIHOBA. CnucoKi, pacTcniiì .tukojuu'tviuhxi.
LXI
wh TaMÓoBCKOH ryóepmu. — Wagner. Des poils nommés auditifs cliez les Araignées. —
Pavloiv. Etudes sur Fhistoire paléontologique des ongulés.
"'"Bulletin des sciences mathématiques. 2e Sér. t. XII, juin 1888. Paris.
Jensen. Sur une généralisation d'une formule de M. Tchebicheff. — Kapteyn. Note sur
les solutions singulières der équations différentielles du premier ordre. — Padé. Sur l'ir-
rationnalité des nombres e et n. — Picard. Sur la convergence des séries représentant les
équations différentielles.
f Bulletin of the California Acaderny of sciences. Voi. II, 8. S. Francisco, 1887.
Bryant. Discovery of the Nest and Eggs of the Evening Grosbeak. — Id. A New
Subspecies of Petrel from Guadalupe Island. — Id. Unusual Nesting Sites. — Casey. Some
New North American Pselaphidre. — Parry. Californian Manzanitas. — Cooper. West Coast
Pulmonata-Fossil and Living. — Le Conte. The Flora of the Coast Islands of California,
in Relation to Recent Changes in Physical Geography. — Curran. Priority of Dr. Kel-
logg's Genus Marah over Megarrhiza Torr.
i'Bulletin of the Museum of Comparative Zoology at Harward College. Vol.XIlI,
9 ; XIV, XV. Cambridge, 1888.
XIII, 9. Mayo. The superior incisors and Canine teeth of Sheep. — XIV-XY. Three
Cruises of the Blacke.
+ Casopis prò Pestovàni mathematiky a fysiky. Cislo V. V Praze, 1888.
+ Centralblatt (Botanisches). Bd. XXXV, 2. Cassel, 1888.
Hansgirg. Ueber Bacillus muralis Tomaschek nebst Beitràgen zur Kenntniss der Gal-
lertbildung eihiger Spaltalgen.
*Centralblatt fiir Physiologie. 1888, n. 7. Wien.
*Civilingenieur (Der). N. F. Bd. XXXIV, 4. Leipzig, 1888.
Grosch. Ueber die Berichtigung der Elster von Zwenkau bis zur siichsisch-preussi-
chen Landesgrenze. — Hausse. Ueber Orientirung der Grubenzuge.
•Collections (Smithsonian miscellaneous). Voi. XXXI. Washington, 1888.
Gray. Synoptical Flora of North America. The Gamopetalae.
+Compte rendu des scénces de la Commission centrale de la Société de géo-
graphie. 1888, n. 13. Paris.
*Compte rendu des séances et travaux de l'Académie des sciences morales et
politiques. N. S. t. XXIX, 7-8. Paris.
Carnot. Les premiers échos de la Revolution francaise au delà du Rhin. — 3/oynier.
Les causes du succès de la Croix Rouge. — Perrens. Rapport sur le prix Joseph Au-
diffred. — Desjardins. Concours pour le prix Bordin. La mer territoriale. — Aucoc. Rap-
port sur le concours Wolowski. — Beaussire. Rapport sur le concours relatif au prix
Halphen.
+ Comptes rendila hebdomadaires des séances de l'Académie des sciences. T. CVI,
26; CVII, 1-3. Paris, 1888.
26. Fizeau. Sur les canaux de la planète Mais. — Janssen. Remarques sur la Com-
munication précédente. — Friedel et Crafts. Sur la densité de vapeur du chiome d'alu-
minium et sur le poids moléculaire de ce compose. — de Lacazc-Duthicrs. Les progrès
du laboratoire de Roscoff et du laboratoire Arago. - Gyìdcn. Quelques remarques rela-
tives à la représentation de nombres irratìonnels au moyen des fractions contìnues.
Lecoq de Boisbaudran. A quels degrés d'oxydation se trouvent le chrome et le manga-
— LX1I —
nèse dans leurs composés fluorescents? — Ilirn. Sur une propriété du charbon ressem-
blant a celle de l'éponge de platine. — Goursat. Sur les substitutions orthogonales et Li B
divisions régulières de l'espace. — Ferriti. Sur la relation qui existe entro p fonctions en-
tières de p — 1 variables. — Cesaro. Sur un théorème du Kummer. — Iìerson et Destrem.
De l'électrolyse des solutions de potasse. — Engel. Sur les chlorhydrates de trichlorure
d'antimoine, de trichlorure de bismuth et de pentachlorure d'antimoine. — Haute fruii le
et Perrey. Sur la reproduction de la phénacite et de l'émeraude. — Thudichum. Sur les
alcalo'fdes, principes immédiats de l'urine humaine. — Olivier. Nouvelles ezpériences phy-
siologiques sur le róde du soufre chez les sulfuraires. — Petit. Sur les mouvements de
rotation provoqués par la lésion des ganglions sus-oesophagiens chez les escargots. — Roulc.
Sur la formation des feuillets blastodermiques et du coelome chez un Oligochcete limi-
cole (Enchytraeoides Marioni nov. sp.). — Garnault. Sur l'organisation de laVal-
vata piscinalis. — 1. Faye. Réponse aux critiques de M. Douglas Archibald, au sujet
des tempétes. — Nandin. Sur la culture de la ramie en Provence. — Léauté. Réglage
automatique de la vitesse dans Ics inachines à regime variatile. — Bisson. Boussole de
terre et de mer, permettant de trouver le méridien malgré le roisinage du fer. — Flam-
marion. Les neiges, les glaces e1 les eaux de la placete Mare. — Perrin. Sur Ics critc-
ria des divers genres de solutions multiples communes à deux équations. — Saint-Loup.
Sur la représentation graphique des diviseurs des nornbres. — Mercadier. Sur la detenni-
nation des cmistantes et du coefiBcient d'élasticité dynamique de l'acier. — Biehat et
Blondlot. Action combinée de l'insnfflation et de l'illuminatioii sur les couches électriquea
qui revétent les corps conducteurs. — Chapuis et Maaeureier. Sur le mécanisme de l'élec-
trolyse par les courants alternatifs. — Pellai. Application <lu principe de Carnot ani
réactions endotliermiques. — Ouvrard. Sur quelques composés dee metani de la cérite.—
Sabatier. Sur le chlorhydrate de chlornre cnivriqne. — li. Sur un chlorhydrate de chlo-
rure de cobalt. — Doelter. Sur la reprodaction artificielle des micaa el bm celle de la
scapolite. — de Rey Pailkade. Nouvelles recherches physiologiques sur la Bubstance or-
ganique hydrogénant le soufre à froid. — Ginn-d et Bonnier. Sur quelques ospèces nou-
velles de Céponiens. — de Guerne el Richard. Sur la distribntion géographiquedugenre
Diaptomus. — Dangeard. Sur un nouveau genre de Chytridinées, parasite desAlgues.— ■
Prillieux. Maladie vermiculaire des Avoines. — Pomel. Sur un gisemenl de quartz bipy-
ramidé avec cargneule et gypse, à Soni-Arras (Algerie). — Chauvel et Nimier. Sur les
effets des armes nouvelles (fusil modèle 188C, dit Lebel) et des balles de petit calibro à
enveloppe résistante. — Chastaing et Barillot. Contribution à l'étude des moyens ]a-.]»osés
pour l'assainissement des villes. — 2. Mascari. Sur les cyclones. — Poincaré. Sur la figure
de la terre. - Levasscur. Les centenaires en Franco (recensement de 1886). — Lépine et
Portcret. Sur la composition de l'urine sécrétee pendant la durre d'une contre-pressioil
exercée sur les voies urinaires. — Caspari. Formule pour le calcul des longitudes par les
chronomètres. — Caron. Sur la position de Timbuktu. — Jcnsen. Observations sur une
Communication recente de M. Cesaro. — Mercadier. Sur la détermination des constantes
et du coefficient dynamique d'elasticité de l'acier. — de Lahouret. Sur la propagation du
son produit par les armes à feu. — Bouty et Poincaré. Nouvelle méthode pour la mesure
de la résistance électrique des sels fondus. — Stoletow. Suite des recherches actino-élec-
triques. — Maneuvrier et Chappuis. Sur les détonations qui se produisent spontanément
dans l'électrolyse de l'eau par les courants alternatif. — Mallard et Le Chatelier. Sur le
procède* de tirage des coups de mine dans les mines à grisou. — Duboin. Sur quelques
compose's de l'yttrium. — Verneuil. Recherches sur la blende hexagonale phosphoresccnte. —
Ilaller. Synthèses au moyen de Féther cyanace'tique. Éthers orthotolnyl, pbdnylacétyl, cinna-
myl, et dicinnamylcyanacétiques. — Arth. Sur l'acide pimélique derive' du menthol. —
Gautier et Mourgues. Sur les alcalo'ides de l'huile de foie de morue. — Malbot. Sur la
LXIII
production de l'iodure de propylène, par la fixation de l'acide iodhydrique sur l'iodure
d'allyle. Transformation de l'iodure de propylène. — Fauconnier. Action de l'ammoniaque
sur l'epichlorhydrine. — Marcano. Sur la fermentation peptonique de la viande. — Chibret.
Étude comparative des pouvoirs antiseptiques du cyanure de mercure, de l'oxycyanure de
mercure et du sublime. — Boucheron. La surdité paradoxale et son opération. — Ledere.
Sur la secreti on cutanee de l'albumine cliez le cheval. — le Prince Albert de Monaco.
Sur l'emploi de nasses pour des recherches zoologiques en eau profonde. — Regnar d. Sur
un dispositif destine à éclairer les eaux profondes. — Carici. Sur le mode de locomotion
des cbenilles. — Houssay et Bataillon. Formation de la gastrula, du mésoblaste et de la
chorde dorsale chez l'axolotl. — Vayssiere. Sur la position systématique du genre Héro. —
Kunstler. Sur une méthode de préparation des filamentas tégumentaires des Flagelle's. — Cha-
tin. Surla structure des téguments de l'Hetero der a S ebachtii et sur les modifications
qu'ils pre'sentent chez les femelles fécondées — Bonnier. Recberches sur le développement du
Physcia parietina. — Mangìn. Sur la constitution de la membrane des ve:gétaux. —
Teisserenc de Bori. Cartes magnétiques de l'Algerie, de la Tunisie et du Sahara algérien. —
Huet. Sur le puits arte'sien de la Chapelle, à Paris. — Daubrée. Remarques relatives à la
Communication de M. Huet. — Trouvelot. Étude sur la structure d'un éclair. — 3. de Ca-
ligny. Expériences sur une nouvelle machine hydraulique. — Perrotin. Sur la planète
Mars. — Natanson. Sur l'explication d'une expérience de Joule, d'après la the'orie cine'-
tique des gaz. — Hirn. Réflexions relatives à la Note précédente de M. L. Natanson . —
Lemoine. De la mesure de la simplicité dans les constructions géométriques. — Berget.
Sur la conductibilité thermique du mercure au-dessus de 100°. — Negreano. Mesure des
vitesses d'éthérification, à l'aide des conductibilités e'iectriques. — Soret. Sur la mesure
des indices de réfraction des cristaux à deux axes, par l'observation des angles limitcs de
réflexion totale sur deux faces quelconques. — Engel. Observations relatives à de recentes
Communications de M. Sabatier sur le chlorhydrate de chlorure de cuivre et le chlorhy-
drate de chlorure de cobalt, — Arnaud. Sur la composition élémentaire de la strophan-
tine cristallise'e, extraite du Strophantus Kombé. — Lindet. Influence de la temperature
de fermentation sur la production des alcools supérieurs. — Cornevin. Contribution à
l'étude éxpérimentale de la gangrène foudroyante et spécialement de son inoculation pre-
ventive. — Viguier. Sur une nouveau type d'Anthozoaire, la Fascicularia radicans
C. Vig. — Perrier. Sur l'histologie coinparée de l'épithélium glandulaire du rein des Ga-
stéropodes prosobranches. — Bernard. Recherches anatomiques sur la Val va t a pi sci-
li al is. — cVArsonval. Étude auto-re'gulatrice entièrement métallique.
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felder. Bericht iiber die Litteratur des Jahres 1886, welche sieh auf Encyklop&die und
Methodologie der klassischen Philologie, Geschichte dfer Altertumswissenschafl und Biblio-
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— LXV —
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dicans, Peter) growing on the European Tortoise. - Spegazzini and ho. Pungi Japonici
Nonnulli: new Species of Japanese Fungi fonnd p ar asiti ( the Leaves of Polypontim
multiflorum, Thunb., and Lycium chinense, Sfili. — Baker. <»n a further Col-
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Stratigraphy of the Bagshot Beds of the London Basin. — Wethered. On Insoluble Resi-
dues obtained from the Carboniferous-Limestone Series al Clifton. — /linde. On the Hi-
story and Characters ofthe Genus Septast'raea, D'Orh. - Dawkins. On Ailurus
angli e us, a new Carnivore troni the Red Crag. — Davison. On the Movement of Scree-
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LXVIJ
Portschinshy. Diptera europaea et asiatica uova aut minus cognita. Pars V. ~ Gangl-
bauer. Neue Cerambyciden von Peking. — Id. Ein neuer Liopus aus dem Kaukasus. —
Faust. Verzeichniss der von Herrn Herz in Pekin, auf der Insel Hainan und auf der Halb-
insel Korea gesammelten Rùsselkàfer. — Radoszkowski. Inserta in itinere ci. N. Prze-
walskii in Asia centrali novissime leda. III. Sphegidae. — Jakowleff. Descriptions
d'espéces nouvelles ou peu connues du genre Sphenoptera Sol. des régions paléarcti-
ques. — Radoszkowski. Fanne hyménoptèrologiuue Transcaspienne (suite). — Schaufuss.
Beitrag zur Fauna der Niederlandischen Besitzungen auf den Sunda-Inseln. II. — Jakow-
leff. Coléoptères nouveaux de l'Asie centrale.— Jakowlew. Insecta in itinere ci. N. Prze-
walskii in Asia centrali novissime lecta. IV. Tcnthredinidae. — Séménow. Insecta in
itinere ci. N. Przewalskii in Asia centrali novissime lecta. V. Gr. Carabus. — Portschin-
sky. Diptera europaea et asiatica nova aut minus cognita. Pars VI. — Reitter. Insecta in
itinere ci. N. Przewalskii in Asia centrali novissime lecta. VI. Clavicornia, Lamelli-
cornia et Serricornia. -- Séménow. Description de deux espèces nouvelles du genre Ca-
rabus. — Tschitchérine. Description de deux nouvelles espèces du genre Poecilus Bon. —
Heyden. Verzeichniss der von Herrn Otto Herz auf der chinesischen Halbinsel Korea ge-
sammelten Coleopteren. — Radoszkowski. Sur quelques Osinia russes. — Radoszkowski.
Révision des armures copulatrices de la famille Epeolus. — Jakowleff. Pentatomides nou-
veaux de la faune Russe-Asiatique. — Schewiroff. Ueber die Metamorphose von Oxythyrea
stictica L. — Jakowleff. Insecta in itinere ci. N. Przewalskii in Asia centrali novissime
lecta. VII. Coléoptères nouveaux. — Id. Révision des espèces du genre Prionus de la
faune de la Russie. — Dokhtouroff. Inserta in itinere ci. N. Przewalskii in Asia
centrali novissime lecta Vili. Cantharides nouveaux du Thibet,— Dokhtouroff. Description
de deux Coléoptères nouveaux de la faune Aralo-Caspienne. — Morawitz. Ueber trans-
caspiscbe Chlorion-Arten. — Kònig. Neue Elateriden und Bemerkungen tiber bekannte
Arten.— Reitter. Inserta in itinere ci. N. Przewalskii in Asia centrali novissime lecta.
IX. Tenebrionidae. — Séménow. Insecta a ci. G. N. Potanin in China et in Mongolia
novissime lecta. I. Tribus Carabidae. — Radoszkowski. Hyménoptères de Korée. — In-
serta in itinere ci. N. Przewalskii in Asia centrali novissime lecta. — Dokhtouroff.
Cicindelidae. — de Selys Longchamps. Neuroptera I. — MacLachlan. Neuroptera II. -
Schanabl. Arida vagans Fall. *
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— lxvih —
Inoko. Ohtersuchungen iiber die Wìrkung dea Macleyin's auf don thierischen < » i _
nismus. — Baelz. Das Nervensystem bei fibrinSser Pneumonie. — Hyrano. Fin Beitrag
zur Kenntniss der Samen von Pharbitis triloba Miea. — Kog ! , [Jeber viei Koreaner-
Schàdel.
; Mittheilungen d. k. k. Central Commission zur Erforschung und Erhaltung
der Kimst- und historischen Denkraale. Bd. XIV, 1, 2. Wien, 1888.
1. Mùller. Die Capelle ini gràflichen Scblosse zu Reichenberg. — Fenny. Bauliche L7e-
berreste eines Privatbades in der Oberstadi von Brigantium. — Deschmann. Neueste Funde
rSmischer Steinsàrge in Laibacb. — Much. Per Bronzeschatz von Grebin Gradac in der
Hercegovina. — Wòlz. Beitràge zur Geschichte der <;>'belins ini Dome za Trient. — Fenny.
Glasgemàlde aus Vorarlberg. <• Alte Glasgemàlde in Wiener-Neustadt. — S
sewetter. Aus dem nordOrtlichen Bohmen. — Die alten Glasmalereien «ler Kirebe des heil.
Laurentius zu St. Leonhard ini Lavantthale. — Die Tempera-Gemàlde auf der Ruckseite
des Verduner Altars in Klosterneiibnrg. -- L'elici- versehiedene Kunstdenkmale Tyrols. -
Die St. Johannes-Kirche zu Taufers ini Munsterthale. — Die Kirche zu St. Georgen in
Niederheim. — Lunz und LTmgebung. - 2. Fenny. Der Wolffurther Kelch in Pfàver
Notizen iiber das GeschlechtderWolffurt. — II, r. Aus dem nordostlichen Bobmi
Boeheim. Alte Glasgemàlde in Wiener-Neustadt. — E berfeld in FrOgg un
Jahre 1887. — Pettcr. Das St. Johannes-Schlosschen auf dem MOrchsberge in Salzbui
Neuirirth. Ein Evangeliar aus der Carolingerzeii ini Stifte Strabov zu Prag. — Si
nievAcz. Die Franciscaner-Kirche in Ealitsch. Ta\ Grabungen and Funde ira
Puster- und Eisack-Tbale ini Jabre 1887. — Fanquschek. Die Decanal-Eirche zum heil.
Jacob in Tele und die iibrigen Kirchen daselbst. — Dsieduszycki. Die Malerei in der
altrutheniscben Eunst.'I.
•Mittheilungen der k. k. Greographiselieii G-esellsehafl in Wien. 1887. Wien.
Studnicka. Vorlàufiger iiber die bisheri neuesten ombrometrisi
Beobachtungen in Bobmen. — Zehd n. Bosnien and Bercegovina im Jahre 1886. — Pu-
tick. Die anterirdischen Flusslàufe von [nner-Erain, das Flussgebiete der Laibach. — ffa-
radauer. Dermaliger Standpunki der officiellen Cartographie in den europàischen Staaten.
mit besonderer Beriicksichtigung der topographfschen Karte.— Putick. Die anterirdischen
Flusslàufe von Iniier-Krain. da eh. — Rutar. Die Insel S. \
in Dalmatien. — Richter. Neue wissenschaftliche Arbeiten iiber die Alpen. -
tritt. Die Tinguianen (Luzón). Aus dem Spanischen des D. Isabelo de los Reyes frei &ber-
setzt und mit Anmerkungen versehen. — Td. Begleitworte zui ler Tingui
Wohnsitze. — Glaser. Ueber meine Reisen in Arabien. - , Die japanische In-
selwelt. Eine geographische-geologische Skizze. tàsiatischen Gewàsser
und dex Korea-Archipel. Naturwissenschaftliche Studien. —Ber ' eber die Erdbc-
ben in Wemyj im Juni 1887.— G 'ler. Caschmir, sein Klima, seine Pflanzen-und
Thierwelt. — Ritter von Le Monnier. Die Ruckkehr der Osterreichischen Congo-Expedi-
tion. — Baumann. Oesterreichiscbe Congo-Eipedition. — Id. Die Station der Stanley-Fàlle.—
Lenz. Oesterreichiscbe Congo-Expedition. Massaua unter italianischer Herrschaft. — Pau-
litsche. Epilog zur Katastrophe von DschaldSssa. — Baumann. Ausflug aach Siwa-Siwa's
Dorf. Das Schicksal von Dr. Holub's Expedition. — Paulilschke. Begleitworte zur
gischen Roùtenkarte fur die Streche von Zéila bis Bia Wor ifrikd). — Bau
Oesterreichische Congo-Expedition. Der Empfang der Osterreichischen Congo-Expedition.
bei ihrer Ruckkehr. — S . [Ernia Pascha) Meine letzte Reise von Ladó nach Mon-
buttu und zuriick. — Baumann. Beitràge zur physischen Geographie des Congo. — Td.
Bemerkungen zur Karte der Karawanenrouten ini Gebiete der Lù Ille des unteren
Congo. — Poh lerstOrung der sieben Stadte darch die Araucanen.— Penck.
LXIX —
Der Ausbruch des Tarawera und Rotomahana auf Neu-Seeland. — Id. Ferdinand Stoliczka. —
Baumann. Giacomo Bove und Freih. v. Reichlin-Meldegg.
i Monatsblàtter des Wissenschaftlichen Club in Wien. Jhg. IX, 9. Wien, 1888.
tNaturforscher (Der). Jhg. XXI, n. 24-30. Ttìbingen, 1888.
1 Notulen vari de Algemeene eu Bestimrs-Vergaderingen van het bataviaasch Ge-
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— LXX —
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of Bodies, and on their Resistances; also on the Thermo-electric and other Properties of
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On the Shells of the Albert Nyanza, Central Africa, obtained by Dr. Emin Pasha. —
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of the Lacertilia, particnlarly of Monitor. - Bowdler Sharpe. On a new Speciea of
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Edible Birds'-nests in British Nuli Borneo. — Salvin. A Noi i Ornithopthera
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f Revue archéologique. 3e sér. t. XI, rnars-avril. 1888. Paris.
Héròn de Villtfosse. Figure en terre bianche trouvée à Caudebec-lès-Elbeuf. —
Clermont-Ganneau. Sarcopbage de Sidon représentant le mythe de Marsyas. — Muntz.
L 'Antipape Clément VII. Essai sur l'histoire des Arts a Avignon, vers la fin du XVe siècle
(suitej. — Cumont. Les dieux éternels des inscriptions latines. — d'Arbois de Jubainville.
Le char de guerre des Celtes dans quelques textes historiques. — Guillemaud. Les in-
scriptions gauloises. NouVel essai d'intcrprétation (suite). — de Boislisle. Centratele 1581
relatif aux ouvrages de menniserie de la basse-cour du chàteau de Saint-Gerraain. —
Monceau. Fastes éponymiques de la ligue thessalienne. Tages et statèges fédéraux. —
de Launay. Histoire géologique de Mételin et de Thasos. — S. R. Liste des oculistes ro-
mains mentionnés sur les cachets. — Cagnat. Revue des publications épigrapkiques rela-
tives à l'antiquité romaine.
t Revue historique. T. XXXVII, 2, juill.-aoiit 1888. Paris.
Luchaire. Louis le Gros et ses Falatins (1100-1187). — Fagniez.'he Fere Joseph et
Richelieu. La Préparation de la rupture ouverte avec la maison d'Autriche (1632-1635)
(Suite). — Lebègue. Note sur les tauroholes et le christianisme. Les Mélanéphores. —
Langlois. Préparatifs de l'expédition de Louis de Franco en Angleterre en 1215. — Hammond.
Mission du comte de Guines à Berlin (1769).
+ Revue intefnationale de l'électricité T. VII, n. 61, 62. Paris, 1888.
61. Kouznetsov. Piles sèches pri unire et secondaire. — Dori/. L'électricité atmosphé-
rique. _ x{. W. Papier réactif pour reconnaitre les poles. — Geipel. État actuel et avenir
de l'électricité appliquée à l'art de l'ingénieur. — 62. Construction économique d'un rao-
teur électrique. — Michaut. Avertisseur universel, système L. Digeon.
+ Revue politique et littéraire. 3e sér. t. XLII, n. 1-4. Paris, 1888.
+ Revue scientifìque. 3e sér. t. XLII, n. 1-4. Paris. 1888.
+ Rundschau (Naturwissenschaftliche). Jhg. III, n. 27-30. Braunschweig, 1888.
Schriften dei- Gesellschaft zur Belo.derung der gesammten Naturwissenschaften.
Bd. XII, 2. Marburg, 1887.
Noack. Verzeicbniss fiuoreszierender Substanzen nacb der Farbe des Flaoreszenzlich-
tes geordnet.
Sitzungsberichte der Gesellschaft zur Befòrderung der gesammten Naturwissen-
schaften zu Marburg. Jhg. 1886, 1887. Marburg.
Sitzungsberichte der k. preuss. Akademie der Wissenschaften. 1887, n. XL-
L1V; 1888, n. I-XX. Berlin.
Munk. Untersuchungen iiber die Schilddriise. — Adresse an Hrn. Rammelsberg znr
Feier seines funfzigjahrigen Doctorjubilaums am 21. August 1887. — Adresse an Hrn. Hegel
in Erlangen zur Feier seines funfzigjahrigen Doctorjubilaums am 24. August 1887. -
Burmeister. Neue Beobachtungen an Coelodon. — Baumhauer. Ueber die Abhangigkeii
der Aetzfiguren des Apatit von der Natur und Concentration des Aetzmittels. — Adi
an Hrn. Ewald zur Feier seines funfzigjahrigen Doctorjubilaums am 21. October 1887. -
Hertz. Ueber Inductionserscheinungen, hervorgerufen durch die elektrischen Vorgànge in
Isolatoren. — Giirich. Vorlaufiger Bericht iiber die Ergebnisse einer geologischen Excursion
in das polnische Mittelgebirge. — Weber. Ahalyà, 'ÀXiMevS und Verwandtes. - Hofmann.
Ueber die von Prof. Ferd. Tiemann entdeckten beiden neuen KOrpergruppeii dei Amido-
xime und Azorime. — Mmrer. Ueber die nàchtliche Strahlung und ihre Grosse in absolu-
tem Maasse. — Assmann. Eine neue Methe.de zur Ermittelung der waluvn Lufttempei -
tur. — Schrader. Die keilinschriftliche babylonische KOnigsJiste. Nachtrag. -■ Lan
— LXXII
Ueber polaristrobometrisch-chemische Analyse. — Kirchhoff. Zwei Peloponnesiache Inschrif-
ten. _ Ebbinghaus. Die Gesetzmassigkeit des Helligkeitscontrastes. — Zangemeister.
Entstehung cler romischen Zahlzeichen. — Schott. Einige zur vergleichenden Etymologie
von Wòrtern de , _. Utai'schen Sprachengeschlechts ini weitesten Sinne. — /'/
Ueber die elektrolytische Entstehung des Wassersioffhyperoxyds an dei Kathode. — N
baum. Vorlàufiger Bericht iiber die Ergebnisse einer mit Unterstiitzung dei KOniglichen
Akademie ausgefiihrten Reise natii Californien. — Kirchhoff. Inschriften von dei Akropolis
zu Athen aus der Zeit nach dem Jahre des Archon Enkleides. — Fuchs. Uebei Relationen
zwischen den Integialen von Differentialgleichungen. — Milchhòfer. Vorlàufiger Bericht
uber Forschungen in Attika. — Ginzel. Finsterniss-Canon far dai Untersuchungsgebiet dei
romischen Chronologie. — Zeller. Ueber den Begrifl der Tyrannisbeiden Griechen. — Zi
riae von Lingenthal.Die Synopsis cauonum.— Curtius. Studien zur Geschichte der Artemis.
A. Kirchhoff. Inschriften von der Akropolis zu Athen. — Schuchhardt. Vorlàufiger Berichl
iiber cine Bereisung derpergam» nischen Landschaft. — Ludwig. Drei Mittheilungen uber alte
und nene Holothurienarten. — Weber. Ueber alt-irànische Sternnamen. — Kultsch
Ergebnisse einer Untersuchung Iiber die Befruchtungsvorgànge bei Ascaris me gaio ci -
phala.— Rontgen. Ueber die durch Bewegung eines im homogenen elektrischen Felde be-
findlichen Dielektricums hervorgerufene elektrodynamische Kraft.- - Vahlen. Ueber ei
Bruchstiicke des Ennius. — Diete. Ueber die arabische Uebersetzung der Aristotelischen
Poeiik. — Curtius. Festrede. — Schmoller. Die Einfuhrung der rranzdBischen Regie durcb
Friedrich den Grossen 1 TOC. — Kl in. Petrographische Untersuchung einer Suite von
Gesteinen aus dei Umgebung des Bolsener See's. — Noether. Anzahl der Modali] einer
Classe algebraischer Flàchen. - Borchardt. Ein babylonisches Grondrissfragment. —
Boetteger. Verzeichniss dei von Bnr. E. von Oertzen aus Griechenland and aus Klein-
asien mitgebrachten Batrachier und Reptilien. — Konow. Zwei neue Blattwespen-Arten.
Hertz. Ueber die Ausbreitungsgeschwindigkeit der elektrodynamischen Wirkungen. —
Dillmann. Ueber das Adlergesichl in der Apokalypse des Esra. —Kirchhoff. Inschriften von
der Akropolis zu Athen (Portsetzung). — Kundt. Ueber die Brechungsexponenten dér Me-
talle. — 'Fritsch. Ueber Bau und Bedeutung der Kanalsysteme anter der Saul der Selachier. —
Kirchhoff. Inschriften von der Akropolis zu Athen (Fortsetzung). - Rammeteber
zur Kenntniss der ammoniakalischen Quecksilberverbindungen. — Friedheim. Ueber die
chemische Zusammensetzung der Meteoriten von Alfianello und Concepcion. — Toepler
und ffennig. Magnetische Untersuchung einiger Gase. — Oberbeck. Ueber die Bewegungs-
erscheinungen der Atraosphaere. — Vogel. Ueber die Bestimmung der Bewegung von
Sternen im Visionsradius dindi M>edngraphischc Bcobachtung. — Moinmsru. «iedàchtniss-
rede. — Ansprache an Ihre Majestàl die Kaiserin und Ktinigin Augusta. — Ansprache an
Scine Majestàt den Kaiser und COnig. — Kronecker. Ueber die arithmetischen Satze,
welche Lejeune Dirichlet in seiner Breslauer Habilitationsschrift entwickelt hat. — Kro-
necker. Zur Theorie der allgemeinen complezen Zahlen und des Modulsysteme. — LI. Bc-
merkungen iiber Dirichlet's letzte Arbeiten. — Jd. Zur Theorie der allgemeinen comple-
xen Zahlen und der Modulsysteme (Fortsetzung).
fStudies from the biological laboratory (Johns Hopkins University). Voi. IV, 3.
Baltimore, 1887.
Kemp. Some Observations on theLaws of Muscular Stimulation and Contraction, inaile
on the Muscles of the Terrapin. — Campbell. Experiments on Tetanus and the Velocity
of the Contraction Wave in Striated Muscle.
tTijdschrift (Natuurkundig) voor Nederlandseh-Indié. Deel XLVII. Batavia.
1888.
LXX1II
• Tijdschrift voor indische Taal- Land-en Volkenkimde. Deel XXXII, 1. Bata-
via, 1888.
Young. De feestdagen der Chineezen door Tsoa Thsoe Koan naar den Maleischen
tekst bewerkt.
f Transaction s of the N. Y. Academy of Sciences. Voi. VII, 1-2. New-York.
1888.
Britton and Rusby. List of Plants from Texas collected by Miss Croft. — Hub-
bard. Antique from Perù. — Martin. The « Field of Bocks". — Trowbridge. Pur-
pose of Emargination of Primary Wing-feathers. — Julien. Geology at Great Barrington,
Mass. — Britton. Deep Boring on Stateri Island. — Bolton. Counting-out-rhymes of
Children. — Le Pìonqeon. Eastern Yucatan (lecture). — Kuns. Minerals from Fort George,
New York City. ■ — Kemp. Geology of Manhattan Island.
• Transactions (The) of the r. Irish Academy. Voi XXIX, 1, 2. Dublin, 1887.
Ball. On the Piane Sections of the Cylindroid. — Graves. On the Ogam monnment
at Kilcolman.
"^Verhandlungen der k. k. geologischen Eeichsanstalt. 1888, n. 9. Wien.
Giimbel. Algeri vorkommen im Thonschiefer des Schwarz.-Leogangthales bei Saalfel-
den. — Rzehak. Ueber eine fartonisch-ligurische Foraminiferenfauna vom Nordrande des
Marsgebirges in Mahren. — Tausch. Ueber die Fossilien von Boiz in Siidsteiermark.
fVerhandlungen der k. k. zool.-bot. Gesellschaft in Wien. Bd. XXXVIII, 2.
Wien, 1888.
Brunner v. Wattenwyl. Monographie der Stenopelmatiden und Gryllacriden. — Hand-
1 irseli. Die Bienengattung Nomioides. — Ldv). Mittheilungen uber neue und bekannte
Cecidomyiden. — Id. Norwegische Phytopto- und Entomocecidien. — Tschusi v. Schmid-
ìwffen. Die Verbreitung und der Zug des Tannenhehers. — Wierzejski. Beitrag zur Kennt-
niss der Susswasser sclrwiimme. — Har'ing. Floristische Funde aus der Umgebung von
Stockerau in Niederosterreich. — Kemer v. Marilaun. Ueber die Bestàubungseinrichtungen
der Euphrasieen. — Staff. Beitràge zur Flora von Persien. — Wettst.ein. Pulmonaria
Kerneri nov. sp. -r- Id. Ueber Sesleria coerulea L.
*Viestnik hrvatskoga Arkeologickoga Druztva. God. X, 3. U Zagrebu, 1888.
Brwismid. Traccie di colonie preistoriche nel Sirmio. — Vukasovic. Iscrizioni antiche
bossinesi in Bossina e in Hercegovina. — S. L. Intorno il progresso della scienza archeo-
logica nel nostro regno croato. — Ljubic. Iscrizione romana dalla Bossina. — . S. L. Mo-
nete romane imperiali del museo del regno in Zagabria, non descritte in Cohen, o dalle
sue in parte diverse. Continuazione.
fWochenschrift des osterr. Ingenieur- und Architekten-Vereines. Jhg. XIII.
26-29. Wien, 1888.
•Zeitschrift der deutschen Morgenlandischen Gesellschaft. Bd XLI, 4; XL1T. 1.
Leipzig, 1887, 1888.
4. Hubschmann. Sage und Glaube der Osseteli. — Schlechta-Wssehrd. Aus Firdussi's
religios-romantischem Epos » Jussuf und Suleicha «. — Schils. Eine neue Uebersetzung
des Man-yò-siu. — Barth. Vergleichende Studien. — Id. Das phOnicische Suffix lTJ.
Grunbaum. Zusiltze und Berichtigungen zu Bd. LX S. 234ff. — Id. Die verschiednen Stufen
der Trunkenheit in der Sage dargestellt. — Bòhtlingk. Ueber die Grammatii Kàtantra.—
1. Klamroth. Ueber die Ausziige atis griechischen Schriftstellern bei al-Ja'qflbì. — (
Bullettino-Eexdicoxti.. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 1"
— LX.XIV - —
baum. Miscellen. — Praetorius. Das vermeintliche energetische Perfektum des Sabàiscben.—
Id. Tigrina-Spriichwòrter. — Nòldehe. Zu don agyptischeD Marchen. — ffoutum-Schindler.
Weitere Beiirage zum kurdiscben Wortschatze. — Miller. Zu Koran 2,261.— Wilhelm.
Beitnige zur Lexicographie des Awestà. — Dvorak. Sind turkische Dichterausgaben zu
vokalisirenV — voti Wlislocki. Beiirage zu Benfey's Pantschaiantru.
tZeitschrift des Vereins fur Thiiringische Geschichte und Altertumskunde. N.
F. Bd. VI, 1, 2. Jena, 1888.
Stoy. Erste Biindnisbestrebungen evangeliscbei Stànde. — Anemùller. Die Plunde-
rung und Kriegsnot in Rudolstadl betr. ini J. 1640.
tZeitschriffc fiir Etnologie. Jhg. XX, 2. Berlin, 1888.
Seler. Der Chàrakter dei aztekischen und dei Maja-Handschriften. — Quedenfeldt.
Eintheilung und Verbreitung dir BerberbewOlkerung in Marokko.
^Zeitschrift fur Mathematik und Physik. Jhg. XXXIII, 3. Leipzig, 1888.
Lohnstein. Zur Theorie des arithmeiisch-geometrischeii Mittels. — VivantL [Jeber
Minimalflàchen. — August. Uebei Rotationsflachen mil loxodromischer Verwandschaft. -
Matthiessen. Untersuchungen iiberdie Constitution unendlich dunnerastigmatischerStrahb n-
biindel nach ihrer Brecbung in einer krummen Oberflàcbe.
•Zeitschrift fur Naturwissenschaften. 1 B'olge. Bd. VI. :>. Halle, 1887.
Girschner. Die europaischen Arten der Dipterengattung Alophora. — Long. Nachtrag
zur Abbandlung fiber die Alaunschiefcrscholle von Bàkkelagel bei Christiania. — Lue-
deche. Datolitb vini TarifviUe U.S. — Schulze. Ueber dir Flora der subhercynischen
Kreide.
Pubblicazioni non periodiche
pervenute all'Accademia nel mese «li agosto isss.
Pubblicazioni italiane.
* Alvino F. — 1 Calendari, f. 37-40. Firenze, 1888. 8°.
* Angelici L. — Senso e intelletto. Studi di filosofia scientifica. Roma, 1888. 8°.
*Antonibon G. — Studi sull'Arte poetica di Q. Orazio Fiacco. Bassano, 1888. 8°.
*B assaai F. — Ricerche sui pesci fossili di Chiavon. Napoli, 1888. 4°.
* Clerici E. — Sulla Gorbie u la fi uni in al is dei dintorni di Roma e sui
fossili che l'accompagnano. Roma, 1888. 8°.
* Colonna S. — La protasi di Dante. Catania, 1888. 16°.
" Ferrari P. — Della lepra in Italia e più specialmente in Sicilia. Catania,
1888. 4°.
'Gloria A. — I monumenti della Università di Padova (1222-1318) raccolti
e difesi contro il padre E. Denifle. Padova, 1888. 8°.
*Kòrner G. — Ricerche sulla composizione e costitutuzione della Siringina,
un glucoside della Syringa vulgaris. Milano, 1888. 8°.
* Lorenzo G. di — Clinica delle malattie cutanee sifilitiche ed uterine. Napoli.
1888. 8°.
*Loremoni G. — Correzioni di scala ed elevazione sul mare del barometro
dell'Osservatorio astronomico di Padova e risultati medi con esso otte-
nuti nel ventennio 1868-1887. Venezia, 1888. 8°.
— LXXV —
* Maltese F.— La filosofia di E. Caporali e il pensiero scientifico. Vittoria.
1888. 8°.
""Marchiai J. — Paolo Boselli. Cenni biografici. Torino, 1888. 8°.
* Movici D. — L'imitazione considerata nella vita sociale e nelle affezioni ner-
vose. Palermo, 1888. 8°.
'Movimento commerciale del Regno d'Italia nell'anno 1887. Roma, 1888. f.
'Movimento della navigazione nei porti del Regno nell'anno 1887. Roma,
1888. f°.
^Statistica del commercio speciale d'importazione e di esportazione dal 1° gen-
naio al 31 luglio 1888. Roma, 1888. 4°.
1 Statistica delle opere pie al 31 dicembre 1880 e dei lasciti di beneficenza
fatti nel quinquennio 1881-85. Luguria. Roma, 1887. f.°
f Statistica dell'istruzione elementare per l'anno scolastico 1884-85. Roma,
1887. 4°.
"Statistica dell'istruzione secondaria e superiore per l'anno scolastico 1885-86.
Roma, 1887. 4°.
* Stefani S. de — Intorno alle scoperte fatte nella grotta dei Camerini nel
comune di Breonio. Parma, 1888. 8,J.
* Zonghi A. — Repertorio dell'antico Archivio comunale di Fano. Fano, 1888. 4°.
Pubblicazioni estere.
* Auwers A. — Die Venus-Durcligànge 1874 und 1882. Bericht ueber die
deutschen Beobachtungen. Bd. III. Berlin, 1888. 4°.
:> Avellis G. — Ueber Amylenhydrat als Schlafmittel. Giessen, 1888. 8°.
''Becker R. — Sophocles quemadmodum sui tempori s res publicas ad descri-
bendam heroicam aetatem adhibuerit. Pars. I. Gissae, 1888. 8°.
f Briegleb IL — De comparationibus translationibusque ex agricolarum pasto-
rnmque rebus ab Aeschylo et Euripide desumptis. Gissae, 1888. 8°.
* Buff B. — Revision der Lehre von der retìectorischen Speichelsecretion. Giessen.
1887. 4°.
f Chijs J. A. v. der — Dagh-Register gehonden uit Castel Batavia vent passe-
rende daer ter plaetse als over geheel Nederlaudts-India. Anno 1653.
Batavia, 1888. 4°.
"' Daubrée A. — Les eaux souterraines a l'epoque actuelle, leur regime, lem-
temperature, leur composition au point de vue du róle qui leur revieni
dans Téconomie de l'écorce terrestre. T. I, II. Paris, 1887. 8°.
iId. — Les eaux souterraines aux époques anciennes, róle qui leur revient dàns
l'origine et les modifications de la substance de l'écorce terrestre. Pa is,
1887. 8".
i Dingeldey J. — Ueber die Sprache und den Dialekt des Joufrois. Darmstadt,
1888. 8°.
— LXXVI —
fFuhr K. — Die Polizeiaufsicht nach dem Reichsstrafgesetzbuche. Giessen,
1887. 8°.
*Gegenbaur C. — Lehrbuch der Anatomie des Menschen. ;5e Aufl. Leipzig,
1888. 8°.
f Greim G. — Die Diabascontactmetamorphose bei Weilburg a. d. Lahn.
Stuttgart, 1887. 8".
^Grosse K. — Syntactische Studiefi zu Jean Calvin. Giessen, 1888. 8".
■ Eaeften W. v. — Zur Aetiologie und Therapie der Scrofulose. Giessen. 1887. 8°.
^Hoffmann IL — Phaenologische Untersuchungen. Giessen. 1887. 4".
*Hess R. — Ueber Waldschutz und Schutzwald. Giessen, 1888. 4°.
^Heuermann G. — Kònnen g MEengen gebundener-Schwefelsàure nachteilig
auf die Vegetation wirken? Leipzig. 1888.
^Hubert E. — Étude sur la condition des protestants en Belgique depuis
Charles V jusqu'à Joseph II. Bruxelles, 1882. 8.°
^Kesting L. — Ueber Lyssa li umana. Giessen, 1888. 8°.
ì'Koch R. — Das Verhalten des filagnesaftes bei Carcinom. Giessen, L887. 8°.
1- Koscknitzky M. — Ueber die Einwirkung ?on Brom auf die wasserige LOsung
der (e und /J-j9-Cymol-sulfosàure. Karlsruhe, 1888. 8°.
+ Kullmann /•'. — Ueber die Verwerthung «Ics Salols in der Diagnostik der
Magenkrankheiten. Giessen, L888. 8°.
fLang J. — Experimentelle Beitrage zur Kenntniss der Vorgànge bei der
Wasser-und Heizgasbereitung. Leipzig, 1888. 8°.
ìLamrus S. — Ueber ein grosses Teratom des Ovarium mil peritonealer
Dissemination. Giessen, 1888.8°.
* Levi s. — Vorname und Familienname ira Recht. Giessen, L888. 8°.
"; Otta G. — Ueber ein Brdel aus Ajgentinien. Karlsruhe, L888. 8°.
"Parkhurst IL M. — Photometric observations of' asteroids. Cambridge,
,1888. 4°.
>• Pasquay C. — Ueber die Einwirkung von Carbonylchlorid auf Ortho- und
Para-Nitrophenol und Derivate der erhaltenen Producte. Leipzig, 1888. 8°.
* Philips C. — Lokalfàrbung in Shakespeares Dramen. Th. 1. Eoln, L888. I '.
* Piatii Smith C. — Report od the-r. Observatorj Edinburgh for the 30th
June 1888. and the Edinburgh equatorial in 1887. Edinburgh, 1888. I '.
* Pickering W. IL. — Total eclipse of the Sun Aug. 20 1880. Cambridge,
1888. 4°.
■ Polarforschung (Die internationale). Beobachtungs- Ergebnisse der Norvegi-
schen Polarstation Bossekop in Alten. II Th. Christiania, 1888. 4°.
tPoths IL — Beitrage zur Casuistik der Embolie bei oftenem Foramen ovale.
Giessen, 1887. 8*.
* Salsbury Earp F. — Ueber eine neue Methode zur Darstellung von aroma-
tischen Succinaminsauren und Succinamiden. Bonn, 1888. 8°.
* Schaefer L — Des Nicolaus von Kues Lehre vom Kosmos. Mainz, 1887. 8°.
— LXXVII —
f Schliephake F. — Ueber Verletzungen des n. opticus innerhalb der Orbita.
Giessen, 1888. 8°.
f Schneider C. — Untersuchungen ueber die niedersiedenden Producte, velche
bei der troekenen Destillation von schweren sachsischen Braunkohlen-
theeròlen unter einem Druck von drei bis sechs Atmospharen erhalten
werden. Griinberg, 1888. 8°.
f Schón L. — Ueber Nichtvorkomrnen der Hypogaasàure im Erdnussòl. Giessen,
1888. 8°.
+ Schivali// F. — Die Reden des Buches Jeremia gegen die Heiden XXV,
XLVI-LI, untersucht. Giessen, 1888. 8°.
* Seits A. — Betrachtungen ueber die Schutzvorrichtungen der Thiere. Jena,
1887. 8°.
* Sievers W. — TJeber Krystallisirte Halogenquecksilbersalze. Giessen, 1888. 8°.
f Stefl ahìiy E. — Zur Untersuchungsmethode ueber die Topographie der rno-
torischen Iunervationswege im Ruckenmark der Sàugethiere. Giessen,
1887. 4°.
1 Streng W. — Beitrag zur Lehre von den gefàsscontrahirenden Mitteln.
Giessen, 1888. 8°.
1 Werken van de Nederlandsche Rijkscommissie voor Graadmeting en Water-
passing. II. Uitkomsten der Rijkswaterpassing. S' Gravenhage, 1888. 4°.
f Wieler A. — Ueber den Antheil des secundaren Holzes der dicotyledonen
Gewachse an der Saftleitung und ueber die Bedeutung der Anastomosen
ftìr die Wasserversorgung der transpirirenden Flaehen. Karlsruhe ,
1888. 8°.
f Wissmann F. 0. — De genere dicendi Xenophonteo deque prioris Helleni-
corum partis condicione, Quaesfciones selectae. Gissae, 1888. 8°.
' Wullner. — Kaiser Friedrich III. Rede. Aachen, 1888. 8°.«
f Zehnder L. — Ueber den Einfìuss des Drnckes auf den Brecbungsexponenten
des Wassers, fur Natriumlicht. Giessen, 1887. 8°.
*Zittel K. A. — Handbuch der Palaeontologie. le Abth. Bd. Ili, 2; 2e Abth.
Lief. 6. Leipzig, 1888. 8".
Pubblicazioni periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di agosto 1888.
Pubblicazioni italiane.
+ Annali della Società degli ingegneri e degli architetti italiani. Anno III. 2.
Roma, 1888.
Vacchelli. Sollecitazioni di flessione nelle travi reticolari con nodi rigidi. — Respighi.
Notizie sui pozzi artesiani. — Basile. Il palazzi» elfi Parlamento eli >
Sull'equilibrio delle cupole in muratura. — Boriato. 1 bacini di carenaggio in Italia. —
Perelli. Nota sulle macchine marine a triplice espansione.
LXXVIII —
■Atti del r. Istituto veneto. Ser. 6a, t. VI, 8-9. Venezia. 1888.
De Leva. Dante qual profeta. Memoria del prof Ignazio de DOllinger. Relazione.—
Oallegari. Dei Fonti per la storia di Nerone. — BeUati e Lussanti, Sul passaggio delle
correnti elettriche attraverso cattivi contatti. - Veludo. Un antifonario del secolo XIV:
da lui descritto. — Pirona. Nuove cattare della Vipera Ammodite in Friuli. Comunica-
zione. _ Beltrame. Leggende e vera storia «li Giaffa. L'occupazione francese ed egiziana.
Il convento francescano. La fontana di Abù-Nabùt. — Canestrini. Prospetto dell'Ai
fauna italiana. — Tesa. Di Paolino da San BaTtolommeo, la vita scritta da anonimo.
E.Bernardi. Sopra un curioso problemadi idrodinamica pratica. Nota. Bernardi. Sul diario
inedito, con note autobiografiche, del conte di Cavour, pubblicato da Domenico Berti e»
da Schio. L'aeronave Cordenons.
•Annali di agricoltura. 188S.ii. 151, 152. Roma.
151. Le r. scuole pratiche e speciali di agricoltura. — 152. C sorso agrario di Arezzo.
■^Annali di chimica e di farmacologia. L888, n. 1. Milano.
Selmi. Prodotti anomali in parte venefici da alcune urine patologiche considerati in
correlazione colla tossicologia e la diagm si medica.
* Annali di statistica. Ser. 4a, n. 21. Roma, 1*88.
Notizie sulle condizioni industriali dell'isola 'li Sardegna.
"^Archivio della r. Società romana di Btoria patria. XI. 2. Roma, 1*88.
Cugnoni. Memorie 'Idia \it.i e degli scritti del cardinale Giuseppi Antonio Sala.—
Motta. Documenti milanesi intorno a Paolo II e ;il card. Riario. /'<» D
campagna romana (continuazione) Gì ni [scrizioni etiopiche "1 mali.- «li > ^ •
dei .Meri. — Luzio e Renier. Relazione inedita sulla norie del 'luca di Gandia.
* Archivio vcueto. Aimo XVIII. f. 70. Venezia, 1888
Papadopoli: Alcune notizie sugli intagliatori della Zecca di Venezia. - Be
L'insegnamento e la cultura in Chioggia fino al - colo XV. — Schiavon. Guarientor pit-
tore padovano del secolo XIV. — Giuriate. Memorie venete nei monumenti di Roma. —
Levi, l'elle patere in generale, e 'li due singolari monumenti simbolici. àfedin. 1 ram-
mento di serventese in lode 'li Cangrande I Della N'ala. Statuti rurali
nesi, Castelnuovo dell'abate (1237, L260). — Pala , restamento di Liberale da Overnigo.
* Ateneo (L') v*eneto. Serie XII, 6. Venezia, 1 — .
Cecchetti. l»i aleani duhhi nella storia di Venezia. — D Ila Bona. Dei sopraredditi
e delle cause eliminatrici di essi. /.. '!. L'esposizione emiliana. /.' 'coloni. Rea-
lismo e vei ismo.
i" Atti della r. Accademia delle scienze fìsiche e matematiche. Sor. 2a, voi. 1. II.
Napoli, 1888.
pella. Ricerca delle operazioni invariantìve tra più serie di variabili permutabili
con ogni altra operazione invariantiva fra le stesse -rie. — l'usta. Notizie ed osservazioni
sulla geofauna sarda. II-VI. -- V, Ilari. Ricerche microscopiche sulle tracce 'Ielle scin-
tille elettriche incise sul vetro e sui diametri delle seinlill /'•
loro. Sul terremoto dell'isola d'Ischia della Bera del 28 luglio 1883. -- Scacchi. Sopra un
frammento di antica roccia vulcanica inviluppato nella lava vesuviana del 1872. — Fer-
gola. Sulla latitudine del r. Osservatorio ili Capodimonte. — Kantor. Premiers fondements
pour une théorie des tranformations périodiques univoques. S acchi. Nuove ricerche sulle
forme cristalline dei paratartrati, acidi di ammonio e <ii potassio. - • Cosi". Miscellanea
entomologica. — Licopoli. Sull'anatomia e fisiologia del frutto nell'Anona re' ti cu-
lata L. e nell'Asimina triloba Dun. — Pasquale. Cenni sulla flora diAssab.— Bal-
samo. Sulla sfuria naturale dille alghe di acqua dolce. — Govi. Il microscopio composto
— LXXIX —
inventato da Galileo. — Scacchi. La regione vulcanica fluorifora della Campania. — Gui-
scardo. Studi sul terremoto d'Ischia del 28 luglio 1 883. — Battagliali . Intorno ad una ap-
plicazione della teoria delle furine binarie quadratiche all'integrazione dell'equazione diffe-
renziale ellittica. — Licopoli. Sul polline dell'Iris tuberosa Lin. — Battaglini. Sulle
forme binarie bilineari. — Nicolucci. Antropologi dell'Italia nell'evo antico e nel moderno. —
Scacchi. Le eruzioni polverose e filamentose dei vulcani.
+ Atti della Società di archeologia e belle arti per la provincia di Torino.
Voi. V, 2. Torino, 1888.
Bogcjio. Le prime chiese cristiane nel Canavese. — Rosa. Lapidi, terrecotte e mo-
nete romane recentemente trovate in Susa. — Promis e Brayda. Una contrada romana in
Torino dagli Scavi della diagonale di S. Giovanni e altri avanzi venuti in luce negli ul-
timi tempi. — Ferrerò. Ripostiglio di Fontanetto da Po. — Berard. Appendice aux anti-
quite's romaines et du moyen-àge dans la Vallee d'Aoste.
f Bollettino dei Musei di zoologia ed anatomia comparata nella r Università
di Torino. Voi. Ili, n. 44-48. Torino, 1888.
Rosa. Di uri nuovo lombrico italiano. — Canterano. La scoperta del dott. C. Lepori
della natura delle cosidette ghiandole del collo del Phyllodactilus europaeus. —
Perarra. Sul valore specifico del Pelobates latifrons dei dintorni di Torino. — Sal-
vador!. Il S i r rat t e in Italia nella primavera del 1888. — li. Le date della pubblicazione
della « Iconografia della fauna italica » del Bonaparte ed indice delle specie illustrate in
detta opera.
+ Bollettino del Collegio degli ingegneri ed architetti in Napoli. Voi. VI, n. 5-7.
Napoli, 1888.
••Bollettino della Sezione dei cultori delle scienze mediche (Accad. dei fisio-
critici di Siena). Anno VI, 6. Siena, 1888.
* Bollettino della Società generale dei viticoltori italiani. Anno III, n. 14-16.
Eoma, 1888.
Cedetti. Le nuove infezioni filosseriche. — lei. Previdenze a proposito della pros-
sima vendemmia. — Id. Trattati di commercio ed iniziative locali.
* Bollettino della Società geografica italiana. Ser. 3a, voi. I, 7-8. Eoma, 1888.
Fea. Da Moulmein al Monte Mulai, viaggio zoologico nel Tenàsserim. — ■ Nota del
socio marchese Doria. — Enumerazione degli scritti pubblicati intorno al viaggio di L. Fea
in Barmania e regioni vicine. — Giornale del viaggio. — Remiseli. L'Italia e l'Abissinia. —
Stradelli. Un viaggio nell'alto Orenoco. — Bell'io. Proposte sull'insegnamento della
geografia.
* Bollettino delle nomine (Ministero della guerra). 1888. Disp. 29-36. Eoma.
* Bollettino delle opere straniere moderne acquistate dalle Biblioteche pubbliche
governative nel 1887. Indici. Eoma, 1888.
* Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa dalla
Biblioteca nazionale di Firenze. 1888, n. 62. Firenze.
* Bollettino del Ministero degli affari esteri. Voi. I, 6; II, 1. Eoma, 1888.
* Bollettino di legislazione e statistica doganale e commerciale. Anno V, 1° sem.
Giugno 1888. Eoma.
+ Bollettino di notizie agrarie. Anno X , 1888 , n. 47-56. Rivista meteorico-
agraria. N. 19, 22. Eoma?
— LXXX —
"■"Bollettino di notizie sul credito e la previdenza. Anno VI, 8, 9. Roma, 1888.
+ Bollettino mensuale dell'Osservatorio centrale del r. Collegio C. Alberto in
Moncalieri. Ser. 2a, Vili, 7. Torino, 1888.
Bertelli. Osservazioni fatte in occasione di una escursione sulla riviera ligure di po-
nente dopo i terremoti ivi seguiti nel 1887.
+Bollettino meteorico dell'Ufficio centrale di meteorologia. Anno X, 1888
agosto. Roma.
* Bollettino settimanale dei prezzi di alcuni dei principali prodotti agrari e
del pane. Anno XV, 1888, n. 27-31. Roma.
fBollettino ufficiale dell'istruzione. 1888. Voi. XIV, 5, 6. Roma,
tBullettino della Commissione archeologica comunale di Roma. Armo XVI, 7.
Luglio 1888. Roma.
Gatti. Di un sacrile compitale dell'antichissima regione esquilina. Mantechi. Le
recenti scoperte presso il cimitero di s. Valentino sulla via Flaminia. — de Rossi Del
praepositus de via Flaminia.— Visconti. Trovaraenti «li oggetti d'arte e di anti-
chità figurata.
tBullettino della Commissione speciale d'igiene del Municipio di Roma. Auno
IX, 1-5. Roma, 1888.
Fiorelli. Dell'abitabilità delle case nuove.
fBullettino della r. Accademia medica di Roma. Anno XIV, t-5. Roma, 1888.
Di' fiossi, l'assaggili inlracranico della marcia nella carie del temporale con a
per congestione al collo. — Sciamanna. Note cliniche sull'embolia cerebrale. — Bianchi.
Contributi! allo studio delle ossa preinterparietali nel cranio amano. Celli. Contributo
alle conoscenze epidemiologiche sul coli
fBolettino della Società veneto-trentina di scienze naturali. T. IV. 2. Padova, !
Pozzetto. Contributo alla ricerca nei vini delle materie coloranti derivate dal catrame
di carbon fossile. — de Toni e Paoletti. Spigolature per la flora di Massaua e dì Suakin. —
de Toni. Notizie sopra un caso di fasciazione caulina. — là. Osservazioni sopra alcuni
animali articolati del Bclluu- - LI. Sopra un caso teratologico riscontrato m'Ha sii-
gliela. — Canestrini. Una talpa europea albina. - Valeriani. Del Darvinismo in peda-
gogia, i' leltiTatura. — Torossi. Il (> obius punctatissi m u s < ìanestrini nel Vicentii
Ninni. La pesca ed il commercio delle rai Ielle tartarughe fluviatili nella provincia di
Venezia. — Berlese. Lo sviluppo dei parassiti vegetali.
hBullettino dell'imperiale Istituto archeologico germanico. Sez. romana. Voi. Ili,
2. Roma, 1888.
Heydemann. Osserva/ioni sulla morte di Priamo e di àstianatte. — Wolters. Bei-
tràge zur griechischen Ikonographie. — Mau. Scavi di Pompei. — ffuelsen. Osservazioni
sull'architettura del tempio ili Giove Capitolino. — Bai'bini. Scavi di Grosseto.
+Bullettino di bibliografia e di storia delle scienze fisiche e matematiche. T. XX,
novembre 1887. Roma.
Steinschneider. Etudes sur Zarkali. — Riccardi. Ancora del trattato De quadra -
d u r a Circuii di G. B. della Porta.
*Bullettino di paletnologia italiana. Ser. 2a, t. IV, 5-6. Parma, 1888.
Lorenzoni. Grotta Nicolucci presso Sorrento. — Pigorini. Ripostiglio di pugnali di
bronzo scoperto presso Ripatransone. — De Stefani. Scoperte nella grotta dei Camerini
presso Breonio. — Strobel. Anelli gemini problematici.
— LXXXI —
+ Cimento (Il nuovo). 3a sei", t. XXIII, maggio-giugno 1888. Pisa.
Ferraris. Sulle differenze di fase delle correnti, sul ritardo dell'induzione e sulla dis-
sipazione di energia nei trasformatori. — Grimaldi. Sulle modificazioni prodotte dal ma-
gnetismo nel bismuto. — Righi. Studi sulla polarizzazione rotatoria magnetica. — Magrini.
Kicerche intorno alla magnetizzazione del ferro. — Ferraris. Rotazioni elettrodinamiche
prodotte per mezzo di correnti alternate.
* Circolo (II) giuridico. Anno XIX, n. 6, 7. Palermo, 1888.
Fulci. Le decime abolite in rapporto al possesso dei benefizi. — Scaduto. Il riordina-
mento dell'asse ecclesiastico. — Leto. Studi critici di procedura penale.
f Giornale d'artiglieria e gènio. Anno 1888, disp. 5a. Koma.
+ Giornale della r. Accademia di medicina di Torino. Anno LI, n. 6, 7. To-
rino, 1888.
Masini. Sulla percezione del suono di un diapason applicato al mascellari." inferiore
e sua applicazione alla diagnosi delle malattie degli orecchi. — Cerniti e Canterano. Di
■ un nuovo caso di parassitismo di Gordius adulto nell'uomo. — Fori e Bonome. Sull'im-
munità conferita ai conigli verso il l'rot. volgare mediante la neurina. — Lombroso e
Ottolenghi. Nevrosi vasomotoria in una truffatrice istero-epilettica. — Belfanti e Pesca-
roto. Sopra una nuova specie di Bacterio patogeno riscontrato in materiale tetanigeno.
Secondi. Valori di A e A2 nei vari gradi del campo di sguardo quando ricercati nel piano
orizzontale. — P erroneità e Airoldi. Caso di tenia mediocanellata e di molte tenie nane
in un bambino di 6 anni. — Foà e Carbone. Sulla questione della trombosi. — Martinotti.
Sopra l'assorbimento dei colori di anilina per parte delle cellule animali viventi. — Rese-
gotti. Ulteriori esperienze sulla colorazione delle figure cariocinetiche. — Ferria. -La colo-
razione delle fibre elastiche coll'acido cromico e colla safranina. — Motta. Sulla cura della
cifosi e della scoliosi. — Martinotti. Sulla estirpazione del pancreas.— Conti. Un nuovo
nucleo di cellule nervose capsulate del cordone bianco antero-laterale nel midollo lombare
dell'uomo. — Martinotti. Della relazione delle fibre elastiche coll'uso del nitrato d'argento
e dei risultati ottenuti. — Demateis. Contributo all'etiologia dell'eczema. — Martinotti.
Sui fenomeni consecutivi all'estirpazione totale e parziale del pancreas. — Fubini e Canta.
Passaggio di oppiati nel latte. — Bonome. Milza ectopica con aderenza agli organi del
piccolo bacino. — Ttf.. Sulla guarigione delle ferite asettiche del cuore. — Martinotti. Sugli
effetti delle ferite del cuore.
* Gazzetta chimica italiana. Anno XVIII, 4. Appendice, voi. VI, 11-13. Palermo,
1888.
Oliveri. Ricerche sulla costituzione della quassina, composto colla fenilidrazina. —
Montemartini. Sulla composizione di alcune rocce della riviera di Nizza. — Paterno e
Nasini. Sul peso molecolare dello zolfo, del fosforo, del bromo e del iodio in soluzione.
Pesci. Azione dell'azotito di potassio sopra il cloruro ferrico. — Gazzarrinl Intorno al-
l'azione dello zolfo sull'aldeide benzoica. Lettera. — Piccini e Giorgia. Alcuni nuovi com-
posti fluorurati del vanadio. — Balbiano. Contribuzione allo studio del cromato basico di
rame. — Marino-Zuco. Ricerche chimiche sulle capsule surrenali. — Oliami eri e Ma-
rino-Zuco. Ricerche sperimentali sull'azione tossica dell'estratto acquoso delle capsule sopra-
renali. — Koerner. Intorno alla Siringina, un glicoside della S y r i n g a v u 1 g a r i s . —
Pesci. Ricerche sul terebentine destrogiro.
•Giornale della reale Società italiana d'igiene. Anno X, 7. Milano, 1888.
Raseri. Sulla frequenza delle seconde nozze e sulla durala della vedovanza in Dalia
ed altri Stati. — Gazzaniga. Le condizioni sanitarie di Pavia.
Bullettino-Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem.
— LXXXII —
+ Giornale di matematiche. Voi. XXV, maggio-giugno 1888. Napoli.
Pirondini. Sulle linee a doppia curvatura (continuazione). — Ronchetti. Calcolo del
valore, al netto, di titoli soggetti a tassa di circolazione e dritto di provvigione, come le
obbligazioni ferroviarie. — Giuliani. Alcune osservazioni sopra le funzioni sferiche di ordine
superiore al secondo e sopra altre funzioni che se ne possono dedurre. — Torelli. Su qualche
proprietà delle curve piane del terz'ordine fornite di un punto doppio. — Murer. Le serie
algebriche di superficie ad indice 3. — Raimondi. Sulle curve d'inversione. -- là. Un
teorema sui determinanti di differenze.
* Giornale medico del r. Esercito e della r. Marina. Anno XXXV, 7. Roma, 1888.
Sotis. Ascesso idiopatico del cervello comunicante colTesterno.
* Giornale militare ufficiale. Parte la, disp. 30-34; parte 2a, disp. 34-41. Roma,
1888.
+ Ingegneria (L') civile e le arti industriali. Voi. XIV, 7. Torino, 1888.
Cuppari. Sulle osservazioni atmometriche e sull'uso che può farne l'ingegnere. — I
due nuovi ponti costruiti sul Mal i e sull'Orco per la strada provinciale da Torino a Mi-
lano. — Appunti dell'ing. Lanino. — Gragnola. Dei ponti girevoli in generale e di quello
recentemente costruito per l'arsenale di Taranto. — Cerniti. Titolo dei filati.
* Memorie dell'Accademia di agricoltura, arti e commercio di Verona. Ser. 3\
vol.LXIII. Verona, 1886.
Garbini. Note istologiche suina alcune parti dell'apparecchio digerente nella cavia
e nel gatto.
* Memorie della Società degli spottroscopisti italiani. Voi. XVII, 5. Maggio
1888. Roma.
Draper. Memoria!, seenni! annual reporl of the photographic Studj of stellar spectra. —
Spettro della cometa Sawerthal osservato a Roma ed a Palermo. — Orbita della cometa
1879 IV. — Immagini spettroscopiche del lini-ilo Bolare osservato a Palermo <• Roma nel-
l'anno 1885.
•Monumenti storici pubblicati dalla r. Deputazione veneta di storia patria.
Ser. 4a. Miscellanea, voi. VII-IX. Venezia, 1887.
La legazione di Roma di Paolo Parata 1592-1595.
+ Monumenti storici pubblicati dalla Società napoletana di storia patria. Ser. I.
Cronache. Napoli, 1888.
Ignoti monachi cisterciensis S. Mariae de Ferraria chronica e1 Ryccardi de Sancto
Germano Chronica priora.
+ Pubblicazioni del r. Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento
in Firenze. Sezione di medicina e chirurgia. Firenze, 1888.
Fasola. Il triennio 1883-85 nella Clinica ostetrica e ginecologica di Firenze. Parte la.
* Ragguagli sui lavori eseguiti nell'anno XVI (1887-88) nel Laboratorio chi-
mico-agrario di Bologna. Bologna, 1888.
f Rassegna (Nuova) di viticoltura ed enologia della r. Scuola di Conegliano.
Anno II, n. 14, 15.
Roese. Nuovo processo per la determinazione dell'alcool. - Pollale. Determinazione
dell'acido nitrico nel vino. - Mancini. Imenomiceti viticoli. — I nostri vini all'Esposi-
zione di Londra. — Vrillieux. Esperienze sul trattamento del Black-Koth.
— LXXXIII
f Rendiconti del Circolo matematico di Palermo. T. II, f. 4. Palermo, 1888.
de Jonquières. Constructìon géométrique de courbes unicursales, notamment de celle
du 5ème ordre douée de six points doubles. — Del Re. Sui sistemi lineari ra-pli di sfere
e di un /i-spazio. — Id. Un teorema di geometria proiettiva sintetica ed alcuni suoi corol-
lari. — Montesano. Su una famiglia di superficie omaloidiche. — Vivanli. Sulle funzioni
ad infiniti valori. — Del Pezzo. Estensione di un teorema di Noether. — Betti. Sopra una
estensione della terza legge di Keplero. — Segre. Un'osservazione sui sistemi di rette degli
spazi superiori. — Vivanti. Ancora sulle funzioni ad infiniti valori.
* Rendiconti del r. Istituto lombardo. Ser. 2a, voi. XXI, 14. Milano, 1888.
Novarese. Proprietà stereometriche dei sistemi di forze. — Montesano. Su le trasfor-
mazioni involutorie monoidali. — Scarenzio. Trofismo ipertrofico mutilante. — Raggi. Con-
tribuzione allo studio delle allucinazioni unilaterali. — Canna. Giovanni Maria Russedi,
spigolature.
tRevue internationale. T. XIX, 2-4. Rome, 1888.
2. Tissot. Les évolutions de la critique contemporaine : M. Ferdinand Brunetière (Étude
analytique). — Lindau. Lolo (suite). — Lo Forte-Randi. Les flàneurs en littérature: Ro-
dolphe Topffer. — Sacher-Masoch. Les derniers amis. — Juslice. Les roses de Jéricho.
En campagne. — Roux. Une héroiine sous la Terreur. — Maurice. A travers les Revues
anglaises. — 3. Mazzini. Lettres inédites. — Dora d'Istria. Théologie et miracles de
M.me de Kriidener. — Lindau. Lolo (suite). — Boglietti. L'Autriche-Hongrie en 1888 et
la question d'Orient. — Delpit. Trois nouvelles. — 4. Mazzini. Lettres Inédites. — Lindau.
Lolo (suite). — Rod. La littérature contemporaine en France. — Guérin. Le voyage. —
Maurice. Croquis suédois. — Maurice. A travers les Revues allemandes.
+ Rivista di filosofia scientifica. Ser. 2a. voi. VII, luglio 1888. Milano.
Behnondo. Il sentimento religioso come fenomeno biologico e sociale. — Fano. Di
alcuni metodi di indagine in fisiologia.
'Rivista marittima. Anno XXI, 7-8. Roma, 1888.
Tadini. I marinai italiani fra i greci. — Maldini. I bilanci della marina d'Italia. —
Borgatti. Trieste e il suo porto. — Le granate cariche di fulmicotone e le fortificazioni. —
I forti e la melinite. — Holzner. Tentativi fatti dalle potenze straniere per ridurre il ca-
libro dei fucili. — Soper. Applicazione del tiraggio forzato sulle navi da guerra. Caldai.'
sotto l'azione del tiraggio forzato in locale chiuso. — G.B. Spartizione delle isole del Pa-
cifico tra le potenze colonizzatrici. —Esplorazione alle isole Salomone. — L'illuminazione
elettrica e i pericoli d'incendio. — I grandi porti di commercio.
•Rivista mensile del Club alpino italiano. Voi. VII, n. 7, 8. Torino, 1888.
^-Rivista scientifico-industriale. Anno XX, n. 11-12. Firenze, 1888.
Cantone. Sui sistemi di frangie d'interferenze prodotte da una sorgente di luce a due co-
lori. — Poli. Note di microscopia. — Sul potere emulsivo di alcune sostanze pei dividere
il solfuro di carbonio ed altri insetticidi nell'acqua e sul potere insetticida dei corpi stessi,
non che sulla volatilità del sulfuro di carbonio.
'Studi e documenti di storia e diritto. Anno IX, 2-3. Roma, 1888.
Gamurrini. S. Silviae Aquitanae peregrinai io ad loca sancta. anni fere 385-388. -
Talamo. Le origini del cristianesimo ed il pensiero stoico. - De Nolhac. Les correspon-
dants d'Aide Manuce; matériaux nouveaux d'histoire iittéraire. - Scialoia. Di una nuova
collezione delle Dissensiones doni in or uni.
* Telegrafista (II). Anno Vili, 6-7. Roma, 1888.
Bracchi. Elettrometria ad uso degli impiegati.
— LXXXIV —
Pubblicazioni estere.
f Abhandlungen der k. Sachs. Gesellschaft d. Wissenschaften. Pbil. hist. CI.
Bd. X. Leipzig, 1888.
Roscher. Umrisse zur Naturlehre des Càsarismus.
fActa mathematica. XI, 4. Stockholm, 1888.
Staude. Ueber die Bewegung einea schweren Punctes auf einer Rotationsfl&che. —
Weber. Zur Theorie der elliptischen Functionen (zweite Abhandlung). - Lilienthal v.
Bemerkung iiber diejènigen Flàchen bei denen ili'- Differenz der Hauptkrtimmungsradien
Constant ist. — Ptaszycki. Sur l'integration algébrique des différentiellea algébriques. —
Prix Oscar. Mémoirea présentéa au conconrs.
fAnnalen der Physik und Chemie. N. F. Bd. XXXV, 1. Beibl&tter zu dea-
selbeii. Bd. XII, 7, 8. Leipzig, 1888.
Wiener. Gemeinsame Wirkung von Circularpolarisation und Doppelbrechung. —
Wedding. Die magnetische Drehung der Polarisationsebene bei wachsender Doppelbrechung
in dilatirtem Glas. — Wien. Ueber Durchsichtigkeil der Metalle. Molenbroek. Zur Theorie
der Flussigkeitsstrahlen. — Voigt. Ueber die Reflexion und Brechung des Lichtes an
Schichten absorbirender isotroper Medien. — Qleichen. Allgemeine Theorie der Brechung
ebener Strahlensysteme. — Nahrwold. Ueber die Electricitatsentwickelung an einena
gliihenden Platindrahte. Wesendonck. Ueber die Bedingungen, denen die Elasticitfttscon-
stanten geniigen mtissen, damil ili'' LOsungen elastischer Probleme eindentig sind. —
Ilimstedt. Ueber die Bestimmung deT Capacitai eines Schutzringcondensators in absolutem,
electromagnetischem Maas.se. — du Bois. Susceptibilitàl inni Verdet'sche Constante fon
Flussigkeiten. - la Ji<i<l,r. Untersuchungen Qber die Magnetisirung elliptischer arri
rechteckiger Platten vou weichem Eisen. — Dorn. Zur Bewegung einea Magnete in nerhalb
eines dàmpfenden Multiplicators. — Galitzine. Ueber den Einfluas der Krunimung der Ober-
fliiche einer Fliissigkcit auf die Spannkrafl ihres ges&ttigten Dampfea.
fAmialen (Justus Liebig's) der Chemie. Bd. CCXLVI. Leipzig, 1888.
Polonowski. Die Condensation des Glyoxalsmil Malon-und Acetessigester. — Jaeckle.
Ueber hohere Homologe der synthetischen Pyridine und Piperidine. — Wislicenus. Un-
tersuchungen zur Bestimmung der ràumlichen Atomlagerung; erste Abhandlung: Beitrage
zur Geschichte der Fumarsaure und Malcinsiiure. — Kìebcr. Ueber die Producte der
Einwirkung von Monochlormethylàther auf Natriummalons&ureester. AnscMtz. Ueber
Eeissert's Pyranilpyroinsàure, Pyranilpyroìnlactòn und Anilbernsteinsaure. — Bòttinger.
Einiges iiber Gallussaure und Tannin. — Bruggemann. Ueber die Einwirkung von Natrium
auf der Àethylàther der Normal- und der Iso- Buttersàùre. -- Einhorn und Lehnkering.
Ueber ein /J-Lacton der Chinolinreihe. — Klùss. Zur Kenntniss der unterschwefelsauren
Salze. - Wallach. Zur Kenntnisa der Terpene und der àtherischen Oele, achte Abhand-
lung. — Alexander. Ueber hydroxylaminhaltige Platinbasen. — Wallach und Oildemeister.
Zur Kenntniss der Terpene und der àtherischen Oele. neunte Abhandlung. — Klùss. Zur
"Kenntniss der unterschwefelsauren Salze. — Wislicenus. Ueber die Synthese von Keton-
sàureestern. — Arnold. Ueber Methyl- und Àethyloxalessigester. — Wislicenus. Einwir-
kung von Isobuttersiiureester und arideren Estera auf Oxalester. — Id. Ueber die Einwir-
kung von Oxalester auf Lactone. — Id. Einwirkung von Essigester auf Phtalsiiureester. —
Rebs. Untersuchungen iiber Schwefelverbindungen. — Ladenburg. Ueber die Constitution
des Benzols.
— LXXXV —
'•"Annalen (Mathematische). Bd. XXXII, 1, 2. Leipzig, 1888.
Kiepert. Ueber die Transformation der elliptisclien Functionen bei zusammengesetztem
Transforraationsgrade. — Gross. Ueber die Combinante!! binarer Formensysteme , welcbe
ebenen rationalen Curven zugeordnet sind. — Baur. Zur Theorie der Dedekind'schen
Ideale. — Reyes y Prosper. Sur les propriétés graphiques des figures centriques (Extrait
d'une lettre adressée à Mr. Pasch.) — Pascli. Ueber die uneigentliclien Geraden und Ebe-
nen. — Voss. Zur Erinnerung an Axel Harnack. — Ilarnack f. Ueber Cauchy's zweiten
Beweis fiir die Convergenz der Fourier'schen Reihen und eine damit verwandte altere Me-
thode von Poisson. — Riecke. Ueber die scheinbare Wechselwirkung von Bingen, welcbe
in einer incompressibeln Flussigkeit in Pube sich befinden. — Lìe. Classification and
Integration von gewohnlichen Differentialgleichungen zwischen x y , die eine Grappe von
Transformationen gestatten. - Kupper. Die Abzàhlung als Fehlerquelle in der moderncn
Geometrie. — Hurwitz. Ueber diejenigen algebraischen Gebilde, welche eindeutige Tran-
sformationen in sich zulassen.
■• Annales de l'École polytechnique de Delft. T. IV, 1-2. Leide, 1888.
Hoogewerff et v. Dorp. Sur l'action de l'hypobromité de potassium sur Ics amides. —
Schols. Remarques sur le calcul des efforts maxima dans les maìtresses-poutres des ponts
de chemin de ter.
+ Annales de la Société géologique du Nord. XV, 3-4. Lille, 1888.
Barrois. Sur le terrain dévonien de la Navarro. — Dolio. Sur le genre Euclastes. —
Barrois. Les bryozoaires devoniens de l'État de New-Yorck , d'après M. James Hall. —
Gosselet. Note sur le granite et l'arkose métamorphique de Lammersdorf. — Id. Analyse
du Mémoire de MM. Renard et Klément: Sur la nature des silex. — Couvreuer. Sur la cor-
rélation de quelques couches de l'eocène dans les bassins tertiaires de l'Angleterre, de la
Belgique et du nord de la France, d'après le professeur Prestwicb. — Barrois. Note sur
l'existence du genre 01 db ami a dans les Pyrenées. — Gosselet. Remarques sur la discor-
dale du dévonien sur le eambrien dans le massif de Stavelot. — Ladrière. Le Givetien
à Hon-Hergies-lez-Bavai, ses limites, son contact avec l'Eifelien. — Malaquin. Compte-
rendu de l'excursion de la Société géologique du nord, a Bachant, Sous-le-Bois Louvroil,
Douzies et Maubeuge. — Gosselet. Etudes sur l'origine de l'ottrelite: ottrelite dans le
SNalmien supérieur. — Dharvent. Silex de St-Pol.
+ Annales des ponts et chaussées. 1888 juin. Paris.
Chambrelent. Notice nécrologique sur M. Croizette-Desnoyers. — 2e Cougrés inter-
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nistère des travaux publics de France sur les travaux du Congrès. — Laroche. Métbode
élémentaire pour calculer la résistance des portes d'écluse.
* Annales (Nouvelles) de mathématiques. 3e sér. 1888 juill.-aout. Paris.
Malo. Solution géométrique de la question proposée au concours general de 1885. —
Payet. Solution géométrique * de la question proposée pour l'admission à l'École centrale
en 1887. — Moret-Blanc. Solution des questions proposées au concours d'agrégation en
1885. — Jag'gì. Solution de la question proposée au concours d'agrégation en 1884. —
Roussel. Solution de la question proposée au concours general en 1883. — Farjon. Solution
d'une question proposée pour l'admission à l'École normale en 1885. - Genty. Note de
geometrie. — Théorème réciproque d'un théorème de M. E. Cesaro et applicatimi*. — An-
tomari. Recherches des points doubles dans les courbes unicursales. — de Re. Sur une que-
stion de geometrie liée à la théorie des normales à une quadrique. — Worontzof. Sur le
développement en séries de fonctions implicites. — Gilbert. Remarques sur l'integration
par parile. — Servais. Sur la courbure dans les coniques. — Cesaro. Sur les transformar
tions des séries de Lambert. — Teisceira. Démonstration d'une formule de Waring. —
— LXXXVI —
Roux. Solution gépmétrique de la question proposée dour l'adinission a l'École polytechni-
que en 1888. — Niewenglowski. Solution de la question d'analyse proposée au concours
d'agrégation des sciences matbe'matiques en 1888.
f Annales scientifiques de l'École normale supérieure. 3e sér. t. V, 8. Paris.
Stouff. Sur la transformation des fonctions fuehsiennes.
'Annuaire de la Société météorologique de France. Dee. 18S7. Paris.
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te'orites. — De Touch imbert. Prévision sur l'epoque de la moisson aui environs de Poitiers.
'Annuario publicado pelo i. Observatorio do Rio de Janeiro. 1885. 1886, 1887.
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284. Keller. Die Wanderung der Marinen Thierwell im SuezcanàL — Boettger. Qeber
àussere Geschlechtscharactere bei den Seeschlangen. — 285. Baur. Osteologìscbe Notizen
iiber Eeptilen. — Brandes. Ueber das Genus Hol osto munì Nitzsch. — Lutaste. A propos
de l'Art, de M. Spengel intitulé «Das Spiraculum derBombinator-Larwen». —286.
Brauer u. Redtenbacher. Ehi ]!< ìitrag zur Entwicklung d«»8 Fltlgelgeaders der Insecten. —
Imliuf. Ueber das Calanidengenus Eeteiocopei — Cattaneo. Sugli « Amebociti» dei
crostacei. — Id. Su di un infusorio ciliato parassito del sangue del CarcinusMaenas.
tArchives néerlandaises des sciences exactes et natii rei Ics. T. XII. 4-f>. Har-
lem, 1888.
van IVisselingh. Sur la paroi des cellules Bubéreuses. — Dojes. Sur le ròle du coeffi-
cient de transport dans une équation du conrant électrique. — Julius. Etecbercbes bolomé-
triques dans le spectre Infra-rougc. — de Vries.lie coefficient isotonique de la glycérine. —
Schouten. Elucidation graphique de la règie generale poni la tornir de la trajectqjre et
les propriétés du mouvemeni centrai. — Korteweg. Notes sur Constantijn Huygena con-
sidéré comme amateur des sciences exactes. et sur Bes relations avec Descartes.
tBeobachtungen (Magnetische und meteorologische) an d. k. k. Sternwarte zu
Prag. Jhg. 48. Prag, 1888.
+Berichte der deutschen Chernischen Gesellscliaft. Jhg. XXI, 12. Berlin, 1888.
12. Weyl. Die Wirkung ktinstlicber Farbstoffe auf den tbieriseben Organismns. I. —
Lewy. Ueber Oxazole und Derivate. — Staedel. Ueber Phenacylverbindungen. — Staats.
Zur Kenntniss der photochromatischen Eigenschaften des Chlorsilbers. — Ziacke und
Thelen. Ueber Pbenylbydrazinderivate des Oxynapthocbinoqs.il. — Lachowicz. Ueber die
Constanten des Benzols. — I/orstmann. Ueber die physikaUschen Eigenschaften des Ben-
zols. — Muller-Erzbach. Dissociatimi einiger Alanne und des essigsaureu NàtronB. — Wid-
man. Ueber Acetopropylbenzol, Acetocumol und ilire Derivate. — Guthzeit und Dressel.
Ueber Dicarboxylglutarsàureester. — Sehotten. Die Umwandlung des Piperidins in (f-Aini-
dovaleriansàure und in Oxypiperidin. — Altschul. Ueber o-Nitro jo-Oxychinolin und o-Ami-
do-jB-Oxychinolin, — Krafft. Ueber Isolirung der hoheren Normalparaffine aus Braunkohlen-
paraflBn. — Id. Ueber einige bochmoleculare Benzolderivate. IL — Baeyer. Ueber die Hy-
drophtalsiiuren. — Wessel. Carbodiimide der aromatischen Eeihe und Phenylhydrazin. —
Lellmann und Geller. Ueber tertiàres Phenylpiperidin. — Id. id. Ueber einige Derivate
des tertiiiren P,henylpiperidins. — Id. id. Ueber die Bildung von Farbstoffen aus ^-Amido-
phenylpiperidin. — Pfordten voti der. Die niedrigste Verbindungsstufe des Silbers. —
Le Blanc. Ein Beitrag zur Kenntniss des Isocbinolins und seiner Derivate. — Heim. Ueber
die Einwirkung von Schwefelammon auf einige aromatisebe Dinitrokorper. — Kiesewetter
und Kriiss. Beitriige zur Kenntniss der Absorptionsspectra erzeugenden seltenen Erden. —
— LXXXVII —
Pinner. Ueber Hydantoine. — Id. Einwirkung von Harnstoff auf Hydrazine. — Hofmann.
Notiz uber Anhydrobasen der aliphatischen Diamine.
'Berichte des naturwissenschaffclichen Vereines zu Regensburg. Hcft I. Re-
gensburg 1888:
Hofmann. Ueber die Honigbiene. — Roger. Ueber die Hirsche.
*Bibliothèque de l'École des Chartes. Année 1888, liv. 2, 3. Paris.
Moranvillé. Extraits de journaux du trésor (1345-1419). — Castan. Origine du sur-
nora de Cbrysopolis donne à la ville de Besancon à partir du XP siècle. — Moliniet.
Inventaire du trésor du saint siège sous Boniface Vili (1295). -- Funck- Brentano. Phi-
lippe le Bel et la noblesse franc-comtoise.
fBoletin de la Academia nacional de Ciencias eri Cordoba. T. X, 2. Buenos
Aires, 1887.
*Boletin de la real Academia de la historia. T. XII, 6. Madrid, 1888.
Babai. Una visita a las ruinas de Termancia. — Castrillon. D. Làzaro Diaz del Valle
y de la Puerta. — Coderà. Hamraudies de Màlaga y Algeciras : noticias tomadas de Aben
Hazam. — Id. Los Tochibies en Espana: noticias de està familia tomadas de Aben
Hazam. — Id. Inscripciones àrabes de Xela.
fBoletin de la Sociedad geogràfica de Madrid. T. XXIV, 4-6. Madrid, 1888.
Canga-ArgiieUes. Inmigración espanda al Sur de Filipinas. — La Información Agri-
cola y Pecuaria. — Un puerto franco en las Antillas espanolas. — Ovilo y Canales. Estado
actual de Marruecos. — Bonetti. Un viaje al Golfo de Guinea.— Torres Campos. Resena,
de las tareas y estado actual de la Sociedad Geogràfica de Madrid leida en la Junta ge-
neral de 30 de Mayo de 1888.
tBulletin de l'Académie r. des sciences. 3e sér. t. XV, 6; XVI, 7. Bruxelles,
1888.
XV, 6. de Selys Longchamps. Nouvelle apparition du Syrrhapte hétéroclite en Belgi-
que. ._ Dewalque. État de la végétation à Ancienne, à Gembloux, à Liège à Spa et à Vielsalm.
le 20-21 avril 1888. — Deruyts. Sur la théorìe des forraes algébriques à un nombre quel-
conque de variables. — Lameere. Sur des ceufs anormaux de PAscaris megalocephala. —
Wauters. A propos d'un nouveau système historique relatif à l'établissement des Francs en
Belgique. — Philippson. Seconde réponse. à M. le baron Kervyn de Lettenhove au sujet
d'Elisabeth et le meurtre de Darnley. — XVI, 7. Folle. Note sur un coup de foudre qui a
frappé l'Observatoire le 23 juin 1888. — Van der Mensbrugghe. Sur les moyens d'évaleur
et de combattre l'influence de la capillarità dans la densimétrie. — Spring. Sur la réaction
chimique des corps à l'état solide. — Id. Pourquoi les rails en service se rouillent moins
vite que les rails au repos. — Id. Note sur Péclat métallique. — De Ileen. Determinati. m
des variations que le coefficient de frottement des solides éprouve avec la temperature. -
Masius. Eecherches sur l'action du pneumogastrique et du grand sympathique sur 1;'. sé-
crétion urinaire. — Niesten. Sur l'aspect physiquc de la planète Mars pendant l'opposi-
tion de 1888. — Fievez. Nouvelles recherches sur l'origine optiqne des raies spectrales.
en rapport avec la théorie ondulatoire de la lumière. — Goedseels. De la longueur d'une
ligne. — Vanlair. Sur la persistance de l'aptitude régénératrice des nerfs.
+ Bulletin de la Société de géographie. 1888 Trini. 1 et 2. Paris.
1. Maunoir. Rapport sur les progrès des sciences géographiques pendant l'année
1887. - 2. Centenaire de la mort de Laperóuse.
-i-Bulietin de la Société eutomologique de France. 1888. 13, K>. Paris.
— LXXXVI1I —
^Bulletin de la Société mathématique de France. T. XVI, 4. Paris. 1888.
Perrin. Sur l'identité des pe'ninvariants des f<>rmes binaires avec certaines fonctions
des dérivées unilatérales de ces fonnes. — Stieltjes. Sur une généralisation de la formule
des accroissements finis. — Pellet. Division approximative d'un are de cercle dans un rapport
donne, à l'aide de la règie et du compas. — Bioche. Sur les lignes de courbure de certai-
nes surfaces gauches. — Delannoy. Sur la durre du jeu. — Catalan. Propositiuns et qne-
stions diverses.
"^Bulletin des sciences rnathématiques. 2e sér. t. XI, juill. 1888. Paris.
{OC
e~x- dx déduite de la formule de Wallis, —
Demartres. Sur le lieu d'un cercle doublement sécant à troifi cercles fixes. — Saint Ger-
main. Sur une surface du troisième ordre qui admet une ligne ombilicale parabolique.
'Bulletin of the Museum of Comparative Zoology at Havard College. XIII, 10;
XVII, 1. Cambridge, 1888.
(larman. The Rattle of the Rattlesnake. — Fewkes. On the devclopmenl of the Cal-
careous plates of Asterias.
•Calendar (The Glasgow University) for the year 1888-89. Glasgow, 1888.
*Centralblatt (Botanisches). Bd. XXV. n. 3-8. Cassel, 1888.
Ilansgirg. Ueber Bacillus rauralis Toraaschels aebsl Beitragen zur Kenntniss der Gal-
lertbildung éiniger Spaltalgen. — Keller. Wilde Rosei] des Kantons Zurich.
♦■Centralblatt fui Physiologie. 1888, n. 8-10 Wien, 1888.
Carle. Extirpation der Schilddruse. — Lukjanow. Kunstliche respiration. -- Gad.
Id. id.
fCompte rendus des séances et travaux de l'Accadèmie des sciences morales
et politiques. 1888. Sept.-déc. Paris.
Block. Rapport sur le pria Rossi. — Beaussire. Rapport sur le concours relatifau
prix Bordin. — Fustel de Coulanges. Discours prononcé ani fanérailles de M. Paul Pont, —
Dareste. Le nouveau Code civil du Montenegro. — Chaignet. Bistoire de la Psichologie
des (ìreos. — Baudrillard Les populations agricoles de l'Ile-de-France. — Levaèseur.
L'abolition de l'esclavage au Brésil. — Geffroy, Notice biographique sur Emile Belot. —
Charmes. Rapport sur le prix Thorel. — Levasse)/, : La Statistique agricole de la Fraine.
'Comptes rendus des séances de l'AcuiltMiiie des inscriptious et belles-lettres.
4e sér. t. XVI, mars-avrii 1888. Paris.
Le Blant. Lettres de Rome. — Opj>er! . Un contrat rappelant la legende de Bardana-
pale. — Id. La condition des esclaves à Babylohe. -• Riemann. Dutextedes livres XXV]
a XXX de Tite Live. — ffauréau. Sur le •• Livre des six principes ».
"'Comptes rendus hebdomadaires des séances de l'Académie des sciences. T. CVII,
4-9 Paris, 1888.
4. Bertrand. Note sur le tir a la cible. — Berthclot et André. Bemarques sur le do-
sage de l'azote dans la terre vegetale. — de Jonquières. Nouvelles rechercb.es sur la con-
struction, par deux faisceau projectifs, de la surfaee generale du troisième ordre. de La-
ease-Duthiers. Observations relatives à une Note recente de M. Viguier « Sur un nouveau
type d'Alcyonaire ». — André. Sur le ligament lumineux des passages et occultations des
satellites de Jupiter. — Perrin. Sur les criterio des divers genres de Solutions inultiples
communes a trois équations à deux variables. — Painlevc. Sur Ics équations différentielles
du premier ordre. — Schlesinger. Sur les courbes de genre un. — Berget. Mesure des
— LXXXIX —
coefficients de eonductibilité thennique des njétaux. — Moureaux. Déterminations magné-
tiques dans le bassin occidental de la Mediterranée.— Muntz. Analyse de l'eau du Nil. —
Leidié. Recherches sur quelques sels de rhodium. — Carnot. Sur une nouvelle métbode
de dosage de la lithine, au moyen des fluorures. — Rousseau et Bernheim. Sur quelqnes
hydrates de ferrite de potasse, cristallisés par voie seche. — Duboin. Sur les chlorure,bro-
mure et sulfure d'yttrium et de sodium. — Planchon. Sur le dosage de la glycérine par
oxydation. — Hardy et Gallois. Sur l'anagyrine. — Fauconnier. Action de l'aniline sur
l'épiehlorhydrine. — Zaìocostas. Recherches sur la constitution de la spongine. — Gautier
et Mourgues. Alealoi'des volatils de l'huile de foie de morue : butylamine, amylamine, hexy-
lamine, dihydrolutidine. — Massol. Neutralisation de l'acide malonique par les bascs solu-
bles. — Moissan. Préparation et propriétés du fluorure d'éthyle. — Vignon.Sulf&tes acides
de diméthylaniline et de diphénylamine. Sur une réaction generale des sulfates acide- de
certame s bases aromatiques. — Petit. Chaleurs de formati on des alcalis isomères, toluidines,
benzylamine, méthylaniline. — de Forcrand. Sur les glycérinates polybasiques. — Teissier
et Roque. Nouvelles recherches sur la toxicité des urines albumineuses. — Leloir. Sul-
la nature des variétés atypiques du lupus vulgaris. — Petit. Effets de la lésion des
ganglions sus-oesophagiens chez le Crabe (Carcinus Moenas). — Vitzon. Contribution a
l'étude du centre cérébro-sensitif visuel chez le cliien. — Houssay et Bataillon. Segmen-
tation de l'ceuf et sort du blastopore chez l'Axolotl. — Jumelle. Sur la constitution du
fruit de Gramine'es. — Dangeard. Le rhizome des Tmesipteris. — 5. Schlcssing. Sur
les relations de l'azote atmosphérique aree la terre vegetale. — Id. Sur le dosage du car-
bone et de l'azote dans la terre vegetale. — Friedel et Crafts. Sur la densité du chlore
et sur la densité de vapeur du chlorure ferrique. — Id. id. Sur la densité de vapeur du per-
chlorure ile gallium. — Gaudry. Sur les dimensions gigantesques de quelques Mammifè-
res fossiles. — Lecoq de Boisbaudran. A quels degrés d'oxydation se trouvent le chrome
et le manganese dans leurs composés fluorescents ? — Crueìs. Observations de la comète
a 1888. — Gruey. Positions de la comète 1888, I, mesurées à l'équatorial de 8 pouces de
l'Observatoire de Besancon. — Painlevé. Sur les équations différentielles du premier ordre. —
Baudot. Régulateur isochrone. — Krebs. Sur un téléphone à champ magnétique ferine.
avec plaque à sections cylindriques concentriques égales. — Moureaux. Cartes magnéti-
ques du bassin occidental de la Mediterranée. — Gouy. Sur la conservation de l'électri-
cité et la thermodynamique. — Bouty et Poincaré. Sur la eonductibilité électrique des
mélanges de sels fondus. Cas particulier de l'azotate de potasse et de l'azotate de
soude. — Bichat et Guntz. Sur la production de l'ozone par des décharges électriques. —
Carnot. Sur le dosage de la lithine dans les eaux minérales. Analyse de deux sources de
la Còte-d'Or. — Paure. Sur l'obtention économique des chlorures des éléments oxydés,
tels que l'aluminium. — Riban. Sur un procede de dosage et de separatimi du /.ine -
de Forcrand. Sur le glycol-alcoolate de soude. — Meunier. Sur un éther dibenzoi'que derive
de la mannite. — Gley. Sur la toxicité comparée de l'ouabaine et de la strophantine. —
Francois- Fr anck. Influence des excitations simples et épileptogènes du cerveau sur L'ap-
pareil circulatoire. — Prillieux. Traitement efficace du Black Rot. — Kilian. Structure
géologique des environs de Sisteron (Basses-Alpes). — 6. Berthelot. Expériences nouvelles
sur la flxation de l'azote par certaines terres végétales et par certaines plantes. — Faye.
Sur une rectification de M. Mascart, au sujet d'une citatimi relative a la firme des cyclo-
nes tropicaux. — Id. Sur une évolution recente des météorologistes , relativements ani
mouvements giratoires. — Tacchini. Résumé des observations faites a l'Observatoire rovai
du Collège romain pendant le deuxième trimestre de 1888. — Covette. Sur un nouvel ap-
pareil pour l'étude du frottement des fluides. - Jmgfleisch et Grimbert. Sur la lévu-
lose. — Massol. Sur les malonates de potasse et de soude. — Villard. Sur les hydrates
de méthane et d'éthylène. — Bréal. Observations sur la fixation de l'azote atmosphérique,
Bollettino-Rendiconti. 1888, V'"- IV, 2° Sem.
— xo —
par les Le'gumineuses dont Ics racines portent des nodosités. — Rietsch. Sur le tetanos
expérimental. — Lignier. De l'importance du système libéro-ligneux foliaire en anatomie
vegetale. — de Schulten. Sur la production des sulfates anhydres cristallisés de cadmium
et de zinc (zincosite artificielle). — Gonnard. Des figures de corrosion naturelle des cri-
staux de barytine du Puy-de-Dòme. — Poincaré. Sur la manière dont se produisent Ics
mouvements barométriques correspondant aux déplacements de la lune en déclinaison. —
7. Lévy. Sur une propriété generale des corps solides élastiques. — Lépine et Porterei.
De l'influence qu'exercent les substances antipyrétiques sur la teneur des muscles en gly-
cogène. — Bigourdan. Observations de la nouvelle comète Brooks. faites à rObserratoire
de Paris (équatorial de la tour de l'Ouest). — Eerari. Sur l'antimaine amorphe. -- Lévy.
Sur quatre nouveaux titanates de zinc. — Billet. Sur le cycle évolutif d'une nouvelle Bacte-
riacée chromogènc et marine. Bacterium Balbi ani i. — Patri'. Sur la enntagion de
la clavelée. — Cesavo. Bemarques relatives aux objections faites par M. Jensen à l'une
de ses précédentes oommunications. — Duponchel. Sur un cycle de periodicità de 24 ans,
dans les variations de la temperature a la surface du globe terrestre. - <s. Bouquet de 1»
Gry e. .Note sur l'adoption d'une heure legale en France. — de Jonquières. Construction
géométrique d'une surface, à points doubles, du quatrième ordre. Gamaleìa. Sur la vac-
cination preventive du cboléra asiatique. — Pasteur. Bemarques relatives a la Communi-
cation de M. Gamaleìa. — Perrotin. Observations de la comète Faye, retrouvée à Nice
le 0 aoùt. — Charlois. Observations de la convelle comete Brooks, faites à L'Observa-
toire de Nice (équatorial de Gautier de 0«?,38 d'ouverture). Dubois. Sur les Batellites de
Mars. — Goulier. Lois provisoires de L'affaissement 'rune portioa du sol de la France.-
Raoult. Sur les tensions de vapeur 'les dissoluti ons faites dans L'alcool.— Raulin. Obser-
vations sur l'action des micro-organismes sur Les matières colorantes. — Prillieux. Expé-
rience sur le traitement «lo la maladie de la pomme de terre. - Luys. Sur l'état de fesci-
nation déterminé ebez l'homme a l'aide de surfaces brillante^ en rotatioo (action somni-
fère des miroirs à alouettes). — Larrey. Observations relatives a La Communication de
M. Luys. — 0. Trépied, Sy et Renaux. Observations de la '-net' Brooks, faites a l'Ob-
servatoire d'Alger, au télescope de 0m,50. — Perrotin. Observations de la comète Faye,
faites à l'Observatoire de Nice. — Banaré. Sur des expériences de télépbonie Bous-marine. —
Fischer. Sur le dermato-squelette ei les affinités zoologiques du Testudo perpiniana,
gigantesque Tortue fossile du pliocène de Perpignan.
*Cosmos. Eevue des sciences et leur applications. N. S. 1888, n. 183-188. Paris.
tjahrbuch ueber die Fortsch ritte der Mathematik. Bd. XVII, 3. Berlin, 1888.
+ Jahresbericht des koa. Polytechnikums zu Stuttgart. 1887-88. Stuttgart.
f Jahresbericht Iiber die Fortschritte der classischen Alterthurnswissenschaft.
Jhg. XV, 11-12; XVI, 1. Berlin, 1888.
XV. Schneider. Bericbt Uber die Litteratur zu Plato aus den Jahren 1880-1885. —
Hùttner. Bericht uber die auf die aitiseli. n Bedner bezuglichcn littcrarischen Erscheinun-
gen der Jahre 1882-1885. — Magnus. Bericht uber die Litteratur zu Catull und Tibull
tur die Jahre 1877-1886.— Schiller. Jahresbericht ueber rSmische Geschichte und Chrono-
logie fur 1886. — XVI. Helmreich. Jahresbericht uber Taoitus. 1885-1887. — Schiller.
Jahresbericht iiber die romischen Staatsalterthumer fiir 1886.
f Journal de la Société physico-chimique russe. T. XX, 6. S. Pétersbourg, 1888.
Potilitzin. Sur les vitesses et les produits de décomposition du colorate et du chlo-
rite de lithium. — Konomikóff. Sur Ics rapporta entre le pouvoir rotatoire et la refraction
des substances organiques. — Socoloff. Action des iodures organiques sur le natriunmi-
troéthane. — Lamansky. Nécrologue du prof. S. Wroblewsky. — Egoroff. L'eclipse totale
— Xci —
(lu soleil da yl9 a°»t 1887. — ffesehus. Sur les resultate des observations météorologiques
pendant l'éclipse solaire du 7/i9 aoùt 1887.
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Brillouin. Déformationa permanentes et thermodinamiqno. — Defforges. Sur l'inten-
sité absolue de la pesanteur. — Gernez. Recherches sur l'application du pouvoir rotatoire
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Application de l'électromètre à l'étude des e'quilibres «chimiques.
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f Lumière (La) électrique. Année XXIX, n. 30-35. Paris, 1888.
^Mémoires de la Société d'agriculture, sciences, belles lettres et artes d'Or-
léans. T. XXVII, 1-4. Orléans, 1888.
Geffrier. Note sur deux cas de complications rares du croup. — Baillet. !,'• Décrel
de Memphis. — Desnoyers. Quatre nctimes au Musee d'Orleans. Dumuys. Recherches
sur les Catacombes d'Orléans.
— xcu —
fMemoires et compte reridu des travaux de la Société des ingénieurs civils.
Juin 1888. Paris.
Boudenoot. Projet de chemin de fer dans Paris (1885). — Henry. Pompe univalve
à piston plongueur. — Fermai. Amélioration de la snspension des voitures de chemin de
fer par l'application, en dedans, de menottes de ressorts à lames. — Remaury. !><■ l'emploi
dans les chaudières à vapeur des t<"des en metal fondu.
*Memorias de la Sociedad Cientifica - Antonio Alzate ». T. I, 12. Mexico, 1888.
Orozco y Berrà. Efemérides srismicas mcxicanas. — Motti. Movimientoa séismicoi
observados en Orizabu durante el ano 1887.
+ Mittheilungen aus der Zoologischen Station zu Neapel. Bd. Vili, 2. Berlin,
1888.
Apdthy. Analyse der iiusseren KOrperform der Hirudineen. — Dahrn. iStudien zur
Urgesehicht.- des WirbelthierkOrpera. — Uber Nerven und Gefasse bei Ammocoetea and
Petromyzon Planeri. — Mayer. Uebei Eigenthùmlicbkeiten in den Ereislaufsorga-
nen der Selachier. — Vigelius. Zui Ontogenie der marinen Bryozoen. — Walther, Die
geographische Verbreitung der Foraminiferen anf dei ^r<-vd di Benda Palumma ini Golfe
von Neapel.
i Mittheilungen der deutschen Gesellschaft fiir Natili- und Vòlkerkunde Osta-
siens. Heft. 40. Yokoama. 1888.
Rudorjf. Die R schtspflege in Japan in der gegenwartigen Periodo. — ffolbrung.
Ueber Kaiser-Wilhelmsland.
'Mittheilungen des k. deutschen Archaeologischen lnstituts. Athenische Ahthei-
lung. Bd. XIII, 2. Athen, 1888.
Winter. Der Ealbtràger and 3eine kunstgeschichtliche Stellung. — Qomperz. Der
auf die Mesiedlun^ v<»n Salamis lieziigliche Volkabeachlusa. — Siz.Dìe Kunstlerinscnrifì
des Mikkiadea und Arcbermoss. — Studnicàka. Aus Cbios. - Corize. Bermes-Kadmilos. —
Schliemann. ^triache Grabinschriften. - Doerpfeld. Der Eridanoa. -- Schuehhardt.
Parai ia.
•Mittheilungen des Ornithologischen Yereines in Wien. Jhg.XII, 6-8. Wien,
1888.
f Mittheilungen des Yereins fiir Erdkunde. 1887. Leipzig.
Ratzel. Aus E. POppigs Nachlass mit biographischen Binleitong. Fischer. Dir
àequatorialgrenze des Scbneefalls. — Meyer. I>i>- Scbneeverbaltniase im Cilimandscbaro
ini Sommer 1887.
f Mittheilungen (Monatliche) aus dem Gesaramtgebiete der Natunvissenschal'-
ten. Jhg. VI, 3. Frankfurt, 1888.
von Gelhorn. I>as Fiefate Bohrloch der Erde. — Huth. Beitrage zur Kenntniss der
màrkiachen Fauna.— Zacharias. Ueber Periodicità! in der Gewicbtszunabrae bei Kindern.
+ Monatsblatter des wissenschaftlichen Club in Wien. Jhg. IX, 10, 11. Wien.
^Notices (Monthly) of the r. Astronomical Society. Voi. XLVIII, 8. London, 1888.
Krueger. The Central Office for Astronomical Telegrams. — Grubb. New arrange-
ment of electrical control fur driving clocks of equatorials. — Crossley. Description of
a new Observatory for a 3-foot refleetor. — Cppelancì. Note on the visible spectrom of the
great Nebula in Orion. — Elger. Physical observations of Saturn in 1888. — Peters. Ob-
servations of Sappho (80). — Royal Observatory, Greenwieh. Observationa of Comet
— xeni —
a 1888 (Sawerthal). — Radclìffe Observaiory, Oxford. Observations of Cornei a L88fi
(Sawerthal). — Biggs. Observations of Comet a 1888 (Sawerthal), made at Launceston,
Tasmania. — Tehhutt. Observations of Comet a 1888 (Sawerthal), made at Windsor, New
South Wales. — Becker. Note on Comet a 1888 (Sawerthal). — Grant. Note on the
Glasgow Star Catalogne.
fNotizblatt des Vereins fur Erdkunde zu Darmstadt. F. IV, 8. Darmstadt, 1887.
fNotulen van de aìgemeene en Bestuurs-Vergaderingen van liet bataviaasch
Genoatschap vari Kimsten en Wetenschapperi. Deel XXV, 4. Batavia,
1888.
observations made during'the year 1883 at the United States Naval Obser-
vatory. Washington, 1887.
+Proceedings of the London Mathematica! Society. N. 317-320. London, 1888.
Love. The Free and Forced Vibrations of an Elastic Spherical Shell containing a given
Mass of Liquid. — Roberts. On the Volume generated by a Congruency of Lines. — Ge-
nese. Geometrica! Demonstration of Feuerbach's Theorem concerning the Nine-Point
Circle. — Tucker. A Group of Isostereans. — Macmahon. Symmetric Functions and the
Theory of Distributions.
+ Proceedings of the r. Geographical Society. N. M. S. X, 8. August 1888.
London.
Youmjltusband. Journey Aacross Central Asia from Manchuria and Peking to Kashmir,
over the Mustagh Pass.— Clarke. Unexplored Basuto Land.— Wissmann. On the influence
of Arab traders in West Central Africa.
+Proceedings of the r. Society. Voi. XLIV, n. 270. London, 1888.
Beevor and Horsley. Note on some of the Motor Functions of certain Cranial Nerves
(V, VII, IX, X, XI, XII), and of the three first Cervical Nerves, in the Monkey (Macacus
s i n i e u s). — Tumer. An Additional Contribution to the Placentation of the Lemurs. —
Wooldridge. Note on the Coagulatici of the Blood. — Gossage. Note on the Volumetrie
Determination of Urie Acid. — Me William. On the Effectes of Increased Arterial Pressure
on the Mammalian Heart. — Gore. The Minimum-point of Change of Potential of a Voltaic
Couple. - Id. On the Change of Potential of a Voltaic Couple by Variation of Strèngth
of its Liquid. — Id. Influence of the Chemical Energy of Electrolytes upon the Minimum-
point and Change of Potential of a Voltaic Couple in Water. — Smart. The Electric Or-
gan of the Skate. The Electric Organ of Rai a radiata. — Russell. On certain Definite
Integrals. — Abercromly. On Meldrum's Rules for handling Ships in the Southern In-
dian Ocean. — Hopkinson. Magnetic Properties of an Impure Nickel. — Parsons. Experi-
riments on Carbon at high Temperatures and under great Pressures, and in contact with
other Substances. — Gri/fìths. Further Researches on the Physiology of the Invertebrate. -
Warner. Muscular Movements in Man, and their Evolution in the Infant: a Stndy of Mo-
vement in Man, and its Evolution, together with Infereuces as to the Properties of Nerve-
centres and their Modes of Action in expressing Thought, — Waller. On the Electromo-
tive Changes connected with the Beat of the Mammalian Heart, and of the Human Eearl
in particular. — McConnel, On the Plasticity of Glacier and other Ice. — William&on.
On the Organisation of the Fossil Plants of the Coal-measures. l'art XV — Gore. Effects
of different Positive Metals, &c., upon the Changes of Potential of Voltaic Couples.
Ewing. Magnetic Qualities of Nickel (Supplementary Paper). — Ramsay and Young. Eva-
poration ad Dissociation. Part Vili. A Study of the Thermal Properties of Propyl Al-
cohol. — Schunck. Contributions to the Chemisiry of Chlorophyll. No. III. -
brook and Fitzpatrick. On the Specific Resistance of Mercury. — Seeley. Researches
— XCIV —
on the Structure, Organisation, and Classification of the Possi! Reptilia. VX On the Ano-
modont Reptilia and their Allies. — Marcel. A new Form of Eudiometei (Piate 14). —
Russell. Theorems in Analytical Geometry. — Aòney and Thorpe. On the Detenninatìon
of the Photometric Intensity of the Coronai Light during the Solar Eclipse of August
28-29, 1886. Preliminary Notice. ~ Ewing. Seismometric Measurements of the Vibratìon
of the New Tay Bridge during the passing of Railway Trains.
tProceedings of the_r. Society of Edinburgh. 1883-87. Edinburgh.
Tati. On the Foundations of the Kinetic Theory of Gases. l'art IL— Omond. Tem-
peratures at Different Heights above Ground at Ben Nevis Observatory. — Sharpe. Motion
of Compound Bodies through L-iquid. — Kempe. Note on Knots on Endless Cords. —
Thomson. On the Front and Rear of a Free Procession of Waves in Deep Water. — T ■ t.
Numerical and other Additions the his Paper, read 6th Decembei 1886, on the Foundations
of the Kinetic Theory of Gases. — Durham. Chemical Affinity and Solution. Aitken.
Thermometer Screens. l'art IV. — Elliott. On a New Formula fot the Pressure of Bartìi
against a Retaining Wall. -- Pedate. On the Increase of Electrolytic Polarization with
Time. — Thomson. On the Equilibrium of a Gas under ita own Gravitation only. —
Griffiths. Investigations on the Influence of certain Rays of the Solar Spectrura on Rool
Ahsorption and on the Growth of Plants. — Buchanan. On Ice and Brines. — Id. On
the Distrihution of Temperature in the Antarctic Ocean. — Cayley. Note on a For-
mula for ./'l0',V when n,i are yery large Numhers. Sang. On the Ichromatism of the
Four-Lens Eye-Piece: New Arrangemeni of the Lenses. — Id. An Effective Arrangement
for Ohserving the Passage of the Sun's Imagè across the Wires of a Telescope. — A'
darà. Observations on the Structural Characters of certain new or little-known Earthworms.
Geikie. On the Geology and Petrology of St Abb's Head. - Anglin. On the Summation
of certain Series of Alternants. Marshall. Note on Cobaltic Alums. — Stewart. On the
Effect produced on the Polarisation of Nerve by Stimulation. — ■ Haycraft. The Objective
Cause of Sensation. Part III. The Sense of Smeli. Peddie. On Transition Resistantse al
the Surface of Platinum Electrodes, and the Action of Condensed Gaseous Pilms. —
Griffiths. Researches on the Problematical Organs of the Invertebrata— eBpecially those of
the Cephalopoda, Gasteropoda, Lamellibranchiata, Crostacea, Insecta, and Oligochseta. —
Cunningham. The Nephridia of Lanice conchilega Malmgren. - Stewart. On the Di-
scharge of Albumen from the Kidneys of Healthy People. — Mill. The Salinity and Tem-
perature ut the Moray Firth, and the Firths of Inverness, Cromarty, and Dornoch. — Ewart.
On the Presence of Bacteria in the Lyraph, &., of Living Fish and other Vertebrates. —
Sacco. On the Origin of the Great Alpine Lakes. - - Sang. On the Minute Oscillations of
a Uniform Flexible Chain hung bj one End; and on the Functions arising in the course
of the Inquiry. — Ilare. Note on the Biologica! Tests employed in determining the Purity
of Water. — Anglin. Alternants which are Constant Multiples of the Difference-Product
of the Variables. — Omond. Glories, Halos, and Corona seen firorn Ben Nevis Ohserva-
tory. Extracts from Log Book. — Sprague. On the Probability thai a Marriage entered
into by a Man of any Age, will be Fruitful. Griffiths. On the Nephridia of Hirudo
ni edici n al is. — Id. On Degenerated Specimens of Tulipa sylvestris. — Cunnin-
gham and Vallentin. — The Luminous Organs ofNyctiph an e s norvegica, Bara. —
Burton. On a Constant Danieli Celi, for use as a Standard of Electromotive Force. —
Tait. On Glories. — Thomson. Stability of Fluid Motion. Rectilineal Motion of Viscous
Fluid between two Parallel Planes. — Brook. Note on the Epiblastic Origin of the Seg-
mentai Duct in Teleostean Fishes and in Birds. — Fraser. Preliminary Note on the Che-
mistry of Strophanthin. - - Coleman. On a New Diffusiometer and other Apparatus for Li-
quid Diffusion. — Durham. Laws of Solution. Part IL — Campbell. The Direct Measu-
rement of the Peltier Effect. — Scott. On some Vapour Densities at High Temperatures. —
— X.CV —
Plarr. On the Determination of the Piane Curve which forme the Outer Limit of tip Po-
sitions of a certain Point. — Rankine. The Thermal Windrose at the Ben Nevis Observa-
tory. — Bromi. On Ferric Ferricyanide as a Reageot for Detecting Traces of Reducing
Gases. — Hagcraft. An Account of some Experiments which Bhow thal Fibrin-Fermenl i-
absent from circulating Blood-Plasma, and which support the view, first advanced by Sir
Joseph Lister, the Blood has no spontaneous tendency to Coagulate. — Dickie. On the
Chemical Composition of the Water composino- the Clyde Sea Area. — Aitken. Addi-
tion to Thermometer Screens. Part VI. — Muir. On the Quotient of a Simple Alternant
by the Difference-Product of the Variables. — Id. The Theory of Determinants in the
Historical Order of its Development.
•Proceedings (The scientitìc) of the r. Dubliu Society. N. S. V, 7, 8; VI, 1, 2.
Dublin, 1887-88.
V, 7. Wynne. Note on Submerged Peat Mosses and Trees in certain Lakes in Con-
naught. — Kinahan. Lisbellaw Conglomerate, Co. Fermanagh, and Chesil Bank, Dorset-
shire. — lei. Arenaceous Rock-Sands, Sandstones, Grits, Conglomerates, Qnartz-Rocks, and
Quartzytes. — Sollas. On a Separating Apparatus for Use with Heavy Fluids. — Id. Or
a Modification of SprengePs Apparatus for Determining the Specific Gravity of Solids. —
Hartley. Analysis of the Beryls of Glencullen, Co. Wicklow. — V, 8. Kinahan. Deal Tiin-
ber in the Lake Basins and Peat Bogs of North-east Donegal. — Id. Gravel Terraces;
Valleys of the Mourne, Strale, and Foyle, Counties Tyrone and Donegal. — Preston. On
the Inversion of Centroharic Bodies. — Rambaut. On a Mechanical Method of Converting
Hour-angle and Declination into Altitude and Azimuth, and of Solving other Prohlems in
Spherical Trigonometry. — Diocon. On Twisted Copper Wire. — Hull. On the Effect oi
Continental Land in Altering the Level of the Ocean. — VI, 1. Sollas. A Contrihution
to the History of Flints. — Kinahan. On Irish Arenaceous Rocks (Supplement). — Scharff.
Review of Dohrn's Theories on the Origin of Vertebrates. — VI, 2. Trouton. On the ^Iu-
tion of a Body near Points of Unstabìe Equilibrium , and on the sanie when capable of
Internai Yibration. — Rambaut. On the Limai Eclipse of January 28, 1888. — Id. On
the Shape of the Earth's Shadow projected on the Moon's Disc during the Partial Phases
of an Eclipse. — Smeeth. An Apparatus for Separating the Minerai Constituents of Rocks. —
Id. On a Method of Determining the Specific Gravity of Substances in the forra of Powder. —
Kilroe. The Discovery of two Carboniferous Outliers on Slieve League , Co. Donegal. —
O'Reilly. Note on some Ejecta of the Hot Springs of Tarawara, New Zealand, formed
since the Earthquake of 23rd June, 1886. — Kinahan. States and Clays (Bricks, etc). —
Barrett. Note on a Remarkable Increase of Magnetic Susceptibility produced by Heating
Manganese Steel Filings. — Trouton. On a Convenient Method of obtaining and requìred
Electrical Potential for use in Laboratory Teaching.
•"Programm d. kon. Sachs. Polytechniknms Dresden. 1888-89. Dresden.
1 Programm der k. technischen Hochschule zu Aachen. 1888-89. Aachen.
+ Repertorium der Physik. Bd. XXIV, 7. Miinchen-Leipzig, 1888.
Matthiessen. Ueber ehi merkwiirdiges optisches Problem von Maxwell. — Kiilp. Expe-
riinentaluntersuchungen tìber magnetische Coercitivkraft. — Jàger. Folgerungen aus den
Eigenschaften der elektrischen Leitungsfàhigkeit von SalzlOsungen. — Bruche. Ueber die
optischen Eigenschaften des Tabaschir. — Luggin. Versuche nini Bemerkungen ftber
den galvanischen Lichtbogen. — JVahner. Bestimmungen der Magnetisirungszahlen von
Fliissigkeiten.
* Repori (Annual) oftlie Chief Signal Officer ot the Army for the year 1887.
Part lst. Washington, 1887.
— cxvi —
•Report of the Superintendent of the U. S. Coast and Geodetic Survey. June
1886. Washington.
; Resumé des séances de la Société des ingénienrs civils. Séance du 20 juill.
et 30 aoùt. Paris, 1888.
* Revista do Observatorio i. do Rio de Janeiro. Anno III, 6. Rio de Janeiro.
1888.
^evue archéologique. 3e sér. t. XI, mai-juin 1888. Paris.
Collujnoiì. Tòte en marbré trouvé a Trailer (Musée de Constantinople). — Deloche.
Étude sur quelques cachets et anneaux de l'epoque mérovingienne (suite). — de in /
oliere. Carreaux de terre cuite à figures découverts cu Afvique. — Maitre. Cimetière gau-
lois de Saint-Maurdes-Fosse's. — Goutswiller. La Vémis de Mandeure. — de Baye. Les
bijoux gothiques de Kerteb. — Reinach. «hronique d'Orient.
1Revue internationale de l'électricité et de ses applications. T. VII, n. 63. 64.
Paris, 1888.
63. Crocker. Possibilità el limite de la production de rélectricité pai foie chimique. —
Dary. L'électricité atmosphérique. — Leicandowski. Nouvelle machine à influence. —
Cri pel État actuel et aveiiir .le l'électricité applique a l'art de l'iugénieur. — 64. Drouin.
Compteur d'électricité. système Amn. — Nichoh. Galvanomètre a braa mobile du prof.
Moller. — Michaut Avertisseur aniversel, Bystème Digeon.
■Revue (Nouvelle) historique de droit francaia et étranger. Juill.-aoùt 1888.
Labbé. Un mot sur la question dea risques. Souvenira de droil romain à propos dea
articles 1138 et 1184 du Code civil. — Fournier. La natimi allemande à l'université d'Or-
léans au XIVe siede. — Aubert. Le Parlemenl <le Paria a la fin du moyen-àge. — d'Ab-
ì, udir. La procedure en Éthiopie. - Tardif. Le8 nouvellea tablettea de ciré de Pompei.
i-Revue politique ut litténiire. T. A'LII. n. .">-*. Paris. 1SSS.
tRevue scientitique. T. XLII, n. 5-8. Paris, 1888.
+ Rundschau (Naturwissenschaftliche). Jhg. Ili, n. 1-36. Braunschweig, 1888.
'Schriften der physikalisch-okonomischen Gresellschaft za Konigsberg. Jhg.
XXVIII. 1887. KSnigsberg.
Gaspary. Einige neue foasile Eolzer Preussena nebsl kritischen Bemerkungen aeber
die Anatomie des Bolzes und die Bezeichnung fossilen Eolzer. - Saalschùtz. Kosmogo-
nische Betrachtungen.
;Schriften des Vereins zur Verbreitung natunrissenachaftlichen Kenntnisse, Bd.
XXVIII, Wien, 1888.
+Transactions of the seismological Society of Japan. Voi. XII. Yokoama, 1888.
Milne. Note on the Effects prodneed by Earthquakes upon the Lower animale. —
Pereira. The Great Earthquake of Lisbon. — Milne. Modem Forma of Pendulum Seismo-
meters. - Hunt and Douglas. The Sonora Eartbquake of May 3. 1887. — Milne. The Gray-
Milne Seismograph and other Instruments in the Seismological Laboratory at the Imperiai
College of Engineering, Tokyo.— Graij. Instructions for Setting tip the Gray-Milne
Seismograph. — Milne. Note on the Sound Phenomena of Earthquakes. — Id. L'elative
Motion of Neighbouring Points of Ground. — Id. The Movement prodneed in certain
Buildings by Earthquakes. — Aston. Earthquakes in Korea. — Sekiya. Earthquake Sa-
fety Lamps. ~ Id. Earthquake Measurements of Eecent Years especially Relatingto Ver-
tieal Motion. — Milne. On Certain Scismic Problema demanding Solution. -- Knott.
— XCV11 —
Earthquakes and Earthquake Sounds: as Illusi rat ions of the General Theory of Elastic
Vibrations.
1 Transactions of the Manchester geological Society. Voi. XIX, 20. Manche-
ster, 1888.
Bird. Ori the South Durham Salt Bed and Associated Strata. — Watt*. On the
Distribution of Erratics and Boulder Clay on the Lower Portions of the Drainage Areas
of the Oldham Corporation Waterworks. — Lavo and Hors fall. An Account of Small Flint
Iniplements found beneath Peat on several Elevateti Points of .the Perniine Chain, lying
between Huddersfield and Oldham. — Sington. On the reeently disclosed Sections of the
Superficial Strata along Oxford Street Manchester.
1 Transaetions ofthe r. Society of Edinburgh, Voi. XXX, 4; XXXI; XXXII,
2-4; XXXIII, 1, 2. Edinburgh.
XXXI. Balfour. Botany of Socotra. — XXXII, 2. Hermand. Report on the Tunicata
dredged during the Cruises of H.M. SS. « Porcupine » and « Lightning" in the Summers
of the Years 1868, 1869, and 1870. — Piazzi Smyth. Note on Sir David Brewster's Line
Y in the Infra-Red of the Solar Spectrum. — Aitken. On the Forraation of Small Clear
Spaces in Dusty Air.— Gunningham. On Stichocotyle Nephropis, a new Trema-
tode. — Kirkman. The Enumeration, Description, and Construction of Knots of fewer than
Ten Crossings. — Sang. On the Approximation to the Roots of Cubie Equations by help
of Recurring Ch'ain-Fractións.— Tait. On Knots. Part IL— XXXII, 3. Piazzi Smyth. Micro-
metrical Measures of Gaseous Spectra under High Dispersion. — Muir. On Bipartite Fun-
ctions.-- Kirkman. The 364 Unifilar Knots of Ten Crossings, Enumerated and Described. ---
Tait. On Knots. Part III.— Smith. A New Graphic Analysis ofthe Kinematics of Mechanisms.—
Piazzi Smyth. The Visual, Grating and Glass-lens, Solar Spectrum (in ISSI).— Guppy. Obser-
vations on the Recent Calcareous Formations of the Solomon Group ni ade during 1882-84.—
Smith. Observations on Atmospheric Electricity.— Rattray. Note on Ectocarpus.— Gihson.
Anatomy and Physiology of Patella vulgata. Part I. Anatomy. — Muir. Detaehed Theo-
rems on Circulants. — Chrystal. On the Hessian.— XXXIII, 1. Waddcll. The Atomic Weight
ofTungsten. — Aitken. On Dew. — Tait. On the Foundations of the Kinetic Theory of
Gases. — Gunningìiam. The Eggs and Larva of Teleosteans. — Kidston. On the Fructi-
fication of some Ferns from the Carboniferous Formation. — Rayleigh. On the Colours
of Thin Plates — Knotl. On the Electrical Properties of Hydrogenised Palladium. — Id.
The Electrical Resistance of Nickel at High Teraperatures. — Brode. The Formation
of the Germinai Layers in Teleostei. — Thomson. On the Structure of Suberites do-
muncula, Olivi (0. S.), together with a Note on peculiar Capsules found on the Snrface
of Spongelia. — Gunningham. The Reproductive Organs of Bdellostoma and Teleostean
Ovum, from West Coast of Africa. — XXXIII, 2. Tait. On the Foundations of the Ki-
netic Theory of Gases. — M'Laren. Tables for Facilitating the Computation ofDifferen-
tial Refraction in Position Angle and Distance. — Muir. On a Class of Alternating
Functions. — Alexander. Expansion of Functions in terms of Linear. Cylindric, Spherical,
and Allied Functions. — Sang. On Cases of Instability in Open Structures. — Kidston.
On the Fossil Flora of the Radstock Series of the Somerset and Bristol Coal Field (Upper
Coal Measures). Parts L, IL — Rattray. A Diatomaceous Deposit from North Tolsta.
IJewis. — Beddard. On the Minute Structure of the Ève in certain Cyrnothoidse. -
Milnes Marshall and Fonder. Report on the Pennatulida dredged by II. M.S. ■■ Por
cupine». — Plarr. On the Determination of the Curve, mi une of the coordinate planes,
which forms the Outer Limit of the Positions of the point ut' contact ut' an Ellipsoid
which always touches the three planes of reference. — Burnside. On the Partition of
BullettinoRendiconti. 1888, Voi.. IV, 2° Sem. 13
— XCVIII —
Energy between the Translatory and Eotational Motions of a Set of Non-Honiogeneous Ela-
stic Spherea. — Dittmar and Fawsitt. A Contribution to our Knowledge of the Physica]
Properties of Methyl-Alcohol. — Mitchell. On the Thermal Conductivity oflrón, Coppar,
and German Silver. — Dittmar and M* Arthur. Criticai Experimenta on the Chloroplati-
nate Method l'or the Determinatiou of Potassium , Rubidium. and Aininoniuni; and a Re-
determination of the Atoiaic Weight of Platinimi.
7 Transactions (The sdentine) of the r. Dublin Society. Voi. Ili, 14; IV, 1.
Dublin, 1887-88.
Bell. The Echinoderm Fauna of the Island of Ceylon. — DavÌ8. On Fossil-fish re-
ìnains frorn the tertiary and Cretaceo-tertiary Fonnations of New Zealand.
rTijdschrift voor indische Taal- Land- en Volkenkunde. Deel XXXII, 2. Ba-
tavia, 1888.
Iets omtreiri den oorsprong van he1 Atgehsche voli en den toestand onder het voor-
raalig Sultanaat in Atjeh. — Brande». Fen Jayapattra of arte van eene rechterlijke uit-
spraak van Caka 8-10. — Id. Naar aanleiding van Prof. A.C. Vreede'a "Kantteekeningen'1 enz.
tVerhandlungen der Physiologischen Gesellschaft zu Berlin. 1888, n. 18-17.
tVerhandlungen der k. k. geologischen Reichsanstalt. 1888, n. 10. Wien.
tVerhandlungen dea naturhistorischen Vereines dea preuss. Rheinlande, Westfa-
lens und d. Reg.-Bezirka Osnabrùch. Jhg. XLIV, 5. XLV, 1. Bonn, 1888.
Norrenberg. Uebei Totalreflerion an doppelbrechenden Krystallen. — Weegmann.
Ueber die Molecularrefraction einiger gebromter Aethane und Aethylene, und ttber den
gegenwartìgen Stand der Landolt-Brfihl'8chen TI rie. — Pohlig. Qeber die Fragmente
metamorphischer Gesteine aas den valcaniachen Gebilden dea Siebengebirgea und Beiner
Umgebnng. — Eck. Ein monstrOaer Sphaerocrinna. - fferpell. Daa Praparieren undEin-
legen dei Hutpilze ftir das Berbarium.
+ Wochenschrift des osterr. Ingenieur- und Architekfcen-Vereines. Jhg. XIII.
n. 30-35. Wien, 1888.
tZeitschrift der deutschen Geologischen Gesellschaft, Bd. XL, 1. Berlin, 1888.
Kiesow. Ueber Gotlàndische Beyrichien. - nitz. Receptaculitidae und andere
Spongien der mecklenbnrgiachen Silurgeachiebe. — Wagner. Ueber einige Cephalopoden
aus dem R6th und unteren Muachelkalk von Jena. - Wigand. Ceber die Trilobiten der
silurischen Geschiebe in Mecklenburg. — Berendt. Dei Sóolquellen-Fund im Admiralagar-
tenbade in Berlin. — Hedinger. Das Erdbeben an dei Riviera in den Frtlhlingalagen
1887. — Bang. Beobachtungen an Gletacherachliffen. — Kolbe. Zui Kenntniaa von In-
sektenbohrgàngen in fossilen BOlzern. — Sauer. Qeber Riebeckit, ein neuea Glied der
Hornblendegruppe, sowie uber Neubildang von Albit in granitiachen Orthoklasen. —
Ochsenius. Einige Angaben uber die Nation8alpetei-LageT landeinwarta von Taltal in der
chilenischen Provinz Atacama. — Deecke. Foaaa Lttpara, ein Krater in den Phlegraiachen
Feldern bei Neapel.
•Zeitschrift fui Etimologie. Jhg. XX, 3. Berlin, 1888.
Heierli. Ursprung der Stadi Zurich. — Quedenfeldt. Eintheilnng und Verbreitnng
der BerberbewOlkerung in Marokko.
*Zeitung (Stettiner entomologische). XL1X Jahrgang. 1888.
— XCIX
Pubblicazioni non periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di settembre 1888.
Pubblicazioni italiane.
*Aar E. — Gli studi storici in Terra d'Otranto. Firenze, 1888. 8°.
* Allevi G. — Un taglio di assaggio. Ascoli Piceno, 1888. 8°.
* Alvino F. — l calendari. F. 45-46. Firenze, 1888. 8°.
* Bellini L. — Cinque sonetti e una canzonetta d'amore. Pubblicati da P. Pra-
tesi. Firenze, 1888. 8°.
*Berlinghieri E. — La bussola a compensazione della r. Marina. Genova,
1888. 8°.
*Blasiis G. de — Pomponio de Algerio Nolano arso in Roma per condanna
del s. Uffizio nel 1566. Napoli, 1888. 8"
*Bombicci L. — 11 Gabinetto universitario di mineralogia in Bologna XXVI
anni dopo la sua fondazione. Bologna, 1888. 8.
*Id. — Sulla formazione della grandine e sui fenomeni ad essa concomitanti.
Bologna, 1888. 4°.
*fcl — Un museo didattico per l'insegnamento oggettivo elementare con mo-
nograne circolanti. Bologna, 1888. 8°.
* Campani G. e Grimaldi S. — Contribuzione alle conoscenze chimiche sui
semi del lupino bianco. Firenze, 1888. 8°.
* Cicerone M. T. — Il libro delle leggi fatti volgari da S. Martini. Sanremo,
1888. 8°.
* Gigli L. — Del carbone antifilosserico. S. Gio. in Valdarno, 1888. 8°.
Inaugurazione del busto di Giovanni Gozzadini. XV Giugno MDCCCLXXXVIII.
Bologna, 1888.. 8°.
*Mgra C. — Canti popolari del Piemonte. Torino, 1888.8°.
*Pirona G. A. — Nuova contribuzione alla fauna fossile del terreno cretaceo
del Friuli. Venezia, 1887. 8°.
* Tafani A. — La fecondazione e la segmentazione studiate nelle uova dei
topi. Firenze, 1888. 8°.
* Visio A. A. de — Le glorie di Alife e Piedimonte. Poemetto lirico. Ca-
serta, 1887. 8°.
Pubblicazioni estere.
*Bellonci J. — Ueber die centrale Endigung des Nervus opticns bei den Ver-
tebraten. Leipzig, 1888. 8°.
*Benedikt M. — Der neue italienische Strafgesetz-Entwurf (Zanardelli) und
die exacte Wissenschaft. Wien, 1888. 8°.
^Bruckel Ph. — Untersuchungen ueber die reciproke Venvandtschaft in der
Ebene. Giessen, 1888. 4°.
•Catalogue (Studente) Glasgow University Library, 1887. Glasgow, 1887.8°.
' Glaus R. — Ueber den allgerneinsten Ausdruck innerer Potentialkriifte deren
Potential von der Zeit, den Coordinaten den Geschwindigkeiten und
Beschleunigungen abhangt. Halle, 1887. 4°.
* Derno E. — Ueber einige die biniiren und ternàren Forrnen betretfende Aufga-
ben. Darmstadt, 1888. 4°.
i Di 'elùsoti W. — The Glasgow University Library; notes on its history, a rran-
gements and aims. Glasgow, 1888. 8°.
f Dittmar P. — Das Buschel von Kegelschnitten, welches ein Ebenenbuschel
aus einem Kegel IL Ordnung ausschneidet. Giessen, 1888. 8°.
; Filli ari F. — Ueber eine Klasse von Berùhningstransformationen. Halle.
1888. 8°.
Treire D. — Réfutation des recherches sur la tièvre jaune faitea par M. P.
Gibier. Rio-Janeiro, 1888. 8°.
UlilU A. — Herbarts Ansichten ueber den mathematischen Unterricht. Halle,
1888. 8°.
*Halphen a. II. — Tratte des fonctions elliptiques et de lem- applications.
P. 1, 11. Paris, 1886-1888. 8°.
'• Heffter L. — Zur Theorie der linearen liomogenen Differentialgleichungen.
Leipzig, 1888. 8°.
; Ho jfiiì tniii W. — Ueber eine Bewegung eines materiellen Punktes auf einem
Ringe desseu Querschnitl ein Kegelschnitt ist. Halle, 1888. 8°.
"Husserl li. G. — Ueber den Begriff der Zabl. Psychologische Analysen.
Halle, 1887. 8°.
Keil K. li. J — Covarianten eines ebenen Systems bestehend aus einem
Kegelschnitt und mehreren Geraden. Giessen, 1888. 1".
*Levij M. — La Statique graphique ei ses applications aux constructions.
P. I-IV. Paris, 1886. L888. 8°.
• /,/. — Sur les équations Lea plus générales de la doublé réfiraetion compati-
bles avec la surface de l'onde de Presnel. Paris, 1888. 4°.
• Offenhauer A. — Ueber ein bestimmte Art von Flachenverbiegung. Halle
1887. 8°.
'Programm der k. k. Technischen Hochschule in Wien. 1888-89. Wien,
1888. 4°.
*Report of the sdentine results of the exploring voyage of H. M. S. Challen-
ger. Zoology. Voi. XX III -XXV. Edinburgh, 1888. 4°
• Resena geogràfica y estadistica de Espaiìa por la Direccion General del In-
stituto geogràfico y estadistieo. Madrid, 1888. 4°.
1 Schwars //. — Ein Beitrag zur Theorie der Ordnungstypen. Halle, 1888. 8°.
CI —
Pubblicazioni periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di settembre 1888.
J 'a bilica* io ai ita liane.
* Annali di chimica e di farmacologia. N. 2. Milano, 1888.
Coppola. Sull'azione fisiologica della pilocarpina e dei suoi derivati in rapporto alla
loro costituzioni chimica. — Guareschi. Sulle 0 cloro a bromonaftaline.
* Annali di agricoltura. 1888, n. 141, con atlante. Roma.
Irrigazione e laghi artificiali della Spagna.
* Annali di statistica. Ser. IV, n. 22,23. Roma, 1888.
22. Elenco delle pubblicazioni statistiche fatte dal Ministero di agricoltura, industria
e commercio dal 1861 al 1887 &. — 23. Notizie sulle condizioni industriali della provincia
di Salerno.
'Annuario della r. Scuola di applicazione per gl'ingegneri in Roma. Anno 1888-
89. Roma, 1888.
'""Archivio storico italiano. Ser. 5a, t. II, disp. 4. 1888. Firenze.
Muntz. Giovanni di Bartolo da Siena orafo della Corte di Avignone nel XIV secolo. — »
Giandndrea. Della signoria di Francesco Sforza nella Marca secondo le memorie e i do-
cumenti dell'Archivio fabrianese. — Sommi-Pi 'renardi. Esumazione e ricognizione delle
ceneri del principi medicei fatta nell'anno 1857.
+ Archivio storico lombardo. Anno XV, 3. Milano, 1888.
Intra. La reggia mantovana sotto la prima dominazione austriaca. — Bertolotti. Le
arti minori alla corte mantovana nei secoli XV, XVI e XVII (continua). — De Castro.
La restaurazione austriaca in Milano (1814-1817) (continua). — Monaco di Riviera e i
duchi di Milano. — Frati. Di alcuni scolari milanesi all' Università di Bologna nel 1564. —
Bèltrami. Francesco Maria Richino autore di un progetto per la facciata del Duomo di
Milano, rimasto sconosciuti'.
'Archivio storico per le province napoletane pubblicato a cura della Società di
storia patria. Anno XIII, 3. Napoli. 1888.
Àbignente. "Le Chartulae Fraternitatis » ed il libro dei «Confratres» nella chiesa
Salernitana. — Schipa. A proposito della prossima edizione dell' «Ystoire» d'Amato. —
Cocchia. La tomba di Virgilio, contributo alla topografia dell'antica città di Napoli. —
De Blasiis. Processo e supplizio di Pomponio de Algerio Nolano.
" Atti del Collegio degli ingegneri ed architetti in Palermo. Anno XI, 1888.
Maggio-agosto. Palermo.
Ziino. La macinazione del grano e la panificazione. — Basile. La chiesa del Vespro.
: Atti dell'Accademia pontificia dei nuovi Lincei. Anno XLI, sess. 1, IL Roma,
1888.
Bertelli. Delle variazioni dei valori d'intensità relativa nelle medie termometriche
mensili ed annuali osservate nel Collegio delle Querce in Firenze.
* Bollettino del Collegio degli ingegneri ed architetti in Napoli. Voi. VI. 8.
Napoli, 1888.
Pepe. La bonifica del lago Dragone. — Boubée. Trasporto per terra 'li navi da
guerra. — Costa. Trattamento dell'acqua 'li fogna coll'elettricità.
— cu —
^Bollettino della Società generale dei viticoltori italiani. Anno III, n. 17, 18.
Koma, 1888.
Cerletti. I vini dell'alto Abruzzo. — Lunardoni. La questione filosserica in Toscana. —
Cerletti. Note pratiche a proposito della vinificazione.
bollettino delle nomine (Ministero della guerra). 1888. Disp. 37-40. Koma.
~l Bollettino di legislazione e statistica doganale e commerciale. Anno V, 2° sem.
Luglio-agosto 1888. Roma.
"^Bollettino di notizie agrarie. Anno X, n. 58, 59. Rivista meteorica, n. 23,
24, 25. Roma, 1888.
+ Bollettino di notizie sul credito e la previdenza. Anno V, n. 10. Roma, 1888.
♦Bollettino di paletnologia italiana. Ser. 2a, t. IV, 7-8. Parma, 1888.
Pigorini. Ornamenti di conchiglie entro tombe di Val d'Aosta. — là. Abitazioni lacu-
stri di Arquà-Petrarca.
+ Bollettino mensuale pubblicato per cura dell'Osservatorio centi-ale di Monca-
lieri. Ser. 2a, voi. Vili, 8. Agosto 1888. Torino.
Bertelli. Osservazioni fatte in occasione di una escursione sulla riviera ligure di po-
nente dopo i terremoti ivi seguiti nell'anno 1887. — Egidi. Alcune considerazioni intorno
alla relazione tra l'intensità del vento e il pendolo termometrico.
+ Bollettino meteorico dell'Ufficio centrale di meteorologia. 1888 Settembre.
Roma.
i Bollettino del r. Comitato geologico d'Italia. 2a ser. voi. IX, 5-6. Roma, 1888.
Clerici. Sopra alcune specie di felini della Caverna al monte delle Gioie presso
Roma. — Silvestri. Sopra alcune lave antiche e moderne del vulcano Kilauea nel'e isole
Sandwich.
* Bollettino semestrale del credito cooperativo, ordinario, agrario e fondiario.
Appendice al 2° sem. 188(3. Roma, 1888.
'•"Bollettino settimanale dei prezzi di alcuni dei principali prodotti agrari e
pane. Anno XV, n. 32-34 Roma, 1888.
'Bollettino ufficiale dell'istruzione. Voi. XIV. Luglio 1888. Roma.
tBullettino della Commissione archeologica comunale. Anno XVI, 8. Roma,
1888.
Stevenson. Il Settizonio severiano e la distribuzione dei suoi avanzi sotto Sisto V. —
Gatti. Trovamenti risguardanti la topografia e la epigrafia urbana. — Visconti. Notizie del
movimento edilizio della città in relazione con l'archeologia e con l'arte. — Gatti. Sco-
perte recentissime.
+Bullettino delle scienze mediche pubblicato per cura della Società medico-
chirurgica di Bologna. Ser. 6a, voi. XXII, 1, 2. Bologna, 1888.
Marcacci. Effetti tardivi del movimento impresso alle uova nei primi giorni dell'in-
cubazione. — Ruggì Sulla cura endo-addominale di alcuni spostamenti uterini. — Pinzani.
L'emoglobina nelle gravide , nelle partorienti, nelle puerpere e nei neonati. — Cantala-
messa. Del polso laringeo discendente negli aneurismi della concavità dell'arco aortico e
del suo valore diagnostico. — Bassi. Considerazioni critiche intorno all'itterizia cosi detta
catarrale.
— cui —
t
Bullettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa dalla
Biblioteca nazionale di Firenze. 1888, n. 65, 66. Firenze.
^Bullettino dell'Istituto di diritto romano. Anno I, 2, 3. Roma, 1888.
de Ruggiero. Intorno ai « XVI ab aerario et arka salinarum romanarum». — Ascoli.
Alcune osservazioni sul diritto di scelta nei legati alternativi e di genere. — Sciatola.
Due note critiche alle Pandette Lib. 1. — Branditone. Per un'edizione del « Tipucito »
(Lettera al prof. V Scialoja). — Ferrini. Sull' origine dei legati. — Scialoja e Segré.
« Fragmentum de formula Fabiana ». — Trincheri. Di una recente teorica del Bekker circa
le azioni nossali.
i Circolo (II) giuridico. Anno XIX, n. 8. Palermo, 1888.
Scaduto. Sul difetto di trascrizione in rapporto ai terzi ed agli eredi del venditore. —
Collutti. Una questione a proposito dell'art. 105 della legge di P. S.
^Documenti per servire alla storia di Sicilia. la serie. -Diplomatica. Voi. YI, 5.
Palermo, 1888.
Il codice diplomatico dei Giudei di Sicilia.
^Gazzetta chimica italiana. Anno XVIII, 5. Appendice, voi. VI, 14, 15. Palermo,
1888.
' Errerà. Tavola delle tensioni di vapore delle soluzioni acquose di idrato potassico. —
Id. Sugli eteri nitrobenziletilici. — Id. Derivati degli alcoli p-bromo e p-clorobenzilico. —
Id. Separazione e dosamento del cloro, bromo, jodio e cianogeno. — Colasanti e Mosca-
telli. L'ossidazione della pirocatechina nell'organismo. — Moscatelli. Contributo allo studio
dell'acido lattico nel timo e nella tiroide. — Ricciardi. Eicerche di chimica vulcanologica
sulle rocce di vulcani Vulsinii.
■^Giornale d'artiglieria e genio. Anno 1888, disp. 5, 6. Roma.
'Giornale della reale Società italiana d'igiene. Anno X, 8, 9. Milano, 1888.
Venturi. Di un nuovo metodo di costruzione delle cellule carcerarie, relativamente alla
ventilazione igienica delle medesime.— Pennato. Di una forma anemica propria dei fornaciai.-
Bonfiglio. Sui metalli pesanti delle acque gasose prodotte dai gasogeni del commercio.
* Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche di Genova. Anno XI,
2° sera. fase. 7-8. Genova, 1888.
Du Jardin. La casa nei suoi rapporti coll'igiene, colla educazione e colla civiltà. —
Chinazzi. Il mendacio nella storia. — Boccalari. L'ispezione delle carni e l'alimento
equino. — Vincenzo. Flora Ligustica.
1 Giornale medico del r. Esercito e della r. Marina. Anno XXXVI, 8. Roma.
Maestrelli. Il suicidio nell'esercito. — De Santi- Sulla cura dei buboni inguinali.
•Giornale di matematiche ad uso degli studenti delle università italiane.
Voi. XXVI, luglio-agosto 1888. Napoli.
Piuma. Soluzione di un problema preposto dal sig. Lucas. — Garibaldi. Nuova di-
mostrazione di un teorema di Fermai — Nannei. Le superficie iperciclichc. — Giuliani
Aggiunte ad una Memoria del sig. Kummel'. — Pieri. Sopra un teorema di geometria ad
n dimensioni. — Peano. Definizione geometrica delle funzioni ellittiche.
^Giornale militare ufficiale. Parte la, disp. 35-38; parte 2a, disp. 42-4 I. Roma,
188S.
— CIV —
"^Lavori eseguiti nell'Istituto fisiologico di Napoli. P. 2°. Napoli, 1888.
Albini. Sulla trasfusione del sangue. — Id. Sullo scambio di materia e di forza dei
vegetali. — ld. Sulla segregazione dei vegetali. — Manfredi, Boccardi e /appelli. Influenza
dei microrganismi sull'inversione del saccarosio. — Malerba e Sarma-Salaris. Su di un
microrganismo trovato nell'urina umana. — Traversa. Azione della strofantina sull'appa-
rato cardiaco-vascolare e sui muscoli striati. — Boccardi e Malerba. Kicerche sperimen-
tali sulla fisio-patologia del rene. — Ciringione. Alterazioni degli strati ganglionari del-
l'intestino del cane. — Tria. Ricerche sulla cute del negro. — Boccardi. Sopra un pro-
cesso per lo studio della cariocinesi nel sangue. — ld. Processi rigenerativi nell'intestino. —
Malerba e Sauna- Salar is. Sul gliscrobatterio. — Traverso <■ Man frali. Azione fisiologica
e tossica di prodotti di coltura dello streptococco dell'erisipela. — Manfredi, Boccardo
e Jappelli. Sul fermento inversivo nell'organismo animale.
fMemorie della Società degli spettroscopisti italiani. Voi. XVII, disp. 6, 7.
1888. Roma.
Bieco. Dimensioni e posizioni dei gruppi di facole rilevati nel r. Osservatorio di Pa-
lermo nel 1885. — Fenyi. Sull'eclisse del 19 agosto 1887. — Turchini. .Macchie e facole
solari osservate nel r. Osservatorio del Collegio romano nel 2° trini. 1888. — Tacchini.
Osservazioni spettroscopiche solari fatte id. id. — /fiero. Fisica solare. — Mengarini.
Massimo d'intensità luminosa dello spettro solare.
1 Rendiconto dell'Accademia delle scienze fisiche e matematiche. Ser. 2a, voi. II,
7, 8. Napoli, 1888.
7. De Gasparis. Variazioni della declinazione magnetica, osservate nella r. Specola
di Capodimonte, nell'anno 1886. — Palmieri. Elettricità che si svolge con la evaporazione
dell'acqua di mare provocata unicamente dall'azione de1 raggi solari. — Pascal. Sopra
alcune forme invariantive del sistema di due binarie biquadratiche. — Albini e Sa/ma-
Solaris. Sulla stricnina. - Palmieri. L'uomo nel bagno è in uno stato elettrico. — 8. Tra-
versa e Manfredi. Sull'azione fisìologea e tossica dei prodotti di coltura dello Strepto-
cocco dell'erisipela. — De Gasparis. Determinazioni assolute della declinazione magnetica
nel r. Osservatorio di Capodimonte. eseguite nell'anno 1886. — Del Re. Le superficie
polari congiunte rispetto ad un connesso di piani e di rette e ad una superficie algebrica
fondamentale. — Marcolongo. Sull'equilibrio di un filo flessibile ed inestensibile. — Franco.
Sull'origine dei noduli di fosforite del Capo di Leuca. — Bassani. Ricerche sui pesci fos-
sili di Chiavòn.
"Rivista critica della letteratura italiana. Anno V, 3. Firenze, 1888.
f Rivista di artiglieria e genio. Luglio-agosto 1888. Roma.
Lo Forte. Ancora il ferro nella fortificazione. — A proposito di un nuovo libro del
generale Brialmont. — Cercati. Spinta dei terrapieni. — Macchina da comprimere foraggi
del sistema Pilter. — Signorile. Sulle pozzolane vulcaniche.
tRivista italiana di filosofia. Anno 3°, voi. II, sett.-ott. 1888. Roma.
Cecchi. I sistemi e il metodo nella filosofia della storia. — Gredaro. I corsi filo-
sofici all'Università di Lipsia e il Seminario di psicologia sperimentale del Wundt.
+Rivista scientifico-industriale. Anno XX, 13-16. Firenze, 1888.
Lugli. Osservazioni sopra una Nota del signor Busin. — Bellati e Lussana. Sulla
forza elettromotrice del selenio. Sul passaggio di correnti elettriche attraverso cattivi con-
duttori. — Bertoni e Fritsch. Sulla tecnica della preparazione dell'idrossilamina del ful-
minato di mercurio. — Estrazione del rame dalle piriti per via umida.
■ — cv —
Pubblicazioni estere.
tAnnalen (MathernatiseheD). Bel. XXXII, 3. Leipzig, 1888.
Kneser. Elementarer Beweis fiir die Darstellbarkeit cler elliptischen Functionen als
Quotienten bestàndig convergenter Potenzreihen. — Krause und Mohrmann. Ueber die
Entwickelung der doppelt periodischen Functionen zweiter und dritter Art in trigonome-
trische Eeihen. — Hilbert. Ueber die Darstellung deflniter Formen als Sumraen von For-
menquadraten. — Klein. Ueber hyperelliptische Sigraafunctionen (Zweite AbhandlungJ. -
Burkhardt. Beitràge zar Theorie der hyperelliptiscben Sigmafunctionen. - - Pick. Ueber
die Reduction hyperelliptiscber Differentiale in rationaler Forni. — Peano. Integration par
séries des équations différentielles linéaires.
i'Annales de l'Observatoire imperiai de Rio de Janeiro. T. III. Rio de Ja-
neiro, 1887.
Observations du passage de Vénus en 1882.
♦Annales des rnines. 8e sér. t. XIII, 2. Paris, 1888.
Le Ghatelier. Recberches expérimentales et théoriques sur Ics équilibres chimiques.
*Annales des ponts et chaussées. 6e sér.. 8e année, cali. 7e 1888 juillet. Paris.
Lethier et Jozan. Note sur la consolidation des terrassements du chemin de fer de
Gien à Auxerre (section de Toucy-Moulins à Auxerre). — Le Rond et Combamous. Rapport
d'ensemble sur la mission dans l'Amérique du Nord en 1886. — Jacqueres. Note sur les
travaux de voirie de la ville de Budapest. — d'Ocagne. Note sur le trace de l'axe longi-
tudinal des voùtes. — Thiéry. Note sur les barrages curvilignes. — Bonnami. Note sul-
le rendement des produits hydrauliques.
+Annales (Nouvelles) de Mathématiques. 3e sér. sept. 1888. Paris.
Cesavo. Remarques sur divers articles, concernant la théorie des séries. — Pomey.
Sur le plus grand commini diviseur de deux polynòmes entiers. — lJTt ili. Sur une formule
du déterminant de Vandermonde. — Id. Applications des propriétés projectives des coni-
ques. — Marchand. Discussion de l'équation en S . — Genty. Note de geometrie. — d'Ocagne.
Determinatali du rayon de courbure de la courbe integrale. — Id., Beyens et Bernard.
Solutions de la question 1572.
+Annales scientitìques de l'École normale supérieure. 3e sér. t, V, 9. Paris, 1888.
Stouff. Sur la transformation des fonctions fuchsiennes. — Riemann. Sur le problème
de Diriclilet.
fAnnuaire de la Société météorologique de Franco. 1888 mars-juin. Paris.
Mars-avril. Garrigou-Lagrange. Note sur un anémomètre à enregistreur électrique. —
Id. Sur une période des vents descendants. — Renou. Résumé des observations météoro-
logiques faites au Parc-de-Saint-Maur, en décembre 1887. — Lame. Remarques tbéoriques
sur les mouvements gyratoires de l'atmosphére (3e article). — Moureaux. Sur la périodi-
cité des perturbations magnétiques à l'Observatoire du Parc-de-Saint-Maur. — Mai-juin.
Eckholm. Mesure des hauteurs et des mouvements des nuages au Spitzberg et à Upsala. -
Lettry. Note sur une modification à la méthode de M. Nils Ekholm. — Ilauvcl. Les ma-
rées de la photosphère. — Renou. Résumés des observations météorologiques faites au
Parc-de-Sant-Maur en janvier, février, mars et avril 1888.
fAnzeiger (Zoologischer). Jhg. XI, n. 288. Leipzig, 1888.
Reuter. Ueber den « Basallìeck » auf den Palpen der Schmetterlinge. — 2. Braem.
Untersuchungen ueber die Bryozoen des siissen Wassers. — Piate. Bemerkungen zur Or-
ganisation der Dentalen — Leydig. Parasiten ini Biute der Krebse.
Bollettino-Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. H
— evi —
'Bericlite der deutschen chemischen Gesellschaft. Jhg. XXI, 13. Berlin, 1888.
13. Liebermann. Ueber ein Nebenalkaloi'd des Cocaìns, das Isatropylcocain. — We-
gerhoff. Ueber die Umlagerung von Phenanthrenchinonmonoxim. — Strache. Zur Kennt-
niss des Propylendiatnins uncl des Trimethylendiamins. — Ilirsch. Ueber eine neue a-Naph-
tylaminmonosulfosàure. ■ — Nietzki und Schmidt. Ueber Dioxyebinon und Tetroxybenzol. —
Zincke und Gerland. Einwirkung von unterchloriger und unterbromiger Saure auf Cblor-
und Bromoxynajditochinon: Ueberfiibrung derselben in Hydrinden- und Indenderivate. ■ —
Id. id. Ueberfahrung von Hydrinden- und Indenderivaten in substituirte Acetophenoncarbon-
sauren. — Bankiewicz. Ueber die Reductionsproducte des w-s-Dinitroparacettoluids und ibre
Umwandlung. — Poleck und Gocrcki. Ueber neue Sulfochloride des Quecksilbers. — Witt.
Zur Kenntniss der Eurhodine. — Hantzsch. Spaltungsproducte der Chlor- und Bromanil-
saure. — Ney. Ueber das Desoxybenzoi'n und die Desaurine. — Bischoff. Einwirkung von
salpetriger Sàure auf Tetramethyldiamidobenzophenon. — Freund und Goldsmith. Ueber
Derivate des Carbizins und Sulfocarbizins. — Richter r. Ueber eine neue «bromogene
Atomgruppirung. — Id. Ueber chromogene Garbine. Constitution der Rosanilinsalze. —
Brunner jmd Chuit. Ueber die durch Einwirkung von KOnigswasser und BromkOnigswasser
auf Phenole entstehenden Dichroi'ne. — Turpin. Ueber Septdecylamin. — Bender. Ueber
die Einwirkung des Phenylhydrazins auf halogensubstituirte Ketonsàureather und lialogen-
substituirte Ketone. — Polonowsky.Zxa Condensation des Glyoxals mit Acetessigester. —
Liebermann. Ueber ein neues Dioxyanthrachinon, das Hystazarin. • Schoeller. Ueber das
Hystazarin. - Goldmann. Ueber Derivate des Anthranols. — Hallgarten. Ueber Deri-
vate des Anthranols. -- Lucas. Ueber Anthracenhydrure. — Sarhse. Ueber Derivate des
Diantliryls. — Girisberg. Ueber Apiol. — Meerson. Ueber ein Isomeres des Oximido-
uaphtols. — Bistrzycki. Beitràge zur Kenntniss der Opiansàure — Jellinek. Reindar-
stellung von Plavopurpurin. — Liebermann. Ueber die Spectra der Aether der Oxyantbra-
chinone. — Id. Kleine Laboratoriumsapparate. — Sachse. Ueber die Contlgnration des
Benzolmolekiils. — Rathke. Ueber Chlortbioameisensàuremethylàther, das polymeifc Thio-
carbonylchlorid. — Brunn. Ueber die Einwirkung von Jod auf Arsen und Anitimonwasser-
stoffgas. — Gudeman. Ueber einige Anhydrobasen des unsymmetrischen m-Xylidins. —
Metzeler. Ueber ein Jodderivat des Chinons. — GoUschmidt und Molinarù Ueber die
Diazoamidoverbindungen. — Eger. Ueber p-Nitro-m-araidobenzolsulfosàure. — Hantzsch
und Popp. Ueber das Thiazol. — Wislicenus. Ueber den Oxallàvulinsàureester. — Schiìtt.
Analyse eines Gemenges von Cblornatrium und Chlorkalium auf polaristrobometrischem
Wege. — Culi, mini. Ueber die Einwirkung secundàrer, aromatischer Amine und Hydrazine
auf Broniacetopbenon. — Abbui urd Trimble. Ueber das Vorkornmen fester Kohlenwasser-
stoffe in Pflanzen. — Pribram. Ueber die durch inactive Substanzen bewirkte Rotations-
anderung des Tfaubenzuckers. — Moscheles und Cornelius. Ueber die Natur der Tetrin-
saurè und ibrer Homòlogen. — Fischer und Wacker. Ueber die Einwirkung von Nitro-
sobasen auf Phehylhydrazin. — LI. und ffepp. Ueber Azophenin und Induline. III. - 'I<t-
cobson. Zur Kenntniss der orthoamidirtén aromatischen Msrcaptane. III. — Fischer. Ueber
die Verbindungen des Phenylhydrazins mit den Zuckerarten. IV. — Id. und Tafel. Oxy-
dation des Glycerins. — Buchner. Einwirkung von Diazoessigàther auf die Aether unge-
sàttigter Sàuren. — Fittig und Erlenbach. Ueber die Einwirkung von Natrium auf Mono-
chloressigsaure-Aethylàther. — Gioì;. Ueber p-Tolenylimidoather. — Id. Ueber Phenylen-
^-Diacetimidoàther. — - Gabriel. Ueber VinylaminundBromathylamin.il. — Id. und Weiner.
Ueber einige AbkSmmlinge des Propylamins. — Eichelbaum. Ueber a-Benzylhomo-o-phtal-
sàure. — Goedeckemeyer. Einwirkung von Phtalimidkalium auf einige sauersti ffhaltige
Halogenverbindungen. — Freund und Gudeman. Ueber Derivate des Tetramethylens.
Uri'iiiiine. Ueber einige Amidoderivate des w-Xylols. — Ladenburg und Abel. Nachtrag zu
der Mittheilung iiber das Aethylenimin. — Diìrkopf und Schlttugk. Zur Constitution des
— cvn
aus Propionaldehydammoniak und Paraldehyd gewonnenen Parvolins. — Merck. Ueber
«-Furfuràthenpyridin. — Dùrkopf. Ueber die bei der Condensatici von Aldeliydammoniak
mit Aceton entstehenden Pyridin- und Pipéridinbasen. — LóscJier und Kusserow. Ueber
die Einwirkung von Anilin auf Bromfumarimid. — Zincke und Kiister. Ueber die Einwir-
kung von Chlor auf Brenzcatechin und o Amidophenol. I. — A'rafft. Zur Kenntniss dei
Ricinolei'nsàure CIS H34 03. — Griess und Harrov:. Zur Kenntniss des Hexamethylente-
tramins. — Id. id. Einwirkung von Acetessigàther auf Hexamethylentetraniin. — Udrdnszky
und Baumann. Das Benzo3'lchlorid als Eeagens. — Pechmann v. Ueber Osazone. — Grete.
Titrimetrische Bestimmung der Phosphorsiiure mittelst Molybdansàure. — Blitz. Ueber eine
Methode, das Moleculargewicht fllichtiger Chloride zu bestimmen. — Id. Ueber den Einfluss
der Gestalt des Gefasses bei Dichtebestimmungen unvollstandig vergaster Dànipfe nach
dem Gasverdràngungsverfahren. — Will und Bredig. Umwandlung von Hyoseyamin in
Atropin durch Basen, Beitrag zur Kenntniss der Massenwirkung. — Stierlin. Berichtigung.
+Bulletin de la Société entomologique de France. Fenili. 16, 17. Paris, 1888.
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Dutton. Depth of earthquake foci. — Abbe. Signal Service bibliography of meteorology. —
Gilbert.' 'èi-àihtio.s of the philosophical Society. — Martin. Methods of finding nht power
numbers whose sum is an nht power.
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Keller. Wilde Rosen des Kautons Zurieh. — Wenzig. Nova ex pomaceis.
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Bohr. Respiration und Blutgerinnung nach Injection von Pepton und Blutgelinfus. —
Cowl und Gad. Cardiographie beim Frosch. — Lehmann. Respirationsapparate.
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Gruner. Die Wasserversorgungsanlage der Stadt Worms. — Beer. Leistung, Kohlen-
verbrauch und Wasserverbrauch der Locomotiven der Siichsischen Staatseisenbahnen. —
Judenfeind-Hìilsse. Die Bibliothek der Technischen Staatslehranstalten zu Chemnitz in den
Jahren 1886/87. — Hartig. Zur Feststellung des Begriffes nDampfkessel-Explosion".
fComptes rendns hebdoniadaires des séances de l'Académie des sciences. T. CVII,
n. 10-13. Paris, 1888.
10. Vemeuil. Microbisme et abcès ; classification de ces derniers. — Oppert. Inscrip-
tion donnant les détails d'une éclipse de lune. — Lecoq de Boisbandran. A quels degrès
d'oxydation se Irouvent le chrome et le manganése dans leurs composés fluorescents. —
Cruls. Note sur les positions de quelques points de la còte du Brésil. — Kcenigs. Sur le
volume engendrè par un contour He' invariablement au trièdre d'une courbe, et, en parti-
culier, sur une propriété des courbes de M. Bertrand. — Picard. Sur une classe d'équa-
tions line'aires aux dérivées partielles. — Soret. Sur la mesure des indices de réfraction
des cristaux à deux axes, par l'observation des angles limites de re'flexion totale sur des
faces quelconques. — Dubois. Action physiologique du chlorure d'éthylène sur la cornee. -
11. Tisserand. Eemarque sur un point de la théorie des ine'galités sèculaires. — Chat in.
Les vignes francaises. — Lecoq de Boisbaudran. A quels degrés d'oxydation se trouvenl
le chrome et le manganése dans leurs composés fluorescents ? — Bigourda». Observatìons
de la nouvelle comète Barnard, faites à l'Observatoire de Paris (équatorial de la tour de
l'ouest). — Gruey. Positions de la comète Brooks (7 aoùt 1888), mesurées à l'Observa-
toire de Besancon. — Perrotin. Sur la planète Mars. — Nikon et Pettersson. Sur les
CVI1I —
chlorures d'indium. — Dubois. Sur le rOle de la symbiose chez certains aniraaux marins
lumineux. — Chatin. Sur les mye'locites des inverte'brés. — Willot. Sur l'H e ter oderà
Schachtii. — 12. Boussinesq. Complément à la théorie des déversoirs eri mince paroi
qui s'étendent à toute la largèur du lit d'un cours d'eau : influence, sur le débit, des vi-
tesses d'arrivée des filets fluides. - - Cesare Sur une recente Communication de M. Lévy. —
Amagat. Compressibilité des gaz: oxygène, hydrogène, azote et air jusqu'à 3000atm. —
Mathias. Sur les cbaleurs spéciflques des dissolutions. — Nilson et Pettersson. Sur les
chlorures de gallium et sur la valeur des éléments du groupe de l'alumiiiium. — Id. id.
Sur le chlorure ferreux et les chlorures de chrome. — Ghevrel. Sur le système nerveux
grand sympathique des poissons osseux. — Vitsou. L'entre-croisement incomplet des fibres
nerveuses dans le chiasma optique chez le chien. — Dubois et Vignon. Sur l'action phy-
siologique de la para- et de la métaphénylène-diamine. — 13. Bertrand. Généralisation
d'un the'orème de Gauss. — Boussinesq. Complément a la théorie des déversoirs en mince
paroi: influence, sur le débit, des vitesses d'arrivée des filets fluides. Applications. — Bai/et
et Courty. Observations des comètes Brooks (auót 7) et Bernard (septembre 2), faites à
l'équatorial de 0m,38 de l'Observatoire de Bordeaux. — Gaucher, Comòemale et Màresfang.
Sur l'action physiologique de l'Hedwigia b alsamifera.
"rCosmos. Revue des sciences et de leurs application. N. 189-192. Paris, 1888.
,il)t'BHocTii Ti»y;i,u inni. MocKOBCKaro ApxeojrorH^et'Karo oómecTBa. T XI. B. 1.
Moci;a 1888.
JKH3HEBCKIM. OiracaHie TBepcKaro My3ea. HvMinv.a •iiimccuìh oi U.m.. — BEHEBH-
TIIHO'L. CiapHHHoe H3o6paateHÌe m'paia cmotphhi ni. ropo^ì Topoimi. — 1^'1*AT1 1.' ( )I i'I..
05-BflCHeHÌe i;i, apxeojorHiecKOM Kapri Hobopoccìhckhxl ryò*epHÌfi a Kpuiaa. — IIIUAFin»-
lìl. BOUpOCy <»';, HCTOJKOBaHÌH OAHOrO iU'li:;,;;l HM.l in :: 11 i ll'iliarn CfflCTa H3I lOujiailUl rpu<I>a
A. C. 5rBapoBa.
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Temperaturer. — Schòyen. Supplement til M. Siebke's Enumeratio Insectorum Norvegico-
niin fase. I, 1. — Vogt. Om Kunstig dannelse af glimmer. — Guldberg. Bidrag til In-
sula Reilii's morphologi. — Collett. Om 4 fot Norges Panna uve Fugle, fundne i 1885
og 1886. — Pearson. Hepaticae Knysnanae. — AVA-'/;. Om F. Exners Theori for den
atmosfseriske Elektricitet. ■ -Jeasea. Cndt-rsiigclscr over Saedlegemerne hos Pattedyr Fugle
og Amphibier. — Olsen. Om ±"\> pà Klipfisk den sakaldte mid. — Schógen. Fortegnelse
over de i Norge hidtil observerede Neuroptera Planipennia og Pseudo- Neuroptera.
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36. Chavannes. L'éclairage électrique de la ville de Genève. — Zetzsche. Recherches
sur le rendement du télégraphe imprimeur Hugues. — Richard. Détails sur la construction
des machines dynamos. — Palmieri. Développement de l'éluctricité par l'évaporation de
l'eau de rner sus l'action des raj'ons solaires. — 37. Richard. Fabrication éleetromécha-
nique des tubes en cuivre ei des métaux par les procédés Elmore. — Reignier. Sur l'in-
duction magnétique du fer. — Marcillac. La vigie sous-marine de M. Orecchioni et Cava-
lieri. — Decharme. Analogies et différences entre l'électricité et le magnetisme. — 38. Dieu-
donné. Les progrès de l'électricité. — Goaziou. Nouveau scrutate ur électrique pour assem-
blées délibérantes. — Richard. Épuration électrolytique des eaux d'égouts par le procède
CIX
Webster. — 30. Palaz. La téléphonie en Suisse. — Dieudonné. La machine de Wimshurst. —
Decharme. Analogies entre l'électricité et le magnétisme.
+ Jahrbuch der t. k. geologischen Reichsanstalt. Jhg. 1888, Bd. XXXVIII, 1, 2.
Wien, 1888.
v. Foaìlon. Mineralogische und petrographische Notizen. — v. Sicmiraclzki, Studien
im polnischen Mittelgebirge. IL — Zareczny. Ueber das Krakauer Devon. — v. Wòhrmann.
Ueber die untere Grenze des Keupers in den Alpen. — Hofmann. Beitràge zur Kenntniss
der Saugethiere aus den Miocànschichten von Vordersdorf bei Wies in Steiermark. — Uhlig.
Ergebnisse geologischer Aufnahmen in den westgalizischen Karpathen. I. Theil: Die Sand-
steinzone zwischen dem penninischen Klippenzuge und dem Nordrande. - Andrussoic. Ein
kurzer Bericht iiber die im Jabre 1887 im transkaspischen Gebiet ausgefiihrten geologischen
Untersuchungen. — Camerìander. Der am 5. und 6. Februar ,1888 in Schlesien, Màhren
und Ungarn mit Schnee niedergefallene Staub. — Brunnlechner. Die Spharenerze von Miess
in Karnten. — Bittner. Geologische Mittheilungen aus dem Werfener Schiefer- und Tertiar-
Gebiete von Kotijica und Jablanica a. d. Narenta. — v. John. Ueber die Gesteine des
Eruptivstockes von Jablanica an der Narenta.
i Jahrbuch fùr das Berg und Huttenwesen im Konigreiche Sachsen. 1887,11.
1888. Freiberg.
1887. Schmidt. Zwolf Musterblàtter fiir Beisszeichnen nebst erlauternden Bemerkun-
gen ueber die Anfertigung der Grubenrisse. — Schertcl. Analysen von Producten der
fiskalischen Hùttenwerke bei Freiberg. — Kollbeck. Ueber die Untersuchung eines Glimmers
durch die Prockene Probe. — Treptow. Ueber Abfang- und Aufsetzvorrichtungen fiir
Bremsschàchte. — Menzel. Elektriscbe Ausrùckvorrichtungen in Aufbereitungsanstalten. —
Schmidt. Praktische Erfahrungen ueber den Genauigkeitsgrad der Orientirungsmessungen
nach dem Lothverfahren. - 1888. Junge. Der combinirte Pattinson- und Parkesprozess auf
der k. Muldener Hiitte bei Freiberg. — Undeutsch. Die Hulsenberg'sche doppeltwirkende
Wassersàulenraaschine. — Schmidt. Fortsehritte in der Ausfuhrung von Orientirungsmessun-
gen mit der Magnetnadel. — John. Ueber die Emittelung der Beitràge fiir die Wittwen-
versicherung beim Bergbau. — Raffinami. Ueber die Braunspathgànge im Felde von Himmel-
fahrtFdgr. bei Freiberg. — Schubcrt. Selbstthatige Aussturzvorrichtung. — Fuchs. Selbst-
thatige Verschlusse fiir Bremsberge.
■'"Jahresbericht iiber die Fortsehritte der classischen Alterthumswissensohaft.
Jhg. XVI, 2. Berlin, 1888.
Helmreich. Jahresbericht iiber Tacitus, 1885-1887. — Hirschfelder. Jahresbericht uber
die Litteratur zu Horatius, fiir die Jahre 1884-1887. - Heyclenreich. Jahresbericht iiber
die Litteratur zu Propertius fiir die Jahre 1885-1887, sowie iiber die Litteratur zu Phà-
drus fiir die Jahre 1886 und 1887. '— Schiller. Jahresbericht iiber die romischen Staatsal-
terthiimer fiir 1886. — Haug. Bericht iiber romische Epigraphik.
* Journal (The arnerican) of Science. Ser. 3d, voi. XXXVI, n. 213. NewHaven,
1888.
ìValcott. Cambrian Fossils from Mount Stephens, Northwest Territoxy of Canada. -
Dana. History of Changes in the Mt. Loa Cratere. -- Dunnington. On the formatimi of
the deposits of Oxides of Manganese. — Barùs. Maxwell's Theory of the Viscosity of
Solids and Certain Features of iis Physical Verificati'on. — Iddings. On the Origin ofPri-
mary Quartz in Basalt. — lùtns. Mineralogical Notes.
■Journal de Physique théorique ed appliquée. 2e sér. t. VII, sept. 1888. Paris.
ex
Dukem. De l'influenoe de la pesanteur sur les dissolutions. — Guillaume. Recher-
ches sur le thermomètre à mercure. — CaiUetet et Colardeuu. Étude des mélanges réfri-
gérants obtenus avec l'acide carbonique solide. — de Lépinay. Polariseurs acoustiques per-
mettant d'imiter et d'expliquer les phénomènes de polarisation de la lumière. — Godard.
Sur la surface de diffusion de la chaleur par les substances mates. — PiltscKikoff. Sur la
the'orie des anomalie» magnétiques.
+ Journal fur die reine und angewandtè Mathematik. Bd. CHI, 4. Berlin, 1888.
Hamburger. Ueber cine specielle Klasse lineare! Differentialgleichungen. — Kònigs-
berger. Ueber die fiir eine homogene lineare Differentialgleichung dritter Ordnung zwischen
den Fundamentalintegralen und deren Ableitungen stattfindenden algebraischen Beziehun-
gen, _ Netto. Untersuchnngen aus der Theorie der Substitutionen-Gruppen. — Hilbert.
Ueber die Discriminante der im Endlichen abbrechenden hypergeometrischen Reihe. —
Thomé. Bemerkung zur Tbeorie der linearen Differentialgleichungen.
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Some Amines and Amides derived from the Nitranilines. — Lewkowitsch. The Rotatory
Power of Benzene-derivatives. — Carnelley and Thomson. The Solubility of Isomerie Or-
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Radimsky und Szombathy. Urgeschichtliche Forschungen in derUmgegend von Wies
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manentum der Jakuten. — Ethnographische Studien uber Alt-Serbien. — Heger. Die Ethno-
graphie auf der Krakauer Landesausstellung 1887.
1 Mittheilungen des historischen Vereines fur Steiermark. Heft XXXVI. Graz,
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Kratochwill u. Krones. Die Franzosen in Graz 1809. Ein gleichzeitiges Tagebuch. -
Gaspàritz. Hans Ungnad und das Stift Reun. — Zahn. Zur Sittengeschichte in Steiermark. —
Miilìer. Ueber die Familie Leysser und ihre angebliche Gemeinschafl mit der wùrtember
gisch-siichsischen Familie gleichen Namens.
CXI —
' Mittheilungen der Ornitologischen Vereines in Wien. Jhg. XII, 9. Wien,
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Hydrogen and Oxygen.— Richards. Further Investigation on the Atomic Weight of Cop-
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$opaMHHH(|)ppbi ro.-iyuoBaTofi r.iiniu u::i, SypoBOH CKuaSBHH na II<>,vut.. — IìOlYpìII.H (HCIi'Ill.
0 cnocoóaxB pa3BiiTÌfl co'iiibixi. ii hhchcbuci mojobi. ('imti-ii I. — X A Hr I.1M I lìOIJ'fc». Oósopi
il pe:iy.ibTaTbi HaÓ.HOjeHift, iipoiiiìiìe.u'iiiiiJ.vb IH annera 1887 r. na,u> iio.ihu.mi, .: .mitiiie-M'i.
cojihiui Ha ropt Iuaro.iaib, in boctohhomi <k.m>hI. Vpa.ia. — M0HTPE30PL. <»<'<>. -.pi. iiir
pacreHiii, isxo,t;hiii,iixt> bt. cociaB*b tpjopa ryoepiiiìi KieBCKaro v'in'iiara ospyra : KieBCKOH,
Bo.ihiHCKoiì, IIo^o.ibCKoii, xIepnnroBci;oiì ii lIn.iTaiici;nfi Inpojo.iHveiiie). — IIAHOCKIH. Mare-
piaabi juih (fuopu 3ac.iaB.ibCKaro n KoBeribcsaro yfejOBi BojbiHCKofi ryó. — MO.IMAIK IBCKIII.
0 cocTaBÌ KieBCKaro cBt'bii.ibiiaro rasa. — COBHHCKIH. (hepin, <[>a \ n u iipi.nioncunbixb
paKooópa3HbixT. as% onpeoTHocreii r. Kiem-i;oii ry6ecHÌH. Ilrpiibin ottote o «Jm vmik- i ii «m-ckiix i.
SKCKypciax'b. — IIAH0CKI1I. 0 <|>a} ni. n (pjopi ospecTHocTefi r. I>.ia,uniipa-B<>.ibiiicKaro. —
KAPIIII,KIIL Ilo iioBojiy H-fcKoropbixb ocoÓenHocTefi pejn>e<pa npaBaro 6epera p. /Intnpa in,
o6.tìcth KieBCKiixb Merto.'wìÌHbixi. otjoshìh. — K03.IOBCKIII. Marepia.ibi ,un «luopu bojo-
pocjieS Cnópn.
tVerhandlungen der k. k. geologischen Reichsanstalt. 1888, n. 11. Wien.
Rzehak. Die Foraminiferen der Numinulitenschichten des Waschherges and Michels-
berges bei Stockerau in Nieder-Oesterreich.
+Verhandlungen der Physiologischen Gesellschaft zu Berlin. 1888. n. 18-20.
Berlin.
+Verhandlungen des naturvvissenschaftlichen Vereins in Karlsruhe. Bd. X.
1883-1888. Karlsruhe, 1888.
Kloos. Die vulkanische Eruption und das Seebeben in der Sundastrasse ini August
1883. — Mittheilungen der Erdbeben-Commission. — Honsell. Ueber die Trombe am 4 Juli
1885 bei Karlsruhe. — Lydtin. Ueber die Pasteur'sche Impfung gegen die Tollwuth. —
Valentiner. Ueber die Entwicklung der Photographie in ihrer Anwendong auf die Astro-
nomire. — Rebeur-Paschwitz. Ueber das Zollner'sche Horizontalpendel und neue Versuche
CXIII —
mit demselben. — Scliell. Der Dualismus in der akustisclien Grundlage des Musik. —
Meidinger. Einige Merkwiirdige Blitzschlage. — hi. Geschichte des Blitzableiters.
f Wochenschrift des osterreichischen Ingenieur- und Architekten-Vereines. Jhg.
XIII, n. 36-39. Wien.
fZeitschrift der deutschen Morgenlàndischen Gesellschaft. Bd. XLII, 2. Leip-
zig, 1888.
Leumann. Eine Bitte an die kiinftigen Herausgeber von Dramen und nichtvedischen
Prosa-Texten der indischen Literatur. — Oldenberg. Ueber die Liedverfasser des Rigveda. —
Grunbaurn. Assimilationen und Volksetymologien im Talmud. — hi. Die beiden Welten
bei den arabisch-persischen und bei den judischen Autoren. — Pisci tei. Rudrata und Ru-
drabhat.ta. — Bacher. Abulwalid sebrieb seine Werke mit hebràiseben, nicht mit arabischen
Buchstaben. — lei. Weitere Berichtigungen zur Neubauer'schen Ausgabe des Kitàb-alusùl.
+Zeitschrift des òsterr. Ingenieur- und Architekten-Vereins. Jhg. XL, 3. Wien,
1888.
Oelwein. Die Wasserversorgung der Stadt Iglau. — Gostkowski. Das Bremsen der
Ziige auf Eisenbahnen. — Schoen. Ueber Schraubenpfahlbauten, insbesondere die Eisen-
pfeiler der Brucke tìber die Marizza. — Strukel. Beitrag zur Kenntniss des Erddruckes. —
Schemfil. Der Betrieb und die Leistungsfahigkeit hydraulischer Transmissionen und Werk-
zeugmaschinen im Vergleich'zum Dampfbetriebe. — Ciborien-Altar im Stift Heiligenkreuz. —
Erményi. Entgegung auf die Abbandlung des Herrn Josef Popper: « Ueber die àsthetische
und kulturelle Bedeutung der techniseben Fortscbritte «. — Popper. Bemerkungen zur Ent-
gegnung des Herrn Dr. Erményi.
+Zeitschrift far Mathematik und Physik. Jhg. XXXIII, 4. Leipzig, 1887.
Wittenbauer. Ueber gleicbzeitige Bewegungen eines ebenen Systems. — Rìcliter.
Ueber die galvanische Induction in einem korperlieben Leiter. — Kcehler. Ueber die Form
der logarithmischen Integrale einer linearen nicht homogenen Differentialgleichung. —
Dcehlemann. Zur synthetischen Erzeugung der Cremona'scben Transformation vierter Ord-
nung. — Stoll. Herleitung der Mittelpunktscoordinaten und des Halbmessers eines Kreises
aus seiner Gleichung in trimetrischen Punktcoordinaten. — Tumlirz. Zur Einfiihrung in
die Tbeorie der dielektrischen Polarisation. — Marek. Einfluss der Versenkung von Maass-
stàben in eine Fltìssigkeit auf die scheinbare Lànge derselben. — Ncether. Cari Gustav
Axel Harnack. — Unger. Das àlteste deutsche Rechenbucb.
+Zeitschrift (Historische). N. F. Bd. XXIV, 3. Munchen-Leipzig, 1888.
Lehmann. Tagebuch des Freiherrn vom Stein wahrend des Wiener Kongresses. —
Hirsch. Der osterreichische Diplomat Franz v. Lisola und seine Thàtigkeit wàhrend des
nordiseben Krieges in den Jahren 1655 bis 1660. — Beloch. Seluekos Kallinikos und Antio-
chos Hierax.
Bullettino-Rendiconti, 1888, Yol. IV, 2° Sem. 15
— CXIV —
Pubblicazioni non periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di ottobre 1888.
Pubblicazioni italiane.
'* Alvino F. — I calendari. Fase. 47-48. Firenze, 1888. 8.°
*Gioda C. — Giudizi della stampa sull'opera « Girolano Morone e i suoi tempi » .
Torino, 1888. 16°.
f Memorie descrittive della Carta geologica d'Italia. Voi. IV. (Zoppi. Descrizione
geologica mineraria dell'Iglesiente, Sardegna). Roma, 1888. 8°.
*Naccari G. — La 3a assemblea generale della Società meteorologica italiana
in Venezia. Venezia, 1888. 8°.
* Ferrod E. — La provincia di S. Paolo (Brasile). Roma, 1888. 8.°
f Relazione a S. E. il Ministro della guerra sulla operazione militare eseguita
nell'inverno del 1887-88 per la rioccupazione di Saati. Roma, 1888. 8°.
*Rosmini condannato dal S. Uffizio nel 14 dicembre 1887. Roma, 1888.
* Zaccaria A. — 'Federico Guglielmo I imperatore di Germania. Faenza,
1888. 8°.
Pubblicano ili esfere.
fArnheim F. — Die Memoiren der Kònigin von Schweden Ulrike Luise. Halle,
1887. 8°.
f Arnim J. de — Philodemea. Halis, 1888. 8°.
' Arronet H. — Quantitative Analyse des Menschenblutes nebst Untersuchun-
gen zur Controlle und Vervollstandigung der Methode. Dorpat, 1887. 8°.
^Atlass J. — Ueber Senegin. Dorpat, 1887. 8°.
ìAmoers A. — Die Venus-Durchgànge 1874 und 1882. Bericht ueber die
deutschen Beobachtungen. Bd. III. Berlin, 1888. 4°.
T Baneth IL — Des Samaritaners Marqah an die 22 Buchstaben den Grund-
stock der hebraischen Sprache ankupfende Abhandlung. Halle, 1888. 8°.
+ Barnstein F. — Die Isobutenyltricarbonsaure und ihr Zersetzungsproduct die
«-Dimethylbernsteinsaure. Halle, 1887. 8°.
^ Bari) A. — Beitràge zur Baryimrwirkung. Dorpat, 1888. 8°.
^Belck E. W. — Ueber die Passiviti des Eisens. Halle, 1888. 8°.
^Benedikt M. — Der Schàdel des Raubmorders Schimak. Wien, 1888. 8°.
* Benner R. — Ueber die Donatio sub modo nach gemeinem Recht. Halle,
1888. 8°.
*" Bibeljé A. — Welche Quelìen bat Pompejus Trogus in seiner Darstellung
des dritten Perserzuges benutzt? Rostok, 1888. 8°.
* Birkenwald P. — Beitràge zur Cbemie der Sinapis juncea und des àtheri-
schen Senfòls. Dorpat, 1888. 8°.
— cxv —
f Boettger 0. — De dum particulae usu apud Terentiuin et in reliquiis tragi-
gicorum et comicorura. Halis, 1887. 8°.
fBòmher A. — Vicelin. Ein Beitrag zur Kritik Helmolds imd der àlteren
Urkunden von Neumiinster und Segeberg. Wismar, 1887. 8°.
i Bokemeyer IL — Die Molukken. Geschichte und quellenmassige Darstellung
der Erobenmg und Verwaltung der Ostindiscben Gewiirzinseln durch die
Niederlander. Leipzig, 1888. 8°.
fBondi J. — Das Sprachbuch nach Saadja. Ein Àuszug aus Saadja's DtffQ
ohìD nDDM1?^ Cap. 1-9. Als Beitrag zur Geschichte der Bibelausle-
gung. Halle, 1888.
f Bòìiiiig C. — Untersuchungen des Inversionsproducte der aus Trehalarnanna
stammenden Trehalose. Dorpat, 1888. 8°.
f ' Bonnier Gii. — Ueber die franzosischen Eigennamen in alter und neuer Zeit.
Halle, 1888. 8°.
ì Borckert P. — Beitràge zur Kenntniss der diluvialen Sedimentàr-Geschiebe
in der Gegend von Halle a. S. Halle, 1887. 8°.
fBremer 0. — Einleitung zu einer arnringisch-fohringischen Sprachlehre. Norden,
1888. 8°.
f Brenstein G. — Ueber die Production von Kohlensaure durch getotete Pfìan-
zenteile. Kiel, 1887. 8°.
■* Bruckel Ph. — Untersuchungen ueber die reciproke Varwendtschaft in der
Ebene. Giessen, 1888. 8°.
f Buchtien 0. — Entwicklungsgeschichte des Prothalliurn von Equisetum. Cassel,
1887. 8°.
f Calvo y Martin J. — Discurso leido en la Universidad Central en la solernne
inauguracción del Curso Academico de 1888 a 1889. Madrid, 1888.
+ Clans R. — Ueber den allgemeinsten Ausdruck innerer Potentialkrafte, deren
Potential von der Zeit, den Coordinaten, den Geschevindigkeiten und
Beschleunigungen abhiingt. Halle, 1887. 4°.
f Conitzer L. — Ueber die operative Behandlung der pleuritischen Exsudate
ini Kindesalter mit besonderer Beriicksichtigung den eitrigen. Halle,
1888. 8°.
1 Cramer W. — Ueber die Selbstentwicklung und die Geburt mit gedoppel-
ten Korper. Halle, 1888. 8°.
fBauA. — De M. Valerii Martialis libellorum ratione temporibusque. Pars 1.
Eostochii, 1887. 8".
fI)aub E. — Ueber einige binaren und ternaren Forraen betreffenden Aufga-
ben. Darmstadt, 1888. 4°.
*Daubrée A. — Les eaus souterraines a l'epoque actuelle, leur regime, leui-
temperature, leur composition au point de vue du róle qui leur revient
dans l'economie de l'écorce terrestre. T. I-Il. Paris, 1887. 8°.
*Id. — Les eaus souterraines aux époques anciennes, ròle qui leur revient
CXVI —
dans l'origine et les modifications de la substance de l'écorce terrestre.
Paris, 1887. 8°.
^Bammhoh R. — Sprach-Studie aus dem Anfang des XVII Jahrhunderts im
Auschluss an J. de Sckelandre's Tyr et Sidon. Halle, 1887. 8°.
fDehio IL — Untersuchungen ueber den Eintìuss des Coffeins und Thees aus
die dauer einfacher psychischer Vorgànge. Dorpat, 1887. 8°.
^Demitsch W. — Literàrische Studien ueber die wicktigsten russischen Volksheil-
mittel aus dern Pflanzenreicbe. Dorpat, 1888. 8°.
fDetels Fr. — Ueber cbomocentrische Brechung uuendlicb diinner, cylindri-
scber Strahleubiindel im Rotationsiìàchen zweiter Ordnung. Schwerin,
1887. 8°.
^Dieckhoff A. W. — Leibnitz Stellung zur Offeubarung. Rostock, 1888. 8°.
i Id. — Luthers Lehre in ihrer ersten Gestalt. Rostoch, 1887. 8°.
fDiehl K. — P. J. Proudhon. Seine Lebre und sein Leben. Erste Abteilunsr:
Die Eigentums- und Wertlebre. Halle, 1888. 8°.
^ Ditte nb erger W. — Comruentatio de inscriptione Orcbomenia. Halis, 1888. 4°.
fId. — Observationes de sacris Arnphiarai tbebanis et oropiis. Halis, 1888. 4°.
fId. — Rede zurn Gedàchtniss an Kaiser Wilhelm I. Halle, 1888. 4".
fDittmar P. — Das Buscbel von Kegelscbnitten welches ein Ebenenbiischel
aus einem Kegel II Ordnung ausschneidet. Giessen, 1888. 4°
^Bobrzijcki L. v. — Paraisobutylirte Ortbooxybenzolcarbonsàure. Posen, 1887. 8°.
i Dohrmami E. — Beitrage zur Kenntniss des Lycaconitins. Dorpat, 1888. 8°.
^Drescher P. — De atresia anicongenita. Halle, 1888. 8°.
f Bub islam G. — Ueber Satsbeiordnung far Satzunterordnung im Altfranzòsi-
scben. Halle, 1888. 4°.
^ Eckerlin J. — Das deutscbe Reicb wàhrend der Miiiderjahrigkeit Heinricbs IV.
bis zum Tage von Kaiserswerth. Halle, 1888. 8°.
^Einberg F. — Beitrage zur Kenntniss des Myoctouins. Dorpat, 1887. 8°.
^Eiselen J. — Ueber den Systematischen Wert der Rhaphiden in Dicotylen
Familien. Halle, 1887. 8°.
''Engelhardt R. v. — Beitrage zur Toxikologie des Anilin. Dorpat, 1888. 8°.
+ Engelmann E. — Ueber Druckgeschwure in der Trachea. Halle, 1888. 8°.
^Falkner R. P. — Die Arbeit in den Gefàngnissen. Halle, 1887. 8°.
*Fey /. — Albrecht von Eyb als Uebersetzer. Halle, 1888. 8°.
1 Fitting F. — Ueber ein Klasse von Beriibrungstransibriuationen. Halle, 1888. 8°.
^Frech F. — Geologie der Umgegend von Haiger bei Dillenburg (Nassau)
nebst einem palaeontologischen Anhang. Berlin, 1888. 8°.
^Fremei F. — Das itinerarium des Thomas Carve. Ein Beitrage zur Kritik
der Quellen des dreissigjàhrigen Krieges. Halle, 1887. 8°.
f Friedrich H. — Die Markràume der Knochen der Unterextremitàt eines
fiinfzwanzigjàhrigen und eines zweiundachtigjahrigen Mannes. Rostock,
1888. 8°.
— CX.VII —
f Friedrichson A. — Untersuchungen ueber bestimmte Verànderungen der
Netzhautcirculation bei Allgemeinleiden mit besonderer Beriicksichtigung
der ' Blutbeschaffenheit bei Anamie und Chlorose. Dorpat, 1888. 8°.
* Gaillot A. — Théorie analytique du mouvement des planètes. — Expression
generale des perturbations qui sont du troisième ordre par rapport aux
masses. Paris, 1888. 8°.
+ Gebauer G. — Euripidis Phoenissarum pars extrema inde A. V. 1582 utrum
genuina sit necne quaeritur. Accedunt de aliis fabulae locis quaestiones
selectae. Halis, 1888. 8°.
* Gegenbaur C. — Lehrbuch der Anatomie des Menschen. 3 Aufl. Leipzig,
1888. 8°.
f Gerlach M. — Ueber § Aethylthiophen und einige Derivate desselben. Halle,
1888. 8°.
1 Gille A. — Herbarts Ansichten ueber den matbematischen Unteiricht. Halle,
1888. 8°.
f Girardet F. — Der Stettiner Friede ein Beitrag zur Gescbichte der Balti-
schen Frage. Halle, 1888. 8°.
+ Glaser J. Ph. A. — Ein Beitrag zur Casuistik und klinischen Beurteilung
der menschlichen Actinomykose. Halle, 1888. 8°.
f Gottschalk M. — Beitrage zur Kenntniss der hoher methylirten Benzole.
Kostock, 1888. 8°.
f Govi G. — Sur les couleurs latentes des corps. Paris, 1888. 4°.
* Graefe A. — Ein Beitrag zur giinstigen Wirkung des Calomels bei Sypbilis
und die Vorteile des Oelsuspension bei der subkutanen Anwendung dessel-
ben. Halle, 1888. 8°.
* Greiffenhageti W. — Ueber den Mechanismus Schàdelbriiche. Dorpat, 1887. 8°.
Griepentrog IL — Ueber eine Bildungsweise des Tripbenylmethans und ho-
mologer Kohlenwasserstoff und iiber einige Derivate der Cinchoninsaiu^e.
Halle, 1888. 8°.
[ Grò fé G. — Ueber die Pendelbewegung an der Erdoberflàche. Dorpat, 1888. 4°.
* Gruìibaum P. — Die Priestergesetze bei Flavius Joseplius. Eine Parallele
zu Bibel und Tradition. Halle, 1887. 8".
* Gùhloff 0. — Der transcendentale Idealismus J. Gr. Fichtes. Halle, 1888. 8°.
1 Gutmann K. — Ueber die Ursachen des raschen Wacbstums von Fibromyo-
ment des Uterus. Halle, 1888. 8°.
*Halphen G. II. — Traité des fonctions elliptiques et de leurs applications.
Parties I, IL Paris, 1886-1888. 8°.
rHampke C. — Das Ausgabebudget der Privatwirtscbaften. Jena, 1887. 8°.
*Hannemann E. — Metrische Untersuchungen zu John Ford. Halle, 1888. 8°.
f Harrower G. IL — Alexander Hamilton als Nationalokonom. Halle, 1887. 8°.
*Hartenstein C. — Ueber die Lehren der antiken Skepsis besonders des Sextus
Empiricus in betreff der Causalitàt. Halle, 1888. 8°.
— CXV11I —
f Handring E. v. — Bacteriologische Untersuchung einiger Gebrauchswasser
Dorpats. Dorpat, 1888. 8°.
^Heffter L. — Zur Theorie der linearen homogenen Differentialgleichungen.
Leipzig, 1888. 8°.
* nemiche n 0. — Ueber die Dibromsulfanilsaure und einige Derivate derselben.
Halle, 1888. 8°.
1 Hellat P. — Eine Studie iiber die Lepra in den Ostseeprovinzen rnit beson-
derer Beruksichtigimg ihrer Yerbreitung und Aetiologie. Dorpat, 1887. 8°.
+ Heuckenkamp F. — Die heilige Dimphna. Halle, 1887. 8°.
^Herscheiu 0. — Untersuchmigen ueber Harzer Baryte. Halis, 1888. 8°.
^Hoepel (ì. — De notionibus voluntarii {éxovdiov) ac Consilii {nqoaiQtfftq) se-
cundum Aristotelis Ethica Nicomachea (III, 1 7). Halis, 1887. '8°.
* Hoerschelmaiui W. — Ein griechisches Lehrbucb der Metrik. Dorpat, 1888. 8°.
1 Hofmann W. — Ueber eine Bewegung eines materiellen Punktes auf einem
Ringe, dessen Querschnitt ein Kegelschnitt ist. Halle, 1888. 4°.
^Hohberg lì. — Ueber plòtzlichen Tod bei pleuritis essudativa. Halle, 1888. 8°.
fHope 0. — Ueber ein Fall von Tumor der Yierhugel. Halle, 1888. 8°.
^Houzeau I. C. et Lancaster A. — Bibliographie generale de l'astronomie.
le partie. Bruxelles, 1887! 4°.
*Hiindorf P. — Die Steinhauer-Zunft zu Obernkirchen. Halle, 1887. 8°.
^Htmger E. IL — Ueber einige vivipare Pflauzen und die Erscheinung der
Apogarnie bei denselben. Bautzen, 1887. 8°.
+ Husserl E. G. — Ueber den Begrilì" der Zahl. Psychologische Analysen. Halle,
1887. 8°.
tJrrgang M. — Zum Wigalois. Halle, 1887. 8°.
f Jackstein IL — Ausdehnung eines von Puiseux far ebene Curven behandel-
ten Problerns auf Raumeurven. Halle, 1888. 8°.
fJohansen C. — Die Gastrostomie bei Carcinomatoser Strictur des Oesophagus.
Dorpat, 1888. 4°.
*Jolis A. L. — Le Glyceria Borreri à Cherbourg. Caen, 1888.
f Jmigfer P. — Der gegenwiirtige Mansfelder Kupferhiittenprozess und ueber
neue Methoden zur Bestimmuug geringer Mengen Wismutb und Antimon
ini Handelskupfer. Berlin, 1887. 8°.
f Kàhler M. — Zum Gedàchtnis Friedrich III Deutsche Kaisers und Konigs
von Preussen. Halle, 1888. 8°.
^Kaiser W. — Einige wichtige Stadte der Yereinigten Staaten von America
in ihrer Abhiingigkeit von geographischen Bedingungen. Halle, 1888. 8°.
fKamla F. — Ueber Behandlung der Echinococeen des Unterleibes. Halle,
1888. 8°.
*Ka>iiU A. — A Kolozsvàri magyar Kiràlgs Ferencz- József Tudomànyegye-
tem torténete az 1887-1888 tanévben. Kolozsvart, 1888. 8".
^ Kausehe W. — Mythologumena Aeschylea. Halis, 1888. 8°.
— CXIX —
tKeil K. E. J. — Govarianten eines ebenen Systems bestehend aus einem
Kegelschnitt und mehreren Geraden. Giessen, 1888. 4°.
f Kentiel J. v. — Ueber Theihmg imd Knospung der Thiere. Dorpat, 1887. 4°.
*Kirchhoff R. — Ueber einige syuthetische disubstituierte Naphtalinderivate.
Halle, 1888. 8°.
iKirchner F. W. — Ueber die perspectivische Lage ebener Dreiecke. Halle,
1888. 8°.
+ Kiwull E. — Pharmakqlogische Untersuchungen ueber einige Solvinpraparate.
Dorpat, 1888. 8°.
f Kleinsorge J. — ■ De Civitatium graecarurn in Ponti Euxini ora occidentali
sitarum rebus. Halis, 1888. 8°.
* Kober G. — Die harmonisch zugeordneten Flàchen zweiten Grader. Halle,
1888. 8°.
i Rock J. — Das Leben des Erzbischofs Burchards III von Magdeburg. Halle,
1888. 8°.
f Koehìi M. — De pugna ad Zamam commissa. Halis, 1888. 8°.
f Komissopulos J. G. — Ein klinischer Beitrag zu Buhl's zwolf Briefe ueber
Genuine Desquamativ-Pneumonie. Halle, 1888. 8°.
f Korcles R. — Vergi eichung der wichtigeren narcotischen Extracte der russi-
schen Pharmacopoe mit den anderen Pharmacopoen unter besonderen
Berucksichtiguug des Alkaloidgehaltes. St. Petersburg, 1888. 8°.
fKostlin J. — Die Baccalaurei und Magistri der Wittenberger philosopbischen
Facultàt, 1518-1537, und die ordentlichen Disputationen 1536-1537 aus
der Facultatsmatrikel. Halle, 1888.
+ Krahmer L. — Zur Lehre von der Arzneiwirkimg. Halis, 1888. 4".
+ Kretsclimaiiii F. — Fistelòffnungen am oberen Pole des Trommelfelles ueber
dem Processus brevis des Hammers deren Patogenese und Therapie. Leip-
zig, 1887. 8°.
f Kroger A. — Beitràge zur Pathologie des Ruckenmarkes. Dorpat, 1888. 8°.
fKrohn G. G. — Quaestiones ad Anthologiam latìnam spectantes. Particula I.
De Anthologiae latinae carminibus quae sub Petronii nomine feruntur.
Halae, 1887. 8°.
1 Kiihlmarin E. — Ueber den anatomischen Bau der Strengels der Gattung
Plantago. Kiel, 1887. 8°.
* Kuhn J. — Das Studium der Landwirthschaft an der Universitat Halle. Halle,
1888. 8°.
^Landau S. — Ansichten des Talmuds und der Geonim ueber den exegeti-
schen Wert des Midrasch, ein Beitrag zur Geschicbte der Exegese. Halle,
1888. 8°.
f Lange Tli. — Der chronisclie Morphiuismus und seine Heilung durch die
allmahliche Entziebungs-Cur. Halle, 1888. 8°.
— cxx —
f Lastig G. — Romisches Accomanditen-Register des XVII und XVIII Jahrhun-
derts. Halle, 1887. 4°.
^ Leicher D. — Ueber den Einlluss des Durchstromungswinkels auf die elektri-
sche Reizung der Muskelfaser. Halle, 1887. 4°.
* Levy M. — La stati que graphique et ses applications aux constructions.
2e ed. Part I-IV. Paris, 1886-1888. 8°.
+ Lesius J. — De Alexandri Magni expeditione indica quaestiones. Dorpati,
1887. 8°.
* Loeschckius G. — Die westliche Giebelgruppe am Zeusternpel zu Olympia.
Dorpati, 1888. 4°.
* Lucowicz C. v. — Versuche ueber die Automatie des Froschherzens. Halle,
1888. 8°.
+ Lutoslawski W. — Erhaltung und Untergang der Staatsverfassungen nach
Plato, Aristoteles und Machiavelli. Dorpat, 1887. 8°.
t Lympius M. — Der Nutzen der kiinstlichen Frùhgeburt bei Nephritis. Halle,
1888. 8°.
f Maass F. — Ueber die Malignità! der Carcinorne und Sarcome an den àusse-
ren weiblichen G-enitalen. Halle, 1887. 8°.
f Marx F. — Interpretationum hexada. Rostock, 1888. 4°.
i Mau H. — Konig Wenzel und die rheinischen Kurfiirsten. Rostock, 1887. 8°
f Metzner H. — Beitrag zur Kenntnis der primaren Nierengeschwulste. Halle
1888. 8°.
fMie F. — Quaestiones agonisticae irnprimis ad Olympia partinentes. Rostochii
1888. 8°.
f Mielke IL — Zur Biographie der heiligen Elisabeth Landgrafin von Thiirin
gen. Rostock, 1888. 8°.
*Mission scientifique du Cap Horn 1882-83. T. I. Histoire du voyage par
L. F. Martial. Paris, 1888. 4°.
r MMler H. — Hermann von Luxemburg, Gegenkdnig Heinrichs IV. Halle
1888. 8°.
f Miiller M. — De Apollinaris Sidonii latinitate observationes ad etymologiam
Syntaxin vocabulorum apparatum spectantes. Halis, 1888. 8°.
''' Mailer T. — Ueber des Einfluss des Ringelschnitts auf das Dickenwachstum
und die Stoffverteilung. Halle, 1888. 8°.
* Mundi A. — Ueber Hyperhidrosis capitis unilateralis. Halle, 1888. 8°.
t Murry C. A. Mc. — Die Organisation des hoheren Schulwesens in den Verei-
nigten Staaten Amerikas und in England und die Stellung des Staates
zu demselben. Halle, 1888. 8°.
^Natanson A. — Beitràge zur Kenntniss der Pyrogallolwirkung. Dorpat,
1888. 8°.
*Natanson L. — Ueber die kinetische Theorie unvolkommener Gase. Dorpat,
1887. 8°.
— C XXI —
*Niemeyer Th. — Depositimi irregulare. Halle, 1888. 8°.
*Oettìngen R. v. — Ueber Enterostomie und Laparotomie bei acuter innerer
Darmocclussion bedingt durch Volvulus, Strangiilation und Infìexion.
Dorpat, 1888. 8°.
*Offenhauer A. — Ueber eine bestimmte Art von Flachenverbindung. Halle,
1887. 8°.
i Orili L. v. — Eine neue Methode zur Untersuchung arbeitender Batterien.
Berlin, 1887. 8°.
f Otto P. — Ueber Die Einwirkung von Chlorkohlenoxyd auf einige Chlorhy-
drine. Rostock, 1888. 8°.
*Otto W. — Zur Kenntniss der Sulfonketone. Berlin, 1887. 8°.
* Pachorukow I). — Ueber Sapotoxin. Dorpat, 1887. 8°.
^Pancler IL — Beitrage zur Chromwirkung. Dorpat, 1887. 8°.
+ Pause R. — Ueber adenoide Wucherungen im Nasenrachenraume. Halle,
1888. 8°.
'vParks C. — Das Staatskassensystem Frankreichs, seine Entwickelung seit
1789 und seine gegenwartige Form und Stellung. Halle, 1888. 8°.
*Petersen F. C. — Ueber das Duboisin und das Pyrrolidin. Kiel, 1888. 89.
1 Petersen W. — Die Lepidopterenfauna des arktischen Gebietes von Europa
und die Eiszeit. St. Petersburg, 1887. 8°.
f Petri F. — De enuntiatorum condicionalium apud Aristophanem formis et
usu. Halis, 1887. 8°.
f Phillips E. — First Contribution to the study of Folk-lore of Pbiladelpliia
and its vicinity. Philadelphia, 1888. 8°.
f Pietsch C. — Beitrage zur Lehre vom altfranzosischen relativum. Halle, 1888.8°.
ìPlatshoff H. — Luther' s erste Psalmenuebersetzung sprachwissenschaftlich
untersucht. Halle, 1887. 8°.
+ Praèl E. — Vergleichende Untersuchung ueber Schutz- und Kern-Holz der
Laubbaume. Berlin, 1888. 8°.
i Radziwillowicg R. — Ueber Nachweis und Wirkung des C)rtisins. Dorpat,
1887. 8°.
ìReichert C. — De libris Odysseae N et IL Halis, 1887. 8°.
f Reiiiecke G. — De scholis Callimacheis. Halis, 1887. 8°.
* Riemschneider E. — Ueber die diatetische und mechanische Behandlung des
Gastro-Intestinalkatarrhs der Sauglinge. Halle, 1888. 8°.
f Robinson A. — Zur Behandlung der Diphterie. Halle, 1888. 8°.
fRohland W. v. — Die strafbare Unterlassung. Dorpat, 1887. 8°.
ijci _ Die Gefahr im Strafrecht. 2e Aufl. I. Dorpat, 1888. 8°.
iRòhr R. — Der vocalismus des Francischen im 13 Jahrhundert. Wolfembuttel,
1888. 8°.
ìRosenboom J. — Quaestiones de Orphei Argonauticorum elocutione. Halis,
1887. 8.°
Bullettino-Uendiconti, 1888, Voi.. IV, 2° Seni. 10
CXXII —
i Róssiier 0. — Die praepositionum ab, de, ex, usu varroniano. Halis, 1888. 8°.
f Mothstein J. W. — Das Bundesbuch und die religionsgeschichtliche Entwick-
lung Israels. Halle, 1888. 8°.
* Rome E. — Quaeritur quo jure Horatius in saturis Menippum imitatus esse
dicatur. Halae, 1888. 8°.
*Rudkowski W. — Landeskunde von Aegypten nach Herodot. Halle, 1888. 8°.
ìRùmker K. — Die Veredelung der vier wielitigsten Getreidcarten des kàl-
teren Klirnas. Halle, 1888. 8°.
* Sach E. — Ueber Phlebosklerose und ihre Beziehuugen zur Arteriosklerose.
Dorpat, 1887. 8°.
f Saenger S. — Syntaktische Untersuchungen zu Rabelais. Halle, 1888. 8°.
+ Scherensiss D. — Untersuchungen ueber das foetale Blut ini Momente der
Geburt. Dorpat, 1888. 8°.
* Sclwstopal C. — Einwirkung von Aceton auf para Amidoazobenzol und ein
di «-di y Tetrarnetliyldickinolyin aus Benzidin. Rostock, 1887. 8°.
f Sclieveu F. — Ueber Resection grosser Venenstàmme bei Exstirpation rnali-
gner Neubildungen. Rostock, 1888. 8°.
+ Schmidt F. — Beitràge zur Kenntniss der Entwicklung der Gescklechtsor-
gane einiger Cestoden. Leipzig, 1888. 8°.
* Schmidt P. 0. — TJrsprung und Bedeutung des Ranni- und Zeitbegrins ini
Lichte der Modernen Physik. Halle, 1887. 8°.
* Schnapauff H. — Beitràge zur Physiologie des Pepsins. Rostock, 1888. 8°.
+ Schnapauff E. — Zur Kenntniss des Durols. Rostock, 1888. 8°.
* Schneller C. G. L. — Ueber einen Fall von Geheilter Iristuberculose. Halle,
1888. 8°.
1 Schónbrodt R. — Ueber einige Derivate des Acetessigesters. Halle, 1888.8°.
*Schóne M. — Die moderne Entwickelung des Schuhmachergewerbes in histo-
rischer, statistischer und tecbnischer Hinsiclit. Halle, 1887. 8°.
* Schoof F. — Zur Kenntniss des Urogenitalsystems der Saurier. Berlin.
1888. 8°.
f Schróder C. — Perforation des Darrnes durch Ascaris lurnbricoides. Halle,
1887. 8°.
*Schultheis R. — Ueber die Moglichkeit von Privatrechtsverhàltnissen ani
mensclilielien Leichnam und Teilen desselben. Halle, 1888. 8°.
'■ ScìmlUe S. — Die Entwicklung der deutschen Oswaldlegende. Halle, 1888. 8°.
* Schuhe E. — Ueber die Flora der subhercynischen Kreide. Halle, 1888. 8°.
f SchwarU A. — Ueber die Wechselbeziekung zwischen Haenioglobin und
Protoplasma nebst Beobachtungen zur Frage vom TVechsel der Rotlien
Blutkòrperchen in der Milz. Dorpat, 1888. 8°.
f Schivarti E. — Observationes profanas et sacras. Rostock, 1888. 4°.
^ Schivar» IL — Ein Beitrag zur Theorie der Ordnungstypen. Halle, 1888. 8°.
— CXXIII —
f Sebicht Jì. — Die Cistercienser und die niederlandischen Colonisten in der
goldnen Aue im XII Jahrhundert. Halle, 1887. 8°.
f Seehawer J. — Zur Lehre vom Brauch des Gesetzes und zur Geschichte des
spateren Antinomismus. Eostock, 1887. 8.°
f Seyffert J. — Ueber die primaere Bauchfelltuberculose. Halle, 1887. 8°.
f Simsori S. — Zum Curardiabetes. Halle, 1888. 8°.
+ So miìf A. — De Massiliensiuin rebus questiones. Petropoli, 1887. 8°.
f Spener C. — Die habituelle, locale Hyperhidrosis, ihre Folgen und ihre Be-
handlung. Halle, 1887. 8°.
f Stalli K. — Die Eeimbrechung bei Hartmann von Aue mit besonderer Be-
rlicksichtigung der Frage nach der Eeihenfolge des Iwein und des Armen
Henrich. Eostock, 1888. 8°.
f Stieger G. — Studien zur Monographie der Heidschnucke. Halle, 1888. 8°.
1 Stillmark H. — Ueber Eicin, eingiftiges Ferment aus den Samen von Eici-
nus comm. L. und einigen anderen Euphorbiaceen. Dorpat, 1888. 8°.
* Stossich 31. — Appendice al mio lavoro « I Distomi dei pesci marini e
d'acqua dolce. Trieste, 1888. 8°.
*Id. — Prospetto della fauna del mare Adriatico. Parte IV e V. Trieste,
1882-83. 8°.
+ Stravss F. — De ratione inter Senecam et antiquas fabulas romanas inter-
cedente. Eostochii, 1887. 8°.
■Struve L. — Bestimmung der Constante der Praecession und der eigenen
Bewegung des Sonnensystems. St. Petersburg, 1887. 4°.
+ Tlmaìioffer L. — Adatok a kozponti idegrendszer szerkezetéhez. Budapest,
1887. 4°.
f Thoms G. — Zur Werthschàtzung der Ackererden auf naturwissenschaftlich-
statisticher Gnmdlage, Mittheilung I. Eiga, 1888. 8°.
* Tonkes IT. — Volkskunde von Bali. Halle, 1888. 8°.
f Troeger C. — Die Memoiren des Marschalls von Grramont. Ein Beitrag zur
Quellenkritik der franzosischen Geschichte im XVII Jahrhundert. Halle,
1888. 8°.
f Trzebinski S. — Ueber circumscripte BindegeAvebshyperplasien in den peri-
pheren Nerven, besonders in den Plexus brachiales. Dorpat, 1888. 8°.
f Ucke A. — Die Agrarkrisis in Preussen wahrend der zwanziger Jahre dieses
Jahrhimderts. Halle, 1887. 8°.
* Me W. — Die Mansfelder Seen. Halle, 1888. 8°.
f Urban C. — Ueber die bisher erkannten Beziehungen zwischen den Siede-
punkten und cler Zusammensetzung chemischer Verbindimgen. Halle,
1887. 8°.
* Vidal y Carota F. — Los insectos y les Plan^as. Habana, 1888. 8°.
f Volgi IL — De Fontibus earum quae ad artes pertinent partium nat. hist.
Plinianae quaestiones. Halis, 1887. 8°.
— cxxiv —
f Volpert F. — Ueber Glnconsàure. Wùrzburg, 1888. 8°.
* Voidliéme E. — Quomodo veteres adoraveriut. Halis, 1887. 8°.
1 Wagner P. — Beitrag zur Toxicologie des ans den Aconitum Napellus-
knollen dargestellten reinen Alcaloids Aconitìnum crystallisatum pillimi
und seiuer Zersetzungsproducte. Dorpat, 1887. 8°.
+ Wanach R. — Ueber die Menge und Vertheilung des Kaliums, Natriums
und Chlors ira Menschenblut. S. Petersburg, 1888. 8°.
+ Weber F. — Ueber leukaemische Erkrankung der Nieren. Halle, 1888. 8°.
+ Weingarten L. — Die Syrische Massora nach Bar-liebraeus. Der Pentateuch.
Halle, 1887. 8°.
* Weinreich 31. — Ueber Nerven und Gauglienzellen ini Saeugethierherzen.
Merseburg, 1888. 8°.
+ Welter J. — Ueber Meta- und Para-xylyl-phosphor-chloriir und einige De-
rivate derselben. Aaclien, 1888. 8°.
+ Wigand G. — Ueber die Trilobiten der silurischen Geschiebe in Mecklen-
burg. I Stuck. Berlin, 1888. 8°.
+ Will L. — Entwiklungsgeschichte der viviparen Apliiden. Jena, 1888. 8°.
f Wreschner L. — Samaritanische Traditionen mitgeteilt und nacli ihrer Ent-
wickelung untersucht. Halle, 1888. 8°.
* Zeising E. — Ueber das Kniephanomen mit specieller Berucksichtigung des
normalen und patbologischen Verhaltens desselben ira Kindesalter. Halle,
1887. 8o.
Pubblicazioni periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di ottobre 1888.
Pubblicazioni italiane.
* Annali della r. Accademia di agricoltura di Torino. Voi. XXX. 1887. To-
rino, 1888.
Lissone. Per la soluzione della crisi agraria. — Arnaud. A proposito del vincolo
forestale. — Perroncito. Le vaccinazioni carbonchiose nei solipedi possono tentarsi senza
timore. — Zecchini e Ravizza. Relazione intorno alle esperienze eseguite nel 1886 presso
la r. Stazione enologica d'Asti sopra i mezzi atti a combattere la peronospora viticola
De By. — Id. id. Ricerche analitiche sopra uve, mosti, vini ed altri prodotti di viti trat-
tati con preparati rameici. — Fino. L'ortica della China coltivata nell'orto sperimentale
della r. Accademia di agricoltura di Torino. — Perroncito e Maggiora. Ricerche sul vino
amaro. — Faletti. Mastite parenchimatosa contagiosa delle vacche. — Carità. Caso di
anemia per strongili in una pecora.
* Annali di chimica e di farmacologia. 1888, n. 3. Milano.
Mar fori. Alcune ricerche chimiche sulla berberina. — Lazzaro. XXI modificazioni
subite dal cuore per influenza della stricnina. — Axenfeìd. Intorno alla trasformazione
dei sali di ammonio in urea nell'organismo.
+ Annali di statistica. Ser. IV, 24. Koma, 1888.
Notizie sulle condizioni industriali delle provincie di Forlì e di Ravenna.
— cxxv —
"'Archivio storico siciliano. N. S. anno XIII. Palermo, 1888.
Pais. Alcune osservazioni sulla storia e suH'amminisirazione della Sicilia durante il '
dominio romano. — Scinto Patti. La fontana dell'elefante in Catania. — Lionti. Una cro-
nichetta inedita di S. Placido di Calonerò. — Starr alba. Catalogo ragionato di un pro-
tocollo del notaio Adamo de Citella dell'anno di XII indizione 1298-99, che si conserva
nell'Archivio del Comune di Palermo (contili.). — Mirabella. Privilegio concesso a Salva-
tore Bulgarella da Carlo V imperatore. — Columba. Appunti di storia antica : I. Sull'ori-
gine degli Elimi; II. A proposito di una etimologia.
+Atti della r. Accademia Gioenia di scienze naturali. Ser. 3a, t. XX. Cata-
nia, 1888.
Aradas. Esame bàtterioscopico dell'acqua della Reitana di proprietà del marchese di
Casalotto. — Id. Ricerche chimico-batterioscopiche sopra talune acque potabili della città
di Catania. — Basile. Le bombe vulcaniche dell'Etna. — Condorelli-Maugeri. Variazioni
numeriche dei microrganismi dell'aria in Catania. — Capparelli. Sulle ptomaine del cho-
lera. — Amato. Studi sperimentali e considerazioni teoriche sopra un nuovo indirizzo da
darsi alla chimica. — Silvestri. Sopra alcune lave antiche e moderne del vulcano Kilanea
nelle isole Sandwich. — Tomaselli. Intossicazione chinica, febbre ittero-ematurica da chi-
nina. — Aradas. Dell'azione di taluni olì essenziali sullo sviluppo dei microrganismi delle
acque potabili. — Chizzoni. Sulla corrispondenza univoca fra le rette di uno spazio ordi-
nario ed i punti di uno spazio lineare a quattro dimensioni. — Schopen. Sopra una nuova
Waàgenia del titonio inferiore di Sicilia. — Capparelli. Effetti del calore sulle fibre ner-
vose midollate e sui centri nervosi. — Fichera. Sulle curve a 3 centri.
fAtti della r. Accademia delle scienze di Torino. Voi. XXXIII, 13-15. To-
rnio, 1888.
13-14. Mattirolo. Sopra alcuni movimenti igroscopici nelle epatiche marchantieae. —
Vaglino. Illustrazione di due agaricini italiani. — Galeazzi. Sugli elementi nervosi dei
muscoli di chiusura dei bivalvi. — Errerà. Derivati degli alcoli parabromo e paracloro-
benzilico. — Jadanza. Una nuova forma di cannocchiale. — Grimaldi. Influenza della
tempera sulle proprietà termoelettriche del bismuto. — Naccari. Sulla variazione del
calore specifico del mercurio al cresceie della temperatura.— 15. Ovazsa. Sul càlcolo delle
freccie elastiche delle travi reticolari. — Busac hi. Sulla neoproduzione del tessuto musco-
lare liscio. — Mattirolo. Intorno al valore specifico della Pie o spora sarcinulae e
della PI e o spora alternariae di Gibelli e Griffini. — Promis. Moneta inedita di
Pietro I di Savoia e pochi cenni sulla zecca primitiva dei principi sabaudi.
■^Atti della r. Accademia economico-agraria dei goergofìli. 4a ser., voi. XI, 3.
Firenze, 1888.
Vannuccini. Sull'innesto delle viti nostrali sulle viti americane. — Alpe. Studio sulla
concimazione con speciale riflesso agli ingrassi chimici. — Dalla Volta. Sulla recente de-
pressione economica. — Id. Sulla situazione fillosserica in Toscana e sui provvedimenti
presi e da prendere. — Pestellini. La cantina sociale di Bagno a Ripoli. — Sestini. Col-
tivazione sperimentale di diverse varietà di frumento straniero. — Guicciardini. Gli in-
grassi artificiali nella cultura del frumento.
* Bollettino della Società generale dei viticoltori italiani. Anno III, 19, 20.
Eoma, 1888.
■Bollettino della Società geografica italiana. Ser. 3a, voi. I, 9. Eoma, 1888.
Cortese. Sei mesi in Madagascar: note di viaggio e ricordi. — Robecchi. Lettera dal-
l'Harar al Presidente della Società geografica italiana. — Stradelli. Note di viaggio nel-
nell'alto Orenoco. — Leonardo Fea nei Carin indipendenti. — La longitudine ili Monte
CXXVI —
Mario, Campidoglio e Collegio romano. — Giùffa. La riforma del calendario gregoriano,
lettera.
-Bollettino della Società geologica italiana. Voi. VII, 2. Roma, 1888.
Clerici. Sulla Corbicula fluminalis dei dintorni di Roma e sui fossili che l'ac-
compagnano. — Secco. Il piano ad Aspidoceras Acanthicum Op. in Collalto di So-
lagna. — Sacco. Il cono di deiezione della Stura di Lanzo. — Neviani. Le formazioni
terziarie nella valle del Mesima. — De Stefani. Precedenza del Pecten Angelo ni i
Mgh. al P. Histrix Dod. — Tellini. Le nummulitidee terziarie dell'alta Italia occiden-
tale. — De Stefani. Origine del porto di Messina e di alcuni interrimenti lungo lo stretto.
* Bollettino delle nomine (Ministero della guerra). 1888, disp. 41-46. Roma, 1888.
+ Bollettino delle opere straniere moderne acquistate dalle Biblioteche pubbliche
governative. Voi. Ili, 1-3. Roma, 1888.
f Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa dalla Bi-
blioteca nazionale di Firenze. 1888, n. 66-68. Firenze, 1888.
+ Bollettino del Ministero degli affari esteri. Voi. II, 2. Roma, 1888.
f Bollettino del Museo di zoologia della r. Università di Roma. Voi. I, 1-8.
Roma, 1888.
Fauna locale.
1 Bollettino del r. Comitato geologico d'Italia. 2a ser. voi. IX, 7-8 e Suppl.
Roma, 1888.
7-8 Cortese. L'eruzione dell'isola Vulcano veduta nel settembre 1888. — De Stefani.
Appunti sopra roccie vulcaniche della Toscana. — Novarese. Esame microscopico di una
trachita del monte Andata. — Lotti. Il -Munte di Canino in provincia di Roma. — Suppl.
Issel. Il terremoto del 1887 in Liguria.
f Bollettino di legislazione e statistica doganale e commerciale. Anno V, settem-
bre 1888. Roma.
* Bollettino di notizie agrarie. Anno X, n. 57-66. Rivista meteorico-agraria.
24-29. Roma, 1888.
* Bollettino di notizie sul credito e la previdenza. Anno VI, 11. Roma, 1888.
* Bollettino mensuale pubblicato per cura dell'Osservatorio centi-ale delr. Col-
legio C. Alberto in Moncalieri. Ser. 2a, voi. Vili, 9. Torino, 1888.
Densa. Le stelle cadenti del periodo di agosto.
bollettino meteorico dell'Ufficio centrale di meteorologia. Anno X, 1888,
ottobre. Roma.
* Bollettino settimanale dei prezzi di alcuni dei principali prodotti agrari e
del pane. Anno XV, n. 35-40. Roma, 1888.
f Bollettino ufficiale dell'istruzione. Anno XIV, 8. Roma, 1888.
*Bulletin de l'Institut internatlonal de statistique. T. III, 2. 1888. Rome.
Craigie. Locai taxation in Great Britain. — Hadley. Comparative statistics of rail
road service. — Mayo Smith. The influence of immigration cm the United States of Ame-
rica. — Appunti di statistica comparata dell'emigrazione dall'Europa e della immigrazione
in America e in Australia. — Saggio di rappresentazione della densità della popolazione
mediante curve di livello eseguito da G. Fritszche per le provincie di Genova e Torino;
con nota di L. Grimaldi-Casta. — Cora. Carta altimetrica e batometrica dell'Italia; con
nota illustrativa.
CXXVII
fBullettino della r. Accademia medica di Eoma. Anno XIV, 6-7. Roma, 1888.
Celli. Il primo anno di vita della stazione antirabbica di Palermo. -- Postempski.
Ferita del fegato da arma incidente, laparatomia, sutura del fegato, guarigione. — Id.
Contributo di ortopedia operativa nella correzione di alcune deformità degli arti inferiori
per paralisi infantile. — Bignami e Guarnieri. Eicerche sui centri nervosi di un ampu-
tato. — Mingazzini. Osservazioni sui preparati della su bs tanti a nigra. — Cacciola.
Osservazioni d'istologia patologica sulla siringo-mielite, sulla tabe dorsale e sulla augii 'ite
periteliale. — Mazzoni. Cancro dell'intestino retto. Operazione di Kraske, guarigione. —
Celli. Delle nostre sostanze alimentari considerate come terreno di cultura di germi pa-
togeni. — Vincenzi. Eicerche sperimentali col bacillo virgola del Koch. — .Moni ni. La
conducibilità elettrica dei nervi in rapporto alla loro eccitabilità. — Axenfeld. Sulla vi-
sione dei colori di contrasto.
^Bullettino dell'Istituto storico italiano. N. 6. Roma, 1888.
Cogliolo. Glosse preaccursiane (da codd. membr. nell'Archivio di Stato, Modena). —
Gaucìenzi. Gli statuti della Società delle armi e delle arti in Bologna nel sec. XIII. Re-
lazione. — Giorgi. Confessione di vassallaggio fatta a Bainone da Sorrento dai suoi vas-
salli del territorio di Maddaloni. — Id. Il consuino giornaliero del pane in un castello del-
l'Emilia nel secolo XIII. — Gaudenzi. Gli antichi statuti del comune di Bologna intorno
allo Studio.
f Cimento (Il nuovo). 3a ser. t. XXIV, luglio- agosto 1888. Pisa.
Righi. Sulla conducibilità calorifica del bismuto posto in un campo magnetico. —
Feltrami. Intorno ad alcuni problemi di propagazione dei calore. — Felici. Sul potenziale
di un conduttore in movimento sotto la influenza di un magnete. — Boggio-Lera. Sulla
cinematica dei mezzi continui. — Battelli. Sulle correnti telluriche. — Fossati. Contributo
allo studio del termo-magnetismo. — Cantone. Sui sistemi di'jl'angie d'interferenze prodotte
da una sorgente di luce a due colori.
i- Gazzetta chimica italiana. Anno XVIII, f. 6. Appendice. Voi. VI, 16, 17.
Palermo, 1888.
Fileti e Crosa. Nitrobromo- e nitroclorocimeni. — Id. id. Ossidazione dei cloro- e
bromocimeni dal timol e dal cimene. — Pellizzari e Matteucci. Eicerche sopra alcuni
acidi amidosolfonici. — Pellizzari. Allossanbisolfiti di basi organiche. — Id. Composti
dell'allossane con le basi pirazoliche.
f Giornale d'artiglieria e genio. Anno 1888, disp. VII. Roma.
"'"Giornale della r. Società italiana d'igiene. Anno X, n. 10. Milano, 1888.
Simonetta. Della rivaccinazione coercitiva. Considerazioni sulla statistica dell'epide-
mia di vajolo che colpi nel novembre e dicembre 1887 e gennaio 1888 il comune di Ca-
ponago (Monza). — Cunetta. Cura della pellagra nell'Ospedale maggiore di Milano.
* Giornale medico del r. Esercito e della r. Marina. Anno XXXVI, 9. Roma, 1888.
Panara. Un caso di bronchite fibrinosa avuto in cura nel I riparto di medicina, del-
l'Ospedale militare di Eoma. — Alba inondi. Di mi caso di frattura e immimitiva della
tibia con perdita di una notevole porzione di osso seguita da guarigione. Contributo alla
chirurgia conservatrice.
-^Giornale militare ufficiale. 1888. Parte la, disp. 39-43; parte 2a, disp. 45-49.
Roma, 1888.
* Giornale (Nuovo) botanico italiano. Voi. XX. 1. Firenze, 1888.
Massalongo. Sulla germogliazione delle sporule nelle Sphceropsideae. — A'
Sopra due parassiti della vite per la prima volta trovati in Italia. — Gasperini. Il Legbbi
o vino di Palma. — Borzì. Eremothecium Cyrabalariae, nuovo ascomicete. — Mi-
— CXXVIII —
cheletti. Raccomandazioni intese ad ottenere che l'Italia abbia la sua lichen ografìa. —
Entelli. Escursione al monte Terminillo. — Arcangeli. Sul germogliamento della Euryalae
ferox Sai. — March in ti. Xantofillidrina. — Borzì. Xerotropismo nelle felci.
fIngegneria (L') civile e le arti industriali. Voi. XIV, 8. Torino, 1888.
Cuppari. Sulle osservazioni asimmetriche e sull'uso che può farne l'ingegnere. —
Crucinola. Dei ponti girevoli in generale e di quello recentemente costruito per l'arsenale
di Taranto. — Sachero. Il ponte sul Po a Casalmaggmre per la ferrovia Parma-Brescia.
f Memorie della Società degli spettroscopisti italiani. Voi. XVII, 8, 9. Roma. 1888.
8. Tacchini. Osservazioni spettroscopiche solari fatte nel regio Osservatorio del Col-
legio romano nel 2° trimestre del 1883. — Ricco. Nova nella, nebulosa di Andromeda. —
là. Nova presso / Orioni?. — Ini mini spettroscopiche del bordo solari' osservate a Pa-
lermo e a Roma nel giugno e luglio del 1885. — 9. Tacchini. Facole solari osservate nel
regio Osservatorio del Collegio romano nel 2n trimestre del 1888. — là. Sulle macchie
solari osservate nel regio Osservatorio del Collegio romano nel '2° trimestre del 1888. —
/(/.Eruzioni solari osservate nel regio Osservatorio del Collegio romano nel 2° trimestre
1888. — Ricca. Gruppi e macchie .-'lari più importanti nel 1882. — Appendice. Nobile.
Sulla latitudine del regio Osservatorio di Capodimonte e sopra alcune particolarità dell'os-
servazione delle stelle zenitali.
^Memorie del r. Istituto lombardo. Ser. 3a, voi. VII, 2. Milano, 1888.
Murarti. Ricerche sulla distanza esplosiva della scintilla elettrica. — Sangalli. Di
alcune anomalie di prima formazione più rare ed importanti del corpo amano. — Verga.
Poche parole sulla spina trocheaìe dell'orbita umana. — Corradi. Della minutio san-
guinis e dei salassi periodici.
j Rassegna (Nuova) di viticoltura ed enologia. Anno II, 18, 19. Conegliano, 1888.
18. Grazzi Soncini. Aereamente e fermentazione del mosto. — La relazione del Giurì
dei vini della Esposizione italiana di Londra. — Cuboni. La peronospora ed i mezzi usati
per combatterla dei dintorni di Alba e di Val Barolo. — Lamson Scribner. Esperienze
sul trattamento del Black-Rot e del Brown-Rot in America. — Ellena. La questione
doganale e l'enologia. — Grazzi Soncini. Il Congresso di Padova. — Chatin. Viticoltura. —
19. Comboni. Le fermentazioni anormali nel mosto d'uva e bisogno di regolarle. — Ber-
tani. Congresso dei viticoltori veneti a Padova. — Foukouba. La vite nel Giappone. —
Cuboni. Putrefazione nobile del Riesling. — Marescalchi. L'Esposizione di Bologna. —
Grazzi Soncini. Viti americane (Herbemont).
fRelazione sull'Amministrazione delle gabelle per l'esercizio 1886-87. Roma,
1888.
fRendiconti del r. Istituto lombardo di scienze e lettere. Ser. 2a, voi. XXI,
15, 16. Milano, 1888.
Bongo. Il Commento di Gaio e il sistema delle XII tavole. -- Buccellati. Progetto
del Codice penale pel Regno d'Italia del ministro Zanardelli. — Canna. Di una recente
critica dell'ode del Parini «La caduta;'. — Sangalli. Questioni di teratologia. — Sul-
l'origine dei mostri doppi. — Para coalescenza di due vitelli entro un uovo di pollo. —
Idro-encefalocele anteriore per aderenza delle membrane dell'uovo. — Reni succenturiati
nei vitelli. — hi. Una nota su questioni tuttora agitate d'oncologia. — Corradi. Gli an-
tichi medicamenti oppiati: la teriaca e il mitridato. — Ferrini. Sulle formolo per il cal-
colo delle dinamo a corrente continua. — JiJontesano. Sulle trasformazioni involutorie monoi-
dali. — la. Su una classe di trasformazioni involutorie dello spazio. -- Pittime. Sul nu-
mero delle maniere di ottenere una somma n, o una somma non superiore ad n (n intiero
positivo), prendendo e termini della serie indefinita 1, 2, 3, 4, 5.
— CXX1X —
f Rendiconti del Circolo matematico di Palermo. T. II, 5. Palermo, 1888.
Pinckerle. Sul carattere aritmetico dei coefficienti delle serie che soddisfano ad equa-
zioni lineari o alle differenze. — Torelli. Della trasformazione cubica di una forma binaria
cubica. — Sforza. Condizione geometrica per la realità dei punti e delle tangenti comuni
a due coniche. — Brambilla. I>i una certa superficie algebrica razionale.
+ Rendiconto delle tornate e dei lavori dell'Accademia di scienze morali e po-
litiche. Anno XXVI, nov.-dic. 1887; XXVII, gen.-luglio 1888. Napoli.
fRevue internationale, T. XIX, 5, 6. Rome, 1888.
5. de Lavèleye. La réforme du regime parlementaire. — Lind.au. Lolo (suite). —
Mazzini. Lettres inédites. — Rod. La littérature contemporaine en France (suite et fin). —
Garghofer. Le chasseur de Fall. Scènes des montagnes du Tyrol. — Maurice. A travers les
Eevues américaines. — 6. de Montet. La jeunesse de M.me de Warens. — Lindau. Lolo
(suite). — Blaze de Bury. De l'atavisme dans l'histoire, à propos de Eichard Green. —
Veuglaire. Questions d'organisation militaire. — Garghofer. Le chasseur de Fall. Scènes
des montagnes du Tyrol (suite).
f Rivista di artiglieria e genio. 1888 settembre. Roma.
Bellini. Idee su questioni importanti dell'artiglieria da fortezza. — Sopra di una mina
eseguita a Baveno nelle cave di granito del sig Dellacasa, — Segato. Alcune considera-
zioni sul nuovo ordinamento della nostra artiglieria da campo.
tRivista di filosofìa scientifica. Ser. 2a, voi. VII, agosto 1888. Milano.
Ardigò. Il vero è il fatto della coscienza.— Cesca. La metafisica empirica. — Grossi.
Il Folck-Lore nella scienza, nella letteratura e nell'arte.
* Rivista italiana di numismatica. Anno I, 3. Milano, 1888.
Gnecchi. Appunti di numismatica romana, III e IV. — Mulazzoni. Studi economici
sulle monete di Milano. — Rossi. Francesco Marchi e le medaglie di Margherita d'Au-
stria. — Papadopoli. Alcune notizie sugli intagliatori della zecca di Venezia. — Tamassia.
Di una moneta inedita mantovana. — Ambrosoli. Di uno scudo progettato per San Marino.
■^Rivista marittima. Anno XXI, 9. Roma, 1888.
Fincati. La guerra di Cipro. - Tediai. I marinai i+aliani fra i greci (Appunti sto-
rici), —Riparazione di un asse di elica in Oceano. — Colomb. La mobilitazione navale nel
Eeo-no Unito. — A. G. La « Pilot Chart » dell'Oceano Atlantico boreale (Pubblicazione
mensile dell'Ufficio idrografico degli Stati Uniti). — hi. Questioni sulle navi negli Stati
Uniti. — Id. Propulsione a vapore d'idrocarburo.
^Rivista mensile del Club alpino italiano. Voi. VII, n. 9. Torino, 1888.
Cainer. XX0 Congresso degli Alpinisti italiani a Bologna. — Maghella. Punta del-
l'Argenterà. — Ferrari. Salita al Pizzo d' Uccello.
+ Spallanzani (Lo). Anno XVII, 7-8. Roma, 1888.
Macari. Dei casi più notevoli osservati nella r. Clinica ostetrico-ginecologica di Ge-
nova (Anno accademico 1887-88). — Moriggia. La frequenza cardiaca negli animali a
sangue freddo. Osservazioni e sperienze.
f Statistica del commercio speciale d'importazione e di esportazione dal 1° gen-
naio al 30 settembre 1888. Roma, 1888.
fStatistica dell'emigrazione italiana nell'anno 1887. Roma, 1888.
f Statistica giudiziaria civile e commerciale per l'anno 1880. Roma, 1888.
^Statistica giudiziaria penale per l'anno 1880. Roma, 1888.
Bullettino-Eendiconti. 1888, Voi.. IV, 2° Sem. 17
— cxxx —
'Telegrafista (II). Anno Vili, 8. Roma, 1888.
Trasmissione simultanea di segnali telegrafici secondo alcuni metodi ideati da Luigi
Vianisi. — Uso di una sola batteria per trasmettere su più circuiti telegrafici.
Pubblicazioni estere.
^Abhandlungen dei* kon. Akadernie der Wissenschaften zu Berlin. 1887. Berlin,
1888.
Schmidt. Gedàchtnissrede auf Wilhelm Scherer. — Schulze. Zur Stammesgeschichte
der Hexactinelliden. — Góppert. Nachtràge zur Kenntniss der ConiferenhOlzer der palaeo-
zoischen Formationen. — Weber. Ueber den Pàraséprakàca. — Nòldeke. Die Ghassànischen
Fursten aus dem Hause Gafna's. — Rawitz. Die Fussdriise der Opistobranchier. — Kòtter.
Grundzuge einer rein geometrischen Theorie der algebraischen ebenen Curven. — Graber.
Die Wasserleitungen von Pergamon.
fAbhandlungen der philologisch.-historischen Classe d. k. Sàchsischen Gesell-
schaft der Wissenschaften. Bd. XI, 1. Leipzig, 1888.
Zarncke. Kurzgefasstes Verzeichniss der Originalaufnahmen von Goethe'» Bildniss.
*Abhandlungen herausgegeben von der Senckenbergischen naturforschenden Ge-
sellschnft. Bd. XV, 3. Frankfurt, 1888.
Edinqer. Untersuchungen ueber die vergleichende Anatomie des Gehirns. I. Das Vor-
derhirn. — Blum. Die Kreuzotter und ihre Verbreitung in Deutschland.
f Académie des sciences, belles-lettres et arts de Besaneon. Année 1880. Be-
sancon, 1887.
Mercier. Aquarelles, Douvelles poèsies frane- comtoises. — Gauthier. Un voyageur
allemand en Franche-Comté au XVI siècle. — Suchet. Les poetes latins à Luxeuil du si-
xième au dixième siècle.— Gauthier. Notes sur quelques livxes de raison franc-coratojs. —
Dr'uhen. L'alcoolisme au poinl de vue social. — Gauthier. Note sur l'épitaphe de Béatrix
de Cusance aux Clarisses de Besan9on. — Faivre. La (■••Unir pénitentiaire. — De Piépepe.
Le prince de Montbarrey.
*Actes de la Société Linniéenne de Bordeaux. 4e sér. t. X; 5e sér. t. I, 1-3.
Bordeaux, 1886-87.
X. Deloynes. Les Sphagnum de la Gironde. — Perez. Des effets du parasitisme des
Stylops sur les apiaires de genre Andrena. — Brunaud. Liste des Spbaero]
à Saintes (Charente-inférieure) et dans les environs. — Létu. Atelier préhistorique d'Àu-
biac. — Simon. Arachnides recueillis par M. A. Pavie dans le royaume de Siam, au Cain-
bodge et en Cochinchine. — là. Espèce et genres nouveaux de la famille des Thomisidae. —
Fischer. Sur deux espèces de Lepas fossiles du miocène des environs de Bordeaux. — Id.
Description d'un nouveau genre de Cirrhipèdes (Stephanolepas) parasite des tortues ma-
rines. — Brunaud. Liste des Hyphomycètes récoltées aux environs de Saintes (Charente-
inférieure). — Loynes. Essai d'un catalogne des Hépatiques de la Gironde e1 de quelques
localités du sud-ouest. — De Folin. Les Batysiphons (première page d'une monographie
du genre). — Lutaste. Documents pour Péthologie des mammifères (lère sèrie). Notes prises
au jour le jour sur différentes espèces de l'ordre des rongeurs observées en captivi!
I, 1-3. Garnault. Recherches anatomiques et histologiques sur le Cyclostoina elegans.
TAlmanach (Magyar Tud. Akadémiai). 1888. Budapest, 1887.
*Annalèn der Chemie (Justus Liebig's). Bd. CCXLVII. Leipzig, 1888.
Ladenburg. Ueber Pyridin- und Piperidinbasen. — Anschutz und Gillet. Ueber die
Constitution der Mesitonsàure. — Anschutz. Ueber die Bildung von Diacetyltraubensaure-
dimethylàther und die Bestimmung seiner MoleculargrSsse nach der Methode von Raoult. —
CXXXI
Lùdeking. Beitrag zum Chemismus der Verbrennung. — Roser. Ueber Derivate des Indens
und deren Bildungsweisen. — Id. and Ilaselho/f. Dibromindon und Derivate. — Roser.
Einwirkung von concentrirter Schwefelsàure auf Diphenylbernsteinsàure : Diphensuccin-
don. — Id. Ueber die Methylindencarbonsiiure. — Id. Untersuchungen iiber das Narcotin;
zweite Abhandlung. — Kegel. Beitriige zur Kenntniss der isomeren Naphtylphenylketone. —
Japp und Klingemann. Ueber die Constitution einiger sogenannten gemischten Azoverbin-
dungen. — Lorenz. Beitrage zur Kenntniss der Valenz des Bors. — Meyer. Ueber die Consti-
tution des Benzols. — Boettinger. Ueber den Wassergehalt einiger pyrotritarsauren Salze. —
Graebe und Aubin. Ueber Diphensiiureanhydrid und iiber o-Diphenylenketoncarbonsiiure. —
Grabe. Ueber Phtalimidin. — .Id. und Pictet. Ueber substituirte Phtalimidine. — Erd-
mann. Die «-«-disubstituirten Verbindungen. — Id. und Kirchhoff. Disubstituirte Napbta-
line aus den isomeren Chlorphenylparaconsauren.
*Annalen der Physik uud Ckemie. N. F. Bd. XXXV, 2, 3. Beiblàtter. Bd. XII, 9.
Leipzig, 1888.
2. Wiedemann u. Ebert. Ueber electriscbe Entladungen in Gasen und Flammen. —
Rontgen. Ueber die durch Bewegung eines ini homogenen electrischen Felde befindlichen
Dielectricums hervorgerufene electrodynamische Kraft. — Dorn. Ueber den Einfluss des
in Stahlmagneten inducirten Magnetismus auf einige Beobachtungsmethoden. — Id. Bei-
trage zum Verhalten harter, stark magnetisirter Stahlstàbe gegen scbwaehe magnetisirende
Krafte. — Arons. Ueber den electrischen Biickstand. — Lindeck. Ueber das electromoto-
rische Verhalten von Amalgamen. — Stenger. Ueber die Gesetze des Krystallmagneti-
smus. — Voìhnann. Einfache Ableitung des Green'schen Ausdrucks tur das Potential des
Lichtathers. ~- Schnidt. Zur Theorie des Babinet'schen Compensators. — Voigt. Theorie
des Lichtes fiir bewegte Medien. — Kalischer. Bemerkungen zu den Abhandlungen des
Hrn. von Uljanin: Ueber die photoelectromotorische Modification des Selens und des Hrn.
Righi: Ueber die electromotorische Kraft des Selens. — 3. Winkelmann. Ueber die Ver-
dampfung von den einzelnen Theilen einer kreisformigen freien Oberfliiche. — Hess. Ueber
die specifische Wàrme einiger fester organischer Verbindungen. — Fuchs. Ueber das Verhal-
ten einiger Gase zum Boyle'schen Gesetze bei niedrigen Drucken. — Wesendonck. Zur
Frage iiber die electrische Leitungsfahigkeit hoch evacuirter Raume. — Warburg und Te-
getmeier. Ueber die electrolytische Leitung des Bergkrystalls. — v. Tietsen-Hennig. Ueber
scheinbar feste Electrolyte. — Rehkuh. Die elastische Nachwirkung bei Silber, Glas, Kupfer,
Gold und Platin. insbesondere die Abhangigkeit derselben von der Temperatur. — de Metz.
Ueber die temporare Doppelbrechung des Lichtes in rotirenden Flussi gkeiten. — Drude.
Ueber das Verhaltniss der Cauchy'schen Theorie der Metallreflexion zu der Voigt'schen. —
Voigt. Theorie des Lichtes fiir bewegte Medien. — Lùdeking. Ueber das physikalische
Verhalten von Losungen der Colloide. — Purthner. Neue Methode zur Widerstandsmessung
der Electrolyte.
1 Annales de la Société entomologique de Belgique. T. XXXI. Bruxelles, 1888.
Selys-Longchamps. Odonates de l'Asie mineure et révision de ceux des autres parties
de la faune dite européenne. — Fairmaire. Coléoptères de l'intérieur de la Chine. —
Dugès. Métamorphoses de quelques coléoptères du Mexique. — Dokh tour off. Matériaux pour
servir à Tétude des cicéndélides. — Lamoere. Le genre Rosalia. — Bolivar. Essai sur les
acridiens de la trihu des tettigidae. — Bergé. Des couleurs métalliques chez les insectes
et spe'cialment chez les coléoptères.
fAnnales de l'Observatoire r. de Bruxelles. N. S. Ann. astron. t. V, 3; VI,
2e S. Ann. metéor. t. II. Bruxelles, 1885-87.
fAnnales des mines. 8e sér. t. XIII, 3. Paris, 1888.
CXXXII
Chesneau. De l'influence des mouvements du sol et des variations de la pression
atmosphérique sur les dégagernents de grisou. — de Launay. Mémoire sur les sources mi-
nérales de Bourbon-TArchambault. — Lodin. Notice nécrologique sur L. E. Gruner, in-
specteur general des mines. — de Castelnau. Note sur une explosion de grisou survenue
dans les houillères de Portes et Sénéchas (Gardj.
fAnnales du Musée r. d'histoire naturelle de Belgiqiic;. T. XIV. Bruxelles,
1887.
Koninck. Faune du calcaire carbonifere de la Belgique.
fAnnales scientifìques de l'École nomiale supérieure. 3e sér. t. V, 10. Paris,
1888.
Riemann. Sur le problème de Dirichlet.
"•'Annuaire de la Société académique franco-hispano-portugaise de Toulouse.
Année 1887-1888. Toulouse, 1888.
+ Annuaire de l'Observatoire royal de Bruxelles. Années 1885-1888. Bruxelles.
+Anzeiger (Zoologischer). Jhg. XII, n. 289-291. Leipzig, 1888.
289. Braem. Untersucbungen ueber die Bryozoen des siissen Wassers. — van Wijhe.
Bemerkung zu Dr. Rtickert's Artikel ueber die Entstehung der Excretionsorgane bei Sela-
chiern. — Lutaste. Réplique à la reponse de M. le Dr. Blanchard à propos de la classi-
fication des batraciens anoures. — Brandt. Vergleichend-anatomische Untersucbungen ueber
die Griffelbeine (Ossa calamiformia) der Wiederkauer. — 290. Brandt. Larven der Wohl-
fast'schen Fliege (Sarcophila Wolf Portsch.) im Zahnfieiscbe des Menschen. — Eckstein.
Zur geographischen Verbreitung vpn Cai li din a symbiotica Zel. — Imito f. Beitrag
zur Kenntniss der Siisswasserfauna der Vogesen. — Julin. Sur l'appareil vasculahe et le
système nerveux péripbérique « 1 < ■ rainmocoeics. - Clarke. The Nest und Eggs of the
Alligator. — Zeller. Ueber die Larve des Proteus anguineus. -- 291. Baur. Osteologi-
sche Notizen ueber Reptilien. — Brauer. Bemerkungen zur Abhandlung des Herrn Prof.
Grassi ueber die \ erfahren der Insecten &.
Archives (Nouvelles) du Muséum d'histoire naturelle. 2e sér. t. IX, 2; X, 1.
Paris, 1887.
IX. 2. Perrier. Sur l'organisation et le développement de la cornatole de la ^N r « - * 1 ì —
terranee. — X, 1. Gaudry. L'actinodon. — Franchet. Plantae davidianac ex Sinarum
imperio.
ì'Berichte (Matheraatische und naturwissenschaftliche) ausJJugarn. Bd. V. Bu-
dapest, 1887.
fBijdragen tot de Taal- Land- en Volkenkunde van Nederlandsch-Indié. 5 Volgr.
Deel III, 4. 'S Grawenhage, 1888.
Graaflancl. Schets der Chineesche vestigingen in de afdeeling Karinion. — Snouck
Ilurgronie. Een Mekkaansch Gezantschap naar Atjeh in 1683. — Wilken. Het pandrecbt
bij de volken van den Indischen Archipel.
jBoletiii de la real Acadernia de la historia. T. XIII, 1-3. Madrid, 1888.
Iliibner. Inscripción histórica de « Hasta Piegia », anterior a la època del imperio
romano. — Coderà. Biblioteca de la mezquita Azzeitunah de Tunez. — Id. Noticias de
los Omeyyas de Alandalus por Aben Hazam. — Id. Manuscrito de Aben Hayyan en la
biblioteca de los herederos de Cidi Hamoudah en Constantina. — Creus. Un golpe de
Estado hasta aqui desconocido en la historia de Cataluna. — Fernàndez- Guerra. Inscripción
romana de Cofiiio, en Asturias. — de la Rada y Delgado. Madrid viejo. — de la Fuente.
CXXXIII —
La iglesia de Sancti-Spiritus en Salamanca. — la. San Esteban de Salamanca. — Perndn-
dez y Gonzdlez. Historia de Grecia.
*Boletin de la Sociedad geogràfica de Madrid. Tomo XXV, 1-2. Madrid, 1888.
Beltrdn y Rózpide. La repùbblica de Bolivia. — Viaje por el interior de la isla de
Mindanao. — Eecientes viajes en Siberia. — V eiarde. El Madera y rios que lo forman ;
ultimas exploraciones en los rios Beni, Madre de Dios, Orlon y Abonà. — de S. T. Expo-
sición Universal de Barcelona. — Velasco. El Estado de Oaxaca.
■^Boletin de la Acadeniia nacional de ciencias en Cordoba. T. XI, 1. Buenos
Aires, 1887.
Spegazzini. Fungi paragonici. — Doering. Observaciones meteorologicas practicadas
en Cordoba durante Fano 1886.
tBulletin de l'Académie delphinale. 4e serie, t. I. 1886. Grenoble.
Masse. Les tribunaux de Grenoble pendant les premières anne'es de la revolution
(1790-1785). — Jouffroy. Le premier bateau à vapeur. — Cliampollion-Figeac. Notice sur
les Archives départementales de France. — Charaux. L'art et le cbristianisme. — Four-
nier. La Bibliothèque de la Chartreuse au moyen àge. — Guirimand. Inscription en l'hon-
nenr de Maia. — Roman. Jetons barraux du Daupliiné.
"^Bulletin de l'Académie r. des sciences de Belgique. 3e sér. t. XVI, 8. Bru-
xelles, 1888.
Liagre. Discours prouoncé aux fune'railles de J. C. Houzeau, membre de l'Académie. —
Montigny. Le l'intensité de la scintillation des étoiles dans les différentes partie du ciel. —
Lagrange. Note concernant la vérification numérique d'une formule relative à la force
élastique des gaz. — Catalan. Sur un cas particulier de la formule du binòme. — De Heen.
Détermination des variations que le frotternent inte'rieur de l'air pria sous diverses pres-
sions éprouve avec la temperature. — Deruyts. Sur la diffe'rentiation mutuelle des fonctions
invariantes. — Prosi. Étude de l'action de l'acide cblorbydrique sur la fonte. — Cogniaux.
Sur quelques Cucurbitacées rares ou nouvelles, principalement du Congo. — Prinz. Etude
de la structure des éclairs par la photograpbie. — Mourlon. Sur l'existence d'un nouvel
étage de eocène moyen dans le bassin franco-belge. — Hymons. Lavid Terniers le jeune
(1610-1690).
"'Bulletin de la Société académique franco-hispano-portugaise de Toulouse.
T.VIII, 1. Toulouse, 1888.
-Bulletin de la Società d'anthropologie de Lyon. T. VII, 1, 2. Lyon, 1888.
I. Cuvier. Sur la découverte d'un bois de renne à Saint-Clair, Lyon. — Leshre. Sur
les muscles fessiers chez l'ii ornine et les animax domestiques. — Charvet. 1° sur un frein
de cbeval découvert à Francin (Isère) ; 2° sur une denominatimi anatomico-equestre ; 3° sur
un frein de cheval trouvé à Gergovie. — Lacassagne. Sur le dépeeage au point de vue
anthropologique. — Pallary. Sur le quaternaire algérien. — IL Lacassagne. Sur le dépe-
eage criminel au point de vue anthropologique. — de Mortillet. Sur les sépultures de So-
lutré. — Bertholon. Sur l'industrie mégalithique en Tunisie. — Ducrost. Sur les sépul-
tures de Solutré.
'Bulletin de la Société des antiquaires de Picardie, 1887, n. 4; 1888, n. 1, 2.
Amiens.
* Bulletin de la Société des sciences de Nancy. Sér. 2e, t. IX, 21. Paris, 1888.
^Bulletin de la Société eutomologique de France. feull. 19. Paris, 1888.
CXXXIV —
"f Bulletin de la Société géologique de Frauce. 3e sér. t. XVI, n. 2-5. Paris, 1888.
2. de Rouville. Les formations paléozoiques de la région de Cabrières, par le Dr.
Frech, de Berlin. — de Stefani. Excursions dans les Alpes-maritimes, près de Savone. —
Daubrée. Eaux souterraines à l'epoque actuelle et aux epoque anciennes. — de Launay.
Note sur les phorphyrites de l'Allier. — Lévy. Origine des terrains cristallina primitifs. —
Fournier. Étude géologique du détroit Poitevin. — 3. Fournier. Étude géologique du dé-
troit Poitevin. — de Lapparent. Mode de formation des Vosges. — Rolland. Geologie du
lac Kelbia et du littoral de la Tunisie centrale. — Bergeron. Note sur les terrains pri-
mitif, archéen, cambrien et silurien du versant meridional de la Montagne-Noire. — Lévy.
Note sur les roches éruptives et cristallin.es des montagnes du Lyonnais. — Sacco. Sur
l'origine du loess en Piémont. — de Lacvivier. Terrains cretacea de L'Atiège et de l'Aude. —
Mieti. Note sur un sondage exécuté à Dornach. — 4. Mieg. Note sur un sondage exécuté à
Dornach. — Id. Notice bibliographique sur le Guide du géologue en Lorraine, par le docteur
Bleicher. — Biche. Note sur la constitution géologique du Plateau lyonnais. — Bergeron.
Note sur la présence de la faune primordiale dans les environs de Perrals-les-Montagnes
(Hérault). — de Grossouvre. Observations sur l'origine du terrain sidérolithique. Analogies
avec certains dépòts triasiques. — de Launay. Étude sur l'origine du terrain permien de
l'Allier. — 5. de Launay. Étude sur le terrain pennien de l'Allier. — Depéret. Observa-
tions sur la note postbume di' Fontannes sur les terrains traversés par le tunnel de Gollon-
ges. — Boni e. Note sur le terrain tertiaire de Malzieu (Lozèrc). — A a gè. Note sur la
bauxite. — de Rouville. Note sur le pennien de l'Hérault. — de Grossouvre. Étude sur
l'étage bathonien.
+ Bulletin de la Société zoologique de France. T. XIII, n. 2-6. Paris, 1888.
2. Chevreux. Sur quelques crustacés amphipodes pr^venant d'un dragage de l'Hiron-
delle au large de Lorient, — Id. Troisième campagne dr ITI irondelle, 1887. Addition
à la note sur quelques crustacés amphipodes du littoral des Acores. — Richard. Eniomo-
stracés nouveaux ou peu connus. — Blanchard. A propos des muscles striés des mollusques
lamellibranches. — Héron-Royer. Sur la préseiuv d'une enveloppe adventice autour des
fèces chez les batraciens. — B.arrois. Kemarques sur le dimorphisme semel chez quel-
ques amphipodes du genre Moera (M. scissimana Costa = M. integrimana Heller,
M. grossimana Montagu = M. Donatoi Heller). -- de Guerne. Remarques au sujet
de l'Orchestia Chevreuxi et de l'adaptation des amphipodes à la vie terrestre. —
Blanchard. Sur la présence du crapaud veri en France. — Jullien. Sur la structure et la
rentrée du polypide dans les zocecies chez les bryozoaires cheilostomiens monodermiés. —
S.Fischer. Sur une monstruosité du crabe tourteau (Platy carcinu s pagurus Linné). —
Héron-Royer. Sur l'accouplement du Bufo intermedina Gunther. — Blanchard. Sur
la structure des muscles des mollusques lamellibranchea. — Raspail. Note sur un oeuf
tacheté d'Upupa epops. — Héron-Royer. Description du P elobate s latifrons
des environs de Turin, et d'une conformation particulière de l'ethmoide chez les batra-
ciens. — Chevreux. Note sur la présence de l'O r e h e s t i a Chevreuxi de Guerne, à
Tenerife, description du male de cette espèce et remarques sur la locomotion de l'O r -
eh e stia littore a Montagu. — Fischer. Note sur les scyphistomes de Meduse acra-
spède. — 4. Bigot. Note rectificative concernant quelques diptères du Cap Horn. —
van Kempen. Sur une sèrie de mammifères et d'oiseaux d'Europe présentant des anoma-
malies ou des variétés de coloration. — Héron-Royer. Note complementaire sur le P elo-
bate s latifrons. — 5. Héron-Royer. Note complementaire sur le P elobates
latifrons (fin). — Pelseneer. Sur la classificatimi des gastropodes d'après le système
nerveux. — Boulenger. Note sur le pélobate bruii, à propos de la recente coinmunication
de M. Héron-Royer. — Héron-Royer. Nouvelles recherches sur le Pelobates lati-
frons, en réponse à la Note de M. Boulenger sur le pélobate brun. — Le Sénéchal.
— cxxxv —
Sur quelques pinces raonstrueuses de décapodes brachyures. — Raspati. Sur le nid de la
Pie et la destruction de ses oeufs par la Corneille (Corvus corone). — Dugrs. Descrip-
tion d'un nouvel ixodidé. — 6. Dugrs. Description d'un noùvel ixodidè. — Chaper et Fi-
scher. De l'adoption d'une langue scientifique internationale. — Sauvage. Catalogues des
poissons des còtes du Boulonnais. — vau Kempen. Présence du Syrrhaptes p a r a d o -
x u s dans le nord de la France. — Starnati. Recherches sur la digestiou cbez l'ècrevisse. —
li. Description d'un appareil permettant la conservation des e'crevisses en expérience —
Blanchard. Note prelim inaire sur M o n a s D anali, flagellé qui cause la rubéfaction
des marais salants. — Vian. Retour du Syrrhapte paradoxal en France. — Lilljeborg.
Description de deux espèces nouvelles de Diaptomus du nord de l'Europe. — Poppe.
Diagnoses de deux nouvelles espèces du genre Diaptomus Westwood. — de Guerne et
Richard. Diagnoses de deux Diaptomus nouveaux d'Algerie.] — Boulenger. Encore nn
mot sur les prétendus caractères ditFérentiels du pélobate d'Italie.
"i'Bulletin des sciences mathématiques. 2e sér. t. XII, aoùt, 1888. Paris.
Méray. Sur l'integration des équations différentielles linéaires à coefEcients constants.
fBulletin du Conaité international permanent pour l'exécution phótographique
de la carte du ciel. Fase. 2e. Paris, 1888.
+Bulletin du Musée r. d'histoire naturelle de Belgique. T. V, 1. Bruxelles,
1888.
Dubois. Description de deux nouvelles espèces d'oiseaux. — Renard. Notice sur les
roches de l'ile de l'Ascension. — Dolio. Première Note sur les chéloniens oligocènes et ne'o-
gènes de la Belgique. — Dubois. Compte rendu des observations ornithologiques faites en
Belgique pendant l'année 1886. — Klement. Ànalyses chimiques de quelques minéraux et
roches de la Belgique et de l'Ardenne francaise.
+Biilletin of the United States coast and geodetic Survey. N. 3. Washington,
1888.
*Oentralblatt (Botanisches). Bd. XXXVI, 1-5. Cassel, 1888.
Bornmùller. Beitriige zur Kenntniss der Flora des bulgariscben Klinstenlandes. —
Keller. Doppelspreitige Blatter von Valeriana s a m b u e i f o 1 i a Mik. — Brotherus.
Musei novi exotici.
•'Centralblatt tur Physiologie. 1888, n. 13, 14. Wien, 1888.
tCivilingenieur (Der). Jhg. 1888, Heft 6. Leipzig, 1888.
Kohl. Grosse Verkehrsbauten und der Panamakanal. - Ringel. Mittheilungeii iiber
die in den Jaliren 1886 und 1887 an der Elbe innerhalb Sachsens ausgefiihrten Wasser-
geschwindin'kì'itsiuessungen. — Uhlich. Die Wagner-Fennel'schen ProjectJonstachyme-
ter. — Berle. Historiscbe Notizen.
f Compte rendus des séances et tra-vaux de l'Académie des sciences morales
et politiques. N. S. t. XXX, 11. Nov. 1888. Paris.
Saige. Les archives du palais de Monaco et l'intèrét de ses collections pour l'histoire
de France. — Yaadal. Louis XIV et l'Égypte. — Lagneau. Conditions démograpbiques
amenant l'accroissement ou la diminution des familles. — Fokkens. 1 otici sur l'aduiini-
stration de l'ile de Java.
fComptes rendus hebdornadaires des séances de l'Académie des sciences. T. CVII,
n. 14-17. Paris, 1888.
14. Marey. Valeurs relatives des deux cornposantes de la force d ms le coup
d'aile de l'oiseau , déduites de la direction el de l'insertion des fibrei du muscle grand
CXXXVI
pectoral. — Gruèy. Positions de la comète Barnard (2 septembre 1888), mesurées à l'Ob-
servatoire de Besancon, à l'équatorial de 0m,22. — Rayet. Observations de la comète
Sawerthal (1888, I), faites à l'équatorial de 0m,38 de l'Observatoire de Bordeaux par
MM. G. Rayet et Courty. — Callandreau. Energie potentielle de la gravitation d'une
planète. — Bichat. Sur les phénomènes actinoélectriques. — Righi. Sur quelques nou-
veaux phe'nomènes électriques produits par les radiations. — Poi ré. Emploi du sulfite
de soude en photographie. — Carlet. Sur la locoraotion terrestre des reptiles et des
batraciens, compare'e à celle des raarnrnifères quadrupèdes. — Id. De la marche d'un
insecte rendu tetrapode par la suppression d'une paire de pattes. — Bretonnière. Perfora-
tion de roches calcaires par des escargots. — Thomas. Sur la geologie de la formation
pliocène à troncs d'arbres silicifie's de la Tunisie. — Fliche. Sur les bois silicifiés de la
Tunisie et de l'Algerie. — Bleicher. Recberches lithologiques sur la formation à bois sili-
cifiés du Tunisie et d'Algerie. — 15. Trécul. Ordre d'apparition des premiers vaisseaux
dans les feuilles des H u m u 1 u s Lupus et j a p o n i e u s . — Maquenne. Sur le poids
moléculaire et la valence de la perséite. — de Haertl. Sur l'orbite de la comète périodi-
que de Winnecke et sur une nouvelle détermination de la masse de Jupiter. — Ricco.
Image réfiéchie du soleil à l'horizon marin. — Picard. Sur la transfovmation de Laplace
et les équations linéaires aux dérivées partielles. — Louguinine. Etude des chaleurs de
combustion de quelques acides se rattach&nt à la sèrie des acides oxalique et lactique. —
Louise et Roux. Sur les points de congélaiàon des dissolutions des composés organiques
de l'aluminium. — Gonnard. Bolide observé le 13 septembre 1888. — 10. Wolf. Sur la
déformation des images des astres vus par réflexion à la surface de la mer. — Marey.
Modifications de la photochronographie poni l'aualyse des mouvements exécutés sur place
par un animai. — Govi. Sur les couleurs latentes des corps. — Périgaud. Sur les
observations d'étoiles par réflexion et la mesure de la flexion dn cercle de Gambey. —
Andre. Sur le ligament lumineux des passages et occultations des satellites de Jupiter;
moyen de l'éviter. — Stieltjcs. Sur l'équation d'Euler. — Amagat. Recherchee sur l'éla-
sticité du cristal. — L. Soret et Ch. Soret. Observations dn point neutre de Brew-
ster. — Duboin. Sur quelques phosphates doubles d'yttria et de potasse ou de soude. —
Louguinine. Etude de la cbaleur de combustion des acides camphoriques droit, gau-
che et camphoracémique. — Gautier et Mourgues. Sur les alcaloides de rimile de foie
de morue. — Fauconriier. Sur la propylphycite. — Charrin et Ruffer. Sur l'élimination,
par les urines, des matières solubles vaccinantes fabriquées par les microbes en dehors
de l'organismo. — ffayem. Convelle contribution à l'étude des concrétions sanguines
par précipitation. — Dangeard. Le mode d'union de la tige et de la racine chez les an-
giospermes. — 17. Marey. De la claudicatimi par douleur. — Id. Des mouvements de
la natation de l'anguille, étudiés par la photochronographie. — Viennet. Eléments et éphé-
mérides de la comète Barnard. — Gonnessiat. Sur quelques erreurs affectant les observa-
tions de passages. — Forel. Images réflécbies sur la nappe spbéroi'dale du eaux de lac
Léman. — Stieltjes. Sur la rédnction de la différentielle elliptique à la forme normale. —
Cosserat. Sur les surfaces de singularités des systèmes de courbes construits avec un élé-
ment donne. — Guccia. Sur l'intersection de deux courbes algébriques en un point sin-
gulier. — Maquenne. Sur la combinaison de l'aldéhyde benzoi'que avec les alcools poly-
atomiques. — Ville. Action de l'acide hypophosphoreux sur l'aldéhyde benzoi'que; formation
d'un acide dioxyphosphinique. — Denigès. Action de rhypobromite de soude sur quelques
dérivés azotés aromatiques et réaction différentielle entre les acides hippnrique et ben-
zoi'que. — Magniti. Sur rhermaphrodisme du L y e h n i s d i o i e a atteint d'Ustila-
g o . — de Rouville et Delage. — Pétrographie de l'Hérault. Les purphyrites de Gabian. - -
Gonnard. Sur les filons de quartz de Charbonnières-les-Varennes (Puy-de-Dòme).
Cosrnos. Kevue des sciences et de leurs applications. S. N. n. 193-196. Paris.
— cxxxvn —
tDocuments publiés par l'Académie des sciences, belles lettres et arts de Sa-
voie. T. VI. Chambery, 1888.
Trepier. Recherches historiques sur la Décanat de Saint-André.
tÉrtekezések a természettudomànyok korébòl. Kot. XVI, 7; XVII, 2-5. Buda-
pest, 1887.
•ÉrtesitS (Archàologiai ). Kot. VII, 5; Vili, 1-4. Budapest, 1887-88.
:Értesito (Matheuiatikai és természettudomànyi). Kot. V, 6-9; VI, 1. Bu-
dapest, 1887.
+ Jahrbuch des k. deutschen archàologischeu Instituts. Bd. Ili, 3. Berlin, 1888.
Treu. Anordnung des Westgiebels ara Olympischen Zeustempel. — Loeschcke. Relief
aus Messene. — Fiìrtwàngler. Ueber die Gemmen mit Kunstlerinschriften. — Michaelis.
Nochmals die Peliadenreliefs. — v. Duhn. Abschiedsdarstellung auf einer Hydria in Karls-
ruhe. — Kern. Die Pharmakeutriai ara Kypseloskasten. — Michaelis. Demosthenes Epi-
bomios.
+Jahresbericht des Direktors des kòn. Geodatischen Instituts. 1887-88. Ber-
lin, 1888.
fornai de sciencias mathematicas e astronomicas. Voi. Vili, 5. Coimbra, 1887.
Lerch. Modification de la troisième démonstration donnée par Gauss de la loi de repro-
cité de Legendre. — Gutzmer. Sur certaines moyennes arithmétiques des fonctions d'une
variables complexe.
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Barbour. A young Tortoise, C h r y s e m y s pietà, with two heads. — Jonhson.
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some remarks on the utility of Soil-analysis. — Kemp. Rosetown Extension of the Coart-
landt Series. — Williams. The Contact-Metamorphism produced in the adjoining Mica
schists and Liraestons by the Massive Rocks of the « Cortlandt Series, » near Peekskill,
N. Y. — Keyes. The Sedentary Habits of Platyceras. — Hidden. Edisonite, a fourth form
of Titanio acid. — Kunz. Two new masses of Meteoric Iron. — Hall. Experiraents on the
Effect of Magnetic Force on the Equipotential Lines of an Electric Current. — Spring.
The Compression of Powdered Solids. — Dana. Preliminary notice of Beryllonite, a new
minerai.
f Journal de Physique théorique et appliquée. 2e sér. t. VII, octobre 1888. Paris.
Defforges. Sur Tintensité absolue de la pesanteur. — Gouy. Sur un régulateur des
courants électriques. — Chervet. Tension superfìcielle. — Hesehus. Sur la détermination
de la chaleur spe'cifique d'un corps par la méthode des mélanges à temperature constante.
* Journal of the Chemical Society. N. GCCXI. Octob. 1888. London.
Stuart and Elliott. The Action of Chroraium Oxychloride on Ortbosubstituted To-
luenes. — Loeb. The Molecular Weight of lodine in its Solutions. — /(/. The Use of Ani-
line as an Absorbent of Cyanogen in Gas Analysis. — Nilson and Pettersson. On two
new Chlorides of Indium, and on the Vapourdensities of Indium, Gallium, Iron. and
Chromiuin.
+ Journal of the r. geological Society of Ireland. N. S. voi. VII, 2. Dublin, 1887.
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Eruptions in general. — U'ynne. Notes on some Recent Discoveries of Interest in the
Geology of the Punjab Salt Range. — Kinahan. A Table of the Irish Lower Palséozoic
Recks, with their Probable English Equivalents. — Lavis. The Relationship of bile Structure
of Volanic Rocks to the Conditions of their Formatigli. — Sollas. Note on the àrtificial
Bollettino-Rendiconti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 18
CXXXVIII —
Depositici! of Crystals of Calcite on Spicules of a Calci-Sponge. — Id. A Classification
of the Sponges. — Id. The « Coacal Processs » of the Shells of Brachiopods Interpreted as
Sens-organs. — Ball. Zinc and Zinc Ores, their Mode of Occurrence, Metallurgy, and
History, in India; with a Glossary of Orientai and other Titles used for Zinc, its Ores,
and Alloys. — Id. On the Existing Eecords as to the Discovery of a Diamond in Ireland
in the year 1816. — Kinahan. 0 1 d h a m i a . — Sollas. Or; a Specimen of Slate from Bray-
Head, Traversed hy the Structure known as 0 1 d h a m i a radiata. — Id. Supplementary
Eemarks on the previous Paper on 0 1 d h a m i a ,—Johf. On a Peculiarity in the Nature of
the Impressions of Oldhamia antiqua and 0. radiata. — O'Reilly. On the Antipodal
Kelations of the New Zealand Earthquake District of lOth June, 1886, with that of Anda-
lusa of 25th December, 1884. — ll'ynne. Note on Suhmerged Peat Mosses and Trees in
certain Lakes in Connaught. — Kinahan. Lishellaw Conglomerate, Co. Fermanagh, and
Chesil Bank, Dorsetshire. — Sollas. On a Separating Apparatus foT use with Heavy
Fluids. — Id. «On a Modificatali of Sprengel's Apparatus for Determining the Specific
Gravity of Solids.
t Journal of the r. Microscopical Society. 1888, part 5. October. London.
Brady. Note on the Reproductive Condition of Orbitolites complanata, var. laci-
niata. — Stockes. Notices of New Infusoria Flagellata from American Fresh Waters.
1 Journal (The Quarterly) of pure and applied Mathematics. Voi. XXIII, n. 91.
London, 1888.
Jeffery. On the circles, which are described about the four circles, escribed and in-
scribed in a given piane triangle, taken by triads. — Id. On the circles, which may be
described about the eight small circles of a sphere, taken by triads, which are inscribed
in the triangles formed by three planes jntersecting in the centre. — Sheppard. On some
expressions of a function of a single variable in terms of Bessel's functions. — Berry.
Siniultaneous reciprocants.
■^Kozlemények (Mathematikai és természettudomànyi) vonatkozólag a hazai
viszonyokra. Kòt. XXII. Sz. 1-8. Budapest, 1886-88.
* Lumière (La) électrique. T. XIX, 40; XX, 41-43. Paris, 1888.
40. Palaz. Études récentes sur le mécanisme de la foudre et la construction des pa-
ratonnerres. — Reignier. Sur la forme des courants alternatifs. — Cossmann. L'électricite'
appliquée aux chemins de fer. — 11. Richard. Quelques application mécaniques de l'électri-
cite; — Ledeboer. Les coefficients d'induction et la théorie des transformateurs. — Lar-
roque. Étude sur l'influences des joints dans les machines dynamos. — 12. Palmieri. Elcctri-
cité atmosphe'rique. — Reignier. Sur la vitesse angulaire des machines dynamos. — 43.
de Fonvielle. La defense des paratonnerres. — Wailleumier. De l'emploi des moteurs
électriques dans les instruments de précision. — Richard. Chemins de fer et tramways
électriques. — Ledeboer. Sur les propriétés électriques des torpilles.
tMemoires de l'Académie des sciences, inscriptions et belles lettres de Toulouse.
8e sér. t. IX. Toulose, 1888.
Bouquet. Des snrfaces dont toutes les lignes de courbures sont plaines. — Legoux.
Mémoire sur le système de surfaces. — Molins. Sur les surfaces gauches dont la ligne
de struction est plaine e tqui sont coupées partout sous le inéme angle par le pian de cette
ligne. — Reivols. Des effeets de tir des pièces rayées sur le matériel. — Salles. Étude
des orages des années 1884 et 1885. — Abadie-Dutemps. La question des eaux à Tou-
louse en 1887. — Baillaud. Sur le nombre des termes de certains développements de la
fonction perturbatrice. -- Timbal-Lagrave (fils). De l'acétonurie. Eecherche de l'acetone
dans le sang et dans les urines. — Lavocat. Anatomie et physiologie compare'e. Appareil
— cxxxix —
tempero sus-maxillaires des animaux vertébrés. — B alile t. De l'emploi des étalons de pur
sang et de leurs dérivés à la procréations des chevaux de service du type léger. — Clos.
Une lacune dans l'histoire de la sexualité vegetale. — Mequin-Tandon. Sur la morpholo-
gie des organes ge'nito-urinaires des vertébrés. — Alice. De l'hypnotisme. — Deschamps.
Une quérelle littéraire au commencement du dix-huitième siècle. — Duméril. Un chapitre
de l'histoire de la rage. Essai sur l'hydrophobie de Christophe Nugent (1752) traduction
partielle, analyse et commentale. — Molinier. Notice sur cette question historique « Anne
d'Autriche et Mazarin étaient-ils sécrètement mariés ?» — Antolne. Une séance memo-
ratte du Sénat romain (5 décembre 53). — Laplerre. Les bouis rimés des Lanternistes. —
Duméril. Un voyageur anglais au dix-huitième siècle, Olivier Goldsmith.— Cable. Notice
sur la vie du poète Eanchin. — Saint- Charles. Les enfants abandonnés, exposés,. les orphelins
dans les diverses maisons de charité de Toulouse. — Baillet. De la puissance que l'homme
possedè de modifier l'organisation des animaux domestiques.
^Memorias de la Sociedad cientifica Antonio Alzate. T. II, 2. Mexico, 1888.
B. y Paga. Resena de la topografia y geologia de la Sierra de Guadalupe.
f Memoires de la Société des antiquaires de Picardie. Documents inédits. T. XI.
Amiens, 1888.
Hénocque. Histoire de l'abbaye et de la ville de Saint Riquier. T. III.
'Memoires de la Société de sciences natnrelles et mathématiques de Cherbourg.
3e sér. t. V. Cherbourg, 1887.
Jeanbemat et Renault. Bryo-géographie des Pyrénées. — Borney et Flahault. Ta-
bleau synoptique des Nostochacées filamenteuses hétérocystées. — Menut. Essai sur la
Station préhistorique de Bretteville. — Blgot. Sur quelques points de la geologie des en-
virons de Cherbourg. — Corbière. Erythraea Morie ri sp. nov. et les Erythraea à
fleurs capitées. — Blgot. Sur l'existance d'une station préhistorique à la Hongue (Manche). —
Jouan. Les legendes des ìles Hawai (ìles Sandwich) et le peuplement de la Polynésie.
^Memoires de la Société zoologique de Trance. 1888, voi. I, 1-3. Paris.
de Man. Sur quelques nématodes libres de la mer du Nord, nouveaux ou peu connus.—
Vian. Monographie des poussins des oiseaux d'Europe qui naissent vétus de duvet ; 3e et
dernière partie. — Bolivar. Enumération des othoptères de l'ile de Cuba.
+ Memoires et compte rendu des travaux de la Société des ingénieurs civil.
Aoùt 1888. Paris.
Bitter. Alimentation de la ville de Paris en eau, force et lumière électrique, au mo-
yen d'une dérivation des eaux des lacs du Jura suisse. — Lesourd. Nouveau générateur à
production de vapeur instantanée de MM. Serpollet frères. — de Fontvlolant. Mémoire
sur les déformations élastiques. Théorie nouvelle avec applications au calcul des arcs
(lre partie).
•Monastblàtter des Wissenschaftlichen Club in Wien. Jhg. X, 1. Wien, 1888.
f Memoires (Nouveaux) de la Société imp. des naturalistes de Moscou. T. XV,
3-5. Moscou, 1885-88.
Severtzow. Zwei neue oder mangelhaft bekannte russische Jagdfalken. — /(/. Etudes
sur les variations d'àge des aquilinés paléarctiques et leur valeur taxonoinique. — Traut-
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ìMinutesofProceedingsof the Institution of Civil Engineers. Voi. XCI-XCIV.
London, 1888.
— CXL
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Condensing Steam-Engine : simple compound and triple. — Ayres. Compressed Oil-Gasand
its applications. — Mountain. Paved Carriages-ways in Sydney. New Smith 'Wales. —
Olive. Discharges of Circular and Egg-form Sewers. — Savage. On Machinery for the new
Stealworks at Terni. — Kunhya Lall. Indian Woods suitable for Engineering Purposes. —
Sharp. Creosoting Timber in New Zeeland. — Unwin. The Transmission of Power to
great distances by compressed Air. — Chatterton. The Prevention and the Extinction of
Fires. — Mortili. Arched Ribes and Youssoir Arches. — XCIV. Ellington. The Distribu-
ction of Hydraulic Power in London. — Barlow. The Tay Viaduct, Dundee. — lugli».
The Construction of the Tay Viaduct, Dundee. — Andrews. Effect of Temperature on the
Strength of Kailway Axles. -- Dwelshauvers-Dery . A New Method of Envestigation applied
to the Action af Steam-Engine «Jovernors. — Gallen. Varieties of Clay, and theii distin-
guishing qualities for making good Puddle. — Alien. The Effect of Rolling and of Wi-
redrawing upon Mild Steel. — Hetherington. On the Sewage Flow af Chiswick. — Flet-
cher. On Balancing or bvercoming the Effects of Forcing Currents on Thelegraph Circuits. —
Gibbs. Pumping-Machinery in the Finland and by the Trentside. — Money. Railway En-
gineering in the Prairies af British North America.
fMittheilungen des Ornithologischen Vereines in Wien. Jhg. XII, 10. Wien,
1888.
'OTWfb HMnepaTopcKaro pyccKaro reorpa^iraecKaro o6mecTBa. 3a 1887 roji/L.
C.-lleTep6y pr'jb, 1888.
tPapers and Proceedings of the royal Society of Tasmania for 1887. Tasma-
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Cookie. On the Generili Linear Differential Equation of the Second Order. — ffobson.
Synthetical Solutions in the Conduction of Heat. — Lachlan. On Certain Operatore in
connection with Symmetric Functions (Supplementary Note).— Cayley. A case of Compiei
Multiplication with Imaginary Modulus arising out of the Cubie Transformation in Klliptic
Functions. — Greenhill. Complex Multiplication Moduli of Elliptic Functions. — La, uh.
On the Flexure and the Vibrations of a Curved Bar.
+ Proceedings of the r. Geographical Society. N. M. S. Voi. X, 10. Oct. 1888.
London.
Warton. Account of Christmas Island, Indian Ocean. — Shah of Persia. On the
New Late between Kom and Teheran. — Johnston. The Bantu Borderland in Western
Africa. — The Earthquakes of May and June, 1887, in the Verny (Vernoe) District, Russian
Turkestan, and their consequences.
+Eecords of the geologica! Snrvey of India. Voi. XXI, 3. Calcutta, 1888.
Pramatha Natii Pose. The Manganese iron and Manganese-ores of Jabalpur. — Waa-
gen. «The Carboniferous Glacial Period". — Oldìiam. The Sequence and correlation of
the Pre-Tertiary Sedimentary formation of the Simla Region of the Lower Himalayas.
tRepertorium der Physik. Bd. XXIV, 9. Miinchen-Leipzig, 1888.
Gartenschlàger. Ueber die Abbildung eines astigmatischen Objects durch eine Linse
fur parallelen Durchgang der Lichtstrahlen. — Muller. Die Bestimmung der Durchsch-
nittstemperatur durch das Gewicht von verdampftem Wasser und die Messung des relati-
ven Dampfdrucks. - - Nehel. Ueber eine merkwurdige Aufreissung des Kupfers durch den
elektrischen Strom. — Kurz. Der Elasticitatsmodul und die Schallgeschwindigkeit. —
Jaumann. Entgegengekuppelte Fadenwagen zur absoluten Kraftmessung.
CXLI —
t Resumé des séances de la Société des ingénieurs civils. Séances du 5 et 19 oct.
1888. Paris.
"'Revista triinensal do Instituto historico e geographico brazileiro. T. L, 3, 4.
Rio de Janeiro, 1888.
+Revue archéologique. 3e sér. t. XII, inillet-aout. 1888. Paris.
Mauss. Note sur la méthode employée pour tracer le pian de la mosquée d'Omar et
de la rotonde du Saint-Sépulcre, à Jérusalem. — de Vaux. Mémoire relatif aux fouilles
entreprises par les E. P. Dominicains, dans leni1 domaine de Saint-Etienne, près la porte
de Damas, à Jérusalem. — cVArbois de Jubainviììe. La source du Danube chez He'ro-
dote. — Amiaud. Sirpourla, d'après les inscriptions de la collection de Sarzec. — Maitre.
Note sur l'origine de certaines formes de l'épée de bronzo. — Le Blant. Quelques notes
d'archeologie sur la chevelure fémmine. — Gurnont. Le eulte de Mithra à Edesse.
tRevue (Nouvelle) historique de droit fran9ais et étranger. 1888, t. XII, n. 5.
Paris.
Saleilles. Le domaine public à Rome et son application en matière artistique. —
Leseur. Des conséquences du délit de l'esclave dans les « Leges Barbarorum « et dans les
Capitulaires. — Omont. Inventaire des manuscrits de la Bibliothèque de Cujas.
tRevue politique et littéraire. T. XLII, n. 14-17. Paris, 1838.
tRevue scientifìque. T. XLII, n. 14-17. Paris, 1888.
tRevue interna tionale de l'électricité. T. VII, 67, 68. Paris.
67. Mackenzie. La distribution de l'électricité au moyen des générateurs secondaires
ou transformateurs. — Drouin. Méthode de lecture des appareils à réfìexion. — Fiske.
Les moteurs électriques dans la marine de guerre. — Jones. Sur quelques dérangements
dans les installations d'éclairage électrique. — Dary. L'électricité atmosphérique (suite). —
Poole. La construction des machines dynamo-électriques. — 68. Marescal. Générateur à
vapeur instantané et inexplosible de MM. Serpollet. — Wilson. Mode de lecture avec le
galvanomètre à miroir. — Michaut. Les nouveaux accumulateurs Gadot. — Mackenzie.
Distribution de électricité au moyen des generatene secondaires ou transformateurs (suite). —
Transformateur à courants continus et dynamo système Hoho. — De Montaud. L'aceumu-
lateur employé cornine transformateur. Distributeur à courants continus dans les stations
centrales. — Anderson. Application de l'électricité au fonctionnement d'une grue mobile
de 20 tonnes. — Picou. Théorie des machines dynamo-électrique.
"'Rundschau (Naturwissenschaftliche). Jhg. Ili, 40-44. Braunschweig, 1888.
+Transactions (Philosophical) of the r. Society. Voi. 178, (A) (B). London, 1888.
A. Chambers. On the Luni-Solar Variations of Magnetic Declination and Horizontal
Force at Bombay, and of Declination at Trevandrum. — Andrews. On the Properties of
Matter in the Gaseous and Liquid States under various Conditions of Temperature and
Pressure. — Ramsay and Young. On Evaporation and Dissociation. Part III. A Study of
the Termal Properties of Ethyl Oxide. — Curverivell. On the Discrimination of Maxima
and Minima Solutions in the Calculus of Variations. — Lamb. On Ellipsoidal Current-
Sheets. — Callendar. On the Practical Measurement of Temperature. Experiments made
at the Cavendish Laboratory, Cambridge. — Davison. On the Distribution of Strain in
the Earth's Crust resulting from Secular Cooling; with special reference to the Growth
of Continents and the Formation of Mountains Chains. — Darwin. Note on M'Davison's
Paper on the Straining of the Earth's Crust in Cooling. — Abney. Transmission of Sun-
light through the Earth's Atmosphere. — Sylvestcr and Hammond. On Hamilton's Xum-
bers. — Ramsay and Young. On Evaporation and Dissociation. Part V. A Study of the
— CXLII —
Thermal Properties of Methyl-Alcohol. — Hill. Some Anomalies in the Winds of Northern
India, and their Relation to the Distribution of Barometric Pressure. — Darwin. On Fi-
gures of Equilibrium of Rotating Masses of Fluid. — Bottimley. On Thermal Radiation
in Absolute Measure. — Crookes. On the Supposed « New Force « of M. J. Thore. —
Thomson. Some Applications of Dynamical Principles to Physical Phenomena. Partii. - -
B. Owen. Additional Evidence of the Affinities of the Extinct Marsupial Quadruped Thy-
lacoleo carnifex (Owen). — Gadow. Remarks on the Cloaca and on the Copulatory Organs
of the Amniota. — Green. On the Changes in the Proteids in the Seed which accompany
Germination. — Carnelley, Haldane and Anderson. The Carbonic Acid, Organic Matter,
and Micro-organisms in Air more especially of Dwellings and Schools. — Frankland. A
New Method for the Quantitative Estimation of the Micro-organisms presesi in the Atmo-
sphere. — Beevor und Horsley. A Minute Analysis (Experimental) of the Various Move-
ments produced hy stimulating in the Monkey different Eegions of the Cortical Centre for
the Upper Limb, as defined by prof. Ferrier. — Hulke. Supplemental Note on Palacanthus
Foxii describing the Dorsal Shield and some Parts of the Endoskeleton, imperfectly known
in 1881.— Ward. On the Structure and Life-History of Entyloma Ranunculi (Bonorden). —
Seely. Researches on the Structure, Organization and Classification of the Fossil Reptilia. I.
On Protorosaurus Speneri (von Meyer). — Welter und Reid. On the Action ofthe Exeised
Mammalian Heart. — Frankland G. C. and Frankland P. F. Studies on some New Micro-
organisms obtained from Air. — Williamson. On the Organisation of the Fossil Pianta
of the Coal-Measures. Part XIII. Heterangium Tiliaeoides (Williamson) and Kaloxylon Hoo-
keri. — Massee. On Gasterolichenes : a New Type of the group Lichenes. — Pulton. On
Enquiry into the Cause and Extent of a Special Colour-relation between certain exposed
Lepidopterous Pupae and the Surfaces whicb immediately surround them. — Thomas. On
the Omologies and Succession of the Teeth in the Dasyuridae, with an Àttempt to trace
the History of the Evolution of Mammalian Teeth in general. — Caldv:ell. The Embryo-
logy of Monotremata and Marsupialia. Part I. — Gotch. The Electromotive Properties of
the Electrical Organ of Torpedo Marmorata. — Marshall. On the Tubercular Swellings
on the Roots of Yicia Faba.
+Verhandlungen d. k. k. guologischeu Reichsanstalt. 1888, n. 12. Wien.
1 Verhandhmgen des Vereins znr Befordeiwig des Gewerbfleisses. Heft VI und
VII. Berlin, 1888.
Gàrtner. Die Weissblechfabrikation. — Dietrich. Oberbau und Betriebsmittel der
schmalspurigen Industrie- und Feklbahncn.
+Wocliensclirift des osterr. Ingenieur- und Architekten Vereines. Jhg. XIII,
40-43. Wien, 1888.
fWochenschrift (Naturwissenschaftliche). Bd. Ili, 1-5. Berlin, 1888.
iZeitschrift (Stettiner Entomologische). Jhg. 49, n. 7-9. Stettin, 1888.
•Zeitschrift ftìr Mathematik und Pliysik. Jhg. XXXIII, 5. Leipzig, 1887.
Weiler. Die Axonometrie als Orthogonalprojection. — Richter. Ueber die galvani-
sche Induction in einem korperlichen Leiter. — Hess. Ueber das Jacobi'sche Theorem von
der Ersetzbarkeit einer Lagrangeschen Rotation durch zwei Poinsot'sche Rotationen. —
Matthiessen. Bemerkungen zu Schmid's Mittheilung: » Ueber das Gesetz der Veriinderlichkeit
der Schwere etc. « — Sporer. Ueber rechtwinklige und gleichseitige Dreiecke, welche
einem Kegelschnitt einbeschrieben sind. — Saalschiits. Das elliptische Integrai erster
Gattung mit complexem Modul. — Heymann. Note uber das elliptische Integrai mit com-
plexem Modul.— Braun. Ueber die Coefficienten der Kugelfunctionen einer Verànderlichen. —
CXLIII
Lohnstein. Ueber das » harmonisch-geometrische Mittel «. — Puluj. Ein Interfcrenzver-
such mit zwei schwingenden Saiten.
+Zeitschrift (Historische). N. F. Bd. XXV, 1. Leipzig, 1888.
Gelzer. Ein griechischer Volksschriftsteller des 7. Jahrhrnderts. — Haupt. Neue Bei-
trage zur Geschichte des mittelalterlichen Waldenserthums. — Pfiugk-Harttung. Belisar's
Vandalenkrieg.
Pubblicazioni non periodiche
pervenute all' Accademia nel mese di novembre 1888.
Pubblicazioni italiane.
* Alvino F. — I calendari, fase. 49-50. Firenze, 1888. 8°.
* Angelici L. — Senso e intelletto. Studi di filosofìa scientifica. Koma, 1888. 8°.
* Baro fio R. e Sforza C. — Compendio di chirurgia di guerra. Voi. IV. Roma,
1888. 8°.
*B emoni R. — Il monismo dinamico e sue attinenze coi principali sistemi
moderni di filosofia. Firenze, 1888. 8°.
*Bibliographia botanica targioniana Ad. Targionio Tozzettio recensita agri-
culturae et usus piantarmi! quibusdam editis Clariss. humaniss. Bota-
nicis Florentiae congregatis. A. D. MDCCCLXXIV. A. Targ. Tozz. Med.
D. et Joh. jun. Jurisp. fìlii superstites D. D. C. C. Florentiae, 1874.4°.
*Boccardo G. — L'economia nazionale e le banche. Roma, 1888. 8°.
* Bocca rdo E. — Trattato elementare completo di geometria pratica. Disp. 21.
Torino, 1888.
* Ceretti P. — Saggio circa la ragione logica di tutte le cose. Vers. dal latino
del prof. C. Badini. Voi. I, IL Torino, 1888. 8°.
* Ferrerò A. — Rapport sur les triangulations (Association géodésique Inter-
nationale). Florence, 1888. 4°.
* Galanti A. — Il problema della popolazione e l'avvenire d'Italia. Firenze,
1888. 8°.
* Galli I. — Sulla forma vibratoria del moto sismico. Roma, 1888. 4°.
*Govi G. — Della invenzione del micrometro per gli strumenti astronomici.
Roma, 1888. 8°.
* Bachi P. — Un caso rarissimo di processo paracondiloideo. Perugia, 1888. 8°.
* Bampertico F. — Commemorazione del senatore Luigi Torelli. Venezia,
1888. 8U.
* Mar chi ni P. I. — Discorsi e scritti vari di P. Toselli con cenni biografici.
Savona, 1888. 4°.
*Id. — Paolo Boselli. Cenni biografici. Torino, 1888. 8°.
*Raddi A. — Alcune digressioni tecniche sulla Spezia in rapporto alle co-
struzioni ed all'igiene. Firenze, 1888. 8°.
*Id. — Città di Spezia; condotta delle acque di Canneto; possibilità di un
impianto aspirante a Pegazzano. Firenze, 1887. 8°.
*Rl. — Sulla fognatura della città di Spezia. Firenze, 1880. 8°.
— CXLIV —
* Righi A. — Sui fenomeni elettrici provocati dalle radiazioni. Bologna, 18S8. 4°.
* Saccardo P. A. — Sylloge fungorum omnium hucusque cognitorum. Voi. VI,
VII, 2. Patavii, 1888.8°.
* Sella Q. — Discorsi parlamentari raccolti e pubblicati per deliberazione
della Camera dei deputati. Voi. III. Roma, 1888. 8°.
* Taramela T. e Mercalli G. — 11 terremoto ligure del 23 febb. 1887. Roma,
1888. 4°.
* Targhili Tossetti A. — Sull'apparecchio che separa ed esala l'odore di mu-
schio nel maschio della Sphynx Con volvoli. Firenze, 1872. 8°.
*jd. _ Della malattia del pidocchio (P h y 1 1 o x e r a vastatrix Planch) nella
vite secondo gli studi fatti in Europa e in America ecc. Roma, 1875. 8°.
*/d. — Note anatomiche intorno agli insetti. Firenze, 1872. 8°.
*j(l — Sulla Stazione di entomologia agraria fondata in Firenze. Discorso.
Firenze, 1875. 8°.
*7#. — La bocca e i piedi dei Tetranychu.s. Firenze, 1877. 8°.
*fd — Myxolecanium Kibarae Beccari (Lecaniti). Firenze, 1877. 8°.
*jd. — Sulla Helicopsyche agglutinans (Tass.). Firenze, 1878. 8°.
*jd. — Notizie e indicazioni sulla malattia del pidocchio della vite o della
filossera (Phylloxera vastatrix) da servire ad uso degli agricoltori.
Roma, 1879. 8°.
*jd. — Catalogo degli espositori e delle cose esposte alla Sezione italiana
della Esposizione internazionale di pesca in Berlino 1880. Firenze, 1880. 8°.
*jd. — Rapporto sulla mostra internazionale della pesca tenuta a Berlino
nel 1880, Sezione italiana. Roma, 1881. 8°.
*jd, — Armature genitali maschili degli ortotteri saltatori. Firenze, 1882. 8°.
*/d. — Ortotteri agrari cioè dei diversi insetti dell'ordine degli ortotteri no-
civi o vantaggiosi all'agricoltura o all'economia domestica e principal-
mente delle cavallette. Roma, 1882. 8°.
*jd. — Questione sulla esistenza dell'uovo di inverno della fillossera della
vite, nuovamente proposta nella adunanza della Società entomologica
italiana nel 3 giugno 1883. Firenze, 1883. 8°.
*jd, — Di alcuni rapporti delle coltivazioni cogli insetti e di due casi d'in-
fezione del nocciolo e dell'olivo per cagione di insetti. Firenze, 1885. 8°.
*jd. — Note sopra alcune cocciniglie (Coccidei). Firenze, 1885. 8°.
*Id. — Relazioni intorno ai lavori della Stazione di entomologia agraria di
Firenze per gli anni 1875, 1877-1885. Roma, 1876-88. 4 voi. 8°.
*jd — Cavallette in Algeria e nell'Agro romano. S. 1. 1888. 8°.
*kl. — Sopra alcune specie di cocciniglie, sulla loro vita e sui momenti e gli
espedienti per combatterle. Firenze, 1888. 8°.
*Id. — Ancora sulla melata e la sua origine. Firenze, s. a. 8°.
'Vocabolario degli accademici della Crusca. 5a impressione, voi. VI, 2. Fi-
renze, 1888. 4°.
CX.LV —
Pubblicazioni estere.
fAbel J. — Ueber Aethylenimin (Spermin?). Kiel, 1888. 8°.
f Barckmami C. — Ueber Xeroderrna pigmentosum. Kiel, 1888. 8°.
*Bauemfeind C. M. v. — Das Bayerische Praecisions-Nivellement. Miincheu,
1888. 4°.
^ Baurath IL — Ueber «-Stilbazol und seine Reduktionsprodukte. Kiel, 1888. 8°.
^ Belai 0. — Studien ueber die Hornsckicht der menschlichen Óberhaut spe-
ciell ueber die Bedeutung des Stratum lucidum (Dehl.). Kiel, 1887. 8°.
fBier A. — Beitràge zur Kenntniss der Syphilome der àusseren Muskulatur.
Kiel, 1888. 8°.
fBlass F. — Rede zur Feier des Gedachtnisses Weiland Sr. M. des Deutschen
Kaisers Konigs von Preussen Friedrich III. Kiel, 1888. 8°.
^ Boie C. — Ein Beitrag zur Keratitis parenchymatosa aus den Journalen der
Universitàt-Augenklinik zu Kiel. Kiel, 1888. 8°.
fBreede H. — Ein Fall von tòdtlicher Blutung aus Magenvaricen. Kiel, 1887.8°.
f Breese G. — Ein Beitrag zur Statistik und pathologischen Anatomie der
Hirnblutung. Kiel, 1888. 8°.
t Breuning J. — Bacteriologische Untersuchung des Trinkwassers der Stadt Kiel
im August und September, 1887. Kiel, 1888. 8°.
f Bruitoti D. G. — The language of Palaeolithic Man. Philadelphia, 1888. 8°.
fBrockhaus Fr. — Ueber das canonische Recht. Kiel, 1888. 8°.
"*■ Gollischoan H. — Beitrag zur Casuistik der Form- und Lagerungs- Stòrun-
gen des Magens. Kiel, 1888. 8°.
f Cricius A. — Carmina ed. C. Morawski. Cracoviae, 1888. 8°.
'l' Bansig E. — Ueber die eruptive Naturgewisser Gneisse sowie des Granulits
im sàchsischen Mittelgebirge. Kiel, 1888. 8°.
''David A. — Beitrag zur Kenntniss der Wirkimg des Chlorsauren Natriums.
Kiel, 1888. 8°.
* ' Ebermaier A. — Ein Fall von Syfìlis hereditaria tarda. Kiel, 1888. 8n.
fEschricht C. — Ein Fall von Hydrops genu intermittens. Kiel, 1888. 8°.
* Esperandieio Eni. — Note sur quelques monnaies decouvertes à Poitiers.
Paris, 1888. 8°.
+ Fichtel J. — Die Befunde bei plotzliehen Todesf alien im pathologischen Insti-
tut zu Kiel. Kiel, 1888. 8°.
*-Fick B. — Eine jainistische Bearbeitung der Sagara-Sage. Kiel, 1888. 8°.
^Fonseca 31. W. de — Beitrag zu Frage nàchtlichen Harnabsonderung und
zur Physiologie der Harnansammlung in der Biase. Neumunster, 1888. 8°.
i Forster R. — De Aristotelis quae feruntur secretis secretoium commenta-
tio. Kiliae, 1888. 4°.
rId. — Rede zur Feier des Gedachtnisses Weiland Sr. Maiestat des deutsch.
Kaisers Konigs von Preussen Wilhelm. Kiel, 1888. 8°.
Bullettino-Kendiconti, 1888, Vol. IV, 2° Sem. 10
CXLVI
ì Freese W. — Anatomisch-histologische Untersuchung von Membranipora pi-
losa L. uebst einer Beschreibung der in dei" Ostseegefundenen Bryozoen.
Berlin, 1888. 8°.
t Friedrich M. — Ueber metastatische proliferirende Papillome der Aorten-
wand bei primarem proliferirenden papillaren Kystome des Ovarium. Kiel,
. 1888. 8°.
*Gasperirii R. — Kelazione sugli scavi fatti nella spelonca di Grabak sul-
l'isola di Lesina nell'autunno 1887. Spalato, 1888. 8°.
i Geerdls L. — Ein Fall von doppelter Ureteren-Bildung mit blinder Endi-
gung des einen derselben. Kiel, 1887. 8°.
fQehl 0. — Ein Fall von Verletzung des Sehnerven. Kiel, 1888. 8°.
*Gerlo/f 0. — Beitrag zum Strychnin-Diabetes. Kiel, 1888. 8.°
* Górges IL — Beitrag zur Pathologischen Anatomie der Difterie. Kiel, 1888. 8°.
i Gràf A. — Das Perfectum bei Chaucer. Frankenbausen, 1888. 8°.
^Hagen P. — Quaestiones Dioneae. Kiliae, 1887. 8°.
^Harke Th. — Ein Fall von dreinialiger Magenresection wegen Magenbauch-
wandfistel. Kiel, 1887. 8°.
*Harttung 0. — Ueber Epidemische Cerebrospinalmeningitis in Kiel. Kiel,
1888. 8°.
aliaselo ff B. — Ueber den Krystallstiel der Muscheln nacb Untersuchungen
verscbiedener Arten der Kieler Bucht. Osterode, 1888. 8°.
*Hertìng J. — Ueber Axendrehungen des Darms bei Neugeborenen. Kiel,
1888. 8°.
^Hittegrad F. — Welcher Art sind die Enderfolge der Kniegelensectionen.
seit Einfiihrung der antiseptiscben Wundbehandlung und der Kiinstlichen
Blutleere? Kiel, 1888. 8°.
^Iloche L. — Ein Beitrag zu der Lehre von der Radicaloperation von Her-
nien, speciell bei Kindern. Kiel, 1888. 8°.
* Eoppe- Seyler G. — Ueber die Ausscheidung der Aetherschwefelsànren ini
Urin bei Krankbeiten. Strassburg, 1887. 8°.
i Jacob J. — Ueber simulirte Augenkrankheiten. Kiel, 1888. 8°.
^Kalmus G. — Ein Beitrag zur Statistik und patbologiscben Anatomie der
Secundàren Magen-Difteritis. Kiel, 1888. 8°.
"' Kayser R. — Placidus von Nonantula: De honore ecclesiae. Kiel, 1888.8°.
*Kirchhoff. — Die Localisation psychischer Stòrungen. Kiel, 1888. 8".
f Lcuige H. — Ein Beitrag zur Statistik und pathologischen Anatomie der in-
terstitiellen Hepatitis. Kiel, 1888. 8°.
* Levasseur E. — L'abolition de l'esclavage au Brésil. Paris, 1888. 8°.
^LiUtgem C. — Ueber Bedeutung und Gebrauch der Hilfsverba ini friihen Al-
tenglischen Sculan und Willan. Wismar, 1888. 8°.
^Macoun J. — Catalogue of Canadian plants. Part IV. Endogens. Montreal,
1888. 8°.
— GXLVII —
*Mangold G. — Ueber die Altersfolge der vulkanischen Gesteine und der Abla-
gerungen des Braunkohlengebirges ira Siebengebirge. Kiel, 1888. 8°.
fMàtsehke 0. — Die Nebensàtze der Zeit im Altfranzòsischen. Kiel, 1887. 8°.
1 Moller H. — Zur Transformation der Thetafunktionen. Rostock, 1887. 8°.
*Mdrck J. P. A. — Beitrag zur pathol. Anatomie der congenitalen Syfilis.
Kiel, 1888. 8°.
f Oetken F. — Ueber ableitende Behandhmg bei Wirbel- und Riickennmarks-
Erkrankungen. Kiel, 1887. 8°.
* Ossowski C. — Grand Kourhan de Ryzanówka d'après les recherches faites
en 1884 et 1887. Cracoviae, 1888. 4°.
i Petersen J. S. — Ueber einen Fall von Melanosarkom des Rectums. Kiel,
1888. 8°.
* ' Pirow F. — Statistik der Keuchhustens nach den Daten der Kieler medi-
cinischen Poliklinik von 1865 bis 1886. Kiel, 1888. 8°.
*Report of the scientifìc results of the voyage of H. M. S. Challenger during
the years 1873-76. Zoology. Voi. XXVII. Edinburgh, 1888. 4°.
+ Rhein G. F. — Beitrage zur Anatomie der Caesalpiniaceen. Kiel, 1888. 8°.
ìRiemann F. — Ueber den Zusammenhang von Nierendislokation und Magen-
erweiterung. Kiel, 1888. 8°.
i Rollio edder IL — Der primare Leberkrebs und sein Verhàltnis zur Leber-
kirrhose. Kiel, 1888. 8°.
f Roll 0. — Ueber den Einfluss der Volksetymologie auf die Entwicklung der
neufranzosischen Schriftsprache. Kiel, 1888. 8°.
f Scuter R. — Beitrag zur Luxatio lentis in cameram anteriorem. Kiel, 1888. 8°.
f Scliiereiiberg G.A.B. — Die Ràthsel der Varusschlacht oder Wie und Wo
gingen die Legionen des Varus zu Grunde ? Frankfurt, 1888. 8°.
* Schirren C. — Ein Beitrag zur Kenntniss von der Atrofie der Magenschleim-
haut. Kiel, 1888. 8°.
+ Schlaiifjli 31. — Ueber synthetische Pyridinbasen aus Acet- und Propional-
dehydammoniak. Kiel, 1888. 8°.
^ Schmid- Monna ni C. — Ueber Pathologie und Prognose der Gelenktuber-
culose insbesondere des Fusses. Kiel, 1888. 8".
+ Schopf S. — Beitrage zur Biographie und zur Chronologie der Lieder des
Troubadours Peire Vidal. Breslau, 1887. 8°.
f Schramm C. — Synthetische Untersuchungen in der Chinolinreihe. Kiel,
1887. 8°.
f Schróder C- — Ueber die Wirkung der Ueberosmiumsiiure bei Epilepsie.
Schwerin, 1888. 8".
*" Schróder G. — Anatomisch-histologische Untersuchuug von Nereis diversi-
color, 0. Fr. Miill. Rathenow, 1886.8°.
i Scludte M. — Entziindliche Spontanfrakturen des Oberschenkels far bosar-
tige Knochenneubildungen gehalten. Kiel, .1888. 8°.
— CXLVIII —
+ Schulti IL C. 31. — Ueber «-Methyl-« ' Aethyl- und «-Methyl-y-Aethylpyri-
din und ihre zugehòrigen Hexahydrobasen. Kiel, 1888. 8°.
fSchult£e A. — Ueber die Bewegung der Wàrme in einem bomogenen recht-
winkligen Parallelepipedon. Kiel, 1887. 8°.
* SchulUe E. — De legione Roinanorum XIII gemina. Kiliae, 1887. 8°.
* Selbor L. — Estudio filologico sobre lengua universal. Madrid, 1888. 8°.
+ Sonnìus F. — Epistolae ad Viglium Zuichemum. ed. P. F. X. de Ram. Bru-
xelles, 1850. 8°.
fStarck W. von — Die Lage des Spitzenstosses und die Percussion des
Herzens ini Kindesalter. Stuttgart, 1888. 8°.
* Slemann E. — Beitràge zur Kenntnis der Salpingitis tuberculosa und go-
norrboica. Kiel, 1888. 8°.
* Stritelo R. — Ueber das Verhàltnis der Chorea und der Scarlatina zum acu-
ten Gelenkrheuniatismus. Kiel, 1887. 8°.
* Tràger E. — Die Volksdichtigkeit Niederschlesiens. Weimar, 1888. 8°.
*Travaux et Mémoires du Bureau international des poids et mesures. T. VI.
Paris, 1888. 4°.
+ Verhandlungen der vom 21 bis zum 29 October 1887 auf der Sternwarte
zu Nizza abgehaltenen Conferenz der permanenten Commission dér in-
temationalen Erdmessung redigir v. A. Hirsch. mit Supplement. Berlin,
1888. 4°.
+ Walter C. — Beitrag zur Lehre vom Hydrocephalus. Kiel, 1888. 8°.
f Warnstedt G. — Ein Fall von totlicher Fettembolie nach Weichteilverlet-
zung. Kiel, 1888. 8°.
* Weber R. — Beitrag zur Statistik der Echinokokkenkrankheit. Kiel, 1887. 8°.
+ Wille B. — Der Phanomenalismus des Thomas Hobbes. Kiel, 1888: 8°.
* Wolfrìng W. — Statistik der Masern des Scharlachs und der Varicellen
nach den Daten der Kieler medicin. Poliklinik von 1865 bis 1886. Kiel,
1887. 8°.
f Zwink 31. — Die Pendei- Uhren im luftdicht verschlossenen Raume mit be-
sonderer Anwendung auf die bezuglichen Einrichtimgen der Berliner Stern-
warte. Halle, 1888. 4°.
Pubblicazioni periodiche
pervenute all'Accademia nel mese di novembre 1888.
Pubblicazioni italiane.
f Annali della Società degli ingegneri e degli architetti italiani. Anno III, p. 2.
Roma, 1888.
Nazzam. Sopra un modo di difesa d'una diga antica costruita attraverso il torrente
Crostolo. — Frascara. Disegno di un nuovo accesso a via Nazionale in Soma. — Cacio-
lini. Legislazione mineraria. — Cappelli. Bonifica della valle superiore dell'Amasene —
Bonato. Le coperture in legno ed in ferro. Cenni storici e descrittivi. — Ceradini. Sui
rivestimenti delle gallerie.
— CLXIX —
+ Annali dell'Ufficio centrale meteorologico e geodinamico italiano. S. 2a, voi.
Vili, 4. 1886. Roma, 1888.
+ Annali del r. Istituto tecnico Zanon in Udine. Ser. 2a, anno VI, 1888. Udine.
Marchesini. Amministrazione e ragioneria pubblica. — Marchesi. L'Arsenale di Ve-
nezia nei due ultimi secoli della repubblica veneta.
f Annali di chimica e di farmacologia. 1888, n. 4. Milano.
Baldi. Sul meccanismo di azione della cocaina e sulla eccitabilità della midolla spi-
nale. — Campavi. Nuovo metodo per preparare il protossido d'azoto.
+ Archivio per l'antropologia- e la etnologia. Voi. XVIII, 2. Firenze, 1888.
Mantegazza. Gli atavismi psichici. — Davegno. Le superstizioni di Portofino (Ligu-
ria, riviera di levante). — Sergi e Moschen. Crani della Papuasia. — MarimO. Sulle ossa
interparietali e preinterparietali nel cranio umano. — Regalia. Orbita e obliquità dell'oc-
chio mongolico. — Danielli. Tecnica antropologica.
f Archivio storico italiano. Ser. 5a, t. II, 5. Firenze, 1888.
Catellacci. La pace tra Firenze e Pisa nel 1364. — Gianandrea. Della signoria di
Francesco Sforza nella Marca secondo le memorie e i documenti dell'Archivio fabrianese. —
Guasti. Alcuni Brevi di Clemente VII sulle ferite e la morte di Giovanni de' Medici estratti
dagli archivi segreti del Vaticano.
^ Archivio veneto. Anno XVIII, f. 71. Venezia, 1888.
Barhon. Andrea Querini. — Bcllcmo. L'insegnamento e la cultura in Chioggia fino
al secolo XV. — Cerone. Il Papa ed i Veneziani nella quarta crociata. — Cecchetti. Ap-
punti sulle finanze antiche della Republica veneta. — Boni. Il sepolcro del beato Si-
meone profeta, scultura veneziana del secolo XIV. — De-Leva. Marino Sanuto. — Castel-
lani. I privilegi di stampa e la proprietà letteraria in Venezia. — Molmenti. Venezia nel-
l'arte e nella letteratura francese. — Caffi. Poesia vernacola inedita di Melchiorre Cesa-
rotti, cenni sull'autore, dettati da don Angelo Zendrini. — Cetani. L'epistolario di mon*
signor Francesco Bianchini, veronese. — Degani. La Cronaca di Pre' Antonio Purliliese,
vice-abate di Fanna, 1508-1532. — Narducci. Cardinale Morosini patriarca latino di Costan-
tinopoli, 1332-1335. — Molmenti. I pittori Bellini.
+Atti della Società toscana di scienze naturali. Memorie: voi. IX. Processi ver-
bali. Voi. VI, ad. 1° luglio 1888. Pisa.
Lachi. La tela coroidea superiore e i ventricoli cerebrali nell'uomo. — Vaglino. Enu-
merazione di alcuni fungi raccolti nella provincia di Massa. — Issel. La caverna della
Giacheira presso Pigna. — Fichi. Elenco delle alghe toscane. — Valenti. Sopra le fossette
laterali al frenulo del prepuzio. — Batelli. Delle glandule anali di alcuni carnivori. —
Arcangeli. Sulla fermentazione panaria. — Ristori. Alcuni crostacei del miocene medio
italiano. — Ficalbi. Ricerche istologiche sul tegumento dei serpenti. — /(/. Osservazioni
anatomiche ed istologiche sull'apparecchio palpebrale dei serpenti e dei gechidi. — Di
Poggio. Cenni di geologia sopra Matera in Basilicata. — Arcangeli. Ulteriori osservazioni
sull'Euryale ferox, Sai. — Rossetti. Contribuzioni alla flora della Versilia.
fAtti della Società italiana di scienze naturali. Voi. XXXI, 1,2. Milano, 1888.
De- Carlini. Vertebrati della Valtellina. — Mariani. Foraminiferi delle marne plio-
ceniche di Savona. — Ricciardi. Sull'azione dell'acqua del mare nei vulcani. — Id. Sulle
rocce vulcaniche di Rossena nell'Emilia. — Mazza. Caso di melomelia anteriore in una
Rana esculenta Linn. — Sacco. Note di paleoicnologia italiana. — Ricciardi. Ricerche
di chimica vulcanologica. — Bellotti. Note ittiologiche.
fAtti e Memorie della r. Accademia di scienze, lettere ed arti in Padova. N. S.
voi. IV, Padova, 1888.
CL
Sacerdoti. Resoconti e opinioni in materia di fallimento. — Bertini. Del bello nel-
l'educazione. — Landucci. I senatori pedari. — D'Ancona. L'ospizio marino italiano di
fronte all'umanità e alla scienza. — Favaro. Serie 3a di scampoli Galileiani. — Abett'u
Delle maree e sulla loro predizione. — Veccliiato. Un principe debole.— Cipolla. Intorno
al panegirico di Ennodio per re Teoderico. — Ferrai. I frammenti della Politela di Ari-
stotele nel papiro CXLIII del Museo egizio di Berlino. — Ronconi. Duplicità del prin-
cipio d'azione nell'uomo. — : Turala. La navigazione interna in Italia. — Gncsotto. Orazio
come uomo. — Keller. Ancora sui fosfati. — Marinelli. Sui Colli Euganei. — Tolomei.
Sull'odierna questione degli abusi dei ministri dei culti nell'esercizio delle loro funzioni.
"■"Atti e Memorie della Società istriana di archeologia e storia patria. Voi. IV,
1-2. Parenzo, 1888.
Direzione. Pergamene dell'Archivio arcivescovile di Ravenna riguardanti la città di
Pola. — Id. Senato Misti: cose dell'Istria. — Morteani. Isola ed i suoi statuti.
■^Bollettino del Collegio degli ingegneri ed architetti in Napoli. Voi. VI, 9-10.
Napoli, 1888.
*Bollettino della sezione dei cultori delle scienze mediche (r. Accad. dei fisiocri-
tici in Siena). Anno VI, 7. Siena. 1888.
1 Bollettino della Società dei naturalisti in Napoli. Ser. la, voi. II, 2. Napoli, 1888.
Mazzarelli. Su di alcune anomalie osteologiche in un cranio di Erinaceus eu-
ropaeus, L. — Pansini. Del plesso e dei gangli propri del diaframma. — C'rety. Note
morfologiche intorno al Sojen opy orus megaceph alus Creplin. — Mingaszini. Ri-
cerche anatomiche ed istologiche sul tubo digerente delle larve di alcuni Lamelli corni lito-
fagi. — Pansini. Delle terminazioni dei nervi sui tendini nei vertebrati. — Gavino. Cro-
stacei raccolti dalla r. corvetta Caracciolo, mi viaggio intorno al globo durante \*\i anni
1881-82-83-84. — Falzacappa. Genesi della cellula specifica nervosa e intima struttura del
sistema centrale nervoso degli uccelli. — Monticelli. Cercaria seti fera. — Raffaele.
Osservazioni sopra d'Orth ago r i'scus mola. — Gavino. Crostacei del r. avviso Papido. —
Casoria. Composizione chimica di alcuni calcari magnesiferi del monte Somma. — Id. Sulla
presenza del calcare nei terreni vesuviani. — Id. Composizione chimica dell'acqua di
Serino attinta nella città di Napoli. — Id. Mutamenti chimici che avvengono urlìi' lave
vesuviane per effetto degli agenti esterni e della vegetazione. — San felice. Intorno alla
rigenerazione del testicolo. Parte IL — Savastano. Tumori nei coni gemmari del Car-
rubo (Ce rat oni a Siliqua L.). — Fonseca. Azione dell'ossigeno sui vini. — Id.
Influenza delle diverse densità ed acidità dei mosti d'uva sulla fermentazione e sui vini.
■^Bollettino della Società generale dei viticoltori italiani. Anno III, 21, 22.
Roma.
Cerletti. Sulla scelta dei vini per l'estero. — Cuboni. Le malattie dei grappoli. —
Lunardoni. Il bruco dei grappoli e il verme dell'uva nei vigneti di Marino e dintorni.
"^Bollettino della Società geografica italiana. Ser. Ili, voi. I, 10-11. Roma, 1888.
Traversi. Escursione nel Gimma. — Pennesi. Vulcani e terremoti nella regione istmice
dell'America centrale. — Rondani. Lettera dall'Harar. — Cortese. Sei mesi in Madagascar:
note di viaggio e ricordi.
f Bollettino delle nomine (Ministero della guerra). 1888. Disp. 47-50. Roma, 1888.
"^Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa. 1888,
n. 69, 70. Firenze, 1888.
f Bollettino del Ministero degli affari esteri. Voi. II, 3. Roma, lì
CLI
"Bollettino di notizie agrarie. Anno X, 1888, n. 67-70. Eivista meteorica, n. 30-
81. Eoma, 1888.
-*" Bollettino di notizie sul credito e la previdenza. Anno VI, n. 12. Roma, 1888.
"Bollettino mensuale dell'Osservatorio centrale di Moncalieri. Ser. 2a, voi. Vili,
10. Torino, 1888.
Bertelli. Delle variazioni dei valori d'intensità relativa nelle medie termometriche
mensili ed annuali osservate nel Collegio delle Querce di Firenze dal 1872 al 1887.
"Bollettino meteorico dell'Ufficio centrale di meteorologia. Anno X, 1888, no-
vembre. Roma.
+ Bollettino settimanale dei prezzi di alcuni dei principali prodotti agrari e
del pane. Anno XV, 41-44. Roma, 1888.
+Bollettino ufficiale dell'istruzione. Voi. XIV, 9, settembre 1888. Roma.
^Bullettino della Commissione archeologica comunale di Roma. Anno XVI, 9-
10. Roma, 1888.
Ghirardini. Di una statua d'efebo scoperta sull'Esquilino. — Cantarelli. Anabolicarii. —
Tomassetti. Notizie del movimento edilizio della città in relazione con l'archeologia e con
l'arte. — Gatti. Trovamenti risguardanti la topografìa e la epigrafia urbana.
^Bullettino della Commissione speciale d'igiene del Municipio di Roma. Anno
IX, 8-10. Roma, 1888.
Lanzi. I funghi commestibili e l'igiene.
^Bullettino delle scienze mediche. Ser. 6a, voi. XXII, 3-4. Bologna, 1888.
Mediai . Un caso di mancanza congenita della tibia. — Bichi. Della necessità e del
modo di provvedere i Comuni di registri e di sebede per i vaccinati e i rivaccinati, e di
specchio per le vaccinazioni e le rivaccinazioni e per i casi di vajuolo. — Bassi. Consi-
derazioni critiche intorno all'itterizia cosi detta catarrale. — Pinzani. L'emoglobina nelle
gravide, nelle partorienti, nelle puerpere e nei neonati. — Coen e UAjutolo. Sulle alte-
razioni istologiche dei reni, dei muscoli , dello stomaco , degli intestini e del fegato nel-
l'avvelenamento cronico da piombo.
? Cimento (11 nuovo). 3a ser. t. XXIV, sett.-ott. 1888. Pisa.
Righi. Sulla conducibilità calorifica del bismuto posto in un campo magnetico. —
Ferraris. Sulle differenze di fase delle correnti, sul ritardo dell'induzione e sulla dissipa-
zione eli energia nei trasformatori. — Righi. Sulla forza elettromotrice del selenio. —
Beltrami. Intorno ad alcuni problemi di propagazione del calore. — Palmieri. Se la pioggia,
la grandine e la neve giungano al suolo con elettricità propria opposta a quella dominante
nell'aria durante la loro caduta.
^Circolo (II) giuridico. Anno XIX, 9-10. Palermo, 1888.
Longo. Studi su l'Actio legis aquiliae, a chi competa l'Actio (directa). — Leto. Il
pubblico accusatore e l'accusato.
f Gazzetta chimica italiana. Appendice. Voi. VI, 18. Palermo, 1888.
+ Giornale di matematiche. Voi. XXVI, sett.-ott. 1888. Napoli.
Pirondini. Sulle curve osculatrici. — Viranti. Nuove ricerche sulle funzioni intere. —
Andreini. Sopra una proprietà singolare di alcuni numeri dipendente dal sistema partico-
lare di numerazione nel quale sono scriili.
* Giornale medico del r. Esercito e della r. Marina. Anno XXXVI, 10. Roma, 1888,
Barbatelli. Mia permanenza a Massaua dal giugno 1887 al maggio 1888. Brevi os-
servazioni climatolosiche e cliniche.
CLII —
* Giornale militare ufficiale. Parte la, disp. 44-47; parte 2a, disp. 50-53. Roma,
1888.
■^Rassegna (Nuova) di viticoltura ed enologia. Anno II, n. 20, 21. Conegliano,
1888.
20. Soncini. Curiamo la fermentazione. — Grimaldi. Talee o barbatelle. — Palumbo.
Gangrena umida delle uve. — 21. Cuboni. Le malattie dei grappoli. — ffugues. La fillos-
sera e le viti americane nell'Istria, Gorizia e Trieste.
"•■Rendiconto dell'Accademia delle scienze fìsiche e matematiche. Ser. 2a, voi. II,
9, 10. Napoli, 1888.
Marcolongo. Sul teorema di Poisson. — Del Re. Sui sistemi polari reali bitangenti
a sistemi polari reali dati. — Palmieri. Se la pioggia, la grandine e la neve giungano al
suolo con elettricità propria opposta a quella dominante nell'aria durante la loro caduta. —
De Gasparis. Osservazioni della cometa 1888 a (Sawerthalj, fatte nel r. Osservatorio di
Capodimonte. — lei. Osservazioni meteoriche fatte nei mesi di luglio e agosto 1888.
+ Rivista di artiglieria e genio. Ottobre 1888. Roma.
Gonella. Alcune idee sullo sviluppo delle istituzioni e costruzione delle batteri.' da
campagna. — Baro/fio e Marzocchi. Le baracche d'ambulanza all'esposizione d'Anversa
del 1885. — Siracusa. L'artiglieria campale italiana.
"«-Rivista di filosofia scientifica. Voi. VII, sett.-ott. 1888. Roma.
Schiattar ella. I precursori di Giordano Bruno. — D'AgwnnO. Origine del diritto
di successione. Studi di sociologia comparata. — Tomi. Intorno all'associazione delle idee.
Appunti staccati di psicologia introspettiva.
+ Rivista marittima. Anno XXI, 10. Roma, 1888.
Tacimi. I marinai italiani fra i greci. — Simioa. I siluri nella difesa delle coste. -
Sulle condizioni della marina mercantile italiana al 31 dicembre 1887. — Colomb. La mobi-
litazione navale nel Regno Unito. — Il eannone Hotchkiss a tiro celere da G5 millimetri,
i-Rivista mensile del Club alpino italiano. Voi. VII. 10. Torino, 1888.
Vaccarone. In un giorno di pioggia. — Colomba. M. Séguret e M. Vallenet. — Bel-
lucci. Due leggende presso Recoaro,
* Rivista scientifico-industriale. Anno XX, 17-19. Firenze, 1888.
Giovannozzi. Sulla trasparenza dell'aria coi cannocchiali in rapporto colla meteoro-
logia. — Lancetta. Esperienze fatte col radiometro di Crookes. — hi. Sulla dilatazione
termica di alcune leghe binarie allo stato liquido. — Poli. La peronospora delle rose.
«■Telegrafista (II). Anno Vili, 9. Roma, 1888.
Sistema di trasmissione simultanea in senso inverso con apparati Morse ed Ughes. —
Il nuovo cavo sottomarino fra Jàvea e Ibiza. — Uso di una sola batteria per trasmettere
più circuiti.
Pubblica z io ai estere.
-i-Abhandlungen der philos.-philol. Classe der k. b. Akademie der Wissenschaften.
Bd. XVIII, 1. Miinchen, 1888.
Kelle. Die philosophischen Kunstausdrucke in Notkers Werken. — Ohlenschlager.
Die ROmische Grenzmark in Bayern. Mit 4 Tafeln. — Bruna. Ueber die Ausgrabungen
der Certosa von Bologna. Zugleich als Fortsetzung der Probleme in der Geschichte der
Vasenmalerei. — Kelle. Die S. Galler Deutschen Schriften und Notker Labeo.
CLIII
'"Abstracts of the Proceedings of the Chemical Society. N. 57, 58. London, 1888.
fActa mathematica. XII, 4. Stockholm, 1888.
Appell. Sur le raouvement d'un fil dans un pian fixe. — Lerch. Sur une méthode
pour obtenir le développement en serie trigonométrique de quelques fonctions elliptiques. —
Guichard. Sur les e'quations différentielles linéaires à coefficients algébriques. — de Vries.
Ueber gewisse ebene Configurationen. — Brioschi. Sur Féquation du sixième degré. —
Hcun. Bemerkungen zur Theorie der mebrfach linear verkniipften Functionen. — Hacks.
Schering's Beweis des Reciprocitat-Satzes fur die quadratischen Reste, dargestellt mit Hilfe
des Zeichens \_x\.
fAlmanaque nautico para 1890 calculado en el Instituto y Observatorio de Ma-
rina de S. Fernando. Madrid, 1888.
i Annalendes Verenis fiir Nassauische Alterthumskunde und Geschichtsforschimg.
Bd. XX, 2. Wiesbaden, 1888.
v. Cohausen. Ftihrer durch das Altertums-Museum. — Schliebea. Romische Sonuen-
uhren in Wiesbeden und Cannstadt. — Id. Die Hufeisenfrage. — v. Cohausen. Hoblen. —
Id. Htigelgraber in der Halbehl bei Fischbach. — Id. Grabhugel bei Rodheim a. d. Bie-
ber. — Id. Denkmal des Grafen Wilhelm zu Lippe Schaumburg.
+Annalen (Mathematische). Bd. XXXII, 4. Leipzig, 1888.
Dyck. Beitriige zur Analysis situs. I. Aufsatz. Ein- und zweidimensionale Mannig-
faltigkeiten. — v. Braunmuhl. Ueber die Goepel'sche Gruppe jo-reihiger Thetacharakteri-
stiken, die aus Dritteln ganzer Zahlen gebildet sind und die Fundamentalrelationen der
zugehorigen Thetafunctionen. — v. Lilienthal. Ueber die Krummung der Curvenschaaren. —
Ratner. Ueber eine Eigenschaft gewisser linearer irreductibler Differentialgleicbungen. —
Hurwitz. Ueber arithmetische Eingenschaften gewisser trascendenter Functionen. IL —
Koenigsberger. Ueber rectificirbare Curven. — Gutsmer. Ein Satz tìber Potenzreihen.
''"Annales de la Société entomologique de France. 6e sér. t. Vili, 2. Paris, 1888.
Thomson. Observations sur le genre Ichneumon (suite, n. Ili) et sur les genres
Limerò des et Amblyteles (sous-genres Probolus, Trogus, Automatus, Ani-
sobas , Neotpus, Listrodomus, Platylabus et Aposleticus), et descriptions
de nouvelles espèces. — Saussure. I. Syiiopsis de la tribù des Sagiens, orthoptères de
la famille des locustides. IL De quelques orthoptères Pamphagiens du genre Xipho-
cera. — Constant. Descriptions de lépidoptères nouveaux ou peu connus (Ocnogyna
Corsica, var. albifascia, Chesias lineogrisearia, Constantia = Hypotia
pectinalis, Cochylis clavana,, leucanthana, Grapholitha incinerana,
fulvostrigana, P h t h o r o b 1 a s t i s p u r p u r e a n a et D e p r e s s a r i a asper-
sella). — Fairmaire. Énume'ration des coléoptères recueillis par M. le Dr. Hans Schinz
dans le sud de l'Afrique et descriptions de nouvelles espèces et de nouveaux genres. —
Simon. Études arachnologiques, 21e Mémoire: XXIX. Descriptions d'espèces et de genres
nouveaux de l'Amérique centrale et des Antilles et observations diverses.
+Annales des ponts et chaussées. 1888 aoùt. Paris.
Collii/non. Note sur le calcili des ponts nietalHques. — Durand-Claye. Me'moire sur
les procédés d'essai de la résistance des pierres, ciments et autres matériaux de con-
struction. — Nicou. Note sur un chemin de fer à voie unique sorélévé établì en Irlande. —
Sokal. Note sur l'assainissement de la ville de Varsovie. — Rèmi. Note sur la cause de
la catastrophe de Zug. — Lévy. Rapport sur l'explosion de la chaudière du ponton-grue
Kébir, dans le port de Philippeville (Algerie).
Bullettino-Rendiconti, 1888, Voi.. IV, 2° Sem. 20
— CLIV —
fAnnales (Nouvelles) de mathématiques. 3e sér. ott. 1888 Paris.
cVOcagne. Solution de la question de mathématiques élémentaires proposée au con-
cours general de 1887. — Marchand. Développement de l'accroissement d'un polynome
entier suivant les puissances des accroissements des variables. — Joffroy. Nouveau tbéo-
rème relatif aux circonfe'rences tangeutes. — Cesavo. Calcul dea sous-invariants. — Dolbnia.
Sur le critère de Galois concernant la résolubilité des équations algébriques par radicaux.
+Annales scientifiques de l'École normale supérieure. 3e sér. t. V, 11, nov. 1888.
Paris.
Riemann. Sur le problème de Dirichlet.
■Annuaire de la Société météorologique de France. Juillet-aoùt 1888. Paris.
Strabians. Phénomènes séismiques en Asie mineure.
i-Anzeiger (Zoologischer). N. 292, 293. Leipzig, 1888.
292. Grassi. Ueber die Ersatz-Kònige und-K6niginnen im Reiche der Termiten. —
Eatz. JJeber cine X veto ther us-Art im Biute von Apus e ancr if ormis. — Ostroumoff.
Zur Entwicklungsgeschichte der Eidechsen. — Vallentin. Psorospermium Lucerna-
riae. — 293. Beddard. Further notes upon the reproductive organs of Eiulrilus. —
Kraepelin. Bemerkung zu den Mittheilungen von F. Braem ueher Susswàsserbryozoen. —
Reinhard. Entwicklung der Keimblatter der Chorda and des Mitteldarmes bei den
Cyprinoiden.
1 "Archives néerlandaises des scienees exactes et naturelles. T. XXIII, 1. Har-
lem, 1888.
Wdhker, Contribntions à la patrologie vegetale. — Julius. Sur le mouveni.ni vibra-
toire d'une sphère liquide déformée. — Engelmann. Le microspetromètre.
1Archiv for Mathernatik og Naturvidenskab. Bd. XII, 2-4. Kristiania, 1888.
Bonnevie. Epahtberegning efter arithmetiske formler. — Fsaachsen. En bemserk-
ning uni beregningen af en traads tvsersnit ved elektriske modstandsbestemmelser. —
Otto. Om nogle dyriske stofvexelsprodakter af den aromatiske grappe. — là. En frem-
stilling af de methoder, som har vseret anvendte ved synthesen af naturligt forekommende
organiske forbindelser. — Id. Om den cirkulsere polarìsation og deus anvendelse til be-
stemmelse af organiske legemer. — Sars. Nye bidrag til kundskaben om Middelhavets inver-
tebratfauna. IV. Ostracoda mediterranea. — Eberlin. Blomsterplanterne i dansk Ostgron-
land. En plantegeografisk studie. — Sars. Pycnogonidea borealia & arctiea. — Palmstron.
Meddelelser fra det mathematiske seminar i Kristiania. — Vedeler. Nerver i fàre-ova-
fiet. — Eberlin. Et'terskrift til afhandlingen : blomsterplanterne i dansk Ostgronland.
tArsskrift (Upsala Universitets). 1887. Upsala.
Berggren. Om den Kristliga fnllkomligheten. — Brute. Aeldre Vestmannalagens
ljudlàra. — Geijer. Studier i fransk linguistik. — von Schéele. Kan Gud tànkas sasom
vilja? — Tamiii. Fonetiska Kànneteken pa lanord i nysvenska riksspraket.
1Berichte der deutschen chemischen Gesellschaft. Jhg. XXI, 14-16. Berlin,
1888.
11. Forsling. Ueber eine /9-Chlornaphtalinsnlfosàure. — Knecht. Zur Theorie des
Fàrbens. — Auwers un'd Meyer. Ueber Einwirkung der Wàrme auf Benzil-Dihydrazon. —
Kym. Ueber Thioderivate des /S-Dinaphtylamins. — Jacobsen. Ueber das Pentaathylbenzol
und seine Zersetzung durch Schwefelsànre. — Id. Ueber Tetraàthylbenzole. — Id. Syn-
thèse des Prehnitols. — Id. Ueber das benachbarte Metaxylenol (Berichtigung). — Voswin-
kel. Ueber das Metadiàthylbenzol. — Aronstein und Hollcman. Ueber das Slilben. —
Hólleman. Ueber die Einwirkungsproducte von Salpetersàufe 1.4 spec. Gewiclit auf Ace-
tophenon. — Rayman. Zur Constitution der Glykosen. — Winkler. Die Bestimmung des
— CLV
im Wasser gelo-ten Sauerstoffes. — Giamieian und Anderlini. Ueber die Einwirkung voi»
Jodmethyl auf einige Pyrrolderivate. — Magnanini. Ueber einige Derivate des unsymmc-
trischen Dimethylpyrrols. — Anderlini. Ueber einige Derivate des Pyrrolenphtalids. —
Vania. Ueber einige Derivate des K-Metbylpyrrols. — Magnanini. Ueber einige Derivate
des unsymmetrischen (meta)-Dimethylpyrrols. — Glàser und Kalmann. Zur Analyse des
Eoncegno-Wassers. — Gutzeit. Ueber das Vorkommen fester Kohlenwasserstoffe im Pflan-
zenreiche. — Mayer. Ueber die Einwirkung von salpetriger Sàure auf Hexamethylen-
amin. — Aschan. Zur Darstellung des «-Dibromhydrins. — Classe// und Schelle. Quanti-
tative Analyse dùrch Elektrolyse. — Bòngartz und Classen. Atomgewichtsbestimmung des
Zinne. — Messinger. Neue Methoden zur Elementaranalyse auf nassem Wege. — Id. and
Engels. Ueber die Einwirkung von gasfònnigem Phosphorwasserstoff auf Aldehyde und Ke-
tonsàuren. —Ahrens. Ueber Dipiperidyl und Dipicolyl. — Japp und Klingemann. Bildung
von Furfuranderiyaten. — RI. Id. Ein Bildungsweise des Benzamarons. — Id. id .Einwir-
kung von Ammoniak auf ein ungesàttigtes y-Diketon. — Decker. Bemerkung zur Abhand-
lung von Georg Bender. — Udrànski v. und Baumann. Ueber die Identitat des Putrescins
und des Tetramethylendiamins. — Gelzer. Ueber Derivate des p-Amidois.obutylbenzols. —
Id. Ueber Derivate des ;>Amidoisobutylbenzols II. — Daccomo. Zur Kenntniss der Filix-
sàure. - Paal. Zur Kenntniss des Epichlorhydrins. — Pawlqwski und Filemonowicz. Ueber
die Loslichkeit und Bestimmung von Paraffin. — Hebebrand. Ueber die Einwirkung von
Chlor auf Bl Oxychinon. — v. Pechmann und Wehsarg. Ueber Dinitrosoaceton. — Id. id.
Yersuche iiber Hydrazoxime. — Pechmann. Ueber ein Condensationsproduct aus Chinon
und Acetessigàther. — Kiliani. Oxydation der Arabinose durch Salpetersàure. - Schall
und Dralle. Stùdien uber das Brasilin. — MetzeUr. Bèricntigung. — 15. Einhorn. Weitere
Untersucbungen uber das Cocai'n. — Riidorjf. Zur Constitution der LOsung. III. — Id.
Ueber die Bestimmung des Kupfers auf elektrolytischem Wege. — Id. Ueber Verbindun-
gen des Arsentrioxydes mit Jod- und Bromnatrium. — Kapf und Paal. Ueber Derivate
des Phenacylbenzoylessigàthers. - Bladin. Ueber das Bis:phenylmethyltriazol. — Laden-
burg. Ueber die Beziehungen zwichen Atropin und Hyoscyamin — Bachér. Ueber Methyl-
stilbazol und seine Reductionsproducte. — ffinrichsen. Ueber m-Xylolbenzylamin. — Plath.
Ueber /3'-Aethyl-«-Stilbazol und einige seiner Derivate.- Ladenburg. Ueber Dipicolylme-
than. - lacobson. Ueber Phenylendiazosulfid. — Garett. Ueber die beiden Bidesyle. —
KostaneckL Ueber nitrosirte Resorcinazofarbstoffe. — Id. Ueber die isomeren Phenyl-
disazoresorcine. — II. und Feinstein. Zur Constitution der Styphninsàure. - Fri
und Welmans. Zur Kenntniss des Dimetbyl- und Diàthly-a-naphtylamins. - Treadwell
und Stokes. Ueber eine Fehlerquelle bei der Benzolbestimmung in Gasgemengen. - 16.
Nólting und Stricker. Ueber die Azoxylole, Dinuidodixylyle und die sich von letztcren
ableitenden Farbstoffe. - Nólting und Pick. Ueber das benachbarte Metaxylidin and
seine Identitat mit demWrob le vs k y'sche Orthoxylidinen. -Nólting. Ueber die Sulfoi
des Phenylcarbaminsàuremethylesters. -- Id. und Fruhling. Zur Kenntniss der Pai
lochinolinsulfosàuren. - Id. und Pick. Ueber Dinitroortnoxylenole. -- Zelimky. Ueber
die Producte der Einwirkung von Cyankalium auf a-Brompropionsaureester (einfache and
bequeme Darstellungsweise der beiden synimetrischen Dimethylbernsteinsauren). — Du
Einige Modificationen in den Methoden der i ai Verbrennungi
Ueber die von den Phenolen herv te moleculare Gefrierpunktserni
Benzols. — Krafft u. Góttig. Ueber einige hochmoleculare Benzolderivate. Di.
u. Hantzsch. Ueber die Identitat der Methronsàure und der Sylvacarl
Paal. Ueber Derivate des Allylamins. - Liebermann u. Giesel Ueber eine neue teclmi-
sche Darstellungsarl und theilweise Synthese des I locaìns. - Burchard a. \l ' eber
a-Aethytenphenylhydrazin. - Wiernik. Einwirkung von Schwefelkohlenstoff auf Dimethyla-
nilinbeiG enwartnàscirendenWasserstoffs.-^iscAZer-.Condensationsproducte ausBasen der
— CLVI —
Parareihe mit Paranitro- und Metanitrobittermandelol. — Nietzki u. Lerch. Ueber Otrho-
nitranilinsulfosaure und einige daraus dargestellte Verbindungen. — Lunge. Zur Thoorie
des Bleikammerprocesses. — Kroìin. Ueber «-Napbtolbidiazobenzol und «-Naphtylaminbi-
diazobenzol. — Drehschmidt. Beitràge zur Gasanalyse. — Ansehiitz. Ueber Reissert's Py-
ranilpyroinsaure u. s. w. — Riessert. Ueber die Constitution der Pyranilpyroi'nsàure und
ihrer Derivate, Bemerkung zur vorstehenden Abhandlung des Hrn. Anscliiitz. — Petersen.
Fluorverbindungen des Vanadiums und seiner Analogen. — Pulmaer. Ueber die Einwir-
kung von Schwefelsaure auf «-Nitronaphtalin. — Cleve. Ueber #-Aniidoiiaphtalinsulfo-
sàure. — Hellstrom. Ueber einige Derivate des «/-,3,-Dichlornaphtalins. — deve. Ueber
;'-Amidonaphtalinsulfosaure. — Kiliani u. Scheibler. Ueber die Constitution der Sorbinose.
i'Berichte der Naturforschenden Gesellschaft zu Freiburg, i. B. Bd. IL Frei-
burg i. B. 1887.
Weismann. Ueber den Rùckschritt in der Natur. — Grubev. Ueber die Bedeutung
der Conjugation bei den Infusorien. — Iversen. Bemerkungen iiber die dorsalen Wurzeln
des Nervus hypoglossus. — v. Kries. Ueber summirte Zuckungen und unvoUkommenen
Tetanus. -- Gruber. Der Conjugationsprocess bei Paramaecium Aurelia. — Eylmann. Bei-
trag zur >Systematik der europàischen Daphniden. — Gruber. Kleinere Mittbeilungen uber
Protozoèn-Stadien. — Wiedersheim. Der Bau des Menschen als Zeugniss fiir seine Ver-
gangenbeit.
^Bericht ueber die Senckeubergisclie naturforschende Gesellschaft. 1888. Frank-
furt, a. M.
Boettger. Materialien zur Panna des unteren Congo. II. — Jiìnnicke. Die Gliedening
der deutscben Flora. — Kinkelin. Die nutzbaren Gesteine und Mineralien zwischen Taunus
und Spessart. — Boettger. Aufzàhlung einigei oeu erworbenei Reptìlien und Batrachier
aus Ostasien. — Id. Beitrag zur Reptilfauna des oberen Beni in Bolivia.
"^Boletim da Sociedade de geographia de Lisboa. 7A Serie, n. 9, 10. Lisboa, 1887.
9. Actas da cominissào executiva'da imprensa, que fazem parte de urna collecfào de
documentos camonianos, hoje existentes na Sociedade de Geographia de Lisboa. — 1".
ile Punln Brito. Dialectos crioulos-portuguezes — Apontamentos para a grammatica du
crioulo quo se falla na ilba de S. Thiago de Cabo Verde.
•Boletiu de la Academia uacional de ciencias en Cordoba. T. XI, 2. Buenos
Aires, 1888.
Spegazzini. Fungi fuegiani.
;Boletin de la real Academia de la historia. T. XIII, 4. Madrid, 1888.
Duro. El fuero de Sanabria. — Fila. Biografia inedita de Alfonso IX, rey de Leon,
por Gii de Zainora. — Riva Palacio. La conquista de Mexico. — Duro. Dos aniversa-
rios. — Colmeiro. Los restos de Cristóbal Colon. — Rujas. Kuinas romanas en la Torre,
lugar del partido de Avila. — Fitti. Segovia. Monumeiilus y documentos inéditos.
fBoletin de la Sociedad de geografia y estadistica de la Republica Mexicana.
4 ep., t. I, 12. Mexico, 1888.
Documentos sobre Cayo Arenas. — Carrìllo y Ancona. La Isla de Arenas. —
Manero. Cayo Arenas ó lsla Arenas y el Guano. — Documentos sobre Cayo Arenas, pu-
blicados en « El Diario del Hogar". — Xtuiez Ortega. La Isla de Arenas. — Orozcn y
Berrà. Apuntes sobre Cayo Arenas.
'Bulletin de l'Académie royale des sciences de Belgique. 3e sér. t. XVI, 9-10.
Bruxelles, 1888.
— CLVII —
Folle. Sur les formules de récluction des circompolaires eri ascension droite et en
déclinaison (suite). — Masius. De la genèse du placenta chez le Lapin. — Gerard. Sur un
nouveau procède d'enregistrement à l'aide de la photographie. — Gohlet cVAlviella. Le
Tricùla ou Vardhamàna des bouddhistes; ses origines et ses métamorphoses.
^Bulletin de la Société entomologique de France. 1888, feull. 20, 21. Paris.
i'Bulletin de le Société vaudoise des sciences naturelles. Voi. XXIV, 98. Lau-
sanne, 1888.
Forel. La capacité du lac Léman. — Blanc. Tcenia Saginata et Bothrioce-
phalus latus avec anneaux perforés — Guillemin. Hypothèse sur l'origine des comè-
tes. — S'chnetzler. Sur la résistance des végétaux à des causes qui altèrent l'e'tat nor-
mal de la vie. — Id. Sur un cas de germination de Eanunculus aquatili s L. —
Dufour. Observations faites pendant l'éclipse de lune du 3 aoùt 1887. — Odin. Essai d'une
application des principes de la mécanique à l'écoulement des glaciers. — Forel. Obser-
vations pbénologiques sur la floraison des perce-neige. — Gauthier. Re'sumé annuel des
observations pluvioméiriques faites par les stations de la Valle'e du lac de Joux, en 1887. —
Forel. Glacous de neige tenant sur l'eau du lac Léman. — Dufour. Discours prononcé à
l'ouverture de la séance annuelle du 15 juin 1887. — Schnetzler. Sur le mouvement de
rotation du protoplasma vegetai. — Dufour. Note sur une nouvelle forme d'bygromètre à
condensation. — de Meuron. Quelques mots sur les phénomènes glaciaires.
tBulletin des sciences mathématiques. 2e sér. t. XII. Sépt. 1888. Paris.
Stieltjes. Sur l'équation d'Euler. — Bagnerà. Sur une proprie'té des séries simplement
convergentes.
*Bulletin of the Museum of Comparative Zoology at Harvard College. Voi.
XVII, 2. Cambridge, 1888.
Cu munì. On the lateral Canal System of the Selachia and Holocepliala.
+Bulletin of the New York Academy of Anthropology. 1888, n. 1. New York.
*Centralblatt (Botanisches). Bd. XXXVI, 6-9. Cassel, 1888.
Tomaschek. Ueber bacillus muralis und Zopf's Coccen und Stàbchenzoogloea
der Alge Gian co tri x gracili ima. — Prazmowski. Ueber die Wiirzelknollchen der
Leguminose]).
•i-Centralblatt fùr Physiologie. 1888, n. 15, 16. Wien. 1888.
+ Civilingenieur (Der). Jhg. 1888, Heft 7. Leipzig, 1887.
Connert. Mittheilungen aus dem rnechanisch-technologischen Laboratorium des konigl.
Polyteclmikums zu Dresden. — Gruner. Heberleitung des Wasserwerkes Freising. —
Horn. Neue Schleuse im Kanale Ter Neuzen-Gent. — Hallbauer. Das Eisenwerk Riesa. —
Krause. Ueber die Entwickelung und die Aufgaben der modernen Functionentheorie. —
Hartig. Technologische Eintheilung der Erzeugnisse aus gebranntem Thon. — Drude.
Leitfaden fiir die technologische Pfianzenanatomie.
+ Compte rendu de la 16e session de l'Association francaise pour l'avancement
des sciences. Paris, 1887.
fCompte rendu des séances de la Commission centrale de la Société de géo-
graphie. 1888, n. 14. Paris.
"^Compte rendu des séances de l'Académie des inscriptions et belles lettres.
4e sér. t. XVI. Mai-juin 1888. Paris.
Le Blant. Lettres. — Casati. Lettre au présìdenl de l'Académie sur les antiquitéa
etrusques d'Orvieto. — Oppert. Amraphel et Hammurabi. Keplique aux objections de
— CLVIII —
M. Halévy. — Barbier de Meynavd. Rapport sur la mission de M. René Basset au Séné-
gal. — Bergaigne. Recherches sur l'histoire de la liturgie védique. La forme iti«;tri que
des hymnes du Rig-Veda. — Nicaise. Notice sur des. épingles en os découvertes à Lyoa,
dans le cimetière romain de Saint-Just. — Waille. Cinquième note sur les fouilles de
Chercliell. — Opperò. Les tablettes de Teli- Amara. — Batiffol. Note sur le Vaticana*
gr. 2098: un manuscrit de Stéfanitis.
^Comptes rendus hebdomadaires des séances de l'Académie des sciences. T. CVII,
n. 18-21, Paris, 1888.
18. Janssen. Sur le spectre tellurique dans le hautes stationi, et en particulieT sur
le spectre de l'oxygène. — Marey. Décomposition des phases d'un mouvement au moyen
d'images photographiques successives, recueillies sur une bande de papier sensible qui se
déroule. — de Tillo. Sur l'affaissement prétendu du sol de la France entro Lille et Mar-
seille. — Bouquet de la Grye. Observations relatives à la CommunioatioD de M. de Tillo. —
de Teffé. Levo du Haut Javary. — Antoine. Tensions des vapeurs: nouvelle relation entre
les tensions et les températures. — Trouvelot. La photographie appliquée à l'étude des
décharges électriques. — Baubigny. Sur la separatimi du cobalt et du nickel par la mé-
thode des nitrites. — Genvresse. Sur les dérivés chlorés de l'éther acétylacétique. — Béri-
court et Richet. Sur un microbe pyogène el septique (Staphylococcus pyosepticus)
et sur la vaccination contre ses effets. — Babes. Sur l'hémoglobinurie bactérienne du
bosuf. — Yvert. De l'emploi du bichlorure de mercnre .Minine moyen the'rapeutìque et
prophylactique contre le cboléra asiatique. — Dubois. Nouvelles recherches sur l'action
du chlorure d'éthylène sur la cornee. — Leroy. Sur la forme de la cornee humaine nor-
male. — Pouchet. Sur un nouveau Cyamus parasite du Caehalot. - Le Verrie : Structure
des gneiss. — Bertrand. Le plis couchés de la région de Draguignan. - Indré. Sur les
mouvements verticaux de l'atmosphère. — 19. Cornu. Sur l'emploi du collimateur à réfle-
xion de M. Fizeau comme mire lointaine. — Resal. Essai sur la théorie du ressorj Belle-
ville. — de Lacaze-Duthiers. Sur les avantages de l'emploi de la lumière électrique dans
les observations de Zoologie marine. — Gruey. Positions de la comète Barnard (2 septem-
bre 1888), mesurées à l'Observatoire de Besancon. — Bigourdan. Observations de la nou-
velle comète Barnard (20 octobre 1888) et de la nouvelle planète {-ix\) Palisa, faites à
l'Observatoire de Paris (équatorial de la tour de l'ouest). ar une triple dé-
termination de la latitude du cercle de Gambey. - Painlevé. Sur les équations différen-
tielles du premier ordre. — Gilbert. Gr'oupement et construction géométrique des accélé-
rations dans un solide tournant autour d'un poinl fixe. — Fra Bachy. Sur les
calculs de ìvsistaiiee dés systèmes réticulaires à lignes ou conditions surabondàntes. —
Baiìle. Sur un moyen d'étudier les petites déformations des surfaces liquides. — Soret.
Sur l'occlusion des gaz, dans l'électrolyse du sull'ale de cuivre. — Vignon. Sur l'étain. —
Cazeneuve et Hugounenq. Sur l'homoptérocarpine e1 la ptérocarpine du bois de santal
rouge. — Gautier et Mourgues. Sur un coTps, à la fois acide et base, contenu dan
liuiles de foie de morue: l'acide morrliuique. — Marcano. Sur le yaraque, boisson fer-
mentée des tribus sauvages du haut Orénoque. — Martinand. Étude sur l'analyse des le-
vures de brasserie. — Héricourt et Richet. De la transformation peritoneale, et de l'im-
munité qu'elle confère. -- Vaillant. Sur les rapports zoologiques du genre Noti
thus Bloch. — Trouessart. Note sur les Acarieus marins recueillis par M. Giard au
laboratoire maritime de Wimereux. — Garlet. Sur un nouveau mode de fermetun
tracliées, « fermeture operculaire » , chez les insectes. — Giard. Sur la castration parasi-
taire du Lychnis dioica L. par l'Ustilago antherarum.— Bergeron. Sur le cam-
brien et sur l'allure des dépòts paléozoiiques de la montagne Noire. — Rivière. Sur la
faune et les ossements humains des Baumas de Bails et de la grotte Saint-Martin (Alpes-
Maritimes). — 20. Porion et Dehérain. Sur la culture du blé à épi carré en 1887 et en
CLIX
1888. — Béchamp. Sur la nature du lait. Réponse à cette question : « Le lart contient-il
•des éléments anatomiques de Forganisation et les globules laitenx sont-ils au nombre de
•ces éléments?— Appell. .Sur une classe d'équations différentielles réductibles aux équa-
tions linéaires. — Antonie. Calcul des tensions de diverses vapeurs. — Vaschy. Sur les
moyens d'atténuer les effetes nuisibles de l'extra-courant dans les électro-aimants. —
Godfroy. Nouvelle méthode pour améliorer le rendement des lignes télégraphiques à grande
distance. — Trouveìot. Phénomènes produits par les décharges électriques sur le papier
pelliculaire Eastman. — Hautefeuille et Perrey. Sur les combinaisons silicatées de la glu-
tine. — A. et F. Buisine. Présence de l'acide glycolique et de l'acide propylènedicarboni-
que normal dans le suint. — Canu. Sur les Hersiliidae, famille nouvelle de Copépo-
des commensaux. — Jacquot et Levi. Sur une nouvelle Carte géologique de la Trance à
l'écheile de , publiée par le Service de la Carte géologique détaillée de la France. —
Baichère. Sur le passage du calcaire de Ventenac à la formation à lignite du Langue-
•doc. — du Chatellier. Sur l'affaissement du littoral dans le Finistère. — Geritici-. Nou-
velles expériences tendant à démontrer l'efficacité des injections intra-veineuses de virus
rabique, en vue de préserver de la rage les animaux mordus par des chiens enragés. —
d'Ocagne. Sur les systèmes de péninvariants principaux. — 21. Bertìielot. Sur la Collection
des alcbimistes grecs. — Tisserand. Sur le satellite de Neptime. — Faye. Sur la latitude
du cercle murai de Gambey, à l'Observatoire de Paris. — Bouquet de la Grye. Note sur
la stabilite de la còte de France. — Ledieu. Etude sur les bateaux sousmarins. — Bujwid.
Sur divers modes du traitement de la rage. — Goulier. Sur l'affaissement du sol de la
France. — de Grossouvre. Sur les chaines de montagnes et leurs relations avec les lois
de deformatici! du sphéroide terrestre. — Gilbert. Sur les accélérations des points d'un
solide tournant autour d'un point fixe et sur les centres de courbure de leurs trajectoires. —
Frolov. Sur les égalités à deux degrés. — Norman Lockyer. Spectre maximum de Mira
Ceti. — Meunier. Sur les rapports mutuels des météorites et des étoiles filantes. — Antoine.
Tensions de diverses vapeurs. — Griveaux. Sur la décomposition des sels baloi'des d'argent
sous l'influence de la lumière. — Petit. Chlorhydrates de benzidine; leur dissociation par
l'eau. — de Roaville. Sur un horizont à Trinucleus du Glauzy (Hérault). — Jouhin.
Note, contenue dans un pli cacbeté depose le 22 octobre, sur les ravages causés chez les
sardines par un crustacé parasite.
tCosmos. Kevue des sciences et de leur application. N. S. 1888, n. 198-200. Paris.
1888.
i"lL'3B'£cTÌa IbraepaTopcKaro PyccKaro reorpaiJnmecKaro OBm,ecTBa. ToMt XXIV.
1888. Eli. IL C.-IIeTepuypn,. 1888.
MyniKETOBT). 3eiuieTpa*ceHÌe 27 Maa 1887 ro^a vi, ropojt, BipnoMi. — AIIr!,r.V-
COBT). C^tepKi ncTopin pa3BHTÌa EacnificKaro iiopa n ero oMiiTarejen. — CTEBHHUKIH.
reo,T,i>:ìii'icr;roe eoe^inicnie Ei:poin>i (lìcnaHin) cb Ai|i;nii;oiì (A.iJKiipoM'b). — 30JIOTàPEB'B.
npocrpancTo n naceaenie Ilepciu.
"•■ Jahrbuch des k. d. Archaeologischen Institufcs. Erganzungslieft I. Berlin. 1888.
Strzygoicski. Die Calenderbilder des Chronographen vom Jallre 354.
^Jahrbuch des k. k. geologischen Roichsanstalt. Bd. XXXVII, 3-4; XXXVIII,
3. Wien, 1888.
XXXVII, 3-4. Katzer. Ueber die Verwitterung der Kalksteine der Barrande'schen
Etage F f 2. — Bittner. Ueber einige geotektonisebe Begriffe und deren Anwendung. —
Tietze. Die geognostischen VéThaltnisse der Gegend \<<n Erakau. — XXXVIII, 3. K(
Geologische Beschreibung der Umgebung von Rican. — Stur. Der zweite Wassereinbruch
in Teplitz-Ossegg. — Stur. Fiinf Tage in Robitsch-Sauerbrunn. Eim' Studia.
CLX
tjahrbuch ueber die Fortschrift der Mathematik. Bd. XVIII, 1. Berlin, 1888.
* Jahresbericht iiber die Fortschritte der classischen Alterthumswissenschaft.
Jbg. XV, 12; XVI. 3-4. Berlin, 1888.
XV, 12. Hiìttner. Bericht liber die auf die attischen Redner bezttglichen litterari-
schen Erscheinungen der Jalire 1882-1885. — Schiller. Jahresbericht iiber remisene Ge-
schichte und Chronologie fur 1886. — Mommsen. Jahresbericht iiber die griechischen
Sacralaltertttmer. — Larfeld. Jahersbericht iiber die griechische Epigraphik fur 1883-
1887. — XVI, 3-4. Schenkl. Bericht iiber die Xenophon betreffenden Schriften, welche in
den Jahren 1880-1888 erschienen sind. — ffeydenreich. Jahresbericht iiber die Litteratnr
zu Propertius fur die Jahre 1885-1887, sowie iiber die Letteratur zu Pliadrus fiir die Jahre
1886 und 1887.— Milller. Seneca rhetor 1881-1888. — Haug. Bericht iiber romische Epi-
graphik. — Ziemer. Jahresbericht iiber allgemeine und vergleichende Sprachwissenschaft
mit besonderer Ruchsicht auf die alten Sprachen.
+ Journal (The ainerican) of science. 3d ser. voi. XXXVI, 215. New Haven,
1888.
Preston. Deflection of the Plmnb-line and Variations of Gravity in the Hawaiian
Islands. — Penfield and Spcrry. Mineralogica! Notes. — Piteher. Absorption Spectra of
certain Blue Solutions. — Moler. Instrument for Demon6trating the Laws of Transverse
Vibrations of Cords and Wires. — Newberry. Eluetie Plants frora Honduras. — Long.
Circular Polarization of certain Tartrate Solutions. — Langley. Energy and Vision. —
ffidden. Mineralogica! Notes.
«• Journal de la Société physico-chimique russe. T. XX, 7. S. Pétersbourg, 1888.
Konovaloff. Action des acides sur l'acetato d'amyle tertiaire. — là. Sur les combi-
naisons de l'amylène avec les acides. — Lido/f. Dosage du tannili dans le Ethus coriaria. —
Pospechoff. Sur les de'rivés de l'orthoazotoluol.
+ Journal de Physique théorique et appliquée. 2e sér. t. VII, nov. 1888. Paris.
Berget. Conductibilitó thermiqué dn mercure et de quelques métaux. — Leduc. Con-
ductibilité calorifique du bismuth dans un cnamp magnètiche. — Boutij. Sur la condncti-
bilite électrique de l'acide azotique et sur une généralisation de la loi des conductibiUtés
moléculaires. — Goiq/. Sur une pile etalon.
+ Journal fur die reine und Angewandte Mathematik. Bd. CIV, 1. Berlin. 1888.
Thomé. Ueber eine Anwendung der Theorie der lineami Differentialgleichnngen auf
die algebraischen Functionen. — Busche. Zur Anwendung der Geometrie auf die Zablen-
theorie. — Stalli. Ueber die Fundamentalinvolutionen auf rationalen Curven. — Schroeter.
Zuruckfiirung der Grassmannschen Definitionen der Curve dritter Ordnnng auf die von
Chasles, Cayley und Hesse angegebenen Erzeugungsweisen. — Rudio. Ueber eine specielle
Fliiche vierter Ordnung mit Doppelkegelschnitt.
«■Journal of the Chemical Society. N. CCCXII. Nov. 1888. London.
Nilson and Pettersson. On two new Chlorides of Indium. and on the Vaponrdensi-
ties of Indium, Gallium, Iron, and Chromium. — Perkin and Perkin jun. On some Deri-
vatives of Anthraquinone. — Turner. The Influence of Silicon on the Properties of Iron
and Steel. — Ruhemann and Elliott. The Isonitrile of Phenylhydrazine. — Reynolds.
Researches on Silicon Compounds and their Derivatives. Part HI. The Action of Silicon
Tetrabromide on Allyl- and Phenyl-thiocarbamides. Part IV. The Action of Ethyl Alcohol
on the Compound (H4N2CS)8SiBr4
CLXI
1 Journal (The quarterly) of the geological Society. Voi. XLIV, 3, n. 175.
London, 1888.
Hill- On the Lower Beds of the Upper Cretaceous Series in Lincolnshire and York-
shire. — Ball. On some Eroded Agate Pebbles from the Soudan. — LI. On the probable
Mode of Transport of the Fragments of Granite, &c, found imbedded in the Carboniferous
Limestone of the Neighbourhood of Dublin. — Adamson. On a recent Discovery of
Stigmaria ficoides at Clayton, Yorkshire. — Report on the Recent Work of the Geo-
logical Survey in the North-west Highlands of Scotland. — Harker. On the Ernptive Rocks
in the Neighbourhood of Sarn, Caernarvonshiro. — Blake. On the Monian System of Rocks. —
Hatch. On the Spheroid-bearing Granite of Mullaghderg, Co. Donegal. — Ilicks. On the
Cae Gwyn Cave, Ncrth Wales. — Gardner, Keeping and Monckton. On the Upper Eocene,
comprising the Barton and Upper Bagshot1 Formations. — Attv:ood. On some of the Au-
riferous Tracts of Mysore Province, Southern India.
-i-Lumière (La) électrique. T. XXX, n. 44-47. Paris, 1888.
tMémoires de la Société des sciences de Liège. 2e sér. t. XV. Bruxelles, 1888.
Catalan. Mélanges mathématiques. — Preudlwmme de Borre. Matériaux pour la
faune entomologique de la province de Liège. — Pizzetti. Sur le calcul du re'sultat d'un
système d'observations directes. — Deruyts. Sur les semi-invariants de formes binaires. —
Le Paige. Démonstration d'un the'orème de von Standt. — Ld. Notice historique de la
détermination des coordonnées géographiques de Liège.
tMénioires et compte rendu des travaux de la Société des ingénieurs civils.
Sept. 1888. Paris.
+ Mittheilungen (Monatliche) aus dem Gesamnitgebiete der Naturwissenschaf-
ten. Jhg. VI, 4, 5, 6. Frankfurt, 1888.
+ Monumenta medii aevi historica res gestas Poloniae illustrantia. T. IX. Cra-
coviae, 1888.
Actorum Saeculi XV ad res publicas Poloniae spectantium index.
tNotices (Monthly) of the rovai astronomical Society. Voi. XLVIII, n. 9.
London, 1888.
Holden. The Ring Nebula in Lyra. — Ld. and SclueberU. Observations of Nebulae
made at the Lick Observatory. — Tacubaya Observatory, Mexico. Resultats of observa
tions of Sappilo (80). — Melbourne Observatory. Observations of Sappho (80) with the South
Equatorial and dark-field filar micrometer. — Tebbutl. Observation of the occultation of
Satura by the Moon, 1888, June 13. — Adelaide Observatory. Observations of Comet Sa-
werthal. — Dart. Sextant observations of Comet a 1888 (Sawerthal). — Marth. Epheme-
rides of the satellites of Satura, 1888-89. — Ld. Ephemeris of the satellite of Neptune,
1888-89.
fNotulen van de algemeene en Bestuurs-Vergaderingen van het Bataviaasch
Genootschap van Kunsten en Wetenschappen. Deel XXVI, 1888. Ali. 1.
Batavia, 1888.
fPamietnik Akademii umiejetnosci w Krakowie. Wyd. mat.-przyr. T. XIV,
XV. Krakow, 1888.
tProceedings of the r. Geographical Society. N. M. S. Voi. X, 11. London,
1888.
Freshfield. The Peaks, Passes, and Glaciers of the Caucasus. -- Stràchey. Metep-
rology of the Red Sea and Cape Guardafili.
Bullettino-Rendiccnti. 1888, Vol. IV, 2° Sem. 21
— CLXI1
tProceedings of the rovai Society. Voi. XLIV, 272. London, 1888.
Blanford. On the Relations of the Diurnal Barometric Maxima to certain Conditions
of Temperature, Clond, and Rainfali. — Kuhne. On the Origin and the Causation of Vital
Movement (Ueber die Entstehung der vitalen Bewegung). — Schunck. Contributions to the
Chemistry of Chlorophyll. No. III.
fRapport annuel de la Cornmission géologique et d'historie naturelle du
Canada. N. S. voi. IL Ottawa, 1887.
tRepertorinm der Physik. Bd. XXIV, 10. Miinchen-Leipzig, 1888.
JVassmuth. Ueber eine einfache Vorrichtung zur Bestimmung der Temperaturànde-
rungen beim Ausdehnen und Zusammenzieherj von Metalldràhten. — Fuchs. Ueber die Mi-
schungsschicht zweier Flussigkeiten. — Ruth. Die Triigheitscurve auf wagerechter Ebene
bei dem Vorhandensein eines Reibungswiderstandes, der von der zweiten Potenz der Gesch-
windigkeit abhàngt. — Weilenmann. Volumen und Temperatur der Korper, insbesondere
der Flussigkeiten. — Kurz. Ueber die Einfiihrung in die beiderlei elektrischen Systeme.
fReport and Proceedings of the Belfast naturai history & philosophical Society
for 1887-88. Belfast, 1888.
Letts. Pasteur's Life and Researches. — Dickson. The Birds of Fortwilliam Park. —
Lindsay. The alleged decay of National Physique. — Milligan. The Forts of Erio from
the Firbolg to the Normali. — Tìj,-<>ne. Etecently discovered Ogham Inscription. — Rare.
Facial Expression.
* Résumé des séances de la Société des ingénieurs civils. Séances du 2 nov.
1888. Paris.
ìRevista do Observatorio i. do Rio de Janeiro. Anno III, 10. Rio de Ja-
neiro, 1888.
ìRevue archéologique. 3e sér. t. XII, sépt.-oct. 1888. Paris.
d'Arbois de Juòainville. De l'emplois des bijoux et de l'argenterie cornine prix d'achat
en Irlande, avant l'introduction du monnayage.— Cumont. Le Taurobole et le eulte d'Anahita. —
Lebegue. Études sur quelques inscriptions latines trouvées dans la Narbonnai.se. —
MowaL L'atelier du statuaire Myrismns, à Cesaree de Mauritanie (Cherchell). — de La
Bianchire. Les inscriptions du Djebel Toumiat. — Delattre. Fouilles dans un cimetière
romain, à Charthage en 1888. — Deloche. Études sur quelques cachets et anneaux de
l'e'poque rnérovingienne (suite). — Guillemaud. Les inscriptions gauloises. Nouvel essai
d'interprétation. — Monceaux. Fastes éponymiques de la ligue thessalienne. Tages et
stratèges fedéraux (suite). — de Lessert. De la formule « Translata de sordentibus locis »,
trouvée sur les monuments de Cherchell. — '/'"/i/teri/. Sur les abreviations dans les ma-
nuscrits grecs. — Reinach. Chronique d'Orient.
i'Revue historique paraissant tous les deux rnois. T. XXXVIII, 2, Paris, 1888.
de Mandrot. Louis XI, Jean V d'Armagnac et le drame de Lectoure. — Dufayard.
La journe'e des Tuiles à Grenoble, le 7 juin 1788. — du Casse. La reine Catherine de
Westphalie, smi journal et sa correspondance.
f Revue internationale de l'électricité et de ses applications. T. VII, n. 69, 70.
Paris.
69. Reynier. Les voltamètres régulateurs zinc-plomb. — Palmieri. L'électricité qui se
produit par Tévaporation de l'eau de mer est due uniquement à l'action des rayuns solai-
res. — De Montaud. L'accumulateur employé corame transformateur-distributeur à cou-
rants continus dans les stations centrales (suite). — Zipemow&ky. Nouveau procède pour
la trempe des ress'orts par voie électrique. — Dary. L'électricité atmosphérique (suite). —
— CLXIII —
Mackenzie. Distrjbution de l'électricité au moyen des géndrateurs secondaires ou transfor-
mateurs. — 70. Reynier. Les voltamètres régulateurs zinc-plomb (suite). — li. Le procede
Cowles en Angleterre. — Michaut. La machine à influence de Wimshurst. — Reignier. Ap-
plication de l'électricité à la production des effets de scène au théàtre. — Gerard. Extraction
du chlore et du sodiuin du sei marin par électrolyse. — Gillet. Mode de reception des
courants électriques aux extrémités des càbles souterrains et sous-marins par le système
Ader. — Gerard. Paratonnerre de Law. — Waffelaert. Étude sur la télégraphie militaire
et sur Tutilité qu'il y a de lui donner une grand extension. — Dallas. Calcul de la rési-
stance intérieure d'une batterie d'accumulateurs. — Montpellier. Nouveau procède d'éléctro-
lyse industrielle. — Montami. -L'accuroulatéur employé cornine transformateur distributeur
à courants e mtinus dans les stations centrales.
fKevue politique et littéraire. T. XLII, n. 18-21. Paris, 1888.
+Kevue scientifique. T. XLII, n. 18-21. Paris, 1888.
■^Rocznik zarzadu Akademii Uniiejetin>'ci w Krakowie. Rok 1887. W Kra-
kowie, 1888.
tRozprawy sprawozdania z posiedzen. Wydz. hist.-filoz. T. XXI. Wydz. mat.-
przyr. n. XVII, XVIII. W Krakowie, 1888.
■^Rundschau (Naturwissenschaftliche). Jhg. Ili, n. 45-48. Braunschweig, 1888.
•Scriptores rerum polonicarum. T. XII. Krakow, 1888.
Collectanea ex archivio Collegii Hist. Crac.
1 Sitzungsberichte der k. preuss. Akademie der Wissenschaften zu Berlin. 1888,
n. XXI-XXXVII.
Wattenbach. Bericht uber die Monumenta Germaniae historica. — Gonze. Jahres-
bericht des Archaeologischen Instituts. — von Bezold. Zur Thermodynamik der Atmo-
sphaere. — Vor/el. Ueber das Spectrum des Cyans und des Kohlenstotfs. — du Bois-Rey-
mond. Bemerkungen uber einige neuere Versuche an Torpedo. — Schcabach. Zur Entwicke-
lung der Bachentonsille. — Kronecker. Zur Theorie der allgemeinen complexen Zahlen
und der Modulusysteme. — Lolling. Eine Delphische Weihinschrift. — Erman. Der Thon-
tafelfund von Tell-Amarna. — Kronecker. Zur Theorie der allgemeinen complexen Zahlen
und der Modulsysteme. — Stein. Leibniz in seinem Verhaltniss zu Spinoza auf Grundlage
unedirten Materials entwickelungsgeschichtlich dargestellt. — Gabriel. Ueber eine neue
Darstellungsweise primàrer Amine. — von Helmìioltz. Ueber atmosphaerische Bewegun-
gen. — du Bois-Reymond. Nachruf an Kaiser Friedrich. — RI. Festrede. — Burmeister.
Bericht uber Mastodon Antium. — Dorn. Eine Bestimmung des Ohm. —Bezold. Die
Thontafelsammlungen des British Museum. — Virehoiv. Die Mumien der KOnige imMuseum
von Bulaq. — Quincke. Ueber die physikalischen Eigenschaftendiinner, fester Lamellen. —
Id. Ueber periodische Ausbreitung an Fliissigkeits-Oberflachen und dadurch hervorgeru-
fene Bewegungserscheinungen. — Dilthey. Ueber die Moglichkeit einer allgemeingtiltigen
padagogischen Wissenschaft. — 0. Hirschfeld. Zur Geschichte des rcimischen Kaisercul-
tus. — G. Hirschfeld. Inschriften aus dem Norden Kleinasien besonders aus Bitlivnicn
und Paphlagonien. — Braun. Ueber elektrische Strome. entstanden durch elastische De-
formation. — von Bezold. Ueber eine nahezu 2C-tilgige Periodicitiit dei Gewittererschei-
nungen. — Kònig und Brodhun. Experimentelle Untersuchimgen tìber die psychophysische
Fundamentalformel in Bezug auf den Gesichtssinn. — Weber. Ontersuchungen fiber die
Strahlung fester Korper. — Braun. Ueber Deformationsstrfime ; insbesondere die Frage,
ob dieselben aus magnetischen Eigenschaften erklarbar sind. — Wirchow. Ueber die phy-
sikalisch zu erkliirenden Erscbeinungen, welclic ani Dottor des Hiiliiiereies bei der mikro-
CLXIV —
skopischen Untersuchung sichtbar werden. — Kronecker. Zur Theorie der allgemeinen
complexen Zahlen und der Modulsysteme.
+Societatum litterae. N. 5-7, 1888. Frankfurt.
fSprawozdanie komisyi fizj^jograficznej &. (Akademia Urniejetnosci w Krako-
wie). T. XXI. Krakow, 1888.
tTijdschrift voor indische taal- land- en Volkenkunde. Deel XXXII, 3. Ba-
tavia, 1888.
Horst. Rapport vari eene reis naar de Noordkust van Nieuw Guinea. — van Ilasselt.
Eenige aanteekeningen aangaande de bewoners der N. Weskust van Nieuw Guinea, meer
bepaaldelijk den stani der Nuefooreezen. — Tromp Jr. Een reis naar de Bovenlanden von
Koetei. — Habbema. Inlichtingeii ómtrent eenige Maleische Woorden en uitdrukkingen
gevraagd of gegeven.
; Verhandelingen van het bataviaasch Genootschap van Kunsten en Weten-
schappen. Deel XLV, 2. Batavia, 1888.
V. der Toorn. Tjindoer Mato minangkabausch-maleische Legende.
jVerhandlungen d. k. k. geologischen Reichsanstalt. 1888, n. 13. Wien, 1888.
"'Verliandkmgen des Vereins zurBefordenmg des Gewerbfleisses. 1888. Heft Vili.
Dietrich. Oberbau und Betriebsmittel der schmalspurigen Industrien- und Feldbahnen.
"'Veroffentliehimgen des kon. Preussischen Geodiitisclien Insti tutes, Berlin,
1888.
Gradmessung-Nivellement zwiscben Anelain und Cuxhaven.
tVierteljahrsschrift der Astronomischen Gesellschaft. Jhg. XXIII, 1, 2. Leipzig,
1888.
fViestnik hrvatskoga arekeologickoga Druztva. God. X, Br. 4. U Zagrebu.
1888.
Z ' akerhandl. Eelazione intorno i tre speditici crani. — Vuletic. Iscrizioni rumane in
Bossina. — Zlatovic. Anticbità trovate in Knìn. — *S". L. Intorno il progresso della scienza
archeologica nel nostro regno croato. — Vuletic Circa i tumuli, grotte ecc. in Ercego-
vina e in Bossina.
^Wochenschrift des osterr. Ingenieur- und Arckitekten-Vereines. Jhg. XIII,
44-47. Wien, 1888.
fWochensclirift (Naturwissenschaftliche). Bd. Ili, n. 6-9. Berlin, 1888.
+Zbiór Wiadomosci do Antropologa Krajowei. T. XII. Krakow, 1888.
1 Zeitschrift der deui:schen geologischen Gesellschaft. Bd. XL, 2. Berlin, 1888.
Hettner und Linck. Beitrage zur Geologie und Petrographie der columbianischen An-
den. — Lang. Ueber geriefte Geschiebe von Muschelkalkstein der Gottinger Gegend. — Tordi.
Temperaturverhiiltnisse wàhrend der Eiszeit und Fortsetzung der Untersuchungen uber
ihre Ablagerungen. — van Calker. Ueber glaciale Erscheinungen ini Groninger Hondsrug. —
Salisòury und Wahnschaffe. Neue Beobachtungen iiber die Quartiirbildung der Magdebur-
ger Borde. — Koken. Neue Untersuchungen an tertiaren Fisch-Otolithen. — Kloos. Vor-
làuflge Mittheilungen tìber die neuen Knochenfunde in den Hòhlen bei Riibeland ini Harz. —
Stremine. Beitrag zur Kenntniss der tertiaren Ablagerungen zwischen Cassel und Detmold,
nebst einer Besprechung der nord-deutschen Pecten-Arten.
— CLXV —
< Zeitschrift der deutschen inorgenlàndischen Gesellschaft. Bd. XLII , 3.
Leipzig, 1888.
Sprenger. Die arabischen Berichte tìber das Hochland Arabieus beleuchtet durch
Doughty's Travels in Arabia Deserta. — Barth. Yergleichende Studicn. — Fiirst. Zusatze
zum Aruch des B. Nathan von E. Samuel Ben B. Jacob Gama, zum erstenMal herausgegeben
aus Hdschrr. der Bibliotheken zu Darma und Cambridge von Salomon Buber. — Olclenberg.
Nodi einmal die Adhyàyatbeilung des Bigveda. — Bdhtlingk. Ueber den impersonalen
Gebrauch der Barticipia necess. im Sanskrit. — Reckendorf. Der aramàische Theil des
parmyrenischen Zoll- und Steuertarifs. — Stackelberg. Ossetica. — Roth. Bericbt des Ludolf
von Sudheim tìber die Einnahme von Accre 1294. — Jacobi. Budrata und Budr abbatta. —
Schreiner. Bemerkungen zu Koran, 2, 261. — Mills. Yasna XLIII, 1-10 with the Bablavi
text deciphered, and traslated. — Kayser. Gebrauch von Balmen zu Zauberei.
-;Zeitschrift fur Ethnologie. Jhg. XX, 4. Berlin, 1888.
Bartels. Culturelle und Eassenunterschiede in Bezug auf die Wundkrankheiten. —
Quedenfeldt. Eintheilung und Verbreitung der Berberbevolkerung in Marokko. — Frie-
clrichs. Zur Matriarchatsfrage.
1 —
Osservazioni meteorologiche del E. Osservatorio del Campidoglio
Specchio I.
Gennaio 1888.
©
g
o
3
Altezza del Barometro
RIDOTTO A 0°
Termometro Centig
RADO
9h
Temperatura
6h
9h
'•3
0
3h
6h
9h
O O
3a
6h
9h
^3
0
<D
3
3h
6h
3
1
700 mm. -4-
1
60,07
60,96
60,30
59,23
5S,97
58,77
58,57
59,55
—3,0
—2,1
2,8
3,7
2,5
2,2
2,°3
1,2
3,7
— 3,5
2
55,99
55,71
54,50
53,59
53,70
54,03
53,78
54,47
1,2
2,7
4,3
4,6
5,0
5,3
5,2
4,0
5,3
0,7
3
54,52
55,45
55,92
55,71
56,74
57,69
57,95
56,28
5,5
5,2
7,8
9,0
7,1
6,2
5,7
6,6
9,0
3,8
4
59,08
59,83
60,00
59,89
60,88
61,77
62,12
60,51
5,0
5,4
9,4
11,2
8,7
7,6
6,6
7,7
11,2
4,0|
5
64,80
63,81
63,41
63,36
63,88
64,50
64,65
64,06
5,4
6,7
7,9
9,2
7,9
7,8
6,9
7,4
12,1
1
6,41
6
64,58
65,39
65,06
64,41
65,03
64,80
64,60
64,84
7,9
7,9
11,2
11,8
10,4
9,4
9,0
9,7
12,1
7
63,64
64,44
64,38
64,10
64,75
65,55
65,70
64,65
8,6
8,8
9,2
9,6
9,6
8,8
8,8
9,1
9,9
7,7
8
67,01
67,97
67,93
67,58
68,03
68,41
68,28
67,89
8,0
8,4
10,5
11,9
11,0
9,8
7,9
9,6
12,0
7,7
9
67,21
67,42
65,78
63,78
62,28
61,83
60,96
64,18
4,6
4,9
10,0
12,1
10,1
9,2
8,5
8,5
12,2
3,7
10
60,89
61,83
62,49
61,87
62,58
63,88
63,68
62,46
6,4
11,7
11,6
10,6
8,0
7,6
6,9
9,0
12,4
5,5
11
63,39
64,54
63,74
62,68
62,70
62,99
62,62
63,24
5,0
6,1
10,6
11,4
8,2
5,3
4,1
7,2
11,5
4,1
12
60,94
60,65
59,49
58,22
57,61
57,23
57,08
58,75
1,8
3,3
8,2
10,5
8,0
5,4
4,0
5,9
10,5
1,0
13
57,72
58,62
58,82
59,03
59,69
60,45
60,41
59,25
4,7
5,1
8,6
6,8
3,4
1,8
0,7
4,4
8,6
0,7
14
59,80
60,92
60,45
59,64
60,22
60,91
60,90
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— 4 —
Osservazioni meteorologiche del K. Osservatorio del Campidoglio
Specchio IV. Gennaio 1888.
Stato del cielo in decimi
di cielo coperto
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7.H
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6,1
6,3
4,8
6,8 1 6,0 1 5,1 1 4,4
Gelo brina, v.f
Piogg. gelo v. f.
Poca piogg. v. f.
Poca pioggia
Poca pioggia
li, ieri.
Pioggia, neb.
Poca pioggia,
Vento pr.
Vento forte
Vento forte
Vento t'., br., g.
Gel. br. v. f. e p
Brina, gelo
Br. gelo v. f.
Gelo, brina
Gelo, brina
Gelo, brina
Gelo, brina
Gelo, brina
Piog., gelo, br.
Vento forte
Brina
Nebbia, piog.
Neb., p., gr., 1. 1
Gelo, br. t. v. p.
Gelo, brina
Piog, neve, v. f.
P.l.t.nev.v.f.gel.
ANNOTAZIONI
Gelo nella notte e nella mat
v. f, NNE verso il mer. I
Pioggia legg, nella giornata
v. f. NE ; gelo nella notte
Poca piog. nella notte, v. NE
forte nella matt.
Poca pioggia nella sera.
Poca pioggia nel pomeriggio
Goccia nella matt. e sera
P. piog. nella matt. e nel p.
nebbia d. nel pom.
Poca piog. nella mattina.
Vento proc. NNE e NE dalle
7 li. matt. lino a mezzanot.
Vento forte NNE lino a sera
Vento forte NNE nella notte
Brina, gelo nella notte, v. f,
NE e NNE (i h. mat. fino a s.
Brina, gelo nella notte, v. f.
NNE e proc. nel pom.
Brina, gelo nella not*e e nel
mattino.
Brina, gel. nella not. e mat.
v. f. NNE nella mattina
Brina, gelo nella not. e nella1
matt ina
Brina, gelo nella not. e nella
mattina
Brina, gelo nella not. e nella
mattina
Brina, gelo nella not. e nella
mattina
Brina, gelo nella not. e nella
mattina
Piog. legg. nel pom. e nella
sera: gelo e brina
Vento forte NNE nella sera
Brina
Nebb. nel matt., temp. e poca
piog. a tarda sera
Neb. nel matt. temp. nella s.
con grandine alle 7 h.
Gelo nella notto, brina, v. p.1
ONO nella sera
Gelo nella not. e nella matt.
brina
Pioggia e neve nella mattina
p. e n. nella s. e v. f. ESE e NE
Temp. con grand, e v. f. NNE
nel mat., gel. e neve nella s.1
5 —
Osservazioni meteorologiche del E. Osservatorio del Campidoglio
Specchio I.
Febbraio 1888.
o
g
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3
Altezza del Barometro
RIDOTTO A 0°
Termometro Centig
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57,71
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56,58
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14,6
15,1
12,4
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|
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15
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52,86
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5,9
7.5J 10,8| 8,4
Bollettino meteorologico — Vol. IV.
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Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio.
Specchio IL Febbraio 1888.
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207
Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio
Specchio IV.
Febbraio 1888.
Meteore
varie
0,5 poca piog. br. g.
fgia, v. 1
Pioggia
ANNOTAZIONI
Poca neve nella notte, brina
e gelo nela mattina.
5,5 Pioggia, v. fort.' Piog. leg. nella mat. e nella1
sera COI) v. S f. nel mer. |
Pioggia nella notte e goccia
nel meriggio.
Lampi
Pioggia
Vento forte
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Mese
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4,0
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2,2
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7,5 :Pioggui, v. fori
5,5 Pioggia, v. fort
Vento forte
Vento forte
8,5 [Pioggia, v. fort
6,5 Pioggia gr., 1., t.
4,5 Pioggia gr., v. f.
Piog. gr., 1. e t.
P„ gr. 1., t., v. f.
7,5 Pioggia, 1., v. f.
5,5( P.. gr., 1.. t., v.f.
6,0 I Pioggia, 1.
6,5 Pioggia, v. fort,
II
8,5 Piog., 1., t.. v.f
il
10,0 Pioggia, v. prò.
Il
7,0 Pioggia, v. fort.
8,5 Pioggia gr., v. f,
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149,9 j 7,ll 7,o| 6,4| 6,0
Lampi all'È a tarda sera.
Pioggia nel meriggio.
Vento NNE forte nella niatt
e nel meriggio.
Piog. interrot. dal mez. alla
mezzanot, V. 8 f. nel poni.
Pioggia nella inat. enei mer.
v. S f. nel pom.
V. t'. s aalle 9 li. della mat.
fino alle 6 h. della sera.
Vento f. S nel pomeriggio.
Pioggia nel pom. e nella sera
v. pr. dalle 8 li. mat. fino a B.
Poca pioggia nella not., piogJ
gr., 1., e tuoni nella sera. I
Pioggia nella not. e nel mat.1
con gr. e v. S. f. nella not.1
Gelo nella mat., gr. e tempor.
con 1., t. e fui. nel pom. e s.
Piog. leg. inter. nella giorn.
con 1. et. nella s., v. f. S
Piog. intera, nella nott. e nella
giorn. con 1. e v. S. f.
Pioggia, grandine nella matt
piog., 1. e t. nella sera.
Piog. nella not. e nella mat
Piog. nella matt. e nel pom.
v. f. ENE nella matt.
Piog. leg. nella giornata, 1. e t.
nel pom.: v. f. S nel pom
Piog. nella mat. enei pomer
v. SSE sempre f.
Piog. nella sera v. SO f. nel
pomeriggio.
Pioggia e grand, nella matt
v. ONO f. nel pomer.
— 9 —
Osservazioni meteorologiche del S. Osservatorio del Campidoglio
Specchio I. Marzo 1888.
D. la
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Mese
Altezza del Barometro ridotto a 0°
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I
64,20
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^3
9h
a
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6h
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—1,1
—0,8
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Bollettino meteorologico — Voi,. IV.
— 10 —
Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio.
Specchio IL
Marzo 1888.
Umidita assoluta
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Osservazioni meteorologiche del E. Osservatorio del Campidoglio
Specchio III. Marzo 1888.
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— 12 —
Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio
Specchio IV. Marzo 1888'
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Leggera gelata
Pioggia, v. proe.
Gelo brina, v. f.
Poca p. a tarda sera con leg.
gelata.
P. e temp. nella notte. V. S
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Br. e gelo, v. f. nella notte.
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Poca pioggia,
Pioggia, v. fort.'
Poca p. a tarda sera, gelo nJ
not.. v. f. SSO a tarda s.
P. nella notte e mattina.
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Pioggia, v. fort.
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Pioggia, 1., v. f.
P. a mat. v. S pr. e f. nella
1 giornata.
:Poca p. a mat v. f. al pom.
1. a sera.
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1 meriggio.
P. alla notte e alla sera.
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Osservazioni meteorologiche del K. Osservatorio del Campidoglio
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Pioggia, v. ibrt.
Pioggia, v. fort.
Pioggia minuta nella matti-
nila, v. f. ONO nel pomerig:
Pioggia pesante nel pomer.
vento S forte nel pomer.
8
10
3
!
1
1
0
1
3,3
5,5
8,0
7,5
7,5
9
3
LO
LO
7
7
1
2
5,7,
4,6
4,0
7,5
4,5
6.5
Pioggia
Pioggia nella mattina.
10
9
8
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2
2
4
10
6,0
2,2
7,0
7,5
6,5
6,5
Pioggia, v. fort.
l'i'iif^i 1 iM-11 1 mattina, \entii
SE a S !.. dalle 7 m. in poi.
11
12
13
14
9
4
0
0
8
2
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0
9
3
0
0
3
1
1
0
3
0
0
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1
1
1
0
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0
5.31
0,4'
0,0
9,0
8,0
7,5
8,0
8,0
8,5
7,0
8,0
7,5
7,5
6,0
7,0
6,5
1
«.
7,5
6,5
P.. gr., f.. t. e li
Lampi, ter.
Vento pr.
P. nella mattina e nel pom.J
Lampi, alla seva vento t.
Scossa di terremoto a 5h 56m
1 della sera, Lampi al NE. i
Vento procelloso NNE a M
prima del mezzodì e nel
pomeriggio.
15
4
7
8
9
10
10
10
8,3
C'I
7,0
7,5
6,5
6,5
Goccia
Goccie nel meriggio.
1G
10
6
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2
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7,0
8,5
7,5
7,.-.
Nebbia densa
Nebbia densa nel mattiflo.
17
5
J
1
1
1
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0
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6,5
7.0
7.0
Nebbia densa
Nebbia densa india -era.
18
10
7
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1
0
1
3,0
7,0
8,0
8,0
7,0
Nebbia densa
Nebbia densa nel mattino.
19
20
21
10
10
1
10
10
4
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10
3
1
10
8
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8
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10
u
g
6
1
7,0
9,4
3,6
0,0
31,6
7,0
8,0
8,0
5,5
8,5
8,5
5.5
7,5
7,5
3,5
7,5
7,5
Goccie, v. forte
Piogg.. gr.. v. p.
Vento forte
Goccie nella -. ra. v. SS( 1 Bel
pomeriggio.
Pioggia, gji, v. pr. SE a S
1 11. 1 pomeriggio
\ ,-nt ,, 1 1 t'1.1 te nel pomerig,
22
10
7
4
4
O
3
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7.5
6,5
7,0
23
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7
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7
5,0
6,5
7.5
6,5
5,5
Vento forte
Vento force 1» nel pomerig.
24
10
5
10
10
(i
2
2
6,9
7,0
7,5
6,5
5,5
Vento forte
.Vento f. NNE nel pomerig.
25
3
4
1
0
0
10
)0
4,0
6,5
6,5
4,5
3,5
Vento forte
Vento torto S nel poni.
26
10
3
5
3
8
10
m
7,0
7,0
10,0
9,0
7,5
Vento forte
;Vento forte nel pomeriggio.
27
10
10
e
4
4
10
0
6,3
0,6
8,0
8,5
7,5
7,5
Pioggia
Poca pioggia nella 31 ra.
28
2
j
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1
0
0
1,3
8,0
8,0
6,5
7,5
Vento forte
Vento forte nel pomeriggio.
29
10
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i
1
1
1
3,0
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7,5
6,5
7,0
Vento forte
Vento f. SO nel pomeriggio.
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6,5
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Vento forte
1
\ , ut . f. SSO nel pomeriggio.
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6,6
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4,1
2,8
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39,6
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7,7
6,9
6,7
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6,6
4.7
4.;
4,7
4.8
4,8
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7.1
7,8
6,8
6,3
Mese
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| 4,7 | 5,0
70,4
7,0
7,6] 6,5J 6,5
— 17 —
Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio
Specchio I. Maggio 1888.
o
g
o
3
Altezza del Barometro ridotto a
0"
Termometro Centigrado
Temperatura j
6h
9h
o
3h
6h
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9h
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9h
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1
56,48
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56,63
57,44
56,43
13°2
0
19,2
0
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0
21,2
0
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0
17,2
0
15,8
18,0
O
21,7
11,7
2
'57,64
58,03
59,19
58,04
58,43
57,14
57,46
57,99 15,6
|
18,8
19,3
19,6
17,1
17,8
18,2
18,1
21,9
12,9
3
57,24
|
57,23
57,97
58,33
56,94
57,03
57,19
57,42 16,7
1
17,2
18,6
18,4
17,5
16,6
15,6
17,2
19,0
15,6
1 4
1
56,74
57,30
57,11
56,21
56,49
57,02
56,03
56,79,: 14,1
18,6
22,8
20,0
18,7
15,0
14,6
18,0
23,4
12,6
5
55,89
56,04
56,03
56,06
56,69
57,91
58,91
56,79 14,3
16,8
18,2
18,1
15,6
13,0
11,8
15,4
19,5
11,8
6
59,50
|
59,t6
59,83
59,16
59,45
60,49
60,81
59,88 12,8
16,5
18,6
19,5
17,2
14,4
13,4
16,1
19,8
9,9
7
61,12
61,05
60,18
59,20
59 51
60,98
61,14
60,45 13,6
18,0
21,0
23,3
20,8
18,6
14,8
18,6
23,4
10,5
8
61,14
61,33
61,29
60,62
60,57
61,05
60,80
60,97
16,8
18,8
23,0
22,8
19,2
15,6
13,5
18,5
23,7
11,4
9
, 60,26
60,42
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59,25
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59,27
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59,56
15.9
19,0
23,6
23,1
20,2
15,5
13,9
18,7
24,5
10,5
10
58,69
58,50
58,55
57,97
57,30
57,75
57,41
58,02 16.3
19,3
23,0
22,4
20,6
17,4
14,4
19,1
23,1
11,8
11
56,62
56,73
56,22
55,51
55,23
55,90
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56,06
14,4
19,7
22,8
22,1
19,5
16,6
14,2
18,5
22,9
10,6
12
56.26
56,49
56,26
55,90
56,19
57,43
57,70
56,60
13,3
1?,8
22,6
23,5
20,2
17,5
15,4
18,8
23,6
11,4
13
58,04
58,14
57,97
58,12
57,60
58,05
58,01
57,99
15,1
18,2
22,8
27,0
19,0
17,2
15,3
18,3
24,0
11,9
14
57,32
56,98
56,33
55,52
55,24
55,62
55,58
56,08
14,4
19,8
22,5
21,1
19,4
16,5
14,8
18,4
22,9
10,9
15
55,97
55,97
55,62
55,12
54,79
55,85
56,00
55,62
13 5
19,9
22,2
22,7
20,1
17,6
14,7
18,7
23,3
11,5
13
55,82
55,91
55,60
55,21
55,75
56,86
56,54
55,96
14,3
21,3
24,8
23,4
20,9
18,8
17,3
20,1
25,2
11,7
17
56,92
57,45
57,27
56,63
57,05
58,25
57,92
57,36
17,0
20,6
25,7
25,9
23,6
19,6
18,5
21,6
27 2
15,5
18
58,00
58,10
57,19
57,39
57,48
57,35
56,95
57,60
17,8
23,0
25,2
25,0
23,0
20,4
19,2
21,9
26,2
14,7
19
56,75
56,84
57,06
56,95
57,48
58,06
57,81
57,28
19,0
23,6
25,2
25,4
23,6
20,1
18,0
22,1
25,8
15,9
20
58,34
58,14
57,45
56,42
56,82
57,89
57,74
57,54
19,1
21,5
25,8
27,0
18,4
20,5
19,3
21,7
27,9
14,9
21
57,21
57,36
56,62
55,80
55,60
56,30
55,40
56,33
19,6
21,8
25,9
25,5
23,4
19,8
17,2
21,9
26,8
14,7
22
54,27
54,18
53,57
52,50
52,89
52,77
52,77
53,2;
18,9
21,9
23,4
24,5
17,7
17,6
16,7
20,1
25,2
14,2
23
52,68
52,38
52,48
52,56
53,33
54,99
55,56
53,43
15,6
19,0
22,4
22,8
21,2
17,9
15,6
19,2
23,4
14,7
24
56,13
56,36
56,39
55,97
56.07
57,03
57,27
56,46
14,8
18,2
21,1
21,8
20,2
16,0
13,7
18,0
22,5
12,1
25
56,9.
57,02
56,87
55,70
55,70
56,24
55,98
56,36
14,6
18,0
21,0
23,4
20,6
17,0
15,o[
18,5
23,5
10,6
26
1
54,71
54,44
53,90
52,72
52,42
52,85
52,6*
53,3°
16,4
19,7
22,4
22,6
20,3
18,0
17,0'
19,5
23,0
ll,3j
27
52,00
52,25
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52,03
52,31
53,22
53,44
52,53
17,2
19,0
23,2
22,3
20,7
18,4
16.41
19,6
23,4
14.6J
28
1
54,03
53,74
53,88
53,24
52,77
52,99
51,87
53,22
17,0
21,8
23,8
22,9
20,9
18,5
14,7
19,9
24.1
13,7
29
1
50,70
50,61
51,30
51,82
52,56
53,53
53,66
52,03
16,1
15,4
14,6
18,8
18,2
16,1
15,0
16,3
18,8
U.S
30
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54,55
54,79
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55,10
55,96
56,41
55,12
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18,6
20,8]
18,2
17,8
16,1
14,8]
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12,4!
31
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57,25
57,55
57.13
56,68
58,05
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57,43
17,3
18,7
22,8
23,8
22 2
18,2
17,0
20,0
24.3
12,2
D. la
58,48
58,62
38,65
38,07
38,01
58,53
58,66
38,43
14,9
18,2
20,9
21,0
18,5
16,2
14,(1
17,8
22,0
11,9
» 2a
57,00
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36,28
36,36
>7,13
37,05
>0.81
15,8
20,6
24,0
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18,5
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20,0
2-1,0
12,9
» 3a
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54,56
34,53
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54,51
16,8
19,3
21,9
22,4
20,3
17,6
15,7
19,2
23.4
12.9
Mese
56,68 156.75| 56,65 |56,12J 56,17 [56,85 J56.85J 56,58
15,8| 19,4
1
22,8 22,4 19,9 17,4 J 15,7
l9,o| 28,4
12.6
Bollettino meteorologico — Vol. IV.
— 18 —
Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio.
Specchio IL
Maggio 1888.
Umidità assoluta
3h 6h i 9h
a
® 2
&'-3
3,59
6,23
10,12 10,24
12,09 12,36
10,77
10,37
5,47
5,57
7,29
9.27
10,10
8,12
8,78
7,18
9,26
9,42
9,33
10,08
11,42
11,71
11,20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
13,38
11,80
9,12
4,29
4,69
6,99
8,45
10,30
9,13
7,38
8,01
8,79
10.23
8,66
11,02
12,14
11,00
11,22
13,03
8,08
12,27
12,78
12,26
9,85
3,73
4,18
7,69
8,90
8,97
6,73
12,83
12,51
12,60
8,87
4,28
3,61
8,80
10,03
6,26
ll,62'l3,2d
D. la
» 2"
Mesfl
10,66
6,15
7,36
8,18
9,82
9,89
11,61
11,02
10,31
9,56
4,94
7,74
9,56
10,26
10,88
11,61
10,37
9,4fi
8,23
10,04
8,03
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3,38
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4,52
4,50
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— 19 —
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Specchio HI. Maggio 1888.
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Specchio IV. Maggio 1888.
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6,5
6,5
Meteore
varie
ANNOTAZIONI
Pioggia
Pioggia
forte Goocie verso le 10 m., dalle
8 m. in poi v. f. S a SSO
Pioggia nel noni, e sera.
Pioggia interrotta nella gior.
7,3
7,9
6,8
7,0
8,1
7,1
7,2
7,7
7,1
7,2 7,9 1 7,0 6,8'
Goccie, v. forte Goccie nel poni., v. forte nel
pomeriggio e Bora.
Vento forte Vento NNE a NE forte nella
I giornata.
Vento forte .Vento NNE forte nel poni, e
sera.
Vento forte
Goccie, 1. tuono,
vento fotte
Vento forte
\ . . i ' " forte
Pioggia
Pioggia
Vento forte
Femporale, v. f.
Piog., 1., t.
Pioggia, v. fort.
\ ento l'orto
Vento forte
Vento forte
Piog. gr., 1. e t
Piog., tuono, 1.
Vento SO f. nel pomeriggio.
Tejnp, al X. nel poni, vento
su forte nel pomeriggio
\ ento SSl > i'. nel pomerig.
Vento SSO f. nel pomerig.
Poca pioggia nella sera.
Poca pioggia nella sera.
Vento f. SO nel meriggio.
Temporale lontano all'È, con
vento forte O nel pomerig.
Temporale, piog, con gr. a più
riprese nel pom. e sera.
Pioggia nella mat., v. f. nella
mattina e pomeriggio.
Vento forte NNE nella mat
Vento 0N0 forte nel pom.
Temporali con lampi, vento
forte a tarda sera.
Temporale nella notte e piog,
quasi continua lino al p.
Temporale nel pomeriggio, e
lampi nella seri;.
— 21 —
Osservazioni meteorologiche del B. Osservatorio del Campidoglio
Specchio I. Giugno 1888.
1
2
3
4
5
Altezza del Barometro ridotto a 0°
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3h
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6h
9h
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11
12
13
14
15
13
17
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19
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24
25
26
27
28
29
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54,48
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«0,32
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56,95
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56,13
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55,83
54,75
54,90
54,75
53,16
59,19)58,29
61,21 60,08
Termometro Centigrado
6h I 9h
I
3h i 6h 9h
~.
59,84
56,19
56,89
57,13
56,71
56,30
55,62
55,92
55,72
54,50
55,17
54,50
53,35
52,64| 52,79
52,65
60,70
I
57,14
I
56,47:
56,86
I
56,83
55,95
55,86
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55,72
54,92
54,72
55,06
53,25
52,681
54,11
54,22
55,24
56,18
55.58;
55,50
56,51
57,39
56,34
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55,25,54,89
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56,4°
54,77
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28,9| 28,0| 17 A
Bollettino meteokologico — Vol. IV.
— 22 —
Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio.
Specchio II.
Gimmo 1888.
Umidità assoluta
6»
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9h
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12,48 11,00
13,75 13,53
13,71 13,08
11,52 12,28
10,67' 14,22
13,84 14,37
I
12,85' 12,86
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I
14,75 15,93
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11,66 11,42
13,15 13,00
I
13,69 12.90
I
13,32 13,78
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12,40,12,20
11,15
14,59
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11,36
15,33
12,76
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13,70
12,95
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16,06
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14,55
13,33
15,73
13,97
10,65
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14,00
15,00
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Umidità relativa
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36,29,
46,17
119,13
— 23 —
Osservazioni meteorologiche del E. Osservatorio del Campidoglio
Specchio HI. Giugno 1888.
o
e
o
3
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Direzione dei
VENTO
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Velocità
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143
— 24 —
Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio
Specchio IV.
Giugno 1888.
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14
15
16
17
18
19
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20
Stato dei. cielo in decimi
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8,0
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6,0
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4 5,0
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6,0
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6,5
7,0
6,5
6,5
5,5
6,5
6,5
5,5
6,5
6,5
9,0
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6,5
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4,5
4,5
5,0
9,0
7,5
7,0
7,0
6,5
6,5
7,5
8,0
6.5
7,5
ANNOTAZIONI
Calma Sempre ser. con cumoli e str
| quasi sempre calma.
Calma Ser. con cumuli e cirri, vento
S a SO debole.
Calma N ad O deb. con cielo sempre
| sereno.
Calma Sempre sereno, vento NO ad
| ONU debolissimo.
Calma Sempre sereno, vento debo-
| lissimo NE ad ONO.
Calma Sempre ser. con vento ESE
I ad OSO.
Sempre sereno.
Goccie, v. forte Nuv. v, con g., s. dopo mezzo-
1 | gior., v. f. pr. e d. mezzog
Pioggia, calma : Nuvoloso e piovoso.
4,5 Piog., 1. tuono,
6,5
2,6
0,2
6,5
6,0
7,5
6,5
7,5
7,5
0,5
6.5
6,0
6,0
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7,0
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2,8
I
5,3
4,2|4,5|4,4| 3.7| 2,7 J 2,l| 2,l| 3,4
Calma
Vento forte
Vento forte
Vento forte
Vento forte
Vento forte
vento forte
Pioggia
Vento forte
Pioggia
Pioggia
Pioggia
Vento forte
Nuv. sereno, con vento mod
Piog. 1. e tuono nella sera.
Ser. con calma straordinaria
Vento forte nel pomerig.
Vento forte nel meriggio.
Vento f. SO nel pomerig.
I
Vento forte SO nel pom.
Vento SO f. nel pomerig.
Vento f. SU nel pomeriggio
Poca pioggia a tarda sera.
Pioggia nella mattina.
Poca pioggia nella sera.
Ventu procel. 7h della mat.
I alle 8h della sera.
— 25 —
Osservazioni meteorologiche del E. Osservatorio del Campidoglio
Specchio I.
Luglio 1888.
Giorno
Altezza del Barometeo ridotto a
0»
Termometro Centigrado
Temperatura
6h
9h
'•3
o
3
3h
6h
9h
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6h
9h
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6h
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0
26,5
14,6
2
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53,66
53,74
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55,72
56,90
57,96
55,20
17,9
22,3
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23,5
20,0
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57,90
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57,42
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57,34
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23,0
25,7
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23,0
20,6
18,6
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26,2
12,7
, 4
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55,03
54,82
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53,26
53,34
53,41
54,27
18,4
23,5
25,0
24,0
21,5
21,6
21,0
22,1
26,3
16,6
5
52,21
52,24
51.68
51,75
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52,02
52,68
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25,5
27,5
27,2
25,7
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23,1
24,9
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55,58
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55,77
56,49
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23,4
25,9
27,2
27,4
26,8
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27,8
21,5
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56,51
56,03
56,75 22,4
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29,0
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24,0
25,6
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54,50
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55,23
55,34
54,75
25,8
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29,8
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25,5
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28,8
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21,2
23,2
24,4
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55,73
55,46
56,17
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18,7
21,4
24,5
25,3
23,8
20,4
18,2
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25,9
12,0
15
55,46
55,88
55,70
54,86
53,91
54,44
54,21
54,92
24:7
25,1
27,3
26,2
24,6
21,8
19,8
24,2
28,1
13,4
13
52,70
52,34
50,90
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50,62
49,73
49,16
50,76
23,3
28,4
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31,6
26,4
24,5
24,0
27,1
33,0
16,4
17
51,54
51,94
52,54
52,03
51,59
52,00
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51,94
23,0
24,2
25,0
26,2
25,3
21,4
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23,6
26,5
19,8
18
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51,13
51,80
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51,73
52,65
52,04
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25,4
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53,52
52,56
21,1
23,1
23,7
23,8
22,2
19,5
18,0
21,6
24,6
15,6
20
54,77
54,86
55,27
54,98
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56,16
56,73
55,41
19,3
21,9
25,2
26,0
23,9
20,4
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26,2
15,7
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57,38
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57,20
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57,74
20,8
23,6
27,0
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24,8
21,1
18,7
23,3
27,5
15,3
22
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58,79
58,37
58,28
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24,2
27,8
27,7
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21,3
19,8
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31,1
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23,2
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16,3
26
57,18
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57,36
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57,29
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26,5
31,8
31,4
28,7
24,6
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26,7
32,4
17,5,
27
56,32
55,89
56,01
55,49
55,46
55,94
55,99
55,87
20,4
29,2
29,8
28,5
25,9
23,4
23,2
25,8
30,4
17,0
28
54,84
54,62
54,53
53,90
53,62
53,94
53,63
54,1 51
24,0
26,2
29,2
28,8
26,6
23,2
22,2
25,7
29,5
20,9
29
53,00
52,95
52,89
52,86
53,03
53,58
54,00
53,19
24,0
25,9
29,0
27,1
24,3
21,2
19,5
24,4
29,1
18,7
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54,09
54,58
54,59
54,48
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22,4
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21,9
29,0
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31
56,42
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56,70
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56,89
57,10
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56,89
21,3
24,9
28,9
29,7
26,2
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18,3
D. la
54,40
54,55
54,74
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54,67
21,1
24,6
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24,5
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23,7
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17,8
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19,3
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15,9
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25,3
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28,5
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22,5
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29,8
17,1
Mese
54,99 1 55,19
55,27 j 54,95| 54,80 155,29 [55,37 J 55,12
21,8
24,7 1 27,3
26,8
24,7| 21,7| 20,2|
23,81 28,1
16,9
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO.
— 26 —
Osservazioni meteorologiche del E. Osservatorio del Campidoglio.
Specchio IL Luglio 1888.
o
e
o
3
Umidità assoluta.
Umidità
RELATIVA
1
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6h
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10,37
10,88
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6,77
7,79
11,24
9,50
68
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44
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31
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4,48
3
11,19
11,76
8,89
9,23
9,80
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— 27 —
Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio
Specchio m. Luglio 1888.
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7,5
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7,5
7,5
7,5
6,5
Teinp. e pioggia Temporale al N nel meriggio,
I con» poca pioggia.
6,4 7,2| 6,4| 6,2
Meteore
ANNOTAZIONI
Vento fortis.
Vento fortis.
Vento fortis.
Vento f. e goccie
Vento forte
Goccie
Poca pioggia
Vento forte
Vento forte
Vento fortis.
Vento fortissimo Sud dallla
8h mattina fino a sera.
Vento S fortis. tutto il giorno,'
I e procel. nella mat. e pom.1
Vento forte e fortissimo da S
I a SO nella mattina.
Vento f. SSO nel pomeriggio.'
Vento f. SSO nella mattina.
I
Goccie nella sera.
Poca pioggia nella mattina.
Vento f. SSO nel pomerig.
Vento forte S a SO nella
mattina e pomeriggio.
Vento procelloso nella mat.
e pomeriggio.
Vento f. e goccie Vento 0 forte nel meriggio
e goccie a tarda sera,
Piogg. 1. e tuoni .Temporale con pioggia nella
! notte.
Lampi Lampi nella notte al N.
Vento forte
Vento S forte nella mattina
e nel pomeriggio.
— 29 —
Osservazioni meteorologiche del E. Osservatorio del Campidoglio
Specchio I. Agosto 1888.
D. la
. 2a
» 3a
Mese
Altezza del Barometeo ridotto a 0°
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9h
1
il
3h
6h
9h
§ "o
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54,55
56,50
57,58
57,80
51,35
56,20
57,40
61,04
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17.;.
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16,9
16,7
23,8 1 28,4 16.5
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO.
— 30 —
Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio.
Specchio IL Agosto 1888.
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2,24
31
15,62
17,14
14,37
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14,56
14,46
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58
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60,80
» 2a
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10,78
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35
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12,40
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Mese
11,08 Jn,01
10,ls| 9,68
10,32' 11,82
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38
37
44
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1 67
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152.25J
— 31 —
Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio.
Specchio m. Agosto 1888.
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188
— 32 —
Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio
Specchio IV. Agosto 1888.
Stato del cielo in decimi
di cielo coperto
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7,5
7,0
7.0
7,5
8,0
28,3
0,2
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6,0
6,5
7,0
7,5
8,0
3,0
10,0
8,0
6,0
7,0
7,0
6,5
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7.0
6,5
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7,5
7,0
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10,0
7.:.
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4,5
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6,5
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6,5
7,5
6,5
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7,0
7,5
7,5
6,5
,.|
7,5
Vento forte
Poca pioggia
Temp. lont. p.
forte vento f.
ANNOTAZIONI
Vento f. SO nel pomeriggio,
Goccie alle 9 mez. mattina
Temp. lont. ad .E nel meriggio
pioggia dirotta alle 3 l\i pJ
Nebbia
Nebbia
Vento forte
Poca pioggia
Lampi, vento f.
Pioggia forte : 1.
Poca pioggia
Nebbia
7.::
6,3
7,7
7,1
7,4
6,7
Nebbia bassa nella sera.
Nebbia bassa nella sera.
Vento S forte nel pomeriggio,
Poca piog. alle 7h della sera
Vento forte S nel pomeriggio.
Lampi freq. dal S all'O nella
| s. p. dirot. nella n. e m.
Poca pioggia alla 7 mattina.
Nebbia bassa nella sera.
6,9 7,5] 6,7 6,9
— 33 —
Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio
Specchio I.
Settembre 1888.
o
e
o
3
Altezza del
Barometro
RIDOTTO A
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Termometro Centigrado
Temperatura
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o
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6h
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0
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0
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55,46
55,29
55,95
55,93
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57,04
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56,79
57,38
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56,64
13,9
19,7
24,0
25,3
23,6
20,0
18,0
20,6
25,5
13,1
4
57,34
57,76
58,05
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58,71
60,00
60,71
58,70
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27,8
28,0
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5
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61,66
61,66
62,13
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61,93
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24,6
30,0
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28,0
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25,2
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16,7
6
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61,76
61,28
60,15
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60,36
59,66
60,64
19,8
25,3
30,4
31,2
27,8
23,3
21,4
25,6
32,1
18,5
7
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58,51
57,50
57,41
57,37
56,82
57,97
1 17,0
24,7
31,0
30,2
27,0
23,8
20,1
24,8
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15,4
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56,03
55,43
54,82
54,90
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55,45
55,33
17,4
26,8
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28,8
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* 22,3
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59,53
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29,4
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26,3
23,7
21,4
25,1
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11
60,05
61,30
61,10
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60,99
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61,04
19,4
27,4
31,8
31,0
26,5
24,8
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26,2
32,8
17,8
12
62,19
62,70
62,35
61,57
61,53
62,23
61,71
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20,6
25,4
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27,4
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25,6
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30,3
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24,0
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19,3
14
60,19
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58,90
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59,54
59,78
59,80
21,6
26,0
30,5
29,8
26,3
23,9
22,1
25,7
31,4
20,8
15
59,59
59,51
58,47
58,01
58,26
58,50
58,36
5s,67
20.6
23,9
29,8
28,8
25,5
22,3
21,2
24,6
31,0
19,2
1J
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58,26
57,66
56,89
56,77
56,91
57,00
57,34
19,8
23,3
28,8
27,6
25,2
22 4
20,8
24,0
29,1
18,2
|
17
55,48
55,69
54,62
53,26
53,88
54,08
53,25
54,32
19,4
23,8
26,8
25,8
23,8
18,5
18,4
22,4
27,3
■ 18,4
18
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51,30
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20,0
18,2
17,6
19,3
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16,9
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52,94
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53,61
53,55
53,70
54,72
54,77
53,89
16,6
18,9
23,3
21,4
20,4
19,0
18,1
19,7
25,2
15,9
20
54,87
55,61
55,94
55,73
56,03
57,29
57,74
56,19
17,4
20,7
24,3
25,2
23,7
21,1
19,8
21,7
26,2
10,7
21
58,46
58,88
58,69
58,77
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60,47
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59,16
18,0
21,3
25,7
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18,8
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22,6
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21,7
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15,7
23
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60,56
61,69
61,35
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25,2
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| 27.7J 16,8
BULLETTINO METEOROLOGICO. — Voi. IV.
— 34 -
Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio.
Specchio LI.
Settembre 1888.
Umidità, assoluta
Umidità
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Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio.
Specchio IH. Settembre 1888.
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Settembre 1888.
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3,7
3,3
4.5J4,o| 4,3J 4,9J 4,l| 3,3J 3.5J 4,1
8,4
4,2
0,2
0,3
15,7
0,0
1",3
1,4
12,8
33,3
47,5
6,5
6,5
8,0
6,5
8,0
7,0
6,0
5,5
7,5
7,5
8,0
7,5
5,5
5,5
6,5
6,5
7,5
5,5
8,5
7,5
7,5
7,5
10,0
6,5
8,0
0,5
7,5
6,5
6,0
4,5
7,5
0,5
7,5
7,5
G,0
7,5
8,0
7,5
8,5
8,5
0,5
6,5
7,0
6,5
5,5
7,0
7,0'
9,0
6.0
7,0
5,5
0,o
6,0
6,0
8,0
6,0
7,o
7.:.
5,0
8,5
7,5
M
8,0
1
6,0
4,5
6,0
6,5
5,0
6,5
7,0
3,5
7,0
Poca piog. v. f.
ANNOTAZIONI
Pioggia fino alla sera.
Goccie, v. forte Goccie verso le 7h di ser., v.
forte SSO nel pomeriggio.1
Vento forte
Vento forte
Pioggia, v. fori
Vento forte
Vento forte
Vento forte
Piog. 1. t., V. f.
Pioggia, v. fort
Vento forte
Pioggia
Piogg. 1. e tuoni
Goccie
Piog., 1., tuoni
Vento forte
vento forte
7,5
6,7
7,5
6,7
7.3
6,8
6,7 1 7,4| 6,7 1 6,3
Vento f. SO nel pomeriggio.
Vento forte S nel meriggio.
Poca pioggia nel mezzodì: v,
f, SSE nel pomeriggio.
Vento forte S nel meriggio.
Vento forte S nel pomeriggio
Vinto forte ONO nel pomer.
Temp. alle 4h pom. con 1., p
I et, e tnnii. i-"ii p., t. e fui.
Temp. con ]i.. 1. e tuoni nella'
ni.itt,, e alle 6hlj2 di Bei».
(Mggia nel pomeriggio.
Vento forte NNE nella matt.
l'oca pioggia nella mattina.
Temp. con piog., lampi, tuoni
e fulmini nel pomeriggio.
Goccie nel pomeriggio.
Temp. con lampi, pioggia, e
tuoni da mezzodì alle 5h p,
Vento for. NNE in prima mat
Vento forte SSO nella sera.
— 37 —
Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio
Spzcc-o I. OUobre 188a
Altezza del Barometro ridotto a 0°
6h
,)h
3*
9"
5 o
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700 min.
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Mese
47,61
50,72
50,02
52,38
51,26
54,76
53,02
48,94
48,94
55,83
57,90
57,65
53,91
57,43
45,30
53,79
56,15
50,17
52,60
59,60
61,96
61,18
62,82
64,54
65,63
67,05
68,33
67,81
67,21
65,61
63,55
48,59
51,41
51,54
53,63
51,76
55,41
52,98
49,73
50,10
56,43
58,54
57,70
54,03
46,70
46,20
54,41
56,12
50,17
54,05
60,64
62,29
61,65
63,17
65,19
66,40
67,60
68,50
67,98
67,56
66,08
63,90
48,73
51,31
53,31
53,73
52,90
55,18
52,24
49,72
51,66
56,57
58,43
57,15
52,62
45,73
48,10
54,64
55,68
49,70
54,24
60,69
61,85
61,41
63,17
65,01
66,02
67,56
68,05
67,64
67,16
65,12
63,37
48,52
50,26
51,58
52,94
53,51
54,61
50,62
49,38
52,86
56,07
57,93
56,12
51,12
44,94
48,01
54,70
54,29
49,47
54,33
60,85
61,12
60,78
62,35
64,22
65,62
67,06
67,19
66,95
66,31
63,94
61,89
49,31
50,04
52,19
52,65
54,35
54,99
49,36
49,13
53,58
56,87
57,97
56,04
50,78
44,70
48,94
55,13
53,58
50,56
54,94
61,87
61,43
60,93
62,97
64,63
65,83
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67,39
67,29
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50,42
52,93
52,66
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55,41
49,31
49,02
55,03
57,46
58,53
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45,46
51,39
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53,33
51,81
56,45
62,39
61,76
01,6
63,78
65,21
66,42
68,02
67,56
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66,39
64,27
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50,85
49,99
52,95
52,42
54,74
54,68
48,86
48,30
55,50
57,63
58,20
55,77
50,04
45,09
51,42
56,81
52,46
52,28
57,73
62,20
61,77
62,05
63,97
65,53
66,48
68,41
67,52
67,87
66,32
64,00
60,82
6h
Termometro Centigrado
9h
:;"
6h
49,18
II
50,59, 21,4
51,93
52,92
53,38
55,01
50,93
49,17
52,52
56,69
58,21
56,65
51,89
47,15
48,48
55,18
54,52
50,59
54,91
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61,74
61,38
63,18
64,90'
66,06
67,58
67,79
67,61
66,73
64,70
62,3*
51,35
54,45
65,06
52,16
53,86
65,48
52,43
53,70
65,12
52,03
53,18
64,31
52,25
53,45
64,52
52 80
54,30
64,93
52,59
54,20
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52,23
53,88
64,91
56,95 57,17
57,08
56,51 56,74
57,34
57,26 57,01
23,8
21,6
19,5
14,8
14,6
13,6
11,6
12,6
10,9
9,5
10,0
9,0
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11,8
10,3
11,5
10,8
6,7
6,3
4,2
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4,8
5,9
6,8
7,8
7,6
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5,6
6,2
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D
24,6
24°0
0
21.7
20°7
23,8
26,2
26,0
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23,8
26,1
26,9
26,6
24,4
24,0
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24,9
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21,3
21,0
18,8
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19,6
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16,9
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16,5
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17,1
18,7
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17,5
16,4
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12,6
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12,4
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11,0
14,8
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17,2
15,2
12,8
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18,2
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11,5
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10,8
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7,6
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9,5
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13,5
10,4
8,1
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13,9
15,2
12,4
9,9
8,6
14,9
16,3
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10,5
9,9
15,9
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13,6
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9,8
15,8
17,3
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11,6
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18,5
14,9
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11,0
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18,3
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12,4
10,8
16,5
17,8
14,8
12,0
10,6
16,6
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14,4
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9,8
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18,1
14,8
12,1
10,3
16,0
17,6
14,3
11,9
19,8
24,1
22,6
18,9
1 5,8
16,-'
16,8
12,0
12,2
11,6
11,6
12,7
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11,4
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11,9
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10,1
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10,0
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17,2
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15,5
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18,9
14,0
13,9
17,8
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11,3
16,9
11,1
9,1
11 ,1 1 14.5J 17,9 18.3J 15,6| 13,s| 12,4
Temperatura
a
21,8
24,2
24,9
21,8
19,2
18,2
18,0
14,4
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£6,7
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18,6
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18,9
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14,6
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9,9
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10,4
10,5
9,7
10,4
9,2
5,4
5,4
4,0
3,8
2,8
5,7
5,8
7,1
6,3,
5,9
5,4
6.0
19,2
13,4
11,8
L'2,4
17,3
17,3
15,5
9,1
5,3
BULLETTINO METEOROLOGICO. — Voi. IV.
14,8 1 19,0J
IO
10,0
— 38 -
Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio.
Specchio II.
Ottobre 1888.
o
e
o
3
6h
Umidità assoluta
Media
diurna
Umidità
RELATIVA
É<8
11
-. a
■sa
3^3
N
O 9
3.5
I 1
9h
'•3
o
3h
6h
9h
6h
9h
1 1
II
3h
6h
9h
1
15,47
15,71
15,19
14,26
14,79
14,02
13,94
14,77
97
74
66
64
76
77
81
76
mml
1,03
2
14,07
14,06
15,42
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12,96
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13,97
14,29
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69
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60
58
57
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63
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3
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16,70
17,31
16,83
16,59
17,18
16,65
16,57
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63
65
65
73
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70
4,85
4
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15,81
18,05
14,77
14,55
15,26
14,75
15,36
82
73
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75
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90
80
1,98
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14,41
12,71
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10,18
10,64
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11,89
91
77
68
55
63
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73
72
1,88
6
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11,19
10,21
10,78
10,89
10,63
11,06
10,48
69
66
53
58
70
78
80
68
2,78
7
11,00
12,03
11,76
11,49
11,80
12,33
12,50
11,84
89
72
61
63
77
89
94
78
2,33
8
7,84
8,14
7,51
7,65
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8,00
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63
51
56
72
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77
66
2,14
9
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8,71
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7,27
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7,84
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54
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10
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11
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9,19
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75
75
2,13
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6,87
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57
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17
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8,29
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7,24
7,72
72
63
57
45
61
69
69
62
3,20
18
6,96
7,94
7,99
8,05
7,48
7,11
6,94
7,50
69
61
53
53
61
61
64
60
4,25
19
6,11
6,51
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5,31
4,83
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5,33
63
52
32
34
42
53
50
47
6,45
20
2,80
2,71
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2,83
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3,56
2,77
38
32
21
32
41
43
46
36
6,70
21
3,92
3,63
3,22
3,81
4,30
4,47
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68
2,60
23
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8,03
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82
66
52
57
75
84
89
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1,32
24
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6,76
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9,75
9,12
8,00
7,87
84
74
64
51
84
91
93
77
2,98
25
6,31
7,05
8,28
7,90
8,93
8,81
7,54
7,83
91
78
62
54
74
86
89
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1,95
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6,52
7,27
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10,01
9,79
7,91
8,08
88
78
54
48
79
87
85
74
2,68,
27
6,47
7,03
6,97
9,15
8,80
7,59
7,38
7,63
82
72
50
58
66
71
77
68
1,85
28
6,15
6,68
7,99
7,99
9,09
8,88
7,76
7,79
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69
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53
72
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8,04
7,78
| 89
75
45
55
78
85
91
74
1,61
30
5,96
7,42
7,47
10,25
10,20
9,63
8,69
8,52
|
88
86
54
66
81
92
95
80
1,35
31
6,67
8,27
9,34
8,37
9,33
9.38
8,86
8,70
49
88
69
56
82
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11,80
11,83
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12,03
79
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62
61
71
77
80
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7,35
7,33
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7,27
7,18
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7,13
71
64
52
49
60
66
70
62
39,82
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5,72
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8,82
8,19
7,52
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82
71
54
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74
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86
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24,7 2|
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56
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— 39 —
Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio.
Specchio III. Ottobre 1888.
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Velocità oraria del vento
in chilometri
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32
37
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32
34
34
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30
25
28
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1
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2
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calma
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calma
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12
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16
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calma
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1
1
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1
1
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1
1
calma
1
calma
1
calma
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2
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1
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calma
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calma
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3,0
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2,2
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Totale
in
24 ore
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11
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— 40 —
Osservazioni meteorologiche del E. Osservatorio del Campidoglio
Specchio IV.
Ottobre 1888.
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0,6
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Vento proc,
Vento proc.
Pioggia
6,5 Pioggia, v. fori
6,5
Pioggia, v. fort.
Pioggia
ANNOTAZIONI
Vento forte e procelloso dalle
7h del mattino fino a sera.
Vento S forte o procelloso da
! mattina a sera.
Pioggia dalle 61i del mattino
I fino verso mezzanotte.
Piog. dalla not. fino a mezzodì
I con vento forte S nel mez.
P. dalle 7h m. a mezzodì e dallo
| 3hamezzan., v. f. a mezzodì.1
Pioggia nella sera.
6.5MPioggia v. fort. Pioggia nel mattino e in prima
sera v. t'. SSn nel mezzodì.
6,0 Goccio Goccio nel mezzodì.
3,5
6,5
6,5
II
7,5 Pioggta v. fort
8,5 Pioggia v. fort
9,0 Pioggia v. proc.
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5,9
6,0
8,1
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7,3
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7,1 1 7,5J 5,7j 6,2
Vento forte
Vento proc.
vento forte
Vento proc.
Vento forte
Calma
Calma
Calma
Calma
Calma
Calma
Calma
Calma
Calma
Calma
Pioggia nella sera vento forte
S. nel pomeriggio.
Pioggia mat. e sera v. f.- NNE
e proc. nella matt. e sera.
Vento proc. tutta la giornata.
Vento forte la notte.
Vento NNE forte e procelloso1
I in tutta la giornata.
Vento f. NNE tutta giornata.
Vento forte e procelloso in
tutta la giornata.
Vento forte NNE da mattina
a sera.
Calma nella giornata.
Calma.
Calma.
Calma.
Calma.
Calma.
Calma.
Calma.
Calma.
Calma.
— 41 —
Osservazioni meteorologiche del K. Osservatorio del Campidoglio
Specchio I
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18,6
12,1
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60,16
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10,2
11,8
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57,05
56,51
56,60
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57,01
56,91
56,84
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11,6
11,2
10,7
10,4
11,1
10,4
11,7
7,4
14
55,82
56,50
56,44
56,56
57,49
58,22
59,18
57,17
11,8
13,1
15,6
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BULLETTINO METEOROLOGICO. — Voi. IV.
11
— 42 -
Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio.
Specchio II.
Novembre 1888.
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calma
NNE
calma
10
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calma
calma
calma
4
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calma
1
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calma
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6,7 1 7,2 1 7,6| 7,4| 6,9
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— 44 —
Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio
Specchio IV.
Novembre 1888.
o
e
o
Stato del cielo in decimi
di cielo coperto
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7,0
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6,5
6,5
6,5
6,5
9,0
,5
3,5
Piog. 1. 1. v. pr.'
1ocapiog. l.v.f.
Temporale con piog. 1. tuono,
vento proc. nel pomeriggio.
Poca pioggia vento forte nel
mezzodì
5
3
2
8
3
2
7
6
4,6
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6,5
5,5
4,5
4.0
Poca pioggia
Poca pioggia dopo mezzodì.
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2
7
'.1
7
10
10
10
7,9
4,5
6,0
6,5
6,5
6,0 Pioggia dirotta
Pioggia dirotta a tarda sera.
7
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6
4
5
6
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7
2
3
1
5
0
3,9
3,1
13,6
7,5
2,0
6,5
5,5
6,5
4,5
J
3,0
Pioggia dirotta
Pioggia dirotta nella notte e
nel mattino.
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5
7
9
0
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LO
10
7,3
6,7
7,0
5,5
5,5
3.5
Rioggia, lampi
Pioggia e lampi a tarda sera.
10
10
10
LO
10
10
3
0
7,6
17,3
7,0
8,5
7,5
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Pioggta v. t'ort.
Pioggia da mattina a sera
vento forte KNE.
11
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0
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0
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8,0
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6,5
"l
6,0
Vento proc.
Goccie
Vento procelloso e forte NNE
in tutta la giornata.
Goccie verso mezzanotte.
13
14
10
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9
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10
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10
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5,5
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6,5
Pioggia
Pioggia alla mattina e goccie
dopo mezzodì.
15
6
5
5
3
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0
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6,5
3,5
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5
2,4
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6,5
6,5
4,0
17
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7
3
2
3
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1
4,1
7,0
7,0
5,5
4,0
18
3
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8
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10
lo
10
8,1
0,4
3,0
6,5
2,5
6,0;
Pioggia
Poca pioggia a tarda sera.
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9
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1
5,6
0,2
4,0
7,0
7,0
5,0
Poca pioggia
Poca pioggia nella mattina.
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0
0
1
Q
0
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1
0,3
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Calma.
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0
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0
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0,0
3,3
1,0
1 6,0
0,5
5,0
0,5
2,5
0,0
5,0
Pioggia v. fort.
Vento forte
Pioggia fino verso sera vento
forte N verso mezzanotti'.
Vento forte in prima sera.
23
24
0
0
1
0
0
1
0
0
0
0
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0
0,1
0,0
5,5
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7,0
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6,5
6,5
6,5
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Vento forte
Vento forte dal mattino sino
alle 7 li della sera.
25
6
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5
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4,0
3,5
3,5
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Brina.
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7,0
6,5
4,5
5,5
6,0
4,5
Pioggia v. fort
vento forte
Pioggia verso mezzanotte vi
| S f. da mezzodì a mezzanot.
Vento forte SO sul far del
giorno.
D.la
5,?
5,9
6,1
6,0
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5,1
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55,9
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il
— 45 —
Osservazioni meteorologiche del R. Osservatorio del Campidoglio
- T Decembre 188S.
Specchio I.
o
e
o
3
Altezza del Babometro ridotto a
3°
Termometro Centigrado
Temperatura
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3
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33,48
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13,8
3,5
4
63,38
63,97
53,69
32,72
32,79
53,39
63,32
63,32
3,8
4,8
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12,4
10,2
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7,8
12,4
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5
62,77
63,38
63,45
52,88
63,28
63,48
63,52
63,25
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5,3
11,4
12,8
10,4
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5,8
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12,8
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63,75
64,21
63,84
83,19
63,62
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63,83
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5,1
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10,9
9,1
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4,6
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64,50
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8
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66,44
66,25
65,50
65,78
66,09
66,45
06,05
1,6
3,3
8,1
10,6
8,6
4,0
1,9
5,4
10,6
1,1
9
65,65
65,97
65,36
64,19
63,85
63,94
63,20
64,59
0,2
1,7
8,6
10,5
7,6
4,0
1,4
4,9
10,6
-0,5
10
61,88
61,45
60,49
59,18
58,66
58,22
57,58
59,63
0,4
1,0
7,0
9,2
7,6
5,5
4,5
4,9
9,3
-1,2
11
56,62
57,06
57,02
56,25
56,57
57,45
58,22
57,03
2,6
5,0
10,0
11,7
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5,1!
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11,7
1,7
12
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60,78
61,37
61,26
62,56
64,25
65,04
62,03
4,6
5,2
10,2
10,5
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4,0
3,1
6,4
10,8
3,1
13
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66,52
66,86
66,46
67,08
68,45
69,12
67,20
0,8
2,5
7,6
8,3
5,8
3,1
1,6
4,2
8,9
0,4
14
1
69,97
70,64
70,39
69,51
69,97
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70,52
70,18
0,5
1,5
6,4
8,1
6,1
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0,6:
3,7
8,2
-0,2
15
68,68
69,34
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66,36
65,51
65,42
67,19
0,8
2,7
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12,0
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9,6
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|
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BuLLETTINO METEOROLOGICO. — Voi. IV.
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Osservazioni meteorologiche del K. Osservatorio del Campidoglio.
Specchio II.
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5,5 Pioggia v. fort.
7,0 Pioggia v. fort.
8,5 Pioggia v. fort.
5,5
Pioggia nella mattina e nella
. at0 f. S nella -era.
Pioggia Della mattina vento
S forte nella mattina.
Pioggia a mezzodì con vento'
forte S nel meriggio.
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Calma
Nebbia nella mattina tempo-
rale con t. 1. e fulmini.
Calma.
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Pioggia nella mattina e calma.
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BINDING CZCT. JCJN 28 1973
A3
222
R625
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Rome
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