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Full text of "La Civiltà cattolica"

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I 


LA 


CIVILTA  CATTOLICA 


ANNO  tyECIMOQUINTO 


17  Jlarzo  186i. 


LA 


CIVILTA  CATTOLICA 


ANNO  DECIMOQUINTO 


» 

JBeatus  populus  cuiut  Dominus  Deus  eius. _. -  '  ,  \    v  \ 
PSALM.  CXLin.48.  /^ 

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,     VOL.  X. 
BELLA  SERIE  QU1NTA 


ROMA 

COI  TIPI  DELIA  CIVILTA.  CATTOLICA. 
1864. 


-  41957 


PROPRIETY  LETTERARIA  sccondo  le  Convenzioni  del  varii  Stati. 


LA  QUISTIONE  DEI  DUCATI  DANESI 


I.  Ragione  di  trattarne. 


La 


piu  aniica  e  la  piu  avviluppata,  fra  le  quistioni  politiche  e  inter- 
nazionali  che  si  discutono  in  Europa,  e  fuor  di  dubbio  la  quistione 
dei  Ducati  danesi.  Dopo  che  in  questi  ultimi  dodici  lustri  soltanto 
molte  costituzioni  diverse  vennero  largite  a  quelle  popolazioni  per 
conlentarne  i  desiderii ;  dopo  che  parecchi  trattati  internazionali 
furono  maneggiali  per  antivenire  i  pericoli  d'  una  guerra ,  e  alcuno 
perfm  conchiuso  e  ralificalo;  gia  per  la  seconda  volta  si  ricorre  alia 
spada  per  tagliare  questo  nodo  gordiano ,  che  ne  le  condiscendenze 
della  politica ,  ne  i  provvediraenli  della  diplomazia  sono  riusdli  a 
sciogliere.  Ne  cio  deve  fare  meraviglia.  Questa  yertenza  nasce  da 
passioni  contrarie,  da  interessi  opposli,  da  principii  contraddittorii : 
risguarda  a  un  tempo  medesimo  i  re  e  i  popoli ;  da  un  lalo  si  lega 
al  passato  e  dall'altro  si  stende  airavvenire  di  due  nazioni :  e  come 
tocca  in  un  modo  singolarissimo  i  vantaggi  si  different!  di  grand! 
nazioni ,  cosl  ne  sveglia  le  gelosie  reciproche  e  le  mantiene  in  una 
penosissirna  espettazione.  Una  tal  gravita  esigeva  un  pronto  scio- 
glimento :  e  lo  scioglimento  e  stato  finora  reso  impossibile  dal  com- 
plesso  medesimo  di  tanli  principii  e  di  tanti  interessi  che  bisognava 
conciliare.  Tulti  gli  uomini  adunque  di  Stato  piu  gravi  e  piu  speri- 
mentati  han  rivollo  lo  sguardo  sulla  penisola  danese,  e  \eggono 


6  LA  QUISTIONE  DEI  DUCATI  DANESI 

quivi  andarsi  a  mano  a  raano  dilatando  quella  poca  favilla ,  cui  puo 
fra  brevissimo  tempo  secondare  non  grande  solo  ,  ma  immensa  la 
fjamma.  I  cervelli  leggeri  per  lo  conlraric  o  chiamano  tal  quislione 
una  metafisicheria  alemanna,  cui  non  vale  ne  anco  la  pena  di  discu- 
tere ;  o  la  dicono  si  complicata  nei  varii  suoi  risguardi,  che  sia  non 
che  difficile  ma  quasi  impossible  di  tutta  comprenderla  e  defmirla. 
Noi,  senza  essere  ne  crederci  per  nulla  uomini  di  Stalo,  intendia- 
mo  nondimeno  talmente  Y  importanza  di  questa  queslione .  che  non 
dubiliamo  di  vedervi  entro  accumulate  insieme  tutte  le  difficolta,  che 
spartitamente  si  rinvengono  nelle  altre  quistioni  politiche  e  diploma- 
tiche,  diballute  presentemente  nell'Europa.  In  quanto  poi  alpene- 
trare  fin  dentro  ai  suoi  piu  minuti  parlicolari  non  ce  ne  professiamo 
capaci :  ma  di  quel  tanlo  che  puo  facilmente  sapersene  ,  deduciamo 
una  conseguenza ,  la  quale  e  appunto  il  molivo  principale  che  ci  ha 
mossi  a  intrattenere  i  nostri  letlori  di  questo  argomento.  Se  noi  non 
G'inganniamo  ,  la  soluzione  della  questione  danese  sarebbe  facilissi- 
ma,  quante  volte  si  volesse  da  tutti  rispetlato  il  dritto  storico ,  e  da 
tutli  si  ammellessero  risolutamenle  i  principii  conservatori.  La  dif- 
ficolta adunque  di  trovarne  un'  equa  soluzione  dimora,  secondo  noi, 
In  quel  drilto  nuovo  ,  che  s'  e  voluto  proclamare  in  Europa  ,  e  far 
valere  in  questi  ultimi  anni.  Nel  fame  1'applicazione  ai  Ducati  danesi 
esso  e  impotente  a  soddisfare  lutte  le  contrarie  esigenze  ,  ad  appa- 
gare  tutli  i  contrarii  interessi,  a  far  tacere  tutte  le  contrarie  passioni. 
Ecco  dunque,  secondo  un  tal  punto  di  veduta ,  un  nuovo  e  grandis- 
simo  fatto  in  confermazione  dei  principii  per  noi  propugnati.  Se  esso 
non  e  una  nostra  illusione ,  e  che  non  sia  speriamo  convincerne  i 
nostri  lettori ,  noi  difficilmente  potevamo  trovare  suggetto  piu  con- 
forme  agl' intendimenti  della  Civilta  Cattolica;  ne  piu  proprio  a 
soddisfare  la  legitlima  curiosila  dei  lettori  di  lei.  Entriamo  adunque 
senz'  altro  a  svolgere  ,  secondo  i  diversi  aspelti  della  quistione ,  un 
tal  concetto  che  a  tutti  mirabilmente  conviene,  e  dimostriamo  in  cia- 
scuno  d'essi,  come  senza  i  principii  della  rivoluzione,  messi  in  voga 
in  questi  ultimi  tempi,  i  Ducali  danesi  o  non  avrebbono  dato  luogo  a 
nessuna  quistione ,  o  ne  avrcbbcro  Irovato  facilissimo  lo  sciogli- 
mento. 


LA  QUJSTIONE  DEI  DUG  ATI  DANESI  7 

II.  Aspetto  politico. 

Considerata  sotto  tale  aspetto,  la  vertenza  cade  propriamente  tra 
gli  abitanti  del  Ducato  di  Schleswig  e  la  Corona  di  Danimarca:  e  quin- 
di  e  una  vertenza  tutta  interna,  e  direm  cosi  domestica.  Le  due  as- 
serzioni  contrarie,  sostenule  1'una  dai  parteggiani  del  Governo  da^ 
nese,  1'altra  dai  tedeschi  che  sono  nei  Ducati ,  possono  cosi  esporsi. 
Lo  Schleswig,  dicono  i  primi,  costituisce  una  provincia  danese,  for- 
manle  un  tutlo  intero  col  Jutland ,  col  quale  si  continua  verso  il 
Nord,  e  sottomesso,  non  alia  persona,  ma  alia  Corona  dei  Re  di  Dani- 
marca. I  secondi,  per  lo  contrario,  pretendono  che  esso  e  una  pro- 
vincia tedesca,  stretta  con  vincoli  d'  unione  politica ,  e  incorporata 
all'Holstein,  col  quale  non  forma  che  un  tulto,  benche  spartito  in  due 
membra  ,  e  sottoposto  non  alia  Corona  danese,  ma  alia  persona  dei 
Re  di  Danimarca. 

Questa  sembra  a  prima  vista  una  quistione  quasi  oziosa  di  rap- 
porti  meramente  astratti ;  ma  &  invece,  chi  ben  la  considera,  la  piu 
imporlante  ,  anzi  la  radice  di  tutte  le  alire.  Se  avessero  ragione  i 
Danesi,  la  Confederazione  germanica  non  avrebbe  nessun  drilto  d'im- 
pacciarsene ;  leleggicbe  governano  le  a) tre  province  danesi  dovreb- 
bero  valere  per  lo  Schleswig ;  chi  succede  per  legittimo  dritto  alia  Co- 
rona di  Danimarca  non  avrebbe  bisogno  d'un  altro  dritlo  diverse  per 
possedere  lo  Schleswig.  Cosi  per  lo  contrario,  se  ban  ragione  i  Tede- 
schi, puo  la  Confederazione  alemanna  ,  se  non  con  dritto  lampante, 
certo  con  plausibile  pretesto  altribuirsene  1'  ingerenza  e  pretenderne 
la  lulela ;  i  cangiamenti  politici  nella"  costituzione,  e  le  modificazioni 
nella  legislazione  che  obbligano  la  Danimarca  non  vincolano  imme- 
diatamente  lo  Schleswig ;  e  inline  il  drilto  della  successione  puo  essere 
ben  diverso  per  la  Danimarca  che  pel  Ducato. 

Or  quale  delle  due  opinioni  e  la  prevalenle  per  forza  di  ragione  c 
di  buon  diritto?  Esponete  le  ragioni  dejle  due  parti  innanzi  a  persone 
di  semplice  buon  senso,  essenon  vi  troveranno  neppure  il  motive  di 
fame  soggetto  di  una  discussione.  La  discussione  e  solo  possibile 
innanzi  ad  uomini  ligi  ai  principii  della  rivoluzione,  e  devoti  al  nuovo 
dritlo  che  la  rivoluzione  tenta  di  far  prevalere  nel  mondo.  Vediamolo 
nel  falto. 


8  LA  QUISTIONE  DEI  DUCATI  DANESI 

II  Ducato  d'  Holstein  fa  1'  ultima  terra  conquistala  all'  Impero  da 
Carlo  Magno ,  abitata  da'  tedeschi  e  data  in  feudo  imperiale  a  im 
Duca.  Nel  1459 ,  venendo  a  mancare ,  colla  morte  di  Adolfo  di 
Schaumbourg,  la  discendenza  diretta  di  questo  Duca,  la  succcssione 
cadde  nella  persona  del  Re  di  Danimarca,  che  gli  era  piu  vicino  per 
sangue.  II  Re,  divenulo  Duca  d' Holstein,  divenne  vassallo  dell'Im- 
pero,  da  cui  ebbe  1'inveslitura,  e  nulla  fu  cangiato  nel  Ducato,  che 
riraase  Slato  tedesco  com'  era  innanzi.  Disfattosi  nella  grande  rivo- 
luzione  1' Impero,  quel  vassallaggio  del  Duca  d' Holstein  cesso,  come 
tutti  gli  altri  vassallaggi  degli  Stati  alemanni ;  e  cosi  dal  1806  al  1815 
il  Re  di  Danimarca  fu  sovrano  indipendente  dell' Holstein.  Nella  nuo- 
va  Confederazione  tedesca ,  edificatasi  sulle  ruine  dell'  Impero ,  fu 
compreso,  com'  era  nalurale,  quello  Stato  iedcsco,  e  da  quel  di  il  Re 
di  Danimarca ,  qual  Duca  d'  Hoistein  divenne  membro  della  Confe- 
derazione alemanna. 

Lo  Schleswig  al  contrario  e  terra  danese,  perche  non  fu  mai  com- 
presa  nell'Impero,  perche  fu  sempre  abilata  da  popoli  danesi,  e 
sempre  congiunta  al  regno  di  Danimarca ,  perche  fu  sempre  consi- 
derata  come  una  porzione  del  Jutland ,  e  come  tale  ebbe  anzi  ed  ha 
tuttavia  nome  di  Jutland  meridionale.  II  Duca  di  Schleswig  era  un 
vassallo  de'  Re  di  Danimarca ,  da  cui  venivagli  1'  investitura ,  e  a 
cui  rendeva  omaggio  per  quel  feudo.  Egli  e  ben  vero  che  quel  Du- 
cato fu  dato  nel  decimoquarlo  secolo  ai  Duchi  di  Holstein :  ma  non  e 
men  vero  che  quesli  ne  riconoscevano  1'alla  signoria  nella  Corona 
danese,  come  per  1'  Holstein  la  riconoscevano  nella  imperiale.  Non 
V  era  altro  vincolo  che  congiurigesse  i  due  Ducati  fra  loro,  salvo  la 
persona  del  Duca,  che  all'  uno  e  all'  altro  presedeva  nel  tempo  stesso ; 
non  vincolo  di  legislazione  che  era  differente ,  non  vincolo  di  giuris- 
dizione  che  era  divisa ,  non  vincolo  di  servilu  militare  che  dall'  un 
Ducato  non  si  eslendeva  all' altro.  Non  potendosi  adunque  dall' una 
parte  allegare  nessun  patio  d'  unione  tra  i  Re  di  Danimarca  e  1'  Im- 
pero ,  nessuna  carta  di  cessione  dei  diritti  esclusivi  di  ciascuno ,  nes- 
sun traltato  internazionale ;  e  dall'  altra  la  sloria  dei  due  paesi  mo- 
slrandone  nel  fatto  non  solo  la  distinzione ,  ma  la  separazione  poli- 
iica  sempre  continuata;  ne  conseguita  per  nalurale  inferenza  che 
essi  non  possono  in  nessuna  maniera  considerarsi,  come  parti  di  ua 


LA  QUISTIONE  DEI  DUCATI  DANESI  9 

tutto  unico  e  compatto ,  come  due  province  different!  di  una  mede- 
sima  Monarchia,  anzi  neppure  come  due  Stati  connessi  politicamente 
insieme.  Tanto  e  dunque  contrario  al  diritto  il  contrastare  alia  Con- 
federazione  germanica  la  tutela  dell'Holstein,  quanto  il  contrastare 
alia  Corona  danese  la  sovranita  sopra  lo  Schleswig. 

Ma  se  non  v'  e  un  vincolo  politico  che  riunisca  i  due  Ducati ,  v'  e 
pero  un  vincolo  sociale  che  li  stringe  insieme.  L'aver  essi  avuto 
per  quasi  cinque  secoli  continui  un  medesimo  Principe  in  comune, 
vi  ha  introdotto  a  poco  a  poco  una  mescolanza  di  persone,  di  inte- 
ressi,  di  costumi,  che  ha  col  lento  procedere,  proprio  dei  cangia- 
menti  naturali ,  modificata  la  natura  propria  di  quelle  popolazioni. 
Oramai  nello  Schleswig  la  nobilla,  proprietaria  della  maggior  parte 
del  terreno ,  e  tedesca ;  sopra  i  suoi  trecentoventicinque  mila  abi- 
tanti  piu  di  centoventimila  sono  d*  origine  e  di  favella  tedeschi ;  la 
parte  piu  colta  del  popolo,  come  la  piu  ricca,  e  tedesca,  e  per  conse- 
guenza  abitudini ,  usanze,  affezioni  tedesche  vi  si  trovano  almen  tan- 
to,  quanto  abitudini,  usanze,  affezioni  danesi :  anzi  vi  prevalgono,  in 
quanto  che  la  parte  danese,  nella  condizion  sua  dipendente  dalla  te- 
desca ,  ne  ha  acceltati  in  molta  parle  i  costumi  e  ne  tutela  gl'  inte- 
ressi.  Queslo  successive  germanizzarsi  dello  Schleswig,  caso  o  pro- 
posito  che  sia  stato ,  e  un  fatto  che  non  puo  negarsi ;  come  non  pu6 
negarsi  il  diritto  dei  Re  di  Danimarca  sopra  quel  Ducato,  scandina- 
vo  o  germanico  che  esso  sia.  Una  tale  unione  sociale  fu  nel  decorso 
del  tempo  piu  volte  cementata  da  vincoli  amministrativi ;  essendosl 
spesso  veduto  negli  ultimi  due  secoli  le  due  Diete  dei  due  Ducali 
riunirsi  per  lungo  tempo  insieme  per  coslituirne  una  sola ,  e  allo 
Schleswig  applicarsi  piu  sovenle  le  leggi  holsteinesi  che  le  danesi. 

Posli  questi  fatli  incontrastabili ,  e  tolta  di  mezzo  ogni  passione 
rivoluzionaria,  non  vi  puo  esser  dubbio  intorno  alia  quistione  interna 
dei  Ducati.  Lo  Schleswig- non  ha  verun  legame  politico  coirHolstein: 
lo  ha  pero  amministrativo  e  sociale.  Per  la  mancanza  del  legame 
politico  esso  non  ha  drilto  a  far  parte  della  Confederazione  alemanna: 
per  la  realta  del  legame  sociale  esso  ha  dhritto  ad  una  costituzione 
tutto  speciale,  e  differente  da  quella  comune  alle  altre  province  da- 
nesi. Sopra  un  tal  punto  trovasi  d'accordo  il  dritto  storico  di  quelle 
popolazioni  col  dritto  convenzionale  dei  trattati :  e  il  negare  allo 


10  LA  QUISTIONE  DEI  DUCATI  DANESI 

Schleswig  una  costituzione  conforme  ai  suoi  bisogni  ed  alle  sue  tradi- 
zioni  e  atto  d'ingiustizia  si  manifesto,  quanto  I'inedrporarlo  politica- 
meute  all'Holstein,  e  fame  un  Ducato  tedesco.  Innanzi  adunque  al 
buon  senso  o  la  quislione  interna  del  Ducali  non  v'  e,  o  essa  ha  fa- 
cilissimo  lo  scioglimento. 

Ma  i  principii  nuovi  della  rivoluzione  hamio  resa  gravissima  quella 
quistione,  e  ne  hanno  fatta  assai  malagevole  la  soluzione.  Due  parti 
politiche,  contrarie  non  solo,  ma  nimiche,  spingono  da  due  lali  oppo- 
sti  lo  Schleswig  :  il  partito  radicale  scandinavo ,  e  il  partito  radi- 
cale  teutonico.  II  primo  aspira  all'unione  della  Svezia,  della  Norvegia 
e  della  Danimarca  in  uno  Stato  solo  scandinavo ,  retto  con  forme 
liberalissime:  e  perch  e  questo  nuovo  Stato  si  trovi  nel  momento  della 
agognata  formazione  piu  forte ,  cominciasi  dal  volere  distrutlo  nello 
Schleswig  ogni  elemento  germanico ;  e  quindi  si  vuol  naturalmente 
rotto  ogni  vincolo  amministrativo,  e,  se  fosse  possibile,  ancor  sociale 
coll'  Holstein.  Giunto  quel  parlilo  al  Governo  della  Danimarca,  lungi 
dal  manteuere  il  diritlo  dello  Schleswig  ad  una  costituzione  sua  pro- 
pria,  ha  falto  ogni  suo  potere  per  abbattervi  la  parte  tedesca,  volen- 
dola  inlerameiile  sommessa  alia  danese.  II  primo  atto  della  rivo- 
luzione danese,  che  nel  1848  spirise  i  democratic!  al  Ministero  in 
Copenhaghen,  si  fu  1' incorporazione  amminislrativa  dello  Schleswig 
alia  Danimarca ,  dal  che  surse  la  prima  guerra  fra  lei  e  la  Germa- 
nia,  nella  quale  se  la  sorte  delle  armi  arrise  da  principio  alia  Dani- 
marca ,  1'  impossibilita  del  continuarla  1'  obbligo  a  promesse ,  fatte 
di  mal  cuore,  e  non  mai  finora  interamenle  effettuate. 

Dopo  la  guerra  i  Ducali  si  tennero  e  vero  da  principio  in  sulle 
difese  conlro  gli  attacchi  del  partilo  radicale  scandinavo  :  ma  spinti 
dali'un  lato  dal  bollore  della  lotta,  e  dall'  altro  aizzati  essi  stessi  dal 
partito  radicale  teutonico,  che  ha  i  suoi  principal!  faulori  nell'  Uni- 
versita  di  Kiel,  ne  oltrepassarono  i  confini',  e  non  content]  piu  della 
semplice  unione  amministraliva,  agognarono  altresl  alia  politica. 
Quindi  le  concession!  danesi,  falte  in  questi  ultinii  tempi  e  con  tanto 
mai  garbo  non  furono  piu  sufficienti  a  quietarli :  e  la  Confederazione 
germanica,  spinta  forse  tropp'  oltre  dalle  intluenze  manifeste  e  se- 
crete del  Nalionalverein ,  per  soddisfarne  i  desiderii  male  accesi  e 
peggio  nutrili,  ha  novamente  ridestala  la  guerra  che,  dilatatasi  per 


LA  QTJISTIONE  DEI  DUCATI  DANESI  11 

le  ragioni  che  vedremo  dopo,  minaccia  di  avvolgere  nel  suo  turbine 
tulta  T  Europa. 

Ora  qual  e  la  cagione  che  ha  giltati  quei  due  partiti  cosi  accani- 
iamente  1'uno  contro  1' atlro,  ed  ha  cosi  sconvolta  ed  inasprita  una 
quistione,  per  se  facile  e  piana?  E  il  principle  delle  nazionalila, 
messo  in  voga  dal  nuovo  dritto.  Esso  e  invocato  dagli  Scandinavi,  e 
dai  Teuton!  al  tempo  slesso.  Ne  cio  dee  far  meraviglia.  II  principio 
e  cosi  vago,  1'applicazione  ne  e  cosi  incerta,  che,  trattandosi  di  un 
paese  come  lo  Schleswig  si  puo  veramente  disputare  a  qual  delle 
due  nazioni  esso  debba  appartenere.  Poiche  per  riputarla  terra  da- 
nese  si  allegano  dagli  uni  la  Storia  antica,  la  giacitura  geografica, 
la  favella  parlata  dal  maggior  numero,  Famore  degli  uomini  di  con- 
lado  alle  istituzioni  e  alia  monarchia  danese,  gli  antichi  e  nuovi  vin- 
coli  politici  •  e  dagli  altri,  per  giudicarla  terra  tedesca,  si  adducono 
la  storia  moderna,  la  coltura  e  1'  insegnamento  specialmente  supe- 
riore,  il  maggior  numero  dei  possidenti ,  i  continui  commerci ,  le 
tradizioni,  i  vincoli  sociali,  e  soprattutto  il  voto  della  sua  Dieta.  Sol 
questo  fatto  basta  a  mostrare  1'  inanita  di  quel  principio ,  invocato 
egualmente  dalle  due  parti  avversarie  per  insignorirsi  della  stessa 
terra,  e  non  senza  pan  ragione.  Se  si  vuol  tener  fermo  quel  princi- 
pio, la  quistione  non  puo  deciders!  che  dalla  forza :  e  lo  Schleswig 
apparterra  a  quella  delle  due  parti  che  uscira  vincitrice  dalla  lotta. 
II  nuovo  dritto  adunque  delle  nazionalita,  in  questa  nuova  applica- 
zione,  si  risolve  nel  dritto  della  conquista;  e  si  vedra  come  in  norne 
della  liberla  possa  un  popolo  venir  consegnato  in  braecio  della  forza. 
]\7e  questa  applicazione  e  di  sua  natura  unica ,  e  piii  eccezione  che 
conseguenza  di  quel  principio.  L'  Europa  ne  porge  tanti  altri  casi, 
al  tutto  somiglianti,  che  guai  alia  liberta  vera  ed  ai  veri  interessi 
dei  popoli,  se  quel  principio  si  vorra  da  senno  applicar  da  per  tutto. 

III.  Aspetto  federate. 

L'Holstein,  antico  feudo  dell'  Impero,  fu,  per  la  convenzione  del 
1815,  unito  alia  Confederazione  germanica,  che  allora  si  costitui:  lo 
Schleswig  rimase  provincia  danese,  col  dritlo  d'essere  retta  da  una 
costituzione  tulto  sua  particolare.  I  trattati  posteriori  non  fecero  che 


12  LA  QUISTIONE  DEI  DUCATI  DANESI 

confermare  una  tal  condizione  di  diritli  preesistenti ,  e  fortificare 
specialmente  con  piu  esplicita  convenzione  quell'  ultimo.  Innanzi  a 
un  lal  dritto  storico  e  diplomatico,  i  rapporli  natural!  tra  la  Confede- 
razione  germanica  e  la  Danimarca  come  erano  semplici  a  stabilire, 
cosi  erano  facili  ad  eseguire.  Le  decision!  delia  Diela  di  Francforte 
erano  obbligatorie  per  1'Holstein:  senza  valore  nessuno  per  lo  Schles- 
\vig :  perche  sopra  1'  Holstein  avea  legiltima  giurisdizione,  sopra  lo 
Schlewig  non  ne  avea  nessuna.  II  governo  di  Danimarca  per  lo  con- 
trario  dovea  organizzare  il  governo  dello  Schleswig  con  Diete  ed  isti- 
iuzioni  amministrative,  appropriate  alle  tradizioni  ed  agl'interessi  di 
quello  Stato :  e  in  questo  andar  d'  accordo  colla  Confederazione,  in- 
nanzi  alia  quale  ne  avea  assunto  1'obbligo.  Se  lo  spirito  rivoluziona- 
rio  non  vi  si  fosse  inframmischiato,  e  da  ambe  le  parti  si  fosse  atteso 
al  compimento  del  proprio  dovere  ;  era  agevolissimo  1'intendersi  re- 
ciprocamente ,  e  materia  di  nuove  vertenze  non  vi  sarebbe  stata  ,  o 
essendovi ,  le  nuove  vertenze  ,  che  non  potevano  cadere  se  non  nei 
particolari?fnotevansi  pianamente  risolvere.  Cosi  pero  non  avvenne, 
perche  il  nuovo  dritlo  venne  a  conturbare  1'antico. 

Oueslo  nuovo  dritto  e  il  medesimo  che  quello  delle  nazionalita , 
che  vedemmo  aver  turbato  innanzi  i  rapporti  dello  Schleswig  colla 
Danimarca.  II  Nalionalverein  arreca  in  campo  due  ragioni  potentis- 
sime  per  insignorirsi  dello  Schleswig:  una  ragione  che  possiam  dire 
d'onore,  e  una  che  possiam  dire  d'utilita  nazionale ;  per  non  chia- 
marle  col  Tero  loro  nome  d'  orgoglio  e  d'interesse.  La  ragione  d'o- 
nore si  e  che  la  Germania  non  puo  lasciare  senza  difesa  i  Tedeschi 
abitanti  nello  Schleswig,  loro  fratelli  e  invocanti  la  loro  prolezione  , 
alia  merce  dei  Danesi ,  i  quali  tendono  a  rapir  loro  quel  bene  mas- 
simo  che  e  la  civilta  germanica  per  sostituirvi  la  scandinava.  La  ra- 
gione d'utilita  si  e  che  i  porti  preziosi  dello  Schleswig,  sia  sul  mare 
del  Nord,  sia  sul  Baltico,  sono  necessarii  allo  svolgimento  della  fa- 
mosa  armata  navale ,  che  1'  Alemagna  deve  costruire ;  e  piu  che  i 
porli  le  sono  necessarii  gli  abitanti  di  quelle  coste,  che  sono  riputati 
arditi  e  abilissimi  navigatori. 

Ne  deve  sembrare  strano  che  essi  trovino  queste  due  ragioni  si 
potenti,  eke  facciau  loro  preterire  ogni  risguardo  agli  antichi  dritti, 
e  spingere  per  ogni  via  gli  Stati  tedeschi  ad  agognare  quella  con- 


LA  QUISTIOXE  DEI  DUCATI  DANESI  13 

quista.  Perche,  dicono  essi,  il  piccolo  Re  di  Piemonte  corse  in  sus- 
isidio  della  rivoluzione,  scoppiata  per  opera  sua  medesima  negli  allri 
Stati  d'ltalia,  e  pole  insignorirsene  ?  Per  quella  cagion  medesima  di 
-onore,  cbe  noi  invochiamo  a  favor  nostro.  Or  V  Europa  non  solo 
consent!  al  Piemoirte  le  sue  conquiste  ,  ma  vi  applaud! .  Or  perche 
vorra  opporsi  alia  Germania,  die  e  spinta  dal  medesimo  impulso,  e 
mira  allo  stesso  termine?  0  forse  perche  il  Piemonte  e  piccolo  Stato, 
e  la  Germania  e  grandissimo,  si  consentira  1'osare  piii  al  primo  che 
al  secondo?  E  notisi  sostanzial  differenza  che  corre  tra  la  Germania 
€  il  Piemonte  :  il  Piemonte  sottrasse  popoli  italiani  a  signorie  italia- 
ne,  e  la  Germania  vuol  sottrarre  popolo  tedesco  a  signoria  non  tede- 
sca  ma  scandinava.  II  principio  dunque  delle  nazionalita  per  la  ragion 
di  onore  e  piu  salvo  nella  quistione  danese ,  che  nella  italiana.  Ne 
men  valevole  esempio  essi  arrecano  per  la  ragion  d'  interesse.  Niz- 
za  e  Savoia  non  furono  aggiunte  alia  Francia  per  altro  .motivo  se 
non  per  questo :  1'Italia  unificata  e  una  minaccia  per  la  Francia ,  la 
quale,  ad  assicurare  la  propria  tranquillita,  ha  bisogno  di  custodire 
essa  stessa  gli  sbocchi,  che  dall'Italia  possono  introdurre  nella  Fran- 
cia gli  eserciti.  Or  questa  ragione  corre  senza  alcun  divario  a  favor 
della  Germania.  I  tre  Stati  scandinavi  tendono  ad  unificarsi  fra  bre- 
Te,  per  non  costituire  che  uno  Stato  solo,  quanto  polente  per  la  sua 
marina,  altrettanto  avverso  all' Alemagna.  Egli  e  dunque  necessario 
il  premunirsi  innanzi ,  e  1'  aggregarsi  quel  Ducato ,  che ,  potendosi 
considerare  piu  tedesco  che  danese,  darebbe  alia  Germania  il  modo 
di  lenersi  aperti  i  due  mari,  e  farvi  rispettare  efficacemente  la  pro- 
pria bandiera.  Poiche  la  possessione  dello  Schleswig  renderebbe  da 
ona  parle  sicura  la  linea  dell'  Eider,  che  e  il  solo  passaggio  dal  Bal- 
tico  al  mare  del  Nord  che  possa  gareggiare  collo  slretto  del  Sund ; 
e  dall'aHra  renderebbe  stabile  il  dominio  stesso  dell'  Holstein,  con- 
Irada  esclusivamente  tedesca  ,  e  si  necessaria  all'  Alemagna  per  la 
sua  marina,  per  i  suoi  commerci ,  e  per  la  sua  positura ,  che  puo 
dirsi  costituirne  la  chiave  maestra  verso  il  settentrione. 

Tali  sono  i  proponimenti  del  liberalismo  alemanno,  e  tali  gli  ar- 
gomenti,  coi  quali  cerca  di  coonestarli.  Orgoglio  e  interesse  li  spinge : 
sofismi  e  cavilli  li  coprono :  cio  e  indubitato  per  chi  non  e  ligio  alia 


14  LA  QCISTIONE  DEI  DUCATI  DANESI 

rivoluzione.  Ma  per  gli  uomini  del  nuovo  dritlo  I  liberal!  alemanni 
debbono  aver  ragione,  e  ragione  palpabilissima.  Quindi  e  propria- 
menle  surto  il  garbuglio  della  Confederazione  germanica  in  questa 
vertenza.  Tenersi  al  mero  drilto  storico  e  diplomaiico  e  stato  per  la 
Confederazione  la  maggiore  delle  sue  difficolta:  perche  con  cio  scon- 
tentava  la  fazion  radicale  tedesca,  che  le  si  e  levata  contra  nei  Par- 
lamenti  dei  varii  Stati,  nei  diarii  pubblici,  in  un  numero  sterminato 
di  dissertazioni,  e  nelle  radunanze  popolari,  tenutesi  a  tal  fine.  E 
siccome  quella  fazione  e  riuscila  a  forraare  un'opinione  fittizia,  che, 
a  forza  di  gridare,  ha  soifocato  la  voce  degli  uomini  onesti  e  indipen- 
denti ;  cosi  T  autorita  della  Confederazione  ne  e  scapitata  non  poco, 
e,  cio  che  non  potea  mancare,  il  germe  della  discordia  le  si  e  intro- 
dotto  in  seno,  minacciando  in  nome  del  principio  delle  nazionalita,  di 
scindere  quella  unione,  che  solo  ora  unisce  in  un  corpo  le  sparse 
membra  di  si  potente  nazione.  Finora  nessun  atto  di  quella  augusta 
Dieta  non  ha  dato  ragion  palese  alia  rivoluzione,  e  la  scissura  non  e 
ancora  un  fatto;  e  verissimo.  Ma  egli  e  pur  vero  che  il  liberalismo, 
colla  mescolanza  dei  suoi  nuovi  principii  nella  vertenza  federate  dei 
Ducati,  1'abbia  resa  si  grave,  che  ne  sia  minacciata  1'esistenza  me- 
desima  della  Confederazione. 

Ne  minore  e  il  torto  del  partito  unitario  scandinavo ;  e  non  abbiam 
bisogno  di  molte  parole  a  dimostrarlo.  Col  negar  che  esso  ha  fatto 
cio  che  era  veramente  un  dritto  dei  due  Ducati ,  esso  ha  cedulo  dei 
pari  air  orgoglio  e  all'  inleresse  nazionale,  ed  ha  posto  in  repentaglio 
1'  esistenza  medesima  della  Monarchia  danese.  V  ha  chi  pretende 
che  questo  sia  appunto  il  movente  secreto  di  quel  contegno:  spingere 
la  Corona,  sotlo  le  apparenze  di  secondare  i  voti  del  popolo  danese, 
ad  errori  fatali,  che  ne  affrettino  la  caduta,  e  cosi  agevolino  il  modo 
di  elfettuare  la  tanto  ambita  unione  coi  regni  di  Svezia  e  di  Norve- 
gia.  Ma  sia  o  no  questo  lo  scopo  diretto  del  radicalismo  scandinavo, 
esso  ne  e  certo  un  probabile  termine :  e  con  cio  solo  puo  scorgersi 
quaii to ,  sotto  1'  aspetto  federale ,  abbia  la  rivoluzione  intrigata  e 
aggrandita  la  vertenza,  che  senz'essa  a  mala  pena  sarebbe  surta,  c 
con  grande  facilita  sarebbe  stata  risoluta. 


LA  QUISTIONE  DEI  DUG  ATI  DAKESI  15 

IV.  Aspelto  dinastico. 

II  lalo  piu  difficile  della  quistione  danese  c ,  fuor  di  ogni  dubbio , 
quello  dell'  eredila  monarchica.  II  re  Federico  VII,  che  nel  1848 
monto  sul  trono  di  Daniniarca,  non  avea  ne  fratelli,  ne  prole,  ne  po- 
tea  sperarne.  II  genitor  suo  Gristiano  VIII  ebbe  im  fratello  Ferdi- 
nando,  anck'esso  senza  figliuoli ;  ed  una  sorella,  Luisa  Carlotta,  ma- 
ritata  al  principe  Guglielmo,  Langravio  di  Hesse-Cassel,  e  madre  di 
progenie  numerosa.  La  successione  adunque  di  Federico  VII  alia 
Corona  danese  dovea  essere  sol  iemporaneamente  raccolta  dal  pro- 
prio  zio  Ferdinando ,  quante  volfe  questi  gli  sopravvivesse,  cio 
che  nelle  previsioni  era  improbabile  per  esser  egli  bene  innanzi 
nell'eta,  e  nel  fatto  non  si  avvero  essendo  lo  zio  morlo  sei  mesi  pri- 
nia  del  nipote.  Erede  dunque  della  Monarchia  diveniva  la  LANGRA- 
VINA  di  Hesse-Cassel  colla  sua  discendenza.  Ma  cotale  successione 
scindeva  la  monarchia  danese ,  e  offriva  quistioni  difficili  e  scompi- 
gliale.  Scindeva  la  monarchia  danese :  perche  sebbene  la  legge  regia 
del  1665,  aboliia  la  legge  salica,  abilitava  le  donne  a  regnare  in 
Danimarca,  essa  non  avea  vigore  pel  Ducato  d'Holslein,  feudo  del- 
T  Irapero,  e  sottoposto  al  dritto  germanico ;  e  per  conseguenza  nep- 
pure  pel  Ducato  di  Schleswig,  il  quale,  per  virtu  dell'unione  perso- 
nale,  seguiva  1'ordine  di  discendenza,  proprio  deirHolstein.  Egli  e 
ben  vero  che  nel  1721,  dopo  le  improvvide  e  infelici  guerre  dei 
Duchi  di  Schleswig  colla  Danimarca,  la  successione  a  quel  Ducato  fti 
assimilata  a  quella  della  Danimarca,  e  per  tale  ammessa  e  giurala 
dai  membri  della  Dieta  schleswigese :  ma  rimase  sempre  ferma  la 
legge  salica  pel  Ducato  di  Holstein  almeno,  il  quale  pero  non  polea 
far  parle  del  relaggio  della  Langravina,  e  quindi  dovea  staccarsi 
dalla  Monarchia  danese.  Ecco  dunque  la  scissione  della  Monar- 
chia :  ed  ecco  al  tempo  stesso  cagione  potentissima  di  piu  forti  litigi 
nella  quislione  del  chi  sarebbe  il  Duca  di  Holstein. 

Quella  parte  di  terra,  che  sulla  penisola  nordica  e  compresa  tra 
T  Elba  e  1' Eider ,  e  che ,  a  guisa  d'un  cuneo  penetrando  colla  sua 
parte  meridionale  nell'Alemagna,  separa  il  Gran  Ducato  di  Mecklem- 
bourg  dal  Regno  di  Hannover,  ebbe  fino  ab  antico  il  nome  di  Hol- 
stein, e  dette  origine  a  quella  stirpe  degli  Holstein,  che  ha  dato 


16  LA  QUISTIONE  DEI  DUCATI  DANESI 

e  da  tanti  principi,  re  ed  imperatori  all'Europa.  Si  la  terra  e  si  la 
stirpe  d'Holstein  son  divisi  in  brani  e  frazioni,  con  un  essere  pro- 
prio  di  ciascheduna.  Vediaino  prima  le  divisioni  del  territorio,  poi 
le  diramazioni  della  stirpe,  giacche  dall'  una  e  dall'  allra  sorgona 
drilli  e  difiicolta  differenti  per  la  successione  nel  Ducato  d'  Holstein. 

L'  Holstein  abbraccia  nella  estensione  del  suo  terrilorio  due  re- 
pubbliche  indipendenti,  le  citla  libere  cioe  di  Hambourg  e  di  Lubeck, 
la  prima  delle  quali,  posta  sull'  imboccatura  dell'  Elba,  comunica  col 
mare  del  Nord,  e  1'altra,  posta  sull' imboccatura  della  Trave,  co- 
munica col  mar  Baltico.  II  principato  di  Lubeck,  la  cui  capitale  e  la 
piccola  ma  graziosa  citta  di  Eulin,  tulloche  stia  sulla  parte  orienta- 
le  dell'  Holstein,  appartiene  ai  Duchi  d'Oldenbourg.  Sulla  sua  parle 
meridionale  v'  e  il  Lauenbourg ,  Ducato  al  tutlo  distinto  e  separate ; 
ii  quale  conquistato  dapprima  sopra  i  Yandali,  che  1'abitavano,  da 
Enrico  il  Lione ,  venuto  poscia  in  signoria  di  un  ramo  dei  Duchi  di 
Sassonia ,  che  estinll  senza  prole  il  trasmisero  alia  casa  di  Hanno- 
ver, venne  finalmente  da  questa,  nel  Trattato  del  1815,  ceduto  alia 
Danimarca.  Sulle  due  citta  libere  di  Hambourg  e  di  Lubeck ,  e  sul 
Principato  di  Lubeck,  che  nulla  han  che  fare  col  reame  danese,  e 
che  tutti  hanno  signoria  e  governo  diverso ,  non  cade  la  quistione 
della  eredita  holsteinese.  Sul  Lauenbourg,  come  su  terra  ceduta  di- 
reltamente  ai  Re  di  Danimarca  ed  ai  loro  discendenti  e  successori , 
neppur  cade  quistione  innanzi  al  diritto  diplomatico,  ma  si  fa  cadere 
dai  sofismi  germanici  innanzi  al  dritto  nuovo ,  che  non  wole  rieo- 
noscere  legitlimita  di  successori  senza  il  beneplacito  de'  popoli.  Ma 
innanzi  all'uno  e  all'  altro  drilto  cade  la  quistione  di  quella  rimanente 
porzione,  che  propriamente  costituisce  il  Ducato  speciale  d'  Holstein. 
E  la  quistione  sorge  appunto  dai  titoli ,  che  i  yarii  rami  della  casa 
d'Holstein  possono  affacciare  sopra  una  tale  eredita. 

La  famiglia  degli  Oldenbourg  fino  dai  decimo  quarto  secolo  ebbe 
due  rami ;  il  primogenito  che  ottenne  il  Reame  di  Danimarca,  ed  il 
cadetto  che  ebbe  la  signoria  del  Gran  Ducato  di  Oldenbourg,  e  1'ha 
tultavia  nella  persona  del  Gran  Duca  NICCOLO.  Lasciato  da  parte 
questo  ramo  cadetto,  occupiamoci  del  primogenilo.  II  Conte  Crislia- 
no  d'Oldenbourg,  scelto  nel  1448  dai  Danesi  per  loro  Re,  ebbe  da! 
suo  cugino,  A-dolfo  di  Schaumbourg,  morto  senza  posterita  dirella, 


LA  QUISTIONE  DEI  DUCATI  DANESI  17 

Del  1159,  1'eredita  dei  Ducati  di  Schleswig  ed  Holstein.  Esso  e  il 
principio  di  quel  tronco  degli  Oldenbourg,  che  la  merce  sua  prese 
il  nome  d' Holstein.  Nel  1544  questo  tronco  si  divise  in  due  rami 
principal! :  nei  primogenito ,  che  assunse  il  titolo  di  Reale  ,  perche 
forniva  i  Re  alia  Danimarca,  ed  ebbe  per  conseguenza  la  denomina- 
zione  di  HOLSTEIN-DANEMARK  ;  e  nel  cadetto,  che  assunse  il  titolo  di 
Ducale,  perche  forniva  i  Duchi  alio  Schleswig  ed  all'  Holstein ,  e  fu 
denominalo  di  HOLSTEIN-GOTTORP  dal  luogo  della  sua  residenza. 

II  ramo  degli  HOLSTEIN-DANEMARK  si  biforco  ancor  esso ;  poiche 
Cristiano  III,  re  di  Danimarca,  morto  nel  1559  lascio  due  figliuoli, 
Federico  e  Giovanni  il  Giovine.  II  primo  regno  col  nome  di  Fe- 
derico  II,  e  seguito  per  diritta  linea  il  suo  ramo  primogenito ,  che 
era  fu  eslinto  colla  morte  dell' ultimo  suo  rampollo,  il:re  Federi- 
co VII ;  ed  il  secondo  die  origine  alia  linea  cadelta  di  quel  ramo,  e 
fu  il  germe  della  casa  de'  Sonderbourg.  Ouesta  linea  dei  Sonder- 
bourg  presto  si  parti  in  altre  due  famiglie  distinte;  poiche  nel  1627 
Alessandro,  figliuolo  del  predelto  Giovanni  ilGiovane,  morendola- 
sciava  due  figliuoli :  Ernesto  Gontiero,  e  Filippo  Augusta,  che  fu- 
rono  ambedue  nuovi  stipiti  di  due  nuove  prosapie.  Ernesto  Gonlie- 
ro,  suo  primogenito,  fu  slipite  della  prosapia  degli  Auguslenbourg , 
che  pero  venne  denominata  Schleswig-Holstein-Sonderbourg-Augu- 
stenbourg ,  il  cui  rappresentante  per  dritlo  di  primogenitura  e  ora 
il  Duca  Cristiano,  padre  del  principe  FEDERICO.  Filippo  Augusto, 
cadetto  del  detto  Giovanni  il  Giovine ,  fu  stipite  della  prosapia  dei 
Glttcksbourg,  che  pero  venne  denominata  Schleswig-Holstein-Son- 
derbourg-Gliicksbourg ,  il  cui  rappresentante  per  diritlo  di  primoge- 
nitura  e  il  Duca  Carlo ,  padre  del  principe  CRISTIANO.  Tal  e  la 
discendenza  infino  a  noi  del  ramo  reale  degli  HOLSTEIN-DANEMARK. 
Indichiamo  ora  qual  sia  la  discendenza  del  ramo  ducale  degli  HOL- 
STEIN-GOTTORP. 

Per  cagione  dell'  infelice  guerra  che  queslo  ramo  mosse  a  Federi- 
co IV  re  di  Danimarca  ,  esso  perdette  i  suoi  possedimenti  nello 
Schleswig,  il  quale  per  i  trattati  conchiusi  dalla  Danimarca  colle 
Corli  di  Prussia,  d,' In ghil terra  e  di  Francia  (1715-1720)  divenne 
proprieta  esclusiva  e  diretta  di  quella  Corona,  guarentitale  dalla  mal- 
Serie  V,  vol.  X,  fasc.  337.  2  17  Marzo  1864. 


18  LA  QUISTIONE  DEI  DUCATI  DANESI 

leveria  pattovita  di  quelle  tre  Corti.  II  Duca  di  Gottorp,  Carlo  Fe- 
derico ,  cui  si  era  lasciato  il  solo  Ducalo  di  Holstein,  trasferi  i  suoi 
lari  in  Russia ,  ove  sposo  la  iigliadi  Pietroil  Grande.  II  loro  figliuo- 
lo  monto  sul  trono  dei  Czar  e  fa  Pietro  III,  proavo  del  presence  Im- 
peralore  ALESSANDRO  II. 

Concbiudendo  adunque  questa  necessaria ,  benche  noiosa  recen- 
sione  delle  yarie  diramazioni  della  originaria  famiglia  degli  Oldcn- 
bourg,  ineltiamone  in  imo  specchio  i  rami  principalissimi ,  con  se- 
gnarvi  a  lato  i  nomi  di  coloro ,  die ,  come  attuali  rappresentanti  di 
ciascheduno  di  essi,  avrebbero  un  qualche  dritto  di  aspirare  all'  ere- 
dita  danese. 

Diramazioni  Rappresentanti 

OLDENBOURG 

HOISTEIN-DANEMARK 

LINEA  REALE Langravina 

LINEA  CADETTA 

»        I  AUGUSTENBOURG  .  Federico 
»  GLUCKSBOURG  .  .  Cristiano 


RAMO  PRIMOGENITO    .  .  Alessandro 
RAMO  CADETTO  . 


EOLSTEIN-GOTTORP. 


Ciascuno  dei  qualtro  rappresentanli  maschi  dei  rami  diversi  degli 
Oldenbourg  puo  affacciare  un  litolo  ragionev  ole  alia  successione  del- 
1'  Holslein,  ove  e  in  vigore  la  legge  salica.  Per  prossimita  di  discen- 
denza  il  Duca  di  Auguslenbourg  ha  non  dubbio  il  vantaggio  sopra 
gli  allri :  ma  al  tempo  stesso  e  per  lo  stesso  suo  dirilto  ciascuno  degli 
altri  tre  dovrebbe  succedere  nella  Signoria  di  alcune  terre  del  Du- 
cato  holsteinese  propriamente  detto,  eke  erano  appannaggio  partico- 
lare  delle  rispettive  loro  case;  e  le  quali  non  furono cedute  ai  Re  di 
Danimarca ,  mediante  compensi  e  cambii ,  se  non  unicamente  per 
salvare  1'integrita  della  Monarchia  danese,  ed  in  favore  esclusivo 
degli  eredi  o  successor!  di  quella  Corona.  Cosi,  per  cagion  d'esem- 
pio ,  le  Signorie  di  Rantzau ,  e  di  Ptimeberg  colla  cilia  e  col  porlo 
magnifico  di  Kiel,  dovrebbero  essere  cedule  all'  imperalore  Alessan- 
dro II;  giacche,  se  la  sua  famiglia  nel  Traltato  di  Tzarkoe-Selo  (1773) 
le  scambio  colle  Signorie  di  Oldenbourg  e  di  Delmenhorsl ,  vi  pose 
per  patio  espresso,  rammentalo  poscia  nel  1853  nei  protocolli  di 


LA  QUISTIONE  DEI  DUCATI  DANESI  19 

Varsavia ,  che  cio  era  in  favore  dei  successor!  nel  trono  reale  ai  Re 
di  Danimarca ,  mats  non  pas  en  faveur  des  successions  particular  es, 
qui  pourraient  s'ouvrir  dans  les  Duches.  La  successione  adunque  del 
Duca  di  Augustenbourg  porterebbe  seco  inevitabilmente  lo  sminuz- 
zamento  di  quel  Ducato. 

Or  dopo  la  guerra  del  1848  ,  nella  quale  il  Duca  di  Augustem- 
bourg  capilano  la  rivoluzione  dei  Ducati  contro  il  Governo  e  il  Re 
di  Danimarca.,  il  principal  pensiero  del  Monarca  danese,  dopo  otte- 
nuta  la  pace,  fu  di  regolare,  d'accordo  colle  grandi  Potenze  dell'  Eu- 
ropa,  la  successione  al  suo  trono,  in  forma  che  dall'una  parle  si  evi- 
tassero  tutte  le  rivalila  e  le  concorrenze  di  tanti  candidati,  e  daU'allra 
si  conservasse  integra  nella  sua  totalita  la  Monarchia.  La  preferenza 
fu  data  dal  Re  di  Danimarca  al  Principe  Cristiano  di  Glucksbourg. 
Esso  potea  affacciare  sopra  Y  Holstein  dritti  quasi  eguali  al  Duca  di 
Augusteubourg ;  ed  avendo  sposata  una  figlia  della  Langravina,  po- 
tea da  costei  ottenere  facilmente  ,  per  ispontanea  cessione ,  i  dritti 
alia  eredita  meramente  danese ;  e  la  sua  prole  discendeva  dai  Re 
di  Danimarca  dal  lato  dei  maschi  e  dal  lalo  delle  donne.  La  Langra- 
vina  Luisa  Carlotta  rinunzio  di  fatto  in  favor  suo  e  dei  suoi  discen- 
denti  alia  Corona  di  Danimarca ,.  In  favor  suo  inoltre  rinunzio  1'  Impe- 
ratore  delle  Russie,  come  capo  della  famiglia  degli  Holstein-Gottorp, 
a  qualsivoglia  drilto  sopra  tutte  le  parti  dei  Ducati ;  in  favor  suo  ri- 
nunzio a  qualsisia  dritto  o  possibile  pretensione  sopra  i  Ducati  il 
Gran  Duca  Niccolo  di  Oldenbourg ,  in  qualita  di  capo  del  ramo  ca- 
delto  degli  Holstein-Gottorp.  II  piu  difficile  a  contentare,  e  al  tempo 
stesso  il  piu  assolutamenle  da  escludere,  a  cagione  delle  armi  da  lui 
capitanate  contro  la  Danimarca,  era  il  Duca  di  Augustenbourg:  pur 
tutta\ia  si  riusci  ad  ottenerne  piena  ed  assoluta  rinunzia ,  mediante 
un  atto  conchiuso  il  di  30  Dicembre  1852 ,  fra  il  conte  di  Bismark 
plenipotenziario  e  il  suddetto  Duca.  Poiche  questo  e  il  punto  cardinal© 
della  presente  controversia  in  Germania,  e  bene  d'  indicar  qui  i  due 
capi  principalissiini  di  quel  traitato. 

II  primo  e  il  compenso  dato  al  Duca  di  Augustenbourg  per  la 
chiestagli  cessioue.  Questo  fu  di  un  milione  e  mezzo  di  risdolleri  dop- 
pii,  i  quali  costituiscono  otto  milioni  e  mezzo  di  franchi,  pagatigli  nel- 
le  mani  sue  proprie ,  e  di  cui  liberamente  uso  e  dispose.  II  secondo 


20  LA  QUIST10NE  DEI  DUCATI  DANESI 

ela  natura  medesima  della  cessione.  Egli  adunque  abbandonava tut- 
te  le  sue  proprieta  private  nello  Schles^ig  e  nell'  isola  d'Alsen ;  pro- 
metteva  che  ne  egli,  ne  veruno  mai  del  suoi  discendenti,  porrebbe  la 
sua  dimora  in  veruna  terra  della  Monarchia  danese  ,  e  neppur  nei 
Ducati ,  e  che  mai  non  vi  acquisterebbe  fondi  ne  lerreni.  Nous  fai- 
sons  voeu,  seguita  poscia  Fatto  citato  ,  et  promettons  encore  sur  no- 
ire  parole  el  noire  honneur  de  Due,  POUR  NOUS  ET  XOTRE  FAMILLE, 
de  ne  rien  enlreprendre  qui  puisse  troubler  ou  mettre  en  peril  la 
tranquillile  du  royaume  et  des  pays  de  Moire  Majeste  ,  et  aussi  de 
ne  nous  opposer  d'aucune  maniere  aux  mesures  prises  ou  a  prendre 
par  Moire  Majeste  Roy  ale,  relativement  a  I'ordre  de  succession  pour 
tons  les  pays  actuellement  reunis  sous  son  sceptre,  ou  a  I' organisa- 
tion e'ventuelle  de  la  Monarchie  danoise. 

Pochi  trattati  puo  noverare  la  diplomazia  pari  a  questo,  ossia  per 
la  felicila  dei  maneggi ,  ossia  per  la  qualita  dei  pericoli  che  antive- 
niva.  Fu  adunque  con  universale  satisfazione  delle  parti  direttamen- 
le  interessate,  e  delle  Corti  di  tutta  Europa  riconosciuto  per  succes- 
sore  di  Federico  YII  nella  Corona  di  Danimarca  e  nel  Ducalo  di 
Holstein,  il  principe  Cristiano  di  Glucksbourg ;  e  il  Trattato  che  in 
quattro  articoli  separali  conteneva  un  tale  assestamento,  fu  stanzialo 
in  Londra  il  di  4  Luglio  18oO  ,  e  le  convenzioni  speciali  colle  siu- 
gole  famiglie  inleressate  furono  conchiuse  con  trattati  speciali  lungo 
i  Ire  anni  dal  1851  al  1854.  II  Trattato  di  Londra  fu  firmato  dai 
plenipotenziarii  della  Danimarca  ,  dell'  Inghilterra  ,  della  Francia  , 
della  Russia  e  della  Svezia,  ai  quali  aderirono  quindi  a  poco  piena- 
menle  1' Austria  e  la  Prussia,  e  una  gran  parte  dei  Principi  regnanti 
in  Europa,  e  segnatamente  della  Germania. 

Or,  dopo  un  tal  Trattato ,  qual  quislione  piu  semplice  dinanzi  al 
tribunale  del  buon  senso  che  quella  della  successione  sul  trono  da- 
nese, alia  morte  di  Federico  YII?  Eppure  alia  sua  morte  quella  qui- 
slione e  divenuta  non  solo  imbrogliata,  ma  ardenlissima.  Ne  in  questo 
pun  to  il  perche  e  di  verso  dal  perche  degli  altri.  II  dritlo  nuovo  e 
venuto  a  conturbar  tulto.  II  Nationalverein  oppone  che  quel  Trattalo 
del  1850  non  ricevetle  1'aderenza  della  Confederazione  germanica, 
con  tullo  che  abbiasi  quella  della  massima  parte  dei  Principi  confe- 
derati ;  e  pero  sebbene  possaforse  obbligare  i  singoli  membri,  noa 


LA  QUISTIONE  DEI  DUCATI  DANESI  21 

puo  obbligare  la  riunione  loro  nella  Dieta.  Oltre  a  cio  manca,  dic'e- 
gli,  il  consenso  del  popoli,  neeessario  a  render  valido  un  tal  atto : 
anzi  \''e  il  suffragio  contrario  si  delle  popolazioni  dei  Ducati,  e  si  di 
quelle  dell'inlera  Alemagna.  Ne  il  Trattalo  di  Londra  puo  obbligare 
il  principe  Federico  ,  figliuolo  del  Duca  d'  Augustenbourg  ,  die  il 
conlrasse,  non  essendosi  dimandato  il  suo  consenso  ,  che  certo  non 
avrebbe  egli  dato  per  non  defraudare  1'  Holstein  del  bene  sommo 
clie  sarebbe  pel  Ducato  il  costiluire  uno  Stato  ledesco  solto  un  Prin- 
cipe cosi  devoto  al  bene  dell'  Alemagna.  E  se  anche  si  fosse  poluio 
giudicare  obbligatorio  allora  pel  figliuolo  un  vincolo  contralto  dal 
padre,  per  una  vana  presunzione  di  dritto ;  non  si  puo  giudicare  tale 
ora  che  le  circostanze  cangiate  ban  reso  impossibile  1'esecuzione  di 
quel  Trattato.  E  che  circostanze  susseguenti  possano  invalidare  un 
patto,  precedentemente  stabilito,  puo  dimostrarsi  con  esempio  assai 
illustre  e  recentissimo ,  qual  e  quello  di  Zurigo.  Qual  parte  d'  esso 
venne  finora  eseguita  dal  Piemonte?  Si  obblighi  prima  il  re  di  To- 
rino a  inantenere  i  patti  giurati  a  Zurigo,  ed  allora  si  potra  senza  con- 
traddizione  esigere  nell' Holstein  il  mantenimenlo  d'  un  palto,  men 
giusto  e  men  certo  di  quello.  A  farla  finita  adunque,  senza  disturbo 
di  veruno,  bisogna  accelerare  i  fatti ,  pigliar  possesso  ,  interrogare 
il  suffragio  di  quei  popoli,  istallarsi  nel  seggio  ducale.  II  fatlo  com- 
piuto  e  il  plebiscito  aggiunlovisi  daranno  ragione  al  dritto  nuovo ,  e 
F  Europa,  lungi  dall'  attraversarlo,  lo  rispeltera.  Ouesti  sono  i  razio- 
cinii  del  partito  radicale  tedesco ,  questa  la  chiave  che  spiega  i  falli 
finora  accaduti :  e  tutlo  1'  agitarsi  alemanno  in  questa  vertenza  dei 
Ducati  non  e  che  un  conseguente  della  rivoluzione  che  rinnega  ogni 
dritto  nalurale,  ogni  dritto  storico,  ogni  dritlo  diplomatics,  per  rifare 
la  societa  sopra  basi  convenzionali  e  fatlizie. 

V.  Aspetto  internazionale. 

Due  sono  nelle  relazioni  reciproche  delle  nazioni ,  come  nei  rap- 
porti  degli  uomini  individui,  i  principii  motori:  il  dritto  e  Y  interes- 
se.  Non  fare  ad  altri  cio  che  non  vuoi  per  le,  grida  il  diritto  :  togli 
agli  altri  quello  che  serve  a  te ,  grida  1'  interesse.  Nella  quistione 
dei  Ducati  tedeschi  1'  interesse  offre  un  massimo  pascolo  alia  cupi- 


22  LA  QIISTIONE  DEI  DUCATI  DANESI 

digia  delle  varie  nazioni  di  Europa.  Trattasi  di  possedere,  se  non  la 
chiave  del  mar  Ballico,  certo  il  piu  facile  sbocco  dal  Baltico  nel  mare 
Settentrionale.  Trattasi  adunque  del  primalo  della  Scandinavia  nella 
navigazione  di  quei  due  mari,  della  liberla  maritlima  della  Rus- 
sia, della  potenza  navale  dell'Alemagna :  che  sono  le  tre  nazioni ,  le 
quali  si  affacciano  colle  lor  cosle  su  quelle  acque.  Eccole  dunque 
lutte  e  tre  naturalmente  cupide  di  un  tal  possesso.  Ma  non  meno 
importa  alia  Francia  e  all'  Inghil terra  il  contrastarlo  alia  Germania 
ed  alia  Russia :  perche  i  porti  si  grandi ,  si  sicuri  e  si  difesi  che 
offrono  i  seni  di  quei  Ducali ,  se  vengono  in  mano  a  due  nazioni 
ricche,  e  potenli,  minacciano  di  far  nascere  tali  narilii  guerre- 
schi,  e  tali  commercial!,  che  la  preminenza  inglese  e  francese  nella 
signoria  dei  mari  verrebbe  forse-'a  pericolarne.  Se  dunque  o  la  Rus- 
sia o  la  Germania  tendessero  a  quell'  acquisto,  valido  contrasto  tro- 
verebbero  nell'  interesse  opposto  di  quelle  due  altre  nazioni  rivali. 
La  lotta  allora  s'  allargherebbe  di  campo  immensamenle ;  e  i  Ducati 
dopo  essere  stati  disertati ,  impoveriti ,  spopolali ,  insanguinati ,  sa- 
rebbero  ben  fie  vole  compenso  alia  nazione  vinci  trice.  I/  interesse 
aduuque  nazionale ,  se  si  lascia  operar  solo  in  questa  verlenza ,  la 
rendera  la  piu  pericolosa  tra  le  moderne  di  Europa,  e  mostrera  una 
volta  di  piu  come  mat  serva  alia  prosperita  dei  popoli  quei  dritto 
nuovo,  che  tanto  1'  esalta. 

A  salvare  da  si  gran  disastro  le  nazioni  ed  a  conciliate  gl'  interes- 
si  loro  comuni,  sol  valido  e  il  dritto  riconosciuto  e  abbracciato  age- 
volmente  da  tulte.  Esso  concede  alia  Danimarca,  quasi  in  consegna, 
le  ambite  costiere  holsteinesi :  e  la  Danimarca,  abbastanza  agguerrita 
per  non  farsi  sopraffare  da  qualche  vicino  ambizioso,  ma  non  abba- 
stanza  grande  per  ambire  al  dominio  esclusivo  degli  sbocchi  del 
Baltico,  manterra  fra  i  popoli  contendenti  quei  giusto  equilibrio,  che 
e  la  miglior  guarentigia  contra  le  ambizioni  di  chi  fra  loro  tendesse 
a  prepotenza.  Questo  dritto  per  la  Danimarca  e  ingenito  nella  tra- 
dizione  dei  popoli,  e  trasmesso  dalla  storia  de'  quattro  ultimi  secoli, 
e  scritto  nei  trattati  piu  solenni,  e  guarentito  dalla  fede  pubblica,  c 
consenlito  dalle  principal!  parti  interessate.  Perche  prevalga  col  fat- 
to  non  occorre  che  far  tacere  le  passioni  rivoluzionarie ,  cbe  solo  la 
contrastano. 


LA  QUISTIONE  DEI  DUCATI  DANESI  23 

VI.  Conclusione. 

A  farlo  appunto  trionfare  hanno  sguainala  la  loro  spada  la  Prus- 
sia e  1* Austria  unite  insieme.  La  Danimarca  ha  i  suoi  torti ,  e  questi 
le  sono  derivati  dalla  fazione  radicale  scandinava :  la  Danimarca  ha 
i  suoi  dirilli ,  e  quesli  le  sono  contrastati  dalla  fazione  radicale  ger- 
manica.  Contro  la  prima,  non  meno  che  contro  laseconda,  combal- 
tono  le  due  grand!  Potenze  della  Germania,  spalleggiate,  a  quel  che 
pare,  dalla  Russia,  e  coverte,  sebbene  simulatamente  ancora,  dalla 
Inghillerra.  E  poiche  ora  la  rivoluzione  si  e  fatla  cosmlca,  e  i  rivo- 
luzionarii  di  tutti  i  paesi  sono  vincolati  da  interessi  e  da  patti  comu- 
ni ;  quella  guerra  iniziata  sulla  penisola  danese  e  tradolta  dai  gior- 
nali  liberaleschi  dell'  Europa  come  il  cominciamento  della  reazione 
nordica  contro  i  progress!  della  civilta  occidentale ,  come  un  duello 
tra  il  DUOVO  e  ii  vecckio  drilto ,  come  una  disfida  che  i  Re  per  la 
grazia  di  Dio  fanno  agli  Stati  agglomerati  dal  suffragio  universale.  E 
tale  e  veramente ;  perche  in  questa  lotta  devesi  decidere ,  come  ab- 
biam  veduto  finora,  se  debba  trionfare  la  legittimila  del  drilto,  o 
T  interesse  delle  fazioni ;  se  debba  prevalere  la  fede  pei  traltati  o  ii 
sofisma  delle  nazionalita ;  se  debbano  osservarsi  gli  obblighi  con- 
tralti  od  autenticarsi  i  fatii  compiuti;  se  in  uria  parola  debba  la  ri- 
voluzione osar  tutto ,  cangiar  tulto ,  dislrugger  tutto  ,  o  se  debba 
1'ordine  conservare  il  bene,  proteggerlo,  amplificarlo.  Questa  lotta 
potra  forse  restringersi  nelle  fazioni  guerresche  a  quelle  remote  re- 
gioni  del  Nord  :  ma  nelle  conseguenze  politiche  e  sociali,  ancor  cosi 
ristretta ,  partorira  i  suoi  frntti  in  lutta  1'  Europa.  Che  se  poi  essa 
non  riuscira  a  mantenersi  tra  quei  confmi ,  o  perche  la  rivoluzione 
coll'  allargarla  voglia  rendere  piu  difficile  la  propria  sconfitta,  o  per- 
che le  Potenze  conservalrici  sperino  di  rendere  piu  piena  e  piu  du- 
revole  la  propria  viltoria  ;  se  il  conflitto  di  dano-teutonico  che  ora  e 
diverra  europeo ;  noi  possiamo  profondamente  compiangere  le  Yittime 
che  esso  sara  per  fare ,  ma  non  possiamo  disconoscere  il  beneficio , 
che ,  Dio  concedenle ,  potra  recare  all'  Europa ,  che  e  quello  di  ri- 
metterne  le  nazioni  sul  sentiero  abbandonato  della  giustizia  e  del 
buon  dritto. 


IL  CONGRESSO  DEI  DOTTI  CATTOLICI 

IN  MONACO  DI  BA.VIERA 

E   LE    SCIENZE   SACREi 


IX.  Qui  si  cerca  se  sianvi  indizii,  die  il  Candelabra  delle  Scienze  sacre, 
rimosso  dalle  altre  nazioni,  debba  essere  collocato  in  Lamagna. 

Poicke  il  dottor  Dollinger  ebbe  stabilito,  nella  maniera  soprascrit- 
ta,  come  qualmente,  per  cio  che  si  attiene  a  filosofia  e  sacre  disci- 
pline, nulla  di  considereyole  e  nel  tempo  presente  in  Italia,  nulla  in 
Francia,  nulla  in  Ispagna,  viene  finalmenle,  con  maravigliosa  sicu- 
rezza,  a  quest' ultima  conchiusione :  «  Cosi  pertanto  nei  nostri  gior- 
«  ni  il  candelabro  della  sciehza  teologica  e  rimosso  dai  primieri  suoi 
«  seggi ;  e  la  volta  di  diveniare  il  principale  sostegno  ed  il  custodc 
«  delle  discipline  teologiche  e  finalmente  venuta  al  popolo  tedesco. 
«  I  Greci,  gli  Spagnuoli,  gl'  Italian!,  i  Frances! ,  gF  Ingles!  ci  sono 
«  andati  innanzi,  ed  io  devo  dire  col  poeta  romano : 

«  Illos  primus  equis  Oriens  afflamt  anhelis, 
«  Nobis  sera  rubens  accendit  lumina  vesper. 

«  Avviene  della  scienza  ecclesiaslica  come  del  sole,  che  mentre  esso 
«  rischiara  nell'aurora  una  parte  della  terra,  lascia  la  sera  in  un'al- 

1  Y.  il  volume  IX,  pag.  657  e  seg. 


IL  CONGRESSO  DEI  DOTTI  CATTOL1CI  E  LE  SCIENZE  SACRE  25 

«  tra ;  e  menlre  qui  rifulge  in  pieno  meriggio,  gli  antipodi  sono  rav- 
«  void  in  nolle  buia  l  ». 

Veramenle  al  resto  della  Caltolicita,  piultoslo  che  vedersi  ravvolta 
In  quella  buia  nolle,  dovrebbe  piacere  meglio,  che  la  scienza  sacra, 
come  cosa  caltolica,  non  fosse  privilegio  di  quesla  o  quella  gente,  ma 
serbasse  il  caraltere  sovrannazionale,  che  TAutore  medesimo  vi  ri- 
conobbe  fmo  dal  primo  slabilirsi  di  quella  nel  mondo.  E  noi  stessi, 
nel  rapido  cenno  che  abbiamo  falto  delle  sue  vicende  nei  sei  secoli 
seguenti,  abbiamo  ben  dovuto  riconoscere  che  una  nazione  ,  per  un 
dalo  lempo,  vi  fiori  piu  che  un'allra ;  ma  quella  faccenda  che  la  Teo- 
logia  fosse  come  il  Sole ,  che  porta  il  meriggio  ad  un  emisfero ,  la- 
sciando  immerso  1'allro  in  nolle  profonda,  non  ci  sarebbe  venula  in 
capo  neppure  per  sogno.  Ma  supposto  che  la  sia  venuta  in  capo  al 
dotlor  Dollinger,  il  quale  con  tanla  franchezza  1'ha  spialtellala  in  fac- 
cia  all'Europa  civile,  noi,  nazioni  non  leuloniche,  abbiamo  beneil  di- 
ritlo  di  sludiare  un  poco  i  lunarii,  per  accertarci  che  sia  propriamente 
venulo  il  tempo  di  rimanere  all'oscuro,  addirillura  come  anlipodi  del- 
1'Alemagna ,  dove  solo  si  fruirebbe  d'  un  pieno  meriggio.  A  cessare 
nondimeno  pur  Tombra  della  gelosia  e  dell'invidia,  dobbiamo  aggiun- 
gere,  per  amore  di  giuslizia,  che  1'Aulore,  lungi  dall'  inorgoglire  di 
questo  privilegio  della  sua  nazione,  con  esemplare  modeslia ,  lo  ri- 
conosce  come  dono  di  Dio ,  e  come  un  grave  dovere  di  coscienza, 
Imposto  ali'Alemagna,  d'  illuminare  le  altre  nazioni.  «  Noi  Tedeschi 

1  So  1st  denn  in  unseren  Tagen  der  Leuchter  der  theologischen  Wis- 
senschaft  von  seinen  friiheren  Stellen  weggeriickt,  und  die  Reihe,  die  vor- 
nehmste  Tragerin  und  Pflegerin  der  theologischen  Disciplinen  zu  werden, 
ist  endlich  an  die  Deutsche  Nation  gekommen.  Griechen,  Spanier,  Ita- 
lianer,  Franzosen,  Englander  sind  uns  vorausgegangen,  und  ich  darf  mit 
dem  romischen  Dichter  sagen : 

lllos  primus  equis  Oricns  afflavit  anhelis, 
Nobis  sera  rubens  accendit  lumina  vesper. 

Istesdochmit  der  kirchlichen  Wissenschaft,  wie  mit  derSonnerwa- 
hrend  diese  die  eine  Seite  der  Erde  in  Morgenroth  taucht,  ist  es  Abend  auf 
der  andern,  leuchtet  sie  hier  in  vollem  Mittag,  so  sind  die  Antipoden  in 
dunkle  Nacht  gehullt.  Pag.  44. 


26  IL  CONGRESSO  DEI  DOTTI  CATTOLTCI 

(si  potrebbe  volere  umilta  maggiore  di  questa?)  «  possiamo  c  dobbia- 
«  mo  riconoscere  questo  compile  a  noi  hnposto,  senza  per  quesio  dar 
«  luogo  ad  alcun  pensiero  di  propria  alterigia  sopra  le  allre  nazioni; 
«  perciocche  si  tralta  qui  di  un'alla  e  sanla  vocazione  e  del  coscien- 
<f.  zioso  adempimento  di  gravi  doveri.  II  carisma  dell'aculezza  scien- 
«  tifica,  della  profondita,  delle  ricerche  istancabili,  penetranti  al  fon- 
«  do,  e  dei  perseveranti  lavori  dell'  ingegno  ,  fu  gia  conferito  a  noi 
«  Tedeschi :  il  non  volere  trafficare  un  siffalto  talento  sai'ebbe  una 
«  dannevole  infingardaggine  l ».  Queste  parole,  la  cui  modeslia  ag- 
guaglia  nell'  Autore  la  sua  dottrina ,  bastano  cerlamente  a  melterlo 
al  coperto  da  ogni  sospizione  di  orgoglio  nazionale.  Perciocche  1*  u~ 
milta  non  coiisiste  gia  nel  disconoscere  i  doni  di  Dio;  ma  sivvera- 
menle  nel  confessarne  il  sovrano  datore,  e  nel  compiere  i  doveri  che 
quelli  impongono:  ed  egli'fa  quello,  e  dispostissimo  a  questo ,  e  vi 
esorta,  con  molto  gravi  parole,  i  suoi  connazionali.  Vero  e  che  quei 
doni  potrebbero  essere  una  fantasia  bella  e  buona ;  ma  allora ,  pur 
reslerebbe  un  merito  in  chi ,  immaginandosi  di  possederli,  non  ne 
piglia  cagione  di  levarsi  in  superbia.  II  lellore  giudichera  se  sia  pre- 
cisamente  quesio  il  caso,  di  cui  stiamo  trattando. 

E  pria  di  tutto  conviene  osservare,  come  il  Dollinger  non  preten- 
de  in  alcuna  maniera ,  che  in  Alemagna  si  trovi  gia  costituita  una 
scienza  teologica,  rispondente  ai  bisogni  dei  tempi  moderni.  Quanta 
al  fatto  presente,  ivi  non  si  sta,  in  sua  sentenza,  molto  meglio  che 
altrove ;  e  per  tutto  ,  sotto  un  tale  rispetto  ,  il  mondo  versa  in  una 
mezza  luce,  somigliante  a  crepuscolo.  Ma  vi  e  differenza  grandissi- 
ma  in  quesio  ,  che,  dove  nelle  altre  contrade  ,  nella  Francia ,  esem- 
pligrazia,  nella  Spagna,  nell'  Italia  compresa  Roma ,  il  crepuscolo  e 

1  Und  wir  konnen  iiiifl  sollen  diese  unsere  Aufgabe  anerkennen ,  ohne 
hiebei  einem  Gedanken  selbslischer  Ueberhebung  iiber  andere  Nationen 
Raum  zu  geben ;  denn  es  handell  sich  hier  um  einen  hohen,  heiligen  Beruf 
und  um  die  gewissenhafte  Erfiillung  schwerer  Pflichlen.  Das  Charisma  der 
wisscnschaftliche  Seharfe  und  Grundlichkeit,  der  rastlosen,  in  die  Tiefe 
dringenderi  Forschung  und  der  beharrlichen  Geistesarbeit  ist  uns  Deut- 
schen  einmal  gegeben ;  mil  diesem  Pfunde  nicht  wuchern  zu  wollen  ware 
strafliche  Versiiumniss.  Pag.  44-45. 


E  LE  SCIENZE  SACRE  27 

vespertine  e  piega  a  sera  ,  cola  e  matlutino  ,  e  aurora  limpidissima 
eke  cammina  al  pieno  meriggio.  E  cosi  1'Autore,  guardando  innan- 
zi  nel  futuro  ( vorwarts  in  die  Zukunft  schauend ) ,  piuttosto  clie  af- 
fermare  fatti  present!,  fa  vaticinii  per  1'  avvenire,  fondandoli  e  con- 
fortandoli  d'  indizii  e  di  appareccbi,  i  quali  a  lui  sembrano  irrepu- 
gnabili,  ma  che  forse  non  a  tutti  potrebbero  parere  mollo  conchiu- 
denti.  Ad  ogui  modo,  la  sentenza  e  data;  ed  il  movebo  candelabrum 
tuum,  che  nel  quinto  dell'Apocalissi  e  una  minaccia,  per  lulte  le  na- 
zioni  non  ledesche  e  un  decreto  inappellabile.  Ma  veniamo  agl'indizii. 
Certo  quello,  che  fu  ricordalo  teste,  tolto  dal  Carisma  concesso  ai 
Tedeschi  dell'  acutezza  scienli/ica,  della  profondita  con  tulto  il  re- 
slo,  e  qualita  naturale  di  quella  degna  gente,  non  conferitole  dalla 
Provvidenza  ieri  od  oggi.  Ora,  diciamo  noi,  se  quel  Carisma  nei  se- 
coli  andati  non  basto  (secondo  che  ii  Dollinger  stesso  afferma)  a  fa- 
re, che  1'  alemanna  agguagliasse  le  altre  nazioni  in  opera  di  sacre 
discipline,  per  qual  ragione  nuova  dovrebbe  bastare  nel  presente  a 
costituirla  maestra  di  tulte?  E  lo  slesso  si  potrebbe  dire  dell'altro 
indizio  di  questa  wcazione,  tolto  dalla  disposizione ,  che  i  Tedeschi 
hanno  tnaggiore  ,  che  non  qualunque  allro  popolo  di  razza  latina, 
ad  imparare  le  lingue  degli  altri  popoli  e  ad  addentrarsi  nelle  loro 
proprieta  nazionali  1 ;  pregi  anche  questi  rdi  anlica  data ,  ed  i  qua- 
li non  si  vede  per  quale  nuova  congiuntura  dovrebbero  al  presente 
produrre  un  tanto  novissimo  effetto.  Quantunque  intorno  a  cio  fu 
gia  notato  da  noi ,  come  nell'  insegnamento  non  si  richiede  tanto , 
che  il  maestro  intenda  il  linguaggio  degli  scolari,  quanto  che  questi 
intendano  il  linguaggio  di  quello,  e  di  appropriarsi  le  sue  ricchezze 
scientifiche;  cotalche  quella  disposizione  indicherebbe,  che  si  debba 
essere  piutlosto  scolari  che  maestri.  Tultavolla  1'  indizio  sarebbe  di 
qualche  valore,  quando  le  altre  genti  europee  avessero  una  grande 
disposizione  ed  una  non  minore  inclinazione  ad  imparare  il  Tedesco, 

1  Und  da  der  Deutsche  fiir  die  Erlernung  fremder  Sprachen  und  fiir 
das  Eingehen  auf  nationale  Eigenthiimlichkeiten  grossere  Neigung  und 
bessere  Eegabung  besitzt,  als  die  Romanischen  Volker,  so  diirfte  auch  die- 
ser  Zug  als  eine  Bestatigung  jenes  Berufes  gelten,  den  ich  unsrer  Naiiou 
zueiguen  zu  sollen  glaube.  Pag.  38. 


28  IL  CONGRESSO  DEI  DOTTI  CATTOLICI 

ovveramente  quando  i  Tedeschi  usassero  scriverc  nei  linguaggi  delle 
allre  genti  europee.  Ora  ne  1'  uno ,  ne  1'altro  e  vero ;  e  smesso  il  lin- 
guaggio  latino  piu  forse  dai  doltori  cattolici  che  dai  prolestanti,  essi 
sono  tenacissimi  del  loro  idioma ,  quasi  lutto  dettando  in  quello  ; 
mentre  per  contrario  le  altre  genti  europee ,  massime  di  ceppo  lati- 
no ,  trovano  il  Tedesco  non  mediocremente  alieno  dai  loro  gusto ,  e 
di  apprendimenlo  meno  assai  spedito  e  piu  difficile,  che  non  e  Y  In- 
glese  e  piu  ancora  il  Francese. 

Ne  valgono  punto  meglio  i  due  indizii  od  argomenti,  che  1'Autore 
raccoglie  dalle  promesse  divine,  e  dall'  analogia  colla  laucia  di  Te- 
lefo,  affine  di  dimostrare,  che  1'unila  religiosa  dell  a  Chiesa  occiden- 
tale  dev'  essere  restituita  per  opera  dei  Teologi  alemanni,  dalla  cui 
scienza  le  Confession!  separate  saranno  riconciliate  in  una  piu  alta 
unita.  E  com'e  saldo  nel  vaticinio !  com'e  sicuro  del  fatto  suo !  «  Noi 
«  dovremrao  abbandonarci  da  noi  stessi ,  dovremmo  disperare  del 
«  nostro  futuro,  quando  volessimo  smettere  la  fede  che  1'  unita  reli- 
«  giosa  e  possibile,  anzi  che  essa  e  cert  a  —  tanlo  certa,  quanto  che 
«  la  nazione  alemanna  non  e  in  decadenza,  ma  piuttosto  e  un  popolo 
«  vivace  e  forte ;  tanlo  cerlo,  quanto  che  la  Chiesa  ha  la  promessa, 
«  che  le  porte  della  morte  non  saranno  prevalent}  sopra  di  lei.  II  che 
«  essendo  cosi ,  non  potra  la  Teologia  tedesca  considerarsi  come  la 
«  lancia  di  Telefo,  la  quale  guari  la  ferita  fatta  per  lei?  I  Teologi  te- 
«  deschi  sono  stati  quelli  che  cominciarono  la  scissura,  che  accesero 
«  il  fuoco  della  separazione,  e  fin  d'allora  hanno  studiosamente  por- 
«  tato  legna  per  alimentarlo.  I  Tedeschi  singolarmente  hanno,  con 
«  tutti  i  mezzi  dell'ingegno,  circondata  e  raffermata  di  bastioni  scien- 
ce tifici  la  dottrina,  per  cui  1'  unita  dei  Cristiani  fu  perduta.  E  pew 
«  la  Teologia  tedesca  ha  altresi  la  vocazione  di  riconciliare  un'  altra 
«  volta  le  Confessioni  separate  in  una  phi  alta  unita  1.  » 

1  Wir  miissten  uns  selber  aufgeben,  mussten  an  unserer  Zukunft  verz- 
weifeln,  wenn  wir  von  dem  Glauberi  lassen  wollten,  dass  die  religiose 
Einigung  moglich,  ja  dass  sie  gewiss  sei  —  so  gewiss,  als  die  deutsche  Na- 
tion kein  untergehendes,  sondern  ein  lebenskraftiges  Yolk  ist,  und  die  Kir- 
che  die  Verheissung  hat,  dass  die  Todespforten  sie  nicht  iiberwaltigen  >ver- 
den.  Uad  wenn  es  so  ist,  sollte  die  Deutsche  Theologie  nicht  als  der  Speer 


E  LE  SCIENZE  SACRE  29 

Nessurio  piu  di  noi  e  lontano  dal  volere  menomare  i  pregi  della 
nobilissima  nazione  germanica,  nella  quale,  senza  cercare  se  sia  in 
istato  di  decadimento  o  di  progresso,  e  indubitato  die  si  trovano 
molti  e  preclari  elementi  di  vita  e  di  forza.  Ma  1'  esservi  certezza, 
che  essa  racquistera  per  propria  virtu  la  perduta  unila  religiosa , 
quanta  ve  n'  e  che  la  Chiesa ,  ha  la  promessa  ( als  die  Kirche  die 
Yerheissung  hat)  che  le  porte  della  morle  (o  dell'  inferno)  nonpre- 
varranno  sopra  di  lei,  cotesto  ci  giunge  novissimo;  e,  trattandosi 
di  cosa  positiva  e  non  possibile  a  conoscersi,  che  per  una  posiliva  ri- 
velazione,  avremmo  desideralo  che  il  dott.  Dollinger  ci  avesse  indi- 
cata  la  fonte,  onde  1'  ha  tralta.  Cerlo  il  Portae  inferi  non  praevalebunt 
del  XVI  di  S.  Matleo,  riguarda  manifestamente  la  Chiesa  universale, 
senza  che  alcuna  contrada  parlicolare  abbia  dirilto  di  applicare  a  se 
stessa  una  uguale  certezza  di  non  perdere  1'  unita  o  di  ricuperarla , 
non  1'Alemagna  piu  che  la  Spagna,  la  Francia,  1'  Italia  o  qual  si  vo- 
glia  altra.  Che  se  le  porte  dell'  inferno  prevalsero  pur  troppo  sopra 
tante  Chiese  asialiche  ed  africane ,  fiorenti  un  tempo  di  santita  e  di 
dottrina,  quanlo  qualunque  allra  delle  occidental} ;  ci  si  dica  dove  sta 
scritto  che  le  non  potranno  durare  a  prevalere  sopra  alcuna  di  queste. 
La  quale  ultima  considerazione  puo  servire  altresi  a  dimostrare 
la  vanita  della  immagine  poetica,  tratta  dalla  lancia  di  Telefo.  I 
poeti  la  inventarono,  appunto  perche  cosa  affatto  contraria  a  do,  che 
comunemente  suole  e  deve  avvenire ;  e  ad  onta  di  quella  immagi- 
ue  resta  sempre  vero  che  le  ferite,  fatte  colle  lance,  non  si  curano 
colle  lance,  ma  si  blandiscono  cogli  unguenti  e  si  fasciano  colle 
bende ;  e  per  quanto  si  voglia  esagerare  il  similia  similibus  degli 
omeopatici,  da  lui  altresi  ricordato  a  queslo  proposito,  non  av- 
verra  giammai ,  che  la  ferita ,  fatta  con  una  schioppettata,  possa  da 

des  Telephus  sich  erweisen  konnen,  welcher  die  Wunde  erst  schliigt  und 
dann  heilt?  Deutsche  Theologen  sind  es  gewesen,  welche  die  Spaltung  be- 
gonnen,  welche  das  Feuer  der  Zwietracht  entziindet,  und  es  seitdem,  emslg 
Holz  zutragend,  genahrt  haben.  Deutsche  vor  allem  haben  die  Lehre,  an 
der  die  Einheit  der  Christen  sich  verblutet  hat,  mlt  alien  Mitteln  des  Geistes 
ausgebildet,  mil  wissenschafllichen  Bollwerken  umgeben  und  befestiget.  So 
hat  denn  auch  die  Deutsche  Theologie  den  Beruf,  die  getrennten  Confessio- 
nen  einmal  wieder  in  hoherer  Einheit  zu  versohnen.  Pag.  45-16. 


30  IL  CONGRESSO  DEI  DOTTI  CATTOLICI 

un'altra  schioppetlata  essere  guarita.  Che  se  fosse  vera  1'analogia  re- 
cata  dall'Autore,  dovremmo  dire  che  i  Greci,  sedotli  da  Fozio,  e  gli 
Africani,  soggiogali  da  Maomelto,  debbono  rivenire  aU'unita  caltoli- 
ca  e  cristiana,  per  opera  di  Greci  e  di  African!,  del  che  veramente, 
almeno  per  ora,  non  pare  che  si  vegga  alcun  principio ;  e  passarono 
dieci  secoli  pel  priori,  e  dodici  pel  secondi!  Eh!  che  giova  illuder- 
si?  I  malali  debbono  essere  guarili  dai  sani ;  e  se,  a  confessione 
dello  stesso  dott.  Dollinger,  la  scienza  alemanna  non  basto  a  porre 
un  argine  al  primo  irrompere  dell'eresia,  sicche  questa  dovette  tro- 
yare  i  piu  \igorosi  contrasli  ed  i  ratlenli  piu  saldi  nella  slraniera; 
Bon  crediamo  che  la  lancia  di  Telefo  possa  avere  rnigliore  efietto 
ora,  che  1'eresia  stessa  si  e  tanto  saldamente  stabilita  e  rafforzata  in 
quelle  con  trade  col  possesso  di  oltre  a  tre  secoli,  e  collo  spaventoso 
pervertimento  degrintelletti,  del  quale  e  slata  feconda.  In  ogni  caso,  i 
zelanti  dell'  unita  religiosa  dovrebbero  star  bene  sull'  avviso  conlro 
al  pericolo,  che  vi  e,  di  piegarsi  essi  ad  unirsi  coll'  errore,  invece 
di  condurre  gli  erranti  ad  unirsi  colla  verita.  E  forse  un  men  bene- 
Tolo  censore  potrebbe  vedere  un  lampo  di  quel  pericolo  nella  singo- 
lare  idea,  che  la  Teologia  tedesca  ha  la  vocazione  di  conciliare  in 
una  piii  alta  unita  (in  hoherer  Einheit  m  versohnen)  le  divise  Con- 
fessioni  cristiane.  Noi  per  fermo  sopra  del  Cattolicismo  non  saprem- 
mo  pensare  una  piu  alta  unita ,  che  gli  sovrasti ;  ed  una  Teologia, 
che  s'  imbarcasse  nell'opera  di  trovarla,  rischierebbe  di  corrompere 
II  Cattolicismo  stesso,  inserendovi  elemenli  che  ne  sono  una  piu  o 
meno  ampia  negazione. 

Oltre  agl'  indizii  soprascritti,  il  dott.  Dollinger  reca  gli  apparec- 
chi  gia  falti  in  Lamagna,  perche  il  candelabro  delle  scienze  leolo- 
giche  sia  cola  collocato  a  rischiararvi  il  mattino  ed  il  meriggio, 
mentre  tutti  gli  altri  popoli,  come  antipodi  di  quella  gente  forlunata, 
si  debbono  rimanere  nella  notte,  o  al  piu  nolle  ombre  di  un  crepu- 
scolo  vespertino.  Ed  ecco  come  egli  si  esprime :  «  Nell'  Alemagna 
«  pertanto  dobbiamo  noi  cercare  la  patria  fulura  della  Teologia  cat- 
«  tolica;  percioccche  nessun  altro  popolo,  come  il  tedesco,  ha  colli- 
«  vato  con  uguale  solleciludine,  amore  e  profondila  la  storia  e  la  fi- 
«  losofia,  che  sono  i  due  occhi  della  Teologia ;  e  pero,  nell'  uno  e 
«  nell'altro  capo  (nella  storia  e  nella  lilosofia),  t  Tedeschi  sono  diven- 


E  LE  SCIENZE  SACRE  31 

«  tali  i  maestri  di  tulle  le  nazioni  1.  »  Poscia  ,  ricordate  allre  ma- 
niere  di  cognizioni,  necessarie  alia  Teologia,  cioe  dire  esegesi  bibli- 
ca,  patrislica,  critica  della  storia  e  via  dicerido,  di  tuile  lascia  inten- 
dere,  che  in  Alemagna  sia  il  primo  magisterio  del  mondo. 

Ora  qui  sarebbe  a  cercare  prima,  se  sia  possibile  lo  stabilimento 
di  una  nuova  Teologia  diversa  dall'anUca ;  secondo,  supposto  che  si, 
sarebbe  a  vedere  in  qual  misura  siano  richiesti  quegli  element!,  o, 
come  egli  dice,  quei  sassi  necessarii  al  nuovo  edifizio;  da  ultimo,  si 
dovrebbe  esaminare  se  quelli  si  trovino  veramente  ampli  e  perfetti 
nel  mezzo  deila  nazione  tedesca,  a  differenza  di  tutte  le  altre.  Ma  i 
lellori  vedranno  da  loro  che,  mettendoci  noi  in  questo  pelago,  la  riva 
non  ci  si  farebbe  vedere,  che  molto  lonlana,  quando,  in  quella  vece, 
a  loro  ed  a  noi  comincia  oggimai  a  tardare  1'afferrarla.  Sara  dunque 
meglio  preterire  quelle  due  prime  ricerche,  alle  quali  dalle  cose  phi 
sopra  discorse  non  dev'  essere  malagevole  il  dare  una  risposta,  e 
fermarci  alia  terza ;  per  la  quale  se  la  conchiusione  riuscisse  negati- 
va,  gia  non  vi  sarebbe  grandc  uopo  di  occuparci  delle  altre  due. 

E  che  dall' Alemagna  si  siano  avuti,  massime  nei  tre  o  quatlro  ul- 
timi  decennii  di  questo  secolo,  molti  e  pregevolissimi  lavori  storici , 
cio  non  si  nega  da  nessuno,  e  da  noi  meno  di  qualunque  altro.  Anzi 
aggiungiamo  di  vedere  in  quella  degna  nazione  i  due  requisiti  phi 
necessarii,  per  conoscere  con  accuratezza  i  fatti  dei  tempi  remoti,  e 
per  esporli  con  veracita ;  e  vogliamo  dire  la  pazienza  nelle  ricerche, 
e  quella  schieltezza  e  leaita  di  carattere,  che  italianamente  potrebbe 
chiamarsi  ancora  yermanita  con  bella  ed  onorevole  sinonimia.  Le  qua- 
li nobilissime  doti,  alterate  stranamente  pel  fanatismo  eterodosso,  col 
rimettere  notevolmente  di  questo  negli  ultimi  tempi,  avendo  pigliato 
di  nuovo  il  sopravvento,  si  sono  falte  origine  di  quei  servigi  insigni, 
che  la  verila  storica  in  generale,  ed  in  peculiar  guisa  quella  del  Catto- 
licismo,  ha  avuto  da  scrittori  proteslanti,  quali  furono  un  flurter,  un 
Yoigt,  un  Ranke,  un  Leo,  per  non  dire  di  autori  cattolici ,  che  della 

1  In  Deutschland  also  haben  wir  kiinftighin  das  Heimathland  der  ka- 
Ihollschen  Theologie  zu  suchen.  Hat  doch  auch  kein  anderes  Volk,  als  das 
Deutsche,  die  beiden  Augen  der  Theologie,  Geschichte  und  Philosophic, 
mil  solcher  Sorgfalt,  Liebe  und  Griindlichkeit  gepflegt;  sind  doch  in  beiden 
Gebieten  die  Deutschen  die  Lehrer  aller  Nationen  geworden.  Pag.  47-48. 


32  IL  CONGRESSO  DEI  DOTTI  CATTOLICI 

storia,  soprattutlo  del  medio  evo,  meritarono  otlimamenle.  Ma  da  que- 
slo  all'  essere  diventati  i  Tedesclii  i  maestri  di  tulte  le  nazioni  ( die 
Lehrer  aller  Nationen  sind  geworden )  ci  e  un  gran  tralto ;  e  forse 
lo  spifferarlo  loro  in  viso  con  tanta  burbanza  e  il  mezzo  piu  efficace, 
perche  quelle  non  si  vogliano  acconciare  ad  un  tal  magistero ;  veduto 
soprattutto  che  altre  nazioni,  come  sarebbero  quelle  di  ceppo  greco- 
latino,  polrebbono  desiderare  peculiarmente  nella  storia  qualche  cosa 
di  piu,  che  non  sono  le  diligenti  ricerche  ele  veridiche  esposizioni, 
come  certamente  vi  e  qualche  cosa  di  piu  in  Erodoto  ed  in  Tucidide, 
In  Tacito  ed  in  Livio,  nel  Mariana  e  nel  Bossuet,  nel  Guicciardini  e 
nel  Barloli.  Anzi ,  eziandio  riconoscendo  che  alcuni  storici  tedeschi 
non  mancano  di  perfezione  letteraria ,  le  altre  nazioni  non  sogliono 
accettare  i  lavori  slorici  dei  loro  maestri  a  chiusi  occhi,  e  senza  be- 
nefizio  d'  invenlario ;  e  fanno  bene.  Perciocche  se  nei  Protestanti  i 
pregiudizii  eterodossi  non  permeltono  sempre  di  vedere  o  certo  di 
dire  tutta  intera  la  verita ,  non  e  raro  imbatlersi  in  Cattolici  anche 
Illustri,  i  quali,  per  una  inconsulta  condiscendenza  a  quei  pregiudi- 
zii stessi,  trattano  la  storia  per  modo,  che  le  altre  nazioni  non  vi  si 
potrebbero  in  buona  coscienza  affidare.  E  di  un  tal  vezzo  forse  il  me- 
desimo  dottor  Dollinger  ci  dara  un  esempio  nell'esame,  che  divisia- 
mo  fare,  di  un  suo  recentissimo  lavoro  slorico  1. 

Ma  ammessa  pure  quella  sovrana  eccellenza  nella  storia  e,  se  vo- 
lele  eziandio,  com'egli  prelende,  nella  linguistica,  nella  patrislica  , 
nella  esegesi  biblica  e  via  dicendo ,  si  avranno  gli  elemenli  neces- 
sarii  ad  una  Teologia  specolativa,  che  possa  degnamente  sostituirsi 
alia  Scolastica?  Noi  non  crediamo.  Tutte  quelle  cognizioni,  che  chia- 
mano  giustamenle  sussidiarie  della  Teologia,  e  sono  ornamenlo  uobi- 


1  Die  Papst-Fabeln  des  Mittelalters.  Ein  Beitrag  zur  Kirchengeschiclite 
von  Job.  Jos.  Ign.  v.  Dollinger.  —  Miinchen  1863.  —  Ne  le  sue  condi- 
scendenze  si  restringono  alia  storia.  Eziandio  trattando  di  cose  dommatiche 
gli  accomodamenti  del  Dollinger  sono  tali,  che  la  Teologia  cattolica  non  ne 
pud  essere  satisfatta.  Piu  di  un  esempio  se  ne  polrebbe  cilare  dalsuo  libro: 
Christenlhum  und  Kircbe  in  der  Zeit  der  Grundlegung  (Cristianesimo  e  Chie- 
sa  nel  tempo  della  fondazione]  Regensburg  1860.  Ma  bastera  notare  lo  stu- 
dio, onde  alia  pag.  264  si  contende  a  ridurre  la  Geenna  a  sole  pene  interior! 
deiranima. 


E  LE  SCIENZE  SACRE  3$ 

Essimo  e  spesso  presidio  necessario  del  Teologo,  non  hanno  che  fare 
eolla  Teologia  nella  sua  propria  ragione  di  scienza  speculative,  della 
quale  qui  Irattiamo.  Anzi ,  secondo  che  sopra  fu  da  noi  accennato  , 
laddove  quesia  poco  o  punto  fornita  di  quelle  puo  studiarsi  nelle 
scuole  e  coltivarsi  privatamente  senza  pericolo ;  per  contrario  queil 
cognizioni  stesse ,  quando  non  siano  guidale  ed  illustrate  da  questa 
scienza  speculative  ,   oltre  allo  esporre  a  gravi  rischi  di  err  ore  lo 
studioso,  non  bastano  a  costituirlo  Teologo  propriamente  detlo.  Po- 
tra  la  persona  per  esse  diventare  dotlo  ,  erudito  ,  filologo  ,  storico 
anche  insigne;  ma  Teologo  nel  proprio  senso  della  parola,  non  mai. 
A  questo ,  come  alia  scienza  medesima  leologica,  e  indispensabile  il 
naturale  strumenlo  di  una  solida  e  compiuta  filosofia ;  e  quando  fos- 
se vero,  che  in  Alemagna  ve  ne  e  una,  il  voto,  ovveramente  il  vati- 
cinio  del  Dollinger  avrebbe  almeno  la  possibilila  di  venire  all'effeUo: 
a  condizione  nondimeno  che  si  Irovassero  cola  ingegui  potenli ,  i 
quali  valendosi  di  quella ,  facessero  al  presente  intorno  alia  Doltri- 
na  ed  alia  Morale  rivelata  cio,  che  S.  Tommaso  e  gli  allri  grand!  e 
santi  maestri  del  secolo  XIII  fecero,  valendosi  della  filosofia  di  Ari- 
stotele. 

Ora  questo  Autore  e  cosi  sicuro  del  falto  suo  ,  che  non  esita  ad 
asserire,  nel  tempo  moderuo  i  Tedeschi  essere  altrcsi  diventatfm 
filosofia  i  maestri  di  tutte  le  allre  nazioni.  La  quale  parola  se,  a  ris- 
petto  della  storia,  pole  parere  un  poco  orgogliosa,  delta  della  filo- 
sofia non  puo  qualificarsi  altriaienti,  che  per  piii  di  un  poco  ridicola. 
Certo  alle  altre  nazioni  i  Tedeschi  in  fascio  dati  a  maestri  in  filosofia 
polrebbero  sembrare  alquanto  soverchi ;  ed  il  doll.  Dollinger  avrebbe 
falto  miglior  senno  a  nominarne  un  paio,  per  farci  intendere  quale 
£  la  fiiosofia  ,  che  lutle  le  altre  nazioni  debbono  imparare  dall'  Ale- 
magna. Ma  egli  non  potea  nominarcene  uno ;  in  quanto  deve  sapere 
meglio  di  noi,  come  cola,  dopo  le  capestrerie  del  Kant ,  manipolate 
variamenle  e  rese  ancora  piu  pazze  dai  suoi  successori,  il  Fichle,  lo 
Schelling  e  1'Hegel,  e  seguito  uno  scompiglio,  una  confusione,  direm- 
nio  quasi  una  babilonia  degli  sludii  razionali ,  che  forse  in  nessun. 
allro  paese  o  tempo  trova  riscontro :  se  pure  non  vogliate  onorare 
del  nome  di  filosofia  quel  razionalismo  arido  e  quell'  abbielto  mate- 
SerieV,  vol.  X,  fasc.  337.  3  21  Marzo  1864. 


3i  IL  CONGRESSO  DEI  DOTTI  CATTOL1CI 

rialismo,  che  sono  i  due  sistemi  davvero  prevalent!  al  di  d'  ogg!  m 
Alemagna.  Yera  cosa  e,  che  do  ha  luogo  nell'insegnamento  eterodos- 
so;  ma  oltre  che  il  Dollinger  non  esprime  alcuna  differenza  di  giu- 
dizio  tra  questo  ed  il  cattolico ,  dandoci  senza  piu  i  Tedeschi  (die 
Deutsche)  per  maestri  in  filosofia  di  tutte  le  nazioni ;  noi  con  ramma- 
rico  dobbiarao  aggiungere,  che  i  piu  nominal!  tra  i  medesimi  scrit- 
tori  catlolici,  che  ultimamenle  filosofarono,  come  1'Hermes,  il  Gun- 
Iher  e ,  se  vuolsi  tener  conlo  del  rinomo  venuto  dalla  pertinacia ,  il 
Frohschammer,  sia  per  rimembranze  di  principii  schellinghiani  ed 
hegeliani,  sia  per  vaghezza  di  una  nuova  fiiosofia,  non  seppero  farlo 
per  guisa,  da  schivare  error!  anche  gravi,  sopra  iquali  caddero  cen- 
sure iterate  dalla  parte  della  Santa  Sede.  Tulmenle  che,  quando  cola 
non  fosse  akro  fuori  di  quello  ,  che  il  dott.  Dollinger  ha  in  pregio  , 
V  Alemagna,  piu  di  qualunque  altra  contrada  europea,  sarebbe  Ion- 
tana  dal  vedere  non  sorgere,  ma  risorgere  nel  suo  mezzo  la  grande 
scienza  teologica;  e  cio  appunto  per  le  condizioni  lamentevoli,  in  cu! 
\ersaoo  ivi  gli  studii  filosofici. 

Ma  per  buona  ventura  le  cose  non  vi  sono  giunle  a  questi  termini; 
e  noi,  senza  attribuire  ad  alcuna  nazione  in  parlicolare  lo  slrano  pri- 
vilegio  di  essere  diventata  maestra  di  tulte  le  altre  in  alcuna  scienza 
umana  o  divina,  ci  compiacciamo  a  riconoscere  che  nell'  Alemagna 
altresi  si  e  manifestata,  ed  ogni  di  piu  si  ringagliardisce,  rinclinazio- 
ne  a  quella  scienza  scolastica,  la  quale,  appunto  come  cosa  callolica, 
ha  caraltere  sovrannazionale,  e  non  appartenendo  ad  alcuna  genie 
in  parlicolare,  le  puo  tutte  raccogliere  come  sorelle  nella  uniia  di 
uno  stesso  pensiero,  sotto  il  magistero  e  Findinzzo  di  una  sola  Chie- 
sa.  Forse  in  un  apposito  lavorelto ,  che  stiamo  meditando,  avremo 
occasione  di  giuslificare  il  severe  giudizio  tesle  recato  sopra  le  pre- 
sent! condizioni  della  filosofia  alemanna,  e  d'  indicare  all'  ora  mede- 
sima  i  principii  onde  mosse,  ed  i  segni  coi  quali  si  manifesta  quella 
Inclinazione,  che  dicevamo,  all'anlica  Scolastica.  Per  ora  ci  basli  no- 
tare,  come  un  opuscolo  del  Kleutgen,  e  poscia  i  brevi,  ma  sugosissi- 
mi  scrilti  del  compianto  professor  Clemens  di  Minister,  fino  dal  1853, 
diedero  quasi  il  primo  segnale  a  quel  movimento,  che  si  c  venuto  a 
mano  a  mano  sempre  piu  allargando  e  rinvigorendo,  ed,  a  quel  che 
mostra ,  non  cessera  di  andare.  Quindi  da  una  parte  i  recentissimi 


E  LE  SCIENZE  SACRE  35 

libri  del  medesimo  Kleutgen  l ;  dair  altra  gli  assidui  e  pregevoli  la- 
vori  del  benemerito  Periodico  Der  Katholik  di  Magonza,  comin- 
ciarono  potenlemenle  a  conlribuire  a  quel  servigio  della  patria  loro, 
del  quale  noi  non  crediamo,  che,  in  opera  di  seienza,  le  se  ne  possa 
rendere  nel  tempo  presente  un  altro  o  piu  necessario,  o  piu  insigne. 
II  dolt.  Dollinger  di  tutto  questo  non  sa  nulla ;  se  forse  non  e  piu 
vero  che,  sapendolo  molto  bene,  se  n'  e  voluto  spacciare  decretando 
Inappellabilmente,  che  la  restaurazione  di  quella  scienza  e  cosa  da 
neppur  pensarci :  Non  e  piu  a  pensare  ( sono  sue  parole )  a  restrin- 
gere  di  nuovo  la  corrente  teologica  in  un  letto  antico,  divenuto,  gia 
da  gran  tempo,  troppo  angusto,  e  perb  incapace  di  contenerla  %;  » 
e  tosto  ricasca  nella  sua  fisima  prediletta  della  esegesi  biblica  e  del 
criticismo  storico.  Ma  deh!  si  consideri  qual  costrutto  possa  cavare 
una  generazione  materialistica  e  razionalistica  dall'  essere  saturata 
di  esegesi  sopra  una  Bibbia,  a  cui  piu  non  crede,  e  di  critica  sopra 
una  storia,  nella  quale  e  ferma  di  non  trovare,  se  non  cio  che  talenta 
a  lei !  Se  questo  sia  il  grande  guadagno  e  I'immenso  progresso  nel- 
la scienza,  per  cui  merito  1'  Alemagna  deve  consolarsi  delle  sue 
scissure  religiose,  dalle  quali  fu  insanguinala  per  oltre  ad  un  secolo, 
e  travolta  in  portentose  chimere  per  altri  due,  lo  veggano  coloro  che 
di  quel  guadagno  e  di  quei  progress!  sono  tanto  orgogliosi;  ma  le 
genii  catloliche  non  avranno  nessuna  tentazione  di  invidiarglieli. 
Quanlo  a  noi,  siamo  persuasi,  che  il  razionalismo  non  puo  combatfer- 
si  altrimenli,  che  colla  filosofia  razionale ;  ed  e  vano  cercare,  perche 
Impossibile  a  Irovare,  una  filosofia  razionale  che  sia  sustanzialmente 
diversa  dalla  Scolastica,  cioe  dall'  unica.  che  sia  mai  stata  professata 
nella  Chiesa.  Ed  e  si  lungi  che  quella  debba  essere  sovraccaricala  di 
nuovi  presidii  positivi,  che  anzi,  nella  presenle  disposizione  delle 
menli ,  all'  Alemagna  e  forse  meglio  appropriata  la  Scolastica  qual 
nacque  nel  secolo  terzodecimo ,  che  non  quale  fu  rawivata  e  ringa- 

1  Die  Theologie  dei*  Vorzeit  vertheidigt  von  Joseph  Kleutgen  Prie- 
ster  des  Gesellschaft  Jesu.  Mlinster  1860.  —  Die  Philosophie  der  Vorzeit 
vertheidigt  von  Joseph  Kleutgen  P.  v.G.J.  —  Minister  1863. 

2  An  ein  Zuriickstauen  des  theologischen  Stromes  in  ein  alteres  schon 
langst  zu  enge  gewordenes  und  daher  iiberfluthetes  Strombettes  ist  nicht 
mehr  zu  denken.  Pag.  48-49. 


36  IL  CONGRESSO  DEI  DOTTI  CATTOLICI  E  LE  SC1ENZE  SACRE 

gliardita  nel  sestodecimo.  Quella  nei  suoi  primordii  fa  contrapposta 
al  Realismo  di  Gilberlo  Porretano,  al  Nominalismo  di  Roscellino,  al 
Razioualismo  sia  di  Abelardo ,  che  nulla  diceva  doversi  credere  non 
dimoslralo  dalla  ragione,  sia  degli  Arabi  della  scuola  di  Cordova,  i 
quali ,  con  Aristotele  interpretato  e  guaslo  dai  loro,  impugnayano  ii 
Cristianesimo.  Ora  lutli  gli  error! ,  che  hanno  ullimamente  inondala 
1'Europa,  ed  in  particolar  modo  la  Germania,  non  si  differenziando 
clie  poco  o  nulla  da  quelli,  la  poleraica  stessa  dovra  in  certa  guisa 
dietreggiare,  perche  Y  errore  si  e  rifalto  cio  che  era  sei  secoli  ad- 
dietro.  E  cosi,  senza  slillars!  il  cervello  nella  impresa  sempre  vana 
e  quasi  sempre  perniciosa,  di  creare  nuove  scienze  e  nuove  filosofie, 
il  meglio  che  per  ora  possa  farsi ,  sarebbe  attenersi  principalmente 
alia  Somma  teologica  di  S.  Tommaso  e  a  quella  Contra  Gentiles. 

Ma  e  tempo  oggimai  di  far  punlo ;  c  forse  a  qualcuno  parra  che 
sia  un  po'  troppo  tardi.  Nondimeno  la  gravita  delle  cose  trattate  ci 
scusera  del  non  averlo  fatto  in  maniera  piu  breve ;  e  quando  i  leltori 
si  fossero  persuasi  che,  in  opera  di  Filosofia  e  di  sacre  discipline  „ 
la  vera  via  di  rislorarle  e  il  ricondurle  ai  santi  e  sommi  loro  maestri 
catlolici ,  senza  lasciarsi  allucinare  dalle  apparenze  fallaci  di  una 
scienza  prosuntuosa ,  che  crede  di  farsi  grande  collo  spregio  del 
grandi ,  essi  avrebbero  largo  compenso  della  pazienza  nell'  averci 
letto,  e  noi  della  falica  nell'avere  scritlo. 

Che  se  queste  pagine  venissero  sotlo  degli  occhi  di  qualche  Te- 
desco,  noi  abbiam  fiducia  nella  rettitudine  del  suo  giudizio,  che  esso 
non  vorra  recare  a  manco  di  stima  o  di  benevolenza  verso  la  sua  na- 
zione  cio,  che  siamo  stali  costrelti  a  dire,  non  tan  to  per  giusta  difesa 
delle  altre  genii  cosi  indegnamente  oltraggiale,  quanto  per  amore  del- 
la  verila  e  della  scienza  cattolica,  che  e  patrimonio  prezioso  di  tutte 
le  nazioni.  Ad  onta  di  cio,  puo  ben  essere  che  ci  fossimo  lasciati  dis- 
correre  a  qualche  parola  un  po'  troppo  severa ;  ed  in  queslo  caso,  noi, 
nel  volerla  espressamente  ritrattata  e  cassa ,  preghiamo  a  riflettere , 
come  i  Tedeschi  del  qualunque  dispiacere  portatone  avrebbero  lutta 
1'obbligazione  al  doltore  Dollinger,  il  quale,  col  falto  suo,  ha  rafferma- 
to  queR'anlico  dello,  che  alia  riputazione  di  una  persona  o  di  una  gente 
fa  minor  male  un  censore  severo,  che  un  maleavvisato  panegirista. 


I  LIBERALI  E  LE  LORO  PROMESSE 


I  liberal!  ( parliamo  dei  matricolati )  da  quegli  indemoniati  ed 
anzi  da  quei  demonii  che  sono,  quanto  il  comporta  quel  tanto  che 
non  possono  svestire  dell'umana  natura,  non  imitano  solamenle 
il  diavolo  loro  tipo,  duce  e  maestro  nelle  dottrine  che  professano, 
nello  spirito  che  li  informa ,  nello  scopo  a  cui  tendono,  siccome 
ci  pare  di  avere  baste volmente  dimostrato  in  due  articoli  prece- 
denti ;  ma,  quello  che  non  e  meno  importante  a  considerare,  1'i- 
mitano  ancora  fedelmente  nel  nulla,  a  cui  vedono  sempre  tornare 
le  loro  imprese,  quando  queste  non  riescono  anzi  al  rovescio  di 
quello  a  che  erano  indirizzate.  E  sarebbe  per  verila  un  gran  mi- 
racolo,  se,  avendo  i  liberali  comune  col  diavolo  lo  scopo,  i  mezzi 
e  pressoche  ancor  non  dicemmo  1'  indole  e  la  natura,  non  si  tro- 
vassero  poi  avere  comune  ancora  con  esso  lui  il  successo  e  la 
riuscita. 

E  non  inlendiamo  gia  parlare  della  loro  riuscita  finale  nell'altro 
mondo ,  la  quale  noi  raccomandiamo  di  cuore  all'  infinita  miseri- 
cordia  di  Dio  ;  e  di  cui ,  in  ogni  caso ,  non  abbiamo  nulla  che 
dire,  per  la  gran  ragione  che  ( da  quel  proverbio  in  fuori  il  qua- 
le dice  che :  chi  e  imbarcato  col  diavolo  ha  da  passare  in  sua 
cornpagma)  non  se  ne  sa  e  non  se  ne  pud  saper  nulla  di  certo, 


38  I  LIBERALI  E  LE  LORO  PROMESSE 

cccelto  che  ella  e  possibile,  come  tulte  le  altre  cose  che  non  sono 
del  tulto  impossibilissime.  Bensi  inlendiamo  parlare  della  loro  riu- 
scila  in  questo  mondo  di  qua  e  del  successo  delle  loro  imprese 
diaboliche  qui  di  sopra.  Le  quali ,  appunto  perche  diaboiiche , 
hanno  per  fora  da  finire  con  isciogliersi  e  svaporarsi ,  quali  il- 
lusioni  ed  apparenze ,  in  iscbizzale  di  bolle  di  sapone  ,  come  la 
farina  del  diavolo  che  sempre  e  tutta  se  ne  suole  andare  in  cru- 
sca,  e  come  ogni  altro  suo  dono  e  favore ,  del  quale  si  dice  sa- 
pientemente  cbe  diavol  reca  e  diavol  porta. 

Ed  e  in  verita  cosa  che  dovrebbe  saltar  subito  agli  occhi  d'o- 
gnuno  questa  che ,  avendo  il  diavolo  saputo  far  si  male  i  proprii 
affari ,  non  avrebbe  a  dover  essere  riputato  per  persona  molto 
adatla  ad  acconciare  gli  altrui.  Che  cosa  infatti  abbia  egli  gua- 
dagnato  per  se  col  voler  fare  il  liberale  in  Paradiso ,  e  un'  eru- 
dizione  che  i  nostri  liberal!  non  dovrebbero  ignorare,  poiche  essi 
si  trovano  ora  avere  di  si  gran  teologi  per  casa.  I  quali  possono 
loro  raccontare  si  come  una  volta,  secondo  che  narra  Isaia  (XIV, 
13 ),  Lucifero  disse  fra  se:  «  lo  saliro  in  cielo;  io  innalzero  il  mio 
irono  sopra  le  stelle  di  Dio,  sedero  sul  monle  del  Testamento  ai  lali 
dell' Aquilone ;  saliro  sopra  1'altezza  delle  nuvole,  e  mi  faro  so- 
miglianle  all'Altissimo  ».  Ma  e  accadulo  il  rovescio.  Giacche,  se- 
coudo  che  segue  a  narrare  il  profeta  che  qui  la  fa  da  storico  :  «  Pu- 
re, gli  dice,  volgendogli  direltamente  la  parola,  pure  sei  stato 
travolto  nell' inferno,  nel  profondo  della  fossa  ».  Ora  se  tale  fu 
la  riuscita  del  diavolo  nella  prima  e  principale  sua  impresa,  nella 
quale  egli  era,  come  si  dice  adesso,  personalmente  interessato,  ve- 
dano  di  grazia  i  liberali  medesimi  quali  probabilita  ci  possano  es- 
sere per  un  piu  lielo  successo  delle  altre  sue  imprese ,  in  cui  egli 
non  rischia  piu  allro  che  la  pelle  dei  suoi  cagnotti. 

Del  resto  non  abbiamo  bisogno  d'interrogare  le  probabilita,  dove 
il  fatto  parla  da  se.  Potremmo  risalire  fino  ad  Eva  poveretla ,  che 
per  aver  fatto  a  fidanza  colle  promesse  del  serpente  (il  quale,  come 
il  piu  astuto  di  qualunque  altro  animale,  fu  il  primo  liberale  del  par- 
tito  moderalo  che  parlasse  untuosamente  di  progresso  ,  di  sovranila 
del  popolo  e  d'  indipendenza )  perdette  per  se  e  per  noi  il  bene  che 


I  LIBERALI  E  IE  LORO  PROMESSE  39 

aveva.  Potremmo  citare  Caino,  il  primo  liberale  del  partito  di 
azione,  secondo  che  disse  anche  il  Giusti : 

A  delta  di  Caino 
Abele  era  codino. 

Percio  se  ne  sbarazzo  alia  mazziniana.  Ma  ne  guadagno  una  vita 
disperala  da  fuoruscilo  eel  emigralo  perpetuo.  Potremmo  discendere 
fmo  a  Giuda,  il  primo  liberale  presbilero,  il  quale,  per  aver  data 
ascolto  al  diavolo  che  gli  era  entrato  addosso ,  dovette  inline  conse- 
gnargli  prima  i  danari  e  poi  la  vita  e  I'amma.  Potremmo  correre  a 
nostro  piacimenlo  tutto  il  campo  della  storia  sacra  e  profana  ,  senza 
Irovare  altro  faslidio  cbe  della  scelta  nel  cogliere  a  decine  i  fiori  e 
i  frulti  dell'  esperienza  dei  secoli  andati ,  maestra  eloquenlissima  di 
questo  gran  vero,  che  chi  si  fido  al  diavolo  fini  sempre  male. 

Ma  siccome  dall'un  lato  non  vi  ha  nulla  di  phi  istruttivo  che  1'es- 
perienza  fresca  e  recente,  e  dall'  allro  mai  1'  esperienza  passata  non 
fu  si  ricca  d'  insegnamenti  come  la  presenle  che  noi  stessi  esperi- 
mentiamo ;  cosi  venendo  a  discorrere  di  noi  e  delle  cose  noslrc, 
vediamo  di  grazia  se  non  sia  ora  evidentissimo ,  che  i  liberali  non 
ne  indovinano  una  e  sempre  corrono  alia  propria  ruina,  mentre  cre- 
dono  di  spingervi  i  loro  avversarii. 

Non  ci  ha  per  fermo  alcun  popolo,  nel  quale  le  idee  liberalesche  ab- 
biano  fatte  le  loro  prove  phi  variamente  e  piu  lungamente  che  il  fran- 
cese.  Si  puo  dire  con  ogni  verita  che  la  Francia,  indegna  certamen- 
te  per  mille  titoli  di  sorte  si  miseranda ,  fu  pero  ed  e  ancora  di  fatto- 
come  una  scuola  di  vivisezione,  dove  i  liberali  di  ogni  falta  hanno 
alzato  cattedra  di  esperienze  liberalesche  lagliando ,  risecando  ,  cu- 
cendo,  scucendo,  aprendo,  chiudendo,  trapanando,  menando  insom- 
ma  il  collello  anatomico  per  tutti  i  suoi  membri  e  per  tutle  le  sue 
viscere  anche  piu  nobili ,  sempre  in  cerca  del  miglior  governo  libe- 
ralesco  e  del  miglior  modo  pralico ,  onde  poter  proporre  la  Fran- 
cia e  se  medesimi  al  mondo  universo  come  modelli  di  buon  gover- 
no. Ma  ,  come  si  suol  dire  che  chi  troppo  si  assotliglia  si  scavezza, 
cosi  ne  e  venuto,  non  si  sa  come,  che,  ad  ogni  mutazione  di  forme 
governative  e  ad  ogni  preteso  miglioramento  di  governo,  la  Francia, 


40  I  LIBERALI  E  LE  LORD  PROMESSE 

come  una  pecora  impigliala  in  un  burrone  di  spini ,  vi  lascio  sem- 
pre  qualche  bioccolo  della  sua  lana.  Dove  noi  ci  guardiam  bene  dal 
parlar  di  bocca  nostra  e  di  nostra  privata  autorila,  la  quale  e  nulla. 
Bensi  ci  fidiarao  pienamente  a!  savii  giudizii  ed  alia  dotta  espcrien- 
za  degli  scrittori  stessi  fnmcesi  ancora  piu  autorcvoli ,  dai  quali  ab- 
biara  imparato,  con  nostra  maraviglia,  che  la  Francia,  dopo  tanto 
tempo  che  insegna  il  liberalismo  agli  altri,  e  ancora  in  penosa  ricer- 
ca  della  propria  liber  la. 
E  qui  (intendiamoci  bene)  noi  non  diciamo  gia  che  la  Francia  sia 

0  non  sia  in  verila  libera  anche  Iroppo,  o  troppo  poco.  Noi  non  di- 

ciam  nulla.  E  se  dovessimo  dir  qualche  cosa,  non  potremmo  che  ri- 

petere  le  sapientissime  parole  dette  dall'  imperatore  Napoleone  III 

al  nuovo  Cardinale  di  Bonnechose,  il  di  14  Gennaio  di  quest'  anno 

medesimo,  quando  parlando,  non  tanto  a  lui,  quanto  a  suoi  buoni 

Frances!  deputati  e  non  depulati,  disse :  « Voi  dovele  certamente  es- 

«  sere  stupito  al  pari  di  me  al  vedere,  dopo  si  breve  intervallo  di 

«  tempo,  uomini  appena  scampati  da  un  naufragio ,  chiamare  in  lo- 

«  ro  soccorso  i  venti  e  le  tempeste.  Dio  protegge  visibilmenle  la 

«  Francia  e  non  permellera  che  il  genio  del  male  venga  ancora  ad 

«  agitarla.  II  cerchio  della  nostra  Costituzione  fu  largamente  traccia- 

«  to :  ogni  uorao  onesto  ci  si  puo  movere  con  agio  ;  perche  ognuno 

«  ha  la  facolta  d'esprimere  il  suopensiero,  di  esaminare  gli  alii 

«  del  Governo,  e  di  prendere  la  sua  giuslaparte  nei  pubblici  affari.  » 

E  evidenle  che  1'  Imperalore  ha  ragione;  ed  e  cosa  che  fa  mara- 
viglia questa  del  vedere  e  dell'  udire  tanti  Frances!  e  si  autorevoli , 

1  quali  lull!  piangono  e  si  lamentano  di  non  essere  liberi  abbaslan- 
za ,  e  cio  dopo  non  ancor  quindici  anni  da  che  per  troppa  liberla  la 
Francia  si  trovo  presso  ad  annegare.  Ma,  come  dicemmo,  o  faccia 
o  non  faccia  maraviglia,  la  cosa  e  cosi ,  ne  piu  ne  meno.  I  Frances! 
si  lamentano  di  non  aver  ancora  trovata  la  vera  forma  di  governo 
che  loro  piaccia.  Dove  per  Francesi  intendiamo  sempre  quelli  che 
hanno  o  si  prendono  la  voce  in  capitolo.  E  quesli  sono  in  Francia, 
come  altrove,  i  meno  numerosi;  benche  siano,  com'  e  naturale,  i 
piu  romorosi ,  e  i  soli  anzi  che  si  facciano  udire.  Giacche  in  Fran- 
cia ,  come  altrove ,  chi  parla  meno  di  teorie  di  governo  si  e  ii  vero 


I  LIBERALI  E  LE  LORO  PROMESSE  41 

popolo  che,  nella  sua  immensa  maggioranza,  ama  non  di  governare 
ma  di  essere  governato ,  per  poter  fare  comodamente  i  proprii  affa- 
ri  di  casa,  che  sono  poi  quelli  che  interessano  davvero  il  popolo,  tan- 
to  il  francese  quanlo  qualunque  altro.  Ma  insomma  quelli  che  si  oc- 
cupano  di  governo  pubblico ,  e  ne  parlano  e  ne  scrivono ,  nella  loro 
quasi  totalila,  si  lamenlano  in  Francia  di  non  esser  liberi :  piango- 
no  le  loro  catene  per  quanto  il  comporta  la  liberta  del  pensiero : 
deplorano  i  tempi  passali ,  vagheggiano  il  tempo  avvenire,  ciascuno 
secondo  le  sue  tradizioni  passate.  E  rispetto  al  tempo  presente  (che 
serve  dissimularlo  ? )  non  ne  sono  contenli.  E  i  piu  moderati,  i  phi 
fedeli,  i  piu  sicuri,  anch'essi  aspettano  o  fingono  di  aspeitare  il  co- 
ronamento  dell' edifizio ;  espressione  che  non  puo  essere  anarchica, 
perche  fu  usata  dallo  stesso  Imperatore ;  ma  che  in  bocca  di  quelli 
che  la  ripetono  a  ogni  momento  con  vm'  insistenza  che  moslra  poca 
voglia  di  aspettare ,  ha  un  significato  poco  celato  di  malcontenlo  e 
di  voto  impaziente  d'un  meglio,  che  non  si  sa  bene  che  cosa  debba 
essere,  ma  che  si  aspetta  e  si  desidera,  come  la  felicita  della  Fran- 
cia e  1'  avvenimento  definitive  di  quel  lipo  di  buon  governo ,  che  da 
tanto  tempo  si  promelle  dai  liberali  e  non  si  vede  mai. 

E  che  queslo  gran  tipo  non  si  sia  fmora  vedulo  in  Francia,  noi 
non  raffermiamo  gia  di  nostra  autorila,  la  quale,  come  dicemmo,  e 
del  tutto  nulla,  quando  si  tratta  di  giudicare  di  cio  che  conviene  e 
non  conviene  altrui.  Ma  non  abbiam  bisogno  che  di  ascoltare  per 
udirlo  affermalo  da  quanli  in  Francia  sono,  o  si  credono,  competenti 
a  giudicarne.  Dal  di  che  il  liberalismo,  col  preleslo  che  la  Francia 
non  era  ben  governata  col  sistema  che  T  aveva  governata  per  tanti 
secoli,  voile  prender  sopra  di  se  il  pensiero  di  governarla  meglio, 
da  quel  di  la  Francia  non  ebbe  piu  governo  che  durasse  quanto  la 
vita  d'  un  uomo.  E  la  cosa  dovea  essere  cosi.  Infatli  proprio  la  Re- 
me  des  deux  Mondes  (n.°  del  1.°  Gennaio  di  quest'  anno  pag.  240) 
c'  insegna  che  il  liberalismo  francese  del  secolo  scorso  nacque , 
come  le  rane,  dal  putridume.  «  Sappiamolo  vedere  ( dice  ella )  e 
«  osiamo  dirlo :  il  manco  di  principii  fu  una  delle  piaghe  del  nostro 
«  paese  al  momento  della  rivoluzione.  II  manco  di  principii,  il  manco 
«  di  esperienza,  il  manco  di  rispetlo  all'  autorita  regia  ed  alia  fede 


12  I  LIBERALI  E  LE  LORO  PROMESSE 

«  cristiana,  ecco  dove  peccarono  di  piu  i  rivoluzionarii  francesi.  La 
«  loro  scusa  si  e  1'educaziooe  che  aveano  ricevuta,  la  vita  die  aveano 
«  menata,  i  senlimenti  irreligiosi  ed  anarchici  che  avevano  ricevuto 
«  dalla  generazione,  che  solto  Luigi  XV  si  era  dislaccala  dalla  Chiesa 
«  e  dal  Re.  »  Si  polea  egli  dire  piu  chiaro  che  il  fango  della  societa 
fraricese  fu  il  campo  ove  sorse  e  si  fecondo  la  rivoluzione?  Nei 
qual  solo  senso  scno  vere  le  citate  parole  della  Revue. 

La  rivoluzione  liberalesca,  nata  da  quel  putridume,  piglio  dunque 
allora  in  Francia,  come  lo  piglia  ancor  presentemenle  per  tutto  al- 
trove,  preteslo  a  sommuovere  il  popolo  conlro  1'aulorita  legittlma,  dai 
bisogno  di  economia  nelle  fmanze  e  di  liberla  civile.  Ma  1'eeonomia 
fini  colla  bancarotta  e  con  un  accrescimento  prodigioso  d'  imposle, 
che  ogni  giorno  aumenta,  senza  che  se  ne  veda  (se  le  cose  hanno  a 
durare  nella  via  liberalesca )  alira  probabile  conchiusione,  che  1'  as- 
sorbimento  finale  nelle  mani  dello  Stato  di  tulle  le  proprieta  private. 
E  la  liberta  civile?  Dio  buono!  Chi  non  sa  che  la  rivoluzione  fran- 
cese  condusse  a  forza  di  liberla  la  Francia,  che  aveva  visto  assassi- 
care  il  suo  Re  figlio  di  tanti  Re,  a  gellarsi  come  in  porto  di  salute 
nelle  braccia  di  un  soldato  forastiero ;  il  quale  alia  sua  volta  a  forza 
di  sangue  francese,  versato  a  fiumi  per  tulla  Europa,  condusse  due 
volte  1'  Europa  vincitrice  in  Francia  e  a  Parigi?  Questo  ebbe,  ia 
opera  di  economia ,  di  liberta  e  d'  indipendenza ,  dal  liberalismo  la 
Francia;  finche,  lornata  sotto  il  governo  de'suoi  Re,  questi  serbarono 
del  liberalismo  quel  tanto  che  basto  a  farli  esulare  due  volte,  sempre 
a  nome  della  liberta.  che  mancava.  Ma  se  i  Governi  e  i  Re  se  n'  an- 
davano,  la  liberty  pero  non  veniva.  Infatti,  il  liberalismo,  dopo  ave- 
re,  sempre  col  pretesto  di  mancanza  di  liberta,  eccitala  la  Francia  a 
mutar  tanti  Governi,  la  coudusse  per  la  seconda  volta  in  meno  di  un 
secolo  ad  una  schiavitu  si  compiuta  sotto  la  feccia  del  popolaccio , 
che  il  secoudo  Impero  fu  giustamente  riconosciuto  dalla  Francia 
come  un  dono  di  quella  Provvidenza  che  la  prolegge. 

Ma  si!  Lasciate  fare  ai  liberali !  Ecco  che  non  sono  ancora  passati 
quindici  anni,  e  gia  1'Imperalore  e  obbligato  ad  avvertire  i  Francesi, 
che  badino  a  quello  che  fanno ,  e  che  non  si  espongano  di  nuovo  ad 
un  non  sappiamo  se  ventesimo  o  cinquantesimo  naufragio. 


I  LIBERALI  E  LE  LORD  PROMESSE  45 

Che  vogliamo  ricavare  da  tutto  questo?  Nient'  altro  se  non  che  i 
liberal!,  come  11  diavolo  fece  col  primo  uomo,  cosi  essi  adoperando 
coi  popoli,  proraettono  felicita,  liberta,  indipendenza,  ricchezza,  pur- 
che  si  faccia  a  modo  loro,  mantenendo  poi  a  modo  loro  e  del  diavolo 
loro  maestro,  tutto  il  rovescio  di  quello  che  aveano  promesso. 

E  mirate  bonarieta  dei  popoli,  ed  anche  di  molti  illustri  personag- 
gi  ed  espertissimi  di  faccende  politiche!  Invece  di  capire  una  volta 
che  tutta  T  origine  di  questi  mali  successi  e  di  questi  fiaschi  politici 
sta  nei  principii  stessi  liberaleschi ,  vanno  invece  attribuendone  la 
cagione  a  quel  tale  e  quel  tal  altro  sistema  liberate  che  non  e  il  loro 
predilelto:  ma  che  e  invece  il  prediletto  di  altri  partiti.  E  cosi  il  li- 
berale  parlamentare,  avvezzo  a  trionfare  colla  sua  eloquenza  nei  par- 
lamenti,  e  ad  oltenere,  in  died  anni  di  faticosa  lotta  di  parole,  la 
conquista  di  un  emendamento,  attribuisce  tulti  i  mali  della  Francia 
e  del  mondo  alia  mancanza  della  tribuna.  Invece  il  liberale  dispotico 
ed  assolutista ,  persuaso  di  sua  inviolabile  onnipotenza,  avvezzo  o  a 
farsi  obbedire  con  un  cenno  da  migliaia  di  soldati  sul  campo,  o  ad 
ottenere  quel  che  vuole  dal  popolo  coll'  oro  e  con  un  esercito  di  spie 
e  di  poliziotti ,  opina  che  tutli  i  mali  della  Francia  e  del  mondo  non 
abbiano  altra  origine  che  la  liberta  reale  che  resla,  e  crede  che  si  ri- 
mediera  a  tutto  regolando,  a  nome  del  progresso  e  della  liberta,  ognl 
passo  e  ogni  pensiero ,  e  perfino  il  modo  d'  insegnare  V  abbicci  ai 
putti,  e  il  gius  canonico  ai  preti.  II  liberale  democratico  pazzo,  se 
lo  lasciate  fare,  aggiustera  il  mondo,  rompendo  ogni  vincolo  sociale 
c  perfino  il  paterno  e  il  maritale.  II  liberale  veneratore  storico  e  tra- 
dizionale  di  un  nome  e  di  un  casato,  promette  a  tutti  la  felicita  se, 
comecchessia,  ritorni  al  potere  quell'  uomo  o  quel  sistema.  Giacche 
egli  e  da  porsi  bene  in  mente  e  da  persuadersi  che,  siccome  il  libe- 
ralismo  non  ista  nelle  forme  e  nelle  apparenze,  ma  bensi  nello  spirito 
e  nella  soslanza ;  cosi  lanto  e  liberale  1'  assolutista  quanto  il  demo- 
cratico, quando  ambedue  hanno  per  regola  di  governo  e  per  principii 
di  autorita  quei  principii  e  quelle  regole,  che  pongono  le  leggi  umane 
in  contraddizione  colle  divine,  separano  la  Chiesa  dallo  Slato,  o  con- 
fondono  1'  una  coll* altro,  in  modo  che  la  Chiesa  non  abbia  pienamenta 
i  suoi  diritti.  E  quante  volte  dovremo  ripetere  che  per  noi  non  fu- 


44  I  LIJBERALI  E  IE  LORO  PROMESSE 

rono  mai  liberali  le  repubbliche  svizzere  e  quelle  del  medio  evo ,  e 
sono  invece  liberalissimi  i  Sovrani  autocrat!,  persecutor!  della  Chiesa 
ed  oppressor!  dei  giusti  diritti  dei  popoli?  II  giorno  dunque  in  cui  i 
popoli,  e  chi  fa  i  loro  affari,  saranno  ben  persuasi  eke  non  quel  tale 
o  tal  altro  sistema  liberalesco  e  pernicioso,  ma  il  liberalisrao  per  se 
medesimo,  in  qualunque  guisa  si  mascheri,  allora,  ma  allora  sollanto, 
avranno  fmito  i  liberal!  di  canzonare  e  rovinare  il  mondo. 

II  quale,  per  la  nalura  medesima  delle  cose,  ha  da  venire  un  gior- 
no a  questa  conclusione,  che  i  liberali  sorio  la  sua  ruina.  Infatli  sta 
nella  natura  delle  cose  che  i  liberali,  per  riuscire  a  somrauovere  ed 
eccilare  i  popoli,  hanno  da  prometter  molto,  e  appunto  quello  che  i 
popoli  piu  desiderano ,  cioe  la  liberta  e  il  benessere.  Come  infatli 
riuscirebbero  i  liberali  aporre  in  rivoluzione  i  popoli,  se  non  promet- 
tessero  che  mutando  staranno  meglio?  Ed  in  verita  cosi  fecero  sem- 
pre,  e  cosi  fanno  ancora,  e  cosi  faranno,  fmche  Iroveranno  de'  gonzi 
che  li  lasceranno  fare  e  che  loro  crederanno. 

Ma  sta  pure  riella  natura  delle  cose  che  i  liberali  non  mantengano 
ai  popoli  le  loro  promesse.  Non  le  mantengono  in  prirao  luogo  perche 
non  vogliono  mantenerle.  Chi  e  infatli  cosi  slolido,  il  quale  non  mien- 
da  che,  quando,  per  esempio,  il  Piemonle  invitava  il  clero  ad  unir- 
si  colla  rivoluzione  conlro  1'Austria,  e  gli  dava  per  ragione  la  guerra 
che  1'Austria  faceva  alia  liberta  ecclesiaslica,  il  Piemonle  non  aveva 
niuna  voglia  di  concedere  poi  al  clero  piu  liberla  o  piu  difesa?  E 
quando  si  promelteva  ai  Napolelani ,  ai  Toscani ,  ai  Romagnuoli ,  il 
miglioramento  delle  leggi ,  e  la  diminuzione  delle  imposte ;  credete 
voi  che  non  si  sapesse  benissimo  che  la  rivoluzione  avrebbe  poi  muta- 
ti  in  ceppi  i  palerni  vincoli  di  suddilanza,  e  in  balzelli  enormi  le  miti 
tasse  di  prima?  E  per  parlar  piu  in  generate,  non  si  sa  egli  che,  quan- 
do il  liberalismo  promelle  la  liberla,  intende  di  arrivare  a  poco  a  poco 
a  regolar  ogni  cosa,  ogni  parola  e  ogni  pensiero  nell'  inleresse  della 
rivoluzione  e  del  liberalismo,  che  si  vuol  impossessare  di  lutle  le  so- 
stanze  a  nome  del  comunismo,  di  tulle  le  persone  a  nome  della  pa- 
tria,  di  tutla  1'educazione  ed  istruzione  a  nome  della  civilta?  E  dun- 
que chiaro  in  primo  luogo  che  il  liberalismo  promelte  quello  appunto 
che  non  vuol  mantenere  ancorche  il  polesse. 


I  LIBERALI  E  LE  LORO  PROMESSE  45 

Ma  neanche  il  puo  ancorche  il  volesse.  Chi  e  infatti,  il  quale  possa 
pure  immaginarsi  che  un  Governo  qualunque  siasi,  anche  in  mano 
dei  piu  cosdenziosi,  dei  phi  disinleressali  e  dei  piu  illuminati  uomini 
di  questo  mondo,  possa  riuscire  a  dare  la  felicila:ai  popoli?  Una  fe- 
licila  relaliva  si.  Ma  quella  felicila  che  prometlono  i  liberali,  chi  la 
puo  pure  immaginare  non  che  concedere?  Chi  puo  colla  mente  figu- 
rarsi  una  sociela  libera,  conlenta,  senza  poveri,  senza  guerra,  nuo- 
tanle  nell'  abbondanza  e  nella  pace ,  relta  da  una  giustizia  invariabi- 
le  e  da  unsenno  che  non  fallisce,  una  sociela  di  progresso,  di  civilta, 
di  lumi,  quale  la  promettono  i  liberali  tutti  occupati  a  far  luccicare 
dinnanzi  agli  occhi  dei  gonzi  il  paradiso  in  questa  terra?  Vede  ognu- 
110  che  cio  non  lo  potrebbe  dare  neanche  Salomone.  E  lo  potranno 
dare  i  liberali?  Essi  che  non  aspirano  al  polere  che  per  arricchire 
se  medesimi.  Essi  che  non  cercano  che  lo  sfogo  delle  loro  vendette 
e  di  ogni  loro  piu  bassa  passione.  Essi  che  ignorano  i  primi  element! 
di  buon  governo  che  sono  il  rispetlo  alle  autorita  e  alia  religione ,  sen- 
za il  quale  la  societa  degli  uomini  non  si  differenzia  da  una  raunan- 
za  di  bestie,  se  non  che  nel  peggio.  Come  possono  i  liberali  governare 
i  popoli  altro  che  colla  forza,  essi  che  per  arrivare  al  potere  devono 
prima  predicare  il  disprezzo  d'ogni  diritlo?  Come  possono  fidarsi 
alia  lealta  e  fedelladei  sudditi,  essi  che  per  aver  seguaci  devono  co- 
mandare  e  predicare  1'assassinio,  la  diserzione,  il  Iradimento?  Come 
possono  nutrire  verso  i  popoli  quell'  amore  e  quella  solleciludine,  sen- 
za di  cui  le  noie  del  Governo  nou  si  pigliano  che  a  peso  d'  oro  e 
solamenle  pel  peso  dell'oro,  quando  essi  sono  nudriti  d'  odio  e  di  ven- 
detta, di  spionaggio  e  di  assassinio,  di  barricate  e  di  bombe,  di  co- 
spirazioni  e  di  rivoluzioni  ?  E  dunque  chiaro  in  secondo  luogo  che  i 
[  liberali  promettono  a'  popoli  quello  appunto  che,  ancorche  volessero, 
pure  non  potrebbero  mantenere. 

Or  che  nasce  da  questo?  Nasce  per  la  natura  medesima  delle  cose 
che  1' immaginazione  dei  popoli,  irritata  e  sollecitata  dalle  seducenti 
promesse  dei  liberali,  si  erge  in  primo  luogo  a  desiderii  ed  aspirazio- 
ni  di  una  impossibile  felicita  sociale  e  terrestre.  Si  chiude  in  secon- 
do luogo  ai  riinedii  e  ai  soccorsi  che  contro  a  questi  sogni  d'infermo 
venivano  loro  dalla  religione ,  dai  buoni  principii ,  e  dall'  abitudine 
dell'attendere  ai  proprii  affari.  Perduta  cosi  in  prima  ogni  fiducia  ed 


46  I  L1BERALI  E  LE  LORO  PROMESSE 

ogni  rispetlo  alle  autorita  legittime,  civili  ed  ecclesiastiche,  il  popolo 
tulto  si  da  alle  speranze  ed  aile  lusinghe  liberalesche,  si  butta  alle  im- 
prese  rivoluzionarie ,  conquista  fmalmenle  la  liberta ,  come  gli  dico- 
no,  e  come  egli  erede.  Ma  in  breve  si  accorge  che  ha  conquistato  ai 
liberali  croci,  pensioni,  commende  ,  ministerii  e  governi ;  e  per  se 
un  giogo  intollerabile  di  leggi,  regolamenti,  imposte,  debiti,  coscri- 
zioni ,  guardie  mobilitate ,  discordie  cittadine  e  di  famiglie ,  muta- 
menti  conlinui  e  sempre  in  peggio. 

Qual  maraviglia  che,  alungo  andare,  i  liberali  abbiano  ad  esserc 
eonosciuti  dai  popoli  per  quei  traditori  e  quegli  impostori  e  quei  men- 
zogneri  che  sono?  Gia  siamo  innanzi  per  questa  via;  gia  i  liberali  s'ac- 
corgono  di  perdere  il  credito  in  Italia;  gia  i  micini  commeiano  ad  aprir 
gli  occhi ;  gia  i  liberali  si  possono  accorgere  che  a  chiacchiere  non 
possono  piu  conchiudere  gran  cosa,  e  che  si  ha  da  fare  a  fucilate ;  se- 
gno evidente  die  le  ragioni  loro  non  sono  piu  alia  moda,  e  che  le  loro 
ciance  non  seducono  piu  le  menti  come  prima.  Ge  ne  spiace  per  loro. 
Ma  1'arsenale  delle  loro  imposture  e  al  verde.  II  loro  primo  grido  di 
«  Viva  la  religione  e  il  Papa  » ,  non  osano  piu  neanche  ricordarlo 
senz'  arrossire.  II  secondo  grido  di  «  Yival'indipendenza  dallo  stra- 
niero»,  ha  perduto  credito,  dopo  che  han  dato  allo  straniero  un  bra- 
no  di  terra  italiana ,  infeudandogli  tutto  il  resto.  II  lerzo  grido  di 
«  Chiesa  libera  in  libero  Stato  » ,  e  morto  con  chi  lo  diceva  morendo. 
Ora  T  imposlura  e  1'ipocrisia  liberalesca  sono  svelate,  e  i  liberali  non 
sanno  piu  a  qual  maschera  raccomandarsi. 

I/  astro  della  rivoluzione  dunque  impallidisce  a  vista  d'  occhio.  E 
impallidisce  in  grazia  appunto  di  quell'  ipocrisia,  di  cui  i  liberali  non 
'  possono  far  senza.  Brutta  alleata  e  1'  ipocrisia.  Alleata  necessaria  ; 
ma  alleata  tradi trice.  Alleata  necessaria  perchc  colla  sola  ipocrisia 
possono  i  liberali  gabbare  i  popoli ,  promettendo  liberta  col  reslo, 
quando  intendono  di  dare  schiavitu  col  resto.  Alleata  traditrice  , 
perche  quando  hanno  promesso  e  cosi  sedotti  i  popoli ,  quesli ,  tro- 
vandosi  gabbali,  grazie  appunto  all'  ipacrisia  liberalesca,  diventano 
piu  inveleniti  contro  i  falsi  suoi  sedultori. 

Donde  apparisce  perchc  i  liberali ,  mentre  tanlo  si  servono  dell'i- 
pocrisia,  ne  siano  poi  tanto  nemici  a  parole.  Non  ne  sono  nemici  a 
parole  solo  per  ipocrisia ;  benche  anche  per  questa.  Ma  princi- 


I  LIBERALI  E  LE  LORO  PROMESSE  47 

palmente  per  la  rabbia  naturale  che  debbono  provare  conlro  un 

vizio  di  cui  dall'  un  lato  si  hanno  per  forza  a  servire,  perche  senz'  es- 

so  non  potrebbero  nulla ,  e  dal  quale  dall'  allro  lato  ricevono  sein- 

pre  il  loro  castigo  a  tradimenlo.  Giacche  1'  ipocrisia  ha  questo  al- 

meno  di  buono ,  che  e  coslretla  sempre  a  predicare  il  bene  ,  la 

virtu  e  la  verila,  e  fame  pompa,  e  a  renderla  cosi  sempre  piu  ama- 

bile  agli  ingenui  che  le  prestano  fede.  L'ipocrita  liberale,  che,  sollo 

il  uianto  della  bonta  e  dell'amore  del  popolo,  predica  la  giuslizia,  la 

liberla,  la  civilta,  la  religione,  non  falsa  al  popolo  il  buon  senso  cri- 

stiano;  anzi  glielo  conferma  ed  accresce.  E  questo  e  il  tradimenlo 

che -fa  1' ipocrisia  ai  liberali ;  i  quali  si  trovano  aver  innamorali 

sempre  piu  il  popolo  di  quello,  che  poi  non  vogliono  e  non  possono 

dargli.  E  cosi  anche  per  questo  motivo  si  conferma  che  i  popoli  a 

poco  a  poco  si  hanno  da  inquietar  seriamente  coi  liberali ;  secondo 

che  del  reslo  in  molti  paesi  gia  si  e  comiaciajo  a  fare,  e  secondo 

che ,  coll'  aiuto  di  Dio ,  noi  codini  possiam  sperare  di  vedere,  piu 

presto  che  non  credianao  ,  verificarsi  per  tutto  e  specialmente  in 

Italia.  Giacche  in  Italia  piu  che  altrove,  come  in  paese  piu  eminen- 

lemente  cattolico,  hanno  dovuto  i  liberali  usar  piu  ipocrisia  neir  in- 

gannar  la  gente ;  e  in  Italia  ancora,  appunto  per  lo  stesso  motivo  del- 

1'essere  essa  paese  piu  eminentemenle  cattolico,  hanno  dovuto  forza- 

tamente  i  liberali  urtare  piu  violenlemente  nel  senso  crisliano  del 

popolo,  quando  impossessatisi  a  tradimento  della  cosa  pubblica  han- 

110  preso  subito  a  farla  aperlamente  da  quei  diavoli  che  sono  ,  ru- 

bando ,  taglieggiando ,  fucilando ,  perseguilando  Chiesa  ed  ecclesia- 

slici,  Religione  e  religiosi,  e  Cristo  stesso  e  i  suoi  Sanli,  di  cui  neaa- 

<jhe  possono  vedere  per  le  vie  le  divote  immagini,  e  i  lempii,  cui  ru- 

bano  e  violano  e  tolgono  di  mezzo  con  rabbia  veramenle  satanica. 

Ma  non  certo  con  accortezza  politica  ne  con  senno  civile.  Giacche 

cosi  adoperando  ,  quasi  ladri  che  hanno  breve  ora  per  ispogliar  la 

casa,  se  riescono  a  bottinare  per  un  po'  di  tempo,  adunano  intauto 

sul  loro  capo  la  maledizione  e  1'ira  e  1'  indegnazione  delle  citla  fre- 

menti,  ed  avvicinano  colle  loro  improntiludini  il  momenlo,  in  cui  al 

fragor  dei  fulmini  della  giuslizia  celeste  udranno  commisto  il  sibilo 

<lei  fischi  del  disprezzo  terrestre. 


IL  CORRESPONDANT 

E  LA   CIVILTA   CATTOLICA 


Tra  i  Periodic!  cbe ,  con  migliori  armi  e  con  pm  felice  success^, 

sostengono  in  Europa  i  diritli  immortali  della  verita ,  della  giuslizia 

e  della  religione,  noi  abbiamo  serapre  giudicato,  die  il  Correspon- 

dant  occupasse  nobilissimo  luogo ;  e  cio  non  tanto  per  essere  quello 

uno  del  piu  antichi  che  entrasse  nell'  aringo,  quanto  per  la  gravila 

<Iei  suoi  scritli  e  per  la  qualita  dei  suoi  scrittori :  tutti  degni  del 

loro  uffizio,  e  non  pochi  illustrali  dai  piu  bei  nomi ,  clie  onorino  la 

Francia  addottrinata  e  credenle.  Di  qui  e  avvenuto,  che  avendo  no-i 

osservato,  come  da  alcuni  anni  quel  benemerito  Periodico  manife- 

stava  non  mediocr!  inclinazioni  verso  le  cosi  dette  idee  o  liberta  mo- 

dcrne,  ci  siamo  crcduti  obbligati  ad  impugnarne,  il  piu  cortesemente 

che  per  noi  si  potesse,  alcune  doltrine ;  raa  non  lo  abbiamo  giamraai 

nominate  come  avversario,  perche  veramenle,  ad  onta  di  quel  dispa- 

rere,  lo  abbiamo  tenuto  sempre  per  commilitone  e  per  amico.  Ora 

ci6  alia  sua  sagacila  non  potea  sfuggire;  e  poiche  esso  e  stato  il 

primo  a  dirlo,  noi  non  dissimuleremo,  che  parecchie  pagine  furono  da 

noi  deltate  allo  scopo  appunto  di  togliere  di  mezzo  quel  dissenso,  cho 

ci  separava,  almeno  parzialmente,  da  persone  che  abbiamo  in  pregio 

grandissimo ,  e  colle  quali  vorremmo  sempre  trovarci  uniti  a  com- 

balterc  i  comuni  nemici.  E  pero  oggi,  che  essi  ci  stendono  la  mano. 


IL  CORRESPONDANT  E  LA  CIVILTA  CATTOLICA  49 

noi  ci  affreltiamo  a  stringerla  fraternamente ;  e  cio  diciamo  con  tanto 
maggiore  sicurezza,  quanto  che  essi,  colle  dichiarazioni  che  fanno  1, 
non  s'  inchinano  gia  a  questo  o  quello  parlicolare  scrittore ,  ma  piu 
tosto  si  congiungono  a  noi  nell'  ossequio  a  quell'  insegnamento  cat- 
tolico ,  che  e  il  nostro  decoro  comune  e  la  nostra  forza. 

II  solo  che  noi  abbiamo  fatlo,  per  agevolare  questo  desiderate  com- 
ponimento,  e  stato  il  concedere  quanto  piu  si  potesse,  salva  la  verita, 
ed  il  mettere  questa  nel  maggior  lume,  che  ci  fosse  possibile,  ridu- 
cendo,  per  cosi  dire ,  ai  suoi  minimi  termini  la  discrepanza,  sicche 
fosse  sempre  piu  facile  il  travalicarli :  tanto  siamo  persuasi ,  che  tra 
il  Correspondant  e  la  Civilta  Cattolica  non  sia  scavato  un  abisso  smi- 
surato,  com'  esso  medesimo  ha  veduto  ed  ha  delto.  Se  cio  s'  intende 
essere  stato  guadagnato  alia  discussione  per  le  freschissime  spiega- 
zioni  della  Civilta  Cattolica,  la  cosa  e  vera.  Ma  /'  essere  la  liberta 
puromente  politica  fuori  di  causa,  ed  il  non  essere  la  Chiesa  alleata 
del  dispotismo  e  nemica  di  quella  liberta,  la  Civilla  lo  disse  fin  dal 
suo  primo  programma  nel  Marzo  del  1850  ,  benche  prevedesse  che 
V  averlo  detto  ,  e  piu  ancora  1'  averlo  mantenulo  le  sarebbe  valulo 
non  lievi  dislurbi  nel  paese  in  cui  era  nata.  Quando  poi,  nelle  ultimo 
sue  discussion! ,  essa  ha  nominate  la  dottrina  della  separazione  dello 
Stato  dalla  Chiesa,  e  le  liberta  della  stampa  e  dei  culti,  non  ha  inteso 
gia  trincerarsi,  come  nei  suoi  uliimi  baluardi ;  ma  ha  voluto  sempli- 
cemente  esemplificare  1'  applicazione  di  quelle  dottrine  ai  tre  obbiet- 
ti ,  dei  quali  piu  si  suole  disputare ;  quantunque  non  ne  manchino 
degli  altri,  che  a  quelli  si  possano  aggiungere. 

Lasciando  nondimeno  cio ,  e  indubitalo  che  i  sensi  direltamente 
espressi  dal  Correspondant ,  nel  suo  quaderno  del  prossimo  passa- 
to  Febbraio ,  sopra  le  cosi  detle  idee  e  liberta  moderne ,  sono  tali , 
che  fanno  vedere,  non  che  possibile,  ma  agevole  una  piena  concilia- 
zione  ;  e  noi  crediamo  compiere  un  dovere  a  lui  medesimo  non  dis- 

1  Quelle  dichiarazioni  si  trovano  in  un  articolo  intitolalo:  La  Civilta  Cat- 
tolica et  le  Correspondent,  inserito  nel  quaderno  del  25  Febbraio  pagi- 
ne  451-460.  Recheremo  in  corsivo  i  tratti  che  ne  citiamo;  e  per  le  poche 
pagine  che  contiene  quello  scritto,  non  ci  pare  necessario  indicare  il  luogo 
precise  di  ciascun  tratto. 
Serie  V,  vol.  X,  fasc.  337.  4  21  Marzo  1864. 


SO  IL  CORBESPONDAXT 

caro ,  se  li  raccogliamo  in  pochi  tratti ,  per  metlerii  sotto  gli  oc- 
chi  dei  nostri  letlori.  Esso  pertanto  riconosce  cbe  /'  unita  di  reli- 
gione  fu  un  bene,  ed  il  piu  grande  dei  beni  pei  popoli  cattolici;  ed 
e  nalurale  che ,  a  suo  giudizio ,  quclla  iinila  sia  tullora  lale  dovun- 
que  si  e  potuto  mantenere ,  e  sarebbe  dovecbe  si  polesse  per  vie  Ic- 
gittime  stabilire.  Esso  non  biasima,  e  per  conseguenza  approva  gli 
sforzi,  che  nei  tempi  andati  si  fecero  dalla  Francia ,  per  conser- 
vare  quella  preziosa  unita  di  religione ;  e  pel  medesimo  motivo  6 
cerlo  cbe  si  debbono  da  lui  approvare  gli  sforzi,  che  all'mtento  me- 
desimo si  fecero  presso  le  altre  nazioni.  Esso  concede  cbe  trailPo- 
tere  spirituale  ed  il  civile  sia  possibile ,  legitlima  e  talora  ancora 
necessaria  un  alleanza  con  concessioni  ed  impegni  scambievoli;  e 
vede  ognuno  come ,  nel  recarsi  in  atto  una  tale  alleanza,  cbe  piutto- 
sto  sempre  necessaria,  talora  non  e  possibile,  le  parti  da  attribuirsi 
a  ciascuno  dei  due  Poteri  si  debbono  appropriare  alia  loro  natura 
rispettiva,  o  vogliamo  dire  al  fine  speciale,  al  quale  ciascuno  di  essi 
e  rispettivamente  ordinato.  Che  se  le  peculiar!  condizioni  di  dali 
tempi  e  di  date  contrade  hanno  reso  necessario  il  legale  stanziamen- 
to  in  esse  di  alcune  delle  moderne  liberta,  il  Correspondanl  le  con- 
sidera  come  temperamenti  comandati  dalle  circostanze ,  ed  espres- 
samente  protesta  di  non  tenerli  per  principii  assoluti  di  tutti  i  tem- 
pi e  di  tutti  i  luoghi ,  e  molto  meno  come  diritli  imprescrittibili 
dell'  umanita. 

Ad  ogni  equo  eslimalore  deve  bastare  1'aver  trovalo  quesli  sensi 
in  quell'ottimo  Periodico ,  per  deporre  ogni  sospizione  di  men  che 
sana  dottrina  in  tutlo  cio  ,  che  a  quelli  e  conforme ;  ne  ci  pare  che 
siavi  alcun  bisogno  di  cercare  se  quei  sensi  medesimi,  o  in  tutto  o 
in  parte ,  si  irovino  altresi  in  un  celebre  Discorso  pronunziato  in 
Malines.  Riconoscendo  ben  volenlieri  che  quelli  vi  si  trovino,  e  fuori 
di  dubbio  che  accanlo  ad  essi  si  sconirano  sensi  al  lutto  contrarii ; 
e  per  convincersene  basta  rammentare  i  giudizii,  che  vi  si  pronunzia- 
no  inlorno  «  agli  sforzi  fatti  in  Ispagna,  per  conservare  il  bene  som- 
mo  della  unita  religiosa  » ,  e  la  ripugnauza  che  il  nobile  oratore  vi 
manifesto  di  accettare  «  una  liberla  die  non  fosse  comune  a  tulli  » : 
generosila  maleavvisata ,  che,  quando  non  supponga  agguagliato  il 


E  LA  C1VILTA  CATTOLICA  51 

male  al  bene ,  riesce  a  dire ,  non  potersi  agli  onesti  concedere  la 
liberla  di  girare  per  le  contrade ,  senza  concederla  ai  micidiali  ed 
ai  ladri.  Ma  queste  ed  altre  somiglianti  inesattezze  di  quel  Discorso 
sono  slate  messe  in  luce  gia  da  molti ,  e  segnatamente  e  stato  fatto 
in  maniera  solidissima  dalla  Dublin  Review  in  un  lavoro,  che  abbiam 
visto  eziandio  stampato  a  parte  1 ,  e  che  rivela  una  mano  veramen- 
te  maestra;  della  quale,  se  e  quella  che  noi  congetturiamo,  la  mo- 
destia  non  e  minore  della  maestria. 

Paghi  pertanto  di  aver  trovato  quelle  dichiarazioni  nel  Corre- 
spondant,  noi  soscriviamo  di  buonissimo  grado  a  queste  sue  parole : 
Nel  Periodico  francese  e  nel  romano  vigoreggia  la  medesima  som- 
missione  alia  Chiesa,  la  medesima  devozione  alia  S.  Sede ,  il  me- 
desimo  zelo  per  la  rivendicazione  del  suoi  diritti  spirituals  e  tempo- 
rali.  Oltre  a  questo ,  noi  giudichiamo  che  sia  verissima  la  cagione , 
alia  quale  da  lui  si  attribuisce  principalmente  il  disparere  occorso  ; 
e  quella  e,  che  il  Correspondant  si  stampa  in  Francia ,  e  la  Civilia 
Cattolica  in  Italia ;  e  noi  raedesimi  ne  facemmo  un  cenno  ,  quando 
cercammo  della  possibility  di  una  scuola  cattolica  liberale  in  Italia. 
Nati  (cosi  dice  appunto  1'egregio  sig.  Foisset,  autore  di  questo  arti- 
colo,  che  sembra  dirlo  a  nome  dei  degni  suoi  collaboratori)  nati  nella 
societa  moderna,  nudriti  nel  suo  mezzo,  non  avendo  conosciuto  del 
passato  che  le  mine,  come  potea  venir  loro  nel  pensiero  il  cercare 
il  loro  punto  di  appoggio  in  quelle  ruine  stesse ,  quando  avessero 
potato  trovarlo  nelle  leggi  del  loro  paese?  Certo,  per  cio  che  con- 
cerne  la  pratica  nella  cosa  pubblica ,  quanto  alle  loro  relazioni  col 
Governo ,  essi  non  poteano  fare  diversamente  da  quello  che  ban 
falto ,  e  supposto  che  quei  principii  siano  stali  introdotti,  non  cer- 
to  da  loro ,  nelle  istituzioni  della  propria  patria  ,  essi  han  fatto  otti- 
mamenle  ad  afforzarsi  di  queste  con  lealta  e  fermezza  insigne  ,  per 
rendere  allaCliiesa  quel  piu  e  quel  meglio  diservigi,  che  dalle  circo- 
stanze  polea  essere  consentito.  1  Caltolici,  non  della  Francia  solamen- 
te,  ma  di  tutta  1'Europa,  non  dimenticheranno  giammai  il  moltoche  la 


1  Quello  scritto  ha  per  titolo:  Civil  Intolerance  of  religious  error.  M.  De 
Montalembert  at  Malines  —  London,  Burns  and  Lambert  1863. 


52  IL  CORRESPONDAXT 

Sede  romana,  1'insegnamento  crisliano ,  gli  Ordini  religiosi ,  e  pos- 
siam  dire  in  generate  la  Chiesa  debbono  all'azione,  alia  parola,  agli 
scritli  di  un  Monlalembert,  di  un  Be  Falloux,  di  un  De  Broglie,  d'uno 
Champagny ,  del  signori  Game ,  Cochin  ,  de  Gaillard  e  di  parecchi 
altri  valorosi ,  che  arricckiscono  dei  loro  lavori  quel  Periodico.  Ed 
in  questa  circostanza  si  permelta  all'  amicizia  il  risalire  ad  un  tempo 
meno  vicino ,  per  ramniemorare  col  debilo  onore  quei  vero  modello 
di  crisliano  scienziato ,  che  fu  Carlo  Lenormant ,  il  quale  per  tanti 
anni  e  con  tanlo  amore  diresse  ed  ispiro  il  Correspondant,  nelle  cui 
pagine  al  presente  il  degno  suo  figlio  Francesco  ci  fa  cosi  spesso  ri- 
cordare  la  fede  e  la  rettiludine  paterna. 

Ma  supposto,  che,  per  la  pratica,  il  punto  di  appoygio  si  doves- 
se  prendere  lealmente  nelle  istituzioni  comunque  stabilile  in  Francia 
e  non  nelle  ruine  del  passalo  ,  quegli  oltimi  scrillori  intenderanno 
leggermente,  che,  pei  giudizii  inlorno  ai  principii ,  non  si  puo  fare 
fondamenlo  sopra  quelle  istituzioni  stesse ;  ma  il  fondamcnlo  si  deve 
cercare  nella  inlima  ragione  delle  cose,  secondo  che  esse  sono  state 
ordinale  dalla  Provvidenza,  e  negV  insegnamenti  autorevoli  della 
Chiesa.  Ne,  la  Dio  merce,  sono  in  Francia  mancali  Giornali  e  scrit- 
tori  che  abbiano  saputo  farlo,  e  lo  stiano  facendo  luttavia  con  molto 
senno  e  con  fermezza  uguale.  Che  se  pur  vogliasi  dalle  istituzioni  di 
qualche  paese  raccogliere  alcuno  avviamento  od  indirizzo,  ci  par  ma- 
nifesto, cio  non  potersi  avere  da  contrade,  dove  delpassato  non  re- 
stano  che  ruine ;  e  piuttosto  se  ue  possono  avere  norme  migliori  da 
quelle ,  dove  ii  passalo  non  e  ancor  lutlo  in  ruine ,  e  dove  il  Cattoli- 
cismo  universalmenle  dominanle  ha  permesso,  che  il  concello  di  Go- 
verno  crisliano  si  manlenesse  vivace  nelle  menti ,  ed  in  non  piccola 
parle  eziandio  nelle  abitudini  della  pubblica  vita.  Ouando  le  cose  si 
considerassero  in  questa  maniera,  le  eta  passate  ed  alcune  moderne 
nazioni  non  sarebbero  guardate  con  una  specie  di  compassione, 
perche  furono  o  sono  destitute  di  quelle  prelese  liberta  moderne ;  si 
terrebbe  non  per  un  acquislo  prezioso,  ma  per  una  grande  pubblica 
calamita  il  bisogno,  in  cui  alcune  di  esse  si  possono  trovare  di  dar 
loro  ricello;  si  condannerebbe,  come  un  indegno  altentato  alia  reli- 
gione,  alia  giuslizia  ed  alia  vera  liberta  dei  popoli,  la  mania  prepo- 


E  LA  CIVILTA  CATTOLICA  53 

tente  di  cacciarle  o  tutle  od  alcune  in  contrade,  dove  non  hanno 
nessuna  ragione  di  essere,  come,  per  figura  di  esempio,  in  Italia, 
nel  Messico,  nelTirolo;  ma  soprallulto  il  Governo  temporale  dei 
Romani  Ponlefici,  per  la  felice  necessita,  in  che  si  trova,  di  non  po- 
lere  essere  mai  allro,  che  cristiano,  non  sarebbe  guardalo  come 
una  povera  eccezione  aH'universale  e  maraviglioso  progresso  della 
civilta  moderna,  ma,  quanto  alle  massime  teorelicbe  e  praliche  cbe 
professa,  sarebbe  tenuto  per  cio  cbe  veramente  e :  vogliam  dire  per 
un  fortunato  privilegio,  cbe  puo  sempre  servire  di  modello,  e  po- 
trebbe  eziandio  un  giorno  servire  di  lievito  benedetlo,  quando  i  po- 
poli  ed  i  Governi  stanchi ,  affranti ,  disperati  di  comporsi  umana- 
menle  coi  soli  presidii  della  natura ,  si  consigliassero  a  ridivenire 
cristiani. 

Osserviamo  inoltre,  come  il  Correspondant,  professando  quei  prin- 
clpii ,  dai  quali  si  derivano  questi  giudizii ,  non  sarebbe  in  nessuna 
maniera  obbligato  di  declamare  senza  posa  contro  una  legislazione, 
alia  quale  pur  si  deve  appoggiare;  anzi  torniamo  a  dire  che  esso 
puo  amarla  e  difenderla  e  trarne  il  miglior  partito,  che  puo,  a  ser- 
vigio  della  Chiesa  ed  a  difesa  della  verita  e  della  giustizia.  E  sotto 
un  tale  ris petto,  noi  non  abbiamo  mai  creduto  che  in  Francia  o  sia 
al  presente  o  possa  introdursi  in  piccolo  tempo  I'  unita  religiosa ;  e 
pero  come  nelle  condizioni  dell'  Alemagna  abbiamo  trovata  la  spie- 
gazione  di  molti  concetti,  espressi  nel  suo  libro  da  Monsignor  Kelte- 
ler ,  Vescovo  di  Magonza ,  cosi  siam  disposli  a  trovarla  a  rispetto 
di  alcuni  somiglianti  concetti  del  Correspondant  e  di  altri  scriltori 
francesi ;  ma  si  andrebbe  troppo  lungi  dal  vero  pensando,  che  la 
Francia  si  possa  paragonare  religiosamente  alia  Prussia.  Benche  poi 
sia  vero  che  noi  citroveremmo  imbarazzati  ad  indicarglila  manie- 
ra, colla  quale  si  potrebbero  amare  assolutamente  delle  istituzioni 
maledicendole  senza  posa,  e  difenderle  non  rifinando  mai  di  biasi- 
marle ;  nondimeno  quando  si  tratlasse  non  di  maledizioni  e  di  bia- 
simi  acerbi,  occasionali  forse  dalle  esagerazioni  contrarie ,  ma  di 
una  semplice  riprovazione  in  ragione  di  principii,  tanto  e  lungi 
che  noi  ci  troveremmo  imbarazzati  nell'  indicarne  il  modo ,  che  per 
poco  non  possiamo  dire  di  averlo  Irovato  nelle  medesime  parole  di 


54  IL  CORRESPONDANT 

questo  scritto  del  signor  Foisset.  Certo  qui  si  dice  di  volersi  cot- 
locare  pienamente  nell' ipotesi.  Ora  nulla  e  piu  naturale  e  piu  fre- 
quente  di  questo,  che  ipotelicamente  si  ami  e  si  difenda  cio  che7 
fuori  di  quella  ipotesi  si  avverserebbe  ancora  fieramente.  Cos!  la 
persona,  nella  ipotesi  di  una  infermita  che  glielo  renda  necessa- 
rio,  puo  amare  di  sorbire  un  farmaco  nauseante,  e  puo  di  fender  si  il 
diritto  di  sostenere  un  taglio  doloroso:  quantunque  e  indubitalo  che, 
fuori  di  quella  ipotesi,  essa  abborrirebbe  cordialmente  dall'uno  e 
dall'allro.  Alia  stessa  maniera  in  paesi,  nei  quali  il  Cattolicismo  e 
del  tutto  sequestrato  dalla  pubblica  vita,  e  la  Chiesa  non  e  ricono- 
sciuta,  forse  neppur  lollerata,  i  Cattolici  fanno  bella  e  salutare  opera? 
quando  si  conlendono  di  partecipare  alia  liber  ta  generale  per  lutti  T 
affine  di  pigliarne  per  se  quel  piu,  che  loro  ne  puo  avvenire,  ponia- 
mo  che  cio  abbia  ad  essere  in  compagnia  di  ebrei ,  di  scisraatici  ? 
di  eretici  e  di  settarii  d' ogni  ragione.  Tuttavia  essi  intendouo  benis- 
simo  che,  fuori  di  una  tale  ipotesi,  quella  sarebbe  una  condizione 
affalto  conlraria,  potremmo  dire  a  tutti  i  principii  della  naturale  giu- 
stizia,  ma  ci  basti  ricordare  che  essa  ripugna  agli  espliciti  ed  ilera- 
li  insegnamenti  della  Chiesa. 

II  Correspondant  sembra  temere  che,  se  non  queslo  coiwincimenta 
per  se  medesimo,  almeno  1'  aperta  professione  di  quello  potrebbc 
nolevolmente scemare  di  efficacia  1'opera  dei  Cattolici,  che  combaltono 
il  liberalismo  anticristiano  e  rivoluzionario.  Se  il  Siecle,  dice  esso7 
e  /'Iiidependance  beige  fossero  letti  a  Roma,  vi  si  riconoscerebbe 
che  questi  due  giornali  viuono  principalmente  della  paura,  che  ispi- 
rano  ai  loro  lettori  del  ritorno  della  prepotenza  clericale.  Oltre  a 
cio  da  alcune  parole  del  conte  du  Val  de  Beaulieu  inferisce,  che  il 
liberalismo  anticristiano  e  assai  piu  sconcertato  dai  liberali  catloli- 
ci,  che  fjli  domandano  rattuazione  piena  e  leak  della  liberta  per 
tutti,  che  non  dai  cattolici  della  scuola  romana,  dai  quali  si  spac- 
cia,  scagliando  le  consuete  calunnie  d'ignoranza  e  di  oscurantismo. 

Ora  noi  vorremmo  ben  di  cuore  che  il  Correspondant  si  sgom- 
brasse  di  questa  preoccupazione,  la  .quale  certamenle  gli  ridonda  ad 
onore,  siccome  quella  che  e  concepita  a  fine  di  meglio  difendere  la 
causa  della  Chiesa.  Ma  forse  quegli  egregi  scrittori  in  questo  mede- 


E  LA  CIVILTA  CATTOLICA  55 

simo  molivo  troveranno  onde  deporre  agevolmenle  quel  dubbio.  Per- 
ciocehe  in  qualunque  difesa,  che  abbia  a  condursi  colle  armi  della 
ragione,  ma  siugolarmente  in  quella  d'  una  causa  cosi  santa  e  cosi 
giusta,  quale  la  offre  la  Chiesa,  prirna  di  cercare  quali  siano  ie  armi 
che  diano  maggior  faslidio  agli  avversarii,  si  vuole  cercare  quali 
siano  per  loro  medesime  piu  conformi  alia  verila ;  e  1'  assoluta  prefe- 
renza  che  a  questa  si  deve  dare  in  tutti  i  casi,  ci  dovrebbe  persuadere 
ad  altenerci  alle  armi  piu  vere ,  se  pur  non  dee  dirsi  alle  sole  vere, 
fossero  pure  meno  efficaci  delle  altre.  Nondimeno  nel  caso  presente 
quella  minore  efficacia  non  ha  luogo.  Appunto  perche  in  Roma  non 
manca  chi  legga  il  Siecle,  I' Independance  beige,  ed  altri  somiglianti 
Interpret!  del  liberalismo  anticristiano,  si  conosce  con  ogni  e\idenza, 
che  esso  si  ride  della  liberta  generale ;  e  se  fa  vista  di  volerla,  cio  e 
solo  per  valersene  ad  opprimere  la  Chiesa  in  tutle  le  sue  appartenen- 
2e,  senza  fare  grande  distinzione  tra  la  scuola  cattolica  liberale  e  la  ro- 
«iana.  Esso  sa  meglio  di  noi,  che  tutti  i  Caltolici  degni  di  questo  no- 
me,  a  qualunque  scuola  appartengano,  come  sono  dalla  parte  loro 
disposti  a  rispeltare  con  ogni  lealta  e  ad  osservare  cio  che  fu  legal- 
mente  stabilito ,  cosi  hanno  diritto  di  esigerne  dai  loro  avversarii 
rispetto  ed  osservanza  uguale.  Ma  il  liberalismo  anticristiano,  fermo 
com'  e  a  non  volerne  fare  nulla,  si  va  schermendo  dalla  scuola  cat- 
tolica alia  romana  collo  spauracchio  fantastico  della  tirannide  cleri- 
cale,  e  dai  caltolici  liberali  col  recarne  in  forse  ed  anche  apertamen- 
te  negandone  la  buona  fede.  Ora,  quando  pure  si  volesse  concedere 
che  la  prima  strategia  riesca  alia  rivoluzione  piu  efficace  della  secon- 
da,  veduto  il  numero  sterminato  dei  gonzi ;  e  indubitato  che  la  secon- 
da  ha  altresi  i  suoi  comodi  per  la  rivoluzione  stessa ,  soprattulto 
quando  lo  studio  esageralo  di  mostrare  vera  quella  buona  fede  a  chi 
£  risoluto  di  non  vi  credere,  conducesse  i  Cattolici  liberali  a  morbi- 
dezze  e  a  condiscendenze ,  dalle  quali  non  e  credibile  quanto  resti 
nella  lotta  sgagliardita  1'  azione.  E  cosi  quanto  non  e  meglio  fare  il 
suo  foridamento  nella  verila,  la  quale  sola  e  poterite,  ed  a  lungo  an- 
dare  sola  dovra  portare  il  trionfo  !  Questo  voile  dire  in  sentenza  il 
Conte  du  Val  de  Beaulieu  nel  suo  giudizioso  opuscolo:  /'  Erreur  libre 
dans  I'Etat  libre  (Bruxelles ,  dec.  1863 ) ,  nel  quale  quel  giovane 


56  IL  CORRESPONDANT 

cavaliere  ha  fallo  moslra  di  tanlo  rigore  nel  discorso  e  di  lanta  luci- 
dita  nei  concetti,  che  bene  ci  fa  sperare  di  vederlo  presto  gareggiare 
coi  sonimi. 

Ma  non  e  nostra  inlenzione  fare  una  polemica,  che  qui  non  avreb- 
be  un  luogo  opportune  e  forse  neppure  uno  scopo  degno.  Cio  che 
solo  volemmo  fu  rassicurare  i  benemerili  scriltori  del  Correspondant, 
cbe ,  attenendosi  essi ,  come  protestano  di  voler  fore ,  insieme  colla 
scuola,  cbe  ad  alcuni  e  piaciuto  chiamare  romana,  agl'  insegnamenii 
della  Cbiesa ,  i  loro  nobili  sforzi  conlro  il  liberalismo  anticristiano  e 
rivoluzionario  non  iscapiteranno  di  pregio  e  di  eflicacia,  ed  anzi  gua- 
dagneranno  in  quello  ed  in  quesla.  Nel  reslo  esso  ba  ragione  di  sog- 
giungere  alia  fine  :  Date  quesle  spiegazioni  e  messi  al  coperlo  tulti 
i  principii  cattolici,  noi  dichiariamo  di  amare  la  liberta  indirizzata 
( eclairee )  dalla  religione  e  temperata  da  leggi  sapienti.  Or  percioc- 
che  ne  la  religione  puo  per  loro  medesime  indirizzare  le  cosi  clelle 
liberta  moderne ,  ne  possono  essere  assolutamente  sapienli  quelle 
leggi,  die  conferissero  uguale  liberta  al  bene  ed  al  male;  noi  dob- 
biamo  giudicare  cbe  il  Correspondant  per  quella  liberta  da  lui  amaia 
avanti  tutlo,  come  si  ama  per  se  medesima  la  bellezza  morale  e  la 
giustizia,  intenda  la  liberta  vera,  nel  nobile  senso  e  cristiano  della 
parola.  Nel  qual  modo  essa  e  quasi  una  parte  della  giuslizia,  non  e 
per  nienle  legata  alia  professione  ed  alia  pratica  delle  idee  moder- 
ne, se  pure  quesle  non  le  ripugnino,  e  sollo  Principi  e  Governical- 
tolici ,  ed  in  qualunque  forma  di  civile  ordinamento ,  si  puo  godere 
piena  e  sincera,  quanto  per  a^venlura  dai  sistemi  moderni  non  si  e, 
non  cbe  ottenuto,  neppure  immaginato  giammai. 

Una  tale  liberta  civile  alia  maniera  cristiana  noi  crediamo  col  Cor- 
respondant, cbe  sia  acconcia  a  conferire  dignita  alia  vita  wnana,  ed 
a  temper  are  fortemente  le  anime;  ma  nessuno  sara,  il  quale  s'  imma- 
gini  che  « la  dignita  della  vita  umana  e  le  anime  di  forte  tempera  » 
siano  cominciale  ad  apparire  in  Europa,  da  che  \i  e  stata  introdotta 
la  liberta  generate  per  tutli.  Anzi  vi  e  chi  pensa  che,  nel  tempo  mo- 
derno ,  le  anime  o ,  come  pure  sogliono  dire ,  i  caratteri  vanno  in 
modo  notevolissimo  declinando ;  e  ci  pare  che  vi  vorrebbe  troppa 
presunzione ,  per  pensare ,  che ,  quanto  a  grandezza  di  propositi  ed 


E  LA  CIV1LTA  CATTOLICA  57 

a  vigore  di  esecuzione ,  il  secolo  quindecimo ,  esempligrazia ,  ed  il 
sestodecimo  siano  da  meno  del  presente. 

Vera  cosa  e  che  ,  coll'  avvenimento  di  quella  liberla  generate ,  i 
Caltolici,  messi  legal  men  te  a  paro  coi  loro  piu  sfidati  avversarii,  ban- 
no  avuto  occasione,  anzi  necessita  di  agguerrirsi  in  una  lotta,  di  cui  i 
noslri  padri  credenti  forse  non  sospettarono  neppure  la  possibilita  ; 
ed  a  quella  circoslanza  se  aggiungele  1'indole  piu  altuosa  della  gen- 
te  germanoceltica  a  rispetto  dell'italiana,  s'intendera  il  fondamento, 
sopra  il  quale  noi  asserimmo,  che  «  in  Italia  dai  Gattolici  non  si  fa- 
rebbe  il  decimo  di  cio  che  si  fa  nel  Belgio  » ,  secondo  che  il  Corre- 
spondant,  citando  quel  noslro  luogo,  ha  ricordalo.  Ma  da  cio  non  ci 
pare  che  1'  Italia  si  debba  dire  snervata  pel  manco  dimta  pubblica^ 
quasi  che  le  anime  non  si  possano  forlemente  temperare,  che  nella 
vita  pubblica,  o  non  vi  possa  essere  allro  raodo  di  vita  pubblica,  se 
non  la  iaformala  dalle  liberta  moderne.  Ouando  pure  si  voglia  con- 
cedere  che  I'agguerrirsi  nella  lotta  coll'  errore  e  col  male  sia,  solto 
qualche  rispelto,  un  bene,  non  e  lal  bene,  che  per  ottenerlo  sia  leci- 
to  licenziare  quei  due  nemici  dell'umana  generazione,  sicche  possano 
invcstirla  impunemente  e  col  medesimo  diritlo,  onde  il  vero  ed  il  be- 
ne la  possono  vivificare.  La  vita  anche  senza  cio  e  una  lolta  ;  ma 
nella  sociela  cristiana  il  male  e  1'  errore  debbono  essere  repress! 
da  chi  n'  ebbe  1'  ufficio  da  Dio ;  ed  il  credere  piu  civili  e  piu  felici  i 
popoli,  nel  cui  mezzo  quelli  non  trovano  alcun  freno  o  raltento,  fuori 
degli  sforzi  incessanti  dei  Caltolici  alia  spicciolata,condurrebbe  a  dire 
ohe  i  Russi,  per  un  modo  di  esempio,  sui  confini  del  Caucaso,  per- 
che  agguerriti  dalla  lotta  perenne  ,  sono  piu  civili  e  piu  felici  della 
Toscana  o  di  qual  e  altra  contrada  meglio  fornita  dei  doni  nobilissi- 
mi  della  pace.  Certo  se  nelle  citta  noslre  si  smeltesse  ogni  pubblica 
tutela  delle  vite  e  delle  sustanze ,  noi  in  piccolo  tempo  ne  divente- 
remmo  bene  altrimenti  agguerriti,  che  non  siamo  al  presente,  che  la 
sicurezza  ci  fa  snervati;  ma  saremmo  diventati  per  questo  piu  felici 
o  piu  civili  ? 

Forse  per  istringere  fraternamente  la  mano  al  Correspondant, 
sarebbe  bastato  registrare  qui  quella  parte  delle  sue  dichiarazioni, 
che  non  ammetle  ombra  di  dubbio ;  e  lasciare  il  resto  sotlo  una  ge- 


58  IL  CORRESPOND AXT  E  LA  CIVILTA  CATTOLICA 

nerale  riserva.  Ma  noi  abbiamo  amalo  meglio  enirare  in  qualchc 
spiegazione,  che  delerminasse  il  senso  di  alcune  espressioni,  e  da 
alcune  allre  sgombrasse  qualche  dubbio,  onde  sembrano  ancora  of- 
fuscate.  Solo  cosi  puo  togliersi  davvero  quel  disparere,  il  quale,  se 
o  stato  cagione  di  qualche  manco  di  simpatia  dalla  noslra  parle  per 
la  maniera,  ond'esso  ha  intesa  la  difesa  degl  interessi  caltolici,  co- 
me priraa  sara  sparito,  noi  potremo  aprire  tutte  le  nostre  inclinazio- 
ni  per  quel  Periodico,  e  tutla  la  fiducia,  che  i  Caltolici  debbono  nu- 
Irire  nei  buoni  effetti  dei  generosi  suoi  sforzi.  Cerlo  quegli  egregf- 
scritlori  non  ban  no  bisogno  di  ricordarci,  come  essi  hanno  sempre 
altamenle  riservata,  senza  rispetti  umani  e  senza  reticenze,  la  su- 
premazia  spirituale  delta  Chiesa,  e  la  loro  sommissione  alls  sue  dt- 
cisioni  dommatiche;  ma  appunto  perche  ricordiamo  quelle  protesta- 
zioni  e  le  credemmo  sempre  sincerissime,  non  troviarao  nulla  di  sin- 
golare  in  questo,  che  essi  accettano  con  piena  e  docile  spontaneita 
quelle  decisioni  stesse.  Cosi,  tolta  di  mezzo  la  nuova  cosa  di  una  li- 
berta  non  conforme  agV  insegnamenti  della  Chiesa,  almeno  a  riguar- 
do  loro ,  si  potra  logliere  eziandio  la  nuova  denominazione ;  e  sara 
\ero  di  essi,  che  essendo  Caltolici  liberali,  non  cesseranno  per 
sto  di  essere  Caltolici  romani. 


LA  CHIESA  ANGLICAN! 

IN   RUINA 


E  gia  conto  per  lutta  Italia  ed  altrove  il  caso  dolente  della  villa , 
sprofondatasi ,  non  e  guari ,  nel  lago  di  Como.  Fondata  in  palafit- 
te,  cerchiata  ai  muri  maestri  da  saldissime  spranghe  di  ferro,  ral- 
iegrata  a  pie'  da  ridenti  giardini  e  dalla  vista  che  aprivasele  intorno 
di  piani  e  di  colli,  e  piu  dalle  acque  del  lago,  che  colle  onde  romoreg- 
gianli  venivano  a  batterla  dolcemente  da  un  lalo ,  pareva ,  che  fosse 
la  villa  del  riposo,  dell'amenita  e  della  sicurezza.  Ma  che?  all'  im- 
provviso  ne  crolla  una  parte,  ne  dirocca  un'altra,  in  poco  d'ora  giar- 
dini e  rovine  scompaiono  sotlo  le  onde.  II  suolo,  sopra  del  quale  le- 
vavasi  la  fabbrica ,  essendo  avveniticcio  e  senza  sodezza ,  per  opera 
delle  acque  del  lago ,  penetratevi  di  soppialto ,  venne  di  un  tratto  a 
dissolversi  ed  a  sprofondare,  traendo  seco  in  luttuosa  ruina  tutta  la 
villa  soprapposta.  Questo  fatto  di  ordine  fisico  ci  da  la  immagine  di 
un  fatto  di  ordine  morale,  compiutosi  teste  in  Inghilterra. 

Se  v'  e  al  mondo  una  Chiesa  ,  slaccatasi  dalla  Romana ,  per  la 
quale  potesse  parere,  che  ogni  cosa  dovesse  correre  prospera  in  per- 
petuo,  1'Anglicana  sembra  tutta  dessa.  Essendoche  amplissimi  patri- 
snonii  le  teneano  soavemente  incatenati  i  suoi  ministri  dei  gradi  piu 
.alti,  piu  societa  potenti  in  denaro  ne  salariavano  largamente  gl'  infe- 
riori,  e  T  autorita  del  Governo  e  delle  leggi,  rispettate  in  quel  paese, 
ia  guarentivano  da  ogni  assalto  per  poco  in  ogni  angolo  del  mondo. 


60  LA  CHIESA  ANGLICANA  IN  RUINA 

Eppure  non  e  cosi ;  essa  non  serba  ormai  piu  che  1'  apparenza ; 
quanto  alia  sostanza,  e  ruinata  improvvisamente  e  senza  riparo.  Di- 
pendendo  essa  nelle  credenze  che  davanle  corpo ,  dalla  mobile  YO- 
lonta  dell'  uomo,  come  era  stata  dalla  medesima  raffazzonala,  non  e 
da  maravigliare,  se  le  sia  toccata  questa  sorle  impensata.  Ecco  1'av- 
venimenlo.  Due  Reverend!  del  ciero  anglicano ,  Rollando  Williams 
ed  Errico  Bristow  Wilson,  erano  stati  puniti  quali  maestri  di  errori, 
colla  sospensione  ab  oflicio  el  benefcio,  e  severamente  ammoniti  per 
sentenza  del  tribunale  ecclesiastico  nominate  dalle  Arche.  I  condan- 
nati  posero  richiamo  di  queste  pene ,  come  iniquamente  inflitle  ,  al 
Concilio  Privato,  supremo  tribunale  in  quel  regno  per  do  che  spetta 
alle  materie  di  Chiesa  e  ne  furono  mandati  assoluti ,  dichiarandosi 
innocenti  le  loro  dotlrine.  I  punti  sopra  de'quali  cadeva  specialmen- 
te  T  accusa ,  sono  che :  la  Bibbia  e  la  espressione  di  una  mente 
divota,  e  la  voce  scritta  della  congregazione ,  e  percio  devesi  leg- 
gere  con  mente  libera;  e  che :  la  pena  dell'  inferno  non  e  eterna. 
La  prima  di  quesle  due  proposizioni  e  del  Williams ,  T  altra  e  le- 
nula  dal  Wilson  J.  Col  dichiarare  cotali  doltrine  non  avverse  alia 
Chiesa  stabilita,  il  colpo  di  grazia  e  dato  all'  anglicanismo. 

Infino  a  qui  traeva  la  sua  possanza  dalla  Bibbia,  come  dettato  del 
Signore,  dando  merce  di  essa  autorita  e  forza  a  quei  trentanove  ar- 
licoli,  in  cui  piacque  di  partire  la  credenza  che  gli  die  un  corpo  qual 
che  egli  sia  di  Chiesa.  Ma  venendo  ora  da  un  tribunale  inappellabile 
pronuuziata  una  sentenza,  che  mette  la  Bibbia  al  paro  di  qualunque 
allro  libro  divoto  ,  sopra  del  quale  ognuno  puo  lecitamente  recare 
quel  giudizio,  che  gli  suggerisce  la  propria  intelligenza,  eccovi  crol- 
lata  la  colonna  maeslra,  a  cui  si  tenea  la  Chiesa  stabilita.  Difalto  con 
queslo  principio,  preso  a  regola  dal  Concilio  Privato,  si  spiega  assai 
bene ,  come,  alcuni  anni  fa,  si  desse  vinta  al  Rev.  Gorham  contro 

1  Procedings  were  instituted  in  the  Ecclesiastical  Court  of  Arches  againsS 
the  Rev.  Dr.  Rowland  Williams. . .  and  the  Rev.  Henry  Rristow  Wilson. . . 
for  hawing  in  Essays  published  by  then  .  .  .  affirmed  that  «  the  Bible  is 
an  expression  of  devout  reason,  and  the  written  voice  of  the  congregation, 
and,  therefores,  to  be  read  with  reason  in  freadom;  »  and  for  having  denied 
Ahat  the  wicked  will  be  eternelly  punished.  Hull  Advertiser. 


LA  CHIESA  ANGLICANA  IN  RUINA  61 

al  VCSCOYO  di  Exeter,  nel  presente  al  Rev.  Wilson  e  nell'anno  scor- 
so  siasi  lasciato  in  pace  il  Rev.  Dr.  Colenso,  benche  lutti  e  tre  inse- 
gnassero  dottrine  opposle  agli  articoli  dati,  come  di  fede  inconcussa, 
dalla  Chiesa  anglicana.  Onde  consegue  che  siccome  aquesli  dottori 
fu  lecito  rovesciare  alcuni  articoli  e  foggiare  nuovi  canoni  a  lor  ta- 
lento  ;  cosi  ad  altri  sia  permesso  di  rovesciare  senza  raltento  gli  ar- 
licoli  che  rimangono  ancora  iritatti  ed  opinare  a  suo  grado.  Dimodo- 
che  le  credenze  anglicane  si  possono  ormai  rassomigliare  a  piante 
di  niun  conto,  spunlate  al  fianco  della  via  pubblica  ed  abbandonale 
al  ludibrio  di  qualunque  passeggiero. 

Ne  qui  finisce  il  male.  Chi  pretende  di  parlare  e  di  reggere  au- 
torevolmente  deve  portare  una  patente  sicura  della  sua  missione  e 
del  suo  grado.  Altramente  le  sue  parole  o  i  suoi  ordini ,  siccome 
non  aventi  alcun  valore  di  costringere  le  coscienze,  saranno  pigliati 
a  scherno  o  per  lo  meno  non  ascollati.  Gli  uomini  del  clero  col 
mandato  di  chi  si  presenteranno  da  quinci  innanzi  al  popolo?  Con 
quello  di  Dio?  Ormai  non  e  piu  possibile.  E  per  fermo,  avendo  il 
supremo  tribunale  ecclesiastico  proferilo  una  sentenza ,  per  la  quale 
si  puo  lecitamente  insegnare  e  sostenere  esser  la  Bibbia  dettato  di 
una  mente  divota;  ne  segue  per  diritta  conseguenza  che  il  loro  po- 
tere  ieralico,  fondato  nella  Bibbia,  sia  divenulo  dubbioso  se  non  an- 
che  nullo;  stanteche  non  valendo  piu  di  quello  che  valga  1'asser- 
zione  di  una  mente  pia ,  suggetta  alia  disamina  ed  al  giudizio  di 
chicchessia,  od  una  opinione  particolare,  comparisce  necessariamenle 
privo  di  ogni  forza  intrinseca.  Ondeche,  non  potendo  i  ministri  della 
gerarchia  anglicana  presenlarsi  piu  ollre  quali  uomini  investiti  di 
quella  autorita  ieratica  che  rappresentano  ;  e  cessata  interamente  la 
ragione  della  loro  esistenza  come  tali,  e  gli  atti  di  giurisdizione,  che 
per  av venlura  esercitassero ,  debbono  aversi  in  conto  d'  iniqui ,  o 
per  lo  meno  di  niun  valore,  in  quanto  che  operano  senza  certo  potere. 

La  Chiesa  o  societa.  anglicana  cisipresenta  adunque  l.°come  de- 
stituita  di  quegli  articoli  o  principii  di  credenze  comuni ,  merce  dei 
quali  si  tengono  rannodate  le  intelligenze  ele  volonta  dei  socii,  sic- 
che  ne  risulti  la  cospirazione  de'  medesimi  in  uno  stesso  intendi- 
mento ;  2.°  come  priva  di  rettori,  che  ne  regolino  autorevolmente  il 


62  LA  CHIESA  ANGLICANA  IN  RUINA 

moto,  e  formino  il  centre  della  unita  di  corpo.  E  pero  la  conseguen- 
za  logica  della  mentovata  decisione  si  e  il  totale  dissolvimento  della 
Chiesa  slabilita.  Conciossiache  la  essenza  di  ogni  sociela  consisten- 
do  nella  cospirazione  delle  inlelligenze  e  delle  volonta  degli  associa- 
li,  secondo  il  proprio  fine,  e  nell'  autorita  individuata  nel  reggitore, 
in  cui  tutta  la  societa  viene  ad  incentrarsi;  e  per  1'altro  lato  essendo 
alia  Chiesa  sopraddetta  oramai  \7enula  meno  1'  una  e  1'  altra  cosa  in 
forza  della  sentenza  pronunziata  dal  Concilio  Privato ;  rimane  chiarilo 
aver  essa  ricevulo  il  colpo  estremo  e  la  sua  vita  non  esser  altro  die 
una  fuggevole  apparenza. 

Non  v'ha  piu  scanipo.  Essa  corre  a  rotta  nell'  abisso  del  raziona- 
lismo ,  da  cui  sono  sbucati  gli  empii  Renan  ed  i  consortl  di  Francia 
e  di  Lamagna.  Difatto  siccome  la  turba  di  cotesto  gregge  ha  batlulo 
palnia  a  palma  alia  riferita  senlenza  del  Concilio  Privato  ;  cosi  gran- 
di  sono  stale  per  1'opposto  le  querimonie  del  Times,  di  John  Bull  e 
di  altri  giornali  informati  di  anglicanisrao.  I  quali  per  la  data  sen- 
tenza mirano  dolenti  la  Chiesa  stabilita  qual  nave,  die,  fiaccati  gli 
alberi,  e  perdulo  il  timone  per  impeto  della  bufera,  se  ne  va  rapida- 
inente  trascinata  dalle  onde  nei  vortici  appunto  del  razionalismo,  che 
a'nostri  di  minaccia  d'ingoiarsi  ogni  maniera  di  religione  posiliva.  Ne 
cio  a  torto.  Imperocche  nel  supposto  che  si  consider!  la  Bibbia  quale 
scriltura  di  mente  divota ,  e  percio  debbasi  soggettare  al  sindacato 
della  propria  ragione  ;  a  chi  degli  Anglicani  facendosi  ad  aprire  il 
Yangelo  di  S.  Giovanni  ed  imbattendosi  a  modo  di  esempio  nell'allo 
mistero  della  generazione  eterna  del  Verbo,  non  si  affaccera  tosto 
la  domanda :  onde  e  come  la  menle  pia  di  Giovanni  pote  sapere  il 
nelto  ed  accerlarsi  di  cio,  che  egli  ci  narra  ?  Un  uomo  che  nacque  e 
visse  nel  lempo,  ci  viene  a  descrivere  avvenimenli  lontani  da'  sensi, 
incomprensibili  alia  mente  ed  accaduti  nel  seno  dell'  eternita  ?  Sono 
fantasie  del  suo  cervello.  Ed  eccovi  lolta  di  mezzo  la  divinita  del  Ver- 
bo. Con  allri  discorsi  a  queslo  somiglianti  si  ridera  della  efficacia  dei 
Sacramenti,  come  cosa  impossibile  ad  accadere ;  esempligrazia,  che 
V  acqua  battesimale  purghi  le  anime  di  una  col  pa  non  commessa  da 
esse,  ma  redata :  si  fara  befle  de'miracoli  come  di  antiche  leggende; 
insomma  beslemmiera  quanto  si  conliene  nella  Bibbia,  alia  maniera 
e  peggio  del  Renan. 


LA  CHIESA  ANGLICANA  IN  RUINA  63 

E  qui  vuolsi  notare  cbe  queste  orribili  bestemmie  sono  conseguen- 
ze  dedotte  con  lulto  il  diritto  da  qualunque  professi  le  credenze  del- 
la  Chiesa  anglicana.  Infatti  pognamo  che  sorga  nello  Stato  una  qui- 
slione  sopra  la  intelligenza  della  legge,  che  si  porti  al  tribunate  su- 
premo, e  che  da  questo  si  pronunci  la  sentenza  definitiva.  Chi  non 
vede  in  questo  caso  nascere  in  ogni  cittadino  il  dirilto  di  opera- 
re,  secondoche  porta  la  data  senlenza?  Non  ye  n'  ha  dubbio.  E  chi 
volesse  contraslarne  gli  atti,  nol  potrebbe  fare  senza  manifesta  in- 
giustizia.  Pariraente  essendosi  autorevolmente  definite  dal  supremo 
tribunale  della  Chiesa  anglicana  polersi  lecitaraente  professare  la 
sentenza  del  Williams ;  ne  segue  in  ogni  membro  di  quella  Chiesa 
il  dirillo  di  operare  secondo  la  medesima  sentenza ,  e  che  niuno  dei 
socii ,  per  qualificato  che  egli  sia ,  possa  in  cio  contrastarlo  diritta- 
menle.  Si  conobbe  dal  sopraddetto  tribunale  tutta  la  portata  di  que- 
sta  conseguenza ,  e  quindi  per  avvalorare  la  sua  decisione  penso  di 
darle  un  sodo  fondaraento ,  quale  si  e  quello  degli  statuti ,  a  cui  si 
regge  la  Chiesa  stabilita.  Giacche  esso  affermo  che  «  la  proposi- 
zione  od  asserzione ,  che  ogni  parle  della  Scriltura  sia  stala  seritta 
sollo  la  ispirazione  dello  Spirito  Santo ,  non  s'  incontra  in  veruno 
degli  arlicoli  o  delle  formole  della  Chiesa  stabilita ,  e  che  occorre 
a  proposito  sol  tan  to  il  sesto  articolo ,  il  quale  dice  conlenersi  nella 
santa  Scriltura  tulte  le  cose  necessarie  alia  salute,  ed  i  libri  del 
Yecchio  e  del  Nuovo  Testamento  sotto  questo  riguardo  essere  sti- 
mati  canonic!  1  » .  Ma  non  essendosi  punlo  definite  quali  siano  le 
parti  della  Bibbia  dettate  dallo  Spirito  Santo  o  quali  cose  debbano 
aversi  in  conto  di  necessarie  per  la  salute ;  con  questa  dichiarazione 
non  si  fece,  che  confermare  viemeglio  ogni  buon  anglicano  nella  li- 
berta  di  conciar  la  Bibbia  secondo  il  proprio  capriccio. 

II  fatto  lo  comprova  evidentemente.  Ecco  quello  che  ci  testimonia 
un  giornale  anglicano  intitolato  Litterary  Churchman,  e  ci  conferma 

1  «  The  proposition  or  assertion  that  every  part  of  the  Scriptures  was 
written  under  the  inspiration  of  the  Holy  Spirit  is  not  to  be  found  either 
in  the  articles  or  in  any  of  the  formularites  of  the  Church.  But  in  the  6th. 
Article  it  is  said  that  Holy  Scripture  containeth  all  things  necessery  to 
salvation,  and  the  books  of  the  Old  and  New  Testament  are  therein  termed 
canonical.  » 


61  LA  CHIESA  ANGLICANA  IN  RUIN  A 

anche  \\  Dr.  Shawe :  «  La  Chiesa  slabilita,  se  si  considerano  le  len- 
denze  de'suoi  teologi  prindpali,  sembra  che  ella  non  solamenle  siasi 
Ingolfala  profondamenle  nello  scisma ,  ma  ancora  con  pie  veloce  si 
spinga  verso  la  slalo  pauroso  della  eterodossia.  II  rev.  J.  Maurice, 
antico  professore  nella  Universita  di  Cambridge ,  rigelta  le  dottrine 
delle  pene  eterne ;  il  Rev.  professore  Jowet  di  Oxford  nega  la  leori- 
ca  della  espiazione  pel  sacrifizio  di  Gesu ;  Baden  Powel  ripudia  1'au- 
iorila  del  Yecchio  Testamento  e  per  conseguenza  il  peccalo  origina- 
le  e  1'osservanza  del  sabbalo.  II  paslore  di  S.  Grisostomo,  M.  Mac- 
Naught,  nega  la  ispirazione  divina  delle  ScrUlure,  ed  il  Vescovo  di 
Hereford  rifiula  in  generale  ogni  maniera  di  domma....  La  Chiesa 
d'lnghilterra  si  e  addorrnentala  e  si  e  lasciata  cogliere  alia  sprovve- 
duta  dalla  grande  infedelta  del  secolo  presente  e  dalla  antropolairia, 
che  sostituisce  1'  uomo  colla  sua  azione,  colla  sua  scienza,  colle  sue 
forze  al  governo  della  Provvidenza.  Chi  puo  sapere  la  retribuzione 
che  ci  aspetla,  e  se  un  giorno  1'  impero  della  Gran  Bretagna,  il  primo 
fra  quanli  leggonsi  nella  storia  del  mondo,  non  sia  per  essere  trat- 
tato  alia  maniera  di  quelli  di  Ninive  e  di  Babilonia  ?  »  Donde  risulta 
in  modo  lampanle  come  le  credenze  della  Chiesa  anglicana  siano  per 
ogni  lalo  discreclute,  manomesse,  e  ad  una  ad  una  annienlale.  Essa 
va  in  ruina,  e  quello  che  le  torna  ad  alto  disdoro  e  le  dee  cuoccre 
di  piu,  si  e,  che  rultimo  colpo  mortale  sia  venuto  da  chi  per  obbligo 
del  suo  posto  e  del  suo  grado  avrebbe  dovuto  adoperarc  lutle  le 
forze  della  sua  mano,  per  sostenerla  erollanle  e  difenderla  da  ogai 
menomo  insulto. 

Vero  e  per  altro,  che  alcuni  del  pseudoclero  anglicano  si  arra- 
batlono  per  trovar  alcun  modo  o  alcuna  regola,  onde  apparisca  non 
venire  dalla  sentenza  del  Concilio  Privalo  alcun  danno  alia  Chiesa 
stabilita  1.  Ma  indarno.  Due  casi  possono  supporsi :  o  che  la  sen- 
tenza prommziata  sia  conforme  allo  stalulo  della  Chiesa  slabilila  e 
che  percio  niuna  offesa  ne  derivi  al  medesimo ,  in  quella  maniera 
che  una  legge  qualunque  non  rimane  punlo  ferila  dalle  conseguenze 


1  II  Guardian  ha  mi  articolo,  in  cui  vuol  provare  che  «  it  is  not  to  be 
regarded  as  hi  any  sense  an  act  of  hostility  to  the  Church  ». 


LA  CHIESA  ANGLIC  ANA  IN  RUINA  60 

praticbe ,  le  quali  da  essa  naturalmente  rampollano  :  ovvero  che  si 
neghi  al  sopraddelto  tribunale  1'autorita  di  giudicare  defmilivamen- 
te  in  tale  materia .  e  die  quindi  lion  si  cagioni  alcuna  oSesa  alia  inte- 
rezza  della  credenza  anglicana  per  cotale  sentenza.  Si  sceglie  il  pri- 
mo  caso,  come  si  e  fatto  da  parecchi  della  Chiesa  stabiliia?  Eccovi 
due  conseguenli,  1'unopeggior  dell'altro.  II  primo,  cbe  nella  Chiesa 
anglicana,  siasi  ignorato  inlino  a'nostri  di  e  punito,  quale  gravissi- 
ma  reila ,  in  fatto  di  credenza  quello  ,  cbe  oggi  si  licenzia  come  le- 
cito  a  seguitarsi,  come  e  toccato  al  Dr.  Oakeley  non  e  guari:,la 
seconda,  cbe  lo  staluto  della  Chiesa  anglicana  abbia  portato  in  corpo 
fin  dal  nascere  il  mostro  del  razionalismo ,  e  che,  se  non  1' ha  dato 
in  luce  prima  d'  ora ,  cio  sia  avvenuto,  perche  infmo  al  Williams  ed 
agli  uomini  del  Concilio  Privalo  non  si  e  trovato  chi  1'aiutasse  a  sgra- 
varsene.  Si  ama  piuttosto  di  attenersi  all'altro  dei  due  casi  proposti, 
come  vogliono  alcuni  dell' alto  clero  anglicano?  Voi  gia  vedete  tutti 
costoro  mettersi  da  se  in  balia  della  propria  opinione,  alia  quale  gli 
ha  abbandonati  il  supremo  tribunale  della  loro  Chiesa.  E  per  fer- 
mo  da  che  sono  mossi  a  credere  la  ispirazione  certa  della  Bibbia , 
contro  il  definite  ?  Dalla  propria  opinione ,  la  quale  dice  loro  che  lo 
stalulo  della  Chiesa  stabilita  da  la  Bibbia  qual  libro  sicuramente 
ispirato.  Ma  non  avendo  1'  autorita  di  obbligare  alcuno  a  tenere  per 
certo  quello,  che  essi  opinano,  ne  segue  che  i  membri  della  medesi- 
ma  Chiesa  possano  sostenere  due  credenze  opposte,  sopra  un  punto 
capilale ,  quale  si  e  la  ispirazione  della  Bibbia.  Senza  che .,  avendo 
rovesciata  1'  autorita  del  Concilio  Privato  col  negargli  il  diritlo  di 
sentenziare  defmilivamente,  e  non  potendo  dall'  altro  canto  additare 
un  nuovo  tribunale,  il  quale  decida  autorevolmente  i  litigi,  che  na- 
scono  del  continuo  intorno  le  credenze  della  loro  Chiesa,  chi  non  vede 
essersi  eglino  con  questo  passo  ridolti  alia  condizione  de'  prolestanti  ? 
Onde  in  qualunque  caso  la  nostra  conchiusione  del  dissolvimento  e 
della  intera  ruina  della  Chiesa  stabilita  apparisce  verificata,  anche  ai 
meno  veggenli. 

Procedendo  nella  considerazione  della  sentenza  giuridica  pronun- 
ziata  dal  Concilio  Privato,  ci  si  offre  uno  spettacolo  degno  di  essere 
osservalo.  Si  sono  levati  il  Williams  e  il  Wilson,  hanno  bandito,  e  ban- 
Serie  V,  vol.  X,  fasc.  337.  5  23  Marzo  1864. 


66  LA  CHIESA  ANGLICAN!  IN  RUINA 

discono  lullavia  colle  loro  scriUure,  dottrine  die  contraddiconoairin- 
segnamenlo  della  Chiesa  anglicana,  professale  infino  dalla  sua  origi- 
Be,  come  si  ricava  dal  confronlarle  cogli  articoli  e  colle  formole  del- 
la  stessa.  Contuttocio  per  la  sentenza  autorevole  del  Concilio  Privato 
tuiti  e  due  rinaangonsi  nel  grembo  della  slessa  Chiesa,  conlinuano  nel 
loro  grado  di  paslori,  mantengono  intero  il  soldo  die  ritraggono  dal 
loro  benefizio.  Eccovi  quinci  spuntare  un'  ovvia  conseguenza :  «  Po- 
lersi  lecilamente  nella  Cbiesa  anglicana  variarc  la  credenza  in  punto 
soslanziale,  senza  die  percio  si  cessi  di  apparlenervi. »  Onde-ci  vienc 
sotto  la  penna  tutto  da  se  il  detto  verissimo  del  Bossuel  in  risguar- 
do  della  Riforma  :  lu  muti,  dunque  non  hai  il  vero,  essendo  la  \erita 
immutabiic.  Piu  ;  essendosi ,  con  autorevole  decreto ,  permesso  aglt 
unl,  che  professino  ed  insegnino  la  ScriUura  non  essere  ispirata  e  le 
pone  dell'  inferno  non  doversi  tenere  durature  in  perpeluo  ,  ed  agli 
allri,  che  predichino  e  sostengano  1'  opposto;  ne  conseguita  che  la 
Chiesa  anglicana  sia  divenuta  maestra  di  errore  ;  slanteche  di  due 
doUrine  contraddillorie  e  meslieri  che  Tuna  o  1'allra  sia  erronea. 
Da  ultimo  essendosi  infino  a  qui  dalla  medesima  Chiesa  insegnala, 
quale  verila  indubitata ,  la  ispirazione  della  Bibbia  e  la  cternita 
delle  pene,  quando  ora  1'uno  e  1'allro  punto  e  concesso  di  revocarc 
lecitamenle  in  dubbio  ed  anche  di  negare  a  talento ;  ne  deriva ,  che 
nella  Chiesa  Anglicana  siasi  fino  dai  primi  suoi  inizii  insegnato 
come  verita  indubilata  ed  articolo  necessario  a  credersi  cio,  che 
non  oltrepassava  la  probabilita  di  una  opinione.  Ora  domandia- 
mo  ai  medesimi  anglicani  se  possa  aversi  in  con  to  di  vera  Chiesa 
fondata  da  Gesu  Cristo  quella  die  si  presenta  incorsa  nell'errore. 
E  queslo  tanio  impossibile,  quanto  e  impossibile  che  Crisfo  somma 
Terita,  ch'  e  \enulo  al  mondo  per  teslimoniare  il  vero  a  coslo  della 
sua  vita  ,  e  propagarlo  intallo  in  fino  alia  consummazione  dei  secoli 
per  mezzo  della  sua  Chiesa,  insegni  e  sostenga  la  raenzogna.  II  fatlo 
quindi  della  decisione,  che  abbiamo  considerato,  ci  dimostra  mani- 
festamente  non  solo  il  dissolvimento  della  Chiesa  anglicana ;  ma  an- 
cora,  qual  giunta  importantissima,  ci  prova  che  essa  come  non  e  al 
presente,  cosi  non  fu  mai  la  vera  Chiesa.  Ella  fu  opera  dell'uomo, 
il  quale  resosi  schiavo  di  vilissima  passione  si  sottrasse  al  giogo 


LA  CHIESA  ANGLICANA  IN  RUINA  67 

dell'  autorita  stabilita  da  Cristo  nel  suo  Vicario,  pervivere  a  ca- 
priccio.  L'avvenimento  presente  ci  conferma  quello  che  accadde  tre 
secoli  fa. 

Eccovi  la  pessima  condizione,  in  cui  giace  senza  scampo  la  Chiesa 
anglicana.  E  questa  e  quella  Chiesa,  i  cui  membri  in  grande  numero 
hanno  determinato  di  annientare  il  Cattolicismo  in  Italia,  abbominan- 
do  il  Papalo  come  ima  istituzione  dell'orgoglio,  ed  a  tale  uopo  si  sono 
rannodati  in  varie  societa ;  hanno  spedito  grosse  somme  al  Garibal- 
di, perche  compiesse  lo  slerminio  delta  signoria  temporale  della 
S.  Sede  ;  hanno  compro  seminatori  di  errori ,  perche  corrompessero 
negli  Italiani  la  fede  dei  loro  avi ;  hanno  fatto  buon  viso  e  ricolmo  di 
larghe  promesse  il  Governo  del  nuovo  Regno,  perche  aprisse  la  porta 
in  questa  nostra  terra  ad  ogni  culto  ,  e  cosi  fosse  corsa  a  man  salva 
e  calpestata  dal  sozzo  pie  dello  scisma ,  della  eresia  e  della  empieta 
piu  svergognata.  Non  sappiamo  se  sia  concorsa  la  giuslizia  piu  che 
la  misericordia  divina  nell'  ordinare ,  che  di  questi  di  si  palesasse  al 
mondo  esser  la  loro  Chiesa,  la  Chiesa  della  confusione  e  deir  errore, 
ed  ormai ,  non  ostante  i  molti  puntelli  adoperativi  per  sostenerla , 
cadere  senza  riparo  per  non  potere  piu  rifabbricarsi.  Gl'  Italiani  in- 
tanto  abbiano  una  lezione  di  piu  del  quanto  debbano  abborrire  quelle 
dottrine,  che  li  distolgono  dall'  obbedienza  verso  il  Vicario  di  Cristo, 
che  li  ritraggono  dalla  fede  dei  loro  avi ;  quando  fuori  di  essa  non 
veggonsi ,  che  ruine  ed  orrore.  Che  se  la  rivolta  gli  ha  gittati  nei 
disordine ,  li  tiranneggia  e  li  aggrava  fieramente  di  balzelli  e  di 
tributi  di  sangue ,  non  possa  almeno  giungere  mai  colle  sue  trucu- 
lenti  insidie  a  strappare  dal  loro  cuore  la  religione. 


- 
1 


RIVISTA 

DELIA 

STAMPA   ITALIAN  A 


Elementi  di  Architettura  gotica,  da  documenti  antichi,  trovati  m 
Germania,  offer  ti  agli  artisti  dal  Conte  EDOARDO  MELLA,  Diret- 
tore  deiristituto  di  Belle  Arti  in  Vercelli.  Parte  prima  pubUi- 
cata  nel  <I857 ;  Parte  secondapubbl.  nel  4863.  —  Milano,  Lit. 
Ronchi.  Due  tomi  in  un  vol.  in  foglio,  con  moltissirne  tavole. 

Diamo  il  ben  venuto  a  un  Goto ,  a  un  Goto  gentile,  a  un  Goto  dot- 
tissimo,  e  per  giunta  fiorito  di  quella  modestia  che  suol  andar  com- 
pagna  de'merili  straordinarii.  Egli  civiene  dalla  feconda  terra  sub- 
alpina,  che  in  questi  ultimi  tempi  diede  all' Italia  tanti  e  si  preclari 
cultori  deli'anlichila :  il  Canina ,  il  Cordero  di  S.  Ouintino,  Carlo 
Promis,  il  Provana  del  Sabbione,  Cesare  di  Saluzzo  ,  Fed.  Sclopis  , 
Ces.  Balbo,  il  Baudi  di  Vesme,  il  Cibrario ,  il  Ricotli ,  il  Vallauri , 
Alberto  La  Marmora,  e  altri  non  pochi  non  meno  illustri ;  i  quali  lutta 
investigarono  1'  archeologia  pelasgica ,  greca ,  romana ,  longobarda 
dellanostraPenisola.  II  conteEdoardo  Mella  seguendo  le  chiaretra- 
dizioni  di  famiglia  l,  e  nolo  gia  ai  dotti  per  varii  saggi,  onde  cono- 

1  II  padre  dell'A.,  con te Carlo  Emmanuele  Arborio  Mella,  fondo  I'lstUuto 
di  belle  arti  in  Vercelli  sua  patria,  fu  promotore  e  illustratore  erudito  della 
famosa  basilica  di  S.  Andrea  in  Vercelli.  Tntorno  a  questo  monumento  si  a- 
dunano  molte  e  gloriose  memorie  careai  Vercellesi,  e  innanzi  tutte  quella 


RIVISTA  DELLA  STAMPA  ITALIANA  69 

scerc  si  poteva,  come  dall'unghia  il  leone,  viene  a  collocarsi  in  que- 
sta  schiera  luminosa,  coll'  offerire  agli  artisti  un  raanuale  di  archi- 
tettura  golica.  Ci  duole  di  non  aver  potato  prima  d'  ora  far  altro  che 
annunziarla  nella  bibliografia,  senza  ragionarne  alia  distesa :  ma  me- 
gtio  tardi,  die  mai.  D'altra  parte  i  periodici  scientific!,  di  qua  e  di 
la  dall'Alpi,  con  tanti  plausi  salutarono  quest' opera,  che  poco  o  nulla 
poleva  scemare  alia  sua  celebrita  la  mancanza  della  noslra  voce  1. 

Niente  sembra  piu  agevole  a  comporre  che  un  libro  di  Element! ;  e 
pure  gli  uomini  consummali  nella  scienza  si  concordano  pienamente 
ad  asserire,  non  essere  lavoro  da  tentarlo  altri  che  i  grandi  maestri. 
E  il  Mella  vi  e  riuscito,  non  solo  per  noslro  giudizio  (che  non  siam 
competenti ),  ma  per  consenso  di  quanti  ne  parlarono  da  conoscitori 
dell'arte.  Ne  per 6  punto  ci  marayigliamo,  che  appena  yenuta  alia 
luce  abbia  trovato  un  illustre  architetto  inglese,  sir  Giorgio  Wegley, 
che  si  pregi  di  voltarlo  in  quella  lingua.  L'A.  attribuisce  agli  archeo- 
logi  tedeschi  la  seoperta  del  principio  generatore  degli  ordini  gotici. 
Noi  non  contenderemo  loro  la  gloria  di  averlo  svolto,  e  derivatone 
metodi  esatli  forse  prima  degli  altri ,  comeche  gl'  Inglesi  possano 
per  ayyenlura  loro  contrastarla :  a  cio  i  dotli  Alemanni,  ollre  1'incen- 

dell' illustre  loro  concittadino  il  Card.  Guala  Bichieri  che  edificolla  al  co- 
minciare  del  sec.  XIII,  reduce  da  una  legazione  in  Inghilterra.  II  conte  Carlo 
Emmanuele  ha  1'onore  d'avere  scoverto  il  nome  dell' architetto,  che  fu  un 
Brighints,  inglese.  Cf.  MANDELLI,  //  Comune  di  Verc'elH,  ecc.  Tom.  Ill,  pa- 
gina!35  (Vercelli,  1858).  Noi  che  tlobbiamo  alia  gentilezza  d'una  famiglia 
stretta  attinente  col  ch.  A.  1'aver  potuto  contemplare  quel  monumento,  de- 
scritto  dai  trattatori  di  cose  gotiche  nostrani  e  forestieri ,  conveniamo  che 
ell'e  di  purgatissimo  stile  anglo  sassone,  come  dicono  i  piu :  ma  non  osiamo 
conclannare  coloro  che  la  chiamano  normannica,  ne  chi  la  volesse  romano 
bizantina  o  lombarda.  Essa  e  esemplata  dalla  cattedrale  di  Gloucester,  la  cui 
coslruzione  risale  al  sec.  XI ;  e  gli  edificii  sacri  di  tale  epoca  e  di  tal  luo- 
go  possono  benissimo  ammettere  le  quattro  denominazioni,  a  seconda  dei 
varii  sistemi  degli  archeologi. 

1  Nel  recente  Congresso  dei  Gattolici  a  Malines  1'  opera  del  Mella  riscos- 
se  grande  applauso,  e  fu  giudicata  capace  di  produrre  un  felice  mutamento 
nell'arte  dell'  edificazione  gotica.  In  diversi  giornali  ne  scrissero  encomii  i 
ch.  profess.  Andrea  Gavazzoni  Peclerzini  e  Giuseppe  Mongeri.  Citiamo  quest! 
soli ,  perche  nomi  chiarissimi  e  conosciuti  in  Italia. 


70  HIVISTA 

tivo  che  loro  porgevane  la  bellezza  de'patrii  monumenti,  ebbero,  piu 
che  altri ,  sussidio  da  carte  e  document!  felicemente  scoperti  presso 
di  loro.  Non  di  raeno  questo  principio  gia  era  certamente  conosciuto 
in  Italia :  il  nostro  A.  parla  del  Tibaldi  (il  famoso  dipintore  dell'Escu- 
riale )  ammiratore  della  nascosa  geomelria  del  sistema  ogivale  ;  noi 
sappiamo  che  prima  di  lui,  Michelangelo  non  si  saziava  di  godere 
1'armonia  delle  linee  gotiche  di  S.  Maria  Novella,  e  quel  tempio  mi- 
rabile  chiamava  la  sua  sposa ;  Gesare  Cesariano  e  Traiano  Ambro- 
siano  trattano  esplicitanaente  del  triangolo  generatore  del  golico  l. 
Ad  ogni  modo  non  esisleva  presso  di  noi  tratlato  metodico  e  com- 
piuto  dell'arle,  che  porre  si  potesse  in  mano  ai  giovani  sludiosi ;  il 
primo  libro  italiano  di  questo  genere  e  del  conte  Edoardo  Mella. 

Entriamo  sulle  sue  pedate  nou  a  trattare ,  ma  ad  esporre  il  suo 
sistema:  non  polra  riuscire  altro  che  dilettevole  anche  ai  non  inizia- 
ti  ai  misteri  ogivali.  Come  il  Barozzi  dedusse  i  suoi  Ordini  dalla 
profonda  analisi  dei  monumenti  piu  perfetti  della  maniera  greca  e  ro- 
mana,  cosi  il  nostro  A.  deduce  i  suoi  canoni  dalle  costruzioni  gotiche 
dei  secoli  XIII  e  XIV,  che  appunto  son  reputate  le  piu  correlte.  Sa- 
gace  pensiero  e  fecondo.  Sagace:  perche  chi  volesse  rintracciare  le 
leggi  del  gotico,  abbracciandolo  in  tutta  la  sua  ampiezza,  si  mette- 
rebbe  ( per  nostro  avviso )  allo  stesso  cimento  che  i  botanic!  nel  for- 
raare  i  generi  e  le  specie  delle  piante;  lavoro  cento  volte  fatlo  e  cen- 
to volte  da  fare.  Come  la  natura  con  infiniti  e  insensibili  trapassi  si 
sprigiona  dalle  frasi  dei  classificatori ,  cosi  i  monumenti  acutangoli 
con  indisciplinate  colleganze  e  sfumature  trascorrono  fuor  delle  re- 
gole  volute  in  essi  addimostrare.  Laddove,  ristretto  lo  studio  a  un 
non  grandissimo  numero  di  tipi  analoghi,  piu  agevole  riesce  il  com- 
pararli,  e  riconosciulo  cio  che  neH'arlificio  e  comune  e  costante,  de- 
rivarne  precetli  e  ricomporre  1'arte.  Aggiungasi,  ch'egli  e  certo  per 
le  istorie,  1'uniformita  de'monumenti  sacri  di  quei  secoli,  non  essere 
pun  to  opera  del  caso  (cio  che  del  res  to  non  era  credibile) ;  ma  si  di 
teorie  fisse ,  di  formole  architetloniche ,  insegnate  misteriosamente 

1  Yedi  la  dottissima  Storia  dell'Architetlura  in  Italia,  del  ch.  march.  AMF- 
coRicci.  Tom.  H,pag.  17S  (Modena,  1857-60,  III-8.0). 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  71 

nelle  maeslranze  muratorie  allora  fiorenti :  e  pero  anche  per  questa 
parte  divien  ragionevole  d'  indagarne  il  segreto. 

Diciam  poi  pensiero  fecondo  il  suo,  perche  un  sistema  metodico  di 
precetti,  elaborato  per  via  di  analisi  sopra  monumenti  nel  loro  gene- 
re  euritmici  e  senza  contrasto  bellissimi  a  vedere,  non  puo  produrre 
altr.o  che  fabbriche  armoniose  e  di  grato  aspetto ,  se  per  via  di  sin- 
tesi  venga  messo  in  pratica.  Pero  siccome  i  precetti  del  Vignola  be- 
ne  atluati  producono  la  corretta  maniera  classica,  cosi  i  precetti  del 
Mella  ci  daranno  la  corretta  maniera  ogivale :  e  dove  alia  scienza  del 
nietodo  vada  accoppiato  altresi  il  genio  dell'architettore,  gioveran- 
110  di  norma  a  nobili  basiliche ,  simiglianli  alle  maestose  cattedrali, 
onde  sono  dedoltele  regole  e  derivati  i  concetti. 

La  Parte  prima  e  come  il  vestibolo  dell'  arte,  a  cui  possono  per- 
venire,  noache  gl'ingegneri,  i  senopliei  arlisti,  i  quali  del  magiste- 
ro  delle  linee  abbisognano.  Tutto  vi  e  breve,  concise,  e  da  copiose 
figure  lumeggiato.  Dato  un  cenno  storico  sui  periodi  e  sulle  varian- 
ze  dello  stile  golico ,  pone  la  base  del  sistema.  Quesla  consiste  nel- 
1'applicazione  del  triangolo,  che  combinate,  o  sviluppato  in  poligoni 
con  certi  regolamenti  genera  le  icnografie,  le  ortografje,  le  membra- 
ture,  gli  ornati;  brevemente,  ogni  parte.  L'A.  fa  capo  dalle  modana- 
ture  semplici,  passa  alle  composte,  alle  sagome  complesse  ,  i  profili 
delle  quali  ultime  ricava  da  un  ingegnoso  intaglio  d'un  ottagono  del- 
to  fondamentale  ,  e  risultante  da  due  quadrati  inscritti ,  aventi  per 
lato  la  grossezza  del  muro  a  cui  si  applicano  i  meinbri  di  ornato.  Di- 
scorre  poscia  delle  varie  generazioni  di  archi,  derivati  anch'essi  dal 
ti'iaiigolo,  e  de'trafori  ornamentali.  Da  ultimo  fa  1'applicazione  di  que- 
sle  prime  nozioni  al  disegno  delle  finestre ,  porte ,  guglie  e  parti  lo- 
ro; e  cosi  termina  la  prima  parte.  Vi  si  sente  per  ogni  dove  lo  sfor- 
zo  dell'A.  a  stringere,  a  sceverare  i  precetli  capitali  dai  meno  neces- 
sarii,  a  frenare,  diremo  cosi,  la  copia  della  sua  scienza,  per  adallar- 
si  aU'angusto  compito  di  trattatore  elementare. 

La  Parte  seconda,  piu  ampia  di  mollo,  e  dcrviziosa  anch'  essa  di 
magniliche  tavole,  ha  per  iscopo  di  condurre  il  disegnatore  al  grado 
di  architelto  sacro  ,  o  almeno  indicargli  la  strada.  S'  introduce  con 
nn  breve  studio  sulle  Compagnie  muratorie  del  Medio  Evo  :  recatosi 


72  RIVISTA 

quindi  novellamente  in  mano  V  otlagono  fondamentale,  da  quelle  la- 
sciatoci ,  insegna  a  Iracciare  le  piante  del  cori ,  che  innanzi  ogni 
altra  parle  voglionsi  architettare.  E  un  vero  incanto  il  vedere  come 
dalla  luce  ossia  apertura  d'un  coro,  che  viene  determinata  ad  arbi- 
trio  o  dalle  circoslanze,  a  mano  a  mano  si  svolge  e  la  loro  periferia 
poligona,  e  la  grossezza  dei  muri,  e  la  spazieggiatura  de'fineslroni, 
e  i  piedritti,  e  i  contrafforti,  e  le  proporzioni  di  ciascuna  parle,  e  le 
condizioni  tutte  dell'  alzala  interna  ed  esterna.  Dalla  configurazione 
del  coro  toglie  norma  il  corpo  della  Chiesa,  sia  che  sorga  d'una  sola 
nave,  sia  che  di  piu,  sia  infine  che  le  corsie  lateral!  prolungate  ag- 
girino  1'abside,  fiancheggiandola  di  navala  concentrica  o  di  cappelle. 
II  concetto  d'un  tempio  gotico,  di  stile  corretlo,  vien  quasi  dissi  tra- 
dotto  in  una  formola  matematica,  nella  quale  basta  scambiare  i  sim- 
boli  algebraic!  colle  quanlita  aritmetiche  per  ricavarne  i  parlicolari 
concreti  delle  proporzioni  relative.  Ed  e  mirabile  che  con  tanto  ri- 
gore  di  proporzioni ,  rimane  tultavia  amplissimo  campo  ai  voli  del- 
rinvenzione,  diretti  sempre,  larpati  non  mai ;  anzi  rassicurati  contro 
il  pericolo  di  cadere  nel  disarmonico  e  nello  slrano. 

Registriamo  i  litoli  dei  paragrafi  della  seconda  parte:  ci  daranno 
un'idea  dell'ordine  e  dell'  importanza  delle  materie:  «  Cenno  storico 
delle  maestranze  del  Medio  Evo  —  Preliminari.  Metodo  sistematico 
di  sovrapposizione  delle  figure  geometriche  —  Dei  Cori,  e  della  loro 
costruzione  dair  ottagono  —  Applicazione  pralica  del  sistema  di  so- 
vrapposizione dei  poligoni  —  Pianta  ed  elevazione  di  una  finestra 
di  chiesa ,  con  rispettivo  contrafforte  —  Alzato  dei  cori  preceden- 
ti  —  Pianta  di  chiesa  dedolta  da  quella  del  coro  —  Delle  Volte  go- 
tiche  —  Dei  Piloni  —  Delle  Torri  o  Campanili  —  Delle  forme  ester- 
ne  delle  chiese  e  de'  suoi  accessorii.  Esempii  pratici  di  costruzioui ». 
A  quest!  esempii  van  congiunte  XIII  grandi  tavole. 

A  renders!  capace  della  vastila  di  dottrine  archileiloniche  rac- 
chiuse  in  si  breve  traltato,  basterebbe  leggere  altentamenle  anche  il 
solo  paragrafo  primo,  che  e  poco  piu  d'una  pagina  in  foglio  grande; 
ogni  capoverso  e  un  articolo  di  codice  dell'  arle ,  e  per  giunta  dettato 
con  si  rara  lucidita  di  parole ,  che  anche  un  semplice  dilettante  lo 
legge  e  lo  gode  con  dilello.  Pero  non  dubitiamo  punto  che  gli  Ele~ 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  73 

menli  del  Mella  non  siano  per  divenire  il  manuale  d'ogni  principian- 
te;  e  dove  il  ch.  A.  ai  precetti  di  archilettura  sacra  aggiunga  allresi 
qualche  cenno  relative  alia  profana ,  egli  avra  dalo  un  compagno 
classico  al  classico  Yignola ,  cui  gia  fin  d'ora  vince  di  ampiezza ,  di 
ordine,  di  praliche  applicazioni. 

Or  che  pro',  dira  taluno,  di  un  Manuale  di  goticismo  in  Italia? 
Rispondiamo:  per  conoscere  1'arte,  e  valersene  ne'ristauri  de'nostri 
monumenti  ogivali ,  ed  ancora  ad  imitarli ,  dove  altri  il  volesse. 
Dalle  Alpi  insino  alle  ultime  prode  di  Sicilia  torreggiano  basiliche 
di  maniera  romanese,  bizantina,  lombarda ,  norm  anna ,  archiacuta, 
e  di  fogge  miste  :  or  perche  non  sara  ulilissimo  studiarne  1'  artificio 
e  le  proprieta?  L'  ogivale  propriamente  detto  e  1' estremo  limite  delle 
modificazioni  subite  dal  greco  romano ;  e  i  generi  da  noi  nominal! 
ne  segnano  i  trapassi.  Pero  chi  dopo  gli  sludii  ordinarii  si  adentri 
allresi  nelle  teoriche  dell'  ogivo,  avra  con  do  slesso  atlinla  un'idea 
piii  vasta  del  sistema  edificatorio  delle  varie  eta:  il  che  conferira  non 
poco  all'  uopo  di  acconciare  alle  antiche  fabbriche  le  giunte,  o  i  ri- 
sarcimenti,  onde  abbisognano,  senza  confondere  i  proprii  disegni  e 
il  carattere  naturale. 

Non  piacera  forse  a  tulti  (sia  detto  di  passo)  questo  noslro  pensa- 
mento,  onde  ravvisiamo  nel  gotico  una  semplice  Irasformazione  del 
classico,  e  non  sappiamo  se  gradira  allo  stesso  ch.  A.  di  cui  racco- 
mandiamo  le  teorie.  Non  siam  qui  per  propugnarla  come  campion! 
giurati,  la  proponiamo  come  dilettanti.  Sappiamo  inoltre  di  essere  in 
oltima  compagnia  a  professar  questa  opinione :  ci  sembra  di  avere  in 
suo  favore  la  voce  dei  monumenti  slessi  di  tutta  1'  Europa,  i  quali  con 
transizioni  irrefragabili  e  perentorie  dimostrano  la  filiazione  delle  scuo- 
le  succedutesi  a  vicenda  nel  magislero  dell' arch itettare.  I  monument! 
e  la  storia  ripugnano  assolutamente  alle  ipotesi  ingegnose  ,  onde  si 
piacquero  certi  autori  di  dare  la  gloria  deir  architetlura  acutangola, 
altri  agl'Inglesi,  allri  ai  Francesi,  altri  ai  Tedeschi,  altri  ai  Normanni, 
altri  ai  Saracini,  .altri  ai  Goti.  I  monumenti  ela  storia  confondono  le 
utopie  di  chi  V  attribui  allo  spirito  di  setta,  ribellante  contro  1'archi- 
tettura  ieratica  di  Roma ,  e  nel  tempo  stesso  non  consentono  a  chi 
ne  fa  omaggio  esclusivo  al  genio  religioso  delle  eta  crisliane.  Un 


74  RIYISTA 

sistema  di  architeltura  non  pullula-per  invenzione;  ma  si  trasfonde 
per  tradizione,  si  modella  sugli  esempli,  si  perfeziona  cogli  studii,  si 
modifica  dalle  scuole ,  si  aecomoda  alle  condizioni  almosferiche  e 
locali.  D'  altra  parle  il  genio  crisliano  e  tanto  glorioso  e  ricco,  che 
non  mendica  i  suoi  vanti  dalle  noslre  immaginazioni.  Come  trionfo 
sacrando  al  vero  Dio  la  basilica  vitruviana,  cosi  continue  a  Irionfare 
in  tutli  i  tempi,  sfoggiando  la  molteplice  sua  maesla  nelle  costruzioni 
di  altri  stfli  correnti,  e  dando  loro  impulso  a  nobililarsi  e  grandeg- 
giare.  Ma  torniamo  in  via,  e  ripeliamo,  gli  studii  del  gotico  servi- 
ranno  di  guida  ai  ristauralori,  ne  piu  si  vedranno  indotte  mani  e  au- 
daci  travestire  alia  greca  le  chiese  del  Medio  Evo,  coll'  esito  stesso, 
del  pittore  oraziano,  ut  nee  pes  nee  caput  uni  Reddalur  formae. 
Vero  e  che  siffatti  studii  gia  sono  felicemente  cominciati  in  Italia, 
e  gia  in  molte  citla  abbiam  veduti  risorgere  i  primitivi  concetti  delle 
vetuste  basiliche,  spogliati  delle  stranie  squame,  onde  erano  stale 
barbaramente  camuffate  l. 

Diciamo  inoltre  che  gli  Elementi  del  Mella  possono  giovare  allresi 
a'  nuovi  edificii.  Non  oseremmo  per  avvenlura  dare  impulso  a  cotali 
lavori  nella  noslra  patria,  ne  il  potremmo,  volendo:  atteso  che  i 
maestri  competenti  li  sfavoriscono  qui  comunemente ,  e  li  ripudiano 
come  male  accordantisi  col  risorgimenlo  universale  dell'  arte  greca, 
romana  nostra,  e  come  sgraditi  all'  occhio  italiano.  Ogni  modo,  se 
qualcne  amatore  di  austerita  architettonica  s'  invaghisse  di  ritentare 
V  arte  dei  padri  nostri ,  come  non  molti  anni  addietro  avvenne  pro- 
prio  in  mezzo  alia  classica  Firenze,  egli  dovrebbe  al  tullo  consigliarsi 
prima  colle  teorie  del  nostro  Autore.  A  questo  modo  sparirebbero 
quelle  sconciature  gotico  scismatiche,  come  giustamente  le  chiama  il 
Mella,  in  cui  la  composizione  tirata  a  slancio  di  capriccio,  1'  archeg- 
giatura  dispaiala,  Tomato  bislacco  ringhiano  tra  loro,  e  tulti  insieme 
s'azzuifano  contro  1' occhio  euritmico  del  riguardante:  e  sorgereb- 


1  Dopo  pubblicati  gli  Elementi  del  Mella,  F  Accademfa  di  Brera  propose 
per  tema  al  concorso  del  premio  di  Architettura:  una  Basilica....  sullo  svi- 
luppo  del  triangolo  equilatero.  Egregio  esempio,  e  insigne successo  del  no- 
stro Autore ! 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  75= 

bero  invece  costruzioni  regolari  e  accordate.  Forse  anche  avverrebbe 
che  cotali  esempii  assennati  acquistassero  ammirazione  dai  dilettanti, 
e  perdono  dai  perraalosi.  Del  resto ,  quale  che  sia  per  essere  il  de- 
stino  del  goticismo  nelle  nostre  contrade ,  il  conte  Edoardo  Mella 
avra  il  merito  insigne  di  averne  dichiarati  i  principii  retti  dell'  arte, 
e  divulgalili  presso  gli  studiosi. 

Sappiamo  poi  ch'  egli  non  solo  vi  si  adopera  colle  parole,  ma  in 
pari  tempo  colle  cure  assidue  e  soliecite  a  pro5  de'  palrii  monumenti ; 
e  gia  le  caltedrali  di  Casale,  di  Acqui ,  di  Saluzzo  e  forse  altre  che 
non  sappiamo,  vanno  a  lui  debitrici  di  ben  intese  e  felicissime  risto- 
razioni.  II  suo  studio  e  ingombro,  ci  dicono,  di  disegni  che  d'  ogni 
parte  gli  si  dimandano,  e  fin  dalla  Svezia,  dove  si  ya  ergendo  un 
tempio  catlolico  da  lui  architettato.  Noi  non  ne  facciam  punto  le  ma- 
raviglie:  una  bottega,  dove  abbonda  merce  eleltisshna ,  e  si  vende 
gratis  et  pro  amore  Dei,  e  bene  spesso  a  miglior  mercato  che  sem- 
plicemente  gratis,  non  puo  fare  che  non  abbia  copia  grande  di  av- 
ventori.  Onore  al  dotto,  al  cristiano,  ai  cavalleresco  patrizio  piemon- 
tese ,  che  cosi  professa  la  scienza  a  gloria  della  religione  e  della 
palria. 


BIBLIOGRAFIA 


ALBERANI  ANTONIO  —  Omelia  di  Sua  Eccellenza  Reverendissima,  Monsignor 
Fr.  Elia  Antonio  Alberani ,  Yescovo  e  Principe  di  Ascoli ,  recitata  nella 
Cattedrale  Basilica  il  giorno  di  Natale.  Ascoli,  dalle  stampe  del  Cardi  1863. 
Un  opusc.  in  8.°  dipag.  12. 

ALBERI  EUGENIO  —  Sul  processo  di  Galileo.  Due  lettere  di  Eugenio  Alberi, 
in  risposta  al  giornale  I'Opinione.  Firenze,  lipografia  all' ins.  di  S.  Anto- 
nino  1864.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.  20. 

Chi  desidera  di  conoscere  la  verita  tutta  in-  e  condensali  con  grande  brevila  i  fatti  e  le  con- 
tera  intorno  alia  favola  della  tortura  di  Galileo,  siderazioni  che  tolgono  qualsivoglia  piu  leggero 
trovera  in  quesle  poche  pagine  lucidamente  STolli  fondamento  alia  calunnia. 

ALFONSO  (S.)  DE'  LIGUORI  —  Esposizione  dellaSatoe  Regina,  tratta  dalle  glorie 
di  Maria,  descritte  da  S.  Alfonso  de'  Liguori.  Siena  1863,  tip.  e  calc.  or- 
civescovile  di  Giovanni  Baroni  e  figlio,  air  insegna  della  Lupa.  Un  vol.  in 
S.9  dipag.  232. 

—  Riflessioni  ed  affetti,  meditazioni  ed  altre  pratiche  divote  sulla  passione  di 
Gesu  Cristo,  di  S.  Alfonso  M.  de' Liguori.  Torino,  tip.  Pietro  dlG.  Ma- 
rietti,  piazza  B.  V.  degli  Angeli  n.  2, 1863. Un  vol.  in  16.°  dipag.  336. 

ANONIMO  —  Breve  risposta  all'  onorevole  Deputato  Andrea  Moretti ,  intorno 
al  suo  opuscolo  intitolato :  La  parola  di  Dio  e  i  moderni  farisei,  appello 
al  sentimento  cristiano.  Milano  1864,  presso  il  libraio  Serafino  Maiocchi, 
via  de'  Profumieri  n.  3219.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  38. 

—  Brevi  cenni  biografici  di  Francesco  d' Ascoli.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  12. 

—  Brevi  cenni  sulla  Santa  Casa  di  Loreto  e  di  Milano.  Terza  edizione  coll'  ag- 

giunta  del  Panegirico,  per  la  prima  volta  recitato  in  Milano  e  da  molti 


BIBLIOGRAFIA  77 

desiderato,  sulla  Traslazione  della  S.  Casa.  Milano  1864,  presso  Serafino 
Maiocchi  libraio,  via  del  Profumierin.  3219.  Unopusc.  in  16.°  dipag.  31. 

ANONIMO  —  Brevi  memorie  di  Monsignor  Giovanni  Sottovia,  con  un  suo 
Discorso  in  confutazione  delle  dotlrine  del  professore  Gio.  Nepomuceno 
Nuytz.  Roma  1863,  dalla  tip.  di  B.  Guerra.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  29. 

—  Dei  veri  e  del  falsi  catlolici,  rimedio  contro  gli  odierni  error!  e  contro  le 
gravi  malattie  dell'intelletto.  Milano  1863,  presso  Serafino  Maiocchi  li- 
braio,ma  de'  Profumieri  n.  3219.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  69. 

La  questionc  che  qui  trattasi  e  importanlissi-  ne  ,  e  le  conchiusioni  tutto  prattiche  e  acconce 

ma :    qual  sia  cioe  la  soltomessione  dovuta  al-  ai  present!  bistfgni  d'  Italia  mostrano  dottrina  e 

1'insegnameato  della  Chiesa,  e  a  chi  quesl'inse-  ingegno  pan  allo  zelo  nello  scrittore. 
gnamento  compela.  Lo  svolgimenlo  della  questio- 

—  Divoto  esercizio  per  celebrare  con  frutto,  nella  prima  Domenica  di  Luglio, 
la  festa  del  Preziosissimo  Sangue  di  N.  S.  G.  C.  Roma  1864,  Fratelli  Pal- 
lotta  tip.  in  piazza  Colonna.  Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  70. 

—  Epigrammi  Centuria  I.9  Narni,  tip.  del  Gattamelata  1863.  Un  opuscolo 
in  16.°  di  pag.  48. 

II  soggetto  di  quesli  epigrammi  e  per  lo  piu  vi  ponga  piu  mente  nelle  seguenti  Centurie  , 
politico ,  ma  di  politica  onesta  e  cristiana.  Se  lo  questi  epigrammi  oltre  all'essere  veramente  ar- 
stile  fosse  piu  ripolito,  e  speriamo  che  1'Autore  guti,  sarebbero  aKresl  eleganti. 

—  I  casi  della  Toscana  nel  1859  e  1860  ;  narrati  al  popolo  da  una  Compa- 
gnia  di  Toscani,  con  note  e  documenti.  Firenze,  tipografiadi  Aciriano  Sa- 
lani,  Fondaccio  S.  Nicolo,  num.  26,  1864.  Un  vol.  in  4.°  di  pag.  434. 

Di  questo  libro,  importantissimo  per  conosce-  legittimo  suo  Principe,  e  darla  ai  Piemonte,  ci 
(re  nella  loro  genuina  Terita  tutti  gl'  intrighi  po-  occuperemo,  piacendo  al  Signore,  in  uno  dei  pros- 
5ti  in  opera  nella  Toscana  alline  di  cacciarne  il  simi  quaderni. 

—  II  Gontemporaneo  ed  i  suoi  400,000  Toscani.  Firenze  1864,  tip.  Fiorenti- 
na,  diretta  daG.  Natali,  via  della  Stufa  w.25.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  21. 

—  11  Filomaria,  ossia  una  vita  romantica  per  saggio  di  un  nuovo  genere  di 
RoniAnzi.  Bertinoro,  tipi  Giulio  Cesare  CapeUi.  Un  vol.  in  8.6  di  pag. 
JIY-242. 

Per  impedire  i  danni  immensi  dei  cattivi  ro-  casi  d'un  cristiano ,  divoto  di  Maria  Santissima, 

manzi  non  v'e  altro  modo  efficace  che  scriverne  pud  dirsi  romanzo,  perche  T'e  grande  variela  e 

dei  buoni.  Questo  e  il  fine  che  s'e  proposto  1'Au-  intreccio  di  avvenimenti  interessanti,  e  trattandosi 

tore  del  Filomaria.  Egli  pero  piu  che  inventare  di  persone  vive  e  stalo  necessario  vestir  la  ve- 

«ose  probabili ,  ordina  fatli  yeri :  e  la  storia  dei  rita  per  non  farla  troppo  facilinente  ravvisarc. 

—  II  Mazzolino  di  fiori,  offerto  alle  famiglie  cattoliche  nel  Marzo  del  1864: 
Streima  del  divoto  di  S.  Giuseppe  e  dell'Apostolato  della  preghiera.  An- 
no primo.  Modena,  lip.  deirimm.  Concezione  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di 
pag.  80. 

—  Istruzione  sull'Apostolato  della  preghiera,  e  modo  pratico  di  stabilirlo.  As- 

sociazione  arricchita  di  Indulgenze  dalla  Santita  di  Pio  IX,  appro vata  da 
molt!  prelati  e  aggregata  all'llnione  del  sacro  Guore,  eretta  in  Roma  nella 
Chiesa  della  Pace.  Modena,  tip.  delHmm.  Concezione  1864.  Un  opusc.  in 
16.°  dipag.  16. 


78  BIBLIOGRAFIA 

ANONIMO  —  La  conoscenza  vera  di  Dio,  di  Gesii  Cristo,  di  Maria  e  della 
Religione.  Bologna.,  lip.  di  S.  Maria  Maggiore,  stabilimento  dell*  Imma- 
colata  1863.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  V-159. 

Chi  e  Dio?   Chi   e  Gesu?  Chi  e  Maria?  Che  scritto  da  tale,  che  dopo  lunghi  traviamenti  non 

cos*  e  la  Religione?  Bcco  i  quattro  titoli  degli  trovo  pace  che  ritornando  in  seno  alia  verita  e 

altreltanti  capitoli  di  questo  libro,  pieno  di  cal-  alia  piela  cristiana. 
do  affeUo  ,  di  forti  immagini,  di  soda  doltrina ; 

—  La- Corona  della  Verginita.  Firenze,  tip.  Manuelli  1863.  Un  opusc.  in  16." 
di  pag.  38. 

-r-  La  stella  del  Po ,  Strenna  italiana  per  1'anno  bisestile  1864.  Torino  7  tip. 
Pietro  di  G.  Marietti,  piazza  B.  V.  degli  Angeli  n.  2.  Un  opusc.  in  16. c 
di  pag.  129. 

—  L*  querele  monginiane,  ossla  rlflessi  critico- moral!  suH'empio  libercolo: 
La  cristiana  procedura  delT  attnale  Inquisizione  Romana,  giustificazione 
del  Parroco  Pietro  Mongini.  Torino,  tip.  Scolastica  di  Sebastiano  Franco 
e  figli,  1863.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  62. 

—  Lettera  di  un  Vescovo  italiano  al  clero  d' Italia,  sopra  il  contegno  del  vero 
Sacerdote  di  Cristo  verso  il  Governo  e  verso  i  suoi  confratelli  parteggian- 
ti  pel  Governo.  Torino,  tip.  Pietro  di  Giacinto  Marietti,  piazza  B.  V.  degli 
Angeli  n.  2,  1863.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  47. 

—  Misted  della  sacra  infanzia  del  Nostro  Divin  Redentore,  da  recitarsi  mas- 
simamente  nel  giorno  XXV  d'ogni  mese,  ad  onore  di  Gesu  Bambino.  Mo- 
dena,  tip.  dell'  1mm.  Concezione  1864.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.  27. 

—  Pro  doma  mea :  Discorso  a'  posteri  sulle  vicende  del  Regno  di  Napoli  e  di 
Sicilia,  dal  7  Settembre  I860,  sino  al  7  Settembre  1863.  Un  opusc.  in  8.* 
di  pag.  94. 

ATANASIO  (P.)  DI  S.  GIUSEPPE  —  Giorno  di  ritiro  in  preparazione  alia  morte, 
dedicate  alle  Religiose  Carmelitane  scalze,  del  P.  Atanasio  di  S.  Giusep- 
pe, dello  stesso  Ordine.  Roma,  presso  Giuseppe  Gentili,  via  Tor  Sangui- 
gna  n.  11  e  12.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  46. 

AVRILLON  —  Condotta  per  passare  santamente  1'  Avvento,  in  cui  si  trovano 
una  pratica  cotidiana,  una  meditazione  e  dei  sentimenti  sul  Vangelo  del 
giorno,  con  delle  sentenze  della  S.  Scrittura  e  de'  santi  Padri ;  opera  del 
R.  P.  Avrillon :  prima  traduzione  dal  fraucese  dell'Ab.  A.  F.  Bergamo, 
dalla  stamperia  Mazzoleni  1849.  Un  vol.  in  24.°  di  pag.  446. 

BALLERO  ANTONIO  MARIA  —  Nei  solenni  ftmerali  dell'  Eccellenza  Reverendis- 
sima  di  Monsignor  D.  Pier  Raffaele  Arduino,  Prelato  domestico  di  S.  S., 
assistente  al  Soglio  pontificio  ecc.  ecc.  Yescovo  di  Alghero,  celebrati  per 
cura  della  piaCongregazione  de'  SS.  Cuori  di  Gesii  e  Maria,  da  lui  fon- 
data.  Orazione  letta  il  2  Dicembre  1863,  dal  Dottore  in  leggi,  Can.  Anto- 
nio Maria  Rallero.  Genova,  coi  tipi  del  R.  1.  de'  Sordo-Mnti  1864.  Un 
opusc,  in  8.'  di  pag.  31. 


B1BLIOGRAFIA  79 

BALZOFIORE  FILIPPO  —  Religione  ed  arte:  Versi  del  P.  Filippo  Balzofiore 
Agostiniano.  Vol.  I.  Roma  1863,  fratelli  Pallotta  tipografi.  Vol.  in  8.9 
di  pay.  262. 

Questo  primo  volume  delle  Opere  del  ch.  Pa-  dinariamente  per  forti  e  rohusli  pensieri,  sono  in 

dre  Balzofiore,  non  comprende  altro  che  poesie.  quellavece  aspersi  di  molte  grazie  poetiche,  fio- 

r,li  argomenti  o  sono  religiosi  e  morali,  o  volli  riti  di  leggiadre  e  delicate  iminagini,  e  condotti 

acconciamente   alia  Religione   ed   alia   morale,  con  facile  artifizio  e  disinvolta  verseggiatura. 
Quanto  alia  trattazione,  se  non  commuovono  or- 

BANDI  GAETANO  —  Elogio  del  Commendatore  Giulio  Puccioni.  Fireme  186i, 
col  tipi  di  Fedefico  Bencini  all'insegna  di  Dante.  Un  opusc.  in  S.°  di  pa- 
gine  24. 

Nell'ottantesinio  suo  anno  di  eta  mori  in  Siena  pretension!  dei  potenti.  Fu  quindi  da  tutti  amato 

nel  1863  il  Comm.  Giulio  Puccioni,  uomo  d'an-  in  vita ,  e  pianto  dopo  morte :  e  come  vivendo 

tica.probita   e  doltrina.  Morigerato ,  prudente  ,  fu  il  benefattore  d'ogni  classe  di  persone  ,  cosi 

dotto,  religioso  si  mostro  sempre  nei  varii  ufflcii  voile,  che  i  beni  guadagnatisi  col  sudore  della  sua 

pubblici  e  privati  da  lui  esercitati,   di  giudice,  fronte  continuassero  le  sue  beneficenzc  a  pro  dei 

di  avvocato ,  di  professore  ,  di  Provreditore  di  piu  poveri  giovanetti  d'  ogni  classe.  Questo  ri- 

Universita:    e  senza  iattanza  ,   come  senza  vilta  tratto  del  cittadino  cristiano  e  delineato  egre- 

non  piego  mai  ne   alle  aurc  popolari  ,  ne  alle  giamente  dallo  scrittore  di  questo  Elogio. 

BARBER1  (CAV.)  ANDREA  —  Epilogo  delle  prose  recitate  alia  pontificja  Acea- 
demia  Tiberina  nel  1863,  con  la  relazione  dei  nuovi  socii  e  dei  defunti 
nell'anno,  letto  nella  tornata  ordinaria  del  giorno  28  Decembre  dell'anno 
medesimo ,  dall'  Avvocato  Andrea  Cav.  Barber! ,  collateral  emerito  del 
Campidoglio,  Segretario  dell'  Accademia  in  detto  anno.  Roma,  tip.  Mo- 
naldi  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  32. 

Non  e  facile  compile  il  dare  un  nesso  in  breve  argute  osservazioni  e  con  purgata  e  sciolta  fa- 

orazione  ai'molti  discorsi  che  lungo  un  anno  si  vella  il  Cay.  Andrea  Barbcri,  Segretario  dell' Ac- 

sono  uditi  in  un' Accademia.  Ma  questo  incarico  cademia  Tiberina. 
compi  con  molta  maestria  e  con  copia  di  utili  e 

BARRETTA  ALFONSO  MARIA  —  Volummis  exegetico-scientifica  Synopsis,  per 
Alphonsum  Mariam  Barretta,  ex-Cathedralis  Ecclesiae  Frequentinensis 
Ganonicum  Theologum,  exposita  p.t  in  duos  libros  distributa.  Liber  1. 
Neapoli ,  ex  typis  Paschalis  Androsio  1857.  Un  volume  in  4.e  di  pag. 
I1T///-578. 

L'  idea  dell'  Autore  e  di  comprendere  tutta  la  buita  in  centododici  lezioni ;  e  la  seconda  abbrac- 

materia  in  due  volumi.   II  primo  e   gia  uscito  cia  tutte  le  leggi,  classificate  per  titoli,  e  costi- 

alla  luce  da  alcuni  anni,  ed  il  secondo  si  sta  ora  tuenti  il  Codice  Teocralico  degli  Ebrei :  buon  con- 

stampando  nella  tipografla  dell'  Oratorio   di  san  cetto  e  bene  eseguito.  II  secondo  dovra  contenere 

Francesco  di  Sales  in  Torino  Valdocco.  Nel  primo  alcuni  libri  del  Vecchio  Testamento ,   e  lutta  la 

volume  i  Prolegomeni  introducono  i  giovani  nello  storia  del  nuovo  ,   ollre  molte  appendici  intorno 

studio  della  sacra  Scrittura ,  ed  il  libvo  propda-  agli  usi  degli  ebrei,  e  alle  biografie  dei  piu  ii^ 

mente  detto  e  diviso  in  due  parti:  la  prima  con-  signi  personaggi  biblici. 
tiene  la  storia  del  Vecchio  Testamento ,  distri- 

. 

BAS1LI-LUCIANI  ALESSANDRO  —  Elogio  funebre  di  Monsignor  Luigi  lona,  Ve- 
scovo  di  Montefiascorie,  lelto  nella  chiesa  del  Senlinario  della  stessa  citta 
dal  canonico  Alessandro  Basili-Luciani,  professore  di  Belle  Lettere,  alle 
solenni  esequie  fatte  dagli  Alunui  e  Convittori  nel  7  Decembre  1863.  Mon- 
tefiascone  tip.  del  Seminario  da  U.  Sartini.  Un  opusc.  in  4.°  di  pag.  25. 


80  BIBLIOGRAFIA 

BEFJNGO  JOANNES  —  Patrum  et  Doctomm  latinae  Ecclesiae  Bibliotheca  cum 
notis  a  loanne  Berengo,  Metropolitanae  D.  Marci  Basilicae  residential!  Ca- 
nonico,  sacrae  Theologiae  et  Juris  Canonic!  Doctore  etc.  etc.  nomiullisque 
.  ex  veneto  clero  presbyteris  simul  collatis  curis  disposita  ct  conciunala. 
Yenetiis  excudebat  losephus  Gnmaldo,  magno  aureo  numismate  arlibus  pro- 
movendis  donatus  1863. 

Di  questa  nuova  e  grande  intrapresa  tipografi-  sorerchia  abbondanza ,    e  non  di  raro  piutto&to 

ca  abbiamo  altra  volta  parlato.  Ma  poiche  essa  farragine  che  scella.  4.°  La  forma  della  parigina, 

merita  non  solo  gli  elogi ,  ma  altresi  la  coope-  la  pienezza  dellc  pagine ,   la  poca  eleganza  dci. 

razione  di  tutti  gli  ccclesiastici  italiani,  anzi  di  tipi  non  la  rcndono  bclla  edizione:  ma  la  veneta 

quanti  in  Italia  attendono  ai  gravi  studii  dell'an-  sara  veramente  bella  e  nitida.  o.°  Nella  parigina 

tichita  cristiana,  noi  ne  seguiteremo  i  progress!  con  la  correzione  dei  testi  lascia  molto  a  desiderare: 

ogni  diligenza.  Ripetiamo  pria  di  lutlo  in  breve  lo  il  saggio  datone  fin  qui  dalla  Teneta ,  e  i  nomi  di 

scopo  del  coraggioso  editore.  coloro  che  la  diriggono,  promettono  molto  bene  di 

II  Cursus  Patrologiae  completus  edito  a  Parigi  tal  correttezza,  pregio  principalissimo  della  stampa 
dal  Migne  si  differenzia  sostanzialmente  dalla  Bi-  di  testi  si  autorevoli.  G.°  In  quanto  al  prezzo  la 
bliotheca  Patrum  che  si  comincia  a  stampare  in  Teneta  sembra  piu  cara  della  parigina :  ma  il  po— 
Venezia.  Ed  eccone  i  principal!  divarii:  l.°Nel-  terlo  nella  Teneta  era  pagare  a  piccole  rate  as- 
1  edizione  veneta  si  comprendono  solamente  i  Pa-  sociandosi ,  il  non  esserci  spesa  di  dazii  e  tra- 
dri  e  Doltori  della  Cliiesa  propriamente  detti :  e  sporti,  il  valore  niolto  maggiore  della  stampa,  ne 
nella  parigina  ci  sono  tutti  gli  scriltori  ecelesia-  sono  compensi  molto  larghi.  Ogni  f;iscicolo  ven- 
stici  dei  primi  dodici  secoli.  2.°  Nella  parigina  e  desi  franchi  2,  e  componesi  di  5  fogli  in  4.°  gran- 
difficile  il  poter  ottenere  le  opere  di  unsol  Padre,  de,  cioc  dire  di  ottanla  grosse  colonne  di  stampa. 
talmente  cssi  son  misti  e  uniti  insieme,  o  conca-  Finora  sono  usciti  cinque  fascicoli,  nei  quali  con- 
tenati  gli  uni  agli  altri :  nella  Teneta  ogni  TOlume  tengonsi  il  TERTULLIAM'S  lino  alia  colonna  30i: 
non  ha  che  gli  scritti  d'  un  solo  autore.  3.°  Nella  ed  il  cominciamento  del  CYPWAM'S  fino  alia  co- 
Teneta  T'  e  parsimonia,  ma  molto  eletta,  di  pre-  lonna  (54. 
Jazioni,  di  commenti,  di  note:  nella  parigina  T'C 

BERTONE  ERCOLE  —  Orazione  panegirica  in  oriore  di  S.  Stanislao  Kostka,  detta 
nella  chiesa  del  Yen.  Monastero  di  S.  Simone  di  Palermo,  il  16  Novem- 
bre  1863,  dal  sacerdote  Ercole  Bertone.  Palermo,  tip.  di  F  Hippo  Barra- 
vecchia,  discesa  san  Francesco  1863.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  16. 

B03BIO  G.  —  Esame  ragionato,  ovvero  Decision*!  teologiche  sui  comanda- 
menti  di  Dio  e  della  Chiesa,  sui  Sacramenti  ed  i  peccatl  capitali,  per  un 
Professore  emerito  di  Teologia  della  Societa  di  S.  Sulpizio.  Versione  dal 
francese  per  G.  Bobbio,  sacerdole  Barnabita  — Parma,  Pietro  Fiaccadori 
1863.  Fasc.  I  e  II  in  8.°  da  pag.  I  a  320. 

Vengono  in  qucsto  importantissimo  libro  esposti  nc  »rolge  la  dottrina  positiva.  Queslo  dungue  puu 

in  forma  di  esami  i  casi  pratici  che  risguardano  dirsi  un  Trattato  pratico  di  morale  cristiana,  utilo 

i  Comandamenti  di  Dio ,  i  Precetti  dolla  Chiesa,  al  certo  ai  confcgsori,  ma  anche  a  tulti  i  cristiani, 

i  Sacramenti,  ed  i  Peccati  capitali.  Ogni  articolo  i  quali  TOgliono  conosccre  i  proprii  loro  dOTeri,  e 

«  preceduto  da  una  breve  istruzione  teorica  che  pe'  quali  principalmente  fu  scritlo  in  italiano. 

BONO  GIUSEPPE  GAETANO  —  II  Microscopic  e  le  sue  applicazioni  alle  perizie 
di  Medicina  forense,  per  Giuseppe  Gaetano  Bono,  Medico-Chirurgo  assi- 
stente  all'ospedale  de'cronici,  da  servir  di  tesi  nell' esame  di  aggrega- 
zione  al  Collegio  delle  facolta  di  medicina  e  chirurgia  nell'Universita  di 
Genova.  Genora,  tip.  della  Gioventu  presso  gli  ArtigianelH  1863.  UnvoL 
in  8.'  di  pag.  248  con  tavole. 

Per  molt!   e  delicatissimi   problemi    che  deve    Talido,  come  quello    del  Microscopic.  Esso  puo- 
sciogliere  In  medicina  forense,  nessun  aiuto  c  cosi    dare,  anche  da  se  solo,  un'evidcnza  piena:  o  spesso 


BIBLIOGMFIA 


81 


sivi  presentano  all'occhio  dell'osservatore.  11  libro 
del  dott.  Bono  e  diretlo  all'uno  e  all'  altro  am- 
maeslramento.  II  metodo  semplice  e  ordinalo,  e 
le  laYole  aggiunte  per  maggior.  eyidenza  dsllo 
descrizioni  gl'  imprimono  molta  chiarezza  e  un  ca- 
rattere  tutto  speciale  di  facilita. 


csso  giunge  OYC  1'  analisi  chimica  e  costretta  di 
arrestarsi.  tnitamente  poi  agli  altri  sussidii  delle 
seienze  afflni  il  Microscopio  giova  polentemente. 
Ma  per  seryirsene  occorrono  due  cose:  conoscere 
appieno,  non  solo  la  teorica,  ma  eziandio  1'uso 
di  quello  slrumento ;  distinguere  con  perizia  i  ca- 
ratteri  esterni  che  i  Yarii  corpicciuoli  sottomes- 

BOSSUET  M.  IACOPO  —  Sermoni  di  M.  lacopo  Bossuet,  Yescovo  di  Meaux,  in 

lode  di  S.  Giuseppe,  Sposo  di  Maria  Yergine.  Modena,  tip.  dell'  Immaco- 

lata  1864.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.  82. 
BOTTOM  FRANCESCO  —  II  Cristo  Risorto,  discorso  apologetico  del  sacerdote 

avvocato  Francesco  Bottom.  Pesaro  1863,  per  Annesio  Nobili.  Volume 

primo  in  8.°  di  pag.  363. 


L'  opera  del  rev.  e  ch.  gig.  Bottoni  e  diretta  a 
proyare  la  Divinita  del  Caltolicismo.  Esso  prende 
come  base  della  sua  dimostrazione  la  Risurrezione 
di  Gesu  Cristo;  perche  dal  fatto  appunto  della 
sua  Risurrezione  nasce  principalmente  la  certezza 
della  sua  Divinita:  e  dalla  cerlezza  della  sua  Di- 
vinita conseguita  la  Divinita  della  Chicsa  da  lui 
fondata,  che  e  la  cattolica.  Questo  e  1'ordine  na- 
turalc  delle  idee.  Ma  a  STOlgerlo  Yi  si  aggruppano 
inlorno  millc  imporlantissime  quistioni,  cui  1'au- 
tore  largamenle  e  profondamente  tratta.  In  que- 
sto  1.°  Tolume  egli  s'arresta  alia  prima  parte  del 
suo  raziocinio,  cioe  alia  conchiusione  che  Gesu  fe 
Dio  yero.  Comincia  adunque  colla  teorica  del  nri- 
racoli,  disnebbiando  i  sotismi  addensatisi  intorno 
dalla  incredulit*  ammantellata  di  filosofismi,  e 
cosi  toglie  di  mezzo  una  obbiez4one  del  raziona- 
lismo  contra  la  Risurrezione,  che  esso  nega  per- 
t-he fuori  dell'ordine  di  natura.  Prosegue  appresso 


a  raccoutare  la  sloria  eTangelica  della  passione  e 
morle  di  Gesu  Redentore;  e  cosi  una  critica  in- 
concussa  stabilisce  il  fatto  fondamentale  della 
real  (a  della  morte  di  lui.  Quindi  narra  le  circo- 
stanze  piu  minute  che  precedettero,  accompagna- 
rono,  e  conseguirono  la  sua  risurrezione  gloriosa, 
e  cosi  da  tutle  esse  deduce  la  certe/za  intrinseca 
di  quel  fatto.  Conchiude  col  recare  gli  argomenti 
estrinseci  dedolti  dai  miracoli  che  ne  seguirono, 
dalle  testimonianze  suggellate  coi  martirii,  dalla 
credenza  del  piu  liberi  Ingegni,  dalla  fede  che  la 
Risurrezione  ottenne  presso  tutti  i  popoli.  Con- 
chiude dopo  tutto  cio  a  buona  ragione:  Gesu  e 
risorto ,  dunque  e  Dio.  Una  tal  dimostrazione  e 
piena  ed  evidenlissima ;  e  ci  auguriamo  che  essa 
gk> vi  ad  allontanare  semprc  piu  dagl'  Haliani  la 
seduzione  del  Razionalismo,  padre  naturale  del- 
1'  aleismo. 


IOUGAUD  EMMANUELE  —  Storia  di  S.  Gio.-Francesca  Fremyot,  Baronessa  di 
Chantal,  e  del  primordii  della  Yisitazione,  dell' Abate  Em.  Bougaud,  Yi- 
cario  Generale  Arcidiac.  della  Diocesi  d'Orleans:  prima  versione  italiana 
sulla  seconda  edizione  francese^  del  sacerdote  Severino  Ferreri.  Volume 
primo.  Torino  1864,  tip.  Pletro  di  G.  Marietti,  piazza  B.  V.  degli  Angeli 
n.  2.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  YIII-552. 

Questa  e  la  piu  yera ,  la  piu  copiosa ,  la  piu  ghire  di  leggerla  ogni  persona  colta   e  pia.  La 

ordinata  Sloria  che  si  sia  scritta  flnora  della  Chan-  Tersione  italiana,  fatta  con  molto  amare,  riflette 

tal ;  e  il  giudizio  si  fayorevole  che  ne  ha  recato  la  piu  gran  parte  del  pregi  che  troyansi  nell'ori- 

in  una  sua  lunga,  piu  dissertazione  che  lettera,  ginale  francese. 
V  illustre  YCSCOTO  d'  Orleans,  basta  a  far  inra- 


BRAZZOLI  ANGELO  —  II  glorioso  Patriarca  S.  Giuseppe,  Sposo  di  M.  V.  Imma- 
colata,  onorato  con  pie  lezioni  e  meditazioni  sulla  sua  vita  in  ciascun 
giorno  del  mese  di  Marzo,  a  lui  consacrato :  operetta  del  P.  Angelo  Braz- 
zoli  d.  C.  d.  G.  Modena,  tip.  dell'  Imm.  Concezione  1864.  Un  vol.  in  8.° 
dipag.  398. 

Sogliono  i  fedeli   consacrare   al  glorioso  Pa- 
triarca S.  Giuseppe  il  mese  di  Marzo.  Una  guida 

Serie  V,  vol.  X,  fasc.  337. 


per  tal  pia  pratica  c  porta  loro  da  questo  libro. 
Per  ogni  dl  yienc  assegnata  una  lezione  ed  una 

6 


BIBL10GRAFIA 


medila/ione.  Xclle  Iczloni  s'espongono  le  geste, 
le  virtu  c  le  gloric  di  S.  Giuseppe,  raccoglien- 
dovi  con  bell'ordine  quel  piu  e  quel  meglio  die 
intorno  a  lui  trovasi  scritto  nolle  satite  Scritture, 
nolle  opere  dci  Padri  e  Potlori  della  Chiesa,  nei 
libri  dcgl'  interpret!  sacri  e  dci  maestri  di  asce- 
tica ,  e  flnalmente  quanto  la  divota  pieta  pud 
suggerire  di  probabile,  conforme  alia  pia  cre- 
denza  dei  fedeli.  Le  meditazioni  prendono  a  lor 
soggetto  alcun  lato  piu  applicabile  al  profitto 
spirituale  dell'  anima  di  cio  che  venne  storica- 
mente  svolto  nella  lezione  di  quel  giorno  stesso. 

BRINCI0TTI  GAETANO  —  Lettera  pastorale  ed  indulto  per  la  Quareslma  1864. 
Yiterbo,  presso  Sperandio Pompei,  tip.  Yesc.  e  Gov.  1864.  Un.  opusc.  in  4." 
di  pag.  10. 

CANALI  GIUSEPPE  —  Laudi  a  Maria  Vergine  in  versl  latini  ed  italiani  del  sac. 
D.  Giuseppe  Canali.  Bologna,  tip.  Maregyiani  1864.  Un  vol.  in  8.°  di  pa- 
gine  38. 


Con  (al  sislema,  che  opportunamente  separa  quello 
che  serve  all'islruzione  dell'intellelto  da  cio  che 
vale  per  la  compunzione  del  cuore,  si  esaurisce 
quasi  il  tema,  si  che  nulla  piu  quasi  rimanga  a 
dcsiderarsi.  I  devoli  adunque  di  S.  Giuseppe  nan 
cosi  nelle  man!  un  libro  pieno  d'  Idee  e  di  af— 
fettl,  di  hotizie  e  di  avvertimenti :  e  quel  che  c 
piii  un  libro  ben  pensato ,  bene  scrilto  ,  e  che 
promovendo  la  divozione  al  glorioso  Patdarca 
alimenta  hi  pieta  soda  c  sostanziale  dei  cri- 
stiani. 


Belle,  arcibelle  le  poche  poesie  latine  raechiuse 
in  queste  pagine!  In  esse  sceltczza  di  pensieri, 
gastigatezza  di  frasi ,  lucidita  di  dizione ,  leggia- 
dria  d'immagini ,  soavita  di  aflelto,  ed  ogni  cosa 
temperata  insieme  in  guisa  da  rendere  un  mislo 
di  Calullo  e  di  TibuIIo,  senza  pero  che  ne  tra- 
spiri  nessuno  studio  d'imitazione.  I  quali  pregi 
abbiamo  ammirati  massimamente  nella  prima  e 
nella  terza  elegia;  coll' una'delle  quali  1'Autore 
supplica  devotamente  la  SS.  Vergine  che  lo  vo- 
glia  liberate  da  una  fiera  malattia  di  occhi;  e 
coll'  altra  si  congratula  con  una  nobile  donzella, 


la  quale,  per  grazia  speciale  della  medesima  di- 
yina  Madre,  era  uscita  salva  da  una  morlale  in- 
fermita.  E  perche  niuno  abbia  a  sospettare  della 
sincerity  dellc  nostre  lodi,  noil  vogliamo  lasciar 
di  notare  qualche  licenza  che  si  e  presa  1'Autoro, 
com'e  di  aver  fatta  lunga  la  prima  sillaba  tantO 
in  proceridua  quanto  in  praees  nella  seconda  ele- 
gia, che  non  crediamo  conforme  a  buoni  esempii. 
Per  rispetto  alle  versioni  ilaliane,  ci  sono  parse 
ancor  esse  cose  pregevoli :  ma  hanno  la  sventura 
di  stare  a  fronte  e  come  in  contrasto  con  bellezzo 
a  gran  pezza  maggiori. 


CANINI  F.  —  II  libro  dell'Adolescenza  compilato  da  F,  Canini.  Storia  Natura- 
le.  Roma,  nella  slamperia  delle  indsioni  silografiche,  passegyiata  di  Ri- 
petla  n.  21  2.'  p.  1863.  Edis.  in  8."  da  pay.  153  a  232. 

CANTAGALLI  GIOACCHINO  —  Poesie  in  occasione  delle  nozze  deldonte  Filippo 
Ferniani  di  Faenza  colla  Contessa  Giovaimina  Folicaldi  di  Bagnacavallo, 
del  parroco  D.  Gioacchino  Cantagalii.  Faenza,  dalla  lip.  di  Pietro  Conti. 

CAPPELLETTI  GIUSEPPE  —  Le  chiese  d'  Italia  dalla  loro  origine  sino  ai  giorni 
nostri:  opera  di  Giuseppe  Cappellelti,  Prete  veneziano.  Venezia,  dal  Pri- 
vileg.  slab,  nazionale  di  G.  A.ntonelli,  ed.  1864.  Fasc.  300,  301,  302,  303, 
in  4.°  da  pag.  561  a  720  del  vol.  XVII. 

CASONI  GIAMBATTISTA  —  Gli  Ordini  Religiosi,  considerazioni  dell'  avvocato 
Giambattisla  Casoni.  Bologna  1863,  dire:.  de//ePiccole  Letture Cattoliche, 
via  larga  di  S.  Giorgio  777.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  110. 

Come  gli  Ordini  religiosi  nascessero,  che  cosa  dalla  rivoluzione  dan  mano  a  distruggere  questo 
seppero  fare  sinora,  che  cosa  si  possa  aspettar  da  gran  bcneficio  del  genere  umano ;  o  anneghil- 
loro  per  1'avvenire,  espone  qui  con  lucido  stile,  con  titi  dalla  paura  lascian  compiere  senza  ostacolo 

una 


belle  considerazioni,  e  con  pienezza  di  conoscen- 
za  il  ch.  sig.  Casoni.  Oh!  leggano  questo  pic- 
ciolo,  ma  sagacissimo  libro,  scritlo  da  uomo 
laico  c  colto ,  i  tanti  italiani ,  i  quali  o  traviati 


fatale  distruzione :  lo  leggano  e  vedano 
quanlo  iniqua,  quanto  perniciosa  sia  la  persecu- 
zionc  die  or  si  muove  agli  Ordini  religiosi. 


BIBLIOGRAFIA  83 

CAVAZZONI  PEDERZINI  ANDREA  —  Intorno  al  vero  autore  di  im  dipinto  attri- 
buko  al  Francia,  ricerche  di  Andrea  Cavazzoni  PederzinL,  Modena  tip. 
deirimm.  Concezione  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  16. 

La  tavola  dell' Annunziata  nella  Pinacoteca  Es-  sco  Bianchi  Ferrari  che  la  comincio,  e  Antonio 
tense  in  Modena,  attribuita  al  Francia  da  alcuni,  Scacceri  o  Scaccieraro,  detlo  il  {rate,  che  la  corn- 
da  altri  a  pittor  non  ignobile,  sebbene  ignoto  pic,  ambedue  modenesi.  Cio  e  mostrato  ad  evi- 
della  scuola  Ferrarese  o  Bolognese ,  viene  qui  denza  dal  Registro  dei  conti  della  Confraternita 
arrecata  ai  loro  veri  antori  che  furono  France-  dell'Annunziata,  per  la  quale  fu  fatta. 

CELESIA  MICHELANGELO  —  La  Gaduta  e  la  Redenzione  secondo  la  rivelazione 
e  la  filosofia  ;  Ragionamenlo  di  Monsignore  D.  Michelangelo  Celesia,  della 
Congregazione  Cassinese,  Vescovo  di  Patti,  letto  il  di  24  Gennaio  1864, 
nella  solenne  adunanza  degli  Arcadi,  per  celebrare  ilNatale  del  divin  Re- 
dentore,  tutelare  dell' Accademia.  Roma,  tip.  Salmucci  1864.  Un  opusc. 
in  H.°dipag.l9. 

CENTORE  ANTONIO  —  Succinta  spiegazione  del  sacro  Rito  della  Messa,  com- 
pilato  ad  uso  dell'Archidiocesi  Capuana  da  Antonio  Centore ,  canonico 
della  Cattedrale  di  Capua.  Napoli,  stabil.  tipogr.  di  F.  Giannini  e  C.°,  vico 
S.  Geronimo  alle  Monache  n.  1,  1863.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  186 . 

Si  dichiarano  ai  fedeli  ad  una  ad  una  i  sensi  di  tutte  le  persone  devote  procede  per  dimanda 

mistici  di  ciascun  rito   della  Messa,    affine  di  e    risposta.    In  fine   delle   dette  spiegazioni  vi 

muovere  il  cuore   dei  fedeli  a,  devozione  verso  sono   due  Metodi  pratici  per  ascollare  la  santa 

quest' augusto  sacriflcio.  La  spiegazione  e  breve  Messa. 
«  ehiara  ,  e  perche  piu  si  adatti   alia  capacity 

CHANTREL  G.  —  Storia  popolare  dei  Papi,  Secolo  IX.  San  Nicolo  il  Grande 
e  il  suo  secolo:  opera  diG.  Chantrel,  2.a  edizione,  volgarizzala  da  A.  Som- 
mazzi.  —  Volume  VIII,  Modena,  tip.  deirimm.  Concezione  1863.  Un  vol. 
in  16.°  di  pag.  240. 

CHERUB1NO  (P.)  DA  SERAYEZZE  -  Deliramenli  d'un  Pastore  valdese,  per  P. 
Gherubino  da  Seravezze,  Cappuccino.  Prato,  tip.  di  Ranieri  Guasti  1864. 
Un  opusc.  in  8.'  di  pag.  79. 

CODAZZA  GIOVANNI  —  II  Principe  Roncompagni  e  la  storia  delle  scienze  mate- 
matiche  in  Italia,  del  professore  Giovanni  Codazza.  Milano,  Editoridel 
Politecnico  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  28. 

CRISAFULLI  LA  MONACA MICHELE  —I  Papi  ed  i  sacerdoti  cattolici  in  ogni tem- 
po maestri  delle  vere  scienze;  difensori  della  vera  liherta;  promotoii  del 
vero  progresso  dei  popoli :  testimonianze  storiche  per  Michele  Crisafulli 
La  Monaca,  da  Piedimonte-Etneo,  Dottore  in  ambo  i  dritti,  socio  nella 
classe  di  scienze  della  Real  Accademia  di  scienze,  lettere  ed  arti  degli 
zelanti  di  Aci-Raele.  Palermo,  stabilimento  tipografico  di  Francesco  Lao, 
salita  Crociferi  N.  86,  1863.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  134. 

L'argomento  del  libro  e  abbastanza  indicato  !a  sua  tesi,  ma  confuta  con  niolta  evidenza  le 

dal  suo  titolo  ;  poiche  veramente  esso  corre  tutto  calunnie  contrarie  degl'increduli.  Noi  ci  compiac- 

a  mostrare  come  il  Sacerdozio  cattolico  sia  stato  ciamo  di  vedere  da  un  laico  difeso  1'ordine  ec- 

sempre  e  sia  il  promotore  della  vera  scienza ,  clesiastico  della  Chiesa  cattolica,  e  difeso  non  solo 

della  vera  liberta  e  del  vero  progresso.   In  cia-  con  tanto  coraggio ,  ma  eziandio  con  si  grande 

scuno  di  questi  tre  capi  il  dotto  e  veramente  dottrina  e  facondia. 
cattolico  autore  non  solo  dimoslra  direttamente 


84  BIBLIOGRAFIA 

B'AVINO  VINCENZO  —  Enciclopedia  dell'  Ecclcsiastico,  compilata  dall'  abate 
Yincenzo  d'Avino ;  edizione  seconda  rivedula,  aumentata  e  in  parte  rifu- 
sa.  Torino,  Pietro  di  Giadnto  Marietti,  tipografo-editore,  piazza  B.  V. 
degii  Angeli.  Dispense  7.a  8.a  e  9.a  in  4.°  vol.  I  da  pag.  385  a  576. 

Due  altre   volte   abbiamo   annunziata    questa  migliori.  L' edizione  poi  e  acourata ,  esatta,  ed 

piuttosto  nuova   Enciclopedia  ,    die  edizione  di  anchc  elegante  per  Enciclopedia ;  e  precede  con. 

anlica.  Essendo  uscite  alia  luce  nuove  dispense,  tale  regolarila  die  poclie  fra  le  associazioni  pos- 

noi  lorniamo  a  raccomandarla.  Sara  d'altro  luo-  sono  vantarne   1'  eguale.  Ci  sembra  die  nessuno 

go  il  parlarne  a  bell'agio.  Qui  basti  1'accennare  ecdesiastico  debba  lasciarsi  sfuggire  1'occasione 

die  essa  per  la  brevita  congiunta  alia  copia ,  si  buona  die  ora  gli  si  presenla  di  prenderla  a 

per  la  dottrina  totalmente  sicura ,  e  per  la  di-  brano  a  brano,  pagandone  cosi  piu  agevolmente 

slribuzione   delle   materie    dee  riputarsi  fra   le  il  prezzo  die  e  per  se  discrete. 

DEBROSSE  —  U  mese  angelico,  ossia  la  divozione  alia  Regina  ed  ai  nove  cori 
degli  Angeli,  eretta  in  Confraternita,  ed  arricchita  d'indulgenze  da  Pio  VII 
del  sac.  Debrosse,  superiore  del  Seminario  di  Bordeaux.  Versione  italia- 
na  del  sac.  Pietro  Bazetti.  Modena,  tip.  dell' Immacolala  Concezione  1864. 
Un  vol.  in  16.°  di  pag.  288. 

DE  GIORGI  ALESSANDRO  —  La  filosofta  del  diritto  e  lascuola  storica.  Disserta- 
zione  di  Alessandro  De  Giorgi,  dottore  in  filosofia  e  in  ambe  le  leggi,  P. 
0.  di  Diritto  Romano  nella  1.  R.  Universita  di  Padova.  Padova,  col  tipi  del 
Seminario  imper.  1863.  Un  opwc.  in  4.°  di  pag.  51. 

Due  scuole  opposte  si  disputauo  il   privilegio  ticolari  die  devono  reggere  1'  individuo  nelle  va- 

della  spiegazione  dell'origine  del  dritlo:  la  filo-  rie  relazioni  in  cui  gia  si  trova:  deve  cioe  con- 

so/tea  e  la  storica.  Quella  si  slringe  tutta  in  con-  siderar  1'uomo  in  aslratto  nella  sua  essenza,  e  1'uo- 

cetti  ideali  e  soggettivi,  e  fonda  il  dritto  sopra  le  mo  in  concreto  nei  suoi  rapporti.  II  dotto  e  pro- 

norme  generali  indicate  dai  principii ,  indipen-  fondo  autore  di  quesla  Dissertazione  svolge  con 

denlemente  dai  fatti :  1'  altra  mira  a  costiluire  il  molta  ampiezza  e  profondita  questa  nobile  qui- 

dritto  sopra  il  puro  falto,  trascurando  di  appli-  stione,  e  indicando  il  vero  che  ciascuna  delle  due 

care  al  fatto  le  norme  invariabili  dei  principii.  scuole  ha  per  se,  le  consiglia  a  riconciliarsi  tra 

La  vera  Filosofia  del  diritto  deve  incedere  per  la  loro  ,  ripudiando  quella  parte  di  esagerato  e  di 

via  di  mezzo,  e  cercare  le  norme  generali  e  par-  falso  die  in  lor  si  scorge. 

DE  LUCA  GIOVANNI  —  La  natura  sensibile,  simbolo  delle  bellezze  della  Madre 
di  Dio  :  discorso  per  la  chiusura  delle  tornate  accademiche,  tenute  nella 
Gongregazione  di  Propaganda  nel  corso  deH'anno  1863,  detto  dai  Diaco- 
MO  napoletano  Giovanni  De  Luca.  Napoli,  stabilimento  tipograftco  di  G. 
Gioia  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  17. 

DE  SEGUR  GASTONE  —  Risposte  brevi  e  famigliari  alle  obbiezioni  piii  diffuse 
contro  la  religione,  di  Monsig.  Gastone  dei  Conti  De  Segur.  Seconda  edi- 
zione italiana.  Roma,  Up.  Monaldi  1863.  Un  vol.  in  32.°  di  pag.  261. 

DE'SIVO  GIACINTO  —  Storia  delle  Due  Sicilie  dai  1847  al  1861,  di  Giacinto 
De'Sivo.  Roma,  tip.  Salmucci  1863.  Volume  primo  in  8."  dipag.  398. 

Lo  annunziammo  gia  nella  covertina  del  pas-  la  severa  coucisione  di  uno  stile  efficace  ed  ita- 

sato  quaderno:  ed  ora  lo  rammentiamo  di  nuo-  liano  congiunta  con   molta   comprensione    delle 

vo,  perche  fin  che  non  ci  si  dia  I' agio  di  par-  caused!  ciascun  avvenimenlo  ,  e  piu  che  molfa 

lame  piu  di  proposito,  possano  gl'  italiani  pro-  notizia  dei  fatti  accaduti,  rende  non  die  pregiato 

cacciarsi  un  libro  di  storia  contemporanea ,   cui  ma  singolare  nella  folia  di  tante  slampe. 


BIBLIOGRAFIA  85 

B'OTTAVI  MARCELLO  —  Una  passeggiata :  Racconto  dell' Abate  Marcello  D'Ot- 
tavi,  scritto  ad  uso  del  popolo,  stampato  a  vantaggio  delle  povere  chiese 
di  Oriente,  1863.  Un  vol.  in  8.°  dipag.  163. 

Perche  le  persone   del  popolo   possano  guar-  Vangeli ,    viene  con   varieta  di  casi  svolgendo 

darsi  dagli  error!  die  i  protestanli  e  gl'  incre-  cosi  come  gli  se  ne  porge  11  destro,  i  principal! 

duli  vi  disseminano,  il  eh.  Autore  s'ingegna  di  punli  delle  moderne  controversie.  E  adunque  un 

confutadi  in  modo  non  solo  piano,   ma  ancora  buon  libro,  che  allettera  ed  ammaestrera.  Si  ven- 

dilettcvole.  Immagina  egli  una  liela  hrigata  d'  a-  de  in  Roma  bai.  15   alia  libreria  Bonifazi ,  "Via 

mid  ch'esce  a  passeggiar  per  diporto;  e  inta-  delle  Botteghe  Oscure  N.  43. 
volata  la  conversazione  sopra  un  testo  dci  sanli 

DUQUESNE  —  II  Vangelo  meditato  e  distribuito  pei%  tutti  i  giorni  dell'  anno, 
dell'  Abate  Duquesne,  Vicario  Generate  diSoisson.  Opera  utilissima  a  tutti 
per  privata  lettura  e  meditazione,  ma  specialmente  agli  ecclesiastic!  per 
ispiegare  il  Yangelo  al  popolo.  Nuova  italiana  versione,  distribuita  in  sei 
tomij  e  amiglior  forma  ridotta,  coH'agg'nmta  del  testo  latino  de'  Van- 
geli, non  che  di  un'  Appendice,  presentante  ottanta  disegni  di  sacri  Ser- 
moni  per  tutte  le  occorrenze  dell' anno,  da  farsi  col  solo  sussidio  del  Yan- 
gelo  meditato  e  di  varii  copiosissimi  indici,  per  facilitare  a  chicchessia  il 
proficuo  uso  di  cotest'  opera.  Per  cura  del  sacerdote  milanese  Giuseppe 
Riva,  penitenziere  nella  Metropolitana.  Milano  1863,  presso  il  libraio-edi- 
lore  Serafino  Maiocchi,  via  de'  Profumieri  n.  3219.  Sei  vol.  in  8.°  Vol.  7. 
pag.  JMY-483 ;  Vol.  11.  pag.  495;  Vol.  III.  pag.  555 ;  Vol.  IV.  pag.  503  ; 
Vol.  V.  pag.  526;  Vol.  VI.  pag.  528,  coll' Appedice  di  altre  pag.  191. 
Tutta  I' opera  contiene  3329  pagine,  stampate  in  carattere  molto  fitto. 

II  litolo  scusa  qualsivoglia  notizia  che  no!  vo-  d'  istruzione  religiosa.  II  ch.  Sac.  Riva,  nel  cu- 

lessimodare,  dichiarando  assai  bene  tutto  do  che  rarne  1' edizione  italiana,  e  nel  farci  quelle  sue 

una  cosi  voluminosa  opera  contiene.  Essa  e  utile  aggiunte,  ha  fatto  un  nuovo  servigio  alia  pieta 

sia  agli  ecclesiastic!  per  trovarvi  materia  da  pre-  de'  fedeli,  di  cui  e  si  benemerito  per  altri  libri 

dieare,    e  sia  ai  secolari  per  formarne  soggetto  fin  qui  da  lui  pubblicati. 

FABI  MONTAN1  FRANCESCO  —  Elogio  storico  del  Card.  Stanislao  Sanseveiino, 
per  Mons.  Francesco  de'Conti  Fabi  Montani,  letto  nella  tornata  della  pon- 
tificia  Accademia  Tiberina,  del  di  29  Febbraio  1864.  Roma,  dalla  lipogra- 
fia  di  B.  Guerra  1864.  Un  opusc.  in  8.'  dipag.  32. 

FASTI  RERUM  GESTARUM  a  Pio  IX  Pontifice  Maximo  ab  an.  M.DCCC.XLY!  ad 
an.  M.DCcc.Lxml.  In  unum  collegerunt  Scriptores  Ephemeridum  Taurinen- 
sium,  quae  VNITATIS  CATHOLICAE  nomine  vulgantur.  Augustae  Taurinorum, 
ex  Officina  Sebastiani  Franco  et  ftliorum.  An.  M.DCCC.LXIH!.  Un  vol.  in  4.° 
di  pag.  46. 

Le  iscrizioni,  che  vengono  fuori  con  questo  ti-  di  filiale  pieta  de'  Cattolici  di  quesUv  povera  Ita- 

tolo,  sono  un  monumento,  che  dee  riuscire  ag-  lia  verso  il  medesimo  loro  Padre  e  Pontetke,  es 

graditissimo  ad  ogni  buon  Haliano  per  tre  ragio-  sendo  servita  ognuna  di  esse  di  titolo  d'onore  ai 

ni,  ciascheduna  da  se  bastante  a  farlo  altamente  diversi  elenchi ,  pubblicati  prima  nell'  Armenia 

apprezzare.  La  prima  e ,   che  le  delte   iscrizioni  e  poscia  nell'  Unita  Cattolica,  delle  Offerte  de- 

sono  altrettanli  elogi  delle  opere  piu  segnalate  gl'  Italian!  pel  Danaro  di  S.  Pietro.  La  terza  fi- 

dell' immortale  Pontefice  Pio  IX,  se  in  ogni  tern-  nalmente,  che  sono  dettatura  di  uno  de' piii  va- 

po  amatissimo ,  in  questo  massimamente ,   che  c  lenti  scrillori ,  che  conosciamo  di  aurea  latinifa, 

fatto   segno  ai  vili  insulti  ed  alle  calunnie  del  del  si  rinomalo  Piemontese  Tommaso  YaHauri. 
tristi.  La  seconda,  perche  attesta  il  piu  bell' atto 


86  BIBLIOGRAFIA 

FRASSINETTI  GIUSEPPE  —  Dialoghetti  su  i  Comandamenti  della  Chiesa,  del 
sac.  Giuseppe  Frassinetti,  Priore  di  S.  Sabina  in  Geneva.  Torino,  tip.  del- 
I'Orat.  di  S.  Franc,  di  Sales  1863.  Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  96. 

—  ]\laniiale  pratico  pel  Parroco  novello,  per  Giuseppe  Frassinetti,  Priore  a 
S.  Sabina  in  Geneva,  dedicate  a  Sua  Eccellenza  Reverendissima  Monsig, 
Filippo  de'  Marches'!  Gentile  ,  Vescovo  di  Novara  ecc.  ecc.  Novara  1862T 
nella  lip.  di  Girolamo  Miglio.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  296. 

Lo  zelo  infaticabiie  e  la  molta  dotlrina  del  rev.  correzioni  —  4.  Degli  scandal!  da  impedire  — 

Parroco  Frassinetti  ci  hanno  spessissimo  porla  ma-  5.  Della  cura  dei  povcri  —  6.  Delia  cura  della 

teria  ad  annunzii  di  libri  buoni,  utili,  divoti.  Quo-  Chiesa  —  7.  Del  vice  Parroco  —  8.  Delle  funzioni 

sta  TOlta  il  nuovo  suo   libro  e'  invita  a  ringra-  sacre  —  9.  Delia  benedizione  delle  case  —  10.  Della 

ziarlo  del  disegno  eoncepito  e  del  lavoro  compiuto.  yisita  pastorale  —  11.  Delle  Congregazioni  e  pie 

Esso  e  un  rero  beneflzio  clie  fa  al  clero.  Egli  for-  unioni  —  12.  Delle  scuole  —  13.  Delle  buone  let- 

nito  di  ollimo  ingegno,  di  soda  dotlrina,  ha  per  ture  —  14.  Della  predicazione  —  lo  Del  materials 

soprappiii  la  sperienza  dei  minister}  sacri  e  delle  della  Cura. 

cure  parrocchiali,  per  essere  stato  trent'anni  di  se-  PARTE  H.«  DEI  SACRAME1NTI.  1.  Battesimo  e 

guito  parroco  in  Yilla,  in  borgo,  in  citta.  Nes-  Cresima  —  2.  S.  Eucaristia  —  3.  Assistenza  agll 

suno  meglio  di  lui  adunque  potea  dar  consigli  infermi  e  moribondi  —  4.  Sacramento  della  Peni- 

prudenlissimi  ad  un  Parroco  novello,  per  degna-  tenza  —  5.  Estrema  unzione  —  6.  Ordine  —  7.  Ma- 

inente  apprendere  gli  obblighi  che  assume,   e  i  trimonio. 

modi  di  compierli.  11  libro  e  diviso  in  tre  parti,  PARTS  III.*  VIRTU'  PUT  NECESSARIE  AL  PAR- 

o  noi  per  farne  vedere  tutta  1'  importanza  ne  da-  ROCO.  1.  Purita  di  coscienza  —  2.  Studio  delta 

temo  qui  i  titoli  special!.  Perfezione  —  3.  Umilta-4.  Fortezza  --  S.  Carita-- 

PARTE  I.»  DEI  DOTER1  DEL  PARROCO.  1.  Doti  6.  Mortificazione  -  7.  Disinteresse  --  3.  Orazione  — 

del  parroco  —  2,Entrala  in  possesso  —  3.  Delle  9.  Zelo-  10.  Ubbidienza. 

GALEOTTI  MELCHIORRE  —  Delia  proprieta  dei  Beni  ecclesiastic'!,  per  Mel- 
chiorre  Galeotti,  Prefetto  degli  studii  e  Professore  di  Patrologia  del  Se- 
minario  arcivescovile.  Seconda  edizione  con  correzioni  ed  aggiunte.  Pa- 
lermo 1863,  tip.  Michele  Amenta,  via  S.  Basilio  35.  Un  vol.  in  8.°  dipa- 


—  Dispute  e  Polemiche  con  un  Ministro  Yaldese  in  Palermo,  per  Melchiorre 
Galeotti,  professore  nel  Seminario  arcivescovile.  Palermo,  Up.  Michele 
Amenta,  via  S.  Basilio  35,  1863.  Un  vol.  in  8.tt  dipag.  254. 

—  La  fede  catlolica  e  lo  Spiritismo,  raffronti  per  Melchior  Galeotti,  Prefetto 
degli  studii  e  Professore  nel  Seminario  arcivescovile.  Palermo,  stab.  tip. 
di  Francesco  Lao,  salita  Croez'/ert  w.86,  1863.  Un  opusc.  in8.°di  pag.  118, 

Tolto  dai  fatti  che  si  attribuiscono  allo  Spiritismo  fatti,  di  ragioni  e  di  teslimonianze  in  questo  libro; 

do  die  devesi  all'  impostura  ciarlatanesca  ,  quel  il  quale  pero  desideriaino  di  veder  molto  diffuso 

non  poco  di  vcro  che  ne  rimane  non  si  pud  recare  in  Italia,  perche  i  tanti  dabbenuomini,  che  si  la- 

che  all'  azione  del  Demonio  ;  e  quindi  Spiritismo  e  sciano  trasportare  dalla  curiosila,capiscano  il  male 

Magia  son  due  nomi  d'  una  stessa  cosa.  Questa  e  la  che  fanno  ,   e  intendano   quanto  saggiamente  la 

lesi  verissima,  e  sodamenle  dimostrata  a  punla  di  Chiesa  abbia  fatto  divieto  di  simili  sperimenti. 

GAL1TZIN  AGOSTINO  —  La  Chiesa  greco-mssa  del  Principe  Agostino  Galitzin, 
Yersione  con  pref.  e  note  del  can.  Carlo  Candiani  con  dedica  a  Sua  Emi- 
nenza  Revffia,  il  sig.  Card.  Filippo  De  Angelis.  Torino,  tip.  dell'  Or  at.  di 
S.  Franc,  di  Sales  1863.  Unvol.  in  8.°  di  pag.  JATM08. 

Per  quanlo  si  faccia  a  staccare  la  polilica  dalla  tissimo  di  questo  fatto  universale  si  e  la  causa 
icligione,  la  questione  religiosa  c  sempre  al  dei  Polacchi.  L'  ostacolo  principale,  perche  la 
fondo  d'ogni  controversia  polilica.  Caso  eviden-  Polonia  non  si  sia  flnora  piegata  alia  Russia  ?i 


BIBLIOGRAFIA  87 

£  la  diflerenza  <li  Religionc  tra  i  russi  e  i  polac-  questo  libro  del  principe  Galilzin.  Egli  nato  nel- 

cui.   L'ortodossia  russa  opprimentc  e  il  cattoli-  1'orlodossia  la  conoscc  per  pratica  e  per  istudio: 

cisnio  oppresso :  ecco  Ui  gran  lite  che  si  diballe  peritissimo  nella  storia  patria  ,    della   quale  ha 

in  Polonia.  Or  che  cosa  e  I'ortodossia  russa?  In  scritto  libri  sommamcnte  pregevoli ,  giudica  gli 

fhe  si  ditlerenzia  dal  Cattolicismo?  Come  da  que-  avvenimenli  con  plena  perizia ;  rampollo  d' una 

slo  si  dislacco  "?  Per  qual  modo  si  polra  ricon-  slirpe  che  ha  avuto  sempre  i  primi  maneggi  nello 

•durvela?   Queste  sono  le  dimande  che  natural-  Stalo,  no  sa  i  provvedimenti  e  le  intenzioni.  Per 

mente  si  polrebbero   fare  :  a  cui  pochi  in  Italia  tutti  i  lali  adunque  la  sua  testimonianza  e  degna 

saprebbono  rispondere:  a  cui  sodisfa  pienamente  di  fede  :  e  il  suo  libro  merita  accoglienza  piena. 

GAME—  II  Segno  della  Croce  al  secolo  XIX,  per  Monsig.  Gaume  prot.  apost., 
tradotto  ed  annotate  da  R.  De  Martinis  P.  D.  G.  D.  M.  Torino,  tip.  del- 
rOrat.  di  S.  Franc,  di  Sales  1WL  Un  vol.  in  8.°  dipag.  XXIl-228. 

GHILARDI  —  Inaugurandosi  la  Causa  di  Beatificazione  e  di  Canonizzazione 
del  servo  di  Dio,  Giuseppe  Cottolengo,  fondatore  della  piccola  casa  della 
divina  Provvidenza  in  Torino,  la  sera  del  giorno  16  Gennaio  1863;  Di- 
scprso  di  Mons.  Ghilardi  deU'Ordine  de'Predicatori,  Yescovo  diMondovi. 
Torino  1864,  tip.  Pietro  di  G.  Marietti,  piazza  B.  V.  degli  Angeli  n.  2. 
Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  43. 

G.  0.  —  11  Carnevale  del  1861.  Due  farsette  e  diciotto  favole,  dedicate  allc 
cristiane  donzelle  dal  Direttore  della  Figlia  dell'  Immacolata.  Bologna , 
libreria  dell'Immacolala  1864.  Un  opusc.  in  8."  diyag.  84. 

UORETTI  P.  —  I  beni  del  Glero  ele  Gomunita  religiose,  per  P.  Goretti  tosca- 
no,  con  la  lettera  dell'  Episcopate  pure  toscano  a  S.  M.  il  re  Mttorio 
Emmanuelell.  Firenze,  tip.  di  Simone  Birindelli  1863.  Un  opusc.  in  4.°  di 
pag.  53. 

fi.  L.  —  Blese  di  Maria  delle  anime  di  vita  interiore;  ossia  la  vita  della  SS. 
Vergine,  proposta  per  modello  alle  anime  di  vita  interiore,  appro vato 
dall'Arciv.  di  Tolosa  e  dai  Vescovi  di  Autun,  Aiaccio,  Carcassona,  Gahors 
e  Pamiers.  A.  M.,  D.  G.  e  B.  M.  V.  S.  L.  G.  Tutto  Gesii  per  Maria.  Ope- 
retta dei  sacerdoti  H.  e  L.  Torino  1864,  tip.  Pietro  di  G.  Marietti,  piazza 
B.  V.  degli  AngelLZ.  Un  vol.  in  8.°  dipag.  436. 

HORAE  DIURNAE  Breviarii  Romani  ad  usum  Fratrum  minorum  S.  Francisci 
Gapuccinorum,  etMonial'mm  eiusdem  Ordinis,  cum  officiis  Sanctonim, 
novissime  per  Summos  Pontifices  concessis.  Auy.  Taurinorum,  ex  officina 
stereo typoyraphica  Petri ,  Hyac.  f.  Marietli  1864.  Un  vol.  in  32.°  di 
pag.  XXX1I-364.  CX. 

BORAE  DIURNAE  Breviarii  Romani,  ex  decreto  SS.  Concilii  Tridentini  restituti, 
S.  Pii  V  Pontificis  Maximi  iussu  editi,  Clementis  Till  et  Urbani  YUI  au- 
ctoriUiterecogniti.  rotin'nil863,  exofjicina  stereotypografica Petri, Hyac. 
f.  Marietti.  Un  vol.  in  32.°  dipag.  XXXII,  300,  CCXVI. 

UCOBONI  VINCENZO  M.  —  11  trionfo  di  Pio  IX  nella  sconfitta  delle  schiere 
pontificie  a  Gastelfidardo,  perun  giovane  maceratese.  Roma,  conpermes- 
so  1863.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  88. 

_ 

In  queslo  picciolo  poema  AL  tre  canli  in  terza    il  poeta  imagina  di  essere  dal  suo  angelo  custode 
fima,   sulle  tracce  della  Basvilliana  del  Monti  ,    condolto  a  mirarc  dapprima  il  combattimento  di 


88  BIBLIOGRAFIA 

Castclfldardo,  e  la  sconfllta  delle  scliiere  ponti-  e  se  s'abbia  riguardo  all'  eta  del  giovanc  poeta, 

flcie  ;  e  quindi  poscia  le  geste  si  dei  nemici  del  che  non  avea  piii  di  17  anni  quando  il  compose, 

Papalo  in  Italia,  si  dci  catlolici  a  lui  dcTOti,  e  puo  assolutamente  dirsi  un  bel  lavoro  e  che  fa 

flnalmente  il  trioufo  della  Chiesa  e  del  Pontelice  sperare  da  lui  cose   troppo  migliori  quando  sia 

Pio  IX  sopra  i  loro   persecutori.   Nello  syolgi-  piii  avanzato  in  eta  e  in  coltura.  11  libro  si  trova 

mouto  di  questo  facile  e   fecondo  concetto  Y'  e  yendibile  al  prczzo  di  nn  franco ,  in  Roma  presso 

inolta  yivacila  d'immaginazione,  varieta  di  de-  Olivieri,  Marini,  Spithwver,  Aureli  e  Bonifazi. 
scrizioni,  caldo  d'affetto,  scorrerolezza  di  rerso; 

LALLEMANT  LUIGI  —  Ammaestramenti  spiritual!  del  P.  Luigi  Lallemant  della 
C.  di  G.,  preceduti  dalla  vita  dell'Autore.  Opera  utilissima  cosi  per  la  pro- 
pria  come  per  Faltrui  direzione.  Versione  dall' originate  francese  fatta  ad 
istanza  di  molte  anime  pie  da  un  sacerdote  milanese.  Milano  1863,  pres- 
so il  libraio  Serafino  Maiocchi ,  via  de*  Profumieri,  n.  3219.  Unvol.  in  8.8 
dipag.  XXXV,  301. 

LASSERRE  ENRICO  —  L' Autore  del  maledetto-  Racconto  di  Enrico  Lasserre, 
volgarizzato  dal  Dott.  D.  Luigi  Gibelli.Piima  trarluzioue  italiana.  Bologna 
1864.  27^3io  del  Periodico  La  Verita,  via  Malcontenti  1797.  Un  opusc.  in 
16.'  di  pag.  79. 

Lo  icandalo  cagionato  dal  libro  di  Renan,  ha  qualmente  il  tal  di  dell'anno  qncl  truogolo  sarebbe 

dato   lo  stimolo  ad   uno  scrittore ,   peggiore  di  colmo,  e  ogni  gente  potrebbe  andarrisi  a  luffare 

Kenan  ,  a   nuovo  scandalo.   Questo   scrittore   e  a  suo  bell'agio.  Non  pare  che  Ti  sia  slata  folia 

un  prete,  il  quale,  come  dice  egli  stesso  :  «  non  di  ciacchi,  quando  quel  di  aspeltato  spunlo.  Pur 

sa  portare  sulla  fronte  in  tutta   sua  yita  e  in  tuttayia   fu   bene  che  sorgesse   in    Francia   chi 

mezzo  alia  turba  divota,  quella  macchia  di  fan-  avvertisse  la  genie  che  quella  broda  era  yomito 

go  chiamata  interdetto  ,  senza  abbandonarsi  alia  schifoso  d'  un  appestato  :    c  fu  bene  altresi  che 

disperazione,  e  senza  bestemmiare  Dio  e  gli  uo-  tale  avyiso ,  tradotto  in  ilaliano ,  si  propagasse 

mini.  »  Queste  beslemmie  adunque  contro  Dio  ancor  tra  noi.  Questo  e  il  libro  che  noi  qui  an- 

e  gli  uomini  le  ha  tulle  raccolte  in  un  roman-  nunziamo ,  e  che  yorremmo  fosse  conosciuto  da 

zaccio,  che  intitola  il  RIXKEGATO  ;  vero  truogolo  tutti,  perche  tutli  si  tengano  Ionian  i  dal  Rinne- 

enlro  il  quale  egli  rece  la  sua  bile  schifosa.  Non  yato  ,  come  da  sozzura  che  nausea  ,  imbratta  e 

son  maneatt  cmpii  giornalacci,  die  ban  fatto  un  appesta. 
gridio  da  chiasso  per  ayyertire  la  gente,    come 

LEONARDO  (B.)  DA  PORTO  MAURIZIO  —  L'ora  del  Santissimo  Sacramento,  isti- 
tuita  per  opera  del  B.  Leonardo  da  Porto  Maurizio.  Torino,  tip.  di  G.  Ma- 
rietti  1864.  Un  opusc.  in  32.°  dipag.  52. 

LUCCIARDI  DOMENICO  —  Indulto  per  la  sacra  Quaresima  dell'  anno  1864.  Ti- 
pografta  di  Pattonico  e  Pieroni.  Un  fol.  in  4.'  di  pag.  8. 

L.  V.  —  II  Giglio  fra  le  spine,  ossia  il  pregio  della  verginila  e  mezzi  per  cu- 
stodirla,  perL.  V.,  Canonico  della  chiesa  orvietana.  Modena,  tip.  del- 
I'lmm.  Concezione  1864.  Un  opusc.  in  16.° dipag.  29. 

MANUZZI  GIUSEPPE  —  Vocabolario  della  lingua  italiana,  gia  compilato  dagli 
accademici  della  Crusca,  ed  ora  novamente  corretlo  ed  accrescinto  dal 
cav.  Abate  Giuseppe  Manuzzi.  Seconda  edizione  riveduta  e  notabilmente 
ampliata  dal  comj)ilatore.  Firenze,  nella  stamperia  del  Vocabolario  e  dei 
tesli  di  lingua  1863.  Dispensa  45  in  4.°  vol.  3.°  da  pag.  199  a  246,  fino 
alia  parola  NO\7ERO. 

MARCELLINO  DA  CIVEZZA  —  Storia  del  Presepio  e  del  santo  Bambino  di  Ara- 
coeli.  Tipografia  Tiberina  in  piazza  di  Poll  n.  11.  Un  opusc.  in  16.°  di 
pag.  24. 


BIBLIOGRAFIA 


89 


MARCELLINO  (P.)  D'AGNADELLO  —  Conservate  il  tesoro  del  vostri  padri,  ossia 
ragioni  ed  argomenti  per  persuadere  il  popolo  a  vivere  e  morire  nella 
religione  dei  loro  padri ,  del  Padre  Marcellino  d'Agnadello,  Missionario 
cappuccino.  JUilano  1863,  presso  Seraf.no  Maiocchi  libraio,  via  de'Pro- 
fumieri  N.  3219.  Un  vol.  in  16.°  dipag.  142. 

MARCUCCI  GIAMBATTISTA  —  La  Monarchia  temporale  del  Romano  Pontefice 
secondo  Dante  Alighieri :  Commento  di  Giambattista  Marcucci  da  Lucca. 
Lucca,  lip.  di  G.  Giusti  1764. Un  vol.  in  8."  di  pag.  177-88. 

Oguuno  sa  le  male  arti  adoperate  da  settarii  ziare  al  classico  guslo  di  bcslemmiare  colle  frasi 

per  istravolgcrc  in  servigio  delle  loro  bieche  in-  della   Divina   Commedia.   Pero  opportunamente 

lenzioni  i  concelli  del  soiumo  Poeta   dell'  Italia,  viene   alia  luce  il  libretto  testc   annunziato   del 

E  bisogna  confessarlo,  in  quest'opera  sciagurata  sig.  Marcucci ,   il  quale  si   e  tolto  1"  assunto  di 

di  render  tortill  diritti  volti  dellc  scritture  dan-  chiarire  i  concetti  dell' Allighieri  principalmenle 

tesche,  ebbero  aiulalori  non  pochi  onesli  uomini,  iutorno  la  Monarchia,  e  le  rclazioni  die   la  sua 

i  qualipreoccupali  dalle  opinion!  del  secolo,  mi-  Monarchia  avrebbe  avulo  col  Romano  Ponteflce. 

sero  nella  interpretazione  della  Divina  Commedia  Abbiamo  delto  clie  questo  e  1'assunto  principale  ; 

alcuni  falsi  fondamenti,  i  quali  per  1'  una  parte  perciocche  il  discorso  comprcnde  assai  altre  co- 

distruggono  la  sostanza,  tntta  sacra,  del  Poema,  e  se  (specialmente  la  spiegazione  del  concetto  so- 

dall'  altra  ravvicinano  il  Poeta  agl'  intendimentl  stanziale  della  Divina  Commedia),  ma  raccolte  pe- 

irreligiosi  della  selta  odierna.  E  gran  tempo  che  ro  solto   il  risguardo  indicate.   Molta  erudizione 

valorosi  scrittori   lianno  incominciato  a  disgom-  abbiamo  scoria  in  questo  piccolo  volume,  critica 

"brare  con  grande  industria  le  tenebre  che  artata-  non  comune,  e  grandc  dirillura  di  animo.  Nondi- 

mente  si  e   volulo   addensare   su  quelle  pagine  meno  nelle  cose  avremmo  desiderato,  qualche  volta 

immortal!.  E  se  fosse  negli  avversarii  buona  fede  maggior  rigore   di  dimostrazione ,   qualche  allra 

si   sarebbero   dovuto  rendere  oggimai  alia  evi-  piu  ordine;   e  nello  stile   un  andamcnto  un  po' 

denza  della  cosa;  siccome  per  opposto  gli  scrit-  piu  disinvolto  e  castigate.  Intanto  facciamo  voti 

tori  caltolici    non  hanno   diflicolta  di  confessare  che  1'  esempio  di  questo  egregio  letterak)  sia  un 

qualche   intemperanza  del  Poela,   e  qualche  sua  destatoio   ai   buoni  cattolici,    amatori  di  Dante, 

Utopia,  che  non  bene  si  accordavano  colla  dirit-  che  non  debbano  lasciare  senza  risposta  le  fan- 

tezza  del  suo  animo.  Ma  si  pensi ,  se  la  setta  a  faronate,  che  coH'occasione  del  centenario  di  lui 

quesli  tempi  appunlo,  ne'  quali  si  e  insediata  si-  manderanno  in  giro  i  liberal! ;  di  che  lianno  gii 

gnora  dell'  Italia,  e  quando  gia  e  vicino  il  cen-  dato  il  prinio  saggio  nel  giornale,   cominciato  a 

(enario  del  natalizio   di  Dante,   vorrebbe  rinun-  stampare  appunto  con  questo  titolo. 

MASSAROLI  GIRO  —  Cantilena  di  Giro  Massaroli,  per  le  nozze  Massaroli-Vitel- 
loni  di  Bagnacavallo ,  awenute  nel  Novembre  1863.  Lugo,  lip.  Melandri 
1863.  Un  fogl.  in  4.°  dipag.  4. 

Questa  Cantilena  deve  annoverarsi   Ira  le  ra-  picna  di  savii  consigli ,  ma  port!  di  si  bel  gar- 

rissime  poesie  contemporanee,  che  meritino  ve-  bo  che  non  si  pud  meglio.  Facciam  plauso  all'Au- 

ramenle  la  lode  di  belle.  V'e  un  andarc  snello  e  tore  ,   e  lo  preghiamo  che   non   tenga  ozioso  il 

naluralissimo,  un  sapore  di  lingua  e  di  prover-  dono  che  s'  ebbe  da  natura,  e  che  ha  tanto  ingen- 

bii  toscani  senza  nessuna  affeltazione ;   tutta  e  lilito  coi  suoi  sludii. 

MINICHINI  BENEDETTO  —  Illustrazione  della  cappella  Caracciolo-Bosso,  nella 
chiesadiS.  Giovanni  a  Garbonara.  Napolif  stabilimenlo  I ipografico  di  Gae- 
lano  Gioia,  vicolello  Mezzocannone  n.  4  p.  p.  1863.  Un  opusc.  in  4.°  di 
pag.  06. 


La  Vita  del  B.  Gioacchino  Piccolomini ,  ripro- 
dolta  con  questo  volume,  fu  compilata  da  un  rc- 
ligioso  di  Siena  de'  Servi  di  Maria  fin  dal  1332, 
sopra  la  latina  di  Niccolo  Borghesi  e  il  Chroni- 
con  del  Poccianti.  Quello  che  il  P.  Morini  -vi  ha 
recato  del  suo  e  un  dotto  corredo  di  Note,  di  Os- 
servazioni,  di  Document!  inediti,  pe'quali  la  sto- 
ria  del  Bealo  non  solo  ricsce  piu  plena,  ma  di 


piu  liberata  da  alcuni  errori,  de'  quali  per  fallo 
degli  antichi  era  su  quajche  particolare  falsata. 
La  Bibliografia  poi  contiene  minute  notizie  del- 
le varie  Vite  dello  stesso  Beato,  c  degli  scrit— 
tori  di  esse,  per  quanlo  il  dotto  e  laborioso  Au- 
lore  ne  ha  potuto  ricavare  dagli  anlichi  monu- 
ment i. 


DO  BIBL10GRAFIA 

MEMORIE  per  la  storia  cle'nostri  teni])i  clal  Congresso  cli  Parigl  nel  1856  ai  prl- 
ral  giorni  del  1863.  Slamperia  dell'  Unione  tipografico-editrice  torinesc  y 
8.°  quaderno;  2."  del  vol.  II,  in  8.°  dapag.  65  a  128. 

MISLEI  GEMINIANO  —  La  Madre  di  Dio,  descritta  dai  Santi  Padri  e  Dottori  della 
Chiesa,  con  append  ice  di  narrazioni  maravigliose:  opera  di  Gemiuiano 
Mislei  d.  G.  d.  G.  Torino,  tip.  Metro  di  G.  Mariet  li^  piazza  B.  V.  degli 
Anc/eli,  n.  2,  1863.  Un  vol.  in  8.°  dipag.  A77,  602. 

MORINI  AGOSTINO  —  Vita  del  B.  Giovacchino  Piccolomini  Senese,  dell'Ordine 
dei  Servi  di  Maria,  con  note,  document!,  osservazioni  e  bibliografia,  per 
cura  di  Fr.  Agoslino  Moriui,  deH'Ordine  medesimo.  Firenze,  presso  Anto- 
nio Cecchi,  libraio  dietro  la  piazza  del  Duomo  1863.  Un  opusc.  in  $.°  di 
pag.  56. 

Questa  Vita  e  desunta  dalla  latina  del  cava-  ta :    ma  inesatla  nel  determinare    la  genealogia 

liere  IS'iccolo  Borghesi  e  dal  Chronicon  del  Poc-  del  Beato,  e  le  epochc  principal!  delle  sue  geste. 

cianti,  e  fu  pubblicata  in  buon  volgare  da  un  A  tal  difelto  suppliscono  le  note  e  i  document! 

Anonimo  di  Siena  nel  1532.  E   copiosa  e  devo-  aggiuntivi  dall'  erudito  e  crilico  suo  editore. 

MURENA  SALVATORE  —  Oratio  Salvatoris  Muraenae,  habita  Romae  in  Quiri- 
tium  Academia,  VIII  id.  lanuar.  Anni  MDCGCLXIV.  Romae,  tijpis  Observa- 
toris  Ro.mani  18.64.  Un  opusc.  in  4.9  dipag.  14. 

Quanto  gli  studii  della  lalinita  dcbbano  ai  Ro-  pure  nella  forza  degli  argomenli  die  reca ,  m» 
inani  Ponlefici,  qual  beneficio  abbiano  quindi  essi  eziandio  nella  facondia  e  ncllo  stile,  purgato  ed 
recato  alia  coltura  e  civiltii  della  inoderna  Eu-  cleganle ,  merita  di  esserc  annovcrato  Ira'  Ya- 
ropa,  e  qual  favore  pero  essi  meritino  dai  cul-  lent!  noslri  conteraporanei ,  che  hanno  non  solo- 
tori  della  yera  letteratura  ,  diniostra  in  questa  latinamente  scrilto ,  ma  eziandio  lalinamenle  pen- 
orazione  il  chiarissimo  disserente.  II  quale  non  salo. 

KEGRI  BENEDETTO  —  Delle  condizioni  present!  dell'  eloquenza  sacra  in  Italia 
del  cav.  teologo  Benedetto  Negri.  Torino.,  tipor/.  Giulio  Speirani  e  figlf 
1864.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  100. 

Raccomandiamo  vivamente  questo   libro   alia  all'esagcrazlone  flglia  quei  pessimo  gusto,  die  si 

gioventu  ecclesiastica ,    chc  si  prepara  a'l  sacro  propaga,  di  guardare  piu  ali'elTetlo  secuico,  che 

ministero  della  predicazione.  Gli  abusi  introdot-  all'  allelto  ragionevole ;  piii  al  bcllo  immaginoso 

tisi  ora  nel  pulpito  son  qui  dipinti  al  naturale ,  che  alia  vcrila  persuasiva  ;  piii  all'  ammirazione 

c  quello  che  c  piu  dimoslrati  veracemente  abusi.  vana  e  spesso  fatua  die  alia  sincera  coiiversione. 

Or   noi  riputiamo  che  alia  piii  gran  parte  ,   per  Or  qui  il  ch.  Autorc  vien  francamente  additando 

(iistinguerli  6  necessario  d'averli  indicati :  perchc  i  vizii  che   sonosi  ai  di  nostri  introdolli  sul  per- 

molti  abusi  procedono  dalle  disposizioni  dell'u-  gamo  ;  ne  indaga  le  cagioni ;  ne  iudica  i  catlivi 

ditorio,  cui  si  Tuole  condiscendere ;   e  tal  con-  cffetti,  e  ne  suggerisce  i  rimedii.    Non  e  Tera- 

discendenza  essendo   dall'  uditorio   ripagata   col  menle  un  trattalo  di  sacra  eloquenza ;  ma  e  una. 

plauso,  queslo  innanzi  agli  sguardi  dei  piii  rico-  critica  dell'  eloquenza  moderna ;  e  per  do  stessa 

pro  il  Tizio ,  anzi  Jo  ammantella  si  bene  che  il  praticamente  utilissimo ,  perche   a  chi  e  gik  in- 

fa  parere  pregio  e  merito.  Quindi  ne  segue  1'  i-  fermo  c  piu  atta  la  mcdicina  curatira,  che  non  la 

mitazione :  e  I'imitazione  tendendo  di  sua  natura  preservativa. 

OPERA  DELLE  SCUOLE  D'ORIENTE  —  Bolleltino  periodico.  Milano,  presso  il 
Consiytio  Diocesano  dell'  Opera,  contrada  Zebedia  n.  4130  dal  n.  1  al  X 
in  4.° 

L'Opera  delle  Scuole  d'Oriente  approvata  dalla  gcneralc  risiede  in  Parigi,  e  ne  e  Diretlore  1'Ab. 
Santa  Sede,  ha  per  fine  di  mantenere  c  moltipli-  Soubiranne ,  Presidente  S.  E.  1'  ammiraglio  Ro- 
care  le  Scuole  cattoliche  in  Oriente.  II  Consiglio  main-Desfosses.  Avvi  un  Consiglio  diocesano  ia 


BIBLIOGRAFIA  91 

Milano  presso  i  PP.  Barnabiti  di  sant' Alessandro,  dulgenza  Plenaria:  1 .°  al  punto  di  morte ;  2.°  una 

e  ne  e  Direttore  il  M.  R.  Proposto  Parroco  pa-  volta  al  mese  a  libera  scelta ;   3.°  nei   giorni  di 

dre  MICHELE  MAZZUCCOSI.  Ogni  cattolico  puo  es-  Natale ,  Pasqua ,    Ascensione ,   dell'  Immacolata 

sere  membro  dell'Opera,  posta  sotto  la  protezione  Concezione ,  Annunciazione,  Assunzioue  di  Maria 

di  Maria  Sanlissima  e  S.  Giovanni  Crisostomo.  Sanlissima ;  dei  SS.  Apostoli  Pielro  e  Paolo,  o  in 

Per  cssernc  membro  si  paga    una  lira  ilaliana  uno  dei  giorni  dell' ottava  di  queste  feste;  4.°  il 

all'anno.  I  membri  dell'Opera  sono   invitati  alia  giorno  della  festa  di  S.  Giovanni  Crisostomo ;  S.° 

I'ecita  d/  un'  Ave   Maria    e   deila  invocazione :  Indulgenza   parziale   di  selte   anni  e  setle  qua- 

S.  Giovanni  Crisostomo  ,  pregate  per  noi.  rantene  ogni  volta  che  assistono  ad  una  riunione 

Dieci  membri  aventi  a  capo  un  collettore  for-  dell'Opera. 

niano   una  serie.    Chi   desidera  farsi   collellore  Quest' opera  ha  un  Bullettino  suo  proprio,  UUlo 

scriva  al  M.  R.  Direttore  che  *lara  le  necessarie  dedicalo  a  farla  conoscere  nei  suoi    piu  minuli 

istruzioni.  parlicoiari.   Esso  e  appunto  quello  che  annun- 

Dietro  i  rescritti  del  Sommo  Pontefice  13  Di-  ziammo ,  e  del  quale  abbiam  veduti  con  sommo 

cembre  1857 ,  29  Gennaio  1838   e  21   Febbraio  gradimento  i  primi  dieci  numeri. 
1861,  i  Membri  dell'Opera  possono  acquistare  In- 

PALMIERI ADONE  —  La  rosa  di  Gerico  a  Maria  della  salute.  Libro  di  istnizione 
popolare  compilato  dalcav.  Adone  Palmieri.  Roma  1863,  dalla  tipografia 
di  B.  Guerra,  piazza  dell' Oratorio  di  S,  Marcello  50.  Un  vol.  in  8.'  di  pa- 
gine  150. 

II  signer  Adone  Palmieri  e  scrittore  infatica-  L'Autore  ha  descritto  la  vita  di  Rostra  Signora, 

bile  di  libri   diretti  all'  istruzione  civile  e  reli-  percorrendone  le  feste  principali ,  e  ravvivando 

giosa  del  popolo,  e  noi  bene  spesso  abbiam  do-  con  islile  immaginoso  le  sue  pie  considerazioni,  e 

vuto   parlare  di  essi.  Questo  c   rivolto  ad   in-  conchiudendo  ciascuno  dei  suoi  venliquatlro  pa- 

fiammar  la  gente  al  culto  di  Maria  Santissima,  ragrafi  con  qualche  poesia  itnliana,  molte  volte 

e  per  libro  ascetico  scritto  da  uomo  laico  e  pin  composta  da  lui  medesimo ,    e  alcune  volte  da 

di  quello  che  potea  ragionevolmente  aspettarsene.  altri  scrittori  conlemporanei,  viventi  in  Roma. 

PARNISETTI  PIETRO  —  Osservazioni  Meteorologiche  fatte  in  Alessandria  alia 
specola  del  Seminario  1863.  Anno  decimo.  Alessandria,  tip.  di  Carlo  Astu- 
li  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  30. 

PASQUALE  (P.)  DA  AVERSA  —  II  Cristiano  catlolico-romano  a  fronte  di  ogn'al- 
tro  sistema  autireligioso  o  religioso  del  mondo;  peril  Padre  Pasqualeda 
Aversa,  Lettore  giublato  in  sacra  Teologia  ecc.Secondaedizione  rivedu- 
ta  e  aumentata  quattro  volte  tanlo  su  quella  del  1862.  Vol.  1.°  Napoli  1863, 
dp.  dei  Gemelli,  mco-lungo  Montecalvario  N.  7.  Un  vol.  in  16.°  di  pag. 
288.  II  volume  II.°  porta  il  titolo  seguente : 

—  La  Bibbia  protestante  e  la  Bibbia  cattolica  per  il  Padre  Pasquale  da  Aver- 
sa, Lettore  giubilato  in  sacra  Teologia  ecc.  Seconda  ediziorie  riveduta  e 
aumentata. '  N apoli  1863,  tip.  dei  Gemelli,  mco-lungo  Montecalvario  n.  7. 
Un  vol.  in  8.°  di  paq.  438. 

r   y 

PELLIC4NI  ANTONIO  —  Sulla  cristiana  educazione  della  prole;  Parenesi  di  An- 
tonio Pellicani  d.  C.  d.  G.  Seconda  edizione.  Torino  1863,  tip.  Pietro  di 
G.  MarielU,  piazza  B.  V.  degli  Angeli  n.  2.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  77. 

PEROSINO  G.  S.  —  Compendio  brevissimo  di  Geografia  e  Gloria  antica  ed  Ar- 
cheologia  greca  e  romana,  secondo  i  recenti  programmi  governativi  per 
le  scuole  ginnasiali  del  Prof.  G.  S.  Perosino.  GEOGRAFIA  E  •  STORIA.  GRECA 
per  la  3.a  classe  ginnasiale  del  prof.  G.  B.  B.  GEOGRAFIA,  STORIA  ED  AR- 


92  BIBLIOGRAFIA 

CHEOLOGIV  GREC\  per  la  2.a  classe  ginnasiale.  Un  opnsc.  in  8.°  di  pag.  31. 
Presso  G.  B.  Paravia  e  compagnia,  in  Torino  e  Milano,  1864. 

PUPPATI  LORENZO  —  Inni  a  Dio  di  tuttl  i  tempi  e  delle  principal!  nazioni  an- 
tiche  e  moderne.  Due  volumi  in  8.°  grande  —  L  vol.  Parte  antica  di  pag, 
AT/7-160  —  II.  vol.  Parte  moderna  di  pag.  TV/-244. 

Ci  basti  per  ora  semplicemente  amiunziare  quo-    alquanto  piii  di  proposito  nelle  nostre  Riviste,  co- 
st'opera:  poiche  speriamo  di  potercene  occupare    me  prima  avremo  agio  di  farlo. 

QUATRINI  BERNARDINO  —  Maria  SS.  Addolorata:  Elegia  l.a  di  Callistene  Ro- 
featico  P.  A.,  voltata  in  terza  rimadalcanonico  Bernardino  prof .  Quatrini. 
Recanali,  lip.  Badaloni  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  15. 

Sotto  il  nome  arcadico  di  Callistene  Rofeatico    le  cui  elegie  latino  in  lode  di  Maria  Santissima 
tufti  sanno  intendersi  I'Em.  Cardinal  Morichini,    lodammo  in  allra  bibliografia. 

RAFFAELLANGELO  (Fr.)  DA  FAENZA  —  La  sacra  Immagine  della  B.  V.  del  Suf- 
fragio,  dipinta  dal  Guido  Reni,  mbata  nel  1855  e  restituita  nel  1860  alia 
chiesa  parrocchiale  di  san  Bartolomeo  a  Porta  Ravegnana  in  Bologna: 
discorso  che  il  R.  P.  LettoreFr.  Raffaellangelo  da  Faenza  de'Min.  Riform. 
diceva  il  2  Febbraio  1864.  Bologna,  presso  la  tip.  Editrice  Mareggiani 
1864.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  15. 

REGONATI  FRANCESCO  —  Sopra  la  Jiecessita  di  una  religione  e  la  divinita  del 
Cristianesimo,  discorsi  compilali  ad  uso  clei  giovanetti  italiani  dal  prof. 
Abate  Francesco  Regonati,  primo  direttore  di  spirito  nel  Collegio  mililare 
di Milano.  Milano  1863,  dott.  FrancescoVallardi,  tipografo-editore S.Mar- 
gherita,  N.  5.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  Y//7-124. 

RENAN  —  Vita  di  Gesu  Cristo. 

Raccogliamo  sotto  il  nome  dell'empio  che  ha  negato  la  Divinita  di  Gesii  Cri- 
sto parecchi  libri ,  scritti  per  confutarlo.  Essi  non  sono  che  pochi  tra  gl'  innu- 
merevoli  altri ,  stampatisi  la  Dio  merce  in  Italia,  molti  clei  quali  vennero  da  noi 
annunziati  nelle  bibliografie  precedent*!.  Sarebbe soverchio  alia strettezzadello 
spazio  il  fermarci  a  dire  in  particolare  i  pregi  proprii  di  ciascuna  confutazio- 
ne :  ci  basteranno  poche  parole  qui  in  generate.  Ci  consola  in  primo  luogo  il 
vedere  uniti  in  questo  santo  pensiero  di  glorificare  1'Uomo-Dio  tre  classi  di 
persone  si  different"! :  1'  Episcopate  coll'autorita  del  suo  insegnamento  ,  il  cle- 
ro  colla  gravita  della  sua  dottrina,  ed  il  laicato  col  coraggio  della  sua  fede. 
In  secondo  luogo  e  ammirabile  la  varieta  della  forma :  1'  Enciclica  vesle  gli 
stessi  concetti  del  Dialogo ;  la  Dissertazione  va  del  paro  col  Cantico  ;  il  Trat- 
tato  largo  e  diffuso  svolge  quel  fondo  medesimo  <T  idee  che  e  compendiato 
nello  svelto  Opuscolo;  e  il  Discorso  sacro  fa  quel  medesimo  atto  di  ripara- 
zione  che  la  pia  Preghiera.  Ci  permettiamo  solamente  d'indicare  con  distin- 
zione  per  la  vastita  del  lavoro  nel  loro  genere  proprio  la  Lellera  Pastorale 
di  Mons.  Spaccapietra,  e  la  Confutazione  del  Cav.  Abb.  Arnaldi. 

ARNALDI  DOMENICO  —  Vita  di  Gesii  del  Professore  Ernesto  Renan,  Confu- 
tazione del  Cavaliere  Abate  Domenico  Arnaldi.  Genova,  Stabilimenlo  ti- 
pografico  di  G.  Caorsi  1863.  Un  vol.  in  16.°  di  pag.  W/-475. 


BIBLIOGRAFIA  93 

HENAN  —  Vita  di  Gesu  Crist o. 

INVRIA  FABIO—  Un  processo  a  E.  Renan  e  F.  De-Boni,  dinanzi  al  Tribu- 

nale  del  buon  senso  e  dell'onesta,  sul  libro  intitolato  Vita  di  Gesii,  di 
Fabio  Invrea.  Genova  presso  i  frat.  Carpineti,  Cartai  a1  Banchi,  n.°  170. 
Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  45. 

ISOLA  I.  G.  —  I  Sofismi  del  Renan  nella  sua  pretesa  vita  di  Gesu,  esami- 

nati  dal  Dolt.  I.  G.  Isola.  Prato,  tipografia  di  Ranieri  Guasti  1863.  Un 
vol.  in  S.°  dipag.  510. 

MANARA  ACHILLE  —  AUi  di  riparazione  alia  offesa  Maesta  di  Gesu  Cristo , 

per  cura  del  C.  Achille  Manara.  Bologna,  tipografia  di  santa  Maria  Mag- 
yiore  1864.  Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  32. 

MASINELLI  ANTONIO  —  La  Divinita  di  Gesu  Cristo ,  difesa  colle  tes  timonian- 

zede'suoi  nemici.  Opuscolo  del  Dott.  Antonio  Masinelli.  Modena,  tipo- 
grafia dell'  Immacolata  Concezione  1864.  Un  opusc.  in  8.e  di  pag.  35. 

ORZELLI  SALVATORE  —  Gesii  Gristo  vero  Dio  e  vero  Uomo ,  Discorsi  nove 

recitati  nella  sacra  Novena  del  santo  Natale,  dal  P.  Salvatore  Orzelli  d. 
C.  d.  G.  contro  i  bestemmiatori  sagrileghi  della  Divinita  di  Gesu  Cristo. 
Roma  col  tipi  della  Civilta  Cattolica  1864.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  78. 

—  ROSATI  GIOVANNI  —  Lettera  pastorale  intornoalla  Divinita  di  N.  S.  Gesu 
Cristo,  di  Giovanni  Rosati,  Patrizio  di  Ferentino,  per  la  grazia  di  Dio  e 
della  Santa  Sede  apostolica,  Yescovo  di  Todi,  Prelate  Domestico  di 
Nostro  Signore  ed  alia  medesima  Santa  Sede  immediatamente  soggetto. 
Todi,  R.  Scalabrini  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  20. 

SCOTTI-PAGLIARA  DOMENICO  —  Vedi  poco  appresso  sotto  questo  nome. 

SERCI  PAOLO— Cristo  e  Renan,  I.  al  tribunale  deila  fede,  della  Ragione, 

della  umanita;  II.  al  cospetto  deH'anno  1863:  per  Paolo  Serci,  teologo  ag- 
gregato  nella  R.  Universita  di  Cagliari,  e  Parroco  di  sant'  Eulalia.  Caglia- 
ri,  tipografia  arcivescouile  1864.  Un  opuscolo  in  8.°  dipag.  58. 

SPACCAPIETRA  VINCENZO  —  Lettera  pastorale  di  Mons.  Yincenzo  Spaccapie- 

tra,  della  Congregazione  della  Missione  di  Napoli,  Arcivescovo  di  Smir- 
ne  e  Yicario  Apostolico  dell' Asia  minore,,  al  clero  secola;e  e  regolare 
della  sua  diocesi.  Traduzione  dal  francese  estratta  dai  Fieri  Cattolicij  con 
im'  appendice  di  poesie.  Napoli  all'  Ufficio  del  Fiori  Cattolici ,  Largo  san 
Domenico  Maggioren."  15,  1864.  Un  opusc.  in  8."  di  pag.  63. 

SPACCAPIETRA  VINCENZO  —  Lettre  pastorale  de  Monseigneur  Spaccapietra, 

Archeveque  de  Srayrue,  Yicaire  Apostolique  de  1'Asie  mineure,  aucler- 
ge  seculier  et  regulier  de  son  Diocese  et  Yicariat  apostolique.  Na- 
ples 1863.  Un  opusc.  in  4.°  di  pag.  71. 

VALENSISE  MICHELE  —  Cinque  Salmi  contro  Ernesto  Renan ,  scritti  da  Mi- 

chele  Yalensise ,  e  dedicali  alle  cinofue  piaghe  di  Nostro  Signore  Gesu 


91  BIBL10GRAFIA 

Crislo  ,  vero  Dio  e  vero  Uomo.  Napoli,  tipografia  di  Federico  Vitale  2 
e  4,  Largo  Regina  Coeli  1864.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  14. 

ROMANI  AGOSTINO  —  Tesoretto  splrituale  del  Sacerdote  Agostino  Romani, 
della  cilta  di  Terni.  Roma,  tip.  di  Gio.  Cesar etti  1863.  Un  vol.  in  32."  di 
pag.  164. 

BOMOLO  (P.)  DA  PISTOIA  —  Difesa  degli  Italian!  calunniati  dal  Valdese  Ribet, 
del  P.  Romolo  da  Pistoia  cappuccino.  Edizione  seconda,  con  1'aggiunta  di 
una  prefazione.  Prato,  tipogr.  di  Ranieri  Guasli  1863.  Un  opusc.  in  16." 
dipag.W. 

ROSA  GABR1ELE  —  Statuti  inediti  della  provincia  di  Bergamo,  anteriori  al  se- 
colo  XVI.  Bergamo,  Vittore  Pagnoncelli  1863.  Un  vol.  in  8.°  dipag.  149. 

ROSSI  GIUSEPPE  --  Karolo  Contio  Comiti  convictori  alumnor.  Collegii  Fa- 
guanii  Patavii,  Elegia  losepni  Rossii  Eq.  Hierosolymarii.  Favenliae,  e  prae- 
lo  contiano.  Un  fog  I.  in  8.° 

RUSPI  CARLO  —  Metodo  per  distaccare  gli  affreschi  dai  muri,  e  riportarll 
sulle  tele,  proposto  dal  cav.  Carlo  Ruspi  e  pubblicato  per  cura  di  Ercole 
Ruspi.  Roma,dalla  tip.  di  Enrico  Sinimberghi  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di 
pag.  15.  x 

SANTI  VINCENZO  —  Prelezione  al  corso  del  1863-64,  del  prof.  Vincenzo  Santi. 
Perugia  1863,  tip.  di  V.  Santucci,  diretta  da  G.  Santucci  e  G.  Ricci.  Un 
opusc.  in  8.°  di  pag.  22. 

SCOTT1-PAGLIARA  DOMENICO  —  Cattolicismo  e  Protestantesimo.  Conferenze 
predicate  nella  chiesa  di  Montecalvario  in  Napoli  ne'mesi  di  Luglio,  Ago- 
sto  e  Settembre  1863,  con  uu'  appendice  sopra  la  Vie  de  Jesiis  di  Ernesto 
Renan  per  Domenico  Scotti-Pagliara,  prete  napolitano.  Unvol.  w8.°  pice, 
di  pag.  77-396.  Napoli,  Gabriele  Rondinella  editor  e  8,  S.  Anna  de' Lorn- 
bar  di  1864.  Si  vende  al  prezzo  di  lire  2,55:  per  le  province  franco,  con 
vaglia  postale  di  lire  2,65. 

Tra  i  frutti  piu  cerli  ed  amari  della  odierna  ri-  quanto  valore  lo  diuiostra  il  presents  volume,  che 
TOluzione  italiana,  fatta  in  nome  dell'  Unita,  vuol  noi  vorremmo  diffuso,  dovunque  nell'  Italia  i  mi- 
mettersi  la  deplorabile  disunione  nella  fede,  che  si  nistri  dell'  errore  infettano  la  purita  della  fede. 
tenta  per  ogni  modo  introdurre  nella  Penisola  da  una  Questo,  che  non  e  se  non  il  primo  di  una  serie 
pestedi  avventurieri  calatiei  d'ollremonte  e  d'ollre-  di  allri  Tolumi  ch'  egli  si  propone  dar  fuori,  con- 
mare,  per  apportarci  la  barbaric  della  loro  miscre-  tiene  qualtordici  sugosissioie  conferenzc,  tutte  dom- 
denza:  e  cio  sotto  1'ombra  tulelare  di  quel  Governo  nutiche  insicme  e  polemiche ;  le  quali  sono  un 
di  Torino  che  si  dice  nazionale .  E  dunque  impresa  fior  di  sapienza  acconcissima  ai  bisogni  de'no- 
non  meno  da  feryenti  sacerdoti  cattolici  che  da  veri  stri  di.  L'  ultima  che  e  in  confutazione  delle  be- 
cittadini  italiani,  quella  dei  Ministri  del  Sanluario,  stemmie  del  Renan ,  corona  bene  tutte  le  prece- 
che  tra  noi  si  adoperano  a  levare  una  diga  contro  denti,  le  quali  provano  per  diretto  che  il  Prote- 
il  morboso  torrente  di  questo  lezzo  forestiero.  E  il  stautesimo,  come  opera  dell'  uomo  e  di  cornizione, 
sacerdote  D.  Domenico  Scotti  Pagliara  occupa  un  non  puo  csser  la  vera  Chiesa  di  Cristo ;  e  la  sola 
be!  posto  tra  questi  benemerili.  Egli  nella  citta  che  sia  tale  e  appunto  la  cattolica,  perche  in  lei 
di  Napoli  si  e  messo  di  gran  petto  a  bandire  con  solamente  rilucono  tutli  i  caratleri  di  opera  di- 
la  voce  eloquente  e  con  la  gagliarda  penna  una  Tina, 
nobile  crociala  contro  il  Protestantesimo:  e  con 


BIBLIOGRAFIA  95 

TOMMASO  (S.)  D'AQUINO  —  Sancti  Thomae  Aquinatis,  Doctoris  angelici,  Ordi- 
nis  praedicatonini,.  opera  omiiia,  ad  fidem  oplimarum  ediliomim  accurate 
recoguita.  Tomus  decimusquiiitus.  Opuscuia  theologica,  quorum  specia- 
lem  mentionem  facit  De-Tocco.  Oper.  omn.  vol.  \\.  J-armae  ex  lypogr. 
Petri  Fiaccadori  1864.  Tomus  I,  Jasc.  V  in  4.°  da  pag.  825  a  404. 

VALLAURI  TOMMASO  —  Oratl ones  habitae  in  Auditorio  maximo  Regii  Atheiiaei 
taurinensis  ab  an.  M.DCCC.XLII  ad  an.  M.DCCGLY.  Edilio  tert.a.  Augustae 
Taunnomm,  ex  Offic.  Petri,  Uyac.  /'.  Maneiti,  an.  M.DCCCLXU!. 

Piu  volte  ci  e  accadulo  parlare  nel  nostro  Pe-  sta  terza  edizione  aggiungere  altro,  salvo  chc  10 

ricdico  dell'  aurea  latinila  di  Tommaso  Yallauri.  nostre  congratulazioni  coll'Autore,  per  la  testimo- 

Di  quesle  orazioni  segnatamente  ci  siamo  intrat-  nianza  del  merito  eke  gli  viene  rendendo  il  pub- 

tenuti  a  luiigo  nclla  II  Serie,  vol.  I,  pag.  40,  blico  favore,  comprovalo  dallo  spaccio  dclle  due 

segg.  e  nella  III  Serie,  vol.  IV,  pag.  200,  segg.  antecedent!  edizioni. 
Alle  cose  cola  ragionate  non  dobbiarno  per  que- 

VAPJI AUTOSI  —  Studii  sui  Sordo-Muti  e  rendiconto  degli  istituti  per  quelli 
poveri  di  canapagna  della  Provincia  di  Milano.  Annuario  della  Commis- 
sione  promotnce  della  loro  educazioue  pel  1862-63.  Milano ,  coi  tipi  del- 
i'Orfanotropo  dei  maschi  1863.  Un  vol.  in  4.°  di  pag.  222. 

Questo  libro  conliene,  come  prometle  il  tilolo,  milanesi  abbia  potuto    dar   vita  e  durata  a  una 

due  cose:  1'una  generica  che  puo  dirsi  la  Sac-  istituzione,  tanto  utile  e  benemerita.  Egli  c  vero 

colla  delle  Meuiorie  e  delle  Notizie  piu  impor-  che  v'abbiam  trovato  qualche  voto  che  non  pos- 

tanti ,  compendiate  o  distese ,  uscite  in   luce  nel  siamo  interamente  approvare ,   e  qualche  tinlura 

liiennio  ultimo,  intorno  ai  Sordimuti ;  e  il  Ren-  leggerissiiua  di  liberalismo,  di  cui  non  vorremmo 

dieonlo  degl'istiluli  milanesi  pei  poveri  di  cam-  vedere  macchiata  la  gioventii  sopratlulto :  ma  0 

pagna.   Per  la  prima  parte  riesce  di  non  poca  1'uno  e  1'altro  neo  non  possono  oscurare  i  pregi 

utilila  per  quanti  si  occupano  di  questa  si.neces-  che  contiene  copiosissimi  il  libro,  ne  crediamo 

saria,  e  si  difficile  educazione ;  per  la  seconda  che  siano  per  nuocere  in  nessun  modo  a  chi  si 

ritsce  a  grande  consolazione  e  a  ottimo  esempio  faccia  a  leggerlo. 
lo  scorgere  come  la  carita  e  lo  zelo  nei  signori 

—  UHimi  uffizii  ad  Ottavia  Fazzari.  Ricordo  degli  amici  al  marito  Michele 
Yalensise.  Napoli,  stabilimento  tipografico  dei  Classici  italiani  1862.  Un 
opusc.  in  4.°  di  pag  101. 

Quello  che  piii   di  ogni   altra  cosa   ci  e  pia-  Questo,  piu  che  ogni  altra  leslimonianza ,  pruo- 

ciulo  in  questo  serto  di  fiori  poetic  i  depositalo  va  quanto  pia  persona  fosse  stata  in  vita  1'  Ot- 

sulla  tomba  della  defunta,  si  e  una  soavissima  tavia,  e  quanta  pieta  sapesse  istillare  nella  fa- 

fragranza  di  pieta  crisliana,  che  da  tutti  esala.  miglia,  cho  le  c  superstite. 

VERATTI  BARTOLOMEO  —  Intorno  ad  alcune  quistioni  genealogiche  relative 
alia  casa  d'JEste  e  d'  Arpad.  Risposta  del  cav.  Barlolomeo  Veratti  al  sig. 
Bar.  Alberto  Nyai-y  Nyaregyhaza.  Modena,  tip.  degli  Eredi  Soliani  1864. 
Un  opusc.  in  8.°  dipag.  80. 

ZANGARI  AMADIO  —  Letlera  pastorale  sul  rispetto  umano,  nell' occasione  di 
pubblicare  1'  Indulto  per  la  Quaresima  del  1864.  Macerata,  presso  Ales- 
mndro  Mancini  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  12. 


9(>  BIBLIOGRAFIA 

ZEFFI  GIOVAN  FRANCESCO  —  Epistole  di  S.  Girolamo  volgarizzate  nel  secolo 
XVI  da  Giovan  Francesco  Zefii,  edite  novamente  per  cura  di  un  Religio- 
so  de'Servi  di  Maria.  Firense,  presso  Antonio  Giuntinilftbl.  Un  vol.  in  8.* 
di  pag.  L 17-750. 

La  versione  fatta  dal  Zefll  delle  Epislole  di  san  vita,   die  1'ba  curata,  e  per  modestia  ha  voluto 

Girolamo  e  la  piu  pregiata  di  talte,  si  per  la  fe-  rimanere  sotlo  1'ombra  dell'anonimo,  vi  ha  recato 

delta  del  rendere  i  pensieri  del  S.  Dottore,  co-  del  suo  gran  copia  di  note,  osservazioni  e  schia- 

me  ancora  pe'pregi  della  lingua  e  dello  stile.  A  rimenti  ,  che  servono  ad  illustrate  assai   cose  , 

rendere  piu  preziosa  questa  edizione  il  dotto  Ser-  fatti  e  persone  a  cui  si  accenna  nelle  letlere. 


CRONACA 

COxNTEMPORANEA 


Roma  26  Marzo  1864. 

I. 

COSE  ITALIANS. 

STATI  PONTIFICII  1.  Soleune  ricevimento  del  Conte  di  Sartiges,  ambasciadore 
di  Francia  —  2.  Ordini  del  Ministro  delle  Armi  e  del  Generate  Montebel- 
lo  sopra  alcune  risse  tra  soldati ;  parole  del  Moniteur  —  3.  Premii  pro- 
post!  dal  Ministero  del  Commercio  per  la  coltiira  del  cotone ;  confession! 
del  Debats  —  4.  Societa  di  mutuo  soccorso  in  Roma;  morte  del  loro 
istitutore  D.  Francesco  Rivi. 

1.  Fin  dal  giorno  5*  Dicembre  del  passato  anno,  S.  E.  il  Gonte  Eu- 
genio  di  Sartiges  ebbe  1'  onore  di  presentare  alia  Santita  di  Nostro 
Signore  Papa  Pio  IX ,  in  eudienza  privata ,  le  lettere  sovrane ,  con  le 
quali  yeniva  accreditato  ambasciadore  di  S.  M.  1'Imperatore  dei  France- 
si  presso  la  Santa  Sede.  Nel  giorno  poi  di  Sabato  19  Marzo  ,  S.  E.  ac- 
compagnata  dai  componenti  Y  imperiale  arabasciata ,  con  grande  treno , 
e  scortata  da  un  drappello  di  Dragoni  pontificii,  si  condusse  al  Palazzo 
apostolico  in  Vaticano ,  per  fare  la  presentazione  delle  suddette  lettere 
credenziali  in  forma  pubblica.  Accolto  con  gli  onori  dovuti  all'alta  sua 
rappresentanza ,  1'Ambasciadore  fu  introdotto  presso  il  Santo  Padre; 
che,  dopo  intrattenutosi  per  buono  spazio  di  tempo  con  1' Ambasciadore, 
si  degno  ricevere  tutti  gli  addetti  ali'arnbasciata.  Quindi  S.  E.  passo  col 
suo  seguito  a  complimentare  1'ESio  Card.  Segretario  di  Stato ;  scese  po- 
scia  nella  Basilica  Vaticana  a  yenerare  le  reliquie  dei  SS.  Apostoli  Pie- 
tro  e  Paolo ;  d'onde  si  condusse  a  complimentare  F  Eiiio  Card.  Mattel 
Decano  del  sacro  Collegio.  La  sera  dello  stesso  giorno  S.  E.  apri  i  suoi 
nobili  appartamenti,  nel  palazzo  Colonna,  a  splendido  riceyimento,  acco- 
gliendoyi  gli  Efiii  Porporati ,  il  Corpo  diplomatico ,  i  Ministri  di  Stato,  i 
Prelati,  i  Principi  e  le  Dame  romane  e  1'eletta  di  nobilissimi  personaggi 
che  troyansi  in  Roma. 

2.  Nel  passato  quaderno  abbiam  toccato  di  alcune  fra  le  scellerate  im- 
prese,  che  moderati  e  Garibaldini  si  tolsero  T  impegno  di  condurre  in  Ro- 
ma, per  eccitaryi  il  disordine,  od  almeno  Tapparenza  di  agitazione  popo- 
lare ;  ed  abbiamo  dimostrato  di  cui  fossero  opera  i  furti  sacrileghi ,  gli 
assassinii  e  gli  scoppii  di  bombe.  II  Comitato  nazionale  si  yanto  poi 

Scrie  V,  wl.  J,  fasc.  337.  7  26  Marzo  1864. 


98  CRONACA 

d'aver  compiuta  im'  altra  insigne  irapresa,  degna  d'  essere  noverata  tra- 
le  fatiche  d'  Ercole,  avendo  per  alcuni  monelli  e  ragazzi  di  stalla  fatto 
gittare,  ed  accendere  qua  e  cola,  alcuni  focherelli  di  Bengala ,  cui  diedc 
titolo  pomposo  di  illuminazione,  in  onore  dell'  anniversario  nalalizio  del 
Re  di  Sardegna.  Ma  tacque  d'  un'  altra  tristissima  sua  opera,  per  cui  in 
Roma  si  ebbe  lo  spettacolo  d'alcune  risse  tra'  soldati  pontificii  e  francesi ; 
le  quali ,  originatesi  nelle  cagioni  ordinarie  a  trovarsi  in  ogni  citta  dov'  e 
presidio  di  milizie,  anche  distinte  solo  per  numero  di  battaglioni,  qui 
jfurono  invelenite  da  istigazioni  di  seltarii.  Imperocche  si  sa  che  certi  co- 
tali ,  scorrendo  pei  caffe  e  per  le  osterie ,  dove  che  si  trovassero  soldati 
dell'  una  o  dell'  altra  nazione ,  prendeano  a  bello  studio  a  narrare  favolc 
ribalde,  con  cui  aizzavano  gli  uni  contro  gli  altri ,  esagerando  presso  i 
pontificii  qualche  sgarbo  d'alcun  francese ,  e  stimolando  i  francesi  a 
yendieare  1'onore  delle  loro  divise  da  supposte  insolenze  de'  pontificii. 
Cosi,  ingrossando  dall'  una  e  daH'altra  parte  gli  umori,  nei  giorni  2  e  3 
del  Marzo,  si  yenne  a  baruffe,  che  riuscirono  a  scambieyoli  ferimenti. 

Che  queste  fossero ,  se  non  suscitate ,  certo  promosse  da  istigazioni  di 
setta  ,  puo  argomentarsi  con  tutta  eyidenza  da  piii  parti.  Una  corrispon- 
denza  da  Roma  alia  Perseveranza  di  Milano,  diario  liberalissimo,  confesso 
aperto:  «  Tutte  le  autorita  si  accordano  ad  attribuire  il  disordine  e  le 
yiolenze  (in  gran  parte immaginarie )  che  esistono  qui,  agli  sforzi  de! 
partito  d'azione ,  ed  assicurano  che  sono  giunti  qua  agenti  da  Torino ,  da 
Firenze  e  da  Napoli,  con  ordine  di  creare  agitazione  e  rendere  impossi- 
bile  il  Governo  papale.  »  II  che  fu  proclamato  altamente  anche  dalla 
France  parigina.  E  questo  appare  verissimo  dalle  corrispondenze  del 
diario  garibaldino  il  Diritto,  in  cui,  per  sempre  piii  esacerbare  le  rivalita 
soldatesche  e  farle  prorompere  a  yendette ,  si  diedero  sperticate  lodi  ai 
pontificii;  si  sberteggiarono  i  francesi ,  come  astretti  sempre  a  yoltar  le 
spalle ,  anche  quando  erano  in  maggior  numero;  si  scambio  in  una  gran- 
dine  di  sassi ,  scagliati  dal  popolo ,  qualche  torsolata  di  pochi  monelli ;  si 
iwmerarono  a  cinquantine  i  morti  ed  i  feriti;  s'  inventarono  uccisioni  a 
tradimento  col  pugnale ,  e  si  sballarono  le  piii  pazze  cose  del  mondo. 
Anche  la  ministeriale  Opinione,  n.°  72,  stampo  una  cornspondenza  del- 
3a  stessa  natura,  in  cui  per  giunta  sono  incastrati  due  gioielli  piii  fulgi- 
di ;  cioe  1.°  che  si  videro  galleggiare  nel  Teyere  cinque  o  sei  cadaveri 
di  Francesi ;  2.°  che  «  Monsignor  de  Merode  sofBaya  nel  fuoco  per  yen- 
dicare i  morti  di  Castel  Gandolfo.  »  Ma  quando  le  bugie  sono  troppo 
enormi,  cascano  subito  in  terra.  Difatto,  nella  stessa  colonna,  cinquanta 
righe  piii  sotto,  V  Opinione  registra  un  ordine  del  Pro-Ministro  delle  Ar- 
mi,  Monsignor  de  Merode  ,  che  fa  yedere  fino  ai  ciechi  rimpossibilitti 
ehe  quella  calunnia  abbia  un  minimo  fondamento  nel  vero. 

Imperocche  la  domane  della  prima  rissa,  avvenuta  il  2  Marzo  nel  Foro 
Romano,  ayendo  il  Generale  Montebello  fatto  leggere  un  suo  Ordine  del 
Giorno  a'  quartieri  de'  soldati  francesi ,  e  comunicatolo  a  Monsig.  de  Me- 


CONTEMPORANEA  99 

rode,  questi  si  affretto  di  farlo  leggere  pure  alle  milizie  pontificie,  con 
una  giunta,  che  mostra  una  energica  volonta  di  cessare  immantinente 
que'  disordini,  volonta  renduta  anche  piu  palese  coll'  aver  fatto  partire 
subito  da  Roma  il  bello  e  numeroso  battaglione  de'  Cacciatori  indigeni. 
II  giornale  la  France  si  affretto  di  recitare  YOrdine  del  giorno  del  Monte- 
bello, ma  o  non  seppe  o  non  euro  quello  di  Mons.  de  Merode.  L' Indepen- 
dence Beige,  n.°  70,  che  questa  volta  fu  leale,  reco  1'uno  e  1'altro.  Veg- 
gasi  in  prima  quello  del  Pro-Ministro  delle  Armi. 

«  S.  E.  il  Conte  di  Montebello  ha  indirizzato  alia  Divisione  francese 
un  Ordine  del  giorno,  che  il  Pro-Ministro  delle  Armi  si  affretta  di  recare  a 
conoscenza  delle  truppe  pontificie,  con  tiducia,  che  il  nobile  linguaggio 
adoperato  dall'onorevole  Generale  impedira  il  rinnovamento  dei  fatti  ac- 
caduti  ieri  al  Foro.  I  Capi  di  corpo  e  gli  Ufficiali  delle  truppe  pontificie 
sono  invitati  ad  ammonire  i  loro  subordinati,  che,  se  qualcuno  di  loro,  cre- 
dendosi  provocato,  ricorresse  alia  violenza,  il  Pro-Ministro  delle  armi  si 
vedrebbe  obbligato  a  punirlo  severamente.  Virmalo Saverio  de  Merode.  » 

Or  ecco  le  parole  del  Generale  Conte  di  Montebello. 

«  In  seguito  a  risse  individuali,  che  si  rinnovarono  per  piu  giorni,  ieri 
avvenne  un  conflitto  incrcscevole  tra  uncerto  numero  di  Cacciatori  indi- 
geni  e  di  soldati  dell'85.°  di  linea.  II  Generale  comandante  della  Divisio- 
ne infligge  un  biasimo  severissimo  a  codestiatti  colpevoli.  Ricorda  a  tut- 
ti,  ai  soldati  francesi  come  ai  pontificii,  che  essi  hanno  a  Roma  i  mede- 
simi  doveri  da  compiere,  la  stessa  causa  da  difendere,  e  ch'  essi  devono 
schivare  tutto  cio  che  puo  disunirli,  e  procacciare  tutto  cio  che  dee  ray- 
vicinarli.  Confidando  nel  buono  spirito  delle  milizie  delle  due  nazioni , 
spera  che  questo  semplice  avviso  bastera  per  cessare  ogni  specie  di 
disordine,  senza  che  sia  necessario  di  porre  mano  a  misure  di  rigore. 
Conte  di  Montebello.  » 

II  semplice  avviso  non  basto,  e  nuove,  benche  piu  leggieri,  risse  av- 
vennero  in  quel  giorno  stesso;  di  che  i  colpevoli  dell' una  e  dell' altra 
parte  furono  arrestati,  sottoposti  a  giudizio  e  severamente  puniti. 

Ma  le  cinquantine  di  cadaveri  contati  dai  Garibaldini  e  dai  cagnotti 
del  Comitato  sono  pure  favole  che  mossero  a  risa  tutta  Roma.  Ecco  m 
qnal  modo  ne  parlo  il  Moniteur  del  10  Marzo:  «  Questo  deplorabile  acci- 
dente,  in  seguito  al  quale  si  contarono  dodici  feriti ,  sembra  essere  stato 
cagionato  da  uno  di  que'  contrast!  disgraziatamente  frequenti  nelle  citta 
di  guarnigione  mista.  Del  resto  esso  non  ha  alcuna  gravita,  quantunque 
le  passioni  politiche  abbiano  subito  tentato  di  dargliene.  Le  misure  pre- 
se,  di  comun  accordo,  dai  Generale  di  Montebello  e  dai  Ministro  delle  ar- 
mi, permettono  di  sperare  che  questi  fatti  non  si  rinnoveranno  piu.  »  Ta- 
li conflitti  accidental},  soggiunge  ancora  il  Pays,  «  non  hanno  alcun  valo- 
re,  alcun  significato  politico.  Non  se  ne  dubitera,  evidentemente,  se  si 
pensa  che  casi  si  mi  I  i  sono  avveniiti  piu  volte  nelle  citta,  la  cui  guarni- 
gione e  solamente  forraata  di  reggimenti  diversi,  e  che  bastano  le  piu 
futili  cause  per  provocarli.  » 


100  CRONACA 

3.  Nel  Giornale  di  Roma,  dell'  8  e  del  9  Marzo,  yennero  pubblicate 
due  Notificazioni  del  Ministero  del  Commercio,  dell' Agricoltura  e  de'La- 
Tori  pubblici ;  con  le  quali  il  Goyerno,  eccitando  i  proprietarii  di  terreno 
atto  a  sperimentaryi  la  coltura  del  Cotone,  annunzia  che  Sua  Santita,  pe? 
fayorire  tali  sperimenti,  benche  altra  yolta  non  sortissero  felice  risultato, 
assegno  mi  premio  di  scudi  yenticinque  per  ogni  rubbio  di  terreno  desti- 
nato  a  quest'  uso ;  ed  il  Goyerno  stesso  provvedera  il  seme  piu  appro- 
priate al  clima,  e  ne  fara  gratuita  distribuzione  a  chi  ne  facesse  richiesta 
prima  del  25  Marzo.  Tal  preraiazione ,  attese  le  angustie  deU'erario, 
non  si  estendera  oltre  ad  un  anno  ed  alia  superficie  complessiya  di  trenta 
rubbia  di  terreno ;  ma  e  piu  che  bastevole  ad  incoraggiare  chi  ha  mezzi 
da  accingersi  alia  prova. 

II  Giornale  dei  Debats,  benche  solito  a  spropositare  assai ,  per  astio  o 
per  ignoranza,  ogni  qualvolta  mette  bocca  nelle  cose  di  Roma,  tuttayia 
alii  17  Marzo  o  seppe  o  yolle,  tolto  argomento  dalle  mentovate  Notiiica- 
zioni  per  la  coltura  del  Cotone ,  dire  alcune  verita ,  che  in  bocca  sua 
acquistano  molto  pregio  presso  i  liberali ,  benche  in  Roma,  e  per  chi  eo- 
nosce  le  cose  di  Roma,  siano  da  secoli  al  tutto  yulgarissime. 

Fatta  in  prima  una  lugubre  descrizione  dell'abbandono  in  che  e  lasciato 
il  terreno  per  piu  miglia  intorno  a  Roma,  confessando  pero  che  quell'ab- 
bandono  in  realta  si  riduce  all'essere  il  suolo  in  istato  di  pascoli  ubertosi, 
dove  si  moltiplicano  greggie  di  bufale,  di  buoi  e  yacche  e  di  cayalli; 
conchiude  che  fin  qui  si  giro  sempre  in  un  circolo  yizioso ;  cioe  che  la 
terra  non  e  coltiyata  perche  insalubre,  ed  insalubre  perche  non  coltiyata, 
La  malaria  distrugge  le  braccia  che  dovrebbero  coltiyare ,  e  mancando 
quelle,  il  suolo  resta  pestilenziale.  Poi  soggiunge:  «  Ho  spesso  udito  ac- 
cusare  il  Goyerno  romano  di  questo  stato  di  cose.  E  un  errore  che  si 
yuole  dileguare,  un'  ingiustizia  che  si  dee  combattere.  »  E  qui  espone 
con  tutta  yerita  che  i  proprietarii  delle  terre,  ricogliendo  con  poca  spesa 
molto  maggior  frutto  dai  pascoli  che  dalle  colture,  non  si  brigano  di  af- 
frontare  i  pericoli  di  queste  pel  solo  gusto  di  chiudere  la  bocca  a  chi  parla 
di  cio  che  non  sa.  «  Difatto  la  natura  fa  tutto  da  se,  e  copre  quelle  terre 
di  pascoli  doyiziosi.  Numerose  mandre  di  buffali,  di  pulledri  e  di  cayalle, 
di  bestie  boyine  e  di  pecore,  yi  sono  alleyate  senza  spese,  e  quasi  senza 
doyeryi  adoperare  yeruna  cura,  e  forniscono  al  paese  una  delle  principal! 
sue  ricchezze. 

«  Ma  i  Papi  non  trascurarono  punto,  come  a  torto  si  crede,  questa  rile- 
yante  quistione.  Al  contrario  essi  se  ne  occuparono  col  piu  yivo  impegno, 
e,  meglio  inspirati  che  i  saccenti  (savans),  cercarono  mezzi  pratici.  Con- 
yinti  che  la  coltura  e  il  rimedio  piu  efiicace  per  combattere  la  malaria, 
offrirono  incoraggiamenti  agli  agricoltori ,  e  prescrissero  ordini  che  do- 
yeano  produrre  i  piu  felici  risultati.  Non  e  colpa  de'  Papi,  se  essi  non  ol- 
tennero  1'intento,  per  1'ostinazione  dei  proprietarii ,  per  J'impotenza  dei 
coloni,  per  1'amore  radicato  di  non  uscire  dalla  carreggiata ,  e  per  quel- 


CONTEMPORANEA  101 

1'  ostacolo  che  s'  incontra  da  per  tulto  uello  Stato  romano  ( non  pero  net 
Governo :  che  sarebbe  un  contraddirsi) ,  cioe  la  forza  d'  inerzia.  Pio  VI 
avea  comandato  che  im  numero  determinato  d'  ettari  di  suolo  sarebbe 
dissodato  e  seminato  ogni  anno  nell'  agro  romano.  Pio  VII  avea  fatto  di- 
segnare  intorno  alia  Capitale  una  zona  del  raggio  d'un  chilometro,  da 
coltivarsi ;  1'  anno  seguente  si  dovea  coltivare  un'  altra  zona  eguale  in- 
torno intorno,  e  cosi  appresso  nc'  vegnenti  anni ;  di  piu  tutti  i  contorni 
de'poderi  diversi  doveano  essere  piantati  d'alberi.  I  successor!  di  Pio  VII 
non  trasandarono  di  stimolare  con  piu  mezzi  lo  zelo  de'  coltivatori ;  ed  il 
Papa  regnante  consacra  ogni  anno ,  nel  preventive  dello  Stato ,  somme 
relativamente  assai  grandi,  da  distribuirsi  in  premio  per  piantagioni  d'o- 
liveti ,  di  gelsi  ecc. »  Mauco  male  che  qualche  verita  scappa  talvolta  an- 
che  ai  liberali,  anche  quando  parlano  di  Papi. 

4.  Moriva  santamente  in  Roma,  il  di  13  di  Marzo ,  un  modesto  e  vir- 
tuosissimo  sacerdote  romano,  Francesco  Rivi,  caro  assai  ai  giovani  arti- 
giani,  alia  coltura  de'  quali  avea  consacrato,  fmche  gli  fu  concesso,  le 
sue  fatiche  e  le  piu  amorevoli  cure.  II  Veridico,  n.°  12,  facendone  un 
hen  meritato  elogio,  commendo  in  ispecial  maniera  una  bella  istituzione, 
di  cui  giovera  a'  nostri  lettori  1'  aver  giusta  contezza,  affinche  si  vegga 
da  quest'  uno  tra  i  molti  esempii,  che  si  potrebbero  recare,  qual  sia  il 
vero  clero  ed  il  popolo  romano. 

«  Egli  avea  istituito  due  pie  societa ,  1'  una  dei  Maccaronari  e  Passa- 
tori,  e  1'altra  degli  Infornatori  e  Impastatori.  Lo  scopo  delle  due  socie- 
ta si  fu  quello  del  mutuo  soccorso.  Con  una  settimanale  piccola  contri- 
buzione  di  ciascuno  degli  ascritti,  doveva  formarsi  una  cassa  per  soccor- 
rere  in  caso  d'infermita  i  socii.  II  buon  sacerdote  trovo  fra  gli  uomini  di 
quelle  classi  una  pronta  corrispondenza,  e  circa  seicento  diedero  il  loro 
Borne  a  quelle  sociela.  Daprincipio  le  contribuzioni  furono  alquanto  con- 
siderevoli :  ora  sono  ridotte  a  bai.  5  alia  settimana  per  ciascuno.  Dalle 
somme  riunite  si  trae  il  danaro,  non  solo  da  somministrare  agli  infermi , 
ma  a  quelli  ancora  che,  senza  loro  colpa,  si  trovano  privi  di  lavoro ;  e  da 
pagare  un  assegno  mensile  di  scudi  sei  a  quelli  che  fossero  resi  inabili  a 
lavorare. 

«  11  pio  sacerdote  non  si  contento  di  provvedere  solamente  gli  aiuti 
al  corpo;  ma  s'interesso  ancora,  e  molto  piu,  dello  spirito.  In  ogni  do- 
menica  si  riuniscono  gli  Aggregati  nella  chiesa  di  S.  Giorgio  in  Velabro, 
ove  attendono  a  pii  esercizii,  ascoltando  la  santa  Messa,  e  prendono  sti- 
molo  di  mantenere  sempre  vivo  lo  spirito  di  carita,  pel  quale  sonosi  riu- 
niti.  E  stabilita  fra  loro  la  correzione  fraterna,  particolarmente  ad  estir- 
pare  la  bestemmia.  Debbono  in  ogni  anno  presentare  un  attestato  della 
loro  condotta,  secondo  la  quale  si  da  luogo,  o  no,  ai  soccorsi  temporali.  E 
il  piu  consolante  e  che  tali  cose  non  sono  solo  scritte  nel  loro  Regola- 
mento,  ma  sono  con  puntualita  osservate.  Quando  poi  alcuno  di  essi  e 
passato  agli  eterni  riposi,  gli  Aggregati  stessi  ne  recano  il  cadavere  al 


102  CRONACA 

Cimitero ,  accornpagnandolo  con  torch! ,  e  recitando  preci  lungo  il  cam- 
jnino,  e  poi  nella  suddetta  chiesa  di  S.  Giorgio  gli  celebrano  i  funerali. 

«  E  cosi  che  martedi  15  Marzo  amrairammo,  in  mezzo  a  trecento  Ag- 
gregali  di  queste  due  societa,  e  fra  cento  e  piu  torchi,  recarsi  a  seppellire 
Ja  spoglia  del  sacerdote  Rivi  loro  fondatore.  Muoveva  le  lagrime  vedere 
la  pieta,  con  la  quale  incedevano  quegli  uomini,  e  la  devozione  onde  reci- 
tavano  le  preci  di  suffragio.  Quanto  piu  e  umile  questa  istituzione,  tanto 
piu  onora  il  sacerdote  che  1'ha  fondata:  e  onora  ancora  gli  Aggregati  che 
si  bene  hanno  corrisposto  alle  sue  pie  intenzioni.  Possano  queste  due  so- 
cieta servire  di  esempio  agli  altri  artigiani.  Oh  !  quanto  hello  sarehbe  il 
vedere  sorgere  di  tali  societa,  secondo  le  varie  arti  che  in  Roma  si  eser- 
citano!  Con  quanto  maggior  forza  potrebbero  i  Romani  rispondereai  loro 
neinici,  che  Roma  e  stata  ed  e  sempre  quella  singolare  citta,  ove  non  regna, 
no,  un  arido  spirito  di  malintesa  tilantropia,  ma  vi  arde  vigoroso  il  fuoco 
della  evangelica  carita,  tanto  piu  splendido  e  riscaldante,  quanto  meno 
alimentato  dalla  eterogenea  sostanza  deH'ambizione  e  della  millanteria !  » 

REGNO  DELLE  DUE  SICILIE  1.  Applicazione  della  legge  contro  il  brigantaggio; 
disfatta  di  piu  bande  —  2.  Processo  e  coudanua  dei  brigauli  catlurati  a 
Genova  sull' Aunts;  statistics  di  fucilatl  —  3.  Le  torture  d'un  sordomuto 
in  Sicilia  sono  accertate  —  4. 11  Municipio  di  Psapoli  fa  levare  le  imma- 
gini  sacre  dalle  vie. 

•  1.  Ai  nostri  lettori  sovverra  senza  dubbio  ,  che  un  paio  d'  anni  addie- 
tro  il  Governo  di  Torino  faceva  trombare  da'  suoi  diarii,  il  brigantaggio 
nel  Regno  essere  omai  sullo  spegnersi,  tanto  che,  tratto  esattissimo  no- 
yero  dei  banditi ,  che  ancora  davano  molestia  o  si  teneano  alia  posta 
nelle  selve  piu  inaccessibili ,  appena  se  ne  contavano  ancora  un  450; 
tutto  il  resto  de'Napolitani,  sentendosi  ognora  piu  beati  pei  nuovi  ordini 
fondati  dal  plebiscite,  si  struggeano  di  gratitudine  pel  Sovrano  regalato 
loro  dal  Liborio  Romano ,  dai  fedelissimi  Pianelli,  Nunziante  e  consorti, 
dal  Garibaldi,  dagli  Inglesi,  e  dal  non  intervento.  Vero  e  che  allora  si  pas- 
sava  subito  a  chiedere,  perche  dunque  fosse  d'  uopo  tenere  cola,  sempre 
in  armi  e  in  marcia,  non  meno  di  75,000  soldati?  Ma  a  questo  si  rispon- 
dea,  che  per  tenere  a  freno  i  pochi  incorreggibili  partigiani  deH'abbattuta 
dinastia ,  ed  impedire  gl'  intrighi  de'  preti.  Chi  non  era  pago  di  tali  ra- 
gioni,  tanto  peggio  per  lui. 

Tuttavia  pare  che  quei  450  briganti  o  avessero  la  facolta  sovranna- 
turale  di  moltiplicarsi,  come  i  naturalist!  sanno  di  certi  anelidi ,  di  cui 
ogni  tronco  diviene  un  individuo  ,  o  quella  piu  portentosa  di  risuscitare. 
Senza  di  che  sarebbe  assai  difficile  spiegare,  come  il  brigantaggio  du- 
rasse  cola  tanto  rigoglioso,  dopo  i  macelli  che  se  ne  fecero,  dopo  le  fuci- 
lazioni  quotidiane,  dopo  la  caccia  condotta  con  lanta  furia  contro  di  essi 
da  masnade  di  ungheri  e  di  volontarii ,  fino  a  richiedersi,  per  frenarlo, 
lo  Stato  d'assedio  in  15  province ,  e  le  sewie  della  legge  del  Pica.  Ma 


CONTEMPORANEA  103 

checche  sia  di  cio,  e  certo  che  la  nuova  legge  votata  nel  Gennaio,  da  man- 
tenersi  in  vigore  fino  a  tutto  Aprile,  ed  intesa  a  sterpare  i  briganti,  viene 
ora  applicata  con  tutta  severita,  anche  nella  parte  sua  piu  tirannesca,  cioe 
nella  facolta  di  sequestraree  mandare  a  confine,  dovechessia,  qualunque 
persona  denunziata  come  sospetta,  assegnandole,  sotto  norae  di  domicilio 
coatto,  un  vero  carcere.  Questo  provvedimento,  mantenuto  con  1'articolo 
9  di  questa  raffazzonatura  della  legge  del  Pica  ,  «  avea  destato  ,  dice  il 
Memorial  Diplomatique,  del  24  Febbraio,  1'  indignazione  universale ;  ma 
questa  esecrazione,  lo  diciamo  con  rammarico ,  non  impedi  il  Governo 
d'applicarne  la  forza  a  diciotto  province  dell' Italia  meridionale.  »  Di- 
fatto  un  decreto  reale  dell'  11  Febbraio  ,  controfirmato  dal  liberalissimo 
Peruzzi,  designo,  come  suggette  a  quel  provvedimento  da  Tartari ,  « le 
province  dell'Abruzzo  Citeriore,  dell'Abruzzo  Ulteriore  II,  di  Basilicata, 
di  Benevento ,  di  Calabria  Citeriore  ,  di  Calabria  Ulteriore  II ,  di  Calta- 
nissetta,  di  Capitanata,  di  Catania,  di  Girgenti,  di  Messina,  di  Molise,  di 
Napoli ,  di  Palermo  ,  di  Principato  Citeriore  ,  di  Principato  Ulteriore,  di 
Terra  di  Bari,  di  Terra  di  Lavoro,  di  Terra  d'Otranto,  di  Trapani.  » 

«  Cosi,  segue  a  dire  il  mentovato  periodico,  delle  ventidue  province 
che  si  coraprendeano  nell'  antico  Regno  delle  Due  Sicilie ,  diciotto  sono 
sottoposte  ad  una  legge,  che  ha  per  risultato  di  sospendere  ii  corso  ordi- 
nario  e  regolare  della  ginstizia ,  e  di  creare  un  vero  stato  d'  assedio.  In 
Yerita,  dopo  quattr'anni  di  leggi  eccezionali  e  di  provvedimenti  di  rigore 
spietatamente  eseguiti,  questo  nuovo  decreto  non  e  fatto  per  rassicurare 
1'opinione  pubblica  sopra  la  stabilita  del  regime  d'annessione  ». 

Yero  e  che  per  tali  mezzi  si  venne  a  capo  di  distruggere  piu  bande  di 
briganti,  condotte  da  capi,  che,  per  la  loro  audacia  disperata,  eransi  ren- 
duti  formidabili ,  e  pur  troppo  avean  gittato  terrore  grande  ne'  popoli  c 
•versato  di  molto  sangue.  11  famigerato  Caruso,  disfatto  in  piu  scontri  col- 
le  truppe,  ridotto  a  non  aver  piu  con  se  che  un  nove  o  dieci  compagni, 
riparo  in  una  masseria;  dove,  per  tradimento  di  sei  o  seite  de'suoi  stes- 
si  complici,  fu  sorpreso  da  un  forte  drappello  di  Guardia  nazionale,  ar- 
restato,  condotto  a  Benevento,  quivi  giudicato  sommariamente  e  fuci- 
lato.  La  stessa  fine  ebbe  poc'  anzi ,  presso  Avigliaoa,  il  nou  meno  fami- 
gerato Ninco  Nanco;  e  sorte  eguale  incolse  parecchi  altri  capi  di  bande, 
le  quali  davano  gran  molestia  a'cittadini  pacifici  del  paro  che  al  Governo. 

2.  Anche  i  quattro  briganti  che,  non  avendo  commesso  delitti  sul  ter- 
ritorio  romano  dov' eransi  rifugiati ,  aveano  ottenuto  un  passaporto  per 
riparare  in  Ispagna,  efurono  invece  catturati  a  Genova  suli'Atm&,  resti- 
tuiti  alia  Francia,  e  da  questa  consegnati  al  Governo  ,di  Torino,  sono  sul 
punto  di  scontare  le  loro  imprese  ed  i  loro  delitti.  Condotti  a  Santa  Ma- 
ria, giudicati  dalla  Corle  d'Assise,  sentenziati  rei  di  crimini  enormi  e  co- 
muni  dal  voto  de'Giurati,  furono,  alii  12  Marzo  condannati :  i  fratelli  Ci- 
priano  e  Giona  la  Gala  alia  pena  di  morte,  il  Domenico  Papa  alia  pena 
de'  lavori  forzati  a  vita,  ed  il  Giovanni  d'Avanzo  a  20  anni  di  lavori  for- 


104  CRONACA 

zati.  II  processo  ed  il  giudizio  fupubblico,  e  1'osservanza  delle  forme  le- 
gali  fu  bastevole ,  con  plena  liberta  ai  difensori  di  perorare  la  causa  de- 
gli  accusati. 

Non  cosi  avvenne  per  migliaia  d'altri  infelici,  che  barbaramente  furo- 
no  fucilati  negli  anni  scorsi,  per  ogni  menomo  indizio  d'  essere  complici 
de'  briganti,  o  per  aver  fatta  opposizione  alle  violenze  degli  usurpatori. 
U  Unitd  Cattolica  del  li  Febbraio  stampo  una  lettera,  speditale  dal  Re- 
gno ,  ed  in  cui  e  descritta  una  orribile  strage ,  corapiuta  nel  Luglio  del 
1861  a  Montecilfone,  la  quale  fa,  in  certo  senso,  piu  ribrezzo  ancora  che 
1'eccidio  di  Pontelandolfo.  Si  tratta  di  60  tra  sacerdoti,  gioyanetti  sui  20 
anni,  donne  e  fanciulle  ,  e  fin  yecchi  di  presso  a  70  anni ,  condotti  come 
pecore  in  due  soli  giorni,  ad  essere  fucilati,  i  piu  essendo  innocentissimi, 
perche  gli  autori  del  moto  reazionario  gia  eransi  salvati  con  la  fuga !  A. 
questo  documento  nissuno  oso  contrapporre  parola ,  che  ne  rivocasse  in 
dubbio  la  verita. 

3.  Ma  yi  sono  dei  fatti  che  mettono  anche  piu  orrore  in  ogni  animo 
bennato.  Altra  yolta  accennammo  le  atroci  torture,  inflitte  per  un  mese  di 
seguito ,  col  ferro  e  col  fuoco ,  ad  un  sordomuto ,  per  iscoprire  se  la  sua 
infermita  fosse  finta,  come  sutterfugio  per  iscampare  dalle 'cerne  militari. 
« Noi  abbiamo  lunga  pezza  esitato ,  leggesi  nel  Memorial  diplomatique 
del  17  passato  Gennaro,  ad  aggiustar  fede  agli  atti  crudeli  e  disumani, 
di  cui  erano  accusate  le  autori  ta  italiane  yerso  i  ricalcitranti  alia  leva 
nel  Regno  di  Napoli  ed  in  Sicilia  ;  considerandole  come  esagerazioni  pro- 
pagate dallo  spirito  di  parte.  Ma,  avendone  innanzi  il  racconto  stampato 
nei  diarii  italiani,  sotto  gli  occhi  della  Polizia  piemontese,  il  dubbio  non 
e  piu  permesso.  Un  fatto  principalmente,  tra  mille  altri,  dimostra  che  la 
Sicilia  non  ha  nulla  da  inyidiare  alia  Polonia,  sotto  il  riguardo  dell'  op- 
pressione  e  delle  atrocita  » .  Qui  il  Memorial  riferisce  yarii  passi  de'gior- 
nali  di  Palermo,  che  narrano  la  liberazione  del  sordomuto  dalla  carcere 
di  Castellamare,  dopo  che  fu  dichiarato  innocente  del  reato  per  cui  ebbe 
a  soffrire  quello  strazio ;  e  trascrive  dal  Precursdre  la  descrizione  di  quei 
supplizii,  e  dei  modi  tenuti  nell'applicargli  bottoni  di  fuoco.  Poi  dall'lp- 
pello  la  relazione  di  chi  scrisse :  «  Abbiam  yisitato  questa  povera  vit- 
tima,  in  compagnia  d'un  gran  numero  di  cittadini,  che  fremettero  di 
indignazione,  yedendo  e  toccando  con  mano  1'enorme  quantita  delle  ci- 
catrici,  che  ne  coprono  tutto  il  corpo,  e  svelano  chiaramente  il  gene- 
re  di  ferite  che  le  cagionarono  ». 

II  siciliano  Morvillo,  che  primo  denunzio  per  le  stampe  al  mondo  civile 
cotali  infamie ,  per  levare  ai  partigiani  dell'  usurpazione  ogni  pretesto  di 
scusarsi  o  di  attribuire  tutto  cio  a  calunnie,  diviso  di  tenere  una  raunata, 
in  cui  fosse  ammesso  il  popolo,  e  si  esponesse  alia  pubblica  vista  quel 
misero  corpo.  La  Polizia  se  ne  sgomento ,  e  temette  di  vedere  una  clas- 
sica  imitazione  di  cio  che  avvenne  a  Roma,  quando  Antonio  scopri  il  cor- 
po di  Cesare ,  e  pose  in  vista  di  tutti  le  sue  vestimenta  squarciate  dai 


CONTEMPORANEA 

pugnali  ed  intrise  di  sangue ;  e  corse  pronta  al  riparo.  La  raunanza  era 
plena,  il  sordomuto  Capello  stava  per  salire  ignudo  sul  palco  destina- 
togli ,  quando  la  Polizia,  con  le  minacce  e  la  forza ,  disperse  e  caccio 
via  tutti.  E  cosi ,  per  indiretto ,  confermo  essa  medesima  cio  che  volea 
si  tenesse  segreto;  poiche  se  il  Capello  non  ayesse  avuto  sulla  persona 
quei  segni  accusatori,  perche  impedire  con  tanto  sfarzo  che  si  raostrasse? 

4.  Sul  fmire  del  passato  anno,  in  Napoli,  tm  ribaldaccio,  di  quei  non 
pochi  a  cui  la  divisa  di  Guardia  nazionale  serve  di  scudo  contro  la  giu- 
stizia  che  dovrebbe  cacciarli  in  galera ,  stava  giuocando  alia  disperata 
in  un  Corpo  di  Guardia.  Perdette,  infurio,  diede  in  ismanie  da  pazzo ;  e, 
non  sapendo  con  chi  sfogarsi  a  man  salva,  se  la  prese  contro  una  divota 
imraagine  della  Yergine  Santissima  ,  assai  venerata  dal  popolo  di  quei 
quartiere,  ed  a  colpi  di  daga  tutta  1'ebbe  guasta  e  sfregiata,  senza  che  ve- 
runo  de'  suoi  compagni  il  trattenesse.  II  popolo  comincio  a  risentirsene. 
I  settarii  ne  colsero  pretesto  a  dire  che,  per  cessare  tutti  i  guai  ed  impe- 
dire scandali,  si  dovessero  rimovere  dalla  vista  del  pubblico  tutte  quelle 
statue  ed  immagini  sacre,  onde  sono  adorne  le  facciate  delle  case  e  le 
vie  della  citta.  Una  petizione  fu  percio  stesa  e  spedita  dalla  schiuma  de- 
gli  scredenti  al  Municipio.  Questo  1'  accolse  a  favore,  e  delibero  che  cosi 
fosse  fatto,  ne  bandi  1'ordine,  e  lo  mando  intimare  ai  proprietarii  delle 
case.  Indarno  questi  cercarono  di  schermirsene,  indarno  Monsig.Tipaldi, 
Vicario  Capitolare,  supplico  i  moderni  iconodasti  di  desistere  daU'empio 
attentato.  Si  persistette  nel  proposito ,  e  molte  di  quelle  venerande  im- 
magini furono  rimosse.  La  plebe  minacciava  di  prorompere  a  tumulto ;  e 
vi  si  rimedio  con  far  di  notte  la  brutta  impresa. 

Ne  si  puo  dire  che  queste  siano  o  cose  necessarie  per  1'ordine  pubblico 
o  richieste  dalle  convenienze  sacre,  o  imposte  dalla  necessita  di  satisfare 
ai  capricci  d'  nna  plebe  imbestialita.  Di  che  vogliamo  citare  un  testimo- 
nio  per  niente  sospetto, 

La  Campana  di  San  Martina,  giornale  piu  che  rivoluzionario  di  Na- 
poli, entrando  a  parlare  di  questo  fatto,  strappa  dal  volto  ai  modem! 
iconodasti  la  maschera  d'  ipocrisia  di  che  si  coprono,  e  flagella  egregia- 
raente  la  villa  di  quei  Municipio,  che,  senza  esservi  astretto  dal  Gover- 
no,  per  compiacere  a  pochi  tristi,  insulta  alia  pieta  di  tutto  il  popolo, 
Ecco  le  sue  parole:  «  Noi  non  entriamo  niente  affatto  nel  merito  della 
disposizione,  provocata  ed  applaudita  dal  Pungolo  e  compagni,  stigma- 
tizzata  dal  Monitore  e  socii.  Noi  dimostriamo  che  il  Governo  ha  torto 
nelle  ragioni  che  adduce  per  giustificare  1'opera  sua:  se  avesse  delto  stat 
pro  ratione  wlnntas,  come  dice  allorche  deporta,  allorche  fucila,  allorche 
tortura,  meno  vi  si  sarebbe  potuto  trovare  a  ridire.  Ma  dire  che  si  tol- 
gono  le  immagini  dalle  cantonate  in  omaggio  alia  pubblica  opinione ,  e 
una  menzogna;  e  noi  sentiamo  il  debito  di  smascherare  i  mentitori.  La 
menzogna  e  1'  ipocrisia  sono  il  fondamento  del  sistema  onde  oggi  e  go- 


106  CRONACA 

vernata  1'  Italia ;  e  noi  ascriviamo  a  nostro  debito,  a  nosira  gloria,  la 
smascherare  e  lo  smentire  gl'  ipocriti  e  i  bugiardi. 

«  La  pubblica  opinione  in  Napoli ,  in  questa  che  fu  delta  la  seconda 
Madrid,  il  paese  piii  cattolico,  piii  ortodosso,  piu  bigotto  ancora  di  Eu- 
ropa,  ba  fatto  pressione  aU'Autorita  per  far  togliere  le  immagini?...  An- 
date  la !  Voi  non  sapete  quel  che  vi  dite !  Volete  vederla  la  pubblica  opi- 
nione, circa  i  Santi  e  le  Madonne?  Percorrete  tutte  le  vie  di  Napoli,  tut- 
te,  nessuna  eccetttiata;  guardate  in  tutte  le  botteghe,  in  tutti  i  magazzini, 
in  tutte  le  abitazioni  a  pianterreno :  in  ognuna  voi  vedrete  certamente, 
indubitatamente,  un  quadro,  una  incisione,  una  litografia  rappresentante 
una  Madonna  o  un  Santo  qualunque,  spesso  piu  d'uno,  con  una  lampada 
accesa  sempre  dinanzi,  e  spesso  con  dei  cerei  ancora,  nei  giorni  sacri  a 
quel  Santo.  Andate  poi  per  tutte  le  abitazioni,  anche  di  qtielli  che  non  ci 
credono,  che  non  cipensano,  e  voi  troverete  statue  della  Madonna  Addo- 
lorata  o  dell' Immacolata,  entro  tabernacoletti  di  cristallo,  e  poi  Cristi  e 
Santi  appesi  per  le  mura.  Gli  uomini  delle  famiglie,  anche  quando  fanno 
una  spiritosa  professione  di  ateismo,  vi  dicono  che  tengonoquei  simulacri, 
per  Yoechio  del  mondo,  per  non  dare  scandalo  aifigliuoli,  alle  moyli,  ecc. » 

II. 

COSE  STRANIERE. 

A LEM A GNAE  DANIMARCA  1.  Note  della  Danimarca  per  chiedere  1'intervento 
armato  delle  Potenze—  2.  Risposta  indirelta  del  Gablnetto  inglese;  sue 
pratiche  per  rimettere  il  negozio  ad  una  Conferenza  diplomatica  —  3. 
Conferenze  tra  i  rappresentanti  clegli  Stati  secondarii  aleiflanni  a  Wtirtz- 
bourg  —  4.  Deputazioni  dei  Dncati  a  ^7ienna  ed  a  Berlino  —  5.  Invasio- 
ne  del-Jutland;  gli  Austriaci  investono  Fredericia  —  6.  Assedio  di  Diip- 
pel  condotto  dai  Prussian!  —  7.  Nota  collettiva  dell'Austria  e  della  Prus- 
sia alle  Potenze,  circa  il  loro  intento  verso  la  Danimarca—  8.  Proposte 
fatte  alia  Dieta  di  Francfort  da  varie  Potenze  alemanne  —  9.  Morte  di 
Massimiliano  II  re  di  Baviera ;  avvenimento  cli  Lulgi  II. 

1.  II  Governo  danese,  con  la  pertinacia  sua  nel  rifiuto  di  far  ragione  ai 
richiami  della  Dieta  di  Francfort,  che  sulle  prime  esigeva  solo  1'adempi- 
mento  dei  patti  stipulati  a  Londra  nel  1852,  si  trasse  addosso,  non  solo 
le  intern peranze  del  National  Verein,  che  vuole  1'assoluta  separazione 
dei  Ducati  dalla  Danimarca,  ma  si  ancora  la  forza  degli  eserciti  alleati 
d'Austria  e  di  Prussia.  Queste  Potenze,  che  certo  prima  d'  impegnarsi  in 
tal  conflitto  armato  ebbero  a  maturarne  ben  bene  i  pericoli  e  le  conve- 
nienze,  non  vorranno  sicuramente  smettere  nulla  delle  loro  pretensioni, 
e  vorranno  per  di  piu  farsi  compensare  le  spese  della  guerra,  ed  il  sangue 
versato.  Forse  dall'una  e  dall'altra  parte  si  sbagliarono  i  conti.  La  Da- 
nimarca forse  faceva  assegnamento  sopra  gli  aiuti  di  Francia,  Inghilter- 
ra  e  Svezia ;  e  le  Potenze  Germaniche  forse  si  ripromettevano  di  poter 


CONTEMPORANEA  107 

con  im  colpo  repentino  e  gagliardo  prostrare  1'esercito  danese,  tagliargli 
almeno  la  ritirata  nella  Danimarca ;  e  cosi  finirla  d'un  tratto. 

Gia  vedemmo  come  e  perche  andassero  falliti  i  disegni  di  Wrangel, 
che  non  avendo  fatto  giungere  in  tempo  i  suoi  Prussian!  alle  spalle  det 
Danesi ,  sulla  via  da  Diippel  al  Dannewerk,  rendette  infruttuoso  il  va- 
lore  degli  Austriaci  nell'attacco  di  fronte,  e  si  trovo  impegnato  a  con- 
durre  un  lungo,  dispendioso  e  micidiale  assedio,  durante  una  stagione  al 
tutto  impropria  a  tali  imprese.  La  Danimarca  cerco  a  gran  voci  gli  spe- 
rati  aiuti ,  e  spedi,  alii  5  di  Febbraio,  una  Nota  alia  Francia,  all'  Inghil- 
terra ,  alia  Russia  ed  alia  Svezia ,  per  chieder  loro  formalmente  1'  inter- 
posizione  delle  loro  armi  a  suo  favore,  dandone  per  motivo  e  titolo  di 
diritto  i  trattati  del  1720  e  del  1727.  Quali  risposte  ne  abbia  avute,  a 
noi  non  consta;  ma  abbiam  ragione  di  supporre  che  non  fossero  al  tutto 
favorevoli ,  si  perche  finora  non  si  mosse  ne  un  soldato  ne  un  burchiello 
per  portarle  soccorso ;  e  si  perche  i  giornali  del  Reno  parlano  d'  un'altra 
Nota  danese,  spedita  I'll  di  Febbraio,  per  lo  stesso  intento  ,  ai  meuto- 
vati  Gabinetti ,  ma  fondata  sul  loro  dovere  di  far  rispettare  i  irattati 
del  1852.  Ma  e  chiaro  che  a  queste  nuove  istanze  si  puo  rispondere, 
che  avendo  la  Danimarca  stessa  lacerato  quei  trattati  col  modificare  le 
condizioni  dell'Holstein  ed  i  suoi  rapporti  con  lo  Schleswig,  ne  ha  infer- 
mato  la  forza  ed  attenuate  il  diritto,  anche  per  cio  che  sta  in  suo  favore. 

2.  Sembra  certo  per  altra  parte  ,  che  la  Francia  siasi  mostrata  pochis- 
simodisposta  ad  impacciarsi  di  tal  negozio  ,  se  prirua  1'Inghilterra  HOD 
ne  avesse  ben  definite  le  condizioni ;  e  che  per  giunta ,  come  leggesi  n«l 
Memorial  Diplomatique  del  21  Febbraio  pag.  117  ,  essa  ahbia  espresso 
gravi  dubbii  sul  valore  del  titoli  allegati,  cioe  delle  stipulazioni  del  1720 
e  del  1727  ,  le  quali  riguardano  un  ordine  di  cose  che  non  esiste  piu,  o 
che  possono  avere  svariatissime  interpretazioni.  Quanto  all'Inghilterra, 
si  ha  per  indiretto  qualche  notizia  della  sua  risposta  ,  in  quanto  Lord 
Russell  dichiaro  nella  Camera  dei  Lords  ,  che  le  nuove  congiunture  si 
diversificano  troppo  da  quelle  del  1848  ,  nelle  quali  1'  Inghilterra  avea 
creduto  di  dover  riaffermare  il  vigore  del  trattato  del  1720,  e  le  guaren- 
tigie  per  essi  assunte  a  favore  della  Danimarca.  Onde  conchiuse  che  , 
attese  le  favorevoli  disposizioni  ognora  manifestate  dall'  Austria  e  dalia 
Prussia  circa  1'  integrita  del  reame  danese  ,  si  doveano  tentare  tutte  le 
vie  di  pratiche  diplomatiche ,  prima  di  dare  un  passo  ,  onde  il  Governo 
brittannico  si  trovasse  vincolato  a  prendere  un  contegno  ostile  contro 
TAlemagna. 

Consimile  nella  forma,  identica  nel  concetto,  benche  diversa  nelle  pa- 
role, fu  la  dichiarazione  di  Palmerston  alia  stessa  Camera ,  nella  tornata 
del  25  Febbraio  ;  quando,  annunziata  1'adesione  delle  due  grandi  Poten- 
ze  alemanne  alle  diseguate  conferenze,  anche  quando  non  si  consentisse 
ad  un  armistizio,  prese  a  dimostrare  che  le  presenti  condizioni  non  ban- 
no  venm  riscontro  con  quelle  del  1720 ,  e  che  percio  sopra  quel  trattato 


108  CRONACA 

non  era  da  fondare  verun  diritto  di  mescolarsi  in  un  interyento  armato , 
se  pure  gl'interessi  brittanici  non  lo.esigessero  per  altre  ragioni. 

Laonde  e  chiaro  che  tutti  gli  studii  del  Gabinetto  di  Londra  sono  volti, 
malgrado  della  raunata  e  dell'  armamento  delle  sue  squadre  nayali ,  a  ri- 
solverc  la  quistione  per  Irattati  diplomatici.  Difatto  J'Europa  fu  tempe- 
stata  di  dispacci  a  tal  fine ,  adoperandosi  da  Russell  tulta  la  yersatilita 
sua  propria  per  arreticare  la  Francia  ;  la  quale  si  schermisce  da  tanta 
cortesia  con  dire,  che  non  yuole  impegnarsi ,  se  prima  1'  Inghilterra  non 
abbia  assicurato  1'  assenso  delle  parti  contendenti ;  e  queste  mettono  in 
campo  pretensioni  opposte ,  si  che  quando  1'una  allenta  e  1'altra  stringe. 
L'lnghil terra  fece  gran  pressura  a  Copenhagen  perche  s'  accettassero  le 
Conferenze  o  con  Yarmistizio  e  lo  statu  quo  militare,  o  senz'armistio  ma 
con  le  debite  riserve ;  ma  non  e  ben  certo  ancora  che  ne  yenisse  a  capo, 
benche  a  "Vienna  ed  a  Berlino,  come  yedremo  piii  solto,  yi  si  consentis- 
se  cortesemente. 

3.  Ben  venne  fatto  allaBaviera  di  raccogliere  a  Wiirtzbourg  i  rappre- 
sentanti  dell'  Hannoyer,  della  Sassonia,  del  Wiirtemberg,  dei  Gran  Du- 
cati  di  Baden,  di  Assia-Darmstadt,  di  Sassonia-Weimar,  e  dei  Ducati  di 
Nassau,  Sassonia-Meiningen,  e  Sassonia-Coburgo-Gotha,  per  farli  risol- 
vere  a  dichiararsi,  apertamente  e  tutti  insieme,  pel  riconoscimento  del 
Principe  di  Augustembourg  come  Duca  dell'  Holstein  e  membro  della 
Confederazione  germanica ;  e  cosi  bandire  la  separazione  di  questo  Du- 
cato  dalla  Danimarca.  Ma  dal  raccogliersi  al  conchiudere  qualche  cosa, 
passa  gran  tratto.  Gia  il  Conte  Rechberg,  parlando  nel  Reichsralh  di 
Vienna  ii  1.°  di  Febbraio,  aveva  fatto  notare  che  la  pluralita  dei  suffragi 
nella  Dieta  di  Francfort  e  ben  lontana  dal  rappresentare  la  pluralita  nu- 
merica  dell'Alemagna,  sicche  la  pluralita  ora  prevalente,  pel  numero 
delle  voci  in  tal  quistione,  in  realta  non  rappresenta  che  un  quinto  della 
popolazione  tedesca;  mentre  i  contrarii,  cioe  1'Austria  e  la  Prussia,  ban- 
no  seco  gli  altri  quattro  quinti.  Or  come  pensare  che  queste  grandi  Po- 
tenze  si  lascerebbero  trarre  a  rimorchio  da  quelle  tanto  minori  di  forza 
interna  e  d' influenza  europea? 

A  far  yiemeglio  penetrare  la  forza  di  quest'argomento,  il  Conte  Rech- 
berg, alii  13  di  Febbraio,  spedi  a'  suoi  rappresentanti  presso  gli  Stati 
tedeschi  una  Circolare,  riferita  nel  Debats  del  23  Febbraio,  con  la  quale 
pose  bene  in  chiaro  i  propositi  dell' Austria.  Riconobbe,  e  yero,  che  i 
Trattati  del  1852  non  obbligano  la  Confederazione  Germanica ;  ma  1'am- 
moni  che  badasse  prima  di  yotare  sopra  le  proposte  della  Commissione, 
deputata  ad  esaminare  la  quistione  della  successione  nell' Holstein:  di- 
cendo :  «  tal  decisione  non  farebbe  progredire  d'un  passo  il  risolvimento 
del  litigio  ».  E  dimostra  inutile  separare  la  quistione  della  successione 
da  quella  sopra  i  Trattati.  E  ribadi  poco  appresso  che  la  dichiarazione, 
da  parte  della  Dieta,  di  accettare  le  proposte,  da  noi  altrove  riferite,  del 
rappresentante  bayaro,  sig.  Yon  der  Pfordten,  «  non  cangierebbe  aflfatto 


CONTEMPORANEA  109 

milla  nelle  condizioni  delle  cose.  »  II  che  era  un  dire :  cianciate,  noi 
faremo. 

Questo  fa  come  uno  spegnitoio  su  quelle  fiamme,  che  fu  ricalcato  per 
mdiretto  dal  Gabinetto  di  Berlino.  Veduto  che  col  venire  a  risoluzioni 
conformi  alle  idee  vagheggiate  dalla  Baviera  e  dalla  Sassonia-Coburgo- 
Gotha,  si  imprenderebbe  una  lotta  contro  le  grandi  Potenze  alemanne,  cer- 
to  inopportuna,  probabilmente  infelicissima,  che  tornerebbe  solo  a  vantag- 
gio  dei  nemici  della  Confederazione,  1'adunanza  di  Wiirtzbourg  fece  senno. 
II  partito  del  sig.  di  Roggenbach  ,  rapprescntante  pel  Ducato  di  Baden, 
che  spingeva  le  cose  all'estremo,  fu  scartato.  Egli,  Ministro  degli  affari 
esterni  di  quel  piccolo  Stato,  chiedeva  niente  meno,  come  vedesi  nel 
Memorial  diplomatique  del  28  Febbraio,  pag.  133,  che  questo  poco:  si 
levassero  in  arme  tutti  gli  uomini  atti  a  portarle ;  si  convocassero  le  Die- 
te  degli  Stati  rappresentati  alle  Conferenze  di  Wiirtzbourg ;  queste  no- 
minassero  loro  Delegati ;  ed  i  Delegati  si  adunassero  in  Dieta  collettiva, 
la  quale  istituisse  un  Direttorio.  Cosi  sorgerebbe  una  Dieta  separatista 
e  contrapposta  a  quella  di  Francfort.  II  sig.  De  Beust  fu  piii  temperato, 
e  si  contento  di  far  dichiarare,  che  non  si  tenesse  per  valido  verun  as- 
setto  della  quistione  dano-tedesca,  senza  il  consenso  della  Dieta  di  Franc- 
fort.  Con  questo  si  usci  da  quel  ginepraio,  e  certe  ambizioni  eccessive 
andarono  deluse. 

4.  Ne  punto  piu  felice  fu  il  risultato  di  un'  altra  macchina  mossa  in  fa- 
yore  del  Duca  d' Augustembourg  da'  suoi  partigiani  d'alta  e  bassa  sfe- 
ra.  Si  fecero  partire  deputazioni,  scelte  da'  Municipii  dei  Ducati  dello 
Schleswig  e  dell'Holstein,  alia  volta  di  Berlino  e  di  Vienna.  Accolte  dal- 
F  Imperatore  e  dal  Re  Guglielmo  I  assai  cortesemente,  esposero  il  yoto 
dei  popoli  di  essere  al  tutto  francati  dalla  dominazione  danese  e  congiun- 
ti  col  yincolo  federale,  sotto  lo  scettro  dell'Augustembourg,  ai  loro  fra- 
telli  d'Alemagna,  con  i  quali  hanno  tanta  comunanza  di  costumi,  di  lin- 
gua, di  tradizioni  e  d'interessi.  In  ambedue  le  Corti  ebbero  presso  a  poco 
la  stessa  risposta ;  cioe  assicurazioni  che  si  farebbe  di  tutto  per  appagare 
i  legittimi  desiderii  di  quei  popoli ,  in  quanto  i  doveri  contratti  yerso  le 
Potenze  europee,  le  ragioni  politiche  ed  i  dettati  di  giustizia  potrebbero 
eonsentire. 

E  questo  doveasi  preyedere,  quando  1'Austria  e  la  Prussia  erano  si  po- 
eo  inchinate  a  quel  partito,  che ,  per  troncarne  le  speranze,  ayeano  fatto 
proporre  alia  Dieta  di  Francfort,  che  s'  invitasse  il  Duca  d' Augustem- 
bourg ad  uscire  dall'  Holstein ,  dove  la  sua  presenza  rinfocava  un'  agita- 
zione  inutile  e  pericolosa.  La  Dieta,  dove  allora  si  mulinavano  le  idee  da 
svolgersi  a  Wiirtzbourg,  respinse  quella  proposta ;  ma  non  era  questo  il 
modo  d'  impegnar  1'Austria  e  la  Prussia  a  cangiar  parere  ed  intento. 

5.  Di  che  diedero  saggio  manifesto  anche  verso  la  Danimarca.  Questa 
levo  gran  rumore,  percheuna  schiera  prussiana,  tratta  innanzi  da  un  coz- 
zo  di  cavalleria,  s'  impadroni  di  Kolding,  posta  al  di  la  delle  frontiere 


110  CRONACA 

dello  Schleswig,  e  sul  terreno  della  Danimarca  propriamente  delta.  Si 
giudico  che  ciovalesse  quanto  uno  sconfinare  Ja  quistione  oltre  i  limiti,  in 
cui  Taveano  stretta  Je  dichiarazioni  diplomatiche  dell'Austria  e  della  Prus- 
sia ;  e  cosi  parve  anche  a  Vienna,  dove  quel  fatto  di  Wrangel  fu  male 
accetto,  e  si  tratto  di  esigere  da  Berlino  che  quell' alto  fosse  disconfes- 
sato  e  tolto  con  un  contrordine.  Ma  la  Prussia  spedi  a  Vienna  il  Generale 
Manteuffel:  e  le  spiegazioni  date  sotto  il  risguardo  strategico  e  militare 
giustificarono  talmente  quell'apparente  eccesso  di  arbitrio  di  Wrangel, 
che  1'  Austria  non  pure  se  ne  appago,  ma  si  pose  in  pieno  accordo  con. 
la  Prussia,  circa  lo  spingere  1' invasions  quanto  occorresse  nell'interno 
dello  Jutland.  In  conseguenza  di  che  gli  Austriaci  dello  Schleswig  mos- 
sero  verso  il  Weile,  vi  batterono  i  Danesi,  li  costrinsero  a  riparare  in 
Fredericia,  la  quale  investirono  d'assedio.  Cio  fu  fatto  si  per  togliere  ai 
Danesi  la  possibilita  d'  un  attacco  di  fianco  sopra  i  Prussiani  innanzi  a 
Diippel ,  e  si  per  distrarre  il  nemico  dal  concentrare  le  sue  forze  in  Diip- 
pel  stessa  enell'  isola  d'Alsen,  assalendolo  in  altro  punto  assai  importante. 

6.  I  Prussiani  attesero  di  fatto  a  scavar  trincere,  ed  alzar  batterie  for- 
midabili,  che  poi  munirono  d'un  numero  tragrande  di  mortai  da  bombe 
e  di  artiglierie  rigate  di  grosso  calibro;  con  le  quali  gia  presero  a  bom- 
bardare  i  forti  di  Diippel,  come  gli  Austriaci  la  citta  di  Fredericia.  Ma 
gli  assedii,  con  la  stagione  si  infesta  e  in  mezzo  alle  nevi,  procedono  len- 
tamente  ,  ed  i  Danesi ,  che  tutto  sperano  dal  tempo,  resistono  gagliarda- 
mente.  II  Monrad,  ed  il  re  stesso  Cristiano  IX,  impegnaron  la  loro  paro- 
la,  che  spingerebbero  la  difesa  fino  agli  estremi  limiti.  Una  piccola  squa- 
dra  navale  danese,  ben  armata,  si  affronto  presso  a  Stralsund,  con  due 
fregale  prussiane  aftiancate  da  piii  cannoniere;  e  pare  che  yincesseroi 
Danesi,  poiche  i  Prussiani,  allegando  il  difelto  di  munizioni  ed  i  rinforzi 
grandi  ricevuti  dal  nemico,  si  ritirarono  non  senza  rilevanti  avarie,  ben- 
che  con  poca  perdita  di  gente. 

7.  Coll'  invasione  ed  occupazione  dello  Jutland,  e  coll'  assedio  di  Fre- 
dericia, sono  forse  cangiati  i  disegni  deU'Austria  e  della  Prussia?  Sono 
forse  perdute  le  speranze  di  componimento  per  via  delle  Conferenze  cal- 
deggiate  dall' Inghilterra?  Sembra  al  tutto  che  si  debba  rispondere  di 
no.  Imperocche  avendo  quell'  invasione  destato  diffidenze  e  timori  a  Lon- 
dra,  i  Gabinetti  di  Vienna  e  di  Berlino  si  affrettarono  di  spedire  cola,  co- 
me a  Parigi ,  a  Pietroburgo  ed  a  Stockolm  ,  uua  Nota  collettiva  ed  iden- 
tica  in  data  del  7  Marzo,  del  tenore  seguente: 

«  II  Governo  (austriaco  o  pmssiano)  avea  sperato,  che  il  Governo  da- 
nese avrebbe  mostrato  disposizioni  piu  concilianti.  In  questo  caso  le  due 
grandi  Potenze  alemanne  si  sarebbero  affrettate  di  sospendere  la  loro 
azione  militare,  e  di  entrare  in  negoziati.  Ma  con  dispiacere  abbiamo  a 
porre  in  sodo,  che  le  nostre  speranze  sono  rimaste  deluse.  L'aititudine 
della  Corte  di  Copenaghen,  il  suo  rifiuto  di  prender  parte  alle  conferenze 


CONTEMPORANEA  111 

proposte  dall' Inghilterra,  c'impongono  il  dovere  di  mantenere  le  raisure 
eoercitive,  alle  quali  abbiamo  avuto  ricorso. 

«  Important!  considerazioni  strategiche  hanno  giustificato  1*  autorizza- 
zione  data  al  comandante  supremo  delle  truppe  austro-prussiane ,  di  en- 
trare  nello  Jutland  per  cuoprire  la  posizioue  delle  sue  truppe ,  e  tenere 
in  iscacco  i  Danesi  riuniti  a  Fredericia ,  impedendo  loro  di  minacciare  i 
lianchi  dell'armata,  o  di  destinare  tutte  le  loro  forze  alia  difesa  delle  linee 
di  Diippel. 

«  Le  due  Potenze  tanto  meno  hanno  esitato  a  permetterc  questo  movi- 
mento  strategico,  in  quanto  esse  erano  mosse  ad  usare  rappresaglie  ver- 
so il  Governo  danese,che  ha  dato  ordine  di  catturare  le  navi  in  mare,  ap- 
partenenti  agli  Stati  belligeranti,e  quelle  di  tutti  gli  Stall  della  Confede- 
razione.  Tultavia  1'  estensione  data  alle  operazioni  militari  nulla  cangia 

alle  anteriori  dichiarazioni  del  Governo .  relativamente  al  suo  intea- 

dimento  nel  conflitto  presente. 

«  Per  provare  viepiu  ancora  che  le  sue  disposizioni  concilianti  sono- 

sincere,  e  che  le  sue  intenzioni  sono  le  stesse,  il  Governo si  dichiara 

pronto  a  conchiudere  un  armistizio  colla  Danimarca  ,  sia  sulle  basi  dcl- 
I'evacuazione  di  Diippel  e  diAlsen  per  parle  delle  truppe  danesi,  e  dello 
Jutland  per  parle  dell'armata  austro-prussiana,  sia  sulla  base  dell'ufo'  pos- 

sidetis  militare.  Ma  nell'uno  e  nell'altro  caso  il  Governo pone  la  con- 

dizione,che  la  cessazione  delle  ostilita  sul  mare  sara  compresa  neirarrni- 
stizio,  e  che  le  prede  reciproche  saranno  restituite  da  una  parte  e  dall'al- 
tra,  e  che  sara  tollo  Y embargo  messo  sui  vascelli  nei  porti.  II  Governo.... 
si  dichiara  pronto  nel  tempo  medesimo  ad  entrare  in  conferenze  colle  Po- 
tenze inleressate,  per  discutere  i  mezzi  proprii  a  ristabilire  la  pace  ». 

Quale  accoglienza  abbiano  trovale  queste  dichiarazioni  a  Londra ,  ii- 
nora  non  si  sa  per  documenli  ufficiali,  ma  i  diarii  dicono  che  piacquero 
assai ;  ed  il  Fremdemblatt  dice  che  Lord  Russell ,  dopo  aver  preso  noti- 
zia  del  documento  Irasmessogli,  avrebbe  loslo  dichiarato  ch'esso  lo  sod- 
disfaceva  altamente  e  per  la  forma  e  per  la  sostanza ;  che  riconosceva 
senza  riserbo  lo  spirito  conciliativo  delle  Polenze  tedesche  e  il  disinte- 
resse  de1  molivi  della  loro  azione  contro  la  Danimarca  ;  e  che  il  Gabi- 
netto  inglese  non  poteva  se  non  essere  grato  ai  Gabinetti  di  Vienna  e  di 
Berlino,  se  essi,  come  ora  fecero,  si  mostrano  del  tutto  propensi  alia  pro- 
posta  dell'armistizio  e  della  conferenza.  In  tali  congiunture,  r  Inghilterra 
potra  soltanto  deplorare  che  la  Danimarca  persista  ancora  a  non  voler 
cedere,  e  costringa  cosi  le  Potenze  tedesche  a  spiegare  appieno  tutti  i 
mezzi  coattivi  di  cui  possono  disporre.  Questa  dichiarazione  di  Lord  Rus- 
sell sarebbe  stata  losto  annanziata  a  Vienna  ed  a  Berlino. 

8.  Questo  contegno  delle  grandi  Potenze  ,  inchinato  adaccellare  ono- 
revole  componimento,  dovette  dar  lume  alia  Diela  di  Francfort,la  quale, 
alii  10  Marzo,  ebbe  a  cominciare  la  discussione  di  cinque  rilevantissinie 
proposte,  che  qui  accenneremo,  riserbandoci  a  parlarne  altra  volta,  qua- 


112  CRONACA 

lora  alcima  di  esse  fosse  sancita.  La  prima  ,  fatta  dall'  Austria  e  dalla 
Prussia,  consisteva  nel  chiedere  alia  Dieta  che  le  truppe  federali  del- 
1'Holstein  fossero  poste  sotto  gli  ordini  del  comandante  supremo  Wran- 
gel ;  onde  cosi  e  levar  cagioni  a  dissidii ,  e  mostrare  che  la  Dieta  non 
rinunzia  a  partecipare  ai  fatti  dell'  Austria  e  della  Prussia  verso  la  Dani- 
marca.  La  seconda  fu  messa  in  campo  dalla  Baviera  ,  dal  Baden  e  dal 
Brans wich,  e  per  essa  voleasi  che  invece  si  accrescessero  le  truppe  fede- 
rali nell'  Holstein  ,  pigliandole  esclusivamente  dagli  Stati  secondarii ;  il 
che  era  per  filo  contro  le  mire  della  proposta  austro-prussiana.  La  terza, 
combinata  fra  la  Bayiera  ed  il  Wiirtemberg,  chiedeva  che  si  conyocasse 
la  Dieta  dcll'Holstein;  il  che  yaleya  quanto  far  proclamare  solennemente 
il  Ducad'Augustembourg,  e  dargli  l'Holstein  in  pieno  possesso.  La  quarta 
era  dell'Assia-Darmstadt,  che  studiayasi  di  conciliare  le  pretension!  delle 
due  prime,  ed  in  certo  modo  appianare  la  yia  all'accordo  della  Dieta  col- 
le  due  grandi  Potenze  in  tal  questione.  La  Dieta  ,  sapendo  bene  che  i 
fatti  spesso  dan  lume  al  consiglio,  e  che  percio  yuolsi  guadagnar  tempo, 
indugio  le  discussioni,  e  finora  nulla  yenne  risoluto. 

9.  «  Ma  ecco  che  a  spianare  tali  dissensi  interyiene  ,  scrisse  il  Debats 
alii  10  Marzo ,  una  Potenza  superiore  ,  con  la  quale  i  padroni  della  poli- 
tica  umana  non  amano  di  trattare ;  e  che  ,  per  colpi  impreveduti ,  scon- 
yolge  ad  ogni  istante ,  in  cui  le  piace ,  tutto  1'  andamento  delle  mondane 
yicende.  Alii  9  Marzo  il  Re  di  Bayiera,  che  era  1'  anima  della  lega  del 
piccoli  Stati  alemanni,  fu  colpito  di  male  subitaneo  ,  ed  oggi  la  sua  yita 
e  in  pericolo.  »  Ci  piace  questo  riconoscere  I'intervento  della  Provviden- 
za  a  dispetto  di  tutti  i  non  interventi,  decretati  dalla  diplomazia  e  dalla 
forza  dei  piu  potenti  in  baionette  e  cannoni!  Senza  alcuna  idea  d'istituire 
un  confronto,  yorremmo  tuttayia  chiedere  al  Debats  perche  siasi  ricor- 
dato  della  Potenza  superiore  nel  caso  di  Massimiliano  II ,  e  non  Y  abbia 
riconosciuta  in  quello  del  Conte  di  Cayour,  tolto  di  yita  allora  appunto, 
quando,  per  confessione  de'  suoi  complici  ed  anche  del  Goyerno  france- 
se,  egli  era  sul  punto  di  poggiare  la  dove  aspiraya  <  impossessandosi  di 
quella  Roma,  che  gli  stava  in  cima  dei  pensieri  ? 

Checche  sia  del  Debats,  e  certo  che  la  Corte  di  Bayiera  fece  gravissi- 
ma  perdita.  Da  qualche  tempo  il  re  Massimiliano  II  sentiyasi  un  males- 
sere  assai  grave,  e  se  ne  doleva.  Nei  primi  giorni  del  Marzo  ebbe  lun- 
ghe  e  faticose  conferenze  coll'  Arciduca  Alberto  d'  Austria  ,  spedito  da 
Yienna  a  Monaco  ,  per  yeder  di  distogliere  il  Governo  bavaro  ed  il  Re 
dalla  yia  pericolosa  per  cui  s'eran  messi ,  e  cessare  le  scissure  tra  la  Ba- 
Tiera  e  1'Austria.  Quelle  pratiche  erano  andate  a  vuoto.  Dopo  1'  ultimo 
colloquio,  tenuto  la  mattina  del  9  Marzo,  il  Re  si  senti  male.  Nel  pome- 
riggio  di  quel  giorno  si  manifesto  una  intensa  e  larga  resipola  al  petto. 
II  morbo  progredi  a  passi  di  gigante.  Alle  10  pomeridiane  gia  la  yita  del 
Re  era  in  pericolo.  La  mattina  vegnente  riceyette  i  Sacramenti ,  ed  i 
medici  dichiararono  finita  1'opera  loro.  II  Re  ebbe  accanto  a  se  1' Arrive- 


CONTEMPORANEA  113 

scovo  di  Monaco  ,  e  tra  i  contort!  della  religione  spiro  1'  anima  sul  mez- 
zodi  del  giorno  10. 

Gli  succedette  sul  trono,  e  fu  proclamato  subito  il  suo  figliuolo  pri- 
mogenito ,  con  nome  di  Luigi  II,  giovane  poco  piu  che  diciottenne , 
il  quale  con  solenne  bando  al  popolo  pago  im  tributo  d'amore  ed  os- 
sequio  all'estinto  Genitore,  ed  invoco  1'amore  e  la  fiducia  dei  sudditi, 
dopo  aver  prestato  giuramento  di  fedelta  alia  Costituzione. 

SPAGNA  1.  Dimissione  del  Gabinetto  presieduto  dal  Miraflores  ;  nuovo  Mini- 
stero  —  2.  Altra  crisi  ministeriale;  nuovo  Gabinetto  —  3.  Parto  della 
Regina ;  decreto  d'  amnlstia  —  4.  Andamento  della  guerra  a  S.  Domingo 
—  o.  Sequestro  d'una  nave,  carica  d'armi  e  munizioni,  diretta  ad  Ancona. 

1.  Da  quel  che  narrammo  delle  cose  di  Spagna  (vol.  V,  pag.  630-37) 
i  nostri  lettori  ben  poterono  yedere  come,  malgrado  della  vittoria  eletto- 
rale  riportata  contro  gl'intrighi  settarii  ed  i  maneggi  democratici,  lecon- 
dizioni  del  Ministero,  presieduto  dal  Miraflores,  fossero  ben  lontane  dal 
promettere  stabilita  di  Goyerno,  ed  acquetamento  delle  fazioni.  Le  scis- 
sure  tra  i  membri  stessi  del  Gabinetto  incoraggiavano  gli  oppositori,  e 
davano  ansa  a  nuove  pratiche  per  abbatterlo.  Ma  quello  pare  che  non 
Tolesse  pure  affrontare  nuoye  battaglie,  e  fosse  inyece  sollecito  di  por- 
gere  altrui  il  destro  di  disfarsene.  Difatto  egli  propose  uno  schema  di 
legge  per  una  riforma  costituzionale,  secondo  la  quale  la  dignita  di  Se- 
natore  dovesse  essere  ereditaria.  II  marchese  di  Novaliches,  noto  sotto 
il  nome  di  Generale  Pavia,  che  sino  a  quel  punto  era  stato  de'piu  zelanti 
difensori  del  Gabinetto  del  Miraflores ,  si  yolse  a  fargli  contrasto,  ripu- 
diando  quella  legge  come  incompiuta;  in  quanto  tal  dignita  ereditaria 
avrebbe  dovuto  recar  seco  le  dovizie  e  lo  splendore  dei  fidecommissi  e 
delle  primogeniture,  gia  abolite  ;  adunque  o  ristabilir  queste  o  non  istituir 
quella,  e  lasciar  le  cose  come  stavano.  La  discussione  della  legge  al  Se- 
nato  fu  profonda  e  vivace;  e  la  proposta  del  Ministero  fu  respinta  il  15 
Gennaio  da  93  suffragi  contro  53. 

II  Miraflores  co'suoi  colleghi  non  indugio  un  momento  a  far  quello,  a 
che  gia  da  pezza  disponeasi,  e  presento  le  sue  dimissioni  alia  Regina, 
che  le  accetlo,  e  commise  al  sig.  Arrazola  il  carico  di  formare  un  nuovo 
Gabinetto,  il  quale  in  breve  fu  costituitonel  modo  seguente:  Affari  ester- 
ni,  colla  presidenza  del  Consiglio,  Lorenzo  Arrazola,  che  e  stato  a  piu 
riprese  ministro  di  Grazia  e  di  Giustizia ;  ultimamente  era  presidente 
della  corte  suprema :  e  riputato  in  Ispagna  come  uno  de'  magistrati  piu 
ragguardevoli,  e  come  un  eminente  oratore  del  Senato.  Grazia  e  Giusti- 
zia, Ferdinando  Alvarez,  antico  deputato,  e  sotto-segretario  di  Stato  al 
medesimo  Ministero,  politico  di  alta  riputazione.  Guerra,  Francesco  Ler- 
sundi,  senatore  e  antico  presidente  del  Consiglio  dei  Ministri ;  e  uno  dei 
piu  valorosi  militari,  che  molto  si  distinse  nella  guerra  d' Africa.  Finan- 
Serle  V,  vol.  J,  fasc.  337.  8  26  Marzo  1864. 


114  CRONACA. 

ze ,  Trupita,  antico  ufficiale  di  tal  Ministero,  uomo  di  grandi  cognizioni 
pratiche  nel  ramo  amministrativo ,  membro  della  Camera  del  Deputati. 
Interno,  Antonio  Benavides,  uno  degli  uomini  piu  eminenti  del  partito 
moderate ,  altra  volta  ministro  dell'  interno ,  membro  dell'  Accademia 
spagnuola,  che  si  e  reso  illustre  come  oratore  e  come  scrittore.  Lavori 
Pubblici,  Claudio  Moyano,  deputato  e  antico  ministro  che  ha  reso  emi- 
nenti servigi  nel  Ministero,  di  cui  ottenne  cosi  la  direzione.  Oltremare , 
AJessandro  Castro,  che  fu  ambasciatore  di  Spagna  a  Torino  dal  1856  al 
1858  e  poscia  consigliere  regio  e  prefetto  di  Madrid,  ed  un  oratore  emi- 
nente  della  Camera.  Marina,  il  Contrammiraglio  Ruvacalva. 

2.  Questo  nuovo  Gabinetto,  entrato  in  carica  alii  19  di  Gennaio,  e  che 
pareva  dover  essere,  se  non  accetto  a  tutti ,  per  lo  meno  gradito  ai  piii, 
non  teneva  che  da  sole  48  ore  il  portafoglio,  e  gia  era  fatto  bersaglio  a 
violentissimi  attacchi  d'  ogni  maniera ;  e  puo  forse  trovarsene  la  cagione 
in  cio,  che  si  sperava  dover  quello  essere  un  Ministero  puramente  ammi- 
nistrativo, transitorio,  come  dicono,  e  senza  intenti  politici;  ed  il  sig.  Ar- 
razola  distrusse  subito  quell'  illusione,  la  quale  fomentava  le  ambizioni  di 
molti  a  sperare,  che  coll' indugiare  un  poco,  la  fazione  propria  salirebbe 
al  potere.  L'  Arrazola  dichiaro  non  voler  seguire  gli  errori  de'  predeces- 
sori.  «  L'  idea  d'  una  politica  senza  parti ti,  in  cui  tutte  le  opinioni  sareb- 
hero  unite  e  confuse  sotto  una  sola  bandiera,  non  e  che  un  bel  sogno;  si 
credette  per  qualche  tempo  alia  sua  effettuazione,  ma  1'  inganno  e  ces- 
sato.  Bisogna  che  vi  siano  partiti,  per  1'efficacia  delle  istituzioni  coslitu- 
zionali,  ed  il  Ministero  presente  ritrae  il  partito  moderato  storico,  senza 
alcuna  esagerazione  d'  idee :  temperato,  conservatore,  costituzionale.  » 

Questo  non  garbava  punto  a  chi  ne  ambiva  il  posto.  Laonde  si  afferro 
il  primo  pretesto  per  combatterlo,  e  due  se  ne  offerirono  prontamente,  c 
furono  1.°  Una  circolare,  di  sensi  liberali,  ma  che  raccomandava  1'impar- 
zialita  nel  rettificare  le  liste  elettorali ;  2."  1'aver  condonate  tutte  le  pene 
per  reati  di  stampa,  abolendo  i  processi  avviati,  e  disponendosi  a  resti- 
tuire  le  multe  inflitte  a'  giornali.  II  contrasto  s'  illanguidi  durante  i  quin- 
dici  giorni  di  vacanze  date  alle  Camere,  per  1'aspettazione  del  parto  della 
regina  Isabella.  Ma  al  ripigliarsi  delle  sedute,  gli  attacchi  si  ricomincia- 
rono  piu  gagliardi  che  prima,  a  proposito  d'  uno  schema  di  legge,  pre- 
sentato  dal  Ministero,  secondo  il  quale  doveasi  riformare  la  legge  eletto- 
rale,  cosi  che  il  diritto  di  elezione  fosse  fondato  sopra  un  censo  molto  co- 
spicuo.  Dovendosi  nominare  una  Commissione  per  la  disamina  di  tal 
disegno,  i  membri  furono  scelti  in  massimo  numero  tra  i  Deputati  oppo- 
sitori.  L'Arrazola  diviso  e  propose  alia  Regina  lo  scioglimento  delle  Ca- 
mere; ma  S.  M.  si  rifiuto ;  onde  il  Ministero  non  ebbe  altro  modo  ad 
uscire  d'impaccio,  che  deponendo  i  portafogli. 

II  giorno  1  di  Marzo,  venne  forma  to  un  nuovo  Gabinetto,  che  s'intitola 
di  parte  conservatrice  liberate,  in  questo  modo:  Presidente,  senza  porta- 
foglio, il  sig.  Mon ;  Ministro  di  Stato,  sig.  Pacheco ;  per  la  Giustizia,  il 


CONTEMPORANEA  115 

sig.  Mayans;  per  la  Guerra,  il  sig.  Marches!  ;,per  le  Finanze,  \\  sig.  Sa- 
laverra;  per  gli  Affari  interni ,  il  sig.  Canovas;  per  la  Marina,  il 
sig.  Pareia;  pei  Lavoripubblici,  il  sig.  Lopez  Ballesteros;  per  Oltremare 
il  sig.  Ulloa.  II  Memorial  diplomatique  del  6  Marzo  non  e  molto  prodigo 
di  lodi  per  questi  nuovi  reggitori  della  Spagna ,  alcuni  dei  quali  erano 
fin  qui  poco  noti. 

3.  A  mezzo  Febbraio  S.  M.  la  Regina,  premessi  gli  atti  a  lei  consue- 
ti  di  singolare  pieta  cristiana,  si  sgravo  frlicemente  d'  una  Principessa; 
ed  il  Mmistero  Arrazola  credette  di  non  poter  meglio  far  sentire  a'  po- 
poli  la  gioia  del  fausto  avvenimento,  che  col  bandire  un'ampia  e  genera- 
le  amnistia  per  tutti  i  reati  puramentepolitici,  commessi  nella  penisola  e 
nelle  isole  adiacenti,  fino  alia  promulgazione  del  Decreto  reale,  che  fu 
firmato  dalla  Regina  alii  19  di  Febbraio.  Rimasero  esclusi  da  tal  bene- 
ficio  i  soli  condannati  recidivi,  che  cosi  diedero  prova  di  essere  capaci 
d'abusare  della  clemenza  regale. 

E  da  sperare  che  la  bonta  della  Regina  vorra  prendere  in  considera- 
zione  altresi  una  petizione,  in  forma  d'  indirizzo,  e  firmata  gia  da  piu  che 
ottantamila  persone ;  le  quali  supplicano  aftinche  si  riformi  1'  insegnamen- 
to,  tornandolo  su  basi  cattoliche,  e  rimettendolo  in  tal  vigore  cristiano, 
che  basti  ad  attraversare  i  conati  del  materialismo  che  imperversa,  e  vie- 
ne  predicate  da  dottori  panteisti. 

4.  La  guerra  contro  i  sollevati  a  S.  Domingo  non  procedette  ne  si  pro- 
spera,  ne  si  breve  come  speravasi.  Le  febbri  gittarono  tanta  strage  fra 
le  milizie,  che  piii  di  9,000  soldati  dovettero  ricettarsi  negli  spedali.  Si 
mandarono  rinforzi;  ma  intanto  i  ribelli  ricevettero  soccorsi  e  si  rasso- 
darono  nell' ostinazione  della  rivolta.  II  Generale  Santana,  che  strenua- 
mente  combatteva  per  la  Regina,  colpito  da  piu  ferite,  per  lungo  tempo 
die  speranza  di  guarigione ;  ma  teste  ebbesi  notizia  ch'  egli  dovette  soc- 
combere.  Anche  il  capo  de'  sollevati,  il  Florentino,  avendo  dato  segni  di 
Yolersi  creare  Dittatore,  incontro  le  ire  e  le  diffidenze  de'  suoi,  e  ne  fu 
ucciso.  Un  altro  gli  succedette,  e  la  guerra  si  continua  con  gravi  perdite 
rcciproche,  senza  che  finora  appaia  chiaro  indizio  di  prossimo  termine. 

5.  Anche  nella  Penisola  stessa  di  Spagna  pare  che  si  mulinasse  qual- 
che  cosa  di  tristo.  La  Regeneration  fece  sapere,  essersi  formata  una  so- 
cieta  di  mercanti  con  lo  scopo  di  riunir  denaro ,  per  sottoscrizione  demo- 
cratica,  da  spendersi  in  armi  e  munizioni ;  e  minacce  orribili  adoperarsi 
contro  quelli  che  ripugnavano  a  concorrere  col  denaro  e  partecipare  col- 
1'opera  a'  disegni  di  quella  fazione.  Di  che  puo  vedersi  nel  Memorial  di- 
plomatique del  28  Febbraio  una  grave  corrispondenza,  la  quale  me  tie  in 
giusto  dubbio  la  sincerita  delle  mentite  date  intorno  a  cio  dal  diario  la 
Democrazia. 

Questi  timori  si  accrebbero  quando  si  seppe  che  una  nave,  carica  d'ar- 
mi  e  munizioni,  dopo  toccato  a  Vigo,  era  entrata  in  porto  a  Malaga  , 
onde  disponeasi  a  passare  a  Barcellona,  quando  fu  posta  sotto  sequestro. 


116  CRONACA 

Era  mi  Battello  a  vapore  inglese,  nominato  Princess,  costrutto  in  modo 
che  potesse  servire  come  nave  da  guerra.  II  Capitano  di  esso  dichiaro 
a  Malaga  che  viaggiava  senza  carico ,  con  sola  zavorra ;  che  veniva  da 
Newcastle,  diretto  ad  Ancona,  e  che  voleva  solo  approvigionarsi  di 
carbone,  Ma  la  nave  si  affondava  troppo  piu  che  non  si  convenisse  ad 
un  legno  della  sua  portata.  Questo  cagiono  ragionevoli  sospetti,  e  qual- 
che  gendarme  fu  mandato  a  vigilare  quel  bastimento. 

I  Gendarmi  riconobbero  che  vi  erano  molte  armi  e  munizioni ,  artifi- 
ciosamente  nascoste  neila  stiva  e  fra  le  doppie  pareti  della  nave.  II  Con- 
sole inglese  aderi  ad  una  inchiesta.  Allora  il  Capitano  fu  astretto  a  con- 
fessare  d'aver  mentito,  e  si  seppe  che  la  Princess  veniva  da  Londra,  per 
conto  di  un  tal  Manuel,  sconosciuto  al  Capitano,  il  quale  dovea  condurre 
ogni  cosa  ad  Ancona.  Yisitata  la  nave,  vi  si  trovarono  6  cannoni,  4  dei 
quali  erano  rigati;  4  affasti  d'artiglieria;  416  sciabole;  144  carabine;  177 
pistole  a  rivoltella;  17  bandiere;  57  scuri  da  niano,  e  58  scuri  da  ahbor- 
daggio;  enorme  quantita  di  proietti  da  cannone,  razzi  alia  congreve,  pac- 
chi  di  mitraglia,  capsule ,  24  barili  e  21  cassa  di  polvere;  poi  tende  da 
campo,  materassi,  coperte  e  divise  militari  per  qualche  centinaio  d'uomi- 
ni.  Sicche  da  tutto  questo  parve  accertato,  che  quella  nave  dovesse  por- 
tare  una  spedizione  di  corpi  franchi ,  armati  di  tutto  pimto,  e  in  caso  di 
difendersi  anche  in  mare. 

Piu  che  alia  Spagna,  tal  regalo  sembra  che  fosse  destinato  all' Italia.  Di- 
fatto  dovea  essere  condotto  ad  Ancona,  per  conto  del  misterioso  sig.  Ma- 
nuel, sotto  il  qual  nome,  non  trovandosi  tal  persona,  ben  si  puo  sospettare 
il  Garibaldi.  E  di  fatto  questi  alii  21  di  Marzo,  alle  11  antimeridiane,  fu 
levato  dalla  Caprera,  da  una  nave  a  vapore  inglese  della  compagnia  La- 
vallette,  che  dee  trasportarlo  non  si  sa  dove  ,  insieme  coi  due  suoi  figli, 
e  sei  altre  persone,  tra  le  quali  il  Colonnello  inglese  Chlambers.  La  S tarn- 
pa,  diario  ministeriale  di  Torino,  accennaad  un  accordo  tra  il  Mazzini  ed 
il  Garibaldi ,  ma  crede  piu  fondata  1'  idea  che  il  Garibaldi  si  proponga  di 
raccendere  fuoco  rivoluzionario  in  Italia,  forse  per  la  redenzione  di 
Yenezia. 

MESSICO  1.  Lettera  del  Bazaine  a  Mons.  Labasticla,  per  intimargli  di  desistere 
da  ogni  opposizione  —  2.  Risposta  di  Mons.  Labastida  —  3.  Protestazione 
di  tutto  1' Episcopate  messicano,  esentenza  di  scomunica  maggiore  contro 
gli  autori  ed  esecutori  di  recenti  decreli  a  danno  della  Chiesa  —  4.  De- 
stituzione  dei  Magistral!  della  suprema  Corte  di  Giustizia  —  5.  Lettera 
del  Generale  Neigre  all'Arcivescovo  di  Messico,  sopra  certe  scritlure  se- 
tliziose  —  6.  Risposta  dell' Arcivescovo  al  ISeigre  —  7.  Condizioni  politi- 
che  e  militari  del  Messico. 

1.  L'Arciduca  Ferdinando  Massimiliano  d' Austria  sta  in  procinto  d'ab- 
bandonare,  forse  per  sempre ,  la  patria  e  1'  Europa,  e  condursi  al  Messi- 
co per  cingervi  la  corona  imperiale ,  procacciatagli  dalle  armi  e  dai  ma- 


CONTEMPORANEA  117 

neggi  di  Napoleone  III ;  e  noi  ben  di  cuore  gli  auguriamo  ,  che  quella 
non  abbia  ad  essere  piuttosto  una  corona  di  spine  ,  o  somigliante  per  lo 
meno  alia  corona ,  che  tanto  pesa  sul  capo  a  Cristiano  IX  di  Danimarca, 
ed  a  Giorgio  I  di  Grecia ;  benche  siayi  luogo  a  sperare  che  il  suo  senno 
gia  si  bene  proyato,  e  la  sincera  sua  pieta  cristiana  debbano  porre  rimedio 
ai  mali,  che  ora  sono  da  deplorare.  Di  che  lasciamo  a'  nostri  lettori  il  fare 
quelle  divinazioni,  che  loro  parranno  meglio  fondate;  purche,  nella  disami- 
iia  dei  fatti  presenti  e  nelle  conghietture  sopra  1'  ayvenire ,  non  si  dimen- 
tichino  di  quella  diyina  sentenza,  secondo  la  quale :  Nisi  Dominus  aedifi- 
caverit  domum,  in  vanum  laboraverunt  qui  aedificant  earn  (Psal.  126). 
Or  egli  e  piu  che  da  dubitare,  che  V  opera  del  nuovo  impero  sia  condotta 
veramente  con  lo  spirito  di  Dio,  quando  si  pone  mente,  non  solo  al  giu- 
dizio  dei  diarii  della  rivoluzione  europea,  i  quali  1'appellano  una  emana- 
zione  del  diritto  nuovo :  ma  si  principalmente  ai  fatti  che  verremo  spo- 
nendo  qui  appresso ,  ed  ai  documenti  che  o  reciteremo  a  yerbo,  o  com- 
pendieremo  con  tutta  fedelta ,  se  troppo  prolissi. 

Nel  precedente  volume  (pag.  639-40)  abbiamo  narrato  succintamente 
certi  fatti,  ingiusti  per  ogni  riguardo,  che  il  Generale  Bazaine  fece  ese- 
guire  da  due  altri  pari  suoi ,  membri  della  Reggenza,ossia  del  Goyerno 
provvisorio.  La  protestazione  di  Monsignor  Labastida,  che  yillanamente 
fu  escluso  dal  Consiglio  della  Reggenza  ,  riferita  nel  Monde  del  24  Gen- 
naio  1864,  era  tanto  fondata  in  buone  ragioni ,  e  metteya  in  tanta  eyi- 
denza  1'iniquita  dei  procedimenti  oltraggiosi  e  dispotici,  adoperati  contro 
1'Arcivescovo,  a  danno  della  Chiesa,  ed  a  servigio  de'  protestanti  e  delle 
selte,  che  il  Bazaine  ne  temette  la  forza ,  e  percio ,  secondo  che  usano  i 
liberali,  ne  proibi  la  pubblicazione.  Pur  questo  non  bastando  a  cessare  i 
suoi  timori,  che  i  sentimenti  cattolici  d'una  gran  parte  del  popolo  mes- 
sicano  non  doyessero  trarlo  a  sostenere ,  con  altro  che  parole ,  i  diritti 
conculcati  dell'  Arcivescovo ,  il  Bazaine  scrisse  a  Monsignor  Labastida 
la  lettera  seguente,  che  il  Monde  del  14  Marzo  trascrisse  dall'  Opinion 
nationale. 

«  Monsignore.  Ho  riceyuto  la  protestazione  che  S.  E.  il  Generale  Al- 
monte mi  ha  trasmessa  ,  circa  i  proyvedimenti  presi  dalla  Reggenza , 
per  rimovere  la  S.  V.  dal  Goyerno  proyyisorio.  Debbo  faryi  sapere, 
Monsignore,  che  questo  provyedimento  fu  renduto  necessario  dal  yostro 
contegno ,  e  che  fu  fermato  d'  accordo  con  me ,  pel  conyincimento  che 
questo  fosse  1'unico  mezzo  di  non  impacciare  Tincesso  degli  affari.  Siami 
permesso  manifestare  il  yoto,  che  V.  S.,  ben  ispirata,  accettera  lo  stato 
delle  cose  tal  quale  si  e  al  presente,  e  respingera  i  consigli  e  le  suggestioni 
d'amici  imprudenti ;  yerso  i  quali  sono  per  altro  ben  risoluto  di  adopera- 
re  tutte  le  misure  di  rigore,  che  i  poteri,  ond'io  sono  rivestito,  mi  danno 
facolta  di  attuare.  Faccio  assegnamento  sopra  1'  abnegazione  della  S.  V. 
e  sopra  la  sua  deyozione  al  paese :  affinche,  mentre  io  yado  nell'  interno 
del  paese  per  layorare  all'  opera  di  pacificazione  e  di  rigenerazione  del 


118  CROJUCA 

Messico,  la  vostra  opposizione  non  abbia  a  disturbare  per  nulla  1'  anda- 
meato  del  Governo.  Gradite,  Monsignore,  1'  espressione  dell'alta  e  ri- 
spettosa  mia  considerazione.  Bazaine  ». 

2.  La  sfrontatezza  nel  rivendicare  per  se  1'onore  della  destituzione  del 
Presidente  della  Reggenza;  1'  irapudenza  nel  gettare  sopra  1'Arcivesco- 
TO  1'  insulto,  col  qualiticarlo  come  un  impaccio  pel  Governo,  o  come  un 
fantoccio  aggirato  da  consiglieri  imprudent! ;  1'  arroganza  delle  minacce 
di  tutte  le  misure  di  rigore;  \  intimazione  di  cessare  da  ogni  resistenza, 
velata  sotto  1'appello  all'abnegazione;  lutto  questo  miscuglio  di  rettorica 
da  bravaccio,  fa  credere  che  il  Bazaine  s'immaginasse  d'aver  a  fare  con 
qualcuno  di  quei  politicastri  cortigiani ,  che  tu  odi  balbettare  e  vedi  ba- 
sire,  tremare  a  verga  a  verga ,  ed  ammutolire  per  sempre ,  al  suono  di 
somiglianti  parole,  proferite  da  qualche  cotale  avvezzoacondurre  uomini 
^1  macello  delle  battaglie.  Ma  se  fu  cosi,  il  Bazaine  s'  inganno  a  partito, 
Monsignor  Labastida  e  Yescovo,  e  di  quei  Vescovi  che  sanno  affrontare 
esilio,  carcere  e  morte,  per  satisfare  a'  proprii  doveri ;  e  percio  non  esito 
punto  a  rispondere  come  si  conveniva.  I  giornali  del  diritto  nuovo,  come 
la  Nazione  di  Firenze  e  1'  Opinions  di  Torino,  n.°  75,  recarono  la  lettera 
del  Bazaine,  quasi  per  dire :  guardate  come  si  ban  da  trattare  i  Yescovi 
indocili !;  ma  non  ebbero  la  lealta  di  riferire  la  risposta  che  le  fu  fatta,  e 
che  si  legge  nel  Monde  del  14  Marzo. 

Detto  in  prima  al  Generale ,  che  il  ritardo  posto  a  rispondergli  era  ca- 
gionato  soltanto  dall'aver  yoluto  anzi  tutto  spedire  il  corriere  e  le  corri- 
spondenze  per  1'  Europa;  e  che  gia  sapea  benissimo  come  da  lui  anco- 
ra  procedesse  la  pronunciatatks/^ttsiotte,  «  devo  per  conseguenza,  aggiun- 
se  Mons.  Labastida,  rispondere  a  V.  E.  quello  che  ho  gia  detto  ai  signo- 
ri  Almonte  e  Salas :  non  riconosco  in  codesti  signori ,  e  non  riconosco 
punto  piu  in  V.  E.,  veruna  podesta  di  rimoyermi  dalla  carica,  e  persisto 

percio  nella  mia  protestazione 1.°  Non  yi  e  alcuna  giurisprudenza 

al  mondo,  la  quale  permetta  che  un  ufticiale  pubblico,  perche  adempie  ii 
suo  mandate,  perche  difende  i  principii  della  giustizia,  perche  opera 
in  tutto  secondo  la  legge,  possa  essere  casso  da  altri  ufficiali  pari  suoi7 
ossia  da  altri  ufficiali,  che,  non  solamente  sono  senza  podesta  di  levarlo 
di  carica,  ma  che  non  possono  ne  chiedergli  conto  del  suo  contegno,  ne 
giudicarlo.  2.°  La  mia  destituzione,  ben  lungi  dall'agevolare  1'andamen- 
to  degli  affari,  diyiene  un  ostacolo.  Ed  invero,  checche  si  dica,  quella 
equivale  alia  distruzione  del  Goyerno  istituito,  i)  25  del  passato  Giugno, 
pel  yolo  dell'  Assemblea  dei  Notabili  e  per  1'  approyazione  del  Generale 
supremo  dell'esercito  di  spedizione.  II  Generale  Forey  dichiaro,  che  de- 
poneva  nelle  mani,  non  di-due,  ma  di  tre  capi  temporanei  della  nazione, 
i  poteri  ond'  era  stato  investito  dalle  circostanze.  Cio  posto,  egli  non  li 
riservo  per  se,  e  per  conseguenza  il  Governo  provvisorio  cesso  di  esiste- 
re  dal  momento  nel  quale  io  fui  levato  d'  ufficio.  Cio  che  ora  esiste,  sara 
tutto  quei  che  si  vorra,  ma  non  e  piu  il  Governo,  di  cui  il  Generale  Forey 


CONTEMFORANEA  119 

annunziava  1'avvenimento  al  popolo  messicano,  alia  Francia  ed  al  mondo 
intiero.  3.°  Non  si  puo  pretendere  che  la  mia  destituzione  fosse  il  solo 
mezzo  di  rendere  Spedito  I'  incesso  delle  cose ;  poiche  ve  n'  erano  altri 
che  non  si  voilero  tentare.  La  sola  Assemblea  dei  Notabili  avea  facolta 
di  prendere  una  determinazione  legale ,  e  non  si  voile  far  capo  a  lei , 
benche  ne  avessi  fatta  domanda  formale;  e  cosi  si  diede  il  colpo  di  mor- 
te  al  Governo  del  paese. 

«  Vostra  Ecceilenza  esprime  il  desiderio  di  vedermi  accettare  la  pre- 
sente  condizione  (situation  faite)  e  respingere  i  consigli  ecc.  Quanto  al 
primo  punto,  diro  a  V.  E.  che  io  non  comprendo  la  signiticazione  rigo- 
rosa,  che  si  vuol  dare  alle  parole  accepter  la  situation.  Se  accettare  si- 
gnifica  consentire  ed  ammettere,  diro  a  V.  E.  che  non  approvo  e  non  ap- 
provero  mai  nulla  di  tutto  cio  che  fu  risoluto  contro  i  diritti  che  ho  difeso; 
che  anzi ,  tutt'all'opposto,  io  persisto  in  tutte  le  mie  protestazioni.  Se 
poi  quelle  parole  hanno  slretta  signiticazione  personale,  diro  a  V.  E.  che, 
cedendo  ad  istanze  di  altissima  natura ,  ho  consentito  di  partecipare  alia 
Reggenza,  non  per  ricrearmi,  ma  per  faticare  e  sacnticarmi  al  bene 
pubblico.  Da  ultimo,  se  quelle  parole  signiticano  che  io,  in  mia  qualita 
d'Arcivescovo,  devo  osservare  perfetto  silenzio  e  restar  impassibile  ri- 
spetto  agli  assalti  diretti  contro  la  liberta  dell'  insegnamento  della  Chiesa 
e  contro  le  sue  immunita:  diro  a  V.  E.  con  la  stessa  franchezza,  che  ne 
io,  ne  i  miei  illustrissimi  fratelli  dell'  Episcopate,  non  possiamo  esimer- 
ci  dal  richiamarcene ,  e  che  siamo  disposti  a  tutto  soffrire ,  piuttostoche 
venir  meno  a  si  sacro  dovere.  Debho  infine  dichiarare  a  V.  E.  che  igno- 
ro  quali  possano  essere  gli  amici  imprudenti,  a'  quali  Ella  accennava; 
€  che  io  rivendico  per  me  solo  la  piena  malleveria  delle  mie  azioni.... 
Ella  mi  trovera,  in  ogni  occasione,  disposto  a  difendere  cio  che  sara  giu- 
sto,  e  non  saro  mai  io  colui  che,  mancando  di  prudenza,  tentera  qualche 
pratica  contraria  alle  vere  regole  della  giustizia.  » 

3.  II  Bazaine  parti  poco  appresso  dalla  Capitale  per  combattere  le  squa- 
dre  repubblicane  che  infestavano,  ed  infestano  tuttora,  le  province  ;  ma 
anche  di  la  ebbe  a  vedere  con  quanta  ragione  Monsignor  Labastida, 
parlando  in  nome  de'  suoi  fratelli  nell' Episcopate,  si  proferisse  pronto  con 
essi  a  tutto  sopportare,  anziche  tradire,  tacendo  vigliaccarnente,  il  pro- 
prio  dovere.  Sotto  il  di  26  Dicembre  tutti  i  Vescovi  indirizzarono  ai  si- 
gnori  Almonte  e  Salas  un  atto  collettivo,  col  quale  vollero  protestarsi  con- 
tro le  commesse  ingiustizie,  ed  esporre  la  presente  condizione  di  cose,  e 
rinnovare  e  confermare  le  dichiarazioni  gia  fatte  nel  1859,  e  fulminare 
la  scomunica  maggiore  contro  i  colpevoli  degli  antichi  e  recenti  attentati. 

Ricordate  in  prima,  come  puo  vedersi  nel  Monde  del  24  Febbraio,  le 
speranze  da  essi  concepite,  le  promesse  formali  ricevute,  e  gl'impegni 
assunti  da  Napoleone  III,  colle  istanze  fatte  presso  la  santa  Sede  pel  ri- 
torno  de'  Vescovi,  gl'intrepidi  Prelati  esclamano:  «  Vane  speranze  !  Noi 
siamo  tornati  per  trovarci,  in  modo  terribile  e  dolorosissimo,  per  tutto 


120  CRONACA 

cio  che  concerne  la  Chiesa,  in  condizioni  al  tutto  eguali  a  quelle  die 
precedettero  il  nostro  sbandeggiamento ;  ed  in  condizioni  anche  peggiori 
di  quelle,  se  consideriamo  le  strane  congiunture  in  cui  noi  Prelati  fum- 
mo  ridotti.  Le  cose,  onde  ci  sentiamo  gravati,  sono  le  seguenti: 

«  II  nissun  frutto  ottenuto  dalla  giusta  opposizione,  fatta  daH'illuslris- 
simo  Arcivescovo  di  Messico,  in  sua  qualita  di  Reggente,  ai  comunicati 
ed  avvertimenti,  che  davano  corsolegale  alle  obbligazioni  (pagans)  pro- 
yenienti  dallo  spogliamento  della  Chiesa:  gli  ordini  risguardanti  il  pa- 
garaento  del  fitto  dei  poderi  tolti  alia  Chiesa:  la  facolta  data  di  conti- 
nuare  i  lavori  di  costruzione,  che  erano  stati  sospesi:  la  risoluzione  presa 
dalle  EE.  VV.,  senza  consiiltare  1'altro  Reggente,  affinche  il  Sottosegre- 
tario  per  la  Giustizia  prescrivesse  alle  Corti  ed  ai  Tribunali,  che  doves- 
sero  procedere  circa  gli  affari,  a  cui  riferivansi  i  mentovati  comunicati  ed 
avvertimenti:  1'insistenza  con  cui  le  EE.  VV.  perseverarono  in  questa 
risoluzione,  malgrado  della  protestazione  di  nullita,  indirizzatavi  il  giorno 
appresso  da  Mons.  Labastida  in  sua  qualita  di  Reggente:  la  destituzionc 
fermale  del  Reggente  Labastida,  pronunziata  il  17  Novembre  dalle  EE. 
VV.  d'accordo  col  Generale  Razaine :  il  rifiuto  di  restituire  alle  religiose 
la  parte  non  aggiudicata  dei  loro  conyenti,  divisa  in  lotti  e  posseduta 
dal  Governo :  Y  indifferenza  manifestata  rispetto  a  queste  vergini  del  Si- 
gnore  ridotte  all'estrema  mendicita,  ed  il  rifiuto  di  lasciar  loro  anche 
una  menoma  particella  dei  beni  e  delle  rendite,  che  loro  erano  pur  state 
lasciate  dal  Governo  spogliatore  del  Juarez:  diversi  fatti  particolari,  che 
noi  non  mentoviamo,  e  che  dimostrano  essersi  fermato  il  partito  di  pro- 
teggere  i  pretesi  diritti  creati  dalle  leggi  dette  di  ri forme:  la  circolare 
spedita  dal  Sottosegretano  della  Giustizia  alii  15  del  corrente  Dicembre, 
per  volonta  del  Generale  Razaine ;  la  quale  si  arroga  di  rimovere  ogni 
difficoHa  e  dichiara,che  nissun  ostacolo  legale  puo  attraversarsi  all'cscr- 
cizio  dei  diritti  relatiyi  al  possedimento  dei  beni  detti  del  Clero.  » 

I  banditori  del  diritto  nuovo  non  capiscono  certamente  1'enormezza  di 
questi  fatti,  c  la  giustizia  delle  alte  doglianze  che  ne  levarono  i  Vescovi 
del  Messico.  Posto  che,  nel  codice  della  moderna  civilta,  lo  scristianeg- 
giare  un  popolo  sia  un  rigenerarlo  alia  liberta;  il  confiscare  a  pro  dello 
Stalo  i  beni  di  Chiesa,  e  le  doti  delle  monache,  sia  un  puro  disammortiz- 
zare  proprieta  nazionali;  il  rendere  impossible  la  pratica  de'consigli  e- 
yangelici  sia  un  tutelare  la  liberta  delle  coscienze;  lo  sterminare  il  Clero 
ed  i  religiosi,  togliendo  loro  ogni  mezzo  di  sussistenza,  sia  un  provvede- 
re  all'esigenze  del  progresso  umanitario :  poste  queste  e  piu  altre  colali 
deriyazioni  dei  famigerati  principii  dell' 89,  e  chiaro  che  il  fare  nel  Mes- 
sico quelle  cose,  per  le  quali  fu  impresa  e  condotta,  ne'  modi  che  tutti 
sanno,  la  rigenerazione  dell' Italia  nel  1859  e  nel  1860  ,  e  opera  merito- 
ria,  se  non  di  yita  eterna,  certo  almeno  deirapoteosi  piii  solenne  delle 
sette,  congiurate  a  promuovere  il  regno  deH'Anlicristo.  Ma  presso  gli  o- 
nesti,  e  innanzi  a  Dio  qual  giudizio  dovra  recarsene?  A  poterlo  fare  con 


CONTEMPORANEA  121 

piena  informazione  di  causa,  veggasi  in  prima,  descritta  da'  Vescovi  del 
Messico,  la  condizione  a  cui  viene  per  tal  forma  ridotto  cola  il  Cattolici- 
smo,  1'Episcopato,  il  Sacerdozio. 

«  Da  quanto  precede,  risulta,  con  pienissima  e  dolorosa  evidenza,  che 
la  santa  Chiesa  soffre  oggi  al  Messico,  per  opera  del  Governo  che  esiste 
nella  Capitale,  una  violenza  diretta  contro  i  suoi  diritti  piu  sacri  e  con- 
tro  le  sue  liberta  canoniche:  violenza  al  tutto  simile  a  quella  che  le  inflig- 
geva  il  Governo  costituzionale.  Questo  suo  intruders!  negli  affari  della 
Chiesa,  non  e  conseguenza  della  forma  propria  del  Governo  presente , 
o  della  qualita  delle  persone  ond'e  composto,  ma  derivasi  dal  carattere  e 
dalle  lendenze  degli  atti  di  esso.  Gli  atti  delle  EE.  YY.  tendono  a  rende- 
re  stabilmente  den'nita  1'opera,  che  il  Governo  costituzionale  avea  tentato 
di  compiere.  Yoi  andate  diritto  a  questo  scopo,  dichiarando  esistenti  e 
validi  i  diritti  e  gli  atti,  che  procedono  da  leggi  sacrileghe  ed  attentatorie, 
e  dai  falti  eseguiti  contro  le  immunita  ecclesiastiche  dal  mentovato  Go- 
verno costituzionale.  Yoi  vi  servile  percio  del  medesimo  suo  linguaggio, 
e  fate  persino  rivivere  la  frase  odiosa ,  da  quello  immaginata ,  per  desi- 
gnare  le  proprieta  ecclesiastiche.  Sarebbe  doloroso  che  i  mali  della  Chie- 
sa potessero  ancora  aggravarsi.  Gia,  per  una  sciagura  che  non  deplore- 
remo  mai  a  bastanza,  vediamo  circostanze,  le  quali  ne  accrescono  a  dis- 
misura  le  pene,  e  la  riducono  in  istato  peggiore  di  quello,  in  che  si  trova- 
va  a'tempi  del  Juarez.  Allora  il  Governo  republicano  proclamava  schiet- 
tamente  i  suoi  principii;  il  suo  contegno,  presso  il  popolo  ed  il  mondo 
cattolico,  lo  mostrava  per  quel  che  era,  cioe  un'  opposizione  armata  con- 
Iro  la  religione  della  Chiesa.  Questa  ,  come  vittima  immolata,  si  difese 
con  eroismo  e  sopporto  gloriosamente,  per  la  nobile  causa  della  giustizia, 
una  terribile  persecuzione....  Ora,  dopo  un  totale  cambiamento  d'ordini 
politici,  eccoci  tornati  qua  per  assistere  all'  immolazione  di  tutti  i  nostri 
principii ,  alia  rovina  radicale  della  Chiesa,  all'annientamento  di  tutte  le 
speranze. 

«  Col  Governo  costituzionale,  la  Chiesa  non  avea  a  fronte  che  un  solo 
nemico,  il  Governo  che  la  perseguitava.  Oggi  essa  ne  ha  due;  cioe  in  pri- 
ma quel  medesimo  Governo  costituzionale,  che  vive  ancora  nel  paese;  che 
ha  mezzi  suoi  proprii ;  che  ha  tuttavia  un  esercito  in  arme  col  quale  di- 
sputa,  a  palrao  a  palmo  ,  il  territorio  ;  che  fa  assegnamento  sui  principii 
c  sugl'interessi  da  esso  rappresentati,  e  le  cui  radici  si  stendono  in  tutto 
il  territorio  nazionale.  Poi  la  Chiesa  dee  ancora  difendersi  contro  il  Go- 
verno della  Capitale,  sostenuto  dall'  intervento  straniero,  e  la  cui  princi- 
pale  occupazione  si  e  attuare  il  sistema  distruggitore,  inaugurato  dal 
Juarez,  contro  la  religione  e  la  morale.  Allora  noi  ricevevamo  il  colpo  di 
morte  da  mano  nemica :  oggi  siamo  colpiti  da  quei  medesimi,  che  preten- 
dono  d'essere  amici  della  Chiesa  eprotettori  della  sua  liberta. 

«  Allora  1'attacco  al  pari  che  la  difesa  non  uscivano  dalla  cerchia  stret- 
tamente  nazionale ;  oggi  noi  dobbiamo  deplorare  il  carattere  dato  dal- 


CRONACA 

1'  interveuto  straniero  a'  suoi  altacchi ;  dobbiamo  deplorare  che  da  esso 
siano  provenute  le  esigenze ,  che  posero  le  EE.  VV.  nella  necessita  di 
operare  in  tal  rnodo.  Allora  nell'  esercizio  dei  nostri  atti  episcopali,  noi 
conservavamo  sempre  il  nostro  carattere  di  Yescovi ;  oggi  siamo  obbli- 
gati  di  presenlare  le  nostre  difese  legali  alia  maniera  di  semplici  Messi- 
cani,  enon  possiamo  agire  in  altro  modo.  Allora,  malgrado  delle  stret- 
toie  delle  leggi  sopra  la  stampa,  noi  potevamo  pubblicare  le  nostre 
protestazioni  e  le  nostre  lettere  pastorali ;  oggi  le  stamperie  sono  sug- 
gette  a  tali  regolamenti,  che  non  si  puo  pubblicare  se  non  quello  che 
all'  intervento  piace  di  permettere.  La  nostra  risponsabilita  non  gli 
basta,  e  siamo  ancora,  per  gran  vergogna  de' nostri  tempi,  suggetti  ad 
una  antecedente  censura.  Se  altri  presumesse  di  pubblicare  un'allocuzione 
del  Papa,  od  alcuni  paragrafi  copiati  da  diarii  stranieri,  in  cui  si  alludesse* 
all'autorita  del  Santo  Padre  per  cio  che  risguarda  gli  affari  religiosi  del 
Messico,  riceverebbe  tosto  un'  ammonizione,  ed  il  divieto  d'insenre  per 
1'avvenire  alcun  che  di  cotali  document!.  Quanto  alle  doltrine  antireli- 
giose,  e  talvolta  scandalose,  si  lasciauo  passare,  senza  pur  dare  segno  di 
fame  caso.  Ecco  perche  parlando  delle  condizioni,  in  cui  ci  troviarno  ai 
presente,  le  dichiariamo  peggiori  che  prima.  » 

Queste  cose,  stampate  anche  in  Parigi  dalla  stessa  Opinion  nationale, 
e  non  impugnate  da  veruno  dei  tanti  giornali  stipendiati  per  fare  il  pa- 
negirico  fa\\' intervento  francese  al  Messico  e  del  nuovo  Governo  cola 
istituilo,  mostrano  assai  meglio  di  ogni  nostro  discorso,  a  cui  debbasi  re- 
care  la  colpa  dell'oppressione  esercitata  contro  1'Episcopato,  la  gerar- 
chia  e  la  liberta  ecclesiastica,  e  la  morale  cristiana. 

Ma  onde  mai  procedette  il  primo  impulso  a  tal  precipizio?  I  Vescovi 
non  si  peritarono  punto  a  dirlo  con  voce  alta  e  ferma,  e  niuno  li  pott 
smentire.  «  Baslo  una  querela,  presentata  da  un  suddito  francese,  affin- 
che  si  dichiarasse :  che  i  diritti  e  le  azioni,  risultanti  dallo  spogliamen- 
to  patito  dalla  Chiesa,  debbono  avere  libero  corso  ».  E  piii  sotto:  «  Si 
prese  una  risoluzione  estremamente  grave,  che  senza  dubbio  il  Gabinet- 
to  delle  Tuileries  sarebbesi  ben  guardato  dall'  ordinare.  E  per  quale  ca- 
gione?  La  cagione  e  minima,  insigniticante.  Basto  uua  lagnanza  d'un  sud- 
dito francese,  ed  una  domanda  indirizzata  alle  EE.  YV.  dal  Generate  Ba- 
zaine  a  proposito  di  tal  lagnanza.  Ecco  la  cagione  di  tanti  mail !  Ecco 
come  s'  intende  d'osservare  1'  imparzialita  verso  il  Messico !  Ecco  in  quai 
modo  si  tiene  la  promessa  di  lasciare  al  Governo  solo,  e  non  al  Generale 
supremo,  il  diritto  ft  iniziatival  Tale  e  la  condizione  in  cui  fu  gettata  la 
Chiesa  messicana  ». 

Non  e  pertanto  da  meravigliare  se  i  Vescovi,  malgrado  delle  minaccie 
scritte  dal  Bazaine  a  Mons.  Labastida,  levarono  alto  la  voce  contro  la  ne- 
quizia  di  chi  sacrifice  gl'  interessi  della  religione,  e  di  migliaia  di  sacer- 
doti  e  di  religiose,  alia  tutela  d'un  suddito  francese,  complice  dei  latroci- 
nii  del  Juarez,  da  cui  ebbe  per  pochi  soldi  i  beni  della  Chiesa.  «  La  sola- 


CONTEMPORANEA  123 

zione  di  questi  affari,  dopo  quella  dichiarazione,  non  e  piu  riservata  al 
Governo  che  sara  definitamente  costituito;  e  percio  il  nostro  silenzio  sa- 
rebbe  inescusabile.  II  nostro  carattere  di  vittimesparirebbe,  enoi  farera- 
mo  in  certa  guisa  le  parti  di  complici;  il  che  e  insopportabile.  La  voce 
della  coscienza,  i  diritti  della  Chiesa,  1'  amore  delia  patria,  ci  recano  a  do- 
vere  il  respingere  energicamente  questa  parte  che  ci  si  yuole  assegnare.  » 

Disaminati  quindi  ad  uno  ad  uno  gli  atti  recenti  del  Governo,  posta  in 
chiaro  la  loro  contraddizione  con  le  promesse  fatte  in  tanti  bandi  del 
Forey  e  nelle  lettere  dell'  imperatore  Napoleone  III,  e  con  le  guarentigie 
promulgate;  edimostrato  la  parte  che  ebbe  I'  influenza  e  la  preponderan- 
za  straniera  nei  fatti  deplorati,  i  Vescovi  proclaraarono :  «  Risulta  dal- 
1' atteggiamento  preso  dall'  intervento,  col  dare  forza  e  vigore  ai  pretesi 
diritti,  nati  da  fatti  ch'esso  erasi  proposto  di  combattere,  chz  Y intervento 
yolge  ora  i  suoi  trionfi  a  danno  e  rovina  della  parte  della  nazione  che  do- 
yrebbe  proteggere  ».  Percio  incalzarono  1' Almonte  ed  il  Salas  ad  annul- 
lare  la  loro  Circolare  ed  i  loro  decreti ,  e  riservare  la  soluzione  di  quelle 
difficolta  ad  un  equo  componimento ,  da  tratlarsi  fra  il  Sovrano  spiri- 
tuale  ed  il  Sovrano  temporale.  Ma ,  prevedendo  forse  che  le  preghiere 
tornerebbero  vane,  impugnarono  altresi  le  armi  proprie,  cioe  le  censure 
della  Chiesa. 

«  Se  per  isventura,  il  che  a  Dio  non  piaccia,  codeste  Circolari  e  code- 
sti  Comunicati  fossero  mantenuti ,  noi  Prelati  della  Chiesa  messicana,  in 
wtu  delle  nostre  facolta  canoniche,  e  per  compimeuto  dei  nostri  doveri, 
ci  protestiamo  in  debita  forma  coutro  le  predeite  Circolari  ed  i  loro  eflfet- 
ti,  le  dichiariamo  nulle,  e  riserviamo  salvi  i  diritii  della  Chiesa;  riprodu- 
€;amo  il  nostro  Manifesto  del  30  Agosto  1859;  del  quale  iudirizziamo  alle 
EE.  VV.  quattro  esemplari ;  il  qual  Manifesto  ebbe  per  motivi  i  decreti 
del  12,  13  e  23  Luglio  1859,  banditi  dal  sig.  Juarez  a  Vera  Cruz,  decre- 
ti di  cui  le  EE.  YV.,  con  la  circolare  del  15  Dicembre,  fanno  rivivere  i 
diritti  ed  effetti  in  cio  che  tocca  la  proprieta  ecclesiastica. 

«  Rinnovando  e  confermando  il  nostro  Manifesto  del  30  Agosto  1859, 
poniamo  termine  rispettosamente  a  questa  sposizioue,  con  le  dichiarazio- 
ni  seguenti : 

«1.°E  vietato  di  obbedire,  o  di  aiutare  all'applicazione  dei  Comunicati 
del  24  Ottobre,  alle  Circolari  del  15  Dicembre  1863,  ed  a  qualsiasi  di- 
sposizione  di  qualunqueComwm'cafo  e  di  ogni  Circolare  che  tendesse  a  far 
eseguire  i  decreti  del  Juarez. 

«  2.°  iNe  il  Governo  del  sig.  Juarez  ,  ne  altro  qualsivoglia  Governo, 
aon  hanna  facolta  veruna  d' impadronirsi  dei  beni  della  Chiesa.  Per  con- 
seguenza  i  decreti  del  mentovato  Governo  del  sig.  Juarez,  come  i  Comu- 
nicati del  24  Oltobre  e  \eCircolari  del  15  Dicembre  1863,  costituiscono 
un  attentato,  una  tirannia,  una  violazione  della  piu  sacra  proprieta,  ca- 
dono  sotto  i  colpi  delle  censure  di  santa  Chiesa,  ed  incorrono  specialissi- 
mamente  la  pena  della  scomunica  maggiore,  fulminata  dal  Concilio  di 


1M  CRONACA 

Trento,  al  capitolo  II  della  Sessione  22  de  Reformatione.  Laonde  incorro- 
no  questa  pena  canonica,  non  solo  gli  autori  e  gli  esecutori  del  decreti,  del 
Comunicati  e  delle  Circolari ricordate,  ma  altresi  tutti  quelli  che,  per  qual- 
sivoglia  modo,  cooperassero  od  ayessero  cooperate  alia  loro  esecuzione. 

«  3.°  11  cambiamento  politico,  che  1'  intervento  cagiona  alle  cose  del 
Messico,  non  altera  ne  diminuisce  punto  nulla  le  obbligazioni  e  le  respon- 
sabilita  morali  e  canoniche,  alle  quali  sono  suggetti  coloro  di  cui  abbiani 
parlato;  e  per  questa  stessa  ragione  tutte  le  nostre  protestazioni,  circola- 
ri  e  disposizioni  diocesane,  date  riguardo  alia  Costituzione  ed  alle  leggi 
dette  di  ri forma,  durano  in  tutto  il  loro  yigore,  e  sono  applicabili  ai  Co- 
municati ed  alle  Circolari  delle  EE.  VV.,  ed  a  tutte  le  disposizioni  che 
le  EE.  VV.  potrebbero  prendere  all'  intento  di  far  eseguire  le  leggi  od  i 
decreti  del  sig.  Juarez,  o  spettanti  a  fatti  che  diedero  motiyo  alle  nostre 
protestazioni  ecc. 

«  Coloro  che  incorrono  la  censura  del  canone  sopra  mentoyato  (e  qui 
son  numerate  tutte  le  cagioni  yia  descritte)  ;  cioe  gli  autori,  esecutori  o 
cooperatori  dello  spogliamento  della  Chiesa  e  delle  sue  proprieta  urbane 
o  rurali,  delle  sue  rendite,  delle  sue  possessioni,  de'suoi  diritti,  dei  suoi 
templi  e  degli  oggetti  che  questi  conteneyano  ad  uso  del  culto  sacro  ecc. 
sono  nelle  piu  stretta  obbligazione  di  far  restituzione,  .ed  ammenda  ono- 
revole  per  la  scandalo  cagionato,  e  non  possono  riceyere  1'assoluzione, 
nemmeno  in  articolo  di  morte,  se  non  adempiono  le  formalita  yolute  dal- 
la  Chiesa,  e  mentoyate  nelle  nostre  Circolari  e  nei  Manifesti  diocesani  ». 

Questa  solenne  sentenza  di  scoraunicazione  maggiore  fu  diyulgata  am- 
piamente ;  i  colpevoli  principal!  non  possono  affettare  ignoranza ,  ed  il 
popolo  messicano,  che  per  massima  parte  e  di  sensi  profondamente  cat- 
tolici,  non  penso  punto  a  riyocarne  in  dubbio  la  legittimita  e  la  forza. 

4.  Non  solo  il  Clero  ed  il  minuto  popolo,  ma  eziandio  i  supremi  Magi- 
strati  ciyili  si  affrettarono  di  fare  atto  di  pieno  ossequio  a  questo  giudi- 
cato  episcopale.  Laonde  i  Giudici  del  Supremo  Tribunale  della  Giusti- 
zia,  sottoil  31  Dicembre,  furono  sollecili  di  esporre  ai  due  superstiti  Reg- 
genti,  che  loro  tornaya  impossibile  il  dar  corso  alle  cause,  in  cui  favore 
eransi  dal  Bazaine  fatti  spedire  quei  Comunicati  e  quelle  Circolari,  collo 
scopo  di  ravyivare  le  inique  leggi  del  Juarez ,  e  consummare  Y  assassi- 
nio  della  Chiesa.  I  Reggenti  qualificarono  quell'atto  della  suprema  Corte 
di  Giustizia  come  un  atto  di  fellonia  e  di  ribellione,  tanto  piii  che  essa 
protestayasi  di  non  poter  ammettere  altre  disposizioni,  se  non  quelle  che 
«  consacrassero  puramente  e  semplicemente  la  restituzione  dei  beni  tolti 
alclero)).  1  Reggenti,  ayuta  Y  imbeccata  da  chi  li  padroneggia ,  ste- 
sero  un  decreto ,  pel  quale  furono  cassi  e  tolti  di  carica  tutti  que'  Magi- 
strati  ed  i  pubblici  ufficiali  loro  aderenti ;  e  con  un  bando  del  loro  Filip- 
po  Raigosa,  ed  un  altro  firmato  dall' Almonte  e  dal  Salas,  ne  diedero  con- 
tezza  agli  abitanti  dell'  Impero.  Questi  documenti,  pubblicati  m\\'  Esta- 
fette,  diario  messicano  in  lingua  francese ,  yennero  trascritti  dal  Monde 


CONTEMPORANEA 

del  19  Febbraio ;  e  riescono  a  dire :  che  yoleasi  la  conciliazione  dei  re- 
pubblicani  e  Juaristi  coi  fautori  dell'  intervento  e  dell'Irapero,  e  percio 
doveasi  sborsare  il  prezzo  dell'accordo  dalla  Chiesa,  col  sacritizio  delle 
sue  proprieta ;  e  il  rifmtarvisi  e  delitto  di  fellonia  e  tradimento.  Cosi  ap- 
punto,  diciotto  secoli  addietro,  la  condanna  di  Gesu  Cristo  riamico  il 
preside  romano  co'  Giudei,  et  facti  sunt  amid  Herodes  et  Pilatus  in  ipsa 
die,  nam  antea  inimici  erant  ad  invicem. 

5.  Questi  procedimenti  alia  turchesca  paryero  si  poco  gloriosi ,  anche 
agli  occhi  degli  sfegatati  partigiani  dell'  intervento  e  dei  cantori  europei 
del  nuovo  Impero  ,  che  non  osarono  fame  motto ,  o  si  contentarono  di 
biascicare  tra  i  denti,  come  fece  il  Memorial  diplomatique,  magre  sense, 
condite  da  speranze,  che  il  senno  dell'eleUo  imperatore  Massimiliano  ri- 
comporrebbe  con  piena  giustizia  tutte  le  cose.  Ma  nel  Messico  la  yoce  dei 
Vescovi,  amatissimi  dalpopolo,  sceseal  cuoredei  piii,  elaviolenza  ado- 
perata  contro  i  Magistral  apri  gli  occhi  fino  ai  ciechi,  per  yedere  di  che 
sorta  beatitudini  doyessero  asp<jttarsi,  e  di  qual  maniera  liberta  potreb- 
bero  godere,  sotto  i  nuoyi  ordi.i, ,  foggiati  dalla  sciabola  del  Bazaine  e  dei 
suoi  complici.  Percio  grave  co^mozione  si  desto  in  ogni  parte ,  e  corse 
per  le  mani  di  tutti  una  scrittnra ;  la  quale,  come  yedesi  nel  Debats  del 
10  Marzo  ,  chiamava  apertamentc  i  Messicani  a  sorgere  ,  impugnare  le 
armi ,  «  trattare  gli  stranieri  oppressori  come  si  conviene  a'  nemici  piu 
accaniti  della  religione  e  dell'  ordine  »  e  con  supremo  sforzo ,  a  costo 
d'  ogni  sacrifizio  «  redimersi  dall'abominevole  tirannide  gia  costituita  ». 
Non  puo  negarsi  che  questo  fosse  un  vero  chiamare  a  solleyazione  i  po- 
poli,  e  percio  meritasse  titolo  di  scrittnra  incendiaria. 

II  Generale  francese  Neigre,  lasciato  a  comandare  il  presidio  della 
capitale,  durante  1'assenza  del  Bazaine,  si  accorse  che  coi  Messicani  i 
colpi  di  Stato  non  sono  cosi  facili  a  riuscire,  come  altrove.  Temette  ra- 
gionevolmente  di  qualche  moto  popolare,  e  diviso  di  impedirlo.  E  fin 
qui  fece  benissimo.  Ma  pessimamente  opero,  rinnovando  gl'  insulti  ai 
Yescovi  e  specialmente  aH'Arcivescoyo  Mons.  Labastida,  a  cui  indirizzo 
1'  arrogante  lettera ,  pubblicata  nell'  Estafette  messicana  del  27  Gennaio, 
e  riferita  nel  Debats  del  10  Marzo,  nei  termini  seguenti: 

«  Messico,  10  Gennaio  1864.  Monsignore.  Mi  si  fa  conoscere  un  fatto 
gravissimo:  scritti  incendiarii,  a  me  trasmessi,  ftirono  fattipassare  sotto 
le  porte  d'alcune  case  e  sparsi  segretamente  per  tutto.  Gli  autori  di  que- 
sto manifesto  esaltano  i  yili  interessi  material]*,  che  la  nostra  religione 
calpesta,  e  suscitano  le  piu  odiose  passioni  contro  1'esercito  di  S.  M. 
1'  Imperatore,  che  libero  il  Messico  dal  disordine,  e  protesse  i  Pastori 
delle  anime,  dando  loro  la  liberta  nel  loro  ministero.  Cosi  quei  Pastori, 
che  si  dicono  abbassati  e  perseguitati,  si  dimenticano  che  non  furono  mai 
piu  difesi  e  yenerati.  lo  yoglio  piuttosto  credere  che  V.  E.  non  conosca 
queste  perfide  mene,  onde  le  fo  a  lei  conoscere,  moyendole  una  preghie- 
ra  per  la  pace  ed  il  bene  di  tutti.  Poiche  in  nome  della  religione  cattolica, 


126  CRONACA 

di  cui  noi  Frances!  siamo  i  figliuoli  primogeniti,  e  poiche  in  nome  dei 
Prelati,  da  noi  difesi  e  venerati,  un  partito  infarae  cerca  commovere  la 
nazione;  gli  dica,  Monsignore,  che  noi  vegliamo  e  conosciamo  i  suoi 
raggiri,  e  che,  insieme  col  Governo  legittimo,  i  soldati  di  Francia  man- 
terranno  1'ordine;  gli  dica,  che  noi  rifuggiamo  si  dall'usar  modi  violen- 
ti,  ma  li  sappiamo  al  bisogno  adoperare,  e  faremo  rientrare  nell'ombra, 
d'onde  mandano  le  loro  diatribe,  questi  rei  nemici  del  Messico.  Dica  loro 
queste  cose,  o  Monsignore,  e  se  la  sua  voce  evangelica  li  correggera, 
ella  avra  fatto  un  gran  beneficio  al  genere  umano,  e  in  luogo  della  loro 
riconoscenza  avra  la  nostra.  //  Generate  capo  superiors  Barone  Neigre.  » 

Qui  apparisce  evidente  1'  insinuare  che  1'  Arcivescovo  sia  capo  e  som- 
movitore  d'un  partito  infame,  poiche  da  lui  si  esige  che  ponga  termine 
a  (]ue\\e  per  fide  mene;  evidente  il  minacciare  modi  molenti;  evidente  la 
pretensione  di  avere  i  Vescovi  coraplici  del  Governo  nel  bandire  come 
giusta  e  santa  la  presente  yiolazione  di  tulti  i  diritti  della  Chiesa  e  della 
giustizia.  Se  il  Neigre  credeva  che,  col  rincrudire  nelle  minacce,  avreb- 
be  potuto  riuscire  meglio  nell'intento  che  non  avesse  fatto  il  Bazaine, 
s'inganno  a  partito. 

6.  Monsignor  Labastida  rispose  al  Neigre  con  la  lettera  segueute  : 

«  Al  sig.  Barone  Neigre,  capo  militare,  —  Riscontrando  1'  onorata  sua 
del  10  del  presente  mese,  ho  1'onore  d' assicurarla  che  io  non  cono- 
sco  finora  alcuno  degli  scritti  incendiarii  sparsi  per  la  citta ;  ma  conver- 
rebbe  che  li  conoscessi  per  poterle  rispondere ;  onde  la  prego  di  farmene 
avere  un  esemplare. 

«  E  qui  finirebbe  la  mia  lettera,  se  ella  non  mi  toccasse  d'  altre  cose 
fuori  dei  sopraddetti  scritti,  ond'ella  accusa  una  parte  del  clero  messica- 
no.  Mi  bisognerebbe  adunque  correggere  tali  asserzioni,  quando  esse 
non  fossero  esatte.  E  fatto  certo,  e  da  tutti  conosciuto,  che  noi  tutti  ab- 
hiamo  protestato  contro  quei  due  che  pretesero  d  essere  un  g over-no,  e 
contro  i  loro  ordini  del  di  9  Novembre  e  15  Dicernbre,  dichiarando  /or- 
malmente  che  la  Chiesa,  nella  pienezza  delle  sue  immunita  e  de'  suoi  di- 
ritti, sostiene  ancora  la  guerra  che  le  faceva  il  Governo  di  Juarez ;  anzi 
ch'essa  non  s'e  mai  yeduta  piu  perseguitala,  poiche  ci  hanno  messo  in 
una  condizione  peggiore  di  prima.  V.E.  crede  che  i  Pastori  delle  anime 
nell'esercizio  del  loro  ministero  godano  della  piu  grande  liberta,  e  sieno 
difesi,  protetti  e  Yenerati.  V.  E.  yede  adunque  che  questi  due  documenti 
(la  nostra  protesta  e  la  lettera  di  lei)  rappresentano,  rispetto  allo  stato 
della  Chiesa  e  de'  suoi  Pastori,  due  proposizioni  contrarie,  1'una  delle 
quali  e  necessariamente  falsa. 

c'  Dall'esposizione  de'  fatti  e  dalle  deduzioni  della  logica  risulta  che  noi, 
Prelati  messicani,  ci  troviamo,  secondo  quello  ch'ella  dice,  neiralternati- 
"va,  o  di  non  conoscere  quegli  scritti,  o  di  ritratlarli.  Ma  noi  non  possiamo 
ritrattare  noi  stessi,  poiche  abbiamo  parlato  con  verita,  chiesto  con  giu- 
stizia, operato  con  diritto,  e  sentiamo  d' essere  stati  messi  nella  crudele 
necessita  di  farlo.  Io  m'accorgo  da  quello  che  V.  E.  dice,  ch'ella  non  fu 


CONTEMPORANEA  127 

bene  ragguagliata  del  clero  messicano,  e  sono  certo  che  se  i  fatti,  gl'in- 
teressi  dibattuti,  le  cagioni  della  nostra  condotta,  le  fossero  fatte  ben  co- 
noscere,  ci  avrebbe  reso  plena  ed  intera  ragione. 

«  Ho  1'onore  di  rimettere  a  V.  E.  un  eseraplare  della  nostra  protesta. 
Riceva  ecc.  PELAGIO  ANTONIO,  Arcivescovo  di  Messico.  » 

Tali  sono  le  condizioni  religiose  nel  Messico ;  e  sembraci  evidente,  che 
non  rispondono  punto  alle  concepute  speranze ,  lasciando  a'  nostri  letto- 
ri  1'argomentare ,  dai  documenti  riferiti,  a  cui  debbasi  recare  la  colpa 
ed  il  merito  del  male  e  del  bene.  Certo  e  che  Mons.  Labastida ,  che  die- 
de  prova  di  si  imperterrita  fennezza  contro  le  soverchierie  rnilitari,  die- 
de  pure  saggio  di  mansuetudine  e  prudenza  grande  alii  4  Febbraio , 
quando,per  la  solennita  d'un  Tedeum,  in  ringraziamento  a  Dio  dell'avere 
i'Arciduca  Massimiliano  accettato  la  corona,  si  presentarono  alia  Catte- 
drale,  col  Bazaine,  i  Generali  Almonte  e  Salas;  cosi  che  apparve  a  tutli 
aver  esso  voluto  colpire  secondo  giustizia  la  colpa,  serbando  benignis- 
simi  sensi  verso  i  colpevoli.  E  egli  da  sperare  che  1'arrivo  cola  del  nuo- 
YO  Imperatore  abbia  a  rivendicare  le  ragioni  della  giustizia  conculcata  e 
della  Chiesa  manomessa  ?  II  Memorial  diplomatique  pretende  che  si ;  la 
storia  dei  popoli  beatificati  dal  diritto  nuovo  e  dai  principii  dell'  89  fa  te- 
mere  che  no.  In  tutti  i  casi  resta  la  giustizia  di  Dio. 

7.  Quanto  alle  faccende  militari,il  Bazaine,  valorosamente  coadiuvato 
dal  Generale  Douay ,  si  condusse  da  quel  prode  ch'  egli  si  mostro  in 
Crimea  e  nella  guerra  d'  Italia.  Fece  di  nuovo  occupare  Tampico,  che  si 
arrese  senza  colpo  ferire;  mando  tnippe  verso  il  Pacifico  e  s'  im  padroni 
di  Campeche  e  dei  porti  piu  importanti ;  in  piu  scontri ,  secondato  molto 
bene  da'  Messicani  del  Marquez,  scontisse  varie  squadre  del  Juarez ;  cor- 
se quasi  per  trecento  leghe,  di  provincia  in  provincia,  fugando  i  nemici 
e  sperdendoli ,  senza  che  mai  esponesse  i  suoi  a  gravi  danni.  Di  che  tor- 
no  a  maniera  di  trionfante  nella  Capitale.  Ma  e  egli  per  questo  da  dire 
die  sia  cessata  ogni  resistenza?  Certo  che  no.  II  Moniteur  francese,  per 
questa  parte,  rassomiglia  molto  ai  giornali  ufficiali  del  Governo  di  To- 
rino. Come  questi,  da  due  anni  intieri,  annunziano  ogni  otto  giorni  che 
il  brigantaggio  nel  Begno  delle  Due  Sicilie  siaridotto  agli  estremi ,  sen- 
za che  mai  sia  domato ;  cosi  nel  Messico  il  Juarez  e  periodicamente ,  ogni 
quindici  giorni,  bandito  come  oggimai  atterrato,  privodi  aderenze,  ab- 
bandonato  da'  suoi  soldati ,  costretto  a  fuga  ignominiosa :  ma  rinasce  co- 
stantemente  il  bisogno  di  spedire  truppe  contro  le  molte  e  nurneroseban- 
de  de'  suoi  partigiani,  che  talvolta  si  spingono  fino  a  due  miglia  dalla  cer- 
chia  delle  citta  occupate  da'  Francesi ,  e  ne  infestano  terribilmente  le  vi- 
cinanze.  Molto  si  spera  nelle  truppe  messicane,  gia  riorganate,  e  che 
formano  tre  Divisioni ,  la  migliore  delle  quali  sotto  il  comando  del  Ge- 
nerale Marquez.  Ma  finora  si  combatte. 

Difatto  llndependance  Beige  deM5  e  del  16  Marzo  reca  intorno  a  cio 
dei  particolari,  i  quali  dimostrano  tutt'altro  che  compiuta  la  pacificazione 


128  CRONACA  CONTEMPORANEA 

del  Messico.  «  La  tranquillita,  dice  nel  num.  76  ,  e  ben  lungi  dall'essere 
restituita  alle  province ;  le  guerriglie  battono  ognora  la  campagna  e  la 
padroneggiano  ;  il  trasporto  sulla  via  ferrata  non  puo  effettuarsi  che  con 
Ja  scorta  di  numerosa  truppa  ,  la  quale  non  sempre  basta  ,  poiche  gravi 
depredazioni  furono  commesse  nella  notte  dal  3  al  4  Febbraio.  »  Anzi  la 
Patrie  stessa  confessa  che  alii  7  una  vettura,  che  recava  dispacci  impor- 
tant! e  denaro,  benche  accompagnata  da  soldati,  fu  assalita  e  depredata; 
la  scorta  riparo  in  una  casa  e  vi  si  difese;  ma,  consumate  le  munizioni , 
ed  esposta  a  perire  nell'  incendio,  dovette  arrendersi.  Presso  a  Perote, 
alii  20  Gennaio ,  una  carovana  di  signori ,  benche  difesa  da  centinaia  di 
armali,  dovette  soccombere,  e  vi  perirono  oltre  a  60  persone,  fra  le  quail 
fanciulle  nobili  e  personaggi  ragguardevoli,  sotto  i  colpi  d'una  numerosa 
banda  di  partigiani  del  Juarez.  «  Le  squadre  di  questi,  che  infestano  le 
terre  calde,  rendevano  impossible  ogni  comunicazione  con  Jalapa  »  ;  ed 
il  simigliante  accadeva  fin  presso  alia  Capitale ;  tanto  che  il  Moniteur , 
per  mettere  in  chiaro  i  felici  risultati  delle  spedizioni  del  Bazaine,  faceva 
risaltare ,  che  oggimai  le  circostanze  di  quella  citta  erano  sicure  da  ogni 
attacco,  ed  il  somigliante,  a  poco  a  poco ,  si  dovea  ottenere  per  le  pre- 
cipue  terre  delle  province  ,  dove  sono  Francesi.  II  che ,  per  vero  dire  , 
non  mostra  che  la  pacifications  sia  cola  molto  piu  sicura  di  quello  che 
nel  Regno  delle  Due  Sicilie. 

Sotto  il  risguardo  politico,  se  e  vero  cio  che  leggesi  T&IY  Independence 
Beige,  in  mezzo  ad  una  colluvie  d'  improperii  al  Glero,  e  da  dire  che  le 
cose  procedono  anche  meno  prosperamente.  Imperocche  il  corrispondente 
di  codesto  diario  dice  che  «  malgrado  le  dicerie  di  rappaciamento  e  di 
riconciliazione ,  si  continua  la  pubblicazione  di  libelli  oltraggiosissimi 
contro  i  Reggenti ,  contro  1'autorita  francese,  ed  anche  contro  il  signor 
di  Montholon,  »  nuovo  rappresentante  della  Francia  a  Messico.  «  In  co- 
desti  libelli  la  persona  dell'Imperatore  de'  Francesi,  anzi  quella  pure  del 
nuovo  Sovrano,  non  sono  punto  risparmiate.  »  II  Doblado  pare  che  siasi 
al  tutto  gittato  dalla  parte  del  Juarez  ;  e,  raggiunto  F Ortega  (che  fu  di- 
fensore  di  Puebla  e  scampo  dalla  prigionia  salvandosi  con  la  fuga),  ab- 
bia  raccolto  buon  nerbo  di  partigiani  nello  Stato  di  Zacatecas  ,  dove  mi- 
naccia  di  creare  grave  impaccio  al  generale  Douay ,  essendo  favorito 
dalla  qualita  del  terreno.  Ma  si  faceva  assegnamento  ,  quanto  al  vincere 
tali  resistenze,  sulla  promessa  bandita  ,  che  quanti  Juaristi  aderissero, 
entro  un  mese,  al  nuovo  ordine  di  cose,  ne  sarebbero  premiati  col  raan- 
tenimento  de'  loro  gradi  militari,  e,  quel  che  e  piu ,  con  la  guarentigia 
di  conservare  i  beni ,  rubati  alia  Chiesa  ,  ed  avuti  dal  Juarez  al  prezzo 
del  2  per  100.  Sotto  questi  auspicii  sorge  quel  nuovo  Impero ;  che  e  tutto 
opera  della  moderna  diplomazia ,  del  diritto  nuovo  e  della  civilta  moder- 
na ,  appunto  come  il  Regno  ellenico  ,  dove  si  cambiano  gia  i  Minister! 
ogni  quattro  settimane,  ed  il  Re  non  si  puo  far  rispettare  da  una  cinquan- 
tina  di  uomini  vestiti  da  artiglieri. 


IL  TRATTATO  DI  LONDRA 


IL  TRATTATO  DI  ZURIGO 


i. 

Rayionevolezza  di  subordinate  I'osservanza  dell'un  traltato 
air  osser vanza  deli'allro. 

Chi  si  pone  a  considerare  con  qualche  studio  la-  quistione  dane- 
se,  che  e  1'  evento  a  cui  sono  oggidi  altirati  principal mente  gli  occhi 
di  tutti,  non  puo  fare  che  non  vi  scorga  una  grandissima  analogia 
€olla  quistione  italiana.  Nell' una  e  nell'altra  e  impegnalo  il  cosi 
detto  principio  di  nazionalita ;  nell'  una  e  nell'  altra  si  avvera  il  fatto 
cornpiuto  d' un' occupazione  militare;  coll' una  e  coll' altra  sono  con- 
nessi  riguardi  di  ordine  universale ;  nell'  una  e  nell'  altra  e  involta 
la  fede  da  serbarsi  ad  un  pubblico  trattato,  non  ancora  eseguito.  11 
traltato  di  Londra  vuol  mantenuta  1'  integrita  della  Monarchia  dane- 
se ;  il  traltato  di  Zurigo  vuol  serbati  i  dirilli  de'  diversi  Principi  ila- 
liani,  con  non  altra  unita  nella  Penisola,  che  la  federativa.  Ambidue 
questi  traltati  rimangono  tuttavia  sospesi. 

Or  a  noi  sembra  non  poterci  essere  stravaganza  si  matla  ne  ca- 
priccio  si  irragionevole ,  come  quello  di  pretendere  assolutamenle 
1' osser  vanza  del  primo,  senza  concedere  al  tempo  stesso  1'esecuzione 
del  secondo.  Cio  apparira  evidentemente  dal  breve  parallelo ,  che 
istituiremo  tra  1'  uno  e  1'  altro. 
Serie  Y,  vol.  X,  flue.  338.  0  31  Marzo  1864. 


130  IL  TRATTATO  DI  LONDRA 

Noi  cliciamo:  Tutte  le  ragioni  che  mililano  per  I'adempimento  del 
trattalo  di  Londra ,  militano  ancora ,  e  con  assai  maggior  forza,  per 
I'adempimento  del  traltato  di  Zurigo;  e  nessuna  diflicolta  puo  pro- 
porsi  contro  di  questo,  la  quale  non  sia  piu  verace  e  di  inollo  mag- 
gior peso  contro  di  quello.  Veniamo  alle  prove. 

Perche  dee  osservarsi  il  traltato  di  Londra?  Perche  \i  e  impe- 
gnata  la  leal  la  el' onore  delle  Potenze,  che  lo  soltoscrissero ;  e  per- 
che  vi  e  legato  F  interessc  di  varii  Stali  europei.  Or  1'  una  e  Y  altra 
di  queste  ragioni  valgono  ancora  e  piu  fortemenle  pel  trattalo  di 
Zurigo.  E  di  fermo,  non  fu  esso  altresi  soltoscritto  in  nome  della 
sacrosanta  ed  individua  Trinita  da  tre  Principi  cristiani?  Non  costi- 
luisce  esso  altresi  un  pubblico  contralto  internazionale ,  che  lega  in 
faccia  a  Dio  ed  al  mondo  la  coscienza  e  1'  onore  de'  suoi  alii  con- 
traenli  ?  Poniamo  pure  che  il  Governo  piemontese  non  sia  soggetto 
al  giure  universale  di  natura  e  delle  genii ,  ne  tenuto  a  mantener  la 
parola  data  e  giurata.  Certo  e  che  il  medesimo  non  puo  dirsi  de'  due 
potenlissimi  Imperatori,  che  legarono  a  quel  palto  la  loro  fede  di  cri- 
sfiani  e  di  Principi.  Nella  coscienza  di  cosloro  la  firma  apposla  a 
quel  trattalo  costituisce  un  dovere  sacro  ed  inviolabile,  che  ineso- 
rabilmente  ne  reclama  1'  esecuzione ;  e  il  senlimento  di  onore,  che 
tanlo  vuol  essere  piu  delicato,  quanlo  piu  alto  e  il  grado  della  per- 
sona, non  puo  non  provare  acutissime  punture  ogni  giorno  che  s'ag- 
giunge  al  difTerimento  di  quella. 

Per  cio  poi  che  spetta  i  diritli  e  gF  inleressi  dei  terzi ,  1'  adempi- 
mento  del  trattalo  di  Londra  e  volulo  dal  diritto  della  Danimarca  e 
dalF  inleresse  delle  Potenze,  adiacenti  al  Baltico;  1'  adempimento  del 
trallalo  di  Zurigo  e  richiesto  non  solo  dai  diritli  dci  Principi  die,  in 
onta  di  quello  ,  Tennero  spodestati ,  ma  ,  cio  che  piu  monta ,  e  co- 
mandalo  imperiosamenle  dal  diritto  e  dall'  interesse  supremo  di  tutlo 
il  Catlolicismo,  che  nella  persona  del  suo  Pontefice  si  vede  spogliato 
del  piu  legittimo  e  sacro  possedimento.  La  liberta  del  Baltico  e  cer- 
tamente  qualche  cosa  di  rilevanle.  Ma  ognun  vede  quanto  sia  da  piu 
la  liberta  delle  cosdenze  cattoliche.  legata  strelfamente  coll'  indipen- 
denza  polilica  del  loro  supremo  moderatore. 


E  IL  TRATTATO  DI  ZURIGO  131 

Ma ,  si  (lira ,  il  Piemonte  grida  di  non  potersi  acconciare  all'  ese- 
cuzione  del  tratlato  di  Zurigo.  Anche  1'Alemagna  protesta  di  noa 
potersi  acconciare  all'  esecuzione  del  Irattalo  di  Londra.  Se  dunque 
non  si  lien  conto  dei  richiami  alemanni ;  perche  dovra  tenersi  conlo 
dei  richiami  piemonlesi?  Escon  essi  forse  da  gole  phi  esercitate  e 
piu  robuste? 

Ma  T  unita  nazionale  d'  Italia  scapita  coll'  osservanza  del  trattato 
di  Zurigo.  Anche  1'  unila  nazionale  tedesca  scapita  coll'  osservanza 
del  traltato  di  Londra.  La  difficolta  dunque ,  dov'  anche  fosse  vera, 
o  e  valida  per  entrambi  i  casi ,  o  per  entrambi  e  nulla.  Ma  v'  ha  di 
piu :  essa  per  la  nazionalita  tedesca  ha  qualche  valore ;  non  ne  ha 
nessuno  per  la  nazionalitii  italiana.  Imperocche  coll'  osservanza  del 
trattato  di  Zurigo  si  concede  all' Italia  1'  unica  unita,  di  cui  essa  e  ca- 
pace,  vale  a  dire  la  federale  1 ,  e  si  ripongono  i  singoli  Stati,  usur- 

1  Che  la  sola  unita  federativa  possa  competere  all'  Italia  fu  tesi  comime 
di  tutti  i  liberali  italiani  piu  assennati.  Basti  citarne  qualcuno,  a  mo'  di  sag- 
gio.  «  La  Sovranita  temporale  dei  Papi  pud  armonizzare  ed  essere  concilia- 
bile  con  quella  specie  di  unita  che  sola  pud  esser  possibile  per  1'  Italia, 
vale  a  dire  unita  per  mezzo  della  Confederazione ;  eGioberti  e  Balbolo  nan- 
no  pienamente  dimostrato.  »  Cos!  il  Galeolti,  ora  Deputato  al  Parlameiito 
subalpino ,  nella  sua  opera :.  Delia  Sovranita  e  del  Governo  temporale  dei 
Papi,  pag.  190.  E  il  Rarialli  nel  suo  libro:  Del  Riordinamento  dj  Italia,  di- 
mostra  ampiamente  la  ripugnanza  che  per  molti  capi  presenta  1'  Italia  a  for- 
mare  uno  Stato  unico,  e  tra  le  altre  cose  dice:  «  Una  nazione,  che  per  quat- 
tro  mila  anni  e  dimorata  sempre  distinta  di  dominii,  fa  ragionevolmente  ia- 
ferire  avervi  in  essa  qualcosa ,  che  invincibilmente  a  reuderla  uuo  Stato 
unico  si  oppone.  E  siccome  quel  che  si  sperimenta  per  luughezza  di  secoli, 
ha  bene  le  sue  ragioni  e  cagioni,  cosi,  dove  queste  fossero  cercate,  non 
isfuggirebbero  per  avventura  allamente  del  sapiente:  il  qualele  troverebbe 
o  nella  postura  o  nella  configurazione ,  o  nel  clima ,  o  in  altro.  E  la  stessa 
dimostrazione  di  costante  ripugnanza  a  uno  Stato  solo  basterebbe  per  do- 
verne  argomentare  la  non  bonta,  non  potendo  riuscire  mai  buono  cid  che 
per  essere  effettuato,  ha  mestieri  di  violenza.  » 

Vero  e  che  presentemente  per  non  incorrere  1'ira  della  fazion  dominante 
non  si  osa  piu  in  pubblico  esprimere  si  fatte  cose.  Tuttavia  anche  adesso  non 
mancano  degli  animi  franchi  e  coraggiosi,  che  affrontano  di  gran  cuore  il  pe- 
ricolo  per  non  tradire  la  verita  e  il  bene  della  patria.  Cosi  ha  fatto  ultima- 
mente  1'egregio  Luigi  Alberti,  il  quale  in  un  suo  opuscolo,  dato  alia  luce  m 


132  IL  TRATTATO  DI  LONDRA 

pali  dal  Piemonte ,  sotto  Principi  italiani ;  laddove  coll'  osservanza 
del  trattato  di  Londra  1'  unita  stessa  federaliva  germanica  resta  in- 
taccata  e  si  ripone  uno  Stato  tedesco  sollo  una  Corona  scandinava. 
Con  qual  logica  adunque  si  disprezzerebbe  la  difficolta  dov'  essa  ha 
valore,  e  si  calcolerebbe  dov'  essa  e  insussislente  ? 

Ma  il  voto  del  popolo  italiano?  Ouesta  obbiezione  non  crediamo 
die  si  osera  piu  porre  innanzi  dal  Piemonte ,  per  non  sentirsi  scro- 
sciare  sul  viso  le  risa  di  tutti  i  Diplomatic!  d'  Europa ;  tanto  e  nota 
oggidi  la  buffonesca  commedia ,  colla  quale  si  procuro  di  simulare 
quel  voto.  Tuttavia  si  ammetta  per  poco  che  esso  sia  vero.  Non  ab- 
biamo  noi  dair  altra  parte  il  voto  del  popolo  alemanno  ed  in  ispecie 
de'  due  Ducati ,  i  quali  nei  modi  piu  solenni  e  legali  hanno  espressa 
la  ferma  lor  volonta  di  non  piu  tornare  solto  la  signoria  danese? 
E  notate,  che  un  tal  voto  non  e  stato  espresso ,  come  tra  noi ,  sotto 
la  minaccia  del  pugnale  e  la  violenza  d'un'  invasione,  ma  liberamen- 
te  ed  anzi  contro  1' influenza  e  le  ordinanze  dei  governanti.  Notate 
altresi,  che  con  esempio  non  ordinario  questo  voto  del  popolo  ledesca 
si  trova  in  mirabile  armonia  con  quello  della  maggiorita  dei  suoi  Prin- 
cipi. Imperocche  la  piu  gran  parte  dei  Sovrani  alemanni  si  oppone 
all'  esecuzione  del  trattato  di  Londra ;  e  se  da  essi  dissentono  1'  Impe- 
ratore  d' Austria  e  il  Re  di  Prussia  con  altri,  do  c  solamente  pel  ris- 
petto  che  questi  onoratissimi  Principi  professano  al  diritto  riconosciu- 
to  e  alia  fede  dei  trattali.  Cosl  stando  le  cose,  con  qual  coerenza  in  ura 
caso  si  anliporrebbe  la  fede  pei  contratli  al  voto  vero  del  popolo,  e 
LeH'altro  questa  slessa  fede  si  posporrebbe  al  voto  falso  e  simulate? 

II  quale  argomento  tanto  piu  cresce  diforza,  quanto  che  niuno 
puo  ignorare ,  il  voto  de'  popoli  italiani ,  checche  voglia  fingersi  del 
passato,  essere  presentemente  contrario  alia  moslruosa  unita  sta- 
tuale,  che  contro  ogni  deltame  di  ragione  e  di  sloria  si  epressoloro 

questi  giorni  in  Firenze,  promulga  altamente  che  il  solo  sistema  federative  e 
applicabile  all'Italia  secondo  ragioni  storiche,  geografiche  e  politiche;  e  li- 
beramente  rimprovera  coloro,  che  a  gran  detrimento  della  patria  ban  mutato 
questo  programma,  da  essi  un  tempo  caldamente  propugnalo.  A  proposito 
d'una  agyiunta  al  capitolo  XVIII  dei  Casi  della  Toscana.  Protesta  e  schiart- 
menti  di  LUIGI  ALBERTI,  Firenze  1864. 


E  IL  TRATTATO  DI  ZURIGO 

voluta  impiantare.  II  solo  falto  di  diciotto  province,  dovute  tener  lul- 
lavia  in  istato  piu  che  d'assedio,  accio  si  contentino  della  beatitudine 
unitaria  ad  esse  donata ,  e  un  testimouio  assai  eloquente ;  per  nulla 
dire  dei  popoli  delle  Marche,  della  Romagna,  della  Toscana,  dei  Du- 
cati  di  Parma  e  di  Modena.  Gli  slessi  Lombardi  ( Iranne  i  rivoluzio- 
narii  di  professione )  sembrano  oggimai  pentili  del  cambio  fatto.  Da 
tutte  parti  della  Penisola  non  altro  s'invoca,  che  la  fine  di  questa 
baldoria  del  nuovo  regno ,  il  quale  non  ha  prodollo  che  frulti  ama- 
rissimi  di  dissensione ,  d'  immoralila ,  di  prigionie ,  di  gravezze ,  di 
miserie,  di  raaggior  dipendenza  dallo  straniero. 

II. 

Probabilita  deU  anzidetta  subordinazione  dei  due  trattati. 

Non  crediamo  esserci  alcuno  si  losco  di  mente,  che  non  vegga 
la  superiorita  delle  ragioni,  che  militano  per  radempimento  del  trat- 
tato  di  Zurigo,  in  paragone  di  quelle  che  militano  per  1'  adempimento 
del  trattato  di  Londra.  Ma  cio  riguarda  la  quistione  nel  puro  giro 
speculative,  e  non  tocca  la  pratica;  massimamente  in  questo  tempo 
nostro  ,  nel  quale  per  lo  piu  la  pratica  corre  a  rovescio  dei  detlami 
della  ragione.  Nondirneno  noi  stimiamo  molto  probabile  che  questa 
volla  non  sara  cos! ;  e  a  formare  un  tal  giudizio  ci  conforlano  due 
argomenti. 

II  priino  e  che  non  possiamo  supporre  nella  prudentissima  Austria 
uno  sbaglio,  si  madornale,  di  lasciarsi  fuggir  di  mano  una  congiuntura 
si  acconcia  per  esigere  cio,  che  la  giustizia  e  il  suo  onore  le  consi- 
gliano.  Questo  sarebbe  per  lei  un  errore  imperdonabile ;  e  tanto  piu 
imperdonabile,  in  quanto  essa  non  potrebbe  incontrare  veruna  seria 
difficolla,  per  parte  delle  altre  Potenze,  secondoche  dimoslreremo  nel 
seguente  paragrafo.  Argomenlando  dunque  dalle  ragioni  di  avvedu- 
tezza,  non  sembra  potersi  dubilare,  che  yenendosi  al  punto  di  esi- 
gere dall' Austria  il  mantenimento  del  traltato  di  Londra,  essa  esi- 
gera  in  contraccambio  1'  adempimenlo  del  trattato  di  Zurigo. 

II  secondo  argomento,  che  c'  induce  a  cosi  credere,  e  il  fatto  stes- 
so  che  si  sla  svolgendo  sotto  i  nostri  occhi  nella  controversia  danese. 


IL  TRATTATO  DI  LONDRA 

Che  cosa  stiara  noi  mirando?  Dall'una  parte  I'esercito  auslro-prussia- 

no  noil  solo  ha  invaso  i  Ducati,  ma  si  e  spinto  ancora  nel  Jutland;  o 

forse,  quando  uscira  questo  articolo,  di  gia  Duppel  e  Fredericia  sa- 

ranno  state  cspugnate.  Ball'  altra  parte ,  non  ostante  V  appello  si 

pressante  della  Danimarca ,  le  Potenze  pui  interessate  in  tal  quistio- 

ne ,  sembrano  guardar  il  progresso  delle  armi  aiemanne  con  pienis- 

sima  indifterenza.  La  Svezia  ,  benche  stimolata  dalle  minacce  e  dai 

tumuli!  della  parle  democratic^ ,  dichiara  non  doversi  per  anco  ri- 

correre  alia  spada.  L}  Inghilterra ,  benche  si  tralti  della  causa  del 

padre  di  colei  che  deve  esserle  regina,  e  da  ogni  parle  la  sospinga- 

HO  interpellanze  di  Deputati,  clanwi  di  giornali,  voti  di  popolo;  par 

ehe  si  rida  di  tutto  cio,  e  si  tien  certa  d'  un  assestamento  paCifico 

della  vertenza.  La  Russia  serba  un  perfelto  silenzio,  e  vien  anzi  cre- 

dula  alleata  dell'  Austria  e  della  Prussia.  La  Francia  infine ,  benche 

sembri  avere  alcuna  velleita  di  inuoversi ,  si  astiene  dal  farlo  ,  per 

la  certezza  di  reslar  sola  nella  lotta.  Come  si  spiega  questo  contegno? 

E  forse  da  credere  che  alle  anzidette  Potenze  poco  import!  lo  smem- 

bramento  della  Danimarca  ?  Tult'altro;  1'inlegnla  di  cotesla  mo- 

narchia  e  per  esse  punto  irremovibile  e  capitale.  Piuttosto  che  per- 

metlerne  io  smembramento,  esse  incontrerebbero  i  pericoli  e  i  danni 

<l'«na  guerra  europea.  Ne  cio  per  troppa  riveren2a,  che  portino  alia 

santila  de'  Irattali ,  giacche  molti  altri  lasciarono  infrangere  ,  senza 

curarsene ;  si  veramente  per  1'  interesse  lor  proprio,  che  vi  e  mesco- 

lato,  «  per  1'equilibrio  della  bilancia  europea,  la  quale  altrimenti 

andrebbe  sossopra.  Se  la  Germania  unisse  a  se  la  parte  continen- 

laie  della  Dauimarca,  diverrebbe  in  breve  potentissima  eziandio  per 

•mare ,  ed  avrebbe  di  piu  nelle  proprie  mani  un  passaggio  facile  e 

sicuro  per  trasportare  sollecitamente  le  sue  flotte  dal  mar  Nordico 

nel  Ballico  e  viceversa.  Un  lanto  vantaggio  all'  Alemagna  non  si 

cofisentirebbe  giammai  dalT  Inghillerra  e.dalla  Francia.  Quanto  poi 

aBa  Svezia,  essa  in  quell'  ipotesi  si  vedrebbe  quasi  necessitata  di  con- 

giungere  a  se  il  residuo  della  smcmhrata  Danimarca  ,  restando  cosi 

padrona  assoluta  dello  stretto  dei  Sund.  II  che  eseguito  ,  la  Russia 

rcsAerebbe  come  incarcerata  in  fondo  al  Ballico,  alia  merce  de'  navi- 

gli  svedesi  e  germanici.  Ogoun  vede  T  impossibilila  di  un  tale  stato 


E  IL  TRATTATO  W  ZURIGO 

di  cose ;  e  pero  la  conservazione  inlera  della  Corona  di  Danimarca  e 
cosa,  da  non  potersi  rivocare  in  dubbio.  L'assestamento  finale,  dopo 
la  guerra,  sara  senza  fallo  il  ritorno  al  trattato  di  Londra;  e  la  eer- 
tezza  del  cornune  interesse  delle  Potenze  a  non  lasciarlo  infrangere 
ba  indotto  in  errore  la  Danimarca,  daadole  a  credere  cbe  da  loro  le 
sarebbe  venulo  per  via  delle  armi  quell'  aiuto ,  die  uon  le  verra  se 
non  per  via  de'  negoziali  diplomatic! ,  dopo  die  la  sconfitta  1'  avra 
resa  meno  ostinata. 

Ma  se  e  cosi,  perche  1*  Austria. e  la  Prussia,  le  quali  non  possono 
ignorare  si  fatle  cose ,  do  Bson  ostanle  muovono  innanzi  gli  eserciti ; 
e  par  che  s'affreltino  a  rendere  un  fatto  compiuto  non  solo  il  pos- 
sesso  dei  Ducati,  ma  la  conquista  eziandio  della  terraferma  danese? 
E  cvedibile  che  esse  si  sobbarcbino  a  tanto  dispendio  di  sangue  c 
di  danaro  per  noa  couseguire  altro  finer  cbe  quello  di  far  osservarc 
un  traltalo,  il  cui  principal  beneficio  non  ^  per  loro  ma  per  la  Da- 
nimarca, e  il  quale  e  inviso  a  tulle  le  Polenze  gerrnai&cke?  S'impa- 
droniscono  di  paesi.  tla  res-lituirsi  poscia  al  vinlo ,  pel  solo  gusto 
di  averli  una  volta  occupati?  Saria  faneiullaiggine  il  persuadersene, 
Egli  e  assolutamenle  da  pensare  che  quakch.e  altro  scopo  si  asconde 
solto  tali  iaUi ;  qualch^  grande  ^aqtaggio  da  cavarsi  da  una  almeno 
delle  due  Potenze  alleate ,  ad  oltenere  il  quale  1' allra  concorre  in 
vista  di  altre  ulilita  patteggiate  o  sperate.  Or  qual  sara  1'  anzidellc* 
scopo?  Non  crediamo  d'  essere  lemerarii,  se  didamo  che  molto  pro- 
babilmente  esso  e  di  otlenere  dalle  Potenze,  che  in  conlraccambio 
del  sacriilzio  che  si  fa  di  rendere  alia  Danimarca  le  terre  occupate , 
per  tener  fede  al  trattato  di  Londra  ,  si  permetta  all'  Austria  di  co- 
stringere  colla  forza  il  Piemonte  ad  adempire  il  trattato  di  Zurigo. 
Questa  sola  supposizione  ci.darebbe  la  chiave  per  aprire  tutto  1'enim- 
ma,  perche  ci  spiegherebbe  dall'  una  parte  il  contegno  pacifico  delle 
Polenze ,  sicure  che  la  integrita  della  Monarchia  danese  sara  serba- 
ta,  e  dall'  altra  ci  spiegherebbe  le  operazioni  bellicose  deH'Austria  e 
della  Prussia  nello  Schleswig  e  nei  Jutland  ,  non  oslante  ta  persua- 
sione  di  dover  poscia  restituire  la  pretla.  Quelle  operazioni,  secoado 
noi,  mirano  soltanto  a  porre  un  antecedente,  che  renda  amniissibiie 
e  necessario  un  conseguenle.  ;J  ^jjooi&UiofS&li ^  osiJ9lo4 


136  IL  TRATTATO  DI  LONDRA 

Di  piu  una  tal  supposizione  ci  spiega  anche  a  meraviglia  la  ritro- 
sia  della  Francia  a  partecipare  della  Conferenza ,  gia  proposta  e  vi- 
vamente  promossa  dall'  Inghillerra.  Non  e  inverisimile  che  il  Gabi- 
netto  delle  Tuileries  preveda ,  nello  scioglimento  pacifico  di  quella 
controversia,  alcuna  cosa  che  non  gli  garba.  Finalmente  la  falta  sup- 
posizione ci  spiega  1'  attitudine  che  va  pigliando  1'  Italia  per  le  vicine 
emergenze.  E  manifesto  che  essa  si  mostra  impensierita ,  si  arma, 
raccoglie  truppe  dalle  province  meridional!  ?  le  agglomera  verso  il  Po 
ed  il  Mincio.  A  die  tanta  agitazione?  Per  tentare  un  colpo  di  mano 
nel  Veneto  ?  Questa  risposla  sarebbe  giusta,  se  si  trattasse  di  movi- 
mento  garibaldino.  Ma  qui  si  tratta  di  movimento  da  parle  del  Go- 
verno;  e  il  Governo  sa  benissimo  avergli  1'  Inghilterra  dichiarato  piu 
volte  che  alia  Venezia  non  pensi.  La  liberta  dell'  Adriatico  esige  che 
la  Yenezia  resti  all'  Austria.  Oltreche  una  aggressione  del  Veneto 
non  potrebbe  farsi  dal  Piemonte,  con  isperanza  di  riuscimento,  senza 
aver  ai  fianchi  la  Francia  nelle  baltaglie ;  e  il  Governo  francese  nelle 
present!  circostanze  non  potrebbe  avventurarsi  a  una  seconda  guerra 
italica.  Ma  senza  cio,  chi  mira  le  disposizioni  militari,  che  prende  il 
Piemonte,  s'  accorge  subito  che  esse  tendono  alia  difesa  piuttosto  che 
all'  offesa.  II  Piemonte  dunque  non  intende  aggredir  T  Austria ,  ma 
teme  d'  essere  aggredito  dall'  Austria ,  e  d'  essere'  aggredito ,  dopo 
composte  le  cose  colla  Danimarca ;  giacche  non  credera  giammai 
die  1'  Austria  voglia  da  se  ingaggiarsi  in  nuova  guerra,  nel  tempo 
stesso  che  ne  sta  facendo  un'  altra.  Or  qual  potrebbe  essere  lo  scopo 
di  questa  tanto  probabile  aggressione  austriaca,  se  non  quello  di  far 
fmalmente  eseguire  il  trattato  di  Zurigo? 

III. 

Improbability  di  serio  contrasto  da  parte 
delle  Potenze. 

Dira  taluno :  e  certamente  assai  verisimile  che  1' Austria  chieda , 
come  condizione  del  ritorno  al  trattato  di  Londra  ,  la  facolta  di  far 
eseguire  il  trattato  di  Zurigo.  Ma  tal  facolta  le  sara  poi  consentita 
dalle  altre  Potenze?  Ragioniamone  un  poco. 


E  IL  TBATTATO  DI  ZURIGO  137 

Certamenle  non  e  credibile  che  la  Svezia  o  la  Prussia  o  la  Rus- 
sia siano  per  porvi  opposizione.  La  Svezia  non  ha  alcuno  interesse 
che  1'  Italia  sia  piuttosto  unita  che  divisa.  La  Prussia,  oltre  alia  me- 
desima  indifferenza,  si  trova  in  amichevoli  relazioni  coll' Austria.  La 
Russia  dovrebbe  anzi  andar  conlenta  di  quel  fatto  dell' Austria,  si  per 
veder  indebolita  la  parle  rivoluzionaria ,  che  da  tanto  da  fare  anche 
a  lei,  si  pel  sommo  interesse  che  ha  a  veder  mantenulo  il  traltato  di 
Londra ,  senza  cui  la  Germania  e  la  Svezia  diventerebbero  signore 
del  Baltico,  e  si  finalmente  per  riparare  cosi  il  grand'atto  d'ingrati- 
tudine  da  lei  commesso  verso  il  figlio  di  Ferdinando  II ,  col  ricono- 
scimento ,  almen  di  fatto ,  del  preteso  regno  dj  Italia.  L'  opposizione 
dunque  a  quella  giusta  dimanda  dell'  Austria  non  polrebbe  venire, 
che  dall'  Inghilterra  o  dalla  Francia.  Noi  pensiarao  che  ne  anche 
queslo  potrebbe  avverarsi ,  almeno  in  modo  serio  ed  efficace. 

Se  si  trattasse  di  chiedere  che  queste  due  Potenze  cooperassero 
anch'  esse  a  costringere  colle  armi  il  Piemonte  perche  mantenga  le 
giurate  obbligazioni ;  vediamo  bene  che  la  dimanda  tornerebbe  vana 
del  tutto.  L'  Inghilterra  risponderebbe  che  non  ci  e  il  suo  tornaconto 
a  far  guerra ;  e  la  Francia  ripeterebbe  che  non  puo  cornbattere  contra 
quelli,  a  lato  dei  quali  una  volta  ha  combatluto.  Per  quanto  la  prima 
risposta  sia  mercantile,  e  la  seconda  piu  che  cavalleresca ;  nondime- 
no  bisognerebbe  tenerle  per  buone  e  contentarsene.  Ma ,  per  buona 
ventura,  non  si  tralta  di  cio.  L' Austria,  come  dicemmo,  non  chiede- 
rebbe  d'essere  aiutala,  ma  solo  di  non  essere  disturbata;  non  chie- 
derebbe  che  altri  concorra  con  lei  a  fare,  ma  solo  che  niuno  concor- 
ra  a  impedirla  di  fare.  E  in  ordine  a  cio,  non  ci  sembra  che  1'  Inghil- 
terra o  la  Francia  potrebbe  efficacamenle  attraversarsi. 

E  quanto  all' Inghilterra,  essa  si  e  mostrata  tenera  dell' Italia,  non 
puo  negarsi ;  ma  senza  dare  per  lei  ne  un  quattrino,  ne  un  uomo. 
Essa  dunque  puo  agevolmente  serbarsi  in  seno  la  medesima  tene- 
rezza  tra  i  medesimi  limiti ;  con  lode  di  rimaner  cosi  consentanea  a 
se  stessa.  Ne  le  dovrebbe  sembrare  slrano  che  si  procacciasse  colla 
forza  1'  adempimento  di  un  trattato ,  quando  questa  appunlo  e  slata 
la  ragione  da  lei  allegata  per  iscusare  1'  indifferenza  che  sta  mostran- 
do,  in  ordine  al  progresso  delle  armi  tedesche  nel  continente  danese. 


138  TL  TRATTATO  DI  LONDRA 

A  coloro  die  ne  la  rimproveravano,  ella  ha  risposto,  che  avendo  1'Au- 
stria  e  la  Prussia  dichiaralo  di  operare  a  solo  fine  d'indurre  la  Dani- 
marca  a  osservare  gli  obblighi  assunti ,  non  ci  era  nigione  d'  impe- 
diro  che  le  aazidette  Potenze  procurassero  colla  coazio'ne  il  manteni- 
mento  di  un  trattato.  Or  basta  die  1'  Inghilterra  dia  la  medesima 
risposta  ,  nella  €onferenza  prossima ,  relalivamente  air  Austria  pel 
trattato  di  Zurigo.  In  somma ,  quel  che  imporla  air  Inghillerra  e  il 
mantenimenlo  del  Irallato  di  Londra,  rkhiesto  dal  proprio  interesse, 
che  e  la  sua  legge  suprema.  Purche  1'  Austria  si  pieghi  a  quello , 
I'  Inghilterra  non  sara  arcigna  ne  dura  per  do  che  concerne  1'  Italia. 
Rimane  dunque  la  Francia.  Ma  staremmo  a  vedere  se  la  Francia 
vorra  opporre  ostacolo  all'  esecuzione  di  un  traltalo ,  da  lei  stessa 
conchiuso  e  giurato !  Ne  altri  rioordi  la  celeb  re  spiegazione,  data 
dal  Thouvenel ,  che  doe  il  trattato  deve  adempirsi,  ma  senza  costrin- 
gimenlo  armato.  Quella  spiegazione,  acciocche  riesca  tollerabile, 
Yiiol  essere  inlesa  in  uno  di  questi  due  modi:  o  relativamente  al 
tempo,  o  relativamente  alia  Francia.  Relati\7amenle  al  tempo,  in 
quanlo  cioe  prima  si  cercassero  le  yie  pacifiche ,  e  non  si  venisse 
alle  forze,  se  non  quando  quelle!'fosseTo  esaurite.  Relatiyameiile  alia 
Francia  ,  in  quanlo  ella ,  dovendosi  venire  alia  forza ,  yi  restasse 
€Str?.nea ,  laseiando  all'  altra  parle  interessata  tutto  il  carico  di  ado- 
perarla.  Cos!  intesa  la  spiegazione,  pud  passare.  Ma  se  s'  intendesse 
iB:modo  del  tutto  assoluto,  sicche  non  debbasi  neppure  dair  Austria 
c  in  niun  tempo  costringere  il  Piemonte  a  compiere  i  doveri  assun- 
ti •;  cM  non  yede  la  ridicolezza  di  tal  pretensione  ?  E  che  direbbesi 
di  un  tribunale ,  il  quale  nel  dar  ragione  a  una  delle  parti  conten- 
denti,  non  solo'  si  negasse  a  far  eseguir  la  sentenza,  mavietasse  di 
costringere  come  che  sia  il  debilore  a  pagare?  Non  sarebbe  giu- 
stamente  imputalo  o  di  mallezza  o  di  comunella  col  truffalore?  Noi 
slam  lungi  le  mille  miglia  dal  credere  die  tale  sia  stato  il  senso ,  in 
-che'  quella  spiegazione  fu  data.  Ma  dov'  anche,  per  impossibile,  tale 
«lla  fosse,  per  fermo  uiuno  oserebbe  di  ripeterla  in  un  Congresso 
<}i  Diplomatici  gravi  ed  onorali.  La  Francia  dunque  non  potrebbe 
presumersi ,  almen  secondo  ragione  ,  che  voglia  frapporre  ostacolo 
alia  esecuzione  coatla  del  tratlato  di  Zurigo  per  parte  dell' Austria. 


E  IL  TRATTATO  DI  ZURICO 

Al  piu  potra  la\arsene  le  mani ;  e  appunto  questo ,  e  non  altro  che 
questo,  verrebbe  domandato. 

Ma  fingiamo,  per  toccare  tutte  le  ipolesi,  che  eliavoglia  opporsL 
II  potra  poi  efficacemente?  Sembra  che  no.  Le  condizioni  present! 
son  molto  diverse  da  quelte  del  59.  La  Francia  e  stanca  di  tante  s-pe- 
dizioni.  II  Messico  tiene  dislralta  una  parle  dell'  esercito;  e  al  mal- 
conlento  interne,  che  si  disastrosa  spedizione  ha  suscilato,  non  e  prit- 
denle  aggiugnerne  un  nuovo.  Per  la  guerra  poi ,  da  farsi  in  pro 
dell'  Italia ,  o  si  chiederebbe  il  consenso  della  Camera  legislalivaj , 
b  no.  II  non  chiederlo  sarebbe  pericoloso.;  il  chiedcrlo  provochereb>- 
be  probabilmente  una  negativa.  Ollreche  nel  59  i  CattoHci  poterono 
acquietarsi  per  via  di  assieurazioni  e  di  promesse.  Go  non  sareb- 
be fattibile  nel  64 ,  veduto  I'esito  di  quelle  promesse.  Oueste  ed  al- 
tre  considerazioni ,  che  per  brevila  si  tralasciano ,  mostrano  quanta 
sia  poco  verisimile  che  nelle  circostanze  present!  la  Francia  intra- 
prenda  una  seconda  guerra  contro  1'Austria  per  aiutare  il  Piemoirfe. 
Ma  poniamo  che  V  intraprenda.  Essa ,  secondo  ogai  apparenza , 
avrebbe  questa  volta  a  fronte  non  la  sola  Austria ,  ma  la  Prussia 
altresi  e  la  Russia.  Or  se  quando  ebbe  a  combaltere  la  sola  Austria 
col  vantaggio  per  se  dei  cannoni  rigati,  f u  a  un  pelo  che  restasse  di 
sotto  e  la  sua  vitloria  si  assomiglio  di  molto  a  quella  di  Pirro  sopra 
i  Romani ;  ben  puo  temersi  di  peggio,  dove T Austria,  migliorata  gia 
neir  esercito  e  nelle  armi ,  \enga  al  conflitto  con  a  lalo  due  altre 
grandi  Potenze.  II  Governo  francese  si  metterebbe  ad  un  rischio  7 
dal  quale  la  piu  volgare  prudenza  dovrebbe  sconsigliarlo. 

Conclusione. 

Sembra  indubitabile  che  il  ritoruo  al  trattato  di  Londrar  c«n 
forse  qualche  lieve  modificazione,  debba  essere  il  termioe  della  qui- 
slione  danese.  Secondo  tutte  le  ragioni  di  giustizia,  di  convenienza, 
di  opportunita,  1'Austria  potrebbe  esigerne,  come  prezzo,  1'adempi- 
menlo  del  trattato  di  Zurigo.  Non  potendovisi  opporre  la  Francia , 
il  Piemonte  resterebbe  solo  a  sostenere  il  cozzo  delle  armi  austriache, 
LJ  esito  di  un  tal  cozzo  non  sarebbe  dubbioso ,  chi  ricorda  Novara , 


1 10       IL  TRATTATO  DI  LONDRA  E  IL  TRATTATO  DI  ZURIGO 

e  guarda  le  peggiorale  condizioni  dell'  esercito  pieraonlese ,  per  gli 
element!  discordi  onde  e  composto,  e  il  disinganno  dei  popoli  da  lui 
tiranneggiati  e  anelanti  oggimai  a  scuotere  T  aborrito  giogo.  Dove 
queslo  discorso  si  naturale  si  avverasse,  il  Governo  piemonlese  sa- 
rebbe  alia  fine  coslretto  dalla  forza  a  restUuire  il  mal  tollo ;  e  forse 
anche  la  Lombardia  gli  scivolerebbe  dalle  mani ,  giacche  1'  Austria 
non  vorra  esser  si  dolce,  da  contentarsi  die  il  vinto  goda  con  danno 
di  lei  i  vantaggi  di  un  trattato  che  esso  stesso  ha  lacerato.  L'  unico 
frutlo  che  resterebbe  al  Governo  torinese  di  tante  frodi  e  violenze,  e 
rapiraenti  e  guerre,  sarebbe  la  perdita  di  Savoia  e  di  Nizza,  cedute 
alia  Francia;  giacche  questo  e  il  solo  di  tutti  ifatti,  compiuli  in  que- 
sti  cinque  anni,  che  lion  verra  piu  disfatlo. 

•  Allora  sfolgorerebbe  di  sua  vera  luce  il  monumento,  che  dee  innal- 
zarsi  a  Camillo  Cavour;  giacche  apparirebbe  che  la  sua  vera  gloria  e  i 
suoi  meriti  immortali  coll' Italia  sono  stali  d'averla  sguernita  de'  suoi 
piu  validi  propugnacoli ,  e  aperto  libero  il  varco  all'  invasione  stra- 
niera.  L'  unita  poi  italiana  ci  avra  guadagnato  assai  ancor  essa ; 
giacche  le  oppressure ,  le  arsioni  delle  cilia  e  de'  villaggi ,  le  car- 
cerazioni  a  migliaia ,  1'  aumento  importabile  de'  balzelli ,  le  fucila- 
zioni  in  masse ,  ed  ogni  sorta  di  sopruso  e  di  tirannide  esercitala 
sopra  i  popoli  meridional!  della  Penisola ,  han  generate  in  essi  un 
amore  fraterno  si  lenero,  e  strelta  un'intimita  si  tenace  di  scambie- 
\oli  affetti,  che  ci  vorranno  secoli  per  attenuarne  la  forza. 

Nondimeno  tra  tanti  mali  ci  sara  un  vantaggio  reale,  ed  e  V  aver 
i  popoli  nostri  imparato ,  benche  con  dura  e  crudele  esperienza ,  che 
cosa  possono  e  debbono  aspettarsi  dalle  rivolture  politiche ,  dal  pa- 
trioltismo  liberalesco,  e  dalle  bugiarde  promesse  de'  setlarii.  II  Pie- 
monte  poi  a  sue  spese  imparera  quanta  prudenza  sia  stata  quella , 
anche  secondo  i  calcoli  umani ,  di  correre  avventatamente  dietro  la 
prosperita  de'  fall!  compiuli,  lasciandosi  dopo  le  spalle  un  diritto  non 
solo  naturale  ma  sancito  con  solenne  trattato. 


• 


UNA  NUOVA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO 

NEL  TEMPO  MODERNO 


I. 

Esposizione  delta  tcorica. 

La  creazione  divina  dell'anima  in  ciascun  uomo ,  attese  le  sue  in- 
trinseche  ragioni ,  e  piu  ancora  Y  insegnamento  progressivo  della 
Chiesa,  pervenne  fmalmente  a  tener  sola  il  campo  nelle  scuole 
cattoliche.  II  Traducianismo ,  bandito  uuiversalmente  da  queste, 
fion  trovo  asilo  che  presso  alcuni  fisiologi  materialist! ,  e  qualche 
scriltore -prolestante  tedesco  od  inglese.  Soltanto  nell' eta  nostra  , 
restauratrice  feconda  d' ogni  stranezza ,  si  sono  veduti  de'cattolici 
travagliarsi  novellamente  a  risuscitare  un  errore  si  grave ,  benche 
sotto  forma  diversa  da  quella ,  che  esso  ebbe  in  antico.  Due  sono, 
per  quanto  e  a  nostra  conoscenza,  le  nuove  fogge,  che  modernamente 
si  e  cercato  di  dare  al  Traducianismo ;  e  noi  qui  parleremo  dell'una, 
riserbando  ad  altro  articolo  il  trattare  dell'  altra. 

II  Dottore  Frohschammer,  Professore  di  filosofia  nell' Universita  di 
Monaco  in  Baviera,  diede  alia  luce  nel  1854  un  suo  libro  con  queslo 
titolo :  Suir  origine  delle  anime  umane,  Giustificazione  del  Genera- 
zionismo  1.  In  esso  egli  prende  a  dimostrare  che  le  anime  umane 

•")!/}>».'!    ..'. 

1  Ueber  den  Ursprung  der  Menschlichen  Leelen  —  Rechtfertigung  des  Ge- 
neratianismus. 


142  TINA  NUOVA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO 

son  generate  da'  parent! :  ma  non  per  seme  corporeo  od  incorpo- 
reo ,  il  che  egli  concede  essere  assurdo ,  si  veramente  per  eduzio- 
ne  dal  nulla.  Nell'  uomo,  egli  dice,  e  da  distinguere  la  personalita, 
ossia  la  sussislenza  individuale ,  dalla  natura ,  ossia  dall'  essere 
specifico  di  uomo  in  quanto  uomo ,  che  puo  chiamarsi  essere  gene- 
nco.  Alia  prima  appartiene  il  travagliarsi  a  perfezionare  e  svolgere 
1'  individuo ;  alia  seconda  il  travagliarsi  a  conservare  e  moltiplica- 
re  la  specie.  E  siccome  ratio  generative  riguarda  questo  secondo 
scopo  ;  cosi  esso  propriamente  precede  non  dalla  persona  ma  dalla 
natura.  «  Non  la  personalita  dei  genitori  (son  sue  parole)  e  quella 
che  genera  ,  ma  la  loro  natura ,  la  sostanza  dell'  Umanita ,  1'essere 
generico ,  se  cosi  piace  chiamarlo  ;  benche  la  personal! la ,  che  n'  e 
Inseparable,  non  debba  esservi  oziosa  1.  »  E  piu  sotto :  « La  per- 
sonalita e  la  sostanza  comune  colla  potenza  di  propagarsi  sono  in 
certa  guisa  le  due  parti  opposte  della  umana  natura  totale  e  piena. 
Per  la  personalita,  mediante  il  conoscere  evolere,  accompagnati 
da  coscienza ,  1'  uomo  svolge  il  proprio  essere  fino  alia  sua  perfe- 
zione  e  durata  imperitura.  Per  la  sostanza  comune  egli  e  membro 
del  tulto  ( cioe  del  genere  umano ) ,  e  svolge  e  conserva  esso  tutto , 
Tale  a  dire  1' Umanita  nelia  sua  continuazione  specifica.  Or  questa 
sostanza  comune  costituisce  la  base ,  il  fonrlo  ascoso  della  natura  in 
genere  e  dell'amma  in  ispecie;  ed  in  essa  risiede  la  potenza  di  ge- 
nerare  e  propagare  1' umana  natura  quanto  al  corpo  e  quanto  all'ani- 
ma.  Qui  e  dove  la  natura  e  connessa  colla  prima  causa  ereatrice  c 
colla  vita  universale  della  natara  2.  » 

Non  e  peraltro  da  credere  che  in  si  fatla  propagazione  interven- 
ga  una  duplice  azione ,  Y  una  che  si  termini  al  corpo,  e  1'  altra  che 
si  termini  all'anima.  No;  quest' azione  generaliva,  voluta  dal  Froh- 
schammer ,  e  una ,  come  una  e  la  natura  del  generanle ,  benche 
composta  di  corpo  e  di  spirito.  Anzi  e  questa  composizione  appun- 
to ,  -che  rende  T  uomo  capace  di  produrre  un  altro  uomo ,  ossia 
non  un  viventequalunque,  ma  un  vivente  dotato  d'anima  ragionevo- 
le.  «  Da  questo  fondo  ascoso  dell' umana  natura,  cioe  dall' essere 


1  Libro  citato  pag.  71.  —  2  Ivi  pag.  72 


NEL  TEMPO  MODERNO  143 

generico,  die  si  apre ,  vien  parlorito  1'  uomo  quanto  al  corpo  e  al- 
1'anima ,  cioe  lutla  la  sua  natura.  Non  dalla  natura  corporale  nasce 
1'anima,  e  neppure  dall'  attivita  libera  della  personalita  dei  genitori, 
come  se  dall'  uno  e  dall'  altro  di  loro  fosse  da  to  un  pezzo  ( per  costi- 
tuire  il  nuovo  uomo) ;  ma  le  due  personalita  si  spropriano ,  per  dir 
cosi,  di  se  slesse  nel  fondo  del  loro  essere  commie,  per  quivi  attuare 
la  forza  creatrice ,  posta  nella  natura  dell'  umanita ,  e  per  produrre 
una  nuova  natura  umana  ,  mediante  1'  atto  di  questa  forza  creatrice 
secondaria.  E  perche  la.  natura  corporale  e  spirituale  si  .sono  unite 
e  compenetrate ,  per  questo  si  origina  una  natura  corporeo-spiritua- 
le,  cioe  umana  1.  » 

Questa  teorica ,  prescindendo  dall'  idea  della  vita  universale  e 
della  natura  umana ,  e  considerata  unicamente  per  cio  clie  riguarda 
la  generazione ,  sembra  una  tal  quale  imitaziohe  deli'  opinione  dl 
Tertulliano :  il  quale  benche  a  produrre  1'  uomo  ammettesse  due 
semi ,  1'  uno  corporeo  e  1'  altro  animale ;  nondimeno  li  considerava 
come  congiunti  insieme  in  vera  unita  :  Etsi  duas  species  confitebi- 
mur  seminis,  corporalem  et  animalem,  indiscretas  tamen  vindica- 
mus  2.  E  poco  appresso  soggiunge  che  come  da  principio  il  limo 
e  lo  spirito  furono  da  Dio  uniti  per  formare  un  solo  uomo ;  cosi  quel- 
le  due  soslanze  confuse  insieme  in  unita  di  natura ,  confusero  del 
pari  i  loro  semi,  sicche  divennero  un  solo  principio  capace  di  frut- 
tare  lulto  1'uomo,  composto  di  corpo  e  di  anima:  Cum  igitur  in  pri- 
mordio  duo  diver sa  atque  divisa,  limus  et  flatus,  unum  hominem 
coegissent,  confusae  substantiate  ambae  iam  in  uno  semina  (faoque 
sua  miscuerunl,  atque  exinde  generi  propagando  formam  tradi- 
denmt,  ut  mine  duo,  licet  diversa,  etiam  unila  pariler  effluant, 
pariterque  insin  uata  sulco  et  arvo  suo  pariter  hominem  ex  utraque 
substantia  e/fruticent.  Qui  ancora  abbiamo  la  natura  che  opera  ge- 
neri propagando ,  ed  opera  con  unit&  di  strumento  e  d'  azione,  cor- 
rispondente  all' unita  di  essere  dell'operante.  La  sola  differenza  e, 
che  doYe  Tertulliano  stabiliva  quell'  azione  come  produltiva  dell'ani- 


1  Opera  citata,  pag.  72. 

2  Liber  De  anima  c.  28. 


144  UNA  NUOVA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO 

ma  dalla  potenzialita  della  materia;  il  Frohschammer  vuole  che 
quell'azione  sia  creatrice,  riputando  creazione  ogni  nuova  produzio- 
ne di  vita. 

E  che  tale  sia  la  sua  sentenza,  apparisce  piu  chiaramente  da  que- 
st'altro  tratto,  che  togliamo  dal  suo  libro:  « II  generare,  cosi  egli  si 
esprime,  per  quanto  spesso  si  asserisca,  non  e  un  dividere,  neppure 
negli  organismi  animali ;  ma  il  generare,  anche  in  quest!  e  un  crea- 
re,  un  produrre  cioe  qualche  cosa  di  nuovo,  che  prima  in  niun  modo 
esisleva;  vero  e  non  quanto  alia  sustanza  ma  solo  quanto  alia  forma, 
la  quale  nondimeno  e  qualche  cosa  di  reale.  A  piu  forte  ragione  cio- 
si  verifica  nella  generazione  umana ,  in  cui  si  deve  produrre  noa 
solo  la  forma  ma  anche  la  sostanza ;  giacche  si  tratta  di  una  nuova 
personalita  1.  »  Ouindi  egli  conchiude:  «  Adunque  la  generazione 
e  un  atto  creative  della  natura  umana ,  e  una  creazione  dal  nulla 
medianle  la  potenza  creatrice  secondaria  del  genere  umano,  da  Die 
data  all'  umanitSt  2.  » 

Taluno  potrebbe  meravigliarsi  che  questa  dottrina  sia  stata  dal- 
1' Autore  appellata  Generazionismo ,  quando  piultosto  sarebbe  dovuta 
dirsi  Crcazionismo ;  siccome  quella  che  spiega  1'  origine  dell'  anima 
umana  per  vera  creazione.  Ma  1'Aulore  ha  giustamente  preferito  il 
primo  vocabolc  ,  perche  egli  attribuisce  siffatla  creazione  alle  cause 
seconde,  val  quanto  dire  ai  parenti,  come  effetto  della  loro  virtu  ge- 
nerativa ,  riconosciuta  da  tutti  i  filosofi  nei  vivenli ,  e  che  egli  arbi- 
trariamente  trasforma  in  virtu  creatrice. 

I  punt!  principal!  di  questa  teorica  possono  ridursi  a  tre.  II  primo 
e  la  distinzione  tra  la  personalita ,  propria  di  ciascun  uomo  ,  e  la 
natura  universale,  comune  a  tutti.  II  secondo  e  1'idea  di  creazione 
attribuita  ad  ogni  produzione  di  nuova  vita,  eziandio  se  soltanto  ve- 
getativa  o  sensitiva.  II  terzo,  Y  applicazione  che  si  fa  di  questo  teo- 
rema  all'  uomo,  con  argouiento  a  minori  ad  mains. 

Noi  lasciamo  da  banda  il  primo  punto,  siccome  quello  che  non  ha 
intrinseca  connessione  col  presente  nostro  proposito.  Esso  e  una  ri- 
produzione  della  vecchia  dottrina  di  Guglielmo  di  Champeaux  e  de- 

1  Opera  cilata,  pag.  81.  —  2  Ivi. 


NEL  TEMPO  MODERNO  145 

gli  altri  realisti  esagerali,  i  quali  opinavano  die  le  universal!  ragio- 
ni  delle  cose  create  formalmente  esistessero  come  tali  negli  individui 
concreti.  Solamente  il  Frohschammer  vi  aggiunge  la  stravaganza  di 
allribuire  la  riflessione  sopra  1'  intendere  e  il  volere  alia  personalita, 
distinta  dalla  natura ,  e  alia  natura  la  sola  virtu  di  propagare  se 
stessa :  quasiche  tutte  le  facolla  operalrici,  quali  che  sieno,  non  sor- 
gessero  in  ogni  ente  dalla  natura ,  e  1'  operante  umano  non  fosse  in 
rigor  di  termini  la  persona.  Ma ,  prescindendo  da  cio ,  cotesto  rea- 
lismo  esagerato  ,  se  non  e  il  panteismo  ,  gli  si  avvicina  di  molto  ,  e 
pero  ne  parted  pa  in  buon  dato  gli  assurdi.  II  che  ci  sarebbe  agevole 
di  mostrare,  se  avessimo  per  iscopo  di  confutare  lulta  la  dottrina  del 
Dottore  Frohschammer,  e  non  di  considerare  la  sola  quistione  dell'o- 
rigine  dell'anima  umana.  A  questa  dunque  restringendoci  preteria- 
mo  T  anzidetto  punto ,  e  ci  volgiamo  a  discutere  soltanto  i  due  po- 
steriori. 


II. 


Si  atterra  il  fondamento,  sopra  cui  si  appoggia  il  Frohschammer, 
che  ogni  generazione  sia  creazione. 

Per  rimuovere  la  difficolta  che  la  mente  nostra  potrebbe  incontrare 
ad  ammettere  che  i  parenti  creino  1'anima  de'figliuoli,  il  Frohscham- 
mer si  studia  di  stabilire  che  questo  interviene  eziandio  nella  produ- 
zione  delle  pianle  e  dei  bruti  animali,  fermando  questo  principio  ge- 
nerale  che  ogni  generazione  e  vera  creazione.  II  generate,  egli  dice, 
non  e  una  parte  del  generante,  ma  e  un  tutto  per  se  sussistente,  che 
novamente  sorge  all'  esistenza.  II  principio  vitale,  che  lo  costituisce, 
e  una  realita ,  che  prima  non  esisteva  in  nessuna  sua  parte,  e  che 
vien  posta  e  prodotla  per  1'  alto  stesso  generative  come  cosa  del  tutto 
nuova.  Essa  dunque  vien  creata ,  ossia  tratta  dal  nulla  ;  e  cio  per 
virtu  ed  azione  connaturale  del  generante.  Vero  e  che  nei  vegetabili 
e  nei  puri  animali ,  il  principio  di  vita  non  ha  ragione  se  non  di 
semplice  forma ;  giacche  non  e  capace  di  stare  da  se ,  ma  solo  di 
attuare  una  materia  che  da  prima  nei  seme  fu  data  dal  generante  e 
Serie  Y,  vol.  X,  fasc.  338.  10  31  Marzo  1864. 


116  UNA  NUOVA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO 

poscia  nel  crescere  dell'  organismo  vien  porta  dalla  circostante  na- 
tura.  Ma  do  nulla  toglie  alia  novita  della  vita  slessa,  die  costiluisce 
il  novello  vivenle ,  e  die  per  esser  cosa,  la  quale  innanzi  non  era  in 
nessun  modo,  dee  dirsi  prodolla  dal  nulla. 

Ouesta  dottrina  non  e  nuova  del  tutto.  Fin  dai  primi  tempi  della 
Scolaslica  non  pochi  della  setta  dei  Nominali  insegnarono  cbe ,  co- 
me Tanima  umana,  cosi  ancora  Tanima  dei  bruti  e  delle  piante, 
anzi  gli  stessi  principii  formali  dei  corpi  inorganici  non  vengono 
altrimenti  prodolti  che  per  vera  creazione.  Senonche  costoro  at- 
Iribuivano  tal  creazione  all'  onnipotenza  divina ,  die  interviene  in 
ogni  operazione  della  natura ;  laddove  il  Frohschammer  F  ascrive 
all'  attivita  delle  cause  seconde  generatrici,  le  quali  abbiano  ricevuto 
come  proprieta  loro  nalurale  una  tanta  efficacia.  Ma  lasciando  stare 
per  ora  che  la  virtu  di  creare  non  puo  competere  se  non  a  Dio  ( il 
che  sara  dimostrato  nel  paragrafo  seguente);  prendiamo  qui  a  ri- 
battere  la  sola  prima  parte  del  presenle  errore ,  la  confusione  cioe 
che  esso  fa  della  semplice  generazione  colla  creazione  propriamen- 
te  delta. 

A  raostrare  1' irragionevolezza  di  tal  confusione,  basterebbe  por 
mente  alle  confessioni  stesse  del  nostro  Autore.  Imperocche  noi  con- 
yeniamo  pienamente  con  lui  che  il  generato  non  e  un'  appartenenza, 
staccatasi,  per  divisione,  dal  generante ;  ma  e  un  tutlo  per  se  sussi- 
stente ,  in  verita  prodotto  a  nuova  esistenza.  Tultavia  egli  stesso 
concede  che  di  questo  tutto  ,  allorche  trattasi  di  un  puro  vegetable 
o  senziente,  non  si  produce  che  la  semplice  forma  (il  principio  so- 
stanziale  altivo ) ,  la  quale  non  e  in  rigore  di  termini  vera  sostanza, 
siccome  quella  che  non  puo  stare  da  se,  ma  ha  bisogno,  per  esislcre, 
della  maleria,  che  le  faccia  da  sostegno,  e  che  non  vien  prodotta  di 
nuovo,  ma  viene  somministrata  in  prima  dal  generante  e  poscia  dalla 
circostante  natura.  Per  contrario  nella  produzione  dell'anima  umana, 
vien  data  1'  esistenza,  non  ad  una  semplice  forma  ma  ad  una  vera  so- 
slanza,  capace  di  stare  da  se  senza  bisogno  di  materia  che  la  soslenli. 
Or  chi  non  vede  1'  immenso  divario  che  corre  dall'  una  all'  altra  di 
si  falte  produzioni?  Quantunque  in  ambidue  i  casi  si  produce  una 
cosa  nuova  che  prima  non  era ;  nientedimeno  nella  produzione  dell'a- 


NEL  TEMPO  MODERKO  147 

niraa  umana  si  produce  una  cosa  che  prima  non  era  ne  quanto  a  se 
lie  quanto  al  soggelto ,  giacche  essa  non  ha  bisogno  di  soggetto  per 
esistere ;  all'  opposto  nella  produzione  del  principio  vegetalivo  nella 
pianla  e  del  sensitivo  nel  bruto,  si  produce  una  cosa  che  prima  non 
era  quanto  a  se  solamente ,  ma  non  quarito  al  soggetto ,  necessa- 
rio  sostegno  della  sua  esistenza.  Cio  basta  per  distinguere  la  crea- 
zione  dalla  semplice  produzione;  giacche  la  prima  si  definisce:  Pro- 
duetto  ret  ex  nihilo  sui  et  subiecti;  la  seconda:  Productio  rei  ex  ni- 
hilo sui  sed  non  ex  nihilo  subiecti.  L'  insistere  dunque,  come  fa  il 
Frohschammer,  e  il  ripetere  tante  voile  che  la  forma  prodotta  di  nuo- 
vo  nella  generazione  della  pianta  e  dell'animale,  e  una  cosa  reale, 
una  cosa  nuova,  di  cui  niuna  parte  preesisteva,  e  al  tutto  fuor  di 
proposito ;  slanteche  cio  prova  solamente  ch'  essa  e  prodotta  dal  nul- 
la  di  se,  ma  non  dal  nulla  del  soggetto.  Or  questo  non  basta  al  con- 
cetto di  creazione,  il  quale,  comeabbiamdetlo,  richiede  che  1'effello 
sia  prodolto  anche  dal  nulla  del  soggetto ,  val  quanto  dire  che  sia 
prodotto  in  guisa  che  noa  preesisla  niun  soggelto  o  materia,  da  cui 
dipenda  nell'  essere. 

Molli  moderni  sostengono  che  1'  anima  dei  bruti  vien  creata  da 
Dio,  e  pero  da  Dio  stesso  e  dislrulta  per  annichilazione  nel  dissolvi- 
mento  deH'organismo.  Ma  essi  sostengono  al  lempo  stesso,  che  Tan- 
zidetta  anima  e  vera  sostanza,  che  sussiste  da  se  indipendentemente 
dal  corpo.  Noi  qui  non  vogliamo  discutere  si  fatta  sentenza,  ne  cer- 
care  se  essa  corrisponde  al  fenomeno  delle  operazioni  del  brulo,  le 
quali  soa  lulte  organiche  e  niuna  si  esercita  senza  concorso  del  corpo. 
Diciamo  solo  che  essa  in  quelle  due  parti,  che  stabilisce,  e  coerente 
con  se  medesima;  giacche  in  lanto  vuole  T  anima  belluina  per  crea- 
zione, in  quanto  la  vuol  sussislente  al  modo  stesso  dell'aninia  umana. 
Ma  il  Frohschammer,  che  ammette  1'una  cosa  e  non  1'allra,  incorre  in 
manifesta  contraddizione,  o  almeno  abusa  arbitrariamenle  de'vocabo- 
li,  pretendendo  che  si  chiami  creazione  qualunque  produzione  di  nuo- 
va realta,  quando  cotesta  voce  e  destinata  ad  esprimere  la  produ- 
zione di  una  cosa,  non  dal  nulla  di  se  solamente^  ma  dal  nulla  lotale, 
cioe  dal  nulla  di  se  e  del  soggetto. 


118  UNA  NUOVA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO 

Senonchc  Y  errore  del  Frokschammer  ha  piuprofonda  radicc,  sic- 
come  quello  clie  nasce  dal  non  comprendere  la  vera  ragione  di  ef- 
ficienza,  e  il  rispetto  in  che  ella  e  coll'  ente  che  si  produce. 

Queste  tre  cose :  operazione,  essere,  farsi,  sono  correlative  e  pro- 
porzionali  tra  loro.  II  farsi  e  via  all'  essere;  1' essere  e  termine  del 
farsi;  1' operazione  e  frutto  di  un  tal  termine,  cioe  dell'essere.  Laon- 
de  quello,  che  opera,  e  propriamente  quello  che  e ;  e  quello,  che  e, 
e  propriamente  quello  che  vien  fatto.  Di  qui  segue  che  quando  una 
forma  ha  operazione  a  .se ,  senza  concorso  intrinseco  di  soggetto 
materiale,  come  accade  dell' anima  intellettiva ;  essaforma  possiede 
1'  essere  come  cosa  propria,  e  per  conseguenza  essa  e  termine  di- 
retto  dell'  azione  colla  quale  viene  falta.  Per  contrario ,  quando  non 
e  la  forma  che  opera,  ma  il  composto;  esso  composlo  e  propria- 
mente quello  che  e,  e  conseguenfemente  quello  che  vien  fatto,  giac- 
che  a  quello  compete  la  via,  a  cui  compete  il  termine:  Cum  fieri  sit 
via  ad  esse,  hoc  modo  alicui  competit  fieri,  sicut  ei  competit  esse. 
Illud  autem  proprie  dicitur  esse ,  quod  ipsum  habet  esse ,  quasi  in 
suo  esse  subsistens.  Unde  solae  substantiae  proprie  et  vere  dicuntur 
entia,  accidens  vero  non  habet  esse,  sed  eo  aliquid  est ,  et  hac  ra- 
tione  ens  dicitur:  sicut  albedo  dicitur  ens,  quia  ea  aliquid  est  album. 
Etpropter  hoc  dicitur  in  7  Metaphys.  c.  1,  quod  accidens  dicitur 
magis  entis,  quam  ens.  Et  eadem  ratio  est  de  omnibus  aliis  for- 
mis  non  subsistentibus ;  et  ideo  nulli  formae  non  subsistenti  proprie 
convenit  fieri  1. 

Di  qui  limpidamente  apparisce  la  distinzione  tra  1'atto  creative  e 
1'  alto  meramente  produttivo  o  generative.  Imperocche  se  il  termine 
dell'azione  e  conseguentemente  1'oggetto  deU'effezione  e  il  sussisten- 
te;  quando  tutto  esso  vien  prodolto,  come  accade  dell'anima  umana 
( la  quale  non  solo  e  semplice,  ma  e  indipendente  nel  suo  essere  dal 
corpo),  allora  si  avvera  la  creazione,  la  quale  e  produzione  dell'  in- 
tero  essere  dell'  effetto.  Ma  quando  per  conlrario  1'  una  parfo  del 
sussistente  si  presuppone,  e  soltanto  1'allra  si  produce  ( come  accade 
nella  generazione  della  pianta  e  del  brute,  dove  il  sussistente  e  il 

1  S.  TOMMASO  In  7.m  Metaphys.  lee.  3. 


NEL  TEMPO  MODERNO  149 

composto,  e  di  esso  si  presuppone  la  materia  e  si  produce  la  sola 
forma ) ,  allora  1'  idea  di  creazione  vien  meno  e  si  verifica  la  sola 
idea  di  produzione. 

Egregiamente  in  tal  proposito  il  gia  citato  altra  volta  P.  Kleutgen: 
«  Affine  di  svolgere  questa  dimostrazione  nelle  singole  sue  parti , 
noi  dobbiamo  in  prima  ricliiamare  a  menle  la  dottrina :  che,  sicco- 
me  degli  accidenti,  cosi  anche  dei  principii  sostanziali,  component! 
gli  esseri  naturali,  1'esserenon  puo  affermarsi  in  modo  assoluto, 
ma  solamente  subordinate.  Siccome  non  e  la  rotondita,  per  esempio, 
o  la  calidita  che  assolutamente  esiste,  ma  bensi  il  corpo  rotondo  e 
caldo,  e  la  rotondita  e  la  calidila  in  tanto  e  solamente,  in  quanto  per 
cssa  alcun  corpo  e  rotondo  e  caldo ;  cosi  appunto  1'  essere  non  con- 
viene  propriamente,  ne  alia  maleria,  cioe  al  puro  ed  indeterminato 
primo  subbietto,  ne.  alia  forma  che  la  determina,  rna  soltanto  al  com- 
posto di  arnendue ;  e  cio  perche,  come  gli  accidenti  dipendono  nel 
loro  essere  dalla  sostanza,  cosi  queste  parti  component!  dipendono 
1'una  dall'allra,  e  sono  1'una  all' altra  reciprocamente  cagioni  del- 
1'  esistere.  Elle  sono  adunque  soltanlo  nella  loro  uniorie,  e  percio  di 
ciascuna  si  puo  dire  che  sia,  solo  relativamente  all'  altra,  non  gia 
assolutamenle,  come  si  dice  del  tutto.  Ora  quel  che  e  vero  de\Y  es- 
sere, vale  altresi  del  far  si.  Allorche  dunque  nuovi  esseri  sono  pro- 
dolti  nella  natura,  non  e  ne  la  materia  ne  la  forma,  ma  bensi  la  so- 
stanza, da  esse  risultante,  quella  che  si  fa;  e  la  maleria  e  la  forma  si 
fanno,  solo  in  senso  relativo,  siccome  solo  in  senso  relative  elle  sono. 
Sopra  cio  e  fondata  la  distinzione  tra  il  yenerari  o  fieri  per  se,  e  per 
accidens.  II  farsi  alcuna  cosa  per  accidens,  non  vuol  dire  ch'  ella 
sia  prodolta  casualmente ;  ma  bensi  ch'  ella  si  fa  non  per  se ,  ma 
con  relazione  e  dipendenza  da  un'  altra.  Si  fa  il  moto ,  perche  il 
corpo  vien  mosso;  ed  il  calore,  perche  il  corpo  viene  scaldato.  Ora, 
benche  i  priacipii  vitali  degli  esseri  naiurali  non  siano  meri  acci- 
denli  o  fenomeni,  ma  principii  sostanziali;  essi  pero  convengono 
cogli  accidenti  in  questo,  che  non  possono  essere  ne  farsi  per  se,  ma 
solo  nella  materia  che  vien  da  essi  vivificata.  Percio  adunque  dices! 
anche  di  loro,  che  son  gemvali per  accidens.  Quel  che  assolutamente 


150  UNA  NUOVA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO 

vien  fatto,  e  il  corpo  vivente,  la  pianta,  il  brulo  ;  e  il  principio  vi- 
tale  Yien  falto  solamente,  in  quanlo  Yien  fatto  il  tiillo  sussistente. 

«  Ora,  si  richiami  inoltre  a  mente,  cbe  la  eongiunzione  di  tali 
forme  vitali  colla  maleria  e  al  tempo  slesso  un  legamento  e  un  assor- 
bimenlo.  Non  si  da  niuna  operazione  del  bruto,  neppure  nell'appren- 
sione,  la  quale  apparlenga  soltanlo  aH'anima;  ma  il  corpo  animate  e 
quel  die  sente,  e  gli  organi  viventi  son  quelli  die  apprendono.  Ma 
qual  e  1'  operarc,  tal  e  1'  essere.  L'  anima  del  bruto  non  ba  niun  es- 
sere,  fuorchc  nella  materia  e  con  essa.  Bisogna  dunque  negli  esseri 
naturali  Yiventi  riguardare  la  materia,  non  gia  coi  Cartesiani  come 
una  cosa  inanimata,  in  cui  un'  altra  cosa  sia  quella  che  open  e  viva, 
ma  come  veramente  vivente;  salvo  che  essa  non  e  vivenle  per  se, 
ma  e  diventata  vivente,  e  puo  ritornare  inanimata.  lo  posso  pertan- 
to  dire  con  verila,  cbe  la  materia  nella  pianla  e.divenlala  un  corpo 
vegetaule,  e  nel  bruto  un  corpo  senziente,  ed  ho  con  cio  espresso 
1' essere  di  quesle  cose  naturali. 

«  Allorche  dunque  si  esprime  la  produzione  delle  forme  colla  fra- 
se  de  potenlia  materiae  educere ;  cio  vuol  dire  che  le  forme  sorgo- 
no  nella  materia,  nell'  atto  che  questa  per  le  forze  generatrici  diventa 
cio,  che  e  capace  di  diventare.  Siccome  il  calore  e  prodotto  nel  cor- 
po, perche  il  corpo  puo  diventar  caldo;  cosi  e  prodotlo  ii  principio 
vegetativo  nella  materia,  perche  la  materia  puo  diventare  vivente. 
Ora  egli  e  manifesto  che  in  questo  modo  non  puo  venire  prodolto  se 
non  il  priucipio  di  quella  vita  sollanto,  della  quale  la  materia  e  capa- 
ce d' essere  ornata  1.  » 

Non  potea  spiegarsi  questo  punto  si  rilevanle  con  piu  precisionc 
e  chiarezza.  Da  tale  spiegazione  evidenlemente  risulta  quanto  raal 
si  confonda  la  generazione  colla  creazione ;  giacche  per  questa  si 
produce  tulto  1' essere  d'una  nuova  sostanza ,  laddove  per  quella  se 
ne  produce,  diciam  cosi,  una  meta,  cioe  1'  alto  sostanziale,  di  cui  la 
materia  preesistente  e  capace  di  rivestirsi.  Laonde  cosi  fatta  azione 
non  puo  dirsi  creatrice,  ma  sollanto  trasformatrice ;  e  la  nuova  for- 

1  Die  philosophic  der  vorzeit  vertheidrgt ,  von  loseph  Klcutgen  Priester 
der  Gesellschaft.  Vol.  II,  pag.  619. 


]\TEL  TEMPO  MODERNO  151 

ma,  che  si  produce,  non  puo  dirsi  Iralta  dal  nulla,  ma  e  e  dee  dirsi 
traUa  dalla  potenzialita  della  preesistente  maleria;  giacche  in  tanto 
si  produce,  in  quanto  ia  causa  efficiente  conduce  coll' altivita  sua 
la  maleria  preesislente  a  un  nuovo  essere  in  atto,  al  quale  prima  ella 
era  in  potenza :  Omnis  forma ,  quae  educitur  in  esse  per  maleriae 
transmutalicnem,  est  forma  educta  de  potentia  maleriae;  hoc  enirn 
est  maieriam  transmutari,  de  polentia  in  actum  educi  1. 

III. 

Si  rimuove  daU  anima  umana  r applications  del  principio  generate, 
riguardante  la  generazione. 

Se  dunque  il  principio  vitale  degli  esseri,  inferior!  all'uomo,  in 
tanto  si  puo  dir  generate,  benche  indireltamente  ossia  per  acci- 
denle,  in  quanto  si  produce  come  atto  e  perfezione  sostanziale ,  di 
cui  la  materia  stessa  si  riveste;  e  chiaro  che  cio  non  puo  in  niuna 
guisa  attribuirsi  all'  anima  intelleltiva,  giacche  la  maleria  puo  bensi 
diventare  vegetante  e  senziente,  ma  in  niuua  guisa  puo  divefitare  in- 
telligenle  :  Anima  autem  intellectiva  non  potest  educi  de  potentia 
maleriae:  iam  enim  supra  ostensum  est,  quod  ipsa  anima  intellecli- 
va  excedit  totum  posse  materiae,  quum  habeat  aliquam  operatio- 
n-em absque  materia.  Non  igitur  anima  intellectiva  in  esse  educitur 
per  transmutationem  maleriae,  et  sic  neque  per  actionem  virlutis, 
quae  est  in  semine  2. 

Sopra  queslo  punto  della  piena  sostanzialila  dell' anima  umana  e 
della  sua  indipendenza  dalla  materia,  a  differenza  del  principio  vitale 
delle  piante  e  dei  bruti,  abbiamo  consenziente  il  sig.  Frohschammer, 
il  quale  ripete  sovente  che  a  riguardo  della  sola  anima  dell'uomo  deve 
prodursi  una  vera  sostanza,  un  vero  sussistente;  laddove,  a  riguardo 
dellc  \ite  inferior! ,  deve  prodursi  la  sola  forma  della  sostanza  non 
la  sostanza..  Di  qui  nasce  che  dunque  ,  supposta  la  teorica  del  pa- 

-,?-,\    .  \v.\, 

1  S.TOMMASO  ' Contra  Gentiles  i^^c.  8G. 

2  Id.  ibid. 


UNA  NUOVA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO 

ragrafo  precedente,  la  sola  anima  umana  non  puo  esistere  se  non 
per  creazione  :  e  pero  malamente  argomenta  il  Frohschammer,  al- 
lorchedacio,  cbe  avviene  nella  generazione  de'vivenli  inferior!, 
argomenta  che  nella  generazione  umana  1'  anima  de'  figliuoli  deb- 
ba  essere  prodotla  dall'  azione  de'genitori.  Tutto  questo  suo  di- 
scorso  cade  per  terra ,  negandosi  la  parita  dell'  esempio ;  giacche , 
supposla  la  differenza,  che  lo  stesso  Frohschammer  riconosce,  tra 
il  principio  \1tale  delle  piante  e  de'  bruli  e  T  anima  dell'  uomo,  si  fa 
manifesto  che  il  primo  non  esige,  come  la  seconda,  di  essere  creato, 
cioe  prodotlo  dal  vero  nulla.  Cio  potrebbe  bastare  a  confutazione  del 
suo  sislema.  Ma  una  tal  confutazione  sarebbe  solamente  negativa,  ed 
e  bene  aggiungerne  un'  altra  che  sia  positiva.  Ouesta  e  fatta  da 
S.  Tommaso  coi  due  argomenti,  che  noi  omettemmo  nel  primo  arli- 
colo,  per  ripigliarli  nel  presente;  e  dicono  in  somma  cosi:  1.°  L'ani- 
ma  umana,  essendo  ordinata  a  Dio ,  non  puo  procedere  che  da  Dio. 
2.°  L'anima  umana,  non  potendo  aver  origine  che  per  pura  creazio- 
ne, non  puo  prodursi  da'  parent! ,  perche  Dio  solo  e  creatore.  Chia- 
riamo  alquanto  1'uno  e  1'  altro  argomento,  insistendo  suite  orme  del 
S.  Doltore. 

«  II  fine  di  ciascuna  cosa,  egli  dice,  dee  rispondere  al  principio 
delta  medesima ;  attesoche  allora  il  prodollo  e  perfetlo  ,  quando  si 
ricongiunge  al  suo  principio  o  per  simigtianza  nell'  essere,  o  in  qual- 
che  altra  maniera.  La  ragione  e,  perche  ogni  agente  tende  colta  sua 
azione  a  riprodurre  se  stesso  o  nell'  ordine  reale  o  nell'  ordine  co- 
noscitivo ;  secondoche  il  soggetto ,  sopra  cui  opera ,  e  capace  di 
parteciparne  la  forma  fisicamente  o  idealmente :  Omne  agens  agit 
sibi  simile.  Ora  il  fine  dell' anima  umana  e  1'  ultima  sua  perfezione 
consiste  in  cio  ,  che  travalicando  tutlo  1*  ordine  delle  creature  ade- 
risca  a  Dio  per  inlellelto  e  amore.  Dunque,  1'  anima  umana  non  ha 
che  Dio  per  autore  della  sua  esistenza  :  Finis  rei  respondet  principio 
ems.  Tune  enim  res  perfecta  est ,  cum  ad  primum  principium  per- 
tingit  vel  per  similitudinem  vel  quocumque  alio  modo.  Finis  autem 
animae  humanae  et  ultima  eius  perfectio  est ,  quod  per  cognitionem 
et  amorem  transcendat  totum  ordinem  creaturarum  et  pertingat  ad 


NEL  TEMPO  MODERNO  11)3 

primwn  principium,  quod  est  Deus.  Jgilur  a  Deo  habet  propriae 
suae  originis  principium  1. 

L'  allegato  argomento  puo  proporsi  altresi  sotto  quest' altra  forma  : 
La  qualita  del  fine,  a  cui  e  ordinato  un  soggetto,  ne  arguisce  la  qualita 
dell'essere,  e  la  qualita  dell' essere  ne  arguisce  la  qualita  dell'origi- 
ne.  Perocche  come  il  fine  compie  la  perfezione  di  esso  soggetto,  cosi 
1'origine  la  inizia.  Or  come  il  fine  dell'anima  dei  bruti  e  racchiuso  nel- 
la  cerchia  delle  cose  di  quaggiu ,  cosi  per  contrario  il  fine  dell'  ani- 
ma  umana  sgorga  immediatamenle  da  Dio,  come  oggetto  di  cono- 
scenza  e  amore.  Dunque  come  T  anima  belluina  dipende  nell'  essere 
e  trae  origine  dalle  cose  di  quaggiu ;  cosi  per  contrario  1' anima  uma- 
na non  e  sostenuta  nell'  essere  che  da  Dio,  e  da  lui  solamente  deriva 
la  propria  origine. 

L'  anima  d'  ogni  bruto  e  delle  piante 

Di  complessi'on  potenziata  lira 

Lo  raggio  e-'l  moto  delle  luci  sante. 
Ma  nostra  vita  senza  mezzo  spira 

La  somma  benignanza  e  1'  innamora 

Di  se,  sicche  poi  sempre  la  disira. 

Cosi  sulle  orme  dell'angelico  Dottore  ragionava  il  divino  Poeta  2. 

II  secondo  argomento  di  S.  Tommaso  si  esprime  cosi:  Cio  che 
vien  prodotto ,  puo  esser  prodotto  in  due  modi.  0  percbe  riceve  una 
nuova  specificazione  nell' essere,  come  accade  verbigrazia  in  una 
pianta,  la  quale  si  produce  per  trasformazione  d'una  previa  materia; 
o  perche  riceve  1'  essere  assolutamenle  preso  e  la  prima  sussislenza, 
come  accade  di  una  sostanza  che  \1en  prodotta  dal  nulla.  Or  all'ani- 
ma  umana  non  puo  competere  il  primo  modo  di  produzione,  essendo 
essa  semplice  ed  immateriale,  cioe  indipendente  dalla  materia.  Dun- 
que dee  competerle  il  secondo.  Ma  1'  essere  assolulamente  preso  e  la 
prima  sussistenza  e  effetto  proprio  della  sola  causa  universalissima  e 
prima,  cioe  di  Dio ;  giacche  le  cause  seconde  non  possono  produrre, 

1  Contra  Gentiles,  lib.  2,  c.  87. 

2  DANTE,  Paradiso,  VII. 


151  UNA  NUOVA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO 

se  non  do  che  e  secondario  e  adiacente  nell'  essere.  Dunque  Y  anima 
umana  non  puo  essere  prodotta  che  dal  solo  Dio :  Ipswn  esse  est 
proprius  effectus  primi  et  unwersalis  agentis.  Secimda  enim  ayentia 
ayunl  per  hoc,  quod  imprimunt  similitudinem  siiarum  formarum  in 
rebus  factis,  quae  sunt  formae  factorum.  Anima  iyitur  non  potest 
produci  in  esse,  nisi  a  primo  et  unwersali  ayenle,  quod  est  Deus  1. 

Quest' argomen to ,  benche  da  alcuni  impugnalo  ,  a  noi  sembra 
saldissiaio.  Imperocche  Iddio  come  si  contraddistingue  essenzial- 
niente  da  lutte  le  creature  nell'essere,  cosi  deve  conlraddislinguer- 
si  nell'  efficienza  non  solo  inlerna  ma  anche  esterna ,  la  quale  risul- 
ta  dall'essere.  Dunque  come  egli  ha  un  essere  proprio,  incomunica- 
bile  alle  creature ,  cosi  deve  avere  un'  efficienza  inlerna  ed  esterna 
sua  propria  ed  incomunicabile  ad  esse  creature.  L'efficienza  inter- 
na  e  la  produzione  del  Verbo  e  dell'  Amore  sussistente ,  a  se  consu- 
stanziale  nella  natura ,  secondo  che  c'  insegna  la  Fede.  Ma  quanto 
all'efficienza  esterna ,  qual  saraella?  Non  allra  puo  pensarsi,  se 
non  la  \irtu  creatrice.  E  veramente  la  sola  virtu  creatrice ,  avendo 
dominio  sulla  prima  sussistenza  deU'effetto,  corrisponde  a  quella 
causa,  la  cui  essenza  e  costituita  dail'essere  slesso  per  se  sussisten- 
te. La  virtu  creatrice  adunque  e  virtu  propria  del  solo  Dio  ed  inco- 
municabile alle  cause  secoude.  Le  cause  seconde  nou  possono  par- 
lecipare,  se  non  una  efficienza  secondaria,  la  quale  non  si  stenda 
alia  fondamental  sussistenza  dell'effetto,  ma  ne  presupponga  semprc 
Tincoazione,  in  quanto  presupponga  un  soggetto  polenziale,  capacc 
di  rivestire  1'  atto  accidental  o  sostanziale  che  essa  produce. 

E  1'esperienza  ci  conferma  un  tale  deltato  della  ragione.  Impe- 
rocche noi  veggiamo  che  menlre  la  natura  colle  sue  forze  si  stende 
a  cavare  dalla  potenzialiU?»  della  miateria  qualsivoglia  forma  acciden- 
tale  o  soslanziale ,  di  cui  la  materia  puo  rivestirsi ;  tuttavia  nori  e 
abile  a  produrre  di  nuovo  ne  anche  un  atomo  di  essa  materia.  Non 
e  questo  un  indizio  manifesto  che  le  forze  create  possono  soltanto 
impiegarsi  a  trasformare  sia  accidentalmente  sia  soslanzialmenle  un 
essere  preesistenle  e  capace  di  tali  trasformazioni,  ma  in  niuna  gui- 

1  Contra  Gentiles,  lib.  2,  c.  87. 


NEL  TEMPO  MODERNO  155 

sa  possono  stendersi  all'  essere  stesso  fondamentale  e  alia  sussi- 
stenza  prima ,  die  stia  in  se  medesima ,  senza  bisogno  di  appoggio 
o  sostegno? 

Non  per  tanto  fingiamo  un  poco  die  ne  la  ragione  ne  1'esperienza 
dimostrino  evidentemenie  1'  impossibility  della  virtu  creatrice  nelle 
cause  seconde.  Certo  ead  un  tempo  die  ne  1'  una  ne  1'altra  dimostra 
il  contrario,  doe  che  lal  virtu  cicatrice  di  falto  sia  stata  a  quelle  co- 
municata  da  Dio.  Cio  posto,  1'  unica  via  per  risolvere  la  quistione  non 
puo  essere  allra,  se  non  la  rivelaziqpe.  Or  la  rivelazione  indubitata- 
menle  risolve  codesta  quistioue  nel  primo  senso,  cioe  che  il  solo  Dio 
e  creatore :  Administrare  crealararum  et  servorum  est,  condere  autem 
atque  creare  solius  Dei.  Cosi  il  grande  Atanasio  1.  E  S.  Cirillo  Ales- 
sandrino  :  Efftcaciter  posse  ut  creatorem  operari  et  producere  res, 
quae  aliquando  non  erant,  est  unum  ex  us  quae  pr opria  sunt  solius 
et  omnium  summae  substanliae  2.  Sopra  un  tal  punto  la  tradizione 
ecclesiastica  e  unanime  ed  universale.  Basli  a  cio  ,  per  non  esten- 
derci  in  lunghe  citazioni ,  la  teslimonianza  autorevolissima  del  Sua- 
rez :  Vera  ac  certa  doctrina  docet  de  facto  nullam  creaturam  aliquid 
creasse;  solum  enim  Deum  omnium  creatorem  vera  Fides  aynoscit 
et  Sancti  omnes  docent  3.  E  quand'  auche  si  volesse,  oltre  il  sentir 
Concorde  de'  Padri  e  de'  Teologi,  un'  espressa  definizione  della  Chie- 
sa ,  1'  abbiamo  nel  Concilio  generale  IV  di  Laterano,  il  quale  defini 
die  Dio  solo  e  creatore  di  tutte  le  cose,  siano  visibili  siano  invisibili: 
Deus. . .  unum  unioersorum  principium ,  creator  omnium  visibilium 
et  invisibilium  4.  Di  che  evidentemente  conseguita  che  fuori  di  lui 
niuna  altra  causa  puo  dirsi  crealrice ;  e  pero  attribuire  ai  parenti  la 
creazione  deiranima  umana,  e  manifesta  eresia. 

1  Sermone  3,  contra  Arianos. 

2  Lib.  2,  contra  Mianum. 

3  Disp.  Metaph.  Disp.  XX,  De  creatione,  sect.  II. 

4  Capite  Firmiter,  De  summa  Trinitate  et  Fide  catholica.  Qaesto  decreto 
fu  emanate  dal  Concilio  (1'anno  1215)  contro  1'errore  di  quegli  Arabi  filosofi 
e  loro  segnaci ,  i  quali  sostenevano  che  le  anime  umane  venissero  create 
dairinfima  delle  separate  intelligenze.  Ma  la  verlta  da  esso  stabilita,  che  Dio 
solo  e  creatore  delle  cose  tutte  visibili  ed  invisibili,  esclude  I'efficacita  crea- 
trice da  ogni  causa  seconda  generalmente. 


Io6  UNA  NIOVA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO 

Cio  posto,  non  e  maraviglia  se  il  libro  delsig.  Frohschammer,  nel 
quale  una  tale  eresia  e  contenuta,  venne  solennemente  ccndannalo 
per  giudizio  della  sacra  Congr.egazione  dell'Indice,  con  decreto  del  di 
9  Maggio  1851.  Al  quale  decreto  1' Autore  non  essendosi  sottomesso, 
come  i  suoi  doveri  di  cattolico  richiedevano ;  anzi  avendo  messo 
fuori  allri  libri,  in  cui  irriverentemenle  si  svelenisce  contro  1'  aulo- 
rila,  che  lo  avea  sentenziato,  e  agli  antichi  aggiunge  altri  errori;  il 
Somrno  Pontefice  Pio  IX  in  un  Breve,  direito  all'Arcivescovo  di  Mo- 
naco, con  gravissime  parole  ne*  lo  riprende  e  condannando  le  sue 
nuove  pesiilenziali  dottrine  riconferma  la  censura,  gia  inflitta  al  suo 
libro  sull'  origine  dell'  anima  uraana.  II  qual  Breve,  attesa  T  impor- 
tanza  del  documenlo,  crediamo  di  dovere  riportare  qui  per  intero,  a 
modo  di  appendice;  e  con  esso  resta  perentoriamente  decisa  la 
quistione,  agli  occhi  d'  ogni  sincere  cattolico. 

Breve  di  S.  S.  Papa  Pio  IX  air  Arcivescovo  di  Monaco 
e  di  Frisinga. 

YEXERABILI  FRATRI  GREGORIO  ARCHIEPISCOPO  MONACENSI  ET  FRISINGENSI 

PIUS  PP.  IX. 

Venerabilis  Prater,  Salutem  et  Apostolicam  Benedictionem.  Gravissimas 
inter  acerbitates,  quibus  undique  premimur  in  hac  tanta  temporum  per- 
turbatione  et  iniquitate,  vehementer  dolemus,  cum  noscamus,  in  variis 
Germaniae  regionibus  reperiri  nonnullos  catholicos  etiam  viros  ,  qui  sa- 
cram  theologiam  ac  philosophiam  tradentes  minime  dubitant  quamdam 
inauditam  adhuc  in  Ecclesia  docendi  scribendique  libertatem  inducere, 
novasque  et  omnino  improbandas  opiniones  palam  publiceque  profiteri, 
et  in  vulgus  disseminare.  Hinc  non  levi  moerore  affecti  fuimus,  Vcnera- 
bilis  Frater,  ubi  tristissimus  ad  Nos  venit  nuntius,  Presbyterum  lacobum 
Frohschammer,  in  istaMonacensi  Academia  philosophiae  doctorem,  huius- 
modi  docendi  scribendique  licentiam  prae  ceteris  adhibere,  eumque  suis 
operibus  in  lucem  editis  perniciosissimos  tueri  errores.  Nulla  igitur  inter- 
posita  mora,  Nostrae  Congregation!  libris  notandis  praepositae  mandavi- 
mus,  ut  praecipua  volumina,  quae  eiusdem  Presbyteri  Frohschammer 
nomine  circumferuntur,  cum  maxima  diligentia  sedulo  perpenderet,  et 


NEL  TEMPO  MODERNO  157 

omnia  ad  Nos  referret.  Quae  volumina  germanice  scripta  titulum  habent: 

—  Introductio  in  Philosophiam,  —  De  Libertate  scientiae,  —  Athenaeum, 

—  quorum  primum,  anno  1858,  alterum  anno  1861,  tertium  yero  yertente 
hoc  anno  1862  istls  monacensibus  typis  in  lucem  est  editum.  Itaque  ea- 
dem  Congregatio,  Nostris  raandatis  diligenter  obsequens,  summo  studio 
acouratissimum  examen  instituit,  omnibusque  semel  iterumque  serio  ac 
mature  ex  more  discussis  et  perpensis ,  iudicayit ,  auctorem  in  pluribus 
non  recte  sentire,  eiusque  doctrinam  a  yeritate  catholica  aberrare. 

Atque  id  ex  duplici  praesertim  parte.  Et  primo  quidem  propterea  quod 
auctor  tales  humanae  rationi  tribuat  yires,  quae  rationi  ipsi  minime  com- 
petunt ;  secundo  yero,  quod  earn  omnia  opinandi,  et  quidquid  semper 
audendi  libertatem  eidem  rationi  concedat,  ut  ipsius  Ecclesiae  iura,  offi- 
cium,  et  auctoritates  de  medio  omnino  tollantur.  Namque  auctor  in  pri- 
mis  edocet,  philosophiam,  si  recta  eius  habeatur  notio,  posse  non  solum 
percipere  et  intelligere  ea  Christiana  dogmata,  quae  naturalis  ratio  cum 
Gde  habet  communia  (tamquam  commune  scilicet  perceptionis  obiectum), 
yerum  etiam  ea,  quae  christianam  religionem  fidemque  maxime  et  pro- 
prie  efficiunt,  ipsumque  scilicet  supernaturalem  hominis  finem,  et  ea 
omnia,  quae  ad  ipsum  spectant,  atque  sacratissimum  Dominicae  Incar- 
nationis  mysterium  ad  humanae  rationis  et  philosophiae  provinciam  per- 
tinere,  rationemque,  dato  hoc  obiecto,  suis  propriis  principiis  scienter 
ad  ea  posse  peryenire.  Etsi  yero  aliquam  inter  haec  et  ilia  dogmata  di- 
stinctionem  auctor  inducat,  et  haec  ultima  minor!  hire  rationi  attribuat , 
tamen  clare  aperteque  docet,  etiam  haec  contineri  inter  ilia,  quae  veram 
propriamque  scientiae  seu  philosophiae  materiam  constituunt. 

Quocirca  ex  eiusdem  auctoris  sententia  concludi  omnino  possit  ac  de- 
beat,  rationem  in  abditissimis  etiam  diyinae  Sapientiae  ac  Bonitatis, 
immo  etiam  et  liberae  eius  yoluntatis  mysteriis,  licet  posito  reyelationis 
obiecto,  posse  ex  seipsa,  non  iam  ex  diyinae  auctoritatis  principio ,  sed 
ex  naturalibus  suis  principiis  etyiribus  ad  scientiam  seu  certitudinem  per- 
yenire. Quae  auctoris  doctrina  quam  falsa  sit  et  erronea  nemo  est/qui 
christianae  doctrinae  rudimentis  yel  leyiter  imbutus  non  illico  yideat, 
planeque  sentiat. 

Namque  si  isti  philosophiae  cultores  yera  ac  sola  rationis  et  philoso- 
phiae disciplinae  tuerentur  principia  et  iura,  debitis  certe  laudibus  essent 
persequendi.  Siquidemyera  ac  sana  philosophia  nobilissirnum  suum  locum 
habet ;  cum  eiusdem  philosophiae  sit,  yeritatem  diligenter  inquirere,  hu- 
manamque  ra.tionem,  licet  primi  hominis  culpa  obtenebratam,  nullo  tamen 


158  UNA  NUOVA  FORMA  DI  GE]\7ERAZIONISMO 

modo  extinctam,  recte  ac  sedulo  excolere,  illustrare,  eiusque  cognitionis 
obiectum,  ac  permultas  yeri  tales  percipere,  bene  inteliigere,  promovere, 
earumque  plurimas,  uti  Dei  existentiam,  naturam,  attributa,  quae  etiani 
fides  credenda  proponit,  per  argumenta  ex  suis  principiis  petita  deraon- 
strare,  yindicare,  defendere,  atque  hoc  modo  yiam  munire  ad  baec  dog- 
mata fide  rectius  tenenda,  et  ad  ilia  etiam  reconditiora  dogmata,  quae 
sola  fide  percipi  priraum  possunt,  ut  ilia  aliquo  modo  a  ratione  intelligan- 
tur.  Haec  quidem  agere,  atque  in  his  versari  debet  severa  et  pulcherrima 
"verae  philosophiae  scientia. 

Ad  quae  praestanda  si  yiri  docti  in  Germaniae  Academiis  enitantur  pro 
singular!  inclytae  illius  Nationis  ad  severiores  gravioresque  disciplinas 
excolendas  propensione ,  eorum  studium  a  Nobis  comprobatur  et  com- 
mendatur,  cum  in  sacrarum  rerum  utilitatem  profectumque  convertant, 
quae  illi  ad  suos  usus  invenerint.  At  vero  in  hoc  gravissimo  sane  negotio 
tolerare  nunquam  possumus  ut  omnia  temere  permisceantur,  utque  ratio 
illas  etiam  res,  quae  ad  fidem  pertinent,  occupet  atque  perturbet,  cum 
certissimi  omnibusque  notissimi  sint  fines,  ultra  quos  ratio  nunquam  suo 
iure  est  progressa,  vel  progredi  potest. 

Atque  ad  huiusmodi  dogmata  ea  omnia  maxime  et  apertissime  spectant, 
quae  supernaturalem  hominis  eleyationem,  ac  supernaturale  eius  cum 
Deo  commercium  respiciunt,  atque  ad  hunc  finem  revelata  noscuntur.  Et 
sane  cum  haec  dogmata  sint  supra  naturam ,  iccirco  naturali  ratione,  ac 
naturalibus  principiis  attingi  non  possunt.  Nunquam  siquidem  ratio  suis 
naturalibus  principiis  ad  huiusmodi  dogmata  scienter  tractanda  effici  po- 
test idonea.  Quod  si  haec  isti  temere  asseverare  audeant,  sciant,  se  certe 
non  a  quorumlibet  doctorum  opinione,  sed  a  communi  et  numquam  im- 
mutata  Ecclesiae  doctrfna  recedere.  Ex  divinis  enim  Litteris,  et  Sancto- 
rum Patrum  traditione  constat,  Dei  quidem  existentiam,  multasque  alias 
veritates,  ab  iis  etiam,  qui  tidem  nondum  susceperunt,  naturali  rationis 
lumine  cognosci ,  sed  ilia  reconditiora  dogmata  Deum  solum  manifestas- 
se,  dura  notum  facere  yoluit,  mysterium,  quod  absconditum  fuit  a  saeculis 
et  generationibus  * ;  et  ita  quidem ,  ut  postquam  multifariam  multisque 
modis  olim  locutus  esset  patribus  in  prophetis,  novissime  Nobis  locutus 
sit  in  Filio,  per  quern  fecit  et  saecula  2....  Deum  enim  nemo  vidit  unquam. 
Unigenitus  Films,  qui  est  in  sinu  Patris,  ipse  enarravit  5. 

\  Col.  I,  26. 
2  Hebr.1,4,  2. 


NEL  TEMPO  MODERNO  159 

Quapropter  Apostolus ,  qui ,  gentes  Deum  per  ea  quae  facia  sunt  co- 
gnovisse  testatur,  disserens  de  gratia  et  veritate  *,  quae  per  lesiim  Chri- 
stuin  factaest,  loquimur  ,  inquit ,  Dei  sapientiam  in  mysterio  ,  quae 
abscondita  est .  .  .  ,  quam  nemo  principum  huim  saeculi  cognovit  ... 
Nobis  autem  'revelamt  Deus  per  Spiritum  swim  . . .  Spiritus  enim  omnia 
•scrutatur,  etiam  profunda  Dei.  Quis  enim  hominum  scii  quae  sunt  homi- 
nis,  nisi  spiritus  hominis,  qui  in  ipso  estt  Ita  et  quae  Dei  sunt  nemo 
cognovit,  nisi  Spiritus  Dei  2. 

Hisce  aliisque  fere  innumeris  divinis  eloquiis  inhaerentes  SS.  Patres 
in  Ecclesiae  doctrina  tradenda  continenter  distinguere  curarunt  rerum 
diTinarum  notioneni ,  quae  naturalis  intelligentiae  vi  omnibus  est  com- 
intmis,  ab  illarum  rerum  notitia,  quae  per  Spiritum  Sanctum  fide  susci- 
pitur  ;  et  constanter  docuerunt ,  per  hanc  ea  nobis  in  Christo  revelari 
inysteria,  quae  non  solam  humanam  philosophiam,  verum  etiam  Angeli- 
cam  naturaleni  intelligentiam  transcendunt ,  quaeque  etiamsi  divina  re- 
velatione  innotuerint ,  et  ipsa  fide  fuerint  suscepta  ,  tarnen  sacro  adhuc 
ipsius  fidei  yelo  tecta  et  obscura  caligine  obvoluta  permanent ,  quam- 
diu  in  hac  mortali  yita  peregrinamur  a  Domino  5. 

Ex  his  omnibus  patet  alienam  omnino  esse  a  catholicae  Ecclesiae  do- 
ctrina sententiam,  qua  idem  Frohschammer  asserere  non  dubitat,  omnia 
indiscriminate  christianae  religionis  dogmata  esse  obiectum  naturalis 
scientiae ,  seu  philosophiae ,  et  humanam  rationem ,  historice  tantuni 
excultam  ,  modo  haec  dogmata  ipsi  rationi  tanquam  obiectum  proposita 
fuerint,  posse  «x  suis  naturalibus  yiribus  et  principio  ad  veram  de  omni- 
bus, etiam  reconditioribus  dogmatibus,  scientiam  peryenire. 

Nunc  yero  in  memoratis  eiusdem  auctoris  scriptis  alia  dominatur 
sententia  ,  quae  catholicae  Ecclesiae  doctrinae  ,  ac  sensui  plane  adver- 
isatur.  Etenim  earn  philosophiae  tribuit  libertatem ,  quae  non  scientiae 
libertas ,  sed  omnino  reprobanda  et  intoleranda  philosophiae  licentia  sit 
appellanda.  Quadam  enim  distinctione  inter  philosophum  et  philosophiam 
facta,  tribuit  philosopho  ins  et  officium  se  submittendi  auctoritati ,  quam 
veram  ipse  probaverit,  sed  utrumque  philosophiae  ita  denegat,  ut,  nulla 

1  IOA\,  I,  J7. 

2  1  Corint.,  II,  7,  8,  -10,  44. 

S  S  S.  IOA*.  CHRY.S.  homil.  7  (9)  in  I.  Corint.  —  S.  AMBROS.  de  fide  ad  Grat.  I,  40. 
— '  S.  'LEO,  de' Nativ.  Dom.,;Ser.  0.  —  S.  CYRIL.  ALEX,  contr.  Nestor,  lib.  Ill  ,  initio  : 
in  loan.  I,  0.  _  S.  IO\N  DAM.  de  fide,  i>rat.  U,  4;  2;  in  I  Cor.  c.  2.  —  S.  HIEH.  in 
Gal.  HI,  2. 


100  UNA  NUOVA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO 

doctrinae  revelatae  ratione  habita  ,  asserat ,  ipsam  nuaquam  debere  ac 
posse  Auctoritati  se  submittere.  Quod  esset  tolerandum  et  forte  admit- 
tendum,  si  haec  dicerentur  de  hire  tantum  ,  quod  habet  philosophia  suis 
principiis,  seu  methodo,  ac  suis  conclusionibus  uti,  sicut  et  aliae  scien- 
tiae,  ac  si  ems  libertas  consisteret  in  hoc  suo  iure  utendo  ,  ita  ut  nihii 
in  se  admitteret,  quod  non  fuerit  ab  ipsa  suis  conditionibus  acquisitum , 
aut  fuerit  ipsi  alienum.  Sed  haec  iusta  philosophiae  libertas  suos  limites 
noscere  et  experiri  debet.  Nunquam  enim  non  solum  philosopho,  yerum 
etiam  philosophiae  licebit,  aut  aliquid  contrarium  dicere  iis,  quae  divina 
reyelatio  ,  et  Ecclesia  docet ,  aut  aliquid  ex  eisdem  in  dubium  yocare  , 
propterea  quod  non  intelligit ,  aut  iudicium  non  suscipere ,  quod  Eccle- 
siae  auctoritas  de  aliqua  philosophiae  conclusione,  quae  hucusque  libera 
erat,  proferre  constituit. 

Accedit  etiam ,  ut  idem  auctor  philosophiae  libertatem  ,  seu  potius  ef- 
frenatam  licentiam  tarn  acriter,  tarn  temere  propugnet,  ut  minime  yerea- 
tur  asserere  ,  Ecclesiam  non  solum  non  debere  in  philosophiam  unquam 
animadvertere,  verum  etiam  debere  ipsius  philosophiae  tolerare  errores, 
eique  relinquere  ut  ipsa  se  corrigat ;  ex  quo  evenit ,  ut  philosophi  hanc 
philosophiae  libertatem  necessario  participent ,  atque  ita  etiam  ipsi  ab 
omni  lege  solvantur.  Ecquis  non  videt  quam  yehementer  sit  reiicienda , 
reprobanda ,  et  omnino  damnanda  huiusmodi  Frohschammer  sententia 
atque  doctrina  ?  Etenini  Ecclesia  ex  diyina  sua  institutione  et  diyinae 
fidei  depositum  integrum  inyiolatumque  diligentissime  custodire ,  et 
animarum  saluti  summo  studio  debet  continenter  adyigilare  ,  ac  summa 
cura  ea  omnia  amoyere  et  eliminare  ,  quae  yel  tidei  adversari ,  yel  ani- 
marum salutem  quoyis  modo  in  discrimen  adducere  possunt.  Quocirca 
Ecclesia  ex  potestate  sibi  a  divino  suo  Auctore  commissa  non  solum 
ius,  sed  officium  praesertim  habet  non  tolerandi ,  sed  proscribendi  ac 
damnancli  omnes  errores  ,  si  ita  fidei  integritas  ,  et  animarum  salus  po- 
stulayerint,  et  omni  philosopho ,  qui  Ecclesiae  filius  esse  yelit ,  ac  etiam 
philosophiae  officium  incumbit  nihil  unquam  dicere  contra  ea ,  quae 
Ecclesia  docet ,  et  ea  retractare ,  de  quibus  eos  Ecclesia  monuerit.  Sen- 
tentiam  autem,  quae  contrarium  edocet  omnino  erroneam,  et  ipsi  fidei, 
Ecclesiae,  eiusque  auctoritati  yel  maxime  iniuriosam  esse  dicimus  et 
declaramus. 

Quibus  omnibus  accurate  perpensis,  de  eorumdem  VV.  FF.  NN.  S.  R.E. 
Cardinalium  Congregationis ,  libris  notandis  praepositae ,  consilio ,  ac 
motu  proprio  et  certa  scientia,  matura  deliberatione  Nostra ,  deque  Apo- 


NEL  TEMPO  MODERNO  161 

stolicae  Nostrae  potestatis  plenitudine  praedictos  libros  Presbyter!  Froh- 
schammer ,  tamquam  continentes  propositiones  et  doctrinas  respective 
falsas ,  erroneas  ,  Ecclesiae  eiusque  auctoritati  ac  iuribus  iniuriosas  ,  re- 
probamus,  damnamus,  ac  pro  reprobatis  et  damnatis  ab  omnibus  haberi 
volumus  ,  atque  eidem  Congregation!  mandamus  ,  ut  eosdem  libros  in 
Indicem  prohibitorum  librorum  referat. 

Bum  vero  haec  Tibi  signiticamus,  Yenerabilis  Frater ,  non  possumus 
non  exprimere  magnum  animi  Nostri  dolorem,  cum  videamus  hunc  filium, 
•eorumdem  librorum  auctorem  ,  qui  ceteroquin  de  Ecclesia  bene  mereri 
potoisset,  infelici  quodam  cordis  impetu  misere  abreptum  in  vias  abire, 
quae  ad  salutem  non  ducunt ,  ac  magis  magisque  a  recto  tramite  aber- 
rare.  Cum  enim  alius  eius  liber  de  animarum  origine  prius  fuisset  dam- 
natus,  non  solum  se  minime  submisit,  verum  etiam  libris  denuo  do- 
cere,  et  Nostram  Indicis  Congregationem  contumeliis  cumulare,  ac  multa 
^lia  contra  Ecclesiae  agendi  rationed  temere  mendaciterque  pronuntiare. 
Quae  omnia  talia  sunt ,  ut  iis  merito  atque  optimo  iure  indignari  potuis- 
semus.  Sed  nolumus  adhuc  paternae  Nostrae  caritatis  viscera  erga  ilium 
deponere ;  et  iccirco  Te  ,  Yenerabilis  Frater  ,  excitamus  ,  ut  vclis  eidem 
manifestare  cor  Nostrum  paternum,  et  acerbissimum  dolorem,  cuius  ipse 
est  causa  ,  ac  simul  ipsum  saluberrimis  monitis  hortari  et  monere ,  ut 
Tsostram  ,  quae  communis  est  omnium  Patris  vocem  audiat ,  ac  resipi- 
scat,  quemadmodtinl  catholicae  Ecclesiae  filium  decet,  et  ita  nos  omnes 
laetitia  afficiat ,  ac  tandem  ipse  feliciter  experiatur  quam  iucundum  sit , 
non  vana  quadam  et  perniciosa  libertate  gaudere,  sed  Domino  adhaerere, 
•cuius  iugum  suave  est  et  onus  leve  ,  cuius  eloquia  casta  ,  igne  exami- 
nata,  cuius  iudicia  vera,  iustificata  in  semetipsa,  et  cuius  universae  viae 
iiiisericordia  et  yeritas.  Denique  hac  etiam  occasione  libentissime  uti- 
mur,  ut  iterum  testemur  et  contirmemus  praecipuam  Nostram  in  Te  be- 
.nevolentiam.  Cuius  quoque  pignus  esse  volumus  Apostolicam  Benedi- 
ctionem,  quam  intimo  cordis  aftectu  Tibi  ipsi ,  Yenerabilis  Frater ,  et 
.gregi  time  curae  commisso  peramanter  impertimus. 

Datum  Romae  apudS.Petrum,  die  11  Decembris,  anno  1862. 

Pontificatus  Nostri  anno  decimo  septimo. 

PIUS  PP.  IX. 


Serie  7,  vol.  X,  fasc.  338.  11  2  Aprile  1864. 


LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

RACCONTO  STORICO 

DEL  1860  E  1861 


XXX. 


Chi  la  mattina  del  yentidue  Gennaio  1861,  a  sole  gia  alto,  si  fos- 
se trovato  nelle  vicinanze  di  Gasamari  e  introdotto  neilo  spazzo  rin- 
contro  al  vestibolo  della  foresteria,  per  certo  si  sarebbe  credato  es- 
sere  non  piu  nell'  adito  di  un  silenzioso  albergo  di  solitarii  contem- 
plativi,  ma  nel  bel  mezzo  di  un  clamoroso  accampamento  di  solda- 
tesche.  Conciossiache  inlorao  al  monastero,  di  verso  il  confine  e  di- 
rimpetto  a  Colliberardi,  andavano  ronde  e  baltitori  di  strade ;  e  piu 
da  presso  erano  senlinelle  doppie  col  sacco  in  ispalla  e  T  arma  al 
braccio;  e  sotto  le  tetloie  che,  per  servigio  della  fiera  solita  tener- 
visi  la  festa  di  san  Malteo,  fiancheggiano  il  procinio^  e  nella  distesa 
della  vallicella  fino  al  letto  dell' Amaseno,  erano  gruppi  d'nomini 
quali  in  sopravvesti  militari  e  quali  in  giubbe  da  paesani :  e  qui  e 
la  fasci  di  fucili  incrociati  con  le  baionetle  in  canna,  dalle  cui  gruc- 
ce  pendeano  centuroni,  daghe,  carlucceri  e  somiglianli  arnesi;  e  di 
que'  crocchi  cosi  sparpagliati  altri  facevan  bollire  calderuole,  allri 
si  trionfavano  calinelle  di  legumi  in  minestra,  altri  seduli  sull'erba 
giocavano  a'dadi  e  a'tarocchi,  e  allri  cicalavano  o  cantavano  con  una 
allegria  che  mai  la  piu  gioviale.  Piu  in  dentro,  cioe  nella  piazza  che 
si  allarga  tra  il  loggialo  della  foresteria,  la  severa  faccia  della  basi- 
lica e  il  rugginoso  prospetlo  dell'  antico  cenobio ,  passeggiavano  di 


LA  POVERELLA  DI  CASAMARI  RACCONTO  ECC.  163 

lena  col  loro  zigaro  in  bocca ,  francesemente  colloquiando,  Ire  uffi- 
ciali  in  cappotli  da  viaggio  sopra  una  semplice  ed  elegante  assisa  : 
1'un  de'quali,  dai  ricami  in  oro  cbe  aveva  nel  berreltino  e  dai  fregi 
che  gli  ornavano  il  colletto  del  la  tunica,  si  scorgeva  essere  di  grado 
primario,  e  superiore  ai  due  che  gli  andavano  a'lati.  Egli  era  di  no- 
bile  presenza  e  pieno  di  brio ;  e  alia  delicala  aria  del  volto  abbron- 
zaticcio ,  ai  sottili  e  biondi  baffi  e  alia  vivezza  d'  ogni  sua  movenza, 
parea  di  eta  giovanissimo.  Dal  calore  poi  col  quale  ragionavano  tut- 
ti  e  tre,  si  poleva  giudicare  che  discutessero  partiti  di  grande  im- 
portanza,  e  facessero  tra  loro  come  un  consiglio  di  guerra. 

In  questo  essere  delle  cose,  nel  punto  che  la  campana  toccheggia- 
ya  lentamente  per  1'ora  di  sesta,  ecco  dalla  via  di  Colliberardi  com- 
parire  un  calesse,  il  quale,  torcendo  per  1'arco  dello  spazzo  ,  si  fece 
dentro,  svollo  accanto  lo  zoccolo  della  croce  e  fermossi.  Egli  era 
guidato  da  un  uomo  grassoccio  che ,  al  tabarro  e  ai  lineameuti  del 
viso,  un  nostro  lettore  avrebbe  subito  riconosciuto  per  Traiano,  il 
il  quale  aveva  alia  sua  sinistra  la  figliuola  maggiore,  con  in  testa  un 
cappellino  scozzese  color  tane,  aggirato  da  una  bianca  piuma  di  slruz- 
zo,  su  le  ginocchia  un  manicotto  di  martora  e  indosso  un  mantiglione 
rosso  amaranto  scaccheggiato  di  nero.  In  un  ultimo,  di  sotto  le  tefr- 
toie  ov'  erano  in  faccenda,  usci  una  lurba  di  que'  soldati,  profferen- 
dosi  a  lui  per  tenergli  il  cavallo  o  staccarglielo,  secondo  che  piu  gli 
piacesse,  e  aiutar  esso  e  la  compagna  a  smontare.  —  No,  no,  mille 
grazie;  non  accade  altro  se  non  che  uno  di  voi  badi  alia  bestia;  ri- 
spos'  egli  mentre,  calato  giu,  dava  il  braccio  alia  figliuola,  che  d'un 
sal  to  sguizzo  a  terra. 

Discesi  ambedue  e  messisi  pel  portico  della  foresteria :  — •  Uh,  te- 
starda  che  se' !  io  te  lo  aveva  pur  dello  ,  che  non  era  giornata  que- 
sta  da  venir  qua ;  ehm !  Vedi  che  tonne  di  briganti  ? 

— -  Ba' !  i  briganti  ci  rispettano ;  soggiunse  1'  altra  scrollandosi,  e 
rivoltasi  indietro  e  arrestandosi ;  che  cefli !  seguito  a  susurrare  pia- 
namenle ;  che  musi !  pap^i  mio ,  lasciate  che  io  guardi  bene  questa 
gentaglia. 

—  Avanti,  avanti,  curiosetla!  sbrighlamoci;  che  io  non  vo'  perico- 
lare  per  un  tuo  capriccio.  Avremmo  fatto  tanto  meglio  a  tornare ; 


164  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

aim  pazienza!  un'occhiata  cosi  di  fuga  a  qiieste  ruine,  poi  via ;  capi- 
sci?  Cio  dicendo  si  incamminarono  verso  la  piazza. 

Appena  occorrera  indicare  qui  che  Traiano  era  rivenuto  in  quesle 
parti,  per  la  cagione  medesima  die  ve  lo  avea:  tratto  un  due  mesi 
innanzi :  cioe  per  intendersi  con  quel  suo  debitore  ,  ricoveratosi  in 
Arpino,  e  con  esso  lui  acconciare  le  partile  aH'amichevole.  Questi  di 
fatto,  entrante  il  miovo  anno ,  intimoritosi  della  minaccia  di  un  se- 
questro  di  certo  suo  bestiame,  mandalagli  da  Traiano  at  cadere  del 
Decembre,  lo  avea  sollecitato  per  lettera  che  si  fosse  raccostato  al 
Liri,  obbligandosi  di  valicare  egli  il  confine  e  di  provvedere  al  modo 
che  si  potessero  insieme  abboccare  con  sicurla.  Traiano,  dopo  stato 
alquanto  in  bilico ,  si  rese  all'  invito.  Ma  sul  muoversi  per  Yeroli , 
tale  e  tanta  baitaglia  ebbe  dalla  Flaminia,  per  impetrare  che  la  pren- 
desse  seco  e  non  la  lasciasse  in  casa ,  dove  senza  di  lui  si  sarebbc 
rotta  la  pace;  che  egli,  per  amore  di  riscaltarsi  dal  fastidio  di  quel 
prieghi ,  la  conlento :  e  di  conserva  giunsero  nella  predelta  citta  la 
domenica  venti  di  Gennaio  a  sera.  II  di  appresso  egli  ebbe  una  se- 
creta  conferenza  col  debitore ,  il  quale  per  allora  lo  rimborso  di  un 
terzo  della  somma  e  si  allonlano,  promettendo  espressamente  che 
fra  tre  o  qualtro  giorni  al  piu  tardi ,  sarebbe  tomato  a  rifarlo  di  un 
altro  terzo,  merce  una  cambiale  die  aspettava  da  san  Germano :  e  a- 
vuto  questo  saldo,  Traiano  s'  impegnava  a  chiudere  un  occhio  sopra 
il  resto,  e  ad  abbonargli  il  conto. 

Molte  e  varie,  sebbeue  cautlssime ,  furono  le  indagini  che,  sine* 
dalla  sua  arrivata  in  Veroli,  fece  della  Giovanna  e  della  <i  poverella » 
e  di  Guido.  Senonche  indarno.  Nessuno  di  coloro  che  interrogo  a 
mezza  bocca ,  seppe  dargli  novelle  di  quella  donna  napoletana.  La 
orrida  casipola  entro  la  quale  essa  nello  scorso  Noverabre  alloggia- 
va,  era  disabitata :  ed  egli  non  iscoperse  piu  in  la.  Cio  tediava  alia 
figliuola  die  sarebbe  stata  vaghissima  d'imbattersi  nella  fanciulla,  da 
se,  o  meglio  per  occasion  sua,  beneficata ;  non  tan  to  per  beneficarla 
novamente ,  come  per  ambizioncella  di  riscuoterne  rendimenti  di 
grazie  e  di  farsi  ammirare  e  lodare  e,  chi  sa  ?  forse  anche  invidiare 
da  quella  tapina,  un  tempo  ricca  e  nobile  e  da  assai  piu  di  lei.  Per 
questo  ella ,  sempre  eccessiva  nelle  sue  vogliuzze ,  il  Lunedi  comin- 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  165 

cio  a  tormenlare  il  padre  che  pel  domani  1'  avesse  condotta  in  Casa- 
mari ,  ov'  era  facilissimo  che  T  avessero  scontrata.  E  poiche  Traia- 
no  ,  si  per  le  voci  le  quali  si  erano  diffuse  di  una  squadra  di  Regii 
che  ronzava  cola  d'  intorno ,  e  si  per  far  yisita  al  suo  ben  noto 
«  amico  »,la  persuadeva  a  indugiare  quella  gita  anche  un  poco ;  la 
cattivella  monto  in  si  grande  collera,  che  disse  e  ridisse  ch'  ella  \i 
.sarebbe  ita  sola  e  a  piedi.  Di  che  il  debole  uomo,  per  non  rammari- 
carla,  gliela  dovette  dar  vinta;  e  noleggiato  un  calesse ,  la  mattina 
del  Martedi  gli  fu  forza  prendere  con  lei  la  strada  della  Badia. 

Lungo  il  cammino  egli  seco  disfogavasi  in  brontolamenti ,  e  non 
rifiniva  mai  di  rainpognarle  ,  cosi  tra  1'  agro  e  il  dolce ,  la  sua  ca- 
parbiaggine.  II  che  faceva,  piu  che  per  altro ,  perche  temea  d'in- 
cappare  in  qualche  branco  di  Realisti ,  e  di  capilar  male.  In  effetto 
quando ,  trapassato  Colliberardi ,  furono  a  costo  la  chiesicciuola  di 
san  Cristoforo ,  si  avvennero  in  quattro  uomini  armati ,  i  quali  con 
un  tale  qual  garbo  richieserli,  per  onde  essi  due  fossero  avviati  e  a 
che  fare.  Traiano  si  sbianco  di  paura  e,  al  suo  solito,  con  cento  bei 
protest!  rispose :  com'egli  fosse  romano,  fedelissimo  al  Papa  e  devo- 
lissimo  (qui  si  scappello)  alia  causa  di  Sua  Maesta  Francesco  II;  e 
andasse  con  la  figliuola  al  venerabile  santuario  di  Casamari,  per 
pigliarvi  la  perdonanza,  e  stipplicar  Dio  che  liberasse  santa  Chiesa 
e  1'  Italia  dal  giogo  dei  nuovi  Musulmani. 

—  Passate  pure;  soggiunse  freddamenle  1'uno  dei  quattro. 

—  Obbligatissimo  alia  vostra  cortesia;  disse  il  noslr'uomo  rifia- 
tando,  e  gia  scoteva  le  guide  per  ridare  il  trotto  al  cavallo.  Ma  che? 
quel  visetto  intrepido  di  Flamiaia,  pensandosi  di  avvalorare  1'  animo 
del  padre,  si  rivolge  a  coloro  e  dimanda  baldanzosamente :  —  Voi 
chi  siete? 

—  Si  sa,  campioni  del  diritto  e  della  giustizia ;  bofonchio  Traia- 
no, indispettito  che  la  fraschetta  mettesse  allora  il  pie  nella  danza. 

—  Noi,  signorina,  siamo  soldati  del  Re. 

-  Bravi!  mi  rallegro;  dove  avete  il  quarliere? 

—  Da  tie  giorni  siamo  accampati  nella  Badia. 

—  Che  belli  schioppi !  Oh,  mostratemene  uno. 

—  Ih!  basta  cosi,  peltegola;  sal  to  su  il  padre  a  tagliare  netto  il 
discorso;  addio ,  buoni  giovanotti;  a  rivederci.  £  7  toccato  il  caval- 


166  LA  POVERELLA  DI  CASAMAEI 

lo,  tiro  oltre,  sborbottando  la  sfaccialella  che  voleva  senipre  tene- 
re  il  campanuzzo  in  mano  e  impacciarsi  di  quello  che  non  doveva. 
Pel  quali  rimbrotti  essa,  imperlinente,  gli  faceva  il  linguino,  quasi 
fourlandolo  di  pusillanime;  ed  egli  che  da  quesla  gioia  del  cuor  suo 
avrebbe  ricevule  le  stoccate  per  carezze,  a  sorriderle  in  ultimo,  e 
ad  ammirare  da  se  da  se  tanto  spidlo  e  grazia  di  figliuola. 

XXXI. 

-  I'  raiei  rispetti  alle  loro  signorie  ;  disse  Traiano  con  un  inchino 
profondo  e  una  grande  scappellala  aitre  uffiziaii,che  si  vide  innanzi 
allo  sboccare  ch'ei  fe  nella  piazza,  e  che  sostando  e  fissatolo  in  qual- 
che  ammirazione,  lo  risalutarono  con  toccarsi  il  berretto;  io  m'im- 
magino  che  sia  lecito  visitare  la  basilica  e  osservar  il  di  fuori  di 
questa  celebre  Abbazia. 

—  Signore,  scusate;  d'onde  venite  voi?  lo  interrogo  quello  di 
mezzo  con  accenlo  foresliero  ma  in  grato  modo  e  civile. 

—  Io?  noi?  replico  1'uomo  con  segno  di  turbamento. 

—  Si,  voi;  donde  venite?  instette  1'altro,  piautandogli  in  faccia 
un  par  di  occhi  fieramente  scrutatori. 

-  Da  Veroli,  per  una  passeggiata  di  divertimento  e  anche  di  de- 
vozione.  Posto  pero  che  non  si  possa,  torneremo  subito  indietro  : 
si  figuri ! 

-  Alfiere,  informateYi  da  costoro  chi  e'  sieno  e  che  pretendano ; 
disse  1'uffizidle  sottovoce  e  in  francese  air  uno  dei  due  suoi. 

—  Che !  non  accade  far  uso  d'  interprete ;  soggiunse  allora  bru- 
scamente  nella  medesima  lingua  la  Flaminia  tutta  pettoruta ;  io  iu- 
tendo  ancor  io  e  parlo  il  \ostro  linguaggio.  Cosa  desiderate  sapere 
da  noi? 

-  Vi  domando  mille  scuse,  madamigella ;  rispose  quel  primo, 
Invermigliaudosi  e  con  atto  cavallerescamente  gentile ;  io  desidero 
saper  solo,  se  noi  possiamo  prestar  qualche  servigio  a  voi  e  a  que- 
sto  signore. 

-  Xante  grazie.  Ma  davanti  chi  abbiaino  noi  1'onore  di  essere  ? 
incalzo  la  baldanzosetta. 

—  Davanti  un  Colonnello  di  Sua  Maesta  siciliana. 


RACCONTO  STOBICO  DEL  1860  E  1861  167 

-  0,  o  un  Colonnello?  bisbiglio  il  padre  airorecchio  di  lei; 
chiedigli  un  po'  come  si  chiami. 

—  Signor  mio;  disse  qui  1'altro  a  Traiano  con  cera  d'insospetti- 
to;  io  parlo  male  la  vostra  lingua,  ma  la  capisco  quanto  basta.  Se 
non  erro,  voi  cercate  del  mio  nome :  or  favorite  prima  di  dirmi  ii 
vostro.  Abbiatemi  per  iscusalo,  ve  he  riprego :  siamo  in  tempo  di 
guerra,  con  quattromila  Piemonlesi  alle  costole;  e  voi  non  ignoratc 
che  le  leggi  militari  stanno  sopra  certe  convenienze  di  urbanilL 
Adunque  chi  siele  voi,  signore? 

-  Ecco  chi  sono  io;  ripiglio  Traiano  italianamenle  (che  di  lin- 
gua francese  non  ne  masticava  un'acca)  frugandosi  in  tasca,  toglien- 
done  il  passaporlo  ed  offerendolo  al  Colonnello ;  guardi  e  si  certifichi 
co'  suoi  occhi,  se  io  sia  o  no  un  galantuomo. 

—  Romano !  oh  io  mi  compiaccio  di  questo  incontro !  sclamo  1'uf- 
fiziale  rendeudogli  la  sua  carta ;  che  belle  notizie  portate  voi  da 
Roma? 

—  Ne  belle  ne  brutte ;  sempre  le  stesse.  Egli  e  un  sospiro  uni- 
versale ,  che  le  tribolazioni  del  santo  Padre  e  del  Re  di  Napoli  e  di 
noi  tutti  finiscano  presto  ,  e  che  i  nuovi  Musulmani  sieno  una  volta 
schiacciali  come. . . . 

-  Ah,  ah !  proruppe  Tallro  cordialmente  ridendo  verso  i  compa- 
gni;  udite  come  questo  signore  battezza  bene  i  nostri  nemici? 

I  due  sorrisero,  Traiano  gongolo  di  quel  suo  motto  che  parvegli 
un  botton  d'  oro,  la  giovane  ghigno  ancor  ella  per  mostrare  consen- 
so;  e  appresso  alquante  altre  parole,  il  Colonnello,  fatto  sicuro  che 
queste  non  erano  persone  da  ombrarne  pun  to,  si  manifesto  loro  pel 
conle  Teodolo  di  Christen. 

—  Nome  famoso !  nome  che  corre  pei  giornali !  grido  il  Romano 
nostro,  abbrancandogli  le  mani  e- slringendogliele  fra  le  sue  con  af- 
fetto  di  spasimato;  io  mi  ascrivo  a  somma  fortuna  questa  prezio- 
sissima  conoscenza!  Oh  pensarlo  tempo  fa,  quand'io  leggeva  nei 
fogli  la  storia  della  sortita  dalla  piazza  di  Gaeta,  ch'ella  capitano 
cosi  bravamente!  Doh,  ve'  casi!  Bene,  benissimo,  signer  Conte  !  dia 
addosso  ai  Piemonlesi,  e  li  conci  proprio  per  le  feste,  e  cavi  loro  di 
corpo  1'appetito  lupigno  che  hanno  di  divorarsi  la  roba  d'  altri.  Ev- 
"viva  lei  per  Bacco ! 


168  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

A  questi  compliment!,  che  tenne  per  ischietlissimi ,  il  signor  di 
Christen  non  fece  viso  cattivo;  ma  presenlatigli  con  amichevole  gra- 
ziosita  gli  altri  due  uffiziali,  che  erano  il  capitano  conte  di  Cootau- 
don  e  1'alfiere  Caracciolo ;  accompagnollo  sino  alia  gradinala  della 
basilica,  e  garbatamente  si  licenzio  da  lui  e  dalla  figliuola.  La  quale 
se  alzasse  la  cresta,  per  la  bella  figura  che  sembravale  aver  fatta,  e 
se  ne  pavoneggiasse  e  gonfiasse  nel  padre  la  matta  opinione  ch'egli 
aveva  di  lei  e  delle  abilita  sue,  non  lo  staremo  a  dir  noi.  Piutlosto  in 
quella  che  essi  attendono  ad  ammirare  la  facciata  della  chiesa  e  i 
due  grandi  fmestroni  che  le  si  aprono  sulla  fronte,  con  in  mezzo  la 
rosa  a  vetri  colorati,  e  montano  su  per  1'atrio  facendo  gli  stupori  del- 
le arcate  e  degl'  inlagli  finissimi  che  sovrastano  alia  porta;  noi  espor- 
remo  succintamenle  la  ragione  di  quel  romoroso  Iramestio  di  gente 
d'armi  intorno  ai  clauslri  del  monastero. 

Accennammo  altrove  come  il  divisamento  di  spedire  nelle  monla- 
gne  degli  Abruzzi  un  poderoso  corpo  di  milizie,  che  dovesse  pren- 
der  alle  spalle  il  campo  del  generate  Cialdini  assediante  Gaeta,  fallis- 
se,  perche  i  trentamila  uomini  deslinali  a  quell'  effetto,  enlrando  ne- 
gli  Stati  pontificii,  ebbero  dalle  guarnigioni  francesi  che  presidiava- 
no  la  frontiera,  intimazione  di  porre  giu  le  armi  e  di  sciogliersi  incon- 
tanente.  Questo  gravissimo  disastro,  che  si  e  variamenle  imputalo  a 
cagioni  assai  vane,  reco  travaglio  non  piccolo  all'  esercito  chiuso 
nella  fortezza,  e  accese  in  alquanti  de'  piu  gagliardi  e  sperimentati 
uffiziali  la  brama  di  ripararvi  alia  meglio,  accorrendo  arimettere  in- 
sieme  gli  avanzi  di  cotante  forze  regie,  cosi  malamente  sperperate. 
Di  cotesti  uno  fu  1'animoso  conte  di  Christen :  il  quale  dopo  essersi  se- 
gnalato  in  Gaeta  con  quella  sortila ,  di  cui  sentimmo  gli  elogi  anche 
tesle  da  Traiano,  penso  tornar  piu  acconcio  al  genio  suo  battagliero, 
uscirne  di  nascosto  de'  Piemontesi,  condursi  nelle  piu  prossime  gole 
degli  Apennini ,  raggranellarvi  un  buon  nerbo  di  soldati  dispersi ,  e 
con  questi  e  con  1'  aiuto  di  qualche  banda  di  paesani,  irrompere  nelle 
province  abruzzesi,  levarle  a  sommossa  contro  1'occupatore  nemico,  e 
per  tal  guisa  difficultargli  le  operazioni  dell'assedio,  gia  per  la  inver- 
nale  stagione  divenute  malagevolissime  a  continuarsi.  E  il  disegno 
sarebbegli  venuto  assai  ben  colorito  ,  se  un  accidente  inopinato  non 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860E1861  169 

1'avesse  coslretto  a  indugiare  la  presa  di  Sora ,  con  la  quale  medita- 
va  dare  principle  a  quella  sua  rischiosissima  campagna. 

Di  fatto  in  breve  egli  raccolse  nei  dirupi  circostanti  al  confine, 
tra  di  uomini  che  sino  allora  aveano  militato  nelle  legioni  di  Napoli, 
e  di  montanari,  una  squadra  di  parecchie  centinaia,  alia  quale  Chia- 
vone  di  otlimo  grado  congiunse  tutti  i  suoi  Realisti :  e  con  questa 
gente,  scesonei  contorni  della  terra  di  santa  Francesca,  vi  aspettoun. 
altro  capotruppa,  col  quale  aveva  segreta  intelligenza;  e  questi  dove- 
va  a  lui  rannodarsi  con  un  rinforzo  notevolissimo.  Senonche ,  per 
gl'innumcrabili  impediment!  che  costui  ebbe  a  superare,  egli  tardo 
a  sopraggiungere  alquanto  piu  del  convenuto :  intantoche  tutta  la 
massa  non  fu  in  ordine  di  muovere  all'  assalto  della  cilia  di  Sora , 
altro  che  la  inattina  dei  sedici  di  Gennaio. 

Quel  giorno  il  conle  di  Christen  che,  per  iscorciar  il  cammino, 
s'era  proposto  di  tener  la  via  di  Casamari,  spaccio  un  suo  messo  ai- 
1' Abate,  significandogli  Timminente  suo  passaggio,  e  pregandolo  del- 
la  facolta  di  far  alto  per  pochissimo  tempo  tra  le  mura  della  Badia. 
N'ebbe  in  risposta  una  negativa,  quanto  cortese  ne'  modi,  altrettanto 
^risoluta  e  franca:  imperciocche  « io  non  possoenon  debbo,  gli  riscri- 
veva  egli,  metier  questo  nostro  monastero  a  pericolo  di  rappresa- 
glie ».  Contuttoche  questo  rifiuto  addolorasse  fortemente  il  Christen, 
poiche  gli  guastava  in  gran  parte  le  prese  disposizioni ,  nientedi- 
manco,  per  rispetto  alia  ragionevole  volonta  dell' Abate,  mutopensiero 
e  tosto  piglio  lastrada  della  Montagna,  faticosissima  pei  ghiacci  e  pei 
fanghi,  che  in  quel  cuor  del  verno  la  rendevano  poco  meno  che  im- 
praticabile. 

Falti  incredibili  sforzi  per  aprirsi  un  sentiero  e  poi  per  guadare  il 
Liri,  tanto  gonfio  dallo  scioglimento  delle  nevi  che  le  acque  sover- 
chiavano  il  petto,  e  giugnevano  sino  al  collo  degli  uomini  di  statura 
sotto  la  mezzana ;  la  colonna  arrivo  fmalmente  a  tenue  distanza  da 
Sora.  Ma  quivi  appena  falto  sosla,  si  ebbe  sentore  di  un  presidio  di 
circa  quattromila  Piemontesi,  guidati  dal  generale  di  Sonnaz,  i  quali, 
ammoniti  forse  da  spie,  la  sera  innanzi  erano  venuti  improvvisamen- 
te,  e  s'erano  postati  nella  delta  cilta  e  nel  borgo  dell'  Isola,  con  caval- 
leria  e  artiglieria  e  buone  munizioni  da  guerra:  cosi  che  la  presa  di 


170  I A  POYERELLA  DI  CASAMARI 

Sora  non  era  piu  cosa  possibile  alle  forze  regie,  troppo  inferior!  a  que- 
ste  nuove  e  freschissime  del  nernico.  Ond'  e  che,  tolto  ogni  indugio, 
il  Christen  si  delibero  di  retrocedere  incontanente :  e  separatosi  dalla 
banda  di  quel  caposquadra  che,  senza  sua  colpa,  avea  causato  il  ri- 
tardo  e  che  si  avvio  pe'  dossi  di  Tagliacozzo  ;  esso  co'  suoi  dugento- 
quaranta  soldati  di  regolare  milizia,  seguiti  da  quaranlasette  paesani 
di  Chiavone,  rifece  la  travagliosissima  strada,  ripasso  il  fiume  a  gua- 
do,  e  suU'albeggiare  delta  Domeriica  venti,  fe  capo  alia  Badia  di  Ca- 
samari;  supplicando  1'Abate  che  non  ricusasse  di  dare  un  tempora- 
aeo  ricetto  a  quella  sua  genie  affamata,  rifinita  e  rotta  dagli  slrapaz- 
21  di  una  marcia  slentatissima  e  asprissima  di  quattro  intere  gior- 
nate.  II  religioso  uomo  si  offerse  paratissimo  di  alimentare  que- 
gl'infelici  a  litolo  di  carita  ,  che  ivi  non  si  diniega  mai  a  nessuno. 
Quanto  pero  al  soffermarvisi,  lo  scongiurava  con  le  lagrime  agli  occhi 
di  ritenersene,  considerando  il  gran  repentaglio  che  farebbe  correre 
a  iutti  i  monaci  e  alia  stessa  Abbazia,  dove  si  fornisse  ai  Piemontesi 
quest'appiglio  di  rientrare  nel  lerritorio  pontificio,  per  dare  la  Caccia 
a'suoi  Napoletani  e  sorprenderli  fra  le  mura  del  monastero. 

-  Padre,  voi  prelendete  da  me  I'impossibile;  rispose  il  conte  di 

Christen  facendo  croce  delle  mani ;  i  miei  uomini  sono  stracchi  morti ; 

non  si  reggon  piu  sulle  gambe  :  io  vi  paghero  in  oro  sonante  ogni 

bricciolo  di  pane  e  ogni  bruscolo  di  sarmento  che  bisognera  per  isfa- 

marci  e  scaldarci.  Ma  nel  nome  di  Dio,  ditemi :  come  fareste  voi  a 

.  rimettere  in  marcia  una  truppa  che  non  ha  piu  fiato?  che  casca  per 

ispossatezza?  —  L'  argomento  stringeva,  e  senza  do  la  condizione  di 

que'  poverelti  era  si  compassionevole  che  straziava  il  cuore.  L'Aba- 

Ce  adunque  alzo  le  spalle,  e  contentatosi  che  i  soldati  mettesser  mano 

alia  legna  per  rislorarsi  dal  freddo  che  era  acutissimo,  diede  ordine 

a'  suoi  monaci  che  apprestassero  subito  pane,  legumi,  vino,  forma g- 

gio  e  frutta,  e  ne  facessero  larga  dispensazione  a  que'  famelici ;  e  in- 

lanto  con  gentile  amorevolezza  invito  il  Christen  e  i  due  ufficiali  ad 

una  colezione,  che  procure  si  servisse  loro  onorevolmente  in  una  sala 

della  foresteria ;  ne  per  lutta  quella  mattina  ristette  di  colmarli  di 

buone  grazie.  Ma  quando  sull'ora  del  mezzodi  gli  fu  riferito,  che  la 

genie  abbasso  chiedeva  si  aprisser  loro  i  fenili  per  potersi  riposaro 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  171 

al  coperlo :  il  venerabile  vecchio  rivoitosi  al  Colonnello,  che  accom- 
pagnava  di  urbane  ma  urgentissime  islanze  quella  domanda :  —  Si- 
gnor  Conte ;  gli  disse  con  aspetto  di  altameute  rammaricato ;  io  ce- 
dero  giacche  non  ne  posso  a  meno ;  vi  avverto  per  altro  che  se,  al 
piu  tardi,  slassera  non  levate  gli  alloggiamenti,  io  senza  mezzo  ne 
ragguagliero  in  Veroli  il  Governatore  e  il  signor  comandante  Carpe- 
gna,  affinche  intervengano  essi  come  meglio  crederanno  con  1'aulo- 
rita  o  anche  con  la  forza.  Me  ne  duole,  caro  Conte ;  io  mi  dissangue- 
rei  per  essere  utile  a  voi  e  fare  del  bene  ai  vostri  soldali :  ma  melte- 
tevi  ne'  panni  miei :  parvi  egli  prudenza  che  io  esponga  i  religiosi 
miei  fratelli  e  quest'  Abbazia  al  rischio  di*una  sorpresa  di  guerra? 

-—  Padre,  voi  avete  un  sacco  di  ragioni :  ma  io  non  ho  torto  a 
ripetervi  che  i  miracoli  non  li  so  fare.  Sino  a  tanto  che  i  miei  uomini 
non  si  sieno  riavuti ,  io  non  veggo  modo  di  disalloggiare  di  qua. 

—  E  perche  venirvi,  mentre  io  gia  vi  avea  scritto  che  questo  non 
era  luogo  per  voi  ? 

-  Perche  la  necessita  non  ha  leggi.  Nell'andata  fui  libero  di  sce- 
gliere  il  passo  peggiore,  e  Io  scelsi  per  non  farvi  dispiacere.  Nel  ri- 
torno  io  non  aveva  altra  scelta.  All'  impossible  niuno  e  lenuto.  Io 
paghero.  Ma  piu  di  questo  nou  cercale  da  me.  Coraggio,  Padre  mio 
buono !  Iddio  vi  aiutera. 

II  Lunedi  susseguente  a  punta  di  giorno,  il  Padre  rinnovo  HOD 
solo  le  suppliche,  ma  le  proteslazioni  e  le  minacce,  per  ottenere  che  la 
Badia  fosse  sgombrata  da  quelle  soldatesche.  Ma  perciocche  il  Chri- 
sten ridomandava  di  temporeggiare,  per  sicurarsi  delle  strade  che 
volea  far  prima  battere  da  esploratori ;  1'Abate  immediatamente  spedi 
in  Veroli  sue  lettere,  denunziando  il  caso  al  Governo  e  premendo 
acciocche  si  provvedesse  quanto  piu  presto  potevasi  alia  salute  del 
suo  monastero.  Or  in  tanto  che  da  Veroli  si  mandavan  chiedendo 
ordini  e  forse  anche  soccorsi  in  Frosinone,  e  da  quivi  si  richiedeva- 
no  col  telegrafo  in  Roma,  e  si  avvicendavano  cosl  dispacci  di  pro- 
poste  e  risposte ,  pass6  il  Lunedi  e  sorse  il  Martedi :  giorno  che  sem- 
brava  stabililo  dal  Christen  per  trasferire  il  suo  campo  nelle  alture  o 
delle  Scalelle  o  di  Trisulli,  e  liberare  i  monaci  da  tante  loro  angu- 
stie.  Senonche  gia  s'erano  cominciate  sparger  voci  di  un'  appari- 


172  LA  POYERELLA  DI  CASAMARI 

zione  di  drappelli  piemontesi  al  di  qua  della  frontiera  romana :  e  per- 
cio  si  il  Christen  come  il  capitano  di  Cootaudon  e  1'Alfiere  stavano  in 
qualche  dubbiezza ;  e  proprio  nel  momento  eke  Traiano  era  spuntato 
con  la  figliuola  nella  piazza ,  aveano  fermo  il  consiglio  di  inviare 
Chiavone  co'  suoi  qaarantaselte  bravi  ad  osservare  il  confine ;  in- 
giungendogli,  quando  gli  avvenisse  di  scopdre  o  d'  incontrare  il  ne- 
mico,  di  ritirarsi  subitamente  senz'  appiccare  scaramuccia,  per  non 
provocarlo  a  inoltrarsi. 

XXXII. 

La  chiesa  della  Badia  di  Casamari,  dedicata  ai  sanli  fratelli  mar- 
tiri  Giovanni  e  Paolo,  per  la  purita  dello  stile ,  per  la  grandiosita 
del  vaso  e  per  la  magnifica  semplicita  della  pianta,  e  un  capolavoro 
di  architeltura  lombardogolica,  cosi  unico  nel  suo  genere,  che  in  tutta 
Italia  non  se  ne  conosce  altro  il  quale  lo  paragoni,  fuorche  la  chiesa 
di  Fossanuova  presso  Piperno ,  fabbricata  dal  maestro  medesimo, 
di  cui  si  e  perduto  il  nome,  ma  che  si  sa  essere  stalo  di  patria  mi- 
lanese.  Come  altro ve  abbiam  ricordato,  ella  e  costrulla  in  pietre  di 
taglio  di  una  cotal  calcarea  vena  traente  al  rossigno,  ma  squadrate 
e  addentellate  e  immorsate  con  si  bell'  arte,  che  non  »e  appariscono 
le  commetliture ,  e  il  corpo  dell'  edifizio  rende  aria  d'una  saldezza , 
tutta  da  cima  a  pie  scarpellala,  in  un  solo  masso.  La  faccia  sua,  ab- 
brunita  dalle  intemperie  e  malconcia  dagli  oltraggi  di  bene  sei  se- 
coli,  riguarda  ponente;  ed  ha  innanzi  a  se,  in  maniera  di  piedestallo, 
una  spaziosa  scalinata  di  venticinque  gradini ,  alle  eslremita  del- 
F  ultimo  de'  quali  s'  ergono  due  colonne  portanti  in  capo  due  gu- 
gliette.  Di  qui  ascendesi  all'  atrio  nobilissimo  per  la  maesta  della 
sua  porta  principale,  decorata  neli'  arcatura  di  fregi  squisitissima- 
mente  intagliati  e  coronanti  un  campo  messo  a  capricci  vaghissimi, 
nel  quale  risalta  la  croce  sormontala  da  una  stella.  Agli  slipili  la  co- 
steggiano  colonnini  aggruppati,  coi  sommoscapi  variatamente  ador- 
ni  di  fogliami  e  rabeschi ,  sull'  andare  delle  cornici  che  nel  cinque- 
cento  si  costumavano  porre  intorno  alle  tele  dipinte  dai  piu  solenni 
pennelli. 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  173 

II  di  dentro  della  basilica  ti  presenta  una  perfetta  croce  latina, 
tutta  per  lo  lungo  divisa  in  tre  scompartimenti  da  selte  massicci  pi- 
laslri,  che  si  alzano  dall'un  fianco  e  dairaltro  a  sorreggere  gl'inter- 
eolunnii  di  altrettanli  archi  di  sesto  aeuto,  i  quali  bizzarramente 
s  incur vario  nella  volta  ardila  e  svellissima  della  navata  di  mezzo. 
Gli  archi  poi  delle  due  navi  laterali  sono  sostenuti  da  colonnette  di 
gentil  fusto,  e  sopravi  capilelli  lavorali  sul  vivo,  con  ingegnosissima 
sottigliezza  di  trafori  e  d'emblemi,  come  archipenzoli,  squadre,  com- 
passi,  e  con  occhi  e  fmestre  situate  con  si  leggiadra  disposizione 
clie  non  vi  saziereste  mai  di  ammirarle.  Simigliante  nella  struttura 
e  la  nave  calcidica  o  trasversa.  Ma  nel  centro  della  sua  interseca- 
zione  si  solleva  una  elegante  tribuna  d'  ordine  corintio ,  in  foggia  di 
tempio  a  cupola,  ericca  di  marmi  pellegrini;  la  quale,  comeche  dis- 
tuoni  dal  concerto  di  quel  tutto  architettonico,  non  per  tan  to  ride 
alia  fantasia  di  cm"  la  compari  ad  un  prezioso  gioiello  custodilo  in 
una  vecckia  teca,  secondoche  immagino  un  suo  poetico  descriltore.  A 
questa  tribuna,  collocata  ivi  dalla  munificenza  di  Papa  Clemente  XI, 
si  sale  per  uno  sealer  e  a  tre  ordini ;  e  dietro  essa  gira  1'  abside,  col 
coro  illuminate  al  fondo  da  quattro  fines troni  bislunghi  e  da  una 
rosa  a  cristalli  istoriati,  la  quale  risponde  all'  altra  che  dirimpetto  a 
lei  abbellisce  la  facciata  esteriore.  Oltre  1'aHare  che  si  rizza  sotto  la 
mentovata  tribuna ,  havvene  altri  sei  addossati  alle  pareti  della  cro- 
ciera,  de'  quali  quattro  fronteggiano  1'ingresso  e  due  stanno  ai  capi 
delle  braccia  di  lei.  Per  ultimo  a  un  terzo  dello  spazio  corrente 
fra  la  mastra  porta  e  1'  abside ,  e  una  fitta  cancellala  di  ferro  che  si 
distende  quanto  e  larga  la  chiesa ,  e  circoscrive  i  termini  assegnati 
per  la  clausura. 

Ne  Traiano  ne  la  sua  figliuola  erano  di  tanta  perizia  nell'arte,  che 
potessero  comprendere  le  schiette  armonie  di  quegli  archi,  di  quelle 
volte ,  di  quelle  membrature  e  gustarne  le  intime  bellezze.  Ciq  non 
ostante  alia  prima  si  diletlarono  di  contemplare  una  mole  cosi  severa, 
cosi  nuda  d'ogni  ornamento  e  cosi  piena  di  santa  malinconia,  che  vi 
tocca  1'  anima  e  dolcemente  ve  la  compunge.  Nei  balaustri  accanto 
la  cancellata  erano  alquante  villanelle  che  facevano  orazione.  Quivi 
s' inginocchiarono  i  due  sopravvenuti ,  per  adorare.  anch' eglino  ii 
Sacramento:  e  voile  il  caso  che  la  giovane  si  ponesse  a  costo  di  una 


171  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

certa  cotale,  messa  in  una  rozza  vesticciuola  di  lana  scura  e  con  in 
iesta  uno  sdruscito  fazzolettone  pur  nero ;  la  quale  non  che  pregasse, 
ma  sommessamentesinghiozzava  e  gemeva  e  lagrimava  con  tale  di- 
rolto  pianto,  che  la  tovaglietta  stesa  sul  banco  n'  era  inzuppata.  Fla- 
minia, presone  meraviglia,  la  sbircio  subito  con  la  coda  dell'occhio : 
ma,  per  aver  quella  il  volto  chiuso  tra  le  mani  e  le  pieghe  del  faz- 
zolelto,  non  la  vide  in  faccia.  Tuttavia  se  ne  commosse,  e  raddrizzan- 
dosi  ( che  le  sue  divozioni  duravan  poco )  gia  era  in  punto  di  frugare 
col  gomito  il  padre  e  additargli  quella  sua  vicina  e  bisbigliare  di 
lei,  quando  abbattutosi  a  passare  un  monacello,  Traiano  gli  volse  il 
discorso  per  cercargli  cerli  schiarimenti  sull'  essere  di  costesta  chie- 
sa  che  a  lui  sembrava  stranamente  singolare.  11  monaco  gli  compia- 
cque ;  si  confabulo  alquanto ;  Traiano  resto  pago ;  e  nell'  istante  che 
quegli  si  dipartiva  e  che  Flaminia  punzecchiava  il  padre,  acciocche 
ponesse  menle  alia  foresetta  che  tanto  piangeva,  questa  si  levo  in 
piedi,  e  tergendosi  in  viso  con  un  lembo  del  fazzolettone,  modesta- 
mente  s'  incammino  verso  la  porla.  Traiano  1'accompagno  con  un  tal 
occhio  che  parea  e  non  parea  la  raffigurasse.  —  Fosse  mai  dessa  la 
poverella  ?  lo  inlerrogo  Flaminia  un  po'  sospesa. 

—  Aspetta ;  or  te  lo  dico  io;  soggiunse  il  padre;  e  pigliato  il  passo 
innanzi  e  raggiunta  quella  tapina  nell'  atrio,  e  ravvisalala:  —  Buona 
giovane !  la  chiamo  fermandola  si  che  ella  smarri  tutta ;  non  mi  ri- 
conoscete  voi  dunque  piu?  — L'altra  gii  volto  un'occhiata  tra  timida 
e  ammirativa;  si  fece  piu  pallida  che  non  era,  poi  divento  di  fiani- 
ma,  e  ritiratasi  in  se  slessa  e  conficcarido  gli  occhi  in  terra:  —  Si- 
gnore,  forse  io  vi  riconosco ;  rispose  pianamente ;  voi  avreste  da  esse- 
re il  Romano. . . . 

—  Appunto !  la  inlerruppe  il  nostr'  uomo. 

-  E  dessa?  entro  allora  Flaminia  di  mezzo,  guardando  fisamente 
e  con  aria  di  superba  compassione  la  giovinetta,  la  quale  non  si  at- 
tentava  di  riguardar  lei. 

—  Appunto,  appunto  !  replicava  Traiano  alcun  che  confuso ;  e 
quella  di  cui  abbiamo  tanto  parlato  in  casa  noslra.  0  bene!  mi  con- 
solo  di  avervi  qui  rinconlrata. 

—  Io  sono  colei  che,  e  circa  due  mesi,  vi  mandai  quella  limosina 
per  vestirvi;  soggiunse  tosto  affetlando  una  degnevole  domestichez- 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  175 

za  la  malcreata  Flarainia,  vogliosa  di  manifestarsi  e  di  pigliare  il  so- 
pravvento  che  ambiva ;  dove  abitate  voi  ora  ? 

La  donzella  per  queste  sgalanti  parole  si  tinse  quasi  di  porpo- 
ra ,  e  dato  uno  sguardo  che  faceva  pieta  alia  sgarbala  benefatlrice : 
—  Vi  ringrazio  ,  signorina ,  della  bonta  vostra ;  mormoro  sottovoce 
e  chino  il  mento  in  seno,  con  tale  atto  che  mostrava  com'  ella  lan- 
guisse  di  vergogna. 

—  Or  dove  state  di  casa?  riprese  a  dimandarle  Traiano;  in 
Veroli? 

—  Signor  no ;  stiamo  non  molto  discosto  dalla  Badia. 

-  E  la  vostra  mamma  come  va  ella?  e  guarita? 

-  Ah!  mia  madre  e  morta. 

—  Oh  !  sclamo  Traiano. 

—  Morta?  chiese  Flaminia  con  un'ansieta  che  aveva  dello  sbigot- 
iimento. 

Quella  fe'  cenno  che  si  col  capo,  e  tacque  reprimendo  penosamente 
un  singulto  che  le  scoppio  ,  e  asciugandosi  due  grosse  lagrime  che 
le  erano  spuntate  e  tremolavanle  dalle  ciglia. 

-  Povera  giovane !  quante  disgrazie !  Oh  io  vi  compatisco  con 
tutto  il  cuore ;  comincio  a  dire  la  figliuola  di  Traiano  rammollendosi 
davvero,  e  addolcendo  la  voce  e  gli  occhi  verso  quella  meschina,  che 
torceva  in  altra  parte  1'  onestissimo  viso  ,  per  rispetto  di  nascondere 
il  suo  pianto;  quante  disgrazie !  povera  giovane  ! 

-  E  del  vostro  fratellino  che  n'e  egli?  torno  a  dimandarle  Traia- 
no ;  'perche  non  i'avete  menato  con  voi  ? 

—  Signore ,  i  Piemontesi  lo  hanno  fucilalo ;  e  in  cio  dire  si  co- 
perse  la  faccia,  e  si  mise  a  singhiozzare  fortissimamente. 

Questo  suo  cordoglio  ,  questi  singhiozzi  e  la  dclicata  verecondia 
del  suo  rispondere ;  e  poi  quella  cera  sparuta,  quelle  guance  scarne, 
quegli  occhi  spenti  pel  continuo  lacrimare  e  quell' aria  di  pudicissi- 
ma  gentilezza,  la  quale  abbelliva  d'  un  cerlo  che  di  angelico  le  sue 
sembianze  tuttoche  macere  e  disfatte  da  inconsolabili  dolori ,  tanto 
operarono  nello  spirito  di  Flaminia,  ch'ella  si  senti  mossa  a  benevo- 
lenza  di  quella  crealura  infelice,  e  le  piglio  subito  amore,  e  le  venne 
dentro  una  cosi  gagliarda  compassione  di  lei ,  che  nell'  impeto  del- 
Fafifetto  non  pote  frenarsi  di  prenderla  per  le  mani,  e  di  farle  alcune 


176  LA  POVERELLA  DI  CASAMAPJ 

femminili  carezze,  confortandola  che  cessasse  di  piangere  e  si  desse 
pace.  Per  !a  quale  amorosita  della  figliuola,  Traiano  si  rinteneri  an- 
cor  egli  fuor  di  modo :  il  perche  dopo  un  altro  poco  di  ragionamenti 
con  la  fanciulla,  a  cui  Flaminia  non  ristava  di  testimonials  accesis- 
sima  affezione,  ridandole  a  piena  bocca  quel  nome  vezzeggiativo  di 
Fioretta,  che  sonava  a  lei  tanto  dolce  sulle  labbra  della  defunta  sua 
madre,  scesero  tutti  e  tre  nella  piazza  che  aveano  gli  occhi  rossi. 

Ivi  la  desolata  giovane  si  provo  con  maniere  allrettanto  umili  co- 
me soavi  di  prender  licenza,  e  andarsi  pe'  fatti  suoi.  Ma  per  quanto 
ella  si  argomentasse,.non  venne  a  capo  di  dissuadere  a  Flaminia  il 
proponimento  di  ricondurla  in  calesse  fino  all'  abitazione  sua  ,  ehc 
diceva  essere  non  molto  lontana  sulla  via  di  Monte  san  Giovanni. 
Traiano  in  verita  aveva  grande  ritrosia  ad  aggirarsi  in  quelle  con- 
tingenze  per  terre  cosi  sospelle:  cio  non  ostante ,  perocche  cosi  la 
figliuola  voleva,  se  ne  contento ;  e  rimontato  al  suo  posto  e  rannic- 
chiandosi  per  far  luogo  net  sedile  alia  poverella,  la  quale  a  sommo 
stento  si  rendette  ad  assenlarsi  accanto  la  Flaminia ;  saluto  i  soklaii 
e  prestamente  tocco  il  cavallo,  e  lo  indirizzo  verso  quella  banda  che 
la  giovane  tutta  perilosa  gl'indico  con  un  gesto. 

XXXIII. 

Cammin  facendo  si  rinfVesco  1'  interrogatorio ;  ma  con  assai  mag- 
gior  discrezione  e  riserbo  che  non  si  fosse  comincialo  a  fare  nel  ve- 
slibolo  della  chiesa :  mercecche  piu  i  due  scoprivan  paese  nuovo  per 
le  risposte  misuratissime  che  dava  la  misera  giovane  sul  conlo  suo 
proprio  e  de'  cari  suoi ,  e  piu  s'  impietosivano  di  lei ,  e  le  si  porge^ 
Tano  facili  e  riguardosi.  Anzi  a  Flaminia  la  compassione  era  pene- 
Irata  si  addentro  che ,  dismesso  ogni  resto  di  boria  e  di  quella  schi- 
filta  burbanzosa  che  era  una  come  sua  seconda  natura ,  senz'  accor- 
gersene,  si  era  lutta  umanata,  e  gi^i  trattava  quella  meschinelta  con 
affeltuosita  e.amorevolezza  di  sorella. 

Or  acciocche  anche  i  lettori  noslri  abbiano  contezza  delle  tristis- 
sime  novita  occorse  alia  famiglia  di  quesla  sfortunata  fanciulla,  noi, 
tagliando  corto  i  dialoghi ,  le  esporremo  qui  loro  alia  storica  e  con 
fedelta  e  con  brevila  quanta  piu  sia  per  noi  possibile. 


BACCONTO  STORICO  DEL  1860E1861  177 

All'annunzio  inaspettatissimo  della  barbara  uccisione  di  Guido , 
riportato  con  un  profluvio  di  lacrime  da  Otello,  la  sera  del  medesi- 
mo  giorno  in  cui  era  intervenuta ,  quella  che  di  prima  giunta  parve 
riceverne  men  terribile  impressione  fu  la  Giovanna.  Che  mentre  il 
padre,  buttatosi  in  terra,  ruggiva  e  si  scapigliava  e  menava  smanie 
da  uomo  tolto  di  senno,  e  la  figliuola  cadente  in  deliquio  era  rac- 
colta  fra  le  braccia  di  Caterina ;  la  madre  con  uno  sforzo  incredi- 
bile  sul  suo  sconfitto  cuore,  stretlosi  al  petto  il  Crocifisso,  e.solleva- 
li  angosciosamente  gli  occhi  in  cielo ,  e  stata  un  piccol  tratto  come 
fuori  di  se  e  tutta  con  I'anima  in  Dio ,  si  riscosse  e  pur  piangendo  e 
dibattendosi  in  raccapricci  conYulsrvi ,  si  adopero  di  mitigare  negli 
altri  i  presenlissimi  effelti  di  quella  sciagura  che  era  scrosciata  lor 
sopra  come  un  fulmine.  Ma  perciocche  i  risentimenti  del  corpo  af- 
fievolito  dalla  infermita  non  erano  in  sua  balia  al  pari  che  quell! 
dell'animo  ringagliardito  dalla  fede ;  per  queslo  la  notte  fu  sovrapre- 
sa  da  una  cocentissima  febbre,  con  isbocchi  di  sangue  e  altri  acci- 
denti,  che  il  medico  sentenzio  per  mortali.  A  sua  petizione  le  si  am- 
ministro  quindi  subito  il  viatico  e  launzioneestrema:  a\uta  la  quale 
la  febbre  decline  un  poco ,  e  sembro  che  la  violenza  del  male  an- 
dasse  rimettendo. 

Allora  Otello ,  si  per  dare  qualche  maggiore  spirito  all'  aggrava- 
tissima  donna ,  e  molto  piu  per  ridestare  Pellegrino  da  un  tal  dolo- 
roso  stupore  ond'  era  colpito ,  e  da  cui  non  si  trovava  argomento  di 
farlo  rinvenire,  immagino  di  profferirsi  a  tentare  un  ingresso  nella 
piazza  di  Gaeta ,  dalla  quale  o  avrebbe  cavato  Felice  per  ricondurlo 
in  Veroli ,  o  se  non  altro  sarebbe  tomato  con  sue  notizie  sicure  e , 
come  dilettavasi  di  sperarlo,  consolantissime.  II  pensiero  piacque: 
€d  egli  ito  a  conferirne  con  1'Alonzi,  che  campeggiava  in  vetta  al  Ca- 
slello,  n'ebbe  il  consentimento  suo :  e  cosi  partissi  alia  volta  di  Por- 
to d'Anzio ,  promettendosi  per  indubiiato  che  non  gli  fallirebbe  un 
destro  e  audace  barcaiuolo  che  terra  terra  e  nottetempo,  per  eludere 
il  naviglio  sardo  ,  lo  trasportasse  fin  sotto  i  baluardi  della  assediata 
fortezza.  Alia  quale  arrischiatissima  impresa,  fu  egli  confortato  dal- 
ta  giovinetia  Maria,  che  senza  refrigerio  di  alcuna  sorta,  struggeasi 
di  acutissima  ambascia  intorno  alia  madre  quasi  che  moribonda,  e 
Serie  V,  vol.  X,  fasc.  338.  12  2  Aprile  1864. 


178  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

Intorno  al  padre  percosso  da  quella  attonitezza,  che  le  facea  temere 
«on  fosse  un  principio  di  qualch'altro  brutto  malanno.  E  queste  pe- 
ne  e  sgomenli  si  aggiungevano  allo  slrazio  acerrimo  di  aver  perdu- 
to  il  fratello ,  da  lei  amato  piu  che  se  stessa. 

Non  ando  guari ,  e  la  Giovanna  ricaduta  in  uno  sbocco  di  sangue, 
spiro  come  dire  improvvisamente.  Che  cosa  diventasse  Pellegrino 
per  cagione  di  queste  due  morti  del  figliuolo  e  poi  della  moglie,  e 
difficile  a  narrarlo.  Pareva  non  avesse  piu  1'  uso  della  favella,  tan- 
to  era  taciturno ;  mirava  stupido  e  con  gli  occhi  balordi  chiunque  si 
appressasse  a  parlargli;  talora  gittava  pianti  lamentosissimi,  accom- 
pagnali  da  tremiti  violenti  per  tulte  le  membra;  ma  il  piu  spesso 
rimaneva  ore  ed  ore  immobile,  cogitabondo,  insensato  peggio  che 
un  tronco.  Non  si  potrebber  contare  a  mezzo  le  cure  che  I'amante 
figliuola,  dimenlica  di  se  e  delle  sue  tristezze ,  si  prese  di  lui  per 
Isvegliarlo  daquel  torpore,  e  fargli  animo  e  divertirlo  dalla  sua  tor- 
meutosa  ailisazione.  Per  ultimo  egli  si  ricupero  alquanto  :  ma  voile 
risolutamente  slontanarsi  da  Veroli ,  e  appar tarsi  in  qualcbe  romito 
angolo  dove  che  fosse,  purche  lungi  da  questa  citta  nella  quale  non 
piu  si  potea  vedere.  A  Caterina  venne  in  mente  di  suggerirgli  una 
casipola  campesirfr  di  certi  onoratissimi  contadini  suoi  congiunti,  che 
erano  sulla  via  tra  Casamari  e  il  paesello  di  Monte  san  Giovanni. 
Si  fecero  le  pratiche  opportune,  si  strinse'ro  gli  accordi :  e  per  le  fe- 
ste  del  Natale  egli  tramutossi  cola  insieme  con  la  sua  Maria ,  la 
quale  era  il  conforlo  unico  che  gli  sopravvanzasse  in  tanta  sua  tri- 
bolazione.  Imperocche  la  Calerina,  allogatolo  ivi,  erasi  ricondotta 
nella  sua  terra ,  chiamatavi  da  faccende  che  non  pativano  dilazione. 

Senonche  Pellegrino  da  lunga  pezzaaveva  guastala  complessione, 
ed  un  occulto  malore  con  lento  lavorio  gli  veniva  stemperando  i  ner- 
vi,  e  stremandoglieli  di  vitale  sensibilita.  Ond'  e  che  accomodatosl 
appenain  questo  alloggiamento,  ruslico  si  ma  non  disagiatissimo,  co- 
mincio  a  febbricitare,  e  poscia  fu  soprassalitoda  una  paralisi  di  cosi 
maligna  natura  che  irreparabilmente  lo  consumava,  e  tratto  trallo 
oscuravagli  il  lume  pure  della  ragione  e  mettealo  in  frenesia.  II  per- 
che  si  divisi  chi  puo  le  distrelte  e  i  crepacuori  della  sconsolata 
figliuola,  ridotta  a  non  avere  piu  altro  sollievo  che  quello  di  rili- 
rarsi  ogni  maltina  a  piangere  nella  chiesa  di  Casamari ;  abbando- 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  179 

nandosi ,  oggimai  orfana  della  madre  e  del  padre  ,  nel  seno  della 
provvidenza  cli  Dio.  Giacch6  tutto  il  rimanente  del  giorno  e  gran  par- 
te  della  nolle  ella  spendeva  in  vigilare  Y  infermo ,  in  placarne  i  de- 
lirii ,  in  sedarne  le  convulsion! ,  e  persino  in  iraboccarlo  con  le  sue 
proprie  mani:  atlesoche  a  lui  le  braccia  si  erano  intorpidite  al  segno, 
che  le  aveva  inutili  per  qualsiasi  affare  ;  e  sopraccio  nauseava  ogni 
medicina  e  ogni  cibo  e  bevanda,  dall'acqua  fresca  in  fuori.  Di  sorta 
che  quanlo  egli  inghioltiva,  per  suslenlarsi  e  non  mancare  d'  inedia, 
tutto  era  in  grazia  delle  amorose  violenze  di  lei. 

OHre  il  capo  di  casa  e  la  buona  massaia,  erano  bensi  nella  fami- 
gliuola  de'suoi  ospili  due  fanciulle  di  eta  e  molto  servizievoli,  che  si 
adoperavano  con  sollecilu  line  nell'  assistenza  del  malalo  :  ma  Pelle- 
grino,quando  si  veniva  aU'attodi  ingollare  una  cucchiaiala  di  checche 
si  fosse ,  era  sordo  alle  loro  voci ,  ne  mai  cedeva  se  non  alle  iterate 
suppliche  ed  alle  industriose  finezze  della  sua  Flora.  La  quale,  per 
tutto  questo  carico  di  fatiche  e  di  vegghie,  in  aggiunta  all'interno 
scerapio  che  schiantavale  il  cuore,  era  cosi  discaduta  di  forze,  che 
miracolo  com'  ella  potesse  tenersi  in  piedi ! 

Di  questa  dolentissima  istoria  Traiano  e  la  Ogliuola  furono  chiariti 
sommariamenle  nel  breve  Iragitto  che  fecero  dalla  Badia  allo  svolto 
della  viottola,  nel  cui  fondo  era  il  casolare  della  poverella  che  guida- 
vano  seco.  Come  furonvi  arrivati  dinanzi,  essa  fe  un  cenno  a  Traiano 
che  fermo  il  cavallo.  —  No,  no;  enlriamo  anchenoi;  disse  Flaminia 
al  padre  rilenendo  la  giovane  che  non  ismontasse;  vi  pare?  andar- 
cene  senza  aver  lasciala  una  limosina  all'  ammalato  ? 

—  Oh!  la  limosina?  ecco,  la  fo  or  io  a  lei  che  la  porti  a  suo  padre; 
soggiunse  Traiano ,  ripugnante  a  frammettere  indugi  pel  ritorno  in 
Veroli. 

—  Nossignore;  replied  1'altra  stizzendosi;  io  voglio  entrare  e  pas- 
sar  qualche  ora  in  compagnia  di  questa  buona  creaiura. 

—  Ben ,  bene  ;  gia !  sempre  s  ha  da  fare  a  luo  modo !  Entriain 
pure :  ma  poi  me  le  pagherai  tutte  insieme  ve' !  bbrbotto  quegli :  e, 
preso  il  largo,  diede  la  volta  e  infilo  il  viale;  in  quella  che  la  pudibon- 
da  Maria  si  reslringeya  lulta  in  se  stessa,  per  celare  il  supplizio  di 
confusione  che  le  dava  questo  si  sconveniente  diverbio  tra  padre 
e  figliuola. 


IL  PATRIZIATO  ROMANO 

DI   CARLOMAGNO1 


v. 

Dell'ufficio  del  Patriziato. 

Dopo  aver  narrato  come  si  originasse  e  s^volgesse  il  Patriziato  Ro- 
mano dei  Re  Caroling! ,  e  dopo  stabilito  qual  fosse  1'  autorita  eke  lo 
Istitui ;  dobbiam  ora  accostarci  alia  quislione,  in  quest'  argomento 
principalissima,  e  chiarire  in  che  consislesse  Tufficio  proprio  di  que- 
st! nuovi  Patrizii.  L'  analogia  degli  antichi  Patrizii  dell'  Impero  ben 
puo  darci  qui  alcun  lume  ;  imperocche  il  concetto  fondamentale  di 
Patrocinio,  che  abbiam  veduto  essere  slato  sempre  ingenito  alia  di- 
gnita  e  al  norae  di  Patrizio,  intero  mantennesi,  anzi  brillo  piu  splen- 
dido  nella  nuova  dignita ,  conferita  dai  Papi  ai  Re  di  Francia  :  ma 
quest'  analogia  troppo  e  lungi  dal  poterci  rendere  un'adeguata  idea  di 
quel  che  fosse  il  Patrocinio  esercitato  dai  Carolingi.  Oltre  di  che, 
questo  argomenlare  dagli  analoghi  suol  essere  pericoloso  e  conduce 
sovente  in  inganno ,  traendo  facilmente  al  di  la  del  giusli  limiti  chi 
vi  si  abbandona :  e  ne  abbiamo  nel  caso  nostro  appunto  segnalati 
esempii.  Imperocche,  siccome  il  rassomigliare  che  fecero  molti  scrit- 
tori  al  Patriziato  imperiale,  istituito  da  Costantino,  quello  dei  Caro- 
lingi nell'  otlavo  secolo ,  li  trasse  a  credere  falsamente ,  che  anchc 

1  Yedi  il  volume  IX,  pag.  534  e  segg. 


IL  PATRIZIATO  ROMANO  DI  CARLOMAGNO  181 

questo  dagl'Imperatori  fosse  stato  conferito  e non  dai  Papi;  cosi,  dal 
vedere  agli  anlichi  Pat  rizii  affidati  i  principali  governi  delle  Provin- 
ce, e  la  dignita  Pairiziale  divenuta  quasi  sinonima  di  Prefettura,  si 
sono  indotti  a  giudicare,  che  altretlanto  dovesse  dirsi  del  Patriziato 
dei  Carolingi,  e  con  cio  sono  giunti  a  pressoche  interamente  trasna- 
turarlo.  Noi  pero,  ad  evitare  questo  scoglio,  lasciate  le  vaghe  edin- 
gaunevoli  analogic  ,  ci  allerremo  all'  autorita  sicura  di  quei  monu- 
menti  storici,  che  parlano  espressamenle  del  nostro  Patriziato,  e  dai 
quali  solo  si  puo  e  si  dee  ricavare  con  oertezza,  quaii  fossero  i  ca- 
ratteri,  le  appartenenze ,  i  limiti,  i  doveri,  i  diritti  dell'ufficio,  che 
sotto  quel  titolo  fu  dai  Pontefici  commesso  ai  Re  Franchi. 

Ora,  in  primo  luogo  colesli  monumenli,  tutti  ad  unavoce  attesta- 
no,  principal  incarico  del  Patrizio  essere  stato  la  protezione  e  difesa 
di  Roma,  cioe  della  Chiesa  e  dello  Slato  Romano  ,  sanctae  Dei  EC- 
clesiae,  et  Reipublicae  Romanorum ;  e  lo  attestano  con  tai  copia  ed 
evidenza,  ch6  di  cio,  siccome  di  cosa  indubitata,  non  e  mai  stata  con- 
troversia  tra  gli  eruditi :  laonde  quegli  Aulori  medesimi,  che  poi  sono 
andati  piu  lungi  dal  vero  nel  frantendere  i  diritti  del  Patriziato,  tutti 
pero  convengono  in  questo  capo,  e  1'hanno  per  fondamento  inconcus- 
so.  II  dissidio  comincia,  quando  dall'idea  generica  si  discende  a  spe- 
cificare  in  concreto  le  qualita  di  questo  Protettorato  di  Roma ,  e  so- 
prattutto  a  determinare  i  limiti  della  potesla  e  giurisdizione  che  ad 
esso  andava  congiunta. 

Volendo  adunque  procedere  in  tal  ricerca  con  pie  sicuro  ,  non  ri- 
putiarno  potersi  eleggere  da  noi  guida  piu  fidala  e  maestro  piu  au- 
torevole  che  lo  stesso  Garlomagno;  allorquando  egli,  gia  da  quaran- 
tadue  anni  Patrizio  dei  Romani ,  si  fece  a  chiedere  al  nuovo  Papa 
Leone  III  la  conf  ermazione  del  suo  Patriziato.  In  quella  celebre  Epi- 
stola  gia  piu  volte  allegata,  Carlo  ci  ha  lasciata  la  piu  bella  e  precisa 
defmizione  che  desiderare  potessimo,  dell'uffizio  del  Patriziato;  laon- 
de a  noi  non  rimane  quasi  altra  fatica,  che  di  commentarla  e  dedur- 
ne  le  conseguenze,  di  cui  e  feconda.  Rileggiamone  innanzi  tratto  il 
testo,  che  vorrebb'  essere  scolpito  a  gran  caratteri  d'  oro  nei  fasti 
della  storia ,  ed  impresso  con  indelebili  note  nella  mente  di  tutti  i 
Principi  cristiani. 


182  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

«  Abbiamo  ingiunlo  (scriv'  egli  al  Papa),  al  noslro  messo  Angil- 
berto  di  conferire  e  trattare  con  voi  di  tullocio  che  voi  giudicherete 
necessario  per  1'esallazione  di  S.  Chiesa,  e  per  la  slabilila  del  vostro 
onore  ,  e  per  la  fermezza  del  noslro  Patriziato.  Imperocche ,  sicco- 
me  io  slrinsi  Pallo  col  beatissimo  predecessore  di  vostra  santa  Pa- 
ternita,  cosi  desidero  di  stabilire  colla  Bealitudine  vostra  la  medesi- 
ma  inmolabile  Leya  di  fedelta,  ed  amore;  per  raodo  che  dall'ima  parte 
la  benedizione  apostolica  di  Vostra  Santita  ,  per  dono  della  divina 
grazia  invocata  dalle  preci  dei  Santi,  mi  accompagai  e  seguiti  in  o- 
gni  luogo,  e  dall'altra  la  Sede  sanlissima  della  Romano,  Chiesa,  Iddio 
donante,  per  opera  della  noslra  devozione  venga  sempre  difesa.  No- 
stro  debilo  e  il  difendere,  secondo  il  pietoso  aiuto  di  Dio,  in  ocjni  luogo 
la  Chiesa  santa  di  Crislo  dagli  assalti  de' pagan!  e  daile  devastazioni 
degl'infedeli  al  di  fuori,  e  al  di  dentro  munirla  col  mantenerle  illesa 
la  cognizione  della  fede  caltolica;  ed  e  ufficio  yostro,  Padre  santissi- 
mo,  elevando  con  Mose  le  mani  a  Dio,  aiutare  la  noslra 'milizia,  af- 
iinche  per  inlercessione  voslra ,  col  favore  e  calla  guida  di  Dio ,  il 
popolo  cristiano  riporti  sempre  vittoria  in  ogui  parte  sopra  i  nemici 
del  suo  santo  nome ,  e  il  nome  del  Signor  nostro  Gesii  Cristo  venga 
in  tutto  il  mondo  glorificato  l.  » 


1  Illique  (Angilberto]  omnia  iniunximus...  ut  ex  collatione  mutua  confera- 
tis  vel  quidquid  ad  exaltatwnem  sanctae  Dei  Ecclesiae,  vel  ad  stabllllatem 
honoris  vestri,  vel  PATRICIATUS  NOSTRI  FIRMITATEM  necessarium  intelligeretis. 
Sicut  enim  cum  beatissimo  praedecessore  vestrae  sanctae  paternilatis  PACTVM 
inii}  sic  cum  beatitudine  vestra  eiusdem  fidei  et  charitatis  INVIOLABILE  FOEDVS 
statuere  desidero;  quatenus  apostolicae  sanctitati  vestrae  divina  donante  gra- 
tia sanctorum  advocata  precibus,  meubique  apostolica  benedict  io  consequatur, 

et  SANCTISS1MA  ROMANAE  ECCLESIAE  SEDES,  Deo  donante,  NOSTRA  SEMPER  DEVO- 
TIONS DEFENDATVR.  NOSTRUM  Fsi,  secundum  auxilium .dimnaepietatis,  SANCTAM 
nbique  CHRISTI  ECCLESIAM  ab  incursu  paganorum  et  ab  infidelium  devastaiione 
ARMJS  DEFENDERS  foris,  et  iiitus  ctttholicae  fidei  agnitionc  munire.  Vestnim  est, 
sanctissime  Paler,  elevalis  ad  Deum  cum  Moyse  manibus ,  NOSTRAM  ADIUVARE 
muiUM,  quatenus  vobis  intercedentibus,  Deo  due  tore  et  datore,  populus  chri- 
slianus  super  inimicos  sui  sancti  nominis  ubique  semper  habeat  victoriam,  et 
nomen  Domini  nostri  lesu  Christi  toto  clariftcelur  in  orbe.  Presso  il 
Concilia,  T.  XIII,  p.  980. 


DI  CARLOMAGNO  183 

Da  queste  parole  si  ritrae  in  primo  luogo,  die  il  Patriziato  di  Car- 
lo (elo  slesso  dee  dirsi  di  quel  di  Pipino)  era  1'essenzial  condizioue 
di  im  Patio  sacrosanlo  d'  alleanza  ,  strelto  tra  il  Re  e  il  Papa ;  tanlo 
clie  la  confermazione  del  Patrizialo  e  la  rinnovazione  di  questo  Pal  to 
tornavano  la  stessa  cosa,  ed  erano  1'una  ali'altra  si  intimamente  con- 
nesse,  che  per  ottener  la  prima  Carlo  allro  non  facea  che  offerire  la 
secoflda.  La  dignita  di  Patrizio  non  era  perianto  in  lui  un  vano  litolo 
di  onorificenza  o  un  mero  contrassegno  di  amicizia  o  di  gratitudine 
per  parte  de'Papi,  com'era  stato  per  avventura  il  Patriziato  conferito 
gia  dagl'  Imperalori  a  Clodoveo  e  ad  altri  Re  Barbari ;  ma  bensi  un 
yero  uflicio,  che  importava  obblighi  gravissimi  di  rigorosa  giustizia, 
e  sacrosanti,  quant'era  sacrosanto  quel  pactum,  quel  foedus  invtola- 
bile  di  fedella  e  d'amore  ,  ch'  egli  avea  contratto  coi  Pa  pi ,  anzi  con 
S.  Pietro  e  colla  S.  Sede  Romana,  e  quanto  erano  sacrosanti  i  giu- 
ramenti,  onde  1'avea  piu  volte  sancilo.  Quindi  e  che  questi  norm  di 
pactum,  foedus,  pactionis  foedus  e  simili,  s'iacontrano  spesso  in  A- 
nastasio  ,  nel  Frammenlo  Fanluzziano ,  negli  Annalisti  Franchi ,  nei 
diplomi  imperiali  delle  eta  seguenti ,  e  sopraltutto  nelle  epislole  del 
Codice  Carolino ,  quando  alludono  al  Trattato  ,  in  virtu  di  cui  Pipino 
e  i  suoi  figli  furono  creali  Patrizii.  Quanto  poi  alia  slretlezza  di  que- 
sti obblighi,  basta  notare  che  i  Papi  sollecilandone,  come  spesso  fa- 
cevano  ,  dai  Re  Carolingi  T  adempimento,  ne  recavan  loro  a  gravis- 
simo  carico  di  coscienza  1'  intiera  e  fedele  osservanza,  minacciandoli 
eziandio  del  giudizio  severissimo  di  Dio  e  di  S.  Pielro ,  e  dei  casti- 
ghi  eterni,  qualora  violassero  o  negligentassero  le  cosi  gravi  e  solenni 
promesse  che  aveano  giurate  l. 


1  Nell'  Epistola  VI  del  Codice  Caroline,  Stefano  II  scrive  a  Pipino  ed  ai 
suoi  figli :  Etenim  nos  omnes  causas  sanctae  Dei  Ecclesiae  in  vestro  gremio 
commendavimus,  et  vos  reddetis  Deo  et  beato  Petro  rationem  in  die  tremendi 
ludicii  quomodo  decertaveritis  pro  causa  eiusdem  principis  apostolorum.  Lo 
stesso  ripete  nell'  Epistola  VII.  E  Stefano  III,  nell'  Epiist.  XLVIII,  scrive  a 
Carlo  e  Carlomanno :  Si,  quod  non  credimus,  ipsas  iustitias  exigere  neglexe- 
ritis  ant  distulerids,  sciatisvos  de  islis  rationem  fortiter  ante  tribunal  Christi 
eidem  prindpi  apostolorum  esse  facluros;  la  qual  minacciacon  termini  anche 
piii  gagliardi  intima  loro  nella  famosa  Epistola  L,  vietando  ai  due  Re  fratel- 
li  il  parentado  col  Re  longobardo. 


184  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

Ora ,  quali  fossero  i  miitui  doveri  delle  due  parli  che  con  questo 
Patto  eransi  vincolate  d'  inviolabile  alleanza,  ci  vien  pure  chiararaen- 
te  espresso  da  Carlomagno  nella  citata  Lettera.  Dalla  parte  dei  Papi, 
quest!  doveano,  elevando  con  Mose  le  mani  a  Dio,  aiutare  colle  pre- 
ghiere la  milizia  del  loro  Patrizio ,  ed  accompagnandolo  nelle  sue 
imprese  colla  benedizione  apostolica ,  favorirlo  presso  Dio  e  presso 
gli  uomini ,  ed  onorarlo  al  cospetto  dei  Re  e  dei  popoli  cristiani , 
siccome  special  campione  e  difensore  di  S.  Chiesa.  Forse  a  certi 
politici  materiali  dei  tempi  nostri  sembrera  troppo  misero  compenso 
alle  spese  e  alle  fatiche  del  Re  Patrizio  questa  mercede  di  non  altro 
che  preghiere  e  benedizioni  papali ;  ma  il  fatto  e  che  i  Re  Carolin- 
gi  se  ne  teneano  soddisfattissimi.  Anche  nel  Frammento  Fantuzzia- 
no  il  buon  Pipino  protesta  di  non  voler  altro  dal  Papa  pe'  suoi  ser- 
vigi ,  fuorche  preghiere  per  1'  anima  e  il  nome  di  Patrizio  3 ;  ed 
agli  ambascialori  imperial!  assevero  non  aver  egli  intrapreso  la 
guerra  contro  i  Longobardi ,  se  non  che  pro  amore  beati  Petri  el 
venia  delictorum  2.  E  i  Papi ,  in  cento  luoghi  delle  leltere  del  Co- 
dice  Carolino ,  allro  guiderdone  nori  promettono  ai  loro  Patrizii , 
fuorche  ii  perdono  dei  peccati ,  e  il  regno  elerno  dei  cieli ,  e  la  pro- 
tezione  potentissima  di  S.  Pietro,  colle  incessanti  preghiere  di  tutia 
la  Chiesa  Romana,  che  saran  loro  feconde  anco  di  temporali  prospe- 
rita  e  Yittorie ;  ne  ad  altro  obbligosi  tengono  vincolati,  ne  ad  altro 
alludono,  quando  hi ricordano  esser  eglino fedelissimi  e  costanti  os- 
servatori  di  quel  Patto  singolare  d'alleanza  che  aveano  stretlo  coi  Re 
di  Francia.  Al  che  debbonsi  certamente  riferire  eziandio  quei  nuovi 
rili ,  che  altrove  dicemmb  avere  Papa  Adriano  I  introdotti  nella  Li- 
turgia  pontificia ,  di  pregare  in  cerli  di  solenni  pro  Carolo  Rege,  o 
come  dicesi  in  altro  luogo ,  pro  Rege  Francorum  3. 

Questa  protezione  poi  e  sollecitudine  speciale  ,  che  prendevano  i 
Papi  dei  loro  regii  Patrizii ,  esprimevasi  tutta,  per  dir  cosi,  in  qucl- 

1  Nullam  noMs  nostrisque  successoribus  infra  ipsas  terminationes  potesta* 
tern  reservatam,  nisi  solummodo  ut  orationibus  et  animae requiem  profiteaatur, 
et  a  wbis  populoque  vestro  Patritii  Romanorum  vocemur.  TROYA  ,  Codice 
diplom.  longob.  Num.  DGLXXXI. 

2  ABASIAS,  in  Stephano  II. 

3  MABILLON,  Museum  Ital.  T.  II,  pag.  17, 19. 


Dl  CARLOMAGNO  185 

la  adozione  figliale,  di  cui  Carlomagno  fa  menzione  in  questa  me- 
desima  Letlera :  dove ,  dopo  aver  pianto  con  termini  di  affetto  tene- 
rissimo  la  recente  perdita  del  suo  dilettissimo  e  dolcissimo  padre, 
Adriano ,  si  conforta  col  pensiero  di  rilrovare  in  Leone  un  altro  pa- 
dre, il  quale  preghi  ogni  di  sulla  tomba  di  S.  Pieiro  per  lui  e  per 
tulto  il  suo  regno ,  e  con  pieta  paterna  lui  adotti  novamente  per 
figlio  1.  II  qual  titolo  di  figlio  era  da  Carlomagno  lenulo  in  si  gran 
pregio,  clie  talora  ei.  lo  aggiunse  a  quei  di  Re  e  di  Palrizio  in  fronte 
a'suoiAUi,  siccome  vedesi  nella  gravissima  Lettera  da  lui  indi- 
rizzata  ad  Elipando  e  a  tutti  i  Vescovi  della  Spagna  2.  Ed  i  Papi 
con  questo  dolce  nome  di  figlio  soleano  nelle  loro  leltere  appellare 
Carlomagno ,  e  prima  di  lui  Pipino  ;  non  gia  solamente  in  quell'  uni- 
versale  significato  con  cui  ogni  Re ,  anzi  ogni  semplice  fedele  ,  e  da 
loro  chiamato  figlio ,  ma  con  termini  e  dimostrazioni  di  affetto  spe- 
cialissimo  ad  esprimere  clie  i  loro  Patrizii  aveano ,  come  lali ,  un 
diritlo  sovreminente  e  tutto  proprio  all'amore  del  Padre  universale 

1  Divinae  pietati  agimus  gralias,  quia  nobis  post  lacrymabile  vulnus,  quod 
animae  nostrae  DILECTISSIMI  PATRIS  et  fideUssimi  amid  (Hadriani)  oUlns  infli- 
%it,  tale  in  vobis  solita  sude  clementiae  providentia  solatium  perdonare  digna- 
tus  est.  E  poco  appresso:  Sed  magnum  divina  nobis  praevidebat  gratia  sola- 
tium, dum  ws,  vir  venerande,  in  locum  illius  subrogavit,  ut  esset  qui  quolidle 
apud  beatum  Petrum  principem  Apostolorum  pro  lotius  Ecclesiae  stabllitate, 
et  qui  pro  salute  mea  meorumque  fidelium,  imo  et  pro  totius  stabilitate  regni 
nobis  a  Deo  dati  inlercederet,  et  PATERNA  PIETATE  NOSIN  FILIUMSIBI  ADOPTARET. 
Presso  il  MANSI,  1.  cit.  Yeggasi  anche  il  bell'epitaffio,  scrltto  da  Garlomagno 
in  morte  cli  Papa  Adriano,  e  che  leggesi  scolpito  in  marmo  nell'  atrio  della 
Basilica  Vaticana.  In  esso,  tra  le  altre  tenerissime  espressioniy  Carlomagno 
dice: 

Post  Patrem  lacrymans  Carolus  haec  carmina  scripsi, 
Tu  mihi  dulcis  amor,  te  modo  plango,  Pater. 


Nominaiungo  simul  titulis,  clarissime,  nostra:  ' 
Adrianus,  Carolus;  rex  ego,  tuque  Pater. 

2  Carolus,  gratia  Dei,  Rex  Francorum  et  Longobardorum,  ac  Patricius 
Bomanorum,  filius  et  defensor  sanctae  Dei  Ecclesiae,  Elipando  etc. 


186  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

del  fedeli ,  ed  erano  percio  in  singolar  modo  suoi  figli  adoltivi  1  e 
peculiari.  Cosi ,  laddove  i  Patrizii  imperial!  erano  chiamati  Patres 
Imperatoris,  ed  acquistavano ,  come  da  principio  notammo,  verso 
gli  August!  una  specie  di  paternila  adottiva ;  ai  Caroling!  al  contra- 
rio  fu  attribuito  il  nome  e  1'adozione  di  figli  verso  i  Ponlefici ,  al  ca- 
rattere  sovranamente  paterno  dei  quali  troppo  ripugnanle  sarebbe 
stato  quel  concetto  antico  del  Palriziato :  nel  die  abbiamo  eziandio 
un  nuovo  contrassegno  per  differenziare  il  Patriziato  dei  Caroling! 
dall' antico,  ed  un  nuovo  argomento  a  credere  ch.'  ei  fu  islituzione 
nuova ,  creata  dai  Pontefici. 

Tali  erano  adunque  le  parti,  che  in  virtu  del  Patto  patriziale  al  Papa 
speltavano  verso  il  Patrizio :  ma ,  quel  che  piii  importa  al  noslro 
tema ,  si  e  d'  inlendere  quali  fossero  gli  obblighi  che  in  vigore  di 
quel  Palto  stringevano  il  Patrizio  stesso  verso  il  Papa;  giacche  in 
essi  consiste  tutto  1'  ufficio  del  Patriziato.  Ora  questi  obblighi  li  ab- 
biamo ancor  qui  esatlamente  defmili  per  bocca  di  Carlomagno:  Di- 
fendere la  Sede  sanlissima  delta  Chiesa  Romano, ;  difendere  in 
ogni  luogo  colle  armi  la  Chiesa  santa  di  Cristo  dagli  assalti  dei 
pagani  e  dalle  devastazioni  degl'  infedeli  al  di  fuori ,  e  munirla  al 
di  dentro  col  mantenerle  illesa  la  cognizione  della  fede  catlolica , 
reprimendo  cioe  con  mano  gagliarda  gii  eretici ,  i  ribelli  e  i  pertur- 
batori  interni ,  ed  assicurando  il  libero  e  pieno  esercizio  della  spin- 
tuale  autorita  ai  Pastori  della  Chiesa  e  sopraltutto  al  Pas  to  re  supre- 
mo ed  universale  :  queste  eran  le  parti  assegnate  alia  devozione  del 
Patrizio ,  anzi  questo  era  quel  che  Carlomagno  chiama  noslro  debi- 
to ,  a  cui  egli  teneasi  slrettamente  obbligato  in  vigore  del  Palto  che 
lo  stringeva  al  Papa,  e  del  nome  che  portava  di  Palrizio.  L'  ufficio 
adunque  del  Palricius  Romanorum,  tulto  compendiasi  in  quesla 
formola :  difendere  la  Chiesa.  Qui  sta  il  concetto  proprio  ed  essen- 
ziale  di  cotesto  Patriziato :  questo  e  il  carattere  tutto  suo ,  che  lo 
diversifica  da  tutte  le  altre  dignita  patriziali  e  lo  rende  a  tutte  supe- 

1  CODICE  CAROL.  Epist.  VII,  X,  XIV  ecc.  TUtWEpist.  X,  scritta  in  nome 
di  S.  Pietro,  si  legge :  Ego  Apostolus  Dei  Petrus  qui  vos  ADOPTIVOS  habeo  FI- 
LIOS,  ad  defendendum  de  manlbus  adversariorum  hanc  Rommmm  cimtatem  et 
populum  mihi  a  Deo  commissum  etc. 


DI  CARLOMAGNO  187 

riore,  merce  la  doppia  qualita  di  sacro  e  di  universale  che  in  quella 
formola  e  cohtenuta  :  a  questo  si  riferiscono  e  riducono  tutti  gli  atti 
csercilali  dai  Re  Franchi  nella,  lor  qualita  di  Patrizii:  e  da  questo 
debbonsi  derivare,  siccome  da  unico  fondamenlo  legiltirao,  lutte  le 
attribuzioni,  i  dirilti  e  i  poteri  annessi  al  Palriziato. 

Quindi  e  verissimo  il  dire,  die  sinonimo  adequate  di  Patricius 
Romanorum  e  il  Defensor  Ecclesiae.  Cariomagno  iiifatli  adopera- 
va  ,  per  dir  cosi ,  promiscuamente  ,  siccome  termini  al  tutto  equi- 
valenti ,  i  titoli  di  Patricius  o  di  Defensor;  e  benche  il  primo  si 
trovi  assai  piii  frequente,  anche  il  secondo  nondimeno  leggesi  scrit- 
io  in  fronte  ad  alii  importantissimi.  Cosi  nel  celebre  Capitolare  del 
23  Marzo  789  ,  egli  s'  inlitola  :  Ego  Carolus  ....  devotus  sanctae 
Ecclesiae  defensor,  humilisque  adiutor ;  e  nelF  allro  Capilolarc 
del  769,  che  fu  la  prima  delle  leggi  da  lui  promulgate  :  Karolus. , . 
devolus  sanctae  Ecclesiae  defensor ,  atque  adiutor  in  omnibus  apo- 
stolicae  Sedis  1  ;  e  nella  Lettera  sopra  cilata  ad  Elipando  e  ai 
Vescovi  della  Spagna ,  congiunge  i  due  titoli :  Patricius  Eoma- 
norum ,  filius  et  defensor  sanctae  Dei  Ecclesiae ,  quasi  a  spiegare 
col  secondo  il  significato  del  primo ;  laddove  in  altre  Lelterc,  omes- 
so  il  litolo  consueto  di  Patricius  Romanorum ,  adopera  solo  quel  di 
Defensor  sanctae  Ecclesiae  %.  In  simil  guisa,  rnentre  i  Papi  col 
titolo  di  Patrizio  eran  soliti  appellare  i  Re  Franchi,  pur  talvolta 
adoperarono  anche  quel  di  Difensore,  come  vedesi  nel  Conslitutum 
di  Papa  Paolo  I,  in  fine  del  quale  si  legge:  Tempore...  Pipini  excel- 
lentissimi  Regis  Francorum  et  Defensoris  Romani  3.  Nelle  Leltere 
poi  del  Codice  Carolino  si  incontra  quasi  ad  ogni  pagina  ripetuto,  ed 
espresso  in  tulle  le  forme  possibili,  queslo  medesimo  concetto.  II 
litolo  uffieiale  e,  quasi  diremmo,  sacramentale  di  Patricius  Romano- 
rum,  che  in  fronle  all'  Epistola  e  invariabilmenle  allribuito  dai  Papi 
a  Pipino  ed  a'  suoi  figli ,  viene  poi  nel  conteslo  della  leltera  com- 
mentalo  ad  ogoi  poco  colle  appellazioni  di  defensor,  auxiliator ,  tu- 

1  BALUZIO,  Capilularia  Tom.  I ;  PERTZ,  Monum.  Germ.  Legum  T.  I. 

2  Cosi  nella  Lettera  scritta  1'anno  796  ad  Angilberto,  e  in  quella  dell'an- 
no  800  ad  Offa  Re  del  Merci ;  presso  il  MANSI,  Concilia,  T.  XIII. 

3  BARONIO,  Annans,  a.  761,  n.  13. 


188  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

tor,  opitulator,  liberator,  propugnator,  protector  e  con  quanli  altri 
Yocaboli  puo  11  Dizionario  fornire  per  loro  sinonimi.  Tutti  gli  atli  poi, 
di  cui  ivi  si  parla,  aventi  risguardo  al  Patriziato  e  a  quel  gran  Patto 
che  legava  il  Patrizio  col  Papa  ;  tutti  riduconsi  alia  difesa,  all'aw/o, 
alia  liberazione  e  redenzione,  ed  alia  esaltazione  della  fede  ortodos- 
sa,  della  Chiesa  Romana  e  del  suo  popolo  peculiare:  tanto  die  egli 
bisognerebbe  esser  cieco  a  non  yedere  da  queste  Letlere,  che  sotto 
il  nome  di  Patrizio  e  compreso  il  concetto  di  Difensore,  e  che  niun 
altro  concetto  yi  e  compreso  fuor  di  quest'  esso.  Altrettanto  risulta 
dagli  storici  ed  annalisti  piu  autorev.oli  ed  antichi :  tra  i  quali,  per 
non  allungarci  in  citazioni  omai  superilue,  allegheremo  due  soli ,  ed 
ambidue  francesi,  cioe  I'Annalista  Metense,  e  1'Autore  degli  Annales 
Veteres  Francorum,  cola  dove  ricordano  il  ricorso  fatto  nel  773  da 
Papa  Adriano  a  Carlomagno.  Ibivenit,  dice  il  primo,  ad  eum  missus 
domni  Adriani  Papae,  nomine  Petrus,  obnixe  postulans,  ut  ad  de- 
fendendam  Ecclesiam  Romanam  festinaret,  et  ut  Populum  Roma- 
num  de  manibus  superbi  Regis  Desiderii  liberaret:  adiungens,  quod 

ipse  LEGITIMUS  TUTOR  ET  DEFENSOR  eSSet  ipSlUS   ECCLESIAE,    QUO- 

NIAM  ILLUM  praedecessor  suns  sanclae  memoriae  Stephanus  Papa 
nnctione  sacra  liniens  in  Reg  em  et  PATRICIUM  ROMANORUM  ordi- 
navit  l.  Altrettanto,  e  pressoche  nei  medesimi  termini,  narra  il  se- 
condo ;  notando  anch'  egli  espressamente ,  che  Carlomagno  veniva 
invocato  da  Roma,  siocome  LEGITIMUS  TUTOR.  ET  DEFENSOR,  perchc 
Papa  Stefano  1*  avea  ordinato  Patrizio  dei  Romani,  QUONIAM  ilium 
Stephanus  Papa.  . .  PATRICIUW  ROMANORUM  ordinarat  2.  Egli  e 
dunque  manifesto,  che  1'  immaginare  sotto  cotesto  nome  di  Patrizio 
altro  ufficio  o  altra  potesta  che  quella  di  Difensore,  sarebbe  un  uscirc 
interamente  fuor  del  concetto  espresso  di  Carlomagno ,  e  fuor  di 
quello  che  con  Carlomagno  esprimono  tutti  i  monumenti  storici  di 
quella  eta.  II  che  moltissimo  importa  che  sia  ben  notato;  perche, 
sebbene  non  v'  abbia  niuno  per  avventura  che  neghi  essere  ingenita 
al  Patriziato,  di  cui  parliamo,  1*  idea  di  Palrocinio,  nondimeno  molll 


1  DUCHESNE,  Hist.  Franc.  SS.  T.  III. 

2  MARTENE,  Collectio  amplissima  etc.  T.  V. 


DI  C4RLOMAGNO  189 

v'  ha,  che  a  questa  altre  ne  sopraggiungono  di  lor  capo,  e  con  questa 
mescolanza  di  element!  stranieri  non  pure  la  adulterano,  mala  tras- 
nalurano  in  tutf  altra  da  quel  che  yeramente  ella  si  mostra  nelle  sue 
fonti  sincere.  Ma  di  cio  ci  tornera  fra  poco  necessila  di  ragionare, 
quando  cercheremo  qual  fosse  la  giurisdizione  del  Patrizio. 

Procedendo  intanto  nella  questione  che  ora  abbiamo  Ira  mano,  e 
sempre  attenendoci  alia  guida  sicura  di  Carlomagno ,  egli  e  da  con- 
siderare  un  po'  piu  da  \icino  e  distintamente  1'  oggetto  proprio  di 
quella  difesa,  la  quale  costituiva  1'  ufficio  del  Patriziato.  Quest'  og- 
getto, a  comprenderlo  tutto  in  due  parole ,  era  la  Chiesa  Romana: 
la  quale  sempre  apparisce  e  campeggia ,  come  scopo  e  cura  vera- 
mente  unica,  non  che  primaria ,  del  Re  Patrizio.  Ma  sotto  questo 
nome,  due  sono  i  termini  che  debbonsi  distinguere ,  secondo  la  piu 
o  meno  ampia  significazione  che  a  tal  nome  puo  atlribuirsi. 

Primieramente,  siccome  la  Chiesa  Romana  e  madre  e  maestra  di 
tutte  le  altre  Chiese,  e  capo  e  centro  di  tutta  la  Crislianita,  e  come 
tale  estende  la  sua  autorita  e  comunica  il  suo  nome  a  tutto  il  mondo 
caltolico;  cosi  il  proteggere  la  Chiesa  Romana,  nel  suo  piu  ampio 
significato,  importa  il  proteggere  e  difendere  la  Chiesa  universale  di 
Crislo.  E  tale  e  appunlo  I'  ampiezza,  che  Carlomagno  attribuisce  al 
suo  debito  di  Patrizio:  di  difendere,  cioe,  in  ogni  luogo  colle  armi  la 
Chiesa  santa  di  Cristo  dagli  assalti  esterni,  e  munirla  contro  gl'  in- 
terni  pericoli ;  e  cio,  affinche  il  popolo  cristiano  riporti  sempre  vit- 
toria  in  ogni  parte  sopra  i  nemici  di  Dio,  e  il  nome  di  Gesu  Gristo 
venga  in  tutto  il  mondo  glorificato.  II  campo  adunque,  a  cui  yirtual- 
mente  stendeasi  1'azione  del  Patrizio,  comprendeva  niente  meno  che 
tutto  il  mondo  cristiano ;  dovunque  il  Papa  giungeva  colla  sua  spiri- 
tuale  autorita,  ivi  pure  il  Patrizio  del  Papa,  il  Defensor  Ecclesiae, 
doveva  essere  pronto  col  suo  braccio  armato  a  difendere  quell' auto- 
rita e  a  fame  rispettare  i  diritti  e  i  comandi  da  ogni  morlale.  La 
vastila  di  questo  concetto,  benche  tutta  gia  fosse  conlenuta  nel  pri- 
mo  germe  dell'  istituzione  di  cotesio  Patriziato,  forse  pero  non  si  era 
mai  spiegata  cosi  limpida  e  piena,  come  in  quest'  aurea  lettera  di 
Carlomagno  a  Leone  III.  II  gran  Re ,  quando  scrivea  queste  frasi 
nel  796,  avea  gia  trionfato  dei  Sassoni,  degli  Unni,  dei  Saraceni  e 


I  90  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

di  altri  Barbari,  nemici  mortal!  del  Cristianesimo;  e  solto  gli  auspi- 
cii  di  Adriano ,  che  benediceva  da  Roma  le  sue  armi ,  avea  DOU 
pure  difeso  con  isplendide  vittorie  contro  gl'  infedeli ,  ma  dilatato 
eziandio  con  nuove  conquiste  1'  impero  di  Cristo  e  della  sua  Chiesa, 
gl'interessi  della  quale  erano  sempre  nelle  sue  imprese  la  cima  dei 
suoi  pensieri.  Ricco  di  si  nobili  allori ,  il  Difensore  della  Chiesa  ve- 
niva  ora  ad  offerire  novamente  la  sua  spada  al  nuovo  Pontefice 
Leone ;  e  nel  chiedergli  la  troppo  ben  meritata  conferma  del  Patri- 
ziato,  esibivasi  pronto  a  nuove  spedizioni,  e  quasi  presentavasi  a  ri- 
cevere  gli  ordini  del  Capo  della  Chiesa,  per  qualunque  parte  del 
mondo  egli  sti masse  d'  inviarlo  contro  i  nemici  del  nome  cristiano. 
Cos!  nella  grand'  anima  di  Carlomagno  gia  era  interamente  maturo 

II  concetto  dell'  Impero  ;  non  gia  quanto  all'  ambirne  il  nomc  o  la 
dignita,  a  cui  forse  egli  ancor  non  pensava,  ma  quanto  al  compren- 
derne  la  sostanza  dell'  ufficio ,  che  appunto  fu  di  proteggere  colla 
forza  temporale  in  tutto  il  mondo  la  Cliiesa  e  la  Cristianita,  unita  in 
un  sol  corpo  di  societa  solto  il  regime  del  Romano  Pontefice.  Al  Pa- 
trizio  Carlomagno  omai  uon  mancava  piu  che  il  nome  e  il  diadema 
d'  Imperatore ;  e  questo  non  tardo  ad  essergli  conferito  da  Leone  III. 

Questa  prolezione  poi  della  Chiesa  in  tutto  il  mondo  comprendeva 
due  atti  principalissimi,  e  da  Carlomagno  accuratamente  distinli : 
difenderla  cioe  al  di  fuori,  dagli  assalti  de'  pagani  e  dalla  devasta- 
zione  degl'  infedeli ;  e  al  didentro,  dagl'interni  nemici  e  perlurbaloii 
die  si  attentassero  di  alterare  la  purifa  della  fede  ortodossa,  o  impe- 
dire  comechesia  alia  Chiesa  insegnante  1'esercizio  della  sua  potesta. 
E  1'uno  e  1'allro  furono  egregiamente  intesi  e  adempiti  dai  Patrizii 
Carolingi.  Quanto  ai  Pagani,  ognun  sa  con  quanto  valore  e  felicita  il 
loro  braccio  si  adoperasse  nel  secolo  VIII,  cominciando  fin  da  Carlo 
Marlello,  a  respingere  dall'  una  parte  il  gran  torrente  dell' invasione 
Musulmana,  che  dalle  Spagne  e  dall' Africa  minacciava  il  cuore  stes- 
so  del  Cristianesimo ;  e  dall'altra  a  ricacciare  sempre  piu  lungi  ver- 
so 1'  ultimo  Setteutrione  le  tenebre  del  Gentilesimo ,  che  ingombra- 
vano  quasi  tutta  la  Germania.  II  fatto  si  e,  che  quasi  tutte  le  guerre 
intraprese  per  ollre  a  sessant'  anni  dai  Principi  di  quella  dinaslia , 
c  quelle  specialmenle  di  Carlomagno ,  ebbero  un  intento  non  solo 


D1CARLOMAGNO  191 

politico  ma  anche  religioso ,  e  talvolta  piu  religioso  clie  politico ;  e 
dovunque  si  avanzavano  le  schiere  Franche  a  piantare  1'asta  vil- 
ioriosa ,  ivi  giungeano  di  pari  passo  i  Missionarii  e  i  Vescovi  ad 
inalberare  la  Croce,  e  prendere  in  norne  di  Cristo  e  della  Chiesa  fer- 
mo  possesso  delle  terre  rapite  a  Maomelto  e  ad  Odino  l.  Quanto  poi 
agli  erelici  e  scismatici,  cioe  agl'interni  neraici  della  fede  ortodossa 
c  dell'  autorila  della  Chiesa ,  basta  ricordare  lo  zelo  con  che  Pipino 
e  Garlomagno  costantemente  si  opposero  all'  invasione  dell'  eresia 
Icouoclastica,  che  fu  la  grand'  eresia  di  quel  secolo.  Leone  Isaurico 
che  ne  fu  1'  empio  autore ,  e  poi  Costantino  Copronimo,  adoperarono 
tutti  gli  sforzi  della  loro  imperiale  potenza  per  inlrodurre  in  Francia 
e  in  Italia  e  in  tutto  1'  Occidente  la  loro  empieta :  e  se  non  vi  riusci- 
rono ,  cio  si  dovette  alia  coslanza  invitta  dei  Papi  ed  alia  potente 
cooperazione  dei  loro  Palrizii ;  si  dovette  a  quel  Patto  sacrosanto,  con 
cui  i  Patrizii  Carolingi  si  obbligarono  ai  Papi  di  difendere  a  tutla 
loro  possa  la  Chiesa  e  la  Fede  cattolica.  Le  letlere  del  Codice  Caro- 
lino  fanno  di  cio  indubitabile  testimonianza ;  perocche  ivi  si  vede , 
dall'  una  parte  i  Papi  raccomandare  e  inculcare  conlinuamente  ai  Re 
Franchi,  siccome  uno  degli  obblighi  principalissimi  ond'essi  erano 
vincolati  a  S.  Pietro,  la  difesa  della  fede  ortodossa  e  la  vigilanza 
contro  le  insidie  dell'  eresia  imperiale,  sempre  intenta  a  spandere  il 
suo  veleno  in  Occidente;  e  dall'  altra  i  Re  Franchi  fare  continue  pro- 
leste  e  profferle  al  Papa,  che  essi  mai  non  verrebbero  raeno  a  que- 
sto  lor  dovere  sacrosanto  2.  Ne  cotesle  furono  gia  mere  profferte,  o 

1  Intorno  a  cio,  giova  leggere,  fra  gii  altri  document!,  1'esordio  dell'E- 
pistola  di  S.  Zaccaria  Papa  a  Pipino  e  a  lutti  i  principi  Franchi  (Coo.  CAROL. 
Epist.  Ill);  la  Lettera  di  Adriano  a Carlomagno, in  congratulazione  delle  vil- 
torie  Sassoniche  (Ivi,  Epist.  LXXXV) ;  e  il  diploma  di  Carlomagno  per  la  fon- 
dazione  della  diocesi  di  Brema  nella  Sassonia  settentrionale,  della  quale  egli 
dice  aver  fatto  oblazione  a  Cristo  e  a  S.  Pietro  (BARON,  a.  788,  n.  8):  obla- 
zione  attestata  non  solo  da  Adamo  Bremense,  ma  da  S.  Gregorio  VII  (Re- 
yest.  L.  YIII,  Ep.  23),  che  scrisse:  Idem  vero  magnus  Jmperator  Saxoniam 
oblulit  leato  Petro,  cuius  earn  devicit  adiutorw.  Et  posuit  signum  devotionis 
ct  libertatis,  sicut  ipsi  Saxones  habent  scnptum  et  prudentes  illorum  satis 
sciunt. 

2  Epist.TU,  XIV,  XV, XIX,  XX,  XXV,  XXVII,  XXIX, XXXV,  XXXVIII  etc. 


192  1L  PATRIZIATO  ROMANO 

promesse  vane ;  ma  i  falti  ben  mostrarono  quanlo  elle  fossero  since- 
re :  di  che  quei  Re  meritarono  dai  Pontefici  quegli  encomii  e  ringra- 
ziamenti  amplissimi ,  che  nel  medesimo  Codice  s' incoritrano.  Anzi, 
quella  opposizione  medesima  che  i  Patrizii,  a  richiesta  del  Papi ,  fe- 
cero  in  Italia  agl'  Imperatori  Bizantini ,  per  vietar  loro  di  ripigliare 
qui  il  dominio  politico  ,  che  avean  per  loro  colpa  irreparabilmente 
perdulo;  quella  opposizione,  diciamo,  ebbe  in  gran  parte  per  mo- 
vente  lo  zelo  appunto  della  fede  ortodossa;  giacche  ,  come  scrivea 
S.  Paolo  I  a  Pipino,  lo  scopo  di  quegli  August!  eretici,  nel  ritentare 
la  conquista  deir  Italia,  altro  non  era  che  di  far  trionfare  la  loro  ere- 
sia  nel  centro  stesso  della  Chiesa  di  Dio  i,  donde  ella  avrebbe,  spe- 
ravano,  agevolmenle  conquistato  tutto  1'orbe  cristiano. 

Questa  doppia  difesa  contro  i  nemici  esterni  della  Chiesa  e  della 
Fede  cattolica ,  e  contro  gl'  interni ,  era  adunque  parle  essenziale 
dell'  ufficio  del  Palrizialo :  donde  si  scorge  cbiarissimo,  il  caraltere  di 
quest' ufficio,  anziche  politico  e  chile,  essere  stato  religioso  esacro. 
II  che  vuol  essere  qui  tanto  piu  atientamente  notato,  in  quanto  che  tro- 
viamo  la  massima  parte  degli  Autori  o  avere  trascurato  questo  riguar- 
do  importantissimo  del  nuovo  Patriziato,  o  averlo  eziandio  implicita- 
mente  negato,  col  dare  a  questa  dignita  un  significato  nient'  altro  che 
profano.  Nel  qual  errore  sopfattutto  caddero,  e  dovean  cadere,  quei 
che  tal  dignila  derivarono  dall'  Imperatore  o  dal  Senato  Romano ,  e 
confusero  questo  Patriziato  pontificio  coll'  anlico  Patriziato  imperiale ; 
giacche,  facendone  tutto  laicale  e  politica  1'  origine,  tale  pure  doveano 
stimarne  1'  indole  e  1'  ufficio ,  stravolgendone  cosi  con  doppio  e  gra- 
vissimo  errore  il  vero  concetto.  Al  contrario,  il  vero  si  e  che  questo 
Patriziato  dei  Papi,  da  qualunque  parte  si  miri,  porta  evidentemenle 
scolpito  un  caratlere  di  religiosita,  e  percio  di  grandezza,  tulto  pro- 
prio,  che  si  cercherebbe  indarno  in  qualsiasi  altro  genere  di  Palrizii. 
L'autorita,  da  cui  fu  islituito;  lo  scopo  per  cui  fu  istituilo,  a  difesa 
cioe  ed  esaltazione  della  Chiesa ;  il  motivo,  per  cui  i  Carolingi  1'  accet- 
tarono  e  lo  tennero  in  tanto  pregio,  che  fu  per  divozione  a  S.  Pietro, 
e  per  zelo  di  religione ;  gli  alti  che  ne  costituivano  1'ufficio,  ed  erano, 

I  Epist.  XXV  e  XXVII. 


DI  CARLOMAGNO  193 

combattere  il  paganesimo  e  1'  eresia ,  difenclendo  e  dilatando  in  ogni 
parle  la  Fede  catlolioa,  e  proteggere  la  S.  Sede  Romana,  mantenendo 
alPontefici  contro  qualsiasi  aggressore  tulti  i  loro  dirilti  e  le  giustizie 
di  S.  Pietro;  il  guiderdone  stesso  e  lo  slipendio,  per  dir  cosi,  che  a 
questi  Patrizii ,  fedeli  di  S.  Pietro  e  campioni  della  Chiesa,  veniva 
promesso,  ed  al  quale  essi  aspiravano ,  cioe  la  mercede  dell'  anirna, 
il  perdono  dei  peccati,  la  prolezione  special  e  di  S.  Pietro,  e  il  regno 
elerno  dei  cieli ;  tutto  mostra  che  il  Patriziato  era  cosa  squisitamen- 
te  sacra ,  e  che  per  tale  sempre  la  slim'arono  Pipino  e  Carlomagno , 
del  pari  chei  Papi.  Laonde,  siccome  al  nuovo  Romano  Impero,  crea- 
to  da  Leone  III,  fu  poi  giustamente  attribuilo  nella  storia  il  nome  di 
Sacro,  perche  sacro  ne  fu  lo  scopo  e  1'  ufficio ,  cioe  tulto  consecrato 
a  proteggere  ed  esaltare  la  Chiesa  e  la  Crisliamta  nel  inondo ;  cosi 
sacro  dee  pur  chiamarsi  per  le  stesse  ragioni  il  Patriziato  che  lo  pre- 
cedelte,  e  ne  fu  come  la  preparazione  e  il  tirocinio. 

Di  qui  forse  puo  eziandio  ritrarsi  una  cagion  miova  e  verissima  , 
benche  poco  o  nulla  avvertita  dagli  storici ,  di  quella  straordinaria 
sollecitudine  che  Pipino  ,  e  maggiormente  ancora  Carlomagno,  mo- 
strarono  per  le  cose  di  religionc,  dovunque  slendeasi  la  loro  tempo- 
rale  potenza.  Certo  e,  cheavedere  questo  gran  Re,  fraletante  cure 
militari  e  politiche ,  richieste  dal  goveruo  di  si  vasta  monarchia , 
occuparsi  pure  con  si  assidua  e  minuta  diligenza  di  tutto  cio  che 
spettava  alia  Chiesa  ;  a  leggere  que'  suoi  Capitolari ,  in  cui  tante 
prescrizioni  s' incontrano  di  disciplina  ecclesiastica;  a  ricordare 
quelle  sue  Diete  di  Slato,  che  spesso,  pei  negozii  che  ivi  trattavansi 
-e  pei  decreti  che  stabilivansi ,  pareano  piuttosto  Sinodi  ecclesiastic! 
die  non  civili  Assemblee;  a  considerare,  diciamo  ,  tanto  fervore  di 
zelo  religioso,  pur  troppo  rarissimo  neiPrincipi,  eppure  cosi  segna- 
lato  e  cospicuo  in  Carlomagno ;  talvolta  ci  sembra  di  scorgere  in  lui 
il  personaggio  di  un  Vescovo  ,  o  di  un  Legato  apostolico ,  piuttosto 
che  di  un  Monarca.  Ora ,  egli  e  ben  vero  che  ogni  Monarca  cristia- 
no,  anche  solo  come  tale ,  dee  pigliare  grandemente  a  cuore  e  pro- 
muovere  ne'  suoi  Stati  gl'interessi  della  religione  e  della  Chiesa;  e 
ben  vero  altresi ,  che  Carlomagno  ,  ancorche  non  fosse  mai  stato 
creato  Patrizio  dai  Papi ,  per  quel  profondo  senso  nondimeno  di 
Serie  V,  vol.  J,  fasc.  338.  13  6  Aprile  1864. 


194  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

piela  e  religione  ch'egli  avea  redalo  dal  padre  ,  e  che  fu  T  anima  di 
tutto  il  suo  regno,  avrebbe  operato  grandi  cose  per  la  religione :  ma 
contuttocio  ci  serabra  pur  verissimo  il  dire,  cheacoteslo  zelo  forlis- 
simi  stimoli  dovette  aggiungere  nel  cuor  di  Carlo,  e  grande  autorila 
nella  menle  dei  popoli,  ruilicio  di  Difensore  delta  Chiesa,  espressa- 
mente  coramessogli  dal  Papa.  Ai  doveri  e  ai  dirilli  di  Re,  questo  uffi- 
cio  aggiungeva  i  dirilti  e  i  doveri  di  Avvocalo  speciale  della  Chiesa; 
e  siccome  dall'  una  parte  Carlomagno  nulla  ordinava  nelle  cose  eccle- 
siastiche  senza  il  consenso  e  1'  approvazione  della  S.  Sede  ,  con  cui 
mantenne  sempre  slrettissimo  accordo  e  dipendenza;  cosi  dall'altra  i 
popoli,  il  clero  el'Episcopato  stesso  di  buon  grado  gli  ubbidivano  in 
ogni  cosa,  in  lui  riconoscerido  1'autorita  di  ministro  del  Papa.  Quin- 
di ,  se  mai  pole  dirsi  con  verita  di  un  Monarca  o  Imperatore  cri- 
stiano  ,  esser  egli  ne'  suoi  Staii  a  guisa  di  un  Vescovo  temporale  , 
cio  fu  verissimo  di  Carlomagno  Patrizio  ,  e  poi  Imperatore,  in  virtu 
appunto  di  quel  Protettoralo  della  Chiesa,  onde  fu  investito  prima  col 
titolo  di  Patrizio,  e  poi  d'linperatore. 

Dal  fin  qui  delto  appare,  come  Tufficio  del  Patriziato,  istituito  dai 
Papi,  si  stendesse  alia  difesa  della  Cristianila  e  della  Chiesa  contro  i 
pagani  e  gli  eretici  in  ogni  parte  del  mondo.  L'oggetto  pero  imme- 
diato  e  primario  della  difesa  patriziale ,  non  puo  dubitarsi  die  fosse 
la  Chiesa  Romana ,  presa  in  islretto  senso ,  ossia ,  per  sen  irci  delle 
parole  stesse  di  Carlomagno,  la  Sede  santissima  della  Romana  Chiesa. 

Finche  Roma  e  i  Papi  furono  sotlo  il  dominio  degl'  Inijieratori,  era 
debito  di  questi  il  proteggere  la  S.  Sede ;  e  cio,  non  solo  per  quella 
protezione  che  ogni  Principe  deve  a'  suoi  sudditi,  ma  per  un'  altra  ra- 
gione  specialissima.  Infatti,  dopoche  non  pure  1' Imperatore  ma  Tlm- 
perio  stesso  fu  divenuto  cristiano,  e  la  Religione  cattolica  venne  san- 
cita,  come  legge  dello  Stalo,  in  lullo  il  mondo  romano ;  al  Capo  dello 
Stato  apparlenea  per  dovere,  di  far  si  che  ella  fosse  rispettata  in  tutto 
I'lmpero ;  il  che  importava  innanzi  tutto  che  i  Pontefici ,  Pastori 
universali  della  Chiesa ,  fossero  dal  braccio  imperiale  proletli  e  so- 
stenuti  nel  libero  e  pieno  esercizio  della  loro  polesta,  o  manlenuti 
nel  sicuro  possesso  delle  loro  giustizie.  E  veramente  Coslantino  Ma- 
gno  ed  altri  pii  Impcratori  non  erano  mancali  a  queslo  loro  dovere; 


DI  CARLOMAGNO  195 

ma  e  troppo  vero  altresi,  che  piu  sovenle  la  protezione  imperiale  era 
riuscita  o  impotenle  per  le  misere  condizioni  dell'  Impero ,  o  ezian- 
dio  funesta  per  la  tristizia  degl'  imperanti,  col  voltarsi  in  oppressioue. 
ISTel  secolo  VIII  poi  le  cose  erano  venute  a  tale ,  che  i  Pa  pi ,  perse- 
guitati  per  la  Fede  ortodossa  da'gl'  Imperatori  iconoclast! ,  e  abban- 
donati  dai  raedesimi  di  ogni  temporal  difesa  conlro  i  Longobardi , 
furono  costretti  a  provvedere  da  se  slessi  alia  salute  di  Roma  e  della 
Chiesa ,  ed  a  cercare  in  Occidente  un  Difenspru  non  men  divolo  di 
cuore  che  possente  di  braccio,  il  quale  pigliasse  della  S.  Sede  quel- 
la  efficace  protezione,  che  era  indarno  lo  sperare  mai  piu  dai  Cesari 
di  Oriente. 

D'altra  parte  1'anlica  sociela  del  mondo  Romano  si  era  omai  inte- 
ramente  disgregata  e  disciolta:  al  successore  di  Coslantino,  di  Teo- 
dosio  e  di  Giustiniano  ,  appena  bastavan  le  forze  a  salvare  sul  Bos- 
foro  le  ultime  reliquie  dell'  Impero  dalle  aggressioni  e  minacce  dei 
Saraceni,  dei  Bulgari,  degli  Avari  ed  altri  Bdrbari,  che  ad  ogni  trai- 
to  irrompevano  tin  solto  le  mura  di  Costantinopoli :  mentre  in  Europa 
sulle  rovine  dell'Impero  nuovi  popoli  erano  sorti  e  nuovi  Regni,  Tun 
dair  altro  indipendenti ,  ma  aventi  tullavia  una  comune  fratellanza , 
la  quale,  piu  che  nel  sangue  derivato  dai  comun  ceppo  germanico , 
era  fondata  nella  religione  e  nella  riverenza  che  tutli  professavano 
alia  Chiesa  Romana,  come  a  lor  madre  e  maestra.  In  questa  pertanto 
era  il  fecoudo  principio  di  quella  nuova  e  piu  vasta  unita,  che  doveva 
ormai  sostituirsi  aH'antica  uuita  politica  dell'Impero  Romano  ,  ed  a 
cui  questa  unila  dell'Impero  era  servita  ,  secondo  il  verissimo  con- 
cetto di  Dante  1,  di  preparazione  ed  agevolamento.  La  Roma  dei 
Papi  dovea  raccoglieree  slringere  intorno  a  sela  gran  famiglia  delle 
nazioni,  meglio  che  non  aveafatto  la  Roma  dei  Consoli  e  dei  Cesari, 
soggiogandole  colla  spada;  e  di  queste  nazioni ,  che  sotto  il  magi- 

1  Ei  fu  dell'  alma  Roma  e  di  suo  impero 

Neirempireo  ciel  per  padre  elettcr 
La  quale  e  il  quale,  a  voler  dir  lo  vero, 
Fur  stabiliti  per  lo  loco'santo 
U'siede  il  successor  del  maggior  Piero. 
Inferno,  Canto  II. 


196  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

stero  di  lei  gia  professavano  il  Cristianesimo,  dovea  formare  la  Cri- 
siianita,  tutte  congiungendole  in  una  gran  societa  religiosopolitica,  il 
cui  Rettore  supremo  altri  non  poteva  essere  che  il  supremo  Pas  tore 
della  Ghiesa ,  cioe  il  Romano  Ponlefice.  Ma  per  adempiere  questa 
sublime  missione ,  il  cui  alluamento  coniincio  colla  creazione  del 
nuovo  Impero ,  e  venne  poi  a  mano  a  mano  svolgendosi  nel  medio 
evo,  era  necessario  innanzi  tratto.  che  i  Papi  fossero ,  non  pid  sud- 
diti  di  altro  Sovrano,  ma  Sovrani  essi  medcsimi ;  affinche  sopra  tutli 
i  popoli  e  tutli  i  Re  potessero  con  piena  indipendenza  e  pari  dignila 
esercitare  1'eccelso  loro  incarico.  E  poiche,  in  sul  mezzo  del  secolo 
ottavo,  la  material  debolezza,  in  cui  Roma  trovavasi  per  le  passate 
calamita  e  per  la  presente  prepotenza  de'  Longobardi  in  Italia  ,  non 
consentivale  di  mantenere  e  difendere  da  se  sola  il  nuovo  Stalo ,  nel 
quale  erasi  costituita  sotto  la  sovranita  dei  Papi ;  quest!  invocarono 
il  braccio  dei  nuovi  Re  di  Francia,  la  cui  gloriosa  dinastia  parve  su- 
scitata  a  quei  tempi  da  Dio  in  servigio  appunto  della  Chiesa  Romana, 
non  solo  per  liberarla  dai  nemici  che  allora  I'opprimevano,  e  conso- 
lidarla  nel  tranquillo  possesso  della  sua  nuova  Sovranita ;  ma  prinei- 
palmente  per  iniziare  con  lei  e  sotto  di  lei,  nel  nuovo  mondo,  per 
dir  cosi,  che  gia  era  sorto  dalle  rovine  deH'antico,  quei  imovi  ordini 
di  cristiana  polilica,  che  dovean  poi  essere  per  lunghi  secoli  la  base 
e  la  legge  di  tutta  la  Cristianila. 

In  tal  guisa  adunque,  1'  ufficio  di  proteggere  la  Chiesa  Romana 
passo  dagli  Imperatori  greci  ai  Re  Franchi ;  ma  con  una  differenza 
gravissima,  cheepregio  dell' opera  il  ben  notare.  Imperocche,  sotto 
gl'  Imperatori,  la  Chiesa  Romana  era  civilmente  suddita  dell'  Impe- 
ro,  e  i  Papi  non  solo  professavano  verso  gli  August!  fedelta  ed  ub- 
bidienza ,  ma  e  coll'  esempio  e  coll'  autorita  mantenevano  i  popoli 
nella  fede  dovuta  all'  Impero ,  e  piu  d'  una  volta  ne  rcpressero  le  ri- 
bellioni.  Laddove ,  al  tempo  dei  Caroling!  Palrizii ,  i  Papi  trovavan- 
si  in  condizione  di  Sovrani,  siccome  Principi  indipendenti  di  Roma 
e  dell'  Italia  romana ;  e  come  tali  invocarono  a  difesa  del  loro  Stata 
le  armi  franche.  Gl'  Imperatori  greci  adunque  proteggevano  tempo- 
ralmente  la  Chiesa  Romana ,  come  un  Sovrano  protegge  il  suddito : 
mentre  i  Carolingi  la  protessero,  come  un  Sovrano  protegge  un  aitro 


DI  CARLOMAGNO  197 

Sovrano  suo  pari  ed  alleato,  da  cui  viene  richiesto  di  aiuto;  o  piulto- 
sto,  per  meglio  accostarci  al  vero  concetto  di  tal  protezione,  come  un 
campione  giurato  protegge  il  Principe  a  cui  ha  obbligato  la  sua  devo- 
zione.  Negl'  Imperatori  questa  tutela  derivava  dall'ufficio  stesso  della 
loro  sovranita ;  laddove  nei  Carolingi  era  nala  da  un  patto  espresso 
di  alleanza,  ond'  eransi  vincolati  coi  Papi,  e  dal  giuramento  con  cui 
eransi  obbligati  di  perpetua  devozione  a  S.  Pietro.  Laonde ,  benche 
sia  verissimo  die  negl'  Imperatori  questa  protezione  importava  tein- 
porale  .superiorita  sopra  i  Papi ;  nei  Re  Franchi  al  contrario  non  solo 
non  diceva  niuna  superiorita  di  tal  fatta,  ma  espressamente  la  esclu- 
deva,  siccome  contraria  a  quella  eguaglianza  che  e  tra  due  Sovrani, 
stringentisi  con  mutui  patti  in  alleanza,  e  molto  piu  a  quella  dipen- 
denza  espressa,  che  i  Re  Carolingi  sempre  professarono  verso  S.  Pie- 
tro e  verso  la  Chiesa  Romana,  come  suoi  fedeli  e  difensori ,  e  che 
era  indicata  dal  loro  titolo  stesso  di  Palrizii  del  Romani;  giacche 
dall'  una  parte  questo  titolo  accennava  sempre  subordinazione  al  So- 
vrano che  1'  avea  conferito,  e  dall'  altra,  come  abbiamo  dimostralo-, 
non  aveano  i  Carolingi  ricevuto  il  Patrizialo  da  altro  Sovrano  fuor- 
che  dal  Papa. 

Tra  gl'Imperatori  e  i  Re  Franchi  v'ebbe  dunque  una  differenza  ca- 
pitalissima,  quanto  alle  loro  relazioni  politiche  verso  la  S.  Sede;  agli 
uni  e  agli  altri  appartenendo  bensi  il  medesimo  ufficio  di  proteggerla, 
ma  per  titoli  diversissimi.  Alia  qual  diversita  per  non  aver  posto 
mente  molti  Autori,  hanno  stranamente  confuso  ogni  cosa,  scambian- 
do  il  Protettorato  del  Carolingi  per  vera  sovranita,  ed  assumendo  per 
indubitato ,  che  eglino ,  siccome  sollentrarono  agl'  Imperatori  Greci 
nella  protezione  di  Roma,  cosi  a  loro  fossero  succeduti  parimente  in 
lutti  i  diriUi  sovrani  sopra  Roma,  e  che  questi  diritti  da  Carlomagno 
posseduti  come  Patrizio ,  e  indi  assai  piu  come  Imperatore ,  da  lui 
fossero  trasmessi  insieme  coll'  Impero  a  tutti  i  successor!.  Ma  sopra 
tal  quistione  dovremo  fra  poco  ritornare  con  piu  ampio  discorso. 

Qui  intanto,  a  conchiudere  quel  che  riguarda  1'  ufficio  del  Patri- 
ziato,  ci  rimarrebbe  a  spiegare  piu  tritamente,  quai  doveri  impor- 
tasse  e  quali  atti  comprendesse  la  protezione  della  Chiesa  Romana. 
Se  non  che  la  cosa  e  per  se  si  manifesla,  che  non  accade  d'intratte- 


198  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

nerd  piii  che  tanto  a  chiarirla.  Combattere  i  nemici  che  dal  di  fuori 
la  travagliassero  o  minacciassero ;  reprimere  i  ribelli  che  sorgesse- 
rodi  dentro  acombalterla;  mantenere  illese  le  giustizie  di  S.  Pielro, 
doe  tulti  i  palrimonii ,  le  cilia ,  le  province  e  gli  Stall  appartenenti 
alia  S.  Sede,  e  fare  che  ivi  ella  potesse  tranquillamenle  esercilare 
lutti  i  suoi  dirilli  di  piena  e  libera  signoria;  ampliare  eziandio  gli 
attuali  dominii  della  S.  Sede  coll'adempiere  a  raano  a  mano,  secon- 
do  che  le  circoslanze  il  consenlissero,  la  donazione  di  quel  tan  to-  di 
piii  che  i  Patrizii,  nel  primo  Patto  del  754,  rinnovalo  poi  nel  774, 
aveano  p>-omesso;  accorrere  colla  difesa  dell'armi  o  dell'  aulorit&  in 
aiulo  del  Papa,  ogni  qua!  volta  ei  1'invocasse;  cooperare  insomnia  al 
Romano  Pontefice  con  fedella  e  devozione  in  ogni  cosa,  per  mante- 
oergli  vigoroso  e  libero  1'  esercizio  di  tutla  la  sua  polesta.  spiriluale 
e.  temporale  nella  Chiesa  e  nello  Slato  romano :  tali  erano  le  parti 
precipue  ,  che  al  Palrizio  ,  ossia  proleltore  della  S.  Sede ,  compete- 
vano  in  virtu  della  sua  carica,  ch'  erano  indicate  dal  nome  slesso 
ch'  ei  porlava,  e  che  veggiamo  appunto  poste  in  opera  negli  alii  piu 
cospicui  del  Palrizialo. 

Bensi  e  da  nolare  per  ultimo  uno  special  riguardo  da  cui  sempre 
meglio  dimostrasi  1'indole  di  queslo  Palrizialo,  e  confermasi  quel 
che  abbiamo  gia  innanzi  awerlilo  del  caratlere  lulto  religioso  e 
sacro  del  suo  ufficio.  La  prolezione  della  Chiesa  Romana  compren- 
deva  senza  dubbio  eziandio  quella  dello  slato  civile  di  Roma  e  delle 
sue  province;  non  solo  il  Ponlefice  e  il  Clero,  malanobilla,  il  popo- 
lo,  le  milizie,  lulli  gli  ordini  laicali  de'cilladini  di  Roma  edell'llalia 
romana,  erano  solto  1'egida  del  Patrizio  dei  Romani.  Ma  quesli  ordini 
laicali  lenevano  in  quella  prolezione  un  poslo  secondario  :  il  Senalo  e 
il  Popolo  Romano  erano  anch'  essi  obbiello  della  difesa  palriziale , 
ma  indirelto  e  quasi  diremmo  accidenlale;  in  quanto  che  la  ragione 
del  difenderli  che  faceva  il  Re  Palrizio,  allra  non  era  se  non  che  1'es- 
ser  eglino  apparlenenza  deila  Chiesa  Romana.  L&Ecclesia  Romana, 
la  S.  Sede,  il  Ponleflce,  questo  era  1'  obbielto  proprio  ed  essenziale, 
il  termine  dirello  e  primario  a  cui  era  volta  e  consacrala  lulla  la  de- 
vozione del  Patrizio;  la  Bespublica  Romanorum,  cioe  la  Citta  e  lo 
Stato  venivan  dietro  come  necessaria  conseguenza,  ma  in  grazia  solo 
di  quel  vincolo  per  cui  erano  congiunli  alia  Chiesa  e  al  Ponteflce. 


DI  CARLOMAGNO  199 

Cio  risulta  chiarissimo ,  in  primo  luogo  dai  titoli  stessi  con  cui  e 
per  cur  il  popolo  e  la  citta  di  Roma  Yiene  spesso  dai  Papi  racco- 
mandata  nel  Codice  Carolino  alia  protezione  dei  Patrizii  Carolingi : 
quei  titoli  sono  1'essere  i  Romani  populus  peculiaris  ovvero  fami- 
liaris  sanctae  Dei  Ecclesiae  1 ,  populus  Romanae  Ecclesiae  subia- 
cens  2,  r  essere  popolo  e  gregge  speciale  di  S.  Pietro  3  e  dei  Pon- 
tefici ,  dai  quali  percio  e  chiamato  populus  noster  ,  nobis  corn- 
missus,  nosier  Romanorum  reipubblicae  populus,  civilas  nostra  Ro- 
mano, £.  Ne  altrimenti  parlano  i  Romani  slessi ;  anzi  nella  letters 
che  il  Senato  e  Popolo  Romano  scrissero  nel  757  a  Pipino,  espres- 
samente  si  professano  firmi  ac  fideles  servi  sanctae  Dei  Ecclesiae  et 
domni  nostri  Pauli  summi  Pontificis,  e  di  queslo  sol  titolo  si  valgo- 
no  presso  il  Re  Patrizio  ad  implorarne  sempre  piu  il  favore,  pregan- 
dolo  in  nome  di  S.  Pielro  di  continuare  sopra  la  Chiesa  Romana  e 
sopra  loro  tulli  la  sua  prolezione  3.  In  secondo  luogo  cio  risulta  da 
quel  perpetuo  e  dichiaralissimo  professar  che  fecero  Pipino  e  Carlo- 
magno  di  non  avere  assunla  la  protezione  di  Roma  se  non  che  per 
divozione  a  S.  Pietro,  perossequio  ed  amove  alia  S.  Chiesa,  per  mer- 
cede  e  rimedio  deU'anima,  per  zelo  della  fede  orlodossa,  e  altre  si- 
mili  ragioni  tulte  religiose  e  sacre.  Egli  e  pure  un  gran  fatlo,  de- 
gno  non  solo  di  attenzione,  ma  di  meravigiia;  che  cioe  da  lutti  i  mo- 
numenti  slorici  di  quel  tempo,  riguardanti  queslo  Patriziato  dei  Roma- 
ni, non  traspare  mai  che  i  Re  Carolingi  si  gloriassero  di  proleggere 
Roma  per  altro  motivo  che  di  religione :  niuna  allusione  e  mai  fatta 
alle  grandezze  passale  di  Roma  profana,  il  cui  nome  solea  pure  eser- 
citare  un  di  nelle  menli  barbariche  tanlo  prestigio.  Roma  e  protetta 
dai  Franchi,  non  per  riverenza  alia  anlica  maesla  del  suo  impero, 
non  perche  ella  fu  un  tempo  la  citta  dei  Cesari,  la  regina  del  mon- 
do  ;  ma  perche  e  la  citta  di  S.  Pietro,  la  Sede  del  Pontefice  e  Pa- 
store  supremo  della  Chiesa,  il  capo  e  centre  del  Cristianesimo.  Se 

1  Epist.  XVIII,  XXXVII,  XXXV1IJ,  etc, 

2  Epist.  XXXV. 

3  Epist.  X. 

4  Epist.  XXXVII,  L,  LVI1I,  LIX,  etc. 

5  Epist.  XV. 


200  IL  PATRIZIATO  ROMANO  DI  CARLOMAGNO 

quest!  titoli  fossero  mancati  a  Roma,  egli  puo  tenersi  per  indubitato, 
che  i  Re  Franchi  non  si  sarebbero  punto  curati  del  Patriziato,  ne  bri- 
gati  di  far  guerra  per  lei  ai  Longobardi  loro  amid ;  e  quesli  da  gran 
pezza  innanzi  1'  avrebbero  fatta  lor  preda ;  se  pure  non  vogliam  dire 
piuttosto,  che,  assai  prima  della  calala  dei  Longobardi,  Roma  senza 
i  Papi  sarebbe  divenula  sotto  i  col  pi  di  Alarico,  di  Altila,  di  Gense- 
rico  e  di  Totila,  un  mucchio  di  sassi  e  di  rovine,  e  tale  sarebbe  irre- 
parabilmente  rimasta. 

Da  cio  si  trae  eziaridio  un  nuovo  argomento  per  confermare  due  ve- 
rita  storiche  di  gran  momento,  giada  noi  altrove  dimostrate;  Tuna, 
die  il  Patriziato  dovett'  essere  conferito  ai  Re  Franchi  dai  Papi ,  e 
non  gia  dal  Senato  e  Popolo  Romano,  come  pretesero  il  Goldasto  ed 
allri  aulori ;  1'altra,  che  la  civile  sovranita  di  Roma  risedeva  a  quel 
tempo  veramente  nei  Papi.  Infatti,  se  la  protezione  del  Patrizio  avea 
per  oggetto  primario  la  Chiesa  Romana  e  il  Pontefice  ,  non  gia  il 
Senato  e  il  Popolo,  ed  a  questo  stendeasi  solo  in  quanto  che  era  ap- 
partenenza  della  Chiesa,  era  popolo  di  S.  Pietro;  ognun  vede  facil- 
mente,  se  egli  sia  cosa  credibile,  che  il  Patrizio  avesse  ricevuto  1'in- 
carico  di  tal  protezione  dall'autorita  del  Popolo  o  del  Senato  Romano, 
anziche  dal  Pontefice,  o  che  il  Pontefice  non  avesse  anche  civilmenle 
la  pienezza  dell'  autorita  sovrana  nella  Cilia  e  nello  Stato ,  che  solo 
in  grazia  di  lui  e  come  cosa  sua ,  riccveva  il  beneficio  della  prole- 
zione.  Ma  cio  sia  detto  sol  di  passata. 

Abbiamo  esposto  fin  qui  in  che  consistesse  1'  ufficio  del  Patriziato, 
spiegando  i  significati  compresi  nel  titolo  di  Difensore  della  Chiesa 
Romana,  nel  quale  quell'  ufficio  tullo  si  compendia.  A  chiarire  non- 
dimeno  interamente  la  questione ,  egli  e  mestieri  determinare  quale 
e  quanta  fosse  la  giurisdizione  a  tale  ufficio  annessa ;  importante  e 
difficil  tema,  nel  quale  siccome  cadono  appunto  le  maggiori  contro- 
versie  di  tutta  quesia  trattazione  del  Paldzialo,  cosi  piu  altenlo  dee 
rivolgersi  il  nostro  studio.  Ma  di  questo,  in  altro  articolo. 


RIVISTA 

BELLA 

STAMPA   ITALIAN! 


I. 

Memorie  e  Scritti  di  LUIGI  LA  VISTA  ,  raccolti  e  pubblicati  da  PA- 
SQUALE  VILLARI.  Un  Tol.  in  8.°  pice,  di  pag.  XL VIII -375. 
1863. 

Ben  differenle  e  lo  scopo  noslro ,  nel  dare  ai  lettori  qualche  conto 
di  questo  volume,  dallo  scopo  che  ha  inteso  il  signor  Pasquale  Vil- 
lari  nel  mellerlo  a  luce.  Egli  anzi  lutto  si  e  proposto  di  pagare  un 
affeltuoso  tribulo  alia  ricordanza  di  un  condiscepolo  ed  amico ;  e 
contenlando  quest'  antica  brama  dell'  animo  suo ,  da  buon  «  confes- 
sore  »  dell' Italia  liberalesca  sotto  i  Borboni  diNapoli,  si  e  proposto 
allresi  di  offerire  alia  palria  un  nuovo  modello  di  giovane  « che  sem- 
pre  palpito  per  la  liberla  politica  e  per  la  liberta  del  pensiero  1  »  ; 
e  degno ,  se  non  di  adeguata  iraitazione,  certo  di  singolare  ammira- 
zione.  Percio  tutto  quanto  scrive  di  lui,  e  dettatura  di «  entusiasmo  » 
che  va  sino  ad  «  adorare  » ;  colalche  riconosce  e  confessa  con  inge- 
nuita,  che  per  queslo  lato  « il  suo  cuore  fa  velo  al  suo  giudizio  2  »  : 
e  lulto  quanto  stampa  di  lui  e  opera  d'  inestimabile  diligenza,  come 
di  chi  abbia  raccolte  e  ordinate  preziose  reliquie  di  un  «  martire  >< . 

I  Pref.  p.  XLI.  —  2  Ivi. 


202  RIVISTA 

Noi  e  converse ,  ai  qu-ili  il  giovane  Luigi  La  Vista  fu  sempre  igno- 
to,  essendo  lontani  da  questo  pericolo  di  un  annebbiamento  del 
«  giudizio  »  pel  fumi  del  «  cuore  » ,  ci  prefiggiamo  invece  di  esa- 
minare  posatamente  qual  personuggio  riesca  egli  in  effetto  dentro 
le  carte  di  qaesto  libro:  se  un  originate  ammirabile,  o  non  anzi  un 
«sempio  lacrimabile.  Ouindi  sicuramente  senza  «  entusiasmo  » ,  ma 
tion  senza  un'  alia  compassione  per  lo  sciaguratissimo  giovane,  to- 
glieremo  dalle  presenti  sue  Memorie  cio  che  e  necessario  a  for- 
mare  di  lui  un  genuino  ritralto :  e  lo  dipingeremo  scrupolosamente 
coi  colori  che  ci  fornisce  egli  medesimo  nelle  sue  scrilture.  Le  qua- 
li  se  sia  stato  d'  uomo  prudente  e  di  caulo  amico  il  far  tulte  pubbli- 
«he,  lasceremo  che  allri,  dopo  letto  ,  senlenzii. 

Gli  scritti  del  La  Vista  ,  che  il  Villari  fa  antecedere  da  una  sua 
lunga  prefazione ,  si  distinguono  in  tre  parti.  L'  una  comprende  le 
Memorie  della  sua  vita,  o  meglio  i  pensieri,  o,  come  anco  le  intilo- 
la  1'editore,  le  impressioni  dell'animo  suo,  bultate  giu  in  carta  di 
tempo  in  tempo  negli  ultimi  suoi  tre  anni :  e  queste  sono  lo  specchio 
veridico,  dov'  e  riflessa  tuttora  la  immagine  del  suo  spirito ,  dei- 
fy sua  natura,  delle  sue  passioni  veementi  ed  irrequiete.  L'altra  e 
una  serie  di  appunti,  di  concetti,  di  osservazioni ,  intorno  alle  ope- 
re  di  assaissimi  autori  d'  ogni  falta,  che  egli  si  divorava  del  conlr- 
tinuo,  con  una  non  mai  saziabile  avidila:  e  queste  note  che  danno 
a  divedere  fmo  a  qual  segno  si  fosse  falsalo  il  criterio  e  scompiglia- 
ta  la  mente  nella  selva  selvaggia  di  tante  letlure  ,  sono ,  eziandio  a 
parere  del  Villari  che  le  ha  pubblicate ,  di  poco  momento  e  di  qua- 
si nessun  utile:  giacche,  come  afferrna  esso:  «  molti  dei  suoi  giu- 
<lizii  sugli  antichi  sono  scorretti ;  e  spesso  anche ,  nella  foga  di  scri- 
Tere  non  appena  aveva  fmito  di  leggere  ,  egli  ripele  ,  senza  avve- 
dersene,  le  opinioni  altrui  !.'»  La  terza  e  una  raccoltina  di  suoi  la- 
Yorietti  originali,  composti  sullo  stile  degli  appunti  sovrindicati ,  ma 
di  un  andare  meno  scapigliato,  e  che  servono  a  dimoslrare  nel  suo 
pieno  i  pregi  e  i  difetti  si  natural!  e  si  acquisiti  dell'  ingegno  di  lui : 
II  quale  se  fu  raro  per  eccellenza  di  doli ,  fu  ancora  piu  raro  per  lo 

1  Pref.  p.  XL1. 


DELIA  STAMPA  ITALIANA  20£ 

precoce  pervertimento  di  tulli  i  migliori  principii ,  e  di  quel  fino  gu- 
sto italiano  ch'egli  brultamente  imbastardi,  per  gola  d'  emulare  tip! 
stranieri.  Or  noi  attenendoci  piii  che  ad  altro  ai  cenni  racchiusi  nel- 
la  prima  parte,  e  giovandoci  inoltre  del  lumi  che  ci  somminislra  il 
Villari ,  ricopieremo  qui  in  compendio  1'  abbozzo,  che  vale  la  spesa 
di  esser  porto  a  considerare. 

Luigi  La  Vista  nacque  in  Venosa  1'anno  1826.  « La  mia  famiglia 
non  e  nobile,  scriv'egli;  il  padre  di  mio  avo  era  plebe;  io  sono  la 
terza  generaziorie  del  mio  casato ,  che  segga  fra  i  genliluomini.  La 
mia  famiglia  non  e  ricca ;  la  mediocrita  della  nostra  fortuna  basta 
appena  a  soddisfare  i  bisogni  della  vita.  Noi  portiamo  nelle  nostre 
opinioni  il  segno  della  nostra  origine;  il  nostro  sangue  e  plebeo  e  H 
nostro  cuore  e  repubblicano.  Mio  avo  fu  uomo  del  99  (doe  giacobi- 
no) :  mio  padre  fa  uomo  del  20  (cioe  carbonaro)  •  io  lavoro  e  scri- 
vo  e  penso  per  essere  uomo  del  primo  movimento  della  liberta  d'  Ita- 
lia. Ecco  i  miei  titoli,  ecco  le  mie  glorie  1.  »  Egli  non  conobbe  qua- 
si sua  madre  che  perdelte  da  bambino:  e  questa  riputo  sempre  dis- 
grazia  somma,  e  la  pianse  incessantemenle  :  e  forse  chi  sa  che  «  1'a- 
more  delicato  e  te  carezze  raaterne  di  lei » ,  ch'esso  lamentava  senza 
posa  di  non  avere  mai  goduto,  e  i  sensi  di  pieta  e  di  religione  da 
lei  islillatigli ,  non  Io  avessero  campato  dali'abisso,  in  cui  si  spense 
miseramente  nella  verdezza  degli  anni ! 

In  luogo  della  madre  che  gli  serninasse  net  cuore  il  santo  timor  di 
Dio  e  1'  amore  alle  belle  virtu  deir  infanzia,  ebbe  1'  avo  che  gl'  im- 
bebbe  1'anima  giovinetta  di  tutt'  altri  dettami.  «  A  me  fanciullo  quel 
bravo  vecchio  ispirava  1'  amore  della  gloria  e  della  liberta.  Ei  mi 
leggeva  la  Bibbia,  i  nostri  poeli,  i  giornali;  me  li  spiegava  e  tradu- 
ceva  e  commentava.  Mio  avo  era  uomo  del  novantanove ;  ammira- 
tore  del  Frances!,  della  loro  rivoluzione,  di  Lafayette,  di  Napoleo- 
ne.  Uomo  del  secolo  passalo,  ei  ne  aveva  la  generosita  e  Y  indipen- 
denza.  Solamente  sul  finire  della  sua  vita,  la  religione  e  venuta  a 
santificare  i  suoi  sentimenti  di  patria  e  di  liberta  2.  »  Per  chi  abbia 
familiare  questo  gergo ,  sara  piano  inlendere  come  perniciosa  do- 

1  Pag.  162.  -  2  Pag.  160. 


204  PJVISTA 

vesse  tornare  a  lui  garzonelto  questa  maniera  d'  istituzione.  Tanlo 
piu  che  gl'  insegnamenti  dell'  avo  divenuto  religioso  «  solamente  sul 
finire  delia  vita »  erano  confortati  dall'esempio  paterno.  «  Mio  pa- 
dre mi  avanza,  dice  di  lui,  di  quasi  trenl'  anni,  vive  sepolto  negli 
affari  e  neicalcoli,  e  segregate  dagli  studii  e  dalla  capitale :  ed  e  piu 
progressista  di  me:  le  riforme  non  lo  sbalordiscono ,  le  novita  non 
lo  arrestano  1.  »  E  cliiaro?  II  povero  Luigi  dunque  sorbi  forse  il 
yeleno  nella  puerizia,  sulle  ginoccbia  dell'  avo  e  Ira  le  braccia  del 
padre. 

Ebbe  quindi  ragione  di  sospirar  dietro  a  sua  madre,  che  sarebbe 
stata  per  avventura  Tangelo  suo  tutelare,  di  lamenlarla ,  di  cercarla 
negli  occhi  e  nelle  sembianze  di  tulle  le  persone  che  gli  parevano 
buone,  e  sopra  tutto  di  amarla  svisceratamente  in  una  giovane  e  uni- 
ca  sorella,  intorno  alia  quale ,  quando  con  lei  ebbe  conversato  dopo 
ch'  ella  fu  uscita  da  un  educatorio ,  scriveva  queste  parole  a  un  ami- 
co :  « Beppino,  ho  conosciulo  un'altra  anima  soavissima  come  la  tua; 
la  compagnia  di  mia  sorella  mi  compensa  della  tua  lontananza.  La 
compagnia  di  una  sorella  e  dolcissima  ;  e  sangue  tuo,  e  parte  dell'a- 
nima  tua.  Madre  comune ;  latte  comune ;  si  e  riso,  si  e  pianto  insie- 
me  la  prima  volta.  La  slessa  voce  vi  ha  irisegnato  a  parlare ;  sullo 
slesso  seno  vi  siete  addormentati,  dalla  slessa  mammella  avele  suc- 
chiato  la  vita,  T  amore,  la  fratellanza.  La  donna  tradisce  e  inganna 
spesso :  la  sorella  e  fedele  e  sincera  sempre  2  » .  Le  quali  parole  vo- 
lenlieri  abbiamo  riferite,  per  prova  del  cuore  gentile  e  amorosissimo 
che  sorli  questo  giovane  dalla  natura :  cuore  die  educalo  nei  casli  e 
divini  affetli  della  virtu  dalle  cure  solerti  di  una  madre  pia ,  ed  ar- 
inato  cosi  conlro  gl'  impeli  di  una  immaginazione  smoderata ,  di  un 
temperamento  bilioso,  di  un  umore  volubile ,  avrebbe  germoglialo 
frutti  ben  diversi  da  quelli  che  il  vedrem  ora  produrre. 

Dalla  casa  domestica  passo  ad  imparar  lettere  ,  in  un  seminario 
di  provincia,  che  il  Villari  chiama  «  cattivo  »  :  ma,  soggiunge  poi . 
«  datosi  a  leggere  scrittori  anlichi  e  moderni ,  comincio  subito  ad 
educarsi  da  se  3  » .  Donde  1'  editore  abbia  tratto  che  quel  seminario 

1  Pag.  101.  —  2  Pag.  166.  —  3  Pref.  pag.  VII. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  205 

fosse  «  cattivo  »  nol  sappiamo :  ma  crediamo  che  dal  suo  futile  dis- 
pregio  liberalesco  di  tutto  cio  che  e  sacro  ,  ed  a  Chiesa  appartiene. 
Imperocche  il  La  Yista  certifica  di  se,  die  egli  era  «  uscilo  dal  col- 
fegio  con  confidenza,  con  ignoranza  del  mondo  ed  ingenuila  cell'  ani- 
mo  1  » :  qualita  che  non  si  sogliono  riportar  fuori  da  un  luogo  «  cat- 
tivo »  di  educazione.  Vero  e  che  il  giovane  phi  innanzi  denomina 
quel  seminario  «  una  galera  2  » :  ma  cio  per  una  ragione  che  e  qui 
bello  tacere ,  e  che  onora  quell'  asilo  dell'  innocenza ,  e  scuopre  gia 
una  magagna  nei  costumi,  o  certo  negli  affetti  del  prevaricato  Luigi. 
E  questa  magagna  si  fa  phi  palese ,  dove  narra  il  primo  inciampo 
che  incontro  la  sua  ambigua  morigeratezza ,  appresso  rientrato  nel 
mondo  3. 

La  mala  sementa  depostagli  nell'  anima  mentre  pargoleggiava  in 
grembo  al  suo  vecchio  nonno ,  e  la  trascurauza  molto  probabile  di 
una  sufficient  cultura  religiosa  nella  eta  sua  infantile,  non  e  dubbio 
che  gli  dovettero  render  grave  la  dimora  in  quel  chiuso  recinto  del 
sahluario,  e  con  essa  la  pratica  dell'  aunegazione,  della  sommessio- 
ne  e  del  vivere  regolato.  Lo  attestava  egli ,  quando  piu  adulto  fol- 
leggiava  nei  delirii  della  sua  desolata  empieta,  con  queste  amare  pa- 
role :  « In  quel  giorni  una  stolta  educazione  mi  sforzava  a  non  dire 
quello  che  senliva,  e  a  non  sentire  quel  che  voleva.  E  quelbrusco 
e  importuno  contrastarmi  sempre  e  in  ogni  cosa,  m'  ispirava  de'pen- 
sieri  e  de'  desiderii  non  proprii  dell'  eta  mia  4  ».  Per  lo  che  divien 
manifesto  che  fin  d'allora,  comeche  non  fosse  al  tutto  indevoto ;  non- 
dimeno  non  si  acconciava  punto  a  quella  contraddizione  di  se  mede- 
simo  e  a  quelle  battaglie  dello  spirito  contro  la  carne,  della  ragione 
eontro  lalmmaginativa,  della  coscienza  contro  1'  albagia,  con  le  quali 
solamente,  e  non  con  allra  industria,  si  acquista  virtu  e  si  forma  1'a- 
mmo  a  lodati  costumi.  Che  se  da  fanciulletto,  in  cambio  d'un  avo  gia- 
cobino  che  «  gl'  ispirava  1'  amore  della  gloria  e  della  liberla »  e  gli 
« leggeva  e  commentava  i  giornali »  avesse  avuto  ( come  abbiam  del- 
to)  una  tenera  madre  che  accarezzandoselo  in  send  gli  avesse  « ispi- 
rato  1'  amore »  di  Cristo  e  del  suo  Vangelo,  e  gli  avesse  « lette  e  com- 

1  Pag.  141.  —  2  Pag.  168.  —  3  Pag.  146.  —  4  Pag.  253. 


206  RIVISTA 

menlate  »  le  vite  dei  Santi ,  e  ammaestratolo  a  vincersi  e  a  doraare 
le  sue  passioncelle  per  araore  della  «  liberty  »  dei  figliuoli  di  Dio,  e 
della  «  gloria »  del  paradise ;  ben  e  indubilato  che  nel  collegio  avreb- 
be  sperimentato  men  «  brusco  »  e  meno  « importuno »  il  bisogno  di 
«  contrastarsi  sempre  e  in  ogni  cosa  ». 

Ma  le  piaghe  che,  per  \izio  del  primitivo  suo  allevamento ,  col 
crescer  degli  anni  gli  si  aprivano  nell'  inlimo  del  cuore,  incanche- 
rirono  e  diventarono  imniedicabili  per  una  letlura  che  a  lui  fu  mor- 
tale.  Egli  non  dichiara  51  come  giugnesse  ad  avere  in  mano  i  libri  di 
Giacomo  Leopardi,  narra  sollanto  che  li'ebbe  inquel  seminario;  e  li 
ebbe  quando  «  gia  quasi  abborriva  la  vita,  prima  di  conoscerla,  e 
quando  avrebbe  maledetto  e  bestemmialo  se  avesse  saputo  maledire 
e  bestemraiare.  Allora,  prosegue  egli,  mi  fu  dato  il  Leopardi.  lo  lo 
lessi,  lo  divorai.  lo  1'  intendeva  ben  poco ,  ma  abbastanza  per  com- 
prendere  ch'egli  era  un  infelice,  e  che  s'era  falto  interprete  degl'in- 

felici.  lo  1'amai,  1'  adorai II  Leopardi  sar£  sempre  un  libro  sa- 

cro  per  me ;  ad  ogni  pagina,  ad  ogni  parola  di  esso  e  attaccata  una 
mia  memoria ,  un  mio  desiderio ,  una  mia  speranza.  E  stato  il  dia- 
rio  d'  una  buona  parte  della  mia  giovinezza  l  ». 

Chiunque  non  ignori  di  quanto  sconsolata  filosofia  Giacomo  Leo- 
pardi si  sia  fatto  espositore  e  cantore:  quanta  disperazione  d'ani- 
ma.,  quanto  tossico  di  empia  malinconia ,  quanta  ira  di  incredulita 
bestemmialrice  abbia  egli  travasato  nelle  sue  prose  e  ne'  suoi  versi, 
olezzanti  di  una  cotal  greca  fragranza,  agevolmenle  si  capacitera  del 
male  grandissimo  che  dallo  sludiarlo  assiduamente  ne  contrasse  la 
spirito  fantaslico,  focoso,  inquieto,  agitato  del  La  Vista.  E  cio  sia  di 
ricordevole  ammonimento  a  chi  invigila  1'  educazione  giovanile  nei 
collegi.  Un  libro  peslilenziale  o  introdotto  di  frode,  o  consentito  per 
lassa  indulgenza,  puo  ammorbare  incurabilmente  uno,  venti,  cento 
alunni,  come  accadde  di  questo  sfortunato  Luigi.  II  quale  ritirato  da 
quel  recesso,  ov'ebbe  le  prime  lettere,  guasto  nell' inlelletto  e  imme- 
desimato  con  Taninaa  atrabiliare  del  Leopardi,  fu  mandalo  dal  geni- 
tore  in  Napoli  per  lo  studio  delle  facolta  maggiori.  II  Villari,  che 

1  Pag.  253. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  207 

ilissimula  con  arte  egregiamente  liberalesca  ma  vergognosamente  il- 
liberale,  le  vere  origini  del  corrompimento  del  La  Vista,  conlenlasi 
di  indicare  che  « il  seminario  gli  avea  istillato  nel  cuore  un  odio 
profondo  ai  preti,  ed  una  dose  non  piccola  di  scetticismo,  che  era  sof- 
focata  dall' entusiasmo  del  suo  cuore.  ma  non  tan  to  che  non  gli  la- 
sciasse  nell'  anima  uno  sconforlo  ed  una  irrequietezza  che  lo  rode- 
va  1  ».  Non  e  grazioso  questo  scambietto,  di  impulare  al  seminario 
il  danno  recato  unicamente  da  un  libro  peslifero  ?  Perche  non  dire 
alia  schietta  che  il  Leopardi  ostinalamente  letto  e  rilelto  e  meditato 
€  pestato  con  la  fantasia  imbizzarrita,  avea  ridotto  Luigi  a  una  si  de- 
plorabile  condizione  di  spirilo  ?  Cio  imporlava  dichiarare  malefici  gli 
scritti  del  Leopardi.  Or  questo  appunto  non  si  vuole  dai  nostri  filo- 
sofastri  e  pedagoghi  e  scarabocchiatori  italianissimi. 

In  Napoli  Luigi  fu  degli  allievi  del  maestro  Francesco  De  Sanctis, 
il  quale  nella  sua  scuola  «  unico  santuario,  scrive  il  Villari,  che  re- 
stasse  ancora  incontamiuato  dalla  corruzione  borbonica  2  »  addestra- 
va  i  discepoli «  giovani  entusiasti »,  e  per  vie  non  pedantesche,  nel- 
la sublime  letteratura ;  e  «  rendeva  possibile  che  ivi  (cioe  nella  del- 
ta scuola)  crescesse  e  moltiplicasse  quella  virtu,  quella  nobilta  di 
proposili  generosi,  che  altrove  avrebbe  subito  portato  persecuzioni 
€  prigionia  3  ».  L'accorto  lettore  avra  subito  odorafco  cio  che  qui 
si  nasconda : 

Sotto  il  velame  degli  versi  strani. 

In  chiari  termini,  la  scuola  del  De  Sanctis  era  un  semenzaio  di  libe- 
rali  dai  denti  di  latte,  deslinati  prima  ad  essere  vittime  gloriose  del- 
1'  Italia  da  riyenerarsi ,  e  poi ,  sopravvivendo  ,  a  godere  uu  giorno 
il  paradiso  di  lei  riyenerata,  e  goderlo  con  belle  croci  cavalleresche 
nel  petto,  con  grasse  provvisioni  dell'  erario  nazionale  in  tasca,  e  in 
posli  cospicui  ancora  di  Ministri  per  la  pubblica  istruzione,  come 
iocco  in  sorte,  all'oscuro  maestro  dei  «  giovani  entusiasti  ». 

II  La  Vista  che  intanto,  sviato  dietro  le  mattezze  del  disperatissi- 
mo  Leopardi,  tracannava  a  larghi  sorsi  il  veleno  d'  ogni  allra  rea 

1  Pref.  pag.  XXV.  —  2  Ivi,  pag.  II.  —  3  Ivi,  pag.  III. 


208  RIVISTA 

dottrina  che  gli  si  offerisse  alle  mani,  compie  di  travolgersi  il  cer- 
yello,  mescolandosi  ai  futuri  «  eroi »  di  quel  secrelo  ginnasio,  e  in- 
yasandosi  la  testa  di  quelle  idee ,  che  il  nonno  a  lui  pargoletto  avea 
fatte  scintillare  nella  puerile  immaginazione.  «  Un  giorno  ( ci  rac- 
conta  il  Yillari,  che  era  anch'esso  dell'avventuroso  numero  dei  gio- 
vani  entusiasli)  lo  trovai  profondamente  commosso  per  aver  letloun 
articolo  di  Saint-Beuve,  intorno  ad  un  giovane  caduto,  combatlendo 
sulle  barricate  di  Parigi,  nelle  tre  giornate  di  Luglio,  prima  di  po- 
tersi  far  conoscere  altrimenli  che  con  la  sua  morte  eroica.  —  Se  un 
amico,  egli  mi  diceva,  parlasse  di  me  a  quel  modo,  morrei  conlento 
anche  dimani,  anche  ora  ». 

E  impossibile  a  descrivere  il  disordinamento  di  coricelti  e  di  passio- 
ni  che  la  filosofia  atea  del  Leopardi,  e  poi  la  leltura  scompiglialissima 
di  tanti  libri,  forestieri  e  malvagi  la  phi  parte  e  condannati  dalla 
€hiesa,  e  poi  le  stoltizie  politiche  e  massoniche,  ingenerarono  in 
quel  suo  cervello  torbido  e  pendente  al  tetro.  A  guardarne  solo  il  di 
fuori,  testifica  il  Yillari  che  «  assai  spesso  traspariva  nelle  sue  lab- 
bra  una  mal  velata  ironia  che,  senza  offuscare  la  sua  ingenua  bonla, 
manifestava  un  profondo  sconforto  dell'animo  1  ».  Ma  queslo  era 
non  piu  che  un'  ombra  del  froutispizio,  quale  si  moslrava  in  pubbli- 
co.  Chi  \7oglia  divisarsi  cio  che  fosse  di  fatlo  nell' interior  suo,  biso- 
gna  correre  le  sue  noterelle.  Noi  ne  riporteremo  un  breve  saggio,  pre- 
gando  i  lettori  a  scusarci  se ,  per  far.  toccare  loro  con  mano  il  gran 
pericolo  che  e  a  «  educarsi  da  se »  senza  la  scorta  di  guide  onesle  e 
sicure,  li  introduciamo  di  passata  nell' inferno  leopardiano. 

Prima  di  tulto  era  senza  fede  o  quasi ;  non  curava  piu  Dio  Sal- 
yatore;  non  pregiava  piu  le  dolcezze  della  pieta  cris liana ,  ne  i 
ministri  della  Chiesa ;  e  avea  perdu ta  ogni  credenza  in  una  vita 
soprannaturale  e  nella  stessa  immortalitadeiranima.  «  Ilsentimen- 
to  della  religione,  scrive  egli,  non  si  e  soffocato  mai  del  tutlo  nel 
mio  cuore.  Quando  non  ho  veduto  piu  nulla  nel  tempio  e  nei  rili, 
ho  creduto  di  trovare  lulto  nella  natura,  in  una  poesia,  neU'anima 
d'un  amico  2.  La  piaga  dei  preti  einsanabile;  finche  il  Papa  sara 
despota,  i  preti  saranno  birri  3  » .  Altrove  parla  «  del  lempo  in  cui 

1  Pref.  pag.-XXY.  —  2  Pag.  9.  —  3  Pag.  136. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  209 

credeva  ai  preti,  alle  cerimonie»  confessando  di  «non  aver  pregato 
e  forse  neppure  creduto  daparecchi  anni  1 ».  Altrove  sclama:  «  Ve- 
nisse  la  morte !  cesserebbe  questa  vana  agitazione,  e  in  luogo  del 
dolore  e  della  noia  verrebbe  1'oblio,  1' annullamento  2  ».  Allrove 
chiama  «  pregiudizio  del  cuore  »  la  memoria  religiosa  del  defonti  3. 

Conseguenle  di  questa  scredenza  fu  un  dubitare  perpetuo,  un  va- 
cillare  della  mente  continue,  un  duellare  tormentato  e  senza  posa  da 
se  con  se.  «  Per  le  due  mie  orecchie  si  insinuano  due  voci,  le  quali 
vanno  a  turbare  la  quiete  del  mio  povero  cervello;  io  ondeggio,  ora 
mi  do  vinto  a  questo,  ed  ora  a  quello :  il  dubbio  non  cessa  mai,  e  la 
pace  deiranima  e  perduta  4.  Tulti  i  luoghi,  tutte  le  persone,  tutte  le 
ore  sono  una  stessa  cosa.  II  dubbio  e  monotono  come  la  noia,  eter- 
no  come  il  dolore  5.  Credete  voi  che  lo  scetlicismo  e  T  indifferenza 
possano  naturarsi  colla  giovenlu?  Voi  non  sapeie  quanto  dolore  e 
contrasto  e  battaglia  sia  nel  mio  spirito.  Eccomi  a  venti  anni,  con 
un  cuore  ardente,  con  una  fantasia  faltaper  quel  cuore;  e  non  amo, 
e  non  ispero,  e  non  credo.  Piango  nella  solitudine,  e  mi  accorgo  che 
il  mio  pianto  contrasta  colla  filosofia,  e  che  il  mio  cuore  non  puo 
rinchiudersi  nel  cerchio  segnatogli  dalla  mia  testa,  Io  morro,  op- 
presso  dalla  fatale  conlraddizione  che  il  destino  ha  slabilita  tra  i 
moti  del  mio  cuore  e  i  ragionamenti  del  mio  inlelletto  6.  » 

Di  questa  smanrosa  incertezza  altro  conseguente  fu  una  meslizia , 
un'  angoscia,  una  desolazione  interna  al  tulto  inconsolabile.  Dando 
le  ragioni  del  perche  «  nel  seminario  si  sentiva  come  in  carcere  » , 
appresso  qualche  altra  piu  ignobile,  adduce  questa:  « Io  immagina- 
va  che  libero  (come  un  uccello)  avrei  potuto  essere  felice ,  e  che  il 
volo  fosse  liberta  e  la  luce  felicita  »  ;  e  conchiude:  «  Illusion!,  so- 
gni!  dopo  sono  stato  liberissimo,  ho  corso  come  quell' uccello,  mi 
sono  circondato  di  bellezza,  inebbriato  di  luce;  e  sempre  dove  che 
sia  ho  sentito  sonarmi  dietro  la  mia  catena,  e  crescermi  nello  spiri- 
to la  caligine  7.  »  In  altro  luogo  volgendosi  agli  amici :  «  Forse  e 
incresciosa  la  mia  malinconia?  dice  loro ;  ma  voi  non  perdonate  al 

1  Pag.  170.  —2  Pag.  145.  —  3  Pag.  180.  —  4  Pag.  68.  -  5  Pag.  170.  — 
6  Pag.  161.  —  7  Pag.  168. 

Serie  V,  vol.  X,  fasc.  338.  -14  6  Aprile  f864. 


RIVISTA 

delirio  del  febbricitante?  Anch'  io  ho  la  mia  febbre;  sono  inerle  e  il 
pensiero  mi  divora;  sono  giovane,  e  il  mio  pensiero  e  tristo  1.  »  In 
altro  luogo  racconta  che,  anche  nel  meglio  de'suoi  sollazzi  del  caval- 
care  e  del  villeggiare,  «  si  senle  preso  da  si  profooda  e  dolorosa 
malinconia,  che  prorompe  in  pianto,  ed  e  tentato  di  gittarsi  per  ter- 
ra e  di  farsi  stritolare  dal  suo  cavallo  »  e  si  disfoga  cosi :  «  Eterna 
natura,  a  che  bene  questa  terribile  contraddizione  tra  il  volere  e 
1'essere,  tra  il  cuore  e  I'  universo?  2  »  In  allro  luogo :  «  Io  conosco 
un  tale,  scriv'  egli,  il  quale  si  annoiava  della  leltura  e  delle  divine 
lettere  di  Giacomo  Leopardi,  perche  in  tutte  quelle  leltere  non  eche 
un  lamento  perpetuo  della  sua  insanabile  malatlia  e  del  suo  dolore 
fatale.  Io  non  sono  Giacomo  Leopardi,  %e  mi  dolgo  e  lamento  conti- 
nuamente.  Nondimeno  io  sono  ragionevolmente  scontento ;  e  le  ca- 
gioni  del  mio  scontento  e  della  mia  tristezza  sono  nell'  abisso  del 
cuore  3.  »  ' 

Di  questo  affannoso  penare  menlalmenle  senza  i  conforti  di  Dio, 
senza  i  balsami  della  religione,  senza  le  care  giocondila  del  cielo, 
altro  conseguenle  fu  una  rabbiosa  disperazione:  «  Sono  stanco  di 
sentirmi  slanco ;  sono  annoiato  di  sentirmi  annoiato  4.  Nel  mio  cuo- 
re non  ho  a'ccolto  che  I'amicizia ;  il  reslo  1'ho  colmato  di  disperazio- 
ne e  di  scetticismo  5.  La  mia  malattia  non  e  descritta  in  nessun  li- 
bro  medico;  della  mia  malattia  sono  morti  molti  giovani,  spariti  pri- 
ma  d'  essersi  rivelali.  Essa  ha  la  sua  sede  nel  cervello,  e  sotto  la 
mammella  sinistra  ;  io  morro  di  apoplessia  morale  e  intelleltuale, 
morte  morieris.  Ho  conosciuto  troppo  innanzi  tempo  6.  »  Ne  ripu- 
gnando  persino  a  bestemmie  atroci,  cosi  colloquia  con  se  medesimo : 
«  Donde  vieni ,  dove  vai  ?  domandalo  a  chi  ti  ha  Iralto  dal  niente ; 
se  non  e  capriccio,  certo  e  crudella.  Darti  un  cuore  ribelle  alia  ra- 
gione,  darti  un  desiderio  superiore  alia  felicita,  si  dice  che  sia  mi- 
slero;  a  me  pare  che  crudelta  o  peggio.  Ecco  il  mondo,  ecco  T  uo- 
mo,  ecco  la  filosofia,  ecco  la  religione  "7.  »  A  tal  segno  questo  tra- 
viato  garzone  poneva  in  non  cale  le  dottrine  rivelate,  e  sole  consola- 

1  Pag.  158.  —  2  Pag.  159.  -  3  Pagg.  144-45.  —4  Pag.  159.  —5  Pag.  161. 
-  6  Pag.  182.  —  7  Pag.  4. 


DELL  A  STAMPA  ITALIANA  211 

irici ,  del  fine  ultimo  dell'  uomo  ,  del  divino  e  irieffabile  magistero 
della  grazia,  della  redenzione,  della  salute ;  e  giltalasi  la  croce  e  la 
fede  di  Cristo  sotto  de'  piedi,  beslemmiava  perche  non  arrivava  ad 
intendere  il  «  mistero  »  di  questo  mondo ! 

Ouindi  qual  meraviglia  che  gli  venisse  a  tedio  una  vita  cosi  acer- 
ba,  cosi  travagliata,  e  che  piu  volte  meditasse  di  levarsela  scellera- 
tamente?  Abbiamo  dinanzi  agli  occhi  una  pagina  che  fa  rabbrividire, 
nella  quale  esaminando  egli  i  diversi  modi  di  uccidersi,  delibera  di 
prescegliere  1'  oppio.  Noi  vogliamo  risparmiare  al  letlore  il  ribrezzo 
di  tanto  orrida  insania,  e  basti  che  gli  accenniamo  che  quella  sna- 
turata  pagina  comincia :  «  II  suicidio  non  mi  ha  spaventato  mai  »  e 
termina :  «  1'oppio  e  la  fatalila,  ecco  la  medicina  fisica  e  morale  del- 
1'uomo  l.  »  Ma  se  ne  ritenne  per  amore,  dic'egli,  del  padre.  Dov'e 
da  notare  una  semplidta  liberalesca  del  buon  Villari ;  il  quale  sgo- 
mentatosi  egli  pure  della  infamia  che  erano  queste  righe  per  «  Y  a- 
dorato  amico  »,  si  e  pensato  di  rinfamarlo,  scaricando  il  vilupero  di 
quella  sua  deliberazione  addosso  «  alia  enormitSt  della  tirannide  bor- 
bonica,  sotto  cui  dovevamo  vivere  2  ».  Quasi  che  il  La  Vista  non 
ispieghi  da  se  in  mille  passi  di  queste  sue  Memorie ,  che  quel  vi- 
tupero  era  parto  della  sua  miscredenza,  della  sua  empieta,  delle 
sue  disfrenate  passioni,  le  quali  travolgeanlo  per  un  vortice  d'insen- 
salezze,  che  spesso  aveano  della  frenesia.  «  Soggiungo  che  io  son 
pazzo;  oggi  era  pazzo,  stasera  son  rinsavito  3  » :  dichiara  egli.  «  So- 
gno  e  sempre  sogno  £.  Volentieri  farei  il  ciabattino,  se  le  ciabatte 
potessero  occuparmi  il  cervello,  come  mi  occuperebbero  le  mani  e 
gli  occhi  5  »;  e  via  via.  Da  questa  discolpa  in  fuori,  noi  non  iscor- 
giamo  quale  altra  se  ne  possa  allegare,  che  uon  sia  ridicola. 

Senza  che  di  questa  si  disorbitanle  abbie?ione  deir  animo  del 
La  Vista ,  chi  cercasse  la  cagione  piu  recondita  ,  troverebbe  che  fu 
una  soltilissima  superbia  ,  una  vanita  non  appagata  e  non  facile  ad 
appagarsi.  Omeltiamo  qualche  altra  affezione  erotica ,  ne'cui  lacci 
egli  si  manifesta  preso,  benche  con  esito  malaugurato ;  e  su  questa 
dell'ambizione  ci  fermiamo,  perche  trainee  in  tutte  le  sue  scritture : 
e  noi  stimiamo  che  sia  proprio  quel  «  bianco  delle  pagine  »,  che  ii 

1  Pag.  100.  -  2  Pag.  101.  -  3  Pag.  68.  —  4  Pag.  184.  —  5  Pag.  155. 


212  RIYISTA 

Villari  ci  avvisa  «  potersi  difficilmente  saper  leggere  »  da  clii  «  non 
lia  conosciuto  »  il  giovane  Luigi  l.  Egliavea  una  sete,  unasmania, 
una  brainosia  furenle  di  riuscire  un  gran  che  nel  mondo,  e  di  farsi 
celebre  e  nominate  pel  valore  de'  suoi  talenli  di  perspicacia  e  di 
facondia,  che  certo  aveva  sopra  dell'  ordinario.  E  il  maestro  suo  de 
Sanctis ,  apostrofandolo  neli'  elogio  funebre  che  gli  recito  «  nella 
scuola  » ,  pole  dirgli :  «  E  tu  non  eri  inodesto ,  che  la  coscienza  del 
luo  ingegno  brillava  nel  tuo  volto  e  ne'  tuoi  discorsi  2. »  Ne  le  lodi, 
le  ammirazioni ,  gli  applausi  de'  condiscepoli  «  entusiasti » ,  i  quali , 
se  crediamo  al  Villari ,  «  gli  leggevano  sulla  fronte  un  a\  venire  di 
cui  andavano  tutti  superbi  3  »,  doveano  conferir  poco  a  raffermargli 
e  gonfiargli  in  capo  questa  opinione  della  propria  eccellenza.  Se 
non  che  per  una  parte  egli  era  di  piccolo  nascimento,  di  scarso  pa- 
trimonio,  di  minime  aderenze  ;  e  per  T  altra  «  1'  amore  alia  gloria  e 
alia  liberta  »  innestatogli  nella  puerizia  dal  nonno ,  ringagliardito- 
gli  dalle  sue  letture  e  rinfocatogli  colidianamente  nella  scuola ,  non 
gli  apriva  altro  sentiero  di  ascendere  presto  in  alto  se  non  quello 
della  Rivoluzione.  Eppero  non  vagheggiava  piu  allro  che  novila 
strepitose ,  delle  quali  faceva  centre  se  stesso ;  e  in  queste  follie  di 
sogni  orgogliosi,  egli  consumava  il  vigore  piu  vitale  dell'  esser  suo ; 
e  pel  rammarico  di  trovarli  pur  sempre  sogni  e  non  mai  altro  che 
sogai ,  struggevasi  e  pazzeggiuva.  Perocche  la  sua  mente  disviata 
da  Dio  ,  non  concepiva  altra  specie  di  beni  possibili  e  godibili ,  e  ii 
suo  cuore,  vuoto  di  affeili  celesliali,  era  inabile  a  trasvolare  sopra  le 
niagnifiche  fanciullerie  che  sono  gli  onori  transitorii,  e  a  posarsi  nel- 
la beatifica  fonte  degli  onori  elerni. 

«  Come  giunse  a  leggere  le  storie  diverse  della  rivoluzione  del  93 
(ci  racconta  il  Villari)  e  di  quella  del  30,  fu  trasporlato  in  un  delirio 
d'  entusiasmo.  Quando  ci  rileggeva  un  discorso  di  Mirabeau  ,  o  la 
difesa  d'uua  barricata  ,  sembrava  che  il  petto  gli  scoppiasse ,  e  per 
piu  ore  dopo  la  lettura  rimaneva  esausto.  Una  tribuna  o  una  barri- 
cata, erano  il  suo  eterno  sogno. ...  I  giornali  francesi  (negli  event! 
del  1847)  arrivavano  di  soppiallo  insino  a  noi.  Nella  piccola  slan- 
zetla  di  Luigi ,  egli  ci  faceva  senlire  i  discorsi  di  Thiers  e  di  Gui- 

1  Pref.  p.  VI.  -  2  Ivi,  pp.  XL1Y-Y.  —  3  Ivi,  p.  XXV. 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  213 

zot ;  e  noi  stessi  gli  strappavamo  di  mano  il  giornale ,  perche  si  la- 
sciava  andare  ad  eccessi  strani  1 .  »  Di  qui  quella  insofferenza  tra- 
vagliosissima  del  suo  stato,  del  suo  presente  vivere ,  della  sua  con- 
dizione.  «  Vorrei  scrutar  1'avvenire ,  scriv'  egli ;  vorrei  sapere  die 
saia  di  me.  II  pensiero  che  potessi  restar  sempre  quel  eke  sono  ora, 
mi  spaventa.  Sudar  tanto  per  rimanere  oscuro !  Era  meglio  che  mi 
fossi  dalo  alia  campagna  2.  »  E  per  esordio  alle  bestemmie  riporlate 
piu  innanzi,  usava  queste  parole  :  «  Che  vuoi,  che  chiedi?  China  la 
tesla  e  laci ;  non  sei  nato  per  riuscire  un  grand' uomo  3.  »  Cosi  de- 
scrivendo  il  suo  giubilo  per  una  cavalcata  festiva  del  suo  paese,  in 
cui  egli  avea  faito  comparsa :  «  Mi  pareva,  aggiunge,  che  di  quelle 
cenlinaia  di  ieste  che  m'erano  intorno  io  fossi  il  pensiero ;  mi  pareva 
che  io  leguidassi,  nuovo  Camillo  Desmoulins,  alia  rivoluzione,  alia 
liberta La  mia  vera  passione  e  la  tribuna,  o  la  cattedra,  o  la  ri- 
voluzione 4  ».  E  poco  piu  sotto  :  «  Sulle  pagine  del  Moniteur  io  mi 
sento  un  altr'uomo ;  quei  caratteri  son  fiamme,  quei  discorsi  son  ful- 
mini.  Io  parlo  e  grido  e  declamo  solo ,  e  mi  fingo  intorno  un  parla- 
mento,  e  sogno  la  batlaglia  oratoria  e  la  vittoria  polilica  "5.  »  E  al- 
Taprirsi  nel  Maggio  del  1848  il  Parlamento  in  Napoli :  «  Mi  sento 
oscuro ,  ma  non  nato  per  1'  oscurila.  La  e  una  tribuna ;  se  potessi 
impadronirmene  per  un  istante  6  ?  »  Non  e  quindi  a  stupire  ,  che  a 
furia  di  chimerizzare  inlorno  a  grandezze  poetiche  e  non  reali,  e  di 
pascer  d'aria  una  smodata  superbia  ,  egli  traboccasse  in  cosi  basso 
avvilimento.  Al  quale,  per  assegnare  a  cagione  « la  tirannide  borbo- 
nica  » ,  si  domandava  proprio  un  cuore  di  liberate  che  «  facesse  velo 
al  giudizio  ». 

E  si  osservi  che  noi,  ascrivendo  molta  porzione  de'  suoi  errori  a 
ludibrio  di  fantasia ,  non  miriamo  a  detrargli  nulla  di  quel  vivo  e 
splendido  ingegno,  di  che  apparisce  qui  largamente  arricchito.  Ma 
da  quanto  ci  e  occorso  vedere  nelle  sue  scritturette,  ci  sembra  lu- 
culentissimo  che  egli  era  almeno  allrettanto  fantastico  che  ingegnoso, 
e  che  ne'  suoi  studii  sregolati  e  fatti  a  impeto  di  capriccio,  attese 
molto  piu  a  svolgere  la  potenza  immaginativa,  che  non  a  disciplinare 


1  Pref.  pp.  XXVIII-IX.  —  2  Pag.  68.  —  3  Pag.  4.  -  4  Pagg.  164-65'.  — 
5  Pag.  178.  —  6  Pag.  194, 


211  RIVISTA 

la  discorsiva ;  procedendo  anzi  a  balzi  di  natural  genio  che  ad  alzafe 
di  valenle  intelletto.  Ne  quella  ferrana  d'aulori  d'  ogni  specie  di  cui 
egli  si  sopraggravava  la  mente ,  potea  condurlo  ad  assellarsi  un? 
po'  in  capo  il  guazzabuglio  delle  cose  che  vi  bollivano  dentro.  Di 
sustanziosa  filosofia  era  piu  digiuno  che  magro,  e  con  lutto  cio  sc  la 
faceva  dimeslicamenle,  non  pure  cogli  anlichi  Plalone,  Plutarco,  Ta- 
cito,  Livio  o  che  altri;  ma  scarlabellava  i  moderni  scriltori  e  filoso- 
fanti,  di  materie  storiche  segnatamenle ,  tedeschi,  inglesi ,  francesi,. 
italiani ;  e  Macchiavelli,  e  Rousseau,  e  Mttller,  e  Hume,  e  Bossuet,  e 
Voltaire,  e  Sarpi,  e  Gibbon,  e  Guizot,  e  Thierry,  e  Vico,  e  Herder,  e 
Botta,  e  Blanc,  e  Sismondi  e  dite  voi,  con  un  mescolare  e  confondere 
sistemi  e  opinion!  e  sentenze  che  e  malagevole  a  figurarselo.  E  sicco- 
me  oltre  la  lingua  latina,  la  malerna  e  la  francese  non  avea  perizia 
di  allre;  cosi  egli  ne  manco  avea  la  consolazione  di  gustare  in  fonte 
i  principal!  libri  del  moderni  foreslieri,  ma  volti  in  francese:  di  che 
gli  avvenne  d' infranciosarsi  tanlo  e  nei  concelii  e  nello  stile,  che  i 
suoi  ammiratori  condiscepoli  gliene  mossero  lagnanze.  Ma  il  suo 
aulore  prediletto,  I1  idolo  de'  suoi  pensieri  fu  sempre  e  solo  il  Leo- 
pardi,  che  egli  dicova  di  «  adorare  » ,  che  intilolava  «  la  piu  bella* 
manifestazione  di  Dio  »  ,  e  con  le  cui  opere  in  mano  avrebbe  vo- 
luto  gli  si  facesse  il  ritratlo  1.  Tanto  gli  parea  d'essere  divenuto  una 
cosa  sola  con  questo  nefasto  ingegno,  avvelenatore  dell'anima  sua. 

Eppure  il  giovane  La  Vista,  che  tanto  ricopio  in  se  dello  spirito« 
prevaricatore  del  Leopardi ,  non  voile  ricopiar  nulla  ( per  quanto 
sappiamo  da  queste  Memorie  )  del  suo  cuore  penlito.  Giacche  quei 
Leopardi  che  ripudiava  Dio  per  non  maledirlo,  e  che  malediceva 
lutto  il  resto  per  vendetta  di  essere  infelice,  quegli  stesso,  pochi  me- 
si  innanzi  che  calasse  nel  sepolcro,  si  ricredelte,  sgravo  il  peso  delle 
sue  miserie  nel  petto  di  un  minislro  di  Gesu  Gristo,  pianse  con  dole! 
lagrime  i  suoi  traviamenti  appiedi  del  Bedentore,  e  riconciliato  con 
lui,  e  pieno  d'una  non  mai  guslata  pace  e  serenila,  mori  cristiano  e- 
penitente.  Ne  il  ncgarlo  che  hanno  falto  e  fanno  i  setlarii  tulti  ilalia- 
ni,  scandalizzali  diabolicamente  alia  sola  idea  di  un  Leopardi  abhrac- 
ciato  al  Crocifisso,  scema  un  apice  alia  nalura  di  quesla  conversione 

1  Pagg.  161,  253. 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  215 

mollo  piu  facile  a  provar  vera  che  a  provar  falsa.  Lo  sciagurato 
La  Vista  invece  resislelte  a  quella  grazia,  a  cui  s'  era  dalo  docilmente 
\into  Giacomo  Leopardi.  Ecco  un  passo  che  porgiamo  da  considerare 
ai  lettori.  «  Staraaltina  (scrisse  di  se  Luigi  alcuni  mesi  avanti  di  mo- 
rire )  sono  enlrato  in  uoa  cappella  domestica,  e  vi  ho  udito  una  messa 
da  un  ami co  sacerdote ;  la  stessa  cappelia,  le  stesse  cerimonie,  lo  stes- 
so  sacerdote  dei  tempi  in  cui  credevo  ai  preti,  alle  cerimonie.  Quelle 
parole,  quella  persona,  quel  luogo  mi  hanno  commosso  vivamenle.  lo 
son  avea  pregalo  e  forse  neppure  creduto  da  parecchi  anni ;  slamat- 
tlna  mi  sono  pure  commosso  vivamenle.  Mi  pareva  che  le  immagini 
mi  parlassero,  che  le  mura  mi  rimproverassero.  Mi  sono  vergognato, 
tnisono  pentito ;  avrei  voluto  ritornar  nellainfanzia,  rifarmi  fanciullo. 
Dopo  un  islante  io  era  lo  stesso  io :  il  riso  mi  e  tomato  sulle  labbra,  e 
il  dubbio  si  e  svegliato  nell'  anima.  Dio !  le  ricordanze  della  infanzia 
e  della  adolescenza  non  sono  bastate  a  ravvivarmi,  a  conforlarmi  1  ? » 
Misero,  che  dopo  ributtato  da  se  Dio,  il  quale,  con  quell'  invito,  gli 
offeriva  1'amplesso  dell'amore  e  il  bacio  del  perdono,  inorridisce  del- 
la  propria  durezza,  e  rimane  attonito  della  sua  mostruosa  pervicacia! 
I  rivolgimenli  politici  del  1818  sopravvennero  a  turbare  anche 
Napoli.  Fu  bandito  lo  statuto  della  liberta ,  e  il  La  Vista  aperse  su- 
l)ilo  il  cuore  a  infinite  speranze.  II  Villari  e  gli  «  entusiasti »  giova- 
iii  suoi  condiscepoli  «  a  dir  poco  lo  vedevano  ministro  della  pubblica 
istruzione  2  ».  Ma  in  iscambio  di  questa  volata,  che  in  un  giovinot- 
lo  di  venlidue  anni  sarebbe  stata  simile  al  volo  d'  Icaro ,  il  povero 
Luigi,  restalo  nell'oscuro  luogo  in  cui  lo  avea  lasciato  « la  tirannide  » 
precedente ,  dove  contentarsi  dell'  umile  mestiere  di  giornalista.  A- 
vrebbe  voluto  arrolarsi  nelle  legioni  dei  volontarii  per  la  guerra  di 
Lombardia.  Per  rivedere  prima  il  padre  indugio  a  farlo  ,  e  intanto 
s'inscrisse  nella  guardia  nazionale-  Finalmenle  giunse  il  padre  « vec- 
chio  canulo,  ma'fiero  e  robusto,  con  tutte  le  passioni  e  i  sentimenli 
<ii  un  repubblicano  del  98  »  dice  il  Villari  3  :  e  mentre  Luigi  aspet- 
tava  che  la  guardia  avesse  ordirie  di  marciare  ,  si  pose  a  scrivere  , 
per  appendici  a  un  giornale,  le  biografie  de'  piu  solenni  congiuratori 
<del  Regno,  intitolandoli  al  solito  «  marliri  napolilani ».  , 

1  Pag.  170.  -  2  Pref.  pag.  XXIX.  -  3  Ivi,  pag.  XXXIV. 


216  RIVISTA 

La  maltina  del  15  Maggio,  giorno  deputato  dalle  sette  per  alter- 
rare  il  trono  di  Ferdinando  II,  Luigi  badava  a  comporre  tranquilla- 
mente  la  prima  delle  sue  biografie,  quando  gli  enlro  nella  stanza  il 
padre  a  sollecitarlp  che  veslisse  la  militare  divisa ,  afferrasse  il 
fucile ,  e  seco  uscisse  a  combatlere  contro  il  Re.  II  giovane  si  ve- 
sti,  si  armo,  lo  segui  e  insieme  si  appostarono  a  difendere  una  casa, 
nel  Largo  della  Carita.  Le  milizie  regie,  da  per  lutto  vittoriose  della 
ribellione,  si  precipitarono  anohe  sopra  questa  casa,  e  nel  punto  che 
Luigi,  esausto  di  munizioni,  apriva  la  porta  e  si  presentava  per  ren- 
dersi  prigioniero,  una  scarica  di  moschetti  lo  freddo  morto  ai  piedi 
del  padre.  II  quale  (ci  fa  sapere  il  Villari)  «  dopo  trascinato  ,  qual- 
che  tempo  ancora,  una  vita  miseranda ,  che  somigliava  ad  un  sogno 
pauroso;  cesso  finalraente  di  vivere,  sempre  piangendo  quel  figlio  che 
avea  tanto  amato,  e  da  cui  era  stato  cosi  ardenlemente  riamato  l  » : 
e  possiamo  aggiunger  noi,  che  egli  dispietatamente  e  iniquamente 
avea  condotto  al  raacello.  Inutile  ogni  altro  commenlo. 

Cosi  fini  questo  disgraziatissimo  giovane  ,  il  cui  cadavere  ando 
smarrito,  e  la  cui  memoria  non  ha  avuto  altri  onori  che  un  breve  elo- 
gio  dal  De  Sanctis,  deUo  nel  secreto  di  una  scuola,  e  poi  questo  vo- 
lumetto  :  il  quale  se  sia  un  monumento  di  vera  lode  o  non  anzi  di 
tristo  obbrobrio,  vogliamo  che  ne  giudichi  il  leltore.  Ma  insieme  ec- 
co  il  modello  puro  e  maniato  del  giovane,  che  «  sempre  palpito  per 
la  liberta  polilica  e  per  la  liberla  del  pensiero».  La  prima,  scambia- 
ta  con  la  libidine  del  ribellare,  lo  meno  a  crudele  e  immatura  mor- 
te :  la  seconda,  confusa  con  la  intolleranza  d'ogni  freno  umano  c  divi- 
no,  lo  precipilo  negli  abissi  di  una  empieta  da  dannato.  A  noi  intanto  e 
parso  pregio  dell'opera  darne  questo  ragguaglio,  si  per  mettere  sem- 
pre piu  in  chiaro  di  quale  sorta  sieno  gli  eroi  e  i  «  martiri »  che  la 
Rivoluzione  tiene  in  serbo,  per  esporli  al  culto  pecorino  dei  liberali; 
e  si  molto  piu  per  confermare  con  1'  esempio  di  questo  miserabilc, 
quanta  ruina  apporlino  all'adolescenza  i  libri  malvagi,  e  a  quali  ec- 
cessi  di  sventure  guidi  un  ingegno  anche  bello.,  ma  o  abusato  o  tra- 
viato,  e  un  cuore  anche  gentile,  ma  o  viziato  o  sedotto. 

1  Pref.  pag.  XL. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  217 

II. 

Se  io  fossi  Vescovo :  per  ELIA  ARR-DUBRON  :  estratto  dal  Messaggiere 
di  ftovereto.  --  Venezia,  1864.  Un  opuscolo  in  8.°  di  pag.  32 ; 
nel  quale  si  danno  molli  consigli  ai  Vescovi ,  e  nessuno  ai  Ca- 
nonici. 

II  signer  Elia  Arr-Dubron,  che  all'  apparenza  esolica  del  suo  bel 
norae,  sembrerebbe  dover  essere  un  esercente  il  Rabbinalo,  anziche 
un  aspirante  all' Episcopate,  e  pero  in  verita,  secondo  che  apparisce 
dal  suo  libretto,  un  cristiano  di  buone  intenzioni ;  di  quelle  intenzio- 
ni,  intendiamoci,  di  cui  dicono  gli  ascetici  essere  selciata  una  certa 
parle  del  mondo  di  la.  Dove  non  ci  ha  veruno  il  quale  non  sia  al 
caso,  molto  meglio  che  non  il  signor  Elia,  di  dare  buoni  pared,  non 
solo  agli  altri,  che  e  cosa  facilissima,  ed  ai  Vescovi  ancora,  siccome 
fa  il  nostro  autore  con  quella  modesta  sicurezza  di  se  medesimo,  che 
contraddistingue  tulti  questi  distributori  gratuiti  di  consigli  non  ri- 
chiesti;  ma  ancora,  che  e  cosa  comunemente  assai  piu  difficile,  a  se 
medesimo  (se  fosse  in  condizione  di  potersene  valere)  secondo  che 
il  signor  Elia,  nella  sua  qualunque  siasi  vita,  spesa  nell' occuparsi 
dei  doveri  altrui,  non  sembra  ancora  aver  avuto  molto  agio  di  fare. 

E  benche  sia  noto  che ,  conforme  dice  il  proverbio ,  «  solto  con- 
siglio  non  chiesto  gatta  ci  cova  »  e  «  guardati  da  chi  ti  ccnsiglia  a 
fin  di  bene  » ;  pure,  siccome  dall'altro  canto  neanche  inancano  pro- 
verbii  i  quali  dicono  in  sostanza ,  che  un  buon  consiglio  da  qualun- 
que parle  venga  non  si  ha  mai  a  disprezzare;  cosi  noi  ci  risolviamo 
di  trattenerci  alquanlo  sopra  questo  libretto  di  consigli  che  il  signor 
Elia  voile,  per  sua  bonta,  indirizzare  ai  Vescovi ;  essendoci,  Dio  gra- 
zia,  toccata,  nella  diligente  lettura  che  ne  abbiamo  falta,  la  buona 
sorte  che  Donalo  narra  aver  avuta  Virgilio,  il  quale  (poiche  1'  ha 
delto  Donate,  possiam  dirlo  anche  noi )  aurum  colligebat  de  ster- 
core  Ennii. 

II  primo  aureo  consiglio,  in  che  ci  siamo  felicemente  imbattuti,  si 
trova  a  pagina7,  dove  il  signor  Elia  protesta  e  dichiara  che,  se  egli 


218  RIVISTA 

fosse  Vesccvo,  non  vorrebbe  ignorant!  per  casa.  «  Se  io  fossi  Ve~ 
scovo,  dice  egli,  mi  guarderei  bene  tlallo  scegliere  a  curator!  d'anime 
gl'ignoranli.  »  E  poco  dopo:  «  Vorrei  bene  aprir  gli  occhi  prims 
di  conferire  gli  ordini  sacri  a  tulli  i  concorrenti » .  E  cio  perche  «  il 
prele  ignoranle  e  facilmente  superstizioso  e  fanatico.  »  Sapientissima 
sentenza !  Nel  profferir  la  quale  il  signer  Elia  probabilmente  non  ha 
sentito  tuUo  1'  enorme  peso  della  ragione  ch'egli  aveva  nel  pronun- 
ziarla.  Giacche  egli,  in  verita,  non  nomina  qui  espressamente  i  Ca- 
nonici  della  Gattedralc.  Ma  sianio  persuasi  cbe,  se  egli  fosse  Veseovo; 
odierebbe  1'  ignoranza  nei  membri  del  sno  Capitolo,  piu  ancora  cbe 
non  nei  curalori  d'anime  e  negli  altri  preli  in  generale.  E  cio  perche 
i  Canonici  sono  i  ?onsiglieri  nali  del  Vescovo.  E  se  i  Canonic!  sono 
infatuali,  da  chi  il  Vescovo  ricevera  il  sale  dei  buoni  consigli?  E  dun 
que  evidente  die,  nell'  opinione  sollintesa  del  signer  Elia,  i  Canonici 
della  Catledrale  banno  da  essere  i  piu  dotti  del  Clero.  Donde  si  ri- 
cava  che,  nella  sua  opinione  sempre  sottintesa  (  giacche  e  cosa  che 
fa  pensare  quesla  che  ii  signer  Elia,  tra  lanti  consigli  che  da  ai  Ve~ 
scovi,  non  ne  da  mai  loro  nessuno  che  riguardi  direftamente  i  Cano- 
nici )  si  ricava,  diciamo,  che,  se  mai  il  signer  Elia  fosse  Vescovor 
e  si  ritrevasse  avere  nel  Capitolo  un  Canonico  ignoranle ,  e  percio 
stesso,  secondo  ch'  egli  medesimo  sapienlemente  osserva,  fanatico  & 
superstizioso ;  superslizioso  fino  a  credere  dovere  strello  di  cosdenza 
i  consigli  piu  alti  di  perfezione,  fanatico  fine  a  dare  in  pubblico,  e  con 
iusolenzja  veramente  presbiteriana ,  i  suoi  sciocchi  pareri  al  proprio 
Vescovo :  se  mai,  diciamo,  il  signor  Elia  fosse  Canonico . . .  volevamo 
dire  Vescovo,  e  avesse  nel  suo  Capitolo  un  Canonico  siffatto,  siamo 
persuasi  che  egli,  nel  suo  zelo,  non  avrebbe  pace  finche  non  Tavesse7 
in  qualche  buon  mo'do,  dispensato  dal  faslidio  di  dargli  piu  oltre  fatal 
consigli.  Se  non  che,  noi  temiamo  forte,  che  il  signor  Elia  (se  fosse 
Vescovo)  non  approverebbe  questa  conclusione,  a  lui  forse  inaspet- 
tata,  che  abbiamo  qui  tirata  dal  suo  aureo  consiglio ;  e  per  difenderse- 
ne,  si  appiglierebbe  a  quell'  allro  consiglio  ( non  tanto  aureo  nel  case* 
nostro)  che  egli  d&  ai  Vescovi,  a  pag.  17,  dicendo:  «  mi  guarderei 
bene  da  ogni  qualunque  persecuzione  » ;  ed  a  pag.  31:  «  vorrei  beo 
guardarmi  che  il  mio  zelo  contro  i  colpevoli  non  degenerasse  in  per^ 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  219 

secuzione  » .  II  qual  nostro  sospetto  ch'  egli  non  si  fosse  per  appiglia- 
re,  riguurdo  ai  Canonic!  ignoranti  fanalici  e  supers  tiziosi,  ai  consigli 
di  tolleranza  anzi  che  a  quell i  di  persecuzione,  ci  e  ispirato  da  quel 
dspelto  con  cui,  secondo  che  dicevamo,  il  signorElia  tratla  sempre 
in  questo  suo  libretto  i  Canonici  in  generale ;  rispetto  negative,  e  ve- 
ro,  in  quanto  che  si  mostra  soltanto  col  non  parlarne  male  e  col  non 
esigere  da  loro  niente  di  quello  ch'  egli  esige  dai  Vescovi ;  ma  rispet- 
to non  per  questo  meno  capace  di  fare  pensare,  che  egli  dee  avere 
•qualchc  intima  ragione  di  rispellar  altamente  i  Canonici. 

Aureo  parimente  e  quell'  allro  consiglio,  largamente  e  in  piu  luo- 
ghi  del  suo  libretto  distribuito  a  Vescovi,  sopra  la  poverta  evange- 
lica,  della  quale  il  nostro  Elia  serabra  sopra  ogni  cosa  infiammalis- 
simo.  Questo  suo  amore  (se  fosse  Vescov'o)  alia  fame,  alia  sele,  al- 

<0 

la  nudita,  alle  privazioni  d'ogni  fatta,  moslra  net  suo  autore  uno  stu- 
'dio  indefesso,  se  non  altro,  delle  varie  frasi  e  parole,  colle  quali  si 
puo  esprimere  la  stessa  idea.  La  quale  si  puo  dire  che  corre  lulte 
r  opuscolo  da  capo  a  fondo.  Giacche  cominciando  da  pag.  5,  dove 
<egli  vorrebbe  fare  umilmenle  il  suo  ingresso  a  piedi:  e  non  tsnere 
$he  una  piccolo,  stanza,  e  veuendo  giu  per  le  seguenti,  dove  (sempre 
aell'  ipolesi  se  fosse  Vescovo )  cenderebbe  i  cavalli ,  abolirebbe  ogni 
<cosa  super /lua ,  sarebbe  in  povera  vesle,  e  diyiunatore  sfinilu,  e 
non  possederebbe  che  un  umile  letlicciuolo ,  si  conchiude  fiualmen- 
4e  colla  promessa  solenne  (pag.  21)  che  egli  ( se  fosse  Vescovo) 
'vorrebbe  dividere  giornalmenle  le  sue  provvigioni  con  ciechi,  storpii 
4  sciancali. 

Dove  in  verita  e  cosa  strana  che  il  signor  Elia  abbia  parimente 
dimenticato  il  Capilolo  dei  Canonici.  I  quaii  essendo,  come  si  sa,  i 
consiglieri  del  Vescovo,  e  dovendo,  secondo  gli  antichi  canoni, 
de' quali  il  noslro  autore  e  si  profondo  conoscitore  e  si  alto  ammira- 
lore,  convivere  col  Vescovo  e  fare  per  conseguenza  la  sua  vita,  ci  pa- 
re che  avrebbero  avuto  bisogno  di  una  qualclie  mezza  dozzina  di 
consigli  del  signor  Elia,  che  li  inducessero  ad  adattarsi  anche  essi  a 
questo  nuovo  metodo  di  vivere,  edin'cante  non  si  puo  negare,  e  con- 
sigliato  dal  Vangelo,  ma  non  certamenle  imposlo  mai  fmora  da  nes- 
suno  come  condizione  necessaria  ne  anche  alia  santita  piu  squisita. 


220  HI  VIST  A 

Non  essendoci  che  i  curatori  d'anime  ignoranti  e  percio  superstizio- 
si  e  fanatici  ( secondo  die  il  signor  Elia,  che  se  n'  inlende,  ha  cosi 
bene  dichiarato  alia  sua  pag.  7),  i  quali  possano  pretendere  che  non 
si  puo  essere  santo  Vescovo  senza  andar  a  piedi,  abitare  una  sola 
cameretta  e  pranzare  ogni  giorno  con  ciechi,  storpii  e  sciancati.  Ad 
ogni  raodo  pero,  il  signor  Elia  che  ha  questo  spirito  di  Elia  di  fuoco 
e  di  distruzione  di  ogni  superfluila  nei  Yescovi,  avrebbe  dovuto,  pa- 
re a  noi ,  pensare  anche  un  poco  ai  Canonici.  Che  se  non  ci  ha  pen- 
sato ,  non  si  puo  dubitare  che  egli  non  ne  abbia  avule  le  sue  buone 
ragioni.  Noi  pero ,  che  non  siamo  interessati  nella  questione ,  giac- 
che  non  siamo  ne  Vescovi  ne  Canonici ,  abbiamo  voluto  ricordargli 
questa  sua  strana  ominissione,  persuasi  che  in  una  seconda  edizione 
del  suo  libretto  de' consigli  (la  quale  si  potrebbe  anche  inlitolare: 
Se  io  fossi  Canonico ) :  non  vorra  far  desiderare  piu  oltre  ai  Cano- 
nici gli  effetli  tipografici  di  quel  suo  zelo  che  1'  arde  per  la  perfezio- 
ne  delle  anime  altrui. 

Or  mentre  si  aspetta  il  plauso  lelterario,  col  quale  questa  sua  ap- 
pendice  di  consigli  sara  certamentericevuta,  specialmente  se,  giusta 
il  suo  lodevole  costume ,  questi  suoi  nuovi  consigli  saranno  dati  con 
aria  insolente,  con  piglio  pelulante  e  con  persuasione  ferma,  non  gia 
di  dar  consigli,  ma  d'imporre  precetti ;  menlre  si  aspetta  il  frutto  che 
questi  suoi  consigli  sono  certamente  destinati  a  produrre  ,  special- 
mente tra  i  canonici  presbiteriani  del  Carroccio  di  Milano ;  noi  cl 
prenderemo  la  liberla  di  chiedere  al  signor  Elia,se  egli  sia  proprio 
persuaso  che  ,  se  egli  fosse  Canonico  o  Yeseovo  ,  li  eseguirebbe  poi 
daddovvero.  Noi  non  gli  moviamo  gia  questa  domanda  per  niun  so- 
spelto  che  noi  abbiamo  sopra  la  sua  vita  presente.  Noi  non  sappiamo 
punto  chi  egli  si  sia.  E  nemmeno  abbiamo  il  piacere  di  conoscere  il 
suo  riverito  nome ,  che  egli ,  per  modestia  certamente ,  voile  furare 
alia  nostra  ammirazione ,  mascherandolo  civeltescamente  eon  un 
Elia-Arr-Dubron.  Noi  siamo  dunque  persuasi  che,  chiunque  egli  sia, 
egli  e  un  modello  tra  i  suoi  pari.  Noi  siamo  certissimi  che  ,  se  egli 
e,  per  esempio,  Canonico,  egli  mostra  a  tutli  colla  sua  faccia  smunta, 
nei  suoi  occhi  lagrimosi,  sopra  i  suoi  abiti  laceri,  quell'amore  inter- 
,no  alia  poverta  ed  alia  penitenza,  di  cui  egli  e  compreso  a  riguardo 


DELLA  STAMP  A  ITALIANA 

del  Yesco\i.  Noi  non  dubitiamo  punto  che  egli  non  pranzi  ogni 
giorno  con  ciechi,  conistorpii  e  con  isciancati.  Ci  par  vederlo  abitare 
una  sola  nuda  camerelta ;  e  dormire  ,  se  pure  egli  dorme ,  su  di  un 
povero  letticello.  Chi  puo  dubitare  che  egli  non  sia  sempre  il  primo 
ad  andare  in  coro  e  1'  ultimo  a  uscirne?  E  neanche  ci  farebbe  mara- 
viglia  se  in  coro  egli  fosse  sempre  in  estasi ,  e  se ,  quando  esce  per 
le  vie ,  le  campane  per  poco  non  sonassero  da  se.  Che  se  egli  non 
fosse  Canonico ,  ma ,  fosse  invece ,  poniamo ,  Dottore  in  leggi ,  noi 
non  abbiamo  nessuna  difficolta  nel  figurarcelo  circondato  sempre 
da  ciechi,  da  storpii  e  da  sciancali,  dar  loro  consigli  gratuiti  (e  qual 
maraviglia  di  cio ,  se  queslo  libretto  stesso  e  un  libro  di  consigli 
gratuiti  ?)  assisterli  nelle  loro  liti  per  amor  di  Dio ;  essere  insomnia 
un  S.  Ivone  nel  tribunale,  come  nell'  altra  ipotesi  sarebbe  certamente 
un  sant'  Ilarione  nel  Capilolo. 

Ma  non  e  questo  che  vogliamo  dire.  Noi  non  intendiamo  qui  di- 
scorrere  della  vita  piu  e  meno  santa  che  puo  ora  menare  questo, 
chicchessiasi ,  ma  certamente  santo  consigliere  di  santita.  Noi  vor- 
remmo  solamente  sapere  da  lui ,  in  confidenza ,  se  egli  sia  persuaso 
davvero,  die,  se  egli  fosse  Vescovo,  eseguirebbe  poi  una  sola  meta 
di  quello ,  cfce  ora  ha  solennemente  promesso  di  voler  fare  in  quella 
ipotesi.  Poniamo  che  questo  suo  bel  libro  di  consigli  ispirasse  a  ta- 
luno  la  felice  idea  di  nominarlo  Vescovo  ,  dica  il  signor  Elia ,  dica , 
di  grazia,  si  mozzerebbe  egli  volentieri  un  orecchio  per  fuggire  quel 
peso ,  secondo  che  egli  c'  insegna  a  pagina  4  aver  fallo  1'  eremita 
Ammonio?  Farebbe  egli  il  suo  ingresso  a  piedi  come ,  a  pagina  5 , 
ci  informa  aver  fatto  san  Kenticherno?  Certo  egli  non  potrebbe  in- 
contrare  niuna  difficolta  personate  nello  spogliar  gli  altari  e  le  opere 
pie,  secondo  che  egli  santamente  consiglia  a  pagina  9  e  11.  Ma  a 
spogliar  se  medesimo  come  S.  Colmano,  e  privarsi  <T  inverno  dei  col- 
troni  come  S.  Giovanni  elemosinario,  secondo  ch'  egli  riferisce  a  pa- 
gina  21 ,  crede  egli  che  non  troverebbe  qualche  difficolla?  Forse  , 
se  egli  avesse  nella  sua  diocesi  qualche  predicatore^di  eresie  o  qual- 
che seminatore  di  scismi,  si  ricorderebbe  allora  del  suo  consiglio  di 
tolleranza  che  egli  da  a  pagina  17.  Ma,  se  avesse  nel  suo  capitolo  un 
Canonico  insolentc,  che  1'  insultasse  divotamente  con  opuscoli  asce- 


222  BIVISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA 

tici  alia  moda  dei  Giudei  che  ,  genu  flexo  ante  eum  illudebant  ei , 
farebbe  egli  come  Marlino  Papa  coll'esarca  Calliopa  (pag.  18),  por- 
tandosi  come  uri  agnello  senza  resistenza?  Faccia  un  po'  di  esame  di 
coscienza  sopra  se  medesimo  il  signor  Elia,  e  consider!  se  sia  pro- 
babile  che  chi,  non  essendo  Vescovo,  non  sa  resistere  alia  presun- 
zione  che  lo  spinge  a  dar  in  pubblico  ( se  direltamente  e  per  mezzo 
suo ,  o  indirettamente  e  per  mezzo  altrui ,  cavando  ,  come  si  dice , 
dal  fuoco  la  castagna  colle  zampe  del  gatto ,  cio  poco  monta  al  caso 
nostro )  sciocchi  pareri  di  falsa  ascetica  e  di  falsa  morale  al  proprio 
Vescovo ,  fatto  poi  Vescovo  sarebbe  uomo  da  dare  quegli  esempii 
sublimi  di  eroica  santita,  che  si  leggono  nelle  stone  dei  Sanli  e  che 
sono  sempre  ammirabili ,  talvolta  non  imitabili  e  non  mai  obbliga- 
torii.  Gia  abbiamo  avulo  1'  occasione  di  dirlo  altre  volte  a  proposito 
di  simili  presbiteri ,  severi  giudici  ed  aspri  consiglieri  dei  proprii 
superiori.  La  perfezione  crisliana  e  consigliala  nel  Vangelo  a  lulti 
indistintamenle ,  tanto  ai  Vescovi  quanto  ai  Canonici ,  si  ai  preti 
come  ai  Dottori  in  legge.  Tutti  i  fedeii  sono  invitati  a  porgere  I'  al- 
tra  guancia  quando  sono  scbiaffeggiati,  e  a  dar  anche  la  tonaca  a  chi 
ruba  loro  il  mautello.  Ma  crede  egli  forse  il  signor  Elia  che  non 
sia  buon  cristiano  chi ,  col  to  da  uno  schiaffo,  fugge  per  non  averne 
un  secondo ,  e  chi  rubato  del  manlello  si  tiene  piu  stretta  alia  vita 
la  tonaca? 

Del  resto  vi  ha  cento  a  porre  contro  uno  che  questi  rigidi  esaltori 
della  piu  sublime  perfezione  altrui,  ossiano  Canonici,  ossiano  Doltori, 
ossiano  chi  si  voglia,  sara  una  gran  bella  sorte  se  sono  poi  essi  me- 
desimi  osservatori  alia  grossa  dei  piu  gravi  comandamenli  di  Dio  e 
deila  Chiesa.  Questa  almeno  e  la  presunzione  che  regna  nel  pubbli- 
co contro  di  loro.  1  quali  percio  non  si  debbono  maravigliare  se, 
quando  traggono  fuori  coi  loro  consigli  ascetici ,  in  vece  di  essere 
presi  sul  serio  e  confutali  come  si  fa  con  chi  stampa  sofismi  di  qual- 
che  apparenza,  sono  invece  gentilmente  invitali,  come  accade  ora  al 
signor  Elia  e  compagnia ,  a  sbarazzarsi  delle  travi  che  ingombrano 
loro  ambedue  gli  occhi ,  anziche  ad  impacciarsi  della  pagliuzza  che 
credono  di  vedere  nell'  occhio  del  prossimo. 


ARCHEOLOGIA 


I  irtperiodi  delle  antichissime  popolazioni  lacustri  nella  Svizzcra. 

La  storia  del  genere  umano  anteriore  alle  memorie,  o  scritte  o  altri- 
menti  tramandate  alia  posterita,  non  puo  essere  conosciuta,  salvoche  per 
monument!  a  gran  fatica  disseppelliti  dal  seno  della  terra  e  molto  accu- 
ratamente  studiati.  Ne  tuttavia  puo  sperarsi  con  cio  altro  che  notizie 
assai  vaghe.e  generali,  eziandio  allora  che  le  scoperte  sieno  in  gran  co- 
pia :  benche  dall'altro  canto  il  diletto  di  avere  qualche  contezza  di  tempi 
cosi  remoti  da  noi  compensi  pure,  ne  poco,  la  scarsita  delle  conoscenze. 
E  questo  frutto  cosi  prezioso  alia  scienza  hanno  recato,  piu  chealtri,  gli 
scavi  tentati  negli  ultimi  tempi  nella  Svizzera,  ne'  fondi  di  alcuni  laghi 
piu  di  presso  alle  rive,  stati  feeondi  di  cosi  •numerose  scoperte,  da  fare 
argomentare  forse  meglio  di  cento  colonie  lacustri,  stabilite  fin  da'  tem- 
pi primitivi  nelle  sole  circostanze  de'  laghi  di  Ginevra  e  di  Costanza. 
Non  diremo  qui  de'  monumenti  chevi  furono  ritrovati;  perciocche  ne  di- 
scorremmo  abbastanza,  distinguendone  le  yarie  specie  e  i  varii  usi,  al- 
lorche  ci  convenne  parlare  di  quella  ricca  miniera  di  coteste  antichita, 
che,  nel  1859  e  piii  nel  1860  e  1861,  si  manifesto  essere  il  lago  di  Neu- 
chatel  di  Ticino  a  Gencise  *.  Rendemmo  allora  le  debite  lodi  ai  sig.  Fe- 
derico  Troyoh,  il  quale,  avuto  T  incarico  dal  Consiglio  di  Stato  del  Can- 
tone  di  Vaud  di  dirigere  quelle  opere,  non  solo  pote  assicurare  il  valore 
autentico  de'  monumenti,  i  quali  per  le  frodi  de'  contraffattori  gia  comin- 
ciavano  a  scemare  di  certezza  e  di  pregio ;  ma  seppe  altresi  dichiararli 
dottamente,  mettendoli  in  paragone  cogli  altri  discoperti  nella  stessa 
Svizzera  o  altrove,  in  guisa  da  fame  provenire  la  certezza  o  almeno  la 
probabilita  di  un  buon  numero  di  fatti  storici. 

\   Civ.  Catt.  IV  Serie,  vol.  X,  pagg.  603  segg. 


ARCHEOLOGU 

Ma  sembra  che  quell'  illustre  scienziato  si  sia  lasciato  trascorrere  piu 
in  la,  colle  conscguenze,  di  quello  che  i  principii  gli  consentivano.  Pero 
avendo  noi  altrove  approvate  alcune  sue  giudiziose  argomentazioni  intor- 
no  alia  storia  di  que'  popoli,  non  ci  par  bene  di  trascurare  le  altre  cose 
che  ha  pubblicate  sul  medesimo  soggetto  ^,  ma  non  tulte  colla  stessa 
finezza  di  giudizio  e  circospezione  di  Logica. 

Egli  adunque  ordina,  nella  seguente  maniera,  le  diverse  eta  2  de'  po- 
poli  antichissimi  della  Svizzera.  I:  appartengono  all' eta  della  pietra  i 
primitivi  abitatori  della  Svizzera  orientale,  quelli  cioe  che  tenevano  le 
Ticinanze  dei  laghi  di  Costanza,  di  Pfoeffikon  e  di  Moosserdorf.  II:  si 
vogliono  riferire  ad  un' epoca  di  passaggio  dalla  pietra  al  bronzo  i  po- 
poli  stabilitisinei  dintornidei  laghi  di  Zurigo,  di  Sempach  e  su  quello  di 
Neuchatel  presso  Concise,  apparendo  quivi  a  gran  vantaggio  T  uso  di  quel 
metallo.  Ill :  la  piu  parte  degli  altri  abitanti  presso  il  medesimo  lago  di 
Neuchatel,  gran  parte  degli  accasati  su  quello  di  Bienne,  e  tutti  gli  altri 
delle  rive  del  Le'man  sono  da  dire  dell'eta  del  bronzo  propriamente  detto : 
salvo  che  alcuni  pochi,  di  vicino  a  Neuchatel  e  Bienne,  fanno  indizio.del- 
1'epoca  di  passaggio  dal  bronzo  alferro,  che  1'Autore  addimanda  laprima 
eta  del  ferro,  o  periodo  elvetico. 

Cio  fatto,  distingue  tre  periodi  di  tempo  nella  storia  primitiva  di  quel- 
Je  popolazioni.  Nel  primo  periodo  esse  non  ebbero  niuna  conoscenza  di 
metalli,  quanto  all'uso.  La  caccia,  la  pesca,  1'agricoltura,  la  pastorizia  fu- 
rono  i  Ipro  mezzi  di  sostentamento :  la  coltivazione  dei  lino  o  della  cana- 
pa  sopperi  agli  altri  bisogni  della  vita.  Tennero  commercio  di  cambii 
co'vicini,  ma  ristretto :  ebbero  qualche  principio  di  arti,  ma  molto  rozzo 
ed  imperfetto.  Una  subita  invasionedi  altro  popolo,  provveduto  di  armi  di 
bronzo,  mise  fine  a  questo  primo  periodo  colle  arsioni  de'villaggi  e  colla 
uccisione  o  colla  fuga  degli  abitanti.  Cotesta  catastrofe  colpi  principal- 
jnente  gli  abitatori  lacustri  della  Svizzera  orientale,  che  disparvero  per 
sempre:  ne  per  tanto  risparmio,  se  non  in  parte,  le  colonie  fondate  sui  la- 
ghi occidentali. 

Nel  secondo  periodo  si  manifesto  1'uso  del  bronzo.  Ma  di  che  fatta  uo- 
mini,  e  donde  venuti,  furono  i  secondi  abitatori  di  quelle  terre?  L'  Au- 
tore  afferma  che  alcune  delle  antiche  famiglie,  riuscite  colla  fuga  a  scam- 
pare  dall'eccidio  comune,  dopo  alcun  tempo  si  ricondussero  su  quelle 
spiagge  medesime,  a  continuarvi  co'nuovi  dominatori  il  loro  antico  modo 
di  vivere.  In  questa  ristaurazione,  co'nuovi  sussidii  degl' istrumenti  di 
bronzo,  ogni  cosa  fu  piu  perfetta;  le  case,  il  vestito ,  il  vasellame:  trova- 
ta  1'arte  di  conciare  i  cuoi,  di  fondere  il  bronzo,  perfezionata  quella  del 


1  Habitations  lacuslrcs  des  temps  anciens  et  moderncs,  par  M.  FREDERIC  TBOYOX. 

2  Abbjamo  data  ragione  della  divisione  delle  tre  grand!    eta,  della  pietra ,   del    bronzo  e 
del  ferro,  nella  IV  Serie,  vol.  IX,  pag.  226. 


ARCHEOLOGIA 

tesser  le  tele,  avvanzata  ogni  altra  industria,  introdotto  1'uso  di  abbrucia- 
re  i  cadaver! .  Tuttavia  il  culto  della  lima,  di  cui  si  trovano  i  segni  in 
quelle  terre,  si  dee  riferire  all'  eta  del  ferro.  Finalmente  una  seconda  in- 
cursione  di  ua  altro  popolo  che  usava  le  arm!  di  ferro,  e  cosi  rovinosa, 
come  la  teste  descritta,  diede  fine  a  questo  secondo  perio'do. 

II  terzo  periodo  ebbe  altro  principio.  Imperocche  il  popolo  Tincitore, 
appartenente  a  luoghi  segregati  da'laghi,  poiche  ebbe  distrutte  quelle  bor- 
gate,  le  abbandono  come  noa  opportune  alle  sue  abitudini.  Ritornarono 
dunque  alia  stessa  maniera,  dopo  il  secondo  sterrainio,  le  famiglie  de'fug- 
giti,  cogl'  inizii  della  nuova  civilta  potuta  raccogliere  presso  i  loro  con- 
quistatori:  ma  erano  poche :  perone  si  estesero  molto,ne  quegli  esordii  di 
migliore  cultura  ebbero  considerevoli  aumenti.  Di  non  altro  che  dodki 
villaggi  incirca,  da  essere  riferiti  a  questo  periodo,  appariscono  i  vestigi 
sui  laghi  di  Bienne  e  Neuchatel ;  e  le  case  altro  non  furono  che  assai  mi- 
sere  capanne  di  poveri  pescatori. 

Quanto  alia  condizione  de'  popoli  di  ciascun  periodo,  ecco  in  breve  le 
conclusion!  dell'Autore.  La  popolazione  dell'  eta  della  pietra  e  creduta  da 
lui  verosimilmente  di  razza  fenicia,  o  veramenle  iberica  ;  la  quale  uscita 
dall'  Asia  qualche  mille  anni  avanti  la  nostra  era  ,  sarebbe  giunta  nelle 
grandi  vallate  delle  Alpi,  montando  su,  lungo  il  corso  del  Rodano  ovve- 
ro  del  Reno.  Gli  abitatori  poi  del  paese ,  durante  il  secondo  periodo ,  li 
crede  Celti,  ed  arrivati  anch'  essi  dall' Asia.  Di  fatto  le  armi  con  cui  ven- 
nero  manomessi  i  primi  abitatori  di  quelle  terre  lacustri  furono  armi  di 
bronzo ;  ed  erano  appunto  quelle  che  adoperavano  i  Celti ,  come  gia 
esperti  nella  lor  patria  dell'arte  di  foggiare  questo  metallo.  Finalmente  la 
civilizzazione  del  terzo  periodo  fu,  per  giudizio  di  lui,  elvetica,  e  di  El- 
vezii  la  popolazione.  Questi  gia  piu  innanzi  nella  civilta  ( per  quanto  di 
civilta  era  capace  quella  barbaric  di  tempi )  discesero  con  armi  di  ferro 
dal  sud-ovest  della  Germania,  distrussero  i  villaggi  lacustri,  che  dopo  la 
prima  incursione  erano  ridivenuti  piu  floridi  nella  Svizzera  occidental,  e 
iie  occuparono  le  terre. 

Queste  sono  le  nozioni  storiche  principal! ,  che  apprendiamo  dal  libro 
del  signor  Troyon :  ma  di  parecchie  di  esse  a  prima  vista  si  appalesa 
la  infermita  de'  fondamenti  sopra  i  quali  Y  Autore  le  stabilisce ;  e  tanto 
piu,  quanto  piu  ricisa  e  la  franchezza  dell'  affermarle.  II  dottor  Keller, 
versatissimo  anch'  esso  in  questi  studii,  fa  alcune  dotte  osservazioni  per 
dimostrarne  il  poco  valore ;  e  noi,  per  la  ragione  poco  fa  indicata  credia- 
sno  ben  fatto  esporle  qui  brevemente. 

Innanzi  tutto  il  dottor  Keller  rettifica  alcune  posizioni  geogratiche 
non  abbastanza  esatte  nell'  opera  del  Troyon ,  quanto  alia  collocazione 
delle  colonie  lacustri.  Quest'  opera  ,  egli  dice  ,  par  che  supponga  che  le 
frontiere  attuuli  fra  la  Svizzera  romanza  e  la  Svizzera  alemanna  sieno 
appunto  quelle  che  in  antico  separavano  i  villaggi  dell'  eta  della  pietra 
Serie  V,  vol.  X,  fasc.  338.  15  9  AprUe  1864. 


226  ARCHEOLOGIA 

clai  villaggi  dell'  eta  del  bronzo.  Ma  cotesta  supposizione  vien  contrad- 
detta  dal  sito  del  yillaggio  lacustre  di  Peschiera,  il  quale  appartenne  evi- 
dentemente  all'  eta  del  bronzo  ,  ed  era  locate  all'  oriente  delle  stazioni 
lacustri  deli' eta  delia  pietra  in  Isvizzera.  E  cootraddetta  con  meno  chia- 
ramente  dal  sito  delle  palan'tte  di  Moosseedorf ,  che  furono  interamente 
dell' eta  della  pietra  ,  e  pure  son  circondate  di' reliquie  di  abitazioni, 
tra  le  quali  si  son  trovati  stmmenti  di  bronzo.  Del  pari,  egli  dice ,  e 
impossibile  di  segnare  una  linea  di  totale  separazione  tra  i  siti  delle  acti- 
che  popolazioni ,  ne' quali  si  trova  il  ferro,  e  gli  altri  ne'  quali  non  appa- 
risce  nessun  yestigio  di.questo  metallo.  Percioccbe  sono  stali  scoyerti 
arnesi  di  ferro  cosi  ad  Inkwyl ,  come  presso  i  laghi  di  Serapach  e  di 
Mauen,  che  certo  non  appartengono  alia  Svizzera  occideatale. 

Viene  poscia  esaminando  i  tre  periodi  costituiti  dal  Troyon ;  e  quanto 
al  primo  osserva  ,  cbe  le  sco~verte,  fatte  nei  laghi  di  Pfffiffikon,  di  Nie- 
denvyl  e  di  Costanza,  ci  dimostrano  che  quegli  uomini  non  traeyano  i 
loro  alimenti  dalla  caccia  c  dalla  pesca  solamerite,  ma  ancora  e  forse  piii, 
da'  cereali.  La  canapa  era  sconosciuta  :  per  contrario  1'arte  del  lino,  per 
gl'  indizii  de'  yarii  tessuti  che  si  sono  raccoUi,  fa  merayigliare  dell'  abi- 
lita  di  quella  gente  in  tal  genere  di  lavori ;  abilita  somma ,  avuto  riguar- 
do  agl'  istrumenti  che  poteano  ayere  alle  mani ,  e  certo  la  piu  notevole 
in  quella  eta  della  pietra. 

Ne  appare  punto  probabile  ,  secondo  ii  Keller ;  appare  anzi  contraria 
al  fatto  la  ipotesi  della  invasione  di  un  nuoyo  popolo  ,  che  ayesse  in- 
cendiato  lutte  le  borgale  del  popolo  primitive,  e  distruttolo  in  gran  parte 
con  arnraazzamenti.  Imperciocche  dall'una  parte  nessuna  traccia  d'incen- 
dio  si  e  scoperto  a  Niederwyl  e  su  yarii  punti  del  lago  di  Costanza : 
dairaltra  parte  in  tutt'insieme  gli  scayi  lacustri  non  sono  apparsi  meglio 
di  un  cinque  o  sei  scheletri  umani.  Gli  incendii  dunque,  di  che  si  scor- 
gono  i  segni  in  yarii  luoghi ,  si  vogliono  attribuire  a  piii  oyyie  cagioni, 
in  tanta  faciiita  che  avevano  quelle  capanne ,  per  le  materie  ond'  erano 
costruite ,  di  pigliar  fuoco :  e  cosi  pure  si  possono  spiegare  gl'  indizii 
delle  subite  fughe  in  qualcuno  degli  antichi  villaggi. 

Pero  non  crede  ,  per  rispetto  al  secondo  periodo  ,  fondata  su  buone 
congetlure  1'opinione,  che  in  tal  epoca  venisse  a  maggior  perfezione  1'in- 
dustria  di  lavorare  le  vesti  e  preparare  i  cuoL  Di  questi  segnatamente 
aiferma  non  essere  apparito  nessun  indizio  nella  Svizzera  occidentale. 
Per  contrario  non  yede  per  quali  argomenti  si  possa  sostenere  che,  du- 
rante  il  medesimo  periodo,  quelle  popolazioni  occidental!  fossero  in  fatto 
di  coltura  da  meno  degli  abitanti  di  terra  ferma  nella  parte  orientate .  Pe- 
rocche  i  monumenti  che  provengono  da  Ebesberg  non  si  diiYerenziano 
punto  nulla  dai  monumenti  ritrovati  a  Steinberg  tra  Nidau  e  Bienne  , 
appartenenti  al  medesimo  periodo.  Ne  piii  accettabile  di  queste  ail'erma- 
zioni  giudica  1'altra,  colla  quale  alia  stessa  epoca  e  fatta  risalire  la  con- 
suetudine  di  abbruciare  i  cadayeri.  Le  ricerche  piii  minute  non  hanno, 


ARCHEOLOGU  227 

egli  dice ,  sin  qui  rivelato  nulla  di  particolare  intorno  al  modo  dai  lacu- 
stri  tenuto  nel  seppellire  i  loro  morti,  tranoe  sol  questo ,  che  non  aveano 
1'uso  di  abbruciarli.  Imperciocche  negli  scarsi  avanzi  di  tutte  le  toinbe 
di  quest'epoca,  nella  Svizzera  orientale,  si  son  trovati  rimasugli  di  ossa 
non  abbrustolate,  e  tra  esse  piccoli  arnesi  di  bronzo.  Per  contrario  il  cul- 
to  della  lima  e  piu  particolarmente  specificativo  di  questa  eta. 

II  terzo  periodo,  che  e  1'eta  del  ferro  ,  della  stessa  maniera  che  il  se- 
condo,  e  fatto  originare  dal  signer  Troyon  da  subita  invasione  di  un  po- 
polo  armato  di  ferro,  che  avesse  sterminata  gran  parte  degli  antichi  abi- 
tatori  e  incendiatene  le  capanne.  II  Keller  gli  oppone  le  osservazioni  del 
colonnello  Schwab,  meritevole  di  ogni  fiducia,  dalle  quali  risulta,  che  so- 
lo una  quarta  parte  delle  case  lacustri  sui  laghi  di  Bienne  e  di  Neuchatel 
manifestano  tracce  d'  incendio.  Non  puo  dunque  essere  quistione  di  un 
subito  ed  universale  sterminio.  Yero  eche  la  copia  degli  strumenti  in  broa- 
zo,  accumulati  tra  le  rovine  di  quelle  borgate,  e  un  fatto  assai  notevole ; 
molto  piu  se  si  consideri  che  un  certo  numero  di  case  seguito  ad  essere 
abitato  durante  1'  epoca  elvetica  e  galloromana  ,  e  niuno  potrebbe  indo- 
vinare  donde  mai  e  perche  codesti  strumenti  fossero  stati  cosi  abban- 
donati  e  dimenticati.  Ma  qualunque  spiegazione  si  voglia  dare ,  certo 
e  che  quella  del  Troyon  non  puo  reggere.  E  veramente,  se  i  molteplici 
arnesi  che  sino  al  presente,  coll'  uso  de'  piu  acconci  ed  ingegnosi  ar- 
gomenti ,  si  e  potuto  dapertutto  raccogliere ,  si  scompartiscano  fra  le 
molte  borgate  discoperte  sinora  ,  riescono  pochissima  cosa  rispetto  al 
numero  assai  maggiore  che  sarebbe  dovuto  venirne  fuori,  nella  ipotesi , 
die  ei  vuol  supporre,  di  tanto  e  si  generate  ed  improvviso  sbaraglio. 

Venendo  poi  sulla  quistione  delle  origini  dei  popoli  primitivi,  o  sieno 
lacustri,  o  siano  di  terra  ferma;  padrone,  egli  dice,  chivuole,  di  negare 
ad  essi  ogni  attinenza  coi  Celti ,  di  farli  derivati  da'  Finni ,  derivati 
dagl'Iberici,  o  donde  che  sia :  rimanga  pero  fermo  che  il  popolo  primitive 
dell'  eta  della  pietra,  ondeche  originate,  non  fu  diverse,  ma  si  continue 
colle  generazioni,  e  quanto  alle  attiludini,  al  genere  di  vita  e  al  modo 
della  industria,  con  quegli  altri  che  quindi  appresso  possederono  i  metalli. 
Cio  risulta  da  tutti  gli  argomenti  che  appariscono  di  un  graduate  e  pacifico 
svolgimento  della  civilta  di  quei  popoli.  Ball'  altro  canto,  esclusa  la  ra- 
gione  delle  mutazioni  per  subiti  assalimenti ,  non  rimane  altro  appoggio 
alia  ipotesi  contraria,  se  non  questo,  che  corse  gran  tempo  senza  che  in 
quei  luoghi  si  conoscessero  i  metalli,  finalmente  vi  apparvero,  il  bronzo 
dapprima  e  poscia  il  ferro.  Ma  tievole  fondamento!  Imperciocche  se  per 
ogni  mutamento  di  materie  si  dovesse  inferire  mutamento  di  popolo,  d'in- 
iinite  trasformazioni  sarebbe  piena  la  storia  antica  e  nioderna.  Del  resto 
Lenche  1'  istoria  della  civilta  di  que'  popoli  sia  incertissima  nelle  sue  par- 
ticolarita,  e  indicato  nondimeno  da'  monumenti  il  progredire  che  essi  fa- 
cevano  in  meglio  si ,  ma  lentamente,  e  non  mai  con  bruschi  e  ricisi  pas- 
saggi  accennanti  a  straniere  intervenzioni.  Posto  il  quale  studio  di  pro- 


ARCHEOLOGIA 

gresso,  e  considerate  che  sino  dalla  piu  rimota  antichita  era  nella  Europa 
stabilito  un  mutuo  commercio  tra  i  popoli ;  qual  marayiglia  che  a  mano 
a  mano  si  venissero  diffondendo  le  opere  inmetallo  dagli  uni  negli  altri? 
L' ayyenimento  poi  de'  Celti  nell' Europa,  co'  quali  1' illustre  Troyon 
yuol  connettere  la  storia  delle  popolazioni  lacustri,  osserva  egregia- 
rnente  il  Keller,  e  circondato  di  tenebre  non  possibili  a  disgombrare.  Or 
se  tenterebbe  opera  vana  un  archeologo  a  volere  determinare  il  tempo 
dell' apparizione  de'  Celti  in  quelle  terre;  non  farebbe  con  piu  forte  ragio- 
ne  increscer  di  se  ,  quando  si  proponesse  di  speciticare  il  grado  della  ci- 
yilizzazione  che  allora  ayevano,  e  ci  yenisse  a  contare  bonamente,  come 
fa  il  Troyon,  che  non  solo  adoperayano  il  brorizo ,  ma  erano  eziandio 
istrutti  del  rnodo  di  formarlo ,  fondendo  e  raescolando  insieme  il  rame  e 

10  stagno? 

E  ardita  dello  stesso  modo  egli  giudica  le  altre  affermazioni  che  riguar- 
dano  gli  Elyezii.  Questo  popolo,  a  detta  del  Troyon,  ayrebbe  con  armi 
di  ferro  assalito  i  lacustri ;  e  perche  essi  apparterievano  a  terra  ferma  , 
non  sapendo  che  farsi  di  quel  paese,  lo  avrebbero  manomesso  e  abbando- 
nato.  II  che  sarebbe  doyuto  intervenire,  quando  il  bronzo  in  que'luoghi 
era  gia  diyenlato  di  uso  comune,  e  le  citta  lacustri  toccavano  il  sommo 
della  loro  prosperita.  Or  cio  che  puo  sapersi  di  certo  intorno  agli  Elye- 
zii, e  sol  questo,  che  i  Germani  come  cacciarono  dalle  spiagge  oriental! 
del  Reno  le  tribu  celtiche ,  cosi  pure  sterminarono  dal  loro  paese  gli  El- 
yezii,  riducendo  quello  un  deserto,  e  questi  perseguitando  nella  loro  pa- 
tria  noyella.  Non  sappiamo  pero  se  quando  gli  Elyezii  entrarono  nella 
Svizzera,  occupando  il  territorio  che  fa  prima  de'  Celti,  vi  fossero  spinti 
dalla  uecessita  di  riparare  da'nemici,  oyvero  dal  desiderio  di  far  conqui- 
sta  di  terre :  ne  tampoco  rimangono  memorie  se  ayessero  comunicazioni, 
e  quali,  colle  galliche  tribu  della  riya  sinistra  del  Reno.  Ma  come  che  sia 
non  e  punto  probabile  che  essi  fossero  cosi  bene  proyveduti  di  ferro , 
mentre  i  loro  yicini  di  la  dall'altra  sponda  non  ne  ayeyano  conoscenza; 
e  questo  in  un  tempo,  quando  la  gran  diffusione  del  bronzo  nella  Europa 
centrale  da  ogni  fondamento  di  credere,  che  il  commercio  fosse  piuttosto 
ampio  ed  operoso.  Poiche  chi  non  vede  1'  assurdita  che  una  tribii ,  qua! 
era  quella  degli  Elyezii ,  contenuta  fra  la  Selva  Nera  ed  il  Reno,  si  poles- 
se  cosi  yantaggiare  sopra  il  popolo  della  riya  opposta  ,  abitante  un  pae- 
se, il  quale,  o  sia  per  la  facile  yia  della  yallata  del  Reno,  o  sia  pe'  yalichi 
delle  Alpi ,  era  ttitto  aperto  alle  relazioni  coi  popoli  piu  ciyilizzati  delle 
spiagge  del  mediterraneo? 

Queste  sono  le  principal!  obbiezioni  che  il  Dottor  Keller  oppone  contra 
le  conclusion!  del  signor  Troyon.  Questi  ha  promesso  di  rispondere.  Ma 
noi  dubitiamo  assai  che  possa  farlo  in  guisa  da  potere  assicurare,  se  non 

11  trionfo,  almeno  la  probabilita  delle  sue  affermazioni.  Per  ogni  modo  se  le 
risposte  di  lui  saranno  cosi  fortunate  da  riusciryi ,  noi  yolentieri  ne  ter- 
remo  conto  ne'  nostri  quaderni. 


CRONACA 

CONTEMPORANEA 


Roma  9  Aprile  1864, 


I. 

Breve  del  Sommo  Pontefice  Pio  IX  all' Arcivescovo  di  Monaco  di  Baviera 
sopra  H  Congresso  del  dotti  cattolici  ivi  tenuto  nel  Settembre  del  1863. 

YENERABILI  FRATRI  GREGORIO  ARCHIEPISCOPO  MONACENSI  ET  FRISINGENSI. 

PIYS  PP.  IX. 

Yenerabilis  Frater,  Salutem  et  Apostolicam  Benedictionem.  Tuas  li- 
benter  accepimus  Litteras,  die  7  proxime  elapsi  mensis  Octobris  datas, 
ut  Nos  certiores  faceres  de  Conventu  in  ista  Monacensi  civitate,  proximo 
mense  Septembri,  a  nonnullis  Germaniae  Theologis,  doctisque  catholicis 
yiris  habito  de  variis  argumentis,  quae  ad  tbeologicas  praesertim  ac  phi- 
losophicas  tradendas  disciplinas  pertinent.  Ex  Litteris  Tibi  Nostro  iussu 
scriptis  a  Yenerabili  Fratre  Matthaeo  Archiepiscopo  Neocaesariensi,  No- 
stro ,  et  Apostolicae  huius  Sedis  apud  istam  Regiam  Aulam  Nuntio,  yel 
facile  noscere  potuisti,  Yenerabilis  Frater,  quibus  Nos  sensibus  affecti 
fuerimus,  ubi  primura  de  hoc  proposito  Conventu  Nuntium  accepimus,  et 
postquam  agnovimus  quomodo  commemorati  Theologi,  et  viri  adhuius- 
modi  Conventum  invilati  et  congregati  fuere.  Nihil  certe  dubitare  yole- 
bamus  de  laudabili  fine,  quo  huius  Conventus  auctores,  fautoresque  per- 
moti  fuere ,  ut  scilicet  omnes  Catholici  viri  doctrina  praestantes,  collatis 
consiliis,  coniunctisque  viribus,  germanam  catholicae  Ecclesiae  scien- 
tiam  promoverent,  eamque  a  nefariis,  ac  perniciosissimis  tot  adversario- 
rum  opinionibus,  conatibusque  vindicarent  ac  defenderent.  Sed  in  hac 
sublimi  Principis  Apostolorum  Cathedra,  licet  immerentes,  collocati  asper- 


j!30  CRONACA 

Timis  hisce  temporibus,  quibus  Sacrorum  Antistitum  atictoritas,  si  un- 
c[«am  alias,  ad  unitatem  et  integritalera  catholicae  doctrinae  custodien- 
dam,  vel  maxime  est  necessaria,  et  ab  omnibus  sarta  tecta  servari  debet, 
non  potuimus  non  vehementer  mirari  videntes  memorati  Coriventus  invi- 
fationem  private  nomine  factam  et  promulgate m,  quin  ullo  modo  interce- 
derent  impulsus,  auctoritas,  et  missio  ecclesiasticae  potestatis,  ad  quani 
proprio,  ac  nativo  iure  unice  pertinet  advigilare  ac  dirigere  theologica- 
rum  praesertim  rerum  doctrinam.  Quae  sane  res,  ut  optime  noscis,  om- 
nino  nova,  ac  prorsum  inusitata  in  Ecclesia  est.  Atque  iccirco  voluiinus, 
Te,  Venerabilis  Frater,  noscere  hanc  Nostram  fuisse  sententiam,  ul  cum 
a  Te,  turn  ab  aliis  Venerabilibus  Fratribus  Sacrorum  in  Germania  Anti- 
stitibus  probe  iudicari  posset  de  scopo  per  Conventus  programma  enun- 
tiato,  si  nempe  talis  esset,  ut  veram  Ecclesiae  utilitatem  afferret.  Eodem 
autem  tempore  certi  eramus,  Te,  Venerabilis  Frater,  pro  pastorali  Tua 
sollicitudine  ac  zelo  omnia  consilia  et  studia  esse  adhibiturum,  ne  in 
modern  Conventu  turn  catholicae  fidei  ac  doctrinae  integritas,  turn  obe- 
dientia,  quam  omnes  _cuiusque  classis  et  conditionis  catholici  homines 
Ecclesiae  auctoritati  ac  magisterio  praestare  omnino  debent,  vel  mini- 
mum detrimentum  caperent.  Ac  dissimulare  non  possumus,  non  levibus 
Nos  angustiis  affectos  fuisse,  quandoquidem  verebamur,  ne  huiusmodi 
Conventu  sine  ecclesiastica  auctoritate  congregate  exemplum  praeberetur 
sensim  usurpandi  aliquidex  iure  ecclesiastici  regiminis,  et  authentici  ma- 
gisterii,  quod  divina  institutione  proprium  est  Romano  Pontifici,  et  Epi- 
scopis  in  unione  et  consensione  cum  ipso  S.  Petri  Successore,  atque  ita, 
^ecclesiastico  ordine  perturbato,  aliquando  unitas,  et  obedientia  fidei  apud 
aliquos  labefactaretur.  Atque  etiam  timebamus,  ne  in  ipso  Conventu  quae- 
dam  enunciarentur,  ac  tenerentur  opiniones  et  placita,  quae  in  vulgus 
praesertim  emissa  et  catholicae  doctrinae  puritatem,  et  debitam  subie- 
^tionem  in  periculum  ac  discrimen  vocarent.  Summo  enim  animi  Nostri 
dolore  recordabamur,  Venerabilis  Frater,  hanc  Apostolicam  Sedem  pro 
gravissimi  sui  muneris  officio  debuisse  ultimis  hisce  temporibus  censura 
uotare,  ac  prohibere  nonnullorum  Germaniae  Scriptorum  opera,  qui  cum 
nescirent  decedere  ab  aliquo  principio,  seu  methodo  falsae  scientiae,  aut 
hodiernae  fallacis  philosophiae,  praeter  voluntatem,  uti  contidimus,  in- 
ducti  fuere  ad  proferendas  ac  docendas  doctrinas,  dissentientes  a  vero 
nonnullorum  sanctissimae  fidei  nostrae  dogmatum  sensu  et  interpretatio- 
ne ;  quique  errores  ab  Ecclesia  iam  damuatos  e  tenebris  excitarunt,  et 
propriam  divinae  revelationis  et  fidei  indolem  et  naturam  in  alienum 
•omnino  sensum  explicaverunt.  Noscebamus  etiam,  Venerabilis  Frater, 
fionnullos  ex  catholicis,  qui  severioribus  disciplinis  excolendis  operam 
navant,  humani  ingenii  viribus  nimium  fidentes,  errorum  periculis  baud 
fuisse  absterritos,  ne  in  asserenda  fallaci,  et  minime  sincera  scientiae 
libertate  abriperentur  ultra  limites,  quos  praetergredi  non  sinit  obedien- 


CONTEMPORANEA 

tia  debita  erga  magisterium  Ecclesiae,  ad  totius'reyelatae  yeritatis  inte- 
gritatem  seryandam  diyinitus  institutum.  Ex  quo  eyenit,  ut  huiusmodi 
calholici  misere  decepti  et  iis  saepe  consentiant,  qui  contra  huius  Apo- 
stolicae  Sedis,  ac  Nostrarum  Congregationum   decreta  declamant,  ac 
blaterant,  ea  liberum  scientiae  progressura  impedire ;  et  periculo  se  ex- 
ponunt  sacra  ilia  frangendi  obedientiae  yincula,  quibus  ex  Dei  yolunta- 
te  eidem  Apostolicae  huic  obstringuntur  Sedi,  quae  a  Deo  ipso  yeritatis 
magistra,  et  yindex  fuit  constituta.  Neque  ignorabamus,  in  Germania 
etiam  falsam  invaluisse  opinionem  adversus  yeterem  scholam,  et  adver- 
sus  doctrinam  summorum  illorum  Doctorum,  quos,  propter  admirabilem 
eorum  sapientiam  et  yilae  sanctitatem ,  uniyersalis  verieratur  Ecclesia, 
Qua  falsa  opinioae  ipsius  Ecclesiae  aucto'ritas  in  discrimen  yocatur, 
quandoquidera  ipsa  Ecclesia  non  solum  per  tot  continentia  saecula  per- 
misit,  ut  ex  eorumdem  Doctorum  methodo,  et  ex  principiis  communi 
omnium  catholicarum  scholarum  consensu  sancitis,  theologica  excoleretur 
scientia,  yerum  etiam  saepissime  summis  laudibus  theologicam  eorum 
doctrinam  extulit,  illamque  veluti  fortissimum  fidei  propugnaculum  et 
formidanda  contra  suos  inimicos  arma  yehementer  commendayit.  Haec 
sane  omnia  pro  gravissimi  supremi  Nostri  Apostolici  ministerii  munere? 
ac  pro  singular!  illo  amore,  quo  omnes  Germaniae  catholicos  carissimam 
Dominici  gregis  partem  prosequimur ,  Nostrum  sollicitabant  et  angebant 
animum,  tot  aliis  pressum  angustiis,  ubi,  accepto  ruemorati  Conyentus 
nimtio,  res  supra  expositas  Tibi  significandas  curayimus.  Postquam  yero 
per  brevissimum  nuntium  ad  Nos  relatum  fuit,  Te,  Yenerabilis  Frater, 
huiusce  Conventus  auctorum  precibus  annuentem  tribuisse  yeniam  cele- 
brandi  eumdem  Conyentum,  ac  sacrum  solemni  ritu  peregisse,  et  con- 
sultationes  in  eodem  Conyentu  iuxta  catholicae  Ecclesiae  doctrinam  ha- 
bitas  fuisse :  et  postquam  ipsius  Conyentus  yiri  per  eumdem  nuntium  A- 
postolicam  Nostram  implorayerunt  Benedictionem,  nulla  interposita  mo- 
ra,  piis  illorum  yotis  obsecundayimus.  Summa  yero  anxietate  Tuas  ex- 
pectabamus  Litteras,  ut  a  Te,  Yenerabilis  Frater,  accuratissime  noscerc 
possemus  ea  omnia,  quae  ad  eumdem  Conyentum  quoyis  modo  possent 
pertinere.  Nunc  autem  cum  a  Te  acceperimus,  quae  scire  yel  niaximc 
cupiebamus,  ea  spenitimurfore,  uthuiusmodinegotium,  quemadmodunt 
asseris,  Deo  auxiliante,  in  maiorem  catholicae  in  Germania  Ecclesiae  u- 
tilitatem  cedat.  Equidem  cum  omnes  eiusdem  Conyentus  yiri,  yelutl 
scribis,  asserucrint,  scientiarum  progressum,  et  felicem  exitum  in  devi- 
tandis  ac  refutandis  miserrimae  nostrae  aetatis  erroribus  omnino  pendere 
ab  intima  erga  yeritates  reyelatas  adhaesione,  quas  catholica  docet  Ec- 
clesia, ipsi  noyerunt,  ac  professi  sunt  iilam  yeritatem,  quam  yeri  catho- 
lici  scientiis  excolendis  et  eyolvendis  dediti  semper  tenuere,  ac  tradide- 
runt.  Atque  hac  yeritate  innixi  potuerunt  ipsi  sapientes,  ac  yeri  catho- 
lici  yiri  scientias  easdem  tuto  excolere,  explanare,  easque  utiles  certas- 


232  CRONACA 

que  reddere.  Quod  quidem  obtineri  non  potest,  si  humanae  rationis  lu- 
men finibus  circumscriptum  eas  quoque  veritates  investigando ,  quas 
propriis  Yiribus  et  facultatibus  assequi  potest,  non  yeneretur  maxime. 
ut  par  est ,  infallibile  et  increatum  Divini  intellectus  lumen ,  quod  in 
Christiana  revelatione  undique  mirifice  elucet.  Quanrvis  enim  naturales 
illae  disciplinae  suis  propriis  ratione  cognitis  principiis  nitantur,  ca- 
tholici  tamen  earum  cultores  divinam  revelationem  veluti  rectricem  stel- 
lam  prae  oculis  habeant  oportet,  qua  praelucente  sibi  a  syrtibus  et 
erroribus  caveant ,  ubi  in  suis  investigationibus ,  et  commentationibus 
animadvertant,  posse  se  illis  adduci ,  ut  saepissime  accidit ,  ad  ea  pro- 
ferenda ,  quae  plus  minusve  adversentur  infallibili  rerum  veritati ,  quae 
a  Deo  revelatae  fuere.  Hinc  dubitare  nolumus ,  quin  ipsitis  Conventus 
yiri  commemoratam  veritatem  noscentes,  ac  profitentes,  uno  eodem- 
que  tempore  plane  reiicere  ac  reprobare  voluerint  recentem  illam  ac 
praeposteram  philosophandi  rationem  ,  quae  etiamsi  diyinam  revela- 
tionem  veluti  historicum  factum  admittat,  tamen  ineffabiles  veritates  ab 
ipsa  divina  revelatione  propositas  humanae  rationis  investigationibus  sup- 
ponit,  perinde  ac  si  illae  veritates  rationi  subiectae  essent,  vel  ratio  suis 
yiribus  et  principiis  posset  consequi  intelligentiam  et  scientiam  omnium 
supernarum  sanctissimae  fidei  nostrae  veritatum ,  et  mysteriorum ,  quae 
ita  supra  humanam  rationem  sunt ,  ut  haec  nunquam  effici  possit  idonea 
ad  ilia  suis  Yiribus,  et  exjiaturalibus  suis  principiis  intelligenda,  aut  de- 
monstranda.  Eiusdem  vero  Conventus  viros  debitis  prosequimur  laudi- 
hus ,  proptereaquod  reiicientes ,  uti  existimamus ,  falsam  inter  philoso- 
phum  et  philosophiam  distinctionem,  de  qua  in  aliis  Nostris  Litteris  ad 
Te  scriptis  loquuti  sumus ,  noverunt ,  et  asseruerunt ,  omnes  catholicos 
in  doctis  suis  commentationibus  debere  ex  conscientia  dogmaticis  infalli- 
bilis  catholicae  Ecclesiae  obedire  decretis.  Dum  vero  debitas  illis  deferi- 
mus  laudes,  quod  professi  sint  veritatem,  quae  ex  catholicae  fidei  obliga- 
tione  necessario  oritur,  persuadere  Nobis  volumus,  noluisse  obligationem, 
qua  catholici  Magistri,  ac  Scriptores  omnino  adstringuntur ,  coarctare 
in  iis  tantum,  quae  ab  infallibili  Ecclesiae  iudicio,  veluti  tidei  dogmata, 
ab  omnibus  credenda  proponuntur.  Atque  etiam  Nobis  persuademus , 
ipsos  noluisse  declarare,  perfectam  illam  erga  revelates  veritates  adhae- 
sionem ,  quam  agnoverunt  necessariam  omnino  esse  ad  verum  scientia- 
rum  progressum  assequendum,  et  ad  errores  confulandos,  obtineri  posse, 
si  dumtaxat  Dogmatibus  ab  Ecclesia  expresse  defmitis  fides ,  et  obse- 
quium  adhibeatur.  Namque  etiamsi  ageretur  de  ilia  subiectione,  quae  fi- 
dei divinae  actu  est  praestanda,  limitanda  tamen  non  esset  ad  ea,  quae 
expressis  oecumenicorum  Conciliorum,  aut  Romanorum  Pontiticum ,  hu- 
iusque  Apostolicae  Sedis  decretis  defmita  sunt,  sed  ad  ea  quoque  exten- 
denda  quae  ordinario  totius  Ecclesiae  per  orbem  dispersae  magisterio 
tamquam  divinitus  revelata  traduntur ,  ideoque  universali  et  constant! 


CONTEMPORANEA  233 

consensu  a  catholicis  Theologis  ad  fidem  pertinere  retinentur.  Sed  cum 
agatur  de  ilia  subiectione,  qua  ex  conscientia  ii  omnes  catholic!  obstrin- 
guntur,  qui  in  contemplatrices  scientias  incumbunt,  ut  novas  suis  scri- 
ptis  Ecclesiae  afferant  utilitates,  iccirco  eiusdem  Conventus  yiri  recogno- 
scere  debent,  sapientibus  catholicis  baud  satis  esse ,  ut  praefata  Eccle- 
siae dogmata  recipiant  ac  yenerentur,  verum  etiam  opus  esse,  ut  se  sub- 
iiciant  turn  decisionibus ,  quae  ad  doctrinam  pertinentes  a  Pontificiis 
Congregationibus  proferuntur,  turn  iis  doctrinae  capitibus,  quae  commu- 
ni  Catholicorum  consensu  retinentur,  ut  theologicae  yeritates  et  conclu- 
siones  ita  certae,  ut  opiniones  eisdem  doctrinae  capitibus  adversae,  quam- 
quam  haereticae  dici  nequeant,  tamen  aliam  theologicam  merentur  cen- 
suram.  Itaque  baud  existimamus  yiros ,  qui  commemorate  Monacensi 
interfuere  Conyentui,  ullo  modo  potuisse,  aut  yoluisse  obstare  doctrinae 
nuper  expositae,  quae  ex  yerae  theologiae  principiis  in  Ecclesia  retinetur; 
quin  immo  ea  fiducia  sustentamur  fore ,  ut  ipsi  in  seyerioribus  excolen- 
dis  disciplinis  yelint  ad  enunciatae  doctrinae  normam  se  diligenter  con- 
formare.  Quae  Nostra  fiducia  praesertim  nititur  iis  Litteris,  quas  perTe, 
Yenerabilis  Frater,  Nobis  miserunt.  Siquidem  eisdem  Litteris  cum  sum- 
ma  animi  Nostri  consolatione  ipsi  profitentur ,  sibi  in  cogendo  Conyentu 
mentem  numquam  fuisse  yel  minimam  sibi  arrogare  auctoritatem,  quae 
ad  Ecclesiam  omnino  pertinet ,  ac  simul  testantur ,  noluisse  eumdem  di- 
mittere  Conyentum ,  quin  primum  declararent  summam  obseryantiam, 
obedientiam,  ac  tilialem  pietatem ',  qua  Nos  et  bane  Petri  cathedram  ca- 
tholicae  unitatis  centrum  prosequuntur.  Cum  igitur  hisce  sensibus  No- 
slram,  et  Apostolicae  huius  Sedis  potestatem,  auctoritatemque  ipsi  reco- 
gnoscant,  ac  simul  inlelligant,  gravissimum  ofticium  Nobis  ab  ipso  Chri- 
sto  Domino  commissum  regendi ,  ac  moderandi  uniyersam  suam  Eccle- 
siam, ac  pascendi  omnem  suum  gregem  salutaris  doctrinae  pascuis,  et 
continenter  advigilandi,  ne  sanctissima  fides,  eiusque  doctrina  ullum  un- 
quam  detrimentum  patiatur,  dubitare  non  pos?umus,  quin  ipsi  seyeriori- 
bus disciplinis  excolendis,  tradendis,  sanaeque  doctrinae  tuendae  operam 
navantes ,  uno  eodemque  tempore  agnoscant ,  se  debere  et  religiose  ex- 
sequi  regulas  ab  Ecclesia  semper  servatas,  et  obedire  omnibus  decretis, 
quae  circa  doctrinam  a  Suprema  Nostra  Pontificia  auctoritate  eduntur. 
Haec  autem  omnia  Tibi  communicamus  ,  ac  summopere  optamus ,  ut  ea 
iis  omnibus  significes  yiris,  qui  in  memorato  Conyentu  fuere,  dum,  si 
opportunum  esse  censuerimus,  baud  omittemus  alia  Tibi,  et  Yenerabili- 
bus  Fratribus  Germaniae  Sacrorum  Antistitibus  hac  super  re  significare, 
postquam  Tuam,  et  eorumdem  Antistitum  sententiam  intellexerimus  de 
buiusmodi  Conventuum  opportunitate.  Demum  pastoralem  Tuam  sollici- 
tudinem,  ac  yigilantiam  iterum  yehementer  excitamus,  ul  una  cum  aliis 
Venerabilibus  Sacrorum  in  Germania  Antistibus  curas  omnes,  cogitatio- 
nesque  in  tuendam  et  propagandam  sanam  doctrinam  assidue  conferas. 


CRONACA 

Neque  omittas  omnibus  inculcare,  ut  profanas  omnes  novilates  diligen- 
ter  devitent,  neque  ab  illis  se  decipi  unquam  patiantur,  qui  falsam  scien- 
tiae  libertatem,  ei usque  non  solum  verum  profectum  ,  sed  etiara  errores 
tamquam  progressus  impudenter  iactant.  Atque  pari  studio  et  contentio- 
ne  ne  desinas  omncs  hortari ,  ut  maxima  cura  et  industria  in  veram 
ehristianam  et  catholicam  sapientiam  incumbant ,  atque  ,  uti  par  est,  in 
summo  pretio  habeant  veros  solidosque  scientiae  progressus ,  qui ,  san- 
^ctissima  ac  divina  lide  duce  et  magistra,  in  catholicis  scholis  habiti  fue- 
runt,  utque  theologicas  praesertim  disciplinas  excolant  secundum  princi- 
pia,  et  constantes  doctrinas,  quibus  unaoimiter  innixi  sapientissimi  Docto- 
res  immortalem  sibi  nominis  laudem,  et  maximam  Ecclesiae,  et  scientiae 
utilitatem ,  ac  splendorem  pepererunt.  Hoc  sane  modo  catholic!  viri  in 
scientiis  excolendis  poterunt ,  Deo  auxiliante,  magis  in  dies,  quantum 
fiomini  fas  est,  noscere,  evolvere,  et  explanare  veritatum  thesaururn,  quas 
in  naturae  et  gratiae  operibus  Deus  posuit ,  ut  homo  postquam  illas  ra- 
tionis  et  fidei  lumine  noverit,  suamque  vitam  ad  eas  sedulo  conformave- 
rit,  possit  in  aeternae  gloriae  claritate  summam  veritatem,  Deum  scilicet, 
sine  ullo  velamine  intueri,  Eoque  felicissime  in  aeternum  perfrui  et  gau- 
dere.  Hanc  autem  occasionem  libentissimo  animo  amplectimur,  ut  denuo 
testemur  et  confirmemus  praecipuam  Nostram  in  Te  caritatem.  Cuius 
quoque  pignus  esse  yolumus  Apostolicam  Benedictionem ,  quam  effuso 
cordis  affectu  Tibi  ipsi,  Yenerabilis  Frater,  et  gregi  Tuae  curae  commis- 
so  peramanter  impertimus. 

Datum  Romae.apud  S.  Petrum,  die  21  Decembris  Anno  1803. 
Pontificatus  Nostri  Anno  Decimoctavo 

PIVS  PP.  IX. 


Al  principio  dei  nostri  arlicoli  sopra  il  Congresso  del  dotti  calto- 
iici  in  Monaco,  e  precisamente  a  pag.  386  del  vol.  IX  della  Serie  V7 
fu  scritto  essersi  fatta  agli  astanti  distfibuzione  di  un  indegno  libello 
contro  la  S.  Congregazione  dell'  Indice.  Piu  eerie  informazioni  ci 
fanno  sapere  cbe  quella  distribuzione  noil  ebbe  luogo  in  esso  Con- 
gresso ,  ma  solo  fuori  del  medesimo  ad  alcuni  di  quei  personaggi 
per  invio  o  dell'  autore  o  del  libraio.  Ci  facciamo  un  dovere  di  ret- 
lificare  con  queste  lince  Y  involontario  errore. 


CONTEMPORANEA 

II. 
COSE  ITALIANS. 

STATI  Po?mFicii  1.  Solennita  della  Settlmana  santa  e  della  Pasqua  —  2.  II 
Santo  Padre  a  santa  Maria  sopra  Minerva  —  3.  Accademia  al  Castro  Pre- 
torio  —  4.  Sussidii  raccolti  dali'  Osservatore  Romano  per  le  Religiose 
spogiiate  dalla  rivoluzione  —  5.  Offerte  de'  Lucchesi  al  Santo  Padre — - 
6.  Decreto  della  S.  Gongr.  dell'  Indice  per  proibizione  di  libri  —  7.  At* 
tentato  contro  il  Vescovo  di  Gomacchio  —8.  Agitazione  del  parti  to  maz- 
ziniano  contro  il  Governo  usurpatore  nelle  province  della  Chiesa;  bando 
pel  19  Marzo  —  9.  I  Garibaldini  di  Ravenna  impediti  con  la  forza  da 
ogni  dimostrazione  —  10.  Assassinio  del  sottoprefetto  d'lmola. 

1.  Le  commoventi  solennita  della  Settiraana  santa  furono  celebrate 
quest'  anno  si  nella  Cappella  Sistina  ,  e  si"  in  S.  Pietro  al  Yaticana,  con 
la  consueta  pompa,  benche  il  cuore  de'  fedeli  fosse  molto  contristato  dal 
non  vedervi  partecipare  la  Santita  di  Nostro  Signore  Papa  Pio  IX ,  im- 
pedito  da'  riguardi,  che  richiedevansi  a  non  troncare  il  corso  della  coiwa- 
lescenza,  dopo  una  breve  e  non  punto  grave  infermita.  Ma  1'universale 
desiderio  venne  appagato  la  mattina  del  giorno  di  Pasqua  di  Risurrezio- 
ne.  «  Sulie  ore  dieci,  come  narra  il  Giornale  di  Roma  ,  Sua  Beatitudine 
discese  alia  patriarcale  Basilica  Vaticana ;  ed  indossate  le  sacre  vesti 
alia  Cappella  del  Sacramento,  e  preceduta  dagli  Effii  e  RiTii  signori  Car- 
dinali,  *dai  Patriarch],  dagli  Arcivescovi  e  dai  Vescovi ,  dal  Senatore  coi 
Conservatori  di  Roma,  nonche  dai  diversi  Collegi  della  Prelatura ,  e  da 
tutta  la  Corte  ,  in  sedia  gestatoria  precede  all'altare  della  Confessione,  e 
ando  a  sedere  sul  Trono.  Da  quivi  presto  assistenza  alia  Messa,  che,  sii 
quell'altare  Papale  ,  celebro  1'  Emo  e  Rmo  signor  Cardinale  Mattei ,  Ye- 
SCOYO  di  Ostia  e  Yelletri,  Decano  del  sacro  Collegio. 

«  Terminato  il  sacrosanto  Sacrificio,  la  Santita  Sua  ,  preceduta  dalla 
processione  sopra  descritta  ,  fermossi  alia  tomba  dei  santi  Apostoli  per 
yenerare,  giusta  il  consueto,  le  Reliquie  maggiori ,  delle  quali  si  fece  la 
ostensione  dalla  loggia  che  soprasta  la  statua  della  Yeronica.  Quindi  ri- 
salita  nella  gestatoria,  e  yolta  al  popolo,  fece  sosta  per  impartire  da  qoel 
luogo  la  solenne  Benedizione ,  che  il  tempo,  mantenutosi  dal  primo  mat- 
tino  costantemente  piovoso ,  impediva  di  dare  dal  grande  loggiato  sulla 
fronte  del  sacro  tempio.  Recitate  pertanto  le  preghiere  di  uso,  il  supremo 
Gerarca  levatosi  in  piedi ,  innalzando  gli  occhi  e  stendendo  le  mani  yer- 
so  il  cielo,  con  alta  e  commossa  voce ,  comincio  a,  profferire  la  solenne 
formola,  che,  fra  emozione  yivissima  di  soprabbondanti  aff'etti,  continue 
impartendo  la  trina  apostolica  Benedizione.  Quindi  pubblicossi  dai  Car- 
dinali  Diaconi,  in  italiano  e  in  latino,  la  plenaria  Indulgenza. 

«  II  Santo  Padre  si  ricondusse  dipoi  alia  Cappella  del  Sacramento  a 
deporvi  gli  abiti  pontificali ;  e  presa  la  mozzetta  e  la  stola  bianca ,  pre* 


236  CRONACA 

ceduto  dal  Crocifero  ed  accompagnato  dalla  nobile  Anticamera ,  si  ri- 
trasse  nei  suoi  appartamenti.  La  moltitudine  che  ,  sebbene  il  tempo  du- 
rasse  cattivo,  era  concorsa  al  Vaticano  per  ricevere  la  Benedizione  dal 
Yicario  delF  Homo  Dio  risorto,  fu  straordinaria.  L'  imraensa  Basilica  non 
solo,  ma  gli  ampii  colonnati  ed  i  portici  della  piazza  eziandio  ne  rigurgi- 
tavano,  ansiosi  tutti  di  rivedere  1'  aspetto  augusto  del  venerabile  Ponteti- 
ce  e  Sovrano,  che  indisposizioni  della  sua,  or  redintegrata,  salute,  aveano 
per  qualche  tempo  tenuto  ascoso  agli  sguardi  degli  amorosi  tigli  che  gli 
sono  sudditi ,  e  degli  esteri  venuti  da  lontane  regioni  per  significargli  il 
loro  affetto  e  la  loro  devozione.  » 

2.  Fu  poi  giorno  di  singolare  giubilo  per  tutta  Roma,  e  di  vero  trionfo 
pel  Santo  Padre,  quello  di  lunedi  4  d'Aprile,  nel  quale  celebrossi  la  festa 
della  SS.  Annunziata  ,  ed  il  Santo  Padre  si  reco  ,  in  treno  nobilissimo, 
alia  chiesa  di  santa  Maria  sopra  Minerva ,  per  assistervi  al  Pontificale. 
Universale  la  gara  nel  dare  se'gni  di  esultanza,  di  devozione  e  di  affetto. 
Mbllate  di  spettatori  le  vie,  per  le  quali  dovea  passare  il  corteggio,  or- 
nate di  arazzi  e  damaschi  e  sparse  di  fiori ;  e  presso  la  piazza  la  moltitu- 
dine era  si  fitta,  che  a  mala  pena  quello  potea  aprirvisi  il  varco.  Le  accla- 
mazioni  piene  di  ossequio  e  di  amore ,  quanto  appena  mai  erasi  udito  in 
simili  congiunture  ;  massime  poi  quando  il  Santo  Padre,  terminati  i  sa- 
cri  riti,  usci  sul  limitare  del  tempio,  per  tornare  al  Vaticano  ,  e  stese  la 
raano  a  benedire  gli  amatissimi  suoi  figliuoli. 

3.  Alii  21  di  Marzo  fu  tenuta,  nella  sala  del  nuovo  edifizio  militare  al 
Castro  Pretorio,  in  onore  della  Croce,  per  robolo  di  S.  Pietro,  una  splen- 
didissima  Accademia,  degna  dello  scopo  a  cui  mirava  il  letterario  eserci- 
zio,  e  rispondente  al  carattere  dei  personaggi  che  vi  presero  parte,  ed 
alia  qualita  degli  uditori  appartenenti  agli  ordini  piu  cospicui  del  clero  e 
del  laicato.  II  luogo  era  egregiamente  adorno  per  cura  del  Colonnello 
Blumensthil  e  del  Capitano  Meluzzi.  Argomento  dell'Accademia  fu  la  Cro- 
ce, qual  simbolo  di  quella  fede,  che  ammaestra,  lenefica,  combatte  e 
trionfa.  Intorno  al  quale  soggetto  ragionarono  con  mirabile  profondita  di 
dottrina,  con  ampiezza  di  erudizione,  e  con  rara  facondia,  1'  Emo  Cardi- 
nale  Reisach,  in  lingua  tedesca ;  1'  Emo  Card.  Pitra,  in  lingua  francese ; 
I'Efiio  Card.  Guidi,  in  lingua  italiana ;  Mons.  Manning  Preposito  di  West- 
minster, in  lingua  inglese.  Quindi  Y  avv.  Paolo  Tarnassi  inneggio  alia 
Croce,  rispondendo  alsaluto:  0  Crux,  ave,  spes  unica,  usato  di  quei 
giorni  dalla  Chiesa,  con  una  poesia  che,  per  la  vivezza  delle  immagini 
e  la  efficacia  delle  espressioni,  trasse  lagrime  di  commozione  dagli  occhi. 
Sul  chiudere  dell'  Accademia,  Mons.  Nardi  adopero  eloquenti  parole  nel 
rendere  grazie,  quale  socio  deH'Archiconfraternita  di  san  Pietro,  agli  Ora- 
tori,  al  poeta,  a  quantiavean  preso  parte  all'esercizio  ed  agli  intervenuti, 
che  aveano  deposte  offerte  per  /'  Obolo  di  san  Pietro. 

Le  composizioni  letterarie  furono  intramezzate  da  squisite  sinfonie  del- 
la  Gendarmeria  pontificia  ,  e  da  cori  della  Cappella  Giulia  del  Vaticano ; 


CONTEMPORANEA  237 

e  tutti  i  cuori  furono  commossi  dalle  sublimi  armonie  che  il  professore 
Listz  per  quattro  yolte  fece  risonare  dal  pianoforte.  II  concorso  degli 
uditori  non  potea  desiderarsi  ne  piii  numeroso  ne  piu  scelto.  Cardinal! 
di  santa  Chiesa,  Prelati,  Ambasciadori  e  membri  del  Corpo  diplomatico, 
ed  il  fiore  del  personaggi  nobilissimi  d'ogni  nazione  present!  in  Roma. 
Le  offerte  che  in  tal  circostanza  furono  raccolte  perl'O&o/o  disan  Pietro 
salirono,  dice  YOsservatore  Romano,  a  circa  quattro  mila  scudi,  e  tutto  fu 
dal  Santo  Padre ,  come  gia  sapeasi,  destinato  a  benefizio  dell'  istruzione 
pei  figli  del  popolo  e  per  le  scuole  de'  poveri. 

4.  Piu  yolte  rOsservatore  Romano  erasi  volto  con  fervide  parole  alia 
pieta  de'Romani,  per  raccogliere  sussidii  da  distribute  a  quelle  sante  ed 
innocenti  vittime  della  rivoluzione,  che  nei  monasteri  conservano  la  fede 
giurata  al  celeste  loro  Sposo,  e  soggiacciono  a  tutte  le  conseguenze  della 
barbara  rapina,  onde  furono  spogliate  delle  loro  rendite  e  delle  loro  doti. 
Gl'mumani  ladroni,  non  paghi  di  ridurle  a  dover  campare  la  vita  col  vile 
assegnamento  di  soli  7  od  8 ,  o  anche  5  baiocchi  al  giorno ,  loro  il  fanno 
soventi  aspettare  le  settimane  ed  i  mesi  interi ;  di  che  le  afflitte  Yergini 
di  Cristo  devono  sopportare  crudeli  privazioni ,  a  cui  viene  troppo  tardo 
il  sussidio  in  quel  poco  piu  che  la  centesima  parte  delle  rubate  loro  pro- 
prieta,  gittata  loro  villanamente  dal  Governo  a  titolo  di  limosina. 

Le  oblazioni  raccolte  dall'  Osscrvatore  Romano  negli  ultimi  dieci  mesi, 
e  che  stavano  peressere  distribuite,  salivano  a  scudi  751,19. 5;  la  quale 
somma  era  troppo  scarsa  riguardo  ai  bisogni  d'ogni  specie  di  quelle  fit- 
time  della  tirannia  settaria.  Erano  21  Monastero,  che  gia  avean  ricevuto 
altra  volta  qualche  soccorso,  ma  ora  versavano  in  estreme  angustie,  ed 
implorayano  qualche  limosina  per  le  572  Religiose  che  yi  campavano  di 
stenti  e  di  rassegnazione ;  erano  altri  15  Monasteri,  abitati  da  334  Reli- 
giose ,  che  non  ayeano  fin  qui  riceyuto  1'  obolo  della  cristiana  carita ,  e 
stavano  alia  merce  di  Dio,  ma  supplicavano  che  anche  a  loro  si  stendesse 
la  rnano.  L'  Osservatore,  alii  22  Marzo,  espose  questo  stato  di  cose  con 
belle  ed  affettuose  parole,  chiedendo  che  si  facesse  in  maniera  da  poter 
ispedire  a  quelle  derelitte  con  che  ristorarsi  alia  Pasqua ;  cioe  un  due 
scudi  per  ciascuna  di  quelle  che  non  aveano  mai  riceyuto  nulla,  ed  una 
scudo  per  le  altre.  In  soli  10  giorni  le  limosine  furono  si  pronte  e  copio- 
se,  che  salirono  alia  somma  di  oltre  a  1240  scudi ;  dei  quali  fu  fatta  la 
proposta  distribuzione  il  Venerdi  l.°Aprile,  a  mitigare  almen  per  qualche 
giorno  i  patimenti  di  90G  Vergini  e  spose  di  Gesu  Cristo.  In  due  anni 
si  raccolsero  per  tal  fine,  e  si  distribuirono  dalla  benemerita  direzione  di 
eodesto  giornale piu  di  3469  scudi,  a  68  Monasteri  dell'Unibria  e  delle 
Marche,  in  cui  convivono  1640  Religiose. 

5.  Ci  e  pur  grato  di  registrare  qui  un  nuovo  atto  di  devozione  figliale 
del  popolo  e  del  Clero  lucchese  yerso  il  Santo  Padre,  yalendoci  di  cio 
che  troviamo  UQlYOsservatore  Romano  del  31  Marzo:  «  Sappiamo  che  di 
questi  giorni ,  e  in  occasione  della  santa  Pasqua,  e  stata  umiliata  ai  piedi 


238  CR03NACA 

del  Santo  Padre  la  somma  di  fr.  3,800  per  1'obolo  di  S.  Pietro,  insieme 
a  varii  oggetti  in  oro  e  in  argento,  per  parte  della  cattolica  citta  di  Lucca. 
Oltre  a  cio  sono  stati  presentati  alia  Santita  Sua :  un  indirizzo  dei  par- 
rochi  e  eurati  della  stessa  citta,  un  altro  degli  studenti  sacerdoti,  diaconi 
e  suddiaconi ,  e  un  altro  dei  chierici.  La  Benedizione  del  Santo  Padre 
impartita  con  tutta  la  effusione  del  cuore  ai  deyoti  offerenti,  e  stata  per 
essi  il  piu  gradito  contrassegno,  che  la  Santita  Sua  siasi  degnata  di  be- 
nignamente  accogliere  le  loro  umili  offerte.  » 

6.  Con  decreto  del  15  Marzo  1864  ,  pubblicato  anche  nel  Giornale  cU 
Roma  del  23,  la  sacra  Congregazione  dell'  Indice  ha  condannato  e 
scritto  fra  i  proibiti,  nell'  usata  forma,  i  libri  seguenti: 

«  Franco  Mistrali  —  Vita  di  Gesu.  A.  Ernesto  Renan.  Milano  1863. 

«  Le  Maudit.  Par  1'Abbe***.  Paris  Librairie  Internationale  1864. 

«  La  parola  di  Dio  e  i  moderni  Farisei.  Appello  al  Sentimento  cristia- 
no.  ^er  Andrea  Moretti,  Deputato  al  Parlamento  italiano.  Bergamo  1864. 

«  Guia  de  los  Casados  6  Historia  Natural  de  la  Generacion ;  Mentor 
Dome'stico  para  las  personas  de  ambos  secsos.  Por  Don  Federico  Hollick. 
i\7ueva  York. 

«  Auctor  opens  cui  titulus  —  II  Clero  yeneto  nell'  anno  1862,  per  un 
Testimonio  di  yista  e  di  fatto,  Bologna  1862,  Prohib.  Deer.  24  Augu- 
sti  1863,  —  laudabiliter  se  subiedt. 

«  Auctor  opcris  cui  titulus  —  Dell'  ultima  persecuzione  della  Chiesa, 
e  clella  fine  del  mondo,  per  P.  B.  N.  B  Yolumi  sei.  Fossombrone  1863. 
Prohib.  Deer.  13  Decembris  1865,  — -  laudabiliter  se  subiecit.v 

1.  I  settarii  mazziniani,  a  quanto  sembra,  trovano  troppo  benigno  il 
GoTerno  di  Torino,  che  si  contenta  di  sbandeggiare  o  carcerare  i  Vesco- 
yi,  o  tenerli  nelle  prigioni  comuni,  senza  processo,  per  nove  o  dieci  me- 
si,  come  ora  fa  per  1'Arcivescovo  di  Spoleto,  Mons.  Arnaldi.  Essi  ricor- 
rono,  per  ispacciarsi  de' Vescovi,  a  spedienti  piu  risoluti-e  perentorii; 
cioe  all'  assassinio.  Per  la  Dio  merce  un  recente  attentato  ando  fallito; 
ma  e  da  serbarsene  memoria,  e  recitiamo  le  parole  onde  dalle  Marche  ne 
fu  scritto,  nel  Marzo,  allo  spiritoso  giornaletto  torinese  il  Subalpino : 
«  Un  sacrilego  attentato  e  stato  commesso  il  giorno  7  corrente  contro  la 
persona  di  Monsignor  Fedele  Bufarini,  Yescovo  di  Comacchio,  e  ammi- 
nistratore  apostolico  della  diocesi  di  Ripatransone.  Ad  un'ora  e  mezzo  an- 
timeridiana  fu  tirata  un' archibugiata  con  palla  nella  finestra,  rimpetto 
alia  quale  e  posto  il  letto  in  cui  dormiva  il  prelato.  La  Dio  merce  Monsi- 
gaore  resto  illeso  da  ogni  danno.  Non  yi  parlo  dell'orrore  destato  in  tutta 
la  citta,  quando  yenne  conosciuto  quell'  orribile  misfatto.  Diro  solo  che  i 
tristi,  frementi  per  1'invitto  zelo  apostolico  dell'egregio  prelato,  ayeyano 
gia  da  qualche  tempo ,  con  minaccie ,  fatto  presentire  lo  sceilerato  loro 
divisamento.  » 

8.  Agli  occhi  d'ognuno  sono  ancora  presenti  le  scene  del  1859  e  del 
1860  ,  quando  il  Governo  riyoluzionario  di  Torino  si  mostraya  tutto  in 


CONTEMPORANEA  239 

arabascia  ed  in  travaglio  per  contenere  la  setta  garibaldina  ,  mentre  di 
fatto  la  stipendiava ,  I'  aizzava ,  la  proteggeva ,  la  forniva  d'  armi  e  di 
munizioni ,  la  faceva  scortare  da'  suoi  vascelli ,  perche  piii  sicuramente 
potesse  effettuare  le  piraterie  contro  le  Due  Sicilie  a  lei  vendute  da  Mi- 
nistri  e  da  Generali  traditori ;  o  spedivauoniini,  denari,  armi,  ogni  cosa, 
per  sommovere  le  Romagne  in  prima ,  poi  le  Marche  e  1'  Umbria ,  spac- 
ciando  intanto  che  le  truppe  ivi  raccolte  a'  confini  stavano  all'  erta  per 
reprimere  qualimque  audace  tentativo  del  partito  d'  azione.  Ora  queste 
nefande  comraedie  si  rinnovano  ,  con  simile  intreccio.  Gli  arrolamenti , 
parte  volontarii  e  parte  forzati,  di  settarii  si  proseguono,  a  saputa  di  lutti, 
alacremente;  e  molti  poveri  giovani,  invescati  nelle  panic  della  setta , 
ricevono  1'intimazione  di  condursi  a  determinate  luogo  ,  pena  la  morte : 
ed  obbediscono ,  maledicendo  al  di  che  si  lasciarono  arreticare  dalla  te- 
nebrosa  congiura.  I  capi  della  setta  scorrazzano  da  Parigi  a  Torino, 
prendono  1'imbeccata  a  Londra,  pubblicano  bandi,  designano  condottieri, 
formano  squadre,  esigono  denari ,  e  preparano  armi  e  munizioni.  II  Go- 
yerno  di  Torino  se  ne  mostra  preoccupato ;  manda  attorno  circolari  ed 
ordini,  fa  per  cerimonia  perquisizioni  domiciliari  e  sequestri,  avvcrtendo 
pero  di  non  mettere  mai  la  mano  sul  nido  delle  vipere,  e  grida  pe'  suoi 
giornali ,  che  oggimai ,  se  la  Francia  non  gli  da  Roma  e  non  I'.aiuta  per 
liberare  Yenezia,  uno  scompiglio  tremendo  e  inevitabile. 

Gli  arnesi  piu  abbietti  e  maneschi  della  setta ,  e  gli  ufficiali  meno  ac- 
corti  del  Governo,  pigliano  la  cosa  sul  serio,  e  recitano  intanto  a  meravi- 
glia,  benche  senzaloro  saputa,  la  parte  loro  appropriata  nella  commedia. 
Onde  da  una  parte  smanie  e  lamenti  e  violenze;  dall'altra  minacce,  re- 
pressione  e  talvolta  qualche  castigo.  Quando  le  cose  sono  venute  a  que- 
sto  punto  ,  ecco  i  diarii  ufficiali  ed  ufficiosi  trombare  a'  quattro  yenti : 
che  uno  scoppio  e  inevitabile,  che  v'entra  la  mano  provocatrice  dell'Au- 
stria,  e  che  percio  bisogna  armarsie  star  pronti  alle  difese.  Cosi  appunto 
•yediamo,  che  la  Ministeriale  Opinione  di  Torino  del  2  Aprile,  tolto  argo- 
mento  dalle  precauzioni  dell'  Austria  nel  Veneto  ,  le  qualitica  come  pro- 
yocazioni  al  pacidco  Goyerno  italiano  ,  ed  attribuisce  a  lei  le  intempe- 
ranze  del  partito  £  azione,  per  ayerne  pretesto  ad  un  assalto.  «  Ci  vuol 
si  poco  a  provocare  una  sommossa  od  una  fmta  invasione  di  volontarii !-» 
Cosi  esclaraa  1'  Opinione ;  la  quale  s'  inlende  molto  bene  delle  piu  recon- 
dite arti  del  mestiere,  avendo  i  suoi  padroni  e  complici  preparate  le  finle 
sommosse  e  le  invasioni  ladre  contro  tutti  gli  Stati  italiani. 

V'e  tuttavia  un  partito  nelle  Marche  e  nell'  Umbria,  il  quale  sembra  fare 
da  senno  contro  il  Governo  usurpatore  ,  il  quale  da  parte  sua  se  ne  mo- 
stra sinceramente  infastidito.  Ed  e  il  partito  che  fece  clandestinamenle 
stampare  ed  affiggere  in  Perugia  ed  in  piu  altri  luoghi  il  seguente  bando: 

«  Cittadini  fratelli ,  il  giorno  19  Marzo  e  giorno  onomastico  dei  due 
propugnatori  dell'  italiana  indipendenza ,  Mazzini  e  Garibaldi ,  il  primo 
di  pensiero,  il  secondo  d'azione.  Quel  giorno  dovrebbesi  da  noi  con  ogni 


240  CRONACA 

porapa  solennizzare.  Gli  sgherri  del  Governo  sono  disposti  a  rendere  quel 
giorno  infausto  ,  con  soprusi  e  sevizie  al  partito  d'  azione.  Noi ,  non  per 
pusillanimita ,  ma  per  riserbare  il  nostro  ardore  e  il  nostro  braccio  a 
tempo  piii  propizio ,  e  per  aderire  ad  un  desiderio  dello  stesso  generale 
Garibaldi,  non  ci  perderemo  in  vane  ed  inutili  prove. 

«  Pertanto ,  senza  dimostrazioni ,  senza  sperpero  in  gozzoviglie  o  lu- 
minarie,  riuniremo  il  nostro  obolo  per  rimetterlo  a  Garibaldi,  affinche 
ne  usi  meglio  che  crede  a  vantaggio  della  patria.  Inyece  di  passeggiare 
per  la  citta,  formeremo  tra  noi  yarie  decurie,  ed  ognuno  potra  a  suo  pia- 
cere  recarsi  in  campagna  e  godere  di  quella  liberta  yera,  che  dagli  sgherri 
delta  tirannidc,  piii  in f ami  di  quelli  del  prete  ,  ci  yiene  negata.  I  nostri 
nemici  si  ayyedranno  che  noi  non  solo  amiamolayera  liberta  del  paese, 
ma  che  siamo  ordinati  e  disposti  a  sacrificii,  e  ci  temeranno.  Yiva  Maz- 
zini  —  Yiya  Garibaldi  —  Viva  la  liberta  —  Salute  e  fratellanza.  //  Co- 
mitato  succiirsale  segreto.  » 

9.  NeH'Umbria  cotesto  partito  non  ebbe  forza  od  ardire  di  tentare  al~ 
tro.  Ma  a  Ravenna  disponeasi  a  tali  cose  che  il  Prefetto,  sig.  Cornero, 
n'  entro  in  grave  timore ,  e  spedi  Circolari  sopra  Circolari  per  mandare  a 
vuoto  il  disegno  del  partito  di  azione  «  di  festeggiare  i  due  Giuseppe, 
Garibaldi  e  Mazzini.  »  Percio  intimava  ai  pubblici  ufficiali  che  ciascuno 
d?  essi  fosse  sollecito  «  accio  1'  ordine  pubblico  non  sia  menomamente 
compromesso ,  e  venga  impedita ,  e  tosto  repressa  qualunque  manifesta- 
zione  sediziosa ,  che  venisse  fatta  con  grida,  con  bandiere,  con  emble- 
mi,  o  in  altri  modi  qualsiasi.  »  E  scese  fino  ai  particolari  piu  minuti.  «  Se 
parecchi  individui  andassero  in  campagna  a  pranzo,  per  festeggiare  chic- 
chessia,  si  stia  attenti  per  separarli,  qualora  volessero  entrare  in  citta  in 
numero  tale  da  costituire  attruppamento.  »  Quindile  solite  minacce  d'twa- 
re  la  forza,  di  istituire  processi.giudiziarii,  di  fare  che  in  ogni  modo  «  la 
forza  rimanga  allalegge.  »  E  tutto  questo  confortato  dal  testo  d'un  tele- 
gramma  delMinistro  degli  affari  interni,  sig.  Peruzzi,  perche  s'impedisse 
qualunque  dimostrazione  di  piazza.  I  liberal!,  che,  a  furia  di  simili  chias- 
•sate,  rovesciarono  i  legittimi  Governi,  sono  pronti  ad  usare  senza  pieta 
le  baionelte ,  la  mitraglia  ed  il  capestro,  per  impedire  cho  il  popolo  so- 
vrano  si  valga  contro  di  loro  de'  diritti ,  che  essi  gli  aveano  conferito , 
quando  trattavasi  di  farlo  servire  a'  disegni  mulinati  a  Torino  ed  a  Parigi. 
E  difatto  il  Diritto  di  Torino,  n.°  88,  in  cui  si  leggono  per  disteso  co- 
desti  document!  ufficiali ,  narro  che :  «  Ravenna  non  ricorda  aver  ved«- 
to ,  come  nel  19  Marzo,  la  soldatesca  in  grosse  pattuglie ,  a  brevissima 
distanza  Tuna  dall'altra,  sparse  per  tutte  le  vie ;  e  alle  porte  della  citta 
forti  drappelli,  coi  fasci  d'arme  alia  pufrblica  vista,  e  cio  ad  ostentazione 
•di  terrore.  Arte  indegna  di  despotismo  ecc. !  »  Sottosopra  le  stesse  cose 
che,  senza  egual  fondamento ,  si  spacciavano  contro  i  Governi  legittimi, 
abbaltuti  poi  dalle  sette  e  dal  non  intervento. 


CONTEMPORANEA  241 

10.  Sc  nei  disegni  della  divina  Provvidenza  sta  scritto  che  1'infernale 
edifizio,  sorto  da'fatti  del  1859  e  del  1860,  debba  quanto  prima  crollare  e 
stritolarsi  sotto  il  peso  delle  iniquita  de'  suoi  architetti  ed  esecutori ,  i 
Goyerni  legittirai,  chiamati  a  ristaurare  la  societa  civile  ereligiosa,avran- 
no  molto  da  iraparare,  quanto  alia  fermezza  dei  procedimenti  contro  i  se- 
diziosi ,  da  quello  che  fanno  ora  i  trionfanti  settarii ;  e  molto  ancora 
avranno  che  rispondere,  yalendosi  dei  fatti  present! ,  a  giustificazione 
delle  calunnie,  ond'  erano  per  lo  passato  vilipesi,  comejnetti  ad  impe- 
dire  i  delilti,  a  frenare  i ladri ,  a  colpire  gli  assassini.  Sono  poche  setti- 
mane  appena,  ed  i  modcrati  empiyano  1'  Europa  di  strida  di  finto  dolore, 
per  alcuni  latrocinii  e  per  due  o  tre  uccisioni  ayyenute  in  Roma :  e  spin- 
sero  1'impudenza  fmo  a  spedire  al  Generale  Comandante  del  presidio 
francese  una  petizione,  che  fu  stampata  nei  principal!  diarii  di  Francia  ed 
Italia,  qual  si  legge  nella  Nazione~di  Firenze  del  3  Marzo,  affinche,  calpe- 
stando  i  diritti  soyrani  della  Santa  Sede,  prendesse  in  sua  mano  la  som- 
ma  delle  cose,  abolisse  la  Polizia  pontificia,  e  s'  incaricasse  ^i  tutelare  la 
Tita  e  le  persone  de'cittadini.  E  tutto  cio  pei  fatti  che  ogni  di  ^  cadono  a 
dieci  tanti  piii,  in  numero  ed  enormezza,  nella  stessa  Parigi.  Non  sappia- 
mo  se  qualche  risposta  abbia  fatto  a  quei  tristi  1'onoreyole  sig.  Conte  di 
Montebello;  ma  dobbiamo  tener  per  certo  che,  conscio  della  falsita  dei  mo- 
tiyi,  abbia  riguardata  come  un'  ingiuria  fatta  a  se  ed  all'Imperatore  quel- 
la  assurda  domanda,  e  percio  1' abbia  reietta  col  piu  profondo  disprezzo. 

Tuttayolta  e  bene  che  si  sappia  che  nelle  province  usurpale  alia  Chie- 
sa,  sotto  il  Governo  ristauratore  delV  or  dine  morale,  i  furti,  le  rapine  vio- 
lenti,  gli  assassinii  in  pieno  giorno  si  moltiplicano  per  modo,  che  la  stessa 
ministerialissima  Opinione  fu  costretta,  alii  29  #i  Marzo,  a  gettare  grida 
di  sdegno,  a  proposito  della  morte  del  sotto-prefetto  d'  Imola,  sig.  Avvo- 
cato  Murgia.  Costui ,  di  nazione  Sardo,  e  inchinato  piuttosto  a  mitezza, 
Ja  sera  del  25  Marzo  ,  «  accompagnato  dal  Giudice  mandamentale  ,  dice 
il  corrispondente  ,  tornaya  tranquillamente  dal  passeggio  yerso  la  pro- 
pria  residenza,  allorche  gli  fu  tirato  a  bruciapelo,  da  mano  ignota,  uncol- 
po  di  pistola  alia  schiena  ,  che  lo  feri  mortalmente ,  essendo  il  proiettile 
uscito  per  il  petto,  poco  sotto  lo  sterno.  II  fatto  ayyenne  dinanzi  la  farma- 
cia  deU'pspedale  ,  yale  a  dire  nei  luogo  forse  a  quell'ora  piu  popoloso 
della  citta.  Molte  persone,  fra  le  quali  il  maggiore  comandante  la  Piazza, 
con  tre  ufficiali  del  deposito  del  24°  di  linea  qui  stanziato ,  si  trovayano 
a  pochi  passi  di  distanza :  yidero  1'  esplosione  dell'  arma  e  1'assassino ; 
ma  fu  tale  la  sorpresa,  che  nessuno  fece  neppur  un  passo  per  arrestarlo , 
talche  esso  pote  liberamente  dileguarsi  in  un  prossimo  vicolo ,  senza  che 
alcuno  abbia  saputo  dare  contezza  o  lume  sull'essere  suo.  » 

Notisi  bene  che  \ Opinione  aggiunge  del  suo ,  parlando  di  fatto  si  atro- 
ce,  «  in  pochi  giorni  se  ne  lamentarono  altri  in  altre  citta  di  Romagna.  » 
II  Corrispondente  accenna  chijaramente  che  il  delitto  fu  perpetrato  «  da 
Serie  Y,  vol.  X,  fasc.  338.  16  9  Aprile  1864. 


242  CRONACA 

una  fazione  da  quakmque  partito  politico  rigettata ,  all'  unico  scopo  di 
far  sentire  al  Governo  ed  al  partito  liberate  moderate,  die  essa  vive  an- 
cora,  e  si  trova  forte  abbastanza  per  dominare  col  terrore.  Clii  ha  letto 
il  bando  di  Perugia  qui  sopra  riferito ,  non  puo  non  yeder  designate  nel- 
Y  Opinions  il  partito  d'azione;  il  quale  e  quel  rnedesimo  che  imparo  dal 
moderate  a  turbare  la  quiete  pubblica  con  le  bombe,  che  ora  va  gettando 
in  Napoli,  a  Venezia,  a  Verona,  come  il  Comitato  nazionale  moderate  le 
faceva  gittare  in  Roma ;  ed  e  quel  medesimo  partito  a  cni  la  voce  pubbli- 
ca reco  1' assassinio  del  Commessi  del  Baldini,  accaduto  in  Roma  la  sera 
del  20  Febbraio,  di  cui  non  si  poteron  scoprire  gli  autori,  perche  riparati- 
si,  come  si  riconobbe  a  molti  indizii,  sotto  la  tutela  del  Regno  d  Italia. 
Ad  Imola  furono  arrestati  19  giovinastri,  come  sospetti  d'essere  al- 
m'eno  complici  dell'assassinio  del  Sotto-prefetto  ,  il  quale  mori  poco  ap- 
presso.  Ma  le  disposizioni  pubbliche  erano  tali ,  che  per  condurli  a  Bolo- 
gna fu  d'  uopo  circondarli  di  fortissimascorta ,  ed  essi  nella  stazione  della 
via  ferrata  gridavano  a  squarciagola :  Viva  Mazzini!  Vim  Garibaldi! 

STATI  SARDI  1.  La  legge  pel  ragguaglio  del  tribute  prediale  e  approvata 
dalla  Camera  dei  Deputati  —  2. 11  Ministero,  per  accertarne  1'approva- 
zione  del  Senato,  nomiua  23  nuovi  Senator!;  opposizloni  percio  incoutra- 
te  —  3.  Carcerazione  di  due  sacerdoti,  per  aver  negata  la  SS.  Eucaristia 
ad  uno  scomunicato ;  giudizio  concorde  dei  liberall  ed  empii  centre  tale 
enormezza. 

1.  Rade  volte  avvenne  che  una  Icgge  di  Finanze,  intesa  a  riscuotere 
tributi  e  balzelli  dal  popolo,  fosse  cosi  vivamente  combattuta ,  come  fu 
quella  proposta  dal  Minghetti  pel  ragguaglio  del  tribute  prediale.  Tuitc 
le  antipatie  municipali,  tutte  le  ire  di  parte,  tutti  i  risentimenti  d'  inte- 
resse  congiuravano  contro  il  disegno  di  questo  insaziabile  avvocato  di 
quel  mostro  vorace  che  e  la  rivoluzione.  I  Piemontesi ,  che  da  13  e  piu 
anni  si  smungevano  per  la  redenzione  dei  fratelli,  credeano  che  fosse 
tempo  per  questi  di  pagare  le  spese ;  e  per  contro  furono  gravati  di  nuo- 
va  giunta.  I  non  piemontesi,  a  cui  s' erano  date  a  succhiare  le  speranze, 
che,  rovesciati  i  loro  legittimi  Governi,  1'  Italia  diverrebbe  un  Paradise 
terrestre,  senza  gravezze  e  senza  crucci,  non  volcano  ora  acconciarsi  a 
portare  la  parte  loro  attribuita ,  e  ne  volcano  gittare  la  soma  sulla  grop- 
pa  dei  Piemontesi,  avvezzi  a  tal  seryigio,  massime  dacche  i  fratelli  di 
ogni  parte  d' Italia  si  fecero  padroni  del  Governo  e  dell'  erario  piemontese. 
Inde  irae.  La  discussione  di  quella  legge  comincio  il  10  Febbraio,  come 
per  simboleggiare  la  penitenza  a  cui  invitava  la  Rivoluzione,  ad  imitazione 
della  Chiesa  che  1'  impone  a'  fedeli ;  e  si  protrasse  tino  alii  20  di  Marzo, 
Domenica  delle  Palme,  nel  qual  di  il  Minghetti  canto  YOsanna,  riuscende 
a  vincere  il  partito  del  si ,  per  1'  approvazione  della  sua  legge,  dibattuta 
fortemente  in  30  tornate,  che  produssero  un  grosso  volume  di  discorsi , 
di  chiacchiere,  di  villanie,  di  accuse  e  di  recriminazioni  sanguinose. 


CONTEMPORANEA  M3 

In  qnel  giorno,  in  cui  si  dovea  risolvere  il  litigio,  erano  presenti  319 
Deputati ;  ed  il  Ministero  avea  posto  in  opera  tutti  i  mezzi ,  di  cui  puo 
disporre  un  Governo,  per  istivare  de'  suoi  devoti  gli  stalli  della  Camera. 
Due  soli  si  astennero.  dal  recare  il  proprio  suffragio.  Votarono  per  1'ap- 
provazione  della  legge,  194  onorevoli;  e  la  respinsero  123.  Finora,  man- 
cando  la  sanzione  del  Senato  e  del  Re,  si  puo  ripetere  impunemente  quello 
che  va  sulle  labbra  di  tutti,  ed  e  stampato  in  ogni  giornale  non  venduto 
al  Ministero:  cioe  che  quella  e,  pel  modo  onde  fu  stabilito  il  ripartimento 
del  tributo  prediale,  una  legge  sostanzialmente  iniqua.  Quella  distribu- 
zione  di  gravezze  rimane  definitamente  fissata,  per  le  varie  regioni,  nelle 
seguenti  proporzioni,  come  negli  Atti  uff.  della  Camera,  n.°  533,  p.  2061. 

1.°  Piemonte,  ossia  aatiche  province  .  L.  20,079,106 

2.°  Lombardia ...»  17,717,478 

3.°  Parma  e  Piacenza »  2,508,719 

4.°  Ducato  di  Modena »  3,491,696 

5."  Toscana  . .     .  »  8,270,598 

6.°  Province  tolte  allo  Stato  Pontificio  .  »  11, .57 0,67 5 

7.°  Province  napoletane »  33,530,353 

8.°  Isola  di  Sicilia »  10,184,586 

9.°Sardegna .     .     .  »  2,646,789 

Totale  L.  110,000,000 

Tuttavia,  siccome  il  Piemonte  sarebbe  enormemente  gravato  da  sif- 
fatto  riparto,  e  varie  altre  province  troverebbonsi  nella  medesima  con- 
dizione,  si  e  deciso  che  per  gli  anni  1864,  65  e  66,  le  province  piu 
favorite  non  saranno  alleggerite  che  della,  meta,  e  le  piu  aggravate  non 
pagheranno  che  la  meta  dell'aiimento;  eppercio  per  quei  tre  anni  1'  im- 
posta  sara  ripartita  nelle  cifre  seguenti: 


1. 


3. 


Piemonte .........  L.  18,679,876 

Lombardia    .........  19,110,295 

Parma  e  Piacenza »  2,776,087 

DucatO  di  Modena »  3,437,114 

Toscana »  7,820,040 

Province  tolte  allo  Stato  Pontificio  .  »  12,027,271 

Province  napoletane »  33,895,334 

Isola  di  Sicilia »  9,625,833 

Sardegna »  2,628,150 


Totale  L.  110,000,000 

Spirati  i  tre  anni,  andra  in  vigore  il  ripatto  piu  sopra  accennato.  Da 
queste  cifre  si  scorge  che  il  principale  danneggiato  in  questa  operazione 
e  il  Piemonte,  il  principale  favorito  e  la  Lombardia. 


244  CRONACA. 

2.  II  Minghetti  era  infastidito  di  quel  lungo  contrasto,  ma,  conoscendo 
i  suoi  polli,  non  dubitava  dell'esito :  perche  potea  contare  a  molte  decine 
i  Deputati  pronti  a  dire  di  si,  a  dire  di  no ,  a  dire  di  si  e  di  no  tutto  in 
una  volta,  secondo  il  piacer  suo ,  come  disse  il  Brofferio  in  simili  con- 
giunture;  e  per  costoro  bastava  un  suo  cenno.  Per  gli  altri,  avea  in 
pronto  il  modo  di  domarli ;  metteva  innanzi  la  qwstione  di  Gabinetto: 
o  fate  a  modo  mio  ,  o  me  ne  vado  e  vi  lascio  nelle  pastoie.  Or  siccome 
le  faccende  cola  procedono  a  rompicollo,  nelle  finanze  non  meno  che  nel- 
1'  indirizzo  politico  ,  niuno  si  brigava  di  tale  eredita  ,  ma  solo  voleasi 
renderne  amaro  il  possesso  a  chi  la  tiene.  Laonde  il  Ministero  sapeva 
che ,  al  trar  dei  conti ,  la  sua  legge  verrebbe  approvata  dalla  Camera 
elettiva. 

L'  impaccio  era  per  vincere  altresi  la  pluralita  dei  Senatori ,  molti  dei 
quali  gia  si  sapeano  dichiaratamenteavversi.  II  Minghetti  non  esito  pun- 
to  ad  usare  in  tal  caso  lo  spediente  ,  di  cui  usarono  ed  abusarono  i  suoi 
predecessori ,  anzi  quei  medesimi  che  adesso  gli  si  opponeano.  Fece 
iirmare  dal  Re,  e  pubblicare  alii  17  di  Marzo,  un  decreto  che  nomiuava  a 
dignita  e  carica  senatoria  non  meno  di  23  nuo\Ti  padri  della  Patria.  Quel 
giorno  una  scena  di  violentissimo  contrasto  rendette  insigne  la  tornata 
della  Camera  dei  Deputati ,  dove  il  Boggio  ed  il  Crispi  rinfacciarono  al 
Minghetti  questa  specie  di  violenza  morale  che  faceasi  al  Senate ;  il 
Minghetti  alzo  le  grida  a  rivendicare  la  oltraggiata  maesta  del  Re,  a  cui 
spettava  quella  nomina;  gli  fu  rimandata  in  viso  1'onta  del  vigliacoo  suo 
nascondersi  dietro  la  persona  del  Re,  che  non  e  risponsabile ,  ed  egli 
replico  d'essere  mallevadore  della  costituzionalita  del  fatto  ,  ma  non  po- 
tersene,  senza  ingiuria  al  Re,  combattere  la  convenienza  e  le  intenzioni. 
La  seduta  si  dovette  rompere  a  mezzo,  per  troncare  il  diverbio. 

La  cosa  torno  pochissimo  accetta  anche  ai  piu  dei  Senatori.  I  giorna- 
listi  indipendenti  fecero  un  coro  all'unisono,  per  qualificare  come  doveasi 
quell' atto,  valido  certamente  ,  ma  odioso  nelle  presenti  circostanze.  II 
Minghetti  lascio  cantare  ,  sapendo  bene  che  il  dititto  huovo  e  fondato 
sulla  ragione  dei  fatti  compiuti ,  e  che  in  politica  non  si  dee  piu  tener 
conto  ne  di  giustizia,  ne  di  equita,  ne  di  convenienze,  ma  solo  dell'utile 
a  chi  tiene  in  mano  la  forza.  Dicest  che  i  piu  ,  se  non  tutti ,  dei  nuovi 
Senatori  siansi  risoluti  di  non  presentarsi  al  Senate ,  se  non  dopo  dis- 
cussa  codesta  legge ,  e  pronunziata  la  sentenza  ;  appunto  per  un  certo 
senso  di  pudore,  che  loro  vieta  di  comparire  cola  come  per  dire:  nos  nu- 
mewfi  sumus,  fatti  apposta  per  dire  di  si  a  modo  del  Ministero. 

3.  Sta  agli  Italiani  ilcapire  una  buona  volta  a  che  si  riduca  ,  in  pra- 
tica,  il  valore  delle  celebrate  guarentigie  costituzionali,  quanto  al  frenare 
gli  eccessi  e  gli  arbitrii  de'  Governanti    La  Chiesa  da  gran  pezza  1'  ha 
capita,  ed  in  tutti  i  casi  il  Governo  rivoluzionario  e  sollecito  di  ripetere 
spesso  la  lezione  ,  onde  si  comprenda  il  senso  giusto  della  sentenza :  li- 
lera  Chiesa  in  libero  Stato.  Eccone  un  caso  recentissimo. 


COXTEMPORANEA  245 

In  Bergamo  il  deputato  Moretti,  quel  medesimo  di  cui,  nel  precedente 
vol.  a  pag.  "10,  abbiam  riveduto  un  tristo  libercolaccio,  inscritto  all'  In- 
dice  de'proibiti,  si  presento  per  ricevere  la  Pasqua  nella  chiesa  di  sant'A- 
lessandro  in  Croce.  Due  sacerdoti ,  che  successivaiiiente  amministrarono 
la  santissima  Eucaristia,  credettero  debito  rigoroso  di  coscienzadi  rifiu- 
targli  il  Sacramento.  Questo  basto,  perche  il  Fisco ,  per  rivendicare  1'  o- 
nore  del  Moretti ,  li  facesse  carcerare ,  sotto  pretesto  d'  ingiuria  fatta  ad 
un  Deputato,  col  rifiuto  indebito  del  Sacramento,  per  motivi  politici. 

La  cosa  parve  tanto  bestiale,  cbe  unanime  fu  il  grido  di  riprovazione. 
Gli  stessi  erapii,  come  il  Diritto  del  2  Aprile,  e  la  Gazzetta  del  popolo : 
i  liberalissimi,  come  la  Gazzetta  di  Torino  ,  num.  92  ,  e  piu  altri  gior- 
nali>  qualificarono  come  iniquo  1'  arresto  e  1'  avviato  processo.  E  il  loro 
argomento  si  riduce  a  questo :  o  il  Moretti  vuol  essere  cattolico  ,  e  deve 
suggettarsi  alia  legge  della  Chiesa ,  ed  alle  decisioui  degli  interpreti  e 
giudici  di  essa,  che  sono  il  Papa,  i  Vescovi ,  i  preti ;  o  non  vuole  essere 
cattolico,  ed  allora  perche  pretendere  la  Pasqua?  E  il  Governo  come 
c'entra.a  sforzare  i  preti  a  dar  Sacramenti  a  chi ,  secondo  le  leggi  della 
Chiesa,  n'  e  giudicato  indegno?  Perfmo  T  Italia  di  Milano  disse  :  «  Qui 
Fautorita  giudiziaria  invade  un  terreno  riservato.  Per  quelli  stessi,  che 
YOgliono  rendere  solidale  (dipendente)  la  Chiesa  dalio  Stato  ,  questa  so- 
lidarieta  si  ferma  innanzi  alia  tavola  della  Comunione.  Che  sarebbe  dun- 
que  di  coloro  che  proclamano  la  Chiesa  liber  a  in  libero  Stato!  »  Dio 
accieca  cui  vuol  punire.  Simili  eccessi  per  altra  parte  aprono  gli  occhi 
persiuo  ai  ciechi ,  a  vedere  che  ,  se  il  Fisco  ed  il  Governo  si  spingono 
cosi  fin  negli  intimi  penetrali  della  religione  e  della  coscienza  ,  e  impos- 
sible che  vogliano  poi  rispettare  diritti  fittizii ,  quali  sono  le  decantate 
guarentigie  liberali. 

III. 

COSE  STRANIERE. 

AMERICA.  SETTENTRIONALE  (Stati  Uniti)  1.  Morte  e  funerali  di  Mons.  Hugues, 
Arcivescovo  di  New- York— 2.  Apertura  del  38.°  Congresso  di  Washing- 
ton; messaggio  del  Lincoln ;  condizioni  del  debito  pubblico  —  3.  Mes- 
saggio  di  Jefferson  Davis  al  Gongresso  di  Richmond  —  4.  Auinistia  ban- 
dita  clal  Lincoln;  leggi  per  una  nuova  coscrizione  militare,  e  per  la  con- 
fisca  dei  beni  dei  ribelli—5.  II  Governo  di  Richmond  abolisce  la  facolta 
delle  sostituzioni  nelle  milizie  —  6.  Fatti  di  guerra  nel  Tennessee — 7.  Spe- 
dizione  dei  Federal!  contro  Richmond,  andata  a  vuoto;  scorrerie  nel  Mis- 
sissipi ;  bombardamento  inutile  di  Charleston  —  8:  Spedizione  dei  Fede- 
rali  nella  Florida,  e  loro  disfatta. 

1.  Verso  la  meta  del  passato  anno  1863,  i  cattolici  americani  aveano 
deplorata  la  grandissima  perdita  da  essi  patita,  per  la  morte  del  dotto  e 
zelante  Primate  della  Chiesa  degli  Stati  Uniti,  Mons.  Patrizio  Kenrick, 


CRONACA 


Arcivescovo  di  Baltimora,  la  cui  sede  e  tuttora  vacante  ;  ed  eccp,  un  sei 
mesi  clopo,  sopraggiungere  loro  una  nuova  e  dolorosissima  sciagura,  nel- 
la  morte  di  Mons.  Hugues,  Arcivescovo  di  New  -York,  avvenuta  nella 
sera  della  Doraenica  3  del  passato  Gennaio.  La  pieta  in  lui  andava  di  pa- 
ro  col  senno,  lo  zelo  con  la  scienza  ;  e  lo  splendore  delle  sue  virtii  pasto- 
rali  aveagli  guadagnato  altissima  stima  ,  non  pure  del  Governo  ,  pros- 
so  il  quale  godeva  di  molta  influenza,  ma  eziandio  della  moltitudine 
de'protestanti,  che  erano  rapiti  del  suo  tratto  cortese,  aiTabilissimo,  pie- 
no  di  mansuetudine  e  di  dignita  evangelica.  Egli  era  nato  a  Clogher,  nel- 
1'Irlanda  settentrionale,  il  20  Gennaio  1798,  d'una  povera  ma  onesta  fa- 
miglia  di  coloni.  Emigro  agli  Stall  Uniti  nel  1817,  e  fa  accoito  nel  col- 
legio  di  Monte  Santa  Maria  da  quel  Mons.  Dubois  che  ne  fu  fondatore,  e 
che  poco  appresso  diveune  Arcivescovo  di  New-York. 

II  giovane  Hugues  fece  rapidi  e  mirabili  progressi  ;  fu  ordinato  sacer- 
dote  nel  1825  ;  e  tredici  anni  appresso  elevato  alia  carica  di  coadiutore 
di  Mons.  Dubois,  e  consecrato  Vescovo  di  Barilopolis  in  partibus  infide- 
lium.  Nel  1850  succedette  su  quella  cattedra  episcopale,  d'onde,  sia  co- 
me coadiutore,  sia  come  Arcivescovo,  resse  con  incredibile  frutto  spirituals 
quella  vasta  diocesi  di  New-  York  per  ben  25  anni.  La  popolazione  catto- 
lica,  quand'  egli  assunse  1'ufficio  pastorale,  era  scarsa  e  sparpagiiata  ;  ora 
essa  e  cresciuta  imo  a  piu  di  trecento  mila  anime  :  alle  quali  provvide  coi* 
numerose  fondazioni  di  chiese,  di  monasteri,  d'istituzioni  ed  opere  pie  dis? 
ogni  maniera.  Di  che  ebbe,  anche  in  terra,  a  godere  dolcissimo  compen- 
so  nell'affetto  e  nella  venerazione  che  professavano  per  la  sua  persona,. 
non  solo  i  cattolici  ma  eziandio  i  protestariti  ;  i  quali  ammiravano  soprat- 
tutto  la  squisita  sua  prudenza,  onde  e  sapeva  dare  ottimi  consigli  a'  Go- 
vernanti,  senza  percio  ingolfarsi  nelle  quistioni  politiche,  e  temperare  i 
bollori  delle  fazioni  nei  momenti  piu  trepidi  e  pericolosi. 

11  suo  corpo  rimase  esposto  per  tre  giorni  in  una  Cappella  ardente,  che 
fu  continuamente  stipata  di  devoti,  accorsi  a  rendergli  onore  e  tributargli 
il  pio  suffragio  delle  preci;  quindi,  alii  7  Gennaio,  nella  chiesa  di  san 
Patrizio,  gli  furono  celebrati  splendidissimi  funerali,  cui  assistettero  i  pri- 
marii  ufficiali  del  Governo  e  del  Municipio,  scusandosi  per  lettera  il  Se- 
gretario  di  Stato  ,  sig.  Seward,  del  non  potere,  per  1'urgenza  degli  affari 
pubblici  ,  testimoniare  cosi  anch'  egli  di  sua  presenza  1'  altissima  stima 
e  venerazione  che  professava  pel  benemerito  defunto. 

2.  II  38.°  Congresso  degli  Stati  Uniti  apri  le  sue  sedute  alii  7  del  pas- 
sato Decembre,  con  quella  fredda  e  rigida  semplicita,  che  parrebbe  inde- 
corosa  nei  Parlamenti  europei.  Niun  apparato  pomposo,  nissuna  mostra 
di  divise  e  di  decorazioni,  non  rassegna  di  milizie,  non  rimbombo  d'ar- 
tiglierie,  non  discorso  del  Capo  della  repubblica.  I  Senatori  ed  i  Deputa- 
ti  si  raccolsero  chetamente  nelle  proprie  sale  ed  allo  scocco  dell'  ora  sta- 
bilita,  il  Clerk,  ossia  segretario  della  precedente  sessione,  annunzio  aper- 
ta  la  seduta.  Si  spiccio  rapidamente  la  verificazion  dei  poteri,  si  prestc* 


CONTEMPORANEA  247 

il  giuramento  alia  Costituzione,  si  costituirono  il  nuovo  Speaker  ,  che  e 
come  a  dire  il  presidente  che  dirige  le  discussion!,  il  nuovo  Clerk  e  gli 
altri  ufficiali  della  Camera;  quindi  si  entro  subito  nella  disamina  degli 
affari . 

II  giorno  9  di  Dicembre,  il  Presidente  Lincoln  raando  leggere  alle  Ca- 
mere  il  suo  messaggio,  che,  secondo  il  consueto,  e  d'una  tale  prolissita 
che  non  e  indiscreta  per  gli  American!,  ma  che  in  Europa  tornerebbe  in- 
sopportabilmente  tediosa.  E  una  specie  di  rendiconto,  che  puo  leggersi 
per  intiero  nel  giornale  dei  Debats  del  27  passato  Decembre ;  e  discorre 
degli  affari  esterni,  della  legislazione  degli  Stati  Uniti  rispetto  agli  stra- 
nieri  ivi  resident!,  delle  faccencle  col  Giappone,  de' telegrafi,  de'Gonsola- 
ti,  degli  affari  intern!,  delle  tinanze,  delia  guerra,  della  marina,  delle  po- 
ste,  dei  territorii  e  fondi  pubblici,  della  emancipazione  degli  schiavi  e  del 
ristabilimento  dell'Unione. 

Quanto  alle  relazioni  con  le  Potenze  straniere,  il  Lincoln  se  ne  dichiaro 
altamente  soddisfatto,  indirizzo  cordiali  compliment!  alia  Francia  ed  al- 
ringhilterra,commendandone  assai  il  contegno  nell'osservare  la  promes- 
sa  neutralita,  circa  il  conflitto  cogli  Stati  della  Confederazione  dei  ribelli; 
<e  soprattutto  fu  gentilissimo  verso  la  Russia,  che  s'accinge  a  sempre  piu 
stringere  i  vincoli  d'amicizia  fra  i  due  paesi,  per  mezzo  d'  una  linea  te- 
legrafica  a  traverso  del  Pacitico.  Quanto  al  rimanente,  il  buon  Lincoln 
sembra  aver  veduto  ogni  cosa  di  color  roseo.  Annunzio  discacciati  i  n- 
'belli  dal  Tennessee,  e  riaperto  alia  libera  navigazione  il  Mississipi;  il 
che  non  e  assolutamente  vero,  perche  le  sponde  del  tiume  sono  cosi  infe- 
state  dalle  scorrerie  de'  Confederati ,  che  quasi  niuno  osa  mandarvi  navi 
mercantili  per  traffico.  Poi  si  dolse  che  la  legislazione  fosse  insufficiente 
a  deludere  le  arti  degli  innumerevoli  stranieri ,  che  posero  loro  stanza 
negli  Stati  Uniti,  con  intenzione  dichiarata  di  diventarne  cittadini,  e  che 
poi  si  sottrassero,  negando  d'aver  fatta  tal  dichiarazione,  all'  obbligo  di 
parted  pare  con  la  persona  e  con  gli  averi  alia  guerra,  che  ora  si  com- 
batte ,  sotto  pretesto  che  fosse  guerra  civile.  Annunzio  pertanto  che  si 
proporrebbe  una  legge,  in  virtu  della  quale,  cbiunque  avesse  partecipato 
a!  comizii  pubblici  e  recato  suffragio  elettorale,  per  cio  solo  dovrebbe 
essere  riguardato  come  incapace  di  esenzione  dal  servizio  militare  e  dalle 
altre  obbligazioni  civili. 

Pose  quindi  grande  studio  il  Lincoln  in  dimostrare,  che  le  condizioni 
delle  finanze  sono  assai  prospere,  e  tali  da  bastare  largamente  a!  biso- 
gni  della  repubblica,  essendo  le  entrate  superior!  alle  spese.  Difatto  «  le 
^ntrate  d'ogni  natura,  compresi  gl' imprestitl  ed  il  residuo  del  prece- 
dente  anno,  salirono  alia  sommadi  901,125,674  dollar!  ed  86  soldi, 
mentre  le  spese  non  superarono  la  somma  di  895,796,430  dollar!  e  65 
soldi,  lasciando  cosi  al  Tesoro,  ill  di  Luglio  1863 ,  un  avanzo  di 
5,320,044  dollar!  e  21  soldo.  »  Questo  risultato  sarebbe  assai  giocondo, 
se  non  vi  si  celasse  sotto  una  grossa  magagna.  Per  raccogliere  quella 


218  CRONACA 

somma  di  entrate.,  non  bastando  i  tributi  gia  onerosi  assai ,  fa  d'  uopo: 
1.°  contrarre  imprestiti  per  la  somma  di  776,482,361  dollar!  e  57  soldi; 
2."  vendere  terreni  pubblici  per  la  somma  di  167,417  dollari  e  17  soldi. 
Laonde  e  chiaro  che,  con  questi  spedienti,  inveee  di  5  milioni  di  dolla- 
ri di  soprappiu,  il  Governo  avrebbe  potuto  vantarne  20  o  30,  bastan- 
do percio  accrescere  di  tanto  gl'  imprestiti.  Ma  tutto  questo  e  a  carico 
enorme  del  debito  pubblico  ;  perche  in  solo  quest'anno ,  col  mentovato 
imprestito  e  con  la  giunta  di  quella  vendita ,  la  deficienza  del  Tesoro  si 
accrebbe  di  776,649,778  dollari  e  74  soldi  (ossia  di  3,883,248,890 
franchi) ;  e  cio  senza  tener  conto  di  70  milioni  di  dollari  (  circa  350  mi- 
lioni di  franchi )  riscossi  straordinariamente  a  titolo  di  tributo  per  la 
guerra.  Diremo  poi  qui  sotto  a  che  segno  stia  cola  il  debito  pubblico  ; 
ma  fin  d' ora  si  yede ,  che,  se  la  guerra  continuasse  ancora  im  paio 
d'anni,  gli  Stati  Uniti  yenduti  per  intiero,  persone  e  roba,  appena  baste- 
rebbero  a  pagare  i  creditori.  Intanto  il  Lincoln  se  ne  console  coll'esalta- 
re  1'ottima  riuscita  della  carta-moneta ,  di  cui  si  mise  fuori  un  nugolo 
del  yalore  nominale  di  400  milioni  di  dollari ,  e  col  magnifieare  un  im- 
prestito, al  6  per  100  d'  interesse,  per  eguale  somma  di  400  milioni  di 
dollari.  Ob  finanze  felicissime ! 

Ma  se  i  debiti  sono  cresciuti  a  dismisura,.se  ne  ha  qualche  compenso 
nel  danno  recato  ai  Confederati,  e  neiraumento  della  marina  militare.  II 
Lincoln  si  dolse  che  non  si  fosse  al  tutto  potuto  impedire  ogni  commercio 
wribelli;  e  difatto  questi  poterono,  per  la  yia  del  Messico  e  pel  porto  di 
Matamoras,  spacciare  del  cotone  per  qualche  decina  di  milioni  di  dollari, 
e  procacciarsi  in  ricambio  armi  e  munizioni ;  ma  per  altra  parte  furono 
predate,  nel  corso  dell'  anno,  niente  meno  che  1,000  nayi  mercantili  dei 
Confederati,  il  cui  yalore  supero  13  milioni  di  piastre.  La  marina  fede- 
rale  conta  presentemente  588  navi,  quasi  tutte  gia  compiutamente  in 
assetto,  e  75  delle  quali  a  yapore  sono  corazzate. 

Quanto  ai  negri,  il  Presidente  dichiaro  che  il  Governo  non  ha  facolla 
legale  di  abolire  la  schiavituin  yeruno  degli  Stati,  e  che  doye  cio  fufatto, 
fusolo  come  un  provvedimento  guerresco,  per  togliere  ai  ribelli  le  braccia 
degli  operai  ed  i  mezzi  di  aver  derrate  e  denaro.  Gli  Stati  Uniti  tolsero 
a  loro  servigio  non  meno  di  100,000  negri,  la  meta  de'  quali  incirca  e 
incorporata  nell'esercito,  e  il  resto  serve  a'  trasporti  ed  a'  lavori  di  pub- 
blica  utilita.  Yero  e  che  questi  soldati  negri ,  avuti  in  dispetto  dai  bian- 
chi,  spesso  se  ne  vendicano  in  modi  crudeli.  Alia  Nuova  Orleans  uno  di 
codesti  reggimenti  si  ammutino,  e  per  andar  piu  spiccio  alia  meta,  impic- 
co  tutti  gli  uffiziali  bianchi,  da'  quali  era  astretto  a  disciplina.  Aggiunse 
per  altro  il  Lincoln,  che  egli  non  intende  punto  di  rivocare  il  bando  di 
emancipazione ,  ma  nemmeno  permettera  che  siano  tornati  a  schiavitii 
i  gia  emancipati.  Codesto  bando,  da  noi  compendiato  nel  Vol.  preceden- 
te,  a  pag.  372,  aboliva  la  schiavitu  soltanto  negli  Stati  ribellatisi  all'U- 
nione,  mantenendo  lo  statu  quo  negli  Stati  rimasti  fedeli. 


CONTEMPORANEA  219 

Da  ultimo  venendo  al  punto  rilevantissimo  dei  mezzi  da  adoperare  per 
ricostituire  1'Unione,  il  Lincoln  manifesto  la  sua  intenzione  di  pubblicare 
un  bando  d'amnistia  piena  e  generate  per  tutti  i  ribelli  che  volessero  tor- 
nare  a  obbedienza;  ma  sotto  tali  condizioni,  e  con  si  copiosa  lista  di  ec- 
cezioni ,  che  fece  dire  al  Memorial  diplomatique :  «  In  una  parola ,  il 
Lincoln  dice  a  quei  del  Sud  :  lo  impicchero  tutti  quelli  che  hanno  qualche 
influenza  sopra  di  yoi ,  e  che  percio  potrebbero  indurvi  ad  accettare 
le  mie  proposte,  e  lasciero  vivere  tranquilli  i  rimanenti,  dopo  averli, 
ben  inteso,  al  tutto  rovinati,  togliendo  loro  i  negri,  senza  de'quali  mor- 
ranno  di  fame !  » 

Queste  cose  si  doveano  qui  esporre  con  qualche  ampiezza,  perche 
utili  a  poter  recare  giudizio  intorno  alle  presenti  condizioni  politiche  ed 
amministrative  degli  Stati  federali.  Ma  la  fantasmagoria  della  felicita 
delle  finanze  ando  presto  in  dileguo ;  che  il  Chase,  Segretario  del  tesoro, 
dovette"  compiere  1'  esposizione  del  Lincoln  ;  e  siccome  la  sua  relazione 
non  poteva  consistere  in  figure  rettoriche,  ma  doveva  procedere  con  la 
inesorabile  argomentazione  delle  cifre,  la  verita  venne  a  galla.  II  totale 
del  debito  pubblico  degli  Stati  Uniti  era,  il  1.°  di  Luglio  1863  di  dollari 
1,097,793,181 ;  calcolavasi  dover  essere,  pel  30  Giugno  1864,  di  dollari 
1,686,956,641;  e  ,  continuandosi  la  guerra,  si  troverebbe  senza  dubbio 
pel  1.°  Luglio  1863  essere  di  niente  meno  ch&  2,231,935,190  dollari, 
ossia  11,159,675,950  franchi.  Phi  di  11  migliardi !  Per  1'anno  corrente  le 
entrate  si  presumono  dover  essere  di  161,568,500  dollari :  e  le  spese  non 
meno  di  749,731,960  dollari  1  ondemancano  quasi  600  milioni  di  dollari 
(franchi  3,000,000,000)  che  si  dovranno  procacciare  con  nuovi  impre- 
stiti  o  con  nuovi  tributi,  avendo  il  Chase  annunziato  che  ad  ogni  modo 
non  vorrebbe  accrescere  il  gia  troppo  enorme  cumulo  della  carta-moneta. 

3.  La  schiettezza  del  messaggio,  indirizzato  dal  Presidente  Jefferson 
Davis  al  Congresso  de' Confederati  di  Richmond,  fa  un  contra sto  curioso 
con  la  iattanza  di  quello  del  Lincoln  a  Washington.  Difatto  alii  7  Dicem- 
bre  il  Davis  rappresento  candidamente  lo  stato  delle  cose ,  con  tono  fer- 
mo,  con  parole  pacate,  senza  dissimulare  veruno  dei  patiti  disastri,  senza 
tacere  nulla  degli  ingenti  sacrifizii  che  richiedeansi  per  continuare  nel 
proposito  della  giurata  indipendenza,  ed  annunziando  senz'  ambagi,  che 
persone  e  cose  tutto  dovea  mettersi,  con  illimitata  devozione,  a  servigio 
della  patria  contro  la  prevalenza  materiale  del  nemico.  Le  parti  piii  rile- 
vanti  di  questo  messaggio  sono  riferite  nel  De'bats  del  1.°  Gennaio  1864, 
e  ne  daremo  qui  una  succinta  analisi. 

Innanzi  tratto  ricordo  il  Davis  1'amara  perdita  di  Yiksbourg  e  di  Porto 
lludson,  dovute  arrendersi  con  tutto  il  presidio  ;  la  caduta  della  citta  di 
Sakson,  capitale  del  Mississipi ;  i  royesci  patiti  nell'  Arkansas.  Ma  fece 
spiccare  il  valore  delle  truppe  nelle  battaglie ,  le  disfatte  inflitte  in  piii 
scontri  al  nemico,  la  indomita  difesa  di  Charleston,  ed  i  risultati  dell'  in- 
yasione  del  Lee  nel  Maryland  e  nella  Pensilvania,  onde  il  nemico  fu 
astretto  a  sgomberare  dalla  Virginia  ed  abbandonare  i  suoi  disegni  contro 


250  CRONACA 

Richmond.  Che  se  la  battaglia  di  Gettysbourg  non  riusci  a  compiula  vit- 
toria,  la  ritirata  del  Lee  fa  dovuta,  non  all'incalzare  del  nemico,  ma  alle 
piene  del  Potomac,  che  rendeyano  impossibile  il  rifornirsi  di  yiveri  e- 
immizioni.  Tocco  poi  della  inesplicata  dedizione  di  Cumberland  Gap, 
onde  fu  aperto  il  passo  al  Rosenkrantz  ed  all'esercito  federate,  che  astrin- 
se  le  truppe  confederate  a  perdere  i  vantaggi  ottenuti  nel  Tennessee, 
abbanclonare  Chattanooga  e  ritirarsi  nell'  Alabama. 

Si  distese  poscia  a  mettere  in  evidenza  la  parzialita  crudele  delle  Po- 
tenze  europee,  le  quali  riconobbero  il  blocco  intimato,  con  forze  al  tutto 
insufficient!)  dai  Federali ;  e  neppur  yollero  riconoscere  ai  Confederali  la 
condizione  di  belligeranti.  Onde  flagello  con  forti  parole  la  mala  fede  del 
Governo  inglese.  Ma  con  una  certa  ilerezza  dichiaro,  che  la  Confederazio- 
ne  sopportaya  quest!  danni,  anziche  fame  rappresaglie  con  dare  patenti 
a'corsari,  facendb  cosi  grave  sacrifizio  per  omaggio  ai  trattati  di  Parigi 
del  1856. 

II  piu  grave  impaccio  sta  nelle  Finanze.  Le  spese,  dal  1  Gennaio  al  3 ft 
Settcmbre  1863,  ossia  in  nove  niesi,  salirono  a  519,368,559  dollari;  pel 
tre  seguenti  mesi  calcolavansi  in  tal  somma,  che  per  tutto  1*  anno  si  do- 
veano  metter  fuori  circa  650  milioni  di  dollari.  Intanto  il  debito  pubbli- 
co  eccede  gia  i  mille  milioni  di  dollari,  senza  tener  conto  degli  impresti- 
ti  contratti  di  fuori.  Per  'rimediare  a  tan  to  precipizio,  il  Presidente  pro- 
pose: 1.°  Un  imprestito  di  mille  milioni  di  dollari,  al  6  per  cento  paga- 
bile  in  moneta;  2.°  La  conversione  obbligatoria  della  carta-moneta  tin  qui 
messa  fuori,  ia  altrettanti  titoli  del  suddetto  imprestito,  cosi  che  il  tempo* 
utile  alia  conversione  spirasse  col  1  di  Aprile,  dopo  il  qual  giorno  tulta  la 
carla-moneta  non  permutata  fosse  scaduta  d'ogni  valore,  e  non  avesse 
piu  corso ;  3.°  Esigere  una  tassa  del  5  per  100  sopra  il  valore  di  tutte  le 
proprieta  degli  abitanti  della  Confederazione,  tanto  da  ricavarne  120  mi- 
lioni di  dollari.  Per  venire  a  si  gravi  partiti,  e  da  dire  che  veramente  il 
Tesoro  sia  in  eslrema  angustia. 

Ragiono  poscia  il  Davis  sopra  la  crudelta  dei  Federali,  che  rendettero 
quasi  impossibile  lo  scambio  dei  prigionieri  di  guerra,  i  quali  furono  per- 
cid  ridotti  a  stato  miserevolissimo ;  e  getto  sul  Governo  di  Washington 
tutta  la  colpa  del  continuarsi,  con  tanto  strazio  de'popoli,  la  guerra  ster- 
minatrice;  imperocche  quello  oppose  i  piu  ricisi  rifiuti  ad  ogni  trattato  di 
componimento  e  di  pace,  che  non  fosse  una  rinunzia  della  indipendenza 
rivendicata  dalla  Confederazione,  ancorche  fosse  manifesto  che  un  abisso 
insuperabile  si  frappone  alia  riunione  di  popoli  cosi  ferocemente  inimica- 
ti  fra  loro.  Onde  conchiuse,  ogni  speranza  doversi  riporrein  una  strenua 
difesa  ed  in  un  compiuto  sacrifizio.  Percio  essere  d'uopo  rinunziare  al  si- 
stema  di  forrnar  le  milizie  con  surroganti  prezzolati,  ma  dover  ogni  citta^ 
dino  al  disotto  dei  45  anni,  purchc  valido  di  forze  corporali,  rinunziare  a 
famiglia ,  ad  ogni  cosa ,  ed  impugnar  le  armi,  sicche  gli  oppressor!  della 
patria  liberta  si  trovino  a  fronte  di  tutto  un  popolo  risoluto  a  patire  qua- 
lunque  altro  danno,  anziche  ricadere  in  servitii. 


CONTEMPORANEA  251 

Le  legislature,  ossia  i  Parlamenti  de'yarii  Stati  confederati  manifesta- 
rono  piena  conformita  di  sensi  col  Jefferson  Davis,  benche  deplorassero 
la  tremenda  necessita  in  cui  si  veggono  ridotti,  di  usare  mezzi  estremi  e 
<lurissimi  per  sopperire  alle  necessita  della  patria. 

I.  II  bando  d'amnistia,  annunziato  dal  Lincoln  al  Congresso,  che  era 
gia  firmato  agli  8  del  Dicembre ,  fa  subito  pubblicalo  ,  e  se  ne  legge  il 
testo  net  De'bats  del  4  Gennaio ;  ma  le  eccezioni  e  le  condizioni  apposte 
•alia  promessa  di  perdono  sono  tante  e  si  gravi ,  che  in  yerita  puo  dirsi 
quella  essere  nulla  piu  che  una  vana  mostra  di  disposizioni  benigne,  da 
non  volersi  mai  ridurre  in  atto.  Ed  in  yero  niuno  yi  si  lascio  gabbare, 
cosi  die  cercasse  di  profittarne.  Innanzi  tratto  il  Lincoln  ricordo  il  suo  di- 
ritto  di  concedere  perdono  anche  a'felloni  e  rei  di  Stato,  attese  le  dichia- 
razioni  fatte  sopra  cio  dal  Congresso;  indi  annunzio  a  quanti  parteciparono 
alia  ribellione,  e  ne  fossero  pentiti,  che  sarebbero  prosciolti  d'ogni  colpa 
e  d'ogni  pena,  e  reintegrati  nel  possesso  de'  loro  beni,  ma  non  de'schia- 
vi  gia  affrancati ,  purche  in  solenne  forma  giurassero :  l.°  di  proteggere 
€  difendere  fedelmente  la  Costituzione  degli  Stati  Uniti  e  Y Unions;  2.°  di 
sostenere  egualmente  tutti  gli  atti  del  Congresso,  emanati  durante  le  pre- 
senti  scissure,  rispetto  agli  schiavi ;  3.°  di  osservare  e  difendere  del  pari 
tutti  i  decreti  e  bandi  pubblicati  nello  stesso  intervallo  di  tempo  dal  Pre- 
sidente.  Ma  escluse  dal  beneficio  di  tal  perdono  tutti  quelli  che  in  ufficii 
civili,  giudiziarii  o  diplomatici  servirono  al  Goyerno  de'  Confederati ,  ed 
eziandio  quanti  ebbero  grado  superiore  a  quello  di  Colonnello  nell'  eser- 
eito  od  a  quello  di  Tenente  nella  marina;  inoltre  tutti  quelli  che  erano 
Deputati  o  Senatori  al  Congresso  di  Washington,  e  ne  partirono  per  aiu- 
tare  la  ribellione  ;  tutti  quelli  che  per  lo  stesso  fine  rinunziarono  a'  loro 
gradi  nell'esercito  o  nella  marina  degli  Stati  Uniti ,  e  tutti  quelli  ancora 
che  trattarono  i  negri  con  altri  modi  che  gli  usati  verso  i  biancki. 

Di  qui  si  scorge  con  quanta  ragione  questo  bando  d'amnistia  fosse  ri- 
guardato  come  una  beffa ;  giacche  coloro  che  si  fossero  indotti  a  yolerne 
profittare,  avrebbero  doyuto,  col  prescritto  giuramento,  riconoscere  1'af- 
francamento  de'  proprii  schiayi ,  e  per  cio  solo  ridursi  poco  meno  che 
all'estrema  miseria,  a  nulla  giovando  i'ayer  poderi  senza  braccia  da  col- 
tivarli.  Oltre  di  che  gli  eccettuati,  intanto  numero,  erano  appunto  quelli 
die  per  la  loro  influenza  avrebbero  forse  potuto  indurre  i  non  eccettuati 
a  piegarsi  sotto  il  giogo  della  necessita ;  e  troyandosi  cosi  aggravata  sul 
capo  la  sentenza  di  proscrizione,  si  dovettero  adoperare  a  potere  perche 
si  continuasse  la  resistenza.  E  cosi  avvenne  di  fatto. 

Gli  Stati  a'  quali,  come  ancor  involti  nella  ribellione ,  estendeasi  que^ 
sta  curiosa  amnistia,  erano  1' Arkansas,  il  Texas,  lat  Luigiana,  il  Missis- 
sipi ,  il  Tennessee  ,  1'  Alabama,  la  Georgia,  la  Florida  e  le  due  Caroline ; 
dove ,  sebbene  qualche  parte,  anche  ragguardevole,  del  territorio  fosse 
gia  occupata  dalle  forze  federali,  tuttavia  il  Governo  di  Washington  non 
«era  reintegrato  nell'esercizio  pieno  della  sua  autorita,  ma  duraya  tuttayia 
quella  del  Presidente  e  del  Congresso  di  Richmond. 


252  CRONACA 

Per  renders  piii  sedncenti  le  strane  sue  offerte  di  perdono,  il  Lincoln 
le  rincalzo  con  novissima  ed  anche  piii  strana  applicazione  del  principio 
democratico  del  suffragio  universale;  dichiarando  che :  «  se  in  imo  dei 
predetti  Stati  si  trovasse  tal  numero  di  persone,  che  non  fosse  minore 
della  decima  parte  dei  suffragi  raccolti  in  quello  Stato  per  1'elezione 
del  Presidente  fatta  nell'anno  1860;  e  ciascuna  di  tali  persone  1.°  aves- 
se  prestato  il  mentovato  giuramento ;  2.°  non  1'avesse  mai  piu  violate; 
3.°  avesse  le  qualita  richieste  ad  esercitare  il  diritto  elettorale  secondo 
la  legge  che  vi  era  in  vigore  priraa  della  secessione :  e  se  questo  numero 
di  persone  ristabilisse  un  Governo  di  Stato,  di  forma  repubblicana,  sen- 
za  trasgredire  punto  nulla  del  prescritto  in  quel  giuramento :  si  ricono- 
scerebbe  come  vero  e  legittimo  cotal  Governo,  e  lo  Stato  godrebbe  per 
conseguenza  del  benefizio  dell'AUo  costituzionale,  onde  si  dichiara :  che 
gli  Stati~Uniti  guarentiranno  a  ciascuno  Stato  appartenente  all' Unions 
una  forma  repubblicana  di  Governo,  e  protegger anno  ciascun  d'essi  con- 
tro  I'  invasions  o  le  violence  interne,  per  la  sola  domanda  della  Potcsta 
legislativa,  od  anche  della  Potestd  esecutiva,  nel  caso  che  quella  non  $i 
potesse  radunare.  » 

Questa  si  che  puo  appellarsi  una  fictio  iuris  I  La  decima  parte  di  qtiei 
che  ebbero  diritti  elettorali  basta  a  rappresentare  tutto  un  popolo!  E  da 
dire  che  il  Lincoln  stesso  abbia  capito,  quanto  sia  profondo  1'abisso  del- 
1'  odio  contro  il  Governo  di  Washington,  poiche  non  oso  sperare  o  chie- 
dere  almeno  la  meta  dei  suffragi,  ma  si  contento  d'un  decimo! 

Yagheggiando  1' effettuazione  di  questo  bel  disegno,  il  Lincoln  con- 
chiudeva  il  suo  bando  d'amnistia  col  raccomandare  agli  Stati,  ricostituiti 
per  tal  forma  e  tornati  all'  Unione,  che  dovessero  voler  conservare  i 
codici  delle  leggi,  i  nomi,  i  limiti,  ogni  cosa,  per  appunto  tale  e  quale 
era  prima  deH'avvenuta  secessione,  modificando  solo  quelle  disposizioni 
she  risguarderebbero  il  nuovo  ordine  introdotto  dall'  emancipazione  de- 
gli  schiavi ;  e  vantava  questo  spediente  come  1'  unico  ed  il  piu  appro- 
priate a  procurare  la  bramata  pace  e  riunione. 

Questo  stravagante  portato  dei  principii  democratici,  messo  alia  luce 
dal  Lincoln  sullo  scorcio  dell' 88. "anno  della  indipendenza  degli  Stati 
Uniti,  casco  in  terra,  senza  che  un  solo  Stato  ribelle  si  curasse  punto  o 
poco  di  valersene;  anzi  riaccese  viepeggio  gli  sdegni  di  tutti,  parendo 
un  insulto  si  quel  pretendere  condizioni  tanto  dure,  si  quell'  infliggere 
Tostracismo  ai  nove  decimi  della  popolazione,  c  si  ancora  quel  conferire 
diritti  sovrani  a  cosi  scarso  numero  di  cittadini,  a  detrimento  della  re- 
pub  blica. 

L'  inutilita  di  questo  spediente  per  rannodare  all' Unione  i  secessionisli 
era  troppo  manifesta,  ed  il  Lincoln  capi  che  era  d'  uopo  di  ben  altro.  Or- 
dino  pertanto,  il  di  1.°  di  Febbraio,  una  nuova  cerna  di  500,000  uomini, 
oltre  ai  300,000  che  si  erano  domandati,  ed  a  grande  stento  si  venivano 
ancora  raggranellando,  col  comprare  dei  volontarii.  Per  lo  passato,  pa- 
gando  300  dollari,  si  otteneva  Tesenzione  dalla  milizia,  ed  il  Governo 


CONTEMPORANEA 

procacciava  un  sostituto ;  e  per  tal  modo  avea  gia  arrolati  circa  SO, 000 
negri.  Ma  con  cio  si  ayeano  soldati  di  pochissimo  valorc,  massime  quan- 
do  questi  sostituti  eran  tratti  dalla  feccia  de'  yagabondi  o  degli  stranieri 
piovuti  cola  da  ogni  parte  del  mondo :  molti  dei  quali  s'  intascavano  il 
prezzo  deli'arrolamento,  lo  diyorayano  il  piu  presto  possibile ,  e  poi ,  di- 
sertando  dalle  bandiere,  tornayano  ad  esercitare  altre  industrie  men  fa- 
ticose  e  piu  lucrose.  Si  tratto  di  abolire  cotal  facolta  di  riscattarsi  dal 
servizio  militare ;  ma  la  ripugnanza  dei  fieri  repubblicani  al  draft  o  co- 
scrizione  e  si  grande,  che  il  Congresso  indugio  a  porre  questa  giunta 
sulla  derrata,  anzi  prorogo  fino  al  1.°  di  Aprile  il  tempo,  durante  il  quale 
chiunque  si  arrolera  yolontariamente  ricevera  un  premio.  Tuttayia  il 
Lincoln ,  malgrado  de'  forti  richiarai  riceyuti  da  piu  Stati ,  insistette  che 
alii  10  di  Marzo  si  traessero  a  sorte  i  500,000  soldati,  che  gli  bisognano 
per  condurre  innanzi  la  guerra.  Di  che  ayyenneche  i  sostituti  non  si  tro- 
yassero  piu  che  al  prezzo  di  500,  600  e  700  dollari;  ed  il  fastidio  delta 
guerra  crebbe  tanto,  che  al  Congresso  fu  presentata  la  proposta  di  spe- 
dire  Cornmissarii  a  Richmond  per  trattare  d'  un  qualche  componimento. 
Ma  fu  reietta. 

Per  contrario,  il  Congresso,  dopo  una  discussione  di  tre  giorni,  ap- 
proyo  con  la  pluralita  di  soli  8  yoti,  81  contro  73,  la  legge  crudele  della 
.confisca  dei  beni  dei  ribelli.  Ed  anche  prima  che  qnesta  fosse  sancita,  il 
Generale  Santon,  che  comanda  nella  Carolina  settentrionale,  ne  ayea  fatta 
un'  applicazione  alia  turca,  confiscando  i  beni  di  tutti  i  ribelli  che  non 
aveano  pagato  i  tributi.  Or  siccome  la  massima  parte  dei  proprietarii  o 
sono  all'  esercito,  o  yanno  fuggiaschi,  era  naturalissimo  che  i  piu  si  tro- 
yassero  cplpiti  da  quel  proyyedimento.  Le  terre  COST  cadute  in  dominio 
del  Goyerno  federate  sono  yendute  al  prezzo  di  un  dollaro  ed  un  quarto 
(circa  fr.  6,  25)  per  ogni  aero,  al  primo  che  si  presenti  disposto  a  colti- 
yarle.  Ecco  come  si  precede  in  quella  classica  terra  della  liberta !  S'  ay- 
yio  la  guerra  sotto  pretesto  dell'  emancipazione  degli  schiayi ;  di  questi, 
gli  affrancati  caddero  nella  piu  abbietta  miseria,  e  piii  di  200,000,  quasi 
nudi  e  consamati  dalla  fame,  rimpiangono  la  perduta  seryitu;  gli  altri 
debbono  lor  malgrado  fare  i  soldati  o  layorare  ad  opere  pubbliche  per 
ayere  onde  campare  la  yita;  la  filantropia  de'  loro  liberatori  non  ya  piu 
oltre,  ma  ottiene  lo  scopo  di  opprimere  gli  ayyersarii  politici,  usando 
contro  i  loro  concittadini  questi  stessi  spedienti ,  di  che  si  mostrayano 
cosi  inorriditi,  quando  si  fayoleggiaya,  che  si  adoperassero  dalla  Russia 
o  dall'Austria  contro  i  sudditi  sollevati. 

5.  II  Congresso  di  Richmond ,  alii  18  del  passato  Dicembre,  tratto 
del  bando  d'amnistia  pubblicato  dal  Lincoln ,  e  fu  sul  punto  di  dichia- 
rare,  non  solo  doyersi  respingere  con  disdegno  e  disprezzo  quelle  oltrag- 
giose  profferte  di  perdono ,  come  altrettante  yiolazioni  delja  giustizia  ; 
ma  in  esse  non  potersi  scorgere  altro  che  un  motivo  di  piii  per  durarla 
saldi  nella  determinazione  di  non  ayer  piii  nulla  che  fare  cogli  Stati  set- 
tentrionali.  La  proposta  formale  di  tal  risoluzione  fu  presentata  dal  de- 


CRONACA 

putato  Foote  ,  il  quale  dai  giornali  di  Washington  era  messo  in  yoce  di 
partigiano  dell'  Unione,  appunto  pella  sua  pertinace  opposizione  contro 
il  Davis.  Ma  la  Camera  passo  all'  Ordine  del  giorno ,  dandone  questo 
motive :  che  il  bando  del  Lincoln  non  meritava  punto  altro  che  un  disde- 
gnoso  silenzio ,  e  intanto  si  continuasse ,  a  tutta  oltranza ,  la  guerra 
d'  indipendenza.  Ne  altrimenti  si  spiegarono,  nei  loro  messaggi  a'  ri- 
spettivi  Corpi  legislativi,  i  Governatori  de'  singoli  Stati,  come  puo  ve- 
dersi  nel  Memorial  diplomatique  del  24  Gennaio. 

E  perche  si  vedesse  che  il  giuramento  di  soccombere  tutti  coll  armi 
in  mano ,  anziche  piegare  il  collo  al  giogo  delle  autorita  federali ,  non 
era  una  vana  iattanza,  uno  dei  primi  atti  del  Congresso  di  Richmond 
si  fu  appunto  di  sancire  la  legge  consigliata  dal  Presidente  Jefferson 
Dayis ,  per  abolire  la  facolta  delle  sostituzioni  nella  milizia.  Chiunque  e 
designate  dalla  sorte,  dai  16  ai  50  anni,  non  essendone  impedito  da  in- 
fermita,  dee  essere  soldato,  e  non  puo  a  yerun  prezzo  farsi  surrogate  da 
altri.  I  giovani  dai  16  ai  18  anni,  e  gli  adulti  dai  45  ai  50,  formano  la  ri- 
serva;  gli  altri  r  esercito  attivo.  Gli  stessi  infermicci  deono  seryire  nelle 
cariche  amministratiye.  Anzi  il  Congresso  ando  ancora  piu  oltre,  e  diede 
al  Governo  la  facolta  di  tenere  sotto  le  bandiere  tutti  quelli  che  gia  vi 
erano ,  qualunque  fosse  il  tempo  pel  quale  s'  erano  obbligati.  I  disertori 
impesi  alle  forche,  per  esempio  di  terrore  a'  yigliacchi. 

6.  Le  yicende  guerresche  nel  Tennessee,  da  noi  compendiate  nel  prc- 
cedente  yolume,apag.  382-83,  aveano  costato  ad  ambe  le  parti  di 
molto  sangue,  con  reciproche  disfatte ,  ayyicendandosi  le  yittorie;  fm- 
che  la  improvvisa  ed  inesplicata  dedizione  del  presidio  confederate  di 
Cumberland-Gap,  accennata  dal  Davis  nel  sue  Messaggio,  apri  libero  il 
passo  a'  gagliardi  aiuti  accorsi  col  Grant  a  rilevare  le  sorti  de'  Federali  ; 
si  che  alii  25  Novembre  questi  riportarono  una  insigne  vittoria  presso 
Chattanooga ,  e  costrinsero  il  nemico  a  ritirarsi  alle  due  estremita  del 
Tennessee,  ed  a  riparare  in  parte  nell' Alabama.  II  Longstreet,  valen- 
tissimo  Generale  de'Confederati,  contenne  i  suoi  in  ottima  ordinanza  nel- 
la ritirata,  e  scelto  un  luogo  opportune ,  si  ri  volte  contro  il  nemico  che 
imprudentemente  lo  incalzava,  e  gli  diede  si  aspro  castigo  dell'audacia 
sua ,  che  per  piu  settimane  niuno  penso  piu  a  disturbarlo.  Anzi  lo  stesso 
Grant,  che  era  salito  in  tanta  gloria  pel  felice  successo  di  Chattanooga,  fu 
alia  sua  volta  battuto  a  Ringold:  ed  il  suo  collega  e  Luogotenente  Burn- 
side  che  daKnoxville  erasi  ardito  di  investire  1'esercito  del  Longstreet, 
ne  tocco  una  rotta  sanguinosa ,  che  lo  fece  tornare  piu  che  di  fretta 
cola,  onde  si  era  importunamente  mosso  perpoca  cognizione  della  va- 
lentia  del  Generale  che  egli  presumeva  di  attaccare.  Cosi  i  Confederati 
furono ,  e  vero ,  discacciati  dal  centro  del  Tennessee ,  ma  continuavono 
ad  occuparne  le  due  estremita  con  eserciti  molto  agguerriti ,  e  bastanti  a 
tenere  i  Federali  in  continuo  timore  di  qualche  colpo  ardito ,  onde  fosse 
loro  strappato  il  frutto  delle  precedenti  battaglie. 


CONTEMPORAISEA  255 

7.  Ritiratisi  gli  cserciti ,  pel  rigore  della  stagione,  a'quartieri  d'inver- 
no,  si  passarono  con  leggier!  scaramuccie  il  Dicembre  ed  il  Gcnnaio.  In- 
tanto  pero  gemeano  nelle  carceri  di  Richmond  circa  diecimila  prigionieri 
di  guerra  federali ,  che  non  poteano  ricuperare  la  liberta,  per  la  durezza 
del  Governo  stesso  di  Washington,  il  quale  ponea  allo  scambio  de'  pri- 
gionieri  condizioni,  che  non  si  poteano  accettare  da  quello  di  Richmond. 
Si  desto  in  cuore  de'  loro  commilitoni  dell'  esercito  die  campeggiava  sul 
Potomac,  sotto  il  comando  di  Meade,  un'  ardente  bramosia  di  liherarli  a 
forza;  e  percio  un  nerbo  di  diecimila  uomini  scelti ,  di  cavalleria  leggie- 
ra  e  d'artiglieria  di  campagna,  condotti  dal  Generale  Kilpatrik ,  la  sera 
della  Domenica  28  Febbraio  si  mosse  di  subito  da  Steyensbourg,  con  ra- 
pida  inarcia  sulla  via  di  Chancellorsvilie ;  piombo  sui  Confederati  che 
guardavano  i  passi  a  Beaver  Dam,  e  li  disperse  dopo  un  breve  combatti- 
mento,  facendo  qualche  centinaio  di  prigionieri.  Quinci,  dopo  breve  so- 
sta,  continue  di  corsa  verso  la  capitale  Richmond,  distruggendo  intanlo 
le  stazioni  della  via  ferrata  in  cui  s'imbatteva,  e  la  via  ferrata  stessa  per 
piu  miglia.  Giunse  la  spedizione  sotto  le  mura  di  Richmond  la  mattina 
del  martedi,  quando  appunto  cola  si  spargea  voce,che  un  corpo  di  Fede- 
rali avesse  valicato  il  Rapidan.  Si  corse  aH'arini  dallo  scarso  presidio,  e 
si  respinse  a  fatica  il  primo  assalto,  che  i  soldati  del  Kilpatrik  mossero  fu- 
riosamente  per  impadronirsi  alia  baionetta  del  recinto  della  citta.  11  com- 
battimento  fu  crudele,  perche  quasi  a  corpo  a  corpo.  Ma  alia  perfine  i  Fe- 
derali furouo  ributtati,  senza  che  per  questo  cessassero  dal  rinnovare  da 
piii  parti  1'assalto  per  tutta  quella  giornata.  A  sera  si  accamparono  poco 
distante ;  e  furono  alia  lor  voka  assaliti  da' Confederati  durante  la  notte  e 
la  mattina  seguente.  Perduta  inline  ogni  speranza  di  ottenere  1'  intento 
della  spedizione,  di  liberare  cioe  i  loro  commilitoni  prigionieri ,  diedero 
volta  addietro,  e  la  mattina  del  Giovedi  3  Marzo  si  furono  ricondotti  a 
Williamsbourg  ,  paghi  <f  aver  almeno  cagionato  al  nemico  un  salutare 
spavento  con  quel  repentino  attacco  alia  Capitale,  e  gravissimi  dauni  con 
Ja  distruzione  della  via  ferrata. 

Al  tempo  medesimo  il  Colonnello  Dahlgreen,  con  una  piccola  mano  d'uo- 
mini  risoluti,  si  precipito  verso  il  James-River ,  distrusse  la  ferrovia  a 
Frederik-Hall,  rovino  molti  mulini  e  varii  opiticii ,  e  guasto  miniere  di 
carbone,  tanto  da  recare  a'  Confederati  un  danno  di  piu  milioni  di  dolla- 
ri,  e  rapirne  buon  numero  di  schiavi  e  di  cavalli;  ma  pago  il  suo  trionfo 
con  la  vita,  rimanendo  il  suo  cadavere  in  potere  de'  Confederati ,  che 
accorsero  a  dare  la  caccia  a  quegli  scorridori.  Non  meno  propizie  furono 
le  cose  pel  Generale  Sherman ,  il  quale  partito ,  verso  la  meta  del  Feb- 
braio, con  un  forte  esercito  da  Yicksbourg,  entro  nel  cuore  del  Mississi- 
pi,  come  se  volesse  marciare  contro  la  citta  fortissima  di  Mobile,  che  e 
una  delle  piu  formidabili  piazze  che  ancora  stanno  in  potere  de' Confede- 
rati. Devasto  orrendamente  la  campagna,  dirocco  ed  incendio  villaggi 
ed  opificii ,  distrusse  molte  miglia  di  via  ferrata,  condusse  via  mmierosi 
armenti  di  bestiame  e  dieci  mila  schiavi  negri ;  ma  di  repente,  forse 


CRONACA  CONTEMPORANEA 

per  essersi  imbattuto  ne'  Confederati  del  Johnston,  die  yolta  addietro, 
mando  la  preda  a  Yiksbourg,  e  raggiunse  il  suo  collega  General  Mac 
Pherson  presso  la  citta  di  Jakson  del  Mississipi.  Questa  ritirata  del  Sher- 
man pare  che  procedesse  dalla  disfatta  infiitta  dai  Confederati  al  suo  col- 
lega, Generale  Smith,  presso  a  West-Point,  da  cui  il  Sherman  dovea  es- 
sere  secondato  nella  sua  impresa. 

Al  tutto  inefficaci  pero  tornarono  fin  qui  gli  sforzi  de'  Federali  per  im- 
padronirsi  di  Charleston.  Dopo  230  giorni  di  strettissimo  assedio,  di  ri- 
petuti  assalti  e  di  bomhardamenti  spaventosi,  I'invitto  Beauregard,  che 
ne  comanda  la  difesa,  sfida  tutta  la  forza  de'  nemici,  a  cui  non  lascio  nem- 
meno  occupare  le  rovine  del  forte  Sumter  stritolato  sotto  bombe  di  400 
libbre  di  peso.  Dal  12  al  14  Gennaio  gli  assedianti  gettarono  sulla  citta 
non  meno  di  400  enormi  bombe,  onde  arsero  alcune  case;  ma  i  difensori 
non  cedettero  un  palmo  di  terra.  Le  navi  corazzate  de'  Federali  tentarono 
piii  volte  d'  entrare  nel  porto ;  ma  ne  furono  impedite  da  forti  sbarre  e 
dal  fuoco  terribile  delle  grosse  artiglierie ,  con  le  quali  fulminavale  il 
Beauregard,  cosi  che  piu  d'una  di  quelle  n'ando  a  fondo.  Una  orrenda 
tempesta,  avvenuta  sulla  tine  del  Dicembre,  porto  via  le  sbarre  con  cui 
i  difensori  aveano  attraversate  le  imboccature  dal  porto ;  ed  i  nemici  ten- 
tarono allora  di  farsi  innanzi ;  ma  furono  egualmente  respinti.  Di  che  si 
venne  continuando  fino  al  Marzo,  con  piu  o  meuo  di  frequenza  e  di  forza, 
ma  sempre  senza  verun  risultato  ,  il  bombardamento ;  e  da  ultimo  anchc 
da  questo  si  cesso,  mantenendo  solo  uno  strettissimo  blocco,  linche  le 
congiunture  permettano  un  regolare  assedio  dalla  parte  di  terra. 

8.  Travagliarsi  un  anno  intero ,  con  dispendio  di  centinaia  di  milioni, 
intorno  ad  una  sola  fortezza,  e  poi  dovere  in  qualche  modo  abbandonare 
1' impresa,  e  certamente  uno  smacco  per  le  armi  federali.  Pure  esso  trova 
scusa  e  giustificazione  bastevole  si  nella  robustezza  delle  munizioni  e  si 
nella  perizia  singolare  del  Beauregard  che  provvede  alia  difesa. 

Ma  niuna  scusa  si  trovo  al  rovescio  patito  da  una  recente  spedizione, 
che,  cominciata  con  grandi  speranze,  riusci  ad  una  piena  disfatta.  Senza 
saputa  del  Segretario  generale  per  la  guerra,  bench e  per  ordine  segreto 
del  Lincoln,  partiva  da  Port-Royal  alii  5  di  Febbraio,  e  sbarcava  pocbi 
di  appresso  sulle  coste  della  Florida,  un  corpo  d'  esercito  federale  assai 
ragguardevole,  comandato  dal  Generale  Seymour,  e  quasi  senza  contrasto 
impadronivasi  della  citta  di  Jaksonville.  Esaltato  da  cosi  facile  e  prospero 
successo,  il  Seymour  s'  innoltro  poco  avvedutamente  in  modo  da  minac- 
ciare  un  attacco  a  Savannah  nella  Georgia:  ma  tre  giorni  dopo,  alii  20 
Febbraio,  presso  Olustee,  s'imbatte  nell' esercito  confederato ,  che  in 
quattr'  ore  gli  diede  una  rotta  compiuta.  Per  salvare  la  maggior  parte 
de'  suoi,  il  Seymour  dovette  abbandonare  sul  campo  di  battaglia  i  morti 
ed  i  feriti ;  e  la  ritirata  fu  condotta  cosi  a  precipizio,  che  n'  andarono  per- 
duti  e  rimasero  in  preda  a'  vincitori  molti  cannoni  e  gran  parte  delle 
salmerie.  Di  che  egli  dovra,  dicesi ,  dar  conto  ad  un  Consiglio  di  guerra, 
come  colpevole  di  aver  con  la  sua  imprudenza  cagionato  si  grave  disastro. 


IL  NUOVO  IMPERO  DEL  MESSICO 

E  L'  INTERVENTO  FRANGESE 


Finche  le  sorti  dell'  anlico  regno  di  Monlezuma  furono  o  alia  ba- 
lia  di  una  interna  tirannide,  o  disputate  da  armi  straniere,  o  discus- 
se  lungamente  dalla  diplomazia  ;  noi  fummo  paghi  di  registrarne 
nelle  consuete  nostre  Cronache  le  principali  vicende,  parendoci  che 
cio  potesse  bastare ,  a  rispetto  di  regioni  per  tanta  immensila  di 
mare  da  noi  separate.  Ma  oggi ,  che  im  nuovo  Impero  si  e  oggi- 
mai  costituito  al  di  la  dell'  All  anlico  ,  e  clie  la  piu  anlica  delle  Case 
regnanli  in  Europa  gli  manda  un  Imperalore ;  sembra  che  un  si 
grande  avvenimento.ci  possa  porgere  suggelto  ad  una  di  quelle  trat- 
tazioni,  colle  quali  noi  ci  sludiamo  di  applicare  ai  falli  contemporanei 
i  grandi  principii  della  pubblica  giuslizia  e  del  Catlolicismo ;  se  pure 
quella  si  possa  separare  da  queslo  in  un  lempo,  nel  quale,  fuori  del 
Callolicismo,  non  vi  e  reslato  della  pubblica  giuslizia  neppure  un 
vesligio  nei  fatti ,  per  non  dire  che  nel  piu  delle  menli  se  n'  e  per- 
duta  perfmo  la  rimembranza. 

Se  si  consideri  da  una  parte  la  serie  delle  vicende,  che,  per  oltre 
ad  un  mezzo  secolo,  apparecchiarono  la  non  sappiam  bene  se  neces- 
sita  od  occasione  dell'  Intervenlo  francese ;  si  Irovera  quella  essere 
derivala  dali'  acquisto ,  che  fece  il  Messico  della  sua  Indipendenza 
nazionale;  se  dall'allra  si  consideri  il  riuscimenlo,  al  quale  mira  di 
falto  quell'Inlervenlo  medesimo,  si  trovera  appena  da  queslo  volersi 
Serie  Y,  vol.  X,f<uc.m.  17  23Apn7cl864. 


258  IL  NUOVO  IMPERO  DEL  MESSICO 

altro,  che  F  applicazione  del  Dirilto  nuovo  ,  del  quale  gergo  i  nostri 
lettori  gia  hanno  il  segreto  ,  e  meglio  ancora  intenderanno  il  valore 
nel  corso  di  questo  scritto.  Ora  Indipendenza  nazionale  >  e  Diritto 
nuovo  sono  concetti  e  Yocaboli ,  non  che  noli ,  ma  sperimenlali  in 
Europa ,  e  segnatamente  in  Italia ,  piu  di  quello  che  per  avventura 
non  si  sarebbe  voluto;  ed  a  chiarire  le  nostre  doltrine  inlorno  alFuna 
ed  air  altro  potranno  non  poco  giovare  i  document!  che  ci  avverra 
raccogliere  dai  casi  del  Messico.  Anzi  se  ne  potra  avere  tanto  piu 
splendida  confermazione,  quanto  che,  trattandosi  di  gentidanoi  cosi 
dispaiate  per  indole,  per  costumi  e  per  isloria,  e  di  regioni  cosi  lon- 
ginque,  1'identita  degli  effelti  ci  deve  far  segno  della  rea  indole  di 
principii ,  i  quali ,  sotto  qualunque  cielo,  e  manipolati  da  qualunque 
generazione  di  uomini,  non  possono  altro  fruttare  da  do  che  frultano. 

Cinquant' anni  di  spaven.tosa  anarchia,  a  cui  non  si  ebbe  altro  ri- 
medio,  che  i  non  brievi  interval!!  di  tirannide  men  forse  agitata,  ma 
non  meno  spaventosa,  furono  il  prezzo,  onde  il  Messico  si  compero- 
1'  Indipendenza  nazionale.  E  1'avesse  almeno  comperata!  Ma  1'  In- 
tervenlo  straniero,  che  che  sia  delle  intenzioni  di  chi  lo  ha  ordinato 
e  lo  dirige  ,  col  Diritto  nuovo  ,  che  va  ad  imporre  ,  rinnega  quella 
indipendenza ;  e  dell' anarchia  e  della  tirannia  ritenendo  una  parte, 
Dio  voglia  che  non  riesca  ad  apparecchiare  un  ritorno  all'  una  ed 
alF  altra  I  A  fermare  quei  flagelli  ogni  cosa  fa  sperare  che  sia  per 
bastare  il  nuovo  Imperatore  Massimiliano  I ;  giacche  le  nobili  cjualita 
che  gli  attribuisce  la  fama  permettono  di  confidare  che  sia  per  inten- 
derlo  e  per  volerlo.  Noi  intanto  ci  volgeremo  a  sludiare  dall'  una 
parle  il  prezzo,  onde  dal  Messico  fa  pagata  la  sua  Indipendenza  na- 
zionale, e  dall' altra  la  maniera,  onde  col  nuovo  Diritto  1'Intervento 
francese  sembra  volerlo  preparare  all'Impero.  Ambedue  soggetti  ac- 
concissimi  a  farci  meglio  conoscere  certi  principii  e  certe  cose  che , 
per  quantunque  distanza  di  luoghi  o  varieta  di  climi,  non  cessano  mai 
di  essere  quello  che  sono ;  cioe  flagelli  di  popoli  a  nome  di  liberla. 

Intronati,  come  siamo,  gli  orecchi,  da  oltrea  tre  lustri,  del  famoso 
-unum  est  necessariwn,  colla  quale  profanazione  si  volea  significare, 
nessun  bene  umano  e  civile  essere  possibile  ad  alcun  popolo ,  desti- 
tute della  indipendenza ;  rioi  dovremmo  piu  di  tutto  pensarlo  del 
Messico ,  come  di  tutli  gli  altri  possedimenli  spagnuoli  al  di  la  del- 


E  L'  INTERVENTO  FRANCESE  259 

1'Aflantico.  Se  pareva  a  tanti  condizione  intollerabile  quella  del 
Lombardoveneto  ,  e  pare  tultavia  della  Venezia ,  pel  far  parte  della 
Monarchia  austriaca  con  continuita  di  regioni ,  con  parila  di  diritti , 
con  propinquita  di  Metropoli  e  con  non  rade  visile  del  Sovrano  ;  le 
immaginazioni  si  possono  bene  esercilare  nel  dipingersi  le  inestima- 
bili  calamita  e  le  vergogne  del  Messico ,  pei  tre  secoli ,  che  fu  sog- 
getlo  alia  Spagna ,  con  presso  a  quattromila  miglia  di  mare  fram- 
mezzo,  a  traversare  le  quali  i  r'egii  galeoni  spendevano  per  lo  meno 
tre  mesi ,  e  vi  afferravano  apperia  due  volte  1'  anno  ,  a  portarvi  co- 
mandi  e  comandanti,  e  portarne  via  ogni  maniera  di  ricchezza,  so- 
prattutto  argento.  Ne  alia  fantasia  manca  materia  da  rincarire  la 
derrata  dagli  orrori  del  dispotismo  castigliano,  rinforzato  dalla  Inqui- 
sizione;  il  quale,  se  era  insoffenbile  nella  Spagna,  si  consider!  che 
sara  voluto  essere  in  quelle  regioni  rimotissime,  dove  tutto  avra  do- 
vuto  rimanere  alia  merce  di  ufficiali  avidi  e  crudeli ,  contro  le  cui 
vessazioni  un  richiamo  o  non  era  possibile  ,  o  dovea  quasi  sempre 
rimanere  vuoto  di  effetto. 

A  dispetto  di  tutte  cotesle  fosche  immaginazioni,  un  fatto  rimane 
innegabile,  atteslato  da  quei  medesimi,  che  piu  si  lasciano  da  quelle 
dominare ;  e  cio  e  che  il  Messico,  non  che  agognare,  neppur  parlava 
o  pensava  di  aulonomia  nazionale,  lietissimo,  superbo  quasi  della  sua 
condizione  1 ;  e  piu  innanzi  vedremo,  che  ne  avea  bene  onde.  Certo 
non  altrimenti  che  cosi  si  puo  spiegare  uno  stato  di  cose,  il  quale  al 
presente  colle  noslre  nuove  idee  si  terrebbe  per  favoloso.  E  chi  non 
qualificherebbe  per  favola  uno  Stato  per  estensione  otto  tanti  la  Fran- 
cia,  con  presso  a  sedici  milioni  di  abitanti,  e  mantenuto  in  fede  di  un 
Re  non  mai  visto  e  lontanissimo  da  un  presidio,  cbe  rare  volte  ol- 
trepassava  gli  otto  mila  soldati?  Dove  i  ricchi  convogli ,  che  porta- 
vano  in  tanta  copia  1'argento  dall'  inlerno  del  paese  ai  varii  porti  per 
imbarcarlovi ,  non  aveano  uopo  di  altra  scorta ,  che  di  una  bande- 
ruola  sovresso  il  primo  carro,  colla  scritta :  Danaro  del  Re  ?  Dove  il 
valsente,  offerto  per  ispontanea  larghezza  dai  privati  al  Governo,  era 
piu  di  cio,  che  se  ne  riscuoteva  per  imposte  o  balzelli,  fino  ad  esser- 

1  Vedansi  a  tal  proposito  due  articoli  sopra  il  Messico  dell'  egregio  si- 
gnor  Mercier  de  La  Combe,  inseriti  nel  Correspondent  dell'  Ottobre  e  No- 
vembre  1863 ,  dai  quali  noi  abbiam  tratti  parecchi  dati  pel  nostro  lavoro. 


260  IL  NUOVO  IMPERO  DEL  MESSICO 

Ti  memoria  di  un  Conte  di  Regla,  clie  offerse  inuna  solavolta  a  Car- 
lo III  la  piccola  bagattella  di  un  vascello  di  linea,  fornilo  in  lutto  pun- 
to  di  uomini ,  di  armi  e  di  attrezzi  necessarii  ad  entrare  in  mare  ed 
in  guerra?  Anzi  si  pensava  si  poco  all'  unum  necessarium  dell'  Indi- 
pendenza,  che  quando  nel  1808  giunsero  cola  le  prime  nuoye  della 
Spagna  invasa  dalle  armi  napoleoniche,  e  del  Re  quasi  di  fatto  spode- 
stato,  il  Messico,  lungi  dal  coglierne  la  palla  al  balzo,  per  assorge- 
re  ad  un'  autonomia  che  le  circostanze  gli  offerivano ,  e  che  da  nes- 
jsuno  gli  potea  essere  contrastata ,  fece  proprio  il  rovescio.  Tulti  gli 
ordini  dello  Stato,  Clero,  Baronaggio,  possidenti,  magistral!,  merca- 
tanti,  dei  piii  ragguardevoli  tra  loro,  con  ispontaneo  e  maraviglioso 
consentimento ,  riproteslarono  la  propria  fedealRe,  supplicandola 
che  volesse  andare  tra  loro,  dove  troverebbe  Regno  \asto  e  ckmzio- 
so,  sudditi  devotissimi,  che  forse  ne  potrebbero  rivendicare  i  dirilti : 
con  che  tacitamente  si  offerivano  a  combattere,  per  ridivenire  dipen- 
denti  dalla  Spagna.  Che  se  I'affezione  improvvida  di  altri  sudditi  non 
a^7esse ,  con  nuova  specie  di  sedizione  ,  ritenuto  per  forza  Carlo  IV 
sul  punto  di  partire  a  quella  volta,  il  drvisato  passaggio  si  sarebbe 
effettuato ,  ne  avrebbe  avuto  luogo  1'  infame  tradimento  di  Bayona  f 
e  la  conseguente  cattivila  di  quel  Monarca. 

Ma  poi  che  questa  fu  consummata,  e  la  Spagna  fu  entrata  in  quella 
lotla  giganlesca,  che  fe  pagare  si  caro  alia  Francia  il  regno  fugace 
di  Giuseppe  Bonaparte  cola  tramulato  da  Napoli ,  le  Americhe  spa- 
gnuole  si  trovarono  veramente  di  fatto  abbandonate  a  loro  stesse ,  e 
necessitose  di  provvedere  alia  propria  loro  conservazione.  Quali  mo- 
tivi  spingessero  gli  altri  possedimenti  ad  ordinarsi  in  repubbliche, 
piultosto  che  in  altra  forma,  sarebbe  lungo  a  dire.  Per  cio  che  con- 
cerne  il  Messico,  e  indubitato  avervi  potentemente  contribuilo ,  piu 
che  T  esempio,  le  perfide  istigazioni  ed  i  maneggi  soppiatti  d'ogni 
maniera  dalla  parte  degli  Slat!  Unili,  che  facevano  nel  nuovo  mondo 
cio  che  1'  Inghilterra  sta  facendo  da  tanto  tempo  nel  vecchio.  I  quali, 
Bel  deporre  quel  germe  fecondo  di  perpetue  agilazioni  e  di  feroci 
discordie  civili  nel  grande  Stato  vicino,  apparecchiavansi  il  mezzo 
sicuro  di  averlo  facile  preda  in  un  tempo  non  lonlano,  come  gia, 
almeno  per  una  gran  parte,  e  seguito.  L'arte  cli  sofliare  la  discordia, 
sotto  specie  di  liberta,  nei  paesi  vicini ,  per  poscia  impossessarsene 


E  I/ INTERVENTO  FRANCESE  261 

col  pretesto  cli  pacificarli,  non  fu  inventata  dal  Conte  di  Cavour.  Essa 
e  antica  nel  mondo ;  ed  a  quel  furbo  non  saria  giovata  un'astuzia  co- 
tanto  triviale ,  se  armi  prepolenli  e  non  sue  non  gli  avessero  data 
abilila  di  sostituire  alia  furberia  1'aperto  e  svergognato  latrocinio. 

Vero  e  che  i  Messicani,  anche  senza  la  sperienza  che  si  e  acqui- 
slata  di  somiglianti  arti  nella  vecchia  Europa,  avrebbero  dovuto  in- 
tendere,  come  le  origini  e  le  abitudini  della  loro  gente  le  rendevano 
al  tutto  impraticabile  una  forma  di  reggimento,  la  quale  pure  provava 
come  che  fosse  presso  un  popolo  avveniticcio ,  che  ,  irrequieto ,  va- 
gabondo  e  rolto  a  quella ,  avea  portato  nelle  nuove  sedi  il  self  go- 
gernement  della  razza  anglosassone.  Ma  quale  e  il  popolo  che  non 
si  creda,  giusla  la  frase  cor  rente,  mature  ad  alti  destini,  e  capace  d! 
governarsi  da  se  medesimo  ?  quale  anzi  rion  ne  ha  da  nalura  il  di- 
ritto  imprescritlibile ,  secondo  i  placiti  di  una  certa  scuola?  Da  una 
allra  parte  lo  spettacolo  scandaloso  della  prosperita,  onde  gia  comin- 
ciavano  a  fiorire  e  ad  inorgoglire  gli  Stati  Uniti,  era  una  troppo  po- 
derosa  seduzione,  sicche  altri  non  si  dovesse  sentire  tentato  ad  imi- 
tarli.  Al  presente,  che  quel  mostruoso  edifizio,  sotto  dei  nostri  oc- 
chi,  mole  ruit  sua,  non  ci  vuol  grande  sapienza  civile,  per  capire  il 
poco  assegnamento  che  puo  farsi  sopra  una  confederazione  di  Re- 
pubbliche  non  collegate  con  altro  vincolo,  che  di  maleriali  interessL 
Ma  al  tempo  che  il  Messico,  non  emancipates!  gia  dalla  madrepatria, 
ma,  per  forza  di  avvenimenti  imprevisti  ed  imprevedibili,  abbando- 
nato  da  quella,  discuteva  delle  proprie  sorti,  non  vi  volea  meno,  che 
la  preveggenza  quasi  profelica  di  un  Giuseppe  de  Maistre,  per  di- 
nunziare  ii  tempo ,  in  cui  1'  opera  ammirata  del  Washington  sareb- 
be  andata  in  fascio,  sbagliando  solo  di  qualche  lustro.  Che  se  allora 
anche  in  Europa  pochi  assai  credettero  alia  predizione  di  quel  gran- 
de pubblicista  crisliano,  come  non  si  crede  a  parecchie  altre,  che  an- 
cora  restano  ad  avverarsi ;  noi  non  ci  slupiremo,  che  i  Messicani, 
o  non  la  sapendo  o  non  vi  credendo,  si  mettessero  fidenti  per  quella 
via  di  repubblica  ora  unitaria,  era  federativa,  la  quale ,  ruinosa  per 
tutti  gli  altri  minori  possedimenti  spagnuoli,  per  quello,  che  era  for- 
se  il  massimo ,  dovea  riuscire  a  conquassi  inestimabili ,  a  distruzio- 
ne,  a  sterminio. 


262  IL  NUOVO  IMPERO  DEL  MESSICO 

Quali  sarebbero  al  presente  le  condizioni  del  Messico,  se  nel  1783 
Carlo  III  avesse  accettato  il  Consiglio  dell' Aranda  che,  frammassone 
matricolato,  per  la  mano  che  aveva  nella  setta  allora  trapotenteysa- 
peva  fare  i  suoi  valicinii  bene  altrimenli,  che  non  foceva  il  de  Mai- 
stre;  ovveramente  se  nel  1821  il  Gabinello  di  Madrid  avesse  aderi- 
to  ai  concetti  di  D.  Agostino  Iturbida,  che,  trovandosi  a  capo  della 
nazione  messicana,  proponeva  di  orclinaria  a  Monarchia  costiluziona- 
le,  sollo  un  Infante  di  Spagna  postovi  a  Re ;  quest],  che  si  chiamano 
nellescuole  futuri  condizionali,  nessuno  polrebbe  indovinaili.  I  fauto- 
ri  passionali  di  quella  forma  sene  sarebbero  naturalmenle  promessa 
ogni  gran  cosa;  laddove  noi,  che,  qual  e  da  essi  organizzata,  la  te- 
niamo  per  un  Governo  di  partiti ,  non  ne  avremmo  potulo  progno- 
sticare  altro  ,  in  un  paese  non  pure  insueto  alia  vita  pubblica ,  ma 
ripugnante,  che  la  lirannide,  piu  o  meno  camuffata  di  democrazia, 
dalla  parte  di  un  piccolo  pugno  di  meslalori,  che  si  sarebbero  per- 
petuamenle  disputalo  e  palleggiato  il  potere.  Ad  ogni  modo,  rifiuta- 
tosi  quel  concetto  da  Ferdinando  VII,  e  passato  come  una  fugace  me- 
teora  1'Impero  di  Agostino  I  (T  Iturbida  nominate  piu  sopra) ,  sop- 
piantato  e  cacciato  in  esilio  dal  Sant'  Anna  ,  i  Messicani  si  videro 
quasi  nella  impossibility  di  ordinarsi  a  Monarchia,  perche  disperati 
di  trarre  donde  che  fosse  un  Monarca.  E  cosi ,  collo  slabilirnento  o 
piuttosto  colla  continuazione  della  repubblica  federal} va  ,  fu  dato 
\into  il  partito  agli  Stati  Uniti,  i  quali  nulla  temeano  tanto,  quanto 
wna  Monarchia  messicana,  come  scriveva,  sotlo  ildi  28Maggio  1822, 
lo  Chateaubriand ,  arabasciatore  di  Francia  a  Londra,  al  Duca  di 
Montmorency,  Ministro  sopra  gli  affari  slranieri  a  Parigi. 

Forse  nessuna  nazione  mai  ha  preso  piu  di  quello,  cbe  abbia  fatto 
la  messicana,  prolissa  e  calamitosa  sperienza  dell'  immensa  sventu- 
ra  che  e,  per  la  societa  civile,  il  mancare  di  un  Potere  supremo, 
<#rto,  riconosciuto,  incontrastabile,  a  riguardo  del  quale  sia  doverosa 
la  suggezione  e  quasi  impossible  la  gelosia.  La  forsennata  e  super- 
ba  presunzione  di  non  dipendero  che  da  se  medesimo ,  derivando 
ogni  potere  ,  ogni  Sovranila  dal  proprio  suffragio,  presunzione  che 
in  lei  pole  parere  meno  col  pe vole,  fu  tuttavia  da  lei  espiata  con  un 
seguilo  d'  inenarrabili  calamila,  le  quali  se  possono  avere  qualche 
riscontro  in  altri  popoli  quanto  all1  intensila,  quanto  alia  durala  noa 


E  I INTERVENTO  FRANCESE 

lo  trovano  in  nessuno ;  tantoche  noi  diremmo  incredibile,  se  non  la 
yedessimo  cogli  occhi,  la  pertinacia  di  uomini,  ai  quali  un  tale 
spettacolo  non  basta  a  far  passare  il  ruzzo  della  pretesa  Sovranita 
popolare.  Eceo  che  san  fare  i  popoli  diventati  assoluti  padroni  di 
loro  medesimi,  come  nel  gergo  moderno  si  qualifica  1'  essersi  o  1'  a- 
verli  sottratti  alle  legittime  autorila,  ehe  come  in  cerla  guisa  ne  co- 
stituiscono  1' essere,  cosi  sono  condizione  indispensabile  a  mantener- 
ne  la  vita !  Quello  che  fece  la  Francia,  caduta  tra  gli  artigli  della  piu 
schifosa  ed  atroce  tirannide,  che  si  vedesse  mai  solto  le  stelle,  per 
soltrarsi  alia  quale  si  dovette  gettare  nelle  mani  di  un  soldato  fora- 
stiere,  che,  smuntala  di  sangue  e  di  danaro,  la  lascio  phi  debole  che 
iion  1'  avea  trovata,  e  con  tre  eserciti  stranieri  in  casa;  quello  che  sta 
facendo  1' Italia,  diventata  la  favola  delle  nazioni  ed  il  ludibrio  di  set- 
tarii  empii  e  vituperosi,  che  si  disputano  il  privilegio  di  straziarne  le 
coscienze  e  di  affaticarne  senza  misura  le  borse.  E  questo  altresi  di- 
vento  il  Messico,  ma  in  modo  che,  senza  cedere  in  intensita  ai  so- 
prascritti,  vi  duro  per  non  meno  di  mezzo  secolo,  smentendo  col  la- 
mentevole  fatlo  suo  quell'  antico  detto,  che  nil  violentum  durabile; 
essendo  piu  che  sicuro,  che  queli'agonia,  protratta  per  cinquant'anni, 
quando  non  vi  fosse  stalo  quel  qualunque  aiuto,  che  gli  e  venuto  dal 
di  fuori ,  sarebbe  perdurata  quell'  altro  poco  tempo  che  vi  voleva, 
per  farlo  morire  a  dirittura,  ed  essere  cancellato  dal  novero  delle 
nazioni.  Ma  esso  non  fu  piu  sommesso  all'  inviso  giogo  spagnuolo  I 
esso  fu  nazione  indipendente!  e  non  vi  pare  che  cio  debba  larga- 
mente  compensarlo  delle  anarchie  tempestose ,  delle  atroci  dittalura 
ed  eziandio  del  piu  non  essere  nazione,  quando  pur  questo  avesse 
dovuto  seguire?  E  forseche  non  ci  e  stato  dinunziato  parecchie  volte- 
dal  fanatico  profeta  dell' idea,  che  per  1'  Italia  il  diventare  un  cumulo- 
di  ruine  sommerse  nel  sangue  varrebbe  meglio,  che  rimanere  quale 
1'aveva  fatta  la  Provvidenza? 

Noi  non  vogliamo  ora  decidere  se  le  calamita ,  nelle  quali  ver- 
sarono  le  tante  altre  piccole  repubbliche  ,  in  che  si  cangiarono 
gli  antichi  possedimenti  ispani ,  si  possano  paragonare  con  quelle , 
che  si  addensarono  sul  Messico.  Ma  si  puo  dire  di  certo ,  che  que- 
ste  secoride  furono  per  vaslita  e  per  durata  cosi  sfoggiatameute 
superlative,  che  a  noi  appena  pare  credibile,  che  una  nazione  sotto 


264  IL  NUOVO  IMPERO  DEL  MESSICO 

il  peso  di  quelle  abbia  potato  non  obliterarsi  al  tutto  dal  mondo ,  e 
rimanere  a  quelle  superstate.  Ne  ci  e  pericolo  che  i  fatti ,  sopra  cui 
noi  fondiamo  un  tale  giudizio ,  siano  o  per  manco  di  relazioni  difet- 
losi ,  o  per  malevolenza  esagerati.  Noi  anzi  ne  abbiamo  un  tesli- 
monio ,  del  quale  appena  si  potrebbe  desiderare  altro  piu  compe- 
tente  o  piu  imparziale.  II  primo  atto ,  che  si  facesse  nella  capilale 
dello  Stato ,  come  tosto  le  armi  francesi  vi  ebbero  sconfitto  il  Juarez 
ed  i  suoi  satelliti ,  fu  riunire  un'  Assemblea  di  Nolabili  tra  tutti  gli 
ordini  di  ciltadini ,  la  quale ,  la  prima  cosa ,  dovesse  meltere  a  par- 
tito  e  determinare  la  forma  di  civile  ordinamento ,  che  giudicasse 
meglio  convenire  alia  patria  loro.  Dopo  le  discussioni  tenute  in  pie- 
no  consesso ,  questo  commise  a  cinque  di  loro  ,  i  signori  Aguilar , 
Velasquez  de  Leon ,  Orazco ,  Marin  e  Blanco ,  lo  esporre  in  un  Rap- 
porto  ragionato  l  Y  unanime  suo  suffragio ,  ed  i  motivi  che  glielo 
aveano  persuaso.  Ora  questo  documento ,  che  puo  dirsi ,  piu  che  il 
yoto,  il  gemito  lamentevole  di  una  nazione,  trascinata  per  una  via 
di  vergogne  e  di  sangue  suli'orlo  dell'abisso ,  e  sul  punto  di  preci- 
pitarvi ,  restera  elerno  monumento  di  cio  che  guadagnano  certi  po- 
poli ,  quando  hanno  acquistato  Y  uno  necessario  della  Indipendenza 
nazionale.  Chi  sa  che  1'  Italia  rigenerata  non  yi  abbia  a  riscontrare 
qualche  analogia  con  se  medesima! 

S'immagini  uno  Stato,  nel  quale  il  potere  supremo,  con  rare  e 
brevissime  eccezioni ,  alternandosi  tra  ditlature  violente  e  repubbli- 
che  ora  unitarie  ora  federative,  e  tutto  alia  merce  della  ribalda- 
glia  piu  vituperosa ,  che,  soprarrivando  sempre  nuova  e  sempre  piii 
cupida  e  piu  feroce ,  si  vale  dello  stesso  potere  sovrano  per  dilapi- 
dare  il  pubblico  danaro,  per  vessare,  spogliare,  proscrivere,  incar- 
cerare  ed  eziandio  uccidere  quanto  vi  ha  nel  paese  di  morigeralo  c 
di  crisliano ;  uno  Stato  che  mercanteggia  pubblicamente  in  piazza  gli 
ufficii  governativi  con  micidiali  e  con  ladri ;  che  si  lascia  ora  com- 
battere,  ora  soppiantare  dai  frammassoni  di  rilo  scozzese,  ai  quali , 
per  iscombuiar  peggio  le  cose ,  furono  mandati  dagli  Stati  Uniti  a 
conlrapporsi  quelli  del  rito  di  York,  i  quali  due  ordini,  accapiglian- 

1  Questo  Documento  fu  rccato  da  varii  giornali :  noi  lo  leggemmo  nel 
Memorial  diplomatique  del  6  e  13  Settembre  18G3 ;  e  da  esso  ne  riferiremo, 
recall  in  italiano,  alcuni  tratti  piu  sotto. 


E  L  INTERVEMO  FRANCESE  265 

dosi  tra  loro,  convengono  solamente  nell'  avere  costituito  un  Governo 
nel  Governo;  uno  Stato  che,  debole  con  ogni  maniera  di  furfanli,  e 
forte  solo  o  piutlosto  violento  coi  deboli ,  quale  puo  dirsi  che  era 
( come  sono  in  generale  tult'  i  popoli )  1'  intera  nazione ,  usata  a  ri- 
posarsi  sotto  1'  autorita  proteggilrice  del  suoi  Sovrani ;  s'  immagini, 
diciamo ,  cio ,  e  si  avra  un'  idea  abbaslanza  adequate  di  quel  che  fu 
il  Messico  nel  suo  mezzo  secolo  d'  Indipendenza  nazionale.  Sappia- 
mo  che  si  potrebbe  chiedere  :  Ma  perche  dunque  la  nazione  si  la- 
sciava  si  indegnamente  opprimere  e  straziare  ?  perche  non  riven- 
dicava  i  suoi  diritti,  e  non  faceva  giustizia  dei  suoi  oppressor!? 
Pure  gl' Italian!  nel  1864  non  dovrebbero  avere  il  triste  coraggio 
di  dare  dell' imbecille  e  del  vigliacco  ad  un  popolo,  al  quale  sono 
diventati  essi  medesimi ,  da  forse  un  luslro ,  almeno  parzialmen- 
te,  non  poco  somiglianti.  E  pero  noi  ne  rechiamo  piultosto  una  ca- 
gione  piu  alta,  ripetendola  da  questo  ,  che  la  Provvidenza  non  fece 
le  nazioni ,  perche  si  governassero  tulte  e  sempre  da  loro ,  come 
prelendono  i  fautori  del  Diritto  nuovo,  i  quali  per  questo  mezzo  rie- 
scono  oosi  spesso  non  a  goyernarle,  ma  a  manomelterle  essi.  E  pero 
ogni  qual  volta  la  Provvidenza  alle  nazioni  ebbe  preposti  i  Re,  come 
suoi  ministri  in  bonum ,  a  questi  commise  altresi  F  uffizio  di  proteg- 
gerle  come  dalle  alterazioni  interne,  cosi  dalle  ambizioni  straniere. 
Di  qui  avviene  che,  la  societa,  venutole  meno,  per  qualunque  nioti- 
vo,  quel  naturale  strumento  d'  ogni  bene  civile,  se  ne  trova  in  istato 
innaturale  e  violento,  conquassata,  sconvolta ,  senza  mezzo  o  vigore 
di  ricomporsi;  e.la  colpa ,  quando  non  si  debba  recare  all'  ignavia 
di  chi  abbandono  quella  difesa ,  come  certo  non  fecero  i  Reali  di 
Spagna  a  rispelto  del  Messico ,  neppure  si  puo  sempre  attribuire 
all'  inerzia  dei  popoli  oppressi ;  se  pure  non  vogliate  colpare  una  fa- 
miglia  civile  deir  essere  rimasta  villima  di  pochi  scherani,  quando 
ogni  pubblica  prolezione  le  fu  dinegata.  Oh  !  no  !  persuadiamcelo  : 
ne  dagli  uomini  individui ,  ne  dalle  nazioni  si  fa  mai  impunemente 
a  fidanza  cogli  ordinamenti  della  Provvidenza! 

Tra  tanta  desolazione  di  quella  gente  cosi  manomessa,  pur  riful- 
geva  una  qualche  speranza ,  che  gli  oppressor!  si  sarebbero  riuniti 
tra  loro  e  cogli  oppressi ,  quando  si  foss%  trattato  di  quel  supremo 
interesse ,  che  e  per  uno  Stato  la  sua  integrita ,  che  si  confonde  col 


266  IL  NUOVO  IMPERO  DEL  MESSICO 

inedesimo  suo  essere.  E  nondimeno  neppur  questo  basto ;  anzi  si 
ebbe  tutta  la  ragione  di  sospettare,  che  gli  avidi  di  fuod  se  la  inten- 
devano  coi  padroni  di  deiitro ;  i  quali ,  facendo  cola  in  grande  cio 
che  in  Italia  si  e  fatto  in  piccolo  ,  aveano  gia  venduta  a  pronti  con- 
tanti  la  patria  loro  agli  slranieri.  Invaso  il  territorio  messicano  dalle 
armi  degli  Staii  Uniti ,  delle  repubbliche  confederate  appena  due ,  e 
di  tutte  le  piu  piccole ,  si  mossero  :  le  altre  steltero  a  riguardare  ; 
intanto  che  le  soldatesche  nimiche  ,  venute  fin  sotto  alia  Metropoli 
con  piccolo  o  nessuno  contrasto,  non  si  ebbe  altra  via  di  salule,  che 
compiere  vergognosamenie  agli  invasori  la  cessione  di  meglio  della 
meta  dello  Slato ,  caparra  del  resto,  che  piu  agevolmente  ancora 
quinci  a  poco  si  sarebbon  preso.  Delle  216,012  leghe  di  superficie, 
che  costituiscono  il  Messico,  gli  Stati  Uniti  in  pochi  anni  se  ne  sono 
annesse  alia  piemontese  non  meno  di  109,942,  che  vuol  dire  1,936 
oltre  la  meta.  Prima  fu  il  Texas  nel  1837  piu  per  perfidia,  che  per 
minacce;  poscia  furono  1' alta  California  ed  il  Nuovo  Messico  nel 
1847.  Un  altro  decennio  di  quella  beata  indipendenza  ,  e  lo  Stato  , 
quanto  e  lungo  e  largo,  era  Ho! 

Ma  il  gia  menlovato  Rapporto  >  steso  dalla  Commissione  dei  No- 
tabili ,  non  pago  ad  avere  delineato ,  con  pochi  ma  forti  tratli ,  ii 
profondo  d'  inestimabili  pubbliche  calamita  e  di  vergogne ,  in  cui  la 
patria  loro  fu  abbatluta  per  tulto  il  tempo  della  Indipendenza ,  ha 
voluto  eziandio  deporvi  un  ricordo  delle  tanto  dh'erse  condizioni,  in 
che  quella  verso  negli  anni  non  pochi  della  Dipendenza.  Benche  poi 
sia  verissimo,  che 

.  .  .  Nessun  maggior  dolore, 
Che  ricordarsi  del  tempo  felice 
Nella  miseria ; 

nondimeno  quei  generosi ,  per  amore  di  verita  e  di  giuslizia ,  lo  si 
hanno  ^7olulo  sorbire  quel  dolore ,  collocando  cosi  innanzi  agli  occhi 
deir  Europa  civile  un  argomento  irrepugnabile  della  felice  cosa,  che 
erano  pei  popoli  quei  Governi  cristiani  cosi  stoltamente  disconosciuti, 
e  cosi  indegnamenle  calunniati  eziandio  da  tali ,  che  men  di  tulti 
dovrebbero.  Quanto  noi  abbiamo  detto  e  sliamo  dicendo  coi  ragiona- 
menti,  per  rislorare,  non  diremo  la  slima  e  1'  amore,  ma  il  semplice 
concetto  della  Monarchia  cristiana  presso  generazioni,  che  fin  quello 


E  L'  1NTERVEKTO  FRANCESE  267 

sembrano  aver  perduto ,  non  potra  a  pezza  valere  questa  schiella 
testimonianza  di  tutto  un  popolo ,  .innanzi  alia  quale  i  parteggiani 
d'  idee  moderns  crederanno  di  trasognare ;  e  voglia  Dio,  che  lo  slra- 
friliarne,  che  dovran  fare  se  vi  pongono  mente,-  giovi  a  farli  entrare 
in  migliori  pensieri ! 

E  per  sentire  tutla  la  forza  di  cio  che  siamo  per  riferire ,  si  noti 
primamente,  corae  qui  parlano  uomini  eletli  ad  esprimere  i  sensi  di 
tutta  intera  un'  Assemblea,  la  quale  conobbe  quei  sensi  medesirai  e 
gli  approve ;  che  parlano  di  raemorie  o  proprie  o  dei  padri  loro  ,  e 
di  cose  che  hanno  soil'  oechio  ,  e  delle  quali  hanno  sperimenlali  gli 
effeiti;  che  parlando,  come  non  possono  volere  calunniare  con  ingiu- 
sta  severila  la  patria  loro  ,  cosi  non  hanno  verun  molivo  di  adulare 
una  nazione ,  dalla  quale  sono  separati  da  lanto  lempo  e  per  tanlo 
spazio;  se  non  anzi  vi  era  pericolo,  che  dal  cosi  parlare  dovessero 
essere  non  niediocremente  offese  le  suscettivita  dilicale  dei  nuovi 
fanlasiosi  padroni,  che  professano  un  lull' altro  sistema.  Si  noli  in 
secondo  luogo  ,  come  la  Spagna  in  quella  remola  conlrada  non  si 
era  impossessata  di  nazioni  gia  coslituile;  ma  anzi  tra  genii  univer- 
salmenle  pagane,  ed  in  parte  selvagge ,  avea  creale  nazioni  cri- 
sliane  e  civili,  o  piulloslo  crislianamente  civili,  impianlandovi  lanlo 
profondamente  il  Caltolicismo ,  che  questo  per  avventura  vi  si  e 
mantenuto  piu  amato  e  piu  puro,  che  non  nelle  medesime  conlrade 
europee ;  lalmenle  che  queslo  ne  costiluisce  al  presente  la  sola  glo- 
ria ,  che  sia  rimasta  superslite  a  lanle  ruine ,  offerendoci  anche  al 
presenle  un  Episcopalo  che ,  per  sapienza  e  fermezza ,  non  la  cede 
a  qual  e  piu  ammirabile  dei  noslri,  ed  una  Magislralura  che,  in 
opera,  di  generosa  indipendenza,  forse  non  ha  risconlro  colle  noslre. 
Da  ultimo  si  noti ,  che  del  loro  antichi  e  catlolici  Re  cosi  giudicano 
e  pai-lano  popoli  che  di  presenza  non  li  conobbero  mai ,  ed  erano 
separati  da  loro  per  distanze  s terminate,  per  correre  le  quali  appena 
baslavano  dieci  tanti  del  lempo  che  vi  vuole  adesso  ;  e  pero  V  azione 
governativa  non  vi  polendo  giungere  che  lenlissima  e  per  molli  gradi 
mediani,  i  quali  poteano  alterarla  ed  anche  travel gerla,  si  consider! 
che  avrebbe  dovulo  divenlare  nel  Messico  la  lirannide  bigolla  e 
feroce  di  un  Filippo  II ,  esempligrazia ,  quale  gli  slupidi  pappagalli 
delle  idee  moderne  si  sono  incaponili  a  giudicare  quel  sapientissimo 


268  1L  NUOVO  IMPERO  DEL  MESSICO 

e  fortissimo  Monarca.  Cio  premesso,  si  ascolti  in  qual  maniera  1'As- 
semblea  dei  Notabili  messicani  giudica  e  parla  dell'  antica  sua  dipen- 
denza  dalla  Spagna.  Cosi  al  danno  emergente,  posto  in  nota  piu  so- 
pra ,  si  potra  aggiungere  il  lucro  cessanle ,  per  avere  tutto  intero  il 
computo  dei  maravigliosi  vantaggi ,  die  quella  sfortunata  nazione 
ebbe  acquistali  dall'  essersi  assicurato  1'  unum  necessarium  della 
Indipendenza  nazionale. 

I  cinque  Commissarii  ricordati  piu  innanzi ,  parlando  a  nome 

dell'Assemblea  dei  Notabili ,  non  si  sanno  temperare  dal  tornare  col 

pensiero  ai  tempi  della  dominazione  spagnuola ;  e  dicono  di  tornar- 

vi  colla  compiacenza  mesta  e  piena  di  desiderio ,  onde  1'  infermo  a 

inorte  torna  al  tempo  della  sanita  vigorosa ,  il  decrepito  agli  anni 

della  lieta  gioventudine,  ricca  di  rigoglio  e  di  speranza.  «  Se  noi  »  , 

dicono  essi  appresso ,    «  sappiamo  schermirci  dalle  esagerazioni 

«  dei  pregiudizii,  e  da  una  severita  che  sarebbe  ingratitudine ,  noi 

«  dovremo  ammirare  le  tracce  luminose,  lasciate  alia  palria  no- 

«  stra  da  questa  serie  di  Monarchi ,  che  hanno  steso ,  a  traverse  la 

«  immensita  dei  mari ,  il  loro  scettro  proteggitore  sopra  del  Messi- 

«  co.  Una  legislazione  speciale  ,  piena  di  prudenza  e  di  sapienza, 

«  avea  messo  gl'  indigeni  al  coperlo  dalle  persecuzioni ,  che  non 

«  maneherebbero  di  pesare  sopra  una  nazione  umiliata  dalla  conqui- 

«  sta ,  debole  ,  ignorante  e  superstiziosa ...  La  potenza  di  un  Prin- 

«  cipe  non  bastava ;  vi  voleva  e  vi  fu  la  tenera  solleciludine  di  un 

«  padre ,  per  appropriare  le  leggi  alle  esigenze  dei  costumi  e  dei  vi- 

«  zii  abituali  degl'  Indiani ,  a  fine  di  addolcire  i  primi ,  e  di  correg- 

«  gere  i  secondi ,  attenuando  tulto  cio  che  la  giustizia  ordinaria  po- 

«•  tea  avere  di  troppo  severe.  L'  individuo ,  la  famiglia ,  il  Comune , 

«  la  borgala  dei  naturali  del  paese ,  tutto  fu  oggetto  di  zelo  per 

«  quei  Monarchi ,  i  quali  si  riguardavano ,  come  i  tutor!  delle  per- 

«  sone  ed  i  difensori  dei  beni  di  una  razza ,  degna  ai  loro  occhi  di 

«  unabenevola  protezione.  Ricoveri,  ospedali,  collegi  esclusivamen- 

«  te  eretti  aU'inlento  di  provvedere  ai  bisogni  material!  ed  alia  cul- 

«  tura  intellettuale  dei  nuovi  loro  suggetti :  quest!  non  furono  imino- 

«  ri  benefizii  profusi  sopra  del  Messico  dal  Governo  spagnuolo. »  Ma 

certamente  non  furono  neppure  i  maggiori,  in  quanto  chiunque  non 

abbia  perduto  il  concetto  del  fine  soprannaturale  deir  uomo ,  deve 


E  I/  INTERVENTO  FRANCESE  269 

riputare  massimo ,  1'  avergli  fornito  ogni  maniera  di  mezzi ,  per  di- 
ventare  crisliano ;  tanto  che  dove  poco  innanzi  era  diserto  di  barba- 
ric genlilesca ,  fiori  e  fiorisce  tullavia  una  delle  porzioni  piu  elelte 
dell'  ovile  di  Cristo. 

Ma  se  questo  era  lo  scopo  precipuo  e  potremmo  dire  ultimo  ,  a 
€ui  miravano  i  Re  Catlolici  e  la  stessa  Spagna  nell'occupare ,  e  po- 
scia  nel  reggere  quelle  remote  regioni;  non  per  questo  deve  dirsi 
ehe  gl'  increment!  materiali  ed  intellettivi  d'ogni  ragione  venissero 
trasandati ;  anzi  alacremente  caldeggiati ,  erano  daquel  primo  e  piu 
nobile  intento  purificati  e  diretti.  E  pero  il  Rapporto  si  continua  ag- 
giungendo :  «  Se  noi  rivolgiamo  gli  occhi  alia  immensa  eslensione 
«  del  nostro  paese ,  se  noi  percorriamo  le  strade ,  se  penetriamo  nel 
«  piu  profondo  delle  nostre  miniere ,  se  esaminiamo  le  nostre  popo- 
«  lazioni ,  se  esploriamo  le  citta  nostre ,  da  per  tutto  not  scorgiamo 
«  impresse  le  vestigia  di  un'  autorila  ,  la  quale  non  si  mostrava ,  se 
«  non  per  migliorare  solto  tutti  i  rispetli  la  condizione  delle  sue  co- 

«  lonie  » « I  ponti  e  le  grandi  strade ,  le  tante  agevolate  vie 

«  di  comunicazione ,  la  fondazione  di  cilia  magnifiche ,  i  superbi 
«  acquedotli ,  le  basiliche  maestose ,  i  ricchi  palagi ,  i  collegi  innu- 
«  merabili ,  nei  quali  s'  insegnavano  lutli  i  rami  dello  scibile ,  i  gran- 
«  diosi  istituti  dibeneficenza,  ordinal!  ad  alleggerire  tuttele  umane 

«  sofferenze La  Commissione  non  finirebbe  piu ,  se  volesse 

«  continuarsi  a  noverare  tutti  i  gloriosi  monumenti  della  sapienza , 
«  della  pieta,  della  munificenza  dei  Sovrani  spagnuoli.  »  Da  ultimo 
conchiude  questa  parte  affermando ,  non  vi  essere  Messicano,  « il 
«  quale  non  possa  notare  il  giorno  e  1'ora ,  in  cui  il  Messico,  abban- 
«  donando  la  dolcezza,  di  cui  godeva  al  sommo  della  prosperita  e 
«  dell'abbondanza,  e  entrato  nella  via  della  decadenza ,  per  la  quale 
<(  ha  camminato  piu  di  cinquant'anni.  »  Ed  e  notevolissimo ,  che  in 
tutto  quel  lungo  documento  non  si  scontra  sillaba,  che  accenni  ad 
ombra  di  biasimo  od  a  querela,  quanto  che  piccolissima ,  di  quei 
Sovrani  o  dei  loro  Ministri.  Governate  i  popoli  a  questa  maniera,  cioe 
cristianamente ;  e  1'  assolutismo  non  fara  paura,  e  la  dipendenza  sara 
desiderata  e  benedetta,  e  sedici  milioni  di  sudditi  saranno  mantenuti 
in  fede  di  un  Principe  straniero  e  lontanissimo  da  soli  otlomila  sol- 
dati :  puo  essere  che  neppur  di  cosi  poco  vi  sara  bisogno. 


270  IL  NUOVO  IMPERO  DEL  MESSICO 

Quel  documento  e  stalo  letlo  da  alquanti  mesi  in  Europa;  machi 
vi  ha  badato  ?  E  pure  in  esso ,  ollre  al  quadro  della  portentosa  bea- 
titudine  prodottavi  dalla  Indipendenza  nazionale ,  si  contiene  il  rad- 
drizzamento  di  un  fatto  falsato  e  di  un  principio  rinnegato,  che  sono 
per  av  ventura  la  piaga  piu  cancrenosa  del  tempo  moderno.  Quelli 
poi  si  danno  la  mano  1'un  1'aliro ,  in  quanto  il  fatto  della  tirannide 
dei  Governi  passati ,  e  dello  spagnuolo  riotantemente,  e  stato  inven- 
tato,  appuuto  per  rinnegare  questo  principio ;  che  cioe  ai  popoli  non 
puo  venir  mai  pace ,  giustizia ,  prosperity  vera,  ed  aggiungete  pure 
vera  grandezza ,  se  non  da  Governi  cristiani.  Ora  noi  crediamo  che 
il  Eapporto  della  Commissione  messicana  sia  la  confermazione  piu 
solenne,  piu  splendida  e  piu  autorevole,  che  di  quel  fatto  e  di  quel 
principio  si  possa  mai  desiderare;  ed  esso  dovrebbe  bastare  a  fare 
aprire  gli  occhi  a  chiunque  non  gli  abbia  addirittura  spenli,  o  in  ve- 
ro  studio  It  voglia  tenere  serrati.  Ma,  come  dicemmo,  chi  vi  bada? 
Si  seguila  e  si  seguitera  a  dire,  che  1'Indipendenza  e  Yumim  neces- 
sarium  delle  nazioni ;  che  quel  vecchio  sislema ,  dal  quale  si  faceva 
il  precipuo  fondamento  nel  Vangelo  e  nella  Chiesa ,  era  lirannide , 
oscurantismo  ,  servilita  con  tulto  il  resto ;  e  ehe  dal  Diritto  nuovo , 
dal  quale  si  sconosce  il  Vangelo  e .,  sotto  colore  di  separazione,  si 
perseguita  la  Chiesa  ,  dee  venire  ogni  felicita  alle  nazioni.  E  pero, 
senza  curarsi  dei  portenti  che  quello  opero  ,  s'  imbocca  la  tromba, 
per  far  sonare  ai  quattro  venli  i  miracoli  di  qualche  sforzo  indivi- 
duale,  che  considerato  rispetto  alle  persone  private  puo  essere  tal- 
yolta  sublime  ed  eroico ,  ma  che  per  riguardo  alia  societa  in  gene- 
rale  e  presso  che  nulla.  Tuttavolta  vorremmo  sapere  quale  na- 
zione  o  quale  colonia ,  ordinata  secondo  il  nuovo  Diritto ,  potrebbe , 
del  suo  Re  costituzionale  e  del  suo  Ministero  responsabile ,  dire  un 
centesimo  di  do,  che  il  Messico  ha  detlo  della  Spagna.  A  quai  ter- 
mini si  trovino  le  genti  europee  ,  nessuno  oggimai  puo  ignorare  ;  e 
molli  altresi  sapranno  quello,  che  sono  le  Indie  Oriental!  sotto  il  do- 
minio  inglese,  e  pur  troppo  dobbiamo  aggiungere,  in  parte  almeno, 
1'  Algeria  sotto  il  francese :  trovati  barbari,  furono  lasciati  barbari  ; 
ed  i  conquislatori  europei  appena  della  propria  civilta  diedero  loro 
a  saggiare  allro,  che  lo  scandalo  dei  vizii  ed  il  fulmiuare  dei  canno- 
ni.  II  Messico  medesimo ,  come  vedremo  nel  seguente  articolo,  ha 


E  L'  INTERYENTO  FRANCESE 

comincialo  del  nuovo  sistema  a  pigliare  un  saggio  ;  il  quale  vorra 
essere  ben  doloroso ,  se  il  nuovo  Imperatore ,  assicurato  dal  suo 
senno  e  dalla  sua  coscienza  conlro  i  pericoli  delle  idee  moderne,  non 
vi  reca  quel  rimedio  eke  tulti  da  lui  stanno  ora  aspettando. 

Nel.resto  non  ci  slparli  d' imperfezioni  e  di  abusi  dell'  antico  si- 
stema. Perciocche  noi ,  che  di  quello  ammiriamo  principalmente  , 
per  non  dire  unicamente,  la  qualila  di  essere  cristiano,  abbiamo  pre- 
sta  una  replica  ,  la  quale  vi  giungera  forse  inaspettata  ,  senza  che 
per  questo  vi  debba  parere  meno  stringente.  Infatti,  ammesso  pure 
quan to  volete  di  quelle  imperfezioni  e  di  quegli  abusi ,  la  sola  qua- 
lila di  essere  cristiani  medicava  in  qiiei  Govern!  le  une  e  gli  altri,  e 
si  faceva  principio  di  quei  portenti,  cui  ollre  a  mezzo  secolo  di  nuo- 
vo sistema  non  6  bastato  a  scancellare' dalla  memoria,  e  togllere  dal- 
1'aspetto  degli  uomini.  Laddove  questo  stesso  nuovo  sistema  ,  ap- 
punlo  perche  non  e  e  non  vuol  essere  cristiano,  non  sa  trarre  verun 
costrutto  dalla  squisita  perfezione  del  suo  organismo ,  ed  e  condan- 
nato  a  non  potere  altro,  che  spargere  agitazioni  ed  accumulare  rui- 
ne ;  ovveramente  ,  se  vogliam  dirlo  con  parole  bibliche  ,  e  condan- 
nato  a  seminare  tempeste ,  ed  a  non  raccogliere  che  vento.  Ma  esso 
ha  liberate  i  popoli  dalla  Inquisizione ,  e  promette  loro  Indipen- 
denza  e  sovranita  nazionale ;  non  vi  pare  che  di  cio  essi  debbansi 
riputare  arcicontenli  ?  0  non  e  arcicontenta  T  Italia  da  che,  caccia- 
tone  il  barbaro  e  abolitovi  per  cinque  sesti  il  dominio  clericale , 
acquisto  padronanza  di  se  medesima,  e  fu  fatta  una?  Se  si  ragunasse 
oggi  una  vera  Assembled  di  Notabili  ilaliani ,  noi  non  sappiamo  se 
da  essa,  quanto  al  passaUred  al  presente  ,  sarebbe  per  uscire  un 
Rapporto  somigliante  al  messicano.  Tuttavolta  conviene  osservare  y 
che  cinque  anni  di  lezione  non  possono  aver  prodotlo  V  effetto ,  che 
cola  fu  prodotto  da  cinquanta ;  e  ad  ogni  modo  se  la  Provvidenza , 
tra  gii  altri  fini ,  a  cui  mira  col  permettere  il  passaggiero  trionfo 
delta  iniquita,  ordina  le  pruove  ai  disinganni,  il  procurare  questi  in 
se  ed  in  altrui ,  potrebbe  essere  mezzo  efficace  ad  accorciare  la  du- 
rala  di  quelle. 

Nel  prossimo  quaderno  ritorneremo  sull'  argomento  che  la  brevi- 
ta  dello  spazio  ci  vieta  di  qui  continuare. 


LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

RACCONTO  STORICO 

DEL  1860  E  1861 


XXXIV. 

—  Oh  santo  clelo !  e  eke  vuol  egli  questo  signore  da  me?  chiese 
Pellegrino,  con  alto  brusco  e  dimostrativo  di  noia,  alia  figliuola  che 
appressatasi  al  capezzale  del  suo  lelto,  gli  aveva  annunziata  la  Tisita 
di  Traiano. 

—  Egli  desidera  vedervi,  e  nient'  altro. 

—  Veder  me?  ah  io  non  sono  piu  uomo  che  si  possa  vedere ! 
sono  un  ceppo,  un  sasso,  un  cadavere  fastidioso.  Glielohai  tu  detlo? 

-  Or  che  fa  questo?  basli  che  esso  ha  voglia  di  salutarvi  tale 
qual  siete. 

—  Ebbene,  sia  come  ti  piace.  Ma  tu  in  prima,  figliuola  mia,  as- 
seltami  i  guanciali  sotto  del  capo,  tirami  su  la  coperta  di  canapina 
iianca ,  che  non  apparisca  questa  brulta  imbottita ,  e  da  aria  alia 
stanza. 

La  figliuola  si  pose  all'opera  con  lestezza,  e  mentre  si  dava  attorno 
per  acconciare  il  letticciuolo  e  spolverare  i  mobili  e  mettere  Y  aria 
in  corso,  Traiano  e  Flaminia  s'  intertenevano  nella  cucina ,  dov'  era 
la  massaia  con  le  sue  fanciulle,  che  stavano  li  a  \7iso  basso  e  tutte 
peritose  di  loro  due,  si  che  appena  si  ardivano  sbirciarli  sollecchi. 
Traiano  che,  a  dir  vero,  si  sentiva  sal  tare  la  mosca  per  la  insolentc 
caparbieria  di  Flaminia,  la  quale  di  pura  forza  lo  aveva  trascinato  in 


LA  POVERELLA  DI  CASAMARI  RACCONTO  ECC.         273 

quel  casolare,  era  taciturno  e  sbuffava  cosi  un  tan  lino  e  pestava  pia- 
namenle  de'  piedi  in  terra,  quasi  per  insofferenza  di  aspettare ;  intanto 
che  la  giovane  sua ,  con  un  certo  piglio  tra  1'  amorevole  e  1'  altiero, 
facea  varie  interrogazioni  alia  massaia,  che  replicavale  tutta  sollecita 
e  rispettiva,  come  si  reputasse  onorata  di  scambiare  quattro  parole 
con  quella  signorina  elegante. 

Di  li  a  poco  la  figliuola  di  Pellegrino  scese ,  e  con  timido  cenno 
invito  i  due  a  salire.  Flaminia  accostatasi  al  padre:  —  Voi  montate 
pure;  gli  disse  a  un  orecchio;  io  v'attendero  quaggiii. 

—  Nossignora ;  borbotlo  Traiano  con  collera  che  e'  stentava  a  re- 
primere  denlro  se;  vieni  meco,  se  no.  .  .  . 

—  Io  non  vengo ,  io  voglio  restare  a  discorrere  con  la  poverella. 

—  Non  vieni?  mormoro  1'altro  fremenle  di  dispetto  e  afferrandola 
per  un  braccio ;  guai  a  te  se  mi  fai  la  pazza ! 

—  Ma  io  non  reggo  alia  vista  di  un  moribondo. 

—  Vieni,  ti  dico;  e  datale  una  stretta  al  gomito  ch'  essa  ne  vide 
le  stelle ,  e  spintala  innanzi  per  su  la  scaletta  di  legno ;  finiamola 
ch'  egli  e  ora !  seguito  sgridandola  sommessamente ;  fammi  la  smor- 
fiosa ,  e  ch'  io  non  sia  io ,  se  non  ti  lascio  andare  un  bel  paio  di 
schiaffi ! 

Flaminia  inviperl,  si  morse  le  Jabbra  e,  per  la  migliore,  azzittatasi 
si  abbranco  all'  appoggiatoio  e  sali ;  in  quella  che  Maria  tutta  arros- 
siva  dello  scandalo  di  tale  allercazione  ch'  ella  osservo,  sebbene  non 
arrivasse  a  capirne  il  significato. 

Per  buona  sorle  I'infermo  quella  mattina,  godendo  di  un  luminoso 
intervallo,  era  nel  suo  pieno  senno,  e  non  tanto  grave:  di  modoche 
egli  poleva,  senza  patirne  troppo ,  sostenere  un  abboccamento  con 
altri  ed  esprimere  filo  filo  i  concetti  suoi  proprii.  Quando  i  due  fore- 
stieri  gli  si  presentarono  avanti,  non  solo  li  ricevette  col  miglior  viso 
che  sapesse  mostrare  in  quella  sua  condizione ,  ma ,  sforzandosi  di 
vincere  il  tetro  umore  che  ingeneravagli  la  malattia,  fece  loro  grate 
accoglienze  e  li  tratto  con  belle  maniere  da  gentiluomo.  La  qual  cor- 
tesia  il  Romano  si  studio  di  contraccambiargli  con  pan  officiosita, 
mista  pero  di  un  certo  che  di  compassionevole,  che  gli  guadagno  I'af- 
fetto  di  Pellegrino.  Onde  fatte  quelle  prime  salutazioni,  egli  prego  il 
Serie  V,  vol.  X,  fasc.  339.  1 8  23  Aprile  1864. 


274  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

visitante  die  si  sedesse,  e  tosto  il  ghiaccio,  come  suol  dirsi,  fu  rotto, 
e  i  due  uomini  da  un  parlare  in  un  altro,  s'  ingolfarono  in  un  ragio- 
namento  che  non  parea  dovesse  conchiudersi  mollo  presto. 

Da  principio  alia  figliuola  di  Traiano  si  raggriccio  il  cuore  nel  pet- 
to ,  per  la  vista  di  quel  tapino  cosi  macilento  in  volto ,  e  con  occhi 
si  lividi  e  incavati,  e  con  guance  si  aride  e  vestite  d'una  pelle  si 
cenerognola  e  morticcia ,  die  a  lei  sembrava  un  tescbio  di  schelelro 
vivo  e  spirante.  Per  lo  che  spentasele  subitamenle  la  vampa  della 
rabbiuzza  che  le  si  era  accesa  dianzi ,  comincio  ad  abbrividire ,  si 
discolor!  tulta ,  e  corrisposto  con  un  ghignelto  a  fior  di  labbra  al 
complimento  che  il  raalato  le  fece ,  chiamandola  buona  signorina  e 
graziosa,  chino  la  faccia  e  non  si  attentava  di  riguardarlo  piu  olirc. 
E  perciocche  convenne  a  lei  pure  di  assidersi ,  ella  studiosamente 
si  colloco  di  sbiescio  dietro  il  dossale  della  sedia  di  Traiano ;  in  for- 
ma che  schermivasi  con  gli  omeri  suoi  dall'  aspetlo  di  quelle  fat- 
tezze  che  le  mettevano  raccapriccio ,  ed  eranle  una  parlante  e  spa- 
ventevole  immagine  della  morle.  In  queslo  contegno  ella  rimase 
alcuno  spazio  di  tempo ,  con  gli  occhi  quando  inchiodati  nel  suo 
manicolto  che  facevasi  rigirar  tra  le  mani ,  e  quando  fissi  nella  po- 
verella ,  la  quale  si  era  ritirata  in  un  cantuccio ,  e  d'  indi  contem- 
plava  con  infinita  pieta  le  amate  sembianze  di  Pellegrino.  Per  lal 
guisa  le  parti ,  come  a  un  volger  di  scena,  si  erano  mutate.  Che  do- 
ve Traiano  mal  suo.grado  era  stato  dalla  caparbieta  della  figliuola 
tratto  teste  a  venire  in  questa  casipola ,  e  vi  avea  posto  il  piede  con 
cruccio ;  ora,  dismessa  la  mala  contenlezza,  vi  si  tratteneva  egli  in- 
vece  con  qualche  soddisfazione ,  mentreche  la  figliuola  rodevasi  di 
secreto  rancore,  pel  tedio  ch'  ella  provava  a  dimorarvi  piu  che  un 
piccolo  momento. 

Senonche  Flaminia  poco  o  niente  assuefatta  a  rintuzzare  se  me- 
desima  ed  a  frenare  1'  impazienza ,  ardeva  gia  di  una  smania  di 
uscir  di  quivi  cosi  intollerabile,  che  la  facea  stare  di  pessima  voglia. 
Quella  cameretta,  pulila  ma  rustica,  le  rendeva  ombra  di  un  sepolcro : 
quella  seggiola,  angusta  e  duramente  intrecciata  di  paglia,  le  torna- 
va  disagiosa  quanto  un  sedile  di  bronchi :  quel  dialogo  del  padre  suo 
con  rammalato  non  le  sapeva  di  nulla :  poi  quel  tanfo  spiacevole 


RACCONTO  STORICO  DEL  18GO  E  1861  273 

dell'  ambiente  aria,  quella  squallidezza  del  letto  ,  quella  difformila 
paurosa  del  misero  che  vi  giaceva  sopra ;  ogni  cosa  insomnia  la  den- 
tro  conferiva  a  recarle  tanta  molestia,  ch'  ella  deliberava  seco  stessa 
di  riscattarsene  con  imo  di  quei  mali  termini  di  creanza ,  co'  quali 
usava  tagliare  d'  un  colpo  i  nodi  quando  non  le  sortiva  di  disgrop- 
parli.  E  gia  era  sul  punto  di  rizzarsi  e  di  andare  a  pigliare  per  le 
mani  la  giovane  a  scendere  con  lei ,  quapdo  Pellegrino ,  stretto  da 
una  inlerrogazione  del  noslro  Romano ,  prima  di  rispondergli  altro , 
si  rivolto  a  Maria ,  e  la  sollecito  che  fosse  ita  giu  per  una  faccenda 
che  trovo  pretesto  di  commetterle  a  intendimento  di  allontanarla. 
Allora  Flaminia  levatasi :  —  Se  non  vi  rincresce,  ancor  io  la  segui- 
ro  volentieri ;  diss'  ella  a  Traiano ;  mi  sento  bisogno  di  respirare  un 
po'  d'  aria  fresca :  state  che  io  fra  breve  risaliro  seco.  —  Cio  detto, 
inchino  con  gli  occhi  a  terra  l'infermo,  e  si  avvio  fuori  in  compagnia 
della  giovane ,  la  quale  non  sapeva  indovinare  il  perche  di  tanta  an- 
sieta  che  questa  donzella  forestiera  mostrava  di  intertenersi  con  lei 
da  sola  a  sola. 

XXXV 

Fino  a  quell'  istante  nel  quale  Pellegrino  giudico  bene  di  licenziar 
re  la  figliuola ,  il  tema  del  suo  colloquio  con  1'allro  era  stato  di  cose 
indifferentissime :  come  dire  ragguagli  della  infermita  sua ,  notizie 
delle  fazioni  guerresche  combattutesi  nel  Volturno ,  commenti  sulle 
perfidie  dei  traditori  del  Re ,  pronostici  intorno  all'  assedio  di  Gaeta 
e  simili  novelle  ,  che  1'  udirle  Maria  non  era  d'  inconveniente  alcu- 
no.  Ma  Traiano,  al  quale  premeva  di  passare  da  queste  generalita 
politiche  alle  parlicolarita  domestiche  del  suo  interlocutore ,  fatto 
uno  di  quei  salti  di  palo  in  frasca  che  a  lui  erano  usuali ,  avea  mes- 
so  di  netto  il  ragionamento  per  un  verso ,  che  non  poteva  procedere 
a  modo,  se  prima  non  si  fosse  discostata  la  giovane.  Onde  fu  savio 
spediente  cotesto  che  immagino  Pellegrino ,  di  inventare  di  sana 
pianta  una  scusa  che  la  facesse  rimuovere  dalla  camera ,  e  a  se  to- 
gliesse  1'  impaccio  della  sua  presenza.  Partita  ch'ella  si  fu  con  Fla- 
minia ,  e  restati  cosi  liberi  i  due  uomini  di  favellare  a  piacimento : 


276  LA  POVERELLA  DI  CASAMAR1 

—  Ora  che  siamo  a  qualtr'  occhi,  e  clie  nessuno  ci  ascolla ;  prese  a 
dire  il  malato  con  aria  di  confidenza ;  aprirovvi ,  signer  buono ,  Fa- 
nimo  mio  e  vi  contentero  di  quello  die ,  per  bonta  vostra ,  deside- 
rate sapere  da  me.  Gia  conosco  il  vostro  nobile  cuore ,  e  la  carila 
clie  vi  degnaste  fare  ben  due  volte  alia  mia  disgraziata  famiglia. 
Ah !  se  voi  siele  di  coloro  che  hanno  in  pregio  le  benedizioni  dei 
poveretti  amici  di  Crislo ,  sappiate  che  la  buona  memoria  della  Gio- 
vanna  mia,  ve  n'  ha  pregate  assai  assai ,  fino  all'  ultimo  suo  respi- 
ro :  e  cosi  Dio  1'abbia  esaudita !  e  cosi  la  esaudisca  ora  nel  paradiso ! 
Si,  lassu,  lassu;  accenno  calorosamente  in  alto  con  gli  occhi,  non  po- 
tendo  con  le  mani  che  avea  morte ;  perche  ella  e  la,  felice  e  beata :  ne 
sono  sicuro !  Che  se  non  c'  e  entrata  ella,  la  quale  non  e  vissuta  per 
altro  che  per  penare  continuamente,  io  non  so  chi  ci  abbia  ad  entra- 
re.  —  Disse ,  nascose  il  volto  nel  lenzuolo ,  mando  un  gemito  vee- 
mente  che  gli  si  sprigiono  dal  piii  inlimo  del  petto,  e  subito  rial- 
zata  la  faccia  che  gli  grondava  di  lagrime ,  guardo  Traiano  e  tace- 
va,.  come  chi  aspetta  una  parola  di  confortevole  assentimento. 

-—  Signor  Capitano  mio  ,  voi  avete  ragione  di  nutrire  queste  si 
belle  e  dolci  speranze;  soggiunse  1'altro;  vostra  moglieeraun  angelo. 

—  Vero,  vero,  un  angelo!  ripiglio  enfalicamente  Pellegrino.  Se  io 
dovessi  giurarvi  che,  da  che  ella  nacque  fino  al  giorno  ch'  ella  mori 
in  Veroli,  ha  gustata  un'  ora  sola  di  quella  che  nel  mondo  si  chiama 
felicita,  io  non  oserei  giurarvelo  in  fede  mia.  Sempre  ha  palito,  po- 
veretta ,  sempre  !  Eppure  mai  ch'io  dalla  sua  bocca  abbia  intesa  una 
parolina  di  lamento  !  Menava  una  vita  cosi  abbandonata  nelle  mani 
di  Dio,  che,  a  far  ch'  ella,  anche  in  mezzo  al  colmo  de'  suoi  dolori  e 
delle  sciagure  mie,  stesse  con  cuor  riposato,  le  bastava  levare  un'oc- 
chiata  al  cielo  o  dare  un  bacio  al  Crocifisso.  Donna  impareggiabile! 
tesoro  ch'io  non  era  degno  di  possedere!  e  percio  il  Signore  me  1'ha 
tolta.  Ma  io  la  raggiungero  presto.  Non  cosi  i  miei  due  figliuoli.  Ah ! 
essi,  orfani  derelitti ,  dovranno  forse  anco  per  un  pezzo  piangere  la 
lor  madre  e  me ,  e  piangerci  fra  le  ambasce  di  una  miseria  senza 
riparo. 

—  Quietalevi,  Capitano;  disse  1'  altro  con  una  mostra  di  pieta  che 
non  poteva  dissimulare ;  che  serve  intorbidan  i  la  mente  con  foschi 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  277 

presagi?  All'  ullimo  all'  ultimo  la  Provvidenza  c'  e  per  tutti,  e  anche 
pe'  voslri  figliuoli. 

—  Si,  c'e;  oil  non  ne  dubito  punto!  Ma  io  ho  piu  cagione  di  anti- 
veder  male  che  non  vi  crediate.  In  casa  mia,  con  la  eredita  dell'avo- 
lo,  fu  trasmessa  ta  maledizione  che  ci  ha  ridotti  al  lermine  in  cui  sia- 
mo:  e  il  cuor  mi  dice  che  sino  a  tanlo  che  uno  di  noi  sopravviva,  il 
flagello  della  celeste  ira  non  restera  di  punirlo.  Melto  fuori  di  causa 
me,  che  non  so,  per  colpa  mia  propria,  quanti  gastighi  io  meriti.  La 
moglie  e  i  figliuoli  miei  pero  erano  e  sono  innocenti ,  erano  e  souo 
timorali  di  Dio,  erano  e  sono  anime  buone.  E  impossibile  che  pel 
demeriti  loro  sia  succeduto  quel  che  e  seguito.  Si  vede  adunque  che 
sono  vittime  deputate  a  scontare  peccati  altrui ;  cioe  a  pagare  il  fio 
delle  scomuniche,  che  quell'improvvido  del  nonno  provoco  sopra  se  e 
sopra  del  sangue  suo.  Ecco  perche  io  tremo,  non  oslante  che  adori 
la  Provvidenza. 

—  Capitano  ,  date  relta  a  me ;  coteste  sono  malinconie  che  pro- 
vengono  dalla  vostra  alterazione  della  salute.  0,  che  c'  entrano  qui 
le  maledizioni  o  le  scomuniche  del  nonno  e  del  bisnonno  ?  Slarem- 
mo  freschi,  se  dovessimo  rivangare  i  merili  degli  arcavoli  nostri ,  e 
portar  noi  la  pena  dei  loro  spropositi !  Ciascuno  e  figliuolo  delle  sue 
proprie  azioni ;  e  Domeneddio,  che  egiusto,  non  puo  pretendere  che 
gli  rendiam  conto  noi  delle  capestrerie  di  chi  ci  ha  preceduti  un  ses- 
santa  o  cent'anni  prima  che  fossimo  nali.  Va!  questa  sarebbebella! 
Cerle  superstizioni  io  non  le  posse  tollerare. 

—  Signor  mio  gentile,  penso  che  parliate  cosi  o  per  celia,  o  per- 
che non  vi  sovvengono  altri  migliori  argomenti  da  consolarmi.  Or 
io  non  piglio  piacere  delle  consolazioni  di  questa  fatta.  Sono  angu- 
stiato,  sono  travagliatissimo ,  sono  oppresso  da  una  tempesta  di 
mali ,  che  molto  si  rassomigliano  a  quelli  di  Giobbe :  e  nondimeno 
io,  per  quant'oro  e  nel  mondo,  non  vorrei  che  mi  si  logliesse  dall'a- 
nimolaferma  persuasione  che  vi  ho  radicata,  che  tutto  sia  per  effetto 
di  espiare  i  falli  dei  miei  maggiori.  Forse  errero  ,  ma  egli  e  questo 
un  errore  che  mi  conforta  assai ,  e  mi  soavizza  il  patire.  Io  so  quel 
che  io  mi  dico. 


278  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

—  Quando  siacosi,miguardi  il  cielo  dalcontrariarvi!  sclamdTra- 
iano  che  si  avvedeva  di  essere  troppo  alia  leggiera  trascorso  in  i- 
sciocchezze  poco  bene  sonanti.  Tutto  e  possibile:  e  le  scomuniche  cer- 
to  sono  un  gran  malanno  per  chi  se  le  tiri  in  casa.  Eh  si,  non  c'e  die 
ridire  ! 

Pellegrino,  agitando  per  un  pezzetto  la  testa,  approve.  Ouindi  rifat- 
losi  a  lessergli  pei  soinmi  capi  la  narrazione  dei  domestici  infortunii 
che  Taveano  percosso  dall'eta  sua  giovanile  fino  al  presente,  si  studio 
di  render  persuaso  lui  pure  dell'opinion  sua  circa  i  funeslissimi  frutti 
che  recano  i  beni  di  Chiesa  mal  acquislati,  e  circa  le  calamita  che  alle 
famiglie  partoriscono  di  generazione  in  generazione  le  scomuniche 
avute  in  ispregio.  E,  valendosi  dell'esempio  vivo  di  cio  che  a  se 
ed  a' suoi  era  accaduto,  gliela  ribadi  nell' animo  con  una  gagliar- 
dezza  tanto  efficace,  che  Traiano  allibi  e  s'intese  riraescolar  lutto. 
ImperocchS  egli,  su  questo  articolo,  non  avea  tranquillissima  la  co- 
scienza,  sicconie  quegli  che  solea  burlarsi  alquanto  delle  ammoni- 
zioni  della  mogliesua  Maddalena,  quando,  riprendendolo  di  essere 
o  di  fingersi  troppo  liberale,  troppo  ligio  agli  usurpatori  degli  Stati 
del  Papa,  troppo  amico  ai  nemici  della  Santa  Sede,  gli  rammentava 
le  scomuniche  e  gli  minacciava  guai  e  si  apprensioniva  per  lui  e 
segnavasi  con  la,  croce.  Vero  e  che  egli  scusavasi  allegando  talora 
per  se,  con  un  tal  risolino  indicativo  di  dubbio,  che  esso  non  mo- 
vea  dilo  ai  danni  del  Santo  Padre ,  che  non  congiurava  per  rove- 
sciarne  il  Governo ,  che  non  erasi  aggregate  a  nessuna  setta;  e 
che  se  tutli  i  liberali  fossero  della  sua  stampa,  le  cose  non  sarebbe- 
ro  ile  cosi  a  traverso  come  andavano :  giacche  il  gran  male  ch'  egli 
faceva,  alia  fin  fine  era  di  dare  chiacchiere  molte  e  denari  pocbi,  non 
di  sparar  cannonate  o  di  occupare  province  all'  usanza  dei  Piemon- 
tesi. —  Quelli  si,  diceva  egli,  quelli  sono  scomunicati !  non  io,  po- 
veraccio,  che  bado  solo  a  menar  la  barca  per  vivere  in  pace. 

Al  che  replicava  la  donna,  che  nossignore,  quesle  ragionacce  non 
tenevano  punto  :  essersi  ella  consigliata  col  parroco,  col  viceparroco 
e  col  P.  Eusebio :  e  tutti  e  tre  averla  concordemente  ceriificata,  che 
chi,  secondo  il  teslo  del  recente  Breve  di  scomunica,  aiuta  col  con- 
siglio  o  con  la  moneta  i  frammassoni  a  eonseguire  1'  inlendimento 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  279 

loro  di  assassinare  la  Chiesa ,  incorre  nelle  censure ;  e  che  senza 
controversia  tutti  gli  aderenli,  i  cagnotti,  i  seguacie  i  tribularii  del 
Comitalo  piemontese  di  Roma  ne  erano  colpili ,  perche  fautori  ope- 
rosi  del  ladroni  del  Papa ,  e  congiurati  ancor  essi  a  soppiantarne  i 
sacrosanti  diritti.  E  Traiano ,  a  questi  risciacqui ,  tacere ,  scrollarsi 
e  mormorare  tra  se :  —  Ben  bene,  questi  son  conti  da  rivedersi  poi 
per  Pasqua. 

Adunqueegli,  per  discacciare  da  se  i  molesti  pensieri  e  attutire  i 
rimorsi  che  gli  si  risvegliavano  dentro :  —  Voi,  Capitano  mio,  la 
ragionate  da  cristianone !  da  uomo  di  fede  antica !  Y  inierruppe  rad- 
drizzantlosi  in  piedi  e  quasi  in  attitudine  di  licenziarsi.  Non  vi  po- 
trei  esprimere  con  la  lingua  Y  edificazione  che  piglio  da  questi  vo- 
stri  bellissimi,  anzi  divini  sentimenti.  Beato  voi!  Ora  perche  nonvi 
stanchiate  piu  innanzi  a  discorrere,  e  perche  io  devo  pure  tornar- 
raene,  veniamo  anoi.  Io  non  sono  ricco,  ne  ho  roba  da  buttar  via: 
ma  un  tetto  e  un  pane  da  offerire  alia  vostra  ragazza,  sinche  Iddio 
disponga  di  lei  in  qualche  altro  modo,  a  me  non  manca.  Di  piu  ho 
una  moglie  la  quale,  non  fo  per  dire,  e  donna  di  gran  giudizio  e  di 
anima,  e  due  figliuole  che  le  terfanno  ottima  compagnia  come  so- 
relle;  massime  questa  che  ho  condotta  meco:  essa  ha  un  cuore,  un 
cuore  che  ehm !  e  tutta  suo  padre.  E  pero,  senza  tante  cerimonie, 
volete  accettare  questa  profferta  che  io  vi  fo  schietla  schietta,  e  pro- 
prio  alia  romana? 

II  malato  a  cosi  nuova  interrogazione  si  scosse,  erse  il  capo,  ri- 
spiano  la  fronte,  avvivo.le  incadaverite  sembianze;  e guardato  Tra- 
iano con  occhi  prima  sfavillanti  di  un  lieto  raggio  d'amore  e  poi 
molli  di  calde  lagrime  :  —  Signer  mio !  signor  mio  buono !  comin- 
cio  esclamare  con  rantolosa  voce  spezzata  da  singulti ;  e  voi  parlate 
da  serio  ? 

—  0  capperi !  se  parlo  da  serio  ? 

—  Dio !  quanto  mi  duole  di  aver  perdute  le  braccia !  Vorrei  ora 
gittarvele  al  collo  e  stringervi  al  petto  mio,  e  in  questo  amplesso 
far  passare  il  cuor  mio  palerno  nel  vostro !  Ah  anima  generosa,  si, 
deh  salvatemi  voi  questo  fiore  diletto,  quest' unica  pupilla  degli  oc- 
chi miei!  Levatemela  voi  di  mezzo  a  una  slrada,  dov'  io  la  lascero 


280  1A  POVERELLA  DI  CASAMAR1 

morendo.  Ella  sar£  una  serva  delle  vostre  figliuole,  fatichera,  sude- 
ra  per  guadagnarsi  la  vita.  Ma  resti  al  sicuro,  e  trovi  in  voi  e  nella 
consorte  yostra  uno  scudo,  una  difesa,  una  protezione,  una  guardia, 
un  padre,  una  madre. 

— .  Ve  lo  prometto,  Capitano ;  Ye  lo  giuro  su  questo  mio  cuore  di 
padre.  Se  V  offerta  mia  vi  va  a  genio,  la  Flora  vostra  stara  in  casa 
meco  ne  piu  ne  meno  che  da  figliuola. 

Ouesta  proposizione  era  tanto  bella ,  era  tanto  opportuna,  ma  era 
insieme  tanto  inaspeUatissima ,  che ,  fatto  quel  primo  sfogamento  di 
supplica  e  di  desiderio  piuttostoche  di  espressa  gratitudine,  il  malato 
prese  volto  e  parole  di  dubitante.  Ma  poi  dissipalagli  ogni  dubbiezza 
dalle  proteste  Tranche  e  reiterate  dell'  allro :  —  Benedetto  voi,  e  be- 
nedetto  il  raomento  che  Dio  vi  ha  ispirato  di  farmi  quesla  visita  nri- 
sericordiosa !  rispose  Pellegrino  affannatissimo  per  la  commozkme. 
Caro  signor  mio,  o  meglio  ( permettetemi  di  cosi  chiamarvi )  amico 
mio ,  sedetevi ;  riparliamo  un  poco  tra  noi :  mi  bisogna  confidarvi 
alcuni  secreli,  dei  quali,  sono  certissimo,  voi  non  abuserete  giammai. 

—  Che?  io  anzi  tutto  sono  un  galantuomo ,  e  il  Signore  lo  temo 
ancor  io ;  disse  Traiano  risedendo  e  tergendosi  con  la  manopola  del 
cappotto  le  palpebre  che  gli  si  erano  inumidite. 

-  Ecco  qua.  La  buona  memoria  della  Giovanna  mia,  quella  sera 
che  la  onoraste  in  Veroli  di  una  visita ,    informovvi  ella  dei  disegni 
nostri  sopra  la  figliuola  e  il  giovane  Olello  di  Bardo  a  voi  noto? 

—  Capii  tulto  a  mezz'  aria. 

-  Lodato  Dio  !  Sappiate  pertanto  che  e  mia  ferma  e  immutabile 
volonla,  che  la  figliuola  mia  si  unisca  secondo  il  desiderio  suo  a  quel 
povero  orfano ,  e  che  non  venga  mai  costretta  comechessia  a  cam- 
biare  partito,  fosse  pure  quello  di  un  principe  o  di  un  millionario. 
Posso  morire  accertato  che  voi  osserverete  questo  mio  testamento,  e 
che  quando  il  giovane,  uscito  di  tutela,  si  presenter^  a  voi  per  aver 
la  mano  di  Flora,  voi  gliela  concederete  con  inviolabile  fedelta? 

-  Restatene  certo,  com'  e  certo  che  io  ho  1'  anima  e  T  onore. 

-  Voi  lo  vedele ,  benefattore  mio ;  io  fo  con  voi  a  sicurta  piena : 
mi  assegno  in  voi  a  chius'  occhi ;  e  nel  darvi  in  mano  questa  crea- 
tura,  che  io  amo  piu  di  me  stesso,  non  vi  chieggo  altra  guarentigia 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  281 

che  la  voslra  coscienza  e  la  carita  vostra.  Sono  agli  estremi :  la  mor- 
te  puo  cogliermi  da  un  istante  all'  altro :  io  afferro  quest'  occasione 
portami  delta  bonla  vostra,  come  un'  ancora  che  Dio  mi  manda  nel 
naufragio  finale  di  lutta  la  sventurata  mia  famiglia ,  per  salute  di 
questa  fanciulla  unica  delizia,  unica  gioia,  unico  amor  mio.  Oh,  voi 
siete  uomo,  siete  cristiano  e  siete  padre!  voi  percio  intendete  di 
quanto  prezzo  sia  il  pegno  irieslimabile  che  io  ciecamente  vi  abban- 
dono  in  custodia. 

A  Traiano  pel  sobbollimento  degli  affetti  che  quesla  eloquenza  a- 
mantissima  gli  eccitava,  i  lagrimoni  filavan  giu  per  le  gote  grossi  e 
limpidi  come  grani  d'  uva  paradisa ,  e  a  quando  a  quando  ripeteva 
con  iscoppii  di  singhiozzi  e  le  due  mani  incrociate  sul  petto :  —  La- 
sciate  fare  a  me  ,  Capitano;  (idatevi  di  me;  non  dubitate!  e  T  inte- 
nerimento  gl'  impediva  di  esporre  con  piu  parole  i  sensi  pietosi  che 
dentro  gli  ridondavano. 

Quest'  inlima  conferenza  fu  seguilata  sino  all'ora  del  mezzodi:  e 
vi  si  tratto  dell'altro  figliuolo  per  nome  Felice,  che  Pellegrino  aveva 
altualmente  in  Gaeta  col  grado  di  sottufficiale  nell'  ottavo  battaglio- 
ne  dei  Cacciatori,  e  Traiano  si  obbligo  di  far  pratiche  acciocche,  nel 
caso  che  la  regia  fortezza  o  si  rendesse  o  fosse  espugnata ,  egli  ot- 
tenesse  un  posto  nell' esercito  pontificio.  Poi  1'infermo  gli  tocco  un 
cenno  della  cugina,  nella  quale  erano  piu  che  mai  rivolte  le  sue  spe- 
ranze;  ma  con  la  quale  non  gli  era  venuto  fatto  di  intavolare  nes- 
sun  accordo  a  pro  della  figliuola ,  per  cagione  delle  sopraggiunte 
disgrazie  che  ne  Io  aveano  distolto  ;  si  che  ella  era  partita  da  Roma 
ignara  di  tutte  le  novelle  sue  traversie.  Traiano  prese  nota  de'suoi 
ricapiti,  e  si  assunse  di  scriverle  con  agio  e  ragguagliarla  d'ogni 
particolare. 

Su  questi  conferimenli  si  udi  dalla  prossima  Badia  il  rintocco  del 
mezzogiorno.  Pellegrino  tronco  il  parlare  e  recilo  le  avemarie,  con  un 
si  divoto  componimento  del  viso,  che  1' altro  non  pote  a  meno  di  fare 
il  medesimo  ginocchione.  Rittosi  poscia,  die  di  piglio  al  cappello  che 
avea  posato  su  uno  sti petto  ,  si  raccosto  al  Capitano  e  picchiandogli 
lievemente  in  una  spalla  :  —  Amico  ,  s'  e  fatto  tardi ,  e  io  vorrei  es- 
sere  in  Veroli  prima  delle  due ;  gli  disse  con  affabilita  quasi  compa- 


282  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

gnevole ;  noi  ci  rivedremo  prima  di  Domenica ;  tornero  senza  meno. 
Allora  annoderemo  il  negozio.  Per  adesso  v'  occorre  niente  ? 

—  Nient'  altro  eke  la  vostra  protezione  e  misericordia  per  me  e 
per  la  Flora  mia.  Dio  poi  vi  faccia  piovere  in  casa  centomila  bene- 
dizioni ! 

—  Grazie,  grazie,  Capitano  mio  buono. 

Dicendo  questo,  gia  si  appressava  all'  uscio  per  dare  una  voce  alia 
Flaminia,  che  fosse  salita  ad  accomiatarsi  dal  povero  infermo,  come 
da  basso  improvvisamente  s'udirono  slrida,  pianti  e  lamentazioni 
sgomentosissime :  —  Oh  che  e?  che  e?  si  dimandarono  1'  un  1' altro 
in  una  subita  sospensione  di  spirili.  Pellegrimo  si  sbianco  e  comincio 
a  smaniare  con  tremiti.  II  Romano  impallidi  ancor  egli,  esito  alquan- 
to  tra  1'uscio  e  il  lelto  e,  perciocche  il  piagnisteo  ringagliardiva  dis- 
peralamente,  presa  in  fine  la  scala  si  precipito  giu  come  uno  ester- 
refatto. 

XXXVI. 

Dietro  la  stanza  di  Pellegiino  era  un  portico  o  rimessa  con  quattro 
archi  aperti  voltali  a  libeccio ,  e  di  dentro  la  cucina  vi  si  corrispon- 
deva  per  un  cupo  androncello,  il  quale  spartiva  il  ga'linaio  dalla  stal- 
la  de'buoi.  Due  di  qua  due  di  la,  rimpetlo  ai  pilastri  di  quella  rimes- 
sa, ergevansi  quattro  annosi  alberi  di  noce,  coi  rami  secchi,  per  la 
invernale  stagione  che  allora  correva,  e  cospersi  di  fredda  brina. 
Ma  nel  fondo,  dove  il  muro  faceva  canto  con  la  legnaia,  un  arbuslo 
\erdissimo  di  gaggia  spandeasi  come  a  ventaglio  dinanzi  lainferria- 
ta  di  una  fineslra,  e  v'intrometteva  le  cime  di  alcuni  ramoscelli  ca- 
richi  de'lor  fiori  gialli  a  pallottola  pelosa,  i  quali  tremolavano  fra  le 
lenere  foglie  e  giltavano  li  allorno  una  fragranza  delicalissiraa.  Que- 
st'olezzo  cosi  ternperatamente  soave,  che  1'asolare  del  vento  spingeva 
per  1'  angusto  andito  e  diffondeva  in  tutto  il  piano  terreno,  trasse  la 
Flaminia  a  inviarsi  insieme  con  la  giovane  verso  il  detlo  portico ;  e 
d'  indi  sotto  la  verdeggiante  finestra  ,  a  spiccarvi  di  que'  liorellini  ii 
cui  odore  garbavale  oltremodo.  Formato  che  n'  ebbe  un  mazzolino,  c 
fiulatolo  e  vagheggiatolo  e  soddisfattasene,  lo  ripose  nel  manicotto,  e 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  283 

invito  la  sua  compagna  che  si  assidesse  cola  fra  quegli  arnesi  rural! 
di  cui  il  portico  era  ingombrp,  e  favellasse  un  po'all'amichevole  se- 
co,  mentre  i  due  padri  fra  loro  colloquiavano  lassu  dimesticamenle. 
L'altra,  per  un  certo  rispetto  di  convenienza,  mostro  di  contentarse- 
ne.  Onde  subito,  con  demissione  da  inferiore,  graziosamente  la  prego 
di  un  attimo  d'indugio,  ch'ella  sarebbe  ila  in  cucina  a  prendere  una 
seggiola  per  lei  —  Ohibo,  che  seggiola?  disse  Flaminia;  queslo 
graticcio  mi  terra  luogo  di  canape  comodissimo.  Che!  non  siamo 
noi  in  campagna? 

Sedutesi  ambedue  i'  una  accosto  deli'  altra,  per  alcuno  inlervallo 
tacquero  come  se  un  occulto  riguardo  di  mutua  suggezione  le  rite- 
nesse  dal  rappiccar  tosto  il  discorso,  e  niuna  si  ardisse  di  essere  la 
prima  a  ravviarlo.  La  poverella  Maria  tutta  ritirata  in  se  stessa  ave- 
va  la  mano  manca  sopra  la  stiva  di  un  aratro,  che  le  sporgea  vicino, 
e  la  premeva  quasi  senza  badarvi;  accompagnando  involontariamente 
con  1'  occhio  il  moto  del  vomere,  che  a  quelle  scosserelle  si  agitava. 
Flaminia  invece  si  pose  a  rimirare  i  polloncelli  della  gaggia,  ma  di- 
strattamente  e  in  aria  cogitaliva  a  mo'  di  chi  tituba  e  pesca  parole. 
—  Adunque  cosi  e;  prese  da  ultimo  a  dirle  exabrupto,  concludendo 
con  le  labbra  un  ragionamenlo  che  dovea  aver  tra  se  ruminato  col 
pensiero ;  voi,  cara  mia,  mi  fate  una  compassione  cosi  profonda,  che 
io  non  ho  mai  provata  1'  eguale.  Quello  che  io  sento  non  lo  so  espri- 
mere;  ma  e  un  certo  tale  bisogno  di  stare  eon  voi,  e  di  dirvi  che  io  vi 
compiango,  e  di  testimoniarvi  grande  grandissima  affezione,  che  non 
c'  e  cosa  che  io  potessi  fare  per  voi ,  e  non  la  facessi  a  qualunque 
costo. 

—  Vi  sono  molto  obbligata,  signorina  mia  bella,  di  tanta  amore- 
volezza  vostra  per  me;  rispose  T  altra  arrossendo.  Io  non  merito 
questa  bonta. 

—  Non  si  tratta  di  questo.  Voi  siete  infelice,  sommamenle  infeli- 
€e;  e  come  tale  che  non  meritale  voi? 

Maria  non  fiato,  ma  bassato  il  viso  che  tutto  le  porporeggiava , 
ritrasse  la  mano  dalla  stiva  e  pianto  gli  occhi  in  terra.  —  Non  e 
egli  vero  che  voi,  povera  Fioretta,  siete  infelice?  insisle  1'  altra  fi- 
sandola  pietosamente. 


284  LA  POYERELLA  DI  CASAMARI 

Quella  neppur  ziliiva,  e  in  cambio  di  rispondere  levo  un'occhiata 
rapidissima  in  faccia  alia  sua  interlocutrice,  la  quale  non  compren- 
dendo  il  signiflcato  di  quello  sguardo  larapante :  —  Perche  mi  guar- 
date?  la  inlerrogo  pigliandole  carezzevolmente  la  destra;  che  e  co- 
testo  che  siete  divenuta  rossa  ?  Forse  che  la  mia  dimanda  e  indiscre- 
ta?  In  ogni  caso  perdonatela  al  cuore  mio :  esso  me  1'  ha  slrappata 
di  bocca.  Ma  posto  che  non  vi  sia  grave,  desidererei  proprio  che  mi 
diceste  voi,  se  vi  par  d'  essere  infelice.  A  me  parete  tanto,  tanto ! 

—  Tribolata  si ,  infelice  no ;  soggiunse  Y  altra. 

—  Come !  non  vi  tenete  infelice?  Incalzo  Flaminia  attondando  gli 
occhi  per  lo  stupore ;  quanto  mi  fate  meravigliare !  Ma  se  voi  non 
siete  la  piu  sfortunata  crealura  che  si  trovi  sotto  le  stelle,  io  non 
saprei  figurarmi  quale  altra  possa  essere.  Voi  di  ricca  e  nobile  sie- 
te declinata  a  una  poverta  di  mendica ;  voi  profuga  dalla  patria ; 
voi  un  fratellino  ucciso  e  un  altro  assediato  in  Gaeta ;  voi  orfana  della 
madre  e  fra  poco  forse  anco  del  padre  ;  voi  abbandonata  da  lutti , 
senza  un  appoggio,  senza  un  ricovero,  senza  un'anima  che  si  pigli 
cura  di  voi.  E  con  questo  non  vi'credete  essere  infelicissima? 

—  No ;  replico  posatamente  la  giovane ;  io  non  sono  ne  mi  credo 
infelice. 

—  Doh,  voi  mi  fate  sbalordire!  io  non  capisco  piu  niente ! 

—  Dirovvi.  Mia  madre  mi  ha  insegnato  sempre,  che  infelice  e 
non  chi  ha  travagli  e  dolori ,  ma  chi  vive  in  disgrazia  di  Dio. 

—  Oh,  oh!  gia  voi Napoletani  siete  impastati  diuna  certa  vcstra 
religione ,  che  non  si  sa  di  che  sorta  sia.  S'  intende :  io  parlo  dal 
tetlo  in  giu.  Voleva  ben  dir  io  che  e'  c'era  qualche  equivoco  solto  ! 

-  Scusate,  signorina ;  ma  voi  avete  il  torto  a  pensare  che  nel  re- 
gno  di  Napoli  si  abbia  una  religione  diversa.  Noi  siamo  crisliani  e 
cattolici  come  siete  voi  in  Roma ,  e  professiamo  lo  stesso  Vangelo  e 
impariamo  lo  stesso  catechismo. 

-  Via,  mi  sono  male  spiegata ;  si  corresse  qui  la  Flaminia  con 
un  sentore  di  sdegnuzzo ;  basti  che  ora  ci  siamo  intese.  In  somma 
dalla  disgrazia  di  Dio  in  fuori ,  voi  vi  accorgete  di  essere  come  un 
bersaglio  della  sinistra  fortuna  che  vi  affligge  e  vi  toglie  ogni  bene ; 
non  e  cosi? 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  285 

Ella  si  strinse  nelle  spalle  e  non  fece  sillaba.  Di  che  la  Flaminia 
lutta  ammirata  si  rimise  in  tacere ,  e  cavato  ii  mazzolino  delle  gag- 
gie  lo  odorava  pur  guardando  tra  orgogliosa  e  compassionevole  quella 
povera  fanciulla ,  che  sembrava  alcun  che  ritrosa  alle  sue  amorevo- 
lezze  tanto  sincere,  tanto  cordiali.  Ed  era  verissimo.  Civilla  e  carita 
vietavano  a  Maria  lo  scoprire  di  proposito  deliberato  nessun  indizio, 
benche  minimo ,  della  noia  che  sperimentava  in  se  medesima  della 
vista  e  del  tratto  di  questa  giovane  foresliera.  Ma  che  servivale  dis- 
simularla?  Questa  noia  le  traspariva  mal  suo  grado  negli  occhi,  nei 
gesti ,  nel  contegno,  in  tutto  il  suo  di  fuori.  Mercecche  1'aspetto  di 
Flaminia,  il  porgersi,  il  dire,  e  il  tono  stesso  della  vo.ce  di  lei,  sino 
dal  primo  incontro  aveano  ingerilole  un  tal  nauseante  disgusto  della 
sua  persona ,  ch'  essa  le  riusci  intollerabile  affatto :  ne  per  quanto 
si  sforzasse  di  soggiogare  quello  spontaneo  movimento  di  contragge- 
nio,  pote  fare  che  non  lo  sentisse  vivo  e  costantemente  ribelle  a  qua- 
lunque  si  fosse  imperio  della  volonta.  Da  che  avesse  origine  questa 
naturale  avversione,  sarebbe  arduo  investigarlo.  Le  leggi  che  si  chia- 
manodi  simpatia  e  di  antipatia  sono  cosi  recondite  ed  arcane,  che 
sfuggono  alle  cerviere  pupille  de'  piu  sagaci  notomisti  del  cuore  uma- 
no :  tanto  che  v'  ha  chi,  sconfidato  di  rinvenirle  nelle  disposizioni 
dell'  animo,  se  le  finge  in  un  cotal  fluido  magnetico  misteriosissimo 
non  meno  nell'essere  che  nell'operare.  Forse  potrebbe  congettu- 
rars«  che  cotesta  ripugnanza  in  parte  nascesse  dal  ricordarsi  ella 
D  ^e  il  poco  buon  garbo  usatole  dalla  Flaminia,  quando  le  spedi 

losina  dei  cinque  scudi ;  ovvero  dalla  disamenita  de'  suoi 
ilia  sua  loquacita ,  dal  suo  portamento  alleroso ,  dalla  sua 
Sv,  vole  testardaggine  in  allercare  col  padre;  e  via  via.  Ma 
qual  che  ne  fosse  la  ragione  intima ,  il  caso  e  che  Maria  non  legava 
con  1'  altra ,  e  che  la  sua  presenza  erale  d'  incompor labile  rincre- 
scimento. 

Flaminia  air  opposto  ,  per  uno  di  que'  bizzarri  contrasti  che  dir 
sogliamo  scherzi  della  natura,  non  prima  ebbe  veduta  lei  e  uditala, 
che  da  un  irresistibile  impeto  del  cuore  fu  spinta  ad  amarla.  Ella 
non  sapeva  ne  ii  come  ne  il  perche:  ma  al  cospetto  di  questa  misera 
fanciulla,  che  innanzi  di  conoscerla  volentieri  avrebbe  umiliata  per 


286  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

prendersi  a  spese  sue  un'  aura  di  vanita,  ella  si  cambio  in  un'  altra; 
e  non  pure  disraise  ogni  iattanza,  e  senti  raorirsi  qualunque  voglia  di 
abbassarla ,  ma  le  si  fe  dolce  e  trattabile  a  paro  di  un'  agnelletta. 
Non  ci  era  fumo  di  albagia  o  resticciuolo  di  superbia  che  le  reggesse 
piu  nell'animo,  appena  volgeva  un  occhio  a  Maria.  Anzi,  tanla  era  la 
virtu  prestigiatrice  di  questa  tapinella,  che  svegliarle  un  vivo  attrai- 
mento  per  se,  e  invaghirla  della  sua  amista  e  compagnia  fu  una  sola 
cosa.  E  per  questo  Flaminia  non  ebbe  requie,  sino  a  che  non  la  tiro 
in  disparte ,  e  non  fu  libera  di  sfogarle  quel  certo  che  di  passionalo 
che  le  bolliva  dentro,  e  che  si  risolveva  in  una  accesissima  brama 
di  farsela  arnica  e  di  guadagnarne  la  confidenza. 

Ne  le  dimande,  con  le  quali  incomincio  a  manifestarle  questa  sua 
amorosila,  erano  senza  scopo.  Pian  piano,  e  quasi  per  tentarne  la 
mente,  ella  studiavasi  di  dare  un  tal  giro  al  discorso,  che  cadesse 
come  da  se  in  un  invito  a  venire  in  Roma,  a  stabilirsi  in  casa  sua  e 
a  convivere  con  lei,  che  le  sarebbe  stata  in  luogo  di  tenerissima  so- 
rella.  Quindi  avvislasi  che  la  corda  della  infelicila  di  Maria  non  ri- 
spondeva  bene  all'  intento  suo,  lascio  di  loccarla ;  e  ne  cerco  un'allra 
che  tornasse  meglio  in  acconcio  del  suo  disegno.  Se  non  che  sul  bello 
delle  sue  indagini,  ambedue  rimasero  atlerrile  dagli  strilli  e  da'  pian- 
ti  che  si  alzavano  di  la  dall'andito.  Perche  levatesi  ambedue  corsero 
sgominate  alia  volta  della  cucina. 

XXXVII. 

Mentovammo  gia  a  luogo  suo  i  rumori  che  la  mattina  di  quel 
giorno  dei  venlidue  Gennaio  si  erano  divulgati  nelle  circostanze  di 
Casamari;  che  cioe  i  Piemontesi,  posli  sotto  il  governo  del  generale 
di  Sonnaz,  marciassero  a  gran  cammino  dalla  cilia  di  Sora  e  dal 
borgo  dell'  Isola,  per  sorprendere  i  Regii  acquarlierati  nella  Badia. 
Queste  novelle  dubbiose,  ma  niente  improbabili,  si  sparsero  in  un 
baleno  da  un  casolare  ad  un  altro :  e,  come  suol  intervenire  delle 
voci  popolaresche  le  quali  crescono  in  dismisura  a  mano  a  mano  che 
si  allargano ,  ogni  momento  d'  ora  ingrossavano  per  forma,  che  sul 
mezzogiorno  tutti  i  conladini  del  vicinato ,  non  che  tenere  per  pros- 


RACCONTO  STORICO  BEL  1860  E  1861  287 

simo  1'  arrive  di  quelle  temulissime  soldatesche ,  ina  con  la  fantasia 
ne  udivano  lo  strepito  del  tamburi  e  delle  trombe ,  e  dalla  lunga 
scorgevano  i  pennacchietti  del  Bersaglieri,  e  per  poco  non  si  seutia- 
no  stordire  dal  rimbombo  delle  artiglierie.  Di  che  lo  sgomento  era 
universale,  e  lutti  stavano  all'  erta,  quali  per  fuggire  e  quali  per  as- 
serragliarsi  nelle  stalle  o  nascondersi  dentro  i  fienili  e  i  riposligli 
delle  grotte. 

Yito,  che  cosi  nominavasi  il  capo  della  casa  ov'era  ospilato  Pelle- 
grino,  tor  no  dal  campo  in  quell' ora  con  la  testa  piena  di  si  fatte  no- 
tizie  paurosissime :  e  in  un  subito,  riferendole  ed  esagerandole,  eb- 
be  invasato  la  moglie  e  le  figliuole  di  tanto  terrore,  che  queste  ur- 
lando  e  scarmigliandosi  proruppero  nel  piagnisteo  lamentevole ,  il 
quale  fe  gelare  il  sangue  ai  due  uominl  che  conferivano  sopra  nella 
stanzetta,  e  alle  due  giovani  appartate  di  dietro  nella  rimessa. 

Quando  Traiano,  bianco  in  faccia  come  un  panno  lavato,  dal  mez- 
zo della  scala  vide  la  massaia  in  ginocchio  battersi  la  fronte  e  pro- 
tender  le  mani  supplichevoli  ad  una  sacra  immagine  pendente  dalla 
parele ,  e  appresso  lei  le  due  fanciulle  che  si  dislrecciavan  la  chio- 
ma  e  stride  vano  smaniosamenle,  si  fermo  quasi  col  to  da  un  fulmine 
e :  —  Che  c'  e?  o  Dio,  che  avete?  chiedeva  con  gli  spiriti  ristretti  e 
incerto  se  dovesse  finir  di  scendere;  ma  che  e  questo? 

-  Ah,  signore,  i  Piemontesi  sorio  nella  Badia!  grido  la  donna 
singhiozzosamente;  prima  di  sera  Dio  sa  che  sterminio  avranno  fatto 
di  noi!  Ci  avranno  scannate  tutte.  0  Vergine  Santissima!  salvatemi 
voi  queste  mie  ragazze :  ah  poverette  noi !  Gesu  Cristo  benedetto , 
libera  nos  Domine  dai  nemici  voslri !  —  E  qui  nuovi  scoppii  di 
pianto  e  doglianze  acutissime,  alle  quali  facevan  coro  i  lai  delle  due 
forosette  che  basivano  di  femminile  sbigottimento. 

-  I  Piemontesi !  in  Casamari !  ma  voi  sognate;  brontolava  Traia- 
no sforzandosi  di  fare  V  incredulo  e  il  disprezzatore  coraggioso  di 
quello  spauracchio. 

-  Sogniamo  ?  salto  fuori  a  rispondere  Vito  che  stava  ammuc- 
chiiindo  tronconi  di  albero  per  isbarrar  Tuscio;  i  Piemontesi  halli 
veduli  il  garzone  del  compare  mio  distendersi  per  la  china  della  Ma- 
donna del  Reggimento ;  e  sovvi  dir  io  che  e'  vogliono  abbruciar  il  mo- 


288  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

nastero,  sgozzare  i  frati  e  fucilare  tutti  i  cristiani  die  inconlreranno  si- 
HO  a  Veroli.  Ma  io  il  sangue  mio  e  delle  raie  ragazze  lo  vendero  caro ! 
In  questa  sopravvennero  dal  portico  nella  cucina  le  due  giovani. 
Maria,  intesa  appena  la  spaventevole  novita ,  compresse  uno  strillo 
d'  orrore  che  le  scappo  inavvertitamente,  e  messasi  per  la  scalelta 
Yolo  al  capezzale  di  Pellegrino.  Flaminia  impallidi  ancor  cssa,  e, 
immobile  tra  un'imposta  della  porticella  e  un  cassone  a  panca,  gua- 
tava  con  occhio  trepido  il  padre  che  riguardava  lei  come  uno  imba- 
lordito.  —  Noi,  che  facciamo  noi?  gli  dimando  ella  poscia  con  una 
vociolina  esile  e  tremolante. 

—  Lo  chiedi  a  me?  ah  trisla  cocci uta  !  ecco  il  frutto  delle  tue 
caparbieta !  Se  non  era  la  tua  caponaggine,  noi  ora  saremmo  in  Ve- 
roli. 

—  Bene,  mi  piace !  lo  rimbecco  con  una  smusalura  da  imperma- 
lita;  tulto  il  male  gia  sempre  ho  da  farlo  io.  Se  il  cielo  cascasse, 
mia  sarebbe  la  colpa.  Dunque  restiamo  anche  noi  con  quesli  conta- 
dini,  ed  aspetliamo  che  i  Piemontesi  vengano  e  ci  trucidino  con  le 
baionette. 

—  Che  baionette!  che  trucidare !  I  Piemontesi,  corpo  di  un  can- 
none,  sono  soldati  onoratissimi ;  leoni  nei  campi  di  battaglia,  ma  fio- 
re  di  galantuomini  verso  la  gente  pacifica.  Non  torcerebbero  un'  ala 
a  una  mosca ! 

—  Si  eh?  si  eh?  gli  die  sulla  voce  la  massaia  un  po'  piagnente 
e  un  po'  scandolezzata ;  non  torcerebbero  un'  ala  a  una  mosca  ?  Belli 
i  miei  galantuomini  che  ammazzano,  rubano,  scannano,  incendiano 
e  fanno  piu  strage  di  persone  innocenti  essi  in  un'  ora ,  che  non  ne 
farebbe  in  un  mese  1'  esercito  di  Satanasso ! 

-  Cotes te  sono  calunnie  belle  e  buone. 

—  Perdonate;  ma  voi  non  li  conoscete;  ripiglio  il  villano;  noi  ve- 
diamo  e  sentiamo  tuttodi  gli  Abruzzesi  che  a  turbe  calano  dalle  mon- 
tagne,  e  si  ricoverano  in  questi  sili  per  fuggire  dai  Piemontesi :  e  ci 
narrano  cose  che  fanno  riprezzo.  Da  dieci  in  su  sono  i  villaggi  ri- 
dotli  in  cenere:  tutte  le  chiese  profanate,  che  manco  i  Turchi  non  le 
contaminerebbero  in  quel  modo:  quanti  montanari  afferrano,  tanti  ne 
moschettano.  Le  capanne,  i  granai,  le  masserie,  i  fienili  tutto  messo 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  289 

a  sa^co  e  a  fiamme.  E  un  finirnondo !  lo  ho  parlato  con  un  pover'  uo- 
mo  a  cui  hanno  squartata  la  moglie,  e  ucciso  il  fratello  prete  mentre 
dava  1'assoluzione  a  un  vecchio  ferilo.  E  il  resto  che  fanno  que'  dia- 
voli  scatenati,  non  ve  lo  dico  perche  il  lotto  e  basso^e  voi  mi  capite. 

—  Pur  troppo  grandi  nefandita  si  commettono ;  lo  so  aricor  io ! 
soggiunse  Traiano;  ma  non  dai  Piemontesi. 

-  E  da  chi  dunque  ? 

—  Dalla  marmaglia  che  si  e  mescolala  con  loro,  e  che  vitupera  il 
loro  nome  e  la  loro  bandiera.  Credete  a  me,  il  vero  soldato  sardo  e 
bravo,  e  onesto,  e  cristiano. 

—  Se  i  Piemontesi  sono  1  cristiani  che  pretendele  voi ,  e  perche 
allora  tengono  con  se  tulto  questo  lezzo  di  sporchi  e  ladri  sgherracci? 

-  Per  necessita  di  politica.  Che  volete?  nessuno  e  padrone  in 
questo  mondo  di  fare  cio  che  andrebbe  falto. 

II  valentuomo  aveva  un  bel  dir  egli.  Intanto  che  scaldavasi  a  la- 
rare  le  amplificazioni  di  quei  rozzi  ingegni,  a  lui  pero  rion  baslava  il 
cuore  di  fare  pur  capolino  dall'  uscio  o  dalla  fmestra ,  e  mendicava 
mille  scuse  per  differire  la  sua  tornata  in  Veroli,  e  prender  lingua  in- 
nanzi  di  avventurarsi  al  passo  di  Gasamari.  Al  termine  di  un'  ora  e 
mezzo  si  fu  in  chiaro,  che  i  Piemontesi  non  erano  apparsi ,  e  che  le 
milizie  spuntate  dall'  allura  del  colle  intorno  la  chiesolina,  delta  la 
Madonna  del  Reggimento,  erano  quelle  dei  Napoletani  che,  apparec- 
chiandosi  a  disalloggiare  dalla  Badia,  spiavano  il  paese.  Quest'  an- 
nunzio  rassereno  alquanto  Traiano.  Fu  losto  sopra  apigliare  comiato 
daU'infermo,  il  quale,  per  la  distretla  angosciosa,  si  dibalteva  in  un 
parosismo  di  convulsione,  ed  era  quasi  privo  di  senlimenlo;  e  rimon- 
tato  in  calesse  con  la  figliuola,  si  rimise  in  istrada.  II  viaggio  riusci 
prospero.  Ma  sull'  imboccare  la  porta  della  citla  egli  fu  scosso  da  un 
cupo  e  lontano  fragore ,  che  somigliava  al  rimbombar  del  cannone. 
Si  fermo:  stette  in  orecchi.  Ghe  dubitarne?  II  cannone  rintronava 
dalla  banda  di  Casamari. 


Serie  V,  vol.  X,  fasc.  339.     -  19  26  Aprile  1864. 


I  LIBERALI 

E   LA   LORO   TOLLERANZA 


Se  deirinlrinsichezza,  della  fratellanza,  e  quasi  non  dicemmo  della 
medesimezza  che  passa  tra  il  diavolo  e  i  liberal!  non  ci  fosse  altro  ar- 
gomento,  che  questo  palpabile  ed  evidente  della  pretensione  comune, 
che  1'uno  e  gli  altri  si  arrogano,  di  voler  per  s6  e  per  i  loro  principii 
quell'  inviolability,  quel  rispetto ,  quel  culto  che  poi  negano  a  Dio 
stesso  e  al  suo  Cristo;  questo  solo  argomento  dovrebbe,  pare  a  noi, 
colpire  colla  sua  luce  gli  occhi  ancor  piii  accecati  dal  fumo,  onde  le 
teorie  liberalesche  hanno  ingombrala  oramai  tutta Talmosfera,  che 
anche,  pur  troppo,  molli  non  liberali  respirano.  Tra  i  quali  parecchi, 
a  forza  di  sentir  dire  in  ogni  lingua  ed  in  ogni  metro  che  i  liberali 
vogliorio  la  liberta  di  coscienza ,  la  liberty  dei  culti ,  la  liberta  delle 
opinioni,  la  liberta  del  pensiero,  hanno  finito  col  credere  che  i  libe- 
rali non  odiano  poi  in  fine  altro  che  1'  intolleranza.  Del  che  non  paio- 
no  poi  tanto  a  riprendere :  se  anzi  non  fossero  da  lodare  siccome 
propagatori  e  vindici  di  quella  bonta  e  mansuetudine  e  tolleranza 
universale ,  la  quale  non  si  puo  negare  che ,  almeno  in  maschera , 
non  sia  molto  simile  a  quella  carita  e  fralellanza  comune  di  cui  e 
pieno  il  Vangelo. 

Or  quesli  ingenui  sono  pregati  di  voler  ben  por  mente,  che  noi  qui 
non  prendiamo  per  nulla  ad  esaminare  quanti  brutti  equivoci  covino 
sotto  quelle  belle  parole.  Noi  non  intendiamo  qui  di  cercare  quanto 


I  LIBERALI  E  LA  LORO  TOLLERANZA  291 

sia  evangelica  la  tolleranza ,  e  qual  dislinzione  sia  a  fare  tra  lolle- 
ranza  e  tolleranza.  Noi  noa  vogliamo  qui  confutare  nessuna  delle 
dottrine  liberalesche  o  semi-liberalesche,  piu  o  meno  vestite  alia  po- 
litica  ed  all'  ascelica.  Sia  pure  che  la  liberla  e  la  tolleranza  del  cul- 
ti  sia  una  virtu.  Non  e  per  ora  questa  la  nostra  quistione.  Noi  vo- 
gliamo ora  solamenle  esaminare  se  la  tolleranza  e  la  liberla  dei  culli, 
qual  essa  e  professata  e  praticata  dai  liberali,  anziche  una  tolleranza 
evangelica  non  sia  piutlosto  la  tolleranza  del  diavolo,  che  abballe  tutti 
gli  allari  del  vero  Dio,  perche  non  resti  in  piedi  allro  che  il  suo.  E  in 
verila,  ci  pare  che  saremo  altarnente  disgraziati  se  in  quesle  poche 
pagine  non  riusciremo  a  far  toccar  con  mano  anche  ai  piu  schivi,  ai 
piu  preoccupati,  ai  liberali  medesimi,  che  siccorae  il  diavolo  negando 
a  Dio  ogni  soggezione  ed  ogni  culto  e  a  Lui  ribellandosi  e  coniro  dl 
Lui  cospirando  liberalescamente,  vuole  pero  esser  adorato  egli  me-  • 
desimo  e  trova  ancor  adesso,  come  gia  trovo  nei  tempi  del  paganesi- 
mo,  nei  paesi  stessi  piu  cristiani,  dei  liberali  assai  che  i'adorano 
formalmente  con  esecrandi  misteri  ed  orgie  sacrileghe;  cosi  i  liberali 
medesimi  suoi  figliuoli  spiritual!  e  fidi  colleghi,  mentre  colla  loro  li- 
berta  di  coscienza  negano  di  fatto  ogui  culto  determinato,  pretendo- 
no  pero  di  essere  adorali  essi  stessi ,  ergendo  in  articoli  di  fede  le 
loro  dottrine  e  se  medesimi  in  sacerdoli  inviolabili  del  culto  liberti- 
ne, ed  in  inquisitori  general!  contro  1'  eretica  pravita  di  chiunque  osi 
non  pensar  come  loro. 

La  liberalesca  prelensione  di  voler  essere  trattalo  come  un  Dio  (si- 
milis  ero  Altissimo)  nacque  nei  diavolo,  siccom' e  noto,  in  cielo  stes- 
so.  Onde  essendo  slato  percio ,  secondo  il  suo  merito-,  vergognosa- 
mente  cacciato,  eccolo  subito  alia  seconda  riscossa  nei  paradiso  ter- 
restre ,  dove  pretese  che  T  uomo  avesse  in  lui,  diavolo  e  serpente, 
quella  fede  che  egli  non  voleva  che  si  avesse  in  Dio  stesso ,  cui  oso 
dare  una  mentita  con  quel  suo  Nequaquam  moriemini.  Famoso  ne- 
quaquam!  II  quale  ispiro  poi  tutti  i  liberali  avvenire  che  da  esso 
impararono  a  mentire  poi  sempre  e  sfacciatamente ;  ben  sapendo 
coll'  esempio  del  diavolo  che  a  dir  bugia  si  guadagna  sempre  qual- 
che  cosa.  Guadagoo  infalti  il  diavolo  con  quel  suo  Nequaquam  che  i 
primi  uomini  volendo  anch'  essi,  come  il  diavolo,  essere  Dei  (eritis 


I  LIBERALI 

sicut  Dii) ,  si  trovarono  invece  poco  dopo  nella  necessita  cli  vestirsi 
con  pelli  di  bestie.  E  allora  fu  che  Dio  voltosi  ad  Adamo :  Ecce 
Adam,  disse,  quasi  units  ex  nobis  faclus  est;  «  Ecco  Adamo  che  e 
diventato  quasi  un  Dio !  »  Da  Adamo  a  Cristo  chi  non  sa  che  il  dia- 
volo voile  ed  ebbe ,  in  pressoche  tutto  il  mondo ,  altari ,  sacrifizii  e 
sacerdoti?  Ma  quel  diavolo  che  avea  trovato  troppo  esigenle  il  Si- 
gnore ,  perche  in  segno  di  obbedienza  e  di  culto  aveva  volulo  che 
Adamo  si  astenesse  da  un  porno ;  quel  diavolo  stesso,  in  segno  di  ob- 
bedienza e  di  culto  a  se  medesimo,  voile  poi  alia  liberalesca  sacrifizii 
a  migliaia  di  sangue  umano.  E  quando ,  per  redimere  gli  uomini 
dalla  tolleranza  diabolica,  apparve  in  terra  la  benignita  del  Salvatore 
nostro  Gesu  Cristo,  subi to  il  diavolo  gli  si  fece  innanzi,  offerendogli 
ogni  cosa  purche  si  prostrasse  dinanzi  a  lui  e  1'adorasse :  Omnia  tibi 
dabo  si  cadens  adoraveris  me.  Tanto  il  diavolo  e  smanioso  di  essere 
adorato!  Non  possono  e  vero  chiedere  simili  adorazioni  i  liberali.  Ma 
emulando,  il  meglio  che  possono,  gli  esempii  palerni  del  diavolo,  i 
liberali  promettono  anch'  essi  annessioni,  regni,  imperi,  avvenimen- 
ti  al  trono,  ogni  cosa  anche  ad  allissimi  e  regii  personaggi ,  purche 
cadentes  adorent  illos.  Si  pieghino  i  pretendenti  ad  alte  imprese,  si 
pieghino  ad  abbassarsi  fino  nel  fango  delle  selte  ;  cadano  nelle  tra- 
me  dell'  immensa  rete  massonica :  prostituiscano  il  loro  nome  ono- 
rato  perche  sia  poslo  in  fila  colla  feccia  dei  ladri  e  degli  assassin! 
nella  matricola  libertina ;  si  facciano  liberali :  cadendo  adorino  la 
satanica  frammassoneria,  e  i  liberali  omnia  dabunt :  daranno  tutto. 
Cioe,  promelteranno  tulto;  mantenendo  poi  alia  liberalesca  questo 
solo  ,  di  conservar  il  dirilto  sopra  chi  e  dei  loro ,  di  menar  loro  pei 
fianchi  un  pugnale ,  ogni  qual  volta  osino  scostarsi  d'un  dito  dalla 
cieca  e  cadaverica  obbedienza  settaria. 

Ma  rilornando  alia  tolleranza  del  diavolo,  siccome  da  Adamo  a 
Cristo  egli  avea  preleso  e  in  gran  parte  ancor  oltenuto  di  esser  ado- 
rato come  Dio  dagli  uomini  da  lui  sedolti,  che  negando  al  Signore  del 
cielo  e  della  terra  il  tenue  tribute  filiale  di  cui  Dio  si  conlentava,  si 
conducevano  pero  da  schiavi  verso  il  diavolo,  cui  erano  prodighi  in 
empii  sacrifizii  del  loro  sangue  stesso  e  della  vita ;  cosi  ancor  dopo 
Cristo  fino  a  noi,  mai  il  diavolo  non  ha  rinunziato  alia  pretensione  di 


E  LA  LORD  TOLLERANZA  293 

voler  essere  formalmente  adorato.  E  cosi  non  1'avesse  ollenuto  e  non 
lo  slesse  ancor  di  fatto  ottenendo !  Ma  e  cosa  nolissima  ad  ognuno 
che,  non  solo  nelle  barbare  e  pagane  region!  idolatriche,  ma  ne'  pae- 
si  stessi  piii  civili  e  piu  cristiani,  sempre  il  diavolo  trovo  sotto  diversi 
nomi  or  di  stregoni  or  di  frammassoni ,  fedelissimi  senitori  ed  ado- 
ratori.  Ed  ancor  presentemente,  nelle  nostre  stesse  con  trade  piu  ci- 
vilizzate  e  nelle  cilia  piu  cristiane,  si  celano  nei  covi  massonici  i  piu 
orrendi  ed  esecrandi  misteri  che  mente  umana  possa  immaginare 
a  culto  sacrilego  dello  slesso  diavolo.  II  quale  non  si  contenlando 
d'  esser  adorato  in  segrelo ,  esce  talvolta  air  aperto;  e  nei  ritrovi  si- 
gnorili  e  nelle  sale  alia  moda  riscuote  applausi,  nella  persona  de'  suoi 
posseduti,  e  nelle  meraviglie  apparent!  delle  sue  fautasmagorie  di  ta- 
vole  e  di  matite.  Giusto  casligo  della  superba  vanita  dei  supposti 
grandi  uomini  di  questo  tempo,  che  osano  compatire  ai  secoli  andali 
come  a  secoli  d'  ignoranza ! 

Ma  basti  1*  aver  accennato  qui  questo  punto  tan  to  per  far  toccar 
con  mano  ad  ognuno  che  il  diavolo,  come  gia  pretese  in  cielo,  e  poi 
nei  paradiso  terrestre,  e  quindi  avanti  e  dopo  Cristo,  cosi  ancor  pre- 
sentemente e  sotto  i  nostri  occhi,  pretende  per  se  quel  culto  che  ne- 
ga  al  vero  Dio. 

Or  veniamo  ed  esaminare  se  per  caso  non  accada  per Tappunto  il 
naedesimo  ai  nostri  buoni  liberali,  lolleranli,  (chi  nol  sa?)  mansueti, 
evangelici,  nemici  giurati  d'ogni  violenza  fatta  alia  coscienza  propria 
ed  aU'altrui.  E  quanto  al  vantare  a  parole  la  tolleranza  e  la  liberta 
dei  culti,  crediamo  difficile  il  pur  immaginare,  che  essa  si  possa  pro- 
fessare  piu  ampiamente  di  quello  che  la  professino  ora  i  liberali. 
I  quali  si  puo  dire  che  in  questo  solo  punto  della  tolleranza  si  trin- 
cerano  come  in  baluardo  inespugnabile.  Sopra  tutto  il  resto  noa 
hanno  talvolta  difficolla  di  transigere.  La  liberla  politica  la  sacrifi- 
cano  volentieri ,  quando  cio  loro  serve,  alia  dittatura.  La  liberta  di 
stampa  1'abbiam  vista  abolita  anche  in  Italia.  Della  liberta  della  di- 
fesa  nelle  cause  criminal!,  quando  si  tratta  di  reazionarii  veri  o  sup- 
posli,  si  sa  che  se  ne  puo  far  a  meno.  E,  per  dir  tulto  in  una  parola, 
lo  stato  d'  assedio,  che  e  una  sospensione  generale  di  tulte  le  liberta 
liberalesche ,  e  un'  arma  sempre  sfoderata  in  mano  ai  liberali.  Ma 


294  I  LIBERALI 

quando  si  tratta  della  liberla  di  coscicnza,  non  ci  e  luogo  ad  eccezio- 
ni,  ne  a  Iransazioni.  Questa  e  la  liberla  che  nelle  teorie  libertine  dee 
sempre  rimanere  a  gaila,  anche  nel  iiaufragio  generale  dello  stato 
d'  assedio.  E  se  non  siamo  male  informal!,  questa  condizione  deH'aai- 
metlere  il  gran  principio  della  liberla  di  coscienza  e  la  condizione  sine 
qua  non  deirammissione  di  un  chicchesiasi  nelle  logge  Kiassoniche. 
'Quando  alcuno  e  invitalo  gentilmente  a  diventar  frammassone,  acca- 
de  iion  di  raro  che  egli  s'  inalberi  e  quasi  si  offenda  e  dica  «  Come? 
A  me  questo  invito?  E  non  sapete  che  io  sono  buon  catlolico,  buon 
legiltimista,  buon  suddilo?  »  «  Siate  quello  che  voi  vi  vogliate  »  ri- 
sponde  allora,  con  civile  tolleranza,  I'arrolatore.  «  Niuno  vi  dimanda 
che  rinunziate  alia  vostra  fede  polilica  o  religiosa.  Noi  abbiaino  tra 
noi  dei  lurchi  e  dei  crisliani ,  degli  atei  e  dei  giudei.  Ciascuno  e  li- 
bero.  Solamenle  accettate  voi  il  gran  principio  della  liberta  di  co- 
scienza? »  Colla  profonda  educazione  leologica  e  filosofica  che  ora  e 
alia  <moda,  e-ckiaro  che,  a  questa  inaspettata  condiscendenza,  il  buon 
neofilo  dee  rispondere :  «  Se  le  cose  sono  cosi ,  se  io  posso  esser 
buon  caltolico  e  buon  suddito  e  solo  da  me  si  cerca  che  io  non  impe- 
disca  che  allri  sia,  se  gli  piace,  ebreo  o  lurco;  se  da  me  non  si  esi- 
ge  altro  che  la  professione  del  gran  principio  della  liberta  dei  culti, 
io  non  vedo  perche  io  debba  rifiutare  di  enlrare  nelia  vostra  oriorala 
loggia. » 

Ma,  checchesia  di  questo,  il  certo  e  che  voi  in  niuna  cosa  trove- 
rele  i  liberali  d'  ogni  .pelo  tan  to  concordi,  quanto  in  questa  dell'  am- 
metlere  come  articolo  di  fede  la  liberta  di  coscienza.  Tanto  che  da 
questo  lato  solo  si  avvera  che  il  liberalismo  (almeno  di  nome)  pare 
accomunato  anche  ai  tuU'altro  che  liberali;  trovandosi  molti,  che  per 
fermo  non  son  liberali,  i  quali,  in  queslo  punto,  parlanocome  i  libe- 
ralissimi.  Ma  non  volendo  discorrere  di  questi  buoni  ed  anzi  oltimi 
caltolici,  ai  quali  non  si  potrebbe  far  torto  maggiore  che  il  cbiamar- 
li,  quel  che  non  sono7  liberali;  e  cerlo  pero  che  tulti  i  veri  liberali, 
se  in  altre  cose  si  accapigliano  fra  di  loro,  in  questa  della  liberta  di 
coscienza  hanno  una  sola  lingua  ;  e  se  al-le  altre  loro  teorie  ammet- 
tono  temporanee  eccezioni,  a  questa  non  rinunziano  mai;  non  trovan- 
dosi caso  nel  quale  un  liberale  degno  di  questo  nome  possa  essere 


E  LA  LORO  TOLLERANZA 

sforzato  ad  aminettere  che  della  liberta  di  coscienza  si  puo  far  a 
meno.  E,  quello  che  e  piu  maraviglioso,  seun  Re  qualunque  siasi , 
anche  il  piu  dispolico  del  raondo.  vuol  esser  lodato  altamente  e  trat- 
tato  quasi  come  un  eroe  dai  giornali  liberali ,  non  ha  da  far  altro 
che  dar  pretesto  a  credere  ch'  egli  ha  falto  o  sta  per  fare  un  atto 
qualsiasi  in  ossequio  della  liberta  di  coscienza;  quest' atto  1'assol- 
vera  plenariamente  da  ogni  colpa  antiliberale.  Se  poi  un  Re,  anche 
il  piu  liberale  del  mondo,  e  costituzionale  quanto  volete,  si  crede  in 
diritto  di  lasciar  applicar  la  legge  che  conduce  in  galera  chi  e  trova- 
to  a  predicar  1'eresia  a'suoi  sudditi  cattolici,  quel  Re,  o  quella  Re- 
gina  che  sia,  perde  issofatto  ogni  aureola  di  popolarita  liberale;  e 
non  raancheranno  organizzatori  di  pellegrinaggi  di  penitenza  per 
otleoere  la  conversione  di  un  Re  o  di  una  Regina  cosi  nemica  della 
liberla  di  coscienza.  Si  puo  dunque  conchiudere  che  la  liberta  di 
coscienza  e  la  dama  dei  diurni  e  nolturni  pensieri  dei  nostri  cava- 
lieri  erranti  del  liberalism*)  d'  ogni  generazione. 

Ma  siccome  accadeva  lalvolla  ai  cavalieri  erranti  che  ,  credendo 
di  correr  dietro  alia  dama  de'  loro  pensieri ,  perseguitavano  invece, 
per  inganno  magico  ,  qualche  perfida  Strega  di  vecchia ,  a  cui  non 
aveano  mai  pensato  neanche  in  soguo ;  cosi  i  nostri  liberali ,  non  per 
inganno  diabolico,  ne  per  istregoneria,  ma  per  loro  libera  elezione  ed; 
a  ragion  veduta,  mentre  a  parole  professano  di  ardere  di  amore  per 
la  liberta  di  coscienza  e  per  la  tolleranza,  \anno  invece  perduti  die- 
tro a  un  tal  mostro  di  barbara  iulolleranza  e  di  fanalismo  feroce,  che 
al  loro  paragone  Maometto  fu  un  agnello. 

E  in  prinia  e  cliiam  che,  siccome  il  diavolo,  cosi  i  liberali ,  dalla 
loro  lolleranza  e  dal  loro  rispetto  di  tutte  le  opinioni  e  di  tutti  i  culti 
eccettuano  la  sola  opinione  vera  e  il  solo  culto  legitlimo  che  e  la  reli- 
gione  cattolica,  fondala  da  Gesu  Crislo,  nella  quale  sola  si  adora  vera- 
raenle  il  vero  Dio.  E  questa  loro  eccezione  abbastanza  strana,  perche 
si  eslende  al  piu  e  al  meglio  delle  umane  cos<-ienze ,  questa  loro  ecce- 
zione non  avremmo  punto  bisogno  di  dedurla  logicamente  dalle  loro 
teorie  o  di  provarla  lungamenle  coi  loro  fatti,  professandola  essi  slessi 
apertamente  colla  loro  espSicila  confessione.  Giacche  e  noto  che  iilibe- 
rali  vanno  ogai  di  slampaudo  sui  loro  giornali,  che  essi  non  possono 


296  I  LIBERALI 

in  coscienza  comprendere  nel  loro  universale  rispetto  di  lutli  i  culti, 
anche  il  rispetto  del  culto  cattolico,  perche  il  culto  cattolico  e  il  solo 
(dicono  essi)  che  non  ammette  la  tolleranza  degli  altri  culli.  Sloltis- 
siino  argomento  !  Giacche,  lasciando  stare  essere  falso  che  la  sola 
religione  caltolica  sia  quella  che  non  professa  la  tolleranza  degli  allri 
culti ,  trovandosi  raolte  false  religioni ,  le  quali  arrogano  a  se  stesso 
questo,  che  nonpuo  essere  che  privilegio  esclusivo  della  unica  vera; 
lasciando  stare  che  queste  altre  false  religioni,  benche  veramenle  fa- 
natiche  e  intolleranti,  sono  pero  dai  liberali  allamenle  rispettate  e  tol- 
lerate ;  lasciando  stare  che  non  si  puo  dare  concetto  vero  di  religione 
e  di  cullo  senza  che  in  esso ,  logicamente  parlando ,  si  comprenda 
1'  esclusione  di  ogni  altro  culto  e  di  ogni  altra  religione ;  donde  viene 
per  conseguenza  che ,  se  i  liberali  hanno  da  lollerar  quelle  sole  reli- 
gioni che  ammettono  la  tolleranza,  non  ne  hanno  in  verita  da  tollerar 
nessuna;  lasciando  star  tutlo  queslo  ,  come  va  che  almeno  i  liberali 
non  si  accorgono  che  il  loro  argomento  e  un  argomento  liberate  cioe 
traditore ,  il  quale  si  ribella  proditoriamente  conlro  i  suoi  stessi  ge- 
nitori?  Giacche,  se  i  liberali  credono  poter  ecceltuare  dal  loro  rispet- 
to e  dalla  loro  tolleranza  la  religione  catlolica,  perche  questa  non  am- 
metle  la  liberta  dei  culti ;  da  questa  loro  opinione  scende  per  diritto 
filo  di  logica  che  i  liberali  non  sono  tollerabili  in  questo  mondo ,  se- 
condo  i  loro  stessi  principii.  Infatti  non  sono  essi  per  la  liberla  di 
coscienza?  Non  dicono  essi  divoler  rispettare  lutte  le  opinion!  ?  Or 
bene  sappiano  che  a  questo  mondo  ci  e  un'  opinione  molto  coscien- 
ziosa,  come  si  dice  adesso,  e  mollo  generale,  in  quanto  e  I' opinione 
di  tutti  i  buoni  caltolici ,  la  quale  opina  fermamente  e  coscienziosa- 
mente  che  i  liberali  sono  il  flagello  del  genere  umano.  Or  perche  non 
rispettano  essi  questa  opinione?  Perche  non  si  vanno  a  riporre  per 
obbedire  a  questa  pubblica  opinione  che  e  molto  stanca  dei  fatti  loro? 
Ma  noi  vogliamo  essere  tolleranti;  e  per  modo  di  tolleranza  logi- 
ca concederemo  che  i  liberali  possano  esislere  in  rerwn  nalura  a 
dispetto  dei  loro  stessi  principii,  che  ne  li  escludono.  Solo  vorremmo 
che,  poiche  essi  ammettono  un  principio  contraddillorio  e,  per  cosi 
dire,  suicida  e  micidiale  di  se  medesimo,  il  quale  professando  la  teo- 
rica  e  dommatica  tolleranza  di  ogni  cullo  insieme,  li  Yieta  di  fatto 


E  LA  LORO  TOLLERANZA  297 

e  li  annichila  tutti,  si  appigliassero  poi  in  pratica  ad  una  sola  delle 
due  alternative  dialettiche  che  scaturiscono  dal  loro  bel  principio. 
II  quale,  o  si  piglia  nel  senso  della  tolleranza  vera  di  tutti  i  culli,  e 
allora  dovrebbe  condurre  i  liberali  a  tollerare  anche  il  culto  cattoli- 
co;  o  si  piglia  nell'altro  senso  della  distruzione  vera  di  ogni  culto, 
e  allora  dovrebbe  allontanare  i  liberali  dalla  ridicola  pretensione  che 
hanno  di  fondare  un  culto  nuovo  al  loro  esclusivo  servizio.  Ma  i 
liberali  sono  cosi  fatti  che  a  niuna  delle  due  alternative  si  attengono, 
pigliando  invece  la  via  di  mezzo  che  si  oppone  ad  ambedue.  E  la  via 
di  mezzo  scelta  dai  liberali  si  e  di  perseguitare  dall'una  parte,  a  nome 
della  tolleranza  universale,  accanitamente  il  culto  cattolico,  edall'altra 
parte  di  fondare,  parimente  a  nome  della  tolleranza  universale,  un 
cerlo  loro  nuovo  culto  esclusivo  d'ogni  altro,  che  si  puo  chiamare  il 
culto  libertino ;  dando  cosi  essere  e  forma  ad  un  aborto  tale  di 
eontraddizioni  da  personificare  in  esso  e  concretare  quello  spirito 
di  bugia,  che  e  il  loro  fiato  soffiato  in  essi  da  chi  e  padre  loro  e  della 
menzogna. 

Non  accade  certamente  che  noi  spendiamo  di  molte  parole  per  di- 
mostrare  che  i  liberali  si  tolleranti,  si  mansueti,  si  rispettosi  di  lutle 
le  opinioni,  si  zelanti  apostoli  della  liber ta  dei  culti,  perseguitano 
pero  il  culto  cattolico,  potremmo  dire  peggio  dei  Diocleziani  e  dei 
Neroni.  Giacche  non  crediamo  che  ne  Diocleziano  ne  Nerone  ab- 
biano  mai  dato  si  bel  saggio  della  loro  tolleranza ,  quale  fu  dato 
dai  liberali  ovunque  si  poterono  liberalescamente  sfogare ;  sicco- 
me  accadde,  per  esempio,  nel  secolo  passato  in  Francia ,  e  nel  pre- 
sente  in  parecchie  repubbliche  americane.  E  dove  non  possono  mo- 
strare  la  loro  tolleranza  colla  mannaia,  cogli  annegamenti,  colla  di- 
struzione dal  suolo  delle  chiese ,  coll'  abolizione  totale,  sotto  pena  di 
morle,  di  ogni  segno  di  religione  cattolica ;  tentano  almeno  di  oppri- 
merla  con  sapienti  leggi ,  secondo  che  ora  accade  in  tante  parti  e 
specialmente  in  Italia.  Questa  loro  sapiente  oppressione  si  esercita 
coll'inceppare  ogni  liberta  cattolica,  sopprimendo  gli  Ordini  religiosi, 
incamerando  i  beni  ecclesiastici ,  impedendo  la  nomina  dei  Vescovi 
e  dei  Parroci,  legando  da  ogni  parte  la  Chiesa,  si  che  non  possa  ne 
muoversi  ne  parlare.  Venite;  sapienter  opprimamus  eum.  Cosi  di- 


298  I  LIBERALI 

ceva  [Exod.  I,  10), a  riguardo  del  popolo  ebreo,  1'empio  Faraone. 
E  questo  e  ora  il  piano  strategico  del  liberali  verso  il  culto  cattolico: 
secondo  ch'  essi  debbono  aver  imparato  dal  Re  egiziano.  II  quale 
appunto  penso  che,  se  egli  potea  opprimere  il  popolo  ebreo  sapiente- 
menle,  cioe  senza  violenza  e  senza  ruraore,  alia  quiela  e  con  astuzia, 
ne  avrebbe  avuto  fama  di  principe  savio  e  avrebbe  oltenuto  allo 
stesso  modo  il  suo  volere.  Cosi  fanno,  o  meglio  cosi  lentano  ora  di 
fare,  i  liberali.  Essi  ben  vedono  che  non  e  ancor  giunto  il  tempo  di 
menar  di  nuovo  le  mani  alia  repubblicana,  distruggendo  a  dirittura 
le  chiese  e  macellando  i  sacerdoti ,  siccorae  poterono  fare  nella  li- 
bera  Francia  nel  bel  secol  d'oro  del  loro  trionfo  libertino.  Percio  usa- 
no  politica  e  cercano  di  opprimere  sapientemenle  la  Chiesa.  Ma  non 
riescono  a  moderarsi  tanto,  che  di  quando  in  quando  non  moslrino 
gli  unghioni  e  la  coda  velenosa,  per  quanto  si  mantellino  alia  civile. 
E  percio  udiamo  ogni  poco  di  qualche  sacerdole  assassinate,  di  qual- 
che chiesa  profanata ,  di  qualche  santa  immagine  violata.  E  gia  si 
comincia  in  alcune  cilia  a  spezzare  rabbiosamente  i  Crocefissi ,  e  a 
far  cancellar  dalle  mura  le  immagini  di  Maria  e  dei  Santi,  quasi  per 
tentare  il  guado  e  veder  se  e  possibile  il  passo  al  peggio  cbe  si  me- 
dita.  Tulto  effetto  di  tolleranza  delle  opinioni  e  della  liberta  dei  culti. 
Pur  questo  saria  poco  se  poi  almeno  i  liberali,  colla  voce  rauca  per 
il  loro  conlinuo  bestemmiar  contro  la  Chiesa,  non  traessero  innanzi 
piagnuccolando  che  non 'si  usa  abbas  tanza  carita  con  loro  :  e  colle 
mani  lorde  di  sangue  cristiano  e  sacerdotale  non  menassero  le  di- 
sperazioni  e  le  tragedie  conlro  la  prelesa  intolleranza  cattolica.  La 
sfacciataggine  dell' adultera ,  quae  (Prov.  XXX,  20)  comedit  et 
tergens  os  suum  dicit:  non  sum  operata  malum  ,  e  pudor  virginale 
a  paragone  della  sfrontatezza  liberlina  di  costoro.  Dite :  ci  fu  mai 
al  mondo  inquisizione  piu  fastidiosa  della  vosira,  o  liberali,  i  quali 
\i  ficcate  perfino  nei  confessionali  a  inqtiirere  sopra  le  assoluzioni, 
e  perfino  state  ora  stesso  occupati  a  cercare  a  chi  debba  il  sacerdo- 
te  dare  o  non  dare  la  santa  Comunione?  Voi  parlate  della  strage  di 
S.  Barlolomeo.  Pensate  alle  stragi  voslre  di  Francia  e  di  S.  Callislo. 
Voi  compatite  ai  mali  erelici  tormentati  e  uccisi  pei  lorodelitti.  Com- 
patite  invece  alle  migliaia  di  claustrali ,  che  voi  anclate  ogni  di  cac- 


E  LA  LORO  TOLLER ANZA  209 

ciando  dalle  case  loro,  e  di  sacre  vergini  che  voi  fate  presentemente 
morir  di  fame.  Gli  ebrei  e  i  mori  cacciali  dai  paesi  cristiani  vi  muo- 
vono  a  pieta.  Impietosilevi  pluttosto  per  i  tanli  Sacerdoti,  Vescovi  e 
Cardinal!  che  voi  sbandite  dalle  loro  sedi  e  carcerate  senza  processi. 
11  palazzo  del  S.  Uffizio  vi  fa  orrore.  Inorridite  invece  delle  cenlinaia 
di  carceri  e  di  caserme  onde  voi  popolale  ogni  paese  dove  ponete  il 
piede.  Badale  ai  fatli  vostri,o  liberali.  Tergetevi  dalla  bocca  la 
schiuma  delle  vostre  rabbiose  coqlinue  bestemmie,  prima  di  venirci 
a  parlare  di  mansueludine  e  di  carita.  Scuotetevi  dalle  mani  il  san- 
gue  cristiano  prima  di  venire  ad  insegnar  alia  Chiesa  la  lolleranza. 
Rimpoverite,  reslituendo  il  rubato  a  Dio  e  ai  suoi  lempli ,  prima  di 
predicare  altrui  il  distacco  dai  beni  di  queslo  mondo.  Smettele  i  pu- 
gnali  e  le  bombe,  e  poi  venite  a  rimproverar  alia  Chiesa  1'uso  delle 
armi  temporali.  Allora  forse  portera  ii  pregio  d'illuminare  pacatamen- 
le  1'igQoranza  vostra  sopra  i  pretesi  abusi  d'  intolleranza  e  di  inquisi- 
zione,  di  che  voi  chiamate  in  colpa  la  Chiesa.  Ma  finche  siete  quegli 
intolleranti ,  quei  crudeli,  quei  feroci  persecutor!  della  Chiesa  e  del 
cristiani  che  le  vostre  opere  dimostrano ,  voi  non  avete  dirilto  ad  al- 
tra  risposta  che  a  quella  famosa,  la  quale  non  si  puo  negare  che  non 
sia  evangelica  :  Hypocrita !  Eiice  primum  trabem  de  oculo  luo  :  et 
tune  prospicies  lit  educas  feslucam  de  oculo  fralris  tui. 

Ma  cio  che  mette  il  colmo  all'  insolenza  liberalesca  si  e  che  co- 
storo,  dopo  aver  professata  la  liberla  dei  culli  ela  tolleranza  di  lutte 
le  opinioni,  non  contenti  di  praticar  questa  tolleranza  e  questa  liber- 
la,  col  distruggere  di  fatto  ogni  culto  e  col  perseguitare  ferocemen- 
te  quei  solo  culto  cattolico  che  non  possono  distruggere,  pretendono 
ancora  di  fondar  essi  stessi  un  nuovo  culto,  una  nuova  religione, 
alia  quale  attribuiscono,  senapre  di  diritto  e  dove  possono  ancora  di 
fatto ,  quella  protezione  esclusiva  e  quell'  intolleranza  feroce  di  cui 
accusano  il  culto  cattolico.  La  cosa  e  abbastanza  curiosa  e  merita 
di  essere  alquanto  considerata. 

Se  ben  si  mira,  ogni  teoria  ed  ogni  fatto  liberalesco  tende  di  nalu- 
ra  sua  e  nell'  intenzione  dei  liberali ,  a  fondar  nel  mondo  una  nuova 
religione  ,  la  quale  ha  da  essere  la  sola  religione ;  non  gia  la  reli- 
gione  della  maggioranza ,  come  ancor  si  contentano  di  ammettere 


300  I  LIBERALI 

essere  la  caltolica  in  certi  paesi;  ma  la  religione  dello  Stato,  la  reli- 
gione unica,  la  sola  tollerata,  la  sola  protetta,  ad  esclusione  totale  di 
qualsivoglia  altra.  Questa  miova  religione  non  puo  chiamarsi  altri- 
menti  che  la  religione  liberlina.  La  quale  ha  ormai  i  suoi  dommi ,  i 
suoi  propagator! ,  i  suoi  proteltori ,  i  suoi  eroi ,  i  suoi  marliri ,  ma 
speeialmente  i  suoi  inquisitori. 

E  quanto  ai  dommi  si  sa  che  i  grandi  principii  dell'  89  sono  ora- 
mai  tutti  articoli  di  fede ,  i  quali  chi  osa  negare ,  ha  subito  per  lo 
meno  la  patente  d'  imbecille.  Si  puo  negare  1'  esistenza  di  Dio  senza 
cessare  (almeno  a  Parigi)  di  essere  per  quesio  un  grand'  uomo.  Ma 
se  si  nega  la  sublimita,  la  profondita,  la  larghezza  e  la  lunghezza  dei 
grandi  principii  dell'  89  ,  siete  spacciato.  Foste  anche  il  piu  gran- 
d'  uomo  del  mondo,  un  solo  dubbio  che  voi  emettiate  modestamente 
sopra  T  eccellenza ,  la  verila ,  la  vaslita ,  la  inviolabilita  de'  grandi 
principiideir89,  basta  a  dichiararvi  indegno  di  vivere  in  questo  se- 
colo.  Crediamo  che  si  arrivera  a  fare  in  ogni  citta  come  una  specie 
di  ghetlo,  dove  saranno  rilegati  quegli  sciocchi,  che  ancora  dubitano 
della  nuova  creazione  che  e  accaduta  nel  89.  Per  ora  e  certo  che,, 
per  Uiberali ,  chi  non  ammette  che  il  mondo  ha  cominciato  ad  aver 
1'uso  della  ragione  nel  1789,  e  un  fossile,  un  rimasuglio  dell'  eta  di 
pietra,  uno  che  non  conla. 

Stabilito  cosl  il  credo  liberate,  ne  sono  venuti  gli  apostoli  e  i  pro- 
pagatori;  e  ve  ne  ha  di  tutte  le  sorte.  Yi  sono  i  propagatori  filosofi  e 
teologi ,  i  quali  ne  dimostrano  la  verita ,  se  occorre ,  anche  con 
S.  Tommaso.  Ma  questi  fanno  poco  frutto.  I  propagatori  piu  operosi 
sono  i  giorualisti ,  i  quali  hanno  inventato  il  nuovo  genere  di  dimo- 
strazione  che  consiste  nell'  affermazione  e  nella  supposizione  che 
ogni  cosa  da  dimostrare  sia  gia  dimostrala.  Vengono  poi  i  fedeli 
semplici  che  giurano  sopra  ogni  giornale  che  leggono,  e  avendo  udi- 
to  dire  che  non  si  puo  essere  grand'  uomo  senza  tenere  per  certo 
che  i  principii  dell' 89  sono  grandi  principii ,  li  inghiottono  sani 
sani  e  senza  maslicarli,  come  una  pillola  dorata ;  chiudono  gli  occhi, 
fanno  1'atto  di  fede  e  lanto  basta. 

Ouesti  buoni  fedeli  sono  poi  animali  continuamente  nella  fermez- 
za  del  loro  cieco  credere  dall'  esempio  che  e  loro  proposto  innan- 


E  LA  LORO  TOLLERANZA  301 

zi  dall'ascetica  liberale  nelle  leggende  e  nei  martirologi  dei  loro 
eroi  e  dei  loro  martin.  Quesli  variano  secondo  i  tempi.  Ora ,  per 
esempio ,  per  esser  mar  lire  liberale ,  ci  vuol  poco.  Basla  una  pas- 
seggiata  piu  o  meno  trionfale ,  a  traverse  i  campi ,  da  Roma  a  Co- 
rese.  Se  poi  arrivate  fino  a  Torino  siete  un  fenomeno.  Ma  prima  ci 
voleva  qualche  cosa  di  piu.  Un  po'  di  forca  ,  un  po'  di  galera  ,  un 
po'  di  ergastolo  almeno  era  cosa  indispensabile.  Senza  questo  non 
si  era  martire.  Ora  chi  ha  avuto  una  ferita  in  un  piede  puo  andar 
in  Inghilterra  ed  e  certo  di  metter  a  rumore  tutta  la  frammassone- 
ria  o  vogliam  dire  la  mascalzoneria  europea.  Ad  ogni  modo,  o  poco 
o  mollo  che  ci  voglia  per  esser  martire  e  sanlo  ed  eroe  liberale ,  e 
certo  che  la  nuova  religione,  se  manca  di  morale ,  non  manca  ne  di 
articoli  di  fede,  ne  di  santi  canonizzati. 

Ci  sono  poi  i  legislator!  che  pongono  nei  codici  le  idee  liberale- 
sche ;  gli  economisti  che  preparano  il  terreno  alia  seminagione  della 
mala  pianla ;  gli  organizzatori  di  congressi  che  cercano  rendere  sem- 
pre  piu  popolari  le  idee  che  gia  attecchirono  e  far  attecchire  quelle 
a  cui  i  popoli  paiono  ancor  ripugnare.  Tra  queste  la  piu  felice  e  sen- 
2a  dubbio  1'  idea  dell'  istruzione  obbligatoria  data  dallo  Stato  gralui- 
tamenle  a  tutli  e  per  forza.  Istruzione  data  graluitamente,  perche  co- 
stera  milioni  ai  privati,  dalle  cui  borse  il  dio  Stato  la  sottrarra.  Istru- 
xione  obbligatoria,  perche  siamo  in  tempi  di  piena  liberta.  Chi  si  puo 
figurare  il  progresso  che  fara  la  religione  liberalesca,  quando  tutti  i 
bimbi  di  Europa ,  anzi  del  mondo,  saranno  costretti  di  andar  alia 
scuola  dai  frammassoni? 

Ma  qual  e  quella  religione  che  possa  far  senza  di  protettori  o  in 
cielo  o  in  terra?  E  dunque  naturale  che  la  nuova  religione  liberalesca 
se  ne  sia  provveduta  qui  abbasso.  Non  occorre  spendere  qui  mol- 
te  parole.  Solo  osserveremo  di  volo  che  i  liberali ,  quando  si  tratta 
della  loro  religione,  non  rifuggono  dal  braccio  secolare,  ne  dall'  ap- 
poggio  delle  baionette,  ne  dalla  protezione  del  temporale,  neda  tutti 
quegli  umani  sussidii  che,  se  sono  usati  a  servigio  della  vera  Chiesa, 
eccitano  si  allamente  la  loro  santa  indegnazione.  Dopo  cio  vede  ognu- 
no  che  neanche  merilano  di  essere  mentovate  le  decorazioni ,  e  le 
pensioni,  onde  questi  nemici  del  temporale  si  fregiano  volentieri  T  un 


302  I  LIBERALI  E  LA  LORO  TOLLERANZA 

I'altro  fraternamente.  Oueste  non  sono  che  le  quisquiglie  e  le  bric- 
ciole  del  banchetto  che  i  banchettanti  principal!  lasciano  cadere  in 
gola  ai  cani  ed  ai  gatti  di  casa.  Ma  ogni  cosa  pero  e  buona  per  far 
nuovi  proseliti,  e  per  rafforzar  nella  fede  i  titubanti. 

Per  quegli  insolenti  poi  che,  o  non  vogliono  credere  nella  fede  li- 
berale,  o  si  oppongono  comechessia  alia  sua  propagazione,  ci  e  1'in- 
quisizione  libertina,  la  quale  ha  varii  gradi.  Per  alcuni  basiano  le 
calunnie  sparse  furbescamenle  per  togliere  loro  ogni  credito.  Con 
chi  poi  ha  un  credito  si  ben  fondato  che  ci  si  spuntano  contro  le  bu- 
gie  liberalesche,  vi  e  la  violenza.  E  percio,  o  si  cacciano ,  o  si  pro- 
scrivono  ,  o  si  esiliano  ,  o  si  carcerano  ,  o  si  ammazzano ,  secondo  i 
casi.  Bel  tema  d'un  articolo  sarebbe  /'  Inquisizione  liberalesca!  Ma 
appunto  perche  T  argoraenlo  e  si  fecondo,  non  e  questo  il  luogo  altro 
che  di  accennarlo. 

Del  resto ,  dal  fin  qui  detto  e  gia  abbastanza  chiaro  che  i  liberal! 
sono  ora  in  via  di  fondar  un  nuovo  loro  culto  forzato,  che  si  chia- 
mera  il  culto  libertino,  o,  se  meglio  vi  piace ,  diabolico.  Esso  con- 
sisie  neir  adorazione  che  tulto  il  mondo  dee  preslare  ai  liberal! 
sotlo  pena  d'  infamia  e  di  peggio ,  e  nell'  adorazione  che  i  liberal! 
stessi  debbono  prestare  al  diavolo,  come  a  loro  capo  e  fondatore. 
Questo  nuovo  culto  non  e  insomraa  che  1'effetto  visibile  della  guerra 
che  sempre  fece  e  fara  a  Dio  ed  alia  Chiesa  il  diavolo  coi  suoi  ca- 
gnotti.  II  diavolo,  come  si  sa,  e  destinato  a  perdere  una  tal  guerra. 
Ma  in  lanto  veda  ognuno,  vedano  i  liberali  medesimi,  se  essi  hanno 
ragione  di  vantare  la  loro  tolleranza :  essi  che  non  esistono  che  per 
distruggere,  se  il  potessero,  violentemente  la  Chiesa  di  Cristo  e  per 
fondar  violentemente  una  impossibile  religione  del  diavolo. 


ORIGINE 


DELLA 


DONAZIONE  DI  COSTANTINO 

SECONDO  IL  DOLLINGER 


Chi  prendesse  a  narrare  le  favole  cli'  ebbero  voga  nel  medio  evo, 
e  la  storia  critica  delle  origin!,  delle  vicende  e  delle  fortune  che 
sorlirono  per  lunghi  secoli,  fino  ai  di  nostri,  farebbe  un  libro  non 
solo  curiosissimo  a  leggere,  ma  sommamenle  istruttivo  pei  raolti 
ammaestramenti  che  se  ne  potrebbono  trarre.  Benche,  a  dir  vero, 
1'impresa  sarebbe  tull'allro  che  agevole,  e  ben  pochi  avrebbero 
forze  da  sobbarcarvisi  e  farvi  buona  riuscita :  sia  per  1'  immense 
campo  che  sarebbe  da  percorrere,  giacche  non  v'e  quasi  avveni- 
mento  o  personaggio ,  o  istituzione ,  o  citta ,  o  famiglia ,  o  castello 
per  poco  illustre,  intorno  a  cui  la  feconda  immaginazione  di  quella 
eta  non  abbia  creato  finzioni  e  miti ;  sia  pel  vasto  corredo  di  erudi- 
zione,  di  perizia  nelle  fonti  storiche  e  di  senno  critico,  che  si  richie- 
de  a  beri  trattare  un  argomento  di  tal  fatta  e  ad  evitare  il  rischio  di 
non  aggiungere  oggidi  nuove  favole  del  proprio,  neH'atto  del  censu- 
rare  quelle  de'  tempi  antichi. 

Di  tutto  cio  puo  far  prova  il  recente  volume  del  Dollinger  intito- 
lalo :  Le  favole  del  medio  evo  intorno  ai  Papi  1 ;  che  e  appunto 

1  Die  Papst-Fabeln  des  Mittelalters  etc.  Monaco,  1863,  In  8.°  di  pag.  15f , 


304  ORIGINE  DELIA  DONAZIONE  DI  COSTANTINO 

un  piccolo ,  ma  bel  saggio  di  quel  che  potrebb'  essere  il  libro 
teste  immaginato.  L'Autore,  gia  da  piu  anni  noto  in  Germania 
per  dotti  lavori  di  storia  ecclesiastica,  diviso  di  raccogliere  dagli 
studii  preparalorii  ch.e  ha  falto,  die'  egli  nella  Prefazione,  per  un'o- 
pera  di  maggior  lena,  destinata  ad  abbracciare  la  Storia  del  Papato, 
queslo  manipolo  di  notizie  intorno  alle  favole  propagatesi  nel  media 
evo  riguardo  ai  Papi;  pareiidogli  che  1'unila  dell'argomento,  altesa 
sopraltutto  1'imporlante  e  moHeplice  influenza  che  tali  favole,  ben- 
che  disparate  tra  loro,  tulte  nondimeno  esercitarono  nella  storia  e 
nella  poesia,  nella  teologia  e  nella  giurisprudenza  di  quell'  eta,  gli 
desse  buon  diritto  a  comporne  un  libro  a  parle,  con  isperanza  che 
tornerebbe  gradito  al  pubblico.  II  primo  Capitolo  e  intitolato:  La 
Papessa  Giovanna;  e  come  la  favola  della  Papessa  e  per  avventura 
il  piu  singolar  fenomeno  che  nel  mondo  delle  aberrazioni  storiche 
s'  incontri ,  cosi  1'  Autore  sembra  aver  preso  a  trattarlo  con  amore 
speciale.  Seguono  quindi  altri  otto  Capitoli,  inlilolati :  //  Papa  Ci- 
riaco;  Marcellino;  Costantino  e  Silvestro;  La  Donazione  di  Co- 
slantino;  Liberia  e  Felice;  Anastasio  II — Onorio  I;  Gregorio  II  e 
I'lmperatore  Leone  Isaurico;  Silvestro  II.  Qui  termina  il  libro  del 
Dollinger;  ma  non  dee  gia  credersi  che  qua  si  riducano  tutte  le  fa- 
vole,  spacciate  nei  passati  secoli  intorno  ai  Papi.  Oltre  il  favoloso 
Papa  Ciriaco,  e  da  relegare  nel  paese  dei  sogni  anche  Dono  II,  o 
Domno,  o  Bono,  come  altri  il  chiama,  e  che  suol  essere  noverato 
Terso  il  973  tra  Giovanni  XIII  e  Benedetto  VI,  ovvero  tra  quest'ul- 
tinio  e  Benedetto  VII;  avendo  il  Giesebrecht  1  e  il  Jaffe  2  dimostrato 
dal  riscontro  dei  Catalog!  pontifical!,  non  essere  questo  Pontefice 
mai  esistito,  ed  il  suo  nome  essere  stalo  intruso  nella  serie  dei  Papi 
per  isirano  sbaglio  di  chi  inter preto,  come  nome  proprio,  la  voce 
Domnus,  adoperata  da  un  Codice  come  nome  appellative.  E  senza 
uscire  dal  secolo  X,  quante  fole  non  si  'sono  divulgate  ad  infamia  di 

1  Jahrbilcher  des  teutschen  Reichs  unter  der  Herrschaft  Kaiser  Otto's  IL 
(Annali  dell'Impero  Germanico  sotto  il  dominio  dell'Imperatore  Ottone  II), 
Berlin  1840,  pag.  141. 

2  Regesta  RR.  Pontificum.  Berolini  1851,  pag.  331.  Puo  vedersi  anche  il 
"WATTERICH,  Pontificum  Romanorum  etc.  Vitae,  Lipsiae  1862.  Tom.  I,  pag.  6G: 


SECONDO  IL  DOLLINGER  303 

Sergio  III,  di  Giovanni  X,  di  Giovanni  XI  e  di  altri  Papi  di  quel- 
1'  eta  pur  troppo  sciagurata,  ma  resa  Yiepiu  infelice  dalle  calunnie 
che  la  maldicenza  o  I'ignoranza  fabbrico  per  denigrarla,  e  che  si 
odono  ripetere  da  molti  ancora  oggidi,  senza  il  menomo  sospello  di 
falso !  Quante  storielle  nei  secoli  seguenli,  inventate  a  carico  di  illu- 
slri  e  santi  Ponlefici!  le  quali  ebbero  lungo  corso  e  celebrita  non 
solo  per  le  bocche  dei  volghi,  ma  anche  nelle  scritture  e  nei  libri,  e 
potente  influenza  esercitarono  ed  esercitano  tutlaviain  molte  menti. 
Ma  non  fu  certamente  disegno  del  Dollinger  1'  abbracciare  nei  suo 
libro  tutte  le  favole,  che  dei  Papi  spaccio  anche  il  solo  medio  evo, 
e  dare  di  ciascuna  la  storia  critica ;  do  che  sarebbe  maleria  di  non 
pochi  volumi. 

Intanto,  a  giudicar  solo  di  quelle  ch'egli  tratta  in  queste  pagine, 
diciamo  che,  mentre  da  un  lato  esse  confermano  sempre  piu  la 
fama  di  eruditissimo  slorico,  in  cui  1'Autore  gia  da  gran  tempo  e 
meritamente  venuto,  dall'  altro  lasciano  qua  e  cola  desiderare  non 
poco  di  quella  solidila  di  giudizio  e  rettitudine  di  critica ,  senza  di 
cui  la  doltrina  poco  giova  a  rischiarare  le  question!  storiche ,  spe- 
cialmente  in  cosi  tenebrosa  materia,  qual  sono  di  lor  natura  le  fa- 
yole.  II  breve  spazio  di  un  articolo  non  ci  consente  di  esporre  qui 
tulti  i  punti  in  cui  noi  discordiamo  dalle  sentenze  dell' Autore ;  laon- 
de  ci  restringeremo  almen  per  ora  ad  un  solo  ,  cioe  alia  Donazione 
di  Costantino;  sia  perche  in  questo  1'  Autore  tocca  un  tasto  che  ha 
stretla  relazione  colla  Sovranila  lemporale  dei  Papi,  argomento  oggi- 
di piu  che  mai  vivo ;  sia  perche  le  opinioni  qui  da  lui  recate  in  campo 
ci  sembrano  piu  che  altrove  lontane  dal  vero. 

Che  la  famosa  Donazione  di  Costanlino,  la  quale,  soito  il  titolo  di 
E  die  turn  o  di  Conslitutum  o  di  Privilegium  Constantini,  leggesi  fra  le 
false  Decretali  d'  Isidoro  Mercatore,  sia  merce  spuria,  egli  e  cosa  gia 
da  gran  tempo  passata  in  giudicato  irrevocable  presso  tutti  i  dotti  ; 
sicche,  mentre  pur  v'  ha  ancora  oggidi  qualche  balordo  che  crede  alia 
Papessa  Giovanna  l,  non  sappiamo  se  piu  trovisi  chi  voglia  pigliar 

1  Tra  questi  balordi  vuol  essere  mitriato  Principe  quell'Avvocato  toscano 
innominate,  che  ha  stampato  teste  il  Cenno  Storico  dei  Pontefici,  dedicate  al 
Popolo  italiano  (Firenze,  Tipogr.  Italica,  1863);  il  cui  unico  pregio  si  e  d'aver 
Serie  V,  vol.  J,  fasc.  339.  20  26  Aprile  1864. 


306  ORIGINE  BELLA  DONAZIONE  DI  COSTANTINO 

da  senno  le  difese  della  Donazione.  Ma  resta  sempre  a  risolvere  il 
problema :  Dove,  e  quando,  e  da  chi,  e  per  quale  scopo  fu  egli  raai 
fabbricato  cotesto  curioso  Documenlo,  cbe  ba  godulo  per  larili  secoli 
tanta  autorit£  nel  mondo?  Ora  a  tutte  quesle  domande  il  Dollinger 
risponde  senz'ambagi :  La  Donazione  Costantiniana  fu  indubilatamen- 
te  fabbricata  in  Roma,  da  un  membro  del  clero  Romano,  poco  dopo 
il  mezzo  del  secolo  VIII,  e  probabilissimamente  Ira  i!752eil774, 
cello  scopo  di  favorire  1'acquisto,  cbe  allora  meditavano  i  Papi,  della 
signoria  lemporale  di  tutta  1'  Italia,  e  di  oltenere  nuove  onorificenze 
al  Clero  Romano,  mostrandone  il  primo  fondamento  legale  nell'Editto 
Costanliniano ;  il  quale  scopo ,  egli  soggiunge ,  preso  nel  suo  com- 
plesso,  fu  in  effetto  felicemente  otlenuto  1. 

Questa  opinione,  quanlo  alia  soslanza,  non  e  punto  nuova.  Due  se- 
coli fa,  Pietro  De  Marca,  Arcivescovo  di  Parigi  e  acerrimo  Gallicano, 
fu  di  credere,  che  la  falsa  Donazione  fosse  fabbricata  per  comando  dei 
Romani  Pontefici,  i  quali  immaginarono,  die' egli,  quesla pia  induslria 
contro  le  pretendenze  dei  Greci ;  anzi  ne  appunto  il  tempo  e  il  luogo, 
dicendo  parergli  vero simile  cbe  cio  avvenisse  a  Genlilly  1'anno  767, 
per  opera  di  Giovanni  Suddiacono  e  di  Pamfilo,  Legal!  del  Pontefice 
S.  Paolo  I,  e  col  consenso  di  Re  Pipino  2.  E  il  commentatore  del 

saputo  in  meno  di  cento  paginetle  raccogliere  oltre  a  un  buon  migliaio  di 
madornali  spropositi  di  storia,  tra  i  quali  la  Papessa  fa  la  priraa  figura. 

1  Pagg.  67,  69,  71,  73,  81. 

2  Dopo  aver  mostrato,  che  lo  scrittore  della  Donazione  non  pole  essere 
uno  scismatico,  egli  soggiunge:  Tanlum  abest,  ul  ex  hoc  capile  illud  Edictum 
proscribendum  ccnseam,  quin  potius  ivssu  ROMANOUUM  PONTIFICUM  scriplum 
fuisse  exislimem,  PIA  QUADAM  INDUSTRIA.  Anno  etenim  DCCLXV1I,  Legatis  Con- 
stantinopolitanis  repetentibus  a  Pipino  regiones  Italiae ,  quas  Rex  Ecclesiae 
Romanae  attribuerat,  loannes  Subdiaco  nus  et  Pamphilus,  Legati  Paulli  Papae 
mentionem  iniecerunt  haereseos  a  Graecis  fotae  contra  tradilionem  patrum,  et 
de  omnibus  huius  legationis  capitibus  cum  Graecis  coram  Pipino  disceptarunt; 
quae  delude  in  conventu  Gentiliacensi  discussa  sunt,  ubi  Orientalium  petitio 
explosa  fuit.  Verosimile  mihi  videtur,  TUNG  DE  CONSENSU  PiPim  REGIS  EXCOGI- 
IATAM  FUISSE  DONATIONS^  CONST  ANTING  qua  pertinacia  Const  antinopolitanorum 
retunderetur.  De  Concordia  Sacerdotii  et  Imperil,  Lib.  Ill,  Cap.  12,  num.  3. 
Quanto  alle  ragioni  che  il  De  Marca  ivi  segue  recando  della  sua  opinione, 
ci  basta  dire  col  celebre  Antonio  Pagi,  che  eius  conieclurae  iam  a  viris  doctis 
dissolutae  sunt  (PAGI,  in  Critic.  Baron,  ad  a.  324,  n,  16 ), 


SECONDO  IL  DOLLLNGER  307 

De  Marca,  1'  eretico  Giusto  Henningio  Bohmer,  poco  divariando  dai 
suo  Autore,  stimo  doversi  recare  tulto  il  merito  dell'  impostura  ai 
fwrbi  artifizii  di  Papa  Stefano  II,  il  quale  con  queste  ed  altre  arti 
seppe  menar  pel  naso  quel  buon  sempliciano  del  Re  Pipino,  che  be- 
veva  assai  grosso,  quantunque  il  monaco  Garlomanno,  suo  fratello, 
si  affaticasse  a  porlo  in  guardia  contro  le  frodi  pontificie  1.  Taecia- 
mo  del  Gibbon,  il  quale  non  solo  attribui  la  conialura  dell'  Editto 
Costantiniano  a  qualche  scriba  della  S.  Sede  verso  il  fine  del  seco- 
lo  VIII,  ma,  a  proposito  di  questa,  aggiunse  che  il  Vaticano  e  il  La- 
terano  erano  arsenale  ed  officina  di  Alii  falsi,  che  ivi  fabbricavansi 
e  conservavansi  per  fame  poi  mercato  a  profitto  della  S.  Sede  2. 

II  Dollinger  e  senza  dubbio  lonlanissimo  da  cotesti  eecessi  de'  suoi 
antecessori ;  anzi  net  rinfrescare  ch'  egli  fa  oggidi  la  loro  opinione, 
quel  ch'egli  vi  aggiunge  di  originate,  oltre  qualche  novita  di  ragio- 
ni ,  si  e  appunto  1'  accurate  studio  ch'  ei  pone ,  in  si  delicato  argo- 
mento,  a  fuggire  ogni  espressione  che  direltamente  offenda  la  rive- 
renza  dovuta  da  ogni  uomo  assennato,  non  che  da  ogni  buon  Calto- 
lico,  alia  S.  Sede,  ed  a  quei  Papi  santissimi  del  secolo  VIII.  Se  con 
tutlo  questo  studio  egli  sia  riuscito  a  salvare  in  effetto  questa  rive- 
renza,  il  vedremo  fra  poco;  ma  non  vogliam  dubitare  dell'ottima  sua 
inlenzione.  Del  resto,  il  nostro  assunto  qui  e  di  chiamare  ad  esame 
le  ragioni  della  sua  opinione,  e  vedere  se  i  fondamenti,  sopra  cui  egli 
la  pianla,  siano  in  realta  tan  to  saldi,  ch'  ella  debba  tenersi  non  solo 
per  probabile,  come  della  sua  modeslamente  contentavasi  il  De  Mar- 
ca, ma  per  al  tutto  cerla  e  indubilata. 

Egli  comincia  dal  mostrare  che  la  Donazione  non  e  d'  origine 
greca,  come  altri  la  disse :  ed  in  cio  siamo  interamente  d'accordo  col 
dotlo  Autore.  Gli  concediamo  senza  contrasto,  che  la  Donazione  giijt 

1  Credo,  ART/BUS  CALLIDIS  STEPHANI  Ponlificis  Romani  hanc  donationm  de- 
beri,  ut  eo  fadlius  Pipinum  Regem  dedpere  posset.,  quern  aliis  variis  artibus 
iam  deceperat....Simpticior  hac  in  re  Pipinm  erat,  quifictis  eiusmodi  callidi 
Ponlifitis  persuasionibus  facile  decipi  poterat,  ulut  a  Carolomanno  fratre  ad- 
monitus  esset,  ut  sibi  a  fraudibus  Ponlificis  caver 'et  etc.  Cos!  egli,  nell'  Obser- 
vatio  Y//7,  al  Capo  citato  del  De  Marca. 

2  Decadenza  e  rovina  dell' Impero  Romano,  Cap.  49. 


308  ORIGINE  BELLA  DONAZIONE  DI  COSTANTINO 

esisleva  presso  i  Latini  prima  dell' 850  l,  che  ella  era  nola  in  Oeci- 
dente  gia  da  qualche  secolo  prima  che  fosse  conosciuta  dai  Greci  2, 
che  fra  quesli  il  primo  a  menzionarla  e  adoperarla  fu  Teodoro  Balsa- 
mone,  Palriarca  d'Anliochia,  morto  nel  1180,  il  quale  probabilmente 
1'  ebbe  da  quei  Lalini  ch'  erano  gia  da  lunghi  anni  Signori  della  Si- 
ria  3.  Benche  non  sappiamo  poi  conciliare  con  tulle  queste  quell' al- 
ira  asserzione,  in  cui  T  Aulore,  commentando  1'  annolazione  apposta 
da  una  mano  imperita  a  un  Codice  greco  della  Donazione  4,  atlri- 
imisce  a  Fozio  1'  onore  di  avere  non  solo  conosciulo  il  Docurnento, 
ma  di  averne  riconosciuto  eziaridio  la  falsila,  siccorae  versatissimo 
ch'  egli  era  nella  letteratura  e  nella  storia,  e  d'  avere  odoralo  la  len- 
denza  della  impostura  %.  Se  i  Greci  non  conobbero  la  Donazione,  se 
non  qualche  secolo  dopo  1'  850,  or  come  la  conobbe  Fozio,  il  quale 
mori  nell'  886  ?  e  se  1'avesse  conosciuta,  e  conosciuta  per  falsa  e  fab- 
bricata  in  Roma  per  quelle  ambiziose  tendenze  che  ii  Bellinger  le 
allribuisce,  e  egli  credibile  che  quel  capilalissimo  nemico  della  Santa 
Sede,  che  fu  1'Autore  dello  scisma  greco,  si  contentasse  di  ripudiare 
con  disdegnoso  silenzio  il  Documento,  e  non  anzi  ne  levasse  alte  gri- 
da  ne'suoi  numerosi  scritti,  e  se  ne  valesse  come  di  arme  ulilissima 
a  screditare  i  Papi? 

Ma  cio  sia  detto  solo  di  passata.  Quello  pero,  che  a  niun  patto  non 
possiamo  arameltere,  si  e  la  conchiusione  che  1' Aulore  trae  da  que- 
sto  primo  capo.  La  Donazione  Costantiniana  non  fu  certamente  fab- 
bricata  dai  Greci:  Adunque ,  egli  inferisce,  ella  fu  coniata  senza 
dubbio  in  Occidente,  in  Italia,  in  Roma  e  da  un  cherico  Romano  6. 

1  Pag.  62.  —  2  Pag.  66.  —  3  Pag.  67. 

4  E  un  Codice  di  Vienna  col  testo  greco  della  Donazione,  alia  quale  e 

appOSta  questa  nota  :  Traps^pXvlBYi  dwro  TOU  a-yiwraT&u  TraTpiapxou  KtovaravrtvouTroXsw; 

xupou  O>WTIOU  raura ;  ossia :  Queste  cose  sono  state  rigettate  dai  santissimo  Pa- 
triarca  di  Costantinopoli,  signor  Fozio. 

5  Bin  in  der  Lilteratur  und  Geschichte  so  bewanderter  Mann  wie  Photius 
erkannte  naturlich  nicht  bios  die  Untichtheit,  sondern  auch  die  Tendenz  der 
FiUtion.  Pag.  65,  in  nota. 

6  Die  Constantinische  Schenkung  ist  also  ohne  Zweifel  im  Occident,  in  Ita- 
lien,  in  Rom  und  von  einem  Rb'mischen  Kleriker  verfertigt  worden.  Pag.  67; 
e  a  pag.  72  ripete  che  FAutore  fu  senza  dubbio  un  membro  del  clero  Roma- 
no :  dem  Verfasser,  ohne  Zweifel  einem  Romischen  Kleriker. 


SECONDO  IL  DOLLING ER  309 

Adagio,  di  grazia,  ai  ma'  passi :  qui  vi  sono  troppi  adunque ,  ad  un 
sol  fiato.  Se  la  Donazione  non  fu  creata  in  Oriente ,  ella  dunque  fu 
in  Occidente :  fin  qua  la  cosa  va  oltimamente.  Ma  ch'  ella  poi  fosse 
fabbricata  in  Italia,  e  proprio  in  Roma  e  da  un  cherico  Romano,  non 
sappiamo  con  qual  logica  possa  inferirsi  da  quella  premessa.  Tanto 
phi  che  fra  gli  argomenli,  dall'Autore  arrecali  a  dimostrare  lal  pre- 
messa, niuno  ve  n'  ha  cbe  gli  dia  diritto  di  restringere  solo  a  Roma 
la  condusione,  e  non  anzi  eslenderla  a  tutlo  1'Occidenie.  Egli  e  ben 
yero  cbe  nell'  un  d'  essi  il  Dollinger,  nolando  come  nella  Donazione, 
tra  le  quatlro  Sedi  patriarcali  dell'  Oriente ,  la  Coslantinopolitana 
venga  noverala  1' ultima,  cio  cbe  niun  Greco  avrebbe  mai  fatlo ;  tosto 
soggiunge  :  do  pole  farsi  soltanto  in  Roma,  dove ,  prima  d'  Inno- 
cenzo  HI,  si  negb  sempre  di  riconoscere  i  Canoni  del  II  e  del  IV 
Concilia  Ecumenico,  riguardanli  lor  dine  di  dignila  delle  Sedi  Pa- 
triarcali l.  Ma  ognun  vede  tal  restrizione  essere  arbitraria,  essendo 
cerlo  al  contrario,  cbe  cio  pote  farsi  in  qualsiasi  altra  Gbiesa  d'  Oc- 
cidente, giaccbe  le  Cbiese  Occidental!  punto  non  dilungavansi  in  cio 
dalla  norma  della  Cbiesa  Romana,  loro  maeslra. 

Dopo  questo  colpo  maestro  di  logica,  1'Autore ,  tenendo  omai  co- 
me cosa  indubitata  cbe  la  Donazione  fosse  inventata  in  Roma  e  da 
un  cherico  Romano,  precede  a  stabilire  il  quando  e  il  perche  fosse 
architettata  1'  impostura;  due  question!,  cbe  nella  sua  ipotesi  vanno 
streltamente  congiunte.  II  tempo,  dic'egli,  si  pub  con  preponderan- 
te  probabilita  collocare  negli  anni  che  corsero,  dal  primo  decadere 
della  potenza  Longobarda,  doe  dal  752  indrca,  fino  all  anno  777, 
in  cui  il  Papa  Adriano  per  la  prima  volta  menzionb  la  Donazione 
di  Costaatino.  L'Autore  di  quesla  non  potea  guari  promettersi  buon 
successo  della  sua  invenzione ,  prima  di  tal  tempo.  Egli  voleva  un 
yrande  Impero,  che  abbracdasse  tutta  Italia,  sotto  la  dominazione 
dei  Papi,  in  vece  di  quell'  Italia  dimsa  tra  Long obardi  e  Gred , 
nella  quale  Roma  era  bersaglio  agli  attacchi  degli  uni  e  alle  vessa- 


1  Diess  konnte  NUR  IN  ROM  geschehen,  wo  man  vor  Innocenz  HI  den  die  Ran- 
(jordnnng  der  Patriarchenstiihle  betreffenden  Canonen  der  sweiten  und  mer- 
tcn  dkumenischen  Synode  beharrlich  die  Anerkennung  verweigerte.  Pag.  63. 


310  ORIGINS  BELLA  DONAZIONE  DI  COSTANTINO 

zioni  degli  attri  1.  Indi  segue  spiegando  come  Roma  e  i  Papi,  Ira 
questi  due  mail ,  pur  sempre  preferirono  la  tiraimia  bizanlina  alia 
prepolenza  e  barbaric  longobarda ;  ed  allora  solo  gellaronsi  nelle  po- 
lenti  braccia  del  Francbi ,  quando  ve  li  ebbe  coslretti  1'  impoteuza  o 
1'avversione  del  Greci  a  dtfendere  1'  Italia  dai  Longobardi :  ma  fino 
aH'anno  752  (o  piu  esatlamente,  al  753)  Papa  Stefaho  II  2  invoca- 
ya  ancora  gl'  Imperatori  Greci  a  venire  con  un  esercilo  alia  clifesa 
d'ltalia.  Gregorio  II  (cosi  egli  continua)  fece  bensi  dopo  il  728  il  ten- 
tative di  costituire  una  Federazione  di  citta,  la  quale  si  manlenesse 
indipendente  contro  i  Greci  del  pan  die  contro  i  Longobardi,  e  di 
cui  fosse  capo  e  centro  la  Sede  pontificia  3.  Ma  la  cosa  nonriusci.  In 

1  Mil  iiberwie  gender  Wahrscheinlichkeit  lusst  sich  nlimlich  der  Zeitpmkt, 
in'welchemdie  Constantinische  Schenkimg  erdichlet  ww.de,  in  die  Jahre  verle- 
gen,  welche,  seit  die  Macht  des  Lonrjobardenreiches  zu  sinken  begann,  also 
seit  752  etwa,  bis  zum  J.  777,  wo  Papst  Hadrian  die  Gabe  Constantins  zu- 
erst  erwahnt,  verflossen.  Der  Urheber  konnte  nicht  wohl  friiher  einen  Erfolg 
von  seiner  Dichtung  erwarten.  Er  wollte  ein  grosses,  das  ganze  Ilalien  urn- 
fassendes  Reich  unter  pdpstlicher  Herrschaft  statt  des  zwischen  Longobarden 
und  Griechen  yetheilten  Italiens,  in  welchein  Rom  den  Angriffen  des  einen 
nnd  den  Misshandlungen  des  anderen  Theiles  preisgegeben  war.  Pag.  67. 

2  II  testo  dell'Autore  a  pag.  69,  dice  Stefano  IV ;  ma  egli  e  manifesta- 
mente  un  mero  sfalma  tipografico,  in  vece  di  Stefano  II,  o  forse  III,  secon- 
do  che  ad  altri  piace. 

3  Poco  innanzi  (pag.  68)  il  Dollinger  avea  detlo  che  Gregorio  II  fece  tut- 
to  cio  che  pote  per  contenere  gl'Italiani  nei  limiti  della  sudditanza  all'  Im- 
perator  Greco;  ed  altrove  (pag.  151-155)  confuta  di  proposito,  e  con  ottimi 
argomenti,  la  favola  che  Gregorio  11  facesse  ribellare  Tltalia  alVIsaurico,  af- 
fermando  che  qucsto  Papa,  ben  lungi  dal  volere  e  dalpromuovereilrovescia- 
mento  del  dominio  Bizantino  in  Italia,  ne  fu  anzi,  se  non  V  unico,  cerlo  il 
principal  sostegno;  . .  .  e  fece  ogni  cosa  per  impedire  che  gl'ltaliani  scuotes- 
sero  il  giogo  Greco,  ed  eleggessero,  come  volean  fare,  un  nuovo  e  lor  proprio 
Imperalore,  e  non  desiste  mai  dall'esortarli  a  mantener  fede  all'Impero  Orien- 
tate. Ottimamente:  ma  come  pud  accordarsi  tutto  cio  col  tentative  di  cote- 
sta  Confederazione  di  citta,  che  dovesse  mantenersi  indipendente  anche  a 
fronte  dei  Greci?  II  vero  e,  che  allora  vi  ebbero  bensi  moti  dMn,dipendenza 
e  principii  di  Lega  tra  varie  citta  italiane;  ma  il  tentative  attribuito  q-ui  dal 
Dolli nger  a  Gregorio  II,  i  monumenti  storici,  ben  lungi  daU'attestarlo,  es- 
pressamente  lo  confutano. 


SECONDO  IL  DOLLINGER  311 

Roma  perb  si  andava  sempre  piii  maturando  il  pensiero,  che  la  po- 
tenza  papale  ben  potrebbe  in  Italia  porsi  in  luoyo  della  Greca  che 
cadeva  in  pezzi,  e  della  Lonyobarda  che  era  abborrita;  e  cosl  ivi  fu 
fabbricato  quel  Documento ,  che  questa  forma  rappresentava  come 
la  forma  normale,  voluta  gia  dal  primo  Imperatore  cristiano.  Se 
cib  avvenisse  prima  della  Donazione  di  Pipino,  o  dopo,  non  si  pub 
ben  risolvere;  ma  ad  ogni  modo  avvenne  prima  della  fondazione 
del  Regno  Franco  in  Italia,  doe  prima  del  774.  Imperocche,  fon- 
dato  che  esso  fu ,  svanl  ogni  speranza  di  fare  di  tutta  /'  Italia  un 
solo  Stato  papale ,  e  I  impostura  non  avrebbe  piu  avuto  mssuno 
scopo.  Ma  ella  ben  pub  essere  slata  fabbricata  subito  dopo  la  dona- 
zione  dell' Esarcato  fatta  da  Pipino,  a/fine  di  spianar  la  via  e  som- 
ministrare  un  fondamento  storico  alle  pretendenze  sopra  tutta  Ita- 
lia, toslo  che  la  monarchia  Longobarda  ,  gia  per  se  debole ,  fosse 
caduta  interamente  in  rovina  1. 

Fin  qui  il  Dollinger;  11  quale  ben  si  guarda  di  atlribuire  espressa- 
mente  ai  Papi  quel,che  il  De  Marca  chiamava  pia  industria  di  coniare 
Alti  falsi,  per  gabbare  il  mondo  e  prepararlo  ad  accettare  il  tempo- 
rale  dominio;  ma  da  tutto  il  contesto  induce  Iroppo  naluralmente  il 
letlore  a  pensarlo  o  almeno  a  pigliarne  forle  sospetto.  Anzi  quel  porre 


1  Gregor  II  machte  nach  dem  J.  728  den  Versuch ,  eine  den  Griechen  wie 
den  Lonyobarden  geyeniiber  sick  selbstiindig  behauptende  Stadte-Confodera- 
tion  zu  bilden,  deren  Haupt-und  Mitlelpunkt  der  papstliche  ^luhl  ware.  Die 
Sacke  gelang  nicht.  In  Rom  aber  reifteimmer  mehr  der  Gedanke,  dass  die  pa- 
pstliche Gewaltin  Italien  an  die  Stelle  der  zerfallenden  Griechischen  und  der 
widerwillig  getragenen  Longobardischen  treten  konnte,  und  so  ward  dort  das 
Dokument  geschmiedet,  welches  diese  Form  als  die  normale,  schon  von  demer- 
sten  christlichen  Kaiser  gewollte  darstellte.  Ob  diess  vor  der  Schenkung  Pipin's 
Oder  nach  derselben  geschah,  lasst  sich  wohl  nicht  mehr  enlscheiden,  jeden falls 
aber  vor  der  Grundung  des  franMschen  Konigreichs  Ilalien,  also  vor  774.  Denn 
seitdem  dieses  crrichtet  war,  fiel  jede  Aussicht  auf  die  Verwirklichung  eines 
papstlichen  Gesammtsfaates  Italien  weg,  und  hatte  ^die  Erdichtung  keinen 
Zweck  mehr  gehabt.  Wohl  aber  kann  sie  bald  nach  der  Verleihung  des  Exar- 
chats  durch  Pipin  verfertigt  worden  sein,  um  Anspriichen  auf  ganz  Ilalien, 
wenn  das  innerlich  schwac-he  Longobardenreich  vollends  zerbrochen  sein  wiir- 
de,  Bahn  zu  brechen  und  eine  geschichlliche  Vnterlage  zu  verleihen.  Pag.  &9. 


312  ORIG1NE  BELLA  DONAZJOIN7E  DI  COSTANTINO 

1'  invenzione  del  falso  Eclilto ,  appunlo  in  quegli  anni  in  cui  i  Papi 
non  invocavano  e  non  riconoscevano  piu  il  dominio  dei  Greci,  e  non 
era  ancor  fondato  il  Regno  italico  dei  Franchi,  appena  puq  spiegarsi 
senza  supporre  complici  dell'  invenzione  i  Papi  slessi :  accennandosi 
con  cio,  che  prima  di  quel  tempo  i  Papi  non  avrebbero  accettato  il 
falso  Editlo  per  riverenza  al  Greco  dominio,  e  dopo  1'  avrebbero  ri- 
fiutato  come  ormai  inutile  al  politico  scopo,  di  acquistare  la  signoria 
di  tutta  Italia.  E  nolisi  che  il  Papa ,  sopra  cui  verrebbe  a  cadere  il 
maggior  sospetto ,  e  quel  Paolo  I,  che  e  venerato  come  Santo  sugli 
altari;  giacche  il  suo  pontificato  duro  dal  757  al  767 ,  doe  appunto 
nel  mezzo  dell'  epoca,  tra  i  cui  confmi  il  Dollinger  crede  scritta  la 
Donazione. 

Oltre  poi  al  principale  inlento  dell'  imposlura,  che  era  di  prepara- 
re  ed  agevolare  ai  Papi  la  signoria  temporale  di  lutta  Italia,  secondo 
il  Dollinger,  un  allro  ve  n'  ebbe  meno  rilevante,  ma  che  pur  sembra 
essere  stato  maggiormente  a  cuore  allo  scritiore  della  Donazione  ; 
quello  cioe  di  otlenere  pei  membri  del  Clero  Romano  certe  onoranze 
di  gran  pregio,  che  nel  Documento  lor  sono  attribuite  da  Costantino, 
come  il  privilegio  di  essere  uguagliati  in  dignita  ai  Senatori,  di  es- 
ser  creati  Patrizii  e  Consoli ,  di  vestir  gli  ornamenti  degli  ottimali 
Imperiali ,  di  cavalcare  palafrem  con  bianche  gualdrappe ,  e  di  cal- 
zare,  come  i  Senatori,  bianchi  sandali.  E  qui  1'A.  non  si  perita  di  at- 
tribuire  la  industria  dell'  impostura  a  tutto  il  Clero  romano;  imperoc- 
che,  sebbene  ei  dica  1'  inventore  della  Donazione  essere  slato  un  che- 
rico  di  Roma,  tuttavia  non  solo  aggiunge  aver  questi  formolate  nel 
Documento,  solto  vesle  di  donazioni  yia  fatte,  le  domande  e  i  desi- 
derii  dei  cherici  Romaniin  genere  1,'  ma  piu  sotto  afferma,  avere  il 
Clero  Romano,  col  suo  Documento  Costantiniano  preso  in  comples- 
so,  conseguito  si  bene  i  suoi  intenti,  che  piu  tardi  anche  a  Napoli  si 
tentb  lo  stesso  mezzo  in  favor  e  del  Clero  di  cola  2 ,  col  fare  una 
giunta  al  diploma  Costantiniano. 

1  Betrachtet  man  nun  die  ilbrigen  Artikel,  d.  h.  die  in  Verleihungen  einge- 
Meideten  Forderungen  und  Wunsche  ROMISCHKR  KLKBIKER,  so  etc.  Pag.  73. 

2  Da  DIE  ROMISCIIE  GEISTLICHKEIT  mit  HIRER  Const  ant  inischen  Urlunde  im 
Ganzen  genommen  HIRE  Zivecke  so  gut  erreicht  hatte,  so  versuchte  man  in  Nea- 
pel  zu  Gunsten  des  dortigen  Klerus  das  gleiche  Mit  lei.  Pag.  81. 


SECONDO  IL  DOLLINGER  313 

Un'accusa  si  grave  ed  oltraggiante  alia  Chiesa  Romana,  par  che 
non  dovrebbe  muoversi  da  un  Autore  caltolico,  senza  aver  buone 
ragioni  in  mano  da  provarla  .  Or  quali  sono  le  ragioni  del  Dollinger? 
Per  cercarne  che  abbiamo  falto  nelle  sue  pagine,  non  ci  venne  tro- 
vato  altro  che  congetture  insussistenti ,  affermazioni  gratuite,  che  si 
atterrano  con  seuiplici  neg  azioni ,  supposti  falsi ,  raziocinii  zoppi  e 
simil  merce.  Anzi,  chi  si  faccia  a  esaminar  per  poco  lasua  ipotesi, 
o  piultosto  la  sua  tesi  (giacche  ei  la  afferma  come  cosa  cerla),  non  e 
difficile  il  dimostrarla,  da'suoidati  medesimi,  incoerenteed  assurda. 

E  vaglia  il  vero ,  il  fondamento  stesso  della  lesi  e  interamente 
falso  e  contrario  alia  storica  verila.  E  falso  cioe  ,  che  in  Roma  nel 
secolo  Vill  si  nutrisse  mai  il  pensiero  e  la  speranza  di  fare  di  tutla 
I*  Italia  una  sola  e  vasta  monarchia  solto  lo  scetlro  del  Papa,  esclusi 
e  Greci  e  Longobardi  e  Franchi.  La  spera  nza  era  assurda,  perche  a 
Roma  mancavano  al  lutto  le  forze  per  tale  impresa,  e  niuno  meglio 
dei  Romani  e  dei  Papi  era  persuaso  della  propria  debolezza  militare 
e  politica ,  poiche  ad  ogni  Iratto  ricorrevano  al  braccio  dei  Franchi, 
e  solo  con  questo  riuscirono  a  frenare  prima ,  e  poi  ad  abbaltere  i  ne- 
nrici  che  da  ogni  lalo  li  assediavano.  Che  poi  neppure  se  ne  avesse 
il  pensiero,  I'inferiamo  da  piu  capi.  In  primo  luogo ,  niun  indizio 
slorico ,  niuoa  traccia  di  tal  pensiero  si  ritrae  dai  monumenti  di 
queH'ela;  lo  stesso  Dollinger  niun  argomento  ne  reca ,  ne  potrebbe- 
recarne.  In  secondo  luogo,  troviamo  anzi  nei  monumenli  storici  te- 
stimonianze  chiarissime  del  contrario  ,  le  quali  cioe  escludono  affalto 
quel  pensiero.  Infalli  il  Liber  Pontificalis ,  il  Codice  Carolino,  e  gli 
Annalisti  Franchi  di  quel  tempo,  dovunque  accennano  agli  Slati  di 
S.  Pietro,  cioe  alle  province  che  i  Papi  rivendicavano  solto  la  loro 
signoria,  nominau  solo  il  Ducato  Romano,  1'  Esarcato,  la  Penlapoli, 
la  Sabina,  la  Tuscia  romana  e  longobarda,  cioe  1'  odierno  Patrimo- 
nio ,  la  Campania ;  quella  parte  insomma  d'  Italia  che  a  un  dipresso 
fu  poi  sempre  Stato  del  Papa ;  ma  non  e  mai  che  parlino  dell' Italia 
intiera.  L'eslensione  massima,  a  cui  si  allargassero  le  pretendenze  e 
le  speranze  dei  Papi  e  dei  Romani ,  era  quella  che  trovasi  definita 
per  confini  nella  donazione  fatta  da  Carlomagno  in  Roma  nel  774  e 
descritta  nella  vita  di  Adriano  presso  Anastasio :  colla  qual  dona- 


314  ORIGINS  DELLA  DONAZIONE  DI  COSTANTINO 

zione  Carlomagno,  come  ivi  e  delto  espressamente,  altro  non  fece 
die  rinnovare  e  confermare  la  prima  Promessa  1,  falta  gia  da  Pipino 
in  Ouiersya  Slefano  II  nel  754,  e  non  eseguitachein  parte  da  Pipino 
dopo  le  sue  vitlorie  contro  Astolfo  :  e  Carlomagno  stesso,  per  le  ra- 
gioni  die  qui  non  accade  cercare ,  mai  non  esegui  interamente  la 
donazione  o  promessa  del  774.  Ma  certo  e  che  i  Papi  mai  non  pre- 
tesero  nulla  al  di  la  di  questa  donazione ;  la  quale  fu  eziandio,  per 
lulto  il  medio  evo,  la  norma  che  i  Papi  prescrissero  agl'  Imperatori 
succeduti  a  Garlomagno,  nei  diplomi  in  cui,  prima  di  dar  loro  la 
corona  imperiale,  soleano  farsi  confermare  i  possess!  e  i  dirilti  re- 
gali  della  S.  Sede.  Ora,  siccome  i  confmi  di  questa  donazione  lascia- 
yano  in  signoria  dei  Franchi  tulta  almeno  I'  alia  Italia ,  cioe  quello 
che  poi  chiamossi  Regno  Italico  dei  Franchi ,  egli  e  manifesto  che 

1  Potremmo  allegare  qui  il  Frammento  Fantuzziano,  che  contiene  appun- 
to  il  tenore  di  cotesta  prima  promessa;  ma  poiche  il  Dollinger  lo  rigetta  co- 
me spurio,  e  lo  ha  per  una  impostura,  fabbricata  anch'essa  dopo  la  Douazio- 
ne ,  sotto  Carlomagno,  1'  allegazione  tornerebbe  per  lui  indarno.  fiensi  vo- 
gliam  notare  ,  che  le  due  censure  fatte  al  Frammeuto  dal  dotto  Prol'essore  , 
(pag.  70  in  nota)  non  hanno  agli  occhi  nostri  niun  valore.  La  la  e  che  Pipino 
ivi  nomini,  invece  dell'Imperatore  Costantino,  1'lmperatore  Leone,  cui  il  Dol- 
linger crede  essere  1'  Isaurico.  Ma  il  Fantuzzi  e  51  Troya  han  g  a  risposto, 
notando  che  nel  754  in  Bizanzio  con  Costantino  Copronimo ,  verameute 
fegnava  Leone  suo  figlio  e  collega  uell'  imperio ,  il  cui  nome  iiegli  atti 
pubblici  associavasi  a  quel  del  Padre  ;  e  che  nel  Frammento  ,  se  non  leg- 
gesi  il  nome  di  Costantino ,  egli  e  perche  resto  nella  penna  de!  copista.  La 
2"  e  che  1'inviato  imperiale  Marino,  ivi  nominate,  vi  sia  per  iscambio  e  con- 
fusione  fatta  dal  compilatore,  del  Marino  prete,  inviato  poi  da  Roma  a  Pipi- 
no, e  del  Marino  Spatario,  inviato  gia  da  Leone  Isaurico  a  Roma  per  toglier 
di  vita  Gregorio  II.  Ma  questo  scambio  non  e  che  una  supposizione  gratuita 
e  vanissima  del  Dollinger;  nulla  vietando  che,  fuor  dei  due  predetti,  vi  fosse- 
ro  a  que'di  altri  Marini  al  mondo,  un  de'quali  venisse  nel  754  come  Legato 
imperiale  in  Francia.  Notiamo  inoStre,  che  mentre  il  Dollinger  soggiunge, 
1'impostura  del  Frajnmento  essere  stata  fatta  per  ottenere  una  ampliazione 
della  donazione  da  Carlomagno  ,  mostra  di  non  essersi  a-vveduto  che  i  ter- 
mini della  donazione  nel  Frammento  coincidono  a  capello  con  quei  meclesi- 
mi  appunto  che  leggonsi  In  Anastasio  (  Vita  Badriani)  dov'e  narrata  la  do- 
nazione  di  Carlomagno,  ossia  la  rinnovazione  e  conferma  ch'egli  fece  nel  774 
della  prima  donazione. 


SECONDO  IL  DOLLINGER  31 0 

essa  escludeva  persino  1'idea  di  una  Italia  che  tutta  intiera  fosse  sud- 
dita  al  Papa. 

Cio  posto,  avverlasi  di  grazia  allentaraente :  se  la  donazione  di 
Carlomagno  nel  774,  altro  non  fu  che  la  rinnovazione  della  prornes- 
sa  fatia  gia  da  Pipino  in  Quiersy  nel  754,  colla  medesima  estensione 
e  coi  medesimi  limiti ;  adunque  anche  nel  754  era  gia  cosa  conve- 
mila  tra  Slefano  II  e  Pipino,  che  1'  alia  Italia  restasse  in  signoria 
dei  Franchi,  dopo  che  avessero  disfalto  il  regno  longobardo  ;  epper- 
cio  tra  il  754  e  il  774  non  poteva  in  Roma  non  che  mantenersi,  ma 
neppur  aversi  il  pensiero  di  fare  di  tutta  I' Italia  un  solo  e  vasto  re- 
gno pel  Papa ;  ne  fabbricarsi  a  tal  fine  Documenti  falsi.  E  se  dopo  il 
774,  cioe  dopoche  fu  fondato  il  Regno  Ilalico  dei  Franchi,  svani, 
secondo  il  Dollinger,  ogni  speranza  di  fare  di  tutta  I  Italia  un  solo 
Stato  papule,  e  /'  impostura  non  avrebbe  piu  avuto  nessuno  scopo , 
perche  la  fondazione  di  quel  regno  escludeva  il  Papa  dalla  signoria 
dell'  Italia  superiore ;  adunque,  diciam  noi,  lo  stesso  deve affermarsi 
di  tutto  queir  intervallo  che  corse  ira  il  754,  e  il  774,  cioe  di  que- 
gli  anni  appunto,  nei  quali  soltanto  vuole  il  Dollinger'  che  sia  slata 
possibile  in  Roma  F  imposlura  della  Donazione  Coslantiniana;  atleso 
che  quell' esclusione  era  gia  cosa  stabilita  e  ferma  nel  solenne  Patto 
di  Quiersy  tra  il  Papa  e  il  re  Pipino.  Ne  puo  a  verun  patto  ammel- 
tersi ,  che  1'  imposlura  polesse  essere  stata  fabbricata  subito  dopo  la 
donazione  dell'Esarcato,  fatta  da  Pipino  (  uel  754),-«/$ne  di  spia- 
nar  la  via  e  somministrare  un  fondamento  storico  alle  pretendehze 
sopra  tutta  Italia,  tostoche  la  monarchia  longobarda  fosse  caduta 
totalmente  in  rovina;  imperocche  nel  Patlt)  di  Quiersy,  del  quale 
la  donazione  dell'  Esarcato  non  fu  che  un  effetto  e  un  aderapimento 
parziale,  Pipino  avea  gia  chiusa  ogni  via  a  quelle  preteudenze  ro- 
mane  (se  mai  vi  fossero  stale)  sopra  lulta  Italia,  ed  era  gia  cosa 
stabilita  e  ferma,  lo  ripetiamo  per  la  terza  volta,  che,  al  cadere  della 
monarchia  longobarda ,  1'  Italia  superiore  resterebbe  in  signoria  dei 
Franchi.  Pipino  Iasci6  in  piedi  la  monarchia  longobarda,  e  dopo  le 
vitlorie  contro  Astolfo,  vitam  et  regnum  ei  concessit,  perche  si  egh* 
come  il  Papa  s'  impietosirono  alle  preghiere  del  vinto  Re  e  credet- 
tero  alle  sue  promesse ;  laonde  il  regno  longobardo  pote  sopravvi- 


316  ORIGINE  DELIA.  DONAZIONE  DI  COSTANTINO 

yere  altri  vent'anni  alia  gia  decretata  rovina;  ma  quando  Carloma- 
gno  discese  a  dargli  1' ultimo  colpo,  e  prese  possesso  del  regno  Ita- 
lico,  altro  non  fece  che  compiere  il  primo  disegno  del  padre. 

Ognuno  vede  adunque ,  che  coi  dati  stessi  del  Dollinger,  posti 
a  riscontro  dei  fatti  e  monument!  storici  phi  indubitali  del  secolo 
YIH,  viene  rovesciato  il  principal  fondamento  sopra  cui  egli  ha  pian- 
tato  la  sua  lesi.  Lo  scopo  capitalissimo,  al  quale,  secondo  lui,  mira- 
va  T  impostura  del  falso  Editto,  doe  1'  ollenere  al  Papa  la  signoria 
di  tulla  quanta  Y  Italia  ,  e  un  sogno,  che  non  entro  ne  pole  mai  en- 
trare  in  capo  ai  Roman!  e  molto  meno  ai  Pontefici  del  secolo  VIII. 
E  quel  tempo,  in  cui  soltanto  egli  crede  essere  slala  probabile,  anzi 
possibile  1'  impostura,  e  quello  appunto  die  la  esclude. 

Dopo  di  do,  non  vale  quasi  il  pregio  di  parlare  di  quegli  altri  inten- 
dimenti  secondarii ,  ai  quali  il  Dollinger  attribuisce  anche  in  parte 
la  fabbricazionedeirEditto.  E  ci  parrebbe  quasi  di  fare  oltraggio  al 
buon  senso  dei  nostri  lettori,  ponendoci  seriamente  a  dimostrare  die 
la  Corte  papale  e  il  Clero  Romano  non  ebbe  bisogno  di  ricorrere  agli 
impostori  e  ai  falsarii  del  secolo  VIII ,  per  acquistare  quelle  onoranze 
che  alia  sua  dignita  convenivansi.  Tanlo  piu  che  queste  onoranze,  le 
quali  il  Dollinger  suppone  domandate  e  desiderate  dagli  ecclesiastic! 
Romani,  e  con  quella  pia  industria  dell'  impostura  felicemente  ottemi- 
te,  non  si  sa  da  chi  ne  come,  ma  certo  verso  quel  tempo  a  cui  egli 
assegna  1'origine  della  falsa  Donazione;  queste  onoranze,  diciamo, 
erano  gia  possedute  da  lungo  tempo  innanzi.  Siccome  da  gran  tempo 
la  maesta  dei  Pa  pi  splendeva  in  Roma  e  non  avea  che  invidiare  anche 
per  esterna  pompa  ai  Monarchi  della  terra  ed  agl'  Imperatori  stessi, 
i  quali  le  si  prostravano  umilmenle  dinanzi  l ;  cosi  anche  il  clero 
Romano  e  il  corteggio  pontificio  non  avea  certo  da  sospirare  per  es- 
sere pareggiato  in  dignita  ai  Senatori  laici  o  agli  ottimati  dell'  Im- 
pero.  Lasciando  da  parte,  come  degna  solo  di  riso,  la  supposizione 
che  i  Dignitarii  ecclesiastic!  di  Roma  ambissero  eziandio  i  titoli  lai- 

l  Veggansi  presso  ANASTASIO  ( in  Vita  Constantini )  le  accoglienze  onori- 
ficentissime  onde  Papa  Costantino  fu  nel  711  ricevuto  in  Costantinopoli  ed 
a  Nicomedia,  dove  1'Imperatore  Giustiniano  II,  nel  primo  incontro  col  Pa- 
pa, cum  regno  in  capile  se  prostramt,  pedes  osculans  Pontipcis* 


SECONDO  IL  DOLLINGER  317 

call  di  Patrizii  e  di  Consoli ;  niuno  ci  dara  mai  ad  intendere ,  che 
nel  secolo  VIII  Roma  avesse  bisogno  d'invocare  un  linto  edilto  di 
Costanlino  per  far  si  aggiudicare  (e  da  chi  mai?)  il  diritto  ditenere 
intorno  al  Papa  dei  Cubicularii,  degli  Ostiarii,  degli  Excubitores  1, 
o  altri  ufficiali  e  guardie  di  palazzo ;  e  quand'  anche  fosse  vero,  che 
Paolo  Afiarta,  ai  tempi  di  Stefano  IV  o  III,  doe  nel  768,  e  il  primo 
che  si  trovi  nominate  Cubicularius  papale,  non  pero  ha  buon  diritto 
il  Dollinger  di  credere  che  prima  non  ye  ne  fossero.  Ma  poiche  nella 
Donazione  di  Costanlino  insieme  col  diritto  di  lenere  Cubicularii  ecc. 
Tiene  conceduto  al  Papa  anche  il  Palazzo  Lateranense  2,  perche  non 
aggiunge  il  Dollinger,  essere  stato  anche  queslo  un  desiderio  e  una 
domanda  del  secolo  VIII ,  do  che  vorrebbe  dire ,  non  aver  mai  i 
Papi  prima  di  Stefano  II  possedulo  il  Laterano?  Quanto  poi  alle 
bianche  gualdrappe  dei  palafreni ,  privilegio ,  die'  egli ,  di  somma 
importanza  in  Roma,  e  come  tale,  tenuto  in  pregio  altissimo  non  solo 
dallo  scrittore  della  Donazione,  ma  da  tutti  gli  Ecclesiastic!  di  Roma 
dei  quali  egli  era  1'interprele;  di  queste  bianche  gualdrappe,  dicia- 
mo,  siccome  il  Dollinger  ci  allega  egli  medesimo  esempii  dell'eta  di 
S.  Gregorio  Magno  e  di  Papa  Conone,  cosi  e  manifesto  che  non  era 
piu  nel  secolo  VIII  un  mero  desiderio;  laonde  1'Autore  della  Dona- 
zione potea  risparmiarsi  la  briga  cVinserirla  fra  leNiltre  domande  e 
gli  altri  desiderii  del  Clero  Romano.  Se  pure  non  vuol  dirsi,  come 
dice  il  Dollinger  3,  ch'  ei  volesse  ottenerne  la  conferma ;  giacche  for- 
se  vi  doveva  essere  non  sappiamo  chi,  che  facea  guerra  alle  bianche 
gualdrappe  dei  palafreni  prelalizii ,  e  minacciava  di  spogliare  di  tal 
ornamento  il  Clero  Romano. 

Ma  di  tali  inezie  basli.  Piu  degna  di  risposta  e  un'altra  afferma- 
zione  del  Dollinger ,  sopra  la  quale  egli  fa ,  a  quanto  pare ,  grande 
fondamento,  e  la  quale  in  verita ,  fra  tutti  gl'  indizii  ch'egli  arreca  a 

1  Mans  Hess  sich  ferner  unter  Constantiri's  Namen  das  Recht,  papstliche 
Kammerherren,  Thurhuter,  und  eine  Leibwache  ( Cubicularii,  Ostiarii,  Excu- 
bitores} zu  halten,  zusprechen.  Pag.  75. 

2  Concedimus  palatinm  imperil  nostri  Lateranense,  quod  omnibus  in  toto 
orbe  terrarum  praefertur  atque  praecellit  palatiis  etc.  EDICTUM  CONSTANTTNI. 

3  Pag.  75'. 


318  ORIGINE  DELIA  DONAZIONE  DI  COSTANTINO 

confortare  la  sua  lesi ,  e  il  solo  che  abbia  qualche  peso.  Adriano  /, 
die'  egli,  in  una  sua  Lellera  scritta  a  Carlomagno  1'anno  777,  ac- 
cenna  incontrastabilmenle  alia  Donazione  Coslantiniana ,  dicendo , 
aver  Costanlino  alia  Chiesa  Romana  «  conferito  la  potesta  in  quesle 
regioni  dell'  Esperia  » ;  che  sono  appunlo  le  occidentalium  regio- 
num  provinciae,  di  cui  parla  il  diploma  della  Donazione  1.  Dun- 
que  il  diploma  era  gia  fabbricato  prima  del  777  ;  e  poiche  Adriano 
e  il  primo  a  fame  menzione,  doveva  essere  stato  fabbricato  poco  in- 
nanzi  e  in  Roma  ;  cioe  appunto  nel  luogo  e  nel  tempo  cbe  piace  al 
Dollinger  di  assegnargli. 

II  falto  della  Leltera  2  e  indubitato,  e  la  somiglianza  della  frase  di 
Adriano  con  quella  della  Donazione  e  parimente  manifesta.  JNoi  pero 
troviamo  ancbe  qui  la  logica  dell'Aulore  stranamente  facile  e  corriva 
a  lirare  conseguenze  incontrastabili  da  troppo  deboli  promesse.  Ma 
innanzi  tratlo  gli  vogliam  chiedere  :  Adriano  Papa ,  cilando  la  falsa 

1  Hadrian  I  deulet  unldugbar  auf  sie  (die  Constantinische  Schenkung) 
durch  die  Worte:  Constantin  habe  der  Rb'misciien  Kir  che  «tn  diesen  Ldndern 
Besperiens  die  Macht  verjiehen  » ;  diesssind  die  occidentalium  regionum  pro- 
vinciae (Suouwv  y.wpwv  sira^iai )  f  von   dencn  die  Schenkungsurkunde  redet. 
Pag.  76.  Cf  pag.  67:  bis  zum  J.  777,  wo  Papst  Hadrian  die  Gabe  Constan- 
tins  zuerst  erwahnt  ecc.  Qui  sopra  il  Dollinger  traduce  il  potestatem  di  Adria- 
no colle  voci  die  Macht:  la  potesta ;  ma  eglf  avrebbe  dovuto  tradurre  sem- 
plicemente  Macht ,  potesta:  cio  che  fa  un  senso  ben  diverso.  Nel  primo  ca- 
so  iiifatti ,  si  siguHica  avere  Costantino  dato  a  Papa  Silvestro  in  Italia  tulta 
la  potesta  stessa  che  avea  1'  Imperatore;  nel  secondo  invece,  avergli  dato 
qualche  potesta  ossia  autorita.  il  primo  e  un  senso  assurdo  ,  ma  che  quadra 
a  capello  colle  assurde  frasi  della  falsa  Donazione;  laddoveil secondo  e  non 
solo  credibile,  ma  storicamente  certo  ,  ed  e  il  senso  genuino  della  frase 
di  Adriano. 

2  E  1'  Epistola  LX  del  GODICE  CAROLINO,  secondo  1'edizione  del  Cenni. 
Ivi  si  legge:  Et  sicut  temporibus  beati  Sylvestri,  Romani  Pontificis,  a  sanctae 
recordaiioni<piissimo  Constantino  Magno  imperatore,  per  eius  largitalem 
sancta  Dei  catholica  et  apostolica  Romana  Ecclesia  elevata  atque  exaltata 
est,  et  potestatem  in  his  Hesperiae  partibus  fargiri  dignatus  est,  ita  et  in  his 
vestris  felicissimis  temporibus  atque  nostris,  sancta  Dei  Ecclesia,  id  est,  beati 
Petri  Apostoli  germinet  alque  exultet,  et  amplius  atque  amplius  exaltata  per- 
maneat  etc. 


SECONDO  IL  DOLLJNGER  •  ,  319 

Donazione ,  e  adducendo  a  Carlomagno  I'esempio  delle  liberalila  del 
gran  Costantino,  sapeva  egli,  che  la  Donazione  era  falsa,  o  nol  sapeva? 
Che  nol  sapesse ,  e  troppo  duro  a  credere  ,  se  e  vero  quel  che  sopra 
udimmo  dal  Dollinger ,  che  cioe  il  diploma  era  stalo  coniato  poco 
prima,  in  Roma,  e  non  gia  in  secreto  da  qualsiasi  cherico  Romano, 
ma  per  opera  e  inlento  comum  del  Clero  Romano,  di  cui  Adriano  in 
minor  for  tuna  era  certo  un  dei  membri  piu  operosi  e  capaci.  Se  poi 
il  sapeva,  egli  dunque  si  faceva,  anche  da  Papa,  solennemente  com- 
plice dell'  imposlura  ,  anzi  adoperando  la  sua  autorit&  a  propagare 
pel  primo  fuor  di  Roma  il  falso  diploma ,  sopra  di  se  assumea  la 
principal  reita  di  cosiffatta  infamia.  Noi  lascieremo  al  Dollinger  la 
cura  di  cancellar  dalla  fronte  di  uno  dei  piu  illustri  e  intemerati 
Ponlefici  che  abbia  avuto  la  Chiesa ,  cotestp  marchio  d'  infamia 
ch'  egli ,  benche  cerlamente  senza  volerlo  e  senza  pure  addarsene  , 
vi  ha  impresso  :  e  in  tan  to  ci  faremo  ad  esaminare  i  suoi  argomenti. 
I  quali  tutti  riduconsi  a  quella  somiglianza  di  frase,  gia  sopra  nota- 
ta.  Ora  noi  qui  domandiamo  in  primo  luogo :  da  lal  somiglianza  se- 
gue egli  incontrastabilmenle  che  la  Donazione  sia  anteriore  alia  Let- 
tera  di  Adriano?  e  invece  di  dire,  che  Adriano  allude  alia  Donazio- 
ne, non  potrebb'  egli  dirsi  piuttoslo  che  1'autore  della  Donazione  al- 
lude^  alia  Letlera  di  Adriano ;  che  cioe ,  come  altre  frasi  altronde , 
cosi  qualche  frase  abbia  racimolata  anche  dalle  epistole  di  Adriano? 
La  somiglianza  non  sarebbe  punto  guasta  ,  col  solo  invertire  la  cro- 
nologia.  In  secondo  luogo  :  cotesta  somiglianza  e  ella  tale ,  che  le  pa- 
role di  Adriano  debbano  necessariamente  supporsi  caVate  dalla  falsa 
Donazione ?o  non  potrebbero  elle  spiegarsi  benissimo,  derivandole  da 
tutf  altra  fonte  ?  II  Muralori  l  disse  bensi ,  che  quelle  parole  sem- 
brano  indicare  gia  nata  la  famosa  Donazione  di  Costantino ;  ma  non 
oso  decidere ,  e  molto  meno  dar  la  decisione  per  incontrastabile.  Al- 
tronde e  certo ,  che  oltre  il  Cenni  e  Natale  Alessandro,  nominati  qui 
dal  Dollinger,  altri  molti  e  gravissimi  Autori,  ch'egli  ben  sa,  han 
letto  quell'  Epistola  di  Adriano  ,  e  nondimeno  ban  collocato  1'  origine 
della  Donazione  assai  dopo  1'  Epistola,  cioe  nel  IX  secolo,  giudican- 
do  con  cio  che  Adriano  non  alludesse  punto  alia  Donazione. 

1  Annali  d'  Italia,  a.  776.  Cf.  Plena  Esposizione  ecc.  Cap.  I. 


320  ORIGINE  BELLA  DONAZIONE  DI  COSTANTINO 

Infatti  a  rendere  ragione  di  tutto  il  conlesto  di  Adriano  ,  egli  ba- 
sta  supporre  il  falto  verissimo  c  notissimo  :  che  Costaniino  Magno 
avesse  esaltata  ed  arricchita  la  Chiesa  Romana  coa  imperiale  muni- 
ficenza ,  assegnando  riccbe  doti  di  poderi  e  di  patrimonii  alle  son- 
tuose  Basiliche  da  lui  in  Roma  edificate  ;  che  per  riverenza  alia  Se- 
de  Apostolica,  molto  deferisse  al  Papa  in  ogni  cosa,  e  sopraltutto 
dopo  la  traslazione  della  sede  imperiale  a  Bizanzio,  gli  lasciasse  in 
Italia  grande  aulorila,  non  gia  per  diploma  scritto,  ma  per  natural 
conseguenza  del  rimanere  che  qui  faceva  il  Papa ,  il  personaggio  piu 
augusto  e  venerato  da  tutli  gli  ordini  dell'  Impero :  la  quale  autorita 
veggiamo  infalli  avere  i  Papi  esercitalo,  per  consensodegl'  Impera- 
tori  medesimi  e  quasi  loro  Yicarii ,  in  molti  casi  gravissimi ,  assai 
prima  del  secolo  VIII,  come  il  mostrano  specialmente  le  geste  di 
S.  Leone  Magno  e  di  S.  Gregorio  Magno ,  che  ai  di  loro  spiegarono 
in  his  flesperiae  partibus  una  polesta  maggiore  assai  e  piu  efficace 
e  salutare  che  non  quella  dei  luogotenenli  ed  Esarchi  imperiali.  A 
questi  fatti  pubblici ,  luminosi ,  notissimi ,  e  gia  da  gran  tempo  au- 
tenticati  dalla  universale  tradizione  ,  appella  manifestamente  Adria- 
no scrivendo  a  Carlomagno;  e  non  gia  a  un  Documento  il  quale, 
secondo  il  Dollinger  medesimo ,  nato  poc'  anzi  in  Roma ,  e  non 
uscilo  per  anco  alia  pubblica  luce ,  non  doveva  esser  noto  allora, 
non  che  in  Francia  e  a  Carlomagno,  ma  neppure  in  Italia.  Ben  po- 
trebbe  dirsi  piuttosto  col  Cenni  l ,  avere  Adriano  fattoallusione  agli 
Atti  apocrifi  di  S.  Silvestro  ,  che  gia  da  piu  secoli  correano  per  le 
mani  di  lutli;  e  nei  quali  trovasi  bastevole  riscontro  di  do  che  il 
Papa  scrive  di  Costantino  a  Carlomagno :  tanto  piu  che  dei  medesi- 
mi Atli  Irovasi  addotta  da  Adriano  1'autorita  nella  Epistola  De  Ima- 
ginibus  a  Carlomagno ,  e  nella  Lettera  a  Costantino  ed  Irene ;  donde 
appare  ch'eili  tenea  per  sinceri;  siccome  furono  per  lungo  tempo 
universalmente  tenuti.  Anzi  questa  Leltera  a  Costantino  ed  Irene  ci 
da  in  mano  un  nuovo  argomenlo  a  provare  che  Adriano  non  cono- 
scea  punto  la  Donazione ,  e  che  percio  questa  ai  suoi  di  non  doveva 
ancora  esser  nata.  Imperocche,  iviin  sul  fine,  esortando  il  Ponte- 
fice  i  Greci  Augusti  a  restituire  alia  Chiesa  Romana  i  patrimonii  che 

1  Monumenta  dominat.  Pontif.  I,  305. 


SECONDO  IL  DOLLINGER  321 

da  Leone  Isaurico  le  erano  stati  rapili ,  allega  bensi  in  generale  gli 
esempii  dell'antica  pieta  degl'  Imperatori  ortodossi  che  quei  patrimo- 
nii  avevano  offerti  e  conceduti  a  S.  Pielro  1 ,  manon  fa  motto  spe- 
ciale  di  Costantino  Magno.  Ora ,  se  Adriano  avesse  conosciuta  e  te- 
nuta  per  vera  la  Donazione  e  le  slerminate  offerte  clie  in  essa  fa 
Coslantino  alia  Ghiesa  Romana ,  avrebbe  egli  tralasciato  qui  di  ri- 
cordarla  ai  suoi  successor!?  non  era  questo  il  caso,  se  altro  mai, 
di  farla  valere?  e  questo  silenzio  di  Adriano  non  e  egli  eloquentissi- 
mo  a  dimostrare ,  che  fino  a  quell'  anno  785 ,  in  cui  fu  scritta  que- 
sta  Leltera,  in  Roma  non  sapeasi  ancor  nulla  della  Donazione?  Che 
se  altri  rispondesse ,  Adriano  averla  bensi  conosciuta ,  ma  non  aver- 
la  allegata  perche  la  tenea  per  falsa  ;  dunque ,  ripiglieremo  noi,  non 
la  dovette  allegare  nemmeno  a  Carlomagno ,  seppure  non  vogliamo 
fare  di  quel  gran  Papa  un  vile  impostore ;  dunque  la  sua  lettera  a 
Carlomagno  non  allude  punto  alia  Donazione. 

Del  resto  a  convincere  il  Dollinger  che  Adriano  non  fece  tale  al- 
lusione,  ci  basterebbe  recar  1'autorita  del  Dollinger  medesimo.  Egli 
iufatli  concede  che  allorquando  il  Vescovo  di  Cremona ,  Liutprando, 
si  reco  a  Costantinopoli,  ambasciatore  di  Ottonel  pressoNiceforo,  nel 
discorso  che  tenne  al  Greco  Augusto,  celebrb  bensi  le  yrandi  dona- 
zioni  fatte  da  Costantino  alia  Cliiesa  Romana,  persino  nella  Per- 
sia, nella  Mesopotamia  e  in  Babilonia,  ma  non  seppe  nulla  di  quel 
che  contiensi  nel  finto  diploma  ,  o  nulla  almeno  ne  voile  toccare  2. 
Ora,  paragonisi  di  grazia  la  parlata  di  Liutprando,  da  lui  medesimo 

I  Porro  et  hoc  vestrum  a  Deo  coronatum  ac  piissimum  poscimus  imperium; 
ut ,  si  veram  et  orlhodoxam  sanctae  catholicae  Ecclesiae  nitimini  amplecli  fi- 
dem,  sicut  ANTIQVITVS  AB  OSTHODOXIS  IMPERATOBIBUS,  sen  a  ceteris  Cfirislianis 
fidelibus  oblata  atque  concessa  sunt  patrimonia  beali  Petri  Apostolorum  prin- 
cipis,  fautoris  vestri,  in  integmm  nobis  restituere  dignemini  pro  luminario- 
rum  concinnaloribus  eidem  Dei  Ecclesiae,  atque  alimoniis  pauperum.  MANSI, 
Concilia,  XII,  1073. 

ZLuitprand,  Bischof  von  Cremona,  als  kaiserlicher  Gesandter  in  Byzanz 
zwar  die  grossen  Schenkungen  ruhmte,  die  Constantin  der  Romischen  Kirche 
selbst  in  Persien ,  Mesopotamien  und  Babijlonien  gemacht  habe ,  aber  von  dem 
Jnhalt  der  fingirten  Urlmnde  nichts  wusste,  wenigstens  nichts  davon  beruhren 
mochte.  Pag.  77. 

Serie  Y,  vol.  X,  fasc.  339.  21  27  Apriie  1864. 


322  ORIGINE  BELLA  DONAZIONE  DI  COSTANTINO 

riferitaci  nella  sua  Legatio  Constantinopolitana  ,  colla  Lettera  di  A- 
driano  a  Carlomagno.  Liutprando  disse:  Constantinus  Imperator  Au- 
gustus, qui  hanc  ex  suo  nomine  condidit  civitatem  ,  sanctae  aposto- 
licae  Romanae  Ecclesiae,  lit  erat  Kosmocrator,  multa  donaria  con- 
tulit  ,  non  in  Italia  sohtm  ,  sed  in  omnibus  pene  occidentalibus  re- 
gnis,  necnon  de  orientalibus  atque  meridianis  ,  Graecia  scilicet,  lu- 
daea,  Per  side,  Mesopotamia,  Babylonia,  Aegypto,  Lybia,  ut  ipsius 
testantur  privilegia  quae  penes  nos  sunt  1.  Udiamo  ora  Papa  Adria- 
no  :  Et  sicut  temporibus  beati  Silvestn,  cosi  egli  scrive  a  Carlo  ,  a 
sanctae  recordationis  piissimo  Constantino  Magno  imperatore  ,  per 
eius  largitatem,  sancta  Dei  cathoiica  et  apostolica  Romana  Ecclesia 
e  levata  atque  exaltata  est  ,  et  potestatem  in  his  Hesperiae  partibus 
largiri  dignatus  esl,  ita  et  in  his  vestris  felicissimis  temporibus  etc.  2. 
Adriano  dunque  null'  allro  attribuiva  a  Costantino  se  non  che  1'a- 
yere  colla  sua  liberalitci  (  largitatem  )  esaltata  la  Chiesa  Roraana  e  da- 
lole  potenza  in  quesle  parli  di  Esperia.  Ora  Liutprando  dice  for- 
se  di  meno,  quando  afferma,  avere  Gostanlino  ,  con  munificenza  da 
cosmocratore  ,  ossia  padrone  del  mondo  ,  falte  alia  Chiesa  Romana 
molte  donazioni  in  Italia  e  in  quasi  tutto  1'  Occidente,  per  tacere  dei 
regui  oriental!  e  meridiani?  Non  fu  questo  un  esaltar  la  Chiesa  e 
darle  potenza,  ecionon  solo  in  queste  parti  di  Esperia,  nla  in  assai 
piu  vasla  sfera?  Che  se  Liutprando  pote  dire  tutto  cio,  nell'anno  968, 
senz'alludere  alia  falsa  Donazione  ,  benche  questa  fosse  certamente 
gia  nata  e  divulgata;  perche  mai,  dicendolo  Adriano  nel  777,  dovra 
credersi  come  cosa  incontrastabile  ,  che  egli  alludesse  alia  Donazio- 
ne? e  cio  per  dedurne  che  questa  dovea  essere  gia  nata  ,  pochi  anni 
innanzi  ?  E  notisi  ,  che  il  testo  di  Liulprando  porta  assai  piu  stretta 
somiglianza  con  quello  della  Donazione,  che  non  il  testo  di  Adriano. 
Infatli  nella  Donazione  ,  Gostantino  dice:  Quibus  ,  cioe  alle  Basiliche 
romane  dei  santi  Apostoli  Pietro  e  Paolo,  pro  concinnatione  lumina- 
riorum,  possessionum  praedia  contulimus,  et  rebus  diversis  eas  di- 


Legatio  CP.  c.  17,  presso  il  PERTZ,  Monum.  Germ.  Script. 
T.  III. 

2  COD.  CAROL.  Epist.  LX. 


SECONDO  IL  DOLLINGER  323 

tavimus,  et  per  noslram  imperialem  iussionem  sacrarn,  tarn  in  orien- 
te  quam  in  occidente  vel  etiam  septentrional!  et  meridiana  plaga,  vi- 
delicet in  ludaea,  Graecia,  Asia,  Thracia,  Africa  et  Italia,  vel  di- 
versis  insulis  nostra  largitate  eis  concessimus  etc.  Non  vi  par  egli  di 
udir  qui  di  bel  nuovo  Liutprando ,  col  suo  mnlta  donaria  contulit,  e 
colla  sua  enumerazione  dei  regni  occidental! ,  oriental!  e  meridian! 
d'ltalia,  Grecia,  Giudea  ecc.  ?  Certo  alle  parole  di  Adriano  non  e  pos- 
sibile  trovare  nella  Donazione  un  si  ricco  ed  esafcto  riseontro.  Con 
tutto  cio,  il  Do'llinger  ha  otlima  ragione  di  dire  con  tatti  i  dotti,  che 
Liutprando  non  alludeva  alia  falsa  Donazione,  e  forse  neppur  cono- 
scevala.  Ma  perche  non  avra  altri  egual  ragione  almeno  di  affer ma- 
re altrettanto  di  Papa  Adriano? 

Potremmo  aggiungere,  che  le  frasi  di  Adriano,  per  quanto  altri  ne 
voglia  ampliare  ed  estendere  il  significato,  sempre  rimangano  le  miHe 
miglia  lontane  dallo  sterminato  ambito  della  finta  Donazione,  in  cui 
dices!  aver  Costantino  ceduto  al  Papa,  con  Roma,  tutte  le  province, 
luoghi  e  citta  d'ltalia,  anzi  di  tutto  TOccidente,  in  perpetuo  ed  asso- 
luto  dominio  1.  Potremmo  dire,  esser  quasi  ridicob  il  supporre  ehe 
Adriano  proponga  a  Carlomagno  1'  esempio  di  cotesta  sformata  libe- 
ralita  di  Costantino,  solo  per  indurlo  a  ordinare  la  restituzione  di  al- 
cuni  patrimonii  della  Chiesa  Romana,  che  e  lo  scopo  della  Lettera:  Ut 
in  integro  ipsa  patrimonia  beato  Petro  et  nobis  restituere  iubeatis  2; 
e  che  con  cio  gli  prometta,  ch'ei  sara  dalle  genti  chiamato  nuovo  Co- 
stantino: Ecce  novus  C hrislianissimus  Dei  Constantinus  imperator  his 
temporibus  surrexit;  e  che  percio  la  Chiesa  Romana  sara  elevata  at- 
que  exaltata....  sicut  temporibus  beati  Silvestri  3.  Tulte  frasi ,  cne 
s'intendono  benissimo,  quando  suppongasi,  Adriano  aver  voluto  allu- 
dere,  come  gia  notammo,  ai  vasti  doni  di  poderi  e  patrimonii,  onde 

1  Ecce  tarn  palatium  nostrum,  ut  praedictum  est,  quamque  urbem  Romam, 
et  omnes  Italiae  sen  Occidentalium  regionum  provincias,  loca  et  tivitates  pro*- 
fato  beatissimo  pontiftci  nostro  Silvestro  universali  Papae  concedimus  atque 
relinquimus,  et  successorum  ipsius  ponlificum  potestati  et  ditioni  etc.  EDICT. 
CONST  ANTINI. 

2  COD.  CAROL.  Epist.  LX. 

3  Ivi. 


324  ORIGINE  DELLA  DONAZIONE  DI  COSTANTINO 

Costantino  arricchi  le  Romane  Basiliche;  ma  che  piglian  dell'assurdor 
qualora  vogliansi  riferire  alia  pretesa  Donazione  di  tutto  1'  Impero 
occidental. 

Ma  troppo  oramai  ci  siamo  in  questo  punto  dilungati,  ed  egli  e  tem- 
po che  slringiamo  1'  ultima  conclusione.  Da  tulto  il  ragionato  fin  qui 
risulla  pertanto,  che  1'opinione  temita  dal  Dollinger  per  indubitata  e 
incontrastabile,  cioe :  che  la  Donazione  Coslanliniana  sia  stata  fabbri- 
cata  in  Roma,  dopo  il  752  e  prima  del  774,  da  un  membro  del  cle- 
ro  Romano  e  per  comun  desiderio  del  clero  medesimo ,  col  doppio 
scopo  di  promuovere  in  favore  del  Papa  1'acquisto  del  dominio  tem- 
porale  di  lutta  Italia ,  e  di  ottenere  pel  clero  Romano  cerli  privilegi 
ed  onori  da  esso  ambiti ;  e  che  inoltre  Adriano  I  nella  sua  Letlera  a 
Carlomagno  a  quella  Donazione  alludesse  pel  primo  e  di  essa  si  gio- 
vasse:  questa  opinione,  diciamo,  non  solo  non  e  indubitata  e  sicura, 
ma  non  e  tampoco  probabile  ne  verisimile,  anzi  e  mancante  di  ogni 
fondamento  storico ,  e  contraria  ai  document*  storici  di  quell'  eta  ; 
eppercio  vuol  essere  anch'  essa  rigettata  Ira  le  tante  favole,  onde  non 
ii  medio  evo  sollanto ,  ma  anche  i  cervelli  strani  dell'  evo  moderno 
vanno  intorbidando  la  storia  dei  Papi. 

Qui  pero,  phi  d'un  lettore  ci  domandera:  Qual  fu  dunque  1'orlgm 
vera  della  falsa  Donazione?  quando  e  dove  e  da  chi  e  per  quale  sco- 
po fu  essa  inventata  ?  Lunga  in  vero  e  difficil  questione;  la  quale,  a 
ben  trattarla,  richiederebbe  non  un  arlicolo  ,  ma  un  libro.  Ne  a  noi 
qui  basta  1'animo  o  il  tempo  di  mellerci  in  si  oscuro  spinaio;  bensi 
diremo  in  breve  qual  sia  1'opinione  che  in  tal  materia  ci  sembra  piu 
vicina  al  vero. 

Quanlo  al  tempo,  1'origine  della  Donazione  par  che  si  debba  col- 
locare  nella  prima  meta  del  secolo  IX  ,  e  riputare  di  poco  anteriore 
alle  false  Decretali  d'  Isidoro  Mercatore,  le  quali  nacquero  negli  ul- 
timi  anni  di  Lodovico  Pio,  o  poco  appresso.  Infatti  i  primi  Autori  che 
si  trovino  aver  fatta  inenzione  dell'  Editto  Costantiniano ,  sono  Enea 
Tescovo  di  Parigi  1,  Incmaro  di  Reims  2,  e  Adone  di  Vienna  3,  che 


1  Nel  Liber  advmus  Graecos,  da  lui  scritto  verso  Tanno  868. 

2  Nell'  Epistola  3,  c.  13.  Incmaro  mori  1'anno  882. 

3  Nel  Chronicon,  Aetas  sexta.  Adone  manco  di  vila  1'anno  875. 


SECONDO  IL  DOLLINGER  325 

tutli  e  tre  fiorirono  nella  seconda  mela  del  IX  secolo.  Tutti  i  Codici 
fmora  conosciuti  del  falso  Isidoro  recano  1'  Editto ;  tdel  quale  nondi- 
meno  non  e  guari  credibile  che  fosse  autore  Isidoro ,  non  gia  per  la 
ragione  dal  Dollinger  addotla  l,  cioe  perche  la  contenenza  e  lo  scopo 
e  lo  stile  del  fmto  Documento  ripugnino  al  fabbricatore  delle  false 
Decretali;  ma  perche,  siccome  nolarono  i  due  Ballerini  2  e  il  Zacca- 
ria  3 ,  esso  trovasi  gia  aggiunto  in  fine  della  Collezione  di  canoni 
Colbertina,  la  quale  e  piu  antica  del  Pseudo-Isidoro ,  e  non  ha  niu- 
na  delle  merci  Isidoriane ;  donde  sembra  probabile  che  da  quella 
Collezione  appunto  Isidoro  abbia  copiato  I'Editto ,  per  arricchirne  la 
propria. 

II  dove,  ossia  la  patria,  che  diede  in  luce  la  falsa  Donazione ,  dai 
dati  teste  addotti  viene  pure  abbas tanza  indicata.  In  Galliis  ea  dona- 
tio  primum  cusa  videtur  fuisse,  dice  il  Zaccaria  4 ;  giacche  in  Fran- 
cia  appunto  si  trova  aver  essa  fatta  la  prima  comparsa.  La  Collezio- 
ne Colbertina ,  i  primi  codici  Isidoriani ,  i  primi  scrittori  che  della 
Donazione  parlarono,  sono  francesi ;  e  fuori  di  Francia  per  lunga  eta 
non  se  ne  trova  vestigio.  Laonde ,  siccome  delle  false  Decretali  del 
Mercatore  e  oggidi  sentenza  comune  dei  dotti ,  eziandio  Protestan- 
ti ,  ch'  elle  sian  nate  in  Francia  5 ,  quantunque  altri  yolesse  gia 
fare  quest'  onore  a  Roma ;  cosi  la  falsa  Donazione ,  che  allri  vor- 
rebbe  fabbricata  in  Roma,  tutti  i  segni  dimostrano  aver  avulo  ori- 
gine  in  Francia ;  dove  in  quell'epoca  si  hanno  certi  riscontri  di  si- 

1  Pag.  70. 

2  De  antiquis  Collectionibus  et  Collectoribus  Canonum.  Pars  III ,  Cap.  YI, 
§.5. 

3  Nella  Disserlazione  De  Patrimontis  S.  R.  E.,  Cap.  II. 

4  Ivi. 

5  Yedi  il  DENZINGER  ,  Ecloge  et  Eplcrms  eorum  quae  a  recentioribus  cri- 
ticis  de  Pseudoisidorianis  Decretalibus  statuta  sunt.  Cap.  I,  presso  il  MIGNE, 
Patrolog.  lat.  T.  CXXX.  E  1' HINSCHIUS,  che  e  il  piii  recente  ed  accurate  il- 
lustratore  delle  Decretali  pseudo-lsidoriane,  dimostra  espressamente,  che 
pro  certo  habendum  est,  neque  Romae  neque  in  Italia  eas  esse  conpctas.  Immo 
sententia,  cui  omnes  viri  docti  hodie,  nullo  fere  excepto,  adhaerentj  in  Francia 
Decretales  originem  sumpsisse,  comprobanda  est.  DECRETALES  PSEUDO-ISIDO- 
RIANAE  etc.  Lipsia  1863.  Yedi  la  Parte  V  dei  Prolegomeni,  pag.  CCY1I  e  segg. 


326  ORIGINE  DELIA  DONAZIONE  DI  COSTANTINO 

mili  fabbricazioni,  poiche,  oltre  le  false  Decretali,  vi  si  coniarono  an- 
che  i  falsi  Capitolari  di  Benedetto  Levita.  Lo  stesso  Dollinger ,  dopo 
aver  narrato ,  come  udiste,  che  la  Donazione  fu  inventata  in  Romar 
e  citala  per  la  prima  volta  da  Adriano  I,  candidamente  soggiunge : 
Nondimeno  e  certo,  che  da  principio  niuna  CUT  a  si  ebbe  di  propa- 
garla.  Da  Adriano  I  fino  a  Leone  IX  (dal  776  fino  al  1053^  non 
se  ne  trova  niun  vesligio  nelle  lettere  pontificie;  niuna  menzione  se 
ne  incontra  nei  piu  antic  hi  manoscritti  del  Liber  Ponlificalis ;  ma 
per  mezzo  del  Pseudo-Isidoro  (doe  dopo  /'  840,1  ella  comincib  ad 
esser  conosciuta  anche  fuor  d"  Italia ,  ed  anzi  in  Francia  forse  piu 
che  in  Italia  l.  E  segue  a  dire  che  ,  mentre  Liutprando  Vescovo  di 
Cremona  non  ne  sapeva  nulla,  o  nulla  almeno  ne  disse  nel  968,  al 
contrario  in  Francia ,  un  secolo  prima ,  Enea,  Incmaro,  Adone ,  gia 
ne  parlavano  come  di  cosa  nota.  Ora,  non  e  egli  questo  un  nuovo  e 
grande  argom-ento  a  credere,  che  la  Donazione  in  Francia  appunto, 
e  non  in  Italia  fosse  nala?  E  non  e  forse  strano  a  vedere,  che  la  Do- 
nazione, dopo  essere  stata  fabbricata  in  Roma  dal  Clero  Romano  per 
quei  fini  che  il  Dollinger  ei  ha  scoperli,  e  che  ei  dice  essere  stati  in 
gran  parte  ottenuti,  e  che  oltenere  non  si  poteano  senza  dar  voga  al 
finto  Documento;  non  e  egli  strano,  diciamo,che  in  Roma  e  in  tulta 
Italia,  per  quasi  tresecoli,  non  sitrovi  niuna  traccia,  niun  segno  del 
pur  sapersi  qui,  che  fosse  al  mondo  un  Documento  siffallo?  non  e 
«gli  incredibile,  che  coloro,  i  quali  piu  di  tutti  doveano  essere  inle- 
ressati  a  divulgarlo,  se  ne  siano  mostrati  piu  di  tutti  non  curanti?  e 
in  tante  occasioni  che  in  si  lunga  eta  loro  si  porsero  di  giovarsene, 
non  ne  abbiano  mai  fiatalo? 

Ma  torniamo  in  via.  Se  puo  darsi  quasi  per  certa  la  patria  fran- 
cese  alia  Donazione ,  egli  e  assai  piu  malagevole ,  anzi  forse  e  im- 
possibile ,  il  trovare  chi  le  sia  stalo  padre.  Molti  Autori  han  credulo 

1  Swher  isl  indess,  dass  man  sick  anfdnglich  keine  Muhe  gegeben  hat,  sie 
zu  verbreiten.  Von  Hadrian  I  bis  an f  Leo  JX  f776  bis  1053^  ftndet  sich  in  den 
papstlichen  Schreiben  keine  Spur  dawn;  in  den  alleren  Handschri/ten  des 
Liber  Pontificalis  wird  ihrer  nicht  gedacht ;  aber  durch  Pseudo-Isidor  (also 
seit  840  )  begann  sie  auch  ausserhalb  Italiens,  ja  vielleicht  im  Frankenreiche 
mehr  als  in  Italien  bekannt  zu  werden.  Pag.  76. 


SECONDO  IL  DOLLINGER  327 

la  Donazione  inventata  da  quel  medesimo  die  invento  le  false  De~ 
cretali ,  e  che  va  nei  codici  sotto  nome  di  Isidore  Mercatore ,  o  Isi- 
dore Peccatore ;  e  siccome  si  ban  gravissimi  sospetti  che  cotesto 
falso  Isidore  altri  non  sia  che  quel  medesimo  Benedetto  Levita, 
cherico  di  Magonza ,  il  quale  lavoro  in  quegli  anni  medesimi  i  falsi 
Capitolari  1;  con  cio  il  padre  del  la  Donazione  sarebbe  pressoche  bel- 
lo  e  trovato,  e  colesto  Benedetto  avrebbe  cosi  il  merito  di  quasi  tutte 
le  erudite  imposture  ,  che  in  quell'  epoca  comparvero  nella  Francia 
occi dentate  e  indi  si  drffusero  pel  mondo.  Ma  1'opinione  di  cotesti 
Autori ,  come  abbiarno  gia  notato  ,  patisce  gravi  difficolta;  laonde 
non  puo  farsi  grande  assegnamento  sopra  Benedetto ,  ed  e  giuoco- 
forza  lasciare  nelle  sue  tenebre ,  fmora  impenetrabili ,  il  padre  della 
Donazione. 

Dello  scopo  finalmente,  per  cui  la  falsa  Donazione  pote  essere 
scritla,  molte  cose  furono  gia  immaginate,  ed  altre  ancora  se  ne  pos- 
sono  fantasticare  a  posta  di  ognuno.  E  se  noi  dovessimo  attribuire  ad 
ogni  modo  alia  Donazione  tino  scopo  politico,  e  scegliere  tra  le  opi- 
nioni  fin  qui  div^isale,  facilmente  preferiremmo  a  tutte  le  altre  quella 
del  Zaccaria:  che  cioe  si  volesse  in  Francia,  coll'anlorita  di  Costantina 
Magno,  confermare  la  inaugurazione  del  nuovo  Impero  d'Occidente, 
fatta  dal  Papa  in  Carlomagno,  ed  attutare  cosi  le  ire  e  le  pretendenze 
dei  Greci ,  sdegnatissimi  contro  il  nuovo  Impero  e  insoflerenti  della 
perdita  dell'  Italia  2.  La  quale  spkgazione,  oltre  che  si  attaglierebbe 
ottimaniente  all' epoca  e  alia  patria,  in  cui  la  Donazione  vide  la  prima 
luce,  avrebbe  assai  del  verosimile  anche  per  questo  rispetto :  die  to 
scwpo  della  finzione  si  troverebbe  non  gia  espresso,  ma  velato  nei 
Docurcvento,  da  cui  dee  dedursi  solo  per  raziocinio  e  quasi  di  secon- 
da  mano;  laddove  lo  scopo,  ammesso  dal  Dollinger,  di  dare  cioe  al 

1  DENZINGER,  loc.  cit. 

2  Nee  fortasse  a  vero  aberraret}qvi  renovatum  a  Leone  III,  Carolo  Magno 
Imperatore  coronato,  OccidmHle  Imperium  eius  fingendi  Constiluli  Gatto  cui- 
piam  scriptori  occasionem,  sub  IX  saeculi  initia,  dedisse  coniioeret ;  nt,  Can- 
stantini  Magui  auetoritate,  Graecorum,  Italiae  a  suo  Imperio  defectionem  ea 
Caroli  inauguralione  confirmatam  aegre  ferentmm,  impetum  ferociamque 
comprimeret.  Dissertazione  sopra  citata?  Cap.  II. 


328  ORIGINE  BELLA  DONAZIONE  DI  COSTANTINO 

Papa  il  dominio  di  tutta  1'  Italia  ( e  perche  non  anzi  di  tutto  1'  Occi- 
dente?  giacche  a  tanto  si  stende  laDonazione),  appunto  perche  que- 
sto  dominio  e  cosa  troppo  chiaramente  e  direllamente  espressa  nel 
Documento,  e  piu  inverosimile  d'ogni  altro;  essendo  costume  ed  ar- 
te  notissima  dei  falsarii  1'andare  per  vie  torte,  e  nascondere  solto 
a]  Ire  apparenze  i  loro  veri  intenti.  • 

Del  resto,  forse  1'  impostura  della  Donazione  e  stata  piu  innocenle 
che  ad  altri  non  pare;  ed  i  critici  si  lambiccano  invano  il  cervello  a 
ricercare  intendimenti  polilici  e  profondi ,  cola  dove  per  sorte  allro 
Bon  vi  fu  che  un'  esercitazione  rettorica  e  uno  scherzo  d'  ingegno, 
L'  inventore  della  Donazione  Costantiniana  forse  non  intese  ad  allro 
che  a  ridurre  insieme  e  incorporare,  stereotipandole,  per  dir  cosi, 
sotto  forma  diplomatica  di  edilto ,  le  credenze  e  le  idee  vaghe  che 
gia  sparsamente  erano  in  voga  per  tut  to.  Gli  Atti  apocrifi  di  S.  Sil- 
vestro,  dei  qualil'Editto  e,  per  gran  parte,  un  cenlone,  correano  per 
le  mani  dltutti,  gia  fin  dal  V  secolo :  dall'allra  parle,  la  profonda  di- 
Tozione  di  Costantino  verso  la  Chiesa  Romana  e  la  sua  magnificen- 
za  nell'arricchirla ;  il  trasportare  ch'egli  avea  fattolasede  imperiale 
a  Bizanzio,  quasi  per  riverenza  ai  Papi  e  per  lasciar  loro  piu  libera 
autorita  in  Roma;  1'autorila  e  potenza  grandissima  che  di  fatto  i  Pa- 
pi  esercitarono  anche  civilmenle,  non  solo  in  Roma  e  in  Italia,  ma 
in  tutto  1'Occidente,  soprattulto  dopo  le  invasion!  barbariche;  e  la 
condizione  di  veri  Sovrani ,  a  cui  la  forza  delle  cose  li  aveva  innal- 
zati  in  Italia  nel  secolo  VIII;  tutle  queste  erano  idee  che  empievano 
gia  le  menti  di  tulti.  Ora  qual  maraviglia,  che  a  qualche  erudito  di 
quei  tempi  sorgesse  in  capo  di  coordinare  in  un  sol  corpo  lutte  que- 
ste idee,  e  dar  loro  autorita  e  sanzione  ferma  col  nome  di  Costanti- 
no? Egli  lo  fece  un  po'  goffamente,  mescendo  al  vero  delle  falsila, 
degli  anacronismi,  e  soprattutto,  com'  e  1'  uso  dei  rettoricanli,  delle 
esagerazioni  sperticate;  ma  a'suoi  di  non  si  guardava  molto  pel  sot- 
tile:  quindi  il  suo  Editto,  cominciatosi  ad  inserire  in  qualche  codice 
o  collezione  di  canoni  antichi,  passo  per  antico  e  per  genuino,  ed  ac- 
cettalo  poi,  forse  in  buona  fede,  tra  le  sue  Decrelali  dal  Pseudo-Isi- 
doro,  venne  divalgato  a  poco  a  poco  per  ogni  dove.  Cerlo  a  noisem- 
bra,  che  la  gran  fortuna  e  aulorita  che  ottenne  la  Donazione  nel  me- 


SECONDO  IL  DOLLINCER  329 

dio  evo,  si  debba  in  gran  parte  anche  a  cio,  che  ella  rispondeva  ot- 
timamente  alle  credenze  e  ai  concetti  che,  al  suo  primo  comparire, 
gia  universalmente  dominavano;  e  benche,  anche  in  quei  secoli  non 
sia  mancato  chi  ne  contrastasse  talvolta  il  valore  1,  cio  fu  piuttosto 

1 II  primo  esempio  di  tali  opposizioni  si  ha  in  una  lite,  agitata  in  Roma 
nel  1105  tra  i  Monaci  della  Badia  di  Farfa  ed  alcuni  nobili  Romani  pel  pos- 
sesso  di  certe  Gastella.  Avendo  questi  allegata,  pei  diritti  della  S.  Sede  (da 
.  cui  dipendevano  i  loro  proprii)  la  Donazione  di  Costantino ;  i  Monaci  non  ne- 
garono  gia  la  sincerita  del  Documento,  ma  provarono  storicamente,  che  questo 
non  potea  intendersi  di  una  Donazione  dell'Italia,  giacche  isuccessori  di  Co- 
stantino  aveano  dell'Italia  posseduto  ed  eserdtato  sempre  il  pieno  dominio ; 
perdo  Costantino  non  aver  potuto  conferire  ai  Papi  in  Italia  che  soli  diritti 
spirituali.  A  quel  tempo  ,  doe  sotto  Pasquale  II,  il  Papa  in  Roma  stessa  era 
si  lontano  dall'essere  riguardato  come  Monarca  di  uno  Stato  spedale,  che  i 
Monaci  col  loroAbbatepoterono,senza  essere  contraddetti,  indicare  dinanzi  ai 
giudid  Romani  come  un  fatto  riconosciuto ;  che  al  Papa  non  conveniva  niuna 
signoria  eniun  governo  temporale,avendo  egli  ricevuto  da  Dio  le  chiavi,non 
gia  di  un  Regno  terreno,  ma  solamenle  del  Regno  dei  deli.  Cosinarra  il  D61- 
linger,  a  pag.  81.  Noi  pero  preghiamo  il  ch.  Autore  dirileggere  piii  attenta- 
mente  nelle  Historiae  Farfenses  del  PERTZ,  o  nel  Chronicon  Farfense  dei 
MURATORI  (Rer.  Ital.  T.  II,  P.  II)  quel  processo ;  ed  ivi  potra  chiarirsi  che  i 
Monaci  Farfensi  non  sognarono  mai  di  negare  al  Papa  ogni  signoria  tempo- 
rale,  e  molto  meno  la  convenienza  di  tal  signoria,  ne  mai  pretesero  che  Co- 
stantino avesse  dato  ai  Papi  solamente  diritti  spirituali;  anzi  affermarono 
espressamente  il  contrario.  Ivi  infatti  essi  dicono,  che  postquam  aeternam 
potestatem  per  B.  Petrum  Apostolum  Romana  Sedes  adepta  est  a  Christo, 
TEMPORALE  etiam  suscepit  PRIVILEGIUM  ab  Imperatore  Constantino,  quod  iure 
possidere  credilur  aeterno  (MURAT.  1.  cit.  p.  648);  e  ricordano  in  piu  luoghi 
e  riconoscono  le  molte  e  vaste  signorie,  non  solo  di  terre  e  patrimonii,  ma 
di  citta  e  province  intere  in  Italia,  date  o  confermate  ai  Papi  dai  Principi. 
La  sola  cosa  che  i  Monaci  negavano,  era  che  i  Papi,  in  virtu  del  Privilegium 
Constanlini,  avessero  ricevuto  il  dominio  intero  di  tutta  Italia;  quia  Constan- 
tinus,  dicevan  essi,  non  iura  privatorum  nee  EX  TOTO  terreni  Imperii  domi- 
nium  Beato  Silvestro  concessit  (Ivi,  pag.  637) ;  e  conchiudevano  dai  fatti  sto- 
rici :  non  OMNIS  ergo  ITALIA  in  terrenis  facultatibus  patrimonium  B.  Petri  Apo- 
stoli  Eccleslae  extitit,  nee  unquam  Ponlificum  Romanorum  EX  TOTO  dominium 
fuit,  etc.  E  qui  soggiungevano,  che  sibbene  nell'  ordine  spirituale,  i  Papi 
aveano  questo  dominio  intero  di  tutta  Italia,  e  non  solo  di  tutta  Italia  ma 
di  tutto  il  mondo :  e  qui  allegavano  le  virtii  delle  Chiavi  date  loro  da  Dio; 


330  ORIGINS  BELLA  BONAZIONE  DI  COST  ANTING  ECC. 

per  interessi  o  ire  di  parte,  che  non  per  dubbio  scienlifico;  il  quate 
veramente  non  sorse  a  combatterla,  senon  nel  secolo  XV.  Cos!  tro- 
verebbesi  lelteralmente  vera  quella  celebre  sentenza  del  De  Maistre: 
che  laDonazione,  si  altamente  condannata  dai  modern!  come  impostu- 
ra  di  falsario,  fu  scrilta  invece  dalle  mani  stesse  della  ingenuita  1. 
Chi  la  scrisse,  altro  non  fece  che  interpretare  ingenuamente  e  tra- 
durre  in  termini  concreti  il  pensiero  delle  mollitudini,  che  1'  abban- 
dono  di  Roma,  falto  da  Costantino  ai  Papi,  riguardavano  come  vera 
donazione.  In  questa  sentenza  deli'aculo  Veggente  savoino  e  per  av- 
ventura  piu  senno  e  piu  verita,  che  non  nelle  studiale  ipotesi  di 
molti  dotti. 


.  non  gia  per  provare  (come  fa  loro  dire  il  Do'llinger)  che  disdicesse  ai  Papi 
la  signoria  temporale,  ma  per  mostrare  che  quella  potesta  suprema  e  uni- 
versale,  da  essi  posseduta  in  virtii  delle  Chiavj,  era  di  ordine  spirituale:  in 
his  tamen  rebus  et  causis  non  quae  sunt  ad  saeculum,  sed  quae  sunt  ad  Deum. 
Non  enim  claves  terrae  sen  regni  terrestris,  sed  claves  regni  caeleslis  conces- 
$it  illi  omnium  Pastor  Pastorum  etc.  (Ivi,  p.  641).  Da  tutto  cid  si  vede  adun- 
que  che  quei  buoni  Monaci  di  Farfa,  del  secolo  XII,  i  quali  il  Dollinger 
vorrebbe  rappresentarci  col  loro  Abbate  alia  testa,  e  con  tutti  i  Giudici  ro- 
mani  in  coda,  quasi  altrettanti  precursor'!  degl'italianissimi  del  I860,  quan- 
to  al  negare  il  Dominio  temporale  dei  Papi ,  e  persino  la  cbnvenienza  dital 
dominio;  quei  buoni  Monaci,  diciamo,  erano  lontanissimi  da  tal  pensiero;  e 
risapendolo  oggidi,  avrebbono  gran  ragione  di  maravigliarsi;  che,  dopo  es- 
sersi  spiegati  cosi  chiaro  in  tal  materia,  pure  il  loro  latino  sia  ,stato  cosi  stra- 
namente  franteso  da  un  cosi  dotto  Professore  di  Alemagna. 

1  Giova  ricordare  qui  tutto  il  passo  del  famoso  Autore  :  Constantin  ceda 
Rome  auPape.  La  conscience  du  genre  humain  qui  est  infaillible  ne  Ventendit 
pas  autrement,  et  de  la  naquit  la  fable  de  la  donation  qui  est  tres-vraie.L'an- 
tiyuite  qui  aime  assez  voir  et  toucher  tout,  fit  bientot  de  /'  abandon  (  qufelle 
n'auroit  pas  m$me  su  nommer)  une  donation  dans  les  formes.  Elle  la  mt  ecrite 
sur  le  parchemin,  et  deposee  sur  I'autel  de  S.  Pierre.  Les  modernes  crient  a  la 
faussete,  et  cy  est  rinnocence  mdme  qui  racontoit  ainsi  ses  pensees.  Du  PAPE, 
Liv.  II,  Chap.  VI. 


RIVISTA 

DELLA 

S  T  A  M  P  A   I  T  A  L  I  A  N  A 


I. 

.  |J 

Memorie  sloriche  della  chiesa  di  S.  Benedetto  in  Piscinula,  nel 
Rione  Trastevere,  raccolte  e  pubblicale  dal  Principe  D.  CAMILLO 
MASSIMO—  Roma  M.  DCCC.  LXIV,  Tipografia  Salviucci.  [Jn  vo- 
lume in  8.°  dipagg.  164. 

Le  antiche  memorie  fanno  in  certa  guisa  rivivere  i  tempi  antichi, 
specialmente  quando  sieno  raccomandate  a  monumenti,  checolla  lo-  ** 
ro  esistenza  materiale  li  rappresenlano  non  solo  alia  nostra  immagi- 
nativa,  ma  in  qualche  modo  agli  occhi  stessi  del  corpo.  Di  qui  provie- 
ne  il  piacere,  che  sentono  comunemente  gli  uomini,  specialmente  piii 
erudili,  a  contemplare  i  venerandi  avanzi  de'secoli.  Imperciocch^ 
sembra  loro  di  essere  quasi  trasportati  a  quelle  remotissime  eta,  di 
stare  in  mezzo  a  quegli  uomini  e  a  quo'  costumi,  per  Tanimarsi  che 
fanno  nella  loro  fantasia  e  prendere  coma*corpo  e  forma  le  svariale 
immagini ,  che  di  una  in  altra  ne  rampollano.  E  questa  efficacia  e 
ancor  piu  senlita  ne'  monumenti  cristiani,  ne'  quali  la  grandezza  della 
religione  die  li  consacra,  i  fatti  meravigliosi  che  testimoniano,  e  le 
altre  pietose  memorie  con  cui  vanno  connessi,  sono  per  se  fecondi 
di  piu  solenni  concetti,  e  di  piu  forti  affezioni.  Ondeche  le anime  pie 
non  possono  rimanersi  mute  a  cosiffatti  ob-bietti,  nei  loro  cuori  in- 
sensibili  alle  impressioni  che  ne  derivano.  Ed  »nzi  non  e  raro  a  in- 
tervenire  che  que'  medesimi ,  ehe  erano  affatto  chiusi  ai  sentiment! 
religiosi ,  o  anche  scbernitori  della  pieta  cristiana ,  sieno  conquisi 
dalla  occulta  virtu  che  erompe  da  que'  venerabili  lestimonii  deli'  an- 
tica  piet^t,  e  guadagnati  alia  religione. 


332  RI  VISTA 

Scriviamo  queste  parole  caldi  ancora  de'sentimenti  che  ci  ha  ispi- 
rati  nell'  animo  il  libro  annunziato  qui  sopra  dell'  eccellenlissimo 
Principe  D.  Camillo  Massimo.  Egli  ha  saputo  quasi  dar  vita  ad  ogni 
angolo ,  ad  ogni  pietra ,  che  serbi  qualche  vestigio  di  antichita  nel 
sanluario  che  ha  preso  ad  illustrare,  costringendoli,  per  cosl  dire,  a 
raccontarci  le  antiche  glorie  e  i  falti  memorabili  di  cui  furono  testi- 
monii.  La  erudizione  che  adopera  a  questo  fine  e  svariata,  spesso  di 
recondite  cose,  e  sempre  avveduta  e  sagace  ne'giudizii.  Ma  cio  che 
la  rende  piu  pregevole  e  quel  sapore  di  pieta  cristiana,  che  ridonda 
da  ogni  pagina ;  la  quale  accoppiaia  colla  veneranda  religione  delle 
memorie  che  tratta,  ne  aiuta  polentemenle  Y  effetto.  Ne  abbia  ii 
lettore  un  assaggio  nel  brevissimo  sunto  che  ne  facciamo. 

II  tempio  di  S.  Benedetto  in  Piscinula  si  connette  con  due  glorie 
delle  piu  sfolgoranti  di  Roma  de'  bassi  tempi ;  di  genere  tra  loro 
diverse,  ma  pur  volte  amendue  ad  illustrare  uno  stesso  personaggio. 
La  prima  e  la  famiglia  nobilissima  degli  Anicii,  gia  tanto  famosa 
per  illustri  cariche,  che  S.  Girolamo  ebbe  a  scrivere,  tutti  di  quella 
prosapia  nascere  come  destinati  alConsolato.  Ora  gli  Anicii  sino  dai 
tempi  degl*  Imperatori  pagani  assai  case  possedevano  nella  regione 
di  Roma  delta  di  Trastevere,  e  per  poco  non  erano  essi  i  padroni  di 
tutta  quanta  la  contrada ;  nella  quale  anche  ora  rimaixe  un  qualun- 
que  vestigio  di  quel  dominio ,  per  una  strada  che  vi  ha  col  nome 
di  Anicia.  Ma  il  palagio  di  lor  dimora  si  levava  per  appunto  su 
quell'  area,  di  cui  ora  occupa  una  parte  il  tempio  suddetto.  E  quan- 
to  fosse  ammirabile  per  ricchezza  di  marmi  e  pregio  di  arle  lo  pos- 
siamo  argomentare  dalle  parole  di  Secondino,  il  quale,  scrivendo  a 
S.  Agoslino,  voile  magnificare  la  eloquenza  di  lui  paragonandola  allo 
splendore  della  casa  degli  Anicii:  «  Ego  namque  fateor  non  tali  di- 
ligentia  nee  tanta  industria  Anicianae  domus  micare  marmora, 
quanta  tua  scripta  perlucent  eloquentia  1.  »  La  seconda  gloria,  che 
non  tanto  si  connelte  quanlo  s'  immedesima,  per  cosi  dire ,  con 
questa  chiesa,  e  1'essere  stata  un  tempo  abitazione  del  gran  Patriar- 
ca  de'Monaci  d'Occidente,  S.  Benedetto.  Fu  egli  rampollo  dell'  anzi- 
detta  famiglia  degli  Anicii ,  essendo  nato  di  Eupropio  degli  Anicii, 

1  Yedi  le  opere  di  S.  Agostino,  Venezia  1733,  torn.  VIII,  col.  5-21. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  333 

conle  di  Norcia ;  e  benche  non  in  Roma,  ma  in  quel  feudo  del  padre 
avesse  avuto  il  natale,  certo  e  per  le  memorie  della  vita  che  san 
Gregorio  Magno  ne  scrisse,  che  fanciulletto  di  sei  anni  era  in  Roma, 
e  quivi  fece  i  suoi  studii.  Donde  il  chiaro  Autore \ittoriosamente  di- 
mostra  contro  il  P.  Abbale  della  Noce,  che  non  gia  della  casa  di  Nor- 
cia, si  veramente  del  palazzo  di  Roma  si  vogliono  intendere  quelle 
parole  di  S.  Gregorio,  le  quali  dicono  che  il  santo  giovinetto  abban- 
donata  la  casa  e  le  ricchezze  paterae  si  ritiro  nella  solitudine.  Pe- 
rocche  Roma  era  la  patria  de'  suoi,  e  quindi  la  «  Casa  loro  » ,  sen- 
z'altro  aggiunlo,  non  puo  essere  altra  da  quella,  in  cui  essi  avevano 
piu  propria  dimora,  e  naturalmente  piii  stabile.  Ad  ogni  modo  la  pic- 
ciola  cameretta  usata  da  Renedetto,  almeno  il  tempo  che  attendeva  ai 
suoi  sludii,  esiste  ancora  nella  sua  forma  e  rozzezza  primitiva,  sicche 
quasi  vi  si  sente  1'  alito  di  quell'  angioletto  di  fanciullo.  Ed  e  spetta- 
colo  di  meraviglia  e  di  tenerezza  tanta  virtu  di  gioyinetto ;  il  quale 
in  tutto  il  gran  palazzo  de'suoi  non  seppe  per  se  trovare  di  meglio, 
che  questo  bugigattolo,  lungo  appena  undid 'palmi,  e  largo  non  piu 
di  tre,  certo  per  segregarsi  il  meglio  che  poteva  dal  tumulto  del  bel 
mondo  di  Roma,  di  cui  la  sua  famiglia  dovea  essere  uno  de'centri 
piu  splendidi.  Ma  bel  guiderdone  che  il  Signore  gli  rende  eziandio 
in  questo  moudo !  Imperciocche  laddove  ora  appena  si  puo  a(}ditare 
qualche  sasso  di  quel  si  magnifico  e  si  famoso  edifizio  che  fu  il  gran 
palagio  degli  Anicii,  per  contrario  la  si  meschina  cameretta  di  Bene- 
dello  non  solo  e  tutta  intera,  ma  essa  sola  terra  ferma  la  fama  e  mo- 
strera  almeno  un  avanzo  della  primitiva  costruzione. 

Le  antiche  tradizioni  non  ci  fanno  sicura  scorta  per  indicare  con 
qualche  precisione  il  tempo,  che  questa  stanzuccia  comincio  ad  essere 
venerata  dopo  la  morte  di  S.  Benedetto.  Ma  non  e  punto  da  dubita- 
re  che  non  fosse  assai  presto;  attesa  la  gran  fama  di  santita  che  an- 
cor  vivente  godeva  il  santo  Patriarca,  e  la  somma  riverenza  che  gli 
avevano  i  suoi :  della  quale  rimane  questa  memoria ,  che  dovuto  il 
Santo  tornare  in  Roma  dopo  trentasei  anni,  da^  che  n'  era  fuggito, 
gli  uscirono  inconlro  a  gran  festa  ed  onore  tutti  della  sua  numerosa 
parentela,  accompagnati  da  molta  parle  di  popolo. 

Ma  ben  maggiore  argomento  di  onore  all'  inclito  Patriarca  fu 
quello  che  gli  resero  i  discendenti,  com'  e  da  supporre,  di  quella 


334  RIVISTA 

stessa  prosapia,  trasformando  tutto  intero  il  palagio  in  cenobio  del- 
T  Ordine  benedettino  colla  chiesa  che  tuttora  esiste,  gia  in  antico 
dedicata  alia  santissima  Vergine,  e  poscia  denominata  da  S.  Bene- 
detto. E  veramente,  come  dimostra  con  buoni  argomenti  il  P.  Ab- 
bate  Gaetani  in  un  suo  manoscritto,  che  ora  per  la  prima  vol- 
ta  1'iliustre  Autore  pubblica  nel  suo  libro,  esistette  congiunto  colla 
chiesa  di  S.  Benedetto  in  Piscinula  un  asceterio  di  quell' Ordine  in- 
signe;  e  gia  era  fiorente  nel  secolo  nono.  Or  chi  puo  dire  quanto 
tempo  inuanzi  dovett'essere  edificato  ?  II  perche  non  dovrebbe  sem- 
brare  lontana  dal  vero  la  congettura,  che  gli  slessi  discendenti  di 
quella  nobile  stirpe  volessero  deputare  il  loro  palagio  ai  figliuoli  spi- 
rituali  del  loro  santo  antenato. 

II  chiaro  Autore  vien  seguitando,  per  cio  che  permette  la  oscurita 
de'  tempi,  le  diverse  vicende  del  monastero  e  della  chiesa.  Noi, 
senz'  andare  per  le  minute,  diremo  in  poco,  che  distrutto  non  si  sa 
quando,  ne  come  il  monastero ;  la  chiesa  fu  da  tempo  immemorabile 
deslinata  in  uso  di  Parrocchia;  e  i  primi  document*  che  fosse  tale 
risalgono  al  secolo  decimoquarto.  Lo  scrittore  con  somma  diligenza 
tesse  il  catalogo  de'  Sacerdoti  che  ne  tennero  la  presidenza,  facendo 
principio  da  que'  pochi,  che  gli  e  riuscito  di  trovar  nominati  ca- 
sualmente  dal  1386  insino  al  1571,  e  seguitando  senz'altra  interru- 
zione  da  quell' epoca  in  poi,  quando  fu  cominciato  a  tenere  ordiriata- 
mente  i  regislri,  secondo  la  norma  del  Concilio  di  Trento.  Se  non 
che  dal  Gennaio  del  1825,  cessalo  di  esser  Cura  per  la  nuova  cir- 
coscrizione  delle  Parrocchie  di  Roma,  in  virtu  della  Bolla  Super  Uni- 
versam  del  Sommo  Pontefice  Leone  XII,  non  ebbe  piu  Parroci,  ma 
in  quella  vece  Rettori. 

Or  questo  diremmo  quasi  infortunio  di  cosi  venerando  santuario 
fu  occasione  allo  zelo  del  piissimo  signore  romano  Carlo  Massimo , 
primogenito  del  Marchese  Camillo ,  di  domandarlo  per  gli  esercizii 
religiosi  di  una  scuola  gratuita  ,  che  aveva  gia  istituita  in  Trasteve- 
re,  perche  vi  fosse  educata  cristianamente  la  gioventu  di  quel  Rio- 
ne,  pur  troppo  in  mala  voce  di  indole  fiera  e  sanguinaria.  Ebbe  la 
grazia  desiderata  nel  1826  ;  benche  poco  ne  potesse  godere,  essen- 
do  in  sul  cominciare  del  seguente  anno  cessato  di  vivere.  Ma  1'Emi- 
nentissimo  Cardinale,  nipotedi  lui,  D.  Francesco  Saverio  Massimo, 


DELIA  STAMPA  ITALIANA  335 

prosegui  con  zelo  non  minore  quell'  opera  di  carita ,  ed  ottenne  di 
piu  per  1'  uso  della  scuola  la  casa  che  vi  e  annesa.  Non  ci  ferme- 
remo  a  descrivere  i  miglioramenti  procurati  da  lui  si  alia  chiesa , 
come  alia  casa;  ne  verremmo  descrivendo  ilfrutto  abbondante,  da 
lui  raccolto ,  della  religiosa  educazione  di  tanto  numero  di  rozzi  fan- 
ciulli;  perche  son  cose  delle  quali  tutla  Roma  e  testimone.  Notiamo 
solamente,  a  speranza  dell'  avvenire ,  che  come  il  March ese  Carlo 
ebbe  un  degno  successore  delle  sue  cure  nell'  Eminentissimo  Cardi- 
nale;  cosi  il  Cardinale ,  mancato  ai  vivi  nel  1849,  lego  la  pia  opera 
al  Principe  D.  Camillo ,  autore  del  libro  del  quale  ci  siiamo  intrat- 
tenendo;  ed  esso  la  viene  continuando  con  pari  amore  e  successo. 
E  che  non  debba  giammai  cessare  in  quella  si  religiosa  e  beneme- 
rita  famiglia  de'  signori  Massimi ,  ci  e  buona  caparra  il  privilegio 
del  6  Maggio  1850,  che  oltenne  il  Principe  sullodato  dall' Emi- 
nenlissimo  Cardinale  Vicario.  Con  esso  e  conceduto  non  solo  a  lui, 
ma  a  tutt'  i  suoi  discendenti,  1'  uso  della  chiesa  di  S.  Benedetto  in 
Piscinula  all'  uopo  di  riunirvisi  i  giovanetti  della  Scuola  gratuita, 
fmche  eglino  dureranno  a  tenere  a  loro  carico  delta  scuola :  inoltre 
la  facolta  di  nominare  un  sacerdote ,  per  Reltore  della  chiesa ,  da 
essere  appro vato  nelle  debite  forme  dal  Yicariato. 

Dopo  le  cose  accennate  passa  1'  Autore  a  descrivere  minutamen- 
te  la  chiesa ,  secondo  quello  che  era ,  e  che  dipoi  e  divenuta  per 
le  successive  ristaurazioni.  Noi  non  possiamo  seguitarlo  nella  es- 
posizione  delle  singole  cose :  toccheremo  solamente  delle  piu  princi- 
pali.  L'antichita  della  fabbrica  e  altestata  dal  pavimenlo,  delto  ales- 
sandrino,  che  e  pur  quello  di  tulte  le  piu  antiche  basiliche  di  questa 
citta,  e  comincio  ad  essere  in  uso  ai  tempi  di  Alessandro  Severo , 
continuando  sino  all'  ultima  decadenza.  Un  altro  monumenlo  specia- 
le  sono  le  campane,  una  delle  quali  e  delle  piu  antiche,  se  non  forse 
lapiuanlica  che  ritrovisi  in  Roma,  perche  reca  la  data  del  1069. 

Ma  molto  piu  sono  da  pregiare  due  pitture  che  vi  si  ammirano, 
le  quali  col  vanto  dell'  antichita  hanno  congiunto  quello  di  rappresen- 
lare  oggetti  venerabilissimi.  Una  di  queste  e  il  S.  Benedetto  dell'Al- 
tare  maggiore,  il  quale,  benche  non  sia  stalo  dipinto,  come  vuole  il 
Mabillon  nel  suo  Iter  italicum ,  vivendo  il  Santo ,  e*  nondimeno,  per 
avviso  del  Torrigio,  la  effigie  piu  antica  del  medesimo  Santo,  che 


336  RIVISTA 

sia  in  Roma.  Esso  e  figurato  assiso  su  di  una  sedia  della  forma  che 
si  usava  nel  secolo  XII ;  ha  nelia  destra  il  pastorale,  e  nella  sinistra 
il  libro  della  regola  benedettina ,  nel  quale  si  legge  :  Ausculta  fill 
praecepta  magistri  et  inclina  aurem  cordis  lui.  I/  altra  ,  ancor  piu 
veneranda,  e  T  immagine  di  Maria  SS.  col  clivino  pargoletlo  fra  le 
braccia,  quella  che,  secondo  1'antichissima  e  comune  tradizione,  par- 
16  a  S.  Benedetto,  consigliandolo  a  ritirarsi  nella  solitudine.  Essa 
adorna  1'  altare  detto  della  Madonna  nella  cappella  situata  nel  por- 
tico della  chiesa ,  ed  ha  dall'uno  de'  lali  quell'  angustissimo  foro,  che 
era,  come  nolammo,  1'eremo  domestico  del  fanciullo  Benedetto.  NOR 
mancano  altri  dipinti,  stimabili  anch'essi  per  arte  e  per  antichita, 
che  tuttara  adornano  la  chiesa:  ma  quelli  che  decoravano  il  portico, 
assai  celebrali  dall'  abate  Gaetani  e  da  altri  autori ,  ora  sono ,  con 
danno  irreparabile,  interamente  periti,  se  si  faccia  eccezione  di  una 
Yergine ,  e  di  poche  tracce  di  un  martire.  Di  tutte  le  pitture  che 
rimangono ,  come  allresi  della  pianta  e  della  facciata  della  chiesa , 
trovera  il  lettore,  ai  proprii  luoghi  di  queste  Memorie  storiche,  altret- 
tante  copie  fedeli,  impresse  per  mezzo  di  belle  incisioni  in  rame.  11 
quale  ornamento  come  rende  piii  compiuta  1'  illustrazione ,  cosi  ag- 
giunge  non  piccolo  pregio  alia  elegante  edizione  del  libro. 

Un' ultima  falica,  e  per  ventura  piu  molesta  di  quanta  ne  ha  du- 
rata  sin  qui,  si  assume  1'  illustre  Autore.  Questa  e  di  dare  un  cata- 
logo  storico  di  tutt'  i  defunti,  da  tempi  aritichissimi,  stali  sepolti  nella 
chiesa  di  S.  Benedetto,  raccogliendone  le  notizie  o  sia  dalle  iscri- 
zioni  sepolcrali,  o  sia  dai  registri  mortuarii  de' Parroci ,  o  donde 
meglio  gli  accadesse  raccatlarle.  Con  che  e  riuscito  a  melter  fuori 
assai  notizie  del  tutto  dimenticate ,  e  spesso  di  persone  appartenute 
a  mollo  illustri  casati. 

Si  abbia  intanto  il  signor  Principe  le  nostre  congratulazioni  per 
questo  suo  si  lodevole  lavoro.  Ma  piu  che  le  noslre  congratulazioni 
gli  valgano  le  benedizioni  del  santo  Patriarca  Benedetto ,  il  quale, 
come  volse  la  sua  esimia  santita  tulta  in  benefizio  de'  popoli  incolli, 
cosi  non  puo  non  aggradire  sommamente  1'ossequio  di  lui  in  quest' at- 
to  di  glorificare  il  luogo  dei  suoi  giovanili  fervori ,  e  farlo  servire  ai 
nobile  uso  di  educare  cristianamente  i  fanciulli. 


DELIA  STAMPA  ITALIANA  337 

II. 

Osservazioni  intorno  alle  Donne  ed  alia  loro  educazione,  di  FORTU- 
NATO  CAVAZZONI  PEDERZINI  modenese —  Bologna,  tipografia  di 
santa  Maria  Maggiore,  Stabilimento  dell'Immacolata  1863.  Vol. 
unico  di  pag.  VIH-190. 

Balla  educazione  in  cui  e  allevata  la  donna ,  sogliono  rampollare 
due  effetti  di  somma  rilevanza :  otlimo  1'uno,  se  essa  fu  savia  e  ret- 
ta;  soprammodo  tristo  1'alln),  se  insipiente  e  torta.  Dimodoche  quando  • 
vedete  andare  a  marito  una  donzella ,  che  sorti  la  prima  maniera  di 
allevamento,  stringete  pure  la  mano  allo  sposo,  fategli  le  piu  cordiali 
congratulazioni :  egli  e  un  uomo  beato  e  la  sua  famiglia  fortunata. 
Che  se  per  1'opposto  sapete ,  che  ella  venne  informata  alia  seconda , 
conchiudete  dolenle  in  cuor  voslro :  quel  giovane  ed  il  suo  casalo 
oggi  sono  colti  dalla  piu  rea  di  tulle  le  sventure.  Conciossiache,  spen- 
ta  la  luna  di  miele  che  suol  essere  di  corta  durata ,  e  sopravvenuta 
la  vita  di  annegazione  che  s'  incontra  nel  matrimonio,  la  prima  delle 
due  spose  saviamente  educata  si  acconcera  ai  desiderii  del  marito , 
riverira  i  suoceri,  badera  alle  faccende  di  sua  appartenenza  e  tollererDi 
in  pace  quelle  amaritudini,  che  non  e  dato  schivare  si  di  leggeri  al 
cuore  estremamente  sensitive  della  donna.  Ma  non  cosi  la  seconda :  i 
dissapori ,  i  crucci ,  i  brontolii ,  le  mutue  offese  ed  infme  gli  abban- 
doni  saranno  i  conseguenti  tante  volte  causati  dalle  voglie  pazze,  ra- 
dicatesi  nell'  animo  merce  la  torla  educazione.  Quanto  alia  prole  sar£ 
negletta,  e  quindi  se  di  buona  indole  inselvalichirSt ;  se  di  rea,  ere- 
scera  nella  casa  qual  erbaccia  malefica  con  disdoro  della  famiglia  e 
con  lutto  future  della  societa. 

I  moderni  rigeneratori  d'  Italia  ,  pensate  se  non  vogliono  rigene- 
rarla  anche  nella  educazione  della  donna.  A  tale  uopo  spianlano  i 
monisteri  delle  sacre  vergini ,  dannando  come  rancida  e  melensa  la 
educazione  che  vi  si  da  alle  fanciulle  italiane ,  deridono  come  rusti- 
cana  quella  di  modi  semplici  e  schiettl,  tramandataci  dagli  avi,  e  tut- 
to  insieme  ce  ne  presentano  di  varie  specie  foggiate  sopra  il  loro 
gusto  italianissimo,  esaltandole  come  un  non  plus  ultra  di  perfezio- 
ne,  ed  indicando  le  case,  ove  si  porgono  come  altretlanti  lavoratorii 
Serie  Y,  vol.  J,  fasc.  339.  22  27  Aprile  1864. 


338  RIVISTA 

di  donne  scienziate ,  sublimi,  in  una  parola  veramente  italiane.  II 
sig.  Pederzini,  eke  non  e  uorao  che  si  appaga  di  ciance,  con  quel  li- 
no e  relto  giudizio,  die  e  suo  proprio,  iolse  ad  esaminare  quanto  di 
piu  grande  offre  1'  incivilimento  moderno  in  opera  di  educazione  fern- 
minile,  lo  ragguaglio  coll'  antico,  pigliando  pel  confronto  una  norma 
infallibile ,  vogliamo  dire,  la  natura  della  donna  ed  il  fine  inteso  dal 
Creatore  nel  metierla  al  mondo.  Da  questo  paragone  cavo  le  osser- 
vazioni ,  che  con  forbita  eleganza  di  stile ,  con  larga  erudizione  e 
savio  ordinamenlo  scrisse  nel  libro  annunziato. 

Quanto  grande  sia  il  pregio,  in  che  sono  da  tenersi  coteste  osser- 
vazioni  e  presso  quali  genitori ,  si  giudichi  dal  concetto  che  egli  ci 
porge  del  suo  lavoro,  dove  esprime  schiettamente  i  suoi  inlendimenti: 
«  Solo  mi  propongo  di  chiarire  e  di  bene  stabilire  alcune  poche 
verita  fondamentali ,  sopra  le  quali  poi  conducendo  1'  educazione  ed 
il  reggimento  di  esse  donne ,  queste  se  ne  debbano  trovare  costitui- 
te  nel  possesso  e  nell'  esercizio ,  cosi  de'  loro  diritti,  come  de'  loro 
doveri. 

«  Le  cose,  ch'  io  metier 6  innanzi  son  di  lal  natura,  che  I  cristiani 
poco  meno  che  non  le  incontrano  ad  ogni  passo  ne'  Libri  sanli ;  e  gli 
uomini  anche  semplicemente  onesti  o  le  vedono  cogli  occhi  prcprii, 
o  le  si  trovano  scritte  dalla  mano  di  Dio  nella  loro  coscienza. 

«  Penso  che  tutti  gli  ordini  de'  cittadini  sarebbero  in  caso  ,  qual 
piu  qual  meno,  di  potersi  giovare  di  quello ,  che  andremo  dicendo ; 
ma  confesso  d'  aver  inteso  principalmente  a  servire  all'  occorrenze 
delle  famiglie  nobili  e  ricche ,  quali  vivono  oggidi  nel  maggior  nu- 
mero  delle  citta  d'  Italia ,  e  fra  cui  pur  troppo  hanno  gran  corso ,  e 
vigoreggiano  assai  degli  errori  perniciosi ,  e  delle  false  opinioni ,  e 
delle  pessime  costumanze  1.  »  Quanto  egli  prometle,  tanto  fa.  Da 
principio  addita  gli  errori  che,  specialmente  a  nostri  di,  si  commet- 
tono  nella  educazione,  appresso,  toccate  le  false  opinioni  che  corrono, 
pone  sodi  principii  e  da  regole  di  sicuro  riuscimento,  in  fine  sfolgora 
le  pessime  coslumanze.  II  tutto  e  spartito  in  dieci  capitoli. 

Quattro  sono  gli  errori  in  che  si  cade  neir  opera  dell'  educare. 
Per  primo  si  mette  dal  ch.  Autore  lo  scambiare  la  istruzione  colla 

1  Pag.  5. 


DELLA  STAMP  A  ITALIANA  339 

educazione  e  peggio  ancora  surrogare  quella  a  questa,  cioe  conferir 
iutto  alia  coltura  della  parte  intellettiva  e  non  curarsi  d'  informa- 
re  a  virtu  la  parte  morale;  per  secondo  11  proporre  a  motive  di 
retto  operare  argomenti  umani,  dispettando  come  anticaglia  di  niun 
pregio  le  maschie  verila  soprannaturali ;  per  terzo  Faccomunare  la 
stessa  forma  di  educazione  a  disparate  maniere  d'  individui,  e  a  di- 
verse classi;  per  quarto  Tallevare  1'un  sesso  nella  forma  proporzio- 
Bata  e  convenevole  all'  altro.  Di  quali  tristi  effetti  sia  cagione  ciascu- 
no  degli  errori  enumerati,  e  facile  rilevarlo,  ove  si  consider!,  che  ca- 
dendovi  si  attuera  una  educazione  o  ripiena  di  boria  senza  sostanza, 
o  manchevole  di  fondamento,  o  disacconcia  alia  condizione,  o  peggio 
In  disaccordo  colla  natura.  Eccovi  in  qual  maniera  il  ch.  Autore  ci 
ritrae  eleganlemente  gli  efFetti  del  quarto  errore :  «  Molti  fra  di  noi 
contendono  di  fare  trasnaturare  le  fanciulle,  e  condurle  a  spogliarsi 
lo  spirito ,  il  cuore  ,  e  le  miti  e  soavi  inclinazioni  della  donna ,  per 
vestirsi  la  forza  ,  il  coraggio  e  gli  spiriti  dell'uomo.  Quinci  si  for- 
mano  le  moderne  viragini  dalla  persona  ritta  e  superba,  cogli  occhi 
sbarrati  e  la  guardatura  ferma  ed  invereconda,  sperte  del  maneggio 
de'  cavalli,  usate  al  nuoto,  alia  caccia  e  fino  a -traitor  1'arme.  Siccome 
per  altro  la  nalura  non  si  lascia  vincere  di  leggeri,  ne  impunemente 
sopraffare,  cosi  parmi  che  quelle  sforzate  produzioni  dell'  umana  stol- 
tezza  non  riescano  mai  che  ad  un'  odiosa  mostrosita,  nella  quale  man- 
cano  le  buone  e  le  belle  qualita  cosi  dell'  uno,  come  dell'  altro  sesso. 

«  E  veramente  incontra  nella  viragine  che  i  modi  ed  i  costumi 
soprannestati  ed  avveniticci  non  hanno  verso  le  sue  facolta  e  le 
attitudini  natural! ,  ne  da  parte  del  corpo ,  ne  da  parte  dell'  anima , 
quella  tale  proporzione  e  convenienza,  da  cui  si  produrrebbe  la  bel- 
lezza  dell'  intero,  e  per  cui  tutto  Tuso  della  vita  avrebbe  quella  nalu- 
ralita  e  queir  agevolezza  piacevole ,  che ,  meglio  d'  ogni  altra  cosa, 
dispone  alia  beatitudine.  Conseguentemente  ella  deve  trovarsene  in 
condizioni  simili  a  quelle ,  cui  riuscirebbe  un  uccello  acquatico,  che 
fosse  stato  allevato  fra  gli  uccelli  delle  foreste. 

«  Anch*  esso  il  consorzio  maritale ,  a  misura  che  sia  seguito  quel 
cotale  trasnaturare  della  donna ,  viene  ad  essere  sconcertato  e  gua- 
sto,  per  difetto  di  quella  varieta  nell'  unita,  onde  producesi  1'  armo- 
nia ;  per  'appunto  come  verificherebbesi  in  un'  orchestra  musicale 


340  RIVISTA 

ogni  qual  volta  gl'  istrumenti  di  suono  mite  e  soave,  come  la  viola  od 
il  flauto,  fossero  voluti  recare  al  guerresco  clangore  delle  trombe  1.  » 

Posto  che  la  istruzione  sia  congiunta  colla  educazione ,  quale  e  la 
maniera  che  vuolsi  lenere  per  cogliere  dell'  una  e  dell'  altra  il  frulto 
desiderato?  II  ch.  Autore  incominciando  dalla  islruzione,  studia  il 
falto  storico  della  lelteratura  femminile,  ne  deduce  il  valore  dell'  in- 
gegno,  e  dichiarato  il  fine  naturale  della  donna  nella  societa,  fa  toe- 
care  con  mano  la  falsita  della  opinione  di  chi  vuol  le  donne  in  ogni 
scienza  ed  in  ogni  letteratura  dotlrinate.  Donde  ricava  due  savissime 
considerazioni.  La  prima  risguarda  la  scienza  ed  e,  che,  « la  istru- 
zione scienlifica  deve  essere  contenuta  nella  donna  dentro  i  limiti  piu 
ristretli  e  piu  comuni  2.  »  Altramente,  volendoli  allargare,  il  falli- 
menlo  dell'  impresa,  1'esaltamento  dell'orgoglio  e  1'assorbimento  del 
piu  del  tempo  e  del  meglio  delle  forze  intellettive  saranno  indubita- 
tamente  i  tre  effetti  soprammodo  dannosi  dell'  insano  esperimento. 
E  percio ,  e  per  le  continue  tentazioni  della  dolcezza  della  vana 
gloria ,  appena  mai  sara  possibile ,  che  in  esse  donne  rimanga  luo- 
go  al  fedele  e  pieno ,  ma  non  guari  splendido  esercizio  della  dignila 
di  madri  di  famiglia.  «  Per  conseguenza ,  parlando  a  termini  di  ri- 
gore  da  ogni  laio  ,  fa  d'  uopo  d'eleggere  fra  la  donna  scienziata ,  o 
letterata ,  od  artista ,  e  fra  la  madre  di  famiglia ;  perocche  1'  una 
coll'allra  professione  insieme  si  ripugnano ,  e  riescono  quasi  neces- 
sariamente  incompatibili. . . . 

«  Finalmente,  e  d'  uopo  che  la  donna  medesima  sia  profondamen- 
te  persuasa  del  detto  di  Fenelon ,  cioe  che  per  essa  dev'  esservi ,  ia 
ordine  a  scienza,  un  colal  pudore,  non  guari  manco  delicato  di  quel- 
lo,  che  inspira  1'orrore  del  vizio. 

«  Certo  la  saccenteria  nelle  donne  e  infinilamente  ridicola ,  ed  al- 
trettanto  odiosa ;  ed  appena  troveresti  altro  vizio ,  che  piu  pronta- 
mente  ributti  il  sesso  maschile ,  a  cui  direbbesi  ch' esse  tenlino, 
con  quell'attitudine ,  di  pareggiarsi ,  o  piuttosto  d'  usare  contro  di 
lui  una  villana  soperchieria  3.  »  Cosi  ragiona  1'uomo  savio,  che  non 
si  lascia  muovere  dalle  splendide  apparenze ,  ma  soltanto  dalla  so- 
stanza  e  dal  convenevole! 

1  Pagg.  40,  41.  —  2  Pag.  55.  —  3  Pag.  54-5*6. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  341 

L'altra  considerazione  si  riferisce  alia  letteratura  ed  e  volta  a  met- 
tere  in  guardia  gli  educatori  circa  la  seel  la  dei  libri.  Nel  eke  se 
V  ebbe  tempo ,  che  abbisognasse  di  uomini  oculatissimi,  questa  no- 
slra  eta  per  fermo  e  dessa,  in  cui  diluviano  per  ogni  parle  scritli  em- 
pii  e  corrottissimi  da  esserne  dilagala  tutta  Italia.  Ritratto  con  forti 
colori  1'osceno  carattere  di  tanti  arnesi  del  male,  il  eh.  Autore  con- 
chiude :  «  Sopra  cento  scrilture ,  cbe  si  pubblicano  oggidi ,  forse  ap- 
pena  dieci  si  troverebbero  scbieltamenle  informate  di  buono  spirilo; 
un'  altra  discreta  parte  e  vana  e  vuota  d'utilita ;  le  restanti  sono  pur 
troppo  quali  cattive,  e  quali  pessime,  siccome  quelle  che  se  non  versa- 
no  a  sgorgo,  almeno  a  goccia  a  goccia  instillano  il  veleno  nei  leggitori. 

«  In  questa  pestilenza  periscono  miseramente ,  se  non  si  tengono 
a  buona  guardia ,  anche  gli  uomini  forti ,  prudenti ,  savii  e  addot- 
trinati ;  ed  anche  in  esso  loro  avverasi  che  le  parole  prave  corrom- 
pono  i  buoni  costumi.  Ora  come  sperare  che  vi  si  salvino  le  donne 
semplici ,  credule ,  sensibilissime  e  nescienti  1  ? 

Ma  chi  non  sa  come  fra  i  libri ,  che  menano  strage  non  piccola 
nelle  donne,  debbonsi  annoverare  in  primo  luogo  i  Romanzi?  Dal  se- 
vero  ma  savio  giudizio ,  che  si  porta  dal  ch.  Autore  sopra  de'  buoni 
nella  sostanza  e  peccanti  solo  nella  forma  dello  svolgimento,  si  dedu- 
ca  a  qual  alto  grado  egli  voglia  che  si  abbominino  quelli ,  ne'  quali 
sotto  mille  e  vaghe  maniere  si  manipolano  i  veleni  piu  acuti  delle 
oscenita  e  della  irreligione.  «  Finalmente  ,  egli  scrive ,  io  voglioav- 
yisare  una  gran  verita,  che  puo*sfuggire  facilmente  ,  e  di  cui  molli 
per  avventura  ne  manco  sospetterebbero ;  ed  e  che  quantunque  per 
il  proposito,  e  per  lamateria,  e  per  la  condolta  ,  i  Romanzi  fossero 
non  solo  moralmenle  indifferenti ,  ma  buoni  ed  oUimi  al  possibile, 
s'  egli  saranno  composti  coll'artificio  di  quelli ,  che  piacciono  oggidi, 
cioe  con  cento  ravvolgimenli  ed  inlrecciature  di  casi  inaspettati  e 
maravigliosi ,  e  con  simili  trovati  poetici  da  tener  sempre  tesa  1'ani- 
ma ,  ed  eccitata  la  curiosila ,  con  cio  solo  anch'  essi  riusciranno  mol- 
to  dannosi ;  perocche  una  volta  che  sia  preso  il  gusto  a  quel  genere 
di  composizioni,  le  storie  posale  e  tutti  gli  altri  libri  di  natura  se- 
ria ,  paiono  insipidi ,  stucchevoli  e  fastidiosi ;  la  stessa  noslra  vita 

1  Pag.  56-57. 


342  RIVISTA 

reale ,  regolata  ed  ordinaria  ci  si  presenla  sotlo  una  luce  pallida  7 
monotona  e  triste :  e  da  si  fatte  condizibni  al  Iraviamento  non  v'  e 
che  un  passo.  »  Non  v'  ha  dubbio;  i  Romanzi,  che  veslono  forme  co- 
tanto  dannose,  sono  da  inlerdire  alle  fanciulle.  E  ciiiaro  pero,  che 
nella  sentenza  del  ch.  Autore  non  vuolsi  do  intendere  di  quelli  che, 
fondati  sulla  storia  e  ritraenti  delle  scene  domestiche  usual!,  mirano 
a  vantaggiare  gli  spirit!  miscendo  iitile  dulci.  Come,  a  modo  di  esem- 
pio,  si  vede  essersi  procurato  nei  loro  dal  Card.  Wiseman  e  dal 
P.  Newman  ,  e  come  tentiamo  anche  no!  a  misura  della  nostra  po- 
chezza.  Veniamo  alia  deduzione  pratica,  che  s'  inferisce  dal  ch.  Au- 
tore inlorno  alia  leltura  dei  libri. 

«  Conseguentemente ,  posto  che  ledonne  sivogliono  istrutte,  fos- 
se pur  anche  del  semplice  leggere ,  rimarra  sempre  a  chi  cura  del 
vero  e  solido  loro  bene,  un  obbligo  strettissimo  di  guardare  quelb 
che  leggono ,  e  diffidare  per  regola  ordinaria  ;  ed  anzi  credere  che 
non  possa  mai  essere  soverchia  ne  manco  la  massima  diffidenza  1.  » 

Qui  ci  accorgiamo,  che,  tratti  dal  piacere  che  arreca  una  scritlu- 
ra  piena  di  grande  saviezza,ci  siamo,  senza  avvedercene,  intrattenn- 
ti  oltre  il  dovere  di  una  ri vista  sopra  la  materra  dei  primi  capilolL 
Onde  per  affrettare  il  passo  ed  anche  per  non  corrompere  la  dolcezza 
della  novita  a  que'  genitori  od  a  quelle  educatrici ,  che  non  avesse- 
ro  ancora  letto  il  prezioso  tesoretto  delle  considerazioni,  rinchiuse  in 
piccolo  volume ,  non  faremo  alcun  .motto  ne  del  metodo  che  vi  si 
consiglia,  affinche  metlano  e  germoglino  rigogliosi  i  semi  di  ogni 
yirtu  nel  euore.delle  fanciulle,  ne  degli  avvisi,  che  si  danno  all'uopo* 
di  una  vera  e  sostanziosa  educazione  cattolica,  ne  degl!  esercizii,  ai 
qiwli  la  donna  vuol  essere  accostumata  assai  di  buon'  ora,  perche 
ella  cresca  convenevolmente  all'  intendimento  del  creatore  contro  le 
fallaci  opinion!  che  corrono  ai  nostri  di.  Ci  teniamo  contenti  a  dire 
alcun  che  intorno  alle  pessime  costumanze,  che  pigliano  piede  fra 
noi  ogni  giorno  peggio  che  altro,  a  grande  rischio  delle  giovani  an- 
date  a  marito.  II  capitolo  VIII,  in  cui  si  pertratta  singolarmente  que- 
sto  argomento,  ^  degno  di  un  acuto  filosofo  e  di  uno  sperto  osservato- 
re,  quale  si  e  il  Pederzini.  Finoa  pochi  anni  addietro  le  donne  usci- 

1  Pag.  60-61 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  313 

vano  poco  per  le  contrade,  ed  immancabilmente  accompagnate.  Ora 
si  pensa  altramente.  Ma  con  quale  guadagno?  Che  al  maggior  nu- 
mero  di  quelle  die  sonosi  date  al  nuovo  costume,  non  valse  ne  1'in- 
gegno,  ne  Tindole  angelica,  ne  la  savia  educazione,  sicche  misera- 
bilmente  non  ruinasse  all' ultima  perdizione.  Quindi  la  esperienza 
ha  dettato  al  ch.  Autore  la  seguente  verita  pratica  generalissimo,: 
«  Che  qualunque  volta  ed  in  qualunque  luogo  una  giovine  donna  sia 
ritrovala  lungi  dagli  occhi  di  terza  persona,  e  non  protetta,  ne  dife- 
sa  dalla  presenza  d'  alcuno  di  quelli;  che  sono .  cordialmente  impe- 
gnati  nel  suo  vero  bene,  i  seduttori  ed  i  corruttori  le  si  gettano  in- 
torno  come  falconi  famelici  alia  preda ;  ed  ella  probabilissimamente, 
In  piu  o  meno  breve  termine,  dovra  cadere  1.  » 

Pognamo  pure,  che  cio  non  accada.  II  dispergimento  degli  affet- 
ti,  il  divagamento  della  mente,  il  getto  dannosissimo  del  tempo,  la 
introduzione  di  un  lusso  sfoggiato,  contro  di  cui  non  \i  e  solidita  di 
famiglia  che  possa  reggere,  ed  in  fine  la  malvagita  dei  discorsi,  che 
sogliono  mettersi  in  cotali  ritrovi  dell'ozio  e  delia  dissipazione,  sono 
grinestimabili  danni,  messi  in  mostra  egregiamente  dal  ch.  Aulore, 
come  effetli  del  vagabondare  cianciando  per  varie  famiglie  con  quegli 
altri  conseguenti  reissimi,  i  quali  sogliono  tener  dietro  a  cotanti  dan- 
ui.  «  E  per  riassumere  le  molle  particolarita  in  una  breve  parola, 
nelle  conversazioni  generalmente,  e  piu  secondo  che  piu  sono  mime- 
rose  e  miste  ,  s'  incontra  il  mondo,  cioe  il  lodatore  e  precettore  di 
iulte  le  virtu  finte,  il  delrattore  e  persecutore  di  tutte  levere,  1'av- 
versario  d'ogni  grandezza  intrinseca  e  verainente  propria  dell'uomo, 
il  derisore  d'ogni  sentimento  alto,  se  non  lo  erede  falso;  d'ogni  af- 
felto  dolce,  se  lo  crede  intimo :  lo  schiavo  de'  forti,  tiranno  de'  debo- 
li,  odiatore  degl'infelici  2.  » 

Conchiudiamo  avvertendo  ,  che  il  motto  della  setta  in  risguardo 
della  donna  e  il  grido  infernale :  si  corrompa.  Di  che  ognun  vede  e 
il  bisogno  che  i  genitori  guardino  con  ogni  diligenza  le  fanciulle  alia 
aianiera  de'  fiori  delicatissimi ,  e  le  cure  amorose  e  savie,  che  de- 
vono  i  mariti  ed  i  suoceri  usare  verso  le  giovani  spose.  Gli  uni  e  gli 
altri  ricaveranno  vantaggio  non  piccolo  dal  conoscere  le  Osserva- 
zioni  annunziale  del  dotlo  e  profondo  Autore. 

1  Pag.  137.  -  2  Pag.  144. 


SCIENZE    NATURALI 


1.  Relazione  sopra  il  taglio  dell'istmo  cli  Suez,  ed  i  lavori  compiuti  sino  al 
Febbraio  del  1864  —  2.  Progress!  del  traforo  del  Moncenisio  —  3.  Pre- 
parativi  pel  telegrafo  transatlantico ;  vendita  del  Great  Eastern  —  4.  Te- 
legrafo  russo-cinese  —  5.  Ravvivamento  dei  caratteri  dei  libri  e  delle 
pergamene  antiche  —  6.  La  yerba,  ossia  the  del  Paraguay. 

1.  Nel  giorno  1  del  passato  Marzo  si  tenne  in  Parigi  una  straordinaria 
assemblea  generate  degli  azionisti  della  Corapagnia  per  lo  scavo  d'un  ca- 
nale  navigabile  tra  il  Mediterraneo  ed  il  Mar  Rosso,  col  taglio  deli'istmo 
di  Suez.  Doveasi  in  tale  adunanza  fermare  il  partito  sopra  il  da  farsi  per 
comporre  il  litigio  insorto,  ad  istigazione  dell'Inghilterra,  per  mezzo  del 
Governo  ottomano  di  Costantinopoli ,  fra  il  Vicere  d'Egitto  e  la  Compa- 
gnia  medesima,  principalmente  rispetto  ai  vantaggi ,  prima  conceduti, 
ed  ora  rivocati ,  che  doveansi  ricavare  dal  canale  d'acqua  dolce  e  dai  ter- 
reni  adiacenti  al  tragitto  di  esso.  Prima  di  esporre  lo  stato  presente  della 
controversia,  il  Presidente,  sig.  Ferdinando  De  Lesseps  riferi  ^  partita- 
mente  fino  a  qual  punto  fossero  pervenuti  i  varii  lavori  gia  impresi;  di 
che  vogliamo  qui  compendiare  la  parte  precipua ,  per  continuare  le  no- 
tizie,  date  neH'Agosto  del  1863  2,  sopra  questo  importante  argomento. 

Canale  marittimo.  I  lavori  per  lo  scavo  del  canale  marittimo  furono 
promossi  con  tutta  alacrita ,  e  condotti  bene  innanzi ,  per  quanto  il  con- 
sentivano  il  numero  e  la  forza  dei  cavafanghi,  e  la  necessita  di  impiegare 
la  massima  parte  degli  operai  a  corapiere  il  canale  d'  acqua  dolce ;  di  che 
abbiamo  accennato  altrove  1'  estrema  urgenza.  Gli  operai,  che  si  poterono 
lasciare  al  canale  marittimo,  furono  occupati  a  levar  via,  in  tutta  la  lar- 
ghezza  normale  di  esso  ( la  quale  oggi  e  di  metri  60  al  livello  del  Medi- 
terraneo) e  tra  leduedighe  che  formano  le  sponde  d' Africa  e  d'Asia, 

\  Questo  rapporto  fu  recitato  per  intiero  dal  giornale  il  Monde  di  Parigi  del  9  Marzo,  n.  C8. 
2  Civilli,  Cattolica,  Scrie  V,  vol.  VII,  pag.  469  e  seg. 


SCIENZE  NATURALI  345 

alcune  soglie  che  ancora  esistevano  tra  il  lago  Menzaleh  e  1'  estremita 
meridionale  del  lago  Ballah.  Scavarono  inollre  a  secco ,  dovunque  si 
pole,  il  canale  stesso  fmo  a  metri  1,20  sotto  a  codesto  livello;  e  la  quan- 
titade'  materiali  cosi  estratti  fu  di  1,200,000  metri  cubi.  Si  tolsevia  an- 
cora, sempre  a  secco,  benche  il  suolo  fosse  sotto  il  livello  del  Mediter- 
raneo,  un  banco  di  pietre  da  gesso,  di  circa  131,000  metri  cubi;  onde 
si  potra  ricavare  profitto  insigne,  quando  sara  giunto  il  tempo  da  fabbri- 
care  ivi  presso  citta  e  borgate.  La  parte  del  canale  marittimo  che  si  venia 
scavando  tra  il  lato  Timsah  e  la  spianata  di  Toussoum  o  del  Serapeum 
stendesi  per  6,300  metri,  e  ne  furono  estratti  2,150,000  metri  cubi  di  terra 
e  sassi.  A  mezzo  il  Dicembre  un  certo  numero  d'operai  cominciarono  lo 
scavo  della  soglia  di  Chalouf-el-Taraba,  che  separa  le  lagune  di  Suez  dal 
bacino  dei  Laghi  Amari ,  dove  si  potra  lavorare  sempre  a  secco ;  e  di  li 
fmo  a  Suez  si  useranno  i  cavafanghi. 

Canali  di  congiunzioni.  Due  canali,  derivati  dal  marittimo,  furono 
scavati  ed  aperti,  1'uno  per  agevolare  1'  uso  d'una  cava  di  pietra,  1'  altro 
allo  sbocco  del  canale  marittimo  nel  lago  Timsah,  per  far  comunicare 
quello  col  canale  d'acqua  dolce  ad  Ismailia. 

Canale  dj  acqua  dolce.  Questo,  come  narrammo  altra  volta,  deriva  le 
acque  del  Nilo ;  e  giunto  a  Nefiche  presso  il  lago  Timsah,  si  divide  in 
due  ranai,  Tun  de'  quali  volge  verso  Suez  sul  Mar  Rosso,  1'  altro  scende 
verso  Porto  Said  sul  Mediterraneo.  II  primo  di  questi  rami,  navigabile, 
e  gia  compiuto  e  venne  inaugurato  alii  20  Dicembre,  nel  qual  giorno  , 
abbattute  le  dighe  di  rattenfo,  1'  acqua  del  Nilo  sbocco  nel  Mar  Rosso. 
Con  cio  son  provvedute  d'  acqua  potabile  tutte  le  stazioni  interme- 
die  degli  operai,  si  ha  facilita  di  trasporto  de'  materiali  sopra  barconi 
piatti,  e  modo  di  irrigare  i  terreni  adiacenti.  Questo  ramo,  dal  Timsah 
al  Mar  rosso,  si  stende  per  89,700  metri  di  lunghezza,  e  costo  13  mesidi 
lavoro,  essendosi  estratti  nello  scavo  non  meno  di  3,346,000  metri  cubi 
di  terra.  II  secondo  ramo,  assai  minore  pel  volume  delle  acque,  le  quali 
scorrono  chiuse  in  grosso  tubo  di  ferro,  destinate  principalmente  ad  ap- 
provigionare  Porto  Said,  giunge  oramai  a  16  chilometri  di  distanza  da 
questo  luogo,  e  dee  tra  poco  essere  finito ;  intanto  serve  a'  bisogni  delle 
stazioni  che  si  trovano  lungo  i  64  chilometri  gia  compiuti. 

Porto  Said.  Questa  nuova  citta,  che  dee  sorgere  allo  sbocco  del  cana- 
le marittimo,  e  divenire  uno  dei  porti  piu  important!  pel  commercio,  non 
consiste  finora  che  in  editizii  per  alloggiamenti  degli  ingegneri  ed  operai, 
ed  in  vasti  ricettacoli  per  le  officine  ed  i  depositi  di  carbone,  legnami , 
ferro  ecc.  Intanto  si  lavora  allo  scavo  dei  bacini,  a  che  intendono  quattro 
cavafanghi  a  vapore  e  due  gru ;  le  terre  estratte  si  usano  a  far  colmate 
ed  un  gran  terrapieno,  destinato  a  servire  di  suolo  alia  citta,  sicche  que- 
sta  levisi  a  tale  altezza  da  non  dover  temere  alcuna  invasione  delle  ac- 
que del  lago  Menzaleh ;  al  quale  scopo  si  ricinge  1'  area  della  futura  citta 


316  SCIENZE  NATLRALI 

di  alte  e  robuste  dighe.  Si  stanno  pure  mettendo  in  assetto  yenti  fortis~ 
simi  cavafanghi,  e  preparando  pontoni,  gru  e  simili  argomenti  meccanici 
per  i  lavori  del  nuovo  porto. 

La  superficie  gia  colmata  e  alzata  fino  a  due  metri  sopra  il  livello  del 
mare  e  del  Menzaleh,  e  di  119,000  metri  quadrati.  Si  sono  prolungati  di 
180  metri  i  moli  di  scarico  per  le  barche,  gettandone  le  fondamenta  so- 
pra pile  di  ferro ;  e  fu  spinto  innanzi  celeremente  il  lavjro  di  un  isolotto, 
parimente  di  ferro,  nel  mare,  a  1,500  metri  dal  lido,  neila  direzione  del 
molo  occidentale,  onde  valersene  come  di  piazza  di  scarico  per  le  navi 
che  non  pescaoo  piu  che  5  metri  d'  acqua.  Quest'  isolotto,  che  servira 
pure  di  riparo,  fu  prolungato  di  51  metro  verso  1'alto  mare,  e  di  47  verso 
terra,  sicche  in  tutto  stendesi  per  ben  163  metri,  quanto  basta  perche 
due  navi  possano  dalia  stessa  banda  deporre  il  loro  carico. 

Inoltre  dall'  angolo  tra  mezzodi  e  ponente  del  grande  bacino  di  Porto 
Said  fu  scavato  un  canale  di  630  metri  di  lunghezza,  che  deve  essere 
continuato  fino  a  400  metri  piu  in  la,  affine  di  pervenire  allo  sfondo  del 
lago  Menzaleh  ,  sopra  cui  navigano  in  ogni  stagione  le  barche  di  tras- 
porto  e  di  pesca.  Con  cio  saranno  spedite  le  conmnicazioni  con  tutto  il 
lido  del  lago,  e  specialmente  con  Damiata,  e  si  raccogliera  pure  il  van- 
taggio  d'  avere  all'  estremita  del  canale  un'  alternativa  di  correnli,  che 
gioveranno  a  tenerlo  sgombro  di  depositi. 

Gran  numero  di  ufficiali  del!a  Com  pagnia,  e  specialmente  quelli  che 
sovrintendono  alia  direzione  generale  dei  lavori  ed  ai  trasporti,  furono 
traslocati  ad  Ismailia,  centro  dell'  istmo;  dove  percio  furono  fabbricate 
case  e  magazzini.  Alii  31  Dicembre  1863  1'area  totale  degli  editizii,  co- 
struiti  ad  uso  della  Compagnia  era  di  107,531  metro  quadrato:  ed  a  mez- 
zo il  1864  saranno  compiute  tutte  le  fabbriche  disegnate  a  tal  fine. 

Telegrafo.  II  telegrafo,  al  cominciare  del  1863,  correva  solo  da  Zaga- 
ziga.lla  soglia  d'El-Guisr.  Ora  e  giunto  a  toccare  da  uua  parte  Porto  Said, 
dall'  altra  Tpussoum ;  d'onde  si  lavora  per  condurlo  fino  a  Suez,  il  che 
sara  fatto  entro  il  mese  di  Maggio.  Cosi  tutte  le  borgate  e  le  offidne  del- 
la  Compagnia  saranno  in  comunicazione  col  Cairo,  con  Alessandria,  con 
TEuropa  tutta,  passando  i  dispacci  per  Malta  e  la  Sicilia. 

Cio  che  rimane  a  farsi,  ed  e  certamente  molto ,  venne  affidato  ad  ap- 
paltatori;  i  quali,  veduto  1'ottirao  avviamento  dell'  impresa,,  e  gli  appa- 
recchi  giganteschi  di  mezzi  per  condurla,  e  la  buona  coudizione  degli 
spedali  e  delle  borgate,  fornite  d'ogni  cosa  occorrente  alia  vita,  ed  anche 
alia  religione,  trassero  solleciti  a  stipulare  i  patti  di  speciali  opere.  Coss 
per  un  contralto  del  1.°  Otlobre  1863  un  sig.  Couvreux  si  obbligo  di  com- 
piere,  in  quattr'anni,e  ridurre  alia  dovuta  perfezione  di  larghezza  e  pro^ 
fondita  il  canale  marittimo  nelle  vicinanze  ed  in  tutto  il  tragitto  della 
spianata  d'El-Guisr;  cioe  per  la  lunghezza  di  15  chil^metri,  onde  si  deb- 
bono  ancora  estrarre  9,000,000  di  metri  cubi  di  terra.  Con  altro  appalto 


SCIENZE  NATURALI  347 

del  20  Ottobre  i  signori  Dussaud,  che  gia  impresero  la  costruzione  del 
porti  di  Marsiglia,  d'Algeri  e  di  Cherbourg,  si  tolsero  1'incarico  d.i  finire, 
in  quattr'anni,  con  macigni  artificial},  i  due  gran  moli  di  Porto  Said.  Con 
altro  contralto,  1'  inglese  sig.  Aiton  assunse  1' obbligo  di  compiere,  a 
tutta  la  dovuta  profondita,  il  canale  marittimo  da  Porto  Said  tino  al  punto, 
in  cui  dee  porre  mano  ai  lavori  il  mentovato  sig.  Couvretix;  cioe  per  la 
Junghezza  di  60  chilometri,  estraendone  21,700,000  metri  cubi  di  terra, 
egualmente  in  quattr'  anni.  «  Laonde,  conch  iuse  il  Lesseps,  per  la  fine 
del  1867  il  grande  canale  uiarittimo  sarebbe  spedito  alia  libera  naviga- 
zione  eziandio  delle  navi  di  grande  portata ,  e  1'  impresa  sarebbe  pres- 
soche  corapiuta.  » 

Quanto  alle  difficolta  opposte  dal  Governo  egiziano,  e  da  sperare  che 
quanto  prima  saranno  appianate,  avendo  il  Yicere  d'Egitto  dichiarato  di 
lasciare  il  compimento  del  litigio  all'  arbitrate  dell'  imperatore  Napoleo- 
ne  III,  come  diremo  nella  Cronaca  delle  cose  di  Francis. 

2.  I  lavori  della  perforazione  del  Moncenisio  progrediscono ,  con  cele- 
rita  forse  minore  di  quel  che  presumevasi,  quando  si  pose  mano  all' ope- 
ra, ma  senza  incontrare  ostacoli  impreveduti  o  straordinarii.  La  lunghez- 
za  della  galleria,  gia  scavata  in  tutta  1'ampiezza  defmita,  oltrepassa 
i  400  raetri ;  e  questo  tratto  e  compiuto  ad  opera  finita,  coi  piedritti  ed 
il  volto  murato;   la  cui  sezione  ha  figura  approssimativamenle  di  se- 
miellisse,  con  altezza  di  metri  6,  50  e  larghezza  di  metri  7,53;  avendo 
da  una  parte,  sopra  mensole  al  muro  ,  il  tubo  per  1'aria  compressa,  e 
dall'altra  i  tubi  per  1'aqua  ed  il  gaz  :  e  nel  mezzo,  in  muratura  tra  le  ro- 
taie,  il  canale  di  scolo.  Prolungasi  poi  la  minore  galleria  centrale ,  in  cui 
si  lavora  con  le  macchine  perforatrici ,  a  piccola  sezione,  per  oltre 
a  2980  metri ,  supponendo  continui  i  due  tronchi  gia  aperti  sui  due  op- 
posti  versanti  del  monte.  II  progresso  quotidiano  di  questa  piccola  gal- 
leria varia  dai  due  ai  tre  metri  incirca  per  amendue  le  parti  insieme.  Fi- 
no  al  1.°  di  Gennaio  1864  la  somma  delle  spese  a  cio  impiegate  saliva  a 
fr.  16,800,000;  per  1'anno  corrente  furono  richiesti  altri  5,932,037.  Re- 
stano  ancora  da  scavare ,  prima  che  le  opposte  gallerie  si  incontrino  nel- 
le  viscere  del  monte ,  9,305  metri  incirca ,  il  che  non  credesi  possa  esse- 
re  effettuato  in  meno  di  8  o  9  anni;  oltre  di  che  la  piccola  galleria  dovra 
cssere  tutta  ridotta  alle  dimension!  sopra  mentovate  coi  lavori  accessorii, 
che  richiedono  piu  altri  anni. 

3.  La  infelicissima  riuscita  deh"  impresa  pel  telegrafo  sottomarino,  tra 
le  isole  della  Gran  Brettagna  e  gli  Stati  Uniti,  non  basto  a  fare  che  se  ne 
smettesse  il  proposito.  Si  e  anzi  costituita  a  Londra  una  Societa  per  ri- 
tentare  la  prova,  ed  i  signori  Glass  ,  Elliot  e  consorti  gia  posero  mano  a 
far  preparare,  con  nuove  forme,  1'immepsa  gomena.  Pel  trasporto  di  essa 
comperarono  anzi  il  Great  Eastern ,  che,  non  ha  molto,  dicemmo  essere 
stato  posto  aU'asta  pubblica.  Essi  ne  prenderanno  possesso  il  di  1.°  di 


348  SCIENZE  NATURALI 

Maggio,  dal  qual  giorno  saranno  a  loro  carico  le  spese  tutte  di  manteni- 
mento  di  quella  vasta  mole.  II  Cosmos  (Vol.  XXIV,  pag.  282)  riferi  che 
il  Great  Eastern,  che  avea  costato  alle  diverse  Compagnie,  cui  apparten- 
ne  successivamente,  non  meno  di  900,000  sterline  (franchi  22,500,000), 
fu  venduto  al  prezzo  di  sole  25,000  sterline  (625,000  franchi).  Tuttavia 
pare  che,  ove  il  fatto  risponda  alle  speranze,  e  tal  nave  riesca  utile  agli 
imprenditori  del  telegrafo  quanto  al  trasporto  ed  all'  iramersione  della 
gomena,  i  venditori  avranno  altre  25,000  sterline ;  sicche  in  tutto,  sup- 
ponendo  che  le  cose  volgano  propizie  all'  impresa ,  la  nave  che  costo 
22,500,000  franchi,  sara  stata  venduta  per  gran  merce  al  prezzo  di 
1,250,000.  Non  e  cosa  che  debba  ispirare  gran  coraggio !  A  codesto  te- 
legrafo transatlantico  non  si  mettera  mano,  quanto  all'  affondare  la  go- 
raena,  che  nella  ventura  primavera  del  1865. 

4.  Per  contro  e  oggimai  compiuta  in  massima  parte  1' impresa  d'una 
comunicazione  telegrafica  e  diretta  fra  Pietrohurgo  e  la  Cina,  in  quanto 
gia  fu  condotta  a  termine  tra  Omsk  ed  Irkutzk.  I  primi  dispacci  spediti 
da  Irkutzk  alii  31  Dicemhre,  a  mezzodi,  furono  ricevuti  a  Pietroburgo, 
lo  stesso  giorno,  alle  ore  8  7,  pomeridiane,  avendo  in  queste  poche  ore 
percorsa  I'enorme  distanza  di  5750  werste,  ossia  6135  chilometri,  men- 
tre  per  lo  passato  una  lettera,  spedita  con  tutta  la  possibile  celerita,  ri- 
chiedeva  24  giorni,  per  giungere  dall'  uno  all'altro  di  questi  estremi. 

5.  Puo  tornare  assai  rilevante,  in  congiunture  di  liti  o  trattandosi 
di  studii  intorno  a  fatti  antichi,  il  poter  ravvivare  i  caratteri  sbiaditi  e 
quasi  sparuti  di  pergamene  ed  anche  di  stampati,  che,  per  la  cattiva 
qualita  dell' inchiostro,  ne  avessero  pressoche  interamente  cancellate  le 
tracce.  Ora  il  Cosmos  (Vol.  XXIV,  pag.  347)  riferisce  il  trovato  d'un 
certo  sig.  Moride ,  che  sembra  satisfare  all'  uopo ;  e  ne  descrive  la  mani- 
polazione,  nei  termini  seguenti.  La  pergamena  o  la  carta  scritta  si  lasci 
qualche  tempo  in  bagno  nell'acqua  distillata;  poi  si  immerga  per  cinque 
minuti  secondi  in  una  dissoluzione  d'  acido  ossalico,  in  cui  siavi  un  per 
cento  d'  acido.  Quindi  si  lava ;  poi  si  immerge  in  un  vaso  che  contenga 
una  dissoluzione  di  10  grammi  d' acido  gallico  in  300  grammi  d'acqua 
distillata.  Allora  i  caratteri  appaiono  come  rigenerati,  e  basta,  per  termi- 
nare  1'  operazione,  di  lavare  anche  una  volta,  poi  asciugare.  Tal  ma- 
Dipolazione  si  vuol  fare  con  molta  prontezza  e  cura,  per  impedire  che 
si  facciano  macchie  ,  o  che  la  carta  prenda  una  tinta  uniforme.  Si  puo, 
da  chi  vi  abbia  interesse,  tentare  la  prova,  essendo  1'  invenzione  fondata 
sopra  cio :  che  1' acido  ossalico  intacca  piu  facilmente  la  superficie  che 
fu  gia  impregnata  dall'antico  inchiostro;  e  quindi  la  dispone  a  ricevere 
nuova  impressione  dall'  acido  gallico. 

6.  Nel  periodico  Les  Mondes  (Tom.  IV,  pag.  467-88)  si  legge  per  intie- 
ro  una  Memoria,  letta  all'Accademia  delle  Scienze  di  Parigi,  alii  4  Gen- 
naio  di  quest'  anno,  sopra  le  qualita  e  la  preparazione  d'una  specie  di  the, 


SCIENZE  NATURALI  349 

che,  per  le  sue  proprieta  e  per  la  sua  composizione  elementare,  tiene  ad 
un  tempo  del  caffe  e  del  the  della  Cina.  Questo  prodotto  yegetale,  molto 
usato  in  certe  region!  dell'  America  meridionale ,  e  conosciuto  da  quelle 
parti  in  commercio  sotto  nome  di  yerba,  e  spacciasi  in  forma  d'  una  pol- 
yere  grossolana,  che  si  prende  in  infusione.  La  pianta,  onde  ricavasi 
tal  polvere,  e  un  arbusto  che  per  1'  apparenzu  esterna  rassomiglia  molto 
all'arancio,  ma  in  verita  appartiene  alia  famiglia  delle  ilicinee,  e  costi- 
tuisce  il  genere  ilex  paraguariensis,  sotto  il  qual  nome  fu  descritto  dal 
Saint-Hilaire ,  dal  Bonpland  e  dal  Candolle.-  Questo  eJce  perviene  fmo  a 
tre  o  quattro  metri  d'  altezza ,  con  rami  diretti  verticalmente ,  e  foglie 
alterne,  ellittiche ,  dentate,  d'  un  verde  cupo  e  lucente  sulla  faccia  supe- 
riore,  ma  piu  pallido  nella  inferiore ;  le  foglie  non  cadono  durante  F  in- 
verno,  ma  vengono  crescendo  per  tre  anni ;  in  capo  ai  quali  se  ne  fa 
la  raccolta.  II  suo  fiorire  e  in  forma  di  mazzetti  bianchi  a  grappolo, 
ciascun  de'  quali  porta  da  20  a  40  fiori  composti  di  un  calice  gamosepalo, 
a  quattro  petali  saldati  alia  base ,  di  4  stami ,  d'  un  pistillo  semplice  a 
stimma  largo  e  persistente,  e  d'  un'  oyaia  a  quattro  scompartimenti.  II 
frutto  e  una  piccola  bacca  di  color  rosso  violaceo ,  il  cui  perisperma  mu- 
cilaginoso  circonda  quattro  grani  tetraedrici. 

Quest'  arbusto  si  riproduce  specialmente  pel  suo  seme,  e  si  colti- 
yaya  acconciamente  nelle  Missioni,  che  altra  yolta  iiorirono,  con  arami- 
razione  di  tutto  il  mondo,  nel  Paraguay,  per  cura  dei  Gesuiti  che  le 
aveano  fondate.  Ma  distrutta  dal  turbine  settario  quell'  opera  di  yera  ci- 
yilta  cristiana,  si  trascuro  quella  coltura;  di  che  il  prezioso  arbusto 
non  si  trova  piu  che  in  istato  selvaggio,  nelle  foreste  yergini  che  si 
stendono  dal  27.°  al  23.°  grado  di  latitudine  meridionale.  II  Dottore 
Schnepp  visito  i  luoghi  in  cui  quello  si  troya  e  si  sfrutta,  e  noto  il  modo 
con  cui  se  ne  prepara  la  yerba  del  commercio.  Questo  e  molto  sem- 
plice. Si  fanno  abbrustolare  le  foglie  ed  i  teneri  ramoscelli  ivi  stesso  do- 
ye  si  raccolgono ;  poi  si  tritano  fino  ad  ayerne  quella  polvere  grossolana, 
che  si  spedisce  poi  chiusa  in  sacchi  di  cuoio. 

«  La  yerba,  dice  lo  Schnepp  nella  sua  Memoria  letta  all'Accademia 
delle  Scienze,  il  4  Gennaio,  da  una  bevanda  aromatica,  piacevole,  che 
non  pure  disseta,  ma  tempera  eziandio  la  fame  con  effetto  di  yera  nu- 
trizione,  senza  punto  cagionare  stimoli  od  irritazione,  e  senza  commove- 
re  il  sistema  nervoso  e  disturbare  il  sonno.  Gl'indigeni  di  cola  senz'al- 
tro  alimento  che  1'infusione  della  yerba,  possono  viaggiare  e  sostentarsi 
giornate  intere,  mantenendosi  in  forze  ben  gagliarde.  Sotto  il  risguar- 
do  medicinale,  puo  adoperarsi  anche  durante  la  malattia,  e  giova  molto 
Bello  stato  di  convalescenza ,  quando  si  deve  nutricare  1'  organismo 
senza  irritarlo.  »  All'Accademia  delle  scienze  furono  rimessi  dei  saggi 
della  yerba  preparata,  e  del  suo  seme;  di  cui  si  tentera  probabilmente  la 
coltivazione  in  Algeria,  dove,  se  riuscisse,  tornerebbe  senza  fallo  utilis- 
sima,  per  le  condizioni  di  que'luoghi  e  di  quel  clima. 


CRONACA 

CONTEMPORANEA 


Roma  30  Aprils  1864. 


I. 

COSE  ITALIANS. 

STATI  PONTIFICII  1. 11  S.  Padre  a  S.  Maria  Maggiore;  decreto  di  Beatificazione. 
del  Ven.  Pietro  Canisio  —  2.  II  S.  Padre  alia  Propaganda;  decreto  di  Ca- 
nonizzazione  della  B.  Maria  Francesca  delle  cinque  Piaghe,  e  di  Beatifi- 
cazione  della  Ven.  Alacoque  —  3.  Triduo  di  riparazione  al  Collegio  Ro- 
mano —  4.  Regolamento  edilizio  —  5.  I  giornali  del  Governo  torinese  e 
il  Moniteur  di  Parigi,  sopra  1'anaore  di  Roma  pel  S.  Padre  —  6.  Anniver- 
sario  del  12  Aprile  —  7.  Nuovtf  Inviato  del  Messico  a  Roma  —  8.  L'lm- 
peratore  e  1'  Imperatrice  del  Messico  a  Roma  —  9.  Messa  per  la  Francia 
in  S.  Giovanni  Laterano. 

1.  Fra  il  numero  grandissimo  delle  opere  che  renderanno  singolare  il 
Pontificato  della  Santita  di  nostro  Sigaore ,  otterra  luogo  segnalatissimo 
la  Confessione,  la  quale,  editicata  a  spese  del  suo  private  peculio,  si  e 
portata  a  compimento  nella  patriarcale  Basilica  Liberiana,  ed  il  cui  altare 
fu  ora  solennemente  dedicate.  Essa  e  lavoro  magnifico  per  qualsivoglia 
riguardo  si  ami  considerare.  L'architetto  professore  conte  Virginio  Vespi- 
gnaoi,  cui  dalla  Santita  Sua  venae  coafidato  di  progettarne  il  disegno  e 
Tegliarne  la  esecuzione,  a  giudizio  comune,  fece  opera  degna  dell'  augusto 
Pontetice  che  gliela  commetteva ,  e  del  suo  valore  artistico  produsse  un 
altro  di  quei  monumenti,  che  ne  terra  presso  i  posteri  raccomandata  alta- 
mente  la  fama.  Tutto  concorre  a  rendere  singolare  questa  opera:  1'  eco- 
nomia  dello  spazio  in  cui  e  scavata  la  Confessione:  il  girare  della  scala  a 
discendervi :  Y  arcuazione  voltare  sotto  1'aHare  papale  per  dar  luogo  al- 
T  Ipogeo,  e  quanto,  con  accordo  di  b  enintesa  distribuzione ,  vi  si  pose  a 
decorazione  delle  pareti:  pietre  preziose,  pietre  dure,  marmi  di  squisita 
e  rara  venatura,  bronzi  fusi  e  cisellati  con  magistero  che  ricorda  i  tempi 
piu  felici  dell'arte:  e  colonne,  e  statue,  e  intagli ,  e  1'  oro  a  profusione 
condotto  a  velare  le  modanature  e  i  risalti  dell'  opera  architettonica; 


CRONACA  CONTEMPORANEA  351 

La  quale  volevasi  pure  in  tanto  alto  grado-  ammirabile,  perche  la  Santita 
Sua  facevala  operare  ad  ornamento  del  sepolcro  dell'Apostolo  S.  Mattia, 
i  cui  resti  mortal!  riposano  sotto  1'altare  papale  di  quella  yeneranda  Ba- 
silica ;  e  1'  Ipogeo  di  qu  esta  Confessione,  sul  nuoyo  altare  che  yi  ha  fatto 
erigere,  destinayalo  a  conservare  le  preziose  Reliquie  della  Culla  e  della 
Infanzia  del  nostro  divin  Redentore.  Alia  gelosa  eustodia  dei  quali  pegni 
dell'  amore  singolare  di  Gesu  Cristo  verso  delle  sue  creature,  la  in  fondo 
della  cripta  si  e  operata  sul  muro  una  nicchia,  che  e  rinserrata  da  infer- 
riata,  e,  di  fuori,  da  due  sportelli  in  inetallo,  con  rabeschi  e  fogliami,  che 
nei  scompartimenti  di  mezz  o  presentano  le  effigie ,  da  una  parte  della 
umile  Vergine  di  Nazaret,  eletta  a  Madre  di  Dio,  dall'altra  dell'Arcangelo 
S.  Gabriele  che  a  lei  scende  nunzio  dell'  ineffabile  mistero.  Nelle  pareti 
laterali  il  Cav.  Podesti  dipinse  in  due  quadri,  ed  in  figura  intera,  1s  Apo- 
stolo  S.  Mattia,  e  il  Dottore  S.  Girolamo;  e  nella  yolticella  due  Angeli, 
che  in  isyolazzante  fascia  recano  scritte  le  parole  proferite  dai  celesti  spi- 
riti  nell'  annunziare  ai  pastori  il  nato  Redentore. 

Pertanto  il  complesso  di  queste  opere  artistiche  ayendo  riceyuto  il  fini- 
mento  desiderate,  Sua  Beatitudine  ha  yoluto  che  la  Domenica  terza  di 
Pasqua ,  giorno  sacro  al  Patrocinio  dello  Sposo  purissimo  di  Maria , 
S.Giuseppe,  si  facesse  la  dedicazione  del  monumento ;  ed  egli  stesso 
amo  compiere  la  cerimonia  della  Consagrazione  dell'altare,  che  ayea  fatto 
erigere. 

Datosi  compimento  alle  funzioni  proprie  della  Consagrazione  deir  al- 
tare, la  Beatitudine  Sua,  passo  alia  Sagrestia  ed  ascese  al  Trono  che  yi 
era  stato  innalzato.  Al.lato  del  Sommo  Pontefice  si  pose  1'  Emo  e  Rffio 
signor  Cardinale  Patrizi,  Prefetto  della  S.  Congregazione  de'  Riti,  ed  in- 
sierae  Relatore  della  Causa  per  la  Beatificazione  e  Canonizzazione  del 
Yen.  Seryo  di  Dio  Pietro  Canisio ,  sacerdote  professo  della  Compagnia 
di  Gesu.  Ai  gradini  poi  del  Trono;  ciascuno  al  posto  conveniente,  si  po- 
sero  i  Monsignori  Bartolini  ,  Segretario  della  sacra  Congregazione  dei 
Riti;  Frattini,  Promotore  della  Fede;  e  Minetti,  Assessore  della  stessa 
S.  Congregazione.  Nel  piano  poi  s'  inginocchiarono  il  P.  Beckx,  Prepo- 
sito  Generale  della  Compagnia  di  Gesu,  ed  il  P.  Giuseppe  Boero,  dello 
stesso  Istituto,  Postulatore  di  quella  Causa,  e  1'  Ayv.  Ilario  Alibrandi, 
Difensore  della  medesima.  Allora  Sua  Beatitudine  yolle  che  Monsignor 
Segrelario  leggesse  il  Decreto,  .col  quale  dichiara  constare  di  quattro 
Miracoli,  operali  da  Dio  per  intercessione  del  Yen.  Pietro  Canisio. 

Pubblicatosi  il  Decreto,  ed  ammessi  al  bacio  del  piede  i  soprannomi- 
nati  Monsignori  Segretario,  Promotore  della  Fede  ed  Assessore  dei  Riti, 
il  P.  Preposito  Generale  della  Compagnia  di  Gesu  rese  grazie  alia  San- 
tita Sua  perche  erasi  degnata  di  comandare  che  yenisse  pubblicato  il 
Decreto,  pel  quale,  essendo  approyati  i  Miracoli  operati  da  Dio  ad  inter- 
cessione di  Pietro'Canisio,  questo  Venerabil  Seryo  del  Signore  sarebbe 


352  CRONACA 

stato  innalzato  all'onore  del  culto,  ed  avrebbe  cresciuto  il  novero  di  quei 
benavventurati  che,  yivendo  in  terra  nella  Regola  del  santo  Patriarca  di 
Loiola,  erano  dalla  Chiesa  militante  invocati  come  patroni  presso  1'Onni- 
potente  in  cielo.  E  il  Santo  Padre,  dopo  avergli  dato  a  baciare  il  piede, 
rispose  con  discorso  analogo  alia  circostanza  della  funzione,  nonche  alle 
condizioni  dei  tempi  che  corrono.  Dopo  di  cio  ammise  all'onore  di  baciar- 
gli  il  piede  il  P.  Postulatore  e  1'Avvocato  difensore  della  Causa.  II  S.  Pa- 
dre nel  passare  per  la  citta,  per  tutta  intera  la  distanza  grandissima  che 
separa  il  Vaticano  dall'  Esquilino,  yenne  ricevuto  ed  accompagnato  con 
le  dimostrazioni  di  riverente  affetto  di  ogni  ordine  di  ciltadini,  che  atten- 
devano  il  passaggio  del  suo  pontificio  corteggio  e  che  imploravano  a 
gran  \oce  1'  apostolica  Benedizione. 

2.  II  giorno  24  di  Aprile,  celebrandosi  nella  chiesa  del  Collegio  di  Pro- 
paganda le  festa  di  S.  Fedele  da  Sigmaringa,  il  S.  Padre  si  reco  al  detto 
Collegio.  Poiche  la  Santita  Sua  si  assise  in  Trono,  nella  sala  a  cio  nobil- 
mente  preparata,  presero  posto  ai  suoi  lati  gli  EiTii  e  Riui  signori  Cardi- 
nal! Patrizi,  Vescovo  di  Porto  e  S.  Rutina,  Prefetto  della  sacra  Congre- 
gazione  dei  Riti,  e  di  Reisach,  Relatore  della  Causa  della  B.  Maria  Fran- 
cesca  delle  cinque  Piaghe ;  sui  gradini  poi ,  ciascuno  al  luogo  conve- 
Biente,  i  Monsignori  Bartolini,  Segretario  della  S.  Congregazione  dei 
Riti;  Frattini,  Promotore  della  Fede;  Minetti,  Assessore  dei  Riti.  Din- 
nanzi  al  Trono  poi,  in  terra,  s' inginocchiarono  il  Postulatore  della  Causa 
Monsignor  Clemente  Maria  Buratti;  il  Difensore  della  medesima  ayv. 
D.  Francesco  Morsilli ;  el'ab.  Savaresi  che  ne  e  Procuratore.  Allora, 
al  comando  di  Sua  Beatitudine,  Monsignor  Segretario  dei  Riti  lesse  il 
Decreto,  col  quale  la  Santita  Sua  ordina  che  si  puo  sicuramente  procedere 
alia  Canonizzazione  della  Beata  Maria  Francesca  delle  cinque  Piaghe  del 
Signer  nostro  Gesu  Cristo,  terziaria  professa  dell'Ordine  dei  Minori  scalzi 
di  S.  Pietro  d' Alcantara,  della  provincia  di  Napoli.  Dopo  la  promulgazione 
di  questo  Decreto  si  fecero  appie  del  Soglio  pontificio  il  Canonico  D.  Do- 
menico  Borghi,  1'Avvocato  Ilario  Alibrandi,  e  Filippo  Carlini,  Postula- 
tore il  primo,  e  gli  altri  due  1'  uno  Difensore  1'  altro  Procuratore  della  Cau- 
sa di  Beatificazione  e  Canonizzazione  della  Yen.  Suor  Maria  Margarita 
Alacoque,  della  qual  causa  e  Relatore  lo  stesso  Eiiio  Porporato  Prefetto 
dei  sacri  Riti.  E  la  Santita  Sua  ordino  a  Monsignor  Segretario  che  pub- 
blicasse  il  Decreto,  col  quale  Sua  Beatitudine  dichiara  che  consta  di  tre 
miracoli  operati  dall'Onnipotente  ad  intercessione  della  Yen.  Serva  di  Dio 
Suor  Maria  Margarita  Alacoque,  monaca  professa  dell'  Ordine  della  Vi- 
sitazione  di  Maria  SSiTia,  istituito  da  san  Francesco  di  Sales. 

Compiutasi  la  lettura  del  Decreto,  Sua  Santita  ammise  al  bacio  del 
piede  i  sopra  ricordati  Monsignori  Segretario,  Promotore  della  Fede,  ed 
Assessore.  Quindi  i  due  Postulatori,  Monsignor  Buratti  e  Canonico  Bor- 
ghi, 1'  uno  dopo  1' altro,  resero  grazie  a  Sua  Beatitudine  della  comandata 


CONTEMPORANEA  333 

pubblicazione  dei  Decreti.  E  il  Santo  Padre  rispose  con  lungo  discorso- 
molto  adattato  alia  circostanza,  nonche  alia  trista  situazione  in  cui  si  tro- 
ya  la  Chiesa  cattolica  in  alcune  parti  d'  Europa. 

3.  Preceduta  datriduana  supplicazione,  domenica  10  Aprileebbeluo- 
go  nella  ven.  chiesa  di  S.  Ignazio  una  festa  solennissima  in  onore  e  glo- 
ria del  Redentor  nostro  Gesu  Cristo.  La  celebrarono  i  socii  delle  Con- 
gregazioni  Mariane  del  Collegio  Romano  dei  Padri  della  Comp.  di  Gesu, 
ed  i  gioyani  che  nelle  scuole  del  medesimo  studiano  alle  scienze  ed  alle 
lettere ,  contribuendovi  ancor  largamente  molte  pie  persone.  Riparare  le 
ingiurie,  con  le  quali  e  il  Salvatore  in  guisa  speciale  a  questi  giorni  offeso, 
fu  lo  scopo  santissimo  della  solennita. 

La  chiesa  venne  ornata  con  isplendidezza  straordinaria ;  e  quasi  due 
mila  ceri  erano  stati  posti  ad  ardere  per  la  grande  nave,  i  cornicioni  e  la 
macchina  dell'altare  maggiore,  nel  mezzo  della  quale,  in  alto,  yedevasi 
il  Redentore,  che  sedente  in  trono,  nell'atto  di  benedire,  era  stato  nobil- 
mente  effigiato  dal  pittore  Fracassini. 

La  mattina  poi  del  giorno  destinato  all' atto  solenne  di  riparazione, 
fuvvi  la  Comunione  generate,  che  distribui  1'EiTio  e  Rffio  signer  Cardinal* 
Patrizi,  Vicario  di  Sua  Santita;  ed  oltre  alia  scolaresca  si  appressarono 
alia  sacra  Mensa  gli  ascritti  alia  Congregazione  delta  Prima  Primaria, 
e  quindi  i  fratelli  del  Carayita,  e  le  Congregazioni  della  nativita  di  Maria 
e  degli  artisti ,  recatiyisi  dalla  casa  del  Gesu ,  oye  hanno  stanza.  II  nu- 
mero  dei  fedeli,  che  si  accosto  a  cibarsi  delle  Garni  dell'Agnello  imma- 
colato,fu  tanto  che,  distribuendosi  a  chi  si  comunicava  un  libretto  scritto 
per  la  circostanza,  e  stampato  in  tre  mila  esemplari,  la  mattina  di  quel 
giorno  stesso  fu  conosciuta  la  necessita  di  fame  una  seconda  edizione. 

La  Cappella  musica,  appellata  Gregoriana ,  composta  dai  giovanetti 
che  frequentano  le  scuole  di  quelfioritissimo  Liceo,  sostenne  con  grande 
yalore  tutti  i  canti,  che  accompagnarono  le  descritte  sacre  funzioni :  solo 
yi  si  aggiunse  qualche  rinomato  Professore.  Del  rimanente  null'altro  st 
pote  desiderare  a  render  la  festa  piu  solenne,  sia  nella  magnificenza  dc- 
gli  apparati,  sia  nelle  yarieta  e  deyozione  degli  esercizii  di  pieta  si  al  mat- 
tino  si  alia  sera. 

Fu  poi  singolare  la  frequenza  del  popplo  che  in  ogni  giorno  yi  con- 
corse  ;  e  ben  consolante  torno  yedere  il  raccoglimento  e  lo  spirito  di  fer- 
yore,  onde  fecero  mostra  i  fedeli ,  e  specialmente  la  numerosissima  gio~ 
yentu,  che  quiyi  si  educa  alia  Religione  ed  alia  patria,  la  quale  yi  si  rec6 
rispondendo  ad  un  invito,  che  non  imponeva  oobligazione  di  sorta. 

La  solennita  di  riparazione,  che  siam  yenuti  descrivendo,  e  stata  1' ul- 
tima delle  moltissime  che  sonosi  finora  celebrate,  al  medesimo  intendi- 
mento,  in  questa  metropoli  entro  il  corrente  anno.  A  compierne  pero  la 
serie  aggiugneremo,  che  altri  tridui  e  feste  con  ricchezza  di  apparato  e 
splendidezza  di  lumi,  yolgendo  il  mese  del  passato  Febbraio,  yennero 

Serie  V,  vol.  X,  fasc.  339.  23  30  Aprile  1864. 


354  CRONACA 

celebrate  nella  chiesa  di  S.  Andrea  delle  fratte,  dai  Padri  Minimi  di 
S.  Francesco  di  Paola,  e  nell'altra  di  S.  Maria  del  Popolo ,  dai  Padri  Ro- 
mitani  di  S.  Agostino.  Similmente  nell' Oratorio  ,  restaurato  di  fresco  con 
molto  decoro,  presso  la  Basilica  al  Carcere  Tulliano,  dall'Archiconfrater- 
nita  del  SSmo  Sagraraento  e  di  S.  Niccolo  di  Mira ;  e  sui  primi  giorni  di 
questo  mese  di  Aprile  dalla  pia  Unione  eretta  nella  cappella  del  Cernete- 
rio  ad  Sancta  Sanctorum,  che  pure  si  e  restaurata  a  spese  di  quei  fedeli 
che  vi  si  adunano  per  suffragare  i  trapassati.  Di  tal  modo,  mentre  la  be- 
stemmia  insolentisce  e  la  miscredenza  fa  prova  di  trionfare ,  la  fede  dei 
cattolici  raddoppia  di  zelo  a  glorificare  ilSignore,  e  colla  preghiera  cerca 
disarmarne  la  Giustizia,  e  sui  peccatori  implora  la  misericordia  e  la  pace. 

4.  II  Giornale  di  Roma  dei  14  Aprile  contiene  in  un  suo  supplement 
un  Regolamento  edilizio  e  di  pubblico  ornato  per  la  citta  di  Roma.  II  ti- 
tolo  1.°  istituisce  una  Deputazione  speciale  edilizia,  le  cui  attribuzioni 
consistono  nel  coadiuvare  la  Magistratura  comunale  nell'  esecuzione  di 
quanto  viene  prescritto  nel  nuovo  Regolamento.  La  Deputazione  e  di  sei 
membri  oltre  il  Senatore  di  Roma  che  la  presiede ;  ed  essa  ha  voto  con- 
sultivo.  II  titolo  2.°  tratta  della  costruzione  e  riparazione  delle  fabbriche: 
il  3.°  della  numerazione  civica  e  delle  iscrizioni  e  pitture  sulle  case  e 
porte  esterne.  Dove  e  da  notare  1'  obbligo  della  lingua  italiana  per  le 
iscrizioni  sulle  botteghe  (libera  rimanendo  la  traduzione)  obbligo  che  non 
sappiamo  essere  stato  ancora  imposto  nell'  Italia  rigenerata.  I  titoli  se- 
guenti  parlano  delle  discipline  relative  alle  strade  e  piazze ;  alia  sicurezza 
e  comodita  del  transito ;  alle  incolumita  ed  al  comodo  degli  abitanti  ed  a 
quanto  puo  conferire  alia  pubblica  decenza,  convenienza  e  sicurezza.  II 
nuovo  opportunissimo  Regolamento  entrera  in  vigore  il  1.°  Luglio:  ed  e 
certamente  da  credere  che,  come  furono,  grazie  alia  vera  civilta  di  que- 
sto popolo  romano  ed  alia  soave  fermezza  dei  pubblici  magistrati ,  prese 
subito  ad  osservare  altre  simili  recenti  prescrizioni ,  cosi  sia  ancora  per 
accadere  di  queste. 

5.  Se  i  giornali  italiani  del  Governo  torinese  e  quelli  francesi  che  sono 
allo  stipendio  piemontese,  come  si  sa  essere  il  Debats,  la  Patrie,  il  Pays 
e  qualche  altro,  potessero  vantare  pei  loro  sostenitori  e  padroni  un  cente- 
simo  delle  ovazioni  e  dei  trionfi  che  riscuote  il  Papa  in  Roma  ogni  qual 
volta  si  mostra  per  le  vie,  noi  siamo  certissimi  che  ne  andrebbero  beati. 
Non  e  pero  a  stupire  se,  per  non  mangiar,  come  si  dice,  il  pane  a  tradi- 
mento,  inventano  nell'Italiale  acclamazioni,  e  in  Roma  il  silenzio.  Ma  il 
Moniteur,  che  talvolta si divertea  dir  certe  verita  amare agli  italianissimi, 
benche  carissime  agli  italiani,  voile,  nell'occasione  dell'andata  del  S.  Pa- 
dre alia  Minerva,  da  noi  descritta  nel  passato  quaderno,  pubblicare  quan- 
to segue,  cbe  noi,  rendendone  al  Moniteur  quelle  grazie  che  possiamo 
maggiori,  ci  pregianio  di  qui  fedelmente  riportare  tradotte :  «  Non  si 
puo  trovare,  dice  egli,  espressione  che  basti  a  dipingere  1'allegrezza  del 
popolo  alia  vista  del  Santo  Padre  e  Re,  tomato  ad  una  perfetta  condizione 


CONTEMPORANEA  355 

di  salute.  E  nell'  andare  alia  chiesa,  e  nel  suo  ritorno  al  Yaticano,  il  Papa 
e  stato  intenerito  dalle  commoventi  dimostrazioni  d'  affetto ,  di  rispetto 
e  di  devozione  prodigategli  nel  suo  passaggio.  Una  popolazione  immensa 
empiva  le  vie,  le  finestre  e  le  loggie  riccamente  adorne.  Molteplici  vi- 
va frammisti  al  grido  di :  Santo  Padre,  la  Benedizione,  echeggiavano  da 
tutte  parti.  Sulla  piazza  della  Minerva  e  nelle  circostanti  vie,  ove  trova- 
yasi  riunita  1'eletta  della  societa  roraana  e  straniera,  mazzi  di  fiori  a  guisa 
di  profumata  pioggia  caddero  sul  passaggio  del  Papa-Re.  » 

II  Moniteur  con  queste  parole  (nelle  quali  nomino  per  ben  due  volte  il 
Papa  Re)  pare  aver  voluto  far  intendere  die,  secondo  il  suo  modo  di  ve- 
dere,  quel  suffragio  universale  e  quel  plebiscite,  chedee  ora  decidere  ogni 
cosa ,  e  che  alcuni  ancora  aspettano  dai  Romani  pel  Papa ,  e  cosa  oramai 
non  solo  fatta  ma  rifatta  le  cento  volte. 

6.  Del  resto,  di  questo  amore  dei  Romani  pel  S.  Padre  nuovo  e  splen- 
dido  argomento  fu  dato  il  di  12  Aprile,  che  fu  quest'anno  festeggiato  piu 
ancora  che  nei  passati.  I  varii  giornali  nostrani  e  stranieri  non  lasciaro- 
no  nulla  a  desiderare  nelle  descrizioni  di  si  splendida  festa,  con  cui  Roma 
voile  celebrare  1'anniversario  del  ritorno  del  S.  Padre  da  Gaeta,  della 
sua  prodigiosa  salvezza  nel  disastro  di  S.  Agnese,  e  quest'anno  ancora 
la  sua  ricuperata  salute,  che  nei  di  passati  era  stata  alquanto  alterata. 
Non  ci  e  consentito  dalla  brevita  dello  spazio  di  ricopiare  le  belle  ed  ani- 
mate descrizioni ,  che  di  tale  splendida  festa  pubblicarono  il  Giornale 
di  Roma,  Y  Osservatore  Romano  ed  il  Veridico.  Gi  contenteremo  di  dire 
che,  a  giudizio  dei  Romani,  mai  Roma  non  era  stata  si  universalmente  e 
si  riccamente  illuminata ;  ed  a  giudizio  dei  tanti  forastieri,  che  poterono 
assistere  a  si  bello  spettacolo ,  questa  fu  una  vera  dimostrazione  dell'  af- 
fetto filiale  di  Roma  al  suo  Papa  e  Re,  e  della  gentilezza  ed  educazione 
di  questo  popolo  romano,  che,  versatosi  tutto  di  notte  per  le  vie,  non  die 
luogo  al  meaomo  disordine.  II  che  non  sappiamo  quanto  potrebbe  ve- 
rificarsi  ugualmente  nelle  altre  capitali  si  d'  Italia  e  si  di  fuori.  I  Roma- 
ni aveano  poco  prima  dell'ora  dell'  illumiaazione  dimostrato  anche  colla 
presenza  e  colle  voci  al  S.  Padre  quegli  affetti ,  onde  sono  accesi  verso 
di  lui.  II  quale  recatosi  nelle  ore  pomeridiane  a  S.  Agnese,  per  tutta  la 
lunghissima  via  passo,  nell'andare  e  nel  venire,  tra  due  ale  title  di  popolo 
che  lieto  gli  chiedeva  la  Renedizione  e  gli  porgeva  i  piu  caldi  augurii,  che 
per  molti  anni  ancora  potesse  assistere  a  queste  significazioni  di  amore 
e  di  ossequio  della  sua  Roma. 

7.  II  giorno  16  Aprile,  in  sul  mezzodi,  S.  E.  il  signer  D.  Ignazio  Agui- 
lar  ebbe  1'onore  di  presentare ,  in  udienza  privata ,   alia  Sanlita  di  No- 
stro  Signore  la  Lettera,  con  la  quale  S.  M.  Massimiliano  I  partecipava  al 
Santo  Padre  la  sua  assunzione  al  trono  imperiale  del  Messico,  e  le  Cre- 
denziali,  con  cui  veniva  dalla  Maesta  Sua  accreditato  quale  Inviato  straor- 
dinario  e  Ministro  plenipotenziario  presso  la  Santa  Sede.  La  Santita  Sua 
si  degno  accoglierla  con  la  benignita,  che  le  e  propria ,  e  con  gli  onori  e 


356  CRONACA 

le  formalita  solite  praticarsi  in  simili  circostanze.  Dopo  Y  udienza  ponli- 
ficia,  S.  E.  recossi  a  complimentare  1'  Emo  e  Rmo  signer  Cardinale  An- 
tonelli ,  Segretario  di  Stato ,  dal  quale  venne  ricevuta  con  tutti  i  riguar- 
di  dovuti  alia  sua  Rappresentanza. 

8.  Nelle  ore  pomeridiane  del  18  Aprile,  ricevute  cogli  onori  del  loro  au- 
gusto  grado  e  in  mezzo  a  moltissima  folia  ossequiosa  e  simpatica,  giun- 
seroin  Romaic  loro  Maesta  Massimiliano  I  Imperatore  del  Messico  el'au- 
gusla  sua  sposa.  Le  loro  Maesta  scesero  al  palazzo  Marescotti ,  ove  ban- 
no  preso  alloggio  ,  degnando  di  tanto  onore  1'  abitazione  del  Presidente 
della  Deputazione  messicana ,  sig.  Guttierez  de  Estrada.  Quivi  fu  subito 
a  complimentarle  I'EifioeRiiio  signer  Cardinale  Antonelli,  Segretario 
di  Stato.  La  Compagnia  scelta  dei  Gendarmi  pontificii  faceva  all'  abi- 
tazione la  guardia  di  onore.  La  mattina  seguente  ,  assai  di  buon'  ora, 
le  LL.  MM.,  in  forma  privata ,  sonosi  recate  alia  Basilica  Vaticana  , 
e  discese  nella  cripta  ,  che  chiude  il  sepolcro  del  Principe  degli  Apo- 
stoli,  hanno  ascoltata  la  S.  Messa,  fatta  per  loro  celebrare  sull'altare 
che  sorge  sopra  di  quella  venerata  tomba.  Sul  mezzogiorno  poi,  col  no- 
Lilissimo  seguito  che  ne  forma  il  corteggio  ,  le  LL.  MM.,  in  gran  treno , 
sonosi  recate  all'  apostolica  residenza  del  Vaticano  a  fare  atto  di  omag- 
gio  alia  Santita  di  Nostro  Signore.  In  questa  circostanzal'anticamera  pon- 
tificia  era,  secondo  il  costume  delle  grandi  accoglienze  ,  distribuita  nelle 
yarie  sale  del  Palazzo  apostolico,  a  render  per  tal  modo  solenne  il  rice- 
Timento,  compiuto  con  tutte  le  formalita  prescritte  dal  Cerimoniale.  Ap- 
pie  della  grande  scala  Monsignor  Maggiordomo  si  e  fatto  incontro  agli 
augusti  Sposi;  che  sono  stati  quindi  accolti  nell'aula  Clementina  da  Monsi- 
gnor Maestro  di  Camera,  il  quale  li  ha  annunziati  al  Santo  Padre.  La  San- 
tita Sua  li  ha  ricevuti ,  con  loro  tratteneudosi  in  lungo  colloquio.  Dopo 
di  che  hanno  presentato  i  personaggi  del  proprio  seguito,  che,  amorevol- 
mente  accolti  da  Sua  Reatitudine,  sono  stati  consolati  dell' apostolica  Be- 
nedizione.  Dopo  la  udienza  pontificia  S.  M.  1'  Imperatore  ha  voluto  ono- 
rare  i'Emo  e  Riiio  sig.  Cardinale  Segretario  di  Stato,  che  nei  proprii  ap- 
partamenti  1'ha  ricevuta  con  le  distinzioni  do\ute  all'alta  sua  dignita. 

II  mattino  dei  20  ,  nella  privata  cappella  della  residenza  pontificia  at 
Yaticano,  le  LL.  MM.  hanno  ascoltato  la  S.  Messa,  celebrata  dalla  San- 
tita di  Nostro  Signore,  che  le  ha  cibate  del  Pane  eucaristico,  dopo  averle 
con  acconcie  commoventi  parole  infervorate  all' atto  religioso,  cheestato 
eziandio  compiuto  da  alcuni  dei  Personaggi  della  Corte  imperiale. 

Piu  tardi  poi,  sulle  ore  undici  aritimerjdiane,  la  Saniita  Sua,  in  treno 
di  gala,  accompagnata  dai  Monsignori  Borromeo-Arese,  Maggiordomo,  e 
Pacca,  Maestro  di  Camera,  nonche  dalla  nobile  Anticaniera,  si  e  recata  al 
palazzo  ove  le  LL.  MM.  faceano  dimora.  Sua  Beatitudine  e  stata  ricevu- 
ta a  pie  della  scala  del  palagio  dalle  MM.  LL.  che  circondate  dai  perso- 
oaggi,  i  quali  ne  formano  la  Casa,  attendevano  1'arrivo  del  Santo  Padre; 
che,  dopo  di  essersi  in  quegli  appartamenti  graziosamente  intrattenuto  a 


CONTEMPORANEA 

lungo  colloquio  cogli  augusti  Sovrani,  e  stato  dai  medesimi  accompagBa- 
to  fmo  allo  sportello  della  carrozza.  II  popolo  in  grande  folia,  siccome 
accade  ogni  qual  yolta  il  S.  Padre  si  mostra  per  Roma,  e  accorso  nelte 
vicinanze  per  dimostrare  il  proprio  riverente  affetto  verso  il  Sovrano  Pon- 
tefice  ed  implorarne  1'  apostolica  Benedizione. 

II  20  stesso,  alle  ore  4  e  mezza  pomeridiane,  le  LL.  MM.  mossero  da 
Roma  per  Civitavecchia,  ove  felicemente  arrivarono  col  proprio  seguito, 
ed  alle  ore  sei  e  mezzo  trovavansi  a  bordo  della  fregata  austriaca  la  No- 
vara,  sulla  quale  erano  arrivati,  e  salparono  alle  ore  nove  precise. 

Nella  breve  dimora  fatta  nella  sede  della  Religione  e  delle  Arti ,  gli 
augusti  Sovrani  hanno  voluto  recarsi  ad  ammirarne  i  principali  monu- 
menti ,  in  ispecie  quelli  raccolti  nei  Musei  e  pelle  Gallerie  del  Yaticano, 
i.quali  furono  oggetto  di  speciale  interesse  all'Imperatrice,  che  per  lapri- 
ma  volta  li  visitava.  Le  MM.  LL.  scambiaronsi  pure,  in  formalita,  le  yi- 
site  con  le  LL.  MM.  il  Re  e  la  Regina  delle  Due  Sicilie,  la  Regina  Vedo- 
va  e  le  LL.  AA.  RR.  i  Principi  e  le  Principesae^di  Napoli ,  come  ancora 
con  S.  A.  R.T  Infanta  di  Portogallo.  Nella  sera  del  giorno  19  gli  augu- 
sti Sovrani  del  Messico  aveano  aperte  le  sale  della  loro  dimora  a  soleane 
ricevimento ,  al  quale  concorsero  i  Principi  della  santa  Romana  Chiesa, 
il  corpo  Diplomatico,  la  Prelatura ,  la  Nqbilta  Romana  e  straniera,  e 
quante  persone  cospicue  per  coltura  scientilica  e  per  valore  artistico  sono 
in  questa  Metropoli. 

9.  I  legami  secolari,  coi  quali  la  Francia  si  e  tenuta  unita  alia  Roma 
dei  Papi ,  fecersi  manifesti  eziandio  eon  gli  ufficii  prestati  verso  la  chiesa 
Lateranense,  la  quale,  Madre  e  Capo  di  tutte  le  chiese  della  Citta  eterna 
e  del  mondo ,  non  poteva  non  attirare  le  religiose  premure  di  quell'  in- 
clita  cattolica  Nazione  e  dei  supremi  suoi  Imperanti.  Quindi  e  che  oel 
Laterano  si  conservano  care  memorie  della  reale  muniticenza  dei  Monar- 
ch] francesi ,  fra  le  quali  la  piu  splendida  fu  la  donazione  della  ricca 
Abadia  di  Clayrac,  di  cui  Enrico  IV,  nel.1604  ,  voile  arricchita  1'augu- 
sta  patriarcale  Arcibasilica.  A  rendere  perenne  la  ricordanza  di  si  gene- 
roso  dono  il  Capitolo  Lateranense,  fiho  dall'  epoca  di  quella  donazione, 
celebro  ogni  anno  una  Messa  solenne  pel  felice  stato  di  quel  Monarca  T 
de'  suoi  successori  e  di  tutto  il  suo  regno.  Fu  poi  assegnato  alia  funzione 
il  di  13  Decembre  ,  perche  era  il  natalizio  del  re  Enrico.  Le  vicendelut- 
tuose,  che  si  succederono  nell'  ultimo  decennio  del  passato  secolo,  priya- 
rono  il  Laterano  della  pingue  rendita  della  suddetta  Abadia ,  per  la  per- 
dita  della  quale  il  re  Carlo  X,  nell'anno  1825,  accordo  al  Capitolo  un 
annuo  compenso.  Cessato  qnesto  nell'anno  1830,  S.  M.  Timperalorc 
Napoleone  III  si  e  ora  compiaciuto  volontariamente  di  assegnare,  a  fa- 
yore  del  Laterano,  una  somma  da  distribuirsi  annualmente  fra  il  Capitolo 
e  il  Clero  di  quella  principalissima  Basilica. 

Grato  a  quest'  atto  di  religiosa  munificenza ,  il  Capitolo  slabili  che  in 
avvenire,  nel  giorno  20  Aprile,  natalizio  diS.  M.  V  Imperatore^,  tornas- 


358  CRONACA 

se  adessere  celebrate  la  solenne  Messa  pontificate,  per  chiaraare  da  Dio 
sopra  di  lui  e  della  cattolica  nazione  francese  le  celesti  benedizioni.  In 
quest'anno  infatti,  nelFindicato  giorno20  di  Aptile/Sua  Eccellenza  il  sig. 
Conte  de -Sartiges ,  Ambasciatore  di  S.  M.  1'Imperatore  de' Frances! 
presso  la  S.  Sede,  in  gran  treno,  alle  ore  10  ant.  si  reco  al  Laterano 
con  !e  persone  addette  alia  imperiale  Legazione,  per  assistere  alia  sacra 
funzione.  Alia  porta  grande  della  naye  Clementina  fa  ricevuto  da  quat- 
tro  Canonici  e  da  Monsignor  Serafini,  Vicario,  che  porsegli  1'acqua  be- 
nedetta;  dopo  la  yisita  del  SSffio  -Sagrametito  fu  aecompagnato  alia  sa- 
gristia,  ove  erano  adunati  gli  EiTIi  e  RsTii  signori  Cardinali  Antonelli,  Se- 
gretario  di  Stato ;  De  Silvestri  e  di  Pictro ,  il  primo  Protetiore  della 
Nazione  austriaca,  1'altro  delta  Nazione  portoghese;  Yillecourt  e  Pitra, 
ambedue  francesi,  che  dall'E.  S.  erano  stati  precedentemente  invitati. 

Recatisi  tutti  al  coro,  avendo  i  Him  Canonici  alia  testa  1'  EiTio  e  Rmo 
signor  Cardinale  Altieri,  Arciprete  della  Patriarcale,  il  sig.  Ambasciato- 
re  ando  a  sedere  al  posto  preparatogli,  entro  il  Presbiterio,  con  alto  dos- 
sello,  sopra  due  gradini,  con  genutlessorio  riccamente  parato;  ed  assi- 
stito  sempre  dal  Ceremoniere  del  Capitolo ,  quiyi  riceyette  tutti  gli  ono- 
ri  prescritti  dall'antico  relativo  Ceremoniale.  Terminata  la  funzione  S.  E. 
sull'  ingresso  del  Coj|0  ringrazio  gli  EiTii  Porporati ,  che  erano  inter- 
im enuti. 

Yarii  Prelati  francesi  si  troyarono  presenti  alia  sacra  funzione.  In  se- 
parate tribune  poi  vi  assisterono  i  Principi  e  le  Principesse  della  farni- 
glia  Bonaparte,  diraoranti  in  Roma ;  S.  E.  il  sig.  Conle  di  Montebello, 
Generale  Comandante  la  truppa  francese,  con  ilsuo  stato-maggiore,  ed 
altri  General!  e  Comandanti  superiori  della  medesima ;  il  Presidente  con 
i  membri  dell' imperiale  Accademia  di  Relle  Arti  in  Roma;  nonche  altri 
distinti  personaggi  e  dame.  Molto  popolo  accorse  alia  sacra  solenne  fun- 
zione ,  celebrata  col  decoro  e  la  pompa  rispondenti  alia  maesta  dell'  au- 
gusto  tempio. 

II. 
COSE  STRANIERE. 

AIEM\GN\  E  DAMMMICA  1.  Vantaggi  otlenuti  dal  cattolicismo  per  la  guerra  — 
2.  Disrorso  del  Re  di  Danimarca  per  la  chiusura  del  fiig.sdag  —  3.  Trat- 
tati  diplomatic!  fra  le  grandi  Potenze;  si  accettano  le  Conferenze  propo- 
ste  dall'Inghilterra  —  4.  Dichiarazioni  della  Gazzetta  di  Vienna  circa  gli 
lutendiraenti  dell' Austria  e  della  Prussia  —  5.  Assedio  di  Duppel;  bom- 
bardamento  di  Sonderboui-g  —  6.  Presa  di  Duppel ;  il  Re  di  Prussia  ya  di 
persona  aU'esercito. 

1.  Ogni  qualvolta  scende  sopra  i  popoli  alcuno  di  que'tremendi  flagel- 
!i,  onde  la  diyina  Proyvidenza  si  yale  all'  asseguimento  degli  arcani  suoi 
consigli,  la  soyrannaturale  yirtu  del  cattolicismo  suole  manifestarsi  con 


CONTEMPORANEA  35$ 

tanta  luce  e  con  tanta  efficacia,  che  persino  i  suoi  nemici  sono  costretti 
a  confessarla,  ed  a  farle  omaggio  con  implorarne  1'aiuto.  Cosi  ognuno  sa 
quanto  si  vantaggiasse  in  Oriente  la  stima  e  la  riverenza  alia  Chiesa 
cattolica,  per  1' eroica  abnegazione  e  le  sublimi  virtu,  di  cui  diedero  ma- 
raviglioso  spettacolo  tanti  zelantissimi  sacerdoti  e  quegli  angeli  di  cari- 
ta,  che  sempre  si  mostrarono  ie  figlie  di  san  Yincenzo  de'Paoli.  Del  pa- 
ri  la  presente  guerra  tra  la  Daniraarca  e  le  grandi  Potenze  germaniche 
sembra  destinata  a  ravvivare  nel  Settentrione  1'amore  al  cattolicismo, 
ed  a  rompere  le  catene  in  che  1'avea  gettato  il  fanatismo  luterano.  In 
Berlino  si  vide  con  segni  universali  di  riverenza  il  funebre  e  numerosis- 
simo  corteggio  d'un  ufficiale  cattolico  austriaco  che,  ferito  nei  primi  scon- 
tri  co'Danesi,  mori  a  Berlino,  ed  accompagnato  dal  sacerdote  coi  riti  di 
santa  Chiesa,  fu  condotto  al  cemetero.  Piu  Congregazioni  religiose  rice- 
vettero  dal  Governo  prussiano  1'  invito  ed  i  mezzi  di  esercitare  il  loro  zelo 
ed  i  sacri  niinisteri  nell' assistenza  a'feriti  sul  campo  e  negli  spedali.  I 
coramissarii  civili  nei  Ducati  restituirono  ad  un  illustre  Barone  i  diritti 
di  patronato  sopra  una  scuola,  che  il  Governo  danese  gli  avea  tolto,  quan- 
do  si  convert!  al  cattolicisrao.  In  quasi  tutte  le  citta  occupate  dall'eser- 
cito  austroprussiano  presero  stanza  sacerdoti,  che  con  pienissima  liberta 
vi  esercitano  ii  santo  loro  ufficio  per  le  anime  de'soldati,  e  raccendono 
conla  pieta  il  coraggio  in  petto  ai  cattolici  dispersi  nel  paese,  che  fin 
qui  gemeano  oppressi  dalla  prepotenza  de'protestanti.  In  Amburgo,  sul 
cominciare  del  Marzo,  nel  di  della  Commemorazione  dei  Dolori  della 
B.  Vergine  Maria,  si  apri  un  ospedale  cattolico,  novamente  fondato  ,  e 
pel  quale  si  ebbero  generose  offerte,  essendone  affidata  la  cura  alle  Suo- 
re  di  san  Carlo  Borromeo  di  Treveri ;  e  persino  i  diarii  liberalissimi  so- 
no  unanimi  nel  profondere  encomii  alia  devozione  ed  allo  spirito  di  sa- 
critizio,  con  che  i  religiosi  ed  i  preti  cattolici  spendono  tutto  se  stessi 
ed  espongono  ad  ogni  cimento  la  vita,  a  servizio  de'malati  e  de'  feriti. 
Ond'e  fondatissima  la  speranza,  che  dalla  presente  guerra  debba  almeno 
trarsi  questo  frutto ,  che  nel  Settentrione  d'  Europa  o  cadano  o  siano 
diminuiti  almeno  gli  ostacoli  frapposti  dal  protestantesimo  alia  pratica 
della  vera  religione  cristiana. 

2.  Se  questa  guerra  debba  ancora  prolungarsi,  ovvero  incontrare,  nel- 
]e  Conferenze  diplomatiche  iniziate  il  20  d'Aprile  in  Londra,  un  qualche 
efficace  rattento,  e  finora  difficile  a  congetturare  con  buon  fondamento. 
Ma  e  certo  che  i  Danesi  si  difendono  con  tal  costanza  e  con  tanta  gagliar- 
dia,  che  per  certo  supera  di  molto  la  comune  espettazione.  II  popolo  & 
non  solo  d'  accordo  col  Governo,  ma  puo  dirsi  aver  costretto  H  Re  ad 
essere  irremovibile  nel  proposito  d'  incorrere  la  necessita  d'eslremi  sa- 
crifizii,  anziche  cedere.  Alii  22  di  Man;o,  dovendosi  chiudere  il  Rigsdag, 
ossia  Parlamento  nazionale,  il  Re  indirizzo  alle  due  Camereun  Messag- 
gio,  riferito  nel  Memorial  diplomatique,  n.°  14,-pag.  212;  nel  quale,  lo- 
dato  altamente  il  contegno  de'popoli  e  dei  deputati,  che  non  abbandona- 


360  CRONACA 

jona  i  loro  seggi  anche  quando  sapeano  i  proprii  focolari  essere  occupa- 
ti  dal  nemico,  cosi  soggiunse:  «  Dite  a'vostri  concittadini,  clie  il  nostro 
cuore  sanguina  pensando  alle  sofferenze  che  provano  i  nostri  fedeli  sud- 
diti  al  di  qua  e  al  di  la  del  Konigsau  :  ma  dite  loro  in  pari  tempo,  che  i 
Bostri  nemici  conoscono  male  il  popolo  danese  se  credono  potere,  coi 
carichi  che  gl'  impongono,  eccitare  in  lui  desiderio  di  sacriticare  la  santa 
causa  della  patria  ».  Enumerati  quindi  per  sommi  capi  i  torti  del  nemi- 
co ed  i  danni  patiti  da'  partigiani  del  Governo  nello  Schleswig,  il  Re  non 
Tolle  lasciar  alcuna  illusione  di  speranze  in  soccorsi  stranieri :  «  Noi  sia- 
mo  soli  ancora;  ignoriamo  per  quanto  tempo  1'  Europa  restera  spettatri- 
ceinoperosa  di  quest' atto  di  violenza  esercitata  contro  di  noi  e  contro  il 
uostro  popolo.  Ripetiamo  al  Rigsdag  la  nostra  promessa.  Noi  siamo  pron- 
ti  a  far  di  tutto  per  ottenere  una  pace,  che  sia  tale  da  poter  essere  appro- 
Tata  dal  paese;  ma  sappiano  i  nostri  nemici,  che  e  ancora  molto  lontano 
il  tempo,  in  cui  noi  ed  il  nostro  popolo  potremo  essere  costretti  a  sotto- 
metterci  ad  una  pace  umiliante  per  la  Danimarca.  L' ultima  nostra  pa- 
iola  a  voi  ed  a'vostri  elettori  sia  questa:  Persistete,  e  Dio  sia  con voi». 
3.  Questa  inflessibile  fermezza  della  Danimarca  si  manifesto  pure  con 
un  fatto  rilevante,  cioe  ricusandosi  il  Gabinetto  di  Copenhagen  di  aderi- 
ie  alle  Conferenze  proposte  dair  Inghilterra,  tantoche  si  astenne  pertino 
dal  rispondere  a  comunicazioni  ufficiose  ricevute  a  tal  proposito,  di- 
cendo  essere  piu  decoroso  il  silenzio,  che  1'  esporsi  a  contrast!  con  un  ri- 
fiuto.  Ma  poi  si  mitigo  tal  fierezza,  e  si  presero  in  considerazione  quelle 
offerte,  rincalzate  dagli  uffizii  della  Russia,  e  con  sommo  calore  promos- 
se  dal  Gabinetto  di  Londra.  I  nostri  lettori  non  richiederanno  per  certo 
da  noi  d'  essere  guidati  nel  laberinto  sterminato  dei  giri  e  rigiri  fatti  sin 
qui  dallaDiplomazia,  perriuscire  a  fare  che  si  accettasse  il  partito  di  di- 
saminare  la  quistione  in  una  conferenza  di  Plenipotenziarii  in  Londra.  A 
dimostrare  I'impossibilita  di  districare  quell' arrufiata  matassa,  basti  dire 
che  il  Governo  inglese  pubblico  una  quinta  serie  di  dispacci  sopra  la 
quistione  dello  Schleswig-Holstein;  e  questa  sola  forma  un  vol.  di  820 
pagine  di  dispacci  spediti  dal  23  Gennaio  al  26  Marzo  di  quest'anno,  es- 
sendo  gia  1,215  le  scritture  vane  de' Gabinetti  sopra  questo  argo- 
mento.  L'importante  a  sapersi  e,  che  neppure  1'Austria  e  la  Prussia  paio- 
no  pienamente  d'accordo  fra  loro  sopra  I'  assetto  definitive  dei  Ducati,  e 
nemmeno  sopra  il  mantenimento  dei  Trattati  di  Londra,  benche  amendue 
abbian  fermo  di  non  contentarsi  di  quello,  che  da  principio  avrebbe  ba- 
stato  da  parte  del  Governo  danese  per  impedire  la  guerra.  La  Francia 
dichiaro  in  tutti  i  modi  di  non  volersene  troppo  impacciare;  mostro  pro- 
pensione  ad  occuparsene  quando  cio  si  facessein  un  Congresso  europeo, 
nel  quale  fossero  chiamate  a  disamina  le  altre  piu  gravi  quistioni ;  diede 
a  capire  che  il  miglior  partito  sarebbe  di  ricorrere  al  suflragio  universa- 
te  dei  popoli  dei  Ducati ;  poi,  saputa  1'impressione  sinistra  che  cio  avea 
fetto  a  Londra,  si  spiego  con  dire  che  a  cio  si  potrebbe  ricorrere,  a  peggio 


CONTEMPORANEA 

andare,  quando  gli  altri  tentativi  e  le  Conferenze  stesse  riuscissero  a 
yuoto.  Finalmente  fmi  con  accostarsi  all'Inghilterra,  ed  accettare. 

Non  fu  poca  cosa  che  1'  Inghilterra  e  la  Francia  finalraente  convenisse- 
ro  in  questo  punto ;  e  pare  che  cio  sia  dovuto  ai  recentissimi  ufBzii,  fatli, 
a  Inezzo  Aprile,  da  Lord  Clarendon:  il  quale,  entralo  a  far  parte  del  Ga- 
binetto  inglese,  si  condusse  di  persona  a  Parigi,  per  intendersela  a  viva 
yoce  con  Napoleone  stesso ;  giacche  le  pratiche  antecedent!  erano  quasi 
sempre  tornate  vane,-  attenendosi  il  Drouyn  de  Lhuys  a  risposte  moHo 
circospette,  ed  a  dimostrare  1'  inanita  delle  Conferenze  che  si  raccoglies- 
sero  senza  base  tissa  d'  accordo.  II  che  era  un  ripicco  velato  di  cio  che 
fece  I'lnghilterra,  quando  rifiuto  il  Congresso  europeo  di  Parigi,  propo- 
sto  dalla  Francia  per  la  Polonia  e  per  le  piu  gravi  quistioni  d'ltalia  e  dei 
Principati  danubiani.  Ne  minori  erano  le  difficolta  di  trarre  alle  Conferen- 
ze le  grandi  Potenze  germaniche  e  laDieta.  Imperocche  questa  nonvole- 
va,  se  prima  non  fosse  risolta  la  quistione  della  successione ;  e  quelle  non 
poteano  perraettere  che  di  cio  si  trattasse,  senza  incorrere  il  sospetto  di 
riguardare  gia  come  annientati  i  Trattati  di  Londra;  il  che  le  esponeva  a 
dissidii  con  I'lnghilterra;  oltre  di  che  non  volevano  mettere  a  repentagiio 
i  vantaggi  gia  riportati  con  1'armi.  Quindi  incerto  il  concorso  della  Dieta, 
ambigua  1'  intenzione  della  Prussia ,  mal  ferma  1'  adesione  dell'  Austria, 
senza  veruna  base  fissa  intorno  all'  oggetto  delle  Conferenze.  Forse  il 
contegno  dei  Gabinetti  di  Berlino  e  di  Vienna  fu  ispirato  dal  proposiio 
di  riportare  prima  un  gran  trionfo,  con  la  presa  di  Duppel,  per  aver  cosi 
in  mano  un  pegno  ed  un  titolo  che  rendesse  piii  efficaci  le  loro  esigenze 
contro  la  Danimarca.  Alia  perfine  i  travagli  erculei  di  Lord  Russell  ot- 
tennero  la  palma .  La  Dieta  di  Francfort  nomino  suo  rappresentante  alle 
Conferenze  il  De  Beust,  caldissimo,  come  si  sa,  per  1'  Augustembourg  e 
per  la  separazione  dei  Ducati  dalla  Danimarca.  La  Prussia  e  1'  Austria 
deputarono  a  cio  i  loro  Ambasciadori,  del  pari  che  la  Francia  e  la  Russia; 
e  le  Conferenze  si  doveano  iniziare  alii  20  d'  Aprile. 

4.  II  partito  del  Nationalverein  si  agita  perche  la  Confederazione  ger- 
manica  debba ,  nelle  Conferenze ,  far  ogni  sforzo ,  onde  1'  Europa  rico- 
nosca  i  diritti  dell'Alemagna  sopra  1'Holstein,  e  la  sua  inseparabilitd  dal- 
lo  Schleswig  ;  onde  deriva  la  necessita  d'  un  distacco  dei  Ducati  daJk 
Danimarca,  a  cui,  in  iscambio  del  Lauembourg,  si  darebbe  la  parte  set- 
tenlrionale  dello  Schleswig  da  essere  incorporata  alia  Monarchia  danese, 
mentre  la  parte  meridionale  sarebbe  unita  all'  Holstein ,  col  quale  forme- 
rebbe  un  Granducatoalemanno,  membro  della  Confederazione  germani- 
ca ,  la  quale  vi  svolgerebbe  la  sua  potenza  marittima.  Sono  desiderii 
molto  arditi ,  e  che  probabilmente  incontreranno  insuperabile  resistenza. 
Quanto  all'Austria  ed  alia  Prussia,  i  loro  intendimenti  sono  adombrati  ia 
un  articolo  della  Gazzetta  di  Vienna  del  5  Aprile ,  riferito  nel  Memorial 
diplomatique  del  10,  in  cui,  tra  varie  altre  cose  di  minor  rilevanza,  leg- 
gesi  quanto  segue : 


362  CRONACI 

<(  L' Austria  e  la  Prussia,  avendo  tratta  la  spada  per  la  felicita  dei  Du- 
cati,  non  potranno  permettere  che  una  lotta  impegnata  per  1'  indipenden- 
za,  se  non  assoluta  almeno  relativa,  se  non  materiale  almeno  morale, 
dei  Ducati ,  termini  senza  che  sieno  ottenute  garanzie  soddisfacenti  nella 
pratica.  Queste  garanzie  devono  assicurare  ai  Ducati  la  piu  intera  incfi- 
pendenza  e  una  posizione  assolutamente  uguale,  in  diritto,  a  quella  del  re- 
sto  della  Danimarca.  Essa  deve  pure  assicurare,  non  solo  la  loro  unione 
amministrativa,  ma  anche  la  politica,  e,  inoltre,  relazioni  di  protezione 
tra  essi  e  la  Germania. 

«  E  vero  che  si  tratta  di  non  esprimere  queste  giuste  domande  in  una 
forma  altera ,  e  di  non  porle  e  svilupparle  in  modo  da  farle  apparire 
inaccettabili.  L' Austria  prende  parte  alia  conferenza  colla  ferma  speran- 
za,  che  sara  possihile  risolvere  la  questione  onoreyolmente  e  senza 
svanlaggio  per  tutte  le  Potenze  interessate. 

«  Nel  caso  che  vi  fossero  sacrifizii  da  fare ,  dovrebbero  esser  falti  nel- 
la misura  della  giustizia  e  dell'  equita.  II  Governo  austriaco  vuole  evita- 
re  che  la  ostinazione  prolungata  della  Danimarca  dia  al  conflitto  presente 
le  proporzioni  di  un  conflitto  europeo.  Per  questa  ragione  deve  giudica- 
re  utile  e  desiderabile  che  la  pluralita  delle  Potenze,  che  prenderanno 
parte  alia  Conferenza ,  si  unisca  per  trovare  un  componimento  profitte- 
yole,  invece  di  complicare ,  coll'  immistione  di  altri  elementi ,  il  caratte- 
re  di  una  questione  che  e  evidentemente  di  esclusiva  competenza  del 
diritto  pubblico  ,  ed  invece  di  patrocinare  pretension!  che  sono  o  troppo 
ardite  o  troppo  timide. 

«  II  Governo  austriaco  ha  fiducia  nell'  intelligenza  e  nel  buon  volere 
delle  grandt  Potenze;  conta  sulla  cooperazione  di  un  potente  ausiliario, 
che  e  il  bisogno  generale  della  pace.  Spera  finalmente  che,  quando  si 
sara  formata,  in  occasione  della  Conferenza  che  si  aprira,  un'idea  cbiara 
della  situazione  reale  dell'Europa,  gli  sforzi  per  garantire  i  veri  interes- 
si  dei  Ducati  saranno  giustamente  apprezzati  in  tutta  la  Germania.  » 

5.  Mentre  la  Diplomazia  era  in  affanno ,  ed  ammucchiava  dispacci  so- 
pra  dispacci,  onde  trarre  comecchessia  i  contendenti  a  dare  qualche  passo 
in  sulla  via  dell'accordo,  per  mettere  termine  alia  guerra,  questa  proce- 
dea  molto  piu  efficacemente  verso  il  suo  scopo,  e  1'esercito  austro  prus- 
siano  metteva  in  opera  i  piu  validi  argomenti  per  domare  la  resistenza 
mirabile  dei  Danesi.  Dopo  il  bombardamento  di  Fredericia,  pareva  che 
se  ne  volesse  dagli  alleati  istituire  il  regolare  assedio;  ma,  dopo  alcuni 
combattimenti  di  poca  importanza ,  si  contentarono  di  tenerla  vigilata  da 
bastevoli  forze,  che  mettessero  il  nemico  nella  necessita  di  rimanervi  in 
buon  numero,  e  cosi  non  potesse  di  troppo  ingrossare  a  Duppel.  Fupure 
divisato  di  gettare  un  quindici  mila  uomini  nell'isola  d'Alsen,  e  cosi 
prendere  dalle  spalle  i  difensori  di  Duppel;  e  percio  si  raccolsero  presso 
Sonderbourg  navi  e  barconi  e  si  comincio  anzi  nei  primi  giorni  d'Aprile 
a  formare  il  ponte  da  passare  per  lo  stretto ;  ma  le  opposte  batterie  da- 


CONTEMPORANEA  363 

nesi  che  fulminavano  terribilmente,  e  la  violenza  della  corrente  marina 
fecero  capire  che  quel  tentative  avrebbe  costato  enormi  perdite,  e  forse 
avrebbe  potuto  condurre  ad  un  disastro.  Percio  si  desistette,  e  si  volsero 
tutte  le  cure  all'  assedio  di  Duppel. 

Nella  notte  del  28  di  Marzo  i  Prussiani  respinsero  le  guardie  e  le  ve- 
dette nemiche  tin  sotto  i  bastioni  della  fortezza ;  ma,  tratti  in  agguato  la 
dove  erano  presi  di  fronte  dalla  mitraglia  edalla  moschetteria  d'  un  forte, 
e  di  tianco  dai  proietti  della  fregata.corazzata  Rolfkrake,  patirono  perdite 
rilevanti ,  e  dovettero  trarsi  indietro  dalle  conquistate  posture.  Ma  i  Da- 
nes!, respinti  alia  lor  volta  in  piu  sortite,  furono  a  poco  a  poco  costretti  a 
riparare  dietro  i  ripari  ed  i  trinceramenti  ,  onde  erano  collegate  le  varie 
loro  fortezze  che  rendeano  formidabile  la  difesa  di  Duppel.  I  Prussiani, 
nella  notte  del  29  al  30  Marzo,  aprirono  senza  ostacolo  la  prima  parallela, 
e,  per  tener  distratti  i  nemici,  alii  ,2  cominciarono  a  bombardare  furiosa- 
mente  la  citta  di  Sonderbourg,  che  in  gran  parte  divampo,  non  senza 
strage  degli  abitanti.  Di  che  il  Governo  danese  levo  alti  richiami  con  una 
circo!are  a'  Governi  europei,  rappresentando  quel  fatto  come  contrario  al 
diritto  delle  genti ,  perche  avvenuto  senza  precedente  intimazione  e  con- 
tro  citta  non  fortiticata.  Ma  questa  seconda  affermazione  era  inesatta , 
poiche  i  Danesi  vi  aveano  fatte  munizioni  importanti ,  quali  si  usano  per 
difendere  una  testa  di  ponte,  e  quinci  poteano  uscire  ad  assalire  di  iianco 
gli  assedianti ,  i  quali  vollero  levarsi  di  quel  pericolo ,  e  percio  fecero  a 
Sonderbourg  quello  stesso  che  daH'altra  parte  a  Fredericia.  Ripigliarono 
poi  agli  8  il  bombardamento  interrotto  alii  4,  e  la  giustezza  del  tiro  del- 
1'artiglieria  prussiana,  e  la  micidiale  efficacia  dei  proietti,  gittati  con  can- 
noni  da  6  e  da  12,  fu  tale,  che  le  opposte  batterie  ne  rimasero  sfasciate 
e  la  citta  in  rovina.  Al  tempo  stesso  si  aprivano  la  seconda  e  la  terza  pa- 
rallela sotto  i  ridotti  di  Duppel ,  i  cui  difensori  veniano  serapre  piu  ri- 
stretti  e  decimati  dai  tempestare  delle  bom  be,  che  dalle  trincee  prussiane 
erano  scagliate  tino  in  numero  di  500  all'ora. 

6.  Procedendo  secondo  le  discipline  dell'  arte  ,  gli  assedianti  giunse- 
ro ,  la  sera  del  14  Aprile ,  fmo  alia  distanza  di  soli  80  metri  dalla  fronte 
de'baluardi,  dove  aprirono  larghe  brecce,  con  fuoco  violentissimo  e 
perdite  lagrimevoli  pe' difensori,  a' quali  tornava  impossibile,  sotto 
quell'  infuriare  di  proietti  d'  ogni  ragione,  riparare  a'  danni  delle  mura. 
In  breve  le  cose  giunsero  a  tale,  che  1'assalto  era  facile  per  gli  oppugna- 
tori ,  impossibile  a  schivare  per  gli  assediati.  E  di  fatto  la  mattina  dei  18 
Aprile  (tanto  premeva  compiere  V  impresa  prima  che  in  Londra  si  apris- 
sero  alii  20  le  Conferenze! )  i  Prussiani  corsero  all'assalto ,  senza  sparare 
un  colpo ,  a  baionette  spianate.  L'  urto  fu  terribile ,  e  sostenuto  dai  Da- 
nesi con  imperterrita  fortezza;  ma  la  vittoria  non  potea  essere  dubbia.  I 
Prussiani  s'  impadronirono  dei  ridotti ,  di  molte  bandiere  e  di  83  cannoni, 
facendo  2,000  prigionieri ;  ma  perdettero  due  Generali,  sessanta  ufficia- 
li  ed  oltre  a  600  uomini.  I  Danesi ,  che  s'aspettavano  quel  che  avvenne^ 


CRONACA 

gia  aveano  divisato  di  sgomberare  e  trasferire  nell'  isola  d'Alsen  le  mi- 
gSiori  artiglierie  ,  le  munizioni ,  i  feriti ;  e  quando  furono  soverchiati  dai 
ymcitori ,  una  lor  brigata  si  tenne  con  eroica  costanza  sulle  rovine  delle 
launizioni  in  capo  al  ponte  di  Sonderbourg,  sotto  il  fulminare  de'  cannoni 
prassiani ,  onde  fu  quasi  per  intiero  distrutta  ;  ma  cosi  tenne  aperto  il 
passo  alia  ritirata  del  grosso  dell'  esercito,  che  riparo  nell'  isola  e  distrus- 
se  il  ponte. 

Pervenute  queste  notizie  il  18  stesso  a  Berlino ,  il  Re  mando  per  tele- 
grafo  al  Principe  Federico  Carlo  le  seguenti  parole  :  «  Dopo  il  Dio  degli 
eserciti ,  io  debbo  la  gloriosa  vittoria  d'  oggi  alle  mie  magnifiche  truppe 
ed  al  tuo  comando.  Esprimo  alle  truppe  la  mia  piu  alta  soddisfazione,  e 
la  mia  regale  riconoscenza  pei  fatti  d'arme  da  esse  compiuti.  »  Quella 
sera  in  Berlino  le  salve  d'artiglieria  celebrarono  quel  tanto  bramato 
trionfo.  Una  folia  immensa  di  popolo  si  addenso  sotto  il  castello  reale, 
acclamando  al  Re  ed  alia  Regina ,  e  cantando  1'  inno  nazionale ,  tinche  le 
loro  Maesta  dal  balcone  uscirono  a  ringraziare  la  moltitudine ,  che  rinno- 
YO  con  piu  ardore  ed  entusiasmo  i  plausi  al  Sovrano  ed  all'esercito.  11 
re  Guglielmo  si  mosse  quindi  per  andare  di  persona  a  congratularsi  con 
Fesercito ,  e  giunse  il  22  a  Rendsbourg  ,  dove  dichiaro  a'  deputati  del 
popolo ,  che  dovessero  stare  di  buon  animo ,  perche  1'  imoresa  avrebbe  i 
risultati  per  cui  s'era  cominciata ;  e  che  egli  riguarderebbe  come  sacra 
3a  causa  dei  Ducati ,  e  ne  vorrebbe  rivendicati  i  diritti ,  non  dovendo  es- 
rere  sparso  inutilmente  tanto  sangue.  Ed  e  certo  che,  per  la  caduta  di 
Buppel,  le  condizioni  della  Danimarca  sono  peggiorate  d'assai ,  non  po- 
tendosi  presumere,  che  la  Prussia  vittoriosa  voglia  smettere  le  sue  pre- 
lensioni  senza  largo  compenso  pel  dispendio  di  tesori  e  di  saague,  che 
ehbe  a  sostenere  per  tal  conquista. 

E  naturale  che  i  Prussiani  vadano  alteri  della  loro  vittoria ,  non  solo 
per  la  conquista  fatta,  ma  per  la  prodezza  mirabile  con  che  venne  loro 
contrastata  dai  Danesi,  come  si  riconosce  dalle  perdite  che  questi  patiro- 
20,  e  confessate  in  un  dispaccio  da  Copenhagen ,  che  cosi  narra  il  disa- 
stro  del  18  Aprile :  «  II  fuoco  dell'  artiglieria  prussiana  distrusse  i  nostri 
ridotti  n.°  i,  5  e  6,  che  caddero  in  potere  del  nemico.  La  nostra  ala  sinistra 
fa  allora  ohbligata  di  ritirarsi  soffrendo  gravi  perdite.  L'aladestra  dovet- 
te  sgombrare  anch'essa,  in  condizioni  piu  favorevoli,  ma  soggiacendo  es- 
sa  pure  a  grandi  perdite.  Quattro  reggimenti  danesi  furono  quasi  intera- 
mente  distrutti.  La  testa  di  ponte  di  Sonderbourg  fu  abbattula  dal  can- 
none  nemico,  ma  le  nostre  truppe  1'  hanno  difesa  finche  1' esercito  fu  pas- 
sato  nell'isola  d'Alsen. »  Si  ebbero  dal  Quartier  generale  altri  particolari, 
e^ono  che  scomparve  quasi  tutta  la  la  brigata  danese,  e  che  l'8a  e  ridot- 
ta  a  meta;  che  fra  i  morti  sono  un  Generale,  due  Colonnelli  e  sette  uffi- 
ziali;  ed  oltre  ad  86  gli  ufficiali  feriti.  L'artiglieria  de'  forti  di  Duppel  fu 
perduta,  e  piu  di  700  feriti  si  contano  fra  quelli  che  poterono  riparare 
aeir  isola  d'Alsen.  La  vittoria  de' Prussiani  fu  dunque  insigne,  ma  pro- 


CONTEMPORANEA  365 

babilmente  si  sapra  poi  che  fu  anche  comperata  a  caro  prezzo ,  e  che 
le  loro  perdite  eccedono  i  600  uomini. 

Fu  quindi  conchiuso  un  armistizio  di  8  ore  per  raccogliere  i  feriti  e 
seppellire  i  morti.  La  massima  parte  dell'esercito  prussiano  ebbe  poi 
ordine  di  muovcre,  con  tutte  le  artiglierie  d'assedio,  verso  il  Jutland,  per 
investireFredericia.ProbabilmenteiDanesi  saranno  astretti  a  sgombera- 
re  anche  dall'isola  d'  Alsen  ,  dove  possono  essere  battuti  da'  cannoni  a 
lunghissima  gittata  de'  Prussiani,  che  diedero  saggio  di  rara  perizia  e 
precisione  nel  tiro,  come  d'  impeto  sommo  nell'  assalto. 

IMPERO  D'  AUSTRIA  1.  Clrcolari  per  1' ordine  pubblico  in  Gallizia  —  2.  Conven- 
ztone  tra  1' Austria  e  la  Prussia  circa  le  frontiere  —  3.  Condizioni  della 
Dalmazia;  e  sciolta  la  Dieta  daknata  —  4.  Travagli  e  carestiain  Ungheria  — 
5.  Difficolta  che  ritardarono  I'accettazione  formale  della  corona  messicana 
per  parte  dell'Arcicluca  Massimiliano  —  6.  Patto  di  famiglia  circa  i  diritti 
di  successione;  assoluta  rinunzia  dell'Arciduca  Massimiliano;  nota  della 
Gazzetta  di  Vienna  —  7.Avveuimento  di  Massimiliano  I  altrono  imperiale 
del  Messico  —  8.  Suo  commiato  dalla  marina  austriaca,  e  beneficenze  in- 
signi  verso  i  poveri  di  Trieste  —  9.  Partenza  del  nuovo  Imperatore  alia 
volta  di  Roma  —  10.  Arrolamento  di  truppe  pel  Messico. 

1.  Lo  stato  d'assedio  bandito  in  Gallizia,  pel  decretp  imperiale  del  2i 
Febbraio  (Vol.prec.  pag.  750),  era  nel  fatto  assai  mitigato  da'  benigni 
procedimenti  del  Governo,  che  s'atteneva  al  sistema  d'  impedire  anziche 
punire  le  agitazioni  setlarie.  Di  che  sembra  che  i  sommovitpri  abusassero 
per  continuare  le  colpevpli  loro  mene,  ed  i  mestatori  stranieri  principal- 
mente,  sottp  colore  di  viaggiare  per  loro  diportp  p  tornare  in  patria,  si 
yalessero  di  questa  loro  qualita  di  stranieri  p  di  rifuggiti,  per  condurre 
innanzi  le  trame  rivoluzionarie  si  nella  Gallizia  stessa  e  si  ancora  nei 
Principati  danubiani.  Percio  il  Generale  Conte  Mensdorff-Pouilly  spedi 
da  Lemberg,  alii  16  di  Marzo,  una  Circolare,  pubblicata  poi  nel  Mornig 
Post,  e  riferita  p'alla  Nazione  di  Firenze  del  4  Aprile,  prescrivendo  che: 
«  tutti  gli  straoieri  senza  regolare  passaporto,  i  quali  si  trovassero  ancora 
nel  paese,  o  si  presentassero  anche  volontariamente  alle  autorita,  siano 
rimandati  colla  forza,  e  per  la  via  piu  breve,  senza  alcuna  eccezione,  nella 
patria  loro,  se  contro  di  essi  non  deve  aver  luogo  una  procedura  crimi- 
nale.  I  Polacchi,  sudditi  della  Russia  e  appartenenti  a  questa  categoria, 
debbono  essere  sottoppsti  al  medesimo  trattamentp.  Anche  se  accertas- 
serp  aver  essi  passato  il  confine  dopo  la  proclamazione  dello  stato  d'  as- 
sedio,  per  cercar  riftigio  in  questo  paese,  je  loro  affermazipni  non  debbono 
essere  prese  in  veruna  considerazione,  giacche  le  condizioni  presenti  del 
vicino  paese  non  giustificano  il  passaggio  del  confine  senza  passaporto.  » 

Segui  poscia  ordinando  che  il  passo  ai  Principati  danubiani  si  dpvesse 
lasciar  aperto  solo  a  quelli  stranieri,  «  che  provassero  incontrastabilmen- 
te  la  loro  qualita  di  sudditi  di  que'  Principati.  Nel  casp  contrario  i  sud- 
diti stessi  della  Turchia  non  debbono  essere  rimandati  nella  patria  loro 
per  la  via  dei  Principati,  bensi  per  quella  di  Cracovia  e  di  Trieste.  Sic- 
come  i  Principati  danubiani  divennero  presentemente  il  punto  di  riunione 
degli  elementi  rivoluzionarii,  e  siccome  per  conseguenza  succede  spesso, 
che  individui  si  qualifichino  falsamente  per  sudditi  dei  Principati,  cosi 
non  bisogna  contentarsi  di  questa  sola  affermazione,  ma  devesi  accertarne 


366  CRONACA 

la  esattezza  mediante  corrispondenza  coi  Consolati  imperial!  a  Jassy  e 
Bukarest.  Fino  a  tanto  che  non  sianq  chiarite  le  cose,  i  mentovati  stra- 
nieri  saranno  trattenuti  in  luogo  di  sicurezza.  »  Onde  si  vede  che  se  i 
direltori  della  rivoluzione  europea  sanno  scegliere  i  luoghi  di  adunata  e 
di  attacco,  i  Governi  minacciati  sanno  talvolta  aprire  gli  occhi  e  vedere 
non  pure  la  trama,  ma  ancora  la  mano  che  1'  qrdisce. 

Con  altra  circolare  fu  vietato  agli  ufficiali  di  Dogana  di  aprire  «  il  pas- 
saggio  del  contine  per  parte  dei  sudditi  russi  non  muniti  di  passaporto, 
sotto  nessun  pretesto,  anche  se  questi  stranieri  si  presentassero  invocando 
asilo  e  protezione.  Essi  debbono  essere  immediatamente  rimandati.  »  Le 
quali  misure  furono  promulgate  altresi  dal  Merkel,  Direttore  di  Polizia  a 
Cracovia. 

Lo  stesso  Mensdorff-Pouilly,  sotto  il  »26  Marzo,  mando  ai  Capitani  di 
Circqlo  un'  altra  qrdinanza,  contro  di  cut  il  Governo  italiano  ed  i  suoi 
diarii  liberalissimi  non  pqtranno  trovar  che  dire,  poiche  e  una  pura  attua- 
zione  assai  blanda  del  principio  di  domicilio  coatto,  che  nel  beatissimo 
regno  d' Italia  si  manda  ad  etfetto  con  la  deportazione  e  1'esilio.  «  Contro 
fnolti,  i  quali  palesemente  ebberq  parte  nelle  agitazioni  riYoluzionarie, 
non  si  pote  finora  procedere  giudizialmente,  per  mancanza  di  suflicienti 
mezzi  di  proya.  Pel  caso  dunque  che  costoro  ed  altri  simili ,  anche  dopo 
la  proclamazione  dello  stato  d'assedio,  non  avessero  cessatq  dal  Joro  cri- 
minoso  procedere,  onde  reprimere  la  loro  punibile  operosita,  non  resta 
altro,  se  non  che  Yengano  continati  nel  luogo  di  loro  domicilio  ,  e  posti 
sotto  la  piu  severa  vigilanza.  » 

Quali  sieno  state  le  conseguenze  dello  stato  d'assedio  e  di  questi  ulti- 
mi  provvedimenti ,  puo  "vedersi  dal  seguente  articoletto  della  Gazzetta, 
ufficiale  di  Venezia:  «  Lo  stato  d'  assedio  in  Gallizia  mette  in  grado  1'Au- 
torita  di  si^oprire  le  mene  della  rivoluzipne,  e  di  attraversarle  con  frutto. 
II  giorno23  iMarzo,  in  seguito  d'una  visita  domiciliare,  fatta  in  Cracovia, 
nel  suo  palazzo  ,  alia  contessa  Ostrowski,  essa  fu  arrestata  e  condotta  in 
cittadella,  col  suo  figlio  maggiore  e  colla  governante.  Nella  dimora  del- 
la  contessa  sono  stati  scoperti  documenti  di  grandissima  importanza  poli- 
tica,  delle  armi,  e  200,000  florini.  La  contessa  si  disponeva  a  partir  per 
Parigi  quando  fu  arrestata.  Dopo  che  lo  stato  d'  assedio  m  prqclamato 
nella  Gallizia,  e  dopo  che  una  severa  sorveglianza  sugli  stranieri  si  eser- 
cita  nella  Buccovina,  i  Polacchi,che  abbandonano  frettolosamente  il  ter- 
ritqrio  austriaco,  ingombrano  la  Moldavia.  Sono  la  maggior  parte  origi- 
narii  del  llegno  di  Polonia,  e  s'erano  ricoverati  nella  Gallizia;  ora  hanno 
cercato  asilo  nei  Principal!.  II  Governo  russo  ed  anche  1'imperiale  Gover- 
no di  Vienna  ne  hanno  cercato  1'allontanamento  al  Principe  Couza ;  ma  in- 
darno:  anzi  il  Governo  del  Principe  ha  ottenuto  dalle  Camere  un  assegna- 
mento  per  soccorrere  i  rifugiati  polacchi.  La  Turchia  prende  disposizio- 
ni  di  sopravveglianza  a'  confmi,  e  fa  anche  essa  istanze  perche  i  rifugiati 
non  abusino  deH'ospitalita.  » 

2.  Una  convenzione  di  gran  momento  venne  pure  stipulata  fra  1'  Au- 
stria e  la  Prussia,  allo  stesso  intento  di  porre  un  termine  allemene  rivo- 
luzionarie,  che  incontravano  somma  facihta  a'  loro  progress!,  per  1'  age- 
Tolezza  loro  fatta  di  sottrarsi  alia  meritata  repressione,  passando  gli  agi- 
tator! il  confine  dall'  uno  all'  altro  Stato  senza  ostacolo;  ed  ecco  in  qual 
modo  ne  parlo  la  stessa  Gazzetta  ufficiale  di  Venezia:  «  I  Governi  d' Au- 
stria e  di  Prussia  hanno  stipulata  una  convenzione,  il  cui  testo  e  stato 


CONTEMPORANEA  367 

pubblicato  nel  Monitore  Prussiano,  e  che  si  riferisce  a  proyvisioni  di  po- 
lizia  sulle  frontiere.  Secondo  questa  convenzipne,  in  casi  d'  urgenza,  i 
gendarmi  di  ciascuno  dei  due  Stati  hanno  il  diritto  di  perquisire  i  colpe- 
vo!i  fuggitivi  ed  altre  persone  pericolose ,  sul  territorio  dell'  altro  Stato 
e  di  arrestarli.  La  persona  arrestata  dovra  essere  consegnata  alle  aulorita 
dellp  Stato,  sul  cui  territorio  e  stato  fatto  1'  arresto,  e  1'  estradizione  se- 
guira  poi  nelle  forme  consuete.  » 

3.  Lo  stato  della  Dalmazia  invocava  altresi  solleciti  provvedimenti  da 
parte  del  Governo  imperiale.  Difatto  una  corrispondenza  da  Zara  al  Wan- 
derer di  Vienna,  sotto  il  26  Marzo,  cosi  lo  descriveva:  «  E  nota  la  deso- 
lante  situazione  in  cui  si  trova  il  circolo  di  Zara.  Bande  organizzate  di 
briganti,  solidarie  le  une  delle  altre,  si  abbandonano  al  saccheggio,  all'as- 
sassinio  ed  all'incendio,  scompigliandp  la  montagnae  le  coste,  imponen- 
dp  tasse  e  contribuzioni  ai  proprietarii,  e  quando  non  si  paghino  o  se  ne 
dia  avviso  alia  giustizia,  il  proprietario  ne  paga  la  pena  o  colla  propria 
vita  o  colla  feroce  devastazione  de'suoi  oliveti  e  dei  suoi  vigneti.  I  ban- 
diti  sppgliano  le  diligenze  e  le  casse  pubbliche,  e  si  ridono  dei  mezzi  irn- 
piegati  dall'amministrazione  pubblica  per  impadronirsi  di  essi  o  per  ren- 
derli  inoffensivi.  La  vicinanza  della  Croazia  e  piu  ancora  quella  della  Tur- 
chia  fornisce  loro  costanteraente  il  modo  di  sfuggire  alle  ricerche.  Que- 
sta condizione  anormale  e  disastrosa  ha  determinate  la  Dieta  provincial 
della  Dalmazia  a  nominare,  in  una  delle  sue  prime  sedute,  una  Commis- 
sione  speciale  incaricata  di  deliberate  maturamente  sulle  misure  recla- 
mate  d'  urgenza  dalla  necessita  di  ristabilire  la  sicurezza  pubblica  cosi 
gravemente  minacciata. 

«  Qui  conviene  notarecbenel  corsodegli  ullimiseianni,  sopraunapo- 
polazione  di  157  mila  anime,  si  consumarono,  nel  circolo  di  Zara ,  1314 
casi  di  danni  volontarii,  cagionati  maliziosamente  alia  proprieta;  55  sola- 
niente  degli  autori  di  questi  danni  poterono  essere  posti  in  istato  d'accu- 
sa  e  furono  condannati.  Durante  lo  stesso  periodo  furono  accertati  541 
caso  d'appiccati  incendii,  33  autori  di  questi  solamente  posti  in  istato  di 
accusa,  di  cui  3  condannati.  Le  misure  eccezionali  proposte  dalla  Com- 
missione  non  possono  parer  strane  che  a  coloro,  i  quali  non  comprendono 
la  pressione  che  i  banditi  esercitano  nel  nostro  paese.  » 

Ma  se  i  baoditi  desolayano  quelle  province,  d'altra  parte  la  stessa  Dieta, 
sciupando  il  tempo  in  ciance  e  dissensioni  sempre  piu  inconciliabili,  fal- 
liva  a'  suoi  doveri.  Onde  la  Gazzetta  u/ficiale  di  Vienna  pubblico  la  se- 
guente  patente  imperiale,  con  cui  venne  disciolta  la  Dieta  della  Dalmazia 
€  si  ordinarono  nuove  elezioni :  «  Rendiamp  noto  e  facciamp  sapere :  Ap- 
plicando  il  §.  10  del  Regolaraentp  provinciale:  trpviamo  di  sciogliere  la 
Dieta  del  nostro  regno  di  Dalmazia,  dalla  quale,  in  seguito  a  quanto  fu 
fatto  finora  nella  sessione  di  quest'  anno,  non  si  puo  attendere  una  ope- 
rpsita  profittevole  pel  paese;  e  di  ordinare  nuove  elezioni.  Ci  riserviamo 
di  fissare  1'  epoca  della  convocazipne  della  nuova  Dieta.  Dato  dalla  no- 
stra  citta  capitale  e  di  residenza  di  Vienna,  il  6  Aprile  1864.  Francesco 
Giuseppe,  m.  p.  » 

4.  L'addensarsi  di  fuorusciti  d'  ogni  nazione  ne'Principati  danubiani; 
i  continui  trasporti  d'armi  e  di  munizioni  che  vi  si  fanno  da  navi  france- 
si,  che  riescono  a  gabbare  la  vigilauza  della  Turchia,  con  la  certezza  di 
far  cosa  non  ingrata  al  principe  Couza ;  1'  andirivieni  di  certi  caporioni 
della  setta  piu  operosa  tra  Londra,  Parigi,  Torino  e  Bukarest;  gli  arro- 


368  CRONACA 

lamcnti  di  volontarii  che  si  fanno  principal  men  te  in  Lombardia  e  nelle 
Romagne;  le  eonventicole  tenute  da  certi  sopraccio  della  rivoluzione  ia 
Ancona,  in  Ravenna,  a  Sinigallia,  e  piii  altri  siffatti  indizii,  danno  luogo- 
a  credere  che  si  volesse  allestire  qualche  spedizione,  la  quale  mettesse  il 
Governo  austriaco  nella  necessitadi  muovere  truppe  e  difendersi  in  Dal- 
mazia,  mentre  al  tempo  stesso  il  grosso  delle  bande  rivoluzionarie,  ir- 
rompendo  da'Principati,  manderebbero  sossopra  1'Ungheria.  E  certo  1'oc- 
casione  sarebbe  stata  propizia,  se  la  guerra  contro  la  Danimarca  avesse 
involto  F Austria  in  qualche  maggiore  impaccio,  come  speravasi  da'  suoi 
nemici ;  e  T  Ungheria  non  era  forse  mal  preparata  all'  uopo,  attesa  la  ca- 
restia  onde  sono  afflitti  in  modo  straordinario  quei  popoli.  E  si  sa  che  la 
malesuada  fames  non.  da  ascolto  a  ragione,  quandole  si  offre  buonpasto; 
ed  i  settarii  non  mancano  d'  oro,  essendovi  in  Europa  tal  Potenza,  che 
ama  guerreggiare  con  la  compera  di  traditori  molto  piu  che  con  la  mitra- 
glia  e  le  baionette ;  e  non  manca  chi  suole  prepararsi  il  terreno,  con  git- 
tare  scissure  e  far  mercato  di  partigiani,  prima  di  mettere  in  marcia  i 
reggimenti  e  le  artiglierie.  Per  contrapporsi  alle  arti  segrete,  il  Governo 
prese  solleciti  provvedimenti  da  mitigare  gli  effetti  della  carestia ;  col- 
lette  pubbliche  fruttarono  somme  cospicue ;  il  Santo  Padre  vi  contribui, 
nelle  angustie  del  suo  peculio,  con  1,000  tiorini,  a  cui  il  Nunzio  pontifi- 
cio  aggiunse  del  suo  non  piccola  somma ;  altrettanto  fecero  1'Imperatore 
e  Tlmperatrice;  opere  pubbliche  d'ogni  maniera,  come  di  vie  e  ponti 
furono  imprese  per  dar  pane  agli  operai.  Questo  pero  non  bastava  contra 
i  raggiri  settarii  e  de' nemici  esterni. 

Ma  il  Governo  austriaco  fu  posto  sull'  avviso,  ed  anche  la  Russia  non 
dorme.  Gravi  richiami  furono  fatli  presso  il  Principe  Couza,  si  dalla 
Russia,  si  dall'  Austria  e  si  dalla  Turchia  stessa.  Questa,  per  quanto  si 
dice,  sta  per  raccogliere  buon  nerbo  di  truppe  che  stiano  alia  vedetta  a 
Choumla;  quella  dispone  un  campo  di  osservazione  a  Kronstadt  in  Iran- 
silvania,  e  le  truppe  russe  divengono  piunumerose  in  Bessarabia,  d'on- 
de  potrebbero,  all'uopo,  anche  dare  efficacia  alle  querele  della  Russia,  per 
la  prepotenza  con  cui  il  Couza  pose  sotto  sequestro  i  beni  di  molti  con- 
Tenti,  che  godono  la  protezione  del  Gabinetto  di  Pietrobnrgo.  Certo  che 
finora  non  apparisce  speranza  di  prossimo  componimento  fra  1' Ungheria 
e  la  Corte  imperiale,  ne  probabilita  di  veder  quella  partecipare  ai  lavori 
del  Reichsrath  ed  accettare  la  costituzione  vigente  nelTImpero.  II  Conte 
Forgach,  Cancelliere  d'  Ungheria,  da  qualche  tempo  e  malato  od  infer- 
miccio,  percio  il  suo  carico  venne  affidato  al  Zichy,  a  cui  e  sperabile  che 
basti  la  forza  da  portarlo. 

5.  Non  lievi  furono  le  preoccupazioni  a  Vienna  per  1'  ardua  impresa  a 
cui  si  accinse  I'Arciduca  Massimiliano,  togliendo  1'  impegno  di  costituire 
1'  Impero  messicano,  fondato  dalle  armi  fraucesi  e  dalla  politica  di  Napq- 
leone  III.  Per  quanto  si  vogliano  credere  inspirate  da  malevolcnza  le  di- 
eerie  di  coloro,  cheattribuivano  i  ritardi  dell'accettazione  di  Massimiliano 
ad  intrighi  della  Corte  austriaca,  affinche  Napoleone  III  rimanesse  impi- 
gliato  per  buon  tratto  ancora  nel  grave  negozio  messicano ;  e  certo  che 
altri  giusti  motiyi  poteano  rendere  men  gradita  la  risoluzione  presa  dal- 
1'Arciduca.  A  lui,  come  primo  agnato  dell'Imperatore,  dovea  spettare  la 
successione  al  trono,  od  almeno  la  reggenza,  in  casi  non  impossibili  ad 
avvenire.  Or,  supposta  tal  congiuntura,  doveasi  lasciar  1'  Impero  senza 
Sovrano  o  senza  Reggente ,  finche  quello  o  questo  potesse  smettere  la 


CONTEMPORANEA  369 

corona  messicana,  svincolarsi  da'  suoi  sudditi,  viaggiare  4,000  miglia  ed 
entrare  in  possesso  de'  suoi  diritti?  E  se  i  Messicani  nol  lasciassero  par- 
tire?  E  se  la  Francia  opponesse  un  veto  al  ritorno?  E  se  una  guerra  ma- 
rittima  o  continentale  in  Europa  avesse  chiusi  i  passi?  Ed  intanto  chi 
terrebbe  in  mano  la  cosa  pubblica?  L'  unico  spediente  che  rimaneva  a 
mettere  in  salvo  si  gravi  interessi  era  dunque  una  rinunzia  dell'Arciduca 
a'  suoi  diritti  agnatizii,  tanto  rispetto  alia  Corona ,  come  rispetto  alle  al- 
tre  succession!  d'ogni  genere.  Ma  questa  rinunzia  dovea  essere  assoluta 
o  cpndizionata  ?  perpetua  o  temporanea  ?  E  come  conciliate  con  questa  i 
diritti  degli  altri  agnati?  E  1'Arciduca  si  contenterebbe  di  separarsi  dal- 
r  augusta  dinastia,  di  cui  potea  forse  diventar  capo? 

Per  appianare  tali  difficolta  conveniva  certamente  usare  maturita  di 
«onsiglio,  e  ponderare  le  ragioni  del  pro  e  del  contro  in  modo,  che  da 
niuna  parte  le  ragioni  del  giusto  e  del  conveniente  patissero  offesa.  Oltre 
di  che  i  ritardi  furono  anche  prodotti  dalle  difficolla  sorte  per  1'  impre- 
stito  messicano  di  200  milioni,  firmato  a  Parigi  il  19  Marzo,  coi  Glynn 
di  Londra,  e  ratificato  dall'  Arciduca  il  22,  ma  poi  yenuto  in  pericolo  di 
tornare  a  nuila,  per  intrighi  finanziarii,  ampiamente  svolti  nel  Memorial 
diplomatique  del  3  Aprile,  pag.  210.  Per  ultimo  1'Arciduca,  per  lo  stra- 
pazzo  di  lunghi  yiaggi  a  Bruxelles,  a  Parigi,  a  Londra,  a  Vienna,  sem- 
pre  nel  rigore  di  asprissimo  inverno,  era  cagionevole  di  salute,  e  distrat- 
to  dai  tanti  gravissimi  negozii  ond'  era  assediato,  non  avea  posto  1'animo 
ad  indagare  a  fondo  le  condizioni,  in  cui' si  troverebbe,  verso  1'atigusto 
suo  fratello  e  gli  Arciduchi  agnati.  Tomato  da  Parigi  a  Vienna  senti  tutta 
Ja  gravita  delle  congiunture. 

6.  Imperocche,  composte  ormai  tutte  le  cose  con  Napoleone  III,  stipu- 
lati  i  patti  d'  indennita  per  la  spedizione  militare,  pel  mantenimento  del- 
1'  esercito  francese,  pei  compensi  a'  sudditi  francesi  danneggiati  dal  Jua- 
rez; fermate  le  condizioni  per  1'emissione  dell'imprestito,  e  pel  paga- 
mento  dei  debiti ,  1'Arciduca  si  torno  a  Vienna  alii  19  di  Marzo,  dove  si 
tratto  in  Consiglio  di  famiglia  del  come  si  dovesse  dare  assetto  alle  cjui- 
stiqni  di  eredita  e  di  successione.  Stando  alle  notizie  corse  sopra  i  gior- 
nali  piu  autorevoli,  1'Arciduca  fu  invitatoa  firmare,  quanto  a  successione 
cd  eredita,  gli  atti  medesimi  onde  e  regolato  il  passaggio  d' un' Arcidu- 
chessa  ad  altra  famiglia,  cioe  una  rinunzia  pura  e  semplice.  Sorsero  dif- 
ficolta gravissime,  ne  si  pote  venire  a  componimento.  L' Arciduca  parti 
alia  volta  di  Miramar.  L'Imperatore  nomino  suo  rappresentante,  in  qua- 
lita  di  capo  della  famiglia,  1'Arciduca  Leopoldo,  che  ando  a  Miramar  ac- 
compagnato  dal  BaroneMeysembourg,  sotto  segretario  nel  Ministero  degli 
affari  esterni,  e  dal  Barone  Lichtenfels,  presidente  del  Consigiio  di  Sta- 
to,  che  dovea  farvi  ufficio  di  notarp  della  Corona.  Per  meglip  sollecitare 
e  condurre  piu  soavemente  la  pratica,  ando  pure  cola  1'  Arciduca  Carlo 
Lodovico,  attissimo  all'uffizio  di  conciliazione,  a  cui  destinavalo  suo  fra- 
tello 1'  Imperatore. 

In  questo  mezzo  Napoleone  III,  avuto  notizia  degli  ostacoli  frapposti 
alia  accettazione  della  corona  messicana,  ed  alia  partenza  di  Massimiliano, 
spedi  a  Vienna  un  suo  Aiutante  di  Campo,  il  Generale  Frossard ,  con  let- 
tera  autografa  all' Imperatore,  il  quale  1'accolse  a  udienza  il  giorno  1.°  di 
Aprile.  Di  che  si  trattasse  frai  due  personaggi,  nulla  si  pote  saper  di  cer- 
to.  Fatto  sta  che  il  Frossard  alii  2  giunse  a  Miramar,  con  lettera  dello 
Serie  7,  vol.  J,  fasc.  339.  24  30  Aprile  1864. 


370  CRONACA 

stesso  Napoleone  III  all'Arciduca ;  la  quale  pare  che  abbia  avuto  per  effet- 
to  di  troncare  tutti  gl'indugi.  L'Arciduca  si  risolvette  di  tirmare  il  patto  di 
famiglia,  quale  si  era  preparatp,  e  che  consisteva  in  una  rinunzia  pura  e 
semplice  de'suoi  diritti  agnatizii  quanto  alia  Corona  austriaca ;  e  come  dice 
il  Memorial  diplomatique  del  10  Aprile,  pag.  227,  rinunzio  pure  alia  meta 
del  suo  patrimonio  (apanages) ,  ed  a  tutti  i  diritti  di  successione  ed  ere- 
dita  ab  intestato.  La  sua  augusta  consorte  rinunzio  pure  allo  spillatico 
di  20,000  fiorini  che  riceveva  come  Arciduchessa  d'Austria.  Corse  yoce 
e  fu  stampato,  che  tal  rinunzia  fosse  limitata  al  tempo  in  cui  Massimi- 
liano  ed  i  suoi  successor!  regnerebbero  al  Messico.  Ma  la  Gazzetta  di 
Vienna  del  16  Aprile  tolse  intorno  a  cio  ogni  dubbio,  con  la  nota  seguen- 
te,  pubblicata  dopo  1'annunzio  ufficiale  dello  stipulate  patto  di  famiglia, 
che  sara  comunicato  al  Reichsrath :  «  Siamo  in  grado  di  dichiarare  tin 
d'ora  che  le  sposizioni  fatte  dal  Memorial  diplomatique  del  10  Aprile, 
dalla  France  dell' 11,  dalla  Gazzelta  di  Colonia  del  12,  contengono  una 
inesattezza,  affermando  che  1'Arciduca  rinunzia,  per  se  medesimq  e  pel 
suoi  eredi  d'ambo  i  sessi,  ad  ogni  diritto  di  successione  emntuale  in  Au- 
stria, per  tutto  il  tempo  che  la  nuova  dinastia  messicana  continuera  a  re- 
gnare.  La  rinunzia  non  e  subordinata  alia  durata  del  regno  al  Messico , 
ma  e  assoluta  e  senza  condizioni  sotto  questo  risguardo  ». 

Questo  patto  di  famiglia  venne  tirmato  con  grande  solennita  nel  gior- 
no  9  di  Aprile  a  Miramar.  L'  imperatore  Francesco  Giuseppe  vi  si  con- 
dusse  percio  espressamente  da  Vienna,  accompagnato  dai  due  Ministri 
di  Stato  e  degli  Affari  esterni,  dai  Cancellieri  aulici  delle  Corone  d'Au- 
stria, Ungheria,  Transilvania  e  Croazia,  e  dal  gran  maresciallo  di  Corte. 
Con  S.  M.  giunsero  pure,  sulle  8  antimeridiane,  gli  Arciduchi  Gugliel- 
mo ,  Leopoldo ,  Ranieri  e  Carlo  Salvatore ,  che  sonp  i  capi  e  rappresen- 
tanti  dei  yarii  rami  agnatizii,  dovendp  1'Arciduca  rinunziare  eziandio  ai 
diritti  di  riversibilita  sul  Granducato  di  Toscana,  e  mancandovi  solo  ilDu- 
ca  di  Modena  che  stava  in  Palestina ;  e  giunsero  pure  da  Venezia  1'Arci- 
duca Giuseppe,  il  Generale  Benedek  ed  il  Luogotenente  Toggenburg. 
Compiuto  1'attp  di  rinunzia,  e  seduto  a  banchetto  di  famiglia,  1'  Impera- 
tore tolse  r  ultimo  commiato  dall'augusto  sup  fratello,  e  con  i  mentovati 
personaggi  si  diparti  da  Miramar,  poco  dopo  il  mezzogiornp ,  tornando  a 
Vienna.  E  tutto  si  dispose  per  1'atto  solenne  della  presentazione  ed  accet- 
tazione  formale  della  Corona. 

7.  Questo  ebbe  luogo  la  domane,  10  d'Aprile,  nel  castello  di  Mira- 
mar, con  pompa  conveniente  a  si  grande  congiuntura,  e  che  6  minuta- 
mente  narrata  nell'  Osservatore  Triestino ,  ed  anche  nel  Memorial  diplo- 
matique dello  stesso  giprno ,  che  n'  ebbe  la  descrizione  per  sermzio  tele- 
grafico  speciale.  Non  ci  consente  1'angustia  dello  spazio  di  recitare  qui  il 
lungo  discorso  detto  dal  Presidente  della  Deputazione  messicana,  sig.  Gu- 
tierez  de  Estrada,  e  riferire  per  intierp  la  risposta  dell'eletto  Imperatore; 
ma  non  possiamo  omettere  di  questa  i  tratti  seguenti : 

«  Signori !  Un  maturo  esame  degli  atti  di  adesione ,  che  siete  yenuti 
a  presentarrni ,  mi  da  la  fiducia,  che  il  voto  dei  Notabili  del  Messico, 
che  vi  condusse  poco  fa  per  la  prima  volta  a  Miramar,  sia stato  ralih'ca- 
tp  dall' immensa  pluralita  dei  vostri  compatriotti,  e  che  io  possa  con- 
siderarmi  da  questo  momento,  con  buon  diritto,  come  1'eletto  del  popolo 
messicano.  Cosi  e  compiuta  la  condizione  espressa  nella  mia  risposta 
del  3  dello  scorso  Oltobre.  Un'altra  pure  ve  ne  indicai  allora,  cioe  di  as- 


CONTEMPORANEA  371 

sicurare  le  garanzie  necessarie ,  affinche  il  nascente  Impero  possa  con- 
sacrarsi  coa  calma  alia  nobile  opera  di  stabilire  sopra  solide  basi  il  suo 
ben  essere  e  la  sua  indipendenza.  Contiamo  oggi ,  con  sicurezza,  su 
questa  condizione.  merce  la  magnanimita  di  S.  M.  1'  Iraperatore  dei  Fran- 
cesi ,  che ,  nel  corso  delle  negoziazioni  che  si  tennero  su  questo  punto , 
si  e  mostrato  costantemente  animate  da  uno  spirito  di  lealta  e  di  vera 
benevolenza,  che  giammai  si  cancellera  dalla  mia  memoria.  D'altra  parte 
1'augusto  capo  della  mia  famiglia  acconsenti  ch'io  prenda  possessso  del 
trono  che  mi  viene  offerto.  Ora  dunque  posso  compiere  la  promessa  con- 
diziqnale  che  vi  feci  sei  mesi  fa ,  e  dichiarare  qui ,  siccome  solennemen- 
te  dichiaro,  che  coll'aiuto  dell'Onnipotente  accetto  dalle  mani  della  na- 
zione  messicana  la  corona  che  ella  mi  offre.... 

«  Accetto  il  potere  costituente ,  del  quale  ha  voluto  investirmi  la  na- 
zione,  organo  della  quale  siete  voi,  o  Signori ;  ma  lo  conservero  solo  per 
quel  tempo  preciso ,  che  sara  necessario  per  creare  nel  JVIessico  un  ordi- 
ne  regolare,  e  per  istabiliryi  istituzioni  saggiamente  liberali.  Cosi  dun- 
que, come  vi  annunziai  nel  mio  discorso  del  3  di  Ottobre  1863,  mi  ado- 
prero  per  collocare  la  monarchia  sotto  1'autorita  di  leggi  costituziqnali , 
tqstoche  la  pacificazione  del  paesesara  conseguita  del  tuttq....  Finiro,  p 
Signori,  coll'  assicurarvi  di  bel  nuoyo,  che  giammai  non  dimentichera  il 
mio  Governo  la  riconoscenza  che  deve  all'  illustre  monarca,  coll'amiche- 
yole  soccorso  del  quale  e  divenuta  possibile  la  rigenerazione  del  nostrp 
bel  paese.  Per  ultimo,  o  Signori,  debbo  annunziarvi  che,  prima  di  parti- 
re  per  la  mia  nuova  patria  ,  mi  tratterro  solo  il  tempo  necessario  per  ri- 
cevere  nella  citta  eterna  ,  dalle  mani  del  yenerabile  Pontefice,  la  Bene- 
dizione  preziosa  per  ogni  Sovrano,  ma  doppiamente  importante  per  nie, 
che  sono  stato  chiamato  a  fondare  un  nuovo  Impero.  » 

Finite  dall'  eletto  Imperatore  queste  parole,  gli  astanti  1'  acclamarono 
calorosamente ;  la  bandiera  messicana  fu  spiegata  in  yetta  al  castello, 
e  le  salve  d'artiglieria  dei  bastioni  del  castello  ebbero  riscontro  in  quelle, 
onde  fu  annunziato  alia  citta  di  Trieste  il  fausto  ayyenimento  da'cannoni 
del  porto  e  delle  nayi  da  guerra.  Fu  steso  subito  il  processo  yerbale  del- 
T  accettazione,  che  fu  firmato  dall'  Imperatore,  dalla  Deputazione  e  dai 
Notabili  messicani.  Assisteyano  come  testimonii  ufficiali,  in  nome  della 
Francia,  il  Generale  Frossard,  Aiutante  di  campo  diNapoleone  III,  ed  il 
sig.  Herbet,  ministro  plenipotenziario  che  doyea  riceyere  la  firma  dei 
trattati  gia  stipulati  a  Parigi,  ed  il  comandante  della  Themis  che  doyea 
fare  la  scoria  a  onore  a  Massimiliano  I  nel  yiaggio  al  Messico;  in  nome 
del  Belgio  poi,  il  Conte  0'  Sulliyan,  ministro  plenipotenziario  a  Vienna, 
ed  il  sig.  Keant,  ministro  residente  del  Belgio  a  Messico. 

Fu  cantato  il  Te  Deum  nella  cappella  del  palazzo ;  ma  prima  1*  Impera- 
tore yolle  spontaneamente  prestar  giuramento ,  con  la  manq  sui  sanli 
Eyangeli ,  di  osseryare  lealmente  e  con  tutta  coscienza  le  leggi  del  paese 
e  di  fame  rispettare  1'  indipendenza ;  e  dopo  I'  Imperatore,  giurarono  si- 
milmente  il  sig.  Velasquez  de  Leon ,  nominate  Ministro  di  Stato ,  il  Ge- 
nerale Woll,  primo  Aiutante  di  Campo  e  capo  della  corte  militare  dell' Im- 
peratore, e  piii  altri  persona ggi. 

Subito  tinita  tal  cerimonia,  la  nuova  corte  messicana  entro  ad  eserci- 
tare  i  suoi  ufficii,  cessando  i  ciambellani  ed  ufliciali  che  finq  allora  ayean 
seryito  1'  Arciduca  come  comandante  supremo  della  marina  austriaca. 
Quindi  si  spiccarono  immediatamente  quattro  inyiati  straordinarii,  per 


372  CRONACA 

notificare  alle  Corti  di  Roma,  Parigi,  Yienna  e  Bruxelles  ravvenimento 
dell'  Imperatore,  ed  il  capitano  Rodriguez  quella  sera  stessa  parti  per  la 
Francia,  e  da  S.  Nazaire  alii  15  s'  imbarco  pel  Messico  per  portarvi  la 
tanto  bramata  notizia  ufficiale  della  forrnale  accettazipne.  Quindi  1' Impe- 
ratore firmo  varii  trattati  e  decreti,  spettanti  le  relazioni  con  la  Francia, 
le  Finanze  del  Messico,  il  nuovo  imprestito,  e  simili,  che  furono  pubbli- 
cati  dal  Moniteur  parigino  del  16  Aprile,  e  de'  quali  daremo  contezza 
come  prima  potremo  ripigliare  la  narrazione  delle  cose  del  nuovo  Impero. 

8.  Con  bellissima  lettera  autografa  al  Vice-Aiiimiraglio  Barone  di 
Dahlerup,  si  accomiato  Massimiliano  dalla  marina  austriaca,  ricordando- 
ne,  con  parole  di  molta  lode  e  gratitudine,  i  servigi,  la  fedelta,  i  progress! 
fatti  durante  il  tempo  che  egli  1'ayea  avuta  sotto  il  sup  comando;  e  rac- 
comandando  agli  ufficiali,  ai  soldati  e  marinai  che  « fedeli,  saldi,  coraggiosi 
ed  ubbidienti  restino  ognora  all'  immacolata  loro  bandiera.  »  Ne  di  questo 
si  tenne  pagp;  ma  con  suo  autografo  al  Baroiie  de  Burger,  ministro  della 
marina  austriaca,  riferito  nella  Gazzetta  ufficiale  di  Vienna  del  15  Aprile, 
yolle  lasciare  un  pegno  del  suo  affetto  «col  destinare  un  capitale  di  10,000 
fiorini  come  fondazione,  ordinando  che  gl'  interessi  relativi  vengano  di- 
stribuiti  annualmente  a  sei  dei  piu  vecchi  invalidi  della  marina  del  grado 
di  sottoufliciali.  » 

Anche  alia  citta  di  Trieste  voile  lasciare  gratissime  memorie  di  se,  or- 
dinando che  i  giardini  di  Miramar  fossero  aperti  al  pubblico  passeggio, 
e  douandple  la  somma  di  50,000  t'ranchi,  spediti  al  Municipio,  come  fon- 
dazione, i  cui  interessi  doyessero  essere  distribuiti  ogni  anno,  la  vigilia 
del  SS.  Natale,  alle  famiglie  piu  povere.  La  citta  di  Trieste,  da  parte  sua, 
yolle  porgere  all' Imperatore  un  segno  della  sua  gratitudine  e  devozione, 
nel  giorno  stesso  in  cui  egli  accetto  la  corona ,  con  un  indirizzo  mtinito 
di  11,000  tirme,  in  un  Album  d'avorio,  legato  in  oro  ed  argento  e  smal- 
tato  di  gemme ;  di  che  Massimiliano  ricambio  la  cortesia  con  un  autografo 
che  esprime  vivissimo  rammarico  di  doyersi  separare  da  quella  egregia 
cittadinanza. 

9.  Le  fatiche  delle  precedent!  giornate,  ed  il  freddo  intense  a  cui  Mas- 
similiano I  erasi  esposto  nell'  aspettare  alia  stazione  1'  augusto  suo  fra- 
tello,  1'imperatore  Francesco  Giuseppe,  gli  cagionarono  un  ridestamento 
di  fehbre ,  onde  non  pote  assistere  al  solenue  banchetto,  di  cui  ebbe  gli 
onori  1'imperatrice  Carlotta;  anzi  dovette  porsi  a  letto,  e  rjercio  nemme- 
no  pote  ricevere  yarie  deputazioni,  venute  per  oDferirgli  i  loro  "voti.  Le 
cure  adoperate  mitigarpno  il  male,  che  procedeva  da  bronchite  acuta,  e 
1'augusta  coppia  imperiale  pote,  alii  14  d' Aprile,  dare  1' ultimo  addio  a 
Miramar  ed  a  Trieste,  ed  in  mezzo  ad  una  vera  ovazione  di  popolo  ster- 
minato,  imbarcarsi  sulla  fregata  austriaca  la  Novara,  destinata  a  portarla 
al  suo  impero,  con  la  scoria  della  Themis  francese.  Dopo  breve  sosta  alia 
deliziosa  isola  la  Croma,  di  proprieta  dello  stesso  Massimiliano,  che  ne 
fece  ofterta  all'lmperatrice  d' Austria,  le  navi  ripigliarono  la  rapida  loro 
corsa,  ed  andarono  difilato  a  Civitavecchia. 

10.  In  segno  del  pieno  accordo  che  regna  tra  i  due  Imperatori  dell'au- 
gusta  Casa  d' Austria,  basti  accennare  che  S.  M.  Francesco  Giuseppe 
permise  che,  come  annunzio  la  Gazzetta  militare  di  Vienna,  si  arrolasse 
un  corpo  di  6,000  uomini  di  truppe  di  terra,  con  piu  cenlinaia  di  mari- 
nai. Di  quelli  si  formeranno  tre  battaglioni  di  fanteria,  un  reggimento  di 
usseri ,  un  reggimento  di  ulani,  una  compagnia  di  zappatori  ed  una  bat- 


CONTEMPORANEA  373 

teria  d'  artiglieria ;  e  questo  cprpo  seryira  di  guardia  all'  Imperatore ; 
come  un  altro,  raccolto  inBelgio,  seryira  di  guardia  all'Imperatrice.  Gli 
uffiziali  si  scelgono  nell'esercito  austriaco  e  loro  viene  riservato  il  pro- 
prio  grado  per  sei  anni,  dppo  i  quali  potranno  tornare  sotto  le  bandiere 
austriache.  I  marinai  serviranno  a  fondare  la  nuova  marina  messicana. 

FUANCIA.  1.  Breve  del  Santo  Padre  al  Card.  Arcivescpvo  di  Lione  sopra  il 
Messale  ed  il  Breviario  Romano  —  2.  Accoglienze  imperiali  all'  Arciduca 
Massimiliano  d'  Austria  —  3.  Napoleone  III  arbitro  del  litigio  fra  il  Vicere 
d'Egitto  e  la  Compagnia  pel  cnnale  di  Suez  —  4.  Spedizione  scientifica 
alMessico  —5.  Agitazione  elettorale  degli  operai;  nota  del  Moniteur 
coutro  le  adunanze  democratiche  —  6.  Elezioni  di  Deputati  repubblicani 

—  7.  Petizione  al  Senato  contro  1'empieta  e  1'  immoral! la  degli  stampali; 
discorso  del  Card.  Bonnechose;  la  petizione  e  messa  da  parte  —  8.  E'  re- 
ietta  una  petizione  sopra  lo  stato  miserevole  del  Regno  delle  Due  Sicilie 

—  9.  II  Renan  mantenuto  nella  sua  carica  di  Proi'essore;  parole  dell'Opi- 
nion  Nationale  —  10.  Processo  e condanna  del  Mazzini  —11.  Decreto 
emanate  dalla  Dieta  svizzera  contro  il  Mazzini  —  12.  Nota  del  Moniteur 
circa  la  permanenza  del  Garibaldi  in  Inghilterra  — 13.  Trattato  conchiuso 
col  Messico  per  la  spedizione  e  la  guerra  ivi  condotta  —  14.  Conlegno 
della  Francia  per  la  questione  (lanogermanica ;  pratiche  fatte  in  Parigi 
dal  Duca  Ernesto  di  Sassonia ;  missione  di  Lord  Clarendon  a  Parigi  — 
15.  Abolizione  di  tasse;  lettera  dell'lmperatore ;  speranze  di  pace. 

1.  II  clero  di  Francia  universe  diede,  massime  in  cjuesti  ultimi  anni, 
si  splendide  prove  d'  una  devozione  e  d'  una  obbedienza  mirabile  alia 
Santa  Sede,  cbe  non  senza  dolore  fu  veduto  il  contegnp  d'  un  certo  nu- 
merodi  parrochi  della  Diocesi  di  Lipne  verso  il  loro  Arcivescovo,  e  verso 
la  Santa  Sede  raedesima.  Dai  ppchi  cenni  cbe  abbiam  dato  nel  vol.  pre- 
cedente,  a  pag.  611-12,  sopra  i  contrast!  fatti  aH'introduzione  del  Bre- 
viario e  del  Messale  Romano  in  quell'  illustre  Diocesi,  e  dal  discorso  te- 
nuto  dal  Santo  Padre  nelle  congiunture  ivi  ricordate,  si  e  potuto  da'  no- 
stri  lettori  argomentare  la  rilevanza  di  que'  dissidii,  ed  il  detrimento  che 
ne  potea  venire  al  buono  spirito  di  quel  clero,  se  non  vi  si  ponea  pronto 
riparo.  Era  da  sperare  che  la  parola  del  Vicario  di  Gesu  Cristo,  si  mite 
ad  un  tempo  e  si  autorevole,  avrebbe  vinto  i  riottosi,  ma  non  fu  nulla ; 
ed  i  cinque  parrochi,  che  componeano  quella  Deputazione,  scelsero  teste 
una  nuova  via  di  continuare  i  loro  scandali,  pubblicando  nell'  Italic  una 
loro  relazione  circa  1'udienza  avuta  da  Sua  Santita,  ed  i  risultati  di  essa. 
II  che  e  un  fatto  tanto  meno  scusabile,  in  quanto  avvenne  dopo  avuta 
notizia  d'un  documento  che  reciteremo  qui  appresso,  e  che  dovea  troncar 
ogni  questione. 

II  Moniteur  fin  dal  28  Febbraio  pubblico  una  nota  per  dichiarare  che 
nella  lettera,  da  npi  riferita,  del  Card,  de  Bonald  «  il  linguaggio  attribuito 
al  Sommo  Pontedce,  e  le  parole  con  cui  Sua  Santita  si  sarebbe  lagnata 
dell'intervento  del  Governo  deH'Imperatore,  parveromolto  singolari.  Noi 
sappiamo  che  1'  Ambasciadore  di  Francia  presso  la  Santa  Sede  espresse 
al  Cardinalo  Antonelli  la  dolorosa  sorpresa  che  gli  avea  cagipnato  la  let- 
tura  di  quello  scrittp.  »  E  seguiva  dicendo  che  TEmo  Cardinale  Segre- 
tario  di  Stato,  avuti  i  richiami  del  Conte  di  Sartiges,  epresi  gli  ordini  di 
Sua  Santita,  avea  manifestato  all'  Ambasciadore  che  il  Santo  Padre  avea 
provato  gran  rammarico  di  quella  pubblicazione,  come  d'una  indiscre- 
zione  che  non  rispettava  neppure  il  segreto  del  suo  Gabinetto ;  e  che  di 


374  CRONACA 

piu  Sua  Santita  voleva  che  il  suo  malcontento  fosse  manifestato  al  Car- 
dinale  de  Bonald. 

L'Emo  de  Bonald,  con  lettera  dell'll  Marzo:  «  Ho  conosciuto,  disse, 
il  preteso  scontento  del  Papa  solo  da  quel  giprnale!  II  Sommo  Pontefice 
non  mi  ha  detto  nulla  circa  la  mia  Circolare ;  il  suo  Ministro  Segretario  di 
Stato  non  me  ne  ha  parlato*  Se  io  avessi  incorso  il  biasimo  di  Sua  San- 
tita, avrei  umilmente  chinato  il  capo,  ascoltando  la  parola  del  Vicario  di 
Dio,  dal  quale  avrei  meritato  trattamento  severo.  L'articolo  del  Moniteur 
m'accusa  d' aver  commesso  un'indiscrezione.  Non  ho  creduto  indiscre- 
zione  ripetere  le  parole  che  il  Papa  avea  pronunziate  pubblicamente  ai 
Curati  di  Lione.  Sua  Santita  non  ci  affidava  un  segretq.  » 

Non  si  potea  piu  chiaramente  e  piu  decorosamente  rispondere.  Del  re- 
sto,  quale  fosse  il  sentimento  e  la  fermezza  del  Santo  Padre  si  potra  ve- 
dere  dal  Breve  seguente,  indirizzato  all'Emo  Cardinale  De  Bonald,  e  che 
noi  recitiamo  fedelmente  tradotto  dal  testo  originate: 

«  Diletto  Figlio  Nostro,  salute  ed  apostqlica  Benedizione. 

«  Con  somraa  pena  dell'animo  Nostro  Noi  conoscevamo,  o  Figlio  Nostro 
diletto,  che  1'antica  Liturgia  della  Chiesa  di  Lione  era  stata  infelicemen- 
te  guasta  con  molte  pecche  da  uno  de'tuoi  Predecessori,  il  quale  non  si 
perito  di  far  questo,  non  solo. in  onta  della  costituzione  del  Santo  Nostro 
Antecessore  Pio  V,  la  quale  incomincia  —  Quod  a  Nobis  postulat  —  e 
fu  pubblicata  il  giorno  nove  Luglio  dell' anno  1568,  a  cui  tutto  il  Clero 
dell'Orbe  cattolico  e  tenuto  di  obbedire;  ma  ancora  contro  il  senlimen- 
to  e  le  istanze  del  Collegio  dei  Canonici  in  quel  tempo  della  Chiesa  Me- 
tropolitana  di  Lione,  i  quali  non  lasciarono  di  richiamarsi  e  di  protestarsi 
solennemente  contro  le  uovita  introdotte  nella  stessa  Liturgia  dal  suddet- 
to  tuo  Predecessore. 

«  Noi  adunque,  vivamente  premurosi  dello  splendpre  dell'  inclita  Chie- 
sa di  Lione,  e  dell' osservanza  della  mentpvata  Costituzione  di  S.  Pio  Y, 
con  tutto  il  calore  Ti  abbiamo,  o  diletto  Figliuol  Nostro,  eccitato  ad  emu- 
lare  i  preclari  esempii  di  tutti  pressoche  i  sacri  Pastori  delle  Galiie,  e 
a  cpmpiere  ossequiosamente  i  Nostri  desiderii,  coll'  introdurre  nella  Dio- 
cesi  di  Lione,  aile  tue  cure  affidata,  1'uso  del  Messale  e  del  Breviario  Ro- 
mano. Al  tempo  stesso  Noi  ti  abbiamo  signin'cato ,  come  da  Noi  si  per- 
mettesse  che  1'  antica  Liturgia  della  Chiesa  Lionese,  depurata  da  ogni 
macchia,  potesse  conservarsi  in  avvenire.  Ai  quali  Nostri  giustissimi  vo- 
ti  tu  deterendp  per  1'  esimia  tua  fedelta  e  riverenza  verso  di  Noi  e  verso 
questa  apostolica  Sede,  e  conoscendo  tu  ottimamente  come  la  Liturgia 
della  tua  Chiesa  Lionese  fosse  stata  deformata,  con  somma  alacrita  e  con 
animp  volonterosissimp  ponesti  mano  all' opera,  e  procurasti  di  compila- 
re  gli  Officii  proprii,  siccpme  suol  dirsi,  dei  Santi  della  tua  Diocesi  in 
un  col  Calendario.  Quindi ,  o  diletto  Nostro  Figlio,  ti  recasti  a  Roma, 
aH'intento  di  sottomettere  ogni  cosa,  seguendo  le  avite  costumanze,  al 
supremo  giudizio  Nostro  e  di  questa  Santa  Sede,  e  cosi  condurre  questo 
affare  al  bramato  compimento.  Noi  adunque  abbiamo  commesso  il  Calen- 
dario e  gli  Ufficii  suddetti  alia  Nostra  Congregazione  destinata  a  sopra- 
intendere  e  riconoscere  i  riti  legittimi,  e  alia  stessa  Congregazione  in- 
giungemmo,  che  depurasse  accuratamente  1'antica  Liturgia  della  Chiesa 
Lionese  da  tutte  le  novita,  di  cui  aveala  infetta  il  tuo  Predecessore. 
Dappoiche  la  stessa  Congregazione  ebbe  il  tutto  ponderato  con  diligen- 
tissimo  esame,  e  fattane  a  Noi  esatta  relazione,  come  perfettamenle  ti  e 


CONTEMPORANEA.  375 

nolo,  fu  stabilito  clie  il  Messale  e  il  Breviario  Romano  s'avesse  ad  intro- 
durrej3oco  a  poco  nella  Diocesi  di  Lione,  e  che  1'antica  Liturgia  della 
Chiesa  Lionese,  espunta  affatto  ogni  menda,  potesse  an  che  per  i  tempi 
futuri  essere  conservata.  Or  mentre  Noi  ci  appoggiavamo  alia  dplce 
speranza,  che  un  siffatto  temperamento,  il  quale  a  tutti  i  buoni,  e 
specialmente  ai  Lionesi,  arreco  somma  letizia,  ayesse  a  riuscire  felice- 
mente  senza  alcuna  molestia,  secondo  i  Nostri  e  i  tuoi  desiderii,  abbiam 
dovuto  lamentare  la  riprovevple  condptta  di  alcuni  parrochi  di  Lione. 
Imperocche  questi ,  sin  dal  principio  di  questo  aflare,  non  si  peritarono  di 
opporsi  alia  Nostra  e  alia  tua  volpnta  in  questa  cosa,  il  cui  giudizio  spet- 
ta  unicamente  alia  snprema  autorita  Nostra  e  di  questa  Santa  Sede.  Ne 
temettero ,  sia  per  mezzo  di  libelli  stampati  e  infetti  di  errori  e  somma- 
mente  ingiuriosi  a  questa  Santa  Sede  e  ai  venerabili  Nostri  Fratelli  i  Ve- 
SCOYI  delle  Gallie,  sia  per  mezzo  di  pubblici  fogli  ostili  a  questa  Santa 
Sede,  di  eccitare  il  Clero  specchiato  e  deyoto  a  questa  Cattedra  di  Pie- 
tro,  ad  avversare  tra  le  altre  cose  la  Romana  Liturgia.  La  qual  contuma- 
cia  dei  Parrochi  e  tantp  piu  riprovevole,  perche  essendo  alcuni  di  essi 
venuti  in  quest' alma  citta  Nostra,  ed  essendo  stati  ammessi  al  Nostro 
cospetto,  non  vollero  acchetarsi  ai  Nostri  paterni  ayvertimenti  ed  esorta- 
zioni ;  ai  quali  avrebbero  dovuto  con  pronto  e  lieto  animo  ohbedire,  come 
s'addice  onninamente  ad  uomini  di  Chiesa.  Pertanto,  affinche  la  cosa  ab- 
bia  una  yolta  il  suo  corapimento  secondo  i  Nostri  e  i  tuoi  yoti,  Noi  ti 
scriviamo  questa  lettera,  colla  quale  di  nuo^o  signitichiamo  chiaramente 
ed  apertamente  la  Nostra  yolpnta.  Imperocche  vogliamo,  ordiniamo,  co- 
mandiamo  che,  a  norma  di  cio  che  fu  stabilitp,  nella  Diocesi  di  Lione  il 
Messale  e  il  Breyiario  Romano  poco  a  poco  si  introduca,  in  modo  cioe 
che  tutti  quelli ,  i  quali  per  I'avvenire  riceveranno  il  sacro  Ordine  del 
Suddiaconato,  siano  tenuti  cosi  a  recitare  le  ore  canoniche  giusta  il  Bre- 
yiario  Romano,  e  quegli  OfEcii  da  te  compilati  ed  approvati  dalla  Nostra 
Congregazipne  dei  sacri  riti,  come  ad  adottare  il  Messale  Romano. 

«  Concediamo  pero  ed  acconsentiamo  che  fantica  liturgia  della  Chiesa 
di  Lione,  corretta  da  tutte  le  rammentate  novita,  secondo  il  modo  e  la  for- 
ma che  yenne  approvata  dalla  stessa  Nostra  Congregazione  dei  sacri  Ri- 
ti, possa  essere  conservata  liberamente  e  lecitamente  ancheper  1'avve- 
nire.  Non  dubitiamo  poi  menpmamente,  diletto  Nostro  Figlio,  che  con 
ogni  cura'e  ardore  ti  glorierai  di  eseguire  questa  Nostra  yolonta,  e  nello 
stessp  tempo  ti  adoprerai  perche  tutti  coloro  cui  spetta,  e  a  cui  in  avye- 
nire  in  qualunque  modo  potra  spettare,  a  questa  stessa  Nostra  volonta  e 
prescrizione  diligentemente  obbediscanp.  Ed  inoltre  porliamo  tiducia 
che,  la  Dio  merce,  quei  Parrochi,  i  quali  furono  a  Noi  ed  a  te  cagione  di 
dolore,  e  a  tutti  i  buoni  cagione  di  scandalo,  si  ravvedano  ed  ubbidisca- 
no,  ed  imitino  1'esempio  deH'ottimo  clero  delle  Gallic,  il  quale  somma- 
mente  si  gloria  di  dimostrare  il  suo  amore,  il  suo  ossequio,  la  sua  ob- 
bedienza  singolare  verso  di  Noi  e  di  questa  apostolica  Sede ,  e  con 
egregie  opere  rendesi  benemerito  in  questi  difficilissimi  tempi  di  Noi  e 
della  medesima  Santa  Sede.  Finalmente,  a  pegnp  dj  tutte  le  grazie  cele- 
sti  e  della  speciale  Nostra  benevplenza  verso  di  te,  comparliamo  col- 
1'  intimo  affetto  del  cuore  1' apostolica  Benedizione  a  te,  diletto  Nostro  Fi- 
gliuolo,  ed  al  gregge  affidato  alia  tua  vigilanza. 

«  Dato  in  Roma  presso  S.  Pietro,  il  di  17  di  Marzo  dell'  anno  1864,  dei 
Nosto  Pontificate  1' anno  decimottavo.  pjQ  pp  j^ 


376 


CRONACA. 


X'Emo  Card.  Arcivescovo  comunico  questo  Breve  a'  parrochi  di  sua 
Diocesi,  con  lettera  da  Roma,  sotto  il  24  Marzo,  in  questi  termini:  «  Sua 
Santita  m'ha  indirizzato  un  Breve,  ordinandomi  di  recarlo  a  vostra  noti- 
zia  senza  indugio.  Con  quest' atto  della  volonta  pontificia  il  Papa  ha  po- 
sto  tine  a  discussioni,  che  si  sono  troppo  prolungate;  ma  vi  ha  posto  fi- 
ne coi  riguardi,  che  la  sua  bonta  gli  ha  ispirati.  Nou  ci  resta  che  1'obbe* 
dire  e  dimenticare  le  dissensioni,  che,  come  spero,  non  si  rinnoveranno 
piii  fra  noi.  Gradite  ecc.  M.  Card.  De  Donald  Arciv.  di  Lione.  » 

Le  esortazioni  dell' Arcivescovo  a  dimenticare  le  dissensioni  insorte , 
non  furono  ascoltate  dai  cinque  che  scrissero  la  relazione  stampata  dal- 
V  Italic,  e  che  probabilmente  non  si  tennero  paghi  di  empire  la  Francia 
di  loro  (juerimonie  irragionevoli.  Imperocche  la  France  del  13  dlAprile 
annunzio :  aver  il  Governo  di  Napoleone  III  risoluto  «  di  fare  1'applica- 
zione  deil'articolo  1."  delle  leggi  organiche  al  Breve  indirizzato  a  S.  E. 
il  Cardinale  di  Bonald.  »  Quest' articolo  stabilisce  che  «  nessuna  Bella, 
Breve,  rescritto,  decreto,  mandate,  provvisione,  ne  altre  spedizioni  della 
Corte  di  Roma,  anche  quelle  che  non  risguardano  se  non  i  particolari , 
non  potranno  essere  ricevute,  pubblicate,  stampate,,  o  poste  altrimenti  ad 
esecuzione,  senza  1'autorizzazione  del  Governo.  »  E  inutile  far  osseryare 
che  non  si  potrebbe,  senza  dare  nell'  assurdo,  estendere  la  forza  di  tal 
articolo  a  materie  puramente  spirituali ,  cjual  e  certamente  la  liturgia.  E 
inutile  parimente  il  notare  che  quest' articolo ,  come  tutti  gli  altri  che  si 
chiamano  organici ,  non  sono  pun  to  parte  del  Concordato ;  ma  sono  sol- 
tanto  leggi  e  regolamenti  di  Polizia  non  mai  approvati  dalla  S.  Sede.  Noa 
sappiamo  se  la  notizia  della  France  sia  vera ;  solo  ci  pare  di  dover  porre 
in  nota,  che  il  Saint  Public  di  Lione,  senza  essere  smentito  da  veruno, 
pubblico  aver  il  Governo  fattq  sequestrare  tutte  le  copie  che  pote  avere 
del  soprariferito  Breve,  con  intimazione  a  certi  librai,  che  si  dovessero 
guardar  benedalristamparlo. 

2.  Sul  principiq  del  Febbraio  eran  giunti  dal  Messico  gli  atti  ed  i  do- 
cumenti  dell'adesione  formale  della  massima  parte  dcgli  Stati  e  dei  Mu- 
nicipii  all'istituzione  dell'Impero  ed  alia  elezione  di  Massimiliano  d'Au- 
stria  come  Imperatore,  secondo  1'atto  dei  Notabili  del  Messico.  Percio 
1'Arciduca,  alii  12  di  Febbraio,  ando  a  Vienna  per  abboccarsi  con  1'augu- 
sto  suo  fratello,  ed  avere  la  facolta  di  accettare  1'offertagli  corona.  L'Ar- 
ciduchessa  Carlotta  ando  quipci  a  Bruxelles  per  torre  commiato  dalla  sua 
famiglia ;  e  vi  fu  raggiunta  ai  23  Febbraio  dall' Arciduca;  il  quale  per  la 
lunghezza  del  viaggio  compiuto  in  36  ore,  in  quei  rigori  acerbissimi  di 
freddo,  ne  contrasse  una  leggiera  malatia,  che  vel  fece  sostare  piii  di 
quantq  intendea,  sicche  non  fu  a  Parigi  se  non  la  sera  del  5  di  Marzo. 
Eransi  preparati  festini  e  solennita  grandi  pel  suo  ricevimento  ;  ma  per 
una  parte  la  moltiplicita  e  1'  importanza  degli  affari  che  doveansi  trattare 
tra  riraperatore  e  1'Arciduca,  e  per  1'altra  il  lutto  cagionato  da  'li  morte 
del  re  Massimiliano  di  Baviera,  fecero  si  che  tutto  si  limitasse  a  sontuosa 
ospitalita  nelle  Tuileries,  dove  i  futuri  Sovrani  del  Messico  diedero  esem- 
pii  insigni  di  pieta  cristiana.  Intanto  si  elaborarono  trattati  per  determi- 
nare  le  relazioni  d'interessi  ed'amicizia  tra  i  due  Imperi,  il  pagamento 
delle  spese  per  la  spedizione,  il  mantenim^nto  dell' esercito  francese  al 
Messico,  il  numero  delle  truppe,  le  quistioni  deH'imprestito  necessario  a 
ristaurarvi  le  finanze,  e  piu  altre  simili  cose,  alle  quali  fu  deputato  spe- 
cialmente  da  Napoleone  III  il  sig.  Herbet,  che  poi  a  Miramar  assistette 


CONTEMPORANEA.  377 

all'accettazione  della  corona,  e  ricevette  la  ratifica  di  quei  trattati.  Ma 
questo  non  impedi  i  ricevimenti  di  gala,  i  banchetti  e  gli  spettacoli  tea- 
trali,  con  cui  si  sogliono  festeggiare  tali  ospiti. 

Fermatisi  a  Parigi  fiiio  alii  12  Marzo,  ne  partirono  quella  sera  per  Ca- 
lais, onde,  sopra  una  nave  dello  Stato,  si  tragittarpuo  a  Londra.  Visitarono 
ivi  la  Regina  Vittoria,  la  quale  poco  appresso  ripiglio  lo  splendore  della 
Corte,  dissipando  le  dicerie  sopra  la  sua  abdicazione.  Ivi  ancora  s'acco- 
miatarono  dalla  regina  Amalia  e  dal  re  Leopoldo,  padre  dell'Arciduchessa, 
e  dopo  tre  o  quattro  giorni,  spesi  in  parte  da  Massimiliario  per  dare  T  ul- 
tima mano  ai  trattati  colla  casa  Glynn,  circa  1'  imprestito  di  200  milioni, 
si  ricondussero  a  Bruxelles,  e  quinci  passarpno  a  Vienna,  dove  si  entro 
a  discutere  nel  Cpnsiglio  di  famiglia  circa  il  mpdo  di  comporre  i  diritti 
ereditarii  dell'Arciduca  con  la  nuova  sua  condizione  d'  Imperatore  del 
Messico.  II  che  ebb^il-risultato  da  noi  esposto  a  suo  luogo. 

3.  L' imperatore  Napoleone  III,  condotta  cosi  a  buon  punto  la  spinosa 
faccenda  del  Messico,  pose  mano  ad  un'  altra,  accettando  di  farla  da  ar- 
bitro  nei  litigi  insorti  fra  il  Vicere  d'Egitto,  e  la  Compagnia  fbndata  dal 
Lesseps  pel  taglio  dell'  istmo  di  Suez.  Una  lettera  del  Vicere  stesso  nel 
richiedeva  a  grande  istanza,  ed  egli  aderi ,  istituendo  percio,  con  decreto 
pubblicato  nel  Moniteur  dell'  8  Marzo,  una  commissione,  composta  dei 
Senatori  Mallet  e  Suin,  del  Deputato  Gouin,  del  Consigliene  di  Stato  Du- 
vergier,  e  presieduta  dal  Senatpre  Thouvenel.  A'  quali  percio  furono  co- 
muuicati  tutti  i  document!  ufficiali  e  contenziosi,  perche  potessero  elabo- 
rare  lo  schema  del  contralto  di  componimento,  secondo  cui  1' Imperatore 
definira  da  arbitro  il  litigio,  procurando  di  salvare  le  ragioni  de'  conten- 
denti.  II  che  per  certo  non  dee  garbare  molto  aU'lrighilterra,  la  qwale, 
con  intrighi  e  raggiri  d'ogni  sorte,  si  era  sempre  opposta  all'effettuazione 
del  disegnato  canale  marittimo  a  traverso  1'  istmo  di  Suez. 

4.  Un' altra  commissione  fu  istituita  da  Napoleone  III,  per  divisare  i 
modi  di  organare  e  condurre  una  spedizione  scientifica  al  Messico,  esem- 
plata  da  quella  si  famosa  che  accompagno  il  primo  Bonaparte  nella  guer- 
ra  d'Egitto.  La  prolissa  relazione  del  Duruy  sopra  quesl'argomento,  pub- 
blicata  dal  Moniteur  del  29  Febbraio  ,  espone  i  motivi  del  disegno  e  lo 
scopo  della  spedizione  che  dovrebbe  essere  intesa  ad  esplorare,  in  tutte 
le  attinenze  del  regnp  naturale ,  cio  che  possa  volgere  a  profilto  delle 
scienze,  del  commercio  e  dell'  industria.  L'  Imperatore  approve  ogni  co- 
sa,  e  una  numerosa  commissione  composta  di  Ministri,  Senatori,  Depu- 
tati,  ingegneri,  professpri  di  bottanica,  mineralogia  e  zoologia,  ufficiali 
di  medicina,  chimica,  fisica,  astronomia,  gia  si  aduno  piu  volte  per  cpm- 
pilare  il  programma  e  le  istruzioni  da  darsi  a  quelli  che  saranno  destina- 
ti  a  tale  spedizione;  dalla  quale  il  Memorial  diplomatique  del  6  Marzo  si 
ripromette  grandi  cose. 

5.  Mentre  davasi  assetto  alle  cose  esterne,  le  interne  mostravano  di 
Tolersi  alqtiantp  scomporre.  Dovendosi  eleggere  due  Deputati  pe'  luoghi 
lasciati  vacanti  in  due  Circondarii,  il  1.°  ed  il  5.°  di  Parigi ,  per  doppia 
elezione  avvenuta  de'  medesimi  candidati ,  gli  operai  in  gran  numero  si 
posero  d'accordo  a  volere  che  uno  almeno  de'  Deputati  fosse  pperaio,  e 
proposero  il  loro  candidate,  e  fecero  imboccare  la  tromba  a'  giornali  per 
promovere  il  disegno,  e  fecero  raunate  clamorose.  La  faccenda  comin- 
ciava  a  divenir  molesta,  ed  a  ricordare  gli  ultimi  mesi  del  47  ed  i  primi 
del  48. 


378  CRONACA 

II  Governo  sa  quanto  sia  contagipsa  in  Francia  la  mama  d'  ingerirsi 
nella  cosa  pubblica,  e  sa  che  lo  spirito  del  Socialismo  non  vi  e  spento. 
Corse  pertanto  al  riparo.  Una  nota  del  Monileur  del  16  Marzo  bandi  che 
«  sotto  pretesto  di  far  propaganda  elettorale,  in  numerose  radunanze  nei 
piu  popolosi  quartieri  della  Capitale ,  si  assaliva  con  yiolenza  il  Governo. 
Queste  riunioni  furono  disciolte,  ed  una  istruzione  giudiziaria  fu  avviata 
contro  i  proprietarii  de'  locali  in  cui  avveiinero,  e  contro  quelli  che  le 
provocarono.  Niuna  radunanza  pubblica  di  qualsiasi  natura  non  puo  te- 
nersi  senza  permesso...  II  Governo  non  dee  lar  altro  che  mantener  le  leg- 
gi ,  e  le  fara  rispettare.  »  Anche  il  suffragio  universale  e  la  sovranita  po- 
polare  hanno  loro  liruiti ,  e  Napoleone  III  sa  contenere  a  tempo  chi  osa 
oltrepassarli. 

6.  Queste  due  elezioni  doveano  farsi  alii  20  e  21  Marzo.  Ai  candidate 
del  Governo  faceano  eontrasto  due  repubblicani,  il  Carnot,  figlio  del  re- 
gicida  e  dernpcratico  caldissimo,  ed  ii  Gamier  Pages,  si  famigerato  pei 
fatti  di  Parigi  del  48.  Non  e  da  credere  che  il  Governo  volesse  sommi- 
nare  1'elezione  del  Carnot,  e  che  percio  Napoleone  III  scrivesse  al  Drouyn 
de  Lhuys  la  lettera,  riferita  nel  Memorial  diplomatique  del  28  Febbraro 
(pag.  134)  per  sollecitarlo  a  curare  che  la  tomba  del  Carnot  padre,  mor- 
to  esule  a  Magdebourg  nel  1823  ,  non  fosse  profauata,  spirando  il  tempo 
del  privilegio.  II  Carnot  tiglio  non  gradi  1'  imperiale  sollecitudine,  di- 
chiarando  per  le  stampe  che,  ad  assicurare  il  rispetto  a  quelle  ceneri  gia 
avea  pensato  chi  dovea,  cioe  la  famiglia.  Tuttavolta,  stando  a  certe  cor- 
rispoudenze  parigine  molto  accreditate,  sembra  che  il  vanto  di  pieta 
(igliale  del  Carnot  vivo  verso  il  morto  non  fosse  molto  piu  fondato,  che 
il  vanto  della  carita  del  Governo  imperiale;   perche  riduceasi  quella 
all' aver  visitato  la  tomba.,  senza  provvedere  alia  conservazione  di  essa 
nell'  avvenire ;  e  per  altra  parte  riduceasi  questa  a  chieder  quello  che  il 
Senato  di  Magdehurgo  avea  gia  fatto.  Fatto  sta  che ,  venutosi  alle  ele- 
zioni, ii  Carnot  fu  eletto  dal  1.°  Circondario  con  13,351  voti ,  contro 
soli  4,979  dati  al  piu  fayorito  de'  suoi  competitor} ;  e  nel  5."  Circondario 
fu  eletto  il  Gamier  Pages,  con  voti  14,444,  contro  i  6,530  dati  al  primo 
de'  suoi  rivali.  Cosi  tutti  i  rappresentanti  di  Parigi  son  fiore  di  derno- 
cratici. 

7.  Di  quei  giorni  appuntqsi  passava  nel  Senato  francese  un  fatto,  che 
forse  puo  spiegare  quesli  trionti  della  democrazia.  Un  antico  capitano  di 
artiglieria,  di  religione  protestante,  figlio  del  famigerato  Fouquier-Thin- 
yille,  che  fu  convenzionale  e  regicida ;  e  percio  non  sospetto  di  appartenere 
al  partito  clericale ,  indirizzo  al  Senato  una  petizione  contro  la  svergq- 
gnata  licenza  della  stampa,  che  demolisce  la  religione,  lamoralita,  la  ci- 
TJlta,  le  hasi  stesse  della  societa  civile  e  conduce  al  sqvvertimento  d'ogni 
ordine.  II  Senatore  Thayer  riferi  sopra  questa  petizione,  nella  seduta 
del  17 ;  e  conchiuse,  naturalmente,  che  non  era  bisogno  d'altro,  e  non  si 
facessero  istanze  per  cio  al  Governo,  il  quale  provvedeya  bastantemente, 
secondo  le  leggi.  II  Card.  Bounechose  ne  tolse  occasione  di  iniziare  la 
sua  camera  senatpria,  con  un  discorso  eloquentissimo,  in  cui  ritrasse  a 
coSori,  quanto  vivi  altrettanto  veraci,  le  condizioni  cui  riducesi  la  nazione 
francese,  nella  famiglia,  nella  cittadinanza,  nelle  campagne,  in  ogni  eta 
e  sesso,  per  la  sfrenatezza  dei  Jibri  irreligiosi,  empii,  laidi,  onde  tutto  e 
inondato.  Flagello  1'empieta  del  Renan ;  pose  in  chiaro  1'  insulto  per  lui 
fatto  a  quanti  sono  non  pure  cattolici  ma  cristiani  in  Francia  e  in  tutto  il 


CONTEMPORANEA  379 

mondo,  e  chiese  come  mai  quell'  pltraggio  andasse  immune  d'  ogni  re- 
pressione.  la  quell'argomento  fu  rincalzato  dal  Marchese  di  Boissy,  a  cui 
pareva  strano  che  il  Laprade,  per  una  satira  contro  1'Impero,  fosse  stato 
tolto  dalla  cattedra  di  professore  a  Lione,  e  per  contro  il  Renan,  che  in- 
sulto  Dio  e  il  mondo  intiero,  e  layoro  allo  sconvolgimento  sociale,  con- 
tinuasse  a  ricevere  lo  stipendio  di  Professore,  e  tener  cattedra  in  casa 
sua.  Piu  altri  parlarono  ia  qucsto  senso.  Ma  nella  tornata  del  18  i  cam- 
pioai  del  Governp,  tra  quali  il  La  Gueronniere,  colla  solita  vuota  fraso- 
logia  sostennero  il  parere  che  la  petizione  dovesse  essere  posta  da  parte 
senza  piu ;  e  cosi  fu  fattp  per  voto  delia  pluralita  del  Senato. 

Or  e  egli  da  maravigliare  che  un  popolo,  educato  alia  scuola  del  Re- 
nan  e  di  quella  immensa  turba  di  giprnalisti  scredenti  e  scostumati,  che 
ogni  gioruo  coprono  la  Francia  di  milioni  di  fogli  pieni  di  sozzure  e  di 
ribalderie  e  di  false  massime  ,  volti  conlrp  1'  autorita  umana  quell'  odio 
che  in  lui  si  coltiva  contro  la  stessa  autorita  divina?  E  Parigi,  che  piu 
n'  e  infetta,  non  ne  da  segno  visibile  nelie  elezioni  de'suoi  Deputati?  Se 
questo  ammaestramento  non  basta,  la  Provvidenza  forse  ne  prepara  altri 
piu  efficaci  e  severi. 

8.  Nello  stesso  rapdo  fu  respinta,  senza  pur  che  si  prendesse  in  consi- 
derazione,una  petizione  di  qualtro  Francesi  di  Yarii  Spartimenti,  che  im- 
ploravano  dal  Senato  questa  grazia:  volesse  eccitare  il  Gpverno  a  vedere 

10  stato  miserando  in  che  venne  quel  Regno  delle  Due  Sicilie,  pel  quale 
nel  Congresso  di  Parigi  e  in  piu  altre  cpngiunture  erasi  mostrata  tanta 
soliecitudine,  quando  vi  regnava  il  legittimo  Sovrano.  La  Francia,  che 
ha  la  tutela  del  nuovo  Regno  d1  Italia ,  e  che  ebbe  tanta  parte ,  se  non 
precipua,  nel  fondurlo,  avrebbe  purdiritto  d'impedire  quello  strazio.  Dopo 
alcuni  discorsi,  si  con  venne  da'  Senatpri  che  non  doveasi  offendere,  nep- 
purecon  consigli,  il  principio  di  non  intervento,  anche  nel  caso  di  alleati 
o  protetti,  e  la  petizione  fu  reietta.  II  che  e  ottima  spiegazione  dei  diritti 
che  hanno  i  Governi  a  mescolarsi  delle  cose  d' altri  Stati,  ed  insegna  co- 
me all'  uopo  si  potra  e  si  dovra  rispondere  ad  importune  istanze,  con  cui 
si  pretendesse  ancora  di  violentare  a  riforme  un  Governo  indipendente. 

9.  Le  cose  discorse  nel  Senato  alii  17  di  Marzo  erano  troppo  evidenti, 
ed  il  contrasto  fra  il  trattaraento  usato  dal  Governo  yerso  il  Laprade  ed 

11  Renan  era  cosi  eloquente,  che  la  Francia  cattplica  n'  era  commossa  piu 
di  quanto  potesse  mostrare.  Persino  qualche  Ministro  fu  penetrate  di  quel 
sentimento  di  convenienza,  se  non  di  stretta  giustizia,  che  detiava  il  da 
fare.  Fu  proposto  di  levar  i'ufiicio  di  pubblico  professore,  e  lo  stipendio 
dello  Stato  al  Renan.  Ma  il  Duruy,  Ministro  pel  pubblico  insegnarnento, 
Ti  si  oppose,  dichiarando  all'  Imperatore  che  in  tal  caso  preferirebbe 
smettere  il  portafoglio  e  uscire  di  carica  egli  stesso,  per  non  conlrofirmare 
quel  decreto.  L'  Imperatore  lo  rassicuro  della  sua  benevolenza,  dicono, 
e  gli  comando  di  restare;  come  rimase  il  Renan.  L  Opinion  nationale, 
jjiasimando  gli  sforzi  fatti  per  impetrare  che  il  Renan  fosse  rimosso,  usci 
in  queste  parole,  che  il  Fisco  parigino  trovo  castigatissime,  poiche  le  la- 
scio  passare  immuni  d'  ogni  censura.  «  Chi  ha  nominate  il  Renan  profes- 
sore di  lingua  ebraica  al  Collegio  di  Francia?  L'  Inlperatore.   Ora  1'  Im- 
peratore conosceya  il  Renan :  conosceva  le  sue  idee :  conosceva  abba- 
stanza  1'  uomo  cui  avea  data  una  missione  scientifica  in  Siria,  e  percid 
sapeva  ch'  egli  non  insegnerebbe,  nella  sua  cattedra,  altre  idee  da  quelle 
che  ayea  sempre  manifestate.  »  E  qui,  ricordato  cio  che  avvenne  alia  pri- 


380  CRONACA 

ma  lezione,  e  la  sospensione  percio  del  pubblico  insegnamento,  aggiunse: 
«  L'  aveano  nominate  per  far  la  da  liberate,  e  lo  sospendono  per  farla  da 
divoto.  Ora,  per  disgrazia  accade,  che  non  si  fece  la  cosa  ne  abbastanza 
da  divoto,  ne  abbastanza  da  liberate,  e  che  percio  divpti  e  liberali  sono 
del  pari  malcontenti.  »  E-cesi  segue  di  questo  passo,  incalzando  il  Go- 
verno  a  procedere  con  piu.  franchezza,  o  riaprendo  il  corso  pubblico  delle 
lezioni  del  Renan,  o  togliendolo  affatto  di  carica.  Le  cose  rimasero  come 
prima. 

10.  Quando  si  permette  d'  insegnare ,  come  fa  il  Renan  in  casa  propria, 
senza  ostacolq  del  Governp ,  perche  il  numero  degli  scolari  non  supera  i 
yenti :  che  Cristo  non  e  Dip,  e  che  la  religione  e  una  fola ;  non  sappiamo 
qual  rattento  possa  mettersi  alia  empieta  che  d'ogni  parte  si  fa  piu  bal- 
danzosa.  Ma  forse  il  riparo  verra  presto  dagli  eccessi  del  male,  e  le 
opere  dei  settarii ,  che  professano  appunto  i  principii  del  Renan ,  sono  li , 
per  mostrare ,  a  chi  vuol  yedere ,  che  il  favorire  o  tollerare  la  licenza  non 
e  buon  mezzo  per  consolidare  i  Governi. 

La  recente  cospirazione  dei  quattro  sicarii  destinati  ad  uccidere  Y  im- 
peratore  Napoleone  III  ha  fatto.scprgere  di  che  sian  capaci  gli  uomini  che 
smettono  col  buon  costume  ogni  rispettto  aU'autprita  divina.  Un'altra 
prova  fu  esposta  allo  studio  degli  uomini  capaci  di  comprenderla,  nella 
Corte  d'Assise  di  Parigi  il  di  30  di  Marzo,  quando,  senza  intervento  dei 
Giurati ,  fu  condotto  a  termine  il  processo  contro  Giuseppe  Mazzini,  im- 
putato  di  complicita  col  Greco  e  suoi  consorti,  nella  congiura  scoperta  nei 
primi  giorni  di  quest'anno.  II  Procuratore  generale  espose  le  prove  ma- 
nifeste  della  parte  precipua  avuta  dal  Mazzini  si  in  questo  e  si  in  piu  al- 
tri  delitti  siffatti,  e  cito  i  documenti  onde  si  faceya  manifesta  la  intimita 
del  Mazzini  con  uno  dei  Lords  deH'Ammiragliato  inglese,  dacui  riceveva 
il  favore  di  sicurezza  per  ricapitp  di  lettere ,  di  denaro  e  di  altri  ammi- 
nicoli  alle  sue  imprese.  Onde  risulto  chiara  la  partecipazione  di  Lord 
Stansfeld,  se  non  airattentato  specifico  di  uccisione  meditata  contro  Na- 
poleone III,  almeno  alle  imprese  settarie  del  Mazzini,  ed  in  ispecie  a 
quella  gia  punila  nell'assassino  Tibaldi  e  nel  Donati  ed  in  piu  altri  set- 
tarii. II  che  apparisce  daH'atto  di  accusa,  riferito  distesamente  nel 
Debats  del  1  Aprile. 

Quali  fossero  le  conseguenze  di  queste  manifestazipni  del  Fisco  impe- 
riale  francese,  diremo  a  suo  luogo,  tra  le  cose  d'Inghilterra.  Qui  ci  basti 
indicare  che  la  conclusione  del  Procuratore  imperiale  fu  ammessa  dalla 
Corte  di  Assise;  la  quale  condanno  il  contumace  Mazzini,  per  complicita 
nella  congiura  del  1863,  dimpstrata  dalle  dichiarazioni  del  condannato 
Greco,  e  dai  documenti  relatiyi  allo  Stansfeld,  alia  pena  della  deportazio- 
ne.  Di  questa  pure  ben  si  puo  far  le  grasse  risa  il  Mazzini ,  che  vive  ar- 
cisicurissimo  all'  ombra  della  protezione  inglese,  sotto  Tegida  di  Lord 
Palmerston  ;  e  che  vide  poco  appresso  la  gloriticazione  de'  suoi  principii 
nell'  appteosi  del  Garibaldi  suo  intimo  amico,  che  ricevette  a  Londra 
ovazioni  ed  onorificenze,  quali  appena  potrebbe  vantare  qualsivoglia  So- 
Trano  od  Imperatore. 

11.  Ma  il  Mazzini,  per  condurre  le  sue  trame,  ha  spesso  bisogno  di  ve- 
nire sul  continente ;  ed  in  tali  casi  egli  trovo  sempre  comoda  e  sicura 
ospitalita  in  Isvizzera.  Questa  ora  gli  si  voile  togliere,  e  non  e  improba- 
hile  che  la  riverenza,  o  qualchc  altro  simile  motivo,  verso  1'  Imperatore 
francese,  abbia  costretto  la  Confederazione  elvetica  a  pubblicare,  come 


CONTEMPORANEA  381 

stampo  il  Honiteur,  un  decreto  del  15  Aprile,  col  quale  «  1.°  I  decreti 
emanati  anteriormente  e  risguardanti  1'espulsione  di  Giuseppe  Mazzini, 
sono  rinnovati  e  confermati.  2.°  Tutte  le  autorita  di  Polizia  dei  Can- 
toni  sono  invitate  a  provvedere  al  rigoroso  eseguimento  di  questa 
decisione,  a  non  piii  concedere  asilo  a  Giuseppe  Mazzini  in  veruna  cir- 
cpstanza,  e  ad  arrestarlo  nel  caso,  in  cui  egli  fosse  scoperto,  dandoneav- 
yiso  al  dipartimento  federale  di  Giuslizia  e  Polizia.  »  Eppure  si  puo  met- 
tere  pegno  di  100  contro  1,  che  se  Mazziui  ne  ayra  bisogno  o  voglia  , 
andra  in  Isvizzera,  vi  stara  a  suo  agio,  e  non  sara  scoperto  ne  arrestato 
ne  espulso.  Lupo  non  mangia  lupo. 

12.  Mentre  il  Fisco  di  Parigi  e  la  Dieta  federale  svizzera  sfolgorava- 
np  il  Mazzini,  come  un  truculeato  caporione  di  raasnadieri ,  questi  se  la 
trionfava  in  Inghilterra,  partecipando  alle  glorie  del  suo  Garibaldi;  il 
quale  scambiava  visile  coi  Palmerston ,  coi  Russell ,  coi  Clarendon  ,  coi 
"Wellington,  e  banchettava  col  Duca  di  Sutherland  ,  ericeveva  la  citta- 
dinanza  di  Londra,  ed  intascaya  i  quattrini  raccolti  nei  meetings ,  edera 
umilmente  pregato  di  accettar  in  segno  d'omaggio  bandiere,  spade  d'o- 
nore,  diplorai,  e  quanto  puo  appagare  la  vanita  d'  un  pari  suo.  Nonpre- 
sumeremo  di  spllevare  il  velo  che  copre  certamente  questo  mistero  di 
Frammassoneria,  non  potendosi  supporre  che  tutto  codesto  fanatismo  del- 
1'orgogliosa  aristocrazia  britannica  sia  ispirato  da  sola  ammirazione  per 
gli  alti  fatti  dell'antico  mercante  di  grano  e  di  candele  di  sego.  Certo  e 
che  traspariva  in  que' festeggiamenti  un  non  so  che  di  stimolo  al  capo- 
rale  della  setta  mazziniana  contro  la  Francia  e  contro  Roma.  Per  cio  che 
spetta  Roma ,  ne  siamo  altamente  soddisfatti ;  poiche  questo  ^alse  a  ras- 
sodare  1'impegno  d'  onore  ,  d'  interesse  e  di  politica,  onde  la  Francia  e 
stretta  verso  la  sovranita  temporale  della  Santa  Sede.  Ma  quel  che  v'  e 
di  minaccia  verso  la  Francia  c  anche  piii  importante.  Imperocche  le  ca- 
rezze  al  Garibaldi  si  estendeano  per  indiretto  al  Mazzini,  che  ebbe  piii 
abboccamenti  col  suo  Generale,  trincp  con  lui  e  fece  brindisi  da  pari 
suo  col  Saffi,  coll'  Herzen,  col  Mordini  in  un  convegno  a  Teddington;  e 
cosi  1'  Inghilterra  ebbe  tutta  1'apparenza  di  voler  rispondere  alia  condan- 
na  proferita  in  Parigi  contro  uno  dei  piu  arrisicati  strumenti  deila  poli- 
tica britannica ,  colmandolo  di  onoranze ,  come  diremo  piii  distesamente 
altra  volta,  parlando  delle  cose  d' Inghilterra. 

L'  insulto  alia  Francia  era  cosi  manifesto,  che  essendosi  Lord  Claren- 
don, Ministro,  condptto  a  Parigi,  ed  avendo  avuto  un  abboccamento 
con  Nappleone  III,  si  congetturo  da  mplti  che  si  dovesse  recare  a  qual- 
che  richiamo  dell'  Imperatore  la  repentina  determinazipne  presa,  o  tatta 
prendere  al  Garibaldi ,  di  cessare  le  sue  visite  trionfali  e  tornarsene  alia 
Caprera.  II  Moniteur  del  20  Aprile  non  voile  lasciar  credere  a  tal  dice- 
ria,  e  stampo  suhito:  «  I  giornali  il  Post,  lo  Star  ed  il  Daily-News  pre- 
tendono  che  Lord  Clarendon  avrebbe  promesso  a  titolo  di  concessione  al- 
1' Imperatore,  che  Garibaldi  abbrevierebbe  il  suo  soggiorno  in  Inghilter- 
ra. Cio  e  al  tutto  senza  fomlamento  di  vero.  II  Governo  francese  non  fe- 
ce alcuna  osservazione  a  Lord  Clarendon  circa  il  Garibaldi.  » 

Da  parte  sua  Lord  Palmerston  si  affretio  di  p'ichiarare  nella  Camera 
dei  Comuni ,  come  Lorp1  Clarendon  in  quella  dei  Pari,  che  Napoleone  III 
non  avea  fatto  motto  di  cio  ;  ma  che  ove  simili  domande  fossero  vcnute 
dalla  Francia ,  si  sarebbero  cortesemenie  ma  fermamente  respinte. 


382  CRONACA 

13.  Piu  importante  assai  fu  per  la  Francia  quello  che  essa  pote  leg- 
gere  nel  Moniteur  del  17  Aprile,  cioe  il  trattato  conchiuso  col  nuovo 
Imperatore  del  Messico.  Esso  e  di  tale  rilevanza  che  ci  e  d'uopo  riferir- 

10  distesamente. 

Art.  I.  Le  truppe  francesi,  che  ora  si  trovano  al  Messico,  saranno  ri- 
dotte,  al  piu  presto  possibile,  ad  im  corpo  di  25,000  uomini,  compresavi 
la  legione  straniera.  Questo  corpo ,  per  tutelare  gl'  interessi  che  hanno 
motivato  1'intervento,  restera  temporaneamente  al  Messico  nelle  condi- 
zioni  stabilite  nei  seguenti  articoli. 

Art.  2.  Le  truppe  francesi  partiranno  dal  Messico  a  misura  che  Sua 
Maesla  1'  Imperatore  del  Messico  potra  organizzare  le  truppe  necessarie 
per  surrogate. 

Art.  3.  La  legione  straniera  al  servigio  della  Francia ,  composta  di 
8,000  uomini,  rimarra  ancora  per  sei  anni  al  Messico  ,  dopo  che  tutte  le 
altre  forze  francesi  saranno  state  richiamate  conforrnemente  all'  art.  2. 
A  datare  da  questo  tempo,  la  detta  legione  passera  al  servigio  ed  al 
soldo  del  Governo  messicano.  II  Governo  messicano  si  riserva  la  facolta 
di  accorciare  la  durata  de'servigi  della  legione  straniera  nel  Messico. 

Art.  4.  I  punti  del  territprio  da  occuparsi  dalle  truppe  francesi ,  non 
che  le  spedizioni  militari  di  queste  truppe  ,  se  vi  sara  bisogno,  saranno 
determinate  di  comune  accordo  e  direttamente  fra  S.  M.  1'Imperatore  del 
Messico  ed  il  comandante  supremo  del  corpo  francese. 

Art.  5.  Su  tutti  i  punti,  in  cui  la  guarnigionenon  sara  esclusivamente 
composta  di  truppe  messicane,  il  cpmando  militare  sara  devoluto  al  co- 
mando  francese.  In  caso  di  spedizioni  combinate  di  truppe  francesi  e 
messicane ,  il  comandante  superiore  di  esse  apparterra  ugualmente  al 
comandante  francese. 

Art.  6.  1  comandanti  francesi  non  potranno  intervenire  in  alcun  ramo 
dell'  amministrazione  messicana. 

Art.  7.  Finche  i  bisogni  del  corpo  d'armata  francese  renderanno  ne- 
cessario  ogni  due  mesi  un  servigio  di  trasporti  tra  la  Francia  ed  il  porto 
di  Vera-Cruz,  le  spese  di  questo  servizio  (andata  e  ritorno  )  saranno  so- 
stenute  dal  Governo  messicano  e  pagate  al  Messico. 

Art.  8.  Le  stazioni  navali,  che  la  Francia  tiene  nelle  Antille  e  nelT  ocea- 
no  Pacifico,  invieranno  spesso  delle  navi  a  far  spiegare  il  vessillo  fran- 
cese nei  porti  del  Messico. 

Art.  9.  Le  spese  della  spedizione  francese  al  Messico,  da  rimborsarsi 
dal  Governo  messicano,  sono  fissate  nella  somma  di  270  milioni  per  tutto 

11  tempo  della  durata  di  questa  spedizione  tino  al  1  Luglio  1864.  Questa 
somma  sara  prprhittiva  d'  interessi  in  ragione  del  3  %  a^  anno.  A  par- 
tire  dal  1  Luglio,  tutte  le  spese  dell'  armata  messicana  restano  a  carico 
del  Messico. 

Art.  10.  L' indennizzo  da  pagarsi  alia  Francia  dal  Governo  messicano, 
per  soldo,  cibarie  e  mantemmentp  delle  truppe  pel  corpo  d'armata  a  par- 
tire  dal  1  Luglio  1864,  e  determinata  nella  somma  di  1,000  franchi  per 
uomo  all' anno. 

Art.  11.  II  Governo  messicano  rimettera  immediatamente  al  Governo 
francese  la  somma  di  66  milioni  in  titoli  d'  imprestito  al  tassp  d'emissio- 
ne,  cioe:  54  milioni  in  decluzione  del  debito  sunnominato  all' art.  9,  e  12 
milioni  come  acconto  sulle  indennita  dovute  a  dei  Francesi,  in  virtu  del- 
1'articolo  14  della  presente  convenzione. 


CONTEMPORANEA  383 

Art.  12.  Pel  pagamento  del  soprapiu  delle  spese  di  guerra  e  pel  pa- 
gamentp  d^i  carichi  nominati  negli  articoli  7,  10  e  14,  11  Governo  messi- 
cano  s'impegna  a  pagare  annualmente  alia  Francia  la  somma  di  25  mi- 
lioni  in  numerario.  Questa  somma  imputata:  1.°  sulle  somme  doyute  in 
1'orza  dei  suddetti  articoli  7  e  10  ;  2.°  sulrammontare,  in  interessi  e  in  capi- 
tale,  della  somma  fissata  all'  articolo  9  ;  3.°  sulle  indennita  che  resteranno 
dovute  a  dei  sudditi  francesi  in  virtu  degli  articoli  14  e  seguenti. 

Art.  13.  II  Governp  messicano  versera,  1' ultimo  giorno  d'ogni  mese, 
a  Messico,  fra  le  mani  del  pagatore  generate  dell'armata,  cio  che  dovra 
per  satisfare  alle  spese  delle  truppe  francesi  rimaste  al  Messico,  in  con- 
formita  all'  articolo  10. 

Art.  14.  II  Goyernq  messicano  s'  impegna  a  indennizzare  i  sudditi 
francesi  dei  pregiudizii  che  hanno  indebitamente  sofferto,  e  che  hanno 
motivato  la  spedizione. 

Art.  15.  Una  commissione  mista,  composta  di  3  Francesi  e  di  3  Messi- 
cani,  nominati  dai  loro  rispettivi  Goyerni ,  si  riunira  a  Messico  in  uno 
spazio  di  tre  mesi  per  esaminare  e  regplare  questi  reclami. 

Art.  16.  Una  commissione  di  revisione,  composta  di  2  Francesi  e  di 
2  Messicani ,  designati  nel  medesimo  modq,  residents  a  Parigi ,  proce- 
dera  alia  definitiva  liquidazione  dei  reclami  gia  ammessi  dalla  commis- 
sione designata  neirarlicolo  precedente,  e  risolyera  su  quelli,  la  di  cut 
decisione  le  sara  stata  riseryata. 

Art.  17.  II  Goyerno  francese  rimettera  in  liberta  tutti  i  prigionieri  di 

fuerra  messicani,  appena  1'Imperatore  del  Messico  sara  entrato  nei  suoi 
tati. 

Art.  18.  La  presente  conyenzione  sara  ratificata,  e  le  ratifiche  ne  sa- 
ranno  scambiate  il  piii  presto  che  sara  possibile. 

Fatto  al  castello  di  Miramar,  illO  Aprile  1864.  Firmati  #erfor£  -  Gioac- 
chino  Velasquez  de  Leon. 

14.  La  pubblicazione  di  questo  trattato,  che  dimostra  condotta  quasi  a 
termine,  senza  danno  della  Francia,  la  spinosa  impresa  del  Messico,  era 
im  ottimo  conforto  pel  Goyerno  in  que'  giorni,  in  cui  il  Corpo  legislatiyo 
doyea  prendere  a  disamina  il  bilancio  dello  Stato.  E  cio  serve  a  spiegare 
la  sollecitudine  mostrata  da  Napoleone  III,perche  Massimiliano  si  affret- 
tasse  di  accettare  la  corona ;  senza  di  che  non  era  possibile  che  ayesse 
alcun  valore  codesto  trattato  gia  compilato  in  Parigi.  Nella  letizia  di  si 
fausto  ayyenimento  ecco  giungere  alle  Tuileries  Lord  Clarendon,  entrato 
pochi  di  innanzi  a  far  parte  del  Gabinetto  di  Londra.  Di  che  trattasse  con, 
i  Imperatore  tinora  non  si  sa  di  certo.  Ma  e  fondatissima  congettura,  che 
si  appianassero  le  difficolta  fin  qui  incontrate  all'adunanza  delle  Conference 
per  la  questione  fra  la  Danimarca  e  le  Potenze  germaniche.  La  Francia, 
memore  dell'  alteraripulsa  ppposta  dall'  Inghilterra  al  proposto  Congresso' 
europeo  da  tenersi  in  Parigi,  si  mostraya  freddissima,  non  curante,  poco 
meno  che  beffarda  circa  le  diyisate  Conferenze  in  Londra.  Non  le  ricusa- 
ya,  ma  le  bandiva  anticipatamente  inutili,  e  finiya  ognora  le  sue  risposte 
con  accennare  al  principio  delle  nazionalita,  ossia  al  yoto  de'  popoli  dei 
Ducati,  il  che  mandava  a  male  tutte  le  pratiche.  Pare  che  Lord  Clarendon 
sia  yenuto  a  capo  di  trarre  la  Francia  da  quella  cerchia  disdegnosa,  in- 
ducendola  al  bramato  consensp. 

Con  cio  diede  lo  scaccoagli  intrighi  fatti  nel  Marzo  a  Parigi  dal  patrono 
ufficiale  del  Nationakerein,  il  Duca  Ernesto  di  Sassonia-Coburgo.  II  qua- 


384  CRONAGA  CONTEMPORANEA 

le,  dopo  aver  fatto  di  tutto  per  costringere  1'Austriaela  Prussia  ad  accet- 
tare  le  sue  idee,  disperato  di  venirne  a  capo,  corse  a  Parigi  ad  iiwocare 
la  protezione  di  Napoleone  III  in  favore  del  principio  delle  nazionalitd. 
Fu  ricevuto  a  udienza  la  Domenico  13  Marzo,  ed  il  martedi  seguente  pe- 
roro  la  stessa  causa  con  gran  calore  e  scarso  effetto  presso  il  Drouyn  de 
Lhuys.  Ma  non  osereramo  altribuire  interamente  a'suoi  uftizii  la  circolare 
da  questo  spedila,  per  indicare,  come  unico  rimedio  efficace  a  risolvere 
quel  litigio,  il  suffragio  dei  popoli  dei  Ducati.  Questa  proposta,  benche 
fatta  con  parole  ponderatissime,  spiacque  a  tutte  le  altre  grandi  Potenze; 
ed  il  Drouyn  deLhuys  ebbeaspedireun'altra  circolare  per  dichiarare  me- 
glio  il  senso  della  prima,  cioe  che  quel  partito  si  metteya  innanzi  pel  solo 
caso  in  cui  tutte  le  altre  pratiche,  da  disegnarsi  nelle  ideate  Conferenze, 
tornassero  yane.  Checche  sia  di  cip,  le  Conferenze  furono  accetlate,  e  fu 
posto  il  di  20  per  cominciarle.  Ma  il  De  Beust,  Ministro  di  Sassonia,  de- 
putato  rappresentante  della  Dieta  in  Francfort,  voile  prima  aver  chiaro  e 
definite  il  suo  compito;  onde  non  potea  trovarsi  a  Londra  per  quel 
giorno.  II  Russell  volea  che  le  Conferenze  si  aprisserp  egualmente ;  e 
1'Austria  e  la  Prussia  ordinarono  a'  loro  plenipotenziarii  di  non  assister- 
yi,  se  non  fosse  presente  il  deputato  della  Dieta.  Difatto  alcuni  si  raccol- 
sero;  ma,  mancandp  il  De  Beust,  la  Conferenza  fu  differita.  Alia  prima 
tornata,  del  25  Aprile,  si  trasse  in  carapo  la  proposta  di  cominciare  le 
pratiche  di  componimento  con  rarmistizip;  ed  i  rappresentanti  d'Austria* 
e  Prussia,  dichiarando  non  ayer  sopra  cio  istruzioni  de'  loro  Goyerni,  la 
fecero  cadere  in  terra.  Onde  si  yede  qual  debba  essere  il  probabile  in- 
•esso  dj  tali  Conferenze,  cosi  laboriosamente  preparate  a  Londra. 

15.  E  egli  da  temere  per  questo  che,  tornando  inefficaci  le  Conferenze 
ad  un  accordo,  arruffandosi  ognora  peggio  la  quistipne,  che  nel  fondo 
coiisiste  tutta  nel  cozzo  tra  la  riyoluzione  e  la  sovranita  de'Principi,  deb- 
ba dalla  guerra  danogermanica  uscir  fuori  una  vampadi  guerra  europea? 
L'  Imperatore  di  Francia  non  si  mostra  preoccupatp  da  tal  timore;  arizi 
con  lettera,  scritta  il  15  Aprile  dalle  Tuileries  al  Ministro  sopra  le  Finan- 
ze,  fece  splendere  raggi  di  speranza,  che  la  pace  sarebbe  mantenuta  nel 
resto  d'  Europa.  E  tale  speranza  tornp  tanto  piu  accetta  alia  Francia,  in 
quanto  era  confortata  da  una  diminuzione  di  balzelli.  Ecco  la  lettera  del- 
1'  Imperatore : 

«  Signor  Ministro.  La  fortunata  soluzione  dell'affare  del  Messico  fa  na- 
scere  in  me  il  desiderio  di  yedere  il  paese  approtittare  del  primorimbor- 
so  delle  spese  di  guerra,  diminuendo  una  delle  imposte  che  maggiormen- 
te  aggravano  la  proprieta  prediale.  lo  y'  inyito  quindi  ad  esaminare,  se 
fosse  possibile  operare  la  soppressione  immediata  del  secondo  decimp  del 
registro,  non  conservando  della  legge  generale,  preparata  dal  Consiglio 
di  Stato  che  le  disposizioni  strettamente  necessarie  all'  equilibrio  del  bi- 
lancio. 

«  Questo  proyvedimento,  unito  alle  speranzc  di  pace  che  addivengono 
di  giorno  in  giorno  piu  certc,  contribuira,  lo  spero,  allo  svolgimentp  della 
prosperita  pubblica.  Dopo  cio,  sig.  Ministro,  prego  Dio  a  teneryi  nella 
sua  santa  custodia.  Napokone  ». 


IL  NUOVO  IMPERO  DEL  MESSICO 

E  L'  INTERVENTO  FRANCESE l 


Persuasi,  come  tulti  siamo,  il  Gran  Principio  del  Non  Intervento, 
messo  in  capo  al  codice  della  civil  la  moderna,  dovere  essere  man- 
lenuto  inviolato,  qaanto  ai  suoi  fautori  e  cara  la  civil  ta  stessa,  ci  fu 
a  spalancare  la  bocca  ed  inarcare  le  ciglia,  allorche,  sugli  ultimi 
mesi  del  1861,  si  udirono  le  prime  voci  di  una  mossa  d'  armi,  dal- 
la  parte  della  Francia,  dell'  Inghilterra  e  della  Spagna,  contro  del 
Messico.  Vero  e  che  a  quella,  fin  da  principio,  si  pose  cagione  il  ri- 
farsi  dell'  onte  e  dei  danni,  onde  dalla  tirannide  dello  Juarez  erano 
stati  offesi  alcuni  interessi  ed  alquanti  suddili  di  quelle  tre  Potenze. 
Ma  nessuno  ignora  come,  nei  tempi  presenli,  in  somiglianti  casi  si 
suol  procedere  dalle  nazioni  anche  potentissime  e  puntigliose  quan- 
to  si  voglia :  un  gastigo  inflitto  a  qualche  porlo  di  mare,  una  rap- 
presaglia  di  giusta  preda  che  ampiamente  soverchi  il  danno  patito , 
una  scusa  dalla  parte  dell'  offensore ;  ed  ogni  cosa  e  rappattumata  , 
ed  il  decoro  della  bandiera  cosi  ristorato  dai  giudici  di  onore  e 
dichiarato  salvo.  Ne  altrimenti  la  intesero  I'lnghilterra  e  la  Spagna, 
le  quali,  dopo  le  prime  avvisaglie,  coltone  il  destro  da  alcune  diffe- 

1  V.  questo  volume  pag.  257  e  segg. 
Serie  Y,  vol.  X,  fasc.  340.  25  6  Maggio  1864. 


386  IL  NUOVO  IMPERO  DEL  MESSICO 

renze  sorte  tra  i  duci  supremi  dei  Ire  eserciti,  si  ritrassero  dall'iin- 
presa ;  ed  alcuno  non  sara  che  pensi ,  1'alterigia  castigliana  e  la  bo- 
ria  britannica  avere  lasciato  il  carico  di  vendicare  il  proprio  onore , 
quella  all'  antica,  questa  alia  moderna  sua  emola,  quale  per  ambeclue 
fu  sempre  la  Francia.  Per  converse  questa  vi  rimase,  e  forse  ancora 
"vi  era  andata  risoluta  di  combattere  a  solo  suo  conto  e  pericolo,  a  fi- 
ne di  rovesciare  la  tirannide ,  clie  opprimeva  quella  nazione,  e  per 
sostenerla  ad  ordinarsi ,  dopo  tanti  anni  di  calamita  e  di  vergogne, 
in  uno  stato  tranquillo,  prosperoso,  e  clie  avesse  probabilita  di  dure- 
volezza.  Or  questo  e  bene  altro ,  che  farsi  rimborsare  un  credito  o 
riparare  un'  ingiuria !  Queslo  e  un  Intervento  bello  e  buono  nelle  for- 
me, secondo  1'  antica  significazione  della  parola,  e  tanto  piu  ripu- 
gnante  alia  dottrina  raoderna ,  quanto  che  la  Francia  meno  forse  del- 
le  altre  due ,  e  certo  meno  assai  della  Spagna ,  avea  titoli  sufficient! 
per  mescolarsene.  Che  se  pure  la  cosa  si  fosse  voluta  giudicare  alia 
mercantesca,  vede  ognuno  male  avvisato  computo  che  sarebbe  stato, 
per  ricuperare  otto  milioni  di  franchi  (e  non  era  maggiore  il  credito 
dei  Frances!)  imbarcarsi  in  una  guerra,  la  quale  dopo  appena  il  pri- 
mo  anno,  ne  avea  gia  ingoiati  meglio  di  cento.  INon  ignoriamo  che , 
colla  convenzione  sottoscritta  a  Miramar  il  10  del  p.  passato  Aprile, 
11  Messico  si  dichiaro  debitore  alia  Francia  di  270  milioni  di  fran- 
chi per  indennita  di  guerra,  e  furono  statuiti  i  patti  del  pagamento  ; 
ma  oltreche  le  vile  umane  non  si  compensano  con  milioni ,  una  tale 
rimborsazione  era  sempre  dipendente  dalla  vittoria,  e  ad  ogni  modo 
il  danaro  che  sta  in  cassa  e  piu  prezioso  di  quello  che  vi  dovra  en- 
trare. 

Ne  questo  diciamo  per  istremare  di  pregio  Y  impresa  generosa; 
anzi  do  puo  servire  a  crescerglielo  nolevolmenle.  Noi ,  non  profes- 
sando  la  dottrina  del  Non  Intervenlo ,  giudichiamo  che  il  mutuo 
sovvenimenlo,  com'e  spesso  dovere  ed  e  sempre  virtu  tra  gli  uomi- 
ni  individui,  cosi  tra  i  popoli  e  atto  di  benevolenza  internazionale , 
che  tra  i  cristiani  puo  pigliare  qualita  e  carattere  eziandio  di  carita; 
e  pero  noi  non  potremmo  altro  che  applaudire  alia  Francia,  la  qua- 
le, per  la  salute  di  una  cosi  degna  nazione  cattolica,  si  metteva  in 
una  guerra,  la  quale  certo  alia  sua  potenza  non  potea  offerire  diffi- 


E  L'  INTERVENTO  FRANCESE  387 

colta  di  momento ;  ma  che  tutlavolta,  veduto  la  qualita  e  la  lonta- 
nanza  del  luoghi,  in  cui  si  sarebbe  dovuta  combatlere,  non  potea 
non  riuscire  stranamente  dispendiosa.  Ed  e  notevolissimo  che  in 
quella  impresa  si  entrava  appunto  quando  il  Fould ,  ctriamato  al, 
Ministero  delle  Finanze  per  assestarne  lo  squilibrio ,  rivelava  alia 
Francia  impensierita  le  piaghe  inopinate  del  suo  erario.  Ma  siccome 
quella  grande  nazione  non  ha  mai  penuria  di  sangue,  quando  si  trat- 
ta  di  versarlo,  per  far  trionfare  le  nobili  idee  dei  suoi  Sovrani ;  cosi 
quando  patisce  streltezza  ancora  di  pecunia ,  sa  fare  sacrifizii  ge- 
nerosi,  e  sa  altresi,  con  sapienli  combinazioni  finanziarie  (come  ora 
si  chiamano ) ,  far  partecipare  all'  onore  di  quelli  eziandio  i  posted. 
Per  queste  ragioni  nessun'anima  onesta  e  cristiana  pole  biasimare 
per  se  medesima  la  spedizione  del  Messico :  lutti  la  doveltero  com- 
mendare,  quando  la  videro  manlenuta  da  una  sola  delle  Ire  nazioni, 
die  vi  si  erano-messe ;  e  piuttosto  vi  fu  qualcuno  che  nella  prefe- 
renza  data  al  Messico,  pel  conferimento  di  quell'  insigne  benefizio, 
credette  vedere  trasandato  quell'  ordine  di  benevolenza  o  carita  che 
fosse,  il  quale  lo  vorrebbe  porto  ai  piu  prossimi  prima,  che  ai  piu 
lontani.  Perciocche,  diceano  essi,  T Italia  era  allora,  com'e  al  presen- 
te,  manomessa  e  sconvolta  da  un  partito,  piccolo  per  avventura 
quanto  quello  dello  Juarez,  poniamo  che  non  cosi  sfoggiatamente  av- 
ventato  e  feroce.  Se  dunque  la  politica  francese,  fedele  alle  sue  Ira- 
dizioni  cavalier esche,  voleva  porgere  la  mano  soccorrevole  ad  una 
nazione  oppressa ,  non  pare  che  avesse  uopo  di  andarla  a  cercare 
di  la  dell'  Allantico,  a  traverso  di  tante  difficolta,  e  con  si  enormi 
dispendii.  Essa  ne  ayea  una,  si  puo  dire,  sulle  sue  porte,  a  liberare 
la  quale  forse  non  vi  sarebbe  stato  uopo  neppure  d'impugnare  le  ar- 
mi.  Al  che  se  si  aggiungesse  come  ai  presenti  mali  dell'  Italia  ha 
contribuito  non  mediocremente  quella  medesima  politica ,  tradita  , 
&  intendet  nelle  sue  ottime  intenzioni  da  certi  alleati  capricciosi  e 
caparbi,  che  di  lei  si  sono  valuti,  per  fare  in  tutto  e  per  tutto  a  mo- 
do  loro;  se,  ripetiamo,  si  aggiungesse  cio,  forse  si  giudicherebbe 
quel  soccorso  esser  dovuto  ai  piu  prossimi  per  qualche  lilolo  piu 
stringente,  che  non  e  la  beuevolenza  o  la  carita  internazionale,  ed 
il  quale  potrebbe  essere  non  guari  lontano  dalla  giustizia,  II  perche 


388  IL  NUOVO  IMPERO  DEL  MESS1CO 

restava  sempre  acceso  quel  problema :  Come  va  che  il  Gabinetta 
delle  Tuileries,  che  potrebbe  col  solo  volerlo,  liberare  1' Italia  dal  do- 
minio  di  un  partito,  non  pare  che,  almeno  per  ora,  sia  molto  dispo- 
sto  a  voler  questo :  tanto  che  il  suo  Senato  neppure  vuole  inchinarsi 
a  discutere  una  pelizione  riguardante  Y  infelicissima  condizione ,  in 
che  versano  le  Due  Sicilie;  ed  in  quella  vece,  per  liberare  il  Messica 
dal  dominio  di  un  partito,  imprende  una  guerra,  non  diremo  diffici- 
le, che  in  opere  guerresche,  come  mostra  1'esperienza,  non  vi  e  nul- 
la  di  difficile  alia  Francia,  ma  certo,  per  le  smisurate  distanze  e  per 
la  inclemenza  dei  primi  sbarchi,  non  poco  malagevole? 

Ma  il  problema  avra  forse  sufficiente  soluzione ,  tanto  solo  che  si 
distingua  partito  da  partito.  Cola  era  una  generazione  di  upmini  fu- 
riosi,  pazzi,  arrabbiali,  qualche  cosa  di  somigliante  al  Mazzini  ed 
al  Garibaldi ,  professanli  una  demagogia  sfrenata ,  ed  i  quali  nei  me- 
desimi  loro  eccessi  portavano  la  certezza,  che,  in  un  tempo  non  lon- 
tano ,  doveano  finire ,  traendo  nella  loro  propria  ruina  quel  meno 
della  meta,  che  ancora  reslava  dello  Stato,  come  nell'altro  arlicola 
dimostrammo.  Tra  di  noi  sono  dotlrinarii ,  che  professano  la  mode- 
razione,  1'abolizione  dei  privilegi,  1'  imparzialita,  la  liberta  per  tul- 
ti,  la  Sovranita  popolare,  e,  per  dire  tulto  in  breve,  il  Dirilto  Nuovo 
delle  sociela  moderne  o  ammodernate ;  ma  sotto  quelle  splendide  e 
bugiarde  apparenze  nascondono  un  dispotismo  tirannico ,  quale  e 
quello  delle  sette ,  e  piu  di  questo  covano  un  odio  cupo  contro  la 
Chiesa  cattolica,  che  li  conosce  per  quel  che  sono,  e  dalla  quale  so- 
lo si  aspettano  insuperabile  conlrasto  alia  loro  opera  nefanda  di 
scristianeggiare  il  mondo.  In  somma  cola  erano  uomini  nefandi  che 
han  giurata  guerra  ad  ogni  principio  sociale  edumano;  qui  sono 
pretesi  sapienti ,  che  non  conoscendo  allri  principii  sociali  che  gli 
umani,  si  conlendono  a  scacciare  dal  mondo  Cristo  ed  il  suo  Van- 
gelo :  che  essi  sono  gli  eredi  legittimi  del  voto  satanico  di  schiacciare 
I' Infame,  conceputo  riel  cuore  sozzo  del  Voltaire,  e  daH'immondo 
suo  labbro  pronunziato  pel  primo.  Fatta  questa  dislinzione ,  che  non 
tutti  sono  capaci  di  ben  afferrare,  non  parra  piu  strano  che  il  prin- 
cipio dell'  Intervento  si  applichi  a  conservare  nell'  America  una  na- 
zione  nella  quale  il  lavoro  antisociale  delle  selle  era  troppo  evidente, 


E  L'  INTERVENTO  FRANCESE  389 

e  la  quale  inleressi  di  politica  e  di  traffico  persuadono  a  non  lasciar 
cancellare  dal  novero  delle  nazioni ;  ed  al  tempo  medesimo  si  appli- 
chi  il  principio  del  Non  intervento  in  Europa  ad  un'  altra  nazioue , 
dove  1'  assassinio  sociale  si  copre  dello  specioso  velo ,  non  possibile 
forse  a  trapassarsi  da  tutti  gli  occhi ,  di  voler  fondare  un  nuovo  Stato 
sopra  del  Diritlo  nuovo. 

E  cio  pare  anche  potersi  dedurre  dai  fatti  gravi ,  moltiplici  e  no- 
torii  che  sono  riportati  da  tutti  i  giornali ,  eziandio  francesi.  Tutta- 
volta  noi  abbiamo  ragione  di  attribuirli ,  piuttosto  che  ad  intenzioni 
del  -Governo  francese ,  ad  arbitrii  del  nuovo  Generate  supremo ,  non 
inesplicabili ,  veduto  1'  imperizia  dell'  uomo  in  materie  giuridiche  ed 
ecclesiastiche  ,  1'  ebbrezza  della  vittoria ,  e  la  distanza  dei  luoghi , 
per  la  quale  si  spesso  le  male  intelligenze  si  producono,  e  con  tanta 
difficoltci  si  raddrizzano.  Le  vere  intenzioni  del  Governo  francese  noi 
non  dobbiamo  impararle  altronde  con  sicurezza  autentica ,  che  dal- 
le Istruzioni  date  dal  Ministro  sopra  gli  affari  stranieri ,  signor 
Drouyn  de  Lhuys ,  al  generate  Forey.  Ora  noi  nel  leggerle,  le  tro- 
vammo  un  vero  tipo  di  sapienza  civile,  di  giustizia  e  diciamo  ancora 
di  moderazione  in  una  vittoria,  che  cosi  grandi  sacrifizii  era  coslata 
alia  Francia.  Pertanto ,  fmche  altre  istruzioni  conlrarie  a  quelle 
non  vengano  a  nostra  notizia ,  noi  abbiamo  diritto  di  parlare  con 
ogni  liberta  delle  opere  del  generate  Bazaine,  mettendo  a  carico  di  lui 
solamente  quanto  egli  ha  fatto ,  in  quesli  ultimi  mesi ,  nel  Messico  a 
danno  e  disdoro  della  Chiesa,  in  offesa  del  sentimento  nazionale  dei 
Messicani ,  ed  in  opposizione  manifesta  a  cio ,  che  il  suo  Governo 
avea  ordinato ;  ne  ci  meraviglieremmo  di  udirlo  colpito ,  dalla  parte 
di  Napoleone  III,  da  un  biasimo  niente  meno  severe  di  quello,  onde 
furono  sfolgorati  il  Cavour  ed  il  Cialdini,  per  la  invasione  delle  Mar- 
che  e  dell'  Umbria.  Certo  quelle  Istruzioni,  date  il  17  Agosto  1863, 
porlavano  che  la  Francia  non  voleva  nulla  di  violenlo,  nulla  di 
arbitrario,  e  che  non  si  era  venuto  a  cercare  nel  Messico  verun 
vantaggio  politico;  in  esse  si  qualificavano  d'  iniqui  gli  atti  del  Go- 
verno dello  Juarez,  e  si  vedeva  nella  condizione,  in  cui  quello  avea 
travel  to  il  paese,  un  ammasso  di  elementi  dissokilivi ;  vi  si  diceva 
che  la  Francia  vittoriosa  won  vorrebbe  in  alcuna  maniera  sostituire 


390  IL  NUOVO  IMPERO  DEL  MESSICO 

la  propria  azione  alle  libere  risoluzioni  delta  nazione;  vi  si  ricono- 
sceva  la  grande  importanza  ed  autorila  dell' Ass emblea  dei  Notabili, 
s'  ingiungeva  al Generate  supremo  di  guardarsi  dalporre  la  pro- 
pria iniziativa  in  luogo  del  Governo ,  e  da  ultimo  vi  si  proclamava 
il  principio  e  vi  si  raccomandava  la  pratica  della  piu  severa  impar- 
zialita.  Ne  il  generate  Forey  si  mostro  ispirato  da  sentiment!  meno 
equidi  questi,  quando  nel  Manifesto  dato,  nella  cltta  di  Puebla , 
alia  nazione,  dichiaro  che  { possessori  legittimi  ed  in  buona  fede  dei 
beni  nazionali  non  sarebbero  in  alcun  modo  disturbati;  ma  che  i 
eontratti  frodolenti  sarebbero,  senza  pin,  cdssi  ed  annullati. 

Dopo  siffatte  Istruzioni  e  dopo  un  tale  Manifesto,  i  Cattolici  mes- 
sicani,  che  vuol  dire  tutto  il  Messico,  in  quanto  ivi,  salvo  alcuni  ra- 
rissimi  stranieri ,  non  si  professa ,  e  quasi  che  non  dicemmo  neppur 
si  conosce  altra  confessione  cristiana  fuori  della  cattolica,  non  aveano 
forse  ragione  di  aspettare,  che  i  diritti  loro  e  della  Chiesa  sarebbero 
rispettati,  o  certo  sarebbero  lasciati  conoscere  e  decidere  ti&WAssem- 
blea  dei  Notabili,  legittima  depositaria  e  rappresentante  unica,  ben- 
'che  temporanea,  del  Potere  sovrano?  Yana  espettazione !  Non  ancora 
erano  passati  due  mesi,  da  che  quelle  Istruzioni  e  quel  Manifesto 
-erano  slati  letli  nei  pubblici  diarii,  che  comincio  dalla  parte  del  ge- 
uerale  Bazaine,  restate  a  capo  delle  armi  francesi,  dopo  la  dipartita 
del  Forey  richiamalo  a  Parigi ,  quella  serie  di  atti  violenti  ed  arbi- 
trarii ,  che  delle  une  e  dell'  altro  sono  una  piena  negazione ;  ed  i 
quali  provocarono  quelle  nobili  protestazioni  e  quel  decreto  solenne 
di  scomunica,  onde  il  generoso  Episcopato  messicano,  con  alia  testa 
il  degno  suo  melropolitano,  monsignore  A.  P.  Labastida,  li  giudico 
e  condanno.  I  nostri  lettori  gia  conoscono ,  almeno  in  parte,  quei 
fatti  di  dispotismo ,  ed  hanno  letto  testualmenle  questi  atti  di  fer- 
mezza  episcopate,  riferiti  da  noi  in  questo  medesimo  volume  -(pagg. 
446  e  segg.).  Ma  non  sara  fuor  di  luogo  mettere  qui  in  nota  i  piu 
capitali  tra  i  primi ,  perche  si  tocchi  con  mano ,  come  1'  Intervenlo 
francese ,  perdurando  nell'  indirizzo,  che  il  suo  Capo  novellamente 
ha  preteso  dargli,  avrebbe  per  effetto,  non  di  liberare  il  Messico 
dalla  tirannide  di  un  partito ,  restituendolo  a  se  medesimo ,  quale 
fu  la  inteazione  espressa  di  Napoleone  III,  interpretata  nobilmente 


E  L'INTERVENTO  FRANCESE  391 

dal  suo  Ministro ;  ma  avrebbe  per  effetto  il  can  glare  solamente  il 
partito  che  lo  tiranneggia,  soslituendo  il  doltrinario  volteriano,  pro- 
tetto  spiegataraente  dalle  armi  francesi,  al  demagogico  feroce,  capi- 
tanato  dallo  Juarez :  in  quella  guisa  appunto  che  tra  noi  il  Rattazzi 
voile  sconfitto  il  Garibaldi  in  Asprornonte ,  perche  il  partito  domi- 
nante  restasse  in  sella. 

La  grande  quistione  della  liber  la  dei  culti,  nel  mezzo  di  un  popolo 
esclusivamente  cattolico,  e  che  di  quella  non  avea,  non  che  voglia, 
neppure  idea,  fu  dal  Bazaine  troncata  colla  sua  spada ,  mandando  a 
stabilire  per  forza  il  Servizio  protestantico  in  una  sala  del  collegio  di 
S.  Idelfonso.  La  liberta  della  stampa,  stanziata  come  diritto  di  tutti 
i  Messicani,  ha  avuto  restringimenli,  e  possiam  dire^e  stata  abolita 
del  tut  to,  a  rispetto  dei  Yescovi,  i  quali  soli  non  potrebbero  nulla 
pubblicare  per  le  stampe,  senza  il  previo  beneplacito  dei  Governatori 
civili  o  dei  Comandanti  militari.  Gli  ecclesiastic!  si  rifiutavano  a  som- 
metlersi  alia  giurisdizione  del  foro  laicale ;  ed  il  Bazaine ,  colla  me- 
desima  speditissima  disinvoltura ,  ordino  vi  fossero  sommessi.  La 
Reggenza,  unica  depositaria  del  Polere  sovrano,  avea  disposto,  si  so- 
spendessero  i  lavori  di  costruzione,  cominciati  sopra  i  terreni  appar- 
tenenti  ai  conventi  aboliti ;  il  Bazaine  decreto  si  continuassero.  Ma 
1'affare  dei  beni  ecclesiastici  merila  piu  speciale  considerazione,  per 
le  gravissime  conseguenze  che  ha  avuto. 

L'  atlo  forse  piu  iniquo,  ma  certamente  sacrilego  del  caduto  Go- 
yerno,  era  stato  il  pazzo  sperpero  di  tutto  il  patrimonio  della  Chiesa, 
il  quale  lo  Juarez  avea  piu  donato,  che  venduto  agli  affamati  suoi 
satelliti,  al  prezzo  veramente  derisorio  dell' otto,  del  cinque  e  fmo  del 
tre  per  cento  sul  loro  valore,  che  dicono  di  catasto,  che  e  sempre 
assai  minore  del  vero.  E  neppur  quello  era  stato  pagato  dai  piu ; 
i  quali  se  n'  erano  sdebitati  col  sottoscrivere  obbligazioni ,  che  ivi 
chiamarono  pagares.  Se  questi  non  sono  gli  atti  iniqui,-di  cui  parla 
Yhtruzione  ministeriale;  se  non  sono  questi  i  contratli  frodolenti,  cui 
il  Manifesto  di  Puebla  dichiaro  di  nessun  valore  >  noi  non  sappiamo 
quali  sono  e  dove  trovarli.  Fu  naturale  che  i  ladri,  vedendo  intor- 
bidare  le  cose,  volessero  onestare  il  latrocinio,  satisfacendo  al  prezzo 
beffardo,  che  ne  aveano  promesso ;  e  fu  naturale  altresi  che  i  cosi 


392  IL  NUOVO  IMPERO  DEL  MESS  ICO 

iniquamenle  frodati  non  volessero  accettare  quel  prezzo,  per  non  dar 
vista  di  legittimare  coll'  accettazione  la  frode.  Quinci  controversie 
forensi  e  piati  infmiti.  Ma  la  Reggenza,  eke  avrebbe  potuto  ordi- 
nare,  senza  piu,  si  restituissero  ai  loro  padroni  le  propriela  rubate, 
die  pruova  di  grande  senno  e  di  moderazione  uguale,  ordinando  che 
1'affare  fai  pagares  si  tenesse  sospeso.  Certo  essa  intese  che  il  pigliar 
partito,  in  cosa  di  tanto  grave,  vaslo  e  dilicato  interesse,  non  si  con- 
venisse  ad  un  potere  che,  quantunque  sovrano,  era  nondimeno  lem- 
poraneo,  e  che  piuttosto,  come  nella  sua  protesta  dichiaro  monsignor 
Labastida,  si  dovesse  attendere  la  venuta  dell'  Imperadore,  il  quale, 
presi  previamente  gli  opportuni  concerti  colla  Santa  Sede ,  avrebbe 
stabililo  cio,  che  meglio  potea  convenire  al  bene  della  Chiesa  e  dello 
Stato.  II  Bazaine  non  credette  esservi  alcun  mestiere  di  tanle  forina- 
lita ;  e  persuase  1'Almonte  ed  il  Salas,  membri  della  Reggenza,  di  de- 
cretare  rotondamente ,  si  desse  valore  e  corso  legale  ai  pagares:  il 
che  tornava  al  medesimo  che  dire  ,  si  compiesse  legalraente  da  un 
Potere  legittimo  cio ,  che  era  stato  iniziato  ladronescamenle  da  un 
usurpatore.  E  perciocche  monsignor  Labastida,  uno  dei  tre  membri 
e  presidenle  della  Reggenza ,  protesto  confro  la  esorbitanza  di  quel 
decrelo ,  che  ( per  dirla  cosi  di  passata )  era  gia  stampato ,  quando 
con  lui ,  come  di  cosa  tultavia  in  disegno  ,  ne  parlava  il  Razaine  • 
questi  lo  fe  deporre  d'  uffizio  dagli  altri  due.  Ne  si  avvedeva  il  Ge- 
nerale  che  egli  cosi  veniva  ad  annullare,  almeno  di  diritto ,  la  sola 
rappresentanza  legittima  della  Sovranila  che  ivi  fosse ;  in  quanlo 
1'autorita  suprema  essendo  stata,  non  dai  Generali  francesi,  ma  dal- 
Y Assembled,  de  Notabili,  conferita  alia  Reggenza,  questa  moralmen- 
te  non  era  piu  dessa,  come  prima  uno  dei  suoi  membri  ne  fu  escluso 
da  chi  certo  non  lo  vi  avea  messo.  Oltre  a  cio,  essendosi  la  supre- 
ma corte  di  Giustizia ,  con  nobile  ed  irnitabile  esempio  d'  indipen- 
denza  cristiana ,  rifiutata  a  conoscere  e  giudicare  dei  piali  intorno 
ai  pagares  ed  a  dar  loro  esecuzione ;  il  Bazaine  la  fece  tutta  cassare 
d'uffizio,  per  la  buona  ragione  che  essa  falliva  al  dovere  di  rendere 
la  giustizia;  e  s'  inlende  la  giuslizia  quale  la  interpretava  e  la  co- 
mandava  uno  cerlamente  non  magistrate. 

Queste  cose ,  come  dicemmo ,  debbono  essere  gi£  note  ai  nostri 
lettori ;  nondimeno  abbiamo  voluto  qui  fame  un  nuovo  ricordo,  per- 


E  L'  1NTERVENTO  FRANCESE  393 

che,  con  esse  innanzi  agli  occhi,  si  possa  giudicare  quanto  gran  capi- 
tale  nella  pratica  si  sia  fatto  delle  Istruzioni  ministeriali,  che,  a  no- 
me  dell'  Imperatorc  dei  Francesi,  ingiungevano  si  tenessero  per  ini- 
qui  gli  atti  dello  Juarez;  non  si  sostituisse  lazione  delle  armi  a  cib 
che  liber  amente  avesse  voluto  la  nazione;  si  lasciasse  operare  lAs- 
semblea  deiNotabili,  ed  in  tutto  si  mantenesse  la  piu  sever  a  impar- 
zialita;  e  si  vegga,  oltre  a  cio,  come  sia  stata  mantenuta  la  promessa 
fatta  nel  suo  Manifesto  dal  generale  Forey,  che  i  contratti  frodolenti 
sarebbero  stati  cassi,  e  tenuti  di  nessun  valore.  Come  il  Bazaine  si 
possa  acconciare  col  Ministro,  o  questi  con  lui,  sel  veggano  essi. 
Quanto  a  noi,  troviamo  giustissima  la  parola  dell'  Episcopate  mes- 
sicano,  la  patria  loro,  per  cio  che  concerne  le  relazioni  dello  Stato 
colla  Chiesa  e  i  danni  da  questa  patiti ,  essere  stata  posta  da  siffatti 
procedimenti  in  peggiori  condizioni ,  che  non  fu  sotto  la  caduta  li- 
rannide.  Questa  (secondo  che  consideravano  quegl' illuslri  Prelati) 
in  un  modo  o  in  un  altro,  era  condannata  dai  suoi  medesimi  eccessi 
a  finire ;  laddove  il  nuovo  ordinamento ,  voluto  introdurvi ,  a  quel 
che  mostra ,  di  solo  suo  capo  dal  duce  protetlore ,  minaccia  di  per- 
durare,  appunlo  perche  e  trionfo  di  quel  piccolo  partito  volteriano  e 
scredente,  che  professa  moderazione ;  cotalche  da  somiglianti  infin- 
gimenti  ed  ipocrisie  polra  essere  abilitato  a  mantenere  in  vigore  tulte 
le  disastrpse  esorbitanze  del  passato ,  senza  le  lurpi  apparenze  del- 
1'anarchia.  Nel  resto,  il  vocabolario  dev'  essere  ivi,  qual  e  nell' Ita- 
lia rigenerata;  e  quando  si  dice  liberla,  rispello  al  diritlo,  esclusio- 
ne  dei  privilegi,  mantenimento  della  giustizia  e  somiglianti  altri  pa- 
roloni,  messi  in  voga  per  uccellare  gli  allocchi,  si  dee  intendere  tutto 
in  grazia  e  favore  di  quello  stesso  piccolo  partilo,  che  e  congiunto 
ai  suoi  protetlori  col  vincolo  scellerato  del  medesimo  odio  di  Cristo 
e  della  sua  Chiesa.  Con  cio  si  farebbe  certamenle  opera  di  partito. 
Ma  immaginarsi  che  per  questo  mezzo  si  possa  pacificare ,  costilui- 
re ,  rigenerare  il  Messico  ,  cotesta  e  una  illusione  compassionevole , 
e  piu  forse  per  quella,  che  non  per  le  nazioni  della  vecchia  Europa. 
Fu  insegnato  da  Aristotele  nei  suoi  Politici ,  e  ripetuto  poscia  dal 
Machiavelli  nei  Discorsi  sopra  la  Deca,  le  istituzioni  conservarsi  coi 
medesimi  principii,  dai  quali  ebbero  1'origine,  e  ristorarsi  col  rivo- 


394  IL  NUOVO  IMPERO  DEL  MESSICO 

carle  a  quelli.  Ora  se  vi  e  al  mondo  nazione  che  nacque  caiiolica,  ed 
ogni  sua  dignita  e  ogni  suo  prosperare  ed  ogni  sua  grandezza  de- 
ve  al  Caltolicismo,  e  per  fermo  1'  americana  spagnuola,  ed  in  lei  in 
peculiare  guisa  la  messieana,  la  cui  metropoli  era  delta  la  Citta  san- 
ta  al  di  la  dell'  Oceano.  Chiunque  abbia  qualclie  contezza  di  quelle 
region!,  non  puo  dubitare  di  questo  nostro  detlo ,  non  foss'  altro  dal 
non  esservi  mai,non  che  attecchita,  neppure  lasciata  mostrarsi  om- 
bra  di  eterodossia.  Ma  eziandio  senza  cio,  se  T  ammirabile  fermezza 
dell'  Episcopate,  che,  avendo  tenuto  testa  allo  Juarez  1  ,  non  potea 
balenare  per  dinunziare  una  scomunica  a  chi  si  arroga  dirilti  non 
suoi ;  se ,  diciamo  ,  quell'  Episcopate  trova  nobili  riscontri  in  Eu- 
ropa;  quanto  alia  Magistratura ,  Dio  volesse  che  fra  noi  non  si 
desiderassero  talvolta  i  generosi  esempii,  che  ha  dato  la  messieana. 
E  forse  una  delle  ragioni  della  differenza  diniora  in  questo ,  che 
ivi,  fuori  della  Monarchia  cristiana  con  quei  frutti  di  prosperita 
e  di  decoro ,  che  noi  nel  precedente  articolo  ne  delineammo ,  non 
si  conosce  altra  maniera  di  vivere  nelpubblico,  che  1'anarchia, 
consolata  a  quando  a  quando  dalla  tirannide.  Talmenle  che  a  con- 
fortare  i  dettami  della  coscienza  cristiana ,  ai  quali  noi  attribuiamo 
principal mente  la  generosa  risoluzione  di  quei  degni  Magistral , 
sara  venuta  la  persuasione ,  solo  dal  prosperare  della  Chiesa  poter 
venir  bene  alia  patria  loro  ;  qualunque  offesa  ai  diritti  ed  al  decoro 
di  quella  tornare  a  calamita  irreparabile  della  pubblica  cosa.  E  con- 
verso  ,  tra  noi  la  lunga  e  larga  prevalenza  delle  cosi  detle  idee  mo- 
derne;  l\  dominio  esercitato  dai  dottrinarii  volteriani,  che  comincia- 
rono  a  soppiattamente  prevalere  nei  consigli  dei  Principi  ben  molto 

1  Con  quanta  dottrina  e  con  quanto  zelo  e  coraggio  1'  Episcopate  messi- 
cano  abbia  lottato  pel  diritti  della  Chiesa  e  pel  verace  bene  della  patria  lo- 
ro, contro  le  intrusioni  ed  usurpazioni  di  qualche  passato  Governo,  puo  ve- 
dersi  in  due  grossi  volumi,  splendidamente  stampati,  nei  quali  sono  conse- 
gnati  molti  atti  autentici  di  quella  lotta.  Essi  hanno  per  titolo :  Defensa  Ecle- 
siaslica  en  el  Obispado  de  Michoachan  desde  fines  de  1855  hasta  principles  de 
1858,  6  sea  Colecion  de  representations  ij  protestas  ecc.  seguida  da  una  serie 
de  Istruciones  y  pastorales  a  los  fieles  sobra  la  istilucion,  regimen  y  derechos 
de  le  santa  Iglesia  catolica  por  el  lie.  CLEMENTE  DE  JESUS  MUNGUI\,  Obispo  de 
Michoachan.  —  2  Yol.  in  4.°  MEXICO  1858. 


E  L'  INTERVENTO  FRANCESE  395 

innanzi ,  che  non  uscissero  a  farlo  all'  aperto;  V  una  e  T  altra  circo- 
stanza  hanno  addomesticate  molte  menti ,  anche  tra  coloro  che  sono 
o  si  credono  cristiani ,  a  quel  miovo  ordine  d'  idee :  sopraltutto  che* 
a  rincalzo  di  quelle ,  si  recava  il  fatto  di  Govern! ,  i  quali ,  ordinati 
secondo  esse ,  coprivano  come  che  fosse  la  loro  vita  con  certo  lustro 
di  civilta  e  di  progresso  materiale ,  sufficiente  ad  abbaccinare  occhi 
non  molto  perspicaci.  Di  qui  ebbe  origine  quel  concetto  che ,  spo- 
gliata  la  Chiesa  e  svilitp  il  Sacerdozio,  non  ci  e  poi  a  temerne  il  fini- 
niondo;  se  non  anche  (e  questa  e  scoperla  recentissima)  non  abbia- 
no  Tuna  e  1' altro  a  vantaggiarsene ,  purificandosi  la  Chiesa  colle 
spoliazioni  ed  il  Sacerdozio  coll'avviliraento.  I  quali  concetti,  che  in  . 
Francia  e  in  Italia  cominciano  oggimai  ad  essere  non  piu  di  pochi , 
cola  non  sono  per  avventura  neppur  conosciuti;  ed,  in  loro  sentenza, 
un  Governo  che  non  sia.  cristiano,  se  non  e  Tanarchia  di  repubblica 
ora  unitaria,  ora  federale,  o  lo  Juarez  c,olla  sua  tirannide,  se  ne  deve 
ben  poco  differenziare. 

Tra  queste  condizioni  di  cose ,  quando  il  generate  Bazaine  fosse 
slato  tanto  pralico  di  diritto  pubblico  e  di  prudenza  civile,  quanto  e 
nolo  a  tutti  essere  di  arte  militare ,  avrebbe  capito  fin  da  principio, 
che ,  per  pacificare  e  rigenerare  il  Messico ,  suo  precipuo  fonda- 
mento  dovea  essere  il  Catlolicismo  e  la  Chiesa ;  e  ,  avrebbe  dovuto 
intendere  alineno ,  solenne  imprudenza  che  era ,  in  una  nazione 
cosi  disposla ,  astiare  scopertamente  ed  offendere  1'uno  el' altra. 
E  bene  avrebbe  dovuto  metterlo  sull'  avviso  il  fatto  notevolissimo  di 
avere  Y Assembled  del  Notabili  posto  a  capo  della  Reggenza  sovrana 
il  suo  Arcivescovo  :  fatto  che  per  fermo,  nei  tempi  che  corrono,  non 
avrebbe  luogo  a  Parigi ,  e  neppure  a  Napoli  od  a  Firenze.  Ma  nulla 
e  bastato  a  rattenere  la  foga  d'impiantare  il  Diritto  nuovo  in  un  pae- 
se,  che  meno  di  qualunque  altro  vi  era  disposlo,  se  pure  non  debba 
dirsi  piuttosto,  che  piu  di  qualunque  altro  lo  avversa.  E  cosi,  per  pa- 
cificare, costituire  e  rigenerare  il  Messico,  egli  ha  cominciato  dal  vo- 
lere  sgagliardita  Tunica  forza,  che  cola  sia  veramente  non  pur  viva, 
ma  rigogliosa,  e  dal  crollare  1'  unico  fondamento,  che,  tra  le  univer- 
sali  ruine  di  quella  sforlunata  contrada,  si  mantenga  luttavia  in  piedi. 

Ne  sia  chi  ci  venga  a  ricantare  la  stracca  canzone  di  uno  scandalo 
piu  farisaico  che  di  pusilli ,  quasi  che  V  Episcopate  messicano ,  per 


396  IL  NUOVO  1MPERO  DEL  MESSICO 

soverchia  cupidita  delle  cose  temporal!,  abbia  provocato  un  dissidio 
tra  la  potesta  ecclesiastica  e  la  civile  in  circostanze ,  nelle  quali  sa- 
rebbe  pure  stata  tanto  necessaria  la  concordia  Ira  di  loro.  Gia  1'ave- 
re  per  forza  introdotto  il  pubblico  culto  eterodosso  nel  mezzo  di  un 
popolo,  che  cordialmente  lo  abbomina ;  1'  avere  sommesso  i  chierici 
a  tribunal!  laicali ;  1'  avere  inceppata  la  slampa  solo  pei  maestri  del 
domma  e  della  morale  crisliana  quali  sono  i  Yescovi ,  non  sono  cer- 
tamente  faccende  di  beni  temporal!.  Ma  eziandio  a  rispetio  di  que- 
sti, la  quistione  versa  piutlosto  intorno  a  diritti,  che  inlorno  a  cose; 
e  nessuno  dira ,  che  un  diritto  a  cosa  materiale  sia  per  se  medesimo 
cosa  materiale  anch'  esso.  Nel  resto ,  questo  pun  to  della  necessita , 
che  la  Chiesa  ha,  per  la  sua  azione  esteriore,  delle  cose  eziandio  ma- 
teriali ,  e  dell'  attenersi  in  gran  parte  a  queste  il  decoro  del  culto , 
1'  indipendenza  dei  ministri,  ed  il  sovvenimento  dei  poveri ;  e  dell'es- 
sere  percio  i  beni  di  Chiesa  forse  i  soli  che  possano  dirsi  con  verita 
beni  propriamente  del  popolo ;  tutti  questi  punti,  diciamo,  sono  stati 
da  tanti  e  da  noi  medesimi  posti ,  in  questi  ultimi  tempi ,  in  *cosi 
chiara  evidenza,  che  crederemmo  inutile  opera  spendervi  piu  parole. 
Piultosto  sara  opportune  ricordare  una  considerazione  fatta  dall'  E- 
piscopato  messicano  nel  Manifesto  o  Monitorio,  col  quale  dinunziu- 
rono  le  incorse  censure  ecclesiastiche  agli  usurpatorj  ed  ai  loro  pro- 
teitori  e  manutengoli. 

Perciocche ,  dissero  que'  Prelati ,  se  le  ricchezze  della  Chiesa  e 

dei  poveri  fossero  state  incamerate  allo  Slato,  pur  pure  !  Vi  sarebbe 

certo  occorsa  una  gravissima  ingiustizia  ed  un  sacrilegio  uguale , 

non  puo  dubitarsene ;  ma  la  nazione  avrebbe  guardato  1'iniquo  fatto 

con  minore  ripugnanza.  Laddove,  gitlate  quelle  in  gola  ad  un  pugno 

di  privati  avidi  e  senza  coscienza,  tutto  sara  in  pura  perdita;  e  lo  Sta- 

to  che,  senza  uccidere  la  gallina ,  potea  alcuna  volta  raccoglierne  le 

uova ;  e  vogliam  dire  che  ,  mantenendo  alia  Chiesa  il  suo ,  avrebbe 

potuto  per  vie  legittime,  come  si  usava  altre  volte,  averne  non  ispre- 

gevoli  sussidii  per  rifornire  un  Erario,  esausto  da  mezzo  secolo  di 

sfoggiali  ed  impudenti  peculati ;  ne  polr^t  avere  quegli  aiuti ,  e  per 

non  dire  dei  poveri  che  restano  a  carico  del  pubblico  e  dei  privati , 

per  soprassello  si  trovera  nella  necessita  di  sopperire  ai  dispendii 


E  L'  INTERVENTO  FRANCESE  397 

del  culto  ed  al  mantenimento  del  sacri  Ministri :  due  bisogni  presen- 
tissimi  di  ogni  paese  cristiano ,  ma  piu  grave  ancora  per  uno  cosi 
profondamente  catlolico ,  ed  abitualo  a  tanto  splendore  di  culto , 
quale  e  il  Messico.  Ora  quando  diciamo  Erario,  diciamo  borse  della 
iiazione ;  ed  ecco  in  ultima  conchiusione  chi  pagherebbe  le  spese 
della  protezione,  onde  si  e  voluto  legiltimare  il  latrocinio  perpetrate 
a  profilto  di  pochi  furfanti !  Quando  la  cosa  si  fosse  guardata  per 
questo  verso,  il  generale  Neigre ,  restato  nella  Capitale  in  luogo  del 
Bazaine  partitone  per  le  province ,  non  avrebbe  chiesta  ragione  a 
monsignor  Labastida  dei  fieri  cartelli  sparsi  nottetempo  per  la  citta, 
coi  quali  la  nazione  era  aizzata  a  sollevarsi  contro  i  Francesi,  «  che 
(si  diceva  ivi)  venuti  sotto  specie  di  proteggerla ,  ne  depredavano  i 
templi,  ne  schernivano  le  credenze,  e  ne  malmenavano  i  Pastori  ». 
La  ragione  1' avrebbe  dovuto  cbiedere  al  suo  duce  supremo;  e  sicu- 
ramente  1' avrebbe  trovata  nell'  avere  egli  inconsultamente  pensato , 
che  nel  Messico,  la  bieca  ostilita  per  la  Chissa  farebbe  accettare  con 
plauso  qualunque  onta  o  danno  di  lei ,  eziandio  quando  a  quella  ed 
a  questo  vada  congiunto  un'  onta  ed  un  danno  uguale  della  nazione. 
Noi  abbiamo  piena  fiducia  che  1'  Imperatore  Massimiliano  I,  mes- 
so  dalla  Provvidenza  a  capo  di  una  nazione  cosi  eminentemente  cat- 
tolica ,  vorra  e  sapra  ristorare  nel  nuovo  mondo  quelle  tradizioni  di 
Governo  cristiano ,  che  sembrano  oggimai  sbandite  quasi  universal- 
mente  dal  vecchio ;  e  le  quali ,  retaggio  prezioso  dell'  augusta  sua 
Casa  degli  Absburgo,  nel  pio  e  valoroso  Rodolfo  ebbero  il  piu  grande 
e  piu  cavalleresco  rappresentanle.  La  pietosa  sollecitudine,  ond'  egli, 
prima  di  assidersi  sul  nuovo  trono ,  ha  voluto  venire  a  Roma  per 
pregare  sopra  la  tomba  del  Principe  degli  Apostoli  e  ricevere  la  be- 
nedizione  dal  Successore  di  lui ,  debbono  essere  al  mondo  pegni  di 
sicurezza ,  che  egli  prendera  a  norma  del  suo  Governo  gli  ordini 
immortali  della  Provvidenza.  Allora  le  provvisioni  maleavvisate  del 
Bazaine  non  farebbero  altro  effetto,  che  avere  aggiunta  una  difficolta, 
e  non  delle  piu  gravi ,  alle  tante  altre ,  che  il  nuovo  Imperatore  do- 
vra  risolvere,  ed  avere,  oltre  a  cio,  scontentali  non  mediocremente 
iMessicani,  scemando  anche  il  pregio  dell' insigne  benefizio ,  fatto 
loro  dalle  armi  francesi :  il  che  non  pensiamo  che  alia  indipendenza 


398  IL  NUOVO  IMPERO  DEL  MESSICO 

di  quel  paese  abbia  a  pregiudicare  gran  fatto,  se  pure  non  debba  in 
qualche  mode  contribuire. 

Sul  quale  ultimo  proposito  noi ,  prima  di  fmire ,  non  ci  possiamo 
tenere  dall' aggiungere  una  considerazione,  che  si  stende  alquanto 
piu  largo  del  soggelto  traltato  in  questi  due  articoli.  Se  vi  e  in  Eu- 
ropa  Sovrano,  che  sia  meritamente  altiero  di  regnare  e.governare  in 
Tirtft  della  vblonta  nazionale,  e  certq  Napoleone  III,  a  cingere  le  cui 
tempie  di  corona  imperiale  convennero,  con  esempio  unico  nei  tempi 
modern! ,  meglio  di  otto  milioni  di  suffragi.  E  cio  mentre  spiega  le 
inclinazioni,  che  la  sua  politica  professa  pel  suffragio  universale,  alia 
stess'  ora  commenda  la  sua  perseverante  sollecitudine  di  prendere  a 
ndrma  di  tutle  le  imprese,  in  cui  si  mette,  quella  medesima  volonta 
nazionale.  Ora  ella  e  cosa  dolorosa  per  tutti  i  buoni ,  e  piu  che  per 
aitri  dev'  essere  per  1' Imperatore  stesso  e  pei.Francesi,  il  vedere 
cojne  gli  effetti.di  quelle  riescono  spesso  contrarii  a  cio  che  essi  han 
sempre  voluto,  e  pare  vogliano  lultavla.  Forse  le  due  inclinazioni, 
che  piu  di  tutte  primeggiano  nella  storia  di  quella  grande  nazione , 
sono  la  devozione  operosa  verso  la  Chiesa  cattolica ,  e  T  avversione 
cordiale  verso  dell'  Inghilterra.  E  che  1'  una  e  1'  altra  siano  tuttavia 
vivaci ,  ce  ne  sta  pegno ,  non  che  altro  ,  per  la  prima ,  il  voto  del 
Corpo  legislativo  di  pochi  mesi  or  sono;  per  la  seconda ,  le  tante 
arti  che  ci  vogliono  per  mantenere  in  piedi  il  fantoccio  deir  entente 
cordiale ,  a  cui  nessuno  non  ha  creduto  giammai ,  e  men  che  giam- 
mai  crede  adesso,  dopo  le  fesle  fatte  al  brigante  nizzardo,  e  la  con- 
danna  in  contumacia  dell'  assassino  profeta  dell'  idea. 

E  nondimeno ,  a  guardare  le  imprese  delle  armi  francesi  da  un 

paio  di  lusiri,  in  tulte  certamenle  vedrete  sfolgorare  quel  Valor  mi- 

.  litare,  che  e  il  giusto  orgoglio  di  quella  nazione  guerriera,  la  quale, 

.  in  questi  nltimi  tempi ,  vi  ha  aggiunto  nubvo  decoro  colla  costanza; 

ma  tutte  altresi  le  vedrele  fmire,  contro  ogni  intenzione  di  chi  le  in- 

comincio,  con  qualche  insigne  servigio  fatto  all'  In ghilteiTa  ,  e  con 

qualche  non  meno  insigne  disservigio  fatto  alia  Chiesa  caltolica ;  al- 

cima  volta  coll'  uno  e  coll'  altro.  Noi  non  giudichiamo  le  intenzioni , 

anzi  le  teniamo  per  vetlissime,  sapendo  pur  molto  bene,  che  i  Potenti 

non  sempre  possono  fare  quello  che  vogliono ;.  e  spesso ,  per  la  forza 


E  L'  INTERVENTO  FRANCESE  399 

delle  cose,  dalle  loro  opere  si  derivano.  effetti  contrarii  del  tulto  a 
cio  che  essi  volevano.  Noi  ricordiamo  solamente  un  fatto ,  notato  gia 
da  altri  anche  francesi ,  che  lo.  espressero  in  libri  e  giornali  stampati 
a  Parigi.  A  non  dire  della  Concincina,  dove  i  Cristiani,  anche  dopo 
la  vittoria  delle  armi  protgifici  /restarono  in  condizioni  peggiori  di 
prima ;  ne  della  Siria,  dovOT  Inghilterra  guadagno  e  guadagna  quel- 
le  introduzioni  ed  influenze,  che  va  perdendo  ogni  di  piu  la  Francia; 
ma  la  guerra  micidiale  e  dispendiosa  della  Crimea  appena  ebbe  altro 
effetio  notevole,  che  di  aver  tolto  un  pruno  dagli  occhi  all'  Inghilter- 
ra, colla  distruzione.dell'armata  russa  nel  Mar  Nero;  e  1'altra  men 
lunga,  ma  piii  micidiale,  combattuta  nei  piani  lombardi,  riusci  a  sca- 
tenare  in  quasi  tutla  1'Italia  una  vera  persecuzione  contro  la  Chiesa, 
ed  a  sottrarre  al  dominio  del  supremo  Capo  <Ji  lei  forse  cinque  sesli 
del  suo  Stato.  Che  piu?  In  questa  medesima  impresa  del  Messico  gi& 
tutli  videro  fin  da  principio,  che  la  precipua  utilita  ne  sarebbe  venu- 
ta  all'Inghilterra,  col  porre  uno  Stato  potente  accanlo  alia sua  emula 
sui  mari  di  la  dell'Atlantico,  e  col  sottrarre  a  quella  1'  opportunita  di 
nuovi  increment! ;  ma  nessuno  aveva  pensato,  che  il  generale  Bazaine 
si  sarebbe  preso  il  caricodi  trarredall- impresa  stessa  anche  il  se*- 
condo  effetto ,  volgendola,  per  quanto  era  in  lui,  a  danno  o  ad  onta 
della  Chiesa  cattolica.  Talmente  che  in  ultima  conclusione,  dal  dana- 
ro  e  dal  sangue  cosi  largamente  profuso  dalla  figlia  primogenita  della 
Chiesa  e  dalla  nimica  nata  dell' Inghilterra ,  parrebbe  che  appena  si 
dovesse  cogliere  altro  frutto ,  in  questi  ultimi  due  lustri,  che  danni 
della  prima  e  vantaggi  della  seconda,  E  chiaro  che  tali  non  furono 
ne  poterono  essere  le  intenzioni.  Qoando  dunque  la  volonta  nazionale 
e  il  suffragio  nazionale  della  Francia  avesse  gli  effetti  che  rispondo- 
no  alle  sue  antiche  e  naturali  inclinazioni ,  i  due  primi ,  che  ne  se- 
guirebbero,  sarebbono,  senza  fallo  veruno,  1'esaltazione  della  Chiesa 
cattolica,  e  T  abbassamento  della  superba  Albione. 


LA  QUISTIONE^ROMANA 

RISOLUTA 
PER  GIUDIZIO  DEGLI  STESSI  LIBERALI 


I. 

Crilerio  proposto  dai  liberali  per  risolvere  tal  quistione. 

Era  gia  buona  pezza  che  il  parlito  liberalesco,  Minislero,  Camere, 
Giornali ,  quasi  piu  non  parlavano  della  quistione  romana.  Al  tanto 
cicalio  del  tempo  dei  Cavour ,  dei  Ricasoli ,  del  Rattazzi ,  era  succe- 
dulo  col  Visconti-Yenosta  il  silenzio.  Fosse  stanchezza ,  fosse  disin- 
ganno ,  fosse  arte ,  niuno  osava  piu  promeltere  il  prossimo  acquisto 
di Roma;  ed  anzi  non  mauco  clii  in  pubblico  Parlamento dinunziasse 
F  impossibilila  dell'impresa  1.  A  stento  il  dabben  Ministro  si  per- 
mise  una  volta  di  proporre  air  imperatore  Napoleone  la  discussione 
dei  mezzi  per  far  cessare  1'occupazione  di  Roma  per  parte  delle 
truppe  francesi;  ma  ebbe,  senza  fallo,  a  pentirsene,  giacche  non  rice- 
vette  neppur  F  onore  d'  una  risposla.  Avresti  detto  che  il  Goveruo 
di  Torino ,  persuaso  finalmente  che  il  possesso  di  Roma  era  per  lui 
una  Utopia ,  meltesse  F  animo  in  pace ;  e  solo  cercasse  di  sopire  so- 
pra  di  cio  F  entusiasmo,  malamente  eccitato  e  peggio  fomentato  colle 
precedent!  ciarle. 


1  «  Io  vi  dico  che  a  Roma  non  andrete.  »  Discorso  del  deputato  MUSOLI- 
,  Atti  ufficiali  della  Camera  n.  945. 


LA  QUISTIONE  ROMANA  RISOLUTA  ECC.  401 

Quand'  ecco  ad  un  Iratto  riaccendersi  le  brame ,  ribollire  gli  ani- 
mi ,  e  la  quislione  romana  tornare  di  bel  nuovo  in  campo.  Qual  e 
stata  la  causa ,  o  meglio  1'  occasione  di  si  subito  mutamento?  Un 
equivoco.  L'  indisposizione  sofferta  dal  Santo  Padre  nei  giorni  pre- 
cedent! la  Pasqua,  si  era  nella  fantasia,  e  piu  nel  pio  desiderio  dei  li- 
bertini,  tramutata  in  grave  anzi  irrimediabile  malattia,  e  gia,  sognan- 
do  un  prossimo  Conclave,  trombavano  su  pei  giornali  esser  quella 
1'occasione  di  conseguire  lo  scopo  ultimo  di  tante  frodi  e  di  tanti  de- 
litti.  «  Jl  telegrafo  e  lettere  autorevoli  confermano  la  gravita  della 
sua  malatlia  (del  Papa  cioe).  »  Cosi  scriveva  con  mal  dissimulata 
gioia,  la  giudaica  Opinione  di  Torino  l.  E  il  Diritto:  «  L' indecisione, 
nella  quale  la  quistione  di  Roma  e  rimasta  dalla  morte  di  Cavour  sia 
oggi ,  e  falale  ad  un  paese  che  s'  ordina  tutto  sull'  ipolesi  cbe  Roma 
dev'  esser  sua,  e  si  crede,  sarem  per  dire,  provvisorio  insin  cbe  Ro- 
ma non  e  sua.  Quest'  indecisione  e  stata  sopporlabile  insino  a  che 
I'aspetlazione  d'  un  fatto  che  pareva  dovesse  portarvi  una  decisione 
per  se  medesimo,  e  durata.  Ma  il  giorno  che  la  Sede  divenlasse  va- 
cante,  Faspettazione  avrebbe  avuto  un  termine ,  e  sarebbe  impossi- 
bile  il  riaprii  le  un  campo  d'  interminata  lunghezza  alia  successione 
d'  un  Papa  nuovo  2.  »  Perfino  il  Mimstro  degli  affari  esterni ,  il  so- 
prallodato  Visconti-Venosta,  si  credette  in  dovere  di  scrivere  subito 
in  Francia  per  impetrare  dal  polente  Alleato  il  permesso  di  far  en- 
trare  in  tal  circostanza  le  truppe  piemontesi  in  Roma,  esprimendo  in 
pari  tempo  la  confidenza  che  i  voti  dell'  Italia  saranno  cosi  finalmente 
esauditi  dalla  Francia  3. 

1  Numero  106, 16  Aprile  1864. 

2  Num.  98,  9  Aprile. 

3  La  cosa  e  narrata  dair  Unit  a  Cattolica  in  questi  termini :  «  Una  lettera 
che  riceviamo  da  Roma  ci  annunzia  la  nolizia  di  un  dispaccio  del  Visconti- 
Venosta  a  Drouyn  de  Lhuys,  e  la  risposta  del  Ministro  francese  al  torinese. 
II  Visconti-Venosta  nel  suo  dispaccio  avvisa  la  Francia  che  il  Santo  Padre 
essendo  vicino  a  morire,  conviene  che  Roma  sia  lasciata  libera  alle  armi 
italiane,  per  impedire  lo  scoppio  di  una  rivoluzione>  che  esso  signor  Vi- 
sconti  dice  di  sapere  pronta  a  scoppiare  in  Roma,  appena  il  Papa  sia  morto : 
e  termina  esprimendo  la  confidenza  che  i  voti  to\Y Italia  saranno  finalmente 
esauditi  dall'alleata  Francia.  II  signor  Drouyn  ha  risposto,  essere  infondatis- 
Serie  V,  vol.  X,  fasc.  340.  26  6  Maggio  1864. 


LA  QUISTIOIsE  ROMANA 

Lasciando  stare  la  falsita  del  supposto,  giacche  il  Pontefice  di  gia 
riavutosi  e  piu  florido  di  prima ,  porgeva  un  novello  argomento  che 
egli,  innanzi  di  andare  a  ricevere  in  cielo  il  premio  degl'  immortal! 
suoi  meriti,  sembra  essere  destinato  da  Dio  a  veder  sulla  terra  il 
Irionfo  della  Chiesa;  certamente  1'illazione ,  che  i  libertini  ne  cava- 
vano,  era  una  stranissima  illusione.  Imperciocche  il  potere  lempo- 
rale  della  Chiesa  e  legato  non  alia  persona  individuale  del  Papa , 
ma  sibbene  al  Papato ;  e  il  Papato  non  muore  mai.  Laonde  se  i  liber- 
tini non  trovano  la  via  di  mutare  coi  loro  ingegni  quest'  ordinazione 
divina;  il  fondare  le  loro  speranze  sulla  contingenza  d'un  Conclave, 
e  una  manifesta  pazzia. 

Ma  i  liberal!  non  si  sgomentano  di  cio.  Essi  s'  incocciano  a  cre- 
dere che  la  contingenza  d'un  Conclave  sarebbe  un  passo  decisivo 
verso  la  soluzione  del  preteso  problema,  perche  darebbe  occasione  a 
potervi  applicare  il  vero  criterio,  che,  secondo  essi,  deve  risolverlo ; 
vale  a  dire  il  voto  del  popolo  romano.  Accaduta  ,  essi  dicono ,  la 
vacanza  della  Sede  pontificia ,  questo  voto  avrebbe  T  agio  di  potersi 
manifestare  conlro  il  potere  temporale  del  Papa  in  modo  a  lutti. 
cospicuo.  «  Una  grande  e  popolare  manifestaziohe  contro  il  potere 
temporale,  manifestazione  schietta  e  spontanea  fatta  in  Roma  stessa, 
presenti  i  francesi  e  le  migliaia  di  forastieri ,  che  vi  convengono , 


H  limore  che  Sua  Santita  debba  mancare  di  vita  prossimamente,  giac- 
ehe  notizie  sicure  accertano  che  il  Santo  Padre  sta  molto  bene  di  salute.  In 
ogni  caso,  essere  irragionevole  la  domanda  del  Governo  di  Torino,  perche 
la  Francia  ha  forze  sufficienti  a  impedire  in  Roma  quahmque  siasi  riyolu- 
zione,  e  a  tutelare  nn  Conclave  che,  dovesse  eleggere  un  successore  a  Pio  IX : 
caso  che  si  preyede  ancora  lontano  per  grazia  di  Dio.  Finalmente  il  Ministro 
francese  esorla  il  torinese  ad  astenersi  dal  dar  peso  a  certe  voci  false ,  che 
si  spargono  e  si  accreditano  in  Italia  sul  conto  della  salute  del  Santo  Padre; 
perche  quelle  voci  potrebbero  far  nascere  anche  altrove  il  pericolo  della  ri- 
voluzione,  che  il  signor  Yenosta  vorrebbe  evitare. »  Unita  Catlolica  n.  142^ 
pag.  603. 

Ecco  un  nuovo  schiaffo  che  1'egregio  Ministro  riceve  dal  Gabinetto  fran- 
cese. E  questo  vale  a  mostrare  sempre  piu  che  vale  porre  alia  testa  degli 
affari  d'  una  nazione  uomini  che  non  hanno  altrove  imparato  il  decoro  e  la 
prudenza  diplomatica,  se  non  nei  caffe  e  nei  covi  di  cospirazioni  settarie. 


BISOLUTA  PER  GIUDIZIO  DEGLI  STESSI  LIBERALI  403 

sarebbe  un  fatto  impprlanie  e  capitale  l.  »  Una  tal  dimostrazione 
«  avrebbe  un  gran  significalo  ;  sarebbe  un  avvenimento,  di  cui  do- 
yrebbero  tener  conto  laFrancia  e  le  altre  Polenze  2.  »  Essa  sommi- 
nistrerebbe  al  Governo  italiano  le  ragioni  per  vincere  tutle  le  resi- 
stenze  incontrate  fmora  3.  Ecco  quello ,  che  dopo  lunga  e  matura 
deliberazione  la  sapienza  dei  liberali  ha  saputo  finalmente  escogitare, 
come  mezzo  per  risolvere  la  quislione  romana :  II  voto  del  popoio ; 
ma  voto  espresso  con  una  manifestazione,  che  abbia  quesli  caratteri, 
di  esser  cioe  popolare,  gmnde,  spontanea ,  fatta  alia  presenza  dei 
francesi  e  de'  forestieri  concorsi  in  Roma.  Vero  e  che  cio  che  essi 
dicono  della  spontaneita  principalmente ,  non  e  che  lustra ;  giacche 
mentre  1'  Opinione  proclama  la  manifestazione  spontanea  da  farsi  in 
Roma,  il  Diritto  ci  fa  sapere  le  mene  e  le  macchinazioni  che  si  pre- 
parano  fuori  di  Roma  per  fabbricarla  4.  Ma  questo  a  noi  non  importa 

1  L' Opinions  n.  104,  14  Aprile.  —  2  Ivi. 

3  «  Se  i  Frances!  non  si  ritirano  immediatamente,  il  Governo  italiano  avra 
almeno  nella  manifestazione  de'romani  un'arma  poderosa  per  vincere  le  re- 
sistenze,  che  si  ebbero  finora  a  qualsiasi  tentativo  di  componimento.  E  sara 
un  passo  notevole  verso  una  defmltiva  soluzione.  » Ivi. 

4  Gosi  sul  proposito  scrive  il  Diritto :  «  E  ormai  cosa  di  pubblica  ragione  la 
nessuna  fiducia  che  isjMrava  il  Gomitato  Nazionale  romano,  per  preparare  in 
Roma  e  nelle  province  luttora  soggette  al  Papa  un'azione  energica  e  decisiva, 
pel  glorno  in  cui  Roma  rivendicando  il  diritto,  sul  quale  si  appoggia  il  regno 
d'ltalia,  sarebbesi  dovuta  riunire  all' italiana  famiglia.  Lamenti,  querele,ri- 
eriminazioni  non  erano  state  fin  qui  sufficient!  a  condurre  tutt!  i  divers!  ele- 
ment! della  parte  liberate  nella  comun«  sentenza,-  che  il  giorno  dell'azione 
era  prossimo,  e  che  dovevasi  per  conseguenza  dar  mano  a  predisporvi  gli 
animi  e  il  braccio.. . .  L' emigrazione  romana,  residente  in  Torino,  Vide  la 
necessita  di  concorrere  per  quanto  era  in  essa  a  questa  azione  energica  e 
deeisiva,  e  guidata  da  un  istinto  pratico,  senza  piir  perd.ere  il  tempo  in 
recriminazioni,  che  all'  avvicinarsi  dell'  azione  son  sempre  fa  tali,  stabili  di 
riunirsi  tutta  ad  un  convegno,  pve  si  fosse  proposta  la  formaziorie  di  una 
Commissione  di  due  o  tre  individui,  che  avessero  la  fiducia  dell'universale, 
per  darle  un  mandate  di  fiducia  per  awisare  ai  mezzi  onde  ottenere  in  Ro- 
ma e  nelle  province  un'  azione  energica  e  deeisiva.  ecc.  »  Num.  113. 

.  Una"  manifestazione  .spontanea ,  che  per  farsi  ha  bisogno  dell' impulse  e 
del  metori  da  Torino!  Buffoni  1  Neppur  si  vergognano  di  smentire  cosi  tur- 
pemente  s^f  stessi ! 


404  LA  QUISTIONE  ROMANA 

per  ora ;  e  neppur  vogliamo  cercare  se  a  rovesciare  una  islituzione 
fondata  sul  diritto  e  sull'  inleresse  cli  tutto  il  mondo  catlolico ,  abbia 
alcun  valore  il  voto  del  popolo  romano.  Cio  fu  da  noi  discusso  e  chia- 
rilo  altra  volta,  ne  ha  mestieri  d'  essere  novamente  traltato.  Noi  vo- 
gliamo qui  argomentare  semplicemente  ad  hominem ,  come  dicono  i 
Logic! ,  e  stare  al  criterio  stesso  che  i  liberali  hanno  proposto ,  per 
yedere  qual  sia  il  giudizio  che  debbe  cavarsene. 


II. 


Come-  il  popolo  romano  ha  rivolto  contro  i  liberali 
il  proposto  criterio. 

Mirate,  se  Iddio  non  si  prende  giuoco  della  slolta  prudenza  dei  li- 
berali !  Nel  tempo  appunto  che  essi  bandivano  quel  loro  criterio ,  il 
popolo  romano  ne  faceva  1'  applicazione  contro  di  loro  e  in  favore  del 
potere  temporale  della  santa  Sede ,  senza  aspeltare  la  contingenza 
del  Conclave.  Narriamo  brevemente  la  cosa. 

Spuntava  il  di  12  Aprile,  anniversario  del  ritorno  del  Pontefice 
in  Roma,  per  ripigliarvi,  dopo  T  esilio  di  Gaeta,  la  sovranita,  usur- 
patagli  dai  rivoluzionarii  del  48  ;  e  sembrava  che  il  cielo  stesso  de- 
stinasse  quel  giorno  a  qualche  grande  avvenimento ;  giacche  esso 
spunlava  di  bel  sereno  adorno,  dopo  molti  altri  piovosi  e  tempestosi. 
II  popolo  romano,  che  gia  da  alcuni  anni  avea  preso  quel  di  per  oc- 
casione  di  testimoniare  con  luminarie  e  feste  il  contento  di  avere  a 
Principe  il  Papa,  e  sbugiardare  cosi  le  calunnie  dei  liberali ;  voile  in 
quest' anno  superare  tulti  gli  anni  precedent!,  che  pur  si  credevano 
Insuperabili.  Quindi  con  archi ,  con  ornati ,  con  macchine ,  con  tra- 
sparenli  simbolici,  con  iscrizioni  inneggianli  al  Papa-Re,  fregio  tulle 
le  piazze  e  tutti  i  monumenti  principal!  della  citta ;  e  illuminati  i  pa- 
lazzi ,  le  botteghe,  le  case,  le  fontane ,  gli  obelischi ;  si  riverso  nelle 
pubbliche  strade  a  goderne  lo  spettacolo  e  confermare  colla  presenza 
quel  solenne  suffragio.  II  fatto  fu  tanto  evidenle,  che  perfino  i  Diarii 
parigini ,  prezzolali  dal  Piemonte ,  non  poterono  aslenersi  dall'  alte- 
slarlo.  Ecco  il  telegramma  riporlato  dal  Pays :  « II  Papa  ando  oggi 


RISOLUTA  PER  GIUDIZIO  DEGLI  STESSI  LIRERALI 

a  S.  Agnese  extra  muros  e  venne  accolto  colle  piu  vive  acclamazio4- 
ni.  L'  anniversario  del  ritorno  di  Pio  IX  in  Roma  nel  1850,  sara  cele- 
brato  questa  sera  colla  piu  splendida  illuminazione  che  Roma  abbia 
mai  visto.  La  folia  nelle  strade  e  immensa ;  la  tranquillita  perfetta.  » 
E  la  Patrie  riferiva  la  stessa  cosa,  con  parole  del  lulto  simili :  « L' an- 
niversario del  ritorno  di  Pio  IX  nel  1850  ,  sara  celebrato  colla  piu 
splendida  illuminazione  die  giammai  siasi  veduta  in  Roma.  » 

Noi  non  ci  Iratterremo  a  descrivere  i  particolari  di  questo  memo- 
rabile  avvenimento.  Una  tal  descrizione  e  stata  accuratamente  fatla 
da  molli  giornali ;  e  i  nostri  lettori  certamente  non  possono  ignorarla. 
Ma  tenendoci  stretto  allo  scopo  di  questo  articolo  ,  ci  facciamo  sol- 
tanto  a  notare  come  in  questa  manifestazione  del  popolo  romano  si 
verificarono  appuntino  tutti  i  caratteri  voluti  dai  liberali  per  espri- 
mere  il  voto  del  popolo. 

II  primo  carattere ,  da  essi  proposto ,  e  che  fosse  manifestazion 
popolare.  Or  qual  manifestazione  piu  popolare  di  questa,  che  fu  ope- 
ra del  solo  popolo?  II  Governo  se  ne  tenne  totalmente  in  disparte. 
Esso  vieto  perfino  che  s'  illuminassero  i  suoi  pubblici  stabilimenti. 
II  popolo  la  ideo ;  il  popolo  la  esegui ;  il  popolo  ne  fece  le  spese.  Ogni 
macchina,  ogni  ornato,  ogni  luminaria,  portava  scritto  il  nome  del 
Rione ,  a  cui  appartenevano  gli  abitanti  che  n'  erano  gli  autori,  o  la 
classe  dei  cittadini  che  1'  avean  falta  col  proprio  danaro..Qual  diffe- 
renza  tra  questa  festa ,  e  quelle  degl'  italianissimi ;  per  le  quali  si 
sanno  anteeedentemente  le  ingenti  somme  che  versa  il  Governo  o  il 
Municipio  ?  Per  questa  il  popolo  ha  speso  del  suo ;  per  quelle  la  turba 
raccogliliccia  vien  pagata  dai  sopraccapo. 

II  secondo  caraltere ,  voluto  dai  liberali ,  e  che  la  manifestazione 
fosse  grande.  Or  questa  del  popolo  romano  fu  tanto  grande,  che  fu  in 
tutto  rigor  di  termini  universale.  Ogni  classe  di  cittadini,  dai  piu  alti 
capi  insino  agl'infimi,  vi  prese  parte.  Tranne  le  poche  case  dei  libe- 
rali (il  che  valse  a  mostrare  il  loro  numero  e  la  piena  liberta  del  fatto), 
non  ci  fa  finestra,  non  bottega,  nori  fabbricato,  che  non  avesse  i  suoi 
lumi;  non  viottolo  o  angolo,  benche  rimoto,  della  citta  che  non  fosse 
abbellito.  Le  strade  erano  percorse  da  file  non  interrotte  di  cocchi, 
le  piazze  ingombre  da  folia  sterminata  d'ogni  condizione  di  persone. 


406  LA  QUISTIONE  ROMANA 

E  in  tanta  calca  di  genie ,  in  tanta  letizia  non  un  disordine ,  non  un 
furto,  non  uno  schiamazzo;  sicche  un  nobile  forestiero  eslalico  a 
quella  vista,  ebbe  ad  esclamare :  Di  vero,  c  questo  il  primo  popolo 
del  mondo !  Niun  altro  popolo  saprebbe  mostrarsi  si  educalo  e  si  di- 
ynitoso.  E  qui  vuol  nolarsi  la  bestiale  goffaggirie  dell'  Opinione  di 
Torino, .la quale  parlando  dei  romani  dice  che  essi :  «  non  fanno  da- 
morose  dimostrazioni  conlro  il  Governo  ,  ma  si  astengono ;  e  la  loro 
attiludine  scoraggia  gli  altri ,  tanto  che  i  clerical!  farono  costretli  a 
razzolare  fuori  d' Italia,  nel  Belgio  e  nell'Irlanda  impresari!  di  ma- 
nifestazioni ,  di  appl.ausi,  di  batlimani  l.  »  Ma  quesla  volta  la  per- 
fidia  del  giudaico  giornale  ha  dovulo  restarne  fieramente  scornata. 
Imperocche  egli  e  apparso  nella  piu  sfolgorante  luce  come  il  popolo 
romano  si  asliene  dalle  manifestazioni  di  amore  e  di  fedelta  al  Pon- 
tefice,  e  se  esse  siano.  faltura  di  Belgi  od  Irlandesi. 

Nel  che  vuole  osservarsi  come  il  popolo  romano  e  andato  sempre 
crescendo  in  coteste  manifestazioni;  sicche  quest'  ultima ,  di  cui  par- 
liamo,  ha  superato  quelle  di  tutti  gli  anni  precedenti.  Al  roveseio  di 
cio  che  avviene  nelle  dimoslrazioni  procurate  dai  liberal!  per  la  loro 
causa,  nei  paesi  dove  impiantarono  la  propria  tirannide.  Esse  vanno 
mai  sempre  scemando.  La  prima  neU'effervescenza  dell'entusiasmo, 
per  parte  degli  uni ,  e  sotto  lo  stimolo  della  paura  per  parte  degli 
altri,  presenta  qualche  apparenza  di  sfoggio;  ma  l.e  seconde  e  le 
terze,  non  oslante  gli  sforzi  del  partito  e  il  denaro  del  Governo ,  si 
riducono  a  molto  modeste  proporzioni;  ed  ora  safebbe  ridicolaggine 
il  volerne  cons^guire  alcuna  di  qualche  impoiianza,  aNapoli,  esem- 
pligrazia,  o  a  Firenze  o  a  Milano. 

II  terzo  carattere,  indicate  dai  liberal!,  eiche  la  manifestazione  fos- 
se schietta  e  spontanea.  Or  sarebbe  vera  stoltezza  pensare  il  contrario 
della  manifestazione  romana,  Chi  e  stato  costretlo  a  parteciparvi? 
Chi  e  stato  impaurito?  I  liberali,  quando  yogliono  una  illuminazione, 
comandano  minacciosamente  che  si  mettano  fuori  i  lumi;  e  guai,  se 
alcuno  non  ubbidisce.  II  minor  male ,  che  gliene  puo  incogliere ,  e 
una  sassaiuola  alle  finestre.  Si  puo  dire  alcun  che  di  simile  della  ma- 

1  Num.  104, 14  Aprile. 


RISOLUTA  PER  GIUDIZIO  DEGLI  STESSI  L1BERALI  407 

nifestazione  del  12  Aprile  pel  Papa-Re?  Alcune  poche  abitazioni  di 
partigiani  del  Piemonte  rimasero  oscure.  Chi  le  molesto?  Chi  indi- 
rizzo  loro  una  sola  parola,  almeno  d'  invilo?  Anzi  chi  si  euro  di  loro? 
Ma  ci  ha  di  piu !  La  manifestazione  dei  romani  non  solo  fu  sporitanea  ; 
ma  fu  anzi  audace.  Imperocche  il  microscopico  partito  degl'  italia- 
nissimi  non  istette  inoperoso.  Esso  fe  correre  scritture,  minaccianti 
guai  e  malanni  a  chi  vi  concorresse  come  che  fosse.  E  perciocche  il 
popolo  romano  rnostro  di  non  fare  alcun  con  to  delle  sue  spavalderie, 
quella  ribaldaglia  non  dubito  di  venire  a  fatli  piu  nequitosi.  In  alcuni 
luoghi  piu  affollati  fe  per  mano  de'  suoi  cagnotti  gitlare  alcune  pic- 
cole  bombe ;  sperando  cosi  di  sbigotlire  il  popolo  dal  proseguire  la 
festa,  o,  se  non  questo,  cagionare  almeno  confusione  e  ferite  e  tramu- 
tare  in  iscena  di  morte  e  di  lutlo  qud  popolare  tripudio.  Orrendo 
altentato !  non  possibile  a  traniarsi ,  che  da  uomini  spietati  e  non 
abborrenti  da  qualunque  nefandezza  per  riuscire  nei  loro  iniqui  di- 
segni !  Ma  anche  qui  ebbe  ad  ammirarsi  la  protezione  divina.  Quelle 
bombe  scoppiarono ;  ma  in  nessun  luogo  si  ebbe  a  deplorare  alcuna 
vittima,  e  neppure  perturbamento  o  paura.  Anzi  la  giuslizia  di  Dio 
le  fe  tornare  a  danno  degli  slessi  autori ;  giacche  una  di  esse,  scop- 
piata  nel  punto  medesimo  che  veniva  deposla  sul  suolo ,  feri  grave- 
meute  si  colui  che  la  portava  e  si  il  compagno  che  gli  veniva  da 
presso ;  i  quali ,  presi  in  quell'  atto  e  perquisiti ,  diedero  colle  loro 
risposte  e  piu  colle  carte ,  che  recavano  in  dosso ,  il  'filo  a  scoprire 
anche  altri. 

E  qui  vedete  buona  fede  dei  liberali!  Proteslano  di  volere  il  voto 
spontaneo  del  popolo  ;  e  poi  quando  questo  voto  si  rnoslra  contrario 
ai  loro  araori ,  non  rifuggono  perfino  dai  delilti  piu  atroci  per  impe- 
dirlo.  Ma  oggimai  non  ci  ha  che  i  soli  balordi,  i  quali  non  intendano 
che  sia  liberla ,  popolo  e  altri  simili  Vocaboli  nel  gergo  liberalesco. 

L'  ultimo  carattere  voluto  dai  liberali ,  nella  manifestazione  da  lo- 
ro proposta ,  e  che  essa  fosse  fatta  sugli  occhi  delle  Iruppe  francesi 
e  delle  migliaia  di  forestieri ,  che  convengono  in  Roma.  E  anche 
questo  si  e  pienamente  verificato  nella  solennila  del  12  Aprile.  I  Fran- 
cesi erano  presenti  e  non  solo  miravano  stupefatti  quel  non  piu  ve- 
duto  spettacolo,  ma  eziandio  vi  cooperavano.  I  forestieri,  accorsi  in 


408  LA  QUJSTIONE  ROMANA 

Roma  per  Pasqua ,  in  gran  parle  non  ne  erano  ancora  partiti  e  po- 
lerono  cosi  esser  teslimonii  oculari  di  quanto  accadeva.  Anzi  il  caso, 
o  meglio  la  divina  Provvidenza,  \7olle  che  lo  stesso  Governo  di  Tori- 
no, benche  non  avesse  in  Roma  rappresentanza  diplomatica,  nondi- 
nieno  \i  prestasse  in  cerla  guisa  ufficiale  assistenza,  mediante  un  suo 
messo  siraordinario ,  \Tale  a  dire  il  general  Solaroli.  Corse  Yoce  che 
il  Gabinetto  subalpino ,  incaponito  nell'  idea  della  prossima  morte 
del  Pontefice,  avesse  spedito  in  Roma  quel  signore  a  fine  di  conse- 
guire  da'  Francesi ,  nell'  immaginata  contingeiiza ,  alcuna  cosa  a 
vanlaggio  della  cosi  delta  causa  italiana  e  intendersi  coi  zelanti  del 
partito.  Noi  vogliamo  credere  falsa  cotesta  voce  intorno  allo  scopo 
di  un  tale  invio ;  quantunque  il  delto  Generale  \enisse  di  fatlo  e  si 
trattenesse  in  Roma  alquanti  giorni.  Or  egli  non  fece  a  tempo  per 
yedere  la  morte  del  Papa ,  ma  fece  per  altro  a  tempo  per  vedere  la 
solenne  manifestazione  del  12  Aprile.  Egli  dunque,  tomato  tra  suoi, 
avra  certamente  potulo  raccontare,  qual  testimonio  fededegno,  quan- 
to gli  venne  vedulo  ed  udito.  A  lui  rimeltiamo  i  liberali  di  Torino  e 
gli  scrittori  dell'  Opinione ,  del  Diritto  e  degli  altri  Giornali  della 
medesima  risma.  Da  esso  potranno  intendere  e  certificarsi  se  quella 
manifestazione  Romana  in  favore  del  Papa-Re  ebbe  tutti  i  caratteri 
da  essi  stessi  voluti  per  essere  decretoria,  doe  che  fosse  popolare, 
yrande,  spontanea,  e  fatta  sugli  occhi  delle  milizie  francesi  e  de'fo- 
resiieri  accoltiin  Roma.  Noi,  che  non  abbiam  bisogno  d'  inlerrogare 
nessuno,  giacche  ne  fummo  spettalori ;  non  abbiamo  a  fare  altro  che 
ripetere  le  parole  di  quel  Diplomatico  russo,  di  cui  parla  il  Pa- 
triotla  di  Bologna ;  il  qual  Diplomatico  ,  proferl  questa  giusta  sen- 
tenza :  «  Poiche  il  voto  universale  si  vuole  oggidi  legge  suprema , 
dinanzi  a  cui  tutlo  deve  piegare ,  Roma  scrisse  teste  il  suo  voto  in 
carattere  di  fuoco  e  lo  proclamo  in  tal  modo ,  da  farsi  inlendere  fmo 
all'  estremo  confine  della  terra  l. » 


1  //  Patriotta  Cattolico,  n.  68. 


RISOLUTA  PER  GIUDIZIO  DEGLI  STESSI  LIBERALI  409 

*i4i  III. 

Ragioni  di  un  tal  contegno  del  popolo  romano. 

V 

Ma  perche,  dira  forse  taluno,  il  popolo  romano  si  mostra  si  zelan- 
te  della  causa  del  Pontefice ,  e  si  avverso  a  quella  dei  liberal!  ?  Tre 
ragioni  sembra  a  noi  di  poterne  principalmente  arrecare.* 

La  prima  e  la  religione.  II  popolo  romano  ha  ricevuto  la  fede  da 
S.  Pietro,  e  in  essa  e  stato  nutricato  dall'  opera  immediata  dei  Suc- 
cessori  di  lui.  Onde  la  fede  del  popolo  romano  e  impronlata  d'  un 
carattere  di  virilita  e  di  universalita  tutto  proprio.  Essa  non  si  fer- 
ma  nella  sola  regione  dei  dommi,  ma  scende  ad  informare  di  se  tutto 
1'ordine  pratico  e  lutte  le  appartenenze  della  vita  sociale.  Quindi  il 
sentimenlo  del  dovere  e  vivissimo  ed  operosissimo  nel  popolo  roma- 
no ;  ne  si  restringe  nella  sola  cerchia  privata ,  ma  si  estehde  a  tutte 
le  relazioni  del  civile  consorzio.  Di  phi,  il  popolo  romano  per  la 
stretta  attinenza  che  ha  col  Capo  universale  del  Cristianesimo ,  col 
quale  forma  quasi  un  quid  unum ,  si  sente  in  cerla  guisa  malleva- 
dore  del  bene  comune  di  tutla  la  Chiesa  di  Gesu  Crislo.  Gl'  interessi 
religiosi  di  tutti  i  popoli  della  terra,  li  stima  in  cerla  guisa  inleressi 
suoi  proprii.  Di  qui  nasce  che  egli  per  doppio  capo  ama  d'avere  per 
principe  il  Papa,  e  a  lui  vuol  serbarsi  obbediente  e  fedele.  L'  uno  e 
1'  obbligazione  di  coscienza  verso  il  suo  legittimo  Sovrano ;  Y  altro  e 
il  bene  universale  della  Chiesa ,  che ,  nell'  indipendenza  politica  del 
supremo  Gerarca ,  riconosce  una  indispensabile  guarentigia  della 
indipendenza  religiosa  di  tutti  i  credenti  in  Cristo. 

La  seconda  ragione  di  questo  attaccamento  del  popolo  romano  al- 
ia sovranita  temporale  del  Sommo  Pontefice ,  e  il  proprio  interesse; 
il  quale,  inteso  in  un  senso  subordinate  e  secondario,  non  solo  non  e 
riprovevole  ma  e  lodevole.  II  popolo  romano  col  suo  senno  squisita- 
menle  pratico  inlende  benissimo  che,  se  cessasse  (J'esser  suddito  del 
Pontefice,  cesserebbe  issofatto  d'essere  il  primo  popolo  del  mondo, 
per  agguagliarsi  e 'forse  sottostare  a  molti  allri  popoli  della  terra. 
Come  il  Pontefice  Re  per  Y  eccelsa  sua  dignila  spirituale ,  congiunta 


410  LA  QUISTIOXE  ROMANA 

nella  medesima  persona  colla  sovranita  temporale,  slaal  disopra  di 
tutti  i  Sovrani  del  mondo,  i  quali  son  tenuti  ,d'  inchinarsi  a  lui  osse- 
quenti  e  minor! ;  cosi  il  popolo  ,  che  non  e  soggetto  se  non  ad  un 
Principe  di  tanta  altezza ,  viene  per  necessita  sollevato  al  di  sopra 
del  comune  livello  di  tutli  gli  altri  popoli  quali  che  siano.  Ma  una 
tanta  eccellenza  verrebbe  immantinente  distrutta  quel  di ,  che  il  po- 
polo romano  diventasse  suddito  di  un  Principe  meramenle  civile. 
Eppur  questo  non  e  tutto  ;  il  peggio  e  che  il  popolo  romano  non  re- 
sterebbe tale  se  non  di  puro  nome,  la  realta  per  lui  sarebbe  perduta. 

Un  popolo  non  ha  individuazione^  sua  propria  pel  semplice  coabi- 
tare  di  molti  tra  le  medesime  mura.  Egli  Fha  dai  legami  di  sangue, 
di  religione,  di  costumi,  di  tradizioni,  di  leggi  sue  proprie,  d'istitu- 
zioni,  di  lingua.  Tutte  queste  cose  nel  popolo  romano  hanno  una  sta- 
bilita  maravigliosa ,  perche  partecipano  in  certa  guisa  della  stabilita 
medesima  della  Chiesa.  Ma  esse  sarebbero  in  breve  dislrutte,  se  Ro- 
ma divenisse  capitale  del  famoso  regno.  Un'accozzaglia  di  gente,  pio- 
vuta  da  tutte  le  parti  d'  Italia,  si  sostituirebbe  al  vero  popolo  romano  ; 
I  piii  barbari  dialetti  ne  guaslerebbero  il  puro  linguaggio  e  la  tanto 
pregiata  pronunzia;  mutate  le  leggi,  imbastarditi  i  costumi ,  annul- 
late  le  secolari  istituzioni,  spezzata  1'unita  religiosa  colla  promiscuila 
d'  altri  culti ,  tutto  si  ridurrebbe  a  un  guazzabuglio ,  a  una  vera  ba- 
bilonia,  a  un'  amalgama  di  elementi  disparatissimi ,  che  toglierebbe 
al  popolo  romano  ogni  sua  caratteristica ,  ogni  sua  proprieta  d'  in- 
dole  e  quasi  diremmo  di  fisonomia. 

La  nobilta  poi  romana  che  e  la  piu  stimata  nel  mondo  civile,  tan- 
toche  neppur  le  case  regnanti  hanno  in  disdegno  d'imparen  tarsi  con 
lei,  in  breve  si  estinguerebbe,  coll' abolizione  de'  maiorascali;  e  trar- 
rebbe  nella  propria  rovina  tante  altre  fonti  di  pubblica  prosperita  e  di 
decoro.  I  palagi  principeschi,  gl'  Istiluti  di  carita,  le  biblioteche,  le 
gallerie,  i  capilavori  d'ogni  arte,  tutto  resterebbe  manomesso,  sper- 
perato ,  distrutto.  Le  cariche  governative  sarebbero  occupate  dagli 
avventurieri  di  tutta  1'Italia  e  dai  martiri  della  santa  causa;  i  negozii 
verrebbero  assorbiti  dai  mercalanti  di  Livorno,  di  Genova,  di  Napo- 
li;  al  vero  popolo  romano  non  resterebbe  che  1'onta  e  il  danno  d'es- 
sersi  lasciato  soprafiare  ed  uccellare  miseramenle. 


RISOLUTA  PER  GIEDIZIO  DEGLI  STESSI  LIBERALI  411 

La  terza  ragione  inline  della  tenacita  di  proposito  del  popolo  ro- 
mano  nella  sua  devozione  al  Pontefice  ,  e  la  vista  di  do  che  sta  ac- 
cadendo  in  tutte  le  altre  parti  d'  Italia,  dove  la  fazione  liberalesca  e 
riuscita  a  prevalere.  .La  religione  eavvilita,  imprigionati  i  Vescovi  e 
i  Sacerdoti  piu  venerandi,  gli  Ordini  religiosi  soppressi,  usurpate  le 
proprieta  ecclesiastiche ,  le  sacre  Vergini  costrette  a  mendicare  un 
tozzo  di  pane ,  gl'  impiegbi  piu  lucrosi  e  onorifici  invasi  da  inetfci  e 
rapaci ,  il  pubblico  costume  guasto  e  corrotto ,  ogni  piu  sforraata  li- 
cenza  concessa  al  vizio  ed  ai  viziosi ,  e  solo  vessati  ed  impedili  gli 
onesti,  le  imposte  cresciute  oftre  ogni  comportevole  misura ,  le  car- 
ceri  rigurgitanti  di  cittadini  per  semplici  accuse  o  sospetli ,  la  stam- 
pa  piena  di  scostumalezza  ed  empieta ;  ecco  un  tenue  abbozzo  delle 
beatiludini  di  che  e  stata  graziata  ogni  contrada  d' Italia  annessa  dai 
liberali  al  Piemonle.  E  possono  esse  adescare  o  invagkire  di  se  un 
popolo,  qual  e  il  romano?  Non  debbono  anzi  produrre  1'effetlo  con- 
trario  di  un  abborrimento  e  di  un  disprezzo  insuperabile,  sicche  esso 
piuttosto  patirebbe  la  morte ,  che  cadere  tra  le  uDghie'di  si  spietati 
neraici  ?  Quanto  piu  trovandosi  coteslo  popolo  sotto  la  paterna  lutela 
e  il  mite  e  sapiente  governo  del  Vicario  di  Gesu  Cristo?  - 

IV. 

Conclusione. 

Ex  ore  tuo  te  iudico,  serve  nequam.  Cosi,  in  sullo  scorcio  di  que- 
sto  noslro  articolo,  polremmo  noi  apostrofare  contro  la  fazione  libera- 
lesca. Yoi  avete  proposlo,  come  gran  mezzo  per  risolvere  la  quistione 
romana,  una  pubblica  manifestazione,  grande,  spontanea,  da  farsi  in 
tempo  di  Conclave,  per  chiarire  in  faccia al mondo  il  desiderio  del 
popolo  romano.  Ora  il  popolo  romano  non  ha  aspeltato  il  Conclave 
per  contentarvi ;  ma  persuaso  che  il  Conclave  non  verra  per  ora,  ha 
voluto  in  tempo  utile  farvi  palesi  i  suoi  sentiment!,  ideando  ed  ese- 
guendo  in  favore  del  potere  temporale  della  santa  Sede  la  piu  solen- 
ne  e  universale  manifestazione  che  siasi  fatta  giammai.  Voi  dunque 
per  voslro  stesso  giudizio  vi  siete  condannati  da  voi  medesimi ;  giac- 


LA  QUISTIONE  ROMANA  RISOLUTA  ECC. 

eke  il  erilerio  da  voi  proposto  ha  sentenziato  contro  di  voi.  Voleste  il 
volo  del  popolo  con  pubblica  manifestazione  ?  Questo  voto  e  stato  da- 
to ;  la  manifestazione  e  stata  fatta.  Qaietalevi  adunque,  se  fia  possi- 
bile ,  e  non  istate  piu  ad  annoiare  il  mondo  colle  voslre  ciance.  Ro- 
ma loquuta  est ,  causa  finita  est. 

Che  se  maravigliati  dell'  esito  inaspettato ,  voi  chiedete  le  cagioni 
di  questo  contrasto  che  incontrate  nel  popolo  romano  ,  noi  le  vi  ab- 
biamo  accennate.  II  popolo  romano  e  un  popolo  sodamente  religio- 
so ,  e  quindi  onesio  e  zelante  della  sua  religione  che  comanda  obbe- 
dienza  al  legittimo  sovrano  e  indipendenza  politica  nel  Capo  della 
Chiesa.  Se  questa  ragione  mancasse,  sopperirebbe  Y  idea  del  proprio 
interesse,  che  lo  tiene  stretto  alia  Sovranita  del  Pontefice.  Se  anche 
da  questa  ragione  si  voglia  prescindere,  la  sola  esperienza  di  cio  che 
ban  guadagnalo  gli  altri  popoli  italiani  colla  fatta  mutazione ,  baste- 
rebbe  a  ritrarnelo.  Eccovi  il  fatto  e  la  spiegazione  del  fatto. 

Se  non  che  voi,  onorandissimi  liberali,  non  solo  vi  siete  giudicati 
da  voi  medesimi,  ma  di  piu  avete  condannato  il  voslro  fitlizio  regno, 
e  condannatolo  a  pena  capitale.  Imperocche  voi  avete  proferita  questa 
memorabile  proposizione :  «  Che  il  regno  d'  Italia  e  fondato  nell'  ipo- 
tesi  di  avere  Roma ,  e  si  crede  provvisorio  insin  che  Roma  non  sia 
sua.  »  Or  poiche  mancando  Y  ipotesi  cade  la  tesi  che  sopra  vi  e  fabbri- 
cata ,  e  il  provvisorio  non  puo  esser  perpetuo ;  ognun  vede  che  non 
oltenendosi  mai  Roma  da  voi,  come  e  certo  che  non  mai  1'otterrete  ; 
e  forza  che  il  nuovo  regno  si  sfasci  e  mole  mat  sua.  Cosi  vi  accorge- 
rete  un'altra  volta  a  prova  che  il  Papato  e  quella  pietra ,  contro  cui 
chi  vuol  dare  di  cozzo,  e  costretto  a  fiaccarsi  le  corna. 


LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

i 

RACCONTO  STORICO 


DEL  1860  E  1861 


XXXVIII. 

Tutte  le  voci  che  dall'  un  campo  all'altro  del  dinlorni  di  Casamari 
si  erano  messe  in  giro  sul  conto  di  una  scorreria  dei  Piemontesi , 
non  s'  ha  gia  da  credere  che  fossero  castelli  in  aria ,  o  meri  spa- 
ventacchi  di  cervelli  contadineschi.  Imperocche  sino  dalla  prim'  al- 
ba di  quel  giorno  di  Martedi,  un  circa  duemila  tra  Granatieri  e  Lan- 
ded della  brigata  del  generale  di  Sonnaz ,  si  erano  adunati  con  al- 
quante  bocche  da  fuoco  nelle  Ticinanze  di  Castelluccio :  e  d'  indi 
moslravano  di  voler  ogni  poco  spingersi  oltre  e  piombare  sopra  la 
Badia ,  la  qual  era  il  punto  che  essi  tenevano  di  mira  per  isnidarvi 
le  soldaiesche  napoletane ,  e  verso  cui  li  aizzava  tutta  la  bordaglia  e 
la  schiuma  delle  guardie  nazionali  di  Sora  e  dell'  Isola ,  che ,  avide 
di  partecipare  al  sacco  di  quell' insigne  monastero,  faceano  massa 
dietro  alle  loro  spalle  e  apprestavano  carri  da  trasportarne  il  bot- 
tino.  Per  quali  ragioni  poi  temporeggiassero  tanto ,  che  non  passa- 
rono  innanzi  se  non  all'  ora  del  vespro ,  non  s'  e  patuto  sapere ;  ec- 
celtoche  si  congettura  che  avanli  procacciasserp  di  sicurarsi  ben 
bene,  per  mezzo  di  segrete  spie,  dell'  essere  e  delle  conlenenze  dei 
nemici  che  stayano  ad  alloggio  in  quelle  mura  indifese.  Ma  e  cer- 


414  LA  POVERELLA  DI  CASAMAR1 

to  che  ne  la  banda  dei  Chiavoniani,  mandati  ad  esplorar  la  frontiera, 
ne  le  ronde  del  colonnello  di  Christen  ebbero  seutore  della  loro  ve- 
nuta,  altro  che  quando  essi,  precipitaiisi  d'  improve  iso  sul  dosso  del 
poggetto  ov'  e  la  chiesolina  della  Madonna  chiamata  del  Reggimen- 
to ,  e  postativi  alquanti  pezzi  d'artiglieria ,  cominciarono  trarre  gra- 
nate  e  palle  contro  a'  Napoletani ,  i  quali  vivandavano  allo  scoperto 
lungo  la  strada.  Cotesli  furono  gli  scoppii  che  Trafeno  intese  menlre 
imboccava  la  porta  della  cilia  di  Veroli ,  i  quali  incussero  sgomento 
terribile  nei  monaci  e  in  lutti  gli  abitalori  delle  circoslanti  campagne. 
II  Christen,  a  quei  primi  colpi  si  fulminanti,  raccolse  in  im  batter 
d'  occhio  tulli  gli  uomini  suoi,  e  li  distese  nella  pianta  del  suddetto 
poggerello,  con  animo  di  occuparlo,  tostoche  avesse  potuto  osserva- 
re  gli  andamenti  del  nemico.  Ma  non  tardo  ad  accorgersi  che  que- 
sto  gia  lo  avea  precorso  su  q-uell'altura,  con  forze  che  soverchiavano 
dieci  cotanti  le  sue.  Adunque,  per  non  impegnar  quivi  un  combatti- 
menfco  che,  a  cagione  della  disuguaglianza  del  numero  e  del  disfavo- 
re  del  sito ,  sarebbe  tomato  nocevole  a  se  e  disastrosissimo  all' Ab- 
bazia ,  delibero  di  prendere  subito  la  strada  che  raena  alia  grossa 
terra  di  Bauco ,  e  salitovi  di  mettervisi  in  fortezza  contro  il  prepo- 
potente  Subalpino.  Percio  fatto  ordine  all'Alonzi  che  imboscasse  i 
suoi  imberciatori  in  un  rialto  alia  destra  sponda  deli'Amaseno,  e  di 
la  tenesse  in  rispetto  i  Sardi ,  egli  dispose  la  ritirata:  e  cosi,  dopo 
piccolo  intervallo,  tutta  la  squadra  dei  Regii ,  avente  per  retroguar- 
dia  i  montanari  di  Chiavone ,  i  quali  bravissimamente  respinsero 
1'avanguardia  nemica  e  la  sbaragliarono,  si  indirizzo  alia  volta  della 
terra  summentovata. 

.  Mentre  che  i  Napoletani  si  allontanavano  sotto  il  tiro  dei  cannoni, 
che  non  isfioraron  la  pelle  a  uno  solo  di  essi ,  la  cavalleria  e  la  fan- 
teria  piemontese  avanzavasi  nel  piano  a  gran  passi ,  e  da  ogni  lato 
veniva  circuendo  il  procinto  esteriore  della  Badia,  per  forma  che  ne 
1'entrarvi  ne  Tuscirne  era  piu  possibile  a  chi  che  si  fosse,  salv.oche 
con  pericolo  della  vita.  Tutte  queste  soldatesche  erano  guidate  dal 
generale  di  Sonnaz  in  persona ,  il  quale  spiccava  tra  le  turme  per  la 
bellezza  del  palafreno  stornello  che  avea  sotto  di  se,  e  per  la  bizzar- 
ria  del  suo  travestimento  che  non  era  ne  da  borgese  ne  da  militare. 


KACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861 

Or  i  fatti  che  poscia  seguirono  sonp  tanto  vituperevoli ,  che  non 
vogliamo  narrarli  noi :  lasceremo  invece  che  li  espongano  testimonii 
meritevolissimi  d'ogni  fede ,  i  quali  ce  ne  hanno  cortesemente  tras- 
messe  le  particolarita  che  qui  porgiamo  ai  lettori. 

«  I  monaci  stavano  ancora  tranquilli  nel  loro  cenobio ,  mu  quan- 
do  si  avvidero  che  .i  Piemontesi ,  non  piu  curandosi  dei  Borbonici, 
procedevano  a  mano  armata  contro  di  essi,  un  gran  timore  li  prese; 
e  fuggendo  chi  qua  e  chl  la,  cercavano  qualche  scampo  per  salvare 
la  vita.  Ad  alcuni  venne  fatto  di  sottrarsi :  ma  questi ,  uscendo  dal 
monastero ,  furon  bersaglio  alle  granate  e  alle  palle  che  lor  fibcca- 
vano  dietro:  e,  senza  un  miracolo,  non  s'intende  come  i  fuggiaschi 
potessero  giungere  a  salvamento. 

«  Alle  ore  quattro  e  mezzo  la  Badia  era  investita  da  ogni  parte  ,  e 
fattisi  innanzi  alcuni  dei  capi ,  con  le  spade  sfoderate ,  dimandarono 
del  Superiore.  Questi,  cioeil  P.  Abate,  era  fuori  per  assistere  ad  un 
moribondo  :  come  allresi  il  Vescovo  di  Sora ,  it  quale  dalla  sua  dio- 
cesi  si  era  ricoverato  in  Casamari ,  in  quel  tempo  era  fuori  con  tut- 
li  i  suoi,  per  la  solita  passeggiata  che  usava  fare  in  legno,  stante  la 
grave  eta  e  la  inferma  sua  salute.  Si  presento  dunqire  loro  il  P.  D. 
Bernardo  Pietralissa,  piemontese  dipatria  e  Priore,  il  quale  mansue- 
tamente  li  richiese  di  che  abbisognassero.  Risposero  che  essi  vole- 
yano  i  briganti  nascosti  nel  monastero.  II  Priore  li  certificoche  non 
ve  n'era  pur  rombra;  Ma  in  questo  arrivano  altripiu  fieri,  che,  af- 
ferrato  il  Priore  pel  petto,  gli  minacciano  la  morte.  Indi  gli  ordina- 
no  di  radunare  tutti  i  religiosi  e  di  partire  con  essi  senz'  altro  indu- 
gio ,  intimandogli  che,  dopo  un  quarto  d'ora,  quanti  monaci  si  tro- 
vassero  nei  chiostri ,  tanti  sarebbero  fucilati.  II  Priore  fece  e  disse  , 
per  non  muoversi :  ma  tutto  indarno.  Gli  convenne  riunire  alia  me- 
glio  i  monaci ,  e  con  loro  andarsene,  svillaneggiato  da  quella  solda- 
1esca  con  mille  contumelie  ed  imprecazioni.  Alcuni  pero  nellosmar- 
rimento  si  erano  dispersi  ed  appialtati  in  una  soffitta,  dove  restarono 
segretissimi  per  non  essere  uccisi. 

«  Rimasti  in  tal  guisa  padroni  del  monastero,  cotesti  Vandali  si 
diedero  a  scorrerlo,  rompendo  e  sfasciando  tutte  le  porte.  Penetra- 
rono  nelle  celle  e  nelle  officine ,  e  le  derubarono  d'  ogni  piu  piccolo 


LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

arredo,  fracassando,  spezzando  e  stritolando  a  rigor  di  termine  tutto 
cio  che  non  potevano  intascare  o  insaccare,  e  caricare  nei  carri  che 
aveano  condotti  con  se.  Nella  stanza  dell' Abate  involarono  mitre, 
croci  petlorali,  aneWi  abaziali  e  quanto  allro  vi  rinvennero.  Le  casse 
delle  biancherie,  le  posate,  le  stoviglie  della  cucina,  i  libri,  i  mate- 
rassi  dei  letli,  e  persino  le  seggiole  e  le  tavole  e  gli  sgabelli,  tutto  fu 
o  rapito  o  guastato.  Poscia  calarono  nella  chiesa,  dove  parecchi  solda- 
ti  di  cavalleria,  montati  sull' altar  maggiore,  non  trovando  la  chiave 
del  tabernacoloov' era  custodi  toil  Sacramento,  infransero  i  gangheri 
per  isforzarlo  ed  aprirlo,  staccarono  la  piaslra  di  metallo  dorato  che 
ne  guarniva  lo  sportelletto,  gittarono  a  terra  le  sante  particole  e  ru- 
baron  la  pisside:  poi,  faltisi  sopra  gli  altri  altari,  li  spogliarono  delle 
tovaglie  e  della  cera,  lagliaron  le  braccia  ai  Crocifissi,  mozzaron  la 
testa  alle  immagini  di  Gesu  Bambino,  e  manomisero  e  profanarono 
ogni  cosa.  D'  indi,  scassinata  la  porta  della  sacrestia,  si  scagliarono 
agli  armadii  e  ai  credenzoni,  li  sfracellarono  e  vi  levarono  otto  ca- 
lici,  cinque  d'argento  e  tre  di  rame  dorato,  un  ostensorio  grande  di 
argento  massiccio,  due  pissidi  ed  una  scatola  pure  d'argento,  due 
turiboli,  un  secchietto  per  1'acquasanta,  e  piviali  e  camici  e  pianete 
e  stole  e  lini  sacri  e,  in  una  parola,  tutto  sino  ai  corporali,  ai  purifi- 
catoi  ed  ai  fazzolettini.  Ne  contenti  di  queslo  saccheggio  sacrilego, 
ammonticchiarono  sotto  la  gradinata  della  tribuna  candelieri,  carla- 
glorie  e  che  altro,  e  vi  appiccaron  fuoco,  per  distruggere  quello  che 
non  potevano  portar  seco. 

«  Fatta  quesla  orribile  depredazione  della  chiesa,  della  sagrislia 
e  del  monastero,  scesero  a  basso  e  incendiarono  la  spezieria ,  il  la- 
boratorio  chimico  e  la  libreria  annessavi ;  abbruciarono  le  camere 
della  celleria  e  del  forno ,  dando  alle  fiamme  tutte  le  carte  apparte- 
nenti  al  monastero,  cioe  apoche,  islrumenti,  scritture,  obbligazioni, 
mappe,  codici,  cabrei  e  simili,  con  perdila  non  solo  inestimabile,  ma 
irremediabile ,  trattandosi  di  un'  Abbadia  fondata  da  setle  secoli  e 
abitata  dal  medesimo  S.  Bernardo. 

«  L'  unico  religioso  con  verso,  che  non  erasi  sottratto  alia  furia  di 
quella  truppa,  legato  e  ehiuso  nella  spezieria  fu  abbandonato  alle 
fiamme:  ma,  con  1'aiuto  di  Dio,  pole  camparne,  sollevando  coi piedi 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  417 

una  porticella  che  corrispondeva  col  claustro,  e  introdurvisi.  Un  altro, 
che  tardo  a  nascondersi,  ebbe  maltrattamenti  spielali:  giacche  pre- 
solo  e  appuntategli  alia  gola  le  baionette,  gridavano  ogni  poco,  che 
lo  avrebbero  scannato.  Ma  voile  la  provvidenza  che  uno  di  quei  sol- 
<lali,  giovane  lombardo,  si  movesse  a  compassione  del  raonaco  e,  im- 
pugnata  una  pistola,  lo  difendesse  dagli  strazii  degli  altri  che,  urlando 
e  caricandolo  d'  improperii,  si  mostravano  silibondi  del  suo  sangue. 
Dio  renda  a  quel  buon  giovane ,  cenluplicata  in  quesla  e  nell'  altra 
vita,  la  sua  carita! 

«  Messo  cosi  alia  ruba  o  in  fascio  cio  che  diede  loro  nell'occhio, 
bramando  di  consumare,  se  fosse  possibile,  la  stessa  Badia;  la  in- 
cendiarono  in  diversi  altri  punli,  ed  entrati  nella  rimessa  e  impadro- 
nilisi  degli  animali  che  v'erano  dentro,  per  ultimo  gittarono  il  fuoco 
nel  fienile;  ed  accesa  la  cera  tolta  dalla  chiesa,  per  illurainar  le  fine- 
stre  in  segno  di  giubilo  e  rischiarare  la  strada ,  partirono  carichi 
della  preda.  Erano  le  ore  nove.  Tornati  poi  in  Sora,  fecero  mercato 
<Ji  tutta  questa  roba  rubata,  ed  era  una  piela  vedere  posti  all'incanto 
gli  arredi  e  i  vasi  sacri  e  gli  abiti  monacal! .  Sebbene  prima  di  ven- 
derli  pensarono  di  profanarli,  perche  nel  ritornare  di  la  dal  confine, 
portavano  indosso  chi  un  camice,  chi  una  pianeta,  chi  una  cocolla  e 
chi  una  lonaca. 

«  Appena  i  Piemonlesi  si  furono  slontanati,  quei  religiosi  che  si 
<erano  occultati  nella  soffitta,  uscirono  dal  nascondiglio,  e  veduto  co- 
me il  monastero  andasse  tutto  in  fiamme ,  si  raccolsero  in  chiesa , 
levaron  da  terra  le  sante  particole  sparse  e  calpeslate:  e  dopo  questo, 
aiulati  da  alcuni  contadini ,  si  fecero  a  scorrere  per  gli  ambulacri, 
togliendo  tutto  cio  che  potea  servire  di  alimento  al  fuoco.  Ma  sicco- 
me  1'  incendio  della  spezieria  e  della  celleria  era  lanlo  ingrandito 
che  non  c'  era  modo  di  estinguerlo,  percio  misero  mano  a  troncare 
le  comunicazioni  di  queste  due  fornaci  col  corpo  del  monastero  :  e 
venne  lor  fatto,  ma  con  gravissimi  pericoli  e  con  fatiche  indicibili. 

«  Non  e  facile  determinare  il  danno  che  pati  la  Badia  per  quesla 

depredazione  vandalica.  Ma  la  minor  somma  che  si  possa  stabilirer 

eccede  sicuramente  i  ventiduemila  scudi.  II  danno  per  altro  che  n'e 

-venuto  ai  poveri ,  i  quali  nelle  loro  infermita  aveano  un  rifugio  nella 

Serie  V,  vol.  X,  fasc.  340.  27  9  Maggio  1864. 


LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

spezieria,  nominalissima  per  la  bonta  e  copia  de'  farmachi ,  e  per  la 
carita  con  cui  li  forniva  gratuitamente  ai  piu  miserabili,  questo  dan- 
no  Iddio  solo  puo  computarlo.  » 

A  questa  relazione  la  quale,  se  niente  pecca,  e  piu  per  quello  che 
tace  delle  ribalderie  commesse  in  tal  sera ,  che  non  per  quello  che 
ne  accenna,  noi  non  aggiugneremo  commenti.  Ma  ci  baster&  no- 
tare  che  Je  memorie  dell'  Abbazia  di  Casamari ,  nei  seltecento  e  piu 
anni  da  che  ella  sussiste,  non  ricordano  devastazioni  che  a  questa  in 
empiela  e  barbaric  si  paragonino,  altro  che  due.  La  prima  fu  ai  tem- 
pi di  Papa  Onorio  III,  e  la  fecero  i  Saraceni,  da  quelle  mezzo  bestic 
e  mezzo  uomini  che  erano.  La  seconda  fu  ai  tempi  di  Papa  Pio  VI, 
e  la  fecero  i  Giacobini  del  generale  Macdonald,  da  quei  mezzo  uomini 
e  mezzo  diavoli  che  si  gloriavano  di  essere.  Questa  terza ,  fatta  ai 
tempi  di  Papa  Pio  IX,  da  una  porzione  di  quell'  esercito  che  s'  inti- 
tolava  pomposamente  «  ristauratore  dell'  ordine  morale  »  in  Italia, 
e  le  cui  «  armi  parricide  »  ( come  le  denomino  il  Pontefice )  gronda- 
vano  luttavia  del  sangue  dei  martiri  di  Castelfidardo,  giudicheranna 
i  posteri  se  fosse  opera  da  tutte  bestie  o  da  tulti  diavoli. 

XXXIX. 

Bauco  e  una  grossa  terra  posta  ai  confini  del  Regno  di  Napoli, 
distante  sette  miglia  dalla  citta  di  Frosinone,  che  giace  sulla  vetta  di 
una  montagnuola  a  pan  di  zucchero,  la  quale  da  mezzogiorno  e  da 
ponente  ha  fianchi  si  ripidi  e  stagliati  che  paiono  lame  di  coltello, 
e  soltanto  di  verso  settentrione  apre  un  comodo  accesso,  per  una  yia 
che  cala  nella  sottostante  vallata.  II  paese,  corso  lutto  intorno  da  una 
agevole  strada,  tiene  somiglianza  di  un  ampio  e  gagHardo  castello, 
con  cerchia  di  mura  qui  e  cola  ben  rafforzate  da  terrapieni  al  di 
dentro,  e  al  di  fuori  munite  con  avanzi  di  torrioni  e  cortine,  ed  anche 
recinte  da  antemurale.  Lo  stile  di  queste  fortiflcazioni  e  del  mille. 
Percio  non  e  a  merayigliare  che  in  gran  parte  sieno  ora  sgretolale 
e  rovinose. 

Costassu  venne  pertanto,  la  sera  dei  venlidue  Gennaio,  a  metter- 
\isi  in  riparo  il  conte  di  Christen  con  le  due  sue  compagnie  di  robust! 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  419 

uomini  da  guerra ,  che  sommavano  a  dugenquaranta ,  insieme  coi 
quarantasetle  paesani  di  Chiavone ;  i  quali  vi  giunsero  un  po  phi  tar- 
di,  pel  duro  conflitto  che  ebbero  a  sostenere  coll' antiguardia  de'  Pie- 
montesi,  fermata  dal  loro  valore  alia  ripa  sinistra  dell'Amaseno.  Le 
accoglienze  che  queste  milizie  regie  si  ebbero  dalla  gente  della  ter- 
ra, furono  piene  di  cordialita  e  di  un  cotale  affetto  ammirativo,  che  si 
muto  poscia  in  fratellevole  amicizia,  come  videro  il  fare  cortese  e  i 
tratti  signorili  del  Christen  e  dei  due  suoi  ufficiali,  e  I'ottima  disci- 
plina  e  la  religiosita  de'loro  soldali,  che  non  furon  potuli  appuniare 
di  cosa  men  che  onesta  e  garbata.  II  qual  tenore  di  procedimenti , 
inesso  a  riscontro  con  le  bestialila  e  le  diavolerie  perpetrate  in  Ca- 
samari  dai  loro  nemici  e  propalatesi  gia  in  un  lampo  per  tutta  la 
provincia,  non  e  a  dire  quanto  conciliasse  loro  la  stima  e  la  benevo- 
lenza  del  popolo  e  d'  ogni  ordine  di  persone. 

Vero  e  che  la  presenza  di  questi  militi  del  re  Francesco  II ,  de- 
stava  il  sospetto  non  forse  i  saccheggiatori  di  Casamari,  che  procul- 
cavano  qualunque  si  fosse  diritto  umano  e  divino,  ne  cogliesser  pre- 
testo  di  avven  tarsi  sopra  Bauco ,  e  quindi  se  ne  avesse  da  originare 
lo  slerminio  di  quella  nobile  terra.  Ed  era  assai  ragionevol  sospelto : 
e  il  conte  Carpegna,  che  capilanava  il  presidio  di  Veroli,  per  rimuo- 
vere  appunto  cotesto  pericolo ,  avea  mandato  intimare  ai  Regii  che, 
con  la  maggior  prestezza  possibile ,  avesser  dovuto  sgomberare  il 
paese  e  ridursi  oltre  la  frontiera  romana :  e  in  evento  che  rifiutassero, 
dichiarava  ch'  egli  avrebbe  adoperata  la  forza.  Ma  il  signor  di  Chri- 
sten ,  che  da  un  lato  non  aveva  modo  di  trafugarsi  issoffatto  air  oc- 
chio  dei  Sardi,  i  quali  vigilavano  ogni  passo ,  e  dall'  altro  non  inten- 
deva  di  cedere  pacificamente  le  armi  nelle  mani  di  chi  che  si  fosse; 
diede  buone  parole  e  in  tanto  si  apparecchio  ad  una  difesa  che  aves- 
se da  costar  carissimo  a  chiunque  si  fosse  voluto  arrischiare  di  as- 
saltarlo.  II  qual  partito  se  si  vuol  dire  scusabile,  perche  consigliato 
da  condizioni  di  militar  ouore  quasiche  disperate,  certo  da  niun  uo- 
mo  savio  non  si  dira  mai  lodevole;  consideralo  il  repentaglio  terri- 
bilissimo  al  quale  avventurava  una  inlera  popolazione,  suddita  di  un 
altro  Principe,  e  netta  delle  sanguinose  brighe  che  i  Napoletani  e  i 
Piemontesi  distrigavano  tra  se  nella  micidiale  lor  guerra. 


120  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

L'  ordine  della  difesa  che  egli  stabili ,  appena  occupato  quel  sito 
naturalmenle  scabrosissimo  ad  espugnare ,  fu  queslo.  Da  priina  as- 
serraglio  le  ire  porte  d'ingresso  voltate  a  borea  e  ad  orienle,  abbar- 
randole  con  travate  e  pietrcni  formanli  un  tramezzo  alto  quallro 
metri  e  largo  died :  e  per  tulto  iniorno  le  corline ,  che  erano  slab- 
brate  e  a  un  livello  col  terrapieno,  senza  merli,  ne  spalli,  ne  piom- 
batoi ,  egli  scavo  un  fosso  di  lanta  cupezza  quanta  richiedevasi  a 
tenere  coperto  un  uoino.  Appresso,  nelle  case  che  fiancheggiano  le 
dette  porte,  apposlo  scellissimi  imberciatori,  che,  con  tiri  incrociati 
e  a  bruciapelo,  bersagliassero  il  nemico ,  dato  che  giugnesse  mai  a 
superare  i  serragli,  e  ad  aprirsi  un  varco  nell'  accasato.  Finalmenle, 
dopo  avere  incorporati  i  Chiavoniani  alle  regie  milizie,  e  da  ciascuno 
avuto  il  giuramenlo  che  si  sarebbe  lasciato  lagliare  a  pezzi  avanti 
che  cedere  un  palmo  solo  della  terra ,  ri parti  questi  dugentollanta- 
sette  bravi  in  tre  schiere.  Al  capilano  conte  di  Cootaudon  commise 
Tuna,  designata  a  guardare  la  sinistra  della  piazza,  che,  comprenden- 
do  il  vaslo  orto  de'  Filonardi ,  si  ripiegava  dalla  porta  di  san  Niccola 
fin  all'altra  chiamata  di  santa  Francesca.  All'alfiere  Caracciolo  diede 
la  seconda  che  dovea  custodire  la  destra,  la  quale  volgeva  a  levante 
sino  alia  porta  di  santa  Maria.  II  terzo  drappello,  minimo  per  lo  nu- 
mero,  fu  riserbato  dentro.  Ma  siccome  le  munizioni  erano  misuralis- 
sime ,  a  tale  che  in  tutto  non  si  aveano  cariche  se  non  per  ventun 
mila  colpi  di  fucile ;  cosi  1'  animoso  Colonnello  di  Christen  esortava 
istanteinente  che  non  se  ne  facesse  scialacquo :  e  ripeteva  celianda 
che  non  si  spendesse  piu  di  una  cartuccia  per  testa  di  nemico. 

Fatti  questi  apparecchiamenti  con  una  leslezza  mirabile ,  i  Na- 
poletani  aspettarono  a  queto  e  con  la  pi  pa  in  bocca,  che  il  Sonnaz  si 
fosse  accostato  a  provar  di  cacciarli  da  cotesto  lor  nido  di  girifalchi. 
Gia  gli  esploratori,  che  rondavano  avvisando  ogni  mossa  dei  Piemon- 
tesi,  aveano  riferilo  che  tra  Sora  e  Castelluccio  era  un  grande  viavai 
di  milizie  che  faceano  capo  grosso  all'  estrenio  lembo  del  Regno  :  di 
che  il  Christen  stava  all'  erta,  e  ogni  poco  dall'allo  del  palazzo  Filo- 
nardi, ov'era  d'alloggio  ,  spiava  col  suo  cannocchiale  per  non  esser 
colto  alia  sprovveduta.  Ma  la  nolle  dei  venliselte,  e  piu  la  matlina 
seguente  innanzi  1'  albeggiare  ,  ebbe  da  parecchi  suoi  fidi  corrieri 


BACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861 

T  annunzio  sicurissimo  che  il  Gencrale,  violalo  il  confine ,  marciava 
con  tulta  la  sua  brigata  sopra  Bauco ,  e  che  a  punta  di  giorno  egli 
sarebbe  comparso  in  vista  della  terra.  Avute  queste  informazioni,  il 
Christen ,  sollecito  di  non  isbigottire  le  famiglie  che  erano  a  riposo, 
raccolse  tacilamente  i  suoi ,  assegno  a  ciascheduno  le  poste ,  rinnovo 
le  intelligenze  col  Cootaudon  e  col  Caracciolo ;  e  piantatosi  alia  porta 
di  san  Niccola ,  ivi  con  1'Alonzi  resto  a  bada  degli  assalitori. 

Di  rincontro  a  Bauco,  e  propriamente  verso  tramontana,  levasi  un 
verdissimo  collicello  detto  Cologni ,  il  quale  prospetta  le  sue  porte  e 
le  sue  mura  si  fattamente,  che  col  piede  appoggiasi  alle  radici  della 
montagnuola  che  porta  in  cima  il  paese :  di  fronte  poi  ha  il  pendio 
dolcissimo,  ma  dai  lati  esso  declina  con  ripidezza  e  cala  giu  in  due 
valloncelli ,  che  alle  falde  gli  si  allargano.  Con  lo  spuntare  del  sole, 
che  puro  e  senza  ingombro  di  nuvole  sorgeva  di  dietro  i  clivi  arpi- 
nati,  si  videro  a  un  tratto  sul  crine  di  questo  colle  sfavillare  le  armi, 
e  nel  basso,  in  grembo  alle  due  vallette,  scorrazzare  i  cavalli  e  am- 
massarsi  le  fanterie  dei  Piemontesi  che,  sopraggiuntivi  noitetempo , 
si  mettevano  in  ordinanza ,  per  isforzare  la  terra  ed  espugnarla  al 
primo  impeto.  La  loro  brigata  era  compos ta  del  quarto  e  del  quinto 
reggimento  dei  Granalieri  della  Guardia ,  di  alquanli  drappelli  di 
Lancieri ,  e  d'  una  batleria  di  sei  pezzi ,  de'  quali  due  lisci  e  quattro 
rigati :  sottosopra  un  quattromila  e  cinquecento  uomini.  Che  si  ha  da 
avere  per  nulla  quel  branco  di  masnadieri ,  razzolati  tra  la  piu  ver- 
minosa  canaglia  di  Sora  e  dell'  Isola ,  i  quali  alia  coda  di  queste 
truppe ,  sdraioni  sul  suolo  e  coi  sacchi  in  ispalla ,  sospiravano  il 
beato  momento  di  potersi  gittar  dentro  le  conquistale  mura,  e  rifare 
di  Bauco  il  malgoverno  che,  gareggiando  con  le  milizie,  aveano  fallo 
di  Casamari. 

II  conte  di  Christen  riguardava  con  placido  animo  e  con  occhio 
tranquillo  il  difilare,  lo  stendersi  e  Fassettarsi  di  quelle  poderose  le- 
gioni ,  e  noverandole  come  meglio  poteva  cosi  a  un  di  grosso  ,  non 
pure  tocco  con  mano  la  disformata  inegualita  delle  forze ,  giacche  i 
suoi  bravi,  sguarniti  d'  ogni  artiglieria,  sarebbero  dovuti  stare  1'uno 
contro  centocinquanta,  e  questi  sorretti  da  sei  buone  bocche  di  fuoco; 
ma  facendo  sottilissima  attenzione  ai  provvedimenti  che  il  generale  di 


422  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

Sonnaz  prendeva  da  mezzo  1'erta  di  Cologni,  indovino  per  aria  il  suo 
pensiero.  Conciossiache  gl'indizii  erau  tali  che  mostravano  com'egli, 
fingendo  di  mirare  al  grande  orto  situalo  fra  le  porte  di  san  Niccola  e  di 
santa  Francesca,  per  attrarre  cola  ii  maggior  nerbo  dei  difensori;  in 
«ffetto  preparasse  un  formidabile  assalto  alia  man  destra ,  nei  punti 
€he  egli  s'  immaginava  dover  essere  i  meno  guardati.  E  per  questo 
fine  avendo  apprestate  tre  serratissime  colonne,  indirizzolle  ciasche- 
duna  al  suo  termine:  quindi  poco  stante,  cioe  alle  selte  ore  del  mat- 
iino,  si  udi  una  sparata  di  cannone  che  era  il  segno  della  baltaglia. 
A  quel  fragoroso  ribombo  si  alzo  un  grido  di :  —  Viva  Francesco  ! 
Viva  Napoli  I  —  e  le  trombe  squillarono,  e  un  diluvio  di  palle  a  tiro 
liccante  comincio  piovere  dai  propugnacoli  di  Bauco. 


XL. 


Non  e  proposito  nostro  di  descrivere  per  minuto  i  casi  di  questa 
fazione  notabilissima,  nella  quale  un  manipolo  di  men  di  trecento  uo- 
mini ,  travolti  in  un  nembo  di  ferro  e  di  fuoco  che  sfolgoravali  per 
ogni  verso ,  e  oppugnati  da  ollre  quattro  mila  furibondi  assalitori , 
validi,  coraggiosi,  bene  in  armi,  benissimo  governati,  per  molte  ore 
continue  tenne  lor  testa ;  e  li  ributto  sempre  e  li  sgomino  e  li  scon- 
fisse  e  ne  meno  tale  scempio,  che,  ridotti  aU'estremo,  pregaron  eglino 
di  stringere  i  patti  di  una  capitolazione :  onde  meritamente  Bauco 
s'  ebbe  il  nome  di  Termopili  dell'onore  napoletano.  II  tradimento  che 
nelle  guerre  del  1860  e  del  1861  ,  da  Marsala  a  Gaeta ,  fu  il  solo  e 
<vero  Dio  Marte  dei  conquislatori  delle  Due  Sicilie,  colassu  non  trovo 
albergo  in  nessun  cuor  di  fellone  :  ma  dovunque ,  tra  quelle  bastite 
in  ruina ,  era  un  braccio  armato  per  la  causa  del  Re  e  per  la  tutela 
dei  minacciati  Baucani ;  fede,  costanza  e  bravura  insuperabilmente 
eroica  trionfarono  sino  airultimo.  Di  che  tutti  i  paesani  della  sottopo- 
sta  valle  ernica,  i  quali  furono  trepidi  spettatori  dell'aspro,  diuturno 
e  cosi  disuguale  combattimento ,  meravigliati  di  tanta  prodezza  dei 
Borbonici,  ebbero  ad  esclamare  che  se  i  Generali  del  regio  esercito 
fossero  tutti  stati  della  tempera  del  conte  di  Christen,  non  gi&  re  Vit- 
lorio  in  Napoli,  ma  re  Francesco  sarebbe  entrato  viricitore  in  Torino. 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861 

Per  farla  corta ,  accenueremo  che  ,  secondoche  il  Colonnello  avea 
pronosticato,  T  impeto  e  lo  sforzo  supremo  del  Piemontesi  dapprima 
si  scarico  tutto  conlro  il  sinislro  lato  del  semicerchio,  vicino  alia  por- 
ta  di  san  Niccola.  Ma  venuto  meno  1'urto  per  la  ferocia  onde  i  Na- 
polelani,  non  paghi  della  difesa,  si  scagliavano  all'offesa;  e  iterata- 
mente  le  due  eolonne  assalilrici  essendo  state  spezzate  e  rovesciale 
indietro  dal  turbine  della  moschetteria  che,  mista  a  macigni,  a  sassi 
e  a  eatolli  di  selce  rotolati  dalla  cresta  dei  terrapieni,  le  impossibilita- 
ya  di  procedere  e  crudelissimaraente  le  mutilava;  la  zuffa  si  rinfresco 
al  lato  deslro  da  porta  santa  Maria,  con  tale  violenza  che Talfiere  Ca- 
racciolo,  oppresso  da  un  intero  battaglione,  non  bastaya  piu  con  soli 
sessanta  uomini  a  tenersi ;  e  gia  il  soverchiante  nemico  s'  inerpicava 
su  per  gli  sporti  del  serraglio  e  alleslivasi  a  dar  la  scalata.  11  conte 
di  Christen,  fatto  inteso  del  rischio ,  levo  il  piu  che  pole  di  gente 
dalla  trincea  dell'  orto  de'  Filonardi ,  e  strappato  il  fucile  di  pugno 
a  un  gregario,  si  precipito  allora  sul  ciglio  di  un  parapetto,  e  ma- 
neggiando  a  furore  la  baionetta  infuse  tale  audacia  ne'  suoi,  che,  dis- 
messo  di  trarre,  rivoltarono  i  fucili,  abbrancaronli  per  lacanna  e  col 
calcio  menando  colpi  disperatissimi  in  testa  a  chiunque  osava  ar- 
rampicarsi,  in  breve  ebbero  costretta  anche  questa  colonna  a  retro- 
cedere  lulta  scompigliata  e  sconnessa. 

Ma  piu  gli  assalti  moltiplicavano  di  numero  e  piu  scemavano  di 
gagliardia,  si  pei  danni  che  ne  riportavano  i  Piemontesi,  tempestati 
da  un  fuoco  incessante  che  usciva  appuntissimo  di  dietro  le  mura ,  i 
ripari,  i  bastioni  che  coprivano  i  Regii,  e  sfracellali  dalle  pietre  che 
piombavano  loro  addosso  da  ogni  banda ,  e  si  per  la  stanchezza  di 
un  tanto  correre  e  battagliare  e  trafelare  sempre  a  vuoto.  I  Grana- 
tieri  di  due  compagnie  del  lerzo  reggimenlo  furono  ricacciati  di  fianco 
in  uno  sfondo  di  terra  si  prossimo  a  un  trinceramento  dei  Napoletani, 
e  insieme  cosi  esposto  al  fiotto  della  metraglia  fulminata  dalle  artiglie- 
rie  di  Cologni,  che  per  ognun  d'essi  muoversi  e  perire  era  tult'uno. 
Di  che  inlimato  loro  dal  Christen  di  deporre  le  armi ,  le  deposera 
e  si  diedero  per  morti.  OHre  questo  tutta  la  circonvallazione  appie 
del  recinto,  per  lo  spazio  d'un  buon  miglio ,  era  seminata  di  fe- 
riti ,  di  agonizzauti  e  di  cadaveri  cosi  pesti  e  malconci,  che  era  una 


LA  POVERELLA  DI  CASAMAR1 

scena  angosciosissima  a  vederla.  Di  che  i  Regii ,  le  cui  perdite  non 
passavano  i  died  uomini ,  da  denlro  la  piazza  si  resero  certi  che  il 
nemico  era  a  pessimo  termine :  e  percio  raddoppiavano  le  scariche  e 
animosissimi  si  davano  a  scorgere  dal  cbiuso  del  loro  ridotli.  Ne 
s'  ingannarono  punto.  Conciossiache  il  generale  di  Sonnaz,  vedute  lor- 
nar  vane  tante  prove  pagate  a  si  prezioso  costo  di  sangue ;  su  le  ore 
due  dopo  il  mezzogiorno,  spiegata  bandiera  bianca,  chiese  di  parla- 
m en tare. 

II  signor  conte  di  Cootaudon  ,  che  ebbe  tanta  parte  in  quest'  am- 
mirabile  difesa ,  ed  alia  cui  squisila  genlilezza  andiamo  debitori  di 
molti  dei  ragguagli  qui  a  volo  indicati ,  ci  ha  graziosamente  estratto 
di  proprio  pugno  dal  suo  privato  diario  militare  il  racconto  di  do  che 
avvenne  dopo  alzatosi  dal  campo  sardo  questo  signale  di  tregua :  e 
noi,  per  amore  di  fedella,  lo  trascrivererno,  voltandolo  semplicemente 
dal  francese  in  ilaliano. 

«  Incontanente  che  potemmo  discernere  la  bandiera,  il  colonnello 
di  Christen  fece  quietare  il  fuoco  della  nostra  moschelteria,  dacche 
era  finito  quello  dei  Piemonlesi,  e  mi  commise  d'accogliere  il  parla- 
mentario  che  si  appressava.  Affacciatomi  alia  fmestra  di  una  casa 
accanto  la  porta  di  san  Niccola,  vidi  un  uffiziale  inoltrarsi  precedu- 
to  da  un  Irombetto ;  e  dimandatogli  chi  fosse  e  che  cosa  volesse , 
dissemi :  ch'  egli  era  il  Capo  dello  Stato  maggiore  del  generale  di 
Sonnaz ;  e  veniva  in  suo  nome  ad  informare  la  guarnigione  della 
piazza ,  che  se  ella  li  su  due  piedi  non  si  rendeva  a  discrezione  sua, 
egli  obbligava  la  sua  fede  e  1'onor  suo  che,  espugnato  il  paese,  1'a- 
vrebbe  tutta  messa  a  filo  di  spada.  A  questa  millanteria  feci  bocca 
da  ridere ,  e  stava  per  rispondere  ,  quando  gli  uomini  che  mi  erano 
intorno,  e  aveano  udile  quelle  parole,  proruppero  nei  gridi  di 
—  Viva  il  Re !  morte  ai  Piemontesi !  vogliamo  comballere !  —  La 
risposta  era  chiara.  Adunque  notificai  a  quel  signore  che  dovesse 
tornare  immedialamente  al  suo  posto ;  che  in  meno  di  cinque  minuti 
noi  avremmo  ricomincialo  a  far  fuoco. 

«  Esso  allora,  mulato  regislro  e  assunli  modi  fioriti  di  civilta,  mi 
prego  che  si  fosse  mandate  al  Generale  un  parlameniario  nostro,  per- 
che  si  ponesse  un  termine  a  questa  tanto  spavenlosa  carnificina.  II 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  425 

conle  di  Christen,  che  era  sopravvenuto ,  se  ne  contenlo  e  voile  che 
andassi  io  medesimo.  Scendendo  in  compagnia  di  questo  Piemonte- 
se,  seppi  da  lui  che  nessun  altro  uffiziale  s'  era  ardito  di  accostarsi  a 
parlamentare  con  noi,  perche  era  voce  che  fossimo  « tulti  briganti» 
i  quali  moschettavamo  senza  pieta:  ma  la  vista  delle  nostre  assise  mi- 
lilari  avea  tolto  dall'animo  suo  questo  timore.  Tosto  che  il  Generale 
m'ebbe  veduto  venne  ad  incontrarmi ,  e  salutatici  scambievolmente, 
e  deltogli  dei  miei  titoli  e  della  mia  qualita  e  fatteci  alcune  cortesie: 

«  —  Come  puo  essere ;  sclamo  egli ;  che  voi  Francese,  buon  gen- 
tiluomo  e  conoscente  di  molti  miei  conoscenti,  siate  oggi  mio  nemico? 
0  Diavolo !  La  Francia  e  pure  nostra  alleata ! 

«  —  So  che  il  Governo  francese  vi  e  benevolo,  ma  che  la  Francia 
vi  sia  proprio  alleata,  ne  dubito  forte.  Ad  ogni  modo,  quanto  a  me, 
posso  accertarvi  che  appunto  perche  Francese  e  buon  gentiluomo , 
sono  e  saro  serapre  avversario  vostro.  Or  cio  poco  monta.  Veniamo 
a  noi.  Io  mi  sono  condotto  qui  per  compiacere  il  vostro  parlamen- 
tario. 

«  —  Ah  vero!  ebbene,  accettate  voi? 

«  —  Che  cosa  ?  la  proposta  forse  che  egli  ci  ha  porlata  ?  Se  mi 
parlale  di  questa,  a  rivederci !  io  rilorno. 

«  —  Sentite  me:  soggiuns'egli  inlrecciando  il  suo  al  mio  braccio; 
dirovvi  apertamente  che  io  sono  stato  corbellalo.  Aveva  udito  dire 
che  in  Bauco  non  c'era  altro  che  una  masnada  di  vili  ladronacci ,  e 
io,  sulla  fede  di  questi  rapportamenti,  mi  sono  messo  all'operadi  bat- 
ter la  terra.  Ma  troppo  mi  accorgo  che  io  invece  ho  contro  di  me 
bravi  soldati,  condotli  da  valentissimi  uffiziali.  Io  voglio  farla  finita 
con  questo  macello :  ecco  un'  altra  proposta.  La  guarnigione  uscira 
con  tutti  i  soliti  onori  di  guerra  ;  porra  giu  le  armi  a  mezzo  miglio 
dal  nostro  campo ,  e  ognuno  di  voi  sara  Hbero  di  prendere  quella 
strada  che  piu  gli  piace.  Io  vi  do  parola  che  non  molestero  nessuno 
dei  vostri.  Vi  va? 

«  — Ne  punlo  ne  poco.  Gli  onori  si  fanno  rendere  e  le  armi  si  fan- 
no  por  giu  a  una  guarnigione,  allora  solo  ch'ella  sia  perdente  e  venga 
a  palti.  Tale  non  e  il  caso  nostro.  Fino  ad  ora  voi,  Generale,  siete 
perdente ;  e  non  gia  noi. 

«  —  Dunque  si  ricombatta !  diss'  egli  con  qualche  alterazione. 


426  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

«  —  Volenlieri ;  noi  non  desideriamo  altro.  Badate  pero  che  il 
giuoco  non  sara  pari.  La  gente  vostra  e  affranta  e  non  ne  puo  piu: 
la  parte  migliore  degli  uffiziali  vostri  giace,  o  morta  o  boccheggian- 
te ,  sotto  le  nostre  mura :  di  munizioni  siete  al  verde.  Noi  per  con- 
trario  siamo  quasi  intatti ,  abbiamo  munizioni  da  vendere ,  e  corag- 
gio  da  farvi  pentire  della  riprova. 

«  —  Quanti  siete?  mi  chiese  in  aria  brusca. 

«  —  Otlocento ;  replicai  con  molta  disinvoltura ;  e  tutti  fiore  di 
prodi. 

«  — -Avete  ragione;  riprese  egli  mordendosi  i  mustacchi  e  guar- 
dandomi  con  occhio  attristato ;  voi  dite  il  vero :  quesla  mia  brigata 
e  in  couquasso.  Ma  io  non  la  muovero  se  prima  non  ci  accordiamo 
alia  buona.  Io  dovrei  marciare  verso  gli  Abruzzi.  Or  come  lascia- 
re  gli  alloggiamenti  di  Sora,  fin  a  tanto  che  voi  tenete  fermo  in 
Bauco?  Non  e  possibile.  Mandero  chiedere  balterie  in  Gaeta,  vi  as- 
sediero,  vi  seppelliro  Ira  le  bombe :  ma,  o  in  un  modo  o  in  un  altro, 
e  di  necessita  clie  io  vi  spunti  da  cotesla  pericolosa  bicocca.  E  fece 
nuove  proposizioni  che  io  novamente  ricusai. 

«  —  0  diacine!  proponetemi  dunque  voi  i  patti:  se  non  sono 
iroppo  duri ,  io  mi  vi  accomodero. 

«  Rispostogli  che  cio  spettava  al  Colonnello ,  mi  fece  istanze  per- 
che  quesli  venisse  a  lui  per  traltar  seco.  E  cosi  io  mi  licenziai ,  e 
il  conle  di  Christen  discese  ad  abboccarsi  col  Generale. 

«  Mentre  si  conducevano  queste  praliche ,  il  nemico  era  affaccen- 
datissirao  in  portar  via  i  suoi  morli  e  i  feriti ,  che  tutti  insieme  mon- 
tavano  a  circa  un  migliaio,  di  cui  quattordici  uffiziali :  e  noi,  non  che 
io  disturbassimo ,  ma  gli  somministrammo  badili  e  zappe ,  affinche 
desse  piu  agevolmente  sepoltura  agli  uccisi.  Per  ultimo ,  sonatosi  a 
raccolta ,  vedemmo  i  Piemontesi  riprendere  il  cammino  della  fron- 
iiera,  in  quella  che  il  Colonnello  risaliva  nella  piazza  con  gli  accordi 
gia  belli  e  stipulati.  Ouesti  erano  che  il  Generale  immantinente  sa- 
rebbe  uscito  dal  lerritorio  pontificio,  nel  quale  s'impegnava  a  non 
riporre  piu  il  piede  per  combattervi  i  Napoletani ;  e  che  il  conte  di 
Christen,  passati  due  giorni,  sarebbe  partito  da  Bauco,  con  promes- 
sa  che,  durante  1'assedio  di  Gaeta,  egli  personalmente  non  avrebbe 
adoperate  le  armi  contro  de'  Sardi. 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  427 

«  I  due  reggimenti  de'  Granalieri,  co'  quali  i  nostri  dugentottanta- 
selle  combatterono  ben  sette  ore,  aveano  falte  le  campagne  di  Cri- 
mea e  di  Lombardia ;  e  noi  il  domani  trovammo  in  grandissimo  nu- 
mero ,  sparse  appie  delle  fortificazioni ,  medaglie  commemorative  di 
queste  due  campagne  :  e  sopraccio  trentatre  altri  cadaveri ,  cento- 
cinquanta  fucili ;  e  sciabole,  sacchi,  centuroni  e  quaschi  a  carra.  D 
coraggio  dei  Piemonlesi,  in  tutti  gli  assalti  che  diedero,  fu  superiore 
ad  ogni  eccezione ;  ma  la  resistenza  dei  nostri  fu  cosa  eroica.  »  Sino 
qui  il  nobile  Capitano. 

Opinione  costante  non  pure  dei  Baucani ,  i  quali  ascrissero  a  mi- 
racolo  di  provvidenza  la  preservazione  della  lor  patria  dal  sovra- 
stante  eccidio,  ma  persino  di  molli  fra  gli  assalitori  medesimi,  i  quali 
confessavanlo  a  piena  bocca ,  fu  che  questo  lor  disastro  cosi  orribile 
fosse  pena  esemplarissima  delle  sacrileghe  sciagurataggini  commes- 
se  da  quella  loro  brigata  nella  Badia  di  Casamari.  Ed  e  anzi  memo- 
ria  di  uno  Ira  i  primarii  uffiziali  che,  al  ritorno  di  essa  brigata  dope* 
la  sconfitta ,  essendo  deposto  quasiche  moribondo  nel  monastero ,  e 
sentendo  che  ivi  non  erano  phi  medicamenti  con  cui  rislorarlo,  per- 
che  tutto  era  arso  e  incenerito ;  1'  infelice  le\6  gli  occhi  in  alto  ed 
esclamo :  —  Giuslizia  di  Dio  !  —  e  chiesti  i  conforti  del  cielo,  spiro> 
1'  anima. 

La  spada  di  lassu  vedi  che  taglia , 
Ma  sempre  a  luogo  e  tempo  e  con  misura  ; 
Ogni  cosa  di  sopra  si  ragguaglia. 

XLI. 

A  mezza  il  Febbraio  ,  la  mattina  di  un  giorno  splendido  e  arioso 
che  parea  la  primavera  fosse  nel  suo  phi  bel  fiore  ,  per  la  violtola 
che  dalla  strada  maestra  di  Monte  san  Giovanni  metleva  nella  casi- 
poletta  di  Yito ,  s'  introdusse  uno  sconosciuto ,  il  quale ,  cavalcando- 
di  passo  e  ragguardando  ora  in  qua  ora  in  la,  mostravasi  ambiguo  nel 
suo  cammino  e  voglioso  di  qualche  addirizzamento.  Costui  s'  inoltro- 
fmo  al  pagliaio:  e  ,  conciossiache  niuno  gli  si  facea  vivo,  smontalo 
lego  la  cavalcatura  a  un  palo,  si  appresso  all'  uscio  per  onde  si  en- 


LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

trava  nella  cucina,  e  sospingeridone  un  baltente,  che  era  socchiuso : 
—  0  di  casa !  comincio  a  chiamare ;  e  permesso? 

—  Chi  e?  grido  la  massaia  facendosi  al  capo  della  scaletta. 

—  Amici !  dite ,  buona  donna ,  abila  nienle  qui  un  cerlo  uffiziale 
napoletano  ammalato,  con  una  sua  figliuola  che ... 

—  Be',  cosa  vorreste  da  lui? 

—  Ma  c'e  egli,  o  non  c'e? 

—  Yoi  chi  siete?  1o  interrogo  la  donna  sospettosamente  e  senza 
ardirsi  di  scendere. 

—  lo?  sono  un  galanluomo,  non  temiate  di  me. 

—  Questo  non  basta ;  ripiglio  caldamente  1'altra ;  ora  tutli  i  bric- 
coni  si  dicono  galanluomini.  Donde  venite  voi?  che  volete? 

—  Vengo  da  Roma ,  e  vengo  per  parte  di  quel  signore  che  si 
trovo  qui  con  voi  il  giorno  che  i  Piemonlesi  saccheggiarono  Casamari. 

• —  Ah  !  si  mi  ricordo. 

—  Egli,  avendo  sentito  le  cannonate ,  la  sera  medesima  noleggio 
una  yettura,  e,  lasciati  i  suoinegozii  lutli  sospesi,  parti  di  galoppo 
e  lorno  in  casa  sua.  Ora  che  le  faccende  si  sono  quietale,  ha  mandato 
inlTeroli  me  ,  che  sono  un  uomo  suo  ,  per  fare  eerie  riscossioni ,  e 
m'  ha  dato  una  letlera  per  questo  voslro  uffiziale. 

—  Ho  capito ;  rispose  la  donna  rassicurandosi  e  avviandosi  giu 
per  la  scala;  eh,  il  povero  Capitano  (Dio  1'abbia  in  gloria !)  e  andato 
in  paradiso  due  settimane  fa  ,  subilo  dopo  la  rotta  che  que'  nemici 
di  Dio  ebbero  dai  Napoletani  in  Bauco ;  e  ve  lo  dich'  io,  fu  un  visi- 
bilio  che  non  e  mai  stato  il  simile  al  mondo.  Le  monache  benedet- 
tine  videro  gli  Angeli  che  con  saette  di  fuoco  fulminavano  tulli 
quei  demonii  veslili  da  soldali;  e  cose !  cose!  insomma  un  prodigio! 
E  si  puo  ben  dire  che  il  Capitano  1'hanno  ammazzato  essi,  que'dia- 
voli,  pel  grande  spavento  e  pel  crepacuore  che  gli  fecero  prendere. 
Oh  poveretto !  ma  beato  lui  che  e  morto  proprio  da  santo ! 

—  Pazienza !  la  interruppe  1'  uomo  con  atto  di  rincrescimento ; 
s'  egli  e  morto  non  accade  piu  altro.  Pure  quesla  letlera  ,  penso  io 
che  si  polrebbe  dare  alia  figliuola.  Me  n'ha  parlalo  tanto  la  giovane 
del  signor  Traiano ! 

—  Ahime!  la  figliuola  sua  e  sparita ,  e  non  se  ne  hanno  nuove , 
per  cercare  che  se  ne  faccia.  Appena  morto  e  seppellito  suo  padre, 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861 

la  poverina  fece  un  fagotto  di  tutta  la  roba  di  lui  e  mi  disse :  «  Fi- 
lomena,  tiella  per  te  ».  Ci  pago  sino  airultimo  mezzo  baiocco,  dono 
alle  mie  ragazze  uno  scudo  per  una,  le  bacio  e,  con  un  involtino  sotto 
il  braccio,  usci  di  bonissim'ora,  piangendo  e  lasciando  detto  che  an- 
dava  per  le  sue  divozioni  nella  Badia.  Appresso  non  e  piu  riyenuta, 
e  non  se  n'e  piu  saputo  nulla.  Anche  questa  e  un'ambascia  che.  .  . 
oh  Vergine  santissima!  E  si  asciugo  gli  occhi  che  le  si  empivano  di 
lagrime. 

—  Possibile !  sclamo  1'altro ;  or  che  vorra  dire  la  signora  Flami- 
Dia  che  le  porta  tanta  affezione,  e  1'aspetta  in  casa  sua,  e  le  ha  pre- 
parata  la  stanza? 

—  La  nostra  gran  paura  sapete  qual  e?  che  1'  abbiano  rubata  i 
nemici  di  Dio,  i  quali,  mi  si  dice  che  nei  paesi  loro  vendono  le  ra- 
gazze come  le  pecore.  E  poi  quel  vostro  signore  volea  darmi  a 
bere  che  sono  cristiani !  uh ,  cristiani  ?  si ,  va  va  che  manco  i 
Turchi  non  farebbero  d'  ogni  erba  fascio  come  fan  loro !  Neppure  a 
Cristo  T  hanno  perdonata  nel  saccheggio  delta  Badia!  Que'  Luciferi 
in  anima  e  in  corpo  gli  hanno  troncata  la  testa  e  le  braccia  nei  Cro- 
cifissi,  e  poi,  (terra  apriti! )  hanno  calpestate  le  particole  del  Sacra- 
mento! Or  figuratevi  che  sara  di  quella  povera  creatura,  se  fosse 
cascata  ne'  loro  artigli !  Noi,  mattina  e  sera  sempre  si  recita  YAnge- 
le  Dei,  perche  il  Signore  le  abbia  misericordia  e  la  liberi. 

—  Dunque  la  lettera  non  serve  a  nessuno? 

—  Che  v'  ho  a  dir  io?  lo  non  so  leggere:  1'  uomo  mio  nemmeno. 
Vorreste  portarla  ai  monaci  che  vi  spieghino  che  cosa  ella  dice? 

-  Doh!  i  fatti  del  padron  mio  non  li  fo  vedere  ad  altri;  rispose 
quegli  rifacendosi  fuori  dell'uscio.  Ben  bene;  io  gliela  riportero  in- 
dietro  e  gli  ridiro  che  il  Napoletano  e  morto,  e  che  la  figliuola  non  si 
sa  piu  dove  sia  ita,  eh? 

—  Pur  troppo ! 

—  Scusate  1'  incomodo,  buona  donna ;  soggiunse  il  messo,  e  vol- 
lossi  per  isciogliere  la  cavalcatura. 

—  Niente,  vi  pare?  riveriteci  quel  signore,  e  Dio  vi  accompagni. 

—  Non  dubitate.  E  rimontato  in  sella  parti. 


IL  PATRIZIATO  ROMANO 

DI   CARLOMAGNO1 


VI. 

Delia  Giuris'dizione  del  Patrizio  nello  Slato  di  S.  Pietro. 

II  campo  della  giurisdizione  suol  essere  campo  di  guerre  e  liligi, 
sia  nell'  ordine  reale  del  diritti  e  fatti  storici ,  come  nell'  ideale  delle 
opinioni  e  sentenze  die  sopra  di  essi  vengouo  quindi  agitate  dagli 
scritlori.  Che  se  la  controversia  e  di  qaelle  che  si  dibattono  tra  il  Sa- 
cerdozio  e  1'  Impero,  ella  riesce  non  di  rado  tanto  piu  viva  e  spinosa, 
quanto  e  piu  arduo  talorajl  definire  nettamente  i  limiti  delle  due  po- 
testa,  le  quali,  benche  di  ordini  si  diversi,  debbono  tuttavia  nel  go- 
verno  della  societa  cristiana  intrecciarsi  in  mille  modi  e  quasi  com- 
penelrarsi.  Ora  a  questo  genere  appunto  di  controversie  appartiene 
quella  della  giurisdizione  dei  Patrizii  Carolingi  neli'oltavo  secolo.  Se 
non  che  il  litigio  qui  tutto  si  ristringe ,  cosa  strana  !  nelle  sole  opi- 
nioni  degli  scrittori ,  senza  che  nella  storica  realta  niun  sentore  se 
ne  incontri.  Infatti  tra  i  Patrizii  e  i  Papi  corsero  sempre  amichevo- 
lissime  le  relazioni,  in  quei  presso  a  cinquant'  anni  che  fu  in  vigore 
il  Palrizialo :  e  laddove  nei  secoli  seguenli  ognun  sa  le  asprissime 
lotte  che  sorsero  a  quando  a  quando  tra  il  Sacerdozio  e  1'Impero  per 
le  smodale  pretendenze  e  usurpazioni  degli  Augusli;  sotto  Pipino  in- 
vece  e  Garlomagno  Patrizii ,  si  cercherebbe  indarno  la  menoma  om- 
bra  di  contesa ,  non  che  di  roltura,  tra  essi  e  la  S.  Sede ;  e  bench6 
non  mancassero  anche  allora  maligni  seminalori  di  discordie,  i  qua- 
li  piu  d'una  fiata  studiaronsi  di  rompere  si  bell'accordo  e  sospingere 

1  Yedi  questo  volume,  pag.  180  e  segg. 


IL  PATRIZIATO  ROMANO  DI  CARLOMAGNO  431 

il  Patrizio  a  soprusare  la  sua  potesta,  pur  nondimeno  loro  mai  non  riu- 
sci  1'  iniquo  intento.  Ma  se  dai  fatti  e  dai  monument!  antichi  rhol- 
giamo  1'occhio  agli  storici  modern!,  grandissima  troviamo  la  discor- 
<lia  delle  loro  opinion! ,  nell'  assegnare  i  limit!  della  giurisdizione  e 
autorita,  che  al  Re  Patrizio  competeva  in  Roma  e  in  tulto  lo  Stato  di 
S.  Pietro,  alia  sua  prolezione  raccomandato. 

Lungo  sarebbe  1'enumerarle  tutte  distintamente;  ma  non  possiamo 
omettere  di  accennarne  almeno  le  principali.  Alcuni,  come  il  Golda- 
sto  1  e  con  lui  tutli  gl'  imperialist!,  quell' aulorita  esaltano  fino  a  pa- 
reggiarla  interamente  alia  potesta  sovrana ,  che  gia  possedevano  in 
tutto  1'Esarcato  d' Italia  gl'  Imperatori  Bizanlini  insino  al  Copronimo, 
pretendendo  che  da  questi  ella  venisse  per  nuova  Legge  Regia  del 
Senato  Romano  trasferita  nei  Re  Franchi.  Altri ,  come  il  De  Marca  2 
e  il  Cointe  3  assegnano  al  Patrizio  la  potesta  medesima  che  avean 
tenuto  gli  Esarchi,  e  vogliono  che  dipendesse  anch'ella,  se  non  in 
realta  come  quella  degli  Esarchi ,  nominalmente  almeno  dagl'  Impe- 
ratori, i  quali  suppongono  avere  di  propria  autorita  conferita  o  alme- 
no consentita  la  dignila  patriziale  at  Carolingi ,  ed  avere  conservato 
la  sovranita  di  Roma  fino  all'anno  796.  In  quest' anno  poi,  col  man- 
dare  che  fece  Leone  III  le  chiavi  e  il  vessillo  a  Carlomagno  ,  credo- 
no  essersi  mutato  1'  ordinamento  politico  dell' Italia  romana,  ed  abo- 
lito  in  questa  inlerarnente  il  dominio  imperiale  ;  ma  qui  discordano 
poi  nel  definire  in  chi  risedesse  da  indi  innanzi  la  sovranita.  Impe- 
rocche  gli  uni  col  Cointe  pretendono  ch'  ella  venisse  ceduta  intera- 
mente a  Carlomagno ,  a  cui ,  dicon  essi ,  il  titolo  imperiale  assunto 
nell'SOO  nulla  percio  aggiunsedi  potesta.  Laddove  altri  col  De  Marca 
opinano  ch'ella  appartenesse  in  solidum  al  Papa  e  al  Patrizio,  e  che 
eglino  durassero  consort!  nel  potere  sovrano ,  fino  alia  creazione  del 
nuovo  Impero;  in  virtu  della  quale  il  Papa  Leone  III,  cedendo  a  Car- 
lo Imperatore  le  prime  parti  nel  governo  temporale ,  sarebbe  disce- 
so  alia  condizione,  se  non  di  suddito,  certo  almeno  di  Principe  dipen- 
dente.  Oltre  di  cio,  ad  avviluppare  viemaggiormente  1'  intrico  della 
controversia,  altri  distinguono  il  governo  di  Roma  e  del  suo  Ducato, 

1  Rationale  Constitutionum  Imperialium,  Francof.  1607,  pag.  8. 

2  De  Concordia  Sacerdotii  et  Imperil,  Lib.  1,  Cap.  12;  Lib.  Ill,  Cap.  11. 

3  Annales  etc.,  ad  saec.  VIII. 


•432  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

da  quello  dell'Esarcato  e  della  Pentapoli,  e  fondandosi  sopra  un  trat- 
to  di  una  Lettera  di  Adriano  I,  mettono  in  campo  due  Patriziali,  cioe 
il  Patriciatus  Romanorum  deiRe  Franchi,  e  il  Palriciatus  beatiPe- 
tri  dato  dai  Re  Franchi  ai  Papi :  in  virtu  del  primo,  i  Re  Patrizii  a- 
vere  avuto  la  Signoria  di  Roma  e  del  Ducato  ,  e  questa  o  assoluta  e 
sovrana,  o  dipendente  dall'Imperatore  greco;  in  virtu  del  secondo,  i 
Papi  essere  stati  Patrizii  dell'  Esarcato,  e  averne  tenuto  il  dominio  a 
il  governo,  ma  sotlo  1'  alta  sovranita  dei  Re  Franchi,  da  cui  1'aveano 
ricevuto  :  per  modo  che,  secondo  queslo  bel  sistema  che  piacque  al 
De  Marca  e  al  Muratori,  lo  Stato  di  S.  Pietro,  nella  secondameta  del 
secolo  VIII,  trovavasi  doppiamente  diviso  tra  due  Sovrani  e  due  Pa- 
trizii: Flmperatore  Greco  sovrano  in  Roma  ,  e  il  Re  Franco  sovrana 
neU'Esarcato;  il  Papa  Patrizio  nell'Esarcato,  e  il  Re  Franco  Patrizio 
in  Roma. 

Tutte  queste  opinioni,  benche  tra  loro  discordant!,  sono  pero  con- 
cordi  in  un  punto ,  nell'  esagerare  cioe  la  giurisdizione  del  Patrizio  , 
altribuendo  ad  essa  indubitatamente  il  dominio  e  il  governo  ,  almea 
di  Roma  e  del  suo  Ducato.  E  il  nostro  Muratori,  quantunque  non  ar- 
disca  definir  nulla  del  Patriziato  e  lasci  le  varie  opinioni  nella  loro 
incerlezza,  a  questa  sentenza  nondimeno  sempre  mostrasi  piu  inchi- 
nalo,  a  credere  cioe  che  il  vero  Signore  di  Roma  fosse,  anche  prima 
dell'800,  il  Patrizio  Carlomagno;  mentre  dopo  quell'anno,  egli  tiene 
per  indubitato ,  Carlomagno  Imperatore  essere  stato  non  solo  unico 
Sovrano  di  Roma  e  dell'  Esarcato,  ma  avere  posseduto  in  Occidenle 
tutti  i  diritti  che  aveano  gi£  gli  antichi  Augusli  1. 

A  cotesta  classe  di  scrillori,  per  lo  piu  regalisti  o  gallicani,  i  qua- 
li,  a  detrimento  dell'autorita  pontificia,  ingrandirono  oltre  ii  giusto  la 
polesta  del  Patriziato ,  si  contrappone  uu'altra  falange  di  autori,  non 
men  numerosa  forse,  ma  certo  assai  piu  gagliarda  di  ragioni;  i  quali 
tolsero  a  difendere  i  diritti  della  S.  Sede  e  della  storica  verita,  ridu- 
cendo  ai  giusti  suoi  limiti  la  potesla  patriziale  dei  Re  Franchi.  Tra 
essi  ci  basti  nominare  il  Baronio  e  il  suo  annotatore  Antonio  Pagi, 
il  quale,  benche  francese,  non  solo  non  segui,  ma  corresse  e  confute 
con  dottissima  crilica  le  false  opinioni  di  parecchi  suoi  connazionali;  il 

1  Annali  tf  Italia  T.  IV,  P.  II;  Plena  Esposizione  ecc.  Cap.  II  e  III. 


DI  CARLOMAGNO  433 

Gentili  1,  il  Bianchi  2,  il  Fontanini  3,  I'Alarnanni  4,  il  Cenni  5,  1'Or- 
si  6,  il  Zaccaria  "7;  e  tra  i  piu  modern!  il  Troja  8,  il  Papencordt  9  e 
il  Promis  10  :  nomi  di  tale  autorila,  che  basterebbero  a  sincere  la  con- 
troversia,  quand'anche  quesla  si  dovesse  risolvere  a  peso  sc4  di  suf- 
fragi,  non  a  valore  di  ragioni.  E  non  e  gia,  che  anch'essi  tra  loro  non 
discordino  in  qualche  punto  ,  o  non  diano  talora  presa  a  giusta  cen- 
sura;  ma,  quanto  alia  sostanza  della  dottrina  ,  certo  e  che  sono  con- 
formi  e  tra  loro  e  colla  storica  verita  ,  la  quale  indarno  altri  cerche- 
rebbe  negli  opposti  sistemi.  Quindi  noi  volendo  esporre  qual  fosse  e 
quanta  la  giurisdizione  del  Re  Patrizio  nello  Slalo  di  S.  Pietro  ,  e 
principalmenle  in  Roma  ,  non  dobbiamo  far  quasi  altro  che  seguire 
le  loro  orme  ,  coordinando  in  un  sol  corpo  di  dottrina  le  osservazio- 
ni  e  gli  argomenti  che  sparsamenle  trovansi  presso  di  loro.  Percio  , 
stabiliremo  da  prima  la  vera  indole  e  i  caratteri  di  cotesta  giurisdi- 
zione ,  recando  in  mezzo  tutle  le  ragioni  che  la  comprovano  ;  indi  ci 
faremo  ad  esaminare  e  risolvere  gli  argomenti,  con  cui  gli  avversa- 
rii,  quell'indole  e  quei  caratteri  piu  o  rneno  alterando,  hanno  esage- 
rato  la  giurisdizione  del  Patrizio,  fmo  a  trasformarla  in  assoluta  so- 


Egli  e  in  primo  luogo  fuor  d'  ogni  dubbio  ,  che  i  Re  Franchi,  in 
i  di  quel  Patriziato  dei  Romani,  onde  furono  investiti  dai  Ponte- 


1  De  Patridorum  origine  etc.  Lib.  Ill,  Cap.  VII  e  VIII. 

2  Delia  Potesta  indiretta  della  Chiesa  ecc.  Lib.  V,  §.  2  e  3. 

3  //  Dominio  temporale  della  Sede  Apostolica  ecc.,  e  le  due  Difese  del 
medesimo. 

4  De  Later  anensibus  parietinis.  Disputatio  historica.  Romae  1756. 

5  Monumenta  dominationis  Pontificiae,  Tom.  I  e  II. 

6  Origine  del  dominio  e  della  sovranita  dey  Romani  Pontefici.  Roma  1788. 

7  Rendete  a  Cesare  ecc.  pag.  271  e  segg. 

8  Codice  diplom.  longob.,  nelle  annotazioni  ai  Num.  DCLXXXI,  DGXCII, 
DCCXGIV  etc. 

9  Geschichte  der  Stadt  Rom,  pag.  138.  Paderborn,  1857. 

10  Monete  dei  Romani  Ponlefid  avanti  il  mille.  Memoria  di  DOMENICO 
PROMIS.  Torino,  1858.  Parlando  di  Stefano  II,  di  Adriano  1  e  di  Leone  III, 
TAutore  in  brevi,  ma  egregie  sentenze,  descrive  la  vera  indole  del  Patri- 
ziato dei  Re  Franchi. 

Serie  V,  vol.  J,  fasc.  340.  28  9  Maggio  1864. 


434  IL  PATRIZHTO  ROMANO 

fid,  ebbero  vera  po testa  e  giurisdizione  non  solo  in  Roma,  ma  in 
tutto  lo  Slato  di  S.  Pietro.  Imperocche,  quella  dignita,  imponendo 
loro  1'ufficio  e  1'obbligo  di  difendere  la  Chiesa  Romana  e  con  essa  lo 
Stalo  da  ogni  sorte  di  nemici  e  di  perturbatori,  ne  lal  difesa  poten- 
dosi  esercitare  all'uopo,  senza  che  il  Patrizio  interveuisse  nello  Slato 
non  solo  colla  forza  dellearmi,  ma  coll'autorita  eziandio  del  comando 
e  colla  potesta  giudiziale,  a  cui  tutti  dovessero  rendere  ossequio  ed 
ubbidienza;  egli  e  manifesto  che  il  Patriziato  importava  vera  giuris- 
dizione: ben  diverso  in  cio  da  quel  Patriziato  meramente  onorifico 
e  titolare  che  soleano  gia  gl*  Imperalori  conferire  ai  Principi  e  Re 
stranieri.  Di  qui  segue,  che  i  sudditi  del  Papa  potean  dirsi  anche 
soggetti  al  Patrizio ,  benche  in  modo  assai  diverso ;  giacche  al  Papa 
eran  sudditi  in  modo  assoluto,  come  a  Sovrano,  laddove  al  Patrizio 
eran  sudditi  come  ad  aiutante  del  Sovrano,  e  per  dir  cosi,  a  suo  pri- 
mo  ufficiale  o  minislro.  Percio  i  Romani  chiamavansi  anche  fedeli 
del  Patrizio,  ed  ognun  sa  che  tal  voce  esprimeva  obbligo  e  profes- 
sione  di  fedelta  e  di  ubbidienza.  Cosi,  nella  celebre  lettera  del  Senato 
e  Popolo  Romano  al  Re  Pipino  ,  nell'  atto  stesso  che  si  professano 
firmi  et  fideles  servi  sanctae  Dei  Ecclesiae  et  domni  nostri  Pauli 
summi  pontificis,  non  dubitano  di  appellarsi  fideles  del  Re  loro  di- 
fensore  1 ;  e  Papa  Adriano,  scrivendo  a  Carlomagno,  chiama  fideles 
nostros  vestrosque  i  proprii  sudditi,  e  fra  essi  anche  personaggi  co- 
spicui,  quali  erano  certamente  quei  due  Duchi ,  Costantino  e  Paolo, 
che,  essendo  slali  da  non  si  sa  qual  malevolo  accusati  al  Re  di  sleal- 
ta,  vengono  dal  Pontefice  caldamente  presso  di  lui  difesi,  come  fe- 
delissimi  non  rneno  al  Re  che  alia  S.  Sede  2.  Anzi  i  sudditi  pontificii 
non  solo  attestavano  con  tal  nome  la  loro  fedele  devozione  al  Patri- 
zio ,  ma  gliene  prestavano  giiiramenlo  espresso ,  aggiungendolo  a 
quello,  con  cui  in  primo  e  principal  luogo  giuravano  fedella  e  sud- 
ditanza  alia  S.  Sede  e  al  Pontefice.  Dell'  uno  e  dell'  altro  giuramento 
porgono  irrecusabile  prova  le  Epistole  di  Adriano  a  Carlomagno.  In- 
fatti  dall'Epistola  LV  del  Codice  Carolino,  scritla  nel  Novembre  del 
775,  sappiamo  che  il  Papa,  a  domare  la  protervia  dell'Arcivescovo  di 
Ravenna,  che  pretendea  di  far  da  Sovrano  nell'  Esarcato,  e  teneva  in 

1  In  nobis,  VESTRIS  FIDELIBUS,  etc.  COD.  CAROL.  Epist.  XV,  ediz.  del  CENNI. 

2  Ivi,  Epist.  XCV. 


DI  CARLOMAGNO  435 

poter  suo  Imola  e  Bologna,  spedi  a  queste  due  cilia  un  suo  Legalo,  a 
richiamarle  alia  do^uta  ubbidienza,  coll'esigere  e  ricevere  da  tutti  gli 
aUtanti  giuramento  di  fedella  a  S.  Pietro  e  al  Papa  e  a  Carloma- 
gno  1 ;  se  noa  eke  1'Arcivescovo  impedi  al  inesso  ponlificio  di  ese- 
guire  per  allora  il  suo  mandalo,  di  che  il  Papa  inuove  alle  doglianze 
presso  il  Re  Patrizio.  Ora,  come  ad  Imola  ed  a  Bologna,  cosi  non  & 
dubbio  che  in  somiglianli  circoslanze  simil  giuramento  non  si  esiges- 
se  nelle  allre  cilia  e  lerre  dello  Stalo.  E  ne  abbiamo  un  allro  insigne 
esempio  nella  cilia  di  Gapua ;  la  quale  nel  787  essendo  slata,  con  cin- 
que altre  cilia  della  Campania ,  aggiunta  da  Carlomagno  allo  Slato 
di  S.  Pielro,  mando  a  Roma  una  deputazione  di  dieci  ciltadini  a  far 
nelle  mani  del  Papa  Adriano  professione  solenne  di  sudditanza ;  e  il 
Papa,  condoltili  alia  Confessione  della  Basilica  Valicana,  ivi  li  fece 
giurare  fedelta  a  S.  Pietro,  a  se  medesimo  ed  al  Re  Patrizio  2. 
Per  simil  modo,  quando,  Irenfanni  innanzi,  alia  morle  del  Re  Aslolfo, 
gli  Spoletani  eransi  dati  al  Papa ,  invqcando  la  prolezione  di  lui  e  di 
Pipino ;  il  loro  Duca  Alboino  ed  i  magnali  aveano  prestalo  giuramen- 
to di  fedelta  al  Pontefice  ed  al  Patrizio  Pipino  3.  -v^; 

1  Unde  dirigentes  ibidem  (Imolam  atque  Bononiam)  nostrum  rnissum,  id 
est  Gregorium  sacellarium,  qui  indices  earumdem  cimtatum  ad  nos  deferre 
deberet}  et  SACRAMENTA  IN  FIDE  BEATI  PETRI  ET  NOSTRA,  ATQUE  EXCELLENTIAE  VB- 
STRAE,  A  CUNCTO  EARUM  POPULO  suscipERET,  sed  nequaquam  idem  archiepiscopus 
eumdem  nostrum  sacellarium  illuc  ire  permisit  etc.  Epist.  LV,  in  Embolo. 

2  Nempe  quidem  meminisse  credimus,  qualiter  Vobis  per  anteriores  no- 
stras  Apostolicas  emisimus  syllabas  de  Capuanis,  qui  ad  nos  advenerunt  per 
vestrum  regale  adminiculum,  quatenus  dum  ipsas  nostras  vobis  emisissemus 
syllabas,  post  aliquantos  dies  praefatos  Capuanos  in  confessione  protectoris 
vestri  beati  Pelri  apostolorum  principis  IVRARE  FECIMVS  IN  FIDE  EIUSDEM  DEI 

APOSTOLI  ET  NOSTRA  ATQUE  VESTRAE  REGALIS  POTENTIAE,  6t  pOSt  ttCtum  SACRAMEN- 

TUM  unus  ex  ipsis  Capuanis,  Gregorius  presbyter,  nobis  petiit  seer  eta  loqui, 
asserens:  quia  nullo  modo  iam  quidpiam  celare  possum ,  tale  vobis  praebens 
SACRAMENTUM,  etc.  Epist.  XCII.  Nell'  Epist.  XGI,  che  e  la  qui  accennata  dal 
Papa,  si  leggono  i  no-mi  dei  dieci  deputati  di  Capua. 

3  Alboinum,  ducem  Spoletinum,  et  cum  eo  satrapas,  qui  in  FIDE  BEATI  PE- 
TRI ET  VESTRA  SACRAMENTUM  PRAEBUERUNT,  CtC.  Ep'lSt.  XYIII.    QuantO  al  g'lUFa- 

mento  di  fedelta ,  prestato  nel  773  al  Papa  come  lor  Sovrano  temporale , 
dagli  abitanti  di  Spoleto,  di  Rieti,  di  Fermo,  di  Osimo,  di  Ancona  e  del  Ga- 
stello  di  Felicita,  pud  vedersi  ANASTASIO  in  Hadriano  1,  num.  311-313. 


136  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

La  citla  stessa  di  Roma  preslava  giuramento  di  fede  e  soggezione 
al  Patrizio:  del  che  si  ha  espressa  teslimonianza  da  Eginardo,  in 
un  celebre  passo  de'  suoi  Annali ,  il  cui  vero  significato ,  poslo  da 
molli  Autori  in  disputa,  gran  lume  riceve,  a  parer  nostro,  dalle  Epi- 
stole  teste  citate  del  Codice  Carolino.  Narra  adunque  1'Annalisla ,  che 
il  nuovo  Papa  Leone  HI,  subito  dopo  la  sua  elezione ,  mandando  a 
Carlomagno  le  chiavi  della  Confessione  di  S.  Pietro  e  il  vessillo  di 
Roma ,  lo  prego  nel  lempo  slesso  d'  inviare  a  Roma  aliquem  de  suis 
optimalibus.  qui  populum  Romanum  ad  suam  fidem  atque  subieclio- 
nem  per  sacramenta  firmaret  1.  Al  Bellarmino  parve  piii  verisimile, 
che  quel  suam  dovesse  riferirsi  al  Papa ,  non  a  Carlo  2 ;  di  modo 
che  i  Romani  fossero  chiamati,  per  mezzo  dell'invialo  Franco,  a  far 
giuramento  di  fede  e  soggezione  al  nuovo  Papa  Leone,  il  quale,  du- 
bilando  forse  della  loro  ubbidienza,  avesse  percio  invocalo  1'  auto- 
rita  del  Patrizio.  II  Cenni  poi  arditamente  nego  la  verita  del  fatto 
narralo  dall'  Annalista ,  e  stimo  aver  quesli  scambiato  i  tempi,  at- 
tribuendo  a  Carlomagno  Patrizio  quel  che  dovea  rifcrire  di  Carlo- 
magno Imperatore :  e  cio,  perche  alui  parve,  con  tal  giuramento  pre- 
supporsi  nel  Patrizio  un'  autorita  troppo  inaggiore  del  vero  3. 

Ora  a  noi  sembra  che  non  vi  sia  niuna  salda  ragione ,  ne  di  ne- 
gare  la  verita  del  testo  di  Eginardo ,  scrittore  autorevolissimo  e  nel 
quale  e  incredibile  lo  sbaglio  attribuitogli  dal  Cenni;  ne  d'interpre- 
tare  il  suo  testo  in  altro  senso  da  quel  che  porge  naturalmente  la 
frase ;  nella  quale,  benche  il  SUAM  fidem  per  se  sola  lenga  dell'  am- 
biguo,  ed  assolutamenle  possa  riferirsi  tanto  al  Papa  quanto  a  Carlo, 
tulto  il  contesto  nondimeno  accenna  doversi  riferire  al  medesimo  sog- 
getto  a  cui  si  riferisce  il  suis  optimatibus,  cioe  a  Carlo.  OHre  di  cio 

1  EGINHARDI  Annales,  ad  a.  796. 

2  Quae  verba  ( dell'  Annalista  Franco )   alii  intelligunt ,  quod  iusserit 
(  Leo  III)  Romanes  Francis  fidem  iurare,  sed  id  non  tarn  facile  esset  impetra- 
tum.  Quare  verisimilius  est,  quod  petierit  Romanos  eo  adigi,  ut  Pontifici 
iusiurandum  praestarent.  Quare  Engelbertus.  . .  iussu  Caroli  compulit  Roma- 
num populum  fidelita tern  iurare  Pontifici.  BELLARMINUS,  De  Translation  Imperil 
Romani.  Lib.  I,  Cap.  I,  n.  S. 

3  Id  vero  esset  Patrido  plus  aequo  tribuere.  Quamobrem  Annalista. . .  mi- 
scet  tempora,  nee  secernit,  ut  debuit,  Imperatorem  a  Patrido.  CENNI,  Monum* 
domin.  pontif.  T.  II,  pag.  12. 


DI  CARLOMAGNO  437 

e  da  riflettere,  che  Leone  era  stato  eletto  dai  Romani  con  maravi- 
gliosa  prontezza  ed  unanimita  di  voti ,  il  di  stesso  che  segui  alia 
morte  di  Adriano  1 ;  che  tra  i  riti  della  elezione,  decretati  nel  Sinodo 
Romano  del  769,  era  stabilito  che  al  nuovo  Papa,  prima  d'introniz- 
zarlo  in  Laterano,  tufcta  la  nobilta  e  la  milizia  e  il  popolo  dovesse  fare 
omaggio ,  riconoscendolo  per  Signore  e  Sovrano  2  ;  che  in  quei  pri- 
mi  tempi  del  Papato  di  Leone  niim  sinlomo  appare  di  quelle  turbo- 
lenze  che  piu  tardi  lo  afflissero :  laonde  riesce  al  tutto  improbabile , 
ch'  egli  appena  assunlo  al  regno,  quasi  per  assicurarsene  il  possesso 
vacillante ,  dovesse  ricorrere  ad  un  si  inusato  e  insieme  odioso  spe- 
diente,  qual  era  il  chiamare  dalla  Francia  un  messo  di  Carlo  per 
farsi  giurare  dai  Romani  obbedienza.  Al  contrario,  posto  che  quel 
giuramento  riguardi  il  Patrizio ,  ogni  cosa  precede  limpida  e  piana , 
non  solo  nel  maleriale  contesto  della  frase  di  Eginardo  ,  ma  anche 
nell'ordine  e  nella  ragione  dei  falli.  II  Papa,  mandando a  Carlo  le 
chiavi  e  il  vessillo ,  mostro  di  riconoscere  in  lui  il  Difensore  della 
Chiesa  e  dello  Stato  di  Roma,  e  di  volere  in  lui  continuata  e  raffer- 
mata  1'  aulorila  di  Patrizio :  ora  ,  siccome  al  diritto  di  cotesta  auto- 
rita  corrispondeva  essenzialmente  il  dovere  nei  Romani  di  ubbidirla, 
non  dee  far  niuna  meraviglia,  che  il  Papa,  nel  rinnovare  a  Carlo  1'in- 
vestitura  del  Patriziato ,  volesse  anche  rinnovalo  dai  Romani  al  Pa- 
trizio il  giuramento  di  fede  e  di  soggezione :  e  diciamo  rinnovato , 
perche  le  parole  medesime  di  Eginardo  indicano  trattarsi  qui  della 
confermazione  (firmaret)  di  un' ubbidienza  ,  che  i  Romani  sotto  il 
predecessore  Adriano  doveano  aver  gia  altre  volte  solennemente 
professata.  Dali'  altra  parle  Carlomagno,  mandando  a  Roma,  secondo 
la  richiesla  del  Papa ,  il  suo  ambascialore  Angilberto  per  tratlare  e 
stabilire  c61  Pontefice  tutto  cio  che  appartenesse  alia  rinnovazione 

1  Una  concordia ,  eademque  voluntale  a  cunctis  sacerdotibus  sen  proce- 
ribus  et  omni  clero,  necnon  et  optimatibus  vel  cuncto  populo  Romano,  Dei 
nutUj  in  nalali  beati  primi  martyris  Stephani  (26  Dicembre)  electus  est. 
ANASTAS.  in  Leone  III.  Adriano  era  morto  il  di  25  (Vedi  JAFFE,  Regesta 
RR.  PP.). 

2  Et  priusquam  Pontifex  electus  fuerit  et  in  Patriarchium  deduclus,  omnes 
Oplimates  mililiae  vel  cunctus  exercilus,  et  ewes  honesti  atque  universa  gene- 
ralilas  populi  huius  Romanae  urbis  ad  salutandum  eum  sicut  OMNIUM  DOMI- 
KUMproperare  debeat.  CENNI,  Condi.  Lateran.  Stephani  ///,  pag.  11. 


438  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

del  Palto  patriziale ,  non  e  clubbio  che  tra  i  principal  capitoli  spet- 
tanti  ad  Patriciatus  nostri  firmitatem,  secondo  ch'  egli  scrive  rispon- 
dendo  al  Papa,  non  mirasse  appunto  al  giuramento,  che  a  lui  Pa- 
trizio  dovea  dai  Romani  rinnovarsi. 

Del  rimanente ,  T  esempio  d'  Imola ,  di  Bologna  e  di  Capua ,  che 
abbiamo  poc'  anzi  arrecato  dietro  la  testimonianza  di  Papa  Adriano , 
mentre  non  lascia  niun  luogo  a  dubitare  che  i  sudditi  pontificii  giu- 
rassero  fede  al  Patrizio  ,  toglie  eziandio  ogni  difficolla  ed  ogni  dub- 
bio  al  credere ,  che  anco  i  Romani ,  anzi  i  Romani  principalmente , 
siccome  cittadini  della  Capitale,  dopo  il  giuramenio  di  fedelta  ed  ub- 
bidienza  al  Papa  lor  Sovrano,  prestassero  simil  giuramenio  anche  al 
Palrizio.  Ne  percio  dee  temersi  che  venga  recato  niun  delrimenlo 
all'autorita  del  Papa,  o  credersi,  come  altri  immagino,  che  al  Patrizio 
venga  attribuita  in  Roma  una  polesla  superiore  o  pari  alia  potesta 
sovrana  del  Papa;  imperocche  il  giuramento  prestato  al  Patrizio  al- 
tro  non  facea  che  riconoscere  e  riverire  in  lui  la  potesta  patriziale ; 
e  questa,  essendo  data  dal  Papa  e  da  lui  dipendente,  non  era  potesta 
sovrana,  ma  bensi  aiutatrice  e  ministra  del  sovrano  potere,  il  quale 
nel  solo  Ponlefice  risedeva,  siccome  verremo  dimostrando. 

I  Carolingi  adunque  ,  in  vigore  del  Patriziato  ,  aveano  in  Roma  e 
nelle  province  della  S.  Sede  vera  potesta  e  giurisdizione ;  e  questa 
veniva  dai  Romani  e  dagli  allri  sudditi  pontificii  con  professioni  e 
giuramenti  di  fedelta  pubblicamente  riconosciuta.  Ma,  qual  era  1'  in- 
dole  e  1'estensione  di  tal  potesta?  quali  le  appartenenze  e  i  limiti? 
quali  relazioni  correano  tra  la  potesta  del  Patrizio  e  quella  del  Pa- 
pa? e  per  qual  legge  queste  due  potesla,  le  quali  altri  rappresent6 
quasi  in  at  to  dirivali  e  nimiche,  pure  accordaronsi  con  si  bella  e  fe- 
lice  armonia  a  governare  per  quasi  mezzo  secolo  il  nuovb  Slato  di 
S.  Pietro?  Noi  ci  studieremo  di  rispondere  a  quest!  quesiti  sopra  la 
fede  dei  monumenti  storici;  e  nel  descrivere  quell'  ordinamento  po- 
litico ,  porremo  tanto  maggior  cura  a  ritrarne  i  veri  sembianti ,  in 
quanto  che  ei  furono  si  nuovi  e  tulto  proprii  di  quel  novello  Slato , 
che  indarno  se  ne  cercherebbe  in  altri  Stati  dei  tempi  antichi  o  mo- 
derni  il  protolipo  o  1'  immagine. 

Diciamo  pertanto ,  che  la  potesla  del  Patrizio  era  in  primo  luogo 
una  potesta  straordinaria.  Andrebbe  errato  di  gran  lunga  chi  ere- 


DI  CARLOMAGNO  139 

desse  clie  il  Patrizio  esercitasse  in  Roma  o  in  qualsiasi  parte  dello 
Stato  una  giurisdizione  ordinaria  e  continua,  alia  maniera  di  un  Yi- 
cere,  d'  un  Prefetto ,  o  di  un  Magistrate  od  ufficiale  qualsivoglia ,  il 
quale ,  entrato  una  volta  in  carica ,  deve  regolarmente  attendere  a 
spedirne  i  negozii,  amministrando  per  sua  quella  parte  di  cosa  pub- 
lica  che  gli  e  stata  commessa.  CosifTatta  era  veramente  la  potesta  dei 
Patrizii  imperial! ,  posti  al  governo  delle  province ,  e  in  ispecialla 
quella  degli  Esarchi  d'  Italia;  e  cosiffatta  dovrebbe  pure  essere  sta- 
la  la  potesta  dei  Carolingi ,  nella  sentenza  di  chi  li  fa  successor!  de- 
gli Esarchi,  o  almeno  crede  che  il  loro  Patriziato  importasse  la  Pre- 
fettura  di  Roma  e  del  suo  Ducato.  Ma  tale  non  e  quella  che  i  docu- 
menti  storici  mostrano  da  essi  esercitata.  Questa  in  ogni  suo  atto 
apparisce  a  maniera  di  un  intervento  straordinario,  di  un  aiuto  estrin- 
seco;  il  quale,  sempre  che  viene  invocato,  accorre  in  sostegno  e  di- 
fesa  dell'  autorita  del  Papa  e  de'  suoi  ufficiali  ordinarii ;  ma  fuor  di 
cio,  non  s'  inframmette  altrimenti  di  niun  governo  o  ministero  pub- 
blico.  Roma  e  le  altre  citta  aveano  i  lor  governatori  o  prefetti,  i  lor 
duci  e  ottimati  della  milizia,  i  loro  giudici  e  attori,  che,  sotto  1'aulo- 
rila  suprema  del  Papa ,  amminislravano  tutte  le  parti  del  pubblico 
reggimento;  e  finche  questi  ufficiali  ordinarii  bastavano  da  se  soli  ad 
ogni  cosa ,  il  Patrizio  era  come  se  non  fosse :  ma  se  nasceva  un  bi- 
sogno  straordinario,  seun  prepotente  nemico  al  difuori  minacciava 
o  assaliva  i  terrilorii  dello  Stato,  se  gravi  turbolenze  o  liligi  sorgeano 
di  dentro  a  sconvolgere  1'ordine  pubblico,  e  soprattutto  se  T auto- 
rita o  la  persona  del  S.  Padre  veniva  direttamente  offesa ,  come  fu 
nel  famoso  attentato  del  799  contro  Leone  III;  in  tai  casi  il  Papa 
invocava  1'aiuto  del  Patrizio,  ed  il  Patrizio  allora  interveniva,  e  sfo- 
derando,  per  cosl  dire,  la  spada  della  sua  potesta  protettrice,  eserci- 
tava  quel  tanlo  di  giurisdizione  che  il  caso  richiedeva,  ed  alia  quale 
tulli  i  suddili  di  S.  Pietro  eran  tenuti  d'obbedire;  dopo  di  che,  rin- 
guainata  quella  spada ,  egli  si  ritraeva  in  disparte ,  lasciando  no- 
vamente  libero  il  campo  alle  ordinarie  potesta.  II  Patrizio  dunque, 
a  guisa  di  vigile  alleato,  assisteva  allo  Stato  della  S.  Sede,  pronto  a 
difenderlo  ad  ogni  uopo,  par  aim  adesse  in  adiutorium  et  defensio- 
nem  sanctae  Dei  Ecclesiae  in  omnibus,  in  quibus  necessitas  ingrue- 


440  1L  PATRIZIATO  ROMANO 

rit,  come  di  se  scrivea  Pipino  a  Paolo  1 1 ,  ma  senza  pun  to  arro- 
garsi  di  governarlo.  Come  Difensore  della  Chiesa  e  campione  di  san 
Pietro,  egli  sempre  armato  di  tutto  punto,  stava  a  lato  del  Pontefice 
per  proteggerne  il  trono  e  la  persona ,  ma  non  brand! va  le  armi  se 
non  al  cenno  del  Pontefice.  Perpetua  era  in  lui  la  dignita,  e  con  es- 
sa  la  potesta  patriziale ,  ma  questa  non  recava  in  atto  fuorche  nelle 
straordinarie  contingenze  per  cui  gli  era  stata  commessa ;  in  quella 
guisa  appunlo  che  il  guerriero  porta  sempre  al  fiarico  la  spada,  ma, 
tenendola  oziosa  in  tempo  di  pace ,  la  sguaina  e  T  adopera  soltanto 
nel  cimenlo  della  battaglia. 

Tal  e  il  vero  concetto,  che  la  storia  ci  da  della  giurisdizione  e  po- 
testa  patriziale,  quanto  al  suo  esercizio.  Pipino  infatti,  fuori  delle  due 
guerre  che  intraprese  contro  Astolfo,  a  cui  seguirono  i  due  Trattati  di 
Pavia,  e  in  vigor  di  quest!  la  reslituzione  e  la  consegna  dell'Esarca- 
to  e  della  Pentapoli  alia  S.  Sede;  e  faori  dell'adoperarsi  che  indi  fece 
a  quando  a  quando,  sia  per  tulelare  lo  Stato  ponlificio  contro  le  mi- 
nacce  e  insidie  dei  Greci,  sia  per  costringere  Desiderio  a  rendere  al 
Papa  intiere  le  sue  giustizie  ;  fuori  di  questi  atli ,  diciamo  ,  a  cui  le 
espresse  ed  iterate  istanze  dei  Papi  lo  sollecitarono,  non  si  sa  che  mai 
si  tramischiasse  di  nulla,  quanlo  all'inleriore  governo  di  Roma  e  delle 
province,  liberissima  lasciandone  e  intera  al  Pontefice  la  cura,  se  non 
In  quanto  raccomandava  ai  Romani  di  mantenere  al  Papa  ,  come  a 
loro  Sovrano ,  inviolata  la  fede  2.  Anzi ,  come  gia  notammo  altrove, 
egli  si  astenne  da  ogni  intervento,  anche  in  tal  caso  che  parea  mas- 
simamenle  richiederlo,  cioe  nelle  turbolenze  gravissime  die  in  Roma 
seguirono  alia  morte  di  Papa  Paolo  I:  e  forse  tra  le  ragioni  dell'aste- 
nersene  la  precipua  fu,  il  non  essersi  allora  fatto  da  Roma  niun  espres- 
so ricorso  al  suo  aiuto.  Carlomagno  poi,  benche  piii  frequenle  ed  ef- 
ficace  prestasse  1'  opera  sua  al  Papa ,  soprattutto  dopo  la  conquista 
del  regno  Longobardo ;  nondimeno  mai  non  esercito  ne  pretese  niu- 
na  stabile  ingerenza  di  governo  ne  in  Roma ,  ne  in  Ravenna ,  ne  in 
altre  citta  dello  Stato.  Go  apparira  manifesto  dalla  serie  degli  atti  del 
suo  Patriziato  ,  che  ci  faremo  tesle  a  descrivere,  narrando  la  storia 

1  Yedi  T  Epist.  XL  del  CODICE  CAROLING. 

2  Yedi  1' Epist.  XV  del  medesimo  CODICE. 


DI  CARLOMAGKO  441 

dello  Stato  pontificio  dal  774  all'  800;  ma  ne  possiamo  dare  fin  d'o- 
ra  una  egregia  prova,  indicando  un  fatto  significanlissimo  che  a  lut- 
to  quel  periodo  di  storia  si  estende ,  non  merio  che  a  quello  dei  venti 
anni  innanzi. 

Questo  e  il  non  aver  mai  i  Patrizii  Caroling!  lenuto  in  Roma  niun 
vicario  o  rappresentante  stabile  della  loro  autorila.  Personal menle 
si  sa  che  Pipino  mai  non  fu  a  Roma ,  e  Carlomagno ,  ddle  cinque 
volte  che  ci  venne  1 ,  la  piu  lunga  stanza  che  vi  facesse  fu  di  quat- 
tro  mesi,  non  trattenendovisi  le  allre  che  pochi  giorni  o  poche  set- 
timane.  Ma,  non  potendo  della  lor  persona,  ben  polevano  esercitare 
la  giurisdizione  patriziale  per  mezzo  di  un  lor  ministro  che  avesse 
in  Roma  ferma  residenza.  Eppure  di  tal  ministro  non  si  trova  la 
menoma  traccia ;  ma  in  vece  di  lui ,  si  veggono  soltanto  dei  messi 
temporanei ,  venire  di  quando  in  quando  a  trattar  col  Papa ,  ed  a 
prestargli  in  nome  del  Patrizio  i  servigi  richiesti. 

La  storia  di  colesli  messi,  dei  quali  si  fa  conlinua  menzione  nel  Co- 
dice  Caroline,  porge  gran  lume  a  intendere  le  relazioni  che  correano 
tra  il  Patrizio  e  il  Papa ;  ma  qui  ne  loccheremo  solo  quel  die  fa  al 
presente  proposito.  Essi  cornparivano  in  Roma  a  inlervalli  piu  o  men 
rari,  e  senza  legge  di  tempo ;  vale  a  dire,  non  gia  come  visilatori  ordi- 
narii  che  ad  ogni  dato  periodo  debbono  adempiere  la  lor  missione,  ma 
come  ambasciatori  che  si  inviano  secondo  che  porta  il  sopravvenir 
dei  negozii.  Spesso  il  Re  Palrizio  li  inviava  di  suo  moto  spontaneo, 
per  solo  Iratto  di  cortesia  e  devozione  alia  S.  Sede;  ma  piu  spesso 
venivano  a  richiesta  espressa  del  Papa,  che  dell'opera  loro  abbiso- 
gnava  2 ;  e  talvolta  ei  lagnavasi  della  loro  tardanza ,  sollecilando 

1  Carlomagno  fu  in  Roma  la  prlma  volta,  per  la  Pasqua  del  774,  e  giun- 
tovi  il  Sabato  Santo,  ripartl  prontamente  per  Pavia  dopo  il  Mercoledi  di 
Pasqua.  La  seconda  venuta  fu  per  la  Pasqua  del  781 ;  la  terza  sui  principii 
del  787;  e  la  quarta,  alia  Pasqua  del  medesimo  anno,  mentr'  era  di  ritorno 
dalla  spedizione  di  Benevento.  L' ultima  e  piu  lunga  visita  fu  quella,  in  cui 
ebbe  la  corona  imperiale:  giunto  in  Roma  il  24  Nove,mbre  dell1 800,  vi  di- 
moro  fino  al  25  del  seguente  Aprile  ( Vedi  il  BOHMER,  Regesta  Karolorum ). 

2  CODICE  CAROLING,  Epist.  XXV,  XXVII,  XXIX,  XXXIX,  LiV,  LV,  LXVI, 
LXXX1X  etc. 


442  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

percio  con  nuove  leltere  il  Patrizio  a  spedirli  quanto  prima  l.  Per 
mezzo  di  loro  il  Patrizio  cliiedeva  ed  informavasi  di  tutto  do  che 
spettava  agl'inleressi  della  S.  Sede  e  dello  Slato:  se  ogni  cosa  fosse 
salva  e  tranquilla,  se  i  Longobardi  avessero  adempiule  le  giustizie, 
se  Adelchi  fosse  sbarcato  sulle  coste  d'  Italia  2 ;  ed  allre  simili  do- 
inande,  le  quali  fan  toccare  con  mano,  che  il  Patrizio  niun  ministro 
qui  tenea,  da  cui  avesse  continui  ragguagli  di  quanlo  accadeva. 
Adempiuto  poi  che  i  regii  messi  aveano  il  loro  incarico,  senz'altro 
indugio  se  ne  tornavan  tosto  in  Francia,  riportando  al  Re  leltere  del 
Papa,  ovvero  associati  non  di  rado  ai  messi  romani,  che  il  Papa  in- 
yiava  a  restituire  al  Re  la  cortesia  della  visila  ed  a  tratlare  con  lui 
di  viva  voce  gli  affari.  Che  se  al  Papa  occorreva,  per  qualche  straor- 
dinaria  necessila,  di  ritenere  presso  di  se  piu  a  lungo  il  messo  regio ; 
di  cio  avvertiva  espressamenle  il  Patrizio,  appunlo  perche  era  cosa 
fuori  del  consueto.  Cosi,  quando  Paolo  I,  nel  761,  temea  1'invasione 
dei  Greci,  che  minacciavano  Ravenna  e  Roma,  scrisse  a  Pipiuo  che 
gl'inviasse  un  messo,  il  quale  dovesse  dimorare  qui  in  Roma  pres- 
so di  lui ,  finche  non  fosse  svanito  il  pericolo  3 ;  ed  altrove  lo  av- 
visa  di  aver  ritenuto  in  queste  parti  i  due  messi  regii,  perche  cosi 
domandava  1'interesse  di  S.  Chiesa  4. 

Da  tutto  cio  e  manifesto,  che  il  Patrizio  de'  Romani  non  aveva  in 
Roma  niun  ufficiale  residente ,  che  stabilmente  amminislrasse  in 
nome  di  lui,  o  rappresentasse  come  che  sia  la  potesla  patriziale.  Lo 
Stato  Romano  era  per  lui  quasi  uno  Stato  straniero ;  giacche ,  come 
tra  gli  Stati  stranieri,  a  que'  tempi  in  cui  nelle  Corti  non  s'era  per 

1  Epist.  LIV,  LV. 

2  Epist.  XXXVII,  XL1II,  XG. 

3  Deprecanles  et  hoc  a  Deo  institutam  excellentiam  vest-ram,  ut  ad  nosy 
hoc  adveniente  Martio  mense,  vestrum  dirigere  iubeatis  missum,  qui  hie  Romae 
nobiscum  DEMOEAEI  debeat  etc.  Epist.  XXV.  E  nell'  Epist.  XX VII,  ripete  la 
stessa  domanda:  lubealis  vestrum  fidellssimum  missum  hie  ad  nos  Romam  di- 
rigere ,  qui  nobiscum  PRO  MSIDIIS  IXIMICORUM  DEMORARI  debeat  etc.  Cf.  Epist. 
XXXIX. 

4  Interea  duos  vestros  missos,  id  est  Wulfardum  et  eius  socium,  secnndum 
vestram  pracceplionem  (cioe  secondo  1'ordine  dato  loro  dal  Re),  pro  utilita- 
tibus  sanctac  noslrae  Ecclesiae,  in  Ms  parlibus  RETIXUIMUS.  Epist.  XLI. 


DI  CARLOMAGNO 

anche  introdolto  1'  uso  degli  ambasciatori  resident!,  cosi  tra  lo  Stato 
romano  e  la  Franda ,  tra  il  Papa  e  il  Patrizio  ogni  cosa  faceasi  per 
messi  volanti;  con  quesla  difFerenza  pero,  che  i  messi  Franchi  erano 
qui  piu  frequent!,  atteso  1'  intima  alleanza  che  in  virtu  del  Patto  pa- 
triziale  congiungea  la  Francia  con  Roma ;  e  che  cotesti  messi,  quan- 
do  venivano  ,  non  esercitavan  solo  1'  ufficio  di  messaggieri  e  amba- 
sciatori del  loro  Principe ,  ma  si  ancora  quel  di  luogotenenti  della 
sua  autorita  patriziale. 

Ora  quest'  autorita,  appunto  perche  amministrata  da  ufficiali  stra- 
ordinarii ,  passaggieri ,  estranei ,  a  tempi  interrotti  e  varii ,  chiara- 
mente  mostra  non  essere  stata  se  non  che  un'autorita  straordinaria, 
estrinseca  e  quasi  straniera  allo  Stato  della  S.  Sede.  Quindi  scorge- 
si,  quanlo  siano  andati  lontani  dal  vero  quegli  Autori,  che  hanno 
confuso  la  potesta  dei  Patrizii  Carolingi  con  quella  degli  Esarchi 
d'  Italia,  o  dei  Prefetli  di  Roma ;  conciossiache,  a  vedere  la  capital 
differenza  che  passa  tra  la  prima  e  la  seconda,  basta  paragonarle 
neiratto  e  nel  modo  del  loro  esercitarsi,  che  fu  diversissimo.  Gli 
Esarchi  e  i  Prefetti  esercitavano  potesta  ordinaria  e  continua ;  ep- 
percio  teneano  stanza  ferma  in  Ravenna  e  in  Roma,  ed  aveano 
intorno  a  se  una  corle  stabile  di  ufficiali ,  di  giudici ,  di  mili- 
zie  da  lor  dipendenti,  con  quant'  altro  richiedesi  al  governo  re- 
golare  di  uno  Stato  o  di  una  provincia.  Laddove  nulla  di  tut- 
to  cio  trovasi  nei  Patrizii ;  prova  evidentissima  che  la  potesta  di 
questi  non  era  potesta  governativa  ed  ordinaria  ,  ma  sol  difensiva, 
eppercio  straordinaria,  non  venendo  mai  all'  atto,  se  non  in  quei 
casi  e  denlro  quei  limiti  che  richiedeva  il  bisogno  di  proteggere  la 
S.  Sede  e  i  popoli  a  lei  sudditi.  Donde  confermasi  eziandio  ed  illu- 
strasi  sempre  meglio  quel  che  abbiamo  spiegato  nel  precedente 
articolo;  cioe,  1' ufficio  del  Patriziato  non  essere  stato  altro  che  uffi- 
cio di  difesa,  e  il  nome  di  Patrizio  de'  Romani  non  aver  avulo  nei 
Re  Carolingi  altro  significato  che  quel  di  Difensore  della  Chiesa 
Romana  e  del  suo  Stato. 


RIVISTA 

DELIA 

STAMPA   ITALIANA 


I. 

Storia  delle  Due  Sicilie  dal  4847  al  4864,  di  GIACINTO  DE  Sivo  ; 

Volume  Primo  —  Roma,  tipografia  Salviucci  1863. 
I  Casi  delta  Toscana  net  4859  e  4860  narrati  al  popolo  da  una 

COMPAGNIA  DI  TOSCANI  cow  note  e  Documenti  —  Firenze,  lipogra- 

grafia  di  A.  Salani  1864. 

Nella  penuria,  in  che  al  presente  versa  T  Italia,  di  gravi  scrittu- 
re,  noi  forse  non  facciamo  opera  di  giudiziosi  massai  riunenclo  in 
una  sola  due  libri,  dei  quali  ciascuno  potrebbe  dare  soggetlo  ad  una 
mollo  rilevante  Rivista.  Mal'ideiitita  dell' argomento ,  o  piuttosto 
1'analogia  che  passa  tra  1'uno  e  1'altro  lavoro ,  porgendoci  occasione 
di  dire  alcune  cose  comuni  ad  ainbedue  ,  noi  coll'  accoppiarli  schi- 
viamo  il  rischio  di  ripeterci,  e  potremo  rincalzare  cio,  che  siamo  per 
dire,  col  lesiimonio  di  due. 

Sono  notissime  le  difficoM  che  sogliono  considerarsi  nel  deltare 
storie  di  fatti  Iroppo  recenti ,  e  dei  quali  coloro ,  che  ne  furono  va- 
riamente  autori  o  viltime ,  sono  o  tutti  o  quasi  tutti  viventi  ancora. 
Quelle  si  riducono  generalmente  alle  preoccupazioni  passionate,  che 
possono  turbare  la  veduta  di  chi  scrive,  ed  ai  riguardi,  che  spesso  si 
debbono  avere  ad  alcune  persone  di  cui  si  scrive,  i  quali  non  senoprc 
permettono  di  manifestare  schieltamente  tulla  inlera  la  verita.  Non- 
dimeno  ai  maestri  dell'arle  quelle  difficolla  non  parvero  di  tanto  peso, 


RIVISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA  445 

che  per  ragione  di  esse  una  storia  debba  ispirare  poca  fiducia  pero 
solamente,  che  edi  avvenimenti  contemporanei  allo  scriltore.  Gia  non 
diremo  universalniente,  che  le  passion!  anche  calde  presuppongono  o 
producono  pregiudizii  in  offesa  del  vero;  potendo  benissimo  av venire, 
che  un  ammo  ben  composto  e  saldo  nei  principii  di  morale  cristiana, 
sia  anzi  aiutato  dalle  passioni  ad  abbracciare  con  maggiore  coraggio 
il  nobile  uffizio  di  manifestare  il  vero,  ed  a  manifestarlo  con  forme  phi 
vivaci  e  persuadevoli.  Ne  ad  un  arimo  cosi  disposio  sarebbe  insu- 
perabile  impedimento  il  riguardo,  che  pur  deve  aversi  a  coloro,  che 
per  1'  altezza  del  grado  ,  in  cui  furono  collocati  dalla  Provvidenza , 
hanno  diritlo  alia  riverenza  di  tulli.  Trattandosi  di  fatti  pubblici,  alia 
riverenza  non  si  oppone  la  temperata  censura  anche  pubblica ;  ed  il 
riserbo  medesimo ,  che  uno  scritlore  assennato  vi  recasse ,  sarebbe 
avviso  a  chi  legge  di  dare  a  quella  il  giusto  suo  peso,  intendendo 
dal  poco  che  si  dice  il  non  poco  che  talora  si  prelerisce.  Da  un'altra 
parte  le  slorie  contemporanee  hanno  1'  insigne  vanlaggio  di  narrare 
cose  vedute  quasi  coi  proprii  occhi  dai  loro  aulori ;  e  le  quali  avreb- 
bero  nuovo  suggello  di  veracita  dal  silenzio  dei  presenti ,  che  non 
avessero  in  maniera  Yale  vole  contraddetto  o  proteslato.  Ad  ogni  mo- 
do,  se  i  contemporanei  agli  avvenimenli  non  ne  regislrassero  in  un 
modo  o  in  un  altro  i  ricordi ,  sarebbe  quasi  impossibile  avere  ( ollre 
alia  tradizione  orale )  slorie  anche  dai  posted  ,  i  quali  non  si  pen- 
sano  poter  meglio  convalidare  le  loro  narrazioni ,  che  confortandole 
dalla  teslimonianza  dei  presenti;  neper  avvenlura  potrebbero  in  di- 
versa  maniera. 

Si  aggiunga  che  la  sloria  dovendo  essere  maestro,  delta  vita,  for- 
se  un  tale  uffizio  a  nessuno  suo  periodo  per  le  singole  generazioni 
si  avviene  meglio,  che  a  quello  di  cui  esse  medesime  furono  spetla- 
trici,  ed  in  un  modo  o  in  un  altro  anche  parte.  In  questo  caso  i  do- 
cumenti  della  storia  toccandoci  molto  da  vicino ,  possono  esercitare 
la  loro  azione  piu  effic  icemente,  che  gli  avvenimenti  lonlani  non  po- 
trebbero; sopraltutto  perche  a  rispetlo  dei  primi  non  puo  recarsi  quel- 
la diversila  delle  condizioni,  la  quale  molto  spesso  ci  vale  di  scusa  per 
ischivare  la  forza  dei  secondi.  Ne  sia  chi  dica  che,  trattandosi  di  av- 
yenimenti ,  dei  quali  lull!  furono  testimonii ,  non  abbiamo  alcun  bi- 


HI  VIST  A 

sogno  che  altri  li  ci  venga  a  narrare,  disponendoli  piu  o  meno  arti- 
iiciosamente  in  un  corpo  di  storia.  Lasciando  stare  che  in  tempi  di 
cosi  gravi,  moltiplici  e  diuturne  alterazioni  pubbliche,  e  ristreltissi- 
mo  il  cerchio  dei  fatti,  di  cui  noi  medesimi  potemmo  essere  veramen- 
te  lestimonii  oculari;  ma  di  quel  tanto  piu,  che  convenne  raccogliere 
(se  pur  si  raccolse)  da  relazioni  orali  o  scrilte,  deh!  chi  puo  affi- 
darsi  di  avere  in  tutto,  o  almeno  nel  precipuo,  saputo  il  vero  in  mez- 
zo a  fazioni  prevalent! ,  le  quali ,  fatte  padrone  del  campo  ,  il  primo 
uso  che  fecero  del  loro  dominio  fu  fabbricarsi  una  pubblica  opinio- 
ne  per  mezzo  di  quella  slampa  vendereccia,  che  e  non  ultima  calami- 
la  e  vergogna  dell'  eta  moderna?  Che  se  pur  si  fosse  giunto  a  cono- 
scere  pel  loro  verso  i  nudi  fatti  alia  spicciolata ,  si  starebbe  ancor 
lungi  dal  trarre  dalla  storia  quegli  ammaestramenti  salutari ,  che 
emergono  non  tanto  dai  fatti  stessi,  quanto  dal  loro  vicendevole  col- 
legamento  in  ragione  di  cause  e  di  effetti.  Ora  per  questo  capo,  ap- 
pena  e  credibile  a  quanti  pervertimenti  si  schiuda  la  via ,  quando , 
poniamo  pure  che  i  fatli  si  conoscano  nella  loro  verita ,  a  fame  sti- 
ma  si  prendono  a  norma  certi  principii  stravolti,  che  sembrano  esse- 
re 1'orgoglio  del  nostro  tempo ,  e  ne  sono  piu  veramente  il  vitupero 
ed  il  flagello.  In  somma  la  storia  contemporanea  quanto  qualunque 
altra,  e  solto  qualche  rispetto  piu  di  qualunque  altra  puo  compiere 
1'  uffizio  di  essere  maestra  della  vita,  ogni  qual  volta  alia  veracita  dei 
fatti  che  narra  sappia  accoppiare  quella  giustezza  di  principii  e  quel- 
la severita  di  deduzioni ,  che  sono  indispensabili  per  trarre  dai  fatti 
particolari  gli  ammaestramenti  universali  della  esperienza. 

Per  queste  ragioni  a  noi  e  paruto  commendevolissimo ,  ed  abbia- 
mo  ragione  di  cotifidare,  che  sia  per  riuscire  non  meno  profiltevole 
il  consiglio,  onde  il  De  Sivo  ed  una  Compagnia  di  Toscani  si  posero  a 
narrare  all'Italia  gli  avvenimenti  degli  ultimi  anni,  quegli  per  le  Due 
Sicilie,  questi  per  la  Toscana.  Variamente  lo  fecero  ;  e  noi ,  discor- 
rendone  partitamente,  indicheremo  le  differenze  precipue,  onde  i  due 
lavori  si  dispaiano  tra  loro.  Ma  quanto  a  sanita  di  principii,  a  nobili 
sentimenti  di  onesta  e  di  religione,  a  coraggiosa  franchezza  nel  qua- 
lificare  le  cose  e  le  persone  coi  proprii  loro  nomi,  e,  per  cio  che  noi 
possiamo  giudicarne,  eziandio  quanto  a  veracita  di  falti  narrati,  so- 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  4  47 

no  ambedue  lavori  degni  di  essere  tenuti  in  altissimo  pregio ,  e  ca- 
paci  di  rinfrancare  non  poco  gli  animi  onesti ;  i  quali  pur  Iroppo  ban 
ragione  di  lamentare  lo  slrazio  indegno,  che  della  verila,  in  questi 
ultimi  anni,  si  e  fatto ,  e,  per  nostro  danno ,  tuttavia  si  sta  facendo. 
In  tanla  prostrazione  di  spiriti ,  in  tanto  oscuramento  dei  primi  prin- 
cipii  della  morale,  non  che  rivelata,  ma  naturale,  in  tanla  abbiettez- 
za  di  passioni,  in  tanto  trionfo  d'iniquita  prepotente,  questi  due  libri 
ci  ban  fatto  respirare :  e  ci  e  paruto  cbe,  mentre  da  un  lato  a  chiun- 
que  voglia  conoscere  la  prima  verita  dei  fatti ,  ne  e  porto  sicurissi- 
mo  mezzo ;  dall'  altro  il  manto  d'  infamia,  onde  agli  occhi  della  po- 
slerita  dovran  comparire  coperti  i  moderni  rigeneraiori  d'  Italia ,  e 
in  gran  parte  lessuto.  Che  se  come  il  De  Sivo  lo  ha  fatto  pel  mag- 
giore  Stato  della  Penisola,  e  la  Compagnia  di  Toscani  per  la  piu  gen- 
tile sua  parte,  cosi  si  trovasse  chi  potesse  e  volesse  farlo  ugualmen- 
te  bene  per  gli  Stati  della  Chiesa  e  pei  due  Ducati,  il  processo  della 
fazione  oggi  dominante,  e  dei  suoi  protettori  e  manutengoli,  sarebbe 
in  ogni  sua  parte  compiulo ;  ne  una  sentenza  di  altissima  esecrazio- 
ne  dovrebbe  aspettare  la  tarda  posterila  per  essere  pronunciala  so- 
pra  tal  opera.  Ma  da  venire  e  alia  particolarita  di  ciascuno  dei  due 
libri  sopraseritti ,  per  poscia  tornare  a  qualche  altra  generate  consi- 
derazione  sopra  di  enlrambi. 

II  De  Sivo  ha  inteso  dettare  Storia  propriamente  detta  nell'  antica 
e  nobile  significazione  della  parola.  Dei  quattro  volumi,  in  cui  egli 
fomprendera  il  periodo  da  lui  preso  a  descrivere,  per  ora  nou  ab- 
biamo  che  il  primo,  comprendente  sette  libri ;  dei  quali,  com' egli  ci 
ragguaglia  nella  Pre fazione,  sei  erano  gia  scrilti  fin  dal  1849.  Ma 
egli,  per  non  par  ere  dipercuotere  i  vinti,  e  d'inneggiare  ai  vincitori, 
ne  a\7ea  riposto  il  manoscritto,  notandovi  sopra :  Da  stamparsi  dopo 
mia  morte.  Quando  nondimeno  i  vincitori  alia  loro  volta  diventaro- 
LO  vinti  e  viceversa,  egli  voile  fare  con  difficolta  e  con  pericolo  cio 
che  allora  molto  agevolmente  avrebbe  polulo  e  forse  ancor'a  con 
profitto.  Ai  sei  libri  poi,  che  narravano  i  fatti  seguiti  dal  1846  fino 
al  15  Maggio  del  1848,  egli  ha  aggiunti  gli  allri,  ,che  saranno  com- 
presi  ne'  ire  seguenti  volumi ;  ed  i  quali  condurranno,  come  crc- 
diamo,  la  narrazione  fino  alia  resa  di  Gaeta,  che  consumo  il  disfaci- 


418  RIVISTA 

mento  della  piu  ampia  e  piu  antica  Monarchia,  che  fosse  in  Italia. 
Periodo,  se  altro  ne  fumai,  pienissimo  di  grandi  rivolgimenti , 
d'immani  colpe,  d' inestimabili  calamita  e  d'incredibili  error! ;  ma 
periodo  alia  sless'  ora  nolevolissimo  per  1'  intimo  collegamento  che 
gli  avvenimenti  stessi  ebbero  Ira  loro,  in  quanto  e  indubitato,  die 
la  grande  catastrofe  del  59  e  del  60  ebbe  la  sua  prossima  cagione, 
o  piultosto  vogliamo  dire  il  suo  addentellalo  nel  47  e  nel  48;  e  i  due 
lustri,  che  vi  corsero  fra  mezzo,  non  furono,  che  il  lento  e  soppiatto 
apparecchio ,  onde  la  fazione ,  diventata  Governo  costituzionale  in 
Piemonle ,  e  confortata  di  poderosi  aiuli  stranieri ,  intese  alia  di- 
struzione  di  tutli  i  troni  italiani  a  proprio  profilto,  cominciando  dal 
sabaudo ,  il  piu  dominato  di  tutti  da  lei :  anzi  il  solo  tra  lutti ,  per- 
che  portosi  ad  essere  suo  docile  ed  inerte  slrumento. 

Come  dicemmo,  lo  Storico  delle  Due  Sicilie,  col  rendere  un  cosi 
insigne  servigio  alia  causa  della  verila  e  della  giustizia,  in  un  me- 
desimo  ha  inteso  fare,  e  veramente  ha  fallo,  nella  propria  significa- 
zione  della  parola,  opera  d'arte ;  e  nel  suo  libro,  come  per  ogni  ragio- 
ne  si  conviene  ad  una  Storia  dignitosa  ed  istruttiva ,  il  decoro  nella 
forma  gareggia  colla  copia  doviziosa  delle  nolizie,  e  colla  retlitudine 
di  un  giudizio  sempre  sicuro,  e  che  lalora  assorge  all'altezza  ed  alia 
universalita  di  vera  sapienza  civile.  I  quali  pregi  collocano  il  De 
Sivo  quasi  al  paro  cogli  antichi,  senza  che  nella  moderna  Italia, 
quanlo  almeno  sappiarao  noi,  sia  alcuno,  che  per  questo  rispelto  gli 
possa  essere  paragonato.  Ed  e  certamente  onorevole  alia  sless'  ora 
e  consolante  per  tulti  i  buoni,  che  la  migliore  sloria  di  quante  ne 
comparvero  in  questi  ullimi  anni  tra  noi,  anche  lellerariamente 
parlando,  sia  slata  scrittain  senso  crislianamente  oneslo,  e  stia  tan- 
to  al  di  sopra  a  quei  falsatori  di  sloria,  che  la  fazione  prese  a  suo 
servigio,  togliendosi  il  carico  di  porne  in  fama  i  lavori  e  di  retri- 
buirne  largamenle  gli  autori.  II  Collelta,  il  Farini,  lo  Zobi  (ne  no- 
miniamo  uno  pei  tre  precipui  Stall  ilaliani  annessi)  sono  scolari  rim- 
petto  al  De  Sivo:  il  quale  ha  dalo  all'Italia  un  tipo  di  storia,  certo 
non  nuovo  nei  tempi  passati,  ma  il  quale  nei  moderni  polea  dirsi 
perdulo ;  e  dovea  essere,  siccome  quello  che  richiede  nello  scrittore 
una  tempera  d'animo  ed  un  modo  di  concepire,  dalla  quale  e  dal 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  449 

quale  la  floscia  e  quasi  avvizzila  civilta  moderna  ci  fa  ogni  di  phi 
slontanare.  Lo  stile  del  De  Sivo  e  nervoso,  pieno,  rapido,  e  senza 
rivelare  ombra  d'  imitazione  servile,  ti  fa  tornare  col  pensiero  agli 
AnnalieAdii  Cesan'diTacito,  quali  furono  toscaneggiati  dal  Davan- 
zati.  Forse  gli  sludiosi  di  toscanita  non  gli  manderanno  buona  qual- 
che  rara  voce ,  e  qualche.piu  rara  forma  di  dire ,  che  giudicano  di 
men  buona  lega,  perche  non  adoperata  dai  nostri  classici,  in  quanto 
non  si  trova  registrata  nei  vocabolarii ;  e  noi  medesimi  non  saprem- 
mo  approvare  quella  liberta,  ogni  qual  volla  non  sia  giustificala  dal 
bisogno  di  mantenere  il  concetto,  a  cui  certo  le  forme  e  le  voci  deb- 
bono  non  comandare ,  ma  servire.  Che  se  un  due  o  tre  volte  vi  si 
scontya  qualche  costrutto  errato,  noi  teniamo  per  fermo  che  cio  debba 
noverarsi  Ira  quelle  rnende  tipografiche,  dalle  quali  e  spiacevole  che 
questo  libro  non  sia  comparso  meglio  purgato.  Ma  che  sia  di  cio,  il 
dettato  di  questa  Storia  e  originalmente  nobile ,  non  la  cede  in  tutta 
la  sua  ampiezza  a  quelle  rare  pagirie,  che  si  scontrano  belle  nelle  sto- 
ne del  Botta ,  e  le  quali  in  quest'  ultimo  scrittore,  contrapposte  alia 
mediocrita  delle  altre,  ne  rendono  cosi  disuguale  e  faticoso  a  legge- 
re  il  tutto.  Laddove  1'andamento  sempre  uguale  di  quesfa,  edil  suo 
incedereHfranco,  stringato  e  celerissimo  la  rendono  uno  dei  rari  libri, 
dei  quali ,  compiuta  appena  la  lettura ,  ti  senti  invogliato  a  leggerli 
Mina  seconda  volta :  poniamo  che  dalle  prime  pagine  il  lettore  riman- 
ga  alcun  poco  sospeso  del  suo  giudizio ,  come  uomo  che  move  cose 
assaggia. 

Dalla  quale  maravigliosa  concisione,  che  per  nulla  non  offende 
i'ordine  o  la  chiarezaa ,  e  stato  il  De  Sivo  abilitato  a  condensare  in 
appena  400  pagine  di  non  grande  formato  una  ricchezza  di  fatti ,  di 
nolizie,  di  dati  statistici,  che  forse  altriavrebbepenatoaraccoglie- 
re  in  due  grossi  volumi ,  e  che  hanno  una  non  piccola  rilevanza  a 
giudicare  delle  condizioni  di  quel  Reame  cosi  poco  conosciulo  da  co- 
loro,  che  piu  lo  hanno  calunniato.  Egli  non  usa  citare  documenti; 
ed  in  cio  si  conforma  ai  grandi  modelli  che  ci  ha  lasciata  ranlichita 
greca  e  romana,  imitate  dagl'  italiani  del  trecento  e  del  cinquecento; 
ma  ci  pare  manifesto  dal  suo  libro  che  1'Autore,  oltre  ad  essere  stato 
raccoglitore  diligentissimo  di  contezze,  per  arricchirne  la  sua  Storia, 
Serie  V,  wl.  X,  fasc.  340.  29  12  Maggie  1864. 


450  RIVISTA 

lia  dovuto  avere  a  sua  posta  copia  notevolissima  di  document!  auten- 
tici ,  e ,  come  oggi  dicono,  ufficiali.  Ma  quali  che  siano  state  le  fon- 
ti ,  dalle  quali  egli  ha  attinto  ,  il  cerlo  e  che  -in  tulle  le  cose ,  delle 
quali  noi  avevamo  altronde  notizia  sicura ,  e  di  alcune  eravamo  sta- 
ti  spettatori  ed  anche  parte,  abbiamo  trovato  k  narrazione  di  lui  con- 
formissima  alia  verita  piu  scrupolosa ;  e(J  il  medesimo  ci  fu  atteslalo 
da  altri  anche  a  rispetto  del  resto  deir  Italia ,  i  cui  avvenimenti  1'Au- 
tore  tocca  spesso  e  largamente,  per  occasionedei  napolitani.  Di  qui 
ci  pare  molto  conforme  alia  equita  ed  alia  prudenza  il  giudicare  che, 
eziandio  pel  rimanente ,  al  De  Sivo  non  siano  mancate  le  due  condi- 
zioni  indispensabili  allo  scrivere  storia :  dell'avere  cioe  conosciulo  il 
vero,  e  di  averlo  volutq  dire.  Con  do  non  si  viene  ad  inferire ,  che 
tutto  dunque,  fino  agli  apici,  sia  fiore  di  verita:  cio  sarebbe  slato 
impossibile  in  tanta  moltiplicita  di  cose ,  di  persone ,  di  evenli  e  di 
dati,  di  cui  si  doveva  o  dare  contezza  o  profferire  giudizio.  Lo  stesso 
Autore  vide  la  probabilita  di  avere  involontariamente  errato  a  ri- 
spetto di  alcun  fatto  o  dialcuna  persona  parlicolare;  e  pero  alia  fine 
di  questo  volume  si  professa  parato  a  retlificare  cio  che  avesse  po- 
tuto  asserif  e  di  men  vero ,  quando  gliene  fossero  fatte  rimostranze 
giustificate.  Ma,  slando  cosi  sulle  generali,  a  noi  pare  che  questa 
Storia  abbia  tutti  i  caratteri  necessarii  ad  essere  riputata  in  ogni  sua 
parte  sustanzialmente  veridica. 

Quanto  ai  principii  morali  dal  De  Sivo  professati  nel  deilare  la 
sua  Storia ,  noi  gia  ne  facemmo  un  cenno;  ma  bastera  per  tutto  di- 
re ,  che  egli  e  scritlore  onesto  e  cristiano ,  o  piuttosto  vogliamo  dire 
cristianamente  onesto ,  per  significare ,  che  per  lui  1'onesta  ha  per 
norma  il  Cristianesimo.  Di  qui  voi  potete  leggermenle  raccogliere 
quali  siano  i  suoi  pensieri ,  i  suoi  giudizii,  le  sue  inclinazioni  a  ri- 
guardo  di  tutti  i  punti  morali ,  giuridici ,  politici ,  sociali  che  piu  so- 
gliono  dividere  gli  animi  e  le  parole  nella  moderna  Europa.  Messo 
una  volta  quel  cardine  del  Cristianesimo ,  ben  conosciuto  e  schietta- 
mente  professato,  con  una  dose  sufficiente  di  buon  senso  direito  dalla 
logica  naturale  e  dairacquisi la,  tutto  il  resto  viene  da  se,  tanlo  solo 
che  non  sopravvengano  o  interessi  importuni,  od  opinioni  preconcette 
ad  impedire  quello  svolgimenlo  dialettico  del  principio.  Ma  fermato 


BELLA  STAMPA  ITALIANA 

questo,  il  rimanente  non  puo  essere  neppure  problema ;  veduto  so- 
pratlutto  la  luce  sfolgoranlissima ,  in  cui ,  in  questi  ultimi  tempi, 
quelle  varie  materie  sono  state  messe.  Pertanto,  supposto  die  la  per- 
sona sia  davvero  cristianamente  onesta,  voi  gia  sapele  come  egli 
pensa  ititorno  all'origine  dell'autorita  civile,  ed  .ai  doveri  che  legano 
lei  verso  dei  sudditi,  ed  i  sudditi  verso  di  lei;  sapete  qual  giudizio 
porta  inlorno  a  cio  che  e  la  Chiesa  nel  mondo,  ai  diritti  che  le  com- 
petono  per  1'uffizio  a  lei  commesso  da  Crislo,  e'pero  eziandio  inter- 
no  al  potere  temporale  del  Papa;  sapete  quali  sono  le  sue  opinioni 
Intorno  ai  famosi  principii  dell'  89,  ed  alle  Costituzioni  da  essi  infor- 
male,  che  di  quelli  sono  comunemente  il  primo  portato,  ma  che  appa- 
recchiano  1'avvenime'nto  piu  o  meno  remoto  della  democrazia.  Che  se 
vi  volgete  a  cose  che  hanno  alcun  poco  del  pralico,  e  notantemente  a 
quelle,  per  cagione  delle  quali  tante  calamita  e  tante  vergogne  sono 
venule  addosso  alia  povera  Italia  in  quesli  tre  ultimi  lustri ,  neppu- 
re a  rispelto  di  quelle  puo  essere  dubbio ,  quali  siano  i  giudizii  di 
un  uomo  cristianamente  onesto ;  anzi,  perche  un  uomo  cosiffalto  giu- 
dichi  tuttavia  per  altro,  che  per  lustre  ipocrite  e  per  istrumenti  di 
selle  /'  unita,  I' indipendenza ,  la  liberta,  la  gfandezza  nazionale? 
vi  e  proprio  uopo,  che  esso  alle  qualita  di  cristiano  e  di  onesto  debba 
Interzare  1'altra  di  supremamente  balordo.  Insomnia,  lo  diciamo  un'al- 
tra  volta:  il  De  Sivo  e  storico  onesto  e  cristiano;  di  questa  sua  qua- 
lila  puo  qualunque  il  voglia  riscontrare  nel  suo  scritlo  ad  ogni  pas- 
so  le  conseguenze  teoretiche  e  pratiche,  professate  da  lui  Tranche  di 
rispetti  umani  e  di  ambagi  quanto  che  leggerissime ;  ed  eziandio 
senza  leggerlo ,  anticipatamente  congetturarle. 

Una  siffalta  disposizione  lo  rende  naturalmenle  avverso  ai  mo- . 
derni  ordini  rappresentalivi;  ma  darebbe  vista  di  non  capire  ne  1'in- 
tima  ragione  di  questi,  ne  le  condizioni  della  moderna  Italia,  chi  da 
quell'  avversione  pigliasse  argomento  di  meltere  il  De  Sivo  in  voce 
di  parteggiano  del  dispotismo  ,  e  di  inimico  della  liberta.  Anzi,  per 
questo  appunto  che  egli  ama  la  liberla  ed  abbomina  il  dispotismo , 
non  puo  fare  buon  viso  ad  una  forma  di  governo ,  la  quale  appena 
promette  altro  all'  Italia  che  la  tirannide  di  partili  cozzanti  Ira  loro,  ad  • 
oppressione  del  vero  popolo.  Sul  quale  proposito  non  vogliaino  pre- 


452  RIYISTA 

terire  di  osservare,  come  le  aspirazioni  manifestatesi  nel  Regno  versa 
iParlamenti  dell'antica  Monarchia,  poterono  essere  strumento  di  ri- 
volta,  come  dices!  al  §.  12  d§l  Libro  terzo  (pag.  434,  435).  Nondi- 
meno  questo  non  ci  par  vero  di  tutti.  Gerto  nessuno  si  saria  avvisato 
di  risuscitare  o  i  Parlamenti  delle  terre  baronali,  o  i  Seggi  delle  cilta 
regie  e  segnatamente  di  Napoli;  ma  quando  il  Principe  di  Belmonte, 
esempligrazia,  nella  sua  assennata  prefazione  alia  Congiura  del  Prin- 
cipe di  Macchia,  recava  in  mezzo  quelle  antiche  islituzioni  del  Reame, 
intendeva  dire  che  cercandosi  temperament!  alia  Monarchia,  sarebbe 
convenuto  pigliarne  gli  elementi  e  forse  anche  i  nomi  dalle  tradizio- 
ni  antiche  del  paese  ,  e  non  andarle  a  cercare  in  una  scimmiatura 
servile  di  altre  contrade,  in  tutto  e  per  tulto  disparate  da  quello.  Ma 
nei  faziosi ,  quelli  erano  veramente  pretesti  a  piu  profondi  rivolgi- 
menti. 

Ed  appunto  per  questo,  delle  tremende  alterazioni,  che  stanno  da 
tahto  tempo  agitando  1'  Italia ,  ed  in  questi  quindici  ultimi  anni  Than 
messa  al  fondo,  1'Autore  ha  cercato  ed  ha  trovate  le  vere  cagioni, 
nonnelle  aspirazioni  dei  popoli  fatti  adulti,  eneppure  nel  fatale  pro- 
gredimento  della  civilta,  ma  nelle  selte,  che  da  oltre  un  secolo  si  stan- 
no agitando  in  Europa,  guadagnandovi,  ognidipiu,  aderenze,  intro- 
duzioni ,  proteggimenti  anche  poderosissimi  dalla  parle  di  quei  mede- 
siini,  che  ne  sarebbero  stati  schiacciati,  e  ne  saranno.  Tulto  il  primo 
libro  va  appunto  in  descrivere  questo  sotterraneo  lavorio  dei  nemict 
di  ogni  ordine  morale  e  religioso,  civile  e  politico,  privalo  e  pubblico. 
In  esso  1' Autore,  fatto  un  cenno  dell'  essere  le  Sicilie  sempre  state 
coi  Re,  e  dell'  amore  di  quei  popoli  al  trow ,  entra  a  discorrere  dei 
Massoni,  dei  Filosofi  e  di  Yoltaire,  dell'Enciclopedia,  del  Montes- 
quieu e  del  Rousseau ;  e  quindi  dell 'accecamento  dei  Re,  dei  nobili 
e  dei  popoli,  recandone  a  cagione  I'  egoismo  di  ciascuno.  Appresso, 
del  Weishaupt  e  del  suo  Illuminismo,  dei  Giacobini,  dei  Carbonari, 
della  Giovane  Italia  e  degli  Unitarii;  e  detto  poscia  del  pretesto 
che  si  prese  dalla  Unita  d* Italia  e  delle  speranze  che  si  collocarono 
in  Francia  ed  in  Inghillerra,  traendo  aiuto  dalla  Religione  adulte- 
rata,  dalla  letteratura  pervertita  e  dalla  filosopa  travoUa,  si  viene 
a  conchiudere  nel  paragrafo  26.°  ed  ultimo,  le  sette  essere  i  Barbari 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  453 

moderni.  Abbiamo  voluto  porre  qui  in  nota  quest!  argomenti  del 
primo  libro  ,  per  far  comprendere  con  quanta  ampiezza  il  De  Sivo 
abbia  considerate  il  suo  soggetto  ;  e  darebbe  vista  di  non  intetodere 
T  intimo  nesso ,  onde  questi  fatti  antichi  si  legano  ai  moderni ,  chi 
tassasse  quel  primo  libro  o  di  aver  prese  le  cose  da  troppo  lontani 
principii,  o  di  aver  messo  in  fronte  alia  Storia  delle  Due  Sicilie  una 
specie  di  Prodromo  od  Introduzione,  che  potrebbe  ottimamente  ap- 
propriarsi  alia  storia  di  qualunque  altro  Stato  italiano,  ed  anche  eu- 
ropeo.  Le  frenesie  e  le  calamita  del  secolo  decimonono  sarebbero 
inesplicabili ,  senza  le  incredibili  colpe  ed  i  non  meno  incredibili 
errori  del  decimottavo ;  e  quando  le  cagioni  furono  universal*  nel 
fatlo,  non  e  colpa  degli  storici  se  appaiono  comuni  nella  narrazione. 

Quale  sara  il  contegno  della  fazione  dominante  in  Italia  verso  que- 
sto  cosi  pregevole  lavoro ,  e  quale  dovrebb'  essere  degli  amici  della 
verila  e  della  giustizia,  diremo  alia  fine,  tornando  a  qualche  cosa  di 
comune  ai  due  libri  accoppiati  in  questa  Rivista.  Ma  prima  di  venire 
al  secondo,  non  vogliamo  lasciare  questo ,  senza  aver  dato  ai  nostri 
lettori  un  saggio  del  dettato  dignitoso,  conciso  e  pur  chiarissimo  del 
De  Sivo ;  ed,  atteso  la  uguaglianza  di  quello  per  tutto  il  libro  ,  noi 
potremo  pigliarne  anche  a  caso  un  paio  di  brani,  assicurando  chiun- 
que  ne  voglia  fare  la  pruova ,  che  a  questi  trovera  somigliantissimo 
tulto  il  reslo.  Sia  dunque  il  primo  tolto  dal  paragrafo  22  del  Libro 
Primo  (pag.  57,  5%),  dove,  avendo  mostrato,  come  le  sette,  trail 
1840  ed  il  1850 ,  ai  loro  intendimenli  si  valessero  della  religione 
adulterala ,  viene  a  narrare ,  come  facessero  lo  stesso  eziandio  della 
letleratura,  scrivendo  appunto  cosi : 

«  Come  eran  bigotti,  cosi  erano  falsi  letterati.  Falta  seguenza  nei 
«  giovani,  spingevanli  a  studii  fallaci.  Gemevano  i  torchi  per  opere 
«  falte  a  disegno,  cui  tosto  slrombazzavano  eccellenti.  Soventeudivi 
«  celebrare  a  un  tratto  nomi  nuovi  di  scrittori,  e  cogliere  allori  per 
«  mediocri  e  brevi  lavori  in  questa  terra ,  dove  gia  fur  tanto  obliati 
«  in  vita  gli  autori  della  Gerusalemme  e  della  Scienza  Nuova.  Era 
«  loro  legge  severissima  il  non  lodare  scrittori  non  settarii :  se  me- 
et diocri,  li  laceravano;  se  buoni,  li  punivano  di  silenzio.  Sola  dis- 
«  pensiera  di  fama  la  setta ;  tirannide  nuova  agl'  ingegni.  Prima 


154  RIVISTA 

«  s'  invenlo  una  poesia  scoraggiante ,  disperata ,  malinconica ;  alle 
«  lamenlazioni  del  Byron  e  del  Leopardi  lutti  facevario  ritornello,  e 
<(  udivi  cantare  di  suicidii  e  di  tombe  giovanetti  paffuti,  passanli  la 
«  vita  in  bolleghe  da  caffe  e  in  cene  ubbriache,sche.  Cosi  la  leltera- 
«  tura  d'oltremonti,  delta  romanlica,  neinvase,  lugubre  e  insangui- 
«  nata,  che  acconciava  gli  aniini  ad  ire  e  ferocita  :  tutlo  dovea  es- 
«  sere  romantico  per  aver  lode ;  le  menli  discostale  dal  bello  e  dal- 
«  1'oneslo  s'intrattenevano  nel  brutto  e  nel  \izio,  ene  andava  guasta 
«  la  gaia  indole  ilaliana,  gia  sempre  autrice  di  grandi  opere  d'intel- 
«  lelto.  Dimenticati  gli  ameni  e  forti  studii ,  le  fantasie  vollavano 
«  alia  Scandinavia  e  al  medio  evo,  e  n'  evocavano  immagini  sepol- 
«  crali  e  streghe  e  vampiri  e  spettri  fecondi  di  strani  e  foschi  pen- 
«  samenti.  Ne  poi  del  medio  evo  pigliavan  tutto :  le  forme  repub- 
«  blicane  si ,  non  la  pieta  cristiana  e  la  fiducia  in  Dio  :  quasi  che 
«  quella  eroica  eta  di  mezzo  ,  mescolanza  di  spirit!  religiosi  ed  av- 
«  ventati,  generosi  e  vendicalivi ,  municipali  e  liberali ,  talentosi  e 
<(  creduli,  polesse  scissa  servir  di  modello  nel  male,  sconosciuta  nel 
«  bene.  Malizia  fu  porre  innanzi  inimitabili  esempii  ed  una  societa 
«  uscita  da[  caos  »  perche  i  giovani ,  al  facile  sfuriare  delle  passioni 
«  avvezzati,  anelassero  commovimenti.  » 

Sia  tolto  il  secondo  tratto  dal  paragrafo  terzo  del  Libro  quinlo 
(pag  24 4),  dove,  venendo  a  parlare  delle  prime  allerazioni,  che  pre- 
lusero  ai  grandi  commovimenti  del  1848,  descrive  le  condizioni  del 
Reame  in  quesli  termini:  « La  popolazione  era  indifferente,  molti  vo- 
«  leano  altri  Ministri,  pochi  rivoltura:  le  province,  fuerche  i  misfat- 
«  li  nel  Vallo,  eran  chete,  ne  tampoco  sospettavano  mutazioni;  Na- 
«  poli  incerta,  inerte,  intenta  alia  industria  ;  le  soldatesche,  fide ;  le 
«  milizie  civiche  devote  all'ordine.  Salvo  studenti,  ambiziosi  e  pazzi 
«  che  fean  seguito,  i  congiurali  procedean  soli  e  ne  fremeano;  fece- 
«  ro  praliche  a  muover  la  plebe ,  mandaron  larghe  promesse  a  po- 
«  polani,  ne  furono  compresi;  si  volsero  a  contrabandieri,  quesli  ri- 
ce sposero  sapere  tragillare  mercanzie  di  nascosto  ,  non  di  politiche 
«  tresche.  Ma  soli  baslarono  ;  accerchiarono  attorno  al  Re  loro  ade- 
«  pli,  e  lo  slrepito  del  pochi  supero  il  silenzio  dei  molti  ». 

In  assai  piu  ristrelto  giro  di  tempo  e  di  spazio  si  circoscrisse  la 
Compaynia  di  Toscani,  che  voile  narrare  al  popolo  i  casi  avvenuli  alia 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  455 

patria  loro  negli  anni  1859  e  1860;  il  quale  lavoro  noi  accoppiam- 
mo  a  quello  del  De  Sivo ,  per  la  sola  ragione ,  che  e  esposizione  di 
fattirecentissimi,  e  deltato  con  otlimo  spirito  di  onesta  e  di  Religione. 
Nel  resto  questa  Compagnia  di  Toscani  non  intesero  scrivere  storia 
propriamente  delta;  e  pero,  senza  curarsi  gran  fatto  dei  pregi  letterarii 
dei  loro  scritti,  narrarono  cosi  le  cose  un  po'  alia  buona,  mescolandovi 
quie  cold,  qualche  detto  arguto,  qualche  non  indecorosa  facezia,  qual- 
che  frizzo  piccante ,  e  soprattutto  scesero  a  particolarila  di  cose  fat- 
te,  di  parole  pronunciate  ed.anche  di  persone,  qualificate  quasi  sem- 
pre  secondo  il  merilo,  le  quali  particolarita  non  sogliono  trovar  luo- 
go  nelle  storie  gravi ;  ma  lo  trovano  opporlunissimo  nelle  narrazioni 
che  si  fanno  al  popolo  ,  e  possono  contribute  non  poco  a  rendere 
ghiotta  la  lettura  del  libro ,  e  farlo  correre  per  le  mani  di  molti.  01- 
tre  a  do,  il  libro  non  e  continuata  narrazione  ;  ma  ora  e  un  berteg- 
giare  non  mediocremente  satirico  sopra  la  insipienza  e  1'avventalez- 
za  dei  ribelli  postisi  a  capo  del  Governo,  come  nei  Gapi  V  e  VII,  che 
descrivono  lo  scompiglio  da  essi  recalo  negli  Studiiv  nei  Codici;  ora 
e  solenne  atto  di  accusa ,  come  nei  Capi  XVIII  e  XIX  ,  nei  quali  si 
mostra  con  quale  e  quanta  svergognatezza  di  male  arti,  dall'Assem- 
blea  dell'll  al  16  Agosto  1859,  fu  decrelata  la  decadenza  della  Di- 
nastia  Lorenese  dal  Trono  della  Toscana ,  e  poscia  1'  assoluta  ed  in- 
condizionata  dedizione  di  questa  al  Piemonte ,  che  ne  fece  una  sua 
provincia ;  ora  e  una  molto  vigorosa  apologia,  come  nei  Capo  XX,  che 
scagiona  il  Granduca  Leopoldo  dalla  taccia  apposlagli  di  aver  chiama- 
lo  ilTedesco  nei  1849  a  domare  Livorno,  e  nei  XX,  dove  lo  difende 
dalla  col  pa,  che  si  pretese  vedere  nei  non  avere  mantenuto  lo  Slatu- 
to.  II  capo  XXV  poi ,  il  piu  luugo  di  tutti ,  siccome  quello  che  com- 
prende  75  pagine  delle  poc'oltre  a  400,  che  e  tutto  il  libro,  offre  una 
sugosa  e  molto  assennata  trattazioncella  sopra  il  potere  teraporale 
dei  Papi,  nella  quale  sono  recate  le  piu  appariscenti  opposizioni,  che 
si  fanno  a  quello  nei  tempo  presente ,  ed  a  ciascuna  e  data  una  ple- 
na e  satisfacentissima  soluzione.  Pertanto  questo  libro  non  e  nuda 
narrazione,  e  neppure  nuda  o  polemica,  o  apologia,  o  dissertazione ; 
ma  e  qualche  cosa  sui  generis,  e  partecipa  un  po'  di  tutte  quelle  qua- 
lita ,  quantunque  vi  prevalga  la  narrativa ,  riuscendo  cosl  di  molto 


456  RIYISTA 

grade  vole  lettura  per  la  varieta  del  suggetti,  e  per  qualche  disugua- 
glianza  di  slile.  Quesla  conseguenza  dovette  provenire  dall'essere 
libro ,  non  di  uno  scritlore  ma  di  una  Compagnia  di  scriltori ,  del 
quali  uno  si  e  tolto  ad  esporre  le  circostanze  di  un  fatlo  memorabile, 
un  altro  a  svelare  le  magagne  di  un  preteso  suffragio  universale  ; 
quesii  a  purgare  il  passalo  Governo  <3i  una  calunnia  appostagli,  que- 
gli  a  chiarire  un  punto  di  giure  pubblico  cristiano.  Solo  e  spiacevole 
che  il  confcegno  prudente  alia  stess'  ora  e  coraggioso  dell'  Episcopato 
e  di  ambi  i  cleri ,  tra  tante  difficolla  di  tempi ,  non  abbia  trovato  in 
questo  libro  una  piu  ampia  ed  esplicita  menzione. 

Tultavolta  in-tanta  svariatezza  di  argomenti  e  di  dettato,  yi  e  uni- 
ta  grandissima  nella  rettitudine  dei  giudizii  intorno  ai  grandi  sogget- 
ti,  che  costituiscono  il  patrimonio  prezioso  delle  nazioni  cristiane,  e  che 
sono  stati  cosi  iniquamenle  sconosciuti  e  conculcati  dalla  fazione  pre- 
valente.  E  diciamo  in  yero  studio  :  intorno  ai  grandi  principii,  per- 
che  veramente  con  unameno  generale  approvazione  dalla  nostra  parte 
polremmo  avere  1'afia  di  entrare  pagatori  degl'immmerevoli  giudizii 
che  ,  intorno  a  cose  particolarissime  ed  a  persone  svariatissime ,  Ti 
si  pronunziano:  cosa  che  certamente  non  vorremmo  fare.  Vero  e  che 
il  piu  delle  asserzioni  e  confortato  da  document!,  dei  quali  vi  e  gran- 
de  dovizia  alia  fine  di  ciascun  capitolo.  Ma,  oltre  che  quest!  non  so- 
no tutti  di  autorita  irrepugnabile  ,  un  libro,  come  queslo ,  pieno  di 
circostanze  minutissime,  di  parole  riferite,  di  norni  proprii,  di  date, 
di  aneddoti,  appena  e  possibile,  che  abbia  potuto  schivare  delle  ine- 
sattezze ,  le  quali,  da  un'  altra  parte,  non  danno  alcun  diritto  di  ri- 
getlare  la  sustanza  dei  fatti,  e  molto  meno  lo  darebbero  a  sospettare 
della  sanita  del  principii.  Tuttavia ,  salvo  quella  e  questa  ,  qualche 
conoscitore  intimo  delle  cose  toscane,  per  questi  ultimi  tempi,  potreb- 
be  trovare  nei  Casi  piu  che  la  sola  probabilila  di  alcun  giudizio  meno 
esatto,  intorno  a  certi  uomini  ed  a  certe  opinioni,  messe  in  voga  in 
quel  paese. 

Se  gli  Autori  di  questo  scritto  col  ricordare  come  il  Sovrano  nel 
1859  rifiuto  il  soccorso  austriaco  (pag.  24),  favorendo  anzi  la  guerra 
della  pretesa  indipendenza  (pag.  42),  e  come  il  suo  Governo  avea 
largamente  condisceso  a  tulte  le  esigenze  della  parte  liberalesca;  ser 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  457 

diciamo,  intendono  stabilire  un  argomento  ad  hominem,  per  meglio 
far  sentire  la  sfoggiata  e  sconoscente  nequizia,  di  chi ,  ad  onta  di  cio, 
pur  voile  la  rivoluzione ;  il  discorso  non  ha  nulla  di  riprensibile ,  e 
conchiudentissimo,  e  noi  medesimi  piu  di  una  volta  lo  abbiamo ,  in 
altre  circostanze,  adoperato.  E  ci  pare  che  da  un  benevolo  lettore  si 
puo  dare  al  conteslo  del  libro  questa  interpretazione.  Ma  se  essi  ban- 
no  inteso  di  approvare  le  cose  per  loro  medesime ,  qiielle  asserzioni 
parte  poggiano  sul  falso,  e  parte  non  sembrano  conformi  a  quella  ret- 
titudine  di  opinioni ,  che  ha  preseduto  alia  comfulazione  di  tutto  il 
libro.  Non  e  vero  che  nell'Aprile  del  59  Leopoldo  II  rifiutasse  il  soc- 
corso  austriaco ,  tuttoche  informato  degli  umori  che  bolhvano.  II 
Principe,  grazie  alia  squisita  circospezione,  onde  il  suo  prirao  Ministro 
avealo  assiepato,  non  ^eppe  mai  nulla  degli  umori  che  bollivano,  sen- 
za  che  gli  si  facessero  conoscere  altri  pericoli ,  da  cui  guardarsi , 
fuori  le  velleita  canoniche  e  la  propaganda  romana,  contro  la  quale 
gli  si  dava  ad  intendere  fossero  solamenle  diretli  certi  soppiatti  ma- 
neggi  sul  tipo  della  Biblioteca  civile.  Talmente  che  della  rivoluzione 
preparata  di  lunga  mano  in  casa  il  Boncompagni  ,*  e  corapiuta  la  sera 
del  27  Aprile  colla  partenza  del  Principe ,  questi  ebbe  la  prima  no- 
tizia  dagli  staffieri ,  quando ,  ito  la  sera  del  26  a  diporto  fuori  porta 
S.  Gallo ,  e  trovatosi  in  mezzo  all'  assembramento ,  di  cui  si  parla 
a  pag.  25  ,  chiese  da  quelli  che  cosa  fosse.  Le  ore  poi ,  che  corsero 
dall'  avere  conosciuta  la  rivoluzione ,  fino  all'  essere  da  essa  cacciato 
il  Principe  dalla  Toscana ,  furono  consuraate  non  a  reprimere  T  au- 
dacia  dei  ribelli ,  cosa  non  malagevole  ad  uomini  di  piu  cuore  e  me- 
no  indecisi ;  ma  sivveramente  furono  spese  a  patteggiare  coi  ribelli : 
nel  che  quel  primo  Ministro  stesso  faceva  nuovo  sperimento  del  suo 
famoso  sislema  di  concession! ,  il  quale  ( chi  sa ! )  gli  avrebbe  potuto 
frutlare  il  divenire  una  seconda  volta  Ministro  costiluzionale. 

Per  cio  che  concerne  la  guerra  dell'  indipendenza  italiana,  com- 
battuta  nel  1859  ,  e  della  parte  che  vi  potea  prendere  il  Granduca 
ed  il  suo  Governo ,  ci  pare  piu  manifesto ,  che  nel  sopraccitato  luo- 
go  s'  intenda  di  abbattere  1'  accusa ,  che  i  Triumviri,  posti  dal  Bon- 
compagni a  reggere  la  Toscana,  mossero  all'uno  ed  all'  altro;  e  pero 
e  argomento  ad  hominem,  come  piu  sopra  fu  per  noi  detto.  Nondime- 


458  RIVISTA 

no  qualche  animo  piu  scrupoloso  potrebbe  trovare  a  ridire  alcuna 
cosa  sopra  queste  parole,  die  si  soggiungono :  Quanta  al  principle* 
della  indipendenza,  bastava  per  allora,  che  il  Governo  non  impac- 
ciasse  i  volontarii  toscani,  che  accorrevano  a  pigliare  le  armi  per 
difenderlo.  Perciocche  anche  solamente  cotesto  non  potea  essere  in 
nessuna  maniera  giustificato,  a  rispetto  di  una  Potenza  arnica,  dalla 
quale ,  lungi  dall'  avere  ricevuta  alcuna  offesa ,  Leopoldo  II,  Arci- 
duca  d' Austria ,  dieci  anni  innanzi ,  era  stato  aiutato  a  domare  i  ri- 
belli ,  ed  assistito  %  ricomporre  le  cose  del  proprio  Stato.  E  pure 
gli  Autori  dei  Casi  non  possono  ignorare,  che  in  quella  circostanza, 
si  fece  qualche  cosa  di  phi,  che  il  non  porre  ostacolo  ai  soli  volon- 
tarii toscani;  e  se  non  si  venne  a  mandarvi  le  proprie  truppe ,  non 
fu  per  manco  di  condiscendenza  dalla  parte  $  quel  primo  Ministro, 
il  quale  bene  a  quell'  uopo  si  era  preparata  la  soldatesca ,  ed  in  ge- 
nerale  non  conobbe  altro  sistema  di  Governo ,  che  il  condiscendere 
alia  fazione ,  da  cui  egli  ed  il  Principe  doveano  essere  mandati  a 
spasso.  Se  gli  Autori  dei  Casi  intendono  dire ,  che  con  do  fu  resa 
piu  manifestamentd  inescusabile  e  piii  svergognatamente  iniqua  1'ope- 
ra-dei  felloni ,  dicono  verissimo ;  ed  e  bene  giltarlo  loro  in  viso  sen- 
za  molte  cerirnonie  ed  in  tutti  i  raetri.  Ma  essi  sicuramente  non  po- 
tranno  approvare  un  sistema  che,  poggiando  sopra  Tingiustizia  delle 
cose  e  sopra  1'  ignoranza  degli  uomini ,  solo  da  un'  ambizione  incon- 
sulta  potea  essere  riputato  cima  di  prudenza  governativa. 

Abbiamo  toccati  quesli  due  punti ,  inlorno  ai  quali  ci  pare  potersi 
fare  alcuna  osservazione ;  e  puo  essere  che  persone ,  piu  di  noi  al 
corrente  dei  fatti  e  delle  loro  minute  circostanze,  ne  potranno  nolare 
degli  allri.  Ma  cio  vorra  essere  in  cose  molto  secondarie,  e  per  ma- 
niera, che  il  piu  delle  volte  la  inesattezza  slia  anzi  net  modo  di  espri- 
inere  il  concetto,  che  nel  concetto  stesso.  Cosi,  per  ragione  di  esem- 
pio ,  laddove  dicesi  (pag.  32$),  essere  oggi  quislione  se  debba  o  no 
sussistere  il  Cattolicismo ,  essi  intendono  certamente,  non  del  Catto- 
licismo  per  se  medesimo,  ma  delle  atlinenze  che  esso  ha  con  tutto 
1'  ordine  sociale  e  civile.  Alia  stessa  maniera,  asserendosi  (pag.  434), 
che  I'uomo,  effetto  del  Sovrano,  non  pub  fare  esso  Sovrano  ,  vede 
ognuno  che  per  uomo  si  e  voluto  significare  Yuomo  sociale  o  civile, 


BELLA  STAMPA  1TALIANA 

€  per  Sovrano  i'autorita;  nel  quale  senso  e  verissimo  che,  non  po~ 
tendosi  concepire  societa  senza  un'autorila  che  la  inform!,  non  e  pos- 
sibile  che  il  primo  principle  dell'autorita  si  derivi  dalla  sociela  slessa, 
come  effetto  dalla  sua  cagione.  Ma,  salvo  queste  rare  inesattezze  o  di 
circostanze  o  di  espressioni,  il  libro  e  per  ogni  rispetto  pregevolissi- 
mo,  e,  se  altro  ne  fu  mai ,  appropriate  a  rinsaldare  e  mulliplicare  quei 
salutari  disinganni ,  che  la  Provvidenza  ha  per  certo  avuto  in  mira 
nel  permettere,  che  si  scatenasse  una  serie  di  lante  ed  oggimai  cosi 
lunghe  calamita  sopra  la  patria  nostra.  Dal  qual  giudizio  punto  nulla 
non  ci  rimuove  quella  liberla,  e  dobbiamo  anche  dire  quella  severita 
e  durezza  di  parole,  le  quali  a  qualche  schifiltoso  potrebbero  fare  afa, 
soprattutto  che  esse  qui  sono  indirizzate  a  particolari  persone  desi- 
gnate con  nome,  cognome,  titoli ,  ufficii  e  poco  meno  che  conlrada  e 
numero  di  abitazione.  Trattandosi  di  gente  gia  infamata  per  pubbli- 
che  azioni  d'  infamia ,  noi  non  vediamo  grave  sconcio ,  che ,  a  ri- 
spetto di  essa,  si  ad^prino  per  la  stampa  quelle  qualificazioni  e  quel- 
le  forme,  che  meglio  rispondono  alia  verita  dei  merili.  Che  se  talora 
quelle  e  queste  suonano  un  po'  vulgari,  oltre  al  potersi  rispondere, 
che  gli  Scriltori  dei  Casi  non  intesero  dettare  una  storia  illustre  ,  si 
potrebbe  aggiungere,  i  Toscani  godere  del  privilegio  di  parlar 
bene,  anche  qnando  adoperano  il  loro  vulgare  eloquio.  Ora,  aven- 
dosi  a  dire  intorno^ad  uomini  dell  a  taglia  di  un  Boncompagni ,  di  un 
Bettino  Ricasoli ,  di  un  Cosimo  Ridolfi ,  di  un  Celestino  Bianchi  e  so- 
miglianti ,  quando  si  sono  salvati  il  vocabolario  e  la  grammatica , 
non  vi  e  allra  specie  di  convenienza,  a  cui  quelli,  in  rigors  di  termi- 
ni ,  possano  avere  diritto. 

Forse  1'  essere  questo  libro  comparso  sotto  il  velp  dell'  anonimo 
potrebbe  dar  presa  ad  alcuno  di  tassarne  di  poco  cuore  gli  autori, 
i  quali  pure,  nel  riprendere  cose  e  persone  veramente  riprensibili, 
dan  pruova  di  una  franchezza ,  che  e  qualche  cosa  piu  che  semplice 
coraggio.  Ma  a  noi  non  pare  al  tutlo  irragionevole  il  motivo,  che  es- 
si  ne  recano  nel  Proemio ;  che  cioe,  avendo  nel  libro  posta  la  mano 
parecchi,  male  si  sarebbe  quello  potuto  attribuire  ad  uno;  quantun- 
que,  a  dir  vero,  ad  un  tale  sconveniente  si  sarebbe  potuto  occorrere 
conservando  il  titolo  come  sla,  ed  apponendo  ciascuno  il  proprio  nome 


* 

460  RIVISTA 

al  Capo  od  ai  Capi  da  se  dettati.  E  tanto  piu  a  taluno  sarebbe  polu- 
to  cio  sembrare  ragionevole,  quanto  che  gli  autori  del  libro  non  eb- 
bero  difficolta  di  nominare  molte  persone  ragguardevolissiine,  come 
fedeli  al  legittimo  Sovrano  della  Toscana.  Imperocche  avendo  1'av- 
vocato  Galeotti ,  lo  storico  deir  Assemblea ,  che  decreto  la  deca- 
denza  della  dinastia  lorenese,  e  fece  1'atto  di  dedizione  della  Toscana 
al  Piemonte,  scriilo,  che  in  quella  sentenza  erano  convenuli  due 
principi,  un  bar  one,  ventinove  tra  marchesi  e  conti ,  e  dodici  cava- 
lieri;  gli  Autori  dei  Casi  a  quelli  contrapposero  qualtro  principi 
sette  conti,  due  ball,  due  duchi,  cinquanla  tra  marchesi  e  cavalieri 
(il  barone  resto  solo  nella  prima  schiera,  e  non  e  gran  danno),  quasi 
tutti  di  Firenze;  e  nella  Nota  17  (pag.  496)  al  Capo  XYIII  ne  stam- 
parono  i  nomi.  Se  questa  sia  stata  una  indiscrezione ,  noi  non  vo- 
gliamo  decidere ;  e  forse  a  persone  un  po  piu  circospette  polra  parere 
che  si ,  segnatamente  quando  non  si  fosse  di  tutti  chiesto  ed  ottenu- 
to  il  previo  consentimento.  Ma  checche  sia  di  cio,  vuolsi  avvertire 
che  il  caso  e  ben  differente.  Imperocche  non  Iraltandosi,  come  nel- 
Taltro  caso,  di  semplice  dichiarazione  di  fede  politica,  ma  bensi  di 
un  grave  processo  fatto  alia  fazione  dominanle ;  a  quali  rischi  non  si 
sarebbero  esposti  gli  Autori  dei  Casi,  apponendo  i  loro  nomi  a  quelle 
fierissime  accuse  e  recriminazioni  ed  inveltive ,  dirette  ai  present! 
padroni  d'  Italia,  le  quali  debbono  far  puntura  tanlo  piu  sanguinosa, 
quanlo  sono  piu  fondate  sul  vero?Che  se  il  loro  libro,  appena  uscito 
alia  luce,  fu  sequestrate  dal  Governo,  non  vi  pare  che  gli  Autori  ne 
sarebbero  gtati  proscritti ,  incarcerati  e  peggio,  quando  quello  ne 
avesse  portato  in  fronte  i  nomi?  Certo  il  coraggio  civile  e  una  bella 
e  buona  cosa ;  ma  esso  non  dev'  essere  sprecato  a  pompeggiarne 
come  in  iscena. 

Tornando  ora,  per  conchiudere,  a  qualche  considerazione  comune 
ai  due  libri,  presi  a  soggetto  di  questa  Rimsta,  diciamo  primamente, 
che  la  fazione  dominante  in  Italia  dovra  ben  cordialmente  esecrarli  ; 
e  segnaiamente  dall'  infamia ,  che  le  ridonda  dal  primo  volume  del 
Be  Sivo,  deve  capire  quale  altro  cumulo  gliene  verra  addosso  dagli 
altri  tre ,  che  seguiteranno  a  quello.  Al  presente ,  padrona  com'  e 
del  pubblico  potere ,  potrebbe  non  curarsi  del  narrare  o  perorare 


BELLA  STAMP  A  ITALIANA  461 

degli  scrittori ;  ma  essa  sa  per  propria  esperienza  che ,  a  lungo  an- 
dare ,  T  opera  della  slampa  non  e  sterile  ;  e ,  valutasene  largamente 
per  montare  in  sella,  non  lascia  di  adoperarla  per  mantenervisi,  e  di 
contrastare  per  tutte  le  vie  chiunque  se  ne  serve  per  meltere  all'  a- 
perto  gl'  iniqui  suoi  fatti ,  e  per  coprirli  della  meritata  onta.  E  pero 
non  ci  slupimmo  del  sequestro  fatto  del  Cast  della  Toscana,  e  non 
ci  stupiremmo  di  qualche  altra  cosa.  Quello  tuttavia  che  non  bastia- 
mo  ad  intendere  e,  come  mai  gli  amid  dei  principii  professali  da 
quesli  due  libri,  non  si  mostrano  universalmente  ancor  persuasi  del 
presidio,  che  puo  aversi  dalla  buona  stampa,  pel  trionfo  di  quei  prin- 
cipii stessi.  Vero  e  che  molto  si  e  fatto  ,  moltissimo  si  sta  facendo  ; 
ina  siamo  ben  lungi  ancora  da  cio ,  a  cui  erano  giunti  i  liberali  in 
Italia  prima  del  1847,  che  della  stampa  si  erano  resi  padroni.  E  per- 
che  non  potrebbero  i  buoni ,  a  servigio  della  verita ,  della  giustizia, 
della  Religione  far  almeno  in  parte  quello,  che  i  tristi  fecero,  a  sov- 
versione  di  quei  fondamenli  d'  ogni  dignita  umana  e  d'  ogni  civile 
perfezione?  E  pero  come  degli  scritti  somiglianti  a  questi ,  cosi  di 
questi ,  e  notantemente  della  Storia  del  De  Sivo ,  destinata  pel  vero 
ed  insigne  suo  merito  a  sopravvivere  lungamente  ai  fatti  che  narra, 
dovrebbero  e  leggerli  essi ,  e  consigliarne  ad  altri  la  lettura ,  e  fa- 
vorirne  la  diffusione ,  e  procurarne  delle  ristampe ,  passando  ezian- 
dio  per  sopra  a  qualche  disparere  intorno  ad  opinioni  secondarie , 
per  amore  di  quei  grandi  principii  di  morale  cristiana,  dai  quali  soli 
la  moderna  sociela  puo  sperare  salute. 

Quando  cio  si  facesse  davvero  e  da  molli ,  dalla  piena  e  genuina 
eognizione  dei  fatli  si  verrebbe  a  poco  a  poco  ad  universaleggiare 
nelle  menti  quei  giudizio ,  dal  quale  dovrebb'  essere  governato  un 
riordinamento  delle  cose  ilaliane,  quando  la  Provvidenza  ne  dischiu- 
desse  una  via.  II  quale  giudizio,  come  si  raccoglie  dai  due  libri 
esaminati  e  si  potrebbe  da  parecchi  altri,  puo  essere  espresso  in 
questi  termini.  In  quanto  fu  fatto,  in  delrimento  deli'Italia  negli ulti- 
mi  quarant'anni,  ed  in  peculiar  modo  dal  1847  al  1861,  i  popoli  non 
entrarono  per  nulla,  benche  tutto  fosse  fatto  a  nome  loro.  Architetta 
ed  operatrice  unica  dei  grandi  e  ruinosi  rivolgimenti  fu  una  setta 
truculenla,  nimica  sfidata  di  Dio  e  degli  uomini,  che  valendosi  della 


462  RIVISTA 

malizia  di  alcuni,  della  ignoranza  di  altri  e  delle  passion!  di  tulti, 
ha  mirato  unicamente  ad  insediare  se  medesima  sopra  i  troni  dei 
Principi  spodestati;  e  se  fa  le  viste  di  acconciarsi  per  ora  colle 
insegne  e  col  nome  regio,  do  e  a  patto  di  averlo  strumenlo  e  man- 
tello  delle  proprie  nequizie.  Un  tanto  trionfo  saria  stato  impossible, 
se  i  depositarii  del  potere  avessero  fatto  il  loro  debito  a  difesa,  non 
taaito  della  propria  autorita,  quanto  dei  popoli  ad  essi  affidati  dalla 
Provvidenza ;  ed  il  padre  innanzi  all'aspide,  che  si  avventa  ai  figli, 
non  ha  altro  debito,  che  di  schiacciarlo.  Ma  sventuratamenle,  fosse 
per  debolezza  di  mente,  fosse  per  raanco  di  cognizione  dei  proprii 
doveri,  fosse  per  iscaltrezza  o  dabbenaggine  di  Ministri,  il  fatto  e  che 
prevalse  il  sistema  della  conciliazione,  della  mitezza,  di  una  clemenza 
verso  unpugno  di  scellerati  e  furfanti,  la  quale  dovea  essere  pagata 
dalle  lagrime  e  dal  sangue  d'  innoeenti  a  migliaia  ed  a  miriadi.  Per 
colmo  di  calamila,  1'  usanza  di  adoperare  uomini  inetli  in  carichi  ri- 
levantissimi,  notata  dal  De  Sivo  in  t  erdinando  II,  non  fu  vezzo  di  quel 
Principe  solamente,  nel  quale  pure  erano  insigni  doli  che  ne  rendeano 
meno  disastrosi  gli  effetti.  Cos!  la  setta  ebbe  agio  dilavorare  libera- 
mente  nel  relrogradQ  Reatne  di  Napoli  sotto  Ferdinando  bombarda- 
tore ,  e  meglio  ancora  nella  Toscana  civilissima  sotto  il  tanto  lodato 
dai  liberali  Leopoldo.  Ma  e  dove  si  faceva  qualche  sembianza  di  re- 
gressione  da  Ministri  seltarii,  che  nel  De  Sauget  mantenevano  in  posto 
1'assassino  di  un  esercito,  e  nel  Pianelli  premiavano  un  vecchio  cospi- 
ratore,  che  nel  1859  del  premio  si  sarebbe  valuto  per  fare  uccidere 
soldati ,  cui  non  isperava  corrompere ;  e  dove  di  repressione  non 
si  conpsceva  neppure  il  nome,  intantoche  il  primo  Ministro  pigliava 
Timbeccata  dai  Georgofili,  per  favorire  ogni  specie  di  liberali,  e 
tribolare  intarito  la  g^nte  onesta  e  fratl  innocui  ed  imbelli  suore; 
nell'uno  e  nell' altro  paese,  diciamo,  1'effetto  fu  lo  stessissimo.  Che 
se  il  paese ,  dove  la  condiscendenza  non  fu  piena ,  si  divario  in 
nulla  da  quello,  dove  fu  pienissima;  la  differenza  fu  questa,  che  nel 
Regno  rarissimi  del  Baronaggio  ebbero  poche  e  non  le  prime  parti 
nella  rivoluzione,  e  la  soldalesca,  vera  espressione  del  popolo,  fu 
non  pur  fida,  ma  per  fedelta  e  costanza  ammirabile;  laddove  in  To- 
scana parecchi  nobili  vi  ebbero  le  prime  parti  e  la  soldatesca  inde- 


DELIA  STAMPA  ITALUNA 

gnamente  tradi.  Tale  e  il  solenne  documento ,  che  si  raccoglie  da 
quesli  due  libri ;  e  faccia  Dio  che  si  capisca !  Ma  se  si  seguita  sullo 
stesso  sistema,  quando,  per  benigna  disposizione  della  Provvidenza, 
seguisse  in  Italia  una  ristorazione,  questa  non  potrebbe  altro  essere, 
che  apparecchio  a  nuove  catastrofi ;  le  quali ,  secondo  la  sperienza 
fattane  quattro  o  cinque  volte  in  appena  mezzo  secolo  ,  potrebbero 
forse  sopravvenire  meno  frettolose  delle  precedenti,  ma  sarebbero  di 
tutte  le  passate  piu  ancora  tremende. 


II. 


Enciclopediadell'Ecclesiastico,  compilata  dall'Abb.  YINCENZIO  D'A- 
VINO.  Edizione  seconda  riveduta,  aumentata  e  in  parte  rifusa. 
Torino ,  Pietro  di  Giacinto  Marietti  tipografo-editore ,  Piazza 
B.  V.  degli  Angeli.  Dieci  dispense  del  primo  Volume  di 
pag.  640. 

I  caporali  della  grande  Rivoluzione  francese  andavano  gridando : 
conviene  scristianeggiare  la  Francia ,  affinche  vi  si  perpetui  la  rivol- 
ta.  Che  questa  sentenza  di  sterminio  siasi  filta  in  capo  di  chi  correg- 
ge  i  moti  della  rivoluzione  italiana,  uon  ve  n'  ha  dubbio.  Vero  e  che 
i  rettori  visibili  del  nuovo  regno  adoperarono  parole  ed  atli  di  amore 
verso  la  religione  persino  in  quelle  leggi,  che  la  offendono  gravemen- 
te ,  ma  questo  non  e  che  orpello.  Guardate  ai  fatti.  Non  si  fa  buon 
viso  al  maestri  dell' errore  venutici  d' oltre  Alpe?  Non  s'insediano 
nelle  universita  a  maestri,  uomini  bestemmiatori  di  ogni  religione? 
Non  si  consente ,  che  una  stampa  invereconda  scapestri  a  suo  talen- 
to ,  facendo  il  peggio  che  sa  del  sacerdozio  e  di  ogni  altra  cosa  sa- 
cra ?  Non  v'  e  ormai  luogo ,  dove  il  lezzo  della  corruzione  non  ap- 
pesti ,  e  1' errore  dato  a  propinare  largamente  non  avveleni  ogni  or- 
dine  di  cittadini. 

Da  cotali  circostanze  si  origina  nel  Pastore  delle  anime  un  dove- 
re  piu  grave  di  rifornirsi  di  nuovo  sapere ,  ut  potens  sit  exhortari 


RIYISTA 

in  doctrina  sana,  et  eos  qui  conlradicunt  arguere  1.  Ma  qual  agio 
avra  di  farlo  il  parroco  ed  il  curato ,  che  tutlo  di  si  affatica  in  opere 
del  sacro  ministero?  Bisognerebbero  a  do  volumi  di  gran  coslo ,  e 
spazio  non  corto  per  leggerli  e  cavarne  saviamente  quegli  antidoti , 
che  sarebbero  all'  uopo.  Cose  all'  uno  ed  all'  altro  parimente  impos- 
sibili.  Al  ch.  Abb.  Vincenzio  D'Avino  venne  il  pensiero  di  sopperire 
al  bisogno  lavorando  un  libro,  il  quale,  spartito  in  quattro  grossi  vo- 
lumi, contenesse,  per  cosi  dire,  il  distillato  dello  scibile,  che  puo  oc- 
correre  al  sacerdote  in  questa  nostra  eta.  Cotal  libro  si  e  l&Enciclo- 
pedia  dell' Ecclesiastico.  Noi  non  sapremmo  ritrarre  piu  chiaramente 
il  concetto  di  si  vasto  disegno  altramente,  che  recando  per  disteso 
quello  che  egli  ci  presenta  nella  prefazione.  Come  ebbe  detto  «  aver 
preso  tra  i  lavori,  somiglianli  al  suo ,  in  ispeciale  considerazione  II 
gran  Dizionario  della  Teologia  Cattolica  pubblicato  in  questi  ultimi 
anni  dai  chiarissimi  professori  Wetzer  e  Welte » ,  soggiunge : 

«  Quale  intanlo,  ci  si  domandera,  sara  il  circolo,  entro  il  quale  ci 
aggireremo?  La  totalita  delle  scienze  ecclesiastiche ;  ma  di  ciascuna 
branca  in  quella  varia  misura  che  crediamo  piu  ulile  alia  maggio- 
ranza  del  leggilori ,  ed  alia  ragione  dei  tempi  in  cui  viviamo.  Tro- 
yiamo  intanto  cosi  razionalmente  partite  e  classate  le  varie  materie 
nel  prospetto  del  precitato  Dizionario  di  Wetzer  e  \Yelte,  da  voler 
far  nostra  la  medesima  partizione ,  pressoche  identico  essendo  Y  in- 
tendimento  col  quale  condurremo  la  nostra  compilazione.  Sicche  la 
nostra  Enciclopedia  conterra : 

«  1.°  La  scienza  della  lettera,  cioe  la  filologia  biblica  dell'anlico 
e  del  nuovo.Testamento,  la  geografia  sacra,  la  critica  e  Terme- 
Beutica. 

«  2.°  La  scienza  dei  principii,  cioe,  T  apologetica,  la  dommatica, 
la  morale ,  la  pastorale ,  la  catechesi ,  1'omilelica ,  la  pedagogia ,  la 
liturgica,  1'arte  cristiana,  il  diritto  ecclesiastico. 

«  3.°  La  scienza  dei  fatti,  cioe,  la  storia  della  Chiesa,  I'archeolo- 
gia  cristiana,  la  storia  dei  dommi,  degli  scismi ,  delle  eresie ,  la 
patrologia ,  la  storia  della  letteralura  teologica, 

1  Ad  Titum  c.  I,  v.  9. 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  465 

«  4.°  La  scienza  deisMoli,  o  Tesposizione  comparata  delle  dot- 
trine  scismatiche  ed  eretiche ,  e  del  loro  rapporti  coi  dommi  della 
Chiesa  cattolica,  la  filosofla  della  religione,  la  sloria  delle  religion! 
non  cristiane  e  del  loro  culto.  » 

Eccovi  il  disegno  di  tutta  1'opera  rappresenlato  in  pochi  tratti.  La- 
voro amplissimo ,  di  fatica  immensa  e  di  utilita  non  piccola.  Noi  ci 
rallegriamo  di  cuore  col  ch.  Autore  dell'essersi  messo  a  cotanta  im- 
presa  in  pro  del  clero  italiano,  e  quello  che  e  il  piu,  di  avere  corri- 
sposto  col  fatto  alia  promessa,  per  quanto  il  patisce  la  mole  e  la  qua- 
lita  del  lavoro.  In  pruova  della  nostra  asserzione  sarebbe  mestieri  di 
recare  a  saggio  un  qualche  articolo  sopra  le  varie  materie  che  vi  s! 
pertrattano.  Ma  chi  non  vede,  come  in  cio  ne  andrebbe  per  poco  tutto 
Intero  il  fascicolo  ?  II  che  per  fermo  non  piacerebbe  ne  ai  nostri  as- 
sociati  e  neanche  a  noi.  Onde  siccome  il  ch.  Autore  col  darci  la 
partizione  delle  materie ,  ed  i  mold  rispelti  sotto  dei  quali  doveano 
considerarsi,  ci  sbozzo  la  grandiosita  del  suo  concetto ;  cosi  noi  espo- 
nendo  in  brevi  parole  la  maniera  ,  che  adopera  nel  colorire  il  suo 
disegno,  faremo  comechessia  rilevare  ii  pregio  del  suo  lavoro. 

Argomentando  dalle  dieci  dispense  annunciate,  il  ch.  Autore  mo- 
stra  di  non  volere  prelermelter  cosa  ,  che  sia  necessaria  alia  diritla 
intelligenza  del  sacro  testo  della  Scrittura  e  quanto  al  vario  signifi- 
cato  delle  dizioni,  che  possono  metlervi  alcun  impaccio,  e  quanto  alia 
conoscenza  de'luoghi,  de' tempi,  de'costumi,  disnodando  le  difficolta, 
recando  le  varie  opinioni  ed  indicando  le  fonti  a  cui  attingere  piu 
yasta  erudizione.  Quando  poi  alia  occasione  di  alcune  voci  gli  viene 
in  taglio  di  confutare  le  obbiezioni  degli  eretici  o  degli  increduli,  non 
manca  di  farlo ,  gittando  qua  e  cola  larghi  sprazzi  di  luce  in  brevi  e 
robusti  argomenti.  Per  cio  che  si  riferisce  alia  Chiesa,  espone  le  dot- 
trine  dalla  medesima  professate,  le  corrobora  con  savie  prove,  le  di- 
fende  contro  i  maestri  dell'  errore,  de'  quali  contando  la  vita  vilupe- 
rosa ,  che  menavano  conforme  ai  loro  insegnamenli ,  od  i  frodolenti 
rigiri,  che  metteano  in  opera,  viene  a  darci  sul  loro  conto  la  piu  bella 
confutazione.  Per  1'opposto,  trattandosi  de'  Padri,  tu  ammiri  nella  pri- 
ma  parte  dell'  articolo  i  nobilissimi  atti  delle  loro  virtu ,  e  nell'  altra 
ii  vedi  schierati  in  bell'  ordine  i  loro  scritli,  con  quella  giunta  di  co- 
Serie  V,  vol.  X,  fasc.  340.  30  12  Maggio  1864. 


466  RIYISTA 

gnizioni  che  servono  all'uopo.  II  medesimo  studio  s'incontra  negli 
articoli  dettati  sopra  cio  che  apparliene  al  diritto  Canonico ,  od  ai 
sacri  riti,  o  risguarda  in  qualche  modo  la  disciplina  della  Chiesa.  SI 
trovano  diligentemente  notali  gli  spartimenti  delle  province  eccle- 
siastiche,  le  diocesi  che  vi  si  contengono,  il  numero  dei  fedeli,  ond'  e 
composto  ogni  gregge  affidato  alia  cura  di  un  pastore.  Non  v'e  citta 

0  luogo  con  catledra  episcopale ,  del  quale  non  si  determini  il  silo , 
non  s  indichi  il  tempo  in  cui  ebbe  V  alto  onore ,  e  per  quali  pastor! 
abbia  acquistato  rinomanza  nella  Chiesa. 

Tale  si  e  il  modo  che  ii  ch.  Autore  adopera  nello  svolgere  le  ma- 
terie  propostesi  a  trattare.  Di  che  e  facile  intendere  la  utilita  che  se 
ne  puo  ricavare.  La  qual  cosa  apparira  ancor  meglio,  ove  si  consi- 
deri ,  che  nel  discorrere  di  subbietti  particolari  ei  precede  ordinato 
nei  suoi  concetti  in  guisa  che,  indicando  i  varii  risguardi  sotlo  de'  quali 

1  medesimi  possono  disaminarsi  a  bell'  agio,  apre  il  campo  a  formare 
discorsi  ed  istruzioni  piu  o  meno  lunghe  secondo  il  bisogno.  Quando 
poi  ragiona  di  alcun  argomento  in  universo,  ti  mostra  in  qual  modo 
convenga  determinare  il  concetto,  partirlo  scientiflcamente ,  coordi- 
narne  le  parti ,  sicche  riesca  un  tutto  ben  inteso  ed  in  quella  che 
soddisfa  1'  animo  colla  chiarezza,  non  faccia  lamentare  la  esilita.  L'  ar- 
ticolo  scritto  sopra  la  voce  Batlesimo  valga  di  esempio  pel  primo  ca- 
so,  e  1'  altro  sopra  la  dizione  Apologetica  serva  pel  secondo. 

Contuttocio  non  intendiamo  affermare  con  queste  lodi ,  che  il  leo- 
logo,  il  canonista ,  lo  storico  e  gli  altri  maestri  nelle  discipline  ec- 
clesiastiche  non  vi  trovino  che  appuntare.  Anzi,  ne  siamo  certi,  qua 
non  potranno  far  buon  viso  a  qualche  defmizione,  la  si  quereleranno 
di  qualche  dottrina  oscuramente  esposta ,  altrove  si  dorranno  che  la 
esposizione  de'  fatti  non  sia  del  tutto  con  forme  alia  storia,  ed  a  que- 
sto  ed  a  quell'  articolo  daranno  taccia  di  soverchia  leggerezza  nella 
pertrattazione.  E  come  potrebbe  accadere  altramente  in  opera  di  co- 
tanta  impresa?  Quindi  per  adempiere  1'obbligo  della  veracita  presso 
i  nostri  lettori,  senza  ii  menomo  scapito  dell'elogio  fattone,  mettiamo 
qui  ad  esempio  alcune  osservazioni  sopra  qualche  sentenza  od  espres- 
sione  che  potrebbe  ingenerare  nella  mente  qualche  torto  e  nocivo 
sentimento. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  467 

1.  Nell'arlicolo  sopra  la  voce  «Alienazione  dei  beniecclesiastici» 
si  scrive :  «  Essendo  le  Chiese  di  Roma  e  di  Costantinopoli  le  piu  ric- 
che,  da  queste  comincio  la  riforma.  L'  imperatore  Leone  fece  una 
legge  per  impedire  1'alienazione  dei  beni  dellaChiesa  di  Costantinopo- 
li. Basilio  Cecina,  cbe  prese  il  norae  di  re  di  Roma,  ordino  pure  che 
non  si  potessero  vendere  i  beni  della  Chiesa  romana,  e  sul  principio  il 
Papa  Simmaco  non  disapprove  che  un  laico  avesse  fatta  questa  leg- 
ge e  non  tralascio  di  confermarla  in  un  Concilio  tenuto  nel  502.  » 
Alcuno  male  avveduto  potrebbe  da  questo  luogo  trarre  la  conseguen- 
za:  dunque  e  dei  principi  secolari  custodire  e  governare  con  savie 
leggi  1'uso  dei  beni  di  Chiesa.  Si  rellifichi  la  storia  e  parra  1'  oppo- 
sto.  L'imperatore  Leone  fece  bensi  una  buona  legge  in  pro  degli  or- 
fanotrofii,  e  defini  con  un'altra,  che  i  Vescovi  poteano  civilmente  dis- 
porre  de'beni  loro  privati ,  ma  niuna  ne  bandi  spettante  al  divieto 
asserito  l.  E  vero,  che  Basilio  Cecina  proibi  con  legge  1'  alienazione 
sopraddelfa,  ma  e  falso  cosi  che  egli  siasi  dato  il  titolo  di  re  di 
Roma,  come  che  Papa  Simmaco  non  abbia-disapprovata  la  legge  ci- 
tala.  Leggasi  il  Costituto  di  questo  Pontefice  e  si  yedra  con  quanta 
forza  la  medesima  sia  slata  dichiarata  nulla,  appunto  perche  fatta  da 
persona  laica.  Del  reslo  non  era  mestieri,  che  ponessero  mano  a  co- 
siffalte  leggi  gli  Imperatori  od  i  Pretetti  residenti  in  Roma  ,  come  il 
nominato  Basilio :  la  costituzione  di  S.  Leone  Magno  inviata  ai  Ve- 
scovi della  Sicilia  ed  il  richiamo  fatto  dal  medesimo  all'  imperalore 
Marciano,  per  guarentire  il  dirilto  e  libero  uso  de'  beni  della  Chiesa 
contro  le  intrusioni  laicali,  ne  sono  una  pruova  luculenta  2. 

2.  Nell'  arlicolo  sopra  «  YApologetica  »  si  pronunzia  ricisamente 
che  «  la  rinascenza  degli  studii  classici  al  decimoquinto  e  decimose- 
sto  secolo . . .  ebbe  per  risultato  il  raffreddamento  e  la  decadenza 
della  fede  cristiana.  »  Questa  e  sentenza  moderna  del  Gaume ;  ma 
essa  ha  contro  di  se  1'esempio  e  1'autorita  de'Padri  anlichi,  dei  Pon- 
tefici ,  dei  Prelati  e  degli  uomini  per  ogni  virtu  insigni  dei  secoli  ci- 
tati,  i  quali  furono  si  lungi  dal  ravvisare  negli  studii  classici  una 


\  Annal.  BARONII  ad  ann.  474,  n.  4,  Cod.  lib.  1,  tit.  3,  de  Episcop.  et  Clet\ 
2  Epist.  17  et  137. 


468  RIVISTA 

causa  di  corrompimento  della  fede ,  che  in  ogni  guisa  ne  caldeggia- 
rono  il  progresso.  Adoperando  la  maniera  esagerala  di  argomentare, 
tenuta  dall'autore  della  riferita  sentenza,  noi  potremo  dimostrare  es- 
sere  stall  gli  studii  teologici  una  cagione  non  lieve  delle  eresie. 

3.  Alia  voce  «  Albigesi »  sta  scritto:  « ne  pretendiamo  di  definire 
come  cosa  lecita  il  perseguitare  gli  eretici  a  cagione  della  sola  loro 
falsa  teoria,  quando  essi  non  siano  disturbalori  della  pubblica  tran- 
quillita;  »  Nel  supposto  che  la  persecuzione,  o  per  favellare  piu  pro- 
priamente ,  che  la  punizione  degli  eretici  come  tali  venga  ordinata 
dalla  legittima  autorita,  non  solo  non  e  una  pretesa  il  definirla  affer- 
naativamente  un  alto  lecito,  ma  e  di  necessita  per  chi  vuole  sentire 
colla  Chiesa.  Abbiamo  i  Padri  chel'asseriscono,  i  canoni  dei  Concilii, 
ehe  lo  confermano,  e  la  pratica  di  santissimi  Pontefici  che  vi  pone  il 
suggello  piu  cospicuo.  E  poi  colla  eresia  non  si  consumma  il  delitto 
piu  grave  di  ribellione  contro  la  Chiesa?  Quindi  siccome  non  V  ha 
uomo  di  sano  intelletto  che  neghi  ad  una  societa  legittima  e  indipen- 
dente  il  diritto  e  percio  la  licitezza,  di  punire  il  ribelle,  cosi  niuno 
senza  ingiustizia  lo  puo  negare  alia  Chiesa.  Ma  questo  non  importa, 
che  si  debba  o  si  possa  esercitare  cotal  diritto,  in  ogni  circostanza. 
Non  rade  volte  la  utilita  lo  dissuade,  o  la  parola  data,  od  un  patto  in 
contrario  non  lo  consente.  Che  se  per  la  citata  senlenza  si  fosse  in- 
teso  di  declinare  queste  ed  altre  quistioni  somiglianti,  in  tal  caso  sa- 
rebbe  da  notarsi  la  oscurita  della  espressione.  Ad  ogni  modo  dal 
Suarez  1  e  dal  Bellarmino  2  chi  lo  bramasse,  puo  avere  e  pruove  e 
schiarimenti  da  rimanerne  soddisfatto. 

4.  C'incresce  il  dirlo,  ma  I'arlieolo  alia  voce  «  Basilea  »  fu  attin- 
to  a  fonte  non  pura.  Discorresi  in  esso  del  famoso  Concilio  tenutosi 
In  quella  citta,  ma  con  formole  piuttosto  strane  e  con  sentenze  non 
conformi  alia  storia.  Cosi  a  modo  di  esempio  qui  si  lancia  un'  accu- 
sa  a  tutti  i  Pontefici  di  quei  tempi,  dicendosi :  «  essere  fuor  di  ogni 
dubbio  che  i  Papi  seguivano  allora  nella  queslione  di  oriente  una 
larga  politico,,  che  abbracciava  ad  un  tempo  gF  interessi  piu  gravi 


1  De  Fide,  Disp.  XXII,  XXIII. 

2  De  Laicis,  c.  21,  22. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  469 

delle  due  Cliiese  e  quelli  di  tulti  gli  Stati  europe! ;  ma  doversi  pure 
confessare  che  essi  sacrificavano  alia  politico,  estera  le  question!  di 
politico,  interna.  »  La  si  afferma  che  i  Padri  del  Concilio  «  scorse- 
ro  nella  traslazione  il  progetto  di  paralizzare  la  liberta  dei  Vescovi 
francesi  e  tedeschi  colla  maggioranza  de'  Vescovi  italiani » ,  come  se 
realmente  il  Papa  Eugenio  avesse  avuto  tal  disegno.  Altrove  la  le- 
giltima  difesa  retlamenle  adoperata,  si  chiama  «  fanalismo  di  spedi- 
zioni  militari  contro  i  seguaci  di  Giovanni  Huss  ecc.  ecc.  »  Ouanlo  al 
Papa  Eugenio  ti  comparisce  imprudente,  caparbio  e  cagione  de'  pri- 
mi  dissidii  del  Concilio.  Andremmo  troppo  per  le  lunghe  se  voles- 
simo  reltificare  e  proposizioni  e  falti  della  prima  parle  di  queslo  arli- 
colo,  e  percio  rimettiamo  chi  ne  avesse  1'agio  a  cio  che  ne  racconta 
il  Rainaldi. 

5.  Nell'arlicolo  sopra  « I'Assoluzione  sacramentale  »  si  riferiscono 
quindici  capi  di  casi,  nei  quali  devesi  ricusdre  I'assoluzione  ed  otto 
di  quelli,  in  cui  devesi  differire.  Basta  ragguagliarli  con  quegli  an- 
noverali  da  S.  Alfonso  o  dallo  Scavini,  per  rilevare  in  piu  di  essi  un 
importune  rigore.  Trattandosi  qui  di  morale,  crediamo  conveniente  di 
far  notare  la  inesattezza  della  regola  diciollesima  che  si  da  nell'  ar- 
ticolo  sopra  il  «  Battesimo  »  al  §.  XIV.  Dicesi  in  essa  che  « in  case 
di  necessita  1'  ordine  da  tenersi  dai  fedeli  e  che  non  puossi  senza 
grave  peccato  violare,  rispetto  alle  p.ersone  che  devono  conferire  il  • 
ballesimo/e  a  pari  circostanza  la  seguente :  la  donna  ceda  all'uomo, 
il  laico  al  cherico,  il  cherico  al  sacerdole.  »  E  vero,  che  conviene 
osservare  1'ordine  indicate  in  quesla  regola,  e  vero  che  il  laico  a  part 
circostanza  non  si  prepone  al  sacerdote  senza  grave  peccato,  giusta 
la  comune  sentenza  dei  teologi,  ma  e  del  tutto  inesatto  che  si  debba 
dannare  di  col  pa  grave  la  donna,  che  si  antipone  all'uomo,  o  il  laico 
che  al  semplice  cherico. 

Tali  sono  le  poche  osservazioni  che  abbiamo  giudicato  opporluno 
di  soggiungere  alle  ben  meritate  lodi  date  al  ch.  Autore  della  En- 
ciclopedia  annunziata,  rimanendo,  non  ostante  le  medesime ,  intatta 
la  utilita,  che,  siccpme  abbiamo  di  sopra  affermato ,  puo  ricavare  il 
clero  da  quest'  opera,  commendevole  ancora  dal  lato  lipografico  per 
la  correzione,  la  nitidezza  e  la  economia  del  prezzo. 


BIBLIOGRAFIA 


ALIMONDA  GAETANO  —  S.  Francesco  di  Sales,  Panegirico  recitato  dalsacerdo- 
te  Gaetano  Alimonda  ai  RR.  Operai  evangelic! ,  detti  Framoniani,  nella 
chiesa  di  S.  Marta  in  Geneva,  il  20  Gennaio  del  1863.  Torino,  lip.  scola- 
stica  di  Seb.  Franco  e  fiyli  1863.  Un  opusc.  in  8.<>  di  pag.  29. 

ALLARD  G.  S.  —  Giuseppe LuigiGuerin,  volontario  del  corpo  de'Zuavi  poutifici? 
Franco- belgi,  nato  in  Saint  Pazanne  li  5  Aprile  1838,  e  morlo  in  Osimo  li 
30  Ottobre  1860,  per  1'  Abate  G.  S.  Allard,  canonico  della  cattedrale  di 
Nantes,  tradotto  dall' abate  Amerigo  Capocci.  Firenze,  tip.  di  Luigi  Ma- 
nuelli  1864.  Un  vol.  in  8.°  dipag.  JV-189. 

ANONIMO  —  Considerazioni  e  Raffronti  sullo  stato  deU'Istruzione  pubblica 
neH'Unibria.  Un  Laico  umbro.  -Assist,  tip.  di  Domenico  Senni  1864..  Un 
opusc,  in  8.°  dipag.  34. 

Non  sappiamo   chi   sia  lo  scrillore  di   queste  dell'Umbria  ha  in  fatto  d'educaziono  e  islruzione 

Considerazioni,  il  quale  si  contenla  solo  di  dirci  giovanile  dislrulto  tullo  il  bene  die  v'era  innan- 

che  e  un  Laico  umbro.  Ma  dalla  lettura  die  ab-  zi,  e  sopra  quelle  ruine  o  lasciato  il  vuoto ,  o 

biam  fatto  del  suo  libro  lo  abbiam  trovato  uomo  innalzato  ediflcii  pessimi  ora,  di  peggiori -cala- 

di  sensi  schicttamente  cattolici,  di  molta  dottrina  mitci  feraci  uello  avvcnire.  Allcga  falti  e  pruove 

e  di  speriehza  non  picciola  in  falto  d'educazione  di  una  evidenza  palpabilissima ,  e  conforms  in 

e  istruzione  giovanile,  e  minutamente  istrutto  di  im  punto  speciale,  do  die  in  tesi  generate  e  gia 

quello   chc   accade  nell'  Cmbria.  Esso    dimostra  noto,  che  cioe  la  rivoluzlone  e  buona  a  distrug- 

cio  che  fu  anche  da  alcuni  giornali   liberaleschi  gere,  inetta  ad  cdiflcare. 
de'  piu  caldi  asserito,  che  il  Governo  usurpatore 

.—  II  Mese  dei  Fiori  sacro  alia  Regina  degli  Angeli.  Modena,  tip.  deir  Imm,. 
Concez.  Un  vol.  in  12°  di  pag.  180.  Si  vende  in  Roma  presso  il  Bendvenga.. 

—  La  lira  solitaria:  raccolta  di  Poesie  inedite.  Torino,  slamperia  dell'  Unio- 
ne  tipografico  editrice  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  78. 

—  La  parola  di  Dio,  i  moderni  farisei  e  il  signor  Andrea  Moretti,  per  un  prete- 

bergamasco.  Torino,  tip.  dell'Orat.  di  S.  Franc,  di  Sales  1864.  Vnopusc^ 
in  8.°  dipag.  90. 

II  signor  Andrea  Morelli  ha  pubblicato  per  le  delle  risposto.  Veramente  il  tema  stesso  era  faci- 

stampe  un  libro  contro  la  Chiesa  e  il  clero,    in-  le;    giacche   a  voler   far  dire  alia   Scrittura  il 

tendendo  di  provare  per  via  deila  santa   Scrit-  contrario   o   almeno   diversamente   di   quei  che 

tura  che  il  Papa  non  puo  avere   signoria   tern-  dice,    bisogna  slirarla  e  sconvolgerla  tanto,  che 

porale,  e  i  Vescovi  e  i  Preti  non  possono  avere  a  tutti  apparisce  la  falsita  della  allegazione,  solo 

possidenza   ne  beni;    e  che  dal  possederli  che  che  questa  si  esponga  con  genuina  verita  :  e  le 

fanno  contro  coscienza  deriva   la  corruttela  del  obbiezioni  &  i  cavilli  del  sig.  Morelti  son  ciarpc 

Sacerdozio  cattolico,  che  quindi  invece  di  essere  vecchie,  cento  volte  esposte,  cento  volte  ricoho- 

Ja  eletta  dei  paslori  e  divenuto  un'accozzaglia  di  sdute  come  cenci  smessi  e  animuffati  ne'  ghetti. 

farisei.  E  cio  egli  fa  non  solo  irriverentemente,  Tutto  questo  e  vero:   ma  appunto  queslo  non  e 

ma  disonestamenle,  e  pur  protestandosi  di  voler  piccolo  merito  dello  scriltore,  1' avere  con  certa 

rimanere  cattolico,  come  innanzi  era.  Tra  le  va-  opportunita  di  riflessioni,  e  brio  di  stile  saputo 

rie  confulazioni  scrittesi  conlro  un  tal  libro,  que-  dare  interesse  vivo  ad  uoa  polemica  facile  in  se 

sta  e  notevole  per  la  forza  del  ragionamento,  per  slessa,  e  cento  voile  rifatta. 
la  moderazione  dello  stile ,  e  per  la  evidenza 


BIBLIOGRAFIA  471 

ANONIMO  —  Laura  dei  Bonaventura  in  Torre  de'Specchi.  Racconto  storico 
del  secolo  XVII.  Modem,  tipi  dell' Imm.  Concezione  1864.  Un  vol.  in  8.° 
di  pag.  333. 

II  rac-conlo  romano  clie  ci  presenta  la  Collezione  le,  che  non  edifica  una  casa  chi  guarda  al  solo 

di  letturo  amene  ed  oneste  pel  mesi  di  Marzo  ed  interesse  materiale  nei  roatrimonii,  ma  la  distrug- 

Aprile,  e  un  racconto  dei  piu  interessanti,  e  per  la  ge ;  e  che  1'  educazione  per  quarto  sia  ricercata 

yerita  storica  che  conliene,  e  pel  nalurale  intrec-  e  fertile  in  famiglie  nobili,  se  manca  1'elemento 

<io  e  sviluppo  dei  fatti,  e  per  le  moralila  che  primiero,  la  Religione,  non  produce  che  rei  effetti. 

deduce  tutto  spontanee.  Noi  lo  abbiamo  lelto  con  Dobbiamo  insieme  commendare  la  schietlezza  e 

piacere,  e  n%  gjudichiamo  la  lettura  utilissima  ad  scioltezza  dello  stile  in  lutto  il  racconto,  e  princi- 

ogni  classe  di  persone,  ma  specialmente  alle  no-  palmente  i  tratli  tenerissimi  in  che  ei  descriye  un 

bili  giovanettc,  alle  quali  in  singolar  maniera  1'Au-  Crocifisso  dipinto  da  Mario  Bonaventura,  e  la  sua 

4ore  lo  indirizza.  morte  ediflcante,  dopo  riceyuti  i  SSmi  Sacramenti. 

In  questo  racconto  che  lungi  dall'essere  romanzo,  E  yendibile  a  Roma  da  Gioyanni  Benciyenga, 

« tutta  storia  yeridica,  campeggia  in  modo  specia-  yia  di  pie  di  Marmo  n.  4. 

—  Le  Querele  Monginiane ,  ossia  riflessi  critico-morali  sull'  empio  libercolo, 
intitolatb  :  La  cristiana  procedura  dell'  attuale  Inquisizione  romana,  giu- 
stificazione  del  Parroco  Pietro  Mongini.   Torino,  tip.  scolastica  di  Seba- 
stiano  Franco  e  figli  1863.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  62. 

—  Rappresentazioni  e  poesie  sacre  pel  fanciulli.  Milano,  tip.  e  libreria  arci- 
vesc'ovile,  Ditta  Boniardi-Pogliani  di  Ermen.  Besozzi  1863.  Cinque  vol. 
in  8.°  di  pag.  110, 152,  110,  125  e  126. 

Noi  ci  uniamo  a'molti  giornali  cattolici,  i  quali  che  dal  yenderla  se  ne  ricayera,  e  destinato  ad  aiu- 

lianno  raccomandata  caldamente  questa  Raccolta  tare  1'  educazione  e  1'  istruzione  dei  gioyanetti  di 

di  sacre  Rappresentazioni,  perche  in  primo  luogo  miglior  ingegno,  i  quali  aspirano  allo  stato  eccle- 

questi  drammelti  son  proprio  opportuni  a  nutrire  siastico,  ma  non  hanno  mezzi  di  giungervi  senza 

•e  syegliare  nei  fanciulli,  sopraltuHo  del  popolo,  il  sussidio  della  carila  cristiana.  L'  inlera  Rac- 

i  piu  dilicati  e  i  piu  generosi  sentimenti  d'  un  cuore  colta  si  compone  di  cinque  volumetti,  i  quali  si 

Teramente  cristiano,  mentre  essi  mirano  apparen-  yendono  anche  separatamenle  al  prezzo  di  cente- 

temente  a  procacciar  loro  un  piaceyole  interteni-  simi  8  per  ogni  foglio  di  stampa. 
mento ;  e  perche  in  secondo  luogo  il  poco  guadagno 

INTONIO  M.  DI  TIVOLI  —  Tn  Vigilia  et  in  Festo  Immaculatae  Conceptions  Bea- 
tae  Mariae  Virginis  Officium  et  Missa  Gregorianis  numeris  ornata.  Mechli- 
niniae,  H.  Dessain,  successor  P.  1.  Banicg,  Sumrnis  Pontificis^.  Congre- 
gationis  de  Propaganda  Fide  et  Archiep.  Mechl.  Typ.  1863.  In  foglio  co- 
rale  di  pag.  12. 

Quest'  Offlcio  e  Messa,  approyata  dal  Rmo  P.  Ge-  petenti,  molto  pregeyole,  sempre  melodioso,  e 
nerales  dei  Minori  per  tutte  le  Chiese  dell'  Ordi-  corrispondente  alle  belle  parole,  con  cui  la  Chie- 
ne,  e  layoro  musicale  a  giudizio  di  persone  com-  sa  onora  la  gran  Madre  di  Dio  Immacolata. 

1UTORI  VARII—  Fieri  poetici  a  D.  Angelina  De  Gaetano,  che  veste  1'  abito 
religiose  nei  Conservators  dei  sacri  Cuori  di  Gesu  e  Maria,  in  Santama- 
ria  Capuavetere,  pigliando  il  nome  di  Maria  Veronica  del  Divino  Araore. 
Napoli,  stabilimento  tipografico  strada  S.  Giovanni  inPortan."  32,  1864. 
Un  fasc.  in  8.°  di  pag.  21. 

BARBERI  ANDREA  — L'uomo.  Riflessioni  filosofico-religiose  dell'avv.  cav.  An- 
drea Barberi.  Roma,  Filippo  Chiassi  1864.  Un  fasc.  in  8.°  di  pag.  20. 

Nella  perdita  di  due  care  nipotine  consolasi  1'au-    tal  distacco,  perche  sole  elevano  1'anima  al  pen- 
lore  con  molto  soayi  considerazioni  di  fllosofla  cri-    siero  d'  una  seconda  yitaj  beata  ed  imperitura. 
stiana,  che  sole  yalgono  ad  alleyiare  il  dolore  di 

BESI  GIUSEPPE  —  Corso  elenientare  di  agricoltura  teorico-pratica  del  Dottor 
Giuseppe  Besi,  professore  di  agraria  nell'  istituto  tecnico  di  Geodesia  e 


472  BIBL10GRAFIA 

Icodometria  ecc.  ecc.  Vol.  1.°  Roma,  tipografia  delta  Rev.  Cam.  Apostoll- 
ca  1863.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  230,  con  tavole. 

E  intenzione   del  sig.  Besi  di  comprendere  in  slanze  rendano  il  terreno  alto  a  produrre ;  flnal- 

fuesto  suo  Corso  elementare   non  solo  la  parte  niente  la  Vl,a  la  Rotazione  agraria,  cioe  la  suc- 

teorica,  ma  eziandio  la  pratica  dell' agricoltura ;  cessione   delle   raccolle  sul  medesimo    terreno. 

eioc  dire  si  la  scienza,  si  I'  arle.  La  scienza  agro-  Questo  primo  libro  e  uscito  alia  luce,  e  nella  sua 

nomica,  che  e  contenuta  in  questo  1.°  volume,  brevila  1'abbiam  trovato  chiaro,  compiuto,  ordi- 

la  divide  esso  in  sei   sezioni.  La  I."  tratta  la  nalo.   Ora  aspetliamo  1'altra  parte,  che  dovri 

Botanica  agraria,  ossia  i  principii  piu  univer-  contenere  1'arte  agronomica,  e  nella  quale  1'au- 

sali  della  anatomia  e  fisiologia  vegelale;  la  II.a  tore  promette  di  parlare  dell'erbicoUjtira,  dell'aj- 

la  Agrologia,  ossia  le   qualita  buone  o  cattive  boricoltura,  della  tecnologia  rurale,  della  pasto- 

delle  terre;  la  III.'  la  Meccanica  agraria,  ossia  rizia  e    dell' economia   rurale.   Sappiamo  die  a 

gli  strumenti,  le  macchine,  e  i  lavori  che  queste  pubblicare  quest'  opera  cosi  utile  il  Santo  Padr» 

fanno   sulle  terre;  la  IV."  1' Idrologia  agraria,  ha  dato  non  solo  approvazione  ma  aiuto  effica- 

ossia  i  danni  e  i  beneflzii  che  le  acque  fanno  alie  cissimo,  essendosi  degnato  di  ordinare  che  foss« 

terre;  la  V.*  la  Chimica  agraria,  ossia  quali  so-  stampata  a  sue  spese. 

BLOT  —  In  Cielo  ci  si  riconosce,  lettere  di  consolazione  scritte  dal  Rev.  Pa- 
dre Blot  della  Compagnia  di  Gesu,  tradotte  da  un  sacerdote  toscano.  Ft- 
renze,  presso  Alfonso  Romoli  editore  1864.  Unvol.  in  8.°  di  pag.  JXV-134. 

Questo  libro  e  stato  scritlo  per  porgere  ai  fe-  glia  nel  Cielo,  e  1'amicizia  nel  Cielo.  Tutto  il  libro 

deli  una  consolazione  nella  morte  dei  loro  cari:  adunque  dara  grande  sollievo  alle  anime  piu  af- 

e  la  consolazione  si  e  rammentar  loro  che  in  cielo  fettuose,  e  tan  to  piu  grande  quanto  piu  esso  e 

•i  riconosceremo,  in  cielo  ci  riuniremo  con  quelli  veroesolidamentedimostrato.Cirallegriamoadun- 

ehe  in  terra  ci  lasciano  a  piangere  la  loro  perdita.  que  di  vederlo  voltato  in  italiano  sopra  1' ultima 

Questa  verita  e  nella  ferma  persuasione  di  tutti  edizione  francese,  e  ci  auguriamo  che  esso  venga 

i  cattolici:  ma  il  ch.  p.  Blot  ne  porge  la  dimostra-  letlo  da  quanli  vivono  nel  lutto  e  nell'afflizion* 

zione  teologica,  e  ne  deduce  le  conseguenze  prati-  per  la  perdita  de'  loro  parenti  o  dei  loro  amici. 
che.  Belli  fra  gli  allri  sono  i  due  capitoli,  la  fami- 

BONOLA  ALESSANDRO  —  Alcuni  fiori  a  Maria  nel  mese  di  Maggio,  di  Alessan- 
dro  Bonola.  Bologna  1864,  presso  Alessandro  Mareggiani  tipografo  edi- 
tore, ma  Malcontenti  1797.  Un  opusc.  in  8."  di  pag.  48. 

Quesli  fiori  sono  alquante  poesie,  che  hanno    pieta,  pel  colore  vivace  di  belle  immagini,  per 
per  argomento  la  Vergine  Santissima.  Esse  me-    la  schietta  naluralezza  delio  stile, 
ritano  un  tal '  titolo  per    la  soave   fragranza  di 

BOSCO  GIOVANNI  —  II  mese  di  Maggio  consacrato  a  Maria  SS.  Immacolata,  ad 
uso  del  popolo,  per  cura  del  sacerdote  Giovanni  Bosco.  Seconda  edizioue. 
Torino,  lip.  dell' Orat.  di  S.  Franc,  di  Sales  1864.  Un  vol.  in  32.°  di  pag.  204. 

BREVIARIUM  ROMANUM,  ex  decreto  SS.  Concilii  Tridentini  restitutum,  S.  Pii  V 
Pontificis  Maximi  iussu  edilum,  dementis  VIII  et  Urbani  VIII  auctoritate 
recognitum,  cum  officiis  Sanctorum  novissime  per  summos  Pontifices 
usque  ad  hanc  diem  concessis.  Taurini,  ex  officina  slereotypographica 
Hijadnthi  Marietti  1864.  Un  vol.  in  16.°  piccolo  di  pag.  L  V7-880,  CCLIX. 

11  pregio  di  questa  nuova  edizione  del  Breviario,  queste  buone ^ualita  e  da  aggiugnere  la  tenuiti 
fatta  dal  Marietti,  si  e  la  piccolezza  del  sesto,  la  del  prezzo.  Gli  stessi  pregi  si  trovano  nell'altro 
nitidezza  della  stampa,  la  correltezza  del  lesto,  e  Breviario  Ad  usum  Fra  trum  MM.  S.Francisci  Cap- 
la  pienezza  delle  giunte  pei  nuovi  ufflcii.  A  tutte  puccinonm,  stampalo  nella  medesima  tipografia. 

CACCIAGUERRA  BUONSIGNORE  —  Trattato  della  tribolazione  del  rev.  Buonsi- 
gnore  Cacciaguerra,  nobile  Sanese,  prete  secolare  e  compagno  di  S.  Fi- 
lippo  Neri  in  S.  Girolamo  della  carita  in  Roma,  utile  e  necessario  a  chi 
desidera  imitar  Cristo  nel  patire.  Napoli,  presso  il  sac.  Giuseppe  Pelella, 
Strettola  di  Porto  n.  21,  2.9  p.  1863.  Un  vol.  in  12.°  di  pag.  106. 

Quel  si  gran  maestro  di  spirito  che  fu  sail  comandava  alle  anime  cho  dirigeva  questo  li- 
Francesco  di  Sales  loggeva  frequentemente  erac-  bro,  e  in  una  lettera  (LETT.  lib.  5  della  P.  U, 


BIBLIOGRAFIA  473 

leltera  47)  dice  intorno  a  lui  queste  parole:  « Io    ebbi  in  Italia  ».  Dopo  un  tal  giudizio  e  inutile 
non  sono  mai  stato  mosso  da  Libro  alcuno,  come    ogni  altra  raccomandazione. 
da  questo,  in  una  doloipsissima  infermita,  che  io 

CECCONI  EUGENIO  —  La  voce  di  Maria  Madre  del  Buon  Consiglio,  al  cuore 
della  giovinetta,  ad  uso  specialmente  del  Conservatorii  e  delle  pie  case 
di  educazione.  Firenze  1864,  tip.  Fiorentina,  diretta  da  Giuseppe  ISatali. 
Un  vol.  in  32."  di  pag.  88. 

E  una  ristampa  del  libretto  encomiafo  da  noi  e  prendiamo  qucst'occasione  per  congratularci  col 

(rol.  IX,  pag.  346).  Ne  differisce  in  quanto  que-  pio  e  dotto  autore,  Canonico  del  Duomo  a  Fi- 

sto  e  meglio   adattato  alle  fanciulle  ,   menlre  renze,  delle  picciole  e  delle  sue  grandi  impress  a 

quello  piu  si  conviene  ai  fanciulli.   Inyitiamo  i  bene  della  religione. 
padri  di  famiglia  e  le  istitutrici  a  giovarsene, 

CELESIA  MICHELANGELO  —  11  Giudeo  ed  il  Gentile  al  cospetto  del  Cristo.  Ra- 
gionamento  di  Monslgnor  D.  Michelangelo  Gelesia,  della  Congregazione 
Cassinese,  Vescovo  di  Patti,  letto  la  sera  del  20  Marzo  1864,  nella  solenne 
adimanza  della  pontificia  Accademia  Tiberina,  per  celebrare  la  memoria 
della  passione  di  N.  S.  G.  G.  Roma,  tip.  Salviucci  1864.  Un  opusc.  in  8.* 
dipag.  19. 

Quali  fossero  le  condizioni  particolari  del  Gen-  le  conosciulo  era  nel  Giudeo;  ignoranza  del  be»e 

lile  e  del  Giudeo  rispetlo  al  Diyin  Redentore  al-  era  nel  Gentile :  quegli  adunque  ripudio  Cristo , 

1'epoca  della  sua  incarnazione,  e  1'argomento  as-  quesli  1'abbraccib:   ecco  il  concetto  informatorc 

guntosi  dal  dotto  ed  oloquenlo  Vescovo  di  Palti  di  tutto  il  discorso,  il  quate  concetto  Io  rende  di 

in  questo  suo  Ragionamenlo.  Ostinazione  nel  ma-  pratica  e  presente  opportunity. 

CORSO  D'ISTRUZIONE  RELIGIOSA,  ad  uso  delle  classi  ginnasiali  superior!,  testo 
adottato  nell'I.  R.  Ginnasio  di  Udine,  nel  Seminario  patriarcale  della  Sa- 
lute in  Venezia,  ed  in  altri  Istituti.  Seconda  edizione.  Trieste,  tipogr.  del 
Lloyd  austriaco  1863.  Un  vol.  in  16.°  dipag.  380. 

Quest'opera,  di  cui  facemmo  i  meritati  elogi  nei  nostri  quaderni  281  e  302,  si  trora  yendibil* 
in  Roma  presso  il  libraio  Marini,  piazza  del  Collegio  Romano. 

CUSA  MICHELE  —  Guida  storica,  religiosa  ed  artistica  al  sacro  monte  di  Va- 
rallo  ed  alle  sue  adiacenze,  illustrata  con  disegni  grafici,  eseguiti  sugll 
originali  per  Michele  Cusa  professore  in  pittura.  Vercelli,  tip.  e  lit.  De 
Gaudenzi  1858.  In  4.°  di  pag.  116  con  moltissime  tavole  incise  in  rame  o 
litografate. 

Al  settentrione  di  Yarallo  addossasi ,  quasi  alii-  esprimono  gli  affetti  e  le  passioni  del  cuore  uma- 

piano  a  montagna  piii  eleTata,  un  colle,  che  guar-  no,  lasciati  dagl'  immortali  artisli  Ferrari  Gaudea— 

da  la  soltoposta  cilia,  corne  il  Partenone  guarda  zio,  dai  tre  fratelli  d'  Enrico,  Antonio,  Giovanni  e 

JLlene.  QuiYi  nel  1486   il  milanese  francescano,  Melchiorre,  dal  Morazzone,  da  Giambatt.  Taba«~ 

P.  Bernardino  Caimo  da  Gerusalemme,  comincio,  chelli,  da  Giacomo  Bargnuola,  dai  fralelli  Giusepp* 

eolle  limesine  avute  principalmente  dai  Varallesi,  e  Stefano  Donedi,  e  da  altri,  che  mentre  sommini- 

a  costrurre  quella  serie  di  cappelle,  ognuna  delle  slrano  Tasto  campo  agli  studii  dell'arte,  sono  pel 

quali  rapprescnta  con  iscolture  ,  con  dipinti,  con  popolo  una  fonte  inesauribile  di  sante  meditazioni. 

bassi  rilicvi  un  mistero  della  vita  di  N.  S.  Gesu  Or  questi  preziosi   monument!  della  pieta  e  del— 

Cristo,  e  tulle  insieme  costituiscono  quel  famoso  V  arle  cristiana  sono  stati  con  immensa  fatica  co- 

Sanluario,  che  ha  il  nome  si  allo  di  NuoTa  Ge-  piati  e  disegnali  dal  sig.  Cusa,  Talente  pittore  df 

rusalemme.  Un  tal  sanluario,  unico  al  mondo  pel  Varallo,  e  con  molta  perizia  illuslrati,  e  tutti  rac- 

eoncetto  religioso  che  Io  informa,  c  anche  insi-  colli  in  un  Tolume  magnifico,  il  quale  e  una  per— 

gne  per  i  capi  lavori  di  arte  che  racchiude,  conte-  felta  Guida  a  chi  yisila  quel  Santuario,  un  nobile 

nendo  eletlissime  produzioni  di  molli  insigni  mae-  monumento  della  pieta  dei  Varallesi,  una  scuola 

slri  delle  tanlo  rinomale  scuofe  di  Roma  e  di  Bo-  feconda  per  gli  artisli,  e  per  tutli  gl'  ilaliani  ua 

logna.  QuiTi  e  tanta  la  copia  degli  esempii,  che  libro  non' solo  pio,  ma  sommamenta  dilettoso. 


474  BIBLIOGRAFIA 

DEGLI  ODDI  LONGARO  —  Compendio  storico  della  vita  del  venerabile  servo  di 

Dio,  il  Maestro  Giovanni  d'  Avila,  sacerdote  secolare,  detto  1'  Apostolo 

dell'Andaluzia,  le  di  cui  virtu  in  grado  eroico  furono  pubblicate  dalla  sa. 

me.  di  PP.  Clemente  XIII,  scritto  dal  P.  Longaro  degli  Oddi  d.  G.  d.  G. 

*  Roma,  tipogr.  Aureli  e  comp.  1864.  (In  vol.  in  8.°  dipag.  A7F-277. 

DE  IORIO  M.  ANTONINO  —  Le  tre  ore  di  Gesii  agonizzante  e  di  Maria  desolala? 
perM.  Antonino  Delorio.  Napoli  1864,  libr.  call,  sotto  I'insegna  dell' 1mm » 
Concezione,  largo  Gerolomini  n.  115-16.  Un  vol.  in  32.°  di  pag.  158. 

DELL'  ABBACO  PAOLO  —  Poesie  inedite  di  Paolo  Dell'Abbaco,  matematico  del 
sec.  XIV,  pubblicate  da  Enrico  Narducci.  Roma,  tip.  delle  scienze  matema- 
tiche  e  fisiche,  via  Lata  w.°  211 ,  A.  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  IX,  30, 

Maestro  Paolo  di  Piero,  piu  noto  solto  il  nome  codice  Magliabechiano  segnato  Classe  VII,  nu- 

di  Paolo  Dell'Abaco,  illustre  matematico  del  XIV  mero  1023,  scrittura  di  yerso  il  1440,  ma  molto 

secolo,  fu  anche  buono  scrittore  di  Rime.  Alcune  guasta  di  mende  e  d'idiotismi.  Ebbele  comuni- 

di  queste  erano  gia  pubblicate  per  le  slampe  in  cate  da  Firenze  il.signor  Principe  Boncompagni, 

Tarie  raccolte,  le  piu  si  danno  ora  alia  luce  per  il  quale  le  affido  al  Narducci   per  allestirae  la 

•ura  del  signor  Narducci,  il  quale  ne  ha  corretto  stampa,  cbe  voile  si  eseguisse  a  sue  spese  nella 

pazientemente  il  testo.  Queslo  e  cavalo  da  un  sua  privala  tipografla. 

DELL'ARCO  PIER  PAOLO  —  Pubbliche  gratulazioni  della  citta  di  Alatri  al  P. 
Sebastiano  Quatrino,  provinciate  de'  Minori  Conventual!,  Oratore  facon- 
do,  dotto,  elegante,  come  tenue  ricambio  dello  splendore  da  lui  arrecato 
alia  sua  terra  natale,  29  Marzo  1834-  Roma,  tip.Sinimberghi.  Due  fogliin 
4.°  magnificamente  impressi. 

DI  PIETRO  GRATILIANO  —  Quod  Gregorianis  modis  aptavit  Immaculatae  Con- 
ceptionis  Deiparae  Virginis  Mariae  oilicium  postremo  editum,  Gratilianus 
de  Petro  e  Lanuvio  ac  lanuvinae  Ecclesiae  Canonicus,  Deo  uni  et  trino? 
qui  Beatissimam  Virginem  ab  omni  originalis  culpae  labe  immupem  prae- 
servavit,  anno  1863,  D.  D.  D.  Romae,  typis  Reverendae  Camerae  Aposto- 
licae.  In  foglio  di  pag.  15. 

DI  SALES  S.  FRANCESCO  —  La  Filotea,  ossia  introduzione  alia  vita  divotar 
composta  da  S.  Francesco  di  Sales,  Yescovo  e  Principe  di  Ginevra,  col- 
1'aggiunta  del  modo  di  ascollar  la  S.  Messa.  Torino,  per  Giadnto  Marietti 
tipograf'o-libraio  1864.  Un  vol.  in  32.°  di  pag.  511. 

DONDI  D.  A.  —  Cenni  storici  intorno  alia  vita  del  venerabile  Nunzio  Sulpri- 
zio.  Versione  dal  francese.  Modena  1864.  Un  vol.  in 8.°  dipag.  70. 

Quanto  6  mirabile  il  Signore  nelJa  sua  Prov-  tormenli  di  continue  malattie.  Nato  in  Pescosan- 

Tidenza!  Nello  stesso  giorno  e  stata  decretata  Tin-  sonesco  ,  piccola  lerra  dell'  Abbruzzo  tcramese? 

troduzione  della  causa  della  Beatiflcazione  di  due  mori  nello  Spedale  degl'  incurabili  in  Napoli  IB 

persone,  cbe  al  di  fuori  della  gioyinezza  grandis-  sul  principio  del  1836.  Ma  una  vita  cosi  oscura  in- 

sima  degli  anni  comune  ad  ambedue,  potean  dirsi  nanzi  agli  occhi  del  mondo  fu  luminosissinfa  in- 

in  tutto  il  resto  non  che  differenti,  ma  opposti :  TO-  nanzi  al  Cielo :  tali  e  lanle  furono  le  virtu  e  i  doni 

gliamo  dire  la  Yen.  Cristina  di  Savoia,  e  il  ven.  soprannaturali  di  quella  elelta  anima!  La  suavitii 

Nunzio  Sulprizio.  Questi  fu  di  povera  condizione,  fu  descritta  .dagli  At'i  del  Processo  negli  Analecla 

essendo  figliuolo  d'  un  ciabatlino,  visse  poco  oltre  che  si  stampano  in  Roma ,   ed  ora  e  vollata  in 

ai  diciolto  anni  fra  gli  slenli  della  poverta,  e  i  italiano,  e  pubblicata  in  Bologna. 

DRAGO  RAFFAELE  —  Considerazioni  sopra  V  al  enazione  de'beni  immobili,  ap- 
partenenti  alle  opere  pie,  per  1'  aw.  Ilaffaele  Drago.  Genova,  col  tipi  del 
R.  I.  de'Sordo-muti  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di.pag.  39. 

Le    nuove  leggi  ideate  dal  presente  Ministcro    dini  religiosi,  ma  quella  eziandio  di  tultc  le  Opc- 
aon  solo  minacciano  la  esislenza  di  tulti  gli  Or-    re  pie.  II  dl  che  sara  decrelalo  che  le  Operc  pi»- 


BIBLIOGRAFIA  175 

•?endano  i  possedimenti  per  comprarne  dal  pro-  caminarsi   essc  ad   una  certa  distruzione  piu  o 

dotto  altrettanta  rendita   sul   Debito   pubblico  ,  meno  lontana.  Cid  dimoslra  molto  evidentemcnte 

quel  di  le  Opere   pie  jra  fiorenti  cominceranno  1'  egr.  Aw.  Drago,  e  oltre  a  cio  mostra  eziandio 

ad  esistere  non  solo  ttiacramente ,    ma   eziandio  1'  ingiustizia  di  tal  legge,  quand'  anche  essa  non 

precariamenle,  o  si  pud  con  verita  asserire   in-  dovesse  riuscire  cosi  dannosa. 

f  RESCOBALDI  MATTEO  —  Rime  di  Matteo  Frescobaldi,  ora  per  la  prima  volta 
pubblieate.  Firenze,  nella  stamperia  del  Vocabolario  e  del  testi  di  lingua. 
1864.  Un  fasc.  in  8.°  di  pag.  16. 

Mattfo  di  Dino   Frescobaldi,   leggiadro  poeta,  chiani,  e  quasi  allestite  per  la  slampa  dal  Contc 

qnaori  nel  1348,  nella  sua  eta  di   forse  40  anni.  Mortara  di  chiara  memoria.   Cio   che  il  Mortara 

A  lui  appartengono  i  dodici  Sonelti,  e  la  Canzo-  non  pote  compiere,  il  compie  ora  il  Manuzzi,  il 

oe  che  ora  per  cura.de!  ch.  Abate  Manuzzi  esco-  quale  vi  aggiunse   in  fine  brevi  ma  sugose  po- 

oo  alia  luce.  Esse  furono  tolte  dal  Codice  Vati-  stille,  per  signiflcare   o  indicare  il  senso  o  1'uso 

«ano    3213,  e  confrontate  coi   codici  Magliabe-  d'alcune  parole  piu  notevoli. 

&ANOT  A.  —  Lezioni  di  fisica  sperimentale,  per  uso  delle  persone  estranee 
alle  scienze  matematiche,  degli  alunni  delle  scuoFe  di  belle  lettere, 
delle  direttrici  delle  case  di  ediicazione,  e  delle  fanciulle  che  frequentano 
1  piu  rinomati  istituti.  Prima  edizioae,  tradotta  da  F.  Canini  su  1'iiHima , 
data  alia  luce  dal  prof,  A.  Ganot,  corredata  di  350  vignette,  incise  da 
Alessandro  FoH,  ed  aumentata  di  osservazioni  e  di  note" .  Roma,  presso 
I'incisore  editor^  21  passeggiata  di  ripetta  1864.  Un  vol.  in  8.a 

L'arte  d'incidere  in  legno   per   servigio  della  saggio  che  ne  abbiam  vedulo  nei  priori  fogli  im- 

slampa,  per  lungo  tempo  abbandonala  come  per  pressi,  nulla  lascia  a  desiderare,  sia  dal  lato  del- 

tutto  altrove,   cos\  in   Roma,  si  e  per  opera  di  1' intaglio,  sia  dal  lato  della  stampa;  sicche  non 

bravi  artisti  inglesi,  francesi  e  belgi,  e  con  nuo-  dubitiamo   di   affermare   che   1'edizione  romana 

•vi  melodi  ravvivata  altrove,  ma  non   ancora  in  del  Ganot    sara   la  piu  leggiadra   e   la  fiii  ele- 

HQma.  L'  incisore  rOmano,  Alessandro  Foli,  e  riu-  gante  di  quante  altre  siensi  falte  di  cosi  stimafo 

•scito  nondimeno,  dopo  molte  fatiche  e  molti  stu-  autore.  Noi  desideriamo'  che  questa  opera  venga 

<lii,   ad  emulare  i  migliori,  ed  ora  si  accinge  a  accolta  da  tutti  con  favore,  afflnche   diesi  a  chi 

darne  un  saggio  neila  rlstampa  del  corso  di  fisica  1'ha  intrapresa  un  ben  meritato  incoraggiamen- 

sperimentale   del   Ganot,    libro  utilissimo  per  la  to,  e  I1  incisione  zilografica  romana  possa  svol- 

inateria  che  tratta,  e  opporlunissimo   a  dare  ad-  gersi   con  ampiezza  e  toccare  quella  perfczione, 

«n  incisore  un  campo  largo  da  mostrare  il  pro-  che  tutte  le  arti   del   disegno   ban  sempre  fag- 

prio  valore  nello  varie  difficolla  dell'arte  sua.  11  giunto  in  Roma. 

^JARELLI  ANTONIO  —  Poesie  scelte  dell'  Abate  Antonio  Garelli.  Bologna,  tipo- 
grafia  Cenerelli  all'  Ancora  1864.  Volume.unico  in  8.°  di  pag.  243. 

Inni,  odi,"  soneltr,  canzoni,  una  cantica  in  ter-  cile  e  spontaneo  ;  1'  armonia  piena  e  svariata ;  e 

?.a~rima,  un  carme  ed  una  novella  in  ottava,  e  finalmente    una  certa  aria   di  maesta   nelle   pa- 

aarecchie   iscrizionl    italiane    gono  il   genere  di  role  e  nello  stile  sono  i  pregi  che  noi  scorgiamo 

jpoesie   che  contengonsi.  in   questo  volume.  Gli  nei  versi  del  ch.  Abate  Garelli,   e  pei    quali   ci 

argomenti  o  sono  sacri,   o  morali.  II  valore  poi  congratuliamo  sinceramente  con  lui,  perche  abliia 

delle  poesie  non  solo  e  sopra  1'ordinario,  ma  ha  eonsacrato  il  suo  ingegno  e  i  suoi  studii  ad  argo- 

•qualche  cosa  di  veramente  notevole.  Lo  stile  no-  menti  non  solo  utili,  ma  eziandio  nobilissimi. 
bile,  poetico  e  pieno  di  forza;  il  rimeggiare  fa- 

UHILARDI  GIO.  TOMMASO  —  Difesa  delle  Congregazioni  religiose,  e  di  altri 
enti  morali,  minacciati  dalla  legge  Pisanelli,  presentata  al  Parlamento  il 
15-Gennaio  1861,  e  Norma  cattolica  nella  discussione  della  medesima. 
Opuscolo  di  Monsignor  Ghilardi  de'Predicaiori,  VescoVo  di  Mondovi.  To- 
rino, per  Giacinta  Marietti  1864.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  75. 

Quando  nel  1854  fu  proposta  al  Parlamento  la  lantissimo  Yescovo  di  Mondovi  stampo  una  forte 

-soppressione  di  alcune  comunila   religiose,  sotto  e  dotta  Difesa  dei  diritti  della  Chiesa  cattolica 

Ml  pretesto   di  sgravare   lo  Stato   della  spesa  di  intorno  ai  beni  temporal!  ed  alle  sue  Islitmio- 

•ottocento  mila  lire  pel  Clero  e  pel  culto,  lo  ze-  ni.  Ora  si  propone  la  soppressione  di  tutte  le 


476  BIBLIOGRAFIA 

comunita  religiose,  ed  ecco  opportunamente  ri-  Yolo  a  questo  "estremo  atlo  d'  ingiustizia  sociale 

stampasi   la  medesima  Difcsa,  ampliata  pero  ed  e  di  empieta  irreligiosa,  a  ritrarsi  per  tempo  dal 

emendata  in  piu  luoghi.  Possa  la  YOCC  di  un  tal  cagionare  alia  Chiesa  questa  nuova  ferita,  e  al- 

VCSCOYO  persuadere,  chi  dee  concorrere  col  suo  1' Italia  questo  HUOYO  d*anno! 

GILLI  GASPARE  —  II  raese  di  Marzo,  consacrato  alia  passione  e  morle  del 
Redentore,  perD.  Gaspare  Gilli.  Torino  1864,  per  G.  Marietti,  lipografo- 
libraio.  Un  vol.  in  32.°  di  pag.  455. 

GIOBGI  MONS.  CALLISTO  —  Discorsi  al  clero,  recital!  nelle  adunanze  della  pia 
imione  di  san  Paolo  Apostolo  nella  chiesa  di  S.  Apollinare  in  Roma,  da 
Monsignor  Callisto  Giorgi,  canonico  della  Basilica  di  S.  Lorenzo  in  Dama- 
so.  Firenze,  tip.  allinsegna  di  S.  Antonino  1864.  Un  vol.  in  16.°  di  pagi- 
ne  X/I-303,  al  prezzo  di  lire  3. 

Questo   libro  riuscira   molto  utile  al  nostro  Clero  romano  suol  tenere  due  Yolte  al  mese  nella 

elero  d'  Italia,  massimamenle  al  gioYane,  che  ne  chiesa  di  S.  Apollinare  :  e  furouo  ascoltali  e  gu- 

faccia  pascolo  dello  spirito  e  del  cuore.  L'  egre-  stati  da  un  flore  di  ecclesiastici,  di  religiosi ,  di 

gio  e  dotto  Monsignor  Giorgi ,    chiaro    non  me-  Prelati  e   di  Cardinali.   Non  un  ordine  precoii- 

no  pel  merito  dell' eloquenza  che  per  lo  zelo  di  celto  glieli  fece  ideare  e  disporre,  ma  1'oppor- 

•ducare  a  Dio  e  alia  Chiesa  degni  ministri ,  ha  tunita,  secondo  che  le  congiunture  gli  suggeri- 

raccolto  in  questi  sedici  discorsi  una  come  som-  Yano.  Ma  tali  e  si  important!  sono  stali  sempre  i 

ma  delle  massime  e  dei  pratici  document! ,  che  temi  da  lui  tolti  a  svolgere,  che  si  trovano  ac- 

debbon  servire  di  lume  e  di  regola  ai  sacerdoti  concissimi  per  ogni  tempo   e  singolarmentc   pei 

eattolici  nei  tempi  odierni.  Questi  discorsi  furono  giorni  nostri,  che  corrono  tanto  burrascosi  e  sini- 

da  lui   r«cilati  interrottamente  per  Yarii  anni  stri  al  perseguitato  clero  ilaliano. 
nelle  pubbliche  adunanze  che  1'  esemplarissimo 

GOFFINE  ANDREA  —  Libro  di  istruziohe  e  di  divozione  cristiana,  del  R.  P.  An- 
drea Goffine,  dell'  Ordine  dei  Premonstralesi,  contenente  una  breve  spie- 
gazione  degli  Evangeli  e  delle  Epistole  per  tulte  le  Domeniche  e  Feste 
deU'anno,  varie  istruzioni  intorno  ad  oggetti  di  dogmatica  e  di  morale, 
e  1'  esposizione  delle  principal!  cerimonie  della  S.  Chiesa.  Tradotto  da) 
tedesco  da  Rodolfo  Conte  Mamming :  in  due  parti.  Bressanone,  tipograpa 
e  proprieta  dell'  editore  Luigi  Woger  1863.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  653. 

Leonardo  Gofflne,  1'Autore  di  questo  libro,  nac-  aYrebbero  fatto.  Fin  qui  della  edizione ;  una  pa- 

que  in  Colonia,  fu  dei  Premonstratesi  di  Stein-  rolac  del  libro  slesso.  Per  ogni  domenica  del  Ca- 

fel ,  e  pieno  di  dotlrina  ,  di  fatiche  e  di  Yirtu  lendario  ecclesiastico,  e  per  le  ferie  di  maggiorc 

mori  nel  1719  ,    avendo  toccato  il  settantesimo  osserYanza  Y'e  la  sua  istruzione.  Essa  e  desunla 

anno  di  sua  eta.  Fra  tanti  libri  di  pieta  ch'ei  principalmente  dalla  santa  messa ,   di  cui  si  re- 

scrisse,  quello  che  Yenne  accollo  col  maggiore  cano  Yolgarizzate  in  italiano  le  parti  proprie  di 

aggradimento   dell'  uniYersale  e  queslo  libro  di  ciascun  dl ,  seguitando  per  i  luoghi  delia  santa 

istruzione  e  di  diYOzione  cristiana.  Esso  fu  tra-  Scrittura  la  Yersione  del  Martini.  Ogni  cosa  Yi  it 

dotto  in  piu  lingue,  Yenne  piu  di  duecento  Yolte  poi  spiegata  e  commentata,  e  applicata  alia  Yit;i 

ristampato,  ed  in  tutta  la  Germania  non  Y'e  quasi  cristiana,  apponendOYi  ai  luoghi,  OYC  esse  cadono 

famiglia  cattolica  la  quale  nol  possegga,  stante  piu  opportune,  le  istruzioni  pei  santi  Sacramenti, 

il  lodeYOlissimo  costume  che  Y'  e,  che  le  madri  le  spiegazioni  dei  sacri  riti,  le  esortazioni  moral! . 

pie  non  manchino  mai  di  regalarlo  ad  ogni  loro  le  grandi  Yerita  che  la  fede  c'insegna.  Tale  e  la 

flglia  che  Yada  a  marito.  Nondimeno  in  italiano  prima  parte,  che  puo  dirsi  delle  feste  mobili.  I.a 

non  era  stato   fin  qui  ancora  tradotto ,  ed  ora  parte  seconda  e  dedicata   alle  feste  immobili , 

per  la  prima  Yolta  esce   in  luce  per  opera  del  nelle  quaii  si  seguita  un  pressft  a  poco  lo  sles.M> 

giOYane  Conte  Mamming ,   il   quale  tedesco  es-  mctodo ,  salYO  che  da  principio  Yi  si  aggingnc 

sendo,  ha  reso  fcdelmente  il  concetto  dell'Aulore,  la  storia  della  festiYita  e  del  santo,  che  in  cia- 

e  quello  che  e  piu   da  ammirare  ha  scritto  in  scun  di  si  celebra  dalla  Chiesa. 
italiano,   come  pochi  YOlgarizzatori  dal  tedesco 

• 

GRASSI  LUIGI  —  Alfonso  Nicolas  e  la  sua  grand'opera,  la  Vergine  Maria,  nel- 
la sua  quarta  edizione,  breve  scritto  di  Luigi  Grassi,  canonico  a  Noslra 


BIBLIOGRAFIA  477 

Signora  del  rimeclio,  Bibliotecario  emerito  della  R.  Universita.  Genova, 
stabilimento  tipografico  di  G.  Caorsi  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  7. 

Quest'  opuscolo  e  scritto    per  annunziare  la  titolo  di  Madre,  1'attribuiva  a  una  precauzione, 

corrczione,  che  il  pio  e  dotto  scrittore  francese  to  Ha   per  impedire  nella   Vergine   i  movimenti 

Alfonso  Nicolas  ha  fatto  nella  YI.a  edizione  della  d'orgoglio,  ed  ora  correggendo   1'  attribuisce  a 

sua  opera  La  Vergine  Maria,  la  dove  sp^gan-  un'  occasione  fornitale  di  esercitare  e  mettere  in 

do  perche  Gesu  noil  avesse  mai  dato  a  Maria  il  mostra  la  sua  profondissima  umilta. 

GRASSI  LUIGI  —  Brevi  cenni  sul  Marchese  Antonio  Brignole  Sale,  del  cano- 
nico  Luigi  Grass! ,  Bibliotecario  emerito  della  Regia  Universita ;  i  quali 
serviranno  come  aggiunta  airedizione  gia  quasi  ultimata  di  tutti  i  discor- 
si  tenuti  nell'aula  senatoria.  Un  fasc.  in  8.°  di  pag.  T7. 

—  Nostra  Signora  del  Rimedio.  Ragionamento  tenuto  addi  19  d'  Aprile  del 
1863,  Dom.  II  dopo  Pasqua,  sua  festivita,  nell'insigne  collegiata  e  parroc- 
chiale  del  medesimo  titolo  in  Geneva,  da  Luigi  Grassi,  canonico  nella 
stessa  chiesa,  Bibliotecario  emerito  della  R.  Universita.  Genovay  stabili- 
mento lipografico  di  G.  Caorsi  1863.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  32. 

—  Sul  titolo  Marchionale  ai  nobili  Genovesi,  parere  del  canonico  Luigi 
Grass! ,  bibliotecario  emerito  della  R.  Universita,  Preside  della  sezione 
archeologica  nella  Soc.  lig.  di  storia  patria.  Genova,  stabilimento  lipogra- 
fico  di  G.  Caors(  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  8. 

GRIFONI  GIO.  BATT.  —  Giaculatorie  a  Maria  SS.  per  ogni  giorno  del  mese  di 
Maria,  poste  in  musica  da  Gio.  Batta  Grifoni,  Pievano  di  S.  Martino  a  Sco- 
peto,  e  dedicate  al  suo  amico  D.  Giovanni  Rastrelli,  parroco  a  S.  Piero  a 
Pimaggiore.  Milano  e  Firenze,  Giovanni  Canti.  Un  opusc.  in  4.°  dipag.  36. 

HUGUET  A.  M. — Potere  di  san  Giuseppe,  ossia  esercizii  di  pietae  nuovemedi- 
tazioni  per  onorare  S.  Giuseppe,  in  ciascheduna  delle  sue  feste,  nel  mese 
di  Marzo  e  in  tutti  i  mercoldi  dell'anno;  con  molte  preghiere,  pratiche 
divote  ed  esempii,  del  R.  P.  A.  M.  Huguet,  Marista,  Autore  delle  Glorie 
e  Virtu  di  S.  Giuseppe  ecc.  Operetta  approvata  da  S.  E.  R.  il  Card.  Ar- 
civescovo  di  Lione,  e  per  la  prima  volta  tradotta  dal  francese  da  Giusep- 
pina  Pellico.  Torino,  per  Giacinto  Mariettif  tipografo  libraio  1863.  Un 
vol.  in  8.°  dipag.  344. 

II  ch.  P.  Huguet ,  dopo  di  aver  proposto  alia  e  dagli  ascetici ;  e  aggiuntevi  le  sue  riflessioni  ha 

meditazione  delle  anime  devote  le  Glorie  e  le  Virtu  tutto  coordinato  di  guisa  che  il  libretto  riesca  un 

di  S.  Giuseppe,  propone  in  questo  libro  a  medi-  compiuto  Manuale  di  pieta  per  i  dlvoti  di  san 

tare  il  gran  polcre  di  questo  san  to  Patriarca  presso  Giuseppe,  come  il  litolo  sufficientemente  dimostra, 

Gesu  e  Maria.  Com'egli  stesso  lo  avverle  nella  sua  La  versione  e  non  solo  piena  di  candore,  ma  as- 

Prefazione,  e'si  e  servito  di  quanto  ha  trovato  so-  sai  pulita,  e  piu  che  d'ordinario  in  siffatte  opere 

pra  un  tal  soggetto  scritto  da'  Padri ,  da'  Dotlori,  non  suole  avvenire. 

IMMAGINI  SCELTE  della  B.  Vergine  Maria  tratte  dalle  romane  catacombe.  Ro- 
ma, Cromo-Litografia  pontificia,  via  di  S.  Ambrogio  5. 

La  Commissione  pontiflcia ,   che  presiede  alia  stampato  in  lingua  francese.  Questa  pubblicazionc 

Cromo-Litografia  fondata  in  Roma  dal  regnante  non  ha  per  iscopo  d'illustrare  con  tutto  1'apparato 

Pontefice    per    la   pubblicazione  de'  monument!  della  scienza  archeologica  monument!  tanto  an- 

cristiani,  ha  dato  in  luce  le  immagini  scelte  della  torevoli  e  venerandi  della  primitiva  religione  e 

Beatissima  Vergine,  dipinte  nelle  Romane  Gala-  piela,  ma  di  prontamente  divulgarli,  affine  d'ap- 

combe.  La  scelta  e  fatta  in  guisa  da  comporrc  pagare  il  desiderfo  de'  pii  Cattolici  e  deglkstesai 

una  serie  ordinata  daU'eta  apostolica  lino  al  se-  Acattolici,  che  bramano  di  conoscerli,  di  esami- 

colo  quarto.  Le  tavole  son  quatlro  ,   in  foglio  narli  co'proprii  occhi,  e  di  possederne  una  copia. 

massimo,  colorate.  11  teslo  deltato  dal  Cavaliere  11  prezzo  delle  tavole  e  del  testo  in  una  delle 

Giovanni  Baltista  De  Rossi  dichiara  1'interpreta-  due  linguc  e  di  franchi  25.    Le  associazioni  si 

zione  e  1*  eta  di  ciascuna  delle  immagini  deli-  ricevono  a  Roma,  Cromo-Litografia  ponlificia , 

neate  nelle  tavole.  II  predetto  testo  e  stato  anche  via  di  S.  Ambrogio  5. 


178 


BIBLIOGRAFIA 


LAFORET  NICCOLA  GIUSEPPE—  I  Dogmi  cattolici  esposti,  provati  e  difesi  da- 
gli  assalti  dell'eresia  e  dell'  incredulita  ,  per  Niccola  Giuseppe  Laforet, 
canonico  onorario  della  Cattedrale  di  Nattmr,  dottore  in  Teologia  ecc.  ec. 
con  una  lettera  di  Monsignor  Landriot  Vescovo  della  Rocella  all'  autore, 
intorno  alia  Direzione  da  dare  all'  insegnamento  apostolico.  Prima  versio- 
ne  italiana,  eseguita  sulla  seconda  edizione  francese,  riveduta  e  corretta 
pel  Canonico  Dott.  Felice  Gialdini ,  professore  di  Teologia  dogmat.  nel 
Yen.  Seminario  vescovile  di  Pescia.  Firenze,  tip.  all' insegna  di  S.  Anto- 
nino  1862-1863.  Tre  vol.  in  8.°  di  pag.  LIX,  243,  257  e  211. 


In  queslo  tempo  in  cui  i  dommi  cattolici  son 
fatli  segno  di  tanti  e  si  violent!  assalti  si  da 
parte  degli  eretici ,  si  da  parle  degli  increduli, 
BOD  e  sola  convenienza,  non  e  sola  necessita,  ma 
strellissima  urg.nza  lo  studiarli  seriamente;  poi- 
che  dobbiamo  confermare  e  invigorire  le  proprie 
convinzioni  nell'intimo  della  noslra  coscienza,  e 
difenderle  di  piu  al  cospetto  dei  nostri  avversa»ii 
col  rnostrare  la  solidita  e  1'  incomparabile  bel- 
lezza  di  nostra  fede.  A  tale  studio  aiulera  fuor  di 
dubbio  1'opera  del  oh.  signer  Laforet,  professore 
valente  dell'  insigne  TJniversita  di  Lovanio.  In 
essa  il  dotto  Autore  con  metodo  stretlamenle  lo- 
gico  ,  e  con  ordine  assai  chiaro  sopra  ciascun 
domma  del  Caltolicismo  svolge  quattro  cose:  1.° 
La  sposizione  dommatica  del  domma  medesimo, 
sceverandolo  dalle  opinion!  meramente  teologiche 
che  sono  libere  nelle  scuole ;  2.°  II  fatto  della 
rivelazione  di  quel  domma ,  provando  com'  esso 
sia  stato  realmente  rivelato  da  Dio,  e  come  tale 
creduto  mai  sempre  dalla  Chitsa  di  Gesu  Cristo; 


3.°  La  difesa  del  domma,  combattendo  gli  errori 
principal!  che  a  quel  dato  domma  si  oppongono,  e 
le  obbiezioni  di  maggior  rilievo  che  gli  sono  stat« 
fatte  dagli  avversarii,  specialmenle  nei  di  nostri; 
4.°  Finalmente  la  convenienza  del  domma  colla 
retta  ragione  e  colla  sana  filosofia,  considerandolo 
cioe  al  lume  della  ragione  purificata  c  aggran- 
dita  dalla  fede.  Queslo  concetto  ,  svolto  colla 
sobrieta  che  si  addice  a  chi  non  iscrive  per  for- 
mare  un  dottore  teologo,  ma  per  istruire  un  cri- 
stiano  di  buona  fede  e  di  buona  volonta,  nulla 
lascia  a  desiderare.  E  siccome  cosi  appunlo  I'ha 
svolto  1'egregio  professere  di  Lovanio,  cosi  non 
esitiamo  punto  a  dire  che  quest'opera  e  ben  idea- 
ta  ,  bene  esegutta ,  e  pero  destinata  a  produrr* 
gran  vantaggio,  nellc  menti  sovrattutto  della  gio- 
venlu  studiosa.  Della  verstone  italiana,  fatta  con 
molto  senno  e  con  parecchie  emendazioni  dal  Ca- 
nonico Felice  Gialdini,  sono  gia  slampali  i  tr» 
primi  Tolumi,  ed  il  quarto  Tedra  presto  la  luce. 
Ogni  TOlume  costa  L.  2.  SO. 


LISIPPO  CITEREO  P.  A.  —  Aiuola  Mistica  ,  ovvero  Ossequio  a  Maria  Santissi- 
ma  pel  mese  di  Maggio.  Napoli,  dalla  tipografia  di  Nicola  hzo,  mco  Gin- 
quesanti  aS.  Gaelano  ?i.°  20^  1864.  Un  fasc.  in  12  di  pag.  84. 


Sotlo  questo  nome  arcadico  deve  celarsi  non 
solo  un'  anima  divota  di  Maria  Santissima ,  ma 
eziandio  un  ingegno  disposto  alia  poesia.  Poiche 
il  concetto  del  libro  e  poetico ;  offrendosi  a  Ma- 
ria ogni  giorno  un  flore,  simbolo  d'una  virtu: 
1'esecuzione  e  anch'essa  in  parle  poetica,  essen- 
do  ogni  fiore  descrilto  in  un'otta-va,  che  sempre 


e  sponlanea ,  e  spesso  e  anche  elegante.  Delia 
divozione  non  occorre  dire:  essa  e  trasfusa  in 
ogni  pagina  del  pio  librelto.  In  fine  vi  e  ua 
metodo  divoto  per  recitare  con  atlenzione  il  san- 
tissimo  Rosario  ,  questa  pia  pratica  che  ancor 
vive  nelle  famiglie  cristiane. 


WALVICA  FERDINANDO  —  Intorno  una  Confederazione  possibile  e  duratura:  ra- 
gionainento  del  Commendatore  Bar.  Ferd.  Malvica.  Lugano  1863.  Un  o- 
p'usc.  in  8.°  di  pag.  133. 


La  Convenzione  di  Villafranca,  e  le  Conferen- 
/.o  di  Zarigo  hanno  stabilito  la  Confederazione 
degli  Stali  italiani  :  pei  tre  Principi  che  segna- 
rono  quel  Trattato  questo  e  dovere  cosi  solenne, 
come  fu  solenne  1'  invocazione  della  santissima 
Trini^i,  fatta  in  capo  al  Traltafo  medesimo.  Au- 


dificarlo. Esso  esiste  contro  di  lui  come  una  con- 
danna  ,  una  prolesta  ,  una  spinta.  Tempo  verra 
forse  che  sara  costretto  ad  invocarlo  come  sua 
salvezza.  II  Malvica,  persuaso  di  cio,  dimostra  la 
possibilita,  1'utilita,  la  facilita  della  sua  esecu- 
zione ;  e  con  molta  assennatezza  di  giudizio  e  forza 


stria,  ha  fatto  da  sua  parte  ogni  opera  perche  sia    di  ragionamento   mostra  che   la   Confederazione 


posto  in  esecuzione  :  Francia  I'ha  lasciato  e  vero 
manomettere,  ma  sempre  prolestandosi  e  appel- 


puo  dare  all'  Italia  quel  rassellamenlo  paciflco  e 
prosperoso,  che  indarno  qualsivoglia  altra  unione 


landosi :  il  Piemonte  lo  ha  lacerato  impunemente    ha  tentato  o  potra  tenlare  di  darle, 
finora,  ma  non  ha  potulo  ne  cangiarlo,  ne  mo- 


BIBLIOGRAFIA  479 

1ARINONI  GIUSEPPE  —  Discorso  sull'opera  pia  della  Propagazione  della  fede, 
recitato  dal  sacerdote  Giuseppe  Marinoni,  Direttore  del  Sem'mario  delle 
estere  mission],  il  2  Dicembre  1863,  nella  chiesa  del  santo  sepolcro  in  Mi- 
lano,  celebrandovisi  solennemente  la  festa  di  S.  Francesco  Saverio,  Pa- 
trono  deH'Opera.  Milano,  tipografta  e  libreria  arcivescovile,  Ditta  Boniar~ 
di-Pogliani  di  Ermenegildo  Besozzi  1863.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  20. 

MARISCOTTI  N.  C.  —  L'abolizione  dei  Conventi ,  considerata  sotto  lo  aspetto 
religiose,  morale,  politico  ed  economico  per  N.  C.  Mariscotti.  Firenze,  a 
spese  dell'  Editors  1864.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  70. 

II  nome  del  sig.  Mariscotti  non  e  sospetto  alia  cui  interessi  anche  materiali  difende  nel  volcr 

parle  liberate,  e  agli  uomini  periti  negli  sttldii  conservati  i  Conventi.  La  sua  difesa  non  cadreb- 

polilici  ed  economic!  e  accettissimo.  L'  ascoltino  be  in  vano,  se  i  rappresentanti  del  popolo  difen- 

adunque,  ora  che  egli  perora  la  causa  dei  Con-  dessero  davvero  in  Parlamento  gl'  interessi  del 

venti  in  Italia.   Egli  non  e  1'  avvocato  dei  mo-  popolo,  se  avessero  il  coraggio  di  dire  una  yolta 

naci  e  dei  frati ;  ma  1'  avvocato  del  popolo ,  la  un  no  al  Ministero,  se  ammettessero  in  sul  serio 

eui  religione ,  la  cui  moralila,  la  cui  unione,  i  quella  lor  massima  di  Chiesa  libera  in  libero  Stato. 

MARRI  ANDREA  —  Funebre  laudazione  al  molto  rev.  Proposto  Don  Pietro  Petri, 
letta  nella  chiesa  parrocchiale  di  Trequanda  dal  giovane  Andrea  Marri  _, 
il  9  Dicembre  1863.  Firenze  1864,  tipografia  di  Adriano  Salani,  Fondaccio 
san  Nicolo  n.  26.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  24. 

MARTINET  —  Soluzione  di  grandi  Problemi  adattata  alia  comune  intelligenza. 
Versione  del  Pievano  D.  Pierfilippo  Lobetti  sulla  IV  edizione  francese, 
riveduta,  corretta,  aumentata  dalT  Autore,  dedicata  a  Mons.  Clement* 
Manzini,  Vescovo  di  Cuneo.  Parma,  Pietro  Fiaccadori  1863.  Vol.  Ill  in 
16.°  dipag.Ml. 

MARTIN  M.  —  Notizie  del  P.  Paolo  Riccadonna  della  Gompagnia  di  Gesii,  nato 
in  Broni  nel  Piemonte,  e  morto  nella  Siria,  scritte  dal  P.  M.  Martin  della 
med.  Compagnia.  Milano,  tipografta  e  libreria arcivescovile,  DittaBoniar- 
di  Pogliani  di  Ermen.  Besozzi  1864.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.  16. 

MELANDRI  FEDERICO  —  II  fedele  alia  mensa  eucaristica  e  davanti  al  SS.  Sa- 
cramento: istruzioni  e  pratiche,  con  appendice:  la  SS.  Comunione  per 
Mons.  De  Segur.  Bologna  1864,  presso  A.  Mareggiani  tip.  edit,  via  Mai- 
contenti  n.6 1797.  Un  vol.  in  32.°  di  pag.  288. 

In  questo  libretto  contengonsi  due  opericciuole  cristiani  alia  frequente  comunione.  Fu  inlenzioa* 

utilissime  ad  ogni  cristiano.  La  prima  e  del  ch.  del  sig.  Melandri  di  fare  un  libretto  che  potesse 

signer  Melandri ,    la  seconda  di  Monsignor  De  regalarsi  ai  fanciulli  ed  alle  fanciulle  il  dl  della 

Segur.   Nella  prima  vi  sono  le  istruzioni  e  le  loro  prima  comunione.  II  libro  si  per  la  sua  conte- 

praliclic  piii  necessarie  a  chi  si  accosta  alia  Men-  nenza,  e  si  pel  grazioso  suo  formalo  e  riuscito  atlis- 

sa  Eucaristica  ,   o  Tuolc  adorare  Gesu  in  Sacra-  simo  a  tale  scopo,  c  lo  consigliamo  volentieri  anch« 

tiento  :  la  seconda  scioglie  in  modo  assai  chiaro  pel  tenue  suo  prezzo  di  soli  30  centesimi.  In  Roma, 

le  diflicolta  che  si  oppongono  da  alcuni  tiepidi  si  vende  da,Bencivenga ,  via  di  Pie  di  marmo. 

MERIGHI  C.  P.  —  Le  dieci  piaghe  d'  Egitto  e  le  dieci  piaghe  d'ltalia.  Firenze 
1863,  tip.  Virgiliana,  diretta  da  G.  Nataliyma  Valfondan.  79.  Un  opusc. 
in  8.°  dipag.  1%. 

Son  dieci   Sonetti    di  assai  buon   gusto,  ben  zione  —  4.  LE  MOSCHB  ,  Gli  aspiranti  al  ban- 

pensati,  ben  condotti,  ben  verseggiati.  Non  po-  chetto  d'  Italia  —  b.  LA  PESTE,   /  libri  irreli- 

lendo  offrirne  allro  saggio,  ci  contentiamo  di  darne  giosi  —  6.  LE  ULCBRI,  La  scostumatezza  —  1, 

i  titoli,  i  quali  rappresentano  il  riscontro  delle  dieci  LA  GRAGNUOLA,  Le  tasse  —  8.  LE  LOCUSTE,  Gl'im- 

piaghe  d'Egitloe  d'ltalia.  l.lLNito  SANGUIGNO, La  piegati  —  9.  LE  TEKEBRE,  La  confusione  uni- 

fuerra  civile  —  2.  LE  RANE,  II  partita  d' azio-  versale  —  10.   I  PRIMOGESITI  MORTI,  /  Yescovi 

ne  —  3.  LE  ZA>-ZARE,  /  yiornulisti  della  rivolvr  sbandeggiati. 


480  BIBLIOGRAFIA 

MERIGHI  PIETRO  —  La  Evaugelizzazione  eterodossa  al  tribunale  della  Storia 
e  del  Buon  Scnso,  del  canonico  Pietro  Merighi  di  Ferrara.  Ferrara,  tip. 
di  Domenico  Taddei  1863.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  64. 

NONTUORI  GIUSEPPE  GAETANO.  —  Opere  predicabili  edite  ed  inedite  del  Sac. 
Giuseppe  Gaetano  Montuori,  parroco  di  S.  Liborio.  Napoli ,  Strettola  di 
porto  n.  21,  puntata  4.a  in  8.°  da  pag,  I  alia  pag.  320  del  vol.  L 

Noi  ci  uniamo  interamente  al  giudizio  che  il  tan-  mente  chi  legge  ad  abbracciare  la  verita  predi- 

to  benemerito  giornale  1'Armonza  ha  dato  nell'an-  dicata  ».  Per  la  qua!  cosa  ottimo  divisamenlo  e 

iiunziare  un  volume  delle  Prediche  del  ch.  parroco  stato  quello  del  rev.  sig.  Pelella  d"  intraprendera 

Monluori.  Essa  dice  ottimamente  che  « 1'egregio  au-  una  edizione  di  tutle  le  Opere  predicabili  del  detlo 

tore  ad  una  somma  conoscenza  del  cuore  umano  Autore ,  una  meth,  delle  quali  e  ancora  inedita. 

accoppia  molta  erudizione,  facilita  grande  di  espri-  Quesla  collezione  puo  dirsi  rara  nel  suo  genere, 

mersi,  e  quel  che  piu  importa  una  invidiabile  un-  perche  offre  ai  sacri  oratori  tutto  quanto  puo  es- 

aione  nel  suo  dire,  sicche  le  sue  parole  non  solo  ser  loro  necessario  pel  uobilissimo  disimpegno  del 

piacciono,  non  solo  muovono,  ma  traggono  dolce-  loro  ministero. 

MONUMENTI  DI  STORIA  PATRIA  delle  Province  modenesi  —  Statuta  Civitatis 
Mutinae  anno  1327  reformata.  Parma,  Pietro  Fiaccadori  1863,  fasc.  V/7, 
VIII  e  IX  in  4.°  da  pag.  481  a  720. 

NARDI  FRANCESCO  —  Yisita  dell'Imperalore  e  Imperatrice  del  Messico  al  San- 
to Padre,  narrata  da  Mons.  Francesco  Nardi,  Prelato  domestico  di  S.  S. 
e  uditore  di  S.  Rota.  Roma,  tipografia  Sinimberghi  1864.  Unfasc.  in  8."  di 
pag.  22. 

In  quesle  cos'i  poche  pagine   e  descritta  da    IX  con  si  vigoroso  stile  e  si  opportune  conside- 
Monsignor  Nardi  la  visit  a  di  Massimiliano  a  Pio    razioni,  che  esse  valgono  un  libro. 

mSIO  SALVATORE  M.  —  L'  anima  guidata  air  acquisto  della  perfezione  cri- 
stiana,  operetta  accpmo  data  ad  ogni  classe  di  persone,  coll'aggiunla  di 
utili  ascetiche  istruzioni,  per  cura  del  P.  Salvatore  M.  Nisio  delle  ScuoU 
pie.  Terza  edizione.  Napoli,  presso  I'editore  proprietario  sac.  Giuseppe  Pe- 
lella, Strettola  di  Porto  n.  21,  2  p.  1863.  Un  vol.  in  12.*  di  pag.  410. 

HOZZI  ENRICO  —  Henrici  Nozzi  e  S.  I.  Carmina  selecta.  Romae,  lypisBernar- 
di  Moriniy  M.  DCCC.  LXHL 

Delle  molle  poesie  scritte  in  varie  occasion!  gatezza  di  lingua  e  di  stile  e  soavita  di  affetto. 

<tal  P.  Errico  Nozzi  della  C.  di  G.,  uomo  di  squi-  I  cultori  di  belle  leltere,  e  particolarmente  i  gio- 

sito  gusto  in  letteratura,  stato  professore  di  Uma-  vani  che  si  allevano  nei  seminarii ,  nei  convitti 

uita   in  Collegio  Romano ,   di  Retlorica  in  Per-  e  nelle  scuole,  hanno  nei  versi  del  P.  Nozzi  nm 

?ara  e  in  Torino  e   per  piu   anni  in  Roma  dei  libro  non  nieno  dilettevole  che  utilissimo  alia, 

giovani  suoi  correligiosi,  scelte  le  migliori  si  e  mente  ed  al  cuore. 

•ompilata  questa  raccolta ,   divisa  In    tre  parti.  E  un  bel  volumetto  di  pagg.  XXVI-330;  e 

La  prima  compreiide  le  poesie   latine  di  vario  si  vende  dal  sig.  Giovanni  Bencivenga,  via  Pie 

metro,  la  seconda  un  dramma  latino,  la  terza  le  di  marmo  num.  4,  al  prezzo  di  4  paoli  romani, 

poesie  italiane.  Esse  sono  di  argomento  o  sacro  col  ribasso  del  25  per  100  a  chi  ne  prende  piu 

o  morale  o  storico ,  lavorate  secondo  la  norma  copie. 
ie'  classic!  scrittori,  e  dettate  con  molta  casti- 

OFFICIUM  PROPRIUM  Immaculatae  Conceptionis  Beatae  Marie  Virginis  ex  deer. 
Urbis  etOrbis,  auct.  SS.  D.  N.  Pii  Papae  IX,  emanato  die  25  Septem- 
bris  1863^  ab  universo  Clero  saeculari  et  regular!  de  praecepto  imposte- 
rum  recitandum.  Editio  a  S.  R,  Gongregatione  revisa  et  approbata.  AM- 
gustae  Taurinorum,  ex  officina  Petri,  Hyacinlhi  filii ,  Marietti  18$i.  Un 
fasc.  in  8.°  di  pag.  60. 

ORAZIONI  PANEGIRICHE  di  S.  Michele  dei  Santi,  dell'Ordine  dei  Trinitarii  scal- 
zi,  recitale  nel  solenne  triduo  celebrate  a  Roma  nella  Basilica  di  S.  Gri- 


BIBLIOGRAFIA  481 

sogono,  per  esultanza  della  sua  Canonizzazione,  nei  giorni  19,  20,  21  Apr. 
1863,  con  1'orazione  lalina  recitata  nel  primo  giorno  nella  Cappella  Car- 
dinalizia.  Yelletri  ,  lip.  di  Luigi  Cella  1864.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  107. 
PAROLARI  GIULIO  CESARE  —  II  libro  del  Contadino,  dell'  Arciprete  Giulio  Ce- 
sare  Parolari.  Terza  edizione.  Padova,  prem.  stab,  di  Pietro  Prospe- 
ring viaS.  Lorenzo  1861.  Un  vol.  in  8.°  dipag.  151/99,  116. 

—  II  libro  del  popolo,  dell'  Arciprete  Giulio  Cesare  Parolari.  Ycnezia  I860, 
Giuseppe  Grimaldo,  tip.  calc.  ed.  Due  vol.  in  16.°  di  pag.  200,  192. 

—  Saggio  di  Omelie  parrocchiali  dell'  Arciprete  Giulio  Cesare  Parolari.  TV 
nezia,  tip.  di  Giuseppe  Grimaldo  imp.  1863.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  80. 

Questi  libri  del  Parolari  sono  scritti  con  molta    tali  in  varie  scuole  e  istituzioni  e  vanno   tra  i 
graziadi  lingua:  e  popolarmenle:  sicche  servano    migliori  per  moralita  e  coltura. 
allo  scopo  cui  1'Autore  li  ha  destlnati.  Sono  adot- 


PECOR1NI  CARLO  —  I  fasti  cattolici  ossia  storia  della  religione  di  Gristo 
fondazione  sino  ai  moderni  tempi  di  Carlo  Pecorini.  Savona,  dai  lipi 
di  Luigi  Sambolino,  premiato  con  medaglia  d'argento  dalla  So  cieta  econo- 
mica  1863.  Yol.  XV  ed  ultimo  in  8.°  di  pag.  676. 

PELLICO  SILVIO  —  La  Marchesa  Giulia  Falletti  di  B&rolo,  nata  Colbert.  Memo- 
rie  di  Silvio  Pellico.  Torino,  tip.  Pietro  di  G.  Marielli,  piazza  B.  V.  degli 
Angelin.  2,  1864.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  145. 

La  Marchesa  di  Barolo  ,  per  nascita  franeese  ,  sto  beneficato  della  Barolo,  descrisse  col  modesto 

per  elezione  di  slato  ilaliana,  e  da  noverarsi  tra  titolo  di  Note  che  serviranno  per  chi  scrivera  la 

le  piu  insigni  dame  cristiane,  che  sieno   vivule  vita  della  Marchesa  di  Barolo,  alcune  delle  opere 

ai  nostri  tempi.  Tutla  la  sua  vita  fu  un  olocau-  di  carita  da  lei  praticate.  Quesle  Note  sono  qui 

slo  di  carita  al  Signore:   o  nell'  esercizio  della  impresse.  Chi  le  legge  e  tratto  da  doppia  ammi- 

pieta  verso  Dio,  o  nell'esercizio  della  carita  verso  razione,  verso  il  lodatore  e  verso  la  lodata.  Noi 

il  prossimo.  L'altezza  dell'mgegno,  la  generosila  vorremmo  che  tutte  le  Signore  italianc  leggessero 

del  cuore,   1'  ampiezza  della  fortuna,  la  soavita  questo  libro:  esse  oltre  a  un  grandissimo  dUelto 

delle  maniere  ,   1'  influenza  del  grado  tutlo  cssa  che  ne  caverebbero  ,  ne  porterebbero  ancora  un 

spese  e  adopero  a  sollievo  d'ogni  sorta  di  mi-  gran  bene  per  la  loro  vita,  il  desiderio  cioe;d'i- 

serie  morali  e  fisiche.  D'una  si  gran  donna  Sil-  mitare  almeno  in  parte  le  virtu  di  questa  nobile 

vio  Pellico  ,    questa  gloria  letteraria  del  noslro  gentildonna,  per  rendere  utiie  e  benedetta  la  lo- 

secolo,  queslo  trionfo  della  nostra  religione,  que-  ro  efflcacia  e  la  dolce  loro  potcnza. 

PERRONE  GIOVANNI  —  S.  Pietro  in  Roma,  ossia  la  verita  storica  del  viaggio 
di  S.  Pietro  a  Roma,  dimostrata  contro  un  novello  impugnatore  da  Gio- 
vanni Perrone  d.C.  d.  G.  Roma  1861,  dalla  tip.  Forense  in  via  della  Stam- 
peria  Camerale  n.  4.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  168.  Yendesi  al  prezzo  di  bai.  20. 

La  venuta,  il  Pontiflcato,  e  il  martirio  di  S.  Pie-  gomenti  in  contrario  dei  preti.  »  Una  cosi  arro- 

tro  in  Roma,  sono  tre  fatti  storici  di  una  tale  gante  sfacciataggine  non  merilerebbe  allra  risposta 

certezza,  quale  puo  appena  aversene  per  verun  che  il  disprezzo,  se  non  fosse  la  piela  verso  lanti 

altro.  L'ignoranza  ancora  la.  piu  supina  non  puo  poveri  crisliani,  che  non  possono  giudicar  da  se 

bastare  a  negarli  :  vi  si  richiede  una  mala  fede  delle  asserzioni  dei  proleslanti,  e  sono  trascinati 

determinata  a  chiudere  gli  occhi  alia  luce,  e  gli  a  crederle  o  dall'  ignoranza,  o  dalla  passione.  NOB 

orecchi  al  tuono.  E  questa  mala  fede  si  trova  in  fa  dunque  meraviglia  il  vedere  per  la  centesima 

cerli  protestanli,  che  s'  incaponiscono  di  dire  agli  volta  confutata  quella  menzogna  ,  e  confutata  da 

italiani:  «  Vedele:  quei  monumenti  che  segnano  le  penna  cosi  dotta  in  materie  di  polemica  religio- 

orme  del  viaggio  di  S.  Pielro  in  Roma:  quel  suo  sa,  qual'  e  quella  del  P.1  Perrone.  La  sua  confu- 

sepolcro  cosi  splendido:  quelle  mcmorie  cosi  so-  tazione  nella  brevita  c  piena:  egli  non  lascia  un 

lenni:  quelle  testimonianze  cosi  manifesto:  quella  solo  dei  soflsmi  e  delle  menzogne  dei  protestanti, 

tradizione  cosi  costante  sono  tulte  imposture.  S.  Pie-  raccolte  lutte  insieme  in  un  recenlc   libro   d'  un 

tro  non  ha  mai  posto  il  piede  in  Roma.  Quesla  e  Valdese,  senza  la  piu  luminosa  confutazione.  To- 

una  scoperta  nuova,  che  vale  piu  di  tutti  gli  ar-  glie  loro  di  mano  ogni  argomento:  1'autorita  di 

Serie  V,  vol.  J,  fasc.  340.  31  14  Maggio  .1864. 


£82  BIBLIGGRAFIA 

quegli  srrittori  recenlissimi,  che  facendosi  1'eco  dei  numcnli  romani  r.on  solo  antichissimi ,  ma  COCTJ  ; 

protestanti  ne  dubitarono ;  il  preleslo  dei  luoghi  bi-  i  pellegrinaggi  al  scpolcro  di  S.  Pietro;  i  cata- 

blici  die  sogliono  arrccarc ;  il  pretcso  silenzio  degli  loghi  dclla  suceessionc  dei  Ponleflci  Roman! ;   e 

scrittori  dei  primi  tre  secoli  del  crislianesimo ;  il  lutte  le  altre  pruove  storiche  che  possono  dimo- 

preteso  disfavorc  degli  altri  scritlori  mcno  antichi.  strare  un  fatlo.  Sebbene  quesla  per  la  mole  non 

Ne  pago  di  cio  compendia  in  un   quadro  rapi-  sia  un'opera,  ma  un  libretto ;  tuttavia  per  la  fora 

dissimo,  esposto  ncl  Capo  HI,  tutti  gli  argomenli  c  la  copia  delle  pruove  ha  il  valore  d'  uu'  opera, 

storici  che  dimostrano  quei  fatti:  cioe  dire  la  tcsti-  che  sara  certo  suffieienle  ad  imporre  silenzio  a  co- 

monianza  concorde  di  tulti  gli  scriltori  ecclesia-  loro  che  hanno  uu  residue  o  di  onore  o  di  buona 

slid  dei  primi  qualtro  secoli  dclla  Chicsa;  i  mo-  fcde 

PIANTONI  GIOVANNI  —  Elogio  storico  alia  -glovlnetta  sposa  Elena  Boguet-Ros- 
signani,  scritta  dal  Rmo  Padre  Don  Giovanni  Piantoni  Barnabita.  Roma, 
stamp,  delia  S.  C.  de  propaganda  Fide  1864.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  99. 

11  moltiplicare  nellc  Vile  che  si   scrivono  gli  bene.  Tal  e  1' Elogio  storico  ora  pubblicato  dal 

csempii  imitabili  d'  un  viverc  cristiano  6  cosa  uli-  ch.  P.  Piantoni :  poiche  la  gioyane  Elena  fu  of- 

lissima,  perche  da  coraggio  a  tulti  di  raggiungerc  tima  figliuola  e  ottima  sposa,  e  in  questi  due  stati 

con  facilita  que'modelli,  che  nulla  presenlano  di  s'i  different!  di  vita  fu  egualc  a  se  stessa,  cioe 

straordinario,  salvo  solo  la  regolarita  costante  del  pia,  docile,  modesla,  generosa. 

PINCELLI  LUIGI  —  Un'  ora  sacra  a  Maria  Desolata,  per  Luigi  Pincelli  d.  C. 

d.  G. ;  pia  pratica  da  usarsi  dalie  ore  21  del  Venerdi  Sai«to  fino  alle  ore 

16  del  Sabato  :  come  anche  in  tutti  i  Venerdi  e  Sabati  dell'  anno.  Bologna. 

tip.  di  S.  Maria  Maggiore  1864.    Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  39. 
RE  GAETANO  CARLO  —  Pascolo  delizioso  alia  divozione  dei  fedeli  nell'assi- 

stere  alia  S.  Messa:  operetta  spirituale,  composta  dal  leologo  Gaetano 

Carlo  Re,  Priore  della  chiesaparrocchiale  di  Orbassano.  Quinta  edizione. 

Torino,  per  Giacinto  Marietti  tip.  libraio  1864.  Un  vol.  in  32.°  d£  pag.  553. 
RICCI  MAURO  —  11  Guadagnoli,  ovvero  dei  volgari  Epitaffii.  Libri  quatlro  a 

Piero  dei  Conti  Pasolini,  per  Mauro  Ricci,  delle  Scuole  pie.  Firenze,  tip. 

airinsegna  di  S.  Antonino  1863.  Un  vol.  in  8.°  dipag.  333. 

II  padre  Mauro  Ricci  ha  scrilto  parccchi  libri,  simo  del  libro:  ma  molto  esso  si  accrescc  dalla 

utilissimi  per  la  matcria ,  e  pregevolissimi  per  forma  del  dettato,  che  e  un  dialogo  ameno,  na- 

lo  stile,  schiettamenle  ed  eleganlemente  toscano.  turale ,    leggiadrissimo ,    e  dalla   favella  di  cosi 

Questo  nuovo ,  uscilo  tesle  alia  luce ,    merita  la  pura  tempera  che  e  una  delizia  a  leggcrlo.  Noi 

slessa  lode  per  1'  uno  e  per  1'  altro  capo.  Esso  dunque  riputiamo  questo  libro  una  vcra  gemma 

tratta  con  ampiczza  dell'arte  di  scrivcre  gli  Epi-  letteraria,  e  rendiamo  le  piii  vivc  grazie  aH'A.utorc 

taffii  volcjari :  e  ne ^a  precelti  si  acconci,  si  giu-  per  aver  fatto  un  tal  dono  all' Italia,  senza  la- 

sti,  s'»  particolari,  che  non  conosciamo  altro  autore,  sciarsi  frastornare,  nei  suoi  tranquilli  sludii,  dallr 

che  tanti  ne  abbia  raccolti  insieme,  e  tutti  di  si  agitazioni  politiche   che  assorbono  ora  tulli  gli 

Inion  gusto.  Questo  solo  dase  c  merito  grandis-  animi,  con  si  grave  danno  della  civile  coltura. 

SECCHI  ANGELO  —  L'  Unita  delle  forze  fisiche,  saggio  di  filosofia  naturale  del 
P.  Angelo  Secchi  d.C.d.G.,  Professore  di  Astronomia  e  Direttore  del- 
V  osservatorio  del  Gollegio  Romano;  ecc.  ecc.  Roma,  tip.  Forense  186 \. 
Un  vol.  in  8.°  di  pag.  511. 

Di  quesla  nuova  opera  dell'iilustrc  aslronomo,  qual  o  il  P.  Angelo  Secchi,  ri  ocrupercmo  di  pnv 
posito  in  uno  dei  prossimi  fascicoli. 

STECCANELLA  VALENTINO  —  II  Valore  e  la  Violazione  della  Dichiarazione 
pontificia  sopra  il  dominio  temporale  della  S.  Sede,  con  apperidice  di 
document!,  per  il  P.  Valentino  Steccanella  d.  C.  d.  G.  Roma,  lim  della  Ci- 
vilta  Cattolica  1864.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  V111-50L  Prczzo,  in  Roma 
paoli  8,  fuori  di  Roma  fr.  4,  80. 

Quest*  lavoro  non  c  ima  semplice  ristaiupa  do-    blicati  uella  Cicilla  Callolica;  ma  puo  dirsi  la- 
gli  articoli  che  di  questo  argomenlo  si  sono  pub-    yoro  in  gran  parte  originate,  per  cagione  cho 


BIBLIOGRAFIA  483 

la  materia  vi  e  pressoclie  raddoppiata,  e  cio  che  menti  che  coronano  la  doppia  trattazione  svolfa 

non  e  nuovo  vi  e  ritoccato  diligenlemente  dall'Au-  nel  libro.  11  quale  ,  per  la  natura  del  soggetto, 

tore.  L'opera  si  divide  nelle  due  parti  che  annun-  si  accoppia  bene  » ol  libro  delle  Origini  della  So- 

zia  il  suo  tilolo:  la  prima  tratta  del  Valore  della  vraiula  temporale:  giacche  come  1'  uno  melte  i» 

Dichiarazione  ponlificia,  il  quale  vi  si  presenta  evideaza  la  giustizia  del  Diritto  naturale  e  storico 

con  tal  copia  e  lume  di  ragioni  teologiche,  che  dei  Papi  alia  sovranita  regia,  cosi  1'altro  dimo- 

non  pare  si  possa  desiderate  di  piu:  la  seconda  stra  la  forza  di  quel  sacro  suggello  cbe  vi  appo- 

tratta  della  Violazione  de'  sacri  diritli  avvalorati  se  la  gravissima  autorita  della  Chiesa. 

dalla  Dichiarazione  pontificia,  mostrandone  il  de-  Del  medesimo  Autore  e  1'  altro  libro ,  analogo 

lilto  grave  e  la  qualita  delle  pene  a  cAi  soggia-  per  1'argomento  a  questo  che  ora  si  pubblica,  che 

ce,  con  argoraenti  teologici  e  colla  provade'sen-  ha  per  tilolo  II  Clero  negli  attuali  rivolgimenti 

timenti  espressi  e  praticati  dalla  Chiesa  flno  dai  politici.  Si  vende  in  Roma  al  prezzo  di  paoli  4, 

primi  inizii  del  Dominio  temporale  della  S.  Sede.  fuori  di  Roma  al  prezzo  di  franchi  2,40. 
Finalmente  segue  una  appendice  di  scelti  docu- 

TOMMASI  GIACOMO  —  Nove  giorni  di  preghiera  in  suffragio  delle  anime  de' 
Sacerdoti  che  penano  nel  Purgatorio.  Firenze  1864,  tip.  di  Niccola  Fab- 
brim,  via  Pandolfini  n.  17.  Un  opusc.  in  32.°  di  pay.  16. 

TOMMASO  (S.)  D' AQUINO  —  Sancti  Thomae  Aquinatis,  Doctoris  Angelic),  Or- 
dinis  Praedicatorum,  opera  omnia  ad  fidem  optimarum  edilionum  accu- 
rate recognita.  Parmae,  ex  tip.  Petri  Fiaccadori  1863.  TomvsXJVcon- 
tinens  Comm.  in  aliquot  libr.  veteris  Testamenti  et  in  Psalmos  L  Tomus 
XV  continens  Opuscula  theologica,  quorum  specialem  mentionem  facit  De 
Tocco.  Edizione  bellissima  in  4.°  che  giugne  a  pag.  466  del  Tomo  XV  di 
tutte  le  opere. 

TRE  PANEGIRICI  di  S.  Michele  dei  Santi,  dell' Online  de'  Trinitarii  scalzi, 
detti  nel  solenne  triduo  celebrate  a  Roma  in  S.  Carlo  alle  quattro  Fon- 
tane,  per  esultanza  della  sua  Canonizzazione,  nei  giorni  27, 28,  29  Settem- 
bre  1862.  —  Roma,  tip.  Aiani.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  68. 

VALENSISE  DOMENICO  —  Monografia  di  Polistena,  pel  sacerdote  Domen'co  Va- 
lensise.  Napoli,  tip.  di  Vincenzo  Marchese,  Largo  donnareginan.W  e  21 
1863.  Unvol.  in  8.'  di  pag.  180. 

Polislena  e  piccola  citta  di  presso  dieci  mila  tolati  e  commisli  come  va  va:  tulto  vi  e  scel- 

antme  suH'estrema  Calabria,  e  posta  sopra  una  to    con    fine  discernimenlo,  rigeltato   il    false, 

piecola  collina  sguarda  il  mar  Tirreno,  e  signo-  esaminato  il  dubbio ,  rapportato  con  veracita  il 

reggia  la  vasta  pianura  di  Seminara.  Di  lei  parla  male,  lodato  con  discernimento  il  bene  ;  e  mesa* 

questa  Monografia,  raccogliendo  dai  monumenti,  fra  gli  element!  tal  colleganza ,    che  ogni  cow 

dalla  sloria,  dalla  Iradizione  e  dalla  ossevvazione  precede  con  ordine  intimo,  e  trovasi  al  suo  luo- 

viva  quanto  potea  riferirvisi,  per  darne  a  cono-  go.  Se  le  piccole  terre  d'ltalia  avessero  tutte  un 

scere  la  positura,  la  origine,  le  condizioni  geo-  ciltadino  si  colto  e  si  amante  della  propria  citta, 

grafiche,  lo  stato  civile  e  morale  de'  cittadini,  la  come  e  il  ch.  sig.  Valensise,  nessuna  manchereb- 

storia  lelteraria  e  civile,  la  gerarchia  ecclesiasti-  be  del  suo  storico  imparziale  e  diligente,  il  quale 

ea,  le  istituzioni,  i  costumi,  gli  usi,  le  Industrie,  le  additerebbe  le  vere  glorie  ad  emulare,  i  veri 

i  commerci.  Ne  questa  raccolta  di  notiz  e  e  un  vizii  a  correggere,   i  veri  miglioramenti  a  pro- 

cumulo  di  sabbia,  ove  i  granelli  vi  sono  sgre-  cacciare. 

VALLAURI  TOMMASO  —  Publii  Ovidii  Nasonis  Fastorum  libri  VI,  Tristium  li- 
bri  V,  Ex  Ponto  lib.  IV,  et  Libellus  in  Ibin,  ad  usum  scholarum,  curanle 
Thoma  Vallaurio.  Augustae  Taurinorum,  ex  o/pcina  Byacinthi  Marietli, 
anno  1863.  Un  vol.  in  12.°  di  pag.  307. 

WISEMAN  —  Fabiola  o  la  Chiesa  delle  Catacombe,  con  note  illustrative.  Ro- 
ma, tip.  Monal'di  1864.  Vn  vol.  in  16.°  Si  pubblica  un  fascicolo  di  tre  fo- 
gli  la  settimana:  e  finora  si  sono  pubblicati  otto  fascicoli. 


CRONACA 

CONTEMPORANEA 


Roma  14  Maggio  1864. 


I. 

COSE  ITALIANS. 

STATI  PONTIFICII.  1.  Discorso  tenuto  dal  Santo  Padre,  nel  Collegio  di  Propa- 
ganda, alii  24  d'  Aprile  —  2.  Liberazione  di  monsig.  Arnaldi,  Arcivesco- 
vo  di  Spoleto ;  imprigionamento  del  suo  Pro-Vicario  monsig.  Profili  — 
3.  Arresto  del  Cardinal  Morichini,  Yescovp  di  Jesi,  condotto  alle  carceri 
di  Ancona  —  4.  Sfrenalezza  dell'  immoralita  nelle  usurpate  province  — 
5.  Chirografo  del  Santo  Padre,  per  1'  emissione  e  vendita  di  un  preslito 
fruttifero. 

1.  La  luttuosa  condizione  di  cose,  ed  il  duro  strazio  che  del  cattolicis- 
mo  si  ya  facendo  in  Polonia,  non  potea  non  commpvere  profondamente 
F  animo  del  Sommo  Pontefice;  edifatto  Sua  Santita,  con  quella  liberta 
apostolica  e  con  quella  iraperterrita  fermezza,  cui  seppe  ognora  accop- 
piare  con  la  mansuetudine  e  con  la  prudenza,  levo  alto  la  voce  a  sfolgo- 
rare,  come  si  conveniva,  tali  enormezze,  senza  mancare  ai  riguardi  dovuti 
allo  Czar.  Noi  ci  eravamo  creduti  in  debito  di  riferire  soltanto  il  cenno 
che  ne  fece  il  Giornale  di  Roma,  da  noi  recitato  a  pag.  353.  Ma  poiche 
il  Debate,  la  Patrie,  la  Gazette  du  Midi,  con  piu  altri  giornali  nostrani  e 
forestieri,  indotti  in  errore  da  corrispondenti  poco  fedeli,  alterarono  stra- 
namente  il  discorso  tenuto  dal  Santo  Padre,  non  gia  in  un  Concistoro, 
come  alcuni  ban  sognato,  ma  nella  sala  di  Propaganda,  ed  afFastellarono 
parole  che  mai  non  furono  proferite ,  falsificandone  od  inventandone  di 
pianta  i  concetti ,  crediamo  di  doverlo  qui  riferire  con  tutta  esattezza, 
come  fu  raccolto  da  chi,  ascoltandolo,  ne  segno  quasi  tutte  le  proprie  pa- 
role con  grande  fedelta. 

II  Santo  Padre,  preso  argomento  dal  Vangelo  della  Domenica  che  ri- 
cprreva,  esordi  colle  parole  dette  dal  Salvatore  dopo  1' ultima  cena,  che 
cioe,  venendo  lo  Spirito  Santo  nel  mondo,  convincera  gli  uomini  della  lo~ 
ro  incredulita ;  e  prosegui  spggiungendo: 

e  Molte  infatti  e  splendissime  sono  le  pruove  della  verita  di  nostra  san- 
taFede,  luminosissimi  gli  esempii  a  noi  tramandati.  Eppure,  anche  al 


CRONACA  CONTEMPORANEA  485 

presente,  non  vi  e  pur  troppo  angolo  della  terra,  fin  nelle  region!  piu  ele- 
vate, ove  non  si  troyi  o  un  drappello  o  un  esercito  di  sciagurati,  che  ban 
fatto  getto  del  maggiore  lor  bene,  la  Fedel  A  rimprovero  di  costoro  il  Si- 
gnore  addita  i  suoi  servi,  che  questa  fede  hanno  suggellata  col  sangue : 
e  fra  questi  dobbiamo  in  questo  giorno  e  in  questo  lupgo  ricordare 
S.  Fedele  da  Sigmaringa,  edietro  le  same  orme  di  lui  tanti  altri,  i  quali, 
usciti  da  questo  Collegio  di  Propaganda ,  si  sono  sparsi  nel  mondo  ad 
annunziare  con  tanti  loro  sudori,  e  a  suggellare  col  sangue  il  Yangelo. 

«  Ora  pure  Iddio  rimprovera  1'incredulita  del  mondp,  additandogli  que- 
ste  due  serve,  le  quali  ottengono  oggi,  sebbene  in  diverse  grado,  1'onor 
degli  altari.  La  Beata  Francesca  delle  cinque  Piaghe  dentro  il  pro- 
prip  abituro  si  fece  luminoso  esempio  di  abnegazione,  di  umilta/di  rigp- 
rpsissima  penitenza,  cpmprovando  la  fede  alle  celesti  verita  col  dispregio 
pienissimo  delle  vanita  terrene.  La  yen.  Maria  Margarita  Alacoque,  tutta 
accesa  di  celeste  tiamma,  si  sforzo  di  condurre  il  mondo  intero  alia  pra- 
tica  della  fede,  per  mezzo  dell'amore  al  Cuore  santissimo  cK  Gesu. 

«  Preghiamo  dunque  il  Signore  affinche,  per  1'  intercessione  di  queste 
due  Sante,  illumini  tanti  nostri  traviati  fratelli,  e  dia  fmalmente  alia  Chie- 
sa  quella  pace,  che  tutti  desideriamo. 

«  E  qui  credo  opportune  manifestare  il  mio  dolore  per  una  notizia,  at- 
tinta  dalle  pubbliche  efemeridi ,  alia  quale  io  non  vorrei  credere  senza 
nuova  conferma.  Stimo  bene  pero  di  non  dissimularlo,  trovandomi  cir- 
condato  da  tante  persone,  affinche  non  debba  mai  fare  a  me  stesso  quel 
rimprovero :  Vae  mihi  quiet,  tacui ! 

«  V'ha  un  Sovrano  assai  potente  in  Europa,  ma  non  cattolico,  il  quale, 
togliendo  pretesto  da  una  mal  consigliata  ribellione  di  una  parte  de'  suoi 
sudditi ,  cerca  di  scalzare  fino  dalle  fondamenta,  in  quella  parte  dei  suoi 
Stati,  la  fedecattolica.  L'impedire  e  il  reprimere  guell' ingiusta  ribellione 
e  nel  suo  diritto :  come  e  diritto  sacro  e  intangibile  dei  suoi  sudditi,  an- 
corche  traviati,  il  prpfessare  liberamenle  la  loro  fede.  No!  perseguitando 
il  cattolicismo  non  si  consolida  la  fedeita  ai  Principi  della  terra ;  questa  e 
figlia  della  giustizia,  di  quella  giustizia  che  la  Chiesa  cattolica  fa  coscien- 
za  ai  suoi  ligliuoli  di  rendere  intera  a  tutte  le  legittime  autorita.  Non  e 
solo  dunque  iniquo ,  ma  e  sconsigliatp  il  perseguitare  il  cattolicismo  per 
dpmare  la  ribellione.  Ma  ora  ci  vien  di  piu  riferito  un  tale  atto  di  persecu- 
zione,  che  avanza  quelli  dei  piu  accaniti  nemici  del  cristianesimo,  i  quali 
uccidevano  bensi  i  cristiani,ma  non  si  sognarpno  maidi  sostituirsiaiPon- 
tefici,  dando  o  togliendo  la  giurisdizione  spirituale.  Ora  dicesi,  che  siesi 
tolta  ad  un  Vescovo  cattolico  questa  giurisdizione  sulla  sua  Diocesi : 
quasi  che  1'autprita  spirituale  sia  soggetta  ad  alcun  potere  civile,  per 
quanto  si  voglia  elevato.  La  Chiesa  cattolica  ebbe  quell'  autorita  dal  di- 
vin  Redentore :  essa  Tesercita  per  suo  dritto  proprio;  e  quei  che  ne  sp- 
np  depositarii  T  eserciteranno  mai  sempre,  con  uguale  nspetto  e  ubbi- 
dienza  dei  veri  fedeli,  o  che  seggano  pacificamente  sulle  loro  cattedre, 
o  che  vengano  caricati  di  catene  nelle  prigioni,  o  che  debbano  celarsi  nel- 
le catacombe. 

«  Preghiamo  dunque ,  o  fratelli ,  perche  Dio  illumini  questo  Sovrano ! 
Preghiamolo  ancora,  perche  quei  poveri  cattolici,  i  quali  vengono  strappa- 
ti  dalle  loro  parrocchie  e  dalle  loro  case,  e  sono  tradotti  in  esilio  in  terre 
inospitali,  con  non  altro  cpnforto  religioso  fuorche  la  compagnia  dei  loro 
angeli  custodi,  si  conservino  costanti  nella  confessione  di  Gesii  Cristo. 


486  CRONACA 

«  lo  intanto,  levando  al  cielo  gli  occhi  ele  mani,  yi  benedico.  Benedi- 
co  primieramente  tutti  quelli  che  sono  impegnati  nell' ossequio  del  Cuore 
santissimo  di  Gesu.  Benedico  quelle  aninie,  che  dentroi  recinti  didome- 
stiche  miira,  o  fuori  di  essi,  attendono  di  proposito  all'acquislo  delle  piu 
elette  virtu.  Benedico  voi  tutti,  pregando  insieme  il  Signore,  che  se  in 
tutto  non  puo  distruggersi,  almeno  si  attenui  il  numero  di  coloro,  che 
chiudono  volpntariamente  gli  occhi  alia  luce  della  verita. 

«  Benedictio  Dei  omnipotentis,  Patris  et  Filii  et  Spiritus  Sancti  descen- 
dat  super  vos,  et  nianeat  semper.  » 

2.  Gia  da  dieci  intieri  mesi  il  pio  e  zelantissimo  mqnsig.  Giambattista 
Arnaldi,  Arcivescovo  di  Spoleto  ,  era  sostenuto  prigioniero  nella  Rocca 
di  quella  citta,  aspettando,  con  perfetta  rassegnazione  al  voler  di  Dio,  che 
al  Fisco  dovesse  piacere  quandochessia  di  pronunziare  il  suo  oracolo  in- 
torno  all'  imputazione  ,  onde  si  era  tratto  pretesto  a  quella  si  diuturna 
carcere  *.  Ma  il  Fisco  era  impacciatissimo,  perche  nepotea  trovar  modo 
d'istituire  un  processo,  almeno  con  probabilita  di  riuscire  alia  desiderata 
condanna,  ne  volea  lasciarsi  uscir  di  bocca  una  dichiarazione  d'innocenza. 
Al  Governo  ristauratore  deir  ordine  morale  poco  importa  di  torlurare 
«d  alfliggere  innocenti  ;  come  si  vede  dal  trattenere  che  fa,  prigioniero 
in  Torino,  il  Cardinale  Arci^escovo  di  Fermo,  gia  da  quattr'anni  strap- 
pato  -violentemente  alia  sua  Diocesi,  senza  aver  mai  potuto  inventare  un 
plausibile  pretesto  legale  ;  ed  altresi  dall'esilio  inflitto  al  Card.  Arcive- 
SCOYO  di  Napoli ,  ed  a  tanti  altri  illustri  e  valorosi  Prelati  italiani.  Cio 
che  gli  preme  si  e  di  mettere  in  aspetto  di  colpevoli  le  sue  vittime.  Or 
come  poteasi  rappresentare  qual  fellone  e  sommovitore  di  ribellione  alle 
Jeggi  ed  airautorita  del  Governo  usurpatore,  monsig.  Arnaldi,  solo  per 
^rver  flagellato  i  vizii,  rimmoralita,  le  nefandezze  settarie? 

Dieci  mesi  di  profondi  studii  non  poteano  creare  una  colpa  che  non 
^esisteva,  ed  ii  Fisco  in  capo  a  tanto  tempo  trovavasi  nello  stesso  imbro- 
glio che  il  primo  giorno.  Alia  pertine  si  scopri  il  cercato  ripiego,  e  fu  di 
lasciar  sospesa  sul  capo  a  Mons.  Arnaldi  1'  imputazione  del  reato,  e  la 
ininaccia  del  processo  e  della  condanna ,  ed  intanto  metterlo  fuor  di  pri- 
gione.  Cosi  non  si  correva  il  pericolo  di  vederlo  dichiarare  innocente ,  e 
rimaneva  giustificato  il  Fisco  che  1'ayea  tenuto  in  carcere.  Pertanto  la 
Sezione  d'accusa  della  Corte  di  Perugia,  sotto  il  22  di  Marzo,  die  fuori 
la  sua  sentenza,  dichiarando  farsi  luogo  aprocedimento,  ed  essere  la  cau- 
sa di  competenza,  non  gia  della  Corte  di  Assise  di  Spoleto,  ma  di  quella 
di  Perugia.  Sarebbesi  dovuto,  di  ragione,  oistituire  il  processo,  e  venire 
al  pubblico  dibattimento:  ovvero,  se  questo  non  si  voleva,  troncare 
il  corso  del  processo,  od  almeno  spedire,  come  poi  si  fece,  1'atto  di  di- 
missione  ex  o/ficio  dal I  carcere.  Ma  piacque  ai  padroni  d' Italia  di  fare, 
che  monsig.  Arnaldi  vi  rimanesse  ancora  quasi  un  mese  a  macerarsi ;  dopo 
di  che  si  risolvette  di  metterlo  in  liberta.  Ecco  in  che  modo  cio  avvenne, 
narrato  dallo  stesso  Arcivescovo  in  una  sua  lettera  all'  Osservatore  Ro- 
mano del  30  Aprile: 

«  Sig.  Direttore.  Memore  della  bonta,  che  ha  sempre  avuto  per  me,  e 
conscio  del  vivo  suo  interessamento  per  la  mia  persona  durante  la  pri- 
gionia,  non  posso  a  meno,  fin  dai  primi  momenti  di  mia  liberta ,  di  non 
esprimere  alia  S.  V.  Illma  i  piu  sinceri  ed  estesi  ringraziamenti ,  e  di 

4  CieiltA  Caltolica  Seric  V,  vol  VII,  pag.  -105. 


COJXTEMPORANEA  481 

parteciparle,  die  nelle  ore  pomeridiane  dello  scorso  Venerdi  22  corrente 
ebbi  1'  intimo,  che  la  Sezione  di  accusa  in  Perugia  aveva  dichiarato  far- 
si  luogo  a  procedere  sul  mio  conto  per  la  nola  Pastorale ;  e  oel  tempo 
stesso  mi  fa  intiraato  il  decreto  di  dimissione  dal  carcere,  spontaneamen- 
te  ed  a  raia  insaputa  ,  senza  cauzione  e  senza  esigere  da  me.veruna  di- 
chiarazione  di  rappresentarmi,  che  io  non  avrei  mai  e  poi  mai  emessa,  a 
costo  anche  di  morire  in  carcere ;  e  quindi  alle  ore  8  di  delta  sera  feci 
ritorno  in  questa  mia  residenza.  Puo  Ella  facilmente  immaginare  le  sof- 
ferenze  di  una  prigionia  prolungata  per  oltre  a  dieci  mesi ;  ma  questa 
sopportai  rassegnato  alia  volonta  del  Signore ;  e  ,  fermo  sempre  piu  nei 
miei  inalterabili  principii ,  attendevo  colla  massima  disinvollura  e  tran- 
quillita  di  animo,  qualunque  si  fosse  stato  I'esito  della  mia  causa.  11  dq- 
lore  che  mi  trafisse  fu  1'essere  strappato  dalla  cura  della  mia  Archidiocesi; 
ma  la  Vergine  Santissima,  fra  le  durezze  del  carcere ,  si  e  degnata  con- 
cedermi ,  sebbene  immeritevolissimo  ,  tante  grazie  e  consolazioni ,  spe- 
cialmente  di  essermi  potutp  p  res  tare  a  dar  variemute  di  spirituali  Eser- 
cizii,  durante  la  mia  prigionia,  ai  Reclusi  o  Carcerati  in  questa  Casa  di 
pena,  e  non  potrei  espri merle  il  gran  bene  ,  che  per  diviua  misericordia 
si  e  fatto.  » 

Veduta  la  necessita  di  lasciarsi  uscire  dagli  artigli  questa  preda,  il 
Fisco  voile,  percompenso,  ghermirne  un'altra  ;  ed  appunto  un  otto  giorni 
dopo  che  il  Governo  avea  risoluto  di  prosciogliere  mons.  Arnaldi,  t'ece, 
per  motivi  probabilmente  ne  meno  assurdi  ne  meno  iniqui ,  carcerare, 
nella  nolle  del  31  Marzo,  monsig.  Luigi  Protili,  Priore  della  melropoli- 
tana  e  Provicario  Generale  di  Spoleto  ;  il  quale,  con  apparato  degno 
dei  lempi  che  corrono  ,  a  maniera  di  vil  malfattore  ,  fu  chiuso  in  quella 
Rocca  stessa,  in  cui  era  sostenuto  il  suo  Vescovo.  Dicesi  che  il  pretesto 
siasi  lolto  dall'aver  questo  virtuosissimo  Vicario  date  istruzioni ,  che  gli 
erano  chieste  a  grande  istanza  ,  circa  il  modo  da  osservare  verso  coloro 
che,  rimorsi  nella  coscienza  per  partecipazione  a  rivolture  e  violenze  sa- 
crileghe,  cercassero  di  riconciliarsi  con  Dio,  nel  Sacramento  della  Peni- 
tenza.  Or  che  e  passato  in  giudicato,  doversi  la  Chiesa  spogliar  del  lem- 
pprale,  e  percio  si  precede  a  confische  e  latrocinii  d'ogni  geaere,  la  rab- 
bia  settaria  ya  crescendo,  e  vuole  spogliata  la  Chiesa  perfm  della  libera 
amministrazione  dei  Sacramenti.  Sono  piu  di  50  i  processi  avviati  con- 
tro  Vescovi ,  Parrochi,  religiosi,  e  quasi  tutti  per  cagioni  spetlanti  1'e- 
sercizio  del  ministero  strettamente  spirituale.  Ecco  la  libera  Chiesa  in 
libero  Stato ! 

3.  Usciva  di  carcere  alii  22  di  Aprile  1'Arcivescovo  di  Spoleto,  ed  alii 
23  gli  si  sostituiva  un'altra  vittima  nella  persona  dell'  EiTio  Cardinale  Mo- 
richini,  Vescovo  di  Jesi.  La  cosa  avvenne  nel  modo  che  si  narro  dall'O,1?- 
servatore  Romano ,  N.  97  : 

«  Alle  ore  otto  ed  an  quarto  pomeridiane  del  sabato  23  Aprile  si  pre- 
sento  all'  Episcopio  di  Jesi  il  Capitanp  dei  Carabinieri,  sig.  Ruca,  che,  in- 
trodotto  presso  I'  Eminentissimo  ,  gli  notitico  con  tutta  quella  urbanita 
che  puo  usare  in  siinili  circostanze  UQ  militare,  aver  ordine  di  imprigio- 
narlo  e  seco  condurlo  in  Ancona.  In  quella  entrarono  nel  gabinetto  del- 
1' Eminentissimo  ,  un  giudice  istruttpre,  undelegato  di  pubblica  sicurez- 
za  ed  un  attuario,  mentre  al  di  fuori  I'  Episcopio  veniva  circondato  dai 
Carabinieri ,  alcuni  dei  quali  occuparono  armati  la  posizione  strategica 
della  sala  d'  ingresso.  L'  oggetto  di  tutti  quei  personaggi ,  entrati  di  se- 


188  CRONACA 

conda  scena  nel  gabinetto  delV  Emiuentissimo,  era  quello  di  fare  im  in- 
carto  giudiziale  a  carico  del  Cardinale ,  e  di  procedere  ad  una  perquisi- 
zione  delle  sue  carte.  Allora  il  Cardinale  detto  due  proteste  ,  che  1'at- 
tuario  si  compiacque  di  scrivere.  Nella  prinia  diceva  che,  come  Porpora- 
to  e  Principe  di  S.  Chiesa,  non  poteva  essere  imprigionato  e  processato 
che  per  ordine  del  solo  Sommo  Pontefice;  nell'altra  che  non  avrebbe 
punlq  potuto  rispondere  a  domande  che  appellassero  a  coscienza ,  o  ad 
ordini  venuti  di  Roma.  Dopo  cio  si  provarono  di  fare  qualche  inchiesta , 
ma  quelle,  poiche  yertevano  appunto  su  materia  di  confessione,  assolu- 
zione ,  decreti  della  sacra  Penitenzieria  ecc. ,  non  yennero  con  risposta 
alcuna  soddisfatte. 

«  Si  passp  allora  alia  perquisizione,  ma  a  lode  del  yero  dehhe  dirsi, 
che,  aperti  i  cassetti  dello  scrittoio,  nessuno  dei  quattro  ardi  di  frugaryi 
per  em,ro,  e  solo-si  limitarono  a  prendere  la  circolare  a  stampa  inviala  dal- 
ia  S.  Penitenzieria  a  tutti  i  Vescoyi  d'  Italia,  in  data  6  Marzo  1860 ,  cir- 
colare che  yenne  riportata  fin  dai  giornali.  E  cio  yalga  a  smentire  le  yo- 
ci ,  non  sappiamo  sepiu  maligne  o  insulse,  fatte  correre  dai  caldissimi 
dell'onore  e  dovere  del  Governo  italiano,  a  giustificazione  dtll'operato  di 
lui :  che  si  fossero  cioe  rinyenute  al  Vescovo  di  Jesi  delle  corrispouden- 
ze  con  estero  Governo,  a  danno  di  quello  di  cui  mostransi  passionatis- 
simi  favoreggiatori. 

«  Alle  undici  della  sera  V  EiTio  Morichini  muoveya  nel  proprio  legno 
alia  yolta  di  Ancona,  confortando  ed  incoraggiando  ,  con  somma  trnnquil- 
lita,  il  Clero  che  pressoche  tutto  erasi  radunato  neliestanze  dell'  Episco- 
pio,  non  si  tosto  I'u  sparsa  per  la  citta  la  nuoya  di  quanlo  in  esso  acca- 
deva.  Sulla  piazza  attendeya  il  benamato  Vescovo  grandv'  folia  di  popo- 
lo,  che  silenzioso  e  triste  genufletteya  al  passaggio  della  carrozza,  per 
ricevere  anche  una  yolta  la  benedizione  del  suo  Pastore.  Seguiva  imaie- 
diatamente  altro  legno  con  quattro  carabinieri.  II  Capitano  Rura  prese 
posto  accanto  al  cocchiere  dell'  Eminentissimo  ,  e  fu  solo  usciti  di  citta , 
che,  al  ripetuto  inyito  del  Porporato,  accetto  un  posto  dentro  il  legno.  GJi 
erauo  compagni  D.  Sante  Crocicchiani  Cerimoniere,  D.  Giuseppe  Bucci 
Segretario,  ed  un  domestico.  Alle  due  e  mezzo  del  mattino  della  Dome- 
nica  24  correntegiungeva  I'illustre  prigioniero  in  Ancona,  eyenivarin- 
chiuso  nelle  careen  di  S.  Palagia.  In  quel  giorno  non  gli  yenne  permes- 
so  ne  di  celebrare  ne  di  ascoltare  la  messa.  La  cella  in  che  yenne  posto, 
sebbene  non  possa  dirsi  assolutamente  insalubre,  pur  tuttayia  mostra  in 
alcune  delle  pareti  delle  tracce  di  umidita. 

«  Venne  tosto  separate  da'suoi  compagni ,  e  gli  si  lascio  solo  il  do- 
mestico, finche  alia  sera  fu  permesso  a  D.  Crocicchiani  di  entrare  anche 
esso  in  S.  Palagia,  prigioniero  volontario.  » 

Pervenuta  la  notizia  di  cio  all'  EiRo  Card.  Anlonucci,  Yescovo  di  An- 
cona, egli  fu  sollecito  di  chiedere,  ed  ottenne  la  facolta  di  fornire  aH'illu- 
stre  prigioniero  quanto  polesse  alleviarne  i  patimcnti.  Finora  non  si  sa 
che  il  Fisco  abbia  potuto  giustificare  con  yerun'apparenza  di  ragione  le- 
gate questo  nuovo  attentato  sacrilege;  e  noi  teniamo  per  fenno  che  il 
niotivp  sia  quel  medesimp,  che  fece  gia  carcerare  centinaia  di  personaggi 
ecclesiastici,  riconosciuti  innocenti,  e  doyuti  percio,  dopo  mesi  ed  anni  di 
torture  crudeli,  essere  rimessi  in  liberta.  On  se  i  Goyernanti  di  Torino 
potessero  metier  piede  in  Roma  1  Chi  li  terrebbe  dai  dare  saggio  della 
fortezza  del  loro  governare,  infliggendo  al  Papa  il  trattamento  usato  col 


CONTEMPORANEA  489 

Cardinale  di  Fermo  e  col  Cardinale  di  Jesi  ?  Cosi  appunto  Tarquinio  il 
Superbo  insegnaya  a  ceggere  gli  Stati,  tagliando  le  teste  piu  alte.  I  li- 
berali  non  hanno  neppure  il  merito  deli'  invenzione  di  tal  politica. 

4.  Un  solo  Stato  v'  e  in  Europa,  dove  la  persecuzione  alia  Chiesa  cat- 
tolica  adegua,  sotto  varii  rispetti,  quella  chesi  fa  dal  Governo  di  Torino 
al  clero  italiano;  ed  e  la  Pplonia  manomessa  dallo  scisma.  Da  pertutto 
altrove,  anche  dove  il  dominio  sta  nelleraani  de'Framassoni,si  lascia  go- 
dere  bastevolrnente  alia  Chiesa  quel  tanlo  di  liberta,onde  si  possono  av- 
valere  gli  altri  ordini  della  societa  civile.  In  Italia  non  e  cosi ,  ed  ogni 
pensiero  della  fazione  che  si  tiene  in  mano  la  cosa  pubblica  sembra  volto 
a  questo  solo  e  supremo  intento  ,  opprimere  la  Chiesa  e  sterpare  il  cat- 
tolicismo.  E  percio  si  vede  tolto  ogni  freno  anche  alle  piu  stomachevoli 
immoralita ,  onde  procedono  inauditi  delitti ,  con  ribrezzo  degli  stessi 
liberalissimi,  che  non  hanno  ancora  reietto  ogni  senso  di  naturale  onesta. 
Lo  Zenzero,  giornale  democratico  di  Firenze,  esclamava  poc'  anzi :  «  La 
citta  dei  ftori  prendera  tra  poco  il  titolo  degno  di  citta  dei  barbari ,  se 
disgraziatamente  continuassero  gli  atroci  fatti,  dei  quali  fumrao  testimo- 
nii  oculari.  Per  tre  centesimi  non  e  di  molto  che  fu  ammazzato  un  uomo; 
e  due  ,  tr-e  ,  quattro  e  sei  perirono  sotto  il  pugnale.  »  La  Societa  demo- 
cratica  unitaria  di  Livorno,  congrega  di  patrioti  mazziniani ,  pur  non  si 
tenne  alle  mosse,  per  lo  spettacolo  delle  nauseabonde  laidezze  tollerate, 
se  non  anche  promosse  dal  Governo  ;  e  fermo,  alii  13  di  Aprile,  la  deli- 
berazione  d'  invitare  la  gioventu  italiana  ad  useire  dal  lezzo,  in  che  la 
gettano  1'  incuria  dei  reggitori  e  la  perversita  d'  infami  mercanti  di  libri 
e  stampe  d'agni  sorta.  Ecco  alcuni  dei  Considerando  ,  che  si  leggono 
riferiti  nell'  Unita  Cattolica  del  5  Maggio :  «  Considerando  come  il  popolo 
tento  indarno  redimersi  a  liberta  seoza  onesta  di  costumi ;  Considerando 
come  siano  questi  offesi  continuamente  mediante  la  diffusione  di  libri , 
stampe  ed  immagini  oscene  ,  donde  la  gioventu  attinge  gerrni  di  corru- 
zione  e  di  avvilimento  ;  Considerando  come  il  Governo  ed  i  Municipii, 
mentre  incomberebbe  loro  1'obbligo  di  promovere  la  morale  pubblica,  ed 
avvezzare  il  popolo  alia  probita,  che  e  ad  un  tempo  supremo  bisogno  e 
speranza  di  salute  nei  tempi  presenti ,  lascino  impuniti  i  delitti  previsti 
dal  Codice  penale  come  offesa  al  pudore  eec.  ecc.  » 

Ora  quetlo,  che  dagli  stessi  italianissimi  si  lamenta  con  si  forti  parole 
per  la  Toscana,  accade  pur  troppo,  e,  per  arte  diabolica,  in  grado  forse 
anche  piu  mostruoso,  nelle  province  usurpate  ai  dominii  della  santa  Se- 
de.  Corrispondenze  autorevoli  delle  Romagne  riboccano  di  t'atti ,  onde  si 
dimostra  che  la  licenza  vi  tocca  il  colmo ,  con  le  ordinarie  conseguenze 
d'ogni  maniera  di  delitti,  e  specialmente  di  suicidii.  La  Concordia,  gior- 
nale rivoluzionario  di  Ancpna,  nel  foglio  32  del  20  d' Aprile,  lagnavasi 
altamente  della  crescente  immoralita,  onde  la  popolazione  «  era  costretta 
a  ritirarsi  per  tempo  nella  sera,  od  andare  armata  in  propria  difesa  con- 
tro  le  notturne  aggressioni  »  ;  e  dipingeva  lo  sta  to  presente  di  quella 
citta  dove  sono  bolgie  di  corruzione  ,  osceni  spettacoli ,  licenziosi  ba- 
gordi,  e  risuonano  tnbrici  canti,  oscene  canzonacce,  ed  i  pubblici  ufficiali 
vivono  in  riprovevole  apatia,  e  gli  agenti  della  pubblica  sicurezza  (anno 
conversazione  nei  I.  .  .  «  Gittando  a  noi  d'intorno  uno  sguardo,  conchiu- 
deva  la  Concordia,  ove  sono  i  felici  risultati  di  quest'era  novella,  attesi 
con  impazienza  genera  le?  » 


190  CRONACA 

I  risultati  non  e  bisogno  che  li  indichiamo  noi  alia  Concordia  ,  e  puo 
chiamarsene  paga.  1  convent!  ed  i  monasteri,  caeciatine  i  religiosi  e  le 
spose  di  Gesu  Cristo  ,  convertiti  in  caserme  e  prigioni ;  molte  chiese 
pane  diroccale,  parte  divenute  stalle,  fenili  e  magazzini ;  licenziati  i  la- 
dri  ad  ogni  loro  industria  ;  tolti  ai  lavori  dell'  agricoltura  200,000  gio- 
vani,  e  condannati  a  portar  1'armi,  aspettando  di  essere  mandati  al  ma- 
cello^  dilapidate  le  rendite  pubbliche  e  cresciuti  i  debiti  a  dismisura  ,  a 
vantaggio  d'ingordi  settarii ;  ed  i  Ministri  risponsabili  occupati  instanca- 
bilmente  in  braccheggiare  dietro  a'  preti ,  a  spiare  i  confessionali ,  a 
vigilare  i  battesimi ,  a  comandare  ,  sotto  pena  di  carcere  e  raulta ,  1'  am- 
ministrazione  dell'  Eucaristia  agli  scomunicati ,  e  sopraltutto  a  cercar 
pretesti  di  spogliare,  sbandire,  carcerare  Vescovi  eCardinali.  Or  e  certo 
die  da  genie,  che  per  bocca  del  Diritto  bandi:  supremo  scopo  della  rivo- 
luzione  italiana  essere  quello  di  abbattere  il  Papato  e  sterminare  il  cat- 
tolicismo,  non  si  puo  pretendere  ne  piu  tie  meglio  all'intento. 

5.  Nella  parte  ufficiale  del  Giornale  di  Roma  del  9  Maggio  venne  pub- 
blicato  un  Chirografo  della  Santita  di  Nostro  Signore  Pio  Papa  IX,  in 
data  del  26  Marzp  1864,  sopra  1'emissione  e  la  yendita  di  un  prestito 
fruttifero,  in  addizione  alFaltro,  creato  con  sovrano  Chirografo  del  18 
Aprile  1860.  Questo  documento  e  del  tenore  seguente: 

«  Monsig.  Giuseppe  de'Marchesi  Ferrari,  Nostro  e  della  Nostra  Camera 
Apost.  Tesoriere  Generate,  Ministro  delle  Finanze. 

i  Allo  scopo  di  provvedere  alle  ristrettezze,  cui  per  la  usurpazione 
avvenuta  nel  1859  di  alcune  principal!  province  soggette  alia  S.  Sede  fa 
ridotto  il  pubblio  erario,  facendo  iNoi  appello  alle  popolazioni  cristiane 
di  tutto  il  mondo,  con  altro  Chirografo  segnato  di  Nostra  Mano  li  18  Apri- 
le 1860  ,  ed  esibito  negli  Atti  della  Nostra  Camera  Apostolica,  vi  auto- 
rizzammo  ad  aprire  un  prestito  per  pubblica  soscrizione  mediante  la  emis- 
sione  di  una  rendita  consolidata,  cinque  per  cento,  di  annui  scudi  roma- 
ni  165,000,  eguali  a  franchi  2,500,000  colla  decorrenza  dal  1  del  sud- 
detto  mese  ed  anno. 

«  Sopraggiunta  nello  stesso  anno  1860  la  usurpazione  di  molte  altre 
province,  e  tolta  cosi  alia  S.  Sede  la  massima  parte  del  suo  territorio, 
Yedemmo  sempre  piu  crescere  le  ristrettezze  dell' erario,  e  si  manifesto 
con  maggiore  intensita  il  bisogno  di  nuovi  espedienti. 

«  A  sollievo  di  si  gravi  sciagure  aveano  nel  frattemp  o  principle  le 
spontanee  oblazioni  dei  fedeli  verso  la  S.  Sede  da  tutte  le  parti  dell'Or- 
becattolico,  di  cui  con  inesprimibile  Nostra  compiacenza  continuiamo 
tutto  giorno  a  sperimentare  i  piu  benefici  effetti. 

«  Ci  esponeste  quindi,  che  con  i  rilevanti  prodottidell'Obolo  di  S.  Pie- 
tro,  che  mettemmo  a  disposizione  del  pubblico  erario,  e  con  altre  straor- 
dinarie  misure,  fu  in  grado  1' erario  stesso  di  supplire  alia  tenuita  delle 
rendite  di  questa  Capitate,  e  delle  poche  province  rimaste,  a  confronto 
delle  spese,  le  qua!i  presentano  un  forte  disquilibrio,  in  quanto  che  ab- 
biamo  riconosciuto  di  Nostro  dovere  la  soddisfazione  degli  obblighi  as- 
sunti ,  e  specialmente  il  pagamento  degli  interessi  dei  prestiti  contratti 
neirinterno  ed  all' estero,  garantiti  suite  rendite  dell'intiero  Stato  pon- 
tificio. 

«  Col  piu  vivo  rammarico  del  Nostro  cuore  peraltro  dobbiamo  osser- 
vare,  che  le  condizioni  politiche  dei  Dominii  della  Chiesa  non  sono  in. 
alcun  modo  cambiate,  e  che  conseguentemente  continua  tutt'  ora  la  ne- 


CONTEMPORANEA  491 

cessita  di  ricorrere  a  nuovi  provvedimenti  per  far  fronte  all'  imperiosa 
eccedenza  delle  spese  indispensabili  al  sostegno  del  diritti  spiritual!  e 
temporali  della  S.  Chiesa. 

«  In  tale  critica  posizione  di  avyenimenti ,  fidati  Noi  sempre  nella  in- 
cessante  devozione  dei  popoli  cristiani ,  e  nel  costante  loro  altaccamento 
alia  S.  Sede,  Ci  siarno  determinati  di  dare  una  estensione  al  suddetto 
prestito  del  1860,  nella  feruia  persuasione  di  ricavare  da  tale  straordina- 
ria  misura  un  nuovo  sollievo  alle  angustie  ,  da  cui  ci  troviamo  oppress!. 

«  Inteso  pertanto  il  parere  della  nostra  Consulta  di  Stato  per  le  Finan- 
ze,  non  che  quello  del  Consiglio  dei  Ministri,  col  presente  Nostro  Chiro- 
grafo,  nel  quale  abbiamo  e  vogliamo  avere  per  espressa  ogni  altra  cosa 
necessaria  ad  esprimersi  e  ad  essere  individualmente  espressa  e  regi- 
strata ,  di  Nostro  Motu-proprio,  certa  scienza  e  pienezza  della  Nostra 
Suprema  Potesta,  prdiniarao  a  Voi,  che  in  Nostro  nome  diate  piena  ese- 
cuzione,a  tutte  e  singole  le  disposizioni  seguenti. 

«  1.  E  autorizzata  la  ulteriore  emissione  di  una  Rendita  consolidata  , 
cinque  per  cento  ,  a  debito  dello  Stato  pontificio,  nella  somma  di  scudi 
romani  465,000,  pari  a  franchi  2,500,000,  in  aggiunta  all' altra  di  simile 
somma,  emessa  in  virtu  delsovrano  Nostro  Chirografo  18  Aprile  1860, 
e  del  contemporaneo  Regolamento  da  Yoi  con  Nostra  approvazione 
emanato. 

«  2.  La  negoziazione  di  tale  rendita  avra  luogo  a  quel  saggio,  ed  ia 
quel  modo,  che  stinierete  piu  convenierite  per  il  pubblico  erario. 

«  3.  Sara  la  rendita  medesima  ripartita  in  Certificati  al  Portatore  nel- 
le  tre  serie,  con  lecautele  e  norme  stabilite  dal  Regolamento  suddetto,  e 
colla  stessa  semestrale  scadenza  del  31  Marzo  e  30  Settembre  di  cia- 
scun  anno,  a  partire  da!  30  Settembre  dell'  andante  anno  1864. 

«  4.  II  pagamento  degl'interessi  anche  per  questa  rendita  si  effettuera 
per  semestre  posticipato  al  prime  Aprile,  ed  al  primo  Oltobre  di  ogni 
anno,  nelle  stesse  citta  principali  di  Europa ,  a  piacere  dei  possessor! 
dei  Certificati,  cioe  in  Roma,  Napoli,  Parigi ,  Brusselle,  Amsterdam,  An- 
versa,  Londra,  Dublino,  Francfort  sul  Meno,  Vienna,  Monaco,  Berlino, 
Lucerna,  Madrid  e  Lisbona. 

«  5.  E  assegnato  il  fondo  dell'uno  per  cento  1'anno,  per  rammortizzazio- 
ne  alia  pari  del  capitale  corrispondente  alia  rendita  predetta  di  annui  scu- 
di romani  465,000,  eguali  a  franchi  2,500,000,  con  1'aumento  degl'  in- 
teressi  sui  Certilicati  estinti. 

«  6.  Volendo  poi  che  Tammortizzazione  sia  eziandio  estesa  al  Capi- 
tale della  rendita  di  egual  somma  emessa  in  virtu  del  Nostro  sovrano 
Chirografo  18  Aprile  1860,  e  stabilito  all'uopo  altro  fondo  dell'uno  per 
cento  all'  anno  coll'  aumento  predettp,  di  modo  che,  per  I'ammortizzazione 
alia  pari  dell'intero  prestito,  sara  in  ciascunanno  erogata  la  somma  di 
romani  scudi  186,000,  corrispondente  ad  un  milione  di  franchi,  oltre  gli 
interessi  dei  Certificati  estinti. 

«  7.  L'ammortizzazione  si  fara  per  estrazione,  la  quale,  colle  norme  e 
col  metodo  di  apposito  Regolamento  da  emanarsi  a  vostracura,  sara  ese- 
guita  in  Roma  nel  mese  di  Luglio  di  ogni  anno,  incOminciando  dal  Lu- 
glio  1865. 

«  8.  II  capitale  dei  Certificati  estratti  sara  rimborsato  a]  primo  Ottobre 
in  ciascun  anno  nelle  stesse  citta,  a  piacere  dei  creditor!,  nelle  quali  e 
prescritto  il  pagamento  degl'  interessi. 


492  CRONACA 

«  9.  Ordiniamo  inoltre  ,  che  per  il  piu  pronto  e  spedito  pagamento  si 
degl' interessi  dell'intero  prestito,  che  dell'ammortizzazione,  Del  riunire 
i  fondi  nolle  diverse  piazze  ,  ove  deve  effettuarsi  il  pagamento  stesso  , 
sianp  da  Voidestinate  specialmente,  e  per  la  cntrante  quantita,  le  Obla- 
zioni,  che  la  pieta  dei  Fedeli  offre  generosamente  alia  Nostra  Persona  per 
il  Denaro  di  S.  Pietro. 

«  Vogliamo  infine  e  decretiamo,  che  il  presents  prestito ,  e  la  consen- 
tanea  emissione  e  vendita  di  questa  nuova  rendita  consolidata ,  sia  rico- 
nosciuta  come  debito  dello  Stato,  ed  al  pari  di  quelle  preesistenti ,  e  che 
il  presente  Nostro  Chirografo,  benche  non  ammesso,  ne  registrato  in  Ca- 
mera, vaglia  e  debba  avere  sempre  la  plena  esecuzione  e  vigore  colla 
Nostra  semplice  Sottoscrizipne ,  non  ostante  la  Bolla  di  Pio  IV  Nostro 
Predecessore  de  registrandis,  la  regola  della  Nostra  Cancelleria  de  iure 
quaesito  non  tollendo,  e  qualsiansi  altre  Costituzioni  ed  Qrdinazioni  App- 
stoliche  Nostre  e  dei  Nostri  Predecessors,  Leggi,  Statuti,  Ri forme,  Usi, 
Stili,  Consuetudini ,  ed  ogni  altra  cosa  che  facesse  o  potesse  fare  in  con- 
trario,  alle  quali  tutte  e  singole  avendone  il  tenore  qui  per  espresso,  e  di 
parola  in  parola  inserito,  questa  volta  ed  all'  effetto  predetto,  specialmen- 
te ed  espressamente  deroghiamo. 

«  Dato  dal  Nostro  Palazzo  Apostolico  al  Vaticano,  questo  di  26  Marzo 
1864,  del  Nostro  Pontificate  I' anno  decimottavo.  —  PrvsPAPA  IX. 

Segue  quindi  il  Regolamento,  approvato  da  Sua  Santita,  per  1'  annuale 
ammortizzazione  dell'intero  prestito,  al  quale  ed'etto  e  destinata  1' an- 
nua  somma  di  scudi  romani  186,000,  corrispondente  ad  uri  milione  di 
franchi.  Nel  quale  Regolamento  sono  fissate  le  norme  per  le  estrazioni 
ed  il  pagamento  dei  Certificati. 

STATI  SARDF.  t.  Sequestro  di  armi  e  denari  della  fazione  mazzlniana  ;  il  Go- 
verno  fa  restituire  ogni  cosa  —  2.  Dimostrazione  a  Genova  ,  e  meetings 
a  Napoli,  pel  Garibaldi;  corrispondenza  del  Moniteur  parigino  —  3.  Tu- 
multo  di  studenti  a  Torino:  chiusura  e  riaprimento  della  Uriiversita  di 
Torino  e  Pavia  —  4.  Circolare  del  Pisanelli  sopra  le  cerimonic  religiose 
vespertine—  5.  Circolare  del  medesimo  sopra  gT impediment!  matrimo- 
niali  _g.  Disegno  di  legge  del  Ministro  della  Rovere,  per  abolire  1'esen- 
zione  dei  chierici  dalla  leva  militare  —  7.  Interpellanze  varie  nella  Came- 
ra ;  proposte  contro  il  Denaro  di  S.  Pietro;  promesse  del  Pisanelli  —  8. 
Offerte  di  oggetti  preziosi  al  Santo  Padre. 

1.  Quando  si  tramava  la  pirateria  garibaldesca  contro  la  Sicilia,  il 
Conte  Cavour  dichiaro  alia  setta,  in  persona  de'  suoi  capi ,  che  egli  non 
poteva  impacciarsene  palesemente :  darebbe  denari ,  fucili ,  munizioni : 
fascerebbe  prendere  i  cannoni  di  Orbetellp ;  farebbe  accompagnare  da 
navi  da  guerra  i  venturieri,  per  assisterli,  distpgliendo  da  loro  1'attenzione 
della  marina  napolitana ;  raase  1'impresa  fallisse,  egli  se  nelaverebbe  le 
mani,  ed  occorrendo,  punirebbe  1'ammiragiio  Persano  del  soccorso  presta- 
to,  per  purgarsi  d'pgni  cosa  al  cospetto  della  Diplomazia.  Alia  quale  di- 
fatto  giuro  che  egli  era  innocente  di  quell'  attentato ,  che  lo  disapprpva- 
\a,  che  anzi  avea  mandate  la  squadra  per  attraversarsi  alia  spedizione 
impresa  dal  Garibaldi ,  e  che  farebbe  rispettare  a  tutti  i  costi  il  diritto 
delle  genti.  Tutti  sanno  il  resto.  Or  egli  sembra  che  il  simigliante  sia  ac- 
caduto  teste  per  una  spedizione  men  mnesta ,  ma  certamente  poco  con- 


CONTEMPORANEA  493 

forme  ai  sensi  che  dovrebbe  nutrire  il  Regno  cT Italia  pel  suo  fondatore  e 
protettore  ed  alleato  fedele,  Napoleone  III. 

Per  dare  al  Governo  francese  la  spinta  a  secondare  i  disegni  della  set- 
ta  dominante  in  Torino,  piu  volte  si  fece  mostra  di  volersi  gettare  tra  le 
braccia  dell' Inghilterra ,  come  alleata  piu  energica,  piu  ferma  nel  suo 
proposito,  piu  propizia  alia  politica  italiana  ,  allontanandosi  percio  dalla 
rrancia.  E  questo,  se  Tapparenza  non  inganna,  fu  unp  degli  intendimen- 
ti  del  Garibaldi  nel  suo  viaggio  in  Inghilterra:  conciliarsene  il  patroci- 
nio,  eccitarvi  1'opinione  pubblica  in  favore  dell'  Italia  una ,  con  Roma  e 
Venezia,  e  cosi  per  indiretto  influire  sopra  le  risoluzioni  di  Napoleone  III, 
cui  tutti  sanno  quanto  stia  a  cuore  il  buqn  accordo  con  la  Gran  Bretta- 
gna.  Ma  il  giuoco  potea  voltar  male,  ed  invece  di  inchinare  1'  animo  del 
vincitore  di  Magenta  e  Splferino  a  compiere  1'impresa,  poteva  farlo  vie- 
piii  rassodare  nel  proposito  di  mantenere  lo  statu  quo ,  appunto  per  non 
Jasciar  credere  ch'  egli  si  voglia  far  rimorchiare  dall'  Inghilterra.  Percio 
furono  disposte  le  cose  in  mpdo,  che  il  Governo  di  Torino  potesse  bandir- 
si  innocente  come  un  bambino  nato  pur  teste. 

Come  procedessero  le  cose  in  Inghilterra,  diremp  a  suo  luogo.  Qui  ba- 
sti  accennare  che  il  Garibaldi,  in  mezzo  a  profusissimi  elogi  del  Governo 
e  del  popplo  britannico  ,  a  cui  recaya  massima  parte  del  merito  del  pre- 
sente  ordine  di  cose  in  Italia,  non  ricordo  che  due  sole  volte  i  Francesi ; 
e  fu  per  accennare  con  compiacenza  aH'uccisione  che  ne  fece  a  Roma  pres- 
so  Porta  S.  Pancrazio,  e  poi  per  insinuare  la  necessita  di  esigere  lo  sgom- 
bro  di  Rorna,  liberando  cosi  1'  Italia  da  due  Potenze  nemiche  che  I'  oppri- 
mono.  Del  resto  non  una  parola  con  cui  mostrasse  di  ricprdarsi,  che  alle 
vittorie  ed  alia  diplomazia  francese  son  doyute  la  conquista  della  Lom- 
bardia ,  ed  il  riconoscimento  delle  annessioni  di  quasi  tutli  gli  altri  Stati 
italiani. 

Quanto  al  da  farsi  in  Torino,  la  cosa  fu  liscia.  I  diarii  ufficipsi  si  mp- 
strarono  attoniti,  confusi,  scontenti,  quasi  impauriti  del  viaggio  di  Gari- 
baldi, comedi  cosa  che  poteva  pericplare  il  bupn  accordo  con  altre  Pp- 
tenze.  Poi  il  Governo  spedi  circolari  contro  gli  arrolamenti  clandestini, 
stimolo  i  Prefetti  ed  i  Questori ,  fece  sequestrare  alcune  centinaia  di  lire 
ad  un  certo  Lemmi,  cassiere  del  Garibaldi,  ed  istituire  contro  lui  un  pro- 
cesso.  Tutto  questo  per  poter  dire,  a  chi  movesse  lagnanze:  Ma  vedetel 
siamo  innocenti !  E  tutta  cplpa  di  quellp  scapato !  Noi  abbiam  fatto,  ab- 
biara  detto,  abbiam  messo  in  moto  birri  e  Tribunali ;  che  potreste  volere 
di  piu?  Ma  i  Garibaldini  di  bassa  sfera  presero  la  cosa  sul  serio ,  leva- 
ronp  strida  ,  pubblicarono  protestazioni,  ed  a  Londra,  come  vedesi  nel 
Diritto  del  5  Aprile,  il  Saffi  scrisse  al  Times  ed  al  Daily  News,  comuni- 
cando  una  lettera  del  Lemmi,  che  denunziava  all'  indignazione  pubblica  la 
perquisizione  ed  il  sequestrodi  quei  p'ochi  quattrini ,  flagellando  la  po- 
litica  meschina  del  Gabinetto  di  Torino.  Ottenuto  1'  intento  di  comparire 
inrotta  colla  fazione  garibaldesca,  il  Governo  di  Torino  pose  fine  alia 
commedia ;  facendo  dichiarare  che  non  constava  che  cjuel  denarp  fos- 
se destinatp  alia  cassa  della  societa  unitaria  democratica,  per  tini  COQ- 
trarii  ai  diritti  dello  Statp;  e  fece  restituire  ogni  cosa.  Quindi  a  poco 
a  poco  i  diarii  ministeriali  si  rabbonironp  verso  il  Garibaldi,  ne  nar- 
rarono  distesamente  i  trionfi,  apprestandosi  i  padroni  a  coglierne  i  frut- 
ti.  Ma  che?  giunse  notizia  del  repentino  commiato  cbe  troncava,  licen- 
ziando  il  Garibaldi  al  ritorao  verso  la  Caprera ,  tutti  i  maneggi.  Ed  eo 


494  CRONACA 

co  da  capo  ricominciare,  poiehe  parea  mutato  il  ventp,  le  perquisizio- 
ni  ed  i  sequestri  d'armi ,  di  munizioni ,  di  divise  garibaldine  in  Mila- 
no,  in  Brescia,  ed  altrove.  L'altaiena  e  un  giuocp  che  servi  piu  volte 
a'  ladri,  ed  e  il  simbolo  della  condotta  politica  dei  ristauralori  d'  Italia, 
esemplata  da  quella  d'altri,  che  per  tal  modo  venne  a  capo  de'suoi  di- 
segni.  Ma  talvolia  accade  che  a  tal  giuoco  troppp  continuato  venga  il 
capogiro,  e  chi  si  divertiva  finisca  col  rompersi  il  collo. 

2.  Tra  le  scene  di  questo  dramma  va  mentovata  la  dimostrazione  fatta 
in  Genova,  alii  18  di  Aprile,  che  cosi  si  narro  dallo  Stendardo  Cattolico, 
n.'  91 :  «  leri  sera  dalle  10  alle  1 1  incirca  ehhe  luogo  ima  serenata  sotto 
le  finestre  del  Console  inglese,  in  omaggio  all'Inghilterra,  per  1'  accogli- 
mento  che  fece  al  generale  Garibaldi.  Una  folia  di  persone  circondava  la 
banda  che  suonava  gli  inni  God  save  the  Queen,  di  Garibaldi,  e  di  Mame- 
li,  Fratelli  d'  Italia.  Le  sinfonie  della  musica  si  alternavano  colle  solite 
grida  di  evviva  e  di  abbasso,  tra  le  quali  abhiamo  sentito  le  seguenti : 
Viva  la  repubblica  universale!  Viva  Mazzini!  Viva  Garibaldi  in  Campi- 
doglio !  Viva  il  Pppolo  inglese !  Viva  1'ltalia  pro'estante!  Abbasso  i  mode- 
rati !  Abbasso  gli  intriganti  di  Parigi !  ecc.  ecc.  » 

II  Corriere  Mercantile,  copiato  ^\\0pinione  n.°  122,  detto  che  la  folia 
era  di  qualche  migliaio,  e  che  il  Console  inglese  era  assente,  aggiunse: 
«  Le  grida,  come  suole  avvenire  in  similicircpstanze,  furono  moke  e  va- 
rie,  e  qualche  abbasso  era  frammisto  agli  evviva.  Gli  evviva  piu  ripetu- 
ti  furono  al  pppolo  inglese,  a  Giuseppe  Garibaldi,  a  Giuseppe  Mazzini,  a 
Stansfeld ;  gli  abbasso  «  agli  intrighi  di  Parigi  »  e  piu  rari  ai  moderati, 
alia  malva  d Italia  e  simili.  Non  manco  un  viva  &san  Giuseppe  Garibal- 
di, a  san  Giuseppe  Mazzini,  al  suffragio  uniyersale,  ed  un  abbasso  ai 
pigionanti,  ma  erano  voci  isolate  e  discordanti.  11  nucleo  fornito  di  so- 
nore  voci  e  di  pqlmoni  in  ottimo  stato  si  limitava  ai  primi  evviva.  Non 
Ti  furono  discorsi  propriamente  detti ;  ma  qualche  antifona  sul  genere  di 
queste  «  che  i  due  piu  grandi  uomini  del  niondo  si  erano  stretti  la  mano 
oltre  la  Manica,  e  che  quella  era  una  valuta  intesa,  una  cambiale  di  cui 
si  doveva  esigere  I'ammontare  »  non  ricprdiamo  la  valuta;  «che  1'Inghii- 
terra  accoglieva  generosamente  i  proscritti  ed  era  terra  di  liberta.  » 
aQuando  la  musica  della  guardia  nazionale  intuonava  1'inno  di  Garibal- 
di... gli  applausi  dellemigliaia  risuonavano  fragprosi  ed  unanimi;  quan- 
do  s'innalzavano  evviva  a  Mazzini,  Stansfeld  e  simili,  rispondevano  po- 
che  decine;  le  altre  p:rida  sgangherate  morivanp  solitarie  e  senza  eco.  Si 
ha  un  bel  confondere  in  un  solo  evviva  i  due  Giuseppe;  il  buon  senso  po- 
polare  distingue.  »  E  cosi  do\ea  dire  un  dlario  miuisteriale,  per  dar  di 
spalla  al  Garibaldi,  scnza  dare  una  ceffata  al  Governp  monarchico.  Del 
resto  I'intimita  del  Mazzini  e  del  Garibaldi,  e  la  loro  appartenenza  alia 
stessa  setta  era  appunto  il  giorno  innanzi  confessata  da  amendue,  ban- 
cheltando  insieme  a  Teddington,  coll'Herzen  e  coi  caporioni  della  dema- 
gogia  europea,  come  riferiremo  a  suo  luogo. 

II  simigliante  si  fece  a  Napoli  sotto  la  direzione  del  Ricciardi ;  ed  ivi 
la  dimostrazione,  veststa  dei  colori  locali,  simboleggiava  a  meravigliale 
condizioni  di  quella  citta,  dove,  tolta  la  moltitudine  che  e  quel  che  fa 
sempre,  per  un  seitario  devoto  al  Gpverno  di  Torino,  se  ne  trovano  dieci 
venduti  corpo  ed  anima  al  Garibaldi  ed  al  Mazzini. 

Ma  di  queste  scene  da  piazza  il  Moniteur  ufficiale  di  Parigi,  non  volendo 
avvilirsi  a  parlarne  di  propria  bocca,  e  pur  volendo  manifestare  il  suo  dis- 


CONTEMPORANEA  495 

gusto,  ricorse  allo  spediente,  usato  gia  piu  altre  volte,  di  farsi  scrivere 
una  corrispondenza  da  Firenze,  la  quale  pubblico  il  di  1.°  di  Maggio  nei 
termini  seguenti: 

«  I  meetings  organizzati  in  Italia,  per  ringraziare  gVInglesi  dell'  acco- 
glienza  fatta  a  Garibaldi,  sono  stati  accolti  dalla  grande  massa  della  po- 
polazione  con  una  indiiferenza  ostile.  II  buon  senso  del  pubblico  non  ha 
bisogno  di  un  grande  sforzo  per  comprendere,  che  quanto  succede  in  In- 
ghilterra  non  puo  gioyare  ne  all'Italia,  ne  al  suo  Governo,  dal  quale  non 
la  si  puo  separare.  Si  domanda  in  nome  di  qual  principio  gli  uomini  di 
Stato  inglesi  possano  spiegare  1'accoglienza  latta  ad  un  personaggio,  che 
pretende  porsi  al  di  sopra  del  suo  paese  e  del  suo  sovrano.  Sgraziata- 
mente,  in  effetto,  non  si  potrebbe  piu  farsi  illusione  su  Garibaldi,  dopo 
aver  letto  il  suo  discorso  a  Mazzini.  Tutti  coloro,  che  provavano  ancora 
un  qualche  interesse  pel  Generale,  temevanoquel  ravvicinamento  che  eb- 
be  luogo,  e  le  cui  conseguenze  devono  imporre  al  Governo  italiano  1'ob- 
bligo  di  raddoppiare  di  vigilanza.  »  E  da  credere  che  a  Torino  si  sia  ca- 
pita questa  paterna  ammonizione ;  e  di  fatto  YOpinione  se  ne  mostro  non 
poco  mortificata. 

3.  Ma  una  dimostrazione  d'altro  genere  avvenne  in  Torino  stesso,  verso 
la  quale  il  Governo  mostro  di  voler  essere  fermo.  II  Matteucci,  quando  fu 
Ministro  sopra  1'istruzione  pubblica,  avea  preparato  un  regolamento,  che 
modificava  la  forma  degli  esami  imiversitarii,  in  maniera  poco  accetta  agli 
studenti.  L'Amari,  a  lui  succeduto,  intimo  poc'anzi  1' effettuazione  di  tal 
regolamento,  da  applicarsi  quest'annp  stesso.  Gli  studenti,  che  non  erano 
a  cip  preparati,  messi  alle  strette,  chiesero  con  una  petizione  che.  almeno 
si  differisse  all'anno  venturo,  ed  una  loro  deputazione  si  presento  per  tal 
fine  all'  Amari,  che  1'  accolse  poco  cortesemente,  e  rifiuto  di  accettare  la 
petizione.  Cio  saputp,  gli  studenti  si  radunarono,  il  Sabato  23  Aprile,  nel 
Cortile  dell'  Universita ;  si  udirono  aringhe  infocate  contro  il  Ministro  ,  e 
si  proruppe  in  grida  di  abbasso  1  Accorse  la  guardia  nazionale  con  bupn 
numero  di  poliziotti.  Si  raddoppiarono  a  quella  vista  gli  urli  ed  i  fischi ; 
ed  i  tumultuanti,  entrati  nella  grande  aula,  manomiserp  ogni  cosa,  rom- 
pendo  banchi  e  sedie  e  facendo  a  pezzi  la  cattedra.  Poi ,  calmati  da  due 
Professori,  sciolsero  la  raunata,  e  se  ne  andarono.  Oh  se  di  queste  cose 
accadessero  alia  Sapienza  di  Roma !  Che  argomentazioni  non  vi  farebbe- 
ro  sopra  i  ristauratori  dell'ordine  morale! 

Pur  li  non  ebbe  termine  la  faccenda.  II  lunedi  seguente  quella  arden- 
te  gioventii  si  tornp  a  radunare;  ma  accetto  i  consigli  del  deputato  Bog- 
gio,  che  promise  di  fare  le  parti  loro  alle  Camere,  li  esortp  a  temperare 
le  loro  p'omande  ,  e  nominare  una  Commissione  a  trattare  il  negozio.  Al 
che  essi  aderirono.  II  mercoldi  appresso  27  Aprile,  gli  studenti  trovaro- 
no  aftisso  un  invito  del  Rettore,  che  li  esortava  a  rientrare  neWordine,  e 
loro  faceya  «  noto  che  1'autorita  superiore  e  risoluta  a  non  cep'ere  a  mani- 
festazioni  sconvenienti,  ed  ha  preso  tutte  le  provvisioni  per  impedirne  la 
rinnovazione;  nel  qual  caso  1'Universita  sarebbe  tosto  chiusa,  con  perdi- 
ta  dell'anno  scolastico.  »  Gli  studenti  ne  imbizzarrirono  vie  peggio.  Usci- 
rono  ordinati  in  battaglione,  andarono  a  far  plausi  alia  Guardia  nazionale 
ed  ai  Bersaglieri  che  erano  appostati  in  diversi  lupghi  per  accorrere  al- 
1'uopo;  quindi  tornarono  airilniyersita.  Trovata  chiusa  la  porta,  la  sfoft- 
darono,  e  si  raccolserp  nel  Cortile.  Giunta  la  Guardia  nazionale,  obbedi- 
rono  all'intimazione  di  uscire,  ma  s'  awiarono  per  fare  un  chanvan  al 


496  CRONACA 

ministro  Amari.  Allora  fu  messa  loro  dietrp  una  Compagnia  di  Bersaglie- 
ri,  con  molti  Gendarmi,  che,  premessp  il  triplice  suono  di  trornba,  li  cari- 
carono  al  passo  di  corsa.  Gli  studenti  si  sbaragliarono,  e  parecchi  furono 
arrestati. 

Crescevano  i  mali  umori.  II  Ministerp  fece  assicurare  gli  studenti  che 
i  non  colpeyoli  sarebbero  trattati  con  riguardo;  ma  non  basto.  L'Univer- 
sila  di  Payia,  senza  tumultiiare,  imitp  quella  di  Torino,  astenendosi  tutti 
gli  scolari  dall'andarea  scuola.  II  Ministero  emano  un  decreto  che  le 
chiudeva  ambedue,  permettendo,  a  chi  desse  guarentigia  di  se,  di  poter 
dare  gli  esami.  Si  venne  ad  inquisizione  sopra  i  fatti  accaduti ;  si  voile 
scoprire  che  i  piu  turbolenti  nel  tumulto  npn  erano  scolari,  ma  agitator! 
estranei ;  se  ne  tolse  cagione  di  prendere  misure  di  cpmponimento.  Molti 
degli  studenti  tirmarono  una  protestazione,  con  cui  si  disapprovavano  le 
cose  fatte  illegalmente,  ed  il  Governo  emano  altro  decreto,  con  cui  le  Uni- 
Yersita  furono  riaperte.  Ma  si  tenne  sodo  per  gli  esami.  Cost  ebbe  termi- 
ne  la  faccenda. 

4.  11  Ministro  Pisanelli  e  divorato  dallo  zelo  di  riformare  la  Chiesa 
e,  non  contento  di  promuoverne  1'  asspluto  spogliamento,  che  la  faccia 
libera  d'ogni  cura  di  cose  materiali,  si  sfiata  in  darle  lezipni  di  morale. 
Una  di  queste  e  contenuta  in  una  Circolare  sopra  le  funzioni  di  Chiesa 
nelle  ore  vespertine  e  notturne;  la  quale  stimiamo  inutile  di  riferire> 
come  quella  che  alle  prescrizioni  ecclesiastiche  aggiunge  solo  Tobbligp 
di  chiedere  la  facolta  de  Prefetti,  per  celebrare  tali  funzioni,  anche  coi 
voluti  riguardi.  L'Unitd  cattolica,  n.°  146,  recitando  questo  curioso  do- 
cumento  del  Ministro  Sagrestano,  cita  le  parole  a  lei  scritte  da  un  rag- 
guardevole  personaggio,  che  le  raccomanda  di  far  coraggip  al  Pisanelli, 
perche  non  si  lasci  dominare  dagli  scruppli,  che  aHrimenti  ne  potrebbe 
morir  pazzo.  Scrupoli  in  un  Pisanelli !  E  impossibile. 

5.  Ne  yuolsi  trasandare  un  altro  enorme  attentatp  di  questo  azzec- 
cagarbugli  Tanucciano,  a  cui  basto  Tanimo  di  spedire  una  Circolare, 
con  cui  o  lirnitare  p  togliere  affatto  il  valpre  delle  dispense  del  Sommo 
Pontefice  per  certi  casi  di  matrimonio ;  intorno  alia  quale  scrissero  ot- 
time  cose  YOsservatore  caltolico,  YArmonia,  Y  Unita  cattolica,  che  ne 
riferi  il  testo  nel  suo  num.  142;  e  piu  altri  di  quei  valorosi  giornali, 
con  cui  il  sentimento  religioso  del  vero  popolo  italiano  cerca  di  far  ar- 
gine  aH'empieta  settaria.  Per  ora  diremo  soltanto  che  il  Pisanelli,  dopo 
di  aver  popolato  I'ltalia  delle  cpsi  dette  case  di  tolleranza  ,  le  quali  por- 
tano  i  frutti  da  noi  accennati  piu  sopra  ,  siede  a  scranna  con  dignita  da 
Pulcinella,  e  prende  a  far  scuola  di  morale  alia  Chiesa  cattolica  ed  alia 
sanla  Sede,  biasimando  come  immorali ,  ed  annullando  per  Tavvenire  , 
ancorche  gia  concedute  dal  Vicario  di  Gesu  Cristp,  le  dispense  per  matri- 
monio in  certi  casi  d'affinita,  nei  quali  santa  Chiesa,  intallibile  in  mate- 
ria  di  costumi ,  uso  sempre  dei  ppteri  a  lei  conferiti  da  Dio  di  iegare  e 
sciogliere  ,  massime  trattandosi  di  rimuoyere  scandali  pubblici  prodotti 
da  colpe  e  da  traviamenti,  che  in  altra  guisa  non  avrebnero  riparo. 

6.  Ma  mplto  piu  mostruosa,  per  la  qualita  dei  motivi  e  per  la  natura 
dei  risultati  che  ne  verrebbero,  fu  la  proposta  di  legge  fatta  dal  genera- 
Je  Delia  Rovere,  ministro  della  Guerra,  nella  tornata  del  28  Aprile  alia 
Camera  dei  Deputati,  per  levare  affatto  a'chierici  il  privilegio  d'esen- 
2ione  dal  servizio  militare.  Egli  yorrebbe  lasciata  la  facolta  di  consacrar- 
si  al  santuario  a  quelli  soli  che  gia,  o  per  motivi  di  famiglia  o  per  indis- 


CONTEMPORANEA  497 

posizioni  corporali  sarebbero  a  rigore  di  legge  esenli  dal  prescritto  del- 
Je  leggi  sppra  la  leva  militare.  Ora  siccome  sono  scarsissime  le  esenzioni 
per  mptivi  di  famiglia,  resta  che  potrebbero  ayviarsi  al  sacerdozio  soli 
i  sprdi,  i  ciechi,  gli  storpii,  i  tisici,  i  gpbbi,  gli  asmatici,  e  gli  affetti  di 
tali  malattie  che  npn  lasciano  possibilita  di  appartenere  alia  milizia.  Noi 
siamo  ancora  pieni  di  speranza  che,  neppure  dal  Parlamento  di  Torino,  si 
pptra  approvare  tale  esorbitanza,  almeno  senza  moke  eccezioni.  Laonde 
ci  riserbiamo  a  parlarne  quando  sara  posto  a  disamina  tale  schema  di 
legge.  Ma  al  Delia  Rovere  restera  stampato  in  fronte  il  marchio  d'  igno- 
minia  per  averosatp  proporre  tal  cosa,  a  cui  niun  Governp,  per  quan- 
to  scellerato  e  settario,  avea  fin  qui  psato  metier  mano.  Di  che  scrisse 
egregiamente  e  con  eloquenza  mirabile  1'  Unita  cattolica  del  30  Aprile  e 
del  4  e  5  Maggip. 

7.  Maneandoci  per  questa  volta  lo  spazio,  dobbiarao  differire  al  ven- 
turo  quaderno  il  dare  un  sunto  delle  precipue  cose  trattate  nella  Camera 
dei  Deputati,  dove  in  particolare  furonp  degne  di  essere  poste  in  nota  le 
interpellanze  moss^e  dal  D'  Ondes  Reggip,  circa  gli  abusi  di  fprza  e  le  in- 
giustizie  commesse  in  Palermo,  per  rapire  alle  Benedettine  il  loro  con- 
yento;  e  quelle  mosse  da  Cesare  Cantu  sopra  1'applicazione  della  legge 
di  pubblica  beneficenza.  Una  sola  cosa  non  vogliamo  trasandare  questa 
yolta,  ed  e  un  cenno  di  quel  che  si  trattp  circa  il  Denaro  di  san  Pietro. 
Questa  maniera  eloquentissima  di  plebiscite  per  la  sovranita  temporale 
del  Papa  mette  gran  cruccio  in  cuore  a'suoi  nemici.  Gia  da  pezza  .diceasi 
che  il  Pisanelli  mulinava  una  legge  per  vietare  tal  colletta.  Per  lastricar- 
gli  la  yia ,  il  Brofferio,  nella  tornata  del  7  Maggio,  fece  una  sfuriata  da 
energumenp ;  e  recate  in  mezzo,  come  se  fpssfiro  yerita  gepmetriche  q 
principii  evidenti,  le  imposture  e  le  calunnie  inventate  dai  riyoluzionarii 
circa  1'  uso  del  Denaro  di  san  Pietro,  cioe  che  si  spende  in  prezzolare 
brij2;anti  ed  assassini,  chiese  che  con  legge  apposita  si  vietasse.  II  Pisa- 
nelli espose,  come  temeasi  che  tal  diyieto  offenderebbe  il  sentimento  reli- 
gioso,percio  altra yolta  tal  proposta  si  era  respinta;  che  era  quasi  impos- 
sibile  far  una  legge  efficace  a  tale  intentp,  perche  in  un  mo  do  o  nell'al- 
tro  si  potrebbe  eludere ;  ma  dichiaro  che  il  Ministero  era  disposto,  se  fos- 
se spstenuto  dalla  Camera,  ad  usare  provvedimenti  che  yalessero  ad  im- 
pedire  davyero  tal  colletta,  che  e  un  fatto  yeramente  rincrescevole  e  do- 
loroso.  (Atti  uff.  della  Camera,  n.Q  604.) 

Ma  il  Bellazzi  non  fu  contento  di  cio,  e  rincalzando  gli  argomenti  del 
Brofferio,  si  studio  di  superarlo  nell'empieta  del  discorso.  In  questo  mezzo 
altri  depose  una  proposta  formale  di  ordine  del  giorno,  onde  la  Camera 
invitasse  il  Governo  a  far  cessare  la  collelta  del  Denaro  di  san  Pietro. 
Tra  quei  che  firmarono  tal  proposta  v'  era  il  mercante  di  campagna  Sil- 
yestrelli,  ed  un  tal  Robecchi.  I  deputati  Macchi  e  Mellana,  quantun- 
que  democratici,  vi  si  opposero.  II  Peruzzi,  ministro  degli  affari  interni, 
prese  allora  a  parlare,  e  confessando  che  tal  colletta  era  un  fatto  molto 
increscevole,  confesso  1.°  Che  il  Governp  avea  cercato  in  tutti  i  modi  di 
impedirlo,  ma  che  non  avea  mezzi  legali  da  riuscire.  2.°  Che  dovunque, 
come  in  Toscana,  nella  precedence  legislazione  avea  potuto  trovare  un 
appicco,  se  n'  era  servito  per  punire  chi  raccoglieva  YObolo  di  san  Pietro; 
e  non  s*  accorse  delle  mostrupsita  che  in  un  regno  medesimo  si  abbiano 
leggi  per  una  provincia,  inefficaci  per  1'altra.  3.°  Che  si  era  sollecitata  in 
Serie  V,  vol.  X,  fasc.  340.  32  14  Maggio  1864. 


198  CRONACA 

tutti  i  modi  la  yigilanza  del  Prefetti  e  Magistral!,  affinche  impacciassero 
tale  dimostrazione.  4.°  Che  si  era  allestito  un  disegno  di  legge  sopra  la 
pubblica  sicurezza,  un  articolo  della  quale  avrebbe  dato  modo  di  colpire 
YObolo  di  san  Pietro.  5.°  Che  da  ultimo  era  sconveniente  quei  mettersi 
tanto  in  aftanno  per  questo,  atteso  che  da  piu  anui  vigoriva  1'  Obolo  di 
san  Pietro,  ne  la  rivoluzione  aveane  provato  impaccio,  ne  1' Italia  s'era 
percio  disfatta.  Queste  confession!  sono  preziose,  perche  dimostrano  che 
se  Y  Italia,  per  razzolare  i  voti  del  plebiscite  rivoluzionario,  ebbe  a  pro- 
Ibndere  i  milioni,  il  Governo  e  impotente  a  far  che  i  popoli  italiani,  col 
Yolpntario  tribute  di  denaro  e  doui  e  firme,  dichiarino  la  lorp  fedelta,  de- 
vozione  e  sudditanza  al  Santo  Padre,  che  per  gran  parte  di  essi  e  ancho 
Sovrano  temporale.  Di  che  siamo  gratissimi  al  Peruzzi.  Lapnde  finora 
niuna  legge,  ma  la  sola  prcpotenza  de'Ministri  puo  impedire  quel  tri- 
buto d'amore,  di  fedelta  e  di  venerazione  al  Santo  Padre.  (Atti  uffciali 
del  Parlamento  italiano  w.°  60S,  606.) 

8.  E  che  taii  siano  davvero  i  sentiment!  de' popoli  si  scorge  da  questo 
fatto.  In  Milano  una  pettegola,  di  quelle  che  son  zimbello  di  qnalche  set- 
tario,  fece  proporre  alle  donne  italiane  di  spogliarsi  dei  loro  ^ezzi  ed 
anelli,  per  fame  dono  al  Garibaldi,  che  se  ne  ^alesse  alia  redenzione  di 
Roma  e  Venezia.  I  dpni  furono  si  pochi,  che,  a  saputa  nostra,  non  osaro- 
no  davvero  i  giornali  del  partito  fame  gran  pompa  o  darne  il  noverp. 
Questo  mosse  1'  Unita  Caltolica  a  proporre  il  simigliante  alle  donne  cri- 
stiane  pel  Santo  Padre;  e  subito  gioielli,  monili,  auelli,  vezzi  e  brillanti 
preziosi  le  furono  inviati  in  grandissimo  numero,  e  furono  registrati  in 
quel  valoroso  giornale,  che  ne  annunzio  la  non  lontana  spedizione  a  Sua 
Santita.  Oh  se  gl'  Italiani  fossero  un  momento  sottratti  alia  maiio  di  ferro 
calcata  loro  sul  cpllo,  oh  qual  plebiscite  farebbero!  Ma  per  gli  arcani  di- 
segni  di  Dio  ora  e  da  sottostare  al  flagello,  e  sono  scatenate  al  mal  fare 
le  podesta  delle  tenebre.  Esse  perp  non  praevalebunt  tino  alia  consumma- 
zione  dei  loro  intent!  contro  la  Chiesa  ed  il  Papato ;  e  questo  basta. 

II. 

COSE  STRANIERE. 

ALLEMAGNA  E  DAMMARGA.  1. 1  Danes!  abbandonano  Fredericia,  che  viene  oc- 
cupata  da  truppe  austriache  —  2.  Onorific^nze  conferite  dall'  Imperatore 
d'Austria  al  Principe  Federico  Carlo  di  Prussia  ed  allp  Wrangel  —  3  Istru- 
zioui  date  ai  plenipotenziarii  austriaci  e  prussiani  circa  le  Conferenze  di 
Londra  —  4.  Istruz'on!  date  dalla  Dieta  al  suo  rappresentante  De  Beust  — 

0.  Scopo  della  spedizione  dell'  annata  navale  austriaca  nel  mare  setten- 
trionale;  articolo  della  Gazzetta  di  Vienna  —  6.  Accettazione  dell'armi- 
stizio,,  e  sospensione  del  blocco. 

1.  Appena  pccupati  i  laceri  avanzi  delle  fortificazioni,  ond'era  costitui- 
to  il  campp  trincerato,  che  prese  nome  dal  villaggio  di  Duppel,  gli  Au- 
stro-prussiani  tentarono  di  penetrare  nell'isola  d'Alsen  ;  ma  trovarono  di- 
strutti  i  ponti,  pei  quali  i  Danesi  vi  si  erano  ritirati,  e  dall'opposta  spon- 
da  apprestate  batterie  per  contrastare  il  passo.  Messo  pertanto  da  parte 
il  disegno  di  calare  nell'isola,  spedirono  subito  le  artiglierie  d'  assedio  e 
buon  nerbo  di  truppe  a  rinforzare  gli  Austriaci,  appostati  presso  la  impor- 


CONTEMPORANEA  499 

tantissima  piazza  di  Fredericia,  che  era  11  baluardo  principale  della  Da- 
nimarca  nel  Jutland.  La  lezione  ricevula  a  Duppel  torno  salulare  al  Go- 
verno  di  Copenhagen,  dove  si  capi  che  sarebbe  un  esporre  1'  esercito  a 
nuovo  macello  ed  a  nuova  disfatta,  ostinandosi  nella  resistenza  a  Frede- 
ricia. Percio  per  ordine  del  Ministro  della  Guerra  il  grosso  del  presidio 
danese  si  era  gia  ritirato  nell'isola  di  Fionia,  quando  la  sera  del  28  Apri- 
le  1'avanguardia  degli  alleati  attacco  e  respinse  entro  il  giro  della  fortez- 
za  le  vedette  danesi.  II  comandante  di  questi,  generate  Nielsen,  avendo 
a  sua  disposizione  soli  cannoni  di  ferraccio,  ad  anima  liscia,  che  gitlava- 
no  tutto  al  piu  a  700  od  800  metri,  coi  quali  avrebbe  dovulo  lottarecon- 
tro  i  cannoni  prussiani  della  portata  di  3,000  metri,  vide  inutile  il  pro- 
lunga  re  la  difesa.  Che  gli  assalitori  avrebbero  potnto,  a  man  salva,  distrug- 
gere  i  ripari,  ed  uccidere  con  le  carabine  rigatefinl'ultimo  dei  difensori, 
prima  che  questi  si  polessero  valere  dei  loro  fucili  d'antico  modello,  o 
trarre  con  qualche  effetlo  i  loro  cannoni.  Percio  la  nolle  stessa  il  Nielsen, 
avvedutpsi  che  il  nemico  si  disponeya  alfassallo  per  la  domane,  fece  im- 
barcareil  meglio  delle  muuizioni  edi  cannoni  di  qualche  valore,  inchiodo 
i  rimanenli,  che  furono  circa  197,  distrusse  gran  parte  di  quel  che  non 
potea  portar  via  di  polvere  e  proietli,  inibarco  la  sua  gente,  e  passo  an- 
ch'egli  nell'  isola  di  Fionia. 

Alii  29  due  brigate  austriache,  comandate  dai  generali  Thomas  e 
Nostiz,  presero  possesso  dell'abbandonata  forlezza,  nella  quale  fecero  poi 
loro  ingresso  alii  30  il  Principe  reale  di  Prussia  Federico  Carlo  ed  il  ma- 
resciallo  Wrangel.  Potendosi  temere  un  ritorno  offensive  de'Danesi,  gli 
alleati  non  indugiarono  punlo  a  metlere  in  istalo  di  difesa  i  bastioni  di 
Fredericia,  alii  a  soslenere  un  poderosissimo  assedio,  quando  fossero  ar- 
mati  di  cannoni  a  lungo  liro,  e  munili  di  numeroso  presidio;  lanlo  piu 
che  il  possesso  di  quella  piazza  e  come  una  guarentigia  di  sicuro  dominio 
nello  Schleswig.  Oltre  di  che  era  duopo  metlersi  in  concio  di  reprimere 
colla  forza  ogni  resistenza  degli  abilanti  del  Jutland,  dai  quali  si  volea 
trarre  compenso  pei  danni  recali  al  commercio  tedesco  dai  blocco  posto 
dai  Danesi  ai  porli  della  Confederazione  nel  Ballico  e  nel  mare  del  Nord. 
Difatto  i  vincitori  imposero  alloStalo  del  Jutland  una  laglia  di  guerra  di 
circa  1,800,000  franchi,  da  pagarsi  in  lermine  di  48  ore;  ed  avendo  mol- 
ti  ricusalo  di  pagarela  loro  quota,  s'impiegarono  conlro  loroi  mezzi  con- 
sueti  ad  adoperarsi  da  belligeranti. 

2.  La  caduta  di  Fredericia,  che  da  tutti  riputavasi  dover  essere  molto 
piu  difficile  che  quella  dei  ridotli  di  Duppel,  puo  dirsi  aver  poslo  lermine 
alia  guerra  tra  gli  eserciti  di  terra,  per  lasciar  luogo  a  quella  di  mare,  in 
cui  le  forze  sarebbero  assai  piu  equilibrate  da  ambe  le  parti.  A  dimostra- 
re  1'alta  soddisfazione  provata  per  1'ottenuta  vittoria,  TImperatore  d' Au- 
stria, appena  avuta  notizia  della  presa  di  Duppel,  nomino  Commendalore 
dell'Ordine  mililare  di  Maria  Teresa  il  maresciallo  Wrangel,  e  cavaliere 
dello  stesso  Ordine  il  Principe  reale  Federico  Carlo;  di  che  spedi  loro 
cortesissimi  aulografi  sollo  il  19  Aprile.  Inollre,  alii  24,  fu  pubblicalo 
nella  Gazzetta  di  Vienna  un  decrelo  imperiale,  in  cui  il  maresciallo  Wran- 
gel era  nominate  proprietario  del  2.°  Reggimento  di  Corazzieri,  che  quin- 
c'  innaazi  ne  portera  il  nome;  ed  il  Principe  Federico  Carlo  era  simil- 
mente  nominato  proprielario  del  7.°  Reggiraento  di  Ussari,  onde  perpe- 
tuare  la  raemoria  della  fratellanza  d'  armi  tra  i  due  esercili,  novamenle 
suggellata  in  questa  guerra. 


CRONACA 

3.  Sebbene  le  Conferenze  di  Londra  si  fossero  alia  perfine  accettate  si 
dai  belligeranti  e  si  dagli   altri  Govern!  che  avean  firmato  i  trattati  di 
Londra  del  1852,  senza  che  fosse  determinata  la  base  delle  negoziazioni ; 
tuttavia  e  certo  che  Lord  Clarendon ,  andando  a  Parigi  a  conferire  con 
Napoleone  III,  avea  per  incarico  di  stabilire  un  accordo  tra  le  due  Po- 
tenze  occidental!,  all'  intento  di  dare  alle  Conferenze  di  Londra  un  indi- 
rizzp,  capace  di  condurre  a  qualche  risultato  pratico.  La  Francia  tindal  16 
Aprile  avea  commesso  al  La  Tour  d'Auvergrie ,  che  nella  prima  seduta 
delle  Conferenze  dovesse  proporre  un  armistizio.  Or  pretendesi  che  in 
Parigi  si  togliesse  1'  irapegno ,  ad  istanza  del  Clarendon ,  d'  imporlq  con 
la  forza  dell'armi  a  quella  delle  parti  che  yi  si  rifiutasse.  Di  che,  dice  il 
Memorial  diplomatique  del  24  Aprile,  pag.  261,  essendosi  avuto  sentore 
aBerlinp,  si  sollecito  1'assalto  di  Duppel,  si  spinse  subito  1'esercito  a 
Fredericia ,  e  si  fece  tardare  la  partenza  del  De  Beust ,  affine  che  le  Con- 
ferenze nonraettessero  impaccio  a  quelle  imprese,  il  cui  risultato,  se- 
epndo  i  principii  del  diritto  nuovo,  che  guarda  come  diritti  ifatti  com- 
pw^',dovea  assicurare  T  intento  della  Prussia.  Tuttavolta  le  istruzioni 
date  ai  Plenipqtenziarii  d'Austria  e  Prussia  non  rivelano ,  se  sono  pre- 
cisamente  le  riferite  dal  raentovato  periodico,  alcun  disegno  di  smembra- 
re  la  Danimarca,  od  alterare  1'ordine  della  successione,  o  di  tenere  co- 
me roba  di  conquista  i  Ducati.  Imperoche,  secpndo  queste  istruzioni,  si 
dovrebbe  rivendicare  nelle  Conferenze:  1.°  L'  integrita  della  mqnarchia 
danese  ;  2.°  L'autonomia  politica  ed  araministrativa  dei  Ducati;  3.°  II 
mantenimento  della  loro  unione  serolare  e  del  nexus  socialis\  4.°  La 
trasformazione  della  piazza  di  Rendsbourg  in  fortezza  federale  germani- 
ca,  come  guarentigia  deirautonomia  e  della  indivisibilita  dei  Ducati. 

4.  Egualmente  discrete,  contro  ogni  espettazione,  furono  le  istruzio- 
ni date  dalla  Dieta  di  Francfort  al  suo  rappresentante  plenipotenziario 
sig.  De  Beust,  le  quali,  come  riferisce  il  Debats  del  27  Aprile,  furono 
comprese  nei  punti  seguenti :  1.  Mettere  in  opera  tutti  i  mezzi  per  assicu- 
rare  il  ricqnoscimento  dei  diritti  della  Confederazione  germamca,  come 
pure  quelli  dei  Ducati  dell'Holstein,  del  Lauenburgo  e  dello  Schleswig, 
e  far  loro  ottenere  particolarmente  la  maggiqre  indipendenza  possibile. 
2.  Evitare  ,  per  quanto  e  faltibile,  ogni  dissidenza  con  i  rappresentanti 
deirAustria  e  della  Prussia  alia  Coaferenza,  e  concertarsi  con  essi  su  tut- 
te  le  quistioni  important!  che  saranno  discusse,  avendo  i  due  rappresen- 
tanti delle  grandi  Pptenze  germaniche  ricevuto  dal  canto  loro  istruzioni 
di  seguire  la  medesima  linea  di  condotta. 

La  Baviera  ,  sempre  tenace  del  suo  proposito  di  surrogare  nei  Ducati 
rAugustembourg  a  CristianoIX,  per  istaccarli  al  tutto  dalla  Danimarca , 
avea  propostp  alia  Dieta  che,  aH'ultimo  inciso  del  prinio  punto  di  tali  istru- 
zioni, si  sostituissero  le  seguenti  parole:  «  Sforzarsi  di  far  riconoscere  i 
diritti  del  principe  d'Augustembourg  come  Duca  dello  Schleswig-Holstein, 
ed  in  conseguenza  la  separazione  compiuta  dei  Ducati  della  Danimarca. » 
La  Dieta,  respingendo  tal  proposta,  fece  una  concessione  che  poco  era 
da  sperare  pel  suo  precedente  contegno ,  e  che  certo  non  seconda  punto 
i  disegni  della  demagogia  alemanna  e  del  Nationalverein ,  che  ne  rice- 
•vette  un  colpo  decisivp.  Ma  si  vede  che  cio  provenne  da  proposito  di 
rannodare  e  stringere  intima  unione  con  le  due  grandi  Potenze  germa- 
niche ,  contro  le  quali  fin  qui  le  minori  aveaao  impegnato  una  lotta 
inutile  e  dannosa. 


CONTEMFORANEA  501 

5.  II  blocco  posto  dalla  Danimarca  ai  porti  alemanni  del  Baltico  e  del 
mare  del  Nord,  benche  non  fosse  effettivo  per  tutti,  non  bastando  a 
tanto  la  marina  militare  danese,  era  tuttavia  funestissimo  al  commercio 
della  Confederazione;  perche  le  navi  mercantili  non  poteano  tidarsi  di  en- 
trare  in  viaggio  ,  potendo  ad  ogni  momento  essere  sopraggiunte  e  pre- 
date da  qualche  nave  nemica  da  guerra.  Di  cbe  erano  piii  che  800  i  legni, 
gia  carichi  di  merci,  ed  in  certo  modo  sequestrati  nei  porti,  con  danno 
gravissimo  degli  arraatori  che  non  poteano  trasportarle  e  consegnarle  a 
chi  le  avea  cpnmiesse.  La  marina  prussiana  era  troppo  scarsa,  ne  potea 
senza  temerita  accingersi  ad  affrontare  la  danese.  L' Austria  pertanto 
spedi  dall'Adriatico  una  forte  squadra,  composta  d'un  vascello  di  linea, 
di  una  fregata  corazzata  ,  e  di  piu  altre  fregate  e  cannoniere  a  vappre , 
che  dovessero  in  prima  liberare  le  foci  del  Weser  e  dell'  Elba.  Di  cio  si 
commosse  subito  1'Inghilterra,  che  mando  alle  Dune  la  sua  squadra  della 
Manica,  per  vigilare  1'austriaca.  Nella  camera  dei  Comuni  si  chiese  a 
grande  istanza  che  1'armata  inglese  passasse  nel  Baltico,  per  difendere 
all'uopo  la  Danimarca.  Ma  Lord  Grey  rispose,  che  non  avendo  V  Austria 
manifestato  finora  veruna  intenzione  di  far  entrare  la  sua  squadra  in  quel 
mare,  era  inutile  ed  inopportuna  quella  dimostrazione  ostile;  tanto  piu 
che  dalle  Dune  si  potrebbe  in  ppche  ore  condursi  in  qualunque  parte  ri- 
chiedesse  il  bisogno;  e  ricuso  di  dire  quali  istruzioni  avesse  percio  date 
aH'Ammiraglio.  Ma  il  Moniteur  parigino  fu  men  riservato,  e  spaccio  che 
FAustria  avesse  tolto  I' impegno  di  non  andare  al  di  la  dal  mare  del  Nord; 
di  che  la  Gazzetta  di  Vienna  del  3  gli  raddirizzo  le  parole  in  bocca,  di- 
cendo  che  1' Austria  avea  soltanto  dichiarato,  che  non  voleva  pel  momento 
stendere  la  sua  azione  marittima  nel  Baltico,  e  che  poteva,  attese  le  pra- 
tiche  diplomatiche  correnti,  contentarsi  del  primo  successo  ottenuto, 
d'aver  cioe  liberato  le  imhoccature  dell' Elba  e  del  Weser.  Aggiunse 
ppi  che  le  grandi  Potenze  alemanne  posero,  come  condizione  d'armisti- 
zio,  che  si  dovesse  levare  il  blocco  nell'  uno  e  nell'altro  mare,  in  cam- 
bio  di  che  esse  rinunzierebbero  ad  allargare  1'occupazione  del  Jutland; 
e  che  in  caso  di  armistizio ,  si  potrebbe  forse  venire  a  componimento  in 
questa  forma,  che  uscendo  gli  alleati  dal  Jutland,  la  Danimarca  abban- 
donasse  loro  1'  isola  d'Alsen  e  restituisse  tutte  le  navi  catturate. 

6.  E  da  dire  che  queste  proposte  delle  Potenze  germaniche  non  si  di- 
lungassero  daU'equita;  poiche,  come  annunzio  Lord  Russell  alia  Camera 
dei  Comuni  nella  tornata  del  9  :  La  conferenza,  la  quale  dovea  tornare  a 
riunirsi  il  giovedi  12  Maggio,  avea  accettato  la  sospensione  delle  ostilita 
per  un  mese,  a  cominciare  appunto  dal  giorno  12,  sulla  base  fa]\'uti 
possidetis.  Ciasctma  delle  Potenze  belligeranti  conservera  la  sua  posizio- 
ne  per  terra  e  per  mare;  il  blocco,  per  questo  tempo,  sara  sospeso. 

Lord  Grey  annunzio  pure  in  tal  giorno,  essersi  appiccata  battaglia  tra 
alcune  navi  austriache  e  danesi ,  ed  a  queste  essere  rimasta  la  vittoria, 
perche  una  fregata  austriaca  prese  fuoco,  ed  un'  altra  con  alcune  canno- 
niere dovette  ritirarsi  ad  Helgoland.  Tuttavia  altre  notizie  recarono  che, 
sebbene  due  fregate  austriache  patissero  perdite  e  danni  rilevanti,  anche 
le  danesi  furono  si  malconcie,  che  si  allontanarono  dal  mare  del  Nord. 
II  che  non  va  troppo  d'accordo  con  la  vittoria  annunziata  da  Lord  Grey, 
e  salutata  con  plausi  dal  Parlamento  britannico. 


1)02  CHONACA 


INGHILTERRA  1.  Imputazioni  criminal!,  pubblicate  in  Francia,  contro  Lord 
Stausfeld  membro  del  Ministero  britannico  —  2.  Discussione  nelle  Came- 
re  inglesi,  circa  la  complicita  di  Lord  Stansfeld  nelle  congiure  del  Mazzi- 
ni  conlro  Napoleone  111;  voto  della  Camera  dei  Comuni  —  3.  Ringagliar- 
disce  1'opposi  ione  contro  il  Ministero;  dimissione  di  Lord  Stansfeld  — 
4.  Viaggio  del  Garibaldi  a  Malta  ed  in  Inghilterra;  ovazioni  ivi  ricevute- 
da'Governanti  e  dal  popolo;  banchetto  col  Mazzini,  elettere  ai  cnporioni 
della  demagogia  eurppea  —  5.  Motivi  deU'afYrettata  sua  partenza;  dicbia- 
razioni  fatte  dai  Ministri  alle  Camere ;  tnmulti  di  plebe  —  6.  Conferenze 
diplomatiche  circa  la  quistione  danogermanica. 

1.  Nell'atto  d'accusa,  scritto  dal  Procuratore  generate  sig.  Cordpen,  e 
letto  il  23  Febbraro  alia  Corte  d'Assise  di  Parigi,  contro  i  sicarii  Gre- 
co, Trabucco,  Imperatori  e  Scaglioni,  congiuratisi  col  Mazzini  per  1'uc- 
cisione  di  Napoleone  III,  fu  allegatp  come  prova  di  fatto,  cbe  ne'pann* 
del  Greco  eransi  troyati  piu  biglietti  autografi  del  Mazzini,  e  tra  questi 
uno  che  conteneva  Tindirizzo,  sotto  il  qualealni,  die  da  Lugano  andava 
a  Londra,  si  doveano  spedire  da'compiicile  lettere,  per  averne  infprma- 
zioni,  denaro,  e  il  resto  -•.  II  Fisco  imperiale  francese  non  si  perito  di 
bandire  chi  abitaya  nel  luogo  designate,  e  qual  fosse  il  personaggio  de- 
signato  da  quell' indirizzo  che  diceva  M.r  Flower,  Thurloe  square,  55, 
Brompton,  London.  «  Ho  dovuto  cercare,  disse  il  Cordoen,  nell'Almanac- 
co  del  Commercio  di  Londra,  nel  Post  office  Dictionary,  qual  poteva  esse- 
re  la  persona,  che  si  metteva  cosi  in  corrispondenza  col  Greco.  Alia  pag- 
670  ho  trovato  la  risposta,  e  non  senza  rammarico  vi  ho  riconosc'iito  il 
nome  d'un  membro  del  Parlamento  d' Inghilterra,  che  gia,  nel  1857,  era 
stato  dal  Mazzini  costituito  cassiere  nella  congiura  del  Tibaldi,  diretta 
contro  la  vita  dell'Irnperatore  2  ».  E  qui  allege  due  lettere  del  Mazzinir 
nella  prima  delle  quali  al  Massareati  scrivea:  «  se  avete  bisogno  di  de- 
naro, andate  dall'^mico  della  fabbrica  di  birra ;  YC  ne  dara ;  gliene  man- 
do  1'ordine  »  ;  e  nella  seconda  al  Campanella,  diceva:  «  1'affare  di  Pari- 
gi e  divenuto  piu  che  mai  desiderato  ed  urgente.  Chiedete  denaro  a  Ja- 
mes, che  io  avverto  ed  a  cui  ne  mando  ». 

Questo  amico  della  fabbrica  di  birra,  questo  James,  questo  cassiere  a 
cui  il  Mazzini  mandava  suoi  ordini,  perche  somministrasse  denaro  a' si- 
carii da  lui  spediti  per  trucidare  Napoleone  111 ,  era  appunto  Giacomo 
Stansfeld,  uno  dei  Lords  dell' Ammiragliato  e  membro  percio  del  Gabi- 
nelto  di  Londra,  e  per  giunta  deputato  alia  Camera  dei  Comuni  pel  luo- 
go di  Halifax.  Vedremo  qui  appresso  in  qual  forma  costui,  e  la  signora 
Carolina  sua  degnissima  consorte,  servissero  di  raezzani  in  questi  ma- 
neggi  di  setta,  benche  non  risulti  chiaro  ch'egli  ne  conoscesse  lo  scopo 
reciso. 

2.  Lettosi  in  Inghilterra  il  rendiconto  delle  sedute  della  Corte  d'Assi- 
se tesle  mentovato ,  il  deputato  Cox  il  29  di  Febbraio  si  levo  ed  in  cospet- 
lo  della  Camera  dei  Comuni  chiese  al  sig.  Stansfeld  :  se  fosse  pervenuta 
a  sua  nptizia  1'imputazipne  mossa  contro  lui  dal  Procuratore  imperiale 
di  Francia.  Lo  Stansteld  rispose  con  boria  e  con  disdegno ,  respingenda 
alteramente  quell' accusa,  ma  senza  scendere  a'particolari,  mostrandosi 

\  Debats  26  Febbraio.  —  2  Ivi  28  Febbraio. 


CONTEMPORANEA  303 

nidignato  che  sopra  di  lui  si  potessero  gettare  si  obbrobriosi  sospetti ;  e 
dicendo  di  non  poter  comprendere  come  mai  si  fosse  osalo  di  rappresen- 
tare  uu  Ministro  della  Corona  qual  complice  di  attentati,  che,  se  fossero 
veri,  dovrebbero  eccilare  1'esecrazione  del  mondo  intiero.Mancq  male,  se 
si  fosse  fermato  li !  Ma,  lasciandosi  vincere  al  dispetto,  e,  quasi  per  get- 
tare  un  guanto  di  sfida  ai  Magistral  Frances!  non  meno  che  agli  inglesi 
onesti  ed  abborrenti  dalle  uequizie  del  regicida,  istigatore  e  maestro  del- 
1'Orsini,  del  Tibaldi  e  d' Agesilao  Milano,  lo  Stanst'eld-  prese  a  fare  1'a- 
pologia  del  Mazzini:  «  Se  v'ha  qualche  cosa  che  possa  acquetarmi  I'ani- 
*no  cpmmosso  per  I'indegnita  di  ial  sospetto,  ella  e  certo  questa,  del  por- 
germisi  occasione  di  rendere  qui  testimonianza  in  favore  d'  un  uomo  che 
Jo  conosco  da  18  anni.  Non  v'ebbe  mai  veruno  che  piu  di  lui  fosse  cru- 
delruente  e  vigliaccamente  caluimiato.  Parlo  per  mia  conoscenza  perso- 
nale.  Dico  che  Mazzini,  il  cui  nome  fu  intruso  in  cotesto  attentato,  e,  ne 
sono  convinto,  assolutamente  incapace  di  avervi  preso  parte.  » 

Questo  era  troppo,  e  mollissimi  ne  furono  stomacati.  II  sig.  Hennessy 
con  gran  calore  dimostro,  che  ben  dovea  lo  Stansfeld  giustificare  se  me- 
desimo,  ma  non  potea  far  le  difese  del  Mazzini  al  cospetto  della  Camera, 
appuntp  di  questi  giorni,  quando  il  Mazzini  stesso,  scrwendo  al  Times y 
avea  dichiarato  d'aver  avuto  corrispondenze  col  Greco,  patriota  entusia- 
sta ,  e  provato  giuridicamente  colpevole  di  atlentato  regicidio  ;  e  ribadl 
che  in  reaka  presso  lo  Stansfeld  avean  trovato  ricapito  le  letlere  di  tal 
corrisppndenza,  e  si  era  consegnalo  il  denaro  a'masnadieri.  Lo  Stansfeld 
nego  di  saperne  punto  nulla  ,  e  neanche  voile  dire,  se  il  Flower  fosse 
Mazzini.  E  la  cosa  per  quel  giorno  non  ebbe  altro  seguitp. 

Ma  la  burbanza  dello  Stansfeld  fu  guardata  come  una  ingiuria  alia  Ca- 
mera, ed  il  suo  disdegnoso  rifiuto  di  spiegarsi  piu  chiaro,  e  di  rispondere 
categpricamente,  accrebbe  i  sospetti.  Alii  16  Marzo  fu  pertanto  riaccesa 
la  quistipne  sopra  cio  nella  Camera  dei  Comuni ,  \Tolendosi  da  alcuni  sa- 
pere  se  il  Governo  francese  ne  avesse  fatto  argomento  di  richiami  uffi- 
ciali ;  al  che  fu  risposto  che  no  :  ed  il  sig.  Hennessy,  lodato  il  Governo 
perche  avesse  dichiarate  indegne  di  essere  ufficialmente  accolte  cotali  ac- 
cuse, ne  colse  il  destrp  di  leggere  varii  tratti  d'  un' opera  del  Mazzini,  in 
cui  si  bandisce  la  teorica  del  pugnale.  Questo  mosse  asdegno  alcuni  schi- 
filtpsi,  perche,  dicean  essi,  cio  era  un  accusare  un  assente.  Ma  il  Disrae- 
li ribadi  il  biasimo  che  meritava  lo  Stansfeld,  per  aver  fatto  1'apologia  del 
Mazzini  nella  Camera,  ed  essersi  confessato  suo  intimoamico.Nello  stesso 
giorno  il  Times  dimostro  Tinsufficienza  delle  risposte  date,  la  sconvenien- 
za  che  un  Ministro  della  Corona  bazzicasse  con  gente  come  un  Mazzini 
€d  un  Greco,  e  cosi  pericolasse  il  buono  accordo  con  la  Francia.  II  Maz- 
zini, punto  da  gratitudine  pel  suo  amico  e  benefattore,  scrisse  alii  16  al 
Times  una  lettera  ,  ehe  puo  vedersi  anche  nel  Debats  del  18,  per  ringra- 
ziare  lo  Stansfeld  della  generosa  difesa  che  della  sua  persona  avea  fatto 
nel  Parlamento;  ed  al  tempo  stesso  dichiaro  esser  vero  che  quel  Signo- 
re,  con  piu  altri  amici  inglesi,  s'incaricavano  di  ricevere  e  spedire  sotto 
il  prpprio  nome  le  sue  lettere,  persottrarle  alia  vigilanza  della  Polizia  del 
Continente;  ma  nego  il  fatto  del  denaro. 

Cosi  volendo  rimeritare  lo  Stansfeld  pe'suoi  servigi,  il  Mazzini  guasto 
ogni  cosa,  rendenp!o  testimonianza  che  quegli  era  mezzano  almen  per  le 
lettere.  II  Saffi  poi,  degno  collega  del  Mazzini,  con  sua  lettera  del  17  al- 


504  CRONACA 

lo  stesso  Times,  fece  sapere  che  lo  Stansfeld  era  merabrp  d'  una  Societa 
d'  inglesi,  amici  d'  Italia,  e  diede  a  capire,  come  viene  riferito  nel  De'bats 
del  20  Marzo  ,  che  qtiel  gentleman  avea  generosamente  cooperato  anche 
col  denaro;  ma  che  da  cio  non  poteasi  trarre  argomento  ad  accuse  cri- 
minal!. Parve  allora  che  si  dovesse  venire  ad  una  formale  disamina  del 
fatto,  e  il  signor  Stracey,  nella  tornata  del  18,  ne  fece  regolare  proposta 
alia  Camera  dei  Comum,  e  svolse  ampiamente  i  motivi,  pel  quali  giudi- 
cava  al  tutto  insufficient!  le  spiegaxioni  date  dallo  Stansfeld ,  e  necessa- 
rio  chiarire  quell'  imbroglio.  Lo  Stansfeld  tprno  a  ripetere,  quelle  essere 
imputazioni  odiose;  negp  ogni  sua  complicita  anche  indiretta  per  1'atten- 
tato  del  Tibaldi;  confesso  aver  ricevuto  lettere  pel  Mazzini,  ma  senza  a- 
yerne  mai  saputa  la  contenenza ;  e  negp  piu  che  mai  d'aver  dato  denaro 
al  Greco  o  ad  altri  qualsiasi  pei  fatti  di  che  trattavasi.  Questa  risposta 
ad  alcuni  piacque,  ai  piu  parve  assai  debole.  Lord  Palmerston  cerco  di 
syiare  la  quistione,  con  un  grand'elogio  del  suo  collega,  e  col  far  pompa 
di  alterezza  in  respingere  il  dubhio  ,  che  il  Governo  inglese  volesse  te- 
nere  in  qualche  cpnto  le  affermazioni  dei  Procurators  imperiale  di  Fran- 
cia.  Ma  il  Disraeli,  mostrandosi  attonito  di  tal  artidzio,  insistette  e  disse 
quanto  gli  paresse  indecoroso  tal  contegno  :  «  In  verita  e  da  deplprare 
che  un  primo  Ministro  manchi  cosi  ai  piu  sacri  doveri  della  civilta.  II 
nobile  Lord.pretende  che  il  signor  Stansfeld  nega  i  fatti,  che  questi  ha  te- 
ste  confessati,  ed  i  Spttosegretarii  di  Stato  si  sbrigano,  con  affettazione 

di  disdegno,  di  gravi  imputazioni  pur  ora  confessate La  Camera, 

se  le  sta  a  cuore  1'onor  suo ,  non  ha  che  da  fare  una  cpsa :  approvare  la 
proposta  del  signor  Stracey  ».  E  la  proposta  era  ragionevole,  avendo 
Lord  Lennox  dimostrato  che  lo  Stansfeld  gia  era  stato  involto,  come  com- 
plice, anche  nel  processo  dell'  Orsini.  Ne  valeya  a  scusarlo  la  dichiara- 
zione  del  deputato  Taylor,  d' essere  anch'  egli  intimo  amico  del  Mazzi- 
ni, e  d'avergli  percio  renduti  gli  stessi  servigi ,  onde  ora  si  biasimava  il 
deputato  d'  Halifax.  D'  Israeli  incalzava  I'argomento,  col  rilevare  1'enpr- 
mezza  del  farsi  intermedio  di  comunicazione  «  tra  Mazzini  e  gli  assassini 
d'  Europa,  tra  Mazzini  e  gli  uomini  che  puntano  il  pugnale  sul  petto  dei 
nostri  alleati  ». 

Non  e  bisogno  di  grande  perspicacia  per  intendere,  che  tutto  questo  ze- 
lo  non  era  ispirato  da  pura  delicatezza  di  coscienza  e  di  onore,  ma  piut- 
tostp  dal  disegno  di  combattere,  in  si  propizia  opportunita ,  il  presente 
Gabinetto,  ed  affievolirlo  e  fors' anche  costringerlo  a  ritirarsi.  Si  parlo 
ancora  bupna  pezza  proecontro,  finche  un  partigiano  del  Ministero, 
mettendo  in  chiaro  che  questa  era  quistione  anzi  giuridica  che  politica, 
trasse  parecchi  al  suo  avviso,  che  si  respingesse  la  proposta  dello  Stracey. 
Lo  Stansfeld  colse  il  momento  in  cui  non  yedea  piu  tanti  segni  di  disfa- 
vore,  e,  per  far  mostra  di  schiettezza,  confesso  che  in  verita  il  Mazzini, 
sotto  nome  di  Fiore  (  che  in  inglese  dicesi  Flower]  avea  ricevute  piu  let- 
tere, ma  che  a  lui  non  constava  se  ne  avesse  ricevuto  sotto  nome  di  Flo- 
wer. Finalmente  si  venne  ai  voti,  e  la  proposta  dello  Stracey  fu  respinta 
da  171,  contro  161,  cioe  da  soli  10  suffragi  di  pluralita.  Meschina  vitto- 
ria  in  caso  si  grave  ! 

3.  Di  fatto  le  domane  Lord  Elcho  torno  alia  carica,  e  domando  se  fosse 
vero  che  lo  Stansfeld  avesse  offerta  la  sua  dimissione,  e  perche  non  si 
fosse  accettata.  Lord  Palmerston  rispose  al  primo  quesito,  che  si;  ed  al 


CONTEMPORANEA  505 

secondo ,  che  egli  stesso  avea  pregato  il  suo  Collega  a  desistere  da  tal 
dpmanda  e  che  si  rendeva  egli  malleyadore  del  ritiutp  di  aderiryi.  Cpsi 
si  riaccese  piu  anJente  che  prima  la  discussione,  e  le  infamie  ed  i  misfat- 
ti  del  Mazzini  ,-le  sue  sanguinose  congiure  ed  i  suoi  maneggi  da  sicariq 
furono  posti  in  viva  luce  dal  deputato  Haliburton,  che  si  valse  percio  di 
dichiarazipni  fatte  da  Lord  Russell,  e  drlla  voce  pubblica  onde  il  Mazzi- 
ni in  Inghilterra  era  appellate  «  padre  degli  assassini  »  ;  facepdo  poi  ri- 
cadere  tutta  sullo  Stansfeld,  e  sul  Palmerston  suo  patrono,  Y  ignominia 
del  mantenersi  per  18  anni  intimo  amico  di  cotali  persone.  Altn  si  piac- 
<jue  di  insistere  sopra  la  «  miserabile  pluralita  di  10  voti  »  ottenuta  il  di 
innanzi,  e  che,  appunto  per  la  sua  meschinita  «  tornava  a  vera  condan- 
na  dello  Stansfeld  ».  La  seduta  tin)  con  queste  parole  del  sig.  Fergusspn: 
«  Risulta  da  quantp  fu  detto  sin  qui,  che  1'onorevole  signor  Stausfeld 
pose  la  sua  casa  a  disposizione  di  Mazzini,  e  gli  avea  permesso  di  farvi 
indirizzare  la- sua  corrispondenza  sotto  falsi  nomi.  Se  Tonorevole  gentle- 
man giudica  couvenevole  d'  aver  intime  relazioni  cpU'uomo  che  scrisse 
la  teorica  del  pugnale,  tal  sia  di  lui.  Ma  quandp  egli  e  accusato  d'essere 
mezzano  tra  gli  autori  egli  esecutori  della  teorica  del  puguale,  la  Came- 
ra non  puo,  senza  uno  scontento  che  s'ayvicina  al  faslidio,  vederlo  sede- 
re  accantp  al  primo  Ministro  ».  La  Camera  fu  quindi  prorogate  tin  dopo 
le  feste  di  Pasqua. 

Gli  oppositori  non  yoleano  lasciarsi  sfuggire  questa  congiuntura,  e  per- 
cio si  disppneano  a  rinnpvare  piu  forti  gli  assalti  alMinisiero ;  anzi  per- 
sino  alcuni  dei  partigiani  di  questo  mostraronsi  irritati,  perche  lo  Stans- 
feld ,  col  rispondere  malamente  e  col  non  ritirarsi  dalla  sua  carica,  aves- 
se  dato  agli  avversarii  si  buon  giuocp  in  niano.  In  questo  mezzo  ecco 
giungere  a  Londra  il  testo  delTatto  di  accusa,  compilato  dal  Procuratore 
imperiale  di  Parigi ,  e  la  sentenza  pubblicata  contro  il  contumace  Mazzi- 
ni, da  noi  accennata  a  pag.  380.  In  quello  la  complicita  dello  Stausfeld 
era  piu  che  mai  messa  in  luce,  e  si  citavano  i  documenti,  e  la  data  delle 
lettere ,  e  le  parole  con  cui  anche  la  signora  Carolina  sua  consorte  avea 
scritto  al  Mazzini,  che  James  avea  ricevuto  il  denaro  speditogli,  ed 
ayrebbe  eseguito  le  istruzioni  ricevute.  Una  buona  meta  della  requisito- 
ria  fiscule  yersava  sopra  la  complicita  dello  Siansfeld  col  Mazzini.  Siava 
per  riaprirsi  la  Camera,  che  erasi  prorpgata  per  le  solennita  pasquali,  e 
senza  dubbio  sarebbesi  dagli  oppositori  ripigliata  la  discussione  su  que- 
sto punto,  ed  il  Miriistero  sentivasi  vacillante.  Lo  Stansfeld  fu  dunque 
immolato  alia  necessita  del  suo  partito;  e  nella. prima  tornata  del  6  Aprile 
dichiaro  aver  deposto  la  carica  che  tenevaaU'Ammiragliato,  appunto  per 
le  irnputazioni  dategli  dal  Magistralo  francese;  le  quali  per  aliro  egli 
respingeva  come  insussistenti  e  calunniose.  II  Palmerston  si  dichiaro 
rammaricato  della  perdita  di  si  degno  collega,  ne  ril'ece  il.panegirico,  e 
conchiuse  protestandosi ,  che  egli  credeva  non  esservi  alcuno  che  piu 
dello  Stansfeld  comprendesse,  quauto  fosse  preziosa  la  vita  dell'impe- 
ratore  Napoleone  111  «  amico  eol  alleato  fedele  dell'  Inghilterra  »  ;  onde  a 
tutti  era  manifesto  «  che  la  sicurezza  personate  dell'Imperatore  e  la 
prosperita  della  sua  dinastia,  non  solameute  hanno  un  valore  sommo  pel 
popolo  leale  da  lui  governato ,  ma  sono  altresi  essenziali  pel  bene  gene- 
rale  dell'Europa. » 

Intorno  al  valore  di  queste  dichiarazioni  del  Palmerston ,  ci  sembra 
che,  a  farsene  giusto  concetto,  sia  utile  recare  qui  un  tratto  dicerta  cor- 


50(»  CRONACA 

rispondcnza  parigina ,  stampata  nello  stesso  Morning  Post ',  e  che  ne? 
modo  seguente  discorre  dello  Stansfeld  e  del  Mazzini  \  protelti  carissi- 
mamente  dal  Palmerston: 

«  Per  quanto  riguarda  1'  indignazione  del  signer  Stansfeld,  per  la  sua 
supposta  implicazione  negli  affari  di  Mazzini ,  quel  signore  dovrebbe  sa- 
pere  o  dovrebbe  almeno  sospettare ,  che  la  Polizia  francese  e  in  possesso 
delle  sue  precise  relazioni  con  Mazzini,  in  una  estensione  tale,  che  scnza 
dnbbio  farebbe  stupire  I'onorevole  rnembro  stesso.  Mazzini  ha  ordito  piu 
di  una  coogiura  contrp  la  vita  dell'  Imperatore  ,  e  piu  di  cento  congiure 
contro  la  vita  di  migliaia  delle  sue  vittime  italiane ;  ne  ci  vuole  di  piii  die 
il  senso  commie  per  comprendere  ,  che  i  suoi  passi  in  Londra  siano  spia- 
ti  da  agenti  francesi.  E  certo  che  si  conosce  chi  visita  Mazzini;  e,  da 
quanto  sento ,  devo  congetturare  che  nel  suo  stesso  eircolo  ci  sia  unGiu- 
da.  E  facile  a  supporre  come  la  societa  che  circonda  tali  uomini ,  quale 
e  Mazzini ,  contenga  nel  suo  seno  gente  disposta  a  insudiciarsi  con  al- 
tre  azioni,  oltre  a  queile  che  sono  lo  scopo  espresso  dei  lorp  convegni.  » 

Cosi  lo  Stansfeld  cadde  vittima  dei  d'segni  degli  oppositori  contro  il 
Ministero,  a'  quali  tornava  a  conto  di  rnostrare  abborrimento  pei  cospira- 
tori  contro  la  vita  di  Napoleone  III;  ebbe  tuttavia  motivo  da  consolarse- 
ne,  si  per  le  calde  difese  che  di  lui  tolsero  il  Palmerston,  ii  Gladstone, 
il  Layard  e  quasi  tutti  i  suoi  colleghi  di  carica;  e  si  per  gl'indirizzi  onde 
la  setta  mazziniana  il  voile  onorato,  vantandolo  come  uno  dei  piu  bene- 
meriti  amici  d' Italia.  Del  resto  si  sa  che  alia  prima  occasione  propizia 
egli  potra  tornare  al  Ministero,  come  se  nulla  fosse  stato;  poiche,  se  il 
Procuratore  imperiale  di  Francia  1'accuso,  la  Camera  deiComuni  inglese, 
col  voto  del  18  Marzo,  il  prosciolse.  E  se  1'alterigia  britannica  fece  il  sa- 
crilizio  di  levarlo  d' ufticio,  per  mostra  di  rispetto  al  caro  suo  alieato  di 
Parigi  che,  dopo  quella  sentenza  della  Camera  dei  Comuni ,  ribadiva  le 
accuse  nella  sentenza  del  30  Marzo  contro  il  Mazzini;  essa  se  ne  ripaga 

§pi  largamente  con  le  ovazioni  inaudite  ed  incredibili,  per  le  quali  puo 
irsi  aver  fatto  1'  apoteosi  del  Garibaldi ,  intimo  amico  e  braccio  destro 
del  Mazzini  e  del  Palmerston ,  e  strumento  della  politica  inglese  contra 
la  Francia. 

4.  Accennammo,  a  pag.  HGj'improvvisa  parlenza  del  Garibaldi  dalla 
Caprera,  la  mattina  del  *21  Marzo,  sopra  il  piroscatb  Valletta,  della  Com- 
pagnia  inglese  orientate  e  peninsolare,  senza  cheallora  si  sapt-sse  dove 
egli  si  fosse  indirizzato.  La  mattina  del  23  giunse  a  Malta,  quando  era 
ancor  buio,  e,  chetarnente  sceso  a  terra,  si  ritiro  nell'  imperial  hotel,  do- 
ve si  teune,  a  dir  cosi,  nascosto  lino  al  mezzodi  del  giorno  seguenie,  q?  an- 
do  giunse  il  Ripon  da  Alessandria  ;  sul  quale  sail  tosto  il  Garibaldi  coi 
suoi  compagni,  salpando  poi  verso  le  6  pomeridiane  verso  Gibilterra.  LTn 
certo  numero  di  uificiali  inglesi  e  di  rivoluzionarii  italiani,  che  banno 
stanza  in  Malta,  si  credettero  in  dovere  di  visitarlo  e  d'offerirgli  un  in- 
dirizzo,  le  cui  190  tirme  fanno  molto  onore  a  quell'  isola,  mostranclo  cbc 
quasi  tutli  i  sottoscritti  sono  stranieri,  e  solo  qualche  pettegola  e  pochis- 
simi  Maltesi  si  avvilirono  col  fare  omaggio  al  venturiere  mazziniatio. 

Difatto  il  Portafoglio  Maltese  narra  come  si  temesse  di  disordini  con- 
tro il  Garibaldi,  se  mai  egli  avesse  osato  mostrarsi  per  la  citta;  onde  fu 
consigliato  a  non  uscir  di  casa;  e  molto  stento  a  trovare  una  carrozza  da 
Bolo  per  condursi  al  porto,  ed  i  circa  40  settarii  che  ve  Taccompagnaro- 


p 
<l 


CONTEMPORANEA  S07 

ao,  furono  salutati  al  ritorno  dalle  tischiate  del  popolo,  die  avea  prepara- 
to  simile  e  piu  sonora  festa  all'eroe  medesimo,  se  la  repentiua  sua  par- 
tenza,  anticipala  di  tre  ore,  non  1'avesse  impedita.  Usci  poi  per  le  stam- 

e  una  solenne  protestazione  contro  1'  indirizzo  die  una  femmina,  moglie 

el  Direttore  dei  Socii  Filodrammatici,  avea  psato  presentare  al  Garibal- 
di come  espressione  dei  sentiment!  dei  Maltesi;  che  per  contro  lo  prpcla- 
marono  «  abusivo,  falso  e  scandaloso,  perche  e  opposto  ai  sentimenti  del 
popolo  maltese,  il  quale  non  professa  che  antipatia  ed  avversione  al  ca- 
iunniatore  e  diffamatore  del  Papato  »:  tactp  piu  che  «  le  poche  firme  con- 
tenute  in  quell'  indirizzo,  razzolate  da  varie  persone  di  diverse  nazioni, 
non  possono  mai  rappresentare  il  sentimento  nazionale  di  un  popolo  che 
^  strettamente  cattolico.  » 

Mentre  il  Ripon  correva  alia  volta  di  Southampton,  il  .  municipio  di 
questa  citta  deliberava  sopra  gli  onori  che  doveansi  fare  al  Garibaldi;  e 
gli  furono  decretate  poco  men  che  regali  accoglienze.  Difatto  dal  mo- 
mento  in  che  egli  ebbe  toccato  il  lido  della  Gran  Brettagna,  fino  al  gior- 
ep  della  sua  dipartita  pel  ritorno  alia  Caprera,  puo  dirsi  che  fu  oppresso 
•di  tali  onorificenze,  quali  appena  si  polrebbero  sperare,  per  parte  di  quel 
popolo,  da  qualsiasi  piu  grande  e  potente  Sovrano.  I  giprnali  d'lnghil- 
terra,  Francia  ed  Italia  son  pieni  delle  descrizioni  particolareggiate  di 
questo  trionfo,  con  che  la  demagogia  europea  voile  onorato  un  suo  cam- 
pione,  icui  precipui  titoli  di  merito  sonp  I'odio  infernale  ch'egh  professa 
contro  il  Papato  ed  il  cattolicismo,  e  la  implacabile  sua  inimicizia  contro 
IVapoleone  III.  Giunto  alii  3  d'Aprile  a  Southampton,  trqvo  che  v'era  una 
gara  infinita  tra  il  Capo  del  Municipio,  e  mplti  della  piu  eletta  aristocra- 
zia  per  aver  1'onore  di  albergarlo.  Accetto  il  palazzo  del  Municipio,  e  vi 
fu  coiidottp  in  vettura  a  quattro  cavalli,  essendo  le  vie  ornate  di  bandie- 
re  e  parati,  cospersa  di  fiori,  in  mezzo  a  folia  sterminata  che  si  sgolava 
in  acclamazioni  frenetiche.  Fatta  quivi  breve  dimora,  ando  all'  Isola  di 
Wight,  d'  onde  pochi  giorni  appresso  passo  a  Londra,  sempre  in  mezzo 
a  dimostrazioni  di  fanatica  ammirazione  d'ogni  ordine  di  cittadini.  Tut- 
tavia  il  sig.  Riccardo  Mayne,  Capo  della  Polizia,  scrisse  al  Comitato,  che 
•allestiva  le  feste  del  ricevimento  in  Londra,  essere  «  sommamente  ini- 
pprtante,  che  non  si  usiuoin  tali  occasioni  bandiere  o  cartelli  con  allusio- 
ui  a  quistioni  politiche  o  religiose.  lo  saro  pronto  a  fornire  1'  aiuto  della 
Polizia  per  mantenere  il  buon  ordine  nelle  strade,  secondo  che  possa  es- 
sere necessario;  e  suppongo  che  non  vi  sara  occasione  di  alcuna  resi- 
stenza,  o  manifestazione  di  sentimenti  ostili  in  nessuna  quistione.  »  Cosi 
alii  7  di  Aprile.  Imperocche  si  temea  forte  che  gl'  Irlandesi,  che  sono  a 
inolte  decine  di  migliaia  in  Londra,  volessero  a  modo  loro  fesleggiare 
\\eroe.  Ma  quelli  si  contennero  saviamenle,  e  per  oltre  a  22  giorni  it  Ga- 
ribaldi venne  affogato  negli  onori,  di  che  gli  furono  prodighi  oltre  misura 
aion  meno  i  Governanti  che  il  popolo  inglese. 

Difatto  il  suo  arrivo  e  la  sua  partenza  fu  salutata  da  salve  di  artiglie- 
i*ia;  parecchie  delle  piu  cospicue  famiglie  deiraristocrazia  britannica 
furono  ad  incontrarlo,  sul  proprio  yakt,  per  piii  miglia  in  mare,  facendo- 
gli  scoria  d'onore  fino  al  porto  ;  le  altere  ladies  si  arrampicavano  su 
pei  tamburi  delle  ruote  del  piroscafo,  per  poterlo  meglio  contemplare, 
<ed  aveano  indossato  la  casacca  rossa  favorita  del  venturiere  ;  le  schifil- 
lose  misses  gli  gettavano  fiori  e  si  reputavano  beate  di  toccarne  le  vesti, 


SOS  CRONACA 

di  ottenerne  un  sorriso,  di  baciare  le  mani  dell'  eroe.  Le  piu  illustri  citta 
d'Inghilterra  e  Scozia  mandaronp  indirizzi  e  depulazioni  ad  invitarlo, 
che  volesse  onorarle  d'una  sua  visita,  ed  a  piu  che  45  1'eroe  diede  pro- 
messa .die  si.  Le  corporazioni  de'mercanti,  e  piu  ancora  quelle  degli 
operai  il  trattarono  come  se  fosse  loro  soyrano,  ed  il  Potesta  di  Southam- 
pton lo  saluto  Re  senza  corona.  I  membri  piu  illustri  dell'alta  aristocra- 
zia  furono  solleciti  di  presentarsi  a  lui,  e  fargli  ossequip,  e  contender- 
si  fra  loro  il  vanto  di  albergarlo,  ed  imbandirgli  banchetti.  Fu  veduto  se- 
dere  a  mensa  in  casa  del  Duca  di  Sutherland,  suo  ospite  privilegiato, 
con  Lord  Palmerston,  col  Duca  d' Argyll,  segretario  del  sigillo  privato, 
col  Conte  Granville,  presidente  del  Consiglio  dei  Minislri,  col  Conte  di 
Shaftesbury,  col  Conte  Clarendon,  con  Lord  Gladstone,  e  le  degne  con- 
sprtr  di  codesti  personaggi ;  anzi  con  lo  stesso  Lord  Derby,  uno  dei  pre- 
cipui  capi  del  partito  dell'  opposizione  conservatrice.  La  citta  di  Londra, 
con  pompa  magnifica,  gli  conferi  diploma  e  privilegi  di  suo  cittadino. 
Ando  alia  Camera  dei  Lords,  e  fu  fattp  sedere  in  un  seggiolone  presso  al 
trono,  dove  furono  a  complimentarlo  i  nobili  Pari  dell'impero  hritanni- 
cp;  ed  il  simigliante  si  fece  nella  Camera  dei  Comuni.  Quando  yolle  as- 
sistere  a  spettacoli  teatrali,  la  folia  degli  accorsi  era  tale  da  renderne 
impossibile  I'aditp  allo  stesso  Garibaldi,  e  bisogno  a  forza  di  pugni  aprir- 
gli  il  passo  fra  gli  stivati  suoi  ammiratpri.  Furono  a  visitarlo  oltre  il  Pal- 
merston, primo  Ministro  della  regina  Vittoria,  Lord  Russell,  capo  o'el  Fo- 
reign-Office, Lord  Gladstone,  Caucelliere  dello  Scacchiere,  e  tutti  gli  al- 
tri  Ministri  dei  Regni  Uniti.  Che  piu?  Lo  stesso  principe  ereditario  della 
Corona,  il  Principe  di  Galles,  ando  spontaneamente  a  rendergli  yisita,  e 
dargli  forti  strette  di  manp,  intratteuendosi  con  lui  piu  di  un'ora.  Quan- 
do voile  visitare  gli  opiticii  e  gli  arsenali  dello  Stato,  rAmmiragliato  po- 
se a  sua  disposizione  una  nave  da  guerra. 

II  concmistatore  della  Sicilia  e  di  Nappli,  come  1'appellayano  a  bocca 
piena  nei  loro  Speaks  le  deputazioni  dei  Municipii  e  degli  operai,  non 
potea,  salvo  che  per  miracolo  di  moltiplicazione  della  sua  persona,  ba- 
stare  agli  inviti  che  ricevea  d'  ogni  parte.  Ando  al  palazzo  di  cristallo, 
e  vi  fece  un'aringa  tutta  di  elogi  del  popolo  inglese,  che  ne  lagrimo  di 
tenerezza ,  e  diede  in  urli  tali  di  plauso ,  che  quel  vasto  editicio  ne  fu 
scosso.  In  piu  altre  congiunture,  dovendo  pur  dire  qualche  cosa,  il  Ga- 
ribaldi non  trovo  miglior  complimento  da  fare,  se  non  questo:  che,  senon 
era  di  Lord  Palmerston,  il  regno  delle  Due  Sicilie  sarebbe  ancora  sotto 
il  dominio  dei  Borboni,  e  che  se  non  era  degli  aiuti  dell' Arnmiraglio 
Mundy,  mai  esso  non  avrebbe  potuto  passare  lo  stretto ,  e  scendere  a 
.Reggio  di  Calabria.  Fu  notatp  pero  che,  quantunque  fosse  generoso  nei 
brindisi  per  tutti  i  personaggi  piu  benemeriti  della  rivoluzione  europea, 
pure  non  pronunzip  mai  il  uome  di  Vittorio  Emmanuele,  e  neanche  quello 
della  regina  Vittoria.  Siccome  pero  i  banchetti,  le  procession!,  i  teatri, 
i  meetings  doveano  alia  perfine  aver  termine,  i  suoi  devoti ,  il  Duca  di 
Sutherland,  Lord  Elbury,  Lord  Shaftesbury  e  piu  altri,  si  proposero  di 
aprire  una  sottoscrizipne  volontaria  per  fprmare  un  capitaleda  regalargli; 
e  1'unp  propose  che  si  comperasse  per  lui  tutta  la  Caprera,  Taltro  voile 
che  gli  si  facesse  dono  d'  una  nave  armata  di  cinquanta  cannoni ;  qucsti 
insisteva  per  una  rendita  annua  di  100,000  franchi,  quegli  hi  voleva  se- 
questrare  dolcemente  in  Inghilterra,  col  farlo  padrone  di  case  e  terrc 
nell'  isola. 


CONTEMPORANEA  509 

Tutta  questa  frenesia  aristocratica  pel  yenturiere  ciarlatanescamente 
involto  nel  teatrale  suo  vestiario,  messo  gia  tanto  in  ridicolo  dal  Cialdini, 
sarebbe  inesplicabile,  se  non  si  amraettesse  che  si  voile  cosi  impedire 
che  il  fantoccio  cadesse  in  mano  della  demagogia  plebea,  la  quale  avrebbe 
potato  abusarne  con  molestia  e  pericolo  di  chi  ora  la  fa  da  padrone.  Non 
e  improbabile  pero  che  la  setta  masspnica  volesse  con  cio  promovere  qual- 
che  suo  disegno ;  ed  e  pur  verosimile  che  s'  intendesse  ad  un  tempo  di 
fare  un  ripicco  alia  Francia,  per  le  accuse  scagliate  all'lnghilterra  nei 
processi  di  attentato  di  regicidio,  e  di  far  vedere  all'Allemagna  la  potenza 
di  cui  potrehbe  yalersi  la  Gran  Brettagna,  scatenando  la  democrazia. 
Checche  sia  di  cio,  il  Garibaldi,  benche  inebbriato  dal  fumq  arisiocrati- 
co,  non  dimentico  gli  amici  antichi  e  cpnsorli  di  cqspirazioni  e  di  rivol- 
ture.  11  Mazzini  ed  il  Garibaldi  si  visitarono ,  s'  intrattennero  a  lungo 
colloquio,  si  strinsero  di  cuore  la  mano,  mostrandosi  cor  unum  et  anima 
una.  La  Domenica  17  di  Aprile,  come  narro  il  Daily  News  del  20,  e  fu 
piu  ampiamente'pubblicato  da  altri  giornali,  il  Garibaldi  ando  ad  asciol- 
vere  in  casa  del  signer  Alessandro  Herzen,  fuoruscitq  russo.  A  fianco  di 
Garibaldi  sedeva  Mazzini.  Sulla  fine  del  pasto  levossi  Mazzini  e  pronun- 
zio  il  seguente  brindisi  al  Generate:  «  II  mio  brindisi  cqmprendera  tutto 
cio  che  abbiamo  di  piu  caro,  e  tutte  le  cose  per  cui  abbiamo  combattuto 
e  lottato.  Bevo  alia  liberta  dei  popoli,  all'associazione  dei  popoli,  all'uomo 
che  e  1'  incarnazione  vivente  di  queste  grandi  idee:  Giuseppe  Garibaldi! 
A  quella  povera,  santa,  eroica  Polonia,  i  cui  figli  combatterpno,  e  sono 
morti  in  silenzio,per  la  liberta,  da  un  anno  in  qua.  A  quella  giovane  Rus- 
sia, le  cui  aspirazioni  sono  patria  e  liberta  ;  a  quella  nuova  Russia,  che 
fra  breve  tendera  una  mano  di  sorella  alia  Polonia,  riconoscera  la  sua 
indipendenza  e  la  sua  eguaglianza,  e  cancellera  la  memoria  della  Russia 
dello  Czar ;  a  que'  Russi  i  quali ,  cspitanati  dal  nostro  amico  Herzen, 
hanno  maggiormente  lavorato  e  contribuito  alia  creazione  di  questa  nuova 
Russia.  A  questa  religione  del  dovere,  che  ci  dara  la  forza  di  sacrificarci 
fino  alia  morte  per  I'effettuazione  delle  nostre  idee.  » 

Ed  ecco  come  rispose  Garibaldi :  «  Faro  una  dichiarazione  che  avrei 
dovuto  fare  da  lungo  tempo.  Vi  ha  tra  noi  qui  un  uomo  che  rese  i  piu 
grandi  servigi  alia  nostra  patria,  alia  causa  della  liberta.  Giovane,  e  non 
avendo  altre  aspirazioni  che  per  il  bene,  ip  cercava  un  uomo  capace  di 
farmi  da  guida  e  da  consigliere  alia  mia  gipventu.  Troyai  quest'  uomo: 
solo  egli  vegliava  allora  che  tulto  dormiva  intprno  a  lui:  sold  egli  ali- 
mentaya  il  fuoco  sacro.  Egli  rimase  sempre  mip  amico;  sempre.arden- 
tepatriola,  sempre  devoto  alia  causa  della  liberta.  Quest' uomo  e  Giusep- 
pe Mazzini.  Al  mio  amico,  al  mip  maestro !...»  (Applausi.) 

Ma  le  parole  volano,  gli  scritti  restano;  e  Garibaldi  fu  fatto  scrivere. 
Indirizzo  lettere  spiranti  la  piu  pretta  democrazia  repubblicana  a  Louis 
Blanc  ed  a  Ledru-Rollin ,  dopp  averli  cortesemente  visitati ;  scrisse  al 
Guerrazzi  che  dicesse  parole  di  conforto  e  di  speranza  a'suoi  partigiani; 
scrisse  agli  altri  suoi  fratelli  d'  Italia  che  era  da  riprpmettersi  gran  cose 
dall' Inghilterra,  e,  partendo,  lascip  un  indirizzo  ai  giornalisti,  ed  un  al- 
tro  al  popolo  inglese,  che  leggonsi  nel  Memorial  diplomatique  del  1.* 
Maggio  pag.  279,  con  lodi  pompose  della  Gran  Brettagna,  a  cui  immagine 
e  somiglianza  si  vuol  far  1' Italia:  ma  percio  e  d'uopo  «  rompere  il  giogo 
di  due  Potenze  nemiche,  che  opprimono  T  Italia » e  redimere  Roma  e 
Yenezia.  Le  Potenze  nemiche  sono  la  Francia  napoleonica  ed  il  Papato. 


510  CRONACA 

Quanto  all'Austria  non  era  bisogno  di  parlarne.  Si  sa  quali  sono  gli  amo- 
ri  de'  seltarii  per  lei. 

5.  Questi  tripnti  aristocratici  e  queste  agitazioni  demagogiche  ebbero 
troncatp  repentinamente  il  corso,  appunto  allora  che  I' eroe  disponeasi  di 
cominciare  1'altuazione  del  disegni  di  coloro  che  lo  mandarono  in  In- 
ghilterra,  eda  visitare  percio  le  piu  pppolose  citta,  e  stringere  la  mano  ai 
centomila  pperai  di  Birmingham,  di  Manchester  e  di  Glascow;  dove 
speravano  i  demagoghi  italiani  d'  insaccare  piii  centinaia  di  migliaia  da 
spendere,  pel  programma  raesso  a  lui  in  bocca  nell'  indirizzo  al  popolo 
inglese :  «  L' Italia  non  ha  che  un  sol  desiderio  :  infrangere  il  giogo  di 
due  Potenze  nemiche,  che  1'opprimono.  lo  lo  dico  al  cospetto  del  mon- 
do:  essa  non  avra  riposp  prima  del  compimento  di  questo  desiderio,  il 
quale  e  per  essa  una  quistione  di  vita  o  di  morte...  Non  posso  pero  spe- 
rare,  lo  dico  con  dolore,  che  1' Italia  cpmpia  i  suoi  destini  senza  passare 
ancora  una  yolta  per  mezzo  alia  terribile  proya  della  guerra.  »  La  guer- 
ra contro  chi?  Certo  contro  chi  occupa  Venezia  e  fors'a'nche  contro  chi 
Tieta  il  possesso  di  Roma. 

Ora  la  guerra  e  sommamente  antipatica  aH'Inghilterra,  che  in  mezzo 
al  fumo  del  cannone  non  puo  veder  chiari  i  suoi  conti,  e  spacciare  le 
sue  merci.  II  disegno  di  raettere  sossopra  1'Europa  per  compiere  r Italia, 
massime  con  pericplo  d'un  urto  contro  Napoleone  III,  non  potea  tornar 
caro  agli  uomini  di  Stato  inglesi,  che  certo  ne  aveano  avuta  notizia. 
Pertanto,  logorato  gia  il  balocco  che  essi  aveano  trappolato  alia  dema- 
gogia  e  sequestrato  in  una  nube  d'incenso,  viderp  giunto  il  momento  di 
rimandarlo  alia  Caprera.  Difatto,  appunto  un  giprno  dopo  tomato  da 
Parigi  Lord  Clarendon,  eccp  annunziato  sui  giornali  che  le  continue  emo- 
zioni  pericolavano  la  preziosa  salute  del  gran  patriota  italiano,  e  che 
percio  gli  era  d'uopo  smettere  il  pensiero  del  yiaggio  a  traverso  1'In- 
ghilterra,  e  tornarsene  piu  che  di  fretta  alia  romita  sua  stanza.  Garibaldi 
giurava  di  star  ottimamente,  ma  il  Duca  di  Sutherland  gli  ripeteva  con 
tuono  d'angoscia :  voi  state  male,  bisogna  andarvene. 

Qui  s'accese  una  curiosa  disputa,  fra  gli  adoratori  di  due  giorni  in- 
nanzi  che  volcano  sbarazzarsi  dell'  idolp,  e  1'  idolp  che  voleva  resiare,  ed 
i  suoi  Bramani  che  lo  volcano  portare  in  processione.  Ad  un  medico  in- 
glese, che  lo  diceva  sano,  vegeto,  rigoglioso,  si  contrapppse  altro  me- 
dico piu  rinpmato,  il  Fergusson,  che  Ip  sentenziava  in  pericolo.  11  dott. 
Basile,  medico  ordinario  dell'idolo,  giurava  che  queste  eran  favole;  e 
Tospite  facea  stampare  che  tutti  i  devoti  dell' idolo  trepidavano  di  ye- 
derlo  struggersi  in  quelle  fatiche,  con  pericolo  che  si  riaprisse  la  ferita, 
d'Aspromonte.  Felice  epigramma!  Finalmente  fu  d'uopo  al  Garibaldi 
cedere,  ed  annunziare  la  sua  prossima  dipartita,  la  quale,  acciocche  fos- 
se pronta  e  sicura,  fu  disposto  che  avverrebbe  in  compagnia  del  Duca  e 
della  Duchessa  di  Sutherland,  sul  proprio  loro  yakt. 

Nella  tornata  del  21  Aprile  si  fecero  intomo  a  cio  interpellanze  al  Can- 
celliere  dello  Schacchiere,  nella  Camera  dei  Comuni,  chiedendo  se  fosse 
Yerp  che  il  Governo  di  S.  M.  si  era  interppsto  per  indurre  Garibaldi  a 
partire.  Lord  Gladstone  rispose,  che  a  richiesta  del  Sutherland  avea  vi- 
sitato  Garibaldi,  avea  avute  dal  Fergusson  esatte  notizie  della  sua  sa- 
lute, si  era  persuaso  che  soffrirebbe  dal  continuare  quel  viaggio;  tanto 
piu  che  o  visiterebbe  tutte  le  citta  che  1'  aveano  invitato,  e  s'  uccidereb- 
be  a  quello  strapazzo ,  o  ne  preferirebbe  alcune,  e  otfenderebbe  le  altre ; 


CONTEMPORANEA  511 

che  percio  avea  capacitate  il  Generate,  che  11  raeglio  da  fare  era  di  andar- 
sene.  Aggiunse  che  1'Imperatore  de'  Francesi  non  era  entrato  per  nulla 
nella  presa  risoluzione,  e  che  tutto  era  elfetto  del  teiiero  aniore  che  si 
portava  all'  eroe.  Che  canzonatura  ! 

Queste  dichiarazioni,  conform!  a  quelle  date  dal  Clarendon  stesso  nel- 
la Camera  dei  Pad,  non  persiiasero  i  fanatici.  La  sera  del  24  si  fece  un 
meeting  a  Regent  Park,  dove  si  biasimarono  le  rcticenze  dei  due  Mini- 
stri,  e  si  comincio  a  ribadire  il  chiodo  della  influenza  straniera,  a  cui 
cedeva  il  Governo,  privando  1'  Inghilterra  di  tanto  bene.  Fu  intimato  lo 
scioglimento  del  meeting.  Cominciarono  allora  gli  schiamazzi,  i  fischi  al- 
ia Polizia,  i  plausi  al  Garibaldi.  S'  impegno  una  baruffa,  la  quale  tini 
con  poco  danno  ,  conchiudendosi  col  mandare  una  deputazioue  al  Mi- 
nistero,  affinche  desse  ragione  d'aver  fatto  sperdere  quell' adunanza.  II 
Ministero  disse  che  non  ne  sapeva  nulla,  e  che  lutto  era  effetto  di  sover- 
chio  zelo  d'un  Delegate  di  Polizia.  Quanto  al  resto,  non  se  ne  impacciava. 
L'iasistere  dei  fanatici  non  valse  a  nulla,  e  Garibaldi  parti  il  inattino  del 
27  Aprile  da  San  Mawer ,  dove  era  andato  a  ricevere  un'ultima  festa,  sul 
yakt  del  Sutherland.  Alii  5  Maggio  fu  a  Gibilterra,  d'onde  s'avvio  alia 
Caprera.  Ma  il  dolore  dei  demagoghi,  pel  vedersi  cosi  soppiantati  dall'a- 
ristocrazia,  voleva  uno  sfogo,  e  sel  piglio  alii  7  Maggio  con  un  nuovo 
meeting ,  in  cui  si  bandi  che  I' eroe  era  stato  spedito  via  per  motivi  poli- 
tici,  perche  la  sua  presenza  cagionava  impacci  al  Governo ;  e  furono  sti- 
dati  il  Gladstone,  il  Shaftesbury  ed  il  Seely ,  che  eranostati  i  piu  fervo- 
rosi  nello  spingerlo  a  partire,  a  negare  che  essi  gli  avean  rappresentato 
appunto  quel  motivo  per  farlo  risolvere.  Gli  sticlati  non  eran  presenti ,  e 
fu  percio  h'ato  perduto.  Fu  poi  promulgato  che  il  Garibaldi  avea  ritiutato 
le  offerte  pecuniarie  dei  soscrittori  aristocratic!  del  Comitato  di  Straf- 
fordhouse,  ma  accetterebbe  con  gratitudine  quelle  degli  operai.  La  de- 
magogia  cerco  in  tal  modo  di  pigliarsi  una  riv-incita;  ma  quanto  a'  dena- 
ri  degli  operai ,  crediamo  che  Garibaldi  non  se  ne  trovera  soverchiamen- 
te  gravato.  Cosi  ebbe  tine  questa  commedia. 

6.  Malgrado  di  tutte  le  negazioni  de'  Ministri  inglesi ,  ognuno  e  per- 
suaso  che  la  partenza  del  Garibaldi  fosse  condizione  urgente  per  la  riu- 
nione  delle  Conferenze  diplomatiche  sopra  gli  affari  della  Germania  e 
della  Danimarca ;  e  sebbene  il  Governo  francese  abbia  sdegnato  di  far 
pratiche  ufficiali ,  perche  si  mettesse  termine  a  quella  pompa  di  culto  al 
dichiarato  nemico  di  Napoleone  III ,  gli  uomini  di  Statp  inglesi  aveano 
abbastanza  criterio  per  capirne  la  necessita  e  la  convenienza.  Certo  e  che 
1'accettazioue  della  Conferenza  fu  in  gran  parte  dovuta  al  men  to  di  Lord 
Clarendon,  il  quale nei  colloquii  con  1'Imperatore,  come  narra  il  Memo- 
rial diplomatique  del  24  Aprile  (pag.  261 ),  ottenne  che  si  fermassero  le 
basi  di  un  accordo  tra  i  due  Govern!  per  imporre  ad  ogni  costo  un  armi- 
stizio  ai  belligeranti.  «  Lord  Clarendon  torno  in  Inghilterra  dopo  aver 
preso ,  in  nome  del  suo  Governo,  1'  impegno  formale  di  sostenere  energi- 
camerite  la  domanda  di  armistizio ,  che  il  Principe  La  Tour  d'Auvergne , 
ambasciadore  di  Francia ,  avea  ordine  di  proporre  nella  prima  seduta 
delle  Conferenze.  In  altre  parole,  la  Francia  e  1'  Inghilterra  si  sono  im- 
j)egnate  a  viceuda  a  dichiarare  la  guerra  a  quella  delle  Potenze ,  che  ri- 
fiutasse  di  sottoscrivere  tregua.  »  Questa  notizia  fu  smentita  daila  Gaz- 
zetta  di  Vienna,  argomentando  a  priori,  che  Potenze  neutral!  non  avreb- 
bero  mai  osato ,  volendo  fare  ufficii  di  pace,  cominciare  con  minacce  di 


CRONACA  CONTEMPORANEA 

guerra.  Ma  certo  pare  che  1'accordo  tra  la  Francia  e  1'Inghilterra  fosse 
piii  intimo  di  quanto  forse  credeasi. 

La  prima  seduta  si  tenne  alii  27,  e  doveano  assistervi  per  la  Francia 
il  Principe  La  Tour  d'Auvergne:  per  1'Inghilterra  il  Conte  Russell  e  Lord 
Clarendon  :  per  1'  Austria  il  Conte  Apponyi  ed  il  Consigliere  intimo  sig. 
di  Biegeleben :  per  la  Prussia  il  Conte  Bernstorff  ed  il  Consigliere  intimo 
sig.  di  Balan,  gia  ambasciadore  a  Copenhagen;  per  la  Dieta  il  DeBeust, 
ministro  di  Sassonia  ;  per  la  Russia  il  Conte  Brunnow  ed  il  Consigliere 
d' Irapero  sig.  Ewers:  per  la  Svezia  il  Generate  sig.  di  Wachtmeister : 
per  la  Danimarca  il  Ministro  Quaade  ed  il  sig.  Krieger ,  Consigliere  di 
Stato.  Essendo  ancora  assente  da  Londra  il  De  Beust,  i  plenipoteuziarii 
tedeschi  si  astennero  dall'intervenire  a  quella  tornata,  e  gli  altri  si  con- 
tentarono  di  assegnare  per  la  seconda  il  25  Aprile.  La  matiina  di  que- 
sto  giorno  tutti  si  accolserp,  e  il  Conte  Apponyi  con  privati  ufficii  a\ea 
gia  disposti  i  suoi  Colleghi  a  secondare  la  proposta  d'armistizio.  Fu  no- 
minato  Presidente  Lord  Russell,  che  subito  prese  a  perorare  per  la  tre- 
gua,  sulla  base  dell'M^'  possidetis  militare.  II  La  Tour  d'Auvergne  rincal- 
zo  i  suoi  argomenti.  I  Plenipotenziarii  austriaci,  come  narra  \\Memorial 
diplomatique  del  1°  Maggio,  p.  274-75,  si  mostrarono  dispostissimi  alia 
tregua,  purche  questa  fosse  reale,  e  percio  non  solo  impedisse  I'effusione 
del  sangue,  ma  si  stendesse  anche  sul  mare,  senza  eccezioni  e  senza  clau- 
sole,  togliendosi  il  blocco.  I  Danesi  replicarono  che  essi  non  poteano  ac- 
cettare  tal  condizione ,  perche  il  blocco  non  e  atto  di  ostilita  e  si  puo 
raantenere  anche  in  tempo  d'armistizio ;  e  che  percio,  come  gli  alleati  te- 
deschi manterrebbero  1'investimento  delle  fortezze  del  Jutland,  cosi  i  Da- 
nesi il  blocco  marittimo.  Non  potendosi  risolvere  la  quistione  insorta,  se 
tal  parita  sussistesse  in  diritto,  fu  rimessa  la  cosa  a  trattarsi  dai  rispetti- 
vi  Governi.  I  plenipotenziarii  ne  presero  atto  ad  referendum  e  le  Confe- 
renze  furono  prorogate.  Si  ripigliarono  poi  alii  5  Maggio,  conquel  risul- 
tato  che  abbiam  detto  tra  le  cose  di  Alemagna  e  Danimarca. 

Di  qui  si  vede  che  era  falso  cio  che  i  diarii  di  Francia  ed  il  telegrafo 
avean  spacciato,  cioe  che  i  Plenipotenziarii  d'Austria  o  di  Prussia,  allegan- 
do  1'assurdo  pretesto  di  non  aver  istruzipni  circa  1'armistizio,  ne  aves- 
sero  mandata  a  yuoto  la  proposta.  La  difticoka  venne  dai  Danesi,  che 
volevano  usufruire  1'  armistizio  e  continuare  la  cattura  delle  navi  tede- 
sche  ed  il  blocco  dei  porti  germanici  ,  con  danno  immense  del  com- 
mercio.  E  non  era  da  aspettarsi  che  i  vincitori  di  Duppel ,  il  giorno  do- 
pp  una  si  splendida  vittoria  ,  vplessero  acconciarsi  a  tal  vantaggio  pel 
vinto,  lasciando  predare  le  merci  dei  loro  sudditi,  per  far  il  gusto  deH'in- 
ghilterra  che  nulla  non  ha  da  perdervi. 

Intanto ,  per  liberare  dai  blocco  i  porti  alemanni  del  mare  del  Nord  , 
una  forte  armata  austriaca  giunse  agli  sbocchi  del  Weser  e  dell'  Elba,  e 
si  uni  ad  alcune  cannpniere  prussiane.  Temendosi  in  Inghilterra  ^che 
quest'armata  ^alicasse  il  Cattegat,  e  passata.nel  Balticp  struggesse  1'  ar- 
mata danese ,  o  piombasse  su  Copenhagen ,  si  fecero  istanze  all'  Inghil- 
terra di  muovere  le  sue  squadre.  Ma  il  Governo  di  Londra  si  contento  di 
porre  in  pieno  assetto  di  guerra  la  squadra  della  Manica,  e  spedirla  alle 
Dune,  d  onde  in  poco  d' ora  puo  dirizzarsi  ovuuque  occorre.  Una  fre- 
gata  inglese  fu  pero  spedita  ad  Amburgo,  per  vigilare  le  mosse  dell'  ar- 
mata navale  alemanna,  e  gittp  1'ancora  presso  una  fregata  austriaca,  sen- 
za punto  dissimulare  il  proprio  ufticio  di  spia. 


CI  SIAMO! 


Ci  siamo  a  che?  domandera  il  lettore.  Alia  pace  o  alia  guerra? 
Al  principio  o  alia  fine? 

Rispondiamo  che  a  un  poco  di  tutto  questo  insieme.  Siamo  cioe 
al  tramonto  della  guerra  ed  all'aurora  della  pace;  alia  fine  del  prin- 
cipio edal  principio  della  fine.  E  perche  questi  non  paiano  logogrifi, 
sciarade ,  rebus  ed  indovinelli  poco  degni  dei  nostri  leltori  ed  an- 
che  di  noi ,  diciamo  qur  subito  che  non  intendiamo  parlare  delle 
guerre  mililari  che  si  combattono  al  trove  e  che  si  aspettano  anche 
ira  noi :  del  cui  esito  dichiariamo  francamente  che  ne  sappiamo  ap- 
punto  quanto  i  nostri  letlori,  cioe  niente  affallo.  Bensi  intendiamo 
discorrere  dell'esito  della  guerra  liberale,  che  si  fa  ora  in  Italia  alia 
€hiesa  ed  a  quanto  vi  ha  di  pio ,  di  sacro  e  di  reverendo.  Di  que- 
sta  guerra  diciamo  che  siamo  al  tramonto ,  cioe  alia  strelta  piu  mi- 
cidiale  e  piu  assassina.  Onde  segue  che  siamo  parimente  all'aurora 
della  pace ,  che  sempre  Dio  suol  far  sorgere  alia  sua  Chiesa  nel  piu 
buio  e  nel  piu  fitto  dolla  tempesta.  Siamo  parimente  alia  fine  del 
principio  liberale ;  il  quale  non  avendo  altro  scopo  che  di  riuscire, 
per  mille  ambagi  e  laberinti  di  simulazione  e  di  ipocrisia,  allo  sper- 
pero  totale  ,  se  fosse  possibile ,  della  religione  cattolica ;  e  ora  in 
sul  fare  le  ullime  prove ,  assalendo  violentemente  la  Chiesa  in  cio 
she  ha  di  piu  intimo  e  di  piu  essenziale.  Donde  segue  che  siamo  pa- 
Serie  7,  vol.  X,  fasc.  341.  33  18  Maggio  1864. 


514  ci  SIAMO! 

rimente  al  principio  della  fine;  non  lasciando  mai  il  Signore  perico- 
lare  apparentemente  la  barca,  dov'Egli  coi  suoi  naviga  le  onde 
tempeslose  e  par  che  dorma ,  se  non  quando  e  in  sul  dire  aulorevol- 
mente  al  mare  fremente:  «Taci,  amrautolisci.  » 

Chi  conosce  anche  superficial mente  la  sloria  del  secolo  passato 
sa  benissimo  che  ora  noi  stiamo  assistendo  ad  una  sua,  come  a 
dire ,  seconda  edizione  riveduta  e  corretta  ,  ma  non  mutata  sostan- 
zialmente.  Come  nel  se'colo  passalo,  cosi  net  presenle,  i  liberali  pre- 
sero,  da  quei  girifalchi  che  sono,  le  volte  larghe,  per  piombar  poi 
come  un  fulmine  al  momento  opportune  soprala  Chiesa,  cui  preten- 
dono  sioltamente  distruggere  e  finire.  I  pratici  e  gli  esperimentati 
videro  fin  dal  principio,  come  nel  secolo  passalo  cosi  nel  presentc, 
dove  dovessero  parare  quelle  leali  protesle  di  rispetto  alia  Chiesa  ed 
alia  sua  liberta,  colle  quali  i  liberali  cominciano  sempre  il  loro  dise- 
gno  di  guerra.  Ma  i  phi  non  se  n'accorsero,  ne  se  ne  poteano  accor- 
gere,  per  quel  brutto  vezzo,  da  cui  non  sanno  ancor  dlsfarsi  i  buoni, 
di  credere  alle  parole  dei  liberali.  Ora  grazie  a  Dio  i  liberali  parlano 
chiaro  col  linguaggio  cinico  dei  loro  giornalacci,  e  coll'aHro  sfac- 
cialissimo  de'  loro  fatti.  E  come  in  Francia  nel  secolo  passato,  dopo 
aver  aizzati  i  Principi  contro  la  Chiesa,  e  i  gallicani  contro  il  Papa, 
e  il  minor  clero  contro  il  maggiore,  e  ambedue  contro  il  regolarc, 
sempre  coH'ottima  intenzione  (come  diceano)  di  purgare  la  Chiesa 
dagli  abusi,  di  difendere  il  clero  contro  1'oppressione  de'  Vescovi, 
e  i  Vescovi  dalle  invasion!  dei  religiosi ,  e  sopra  tutto  di  tutelare 
F  indipendenza  del  polere  civile  contro  la  prepotenza  della  Curia  Ro- 
mana  e  della  Chiesa,  finirono  poi  col  cacciare  i  Principi  e  col  di- 
struggere ogni  clero,  il  secolare  come  il  regolare,  il  maggiore  come 
il  minore ;  cosi  era  i  nostri  liberali  italiani,  dopo  le  fmte  scaramucee 
mosse  or  contro  i  frati  in  favor  del  clero,  or  conlro  i  Vescovi  in 
favor  dei  Parroci,  or  contro  1' Austria  in  favore  della  liberta  eccle- 
siastica,  or  contro  la  liberta  ecclesiastics,  in  favor  dell'  indipendenza 
civile ;  sono  venuti  al  punto  che  volevano  di  aver  ormai  la  piazza 
franca  e  il  campo  netto,  per  tenlare  1'  ultima  loro  prova  e  farla  finita 
una  volta,  come  scioccamsnte  s'illudono,  colla  Chiesa  stessa  e,  come 
non  tanto  scioccamente  sperano,  colla  Monarchia  loro  serva  finora, 
se  non  anzi  piuttosto  fida  manutengola. 


CI  SIAMOl  515 

Non  e  questo  il  luogo  di  rifar  il  lavoro  gi&  fatto  da  noi  le  tante 
volte,  di  porre  in  luce  e  smascherare  le  varie  aril  onde  i  liberali,  dan- 
do  serapre  1'  un  passo  innanzi  1'altro,  e  usando  vera  astuzia  e  appa- 
renle  moderazione,  giunsero  al  punto  dove  li  vediarao  in  Italia.  Se 
prima  non  si  capiva  chiaro,  ora  vediamo  tutti  che  cosa  significasse 
quel  grido  di  riforme,  onde  i  liberali  volevano  riformare  le  varie  mo- 
narchic d'  Italia  e  rinforzarle.  II  rinforzo  fini  collo  scoprirne  le  fon- 
damenla ,  e  la  riforma  coll'  annientarle  tutte,  salvo  la  Romana  che  e 
supra  firmam  petram,  e  mando  a  spasso  per  tempo  i  suoi  riforma- 
tori ,  e  la  Sarda  che  fu  lo  stromento  finora  rispettato  in  mano  del 
Sansone  rivoluzionario.  Anche  sa  ora  ognuno  che -cosa  significasse 
1'uguaglianza  diuanzi  alia  legge,  onde  si  voile  legiltimare  1'abolizione 
del  foro  ecclesiastico.  L'  u-guaglianza  fini  col  porre  il  clero  fuori  della 
legge,  in  ballad' una  giuslizia  eslragiudiziale  ed  arbitraria ,  e  i  laici 
sotto  la  dipendenza  tirannica  della  legge  Pica  e  dello  stato  d'  assedio, 
col  diritto  d'  essere  carcerati,  deportati,  fucilati ,  impiccati  senza  pro- 
cess! e  senza  tribunali.  L'amorechei  liberali  moslravano  a  certi 
Ordini  religiosi,  per  velareascelicameute  1'odio  che  portavano  a  lutli, 
la  protezione  che  essi  volevano  prendere  del  clero  minore  conlro  il 
maggiore,  la  pieta  che  fingevano  avere  della  parca  mensa  de'  Parroci 
di  campagna  paragonala  colla  pingue  dei  \escovi;  si  sa  che  tutto 
questo  fini  colla  proposta  abolizione  totale  degli  Ordini  religiosi , 
colla  proposta  contisca  totale  dei  beni  ecclesiastici,  e  coll'  oppressio- 
ne  comune  del  clero  grande  e  piccolo,  secolare  e  regqlare  1. 

1  II 18  Geunaio  del  1864  il  ministro  Pisanelli  presento  alia  Camera  dei 
Deputati  uno  schema  di  legge,  preceduto  da  una  prolissa  sposizione  di  mo- 
tivi,  che  e  la  qu'ntessenza  dell'ipocrisia  e  della  tirannideliberalesca,  intorno 
alle  corporazioni  religiose  ed  ai  beni  ecclesiastici.  In  virtu  di  tal  legge  do- 
vranno  cessare  di  esistere  nel  Regrio,  quali  euti  morali  riconosciuti  dalla 
legge  civile,  tutte  le  case  degli  Ordiai  religiosi,  e  tutte  le  Gongregazioni  re- 
golari  e  secolari.  Ai  membri  delle  soppresse  corporazioui  si  concedono  tut- 
ti i  diritti  civili,  compreso  quello  di  morire  di  fame;  perche  la  pensione  an- 
Liia,  loro  assegnata  in  cambio  dei  beni  e  delle  case  loro  tplte,  non  bastereb- 
be  certo  al  loro  sostentameuto  per  tre  mesi.  Dovranno  pure  cessare  allo 
stesso  modo  i  Gapitoli  delle  chiese  collegiate,  eccetto  alcuni  pochissimi 
privilegiati,  le  Abbazie  ed  i  benefizii,  le  Cappellanie  laicali  e  tutte  le  fon- 


516  CISIAMO! 

Diceano  i  liberal!  che  il  pio  voto  del  loro  cuore  era  una  Chiesa  li- 
bera  in  libero  Stalo:  una  condizione  di  cose  cioe,  in  cui  Stato  e  Chie- 
sa badassero  liberamente  ai  falli  loro,  senza  impacciarsi  1'  un  1'  altro. 
Con  questo  bel  pretesto,  per  liberare  la  Chiesa  dai  fastidii  civili,  la  ru- 
barono  di  tutlo,  le  tolsero  ogni  privilegio  ,  ogni  favore ,  trattandola , 
non  come  madre  onorata  e  rispeltata  da  buoni  figliuoli ,  ma  peggio 
che  serva  cacciata  di  casa  per  infedelta.  Quando  poi  la  Chiesa  spo- 

dazioni  di  natura  ecclesiastica,  a  cui  non  sia  unita  cura  d'  anime.  I  tltolari 
present!  riceveranno ,  per  compenso ,  una  pensione  pari  alia  rendita  netta 
della  dotazione,  purche  continuino  a  sostenere  i  pesi  deH'abolito  benefizio; 
e  quando  essi  cesseranno  di  vivere,  non  avranno  successor! .  Le  rendite  eel 
i  beni  cosi  confiscali  dove  andranno  ?  Se  ne  formera  un  fondo  specials  pel 
culto.  E  questo  a  quale  amministrazione  sara  affidata?  A  quella  del  Gover- 
no,  che  ne  fara  il  piacer  suo,  per  mezzo  d'economi,  a  servizio  del  culto  ,  in 
questo  modo :  che  i  beni  immobili  passino  subito  al  Demanio  dello  Stato7 
e  i  mobili  agli  economi ;  ai  quali  spettera  pagare  le  pensioni ,  satisfare 
agli  obblighi  inerenti,  migliorarela  condizione  dei  Parroci  che  non  abbiano 
rendita  netta  di  lire  1000,  e  dar  sussidii  ai  membri  delClero  benemeriti  del- 
la  Chiesa  e  dello  Stato.  II  che  vuol  dire,  in  buon  volgare,  rubare  i  beni  gua- 
rentiti  espressamente  dallo  Statute  alia  Chiesa  ed  ai  Corpi  religiosi,  ucci- 
der'e  moralmente  i  legittimi  possessor'!  perche  non  possano  recare  impaccio, 
servirseneaprofitto  dello  Stato,  e  destinarne  una  particella  alia  compera  di 
presbiteri  apostati  e  ribelli  alia  Chiesa,  ed  un'altra  particella  a  titolo  di  sti- 
pendio  servile  ai  legitlimi  possessor!. 

Non  basta.  I  Yescovi ,  Canonici  ed  altri  beneficiati ,  che  per  ora  si  do- 
vrebbero  tollerare  e  stipendiare,  dovranno  contribuire  con  grave  balzello 
ad  ingrossare  la  borsa  dell'  Economato  laicale  del  Governo,  per  compiere  lo 
stipendio  ai  Parrochi  meno  retribuiti.  E  questo  ancora  e  poco.  Per  assicu- 
rarsi  bene  che  la  Chiesa  mai  non  possa  riavere  i  beni  che  le  sono  cosi  usur- 
pali,  ecco  1'uso  che  se  ne  fara.  T  mobili,  comprese  le  rendite  gia  incassate, 
gli  oggetti  ed  arredi  sacri,  saranno  affidati  alle  cure  dell' Economato,  che 
ne  usera,  secondo  suo  giudizio,  al  fine  indicate.  II  che  non  vieta  che  i  cali- 
ci,  gli  ostensorii,  i  reliqularii  si  vendano  agli  ebrei,  per  trarne  quattrini  da 
ricompensare  i  presbiteri  benemeriti  dello  Stato.  I  beni  immobili,  se  spet- 
tanti  a  Corpi  religiosi  e  benefizii  aboliti,  saranno  subito  venduti  a  profitto 
dello  Stato,  e  1'  Economato  ricevera  cartelle  del  Debito  pubblico  pel  valore 
equivalente  alia  rendita  del  5  per  100  dei  beni  stessi;  se  poi  spettanti  a' Ves- 
covadi,  Capitoli  e  benefizii  con  cura  d' anime  lasciati  esistere,  saranno  an- 
ch'essi,  a  misura  che  ne  cessa  il  godimento  negli  odierni  investiti,  converliti 


ci  SIAMO!  517 

gliata  cosi  e  derubata  voile  fare  i  falti  suoi ,  quando ,  per  esempio, 
mando  ai  Confessor!  istruzioni  per  1'organo  della  S.  Penitenzieria , 
queste  istruzioni  furono  sequestrate  come  corpi  di  delitlo,  e  i  deposi- 
tarii  furono  carcerali  e  condannati  1.  Quando  il  Papa  e  i  Yescovi 
Yollero  esercitare  il  loro  ufficio  pastorale,  con  decreli  e  provvedimenli 
opportuni  ai  varii  casi,  questi  decreti  e  quesii  provvedimenti  furono 
assoggetlati  al  cosi  detto  Regio  placet  od  exequatur,  col  quale  sem- 

in  rendite  sul  Debito  pubblico,  o  in  rendita  fondiaria,  o  in  enfiteusi.  Ma 
tutto  cio  che  spetta  ai  beni  di  Ghiesa  restera,  com'  e  chiaro,  alia  merce  dello 
Stato,  al  quale,  come  tanti  valletli  e  servitori,  dovranno  slender  la  mano 
Vescovi,  Ganonicl,  Parrochi,  religiosi  cacciati  dai  loro  conventi  e  beneficia- 
ti  d'ogni  sorta,  per  aver  una  magra  porzione  di  cio  che  la  pieta  dei  fedeli  e 
la  libera  volonta  dei  testator!,  guarentita  dalle  leggi,  avea  destinato  al  pieno 
ed  indlpendente  possesso  ed  usufrutto  del  Clero,  ed  allo  splendore  del  cul- 
to.  Non  andranno  esenti  dalla*  rapacita  fiscale  neppure  le  fabbriche  delle 
chiese,  da  poche  in  fuori,  o  perche  cattedrali,  o  perche  parrocchie,  o  per- 
che monument]  d'arte. 

Qual  giudizio  abbiano  recato  gli  stessi  rivoluzionarii  slranieri  sopra  tal 
proposito,  gia  cominciato  ad  effetluare,  del  Governo  di  Torino,  pud  ve- 
dersi  dalle  seguenti  parole  della  Presse  di  Parigi,  diario  liberalissimo,  che 
agli  8  di  Marzo  cosi  scriveva :  «  Questa  legge  e  cosi  contraria  alia  liberta  di 
coscienza,  come  alia  liberta  d'associazione.  Gli  uomini  di  Stato  di  Torino 
non  pensano  presentemente,  ben  lo  crediamo,  che  a  difendersi,  togliendo 
al  Papa  la  sua  milizia  piu  attiva  e  piu  devota;  ma  gli  uomini  di  Stato  debbo- 
no  vedere  le  cosejla  piii  alto  e  piu  lontano.  Noi  sappiamo  ancora  che  pos- 
sono  giustificarsi  coll'  esempio  dell'  assemblea  costituente  di  Francia,  che 
nel  1790  decreto  1'abolizione  degli  Ordini  religiosi,  col  pretesto  che  non 
appartenevano  all'essenza  del  Cristianesimo;  ma  annientato  il  clero  regola- 
re,  si  venne  quasi  subito  alia  distruzione  del  clero  secolare  e  dell'intera 
liberta  religiosa.  Su  di  un  simile  terreno  si  sdnicciola  facilmente,  e  la  ca- 
duta  e  rapida.  La  rivoluzione  francese  lo  dimostra  ». 

1 1  nostri  lettori  sanno  in  qual  modo  fu  arrestato ,  e  chiuso  nelle  career! 
dei  malfattori  comuni ,  1'  Euio  Card.  Morichini  Yescovo  di  lesi ,  al  quale , 
nella  perquisizione  del.suo  scrittoio  ,  non  fu  trovato  altro  corpo  di  delitto 
che  le  istruzioni  a  stampa ,  della  sacra  Penilenzieria ,  sotto  il  6  Marzo  1860, 
gia  divulgate  per  tutto  dai  giornali.  Or  il  simigliante  avvenne  in  Italia  a  piu 
altri ;  ed  il  Vescovo  di  Foggia ,  carcerato  a  Como  per  due  anni ,  non  avea 
altro  delitto  da  espiare,  che  questo. 


518  ci  SIAMO  ! 

pre,  in  pratica,  si  dichiara  che  non  placet  all'  autorita  laicale  quello 
che  fa  1'  ecclesiaslica  e  che  non  si  dee  eseyuire  quello  che  la  Chiesa 
comanda.  II  quale  abuso  del  placet  e  dell'  exequatur,  deplorato  e 
condannato  gia  le  tante  volte ,  e  ancor  di  fresco  si  eloquentemenle  e 
con  tanta  copia  di  ragioni ,  dall'  episcopate  intrero  d'  Italia ,  per  piu 
offesa  della  liberta  ecclesiastica  ed  a  maggiore  scherno  degli  immor- 
tali  suoi  diritli,  fu  ora  applicato  ancora  a  materie  che  mai,  ne  anche 
net  tempo  del  piu  lirannico  regalismo ,  gli  erano  state  assoggettate , 
e,  quello  che  e  piu  mostruoso,  esteso  alle  province  stesse  pontificie, 
€  perfmo  con  forza  retroattiva,  come  nella  diocesi  di  Lucca.  Quando 
i  Vescovi ,  che  ban  no  per  ufficio  e  per  dovere  1'  ammaestrare  il  loro 
gregge,  e  preservarlo  dagli  inganni  e  dagli  errori,  vollero  compierlo 
colle  loro  Leltere  pastomli,  queste  lettere  furono  sequestrate,  e  i 
Vescovi  stessi  processati ,  e  coudannali  a  carcere  e  multe ,  secondo 
che  e  accaduto  a  Mons.  Vescovo  di  Spoleto ,  ed  a  tanli  altri ,  e  se- 
condo che  sta  ora  accadendo  a  Mons.  Pietro  Rota,  Vescovo  di  Gua- 
stalla,  che,  per  una  sua  lettera  Pastorale,  fu  teste  condannato  dalla 
Corte  di  Assise  ad  otto  mesi  di  carcere  e  mille  cinquecento  lire  di 
multa.  Quaudo  poi  i  fedeli  vollero  aiulare  la  poverta  della  loro  ma- 
dre,  rubata  cosi  e  spogliata  ormai  di  lulto,  i  liberali  si  arrovellarono, 
e  quasi  che  ogni  soldo  dato  al  danaro  di  S.  Pielro  fosse  roba  rubata, 
se  non  alle  loro4  borse  ,  almeno  alle  loro  bramose  canne ,  presero  a 
sludiare  ogni  via  per  impedire  queste  collette  1.  Quando  i  Vescovi 
presero  a  sospendere  e  punire  preti  licenziosi,  questi  preti  i  liberali 
li  fecero  Cavalieri  e  Professori.  E  di  do  non  paghi,  o  imposero  multe 
ai  Vescovi  perche  una  parte  dei  beni  della  Chiesa  e  dei  poveri  an- 

1  Negli  Atli  ufficiali  della  Camera  dei  Deputati,  n.1  604 ,  605,  60H ,  sono 
distesamente  riferiti  i  discorsi  inqualificabili  delBrofferio  e  del  Bellazzi  con- 
tro  il  Papa,  i  Vescovi,  i  Sacerdoti  in  generate,  eccettp  la  piccola  schiera  dei 
preti  liberali  lombardi ,  per  ragionare  la  proposta  di  domarli  con  leggi  dra- 
•coniane  ed  eccezionali,  e  di  impedire,  a  qualunque  costo,  la  colletta  pel  De- 
naro  d'<  san  Pietro.  Questa  fu  dichiarata  una  dimoslrazione  anlinazionale , 
sovversiva,  fa  tale  all' Italia,  e  che  serve  solo  a  prezzolare  sicarii  ed  assassi- 
ni,  scatenati  dal  clero  a  desolare  la  palria  comune,  per  intendimento  politico. 
I  Mimstri  si  mostrarono  dolentissimi  di  tale  colletta,  ed  annunziarono  un  arti- 
«eolo  di  legge  di  sicurezza  pubblica,  col  quale  s'  impedirebbe  efficacemente. 


CISIAMO!  519 

dasse  a  impinguare  i  presbileri  sediziosi,  come  accadde  a  Parma;  o 
fecero  pagare  le  rendite  del  benefizii  ai  loro  favoriti  che  non  potea- 
no,  pei  loro  demerit!,  averne  la  canonica  islituzione  ,  come  avvenne 
pel  Bianchi  a  Firenze,  per  V  Avignone  e  i  suoi  tre  acoliti  a  Milano , 
e  per  altri  altrove ;  o  fecero  perfino  tener  prigione  il  Superiore  eccle- 
siastico,  reo  di  non  voler  gettare  margarilas  ante  porcos,  deferendo 
poi  la  causa  al  Consiglio  di  Stato,  siccome  capilo  a  Mons.  Caccia. 
E  quasi  cio  non  bastasse,  appena  che  il  Pisanelli  seppe  che  un  par- 
roco,  lupo  del  non  piu  suo  gregge,  il  Mongini,  era  slato  condannato 
dal  S.  Uffizio ,  deposto ,  e  dichiarato  scomunicato  vitando,  subito  lo 
Irovo  degno  d'  ingrossar  la  schiera  del  Cavalieri  e  del  martiri  presbi- 
teriani. 

E  (cosa  incredibile  ma  vera!)  quando  la  Chiesa  chiusa  nello  sles- 
so  saniuario,  nei  penetrali  recouditi  del  confessionale ,  tra  il  vesti- 
bolo  e  1'  altare,  nego  una  Comunione  od  una  Assoluzione,  la  Chiesa 
fu  come  rea  chiamala  a  dar  ragione  dell'  amminislrazione  dei  Sacra- 
men  ti  dinanzi  ai  tribunal!  1. 


1  Sara  egli  necessario  ricordare  qui  il  parroco  di  S.  Procolo  e  Monsig. 
Canzi,  Vicario  Capitolare  di  Bologna,  processati,  carcerati,  condannati  a  pri- 
glonia  e  multa  ,  per  aver  diiesta  ad  uno  scomunicato  la  necessaria  ritratta- 
zioue  de' sacrileghi  suoi  atlentati,  e  negati  i  sacramenti  a  lui  periinace  nel 
rifiutarla  ?  E  chi  non  rammenta  la  carcerazione  di  piu  Sacerdoti ,  solo  per 
aver  cercato  di  persuadere  all'  mfelice  sclsmatico  Caputo,  cbe  volesse  for  il 
suo  dovere  verso  la  Chiesa,  prima  di  presentarsi  al  Tribunale  di  Dio?  Chi 
non  sa  d'un  parroco  chiuso  nelle  carceri  coi  hdri  e  micidiali ,  perche  non 
voile,  uel  conferire  il  battesimo  ad  una  bambina,  violare  le  leggi  della  Chie- 
sa imponendogli  nome  d' Italia  libera?  E  il  parroco  Mancmelli  non  fu  arre- 
stato  e  sottoposto  a  processo,  perche  non  pole  consentire  che  tenesse  a  bat- 
tesimo un  tale,  ch'  egli  credeva  in  coscieuza  di  dover  trattare  come  pubblico 
peccatore  e  scomunicato?  Ed  i  due  sacerdoti  di  Brescia,  non  furono  eglino 
processati  per  aver  negato  1'  Eucaristia  allo  scomunicato  Moretti  ?  E  il  par- 
roco di  Cannero  nou  fu  imprigionato  per  aver  privatamente  ammohito, 
come  era  suo  stretto  dovere,  i  suoi  parrocchiani,  che  lo  fcomunicato  viiando, 
prete  Mongini,  non  potea  amministrar  loro  i  sacramenli?Er6w'£aca/fo/ica 
non  fu  mullata  di  taglia  e  carcere  per  aver  slampato  il  Decreto  del  sant'  Uf- 
fizio ,  gia  noto  a  tutta  Italia ,  che  colpiva  di  scomunica  quello  stesso  Mon- 
gini ?  Ma  che  giova  veuir  recitando  nomi  ?  II  I'ungolo  di  Milano  pubblico 
una  lista  di  54  tra  Vescovi ,  Parrochi,  Sacerdoti  e  Religiosi,  presentemente 


520  CISIAMO! 

Che  diremo  dell'  audacia  di  un  Pisanelli  che  teste  ardi  perfino , 
con  un  alto  solo  di  sua  tirannica  inimistione  nelle  materie  ecclesia- 
stiche,  dar  lezioni  di  sciocca  morale  alia  Chiesa  e  al  Papa,  legar  le 
mani  alia  giurisdizione  ecclesiastica  in  cio  in  che  essa  dee  essere  piu 
libera  e  piu  rispettata ,  inceppare  le  coscienze  dei  fedeli ,  liranneg- 
giare  insieme  Chiesa  e  popolo,  e  rendere,  per  quanto  e  in  lui,  quasi 
necessaria,  in  certi  casi,  la  pubblica  e  privata  immoralila?  Alludiarao 
alia  sua  leltera  circolare,  dove  si  annuliano,  in  certi  casi,  le  dispen- 
se matrimoniali,  con  quell'  ipocrisia  di  simulate  amore  alia  morale  e 
di  verd  fomite  all'  immoral!  &,  che  i  nostri  lettori  potranno  di  per  se 
ammirare  nel  testo  che  pubblichiamo  qui  in  nota  1, 

sottoposti  a  processo  per  rifiuto  di  Confessions,  di  Comumone,  e  in  genere 
di  Sacrament! ;  ed  il  Diritto  di  Torino,  valeridosi  di  cio  per  declamare  con- 
tro  il  Clero  reazionario,  dichiaro  che  tal  lista  e  incompiuta! 

1  Ecco  la  bella  circolare  del  Pisanelli:  «  Torino  addl  5  Aprile  1864  Ac- 
cade  spesso  che  si  presentino  domande  a  queslo  Ministero  per  ottenere  la 
regia  esecutoria  a  provvisioni  pontificie,  le  quali  concedono  dispensa  da 
impediment"!  canonici  a  contrarre  matrimonio,  e  per  oltenere  altresi  la  dispen- 
sa del  correlativo  impedimenta,  che  in  molte  Province  del  regno  viene  frap- 
posto  auche  dalla  legge  civile.  Per  consueto  in  cosiffatte  domande  si  allega 
a  valido  motlvo  per  ottenere  la  regia  esecutoria  e  la  dispensa  dell'  impedi- 
meuto  civile  la  necessita  di  rimuovere  il  pubblicb  scandalo,  a  cui  da  luogo 
la  illecita  convivenza  di  consanguine"!  o  di  affini.  Se  non  che  1'esperienza  ha 
dimostrato  che  1'esaudimento  di  siffatte  domande,  se  in  qualche  raro  caso 
toglle  di  mezzo  il  lamentato  pubblico  scandalo,  produce  d'ordinario  il  deplo- 
revole  effetto  di  alimentare  in  quelli  che  trascorrono  a  convivenza  illecita  la 
speranza  di  aver  rnodo  agevole  di  r  parare  a  tale  sconcio,  e  riesce  in  ultimo 
a  moltiplicare  unioni,,  che  dalla  legge  civile  e  dalla  ecclesiastica  son  tenute 
contrarie  ai  vincoli  naturali,  alia  regolare  costituzione  della  famiglia,  ed  alia 
santita  stessa  del  matrimonio. 

«  Sopra  tale  considerazione  il  sottoscritto,  facendo  fondamento  in  pareri 
iteratamente  emessi  uella  materia  dal  Consiglio  di  Stato,  reputa  opportuno 
fare  le  dichiarazioni  seguenti :  1.°  L'esecutoria.  per  la  dispensa  daH'impedi- 
mento  canonico  e  la  dispensa  dairimpedimento  civile  non  saranno  mai  con- 
cesse  a  cognati  che  intendano  unirsi  in  matrimonio,  ove  consti  essere  state 
fra  loro  relazioui  adulterine  mentre  era  in  vita  51  precedente  coniuge,  richie- 
dendo  la  tutela  del  buon  costume  ed  i  riguardi  debiti  alia  moralita  pubblica 
che  si  usi  in  proposito  di  un  provvido  rigore.  2.°  Non  sara  risguardato  come 
sufficiente  motivo  ad  ottenere  la  esecutoria  o  la  dispensa  civile  per  matri- 
monii  tra  consanguinei  od  affini  la  sola  circostanza,  che  fra  loro  abbia  avuto 


CI  SIAMO  ! 

- 

Ouesta  e  la  libera  Chiesa  in  libero  Stato  de' liberal!  in  Italia. 
Libera  Chiesa  delresto  che  ben  corrisponde  al  libero  Stato.  GiacchS 
non  e  ora  maggiore  in  Italia  la  liberta  civile  dell'  ecclesiastica : 

luogo  illecito  commercio  con  pubblieo  scandalo ,  dappoiche  la  violazione 
della  legge  non  puo  essere  motivo  per  dispensare  dall'osservanza  della  me- 
desima.  3.°  Sara  invece  tenuto  riguardo  della  circostanza,  che  un  dei  con- 
traenti  abbia  prole  in  minore  eta  da  prececlente  matrimonio,  di  guisa  che  le 
nuove  nozze  possano  dirsi  consigliate  dall'  intento  di  procurare  alia  prole 
in  minore  eta  1'assistenza  di  chi  piii  affettuosamente  a  cagione  de'vincoli  del 
sangue  concorra  aU'allevamento  e  all'educazione  della  medesima.  4.°  L'ese- 
cutoria  e  la  dispensa  civile  a  matrimonii  tra  zii  o  zie  e  nipoti  saranno  concesse 
soltanto  per  cause  gravissime,  dappoiche  a  tali  matrimonii  s'oppongono  le 
ragioni  dell'  igiene  e  la  gerarchia  stessa  della  famiglia,  e  saranno  assoluta- 
mente  negate  nel  caso  di  relazioni  incestuose  e  di  notabile  differenza  di  eta. 
5.'  Non  sara  reputato  motivo  sufficiente  ad  ottenere  1'esecutoria  alle  prov- 
•  visioni  pontificie,  portanti  dispensa  da  impediment*!  canonic!,  la  circostanza 
che  i  ricorrenti  abbiano  dovuto  sostenere  spese  per  ottenere  dalla  santa  Sede 
la  dispensa  stessa,  potendosi  dai  medesimi  aver  piena  notizia  delle  disposi- 
zioni  dell'  autorita  civile  innanzi  di  ricorrere  a  Roma. 

«  Tali  dichiarazioni  vengouo  comunicate  per  opportuna  iiorma  a  tutti  gli 
Ordinarii  diocesani  e  a  tutti  i  Procurator*!  general!  del  Re  presso  le  Corti  di 
Appello  del  regno,  i  quali  nella  cerchia  di  loro  competenza  vorranno  di  fer- 
mo  mettere  lo  zelo  piu  operoso  ad  impedire  e  reprimere  in  materia  si  grave 
inconvenient*!  ed  abusi,  che  riescono  anocumento  della  morale  pubblica,  per- 
suasi  come  debbono  essere  che  col  largheggiare  dispense  per  matrimonii  fra 
consanguinei  ed  affini  si  apre  un  adito  alia  corruzione  delle  famiglie,  onde 
pud  venir  danno  all'  intiera  societa.  II  Ministro  6".  PisaneUi.  » 

Questa  tirannica  e  vessatoria  disposizione  ha  fatto  gia  teste  alcune  inno- 
centi  vittime,  secondo  che  si  legge  nella  Nazione  del  12  Maggio  che  dice  cosi: 
«  A.  R.  ed  A.  C.  di  Celle,  con  grant!  fra  loro  in  4.°  grado  canonico,  chiesero 
ed  ottennero  da  Roma  la  dispensa  dall'  impedimento  canonico  per  congiun- 
gersi  in  matrimonio;  pervenuta  la  delta  dispensa,  Monsig.  Ciofi,  Vescovo  di 
Chiusi ,  ordino  la  esecuzione  della  bolla  pontificia  al  parroco  don  Antonio 
Marinelli  di  Gelle,  niente  curando  di  ottenere  il  r.  exequatur  in  ordine  alia 
legge  del  5  Marzo  1863,  e  il  Marinelli  congiunse  sotto  di  13  Aprile  1864  in 
matrimonio  i  due.  Al  seguito  di  cid  Mons.  Ciofi  e  don  Antonio  Marinelli  sono 
stati  dal  delegate  di  Radicofani  denunzlatial  potere  ordinario,  perche  rispon- 
dano  del  reato  previsto  e  punito  dall'art.  270  del  Codice  penale  sardo  in  re- 
lazione  alia  legge  5  Marzo  1864 ;  e  sappiamo  che  il  procuratore  del  Re  al 
tribunale  di  prima  Istanza  di  Montepulciano  ha  gia  promossa  1'azione  penale 
nei  termini  che  sopra.  » 


522  CISTAMO! 

essendo  Chiesa  e  popolo  trattati  ugualmente  dai  moderni  tiranni , 
come  pecore  da  tosare  e  buoi  da  macello. 

Or  poiche  siamo  omai  giunli  a  tale  che  non  e  piu  lecilo  in  Italia 
alia  Chiesa  I'amministrare  i  suoi  Sacramenti  senza  che  traggano  in- 
nanzi  i  liberal!  ad  esigere  sacrilegi,  non  e  egli  chiaro  che  ci  trovia- 
mo  ora,  come  dicevamo,  alia  stretta  piu  micidiale  e  piu  assassina 
della  guerra  che  i  liberali  le  fanuo  ?  E  qual  altro  passo  rimane  piu 
ora  ai  liberali  di  dare,  fuorche  di  tagliare  il  capo  ad  un  prete,  sola- 
mente  perche  e  buon  prete? 

Benche  in  un  cerlo  senso gia  si  puo  dire,  che  questo  ultimo  pas- 
so gia  i  liberali  lo  diedero.  E  non  parliamo  degli  assassinii  di  ec- 
clesiastici  che  qua  e  1£  vanno  eseguendosi  liberalescamente  in  Italia. 
Neppure  inlendiamo  parlare  dei  processi  conlinui,  delle  carcerazio- 
ni,  delle  persecuzioni,  delle  multe,  onde  per  tutla  Italia  i  liberali 
sfogano  contfo  il  clero  e  ancor  contro  i  Vescovi,  e  persino  contro 
Eminejitissimi  Cardinal!,  il  loro  odio  settario  alia  Chiesa  catlolica. 
Non  parliamo  deli'  alterramento  delle  chiese  1,  della  \iolazione  delle 
sacre  immagini,  del  sacrilego  modo,  onde  ne'  tealri  si  beffeggia  em- 
piamenle  Dio  stesso  e  Crislo  e  il  Cristianesimo.  Non  parliamo  della 
fetida  colluvie  di  stampe  e  di  immagini ,  onde  si  diffama  cotidiana- 
mente  quanto  vi  e  di  sacro,  con  quella  impunila,  ed  anzi  con  quella 

1  11  Depntato  D'Ondes  Reggio  ,  come  leggesi  negli  Atti  vfficiali  della  Ca- 
mera, n.°  556 ,  enumero  22  tra  monasteri ,  convent!  e  chiese  occupate  vio- 
lentemente ,  volte  a  uso  di  caserme,  di  carcere  ed  ancor  di  stalla ,  nella 
sola  Palermo  ;  ed  acceso  di  ginsta  indignazione ,  esclamo  :  «  1  piii  di  quei 
luoghi  si  sono  occupati,  neanche  colle  vane  formalita  del  Decreto,  ma  cosi 
a  capriccio  di  chi  eomanda  in  Palermo,  o  meglio  di  chl  ha  la  forza  di  occu- 
pare...  Si  e  occupato  per  occupare.  E  poi,  o  Signori,  chi  ha  dato  la  facolta 
di  occupare  le  chiese  ,  di  mutarle  in  stalle?  Chi  poteva  concedere  e  chi  ha 
conceduto  di  profanarle?  »  Tal  facolta  fu  couceduta  da  quell'  autorita  me- 
des'ma,  che  legittimo  1'usurpazione  violenta,  con  modi  bestiali  e  crudelissi- 
mi ,  di  piu  centinaia  di  monasteri  di  sacre  verglni  gittate  in  mezzo  alia  stra- 
ta dalla  forza  pubblica,  od  ammucchiate  alia  rinfusa  in  misere  catapecchie, 
o  di  poveri  frati  deportali  a  capriccio  dei  Prefetti.  Nell'  Unita  cattolica,  del 
28  Aprile,  ed  in  quella  degli  11  Maggio  si  reco  una  lista  d'oltre  a  cento  no- 
vanta  di  queste  case  religiose,  confiscate  cosi  dal  1862  in  qua,  a'servigi 
della  setta,  che  giuro  lo  sterminio  del  Papato  e  del  Cattolicismo,  come  fine 
ultimo  e  neoessario  della  rivoluzione  italiana. 


ci  SIAMO  !  523? 

protezione,  onde  non  sarcbbe  coperto  chi,  invece  di  pigliarsela  colla 
maesta  di  Dio ,  se  la  pigliasse  invece  conlro  1'  infimo  dei  cittadinL 
Non  parliamo  di  questo.  Bensi  dell'  empia  e  parricida  legge  che  or 
ora  fu  proposta  alle  Camere  torinesi,  colla  quale  si  decapila  morai- 
mente  il  clero  cattolico ,  impedendone  il  reclutamento  e  la  stessa 
esislenza.  Chi  avrebbe  mai  sognato,  non  che  pensato,  che  in  Italia,  nel 
1864,  quando  ancora  erano  echeggianti  le  grida  con  cui  si  promette- 
va  la  liberta  alia  Chiesa,  si  sarebbe  venuto  a  proporre  in  pubblico 
un  progetlo  di  annientamento  del  clero  cattolico ,  dichiarando  tutti , 
senza  eccezione,  i  cittadini  sottoposti  alia  leva?  Chi  si  sarebbe 
aspettato  che  una  tal  legge  1'  avrebbe  proposta,  non  gia  uno  di  quei 
democratici  pazzi,un  Garibaldi,  unPelruccelli,  un  Mazzini,  dei  quali 
si  conoscono  le  empieta  pubbliche  e  1'  odio  vatiniano  alia  Chiesa  ed 
al  sacerdozio;  ma  uno  di  quei  Ministri  costiluzionali,  moderati,  savii, 
prudenli,  caulelati,  in  una  parola,  simulatori  eipocriti,  che  sogliono 
sempre  lasciar  ai  piu  avventati  di  loro  i  colpi  da  orbo  e  le  pazzie  da 
manicomio? 

Ma  noi  sappiam  bene  com'  e  accaduto  questo.  E  accaduto  perche  la 
moderazione  e  la  prudenza,  onde  cotesti  liberali  piu  accorti  velano  le 
bieche  mire  del  liberalismo,  non  puo,  a  lungo ,  reggere  all'impeto 
interno  del  mal  principio  che  erompe  e  schizza  fuori  all'  impensata 
di  quei  medesiini  che  meno  il  vorrebbero.  II  mal  principio  dell'.odio 
alia  Chiesa ,  che  e  1'  anima  del  liberalismo  di  ogni  generazione  ,  in 
alcuni  e  allo  stato  aperto  e  chiaro  :  e  questi  sono  i  democratici  pazzi, 
che  spavenlano  i  popoli  colle  loro  forsennataggini  e  fan  dire  a  tutti 
nel  loro  segreto :  «  Guai  a  noi  se  capiteremo  alle  mani  di  tali  fur- 
fanli !  »  Ma  in  altri  il  mal  principio  liberalesco  e  nello  stato  latente, 
coperlo  e  verniciato  di  rispetto  all'autorita  della  Chiesa  e  della  mo- 
narchia.  Rispetto  effimero,  -e  vero,  rispetto  di  parole :  ma  che  basta 
ad  allucinare  i  piu,  e  a  far  loro  dire  ingenuamente :  «  Oh  quesli  si 
che  sono  liberali  savii  ed  onesti !  »  Ma  il  diavolo  che  ispira  i  secon- 
di  non  meno  che  i  primi,  talvolta  li  accieca  con  suo  e  loro  danno, 
accadendo  anche  al  diavolo  quello  che  gli  antichi  diceano  di  Giove 
che  a  chi  vuol  male  toglie  il  senno.  E  cosi  accade  talvolta,  che  anche 
i  vecchioni  sperimentali,  gli  Aristidi  del  parti  to,  i  Catoni,  i  Diogeni 
s'  ubbriacano  pazzamenle  al  lieto  aspelto  delle  cose  loro  che  vanno 


521  CISIAMO! 

bene:  e  nella  prosperita  e  nell'  allegria  in  cui  si  trovano,  perdono  la 
prudcnza  appiccicala  loro  per  politica,  e  si  trovano,  senz'  accorger- 
sene,  in  quel  leggero  farsettin  democralico  che  sta  sotto  la  loro  gran 
veste  da  camera  costituzionale.  Fanno  allora  anche  essi  le  pazzie,  e 
dicono  le  corbellerie,  senza  pensare  che  ci  e  chi  li  vede  e  chi  li  ode 
e  fa  suo  pro  delle  loro  avvinazzale  confidenze. 

Cosi  accade  ora  ai  savii  coslituzionali  che  reggono  a  Torino  non 
sappiam  bene  se  la  cosa  pubblica  o  la  privata.  Essi  hanno  perduta, 
come  sarebbe  a  dire ,  la  testa.  Essi  credono  di  esser  ormai  padro- 
ni, e  di  poter  fare  e  dire  a  loro  lalento  senza  tema  di  impediment!. 
Smascherano  percio  ogni  loro  batteria  coperta ,  e  prendono  a  spa- 
rare  i  loro  cannon!  rigati. 

Che  se  Dio  fosse  per  tollerare  ch'essi  avessero  agio  di  farequello 
che  meditano ,  niun  dubbio  vi  ha  che  quel  novantatre  peggiore  del 
primo,  che  gia  fu  annunziato  alia  Chiesa  ed  al  Sacerdozio,  or  sono 
alcuni  anni,  da  uno  dei  giornaletti  massonici  di  Torino,  non  sarebbe 
per  cominciare  tra  non  molto.  E  inutile  1'illudersi.  I  liberal!  sono 
sempre  quelli ;  come  la  Chiesa  parimente  e  sempre  quella.  E  sicco- 
me  il  liberalismo ,  di  natura  sua  e  in  forza  del  suo  esistere ,  lende  a 
distruggere  violentemente  la  Chiesa  e  il  Sacerdozio,  cosi  e  chiaro  che 
la  Chiesa ,  in  questo  secolo  in  Italia ,  come  nel  passato  in  Francia , 
saprebbe,  com'e  sua  natura,  vincere  soffrendo  e  trionfare  nella  per- 
secuzione  e  nel  sangue. 

E  siccome  nel  secolo  passato  la  Francia,  quando,  grazie  alia  ci- 
yilta,  che  anche  allora  si  diceva  moderna,  ed  ai  principii  della  filan- 
tropia  che  si  diceano  allora  inventali,  ed  alia  liberla  che  si  preten- 
deva  allora  creata,  ed  alia  filosofia  che  si  dicea  allora  scoperla;  in 
pochi  anni  era  diventata  uu  covile  di  fiere ,  un  lago  di  sangue ,  un 
paese  selvaggio,  una  nazione  senza  Governo,  senza  leggi,  senza  re- 
ligione  e  senza  civilian ;  siccome ,  diciamo  ,  allora  appunto  apparve 
quasi  prodigiosamente  un  venturiere  che,  per  prima  cosa,  per  poter 
fondar  se  stesso ,  dovette  riaprire  i  tempi!  e  ridonare  la  liberla  alia 
Chiesa :  cosi  non  e  a  dubitare  che  lo  stesso,  in  sostanza,  accadrebbe 
in  Italia,  quando  il  liberalismo  conducesse  questo  giardino  dell'Eu- 
ropa  e  della  Chiesa  a  quel  disertamento  lotale,  verso  il  quale  del  re- 
sto  e  gia  molto  innanzi. 


ci  SIAMO  !  525 

Ma  non  e  a  porre  soltanto  la  fiducia  in  questo.  Giacche,  sebbene  sia 
vero  che,  come  scriveva  teste  in  Roma  un  illustre  prelato  1,  « il  ter- 
ribile  auferetur  non  fu  scritto  per  un  sol  popolo » ,  cionondimeno  non 
€  a  negare  che  la  misericordia  di  Dio  mostra  di  voler  volgere  in  mo- 
do  speciale  i  suoi  occhi  pielosi  sopra  1' Italia  col  concederle,  come  fa, 
un  Papa  si  veggente  e  si  magnanimo,  e  si  fidente  nella  Yergine  SS. 
che  a  Lui  dee  la  defmizione  del  suo  Immacolato  Concepimenlo ,  un 
sacro  Collegio  di  Cardinal!  che,  in  tanti  dei  suoi  illustri  membri,  por- 
ge  gli  esempii  piu  segnalati  all'  Episcopato,  che  lo  segue  e  1'  imita,  di 
foriezza  sacerdotale,  un  clero  si  fermo,  un  popolo  si  pio,  che  in  lanti 
generosi  e  industri  modi  protesta  contro  1'  empiela  de'suoi  tiranni, 
e  lo  spogliamenlo  della  sua  madre  la  Chiesa.  Questo  bene  che  si  va 
facendo  in  Italia  non  essendo  dovuto  che .  alia  misericordia  divina, 
da  indizio  che  questa  intende  coronare  le  sue  misericordie,  compiendo 
e  perfezionando  1'  opera  cominciata ,  senza  far  passare  1'  Italia  per 
quel  naufragio,  dove  la  spingono  i  suoi  ciechi  reggitori,  e  net  quale 
ad  ogni  modo  noi  siamo  certissimi  che  essi  saranno  soli  ad  essere  s 
fra  breve  travolti.  E  bene  se  n'  accorgono  ormai  gli  stessi  liberali, 
i  quali  da  qualche  tempo  paiono  soprappresi  da  uno  spavento  vago  ed 
indistinto.  «  Mori  ( disse  il  Brofferio  nella  Camera  torinese  il  7  di 
Maggio )  mori  in  Italia  la  vita  politica  e  sulle  sue  ceneri  nacque  una 
totale  indifferenza  che  ci  conduce  al  sepolcro.  Siamo  minacciati  dalle 
nostre  divisioni,  dalla  irrisolutezza  dei  Ministri,  dal  disordine  delle 
nostre  leggi,  dallo  scompiglio  delle  nostre  fmanze,  e  piu  d'ogni  cosa 
dallo  sconforto  comune  e  dalla  generate  stanchezza,  che  tutti  sentia- 
mo  e  non  sappiamo  definire.  »  E  il  deputato  Crispi  nella  stessa  tor- 
nata  diceva  :  «  La  freddezza  di  quest'  assemblea ,  1'atonia  dei  Depu- 
tati  mi  danno  1'  immagine  di  una  moltiludme  d'uomini  fermatisi  inert! 
dinanzi  una  bara.  lo  non  vedo  il  cadavere  e  neanche  il  morente,  ma 
ci  sono  tutte  le  apparenze  di  una  morte  che  si  avvicina. »  E  1' Italia 
risponde :  Amen. 


1  Mons.  NARDI  nel  suo  bell'  opuscolo  intitolato:  Ytoita  dell' Imperatore  e 
Imperatrice  del  Messico  al  S  Padre. 


IL  PATRIZIATO  ROMANO 

DI  CARLOMAGNO1 


VII. 

La  giurisdizione  del  Patrizio,  dipendente  dal  Papa. 

Un  altro  caratlere ,  importantissimo  a  notarsi  nella  potesta  e  giu- 
risdizione del  Patrizio ,  si  e,  che  tal  potesta  era  in  tutto  dipendente 
dal  Papa.  Ognuno  intende  a  prima  vista,  che  tale  infatli  esser  do- 
vea,  ne  avrebbe  potuto  essere  altrimenti,  senza  rinegar  se  medesi- 
.ma ;  imperocche,  se  i'  essenza  del  Patriziato  consisteva  nel  difendere 
la  S.  Chiesa  Romana,  ogni  ragion  volea  che  tal  difesa  fosse  subordi- 
nata  innanzi  tutto  al  beneplacito  di  colui,  che  era  per  dritto  divino  il 
Pastore  supremo  di  questa  Ghiesa,  ed  a  cui,  siccome  rie  era  commessa 
tutta  la  cura  e  il  governo,  cosi  apparteneva  in  primo  luogo  il  dovere 
e  con  esso  il  diritto  di  ordinare  sovranamente  tutto  cio  che  risguar- 
dasse  il  manlenimento  e  la  difesa  delle  sue  giustizie.  II  primo  e  na- 
tural difensore  della  Chiesa  Romana  era  il  Papa:  il  Patrizio  doveva 
essergli  aiutatore,  auxiliator ,  opitulator,  come  viene  chiamato  dai 
Pontefici  nel  Codice  Carolino,  ovvero,  come  intitolavasi  lo  stesso  Car- 
lomagno ,  sanctae  Ecclesiae  humilis  adiutor  2 ,  adiutor  in  omnibus 
aposlolicae  Sedis  3.  Qra,  egli  sarebbe  stato  un  aiutatore  ben  tristo 
ed  incomodo,  se  nel  prestare  1' opera  sua,  in  luogo  di  dipendere  dal 
Pontefice,  avesse  preleso  di  governarsi  a  proprio  senno  e  talento :  e 
peggio  ancora,  se  si  fosse  arrogato  di  fargli  da  padrone  in  casa, 
dettargli  la  legge  e  contrastare  o  trasgredire  le  sue  volonta;  cam 
biando  cosi  la  protezione  in  ingiuria,  e  la  difesa  in  usurpazione. 


1  Vedi  questo  volume,  pag.  430  e  segg. 

2  Nel  Capitolare  dell'  anno  789. 

3  Nel  Capitolare  del  769. 


IL  PATRIZIATO  ROMANO  DI  CARLOMAGNO  527 

OKre  di  do,  tal  dipendenza  e  chiaramente  indicata  da  quell'ap- 
pellazione  di  fidelis  beati  Petri,  che  veggiamo  data  dai  Papi  ai  Pa- 
trizii  Carolingi  e  ricevula  da  quest!  a  titolo  di  singolar  encomio,  on- 
de  altamente  pregiavansi.  Qual  fosse  in  quell'eta,  e  poscia  per  tutlo 
il  medio  evo,  il  significato  di  questa  voce  fidelis ,  presa  sostantiva- 
mente,  puo  vedersi  nel  gran  Glossario  del  Ducange  e  nei  monument! 
d'ogni  genere  da  lui  allegati ;  a  noi  qui  basta  recare  la  definizione 
che  il  medesimo  Aulore  ne  arreca,  dicendo:  FIDELIS,  subdilus,  vas- 
sallus,  qui  fidem  suam  domino  obstrinxit,  fidelitatem  iuravit.  In  tal 
senso,  di  sudditi  doe  e  di  vassalli ,  si  trovano  nominati  in  infinite 
carle  e  scritture  i  fedeli  del  Re ,  i  fedeli  dell'  Impero ,  i  fedeli  della 
Ctiiesa  ,  o  di  tal  Vescovo  ,  di  tal  Principe  ,  Barone  ecc.  Ma ,  senza 
uscire  dal  Codice  Carolino,  dove  abbiam  vivo  e  parlanle  lo  stile  che 
allora  correa  tra  i  Papi  e  i  Re  Franchi,  e  dove  ricorre  frequentissima 
questa  voce  di  fidelis;  hi  sempre  vedesi  contenulo  in  tal  voce  un 
doppio  concetto ,  doe  non  solo  di  fedelta  nel  mantenere  promesse  o 
giuramenti  fatti,  ma  di  soggezione  inollre  e  di  obbedienza.  Allorche 
dunque,  nell'  Epislola  XVI  del  medesimo  Codice ,  il  Papa  Paolo  I , 
pregando  Pipino  di  adempire  tutte  le  promesse  fatte  a  Stefano  II,  lo 
chiama  optimus  fidelis  beati  Petri  1 ;  e  quando  Anaslasio ,  nella 
vita  di  Stefano  II,  narra  che  Pipino,  ut  vere  beati  Petri  fidelis,  atque 
Pontificis  obtemperans  monilis  2,  intimo  ad  Astolfo  di  restituire  alia 
S.  Sede  le  occupate  province ;  egli  e  indubitato  esprimersi  con  tal 
vocabolo  non  pure  la  lealta,  ma  eziandio  1'obbe'dienza  che  il  Re  Pa- 
trizio  professava  verso  S.  Pietro  e  verso  il  Pontefice.  Anzi  tale  ob- 
bedienza viene  con  espresse  e  recise  formole  inculcata  da  Stefano  III 
ai  due  figli  di  Pipino  ,  Carlo  e  Carlomanno  ,  cola  dove  ricorda  loro 
T  obbligo  slreltissimo  che  hanno  di  manlenere  verso  la  S.  Sede  e  i 
Pontefici  fidelitalem  et  OBEDIENTIAM  et  illibatam  charitatem  3  ,  e 

1  Peto  itaque  et  deprecor  te,  excellentissime  fill  et  spiritalis  compater, 
atque  per  omnipotentem  Deum  et  corpus  beati  Petri,  cuius  et  OPTIMUS  FIDELIS 
existis,  coniuro  etc.  Epist.  XVI. 

2  ANASTAS.  in  Stephana  H,  num.  246.  Cf.  num.  251. 

3  Recordamini,  peto,  excellenlissimi  filii,  quomodo  vos  fide  dicere  visus 
est  praefatus  vester  dominus  ac  genitor,  promittens  in  vestris  animabus,  Deo 
9t  beato  Petro  atque  eius  mcario  antefato . .  domno  Stephana  Papaef  firmiter 


528  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

cio  in  virlii  del  Patto  speciale  che  sull'  anima  loro  il  loro  genitore 
avea  giurato  a  Stefano  II,  e  che  da  loro  stessi  era  state  gia  piu  volte 
confermato  e  rinnovato ;  di  quel  Patto  cioe ,  per  cui  essi  e  Pipino 
erano  stall  creati  Patrizii. 

Ma,  prescindendo  eziandio  da  queste  ragioni  che  pur  sono  si  evi- 
dent! e  gagliarde,  a  dimostrare  la  dipendenza  della  potesla  patriziale 
dal  Papa  ,  basta  volger  lo  sguardo  al  fatto  storico  ,  cioe  alia  serie 
degli  atti  del  Patriziato  :  i  quali  parlano  in  cio  con  tal  copia  ed  elo- 
quenza,  che  ei  riesce  a  noi  la  piu  strana  meraviglia  a  vedere,  come 
il  Muratori  ed  altri ,  mentre  sono  ili  con  tanta  pena  indagando  fra 
quegli  atti  qualche  raro  e  incerto  vesligio ,  che  paresse  collocare 
1'autorita  del  Patrizio  sopra  quella  del  Papa,  non  si  siano  poi  awe- 
duti  di  quelle  continue  e  apertissime  prove,  ond'  essi  ad  ogni  tratto 
mostrano  I'autorita  del  Papa  soprastare  e  dar  legge  a  quella  del 
Patrizio. 

Primieramente  adunque,  cio  apparisce  dall'  origine  stessa  del  Pa- 
triziato ;  conciossiache,  dall'  una  parte  essendo  certo  e  confessato  da 
lutti,  che  tal  dignita  non  conferivasi  se  non  da  una  potesla  superio- 
re,  anzi  sovrana ;  e  dall'  altra,  come  abbiam  provato  piu  sopra,  es- 
sendo indubilabile  che  i  Caroling!  ebbero  tal  dignita  dai  Papi ;  ne 
segue  di  necessila,  che  anche  la  potesta,  qualunque  ella  si  fosse,  dei 
Palrizii  Garolingi  fosse  derivata  dai  Papi,  e  percio  da  loro  dipenttes- 
se ;  siccome  i  Patrizii  imperiali  doveano  dipendere  dall'  Imperalore, 
appunto  perche  dall'lmperatore  aveano  ricevuto  le  insegne  patriziali. 

In  secondo  luogo,  cotesta  dipendenza  apparisce  nelperpetuo  eser- 
cizio  di  quella  difesa  che  i  Palrizii  doveano  ai  Papi,  e  della  giurisdi- 
zione  qualsiasi  che  a  lei  andava  congiunta.  Nelle  due  spedizioni  che 
Pipino  intraprese  contro  Astolfo  ,  ei  si  governo  interamente  a  senno 

debere  vos  permanere,  ergo,  sanctae  Ecclesiae  FIDELITATEM,  et  omnium  aposto- 
licae  Sedis  ponlificum  OBEDIENTIAM,  et  illibatam  charitatem;  et  postmodwn 
praedecessori  nostro  domno  Paulo  Papae,  eademvos,  una  cum  eodem  vestro 
genitore,  cerium  est  plerumque  per  missos  et  script  a  promisisse ;  et  post  dcces- 
sum  antefati  sanctae  memoriae  patris  vestrif  et  vos  ipsi  saepiustam  per  vestros 
missos  quamqueper  litter  as,  simulque  et  per  Sergium,  fidelisslmum  nostrum 
nomenculatorem,  et  per  alios  nostros  missos  nobls  spopondlstis,  in  eadem  vos 
vestra  promissione,  sicut  genitor  vester,  circa  sanctam  Dei  Eceleslam  et  NO- 
STRAM  FIDELITATEM  esse  perseveraluros.  Epist.  L. 


LI  CABLOMAGNO  529 

del  Papa  Stefano  II,  secondo  lo  special  giuramento  che  ne  avea  falto 
Del  primo  abboccamento  di  Pontigone :  a  posla  del  Papa,  egli  offerse 
ad  Aslolfo  le  coudizioni  di  pace ;  poi ,  rifiutate  queste  dal  Re  longo- 
bardo,  mosse  la  guerra ;  indi,  nel  piii  bello  della  \ittoria,  ne  tronco 
il  corso,  e  contenlossi  di  lasciare  al  vinto  Astolfo  il  regno  :  in  ogni 
cosa ,  secondo  che  espressaraenle  notano  Anastasio  1  ed  i  cronisti 
Franchi  2  ,  seguitando  11  beneplacito  del  Pontefice  che  nel  campo  , 
oppure  da  Roma  ,  dirigeva  le  armi  del  suo  Patrizio.  Ne  allrimenti 
comportossi  Carlomagno  nella  guerra  contro  Desiderio ;  perocche,  e 
ad  intraprenderla  fu  mosso  dalle  islanze  di  Adriano ,  e  nel  condurla 
fino  a  quell'  ultimo  termine  di  schiantare  del  tutto  la  potenza  longo- 
barda  ,  altro  non  fece  che  compiere ,  come  altrove  spiegammo  ,  il 
primo  disegno  di  Stefano  II  e  di  Pipino  ,  rinnovato  ora  da  Adriano. 
E  come  in  quesle,  che  furono  le  prime  e  le  piu  grandi  imprese  dai 
Patrizii  soslenute  in  pro  della  S.  Sede,  cosi  eglino  si  mostrarono  os- 
sequiosi  alia  volonta  del  Papa  in  tutti  gli  atti  seguenti. 

Dal  carteggio  infatti  del  Codice  Caroline ,  come  abbiamo  gia  ac- 
cenuato ,  apparisce  che  il  Patrizio  non  soleva  intervenire  nello  Stato 
romano,  se  uon  invocato?  ed  invocalo,  operava  ogni  cosa  secondo  i 
Yoleri  del  Pontefice:  due  punti  rilevanlissimi  che  fan  toccare  con 
mano  la  dipendenza  del  Patrizio  dal  Pontefice.  I  messi  di  Pipino  e  di 
Carlomagno  venivano  bensi  sovente  a  portare  saluti  e  donativi  al 
Papa ,  ed  a  richiederlo  se  ogni  cosa  procedesse  prosperamenle  ,  se 

1  Qui  (Pippinus)  iureiurando  eidem  beatissimo  Papae  salisfecit,  omnibus 

MANDATIS  EIUS,  El  ADMONITION1BUS  S6S6  tOliS  nisibUS  OBEDIRE  .  .  .  Ut   V6W   beati 

Pelri  FIDELIS,  atque. , .  Ponlificis  OBTEMPERANS  MONITIS,  direxit  suos  missosAi- 
stulfo  . . .  Pippinus  eiusdem  beatissimi  Patris  AVDIENS  ADIMPLENSQVE  ADMOXI- 
T/OA-BM,  Deo  dilectam  pacem  inientes  etc.  ANASTAS.  in  Stephana  II,  num.  243, 
246,  2i8. 

2  Tune  rex  Pipinus  omnem  Ponlificis  VOLUNTATEM  ADDIPLENS  ....  lega- 
tionem  ad  Haistulphum  misit Pipinus  vero  rex  non  poterat  ea  quae  Ro- 
mano Praesuli  promiserat,  nisi  toto  affectu  cum  Dei  auxiiio  adimpleret  etc. 
Annales  Veteres  Francorum ,  presso  il  MARTENE,  Collectio  amplissima  etc. 
T.  V. — Pippinu-irex,  INVITANTE  ATQUE  SUG&ERENTE  Romano  Pontifice,  propter 
iustitiam  beati  Pelri  Apostoli  a  rege  Longobardorum  exigendam,  Italiam 
ingredilur  etc.  EGINHARDI  Annales,  a.  755'. 

Serie  V,  vol.  J,  fasc.  341.  34  18  Maggio  1864. 


530  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

gli  bisognasse  in  nulla  1'aiuto  del  Re  Patdzio;  ma,  quanto  all'intra- 
prendere  cosa  alcuna,  non  moveansi  se  prima  non  ne  veniva  lor  dato 
1'  impulso ,  cioe  falla  la  domanda  dal  Papa :  e  troviamo  bensi ,  cbe 
talora  il  Papa  dovea  replicar  le  istanze,  sollecitare  la  venuta  del  regii 
jnessi ,  spronare  il  Patrizio  al  pronto  ed  efficace  adempimento  delle 
sue  promesse ,  ma  non  veggiamo  mai  che  il  Palrizio  presumesse  di 
precorrere,  dettando  od  imponendo  i  proprii  voleri  al  Papa.  L'inizia- 
tiva  adunque,  come  oggi  dicesi,  cioe  la  prima  mossa  di  tutte  le  im- 
prese  e  di  tulli  gli  atli  spetlanti  alia  tulela  palriziale ,  apparleneva 
al  Papa,  e  da  lui  parliva :  il  Patrizio  non  facea  che  secondare. 

E  siccome  nell'intraprendere,  cosi  anche  nell'eseguire  egli  dipen- 
dea  dal  Papa,  a  senno  di  lui  governando  tulto  1'andamento  deli'im- 
presa.  A  cbiarirsi  di  cio  ,  basta  osservare  il  procedimento  che  te- 
neano  i  regii  messi,  nell'adempiere  1'incarico  loro  affidato  di  rappre- 
sen  tan  li  e  ministri  della  potesta  patriziale.  Essi  aveano  precetto 
espresso  dal  Re  di  regolarsi  in  lutlo  secondo  il  consiglio  el'indirizzo 
del  Papa  1,  a  lui  servendo  pro  exequendis  faciendisque  iustitiis  beati 
Petri  2,  e  generalmente  pro  utilitatibiis  Ecclesiae  3,  in  tal  maniera 
che  potessero  meritare  il  gradimento  di  Dio  e  di  S.  Pietro.  Quindi, 
sopravvenendo  a  caso  qualche  nuovo  affare  ,  fuor  di  quelli  per  cui 
eglino  aveano  avulo  dal  Re  espressa  missione  ,  il  Papa  liberamente 
valevasi  dell'opera  loro  ;  ai  messi  regii  commetlendo  nuovi  incarichi 
eziandio  gravissimi ,  non  altrimenti  che  se  fossero  suoi  proprii  uffi- 

1  Dodo  (missus  Carlomanni  regis),  qui  debuerat  in  sermtio  beati  Petri  et 
nostro  fideliter  permanere,  ipse  e  contrario  animae  nostrae  insidiabatur,  non 
agens  iuxta  id  QUOD  A  suo  EEGE  ILLI  PRAECEPTUM  EST,  IN  SERVITIO  BEATI  PETRI  ET 

HOSTRA  OBEDIENTIA  FIDELITER  ESSE  PERMANSURVM  6tC.  Ep'lSt.  XLVl. —  Qui(miSSi 

regii}  nobis  fideliter  intimaverunt  ea  quae  illis  INIUNCTA  HABUIT  vestra  prae- 
rectissima  regalis  potestas,  ut  SECVNDVM  NOSTRUM  APOSTOLICUM  CONSILIUM,  in 
partibus  Beneventanis,  ila  peragerenl  etc.  Epist.  XCI.  —  Arvino  duciiussiSTis 
qualiter  cum  caeteris  fidelibus  vestris  missis,  ita  OMNIA  COMPLERE  DEBEAT,  SICUT 
DEO  PLACEAT  ET  BEAw  PsTRO  APOSTOio  etc.  Epist.  XGII1.  —  Qui  solerlissimus 
vir  (Itherius]  in  omnibus  SECVNDUM  VESTRAM  NOSTRAMQUE  DECERTAVIT  VOLUNTA- 
TEM,  suique  laboris  constantiam,  iuxta  VT  A  VOBIS  ILLI  PRAECEPTUM  FST,  in  ipsis 
apostolicis  exhibuit  utilitatibus.  Epist.  XL VII.  Cf.  Epist.  XI,  etc. 

2  Epist.  XLVII. 

3  Epist.  XLI. 


DI  CARLOMAGNO  531 

ciali.  Cosi ,  nel  771  ,  trovandosi  in  Roma  il  messo  Ubaldo,  inviato 
da  Carlomagno  pro  ca$teris  causis ,  il  Papa  Stefano  III  non  dubito 
d'inviarlo  a  Ravenna,  perche  aiutasse  i  Legati  pontificii  a  cacciar  da 
quella  Sede  e  condurre  incatenato  aRomal'intruso  Michele;  siccome 
fu  fatto  1.  Che  se  al  Papa  avveniva  talvolta  di  trovare  i  regii  messi 
men  docili  e  pronti  a'  suoi  voleri,  ovvero  poco  zelanti  degl'  interessi 
della  S.  Sede,  ne  scrivea  tosto  al  Patrizio  gravrdoglianze,  pel  man- 
care  che  cosi  facevano  all'  essenzial  debito  della  lor  legazione  2  ; 
siccome ,  pel  contrario  ,  quando  era  di  loro  soddisfatlo ,  non  Irala- 
sciava  di  commendarli  della  lor  fedella  e  solerzia  in  servitio  beati 
Petri  et  nostro  atque  vestro  3.  Inollre  e  da  notare  che,  se  1' opera 
da  loro  richiesta  doveva  effettuarsi  fuor  di  Roma ,  il  Papa  soleva 
loro  aggiungere  i  proprii  rappresentanti ,  e  indi  spedirli  a  com- 
piere  di  comune  accordo  Y  incarico  loro  affidato  4 ;  di  modo  che  i 
luogolenenti  del  Patrizio  non  esercitavano  dentro  lo  Stato  niun  atlo 
di  potesta,  senza  che  V  intervenisse  insieme  1'autorita,  non  solo  del 
Papa,  siccome  primo  e  sovrano  ordinatore  ,  ma  quella  eziandio  del 
ministri  papali :  cosi  appunto  richiedendo  la  natura  dell'  ufficio  pa- 
triziale ,  che  era  di  aiutare  il  Papa  e  prestargli  braccio  forle ,  non 
gia  di  governare  in  luogo  suo ,  e  molto  meno  fargli  da  padrone 
in  casa. 

Quindi  e ,  che  i  messi  del  Re  Patrizio  vengono  frequentemente 
chiamali ,  con  titolo  di  ufficio  insieme  e  di  elogio ,  fedeli  del  Papa , 
non  meuo  che  del  Re ,  nostri  vestrique  fideles ,  fideles  in  servitio 
beati  Petri  et  nostro  atque  vestro  5 ;  imperocche ,  se  per  1'  una  par- 

1  Hucbaldus  a  vestra  directus  regali,  excelleniia  PRO  CAETERIS  CAVSIS,  ab 
eodern  praefato  domno  Stephano  Papa,  per  vestrum  a  Deo  roboratum  regale 
adminiculum,  Ravennam  MISSUS  EST  ,  ut  eumdem  praefalum  Michaelium  inva- 
sorem  ex  ipsa  Ravennate  ecclesia  expelleret,  et  hue  Romam,  tamquam  trans- 
gressorem  sacrorum  canonum,  de ferret.  Epist.  XC1V.  Cf.  ANASTASIO  in  Ste- 
phano III,  num.  283. 

2  Epist.  XLVI,  XC,  XCI,  XCIII. 

3  Epist.  XI,  XLVII,  LIX,  LXXV,  etc. 

4  Epist.  XXIX,  LXIX,  LXXH,  XG1V  etc.  Cf.  ANASTAS.  al  luogo  teste 
citato. 

5  Ilherius. . .  KOSTER  ET  VESTER  SINCERUS  FIDELIS.  Epist.  XLVII.  —  Directs 
avestigio  r eg alis  excellence  vestrae  Ado,  Deo  amabilis  diaconus,  NOSTER  VE- 


532  IL  PATRIZIATO  ROMANO 

te  essi  doveano  ubbidienza  e  fedella  al  Re  die  li  inviava,  ubbidien- 
za  e  fedelta  dovean  pure  al  Papa  in  cui  servigio  erano  mandati ;  e  se 
II  loro  Re  medesimo,  come  Patrizio,  professavasi  fedele  di  san  Pietro 
e  del  Papa,  tan  to  piu  tal  titolo  di  soggezione  poteva  darsi  ad  essi  che 
venivano  a  rappresenlarlo  appunto  siccorae  Patrizio.  E  qui  giova 
nolare  una  differenza ,  che  per  avventura  parra  tenue,  ma  pure  non 
e  di  tenue  significato  in  questa  maleria.  Laddove  i  raessi  regii  nel 
Codice  Caroline  sono  spesso  chiamati  fedeli  del  Papa ,  benche  non 
fossero  civilmente  suoi  sudditi;  ivi  non  leggesi  mai  che  i  messi  pa- 
pali,  spediti  in  Franeia,  siano  chiamati  fedeli  del  Re;  quantunque, 
come  suddili  pontificii ,  avessero  anch'  eglino  un  cerl'obbligo  di  fe- 
delta verso  il  Patrizio ,  secondo  che  abbiamo  da  principio  spiegato. 
Ora  qual  puo  essere  la  ragione  di  tal  differenza?  Se  ben  si  mira, 
non  puo  allcgarsene  fondatamenle  altra  che  questa:  tra  il  Papa  e  il 
Patrizio,  per  tutto  do  che  spettava all' ufficio  patriziale ,  cioe  alia  di- 
fesa  della  S.  Sede  e  dello  Stato  romano,  correa  la  relazione  di  su- 
periore  e  suddito ,  di  Sovrano  e  ministro  ;  dunque  i  rappresentanti 
del  Papa  non  poleano ,  come  tali ,  appellarsi  con  niun  titolo  che  in- 
dicasse  dipendenza  dal  Patrizio;  laddove  i  rappresentanti  del  Patrizio 
non  sol  poteano ,  ma  doveano ,  appunto  perche  tali ,  professare  di- 
pendenza dal  Papa. 

Alle  prove  fin  qui  arrecate  per  mostrare  come  la  potesta  del  Pa- 
trizio fosse  dipendenle  dal  Pontefice,  un  ultimo  argomento  aggiun- 
geremo,  tratto  dai  limit!  a  lal  potesta  prescritti.  Ma  e  da  avvertire 
Innanzi  tratto  ,  che  la  giurisdizione  patriziale  ,  nel  primo  conferirla 
e  nel  successivo  confermarla  die  i  Papi  fecero  ai  Re  Franchi ,  non 
ebbe  mai  un  codice  espresso  di  regole  che  piu  o  men  precisamente 
ne  determinasse  le  attribuzioni  e  i  confini :  tutlo  inchiudevasi  in 
quella  formola  generate ,  di  difendere  e  proteggere  in  ogni  caso  di 

STERQUE  FIDELIS.  Epist.  LXVII.  —  Euntcs  apud  Savinense  territorium  NOSTRL 
VESTRIQVE  FIDELISSIMI  MISSI,  videlicet  filius  nosier  Ittierius  venerabilis  abbas, 
sen  Maginarius  religiosus  capellanus  etc.  Epist.  LXIX.  —  Verum  FIDELEX 
ipsum  ( Georgium  Episcopum )  VESTRVM  NOSTRVMQUE  reperientes,  nimis  eum  vo- 
lis  commendari  poscimus  etc.  Epist.  LXXV.— Dum  nobis  praesentati  fuissent 
Ipsi  missi  vestri,  HDELES  IN  SERVITIO  beati  Petri  et  NOSTRO  ATQUE  VESTRO  repe- 
rlmus  etc.  Epist.  LIX.  Cf.  Epist.  XLYI,  etc. 


DI  CARLOMAGNO  533 

bisogno  la  Chiesa  e  lo  Stalo  di  S.  Pietro;  la  qual  formola,  come 
oguun  vede ,  lasciava  un  -vasto  e  indefinite  campo  all'  interpretare 
fin  dove  polesse  stendersi ,  nei  casi  pratici  e  cencreti ,  il  braccio  e 
Taulorita  del  Patrizio.  Quindi  non  era  difficile  ad  accadere  che  que- 
sli ,  o  per  soverckio  zelo  o  per  qualsiasi  altro  motivo ,  trascorresse 
talora  al  di  la  del  convenevole  e  pretendesse  d'  inlerporre  la  potesla 
palriziale ,  dov'ella  non  era  richiesta.  Ma  in  tal  caso  1'autorita  del 
Pontefice ,  come  legge  viva  e  perenne  ,  interveniva  tosto  a  raffrena- 
re  dentro  i  giusti  suoi  limiti  il  Patrizio;  e  questi,  che  in  quell'au- 
torila  riconoscea  la  prima  fonte  e  la  norma  sovranadella  potesla  pa- 
triziale,  non  esitava  punto  ad  obbedire. 

Abbiamo  di  cio  un  insigne  esempio ,  allorche  Carlomagno  verso 
il  789,  per  mezzo  del  suo  messo  Ermenberto,  offerse  a  Papa  Adria- 
no  un  Commemoralorium  ossia  Memoriale  sopra  1'  elezione  dell'Ar- 
civescovo  di  Ravenna;  in  cui ,  allegando  il  caso  dell'elezione  di  Leo- 
ne, fattasi  gia  coll'  intervento  del  regio  messo  Ubaldo,  parea  conchiu- 
dere ,  dover  egli ,  come  Patrizio  ,  sempre  intervenire  co'  suoi  messi 
in  colali  elezioni.  Ma  il  Papa,  nella  cortese  lettera  che  gli  mando in 
risposta  1 ,  facilmente  lo  chiari ,  cio  esser  contrario  alia  consuetu- 
dine  fin  qui  tenuta  sotlo  Pipino  e  sotto  lui  medesimo,  ed  alia  liberta 
dell'elezione  che  doveasi  lasciare  intera  al  clero  e  al  popolo  di  Raven- 
na ;  il  fatto  d'  Ubaldo  essere  stato  un'eccezione ,  per  lo  straordinario 
bisogno  che  allora  v'era  di  abbattere  lo  scisma  dell'  intrusoMichele; 
del  resto ,  non  porgesse  facile  orecchio  alle  male  lingue  che  cerca- 
vano  di  mettere  dissapori  tra  lui  e  la  S.  Sede;  e  si  persuadesse, 
non  esservi  persona  al  mondo ,  a  cui  stesse  maggiormente  a  cuore 
I'onore  del  suo  Patriziato  2  ,  fuori  del  Pontefice.  Alle  quali  «rimo- 
stranze  non  e  dubbio  che  Carlomagno  non  siasi  prontamente  acche- 

1  Epist.  XCIV. 

2  Itaque  vestram  suadentes  regalem  excellentiam  quaesumus,  ut  linguas 
dolosas  quae  adversus  sanctam  Romanam  Ecclesiam  garrire  simulant,  procul 
dubio  longe  a  vobis  respuantur,  et  nullo  modo  us  Iniquls  et  dolosis  credere 
iubeatis,  quia,  sicut  in  commonitorium  (innanzi  lo  chiama  commemoratorium) 
Ulud  referebatUTj  PRO  HONOEE  VESTRI  PATRICIATUS  nullus  homo  esse  videtur  in 
mundo,  qui  plus  pro  vestra  regali  excellentia  decertare  moliatur  exaltatione, 
quam  nostra  apostolica  assidua  deprecalio  etc.  Ivi. 


S3 4  1L  PATBIZIATO  ROMANO 

tato ;  giacche  non  si  trova  niun  indizio  ch'  ei  promovesse  mai  piu 
cotesta  pretendenza ,  e  d'altro  lato  si  sa  ch'  egli  seguito  a  mantenere 
col  Papa  perfetto  accordo  di  amicizia  e  di  figlial  devozione.  II  Mura- 
tori  in  questa  pretensions  di  Carlomagno  y  di  aver  mano  nell' elezio- 
ne  dell' Ar civ escovo  di  Ravenna ,  vide  un  indizio  della  sua  Sovrani- 
ta  nell'  Esarcato  1 :  noi  al  contrario  vi  scorgiamo  una  doppia  pro- 
va  della  sua  patriziale  dipendenza  dal  Papa :  in  prima ,  perche  Car- 
lo non  oso  intromettersi  nell'elezione ,  senza  fame  innanzi  tratto  la 
proposta  al  Papa ,  quasi  da  lui  aspettandone  la  facolta ,  do  che  noo 
avrebbe  fatto ,  e  non  facea ,  per  niuna  diocesi  di  Francia  o  di  Lom- 
bardia,  dov'egli  era  indubitatamenleSovrano;  epoi,  perche  alia  ri- 
sposla  negativa  del  Papa  incontanente  si  arrese ,  ben  sapendo  che 
al  solo  Papa  apparteneva  il  defmire  fin  dove  giungessero  i  diritli  del 
Patrizio  nello  Stato  di  S.  Pietro,  e  che  a  niuno  meglio  che  al  Papa 
doveva  essere  raccomandalo  il  manlenimento  delle  prerogative  e  de- 
gli  onori  proprii  del  Patriziato  da  lui  in  pro  della  Chiesa  istituHo. 

Del  rimanente,  la  quislione  dei  limiti  della  potesta  patriziale  non 
diede  mai  gran  briga  ai  Pontefici  di  quell'  ela.  La  generosa  e  since- 
rissima  devozione  dei  primi  Re  Caroling!  verso  la  S.  Sede  lenne 
lontano  quel  pericolo,  che  pur  suol  essere  si  frequente  nei  gran  Po- 
tenlali,  di  valicare  i  confmi  del  diritlo,  abusando  della  materiale  po- 
tenza,  e  di  cangiare  la  ostentala  protezione  in  vera  signoria ,  se  non 
anco  in  oppressione.  Certo  e  che  tra  i  Re  Patrizii  eiPapidurosem- 
pre  streltissimo  accordo;  che  Pipino  e  Carlomagno  si  mostrarono 
sempre  riverenti  e  docili  airautorita  del  Pontefice,  in  lulto  cio  spe- 
cialmenle  che  riguardava  1'ufficio  patriziale;  che  niun  liligio  di  po- 
testa tra  il  Patrizio  e  il  Papa  sorse  mai  a  intorbidare  la  loro  armo- 
nia;  e  se  talora  sorse  un  dubbio,  e  con  esso  un  lontano  principio  di 
controversia  in  tal  punto  ,  una  parola  del  Papa  basto  a  dissiparlo  e 
spegnerlo  in  sul  primo  nascere,  siccome  abbiam  veduto  nell'esempio 
teste  addolto.  II  qual  esempio,  dobbiamo  aggiungere,  eforse  1'uni- 
co  che  siasi  dato  in  tutta  la  sloria  di  quel  Patriziato  ;  e  certamenle  e 
Tunico  di  cui  ci  sia  rimasta  memoria,  se  pure  non  vuolsi  riferire  a 
simil  caso  quello  di  cui  parlasi  in  un'  altra  Epistola  di  Adriano  a 

1  Annali  d' Italia,  a.  794. 


DI  CARLOMAGNO  535 

Carlo  i ,  dove  il  Papa  novamente  assicurando  11  Re  ,  esser  egli  con- 
servalore  gelosissimo  dell'onore  del  suo  Patriziato,  e  pregandolodi 
non  far  niuna  novita  nell'olocausto  gia  offerto  da  Pipino  e  da  lui  me- 
desimo  a  S.  Pietro,  senabra  alludere  a  qualche  abuso  di  potesta,  in 
cui  certi  malevoli  della  S.  Sede  studiavansi  di  condurre  il  Re  Patri- 
210 :  del  che  ci  accadra  di  parlare  piu  stesamente  altrove. 

Da  qualunque  lato  pertanto  si  risguardi  la  potesta  del  Palrizio,  o 
nella  sua  origine ,  o  nell'atto  e  nel  modo  dell'esercitarsi ,  o  nei  limit! 
che  le  erano  prescrilti ,  ella  sempre  apparisce  in  aspetto  di  potesta 
dipendente  dal  Papa,  ovvero,  oome  allri  chiamanla,  di  polesta  de* 
legata.  Nel  tempo  stesso,  1'altro  suo  carattere,  che  abbiamo  sopra 
spiegato  ,  di  potesta  straordinaria ,  ordinata  solo  a  difendere  nei  ca- 
si  di  bisogno  i  dominii  della  S.  Sede ,  non  gia  a  governarli,  dimo- 
stra  essere  lontanissimo  dal  vero,  che  mediante  il  Patriziato  avessero 
i  Re  Franchi  la  Prefettura  ossia  il  governo  di  Roma  e  del  Ducato 
romano ,  o  delle  altre  province  di  S.  Pietro. 

I/  uno  e  J'altro  poi  di  questi  due  caratteri  essenziali  di  tal  potesla, 
assolutamente  esclude  la  sentenza  di  coloro  che  ripularono ,  i  Re 
Franchi  aver  posseduto,  in  virtu  del  Patrizialo  romano,  1'alto  domi- 
nio,  o  la  Sovranita  sia  di  Roma,  sia  deU'Esarcalo,  o  di  qualsivoglia 
parte  dello  Stato  pontificio.  Laonde,  a  confutare  1'opinione  di  tal  So- 
vranila,  non.sarebbe  d'uopo  aggiunger  sillaba  alle  ragioni  gia  da 
noi  arrecate.  Siccome  nondimeno  cotesta  opinione ,  per  T  autorita  e 
il  numero  degli  scrittori  che  la  favorirono,  ha  otlenulo  si  gran  forza 
nelle  menti  di  molti,  che  non  e  facil  cosa  lo  sradicarla  di  primo  trat- 
to;  e  poiche  in  essa  e  riposlo  1'  error  capilale  in  questa  materia;  non 
crediamo  superfluo  1'  indugiarci  a  confutarla  ancor  direltamente,  re- 
cando  in  mezzo  nuovi  argomenti  a  provare ,  che  ai  Re  Patrizii  per 
niuna  guisa  appartenne  siffatta  Sovranita ,  e  che  il  vero  ed  unico 
Sovrano  di  Roma  e  di  tutto  lo  Stato  di  S.  Pielro,  nei  tempi  del  Pa- 
triziato ,  altri  non  fu  che  il  Ponteflce. 

1  Sed  quaesumus  vestram  regalem  potentiam  NULLAM  NOVITATEM  IN  HOLO- 
CAUSTVM,  quod  beato  Pelro  sanctae  recordationis  genitor  vester  oblulit  et  ve- 
stra  excellentia  amplius  confirmavit,  imponere  satagat ;  quid,  ut  fati  estis, 
aoNOR  PATRICIATVS  vESTRi  a  nobis  irrefragabiliter  conservator ,  etiam  et  plus 
amplius  honorifice  honoratur  etc.  Epist.  XCVIIL 


1  PRINCIPII  DELL'  OTTANTANOVE 

ESPOSTI   ED  ESAMINATI1 


Nell'  Agosto  dello  scorso  anno  prendemmo  ad  esporre  ed  esami- 
nare  i  soprascritti  Principii ;  e,  nel  cominciare  quella  traltazione,  di- 
chiarammo  le  ragioni,  che  ce  1'aveano  persuasa.  In  cinque  articoli, 
dei  quali  1' ultimo  fu  pubblicato  nel  Novembre  dello  slesso  anno,  si 
potea  dire  condotto  quasi  al  termine  quel  lavoro,  tanlo  che  con  al  phi 
due  altri  articoli  avrebbe  esso  potuto  avere  il  debito  compimento.  Nei 
dodici  paragrafi,  in  che  quegli  arlicoli  erano  divisi,  fu  stabilito,  quei 
Principii  doversi  trovare  nella  Dichiarazione  dei  diritti  dell  uomo, 
proclamata  dall' Assemblea  francese  del  1789  ,  e  di  quella  si  reco  il 
testo ;  fatte  poscia  alcune  considerazioni  generali  sopra  quel  famoso 
documento,  se  ne  esamino  il  prearabolo,  e  quindi  si  venne  a  discu- 
tere  il  corpo,  diciamo  cosi,  della  Dichiarazioue  stessa,  avendo  1'  oc- 
chio  piu  alle  materie ,  che  vi  sono  definite ,  che  non  ai  diciassette 
articoli,  in  cui  essa  e  divisa.  Cosi  fu  certato  della  naturale  liberla 
ed  uguaglianza  degli  uomini ,  del  fine  della  societci  civile ,  e  dei  di- 
rilti,  che  in  quella  competono  al  cittadino;  della  resistenza  all' op- 
pressione;  del  principio  di  ogni  sovtanita,  voluto  costituire  nella 
nazione;  della  natura  della  liberta;  di  qualche  parte  buona  che  in 
quel  documento  si  trova  e  della  sua  pratica  sterilila;  del  potere  le- 
gislativo  attribuito  esclusivamenle  alia  nazione;  e  da  ultimo  della  li- 

1  Vedi  questa  Serie  V,  vol.  VIII,  pagg.  438  e  segg. 


i  PRINCIPII  DELL'  OTTANTANOVE  ESPOSTI  ED  ESAMINATI        537 

berta  di  coscienza,  sottintesa  nell'articolo  decimo.  A  questo  termine 
condotta  quell'esposizione  e  quell'esame,  non  vi  restava,  che  il  trat- 
tare  della  liberta  del  culti  e  della  stampa,  asserite  enlrambe  come 
diritti  natural!  dell'uomo,  in  quello  stesso  articolo  decimo  e  nel  se- 
guente;  ed ,  oltre  a  cio ,  del  pregio  e  del  bisogno  delle  Costituzioni 
scritte,  menzionati  nel  decimosesto. 

Ma  quest'  ultima  parte  dovett'  essere  tiifferita  d'uno  in  altro  qua- 
derno  fino  al  presente ;  e  cio  non  tanto  per  materie  piii  rilevanti  che 
ci  stringessero  (che  appena  se  ne  saria  potuto  trovare  altra  piii  rile- 
vanle  di  questa) ,  quanto  perche  le  sopravvenute  essendo  spesso  se 
non  identiche,  almeno  molto  analoghe  colla  trattazione  dei  Principii 
dell'89,  dall'accoppiarle  nei  medesimi  quaderni  avrebbe  sofferto 
quella  variela  di  soggetti,  a  cui  pure  bisogna  avere  riguardo  nell'or- 
dinare  un  Periodico.  Da  un' altra  parte  quell' analogia  medesima 
avendoci  obbligato  a  traltare  appunto  di  quei  soggetti,  che  restava- 
no  al  compimento  di  quelle  prime  trattazioni ;  e  vogliamo  dire  la 
liberta  dei  culli  e  della  slampa,  ed  il  pregio  delle  Costituzioni  scrit- 
te; noi,  senza  ricordarlo  nel  titolo,  si  puo  dire  che  sustanzialmente 
avevamo  compiulo  quel  lavoro,  sopra  del  quale  non  avremmo  poluto 
rifarci,  senza  ripetere  le  cose  gia  delte.  Oltre  a  cio,  lo  scrivere,  che 
da  tanti  in  questi  ultimi  mesi  si  e  fatto  sopra  un  tale  soggetto  1,  ren- 
deva  ogni  giorno  piu  agevole  un  ravvicinamento  dalla  parle  di  al- 
euni  egregi  e  benemeriti  Cattolici,  i  quali  sembravano  intorno  a 
quelli  non  portare  giudizii  abbastanza  accurati;  anzi  puo  dirsi, 
ehe  il  ravvicinamento  sia  quasi  interamente  seguito  a  rispetto  di  un 
loro  gruppo,  per  zelo  di  religione  e  per  merito  di  dottrina,  forse  il 
piu  ragguardevole.  Le  nSbili  parole,  onde  gli  scrittori  del  Corre- 
spondant  ban  chiuso  il  loro  quaderno  del  passato  Aprile,  sono  vera- 

1  Ne  scrisse  pure,  brevemente  si,  rta  molto  accnratamenle,  e  con  singo- 
lare  chiarezza  ed  esattezza  d'  idee  il  P.  Francesco  Kestens  d.  C.  d.  G.  in  un 
suo  opuscolo  intitolato:  La  liberte  des  cultes  et  le  droit  de  I'Eglise.  Louvain 
1864.  Raccomandiamo  la  lettura  di  questo  libretto  di  non  piu  che  32  pagine 
(citiarao  la  seconda  edizione  aumentata)  a  quanti  desiderano  vedere  quanto 
agevolmente  chi  ha  perspicacia  e  buona  fede  puo  conciliare  gl'immortali 
ed  eterni  principii  della  verita  colle  mutabili  contingenze  dei  tempi. 


538  1  PRINCIPII  DELL"  OTTATMTANOVE 

mente  degne  di  una  rettitudine,  che  s'ispira  dalla  religione,  e  la  loro 
leale  docilita  nel  volersi  attenere  agl'insegnamenti  della  Chiesa  e  alte- 
stata  da  una  espressione,  dalla  quale  non  si  potea  meglio  significare 
quale  dev'  essere  il  contegno  di  un  Cattolico  a  rispetto  delle  cosi  det- 
te  liberta  moderne.  Lamenlando  essi  come ,  in  un  caso  particolare, 
alia  Chiesa  si  dinegava  quella  liberta,  che  pur  si  concede  ai  suoi  ne- 
mici,  soggiungorio  queste  n6tevolissime  parole :  Cosi  da  qualnnque 
lato  noi  ci  voltiamo,  la  liberta  e  il  RIMEDIO,  che  noi  Iroviamo,  e  la 
quale  noi  SIAMO  RIDOTTI  ad  esigere  pel  ciltadino ,  come  per  la 
Chiesa  1.  Oltimamente  detto!  Quelle  liberla  non  sono  che  un  rime- 
dio,  al  quale  alcune  contrade  sono  ridotte  a  dovere  avere  ricorso ! 
Questo  e  precisamente,  secondo  il  veder  nostro,  il  concetto  cattolico 
romano  delle  liberta  moderne ;  e  quando  si  stia  fermo  a  questo  car- 
dine,  accettandone  le  legitlime  illazioni,  non  vi  puo  essere  piu  pe- 
ricolo  di  dissenso. 

Tornando  ora  alia  trattazione  inlorno  ai  Principii  dell'  89  secondo 
1'aspetto  scientifico  (che  secondo  il  pratico  \i  rimane  mollo  a  dire, 
e  forse  ne  diremo),  essa  potea  tenersi  per  finila.  Tuttavolta  restava 
sempre  acceso  un  debilo  verso  dei  nostri  lettori,  tra  i  quali  non  e 
mancato  chi  ce  ne  ricordasse  genlilmeiite  1'  adempimenlo ;  e  noi,, 
che  ne  abbiarno  lanti  altri  verso  di  loro,  vogliamo  almeno  satisfare- 
a  questo.  Perlanto  in  due  articoli,  partiti  in  quattro  paragrafi,  com- 
piremo  Tintramesso  lavoro,  esaminando,  come  sopra  fu  detto,  le 
liberla  dei  culti  e  della  stampa,  il  pregio  ed  il  bisogrio  delle  Costitu- 
zioni  scritte,  e  nell' ultimo  aggiungendo  qualche  considerazione  ge- 
nerate, che  si  raccoglie  dalla  esposizione  e  dall'  esame  di  quei  Prin- 
cipii. Che  se  ci  avverra  di  ripetere  cose  dfclte  da  non  gran  tempo,  ci 
con.fidiamo  che  le  spiegazioni  date  siano  per  baslare  ad  iscusarcene. 


1  Ainsi  de  quelque  cote  que  nous  nous  tournions,  c'est  la  liber te  que  nous 
tronvons  pour  remede,  et  que  nous  sornmes  reduits  a  reclamer  pour  le  ci~ 
toy  en  comme  pour  I' Eg  Use. 


ESPOSTI  ED  ESAMINATI  539 

XIV. 

Delia  liberta  religiosa  o  del  cnlti  sottintesa  nelF  articolo  decimo 
delta  Dichiarazione  del  diritti  dell'uomo. 

Traitando  Del  paragrafo  precedente  della  liberta  di  coscienza,  in- 
(endevamo  bene ,  die  la  pienezza  di  quella  avrebbe  richiesta  qual- 
<jhe  cosa  di  piu,  che  non  e  il  semplice  manifestare  la  propria  ade- 
sione  coll'  intelletto  e  colla  volonta  a  cio  che  si  e  conosciuto  per  ve- 
ro,  ed  a  cio  che  si  vuole  abbracciare  per  bene.  Perciocche  potendo 
la  coscienza  detlare,  siccome  dovere,  1'  esercitare  con  alti  esterni  la 
religione  che  si  professa ;  in  queslo  caso  quella  liberta  si  deve  esten- 
dere  fino  al  diritto  di  non  essere  irapedito  in  quell'  esercizio ;  ne  ci 
e  atemere  che  questo  turbi  1'ordine  esterno  stabilito  dalla  legge,  non 
si  potendo  supporre,  che  un  culto  legittimo  faccia  contraslo  ad  un  le- 
gitlimo  ordinamento  civile.  Noi  pertanto  crediamo,  che  questa  se- 
conda  liberla,  che  potrebbe  dirsi  religiosa  e  suol  chiamarsi  dei  cul- 
It,  sia  alquanto  diversa  dalla  semplice  liberta  di  coscienza;  se  pu- 
re non  voglia  dirsi  che  quella  prima  include  questa  seconda ,  e  le 
aggiunge  non  pure  la  manifestazione  per  atti  esterni  diversi  dalla 
sola  parola ,  ma  eziandio  qualche  cosa  di  comune  e  di  sociale :  es- 
sendo  manifesto  che  la  liberla  di  coscienza  si  puo  rispettare  o  lede- 
re  anche  in  un  solo  uomo  individuo,  e  per  avventura  non  si  potreb- 
be altrimenli,  essendo  la  coscienza  cosa  essenzialmente  individuale; 
laddove  la  liberta  religiosa  o  dei  culti  suppone  una  religione  gia 
costituita  comechessia,  ed  un  culto  che  possa  pubblicamente  prali- 
sarsi:  cose  che  richieggono  multiplicila  di  persone  e  condizione  in 
certa  maniera  sociale  e  comune.  Ma  sia  che  si  voglia  della  distin- 
zione  Ira  quelle  due  maniere  di  liberta  ,  noi  per  amore  di  chiarezza 
abbiamo  giudicato  meglio  traltarneseparatamenle;  quantunque  spes- 
so  1'  una  non  si  soglia  scompagnare  dall'  altra  negli  scritti  di  coloro, 
che  in  questi  ultimi  tempi  ne  hanno  discorso. 

Ora  se  per  la  libert&  di  coscienza  vi  e  un  senso,  nel  quale  essa  e 
lanto  propria  della  Chiesa,  che  questa,  stata  la  prima  ad  averla  ve- 
ramente  ed  universalmente  introdotta  nel  mondo ,  la  novero  sempr6 


510  i  PRINCIPII  DELL'  OTTANTANOVE 

tra  le  piu  nobili  e  pure  sue  glorie ;  non  puo  dirsi  lo  stesso  di  quella 
dei  culli,  la  quale  nella  supposta  multiplicita  di  questi  acchiude  neces- 
sariamente  qualche  cosa  di  condannevole  e  di  assurdo.  Non  ignoriamo 
come  intorno  a  quella  vi  sono  dispareri  non  lievi  dalla  parte  di  Catto- 
lici  molto  benemeriti  della  Chiesa,  e  per  altri  capi  ragguardevoli ;  ma 
forse  se  si  va  al  nucleo  vivo  della  controversia,  si  trovera  che  per  pa- 
recchi  il  disparere  e  piu  di  forma,  che  di  sustanza:  quantunque,  per 
la  dilicatezza  somma  della  materia,  il  non  tenere  abbastanza  1'  occhio 
a  questa  distinzione  puo  schiudere  la  via  ad  errore  non  lieve,  che  si 
fa  poscia  origine  di  pericolose  inclinazioni.  II  quale  nostro  pensiero 
si  fara  chiaro  osservando,  come  nel  Iraltare  la  quistione  della  liberta 
dei  culti ,  dagli  uni  si  considera  questa  per  se  medesima ,  in  modo 
teoretico,  assoluto  e  quasi  astratto,  prescindendo  dalle  speciali  con- 
dizioni, ond'essa  uei  casi  particolari  puo  essere  giustificata :  dagli 
altri  si  considera  in  modo  pratico ,  relative  e  concrete  ,  facendo  il 
precipuo  fondamento  in  quelle  speciali  condizioni,  che  dai  primi  non 
sono  per  nulla  considerate.  Qual  niaraviglia  pertanto  che,  movendo 
da  cosi  diversi  principii ,  si  riesce  a  conseguenze  non  pur  diverse 
tra  loro,  ma  contrarie  e  conlradditorie?  Cosi,  per  un  modo  di  esem- 
pio ,  se  voi  considerate  il  cibo  a  rispelto  della  vita  animale  per  se 
medesima ,  senza  verun  riguardo  ad  aggiunti  accidenlali ,  in  cui  un 
animale  individuo  puo  versare,,  voi  dovete  di  necessita  conchiudere, 
il  cibo  essere  cosa  alia  vita  animale  convenientissimo,  ed  anzi  indis- 
pensabile  per  mantenerla.  Ma  se  voi  scendete  ad  un  individuo  par- 
ticolare  in  dato  tempo,  in  tal  luogo,  e  circondato  dalle  tali  e  tali  al- 
Ire  condizioni,  puo  avvenire  caso  di  trovarlo  affetto  di  tali  aggiunti, 
che  per  esso  il  cibo  sarebbe  veleno ;  tantoche  a  mantenere  la  vita , 
non  vi  sarebbe  altro  mezzo ,  che  1'  astenersene.  Non  e  dunque  una 
sofisticheria  da  permalosi  moralisti  quella  distinzione  della  cosa  con- 
siderata  o  in  se,  o  nei  casi  particolari:  essa  e  anzi  nella  presenlc 
materia  quasi  il  tutto  della  controversia,  la  quale  si  vedrebbe  per  av- 
ventura,  non  che  risoluta,  ma  sparita,  tanto  solo  che  si  volesse  par- 
lar  preciso,  edeterminare  accuralamenle  il  soggelto  di  cui  si  tratta. 
II  non  farlo,  e  peggio  ancora  il  non  volerlo  fare,  non  serve^ad  al- 
tro ,  che  a  crescere  la  confusione  e  fomentare  dissensi  tra  persone , 


ESPOSTI  ED  ESAMINATI  541 

le  quali,  per  servigio  della  causa  sanlissima  che  difendono,  come  sono 
di  un  cuore  solo,  cosi  dovrebbero  essere  di  im  solo  labbro.  E  fosse 
questo  il  solo  danno  che  da  quella  confusione  si  deriva ! 

Cosi,  per  ragione  d'  esetnpio,  chi  perorando  la  causa  della  liberta 
dei  culli,  espressamente  ed  iterataraente  dichiarasse,  da  lui  non  con- 
siderarsi  quella  liberta  per  se  medesima  nella  condizione  assoluta 
della  societa  e  nel  suo  stato  ,  come  dire  ,  normale ;  lui  non  volerla 
fare  da  teologo  o  da  filosofo  teoretico,  ma  essere  semplicemente  po- 
litico e  storico ,  che  esamina  le  opportunita  praliche  dei  tempi  e  dei 
luoghi,  e  del  merito  delle  fatte  provvisioni  giudica  dalle  opporlunita 
individuali  e  dagli  effetli ,  che  ne  sono  narrati  dalla  storia  od  alte- 
stati  dair  esperienza ;  chi ,  diciamo ,  cio  dichiarasse  ,  o  noi  non  ve- 
diamo  nulla,  o  con  una  tale  dichiarazione  non  verrebbe  per  questo 
capo  a  dipartirsi  dagl'  insegnamenli  della  Chiesa.  Perciocche  que- 
gl' insegnamenli  riguardano  appunto  la  quislione  per-se  medesima, 
nelle  condizioni  assolute  e  normali  della  societa ,  come  si  considera 
dai  leologi  e  dai  filosofi  teoretici.  Purtutlavia,  sebbene  egli  sarebbe 
in  qualche  modo  nel  suo  diritto,  omettendo  quel  lalo  assoluto  e  specu- 
lative della  quistione,  per  atteriersi  unicamente  al  relative  ed  al  pra- 
tico ;  non  e  men  vero  pero  che  il  primo  e  propriamente  lo  scien- 
tifico,  il  dottrinale  ,  quello  che,  riguardando  1'  intima  ragione  della 
cosa,  costituisce  quella  immobilita  ed  invariabilila  del  sapere,  la  qua- 
le  lo  rende  veramente  scientiflco.  Ne  ometteremo  di  osservare,  come 
quell' atlenersi  streltamente  al  lato  pralico  della  quislione,  senza  vo- 
lere  o  levarsi  phi  alto,  o  penelrare  piu  addentro,  potrebbe  farsi 
principio  di  un  errore  non  lieve,  dai  quale  il  medesimo  pregio  della 
verila  parlicolare  sarebbe  non  mediocremente  offuscato  e  quasi  che 
non  dicemmo  tradotto  ad  essere  errore.  Perciocche  la  considerazione 
dell'  in  lima  ragione  della  cosa  rivelandovi  cio  che  e  perfetto  e  con- 
forme  alia  divina  ordinazione ,  o  ,  come  dicono  ,  ideale ;  voi ,  con 
esso  innanzi  alia  mente ,  intendete  toslo  quello  a  cui  dovete  ten- 
dere ;  e  se  per  la  necessila  delle  cose  non  vi  avverra  di  "giunger- 
vi ,  voi ,  fermandovi  al  di  qua ,  vi  reslerete  come  chi  accelta  o  sce- 
glie  un  male  minore ,  e  se  volete  ancora  un  bene  relative.  Laddove 
trasandando  1'  ideale  e  1'assolulo ,  voi  correte  rischio  di  tenere  come 


542  i  PRINCIPH  DELL'  OTTANTANOVE 

otlimo  per  se  medesimo  cio ,  che  appena  puo  dirsi  bene  in  ragione 
delle  circostanze :  nel  che ,  oltre  all'  errore  ?  che  e  sempre  un  male 
dell'  intelletlo,  occorre  eziandio  il  grave  inconveniente  di  perdere  di 
vista  la  vera  perfezione ,  alia  quale  ogni  operante  ragionevole  deve 
mirare.  A  noi  non  sembra  vero  cio  che  alcuni  sogliono  affermare  ; 
che  cioe  quell'  ordine  di  cose,  che  noi  diciamo  perfelto  ed  assolulo , 
sia  per  tutto  ed  in  ogni  sua  parle  obliterato  ,  e  molto  meno  che  sia 
impossibile  il  vederlo  mai  rislorato.  Ma  fosse  pur  cosi ,  cio  non  to- 
glierebbe  un  apice  all'  intrinseca  sua  verita  e  rettitudine  ;  ed  il  vo- 
lerlo  o  far  cadere  dalla  memoria  od  attenuare  nella  stima  dei  con- 
temporanei ,  sarebbe  oltraggioso  alia  verila  non  meno,  che  ai  nostri 
antichi,  e  per  poco  non  ci  condurrebbe  ad  amare  e  desiderare  la  ma- 
lattia  per  amore  del  rimedio :  e  vogliamo  intendere  quelle  pubbliche 
alterazioni,  che  c'  imposero  la  dura  necessita  di  diparlirci  se  non  da 
cio  che  essi  insegnarono,  almeno  da  cio  cbe  essi  praticarono. 

Queste  considerazioni ,  da  noi  gia  falte  altre  volte  nel  trattare  ma- 
terie  analoghe  a  questa,  si  renderanno  via  piu  chiare  dall'applicar- 
le,  che  faremo,  alia  liberta  dei  culti ;  e  per  meglio  ottenerlo  com- 
prenderemo  tutto  in  due  proposizioni ,  le  quali  colla  possibile  brevi- 
ta  dimostreremo.  La  prima  riguardera  la  cosa  perse  medesima,  se- 
condo  la  sua  ragione  assoluta  ed  uuiversale ;  il  quale  modo  per  noi 
e  principalissimo,  capitale  e  quasi  il  tutto;  e  benche  sia  da  alcuni 
egregi  Gallolici  in  vero  studio  prelerito,  siamo  riondimeno  sieuri  che 
essi  non  inconlrerebbero  alcuna  difficollaad  aramellerlo.  La  seconda 
riguardera  la  cosa  nella  pratica  applicazione  a  tempi  particular!  ed  a 
parlicolari  contrade,  la  quale  e  la  maniera  in  cui  solamenle  da  quei 
medesimi  scriltori  suol  essere  considerata  ;  e  da  quella  si  vedra,  che 
noi  ammeltiamo  senza  difficoHa  cio  che  da  loro  si  afferma ,  se  solo 
se  n'  eccettui  quel  soverchio  magnificare  che  talvolta  si  fa,  gli  effetti 
.salulari  di  una  prowisione,  che  sarebbe  sempre  la-menlabile  nelle  ca- 
gioni  che  la  rendono  necessaria,  e  le  quali  da  nessuna  preziosila  di 
effetti  potranno  mai  essere  giustamente  compensate. 

PROPOSIZIONE  PRIWA.  La  liberta  dei  culti,  considerata  per  se  me- 
desima  e  prescindendo  dalle  peculiari  condizioni  di  tempi  e  di  paesi 
deter minati,  e  assurda  per  cio  che  suppone,  ed  e  antisocial  per  cio 


ESPOSTI  ED  ESAMINATI  543 

che  produce;  e  perb  non  pub  mai  riputarsi  bene  assoluto,  e  molto 
meno  pub  desiderarsi  e  procurarsi  siccome  tale. 

Benche  non  ne  sia  lo  scopo  unico ,  come  volea  la  Dichiarazione , 
e  certo  uffizio  precipuo  dell'Autorita  civile  1'assicurare  a  tulti  i  citta- 
dini  1'esercizio  legiltimo  dei  loro  diritti,  tutelandoli,  quando  uopo 
e ,  della  sua  prolezione ,  sicche  da  altri  non  ne  siano  impediti  od  in 
qualunque  altro  modo  disturbati.  Ora  nessuno  neghera  tra  quei  di- 
ritli  noverarsi  anche  quello  di  esercitare  un  culto  prescritlo  e  rego- 
lato  dalla  religione,  die  i  component*  una  societa  civile  hanno  libe- 
ramente  abbracciata ;  e  se  il  Governo  ha  il  dovere  di  proteggermi , 
sicche  non  mi  sia  impedito  d'andare  a  spasso,  o  di  comperare  e  ven- 
dere  cio  che  mi  garba,  non  si  vede  perche  non  debba  fare  lo  stesso, 
affine  die  non  mi  sia  tolto  di  riunirmi  con  pochi  o  molti,  come  piu 
mi  talenta,  a  pregare  in  un  tempio,  o  a  sentirvi  una  predica,  a  par- 
tecipare  ad  un  rito,  ed  anche  a  celebrare  una  processione  per  le  con- 
trade.  Ne  vale  il  dire  che  il  Governo  non  se  ne  briga,  non  se  ne 
inescola.  Se  non  se  ne  briga  e  non  se  ne  mescola  esso ,  me  ne  bri- 
go  e  me  ne  mescolo  io ,  che  ho  verissimo  diritto  di  non  patire  offesa 
per  questo  capo  nientemeno ,  che  per  gli  altri ;  ed  a  questo  mio  vero 
diritto  risponde  un  dovere  non  meno  vero  nel  Governo-  Certo  negli 
stessi  Stati  gia  Uniti  di  America,  dove  lo  Stato,  piu  che  in  qualunque 
altra  conlrada  del  mondo  ,  si  professa  straniero  a  tutto  cio  che  si  at- 
tiene  a  religione,  quella  protezione  e,  almeno  in  diritto,  stabilita  co- 
me parte  del  pubblico  ordinamento ;  e  benche  nei  casi  minori ,  mas- 
sime  a  riguardo  dei  Cattolici,  molto  spesso  non  se  ne  faccia  niente, 
Ti  sono  tuttavia  delle  circostanze,  in  cui  si  fa  e  si  fa  davvero.  Sup- 
poslo  pertanto  che  in  una  societa  si  professi  universal  menle  il  Cat- 
tolicismo  ,  ivi  la  liberta  non  dei  culti ,  ma  del  culto  sara  un  vero  ed 
imprescritlibile  diritto ,  che  solo  per  somma  iniquita  polra  essere 
dinegato ;  ed ,  oltre  a  cio ,  il  conferire  quel  dirilto  ad  altri  culli ,  e 
peggio  a  tutti  i  culti ,  sara  oltraggio  solenne  alia  societa  stessa,  e 
nel  Governante  non  potra  essere  effetto ,  che  di  una  di  queste  due 
cagioni ;  e  se  ne  trovaie  una  terza ,  yogliate  essere  cortesi  di  signi- 
ficarcela.  0  cio  sara,  perche  esso  crede  vere  tutte  le  religioni,  il  che 
torna  quasi  al  medesimo,  che  a  non  crederne  nessuna;  ed  allora  ci 


i  PRINCIPII  DELL  OTTANTANOVE 

si  dica,  come  un  cosi  enorme  assurdo,  nella  mente  del  Governante, 
si  possa  fare  principio  di  ordine  e  di  giuslizia  nelle  relazioni  tra  i 
governati.  0  cio  avverra,  perchc  esso,  credendone  una  sola  vera  e  le 
altre  false ,  giudica  noridimeno ,  che  tulle  debbano  essere  tratlale 
ad  un  raodo  ;  ed  allora  \'  allribuire  i  medesimi  dirilti  alia  verila  ed 
all'errore  ci  pare  assurdo  se  non  piu  grave,  cerlo  piu  manifestamcn- 
te  ingiuslo  del  non  distinguere  1'  uno  dall'altra.  Ed  e  si  prepotente 
il  senlimento  di  una  tale  ingiustizia ,  che  ivi  medesimo ,  dove  la  li- 
bertadei  culti,  anche  non  circoscrilta  esplicitamentc  aisoli  culti  cri- 
stiani,  e  passata,  in  forza  dell'arlicolo  decimo  M\a  Dichiarazionc , 
nel  diritto  comune ,  non  si  consentirebbe  1*  esercizio  pubblico  del 
Maometlismo  o  della  Idolatria ;  e  noi  non  sappiamo  che  in  Parigi , 
esempligrazia,  anche  tra  le  vertigini  della  piu  sbrigliata  licenza,  sia 
stata  mai  innalzala  una  Moschea  od  un  Pagode. 

Ecco  dunque  qual  e  la  verila ,  secondo  che  si  raccoglie  dalla  in- 
tima  ragione  delle  cose ,  quali  dall'Ordinalore  supremo  furono  co- 
stituite ,  e  senza  riguardo  agli  element!  disordinati ,  che  dalla  igno- 
ranza  o  dalla  malizia  umana  vi  possono  essere  stati  introdotli.  La 
religione  vera  non  e ,  non  puo  essere  ,  che  una  per  tutto  il  genere 
umano:  poslalato  che  da  nessuno  mai  fu  rccato  in  forse,  prima  che 
1'  ipercritica  alemanna ,  colla  sua  filosofia  dell'  identita ,  facesse  la 
pellegrina  scoperta,  che  le  asserzioni  piu  disparate,  come  I'afferma- 
zione  e  la  negazione ,  Y  essere  ed  il  non  essere ,  possouo  accoppiarsi 
otlimamente  nell' apprensione  deir  intelletto  medesimo.  Quando  dun- 
que quell'unica  religione  vera  si  professa  da  tutta  una  societa,  da  go- 
vcrnanti  e  da  governati ,  quelli  hanno  il  dovere  di  tutelare  a  qucsti 
quel  sommo  dei  beni ;  e  quesli  hanno  alia  lor  volta  il  dirilto,  che 
quel  bene  venga  loro  tutelato,  senza  che  alcuno  possa  mai  arrogarsi 
la  facolta  di  comunque  introdurvi  e  praticarvi  un  culto ,  il  quale , 
contrario  a  quella  ,  od  anche  solo  diverso  da  quella ,  pero  solamenlc 
sarebbe  illegittimo ,  eriuscirebbe,  oltre  a  cio,  gravemente  pregiu- 
diziale,  scomunando  la  comunanza,  come  dicevano  i  noslri  anlichi, 
e  rendendo  principio  di  dhisioue  quel  fondamento  d'  ogni  umana 
convivenza,  il  quale,  appunlo  dal  religare  che  fa  gli  animi,  fu  det- 
to  meritamente  Religione.  Pero  dicemmo  che  quella  talc  liberta, 


ESPOSTI  ED  ESAMINATI  515 

oltre  agli  assurdi  die  presuppone,  e  essenzialmente  anlisociale ,  per 
le  division!  che  introduce  e  fomenta. 

No  accade  lasciarsi  mollo  commuovere  dalle  fosche  dipinlure,  che 
si  fanno,  dei  disconci  che  possono  venire  e  spesso  sono  verwti  alia 
Chiesa ,  dalle  protezioni  governalive.  Se  a  rigetlare  una  verita  pra- 
lica  bastasse  mostrare  un  incomodo  anche  grave  che  se  ne  puo  deri- 
vare,  forse  delle  tante,  ond'  e  regolata  la  vila,  non  resterebbe  in  piedi 
pure  una  sola.  Nessuno  piu  di  noi  lamenta  e  detesta  gl'indegni  pro- 
cedimenli  di  non  pochi  Potentati  anche  cattolici,  i  quali,  sotto  pre- 
testo  di  proteggere  la  Chiesa,  la  vollero  rendere  serva,  dando  ai 
popoli  uno  scandalo  ,  e  togliendo  loro  un  freno  soave  ed  efficacissi- 
mo ,  fino  a  portarne,  in  ultima  conclusione  ,  essi  pei  primi  i  panni 
laceri  e  la  vita  pesta.  Ma  per  quanto  si  vogliano  gonfiare  o  spremere 
quelle  violenze  governative ,  non  se  ne  cavera  mai  una  mentila  alia 
dottrina  che  insegna,  ottima  condizione  di  una  societa  essere  quella, 
in  cui  tulti,  rettori  e  relti,  professando  la  religione  medesima,  i  pri- 
mi nei  limit!  del  ragiorievole  e  del  giuslo ,  assicurano  ai  secondi  la 
protezione  necessaria,  perche  le  parti  esteriori  della  religione  stessa 
possano  debitamente  esplicarsi  e  prosperare.  Che  se  i  danni  venuti 
dall'  abuso  di  un  tale  sistema  si  possono  noverare,  sono  per  contrario 
innumerabili  ed  ineslimabili  i  vantaggi,  che  dall'uso  regolato  di  quel 
sistema  colse  1'Europacristiana;  in  quanlo  tulto  cio,  che  costituisce 
il  patrimonio  della  sua  vera  civilta,  e  dovuto  a  quello. 

SECONDA  PROPOSIZIONE  :  La  liberta  dei  cidti,  a  rispello  delle  pecu- 
liari  condizioni  di  un  dato  popolo,  pbtendosi  considerare  come  un  ' 
lene  relativo,  non  m  e  alcuna  difficolla,  che  essa  sia  conceduta  e 
guarentita  anche  da  governanti  cattolici. 

E  potremo  essere  mollo  brevi  a  dimostrare  questa,  per  la  quale 
non  sappiamo  di  avere  avversarii  che  la  neghino ;  e  pero  anzi  che 
dimostrarla,  che  sarebbe  un  predicare  ai  converliti,  bastera  dichia- 
rarne  in  pochi  tratli  il  valore.  Ora,  come  allrove  fu  gia  da  noi  con- 
siderato,  nelle  cose  morali  nulla  e  piu  frequente  di  questo,  che  una 
massima  per  se ,  in  universale  evidente  e  giuslissima ,  si  debba  o 
trasandare  o  modificare  notevolmente  a  riguardo  di  particolari  cir- 
coslanze ,  che  ne  accompagnano  nel  caso  concrete  1'  applicazione. 
Serie  V,  vol.  Xf  fasc.  341 .  35  23  Maggio  1864. 


546  i  PRTNCIPII  DELL'  OTTANTANOVE 

Ponete  esempio  la  correzione  paterna :  qual  cosa  piu  legiltima  ,  piu 
ragionevole  di  questa  ?  E  pure  in  quanti  casi  la  prudenza  suggerisce 
cd  impone  ancora  al  padre  di  differire,  di  temperare  in  parte  e  forse 
eziandio  di  omettere  una  correzione,  della  quale  avrebbe,  fuori  di 
quelle  circostanze,  il  diritlo  ed  il  dovere?  Per  Ian  to,  supposto  che  in 
una  societa  abbia  gia  avuto  luogo  quella  scissura  religiosa,  per  cui 
ancora  evitare  noi  dicemmo  illecita  la  liberta  dei  culti,  puo  benissimo 
avvenire,  che  1'autorita  civile  prevegga  mali  assai  maggiori  nel  di- 
negvarla,  che  nel  concederla ;  puo  sperare  eziandio  qualche  vantaggio 
non  isprezzabile  da  quella  concessione,  sia  coll'  ammorbidire  ammi 
esasperati,  sia  coll'ottenere  ai  Cattolici  quella  condiscendenza  che  si 
pratica  coi  dissidenti.  In  questi  casi  e  indubitato  che  quella  liberla 
puo,  non  che  lecitamente,  molto  lodevolmente  consentirsi ;  e  si  e  con- 
sentita  di  fatto  coir  assenso  della  stessa  Chiesa ;  la  quale,  riprovan- 
dola  pure  e  condannandola  per  se  medesima,  ha  permesso  tuttavia 
che  1'Episcopato  francese  ed  il  belga  giurassero  fedelta  alle  rispel- 
tive  Costituzioni  dei  loro  paesi,  nelle  quali  quella  e  espressamenle 
stabilita. 

E  dicemmo  bene  stabilita  come  una  provvisione  conveniente  a 
quella  determinata  contrada ;  non  come  un  diritto ,  che  si  conferisse 
all'errore,  o  che  universalmente  si  riconoscesse  inlui;  talmente 
che  quella  liberta  non  e  propriamente  altro ,  che  una  tolleranza , 
la  quale  si  crede  spediente  di  praticare  cogli  erranti :  i  quali ,  sia 
colle  Costituzioni  giurale,  sia  con  patli  espressi ,  sia  con  prescrizio- 
ni  lunghe  o  consuetudini ,  che  pigliarono  forza  di  leggi ,  vi  possono 
acquistare  un  vero  diritto.  Quando  cio  sia  avvenuto,  nessuno  rivoco 
inai  in  dubbio,  che  i  Cattolici  in  generale,  ed  i  Governi,  e  qualnnque 
altra  autorita  sacra  o  profana  abbiano  dovere  di  rispetlare  quel  di- 
ritto acquisito,  salvo  la  condizione  generale,  che  si  appone  al  mante- 
nimenlo  di  tutli  i  diritti;  che  cioe  non  si  trasmodi  nell'  esercitarli,  o 
che  dat  loro  esercizio  non  ridondi  danno  grave  ed  evidente  al  comune. 
Ne  sono  altro  che  prette  calunnie  o  sospizioni  arbitrarie  quelle  voci, 
che  jialla  bieca  malevolenza  si  mandano  attorno;  die  cioe  i  Cattolici, 
danclo  vista  di  essere  content!  della  liberla  dei  culti,  dove  hanno  poche 
aderenze  e  piccole  introduzioni,  ne  diverrebbero  distruggitori,  come 
prima  si  fossero  fatti  padroni  del  cam po.  No!  torniamo  a  dire :  sono 


ESPOSTI  ED  ESAMINATI  517 

prette  calunnle  e  gratuile  sospizioni ;  e  ci  pare  eke  noi  di  lull'  altro 
possiamo  essere  accusati,  che  di  non  dir  chiaro  il  noslro  pensiero. 
Per  noi  (e  do  valga  di  conclusione)  questa  liberta,  per  se  medesi- 
ma,  simpliciter,  e  un  male  in  quanlo  presuppone  error!  dommalici 
professali  da  molti,  e  lende  a  scindere  un  popolo  in  quello  proprio, 
ehe  piu  di  tiitlo  dovrebbe  contribuire  a  tenerlo  unito ;  e  pero  ci  pare 
un  delilto  di  tradimento  il  volerla  introdurre  quasi  per  forza  tra  po- 
poli  universalmente  cattolici,  dove  non  ha  alcuna  ragione  di  essere, 
se  non  fosse  quella  sdolcinatura  ridicola  della  liberta  pertutti:  mas- 
sima  che  solo  puo  professarsi  da  chi  piu  non  distingue  il  vero  dal. 
falso,  ed  il  bene  dal  male.  Ma  quando  quella  hauna  vera  e  legittima 
ragione  di  essere  ,  quale  per  fermo  e  il  diritto  alia  tolleranza  che  i 
dissidenli  avessero  legalmente  acquistato,  i  Catlolici,  senza  dissimu- 
lare  che  sarebbero  molto  contenti  di  vedere  cessate  le  cagioni ,  che 
legittimarono  un  tale  diritto ,  fmche  quelle  e  questo  rimangono  ,  lo 
rispettano ,  hanno  per  legge  il  rispettarlo ;  ed  e  cosa  per  lo  meno 
puerile  il  mostrarsi  impensieriti  della  possibilita ,  che  essi  abbiano 
niai  ad  esercitare  prepotenze,  uomini  che  in  virtu  dei  loro  stessi  prin- 
cipii  religiosi  sono  obbligati  a  condannare  ogni  genere  di  prepotenza. 


XV. 


Qui  si  cerca  se  la  liberta  della  stampa  sia  un  diritto  naturale 
deir  uomo. 

Come  delia  liberta  dei  culti,  cosi  di  quella  della  stampa  si  posso- 
no  avere  due  mollo  diverse  opinioni :  si  puo  pensare  che  questa  se- 
conda  sia  un  diritto  naturale  deir  uomo,  e  si  puo  considerare  come 
provvedimento  od  istituto  umano ,  che  abbia  il  suo  fondamento  giu- 
ridico  nella  Costituzione  o  nelle  leggi  di  alcuni  speciali  paesi.  I  legis- 
lator! dell'  89  furono  del  primo  avviso ;  ed  avendo  affermato  nell'Ar- 
ticolo  Xt ,  che  la  liber  a  comunicazione  dei  pensieri  e  delle  opinioni 
e  uno  dei  diritti  piu  preziosi  dell'  uomo ;  soggiunsero  loslo  :  e  pero 
ogni  cittadino  pub  parlare  ,  scrivere  ,  stampare  liberamente ,  salvo 
il  rispondere,  che  dovra  fare,  dell'  abuso  di  questa  liberta  net  casi 
determinati  dalla  legge. 


548  i  PRINCIPII  DELL'OTTANTANOVE 

Ora,  a  mostrare  1'assurdita  madornale  di  una  tale  affermazione,  a 
noi  pare  die  per  le  persone  assennate  potrebbe  bastare  il  considera- 
re  solamente  come,  dalla  invenzione  della  slampa,  fino  a  quell'  anno 
1789,  die  vuol  dire  per  ollre  a  tre  secoli,  diquel  diritto  imprescrit- 
tibile  dell'  uomo  nessun  uomo  avea  ayuto,  non  che  pensiero  di  riven- 
dicarlo,  neppure  T  idea  di  possederlo.  E  cosi.se  il  mondo  ha  aspet- 
talo  tanto  tempo  per  accorgersene  ,  fino  a  doverne  essere  ammonito 
daU'Assemblea  costitucnte  di  Franda,  do  potrebbe  servire  d'indizio 
non  ispregevole,  che  quel  diritto  naturale  veramente  non  vi  e ;  in  caso 
diverse  dovremmo  supporre  possibile,  che  un  bel  giorno  da  qualche 
altra  assemblea  ci  siano  rivelali  altri  noslri  dirilli  nalurali,  di  cui  il 
genere  umano  non  ha  avulo  fin  qui  alcun  sospetto.  Che  se  alia  boria 
forsennata  di  quei  Costituenti  si  addiceva  bene  la  pretensione  di  farsi 
scopritori  di  nuovi  diritti  natural!;  qualunque  uomo  d'intelletto  deve 
rimanere  stomacato  alia  superba  presunzione  di  chi  s'immagina,  che 
un  diritto  naturale  dell'  uomo  sia  stato  per  si  lungo  tempo  tra  le  na- 
zioni  cristiane  disconosciuto  e  conculcalo ,  e  sia  tutlora  in  qualche 
contrada ,  alia  quale  solo  i  barbari  (e  fosse  pure  di  Parigi  e  di  Lon- 
dra)  possono  dare  1'appellazione  di  barbara. 

Da  un'  altra  parte  se  si  considera  1'  intrinseca  natura  della  cosa  ? 
non  solo  non  si  trovera  alcuna  ragione  naturale  di  quel  diritto  ;  ma 
si  trovera  precisamenle  il  contrario.  Ed  a  qual  fondamento,  se  il  ciel 
vi  salvi,  vorreste  voi  appoggiarlo?  Voi  sicuramente  non  ricorrerete 
alia  facolta  naturale  di  parlare,  la  quale,  disdplinala  dall'arte  e  dal- 
1'uso,  diviene  facolta  di  scrivere  e  di  multiplicare,  come  che  sia,  gli 
esemplari  delle  proprie  o  delle  altrui  scritture.  Perciocche  allora,  pel 
medesimo  titolo,  dalla  facolta  naturale  che  ha  Tuomo  di  trattar  colic 
mani  ogai  maniera  di  oggetli  material!,  si  potrebbe  fnferire  in  lui  il 
diritto  naturale  di  portare  le  armi ;  e  pure  do  e  quasi  sempre  dalla 
legge  disdelto  ,  e  solo ,  con  grandi  restrizioni  ed  in  cerli  casi  soli , 
a  sole  certe  persone  e  consentito.  Per  tan  to  la  verila  e  che,  essendo 
la  stampa  un  mezzo  artificiale  e  potentissimo  per  la  diffusione  della 
parola  parlata  o  scrilla;  la  natura  inlomo  ad  essa  non  ci  dice  nullay 
non  determina  nulla ,  se  non  fosse  queslo ,  che ,  enlrando  nella  con- 
dizione  generate  di  tulti  gli  strumenti  arlificiali ,  puo  servire  ugual- 
mente  al  male  ed  al  bene ;  e  come  la  coscienza  impone  all'  uomo  indi- 


ESPOSTI  ED  ESAMINATI  549 

\iduo  il  dovere  di  non  servirsene  pel  male,  cosi  1'autorila  sociale  ha 
il  dirilto  di  ordinarne  1'uso  per  modo,  che  esso  non  riesca  pregiudi- 
cievole  al  bene  comune,  a  cui  TaiUorila  stessa  e  preposta.  Ne  a  spe- 
cular vi  sopra  quanto  vogliate  ,  voi  troverete  una  ragione  inlrin- 
seca,  la  quale  valga  a  dimostrare ,  cio  potersi  fare  con  provvisioni 
repressive,  che  puniscano  il  male  gia  fatto;  non  potersi  con  preven- 
tive, che  impediscano  il  male  che  verosimilmente  sara  fatto.  E  forse 
che  la  medesima  Dichiarazione  non  ci  fornisce  quanto  basta  per  pro- 
vare,  che  quel  diritto,  anche  in  sua  sentenza,  non  vi  e?  Essa  stabili 
nell'articolo  quarto,  la  liberta  consistere  nel  poter  fare  tulto  cib  che 
non  nuoce  ad  altrui,  ed  aggiunse  nel  decimo,  la  manifestazione  del- 
le  proprie  opinioni  poter  essere  impedita  dal  potere  civile,  ogni  qual 
yolta  lurbasse  1'ordine  pubblico  stabilito  dalla  legge.  Ora  essendo  per 
se  evidenle  che  la  stampa  nuoce  talora  ed  anche  non  leggermente  ad 
altrui,  e  che  per  essa  si  lurba  spesso  1'ordine  pubblico  stabilito  dalla 
legge;  ne  seguita  per  filo  di  logica  che ,  anche  in  sentenza  della  Di- 
chiarazione ,  la  liberta  della  stampa  non  puo  essere  un  diritto  natu- 
rale  non  soggetto  a  costringimenti  di  alcuna  sorta.  Ne  vale  il  dire  che 
si  puo  riparare  al  danno,  e  che  gli  uomini  possono  essere  ritratti  dal 
farlo  per  mez^o  delle  pene.  Lasciamo  stare,  che  in  quesla  materia,  il 
danno  e  quasi  sempre  irreparabile ,  e  talora  la  troppa  foga ,  che  si 
reca  nel  volerlo  riparato,  non  serve,  che  ad  aggravarlo;  ina  le  pene 
medesime  potrebbero  non  bastare;  e  ad  ogni  modo  un  legislatore  po- 
tra  riputare  che  a  rispetto  del  popolo,  a  cui  e  data  la  legge,  sia  con- 
siglio  piu  prudente  1'  impedire  in  qualche  modo  che  il  male  abbia 
luogo ,  che  non  il  puniriie  1'  autore ,  quando  lo  ha  gia  avuto.  Ed  in 
tutto  questo  lorniamo  a  dire ,  non  e  possibile  scoprire  pur  1'  ombra 
di  lesione  ad  un  diritto  naturale  e  imprescritlibile  dell'  uomo. 

Messo  dunque  da  banda  questo  diritto  naturale,  inventato  dall'As- 
semblea  costituente,  ripeluto  dalle  due  altre  che  con  piccoli  intervalli 
(1791 ,  1193)  la  seguitarono ,  per  regalare  nuove  Costiluzioni  alia 
Francia,  e  copialo  da  quanti  altri  moderni  Statuti  furono  fabbricati  in 
Europa;  noi  diciamo  senza  piu,  che  inlorno  alia  liberta  della  stampa 
non  si  puo  fare  che  una  quislione  di  opportunity  come  si  pratica  a 
rispelto  di  tutte  le  cose,  le  quali,  appunto  perche  non  sono  dalla  na- 
tura ,  non  possono  avere  1'  invariabilita  di  lei ,  e  sono  pero  soggette 


550  i  PRINCIPII  DELL'  OTTANTANOVE 

a  variare  secondo  le  diversissime  circostanze,  a  cui  debbono  essere 
applicate.  E  considerate  sotto  quesio  rispelto,  noi  non  diremo  quella 
liberla  essere  per  se  illecita  ,  com'  e  per  se  medesima  illecita  quella 
del  culli.  Ma  nel  fatto  questa  liberta  di  stampa  non  puo  essere  giu- 
stiilcata  se  non  da  tali  circostanze  che ,  negandosi  quella,  rechereb- 
bero  mali  maggiori.  Ma  dell'  essere  cotesta  concessione  appropriata 
a  casi  special!,  si  fa  manifesta  1'assurdita  di  chi  ne  vorrebbe  fare  una 
condizione  universale  delle  sociela  moderne,  per  questo  solo  che  sono 
moderne. 

Rimanendo  pertanto  nella  generalita  dei  principii ,  osserviamo  in- 
ollre  come  dalla  di  versa  maleria ,  in  cui  puo  la  slampa  adoperarsi , 
si  deve  raccogliere  una  differente  dottrina  intorno  alia  liberta  del  va- 
lersene.  Perciocche,  quando  tra  popoli  cattolici,  e  per  qualche  rispet- 
to,  si  potrebbe  dire  semplicemente  cristiani,  la  stampa  si  aggira  in- 
iorno  a  materie,  che  per  diretto  o  per  indiretto  si  atlengono  alia  Reli- 
gione ,  la  Chiesa  ha  diritlo  e  dovere  d'  intervenirvi ,  per  ragione  piu 
intima  e  piu  ampia,  che  non  e  quella,  per  cui  lo  Stato  vi  puo  entrare  ; 
cssendo  tutte  le  ragioni  dello  Stato  circoscrilte  a  lutelare  1'  ordine 
chile  e  politico.  Non  cosi  la  Chiesa,  il  cui  ministero  consiste  prin- 
cipalmente  nell'  insegnare  ( docete  omnes  gentes) ,  e  la  quale  ha 
ricevuto  a  questo  effetto  un  deposito  doviziosissimo  di  verila  dom- 
matiche  e  morali,  dalla  cui  conservazione  dipende  la  conservazione 
medesima  della  sua  vita  nel  mondo.  Come  poi  le  e  stato  com- 
messo  T  uffizio ,  cosi  gliene  e  stato  conferito  il  mezzo  eflicace  e  si- 
euro  neir  autorita  di  definire  infallibilmente  tutte  le  controversie , 
che,  intorno  alia  Fede  ed  al  costume,  col  succedersi  dei  secoli ,  sa- 
rebbero  potule  occorrere.  Che  se  a  lei-  e  stato  conferito  da  Dio  il 
diritto  di  un  tale  insegnamento ,  segue  di  necessita  che  ai  fedeli  sia 
stalo  imposto  il  dovere  di  uniformarsi  a  quello ,  sotto  pena  di  diven- 
tare  straniero  a  lei :  velut  elhnicus  el  publicanus.  Noi  non  ci  dimo- 
riamo  a  dimostrare  questi  principii  elementari  e  diremmo  quasi  di  ca- 
techismo,  perche  scriviamo  per  lettori  cattolici ;  e  piuttosto  ci  vol- 
giamo  a  considerare  come  fino  dai  tempi  aposlolici  quel  diritlo  d'  in- 
segnamento fu  applicato  dalla  Chiesa  alia  proscrizione  ed  alia  con- 
<lanna  di  scritture,  che  ledessero  il  domma  e  la  morale  cristiana.  Del 
quale  uso  si  potrebbe  mostrare,  secolo  per  secolo,  la  pratica  noa 


ESPOSTI  ED  ESAMINATI 

interrolta,  cominciando  dai  libri  super tiziosi,  che  per  S.  Paolo  furono 
falti  bruciare  in  Efeso ,  e  venendo  giu  fmo  ai  libri  proscritli  il  mese 
passato  dalla  Congregazione  dell'Indice,  o  piuttosto  dal  Pontefice 
Romano  per  mezzo  di  quella  Congregazione. 

Finche  gli  scritti  non  si  poteano  diffondere  nel  mondo,  die  pel  lento 
e  dispendioso  ministerodei  copiatori,  parve  che  una  condanna,  che 
seguisse  alia  priraa  pubblicazione  di  un  reo  libro ,  poless'essere  suf- 
ficienle  riparo  ad  interromperne  il  propagamento.  Ma  quando  1'  in- 
venzione  della  stampa,  nella  seconda  meta  del  secolo  decimoquinto, 
fece  si  che  la  proscrizione  di  un  reo  libro  saria  stato  tardo  e  scar- 
so  rimedio  al  danno  di  vederlo ,  in  piccolo  tempo,  sparso  a  migliaia 
nel  popolo  cristiano ;  la  sapienza ,  e  diciamo  ancora  la  carita  della 
Chiesa,  riunila  nella  Sinodo  Tridentina ,  ordino  quella  previa  cen- 
sura, la  quale,  stabilita  allora  universal mente -per  la  stampa  ,  fu 
per  oltre  a  due  secoli  la  sola  disciplina ,  a  cui  questa  fosse  sotto- 
messa.  Ne  i  Cattolici  se  ne  potevano  gravare,  ne  infalli  vi  e  memoria 
che  se  ue  gravassero,  procedendo  quella  da  un'autorita,  che  essi 
medesimi,  nelle  materie  dottrinali,  tenevanoper  competente,  e  dalla 
cui  censura  ne  la  dignita  di  uomo,  ne  1' indipendenza  di  scrittore 
portava  offesa  quanto  che  piccolissima ;  se  pure  e  vero,  che  la  Fede 
e  perfezione,  non  avvilimento  dell'  intelletto.  Ma  quando  1'  autorita 
civile  dal  solamenle  dar  valore  alle  prescrizioni  ecclesiastiche,  di- 
retle  piu  ai  tipografi  ed  ai  librari,  che  non  agli  autori,  passo  a  con- 
fiscare  la  censura  previa  a  proprio  profitto;  allora  si  videro  in  alcuni 
paesi  quelle  esorbitanze,  che  tanto  contribuirono  a  farla  pigliare  in 
uggia ,  e  delle  quali  la  Chiesa  non  deve  in  nessuna  maniera  star  pa- 
gatrice.  Inlanto  quelle  prescrizioni  tridentine  non  essendo  state  rivo- 
cate  giammai,  noi  crediamo  che  siano  tuttavia  in  vigore,  almeno 
per  gli  scritti  che  si  altengono  a  fede  e  costumi,  senza  che  sianvi 
liberta  moderne,  Costituzioni  e  principii  di  ottantanove  o  novanta , 
che  abbiano  potuto  annullarle.  E  di  fatti  noi  vediamo  che  in  tutti  i 
paesi ,  anche  dove  vigoreggia  pienissima  liberta  di  stampa ,  comu- 
nemente  gli  scrittori  veramente  cattolici  non  pubblicano  libro  sopra 

quelle  materie ,  che  prima  non  ne  abbiano  avuta  venia  dall'  autorila 

ecclesiaslica. 

.'}.';  ::-4  I:l.v  II 


552  i  PRINCIPII  DELL'  OTTANTANOVE 

Noi  inlanto  non  lasceremo  questa  materia,  senza  tornare  un  tralto 
alle  cose  puramenle  umane  e  chili ,  a  rispelto  delle  quali  si  e  mollo 
parlato  dei  vanlaggi  insigni,  che  dalla  liberta  della  stampa  si  pos- 
sono  derivare  al  pubblico  bene.  Si  e  detto  die  quella  e  mezzo  effi- 
cace  per  conoscere  le  universali  inclinazioni,  per  fare  inlendere  ai 
governanti  i  desiderii  ed  i  richiami  dei  popoli ,  per  mettere  all'aper- 
to,  col  sistema  della  pubblicila  ,  gli  abusi  prevalent! ,  e  rendereim- 
possibile,  che  quesli  gettino  profonde  radici  all'  ombra  di  un  segreto, 
che  appena  talora  lascia  conoscerli  a  coloro  che  ne  portano  il  danno. 
In  ogui  caso,  e  sempre  comune  utilita  che  i  soprusi,  le  prepotenze, 
gli  arbitrii  siano  sfolgorali  della  meritata  infamia ;  ed  innanzi  a  que- 
sla  e  quasi  inipossibile  che  gli  autori  di  quegli  eccessi  non  si  veg- 
gano  costrellio  a  rimanersene,  o  a  deporre  un'aulorita,  dal  cui  abuso 
essi  si  veggono  coperti  di  tanta  vergogna.  E  veramente  noi  non  vo- 
gliamo  negare  che  in  tutto  queslo  discorso  sia  una  qualche  parte  di 
vero;  e  ci  pare  che ,  speculativamente  parlando  ,  i  governanti  bene 
inienzionali  potrebbero  raccogliere  molti  ed  utilissimi  lurai  dalla  pub- 
blica  discussione ,  la  quale  si  conducesse  lealmente  e  francamente 
sopra  i  comuni  interessi  da  una  stampa  libera :  e  per  converse  i  go- 
vernanti mal  disposti  vi  potrebbero  trovare  un  freno  all'  esorbitare , 
e  un  salutare  ratlento. 

Notaste  nondimeno?  noi  dicemmo  cio  essere  \wospeculalivamen- 
te  parlando ;  perche  veramente  nella  pratica  la  cosa  va  tutt'allri- 
menti:  e  se  vi  e  caso  ,  nel  quale  si  verifica  1'antico  detto  inventa 
lege,  inventa  fraus,  esso  e  appunto  questo  della  libera  slampa,  or- 
dinata,  come  si  pretende ,  al  freno  ed  al  correggimento  di  un  potere 
arbilrario ,  e  nel  fatto  riuscita  ad  essere  mezzo  allo  sfrenamenlo 
di  un  dispotismo  incorreggibile.  Messo  per  fondamenlo,  che  la  pub- 
blica opinione,  espressa  principalmente  dai  giornali  indigeui  e  stra- 
nieri,  debba  essere  la  regola  di  un  Governo,  che  sia  allivello  col- 
I'altezza  de  tempi  ( per  dirlo  alia  maniera  correnle),  il  Governo,  in- 
vece  di  prendere  a  regola  la  pubblica  opinione ,  penso  sapientemente 
di  farsi  esso  regola  della  pubblica  opinione  ,  manipolandola  a  suo 
modo  ed  a  pubbliche  spese ,  per  mezzo  della  stampa  ofliciosa  ed  ufli- 
ciale  :  invenzione  tulto  moderna,  che  atlesta  in  maniera  luculentis- 
sima  la  dignitosa  indipendenza  di  chi  scrive,  e  la  perspicacia  mara- 


ESPOSTI  ED  ESAMINATI  553 

\igliosa  di  chi  legge.  E  tutto  il  segreto  della  pellegrina  scoperta  di- 
mora  in  questo ,  che  il  Governo  assolda  una  falange  di  libellisti  e 
giornalisli,  i  quali ,  nella  nobile  indipendenza  dei  loro  coscienziosi 
convincimenti ,  hanno  il  carico  di  proporre  e  desiderare  come  otti- 
mo  cio,  che  il  Governo  ha  gia  deliberate  di  voler  fare,  e  di  difendere 
e  di  celebrare  altresi  come  ottimo  cio,  che  il  Governo  ha  volulo  fare 
ed  ha  fatto.  Ed  il  lepido  e  che  il  pubblico  conosce  molto  bene  cote- 
ste  gherminelle,  sa  quante  migliaia  di  lire  si  sono  spese  per  far  pub- 
blicare  il  tale  e  tale  opuscolo,  quante  se  ne  spendouo  per  mantenere 
i  tali  e  tali  giornali ;  sa  quante  ce  ne  vogliono  per  istabilirne  un  al- 
tro,  la  cui  fondazione  si  mette  al  pubblico  incanto,  come  farebbesi 
della  costruzione  di  un  ponte  o  di  un  ramo  di  ferrovia;  enon  ignora 
da  ultimo  che  tutte  quelle  lire  escono  dalla  sua  borsa.  Ma  che  per- 
cio?  Esso ,  ed  intendiamo  la  turba  innumerevole  dei  gonzi ,  non  e 
meno  docile  a  lasciarsi  menare  pel  naso  dalla  stampa  officiosa,  se  non 
dalla  ufficiale:  tanto  e  vero  che  chiunque,  per  condurre  i  suoi  dise- 
gni,  fa  assegnamento  sopra  1'umana  mellonaggine  ,  raro  e  che  nei 
suoi  computi  resti  deluso. 

Vero  e  che  accanto  alia  stampa  ufficiale  ed  ufficiosa  vi  e  sempre 
un  po  di  stampa  indipendente ,  che  s'inlitola  dall'  opposizione;  ed  i 
Governi  liberali  si  recano  a  decoro  che  ve  ne  sia  sempre  una  qualche 
dose,  la  quale  attesti  1'esercizio  vivo  di  quel  preziosissimo  diritto: 
salvo  il  caso,  si  capisce,  che  una  mano  prepotente  non  riesca  a  sba- 
razzarsi  eziandio  di  quel  vano  gracidare  degli  opponenti.  Quando 
nondimeno  se  ne  dee  pure  mantenere  un  cotal  poco,  a  non  risentirne 
alcuno  incomodo,  si  e  organato  un  tal  sistema  di  repressioni,  al  pa- 
ragone  del  quale  sarebbe  a  prefedre  la  stessa  censura  preventiva, 
che  vi  puo  bene  alcuna  volta  impedire  la  pubblicazione  di  uno  scrit- 
to,  ma  non  vi  condanna  a  star  sempre  in  palpiti  sotto  una  spada 
di  Damocle,  senza  polere  indovinare  quale  sara  il  capriccio  dei  do- 
minanti,  che  ne  spezzi  il  filo.  Palenti  che  a  beneplacito  del  Go- 
verno  si  sottraggono  agli  stampatori ,  con  ruina  irreparabile  dei  lo- 
ro interessi ;  cauzioni  di  vistosi  valsenti  che  s'  hanno  a  mettere ,  da 
chiunque  vuol  fondare  un  giornale,  in  mano  al  Governo,  come  pegno 
del  buon  senno  dei  giornalisti ;  ammonizioni  ai  giornali,  le  quali, 
giunte  appena  alia  terza,  recano  seco  ipso  facto  la  loro  abolizione ; 


i  PRINCIPII  DELL'OTTANTANOVE  ESPOSTI  ED  ESAMINATI 

sequestri,  process!,  condanne  a  multe  e  prigionie ;  e  quando  pure 
tutti  quest!  mezzi  riuscissero  inefficaci,  il  Governo,  almeno  1'  italia- 
no,  vi  scaglia  addosso  una  mano  di  mascalzoni  che,  a  nome  del  po- 
polo  ,  bruciano  le  stampe  ,  fracassano  i  torchi ,  spargono  nella  via 
i  caratteri,  manomettono  ogni  cosa,  e  degli  autori  e  dei  lipografi 
fanno  quel  reo  governo  che  Iddio  vel  dica.  Che  se  pure  tra  quesle 
condizioni  si  puo  mettere  alia  luce  qualche  censura  alquanto  libe- 
ra,  a  renderla  di  nessuno  effetto,  vi  resta  1'  animo  infrunito  e  la  fron- 
te  silicea  di  certi  Ministri ,  i  quali  usciti  dalla  oscurita  e  dal  fango , 
sono  tetragon!  al  vitupero ,  e  possono  fare  a  fidanza  colla  pubblita 
infamia,  sicuri  siccome  sono  che ,  dovendo  ricascare  nella  propria 
oscurita  e  nel  nalio  lor  fango,  vi  ricascheranno  rimpinzali  di  qualtri- 
ni:  e  per  siffatta  gente  queslo  e  ogni  cosa.  E  forse  die  non  lo  slia- 
mo  vedendo  coi  nostri  occhi  in  questa  misera  Italia?  Non  parliamo 
della  opposizione  fatta  dal  parlito  $  azione ,  il  quale  se  venisse  ad 
occupare  il  posto  dei  present!  padroni,  certa  cosa  e  che  farebbe  peg- 
gio  assai ,  che  questi  non  fanno ;  la  stampa  onesta  e  catlolica  non  e 
tra  noi  inoperosa :  anzi  atleso  la  sua  desuetudine  a  questa  maniera 
di  lotta,  e  le  difficolta  in  cui  versa,  e  indubitato  che  sta  facendo  as- 
sai piu  di  quanto  si  sarebbe  immaginalo.  E  nondimeno  con  qual 
costrutto,  se  questo  s'abbia  a  misurare  dal  freno  posto  alia  esorbi- 
tanza  di  un  potere  arbitrario  e  violento  ?  Qual  torto  fu  riparato  per 
far  ragione  alia  stampa  che  dinunziavalo?  quale  giustizia  compiuta 
a  suggerimento  di  quella?  quale  iniquo  divisamento  interrollo?  Oh! 
si!  siatene  cerli !  se  le  sventure  e  le  vergogne  dell'  Italia  non  possono 
avere  rimedio,  che  dalla  libera  stampa,  bisogneii  deporre  addirit- 
tura  il  pensiero  di  \eder  mai  spuntare  pure  la  speranza  di  un  tale 
rimedio ! 

Reslringiamo  ora,  per  amore  di  chiarezza,  in  due  parole  cio  che 
in  questo  paragrafo  abbiamo  dimostrato.  E  dunque  dimoslrato 
I.°  Che  non  vi  e  alcun  dirilto  naturale  alia  liberla  della  stampa  ; 
II.°  Che  quella  puo  ess,ere  opportuna  alle  condizioni  speciali  di  de- 
terminate contrade;  III.0  Che  nelle  cose  religiose  pei  Cattolici  non  ve 
n'e  alcuna;  IV. °  Che  da  quella  poco  assai  ci  c  da  sperare  pel  buono 
andamento  della  pubblica cosa:  e  pero  i  danni,  dicui  comunemente 
si  fa  principle,  non  sono  da  alcuna  sicura  utilitSt  ricompensati. 


DI  UN'  ULTIMA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO 


i 

Esposizione  della  Teorica. 

In  maniera  molto  diversa  da  quella  del  Froschammer ,  il  Gene- 
razlonismo  trovo  un  difensore  nell'  illustre  Abate  Rosmini ;  la  cui 
sentenza  ci  proponiamo  qui  di  discutere.  Egli  disse  che  1'  anima  u- 
niana  e ,  quanto  alia  sostanza ,  generata  da'  parent! ,  per  una  specie 
di  moltiplicazione  del  loro  principio  senziente ;  e  che  ella  diviene 
poscia  intellettiva  per  la  manifestazione ,  che  Iddio  le  fa ,  dell'  idea 
dell'  ente.  «  Nell'  uomo  v'  ha  un'  anima  sola ,  razionale.  Ma  1'  uomo 
e  anche  un  animale ,  e  come  tale  ha  un  principio  sensitive.  La  na- 
tura  dell' animale  e  del  principio  sensitive  e  di  moltiplicarsi  per  via. 
di  generazione.  Questa  legge  universale  degli  animali  non  puo  es- 
sere  annullata  per  Fuomo.  E  di  fatto  1'uomo  genera.  Se  dunque  ge- 
nera, e  cosi  moltiplica  V  individuo  animale ,  forza  e  che  moltiplichi 
anche  ranima  razionale  che  e  una  ed  identica  in  lui  air  anima  sen- 
sitiva.  »  E  questo  il  modo,  ond'egli  propone  a  se  stesso  la  quistione 
in  forma  di  difTicoHa ;  e  risponde :  «  Diciamo  che  cosi  e  appunto ;  ma 
solo  presupposta  la  prima  legge,  per  la  quale  fu  decrelato,  che  1'es- 
sere  universale  si  unisce  a  tutii  gl'individui,deirumana  nalura,  legge 


556  DI  UN*  ULTIMA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO 

stabilita  da  Dio  nel  momento  che  Iddio  inspire  in  Adamo  lo  spira- 
colo  della  vita  l.  » 

L'  anzidetta  legge  e  poi  da  lui  spiegata  in  questo  modo  :  «  L'  og- 
getto,  ossia  la  forma  dell'  inlelligenza  non  puo  essere  generata,  ma 
Dio  stesso  la  disvela  all'  anima  che  vien  resa  cosi  intelligente ;  il 
che  Iddio  fece  rispetto  a  lutta  1'umana  natura ,  quando  infuse  Y  ani- 
ma in  Adamo,  nel  quale  I'umana  natura  si  conteneva,  e  questa  non 
ebbe  poscia  che  a  svolgersi  in  piu  individui  per  via  di  generazio- 
ne.  Poiche  come  al  cominciamenlo  impose  leggi  fisse  a  tulte  le  co- 
se create ;  cosi  allora  fisso  anche  quesla,  che  ogni  qual  volta  1'uomo 
moltiplicasse  colla  generazione  gl'  individui ,  a  quesli  fosse  presente 
F  essere,  si  fattamente  che  atlirasse  e  legasse  a  se  il  loro  intuito  2.» 

Questa  dottrina  si  rannoda  dall'  una  parle  colla  teorica  dell'  idea 
innata  deli'  ente ,  come  forma  dell'  intelligenza ;  dallf  allra  colla  teo- 
rica generale  della  generazione  degli  esseri  animati.  L'  Autore  pen- 
sa  che  1'anima  sensitiva  sia  veramenle  generata,  nia  non  per  tradu- 
ce, come  volevano  gli  antichi,  sibbene  per  mera  divisione  della  ma- 
teria,  a  cui  ella  e  affissa  e  dalla  quale  dipende,  come  da  termine  del 
sentimento  fondamentale.  «  L'  espressione  ex  traduce  non  esprime 
con  propriela  ne  pure  i'origine  delle  anime  sensitive,  le  quali  si 
moltiplicano  colla  divisione  del  sentito,  senza  bisogno  d'  altro  3.  * 
E  la  ragione  che  ne  assegna  e  questa :  «  Poiche  il  principio  senzien- 
te,  benche  tutto  esistente  in  ogni  parte  di  ogni  continuo  senlito,  non 
e  uno,  se  non  perche  e  uno  il  continuo  e  senza  parti;  quindi  per  la 
stessa  ragione  dividendosi  il  sentito  in  piu  continui,  anche  i'altivita 
sensitiva  non  risiede  in  un  continuo  solo  ma  in  piu  continui  disgiun- 
ti  £.  »  Con  cio  solo,  secondo  1' Autore,  resterebbe  spiegata  Torigine 
dell'  anima  umana ,  se  questa  fosse  meramente  sensitiva  al  pari  di 
quella  dei  bruti.  Ma  essa  e  sensitiva  insieme  ed  intellettiva.  D'onde 
ella  deriva  questa  sua  seconda  perfezione  ?  II  Rosmini  ci  dice : 
dall'  idea  dell'  ente.  «  Nello  stesso  istante  che  e  naturato  1'animale 
umano,  egli  e  anche  fatto  intelligente,  perche  ammesso  alia  visione 
dell'  essere  5.  » 


1  Psicologiai.  1,  lib.  4,  c.  23.  —  2  Ivi.  —  3  Luogo  citato,  capilo- 
lo  9.  —  4  Ivi.  —  5  Luogo  c/tato,  cap.  23. 


DI  UN'  ULTIMA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO  537 

In  somma  neH'anima  umana,  in  quanto  intelletliva,  bisogna  distiu- 
guere  due  cose  :  il  soggetloeYoggelto.  II  soggetto,  come  quello  che 
s'immedesima  col  senzienle,  vien  generate  e  trasmesso  da  parent!. 
«  Niente  ripugna  che  il  sogyetlo,  di  cui  si  parla ,  si  moltiplichi  per 
via  di  generazione,  conciossiache  il  soggetto  come  soggetto  (prescin- 
dendo  dall'oggetto)  non  e  che  un  anrmante  1.  »  Per  contrario,  1'og- 
getto  e  iagenerabile,  come  cosa  eterna  e  divina,  e  fornilo  di  qualita 
divine  2;  ed  esso  e  che  cagiona  la  spiritualita  e  intelletlualita  nel 
soggetto  col  semplice  apparirgli.  «  Ma  d'onde,  si  dira,  queslo  prin- 
cipio  animale  torra  la  virtu  da  intuire  Y essere  ?  Rispondo :  gli  e  crea- 
ta  dall'essere  stesso  col  congiungersi  a  lui;  perocche  essendo  1'essere 
intelligibile  per  essenza,  egli  non  puo  congiungersi  a  niun  soggetto, 
senz'  essere  inteso,  giacche  la  sua  congiunzione  e  questa :  essere  in- 
teso.  Ha  dunque  Y  essere  questa  virtu  di  creare  le  ifitelligenze.  E 
che  ripugna  che  un  principio  senziente,  come  direbbe  Aristotile  , 
sia  in  polenza  inlelligente?  cioe,  che  ripugna  che  egli  venga  elevato  a 
condizione  intelligente  ?  Quel  principio  e  semplice,  non  e  corpo,  an- 
zi  il  corpo  e  suo  termine ;  se  gli  vien  dato  un  altro  termine ,  la  sua 
attivita  si  amplifica  necessariamente ;  si  dee  dunque  concepire  come 
una  capacita  che  riceve,  come  una  potenza  rimota  tratta  ad  un  nuovo 
atto.  Al  principio,  a  cui  era  dato  un  termine  esteso,  ora  e  dato  al- 
tresi  un  termine  inesteso  e  di  natura  superiore.  Che  se  questo  se- 
condo  termine  non  si  puo  confondere  col  primo ,  non  puo  da  esso 
venir  modificato,  e  in  somma  un  oggetto  ESSENZIALMENTE  conoscibile  ; 
1'effelto  che  ne  nascera,  sara  appunlo  questo  che  quel  principio 
con  do  e  divenuto  intellettivo :  ha  perdulo  certo  la  sua  identita  co- 
me principio ,  si  e  atluato  in  un  altro  principio  ;  ma  questo  Irasna- 
turamento,  ben  inteso,  non  ha  nulla  di  ripugnante  3.  » 

Molte  cose  sarebbero  da  chiamarsi  ad  esame  nei  testi  addotli  ; 
ma  alcune  di  esse,  quali  sarebbero  la  qualita  di  unione  deHfanima 

1  Lib.  4,  cap.  23. 

2  «  Al  solo  oggetto  spetta  d'essere  annoverato  tra  le  cose  divine,  come 
quello  che  e  veramente  illimitato ,  eterno ,  necessario  e  d'altre  qualita  for- 
nito  al  tutto  divine.  »  Ivi. 

3  Luogo  citato. 


DI  UN ULTIMA  FORMA  DI  GENERAZIOMSMO 

col  corpo ,  i  caratteri  dell'  idea  dell'enle ,  e  la  sua  origine  innata 
nelF  intelletto,  furono  da  noi  ampiamente  discusse  in  altro  luogo. 
Qui  vuol  considerarsi  solamente  quella  pafle  che  concerne  la  qui- 
stione  deH'origine  dell'anima  umana ,  che  1'Autore  fa  generar  dai 
parenti  in  quanto  sensiliva  e  illuslrare  dall'ente  per  divenire  intel- 
lettiva.  E  a  questa  sola  parte  limitiamo  la  presenle  disamina. 

II. 

Inconvenienti  della  teorica  per  do  che  riguarda  I' origine 
dell'anima  in  quanto  sensitwa. 

L'  idea  fondamentale  deli'esposla  teorica  sta  in  do ,  che  la  gene- 
razione  viene  spiegata  per  via  di  divisione.  Diceramo  generalmenle 
per  ma  di  ditfisione,  perche  sebbene  il  Rosmini  attribuisca  la  di- 
visione  al  solo  corpo  e  la  neghi  dell'anima  ,  la  quale  egli  vuole  che 
non  si  divida  ma  si  moltiplichi;  tuttavia  cio  nel  caso,  di  cui  traltia- 
mo,  non  potrebbe  sostenersi ,  senza  un  abuso  di  voce  e  una  falsila 
di  discorso.  Dicemmo,  senza  un  abuso  di  yoce ;  perocche  che  signi- 
fica  qui,  secondo  il  Rosmini,  il  moUiplicarsi  deR'anima  ossia  del  prin- 
cipio  sensitive  ?  Non  altro  che  sciogliersi  in  piu ,  cio  che  prima  era 
uno.  Ora  lo  sciogliersi  in  piu  cio  che  prima  era  uno,  costituisce 
appunto  la  divisione.  Dunque  Tanima  per  questo  stesso  die  si  mol- 
tiplica,  si  divide  l. 

1  II  Rosmini  si  e  forraato  un  falso  concetto  della  divisione,  e  pero  viene 
poscia  a  negarla  eziandio  della  materia,  come  apparisce  dalseguente  passo: 
«  Prendiamo,  egli  dice,  un  pezzo  di  materia  continua,  e  dividiamola  in  due 
parti.  E  ella  questa  una  vera  divisione?  Propriamente  parlando  non  e  che  una 
moltiplicazjone.  per  la  quale  in  vece  d'avere  un  individuo  solo,  ne  ho  due. 
In  fatti,  acciocche  ella  fosse  vera  divisione,  io  dovrei  avere  F  individuo  di- 
viso.  Ma  io  non  ho  1' individuo  diviso,  ma  ho  due  individui.  Perfermo,  i 
due  individui  che  io  ho  prodotti  non  sono  mica  parti  dello  stesso  individuo; 
perocche  le  due  porzioni  di  materia  continua,  essendo  divise,  non  formano 
piu  un  tuito  solo ,  ma  due  tutti :  dunque  non  sono  parti,  perche  non  esiste 
il  tutto,  di  cui  sieno  parti.  »  Ps.  t.  I,  lib.  4,  c.  17,  a.  1. 

Questo  discorso  fa  ricordare  T  aneddoto  di  chi  avendo  diviso  in  due 
meta  un  pollastro  dimostrava  poi  che  nel  desco,  oltre  le  anzidette  due  meta, 


DI  UN   ULTIMA  FORMA  »I  GENERAZIONISMO 

La  sola  cosa ,  che  il  Rosmini  potrebbe  soslenere ,  e  che  tal  divi- 
sione  non  cade  sul  principio  senziente,  se  non  indirellamente  e  per 
sequela  della  division  dell'esteso,  a  cui  esso  e  affisso  e  da  cui  dipende 
neir  esislenza.  Ma  cio  ROD  rimuove  1'  idea  di  divisione,  inseparabile 
dall'idea  di  moltiplicazione  in  piu  parti  di  un  tuito,-  bensi  fa  sola- 
mente  che  quella  divisione  competa  al  principio  senzienle  non  per  se 
ma  per  accidente ,  avrebbon  detlo  gli  Scolastici ,  cioe  come  conse- 
guenza  della  divisione  esercitata  sopra  un  soggetto,  di  per  se  di- 
visibile. 

Quinci  appare  la  falsita  di  discorso,  allorche  si  dice :  «  Non  puo 
dividers!  se  non  1'esleso.  Dunque  non  e  suscettibiie  di  divisione  1'a- 
nima,  la  quale  e  inestesa.  »  In  prima ,  se  queslo  raziocinio  valcsse , 
dovrebbe  inferirsi  cbe  dunque  1'  anima  non  e  neppure  moltiplicabile; 
giacehe ,  come  abbiam  delto ,  la  sua  moltiplicazione  non  potrebbe 
concepirsi  senza  divisione.  In  secondo  luogo ,  quella  premessa  vuol 
esser  dislinta :  Non  puo  dividers!  se  non  1'  esteso,  per  se,  si  concede  ; 
per  accidente,  si  nega.  La  semplicita  d'una  cosa  importa  che  essa  non 
sia  divisibile  per  se  rnedesima.  Ma  se  e  tale ,  che  dipenda  neli'es- 
sere  dal  soggetto  esteso  e  non  abbia  altro  ufficio  che  d'  informarlo 
ed  attuarlo ,  con  ordine  non  tanto  al  tutto,  quanlo  a  ciascuna  sua 
parte ;  diviso  il  soggelto ,  si  scindera  essa  stessa ,  ossia  restera 
divisa  per  accidente.  Gosi  accade  del  principio  vitale  delle  piante , 
e  del  principio  sensitive  dei  polipi  e  d'allri  animali  d'  imperfettissima 
ed  uniforme  organizzazione.  E  nel  vero,  cosi  appunto  concepisce  la 
cosa  lo  stesso  Rosmini ,  dicendo :  « Come  prima  di  dividers!  un  sentito 
conlinuo  in  due,  vi  avea  ia  ogni  punto  dell' estensione  il  sentiniento 
e  quindi  anche  tulto  il  senziente ;  cosi  anche  in  tulti  i  punti  delle 
parti  divise  e  discontinue  e  naturale  che  rimanga  un  sentiniento  e 
in  ogni  punlo  di  esse  rimanga  il  principio  senziente  1,  » 

vi  era  ancbe  1'  intero,  per  la  ragione  che  quelle  non  potrebbero  chiamarsi 
meta  se  non  per  relazione  al  tutto  e  la  relazione  suppone  il  termiue. 

Ognun  vedft  che  al  contrario  per  questo  appunt6  che  piu  non  esiste  il 
tutto,  che  e  stato  diviso  nelle  sue  parti,  convien  dire  che  la  divisione  ci  e 
stata ;  giacche  non  altrimenti,  che  clisfacenclo  il  tutto,  si  poterono  distaccare 
le  parti  che  lo  integravauo. 

lib.  4,  c.;9. ,.;i  ^\,,' 


560  DI  UN*  ULTIMA  FORMA  DI  GENERAZIOMSMO 

Del  reslo,  per  non  disputare  intorno  a'  vocaboli,sia  eke  1'anzidet- 
ta  maniera  di  spiegare  1'  origine  dell'  anima  sensitiva  si  appelli  divi- 
sione ,  sia  che  si  appelli  molliplicazione ;  quel  che  basla  osservare, 
per  rigettarla ,  si  e  che  essa  ci  porge  un  falso  concello  della  gene- 
razione  deivivenli  creati.  Imperoccke  secondo  i  principii  della  retia 
Fisiologra,  si  antica  come  moderna,  per  la  generazione  propriamen- 
te  delta  non  si  divide  o  molliplica  un  essere  preesislenle,  ma  si  pro- 
duce un  novello  essere,  una  nuova  sussistenza,  numericamente 
distinta  da  quella  de'  genitori ,  e  ad  essa  solamenle  consimile  nella 
natura  specifica.  «  Quest'  alto ,  il  quale  ha  per  iscopo  di  dar  nasci- 
mento  ad  esseri  nuovi,  indipendenli  dai  loro  generator!  e  ad  un  tem- 
po simili  ad 'ess! ;  e  un  atto  formalore  1.  »  Per  esso  non  si  scioglie 
in  due  una  previa  unita ,  ma  la  previa  unila  rimaaendo  intera  in  se 
medesima ,  in  virtu  della  sua  stessa  interezza  fa  sorgere  all'  esisten- 
za  una  nuova  vita ,  un  nuovo  sussislente.  La  preduzione ,  essendo 
frutto  dell'  essere ,  suppone  che  1'  essere  del  producente,  invece  di 
sciogliersi  neH'atlo  produtlivo,  si  raccolga  anzi,  quanto  piu  puo,  in 
se  stesso,  per  crescere  vigore  alia  virlu  operativa. 

Ne  punto  nuoce  a  lal  verila  che  il  novello  essere  venga  all'esisten- 
za  per  via  digerme,  derivalo  da'parenti:  imperocche  si  falto  germe  e 
esso  slesso  un  prodotto ,  e  non  e  il  vivente  che  si  genera  ,  ma  solo 
il  mezzo  per  cui  si  genera.  In  cio  ben  si  apponeva  il  Frohscham- 
mer;  e  solo  errava  nel  credere  che  questa  fosse  una  scoperta  moder- 
na. No;  essa  e  doltrina  antichissima,  e  noi  la  troviamo  limpidamente 
svolta  da  S.  Tommaso.  « Quanto  un  agenle,  egli  dice,  e  piu  alluoso, 
tanto  puo  piu  in  distante  diffondere  la  virlu  sua:  come  veggiamo  nei 
corpi  caldi,  i  quali  quanlo  di  maggior  calore  sono  fornili,  tanto  piu 
da  lontano  riscaldano.  I  corpi  adunque  privi  di  vila,  siccome  d'infe- 
rior  grado  in  nalura,  producono  allri  corpi  non  per  alcun  mezzo  ma 
per  loro  stessi,  e  cosi  il  fuoco  per  se  stesso  genera  altro  fuoco. 
Ma  i  corpi  vivenli ,  essendo  piu  altuosi ,  operano  alia  produzione 
della  vila  non  solo  immediatamente ,  ma  ancora  media tamenle. 


1  Cet  acte,  qui  a  pour  but  de  donner  le  jour  a  des  etres  nouveaux,  inde- 
pendants  de  leurs  generateurs  et  tout  a  la  fois  semblables  a  eux;  c'est  un  acte 
formaleur.  FREDAULT,  Physiologic  generate,  liv.  Ill,  ch.  1.  De  la  generation. 


DI  UN*  ULTIMA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO  561 

Immediatamente,  nella  funzione  nulritiva,  per  la  quale  la  came  ge- 
nera altra  came  ;  media tamenle ,  nella  funzione  generaliva  ,  giac- 
che  dall'  anima  del  generante  procede  nel  germe  dell'  animale  o 
della  pianta  una  \irtu  attiva;  in  quella  guisa  che  dall'  agente  prin- 
cipale  procede  nello  strumento  una  forza  motiva  1 .  »  Cotesta  virtu 
altiva  non  e  anima  ne  parte  di  anima  ,  se  non  wlualmente  :  Vir- 
tus ilia  activa  non  est  anima  ant  pars  animae,  nisi  in  virtute  2. 
E  anima  in  Yirtu,  in  quanto  cioe  ha  1'efficacia  di  organizzare  la  ma- 
teria  del  germe  e  promuoverla  di  disposizione  in  disposizione,  fino 
ad  avvivarla  del  principio  vilale,  che  in  essa,  e  dipendenlemente  da 
essa,  produce  :  Materia  transmulatur  a  virtute,  quae  est  in  semine, 
quousque  perducatur  in  actum  animae  3.  Che  se  poi  si  cerca,  onde 
sia  tratta  1'  anzidetla  materia ,  il  S.  Dottore  insegna  che  essa  e  lolta 
dall'alimenlo  pienamente  elaborato  e  che  prossimamente  e  capace 
di  diventare  qualsivoglia  parte  del  vivente,  sicche  possa  dirsi  die 
sia  il  \7ivente  slesso  in  potenza  :  Hoc  autem,  quod  est  in  potentia  ad 
totum,  est  illud  quod  generatur  ex  alimento,  antequam  convertatur 
in  subslantiam  membrorum;  et  ideo  ex  hoc  semen  accipitur  4.  E 
Dante,  educato  nelle  dollrine  filosofiche  di  S.  Tommaso,  cosi  espone 
in  leggiadrissimi  versi  la  teorica  del  suo  maestro : 

Sangue  perfetto  che  mai  non  si  beye 
Dall'assetate  vene  e  si  rimane 
Quasi  alimento  che  di  mensa  leve  ; 

1  Quanto  aliquod  agens  est  potentius,  tanto  potest  suam  actionem  diffundeTe 
ad  magis  distant;  slcut  quanto  aliquod  corpus  est  magis  calidum,  tanto  ad  re- 
motius  calefactionemprodutit.  Corpora  igitur  non  viventia,  quae  suntinferio- 
ra  naturae  ordine,  generant  quidem  simile  sibi  non  per  aliquod  medium  sed  per 
seipsa:  sicut  ignis  per  seipsum  general  ignem.  Sed  corpora  viventia,  tamquam 
potentiora,  agunt  ad  generandum  sibi  simile  et  sine  medio  et  per  medium.  Si- 
ne medio  quidem,  in  opere  nutritionis,  in  quo  caro  general  carnem;  cum  medio 
vero,  in  actu  generationis^  quia  ex  anima  generantis  derivatur  quaedam  virtus 
activa  ad  ipsum  semen  animalis  vel  plantae,  sicut  et  a  principali  agente  deri- 
vatur quaedam  vis  motiva  ad  instrumentum.  Summa  th.  I.  p.  q.118,  a^  1. 

2  Ivi  ad  l.m 

3  Ivi  ad  4.m 

4  Summa  th.  I.  p.  q.  119,  a.  2. 

Serie  V,  wl.  J,  fasc.  341.  36  23  Maggio  1864. 


UC2  DI  UN'  ULTIMA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO 

Prende  nel  cuore  a  tutte  membra  umane 
Virtute  informativa,  come  quello 
Che  a  farsi  quelle  pet  le  yene  vane  * . 

Questa  doltrma,  benche  siantica,  conviene  mirabiloienle  coi  dei- 
tami  della  moderna  Fisiologia ;  la  quale  insegna  al  modo  medesimo 
che>  per  opera  di  glandole  da  cio,  la  materia  del  seme  nell'  animale 
e  tolta  dal  sangue ,  eke  e  il  liquido  prossimamente  nutritive  delle 
membra  ed  e  in  potenza  prossima  a  tutte  le  parti  dell'  orgauisino ;  e 
che  ad  attuare  questa  potenza  da  opera  una  virtu  plastica,  dal  gene- 
rante  comunicata  al  germe,  e  delta  da  Bluinenbach  nisus  formati- 
vus ,  come  da  S.  Tommaso  era  gia  stata  delta  vis  formativa.  Tutto 
questo  non  piu  sussisle  nella  teorica  del  Rosmini.  Per  essa  la  gene- 
razione  abusivamente  si  chiamerebbe  tale,  main  soslanza  non sareb- 
be  che  mera  divisione,  come  quando  una  parte  del  legno  si  divide 
dal  lutto,  la  quale  cerlamente  non  dicesi  che  viene  generate  o  pro- 
dotta:  Sequerelur  quod  generatio  vivenlis  non  csset  generatio  sed 
decisio  quaedam,  sicut  pars  ligni  separatur  aligno.  Cos!  aceoncia- 
mente  S.  Tommaso,  rifiutando  coloro  che  volevano  spiegare  nel  mo- 
do,  accolto  poi  dal  Rosmini,  la  generazion  delle  piante  e  dei  bruli  2. 

Senonche  dove  pure  la  pretesa  divisione  o  moltiplicazione  che  sia, 
fosse  atta  a  spiegare  la  generazione  dei  bruti  animali ;  essa  non  sa- 
rebbe  in  nessun  modo  applicable  all'uomo.  La  ragione  e  doppia. 
Prima,  perche  Y  anima  umana  e  la  perfetlissima  delle  forme  vivenli, 
e  pero  richiede  per  soggetto  un  organismo  perfettissimo,  idoneo  cioe 
a  svariate  azioni  e  nelia  moltiplicita  e  diversita  delle  sue  parti  do- 
tato  di  grande  unita.  Quindi  nasce  che  essa  non  sia  divisibile  non 
solo  per  se,  come  e  di  tutte  le  cose  semplici ,  ma  neppure  per  acci- 
dente,  come  e  di  lulte  ie  forme  che  rispondono  al  tutto  e  non  a  cia- 
scuna  parle,  presa  scparatamente,  di  un  dalo  organismo.  Essa  dun- 

1  Purgatorio  c.  XXV. 

2  Opinio  quorumdam  full,  quod  anima  a  principio  decisionis  csset  in  se- 
mine,  volentes  quod  sicut  corpus  dwiderelur  a  corpore,  it  a  smul  ai  an;  a  prop  a- 
garetur  ab  anima :  ut  statim  cum  corporis  parlicula  esset  eliam  ibi  anima  etc. 
Qq.  Disp.  Q.  Ill,  De  Potcnlia  Dei,  art.  12. 


DI  UN'  ULTIMA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO  563 

que  non  puo  ne  scindersi  ne  moltiplicarsi  per  la  separazione,  chc  si 
faccia  dal  corpo,  di  un  pezzo  di  materia;  perche  in  esso  non  trove- 
rebbe  il  perfettibile  a  se  proporzionato  l.Piii;  1'anima  sensitiva  nel- 
1'  uomo  e  identificata  coll'  intellettiva,  o  meglio  una  sola  anima  in  es- 
so uomo  e  sensitiva  insieme  ed  intellettiva.  Ella  dunque  non  potrebbe 
dividersi  ne  moltiplicarsi ,  secondo  la  perfezione  di  principio  sen- 
ziente ,  sCnza  dividersi  altresi  e  moltiplicarsi  secondo  la  perfezione 
di  principio  intelligente.  Ma  la  perfezione  di  principio  intelligente 
non  e  divisibile  ne  moltiplicabile,  per  qualsiasi  divisione  o  moltipli- 
cazione  di  maleria ;  perciocche  essa  non  e  affissa  a  parte  alcuna  ma- 
teriale,  ma  sussiste  iiella  sola  anima  con  piena  indipendenza  dal  cor- 
po. Dunque  e  impossibile  che  la  generazione  nell'  uomo  si  spieghi 
per  divisione  o  moltiplicazione  dell'  anima  de'  genitori ,  come  con- 
seguenza  della  divisione  avvenuta  nella  materia. 

Ma  inutilmente  disputiamo  sojya  1' impossibilita  di  dividere  o 
molliplicare  1'  anima  de'  genitori  nell'  anima  de'  figliuoli ,  quando , 

1  HRosmini,  per  persuadere  lasua  teorica,,  ricorda  Tes^mpio  dei  polipi  e 
d'altri  animali  d'infimo  genere,  i  quali  si  moltiplicano  per  divisione.  Ma  pri- 
mieramente  non  e  buon  metodo  derivare  una  teorica  generate  da  cio,  che 
accade  nelle  infime  specie  di  uno  svariatissimo  ordine.  Secondamente  la  ra- 
gione  che  adducouo  i  Fisiologi,  per  cui  son  divisibili  gli  anzidetli  animali, 
e  perche  la  loro  vita  non  esige  moltiplicita  di  organi ;  il  che  non  si  puo 
applicare  agli  animali  piuperfetti  e  molto  meno  all'uomo.  Chez  les  anirnaux, 
dont  les  facultes  sont  les  plus  bornees  et  dont  la  vie  est  le  plus  obscure,  tou- 
tesles  parties  du  corps  posse'dent  lesmemes  proprietes  physiologiques;  chacune 
peut  se  suffire  a  elle-meme  et  executer  tons  les  actes  dont  I' ensemble  nous 
offre  le  spectacle.  L'indimdu  est  un  aggregation plulot  qu'une  association  d'a- 
yents  producteurs,  et  Vorganlsme  est  comme  un  de  ccs  ateliers  mal  dirigesf 
ou  chaque  ouvrier  est  charge  de  la  serie  entiere  des  operations  necessaires  a 
la  confection  de  robjet  a  fabriqiier}  et  ou  lenombrc  des  mains  employees  tou- 
tes  a  1'execution  de  traveaux  semblables,  enflue  par  consequent  sur  la  quantile, 
inaisnon  sur  la  qualite  des  produits.  II  en  resulte  que  chez  ces  animaux  la  de- 
struction d'une  partie  quelconque  du  corps  u'entraine  laperte  complete  d'au- 
cune  faculte;  chaque  fragment  de  I'organisme,  s' il  ment  a  $tre  isole,  peut 
continuer  a  functionner,  comme  avant  la  separation,  et  agir  comme  agissait  la 
masse  toute  entiere.  Lecons  sur  la  Physiologic  et  1'Anatomie  comparee  etc. 
par  H.  MILINE  EDWARDS  t.  1.  Introduction. 


564  »I  UN'  ULTIMA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO 

giusta  la  teorica  del  Rosmini,  1'  anima  sensiliva  de'  corpi  organicl 
risulla  dalle  anime  sensitive  degli  element!  inorganici.  Imperocche 
egli  opina  clie  tutle  le  parti  della  matcria,  eziandio  bruta,  siano  ani- 
mate; e  sebbene  da  prima  porge  questa  sentenza  come  una  proba- 
bile  ipotesi,  la  converte  da  ultimo  in  verita  indubitala  l.  Quindi  egli 
distingue  due  specie  di  anime:  le  elementari  e  le  organiche ;  e  dice 
clie  guesle  seconde  pullulano  sidle  prime  2,  in  quanto  quelle  si  rac- 
colgono  e  rifondonsi  in  una  sola.  «  Unendosi  piu  elementi  in  virtii 
del  continuo  e  d'allre  leggi,  piu  principii  senzienlis'identificano  in 
uno  3.  » 

L'esame  di  queslo  punto,  con  tulte  le  sue  adiacenze,  ci  menereb- 
be  piu  in  la,  clie  noi  non  vogliamo;  e  pero  basli  osservare  che  le 
prove,  a  cui  esso  si  appoggia,  sono  vacillanti.  La  piu  appariscente  e 
quella  della  generazione  spontanea,  che  il  Rosmini  crede  certa;  e 
pensa  non  potersi  spiegare  altrinjenli,  die  con  T  animazione  di  tulta 
la  materia.  Imperocche  1'  alira,  presa  dall'  impossibility  die  la  ma- 
teria  dia  a  se  stessa  1'  unila  conlinua,  prova  solo  che  e  in  essa  da 
riconoscere  un  principio  semplice  atlivo.  il  quale  non  e  necessario 
che  sia  senziente;  e  la  terza,  che  se  V  elemento  non  sentisse  sarebbe 
nullo  in  se,  e  un'  affermazione  gratuita  o  al  piu  fondata  sopra  il  fal- 
so  principio  che  la  percezione  costituisca  1'esistenza.  Or  quanto  al- 
ia generazione  spontanea,  essa  primieramente  e  negata  dalla  mag- 
giorila  de'filosofi  naturali,  i  quali  seguono  e  soslengono,  come  indu- 
bi labile,  la  massima  che  omne  vivum  ex  ovo.  In  secondo  luogo,  quan- 
d'anco  la  generazione  spontanea  fosse  da  ammeltere,  ella  dovrebbe 
spiegarsi  per  virtu  seminali,  comunicale  daDio  agli  elementi  nella  pri- 
ma loro  creazione,  non  mai  per  una  vita  formale  e  in  atto,  massima- 
mente  se  sensitiva,  che  in  essi  abbia  luogo,  e  la  quale,  come  lo  stesso 
Rosmini  confessa,  non  si  manifesta  per  nessun  esleriore  fenomeno. 

1  «  Altre  prove  a  conferma  della  vita  degli  elementi  verranno  da  noi 
esposte  qua  e  cola,  dove  il  filo  del  ragionamento  ce  ne  dara  1'occasione.  A 
chi  le  avra  bei^g  intese,  quella  cessera  d'  essere  ipotesi  ed  entrera  nel  nu- 
mero,noi  crediamo,  delle  verita  dimostrate.  »  Psic.  1. 1,  lib.  4,  c.  15,  art.  11. 

2Ivilib.  5,  c.  2,  a.  2. 

3Ivi  a.  3. 


DI  UN*  ULTIMA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO  565 

III. 

Jnconvemenli  delta  teorica  dal  lato  die  riguarda  I'  origine 
dell  anima  in  quanta  intellettiva. 

L'  anima  umana,  generata  da  parent!  in  quanto  sensitiva,  diven- 
terebbe  poscia,  secoudo  la  teorica,  intellettiva,  per  lo  svelarlesi  che 
farebbel'idea  dell'ente.  S.  Tommaso  riferisce  un' opinione  consi- 
mile,  che  era  sostenuta  da  alcuni  a'  suoi  tempi,  conle  seguenti  paro- 
le: «  Altri  dicono  che  quella  stessa  anima,  la  quale  da  principio  era 
soltanto  vegetaliva,  vien  poscia  per  azione  della  virtu  plastica  del 
germe,  promossa  a  diventar  sensitiva,  e  quindi  quesla  stessa  diviene 
intellettiva,  non  certo  per  la  virtu  attiva  del  seme,  ma  per  la  virtu 
d'un  agente  superiore,  cioe  di  Dio,  che  di  fuori  la  illumina  1.  »  La 
quale  opinione  e  dal  S.  Dotlore  confutata  in  questo  modo :  «  Cio 
non  puo  aocettarsi.  Primieramente,  perche  nessuna  forma  sostan- 
ziale  ammetle  gradi  nella  propria  enlila,  ma  qualunque  giunta  di 
perfezione  le  si  faccia,  ne  risulta  una  specie  di  versa  ;  siccome  1'ad- 
dizionedi  un'unita  nei  numeri  li  differenzia  specificamente :  ed  edel 
tutto  impossibile  che  una  medesima  forma  appartenga  a  specie  di- 
verse. In  secondo  luogo,  perche  la  generazione  si  confonderebbe  col- 
Y  alter  azione,  siccome  quella  che  offrirebbe  un  moto  continuo,  pro- 
cedendo  a  poco  a  poco  dall'  imperfelto  al  perfetto.  In  terzo  luogo, 
perche  ne  seguirebbe  che  la  generazione  dell'  uomo  o  dell'  animate 
non  sia  una  vera  produzione  di  un  nuovo  ente,  giacche  supporreb- 
be  il  soggetto  informato  da  un  alto  soslanziale,  che  essa  migliore- 
rebbe.  Conciossiache  se  la  materia  del  feto  e  informata  fin  da  prin- 
cipio da  un'  anima  vegelativa,  la  quale  vada  essa  stessa  perfezionan- 
dosi  gradatamente,  ci  sara  solo  accrescimento  ulteriore  di  perfe- 

1  Alii  dicunt,  quod  ilia  eadem  anima,  quae  primo  full  vegetativa  tantum, 
postmodum  per  aclionem  virtulis,  quae  est  in  semine,  perdudtur  ad  hoc  ut 
ipsa  eadem  fiat  sensitiva,  et  tandem  ad  hoc  ut  ipsa  eadem  fiat  intellectiva, 
non  quidem  per  virtutem  activam  seminis,  sed  per  virlutem  super loris  agentis, 
scilicet  Dei,  de  foris  illustrantis.  Summa  th.,  I.  p.  q.  118,  a.  2. 


566  DI  UN'  ULTIMA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO 

zione,  non  distruggimento  di  tin  essere  e  produzione  di  un  allro;  i! 
che  e  contra  il  concetto  di  vera  ed  assoluta  generazione.  In  quarto 
luogo,  perche  do  che  Iddio  cagiona  per  mezzo  di  quella  pretesa  il- 
lustrazione,  o  e  sostanza ,  e  cosi  ella  sara  cosa  essenzialmente  divcr- 
sa  dalla  forma  previa  del  soggetto,  la  quale  non  era  per  so  sussi- 
stente  (il  che  poslo,  si  tornera  all'opinione  di  quelli,  che  ponevano 
piu  anime  nel  corpo  umano )  ]  o  non  e  sostanza  ma  solo  una  perfe- 
zione  accidental,  aggiunta  all'anima  preesistente,  e  cosi  ne  se~ 
guira  necessariamente  che  1' anima  intellettiva  perisca  insieme  col 
corpo,  il  che  ripugna  1.  » 

Tutti  questi  ragionamenli  deli'Aquinate  potrebbero  di  leggier!  vol- 
gersi  contro  la  teorica,  che  qui  discutiamo.  Ma  noi  ci  conlenteremo  di 
notare  una  sola  cosa,  ed  e  che  la  creazione  delle  singole  anime  umane 
sarebbe  eliminata.  Imperocche  la  creazione  importa  produzione  dal 
nulla.  Or  do  non  si  avvererebbe  deU'anima  de'  neonati  umani,  ne  in 
quanto  ella  6'sensiliva  ne  in  quanto  ella  e  intellettiva.  Non  in  quanto 
e  sensiliva,  perche  sarebbe  generata  per  divisione,  o,  per  usare  la  pa- 
rola  del  Rosmini,permolliplicazione,  dall'  anima  de'parenli.  Non  in 
quanlo  intellettiva,  perche  1'  idea  dell'ente,  manifestandosi  a  lei  non 
produrrebbe  una  nuova  sostanza,  ma  solo  eleverebbe  a  nuova  perfe- 

1  Sed  hoc  stare  non  potest.  Primo  quidem,  quid  nulla  forma  substanllalis 
recipil  magis  et  minus:  sed  superadditio  maioris  perfectionis  facit  aliam 
speciem,  sicut  addiiio  unitatis  facit  aliam  speciem  in  numeris.  Non  est  autem 
possibile  ut  una  et  eadem  forma  numero  sit  diversarumspeciemm.  Secundo, 
quia  secjuerelur  quod  generatio  animalis  esset  moius  contlnuus  paulailm  pro- 
cedens  de  imperfecto  ad  perfeclum,  sicut  accidit  in  alteratione.  Terlio,  quia 
sequeretur  quod  generalio  hominis  aut  animalis  non  sit  generalio  simpliciter, 
quia  subiectum  eius  esset  ens  actu.  Si  enim  a  prindpio  in  matericc  prolte 
est  anima  vegetabilis  et  postmodum  usque  ad  perfectum  paulatim  perducilur, 
crit  semper  additio  perfectionis  sequentis  sine  corruptions  perfections  prac- 
eedentis;  quod  est  contra  rationem  generations  simpllciter.  Quarto,  quia  auf 
id  quod  causalur  ex  aclione  Dei,  est  aliquid  subsistens,  et  ita  oportel  f/i'od 
sit  aliud  per  esscnliam  a  forma  praeexlstente,  quae  non  crat  subsist  ens  9  e!  sic 
redibit  opinio  ponentium  plures  animas  in  corporej  aut  non  est  aliqind  subsi- 
stens,  sed  quaedam  perfectio  animae  praeexistentis,  et  sic  ex  necessitate  sc- 
quilur  quod  anima  intelleciiva  corrumpatur,  corrupto  corpore,  quod  est  im- 
possibile.  Summa  th.  I  p.  q.  CXVIIJ^  a.  2. 


DI  IN'  ULTIMA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO  S67 

zione  una  sostanza  gia  preesistenle ,  cioe  la  stessa  anima  sensitiva , 
sorla  all' esistenza  per  via  di  generazione.  E  nel  vero,  in  che  modo, 
secondo  il  Rosmini ,  avverrebbe  questa  trdsformazione  dell'  anima 
sensitiva  dell'  uomo  in  intellettiva,  che  egli  chiama  trasnaturamento  ? 
Ecco  la  spiegazione,  che  egli  ne  da:  La  ragione  per  cui  le  anime  sen- 
sitive inferiori  all'iimana  non  possono  volgersi  ad  inluirel'enteideale, 
si  e  perche  esse  non  essendo  giunte  al  inassimo  grado  di  potenza 
animale  per  difetlo  di  piu  squisita  organizzazione ,  stanno  occupate 
a  perfezionar  1'  organismo ,  senza  aver  tempo  ne  agio  di  badare  ad 
allro.  Ma  qaesla  ragione  non  ha  luogo  nell'anima  umana,  la  quale  e 
forma  di  un  corpo  di  costrultura  perfetlissima.  Essa  dunque  libera 
dall'  anzidetta  cura,  puo  spaziare  colla  sua  virtu  al  di  fuori,  e  quindi 
scontrarsi  coll'  ente  ,  il  quale  e  presente  per  tulto.  In  tale  sconlro 
essa  lo  sente  e  senlendolo  ne  resta  irraggiata,  lo  percepisce,  in  altri 
termini  diviene  inlelligente.  Riportiamo  le  sue  precise  parole,  tolte 
dal  capitolo  in  cui  spiega  appunto  come  si  cosliluisce  I'umana  nalura: 
«  Che  un  principio  animale  non  possa  intuire  1'  idea,  se  non  giunto 
alia  maggior  potenza  di  animalita,  si  puo  conghietturare  supponendo, 
che  ogni  virtu  del  principio  sensitivo  ,  quando  non  sia  giunlo  alia 
maggior  potenza  specifica,  rimanga  spesa  ed  assorbita  nella  tendenza 
a  conseguire  lo  slato  di  perfezione  organica  che  gli  manca,  e  quindi 
non  possa  assorgere  a  riguardare  1'essere  ideate,  per  se  intelligibile 
essenzialmente,  ed  ovunque  presente  (poiche  se  non  e  veduto,  e  per 
difelto  del  soggetto  a  cui  non  resta  virtu  da  volgersi  a  lui).  In  fatli, 
se  si  supponga  che  la  virtu  di  un  principio  sensitivo  tutta  si  esauri- 
sca  nelF  orgauizzar  la  maleria ,  niente  phi  rimane  di  esso  col  quale 
possa  attuarsi  verso  1'ente.  Ma  dopo  che  la  perfezione  specifica  del- 
i'  organismo  e  del  sentimento  e  a  pien  conseguita ,  il  principio  non 
adopera  piu  quella  virtii  e  forza  che  impiegava  nella  fatica  dell'orga- 
nizzazione,  ed  ella  allora  incontra  1'essere,  presenie  per  tutlo,  come 
dicevo ,  e  prendendolo  a  termine  del  suo  atto  si  rende  intelligibile. 
Perocche  e  da  considerare,  per  dirlo  di  nuovo,  che  1'  essere  e  dovun- 
que  ed  e  dovunque  inlelligibile,  non  polendo  essere  altro :  tale  e  la 
sua  propria  essenza.  Onde  se  poniamo  esistere  una  virtu  universal- 
mente  sensitiva  (un  soggetto),  atta  cioe  a  senljre  ogni  cosa  che  le  sia 


368  DI  UN*  ULTIMA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO 

presentc  ;  avverra  che  quesla  virtu  sentira  1'  essere  ,  il  quale  non 
manca  mai,  a  sola  condizione  che  essa  non  sia  occupata  ed  esaurita 
in  altro,  e  col  solo  sentirlo  sara  resa  intelligente ;  perche  la  natura 
del  principio  senziente  viene  delerminata  dal  senlito  ,  e  questa  e  la 
natura  dell'essere,-  che  Yenendo  sentito  rende  intelligente  il  senziente, 
appuuto  perche  egli  e  1' intelligibility  stessa  dell'essere  1.  »  Lascia- 
mo  stare  1*  incredibile  portento  di  una  natura  semplice ,  che  si  tras- 
muta  in  un'  altra  ;  quando  ogni  trasmutazione  suppone  un  composto, 
di  cui  una  parte  resta  ed  un' altra  perisce,  cedendo  il  luogo  all'  altra 
che  sopravviene.  Ma  certo,  ehecche  sia  di  do ,  qui  non  apparisce 
ombra  alcuna  di  creazione.  Non  ci  ha  altro  che  il  soggelto  senzien- 
te ;  il  quale ,  sgombro  dalla  fatica  di  organizzare  il  corpo ,  si  scon- 
Ira  nell'ente  e  lo  sente  e  per  tale  sensazione  diventa  intelligente.  Ora 
il  senziente,  come  Yedemmo,  e  per  sentenza  dell'Autore,  generate 
da  parenti  in  virtu  di  divisione  o  moltiplicazione  che  sia.  Dunque 
un  essere,  gia  prodotto  da  altra  causa ,  e  preesistente ,  si  perfeziona 
ulteriormente,  o,  se  cosi  vuolsi,  muta  natura.  Ma  il  perfezionarsi,  il 
trasnaturarsi ,  o  che  altro  aggrada ,  non  e  esser  creato ;  perche  cio 
che  si  crea  non  dee  preesislere  in  nessun  modo,  essendo  la  creazio- 
ne produzione  dal  puro  nulla :  ex  omnino  nihil,  secondo  la  frase  di 
S.  Agostino. 

Ne  si  dica  che  la  creazione  interviene,  in  quanto,  come  il  Rosmini 
si  esprime  nel  testo  che  citammo  nel  primo  paragrafo,  la.  virtu  d'in- 
tuire  1'idea  dell'ente  e  creata  nell'anima  sensitiva  da  essa  idea.  No; 
questa  non  sarebbe  difesa  che  valga.  Priraieramente,  perche  le  facol- 
ta  vitali,  qual  certamente  e  1'intelligenza,  non  possono  prodursi  nel 
soggetto  per  azione  d*  una  causa  esterna ,  ma  bisogna  che  emanino 
dall'essenza  slessa  di  esso  soggetto.  Secondo,  perche  tal  produzione, 
quand'anche  fosse  possibile,non  sarebbe  vera  creazione;  si  per  non 
essere  produzione  di  nuova  sostanza  ma  solo  di  nuova  attivita  d'una 
sostanza ,  gia  vivente  ed  agente  ,  e  si  per  essere  conseguentemente 
non  tralla  dal  nulla  ma  dalla  potenzialita  d'  un  previo  soggelto ,  se- 

1  Psicol.  1. 1,  lib.  5,  c.  5. 


DI  UN*  ULTIMA  FORMA  DI  GENERAZIONISMO  569 

condo  che  afferma  lo  stesso  Rosmini  1.  Ed  infatli  il  piu  perspicace 
e  fedele  espositore  della  filosofia  di  esso  Rosmini,  vale  a  dire  ii  Pro- 
fessor Pestalozza ,  loda  quella  teorica  appunto  per  questo ,  perche 
toglie  via  1'  idea  di  creazione  dalla  produzione  dell'  anima  umana: 
«  Queili  che  non  conoscono,  cosi  egli,  il  vero  riesso  dell' anima  uma- 
na col  corpo,  sono  costretli  ricorrere  alia  creazione  per  concepire  il 
moltiplicarsi  delle  anime  umane :  sicche  1'  uomo  non  genererebbe 
che  il  corpo;  e  come  il  corpo  non  si  organizza  che  perl' anima,  1'a- 
nima  umana  anche  come  sensiliva  sarebbe  opera  di  una  nuova  e  to- 
tale  creazione.  E  questa  nuova  creazione  sarebbe  non  soltanto  gra- 
tuita,  ma  contraria  alia  sapienza  del  Creatore,  che  creato  ed  avviato 
1'  ordine  primitive  dell'  universo ,  si  dee  credere  che  abbia  posto  in 
esso  germinalmente  e  virtualmenle  tutto  1'  esplicamenlo  success! vo 
degli  esseri  2. »  Finalmente,  quand' anche  quella' produzione  di  un 
nuovo  alto  in  un  preesistenle  soggetlo  si  potesse  dire  creazione , 
tultavia  ella  sarebbe  da  rigettarsi  per  un  altro  capo ;  per  la  ragione 
cioe  che  essa  si  attribuisce  all'  idea  dell'  ente  3,  la  quale,  ceme  spesso 
ei  assicura  il  Rosmim,  non  e  Dio;  e  noi  abbiamo  moslrato  nell'arli- 
colo  precedente  che  Dio  solo  ha  virtu  creatrice. 


1  «  E  che  ripugna  che  un  principle  senziente,  come  direbbe  Aristolile, 
sia  in  potenza  intelligente  ? . . .  Si  dee  concepire  come  una  capacila  che  ri- 
ceve,  "come  una  potenza  rimota  tratta  a  un  nuovo  alto.  »  Psic.  I. 1,  lib.  4, 
lib.  4. 

II  trarre  all' alto  una  polenza,  non  e  creare  ma  alluare.  Per  la  creazione 
si  richiede  che  la  cosa  non  preesisla  non  solo  in  alto,  ma  neppure  in  po- 
tenza. 

2  Della  mente  di  Antonio  Rosmini  pag.  99. 

3  «  Gli  e  creala  dalf  essere  slesso  col  congiungersi  a  lui ...  Ha  dunque 
1'essere  la  virtu  di  creare  le  inlelligenze.  »  Psicol.  1. 1,  lib.  4,  cap.  23. 

L'  essere,  che  e  lermine  dell'  inlelligenza,  secondo  il  Rosmini  non  e  che 
Ideale.  Un  ideale  adunque  produrrebbe  il  reale,  cioe  1'  inlelligenza  nell'  uo- 
mo, la  quale  seuza  fallo  e  reale  ! 


RIVISTA 

DELLA    ' 

STAMPA   ITALIANA 


I. 


Institutiones  philosophicae  ad  mentem  Dm  Thomae,  tironum  usui, 
per  Sacerdotem  IOAN.  BAPT.  DE  GIORGIO  ,  in  Seminario  Archie- 
piscopali  Ulinensi  Professor  em ,  accommodatae.  Ulini,  ex  Tipo- 
graphia  archiepiscop.  1861-1863;  2  vol.  in  8.°  di  pagg.  376  ; 
e464. 

Un  tempo  poteasi  dire :  « Questo  e  quello  e  deltato  di  Filosofia :  co- 
si  la  Filosofia  insegna :  cotest'altro  e  assioma  in  Filosofia  » ;  e  diceasi 
vero;  perciocche  una  era  la  dottrina  de'  filosofi,  alraeno  ne'  precipui 
capi  della  scienza,  ed  uno  percio  il  retaggio  comune  che  tutli  si  argo- 
mentavano  di  traraandare  incorrotto  alia  posterita.  Nondimeno  ai  no- 
stri  giorni  clii  usasse  quelle  formole,  salvo  se  fosse  per  alcuni  princi- 
pii  generalissimi,  il  suo  concetto,  nel  rigore  del  vocabolo,  sarebbe  fal- 
so.  Conciossiache  di  scuole  filosofiche  ve  ne  ha,  ed  anche  troppo :  ma 
dov'  e  mai  la  Filosofia ,  doe  quel  pieno  di  dottrine  ,  che  non  sia  di 
niuna  scuola  particolare  ,  ma  di  tutte ;  e  sopra  cui ,  quasi  sopra  di 
un  campo  germoglino  le  differenze  delle  opinioni ,  le  quali  colle  stes- 
se  loro  contrariety  rappresentino  il  fondo  della  comune  dotlrina?  Ora 
la  Filosofia  e  un  nome ,  il  quale ;  se  ha  un  significato  generico,  puo 
denotare  si  bene  i  dissidii  degli  scienziali,  non  piu  il  tesoro  della 
scienza. 


RIYISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA  571 

Non  farebbe  egli  dunque  opera  egregia  chi  si  adoperasse  con 
ogni  suo  sforzo  di  ricondurre  la  Filosofia  su  quel  senliero,  dal  quale 
con  tanto  suo  danno  fu  sviata  ?  Impercioccbe ,  siccome  la  condizione , 
in  cui  ella  e  presentemente  ,  d'  incertezza  e  instabilita ,  fra  infiniti 
sistemi  che  si  contraddicono  gli  uni  cogli  altri,  e  segno  evidentissi- 
ino  chc  si  aggira  fuori  della  strada  cbe  conduce  al  vero ;  cosi  quella 
massima  uniformita  degli  aniicbi ,  nelle  teoriche  almeno  principal! , 
si  dee  giudicare  un  grande  argonaeuto  del  merito  e  valore  delle  loro 
dottrine.  II  die  vale  massimamente  dopoche  quasi  tutte  le  scuole  si 
raccolsero  intorno  all'  Angelico  Dot  tore  S.  Tommaso,  divariandone 
in  cose  raolto  secondarie ,  ovvero  discordando  alcun  poco  tra  loro 
nelle  quistioni  che  si  facevano  pulluiare  dalle  doUrine  di  lui. 

Rispondono  alcuni  clie  di  coteslo  si  universale  consenso  non  vuol- 
si  fare  gran  easo ,  perche  di  que'  tempi  i'autorila  era  tutto ,  e  basta- 
va  un  nome  famoso  per  incalenare  invincibilmente  gl'  intelletli.  Ap- 
punto.  Ma  chi  formava  questa  medesima  aulorila ,  se  non  il  consen- 
so de'clolti,  uniformemente  concordi  nel  riconoscere  in  qualcbeduno 
un  merito  singolare.da  tutti?  Sicche  quanto  maggiore  si  voglia  sup- 
porre  rautorita  di  qualsivoglia  nome  famoso,  tanto  phi  esteso,  tanio 
piu  luculento  e  piu  riconosciulo  conviene  cbe  fosse  il  suo  merito.  E 
questo  di  fatto  avvenne  per  rispetto  a.S.  Tommaso,  dichiarato  per 
comune  consentimento  1'angelo  delle  scuole,  nelle  quali  la  sua  vo- 
<ce  fu  quindi  appresso  ascoltata,  quasi  come  di  maestro  infallibiie. 

Ma  percbe  dunque  pressoche  tutte  le  scuole  filosoficbe  si  separa- 
rono  dagli  Scolastici ,  non  escluso  lo  stesso  S.  Tommaso?  Non  e  an- 
€be  questo  un  consenso  universale  cbe  da  piu  secoli  dura?  Sarem- 
mo  impacciati  a  rispondere ,  se  come  pur  troppo  fu  quasi  universa- 
le quell' abbandono ,  cosi  pure  fosse  stato  uniforme  1' insegnamento 
iilosoiico ,  sostituito  a  quel  primo.  Ma  non  vi  e  per  questa  parte 
bisoguo  di  discorso ,  avehdo ,  chiunque  vuole ,  agio  di  esaminare  il 
gran  caos  che  e  divenuta  la  Filosofia.  Per  contrario  neppure  e  un 
mistero  ne  il  modo  come  quella  separazione  fu  ottenuta ,  ne  il  fine 
cbe  fu  inteso  per  essa.  II  modo  che  si  scelse  fu  di  estendere  nelle 
scienze  filosoficbe  il  reo  principio  della  Riforma  ,  in  forza  del  quale 
siccome  la  ragione  individuale  era  licenziata  di  elevarsi  giudice  del- 

ai  joj'i  OB^-O  Group's  .hb 


572  RIVISTA 

le  conlroversie  religiose ,  niessa  da  banda  qualsivoglia  autorila ;  co- 
si  nelle  scienze  razionali  dovesse  disconoscere ,  nonche  ogni  au tori- 
la ,  ma  i  suoi  medesimi  convincimenti ,  per  incominciare  le  invesli- 
gazioni  dal  dubbio  universale.  Checche  fosse  del  primo  che  apri  1'ar- 
ringo  falale,  certo  e  che  i  novatori  di  ogni  risrna  ci  si  lanciarono 
perdutainenle ,  procacciando  di  far  proseliti  piu  che  protessero  e 
daperlutlo,  col  titolo  specioso  di  redimere  la  ragione  umana ,  in  co- 
se di  tulta  sua  pertinenza ,  dall'  indebito  giogo  delle  scuole.  Or  che 
intendessero  verainente  cotesli  fabbri  della  novella  sapienza  si  fe 
manifesto  per  1'ardore  con  cui  si  travagliarono  di  sceverare  la  Filo- 
sofia  da  ogni  vincolo  colle  dottrine  rivelate ,  anzi  di  melterla  in  op- 
posizione  con  esse  ;  sicche  un  secolo  dopo  il  nome  di  filosofo  pote 
diventare  sinonimo  d'  incredulo.  II  piu  e  il  peggio  ce  lo  dichiarano 
le  ultime  conseguenze  del  Razionalismo  e  Panleismo  germanico.  Di 
che,  se  pruova  alcuna  cosa  quesla  guerra  universalmente  mossa  con- 
tro  gli  Scolastici ,  pruova  ne'  principal!  autori  di  essa  1'odio  che  ave- 
\ano  alia  yerita,  e  il  desiderio  smanioso  di  manomettere  la  Fede: 
tanto  e  lungi  che  sia  un  argomento  da  mettere  in  discredito  la  dot- 
trina  degli  anlichi.  Intanto  qual  maraviglia ,  che  in  cosi  lungo  tra- 
meslio ,  e  crescendo  sempre  piu  il  disprezzo  degli  Scolastici ,  le  scuo- 
le cattoliche  a  poco  a  poco  si  accostassero  anch'esse  alle  nuove  teo- 
riche ,  a  quelle  almerio  che  non  contenevano  un  manifesto  pericolo 
contro  la  Fede?  Con  che  non  solamente  perderono  la  Filosofia,  la 
quale ,  ad  eccezione  delle  dottrine  che  hanno  appoggio  nelle  verila 
rivelate,  ne  sono  sempre  in  buon  accordo  con  altre  opinioni  pur  da 
esse  sostenute ,  pel  rimanente  e  tutta  incerta  e  vacillante :  ma  colla 
Filosofia  fecero  parimente  miserabile  getto  della  parte,  diciamo  cosi, 
scienlifica  della  stessa  Teologia ,  si  streltamente  congiunta  e  imme- 
desimata  con  quella,  che  non  era  possibile  venirne  divella  senza  es- 
ser  distrutia.  Dall'altro  canto  qual  presidio  potea  sperare  la  Teologia 
dal  nuovo  edifizio  filosofico ,  innalzato  appunto  per  esserle  di  con- 
trasto ,  ed  oltreaccio  cosi  malfermo  e  rovinoso  nelle  parti  men  ree  , 
da  non  avere  neppur  consistenza  in  se  medesimo?  Cio  che  solo  le  ri- 
maneva,  era  di  contenersi  ne'  dommi ,  per  tulelarli  dalle  aggres- 
sioni  degli  eretici,  cogli  aiuti  principalmenle  delle  Scrilture  e  de'Pa- 
dri.  E  questo  esso  fece  in  effello. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  373 

Sicche  1'opera  di  ristorare  la  Filosofia  degli  Scolastici,  massime 
di  S.  Tommaso,  non  e  solamenle  un  servigio  che  si  rende  a  questa 
scienza,  ma  un  lavorare  nello  stesso  tempo  a  ristabilire  la  Teologia 
in  quel  grado  di  allezza  in  che  prima  era  salila.  La  quale  cosa  se 
convene  a  tult'i  Cattolici  di  senno,  chi  non  vede  essere  un  compito 
assai  piu  proprio  degli  Ecclesiastici,  ai  quali  meglio  che  a  qualunque 
altro  dev'  essere  a  cuore  la  dignita  di  questa  scienza  divina.  E  un 
tale  ardore,  sia  lode  a  Dio ,  infiamma  molti  animi  generosi ,  i  quali 
con  ogni  studio  si  argomentano  di  ripiantare  il  buon  seme;  e 
quello  che  e  piu  non  pochi  Prelati  ecclesiastici ,  o  sia  privata- 
mente ,  o  sia  nelle  sinodi  provinciali  fanno  insistenza ,  perche  nei 
seminarii  di  loro  giurisdizione  sia  ravviata  la  giovenlu  per  queslo  si 
sicuro  e  profittevole  sentiero. 

Frutto  di  una  deliberazione  di  questo  genere,  fatta  in  comune  dai 
Vescovi  della  Venezia,  e  il  Corso  filosofico,  che  abbiamo  annunziato, 
del  chiaro  sacerdote  Giambaltista  de  Giorgio ;  e  lo  dichiara  egli 
stesso  nella  Prefazione.  Perciocche  volevano  que' yenerandi  Prelati 
far  rifiorire  ne'  loro  Cleri  lo  studio  della  Teologia,  per  le  cagiorii  te- 
sle  toccate  da  noi,  quasi  universalmente  infievolito:  il  che  avrebbero 
facilmenle  conseguito  richiamando  nelle  scuole  le  dottrine  omai  di- 
menticale  e  il  metodo  di  S.  Tommaso.  Fu  dunque  deliberate  che 
s'incominciasse  colla  Filosofia,  la  quale  ordinata  secondo  gl'inse- 
gnamenti  del  sanlo  Dottore,  sarebbe  come  il  fondamento  della  risto- 
razione  di  quell'altra  piu  nobile  disciplina.  Ora  yediamo  se  a  questo 
fine  corrispondano  le  Istituzioni  del  de  Giorgio,  sia  per  la  sicurezza 
della  dottrina ,  sia  per  la  scelta  delle  malerie  ,  sia  pel  melodo  che 
cgli  serba. 

E  quanto  alia  doltrina,  possiamo  affermare  senza  timore  d'ingan- 
gannarci ,  che  e  appunlo  quella  di  S.  Tommaso.  Ma  non  si  creda 
pero  che  il  merito  dell'Autore  allro  non  sia  stato  che  di  avere  com- 
messi  insieme  i  varii  brani  del  Santo,  e  fattone  cosi  risultare  un  corso 
d'istituzioni.  Per  contrario  il  Corso  del  de  Giorgio  e  il  frulto  dello 
studio  indefesso,  che  egli  ha  posto  nelle  opere  di  quel  sublime  inlel- 
letto,  facendosi  cosi  propria  la  doltrina  di  lui ,  che  gli  sgorga  dalla 
penna  come  cosa  lulta  sua.  II  che  apparisce  non  solamente  nelle 


574  RIVISTA 

quistioni  principali ,  ma  eziandio  nelle  secondarie ,  e  cosi  ncllc  con- 
seguenze  che  ne  deduce ,  come  nelle  varie  applicazioni  che  ne  fa,  e 
nel  vantaggio  che  ne  coglie  di  svenlare  per  essa  tulti  i  sofismi  de'  mo- 
derni.  E  non  pertanto  vi  campeggiano  i  lunglii  brani  del  Santo  Dot- 
tore  :  ma  essi  sembrano  come  venuti  da  se ,  tanto  acconciamente  vi 
s*  innestano ;  arrecando  quest'allro  vantaggio  di  far  piu  sicuro  ii  letlo- 
re  della  vera  sentenza  di  chi  gli  e  proposlo  come  maestro  principale, 

E  questo  criterio  e  diritlura  di  giudizio  si  fa  non  meno  manifesto 
In  quel  riserbo  clie  il  chiaro  Professore  mantiene  per  ordinario  rispet- 
to  alle  quistioni ,  che  non  si  possono  recisamente  defmire  con  cio 
che  si  trova  scritto  da  S.  Tommaso.  Quando  ei  viene  su  questi  punti, 
dopo  avere  fedelmente  esposte  le  varie  opinioni ,  in  cui  si  dividono 
le  scuole,  o  lascia  indecisa  la  quistione,  ovvero  modestamente  accenna 
quello  che  a  lui  sembra  piu  conforme  alia  mente  del  sovraiio  maestro. 
Con  tulto  cio  non  vogliamo  noi  dire  di  non  avere  trovato  in  tan  la  varie- 
ta  di  cose  niuno  appiglio  alia  crilica ;  ne  che  noi  slessi  acconsentiamo 
ad  ogni  particolare  opinione  di  lui.  Ma  oltreche  sono  pochissime  co- 
teste  differenze;  qual  e  quella  scienza,  che  non  present!  alcuni  punti 
controvertibili,  perche  piu  vaghi  e  piu  hide  terminal!?  E  1'essere  in 
questi  punti  varie  le  opinioni  di  coloro,  che  professano  la  medesima 
dottrina,  fa  meglio  risaltare  1'  accordo  in  tutto  il  resto ,  ed  e  per  se 
argomento  della  evidenza,  onde  la  verita  deve  avere  coadunati  i  loro 
Intelletli.  Diamo  ora  un  rapido  sguardo  alle  materie  pertrattate  dal- 
I'illustre  Professore,  ed  alia  particolare  disposizione  che  loro  da. 

Sono  quattro  le  parti  principali,  nelle  quali  esso  divide  ilsuo  Gor- 
so  di  Filosofia:  cio  sono  la  Logica,  la  Filosofia  naturale,  la  Filosofia 
trascendentale,  la  Filosofia  morale. 

La  Logica  espone  nel  primo  capo  gli  elementi ,  le  leggi  e  le  varie 
forme  del  raziocinio  :  nel  secondo  tratta  de'mezzi  onde  siamo  forniti 
dalla  natura  per  venire  in  possesso  del  vero. 

La  Filosofia  naturale,  che  Fisica  era  nominata  dagli  antichi ,  ha 
per  oggetto  la  natura  sensibile  sotto  un  riguardo  piu  generale  e  piu 
scientifico,  che  ora  non  si  fa  in  quella  disci plina,  che  viene  dcsignata 
con  questo  nome.  L' Autore  la  partisce  in  due  sezioni ,  Tuna  della 
Cosmologia,  1'altra  della  Psicologia;  e  si  quella,  eome  questa  in  va- 


DELIA  STAMPA  ITALIANA  l)To 

rii  capi  ed  articoli.  Le  quislioni  solite  a  trattarsi  nella  Cosmologia , 
de'  principii  che  compongonoicorpi,  della  loro  natura,  della  dislin- 
/ione  ed  unila  di  ordine  delle  cose  visibili ,  delle  cause ,  del  moto , 
del  tempo,  della  quantita  e  del  luogo  ,  sono  risolute  conforme  gl'in- 
segnamenti  ed  i  principii  di  S.  Tommaso. 

La  seconda  sezione,  che  ha  per  soggetto  la  Psicologia,  tratta  del- 
ranima,  secondo  le  diverse  sue  specie,  e  quindi  de'  varii  gradi  di 
vita  ne'  composli ;  de'  quali  nondimeno  non  si  salva  T  unita  sostan- 
ziale,  se  non  ponendo  che  1'anima  ne  sia  unica  forma.  Quindi  e  che 
nell'uomo,  benche  vi  siano  assommate  le  Ire  vile  ,  la  vegetaliva,  la 
sensiliva,  1'  intellettiva,  uno  pero  e  1'  atto  sostanziale,  nel  quale  sono 
radicate,  e  da  cui  germogliano  le  funzioni  di  tulte  e  tre,  Yale  a  dire 
1'  anima  ragionevole.  Le  altre  materje  ,  che  si  sogliono  discutere  a 
questo  luogo  della  Filosofia ,  sono  ragionate  parimente  con  sodezza 
di  dottrina  e  chiarezza  di  forma.  Ma  i  tre  articoli,  il  II,  il  III,  il  IV, 
intitolati  De  Intellects  obiecto;  De  intellectus  natura,  eiusque  di- 
versis  actibus ;  De  ordine  intelligent,  ci  sono  sembrati  piii  degni  di 
considerazione ,  non  solo  perche  vi  si  agita  un  punto  capitalissimo 
della  scienza,  ma  ancora  perche  1'Autore  ha  saputo  compendiare  con 
mirabile  lucidezza  la  stupenda  teoria  di  S.  Tommaso  sull'  origine 
delle  idee.  E  certose  tutti  i  filosofi  Y  approfondissero,  come  il  chiaro 
de  Giorgio,  niuno  si  vorrebbe  piu  perdere  dietro  i  delirii  de'  Ragio- 
nalisti ,  e  le  illusioni  degli  Ontologi ,  non  potendo  non  riconoscere 
nella  dottrina  dell'Angelico  la  formola  scientifica  di  cio  che  a  cia- 
scheduno  attesta  la  propria  coscienza. 

La  terza  par te,  che  1'Autore  inlitola  Filosofia  trascendentale ,  o 
Metafisica  propriamente  delta,  e  partita  in  Ire  sezioni.  La  prima  di 
esse  comprende  le  quistioni  generali  dell'  Ente,  cioe  del  suo  concet- 
to in  comune,  se  sia  univoco,  o  analogico ,  delle  sue  generali  divi- 
sion!, e  delle  propriela  trascendenti  che  gli  convengono,  vale  a  dire, 
I'Uno,  il  Vero,  il  Buono.  La  seconda  sezione  che  appella  Ctisiolo- 
gia,  riguardaTEnte  conlingente,  i  suoi  principii,  le  sue  distinzioni, 
le  sue  proprieta.  Finalmente  la  lerza  sezione  considera  Dio,  secondo 
cio  che  col  discorso  naturale  e  dato  conoscerne. 

La  quarta  parte ,  che  e  la  Filosofia  morale,  va  divisa  in  due  se- 
zioni, Tuna  delle  quali  tratta  1'Etica,  1'altra  il  Dritto  di  Natura. 


576  RIVISTA 

Nella  prima  si  dispute,  del  Fine  dell'  uomo,  degli  alii  umani ,  della 
moralita ,  de'  pdncipii  cosi  intrinseci  come  estrinseci  delle  appeli- 
zioni,  finalmente  della  coscienza  morale.  Nell'altra  si  discorre  della 
Societa  secondo  il  concetto  generate  e  le  sue  parlicolari  division!;  e 
di  ciascuna  di  queste  si  stabilisce  il  fine ,  1'  origine ,  i  pdncipii  co- 
stitulivi,  i  diritti  e  i  doveri  che  ne  derivano.  In  quesle  traltazioni, 
tahto  piu  delicate  in  quanto  si  connettono  intimamente  cogl'  interes- 
si  piu  vilali,  non  solo  dell'uomo  individuo,  ma  di  tutto  il  genereuma- 
no ,  la  diritlura  delle  dottrine  die  il  chiaro  Autore  espone  fa  bello 
accordo  colla  forza  onde  le  stabilisce ,  e  colla  chiarezza  con  cui  le 
comunica.  Citiamo  per  esempio  il  Capo  IV  del  Drillo  di  Natura,  nel 
quale  ragiona  della  Societa  polilica ;  non  perche  il  piu  dollo  e  pro- 
fondo,  ma  perche  il  piu  acconcio  alle  presenti  condizioni  de'  popoli. 
Chi  potrebbe  meltere  in  dubbio  la  sodezza  de'principii,  sopra  i 
quali  e  ivi  stabilito  ilvero  concetto  deH'aulorita  polilica,  e  della  ob- 
bligazione  che  ne  dimana  in  tulti  gli  associati  di  rispeltarla?  Come 
dall'altra  parte  dispariscono,  col  paragone  delta  verila,  i  pdncipii  op- 
posti,  che  si  sono  \oluli  sostituire  a  quegli  altd,  per  averne  cagione 
di  sconvolgere,  a  grado  di  qualsivoglia  mestatore,  la  sociela !  Or 
ecco  altra  ragione,  perche  le  sette  si  sono  tan  to  travagliate  di  divel- 
lere  dalle  scuole  la  Filosofia  degli  Scolaslici.  Esse  ultimamente  mi- 
ravano  ad  abbattere  ogni  autodfa,  si  la  religiosa  di  ordine  sopran- 
nalurale,  si  la  politica  e  ogni  altra  di  ordine  naturale ;  ed  erano  per- 
suase  di  non  potere  riuscire  rovinoso  intendimento,  se  non  avessero 
in  primo  luogo  distrutti  dalle  menti  i  sani  priucipii,  eposcia  elevate 
in  assiomi  eerie  massime,  le  quali  non  fallirebbero  alle  bramate  con- 
seguenze.  Sicche  non  e  solo  inleresse  della  Chiesa  richiamare  in  vi- 
gore  la  filosofia  degli  Scolastici,  per  quell'  intimo  legame  per  cui  le 
verila  rivelate  sono  congiunte  con  una  sana  Filosofia;  ma  e  cosa  che 
non  meno  importa  alia  ci\7ile  potesla  ben  ordinata,  se  pur  vuole  man- 
lenersi  sopra  solide  basi,  e  non  trarre  ogni  ragione  di  sussistere  dal 
solo  e  cosi  dubbio  argomento  della  forza. 

Diciamo  ora  del  metodo,  di  che  il  chiaro  Professore  si  avvale  per 
indidzzare  all' acquisto  della  scienza  i  suoi  giovani  aluilni.  Ouesto, 
come  il  lettore  naturalmente  si  aspelta,  e  lo  scolastico.  Ma  cio  che  noi 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  077 

crediamo  dover  nolare  a  gran  lode  dell'  Autore,  e  1'averlo  adoperato 
nelle  forme  dialitliche  piu  spigliale,  in  guisa  che  1'argomentazione  nc 
ricevesse  tutla  la  efficacia  col  maggiore  compendio  possibile  di  spa- 
zio  e  di  tempo.  Vi  ha  chi  pensa  non  essere  questo  modo  cosi  strin- 
galo  di  discorso  mollo  proporzionevole  all'inlellello  giovanile;  a  cui 
credono  per  contrario  confarsi  meglio  un  ambito  piu  largo  di  ragio- 
namenlo,  quasi  per  dislemperare  fra  le  molte  parole  la  difficolta. 
L'esperienza  pero  dimostra  1'opposto.  Perciocche  la  veri&  ha  una 
luce  sua  propria,  la  quale  raccolla  in  poco  si  fa  manifesta  immedia- 
lamenle  con  quella  maggiore  parvenza  all'  intellello :  laddove  spar- 
pagliata  e,  se  cosi  e  lecito  dire,  rifratta  in  un  lungo  discorso,  non  vi 
giunge,  se  pur  vi  giunge,  che  debole  e  tarda.  Di  fatto  il  metodo 
scolaslico  fu  cominciato  a  dismettere  allo  stesso  tempo,  che  alle  ve- 
rita  filosofiche  si  prese  a  sostituire  le  fallacie  de'filosofi.  Quesle  si, 
hanno  bisogno  di  non  parere ;  e  quindi  ad  esse  fanno  buon  giuoco 
gli  artifizii  del  discorso,  i  quali  mentre  dall'una  parte  ricoprono  de- 
stramente  le  magagne  del  raziocinio,  dall'  altra  neppur  lasciano  in- 
iendere  nettamente  do  che  vuol  dirsi.  Intanto  i  giovani  rintronati 
gli  orecchi  dello  strepilo  di  fragorose  lezioni,  e  pieni  il  capo  della 
nebbia  di  formole  inintelligibili,  si  persuadono  di  avere  capite  gran- 
<H  cose ;  le  quali  poi  in  fondo  non  sono  altro  che  errori  assai  gros- 
solani,  sotto  austere. sembianze  di  aslruse  sublimita.  Savio  accorgi- 
menlo  e  stalo  dunque  quello  del  professore  de  Giorgio,  di  rivocare, 
insieme  colle  doltrine  del  Dottore  delle  Scuole ,  il  metodo  del  tras- 
metlerle  che  era  adoperalo  dalle  Scuole.  Con  questo  egli  tralta  le 
sue  teoriche,  con  questo  dissolve  i  contrarii  argomenti.  E  perocchelo 
sa  fare  con  maestria  non  comune,  non  e  dubbio  che  i  suoi  giovani, 
massime  aiutati  da  quel  maggiore  svolgimenlo,  che  si  vuol  dare  al- 
le cose  colle  orali  spiegazioni,  non  debbano  assai  agevolmente  acqui- 
stare  quell' abilo  dialeltico,  si  necessario  e  non  per  tanto  si  raro,  di 
scoprire  di  colpo  o  sia  1'  aggiuslatezza  o  sia  la  fallacia  degli  argo- 
menti che  si  propongono. 

E  per  virtu  di  questo  metodo  ha  potuto  il  de  Giorgio  unire  insie- 
me, colla  chiarezza  ed  efficacia  del  porgere,  la  pienezza  della  dot- 
trina  e  la  brevita  del  tempo.  Conciossiacche  ravvilimento  per  Tun 
Serie  V,  vol.  J,  fasc.  341.  37  23  Maygio  1864. 


578  RIVISTA 

verso,  in  che  sono  cadute  le  scienze  razionali,  e  per  1' altro  gl' incre- 
ment! notabilissimi  delle  scienze  fisiche  e  matemaliche,  ban  falto  si 
che  del  tempo  solito  darsi  alle  istiluzioni  filosofiche,  per  se  assai  ri- 
stretto,  una  gran  parte,  se  non  anche  la  maggiore,  si  concedesse 
alle  seconde;  di  guisa  che,  a  volere,  con  buona  speranzadi  riuscita, 
riparare  le  antiche  discipline,  sarebbe  necessario  o  allungare  il  tem- 
po delle  islituzioni  giovanili,  o  diffalcare  dalle  cose  da  apprendere 
una  buona  misura  di  quelle  altre  cognizioni  di  scienze  naturali.  Ma 
il  primo  spediente  non  e  consentito  dalla  fretta,  che  generalmente  si 
ha,  di  compir  presto  gli  studii :  e  1'  altro  lornerebbe  a  non  leggiero 
detrimento  della  gioventu,  che  cosi  sarebbe  frodata  della  cognizione 
di  assai  utili  cose.  Or  ecco  ii  gran  servigio  che  ha  reso  al  de  Gior- 
gio la  speditezza  del  metodo  scolastico,  e  la  sua  particolare  abilila 
del  saperlo  maneggiare:  1'avergH  dato  modo  di  comprendere  in  si 
piccola  mole  tutte  le  quistioni  non  solo  di  Logica  e  Metafisica,  ma 
eziandio  di  Elica  e  di  Diritlo,  che  un  giovine  di  mediocre  ingegno 
le  polesse  approfondire  a  bell' agio  in  due  anni,  avendo  pur  temp» 
di  attendere,  senza  soverchio  sforzo,  alle  altre  facolta  di  scienze 
naturali,  che  si  sogliono  apparare  congiuntamente  alle  prime.  Main 
cio  stesso  ha  egli  badalo  alia  disuguaglianza  degl'ingegni,  alcu- 
ni  piu  celeri  ed  altri  piu  tardi,  e  questi  piu  penetrativi,  quegli  altri 
piu  restii.  11  perche  ha  rimandato  alle  note  di. supplement  assai  co- 
se, non  del  tulto  necessarie,  le  quali  si  appiccano  colle  materie  del 
resto,  o  ne  sono  piu  ampia  e  piu  sottile  trattazione.  Cosi,  confer  me 
le  diverse  qualita  degl' intellelti  e  le  allre  circoslanze  peculiari,  pos- 
sono  essere  esposte  ovvero  omesse,  senza  che  per  essere  omesse 
venga  danno  alia  integrita  delle  istituzioni.  Or  non  andremo  lungi 
dal  vero,  se  diremo  che,  scemato  di  questa  parte,  il  Corso  restereb- 
ve  abbreviate  di  un  terzo,  o  certo  di  un  buon  quarto.  Nondimeno 
noi  non  vorremmo  che  si  facesse  mai  cotesta  lara,  almeno  in  tulto, 
salvo  se  grave  necessita  la  consigliasse  :  perocche  se  non  ne  pati- 
rebbe  la  inlegrila,  ne  patirebbe  pero  la  pienezza  e  la  solidita  della 
scienza. 

Di  un  altro  arliflzio  si  e  servilo  il  die  Giorgio  ,  parte  per  rneglio 
servire  alia  brevita  nelle  singole  controversie,  e  parte  per  addeslra- 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  57  9 

re  con  piu  vivacila  i  suoi  giovani  alia  palestra  scolaslica ;  e  questo 
e  stato  di  riserbare  per  la  fine  delle  varie  Sezioni ,  quasi  a  maniera 
di  appendici  da  studiarsi  separalamenle ,  senza  bisogno  di  maestro, 
una  parte  delle  quistioni  piu  vive,  solite  agitarsi  co'  filosofi  modern! 
e  percio  bisognose  di  maggiore  svolgimenlo.  Esso  le  ha  ridotte  ad 
esercizii  di  dispute  per  proposte  e  risposte ,  intrecciate  le  une  colle 
altre  per  si  fatta  guisa,  che  ne  rimanesse  chiai  Ha  per  iutt'  i  versi  la 
verila,  e  scoperta  la  nullita  degli  argomenti  contrarii.  Ne  diamo  per 
saggio  il  solo  elenco.  In  fine  della  Logica : 

DISPUTATIO  ad  tironum  exercitium  de  realitate  philosophiae  — -  Phi- 
losophus et  Sophista. 

In  fine  della  Psicologia : 

DISPUTATIO  I. . .  De  natura  animi  humani  —  Philosophus  et  Ma- 
terialista. 

DISPUTATIO  II. . .  De  sermonis  necessitate  —  Thomista  et  Ratio- 
nalista. 

DISPUTATIO  III. . .  De  placito  rosminiano  —  Thomista  et  Rosmi- 
nianus. 

In  fine  della  Teologia  naturale : 

DISPUTATIO  I. . .  De  existentia  Dei  —  Philosophus  et  Pantheista. 

DISPUTATIO  II. . .  De  providentia  Dei  —  Philosophus  et  Deista. 

DISPUTATIO  III. . .  De  vi  Rationis  quoad  cognitionem  Dei  —  Tho- 
mista et  Traditionalists . 

In  fine  del  Diritlo  di  Nalura : 

DISPUTATIO  . . .  De  iuris  scientiae  dogmatibus  quibusdam  —  Phi- 
losophus et  Pseudopoliticus. 

Con  queste  Industrie  e  con  questi  compensi  si  e  studiato  il  chiaro 
Professore  di  soddisfare  al  suo  impegno  di  porgere  un  Corso  di  sod* 
dottrine  filosofiche ,  che ,  secondo  elementi,  potesse  dirsi  compiulo; 
ne  per  tanto  disagiare  le  alire  discipline ,  o  pretendere  che  fosse  al- 
lungato  il  tempo  solito  essere  conceduto  alia  istiluzione  scientifica 
de'  giovani.  Crediamo  che  generalmente  ci  sia  riuscito.  E  diciamo 
yeneralmente;  perch^  in  queste  cose  possono  notabilmenle  variare 
i  giudizii  degl'  inlendenti ,  sicche  dove  uno  vegga  soprabbondanza , 
un  qualche  altro  scorga  difetlo.  Ma  quello  in  che  ci  sembra  es- 


580  RIVISTA 

sere  veramente  da  desiderare  qualche  cosa  di  piu ,  e  la  quistioner 
de'  primi  element!  della  composizione  do'  corpi.  Sa  bene  il  chiaro 
Autore  che  la  dottrina  degli  Scolastici  sopra  questo  particolare  e  uno 
de'  priucipali  fondamenli  della  filosofia ,  e  si  connette  stretlissima- 
mente  con  molte  quistioni  della  slessa  Teologia.  Nondimeno  e  il 
punto  piu  conleso  da?  moderni  filosofi ,  i  quali  son  persuasi  del  mi- 
glior  senno,  che  gli  antichi,  per  la  ignoranza  di  un  gran  numero 
di  verita  naturali ,  s'  ingaunarono  stranamenle  iutorno  ai  primi  co- 
stitulivi  de' corpi.  A  un  dipresso,  come  i  popoli  anlichissimi  non 
avendo  modo  di  appurare  le  loro  origin! ,  si  tessevano  favolose  ge- 
nealogie,  le  quali,  benche  assurde,  si  accallavano  fede  presso  quel- 
le  genti  idiole:  cosi ,  a  loro  credere  ,  que'  nostri  yecchi  si  finsero 
due  fantasmi,  la  materia  prima,  che  non  e  niuna  cosa,  e  puo  diven- 
tare  ogni  gran  cosa  di  questo  monclo,  e  la  forma,  che  e  1*  alto  per  cui 
la  materia  divenla  or  questa  or  quella  cosa.  Ma  essi,  che  colle  slorte  e 
co'  lambicchi  sono  potuli  penetrare  in  ogni  piu  riposto  nascoudiglio 
di  qualsivoglia  corpo,  ci  fanno  sicurla  che  nulla  di  somiglianle  han- 
no  mai  discoperlo,  e  neppure  un  indizio  della  loro  dimora,  pognama 
che  non  si  potesse  coglierle  a  volo  nel  momento  del  loro  decompor- 
si.  Per  contrario  tutte  quelle  sperienze ,  a  loro  senno ,  addimostrano 
che  altri  devono  essere  i  primi  componenti  de'  corpi ,  e  chi  lullavia 
si  ostinasse  a  star  cogli  anlichi,  non  altro  a  quesli  tempi  dusciiebbe 
a  provare,  che  la  propria  ignoranza  1. 

1  Noi  non  intendiamo,  ne  intendemmo  giammai  condannare,  e  molto  me- 
110  ferire  con  censura  leologica,  come  alcuni  ci  hanno  falsamente  appostor 
i  difensori  di  cotesti  contrarii  sisterai.  Sappiamo  benissimo  che  la  Chiesa, 
suprema  maestra  e  sola  giudlce  inappellabile  del  vero,  tranne  1'  uomo,  iutor- 
no al  quale  ha  definilo  che  1'anima  ragionevole  e  forma  del  corpo,  nulla  ha 
mai  sentenziato  intorno  ai  prlncipii  sostanziali  degli  esseri  iuferiori.  Cnde  la 
quistione  rlspetto  ad  essi  resta  nel  semplice  giro  delle  investigazioni  filo- 
sofiche,  da  deciders]  colla  luce  del  naturale  discorso  e  della  esperienza  ;  e 
pero  e  libero  ad  ognuuo  appigliarsi  a  quel  sistema  che  sembragli  per  tali  vie 
meglio  comprovato.  La  sola  cosa  che  riprendemmo  e  che  tuttavia  ripren- 
diamo,  si  e  1'  usanza,  non  certo  lodevole.  di  trattar  da  assurda  una  dottrina 
sosteimla  da  si  grandi  Doltori,  quali  furono  gli  Scolastici,  e  che  a  parer  no- 
stro  ha  1'appoggio  non  solo  della  ragione,  ma  delle  stesse  osservazioni  spe- 
rimeutali. 


DELIA  STAMPA  ITALIANA  581 

Stando  le  cose  a  quest!  termini  non'puo  oggimai  un  filosofo ,  che 
voglia  sostenore  la  dottrina  di  S.  Tommaso  iutorno  la  composizione 
de'  corpi,  esser  con  ten  to  della  semplice  esposizione  degli  antichi  ar- 
goraenti ;  ma  e  necessario  che  li  difenda  da  quelle  opposizioni  che 
si  desumono  dalle  conoscenze  novamente  acquistate  ;  ed  anzi  faccia 
servire  queste  medesime  conoscenze  a  \ie  meglio  raffermarli. 

Or  questo  appunto  avremmo  desiderato  che  facesse  il  de  Giorgio, 
per  assicurare  la  sua  Tesi  dalle  contrarie  argomentazioni.  E  peroc- 
che  ci  troviamo  entrati  in  questo  proposito  non  lasceremo  di  notare 
che  anche  in  altri  punli,  dove  sono  piu  strette  le  relazioni  della  Fisi- 
ca  colla  Metafisica ,  ci  sarebbe  piaciuto  che  il  chiaro  Aulore  avessc 
mostrata  la  perizia ,  che  certo  non  gli  deve  mancare,  delle  nuove 
scoperte,  recandole  a  sostegno  delle  antiche  dottrine,  o  facendo  rile- 
vare  come  sono  con  esse  in  buona  armonia.  Tenendo  a  questo  1'  oc- 
chio  avrebbe  ancora- evitati  talvolta  alcuni  esempii,  e  tal  altra  alcune 
espressioni ,  che  ora  non  passerebbero.  E  cosi  gli  vorremmo  consi- 
gliare ,  per  un'  altra  edizione ,  di  schivare  certe  forme  di  dire  degli 
antichi ,  che  suonano  barbare  agli  orecchi  moderni ,  e  potrebbero 
dare  qualche  presa  a  chi  dalla  ruggine  delle  parole  volesse  prendere 
argomento  di  vilificare  Y  oro  della  dottrina.  Non  diciamo  con  questo 
che  lo  stile  delle  Istituzioni  sia  general mente  riprovevole.  Anzi  ci 
sembra  molto  acconcio  all*  uso  dell'  insegnare ;  piano  ,  scorrevole  , 
chiaro  e  sufficientemente  correlto.  Ma  cerl,o  se  scomparisse  quel 
piccolo  sfregio  che  abbiamo  delto,  e  alcuna  volta  qualche  inesallezza 
di  lingua,  che  pur  nuoce  alia  pronla  intelligenza  del  senso  ,  sarebbe 
quale  si  puo  giustamenle  pretenderc  nelle  scritture  didascaliche. 

Per  le  cose  sin  qui  esposte  possiamo  meritamente  conchiudere , 
che  il  Corso  di  Filosofia  del  de  Giorgio ,  sia  per  la  sicurezza  della 
dottrina,  sia  per  la  sceltezza  delle  materie,  sia  fmalmente  pel  meto- 
do,  va  co'  migliori,  che  negli  ultimi  tempi  sieno  usciti  alia  luce.  Noi 
che  da  tanti  anni  abbiamo  fatlo  uno  de'  principal!  intendimenti  della 
Civilta  Cattolica  quello  di  ristaurare  le  doltrine  filosofiche  di  S.  Tom- 
maso, non  possiamo  altro  che  far  plauso  a  que'  valorosi,  che  miria- 
mo  avere  rivolli  al  medesimo  segno  i  loro  sforzi ;  e  se  Professor! , 
ce  ne  gode  tanto  piu  1'  animo,  inquanloche  il  loro  grado  li  mette  in 


582  RIVISTA 

condizione  di  lavorare  in  un  terreno  piu  stabile  e  certo  ,  qual  e  la 
scuola ;  col  quale  mezzo  solamente  si  puo  avere  speranza  che  i  buo- 
ni  germi  facciano  durevole  pruova ,  e  i  frutli  che  ne  provengono  si 
vadano  di  eta  in  eta  continuando. 


II. 


Rapporto  statistico  del  Manicomio  di  S.  Maria  delta  Pieta  di  Roma 
per  gli  anni  4864  e  486%:  pelD.1  BENEDETTO  VIALE,  Direttore 
—  Roma  1864,  dallo  Slabilimento  tipografico,  via  del  Corso  387. 
Un  vol.  in  4.°  di  pagg.  114. 

11  Manicomio  di  S.  Maria  della  Pieta  in  Roma,  ampliato  e  recato 
a  nuove  forme,  per  la  munificenza  del  Santissimo  Padre  Pio  IX, 
dal  Prof.  Architetto  Francesco  Azzurri  —  Roma  1864  ,  dalla 
iipografia  di  B.  Guerra.  Un  vol.  in  8.°  di  pagg.  66. 

Due  pii  spagnuoli  laid,  Diego  ed  Angelo  Bruno,  ed  un  prete  an- 
ch'esso  spagnuolo,  Fernando  Ruiz ,  dimoranti  in  Roma ,  raccolsero, 
primi  in  Europa ,  in  un  ricovero  separate  i  poveri  pazzi  nell'  anno 
1548.  Secondati  dalla  carita  ,  che  in  nessun'  eta  fu  scarsa  nella  ca- 
pitale  del  cattolicismo,  videro  essi  ingrandir  lalmente  1'  opera  loro, 
che  in  poco  tempo  noveravano ,  nella  Casa  a  do  deslinata  in  Piazza 
Colonna,  piu  di  ollanta  di  questi  sventurati.  Una  Confraternita  si 
costitui,  morli  i  primi  fondatori,  a  dirigere  1'  istituto :  un  Cardinale 
ne  prese  la  tutela  e  la  protezione:  i  dementi  vi  erano  custoditi ,  se 
non  con  quei  melodi  curativi  che  ora  si  adoperano ,  certo  con  modi 
assai  piu  mill  e  mansueti ,  che  per  tutto  altrove  in  Europa.  Due  se- 
coli  dopo ,  quella  Casa ,  poco  atta  pel  sito  e  per  Y  angustia ,  fu  ab- 
bandonata :  i  pazzi  vennero  trasferiti  in  un  Ospizio ,  fatto  apposita- 
mente  da  Benedetto  XIII  fabbricare  per  loro  all'estremila  della  Lon- 
gara ;  e  la  direzione  del  nuovo  Manicomio  fu  data  al  Prelalo  Com- 
mendatore  dell'  Archiospedale  di  S.  Spirito  ,  cui  sorgeva  daccanto. 
La  condizione  di  quei  rinchiusi  fu  per  tale  Iraslocamento  migliorata. 
e  le  cure  amorevoli  dei  Prelali  che  lo  governarono  1'andarono  sempre 
fornendo  di  nuove  comodita.  Leone  XII  ne  amplio  alquanto  1'edificio, 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  583 

divenulo  siretto  pel  mimero  sempre  crescente  del  matti ,  che  vi  si 
dcoveravano :  e  sotto  i  due  Pontefici  successor!  vi  s'  introdussero 
miligazioni  e  agi  notevolissimi.  Quindi  avvenne  che  quando  net  1835 
il  celebre  Esquirol  visito  questo  spedale  ,  asseri  di  avervi  trovati  i 
mentecatti  trattali,  se  non  come  egli  vagheggiava,  certo  nel  miglior 
modo  che  il  sito  e  il  mimero  dei  rinchiusi  consentiva.  Egli  opinava, 
secondo  che  ne  fa  fede  1'Emo  Card.  Morichini  1 ,  che  la  natura  del 
luogo  non  permetteva  far  di  piu  ,  e  che  sarebbesi  dovuto  abbando- 
narlo  quando  si  fosse  volulo  condurre.  quell' Istituto  a  tal  grado  di 
miglioramento  ,  che  aulla  lasciasse  a  desiderare.  Ne  1'  Esquirol  era 
o  il  solo,  o  il  primo  a  dar  questo  parere:  vi  consenlivano  gli  uomini 
piu  caritatevoli  e  piu  sperimentati  di  tal  sorta  d'  istituzioni.  Quando 
FErno  Morichini  scrisse  quel  libro,  Ire  proposte  determinate  si  face- 
vano,  alle  quali  ei  diede  luogo  in  esso ,  colle  seguenti  parole ,  ag- 
giunle  immediatamente  dopo  di  aver  riferito  1'  opinione  dell'Esqui- 
rol :  «  E  veramente  alcuni  aveano  gia  proposto  di  trasferire  i  pazzi 
al  Palazzo  Salviati ,  portando  altrove  gli  archivii  che  ora  vi  sono: 
ma  forse  il  prossimo  Gianicolo ,  purgato  dal  cemeterio ,  porgerebbe 
colle  sue  ville  silo  piu  opportune.  Si  toglierebbero  con  cio  quesfin- 
felici  dalla  vista  della  pubblica  via ,  donde  alcune  volte  vengono  in- 
fastiditi  da  qualche  passeggero  poco  caritatevole.  Potrebbero  inoltre 
colassu  ottenersi  in  molta  parle  quelle  comodita ,  cui  1'esperienza  ha 
riconosciuto  piu  essenziali  per  ospedali  di  simil  genere ;  e  che  me- 
glio  si  otterrebbero  ove  si  preferisse  qualche  amena  villa  presso  al- 
cuni dei  circonvicini  castelli ,  come  altri  pur  consigliavano.  Impe- 
rocche  e  necessario  che  i  manicomii  siano  eretti  in  luogo  remoto  e 
Iranquillo ;  che  vi  si  goda  di  un'  aria  libera  e  aperta ;  che  le  slanze 
siano  quanlo  e  possibile  tutte  a  pianoterra,  intramezzate  da  giardini, 
atte  ad  accogliervi  i  dementi  in  separate  classi ,  secondo  le  diverse 
specie  e  gradi  di  mania,  e  le  diverse  cure  di  cui  abbisognano.  » 

Da  questo  tratto  scorgesi  che  tre  progetti  s'andavano  maturando 
da  lungo  tempo,  tutli  fondali  sovra  1'  idea  che  1'  ospedale  antico  do- 
vesse  abbandonarsi :  il  trasferimento  nel  palazzo  Salviati,  la  costru- 


1  Degl'  Istituti  di  pubblica  carita,  ed  istruzione  primaria  e  delle  prigion? 
in  Roma.  Roma  1842;  pag,  3o  del  volume  prime, 


584  RIYISTA 

zione  sul  Monle  Gianieolo,  il  trasferimento  in  alcuno  dei  Castelli  vi- 
cini  di  Roma,  tra  i  quali  fu  con  preferenza  proposlala  Villa  Mondra- 
gone  sopra  gli  amenissimi  colli  Tusculani.  Ciascuno  di  quesli  par- 
liti  offriva  a  un  tempo  vantaggi  e  incomodi  tali,  che  per  lunga 
pezza  rimase  incerlo  quale  si  meritasse  la  preferenza.  Mentre  adun- 
que  si  discuteva  sopra  il  modo  di  effettuare  il  traslocamento,  non  si 
trascurava  d'  introdurre  nell'  antico  Manicomio  lulle  quelle  riforme, 
che  erano  possibili  nella  somma  anguslia  del  fabbricato.  II  regnante 
Pontefice  Papa  Pio  IX  ,  il  quale  avea  gia  nella  Diocesi  d'  Imola  , 
quando  ne  era  Vescovo,  avute  cure  si  paterne  pei  poveri  dementi  di 
quello  Spedale,  asceso  sulla  Catiedra  di  S.  Pielro  pose  1'  animo  a  ri- 
durre  il  Manicomio  di  Roma  ad  una  condizione  degna  della  Capitale 
del  Mondo  crisliano.  Prima  di  sciogliere  1'arduo  problema  del  Irasfe- 
rimento ,  voile  il  magnanimo  Principe  cbe  nulla  si  omeltesse  di 
quanto  fosse  alto  a  diminuire  le  sofferenze  di  quegli  infelici  in  questo 
tempo  di  aspeltazione.  Decreto  adunque  che  un  medico  assumesse 
la  direzione  immediata  e  la  vigilanza  dello  intero  Ospizio  ,  pose  le 
Suore  della  Carita  ad  assislere  le  inferme,  ed  affido  loro  la  cura  della 
cucina,  della  dispensa  e  della  guardaroba;  largidelle  sommevistose 
del  suo  priv?ato  peculio,  perche  venissero  erogate  a  vanfaggio  di  quei 
poveri  infermi ;  e  cosi  vennero  ampliati  i  dormitorii  delle  donne,  rin- 
novate  le  scale  ,  costruite  le  celle  pei  furiosi ,  aggiunto  un  giardino 
pel  passeggio,  e  reso  anche  piu  decentel'ingresso.  Cooperando  tulti 
alle  beneflche  intenzioni  di  Sua  Sanlita,  il  Manicomio  progredi  sem- 
pre  nei  miglioramenti ;  e  tultoche  pel  numero  dei  pazzi  ognor  cre- 
scente  diventasse  sempre  piu  sproporzionato  quell'  edifizio ,  pure  la 
dimora  se  non  agiala  vi  si  manlenne  sempre  lollerabile. 

Cio  era  molto :  ma  non  era  quanlo  il  cuore  generoso  della  Sanlita 
Sua  desiderava,  pel  bene  di  quei  cosi  sventurati  suoi  sudditi.  Soffri- 
vario  essi  cola  dentro  incomodi  gravissimi ,  ai  quali  non  era  possi- 
bile  sottrarli,  perche  procedevano  tutli  dalla  mancanzadi  piu  ampio 
spazio  nell'abitazione,  e  di  piu  ampii  corlili  o  giardini  per  lavoro 
o  per  distrazione.  II  pensiero  di  trovare  un  silo  piuvasto,  piu  soli- 
tario,  piu  arioso  era  sempre  vivo  ;  e  non  la  grandiosila  dell'  impresa, 
ma  1'  opporlunila  faceva  ancora  ritardarne  1'  effeltuazione.  II  percLe 
agli  anlichi  progetti  di  trasferimento  se  ne  aggiunsero  due  nuovi, 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  585 

e  la  villa  Caserta  e  la  yilla  Allied  furono  prese  andi'  esse  di  mi- 
ra ,  come  luoghi  convenient!  alia  costruzione  di  un  nuovo  Ospe- 
dale  dei  malti.  Non  si  sarebbe  probabilmente  riuscito  mai  a  capo  di 
nulla ,  se  invece  di  cercare  un  sito  che  offrisse  in  un  modo  assoluto 
tutte  le  comodila  richieste ,  non  si  fosse  finalmente  venuto  nella 
determinazione  di  preferir  quello,  il  cui  acquisto  fosse  piu  agevole , 
e  le  cui  difficolta  polessero  superarsi  dalla  scienza  medica  e  dall'ar- 
le  archileltonica.  Fu  dunque  determinato  di  aggiungere  all'ospedale 
antico  la  vasta  villa  Cecchina ,  propriela  de'  Principi  Barberini ,  che 
sorge  nel  contiguo  colle  Gianicolo ;  di  protrarre  Tediiicio  esistente  per 
altri  trenta  metri,  incorporandovi  le  case  che  riuscivano  al  porto  Leo- 
nine ,  e  guadagnare  sulle  rive  del  Tevere  quel  piu  che  fosse  possi- 
bile  per  ingrandire  i  giardini  che  vi  si  affacciano.  Invece  dunque 
d'  un  traslocamento  e  d'  un  nuovo  edificio ,  si  venne  al  parlito  d'  un 
ingrandimento  e  d'  una  rifazione ;  ma  ingrandimento  e  rifazione  tali 
che  rendessero  il  Manicomio  romano  non  inferiore  a  nessuno  di 
quegl' Islituti ,  che  il  noslro  tempo  ha  veduto  sorgere  in  Europa  per 
rifugio  e  guarigione  della  demenza.  L'  ingente  spesa  necessaria  per 
eseguire  una  tal  opera,  non  isbigolti  1'animo  generoso  di  Pio  IX:  e 
assuntala  tutta  a  carico  del  suo  particolare  peculio ,  voile  che  la  co- 
struzione si  conducesse  con  quella  maggiore  alacrita ,  la  quale  con- 
senlisse  il  dover  distruggere  quasi  lutto  il  vecchio  ,  edificare  iutto 
il  nuovo;  e  contenere  in  lanto  al  tempo  stesso  lulti  i  matti die  den- 
tro  vi  dimoravano.  Affido  la  cura  di  questa  non  facile  impresa  allo 
zelo  ed  alia  perspicacia  d'  un  Prelato  operosissimo  ,  qual  e  Monsi- 
gnor  Domenico  dei  Conti  Giraud ,  che  colla  piena  autorita  di  Visita- 
tore  apostolico  prepose  al  Manicomio ;  e  a  lui  si  deve  se  nello  spa- 
zio  di  soli  tre  anni  puo  dirsi,  se  non  compiuta,  al  certo  presso  al  suo 
termine  una  riforma,  che  non  e  solo  deslinata  ad  onorare  un  Ponti- 
ficalo ,  gia  per  tante  altre  istituzioni  di  Beneficenza  insigne  ,  ma  ad 
assicurare ,  per  quanto  alia  carita  ed  alia  scienza  e  conceduto ,  la 
guarigione  o  certo  almcno  il  sollievo  a  tanti  miseri  infermi ,  e  fra 
gl'  infermi  ai  piu  reielti. 

L'  incarico  assunto  da  Mons.  Giraud  avea  bisogno  di  due  abili 
cooperalori ,  V  uno  per  la  parte  medica,  1'altro  per  Tarchitettonica. 
Ei  seppe  scerli  attissimi  all'  uopo ,  e  proporli  alia  sovrana  appro va- 


386  RIYISTA 

zione  nella  persona  del  ch.  dott.  Comm.  Viale  Prela,  Archiatro  pon- 
iificio ,  cui  fu  data  la  direzione  medica  del  Manicomio  ,  e  Dell'  altra 
dell'  arcliiletlo  sig.  Francesco  Azzurri ,  cui  fu  allogata  T  opera  som- 
mamenie  arduadi  architettare  e  di  dirigere  i  nuovi  lavori.  Concord! 
nel  medesimo  concetto,  1'uno  colla  sua  scienza  e  colla  sua  perizia 
medica ;  1'altro  coll'  ingegno  perspicace  e  colla  valenlia  Dell'  arle  del 
costruire,  aiutala  dall'osservazione  fatta  nei  principal!  Manicomii  di 
Europa ,  cui  per  questo  fine  visito  e  studio  minutamente  ;  ambedue 
concorsero  a  porre  le  principal!  condizioni  del  nuovo  edificio  ,  ed  a 
facilitarne ,  ciascuno  per  la  parte  sua  propria ,  1'  innalzaraento.  Le 
due  opere,  che  abbiamo  annunziate  in  capo  a  questa  rivisla,  e  dalle 
quali  abbiamo  finora  attinte  le  notizie ,  die  compendiosamente  por- 
gemmo  del  nuovo  e  del  vecchio  Spedale,  spiegano  minutamente 
1'una  tutto  cio  che  si  riferisce  ai  lavori  di  costruzione  eseguili  in  que- 
sti  tre  anni ,  1'  altra  tutto  cio  che  risguarda  i  malati  che  vi  dimora- 
rono  nei  due  anni  1861  e  1862.  Dall'  uno  e  dall'altro  adunque  torre- 
mo  il  sunto  che  danno  di  quanto  venne  fatto  per  rinnovare  ed  allargar 
lo  spedale:  perche  1'uno  compie  1'altro:  e  luttedue  insieme  fan  con- 
cepire  una  giusta  idea  del  nuovo  fabricate.  E  cominciamo  da  cio  che 
ne  dice  il  Dott.  Viale  nella  pag.  7  del  suo  libro : 

«  Cosi  oggi  ha  Roma  un  Manicomio,  che  Don  e  secondo  a  verun 
altro  d' Italia  e  d'oltremonte.  L'illustre  Prelalo  (Monsig.  Giraud), 
a  condurre  1'  impresa,  si  valse  deli' opera  dell'  Archiletto  sig.  Fran- 
cesco Azzurri ,  il  quale  con  molta  destrezza  seppe  cosi  bene  plas- 
mare  il  vecchio  col  nuovo,  da  formare  di  due  edificii  un  solo,  quasi 
fosse  slato  costrutto  di  pianta.  Dell'  anlico  manicomio  puo  dirsi 
quasi  non  rimanga  che  il  luogo ;  tanli  e  cosi  soslanziali  furono  gl'  in- 
novamenti. 

«  Nei  locali  lerreni,  oltre  le  appartate  cellelle  pei  furiosi,  si  stabHi 
e  si  riordino  la  Cucina,  la  Dispensa,  i  Refettorii,  i  Bagni  ad  acqua,  a 
vapore,  le  varie  specie  di  docciature,  le  macchine  per  la  polverizzazio- 
ne  dell' acqua  e  per  le  affusioni,  la  stufa,  lo  stenditoio  per  asciugare 
le  biancherie  nell'inverno,  la  Spezieria,  e  quanto  altro  puo  servire 
per  materasseria  e  per  ogni  altro  bisogno.  Nelle  slanze  a  tetto  i  Ma- 
gazzini  di  approvvigionamento,  Dei  solterranei  la  Legnaia,  la  Carbo- 
naia,  la  Canova  e  la  Cantina.  Si  dispose  che  comperato  un  gruppo 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  587 

di  case  verso  mezzodi,  venissero  su  queste  prolungati  gr  intern! 
ambient!  dell'  Ospizio  e  la  fronte  fino  al  porto  Leonino.  La  quale  se 
fa  bella  mostra  di  se  condotta  sopra  uno  slesso  disegno  ,  sostituite 
le  vetrate  ai  ferri,  ed  accresciute  di  numero  le  fenestre,*per  dare  ai 
dormitorii  maggior  aria  e  luce  maggiore,  niuno  e  che  nol  vegga.  Le 
fenestre  vennero  fornite  di  persiane,  nelle  quali  1'  obliquila  delle  stec- 
che  fu  rivolta  in  alto,  non  solo  per  dar  piu  luce,  ma  per  fare  che  I 
dementi  non  possan  vedere  chi  sta  loro  dicontro,  ne  chi  passa  per 
istracla;  e  queste  persiane  scorrevoli,  rimangono  stabili  quando  son 
chiuse,  e  si  nascondono  nella  grossezza  della  muraglia  quando  ven- 
gono  aperte. 

«  Un  antimuro  fondato  sul  Tevere  rende  piu  ampio  il  giardino 
degli  agitati;  ed  un  altro  della  medesima  costruzione  rendera  piii 
spazioso  ed  aggradevole  il  giardino  de'  sudici.  Sulla  sorte  di  questi 
infelici  si  vollero  prodigate  le  piu  diligenti  ed  amorose  cure.  Da  uno 
stanbugio,  ove  venian  collocati,  furono  trasferiti  in  un  quartiere  al 
primo  piano,  ampio,  arioso  ed  illuminato,  sotto  la  sorveglianza  di 
persone  caritatevoli,  occupate  ad  educarli  e  farli  rientrare  mano 
mano  nelle  idee  di  nettezza  e  di  proprieta. 

«  Tulto  1'  edificio  tanto  delle  donne  che  degli  uomini  e  diviso  in 
quattro  distinti  quartieri  dei  Tranquilli,  dei  Sudici,  degli  Agitati,  dei 
Furiosi.  A  ciascuno  e  addetto  un  giardino,  un  refettorio,  una  sala 
di  trattenimento ,  una  fontana.  Ciascuno  ha  per  se  una  scala  agevole 
che  conduce  ai  rispettivi  luoghi  di  riposo.  Per  questa  separazione  si 
ha  il  vantaggio ,  che  i  Dementi  di  una  classe  per  nulla  influiscano 
su  quella  degli  altri,  dacche  spesso  gli  error!  della  mente  si  comu- 
nicano  dair  uno  all'  altro  per  imitazione. 

«  I  dormitorii  ampii,  sfogati,  pieni  di  luce,  sono  distribuiti  al  pri- 
mo e  secondo  piano,  e  i  lelti  vi  sono  collocati  a  due  metri  di  distan- 
za  1'uno  dair  altro,  di  modo  che  in  ciascuno  di  essi  non  si  conten- 
gono  piu  di  14 o  15  dementi,  i  quali  vengono  sorvegliati nella  nolle 
da  un  infermiere,  che  vi  manliene  1'  ordine,  il  silenzio  e  la  neltezza. 

«  Quello  che  tanto  stava  a  cuore  di  Sua  Sanlila  nel  1856,  si  con- 
sogui  nel  Giugno  1861.  La  villa  Barberini  per  mezzo  dell'arco  del 
Sangallo  fa  ora  parle  del  nostro  Manicomio.  Cola  sulla  vetta  di  quel- 
1  •  amenissimo  colle ,  il  quale  e  pressoche  a  livello  del  Manicomio 


588  RIVISTA 

stesso ,  sorge  una  fonle  di  acqua  perenne ,  e  un  passeggio ,  e  im  bo- 
sco  che  ricrea  con  le  sue  ombre  ed  aiuole  fiorile,  e  quanto  allro 
puo  servire  allo  spirito  di  distrazione  e  di  ricreamento.  La  nobile 
Casina  che  signoreggia  dall'  alto  la  valle  Vaiicana,  le  vagbe  pendici 
di  Monte  Mario  ,  del  Gianicolo  ,  e  prospetta  da  lontano  i  monli  Sa- 
bini,  Prenestini  e  i  colli  Tusculani,  viene  deslinataa  ricevere  quei 
dementi ,  che  volessero  esser  tenuti  a  vitlo  e  trattamento  parlicola- 
re,  assegnando  ad  ognuno  una  decente  camera;  a  tutti  poi  1'  uso  di 
un  apparlamento,  ove  ritrovano  quanto  puo  riuscire  loro  di  agiatez- 
za  e  di  sollazzo.  In  questa  campagna  verranno  condolti  i  dementi 
della  classe  de'  contadini  a  kvorare  la  terra ;  qui  sorgeranno  le  of- 
ficine  per  esercitare  altri  alienati  ai  rispetthi  mestieri ;  qui  vi  e  una 
casa  villereccia,  una  cascina  da  burro ,  una  peschiera  ed  un  orto  ben 
vasto,  che  fornisce  i  dementi  di  erbaggi. 

«  L'avanzarsi  del  Manicomio  non  dovca  andar  disgiunlo  da  quan- 
to puote  aver  riferenza  coi  progress!  della  scienza ;  ond'  e  che  Sua 
Sanlita  il  voile  anche  provveduto  di  una  Biblioleca,  generosamente 
donando  opere  pregevolissime  di  Anatomia,  di  Chirurgia  e  di  Me- 
dicina  coi  piu  recent!  trattati  di  Alienazione  mentale ,  e  con  quanto 
altro  puo  riuscire  a  conforto  di  quest'  in felici.  » 
1  A  compiere  questa  descrizione  valga  il  quadro  che  a  grandi  toc- 
chi  ha  delineato  del  suo  lavoro  architettonico  il  sig.  Azzurri,  colle 
seguenti  parole,  tolte  dalle  pagine  32  e  33: 

«  L'asilo  altuale,  protratto  ora  fino  al  porto  Leonino,  da  luogo  in 
ciascuna  delle  due  grandi  sezioni,  quella  degli  uomini  a  deslra, 
quella  delle  donne  a  sinislra  dell'  ingresso  ,  ai  dislinti  quartieri  dei 
Tranquilli,  dei  Sucidi ,  degli  Agitati  e  Furiosi ,  con  1'  infermeria 
nelle  due  sezioni  per  le  malaltie  ordinarie ,  e  a  un  piccolo  quartiere 
di  pensionarii  di  seconda  e  terza  classe,  richiestomi  da  Monsig.  Visi- 
tatore  per  giusle  mire  carilatevoli,  onde  ogni  classe  di  persone  pos- 
sa  fruire  di  quei  mezzi  curativi,  che  oggi  offre  1'  asilo,  merce  le  so- 
vrane  munificenze.  Ogni  quarliere,  completamente  separate,  e  costi- 
tuito  a  piano  terra  da  una  sala  di  trattenimento,  da  un  refettorio  ris- 
guardante  il  proprio  giardino,  e  dalla  scala,  che  monta  al  respetli- 
vo  dormitorio  superiore.  Nella  parte  centrale  di  ognuna  nelle  due 
grandi  sezioni  vi  sono  stati  ricavali  i  locali  dei  bagni,  ma  quest!  dis- 


DELIA  STAMPA  ITALIANA  58D 

posli  in  moclo  ,  che  menfre  occupano  il  centre  della  sezione,  ogni 
quartiere  vi  ha  accesso  separatamente  con  i  respeltivi  gabinetti  da 
bagno  distinti.  Dai  locali  deslinati  airamministrazione,  e  die  occu- 
pano il  piano  terrene  della  fabbrica  sulla  pubblica  via ,  e  dalla  cu- 
cina,  partono  i  corridoi  di  servizio,  che  si  legano  con  gli  altri  del 
diversi  quartieri,  in  modo,  che  si  puo  percorrere  1'intiero  stabilimen- 
to  senza  aver  la  necessita  di  entrare  nei  quartieri  medesimi.  A  ri- 
muovere  Y  inconveniente  ,  a  cui  va  soggelto  un  Manicomio ,  che  ha 
la  sua  fronte  sulla  pubblica  via,  ho  destinato  i  piano  lerreni  ad  uso 
della  amministrazione,  della  cucina,  dispensa,  farmacia,  e  i  due  pia- 
ni  superiori  a  dormitorii,  in  modov  che  i  malati  vi  dimorino  solamen- 
te  nella  nolle,  allorche  le  fineslre  sono  chiuse  ed  assicurate,  per  ab- 
bandonarli  complelamente  alia  mattina.  Fra  le  due  grandi  sezioni 
sorge  la  chiesa  accessibile  separalamente  ai  due  sessi,  e  nelle  prin- 
cipali  festivila  anche  al  pubblico  ,  e  quindi  1'  ufficio  del  Diretlore  e 
dei  medici ,  e  la  camera  di  ricevimento.  Due  distinti  corridoi ,  uno 
per  le  donne ,  1'  altro  per  gli  uomini,  conducono  alia  villa  Barberini, 
sormonlando  I'  arco  architetlalo  dal  Sangallo.  Quivi  in  due  separate 
localila  per  ambedue  i  sessi ,  vengono  sistemati  i  pensionarii  ricchi 
di  prima  classe,  e  i  ragazzi  idioti ;  una  parte  del  lerreno  annesso  ai 
quartieri  suddelti  e  ridotto  a  vaghi  giardini,  e  un'altra  parle  e  desti- 
nata  a  servire  durante  il  giorno  alia  distrazione  e  ai  passeggio  dei 
[malali  tranquilli  comuni  e  convalescenli,  i  quali  dimorerebbero  alia 
villa,  parte  raccolli  al  lavoro,  parte  alia  coltura,  e  tornerebbero  al- 
I'asilo  all'  ora  della  refezione  e  al  traraonto  del  sole.  Una  comoda 
via  per  le  velture  monlerebbe  dalla  porla  S.  Spirito  sino  alia  villa, 
e  da  questa  parte  si  progetta ,  che  vi  accedano  coloro,  i  quali  vi  re- 
cano  gli  ammalali,  onde  togliere  alia  vista  del  pubblico  il  penoso  uf- 
ficio del  trasporto  nell'interno  dell'asilo  dell'infermo,  e  a  questo  ogni 
sgradevole  impressione.  La  nuova  disposizione  delle  parti  compo- 
nenli  1'attuale  fabbricato  fa  conoscere  abbastanza,  come  con  1'attua- 
zione  del  sistema  misto  rammalato  possa  godere  al  piu  possibile  del 
beneficio  dell'aria  libera ,  dell'  amenita  della  campagna .  dell'  esleso 
orizzonte,  abitando  nella  nolle  sollanto  il  vecchio  stabilimerito». 

Da  queste  due  relazioni  prese  insieme  ,  e  molto  piu  dallo  svolgi- 
mento  particolarissimo  che  ne  fa  1'architetto  Azzurri,  deduciamo  es- 


1)90  RIVISTA 

sersi  felicemente  ottenute  nel  nuovo  edificio  le  principal!  condizioni 
di  un  buon  Manicomio,  ossia  con  mezzi  direlli  e  naturali ,  ossia  con 
ripieghi  molto  ingegnosi  dell'arte  e  dell'  induslria.  Non  sara  discaro 
Findicarne  qui  per  sommi  capi  le  principal!,  acciocche  i  romani  veg- 
gano  quanta  fiducia  possano  avere  che  gli  alienali  vi  guariscano  o 
almeno  vi  abbiano  quegli  agi,  che  rendano  piu  tollerabile  una  si  com- 
passionevole  infermita;  e  i  forestieri  comprendano  quanta  cura  si  ab- 
bia  qui  in  Roma  di  soccorrere  ad  ogni  sventura  colla  piu  squisita 
carita. 

Cbi  promoveva  il  trasferimenlo  dello  Spedale  dei  matti  in  su  qual- 
che  colle  o  in  qualcbe  campagna,  aveva  in  mira  due  scopi:  torrealla 
vista  dei  cittadini  quegl'  infelici ,  che  spesso  ne  rimangono  offesi ,  e 
procacciar  loro  i  vantaggi  dell'  aria  campestre,  della  bella  vista,  dei 
iavori  rurali.  Or  il  secondo  scopo  si  e  conseguilo  coll'annessione  del- 
la  villa  Barberini,  nei  cui  terreni,  ampii,  sfogati,  di  amenissimo  pro- 
spetto,  trasferisconsi  or  a  passeggio ,  or  a  lavoro  quegli  alienati  che 
ne  possono  avere  o  bisogno  o  vantaggio;  e  il  primo  si  e  ottenuto  col- 
la  opportuna  disposizione  delle  parti  interne  di  tutto  1'edificio.  Poiche 
nessun  alienato  puo  essere  in  nessun'ora  mai  veduto  da  chicchessia 
sulla  strada,  ne  puo  vedervi  nessuno.  II  prospetto  dell'Ospedale  sul- 
la  Longara  distendesi  e  vero  per  145  metri  e  piu  di  lunghezza,  ed 
ha  tre  ordini  di  iinestre  in  sulla  pubblica  via.  Ma  le  finestre  del  pri- 
mo ordine  al  pian  terreno  meltono  nelle  officine  vane  deirammini- 
strazione ,  o  nei  corridori  di  servigio  interno  :  tutli  luoghi  che  non 
sono  mai  percorsi  dagli  alienati :  e  per  soprappiu  di  sicurezza  esse 
sono  guarenlite  all'  eslerno  da  una  lunga  inferriata  di  grazioso  dise- 
gno ,  la  quale ,  facendo  ala  a  tulto  1'  edin'cio  ,  tien  lungi  i  passanli 
dalle  dette  fenestre ,  e  impedisce  ogni  contalto  tra  quei  di  dentro 
con  quei  di  fuori.  Le  due  file  di  finestre  dei  pinni  superior]  mettono 
Uitle  in  sale  destinale  unicamente  a  uso  di  dormitorii  per  la  notte. 
Cola  quando  di  giorno  non  v'  alberga  ne  vi  dimora  veruno ,  le  fi- 
nestre vi  sono  aperte  a  dar  aria  ai  cameroni.  La  sera,  prima  che  i 
matti  vi  entrino,  gl'inservienti  dello  spedale  chiudono  a  chiave  le  im- 
posle  e  le  persiane  di  tutle  le  finestre ,  per  non  aprirle  che  la  dima- 
ne  quando  essi  ne  saranno  uscili.  Rimane  dunque  all'  Ospedale  il 


DELIA  STAMP  A  ITALIAN! 

eomodo  che  da  grandissimo  1'  essere  in  una  grande  citta,  ed  e  ri- 
mosso  1'  incoraodo  e  il  disordine  dell'  essere  i  dementi  in  comunica- 
zione  di  vista  o  di  parole  coi  cittadini. 

La  seconda  cosa  desiderata  in  un  buon  Manicomio  si  e  uno  scom- 

parlimenlo  interim ,  che  separi  comodamente  le  varie  classi  di  paz- 

zi,  e  offra  al  servigio  interiore  dello  Spedale  le  maggiori  agevo- 

lezze  possibili.  Or  ecco  come  cio  si  e  ottenuto  nel  nuovo  Manicomio. 

Nel  centro ,  ov'  e  la  porta  d'  ingresso,  trovasi  raggruppato  insieme 

lutto  cio  che  risguarda  la  direzione ,  ramministrazione ,  le  sale  dei 

parlatorii ,  le  officine  ,  la  farmacia  e  la  chiesa ,  lutti  luoghi  accessi- 

bili  al  pubblico ,  senza  nessun  faslidio  ne  incomodo  dei  poveri  ma- 

lati.  Sulla  dritta  di  chi  entra  v'  e  lo  spedale  per  gli  uomini ,  sulla 

sinistra  quello  per  le  donne ,  1'  uno  interamente  separate  dall'  al- 

tro.  Nell'  uno  e  nell'  altro  si  sono  dislinti  quatlro  quartieri  per  le 

quattro  principalissime  classi  differenli  di  alienazione ,  cioe  Iran- 

quilli ,  Sudici ,  Agitati ,  Furiosi ,  e  olire  i  quattro  quartieri  un'  in- 

fermeria  per  chi  fosse  affetto  da  altro  morbo  sopraggiunto  alia  de- 

menza.  Ogni  quarliere  ha  nel  pian  terreno  la  sua  sala  di  tratteni- 

mento  per  tutto  il  giorno ,  la  sua  galleria  coverta ,  e  ii  suo  giardino 

per  passeggiare,  il  suofefellorio,  i  suoi  gabinelti  d'agiamento,  i 

suoi  camerini  da  bagno :  e  i  quarlieri  dei  Iranquilli  hanno  dippiu  la 

lor  sala  di  lavoro ,  e  quella  di  lettura.  I  dormitorii  di  ciascun  quar- 

tiere  trovansi  nei  due  piani  superiori ;  e  gli  alienati  vi  ascendono  per 

una  comoda  scala ,  propria  di  ciascun  quarliere ,  incassata  da  rauri 

ai  fianchi ,  di  facile  incesso ,  luminosissima ,  e  che  chiusa  tutto  il  di 

da  un  cancello  non  e  accessible  che  solo  quando  il  mattino  vi  deb- 

bono  scendere,  o  la  sera  salire.  Ogni  dormitorio,  per  phi  comodi- 

ta,  e  diviso  in  cameroni  capaci  di  piu  o  meno  lelti,  T  uno  dall'altro 

distanti  per  due  metri,  i  quali  cameroni  comunicano  fra  i  i  loro  per 

mezzo  di  archi ;  e  son  forniti  di  lavamani  con  acqua  copiosissima 

per  la  nettezza.  Dal  centro  si  diramano  i  corridori  di  coniunicazio- 

ne  che  girano  tutto  1'  ospedale ;  e  il  fabricate  che  stendesi  sulla 

via  della  Longara,  comunica  colla  villa  Barberini  per  mezzo  del- 

1'arco  del  Sangallo  con  tanta  agevolezza ,  che  dal  piano  superiore  si 

ascende  alia  collina  con  soli  sedici  gradini.  La  via  della  comunica- 


592  RI  VISTA 

zione  per  gli  uomini  e  diversa  da  quella  delle  donne ,  come  nella 
villa  medesima  la  parle  deslinala  agli  uomini  non  ha  verun  contat- 
to  con  quella  deslinala  alle  donne. 

Siccome  nel  Manicomio  possono  trovar  luogo  persone  di  svariatis- 
sima  condizione ,  cosi  e  stalo  ancor  necessario  costruirvi  per  le  varie 
classi  della  sociela  luoglii  a  parle.  II  descritto  finora  risguarda  gli 
alienali  poveri :  per  gli  agiali  si  son  dislinte  tre  classi.  L'  infima 
che  ha  dormitorii  corauni ,  e  la  media  che  ha  slanze  separate  ban 
trovato  il  lor  proprio  luogo ,  con  tulte  le  comodita  convenient}  a 
ciascuna ,  nella  parte  dell'  edificio  che  slendesi  sulla  Longara :  la 
classe  piu  elevata  ha  nella  villa  Barberini  suoi  apparlamenli ,  messi 
a  una  squisita  eleganza  con  gabinelti  di  lelella  e  di  bagno ,  came- 
re  di  sorveglianza ,  saloni  da  bigliardo  e  da  musica ,  gabinelli  di 
lellura,  campanelli  elellrici  per  le  chiamate,  e  via  discorrendo.  II 
casino  per  gli  uomini  e  compiulo ,  e  quello  delle  donne  sara  fra 
breve. 

Finalmente  per  1'educazione  dei  fanciulli  e  delle  fanciulle  idiole  si 
richiede  anch'egli  un  luogo  a  parte :  e  questo  e  stalo  loro  assegnalo 
assai  opportunamente  sulla  villa  Barberini ,  nella  quale  due  edificii 
separali  conlerranno,  quando  saran  terminati,  e  quelli  e  queste. 

Nella  stessa  villa  trovasi  una  cascina  alia  svizzera  per  custodirvi 
£  pastorarvi  le  vacche,  aflin  di  averne  la  tie  e  burro  per  lo  spedale  ; 
e  qua  e  cola  sorgeranno  varie  officine  da  lavoro,  nei  sili  piu  ridenli, 
per  quei  dementi  tranquilli ,  che  vi  si  possono  applicare. 

L'ullima  cosa  necessaria  in  un  Manicomio  ben  coslruilo  si  e  la  sa- 
lubrila  del  silo  e  dell'  architetlura.  Quella  del  silo  non  lascia  nessun 
dubbio  ne  per  la  parle  anlica ,  ne  per  la  nuova  aggiuntavi ,  la  quale 
anzi  dee  dirsi  ed  e  veramente  deliziosa.  L'  archilellura  poi  nulla  ha 
trascuralo  perche  la  sanita  dei  rinchiusi  non  abbia  per  veruna  cagio- 
ne  a  soffrirne.  L'aria  guasla  delle  sale  e  dei  dormitorii  e  porlala  via 
da  tubi  aperli  al  di  fuori ,  su  pei  quali  una  lampana  accesa  provoca 
Vaspirazione  incessante  dell'aria  chiusa  :  le  pareli  e  i  pavimenli  son 
composli  o  coverli  di  malerie  che  non  assorbiscono  ne  miasmi  ne 
sozzure,  e  possono  mondarsi  d'ogni  brullura  col  solo  lavarli :  la  luce 
e  1'aria  enlra  e  penetra  e  aggirasi  per  lulto  da  un  numero  grandis- 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  593 

simo  cli  finestre,  che  maggiore  non  si  potea ;  1'acqua  copiosa  monta 
in  cima  dell'  edifizio  ,  gira  nei  suoi  condotti  per  ogni  angolo  dello 
Spedale  ,  ed  e  da  per  tulto  alia  mano  di  chi  vuole  o  deve  servir- 
sene,  vantaggio  importanlissimo  per  la  netlezza  e  la  salubrila  :  per  i 
giorni  piovosi  o  canicolari  le  gallerie  coverte  offrono  ad  ogni  quartiere 
passeggiate  innocue  :  la  dislanza  da  letto  a  letto  che,  e  come  dicem- 
mo  di  due  metri,  giova  assai  alia  sanita  non  meno  che  alia  decenza: 
e  fmalmente  1'aspetto  si  interno  come  esterno,  lieto,  arneno,  con  nulla 
che  senta  di  prigionia  o  di  forza ,  la  vista  di  giardini  e  di  rive  ,  il 
prospetto  della  cilia  che  da  per  tutto  si  gode,  non  solo  loglie  dall'a- 
nimo  di  quei  miseri  ogni  abbaltimento  di  tetra  paura,  ma  li  solleva, 
e  li  ricrea  soavemente. 

Noi  non  possiamo  dire  di  questo  nuovo  edificio,  tutto  quello  che  si 
e  fatto  ,  o  si  va  tuttavia  facendo.  Un  breve  cenno  che  ne  ha  voluto 
dare  I'archilelto  Azzurri,  stendesi  per  bene  66  pagine :  e  quando  egli 
yorra  ,  come  si  propone ,  discendere  ai  minuti  particolari ,  dovra 
fare  non  un  opuscolo,  ma  un  giusto  volume.  Cio  che  possiamo  con- 
chiudendo  dire  si  e ,  che  il  voto  di  tanti  anni  e  di  tante  anime  com- 
passionevoli  della  sventura  di  questi  sgraziali  ha  avuto  il  suo  pie- 
no  compimenlo:  ed  esso  devesi  alia  generosila  di  Pio  IX  ,  che  sola 
pole  vincere  gli  ostacoli  che  d'ogni  parte  sorgevano,  e  assumere,  in 
tanta  difficolla  di  tempi ,  una  spesa  non  ad  altri  tollerabile  che  o  ad 
un  grande  tesoro  di  Stalo  ricco,  o  ad  un'immensa  carita  di  cuore  be- 
nefico  e  confidente. 

A  compiere  questa  rivista  ci  rimarrebbe  a  dire  piu  parlicolarmente 
qualche  cosa  intorno  alle  stalisliche ,  pubblicate  dal  Dolt.  Viale  pei 
due  anni  1861  e  1862,  ed  alle  prudentissime  deduzioni,  ch'  egli  da 
quei  numeri  ricava,  ossia  sotto  1'aspetto  medico,  ossia  sotfo  il  civile 
ed  il  morale.  Ma  siccome  noi  abbiamo  avuto  in  mira  principalmente 
di  far  conoscere  quesla  nuova  beneficenza  di  Pio  IX  ,  desumendone 
le  notizie  dai  due  libri  leste  comparsi  alia  luce,  cosi  ci  contentiamo 
solo  di  dire  che  il  lavoro  dell'  egregio  Direltore  di  questo  Spedale  e 
uguale  alia  sua  scienza  e  al  suo  zelo  ,  e  fornisce  ai  medici  ed  alle 
persone,  che  s'  occupano  in  ispecie  di  sollevare  e  guarire  i  dementi, 
preziosi  ragguagli  e  savissime  considerazioni  pei  loro  sludii. 
Serie  Y,  vol.  X,  fasc.  341.  38  25  Maggio  1864. 


•91"  m  VISTA 

HI. 

Principii  della  Chiesa  Romano,,  delta  Chiesa  Prolestante  e  delta 
Chiesa  Cristiana.  Torino,  stamp.  dell'Unione  lipograiico-edilri- 
ce  1863.  Un  vol.  di  pag.  166. 

La  miova  religione  dell'  Italia ,  la  Dio  grazia ,  si  e  oggimai  ritro- 
vata.  Essa  porlera  il  nome  di  Chiesa  Cristiana  ed  i  suoi  adept! 
quello  di  Cristiani  per  la  grazia  di  Dio  e  secondo  la  Scrittura.  1 
principii,  sopra  dei  quali  sifonda,  ed  i  canoni,  a  cui  deve  reggersi, 
vengono  esposti  nel  libro  annunziato.  Sconciatura  piu  dispetla,  phi 
mostruosa  e  piu  ridicola  non  si  polea  regalare  all'Italia.  Se  do  sia  o 
no  vero,  si  vedra  appresso.  Intanto  sappi,  letter  cortese,  esser  ella  fi- 
glia  dell'Italia  e  non  d'oltremonte.  Che  se  noVcredessi  chi  ha  1'onore 
di  presentartela  nel  libro  nominate,  ti  recita  ad  un  fiato  ben  cento 
attinenze  della  medesima,  tulte  di  purissimo  sangue  italiano,  le  qua- 
li fiorivano  in  sul  cominciare  del  secoloXVI  in  Ferrara ,  in  Modena, 
In  Bologna,  in  Napoli,  in  Firenze,  in  Siena,  in  Lucca,  nella  Lornbar- 
dia  ed  in  Yenezia.  Quanto  alia  nobilta  loro  basti  il  dire,  che  tiene  il 
luogo  piu  orrevole  Pier  Paolo  Vergerio,  Vescovoapostata,  traditore 
dopo  di  essere  stato  beneficato  ed  onorificato  dal  Papa.  La  mala  sorle 
voile,  che  si  nobile  propagine  islerilisse  ad  un  tratto  alia  meta  del 
secolo  XVI  e  si  giacesse  senza  moto  e  senza  vita  fmo  a  di  noslri, 
ne'quali  «  il  Signore  apri  silenziosamente  i  cuori  ad  alcuni,  li  con- 
verti  a  se,  e  mise  in  loro  1'amore  di  testimoniare  altrui  la  Grazia  die 
aveano  ricevuta  da  Lui  l.  » 

Ma  le  opere  buone  sono  sempre  odiate  dal  nemico  della  uma- 
na  generazione.  E  pero  «  mentre  Dio  dotava  la  Chiesa  italiana 
del  dono  deir  evangelizzazione-continuata-incessante-operosa ,  sor- 
gevano  a  fianco  di  essa  opere  di  contenzione  2.  »  Qui  T  Autore  ci 
discopre  uno  spettacolo  degno  della  nostra  considerazione ,  poiche 
melte  a  nudo  le  ree  qualita  e  le  pessime  arti  corrompitrici  che  si 
adoperano  dalle  varie  setle ,  che  ,  venute  d'  oltre  Alpe  in  Italia ,  si 
sludiano  di  atlecchirvi  comecchesia.  Passandole  in  rassegna ,  dap- 
prima  ci  fa  sapere  in  generale  che  le  loro  forme  «  sono  fracide , 

1  Pag.  31.  —  2  Pag.  33. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA 

che  cadono  a  lembi  nei  loro  paesi ,  e  che  sono  causa  del  raziona- 
lismo  e  della  incredulila  delle  loro  nazioni  1.  »  Sopra  di  che  non 
abbiamo  nulla  da  ridire.  II  fatto  e  patente  da  gran  tempo.  Appres- 
so  pigliandole  ad  una  ad  una,  quali  accuse  non  lancia  contro  i  Val- 
desi  ?  Li  dimostra  ingannatori ,  frodolenti ,  falsarii ,  e  richiaman- 
dosi  alia  storia  coscienziosa  «  questa  dira ,  egli  scrive ,  che  i  Val- 
desi  s'inlromellono  fra  i  cristiani,  come  usano  i  Derbisti  in  Francia 
e  nella  Svizzera,  e  prima  dicono  che  la  loro  chiesa  e  la  stessa  degli 
italiaui,  poi  la  denigrano,  e  per  lusingare  e  sedurre  i  semplici  sog- 
giungono  che  essi  sono  approvati  dal  Governo,  che  hanno  danariper 
sovvenire  ai  bisogni  dei  poveri,  perche  i  protestanli  d'  oHremonte  li 
provvedono  riccamente ;  e  cosi  cercano  di  ammaliare ,  mettere  dis- 
cordie  e  seminare  scandali ;  dira  quante  menzogne  si  sono  stampale 
dai  Valdesi  ne'  giornali  di  Scozia ,  di  Parigi ,  nella  loro  Buona  No- 
vella ecc.  ecc.  2.  »  . 

La  Chiesa  scozzese  non  ne  sta  meglio  sotto  la  penna  del  nostro 
autore,  il  quale  le  profetizza  un  totale  disertamento,  come  accade 
ai  Valdesi  nel  Piemonte  e  nella  Toscana ,  e  se  pure  awenga  che 
serbi  alcun  proselito,  questo  sara  un  italiano  ignorante  o  vano  3. 
De'  Metodisti  ci  fa  consapevoli ,  che  «  si  danno  moto  a  Firenze,  a 
Milano,  aNapoli,  e  scivolano  dovunque  con  faccia  sorridente  e  con  le 
mani  piene  di  oro  per  comperare  anime  instabili  ed  uomini  \ani  e 
si  aggirano  dapertulto  per  reclutare  proseliti  in  \1rlu  del  Dio  Mam- 
mona  4.  »  L'unicuique  suum  e  dato  anche  ai  clerico-liberali  annida- 
tisi  in  Torino,  ed  ai  loro  partigiani.  Eccovi  il  concetto  di  questi  ri- 
belli  al  Papa  «  sono  uomini  senza  vita,  senza  ortodossia,  pieni  di 
boria  e  di  vanita  5.  »  Ne  vi  pensate  ,  che  cotesle  sette ,  rappresen- 
tateci  cosi  nobilmente  dal  nostro  Anonimo,  non  abbiano  che  dire  ad 
onta  della  Chiesa  italiana  risuscitata.  Stando  alle  querele  che  fa 
1' Autore  ,  le  maligne  forestiere  ,.e  questo  si  capisce ,  intessono  tale 
panegirico  de'  suoi  costumi ,  le  appongono  tali  aggiunti  di  vilupero , 
e  ne  contano  tali  scempiaggini ,  che  i  suoi  seguaci ,  vogliamo  dire , 
i  Cristiani  per  la  grazia  di  Dio  secondo  la  Scrittura,  compaiono 
degni  d'  infamia  e  di  riso  ad  un  tempo  6.  In  somma  se  guardate 

lPag.38.-2Pag.34.-3Pag.35.-4Pag.36.-5Pag.32.-6Pag.37. 


596  B1VISTA 

quesli  maestri  delle  sette  nell'  esercizio  del  male  usurpalo  ministero, 
voi  li  vedele  sempre  in  alto  di  spacciare  menzogne,  di  porre  tranelli 
e  di  fare  traffico  delle  anime ,  metlendole  a  prezzo  come  si  usa  con 
una  merce  o  con  un  animate :  eke  se  li  considerate  nelle  loro  civili 
atfinenze,  vi  si  mostrano  come  altreltanti  cani,  i  quali  sopra  un  osso 
impolpato ,  gittalo  loro  dinanzi ,  con  aspri  ringhii  si  assalgono  e  si 
addenlano  a  furore.  Ecco  i  nuovi  predicatori  dell'Italia!  II  quadro  e 
magnificamente  ricavato  dal  naturale.  Chi  ne  puo  dubitare?  Colui  che 
r  ha  colorito  e  parte  del  soggetto. 

Veniamo  ora  ad  esaminare  la  nuova  Chiesa  cristiana,  quale  ce  la 
presenta  it  nostro  evangelista;  che  cosi  debbonsi  chiamare  i  suoi  pro- 
paginalori.  Prima  di  gettare  le  fondamenla  del  noyello  edifizio  con- 
veniva  preparargli  lo  spazio  ,  scrollando  la  Chiesa  cattolica  romana 
ne'  suoi  Sacramenti,  ne' suoi  riti  e  nella  suaFede.  Ma  con  qual  mez- 
zo? Con  quello  assai  facile,  che  usano  lutto  di  i  liberalissimi  rigene- 
ralori  dell'  Italia  civile :  la  menzogna  e  la  calunnia.  Vedetelo  ai  falti. 
Si  afferina  che  la  Cresima  e  un  rilrovalo  di  Papa  Urbano  I ;  ma  si 
menlisce,  perche  da  Tertulliano,  vissulo  primadelPonliflcato  di  Ur- 
bano abbiamo  per  sino  la  descrizione  del  sacro  rito  nelle  seguenli 
parole :  «  Caro  ungitur ,  lit  anima  consecretur ,  caro  signalur ,  ul 
anima  muniaiur,  caro  manus  impositions  adumbratur,  ut  anima  spi- 
rilu  illuminelur  1  ».  Si  afferma  che  Sisto  II  e  stato  il  primo  ad  ordi- 
nare ,  che  si  pregasse  dinanzi  all'  altare ;  ma  si  mentisce ,  perche 
dal  medesimo  Tertulliano,  anteriore  di  Papa  Sisto,  si  ricava,  che 
tal  cosa  era  in  costume  a  suoi  di  2.  Si  menlisce  goffamenle 
quando  si  accerta  che  le  messe  e  le  feste  in  onore  de  Santi  e  inven- 
zione  del  secolo  undecimo;  giacche  S.  Cipriano  e  celebravale  con 
diligenza  e  volea  che  si  appuntasse  a  tale  uopo  diligenlemente  il 
giorno,  in  cui  morivano  i  sanii  martiri  del  suo  tempo  3.  Si  menli- 
sce sfrontatamente,  dove  si  dice  ia  modo  beffardo,  che  il  Ponlefice 

1  De  Resurrectione  carnis. 

2  Nonne  solemnior  erit  statio,  turn  si  ad  aram  Dei  steleris?  De  oratione. 

3  Corporibus  etiam  omnium,  qui  etsi  torli  non  sunt,  in  car  cere  tamen  glo- 
rioso  exitu  mortis  excedunt,  impertiatur  et  vigilantia  et  cum  propensior. .  . . 
Denique  et  dieseorum  quibus  excedunt  annotate  ,  ut  commemorationes  eorum 
circa  memorias  mar ty rum  celebrare  possimus ....  Celebrantur  hie  a  nobis  ob- 
lationes  et  sacriftcia  ob  commemoraliones  eorum.  Epist.  37. 


BELLA  STAMPS  ITALIANA  597 

S  Gregorio  I,  suU'autorita  di  Platone,  di  Cicerone  e  di  Virgilio,  ha  pro- 
vaio  1'  esislenza  del  Purgatorio,  e  si  cila  a  testimonio  il  Bellarmino, 
quando  egli  dimostra  essere  il  Purgatorio  dorama  di  fede  per  autori- 
la  dell'antico  e  del  nuovo  Testamenlo  1.  Sono  grossolane  menzogoe 
1'asserire  che  il  domma  della  transustanziazione  e  trovato  di  Pasca- 
sio,  abbale  di  Corbeia,  che  Leone  IV  nel  secolo  IX  e  I'istitiitore  del 
digiuno,  che  S.  Gregorio  nel  secolo  VI  ha  imposlo  a  sacerdoli  il  ce- 
libato  ,  che  nel  decimo  si  e  incominciata  la  consecrazione  de'  preii. 
Lo  sdegno  che  proviamo  al  veder  tratto  il  povero  popolo  in  error! 
di  fatto  cosi  raarchiani,  ci  toglie  dal  continuarne  1'enumerazione !  Lo 
sventurato  che  scrisse  il  libro,  si  dimostra  a  dirittura  liglio  del  dia- 
volo,  il  quale  e  padre  della  menzogna. 

E  qual  e  la  Chiesa,  che  si  vuole  fondare  in  luogo  della  caltolica? 
Una  Chiesa  secondo  la  ScriUura :  eccovi  la  risposta  del  nostro  aulo- 
re  a  nome  dei  fralelli.  S'  islituisca  un  breve  confronto  tra  la  nuova 
Chiesa  e-la  ScriUura,  e  la  contraddizione  di  quella  con  questa  appa- 
rira  piu  lampante  della  luce  del  giorno.  La  Scritlura  afferma  a  note 
chiarissime  che  conlro  la  Chiesa  fondata  dagli  Apostoli  non  sareb- 
bero  mai  prevalute  le  porle  dell'  inferno  ,  e  dai  seguaci  della  nuova 
Chiesa  italiana  si  spaccia,  che  essa  fu  corrotta  e  trasformata  per  opera 
di  Roma  fino  dalla  morte  degli  Apostoli.  La  ScriUura  c'  iusegna  che 
come  Cristo  promise  di  darci  vere  il  suo  corpo  ed  il  suo  sangue,  co- 
si  eel  diede  neU'ultima  cena,  ed  essi  lo  negano  con  mille  beslemmie. 
La  ScriUura  predica  il  bisogno  del  digiuno,  ci  addita  T  astinenza  di 
alcuni  cibi  ordinata  dagli  Apostoli,  ed  essi  recano  ad  onla  della  fe- 
de il  digiunare ,  e  screditano  come  irragionevole  il  divieto  di  cerli 
cibi,  posto  in  alcuni  giorni  dalla  Chiesa  caltolica. 'Gli  stessi  negano  la 
consecrazione  dell'  Ordine,  e  ne  abbiamo  esempii  luculenti  negli  Atti 
apostolici,  ed  ammonizioni  acconce  per  tale  opera  da  S.  Paolo.  Affer- 
mano  che  nella  Chiesa  non  vi  deve  essere  chi  regga  autorevolmenle 
i  fedeli,  e  negli  Atli  apostolici  e  nelle  letlere  di  S.  Pietro  e  di  S.  Pao- 
lo si  parla  formal mente  di  tale  autorila ,  si  forniscono  opportunissi- 
me  regole  per  1'  esercizio  e  s'  impone  a'  fedeli  strettissimo  obbligo 
di  obbedire  ai  loro  preposli.  Sostengono  non  esservi  luogo  della 
ScriUura ,  dove  s'  inconlri  la  voce  Sacramento  ,  e  questa  si  trova 
1  De  Purgatorio,  Lib.  1. 


1)98  RIYISTA 

adoperata  da  S.  Paolo  pel  matrimonio,  e  da  loro  maliziosamente  sop- 
pressa  nel  riferire  quel  testo.  Se  volessimo  qui  riferire  tutte  le  stor- 
piature  delle  sentcnze  della  Scritlura,  che  commisero ,  lutte  le  false 
citazioni,  che  ad  inganno  dei  semplici  infilzarono,  tutte  le  slorle  in- 
terpretazioni,  che  diedero  alia  medesima,  non  finiremmo  cosi  age- 
volmente. 

Egli  e  poi  cosa  lepida  il  vanto,  che  si  danno  cotesti  nuovi  cristia- 
ni ,  di  non  aver  clie  fare  colle  sette  d1  oltremonti,  strombazzando  es- 
sere  opera  pretlamente  italiana  la  nuova  Chiesa,  quando  i  loro  prin- 
cipli  fondamenlali  sono  appunto  i  professati  dai  maestri  di  quelle.  Di- 
fatto  i  nostri  cristiani  secondo  la  Scrittura  negano  recisamente  die  si 
diano  tradizioni  divine  ed  apostoliche,  e  questa  e  sentenza  che  leg- 
gesi  nei  commenti  di  Lutero  sopra  la  lettera  ai  Galati  e  nel  Libro 
quarto  delle  Istituzioni  di  Calvino.  Sostengono,  clie  la  interpretazione 
delle  Scdtture  appartiene  a  tutto  il  volgo  dei  fedeli,  ed  il  medesimo 
s'inculca  da  Lutero,  da  Melantone  e  da  tulti  gli  altri  dottori  della  ri- 
forma.  Insegnano,  che  la  fedeinCristo,  suggellala  esteriormente  dal 
battesimo,  basti  per  tenersi  in  pugno  come  sicurissima  la  eterna  sa- 
lute, e  non  altram'ente  si  legge  nella  Schiavitudinc  babilonica  presso 
Lutero.  Negano  che  sia  necessario  ai  bambini  il  baltesimo,  anzi  li 
fanno  incapaci  di  riceverlo,  e  cosi  spacciavasi  da  Calvino,  da  Lulero 
e  dagli  anabattisti,  ai  quali  hanno  involato  gli  argomeiili.  1  capi- 
setta  di  oltre  alpe  negavano  furiosamente  che  Crislo  fosse  vere, 
realiter  et  substantialiter  nel  Sacramento  e  che  nella  Messa  si  ofle- 
risse  a  Dio  un  sacrifizio  sublime ;  ed  i  fedeli  della  nuova  Chiesa  so- 
nosi  appropriate  cotali  doltrine.  Bestemmiava  specialmenle  Calvino 
coi  suoi  i  sacri  riti'che  la  Chiesa  usa  ne'  santi  misted,  ed  i  fedeli 
della  nutva  Chiesa  hanno  fatto  tesoro  di  tutte  le  menzogne  e  di  lutli 
i  vituperii  ne'  quali  sfogo  la  bile  quel  virulento  maestro  di  errore. 
Adunque  i  loro  vantati  principii  non  sono  che  ciarpame  erelicale 
incetlato  presso  lo  straniero  ;  non  altro  che  una  abbietta  servilila  di 
ossequio  prestata  agli  antichi  maestri  dell'  errore. 

V'e  pero  un  punto  nel  quale  si  differenziano,  ma  con  tale  goftag- 
gine,  che  si  gittano  da  se  in  un  pecoreccio  da  non  uscirno  mai  piu. 
I  Riformalori  del  secolo  XVI  predicavano,  che  ne'  primi  secoli  la 
Chiesa  erasi  mantenula  nella  sana  dottrina,  e  che  poscia  a  mano  a 


BELLA  STAMPA  ITALIASA  599 

mano  era  venuta  scadendo  ed  oscurando.  I  seguaci  della  nuova 
Chiesa  spingono  piu  oltre  la  loro  empiela  e  gridano,  che  «  1' Italia 
ritenne  per  poco  tempo,  come  qualunque  allra  contrada,  la  purita 
dell'  Evangelo  e  le  dottrine  degli  Apostoli ;  che  anzi  dopo  il  tempo 
di  Paolo  la  Chiesa  era  gia  infedele  l.  »  Or  bene,  noi  domandiamo 
loro,  da  chi  tenete  la  sacra  Scritlura?  Su  la  parola  di  chi  la  credele 
incorrotta?  In  forza  di  quale  autorita  la  venerate  come  dettato  delio 
Spirito  Santo?  E  inutile  il  tergiversare;  voi  1'avete  dalla  Chiesa,  voi 
la  riputate  incorrolla  su  la  parola  della  Chiesa,  yoi  la  riverite  come 
scritlura  ispirata  in  forza  dell' autorita  di  quella  Chiesa  cattolica, 
apostolica  e  romana,  che  disprezzate  e  bestemmiate.  Ma  se  questa 
Chiesa  e,  come  voi  dile,  infedele,  e  corrompitrice  della  parola  di 
Dio  ,  e  maestra  di  strane  dottrine,  e  promulgatrice  di  Credi  infelti 
di  arianismo  e  di  socinianismo  2,  quale  guarentigia  vi  puo  ella  of- 
frire  della  sua  veracila  intorno  a  quanto  vi  afferma  della  Scrittura? 
Niuna:  un  corruttore,  unfalsario,  un  menzognero,  convinto  in  punti 
capitalissimi,  non  merila  fede  :  la  sua  lestimonianza  non  ha  valore. 
Adunque  la  Scrittura  per  voi,  che  lenete  in  si  reo  conto  la  Chiesa 
cattolica,  non  dee  avere  piu  di  autorita,  che  i  Sacramenti  e  le  dot- 
trine  professate  dalla  medesima  e  da  voi  sdegnosamente  rifiutate 
quali  trovati  dell'ignoranza  e  della  superstizione.  In  questo  caso,  che 
si  do\ra  dire  della  nuova  Chiesa  cristiana?  Che  essa  e  una  negazione 
di  se  medesima,  che  essa  cade  ruinosa  in  capo  di  chi  1'  ha  si  gof- 
I'amente  concetta. 

Secondo  il  noslro  Autore  anonimo  s'incontra  un  altro  punto  di  so- 
stanziale  differenza  nella  nuova  Chiesa ,  in  quanto  che  nelle  sue  adu- 
nanze  e  comune  il  dirilto  di  spiegare  a  talento  la  divina  parola.  Ec- 
covi  una  nuova  goffaggine.  Non  vi  pare  cosa  sommamente  strana , 
che  1'  operaio  ed  il  bracciante,  persone  recate  ad  esempio  dall'ano- 
nimo,  passino  ex  abrupto  dagli  arnesi  della  botlega  e  del  campo 
al  magisterio  di  quei  dommi  e  di  quelle  dottrine,  che  faticarono  tanti 
sublimissimi  ingegni?  Basta  il  non  aver  dato  a  pigione  il  proprio 
buon  senso,  benche  scarso,  per  capirlo.  Fatto  sta  che,  non  e  guari,  in 
Napoli,  essendosi  in  una  sala  di  protestanti  ravvisalo  per  falegname 
chi  compariva  a  predicare,  gli  scoppii  di  risa  della  intera  adunanza, 

1  Pag.  6.  —  2  Ibid.  pag.  50<  oioi: 


600  RIVISTA  DELIA  STAMPA  ITALIANA 

le  beffe  e  le  torsolate  avrebbero  affogato  il  misero ,  se  non  si  fosse 
prestamenle  involalo. 

Quello  per  altro  che  compie  il  mazzo  delle  goffaggini  si  e  1'atto  del 
culto,  che  prestano  in  comune,  nominate  da  essi  )a  S.  Cena  in  sur- 
rogazione  della  Eucaristia.  Ma  sapete  a  che  si  riduce  alia  fine  que- 
sta  loro  adunanza  religiosa?  Ad  ua  coirvegno  da  bettola.  Giudicalc 
dalla  descrizione,  che  noi  abbiamo  raccolto  fedelmente  dal  nostro 
Anonimo.  II  luogo  della  S.  Cena  puo  essere  qualunque  stanza  od  an- 
che  il  carnpo  aperto,  poiche  la  idea  di  lempio  e  invenzione  de'  Papi. 
Nuda  deve  esser  la  tavola,  intorno  a  cui  hanno  ad  assidersi  i  fratelli, 
essendo  le  tovaglie  deiraltare  un  Irovato  del  romanismo.  Quello  che 
importa  come  oggetlo  sostanziale  si  e  il  pane  ed  il  vino ,  e  Y  uno  e 
1' altro  in  larga  misura ;  giacche  la  poca  cosa  che  e  Y  ostia  ed  il  poco 
vino  dell'  ampolla,  che  si  usa  nella  messa  caltolica,  e  un  corrompi- 
menlo  della  divina  Scritlura.  Niuno  de'  fratelli  ha  diritto  di  preferen- 
za ;  ciascuno  rompe  il  pane  e  mesce  da  se ,  e  dopo  aver  mangialo  e 
beuto  dee  sfogare  lo  spirito  divino,  che  1'accende  o  in  canti  o  in  pro- 
fezie  o  in  altro  alia  edificazione  de'  fratelli !  Disperando  noi  di  ritrar- 
re  gli  afFocati  parlari,  i  trilli,  i  gruppi,  le  gorge  e  i  versi  scempii  c 
raddoppiati ,  in  una  parola  il  dimenar  furente  dalle  gole,  che  senza 
fallo  debbe  succedere  all'  atto  di  un  cullo  si  sublime ,  specialmente 
quando  i  fiaschi  del  vino  sono  assai  capaci  e  ripetuli,  notiamo  solo  un 
grave  pericolo,  ed  e  che  dandosi  a  tutti  la  facolla  di  predicare  e  d'  in- 
terpretare  la  Scritlura  a  proprio  senno,  in  caso  di  diversila  di  opinio- 
ne,  1'un  fratello,  riscaldato  dal  vino,  non  forse  rompa  il  capo  all'altro, 
giurando  e  sacramentando  nel  calore  del  profetare,  se  essere  propria- 
menle  invaso  dello  spirito  del  Signore ,  ed  il  compagno  da  quello  di 
Satana.  Tale  si  e  la  nuova  religione,  che  si  e  ammannila  agl'Ilaliani! 

Badi  chi  deve :  sembra ,  che  con  siffatte  sconciature  sacrileghe  si 
voglia  tendere  insidie  specialmente  alia  gente  del  contado.  II  giorno 
del  loro  convegno,  che  e  la  Domenica,  il  luogo,  che  puo  essere  una 
beltola  ed  il  campo,  il  pane  ed  il  vino  che  si  offre  largamente,  le  men- 
zogne  grossolane  che  si  spacciano  dal  libro  da  noi  riveduto  e  facil- 
menle  accessibili  al  rozzo  capo  del  conladino ,  sono  per  noi  indizii 
assai  baslevoli,  stante  le  qualila  delle  persone  e  dellc  arti  maligne, 
che  si  mettono  in  opera  per  cogliere  gl'  incauli. 


ARCHEOLOGIA 


1.  La  frase  instinctu  Divinitalis  nell'Arco  trionfale  di  Costantino — 2.  Le 
monete  di  Costantino,  posteriori  alia  vittoria  sopra  Massenzio. 

1.  Si  era  detto,  e  col  ripeterlo  spesso  era  diventato  errore  comune, 
che  la  iscrizione  del  celebre  Arco  trionfale,  dedicate  in  Roma  aH'im- 
peratore  Costantino  Magno ,  avesse  patita  una  mutazione  la  dove 
si  legge  INSTINCTU  DIVINITATIS.  Perocche  parve  ad  alcuno  ve- 
dere  piu  basso  il  marmo,  in  cui  sono  scolpite  quelle  parole,  e  i  forami 
delle  lettere  confusi  e  disordinati.  Donde  si  argomentava  che  siccorne  la 
locuzione  sostituita  accenna  evidentemente  all'aiuto,  che  il  piissimo  im- 
peratore  Costantino  riconosceva  dal  yero  Dio,  nella  yittoria  che  riporto 
del  tiranno  Massenzio,  cosi  le  parole,  "che  vi  doveano  essere  irapresse 
antecedentemente,  fossero  manifeslazione  di  un  concetto  del  tutto  paga- 
BO,  e  dicessero  per  esempio,  DIIS  FAVENTIBUS,  ovvero  NUTU  IOY, 
OPT.  MA.X.  Ecco  il  modo,  onde  spiega  la  cosa  il  dottissimo  Cardinale 
Angelo  Mai,  tratto  anch'esso  in  errore  dalle  false  relazioni  degli  altri : 
Ego  puto  inscriptionem  excusam  fuisse  ab  ethnico  romano  homine,  quia 
Roma  nondum  Christiana  erat:  Constantinum  autem  religione  sua,  quam 
animo  iam  fovebat,  commotum,  epigraphem  statim  emendari  iussisse  *. 
Ne  poteva  dir  meglio,  supposto  quell' errore  di  fatto,  a  poterlo  conciliare 
colla  storia  di  Costantino.  Ma  il  passato  anno,  essendo  stato  necessario, 
per  compiacere  ad  un  Sovrano  straniero,  rilevare  le  forme  in  gesso  si  dei 
bassorilievi  e  si  di  alcune  parole  della  medesima  iscrizione,  segnatamen- 
te  di  qnelle  di  cui  si  fa  questione,  si  e  potuto  scoprire  che  sono  le  stesse 
che  yi  furono  scolpite  la  prima  yolta,  senza  che  apparisca  nessuno,  ben- 
che  menomo  indizio  di  mutamento.  Ed  anzi  il  Cav.  de  Rossi,  non  con- 

4  ANG.  Mil,  Scrip,  vet.  torn.  V,  pag.  467: 


662  ARCHEOLOGIA 

lento  di  cio  solo,  voile  osservare  di  vicino  il  monumento,  montando  sul 
castello,  die  vi  era  stato  costruito  per  ricavarne  le  forme;  e  questo  esame 
immediato  gli  frutto  la  plena  evidenza  della  verita  della  cosa,  siccome 
pubblico  nel  suo  Bullettino  di  Agosto  del  passalo  anno:  di  che  oggiraai 
nessuno  piu  dubita. 

E  cio  basterebbc  pel  fatto  del  monumento  in  se  medesimo.  Ma  peroc- 
che  esso  ha  tanta  relazione  colla  storia  del  primo  Imperatore  cristia- 
no,  e  quindi  del  Cristianesimo  stesso,  sara  bene  che  noi  ci  occupiamo 
alquanto  della  questione,  con  cui  si  connette  quella  epigrafe,  della  pub- 
blica  professione  cristiana  di  Costantino. 

L'arco  trionfale,  come  abbiamo  accennato,  fufatlo  innalzare  dal  Sena- 
to  in  onore  dell'  imperatore  Costantino,  per  la  famosa  vittoria  riportata  da 
lui  del  suo  emolo  Massenzio  nell'anno  dell'  era  volgare  312.  La  solenne 
iscrizione  con  cui  gli  fu  intitolato,  e  la  seguente : 

IMP.    CAES.  FL.    CONSTANTINO   MAXIMO 

P.    F.    AUGUST 0.    S.   P.    Q.    R. 
QUODINSTINCTUDIVINITATISMENTIS 
MAGNITUDINECUMEXERCITUSUO 
TAMDETYRANNOQUAMDEOMNIEIUS 
FACTION EUNOTEMPOREIUSTIS 
REMPUBL1CAMULTUSESTARMIS 
ARCUMTR1UMPHISINSIGNEMDICAVIT. 


Coloro  i  quali  credettero  di  vedere  segni  di  emendazione  nelle  parole 
INSTINCTU  DIVLN1TATIS,  o  prestarono  fede  a  quelli  che  1'affermava- 
no ;  sostenendo  per  conseguenza  che  la  frase  primitiva  esprimesse  un 
sentimento  pagano;  spiegavano  cosi  il  fatto:  che  o  Costantino  a  quel  tem- 
po non  ancora  si  fosse  dichiarato  pubblicamente  cristiano ,  ovvero  che 
cgli  per  ragioni  politiche  riputasse  opportune  di  tollerare  quella  profes- 
sione di  paganesimo,  fatta  si  veramente  per  conto  suo,  ma  pero  a  nome 
del  Senato  e  del  Popolo  romano.Si  1'  una  ipotesi  e  si  1'altra  e  tanto  con- 
traria  ai  monument!  di  quel  tempo,  che,  come  abbiain  yeduto,  il  Cardina- 
le  Mai,  ben  conoscente  della  materia,  ebbe  ricorso  a  quel  ripiego,  per  al- 
tro  verso  inverosimile,  che  la  iscrizione  fosse  stata  esposta  senza  saputa 
del  Principe,  il  quale  pero  fattone  accorto ,  1'  avesse  voluta  immediata- 
mente  cangiata.  Di  fatto,  come  e  opinione  del  iiore  de'  Critici,  quell'arco 
non  fu  dedicate  prima  del  315,  e  molto  probabilmente  appunto  in  quel- 
Tanno,  secondo  cio  che  ne  argomentano  1'  Eckhel  ed  il  oh.  Cavedoni  •«. 
Ma  le  testimonianze  di  Eusebio  ,  ed  altre  memorie  non  meuo  aulorevoli 


1  ECEHEL  Doctr.  num.  torn.  VIII,  pag.  482.  CAVEDOM,  Ricerche  critichc  intorno  a(fc 
vnedaglie  di  Costantino. 


ARCHEOLOGIA  003 

ci  accertano ,  che  Costantino  in  quel  tempo  non  solamente  professava 
pubblicamente  la  religione  cristiana,  ma  era  tutto  zelo  per  promuoverne 
gl'  interessi,  o  sia  rilevando  la  condizione  de'  Cristiani,  o  sia  dotando  le 
chiese,  e  decretando  costruzioni  di  sontuose  basiliche  *.  II  che  cosi  es- 
seado,  non  rirnane  neppur  probabile  cbe  gli  fosse  potuto  entrare  nell'a- 
nimo  il  pensiero  di  una  vile  e  disonesta  dissimulazione  per  motivi  poli- 
tici.  Iniperciocche  se  cotesti  motivi  nol  ritenevano  da  altre  manifestazio- 
ni  non  meno  luculente  di  cristianesimo,  alcune  delle  quali,  perche  posi- 
tive, per  avventura  non  1'obbligavano;  perche  poi  in  questa  congiuntura 
avrebbero  avuta  cosi  gran  forza,  da  farlo  consentire  ad  un  pubblico  atto 
d'  idolatria,  protestato  a  suo  riguardo  ? 

La  quale  argomentazione  non  lanto  dee  valere  per  dimostrare  la  inte- 
grita  originaria  del  monumento,  che  oggiraai  non  abbisogna  di  altra  pruo- 
va ;  quanto  per  escludere  una  ioterpretazione  dell'  inciso  INST1NCTU  DI- 
YINITATIS,  quasi  altrettanto  ingiuriosa  a  quel  Principe,  quanto  sareh- 
be  stata  la  pubblica  professione  di  paganesimo. 

Imperocche  vorrebbero  alcuni  che  egli  avesse  adoperata  a  bello  studio 
una  locuzione  equivoca,  come  dicono  esser  questa,  acciocche  ognuno  la 
potesse  intendere  a  modo  suo,  i  Cristiani  applicandola  al  vero  Dio,  i  pa- 
gani  ai  falsi  dei :  quanto  a  se  avrebbe  inteso,  come  giudica  il  Cupero,  di 
significare  in  confuso  cosi  Cristo,  come  i  vani  idoli  del  gentilesimo  2. 

Ma  il  contegno  di  Costantino  nel  torno  di  quel  tempo  non  da,  come 
si  e  notato  di  sopra,  nessuno  indizio  d'infingimento.  Dall'altro  lato  non  si 
vede  ragione  che  egli  avesse  di  fingere  in  questa  occasione,'  dopoche  al- 
tre volte  e  con  forme  non  meno  solenni,  a\eva  riconosciuto  la  sua  si  in- 
signe  vittoria  da  Cristo.  Lo  avea  di  fatto  invocato  sul  campo  di  battaglia 
con  tutto  insieme  1'esercito.  Ottenuta  poi,  con  segni  apertissimi  di  fa- 
vore  celeste,  la  vittoria  ,  non  fu  meno  pio  e  fedele  nel-riferirla  dichiara- 
tamente  al  vero  Dio,  cosi  allora  fra  le  coorti  sollecite  d'imitarlo,  come  po- 
co  appresso  in  Roma,  sotto  gli  occhi  del  popolo,  colla  epigrafe  commemo- 
rativa,  che  voile  incisa  sotto  la  sua  statua.  E  ci  piace  qui  riportarla  per 
disteso,  come  ce  1'  ha  conservata  lo  storico  Eusebio,  tanto  e  degna  di  es- 
ser conosciuta.  Dicea  dunque  cosi:  Hoc  salutari  signo  (la  Croce  di  cui  era 
fregiata  la  statua ) ,  quod  verae  mrtutis  insigne  est,  vestram  urbem  tyran- 
nicae  dominationis  iugo  liberatam  servavi.  Senatui  Populoque  Romano 
in  libertatem  asserto  pristinum  decus  nobilitatis,  splendorem  restitui  $.  Or 
non  e  del  tutto  inverosimile  che  in  quest'  atto  solenne  della  dedicazione 
deli'Arco  egli  intendesse  lasciare  ambiguo  cio  stesso,  che  aveva  pochi 
anni  prima  con  tanto  maggiore  pubblicita  e  rumore  iteratamente  attesta- 


\  Vedi  Bull,  di  Arch,  crist.  del  Cav.  DE  Rossi,  Agosto  4863, 
2  Epist.  ad  Columb.  in  not. 
S  EUSBB.  Hist.  Eccl.  IX,  9. 


604  ARCHEOLOGIA 

to?  Diciamo  anzi,  che  poste  quelle  manifeslazioni  si  luculente,  non  era 
possibile  piii  che  la  frase,  pognamo  che  equivoca  in  se,  si  porgesse  ad 
altro  intendimento  che  cristiano  non  fosse.  Perocche  niun  uomo  di  senno 
avrebbe  potutoaccogliere  interpretazione  di  versa  da  quella,  che  le  prove- 
niva  da  sentimenti  gia  professati,  e  dalle  opere  slesse  deU'lmperatorc. 

Ma  e  poi  yeramente  equivoca  per  se  la  locuzione  instinctu  Divinitalis? 
Certo  e  che  1'invocazioue  assoluta  del  nome  di  Dio  non  e  per  se  riferibi- 
le  a  nessun  falso  dio,  per  cio  stesso  che  usata  senz'  altro  aggiunto  non 
signitica  nessuno  di  essi.  E  questo  non  e  vero  solamente  in  astratto ;  ma 
fu  vero  eziandio  in  bocca  de'pagani,  i  quali,  come  altesta  Tertulliano,  al- 
lorche  ne'subiti  casi  invocavauo  Dio,  non  aveano  animo  di  ricorrere  ne  a 
Giove  neaMercurio,  ne  ad  altrettale  ludibrio  di  divinita,  ma  si  alia  yera 
Divinita:  e  queste  involontarie  confessioni  egli  uso  chiamare  testimonii 
dell'anima  natural rnente  cristiana.  Deum  nominat  (scilicet  homo  ethnicus) 
hoc  solo  nomine,  quia  proprio  Dei  veri:  Deus  maguus,  Deus  bonus,  et 
quod  Deus  dederit,  omnium  vox  est.  ludicem  qiioque  contestatur  ilium : 
Deus  yidet  et  Deo  commendo,  et  Deus  mihi  dederit.  0  testimonium  ani- 
mae  naturaliler  christianae  4 ! 

Forsequest'uso,  al  quale  accenna  Tertulliano,  sara  potuto  introdursi  per 
la  convivenza  de'  Cristiani  coi  pagani ;  es,<eudo  cosa  facilissima,  per  ogni 
piccolo  ammonimento  suscitarsi  1'idea  di  un  solo  e  vero  Dio,  non  ostan- 
te  le  preoccupazioni  della  educazione  contraria.  Ma  checch6  sia  della 
prima  origine,  certo  e  che  colla  propagazione  del  cristianesimo  si  venne 
sempre  allargando  tra  i  Gentili  la  cogniziorie  di  un  solo  Dio  e  1'abitudi- 
ne  del  nomiuarlo,  intendendo  con  quel  nome  I'  Essere  sommo  e  causa 
universale  delle  cose.  Di  cio  fanuo  testimonianza  eziandio  altri  apologist! 
della  Religione,  e  vi  ha  non  di  rado  indizii  nelle  epigrati,  a  sceverare 
le  quali,  sicche  non  si  scambii  qualche  pagana  per  cristiana,  vi  e  bisogno, 
come  dice  il  De  Rossi,  di  non  poco  discernimento  2.  Quello  che  diciamo 
della  parola  Dem,  yogliamo  altresi  intendere  della  equivalente  Divini- 
las,  adoperata,  secondo  avverte  il  Colombo,  in  que'  secoli  promiscua- 
mente,  e  nel  medesimo  senso  da'Cristiani:  Notent  iuniories,  cosi  egli,  w- 
cem  Divinitatis  ex  consuetudine  istius  aevi  pro  Deo,  sive  Numine  usur- 
pari  3. 

Dalle  quali  cose  sin  qui  esposte  si  deduce  che ,  non  gia  i  Cristiani  si 
accoslarono  ai  pagani  coll' uso  della  parola  Deus  o  Divinitas;  piutto- 
sto  i  pagani  fatti  accorti  col  riscontro  della  religione  cristiana  della  ne- 
cessita  di  un  solo  Dio,  si  senlirono  come  obbligati  a  confessarlo;  benche 
con  questa  confessione  si  sforzassero  poi  di  conciliare  il  culto  di  molti  dei. 


\  Tert.  Apologet.  c.  XVII. 

2  Bullett.  cit.  Afjosto  \Mo. 

3  jVotee  in  Laclant.  De  Mori,  pertecut.  Cap.  XLVIII 


ARCHEOLOGIA  CO  5 

Come  dimque,  a  sentire  un  Gentile  invocare  il  nome  di  Dio,  ovvero  la 
Divinita  senz'  altro  aggiunto,  yi  era  ogni  ragione  di  credere  che  egli  in- 
tendesse  il  vero  e  unico  Dio,  e  non  gia  un  nume  pagaao ;  cosi  per  con- 
trario  se  un  Cristiano  usava  quel  nome,  non  sarebbe  potuto  neppur  veni- 
re il  sospetto,  che  egli  lo  riferisse  ad  altro  che  al  vero  Dio,  adorato  da  !ui. 
Dov'  e  dunque  il  fondamento  nella  frase  INSTINCTU  DIVINITATIS,  pel  quale 
fosse  possibile  ai  Gentili  intendervi  significati  i  loro  dei? 

II  chiaro  Cavaliere  de  Rossi  prende  una  via,  come  di  mezzo,  tra  le  due 
opposte  sentenze.  Egli  argomenia  da  questa  cognizione,  che  abbiamo 
detto  essere  eiitrata  in  que'  tempi  nel  mondo  pagano,  per  inferirrie  che  il 
Senate,  ancor  pagano  in  gran  parte,  nel  fare  incidere  1'iscrizione,  avesse 
prescelta  quella  forma  di  dire,  siccome  tale  che  ne  contraddicesse  alia  reli- 
gione  che  il  Principe  professava,  ne  dall' altro  canto  dicesse  nulla  che  non 
si  potesse  acceltare  dai  pagaui.  In  sostanza,  per  ripetere  le  sue  parole, 
cssi  cercaroao  una  quasi  transazione  tra  la  loro  idolatria  e  la  novella 
fede  deir  Imperatore ;  e  credettero  di  ritrovaila  nelle  parole  instinctu  di- 
mnitatis,  le  quali  esattamente  rispondono  allo  slato  delle  credenze  e  delle 
religioni  deirimpero  sotto  gl'  Imperatori  cristiani  *.  Noi  yeramente  non 
sappiamo,  ne  potremmo  sapere  delle  segrete  intenzioni  de'  Senatori.  E 
indubiiato  pero,  checche  avessero  nell'aniino,  che  essi  affermavano  un 
fatto  passato  tra  la  Divinita,  che  qui  e  nominata,  e  1' Imperatore;  inquanto 
dichiaravano  che  I'  Imperatore,  mosso  internamente  da  quella,  avesse  fat- 
ta  yendetla  della  Republica,  distruggendo  i  suoi  nemici :  Quod  INSTINCTU 
DIVINITATIS  .  .  iustis  rempublicam  ultus  est  armis.  11  perche,  atlestan- 
do  essi  solennemente  un  fatto  inlimo  dell' Imperatore,  non  potevano  atte- 
starlo  altrimenti  che  nel  senso  concrete,  onde  lo  inlendeya  1'  Imperatore 
medesimo ;  non  gia  nell'astratto.  Or  a  tutti  costava  pe'  pubblici  fatti,  che 
ayeano  eccitato  si  gran  rumore,  a  qual  movimento  di  divino  favore  e  a 
quale  divinita  si  tenesse  obhligato  1'  Imperatore.  Pero  qualunque  restri- 
zione  mentale  avessero  apposta,  secondo  coscienza  di  pagani,  questa  non 
alterava  per  verun  modoil  senso  delle  parole,  giatroppo  determinate  dal- 
la  fama  si  piena  e  si  universale  degli  avvenimenti  succeduti  di  fresco. 

2.  Alia  medesima  quistione,  sin  qui  trattata  da  noi,  si  riferisce  l'altra 
de'segni  cristiani  impress!  sullemonete  costantiniane,  dopo  la  vittoria  ri- 
portata  di  Massenzio:  ed  anzi  Tuna  e  l'altra  riescono  in  un  medesirao 
punto.  Coloro  che  ne'  tempi  passati  si  occuparono  della  numismatica  co- 
stantiniana,  si  lasciarono  trascorrere  in  molte  conseguenze  sopra  questa 
controversia  ,  le  quali  non  si  convengono  affatto  colle  altre  notizie  che 
di  quel  Principe  ci  ha  tramandata  la  storia.  L'Eckhel,  per  esempio,  sen- 
tenziava ,  che  dalle  monete  di  Costantino  non  si  puo  trarre  nessun  ar- 
gomento  deiravversione  che  egli  avesse  alle  superstizioni  gentilesche , 
ne  dell'affetto  verso  la  religione  cristiana  2.  II  Tanini  poi  rilrovava  nei 

\   Cull.  cit.  loc.  cit. 

2  Doctr.  Num.  t.  VIII,  pajj.  89. 


GO 6  ARCHEOLOGIA 

imrnmi  costantiniani  una  strana  confusione  di  segni  pagani  e  cristiani,  pa- 
rendo  a  lui,  che  yi  fossero  insieme  mostruosamente  associati  la  croce  e  il 
monogramma  di  Cristo  cogli  idoli  de'  Gentili  -*.  Ma  essi  dovettero  avere 
esaminati  assai  superiicialmente  i  monument!  per  poter  divenire  a  queste 
si  erronee  conclusion!.  Piu  moderate  fu  il  Feuardent,  ilquale  almeno  con- 
cesse  che  presso  il  fine  deli'  impero  di  Costantino  furono  in  corso  le  mo- 
nete con  simboli  cristiani  2.  Dopo  di  quest!  ne  scrisse  il  chiaro  Monsi- 
gnor  Cavedoni ,  il  quale  ,  colla  perizia  che  ha  tanta  in  questo  genere  di 
studii,  non  potenon  riconoscere  i  certi  segni  di  cristianita  in  grandissi- 
ma  parte  delle  monete  di  quell'  Imperatore  5.  E  sebbene  in  sulle  pri- 
me si  fosse  persuaso  che  innanzi  la  sconfitta  e  la  morte  di  Licinio,  per  un 
riguardo  di  prudenza,  ayesse  tollerate  le  impressioni  pagane  sulle  mone- 
te;  nondimeno  pur  di  questo  si  ricrede  4,  dopo  che  il  chiaro  P.  Garrucci 
ebbe  pubblicata  la  sua  Numismatica  costantiniana,  come  appendice  alia  il- 
lustrazione  dei  Vetri  ornati  di  figure.  QueWo  scritto  del  sullodato  P.  Gar- 
rucci fu  il  piu  pieno  e  piu  accurate  che  noi  conoscessimo  sopra  questo 
argomento.  Ora  pero,  che  ha  data/uori  la  seconda  edizione  dei  suoi  Ye- 
tri,  e  comparso  anch'  esso  quel  trattato  della  Numismatica  costantiniana 
cosi  rifatto  e  perfezionato,  che  noi  non  sappiamo  che  si  possa  desiderare 
di  vantaggio  per  accettare  questo  punto  si  rilevante  della  storia  di  Co- 
stantino. E  perocche  sol  esso  appartiene  alia  nostra  presente  controver- 
sia ,  lasciando  da  parte  le  altre  cose ,  che  1'Autore  Yi  tratta,  ne  tocchere- 
mo  solamente  cio  che  a  questa  si  riferisce. 

I  nummi  esaminati  dal  Garrucci  sono  40,  secondo  le  loro  specie,  alcuni 
de'quali  del  tutto  inediti,  come  quelli  de'dueLicinii,  emolti  altri,  com'e- 
gli  dice,  quasi  del  tutto  nuovi.  Essi  possonsi  dividere  in  due  grand!  cate- 
goric; nell'una  che  comprende  gli  undici  anni  i  quali  si  estendono  dal  312. 
in  cui  cadde  la  yittoria  sopra  Massenzio,  insino  al  323,  quando  fu  sconfitto 
Licinio;  e  neH'altra  che  da  quest' epoca  ya  per  tutto  il  rimanente  tempo 
deirimperio  di  Costantino.  Non  accade  pel  nostro  scopo  di  far  caso  della 
seconda,  perche  oggimai  niuno  degl'intendenti  di  immismatica  ammet- 
te  il  dubbio,  chele  monete  di  questo  intervallo  di  tempo  non  siano  distin- 
te  con  segni  esclusivamente  cristiani.  II  dubbio  potrebbe  cadere  solamen- 
te su  quelle  del  primo  periodo,  per  la  cagione  del  consorzio  di  un  Impe^ 
ratore  pagano ,  e  per  alcune  figure  che  danno  apparenza  di  paganesimo. 
E  noi  di  queste  ci  occuperemo. 

Ye  ne  ha  dunque  di  quindici  varieta,  che  il  P.  Garrucci  colloca  nello 
spazio  di  tempo  indicate  da  noi;  perche  i  tipi  che  yi  campeggiano,  men- 
tre  sono  comuni  alle  monete  de'  Licinii,  mancano  pero  nella  intera  serie 

1  Suppl.  ad  Bandur.  pag.  274, 

2  Revue  numismat.  ^8S6. 

5  Ricerche  criliche  intorno  alle  medaglie  di  Costantino  ecc.  Motlena  1858, 
4  Opusc.  relig.  lett.  Modena  IS'jS,  torn.  V,  app.  p.  I -I. 


ARCHEOLOG1A  607 

della  monetazione  di  Costanzo ;  e  sa  ognuno  che  Costanzo  fu  create  Ce- 
sare  dopo  lo  sbaraglio  dell'altra  casa  imperiale,  accaduto  appunto  nel  323. 
Chi  ne  bramasse  la  descrizione  in  particolare  piio  yederla  nel  Parergon 
in  fine  del  volume  del  citato  Autore,  dove  ancora  trovera  una  tavola  colla 
incisione  di  parecchie  di  esse  o  inedite,  o  piu  noteyoli,  o  non  esattamente 
pubblicate  da  altri.  Noi  ci  contentiamo  di  osservare  come  in  tutte  quan- 
te,  non  pure  in  quelle  cbe  appartengono  a  Costantino  ed  ai  figli  di  lui 
Crispo  e  Costantino  iuniore,  ma  altresi  nelle  due  de'  due  Licinii  non  fal- 
lisce  mai  o  il  monogramma  o  la  croce,  o  1'  uno  e  1'  altra  insieme,  yaria- 
mente  disposti  e  con  piccole  differenze,  che  non  fa  al  nostro  scopo  il  ri- 
leyare.  Non  vogliamo  pero  lasciar  di  notare  una  bella  conferma  che  da 
due  di  queste  monete  proviene  alia  testimonianza  di  Eusebio,  il  quale 
narra  essere  stato  uso  di  Costantino  di  recare  il  monogramma  di  Cristo 
scolpito  sul  cimiero.  Or  cosi  appunto  eel  rappresentano  i  due  nummi  de- 
scritti  dal  Garrucci  sotto  i  numeri  1  e  2.  Nel  primo  de'  quali  1'elmo  che 
copre  il  capo  dell'  Imperatore  ya  fregiato  del  monogramma  semplice, 
scolpito  in  mezzo  a  due  stelle :  e  nell'altro  1'  ha  doppio  in  sulla  cocca. 
con  lima  crescente  e  globetto  sulla  fascia  di  mezzo. 

Dinanzi  a  cosi  autorevoli  monumenti  e  di  cotanta  evidenza  e  necessa- 
rio  che  si  deponga  ogni  dubbio,  se  Costantino  avesse  o  no  professato  di- 
chiaratamente  il  cristianesimo  anche  prima  della  morte  di  Licinio,  ed  an- 
zi  immediatamente  dopo  la  yittoria  sopra  Massenzio.  Imperciocche  se 
consultiamo  la  storia,  questa  ci  attesta  che  Licinio  non  fu  meno  sollecito 
di  Costantino  nell'  implorare  il  diyino  aiuto  per  riuscire  yincitore  del  suo 
emoloMassimino.  Lattanzio,  che  fu  contemporaneo  a  questi  avvenimenti, 
ci  narra  di  una  yisione  che  ebbe  lo  stesso  Licinio ,  nella  quale  1'  Angelo 
gli  suggeri  la  orazione  che  doyesse  fare  ripetere  alle  sue  milizie  ( come 
difatti  fece)  per  ottenere  la  yittoria.  Essa  era  del  tenore  seguente:  Sum- 
me  Dens  te  rogamus.  Sancte  Dens  te  rogamns.  Omnem  iustitiam  tibi  com- 
mendamus,  salutem  nostram  tibi  commendamus,  imperiurti  nostrum  tibi 
commendamus.  Per  te  vivimus,  per  te  mctores  et  felices  existimus.  Sum- 
ine  sancte  Deus,  preces  nostras  exaudi.  Brachia  nostra  ad  te  tendimus. 
Exaudi,  sancte  summe  Deus  * .  Lo  stesso  Lattanzio  inoltre  riporta  il  testo 
dell'Editto  imperiale  con  cui  dopo  la  yittoria  esso  Licinio  e  Costantino 
riconobhero  la  religione  cristiana  legalmente,  e  si  professarono  essi  stessi 
cristiani  2.  Che  se  Licinio  divento  dipoi  persecutore  di  quella  stessa  re- 
ligione, che  avea  tanto  protetta,  non  abbiamo  nessun  argomento  per  so- 
spettare,  che  questa  mutazione  di  lui  facesse  vacillare  menomamente  il 
c*oraggio  religioso  di  Costantino:  anzi  tutti  i  dati  della  storia  provano  il 
contrario.  Se  dunque  non  solo  le  monete  di  Costantino  compariscono  con 

\  LACTANT.  De  Mort.  persec.  tl.  XLVI. 
2  Ib.  Cap.  XLVIII. 


608  ARCHEOLOGIA 

segni  cristiani,  maalcune  ancora  di  Licinio,  non  solo  conchiuderemo  che 
Costantino  non  si  lascio  pernulla  commuovere  da  Licinio,  ma  piuttosto 
che  Licinio,  pognamo  che  gia  pervertito,  tuttavia  lasciassecorrerlacosa 
per  riverenza  a  quel  grande. 

Vero  e  che,  assolutamente  parlando,  ne  il  monogramma,  ne  la  croce,  in 
tutte  le  diverse  forme,  nelle  quali  appariscono  in  queste  monete,  sono  per 
se  segni  esclusivi  di  cristianila.  Perciocche  di  monogrammi  quasi  del 
tutto  simili  al  costantiniano  ,  secondo  le  sue  varie  coniigurazioni ,  s'  in- 
contrano  sopra  alcune  monete  de'  Toiomei  e  di  Erode  il  grande,  sul  de- 
naro  di  L.  Lenlulo  Flamine  di  Marte ,  e  sopra  altre  di  alcuni  re  del  Bos- 
foro  cimmerio.  Le  croci  poi  cosi  equilatere,  come  distigiiali,  ovvero  con 
globetti  ai  quattro  angoli,  non  sono  rare  a  comparire  sulle  antiche  stovi- 
glie  di  terra  cotta;  e  fino  alcune  volte  si  son  trovate  sospese  sul  petto 
delle  statue,  come  di  una  del  Museo  di  Londra,  scoperta  probabilmen- 
te  in  Ninive,  attesta  il  Garrucci.  Ma  e  da  avvertire  col  medesimo  chiaro 
Archeologo  * ,  che  cotesti  riscontri  non  sono  altro  che  material!.  Se  ne 
sa  di  fatto  il  significato,  o  almeno  si  puo  probabilmente  indovinare.  Cosi 
molte  volte  le  combinazioni  del  X  e  del  P,  ovvero  del  X  e  del  I  signifi- 
cano  xi>.('a?x.0? ;  altre  volte  sono  una  forma  un  po' moditicata  della  sigla 
romana ,  denotante  il  nuniero  died.  Dello  stesso  modo  le  croci  si  pos- 
sono  molto  probabilmente  giudicare  una  leggiera  variazione  di  un  sim- 
bolo  usitatissimo  presso  i  popoli  asiatici  in  augurio  di  salute.  Esso  era 
appunto  una  croce  equilatera  ,  che  aveva  nondimeno  restremita  di  cia- 
scuna  delle  due  aste  ripiegate  ad  angolo  retto  in  direzione  contraria. 
E  chiaro  che  niuna  di  coteste  spiegazioni ,  ne  di  altre  che  avessero  fon- 
damento  negli  usi  di  que'  paesi,  si  potrebbero  applicare  alle  monete  co- 
stantiniane.  Per  queste  la  sola  ragione ,  che  possa  essere  accettata ,  di 
que'  simboli  e  la  religione  cristiana.  II  che  e  tanto  vero ,  che  cio  di  cui 
hanno  dubitato  gli  antiquarii,  e  stato  solamente,  se  i  detti  segni  fossero  in 
realta  sulle  prime  monete  di  Costantino,  o  non  piuttosto  che  tali  li  giudi- 
cassero  i  poco  esperti:  ma  confessati  che  sieno,  nessuno  piu  ardisce  di 
metterne  in  dubbio  la  significazione. 

Per  questa  ragione  1'Eckhel ,  il  Tanini  ed  altri,  anziche  negare  il  va- 
lore  de'  suddetti  simboli,  amarono  meglio  di  credere  che  Costantino  fa- 
cesse  sulle  sue  monete  un  miscuglio  portentoso  di  segni  pagani  e  cristia- 
ni. La  quale  loro  opinione  si  tiene  a  questo  argomento  di  uon  poca  appa- 
renza,  che  spesso  unitamente  ai  segni  cristiani  vi  appariscono  figure  di 
idoli  con  iscrizioni  relative.  In  alcune  per  esempio  e  scolpito  Marte  con 
intorno  la  leggenda  Marti  Conservatori ,  dove  col  monogramma  e  dove 
colla  croce.  In  altre  si  vede  effigiato  il  sole,  intorno  al  quale  corre  la  i- 
scrizione  Soli  inmcto  Coniiti,  e  dall'  uno  de'  lati  o  sia  il  mouogramnia,  o 

I   Oper.  cit.  pag,  242. 


ARCHEOLOGIA  609 

sia  la  croce.  E  quest!  sono  i  soli  due  tipi,  benehe  variati  in  piu  specie  di 
monete,  sopra  i  quali  puo  cadere  la  quistione.  Imperciocche  le  altre,  col- 
le  figure  di  Giove  e  di  Ercole ,  sono  anteriori  al  tempo  del  crislianesimo 
di  Costantino,  come  prova  il  Garrucci ;  il  quale  di  piu  osserva,  die  noa 
gli  si  vuole  porre  cagione  di  alcune  altre  de'  suoi  figli  Crispo  e  Costan- 
tino, riprovevoli  per  questo  capo  medesimo;  perche  battute  nelle  zecche 
di  Oriente,  soggette  a  Licinio. 

Or  dunque,  tornando  ai  due  tipi  indicati  di  sopra,  primietamente,  per 
rispetto  a  Marte,  e  da  considerare  che  esso  yi  e  tigurato  nelle  sembianze 
di  Costantino.  II  che  basta  per  raeltere  questo  Principe  al  sicuro  di  ogni 
sospetto  d'idolatria.  Perciocche  facendosi  effigiare  nelle  note  apparenze  di 
que!  nume,  voile  significare  essere  nella  sua  persona  come  concretata  la 
ideadella  fortezza,  di  cwi  il  medesimo  dio  eraespressione  presso  i  Gentili. 
Nel  quale  intendimento  se  si  puo  ravvisare  una  buona  dose  di  vanita, 
per  avventura  scusabile  in  un  nuovo  convertito,  nessuno  pero  lo  puo  giu- 
stamente  accagionare  d'idolatria.  Tanto  piu  che  in  un'  altra  moiieta  e  ri- 
prodotto  Marte,  parimente  nelle  sembianze  dell'Imperatore,  ma  non  piu 
colla  leggenda  Marti  Conservator},  sibbene  col  semplice  motto  Virtus: 
segno  e\idente,  che  intendeva  di  fame  un  tipo  del  yalore  miiitare,  ap- 
plicandolo  a  se,  e  niente  altro. 

Ne  altrimenti  puo  essere  interpretato  1'altro  tipo  di  monete  colla  figura 
del  sole.  Poiche  sappiaino  che  fu  anche  questa,  se  cosi  piace  norninarla, 
una  debolezza  di  Costantino,  di  appropriarsi  questo  simbolo,  o  permetle- 
re  almeno  che  gli  fosse  appropriate,  per  adombrare  cosi  i  meriti  cheesso 
ayeva  col  mondo.  Idea  che  Corse  fu  insinuata  dai  suoi  panegiristi,  tutti 
concordi  ad  acclamarlo  luce  del  mondo.  E  ne  aveano  ragione,  conside- 
rati  i  benefizii  segnalatissimi  che  egli  fece  all'  impcro,  special  meute  col 
promuovere  con  tanto  zelo  la  propagazione  del  cristianesimo.  E  cio  stes- 
so  yolendo  egli  significare  ordino,  come  attesta  Zonara,  che  alia  stataa 
del  sole,  trasportata  da  Eliopoli  nella  nuova  Capilale  dell'  Impero ,  fosse 
sostituita  la  sua  testa.  Pero  qual  mcrayiglia  che  avesse  fatto  imprimere 
il  medesimo  simbolo  suite  sue  monete?  Non  vi  ba  dunque  nessun  segno, 
•che  si  possa,  con  buon  fondamento  di  discorso,  giudicare  pagano  nelle 
monete,  che  ci  sono  pervenute  di  Costantino,  posteriori  alia  vittoria  di 
ponte  Milvio.  Per  contrario  i  segni  di  crisliaaesimo  dopo  quell*  epoca  so- 
no stati  collocati  in  tanla  luce  dal  Garrucci,  che  non  crediamo  essere  pid 
possibile  il  dubitarne. 


Serb  V,  vol.  J,  fasc.  341.  39  28  Maggio  1864. 


CRONACA 

C  0  N  T  E  M  P  O  R  A  N  E  A 


Roma  28  Magglo  1861. 


I. 
COSE  ITALIANS. 

STATI  PONTIFICII  1.  Udienza  di  congedo  data  dal  S.  Padre  all'Arciduca  Luigi 
Vittore  d' Austria  —  2.  Nolificazione  per  1'estinzione  parziale  del  Debito 
pubblico  —  3.  Decreto  della  S.  Inquisizione  contro  il  prete  Guerrasio  - 

4.  Decreto  della  S.  Congregazione  Ae\Y  Indice  per  proibizione  di  lihri  - 

5.  Sentenza  della  Sezione  d'accusa  della  Corte  d'Appello  d'Ancona,  circa 
la  plena  innocenza  del  Card.  Morichini  e  di  due  Canonici  di  Jesi,  post!  in 
liberta. 

1.  Quando  il  nuoyo  imperatore  del  Messico,  Ferdinando  Massimiliano 
d'  Austria,  venne  a  Roma  per  impetrare  dal  Santo  Padre  la  benedizione 
sopra  la  nobile  impresa,  assunta  con  tanta  generosita  ,  di  ristaurare  nel 
Messico  1'ordine  civile  e  religiose,  il  giovane  suo  fratello  Arciduca  Luigi 
Vittore  d'Austria  voile  accompagnarlo  ,  e  fu  poi  ancor  esso  ,  cogli  onori 
dovuti  all'alto  suo  grado,  accolto  a  privata  udienza  dal  Santo  Padre.  Di- 
morato  qualche  settimana  in  questa  Capitale  del  mondo  cattolico,  in 
istretto  incognito,  S.  A.  I.  R.  fu  ricevuta,  la  mattina  del  Sabato  7  Mag- 
gio,  in  udienza  di  congedo,  ed  intrattenuta  lungamente  da  Sua  Santita 
con  particolare  benevolenza  ,  si  che  ne  parti  sommamente  lieta  e  com- 
mossa.  L'A.  S.  I.  nel  seguente  giorno  parti  per  Civitavecchia,  onde  per 
mare  si  condusse  a  Marsiglia  e  quinci  in  Austria. 

2.  II  Giornale  di  Roma  del  19  Maggio  riprodusse  una  Notificazione  di 
Monsig.  Tesoriere  Generale  Ministro  delle  Finanze  in  data  del  18  ;  colla 
quale,  secondo  Y  Edilto  dell'  Emm.  Segretario  di  Stato  del  28  Gennaio 
1863  ,  che  autorizzo  Y  emissione  in  quattro  milioni  di  scudi  romani  di 
Certificati  sul  pubblico  Tesoro  ,  in  capitale  di  scudi  100  1'uno,  fruttiferi 
il  cinque  per  cento  ed  anno,  e  ne  fu  stabilita  1'ammortizzazione  alia  pari 
nel  termine  di  anni  quindici,  a  datare  dal  1°  Gennaio  1864 :  ed  altresi 
secondo  1'arlicolo  10  dell' analogo  regolamento  31  Gennaio  suddctto,  da 


CRONACA  CONTEMPORANEA  611 

Je  disposizioni  opportune  per  1'estrazione  della  prima  rata  della  quindice- 
simaparte  del  quattro  milioni  suddetti,  corrispondente  a  sc.  133, 33 3., 33, 3, 
da  estinguersi  alia  pari ;  e  1'epoca  ,  in  cui  tale  estinzione  comincera  ad 
eseguirsi  dalla  pubblica  Depositeria ,  e  fissata  al  lo  Luglio  prossimo 
renturo. 

3.  Nella  parte  officiate  &Q\  Giornale  di  Roma  del  13  Maggie,  venne 
inserito  il  seguente  monitorio  ad  un  prete  scandaloso,  e  pertioace  nel 
conculcare  i  comandi  espressi  del  Santo  Padre,  con  detrimento  grayissi- 
mo  della  disciplina  ecclesiastica. 

«  DECRETUM  s.  ROMANAE  ET  UNITERSALIS  INQDISITIONIS.  Feria  IV ,  die 
4  Maii  1864. 

«  Etsi  SSffius  D.  N.  Pius  PP.  IX,  Apostolicis  litteris,  die  19  Decem- 
bris  anni  1862  datis,  loca  omnia,  eeclesias  et  personas  iurisdictioni  Ca- 
pellani  maioris  in  regno  utriusque  Siciliae  dudum  subiecta,  quoadusque 
aliter  ab  Apostolica  Sede  statuatur,  respectivis  in  posterum  dioecesum 
Ordinariis  subesse  debere  mandaverit :  nihilominus  sacerdos  Caietanus 
Guerrasio,  abutens  protocapellani  et  regalis  capellae  palatinae  decani  ti- 
tulo,  eamdem  Capellani  maioris  iurisdictionem,  quasi  ilia  adhuc  extaret, 
quovis  destitutus  iure,  ac  teraere  omnino,  usurpare  praesumpsit.  Huius- 
modi  autem  pastoralium  munerum  larva,  nedum  sacerdotes  et  clericos  ab 
Ordinariorum  subiectione  avellere  tentavit,  sed  etiam  turn  per  se  turn 
per  alios  pro  animartim  regimine  exercere  non  destitit  actus,  qui  sunt 
prorsus  irriti  et  nullius  roboris  ac  niomenti.  Insuper  duobus  bisce  po- 
stremis  annis,  mandato  regio,  ut  ipse  ait,  Jibellos  evulgare  ausus  est 
plura  praecipientes,  quae  sub  anathematis  poena  ipso  facto  incurrenda 
prohibentur,  et  ita  inscriptos:  Ordo  divini  Officii  ad  horas  canonicas  et 
Missae  sacrificium  quotidie  servandus  in  prima  regali  capella  palati- 
na  neapolitana  totaque  regali  iurisdictione.  Ob  quae ,  et  alia  huius- 
modi  criraina,  ecclesiasticis  censuris  et  poenis  inflictis  a  sacris  Ganoni- 
bus,  Apostolicis  Constitutionibus  et  Generalium  Conciliorum  decretis 
illigatus  est.  Quare  nomine  Sanctitatis  Suae  paternis  litteris  die  12  Mar- 
tii  1863,  et  novissime  die  3  Martii  huius  anni  criminum  suorum  et  multi- 
plicis  poenae  eisdem  adnexae  fuit  admonitus,  ut  yeram  atque  ecclesia- 
stico  Tiro  dignam  resipiscentiam  ostenderet  et  publicum  scandalum  re- 
pararet.  Quum  tarnen  Apostolica  auctoritate  contempta,  in  sua  intrusio- 
ne  persistat  et  contractis  censuris  insordescat ,  idcirco  suprema  Congre- 
gatio  sanctae  Romanae  et  Universalis  Inquisitionis  euni  formaliter  mo- 
nendum  esse  decrevit,  prout  praesenti  decreto,  consuetis  in  Urbe  locis 
affigendo  et  publicando,  formaliter  ipse  monetur,  ut  nulla  interposita 
mora  ab  ecclesiasticae  iurisdictionis  usurpatione  se  prorsus  abstineat,  et 
intra  duos  menses,  quod  tempus  ei  conceditur  pro  trina  monitioue  pe- 
remptorium  a  die  publicationis  huius  decreti  computandum,  omnia  et  sin- 
gula  Ordinis  drvini  Officii  iam  evulgata  exemplaria  recolligat,  scanda- 


CRONACA 

lum  cum  maximo  salutis  animarum  discrimine  datum  tollere  festinet,  et 
de  horum  omnium  executione  S.  Congregationem  doceat:  quo  tempore 
inutiliter  elapso,  omnibus  ecclesiasticis  beneficiis,  officiis  et  dignitatibus 
quibuscumque,  etiam  speciali  mentione  dignis,  priyabitur,  ct  publice  ac 
nominatim  excommunicatus  denunciabitur. 

«  Datum  Romae  die,  mense  et  anno  ut  supra.  Loco  y  Sigilli.  Angelas 
Argenti  S.  R.  et  Universalis  Inquisitionis  Notarius. 

«  Die  40  Maii  '1861.  Supradictum  Decretum  a/fi.xum  et  publication 
fuitadvalvas  Basilicae  PrincipisApostolorum,  Cancel! ariae  Apostolicae, 
in  Acie  Campi  Florae,  aliisque  solitis  locis  Urbisper  me  Thomam  Canobi, 
Cursorem  eiusdem  Sacrae  Inquisitionis.  » 

4.  Con  decreto  del  25  Aprile  1864,  riferito  nel  Giornale  di  Roma  del 
2  Maggio,  la  sacra  Congregazione  dell'  Indice  ha  inscritto  tra  i  proibiti  i 
seguenti  libri : 

«  Histoire  eiementaire  et  critique  de  Jesus:  par  A.  Peyerat. Paris  1864, 

«  Du  Pape:  par  Philotee.  1863. 

«  Manual  de  Derecho  publico  eclesiastico  para  el  uso  de  la  Juventud 
americana:  por  Francisco  de  Paula  G.  Vigil.  Lima  1863. 

«  Dialogos  sobra  la  existencia  de  Dios  de  la  vida  futura :  por  Fr.  Vigil 
a  la  Juventud  americana.  Lima  1863. 

«  1.  Defense  dela  Liturgie  de  Lyon  —  2.  A  propos  d'un  pamphlet  con- 
tre  MM.  ies  cures  de  Lyon.  Quelques  mots  publics  por  plusieurs  mem- 
bres  des  conseils  de  fabrique  de  Lyon  1863  —  3.  Lettres  de  Sophronius. 
Question  liturgique.  Paris  1864. 

«  Catechisme  raisonne  sur  la  liturgie:  unite  et  variete.  Dieu  est  urt 
en  trois  personnes  distinctes  etc.  Paris  et  Lyon  1860  ;  et  similia. 

«  Archives  de  la  S.  Congregation  des  Indulgences  pour  1'annee  1862  — 
Le  Mois  liberateur  des  Ames  du  Purgatoire,  aliaque  id  genus  auctoris 
eiusdem  \  Abbe  Cloquet.  Aucfor  laudabiliter  se  subiecit.  —  Deer.  S.  C. 
Indulg.  29Febr.  4864. 

c  Pievue  spirite:  journal  d'etudes  psychologiques,  public, 
sous  la  direction  de  M.  Allan  Kardek.  Paris  1858. 

«  Le  spiritisme  a  sa  plus  simple  expression,  par  Allan 
Kardek.  Paris  1862. 

«  Le  Livre  des  esprits  contenant  Ies  principes  de  la  doc- 


trine spirite,  par  Allan  Kardek.  Paris  1863. 


Deer.  S.  0//I- 
cii  FerialV. 


«  Le  Livre  des  mediums  ,  ou  guide  des  mediums  et  des  )''.   _  .     ." 

^^k/«fr\iitir*         *-\nn      A    1  1  *^  » \      i  *'  (\v*f\t\\r          OrimnlOAO          '  -* 


evocateurs,  par  Allan  Kardek.  Paris  1863. 

«  Revue  spiritualiste,  redigee  par  une  Societe  de  spiri- 
tualistes  et  publiee  par  Z.  I.  Pierart.  Paris  1861. 

«  Emmanuel  de  Swendenborg ;  sa  vie ,  ses  ecrits  et  sa 
doctrine:  par  M.  Matter  in  8.°  pag.  436.  Paris  1863,  et  li-  i 
bros  similia  traciantes  ex  regula  7X  Indicts. 


Us. 


CONTEMPORANEA  61 3 

1).  L'EiTio  Card.  Morichini,  Vescovo  di  Jesi ,  di  cui  abbiam  riferito 
nel  precedente  quaderno  (pag.  487-88)  1'arresto  e  la  carcerazione  in 
sanla  Palagia  ad  Ancona,  yenne  poslo  in  liberta  la  mattina  del  10  di 
Maggio;  e  cosi,  dopo  16  giorni  di  prigionia,  dichiarato  innocente  dalla 
Sezione  d'accusa  della  Corte  d'Appello  sedente  in  quella  citta,  pole  tor- 
nare  in  Jesi,  dove  fu  accolto  dal  popolo  con  vive  mostre  di  giubilo  e  di 
yenerazione.  L'  Unita  catlolica  del  7  ,  8  e  10  Maggio  riferi  i  bellissimi 
indirizzi ,  con  cui  i  Professori  del  Seminario  e  del  Collegio  ,  i  Parrochi 
della  citta  di  Jesi ,  ed  il  Clero  dei  Vicariati  Foranei  di  Maioleto  e  Monte- 
roberto  vollero  testimoniare  all'esimio  Pastore  i  loro  sensi  di  clevozione 
e  di  affetto,  e  la  pienissima  loro  adesione  alia  santa  causa,  per  cui  gli  era 
dato  di  patire  «  per  aver  compito  i  doyeri  di  ambasciadore  di  Gesu 
Cristo. » 

E  veraraente  solo  pel  nome  di  Gesu  Gristo  e  per  mantenere  inviolata 
la  santita  dei  Sacramenti  e  1'autorita  della  Chiesa,  ebbe  1'  Emo  Morichi- 
ni a  soffrire  quell' ingiuria  e  quella  prigionia;  alia  quale  parteciparono , 
benche  in  diverso  grado ,  due  Canonici  di  Jesi ;  cioe  il  Canonico  Peniten- 
ziere  Grossi,  accusato,  ma  lasciato  libero;  ed  il  Canonico  Planeta,  che 
ebbe  anch'  egli  a  passare  per  la  gloriosa  ignominia  del  carcere.  La  sen- 
tenza  pronunziata  dalla  Sezione  di  accusa ,  riferita  distesamente  nella 
Nazione  di  Firenze  del  20  ,  e  nel  Diritto  di  Torino  del  17  Maggio,  puo 
essere  divisa  in  tre  parti.  Nella  prima  si  espone  il  fatto  e  1' accusa ;  nel- 
la seconda  si  discolpano  gli  accusati ;  nella  terza  si  profonde  un  cumnlo 
di  spropositi,  di  yillaniee  di  nefandezze  contro  la  sacra  Penitenzieria 
Romana.  Di  questa  per  ora  non  vogliamo  occuparci ;  ma  dalla  sentenza 
ricaveremo  solo  quauto  basti  alia  sposizione  del  falto,  da  cui  fu  tratto  il 
pretesto  della  carcerazione,  ed  a  chiarire  1'innocenza  degli  accusati. 

Nel  rapporto  steso ,  a  nome  del  pubblicoMinistero ,  dairAvv.  Lorenzo 
Armelonghi,  furono  accusati  I.9  il  Canonico  Giuseppe  Grossi  ed  il  Cano- 
nico Planeta  «  di  abusivo  esercizio  delle  loro  funzioni  come  ministri  del 
culto,  per  avere  il  Planeta,  nel  2  Aprile  1864,  ed  il  Grossi  nel  seguente 
giorno  3,  indebitamente  ricusato  di  ammettere  al  Sacramento  della  con- 
fessione  ravvocato  Augusto  Ronzetti ,  Giudice  del  mandamento  di  Jesi. 
2.°  Lo  stesso  Planeta  ed  il  Cardinale  Morichini :  di  macchinazione  ed 
intelligenze  con  un  Governo  estero,  per  procurare  al  medesimo  i  mezzi 
di  commettere  ostilita  contro  lo  Stato. »  Vedremo  qui  appresso,  che  queste 
intelligenze  con  un  Governo  estero  consisteyano  nella  doverosa  applica- 
zione  d'  un  decreto  della  S.  Penitenzieria ;  e  le  ostilita  nell'  osservanza 
del  prescritto  dai  SS.  Canoni. 

II  relatore  conchiudeva  chiedendo  che  si  dichiarasse :  non  essere  luo- 
go  a  procediraento  contro  il  Canonico  Giuseppe  Grossi  pei  fatti  di  che 
trattavasi ;  ma  si  pronunciasse  Taccusa  contro  il  Cardinale  Morichini  ed 
il  Canonico  Planeta  per  reati  «  1.°  d'indebito  ritiuto  delle  proprie  fun- 


CRONACA 

zioni,  accompagnato  dapubblico  scandalo,  ed  eccitamento  allo  sprezzo, 
od  al  malcontento  contro  le  istituzioni  costituzionali ,  reati  preyisti  da- 
gli  articoli  471,  268,  269  del  Codice  penale;  per  avere,  in  esecuzione  di 
decreto  della  sacra  Penitenzieria,  e  di  concerto  fra  essi  loro  in  Jesi,  nella 
prima  meta  del  teste  scaduto  mese  di  Aprile,  dichiarato  aH'avvocato  Ron- 
zetti  suddetto  di  ammetterlo  alia  confessione,  a  condizione:  1.°  Che  ri- 
trattasse  il  giuramento  di  fedelta  prestato  al  Governo  del  Re;  2.°  Che 
promettesse  ubbidienza  alia  Santa  Sede;  3."  Che  implorasse  dall'Ordina- 
no  la  facolta  di  esercitare  I'ufficio  suo,  e  do  per  non  cadere  nella  viola- 
^ione  delle  immunita  ecclesiasliche  tanto  personali  die  locali.  2.°  Di  con- 
travvenzione  alle  yigenti  regole  sopra  la  necessita  dell'  assenso  del  Go- 
verno ai  proYvedimenti  relativi  alia  religione  dello  Stato ,  coramessa  con 
aver  dato  esecuzione  in  questo  regno  al  decreto  della  sacra  Penitenzie- 
ria in  Roma,  indicate  nel  capo  precedente,  senza  che  fosse  quel  decreto 
munito  del  regio  exequatur,  a  termine  dell'articolo  I.6  del  regio  decreto 
del  5  Marzo  1863,  N.°  1169.  II  qual  fatto  costituisce  il  reato  preyisto 
dall'articolo  270  del  Codice  penale.  »  Pertanto  proponeya  che  il  Cardi- 
nale  ed  il  Canonico  fossero  giudicati  dalla  Corte  di  Assise  di  Ancona -, 
«  ammettendoli  alia  liberta  proyyisoria,  mediante  cauzione,  oye  ne  fac- 
dano  richiesta  in  modo  regolare.  » 

La  Sezione  d'accusa,  sentita  la  lettura  degli  atti  processuali,  e  disami- 
uate  le  requisitorie  fiscali  dell'  Armelonghi ,  conchiuse  che  «  1'  istruzione 
ulteriore,  susseguitaal  decreto  di  cattura,  lungi  dall'ayerepostoinmaggio- 
re  eyidenza  le  prime  traccie,  e  dall'aver  fortificati  gli  elementi  del  graye 
crimine  ascritto  in  principio  agV  imputati,  ha  interamente  distrutto  ogni 
precedente  prova  di  reita,  ed  ogni  elemento  moralmente  e  giuridicamen- 
te  necessario  per  la  esistenza  di  un  qualunque  minimo  reato :  —  Che  ogni 
fatto  del  Planeta  si  riduce,  a  che,  richiesto  della  confessione  di  un  peni- 
tente,  e  non  trovandosi  investito  delle  facolta  necessarie  per  assolyerlo, 
abbia  dovuto  invocarle  dalla  sacra  Penitenzieria  pel  naturale  intermedia- 
do  del  suo  Vescoyo :  —  Che  ogni  fatto  del  Cardinale  Morichini  si  riduce 
a  che,  richiesto  come  Vescovo  da  un  confessore  da  lui  dipendente ,  ah- 
bia  doyuto  assumere  il  naturale  ufficio  d'  intermediario  prima  fra  il  con- 
fessore e  la  sacra  Penitenzieria,  poi  fra  la  Penitenzieria  ed  il  confessore; 
—  Che  tanto  il  confessore  Planeta ,  quanto  il  Vescoyo  Morichini  hanno 
agito,  non  gia  per  libero  impulso  della  loro  volonta,  ma  per  una  necessita 
creata  ad  entrambi  dal  rispettivo  esercizio  del  loro  sacro  ministero;  —  Che 
tutto  e  stato  regolato  come  formalmente  e  solito  in  ogni  caso  di  coscien- 
za,  in  cui  il  confessore  manchi  di  necessaria  facolta^  ed  il  Vescovo  sia 
posto  intermediario  con  chi  puo  impartirla ;  —  Che  il  Planeta  ed  il  Mori- 
chini hanno  entrambi  agito  dentro  la  sfera  deH'autorita  meramente  spiri- 
tuale  ed  in  materia  rigorosamente  di  coscienza;  —  Che  ogni  singolo  loro 
atto,  irreprensibile,  sacro  e  sacramentale  nella  sua  origine,  si  e  mantenuto 


CONTEMPORANEA 

nel  suo  originario  carattere  fino  alia  fine ;  —  Che  verun  atto  intermediario 
puo  condurre  non  che  alia  certezza,  nemmeno  a  dnbbio  d'  intenzioni  meno 
irreprensibili  all'  occhio  della  legge  penale ;  e  che  allo  stato  di  evidenza 
che  ora  emerge  dal  processo,  1'atto  coraplessivo  del  Planeta  e  del  Mo- 
richini,  lungi  daH'offrire  gli  dementi  del  crimine  previsto  dall'art.  169, 
N."  2  del  Codice  penale  e  di  altri,  noil  offre  ad  esso  neppur  1'  idea  di  un 
qualunque  minimo  reato ;....  —  Che  pero,  scendendo  a  quanto  in  ispecie 
ed  individualmente  si  puo  riferire  al  Planeta  ed  al  Morichini,  veruna  pro- 
va  si  e  potato  raccogliere  in  atti,  che  potesse  servire  al  giudice  per  de- 
dume  a  carico  di  loro  due  ima  compartecipazione  criminosa  ne  di  fatti, 
ne  di  consigli.  II  Planeta  ha  agito  come  pio,  dotto  e  zelante  confessore. 
II  Morichini ,  del  pari ,  nulla  ha  detto  o  fatto ,  che  non  fosse  nei  limit! 
del  santo  ministero  del  Vescovo....  Insomnia  i  fatti,  tali  quali  risulta- 
no  dal  processo,  non  possono  essere,  a  riguardo  del  Morichini  e  del 
Planeta,  ne  criminosi,  ne  imputabili,  salvo  diseonoscendo  le  regole  del- 
¥  imputabilita  giuridica  e  della  moralita  umana.  » 

Dimostrato  poscia  che  gli  articoli  del  Codice  penale ,  appellati  dal  Fi- 
sco,  non  poleano  avere  alcuna  applicazione,  la  Sezione  d'accusa  dichia- 
ro  non  farsi  luogo  a  procedimento  contro  degli  accusati ,  e  percio  do- 
yersi  mettere  immediatamente  in  liberta  i  detenuti. 

Egli  e  dimque  manifesto  che  queste  accuse  e  carcerazioni  d'  innocen- 
ti,  fondate  sopra  un  doyeroso  rifmto  di  Sacramenti  e  sopra  un'  assurda 
pretensione  di  soggettare  all'  Exequatur  un  atto  dalla  sacra  Penitenzie- 
ria,  erano  puro  sfogo  di  rabbia  settaria;  di  quella  stessa  rabbia,  che  non 
yolle  acquetarsi  alia  sentenza  del  Magistrate  d'Ancona,  ma  ricerco  solle- 
citamente  la  Corte  di  Cassazione  di  Milano ,  per  vedere  se  si  trovasse 
raodo  da  annullare  tal  sentenza,  e  continuare  la  persecuzione  iniqua,  in- 
cominciata  da  un  infimo  ufficiale  dell'  autorita  giudiziaria.  Ecco  la  libera 
Chiesa  in  libero  Stato!  Ecco  a  quali  mani  yorrebbero  certi  cotali,  che 
fosse  affidata  1'  indipendenza  del  Vicario  d  i  Gesu  Cristo ,  nell'  esercizio 
della  suprema  sua  autorita  spirituale !  E  si  osera  ancora  parlare  di  con- 
ciliazione  fra  il  Papato  e  questa  tirannide  seltaria  ? 

STATI  SARDI  1.  Cenni  sopra  i  dibattimenti  della  Camera  dei  Deputali—  2.  Ri- 
velazioni  del  depiitato  Siccoli  circa  gli  stipendii  dati  dal  Ministero  a'suoi 
giornalisti  —  3.  Elenco  di  monasteri  occupati  violentemente  dal  Gover- 
no  —  i.  Sequestro  sopra  le  rendite  ecclesiastiche  di  sudditi  pontificii  — 
S.  Furori  settarii  nella  Camera  contro  il  Denaro  di  S.  Pietro;  discorso  di 
Cesare  Cantu  —  6.  Offerte  di  oggetli  prezlosi,  ed  Obolo  di  S.  Pietro  al 
Santo  Padre  ,  per  mezzo  dett'Armonia  e  deli'  Unita  cattoiica. 

1.  Dacche,  finite  le  vacanze  di  Pasqua,  si  ripigliarono  i  dibattimenti 
parlamentari  alia  Camera  dei  Deputati  di  Torino,  Ja  massa  enorme  degli 
Atti  u/ficiali  yenne  crescendo  si  sfoggiatamente,  che  ci  vorrebbe  mezzo 


616  CRONACA 

volume  a  darne  un  sunto  anche  rapidissimo;  tante  furono  le  ciancie,  le  fi- 
lippiche,  le  recriminazioni  de'partiti,  gli  altacchi  personal!,  con  che  si  sve- 
Jenirouo  a  gara  gli  onorevoli,  parlaudo  di  tulto  uu  poco.  Anziche  affugarci 
in  quel  pelago  interminabile,  ci  sembra  miglior  partito  il  dire  in  due  pa- 
role, che,  dopo  sancitp  uno  schema  di  legge  per  mantenere  in  vigore,  per 
tutto  quest' anno,  i  principal!  articoli  della  legge  del  Ptcacqntro  ii  hrigan- 
ttiggio,  si  approve  un  aumento  di  spese  per  quasi  due  decine  di  milioni 
di  franchi,  da  impiegarsi  in  costruzioni  di  navi  da  guerra  ed  in  materials 
d'artiglieria.  Poi  si  trallo  dell' armameotp  aelja  Guardia  nazionale,  delle 
strade  ferrate,  e  di  altri  argomenti  di  minor  rilevanza  quanto  alle  cose 
interne.  II  grosso  dc'guai  venne  per  gli  attacchi  'Ae\Y 'tipposizione  contro 
la  politica  del  Minislero,  massime  circa  1'alleanza  con  la  Francia  e  1'ln- 
ghilterra;  il  poco  frulto  ricavato  dalle  pratiche,  rade  e  tiacche,  per  !a 
mJeuzione  di  Venezia  e  di  Roma ;  il  contegno  troppo  benigno  verso  il 
Clero  e  la  santa  Sede;  gl'impaeci  con  cui  venne  atlraversata  1* opera  del 
partito  d1  azione,  e  siraili  capi  d'accusa,  che  or  sotto  forma  d'inlerpel- 
Jaiize,  or  sotto  quella  di  disamina  degli  atti  del  Governo,  diedero  mate- 
ria  all'eloquenza  tribunizia  d'una  cinquantina  di  parlatori. 

Quando  il  Ministero  senti,  fin  dalle  prime  tornate,  quel  grandinare 
di  interpellanze,  penso  alia  maniera  di  mettervi  un  poco  d'  ordine  ; 
e  si  convenne  di  rimandarle  al  tempo  in  cui,  finita  la  discussione  ge- 
nerale  del  bilancio,  si  verrehbe  alia  disamina  dei  bilanci  parziali  dei  sin- 
goli  Ministeri;  cbe  cosi  ciascun  Miuistro,  nel  dar  ragione  delle  spc- 
se,  per  le  quali  chiedevasi  facolta,  dovrebbe  e  potrebbe  pure  .satisfare 
agli  oppositori  con  le  opportune  diehiarazioni  ;  e  cosi  fu  fatto.  Tra  i  di- 
scorsi  detti  percio  da'Ministri,  va  specialmcnte  ricordato  quello  dv1!  VI- 
scvsnti-Venosta,  nella'tornata  del  12  Maggio,  con  cui  egii  pretese  di  chia- 
rire  tutta  la  politica  esterna  del  Gabinetto,  e  dimostrare  che  quesio  si 
<ira  couqotto  con  prudenza  e  con  fermezza.  Natural  men!  e  comincio  da  Uo- 
nia  ;  e  riccnobbe  che  tra  V  Italia  e  la  Francia  v'e  «  differenza  di  v.edute, 
anzi  differenza  di  convinzioui  intorno  all1  av venire  del  potere  temporalc 
del  Pontefice,  ed  intorno  al!e  vere  ed  efficaci  guarentigie  che  questo  po- 
lere  lemporale  puo  dare  alia  sua  indipendenza  religiosa  ».  JNYgo  di  co- 
muuicare  i  document!  diplomatici,  per  non  guastare  I'andamento  delle 
praliche,  e  per  non  «  incorrere  il  pericolo  di  dare  esistenza  ufliciale  a 
•quelle  difficolta,  le  quali  noi  invece  continuamente  ci  travagliamo  ad 
appianare  ».  II  che  tradotto  in  volgare,  rit-sce  a  dire:  ci  siamo  avveduti 
che  la  Francia  non  vuole  regalarci  Roma;  facciamo  di  tulto  per  ismuo- 
verla  da  questo  suo  proposito,  e  continueremo  a  fare;  ma  sc  mettes- 
simo  in  pubhlico  le  nostre  proposle  e  le  rispqste  avute,  ne  verrebbe  che 
sarebbe  posto  in  sodo  ufficialmente ,  e  stabililo  irreparabilmentc,  quello 
che  tinora  si  sa  per  via  coulidenziale  e  puo  ancora  mutarsi,  cioe  che 
a  Roma  non  si  va:  dunque  si  dee  tacere. 

Parlo  quindi  del  leale  aiuto,  che  le  truppe  francesi  porgqno  per  impe- 
dire  il  brigantaggio ;  e  disse  chiaro  che  se  alruni  briganti  passano  alia 
spicciolata,  si  esagera  troupo  rappresentando  taliinezie  come  gravi  fatti. 
Assicuro  che  i  Comandanti  francesi  son  solleciti  di  arrestare  e  far  1'estra- 
dizione  delle  persone  denunziate  loro  come  briganti  o  complici ;  ovvero 
<ii  trarle  a'  loro  Consigli  di  guerra,  se  colpevoli  di  qualche  atto  violento. 
Rassicuro  tutti  che  si  faceya  al  Governo  pontificio  la  guerra  piu  aspra 


CONTEMPORANEA  611 

die  si  potesse,  massirae  con  i  sequestri  sopra  i  beni  ecclesiastic),  spettanti 
a  persone  che  abitassero  nelle  province  ancora  poste  sotto  il  dominio 
della  Santa  Secle.  Dimostro  che  nulla  erasi  lasciato  d'intentato  per  far 
allontanare  da  Roma  il  re  Francesco  II  ;  e  tini  di  parlare  intorno  a 
Roma ,  dicendo  di  sperare  che  «  lo  spettacolo  di  orcline,  di  calma,  di 
forza,  die  presenta  1'Jtalia  »  convincerebbe  tutti  della  piena  guarenti- 
gia  offerta  agli  interessi  religiosi,  e  della  lealta  con  che  si  manterrebhero 
gli  assunti  impegni,  e  che  cosi  tutta  Europa  riconoscerebbe  i  diritti  d'l- 
talia  a  stabilire  in  Roma  la  sua  Capitale. 

Entro  poscia  a  dire  delle  relazioni  con  1'Inghilterra  e  con  1' Austria  ;  e 
parlo  del  Congresso  e  si  felicito  del  buon  accordo  con  la  Russia ;  e  tocco 
della  politica  quanto  ai  Principal!  Danubiani,  e  si  stese  lungamente  ia 
dimoslrare,  che  fannp  torto  al  Piemonte  quelli  che  gli  contrastano,  per 
darlo  al  partito  d'azione,  il  vanto  d'aver  fatto  quel  miracolo  che  e  la  pre- 
sente  Italia. 

2.  Dopo  questp  bel  panegirico  ufficiale,  recitatp  dal  Ministro,  giovera, 
yedere  qual  credito  meritino  i  pauegiristi  ufficiosi',  e  qui  lasceremo  par- 
lare i  I  depuiato  Siccoli;  il  quale,  nella  tornata  del  9  Maggio,  alzo  un 
lembo  del  misterioso  velo  che  cuopre  certe  macchine  di  Governo  lihera- 
lesco,  volgendo  al  ministro  Peruzzi  le  seguenti  domande  (Attiuff.  num. 
607,  pag.  2331): 

«  lo  domaudo  a  quel  gentile  cayaliere  (e  ricpnoscp  anch'io  che  e  per- 
fettamente  gentile  cavaliere  e  gentiluomo)  che  e  il  Ministro  dell'interuo, 
io  domando  agli  uomini  che  siedono  alia  destra  eche  sono  contrarii  a 
noi,  se  sulla  loro  coscienza  possono  assicurare,  che  non  sia  vero  che  YI 
sieno  dei  giornali  soyveozipnati  a  50  ,  100 ,  200,  300  franchi  al  mese  ! 
Se  non  sia  vero  che  il  corrisppndente  di  un  giornale  straniero  sia  pagato 
500  t'ranchi  al  mese,  per  ispedire  tutti  i  giorni  a  Parigi  un  elogio  del  Mini- 
stero!  Se  non  sia  vero  che  un  giornale  meritevole,  senon  altro,  di  avere 
seniprc  dil'esa  la  stessa  opinione,  abbia  una  sovvenziorie  annua  di  40,000 
franchi !  Se  non  sia  vero  che  una  gazzetta  quotidiana  ne  abbia  un'altra 
di  50,000  franchi !  Domando  inline  se  non  sia  vero  che  un  giornale,  che 
non  noraino,  ma  che  si  distingue  per  il  suo  troppo  zelo  nell'incensare  i 
Ministri  (zelo  che  alle  volte  loro  pregiudica) ,  non  abbia  una  sovvenzione 
annua  di  GO, 000  franchi  (Oh!  rumori  a  destra)  ,  compresi  2,000  che  si 
pagano  mensilmente  per  le  spese  di  direzione  e  per  Je  spese  di  corris- 
poudenze  ad  un  giornale  di  una  citta  vicinal  (Voci  a  sinistra:}$ra\o\). 

«  Signori,  ho  qualche  cosa  da  aggiungere.  Fin  qui  ho  parla'o  di  cose 
di  cui  non  ho  le  prove  in  mano;  ora  diro  quello  die  consta  a  me,  perche 
nii  vi  son  trpvato  incidentalmenle  di  mezzo.  Io  so  che  1'  anno  passato 
•yiyeva  un  giornale  per  la  sovvenzione  ministerial  di  2,000  franchi  men- 
sili ;  che  questo  giornale,  giunta  restate  (forse  per  effetto  di  tempera tura, 
o  che  so  io),  venne  preso  da  velleita  di  opposizione  ,  e  quindi  gli  venne 
diminuita  la  sovvenzione  di  mille  lire  ;  e  dopo  ,  perche  inseri  un  certo 
articolo,  nel  quale  cpnfesso  che  io  ayeva  messo  un  ppco  la  mano,  gli  fu 
spppressa.  Diro  di  piu  (e  mi  duolc  di  non  poter  nominare  la  persona), 
diro  di  un  Deputato  di  destra,  che  scriveva  in  un  giornale  ministeriale;  al 
quale,  perche  una  data  volta  gli  venne  fatto,  per  debito  di  coscienza,  di 
Totare  contro  il  Ministero  attuale  ,  sulla  legge  della  prerequazione  del- 
1'imposta,  yenne  tolto  il  lavoro  affidatogli ,  solto  pretesto  che  il  giornale 


618  CRONACA 

faceva  cattivi  affari ;  giornale  che  ,  a  confessione  della  direzione  ,  ha  un 
guadagno  netto  di  28  mila  lire  annue.  .  .  . 

«  Quando  1'attuale  amministrazione  sali  al  potere,  in  seno  alia  stampa 
cosi  delta  moderata,  e  che,  come  provcro  in  seguitp,  e  tutt'altro  che 
moderata,  si  notava  nno  screzio  singolare.  Eravi  il  giornale  Y  Opinione 
che  avea  an  dato  colore ,  che  non  indichero,  per  rispetto  ad  un  grande 
infortunio  :  c1  era  un  giornale  ricasoliano ,  un  altro  peruzziano ,  un  altro 
minghettiano :  qgnuno  aveva  la  sua  tinta  speciale.  Queste  screziature 
naturalmente  indebolivano  anche  la  maggioranza,  che  il  Ministero  crede 
d'avere  nel  paese,  e  che  io  credo  non  abbia. 

«  Appena  1'onoreyole  Ministro  dell'Interno  chiamo  a  reggcre  la  segre- 
teria  generale  del  Ministero  qiieU'ahilissimo  Segretario,  che  ora  la  disim- 
pegna ,  e  dal  quale  ( bisogna  che  francamentc  lo  dica )  ho  ricevuto  in 
una  data  circostanza  un  grandissimo  servizio,  allorche  mi  trovava  inNa- 
ppli ,  e  per  un  colpo  di  testa  ( come  me  lo  defini  una  volta  1'  attuale  Mi- 
nistro della  marina),  mi  meritava  per  lo  meno  tre  anni  di  carcere,  il 
signor  Spaventa  me  li  risparmio ,  ed  io  gliene  sono  grato ;  ora  pero  non 
intendp  parlare  del  signor  Spaventa,  ma  del  Segretario  generale ;  appe- 
na,  dico,  1'onorevole  Ministro  dell'Interno  ehhe  fatta  questa  nomina,  il 
novello  Segretario  ebbe  1'abilita  di  fare  in  modo  che,  dopo  un  mese, 
tutti  i  giornali  parlaYano  in  un  senso.  La  Stampa  ( giornale )  intonava 
['oremus  e  tutli  gli  altri  risponde^vanp  amen!  (Ilarita). 

«  Naturalmente  mi  venne  la  voglia  di  domandare  il  perche  di  questa 
conversione  repentina,  quantunque  in  fatto  di  conyersioni  ne  ayessi  pa- 
recchi  esempii  piu  serii ;  ed  in  allora  mi  si  parlo  di  corrispondenze  rega- 
late,  di  corrispondenze  imposte,  e  anche  di  corrispondenze  che  si  paga- 
vano ,  perche  venissero  accettate.  Seppi  poi  anche  un  fatto  speciale, 

3uellp  cioe  d'una  fornitura  accordata  dall*  onorevole  Segretario  generale 
el  Ministero  dell'Interno  al  Direttore  di  non  so  quale  agenzia  di  25  cor- 
rispondenze a  25  giornali ,  ognuna  delle  quali  corrispondenze  doveva 
farsi  tre  volte  la  scttimana,  al  prezzo  di  20  lire  caduna.  Io  non  mi  la- 
mento  del  prezzo,  anzi  le  trovo  pagate  poco,  giacche  non  credo  cosa  fa- 
cile il  difendere  il  Ministero  attuale  senza  un  fungo  studio  e  un  potente 
ingegno.  Ho  saputo  poi  anche,  che  il  Direttore  di  quelTagenzia,  trovando 
1'impegno  superiore  alle  sue  fqrze,  e  superiore  anche  alle  forze  d'un  gi- 
gante ,  usufrultava  il  lalento  di  alcuni  giovani  sconosciuti ,  subaffittando 
questa  concessione  a  3  lire  per  corrispondenza  (Ilarita  ).  Io  mi  sono  re- 
cato  da  molti  uomini  del  partito  opposto,  ed  ho  lorq  domandato:  credete 
vpi,  sulla  vostra  coscienza ,  che  sia  vero  che  il  Ministero  sqvvenga  dei 
giornali?  E  mi  hanno  risposto,  alcuni:  lo  crediamo,  ed  altri:  ci  consta 
positwamente.  Non  ho  bisogno  di  aggiungere  che  il  Ministro  dell'Interno 
lo  sa  di  certo!  » 

3.  Se  tale  sperpcro  di  pubblico  denaro,  per  creare  quella  Potenza,  che 
dicesi  opinione  pubblica,  a  favore  di  chi,  in  virtu  del  pprtafoglio  di  Mi- 
nistro risponsabile,  puo  maneggiare  a  servigio  di  chi  gli  piace,  le  leggi 
«  1'erario ;  se  tale  vituperoso  ciarlatanesimo,  comprato  a  prezzo  di  mi- 
gliaia  e  migliaia  di  scudi,  fosse  cosa  nuova  o  propria  del  solo  Governo 
di  Torino;  certp  vorremmo  dimostrarne  Fimmoralita  profonda  e  1'ingiu- 
stizia  verso  i  cittadini,  a  cui  si  vupta  la  borsa  per  empir  loro  il  capo  di 
corbellerie.  Ma  questa  e  consuetudine  di  tutti  i  Governi  alia  moderna,  ed 


CONTEMPORANE  A  619 

in  Ispecie  di  quelli  che  si  reggono  piu  strettamente  secondo  i  dettati  del 
diritto  nuovo.  La  liberta  costa  earo;  ed  e  uno  del  privilegi  delle  nazioni 
liberc,  quello  del  pensare  con  la  testa  dei  giornalisti,  pagati  dal  Ministero 
col  denaro  della  nazione. 

Ben  e  vero  pero  che,  per  non  mancare  di  denaro  con  che  comperare  i 
panegiristi,  il  GoYcrno  di  Torino  ha  certi  spedienti  assai  cpmodi,  e  che 
piacciono  a  gran  numero  di  persone  senza  coscienza.  Ha  bisogno  di  ca- 
serme  e  di  prigioni?  Certo  che  si;  anzi  deve  mqltiplicarle  a  decine  per 
yolta.  Or  bene :  onde  si  cava  il  denaro  da  fahbricarJe?  Se  dal  bilancio, 
non  ne  rimane  a bastanza  per  le  spese  segrete  e  pel  giorualisti.  Bene:  si 
fa  dunque  cqsi:  si  cacciano  monache  e  frati  da'  Convent! ,  e  questi  con 
pqca  spesa  si  nuitano  in  carceri,  in  caserme,  in  istalle,  in  checchessia. 
Gia  indicammo  altra  volta  il  rmraero  delle  propriela  ecclesiastiche  a  cui 
TCUDC  applicata  questa  teorica  economica.  L'  Unita  catiolica  ne  va  com- 
piendo  1'elenco,  e  nel  n.9  163  dell' 11  Maggio  recp  una  nuova  lista  di 
convent!,  col  nouie  dei  luoghi  e  degli  Ordini  religiosi  cui  spettavano, 
che  furono  occupati  in  tal  modo,  ed  in  numero  di  189,  dal  Governo,  spo- 
gliandone  barbaramente  quelli,  a  cui  lo  Statute  fondarnentale  del  Regno 
ne  avea  solennemente  ed  in  forma  pieuissirna  guarentito  il  libero  ed  as- 
soluto  possesso. 

4.  Lo  stesso  giornale,  il  giorno  appresso,  14  Maggio,  pubblico  il  testo 
(Tim  Decreto  reale,  in  Yirtii  del  quale,  a  proposta  del  Pisanelli,  e  per 
diritto  di  rappresaglia ,  e  posto  sequestro  sul  godimento  dell' usufrutto 
dei  beni,  gia  contiscati  dai  GoYcrni  rivoluzionarii  del  1860  nelle  Mar- 
che  e  neir  Umbria,  «  ai  provyisti  di  beneiizii  semplici,  abbazie,  cappel- 
lanie  ed  altre  fondazioni,  colpite  di  soppressione  per  eiietto  di  qaelle  leg- 
gi  »,  qualora  questi  usufrattuarii  appartengano  alle  province  ancora  sog- 
gette  al  Goyerno  pontilicio.  La  Cassa  ecclesiastica  Yenne  incaricata  d'in- 
goiarsi,  e  dilapidare  a  modo  suo,  cotaii  rendite. 

5.  Ma  Y'C-  un  altro  genere  di  denaro,  sopra  di  cui  i  liberal!  non  possono 
stendere  la  mano,  ed  e  quello  di  S.  Pietro.  Ne  parleremo  altroye  di  pro- 
ppsito.  Qtii  basti  dire  che  nella  Camera  de'Deputati  per  piu  giorni  noa 
si  parlp  d' altro ;  e  quanto  il  furore  settario  puo  ispirare  di  falsita  e  d'im- 

Eroperii,  lanto  fu  detto,  eon  un  profhrvio  di  bestemmie  diaboliche,  per 
ire  che  il  Governo  ad  ogni  costo  impedisse  tal  colletta.  Questa  guerra 
illiberale,  perche  intesa  a  violare  la  piu  rispettabile  fra  le  iiberta,  quella 
di  far  bene  al  Papa ;  questa  guerra  crudele,  perche  Yolta  a  compiere 
i'assassinio  del  piu  augusto  fra  i  Sovrani,  a  cui  gia  furono  rapiti  gli  Sta- 
ti ;  questa  guerra  impolitica,  perche  riesce  a  mostrare  quanto  si  teme  il 
suffragio  del  vero  popolo,  espresso  in  forma  si  eloquente;  questa  guerra 
sacrilega,  perche  intesa  a  togliere  al  Papa  gli  ultimi  sussidii  con  cui 
reggere  la'Chiesa  universale ;  questa  guerra  codarda  ed  inulileal  tempo 
stesso,  perche  non  puo  ottenere  il  bramato  eiTetto,  essendo  impossibile 
impedire  che  i  fedeli,  o  in  un  modo  o  nell'altro,  soccqrrano  il  Santo  Padre; 
questa  guerra  mostra  qual  sorte  dovrebbe  aspettarsi  il  Sommo  Pontefice, 
quando  fosse  abbandonato  alia  discrezione  &Q\Y Italia,  fabhricata  dai  tra- 
dimenti,  dalle  violenze  e  dalle  perfidie  del  1859  e  del  1860. 

La  conclusione  di  tutte  queile  diatribe  orrende  fu  una  reiterata  confes- 
sione  del  Ministero,  che  non  esiste  legge  con  cui  poter  impedire  tal  col- 
letla,  ma  che  si  fara  di  tutto  per  eercare  il  niodo  di  riuscirvi. 


620  CRONACl 

Una  sola  voce  d'  upmo  veramente  cattolico  risono  in  quella  sala ,  per 
difendere,  con  mirabile  coraggip,  con  soda  eloquenza  e  con  rara  lucidita 
di  argomentazione,  la  liberta  di  mandar  sussidii  al  Santo  Padre :  e  fu  la 
ypce  di  Cesare  Cantu  ;  e  noi  di  buonissimo  grado  sottoscriviamo  alle 
giustelodi,  che  percio  gli  furono  tribulate  da'giornali  cattolici,  e  special- 
mente  dall'  Unita  del  20  Maggio,  ne'  termini  seguenti : 

«  Non  solo  in  Italia,  ma  in  tutta  Europa,  in  tutto  il  mondo,  dove  batte 
tin  cuore  cattolico,  dove  si  apprczza  ancora  la  nobilta  di  carattere,  1  indi- 
pendenza  dell'  animo,  il  vero  liberalismo,  sara  acclamato  Cesare  Cantu  , 
che  il  18  di  Maggio,  nella  Camera  dei  Deputati  di  Torino,  ebbe  il  corag- 
gio  di  levarsi  in  difesa  della  giustizia,  della  carita,  della  liberta;  e,  senza 
curare  i  spliti  rumori ,  non  obbedendo  cbe  alia  coscienza,  parlo  da  catto- 
lico e  da  ilaliano.  La  patria  nostra  ayea  gia  in  Cesare  Cantu  un  egregip 
scrittore  ed  un  grande  storico.  Ora  essa  puo  additare  in  lui  uno  dei  suoi 
piii  cari  concittadini ,  uno  dei  suoi  piu  valorosi  soldati.  II  cpraggio  che 
mostra  il  militare  sui  campi  di  battaglia  e  nulla  in  confronto  di  quello  che 
e  necessario  in  mezzo  allariyoluzione.  Noi  abbiamo  di  molti  e  coraggiosi 
soldati:  la  Camera  di  Torino  noa  ha  che  un  solo  Cesare  Cantu.  11  sup 
nome  restera  nella  benedizione  dei  posteri,  ed  e  tin  d'ora  ammirato  dai 
suoi  medesimi  avversarii.  » 

6.  Ma,  la  Dio  nierce,  codeste  smanie  della  rivoluzione  per  non  poter 
impedire  tal  yolontario  omaggio  di  fedella  e  d'amore  dei  popoli  italiaqi 
yerso  il  Papa- Re,  omaggio  che  yal  meglio  di  qualsiasi  artifiniato  plebi- 
scite, non  ebberp  (inora  altro  cffetto,  che  di  eccitare  i  fedeli  a  raddop- 
piare  di  generpsita  nei  doni  e  nelle  offerte.  Nel  passato  quaderno  (pa- 
gina  498)  abbiamo  accennato  alia  raccolta  di  anelli ,  gemme,  monili  ed 
oggetti  preziosi ,  spedita  all'  Unita  catiolica ,  da  geutildonne  e  da  pie 
femmrne  d'ogni  ordine  civile,  in  altestato  di  devozione  al  Santo  Padre. 
Or  ecco  quello  che  annunzio  dal  canto  suo  T  esimio  giornale  1'  Armonia 
del  18  Maggio : 

«  Riceviamo  un  centinaio  di  anelli  tutti  d'oro  ornati  di  diamanii  e 
pietre preziose ,  un  braccialctto  d'oro,  due  oreccliini  d'oro  c  finalmcntc 
un  gioiello  &  oro  in  forma  di  pesce.  II  nostrp  cuore  e  sopraffatto  dalla 
gioia  nel  vedere  un  voto  cosi  solenne  e  preziosp  a  favore  dtxl  Papatp, 
mentre  la  rivoluzione  lo  vorrebbe  distrutto !  Sfidiamp  tutti  i  comitati  ri- 
yoluzionarii  del  mondo  a  vautare  simili  dimostrazioni  di  afietto  c  fi- 
ducia!  » 

L'  Unita  cattolica  poi ,  che  avea  eccitato  i  fedeli  a  voler  fare  che ,  per 
Ja  festa  della  B.  V.  sotto  ii  titolo  Auxilium  Christianorum ,  si  polesse 
spedire  al  Santo  Padre  una  copiosa  spmma  del  Denaro  di  S.  Pietro,  si 
yolse  teste  le.pidamente  a  ringraziar  di  nuovo  il  Brofferio  ed  i  suoi  col- 
Jeghi ,  perche,  con  i  loro  improperii  e  con  le  Ipro  diatribe  contro  tal  col- 
letta ,  1' aveano  resa  straordinariamente  fruttifera.  Imperocche  mentre 
quella  si  riprometteva  di  poter  tutt'al  piu  spedire  un  80,000  franchi,  le 
offerte  negii  ultimi  giorni,  dopo  le  promesse  del  Ministero  di  volerle  im- 
pedire, affluirono  si  abhondanti,  che  superarono  di  30,000  fianchi  la 
somma  sperata.  Ed  in  elTetto  e  giunto  a  Roma,  appunto  quel  giorno,  il 
personaggio  incaricato  di  deporre  a'  piedi  di  Sua  Santita  la  somma  di 
111,531  franchi ,  ed  uno  scrigno  pieno  di  oggetti  preziosi.  Ci  pare  che 
non  si  possa  bramare  attestato  piu  autentico  del  voto  de'  popoli  d' Italia, 
circa  la  Soyranita  temporale  del  Papa. 


CONTEMPORANEA  621 

II. 
COSE  STRA.NIERE. 

ALEMAGNA  E  DAMMARCA  1.  Condizioni  del  catlolicismo  nello  Schleswig-Hol- 
stein;  ottimi  effetti  della  carila  e  del  minister!  spiritual!  presso  1'  esercito 
—  2.  Taglie  poste  clal  Wrangel  sopra  il  Jutland  —  3.  Combaltimento  na- 
vale  presso  Heligoland  --  4.  Istruzioni  date  al  plenipotenzario  francese 
per  le  Conferen/e  di  Londra  —  5.  Testo  della  convenzione  per  1'armisti- 
zio  —  6.  Assemhlea  popolare  a  Rendsbourg;  parole  del  Duca  d'Augustem- 
bourg  — 7.  Petizioni  al  Re  di  Prussia  per  la  separazione  dei  Ducati  dalla 
Danimarca  —  8.  Dichiarazione  dell' Austria  e  della  Prussia  circa  i  Trattati 
di  Londra  del  1852. 

1.  (Da  nostra  corrispondenza)  Mentre  gli  eserciti  alemanni  si  avanzano 
con  tutti  i  terror!  deila  guerra  alia  conquista  delle  frontiere  della  Germa- 
fiia,  un'altra  Potenza  sta  pure  adoperandosi  ariguadagnare  quelle  region!, 
che  ella  ha  perdute  gia  da  alcuni  secoli,  voglio  dire  la  Carita  cattolica. 
La  prima  e  conquista  sanguinosa,  strepitosa,  e,  in  parecchi  de'suoi  episo- 
dii,  veramente  spaventosa ;  laddove  la  seconda  precede  tranquilla  e  inos- 
servata,  ma  non  percio  meno  efficace  e  coslante ;  essa  mitiga  i  terror!  de- 
stati  dalla  guerra,  salda  le  ferite  da  questa  aperte,  e  ricongiunge  spesso 
sotto  il  medesimo  tetto  di  dolore  quei  che  poc'anzi  stavano  armati  in 
eampo  1'un  contro  1'altro  ;  e,  quel  che  piu  importa ,  essa  riconduce  fmal- 
mente  le  benedizioni  della  Religione  cattolica  in  quelle  contrade,  in  cui 
wn  odio  radicato  da  secoli  perseguitava  ed  opprimeva  la  Chiesa  cattolica. 

Quando  la  Danimarca  nel  1849  concesse  al  Culto  cattolico  inlera  liber- 
ta,  lo  Schleswig  e  THolstein  ricusarono  di  seguitarne  1'esempio.  E  ben- 
che,  dopo  molte  istanze  dell'Austria,  la  Camera  dell'  Holstein  concedesse 
nel  1863  qualche  maggior  liberta  ai  Cattolici ,  nondimeno  gli  Ordini  re- 
ligiosi ,  almeno  i  Gesuiti ,  furono  da  tal  favore  esclusi.  Nello  Schleswig 
poi  1'antica  tirannia  duro  pertinace.  In  due  soli  luoghi  fu  permesso  ai 
Cattolici  di  praticare  il  loro  culto,  ma  anche  ivi  le  loro  chiese  non  poteano 
avere  campanile  ne  campane ;  e  fuori  di  quest!  due  luoghi  niun  sacer- 
dote  cattolico  poteva  esercitare  qual  si  fosse  funzione  o  ministero  in 
seryizio  delle  anime.  Se  il  Vicario  apostolico  volea  yisitare  il  Ducato, 
doveya  ottenere  a  tal  fine  speciale  facolta  dal  Governo ;  ed  e  cosa  appena 
credibile,  ma  pur  yera,  che  anche  tal  facolta  gli  veniva  in  quest!  ultimi 
anni  negata.  I  decreti  sppra  i  matrimonii  misti  erano,  quanto  dir  si  pos- 
sa,  tirannici ;  i  figli  di  sinatti  connubii  doveano  essere  allevati  nel  Lute- 
ranismo.  Contutlocio  il  Protestantesimo  in  questa  terra  e  in  decadiniento 
incredibile.  Un  cattolico ,  alcune  seltimane  i'a  ,  essendo  ito  per  curiosita 
nel  tempio  principale  di  Schleswig  ,  1'  antica  Cattedrale  della  citta,  per 
assistere  al  servizio,  "vi  trovo  la  mattina  quattro  persone,  nel  pomeriggio 
da  quaranta  a  cinquanta;  eppure  gli  fu  detto  che  al  pomeriggio  vi  era 
stato  un  bel  concorso.  In  queste  chiese,  un  di  cattoliche,  sovente  trovansi 
ancora  in  pied!  gli  allari ;  ess!  sembrano  aspettare  tempi  migliori,  la  cui 
aurora  oggidi  appunlo  ya  spuntando.  Durante  la  presente  campagna , 


622  CRONACA 

moltp  bene  gia  si  e  ottenuto,  che  in  altri  tempi  appena  sarebbesi  creduto 
possibile ;  e  cio  per  opera  della  carita  cattolica.  Ed  ecco  in  che  modo. 

11  Corpo  d'  occupazione  austriaco  e  caltolico  ,  e  tal  e  pure  la  massima 
parte  dei  spldati  prussiani  che  combaltono  nello  Schleswig.  Ora  ie  Snore 
della  Carita  si  proffersero  al  servigio  dei  lazzaretti  militari.  AHre  volte 
simil  profferta  era  stata  rotoudamente  ritiutata  dal  Ministero  della  guerra; 
ma  adesso  ella  fu  accolta  con  gioia;  e  le  varie  Congregazioni  t'ecero  a 
gara  per  essere  assortite  all'  onore  di  esercitare  la  carita  cristiana  coi 
poveri  feriti,  di  modo  che  al  presente  ben  150  Snore  slanno  quivi  in 
opera,  insieme  con  alcuni  Fratelli  alemanni.  Molti,  non  solo  ecclesiaslici, 
ma  eziandio  membri  della-  piu  aha  nobilta  dei  paesi  Renani,  della  West- 
falia  e  della  Silesia,  accorsero  al  tempo  stesso  nello  Schleswig,  per  aiularc 
col  consiglio  e  coll' opera  le  Suore  nella  cura  degli  Spedali.  La  carita 
cristiana  creo  ad  un  tratto  i  mezzi  pel  mantenimento  degli  Spedali :  cosi 
un' adunanza  di  Nobili  in  Dusseldorf  diede  40,000  tailed  per  le  prime 
spese;  e  dappertutto  furono  tosto  ordinate  adunanze  ,  lequali  frutlarono 
fin  dai  priini  giorni  in  Amburgo  75,000  franchi,  in  Colonia  30,000,  in 
Elberfeld  20,000 ,  in  Essen  12,000,  ecc. ;  oltre  a  migliaia  di  Gaschi  di 
vino,  sigari  100,000,  ecc.  Da  principio  le  buone  Snore  ebbero  certamente 
niolti  pregiudizii  a  superare;  ne  avrebbe  potuto  essere -altrimenti.  I  Re- 
ligiosi  e  le  Religiose  cattoliche  erano  stati  dipinti  da  lunga  pezza  a  quei 
Protestanti,  come  una  genia  di  persone  ruyide,  triste,  stanche  della  yita, 
cacciate  daila  disperazione  o  dal  bisogno  dentrp  a  un  chiostro,  ed  iyi  con 
ispayentoso  governo  compresse  ed  educate  a  diveritare  stromenti  di  pro- 
selitismo  e  precursori  dei  Gesuiti ,  i  quali  si  adoperavanp  a  ricondurre 
la  tirannia  papale.  Non  si  erano  mai  vedute  tonache  religiose ;  quindi 
qual  maravigiia  che  al  primo  coniparire  fossero  accolte  con  derisioni ,  e 
che  la  gipvanaglia  insolente  le  salutasse  a  palle  di  neye?  Anche  i  medici 
vollero  yietare  alle  Suore  ,  che  ai  gravemente  malali  non  parla'ssero  di 
Sacramenti.  Npndimeno  in  poclii  giorni  tutto  fu  cangiato.  Comincio  a 
destar  maravigiia  il  yedere  persone  gentili ,  ben  educate ,  e  tra  esse  al- 
cune  di  elevata  condizione,  esercitare  con  serenita ,  con  mansiietudine  , 
con  pazienza  invincibile  3  con  devozione  eroica  i  servigi  piu  abietti ,  e 
cpnsacrarsi  per  carita  irrevocabilmente  alia  piu  penosa  delle  missioni. 
Cio  fece  che  le  Suore  divenissero  oggetto  di  yenerazione  e  di  ricpnoscen- 
za  da  parte  di  tutti,  e  specialmente  dei  soldati.  Anche  i  medici  si  mostra- 
rono  sommamente  soddisfatti  della  cura  e  singolarmente  della  netlezza 
delle  Suore.  11  gencrale  Wrangel  ordino  che  elle  fossero  salutate  come 
Uffiziali ;  il  Re  stesso  le  ringrazio  personalmente,  porse  la  mano  alia  Su- 
periora  e  disse:  or  io  me  ne  vado  traiiquillo,  perche  so  che  i  malati  sono 
cosi  bene  assistiti ;  e  il  Principe  di  Hohenzollern  disse,  chedopo  la  guerra 
anche  i  lazzaretti  di  pace  si  doveano  contidare  aile  Suore.  II  Principe 
ereditario  le  visito  sovente,  e  fece  distribuire  coroue,  benedette  sotto  gli 
occhi  suoi  dal  S.  Padre.  Egli  lodaya  senza  finel'amabiiita  del  S.  Padre, 
e  raccpnlava  come  questi,  nell'udienza,  gli  scrisse  sotto  una  immagine : 
IHuminare  his,  qui  etc.  Anche  le  Dame  dello  Schleswig-llolslein  si  senti- 
rono  spronale  dall'esempio  della  carita  eroica  delle  Suore,  e  feceroa  gara 
per  provvedere  e  allestire  tutto  cio  che  occprreva  pel  servigio  degli  Ospe- 
dali ;  tanto  che  le  Suore  non  rifmivano  di  lodarc  la  lorp  generosita  ed 
amorevolezza.  Elle  si  Jodano  anche  molto  dei  soldati  feriti ;  gl'  Itaiiani 


CONTEMPORANEA  623 

soprattulto  si  fan  distinguere  per  la  loro  pieta.  In  unp  del  lazzaretti  gl'I- 
taliani  convalescent!  radunavansi  a  recitare  insieme  il  Rosario,  a  cantar 
Ja  Salve  Regina,  e  con  questa  funzione  religiosa  altraevano  anche  gli  al- 
tri  soldati. 

Non  meno  di  quella  delle  Snore,  riusci  fruttuosa  1'  opera  dei  Cappella- 
ni  militari  cattolici.  Nell'adempiere  i  lor  minister],  essi  mostrarono  uno 
zelo  ed  una  iutrepidezza  che  desto  lo  stupore  universale;  tanto  piu,  che 
nulla  di  spmigliante  vedeasi  nei  ministri  protestanti.  I  Protestanti  stessi 
e  i  loro  giornali,  come  la  Kreuszeitung,  ne  fecero  alti  elogi.  Sventura- 
tamente  il  numero  dei  Sacerdoti  era  troppo  scarso  per  la  moltitudine  e 
pel  fervore  dei  soldati ;  «  Voi  ayete  avuto ,  scriveva  un  di  questi  eo- 
clesiastici,  per  15  anni  le  missioni  nella  Westfalia,  ma  elle  son  nulla  verso 
le  missioni  che  noi  abbiamo  qui ;  nei  molti  anni  che  io  son  Sacerdote, 
non  ho  mai  ascoltate  tante  Confession!.  Quandovado  al  confessionale,  vi 
trovo  ogni  pomeriggio  ad  aspettarmi  50,  100  e  fino  a  200  soldati.  »  II 
Cappellano,  prima  della  battaglia,  teneva  ai  soldati  un  breve  discorso, 
indi  dava  1'assoluzione  e  la  benedizione,  e  licenziavali  al  combattimento 
col  sal  u to :  Lodato  sici  Gesii  Cristo ,  a  cui  tutti  rispondevano.  Durante  la 
battaglia ,  e  nello  stesso  assalto  di  Diippel ,  i  Cappellani  assistevano  nei 
campo  ai  moribondi  sotto  una  spaventosa  grandine  di  palle.  Quest'  eroi- 
smo  accendeva  1'animo  dei  soldati.  Allorche  il  Rev.  sig.  Miiller  arrivo 
presso  i  soldati  dentro  la  fortezza  conquistata,  essi  1'  accolsero  con  en- 
tusiasmo,  salutandolo  con  tre  hurrah.  Al  Rev.  signer  Simon,  stato  ferito 
nell' assalto,  il  Comandante  del  Reggimento  diede  un  cordiale  abbraccio; 
gli  Ufficiali  lo  regalarono  d'una  ricca  daga,  presa  ad  un  Colonnello  ne- 
inico ;  e  i  soldati,  die  gia  il  teneano  per  morto,  lo  accolsero  con  festa 
indescrivibile,  e  domandarono  subito  che  fosse  celebrata  una  funzione  in 
rendimento  di  grazie;  cip  ch'egli  di  buon  grado  consent!,  sapendo  che 
tutto  quello  che  ordinano  i  Cappellani  vien  approyato  senz'  altrp  anche 
dai  Generali :  essi  ban  contralto ,  come  diceva  il  Feld  Maresciallo  au- 
striaco,  von  Gablentz  ,  essi  ban  contratto  colle  truppe  fraternita  di  san- 
gue.  Quando  si  andava  all' assalto,  i  soldati  ebrei  mandarono  al  Rev. 
sig.  Simon  una  deputazione,  pregandolo  di  estendere  anche  a  loro  la 
sua  benedizione. 

Cosi,  la  Religione  cattolica  e  tprnata  gloriosamente  a  splendere  in 
quelle  regioni,  da  cui  per  piii  secoli  era  sbandita.  Quasi  in  ogni  piccola 
citta  dellp  Schleswig  orientale  y'e  un  piccolo  Convento ;  nelle  chiese  pro- 
testanti si  celebra  la  Messa  pei  militari  cattolici ;  i  vecchi  pregiudizii  si 
vanno  dissipandp,  1'odio  ai  cattolici  vascemando;  le  leggi  tiranniche 
sppra  i  matrimonii  misti  sono  abolite  nello  Schleswig  p'ai  Commissarii  ci- 
vili.  Cio  che  V  Austria  non  ppte  fare  cogli  sforzi  di  piit  secoli,  e  stato 
fatto  dalla  carita  cattolica.  Nihil  fortius  aniore. 

2.  Mentre  alii  28  d'Aprile  gli  Austro-prussiani  disponeansi  all' assalto 
di  Fredericia,  che  poi  occuparono  la  domane  senza  colpo  ferire,  perche 
abbandonata  dai  Danesi,  come  abbiam  ri ferito  nei  precedente  quaderno 
(pag.  499),  il  maresciallo  Wrangel  dai  suo  Quartiere  generale  di  Yeile 
die  fuora  un  bando,  col  quale  pose  sul  Jutland  una  grossa  taglia,  il  cui 
prodotto  dovesse  servire  di  cpmpenso  ai  mercanti  alemanni  danneg- 
giati  dai  blocco.  Ecco  il  testo  di  tal  bando :  «  Per  i  danni  cagionati  aHe 
proprieta  dei  sudditi  prussiani  ed  alemanni  dalla  cattura  delle  navi  e  dei 


CRONACA 

carich!  escguita  dai  Danes! ,  sara  imposta  al  Jutland  una  conlribuzionc 
di  650  rniia  tailed  prussiani  (ogni.tallero  equivale  a  3  fr.  75  cent.).  Que- 
sta  somma  corrisponde  al  danuo  cagionato  da  quegli  alti,  e  sara  aumen- 
tata  se  i  danni  diventerannp  maggipri.  Se  rimarra  un  eccedente,  dopo  il 
riparto  delle  indennita,  sara  restituito.  Sulla  somma  anzidelta,  50  mila 
taller!  sarauno  pagati,  giusta  il  riparto  che  yenne  fatto,  dalla  citta  di 
Veile,  e  dovranno  essere  messi  senza  indugio  nelle  mani  del  capo  del 
comando  delle  requisizioni,  maggiore  dei  cacciatori  di  Westfalia,  di  Bec- 
kedorff,  se  si  yogliono  evitare  i  provvedimeuti  di  coercizione  militare, 
che  sarebbero  indispensabili  nel  caso  contrario.  Quarliere  generale  di 
Veile,  28  Aprile  1864.  —  WRANGEL.  » 

3.  La  marina  militare  austriaca,  la  quale  puo  dirsi  nata  appena  da  un 
deceunio,  ebbe  la  prima  pccasrone  di  dare  un  saggio  della  sua  yalentia 
nel  giorno  9  di  Maggio,  in  un  combattimento  sosleuuto  tra  1'isola  d'lleli- 
gpland  e  1'imbpccatura  dell'Elba,  contro  due  fregate  ed  una  corvetta  ad 
elice  dei  Dauesi.  Una  parte  dell'armata  austriaca,  mandata  nel  mar  set- 
tentrionale  per  proteggervi  il  commercio,  e  posta  solto  il  comando  su- 
premo deirammiraglio  Wullersdorf,  stava  gia  presso  Cuxbaven  nell' El- 
ba ,  e  formava  una  piccpla  squadra  ,  composta  ddla  fregata  ad  elice 
Schwarzemberg  mimita  di  50  cannoni  con  540  upmini  d'equipaggio,  e 
della  Radetzkij ,  fregata  a  ^apore  ,  da  30  cannoni  con  310  uomini;  piii 
due  cannoniere  prussiane  corazzate,  cioe  Y  Adler  e  la  Blitz ,  arraate  di 
soli  4  cawioni  da  lunghissimo  tiro.  Siccbe  in  tutto  gli  alleali  ayeano  soli 
84  cannoni ;  per  contro  i  Danes!  aveano  le  loro  navi  armate  di  202  can- 
noni. Avuto  notizia  che  tre  na\i  dauesi  eransi  accostate  all' isola  d' Heli- 
goland, il  capitano  Tegheloff  della  Schwarzemb  rg} ,  cui  spettava  il  co- 
mando della  squadra,  levo  1'ancora  e  scese  ad  ollerire  baltaglia  al  ne- 
mico,  che  raccetto.  Erano  circa  le  due  pomeridiane,  ed  il  Teghetoff 
con  mossa  audacissima  si  getto  in  mezzo  a  due  delle  fregate  danesi, 
denominate  1'una  Niels  Juel,  Taltra  Dagrhar,  facendo  fuoco  d'ambe  le 
parti  al  tempo  stesso.  La  sorte  non  arrise  propizia  a  si  generoso  ar- 
dimento. 

Fin  dai  primi  colpi ,  cadde  morto  il  Secondo  della  Schivarzemberg  Ca- 
pitano Kleinert,  ed  una  bomba  che  cadde  sopra  le  vele  ammainate  del- 
i  albero  di  trinchetto,  lo  pose  in  fiamme.  Bisogao  volgere  la  proda  indie- 
tro,  per  impedire  che  le  yampe,  spinte  dai  veutp,  appiccassero  1'  incen- 
dio  al  grande  albero;  ed  intanto  le  fregate  danesi,  merce  della  rapidita 
molto  maggiore  de'  loro  movimenti,  sottraendpsi  a'  colpi  della  Schwar- 
zemberg, terribilmente  la  fulmina\ano  da  tutti  i  lati ;  si  die  in  due  ore 
questa  fu  percossa  da  90  fra  bombe  e  grossi  proietti ,  onde  rimasero 
morti  41  uomini,  e  gravemente  feriti  non  meno  di  50,  oltre  ad  una  qua- 
rantina  d'altri  feriti  leggermente.  Per  giunta  una  bomba  caduta  presso 
il  magazzino  delle  polveri,  appicco  il  fuoco  al  fianco  della  nave,  con  pe- 
ricolo  d'estremo  disastro ;  ma  si  riusci  a  spegnerlo.  Anche  la  Radetzlnj 
fu  colpita  da  28  proielti ,  sicche  ebbe,  facendo  ogni  sforzp  per  disimpe- 
gnar  la  Schwar zembcrg ,  piu  morti  ed  una  trenlina  di  feriti.  Le  cannonie- 
re prussiane,  rassicurate  dalla  lunghezza  del  tiro  de'  loro  cannoni ,  noa 
s'accostarono  al  nemico ;  poco  fecero  e  nulla  soffrirono.  Percio,  dopo  due 
ore  ed  un  quarto  di  accanito  combattimento ,  allargandosi  1'  incendio  che 
divorava  il  trinchetto  della  Schwarzemberg  e  pericolando  tulta  la  nave  ? 


CONTEMPORANEA  625 

il  Teghetoff  diede  il  segnale  dello  ritirata,  alia  quale  niun  contrasto  fe- 
cero  i  Danrsi.  Ouesti »  stando  alia  relazione  del  Mmislero  della  marina  di 
Copenhagen,  ebbero  soli  14  uomini  morti  con  54  feriti,  essendosi  trovati, 
e  per  nuuiero  di  artiglieria,  e  per  qtialita  di  navi ,  d'assai  superior!  alia 
squadra  austroprussiana.  Tale  fu  la  yittoria  danese,  anuunziata  con  tan- 
ta  gioia,  e  ricevuta  con  Unto  plauso  al  Parlamento  inglese;  la  quale,  se 
fu  ielice.pei  Danes! ,  certo  fu  molto  piu  onorevole  per  gli  Austriaci ,  che 
essendo  quasi  nuovi  a  tali  cimenti  di  mare,  vi  si  condussero  con  corag- 
gio  e  fortezza  mirabile.  Di  che  il  Teghetoff  ebbe  splendido  premio,  con 
la  promozione  al  grado  di  Ammiraglio. 

La  divisione  navale  austroprussiana  stelte  la  sera  del  9  presso  Heligo- 
land, affiue  di  spegnere  il  fuoco  che  ancora  ardeva,  e  riparare  aile  pid 
gray!  avarie  della  Schwarzemberg ;  e  la  mattina  del  di  seguente ,  10  Mag- 
gio,  torno  a  Cuxhaven.  I  Danesi  dal  canto  loro  abbandonarono  intera- 
mente  il  mar  settentrionale,  e  passarono  nel  Baltico,  dov'ebbero  acco- 
glienza  trionfale  neli'  ingresso  a  Copenhagen. 

4.  In  questo  stesso  giorno  9  di  Maggio  le  Conferenze  aperte  in  Londra 
yenivano  a  capo  di  far  accettare  alle  parti  belligeranti  im  armistizio. 
Quali  si  fossero  le  istruzioni  date  dalle  Potenze  germaniche  a'  loro  rap- 
presentauti  in  Londra,   abbiamo  riferito  nelprecedente  quaderno,  a 
pag.  500.  Restava  qualche  dubbio  sopra  gl'  intendimenti  della  Francia. 
Ora  il  Memorial  diplomatique  dell'  8  Maggio  (pag.  292)   affermo  di  sa- 
pere  con  tutta  esattezza,  che,  nelle  istruzioni  spediteal  La  Tour  d'Auver- 
gne,  il  Gabinetto  di  Parigi ,  non  seatendosi  per  verun  modo  impegnatq 
nel  conflitto,  manifesto  la  piii  risoluta  volonta  di  attenersi  alle  parti  di 
media  tore  pacifico  ;  e  percio  gli  ebbe  ordinalo  di  condursi  in  modo  con- 
ciliativo,  non  far  nulla  per  abbattere  i  trattati  del  1852  ,  anzi  sostenerli 
se  a  questo  inchinassero  gli  altri  plenipotenziarii ;  e  suggerire  il  ricorso 
ad  una  manifestazione  del  voto  popolare  dei  Ducati,  solo  nel  caso  che  le 
condizioui  di  sovranita  della  Danimasca  si  dovessero,   per  le  risoluzipni 
della  Conferenza,  trovar  mutate.  Laonde,  qualora  si  fermasse  il  partito, 
che  lo  Schleswig-IIolstein  fosse  unito  alia  Danimarca  per  solo  yincolo 
personate  del  Re,  ma  con  piena  autonomia  amministrativa  e  politica,  il 
La  Tour  d'Auvergne  dovrebbe  chiedere,  che  questo  placito  della  Confe- 
renza fosse  presentato  al  suffrasio  de'popoli  dei  Ducati,  da  ottenersi  per 
tal  forma  che  escluda  ogni  dubbio ,  Tuoi  per  mezzo  delle  Camere  rap- 
presentative,  yuoi  per  votazione  speciale  e  diretta  de'cittadini.  Ad  ogni 
modo  il  rappresentante  francese  dovrebbe  astenersi  dall'acceltare  qua- 
lunque  combinazioiie ,  che  non  fosse  una  defmita  e  piena  risoluzione  del 
litigio. 

5.  In  quella  seduta  del  9  Maggio,  Lord  Russell  invito  i  Plenipotenziarii 
deile  parti  belligeranti  a  far  couoscere  se,  eel  aquali  condiziom,  avessero 
facolta  di  accettare  un  armistizio.  Quelli  d' Austria  e  Prussia  dichiararono 
di  potersi  piegare  a  tutti  i  temperamenti  che  faciliterebbero  la  tregua, 
senza  perirolare  la  posizione  strategica  delle  truppe  comandate  dal  ma- 
resciallo  Wrangel.  I  rappresentanti  delle  Potenze  neutrali  aderirono  a 
questa  proposta  conciliante,  e  fu  fermato  che  Tarmistizio  avrebbe  per  base 
1'  uti  possidetis.  Ma  i  Plenipotenziarii  danesi  insistetiero  sopra  tre  condi- 
zioni  rileyanli,  cioe:  l/cheToccupazione  del  Jutland  dalle  truppe  alleate 
si  limitasse  a' luoghi  strettamente  militari;  2.°  che  il  mantenimento  di 

Serie  V,  vol.  X,  fasc.  341.  40  28  Maggio  1864. 


626  CRONACA 

esse  fosse  a  carico  delle  Pptenze  alemanne;  3.°  che  il  loro  comandante 
supremo  si  astenesse  dall' impprre,  durante  l'armistizio,taglie  di  guerra, 
e  dal  riscuotere  derrate  d'ogni  genere.  Si  stipularono  pertanto  le  condi- 
zioni  dell'  armistizio,  ed  il  Monitors  prussiano  pubblico  il  testo  delle  ri- 
soluziqni  prese,  ne' termini  segueati: 

«  Vi  sara  sospensione  d'  ostilita  per  mare  e  per  terra,  incominciando 
dal  12  Maggio,  per  lo  spazio  d'un  mese. 

«  Lo  stesso  giorno  la  Danimarca  levera  il  blocco. 

«  La  Prussia  e  TAustria  si  obbligano,  darante  la  sospensione  delle  osti- 
lita, a  mm  porre  ostacolo,  nelle  parti  del  Jutland  occupate  dai  loro  eser- 
citi,  al  commercio,  ne  alle  comunicazioni,  ne  alia  regolare  amministrazio- 
ne;  a  non  imporre  contribuzioni  di  guerra,  ma  a  pagare,  al  contrario, 
tntto  do  che  sara  somrninistrato  alle  truppe  alemanne,  che  continueranno 
solamente  ad  occupare  le  loro  posizioni  strategiche  presenti. 

«  Le  parti  belligeranti  stahiiiscono  d'accordo,  che  conserveranno  le  loro 
posizioni  militari  rispettive  su  terra  e  per  mare,  e  non  le  rinforzeranno  du- 
rante la  sospensione  delle  oslilita. 

«  Cip  verra  nptilicato  ufficialmente  ai  cpmandanti  delle  forze  bellige- 
ranti di  terra  e  di  mare  dai  loro  Governi  rispettivi.  » 

La  sospensione  del  blocco,  accettata  dai  Plenipotenziarii  danesi  a  Lon- 
dra,  gitto  scissure  nel  Gabinetto  di  Copenhagen ;  e  due  dei  Ministri ,  che 
erano  ayversi  a  tal  condizione,  deposero  i  portafogli  per  non  essere  mal- 
leyadori  di  tal  fatto  presso  il  popolo  che  ne  e  molto  scontento.  Onde  una 
crisi  ministerial. 

6.  II  giorno  precedente,  8  p*i  Maggio,  erasi  tenuta  a  Rendsbourg  una 
assemblea  popplare  dei  Ducati,  alia  (juale  convennero  forse  50  milBper- 
sone,  raccoltesi  sulla  piazza  d'arme,  in  mezzo  alia  quale  sorgeva  una  tri- 
huna :  e  riusci  al  termine  che  poteasi  prevedere ;  cipe  di  dichiararsi  con 
gran  forza  in  favore  d'una  compiuta  separazione  daila  Danimarca,  e  per 
]a  sovranita  dell' Augustembourg  sotto  titolp  di  Federigo  VIII.  La  Gaz- 
zetta  nazionale  di  Berlino  ebbe  da  una  corrispondenza  di  Rendsbourg  i 
particolari  seguenti: 

«  L'  avvocato  sig.  Wiggers  ha  aperto  la  seduta  con  un  caloroso  discor- 
so  e  ripetutamente  interrotto  da  vivi  applausi,  e  terminate  con  un  eyyiva 
al  duca  Federico  VIII  di  Schleswig-Holstein.  L'oratore  ha  quindi  dato 
Jettura  delle  seguenti  proposizioxii. 

«I.  Gli  abitanti  dello  Schles^yig-Hplstein,  riuniti  a  Rendsbourg,  dichia- 
rano:  1.°  Noi  aderiamo  con  immutabile  fermezza  al  nostro  buon  diritto. 
Separati  dalla  Danimarca,  yogliamo  uno  Schieswig-Holstein  libero,  sottp 
il  nostro  legittimo  duca  Federico  VIII.  2.°  Chiediamo  che  si  faccia  I'acolta 
ai  rappresentanti  del  paese  di  rendere  solenne  testimonianza  di  questp 
diritto  che  ci  appartiene.  3.°  Se  Potenze  straniere  volessero  disporre  di 
noi  arbitrariamente,  siamo  decisi  a  difendere  fino  all'  ultima  estremita  il 
nostro  diritto,  pel  quale  abbiamo  gia  altre  volte  preso  le  armi. 

«  II.  L'assemblea  del  popolo  di  Rendsbourg  esprime  all'esercito  alleato 
la  ricpnoscenza  del  popolo  holsteinese  per  la  liberazione  dello  Schlcswig, 
yittoriosamente  compiuta  ;  ma  deve  eziandio  all'onore  del  suo  popolo,  al 
rispetto  che  deve  a  se  stessa,  di  esprimere  1'  ardente  yoto  che  sia  alia 
fine  permesso  agli  uomini  capaci  del  servizio  militare,  di  partecipare,  con 
le  armi  in  mano,  al  compimento  dell'  opera  del  riscatto. 


CONTEMPORANEA  627 

«  I  tre  primi  punti  della  prima  risoluzione  sono  stall  ragionati  ed  ap- 
ppggiati  dal  sindaco  della  borghesia,  Raven d'lltzehoe,  e  dal  capo  di  istru- 
zione  Gerber  d'Elmeshorn:  la  seconda  dai  signori  Lorentzen  ed  Hansen. 
Tutte  due  furonp  votate  all'  unanimita  per  acclamazione,  ed  il  comitato 
centrale  delle  societa  per  lo  Schleswig-Ilolstein  Yenne  incaricato  di  comu- 
nicarle  ai  commissarii  civili  dello  Schleswig-Holstein,  ed  al  signor  Beust 
a  Londra.  » 

Inoltre  una  Deputazione  fu  spedita  a  presentare  codeste  risoluzioni 
al  Duca  d' Augustembourg,  il  quale  rispose  con  queste  parole :  «  Mai  piu 
un  Re  di  Danimarca  non  regnera  in  questo  paese.  Sono  fermaniente  coa- 
yinto  di  poter  fare  assegnamento  su  tutte  le  forze  di  questo  mio  pppplo, 
per  conseguire  lo  scopo  comune ;  ed  il  paese  puo  star  certo  che  saro  lieto 
ai  poter  spendere  la  mia  yita  per  la  difesa  del  suo  diritto.  » 

Questo  sarebbe  un  anticipate  plebiscite ,  dato  da  que'  popoli  secon- 
do  il  disegno  del  Governo  Irancese;  ed  il  National  Verein  non  sarebbe 
scontento  die  influisse  sulle  deliberazioni  di  Londra.  Ma  1'Inghilterra 
lien  fermo  pei  trattati  del  1852;  la  Russia  teme  che  1'accettare  tal  pro- 
posta  faccia  ravYivare  i  disegni  d'  unita  scandinava;  la  Prussia  agogna 
al  porto  di  Kiel,  e  percio  ad  im  annessione ipm  o  raeno  pronta  dei  Duca- 
ti  alia  propria  Corona ;  1' Austria  non  e  certamente  inchinata  a  promovere 
1'  ingrandimento  dell'  emula  sua,  ma  non  puo  star  salda  ad  esigere  il 
mantenimento  dei  trattati  del  1852,  senza  romperla  con  la  Prussia  e  ti- 
rarsi  addosso  tutte  le  ire  della  democrazia  tedesca.  La  Francia  serabra 
voler  una  cosa  sola :  che  il  litigio  si  componga  pacificamente  e  in  modo 
decisive.  Qual  debba  esser  questo  componimento,  fin  qui  e  troppo  diffi- 
cile a  conghietlurare. 

Vi  ba  tuttaYolla  cbi  crcde  probabile  ad  essere  effettuato  cio,  che  a 
prima  giunta  potrebbe  sembrare  un  disegno  ambizioso  ma  sleale;  cioe 
che  la  Prussia  ,  scorgendo  la  impossibility  di  un' annessione  diretla  dei 
Ducaii  alia  propria  Corona ,  YOglia  ora  prpmovere  quello  chepoc'anzi 
attraversava,  e  favorire  a  potere  i  maneggi  deH'Augustembourg,  e  farlo 
cpstituire  Sovrano  dei  Ducati ,  per  averlo  poi  sottp  il  suo  protettorato , 
cioe  vassallo ;  con  che  essa  di  fatto  godrebbe  tutti  i  Yantaggi  d'una  yera 
annessione  dei  Ducati ,  senza  incontrarne  le  difficolta  ed  i  pericoli.  E 
questa  congettura  e  molto  avyalprata  si  dalle  petizioni  di  che  sono  in- 
ondati  lo  Schleswig  e  1'  Holstein  in  questo  senso ,  e  si  dal  inutato  conte- 
gno  della  Prussia  Yerso  il  Pretendente,  al  quale  lascia  ora  prodigare  OYa- 
zioni  popoiari  e  festeggiamenti  quali  s'addicono  a  SoYrano. 

7.  Oltre  di  die  e  pur  degno  di  considerazione  cio  che  leggesi  in  una 
corrispondenza  dell'  Unita  cattolica  ,  num.  170  :  «  In  Prussia,  tanto  la 
parte  democratica,  quanto  la  parte  che  cola  dicono  feudale,  cioe  conser- 
Yatrice,  o  reazionaria,  sono  piu  che  mai  d'accprdo  nel  promuovere  con 
tutti  i  mezzi  1'  annessione  dei  Ducati  alia  Prussia  ;  o  ,  se  cjuestp  non  si 
puo  ancora  per  ora,  istituire  un  protettorato  della  Prussia  sui  Ducati 
staccati  dalla  Danimarca.  La  parte  feudale  e  ancora  piu  calda  che  la  de- 
mocratica in  questa  bisogna.  Essa  e  capitanata  dal  conte  di  Arnim,  il 
quale  e  1'amico  intimo  del  signor  de  Bismark.  II  layoro  e  dpppio  ,  pssia 
ha  doppio  scopo,  cioe  promuovere  raunanze  e  petizioni  per  1'annessione, 
e  preparare  i  popoli  per  il  suffragio  universale.  Una  sola  petizione,  ossia 
protesta  contro  1'imione  dei  Ducati  alia  Danimarca,  e  firmata  da  1319 


628  CRONACA 

niembri  delle  Camere  legislative  dell'Alemagna.  In  Prussia  di  348  mem- 
bri  della  seconda  Camera  tirmarono  133;  in  Baviera  di  148  tirmarono 
121 ;  in  Sassonia  di  79,  59  ;  Dell' Annover  di  87,  64;  in  Wurtemberga 
di  88,  79  ;  a  Bade  di  G3,  Cl ;  nell'  Assia  elettorale  di  56,  47  ;  e  via  di 
questp  passo. 

«  Si  vede  che  la  Prussia  trova  un  grande  appoggip  non  solo  nell'opi- 
nionc  popolare  dell'Alemagna  tutta  quanta,  nia  negli  uomini  stessi  che 
hanno  le  mani  in  pasta.  Con  cio  il  Governo  di  Berlino  piglia  due  colombi 
ad  una  fava.  Biacquista  la  sua  preponderanza  o  egemonia  morale  in  Ale- 
inagna,  e  al  di  dentro  triorifa  dell'  opposizione  della  seconda  Camera,  la 
quale  certamente  non  vorra  piu  contestare  al  Governo  le  sue  idee  che 
soup  coronate  da  cosi  onorato  trionfo.  llavvi  ancora  un  terzo  Colombo , 
ed  e  1'impiccio  in  cui  pone  1'  Austria.  »  Ed  infatti  questa  partecipo  alia 
gucrra  con  lo  scopo  evidente  di  disarmare  la  democrazia  cd  irapedire  lo 
scoppio  di  una  guerra  europea;  ma  fece  ognora  di  tutto  per  costringere 
la  Prussia  a  dichiarare  alto  ,  e  prendere  1'  impegno ,  di  voler  mantenuta 
Tintegrita  della  monarchia  danese,  appunto  perche  spspettava  di  lavo- 
rare  per  compiere  a  proprie  spese  i  disegni  arnbiziosi  della  Prussia  so- 
pra  i  Ducati. 

8.  Ma  d'assai  maggior  peso  sarebbe,  se  il  telegrafo  ed  i  giornali  dis- 
sero  il  vero,  la  risoluzione  presa  dall' Austria  e  dalla  Prussia,  e  mani- 
festata  nella  Conferenza  di  Londra,  di  dichiararsi  ricisamente  svincolate 
doi  Trattali  del  1852,  allegandone  per  motive  si  le  violazioni  commesse 
dalla  Danimarca,  e  si  i  I'atii  sopravyenuti,  i  risultali  della  guerra  e  le 
esigenze  di  tutta  la  Germania.  Qui  si  parrebbe  davvero  quanto  valgano 
Je  protestazioni,  le  mmaoce  e  gli  ufficii  deil'lnghilterfa  in  lavore  della 
Danimarca,  e  la  sua  politica  internazionale!  Ma  pup  darsi  che  le  due 
grandi  Potenze  alemanne  abbiano,  come  suol  dirsi,  rincarito  la  derrata, 
per  assicurarsi  di  eque  condizioni  e  per  isgomentare  le  resistenze  della 
JDanimarca.  Ad  ogni  modo  si  vanno  ancora  mantenendo  le  speranze  che 
il  conflitto  sanguinoso  dovra  cessare,  cbe  I'armistizio  sara  prorogate,  e 
che  forse  si  trovera  modo  di  dare  assetto  ai  Ducati  senza  smembrare  la 
Danimarca. 

IMPERO  DI  RUSSIA  1.  Decreli  circa  le  proprie ta  predial],  i  comimi  rural!  ed  i 
diritti  patrimonial!  pel  regno  tli  Polonia  —  2.  Casligo  a  student!  per  non 
aver  festegginto  rami'iversario  dell'lmperatore  —  3.  Ordinanza  di  Polizia 
del  gener;tle  Trepoff  contro  cbi  ha  paura  del  Governo  nazionale  —  L 
INolizie  ufliciali  circa  il  modo  ed  i  risultati  della  repress'ione  del  solleva- 
meuto;  nuovi  rigor!  —  5.  Spogliamento  e  deportazione  de'  Signori;  ven- 
dita  dei  beni  sequestrali  —  6.  Persecuzione  coutro  il  cattolicismo  ;  prov- 
vediment!  per  la  sede  episcopale  di  Varsavia  —  7.  Anniversario  del  1814 
a  Pietroburgo  —  8.  Dist'atta  dei  Circassi. 

1.  Sul  principle  del  1863,  quando  stava  per  iscalenarsi  sull'  infelice 
reame  di  Polonia  p,uel  tremendo  flagello  che  tutto  lo  copri  di  rovine  e  di 
sangue,  i  capi  e  direttori  del  sollevamentp,  troppo  conscii  della  debolezza 
delle  forze,  con  le  quali  disponevansi  ad  ingaggiare  la  lotia  contro  I'eser- 
cilo  russo,  divisarono  di  alletlarvi  i  contadini  e  castaldi,  facendo  loro,  non 
pure  larghe  promesse,  ma  dono  generoso  delle  terre  loro  commesse  a 
coltivare.  Difatto  alii  22  di  Gennaio,  primo  giorno  della  rivoluzione,  il 


CONTEMPORANEA  629 

Comitato  centrale,  che  esercitava  i  poteri  di  Governo  nazionale  provvi- 
sorio,  pubblico  il  decreto  seguente:  «  Considerandqche  il  Governo  usur- 
patore  differi  sempre  di  rendere  liberi  proprietarii  i  yillici,  nmlgrado  del 
vplo  generale  del  paese ;  cpnsiderando  inoltre  che  i  proprietarii  banno 
diritto  a  competente  indennita  per  la  perdita  delle  rendite,  prestazioni  ecc. , 
si  decreta  quanto  segue  :  Art.  1.*  Ogni  terra  occupata,  sotto  qualsivoglia 
titolo  di  rendita  o  prestazione,  da  piccoli  castaldi,  con  tutle  le  sue  appar- 
tenenze,  divcnla  da  quest*  oggi  lihera  proprieta loro,  senza  alcuna  ob- 
bligazione  di  censo  o  d'altro,  eccetto  il  dovere  di  pagare  i  tributi  e  ser- 
vire  la  patria.  Art.  2.°  I  precedent  proprietarii  riceveranno  una  indenni- 
ta sui  fondi  nazioiiali,  per  mezzo  d'  un  capitate  g-uarentito  dalla  naziooe. 
Art.  3.°  La  somma  delrindennita  ela  natura  del  capitale  saranco  fermate 
da  decreto  speciale.  Art.  i.°  Tutti  gli  ukases,  le  leggi  ecc.  pubblicate  dal 
Governo  usurpatore  intoruo  al  censo  dei  cittadini,  sono  nulle  e  di  nessim 
valore.  5/11  presente  decreto  si  applica  non  solo  alle  proprieta  private, 
ma  anche  alle  terre  del  la  Corona,  o  concedute  altrui  dalla  Corona,  ai  be- 
ni  di  Chiesa  ecc. » 

Al  tempo  stesso  il  Comitato  centrale  intimo  ai  Signori,  che  dal  1.°  A- 
prile  1863,  doyessero  astenersi  dal  riscuotere  le  rendite,  i  censi,  le  pre- 
stazioni d'ogni  natura  dai  contadini,  aspettando  T  indennita  che  loro  sa- 
rebbe  data  subito  dopo  fmita  la  guerra  dell'  indipendenza.  I  Signori  do- 
yettero,  di  buona  o  mala  voglia ,  astenersi  dal  rivendicare  i  loro  dirilti, 
e  fu  certo  gran  cosa.  Imperocche  le  rendite  cosi  perdute,  come  si  cal- 
colo  dal  Journal  des  conomistes(  Anno  XI,  n.  5,  p,  237)  salivano  per 
lo  meno  alia  egregia  somma  annua  di  3,000,000  di  r'ubli  d'argento,  ossia 
di  20,000,000  di  franchi.  Ma  percio  appunto  i  Signori  non  ppterono  poi 
dare  a'sollevati  gagliardo  aiuto,  scairseggiando  essi  medesimi  didanaro, 
e  non  pochi  trovandosi  ridotti  quasi  alia  miseria. 

I  coutadini  non  sel  fecero  dire  due  volte  e  cominciarono  a  godersi  i 
frutti  delle  terre,  come  di  cosa  loro  propria  ;  ma  quanto  al  prendere  parte 
al  sollevamento,  furono  o  meno  ardenti  o  piii  avveduti  che  non  credeasi. 
Fosse  [>er  difetto  di  accordo  precedente ,  fosse  per  mancanza  di  armi , 
fosse  perche  la  cerna  militare,  che  diede  T  ultima  spinta  al  sollevamento, 
non  colpiva  i  contadini :  questi  non  furono  che  in  piccol  numero  travolti 
nel  moto  rivoluzionario;  e  sebbene  aiutassero  e  favorissero,  quando  il  po- 
teano  a  man  salva,  le  bande  de'solleyati,  pure  si  guardarono  dall'  ingros- 
sarle  con  le  loro  persone.  Checche  si  dica,  la  massima  parte  delle  bande 
era  formata  di  giovani  cittadiui  che,  per  sottrarsi  alia  decretata  coscri- 
zione,  si  gittarono  alia  campagna  ;  dove  si  rannodarono  sotto  la  direzione 
ed  in  compagnia  di  fuorusciti,  che,  yalicando  le  frontiere  della  Prussia 
e  della  Gallizia,  loro  portavano  armi,  munizioni  e  speranze  di  aiuti  di 
qualche  grande  Potenza,  che  pur  troppo  furono  menzognere.  I  terrihili 
falciatori  del  1830  non  si  contarono  che  a  poche  centinaia.  Eppero  i  di- 
visamenti  del  Comitato  centrale,  per  questa  parte,  si  volsero  a  danno  di 
chi  li'avea  concepiti. 

II  Governo  russp  colse  la  palla  al  balzo  ;  e ,  convalidando  in  certq  mo- 
do  con  la  sua  autorita  i  vantaggi,  di  che  il  Comitato  centrale  rivoluziona- 
rio era  stato  largo  a'  contadini ,  reco  un  altro  colpo  gravissimo  alia  causa 
dell' indipendenza.  Imperocche  alii  6  del  passatp  Marzo,  anniversariq 
deli'avvenimento  di  Alessandro  II  al  trono  imperiale,  furono  puhblicati 


630  CRONACA 

quattro  decreti ,  iirmati  alii  2 ;  i  quali ,  con  una  certa  tinta  di  libcralismor 
tutto  a  favore  del  campagnuoli ,  sono  evidentemente  indirizzati  a  depri- 
inere  cd  annientare  1'  influenza  della  nobilta.  Incominciava  il  primo  di 
questi  alti  con  dire,  che  lo  Czar  voleva  al  tutto  cpmpiere  1'opera  incomin- 
ciata  dal  sup  predecessore ,  ed  attraversata  dagli  avYenimenti  del  1863,. 
e  percio  ordinaya :  che,  mediante  un  tributp  prediale,  i  contadini  aves- 
sero  la  proprieta  piena  ed  intiera  dei  terreni ,  de'  quali  hapno  1*  usufrut- 
tp:  che  le  antiche  prestazioni  ed  i  censi  verso  i  proprietary ,  fossero  abo- 
iiti :  e  che  a  questi  fosse  assegnata  una  equiyalente  indennita.  In  virtu 
del  secpndo  di  tali  decreti,  resto  abplito  il  diritto  patrimoniale,  ossia  di 
giurisdizione  dei  proprietarii  sopra  i  contadini ,  e  fu  divisata  1'  istituzio- 
ne  di  comuni  ruraji  e  d'assemblea  di  elettori.  Queste  assemblee  saranno 
cpmposte  degli  abitanti  che  ppssiedono  una  certa  estensione  di  territories 
a'  quali  spettera  1'elezione  dei  Sindaci  e  degli  altri  ufficiali  del  Cpmime, 
Nei  terzo  decreto  determinavasi  la  forma  dell'  indennita  ai  proprietarii , 
creando  percio  titoli  di  rendita  al  5  per  100,  con  ammortizzazione , 
assegnando  a  tal  effetto  il  prodptto  del  tribute  prediale  imposto  ai  con- 
tadini ,  quello  della  vendita  di  certi  fondi  dello  Stato ,  con  altri  pro- 
venti  speciali.  Da  ultimo  il  quarto  decreto  afiidava  1'esecuzione  dei  pre- 
cedent! ad  un  Comitato,  che  doyra  risedere  a  Varsavia,  sotto  la  Presi- 
denza  del  Luogotenente  imperiale  pel  reame.di  Polonia. 

Questi  quattro  ukases  -vennero  accuratamente  disaminati ,  sotto  il  ri- 
spetto  del  diritto  e  dell'  importanza  politica ,  dalia  Revue  des  Deux  Mon- 
des  del  1  Maggio  (Tom.  LI,  pag.  209-24)  che  ne  dedusse  come  piena- 
mente  dimostrato  il  verp  scopo,  «  di  mettere  cioe  tulte  le  persoue  ed  i 
beni  fra  le  mani  de'  Gapi  militari ,  di  rovinare  i  proprietarii  sen>;a  pro- 
fitto  reale  pei  coltivatori ,  e  di  aggiiwigere  alle  calaniita,  che  opprimono 
quel  popoloTinto,  anche  il  flagello  d'una  guerra  sociale.  »  La  Revue  zon- 
fortava  cjuestp  suo  giudizio  con  prove  ricavate  dal  testo  degli  ukases. 
E  bastera  indicarne  alcune  precipue :  1.  Ordinando  che  le  terre  passino 
in  proprieta  piena  ed  intiera  di  chi  ora  le  coltiva ,  venne  aggiunto  che 
i  processi  per  arretrati  de  censi  o  fitti ,  che  da  queslo  momenta  sono  abo- 
liti ,  sono  annullati ,  ne  si  potranno  r ipiyliar e  mai  piu.  Cosi  i  contadini 
che  non  pagarono  da  piu  anni  i  loro  debiti  a'  padroni ,  ne  sono  con  un 
tratto  di  penna  prosciolti.  Onde  lo  Czar  «  s'arroga  di  togliere  o  dare  la 
proprieta,  di  annullare  debili,  d'abolire  contratti,  senz'altra  ragione  che 
la  sua  yolonta.  »  2.  Chi  avea  cominciato  a  scavar  mine  nei  terreni  suoi  > 
ora  dati  a'  contadini,  non  puo  proseguire,  senza  pagare  indennita  al  nuq- 
vo  proprietario.  3.  I  terreni  vacant!  o  incplti,  benche  appartenenti  apri- 
yati,  saranno  spartiti  fra  contadini  che  si  offrano  a  coltivarli ,  pagando- 
li  im  tenue  prezzo,  che  sara  dato,  non  ai  proprietarii,  ma  al  Tesoro.  Sa- 
ranno preferiti  i  villani  benemerili  del  favore  imperiale.  4.  Se  non  piac- 
ciono  al  contadino  i  terreni  che  ora  coltiva ,  puo  esigere  la  propriela  di 
quelli  che  per  lo  stesso  padrone  coltivo  altra  yolla,  e  che  gli  erano 
stati  cambiati  dal  padrone  senza  contralto  per  iscritto.  5.  « Le  terre  e 
case  acquistate  da'  contadini  in  virtu  di  questo  ukase  non  potranno  esse- 
re  date  in  pegno  o  alienate,  che  a  favore  di  altri  contadini.  »  Ecco.una 
casta  di  proprietarii  privilegiati,  istituita  perlegge!  6.  Per  altra  par- 
te  i  contadini ,  obbligati  a  contentarsi  di  piccoli  poderi ,  per  lo  sboc- 
concellamento  de'  grandi  spartiti  fra  gli  antichi  sehi ,  avranno  un'  ap- 


CONTEMPORANEA  031 

parenza  di  libero  ed  indipendente  dominio,  ma  in  realta  saranno  seni- 
pre  piu  incenpati  che  prima,  (juanto  al  migliorare  le  proprie  sorti; 
che  gli  antichi  padroni  erano  interessati  a  coniidar  loro  vasti  poderi 
quando  ne  speravano  maggior  rendita ;  ed  invece  il  Governo ,  per  aver- 
li  soggetli ,  e  interessato  a  mantenerli  poyeri. 

Molto  piu  austero  che  quello  della  Revue  des  Deux  Mondes,  fu  il  giu- 
dizio  che  ne  reco  il  citato  Journal  dcs  Economistes,  a  pag.  280:  «  fienche 
<la  tutti  si  senta  che  codesti  ukases  handiscono  un  graye  spediente  rivo- 
luzionario,  fondato  sull'  iniquita  e  sullo  spogliamento  dei  possessor!  del 
suolo  ,  in  fayore  dei  contadini,  col  doppio  intento  di  distpgliere  que- 
sti dal  partecipare  al  solleyamento  ,  e  di  royinare  quelli  di  condizione 
piu  alta,  cheaspirano  all'indipendenza;  tuttayia  non  se  ne  comprende 

J3cne  tutta  1'  importanza Studiandoli ,  si  scorge  pur  troppo  che  essi 

sono  frutto  d' una  politica  machiavellesca ;  perche  sonointesi  aseminare 
la  discordia  tra  i  possidenti  ed  i  non  possidenti,  ed  avranno  per  effetto 
di  scompigliare  i  Coranni  ruraii  e  di  rovinare  i  proprietarii,  senza  sod- 
disfare  yerarnente  i  contadini ,  con  un  riscatto  iaimaginario.  »  E  per  di- 
mostrare  questa  test ,  il  Journal  des  Economistes,  reci.tapdo  in  prima  gli 
artieoli  dei  quattro  decreti,  yiene  a  partea  parte  disaminandoli ,  sotto  il 
•rispetto  economico,  e  dimostrando,  che  ne  staranno  male  non  meno  i  con- 
tadini che  i  proprietarii,  perche  tutti  ridotti  alia  merce  del  Goyerno,  fat- 
tosi  assoluto  padrone  di  Uitto. 

Con  cio  la  Polonia  fu  anche  assimilata,  per  un  altro  risguardo,  al  restq 
deirimpero  che  alii  13  di  Gennaio,  primo  giorno  deH'armo  russo,  dotayasi 
di  ordinamento  provinciale,  fondato  sul  sistema  rappresentativo.  Lo  sche- 
ma di  questa  nuoya  rifornia,  che  tien  dietro  all'abolizipne  della  seryitii 
e  all'  ordinamento  giudiziario ,  istituisce  ,  fra  le  disposizioni  principali , 
•assemblee  di  distretto  e  di  Goyerno,  corrisppndenti  alle  due  forme  di  cir- 
coscrizione  lerritoriale  della  Russia.  I  dritti  di  elezione  e  di  eleggibilita 
saranno  indipendenti  da  ogni  principio  di  casta  p  di  origine.  Conceduti  a 
tutte  le  classi ,  questi  dritti  deriyeranno  principalmente  dalla  proprieta 
tbndiaria,  enon  saranno  siibordioati  che  al  grado  e  alia  categoria  di  pro- 
prieta personale,  comunale  od  urbana.  Le  assemblee  di  distretto  si  radu- 
neranno  una  yolta  aH'anno  per  died  giorni.  Un  Gomitato  esecutivo,  elettp 
fra  i  membri  componenti  queste  assemblee  ,  esercitera  in  permanenza  i 
poteri  per  tre  anni.  Ogni  assemblea  di  distretto  eleggera  inoltre  fra  i  suoi 
membri  un  certo  numero  di  delegali,  i  quali  siederanno  nelle  assemblee 
di  Governo.  Queste  terranno  una  sessione  annua  di  yenti  giorni  e  npmi- 
neranno,  come  quelle  di  distretto,  il  loro  Comitato  esecutivo.  Le  attribu- 
zioni  deiruna  e  dell' altra  assemblea  non  abbracceranno  che  gl'  interessi 
locali.  II  Ministro  dell'Interno  e  i  goyernatori  delle  Province  yigileranno 
perche  questi  limiti  sieno  rispettati.  In  alcune  quistioni  concernenti  le 
prerogative  e  i  drilti  dello  Stato,  essi  eserciteranno  il  drittp  di  veto  sos- 
pensivo,  contro  il  quale  le  assemblee  possono  appellarsi  in  Senato.  II 
Nord  aggiungeva,  che  sara  pure  conceduto  alle  assemblee  di  distretto  e 
a  quelle  di  Goyerno  il  dritto  di  proppsta  e  di  petizione. 

2.  Facendo  tali  concessioni  liberali  alia  Polonia ,  'il  Goyerno  russo  si 
riprometteya  che  da  tutti  si  manifestasse  esultanza  e  gratitudine  verso 
Ip  Czar,  festeggiandone  1'ayvenimento  al  trono;  e  percio  si  credette  in 
diritto  d'infliggere  punizioni  csemplari  ai  riottosi  che  si  astennero  da  tali 


632  CRONACA 

prove  di  devozione.  Basti  in  prova  riferire,  tradotla  a  verbo  dal  Giornale 
u/ficiale  di  Varsavia  del  21  Marzo,  la  nota  segiiente:  «  I!  Generate  inca- 
ricato  della  Polizia  del  regno  di  Polonia  fa  sapere  a  tutti  che  ,  in  virtu 
d'una  decisione  del  Luogotenente  dell'  Imperatore,  sotlo  il  10  Marzo ,  le 
due  classi  superior!  6ae  7a  del  primo  licco  di  Varsavia  sono  state  chiuse. 
Per  ispiegare  tal  nrovvedimento  aggiungererao,  che  esso  venne  preso  in 
seguito  a  disordini  succeduti  in  codeslo  Gollegio.  Imperocche  quando, 
nel  di  dell'anniversario  solennissimo  deH'avvenimcnto  dell'Iraperatore  al 
trono,  il  Rettore  del  liceo  inyilo  gli  allievi  ad  andare  in  cappella  per  as- 
sistervi  alia  Messa,  molti  diedero  segni  di  ripuguanza  e  se  ne  andarono 
\ia.  I  principal!  autori  di  questo  disordine,  due  allievi  della  7a  classe , 
furono  condannati ,  per  questo  fatto  -,  alia  deportazione  fupri  del  regno. 
Ala  siccome  in  tal  congiuntura  iu  nota  to,  che  in  generale  gli  allievi  delle 
classi  superior!,  malgrado  la  lorp  giovinezza,  raosirano  gia  cattive  dispo- 
sizioni  verso  1'ordine  vigente  di  cose,  e  cheiloro  professor!  non  ne  sono 
rassicurati  in  modo  che  si  possanp  rendere  mallevadori,  che  Y  ordine  non 
sara  di  bcl  miovp  turbato  alia  prinia  occasione:  fu  risoluto,  affine  d'im- 
pedire  gli  scompi'gli  che  potrebbero  accadere,  ed  affinche  valga  d'esempio 
agli  altri  collegi  d'educazione  ,  che  si  chiudano  le  due  classi  superior! 
del  primo  liceo.  Possiamo  aggiungere  ancora  che,  comunicala  agli  allievi 
questa  decisione  dell'autorita,  cagiono  in  essi  una  irapressione,  la  quale 
speriamo,  sara  satutare.  » 

3.  Miseranda  .invero,  splt'ogni  risguardp,  era  la  condizione  de'Polacchi! 
Posti  fra  1'  incudine  ed  il  martello  ,  tra  il  Governo  rosso  ed  il  Governo 
pcculto  o  nazionale,  taglieggiati  dall'imo  e  dall'altro,  nonpoteano  restare 
indiffercnti,  senza  esser  giudicati  felloni  da  ambe  le  parti  ;  non  poleano 
aderire  al  Russo ,  senza  incorrere  la  nota  e  la  pcna  di  traditori  della  pa- 
tria;  non  poteano  favorire  i  sollevati,  senza  andar  incontro  alia  confisca, 
alia  deportazione  in  Siberia  ,  alia  morte  di  capestro  o  di  moschetto !  A 
queste  crudeli  torture  piu  che  gli  altri  audayan  soggetti  i  Signori  della 
piccola  nobilla  ,  senza  aver  almeno  la  facoll-a  di  scampare  a  sorle  tanto 
acerba  ,  riparando  ,  in  voiontario  esilio  ,  in  Francia  od  Alemagna.  No ! 
dovean  restare,  e  scegliere  tra  qttci  due  estremi  egualmente  fatal! !  Per 
mettere  ilcolmo  a'  rigori,  ecco  uscire,  alii  10  Marzo,  un  bando  del  Tre- 
poff,  Generale  sovrastantea  tulla  la  Polizia  del  Regno,  che  noi  riferiamo 
qui  fedelmente  tradotto  dal  testo,  che  il  Debats  del  15  Marzo  trascrisse 
dal  Giornale  u/ficiale  di  Varsavia: 

«  E  perveniilo  a  notizia  dell'  autori ta,  che  certi  abitanti  del  reame  , 
quali  per  eccesso  di  credulita  edi  paura  immaginaria,  quali  per  simpatia 
a'  ribelli  e  per  mantenere  il  disordine  nel  paese ,  pagano  ad  un  certo 
Governo  nazionale  un  tributo,  e  danno  inoltre  a  suo  servigio  offer  le  d'o- 
gni  sorla.  Atteso  che  questo  contegno  criminoso  non  puo  cssere  tollerato, 
si  fa  sapere  ad  ognuno  quanto  segue:  1.°  Ogni  persona,  da  cui  si  pre- 
tendesse  un  tributo  qualsiasi  a  profitto  del  Governo  nazionale,  o  da  cui  si 
esigesse,  non  importa  sotto  qnal  titolo ,  di  procurare  riunioni  illegal! 
d'uouiini  di  caltiva  vplonta  ,  e  obbligata  di  denunziarc  ogni  cosa  all'au- 
torita  di  Polizia  piu  vicina,  e  di  indicare  gli  autori  di  cotali  procedimenti. 
2.°  Chiunque,  sotto  pretesto  di  paura,  o  per  altri  motivi,  non  denunziera 
le  persone  che  si  sono  volte  a  lui,  e  non  fara  conoscere  chi  1'  avesse  ri- 
chiestu  di  siinili  tributi ,  andra  soggetto  ad  una  multa  proporzionata  al 


CONTEMPORANEA  633 

grado  della  sua  colpa  ed  allo  stato  di  sua  fortuna,  e  sara  inoltre  deportato 
nelie  province  riraole  dell'Impero.  3.°  Chiunque  paghera  il  tributo  a  pro- 
iitto  del  Governo  che  s'intitola  nazionale,  opartecipera  ad  un  imprestito 
detto  nazionale,  sara  tralto  innanzi  ad  un  tribunale  militare,  come  com- 
plice di  atti  di  ribellione,  ed  i  suoi  beni  saranno  confistati.  4. °  Chiunque, 
indirizzandosi  ad  Ayvocali  ovvero  ad  Uscieri,  per  averne  aiuto  nelle  sue 
liti,  incontrera  un  rifiuto  per  isligazione  del  preteso  Governo  uaziouale , 
e  obbligato  d'awerlirne  immediatamente  1'autorita,  solto  pena  di  esser- 
ne  egli  stesso  mallevadore  a  rigore  di  leggi.  5."  Gli  Avvocati,  i  Notai , 
g!i  Uscieri  ecc.  rbc  per  timore  del  mentovato  Governo  nazionale,  o  per 
altri  motivi,  rifiuteranno  di  perorare  e  di  assislere  legalmente  le  persone 
perscguitale  dal  parlito  rivoiuzionario  per  non  aver  pagato  il  tributo  da 
lui  imposto,  ovvero  die  faronno  opera  avversa  alle  dette  persone,  saran- 
no cassi  d'  ufficio,  e  trat.li  innanzi  al  Consigiio  di  Guerra ,  come  coinplici 
de'  ribelli.  II  Generate,  Capo  supremo  delta  Pclizia,  TREPOFF.  » 

Or  s'immagini,  chi  puo,  leorrihili  stretleacui  furono  posti,  senza  tre- 
gna  e. senza  scampo,  i  Signori,  gli  Avvocati,  gli  Uscieri,  i  ciitadini  d'o- 
gni  ordine.  Frequenlissimo  il  ricevere,  di  bocca  d'emissarii  pronti  al  sa- 
crifizio  deiia  propria  vita,  ambasciate  di  questa  forma :  —  Pt-na  la  vita  , 
pagberetc  tanto !  Darete  ricetto  in  casa  vostra  a  tauti  f'eriti  per  la  patria! 
-  Dovete  ricoverare  tanti  giovani  soldati,  e  fornirli  dell'occorrente  per 
la  guerra  !  -  -  Vi  si  consegneranno  polvere  e  munizioni ;  badate  di'na- 
sconderle  e  tenerle  pronte  alia  priraa  richiesta!  —  Guai  a  voi  se  il  tal  di, 
con  tanti  uomiiii  armati,  non  vi  troverete  al  tal  luogo  ,  per  iscortare  im 
convoglio,  per  agevolare  i  passi  ad  una  handa,  per  portare  la  corrispon- 
denza  del  Governo  nazionale  —  Badate  che  voi  non  dovete  accettare  le 
parti  del  tale  nella  sua  lite  —  Vi  si  proibisce  di  fare  I'iniimazione  legate 
di  processo  al  tal  altro  —  E  cosi  via  discorrendo.  Chi  ricevea  tali  iuli- 
mazioni  o  cedeva  ed  obbediva,  ed  andava  incontro  alia  confiscaziune,  alia 
deportazione  in  Siberia ,  alia  morte.  Ovvero  vi  si  rifiutava ,  ed  era  sen- 
tenzinio  traditore  della  patria  dal  Governo  occulto,  che  a  piu  d' uno 
mando  per  niano  d'un  gendarme  la  sentenza  ad  un  tempo  e  la  pena,  vuoi 
col  puguale,  vuoi  col  laccio.  Ma  daio  pure  che  il  Governo  occulto  non 
eHeituasse  che  rarissime  volte  le  sue  minacce,  a  chi  mai  potea  bastar 
1'animo  e  il  ctiore  di  farsi  spia  e  carneHce  de'  proprii  compaesatii  ,  forse 
de'  proprii  congiunli,  forse  del  proprio  figlio  o  padre?  Era  vita  peggiore 
che  la  morte  1 

4.  Questi  provvedimenti  di  estremo  rigore,  meglio  assai  che  i  discorsi 
dei  fautori  del  sollevamento,  dicono  chiaro  quanto  dovesse  questo  esse- 
re  formidable  pel  Governo  russo,  anche  dopo  quattordici  mesi  di  re- 
pressioue  energica,  esercitata  da  uomini  come  il  Berg  ed  il  Mourawieff, 
che  aveano  a'  loro  cenni  piu  di  180,000  uomini.  Da'  documenti  utiiciali, 
pubblicati  da  varii  Gabinetti  (bureaux]  del  Ministero  della  Guerra,  corne 
vedesi  ncl  Monde  del  2  Marzo,  risulta  che  dal  22  Genuaio  1863  al  1.* 
Gennaio  1864  perirono  nei-combattimeuti  o  di  stenti  nelle  careen  c  nel- 
le selve,  o  furono  fucilati  od  iinpesi  alle  forche,  19,860  sollevati  polac- 
chi;  e  non  meno  di  31,573  furono  deporlati  nelle  piu >  riraole  ed  inospile 
province  della  Russia  ed  io  Siberia.  I  Russi  prelendono  d'aver  perduto, 
dal  canto  loro,  non  piu  che  9,481  uomo.  Chi  volesse  avere  piu  chiaro 
concetto  del  modo,  con  cui  fu  applicata  la  legge  stataria  e  la  peiia  di 


634  CRONACA 

morte,  vada  a  leggere  nel  Monde  del  13  Febbraio  di  quest' anno  i'elenco 
di  219  vittime,  per  nomi  e  cognomi,  profession!  e  genere  di  morte,  onde 
furono  colpite ;  elenco  di  cui  non  puo  rivocarsi  in  dubbio  la  yeracita, 
essendo  ricavato  dagli  annunzii  recati  da'  Giornali  ufficiali  del  Goyerno 
russo,  cioe  clal  Corriere  di  Wilna,  e  dalla  Gazzetta  di  Yarsavia.  Ma  que- 
sta  funebre  lista  era  incompiuta.  II  Giornale  di  Posen,  ricercando  con 
piu  diligenza  i  diarii  ufficiali,  yi  scoperse  altri  supplizii  ed  altre  yittime, 
sicche  queste  furono  non  meno  di  249;  cioe:  34  proprietarii,  11  saccr- 
doti,  26  borghesi,  19  operai,  23  contadini,  37  ufficiali,  20  soldati,  75 
allri  d'ignota  professione.  Nella  lista  dei  219  data  dal  Monde,  abbiam 
contato  2  sacerdoti,  20  nobili  e  proprietarii,  8  ufficiali  e  soldati,  e  72  tra 
operai,  contadini  e  studenti,  che  finirono  di  capestro;  gli  altri  ebbero  per 
gran  merce  d'essere  moschettati. 

Con  tutto  cio  il  sollevamento  continuaya.  II  Comandante  militare  del 
distretto  di  Lowicz,  come  riferi  la  Gazzetta  diMosca  -1,  studianclosi  d'im- 
pedire  che  le  bande  polacche  e  specialmente  i  lore  qendarmi  si  rifornis- 
sero  di  cavalli,  ordino  1.°  che  tutte  le  fattorie,  cascine,  officine  d'  ogni 
sorta,  doyessero  far  registrare  i  loro  cayalli ;  dopo  di  che  nissuno  di  que- 
st! animal!  potrebbe  esserne  allontanato,  senza  licenza  del  Capo  militare; 
e  se  ne  diede  questa  ragio'ne ;  che  cio  era  necessario  per  assicurarsi  che 
all'uopola  conh'scazione  fosse  piena,  e  che  i  proprietarii  non  potessero  la- 
sciarli  usare  a'  solleyati;  2.°  che  niuno  potesse  piii  yalersi  di  sella  per 
cayalcare ;  al  quale  uopo  raando  a  sequestrare  in  tutto  il  distretto  ed  am- 
mucchiare,  sotto  buona  custodia,  in  Lowicz  tutte  le  selle ;  3.°  che  niuna 
potesse  piu  adoperare  nelle  fattorie  o  case  rural!  yerun  segnale  con  cam- 
pane,  affinche  il  supno  di  queste  non  ayesse  da  seryire  d'  ayyiso  a'  sol- 
ieyati,  che  s' ayyicinassero  le  truppe;  e  solo  in  alcuni  yasti  opilicii  fu 
permesso  che,  a  certe  ore  fisse,  e  con  tocchi  numerati,  si  clesse  1' ayyiso- 
delle  ore  di  riposo  o  di  refezione,  secondo  un  regolamento  fissato  dalla 
Polizia.  II  generale  Korf  fu  si  contento  di  questi  ordini  inyentati  dal  ca- 
pjtano  della  Guardia  Mienchine,  <*he  sped!  apposita  circolare,  sotto  il  1." 
di  Marzo,  a'  cap!  militari  soggetti  al  suo  Goverrio,  perche  li  applicassero 
a  rigore.  Si  capisce  che  la  sanzione  annessa  a  tali  ordinamenti  era  quel- 
la  medesima  che  colpiva  i  complici  dei  ribelli,  nel  caso  di  trasgressione ; 
cioe  confiscazione,  esilio  o  morte. 

11  genere  dell'  ordine,  che  yigorisce  nella  stessa  Capitale  Yarsayia,  si 
puo  argomentare  dal  bando  scguente,  che  no!  traduciamo  alia  lettera  dai 
Giornale  ufficiale  di  Varsavia:  «  Ayendone  facolta  da  S.  E.  il  Generale 
Capo  supremo  della  Polizia  del  regno,  mi  sono  troyato  nella  necessita  di 
ordinare  quanto  segue,  affinche  d'  ora  in  avvenire  gli  abitanti  paghino  le 
spese  di  stampa  delle  permission!  loro  concedute  secondo  gli  anterior!  or- 
dinamenti. Pertanto  si  doyra  pagare :  1.°  per  licenza  di  uscire  la  sera  e 
di  notte,  con  o  senza  lanterna,  5  Kopecks  2;  2.°  per  licenza  di  yestire  a 
lutto,  5  Kopecks;  3.°  per  licenza  di  uscire  dalle  porte  di  citta,  !> Kopecks,- 
4.°  per  licenza  di  portar  una  mazza,  5  Kopecks;  5.°  per  licenza  di  com- 
perare  ed  esportare  falci  e  sirumenti  simili,  10  Kopecks;  6.°  per  licenza 
d!  far  uscire  cayalli,  10  Kopecks:  7.°  per  licenza  di  farsonare  la  musica 

4  Ifonde,  31  Marzo. 

2  II  Kopeck  moderno  equiralc  a  ';  cenfesimi  di  franco. 


CONTEMPORANEA 


635 


durante  una  festa  di  nozze,  o  per  altri  motiyi,  10  Kopecks.  Dato  a  Yarsa- 
yia  agli  11  d' Aprile  1864.  II  Colonnello  Barone  Frederiks.  » 

11  Governo  russo,  che  si  trqya  in  necessita  di  yietare  il  luttq,  o  1'uso 
<T  una  niazza  per  sorreggersi  in  caso  di  debolezza  o  di  yecchiaia,  o  1'u- 
scire  di  citta  ed  anche  dalla  propria  casa  dopp  il  trampnto  del  sole,  non 
puo  proibire  ed  impedire  efficacemente  che  si  muoia  senza  sua  licenza. 
Tuttavolta  si  credette  in  dovere  di  regolare  almeno  le  raanifestazioni  di 
dolore  dei  yivi  rispetto  ai  morti.  Difatto  il  Giornale  di  Varsavia  del  25 
Marzo  pubblico  la  seguente  ordinanza  del  sig.  Trepoff: 

« II  numero  delle  persone,  che  potranno  accpmpagnare  i  trasporti  fune- 
.bri,  sara  iissato  ogni  volta,  secondo  la  condizione  e  1'agiatezza  della  fa- 
miglia  del  defunto,  prendendo  per  base  la  somma  dei  diritti  di  sepoltura 
pagati  alia  cassa  municipale.  Gosi,  per  una  sepoltura  tassata  meno  d'  un 
iublo,  il  corteggio  non  potra  essere  che  di  10  persone;  per  quella  tassata 
dal  a  10  rubli,  di!5  persone;  da  10  a 20  nibli,  di 25 persone;  da 20 a  30 
rubli,  di  35  persone ;  da  30  a  40  rubli,  di  45  persone;  da  40  a  50  rubli,  50 
persone  ecc.  La  licenza  di  yestire  a  lutto  sara  cpnceduta  secondo  le  se- 
guenti  regole:  I  mercanti  d'ordine  elevato  e  medio,  i  borghesi,  i  proprie- 
tarii  di  case,  i  merabri  delle  corporazioni  d'  arti  e  mestieri  potranno  ot- 
tenere  facolta  di  portare  il  lutto  per  tre  mesi.  I  nobili,  in  generale,  potran- 
no impetrare  la  stessa  facolta  per  sei  mesi.  II  lutto  pero  non  si  potra  ye- 
stire  che  dalle  mogli  e  dai  figli  del  defunto.  » 

Ci  sembra  che  da  questo  poco  i  nostri  lettori  possano  far  ragione  del 
rimanente.  Quando  i  cittadini  sonq  tenuti  sottq  si  rigida  tutela;  i  cam- 
pagnuoli  sono  cattiyati  con  i  donatiyi  dei  poderi  e  de'  beni  de'loro  pa- 
droni; e  questi  sono,  come  yedremo  qui  appresso,  costretti  ad  emigrare 
a  decine  di  migliaia  nelle  lande  selvaggie,  tra  i  Kirgiz  ed  i  Tartari,  per 
troyarvi  di  che  sfamarsi ,  non  dee  tornar  difficile  il  mettere  termine  al 
sollevamento ,  e  pacificare  la  Polonia. 

Questa  pacificazone  oggimai  e  ottenuta;  e  ne  abbiamo  indizio  nel  se- 
guente rescritto  imperiale  dello  Czar  Alessandro  al  Generale  Berg,  sotto 
il  di  1.°  di  Maggio  : 

«  Dacche  yi  ho  nominato  mio  luogotenente  nel  regno  di  Polonia ,  e  co- 
mandante  dell'esercito  di  qccupazione  di  questo  paese ,  ayete  pienamen- 
te  giustificato  la  mia  fiducia  in  yoi.  S.ei  mesi  yi  bastarqno  per  pacificare 
il  paese  col  pericolo  dei  yostri  giorni.  Oggidi  la  ribellione  armata  ^  re- 
pressa ;  le  pacifiche  popolazioni  sono  liberate  dalle  yiolenze  e  dalle  cru- 
delta  dei  ribelli ;  tutti  i  rami  deH'amministrazione  hanno  ripigliato  la  lo- 
ro  funzione  nprmale,  e  si  precede  all'ordinamento  delle  nuove  cqndizioni 
della  popolazione  rurale.  Questo  ordinamento  preparera  le  basi  su  cui 
desidero  ardentemente  fondare  il  Goyerno,  conforme  ai  suoi  yeri  bisogni 
e  per  assicurare  la  sua  prosperita. 

«  Attesi  gli  pttenuti  successi ,  sento  una  yera  soddisfazione  nell'espri- 
tnervi  la  mia  sincera  riconoscenza ,  e ,  in  segno  della  mia  benevolenza 
tutto  particolare,  yi  trasmetto  il  mio  ritratto  contornato  di  diamanti  da 
portarsi  alia  yostra  bottoniera.  Vi  prego ,  inoltre ,  di  ringraziare  da  par- 
te  mia  tutte  le  truppe  che  si  troyano  sotto  il  vostro  comando ,  per  le  fa- 
tiche  e  le  difficqlta  che  ebbero  a  sopportare  duranle  la  campagna ,  e  per 
la  rigorosa  disciplina  che  hanno  mantenu to.  Yostro  sinceramente  affezio- 
nato,  e  riconoscente,  ALESSANDRO.  » 


636  CRONACA 

o.  Moltissimi  tra  i  signori  polacchi,  che  caddero  in  sospetto  d'  essere 
involti  nella  presents  rivoluzione,  furono  senza  piu  deportati  in  Siberia,  o 
conh'nati  in  remote  province  dell'impero ;  i  loro  beni  sequestrati.  Ma  que- 
sto  sarebbe  servito  solo  a  scemare  il  numero  de'  Polaccbi  nel  regno,  ed  a 
crescere  1'  estensione  dei  terreni  incolti ,  senza  vantaggio  positive  per  la 
Russia.  Provvido  accorse  al  riparo  il  Governo  dello  Czar,  facendo  cosi 
che  buon  numero  di  Russi  occupasse  il  luogo  de'  Polaccbi,  enecoltivas- 
se  i  poderi.  Ecco  intprno  a  cio  quel  che  leggevasi  nella  Gazzetta  Ufficia- 
le  di  Venezia:  «ln  Lituania,  come  pure  nei  Governi  di  Volinia,  Podolia 
ed  Ucrania,  il  Governo  russo  ba  posto  all'asta  pubblica  un  numero  si- 
gniticante  di  beni,  in  parte  della  Corona  e  in  parte  privati.  I  beni  priva- 
ti  posti  in  vendita,  appartenevano  tutti  a  possidenti  polacchi ,  e  turono 
in  parte  contiscati,  per  avere  quest!  preso  parte  all'  insurrezione,  in  par- 
te debbono  essere  venduti  per  debit! .  Per  facilitare  ai  possidenti  russi 
dei  Governi  interiori  i'acquisto  di  quest!  beni,  venne,  con  un  ukase  del  i 
Aprile,  disposta  la  formazione  d'un  fondo  con  mezzi  dello  Stato,  con  cui 
debbono  essere  fatte  agli  stessi  proporzionate  prestanze  a  questo  scopo. 
Oltre  a  cio,  vengono  posti  in  vista  agli  acquirenli  russi  di  questi  beni, 
privilegi  ed  altri  favori  personal!.  Qualeraotivo  di  questi  straordinarii  fa- 
Yori  viene  addotta  la  access!  ta  di  rilevare  1'  economia  agraria,  si  pro- 
fpndamente  caduta  in  basso  nei  govern!  occidental!,  a  causa  dell'  insurre- 
zione polacca  ». 

Qttanto  ai  piccoli  signori ,  che  non  parteciparono  alia  rivpluzione,  il 
Governo,  che  ad  ogni  modo  non  se  ne  tidava ,  trovo  modo  di  ridurli  al- 
1'  impotenza,  coll'  ukase  da  no!  allegato  piu  sopra ,  che  li  spoglio  dei  lo- 
ro poderi,  e  li  ridusse  alia  piu  dura  miseria,  alia  quale  riesce  troppo 
scarso  riparo  1'  assegnamento  del  credito  verso  lo  Stato.  Or  ecco  in  qual 
modo  il  Moniteur  parigino  del  6  Maggio  espone  i  provvedimenti  dati  so- 
pra cio:  «  II  Governo  russo  ha  divisato  di  offerire  ai  membri  della  pic- 
cola  nobilta  povera  di  Polonia  una  gratuita  distribuzione  di  terre  nel'c 
province  d'  Orenbourg  e  di  Samara.  II  Governo  propone  di  somministra- 
re  loro,  oltre  le  spese  di  trasporto  ed  il  terreoo,  tutto  cio  che  e  necessa- 
rio  pel  prirno  stabilimento  e  per  la  coltivazione  del  suolo.  Si  assicura  che 
30,000  Polacchi,  ridotti  ad  una  indigepza  assoluta,  hanno  gia  accettato 
tali  offerte,  e  che  piu  di  300,000  ettari  di  terra  debbono  essere  loro  as- 
segnati.  I  poderi  contiscati  ai  Polacchi  in  Lituania,  nel  corso  dei  due  ul- 
limi  anni ,  devono  essere  rivenduti  dal  Governo  a  sudditi  russi ,  colic 
condizioni  seguenti :  i  compratori  potranno  redimersi  dal  prezzo  di  com- 
pcra,  mediante  un  inleresse  del  5  1/2  per  cento  da  pagarsi  per  37  anni ; 
il  Governo  conservera  ipoteca  sopra  le  terre,  tino  al  pagamento  dell'  ul- 
tima annata  ». 

La  cosa  va  pe'suoi  pied!.  I  Russi  si  trapiantano  in  Polonia;  i  Polacclii 
van  dissemiuati  ne!le  province  orientali  russe,  dove  colla  patria  avran- 
no  ben  presto  perduto  ancbe  la  fede  e  la  religione  cattolica ;  e  gli  Czar 
d'.ora  in  avvenire,  cpntiuuando  chetamente  in  questo  sistema,  potranno 
dormire  a  doppio  origliere,  senza  essere  piu  importunati  per  1'indipen- 
denza  della  Polonia.  II  risultato  pare  tan  to  sicuro,  che  lo  Czar  non  voile 
indugiare  a  testirnoniarne  la  sua  gratitudiue  al  Principe  GortscbakofT, 
suo  Caucelliere,  per  aver  saputo  e  domare  la  Pulonia,  e  spacciarsi  dellc 
molestie  de' Governi  stranieri,  che  ne  pigliavano  la  protezione.  Di  che  gli 
spedi,  all!  19  d' Aprile,  il  seguente  rescritto: 


CONTEMPORANEA  631 

«  Principe  Alessanclro  Michalowilch.  Sforzandovi  costantemente,  se- 
condo  !e  mie  istruzioni ,  di  fermar  su  basi  solide  le  relazioni  amichevoli 
della  Russia  colle  Potenze  straniere,  non  avete  cessato  di  giustiticare  la 
fiducia  che  ho  riposta  in  voi ;  ed  i  servigi  important],  che  avete  resi  allo 
Slatp,  vi  hanno  parecchie  volte  meritata  la  espressione  della  mia  sincera 
gratitudine. 

«  Oggi  voi  avete  acquistato  nuovi  dirilti.  Quando  nello  scorso  an- 
no le  complicazioni  politiche,  suscitate  dalla  ribeilione  polacca,  minac- 
ciavano  la  inviolabilita  dei  diritti  della  Russia,  e,  pericolando  la  pace 
generate,  ppteano  ritardare  lo  sviluppo  delle  riforme  intrapresc  nell'or- 
dinarnentp  interno  per  la  prosperita  dell'impero,  la  raia  sollecitudine  do- 
vette  anzitulto  volgersi  ai  mezzi  di  tutelare  la  dignila  ed  i  diritti  legitti- 
mi  della  Russia.  La  vostra  esperienza,  il  vostro  ardente  am  ore  e  la  yo- 
stra  devozione  al  trono  e  alia  patria,  mi  hanno  fatto  troy  are  un  degno  in- 
terprete  de'miei  voti  e  delle  mie  intenzioni,  I  conflitti  che  minacciayano 
la  Russia,  e  gli  ingiusti  tentativi  d'ingerenza  nei  suoi  affari  interni  es- 
sendo  stati  allontanati,  lo  scopo  dei  lavori  che  yi  aveva  affidaii,  e  che 
spediste  con  tan  to  zelo,  e  stalo  ottenuto  a  gloria  ed  onore  della  Russia, 
che  sono  i  primi  oggetti  della  mia  soHecitudine. 

«  Per  giusta  considerazione  di  quest!  servigi  eminent!,  ed  in  ispeciale 
testimonianza  de'miei  sentiment!  per  voi,  vi  to  dono  del  mio  ritratto  cir- 
condato  di  diamanti,  per  essere  pqrtato  all'occhiello  dell'abito  sul  na- 
stro  di  sant' Andrea:  e  ri mango  couinvariabile  bcnevolenza,  sinceramen- 
te  ed  affettuosamente  Vostro,  ALESSANDRO  ». 

II  Principe  Gortschakoff  e  certamente  benemerito  della  Russia,  e  de- 
gno deH'alFetto  dello  Czar,  per  quel  misto  di  prudenza  e  di  ardimen- 
to,  di  pieghevolezza  e  di  ostinazione,  di  cortesia  nelle  forme  e  d'in- 
flessibile  durezza  nella  sostanza,  con  che  seppe  e  tener  a  bada  le  Poten- 
ze occidentali,  e  schermirsi  dalle  loro  pretensioni,  e  rivendicare  al  suo 
Governo,  ed  esercitare  piena  liberta  di  domare,  per  quei  modi  che  giu- 
dicasse  a  proposito,  il  sollevamento  polacco.  E  tanto  piu  tal  risultato  dee 
essere  gradito  a  Pietroburgo,  in  quanto  per  esso  e  spianala  la  via  a 
quella  che  il  Lloyd  di  Vienna  chiania  russificazione  della  Polonia;  «  al 
quale  intento,  dice  questo  giornale,  il  Governo  nisso  si  vale  d'ogni  mez- 
zo. Furono  rimossi  a  pocp  a  ppco  i  Polacchi  dai  pubblici  ufficii,  sosti- 
tuendo  loro  dei  Russi,  stranieri  per  costumi  non  meno  che  per  la  lingua.  II 
Comitato  centrale  per  remancipazione  dei  contadini  e  composto  esclusi- 
vamente  di  Russi;  il  Governaiore  civile  di  Varsavia  e  il  Generale  russo 
Roznow;  il  Presidente  della  commissione  per  gli  alYari  intern!  e  il  russo 
Tscherkawskaj,  che  professa  di  non  capir  sillaba  di  polacco ;  A  Varsavia 
furono  aperte  scuole  esclusivamente  di  lingua  russa :  ecc.  »  E  da  ultimo 
una  Circolare  del  Governo  vuole  che  niun  pubblico  ufficiale  rimanga  in 
carica,  se,  oltre  la  lingiia  polacca,  non  parli  o,  scriva  anche  la  russa. 

6.  Codesta  russificazione  della  Polonia  sarebbe  sempre  instabile,  finche 
il  cattolicismo  in  vigore  continuasse  aricordare  le  antiche  glorie  nazionali 
e  le  antiche  lotte  Cra  i  Granduchi  di  Moscovia  e  gli  eroi  di  Varsavia. 
Laonde  anche  a  questo  si  ya  provvedendo  in  forme  alquanto  diverse  dal- 
le adoperate  dallo  Czar  Niccolo  I,  ma  forse  piu  efficaci.  Si  aboliscono  i 
conventi  di  religiosi,  e  le  loro  casesimutano,  comequi  in  Italia  dagli  ese- 
cutori  de'  disegni  mazziniani,  in  career!  e  caserme  di  soldati.  II  Debats , 
niente  sospetto  di  troppa  tenerezza  pei  preti  e  pei  frati,  cosi,  sotto  il  27 


038  CRONACA 

Febbraio,  accenna  le  conseguenze  di  codesto  procedere:  «  Un  pretesto 
non  e  serapre  necessario  per  venire  alia  confisca,  od  almeno  e  certo  che 
neppure  si  reca  in  mezzo,  quando  si  tratta  di  conveuti.  I  Missipnarii  di 
Yarsavia  furono  ayvertiti  che  il  loro  dovea  essere  trasformato  in  carce- 
re,  ed  ebbero  died  giorni  di  tempo  a  sgomberare ;  ed  intanto  si  comin- 
ciarono  a  meitere  le  inferriate  alle  finestre  delle  celle,  per  addattarle  ai 
nuoyo  nso.  Lo  stesso  avverra  degli  altri  convent!  della  citta,  ed  i  reli- 
gipsi  aspettano  da  un  giorno  all'  altro  1'ordine  di  sloggiare.  I  Missionarii 
gia  esputsi  amministravano  una  parrpcchia  di  30,000  anime,  che,  per  la 
loro  partenza,  rimane  privata  d'ogni  insegnamento  e  d'ogni  soccorsp.re- 
ligioso.  »  Si  contano  gia  a  centinaia  le  parrocchie  ridotte  a  tal  condizio- 
ne,  per  essere  carcerati,  esiliati  in  Siberia,  o  morti  i  parrochi.  Or  poniamp 
che  molte  migliaia  di  cpntadini  russi  vengano  dal  Governo,  secondo  gli 
ukases  mentoyati  da  principio,  installate  nelle  faltorie  e  nei  yillaggi  pnde 
furono  spogliati  i  Signpri  proscritti  e  confinati  in  Siberia,  o  morti  nel 
sollevamento ;  e  certo  si  vorra  dal  Goyerno  provvederli  presto  di  pastor! 
ortodossi,  cipe  scismatici;  i  quali  piglieranno  il  posto  dei  preti  cattolici, 
e  fprmando,  in  mezzo  alle  popolazipni  rurali,  vere  colonie  di  scismatici, 
faciliteranno  I'unione  d'  intere  province  in  globo,  come  gia  sotto  lo  Czar 
Niccolo,  ma  con  apparenze  meno  violente. 

Che  tale  sia  il  disegno  del  Governo,  ben  si  puo  conghietturare  dali'ac- 
canimento,  col  quale,  afferrando  ogni  pretesto,  egli  fa  arrestare  e  condur- 
re  in  esilio  i  Parrochi  e  Curati.-Il  Corriere  di  Wilna,  diario  ufficiale,  in  po- 
chi  giorni  registro  quindici  di  cotali  deportazioni;  ed  \\  Monde  fa\\'8  Aprile 
riferi  i  nomi  di  13  ecclesiastic!  con  cura  d'  anime,  che  furono  condannati 
a  tal  sorte  nel  solo  Governo  di  Minsk.  Laonde  molte  chiese,  come  a 
Sluck,  a  Berezyn,  ad  Iwienec,  non  hauno  piu  che  un  solo  sacerdote,  per 
lo  piu  vecchio  ed  infermo,  e  moltissime  parrocchie  ne  sono  al  tutto  pri- 
ye ;  percio  interrotti  gli  uffizii  divini  ed  impossibile  1'  amministrazione 
de'sacramenti.  Per  giunta  a  quest!  si  gravi  danni,  il  Governatore  di 
Minsk  vieto,  sotto  pene  severissime,  che  i  preti  cattolici  potessero  bat- 
tezzare  bambini,  se  prima  i  genitori  non  presentassero  in  carta  bollata 
gli  atti  del  proprio  battesimo  e  matrimonio ;  e  siccome  nel  massimo  nu- 
niero  dei  casi  si  ottiene  che  tali  atti  non  si  possano  presentare,  an- 
che  perche  si  fanno  pagare  a  prezzo  esorbitante,  cosi  a  poco  a  ppco  si  fa 
che  i  rozzi  contadini,  per  mancanza  d'altro,  facciano  battezzare  i  loro  fi- 
gli  dai  popi  russi.  Per  tali  mezzi  si  ottengono  le  conversioni  celebrate 
dalla  Gazzetta  di  Pietroburgo;  la  quale  di  mese  in  mese  ne  reca  le  liste, 
•yantandosi  che  le  primizie  furono  copiosissime,  perche  nel  solo  distrettp 
di  Pruzany,  sotto  il  Governo  di  Grodno,  si  ebbero  102  famiglie  converti- 
te,  ossia  3^38  persone,  202  uomini  e  136  donne. 

E  certo  puo  credersi  che  con  intendimento  di  preparare  la  via  a  code- 
ste  conversioni  avvenisse  quello,  che  1'  Invalido  russo  riferi;  cioe  che  il 
Mourawieff  ottenne  dall'Imperatrice  e  dalla.  Gran  Duchessa  Alexan- 
dra-Petrowna,  che  si  mandasse  alle  antiche  province  polacche  un  dono 
di  300,000  croci  greche  in  rame  ed  in  bronzp,  e  buon  numero  in  argen- 
to,  da  distribuirsi  gratuitamente  agli  abitanti  delle  parrocchie  rurali ;  e 
che  di  piu  furono  commesse  a  Pietroburgo  altre  25,000  croci,  non  ba- 
stando  il  numero  di  1,000,000  di  tali  simboli,  gia  spediti  da  un  mercan- 
te,  che  furono  date  a'contadini  ed  alia  plebe,  affinche  si  portinosul  petto, 
hen  visibili,  come  simbolo  per  ora  di  fedelta  al  Governo,  e  che  piu  tardi 


CONTEMPORANEA  639 

sarannp  guardate  come  segno  e  dichiarazione  pubblica  della  sponlanea 
volonta  di  appartenere  alia  Ghiesa  ortodossa.  II  quale  maneggio  e  con- 
fermato  in  una  gravissima  corrispondenza  da  Pietroburgo  al  Journal  de 
Bmxelles,  sotto  T  8  di  Marzo ;  in  cui  si  narra  come  1'apostala  Siemazko, 
Metropolita  scismatico,  faceva  distribute  a  Wilna  di  codeste  croci,  ed 
ogni  fanciullo,  che  ne  accettasse  una,  veniya  considerate  come  ortodosso, 
toito  a'suoi  parenti  ed  allevato  a  scuola  scismatica. 

La  fermezza  episcopate  di  Moos.  Felinski,  Arcivescovo  di  Yarsavia,  e 
1'  indomito  sup  coraggio  in  rappresentare  allo  Czar  le  ragioni  della  Cliie- 
sa  e  la  necessita  di  porre  termine  alia  persecuzione,  gli  valse,  come  nar- 
rammo.  a  suo  tempo,  1'essere  sequestrate  a  Jaroslaw,  senza  facolta  veru- 
na  di  comunicare  coi  sacerdoti  e  coi  fedeli  della  sua  diocesi ,  altrimenti 
che  per  mezzo  della  Cancelleria  imperiale,  in  lettere  ufficiali  all' Abate 
Rzewuski,  designate  come  Vicario.  Si  voile  dal  generate  Berg  che  que- 
sti  e  gli  altri  piii  cospicui  ecclesiastici  di  Varsavia  tirmassero,  come  leg- 
gesi  nel  Monde  del  23  Marzo,  una  Memoria  compilata  in  nome  loro  nel- 
i'ufficio  della  Commissione  dei  Culti,  e  scritta  in  modo  che,  sotto  colore 
di  spiegare  la  propria  condotta,  riusciva  ad  un  vero  atto  di  accusa  con- 
tro  Sfons.  Felinski.  Tutti,  meno  uno  che  fu  affranto  dalle  minacce  e  dalla 
paura  di  yeder  piombare  sul  clero  maggiori  mali,  vi  si  rifiutarono.  Quin- 
ci  ayvenne  che  il  Berg,  irritato  ,  interdicesse  qualuncjue  comunicazione 
con  Mons.  Felinski,  vietando  al  Rzewuski  di  condursi  a  visitarlo  a  San- 
dorair,  si  per  ricevere  la  formale  istituzione  nella  carica  di  Vicario  ,  e  si 
per  vedere  se  1*  Arcivescoyo  volesse  condiscendere  alle  domande  del 
Berg,  ed  ordinare  che  si  togliesse  il  lutto  impostp  alle  chiese,  appunto 
perche  si  era  cosi  impedita  la  comunicazione  tra  il  Yescovo  ed  i  dioce- 
sani.  Allora  si  fecero  pratiche  presso  Mons.  Felinski  medesimo,  promet- 
tendogli  libero  ritorno  alia  sua  residcnza,  purche  innanzi  tutto  mandasse 
ordine  di  cessare  quel  lutto.  Ma  egli  si  rifiuto  a  questa  pretensione,  e  di- 
chiaro  anzi  chenon  tornerebbe  a  Yarsayia  ,  se  non  nel  caso  che  con  liu 
doTessero  egualmente  tornare  liberi  gli  ecclesiatici  e  Prelati,  per  simile 
azione  mandati  in  bando  e  in  carcere.  Venute  la  cose  a  tal  punto,  il  Berg, 
nou  potendo  indurre  il  Rzewuski  a  fare  il  piacer  suo  senza  licenza  di 
Mons.  Felinski,  ottenne,  se  e  yero  cio  che  andp  per  tutti  i  giornali  piu 
autorevoli,  e  leggesi  pure  nel  Monde  del  29  Aprile,  che  da  Pietroburgo 
si  spiccasse  un  ukase ,  pel  quale  Mons.  Felinski  fosse  deposto  e  rimosso 
dalla  sede  di  Varsavia,  private  della  massima  parte  delle  rendite  di  sua 
mensa,  e  ristretto  in  piu  severe  confine,  incondizione  di  semplice  prete, 
ne  piu  ne  meno  che  se  il  Governo  avesse  autorita  di  creare  e  deporre  i 
Vescovi.  Per  giunta  fu  designate  come  suo  successore  il  predetto  Abate 
Rzewuski ,  a  cui  si  qfferi  di  prendere  stanza  nel  palazzo  arcivescovile , 
rinnovandogli  con  piu  insistenza  la  domanda  di  far  cessare  il  lutto  delle 
chiese.  Ma  egli  si  diniego  all'  una  ed  all'altra  cosa,  dichiarando  che  solo 
dalla  Santa  Sede  puo  decretarsi  la  vpluta  sostituzione  d'un  Vescovo,  e 
che  egli  non  avea  veruna  facolta  di  annullare  gli  ordini  dati  da  Mons. 
Felinski.  Intorno  a  che  i  nostri  lettori  sanno  con  quali  fortissimi  sensi  di- 
scorresse,  in  una  sala  di  Propaganda,  il  Sommo  Pontetice  Pie  IX,  alii  24 
del  passato  Aprile. 

7.  La  resistenza  armata  de'  spllevati  e  omai  ridotta  a  nulla,  perche  le 
schiere  piu  forti  furono  rolte  e  disperse,  ed  i  capi  piu  ardimentosi  o  mor- 
ti  o  costretti  a  cercare  scampo  nella  fuga,  come  il  famoso  Bossak,  sotto  il 


6£0  CRONACA  CONTEMPORANEA 

qual  nome  nascondevasi  il  valente  colonnellp  Hanke.  Pare  adunque  clie 
il  Governo  dovrebbe  anchc  mitigare  i  suoi  rigori ;  ma  pur  troppo  questi 
durano ,  se  non  anzi  crescono  di  giorno  in  giorno  contro  i  laceri  avanzi 
delle  bande  riparatisi  nel  fitto  delle  selve,  dove  si  da  loro  caccia  spieta- 
ta.  A  questo  termine  riuscirono  gli  ufficii  si  caldi  deft*  Ipghitterra ,  e  !e 
pratiche  diplomatiche  e  leminacce  delle  Potenze  occidental!!  La  Russia, 
chc  sa  dissimulare,  ma  non  dimentica  lepatite  moleslie,  pare  che  abbia 
voluto  quest'anno,  dopo  compressa  !a  rivoluzione  della  Polonia,  ricorda- 
re  alia  Francia,  la  quale  ne  sosteneva  con  lanlo  ardore  le  parti,  che  ati- 
che  sopra  di  lei  stese  altra  volta  la  sua  mano  di  ferro  il  colosso  mosco- 
Ti'la.  E  pero  al!i  31  di  Mnrzo  fa  festeggiato,  con  Sstraordiaaria  pompa  e 
solennila  di  rassegne  militari ,  1'  anniversario  dell'  inpresso  di  Alessan- 
dro  I  c  dell'esercito  russo  in  Parigi  nel  1814  ;  e  1'  Invalido  russo,  gloriti- 
cando  lo  Czar  per  aver  allora  salvato  la  capitale  della  Francia  dallo  ster- 
minio  che  altri  le  minacciava  :  «  in  tal"  modo,  dice,  il  nostro  Imperatore 
vendico  la  distruzione  di  Mosca  ». 

In  questo  giorno  lo  Czar  Alessandro  II  voile  che  i  Rpggimenli  si  pre- 
sentassero  alia  rassegna  con  le  bandiere  che  usarono  sotto  Alessandro  I, 
ed  invito  a  banchetto  di  Corte  tuiti  i  veterani  snperstiti  della  guerra  del 
1814,  che  si  trovarono  a  Pietroburgo.  Inoltre,  avendo  il  Berg  fatto  in  mo- 
do,  che  uncertonumerodi  cootadini  Polacclii  acceltasse  Fincaricodianda- 
re  a  Pietroburgo,  a  ringraziarvi  1'  Imperatore,  in  nome  di  tutti  i  loro  con- 
sorti,  per  gli  ukases  da  noi  mentovati  piu  sopra :  lo  Czar  loro  fece  imbandi- 
re  un  sontuoso  banchetto  nel  palazzo  di  citta,  con  invito  ai  capi  dei  haliag- 
gi  agricoli  del  Governo  di  Pieiroburgo.Ed  affine  di  rendere  piu  splendida 
tal  f'esta  di  fratellanza  tra  Russi  e  Polacchi,  vi  assistettero  il  Gran  Duca 
ereditario  con  due  suoi  figliuoli,  ed  il  Gran  Duca  Niccolo.  Chi  avrehhe 
mai  creduto  un  dieci  anni  addietro,  che  la  Maesta  degli  Czar  sarebbesi 
cosi  ammorbidita  verso  i  servi  della  gleba'? 

8.  La  letizia  della  Russia,  per  essersi  spacciata  delle  resistenze  della 
Polonia,  giunse  poc'anzi  al  colnio  pel  trionii  riportati  contro  i  Circassi,  i 
quali  puo  dirsi  che  siano  sterminati.  Imperocche  sul  principio  di  quest'an- 
no, riappiccatasi  la  guerra  da  varie  tribu  piu  bellicose,  a  prima  giunta  i 
Russi  loccarono  danni  rilevanti,  e  perdettero  varie  piccolc  fortezze.  Ma 
le  sorti  non  tardarono  a  volgere  in  senso  contrario.  Che  i  Circassi ,  clifet- 
tando  di  vettovaglie,  e  ndotti  alle  anguslie  della  fame  in  quel'e  provin- 
ce disertate  si  lungamente  dagli  orrori  della  guerra,  dovettero  sparpa- 
gliarsi.  I  Russi  approtittarono  del  momento  opportune-,  e  raddoppiarono 
i  loro  eserciti ;  invece  di  ostinarsi,  conie  pel  passato,  in  superare  a  viva 
forza  le  giogaie  e  le  gole  de'  monti,  girarono  largo  attorno,  tagliarono  i 
passi  tra  1'una  e  1'altra  tribu,  le  combatterono  separatamente  ,  parecchie 
ne  distrussero,  ad  altre  aprirono  il  passo  ad  emigrare  nelT Armenia  e  nel- 
1'Asia  Minore,  sicche  in  breve  furono  vincilori  in  tutto  il  Caucaso  ,  e 
posero  termine  con  pieno  trionfo  a  questa  guerra  di  mezzo  secolo.  Le  ul- 
time  tribu  di  que'  fieri  montanari ,  che  ancora  osassero  tener  testa  agli 
invasori,  ebberouna  totale  sconfitta  nel  passato  Aprile  ,  e  vedendo  im- 
possibile  il  continuare  nella  lotta,  dovetlero  darsi  vinte,  ed  accettare  dal 
Tincitore  Tofferta  licenza  di  condursi  in  salvo,  entro  dieci  giorni,  nelle 
province  dell'  impero  ottomano;  dove  in  fatti  si  ripararono  in  doloroso 
esilio. 


IL  DANARO  DI  S.  PIETRO 

SPAVENTO  DEI  TRISTI,  CONFORTO  DEI  RUONI 


Sia  che  si  guard!  all'  intrinsesa  ragione  e  al  naturale  significato 
del  danaro  di  S.  Pietro,  il  quale  ora  phi  che  mai  vigoreggia  e  mo- 
slra  quanto  facilmente  la  divina  Provvidenza  possa  con  un  cenno  del 
suo  Yolere  mandar  a  male  i  consigli  degli  empii,  eccilando  per  tutto 
il  mondo  e  specialmente  in  Italia  un  vero  suffragio  universale  ed  un 
vero  plebiscite  a  favore  ed  a  sostegno  dell'  Indipendenza  polilica 
del  Sommo  Pontefice;  sia  che  si  consider!  Festrinseca  importanza 
che  appunto  in  questi  giorni  passati  diedero  a  tale  manifestazione 
cattolica  le  chiacchiere  tanlo  piu  romorose  quanto  piu  vuote  che  si 
udirono  sopra  di  lei  risuonare  nella  Camera  torinese  ;  da  qualunque 
parte  la  cosa  si  miri ,  apparira  facilmente  ad  ognuno  che  a  grande 
diflicolta  si  sarebbe  poluto  trovare  argomento  piu  attuale  o  piu  rile- 
vante  da  trattare  in  questo  quaderno.  Nel  quale,  come  facemmo  in 
pressoche  lutt'  i  suoi  fratelli  antenati  e  come  speriamo ,  a  Dio  pia- 
cendo,  di  fare  nei  suoi  posted,  cerchiamo,  secondo  il  nostro  potere, 
non  solo  di  porre  in  luce  i  principii  eterni  ed  immutabili  della  ve- 
dta  e  del  diritto,  ma  di  moslrarne  ancora  nei  falti  contemporanei  la 
pratica  e  1'applicazione. 

E  che  il  danaro  di  S.  Pietro  abbia  fmalmente  fatlo  scoppiare  in 
un  non  meno  romoroso  die  inutile  frastuono  la  rabbia  lungamente 
compressa,  e  velala  fmche  si  pole  con  un'apparente  non  curanza,  che 
Serie  7,  vol.  X,  fasc.  342.  41  3  Giugw  1864. 


642  IL  DANARO  DI  S.  PIETRO 

covava  da  molto  tempo  nel  petto  del  signori  rappresentanli  della  fra- 
massoneria  in  Italia,  e  cosa  naturalissima,  e  che  si  capisce  a  prima 
vista  solo  che  si  consider!  trattarsi  qui  in  primo  luogo  di  danaro : 
in  secondo  luogo  di  danaro  di  S.  Pietro:  in  terzo  luogo  di  danaro 
di  S.  Pietro  raccolto  in  Italia.  Tre  ragioni ,  delle  quali  ciascuna  e 
capacissima  di  natura  sua  di  far  uscir  di  se  in  estasi  di  forsenna- 
tezza  qualunque  siasi  degno  inquilino  di  una  Camera ,  che  e  la  rac- 
colla  phi  scelta  e  piu  squisita  di  quanto  vi  ha  in  Italia  di  phi  ostile  a 
cio  ch'  essa  in  teoria  dovrebbe  rappresentare ;  che  e  la  povera  Italia 
onesta  e  cattolica,  arnica  dell'  ordine  e  della  pace. 

Trattasi  dunque  in  primo  luogo  di  danaro,  cioedi  metallo  coniato, 
di  metallo  sonante,  di  metallo  lucente  d'oro  e  d'argento,  di  contan- 
te  effettivo,  insomma,  capace  di  abbagliare  la  vista  e  far  perdere  i 
sensi  e  la  ragione  a  qualunque  siasi  padre  moderno  di  una  patria 
rigenerata,  «  Come !  (  debbono  aver  detto  fra  se  quei  gravi  padri 
della  patria)  Come !  Vi  ha  dunque  ancora  tanto  danaro  in  Italia?  E 
cio  mentre  le  nostre  finanze  sono  si  a  secco?  Den!  Come  si  puo  da 
noi  tollerare  che  questo  danaro  vada  altrove  che  nelle  tasche  della 
patria  di  cui  noi  siarno  ,  secondo  ogni  ragione ,  natural!  rappresen- 
tanti,  tutori,  curatori,  amministratori,  padri  e  padroni? »  Chi  cono- 
sce  alquanto  la  teoria  pagana,  ora  piu  che  mai  in  fiore  nei  paesi  retti 
a  liberalismo,  della  padronanza  che  ha  il  dio  Stato,  di  quanto  in  esso 
si  contiene,  cose  e  persone,  ammettera  a  priori  questo  soliloquio  li- 
bertino.  Ma  chi  non  fosse  si  innanzi  nelle  teorie  a  priori  e  volesse  le 
cose  snocciolate  per  nomi  e  segnacasi ,  eccoci  pronti  a  servirlo  con 
un  periodetto  prezioso  uscito  dalla  chiostra  dei  denti  di  uno  di  quei 
cosi  detti  rappresentanti  nella  tornata  degli  undid  Maggio :  « II  Papa 
(sclamo  un  certo  Deputato  il  cui  nome  honoris  causa  non  nominiamo) 
il  Papa  tenta  smungerci  del  nostro  danaro.  »  Avele  udito,  leltori 
perspicaci,  quei  noslro  danaro?  E  perche  mai  quei  danaro  ha  da  es- 
sere  cosi  voslro,  o  Depulato  innominabile,  se  non  in  forza  di  una  idea 
implicita,  se  non  innata,  che  voi  dovete  avere  che  il  danaro  altrui  e 
danaro  vostro?  Poniamo  pure  che  il  Papa  non  abbia  mai  dato  a  voi 
del  danaro  proprio.  Ma  quando  e  mai  che  il  Papa  abbia  ricorso  a  voi 
per  avere  del  vostro  danaro?  Di  quanto  avele  voi  contribuilo  del  vo- 


SPAVENTO  DEI  IRISH,  CONFORTO  DEI  BUONI        643 

stro  al  danaro  di  S.  Pielro,  se  non  forse  (chi  sa?)  col  parteciparne 
alquanto,  vivendo  alle  sue  spese  ?  Or  dunque  come  va  che  voi  osate 
venirci  a  dire  cosi  spiattellato  che  il  danaro  che  i  fedeli  danno  al  Papa 
e  danaro  vostro,  o  Deputato  insaziabile?  E  evidenle  che  questa  pro- 
prieta che  voi  vi  arrogate  in  piena  Camera ,  a  gran  voce ,  a  chiari 
accenti  e,  per  cosi  dire,  in  via  uffiziale,  sopra  il  danaro  altrui,  non 
puo  nascere  che  da  una  teoria  tutta  particolare  che  voi  dovete  avere 
in  capo  sopra  il  diritto  di  proprieta.  Del  resto,  per  esser  giusti,  bi- 
sogna  confessare  che  quella  inaudita  annessione  teorica  delle  borse 
altrui ,  pronunziata  a  favore  della  propria  borsa  dal  Deputato  inno- 
minate, incontro  nella  Camera  intera  pienissima  approvazione.  Tro- 
vo  bensi  la  Camera  i  suoi  romori  e  i  suoi  segni  di  disapprovazione 
quando  o  un  D'Ondes  Reggio  difese  il  diritto  di  proprieta,  o  un 
Cantu  sostenne  il  diritto  di  far  limosina.  Ma  quando  un  suo  degno 
figliuolo,  un  vero  suo  membro,  uno  entrato  nel  parlamenlo  per  la 
porta  degli  intrighi  e  non  intruso  per  la  finestra  del  merito,  procla- 
mo  che  il  danaro  che  i  fedeli  danno  al  Papa  e  danaro  de'  Deputati , 
quel  Deputato  fu  udito  con  quel  rispetlo  che  si  dee  a  chi  sostierie  i 
veri  principii  di  diritto  liberalesco. 

E  dunque  naturale  che,  a  quella  solenne  proclamazione,  si  sia  ac- 
cesa  piu  che  mai  la  maraviglia  in  capo  ai  Deputati,  come  mai  pos- 
sa  accadere  ora  in  Italia  che  vi  sia  del  danaro ,  e  che  questo  danaro 
non  passi  sotto  la  gabella  del  fisco ,  e  non  sia  sottoposto  a  quei 
dritti  di  commissione ,  a  quei  ritagliuzzi ,  a  quelle  tasse ,  a  quelle 
trafile,  a  quei  passaggi  che,  con  tanti  begli  effetti  di  chimica  econo- 
mica,  mutano  1'oro  in  carla,  la  carta  in  zero  e  i  zeri  in  crediti  degli 
amministratori  e  in  debiti  degli  amministrati.  Col  che  Dio  ci  guard! 
dall'  alludere  a  cerli  impinguati  dal  danaro  pubblico  che  al  presente 
seggono  nella  Camera  di  Torino ,  e  che  sono  ora  sottoposti  ad  una 
inchiesla  parlamentare  per  indebita  annessione  di  qualche  bagattel- 
luccia  di  milioni.  Giacche  queste  sono  tutte  calunnie,  secondo  che  gia 
ci  fa  pregustare  la  Stampa  dei  22  Maggio:  la  quale,  commentando, 
senza  saperlo  quel  proverbio  che  dice  «  Lupo  non  mangia  della  car- 
ne  del  lupo »,  ci  avvisa  fin  d'ora  che  non  e  da  atfcender  nulladall'in- 
chiesta  della  Camera,  come  per  molte  altre  ragioni,  cosi  ancora  per 


644  IL  DANARO  DI  S.  PIETRO 

questa  imporlantissima,  che  cio  «  non  potrebbe  avere  che  conseguen- 
ze  pericolosissime.  »  Giusto  gastigo  diDio  die  siano  incominciate 
le  inchieste  pericolosissime  sopra  il  danaro  del  Deputati,  non  appena 
fiuirono  le  bestemmie  inulilissime  sopra  il  danaro  di  S.  Pietro. 

Ma  questo  danaro,  come  dicevamo,  none  solamenle danaro.  Es- 
so  e  ancora  danaro  di  S.  Pietro.  Nuova  ed  efficacissima  ragionc 
perche  i  Deputati  del  cosi  delto  parlamento  italiano  debbano  odiarlo 
a  morte.  Non  si  puo  negare  infatti  che  questo  danaro  non  sia  dana- 
ro sacro,  danaro  religioso,  danaro  che  va  a  sollevare  gli  stragrandi 
bisogni  della  Chiesa  e  del  suo  Capo  visibile.  Or  come  possono  tol- 
lerar  do  tranquillamente  i  Depulati  torinesi?  Essi  i  quali  linora  mil- 
la  ebbero  piii  a  cuore  che  di  rubare  da  ogni  lato  quanlo  la  Chiesa 
possedeva  in  Italia  ;  essi  che  al  Papa  principalmente,  come  al  vero 
cardine  della  Chiesa  ,  lenlano  stoltamente  di  togliere  1' indipendenza 
necessaria  al  retto  governo ;  essi  che  una  sola  speranza  hanno  di 
ridurre  ,  come  scioccamenle  sperano  ,  ii  Papa  a  patti ,  col  ridurlo 
allo  stremo  di  ogni  cosa ;  che  cuore  dovettero  avere  nel  vederlo , 
non  oslanti  tulti  i  loro  sforzi,  indipendente  sempre,  isolalo  mai, 
meglio  assai  che  non  il  signor  Minislro  Yenosta ,  grazie  ancora  a 
questo  mirabile  slancio  della  carita  e  divozione  catlolica  a  S.  Pielro 
e  alia  sua  Sede?  E  naturale  dunque  che  questo  danaro  di  S.  Pietro, 
che  e  non  ultima  causa  del  nulla ,  a  cui  tornarono  finora  gli  sforzi 
occulli  della  framassoneria,  sia  dai  rappresentanli  pubblici  di  questa 
perseguitato,  inceppato  e,  se  non  altro,  bestemmiato. 

Dove  e  da  considerare  e  da  por  ben  menle  die,  finche  i  Depulati 
torinesi  non  avranno  ottenulo  che  il  Papa  non  possa  governare  la 
Chiesa,  non  avranno  oltenuto  nulla  di  cio  che  cercano.  Giacche  in- 
somnia che  vogliono  essi?  L' indipendenza  d' Italia?  Bella  indipen- 
denza in  verita  quella  che  consisle,  come  amore  caccia  amore,  cosi 
nel  cacciar  uno  straniero  con  un  altro.  « Indipendenza  dallo  stranie- 
«  ro!  (sclamo  il  Miceli  nella  tornata  degli  11  Maggio).  Signori :  io 
«  ho  il  dolore  di  dichiarare  che  noi  giammai  in  Italia  fummo  cosi 
«  dipendenti ,  giammai  fummo  cosi  vassalli  dello  straniero ,  quanto 
«  lo  siamo  adesso.  »  Non  cercavano  dunque  i  liberali  1'  indipendenza 
dallo  straniero :  ma  la  mutazione  dello  straniero ,  sperando  di  can- 


SPAYENTO  DEI  TRISTI,  CONFORTO  DEI  BUONI  645 

glare  in  meglio  ,  in  quel  solo  che  desideravano ,  che  era  di  avere 
uno  straniero  che,  lungi  dal  proleggere  il  Papa,  lo  desse  loro  le- 
galo  mani  e*  piedi.  Ma  anche  qui  errarono  nel  loro  empio  calcolo. 
Giacche  quello  slraniero  appunto  che ,  non  i  Papi  7  ma  i  liberali 
chiamarono  in  Italia ,  dopo  essersi  preso  per  sc  un  brano  d'  Ita- 
lia a  modo  di  buona  mano,  come  si  dice,  o  mancia  graziosa  do- 
vuta  giustamente  a  chiunque  trova  un  oggetto  perduto ,  si  colloco 
phi  che  mai  fermo  in  Roma  nel  centro  dei  desiderii  libertini.  Si  rac- 
comanderebbero  ben  volentieri  i  Deputati  ora  all'  Austria ,  e  cede- 
rebbero  a  lei  un  altro  brano  della  patria,  se  1'Austria  volesse  aiutarli 
a  cacciar  i  Francesi  da  Roma  che  sola  desiderano.  Ma  non  poten- 
do  nutrire  si  folle  speranza ,  come  fanciulli  indispettili  e  rabbiosi , 
piangono  e  strepitano  e  batlono  i  piedi  a  terra  e  non  lasciano  la 
Francia  in  pace  ne  giorno  ne  notle ,  sempre  chiedendo  Roma ,  or 
minacciando  guerra  e  morle,  or  promeltendo  mari  e  monti ,  or  vol- 
gendosi  all'  Inghilterra ,  ora  rivolgendosi  alia  Francia  ,  mostrando 
tutte  le  apparenze  di  matti  e  di  disperali.  Neanche  si  puo  dire  che 
cercassero  o  1'  unita  quelli  che  yivono  in  buona  comunanza  di  scopo 
coi  repubblicani  e  coi  federali ,  o  la  prosperita  quelli  che,  in  mezzo 
ai  Bravo!  Bravissimo!,  urlano  nella  Camera  (14Maggio)  che  anzi 
che  rinunziar  a  Roma  noi  dobbiamo  o  salvarci  tulti  o  perir  tulti! 
Che  cosa  cercano  dunque  i  signori  Deputati  non  dell'  Italia  ma  della 
framassoneria?  NuU'altro  (giova  ripeterlo)  null'altro  che  la  distru- 
zione  della  Religione  cattolica ,  alia  quale  distruzione  e  mezzo  ne- 
cessario  il  ridurre  il  Papa  all'  impossibility  di  governare.  E  siccome 
finche  il  Papa  sara  Re  e  indipendente  in  Roma,  egli  potra  sempre 
governare  liberamente  la  Chiesa ,  cosi  e  naturale  che  lo  scopo  vero 
dei  Deputati  torinesi ,  come  di  tutta  la  massoneria ,  non  sia  e  non 
debba  essere  altro  che  1'  impossessarsi  di  Roma  per  ayere  il  Papa 
nelle  mani. 

Or  poiche  il  Papa  non  lo  possono  aver  nelle  mani,  e  naturale  che 
almeno  tentino  di  diminuirgli  quanto  possono  i  mezzi  di  governo.  E 
siccome  ogni  mezzo  di  governo  dipende  nel  suo  esercizio  da  cio,  sen- 
za  di  cui  ( come  i  liberali  sanno  meglio  di  tutti )  non  si  fa  nulla,  cioe 
dal  danaro,  e  naturale  che,  come  si  fa  ad  una  cilta  che  si  vuol  ridur- 
re per  fame,  cosi  essi  attorno  a  Roma,  teniino  porre  come  una  linea 


646  IL  DANARO  DI  S.  PIETRO 

di  circonvallazione  che  chiuda  ogni  adito  ai  soccorsi.  Fecero,  pove- 
retti !  quello  che  poterono.  Rubarono  quanto  venne  loro  alle  mani. 
Ma  che?  Ecco  che,  ad  una  parola  del  Sommo  Pontefice;  che  si  volge 
ai  suoi  figliuoli  e  chiede  aiuto,  i  milioni  piovono  a  Roma  da  tutte  le 
parti.  Non  quanto  basta  al  bisogno,  ma  piu  di  quel  che  basta  a  dimi- 
mrirne  gli  effetti.  Sperarono  i  buoni  liberali  che  quesle  offer te  spon- 
tanee  sarebbero  cessaie  presto.  Sanno  essi  quello  che  costa  il  por  le 
mani  alia  borsa.  Giudicavano  gli  altri  da  se ;  e  dicevano :  «  Se  il  Papa 
avra  dalle  sue  collette  quello  che  abbiamo  noi  dalle  nostre  ( delle 
quali,  in  parentesi,  non  rendiamo  rnai  conto  a  nessuno),  non  sara  una 
gran  cuccagna.  »  Se  non  che  le  offer  te  continuano  a  ingrossare. 
Passano  gli  anni :  e  il  Papa  non  parla  di  resa.  Le  sue  fmanze  sono 
( proporzionalmenle  parlando )  in  buono  stato :  e  senza  paragone  piu 
fiorenti  delle  italiane.  I  liberali  cominciano  allora  a  impensierire , 
dicendo  fr a  se  :  «  Qui  non  si  scherza :  non  si  tratta  qui  di  colletle 
alia  Mazzini  e  alia  Garibaldi  che  raccolgono  dodici  camicie  e  un 
paio  di  scarpe  vecchie  e  menano  romore  di  queslo.  Qui  si  tratta  di 
milioni.  Bisogna  provvedere.  »  Ma  hanno  sbagliato  in  questo ,  che 
invece  di  fare  le  loro  provvidenze  in  segreto,  hanno  fatto,  come  si 
dice,  il  bucato  in  piazza.  Parlarono  per  un  mese :  protestarono,  be- 
stemmiarono ,  spropositarono :  tutto  fecero  fuorche  provvedere.  Es- 
sendo  ogni  cosa  finita  con  un  pugno  di  mosche  in  mano :  anzi  con 
una  mosca  sola :  giacche  si  e  adottato  /'  ordine  del  giorno  puro  e 
semplice  del  signor  deputato  Mosca. 

Ma  gli  Italiani  da  quel  mare  di  parole  noirraccolsero  mosche;  bensi 
una  pescagione  ricchissima  di  preziose  yen  la,  menate  alle  loro  reti 
dalla  eloquenza  venlosa  degli  indispettiti  Deputati ;  e  fra  le  altre  que- 
sta  importantissima  che  tutla  fa  al  caso  nostro :  cioe  che ,  nell'  opi- 
nione  giustissima  dei  signori  Deputati,  il  danaro  di  S.  Pietro  e  degno 
di  tutto  il  loro  abbominio  appunto  perche  esso  serve  a  conservare 
1'  indipendenza  del  Papa ,  che  e  propriamente  quello  che  i  liberali 
vorrebbero  anzi  tutto  distrutto. 

Ma  non  tanto  cuoce  ai  signori  Deputati  che  questo  danaro  sia  un 
danaro  di  S.  Pietro,  quanto  che  questo  danaro  di  S.  Pietro  sia,  in 
grandissima  parte,  raccolto  in  Italia.  Che  dalle  altre  parti  del  mon- 
do  yengano.  danari  al  Papa,  queslo  ai  signori  cosi  delti  rappresen- 


SPAYENTO  DEI  TRISTI,  CONFORTO  DEI  BUONI  647 

lanti  dell'  Italia  non  puo  certaraente  andar  molto  a  sangue  :  e  non  YI 
ha  dubbio  che,  se  potessero,  dichiarerebbero  quel  denaro  merce  dl 
contrabbando  e  roba  di  buona  presa.  Ma,  sia  perche  non  hanno  verun 
mezzo  per  impedirlo,  ne  verun  pretesto  per  lagnarsene,  sia  perche 
hanno  molte  mendicale  scuse  da  allegare  a  diminuzione  della  vera 
importanza  religiosa  e  politica  die  ha  quel  danaro  contro  gl'  inva- 
son  e  i  ladri  della  Chiesa  in  Italia,  non  se  ne  mostrano  molto  impen- 
sieriti.  Ma  che  nell' Italia  stessa  da  loro,  se  non  rappresentata,  almeno 
certamenle  governata ,  nell'  Italia  illuminata  dalle  loro  dotlrine,  mo- 
dellata  secondo  il  loro  talento,  nell'  Italia  da  loro  fiscaleggiata,  spia- 
ta,  tassata,  carcerata,  deportata  e  anche  fucilata  quando  occorre, 
nell'  Italia  insomma  loro  regno,  loro  bottega,  loro  mancipio,  loro  cue- 
cagna,  si  raccolga,  senza  loro  saputa  e  a  loro  dispetto,  tanto  danaro 
che  Ya  al  Papa  come  una  protesta  e  come  una  dichiarazione  dell'  af- 
fetto  degli  Italiani  alia  Santa  Sede  e  dell'esecrazione  ond'essi  guar- 
dano  i  fatli  liberaleschi  consummati  a  suo  danno ;  questo  e  che  cuoce 
ai  signori  Deputati  e  che  li  fa  uscire  del  senno  quando  Yi  riflettono 
un  po'  sul  serio. 

Giacche  insomma  e  cosa  che  salta  agli  occhi  questa ,  che ,  se  gli 
italiani  danno  danaro  al  Papa,  e  segno  che  loYogliono  sovrano  indi- 
pendenle.  II  che  bene  spiego  il  deputato  Macchi  nella  tornata  degli 
8  Maggio,  dicendo :  «  La  cosa  piu  difficile  ad  ottenersi  dai  varii  par- 
«  liti  e  che  pongano  mano  alia  borsa.  Ora,  se  Yi  e  un  partito  il  quale 
«  apra  una  colletta  e  trovi  tanta  gente  pronta  a  dargli  danaro,  siate 
«  pur  sicuri  che  nessuna  legge  varra  ad  impedire  che  la  colletta  si 
«  faccia.  II  difficile  e  trovare  chi  dia  il  danaro :  ma  quando  il  danaro 
«  ci  e,  mille  spedienti  soccorrono  per  raccoglierlo  e  mandarlo  a  de- 
ft slinazione  malgrado  ogni  piu  sever o  divieto.  »  Ora  il  male  sta  ap- 
punto  in  queslo  che  il  danaro  ci  e:  e  che  la  cosa  piu  difficile  ad  ot- 
tenersi da  varii  partiti ,  la  qual  cosa  e  che  pongano  mano  alia  borsa, 
questa  cosa  e  bell'  e  ottenuta  dai  Cattolici  che  sono  il  tutto  quasi 
d'  Italia. 

E  se  non  ci  fosse  altro  argomento  che  questo  per  dimostrare  la 
forza  dei  CaUolici  in  Italia ,  ce  ne  sarebbe  piu  che  a  sufficienza  per 
dimostrare  che  i  liberali  sono  potenli  fra  noi  per  Yiolenza  e  per  astu- 
zia,  ma  non  per  numero,  ne  per  autorita  morale.  E  questo  e  appunto 


618  IL  DANARO  DI  S.  METRO 

quello  die,  come  dicevamo,  cuoce  piu  ai  signori  Deputali.  I  quali  ben 
vedono  che  questo  danaro  di  S.  Pietro  che  si  raccoglie  in  Italia  e  un 
vero  plebiscito,  un  vero  suffragio  universale  che  parla  alto  e  chiaro  ; 
e  distrugge  e  copre,  a  romore  di  buoni  contanli,  ogni  romore  di  suf- 
fragio liberale  fatlo  a  chiacchiere  vuote  e  a  carta  falsificata.  «  La 
cosa  piu  difficile  ad  ottenersi  dai  varii  partili  e  che  diano  mano  alia 
borsa. »  Bene :  or  che  debbono  dire  i  Deputati  al  vedere  che,  non  solo 
e  facilissimo  in  Italia  trovare  un  partito  caltolico  che  dia  mano  alia 
borsa  in  favor  del  Papa  e  del  suo  dominio  temporale  e  della  sua  in- 
dipendenza:  ma  che  (quello  che  e  piu inaudito  che  raro)  e  difficilis- 
simo  e  perfino  impossibiie  ii  trovar  il  modo  di  fare  che  quesle  borse 
si  chiudano?  E  notino  i  signori  Deputati  che,  se  prima  queslo  danaro 
di  S.  Pietro  poteva  avere  altro  significato,  ora,  dopo  le  loro  diatribe 
e  le  loro  proteste  e  le  loro  rabbiose  declamazioni  contro  questa  col- 
letta,  essa,  senza  perdere  nessuno  dei  significati  religiosi  che  prima 
aveva,  ne  rivesle  un  altro  da  loro  medesimi  procurato ,  che  e  di  si- 
gnificato apertissimo  di  disprezzo  di  ogni  loro  diatriba ,  di  contro- 
protesta  ad  ogni  loro  protesta,  di  non  curanza  di  ogni  loro  rabbia,  di 
Toto  insomina,  di  plebiscite,  di  suffragio  universale  e  chiarissimo  con- 
Iro  ogni  loro  desiderio  o  volere  che  il  Papa  sia  spogliato,  dlpendente 
e  schiavo. 

Ma  vi  e  ancora  di  peggio  pe'  signori  Deputati.  Ed  e  che,  secondo 
che  ottimamente  disse  nella  tornata  dei  18  Maggio  il  Deputato  inno- 
rninabile:  «  a  Roma  non  si  andrebbe  ogni  qualvolta  i  catlolici  ita- 
«  liani,  che  sono  la  massima  parte  degli  italiani,  si  mostrassero  leo- 
«  reticamente  convinti  e  praticamente  persuasi  che  non  si  puo  essere 
«  ne  buon  prete  ne  buon  cattolico,  se  non  sostenendo  il  poler  tempo- 
«  rale  del  Papa. »  Sapienlissima  sentenza !  La  quale  diinostra  ad  evi- 
denza  che,  oltre  1'asina  di  Balaam  ed  il  sacerdote  Caifas,  vi  sono  altri 
simili  esseri  nella  creazione  che,  senza  niun  loro  merito  particolare, 
sono  elevati  da  una  provvidenza  speciale  fino  alia  sublimita  profetica. 
Si!  o  Deputato  innominalo!  E  un  falto  che  a  Roma  non  si  andra. 
Questa  e  una  profezia  certissima  uscila  dalla  vostra  bocca  provvi- 
denzialmente.  A  Roma  non  si  andra.  E  perche?  Per  la  ragione  pro- 
fondissima  da  voi  addolta.  Cioe,  perche  di  fatto  « i  catlolici  italiani, 
«  che  sono  la  massima  parte  degl' italiani,  si  mostrano  leoreticamen- 


SPAVENTO  DEI  TRISTI,  CONFORTO  DEI  BUONI  649 

«  te  convinti  e  pralicamente  persuasi  che  non  si  puo  essere  ne  buon 
«  prele  ne  buon  cattolico,  se  non  sostenendo  11  poter  temporale  del 
«  Papa.  »  Or  come  si  prova  questa  leoretica  convinzione  e  pratica 
persuasione?  Si  prova  ad  evidenza  col  danaro  di  S.  Pietro.  Voi  capite 
meglio  di  tulti,  o  Depulato  innominabile,  la  verita  di  quello  che  disse 
il  deputato  Macchi,  cioe  che  « la  cosa  piu  difficile  ad  ottenere  da  varii 
«  parliti  e  che  pongano  meno  alia  borsa.  »  D'  altra  parte  e  cosa  no- 
toria  che  gl'  Italiani  mettono  ogni  dl  la  mano  alia  borsa  per  pagare 
spontaneamente  il  danaro  di  S.  Pietro.  Che  questo  danaro  poi  sia 
volto  a  sostenere  la  sovranita  temporale  del  Papa,  non  accade  che 
noi  ve  lo  dimostriamo,  poiche  per  un  mese  voi  1'avele  udito  ed  anche 
declamato  nella  Camera  torinese.  E  dunque  evidente  che  i  cattolici 
italiani,  che  sono  la  massima  parte  degli  ilaliani,  sono  teoreticamente 
convinti  e  praticamenle  persuasi  che  e  atto  di  buon  catlolico  il  sosle- 
nere  il  dominio  temporale  del  Papa ,  il  quale  e  necessario  alia  sua 
politica  indipendenza ;  e  che,  per  la  ragione  dei  contrarii,  non  e  ne 
buon  prete,  ne  buon  cattolico  chi,  invece  di  sostenerlo,  1'osleggia  e 
lo  vuole  distrutto.  E  posto  cio  voi,  o  Deputato,  colla  vostra  perspi- 
cacia  gia  vedete  la  conseguenza  terribile  che  vi  piomba  sul  capo. 
E  la  conseguenza  e  che  a  Roma  non  si  andra,  se  non  forse,  come 
vi  auguriamo,  a  far  penitenza,  a  spese  del  danaro  di  S.  Pietro,  secon- 
do  che  voi  stesso  avele  cosi  sapientemente  e  solennemente  profetato. 
Abbiano  dunque  le  nostre  congratulazioni  e  le  nostre  grazie,  unite 
a  quelle  di  tulli  i  buoni  cattolici  ilaliani,  i  Deputati  torinesi:  i  quali, 
nella  loro  bonta  e  nella  loro  sapienza ,  vollero ,  in  un  lungo  mese  di 
chiacchiere,  non  concludere  niente  contro  il  danaro  di  S.  Pietro  e 
concludere  invece  moltissimo  a  suo  favore  e  propagazione.  Giacche 
ai  Deputati  di  Torino  ed  alle  loro  ciarle  e  dovuto  se,  ora  piu  che  mai, 
gl'  Ilaliani  sono  ben  avvisati  che  essi  non  possono  far  cosa  che  piu 
turbi  i  sonni  e  la  pace  dei  signori  Deputati  che  contribuendo  colle 
loro  offer  te  al  danaro  di  S.  Pietro.  Alle  stizzose  declamazioni  di  quei 
cosi  delti  rappresentanli,  ringhiosi  piu  che  non  chiede  lor  possa, 
come  dei  botoli  disse  Dante,  debbono  gli  Italiani  questa  certezza,  in 
cui  ora  sono  piu  che  per  Y  innanzi ,  che  quelle  loro  offerte  servono 
mirabilmente  a  frastornare  e  danneggiare  i  consigli  degli  empii. 


650  IL  DANARO  DI  S.  PIETRO 

A  quelle  diatribe  ,  a  quelle  bestemmie ,  che  per  tanli  giorni  si  udi- 
rono  a  Torino,  si  dee  I'  evidenza  in  cui  e  ora  posta  piu  che  raai  1'  im- 
possibilita  morale ,  in  cui  si  trovano  i  signori  Deputali  di  far  allro 
che  beslemmiare  di  cuore  contro  gli  oblatori. 

Tentarono  invero  molt!  Deputati  di  falsar  1'  idea  e  1'  indole  di  quella 
Colletta,  dipingendola  come  volta  a  reazione  polilica,  ed  al  brigan- 
taggio.  Ma  queste  viete  calunnie  e  vuote  frasi  non  servirono  che  a 
velare  in  alcuni  rintimo  pensiero  di  tutti,  da  molli  manifestalo  aper- 
tamente,  cioe  che  questo  e  invece  danaro  diretto  all'  unico  scopo  di 
sostenere  1'  indipendenza  sovrana  del  Sommo  Pontefice  contro  la 
schiavitu  cui  vorrebbero  ridurlo  i  framassoni  nemici  naturali,  come 
diogniliberta  e  di  ogni  indipendenza,  cosi  specialmente  di  quella  del 
Pontefice  Romano. 

Che  se  questa  sovrana  indipendenza  del  Papa ,  che  essi  vogliono 
distruggere,  amano  chiamarla  brigantaggio  e  reazione,  tal  sia.  Non 
disputiamo  dei  nomi.  Tan  to  piu  che  iamdudum  vera  rerum  nomina 
amisimus.  Le  cose  hanno  ora  mutato  nome.  E  poiche  1'  assassinio  si 
chiama  ordine  morale ,  e  il  ladroneccio  economia  pubblica ,  e  la  li- 
cenza  liberta;  non  vediamo  perche  ci  dobbiamo  inquietare  con  chi 
ama  chiamare  reazione  e  brigantaggio  quello  che  e  in  verita  null'  al- 
tro  che  difesa  della  propria  indipendenza  e  del  proprio  avere.  Tutto 
sta  che  c'intendiamo  nella  sostanza  delle  cose.  Or  quesle ,  grazie  a 
Dio  ed  alle  chiacchiere  dei  Deputati  torinesi ,  sono  ora  chiarissime. 
Tutti  sappiamo  ora  che  i  Deputati  vogliono  venire  a  Roma  e  cacciarne 
il  Papa ;  e  che  cio  e  reso  loro  piu  che  mai  difficile  nel  fatto,  e  impos- 
sibile  moralmente,  per  la  prolesta  e  dichiarazione  e  voto  e  plebiscito 
e  suffragio  universale  che  contro  quel  loro  empio  disegno  si  fa  dagli 
Italian!  colle  loro  offerte  al  danaro  di  S.  Pietro.  Questo  solo  ci  basta 
per  intendere  che  il  danaro  di  S.  Pietro  e  cosa  santa ,  cosa  sacra , 
cosa  religiosa,  cosa  benedetta  e  voluta  da  Dio ,  e  volta  nel  consiglio 
della  sua  provvidenza  ad  ottimo  e  santo  effetlo ;  poiche  essa  e  cosa 
si  delestata  dagli  empii,  e  si  voluta  impedire  ed  annullare,  senza  che 
pero  vedano  essi  stessi  il  modo  di  riuscirvi. 

E  con  cio  crediamo  poterci  dispensare  dall'  enlrare  in  altre  esorla- 
zioni  ai  buoni  cattolici  specialmente  italiani,  perche  continuino  alacre- 


SPAVENTO  DEI  IRISH  ,  CONFORTO  DEI  BUONI  651 

mente  in  questa  santa  loro  cooperazione  ai  consigli  di  Dio.  II  quale 
forse  ha  permesso  tan  to  strazio  della  sua  Cliiesa,  e  tanta  perdita  del 
dominio  temporale  del  suo  Capo  visibile ,  appunto  per  far  vedere  al 
mondo  cieco  ed  empio  che  non  e  abbreviata  la  sua  mano ,  e  che  per 
lui  non  e  differenza  tra  medio  evo  e  tra  evo  moderuo,  quando  si  trat- 
ta  di  suscitare  filios  Abrahae  e  di  far  manifesta  la  protezione  onde 
copre  la  sua  Chiesa. 

E  inutile  che  i  liberali  s'  illudano.  Essi  non  sono  mai  tanto  vicini 
alia  rupeTarpea,  come  quando  sognano  il  Carapidoglio.  I  liberali  so- 
no cosi  fatti  che,  al  primo  luccicare  di  una  apparente  aurora  di  pro- 
sperita,  perdono  la  testa  e  impazzano,  come  scolaretti  quando  per  un 
istante  il  maestro  e  uscito  di  scuola.  Credono  subito  esser  diventati 
padroni,  e  di  non  aver  piu  conti  da  rendere.  Quando  poi  vedono 
annebbiare  alquanlo  1'orizzonte,  daquelle  tesle  deboli  che  sono,  qjje 
come  facil mente  s'inalberano  nelle  prosper! la,  cosi  facilmente  si  at- 
terrano  nelle  avversita,  subito  iremano  come  foglie,  perdono  la  pre- 
senza  di  spirito ,  e  da  se  si  buttano  nel  precipizio  prima  ancora  del 
tempo.  Udite,  per  esempio,  i  poveri  Deputali  di  Torino:  «  Non  vede- 
«  te  voi,  esclama  nella  tornata  del  7  Maggio,  tutto  atterrito,  il  lerri- 
«  bile  deputato  Brofferio ,  non  vedete  voi  la  santa  alleanza,  la  quale 
«  arriva  a  gran  passi?  »  E  gia  sembra  considerare  se  non  forse  sia 
tempo  di  fuggire  di  nuovo  nella  sua  villa  di  Locarno  in  Svizzera,  dove, 
pochi  minuti  dopo  aver  gridata  la  leva  del  popolo,  rinculo,  per  modo 
di  rnossa  sirategica,  nel  1849  all'appressarsi  deiTedeschi.  E  il  Crispi, 
piu  ancora  fuori  di  se  dallo  spavento  che  non  il  deputato  Brofferio  , 
gia  vedeva  nella  stessa  tornala,  non  solo  che  «  da  un  momento  all'al- 
tro  noi  possiam  essere  a  guerra » ,  ma,  quel  che  e  peggio,  che  «  alia 
vigilia  della  batlaglia  si  potra  chiedere  all'  ouore vole  Peruzzi:  «  Cai- 
no !  Che  hai  fatto  del  tuo  fratello  ?  »  Vede  ognuno  che  piacere  dovra 
esser  pei  liberali  il  dover  combattere  capitanati  da  Caino.  E  soggiun- 
geva:  -<  Le  province  meridional!  sono  in  tali  condizioni  che  in  vece 
«  di  essere  un  elemento  di  forza ,  potrebbero  essere  un  clemento  di 
«  debolezza.  »  E  conchiudeva,  con  piglio  da  medico  disperato ,  -che 
«  la  freddezza  di  quest'  assemblea ,  1'  atonia  dei  Deputati  mi  danno 
«  1'immagine  di  una  mollitudine  d'uomini  accorsi  da  varie  parti  e  fer- 
-j;ii.  I1?::  ;  njJA  - .-.  \>->'^  :^ v- 'i7  aon  ;:Uj 


IL  DANARO  DI  S.  PIETRO 

«  matisi  inerti  dinanzi  a  ima  bara.  lo  non  vedo  il  cadavere  e  nean- 
«  co  il  morentc :  ma  ci  sono  tutle  le  apparenze  di  una  morte  che  si 
«  avvicina.  Un' ultima  volta  ve  lo  dico:  fate  un  appello  al  popolopri- 
«  ma  che  si  schiuda  sotto  i  nostri  piedi  I'abisso.  »  Qual  sia  1'  abisso 
In  cui  temono  cadere  i  Deputali,  lo  spiego  lo  stesso  giorno  il  Bellaz- 
zi ,  dichiarando  che  « 1'  allitudine  dei  satelliti  della  clerocrazia  sgo- 
«  menla  i  buoni  salellili  per  la  patria.  Non  vacilla  nei  forti  la  fede 
«  neli'  avvenire  d'  Italia,  ma  si  esige  da  tutti  previdenza  e  freno  con- 
«  Iro  la  reazione  clericale. »  Chi  1'avesse  detto  che  iDeputati  di  Tori- 
no, dopo  avere,  per  tanti  anni,  fatto  alia  Chiesa  tutto  il  peggior  male 
che  poterono,  dovessero  ora  trovarsi  nel  caso  di  tremare  di  lei!  E 
pure  questo  e  quanto  disse,  non  solo  colle  citate  parole  il  Bellazzi,  ma 
il  Siccoli  ancora  il  9  Maggio,  eccitando  in  lutta  la  Camera  un  saluta- 
re^spavento  dell'influenza  ecclesiastica,  sclamando:  «  Ecco  la  ragio- 
«  ne  della  mal'  aria  che  ci  circonda,  della  febbre  lenta  che  ci  consu- 
«  ma.  II  capo  visibile  di  quest' empia  famiglia  fa  il  seguente  calcolo: 
«  Giorno  verra  che  1'Italia  versera  in  una  crisi  suprema,  sia  per  una 
«  coalizione  delle  Potenze  nordiche,  sia  per  la  esplosione  della  pa- 
«  zienza  stanca  delle  sue  popolazioni.  Allora  noi  verremo  fuori :  noi 
«  possiamo  sgominare  e  distruggere  ogni  cosa.  I  preti  sanno  aspet- 
«  tare,  e  questa  e  una  triste  e  terribile  verita!  »  E  quasi  cio  fosse 
poco,  lo  stesso  Siccoli  conchiuse  il  suo  discorso  cosi:  «  La  piaga  vol- 
ge  allo  stato  cancrenoso  dapperlulto !  » 

E  il  La  Porta  nella  tornata  degli  11  Maggio:  «  Signori,  disse, 
«  finiamola  colle  illusioni;  esse  aprono  un  abisso  che  minaccia  in- 
«  goiare  lutte  le  risorse ,  tutte  le  esislenze  di  una  nazione.  Le  pre- 
«  visioni  sulle  entrale  sono  fallile ,  i  nuovi  dazii  non  funzionano  nel 
«  tempo  presenle,  i  beni  demaniali  non  sono  venduti  nella  cifra  pre- 
«  vista.  Le  spese  slraordinarie  hanno  quasi  esaurito  in  due  anni  i 
«  400  milioni  che  voi  avevate  dianzi  assegnato  per  quatlro  anni ,  e 
«  noi,  giorni  sono,  ascoltammo  la  disperata  proposta  del  Mellana  che 
«  le  volea  ridotte  a  75  milioni.  II  prestito  di  700  milioni  e  quasi 
«  esaurito ;  le  ferrovie  dello  Stato  sono  gia  vendute.  Non  giova  illu- 
«  derci.  Se  anche  riusciste  a  illuder  noi ,  non  illudereste  mai  T  Eu- 
«  ropa  che  conosce  lo  stato  delle  cose  nostre,  e  il  nostro  credito  andra 
«  sempre  scemando.  Qui  non  Yi  e  scampo.  Al  punto  in  cui  noi  sia- 


SPAVENTO  DEI  TR1STI,  CONFORTO  DEI  BUONI  653 

«  mo  non  \1  ha  piii  altra  scelta  per  evitar  la  bancarotla.  0  disarma- 
«  re  o  fare  la  guerra.  » 

E  il  deputato  Musolino,  nella  tornata  del  14  Maggio,  dichiaro  aper- 
tamente  clie  «  una  guerra  della  Francia  contro  di  noi  non  sarebbe 
«  phi  intesa  a  conquiste  ma  a  reazione.  Ancbe  i  repubblicani  ci  sa- 
«  rebbero  avversi.  Dimorai  lungo  tempo  in  Francia.  I  dotlrinarii , 
«  le  classi  intelligent^  a  qualunque  colore  apparlengano,  non  voglio- 
«  no  V  unita  italiana.  Vedete  i  Lamartine  ,  i  Bastide ,  i  Pelletan ,  i 
«  Proudhon ;  tutti  sono  nostri  nemici.  Avremo  guerra ;  ma  guerra 
«  di  reazione.  La  reazione  e  selvaggia  e  1'  Italia  tornerebbe  in  con- 
«  dizioni  peggiori  di  prima. »  E  inutile  lo  spiegare  qui  ai  noslri  let- 
tori  che,  per  il  Musolino  e  compagnia,  Italia  e  liberali  sono  sinonimi. 
Sicche  quando  prevedono  giustamenle  che  T  Italia  lornerebbe  in  con- 
dizioni  peggiori  di  prima ,  Yogliono  solamente  significare  che  i  Mu- 
solini  d' Italia  tornerebbero  donde  sono  usciti.  Fatta  questa  spiega- 
zione,  possiamo  tranquillamente  conchiudere  col  Musolino  che:  «  chi 
«  non  legge  negli  avvenimenti  del  giorno  i  segni  forieri  di  future 
«  maggiori  tempeste ,  e  cieco.  » 

Vede  ognuno  che  da  tutte  queste  parole  (e  noi  non  ne  abbiam 
citate  che  poche  scelte  tra  un  mare),  le  quali  furono  profferite  men- 
tre  si  discuteva  /'  obolo  di  S,  Pietro ,  esce  un  certo  venticello  di 
paura  liber tina  che  veramente  rinfresca,  refrigera  e  consola.  Si  scor- 
ge  ad  evidenza  che  i  poveri  Deputati  di  Torino  conoscono  di  averne 
fatte  delle  grosse ,  e  capiscono  che  si  avvicina  il  giorno  del  rendi- 
conto.  Or  che  hanno  da  fare  i  buoni  cattolici  italiani  per  affreltare, 
secondo  il  loro  potere,  questo  bel  giorno?  Evidentemente  quello  ap- 
punto  di  cui  mostrano  cotanto  d'  infastidirsi  i  signori  Deputati ;  con- 
correre  cioe,  nella  misura  della  loro  devozione  e  possibilita,  a  man- 
tenere,  colleloro  pie  oblazioni,  indipendente  e  sicura  quella  Cattedra 
di  S.  Pietro  che  i  liberali  tentano  si  perfidamente  di  sottominare, 
A  queste  obblazioni  in  gran  parle  e  dovulo  finora  se  il  S.  Padre  ha 
potuto  far  fronte  a  tanti  continui  bisogni  del  suo  Governo  e  della 
Chiesa.  A  queste  obblazioni  in  gran  parle  si  dovra  ancora  il  trionfo 
finale  della  buona  causa.  La  cui  sola  aurora,  che  da  lungi  si  mostra 
sull'  orizzonte,  fa  tremar  si  violentemente  le  vene  e  i  polsi  alia  rivo- 
luzione  atterrita. 


UN  DOCUMENTO  GRECO 

SPETTANTE  ALLA  CORONAZIONE 

DEL  PRIMO  CZAR  BELLA  RUSSIA 


Tra  le  prerogative,  riconosciute  in  ogni  tempo  dal  mondo  cristiano 
nel  Romano  Pontefice,  dee  numerarsi  non  ultima  quella  di  conferire  la 
suprema  sanzioue  al  diritlo  regio  dei  Sovrani,  confennando  in  nome 
di  Dio  la  ioro  potesta  e  cosi  rendendola  sacrosanta  e  inviolabile  ai 
cospetto  de'popoli.  Per  tacere  del  sacro  Romano  Impero,  il  quale,  es- 
sendo  creazione  propria  de'Papi,  dovea  per  natural  diritto  e  per  leg- 
ge  fondamentale  della  sua  costituzione  ricevere  dai  Papi  il  suo  Capo 
legittimo ;  non  v'  ebbe  quasi  Stato  nella  cristianita,  che  fin  dalle  pri- 
me origini ,  ovvero  nelle  principal!  fasi  del  suo  grandeggiare ,  o 
nelle  mulazioni  dinastiche  de'  suoi  Principi ,  non  abbia  fat  to  ricorso 
alia  S.  Sede  per  ottener  da  lei  la  consecrazione  dei  diritti  e  dei 
titoli  soy-rani ;  quasi  riputando  mal  sicuro  ed  incerto  il  possesso  di 
questi ,  sebbene  legittimamente  conquistati ,  finche  non  avessero 
dal  suffragio  del  Capo  universal  della  Chiesa  1'  ultimo  e  indubitato 
suggello  di  legittimita.  E  la  storia ,  da  oltre  a  mille  anni  in  qua  ,  e 
plena  di  esempii  di  Principi  e  Re  ed  Imperatori,  i  quali,  riconoscen- 
do  nel  Vicario  di  Dio  in  terra  il  dispensatore  e  1'  arbitro  supremo  di 
quelle  dignila  che  s'intitolano  sovrane  per  grazia  di  Dio,  da  lui  am- 
birono  e  sollecitarono  il  titolo  di  Monarca;  ovvero,  deponendo  ezian- 
dio  a'suoi  piedi  il  regno  e  la  corona ,  gli  si  offersero  spontaneamen- 
te  vassalli  e  tributarii,  con  esso  i  proprii  Stati,  e  vollero  dalle  mani 
di  lui  novamenle  riceverne  rinveslitura,  per  ottener  cosi  quella  pro- 
tezione  di  S.  Pielro ,  la  quale ,  nei  secoli  di  fede  soprattutto ,  era  il 


UN  DOCUMENTO  GRECO  SPETTANTE  ALLA  CORONAZIONE  ECC.    6o5 

piu  potente  e  sicuro  scudo  che  avessero  i  Re  conlro  le  usurpazioni 
de'  rivali  e  contro  le  ribellioni  de'  sudditi. 

Anche  il  secolo  nostro,  benche  ateo  in  politica,  pur  ha  veduto  un  Na- 
poleone  I  chiedere  al  Pontefice  Pio  VII,  colla  solenne  coronazione,  la 
consecrazione  del  nuovo  Impero ;  e  quest'  anno  istesso  ii  fondatore 
di  un  altro  Impero  novello  nel  nuovo  mondo,  Massimiliano  I,  appe- 
na  gridato  Imperatore ,  venire  in  Roma  a  ricevere  dal  S.  Padre 
Pio  IX  la  benedizione  apostolica,  che  a  guisa  di  batlesimo  consecrasse 
il  neonato  Impero,  e  ne  prosper asse  i  fuluri  destini.  Ma  siffatti  esem- 
pii  assai  piu  frequenti  s'incontrano  nell'eta  passate,  quando  la  socie- 
ta  e  i  suoi  governanti,  profondamente  penetrati  dello  spirito  crisliano, 
colla  religione  voleano  autenlicare  ogui  dritto ,  e  quello  soprattutto 
che  e  della  civil  comunanza  il  cardine  maestro.  Ne  erano  gia  sola- 
mente  i  popoli  piu  maturi  nella  civilta  o  piu  antichi  nella  professio- 
ne  cristiana,  che  nel  Papa  riconoscessero  la  splendida  prerogativa  di 
fare  o  di  confermare  i  Re  ;  ma  quelli  eziandio  che  pur  teste  usciva- 
no  dalle  tenebre  della  barbarie  e  del  gentilesimo ;  perocche  i  loro 
Principi  stimavano  non  poter  degnamente  entrare  nel  consesso  de'Re 
cristiani ,  ne  aggregarsi  coi  loro  popoli  alia  gran  famiglia  della  cri- 
stianita,  se  non  vi  fossero  introdotti  dalla  mano  di  colui  che  di  que- 
sta  gran  famiglia  era  il  Padre  universale,  ed  era  da  tutti,  popoli  e 
Re,  riverito  come  la  suprema  potesta  che  fosse  in  terra. 

Oltre  la  Francia ,  e  le  isole  Rrilanniche ,  e  i  regni  della  penisola 
Iberica,  i  cui  Monarchi  e  notissimo  aver  fatto  piu  volte  solenne  obla- 
zione  de'  loro  Stati  a  S.  Pietro,  e  aver  otlenuto  dal  Pontefice  la  pri- 
ma  collazione  ovvero  la  conferma  della  dignita  e  del  titolo  regio  ; 
anco  le  regioni  orientali  d'  Europa  e  quelle  dell'  ultimo  Settentrione 
ci  porgono  splendide  prove  della  devozione  e  riverenza  di  que'  po- 
poli verso  la  S.  Sede,  e  del  riconoscere  che  faceano  nel  Papa  quel 
privilegio  sovrano. 

Cosi ,  allorquando  Bogori ,  ossia  Michele  1 ,  Re  de'  Bulgari ,  nel 
secolo  IX,  convertitosi  alia  fede,  disegno  di  far  del  suo  Stato  un  Im- 

1  Michele  e  il  nome  cristiano,  che  il  Re  prese  col  battesimo;  e  con  tal 
nome  e  chiamato  nella  Yita  di  Papa  Niccolo,  presso  ANASTASIO  BIBLIOTECARIO.* 


656  UN  DOCl'MENTO  GRECO  SPETTANTE  ALIA  CORONAZIONE 

pero  cristiano  indipendente  da  Coslanlinopoli ,  invio  al  Ponteflce 
S.  Niccolo  I  i  suoi  lunghi  capelli  in  segno  di  soggezione ,  chiaman- 
dosi  servo  di  S.  Pietro  e  del  suo  Yicario.  Indi  a  poco  egli  ricadde, 
e  vero,  colla  sua  nazione  sotto  il  giogo  greco ;  ma  allorche ,  dopo  il 
yolgere  di  tre  secoli ,  Gioannicio  ebbe  inleramente  riscosso  i  Bul- 
gari  da  quel  giogo,  si  volse  al  Pontefice  Innocenzo  III  per  aver  da 
lui  la  corona  e  lo  scettro ;  ed  il  Papa  1'  una  e  1'altro  gli  mando ,  per 
mezzo  del  Cardinal  Leone ,  che  incorono  Gioannicio  e  lo  proclam6 
Re  dei  Bulgari  e  Yalachi ,  dopo  avulone  giuramento  di  perpetua 
devozione  alia  Chiesa  ed  alia  fede  romana.  11  primo  Re  d'Unghc- 
ria,  Stefano  il  santo  ,  offerse  a  S.  Pietro  il  suo  regno,  novellamente 
convertito  dal  Paganesimo ,  e  riceve  dal  Papa  Silvestro  II  la  co- 
rona reale  e  con  essa  il  litolo  di  Maesta  apostolica  e  il  privilegio 
di  farsi  precedere,  a  guisa  di  Yescovo,  dalla  croce  aslala  nelle  pub- 
bliche  pompe.  La  corona  mandata  a  Stefano,  dicesi  che  fosse  gia  de- 
stinata  a  Boleslao  I,  Duca  di  Polonia,  il  quale  ne  avea  fatte  premuro- 
se  istanze  presso  la  S.  Sede;  ma  la  Polonia,  benche  ottenesse  allora 
da  Silvestro  II  il  litolo  di  regno ,  ne  fu  poi  novamente  spogliala  da 
S.Gregorio  YII  pegli  orrendi  misfatti  di  Boleslao  II  il  crudelerMio- 
si  carnefice  del  santo  Yescovo  Stanislao;  e  non  riconquisto  stabilmente 
dalla  Sede  aposlolica  gli  onori  regali,  se  non  dopo  oltre  a  due  secoli 
in  Premislao  II ,  e  poi  in  Ladislao  IV  Lokietek ,  il  ristauratore  della 
Polonia,  che  dopo  la  coronazione,  scrivendo  al  Papa  Giovanni  XXII, 
intitolavasi  Re  di  Polonia  per  grazia  di  Dio  e  della  Sede  aposlolica. 
IDuchi  di  Boemia  parimente,  anlichi  censuali  di  S.  Pietro,  non  con- 
seguirono  il  regio  diadema,  se  non  per  concessione  de'  Papi ;  e  quan~ 
lunque  AVralislao  II,  e  Ladislao  II  ottenessero  a  vita,  il  primo  dall'Ini- 
peratore  Arrigo  IV ,  e  il  secondo  da  Federigo  Barbarossa  la  dignita 
reale ,  nondimeno  la  Boemia  allora  solo  prese  posto  fermo  tra  i  re- 
gni,  quando  al  suffragio  imperiale  si  fu  aggiunto  il  pontificio ;  il  che 
avvenne  in  Premislao  Ottocaro  I,  a  cui  Innocenzo  III  concesse  il  ti- 
ioio  regio,  da  tramandare  in  perpetuo  ai  successori.  Oltre  i  Sovrani 
di  Polonia  e  di  Boemia,  altri  Principi  della  gran  famiglia  slava  ot~ 
tennero  di  essere  innalzati  dai  Papi  alia  regia  grandezza ,  in  premio 
della  lor  devozione  a  S.  Pietro.  Tale  fu  Demetrio  Zwonimir,  il  quale 


DEL  PRIMO  CZAR  BELLA  RUSSIA  651 

elello  dai  Croat! ,  Dalmali  e  Schiavoni  per  loro  Signore ,  si  fe  spon- 
taneo  vassallo  e  tributario  alia  S.  Sede,  e  dai  Legati  di  Gregorio  VII 
riceve  in  Salona  gli  emblem!  del  regio  potere ,  lo  stendardo ,  la 
spada,  lo  scetlro  e  il  diadema,  e  con  essi  la  regia  consecrazione.  E 
tale  parimente  un  altro  Demetrio  l ,  Re  cattolico  dei  Russi ,  che  ai 
tempi  del  medesimo  Gregorio  YII  mando  a  Roma  il  proprio  figlio  per 
ambasciatore  a  supplicare  il  Papa  di  ricevere  il  suo  regno  qual  feu- 
do  di  santa  Chiesa  e  di  confermargli  in  nome  di  S.  Pietro  la  regia 
potesta;  il  che  ottenuto,  pole  coll'  apostolica  protezione  assicurarsi  il 
possesso  del  reame ,  ingiuslamente  contrastalogli  dai  fratello  Vsevo- 
lod,  e  turbato  dalle  rapine  di  Boleslao  II  Re  di  Polonia.In  simil  gui- 
sa  Daniele  Romanowicz ,  principe  di  Halicz  e  di  Kiow,  per  ottenere 
il  patrocinio  della  S.  Sede,  abiurato  lo  scisma,  consegui  da  Innocen- 
zo  IV  nel  1246  1'ambito  titolo  di  Re,  e  dalle  mani  del  Legato  ponti- 
ficio  il  diadema  regio;  se  non  che,  siccome  egli  indi  a  poco  torno  al- 
lo  scisma,  cosi  il  polente  reame  da  lui  fondato  non  ebbe  lunga  vita, 
e  venne  poco  appresso  assorbito  dalla  Polonia. 

Tralasciamo  altri  esempii,  che  troppo  lungo  sarebbe  anche  il  solo 
accennare ;  ma  i  tesle  ricordati  soprabbaslano  a  mostrare  quanto  fos- 
se universale  e  radicata  profondamente  nei  popoli  e  nei  Principi  la 
credenza,  che  al  Sommo  Pontefice  appartenesse  1'  autorila  suprema  in 
terra  di  conferire  ai  Re  la  dignita  reale,  o  di  sancirla,  consecrandola 
col  suggello  dell'approvazione  apostolica.  E  non  e  maraviglia ;  giac- 
che  tenendosi  per  domma  indubitato  che  la  potesta  dei  Re  derivasse 
da  Dio,  a  chi  mai  sopra  la  terra  potea  spettare  il  diritto  supremo  di 
sancirla,  se  non  al  Vicario  di  Dio? 

Bensi  potra  recar  maraviglia,  il  vedere  quesla  prerogativa  attri- 
buila  al  Romano  Pontefice  non  solo  da  cattolici,  i  quali,  o  fossero  di 

1  Questo  Demetrio,  di  cui  fa  menzione  anche  LAMBERTO  Hersfel dense  nei 
suoi  Annali,  all'  a.  1075  (presso  il  PERTZ,  Momim.  Germ.  Script.  T.  V),  e  il 
medesimo  che  gli  storici  russi,  come  Teodosio  di  Kiow,  il  Karamsin  ece» 
sogliono  chiamare  Isiaslaf  I ,  efu  il  decimo  tra  i  Gran  Principi  di  Russia, 
della  prima  dinastia.  Nel  Regesto  di  Gregorio  YJil  (Lib.  II,  Ep.  74}  leggesl 
la  letlera  scrittagli  dai  Papa ,  in  cui  accetta  1'  omaggio  e  gli  promette  pro- 
tezione. 

Serie  7,  vol.  X,  fasc.  342.  42  3  Giugno  1864, 


658     UN  DOCUMENTO  GRECO  SPETTANTE  ALLA  CORONAZIONE 

antica  o  di  recenle  professione,  tutti  pero  attualmenle  professavano 
ubbidienza  alia  Chiesa  Romana,  ma  da  scismatici  eziandio,  altual- 
mente  separati  dalla  S.  Sede  ed  a  lei  ribelli.  Or  queslo  e  appunto  il 
nuovo  e  mirabil  fatto  che  ci  viene  alteslato  da  un  Documento  greco, 
spettante  alia  coronazione  del  primo  Czar  della  Russia,  Ivan  IV  ; 
Documento  rimasto  fino  a  pochi  anni  innanzi  del  tulto  sconosciuto  al 
mondo,  perche  sepolto  negli  archivii  sotterranei  di  Mosca,  ed  anche 
oggidi  pressoche  ignoto  in  Europa,  in  quanto  che  la  prima  edizione  1 
russa,  fatlane  a  Mosca  dal  Principe  Obolenski  nel  1850,  oltre  1'esse- 
re  guasta  di  varie  mende  e  lacune,  non  dovelte  avere,  per  ragione 
dell'idioma,  grande  spaccio  fuor  dell'Impero.  Noi  dobbiamo  ad  insi- 
gne  favore  deirEminentissimo  Cardinal  Pitra  il  poterne  far  qui  nelle 
nostre  pagine  una  nuova  e  piu  corretta  pubblicazione ,  anticipando 
quella  che  Sua  Eminenza  ne  fara  tra  poco  in  quell'  ampia  e  preziosa 
collezione  di  monumenti ,  spettanti  al  Diritto  ecclesiastico  de'  Greci , 
il  cui  primo  Tomo  e  uscilo  pur  ora  in  luce  2.  Ma ,  prima  di  recare 
il  teslo  del  Documento,  e  mestieri  premettere  alcune  noiizie,  intorno 
all'  origine  ed  alle  qualita  del  diploma,  afimche  piu  agevole  e  piena 
ne  riesca  nei  lettori  I'intelligenza. 

I  Sovrani  della  Russia  soleano  da  prima  intilolarsi  Gran  Principi 
(Veliki  Kniaz)  o  Gran  Signori  (Veliki  Gosudar) ;  ma  col  crescere 
della  potenza  e  del  fasto  non  tardarono  ad  ornarsi  di  titoli  piu  ambi- 
ziosi,  in  cui  facilmente  scorgesi  1'  imitazione  della  magniloquenza 
Bizantina  e  della  orientale.  Tra  questi  il  piu  insigne,  e  divenlato  poi 
tulto  lor  proprio,  e  il  titolo  di  Czar;  il  quale  sia  che  derivisi,  come 
piace  ad  alcuni,  dal  latino  Caesar  o  piuttosto  dal  greco  Katcap ,  sia 
che  nasca  da  origine  schieltamente  slava,  si  ha  per  equivalente  d'/m- 
peralore  3.  Esso  trovasi  gia  usato  a  quando  a  quando  verso  ii  comin- 

1  OBOLENSKI,  Sobornaia  Gramota  ecc.  Mosca,  1850. 

2  Di  quest'  Opera  grandiosa,  della  quale  ci  riserbiamo  ad  altro  tempo  il 
parlare  colla  dovuta  ampiezza,  qui  darem  solo  il  frontispizio  del  primo  To- 
mo: Juris  Ecclesiastiri  Graecorum  Blstorla  et  Monumenta,  iussu  Pii  IX  Pont. 
Max.,  curante  I.  B.  Pitra  S.  R.  E.  Card.  Tom.  I.  A  primo  p.  C.  n.  ad  \I 
saeculum.  Romae,  typis  Collegii  Urbani,  MDCCCLXIV. 

3  Percio  i  Rassi  chiamano  Tsaregrad  (citta  del  Czar)  la  citta  imperiale  di 
Costantinopoli  j  e  traducono  il  titolo  dell'  Imperatore  Bizantino,  ora  con 


DEL  PRIMO  CZAR  BELLA  RUSSIA  659 

dare  del  secolo  XYI  da  Ivan  III ,  insieme  con  quello  di  Autocrate , 
derivato  anch'  esso  da  imitazione  Bizantina ;  ma  veramente  non  co- 
mincio  ad  essere  adoperato  stabilmente  negli  Alti  sovrani  della  can- 
celleria  russa ,  se  non  ai  tempi  d'  Ivan  IV  Vasilievicz ,  il  quale  co- 
testo  titolo  trasmise  a  tutti  i  successor! ,  e  suol  essere  percio  nove- 
rato  il  primo  nella  serie  degli  Czari.  Questo  Ivan ,  ossia  Giovanni, 
soprannomato  il  Terribile  e  chiamato  dagli  storici  il  Nerone  della 
Russia,  sali  sul  trono  pater  no  in  eta  fanciullesca ,  e  diede  tosto  tre- 
mendi  segni  di  quella  mostruosa  ferocia  e  gagliardia  spaventosa 
di  carattere,  per  cui  il  suo  regno  e  rimasto  un  de'  piu  famosi  nei 
fasti  della  Russia.  Ma  qui  a  noi  non  accade  il  ricordare  di  lui, 
se  non  che  lo  splendido  fatto  della  sua  coronazione ,  avvenuta  nel 
Gennaio  del  1547  ,  contando  egli  allora  17  anni  di  eta  e  14  di  re- 
gno. La  cerimonia  fu  celebrala  con  istraordinaria  pompa  e  solen- 
nita  nella  Cattedrale  dell'  Assunta  di  Mosca,  per  le  mani  di  Maca- 
rio,  Melropolita  di  tutta  la  Russia ;  la  corona  e  le  altre  insegne  impe- 
riali  onde  Ivan  fu  inveslito ,  furono  quelle  medesime  con  cui  era  gia 
stato  coronato  nel  secolo  XII  Yladimiro  II  Monomaco,  e  che  a  Vla- 
dimiro  mandate ,  secondo  la  tradizione  russa ,  dal  Greco  Imperatore 
Costantino  Monomaco ,  suo  avo  materno ,  erano  stale  sempre  gelo- 
samente  conservate  dai  Sovrani  della  Russia ,  e  di  mano  in  mano 
Irasmesse ;  ed  il  sacro  rito  fu  compiuto  colle  acclamazioni  e  colle  ado- 
razioni  fatte  ad  Ivan  dal  Metropolila,  indi  dagli  Arcivescovi,  Vesco- 
vi,  Arcbimandriti,  e  dai  Roiari  o  Grandi  del  regno,  salutandolo  tutti 
gran  Czar  e  grande  Autocrate  di  tutta  la  Russia,  a  molti  anni  1. 

Con  tutto  cio  Tambizione  del  giovane  Ivan  non  fu  paga,  dubitan- 
do  cbe  1'autorita  del  Metropolita  di  Mosca  Macario,  ancorche  raffor- 
zata  dal  consenso  di  tutto  1'  episcopate  e  clero  russo ,  non  fosse  per 
se  sola  bastevole  a  consecrare  un  Czar  e  renderne  inviolabili  i  dirit- 
ti.  II  certo  si  e  che  egli,  indi  ad  alcuni  anni,  voile  farsi  da  piu  alta 
potesta  convalidare  quell'  atto  e  quel  titolo ;  e  poiche  la  Russia  scis- 

Imperator,  ora  con  Czar;  e  viceversa  il  titolo  di  Czar  latinamente  esprimono 
ora  con  Czarus,  ora  con  Imperator.  Egli  e  vero  perq^he  nell'antichita,  come 
notano  i  Lessici,  Czar  significa  He:  la  stessa  fortuna  ebbe  il  pacriXsu?  de'Gre- 
ci.  Al  presente,  il  titolo  di  Re  ha  per  corrispondeute  in  russo,  Korol. 
1  OBOLENSKI,  Sobornaia  Gramota  ecc.  pag.  2. 


660  UN  DOCUMENTO  GRECO  SPETTANTE  ALLA  CORONAZIONE 

matica  riconosceva  per  capo  supremo  della  Chicsa  ortodossa,  come 
chiamanla  cola,  il  Palriarca  di  Costantinopoli,  a  lui  si  volse,  invian- 
dogli  con  ricchi  donalivi  un'  ambasceria  e  pregandolo  di  adunare  in 
Sinodo  i  Vescovi  della  Chiesa  orientale ,  per  benedire  con  solenne 
decrelo ,  cioe  approvare  e  confermare  1'  alto  della  sua  coronazione 
e  la  dignita  augusta  di  Czar  gia  da  lui  assunla.  II  Palriarca,  che 
era  a  quei  di  Gioasaf  II,  condiscese  pronlissimo  ai  desiderii  d'  Ivan ; 
gli  scrisse  losto  una  lellera,  in  cui  in  nome  proprio  approva  e  be- 
nedice  la  coronazione  fatta  da  Macario ;  indi ,  radunalo  in  Costanti- 
nopoli un  Sinodo  di  trentasei  Ira  Melropolili  e  Vescovi  della  sua  co- 
munione ,  ivi  fu  per  unanime  consenso  decretala  e  scritta  la  Lettera 
'  Sinodica,  nella  quale  ad  Ivan,  atteso  le  molle  e  grandi  sue  virtu,  i 
segnalati  suoi  meriti  verso  la  Chiesa  ortodossa ,  e  1'  imperiale  sua 
discendenza  da  Anna,  sorella  di  Basilio  Porfirogenilo,  viene  confer- 
mala  la  coronazione ,  supplendo  a  ogni  difetlo  di  polesla  del  Melro- 
polita  Macario ,  e  viene  sancila  per  legitlima  e  valida  la  dignita  e  il 
iitolo  imperiale  da  lui  assunto. 

La  Lettera  porta  la  data  dell'  anno  7069  dalla  creazione  del  rnondo, 
che  risponde,  secondo  1'epoca  Costantinopolitana ,  al  Io61  dell' era 
volgare;  e  fu  recata  ad  Ivan  da  Gioasaf,  Melropolita  di  Euripo,  stato 
gia  mediatore  di  tutto  il  negozio  Ira  lo  Czar  e  il  Patriarca  di  Costan- 
tinopoli. Ella  e  scritta  in  un  gran  foglio  di  pergamena,  e  porta  le 
sotloscrizioni  autografe  del  Palriarca  e  di  tulli  i  Vescovi  del  Sinodo : 
a  pie  del  foglio,  da  un  naslro  di  sela  chermisina  pende  un  sigillo  di 
piombo,  avenle  da  un  lato  1'  immagine  della  Bealissima  Vergine  col 
divin  Figlio  al  seno,  e  daH'allro  1'epigrafe  seguenle : 

IOA 

SA<I>    .    €A6O 

OY   APXieniCK 

DOC    KONCTNTIN 

or  noAeoc  NCAC 

POMHC    KAIOIKOr 

M6NHKOC    HTPI 

APXHC 


DEL  PRIMO  CZAR  BELLA  RUSSIA  661 

Gioasaf,  per  misericordia  di  Dio  Arcivescovo  di  Costantinopoli , 
nuova  Roma,  e  Patriarca  ecumenico.  Non  e  a  dire  con  qual  gelosia  i 
Sovrani  della  Russia  abbiano  conservato  un  Documenlo  per  essi  tan- 
to  prezioso.  Esso  fu  serbato  da  prima  nei  grandi  Archivii  del  Mini- 
stero  degli  Esteri  (Inostrannuii  ArchivJ,  concentrati  a  Mosca  nei  sot- 
terranei  deli'antico  Monaslero  di  S.  Giovanni  (Ivanuski);  ed  era 
fra  i  primi  nella  serie  dei  diplomi  greci ,  collezione  ricchissima  di 
ben  733  Document! ,  e  la  piu  ragguardevole  che  si  conosca  dopo 
quella  del  Monte  Athos.  Indi  ,  per  cura  del  Principe  Obolenski ,  So- 
prantendente  agli  Archivii ,  fu  trasferito  nei  Kremlino ,  dove  tuttora 
conservasi  chiuso  in  un  ricco  forziere  con  altri  Documenti ,  che  for- 
raano  quasi  1'Archivio  segreto  del  Palazzo  imperiale. 

Nei  1850,  quando  la  Russia  piu  apertamente  che  mai  aspirava  a 
compiere  1'  antico  disegno  degli  Czar  sopra  1'  Impero  di  Bizanzio ,  il 
Principe  Obolenski  teste  nominato  die  in  luce  la  prima  volta  in  Mo- 
sca il  testo  greco  dei  diploma ,  con  due  antiche  versioni  russe ,  dei 
secolo  XVI  e  del  XVII;  illustrandone  con  dolta  prefazione  e  con  co- 
piose  note  la  parte  storica ,  e  mirando  sopraltutto  a  porre  in  risalto 
la  derivazione  della  dignila  imperiale  degli  Czar  dagl'  Imperatori  Bi- 
zantini  l.  Ma  quest'  edizione  principe,  non  ostante  i  suoi  pregi,  la- 
sciava  a  desiderarne  una  seconda,  in  cui  venissero  emendati  gli  er- 
rori  della  prima  ed  empile  le  lacune  in  questa  lasciate,  cola  dove  le 
piegature  della  pergamena  o  il  logoro  degli  anni  avean  resi  illeggibili 
i  caralteri  original! .  L'illustre  Dom  Pitra,  oggidi  Cardinale  degnis- 
simo  di  santa  Chiesa ,  recatosi  all'  antica  Capitale  della  Moscovia , 
per  fare  anche  cola  ricerche  di  monumenli  per  la  grand'  Opera  che 
meditava,  ebbe  dalla  cortesia  del  Principe  Obolenski  ampia  facolta 
di  penetrare  negli  Archivii  imperiali  e  studiarne  i  Documenti;  ed 
esaminato  fra  gli  altri  anche  il  prezioso  diploma  sopra  descritto,  ne 
trasse  fedelissima  copia ,  colmando  inoltre  le  lacune  predette  con 

1  11  libro  dell'  Obolenski  e  intitolato :  Sobornaia  Gramota  Duchovenstva 
pravoslavnoi  vostocnoi  Tserkvi,  utverzdaiusciaia  sann  Tsarfa  za  Velikim  Knia- 
zeni  Joannom  IV  Vasilievicem,  1561  Goda,  ossla:  Lettera  Sinodica  del  Ciero 
della  Chiesa  ortodossa  orientale,  confermante  la  dignita  di  Czar  al  Gran 
Principe  Giovanni  IV  figlio  di  Basilio,  1'anno  1561. 


662  UN  DOCUMENTO  GRECO  SPETTANTE  ALLA  CORONAZIONE 

supplementi  ,  del  quali  altri  sono  di  evidenle  certezza  ,  altri  si  fon- 
dano  sopra  probabilissime  congetture. 

Or  ecco  il  testo  gemiino  del  diploma  ,  quale  ci  e  comunicato  da 
Sua  Eminenza  ;  aggiuntavi  ,  per  1'  intelligenza  di  tutti  i  lettori  ,  una 
fedele  versione  italiana  l. 


vsac  P(*>yiYjs  y.al  &tstoU[j,eytty$S  Pp^^S  j 


y.ai  ei:iT:(i)Orj  ,   cu  ;j.6 

i:iG7a>v    av§p&v  ,    aXXa    BY]    y.ai   dtac   evYpa 
dhcoSei§e(*)V   TWV  )rpc/vo*fpd<po3v  ,    OTI   6  vuv  paat'Xsu^  ^077.0^(01)  , 
Ss'j,    aaTpaxavtou-    xa^aviou-    vo^ai  ,    y.a 
y.up'io;    io)avvYj£  wcd^^ca    UT:O    ^svcu?    * 

'  '  '  .upfac  avvfj? 


1  Le  parentesi  quadrate  segnano  le  lacune,  supplite  dal  Card.  Pitra. 
Qnanto  alle  mende  e  anomalie  ortografiche,  che  ad  ogni  poco  s1  incon- 

trano  nel  testo,  per  non  ingombrare  la  stampa  di  troppi  sic,  notiamo  qui  una 
volta  per  tutte,  che  elle  si  trovano  cosi  appunto  nell'originale. 

2  II  tratto,  che  qui  abbiam  chiuso  in  parentesi  tonda,  portanella  membrana 
originale  i  segni  d'unaraschiatura,  fatta  per  sostituire  alia  frase  primitiva 
quella  che  ora  vi  si  legge:  liberta  non  rara  nei  diplomi  greci,  la  quale  aggiun- 
ge  loro,  se  non  altro,  il  pregio  di  palimpsesti.  Sembra  adunque,  secondo  che 
osserva  il  Card.  Pitra,  che  i  portatori  del  diploma,  avvertiti  a  Mosca  come  i 
Gran  Principi  pretendevano  assolutamente  di  discendere  da  Gostantino  Mo- 
nomaco  e  di  avere  da  lui  ricevute  le  insegne  imperiali,  si  sian  preso  1'arbitrio 
di  cancellare  una  mezza  linea,  per  farvi  entrare  il  nome  di  y-ovcaaxo?,  supplen- 
do  poi  un  po'  grossamente  al  lesto  primitivo.  II  nuovo  testo  ha  chiaramente, 

Salvo  le  SCOrrez'iOni  Ortografiche:  aoToxpaTO^;  paaiXstou  -ti  m^y^n-vj'  tr.n-y. 

poviaay.G;  8k.  Questa  particclla  ^e,  che  dovrebbe  stare  subito  dopo  e'^tra,  e 
trovasi  posta  tra  due  parole  inseparabili  p-ovo^axo?  6  eOoe^'oraTos  ,  appartiene 
evidentemente  alia  frase  primitiva  :  Ircsira,  i  cui  accenti  restano  ancor  visibili 
nella  pergamena,  precedeva  immediatamente.  A  sinistra  si  vede  ancora  un 
accento  circonflesso  che  suppone  un  nome  proprio,  coi  rudrmenti  superiori 
di  un  K  ;  cid  che  conduce  a  un  KwvofravTwou.  Infme  le  48  lettere  che  nella 
linea  inferiore  rispondono  allo  spazio  cancellato,  autorizzauo  a  leggere  cosi 


BEL  PRIMO  CZAR  DELIA  RUSSIA  663 

cc)  o£  ,  o  feucp^iaraTo?  paaiXs'j?  xtovbtowrivo?  ,  jjijsTa  TOU]  TC"T£  :ra7p'iap- 


ou,  xal  7%  TYjviV.auTa  ispa?  TWV  ap"/isp=o3v  cuv6ocu  ,   (fccWTseCXafis?  Tbv 
ispifoaTOV    iMQTporopKferjV  lessou,    y.al  ibv   TYJC  dtoTioyJsia?  e^apywo]v, 
?c   j3asiXsa   TCV   efoefi&jmTOV    psXiV  '/.'/EC;    (3oXovTfy,oipov  ,    v-al 
,    TO  ,   T£  (3aaiXiy.cv    ar^^a   eicl  T/J<;  y.s^aXv]?  ,    y.al  TO 
jie-a    [XiOtov    o"i]aSYj[ji,a  ,    y.al   TaXXa    paj'iX'i'y.a   a'/j^sta    xa\  ajji^'a.    50sv 
y.al  6  Upd)TaTo<;  ^TpOTCoXiTYj?  jxoraofiiou  y.al  Traa^t;  jjisYaXr^  pwcta;  xup 
6p^]ii);j-£vO(;  ,    earstyev   auibv   ei?  pad'Xsa  v6f)uqJCOT   y.at 
,    y.a    '?j^et<;  o^otOTpo^o)?  aTcYjTYjOYj^sv  ffil^at   TOUTOV  eig  $a- 


bu    y,up  ^a'/^pto?.    *al   ou  jiivov  ^Tf)Tpc^[oAiT/)?    5](rui?  [av  Ta 
y.al  sTvj  §6vaiai  ,  Y^  l^oucfav  I^ei  TO  TOIOUTOV  To7sdcai  ,  aX7^'  c-j^ 
•/'f\q  aXXoq,  ^6vov  "f[^p  TOIOUTOV]  Trpovci^'ov  uTuapysi  ouo?v,  TW 
9^;j;i   y.al  TO)  Ktova-cavTYvouTuoXeox;  ,    To6-:ou  /apVv   xal  YJ 
TYJV  TOtauiYjv   ai-njaiv   OCT£   Bt'yvai 

iq*dVY)  xal  i:epi  TWV  TroXXwv  xai  lAeyaXftV  ap£Twv  x.al  s5- 
TOJ  £ud£p£aTaTOU  pad'X£wc  [AOOXO^OU  xupCo'J  ttoawsu  , 
w?  aXirjOux;  y.aOa7U£p  TIC;  £t£poi;  Xa^TCpoTaTO?  •fjXtcs,  c^aTpav  TYJV 
oTtihlf}^  OVTOX;  y.al  Xa;jL7rpOTaT^v  Xa^wv,  GUf;i- 
sTai  y.al  Tot?  /Oa;^aXci;  ,  y.al  o5v"o)  ei-nstv  crr/jpiyjktc;  ,  falvci  y,ai  ITC' 
uiY]  TY]  X,0ovi,  Ta?  d^Tlva?  T%  duTou  ^^r^j-wa-jvr^  Tat?  d^avTayou  £/,- 
cp'tXavOpwrox;  5i:<*ptsfe  ,  y.al  a?  JASV  TWV  ly/AXYjatoiV  BiJcXiuow 
£t,  a?  8'  e/,y,aX£tTat  -rupee;  au^r^aiv  y,al  ^ap^ou^opav  TOUTOW  Xci- 
xai  r\  ^£Tp'tcr/^  ^[/.uv 
{j.YjTpOTToX'iTwv  ,  y.al 

TYJ   evsp^eia    ^.al  ^apifi    TOU   -Trava^iou   y.al   'Cwap^iV.ou    xai 
Tfvc,  ,    £7W/opYJYtt   y>al    £7cippa^£U£t    TU>    pr48 
TCU  aval   y,al  cvo^a^£(j8at    duibv    ei?   paciXda  vc[x'i[jLOV   y.al  eu 

'  f^wv  vo^4p(o?  a{;,a  y,al  iy^XYjataaTty-wi;.  'EweC  y.al 
y.al  aTjLaio<      aatXix.ou    o)    etiroJLev    y.al 


H  testO  SOppresSO  :  auTO>cpa(Topo5  paoiXsiou  xal  rou  ^aaiXsw?  RwvaTavTtvou  .  eT 

Infatti  e  noto  che  la  principessa  Anna  era  sorella  degl'  Imperatori  Basilio  II 
eCostantino  VIII,  i  quali  regnarono  dall'anno  976  al  1025  e  1028.  L'altro 
Costantino  Monomaco  impero  dal!042  al  1054.  Vedi  la  Cronologia  Bizantina 
del  MURALT  p.  570. 


664  TIN  DOCUMENTO  GRECO  SPETTANTE  ALLA  CORONAZIONE 

<psp£'.  TO)  yptsT'.avYcr^w  ,  77.:  rcovTaxotev  voyA'^ov  UTuapyj^  y.al  cixatov  , 
Trpbg  cr&nacrw  StjXacS'Jj  y.al  wcpiXs'.av  -rcavrbs  TGU  yp'icrTtavty.oTJ  7:AY]pw[AaTO£. 
p  ^ofr  T0  £H'°'GV  *2tvwvY;Tbv  ,  TO  cz  av5^oiov  axowwy/jTov  ,  x,at 
'i  ^av  TO  UTC'/jy,oov  szssSai  y.aTo^iv  TYJ<;  TOU  ap^cvTO<;  YVWJJLT^  , 
TO  Tiav  T%  aTUGoei^ea)^  xal  T^C;  aXr^Osia^  urcapy^'.  ou^  TV  a  ex,  TWV 
TOCOUTOV  y.aTaXa^gavc^ev  Tag  apywa^  y.ai  Ta  aifia  TWV 
,  Saov  ex.  TWV  dctTtoJV  y.al  TWV  apywv  y,aTaXapi6av£tv  Ta  ^7:0- 
Ta,  TCUTOU  ^apiv  -zpo^avwg  au^ospsi  TO  eTvat  y.al  *p05rjY£tcr6^K 
s&aepTj  y.al  op06Bo?cv  ,  S'.a  Ttva  apy^v  x.ai  Os^Xtcv  appa^fj  , 
^  cu[jL-a<;  Xabg  y.a\  TO  tna^xobv  i^s^Oa'.  sitoBsv  ,  y,a\  TOUTOV  jxV- 
y,aTa  oyvapitv  Iv  epYaafa  TtavTO?  a^aBou,  clov  ft  ^Tuori'Xa^w 
vcv  «TC'  atTia;  cxyaO^;  y,al  gaaTXr/.f^  d>;  stpr^ai,  oOev  y.al  si; 
TYJV  wspt  TOUT03V  §^Xa)aVv  y.al  aa^aXeiav.  l^evsTO  y.al  TO  Tuapbv  ^{/.iTspov 
jAa  ,  x-al  l^eooOyj  TW  euus^^^^1-^  BsocTdTTTto  TS  y.al  clXG- 
?  Y;PLWV  7.upw  UOOVVYJ.  iv  £T£'.  ^6^  ivB.  5: 


'luiaca^  eXsw  Osou 
wy       y,al  ot 


ayxupaq 


£cp£sou  Aouy.a?  : 
vr/aiac;  KupiXXc; 


Taiusivb?  pjTpc:roXiTY3<;  s&pfeou  'Iwaaao  x,al  TWV  TOWOV  lirsy^v  Ku^.y.c'j 


{J,p07:.^   VxovCou 


Bta;  AVovuaici; 
oVb^  EuOu^Yoc  : 


DEL  PBIMO  CZAR  BELLA  RUSSIA  665 


i/,YjTpci:oXfcYjs  ipiao-j  y.ai  aytcu  opou?  Aa5  : 
pjTp  OTUoXfiY);  ^uxvwv 
^£ivb<;  .iJLYjTpoTCoXtTiqs  [/.ovsgacia?  , 
TaTCEivb;  pjTpozcXiTYjc  /pk-iavou  w^Xeo)?  Mapi6p'to<; 
'AOijvwv  KaXXwco?  : 
KopivOou  Swopovb? 
r^wv   'Iwaaa?  : 


Nswv 

cu  y.a    apir^ 


::a7va'.a)v  zatpwv  ,  Fep^avoc 

[Xay.£]B£^ovfa?  , 


UT£X^;  6^(0x07:0?  1:0X100% 

e^^OTUos  aXaaawvc*; 


4*  GIOASAF  ,  PER  MISERICORDIA  DI  DIO  ARCIVESCOVO  Dl  COSTANTINOPOLI  , 
NUOVA  ROMA,  E  PATRIARCA  ECUMEN1CO. 

Poiche  la  noslra  mediocrita  si  e  pienamente  accertala  e  persuasa, 
non  solo  per  tradizione  di  molli  personaggi  fededegni,  ma  eziandio 
per  iscrilte  dimoslrazioui  del  cronografi,  che  il  presente  Imperalore  1 


1  Traduciamo  il  (foctXcu;  per  Imperatore,  giacche  e  noto  che  nel  Basso  Im- 
pero  tal  era  il  significato  del  titolo  po<riXa6{.  Quindi  e  che  nel  secolo  IX  gl'Im- 
peratori  Bizantini,  contrastando  ai  Carolingi  il  titolo  imperiale,  non  li  chia- 
mavano  paaiXe'a?,  ma  con  sprezzante  barbarisrno  p^a?,  Reges:  inlorno  a  che 
veggasi  la  Lettera  dell'  Imperatore  Lodovico  II  a  Basiliojl  Macedone,  presso 
il  BARONIO  Annali,  a.  871,  n.  51  e  segg.  In  questo  stesso  diploma,  Tlmperatore 
Costantino  Monomaco  e  chiamato  6  paalxsu;  Kovaravrivo;  ;  e  d'  altra  parte  e 
certo  che  i  Russi  col  titolo  di  Czar  pretendeano  1'equivalente  d'  Imperatore. 


666     UN  DOCUMENTO  GRECO  SPETTANTE  ALLA  CORONAZIONE 

della  Moscovia ,  di  Novogorod ,  di  Astracan ,  di  Kasan ,  di  Nogai  e 
di  tutta  la  grande  Russia ,  Sire  Giovanni ,  discende  da  lignaggio  e 
sangue  veramente  imperiale,  cioe  da  quella  celebre  Imperatrice  e  Re- 
gina  la  signora  Anna,  sorella  dell'autocrate  Basilio  Porfirogenito ;  e 
die  poscia  il  piissimo  Imperatore  Costanlino  Monomaco,  insieme  col 
Patriarca  d'  allora  e  colla  sanla  Sinodo  dei  Vescovi  di  quel  tempo, 
avendo  mandato  il  santissimo  Metropolita  di  Efeso  e  1'Eparcodi 
Antiochia,  incoronarono  in  Imperatore  piissimo  ilGran  Principe  Vo- 
lontimiro  (Vladimiro),  e  gli  donarono  la  corona  imperiale  (da  porre) 
in  capo,  e  il  diadema  gemmato,  e  le  altre  insegne  e  vestimenla  im- 
periali :  donde ,  il  santissimo  Metropolita  della  Moscovia  e  di  tulta 
la  grande  Russia,  signor  Macario,  mosso  da  tai  cose,  lo  incorono  in 
Imperatore  legittimo  e  piissimo ;  e  noi  similmenle  siamo  stati  richie- 
sli  d'  incoronare  lui  in  Imperatore  pio ;  essendo  ehe  non  e  valido  quel 
clie  fece  il  predetto  Metropolita  della  Moscovia ,  signor  Macario,  e 
non  solo  niun  Metropolita  quale  en'  ei  si  sia  non  puo  ne  ha  facolla 
di  far  tanto ,  ma  neppure  niun  altro  Patriarca,  perocche  tal  privi- 
legio  appartiene  solamente  a  due  ( Patriarchi ) ,  cioe  a  quel  di  Roma 
e  a  quello  di  Costantinopoli :  percio  la  nostra  mediocrila  accogliendo 
colesla  domanda,  siccome  giusta  e  benedetla,  ed  essendo  parimen- 
le  persuasa  si  delle  molte  e  grandi  virtu%  si  delle  beneficenze  di 
questo  piissimo  Imperatore  della  Moscovia,  Sire  Giovanni,  com'egli 
in  verita,  a  guisa  d'  un  altro  splendidissimo  sole,  avendo  avuia  in 
sorte  una  sfera  allissima  veramenle  e  splendidissima  d'  imperio,  pu- 
re discende  anche  fra  i  morlali,  e,  per  cosi  dire,  vestilo  di  solide 
forme  passeggia  anche  sopra  quesla  terra,  amorevolmente  spanden- 
do  i  raggi  della  sua  limosina  sopra  tutte  le  Chiese ,  ed  altre  di  esse 
scaldando  vivifica,  altre  chiama  e  promuove  a  feconda  maturila:  per 
tulle  queste  cose  adunque  anche  la  nostra  mediocrita,  per  sentenza 
eziandio  dei  qui  presenti  santissimi  Melropoliti,  e  Vescovi  a  Dio  di-, 
lettissimi ,  per  virtu  e  grazia  del  Sacrosanto  Spirito,  autore  di  vila 
e  inizialore  di  ogni  cosa ,  concede  ed  aggiudica  al  detlo  Imperalorc 
Sire  Giovanni,  di  essere  e  di  chiamarsi  Imperatore  legitlimo  e  piis- 
simo, e  da  noi  coronato  legitlimamente  ed  ecclesiasticamcnte.  Im- 
perciocche  egli  discende  da  lignaggio  e  sangue  imperiale,  come 


DEL  PRIMO  CZAR  DELL  A  RUSSIA  667 

abbiam  detto,  ed  e  utile  atutto  il  Cristianesimo ;  e  per  ogni  rispelto 
e  cosa  legittima  e  giusta  ed  atta  a  recare  stabilita  e  giovamento  a 
tutto  il  mondo  cristiano.  Imperocche ,  siccome  e  proprio  dei  simili 
1'accomunarsi  e  dei  dissimili  il  fuggire  la  mutua  comunione,  e  tutti 
i  sudditi  amano  andar  dietro  alia  sentenza  del  principe,  e  tutto  il 
nerbo  della  dimostrazione  e  della  yerita  sta  non  tanto  nell'  inferire 
dagli  effetti  i  principii  e  le  cagioni  delle  cose ,  quanto  nell'  inferire 
dalle  cagioni  e  dai  principii  gli  effetti;  percio  e  manifestamente  cosa 
utile  cue  vi  sia  e  signoreggi  un  Iraperatore  pio  e  ortodosso,  che  sia 
come  principio  e  fondamento  inconcusso,  a  cui  tutto  quanto  il  popo- 
lo  e  i  suddifci  sogliano  andar  dietro,  ed  imitarlo  secondo  le  forze  nel- 
Foperare  ognibene,  a  guisa  di  eifetto  procedente  da  causa  buona  e 
sovrana ,  come  si  e  detto.  Pertanto,  a  manifestazione  e  sicurezza  di 
queste  cose,  fu  fatta  la  presente  nostra  benefica  Lettera,  e  fu  conse- 
gnata  al  piissimo,  coronato  da  Dio  e  amante  di  Cristo,  Imperator 
nostro,  Sire  Giovanni.  Nell' anno  7069.°  indizione  4.a 

.if;.       -  • .".  »i»«  '   -  ' .'  .;•':»,  :    :     .uk 

*%*  GIOASAF,  PER  MISERICORDIA  DI  DIO  ARCIVESCOVO  DI  COSTANTINOPOLI 
NUOYA  ROMA  ,  E  PATR1ARCA  ECUMENICO.  +fc 

Umile  Metropolita  di  Cesarea  e  Cappadocia,  Macario. 

Umile  Metropolita  di  Ancira,  Gerasimo. 

Umile  Metropolita  di  Eraclea,  Cirillo. 

Umile  Metropolita  di  Efeso,  Luca. 

Umile  Metropolita  di  3Nfcea,  Cirillo. 

Umile  Metropolita  di  Filadelfia,  Gabriele. 

Di  Tessalonica,  Teona. 

Umile  Metropolita  di  Adrianopoli,  Arsenio. 

Umile  Metropolita  di  Euripo,  Gioasaf  e  Vicario  di  Cizico. 

Umile  Metropolita  di  Pisidia,  Beniamino. 

Umile  Metropolita  d'Iconio,  Basilio, 

Umile  Metropolita  di  Nicomedia,  Dionisio. 

Umile  Metropolita  di  Calcedone,  Eutimio. 

Umile  Metropolita  di  Amasia,  Gennadio. 

Umile  Metropolita  di  Bindina,  Neofito. 


668  UN  DOCUMENTO  GRECO  SPETTANTE  ALLA  CORONAZIONE 

Umile  Melropolila  di  Prusa,  Gregorio. 

Umile  Metropolita  di  Gano,  Teofane. 

Umile  Metropolita  di  Eriso  e  del  Monte  Santo,  Davide. 

Uraile  Metropolita  di  Zicno,  Callisto. 

Umile  Metropolita  di  Monembasia,  Geremia. 

Umile  Metropolita  di  Cristianopoli,  Martirio. 

Di  Alene,  Callislo. 

Di  Corinto,  Sofronio. 

Di  Tebe,  Gioasaf. 

Umile  Metropolita  di  Larissa,  Neofito. 

Di  nuova  Patro,  Massimo. 

Di  Naupalto  ed  Arte,  Gabriele. 

Di  Filippopoli,  Arsenio. 

Di  Patro  la  yecchia,  Germano. 

Umile  Metropolita  di  Lacedemonia,  Doroteo. 

Umile  Metropolita  di  Ternovo,  Gioachino. 

Di  Anchialo,  Acacio. 

Meschino  Vescovo  di  Citro,  Damasceno. 

Meschino  Yescovo  di  Serbia,  Macario. 

Meschino  Vescovo  di  Poliane,  Euplo. 

Umile  Arcivescovo  di  Alassone,  Gioasaf. 

Questo  Documento,  chi  volesse  illustrarlo  degnamente,  offrirebbe 
largo  campo  a  commenti  e  riflessioni  di  ogni  maniera ,  filologiche  e 
paleografiche ,  storiche  e  politiche  ed  ectlesiastiche.  Le  singolarita 
dell'  ortografia  greca ,  come  nota  il  Card.  Pitra,  mostrano  evidente 
il  riflesso  dell'  accentuazione  e  della  pronunzia  araba,  entrata  in  Co- 
stantinopoli  colla  conquisla  dei  Turchi ;  giacche  nei  manoscritti  gre- 
ci,  anteriori  alia  conquista,  e  assai  raro  incontrarle.  La  lingua  e  lo 
stile  non  serbano  neppur  1'ombra  della  purezza  ed  eleganza  di  quel 
nobilissimo  idioma,  che  negli  aurei  secoli  della  Chiesa  Greca,  in 
bocca  de'  santi  Padri  e  Dottori ,  lasciava  poco  o  nulla  ad  imidia- 
re  al  classicismo  pagano.  Ma  se  il  diploma,  nelle  forme  stesse 
del  suo  dettato,  porta  scolpita  1'  impronta  di  barbaric,  e  i  segni,  per 
cosi  dire,  di  quel  lungo  servaggio  che  la  Chiesa  scismatica  avea  so- 


DEL  PRIMO  CZAR  DELIA  RUSSIA  669 

stenuto ,  prima  solto  il  Basso  Impero  e  poi  solto  11  dispoiismo  tur- 
chesco ;  la  sua  servilita  apparisce  assai  piu  nei  concetti  e  nei  senti- 
ment! della  Lettera,  e  sopratlutlo  in  quelle  sformate  adulazioni  ver- 
so lo  Czar ,  die  \ien  salutato  come  Sole  del  mondo  e  fondamento 
della  Chiesa,  mentre  a  quei  di  egli  era  gia  divenuto  per  le  sue  mo- 
struose  immanita  1'obbrobrio  della  Chiesa  e  del  mondo.  Nondimeno 
di  leggieri  s'  intende ,  perche  il  Patriarca  e  i  suoi  Vescovi  s'  inchi- 
nassero  con  tanto  ossequio  alia  barbara  maesta  del  Moscovila.  Stac- 
cati  com'erano  dal  vero  cenlro  deH'unita  crisliana,  e  gementi  sotto  il 
giogo  de'  Turchi,  essi  scorgeano  nella  crescente  potenza  della  Russia 
Tunica  speranza  di  salute  e  grandezza;  percio  studiavano  ad  esaltar 
quella  potenza  col  tilolo  imperiale ,  ed  altamente  proclamavano  la 
discendenza  dello  Czar  dagl'  Imperatori  di  Bizanzio,  accennando  con 
cio  esser  egli  il  loro  legiltimo  erede ,  e  proponevano  a  tutto  il  po- 
polo  cristiano  il  nuovo  Imperatore  ortodosso,  come  principio  e  centro 
di  quella  grande  unita  politico-religiosa ,  che  fu  poi  sempre  ed  e 
tuttora  la  brama  di  tulli  gli  scismatici  greco-slavi. 

Ma ,  Iralasciando  queste  ed  altre  osservazioni ,  quel  che  noi  vo- 
gliamo  solamente  notare  nei  citato  Diploma ,  si  e  F  aperta  profes- 
sione  che  fanno  il  Patriarca  e  i  Yescovi,  di  riconoscere  nei  Roma- 
no Pontefice  quella  prerogativa  sovrana,  che  da  principio  dicevamo. 
Due  soli  al  mondo,  dicon  essi,  hanno  il  prrvilegio  e  la  polesta  d'  in- 
coronare  gl'  Imperatori ,  e  proclamare  in  nome  di  Dio  legittima  la 
loro  dignita;  IL  PATRIARCA  DI  ROMA  e  il  Patriarca  di  Costantinopoli. 
Per  quanto  I'orgoglio  della  ribellione,  da  Fozio  e  dal  Cerulario  in 
qua,  accecasse  i  Patriarch!  Greci  a  disconoscere  la  supremazia  uni- 
versale  del  Papa,  non  pero  giunsero  mai  a  negargli  eerie  prerogati- 
ve che  a  tal  supremazia  solo  appartengono.  Essi  vollero  bensi  aver- 
le  comuni  col  Papa,  a  lui  pareggiandosi ;  e  cio  in  virtu  dell'  errore 
fondamentale  dello  scisma ,  il  quale  scindendo  in  due  1'  unita  del- 
la  Chiesa  di  Cristo,  pretese  di'darle  due  Capi,  ambedue  ecume- 
nici,  ambedue  supremi  e  indipendenti ;  ma  in  questa  medesima  pre- 
tensione  di  uguaglianza ,  i  Patriarch!  della  nuova  Roma  mostraron 
sempre  verso  quei  dell'anlica  una  certa  deferenza,  trattivi  quasi  lor 
malgrado  dall'evidenza  troppo  gagliarda  delle  ragioni  e  dei  fatti,  che 
mostrano  il  Vescovo  Romano,  non  solo  per  antichita,  ma  per  ampiez- 


670     UN  DOCUMENTQ  GRECO  SPETTANTE  ALLA  CORONAZIONE 

za  di  potesta  nella  GMesa  universale ,  essere  stato  semprc  di  gran 
lunga  super-lore  a  quel  di  Costantinopoli.  E  di  tal  deferenza  abbia- 
mo  un  esempio  nel  nostro  stesso  Diploma  ;  dove  il  privilegio  di  co- 
ronare  gl'  Imperatori  viene  attribuito  in  primo  luogo  al  Patriarca 
Romano,  e  poi  al  Costanlinopolitano.  Costantinopoli  non  pole  mai,  per 
quanto  il  volesse ,  dimenticarsi  che  Roma  le  era  stata  madre,  e  che 
da  Roma  le  era  venuta  ogni  grandezza  ed  autorita  nell'ordine  eccle- 
siastico  come  nel  politico.  Quindi ,  anche  nell'  atto  di  eguagliarsi  a 
Roma,  arrogandosi  una  potesla  che  al  solo  Capo  del  mondo  erislia- 
no  apparteneva,  pure  a  Roma  cedeva  le  prime  parti. 

La  confessione,  che  abbiamo  udita  dal  Patriarca  e  dai  Metropoliti 
della  Chiesa  scismatica,  viene  poi  ripetuta  e  confermata  dallo  stesso 
Czar ;  di  modo  che  la  prerogativa  di  creare  gl'  Imperatori  trovasi  at- 
Iribuita  al  Papa  dalle  due  autorita  supreme  del  mondo  scismatico, 
cioe  dali'  aulorita  religiosa  e  dalla  civile,  infatti ,  nella  Lettera,  che 
Ivan  IV  scrisse  al  Patriarca  Gioasaf  1,  per  ringraziarlo  dell'  ottenuto 


1  Prima  di  congedarci  dal  Patriarca  Gioasaf,  non  sara  discaro  ai  lettori 
Favere  di  lui  qualche  piu  ampia  contezza.  Secondo  la  Storia  anonima  dei 
Patriarchi  CP.,  trascritta  da  Emmanuele  Malaxo  e  pubblicata  da  Martino 
CRUSIO  nel  Lib.  2.°  della  sua  Turcograecia,  Gioasaf  fu  uomo  superbo,  ambi- 
zioso,  aspro  col  clero  e  coi  nobili,  simoniaco,  eppercio  meritevole  della  con- 
danna  che  inline  lo  sbalzo  dal  seggio  patriarcale.  Altri  nondimeno ,  come 
Teodosio  Zigomala  (presso  il  CRUSIO,  TurcograeciaL.  1.°),  hanpreso  a  difen- 
derlo,  tacciando  di  calunniele  colpe  appostegli;  ed  oltre  ai  pregi  di  uomo  eru- 
dito,  e  di  cantore  egregio,  narrano  esser  egli  stato  buon  amministratore  della 
sua  Chiesa  e  severo  mantenitore  della  disciplina.  Appena  creato  Patriarca, 
tanto  seppe  fare  che  ottenne  da  Solimano  il  Magnifico,  che  fosse  ridotto  a 
2000  il  tribute  (chiamato  weoxsaiov)  di  3000  scudi  d'oro,  che  i  nuovi  Patriar- 
chi dovean  pagare  al  Gran  Sultano  per  V  investitura.  Rifabbrico  nobilmente 
il  recinto  del  Patriarchio,  lo  aggrandi  di  due  vasti  e  splendidi  palazzi,  e  le 
chiese  arricchi  di  vasi  d'  oro  e  d'argento;  munificenze,  a  cui  non  poco  do- 
vettero  conferire  i  ricchi  donativi  manclatigli  dal  Czar  della  Russia.  Tra  gli 
atti  di  Gioasaf,  il  piu  lodevole  forse  e  la  ripulsa  da  lui  data  ai  Luterani  che 
tentarono  di  trarlo  a  se;  imperocche,  come  narra  Leone  Allazio  (Deconsen- 
sione  perpetua  Occident  alls  et  Orientalis  Ecclesiac,  Lib.  3.°  c.  8),  avendo  Fi- 
lippo  Melantone  nel  1559  inviato  a  Gioasaf  la  formola  della  Confessione  Au- 
gustana  perche  si  degnasse  d'  approvarla,  il  Patriarca  nol  degno  neppure  di 
risposta.  Ma  Gioasaf  non  gode  a  lungo  gli  onori  del  Patriarcato,  anzi  tempo 


PRIMO  CZAR  BELLA  RUSSIA  671 

diploma,  ripetendo  di  questo  le  sentenze,  riconosce  anch'egli  ed  af- 
ferma  espressamente,  niun  Metropolita,  qualimque  ei  siasi,  anzi  niun 
altro  Patriarca  aver  la  potesta  di  coronare  e  benedire  Imperatori,  e 
di  sancire  per  legittima  la  loro  dignita ,  ma  questa  dignila  allora 
soltanto  diventar  legitlima,  quando  ha  la  lode  (doe  1'approvazione) 
jRomana  e  la  Costantinopolitana :  Rimskaia  Pochvala  i  Ronstantina 
Grada  1. 

Del  rimanente,  ad  intendere  in  quanto  pregio  fosse  tenuta  questa 
lode  Romano,  da  Ivan  IV  e  da'  suoi  successor!,  basta  osservare  il 
\ivo  e  continue  studio  che  i  Sovrani  di  Russia  posero  da  indi  in  qua 
per  otlenere  dai  Romani  Pontefici  di  essere  riconosciuti  col  titolo 
di  Czar ;  non  dandosi  posa  finclie  non  1'  ebbero  conseguilo.  Benche 
questo  titolo  fosse  lor  dato  a  piena  bocca  e  a  piene  mani  bene- 
detto  dal  Patriarca  di  Gostantinopoli  e  da  tutta  la  Gerarchia  scismati- 
ca,  ei  sembra  che  non  istimassero  d'averne  sicuro  il  possesso,  finche 
questo  non  fosse  loro  confermalo  da  quell'  autorita  medesima  della 
S.  Sede,  alia  cui  supremazia  ribellavansi  come  scismatici.  E  benche 
quel  titolo  fosse  lor  gia  conceduto  da  altri  Sovrani  eziandio  potenlis- 
simi  d'  Europa,  da  niun  Sovrano  nondimeno  lanto  ambirono  e  briga- 
rono  di  ottenerlo,  quanto  dal  Papa ;  ben  sapendo  che  col  voto  del 
Papa  verrebbero  loro  ad  un  tralto  conquistati  gli  altri,  e  che  senza 
quel  volo  non  potrebbero  mai  ottenere  nel  consesso  del  Potentati 
cristiani  Talto  grado  a  cui  aspiravano. 

spogliatone  con  ignominiosa  sentenza.  Nel  Gennaio  del  1565,  avendo  egli 
adunalo  il  Sinodo  per  correggere  gli  ecclesiastic!,  questi  fieramente  contro 
lui  irritati  fecero  congiura  con  Giovanni  Cantacuzeno,  potentissimo  laico,  ed 
accusato  il  Patriarca  di  simonia,  ne  sentenziarono  sinodalmente  la  deposi- 
zione.  La  sentenza  sinodale  e  riferita  per  intiero  dal  Malaxo,  e  lu  sottoscritta 
da  52  Prelati ,  tra  i  quali  rilrovansi  quasi  tutti  quei  medesimi  Vescovi  che , 
quattr'  anni  innanzi,  aveano  sottoscritto  con  Gioasaf  il  diploma  della  coro- 
nazione  d'lvan  IV.  Vedi  \' Oriens  Christianus  del  LEQUIEN  T.  I;  e  nei  Bol- 
landisti,  Tom.  I.  Augusti,  il  Trattato  preliminare  De  Patriarchis  CP. 

1  OBOLENSKI,  pag.  41.  Ivi  1'  Autore  recita  intiera  la  Lettera  del  Czar,  co- 
piandola  con  altri  Document!  dal  Registro  stalistico  delle  relazioni  tra  la 
Russia  e  la  Gerarchia  della  Chiesa  ortodossa  d'Oriente  ( Stateinuii  Spisok  po 
snoseniam  Rossii  s  Vlastiami  pravoslavnoi  Tserkvi  na  Yostok),  Codice  Ms. 
del  secolo  XYI. 


672  UN  DGCUMENTO  GRECO  SPETTANTE  ALL  A  COR03AZIONE 

Lo  slesso  Ivan  IV,  dopo  la  coronazione  del  1547,  e  prima  eziandio 
di  volgersi  al  Patriarca  di  Costantinopoli  per  averne  la  conferma,  erasi 
gia  volto  a  Roma,  tentando  di  oltenere  dal  Papa  Giulio  III  il  titolo  re- 
gio.  Ma  ii  Re  di  Polonia  Sigismorido  Augusto,  mandato  un  ambascia- 
tore  in  Roma  ad  impedir  la  pralica ,  facilmente  ottenne  che  si  rom- 
pesse  1.  Laonde,  benche  Ivan  solesse  intitolarsi  ad  ogni  tratto  Ma- 
gnus Dominus  Imperator  2  e  Magnus  Imperator  universae  Ritssiae  3, 
nelle  lettere  nondimeno  che  a  lui  furono  scrilte,  da  Pio  IV  nel  1561 
per  invitarlo  a  mandare  oratori  al  Concilio  di  Trento  4,  da  Pio  V 
nel  1570  per  sollecitarlo  alia  Lega  contro  il  Turco  ed  all'unione  cat- 
tolica  5,  e  da  Gregorio  XIII  nella  Legazione  del  Possevino  6,  d'altro 
(itolo  non  fu  onorato  se  non  che  di  Magnus  Moscoviae  Dux ,  titolo 
poco  diverso  da  quello  di  Moscoviae  Dux  et  Russiae  Princeps,  che 
a  Basilio  IV,  padre  d'  Ivan,  avea  dato  Leone  X  7.  Nel  secolo  se- 
guente,  nuove  e  piu  gagliarde  pratiche  furon  mosse  a  Roma  per  lo 
slesso  intenlo  da  Alessio  Michelowicz,  il  secondo  Czar  della  dinaslia 
dei  Romanoff.  Egli  mando  nel  1673  a  Clemente  X  ambascialore  un 
de'suoi  primarii  ufficiali,  Paolo  Meneses,  scozzese  di  nascila  e  di 
professione  cattolico ;  con  una  leltera  in  cui  chiedeva  aiuti  per  se  e 
per  la  Polonia  alleata  contro  i  Turchi.  In  quesla  lellera  8  Alessio 

1  II  Nunzio  di  Polonia  scrivea  nel  1561  da  Cracovia  al  Cardinal  Morone: 
Me  recordo  che  al  tempo  della  felice  memoria  de  Giulio  ( III )  sendo  qualche 
maneggio  de  far  Re  el  Moscovila,  el  Re  de  Pollonia  mando  un  Ambasciatorc 
in  Roma  per  impedir,  onde  conslgliando  Giulio  con  Marcello  (il  Card.  Marcello 
Cervini,  cbe  fu  poi  Marcello  II )  li  disse  questo,  che  era  inegllo  manlener  Pol- 
Ionia  fermo  che  metterlo  in  dubbio  per  el  Greco  che  dodeci  volte  havea  man- 
cato  alia  Chiesa  Romana.  THEINER,  Monumenta  Poloniae  et  Lilhuaniae  etc. 
ex  tabulariis  Vaticanis  deprompta.  T.  II,  pag.  664. 

2  POSSEVINO,  Moscovia,  sive  De  rebus Moscoviticis,  Yilnae,  1586;  fol.  126, 
158,  254  etc. 

3  THEINER,  Monumenta  Poloniae  etc.  pag.  713. 

4  THEINER,  ivi,  pag.  635. 

5  THEINER,  ivi,  pag.  748. 

6  POSSEVINO,  Moscovia,  f.  46,  258. 

7  Bullarium  De  Propag.  Fide.  Append.  T.  I. 

8  THEINER,  Monuments  historiques,  relatifs  aux  regnes  d 'Alexis  Michaelo- 
witch,  Feodor  III  et  Pierre  le  Grand  Czars  de  Russie,  extraits  des  Archives 

duVatican  et  de  Naples.  Rome,  1859;  pag.  76  -  78. 


DEL  PRIMO  CZAR  BELLA  RUSSIA  673 

s'  intitola :  Nos  magnus  dominus  Czar  et  magnus  dux ,  totius  ma- 
<jnae,  parvae  et  albae  Russiae  autocrator  etc.  etc.,  e  ripete  1'origi- 
ne  de'  suoi  antecessori  da  Gesare  Augusto ,  dominatore  di  tutto  il 
mondo  1 ,  e  poi  da  Vladimiro  Vsevolodovicz  Monomaco,  qui  a  Graecis 
maximo  cum  decore  coronam  capiti  impositam  accepit :  edf  al  Ponte- 
fice  non  da  altro  litolo  che  di  Papa  et  Director  Ecc/esiae  Romanae, 
scusandosi  ia  fine,  se  ha  omesso  alcuno  del  tiloli  dovutigli.  La  guerra 
contro  il  Turco  era  1'  inlenlo  palese  dell'  ambasciata ;  ma  nel  tempo 
slesso  il  Meneses  dovea  studiare  di  stringere  relazioni  durevoli  colla 
S.  Sede,  ottenendo  da  questa  pel  suo  Sovrano  1'ambito  titolo  di  Czar. 
Tuttavia  non  parve  a  Clemente  X  di  doverlo  di  do  conlentare,  sia' 
perche  ei  si  tenesse  offeso  dell'avergli  Alessio  negato  il  titolo  diPon- 
tefice  Massimo,  dato  gia  da  Ivan  IV  e  da  altri  autocrali  della  Russia 
ai  Papi ;  ovvero  non  volesse  col  tilolo  imperiale  di  Czar  pregiudicare 
alia  maesta  dell'  unico  Imperatore  d'  Occidente  ch'  era  il  Germanico, 
o  diffidasse  ad  ogni  modo  dell'amicizia  e  della  fede  russa,  sperimen- 
tala  gia  le  tante  volte  ingannatrice ;  laonde  rispose  ad  Alessio,  in 
termini  generali  di  cortesia,  non  salutandolo  con  altro  titolo ,  che  il 
consueto  di  Magnus  Moschorum  Dux  2. 

Ma  le  traltative  che  ad  Alessio  andarono  fallite,  ebbero  miglior 
successo  indi  a  poco  nei  primi  anni  del  regno  di  Pietro  il  Grande. 
Dall'  una  parte  i  Ministri  russi ,  trattando  a  Vienna  ed  in  Polonia  coi 
Nunzii  pontificii,  rinnovarono  le  istanze  che  il  Papa  riconoscesse  il 
ioro  Sovrano  col  titolo  di  Czar,  promettendo  ch'ei  non  manchereb- 
be  di  trattare  il  Pontefice  coi  titoli  a  lui  dovuti,  e  grandi  vantaggi 
facendo  sperare  alia  Cristianita  e  alia  Chiesa  dall'amicizia  di  si  gran 

1  Anche  Ivan  IV,  come  narra  il  POSSE  VINO  (Moscoma,  f.  29),  pretendea 
di  discendere  da  Gesare  Augusto,  ossiu  da  un  colal  fratello  di  Augusto, 
chiamato  Prusso  e  fondatore  della  Prussia;  e  sopra  tal  pretesa  non  solo  aspi- 
rava  al  dominio  della  frussia  comeretaggio  avito,  ma  si  facea  chiamare  an- 
chzlmperatore  de'Germani.  Vero  e  che  questo  titolo  uso  solo  nello  scrivere  al 
Gran  Sultano;  ma  non  e  dubbio  che  1'ambizione  d'lvan  non  agognasse  anche 
allaGermania  e  ad  una  specie  d'  Impero  universale,  assai  piuvasto  di  quello 
che  credesi  vagheggiato  da  Carlo  V,  suo  conlemporaneo. 

2  THEINEH,  ivi,  pag.  78. 

Serie  Vt  vol.  Xf  fasc.  342.  13  €  Giugno  1864. 


671   UN  DOCUMENT*)  GRECO  SPETTANTE  ALLA  CORONAZIONE  ECC. 

Potentato;  e  dall'altra  parte  la  S.  Sede,  bramando  sopraltutto  di 
trarre  i  Moscoviti  all'  unione  catlolica  e  di  stringerli  con  ferma  lega 
ai  Principi  cattolicl  contro  il  comun  nemico  Ottomano,  ed  allettaia 
dai  favori  onde  il  Czar  Pietro  accoglieva  ne'suoi  Stati  i  Caltolici,  fine 
a  concedere  ferma  stanza  e  scuole  ai  Gesuiti  in  Mosca ,  si  piego  fa- 
cilmente  a  quelle  istanze ;  tan  to  piu,  che  il  nome  di  Czar,  come  scri- 
veva  il  Nunzio  di  Polonia,  Pallavicini,  non  significava  Imperatore  in 
istretto  senso ,  o  in  tal  senso  almeno  che  poiesse  creare  rivalila  al 
Sovrano  del  sacro  Romano  Impero  1.  Pertanto  il  Papa  InnocenzoXI, 
che,  ancor  Cardinale,  giaera  stato  favorevole  alia  domanda  del  Me- 
neses  2 ,  non  dubito  punto ,  nel  rannodare  coi  Sovrani  della  Russia 
le  relazioni  interrotte  nel  precedente  Pontificalo,  di  tratlarli  col  titolo 
tanlo  sospirato  di  Czar;  e  nell' invitarli  nel  1684  alia  Lega  contro  il 
Turco,  intilolo  la  Lettera:  loanni  Alexioivicz  et  Petro  Alexioicicz 
Magnis  Dominis  Czarts  et  Maynis  Ducibus  universae,  magnae  et 
parvae  el  albae  Russiae,  et  magnorum  dominiorum  orientalium,  oc- 
cidentalium  el  septenlrionalium  paternis  el  avilis  haeredibus,  suc- 
cessoribus,  autocraloribus,  dominis  et  dominatoribus  3:  titoli,  usati 
poi  anche  dai  Pontefici  susseguenti. 

Cosi,  dopo  oltre  a  cent'anni,  fu  appagato  il  desiderio  d'lvan  IV, 
e  il  iitolo  di  Czar  otlenne  dalla  lode  Romana  quella  sanzione  supre- 
ma,  ch«  egli  nel  primo  assumerlo  aveva  ambita,  ed  a  cui  non  parea 
bastare,  agli  occhl  del  Russi  medesimi,  quella  lode,  benche  amplis- 
sima,  che  aveva  ottenulo  dai  Patriarca  di  Costantinopoli  e  dai  suo 
Sinodo :  monumenlo  non  ispregevole,  e  da  aggiungersi  a  tanti  altri, 
di  quell'  ossequio  involontario  che  il  Pontificato  Romano  ha  in  ogni 
tempo  riscosso  da'  suoi  medesimi  avversarii. 

1  Intorno  a  queste  trattative  tra  la  Russia  e  la  S.  Sede,  veggansi  i  Monu- 
ments historiques,  teste  citati,  del  TIIEINER,  specialmente  a  pagg.  169,  J70, 
174,  224,  273,  278,  279,  382. 

2  Cosi  affermo  lo  stesso  Meneses  a  Mons.  Knab,  Arcivescovo  di  Naxivan, 
che  nel  1684  passava  per  Mosca,  inviato  dai  Papa  al  Re  di  Persia;  dicendo- 
gli,  quod  tempore  dementis  X  Romae  difficultas  fuerit,  et  noluerint  istis  Ma- 
gnis Ducibus  litulwn  Czarorum  dare;  quod  tamen  modernvs  Ponlifex,  turn 
Cardinal-is,  ut  detur  volebat  etc.  THEmEn,  ivi,  pag.  279. 

3  THEINEH,  ivi ,  pag.  284. 


I  PRINCIPII  DELL'  OTTANTANOVE 

ESPOSTI    ED   ESAMINATI1 


XVI. 


Delle  Costituzioni  scritte,  e  della  divisions  dei  Poteri  nella  Societd  mo- 
derna,  secondq  /'  art.  XVI  della  Dichiarazione. 

Se  non  si  conoscesse  molto  bene  Y  intendimento  pratico,  col  qua- 
le  fu  concepita  e  promulgata  la  famosa  Dichiarazione  dei  diritti  del- 
I'  uorno  e  del  cittadino,  non  si  potrebbe  a  pezza  indovinare  cio  che 
avranno  voluto  conchiudere  i  suoi  autori  nell'  affermazione  contenuta 
dall'articolo  decimosesto ;  il  quale  si  esprime  appunto  cosi;  Qualun- 
que  societa ,  nella  quale  la  guarentigia  dei  diritti  non  e  assicurata, 
ne  e  determinata  la  divisione  dei  poteri,  non  ha  Costituzione.  Obli- 
gatissimi !  Ma  che  volete  inferire,  per  vita  voslra,  da  questa  defmi- 
zione,  asserzione  o  descrizione,  che  vogliate  chiamarla?  Supposto 
che  per  Costituzione  si  debba  intendere  la  guarentigia  dei  diritti  e 
la  dislinzione  dei  poteri,  1'  una  e  Y  altra  scritte  come  che  sia  sopra 
una  carta,  ci  pare  poco  altro,  che  un  giuoco  di  parole  senza  costrutto 
quel  venirci  a  dire,  con  tanto  sussiego,  che  dove  non  si  trova  quella 
guarentigia  e  quella  distinzione ,  ivi  non  e  Costituzione.  Sia  pure ! 
Concedo  totum;  e  che  percio?  Che  ne  vorreste  inferire?  E  proprio 
il  caso  di  chi,  avendo  stabilito  che  le  Accademie  scientifiche  sono 

1  Vedi  questo  volume  pag.  336  e  segg. 


676  I  PRINCIPII  DEU/ OTTANTANOVE 

associazioni  coslituite  cosi  e  cosi,  ne  tirasse  la  pellegrina  conseguen- 
za  affermando  che  dovunque  non  sono  siffalte  associazioni,  non  sono- 
Accademie.  Sta  bene!  Ma  che  se  ne  dovra  concbiuclere  ? 

Ouesto  a  considerare  1'  articolo  per  quello  die  suonano  le  sue  pa- 
role. Ma  come  prima  voi  ponele  raente  a  lullo  insieme  il  documento, 
del  quale  quello  e  parte,  ed  al  litolo  che  a  quel  lulto  stesso  e  mes- 
so  in  fronte,  voi  inlenderete  tosto,  essere  stata  intenzione  dei  legisla- 
lori  dell'  89  lo  stabilire,  come  qualmenle  e  naturale  dirillo  dell'  uo- 
mo  e  del  cittadino  ,  che  nel  Governo  vi  sia  guarenligia  di  dirilti  e 
distinzione  di  poteri;  ed,  ollre  a  cio,  che  tutlo  quello  sia  scrilto  sopra 
una  carta,  la  quale  si  chiami  Costiluzione.  Senza  supporre  cio, 
queir  articolo  non  ha  alcuna  ragione  di  essere,  e  manca  pur  dell'om- 
bra  del  senso  comune ;  laddove  supponendo  cio ,  si  capisce  a  prinia 
giunta  il  motivo  di  quell'  articolo ;  si  ha  altresi  la  spiegazione  di 
coteslo  farnelico  impossessatosi,  da  quell'  anno  in  qua  ,  di  tante  te- 
ste,  a  giudizio  delle  quali  nessun  popolo  puo  godere  liberta ,  pro- 
gresso,  giustizia  o  altro  bene  civile  qualunque,  se  non  ha  in  saccoc- 
cia  una  Carta  Costiiuzionale ;  e  s'  intende  finalmente,  come  in  quesli 
ullimi  settant'  anni  vi  e  stato  per  tutto  una  foga  terribile  di  fabbri- 
care  quelle  Carte  ;  tanto  che  se  si  avesse  conto  delle  divisate,  delle 
preparate ,  delle  promulgate  e  delle  stracciate  ,  che  sono  le  piu ,  si 
troverebbe  per  avventura  essersi  per  questo  tempo  fabbricate  piu 
Costituzioni,  che  almanacchi. 

Ma  il  fatto  e  che  quella  Assemblea  perpeluamenle  chorda  oberraf 
eadem;  e  scambiando  la  sustanza  col  suo  modo,  attribuisce  a  que- 
sto, senza  una  ragione  al  mondo,  1'universalita  e  i'  immobilila ,  che 
solo  si  appartiene  a  quella :  e  cosi  fioccano  dalla  sua  penna  diritti  na- 
turali  e  imprescrittibili,  dei  quali  1'  umana  generazione  per  sessania 
secoli  non  si  era  accorta  giammai.  Cio  che  solo  e  vero  nell'  inlima 
natura  delle  cose ,  ed  a  piu  foiie  ragione  e  vero  nel  giro  delle  idee 
cristiane,  e  che  i  popoli  hanno  diritto  di  essere  governati  con  giu- 
stizia ,  o ,  in  altri  termini ,  che  Y  azione  governativa  sia  ordinata  al 
bene  comune ;  e  pero  i  loro  rettori  hanno  dovere  di  non  governarli 
diversamente.  Ma  che  le  norme  di  quella  giuslizia  abbiano  ad  esse- 
re cosi  o  cosi  determinate ;  che  abbiano  o  ad  improntarsi  nelle  con- 


ESPOSTI  ED  ESAMINATI  677 

suetudini,  o  a  raccomandarsi  alle  tradizioni  orali ,  o  ascolpirsi  in  u- 
na  lapida,  o  a  vergarsi  in  una  lamina  di  piombo,  od  a  scriversi  so- 
pra  una  carta ;  di  tulto  colesto  la  natura  non  determina  nulla :  e , 
come  pralica  per  cento  cose  somiglianti,  avendoci  data  la  ragione, 
a  questa  lascia  il  defmire  cio  che  meglio  si  con  fa  alle  speciali  con- 
dizioni  di  ciascun  popolo,  di  ciascun  secolo  e  di  ciascun  paese.  Per 
soiniglianza  appunto  della  loquela,  a  rispetto  di  cui 

Opera  naturale  e  ch'uom  favella  ; 
Ma  cosi  o  cosi  natura  lascia 
Poi  fare  a  yoi,  secondo  che  v'  abhella. 

Di  qui  e  manifesto  non  esservi  alcuna  difficolta  che  un  popolo  abbia 
le  sue  guarentigie  consegnate  in  una  carta,  ad  ammonimento  d4ei  pre- 
senti,  ed  a  memoria  dei  futuri.  Ma  e  cosa  supremamente  ridicola  il 
pretendere ,  che  non  vi  sieno  guarentigie  di  sorta  alcuna  pero  sola- 
mente,  che  le  non  sono  consegnate  in  una  carta,  quando  per  avven- 
tura  il  bisogno  di  metterle  in  carta  potrebbe  essere  argomento  a 
convincersi  che  non  vi  sono,  e  che  poco  si  conchiudera  dal  solo  fatto 
di  averlevi  messe.  Certo  ad  ogni  uomo  d'  intellelto  sembrerebbe  non 
mediocremente  lamentabile  la  condizione  di  una  famiglia,  nella  qua- 
le  il  padre ,  la  madre ,  i  figli  ed  i  familiari  si  dovessero  assidere  al- 
torno  ad  una  tavola,  per  metlere  in  iscritto  i  diritli  di  ciascuno  :  forse 
cio  solo  baslerebbe  per  pronosticare ,  che  molio  presto  la  dovesse 
andare  a  rompicollo.  Alia  stessa  maniera  se  altri  si  avvisa  che,  tra  i 
varii  ordinamenti  civili,  possa  avere  qualche  pregio  eziandio  quello, 
che  si  fonda  sopra  la  divisione  dei  poteri,  faccia  il  suo  comodo:  noi  non 
gli  faremo  contrasto  per  questo.  Ma  venirci  a  con  tare,  non  si  poter 
raggiungere  alcuna  pubblica  perfezione ,  senza  quella  divisione  dei 
poteri,  cotesla  e  assurdita  tanto  piu  pazza,  quanto  che,  essendo  1'w- 
nita  il  primo  requisito  d'  ogni  essere  fisico  o  morale,  il  reynum  in 
se  ipsum  divisum  non  potra  mai  essere,  che  una  storpiatura  tollera- 
bile  solo  a  fine  d'  impedirne  o  di  ricomperarne  una  peggiore.  Quan- 
tunque,  a  voler  dire  il  vero,  se  la  divisione  dei  poteri  fu  immagina- 
ta  ed  inlrodotla  per  porre  un  freno  all'  esorbitare,  che  nella  pienezza 
del  potere  polrebbe  fare  1'  umana  malizia;  questa,  raffinata  nei  suoi 


$78  i  PRINGIPII  DELL'  OTTANTANOVE 

procedimenti,  ha  trovato  il  mezzo  darendere  la  divisione  stessa,  nel 
pm  dei  casi,  un  ludibrio. 

Noi  negli  scorsi  anni  abbiamo  trattalo  questa  materia  con  tanta 
ampiezza,  che  delle  varie  parti,  in  cui  lo  faceramo,  si  polerono  stam- 
pare  separataraente  due  giusti  volumi.  Ora  nel  nostro  disegno  non 
puo  entrare  il  melterci  neppure  di  volo  a  toccare  quelle  moltiplici  e 
svariate  materie,  che  si  rannodano  coi  moderni  Ordini  rappresenta- 
tivi.  Bastera  al  nostro  interito  il  recare  qui  alquante  poche  conside- 
'razioni,  che  servano  di  contrapposto  a  cio  che  questo  articolo  deci- 
mosesto  piuttosto  lascia  intendere,  che  non  dice. 

E  sia  la  prima  T  osservare,  come  e  cosa  al  tutto  falsa  cio,  che  pure 
sta  hei  pensieri  di  molta  gente,  la  quale  suole  essere  in  voce  di  ben- 
pensaijte ;  che  cioe  governo  senza  Costituzioni  scritte  e  governo  di  ne- 
«essita  assoluto,  e  per  questo  medesimo,  nella  loro  sentenza,  gover- 
no arbitrario  e  dispolico.  Secondo  le  idee  cristiane,  non  vi  e  autori- 
ta  che  possa  dirsi  assoluta,  o ,  come  suona  latinamente  quella  voce, 
sciolta;  in  quanto  tulte  le  autorita  essendo  derivate  dall'  alto,  sono 
<essenzialmente  legate  a  quelle  nor  me  di  ragione,  di  diritlo,  di  giu- 
stizia,  che  I'Autore  medesimo  della  natura  ha  determinato  nella  sin- 
deresi,  pel  retto  esercizio  delle  aulorita  medesime.  Oltre  a  cio,  es- 
sendo state  le  moderne  nazioni  civili,  tutte  senza  eccezione,  costitui- 
fe  originariamente  con  una  influenza  piu  o  meno  ampia  della  Chiesa 
cattolica,  quasi  per  tulto  erano  stabilite  liberta,  diritti,  franchigie, 
<jhe  servissero  a  tutelare  i  diritti  dei  popoli,  e  nel  tempo  medesimo 
a  contenere  tra  giusti  limiti  ii  polere  sovrano.  Che  se  nella  Francia, 
dove  vigoreggio  sempre  una  forte  Monarchia,  si  aveano  tanti  presi- 
dii  dalle  Assemblee,  dai  Campi  di  Marzo,  o  di  Magyio,  dagli  Staii 
Generali,  e  da  ultimo  dai  Parlamenti,  colla  loro  prerogativa  di  re- 
yistrare  le  leggi,  la  quale  sola  valeva  piu  di  lutte  le  moderne  Cosli- 
tuzioni ;  si  consideri  che  avra  dovuto  essere  in  Italia,  dove  1'  azione 
della  Chiesa  era  piu  immediata,  e  le  Monarchie  erano  venute  sorgen- 
do  sopra  gli  antichi  Comuni  e  le  antiche  Repubbliche!  Uno  studio 
sopra  quelle  liberta,  mantenutesi  almeno  in  parte  sino  agli  inizii  di 
questo  secolo,  sarebbe  cosa  opportunissima  a  farci  inlendere  ,  come 
i  nostri  maggiori ,  senza  possedere  alcuna  Dichiarazione  ufficiale 


ESPOSTI  ED  ESAMINATI  670 

dei  diritti  dell'  uomo  e  del  cittadino,  e  cinguettando  assai  meno  di 
liberla,  se  ne  giovavano  senza  paragone  piu  di  noi,  che  oggimai  ne 
abbiamo  stracca  la  lingua  e  infradiciati  gli  orecchi.  Ma  gia  si  sa  1 
piu  si  parla  di  quello  clie  meno  si  ha. 

E  si  noti ,  corae  forse  in  nessuna  contrada  quelle  liberta  erano 
scritte  in  una  carta,  ovvero  consegnate  in  qualche  protocollo  o  per- 
gamena ;  ma  esse  erano  passale  nella  pratica,  nelle  consuetudini, 
negli  aniorl,  nella  vita  stessa  dei  popoli ;  e  quando  meno  se  ne  co- 
noscevano  le  origin!,  tanta  ne"  era  1'  autorila  piu  reverenda  e  piu  ri- 
verita.  Sul  quale  proposito  non  vogliamo  preterire  di  osservare,  come 
una  tale  condizione  di  cose  si  e  mantenuta  forse  unicamente  in  quel- 
la  Inghilterra,  la  quale,  eminentemente  conservatrice  in  casa  sua,  e 
perfida  fomenlatrice  d'innovazioni  neU'aHrui,  appunlo  perche  lo  sfog- 
giato  egoismo,  che  la  informa,  le  fa  yolere  la  ruina  delle  altre  na- 
zioni,  che  e  bene  suo.  E  pero  i  noslri  uomini,  piu  che  scimmiarla 
goffamente  nel  male ,  ascoltandone  cio  che  predica ,  farebbero  mi- 
glior  senno  ad  imilarne  la  tenacita  delle  proprie  istituzioni  che 
pratica.  Tant'e!  L' Inghillerra,  la  terra  classica  della  liberla,  sic- 
come  non  ha  Codici  di  leggi,  cosi  non  ebbe  mai  e  non  ha  tultavia 
Costiluzione  scrilta,  se  cio  non  fosse  la  Magna  Carta  datale,  ollre  a 
sei  secoli  fa,  da  Giovanni  Senzaterra,  la  quale  appena  e  nota  agli 
antiquarii.  Ma  tutto  1'ordinamento  civile  e  politico  di  quella  nazione 
e  raccomandato  alle  consuetudini,  alle  Iradizioni,  ad  uha  folia  di  Act 
o  Bill,  tra  i  quali  hanno  precipuo  luogo  gli  emanati  sotto  il  Protetlo- 
re  OHviero  Cromvello ;  nel  qual  tempo  la  nazione  si  atteggio  a  quel- 
la prepotente  oligarchia,  a  cui  1'elemento  monarchico  serve  di  para- 
la,  ed  il  democralico  fa  da  sgabello.  Ma  di  Costituzioni  scritle  ivi 
non  si  parlo  mai  piu  di  quello  che,  prima  di  questo  secolo,  si  parlas- 
se  nel  resto  di  Europa,  dove  spesso  in  opera  di  liberla  non  vi  era 
da  invidiare  nulla  all'inglese. 

Ora  sapete  voi  a  cui  mai  i  popoli  europei,  e  gl'  italiani  segnala- 
mente  hanno  tutta  Tobbligazione  di  aver  \1sto  sperperato,  come  pu- 
la  al  vento,  quel  mera\Tiglioso  tesoro  di  diritti,  di  liberta,  di  franchi- 
gie?  Ne  hanno  tutta  Tobbligazione  alia  grande  rivoluzione  francese, 
ed  in  guisa  particolare  alia  Dichiarazione  dei  diritti  dell'  uomo ;  la 
quale,  distruggendo  d'  un  tralto  tulle  le  antiche  istiluzioni,  ne  yolle 


680  i  PRINCIPII  DELL'OTTANTANOVE 

di  pianta  creare  delle  nuove ;  e  queste  proprio  percke  non  avevano 
alcuna  radice  nel  passalo ,  sono  riuscite  e  stanno  riuscendo  piu  fra- 
gili  delle  carte,  sopra  cui  furono  vergale.  Ne  siano  persuasi  i  noslri 
letlori :  i  Govern!  veramenle  cristiaui,  con  Costiluzioni  o  senza ,  non 
furono  mai  dispotici ;  la  Chiesa  non  amo  mai  il  dispolismo ,  .e  do- 
vrebbero  aver  perduto  il  senno  i  suoi  figliuoli,  se  per  fare  ossequio 
a  lei,  si  credessero  dover  amare  la  iirannia.  Ne  ci  stancheremo  di 
ripeterlo :  per  queslo  appunto ,  eke  noi  italiani  non  amiamo  esser 
governali  alia  dispotica,  non  potremo  in  eterno  fare  buon  viso  alle  mo- 
derne  Costituzioni ,  le  quali ,  sia  per  lo  spirilo  onde  sono  informate, 
sia  per  le  peculiar!  disposizioui  dei  nostri  popoli,  come  prima  sono 
recate  in  pratica ,  e  iosto  riescono  uno  slromento  poderosissimo  alia 
licenza  del  male,  alia  oppressione  del  bene,  e  dovrebbe  aggiungersi, 
alia  sckiaviludine  di  lutti ,  salvo  i  pockissimi  cbe  pro  tern-pore  di 
quel  giuoco  fanno  correre  la  meslola. 

Dicemmo  poi  a  vero  studio  per  le  peculiari  disposizioni  dei  nostri 
popoli,  percke  non  vogliamo  qui  appiccare  un  piato  inlorno  all1  inlnn- 
seco  valore  dl  quelle,  ancke  purgate  da  alcune  parti,  eke  vi  sono  su- 
stanzialmente  ree.  Cio  eke  a  noi  solamente  rileva  e  Topporlunita  delle 
Gostituzioni  stesse  a  riuscire  come  eke  sia  a  qualcke  bene  nelle  no- 
sire  contrade.  Ora  sia  per  naturale  inerzia,  sia  per  desueludine  della 
vita  pubblica,  sia  per  la  nessuna  fiducia  eke  si  ka  in  un  tale  sislema, 
il  fatto  e  eke  V  universale  dei  noslri  popoli,  per  quanti  Icutalivi  si 
sieno  fatli,  o  non  si  e  mai  risolulo  o  non  e  mai  riuscito  ad  enlrare  nella 
lotla  eletlorale ;  eke  pure  e  il  solo  mezzo,  percke  la  cosa  pubblica  pos- 
sa  in  qualcke  modo  dipendere  dai  suoi  voleri.  Conseguenza  inevitabile 
di  una  somiglianle  condizione  di  uomini  e  di  cose  e  slata  il  vedere 
il  potere  sovrano,  eke  di  diritto  si  dovrebbe  dividere  Ira  il  Parla- 
menlo  ed  il  Minislero  ( e  gia  s'  intende  eke  il  Sovrano  nominale  meno 
di  tutti  ne  parlecipa),  restare  di  falto  tulto  in  pugno  di  un  Ministero, 
eke  si  sia  assicurala  una  maggioranza  parlamentare.  E  percioccke 
a  quel  giuoco  indegno  di  tranelli  soppialti,  di  seduzioni,  di  menzogne 
e  di  corrompimenti ,  eke  si  rickieggono  per  afferrare  un  portafoglib 
e  per  assicurarsi  quella  maggioranza ,  solo  puo  acconciarsi  1'  ambi- 
zione  sfrenala  di  uomini  senza  coscienza  e  senza  legge ;  ne  seguita 
comunemenle  eke  quel  potere  sovrano,  se  non  e  gkermito  di  falto  da 


ESPOSTI  ED  ESAMINATI  681 

un  Principe  astuto,  che  sappia  vendere  lucciole  per  lanterne,  diviene 
zimbello  di  un  paio  di  parliti  politici  non  grand!  di  numero,  ma  di 
audacia  smisurati ,  dai  quali  la  nazione  e  sraunta  nelle  sustanze , 
oltraggiata  nella  religione,  assassinata  nei  diritti,  senza  altro  com- 
penso,  che  senlirsi  salutata  per  beffa  padrona  di  tutto  e  sovrana. 

Non  e  questo  il  luogo  di  divisare  quali  sarebbero  per  1'  appunto  i 
mezzi,  per  riuscire  con  qualche  probabilita  a  quell' intento.  Ma,  stan- 
do  cosi  sulle  general],  ci  reslringiamo  a  dire  che,  per  popoli  calto- 
lici  e  retli  da  secoli  con  Monarchic ,  che  sicuramente  non  furono  ti- 
ranuiche,  non  e  possibile  che  facciano  buona  pruova  isiiluzioni  poli- 
liche ,  le  quali  loro  non  assicurino  quest!  due  element!  della  vita 
nazionale:  Cattolicismo  e  Monarchia.  E  quando  a  tulti  i  palti  o  vi 
foste  incaponiti  a  volere,  o  vi  paresse  inevitable  lo  slabilire  una  Co- 
sliluzione  scritta,  collocate,  non  per  dileggio,  ma  per  vederla  vera- 
mente  recata  in  pratica,  nel  primo  articolo  di  quella  la  Religione  Cat- 
tolica  Apostolica  Romana,  e  logliele  di  mezzo  tulte  quelle  o  iniquita 
o  rnenzogne  d'  irresponsabilita  sovrana ,  di  responsabilita  ministe- 
riale,  di  libero  cullo,  di  libera  stampa,  di  libero  esame,  d'indipen- 
denza  assoluta  e  via  dicendo,  cose  Uitte,  che  di  quell'  articolo  stesso 
sono  la  conlraddizione  e  V  antipodo.  Circondate  il  potere  sovrano  di 
quei  rattenti ,  che  piu  vi  parranno  opporluni,  per  rendergli  malage- 
vole  il  disordinare ;  e  quelli  non  sappiamo  se  nei  nostri  paesi  pos- 
sano  trovarsi  altrove ,  che  nella  coscienza  cristiana  di  corpi  organic! 
costituiti.  Ma  ad  ogni  modo  fate  che  il  Sovrano  sia  davvero  Sovrano 
dei  popoli,  non  ludibrio  e  mantello  di  partiti,  sicche  la  riverenza, 
che,  per  senlimento  cristiano  e  per  redate  affezioni  dinastiche,  hanno 
per  quello  i  popoli,  serva  effettivamente  ajla  stabilita  della  pubblica 
cosa,  e  non  vada  tutta  e  solo  a  profilto  di  un  branco  di  uomini  vitu- 
perosi  ed  oscuri,  i  quali,  facendola  un  po  per  uno  da  Sovrani,  appe- 
na  cercano  altro,  che  sfogare  malcovati  rancori  ed  insaccare  troppo 
sospirali  quattrini ,  senza  guari  curarsi  di  un'  infamia  ,  che  neppure 
fara  loro  1'  onore  di  conservarne  i  nomi  alia  esecrazione  dei  futuri. 
Con  cio  non  diciamo,  che  sarebbe  assicurata  la  beatitudine  dei  po- 
poli ;  ma  almeno  sarebbe  cessalo  il  pericolo  di  vederne  fare,  a  nome 
della  liberta  e  dei  diritti  dell'  uomo,  quell' indegno  strazio,  che  in  al- 


682  I  PRINCIPII  DELI/ OTTANTANOVE 

cuni  paesi  di  questo  mondo,  ed  in  Italia  segnalameole ,  se  ne  sla 
facendo. 

Come  vedete,  non  potea  essere  noslra  iritenzione  di  rifare  qui  un 
Esame  criiico  deyli  Ordini  rappresentativi  alia  moderna,  cosa  gia 
falta;  e,  quanto  sappiamo  noi,  non  impugnato  finora  da  alcuno.  Ma 
queste  poche  osservazioni,  speriamo,  saranno  bastale  a  mostrare  gli 
error!  che  nell'articolo  XVI.0  della  Dichiarazione  si  nascondono  solto 
la  sembianza  di  parole,  che,  inlese  per  quel  che  suonano ,  appena 
valgono  altro,  che  una  scempiaggine  iunocua.  Perciocche  se  per  esse 
si  voile  significare,  che  1'  avere  una  Gostituzione  scritta  fosse  diritto 
naturale  dell'  uomo,  i  Costiluenti  dell'  89  dissero  ua  assurdo  palma- 
te. Se,  ollre  a  cio  vollero  intendere,  che  quella  dovesse  essere  fog- 
giata  sul  tipo  che  essi  ne  offerivano ,  che  fu  1'  eterno  lipo  di  quante 
gliene  vennero  appresso,  dissero  cosa  ancora  piu  assurda,  in  quanto 
pretesero  nel  giro  delle  cose  pratiche  introdurre  una  sconsigliata  uni- 
formila ,  quarido  la  pratica  reca  essenzialmenle  il  vario ,  secondo  la 
varieta  dei  soggetti  a  cui  dev'  essere  applicata. 

XVII. 

Conchiusione  ed  Epilogo. 

Ma  e  tempo  oggimai  di  por  termine  a  questa  Esposizione  ed  a 
questo  Esame  dei  Principii  dell'  ottantanove  ;  nel  trattare  dei  quali 
non  saremo  sembrali,  speriamo,  troppo  diffusi,  vedulo  la  molliplici- 
ta,  la  svariateza  e  la  gravita  delle  materie  che  abbiamo  dovuto ,  per 
direlto  o  per  indiretto,  togcare;  e  per  avventura  ci  saranno  di  coloro 
die  ne  avrebbero  desiderata  una  piu  ampia  traltazione.  Vorremmo 
nondimeno  che  la  noslra  discrezione  nel  non  infastidire  i  lettori  con 
iroppo  prolissi  discorsi  sopra  materie,  le  quali  certamente  nella  Ci- 
vilta  Cattolica  sono  tutt'  altro  che  nuove ,  fosse  compensata  e  quasi 
supplita  dalla  loro  perspicacia  nel  raccogliere  chiare  e  precise  idee  in 
un  ordine  di  cose ,  nel  quale  pur  troppo  la  bieca  astuzia  degli  uni  ha 
garreggiato  colla  inconsulta  o  semplicita  od  ignoranza  degli  altri,  ad 
accumulare  assurdi,  equivoci,  concetti  vaghi  ed  oscuri,  quando  per 


ESPOSTI  ED  ESAMINATI  68$ 

contrario  la  verita  ha  per  precipua  sua  dote  la  chiarezza ;  tanto  che 
le  sue  proprieta  non  trovano  nella  natura  Iraslati  o  riscontri  piu  es- 
pressivi ,  che  nella  luce.  Oh!  si,  sarebbe  tempo  che  le  persone  as- 
sennale  e  cristiane,  sopra  certi  punti  cardinali  di  dritto  pubblico,  che 
loccano  assai  dappresso  le  verita  religiose,  fermassero  una  buona  vol- 
ta  il  loro  chiodo ;  sicche  quelli,  come  cose  gia  passate  in  giudicato, 
non  potessero  piu  venire  in  controversial  Ed  intendiamo  del  non  po- 
tervi  piu  venire  coi  loro  pensieri  e  coi  loro  pari,  perche  con  una  cer- 
ta  generazione  di  avversarii  la  controversia  sar&  sempre  accesa;  ed 
e  uopo  avere  coraggio  e  costanza  nel  sostenerla.  Ma  l'«no  e  V  altra 
proveranno  poco ,  se  non  si  hanno  concetti  molto  limpidi  intorno  a 
cio,  che  coslituisce  il  fondamento  della  controversia  stessa. 

Ora,  nel  raccogliere  la  sustanza  ed  il  midollo  di  quei  famosi  Prin- 
cipii,  se  il  lettore,  venuto  a  quest' ultimo  paragrafo,  paragoni  la  cu> 
riosita  e  I'espeltazione,  colla  quale  (chi  sa  se  dopo  quasi  un  anno  se  ne 
ricorda!)  si  accinse  a  leggerne  1'  Esposizione  e  Y  Esame,  con  quello 
che  realmente  ci  ha  trovato  ,  si  fara  le  croci  con  seco  medesimo  al 
vedersene  reslato  poco  meno  ,  che  con  le  mosche  in  mano  ;  e  puo 
essere  che  gli  sia  corso  al  pensiero  il  caso  non  infrequenle  del  popo- 
lelto  minuto,  che,  invitato  dal  cerretano  ad  un  grandioso  spetlacolo, 
appena  vi  trova  altro,  che  una  rappresentanza  di  burattini ;  e  nella 
presenle  maleria  non  e  dubbioso  chi  siano  e  dove  sliano  i  cerre- 
tani.  Per  verila,  a  considerare  i  Principii  per  loro  medesimi,  ed  il 
gran  rumore,  che,  da  tre  quarti  di  secolo  se  ne  sta  facendo,  non  sa- 
premmo  dar  torto  a  chi  se  ne  credesse  in  quella  inaniera  canzonato. 
Ma,  appunlo  nell' accorgersi  di  questo,  dimora  il  frutto  pralico,  che 
noi  vorremoio  ne  raccogliessero  i  nostri  lettori.  Essi  oggimai  hanno 
potuto  vedere  a  che  si  riducono  finalmente  i  grandi  Principii ,  le 
yrandi  Conquisle,  il  reyolatore  delle  societa  moderne,  il  codice  della 
liberla  del  popoli,  la  condizione  sine  qua  non  di  ogni  dignita  umana, 
di  ogni  progresso  civile,  di  ogni  pubblica  e  privata  prosperity,  e  quel- 
la panacea  in  somma,  per  virtu  della  quale  i  popoli,  guariti  dalle  an- 
tiche  loro  piaghe,  doveano  essere  fatli  felici,  ed  i  loro  Govern!  in- 
corruttibili.  I  lettori  1'hanno  visto;  e  dovranno  trasecolare,  che  tanta 
superbia  e  cosi  pazzi  vantamenti  si  siano  poluti  fabbricare  sopra  di 
cosa  universalmente  tanto  meschina  e,  per  molti  capi,  tanto  assurda 


684  i  PRINCIPII  DELI/OTTANTANOVE 

e  condannevole.  Ma,  per  quanlo  1'abbiano  gia  visto,  sara  bene  che 
abbraccino  d'un  solo  sguardo  tutte  le'materie  toccate  nei  sedici  para- 
grafi  di  questo  lavoro,  per  averne  un  concetto  sugoso  ed  adequato  ; 
sicche  non  sia  piu  possibile  essere  da  quei  paroloni  allisonanti,  non 
che  storditi  e  travolti,  neppure  leggermente  illusi.  Una  tale  rassegna 
servira  alia  stess'ora  di  Conchiusione  e  di  Epilogo. 

Ora ,  metlendo  da  parte  il  preambolo  della  Dichiarazione ,  nel 
quale  il  supposlo,  che  tutti  i  mali  provengano  dall' ignoranza ,  e 
datt  oblio  dei  diritti,  se  la  disputa  di  assurdita  colla  boriosa  insul- 
saggine  del  rimedio  di  dicbiarare  quei  dirilli ,  e  colla  forsennata 
fiducia  che  in  quei  rimedio  vanissimo  si  ripone ;  noi  possiamo  divi- 
dere  in  tre  parti,  non  tanto  i  diciassetle  articoli  della  Dichiarazione, 
quanlo  quelle  forse  tre  dozzine  di  lesi  di  dirilto  naturale,  che  in  essa 
si  slabiliscono.  Nella  prima  si  dovrebbero  collocare  le  manifesta- 
mente  false;  le  quali,  appunto  perche  false,  non  possono  contribuire 
alia  felicila  dei  popoli  allrimenli ,  che  guardandosi  molto  bene  dal 
professarle,  e  piu  ancora  dal  mai  recarle  in  pratica.  Nella  seconda  an- 
drebbero  noverate  le  manifestamenle  vere;  le  quali,  appunto  perche 
sono  non  pure  manifesto,  ma  evidenti  per  se  medesime  e  tra  i  popo- 
li cristiani  divenute  vulgarissime ,  non  poteano  avere  nessun  buono 
effelto  dall'  essere  proclamate  con  lanta  burbanza ;  vedulo  che  il  far- 
sene  poco  o  niente  nel  mondo  non  dipende  gia  dal  negarsene,  od 
anche  solo  dal  rivocarsene  in  dubbio  la  verila,  ma  dipende  da  allre 
cagioni,  delle  quali  la  Dichiarazione  non  si  diede  nessun  pensiero,  ed 
anzi  per  indiretto  contribui  non  poco  a  moltiplicarle  e  ad  aggravarle. 
Da  ultimo  in  ciascuna  delle  soprascrille  due  categoric  ve  ne  ha  una 
piccola  parte ,  la  quale  ,  per  la  forma  equivoca ,  ond'  e  espressa ,  si 
porge  ugualmente  ad  essere  interprelata  in  falso  e  yero  significato ; 
e  pero ,  secondo  che  si  abbraccia  quello  o  questo  ,  parlecipa  o  alia 
reita  delle  prime,  od  alia  vanita  di  avere  con  tanto  sussicgo  procla- 
mate le  seconde.  Ripetiamo  per  ordine  colla  memoria  le  une  e  le 
allre,  per  fare  da  ultimo  un  cenno  altresi  delle  terze. 

E  falso  perlanto  che  il  fine  di  ogni  sociela  politico,  sia  la  difesa 
dei  diritti,  e  che  questi  sieno  solo  la  sicurezza,  la  liberta  e  la  resi- 
stenza  all'  oppressione ;  essendo  per  se  manifesto ,  il  fine  della  so- 
ciela civile  essere  assai  piu  ampio  di  una  tale  difesa ,  e  questa  me- 


ESPOSTI  ED  ESAMINATI  685 

desima  allargarsi  ad  altri  oggelti  fuori  dei  nominati,  meno  il  terzo, 
die  e  pazzia ;  e  falso  che  il  principio  di  ogni  Sovranita  risegga 
essenzialmente  nella  nazione ,  non  essendo  questa  la  costitulrice 
essenziale  di  se  medesima,  e  pero  per  nessuna  ragione  si  puo  asse- 
rire ,  che  qualunque  aulorita  debba  emanare  dalla  nazione  stessa 
espressamente ;  e  falso  che  la  liberta  consista  nelpoter  fare  tutto  do 
che  non  nuoce  ad  altrui ,  se  cio  s'  intenda  del  solo  nocimento  male- 
riale ,  come  il  contesto  richiede ;  e  falso  che  la  legge  sia  I  espres- 
sione  della  volonta  generate,  essendo  quella  essenzialmente  ordina- 
zione  di  ragione ,  e  potendo  questa  essere  disordinata  e  irragione- 
vole;  e  pero  e  altresi  falso  che  tulti  i  cittadini  abbiano  diritto  natu- 
rale  ed  imprescritlibile  di  concorrere  allo  stanziamento  di  quella ; 
e  falso  che  la  liberta  dei  culti  e  quella  della  stampa  siano  diritti 
naturali  dell  uomo  ,  non  potendo  essere  tale  la  prima  che  presup- 
pone  un  assurdo  od  una  colpa ,  non  la  seconda  intorno  alia  quale  la 
natura  non  dice  nulla  phi,  che  dell"uso  di  qualunque  altro  strumento 
arlificiale,  ed  ambedue  solo  da  special!  condizioni  di  tempi  e  di  luo- 
ghi  possono  acquistare  1'  essere  utili  o  convenient! ,  pigliando  forma 
di  bonta  relativa ;  da  ultimo  e  falso ,  che  siavi  diritto  di  avere  per 
tutto  e  sempre  una  Costituzione  scritta ,  e  piu  ancora ,  che  ad  una 
Costituzione ,  scritta  o  non  scritta ,  sia  essenziale  la  cosi  delta  di- 
visione  dei  poteri. 

E  con  verso,  non  si  puo  incontrare  nessuna  difficolta  in  questo  , 
che  le  distinzioni  sociali  siano  fondate  unicamente  sopra  il  bene  co- 
mune;  che  la  legge  non  proibisca,  se  non  le  azioni  nocevoli  alia  so- 
cieta;  e  che  nessuno  sia  costretto  a  fare  o  ad  ometlere  cib  che  quel- 
la non  comanda  o  non  proibisce ;  che  la  legge  sia  la  stessa  per  tutti, 
€  nello  applicarla  non  m  siano  accezioni  di  persone ;  che  t  ca- 
richi  si  conferiscano  col  solo  riguardo  alia  capacila  che  altri  ha 
di  sostenerli ;  che  nessuno  sia  accusato  o  incarcerate,  se  non  a  ter- 
mini di  legge,  messo  da  banda  ogni  arbitrio,  sicche  le  pene  siano 
misurate  dalla  sola  necessita,  e  I'inquisito,  quando  pure  debba  es- 
sere sostenuto ,  finche  non  sia  giudicato  reo,  non  patisca  incomodi 
oltre  agl' indispensabili  della  custodia;  che  la  pubblica  forza,  com' e 
istituita,  cosi  serva  unicamente  per  la  utilila  comune,  e  che  le  pub- 
bliche  gravezze  siano  misurate  alia  necessita  e  ripartiti  equamen- 


686  i  PRINCIPII  DELL'  OTTANTANOVE 

te,  secondo  la  facolta  di  ciascuno;  die  la  propriela  sia  rispeltata, 
come  un  dirilto  inviolabile  e  sacro,  e  che  a  nessun  cittadino  possa 
essere  tolto  il  suo,  se  non  nel  caso  di  pubblica  evidente  necessity,  e 
sotto  condizione  di  un  precedents  e  giusto  compenso.  In  tutto  cote- 
sto,  lorniamo  a  dire,  non  vi  puo  essere  difficolta  quanto  che  picco- 
lissima ,  e  sarebbe  anzi  a  desiderare ,  ehe  da  lutli  si  facesse  ogni 
sforzo,  per  vedere  sempre  ed  ogni  dove  recate  in  pralica  quesle  belle 
massime  di  giuslizia  universale. 

Si  osservi  in  terzo  luogo  die,  come  alcuni  di  questi  belli  apoftem- 
ini,  interpretati  con  un  rigore  che  confmi  coll'  ingiustizia,  possono  si- 
gnificare  sensi  non  poco  riprovevoli ;  cosi  vi  ha  nella  prima  caiego- 
ria  alcune  assurdita ,  che ,  manipolate  con  molta  indulgenza,  posso- 
no essere  tirate  a  significazione  tollerabile.  Per  figura  di  esempio 
quando  dices!  che  la  legge  non  proibisce  che  le  azioni  nocevoli  alia 
societa,  se  altri  lo  intendesse  del  solo  nocimento  materiale,  quella 
proposizione  sonerebbe  indegna'  clella  creatura  razionale  e  morale, 
a  cui  si  da  la  legge.  Al  contrario  quando  si  asserisce  che  la  legge 
e  I' espressione  delta  volonta  generate ,  si  potrebbe  intendere  che, 
dovendo  quella  essere  ordinata  al  bene  comune ,  questo  medesimo 
e  precisamente  cio  che  si  vuole  dalia  volonta  generale.  In  questa 
maniera  i  Principii  dell' 89  possono  essere  o  tulli  condannati  in  fa- 
scio  siccome  rei ,  secondo  che  fanno  alcuni  forse  soverchiamente  ze- 
lanti ,  o  non  sufficientemente  informali ;  ovvero  pcrssono  essere  tutti 
giustificati  almeno  siccome  innocui,  secondo  che,  con  mollo  ingegno, 
non  con  verila  uguale,  si  argomento  di  fare  Y  egregio  e  compianto 
abbate  Godard  nel  libro,  per  occasione  del  quale  die  pruova  di  lanta 
docilita  verso  gl'  insegnamenti  della  Chiesa. 

Per  buona  fortuna  noi  non  abbiamo  uopo  ne  dell'  uno,  ne  del- 
Taltro  procedimento ;  e  mantenendo  pure  die  la  Dichiarazione , 
considerata  come  uria  cosa  sola,  e  empia,  assurda  e  puerilmente  or- 
gogliosa,  non  isperimentiamo  alcuna  ripugnanza  a  ilconoscere,  die 
tra  quella  melma  si  scontrano  pure  alcune  massime  volgari  di  giu- 
stizia  universale.  Oueste  luttavolta  essendo,  almeno  nel  popolo  cri- 
stiano,  notissime ,  esploratissime,  comuni  perfino  tra  le  vecchierei- 
le  idiote  ed  i  putti  tant'  alti,  abbiamo  diritto  di  domandare  :  Quale 
uliiita  si  potea  trarre,  qual  costrutto  si  e  tratto  dall'averle  con  tanla 


ESPOSTI  ED  ESAMINATI  687 

solennita  dichiarate ,  se  questo  non  fosse  1'  avere  aggiunto  cruccio 
nelle  vittime,  e  sogghigno  beffardo  nei  manigoldi ,  quando  quelle 
massime  proprio  furono  seguitate  ad  essere  conculcate  come  prima, 
e  senza  paragon  e  peggio  assai  cli  prima?  Non  -sappiamo  che  cosa 
possa  accadere  al trove.  Ma  per  noi  in  Italia,  e  prima  che  quei  Prin- 
cipii  fossero  proclamati,  e  dove  la  Dio  merce  non  sono  stati  ancora, 
le  chiacchiere  fan  poco  pro ;  ed  abituali ,  siccome  siamo ,  a  vedere 
nei  nostri  Governi  cristiani ,  recata  ad  effelto  almeno  una  qualche 
parte,  e  sia  pure  che  non  grande ,  di  quelle  massime,  abbiamo  una 
paura  terribile  di  vedere  anche  quel  poco  andare  alia  malora,  quando 
la  pratica  di  quelle  fosse  raccomandata  ai  Principii  deli'  89 '. 

Intendiamo  che,  in  un  popolo  scristianeggialo,  e  per  conseguenza 
barbaro ,  quei  Principii  possano  parere  una  bella  cosa,  e  quasi  una 
tavola  dopo  il  naufragio.  Ma  questa  stessa  tavola  va  a  fondo  quando 
alle  idee  che  quei  principii  proclamano  manca  il  modo  pratico  di 
attuarsi.  La  sociela  cristiana ,  oltre  alle  idee,  possedeva  la  maniera 
efficace  di  farle  praticare ;  laddove  coteste  scede  di  Assemblee  co- 
stiluenti  1'  umanita ,  di  dichiarazioni  filanlropiche  e  di  Principii  filo- 
sofici ,  mentre  da  una  parte  vi  forniscono  un  centellino  di  buone 
massime ,  dall'  altra  ,  coll'  osteggiare  che  fanno  il  Cristianesimo , 
sottraggono  al  mondo  il  solo  mezzo  che  siavi  di  praticarle  tulle. 
Cos!  solamente  puo  spiegarsi  questo  problema,  che  in  diversa  ipo- 
tesi  sarebbe  inesplicabile :  Come  avviene  cioe  che  il  mondo  quanto 
piu  ha  parlalo  e  scarabbocchiato  di  liberta ,  e  lanlo  si  &  visto  piu 
oppresso  dalla  schiavitudine  ?  Talmente  che  gli  annali  del  genere 
umano  dovranno  attestare  alia  lontana  posterila  questo  fatto  singo- 
larissimo,  che  cioe,  nei  tempi  cristiani,  la  vera  schiavitudiue  dell'  uo- 
mo  e  del  chtadino  e  venuta  immediatamente  appresso  alia  Dichia- 
razione  dei  diritti  dell  uomo  e  del  cittadino.  E  se  quella  posterita 
avra  piu  senno  di  noi,  trovera  la  spiegazione  dell'incredibile  fatto 
in  questo ,  che  il  mondo  essendo  cessalo  di  essere  social mente  cri- 
stiano,  si  penso  superbamente  che  fossero  sue  una  mezza  dozzina 
d'  idee  imparate  dal  Cristianesimo  ,  le  quali ,  separate  da  questo  , 
appena  ebbero  altro  effetto ,  che  di  avere  aggiunlo  nuove  ipocrisie 
negli  oppressori,  e  fremiti  piu  sterili  e  rancori  piu  cupi  negli  oppressi. 

. 


LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

RAGCONTO  STORICO 

DEL  1860  E  1861 


XIII. 


Vane  e  notabili ,  per  bellezza  <T  arle  e  per  disposizion  di  natura, 
sono  le  cose  die  attraggono  gli  sguardi  del  viaggiatore,  com'  egli , 
faticosamente  cavalcando  su  e  giii  per  aspri  dossi  e  per  trarupe\oli 
chine,  sia  pervenuto  in  cima  alia  boschereccia  montagna,  nel  rispia- 
nato  della  quale  siede  la  Certosa  di  Trisulti.  Praterie  allegre  e  ferli- 
lissime  vallicelle ,  sparse  di  erbe  odorifere  e  di  fiori  silvestri  d'  ogni 
ragione  :  folte  macchie  d'elci,  di  abeti,  di  cerri,  che  lutto  inverdi- 
scono  il  fianco  men  ripido  della  costa  e  Y  adombrano :  baize  ignude 
e  scogli  ertissimi,  che  si  ammassano  gli  uni  sopra  degli  allri,  e  con 
punte  isolate  rizzansi  sopraccapo  di  quella  sublime  pianura :  rora- 
gini  profonde  ,  burroni  e  franamenti  di  rocce ,  che  1'  occhio  trema  a 
fissarli :  e  di  sotto  paesaggi  alpestri ,  vaghe  e  dislese  prospetlive,  e 
scene  di  arborate  pendici  e  di  orridi  sassi,  che  la  visla  sommamente 
giocondano.  Queste  e  altreltali  sono  le  variela  del  sito.  Ma  le  bellezze 
che  Yi  ha  indotte  la  mano  deiruomo,  con  la  vastita  degli  edificii  e 
con  la  eleganza  degli  ornamenti,  vincono  di  gran  lunga  le  meraviglie 
della  naturale  poslura.  Imperocche  lachiostri  aerati,  luminosi,  spa- 
ziosissimi ;  la  chiare  e  nobili  fontane ;  la  giardinetti  ricchi  di  mille 
generazioni  di  piante  nostrali  ed  esotiche ;  la  quartierini  pulilissimi 
pe'  foresiieri  che  visitano  quel  sacro  eremo;  la  una  farmacia  lanto 
bene  arredata  e  copiosa,  che  se  ne  pregerebbe  una  ciltaduzza ;  1& 
masserie ,  la  forni ,  la  officine :  ma  sopratlutto  la  una  chiesa  che  e 


LA  POYERELLA  DI  CASAMARI  RACCONTO  ECC.  689 

uno  splendore.  Fabbricolla  Papa  Innocenzo  III ,  al  nascere  del  tre- 
dicesimo  secolo,  in  una  svelta  navata  d'  un  solo  corpo  a  sesto  acuto : 
e  col  proceder  del  tempo  rimiglioraronla  i  Priori,  con  una  sonluo- 
sita  che  ha  del  reale.  Essa  e  divisa  in  due  scompartimenli  corsi 
da  sfarzosi  stalli  di  noce  a  intagli ,  con  le  pareti  ove  incrostate  di 
marmi  finissimi ,  ove  coper  le  di  grandi  tele  a  olio  che  rappresenta- 
no  casi  storici ,  tolti  o  dall'  Ordine  di  S.  Brunone,  com'  e  il  macello 
dei  Certosini  di  Londra  fatto  per  comandamento  di  Enrico  VIII ;  op- 
pure  dalla  Bibbia,  com'  e  la  uccisione  de'  sette  fralelli  Maccabei.  Ai 
quadri  si  aggiungono  le  cornici  e  le  orature  che  danno  a  questi  un 
assai  vivo  risalto,  e  i  dipinli  a  fresco  in  tuttala  yolta  che  raffigurano 
la  gloria  beata  del  celeste  empireo.  Dovizioso  poi  oltre  ogni  credere 
&  r  altare  maggiore,  costrutto  di  levigatissimi  alabastri,  di  gialli  e  di 
yerdi  antichi,  di  diaspri  e  di  pietre  dure  in  casloni  di  metalli  dorati 
soprapposti ,  ton  artifizio  e  disegno  pieno  di  grazia :  nel  cui  mezzo 
spicca,  lulto  lucente  d'oro  in  rilieyi  e  di  gemme,  il  santo  tabernacolo, 
il  quale ,  fra  due  roselte  in  diamanti  che  sovrastano  ai  sommoscapi 
dei  pilastrelli,  mostra  un'agata  egiziana  la  quale  per  la  grossezza, 
per  1'acqua  e  per  la  gentile  venalura,  formanle  lo  scherzo  d'  una  leg- 
giadrissima  farfallina,  dicono  gli  esperti  ch'  ella  non  abbia  paragone. 
Senonche  1'anno  1881  in  quella  magnifica  solitudine ,  albergo 
d'uomini  morti  alia  terra  e  non  dediti  ad  altro  che  al  silenzio,  al 
digiuno  ed  alia  contemplazione  del  cielo,  ammiravasi  una  singola- 
rita  a  pezza  diversa  dalle  summenlovate ;  della  quale.  non  picciol  di- 
letto  soleano  prendere  i  viandanti,  che  colassu  scavalcavano  per  loro 
edificazione  o  dipoiio.  S'  immagini  il  lettore  un  ampio  e  alta  stan- 
zone  terreno  ,  discosto  un  trenta  passi  dalla  entrata  del  monistero , 
appoggiato  al  procinto  della  muraglia  con  cui  fa  angolo,  e  senza  fi- 
nestre  davanti :  ma  in  quella  vece  con  un  atrio  o  ballaloio  a  padi- 
glioncino  di  ipomee,  di  acacie  e  di  cento  maniere  di  fiori  a  campa- 
nelle  e  di  piante  erratiche ,  rampicantisi  per  su  un  ingegnosissimo 
graticolato  di  canne ;  il  quale  appie  del  muro  si  sprolungava  sopra  un 
erboso  e  fraltoso  valloncello  a  somiglianza  di  pergoleto.  Un  cancellet- 
lo  di  legno  apriva  1'adito  dello  scaleo  per  onde  sajivasi  a  questo  gais- 
simo  cupolino  :  nel  quale  intromessovi  appena,  voi  scorgevate  trespo- 
Serie  7,  vol.  X,  fasc.  342.  M  6  Giugno  1864. 


690  LA  POVERELLA  HI  CASAMARI 

li  e  sedili  foggiati  di  capricciosa  invenzione,  con  inlrecciamenli  di 
rami  schietti  e  rozzi ,  e  intorno  a  voi  un  come  dire  raondo  nuovo, 
composto  delle  piu  slrane  cunosil^  che  si  Irovino  nei  tre  regni  della 
tiatura ,  tulte  asseltate  a'  lor  luoghi  e  acconce  con  tanta  bizzarria, 
quanta  ne  puo  capire  in  un  cervello  glorioso.  Di  primo  tratto  vi  si  af- 
facciava,  denlro  una  casipoletta  di  acero  appesa  a  uno  sporto  dell'  in- 
gresso,  un  goffissimo  barbagianni,  che  a\ea  sotto,  in  im  cartello  a  let- 
tere  tonde,  segnato  1'ufficio  suo  in  questo  avviso :  Parlez  au  portier. 
A  man  manca  vedevate  un  uscio  e ,  sopra  1'  architrave ,  dipinta  una 
magra  figura  di  donna  vecchia,  grinzosa,  scarruffata  con  iscrittovi  il 
norne  di «  Esperienza  » :  e  nel  muro,  di  qua  e  di  la  dagli  stipiti,  pen- 
denti  quattro  ordini  di  tavolelte  colon  te  a  marmi  e  portanti  ognuna 
un  motto,  un  verso  ,  una  sentenza  quale  di  Senofonte ,  quale  di  Yir- 
gilio,  quale  di  Seneca,  quale  di  Dante,  quale  del  Petrarca,  quale  di 
Monsignor  della  Casa,  quale  del  Shakspeare ,  del  Tassb,  del  Byron, 
del  Metastasio  e  via  via :  tra  lutte  le  quali  vi  feriva  1'  occhio  questa 
in  istampatello,  su  di  un  bel  fondo  che  simulava  il  lapislazzuli :  «  La 
mia  vita  presente  e  viver  di  studii ,  d'affanni  e  di  preghiere.  1861  ». 
A  man  ritta  lungo  il  graticolato  vi  si  parava  innanzi  un  museo  di 
cassettine ,  di  barattoletli ,  di  fantocci ,  di  lave ,  di  sampogne  ,  di 
conchiglie,  di  vasi,  di  fialette,  di  ciottole,  e  d'infmiti  ghiribizzi  grot- 
teschi,  sopra  menSole  ed  assicelle  disposte  a  scaffali.  Abbasso,  nella 
parete  che  fiancheggiava  il  viale  ombrato,  ove  scendevasi  per  un'altra 
scaletta  angustissima,  vi  si  schieravano  chiusi  in  una  fila  di  gab- 
biuole  cinesi,  indiane  e  gotiche  i  canarii,  i  fringuelli  marini,  i  ver- 
doni,  i  cardelli ,  i  merli,  i  fanelli;  e  perche  nulla  mancasse  a  questo 
saggio  del  creato  animalesco,  giu  tra  Y  erba  miravate  strascicarsi  la 
tartaruga,  saltellare  la  rana,  scorrazzare  il  coniglio,  grufolare  il 
porcellino  d'  India,  razzolare  il  galletto ;  e  il  resto  pensatelo  voi.  Pe- 
rocche  non  ci  regge  la  memoria  a  farvi  pure  il  catalogo  delle  cian- 
cioline,  delle  bagattelle  e  delle  inezie  adunate  in  quello  emporio  di 
arzigogoli ,  che  non  aveva  altro  riscontro  se  non  nella  fiera  della 
piazza  di  sant'  Eustachio  in  Roma,  la  notle  della  Befana. 

Questa  era  la  cosi  della  «  Villa  fantastica  »  di  un  cotal  capo  ame- 
nissimo  di  pittore,  il  quale,  nel  camerone  a  cui  ella  facea  da  portico 
e  da  chiostra,  aveva  il  suo  studio,  e  vi  attendeva  all'opera  di  storria 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  691 

quadri  in  servigio  della  Certosa.  Gia  lo  schizzo  che  qui  abbiamo  trat- 
teggiato  del  solo  vestibolo  di  quel  suo  tempio  dell'  arte,  potrebb'  es- 
sere  sufficienle  per  chi  legge  a  crearsi  un'idea  dell'uomo  e  dei  suoi 
umori.  Contuttocio  se  mai,  lettore  corlese,  foste  vago  di  conoscerne 
alcuna  particolarita  alquanto  piu  individuata ,  eccoci  a  farvi  pago. 

Egli  chiamavasi  allora,  e  seguita  a  chiamarsi,  don  Pippo ;  che  gra- 
zie  a  Dio  egli  e  an  che  vivo  e  verde,-  e  si  conserva  tutto  fiori  e  baccel- 
li  alia  gioia  de'  suoi  amici,  i  quali  sono  molti,  e  gli  vogliono  un  gran 
bene,  e  nella  ricordanza  di  lui  hanno  sempre  bello  e  pronto  il  rime- 
dio  da  uccidere  la  malinconia.  Di  patria  e  napoletano,  e  di  anni  piu: 
prossimo  ai  cinquanta  che  ai  quarantacinque :  cerona  franca  e  gio- 
viale  che  voi  gli  scoprite  lutta  1'anima  nella  faccia;  aspetto  decoro- 
so,  statura  sopra  la  mediocre,'  fronte  cospicua,  un  po  colma  e  liscia 
con  un  sentore  di  calvedine ;  occhio  nero  e  scintillante,  fatlezze  calde 
e  risentite,  voce  gratamente  sonora.  Ha  baffi  grigi  e  ritorti ,  e  solto 
il  menlo  barba  prolissa  e  sprimacciata ,  con  in  mezzo  un  fiocchetto 
candido  che  pare  una  leccatura  di  biacca.  I  fisonomi  pretendono  che 
esso  nel  volto  arieggi  a  un  certo  che  misto  di  Leonardo  da  Vinci,  di 
Guido  Reni  e  del  Tiziano.  In  Trisulti  vestiva  per  ordinario  calzoni 
di  panno  scuro ,  e  un  camiciotio  di  saia  bianca  serrato  alia  vita  col 
cappuccio  di  dietro ;  e  in  testa  portava  un  cappellaccio  alia  sgherra  di 
lana  floscia,  ovvero  di  paglia  a  tesa  larghissima,  secondo  le  stagionL 

Quali la  di  mente  ha  molte  e  non  dozzinali :  una  memoria  sfondo- 
lata  che  e  una  dovizia  di  cose  pellegrine,  di  canliche ,  di  poemi ,  di 
stornelli,  di  avventure ,  di  be'  motti ,  di  novellette ,  di  apologhi  dal 
tempo  della  edificazione  della  torre  di  Babele ,  sino  a  questi  nostri 
della  fondazione  del  Regno  d'  Italia :  una  fantasia  ovidiana  che  tro- 
yfrebbe  il  mappamondo  in  una  bacca  di  ginepro,  e  caverebbe  una 
epopea  da  un  granello  di  sabbia :  una  facondia  poco  meno  che  da 
Marco  Tullio ,  un  estro  quasi  da  Ariosto  ,  un  sale  che  saprebbe  di 
mordente  a  un  Luciano ;  una  vispezza  di  concetti,  un  brio  d'  immagi- 
ni,  un  fuoco  di  temperamento  che  egli,  a  dispetto  del  pelo  che  imbi- 
gia,  e  sempre  come  un  giovanotto  di  primo  sboccio.  Dell'abilita  sua 
nel  maneggiare  il  pennello,  non  tocca  a  noi  di  parlare.  Le  sue  pitture 
son  li ,  e  dicono  esse  quanto  sia  inuanzi  don  Pippo  nella  maestria 
delle  invenzioni,  del  disegno,  delle  attitudini,  de'  panneggiamenti, 


692  LA  POYERELLA  DT  CASAMARI    • 

del  colorito.  Li  sono  le  due  tele,  ricordale  piii  sopra,  del  macello  del 
Cerlosini  di  Londra  e  del  martirio  de'  Maccabei :  li  e  il  Mose  che  dalla 
selce  fa  scalurirc  le  acque,  c  ne  ricrea  una  smaniosissima  calca  di 
uomini,  di  donne,  di  vecchi,  di  fanciullelti ;  tante  figure  di  numero 
che  sono  un  esercito:  li  Ml  san  Brunone  che  nelle  Alpi  di  •Grenoble 
rinnova  un  simigliante  prodigio ,  a  ristoramento  degli  assetali  suoi 
cenobiti:  li  e,  nella  lunetta  die  sovrasta  il  portone  del  gran  cortile, 
il  suo  fresco  della  Provvidenza:  e  li  sono  allri  parecchi  suoi  dipinti 
e  gravi  e  scherzevoli,  i  quali  atlestano  come  sia  vero  il  proverbio 
che  «  r  opera  loda  il  maestro  ». 

Ma  i  pregi  che  in  lui  sopra  ogni  altro  riportano  il  fiore ,  e  che  lo 
rendono  amabile  a  quanti  incontra  di  usar  seco  domeslicamente,  so- 
no quelli  dell'  animo.  Perciocche  egli  lia  il  cuor  d'oro  in  oro,  e  senle 
di  averlo  proprio  di  ventiqualtro  carati,  per  questo  nulla  tan  to  desicle- 
ra  come  di  mostrarlo  a  lulli,  e  in  tulle  le  congiunture,  e  senza  mellere 
Iroppi  divarii  tra  benevoli  o  malevoli,  tra  encomiatori  o  censor!.  Una 
volta  ch'  egli  v'  abbia  stretta  la  mano  e  titolato  col  dolce  nome  di  a- 
mico ,  il  cuore ,  non  che  mostrarvelo ,  ma  ve  lo  da  prelto  pretto  in 
quanto  vi  offre :  ve  lo  da  in  un  zigaro  dell'Avana,  ve  lo  da  in  una  fan- 
tasia di  confetti,  ve  lo  da  in  una  penna  d'aquila,  ve  lo  da  in  una  mi- 
niatura,  in  un  bozzetto  ,  in  una  fotografia ,  ve  lo  da  in  quel  che  vo- 
lete :  giacche  esso  di  punto  in  bianco  vi  costituisce  padrone  di  lullo 
il  suo,  e  vi  apre  i  forzieri  e  vi  slaccia  le  cartelle  e  vi  spalanca  le  cre- 
denze  e  vi  dice  risolutamente :  —  Amico ,  pigliale  qualche  cosa,  se 
no  mi  offendo ;  —  salva  a  voi  la  discrezione  di  non  isvaligiarlo  per 
rispetto  dell'  amicizia.  In  somma  ci  sembra  che  niuno  ,  il  quale  ne 
abbia  conoscenza  o  per  pratica  o  per  1'  uditone  in  que'  luoghi,  possa 
mai  fare  bugiardo  un  tal  semplice  montanino ,  che  di  lui  parlanflo 
sclamava:  —  II  pittore  di  Trisulti?  ah,  ah!  egli  ha  un  cuore  di  Ce- 
sare.  Dio  lo  benedica! 

XLIII. 

Se  avessimo  agio  e  convenevole  perizia  da  rilrarre  an  che  noi ,  con 
parole  di  vivo  e  natural  colorito ,  lo  spettacolo  compassionevolissimo 
che  nella  invernata  del  1861 ,  lassu  in  Trisulti,  davano  di  se  le  innu- 
merabili  famiglie  dei  profughi  dalle  lerre  dell' Aquilano,  del  Tronto, 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  693 

dell'Ascolano ,  le  quali  in  que'  crudi  mesi  erano  corse  e  desolate  da 
bande  di  ferocissimi  assassin! ;  tanta  materia  di  lacrimabili  scene  ci 
sivAmmucchierebbe  sotto  la  penna,  che  un  libro  sarebbe  scarso  a 
comprenderle  tutte  distesaraente.  Perocche  certe  belve  in  sembianze 
umane  che  il  Governo  torinese  avea  poste  a  capo,  non  piu  di  onora- 
ie  milizie ,  quali  furono  gia  le  sarde  ,  ma  di  truculent!  masnadieri , 
scolatura  de'  ribaldi  e  feccia  di  lulte  le  ladronaie  d'  Italia ,  sotto 
preleslo  di  domare  i  cosi  detli  briganti  ( cioe  i  paesani  armati  che  a 
buona  guerra  sostenevano  le  ragioni  del  legitlimo  re  Francesco  II , 
allora  assediato  in  Gaeta ,  o  del  Papa  Pio  IX)  mellevano  a  sacco  e 
a  fuoco  le  intere  villate  ,  i  borghi  e  i  castellr;  spargendo  a  rivoli  il 
sangue  dove  che  giugnessero  a  penetrare.  E  conciossiache  all'  uopo 
di  sbramare  la  lor  libidine  di  carnaggio  era  poco  1'  uccidere  a  furia 
d'archibugiate  ,  que'  manigoldi  si  avventavano  alle  case  con  le  ba- 
ionelte  in  asta,  e  vi  scannavano  senza  riguardo  i  giovani  come  i  vec- 
chi ,  i  lattanti  come  gli  adult! ,  le  donne  imbelli  come  gli  uomini  ru- 
besli.  Che  se  impadronitisi  dei  paesi  li  trovavario  spopolati,  perche 
gli  abitanli  s'erano  ricoverati  a  salute  negli  antri  delle  montagne ,  i 
marram  sfondavano  porte ,  spezzavano  mobili ,  scassinavano ,  soq- 
quadravano ,  disertavano  granai  e  cantinre ,  buttando  per  ira  codar- 
da  le  biade  al  vento,  spandendo  i  vini  sul  suolo ,  diroccando  e  in- 
cendiando  le  capanne,  i  casolari ,  le  stalle  e  tutUrcioche  poteva  es- 
sere  preda  alle  fiamme.  Ne  sazii  di*  avere  con  orsina  crudelta  bru- 
teggiato  contro  le  infelici  popolazioni ,  quando  inaspettatamente  le 
sorprendevano ,  di  avere  sgozzate  le  innocenti  figliuole  in  seno  alle 
madri  che  lor  faceano  schermo  del  petto ,  di  aver  trucidate  le  spose 
nelle  braccia  dei  mariti  che  le  difendevano ,  di  avere  strozzati  i  mo- 
ribondi  nel  lelto,  di  avere  smembrati  i  bamboli  in  fasce ;  que'  male- 
detli  si  voltavano  a  disfogare  la  lor  diabolica  rabbia  conlro  Dio :  e 
devastavano ,  abbruciavano ,  derubavano  d'ogni  arredo  le  cappelle  e 
le  chiese ;  ed  a  spregio  de'  sacri  vasi ,  delle  sante  immagini  e  della 
stessa  Eucarislia ,  traboccavano  in  si  abbominosissimi  alti,  che  il 
pudore  vieta  persino  di  adombrarli ;  ma  che  non  erano  da  pareggiare 
se  non  alle  nefandezze  infernal!  dei  Saraceni  nel  medio  evo  ,  e  dei 
Luterani  quando  fu  il  saccheggio  di  Roma.  Sia  abbastanza  il  dire 
che  quel  sanguinolenle  Ferdinando  Pinelli  il  quale ,  in  un  suo  bando 


69 1  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

da  energumeno ,  avea  chiamato  il  Papa  «  Vicario  non  di  Cristo  ma 
di  Satana » ,  e  invitati  i  suoi  scherani  «  a  schiacciare  il  sacerdotal 
vampiro,  e  a  purificare  col  ferro  e  col  fuoco  le  region!  infeslate  dalja 
immonda  sua  bava  » ;  e  comandato  loro  «  d'essere  inesorabile  come 
il  deslino  » ,  e  sentenziato  che  «  la  pieta  »  verso  gli  Abruzzesi  «  era 
delilto  » ;  quel  Pinelli,  nel  solo  mese  di  Gennaio,  aveva  posti  alia  ru- 
ba,  inceneriti  e  distrulti  ben  quattordici  villaggi  dell'  unica  e  now 
grande  provincia  di  Ascoli !  E  queste  sono  le  care  gioie  di  galan- 
tuomini,  questi  i  campioni  della  indipendenza,  questi  i  paladini 
della  nuova  cavalleria  d' Italia,  a  cui  si  dee  far  di  berreltasotto  pe- 
na  di  lesa  maesta  patria  i ! 

Adunque,  stanle  T  universale  sbigottimento,  originatosi  per  questi 
atroci  misfaiti,  tostoche  in  tina  terricciuola  diquegli  Abruzzi  andava 
il  grido  che  le  truppe  eran  vicine ,  che  si  accostavano ,  die  arriva- 
vano ;  ecco  i  poveri  terrazzani  d'ogni  eta,  d'ogni  sesso,  lasciar  case  e 
lavori,  scappare  tutti  sgomentati  a  cater ve  in  su  le  piu  erle  cime  del 
monti ,  e  di  rupe  in  rupe  vagabondando ,  ire  alia  cerca  di  una  ca- 
verna  in  cui  riparare  la  vita,  e  dare  riposo  alle  membra  rotle  da  gli 
strapazzi  e  intormentite  dal  gelo.  Ora  le  turbe  di  questi  miseri  fug- 
giaschi ,  attraversati  i  borri  e  le  cresie  degli  Apennini  e  superate 
nevi  altissime,  giungevano  da  trenta,  daquaranta  e  fin  da  cento 
miglia  lontano ,  estenuate,  fameliche,  intirizzite  al  porlone  delia 

1  I  cenni  rapidissimi  dali  qui  delle  immani  fierezze  a  cui  si  abbandona- 
vano  i  satelliti  dei  condottieri  al  soldo  di  Torino,  sono  tma  particella  mini- 
ma delle  narrazioni  che  a  quei  di  leggevansi  riferite  dai  cliarii  italiani  e  fo- 
restieri  d'ogni  coiore.  Veggansi,  per  grazia  d'esempio,  Les  Dvbats  dei  14 
Febbraio ,  la  Gazette  du  Midi  del  1  Febbraio  ,  la  Nazione  di  Fireuze  dei  6 
Febbraio ,  il  Contemporaneo  di  Firenze  dei  7  Febbraio ,  il  Giornale  di  Roma 
dei  9  Febbraio,  \Armonia  di  Torino  dei  21  Febbraio  di  quell'anno  1861.  La 
spietatezza  poi  degli  atti  e  la  impudenza  del  bando  del  MaggiorePinelli  de- 
starono  tanto  fremito  in  tutta  1'Europa  civile ,  che  il  Governo  torinese  dove 
fmgere  di  arrossire  di  questo  suo  eroico  sen  itore  ,  e  richiamarlo  a  se  per 
sostituirgli  altri  che  fosse ,  non  gia  men  bestiale ,  ma  meno  ciarliero.  Kc  si 
creda  che  i  successor"!  del  Pinelli  abbiano  mutato  vezzo  t  dopo  tre  anni  di 
strazii,  di  arsioni  e  di  sevizie  da  tigri.  Anche  nel  corrente  1864  i  pretoriani 
dei  domiuatori  d' Italia  seguitano  a  manomettere  le  Due  Sicilic  con  tale  fe- 
rocita  di  modi ,  cbe  a  quelle  imscrrime  popolazioni  fanno  desiderare  i  Co- 
sacchi  e  i  Baskiri. 


RACCONTO  SXORICO  DEL  1860  E  1861  695 

Certosa  di  Trisulli ;  ed  ivi ,  con  im  compianto  che  avrebbe  spezzato 
!e  roveri,  chiedevano  supplichevolmente  pane  e  fuoco ,  per  non  mo- 
rire  d'  inedia  e  di  assiderazione.  Ell'  erano  per  lo  piumadri  spaven- 
talissime  che  si  menavan  dietro  le  giovanette  figliuole,  per  camparle 
dalle  contaminazioni  di  quegli  animali;  e  molte  si  lenevan  permano 
un  piccolo  garzoncello  che  a  stento  moveva  i  passi  saltarellando ,  e 
insieme  se  ne  recavano  in  collo  un  altro  che  allatlavano :  cosi  che  i 
gemiti  di  quelle  lapine  donne  si  alzavano  intrecciati  ai  singhiozzi 
delle  loro  fanciulle  ed  ai  vagiti  lamentosi  dei  teneri  pargoletti ,  con 
un  concerto  che  schiantava  il  cuore  a  udirlo.  E  que'lor  volli  erano 
lividi,  maceri,  sparuti ;  que'  lor  occhi  infossali,  attonili,  semispenli ; 
e  i  pedignoni  e  i  manignoni,  per  le  trafitlure  del  freddo,  sanguinava- 
no  a  quelle  lor  meschine  creaturelle ,  le  quali  imporporavano  ogni 
orma  che  stampassero  nella  neve ;  e  altre  di  loro  batlevano  cocen- 
iissime  febbri ,  e  allre  rifinite  cadevano  in  deliquio  sotto  gli  alberi 
dello  spianato.  Seguivanle  non  di  rado  torme  d'  uomini ,  vecchi  e 
ragazzuoli,  sani  e  infermicci  alia  mescolata,  con  camminare  piu  len- 
to e  laborioso,  perche  carichi  in  ispalla  quali  di  masseriziuole  sottrat- 
te  alia  rapacila  dei  ladroni ,  quali  di  caci ,  di  legumi ,  di  farine ,  di 
carni  salate  e  di  simiglianti  civaie:  pur  beali  di  trafelare  sotto  quel 
peso,  che  in  cosi  aspre  conlingenze  era  la  vita  loro  e  delle  mogli  e 
de'figliuoletti. 

Narrare  la  carita  con  cui  i  buoni  religiosi  accoglievano  tanti  sven- 
lurali  ad  albergo,  gli  uomini  dentro  il  recinto ,  e  le  donne  nelle  tet- 
toie  e  ne'  pagliai ,  e  li  sfamavano ,  e  li  riscaldavano,  e  li  ristoravano 
€011  medicament! ,  non  e  di  queste  pagine.  Sanno  i  poverelli  del  vi- 
cinato ,  che  in  Trisulli  un  pane  e  una  scodella  di  minestra  loro  non 
manca  mai,  a  nessun'ora  del  di  e  in  nessun  tempo  dell' anno.  Ma,  nel 
corso  di  quell'  inverno  si  memorabile,  la  fama  della  misericordiosa 
ospitalitSt  e  della  insolita  larghezza  dei  monad  inverso  i  fuggitivi  re- 
gnicoli,  si  divulgo  a  tal  segno,  che  i  popoli  degli  Abruzzi  anche  piu 
rimoti  non  cessano  pur  ora  di  magnificarli ,  e  di  chiamarli  Angeli ,  e 
d'  invocare  sopra  di  essi  le  benedizioni  di  Dio. 

E  il  nostro  don  Pippo,  che  faceva  egli  in  questo  continue  andare  e 
venire  e  affollarsi  di  genti  miserabilissime,  che  piangevano,  che  tr«- 
mavano,  che  si  attapinavano,  che  col  solo  mostrarsi  avrebbero  into- 


696  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

nerile  le  selci  di  compassione?  —  Amico  mio;  diceva  egli  ad  un  ta- 
le, con  cui  al  rezzo  della  sua  villetta  fantastica,  si  tratleneva  in  affet- 
tuosi  ragionamenti ,  sulle  ore  piu  dolci  di  una  gaia  giornata  di  au- 
tunno ;  crediatemi  che  io  alle  volte  non  sapeva  piu  dove  diacine  dar 
del  capo !  Appena  io  metteva  il  naso  fuori  dello  studio ,  ed  ecco  un 
parapiglia,  un  bolli  bolli,  un  assalto  di  Sebastopoli.  «  Sor  pittore  qua, 
sor  piltore  la.  »  Chi  mi  tirava  di  dietro  pel  cappuccio ,  chi  mi  affer- 
rava  per  la  falda  del  camicioUo,  chi  mi  prendeva  pei  gomiti:  i  putli 
mi  si  liccavano  tra  le  gambe ;  le  donne  mi  stendevano  le  mani  o  mi 
porgevano  i  loro  bambini ;  tutli  mi  si  serravano  inlorno ,  e  io  era 
chiuso  in  un  cerchio  che  ,  per  romperlo  e  liberarmene  ,  ci  voleva 
proprio  quel  brando  di  Rinaldo, 

fatto  dalle  streghe  in  fretta 
Che  ferri  e  raarmi  come  rape  affetta. 

Allora  non  c'era  mesliere  che  io  non  facessi,  per  dare  un  aiuto  di  co- 
sta  agli  speziali,  ai  dispensieri,  ai  fornai,  a  lulli  i  laici  delle  officine, 
In  que'  giorni  addio  pennelli ,  addio  tavolozze ,  addio  quadri  storici ! 
I  quadri  storici  li  aveva  dinanzi  agli  occhi  belli  e  vivi !  E  si  vi  di- 
ch'  io,  che  erano  moa'elli  esprimenli  passioni  cosi  angosciose,  che  io 
avrei  temi  da  rappresentare  dieci  assedii  di  Gerusalemme!  Mi  ricor- 
dero  sempre  di  una  inaltina,  che  la  solto  ( e  indicava  un  portico  di- 
rimpelto  al  suo  pergolalo)  io  trovai  una  povera  madre  seduta  in  un 
covoncello  di  paglia,  con  un  paio  di  donzellone  fatlicce  come  due  Dia- 
ne, ma  che  sembravano  due  cadaveri :  le  giacevano  svenule  una  a 
deslra  e  una  a  sinistra ;  ed  ella  con  le  mani  stretta  la  testa  di  ambe- 
due  sulle  proprie  ginocchia ,  e  chinalasi  con  la  faccia  sopra  i  loro 
volli,  li  riscaldava  con  1'  alito  e  con  le  lagrime.  Che  gruppo  da  Pras- 
silele  !  Tutte  e  tre  erano  scalze ,  tulte  e  tre  filavano  sangue  dai  pie- 
di ,  tulte  e  tre  erano  digiune  da  sessant'  ore !  Furono  rifocillate ,  fu- 
rone  pasciule  ;  e  io,  rimuginando  pe'  miei  casseltoni,  donai  loro  gli 
ultimi  avanzi  dei  pannilani  che  mi  restavano  ,  e  a  spese  mie  le  feci 
calzare  di  scarpe.  Corto ,  basli  che  in  tre  mesi  io  diedi  fondo  a  tulti 
i  bauli  e  a  tulte  le  mie  carabattole;  e  che,  se  non  sollecllava  di  ri- 
fornirmi  in  Roma  di  abiti  e  di  biancherie ,  don  Pippo  era  ridotto  a 
mettersi  in  tonaca  e  cocolla  da  Cerlosino. 


RACCONTO  STORICO  BEL  1860  E  1861  697 

In  sullo  scorcio  del  Febbraio  tra  queste  brigate  di  mendici,  di  af- 
famati ,  di  pezzenli  eke  si  succedevano  in  Trisulti ,  comincio  a  farsi 
vedere  ancke  un  giovane,  civilissimo  di  presenza  e  cosi  riserbato  in 
ogni  alto  suo,  ck'  egli  non  indirizzava  mai  una  parola  a  cki  eke  fos- 
se :  ma  ricevuto  il  pane  e  quelle  due  romaiolate  di  zuppa  eke  dispen- 
savansi  dal  monaco  portinaio  ,  si  ritirava  in  un  canto,  or  dielro  una 
maceria,  or  a  fianeo  di  una  catasta  di  legna ;  e  desinata  quella  poca 
limosina,  riportava  la  scodella  e  il  cucckiaio  al  monaco,  ripigliava  la 
strada  della  montagna,  e  niuno  il  rivedeva  piu  scenderne  altro  eke 
il  domani ,  alia  stessa  ora?  per  la  slessa  via,  con  lo  stesso  contegno. 
Egli  era  assai  rozzamente  vestito  di  pannacci  logori,  con  un  pastra- 
no  indosso  rattacconato  a  toppe  di  piu  colori,  e  in  testa  un  cappelluc- 
eio  gualcito,  eke  distonava  coll'  aria  nobile  di  quel  suo  volto  e  con 
quella  sua  portalura,  eke  avea  un  non  sapevi  eke  di  marziale.  Sebbe- 
ne,  a  considerarlo  con  attenzione,  gli  si  discoprivano  nelle  gote  due 
fossette,  e  certi  rossettini  sopra  una  pelle  vizza  e  biancastra ,  eke  lo 
dinotavano  mal  in  essere  di  salute.  Alle  prime  don  Pippo  non  gli  pose 
mente  gran  fatto  :  pero  quel  sembiante ,  que'  lineamenti ,  que'  modi 
eke  n©n  aveano  nulla  del  rusticano  gli  dieder  nell'  occkio ;  e  non  an- 
•  do  guari  ck'egli  si  senti  stuzzicato  dalla  curiosita  di  parlargli ,  e  di 
conoscere  cki  egli  fosse  e  donde  venisse.  Un  giorno  pertanto,  prova- 
tosi  di  salutarlo  cosi  all'amorevolona  come  suol  egli,  ne  fu  risalutato, 
ma  con  ritenulezza  guardinga.  Un  altro  di,  picckiandogli  pianamen- 
te  in  una  spalla,  gli  offerse  una  monetuzza  d'argento;  il  giovane,  stret- 
tasela  in  pugno,  gliene  rendette  grazie,  ma  non  senza  quel  po'  d'hn- 
paccio  eke  proviene  da  una  mal  dissimulata  vergogna.  —  0  cappe- 
ri !  voi  dunque  avete  soggezione  di  me?  gli  disse  il  pittore  tenendolo 
per  la  mano ;  ben  si  vede  eke  voi  ignorate  eke  uomo  sia  don  Pippo. 

—  Cke  volele?  rispose  il  giovane  sorridendogli  mestamente;  per  cki 
ka  bisogno  e  non  e  avvezzo  a  riceverne ,  tanto  da  rossore  una  limo- 
sina quanto  uno  sckiaffo. 

—  Ek  via !  su  questi  monti  non  dovreste  aver  troppo  limore  di 
farvi  scorgere.  Cki  vi  guarda?  cki  vi  conosce?  Qui  non  c'e  allro  eke 
neve  e  sassi,  sassi  e  neve. 

-  Dite  bene  voi,  signor  mio ;  ma  il  sangue  eke  ko  nelle  vene  non 
e  gia  neve,  e  questo  eke  batte  qua  dentro  (e  si  poso  la  mano  sul  la- 
to  del  cuore)  non  e  sasso. 


698  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

-  Perbacco!  sclamo  don  Pippo,  fissandolo  con  due  occhi  clie  sera- 
bravano  due  pan  tondi;  voi  avete  ad  essere  pur  giovane  di  gran  sen- 
tire  !  Sapele  clie?  noi  siani  fatti  per  intenderci ,  per  essere  amici.  A 
rivederci  un'  altra  volta.  E  datagli  una  forle  strella  di  mano  entro 
nel  cortile. 

XLIV. 

Quando  i  cibi  mvariabilmente  magri  della  Certosa  gli  venivano  a 
sazieta,  oppure  quando  lo  assaliva  all'  ugola  il  pizzicore  di  alcun 
ghiotto  bocconcello,  il  nostro  maestro  usa$a  rizzar  su  cucina  a  un 
cantuccio  del  suo  studio,  il  quale,  per  essere  fuori  della  clausura, 
non  soggiaceva  punto  alia  regola  die  vieta  severaraente  pure  1'  in- 
troduzione  del  grasso  denlro  al  chiostro:  e  ivi  o  si  lessava  un  polio, 
o  si  arrostiva  quattro  arnioncini  d'  agnello ,  o  un  paio  di  braciuo- 
lelle  o  di  salsicciuoli ,  o  che  altro ;  tanto  che  i  suoi  denti  non  si 
disassuefacessero  del  tutto  dal  macinar  carne.  Or  accadde  che,  non 
molto  dopo  passate  quelle  parole  col  giovane,  don  Pippo  essendo 
tomato  da  visitare  Monsignor  di  Alatri ,  il  quale  e  suo  grande  amo- 
revole,  e  in  quella  citta  avendo  fatte  le  opportune  provvisioni  da 
bocca ,  diviso  di  ammannire  li  su  due  piedi  un  cencino  di  desinare 
a  gusto  suo,  e  d'  invitare  lo  sconosciuto  giovane  che  tenessegli  com- 
pagnia.  Di  fatlo  all'ora  del  mezzogiorno  ne  usci  in  traccia,  lo  rin- 
venne  che  stava  assiso  languidamente  presso  il  portone ,  ed  avutolo 
a.se,  con  cordial!  finezze  intromiselo  nel  suo  studio.  II  poveretto  era 
cosi  pallido  ed  estenuato  di  forze,  che  non  poleva  piu  'reggere  la  per- 
sona sulle  gambe ;  di  che  appena  fu  in  quella  stanza  si  lascio  cadere 
sopra  una  sedia ,  e  giro  un'  occhiata  di  meraviglia  per  le  quattro 
pareti ,  che  erano  un  tesoro  di  ghiribizzi  1'  uno  piu  nuovo  dell'  altro. 

Agli  angoli,  sotto  il  finestrone  a  mezzo  cerchio  che  prenclea  la  luce 
da  un  orto,  sorgevano  due  gugliette  formate  d' intaglio  sopra  scheg- 
ge  di  quel  pino  bellissimo  che  Michelangelo  Buonarroti  pianto  nella 
Certosa  di  Roma ,  e  che  pochi  anni  addietro  era  stato  btittato  in 
terra  da  un  fulmine:  eppero  quella  a  man  destra  era  intitolata  al 
medesimo  Michelangelo  ,  meiilre  1'alira,  che  a  man  sinistra  faceva 
accompagnatura,  mostrava  una  dedica  a  Torquato  Tasso,  perche 
custodiva  la  penna,  con  la  quale  i  lestimonii  del  diseppellimento  del- 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  099 

ie  sue  ceneri  rogarono  V  alto  autentico  della  traslazione,  che  del  1857 
se  ne  fece  nel  nuovo  suo  sepolcro  di  sant'Onofrio.  Piu  in  la  pompeg- 
giava  un  Irofeo  di  lucentissime  armi  antiche,  sormonlate  dal  cimiero 
d'  acciaio ,  sulla  cui  cresta  ondeggiavano  piume  sfarzose  d'  airone  : 
nel  fondo  era  un  orologio  mosso  dall'  acqua ;  poi  da  ogni  banda  te- 
schi  umani  coronati  da  conchiglie  e  da  cento  arzigogoli  di  \asi  etru- 
schi ,  di  stelle,  di  croci ,  di  gbirlande  lavorate  a  musaico,con  ceci , 
fagiuoli ,  lenticchie  e  altri  legumi  secchi ;  e  finalmente  una  tapezze- 
iia  di  bozzette  e  cartoni;  e  una  farraggine  di  tavolozze,  df  amatite, 
di  disegnatoi ,  di  colori  in  panellini ,  di  telai ,  col  rimanente  degli 
arnesi  richiesti  all'  arte  del  dipingere. 

-  Ebberie,  che  ne  dite,  buon  giovane,  di  questo  mio  romitag- 
gio?  interrogo  don  Pippo  1'ignoto  suo  cemmensale  che  era  tutto  in- 
ieso  in  un  cartoncino,  e  parea  se  lo  divorasse  con  gli  occhi. 

—  Dico  che  e  uno  stupore.  Non  mi  sarei  figurato  mai  che  in  que- 
sta  camera  ci  fossero  lante  e  si  rare  cose ! 

—  Neh?  soggiunse  il  pittore  ponendo  in  tavola  tre  piattelli;  or 
sedetevi  e  sbocconcelliamo  un  po',  nel  nome  di  Dio.  Intanto,  se  e  le- 
cito,  badate  ve'se  e  lecito,  potrei  sapere  chi  siate  voi,  diche  paese, 
e  come  e  perche  stiate  gia  da  due  settimane  vagando  su  queste  orri- 
J)ili  montagne? 

-  Signore,  e  io  sarei  curiosissimo  di  sapere  prima  da  voi  che  sia 
questo  cartonetto;  replico  quegli  additandoglielo  mentre  si  assideva. 

—  Ah,  ah!  accomodate\i,  e  subito  ve  lo  spiego.  Esso  e  il  figu- 
rino  della  politica  all'  ultima  moda,  cioe  la  volpe  di  Libia. 

—  Non  parlo  di  cotest'  acquerello  con  animali,  no ;  intendo  que- 
st' altro,  questo  profilo. 

—  Una  cosa  per  volta.  II  Fortiguerri,  che  e  quel  poeta  che  e,  nel 
sesto  canto  del  suo  Ricciardetlo  narra, 

che  del  mare  in  proda 
Si  pon  la  yolpe  libica  a  sedere, 
IJd  immerge  nell'  acqua  la  sua  coda  ; 
Cmde  i  garaberi  su  vi  vanno  a  schiere, 
Che  non  temono  alcuna  insidia  o  froda: 
Quand'  ecco  esce  dal  mare  e  a  piu  potere 
Batte  la  coda  in  questo^sasso  e  in  quello, 
E  de'  gamberi  fa  crude!  raacello. 


700  LA  POVERELLA  DI  CASAMARI 

Quest'  ottava  ho  espressa  io  nel  carloncino  che  yedete;  e  credo 
clie  se  io  la  mandassi  in  dono  al  conte  di  Cavour  o  a  lord  Palmer- 
ston  o  a  qualche  altro,  credo,  vi  dico,  che  per  premio  di  ayerli  ritrat- 
tali  cosi  a  punto  in  allegoria,  mi  appiccherebbero  al  petto  ima  bella 
croce  di  Cavaliere.  Cosi  e,  cosi  e! 

Quello  oggi  spende  saggiamente  gli  anni 

Che  col  suo  travagliar  trayaglia  il  mondo, 
,      Cercando  il  suo  profitto  in  gli  altrui  danni. 
Oggi  onor  porta  a  null'  altro  secondo, 
Non  chi  giova  e  mantien,  ma  quel  che  solo 
0  1'  amico  o  '1  yicin  piu  mette  in  fondo. 

Versi  aurei,  che  erauo  ima  satira  ai  tempi  dell'  Alamanni  quando 
li  detto,  ma  che  ora.sono  ima  verita  sanla,  una  perla  sputata  dalla 
sapienza.  Or,  giovine  caro,  servitevi,  Ye  ne  prego;  non  facciamo  ce- 
rimonie,  perche  la  cuccagna  qui  comincia  e  qui  finisce,  sapete? 

—  Obbligatissimo  alia  bonta  vostra;  soggiunse  I'altro  con  un'  an- 
sieta  che  Io  rendeva  smanioso;  ma  quel  profilo  di  chi  e  egli  dunque? 

—  Mio,  oh  bella!  e  di  chi  ha  da  essere? 

—  Capisco,  ma  chi  raffigura? 

—  Non  potrei  dirvi  se  una  persona  in  came  ed  ossa,  o  un  fan- 
tasma  soprammondano.  Io  da  tempo  almanaccava  un'aria  di  volto 
che  avesse  piu  del  cielo  che  della  terra,  per  la  composizione  di  una 
Santa  in  gloria  che  ho  nel  concetto  di  fare:  e  per  quanto  dessi  spesa 
al  cervello,  non  me  n'  usciva  cosa  che  valesse  un  lupino.  Le  yillanotte 
che  vengono  quassu,  le  sono  tutte  pezzi  di  gigantesse  buone  per  mo- 
dellarne  Giunoni  e  Cibeli,  ma  non  altro.  Eppure  Io  zurro  di  quel  viso 
mi  girava  e  mi  frullava,  che  io  non  ne  avea  requie;  giacche  anche  di 
noi  pittori  e  yerissimo  cio  che  clei  sacerdoti  di  Apollo  cantava  quel 
capo  scarico  di  Ovidio  : 

Est  Dens  in  nobis,  agitante  calescimus  illo. 

In  questo  mezzo  che  e  che  non  e?  Una  Domenica  capita  a  sentir 
messa  una  creatura,  la  quale  parve  calata  dalle  nuvole  apposta  per- 
che io  ne  cogliessi  i  lineamenti:  che  essa  era  lulta  quella,  proprio 
quella  testa  che  si  confaceya  al  mio  bisogno.  Mano  all'  opera.  Mi 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  701 

acquattai  dielro  un  muro,  e  mentr'  ella  udiva  con  molta  divozione  la 
sua  messa  nella  cappellella  qui  fuori  del  monastero,  io  la  copiai  alia 
meglio.  Torno  la  seguente  Domenica,  e  io  da  capo  a  riloccarne  i  con- 
torni;  tanlo  die  ho  potuto  poi  terminare  il  bozzeltino,  clie  ecco  qua. 
A  quesle  parole  il  giovane  ravvivandosi  tutto,  si  era  affisalo  in  ri- 
considerare  il  profile  con  un  tal  guardo,  che  egli  avea  aspetto  d'uno 
a  cui  un  animo  dicesse  qualche  gran  cosa  delle  fattezze ,  accennale 
li  con  si  dolce  accarezzamenlo  di  sfumalure :  percio  non  curava  piu 
ne  il  man  glare  ne  il  here,  ma  stay  a  come  assorto  e  rapito  sopra  di 
se,  nella  contemplazione  di  quel  delicatissimo  disegnuccio.  Don  Pippo 
per  alcuni  istanti  si  azzitlo ,  e  col  sorriso  alia  bocca  si  compiaceva 
dentro  se  del  piacere  che  il  suo  convitato  sembrava  pigliarsi  di  quel 
cartoncino.  Ma  avvistosi  che  il  giuoco  lirava  in  lungo:  —  Ehi,  amico ! 
riprese  a  dire  frugandogli  un  goniito ;  vi  prego  che  non  m'  andiate  in 
estasi.  Questi  fegatelli  si  raffredano;  su,  torniamo  a  noi. 

—  0  pittor  mio,  porrei  cento  conlr'  uno  ch'ella  si,  e  dessa !  scla- 
mo  T  allfo  scagliando  a  don  Pippo  una  occhiata  che  era  un  lampo; 
io  la  ravviso:  ah  certo  e  dessa!  Deh,  signore,  ditemi  dov'  e  ella? 
dove? 

—  Ma  chi?  ma  che? 

—  Voi  dovete  saperlo,  e  se  non  me  Io  dite,  voi  siete  un  crudelis- 
simouomo ;  grido  allora  il  giovane  rizzandosi  come  in  delirio.  Dov'e? 
dov'  e  ella,  ch'  io  la  riveda.anch'  io  prima  ch'  io  muoia  abbandonato 
peggio  che  un  cane?  Oh  sangue  mio !  oh  core  mio ! 

—  Ancor  questa  e  nuoya !  soggiunse  il  nostro  pittore  ;  che  v'  ho  a 
dir  io,  giovane  caro?  io  non  v'  intendo;  io  smemoro !  Badate  che  non 
avesie  a  preudefe  qualche  equinozio. 

—  E  dessa,  oh  e  dessa!  persuadetevi,  don  Pippo,  che  io  non  la 
scambio.  Questa  e  la  sua  pettinalura,  questa  e  la  sua  fronte,  questo 
e  il  suo  profilo  netto  spiccato.  Figuratevi !  io  1'  ho  presente  in  idea, 
ne  piu  ne  meno  che  se  io  la  vedessi  qui  viva  e  spiranle. 

—  II  nominative,  amico  mio  bello,  il  nominative!  slrillo  1'altro 
con  quel  suo  vocione  quadrato,  e  insieme  levandosi  e  con  un  bi  accio 
pigliandolo  altraverso  le  spalle;  questo  vi  dimando  io:  ditemi  in 
grazia,  di  chi  parlate?  chi  e  costei,  della  quale  volete  notizie  da  me? 


702  LA  POYERELLA  DI  CASAMARI 

Ossia  che  il  giovane ,  entrato  m  so ,  avesse  risenlimenlo  dell'  im- 
peto  smoderato  di  quel  suo  affetlo,  o  che  temesse  di  aver  data  mala 
contentezza  all'  ospite  suo,  il  caso  e  che  placatosi  e  ricompostosi  tut- 
to  :  —  Scusatemi,  signore ;  soggiunse  infcricatamenle ;  se  voi  cono- 
sceste  le  sventure  mie  e  le  mie  pene,  voi  siete  uomo  di  lanto  senso, 
che  non  solo  mi  compalireste,  ma  piangereste  meco. 

-  Basti  cosi ;  gli  replico  il  maestro  risospingendolo  pian  pian  ver- 
so la  tavola.  Or  via,  concludiamo  con  questi  fegatelli  e  poi  disfoghe- 
rete  i  guai  vostri  che  io  ascoltero  volentierissimo.  Quindi  risedutosi 
mentre  che  il  giovane  rimetteva  mano  al  piatlo,  egli,  per  isvagarlo, 
sull'  ariettina  di  una  giochevole  tarantella  napoletana,  tolse  a  cante- 
rellare  questo  rispetto  del  Lamberti. 

« 
E  il  viver  nostro  un  sogno  travagliato, 

E  questa  e  cosa  chiara  e  non  menzogna. 
Quei  che  gia  furon  yivi  hanno  sognato, 
Questi  che  viyon  oggi  ciascun  sogna: 
Cosi  con  breve  gioia  e  lungo  affanno 
Son  per  sognar  ancor  quei  che  verranno. 

Ma  ell'  erano  baie.  E  che  questo  poverino  punto  non  sognasse, 
don  Pippo  non  tardo  a  rendersene  capace. 


XLV. 


Poco  sopra  la  meta  del  fianco  meridionale  di  quel  gran  masso  di 
rupe,  sulla  cui  vetta  si  lieva  il  corpo  della  Certosa,  e  un  rustico  san- 
tuario  della  Madre  di  Dio,  tenuto  in  somma  venerazione  dalle  genii 
de'  prossimi  paeselli,  e  da  tutli  quei  moutagnesi  d'  intorno  che  lo  fre- 
quentano  con  divoti  pellegrinaggi.  La  chiesolina,  parte  eretta  sopra 
fondamenta  in  mattoni ,  e  parte  scavata  nel  vivo  della  rocca ,  sorge 
accosto  una  grotticella,  sotto  la  quale  corre  una  vena  di  acqua  lim- 
pidissima.  Dentro  vi  e  un  altarino  di  pielra  semplice  ,  che  ha  nel- 
1'ancona  la  Immagine  chiusa  in  cristalli,  con  sopravi  questa  iscrizio- 
ne:  PRIMA  VIRGO  TRIAS  EST.  SECUNDA  VIRGO  MARIA  EST;  di  qua  e  di 
la  rozze  tavolette  e  poveri  voti ,  e  dinanzi  una  lampada  che  sempre 
yi  suole  ardere.  Solitario  e  il  luogo,  sterile,  deserto  e  cosi  discosce- 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  703 

so  ed  alpestre,  che  dovunque  giriate  1'  occhio  non  iscernete  se  nqn 
baize ,  catrafossi  e  burroni  che  vlsi  spalancano  sollo  dei  piedi  sino  a 
una  voragine,  in  fondo  della  quale  sentite,  piuttoslo  che  vediate,  ro- 
moreggiare  uno  strepitosotorrente.  Viuzze  anguste  e  disagevoli  met- 
tono  a  questa  sacra  edicola ,  chiamata  volgarmente  « le  Cese  »  :  ma 
quella  che  vi  sceade  giu  da  Trisulti  e  a  dirsi  anzi  una  scala  a  chioc- 
ciola  che  un  senliero,  tanto  e  aspra  di  bugne  e  di  ritorcimenti. 

Sul  dar  volta  la  mezzanotte  dei  tre  di.Marzo,  due  donne ,  slrella- 
menle  ravviluppate  ne'  loro  fazzolettoni,  tacite  e  con  lento  passo  avan- 
zavausi  per  una  delle  sdrucciolose  viottole  che  a  questa  chiesicciuo- 
la  fan  capo.  Era  un  bellissimo  stellato;  un  acre  e  sottil  venticello 
che  movea  dalle  gelate  gole  dell'  Apennino  purgava  1'aria,  e  la  luna 
spuntava  aliora  di  dietro  uno  sperone  di  scoglio ,  e  feriva  diritta- 
mente  le  cresle  e  le  schiene  di  quegli  aggruppati  macigni ,  che  in- 
lorno  calano  a  sprofondar  le  radici  nel  sottoposto  abisso.  Le  due  pel- 
legrinanti  che,  tutte  sollecite  di  non  porre  il  pie  in  fallo  per  su  quel- 
la stradetta  rovinosa ,  non  si  erano  ardile  di  levare  un'  occhiata  al 
cielo  cupamente  sereno,  e  alle  stelle  che  tremolavan  lor  sopra  a  mo 
di  pupille  vive ,  alia  subita  apparizione  di  quella  luce  risteltero  co- 
me spaventate  dalla  orribilita  in  cui  a  quell'  ora  ,  in  quel  silenzio,  a 
quel  trarre  di  brezza  si  miravano  quasi  smarrite.  —  Oh  Dio  !  dove 
siamo?  disse  1'una  di  loro  appoggiandosi  con  le  spalle  a  un  rocchio 
e  afferrandosi  con  le  due  mani  al  braccio  della  compagna. 

—  Non  temere,  figliuola  mia,  siamo  a  buon  punto ;  rispose  questa 
per  darle  spirilo  ;  non  vedi  lucclcare  la  nello  sfondo  quella  fiammel- 
la?  E  la  lampana  della  Madonna.  Coraggio !  anche  un  po'  di  strada 
e  siamo  al  lermine. 

Quella  prima  non  fece  altra  parola,  ma  guardandosi  dinanzi,  d'at- 
torno ,  da  lato  era  attesa  in  contemplare  lo  spettacolo  delle  orri- 
dezze  che  la  circondavano ,  e  parea  non  ardisse  piu  muoversi.  In 
effetlo  era  cosa  da  raccapricciarne ,  il  trovarsi  notletempo  sull'  orlo 
di  tali  burrati  paurosissimi,  al  chiarore  di  una  luna  che  investen- 
do  con  isprazzi  di  raggi  vividi  e  crudi  tutti  gli  s^porti,  e  smaltando 
di  un  paliido  argenlo  le  ignude  lame  di  quelle  aeree  altezze,  veni- 
Ta  a  spegnere  il  suo  lame  nella  opacita  fosca  degli  antri,  de'covi  e 
degli  anfratti  di  que'  rientramenti  di  bricche,  e  discopriva  cosi  tra'l 


70  i  LA  POYERELLA  DI  CASAMARI 

vedi  e  non  vedi  cupezze  immensurabili  all'  occhio  atterrito.  —  Ani- 
mo  ,  figliuola  mia  !  le  ridisse  quell' altra  dopo  stata  alquanto;  oltre, 
andiamo  che  non  ti  avessi  a  raffreddare.  —  E  piglialala  per  le  mani 
tanto  la  rincoro  ,  che  giunsero  alia  bocca  della  cavernella ,  nel 
fianco  della  quale  nasce  internandosi  la  chiesuola  di  Noslra  Signora 
delle  Cese.  Oui  le  due  donne  mandarono  un  gemebondo  sospiro,  e 
buttatesi  ginocchioni  invocarono  con  pianli  1'aiuto  della  potente  con- 
solatrice  degli  aiTHtli,  e  con  sommessa  voce  presero  a  recitare  il  ro- 
sario. 

Leltore,  nell'  una  di  queste  due  viatrici,  e  per  sorte  in  quella  ap- 
punto  che  ha  dato  segni  di  maggior  timidezza,  voi  gia  raffigurate  la 
povera  orfanella  di  Pellegrino ,  che  forse  da  troppo  in  qua  vi  aveva- 
mo  fatta  perdere  di  vista.  E  noi,  a  cui  tardava  di  fmalmenle  rimet- 
tervi  sulle  sue  orme ,  siamo  lieti  clie  1'abbiate  ravvisata  nel  ciglio  di 
queste  sgomentevoli  frane,  e  a  un'oracolanto  insolita,  e  Ira  cosi  den- 
se lenebre ,  mal  diradale  dai  riflessi  di  una  luna,  che  non  puo  aver 
adito  entro  gli  avYolgimenti  di  questa  cieca  spelonca. 

Adunque  si,  era  proprio  dessa.  E  colei  che  1'accompagnava  e  le 
facea  da  guida.  volete  sapere  chi  fosse?  Era  la  sua  niadre  di  latle, 
quella  buona  Calerina,  che  in  Veroli ,  con  araore  piu  di  sorella  che 
di  fantesca ,  per  circa  tre  mesi ,  avea  prestata  ogni  desiderabile  as- 
sistenza  alia  inferma  Giovanna  ,  e  asciugalile  i  sudori  dell'agonia , 
e  chiusile  gli  occhi ,  e  perfmo  asseltatala  nel  sepolcro.  E  volete  an- 
che  sapere  d'ond'  elleno  venissero?  Da  Collepardo,  che  e  un  miser- 
rimo  paesuccolo  siluato  a  libeccio  della  Certosa,  in  poppa  a  una  ver- 
dissima  coslerella ;  ed  e  noto  al  mondo  solo  per  la  sua  meravigliosa 
grotta  di  stalattiti.  E  volele  sapere  altresi  per  dove  ambedue  fossero 
inviate?  Pel  monle  dctto  il  Castello  che,  con  la  cima  a  baslo  rove- 
scio ,  si  rizza  la  verso  oriente :  ed  e  al  comignolo  di  tutlo  quel  filare 
di  dossi  poco  meno  che  impraticabili,  i  quali  si  accavallano  fra  Sora 
e  Trisulli.  II  resto  poi'lo  sapreie  piu  a  bell' agio. 

Compita  pertanto  che  ebbero  la  recita  del  rosario  e"  delle  altre  lor 
divozioni,  si  proslrarono  amendue  con  la  faccia  in  terra,  e  baciarono 
e  ribaciaron  il  sogliare  di  quel  venerabile  speco.  Quindi  rillesi  in 
piedi,  sosiettero  anco  un  tratto  a  pregare  ognuna  nel  secreto  del  suo 
cuore.  Eccetto  il  sordo  stridere  dei  pipistrelli  che  svolazzavano ,  e  i 


RACCONTO  STORICO  DEL  1860  E  1861  705 

mesti  lai  di  un  gufo,  inlorno  ad  esse  non  si  udiva  se  non  il  lontanis- 
simo  strosciare  del  torrente  laggiu  nel  fondo  del  baralro,  e  il  dolce 
mormorio  del  rivolo  che  zampillava  in  seno  alia  cavernetta  \icina : 
onde  tale  e  tanta  era  la  quiete,  die  Tuna  sentiva  alitar  1'altra. 

In  questa  il  campanile  della  Certosa  batte  i  primi  tocchi  del 
mattutino,  che  1'eco  di  quelle  scarpate  rocce  fiocamente  ripeteva 
due,  tre,  quatlro  volte.  —  Su,  figliuola;  disse  Caterina  scostandosi 
dalla  bocca  della  grotterella ;  andiamcene ,  che  risichiamo  di  non 
arrivare  a  tempo. 

—  Eccomi  con  voi,  si ,  si  partiamo ;  rispose  trepidante  la  giovi- 
nelta,  a  cui  quel  tetro  suono  piombava  come  voce  di  morte  neh"  ani- 
ma ,  e  lutta  gliela  rimescolava ,  rinfrescandole  la  memoria  dei  cari 
eslinti,  ch'  ella  pur  sempre  piangea  con  lacrime  inconsolabili. 

Per  un  pezzo  stentatamente  rimontarono  quasi  branconi ,  aggrap- 
pandosi  a  sterpi,  a  borni,  a  bozze  di  selce ,  e  camminando  sopra 
risalli  di  pietra  scheggiati  che  a  pena  vi  si  tenevano  in  piedi.  Ma 
uscite  da  quelle  asperita  di  baize  e  pervenule  suli'altura  di  una  grep- 
pa  che  facea  valle,  respirarono:  e  colloquiando  un  po  sottovoce  s'  in- 
ollrarono  per  una  straducola  serpeggiante  tra  due  file  di  marruche 
e  di  carpini,  che  la  rinfiancavano  a  guisa  piu  di  parete  che  di  siepe. 

Or  mentre  studiavano  il  passo  per  isboccare  in  una  prateria,  che 
a  capo  di  quella  stradicciuola  si  apriva  tulta  dalla  luna  irraggiata , 
videro  a  breve  distanza  da  loro  un  non  seppero  che  agitarsi  e  ve- 
nir  loro  incontro.  Le  poverelte  allibirono,  si  ferroarono ,  si  ristrin- 
sero  T  una  alle  coste  dell'  altra :  e  col  riprezzo  addosso  si  misero  a 
invocar  Dio  e  ad  aguzzar  1'  occhio ,  per  discernere  quel  confuso  og- 
gelto  che  piu  si  appressava  a  loro  e  piu  sembrava  addoppiarsi.  Le 
due  tapine  tremavano  a  verga  a  verga,  quando  si  accorsero  ch'  egli 
erano  due  passeggeri.  Volevano  dare  una  voce,  ma  elle  non  avean 
piu  fiato.  Se  non  che  1'  uno  di  cosloro  avvistosi  di  esse,  indietreggio, 
sostette,  bisbiglio  una  parola  al  compagno  e  smosso  il  cappello  a 
una  lanterna  cieca,  spicco  un  salto  e  vollo  loro  in  faccia  il  riverbero. 
Con  quel  bagliore  improvvisissimo  le  donne  videro  lampeggiare  una 
spada,  e  appunlarsi  contro  una  pistola:  —  Oh  Dio !  strillarono  acu- 
tissimamente ;  piela !  la  vita ! 
Serie  7,  vol.  X,  fasc.  342.  45  9  Giugno  1864, 


RIVISTA 

BELLA 

ST AM  PA    IT  AL IAN  A 


I. 

Giornale  del  Centenario  di  Dante  Allighieri.  PREPARA  LA  SOLEN- 

NITA  NAZIONALE  DELIA  N  ASCII  A  DI  DANTE.    Si  pubbllCd  ill  Fi- 

renze  dal  Febbraio  4864.  al  Giugno 


Conviene  dire  che  gli  scritlori  di  questo  nuovo  Giornale  si  fosse- 
ro  persuasi,  clie  il  semplice  titolo,  come  lo  abbiamo  annunziato  qui 
sopra,  dovesse  bastare  a  far  concepire  la  giusta  idea  del  compito  che 
si  assume  vano.  Perciocche  indarno  abbiamo  cercala  una  specificazione 
piu  determinata  del  loro  proposito,  delle  parti  che  questo  abbracce- 
rebbe,  de'mezzi  che  essi  vorrebbero  adoperare  a  fine  di  conseguirlo. 
Cose  tutle  die  qualsivoglia  diario  suole  infall  ibilmente  spiegare  con 
do  che  dicono  Programma;  ed  e  poi  la  nota  distintiva  con  cui  si  da  a 
riconoscere  nelle  prime  sue  pagine.  Ma  questo  del  Centenario  ,  con- 
tento  dl  dirci  che  egli  Prepara  la  solennita  nazionale  della  nascila 
di  Dante;  dopo  la  quale,  cessata  per  lui  ogni  ragione  di  esistere,  ri- 
iornera  nel  suo  nulla;  si  passa  di  ogni  altra  cosa  come  d'  inutile. 

Nondimeno  ora  che  ha  valicato  un  buon  quarto  di  quella  vita,  che 
>esso  medesimo,  con  privilegio  piuttosto  unico  che  raro,  si  e  prefisso; 
da  cio  che  ha  fatto  sin  qui  ,  e  da  cio  che  ha  detto,  noi  possiamo  per 
noi  stessi  dcdurre  in  che  modo  esso  intende  di  soddisfare  al  suo  im- 
pegno.  Infatli  di  Ire  cose  si  occupa  principalmenle  ne'  suoi  numeri  : 
in  primo  luogo  di  registrare  i  diversi  atti  del  Municipio  di  Firenze  , 
o  della  Commissione  scelta  dal  Municipio  per  disporre  la  festa  ,  con 
che  solennizzare  la  ricorrenza  centenaria  del  natalizio  di  Dante.  E  in 
quesla  parle,  che  intilola  Officiate,  trovano  luogo  eziandio  altre  de- 


RIVISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA  707 

liberazioni  di  altri  Municipii,  cheavessero  il  medesimo  scopo  relali- 
vamente  ai  loro  Comuni.  II  rimanente,  che  per  ragione  di  antitesi  e 
detto  Parle  non  officiate ,  o  contiene  le  varie  proposte  de'  particolari 
sopra  il  modo  di  meglio  onorare  la  memoria  del  Poeta  ;  o  pubblica 
le  diverse  sposizioni  che  gli  eruditi  mandano  alia  Direzione ,  or  sia 
sopra  il  concetto  generate  della  grande  opera  dell'  Allighieri ,  che  e 
la  Divina  Commedia,  or  sia  sopra  i  luoghi  particolari  di  essa. 

Questo  e  cio  che  costituisce  il  pieno  del  Giornale  del  Centenario; 
e  in  questo  per  conseguenza  dev'  esser  riposto  il  preparare,  che  esso 
dice  di  fare,  la  solennita  nazionale  della  nascita  di  Dante.  Se  non  che, 
quello  che  e  compreso  nella  parte  che  esso  chiama  Officiate,, in  quanto 
e  apparecchio  alia  solennita ,  non  e  opera  sua,  piu  che  1'  arare  fosse 
opera  di  quella  mosca,  la  quale  posata  a  tutto  agio  sul  corno  del  hue, 
che  tirava  T  aratro  ,  si  dava  aria  di  affaccendala ;  e  richiesta  dalle 
compagne  che  facesse :  non  vedete  ?  rispondeva :  stiamo  arando ! 
Giacche  non  ostanle  la  rubrica  Officiate,  e  Non  officiate,  non  esce  con 
autorita  ed  a  nome  del  Municipio :  a  quanto  apparisce  e  una  industria, 
o  poco  diversa  cosa,  del  Segretario  della  Commissione,  che  n'  e  il  ge- 
rente.  Per  rispetto  poi  alle  proposte,  benche  sia  vero  che,  se  fossero 
acceltate  e  messe  in  atto ,  ne  avrebbe  una  parte  di  merito  il  Gior- 
nale ;  temiamo  pero ,  e  con  fondamento  di  buone  ragioni ,  che  esse 
rimarranno  lettera  morta ,  a  danno  detle  carte ,  direbbe  Dante. 
Dair  altro  lato  1'  azione  propria  di  un  Giornale ,  che  vuol  disporre 
tutto  un  popolo  ad  onorare  un  egregio  cittadino,  che  e  il  caso  presen- 
te,  piuttosto  che  pratica  e  deterrainata  nel  divisare  le  manifestazioni 
di  onore  da  doversi  fare ,  i  modi  di  onoranza  da  doversi  lenere ,  ha 
da  essere,  noi  crediamo,  piu  generate  e  quasi  astratta;  ordinata  cio& 
a  far  crescere  la  stima  di  quel  cittadino ,  e  il  desiderio  di  onorarlo 
straordinariamente. 

E  a  dir  vero  non  ci  pare  che  il  Giornale  del  Centenario  la  intenda 
guari  diversamente.  Difatli  osserviamo  che,  dovunque  gli  cade  ac- 
concio,  non  oraette  di  magnificare  con  ornate  parole  ii  merito  eccel- 
so  del  sommo  Poeta  dell'Italia:  e,  come  abbiaino  nolato,  apre  gran 
luogo  agli  studii  sopra  il  divino  Poema,  chiunque  voglia  ad  onore  di 
Dante  e  decoro  delle  sue  pagine  fargliene  dono.  Questa  anzi  e  spesso 
la  parte  piu  abboadante,  per  quauto  almcno  lo  comporta  la  carcstia 


708  RIVISTA 

letteraria  de'  tempi.  Con  che  mostra  evidentemente  di  aver  capito  che 
1'opera  piu  propria,  che  puo  competere  a  se,  come  a  Giornale,  e 
appunto  questa  di  ravvivare  negl'  Italiani  la  stima  e  V  amorc  verso 
il  loro  Poeta,  lasciando  ad  essi  il  pensiero  di  onorarlo  a  loro  pia- 
cimento. 

Ma  se  era  cosi,  perche  non  dirlo  dichiaratamente  dal  principio, 
ed  invece  venirci  innanzi  con  quel  motto :  «  Prepara  la  solennita  na- 
2ionale  della  nascita  di  Dante  »?  Poiche,  ad  essere  schielti,  cotesla 
scrilla  farebbe  assai  bene  sopra  una  bottega  di  festaiuoli :  per  con- 
trario  squadernata  cosi,  senz'  altra  aggiunta,  sulla  fronte  di  un  Gior- 
nale ,  fa  quasi  scambiare  il  suo  sludio  con  un  magazzino  di  arnesi 
da  festa.  Se  non  e  nostra  malizia,  qui  sotto  cova  una  malizia  degli 
egregi  compilatori.  Essi  vedeano  bene  che  il  principale  uflicio  ,  che 
loro  si  conveniva ,  era  per  appunto  il  divisato  da  noi  e  il  pur  tenta- 
to  da  loro ,  almeno  secondo  la  intenzione.  Ma  vedevano  allo  stesso 
tempo  la  gran  difficolta  della  cosa;  da  non  pigliarlaayabbo,  direb- 
be  lutto  a  proposito  il  nostro  Dante,  ne  da  lingua  che  chiami  mamma 
e  babbo.  Perocche  a  conciliare  a  Dante  la  debita  slima  e  il  debito 
amore,  si  dovea  farlo  comparire  nella  vera  grandezza  di  Poeta  cri- 
stiano,  che  e  il  carattere  suo  prcprio.  E  per  questo  era  bisogno  pe- 
netrare  gl'intimi  intendimenli  della  Divina  Commedia,  misurarne  la 
grandezza,  scoprire  il  bello  del  tutto  e  delle  parti,  abbracciare  in  so- 
stanza  colla  mente  quel  gran  complesso  delle  maraviglie  dell'umano 
ingegno,  ed  ogni  cosa  divisare  ai  lettori  con  islile  tulto  proporzionalo 
alia  eccellenza  del  subbietto.  Ora  i  compilatori  doveano  essere  inli- 
mamente  convinti  di  non  avere  di  questa  farina  ncl  sacco  loro.  Dall'al- 
tro  canto  aspeltarne  da  spontanei  contribuenti  era  un  giocar  sull'm- 
certo.  Che  fecero  dunque?  Spiattellarono  li  sul  Giornale  quel  mottetto 
da  boliega :  « Prepara  la  solennita  nazionale  della  nascita  di  Dante », 
lasciando  al  discrete  leltore  lutta  lafacolta  d'inlenderlo  a  modosuo. 
Cosi  se  venisse  un  poco  di  ben  di  Dio  di  letteratura  dantesca,  tanto 
meglio :  in  caso  contrario  non  sarebbe  difficile,  cogli  Essendo  e  Con- 
sider ando  de'  Municipii,  colle  relazioni  del  monumento  A  che  e  stato 
appro vato,  del  monumento  B  che  sara  probabilmente  appro vato,  colle 
leltere  di  congratulazioui  e  ringraziamenli ,  colle  proposte  di  biblio- 
teche  dantesche  universali ,  fmalmente  con  qualche  spizzico  d'  inter- 


DEJXA  STAMPA  ITALIANA  709 

pretazioni  da  far  venire  le  vertigini,  sfangarsela  dalle  otto  pagine  di 
ciascuno  de'  tre  numeri,  che  escono  ad  ogni  mese,  ne  di  piccoli  ca- 
ratteri,  ne  di  sesto  assai  grande.  Nella  quale  ipotesi,  pur  troppo  pro- 
babile ,  se  pericolava  la  verita  dell'epigrafe  memorata ,  inquanto  il 
Giornale  avrebbe  sol  riferiti,  non  gia  falli  gli  apparecchi  della  solen- 
nita  della  nascita ;  si  sarebbe  pero  verificata  la  proposizione  inversa, 
che  questa  solennita  della  nascita  di  Dante  avrrebbe  preparata  la  na- 
scita del  giornale,  sostentatagli  la  vita,  e  lasciato  agli  eredi  natural! 
un  gruzzoletto  per  seppellirlo  con  onore. 

Considerata  la  cosa  sotto  questo  rispetto,  non  sappiamo  negare 
che  gli  autori  di  quesla  impresa  nazionale  di  preparare  la  solennita 
della  nascita  di  Dante,  non  operassero  con  prudenza.  Tanlo  piu  che 
quell'  altro  impegno  di  far  apparire  Dante  nella  sua  genuina  gran- 
dezza,  co'  venti  che  spirano  adesso,  e  nelle  circostanze  in  cui  si  sono 
collocati  gl'illustri  autori  del  Giornale,  non  era  neppure  da  mettere 
in  campo  per  rnodo  di  tentative.  Imperciocche,  a  volere  e  a  non  vo- 
lere,  il  Concetto  della  Divina  Commedia  e  essenzialmente  crisliano ; 
ma  della  cristianita  del  medio  evo,  che  era  cosa  tutta  soprannaturale, 
ne  da  conchiudersi  a  parole,  si  bene  da  praticarsi  cdlle  opere,  in  per- 
fetta  conformita  colla  legge  di  Cristo  e  della  Chiesa  cattolica.  Ora  i 
liberali,  con  quel  lume  di  sapienza,  che  e  tutto  lor  proprio ,  hanno 
veduto  che  un  tal  cristianesimo  e  cosa  gretta,  piena  di  superslizioni, 
al  tullo  da  spirit!  deboli,  e  per  niente  adattato  alia  nuova  civilla,  che 
essi  col  loro  senno  e  con  lungo  lavorio  sono  riusciti  a  creare.  Pero , 
in  virtu  della  pienissima  autori  la ,  onde  sono  investiti  sopra  tulte  le 
cose,  temporal!  e  spirituali,  di  queslo  mondo  e  dell'  altro,  lo  hanno 
purificato  della  ruggine  del  medio  evo  ,  e  sollevatolo  di  peso  all'  al- 
tezza  de'  tempi.  II  cristianesimo  cosi  rinnovato  dalla  benedizione  li- 
beralesca,  nonche  non  essere  piu  in  quella  eterna  conlraddizione  col 
secolo,  gli  da  anzi  e  ne  riceve  il  bacio  di  pace:  con  che  esso  addi- 
venta  essenzialmenle  civile,  e  il  secolo  essenzialmente  cristiano;  di- 
sparite  per  sempre  tutte  le  differenze  ,  unificati  tutti  gl'  inleressi ,  e 
sciolto  il  gran  problema  ,  credulo  insolubile  nel  medio  evo,  di  con- 
ciliare  insieme  il  cielo  e  la  terra,  Cristo  e  Maometto,  Dio  e  Satanas- 
so.  Ed  ecco  ad  un  dipresso  il  cristianesimo  che  i  liberali  ci  vogliono 
far  vedere  onninamente  nella  Divina  Commedia.  I  quail  devono  ave- 


710  RIVISTA 

re  ragionato,  su  per  giu,  in  questa  forma.  Dante  certamente  era  un 
grand'  uomo :  ma  per  essere  un  grand'  uomo  dovea  pensare  e  cre- 
dere come  noi ,  e  per  conseguenza  scrivere  ne'  nostri  sensi :  adun- 
que  la  religione  della  Divina  Commedia  non  e  ne  puo  essere ,  die 
qualche  cosa  di  somigliante  alia  noslra. 

Non  si  creda  clie  sclierziamo.  Questo  raziocinio,  se  non  si  trova 
cosi  espresso,  che  sarebbe  stolidita,  negli  scrilli  de'  moderni  rifor- 
matori,  e  nondimeno  implicilo,  quanto  basta,  ne'  loro  ragionamenti. 
Ne  dall'  altro  canto  venga  il  sospelto  ,  che  cio  che  diciamo  del  come 
intendtmo  essi  la  religione  della  Divina  Commedia,  sia  un  giudicare 
troppo  malignamente  le  loro  intenzioni.  Imperciocche ,  lasciando  da 
parte  i  phi  corrivi,  i  quali  per  altro  neppure  ebbero  seguito,  essendo 
usciti  colle  loro  esagerazioni  fuori  de'  confini  di  ogni  verosimiglian- 
za;  ma  gli  altri  generalmente  della  scuola  liberalesca  qual  parte 
danno  all'  elemenlo  religioso ,  che  ha  campo  si  largo  nella  Divina 
Commedia?  Secondo  le  loro  interpretazioni  tutta  la  gran  macchina 
delle  tre  Cantiche ,  che  e  quanto  dire  la  grande  impresa  che  compie 
Dante,  e  nella  figura  di  Dante  il  Cristiano,  viaggiando  per  T  Inferno, 
pel  Purgatorio  e  pel  Paradiso,  e  per  conseguenza  tutti  gli  atti  di  vir- 
lu  cristiana  che  va  esercitando  via  via,  altro  non  sono  che  segni  e 
figure  della  ristaurazione  polilica  e  civile,  a  che  il  Poeta,  secondo 
essi,  aveva  Y  intendimento,  e  di  cui  il  Poema  dovea  esporre  allego- 
ricamente  i  mezzi. 

Conciossiache  i  liberali  si  sono  filti  nel  capo  che  il  bene ,  che  il 
Poeta  vagheggiava  nel  Colle  simbolico ,  era  un  bene  politico ;  e  che 
le  fiere,  le  quali  gliel'impedirono,  specialmenle  la  Lupa,  furono  osta- 
coli  di  ordine  politico.  Or  non  e  una  logica  necessita,  che  il  Viaggio, 
merce  del  quale  fu  liberato  da  que'  mali ,  e  pervenne  a  quel  bene 
si  ansiosamenle  desiderato ,  si  riduca  ancor  esso  al  valore  di  un 
mezzo  meramente  terrene  di  rislaurazione  politica?  E  in  questo  caso 
che  altro  e  la  religione  della  Divina  Commedia ,  considerala  nel  suo 
valore  pratico  e  quanto  all' intendimento  dell' Opera,  se  non  che  una 
faccenda  del  tulto  civile,  dispogliata  di  ogni  significazione  e  di  ogni 
importanza  soprannaturale?  E  non  fa  nulla  al  caso  noslro,  che  in 
molti,  che  cio  spacciano,  non  si  annidi  cosi  rea  intenzione.  Giacche 
a  questo  proposito  accade  come  sempre,  che  la  gran  turba,  e  in  mez- 


DELIA  STAMPA  ITALIANA  711 

zo  a  questa  anche  uomini  dotti  e  letterati  da  baldacchino,  si  lascino 
governare  dalla  volonta  della  setta ;  la  quale  non  si  puo  dire ,  come 
sia  desta  per  carpire  ogni  occasione  di  tulto  sbattezzare,  travolgendo 
nelle  sue  raacchinazioni ,  sicche  vi  lavorino  almeno  inconsapevoli , 
anche  gli  uomini  di  dirilta  volonta. 

Ora  il  Giornale  del  Centenario  solto  la  disciplina  e  la  protezione 
del  Municipio  di  Firenze,  il  quale,  nell'  alto  esercizio  della  sua  giu- 
risdizione,  ad  unanimita  di  suffragi,  dichiara  :  «  Che  i  tempi  nuovi 
vaticinati  dal  Poeta  apparvero  ....  e  che  la  citta  di  Firenze . . .  non 

puo  meglio  che  con  un  grand'  alto  verso  il  massimo  Cantore mo- 

strare  al  mondo  che  con  Dante  furono  fecondati  in  lei  tutti  i  semi 
della  odierna  civilta  »;  che  altro,  diciamo,  poteva  fare  il  suddetto 
Giornale  che  meltersi  in  branco  co'  liberal!,  e  predicare,  secondo  la 
defmizione  del  Municipio  fiorenlino,  a  tutto  il  mondo,  come  qualmen- 
le  la  settima  eta  profetata  da  Dante  Allighieri  e  spuntata,  e  la  Divi- 
na  Commedia  ha  fmalmente  dopo  sei  secoli  avuto  il  suo  esilo  natu- 
rale,  coll'apparizione  avventurosa  del  benedetto  Regno  d' Italia  ?Per- 
ciocche,  chi  nol  sapesse ,  questa  e  appunto  la  piu  importante  scoper- 
ta  fatta  nei  novissimi  tempi  da'  nostri  uominoni ,  che,  Sissignori . 
questa  Italia ,  che  essi  ci  hanno  assassinata,  e  proprio  come  ce 
1'hanno  assassinata,  e  1'Italia  vagheggiata  da  Dante.  Di  essa,  se- 
condo il  decreto  del  Municipio,  il  sommo  Poeta  lascio  i  semi  nella  sua 
Opera ;  i  quali  poi ,  fecondati  dalla  incubazione  liberalesca ,  si  sono 
scbiusi  in  quesla  gioia  di  Regno  che,  benedetto  Iddio!  minaccia  di 
annegarci  tutti  nel  mare  delle  sue  beatitudini. 

E  questo  e  in  sostanza  lo  spirilo  che  informa  il  Giornale  del  Cen- 
tenario Donde  agevolmente  possiamo  argomentare,perche  fosse  sta- 
to  cosi  restio  di  fame  il  soggetto  delle  sue  periodiche  pubblicazioni. 
Certe  assurdita  si  possono  affermare  con  insistenza,  si  possono  ripe- 
tere  :  e  non  manchera  un  buon  numero  di  allocchi ,  i  quali  le  acco- 
glieranno  a  bocca  spalancata ,  come  altrettante  verita  cascate  dal 
cielo.  Se  pero  si  vogliono  trattare  sul  serio ,  pretendendo  di  farle 
passare  a  rigore  di  ragioni  e  di  argomenti,  vi  e  gran  pericolo  che  si 
manifestino  per  do  che  sono,  sicche  que'  medesimi ,  che  le  avevano 
accettate,  le  rigetlino  con  isdegno.  La  quale  cosa  i  liberali  hanno  ca- 
pita a  meraviglia ;  e  pero  guardale  se  ci  vengano  mai  a  sciorinare 


712  RIVISTA 

le  loro  dottrine  per  atqui  ed  ergo,  corne  s'  industria  di  fare  ogni  ani- 
male  ragionevole  che  sia  un  po'  sicuro  del  fatto  suo.  Essi  al  contra- 
rio  ce  le  ammanniscono  sotto  le  forme  di  assiomi ,  o  dignila ,  come 
diceva  il  Yico  ,  di  verita  immediate ,  di  principii  primi ,  di  principii 
indemonstrabili.  E  percio  e  chiaro  che  il  sillogismo  non  ci  puo  entra- 
re  per  altro,  se  non  a  fine  di  fame  scoppiare  le  conseguenze,  le  quali, 
per  poco  che  siano  aiutate  con  quella  macchina  aristotelica,  ne  scat- 
tano  tante  e  cosi  fragorose,  che  e  proprio  un  subisso. 

Sicehe  e  chiaro  che  il  Giornale  del  Centenario ,  nato  essenzialmen- 
te  liberate ,  dovea  per  obbligo  naturale  propugnare  la  identita  del 
Regno  d'  Italia  coll'  intento  della  Divina  Commedia ;  e  pero  sbatlez- 
zare  la  Divina  Commedia,  com'  e  senza  baltesimo  il  Regno  d'  Italia. 
Ma  provarsi  a  dimoslrare  con  qualche  conato  di  raziocinio  la  voluta 
medesimezza,  e  a  far  scambiare  per  virtu,  se  non  altro ,  di  qualche 
sofisma  meno  che  infelicissimo ,  la  religione  di  Dante ,  pellegrino 
pe'  tre  regni ,  colla  religione  de'  gia  esuli  illustri  ed  ora  felicemenle 
approdati  nel  paradiso  della  cuccagna  italiana ;  sarebbe  stato  lo  stes- 
so  che  guastare  il  negozio,  e  di  phi  uscirne  colle  beffe. 

Or  questa  e  la  ragione  del  gran  vuoto  di  critica  dantesca ,  che , 
sebbene  qualita  negativa,  possiamo  pero  dire  essere  la  specificativa 
del  Giornale  del  Centenario.  Perocche  non  solo  questa  critica  dee 
mancare  per  necessita,  come  abbiamo  veduto,  nella  cosa  piu  sustan- 
ziale ,  ma  manca  di  fatto  eziandio  nelia  parte  secondaria  d'  inlerpre- 
tazioni  particolari ,  o  di  altra  acconcia  erudizione.  Certo  tutti  coloro 
che  hanno  la  giusta  intelligenza  del  concetto  dantesco  si  sarebbero 
vergognati  di  far  comparire  comechessia  il  nome  loro  su  quelle  pa- 
gine  stesse,  nelle  quali  quel  concetto  con  tanta  sfacciatezza  e  falsalo. 
Quanto  ai  letterati  o  liberal!  o  in  servigio  de'  liberali,  non  neghiamo 
che  ve  ne  ha  non  pochi ,  i  quali ,  volendo ,  avrebbero  potuto  ali- 
mentargli  la  si  corta  vita  di  un  anno ,  con  cibi  non  ispregevoli  di 
erudizione  dantesca.  Ma  il  fatto  e,  che  fmora  non  hanno  voluto,  o  se 
si  sono  condotti  a  fargli  un  qualche  poco  di  carita,  e  stata  ordinaria- 
mente  de'  loro  rifiuti.  Delia  qual  cosa  non  e  del  nostro  proposito  in- 
dagare  le  cagioni:  ma  quali  che  sieno,  il  vuoto  che  dicevamo  e  sco- 
raggiante,  e  giustifica  pienamente  la  prudenza  degli  scrittori,  i  quali 
in  luogo  di  porre  in  fronte  al  loro  Giornale  un  titolo  da  doltore ,  lo 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  713 

niandano  in  giro  il  poveraccio  con  quella  tessera  indecorosa  di  fat- 
torino  di  bottega. 

Torremo  in  esame,  a  confermazione  di  quanto  abbiamo  asserito,  le 
cose  che  ci  appariscono  piu  rilevanli  negli  undid  numeri  che  ci  sono 
pervenuti  sino  al  giorno  d'oggi.  E  per  ora,  non  potendo  allro,  ci 
occuperemo  della  spiegazione  del  Concetto  del  Poema ,  di  cui  la  Di- 
rezione  va  debitrice  al  senno  del  signor  Professore  Zauli  Saiani,  che 
gliene  fece  presente.  Comincia  la  pubblicazione  nel  numero  3,  se- 
guita  nel  7,  e  minaccia  di  estendersi  non  sapremmo  dir  quanto.  Ma 
do  che  riguarda  1'  allegoria  fondamenlale  sta  tutto  conchiuso  nel 
numero  3  ;  ed  e  quanto  ci  basta  al  bisogno. 

H  signor  Zauli  ha  la  cura  di  avverlirci  sin  dal  principio ,  che  egli 
fu  esule  lungo  tempo  per  la  causa  italiana :  e  questo  non  fa  per  vana 
oslentazione ;  si  per  protestare  la  sua  gratitudine  al  Poeta ,  per  be- 
neficio  del  quale,  egli  confessa  di  avere  potuto  mantenere,  fra  le  ten- 
tazioni  del  lungo  esilio,  incontaminata  la  sua  fede  politica.  Cosi,  dopo 
avere  pellegrinato  con  Dante,  gli  e  riuscilo  finalmente  di  approdare 
nel  suo  Paradiso,  cioe  nel  regno  d'  Italia,  nel  quale  e  vero  che  non 
gode  un  poslo  di  gloria  molto  elevato ,  essendo  semplice  Professo- 
re :  ma  gia  Dante  1'  avea  notato, 

com'  ogni  dove 

In  cielo  e  Paradiso,  etsi  la  grazia 
Del  sommo  Ben  d'  un  modo  non  vi  piove. 

Nel  resto  egli  colla  palma  di  martire  ,  egli  coll'  aureola  di  Dottore , 
egli  col  soldo  corrispondente,  che  costituisce  la  beatitudine  sostan- 
ziale  de'  beati  del  Regno ,  e  lutlo  il  caso  a  farci  gustare  il  concetto 
italiano  di  D<mte ,  nel  compimento  del  quale  e  stalo  si  avveriturosa- 
mente  compreso. 

E  prima  di  lutto  gli  dobbiamo  rendere  la  lode  di  avere  soddisfat- 
to  pienamente  alia  condizione  che ,  come  abbiamo  avvertito ,  e  indi- 
spensabile,  per  ispiegare  nel  senso  liberale,  e  con  qualche  speranza 
di  buon  riuscimento,  il  Concetto  della  Divina  Commedia :  ed  e  di 
elcvare  quella  spiegazione  sino  all'  altezza  delle  cose  per  se  note, 

A  guisa  del  ver  primo  che  1'  uom  crede. 


71 1  R1VISTA 

Sopra  un  tal  punlo  sfidiamo  la  critica  piu  sckifiltosa  a  saperci  tro- 
vare  un  solo  periodo,  nel  quale  il  signor  Zauli,  non  diciamo  dimostri 
cio  che  afferma,  ma  faccia  un  semplice  tentativo  di  dimostrarlo.  Que- 
sto  sarebbe  stato  come  un  meltere  in  dubbio  la  verita  della  cosa: 
che  allro  non  potea  essere  se  non  che  ollraggio  alia  stessa  verita. 
Perocche  pognamo  pure  che  il  dubbio  non  entrasse  nell'  animo  suo; 
poteva  pero  entrare  nell'animo  de'  suoi  uditori.  Poiche  e  da  sapere, 
che  il  Professore  avea  gia  pronunziale  queste  sue  dotte  lucubrazioni 
nel  R.  Istituto  tecriico  di  Forli ,  innanzi  di  fame  regalo  al  Giornale 
del  Gentenario.  Or  chi  non  sa  che  i  giovani  quanto  son  facili  ad 
accettare  dalla  bocca  del  lor  Professore  checche  ad  essi  si  pro- 
pone per  modo  di  principio ,  di  massima,  di  verita  almeno  ricono- 
sciula  da'dotti  del  mestiere;  allrellanto  sono  accessibili  al  dubbio, 
quando  il  Professore  commelta  la  imprudenza  di  voler  dimostrare 
certe  cose,  per  le  quali  non  ci  ha  dimostrazione  che  tenga?  Ma  ii 
signor  Zauli ,  ben  lungi  dall'  iinpegnarsi  in  coteslo  pecoreccio ,  si 
sforzo  anzi  di  comunicare  ai  suoi  alunni  la  evidenza  immediala  che 
gli  pareva  di  averne  egli  stesso ,  procurando  di  vantaggio  di  riscal- 
dare  il  loro  cervello  col  riverbero  del  suo ,  piu  che  mediocremente 
infiammato. 

Del  quale  artistico  effetto  egli  va  debitore  alia  forma  estetica,  che 

seppe  dare  alle  sue  lezioni.  II  letlore  ci  perdoni ,  se  non  possiamo 

nominargli  con  vocabolo  dell'  arte  questa  forma  ,  per  la  ragione 

che  essendo  del  tutto  originate  ,  cioe  propria  esclusivamente  di  lui 

signor  professore  Zauli  Saiani,  non  puo  avere  un  nome  ne'  trattati, 

che  gia  esistono,  di  eloquenza  didascalica.  Nondimeno  se  si  vuole 

paragonare  alle  forme  conosciute,  almeno  in  altri  generi,  apparira  che 

si  accosta  mollo  di  vicino  al  ditirambo.  Lo  stesso  eccitamento  del 

ditirambo,  che,  come  si  sa ,  si  credeva  ispirato  da  bacco ;  la  stessa 

irregolarita.  e  frequenza  di  trapassi,  ma  pure  con  una  idea  sempre 

fissa,  che  vi  predomina;  le  stesse  immagini  gigantesche;  fmalmente 

lo  stesso  sdegno  di  qualsivoglia  disciplina.  Togliamone  un  piccolo 

saggio,  e  sia  pure  nel  principio,  quando  1'accensione  non  suole  aver 

toccalo  il  suo  sommo.  Apre  dunque  cosi  la  sua  prima  lezione: 

«  Come  un  umile  e  zelante  minislro  di  Dio,  per  ispirarsi  a  discor- 
rere  dell'alta  legge  d'amore,  insegnata  dal  divino  Maestro,  apre  de- 


BELLA  STAMPA  1TALIANA 

voto  il  gran  libro  degli  Evangeli,  io,  povero  d'ingegno,  ma  ardente 
in  patria  carita,  per  ispirarrai  a  ragionare  delle  present!  condizioni 
moral!  e  politiche  d' Italia,  apro  anck'io  una  Bibbia,  il  poemasacro, 
eke  e  la  bibbia  della  nazione  italiana ;  il  gran  poema  eke  rivela  al- 
T  Italia  T  altissima  legge,  onde  la  Provvidenza  ad  alti  e  novelli  de- 
slini  1'  ka  rickiamala ...  » 

«  Ak  si ,  dopo  sei  lungki  secoli !  ( ma  eke  importa?  i  secoli  nella 
vita  delle  nazioni  son  giorni ;  la  nazione  ka  fatto  un  passo  da  gigan- 
te  e  i  secoli  sono  scomparsi ) ,  dopo  sei  secoli  alfine  vediamo  in  atto 
il  grande  concepimento  del  poeta ,  1'  unita  politica  d'  Italia  sotto  un 
solo  monarca,  e  \7ediamo  eke  sta  per  compiersi  1'unila  religiosa  solto 
un  nuovo  ponlificato,  eke  spogliandosi  dell'  ultimo  brano  del  tempo- 
rale  ammanto ,  innalzi  la  tiara  al  solo  e  vero  splendore ,  eke  le  pre- 
figgono  cielo  e  terra.  Cki  avesse  dubbio,  eke  questo  non  fosse  per 
divenire  folio  compile,  sconoscerebbe  questa  bibbia,  rinnegkerebbe 
la  storia,  i  secoli,  i  popoli,  T  Italia. . .  e  Dante.  » 

A  questo  luogo  naturalmente  dovette  erompere  uno  scoppio  di  ap^ 
plausi  frenetici ;  percke ,  avete  inteso  ?  non  solo  e  cosa  per  se  nota, 
eke  il  regno  italiano  e  la  espressione  del  concetlo  danlesco ;  ma  non 
si  puo  neppure  ammeltere  ombra  di  dubbio  eke,  per  finire  di  esserlo 
a  perfezione,  non  debba  distruggere,  e  presto,  ogni  reliquia  di  domi- 
nio  temporale  di  Papi.  II  eke  essendo,  poicke  le  cose  di  evidenza  im- 
mediata  non  si  dimostrano,  ma  si  propongono  solamente,  o  al  piu  si 
dickiarano;  a  lui  e  tutto  il  bisogno  uno  spizzico  di  storia;  facendo  as- 
sapere ,  qualmente  in  quel  secolo  sgraziato  ,  in  cui  tocco  a  Dante  di 
vivere  ,  questa  povera  Italia  era  un  campo  di  lotle  sanguinose  tra 
Guelfi  e  Gkibellini,  sempre  in  sull'armi  a  disputarsi  il  comando  delle 
citta;  e  eke  tra  queste  una  delle  piu  travagliate  fu  Firenze ,  soprad- 
divisa ,  per  istrazio  peggiore  ,  nelle  altre  due  parti  de'  Biancki  e  dei 
Ned ,  funesta  cagione  al  povero  Dante  dell'  esilio  e  di  ogni  altro  suo 
danno.  Questo  sprazzo  di  peregrina  erudizione  ckiarifica  tullo.  «  A- 
prile  adesso  (cosi  il  Professore  invitava  i  suoi  alunni) ,  aprite  adesso 
il  1.°  canlo  della  I.a  Canlica.  Poicke  nel  mezzo  dell'  umano  cammino 
egli  (Dante)  si  e  smarrito  nell'  oscura  selva  delle  parti ,  eke  gli  kan- 
no  procaccialo  il  dolore  dell'  esilio  ,  e  tenta  pure  di  uscirne  con  ono- 
re  ;  il  eke  non  puo  fare  eke  salendo  all'  altezza  della  Patria ;  di  cui 


716  RIVISTA 

aspira  al  ritorno  con  tutla  la  potenza  del  cuore  e  vuole  il  disingan- 
no  con  tutta  la  forza  dell'  intellello ;  ecco  appunto  apparirgli  ii  colle 
che  la  rappresenta  irradiato  daU'eterno  sole  della  speranza. » 

Seguitando  innanzi  a  far  luce  colla  fiaccola  stessa ,  fa  riconoscere 
il  vero  significato  delle  tre  belve  che  sopravvennero  ad  impedirgli  il 
cammino;  e  nella  « Pantera  o  Lonza,  di  pelo  maculato »  raffigura  «la 
stessa  sua  terra  natale,  Firenze,  divisa  in  Bianchi  e  Neri » ;  nel  Leone 
« la  sempre  superba  corle  di  Francia,  con  quel  suo  Carlo  di  Valese » ; 
fmalmente  nella  Lupa  ( ci  perdonino  i  leltori  se  siamo  obbligati  di 
trascrivere  queste  bestemmie! )  « un'altra  peggior  beslia,  un  mostro 
che  rappresenta  la  potesta  temporale  deTapi,  la  corte  simoniaca  non 
mai  satolla  d'oro  e  di  potere. » 

Virgilio  giunse  in  buon  punto  per  liberarlo  dal  terribile  scontro , 
e  gli  profeto  un  Veltro  che  avrebbe  data  la  caccia  a  quella  orribile 
belva,  e  ricacciatala  nell'  Inferno.  Gli  persuase  intanto  che  lo  seguis- 
se  per  un  altro  cammino,  e  cosi  rimarrebbe  salvo  dalla  offesa  di  lei. 
Ascoltiamo  adesso  il  professore,  il  quale  innestando  la  storia  de' tempi 
di  Dante  colla  storia  noslra  contemporanea,  rimuove  il  velo  delle  fi- 
gure ed  illumina  il  gruppo  dantesco,  da  vederci  chiaro  anche  un  orbo. 

«  II  dialogo ,  egli  dice ,  che  ha  luogo  fra  loro  (fra  Dante  e  Virgi- 
lio),  e  quello  della  fantasia  che  ragiona  col  cuore  ,  che  sollevandosi 
senza  tempo  sui  secoli  profetizza  un  Vellro ,  una  potenza  nazionale 
che  di  eta  in  eta  deve  conquidere  la  lupa  ingorda,  la  lupa  invidiosa 
della  potesta  di  Cesare  ;  un  Veltro  che  di  eta  in  eta  deve  cacciarla 
per  ogni  terra,  finche  1'  avra  rimessa  nell'  inferno,  dal  quale  T  invi- 
dia  (il  distintivo  delle  fazioni),  1'invidia  dapprima  1'avea  falta  uscir 
fuori.  Ora  se  questa  sia  veramente  rullima  eta  della  lupa  io  lascio 
a  voi  considerare.  Contro  un  nuovo  Carlo  Valese,  che  troppo  voglia 
prolungare  gli  ultimi  anelili  della  lupa,  c'  e  un  altro  Veltro  che  rap- 
presenta la  forza  de' secoli.  . .  la  potenza  della  Nazione!  E  gia  1'ispi- 
razione  (Virgilio)  Seguimi,  grida  a  Dante.  Non  e  per  la  via  ingom- 
bra  dalla  lupa  poligama. . .  che  tu  potrai  uguagliarti  all'altezza  della 
patria,  ma  per  la  strada  della  gloria.  Seguimi  e  ad  ammaestramento 
dei  vivi  ti  apriro  il  regno  de'  morti.  »  E  delto  che  lo  fara  viaggiare 
per  1'Inferno,  pel  Purgatorio  e  pel  Paradiso,  conchiude :  «  Cosi,  solo 
cosi  vincerai  la  pervicacia  delle  parti,  e  richiamato  in  patria  ti  assi- 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  717 

derai  trionfanle  nel  maggior  tempio  di  quella  terra ,  che  ingiusta- 
mente  ti  ha  sbandito. » 

E  in  questo  sugo  di  prosa,  ne  in  altro  die  questo,  si  sprerne  quan- 
ta e  lunga  e  larga  la  pappolala  dilirambica  del  chiaro  Professore  del 
R.  Islituto  tecnico  di  Forli ,  signor  Zauli  Saiani.  Fara  maraviglia , 
non  diciamo  altro ,  la  facilila ,  onde  ha  licenziati  di  farsi  largo  nel 
pubblico  cosiffatti  suoi  sogni.  Perocche  se  queste  lezioni  le  avesse 
recitale  a  solamente  qualche  dozzina  di  giovanetti ,  si  capisce  assai 
bene,  come  avrebbe  poluto  pigliare  coraggio  dalla  loro  semplicita  per 
dime  di  cosi  sperticale.  Ma  divulgarle  poi  per  la  stampa,  e  volere  che 
facciano  il  giro  dell*  Italia,  parrebbe  alto  di  straordinaria  dissenna- 
tezza,  o  d'  ignoranza  singolare.  Nondimeno  ,  tratlandosi  di  liberali, 
e  in  cotesta  materia ,  la  cosa  e  spiccia.  L'  abbiamo  detto,  e  un'  in- 
iesa  tra  loro  di  dovere  ridurre  a  religione  civile  la  religione  della 
Divina  Commedia,  e  rifondere  in  essa  cotesto  aborto  del  Regno  ita- 
liano ,  come  ultimo  segno  di  quel  bene  politico  che  Dante  vi  abbia 
voluto  adombrare.  E  per  giungere  a  tanto  il  miglior  modo  credono 
essere  questo  di  ripetere  in  mille  modi  il  medesimo  assurdo,  ne  mai 
stancarsi  di  ripeterlo ;  sicche  passi  siccome  cosa  evidente  e  da  do- 
vcrsi  accettare  da  tutti. 

Or  senza  bisogno  di  andare  per  le  minute;  che  a  cio  fare  ci  sa- 
rebbe  uopo  di  volumi,  ed  i  volumi  gia  esistono ,  chi  li  volesse  con- 
sultare;  saranno  d'  avanzo  alcune  poche  e  semplicissime  considera- 
zioni,  per  mandare  in  dileguo  il  ditirambo  del  Saiani.  La  selva,  in  cui 
Dante  si  smarri,  secondo  egli  dice,  simboleggia  le  parti  politiche; 
per  cagione  delle  quali  fu  cacciato  in  esilio.  Per  contrario  il  colle 
figura  la  Patria,  in  cui  si  argomentava  di  far  ritorno.  Contraddizione 
flagrante  nella  stessa  posizione !  Imperciocche  la  selva  figurerebbe 
due  cose  che  si  escludono  a  vicenda;  figurerebbe  cioe  Firenze ;  giac- 
che  le  parti  fiorentine  lo  mandarono  in  bando ;  e  figurerebbe  1'esilio ; 
stanteche  dall'  esilio  egli  si  adoperava  di  ritornare  nella  Patria.  Si- 
milmente  le  tre  belve  ( con  quella  logica  che  a  lor  presta  il  Saiani ) 
in  quell'atlo  medesimo  che  si  sforzavano  d'  impedirgli  il  ritorno  dal- 
1'  esilio  nella  patria,  lo  ricacciavano  in  quel  luogo,  dal  quale  fu  esi- 
liato  ,  che  non-  poteva  essere  altro  che  la  patria.  Che  testa  quadra 
quella  del  professore  di  Forli! 


718  RIVISTA 

Nel  resto  chi  voglia  intendere  da  senno,  e  non  gia  dare  ad  inten- 
dere  in  servigio  de'  padroni,  che  sia  veraraente  la  Selva,  die  sia  il 
Colle,  non  ha  bisogno  che  di  un  discorso  semplicissimo. 

La  Selva,  nella  intenzione  di  Dante,  rappresenta  quel  male,  da 
cui  Virgilio  fu  mandato  a  liberarlo  con  quel  mezzo  straordinario  del 
viaggio  per  1'altro  mondo.  E  cosa  chiara  per  le  stesse  parole  di 
Virgilio  a  Dante : 

A  te  convien  tener  altro  viaggio, 
Rispose,  poi  che  lagrimar  mi  vide, 
Se  vuoi  campar  d'esto  loco  selvaggio. 

Per  contrario  il  Colle  simboleggia  quel  bene ,  al  qual  non  essendo 
possibile  a  Dante  di  arrivare  per  la  strada  piu  breve,  fu  da  Virgilio 
indirizzalo  per  quell'  altra  piu  lunga.  Anche  questo  e  chiarissimo 
pel  dialogo  tra  Virgilio  e  Dante.  Virgilio  aveva  interrogate : 

Perche  non  sali  il  dilettoso  monte, 
Ch'  e  principio  e  cagion  di  tutta  gioia? 

Inleso  poi  dell'  impedimento  sopraddetto ,  gli  propose  il  mezzo  del 
viaggio  straordinario  con  queste  parole : 

Ond'  io  per  lo  tuo  me'  penso  e  discerno, 
Che  tu  mi  segui,  ed  io  saro  tua  guida, 
E  trarrotti  di  qui  per  luogo  eterno. 

Con  che  lo  assicuro  che  gli  farebbe  conseguire  quel  bene ,  al  quale 
non  gli  era  possibile  di  giugnere  da  per  se. 

Ora  da  qual  male  fu  liberato  Dante  e  a  qual  bene  pervenne  per 
quel  viaggio  che  imprese  pe'  tre  regni  dell' altro  mondo?  Cel  dica  il 
fatto.  Dante  colla  visita  dell'  Inferno  non  altro  fa ,  che  contemplare 
il  rigore  della  divina  giustizia  nel  punire  i  peccalori.  La  quale  con- 
siderazione  di  sua  natura  e  ordinata  ad  insinuare  nell'  anima  orrore 
e  pentimento  delle  proprie  colpe,  e  disporla  alia  giustificazione. 
Ed  in  effetto,  compiuto  che  ha  il  primo  viaggio,  e  innanzi  di  entra- 
re  ne'gironi  del  Purgatorio,  per  ministero  di  un  Angelo  riceve  il  Sa- 
gramento  della  giustificazione.  II  rimanente  del  cammino  del  Pur- 
gatorio va  tutto  in  espiazione  della  pena  che  rimaneva  a  scon- 


BELLA  STAMPA  ITALIANA 

tare  dopo  il  Sagramento ,  ed  in  purgazione  degli  abiti  rei  rimasti 
nell'  anima :  cose  simboleggiate  dai  sette  P  che  1'  Angelo  gli  lascio 
impressi  sulla  fronle,  ed  ei  si  vedeva  1'uno  appresso  1'altro  dispari- 
re,  secondo  che  avanzava  nel  cammino.  Non  e  egli  dunque  chiaro, 
quanto  la  luce  del  mezzodi,  che  il  male  da  cui  Dante  fu  liberate  con 
questo  mezzo  del  viaggio  per  1'  Inferno  e  pel  Purgatorio ,  e  il  male 
della  colpa  e  de'  pessimi  effelli  che  la  secondano ;  e  che  il  bene,  a 
cui  venne,  fu  la  santificazione  dell'  anima ,  ottenula  col  Sagramento 
della  penitenza,  ed  accresciuta  e  invigorita  cogli  abiti  virtuosi  ?  Pe- 
rocche  dell'  acquisto  graduale  di  quesli  abiti  e  simbolo  la  stessa 
montagna  del  Purgatorio,  per  quella  sua  specialissima  qualita  di  far 
sentire  sempre  meno  la  fatica  del  montar  su,  secondo  che  si  ascende 
piu  alto.  Come  poi  il  Paradiso  terrestre  simboleggia  1'  ultimo  grado 
della  rettitudine;  perche  giunlo  in  esso  il  Poeta  non  solamente  e  re- 
so  incapace  d'  ogni  istinto  al  male ,  ma  e  si  fattamente  riordinato , 
che  dee  pigliare  dalla  inclinazione  del  suo  arbitrio  la  norma  dell'  o- 
perare ;  cosi  il  Paradiso  celeste  e  figura  della  perfettissima  unione 
con  Dio,  espressa  nel  suo  ultimo  grado  dalla  visione  beatifica. 

Donde  proviene  la  necessaria  conseguenza,  che  il  mal  della  Selva, 
che  Dante  volea  scampare  per  la  via  diretta  del  Colle,  e  Virgilio  gli 
fe  fuggire  pel  mezzo  del  viaggio ,  non  puo  essere  altro  che  il  male 
della  colpa,  e  gli  effetti  che  ne  derivano ;  e  che  il  bene  del  Colle,  a 
cui  Dante  non  pote  pervenire  per  gl'  impediment!  delle  fiere ,  e  che 
Virgilio  gli  fe  acquistare  con  queH'altro  indirizzo,  sia  la  grazia  san- 
tificante  avvalorata  dagli  abiti  virtuosi  e  cresciuta  nel  grado  piu  ele- 
vato  di  perfezione  cristiana. 

Questa  e  la  idea  che  emerge  limpidissima  dalla  letlura  della  Di- 
\ina  Commedia ,  che  fu  accennata  da  Dante  stesso  nella  epistola  a 
Cane  della  Scala ,  che  fu  tramandata  con  semplicissime  formole  dai 
primissimi  commentatori ,  che  si  e  manlenuta  per  cinque  secoli,  e 
tuttora  sussisterebbe ,  se  i  liberali ,  a  cui  d&  ne'  nervi  ogni  odore  di 
pieta  cristiana ,  non  avessero  posto  ogni  studio  ad  annebbiarla.  Ne 
solamente  risulta  dair  esame  di  tutla  1'  Opera ;  ma  vi  ha  moltissi- 
mi  luoghi  particolari  di  essa ,  ne'  quali  lo  stesso  Autore  V  ha  diret- 
tamente  dichiarata ,  importandogli  molto  di  non  essere  frainteso  so- 
pra  il  punto  piu  sostanziale.  Noi  solo  ne  accenneremo  alcuni  pochi, 


RIVISTA 

non  essendoci  consentito,  nel  breve  spazio  di  una  Rivista,  esaminarli 
ponderatamenle.  Confronti  dunque  il  leltore  co'  simboli  del  I.°  canto 
dell' Inferno  i  seguenti  brani:  Purg.  I,  vv.  40-73;  id.  XXIII,  vv. 
112-121 ;  id.  XXX  e  XXXI  in  que'tralti  in  cui  sono  contenuti  i 
rimproveri  di  Beatrice;  fmalmente  Parad.  XXXI,  vv.  79-111. 

Secondo  un  tal  fondamento  le  Ire  belve  non  possono  significare 
che  Ire  generi  di  tentazioni  che  ricacciavano  il  Poeta  nella  selva  de'vi- 
zii ,  da  cui  si  argomentava  di  uscire.  E  ci  sarebbe  certamente  rica- 
scato ,  se  per  intercessione  della  Donna  Gentile  ( nella  quale  i  phi 
assennati  commentatori  riconoscono  Maria  Santissima)  non  fosse  sta- 
to  sovvenuto  di  quel  presidio  straordinario,  di  viaggiare  pe'tre  regni 
dell'allro  mondo. 

Or  queste  lentazioni,  sinche  i  liberali  non  ci  vennero  ad  arruffare 
la  matassa,  si  teneva  datutli  essere  le  tre  grandi  concupiscenze,  che, 
secondo  e  delto  in  S.  Giovanni,  corrompono  tutto  il  mondo,  ed  anzi 
coslituiscono  il  mondo  perverso,  condannato  dall'Evangelo.  Lc  qua- 
li  sono,  la  concupiscenza  della  carne ,  cioe  la  lussuria,  figurata  nella 
Lonza ;  la  concupiscenza  degli  occhi ,  cioe  1'appetito  delle  ricchezze , 
ossia  1'avarizia,  figurata  nella  Lupa ;  e  1'appetilo  dell'  eccellenza,  cioe 
la  superbia  1,  figurata  nel  Leone. 

Che  poi  alia  conversione  di  Dante  opponesse  ostacolo  maggiore  la  lu- 
pa,  ossia  1'appetito  delle  ricchezze,  non  e  cosa  da  fare  difficolta,  a  chi  si 
faccia  presenti  nell'  animo  quesle  due  considerazioni :  la  prima,  che 
Dante  si  pone  in  figura  deH'uomo  in  generale:  e  questo  non  abbisogna 
di  pruova,  perche  oltre  ad  essere  chiaramente  insinuate  dalla  epistola  a 
Cane,  e  un  punto  in  che  si  accordano  tutti  gl' interpret!  anlichi  e  mo- 
derni.  La  seconda,  che,  conforme  Y  insegnamento  dello  Spirito  Santo 
nelle  divine  Scritlure,  quell'  appetito  disordinato  dell'avere  e  cagione 
nel  mondo  di  tutti  i  rnali  morali  2.  Or  di  questa  verita  era  Dante  piena- 
mente  penetrato,  e  ne  discorre  ampiamente,  in  prosa  e  in  verso,  nel 
Convito  e  nella  Divina  Commedia ;  ed  appunto  dallo  sfrenato  imper- 
•versare  di  cotesta  passione  riconosce  la  universale  corruzione ,  che 

1  Omne  quod  est  in  mundo  Concupiscentia  carnisest,  et  Concupiscentia 
oculorum,  et  Superbia  mtae.  IOAN.  ep.  I,  II,  16. 

2  Qui  volunt  divites  fieri  inddunt  in  tentationem  et  in  laqueum  diaboli.  Ra- 
dfa  enim  omnium  malorum  est  cupiditas.  I.  Timoth.  VI,  10. 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  721 

lante  volte  lamenta,  de'  suoi  tempi.  Ora  qual  maraviglia  se  in  una 
passione,  die  egli  per  lame  di  fede  e  di  discorso  naturale  sapeva  es- 
sere  il  germe  di  tulti  i  peccali ,  cosliluisse  il  piu  potente  impedi- 
mento  alia  salute  dell'  anima? 

Si  dira  forse,  che  Dante  non  si  sarebbe  mai,  neppure  in  figura,  ap- 
propriato  un  vizio,  da  cui  era  persuaso  che  derivassero  tutti  i  mali 
sociali  del  suo  tempo,  contro  i  quali  si  acerbamente  inveisce.  Ma  si 
osservi  che  la  cupidita  puo  essere  doppiamenle  principio  e  radice 
de'mali  morali.  Primieramente  per  rispetto  all'uomo  individuo,  il  qua- 
le,  come  dice  S.  Tommaso,  ha  nella  pecunia  il  mezzo  da  conseguire 
tutli  gli  altri  beni  lemporali,  e  pero  la  cerca  con  piu  ardore,  e  se  ne 
fa  strumento  da  soddisfare  a  lutte  le  altre  passioni.  Or  chi  puo  ve- 
dere  assurdo  o  inconvenienza  in  questo,  che  Dante,  posto  che  si  re- 
putasse  peccatore,  almeno  in  figura,  riconoscesse  anch'egli  dalla  cu- 
pidita 1'  origine  delle  sue  colpe  ?  Nondimeno  di  esserlo  in  realta  egli 
umilmente  si  accusa  in  piu  luoghi  del  Poema ;  essendo  privilegio 
esclusivo  de'  liberali  credersi  irreprensibili.  In  secondo  luogo ,  la 
cupidita  e  cagione  di  corruzione  e  di  delitti  di  ogni  genere  nel  con- 
sorzio  civile,  se,  pel  cattivo  governo  o  per  altre  cagioni,  abbia  piu 
largo  campo,  ne  sia  sufficientemente  raffrenata.  E  cosi  appunto  e1 
considerata  in  piu  luoghi  parlicolari  del  Poema ,  nei  quali  e  detta 
causa  di  tult'  i  mali  della  civile  societa  de'  tempi  del  Poeta. 

Ora  il  secondo  riguardo  non  ha  che  fare  con  Dante  protagonista,  ne 
colla  idea  del  Poema.  E  nondimeno  la  chiave  per  ispiegare  do  che 
e  detto  del  Veltro  e  della  impresa  di  lui.  Conciossiacche  Dante  ri- 
peteva  il  predominio.  della  cupidila  disordinata  negli  ordini  civili, 
e  quindi  la  corruzione  sociale,  dal  caltivo  governo :  e  cotesto  cattivo 
governo  egli  lo  ravvisava  cosi  ne'  Guelfi,  come  ne'  Ghibellini  par- 
teggianti;  cosi  negli  uomini  di  chiesa,  come  ne'laici.  Ecco  dunque  1'a- 
zione  che  atlribuisce  al  Veltro:  introdurreil  buon  governo,  che  era 
la  Monarchia  imperiale ;  e  con  do  stesso  distruggere  la  Lupa ,  ossia 
il  predominio  della  cupidita,  inquanto  causa  della  sociale  corruzione. 
Ilperche  questa  impresa  del  Veltro  ne  costiluisce  1'azione  del  Poema, 
ne  vi  entra  come  parte  di  essa :  anzi  non  potea  essere  ne  1'  una 
ne  1'aHra,  siccome  cosa  da  doversi  compiere  in  un  tempt)  futuro. 
Serie  Y,  vol.  X,  fasc.  342.  46  9  Giugno  1864. 


RIVISTA 

Queste  idee  abbiamo  esposte  assai  brevemente ,  perche  ci  ricor- 
da  averle  dichiarate  piii  in  lungo  in  altri  luoghi  del  nostro  Periodi- 
co  1.  Ma  dal  poco  che  ne  abbiamo  toccalo  si  puo  vedere  con  quanlo 
lume  di  critica  il  signer  Zauli  Saiani  ci  venga  a  contare  in  sul  serio, 
come  Dante  si  mise  in  viaggio  per  1'altro  mondo,  in  cerca  della  Pa- 
tria  perduta.  Cotesta  novella  1'  avea  gia  immaginata  il  Marchetti ;  e 
perche  da  gran  tempo,  non  ostaute  il  favor  e  liberalesco,  era  stata 
cacciata  fra  le  ciarpe  vecchie,  il  sullodato  signor  Zauli  Saiani  1'  ha 
voluto,  come  dicono  adesso,  riabilitare ,  afforzandola  con  una  dozzi- 
na  di  contraddizioni  di  piu,  e  determinando  il  concetto  della  Palria 
coll' attuazione  di  questo  regno  d' Italia,  foggiato  da'suoi  padroni. 

Ci  e  pero  un  lato  di  vero  in  questa  sua  spiegazione ;  il  quale  noi , 
per  essere  gius'ti ,  non  dobbiamo  dlssimulare  :  con  che  finiremo  per 
ora.  Imperocche  se  egli  restringe  la  sua  affermazione  alia  prima  Can- 
tica  solamente ;  e  intende  dire  che  il  regno  d'  Italia  ha  il  suo  perfetto 
ragguaglio  nell' Inferno  dantesco,  non  ha  proferito  in  vita  sua  verita 
piu  vera  di  questa.  A  cominciare  dagli  Sciagurati  del  primo  cerchio, 
tutf  una  cosa  cogli  sciagurati  di  quassu,  che  non  sono  ne  per  1'  Italia 
ne  contro ,  rigettati  pero  dagli  italianissimi  e  dai  clerical! ;  trovera 
Tia  via  combaciare  ogni  cosa  a  capello ,  insino  all'  ultimo  girone  del 
cerchio  estremo ,  la  dove  si  apre  lo  spettacolo  di  Lucifero  che  spa- 
lanca  quelle  immani  voragini  delle  sue  tre  bocche, 

Ed  ogni  bocca  un  peccator  maciulla. 

Magnifica  immagine ,  in  cui  e  tutto  Y  ideale  di  quello ,  che  alcuni 
corsi  di  Esletica  chiamano  Bello  satanico;  ma,  immagine  nello  stesso 
tempo  acconcissima  al  caso  nostro!  Imperocche  come  quel  luogo 
de'  traditori  e  il  punto 

Dell'  universo  in  su  che  Dite  siede  ; 

e  per  conseguenza  il  fondamento  dell' Inferno ;  cosi,  a  lode  della  ve- 
rita, i  Traditori,  secondo  tutte  e  tre  le  categorie  di  Dante,  sono  1'  o- 

1  Civ.  Catt.  Ser.  IV,  vol.  VI,  pagg.  72  segg.,  205  segg. ;  V,  vol.  I,  pagg. 
892  segg.,  vol.  VI,  pagg.  658  segg.  Vedi  ancora  sullo  stesso  proposito  BE- 
RAHDINELLI  ,  Concetto  della  Dimna  Commedia.  Napoli  1859,  presso  Gabriele 
ftondinella. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  123 

noralo  fondamento  di  questo  Regno  d' Italia.  Speriamo  che  la  somi- 
gliariza  non  sia  per  estendersi  sino  a  far  loro  provare  i  bad  di  quelle 
bocche ;  che  di  cerlo  non  ci  avrebbero  gusto. 


II. 


La  sentenza  assolutoria,  pronunziala  dalla  Sezione  di  accusa  delta 
Corte  di  Appello  di  Ancona  nella  causa  di  S.  E.  il  Cardinale 
Morichini. 

La  gravita  e  la  integrita  sono  due  pregi  si  proprii  di  chi  siede 
giudice  autorevole,  che  non  v*  ha  uomo  cosi  dispetto  e  cosi  infame,  a 
cui  egli  si  agguagli  nella  pubblica  estimazione,  se  avvenga,  che  ap- 
parisca  dell'  uno  e  dell'altro  manchevole.  Quindi  e  che  Tullio,  volen- 
do  sfolgorare  la  slima  goduta  da  un  giudice,  non  seppe  trovare  miglior 
partito,  che  il  chiamarlo  semplicemente :  index  nequam  et  levis  1. 
Ed  in  vero  la  maesta  del  tribunale,  la  sacra  professione  che  vi  si  fa, 
di  rend  ere  giustizia  autorevolmente,  formano  un  contrapposto  si  mo- 
struoso  colla  trivialita  de'  modi  e  colla  iniquila  delle  sentenze ,  che 
sino  il  piu  rozzo  sente  tutto  lo  sprezzo  e  tutto  1'  orrore  che  puo  ca- 
pirgli  in  cuore  per  chi  lo  rappresentasse  nella  sua  persona,  mostran- 
dosi  ad  un  tempo  giudice  autorevole  ed  uomo  da  trivio  nel  suo  par- 
lare,  ed  iniquo  e  frodolento  nelle  sue  sentenze.  Ma  non  sembra  che 
i  giudici  della  Corte  di  Appello  di  Ancona  la  pensino  cosi.  Si  mise- 
ro  e  lo  slrazio  che  fanno  della  gravita ,  si  patente  e  T  insulto  por- 
tato  alia  integrita  nella  sentenza  di  assoluzione  pronunziata  in  pro  di 
S.  E.  il  Cardinal  Morichini,  che  dopo  di  averla  letta  e  uopo  conchiu- 
dere :  chi  1'  ha  formata  non  sente  piu  il  decoro  e  la  interezza  propria 
del  tribunale. 

Dovendosi  mandare  assoluto  di  ogni  colpa  1'  illustre  prigione,  e 
volendosi  pure  offendere  la  Religione  ne'  suoi  ministri ,  si  drizzo  il 
colpo  della  condanna  al  piu  onorando  tribunale  del  Vicario  di  Gesii 
Cristo ,  che  e  la  S.  Penitenzieria.  Per  farlo  entrare  nella  soprad- 
detta  senlenza  si  mendico  il  concetto  dall'  artifizjo  adoperatosi  nel  tri- 

1  Pro  Planco. 


721  RIVISTA 

bunale  della  Senna  per  do  che  speitava  allo  Slansfeld,  manulengolo 
del  Mazzini.  Ma  che  ?  fallendo  F  ingcgno ,  se  n'  ebbe  una  stomache- 
vole  sconciatura.  Conciossiacche  quanto  la  sentenza  del  Iribunale 
franco  comparisce  urbana ,  riserbata ,  e  grave  ne'  suoi  modi  ed  in 
ogni  sua  parola ;  lanto  quella  di  Ancona,  in  risguardo  della  S.  Peni- 
tenzieria ,  si  mostra  dall'  un  capo  all'altro  tuffala  nella  inurbanita  di 
ogni  maniera  d'  ingiurie  e  di  sconcezze  poco  meno  che  da  Irivio. 
Diamone  un  saggio.  Le  condizioni  dichiarate  necessarie  per  chi  vuoi 
essere  prosciolto  dalle  censure  incontrate  nella  tristizia  del  tempo 
presente,  sono  dai  giudici  anconitani  chiamate  empie,  e  di  un'em- 
pieta  si  manifesta,  che  colui  il  quale  e  solo  inizialo  alle  prime  idee 
di  naturale  onesta  deve  sentirsi  costretto  ad  esecrarle  e  protestare 
altamente  contro  le  medesime.  Non  basta,  sono  scandali  combinatisi 
di  rado  nella  storia  dei  pin  barbari  culti.  Che  piu  ?  esse  sono  uno 
scandaloso  artifizio  che  fa  deiruomo  kale  un  perfido,  del  santo  un 
empio  e  lo  colloca  in  istato  di  abituale  spergiuro  ,  calpesta  uno  dei 
vincoli  piu  venerandi  di  ordine  divino  ed  umano,  mina  le  basi  del- 
la  civile  societa ,  mercanteggia  sulla  coscienza  in  nome  della  reli- 
gione,  santifica  il  misfatto,  insulta  alia  misericordia  di  Dio  e  con- 
verte  in  sacrilegio  quel  Sacramento,  che  iSanti  Padri  hanno  chia- 
mato  seconda  tavola  di  sakazione.  Dopo  una  tirata  cosi  solenne 
d'  improperii,  credete  voi  che  il  tribunale  d'  Ancona  sia  ancora  sa- 
zio?  Non  vi  apponete.  II  suo  frasario  e  molto  piu  dovizioso,  e  percio 
continua  nella  sua  foga,  gridando  che  la  S.  Penitenzieria  e  corrompi- 
trice  e  perdilrice  delle  anime,  consigliatrice  ed  istigalrice  a  commet- 
tere  ipiit  orrendi  misfatti  distruttivi  di  ogni  ordine,  di  ogni  bene 
e  di  ogni  virtu  cristiana,  e  che  a  tanto  lezzo  d'  iniquila  fa  servire  il 
Sacramento  della  Penitenza.  V  era  bisogno  di  un  concetto,  che  tut- 
ta  rappresentasse  le  trivialita  di  tanti  calunniosi  insulti.  Non  ven- 
ue meno  all'uopo  il  vocabolario  del  Iribunale  d' Ancona,  il  quale  sug- 
geri  come  acconcio  il  dire  che  si  commise  il  sacrilegio  e  I  infamia 
di  convertire  in  luogo  piu  turpe  del  luogo  piu  osceno  quel  tribuna- 
le, in  cui  all'occhio  della  fede  siede  giudice  lo  stesso  Iddio,  circon- 
dato  dalla  maesla  della  sua  misericordia.  Puo  egli  invilirsi  piu  brut- 
tamente  la  maesta  di  un  tribunale,  o  il  linguaggio  severo  di  una  sen- 
tenza insozzarsi  di  concetti  e  d'  ingiurie  piu  indecorose?  La  Nazio- 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  723 

ne  qualifica  lo  scrilto  della  Corle  di  Appello  in  Ancona  come  una 
splendida  polemica  giornalistica.  Si ;  ma  foggiata  su  la  splendidez- 
za  di  quella  adoperata  da  certe  Gazzette  che  /anno  schifo  alia  gente 
onesta.  Intanto  1'msulto,  labassezza  de'inodi  e  le  voci  del  trivio  pos- 
sono  andare  superbe  in  Italia,  dove,  merce  di  una  Corte  d' Appello, 
acquistano  il  vanto  di  aver  corso  negli  atti  piu  sacri  della  giuslizia 
pronunziali  dal  seggio  del  tribunale  r 

E  queste  vili  maniere  si  adoperano  con  mi  altro  pubblico  tribunale. 
Che  si  direbbe,  se  un  tribunale  militare  a  guisa  di  cane  arrabbiato  si 
scagliasse  addosso  un  tribunale  civile,  comeche  questo  avesse  fallito,  e 
ne  facesse  un  misero  strazio  e  quanlo  all'onesta  dei  giudici  e  quanto 
alia  giustizia  della  sentenza?  II  fatto  comparirebbe  si  strano  e  si  ol- 
traggioso,  che  non  solo  il  tribunale  offeso,  ma  eziandio  tutli  gli  altri  si 
leverebbero  a  romore  contro  1'  inurbano  ed  iniquo  procedere,  siccome 
tocchi  nel  piu  vivo  della  loro  dignila.  Ne  crediamo ,  che  la  Sezione 
di  accusa  in  Ancona  starebbe  queta  se  fosse  la  straziata.  Ma  do  che 
essa  riputerebbe  grave  offesa  falta  a  se,  tenne  per  cosa  lecitissima  in 
riguardo,  non  gia  di  un  qualche  tribunale  civile  di  provincia,  ma  di 
quello  che  e  il  piii  venerando  di  tutta  la  cristianila.  E  non  e  egli  noto, 
che  il  sommo  Pontefice  esercita  per  mezzo  della  S.  Penitenzieria  la 
sublime  potesta  di  sciogliere  e  di  legare,  conferitagli  in  Pietro  da  Cri- 
sto?  E  non  e  egli  noto  che  per  questo  dee  tenersi  in  conto  d'  invio- 
labile  presso  tutti  i  fedeli,  e  che  le  offese  recate  al  medesimo  sono 
gravissime  offese  portate  alia  suprema  dignita  del  Vicario  di  Gesu 
Cristo  ?  Tale  apparisce  allo  sguardo  dei  fedeli ,  in  quanto  che  tale 
e  rappresentalo  dai  Pontefici  che  ne  hanno  determinata  o  conferma- 
ta  1'autorita  l.  Per  tale,  aggiungiamo  ancora,  e  tenuto  dai  giudici 

1  In  apostolicae  Poenitentiariae  officio  per  quod  Romanus  Pontifex  con- 
cessam  sibi  dimnitus  in  B.  Petro  Apostolorum  Principe  supremam  ligandi  at- 
que  sohendi  potestatem,  maximo  Ecclesiae  universae  fruclu,  in  promoven- 
da  fidelium  salute  indesinenter  exercet,  reclissimam  undequaque  agendi  ratio- 
nemconstabilire...  cupientes  etc.  BE^EDICTUS  XIY,  In  Apostolicae. 

Quoniam  nonnulli  iniquitatis  filii,  elationis  et  pertindciae  suae  spiritu  as- 
sumpto  potestatem  maioris  Poenitentiarii  nostri,  per  longissima  tempora  toti 
orbi  notam  et  a  cunctis  fidelibus  inviolabiliter  observatam,  in  dubium  revoca- 
re...praesumunt  etc.  — Eisdem  personis,  contra  tenor  em  litter  arum  praedicta- 

ij  molestias  ac  damna  inferre  non  enibescunt,  in  animarum  suarum  pericu- 


726  R1YISTA 

della  sopraddetta  Sezione  di  accusa,  avendo  affermato  che  in  esso  al- 
rocchio  della  fede  siede  giudice  lo  stesso  di  Dio.  Eppure  con  una 
credenza  siffatta  in  capo  hanno  osato  di  assalirlo ,  di  coprirlo  d'  in- 
sulli,  e  di  vituperarlo  coi  nomi  del  trivio,  pubblicando  dallo  scanno 
giudiziario  ai  qualtro  venti  che  cotal  tribunale  del  Yicario  di  Gesu 
Cristo  e  covo  di  corrompitori  e  di  perditori  di  anime ,  di  consiglia- 
tori  dei  piu  orrendi  misfatti  e  convertito  dai  medesimi  in  luogo  piu 
turpe  del  luogo  piu  osceno.  Se  questa  non  e  una  impudenza  senza 
nome,  non  sappiamo  quale  altra  possa  essere. 

II  tribunale  della  Senna  nella  causa  ultima  del  Mazzini  si  contento  di 
notare  nella  sua  sentenza,  che  il  tal  di  si  tenne  il  tale  convegno  dai  co- 
spiratori  in  casa  lo  Stansfeld ;  che  il  tal  altro  si  prese  la  deliberazione 
del  tale  assassinio,  riputando  sconvenevole  al  proprio  grado  gitlare  un 
motto  che  offendesse  individualmente  il  nobile  Lord,  che  facea  copia 
della  sua  casa  alle  combriccole  parricide  delle  bombe  e  del  pugnale. 
Ma  i  giudici  della  Sezione  di  accusa  in  Ancona  si  credettero  disciol- 
11  da  ogni  maniera  di  legge  verso  le  yenerande  e  nobili  persone  di 
un  tribunale,  per  cui  il  Sommo  Pontefice  esercita  una  autorila  tutta 
divina,  e  quindi  mettendolo  piu  sotto  delle  conventicole  dei  cospira- 
tori,  dei  ridolti  dei  micidiali  assassini,  e  dei  conculcalori  di  ogni 
diritlo  ed  ordine  sociale,  purche  imperino  fanatiche  ed  empie  idee,  lo 
insultarono,  lo  calpestarono  e  lo  travolsero  nel  fango  piu  lurido  del 
vitupero,  come  udiste.  Che  diranno  i  caltolici  italiani  e  forestieri  a 
cotanta  reita  di  condanna?  Diranno  che,  nei  tribunal!  del  nuovo  re- 
gno  si  e  perduto  ogni  senlimenlo  di  pudore  per  do  che  risguarda  la 
religione.  Diranno,  che,  malmenandosi  con  furore  cotanto  impuden- 
te  il  sommo  Pontefice  nel  suo  tribunale  piu  venerando,  tuttoche  anco- 
ra  principe  indipendente  e  sostenuto  con  accesissimo  araore  da  tullo 
1'orbe  cattolico,  non  si  porrebbe  alcun  modo  alle  onte  ed  alle  con- 
danne,  ove  si  giungesse  ad  averlo  soggetto.  Conchiuderanno  in  fine 
rettamente,  che  conviene  adoperare  i  piu  potenti  argomenti  affine  di 
assicurargli  la  indipendenza  sovrana,  giacche  le  promesse  diploma- 

lum,  ac  ipsius  Poenitentiarii,  imo  veroNostri  et  Sectts  praedictae  contemplum 
el  mlipendium,  ac  personarum  earum  praeiudicium  non  modicum  et  gravamen, 
pernlciosum  quoque  exemplum  et  scandahim  plurimorum.  SIXTUS  IV,  Quouiam 
nonnulli. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  727 

iiclie  di  riverenza  e  di  liberta  si  mostrano  in  mille  guise  non  altro 
die  false  lustre  per  addormentare  gli  uomini  di  buona  fede. 

Delia  qtiale  ipocrisia  ci  danno  un  saggio  anche  i  giudici  della 
sullodata  Sezione.  Vero  e  che  comparisce  eminentemente  ridicolo  in 
quanto  si  e  mal  saputo  imitare  ben  altri  modelli  di  simil  genere.  Pen- 
sate,  che  dopo  di  avere,  chi  pronunzio  la  sentenza,  manomessa  senza 
il  menomo  scrupolo  del  mondo  la  storia  alia  maniera  dei  Centurialo- 
ri  e  di  Fra  Paolo,  e  rappresentata  tutta  la  Chiesa  di  un  tempo  dall'al- 
to  al  basso  dell'mtera  gerarchia  come  una  massa  di  fetente  putridu- 
me  e  di  nefandita,  con  una  sdolcinatura  umanistica  viene  a  dim 
in  aria  di  pudibonda  fanciulla  dal  pie  ritroso,  che  alia  vista  delle 
condizioni  imposte  dalla  S.  Penitenzieria  la  mente  rimane  priva  di 
ogni  idea,  la  lingua  non  trova  una  parola  e  la  penna  deve  cadere 
di  mano  a  chi  abbia  minima  senso  di  cristiana  verecondia  e  non 
possa  indursi  a  porre  nemmeno  la  punta  del  pie  sopra  cosi  fetido  e 
morlifero  lezzo  I  Lo  slrano  si  e,  che  dopo  quesla  nobile  protesla  di 
anima  in  atto  cotanto  schiva  si  gitta  tutto  denlro  a  quelle  s\  fetide  e 
si  morlifere  condizioni,  e  le  volge  e  moslra  in  ogni  senso,  rovescian- 
do  in  capo  de'  giudici  penitenzieri  un  diluvio  d'  insulti.  Donde  argc- 
mentando  primieramente  con  lui  ci  e  lecito  il  dirgli  de  ore  luo  te 
iudico :  Non  serbi  il  minimo  senso  di  cristiana  verecondia,  trattan- 
do  condizioni,  dalle  quali,  secondo  le  tue  parole,  come  da  fetido  e 
mortifero  lezzo  deve  ritrarre  il  pie  ogni  onesto  :  parlando  quindi  coi 
nostri  letteri,  aggiungiamo  :  qui  potete  toccar  con  mano,  che  1'infra- 
limento  dene  dita  e  la  pudibonda  ritrosia  del  suo  piede  sono  proprio 
svenevolezze  di  ridicola  ipocrisia. 

II  Iratto  pero  di  arte  piu  fina  si  e  la  chiusa  della  lunga  tirata.  Udi- 
tela :  Che  se  la  giustizia  del  regno  italiano  potesse  scendere  un  mo- 
mento  dall'  eterne  leggi  della  onesta ,  e  lasciarsi  andare  all'  immo- 
ralita  di  turpi  esempii,  la  Sezione  di  accusa  non  avrebbe  che  ad 
imitare  la  sacra  penitenzieria ;  ma  lasciando  che  i  fatti  parlino  da 
se  all'  Europa  ed  al  mondo,  non  scenderanno  a  disoneste  imitazio- 
ni  ecc.  Sissignori ,  lasciamo  che  parlino  i  fatti  di  cotale  giustizia. 
Che  cosa  ha  detto  la  S.  Penitenzieria  per  la  penna  dello  stesso  scrit- 
tore  della  senlenza?  Disdite  il  giuramento  che  avete  fatto  agli  in- 
vasori  ingiusti  del  Dominio  temporale  del  Pontefice ;  professate  fe- 


728  BIVISTA 

delta  al  voslro  legiltimo  sovrano ;  se  volete  servire  la  parte  spoglia- 
trice  in  qualila  di  manlenilore  della  giustizia,  fatelo  pure,  ma  colla 
licenza  di  chi  serba  il  diritto  intero  di  signoria  sopra  questi  popoli. 
Parlino  ora  i  fatti  del  regno  italiano.  Che  cosa  hanno  detlo  i  suoi 
fondalori  ai  sudditi  dei  legitlimi  principi?  CM  1'  ignora?  Essi  hanno 
lor  detto,  avete  il  diritto  di  ribellare,  e  percio ,  rinnegato  ogni  giu- 
ramento,  cospirate,  tradite,  sollevatevi  in  armi  al  cenno  datovi  e 
sbaraltate  il  Governo  che  Yi  regge.  Non  furono  gli  ambasciatori 
del  nascenle  regno  italiano,  che  in  Roma  e  nelle  Province  ranno- 
darono  congreghe  di  cospiratori  e  le  diressero  ?  Non  furono  uoniini 
del  medesimo  quelli,  che  corruppero  col  danaro  una  parte  della  pie- 
be  piu  vile,  perche  tumultuasse  ribelle,  che  allettarono  con  larghe 
promesse  i  soldati,  perche  disertassero?  Non  fu  1'oro  e  1'argentove- 
nuto  dalla  capitale  provvisoria,  che  sostenne  la  rivolta  in  Bologna  e 
nelle  Romagne?  Non  furono  gli  eserciti  che  entrando  improvvisi  alia 
maniera  dell'assassino  nelle  terre  della  S.  Sede,  le  invasero,  ed  op- 
pressero  col  numero  quella  schiera  di  generosi,  che  erano  corsi  a 
difenderle?  Si,  parlino  questi  ed  altri  fatti  provali  dai  pubblici  ed 
autorevoli  documenti  e  confessati  nello  stesso  Parlamento  italiane,  e 
dopo  di  averli  ragguagliati  con  quelli  della  S.  Penitenzieria  si  dica 
se  il  regno  italiano,  per  lasciarsi  andare  all'  immoralita  dei  turpi 
esempii,  non  ha  che  imitare  la  sacra  Penitenzieria.  Cosi  1'  avesse 
imitala !  L'ltalia  non  avrebbe  ora  a  dolere  ne  il  vitupero  procurato- 
le  gravissimo  presso  le  estere  nazioni  dai  vili  e  indegnissimi  tradi- 
menti,  comprati  a  conto  del  nuovo  regno,  ne  i  larghi  rivi  di  sangue, 
che  allagano  le  sue  pacifiche  e  belle  contrade. 

Tale  si  e  la  forma  usala  nel  condannare  la  S.  Penitenzieria.  Fos- 
se almeuo  giusta  la  sentenza  quanto  alia  sostanza.  Tanto  etanto.  Ma 
chi  si  mette  a  considerarla,  non  vi  vede  altro  che  un  patente  oltrag- 
gio  apportato  alia  giustizia.  La  prima  cosa  che  ce  ne  avverte  si  e 
proprio  il  discorso  fatto  da'  giudici  per  provare  la  innocenza  degli 
accusati.  Ed  in  vero  quali  sono  gli  argomenti  usali?  Due:  il  primo 
che  S.  E.  il  Card.  Morichini  ed  i  compagni  nell'  accusa  adopera- 
rono  come  uomini  dipendenti  e  strelti  dalle  leggi  del  sacro  loro  mi- 
nistero  ,  e  che  percio  non  polerono  fare  altramente  da  quello  che 
hanno  pralicato ;  il  secondo  ,  che  si  tennero  rigorosamenle  entro  la 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  729 

cerchia  della  loro  autorita  meramente  spirituale  ed  in  mater ia 
rigorosamente  di  coscienza.  Ecco  le  parole  della  sentenza :  «  Che 
ogni  falto  del  Cardinal  Morichini  si  riduce  a  che ,  richiesto  come 
Vescovo  da  un  confessore  da  lui  dipendente ,  abbia  dovuto  assu- 
mere  il  naturale  ufficio  d'  intermediario  prima  fra  il  confessore  e 
la  sacra  Penitenzieria,  poi  fra  la  Penilenzieria  ed  il  confessore ;  che 
tanto  il  confessore  Planeta  quanlo  il  Vescovo  Morichini  hanno  agito 
non  gia  per  libero  impulse  della  loro  volonta  ,  ma  per  una  neces- 
sita  creala  ad  entrambi  dal  respeltivo  esercizio  del  loro  sacro  mini- 
stero ;  che  tullo  e  stato  regolato  come  formalmente  e  solito  in  ogni 
caso  di  coscienza ,  in  cui  il  confessore  manchi  di  necessaria  facolta, 
ed  il  Vescovo  sia  posto  intermediario  con  chi  puo  impartirla;  che  il 
Planeta  ed  il  Morichini  hanno  agito  entrambi  dentro  la  sferadell'au- 
torita  meramente  spirituale  ed  in  materia  rigorosamente  di  coscien- 
za ;  che  ogni  singolo  alto  irreprensibile ,  sacro  e  sacramentale  nella 
sua  origine,  si  e  mantenuto  nel  suo  originario  caraltere  sino  alia 
fine.  »  Tali  sono  i  motivi  della  sentenza  assolutoria.  La  S.  Peniten- 
zieria per  la  parte  sua  e  ella  costretta  da  leggi  del  sacro  ministe- 
ro?  Ha  operate  entro  i  confini  della  propria  autorita  meramente 
spiritualet  Nella  sua  risposta  si  verificano  i  motivi  recall  dalla  Se- 
zione  di  accusa  sullodata  in  pro  di  S.  E.  il  Cardinal  Morichini? 
II  vero  concetto  della  S.  Penitenzieria  discioglie  la  quistione.  Che 
cosa  e  la  S.  Penitenzieria?  Essa  e  un  supremo  tribunale  della  Chie- 
sa ,  che  giudica  delle  facolta  e  delle  dispense  da  concedersi  o 
delle  risposte  da  darsi  in  casi  speltanti  al  foro  interno :  e  un  tri- 
bunale la  cui  materia  e  streltamente  spiriluale  in  quanto  pressoche 
tutla  si  riferisce  ai  sacramenti ,  ovvero  ai  dubbii  di  coscienza.  Ma 
come  tribunale  essa  e  alia  maniera  di  qualunque  allro  tribunale 
obbligata  a  sentenziare  secondo  le  leggi  impostegli  dal  suo  Supe- 
riore ,  che  e  il  Romano  Pontefice,  in  nome  del  quale  esercita  la  ce- 
leste autorila  di  sciogliere  o  di  legare.  Cosi  ci  viene  rappresentata 
dal  Pontefice  Benedetto  XIV  nella  sua  Coslituzione :  Pastor  bonus  1 . 

1  Praeter  alia  plura  pro  variis  causarum  generibus  constituta  Romanae 
Curiae  tribunalia,  voluerunt  imprimis,  iam  inde  a  vetustissimis  usque  tempo- 
ribus  extare  in  ea  et  nunquam  defecturum  perpetuo  conservari  instar  fontis 
patentis  domui  David  in  ablutionem  peccatoris,  apostolicae  Poenitentiariae 


730  RIVISTA 

Cio  posto  ecco  il  noslro  discorso.  La  S.  Penitenzieria,  come  si  dice 
dalla  Sezione  di  accusa ,  fu  domandata  della  necessaria  facolla  per 
1'  assoluzione  sacramenlale  del  Ronzetti.  Dunque  dovette  assumere  il 
naturale  ufficio  di  rispondere  alia  domanda;  e  queslo  non  gia  per 
libero  impulso  della  propria  volonta,  ma  per  una  necessita  creatale 
dal  rispettivo  esercizio  del  sacro  minislero.  Ma  essa  ne'  suoi  giu- 
dizii  deve  governarsi  secondo  le  norme  prescrittele  dal  Superiore. 
Or  quali  sono  le  norme  del  caso  posto  in  quistione?  Le  avete  nelle 
Leltere  apostoliche  del  26  Marzo  1860  ;  dove,  in  conformila  dei  sacri 
canoni,  s'  impone  non  meno  all'  invasore  del  Dominio  temporale  della 
S.  Sede,  che  all'aderente  o  fautore,  quale  condizione  necessaria  per 
1'  assoluzione  della  censura  inconlrala ,  che  ritratti  qualunque  alien- 
talo  pregiudizievole  al  Dominio  sopraddelto  1.  Ora  il  giuramenlo 
fatto  air  invasore,  essendo  una  moslra  di  permanente  legaine  col 
medesimo  a  danno  della  usurpala  Signoria,  e  chiaro  cbe  cbi  1'  ha  da- 
to  deve  ritraltarlo,  quale  condizione  necessaria  per  essere  assoluto 
dalla  censura.  Dunque  la  S.  Penitenzieria,  imponendo  la  ritrattazione 
del  giuramento,  regolo  il  suo  operare  conforme  alia  legge  impostale 
in  quella  maniera  che  e  formalmente  solito  in  ogni  caso  di  coscien- 
za.  Dall'altro  canto  essa  rispose  secondo  il  suo  debilo  a  S.  E.  il 
€ard.  Morichini ,  come  quesli  al  confessore  ed  il  confessore  al  pe- 
nilente  in  ordine  al  Sacramenlo  della  Penitenza ;  dunque  opero  den- 
tro  la  sfera  dell'autorita  meramente  spirituale  ed  in  materia  rigo- 
rosamente  di  coscienza,  ed  il  suo  atto  fu  sacro  e  sacramentale  nella 
sua  origine  e  si  mantenne  nel  suo  originario  carattere  fino  alia  fine. 
Ouindi  e  che  la  Sezione  di  accusa  in  Ancona  o  non  dovea  punlo  fa- 
vellare  della  S.  Penilenzieria ,  o  favellandone  dovea  lodarne  lo  zelo 

Officium,  ad  quod  universi  fideles ,  ex  omni  Christian!  Orbis  regione,  pro  mis 
quisque  spirituatibus  morbis,  quamlibet  occultis,  sive  per  se ,  sive  per  arcana* 
litter  as,  propriis  etiam  suppressis  nominibus  tuto  con  fug  ere  possen!,  el  conve- 
nientem  vulneribus  medidnam secreta  et  gratuita  curalione  (quails  ab  omni- 
bus optanda  foret]  protinusconsequerentur.  Cuius  (am  preclari  tamque  saluta- 
ris  instituti  ratio  Romanis  pro  tempore  Pontificibus,  magnopere  cordi  fuit. 
Seguitano  appresso  le  leggi  colle  quali  devesi  esercitare  uu  tan  to  olfizio. 

1  Inhabiles  et  incapaces  esse  qui  absolutionis  beneficium  consequantur,  do- 
nee omnia  quomodolibet  attentata  publice  retractavcrint,  revocavcrintj  cas- 
taverint  et  aboleverint. 


DELL  A  STAMPA  ITALIANA  731 

nell'esatto  e  premuroso  esercizio  del  suo  minislero ,  siccome  sotlo 
tale  risguardo  ebbe  a  commendare  meritamente  il  Can.  Planeta  e 
1'  EfTio  Morichini.  Ma  non  ha  fatto  cosi,  anzi  credelle  di  sfogare  la 
mal  celata  bile  in  unrovescio  di  insulli  e  di  calunnie  contro  la  S.  Pe- 
iritenzieria.  Si  abbia  adunque  la  meritata  infamia  di  essersi  lasciata 
cogliere  per  le  sue  stesse  parole  in  ilagranti  di  giudicare  iniquamente. 
Ne  quesla  e  la  sola  colpa ,  che  trovasl  nella  sentenza  della  sul- 
lodata  Sezione  di  accusa.  Ye  ne  ha  delle  altre  non  meno  gravi.  La 
prima  si  e  la  mala  fede  usata  nel  riferire  le  condizioni  poste  dalla 
S.  Penitenzieria.  In  pruova  si  raffronti  il  tenore  che  ci  porge  delle 
medesime  il  Procuratore  generale  con  quello ,  che  riferisce  la  Se- 
zione di  accusa.  II  Ronzetli  sarebbe  stato  ammesso  alia  confessione 
sacraraentale  a  condizione , 

Secondo  il  regio  Procuratore         Secondo  la  Sezione  di  accusa 

1.  Che  ritrattasse  il  giuramento    1.  Che  ritrattasse  in  occulto  il 
di  fedelta  prestato  al  governo         giuramento  di  fedelta  presta- 
del  Re.  to  al  Re,  e  fosse  condizione 

sine  qua  non  del  possesso  e 
delta  conservazione  deU'uffi- 
cio  coperto  dal  penitente. 

2.  Che  promettesse  ubbidienza    2.  Che  rinnegandogli  (al  Re)  oc- 
alla  Santa  Sede.  cultamenle  la  giurata  fedelta, 

s'  imponesse  un  allr o  giura- 
mento di  fedelta  alia  Santa 
Sede. 

3.  Che  implorasse  dall' Ordinario    3.  Che  il  penitente  non  potesse 

la  facolta  di  esercitare  Y  uffi-  ritenere  Y  officio  che  a  bene- 

cio  suo,  e  cio  per  non  cadere  placito  dell'  Ordinario ;  col 

nella  violazione  delle  immu-  mendicato  pretesto  di  non  in- 

nita  ecclesiastiche,  tanto  per-  correre  le  censure, 
sonali  che  locali. 

Chi  non  iscorge  la  malignita  della  giunta  in  occulto  posta  nella 
prima  condizione  e  ripetuta  nella  seconda ,  ed  il  reo  intendimento 
nella  mutazione  di  ubbidienza  in  giuramento ,  che  s'  incontra  nella 
seconda,  ed  una  grave  estensione  dell'  obbligo  nella  terza?  Si  vuole 


732  RIVISTA 

nel  nuovo  regno  accaltar  odio  e  disprezzo  presso  ogni  ordine  di  per- 
sone  al  Papa  eel  alia  Religione ;  ed  eccovi  la  Sezione  di  accusa  pre- 
stare  all'  uopo  1' opera  sua,  rappresentando  la  S.  Penitenzieria ,  tri- 
bunale  religioso  del  Papa  ,  come  in  atto  di  valersi  del  Sacramento 
dell  a  Penitenza ,  per  formare  una  societa  tenebrosa  di  uomini  legal! 
con  giuramenti  ed  agli  ordini  dell'  Episcopalo.  Ma  mentila  est  ini- 
quitas  sibi:  anche  questa  yolta  la  iniquila  si  discopre  da  se  medesi- 
ma  fellona,  pel  semplice  confronto  delle  sue  parole. 

La  legge  condanna  come  indegno  del  nome  di  giudice ,  chi  sen- 
tenzia  iniquamente  1.  Ecco  un'  altra  vergogna  che  grava  sopra  la 
Sezione  di  accusa  per  cagione  delle  chiose  apposte  dalla  medesima 
alle  condizioni  sopra  riferite.  Per  dire  tutto  in  breve ,  essa  le  chia- 
ma  un  atto  consumato  di  tradimento  e  di  fellonia  verso  il  Re,  e 
tali  che  fanno  dell'  uomo  leale  un  perfido,  del  santo  un  empio,  e 
lo  collocano  in  istato  di  abituale  speryiuro.  Delitti  veramente  abbo- 
minevoli  ad  ogni  uomo  ,  non  che  ad  un  cattolico  fedele.  Ma  quanto 
al  caso  nostro  cotali  delilti  sono  lutti  nel  capo  dei  giudici  che  pro- 
nunziarono  la  sentenza ,  poiche  hanno  supposta  una  base  al  loro  di- 
scorso  falsa  ed  iniqua,  equivocando  nel  vocabolo  Re  universalmente 
preso.  Essi  supposero  che  un  principe  invasore  acquisli  pel  falto 
compiuto  dell'  invasione  fortunata  i  diritli  del  principe  legitlimo.  Ma 
queslo,  come  ognun  sa,  e  principio  del  codice  rivoluzionario,  contro 
del  quale  protesta  non  meno  la  ragione  che  la  fede.  Onde  sapele  al 
trar  dei  conti  chi  fa  dell"  uomo  leale  un  perfido,  del  santo  un  empio 
e  lo  colloca  in  istato  di  abituale  spergiuro  ?  E  proprio  quell'  iniquo 
invasore ,  che  consiglia  o  costringe  le  province  ribellate  o  violente- 
mente  occupate  a  rinnegare  la  fede  che  devono  al  loro  legitlimo  si- 
gnore,  perche  la  giurino  a  se  medesimo. 

Ollre  il  maligno  equivoco  vi  e  angora  una  grave  ampliazione  di 
senso.  I  savii  giudici  argomentano  cosi:  dalla  S.  Penitenzieria  s'  im- 
pone  la  rilrattazione  del  giuramento  fatlo  al  Re ;  dunque  s'  impone 
la  consummazione  di  un  alto  di  tradimento  e  di  fellonia.  Che  vi  pare 
di  quesla  conseguenza ,  nella  quale  la  ritraltazione  del  giuramenlo  e 
iseei$a«iejite  agguagliata  ad  un  atto  gia  consummato  di  tradimento  e 

1  lure  autem  disceptare,  est  iuste  iudicare;  non  est  ergo  index,  si  non  est 
in  eo  iustitia.  C.  lustum  est.  1,  cam.  23,  qu.  2,  et  c.  Forus. 


BELLA  STAMP  A  ITALIANA  733 

di  fellonia,  ed  un  semplice  non  voglio  essere  obbligato  a  servirvi  con 
fedelta  giurata  si  danna  senza  scrupolo  come  un  apertissimo  voglio 
tradirvi?  A  chi  non  salta  agli  occhi  1'  iniquo  gravamento  imposto  alia 
S.  Penitenzieria?  Circostanze  del  falto  indubitale  e  palesi,  dalle  quali 
si  potesse  evidentemente  dedurre  dall'  alto  della  ritralfazione  il  prayo 
intendimento  del  tradire,  porgerebbero,  e vero,  un  giusto  fondamento 
alia  condanna.  Ma  quesle  doye  sono?  La  Sezione  di  accusa  non  le 
arreca.  E  come  poteva  arrecarle  se  a  lei  era  noto  il  documento  della 
S.  Penitenzieria  che  le  esclude  palentemente?  Interrogato  il  tribunal© 
romano  col  dubbio  decimoquarto :  «  Se  sia  lecito  il  giuramento  pro- 
posto  dal  governo  intruso  in  termini,  che  comprendono  un'  obbedien- 
za  illimitala  » ;  risponde  definitivamente  «  non  esser  permesso  il  giu- 
ramento che  gli  yiene  esposlo :  potersi  pero  tollerare  un  giuramento 
di  obbedienza  meramente  passiva  in  tulle  quelle  cose  che  non  avver- 
sano  le  leggi  divine  ed  ecclesiastiche,  secondo  la  forma  approvata  dal- 
la  sanla  memoria  di  Pio  YII  ed  espressa  in  queste  parole,  cioe :  Pro- 
melto  e  giuro  di  non  avere  parte  in  qualsivoglia  congiura,  complotto 
o  sedizione  contro  il  governo  attuale,  come  pure  diesserglisottomesso 
ed  obbediente  in  tuttocib  che  non  sia  contrario  alle  leggi  di  Dio  e  del- 
la  Chiesa. »  Dunque  1' intendimento  della  S.  Penitenzieria  si  palesa 
assolutamenle  contrario  al  tradimenlo,  perche  questo  e  contrario  alle 
leggi  divine;  dunque  si  mauifesta  del  tutto  av verso  alia  fellonia  inter- 
dicendo  ogni  congiura  e  complolio  che  ne  e  1'  alto  iniziatore.  La  Se- 
zione di  accusa  nella  sua  buona  fede  credette  che  non  si  dovesse  far 
motto  della  citala  risposta,  e  che  piultosto  le  convenisse  di  mostrarsi 
nelle  sue  franche  parole  conscia  di  una  informazione  contraria.  Ed 
ebbe  ragione.  Altramente  con  tale  documento  dinnanzi  come  avrebbe 
potuto  scaraventare  contro  la  S.  Penitenzieria  quel  cumulo  d'  insulti 
da  trivio ,  coi  quali  bramava  di  sfogare  1'  onesto  suo  zelo ,  rincaren- 
done  la  derrata  colla  piu  smaccata  calunnia? 

La  orrevole  Sezione  di  accusa  non  esito  di  pronunziare ,  che  nel 
S.  Officio  della  Penitenzieria  simercanteggia  suite  coscienze  a  nome 
della  religione.  Ne'tribunali  si  deve  procedere  a  punta  di  prove  evi- 
dent], e  solo  con  queste  alia  mano  e  lecito  sentenziare  contro  di  alcu- 
no.  Ma  qui  dove  sono  le  pruove,  anzi  dove  sono  i  menomi  indizii  di 
un  crimine  colanto  grave?  Con  qual  diritlo  adunque  si  e  osalo  di 


734  BIVISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA 

condannare  come  im  branco  di  turpi  mercanti  lutte  le  nobili  e  spet- 
tabili  persone  che  sono  addette  alia  S.  Penitenzieria?  Ne  dubilate? 
col  diritto  della  ingiustizia  e  della  calunnia,  in  quella  maniera  che 
col  diritlo  della  menzogna  si  chiamarono  mendicato  pretesto  e  cen- 
sure anticanoniche  quelle  spettanti  alia  immuriita  eccleslastica ,  si 
aflermo  che  le  medesime  furono  sempre  irrise  dalla  sapienza  del 
Principi  civili.  si  asseri  volto  at  danni  del  regno  d"  Italia  il  pro- 
fanato  060/0  di  S.  Pietro,  e  si  spaccio  che  lo  stesso  fu  divietato  ab 
antico  in  Francia  dallo  stesso  S.  Luigi.  Conciossiacche  basla  a^7ere 
sfiorato  i  sacri  canoni  per  sapere  che  le  censure  risguardanti  le  im- 
munita  sono  ad  essi  conformissime :  basta  aver  letlo  un  po  conside- 
ratamente  le  stone  per  dedurre ,  che  i  principi  derisori  delle  cen- 
sure furono  di  sapienza  si  scarsi ,  che  tutti  furono  degni  o  d'  incon- 
irare  de'  guai  non  piccoli  nel  loro  impero  o  di  fare  la  mala  fine : 
basta  avere  un  po  di  memoria  per  ricordarsi  la  solenne  menlita  toc- 
cata al  Barone  Ricasoli  dal  nobilissimo  corpo  dei  diplomatic!  stanzia- 
lo  in  Roma  affin  di  sapere,  se  si  profani  1'obolo  di  S.  Pietro :  basta 
scorrere  semplicemente  coll'occhio  la  Prammatica  sanzione,  falsa- 
mente  altribuita  a  S.  Luigi,  per  conoscere,  che  i  giudici  di  Ancona, 
•o  non  la  lessero,  o  la  falsarono,  aggiungendo  cosi  al  mendacio  sopra 
la  origine,  quello  sopra  il  senso  1. 

Ecco  finalmenle  a  che  si  riduce  la  condanna  lanciata  contro  la 
S.  Penitenzieria  dalla  Corte  di  Appello  mentovata :  ad  un'  invettiva 
da  trivio  quanto  alia  forma ,  ad  una  iniquita  patenle  per  molti  capi 
quanto  alia  sostanza.  A  chi  non  dovea  parer  conveniente  che  sopra 
lanta  infamia  di  un  tribunale  d'  Italia  si  dicesse  alctin  che  nel  Parla- 
mento  italiano?  Cio  si  fece  con  molti  piagnistei  dal  Sineo  e  con  gran- 
di  furori  dal  Brofferio :  ma  qual  ne  fosse  1'  intendimento  e  ormai  noto 
a  tulto  il  mondo.  Si  fece  perche  venisse  confermato  pienamente,  sic- 
come  accadde,  quanto  vi  e  di  >ile  e  di  sconcio  nella  delta  senlenza,  e 
si  reclamasse  contro  quello  che  v'  e  di  retto ,  vogliamo  dire  la  con- 
clusione,  che  S.  E.  il  Card.  Morichini  co'  suoi  compagni  e  innocente. 
Volete  sapere  la  cagione  di  una  maniera  si  strana  di  procedere?  In 
cotale  sentenza  si  tratta  di  preti  e  di  un  Cardinale,  e  questo  vi  spie- 
ga  1'  enimma. 

1  Yedi  Memoire  historique  sur  la  pragmatique  sanction  attribute  a  saint 
Louis,  par  Charles  Gerin. 


CRONACA 

CONTEMPORANEA 


Roman 


I. 
COSE  ITALIANS. 

STATI  POISTIFICII  1.  Solennita  flel  Corpus  Domini  —  2.  Prodotto  totale  del- 
YObolo  di  S.  Pietro  a  tutto  il  Maggio  1864  —  3.  Risultato  del  recente  im- 
prestito  —  4.  Ladri  ed  assassin!  mandati  dal  Governo  di  Torino  nelle  pro- 
vince pontificie  —  5.  Insulti  al  Card.  Morichini  in  Jesi. 

1.  La  mattina  del  Gioyedi  26  Maggio,  giorno  sacro  alia  solennita  del 
santissimo  Corpo  di  Gesu  Cristo  ,  ebbe  luogo ,  con  la  consueta  pompa , 
la  processions  dalla  cappella  Sistina  alia  Basilica  Vaticana,  girando  attor- 
no  alia  vastissima  piazza ;  ed  il  Sommo  Pontefice,  levato  sul  talamo,  por- 
tava  il  santissimo  Sagramento .  Quando  il  Santo  Padre  pervenne  all*  al- 
tare  della  Confessione,  discese  dal  talamo,  e  si  cantarono  le  preci  asse- 
gnate.  Dopo  di  che  la  Santita  Sua  impart!  col  Venerabile  la  trinabenedi- 
zione.  Alia  sagra  cerimonia  furono  presenti  S.  M.  il  Re  delleDue  Sicilie, 
S.  M.  la  Regina  Yedoya  ed  altri  reali  Principi  e  Principesse  dell'augu- 
sta  famiglia  di  Napoli ,  e  S.  A.  R.  Donna  Maria  Isabella,  Infanta  di  Por- 
togallo ;  inoltre  il  Corpo  Diplomatico ,  e  grande  numero  di  cospicui  per- 
sonaggi  romani  e  forestieri ,  con  folia  immensa  di  popolo.  E  fu  conmne  e 
grandissima  per  tutti  la  gioia  di  vedere  in  perfetto  stato  di  salute  1'ama- 
tissimo  Padre  e  Sovrano.  Qui  non  sara  importuno  1'accennare,  che  1'  In- 
dependance  Beige ,  la  quale  e,  come  a  dire,  il  Vangelo  dei  politicastri 
d'alta  e  di  bassa  sfera ,  riferi  con  tutta  gravita ,  essersi  bensi  fatta  la  pro- 
cessione ;  ma  Sua  Santita  ayeryi  a  grande  stento  assistito  daun  balcone, 
al  quale  si  affaccio ,  quasi  morente,  sorretto  da'  suoi  famigliari,  che  1'  in- 
dussero  a  scendere  per  poco  dal  suo  letto  di  dolori ,  affine  di  mostrarsi 


73G  CRONACA 

ancor  yiyo.  Da  questo  poco  yeggano  i  nostri  lettori  qual  sia  la  yeracita 
dei  giornali  de'  Framassoni. 

2.  Mentre  imperversavano ,  nella  Camera  de'  Deputati  di  Torino,  i  ne- 
mici  della  Santa  Sede  e  del  cattolicismo ,  yomitando  bestemmie  e  calun- 
nie  per  obbligare  il  Governo  a  proibire  la  colletta  ddDenaro  di  S.  Pietro, 
Y  Unitd  Cattolica  ebbe  il  felice  pensiero  di  proporre  a'  fedeli ,  che  faces- 
sero  precedere  alia  festa  della  B.  Y.  Maria,  sotto  il  titolo  Auxilmm  Chri- 
stianomm,  una  divota  noyena  di  preghiere  e  di  sante  opere,  con  le  quali 
implorareda  Dio  il  perfetto  risanaraento  del  Santo  Padre,  ed  il  trionfo 
della  Santa  Sede  e  della  Chiesa.  Tale  invito  fu  accolto  da  pertutto  con 
gran  fervore ,  ed  in  piu  citta  la  Novena  fa  celebrata  pubblicamente ,  an- 
cbe  in  Francia.  Ma  di  cio  non  contend ,  i  buoni  cattolici  yollero  contrap- 
porsi  in  altra  forma  non  meno  signilicativa  agli  apostati  e  rinnegati,  che 
nel  Parlamento  torinese  guerreggiayano  inmaniera  si  codarda  ed  abbiet- 
ta  contro  ii  Santo  Padre;  e  nioltiplicarono  percio  i  doni  e  le  offerte,  le 
quali  poi,  come  accennammo  nel  precedente  quaderno,  furono  presen- 
tate  a  Sua  Santita  nel  giorno  stesso  di  qaella  festa.  Intorno  a  che  il  Gior- 
nale  di  Roma  del  25  Maggio  pubblico  quanto  segue : 

«  La  Santita  di  Nostro  Signore ,  che  nelle  significazioni  di  riverenza 
e  di  amore,  ricevute  continuamente  dai  suoi  diletti  figli  d'  Italia,  trova 
un  ristoro  efficace  a  temperare  1'acerbita  delle  pene  e  delle  angustie  pro- 
curate  al  suodiore  dalla  fiera  persecuzione  e  dall'empiaguerra,  che  nel- 
1'amata  Penisola  altri  non  cessano  di  fare  alia  Religione ,  proyo  ieri  una 
di  somiglianti  consolazioni,  resa  piu  yrva  dalle  circostanze,  coil  le  quali 
si  yolle  fosse  accompagnata.  Imperocche  nelle  sue  niani  arriyarono  i  do- 
ni ele  oblazioni,  di  cui  labenemerita  direzione  del  giornale  torinese  YU- 
nitd  Cattolica  ayea,  dalle  yarie  parti  d'  Italia,  fatto  raccolta  nell'  ultimo 
quadrimestre,  e  che  ayea  destinato  si  umiliassero  al  Santo  Padre,  ricor- 
rendo  il  giorno  sacro  a  Maria  inyocata  Auxilium  Christianorum. 

«  E  cosi  fu.  Nelle  ore  pomeridiane  di  ieri ,  Sua  Santita  vide  depon-i 
sul  sacro  tavolino  la  somma  di  fr.  cento  undicimila  cinquecento  irentuno, 
e  ventotto  centesimi,  frutto  dell'  Obolo  di  S.  Pietro,  che,  siccome  fecero 
considerare  i  Compilatori  del  giornale,  nel  n.  171,  dei  20  di  questo  mese, 
negli  ultimi  giorni,  in  cui  pregavasi  a  Maria  e  la  guerra  contro  il  Ponti- 
ficato  rincrudiya,  si  accrebbe  di  fr.  30,000  sopra  a  quanto  la  esperienza 
del  passato  faceya  preyedere.  Poi ,  dentro  elegante  cassetta,  un  consi- 
dereyole  numero  di  oggetti  preziosi,  derivanti  dalla  pieta  muliebre,  che 
dell'  afFetto  di  care  memorie  avea  forse  fatto  sacriticio,  per  testimoniare 
altro  affetto  piunobile  alPontefice,  Sommo  Padre  della  propriaFede.  Ed 
erano  anelli  gemmati ,  monili  di  ogni  fatta ,  braccialetti ,  spilli ,  yezzi  di 
gioie,  di  coralli,  con  altre  svariatissime  ragioni  di  adornamenti ,  nonche 
oriuoli,  e  monete  di  prezioso  metallo  ,  e  denari  qua  e  la  posti  alia  spic- 
ciolata,  i  quali  formayano  altra  somma  superiore  a  scudi  cinquanta. 


CONTEMPORANEA  737 

«  Cotali  aiuti  che  la  Provvidenza  non  fa  cessare  alia  Sede  Apostolica 
uelle  strettezze  a  cui  ne  e  ridotto  il  tesoro,  che  deve  provvedere  a  tanti 
pesi  della  Chiesa  e  dello  Stato,  danno  il  conforto,  che  sopra  abbiam  dettoy 
al  cuore  inagnanimo  del  Santo  Padre.  Ma  cio  che  meglio  recagli  la  dol- 
eezza  delle  consolazioni  e  conoscerei  sentiment!,  dai  quali  sono  quegli 
aiuti  prodotti,  e  sapere  le  persone  che  li  mandano.  Le  note  che  i  Perio- 
dic! stampano  di  quelle  offerte,  le  sentenze  che  si  scrivono  ad  accompa- 
gnarle,  tanto  yivamente  commuovono  la  Santita  Sua,  che  glorifica  il  Dio 
della  Misericordia,  perche  sul  prediletto  popolo  italiano  non  abbia  abbre- 
viate la  sua  mano.  E  cio  muove  il  Sommo  Pontefice  a  chiamare  dal  cie- 
lo  le  benedizioni  sopra  i  generosi  oblatori,  i  devoti  raccoglitori,  e  gl'  in- 
trepidi  difensori  di  tanta  pieta,  che  si  usa  verso  la  santa  Chiesa  cattolica, 
apostolica,  romana.  Intanto  poi  il  Santo  Padre,  come  pegno  degl'  implo- 
rati  tesori  celestiali ,  impartisce  a  tutti  con  effusione  di  cuore  la  pontifi- 
cia  benedizione. 

«  Queste  misericordie  dal  cielo  il  Supremo  Gerarca  invoca,  e  questa 
sua  benedizione  apostolica  distende  ed  allarga  ancora  a  quanti  vi  hanno 
suoi  figli  nell'orbe  cattolico,  che  con  egual  zelo ,  pieta  ed  affetto  concor- 
rono  pure  a  mandargli  i  soccorsi  dell'  Obolo.  L' Austria,  laFrancia,  la 
Spagna,  il  Belgio,  i  Paesi  Bassi,  la  Baviera  ed  altri  Stati  di  Germania,  i 
Regni  uniti  d'  Inghilterra,  la  Svizzera,  le  altre  diverse  regioni  di  Euro- 
pa,  e  i  lontani  continenti  delle  Americhe,  e  i  luoghi  di  missione  neH'Asia, 
nell'Africa  e  ne.ll'  Oceania,  non  si  ristanno  dal  gareggiare  sempre  piu  nel 
rendere  alia  Beatitudine  Sua  le  testimonianze  piu  care  con  ogni  fatta  soc- 
corsi ;  con  quelli  della  preghiera  all'  Onipotenle ,  e  con  gH  altri  del  sus- 
sidio  in  denaro.  Di  tal  guisa  noi  possiamo  far  conoscere,  che  la  colletta 
cattolica  dell'  Obolo  di  S.  Pietro  dall'  ultima  volta  che  1'annunziammo  in 
ijucsto  giornale,  e  fu  nel  n.  15  dei  20  Gennaio  passato ,  si  e  accresciuta 
di  altri  scudi  romani  quattrocentomila ,  pari  a  fr.  2,150,520;  si  che  for- 
mando  allora  la  somma  di  sc.  romani  sei  milioni  e  seicentomila  ,  pari  a 
fr.  35,483,580,  oggi  esalita  alia  somma  di  seite  milioni  di  scudi,  pari  a 
fr.  37,634,100. 

«  Mentre  le  predette  cose  gittavamo  sulla  carta,  non  indifferent!  per  cer- 
lo  al  presenti mento  del  gaudio  chenelcuordeiCattolici  desteranno  all'an- 
nunzio  delle  consolazioni,  che  la  loro  pieta  e  d-evozione  al  Successore  di 
S.  Pietro  ed  alia  Sede  romana  hanno  messo  nell'animo  della  Santita  Sua, 
ci  tornava  in  mente  questo  giorno  esser  sacro  alia  memoria  del  Settimo 
Gregorio.  Qante  idee  sublimi,  e  quanti  raffronti  storici  non  ci  si  offeriva- 
no  spontaneamente  fra  questi  due  Pontificati,  distanti  1'uno  dall'altro  per 
otto  secoli !  Ma  la  consonanza  in  cui  ne  piaceva  ferqarci  era  appunto 
sulle  Oblazioni  che,  in  circostanze  non  dissimili,  mandavano  a  quell'  in- 
vitto  sostenitore  dei  diritti  della  Santa  Sede  i  fedeli.  Bicordavamo  che 
<juando  nel  1081  i  suoi  legati  traversavano  la  Francia,  il  Denaro  di 

Serie  V,  vol.  J,  fasc.  342.  47  11  Giugno  1864. 


738  CROXACA 

5.  Pietro  era  da  loro  largaraente  riscosso :  e  11  Papa,  grato  alia  spontanea 
dimostrazione,  indirizzava  parole  di  gratitudine,  che  1'  egregio  fatto  ban- 
no  eternato  (Baron,  ad  ann.  1081 ,  num.  27 ).  Con  le  quali,  fra  le  altre 
cose,  notava  Carlo  Magno  aver  quella  soccorritrice  opera  introdotta  e  pro- 
tetta  nella  generosa  nazione.  E  ne  conchiudevamo  come  lo  spirito  catto- 
lico  perseveri  costantemente  benevolo,  e  la  carita  dei  figli  siasi  sempre 
tenuta  suH'avviso  per  occorrere  alle  necessita  del  Padre  ». 

3.  II  Chirografo  del  Santo  Padre  pel  nuovo  imprestito,  renduto  neces- 
sario  dagli  effetti  delle  usurpazioni  del  Governo  di  Torino,   desto  ne'  ri- 
voluzionarii  tale  eccesso  di  rabbia,  che  n'  ebbero  a  farneticare  da  pazzi. 
Provatisi  indarno  ad  usare  modi  di  scherno,  per  beffarsi  di  chi  credea 
possibile  che  il  Governo  pontificio  trovasse  credilo  per  somma  cosi  rilc- 
yante,  cambiarono  tono,  e  vennero  a  minacce.  LOpinione  di  Torino,  gior- 
nale  ministerialissimo,  annunzio  che  il  Governo  non  riconoscerebbe  il 
nuovo  imprestito  pontificio,  e  percio  stesse  ognuno  in  sull'avviso  per  non 
lasciarsi  accalappiare,  con  certezza  di  perdervi  i  proprii  capitali.  Questo 
annunzio  sorti  effetto  contrario  all'inteso.  Non  solo  il  nuovo  imprestito  non 
ebbe  percio  a  trovare  verun  ostacolo,  ma,  che  e  piumirabile,i  fondi  pubbli- 
ci  dello  Stato  romano,  che  stavano  al  67,  50,  crebbero  di  subito  al  69.  E  per 
mettere  il  colmo  al  disinganno  dei  rivoluzionarii,  il  Moniteur  parigino  del 
26  Maggio  intono  loro  la  seguente  notizia:  «  II  Governo  pontificio  e  stato 
informato,  che  la  parte  del  nuovo  prestito  romano,  di  cui  si  era  incaricata 
una  Compagnia  belgica,  e  stata  interamente  venduta  alia  pari.  »  Pertanto 
quelli  che,  rifuggendo  dall'aperta  violenza,  si  ripromettevano  di  consum- 
mare  1'assassinio  della  Santa  Sede  con  levarle  i  mezzi  di  satisfare  a'suoi 
impegni  e  di  mantenere  lo  Stato,  ebbero  per  questa  parte  uno  smacco  ri- 

•  spondente  alia  loro  perfidia. 

4.  E  tratto  di  nerissima  periidia  fu  pure  quell'altro,  dello  spedirein  que- 
ste  province,  rimaste  alia  Santa  Sede,  malandrini  e  sicarii ,  che  vi  do- 
vessero  co'  loro  misfatti  gettare  lo  scompiglio,  per  trarne  poi  cagione  di 
gridare  al  mal  governo,  alllmpotenza,  alia  tristizia  dei  Ministri  del  Som- 
mo  Pontefice.  Gia  da  pezza,  sotto  nome  di  volontarii,  eransi  arrolate  le 
centinaia  di  ribaldacci,  appostati  su  quel  d'Orvieto,  e  destinati  a  cogliere 
il  momento  opportuno  di  far  irruzione  violenta  contro  le  milizie  pontificie 
o  contro  le  citta  e  terre  sguernite  di  presidio  francese,  e  metterle  a  ru- 
more;  ma  siccome  questa  congiuntura  tardava  a  venire,  si  ricorse  in 
prima  alia  calunnia,  spacciando  che  il  Governo  pontificio  vuotava  le  sue 
carceri  e  galere,  e  spediva  i  malfattori  in  essedetenuti  a  desolare  le  pro- 
vince annesse  al  regno  d'  Italia,  e  ad  ingrossare  le  bande  dei  briganti. 
Preparata  cosi  la  via  a  poter  allegare  motivi  di  giusta  rappresagiia,  il 
Governo  di  Torino  fece  fare  una  cernadi  assassini  condannati,  e  li  mando 
prosciolti,  facendoli  pero  accompagnare  sino  a'confmi,  sicche  non  potcs- 
sero  sviarsi,  e  dovessero  entrare  nelle  province  rimasle  alia  Santa  Sede. 
Intorno  a  che  ecco  quanlo  leggevasi  nel  Giornale  diRoma,  del  28  Maggio: 


CONTEMPORANEA  739 

«  Tra  le  tante  calunnie  che  i  fautori  della  rivoluzione  non  cessano  di 
ordire  e  di  spargere  contro  il  Governo  pontificio,  ando,  non  e  gran  tem- 
po, segnalata  quella,  che  oso  tacciarlo  di  avere  dal  bagao  di  Civitavec- 
chia  prosciolti  que'  malfattori  che  vi  stavano  scontando  gravi  condanne 
loro  inflilte  dai  tribunali  delle  usurpate  province,  coll'  intendiraento  di 
slanciarli  ad  infestar  di  nuovo  i  luoghi  ove  atroci  delitti  perpetrarono. 

«  Questa  impudente  allegazione,  accolta  dal  giornalismo  rivoluzionario 
italiano,  si  dileguo  ben  presto  smentita  dal  fatto ;  dappoiche  le  darsene, 
ed  i  luoghi  di  pena  di  queste  preservate  province,  custodivano  allora  , 
come  tuttora  racchiudono,  a  carico  del  Governo  pontificio,  tutti  i  con- 
dannati  che  furonvi  tratti  da  ogni  parte  dello  Stato  e  che  non  abbiano  an- 
cora  espleta  la  patita  condanna.  Ne  si  mandarono  liberi  alia  spicciolata , 
neH'ultimo  quadriennio,  che  coloro  i  quali  ebbero  compito  la  pena  o  che, 
per  grazia  sovrana,  1'ebbero  di  poco  tempo  abbreviata;  cosi  avendo  ado- 
perato  1'autorita  piemontese  nel  rimandarci,  con  inesplicabile  indulgenza 
pero  ed  in  buon  numero,  condannati  di  queste  province  ch'  essa  teneva 
in  custodia. 

«  Quest'  oggi  ancora  le  darsene  dello  Stato  accolgono  e  custodiscono 
1'ingente  numero  di  oltre  a  settecento  indimdui,  condannati  gia  dai  tri- 
bunali delle  usurpate  province,  e  la  piu  parte  di  costoro  vi  subiscono, 
per  gravi  misfatti,  la  galera  a  vita  o  per  lungo  corso  di  anni,  figurando 
tra  essi  46  colpiti  dalla  sentenza  nota  col  titolo  degli  Ammazzatori  di 
Ancona,  moltissimi  di  coloro  che  fecer  parte  delle  famigerate  bande  as- 
sassine  del  Passatore,  del  Lazzarini  nelle  Romagne,  ed  altri  molti  chia- 
riti  rei  di  titoli  comuni  i  piu  gravi  ed  atroci,  che  funestarono  quelle  ed  al- 
tre  delle  usurpate  province. 

«  Per  questo  leale  contegno  del  pontificio  Governo  era  a  presumere 
che  il  potere  usurpatore  degli  Stati  della  Santa  Sede  sarebbesi  guardato 
dal  porgere  argomento  a  ritorcere  contro  di  lui  1'onta  di  un  fatto,  la  qua- 
le,  se  tosto  disparve  in  faccia  alia  calunnia,  non  si  cancellera  certamente 
al  cospetto  della  verita. 

«  Negli  ultimi  trascorsi  giorni  sonosi  visti  ritornare  in  queste  rimaste 
province  dello  Stato,  liberi  e  da  ogni  condanna  prosciolti,  quaranta  mal- 
fattori che  di  qui,  anteriormente  alle  usurpazioni,  furono  mandati  a  scon- 
tare  le  loro  condanne  nelle  darsene  di  Narni,  di  Ancona,  di  Forte  Urbano 
e  S.  Leo;  tutti  rei  di  gravissimi  ed  odiosi  misfatti,  e  tra  essi  sedici  con- 
dannati alia  galera  in  vita. 

«  Allo  zelo  della  politica  autorita  e  della  pubblica  forza  e  riuscito  assi- 
curarsi  di  tutti  questi  pericolosi  francati,  ne  alcun  d'essi  rimane  vagante 
ad  attestare  1'impotenza  della  legge  che  lo  ebbe  colpito,  o  il  favore  di  un 
potere  che  si  arroga  il  titolo  di  governo  civile,  restauratore  dell'  ordine 
morale. 

«  Non  giova  qui  indagare,  o  presumere  1'intendimento  vero,  o  il  diso- 
nesto  fine  che  ebbesi  di  mira  con  quest'  atto  improntato  di  quella  slealta 


CROSACA 

che  caratterizza  gli  atti  tutti  del  potere  usurpatore,  e  dal  quale  traspare 
•eziaudio  una  politica  la  piii  dissennata ;  dappoiche,  ad  una  bassa  provo- 
cazione,  una  ben  dura  rappressaglia  potrebbe  rispondere,  se  sacra  non 
fosse  nella  civilta,  la  massima  che  la  custodia  del  grandi  malfattori  e  do- 
yere  di  pubblica  giustizia,  nell'interesse  di  tutla  la  umana  societa.  » 

5*.  Spiaceva  forte  alia  setta  che  il  Card.  Morichini  si  fosse  dovuto,  di 
buona  o  di  mala  yoglia ,  spontaneamente  o  per  forza  d'ordini  spediti  da 
Parigi,  riconoscere  e  dichiarare  innocente.  Percio  la  sera  stessa  del  lo 
di  Maggio ,  mentre  il  massimo  numero  de'  cittadini  di  Jesi  ne  festeggia- 
ya  il  ritorno  con  luminaria  e  segni  di  giubilo,  un  branco  di  yilissima 
ribaldaglia ,  tutto  fiore  del  partita  d'  azione  e  proprio  di  quella  che  fu 
comperata  a  due  franchi  per  testa,  perche  roppresentasse  il  popolo  soyra- 
110  quando  si  fece  il  plebiscite ,  fu  sfrenata  a  far  il  suo  mestiere,  cioe 
trarre  sassate  alle  iinestre ,  gridar  yillanie ,  urlare  degli  abbasso  e  dei 
fuori  contro  1'esimio  Pastore.  Poi  la  cosa  fu  rappresentata  dai  giornali 
della  riyoluzione  come  un  innocente  sfogo  del  popolo  irritato  ,  e  si  con- 
chiuse  con  la  consueta  formola :  Fordine  non  fu  menomamente  tnrbato... 
II  che  significa  che  la  Polizia  e  la  pubblica  autorita  lasciarono  fare  alia 
canaglia  quel  che  le  parye  e  piacque. 

Ma  questo  non  bastava  alle  ire  di  que'  tristi ,  e  percio  la  sera  del  *\ 
tornarono  agli  insulti ,  con  tanto  maggiore  cinismo  ,  quanto  piii  grande 
era  forse  la  sicurezza,  che  la  Polizia  non  si  sarebbe  punto  mossa  ne  ad 
impedire  ne  a  punire  qualsiasi  eccesso.  La  cosa  fu  scritta  alia  Discussion r 
di  Torino,  che  e  1'araldo  del  famoso  Comitato  nazionale,  da  un  tale  di 
Macerata ,  nei  termini  seguenti :  «  leri  sera ,  24  Maggio ,  assai  iardi  in 
Jesi  la  piazza  era  tutta,  adun  tratto,  illuminate  da  un  falo  di  nuoyo  ge- 
nere.  Erano  le  armi  prelatizie  del  Cardinale  Morichini ,  che  somministra- 
Tano  il  combustibile.  Una  mano  di  arditi  popolani  le  stacco  dalla  mura- 
glia ,  le  trasporto  in  piazza  e  loro  diede  fuoco.  Indi ,  presa  una  gran  pa- 
della  fecero  cuocere  una  gran  frittata.  V  or  dine  non  fu  menomamente  tur- 
bato. Alcuni  grideranno  contro  questo  fatlo.  A  me  pare  molto  innocen- 
te. »  E  molto  innocente  doyette  pur  sembrare  alia  Polizia  ed  al  Fisco  , 
poiche  nulla  fu  fatto  a  castigo  di  que'  ribaldi.  Ma  sel  tenga  per  detto  la 
Discussione :  quando  si  lodano  con  tanta  compiacenza  tali  birbonate ,  e 
gli  esecutori  di  esse  si  appellano  arditi  popolani ,  si  fa  in  sostanza  il  pa- 
negirico  della  yiolazione  dell'ordine  pubblico  e  della  sicurezza  privata  : 
e  se  codesti  arditi  popolani  ricevcranno  un  di  dal  partita  $  azione  qual- 
che  altro  scudo,  da  comperarsi  le  oya  per  un'altra  gran  frittata,  puo  dar- 
si  benissimo  che  yadano  a  cercare  il  combustibile  sulle  porte  e  nei  palaz- 
zi  del  Governo ,  doye  troyeranno  stemmi  capaci  di  bruciare  ne  piu  ni1 
meno  che  gli  stemmi  de'  Yescovi  e  do'  Cardinali.  La  giustizia  di  Dio  tar- 
da  talvolta  a  yenire,  secondo  i  computi  umani,  ma  quanto  piii  tarda  . 
tanto  piu  e  terribile. 


CONTEMPORANEA  741 

STATI  SARDI  1.  Bando  rivoluzionario  della  rninisteriale  Opinions  —  2.  Condi- 
zioni  delle  Finanze  —  3.  Dilapidazione  dei  beni  ecclesiastic!;  stato  della 
Cassa  ecclesiastica  —  4.  Voto  del  Consiglio  di  Stato  sopra  il  contegno  di 
MODS.  Caccia  —  5.  Inquisizione  parlamentare  sopra  la  probita  di  alcuni 
Deputati,  accusati  di  peculate  —  6. 11  Garibaldi  /  capo  de'Framassom 
italiani,  li  chiama  ad  Assembler  in  Palermo. 

1. 1  portavoce  del  Ministero  di  Torino  si  sa  che  non  hanno  voce  pro- 
pria,  ma  trasmettono  solo  quel  che  vi  soffiano  dentro  i  padroni.  Questi 
poi,  costretti  a  non  dipartirsi  dagli  ordini  che  ricevono  da  Parigi  e  incal- 
zati  dal  partito  d'  azione,  si  troyano  spesso  in  brutto  impiccio ;  ad  uscir 
dal  qualefanno  gli  smemorati,  disdiconoil  detto,  hiasimano  ciocheavean 
lodato,  promoyono  cio  che  prima  aveano  impedito,  e  girano  come  leban- 
deruole  ad  ogni  yento.  Cosi  appunto,  occorrendo  di  gettare  un'  offa  in 
bocca  al  Cerbero  riyoluzionario,  poc'anzi  manipolayano  e  metteano  fuori 
sull'  Opinions  di  Torino  del  23  Maggio  un  bando  da  dispe'rati,  ne  piii  ne 
meno  che  se  non  si  ricordassero  punto  di  cio  che  il  Thouvenel  ed  il 
Drouyn  de  Lhuys  ne'loro  dispacci,  ed  il  Billault  ne'  suoi  discorsi  ufficiali 
dichiararono  in  tutte  le  forme  possibili :  cioe  che  la  Francia  tiene  presi- 
dio a  Roma,  e  yieta  all7ta/ml'annessione  di  quel  che  rimane  degli  Stati 
pontiHcii,  per  motivo  de' grand!  interessi  nazionali  e  politici,  onde  1'  Im- 
pero  e  astretto  a  tutelare  il  Papato  e  la  sua  indipendenza.  Or  bene:  F  0- 
pinione,  come  se  nulla  sapesse  di  cio,  yenne  fuori  quel  giorno ,  gridan- 
do  che  bisogna  decidersi!  E  spiego  che,  essendo  imminente  la  morte  del 
Papa,  bisognaya  afferrare  quei  momento:  inyadere  le  proyince;  chiamare 
a  riyolta  le  citta  e  terre  non  presidiate  da'  Francesi ;  dare  addosso  alle 
milizie  pontificie  e  compiere  F  opera  cominciata  a  Castelfidardo,  stermi- 
nandole  affatto ;  schiyare  di  venire  al  cozzo  co'  Francesi ,  ma  provocare 
ed  effettuare  un  solenne  plebiscite  per  1'annessione. 

Questa  tirata  da  farnetico,  avyalorata dal  sapersi  che  sui  confmi  verso 
Orvieto  e  Viterbo  si  adunavano  squadre  di  canaglia,  diede  a  credere  ad 
alcuni,  che  il  Governo  sardo  volesse  davvero  romperla  a  mezzo,  gittarsi 
allo  sbaraglio,  e  muovere,  a  dispetto  della  Francia,  contro  Roma.  Or  noi 
non  crediamo  punto  che  a  Torino  si  covi  si  pazzo  disegno.  Se  Favessero 
fatto  dayvero,  non  1'avrebbero  recato  in  palese.  Del  resto  essi  sanno  al 
pari  di  noi,  che  il  loro  padrone  di  Parigi  per  ora  non  e  punto  disposto  a 
permetlere,  anche  nel  caso  di  Sede  vacante,  che  si  rinnovi  sul  Patrimo- 
nio  di  san  Pietro  il  ladroneccio  delle  Legazioni,  delle  Marche  e  dell'Um- 
bria.  La  Francia  ha  bisogno  di  Roma,  e  non  la  cedera  davvero  al  Pie- 
monte.  Laonde,  sapendo  questo,  chi  diede  Fimbeccata  d\\0pinione  voile 
solo  corbellare  gl'importuni,  mostrandosi  pieno  di  sollecitudine  per  com- 
piacerli. 

II  che  si  fa  manifesto  dal  tono  con  che  un  altro  diario  liberalissimo, 
la  Gazzetta  di  Torino,  mise  in  canzone  le  furie  dell' 0p  wow  e,  e  quel  suo 


"42  CRONACA 

ditirarnbo,  compilato  probabilmente  dalla  faraosa  commissione,  presieduta 
dal  foruscito  e  ribelle  Duca  Cesarini ,  e  diretta  dal  Montecchi ,  per  la  re- 
denzione  di  Roma.  Codesto  agitarsi  dell'  Opinione  parve  assurdo  alia  sua 
consorella  «  perche  non  tutti  possono  aver  dimenticato,  che  nell'  Agosto 
passato  ella  entrava  a  bandiere  spiegate  ed  a  tamburro  battente  nella 
quistione  yeneta,  e  poi  nel  Dicembre  sgridaya  fieramente  quelli  che  F  a- 
yeano  ridestata  e  vi  si  adoperayano  intorno ;  e  non  tulti  possono  aver 
dimenticato  che,  quattro  mesi  fa,  ella  diceva  crudo  e  netto,  che  fra  due 
mesi  noi  dovevamo  immancabilmente  o  far  la  guerra  o  disarmare :  e  og- 
gi,  come  ognun  vede,  non  facciamo  la  guerra  e  non  disarmiamo,  e  non 
yogliamo  disarmare.  »  Poveretti !  Farete  sempre  quel  che  yi  comandera 
il  padrone,  e  se  questo,  per  cagione  qualsiasi,  venisse  meno,  yoi  sareste 
subito  sul  lastrico.  Ecco  la  verita.  Ora  il  padrone  non  ha  interesse  aper- 
mettere  che  si  facciano  yiolenze  contro  Roma ,  ed  i  servitori  baderanno 
bene  a  non  disobbedire.  Difattola  Stampa,  primo  dei  trombettieri  ufficio- 
si  del  Ministero,  si  lascio  scappar  dalla  penna  che  ne  una  insurrezione 
interna  a  Roma  (dato  che  fosse  possibile),ne  una  invasione  dal  di  fuori, 
varrebbero  a  sciogliere  la  quistione  romana.  E  disse  vero.  Sicche  niuno 
si  pigli  pensiero  delle  bravazzate  torinesi,  perche  o  sono  commedie  o 
sono  latrati  di  cani  contro  la  luna. 

2.  Si  dee  per  altro  concedere  qualche  sfogo  al  cruccio  che  rode  code- 
sti  settarii ,  perche  ne  hanno  ben  d'  onde !  Loro  supremo  scopo  e  di  pa- 
droneggiare  la  cosa  pubblica  per  poter  ad  un  tempo  fare  discretamenle  i 
ioro  affarucci  priyati ;  ed  invero  si  conoscono  e  si  mostrano  a  dito  certi 
gran  patrioti ,  che  qualche  anno  addietro  viyeano  sottile  sottile,  ed  ora  si 
sono  arrotondati  per  benino ,  ban  comperato  vasti  poderi  e  grandi  case, 
e  messo  sui  banchi  di  buoni  gruzzoletti.  Tutto  yirtu  del  patriotismq,  delle 
spese  segrete  e  di  qualche  altra  coserella.  Or  questa  cuccagna  pare  che 
debba  fmire,  perche  la  bancarotta  s'avvicina  a  gran  passi.  Difatto  Marco 
Minghetti  il  25  di  Maggio  presentava  alia  Camera  dei  Deputati  la  situa- 
zione  del  tesoro  al  34  Dicembre  1863  4.  Sono  cifre  bellamente  acconciate 
per  coprire  le  magagne.  Eppure  che  cosa  risulta  dalla  relazione  min- 
ghettiana?  leggete. 

L'esercizio  del  1862  ha  dati  i  seguenti  risultati : 

Entrate  Spese 

Ordinarie  .  .  L.  471,175,186  28    L.  715,124,983  20 
Straordinarie  »  119,526,709  48     »   260,467,600  84 


Somma  L.  590,701,895  70    L.  975,592,584  04 

Ne  risulta  il  deficit  di  L.  384,890,688  28,  cioe,  L.  243,949.796  92  al 
bilancio  ordinario,  e  L.  140,940,891  36  al  bilancio  straordinario ! 

I  Atti  uff.  della  Camera,  n.°  673  e  seg. 


COXXEXPORANEA 

II  bilancio  del  1863  da  i  seguenti  risultati: 

Enlrate  Spese 

Ordinarie  .  .  L.  511,936,236  81     L.  778,312,797  55 
Straordinarie  »     73,977,905  14    »   184,681,902  26 


Somma  L.  585,914,141  95    L.  962,994.699  81 

II  deficit  e  quindi  di  L.  377,080,557  86,  cioe  L.  266,376,560  74  per 
la  parte  ordinaria,  e  L.  110,703  997  12  per  la  straordinaria.  t 

Riepilogando  le  risultanze  del  singoli  esercizii,  si  stabilisce  il  risultato 
finale  seguente : 

Deficit  del  1862         Lire  384,899,688  28 
»          1863  »     377,080,55786 


Insieme       Lire  761,971,246  14 

«  In  soli  due  anni  adunque,  dice  1'  Unitd  Cattolica  n.  77,  si  sono  spesi 
da  noi  quasi  ottocento  milioni  piu  delle  nostre  rendite  !  E  si  continua  a 
spendere  ed  a  spandere,  ed  ogni  giorno  piu  si  verifica  quello  che  lo  stes- 
so  Marco  Minghetti  diceva  alia  Camera  il  14  Gennaio  del  1863 :  —  La  si- 
tuazione  fmanziaria  del  regno  d'  Italia  e  spaventosa  — .  La  stessa  Opinione 
confessa  che  le  speranze  d'  un  assetto  delle  nostre  finanze  debbono  esserc 
differite  di  molti  anni,  anche  nell'ipotesi  d'una  condizione  politica  mi- 
gliore  della  presente.  » 

3.  Oual  giovamento  ritrasse  adunque  1'erario  dalle  inique  confiscazio- 
ni  dei  beni  degli  Ordini  religiosi  e  dei  benefizii  ecclesiastici?  Questo  solo : 
di  gravarsi  d'un  debito  di  parecchi  milioni  di  franchi,  come  e  manifesto 
daun  Documento  ufficiale,  egregiamente  discussodairArwiom^neinum. 
123,  124  e  127,  cioe  dal  renctoconto  delle  operazioni  della  Cassa  eccle- 
siastica  dal  1855  al  1864  '.  E  qui, achiarire  bene  la  cosa, e  da  rifarci  al- 
quanto  indietro,  imo  alia  istituzione  di  codesta  Gassa,  avvenutanel  1855 
con  legge  del  29  Maggio. 

II  Governo  sardo,  per  obbligo  contralto  all'epoca  della  ristaurazione  di 
Casa  Savoia,  dopo  la  caduta  di  Napoleone  I,  pagava  un  supplement  di 
congrua  al  clero  povero  deli'isola  di  Sardegna  ed  ai  parrochi  delle  anti- 
che  province,  come  compenso  dei  beni  ond'erano  stati  spogliati.  Si  trat- 
tava  di  una  somma  annuadi  1,640,000  franchi,  de'quali  840,000  incirca 
ai  parrochi  di  terraferma,  e  751,000  al  clero  di  Sardegna.  Nel  1855,  cre- 
scendo orribilmente  i  debiti  per  far  le  spese  alia  rivoluzione,  il  Governo 
disegno  di  far  pagare  questo  suo  debito  dagli  stessi  creditori,  cioe  dalla 
Chiesa,  servendosi  percio  dei  beni  confiscate  a' religiosi  e  beneficiati  ec- 
clesiastici ;  e  per  riuscirvi  esagero  stranamente  la  smisurata  ricchezza 

degli  Arcivescovadi  e  Vescovadi,  delle  Abbazie  ecc.  I  Yescoyi  proposero 

• 

4  Atti  della  Camera  dei  Doputali,  num.  G1 5-6-1 6. 


744  CRONACA 

al  Senate  del  regno  di  incaricarsi  essi  medesimi  di  pagare  tal  supplements 
di  congrua,  e  cosi  sgrayarne  lo  Stato,  purche  si  ritirasse  la  proposta  leg- 
ge  del  29  Maggio.  II  Ministero,  e  specialmente  il  Cavour  ed  il  Siccardi , 
furono  inflessibili  in  ritiutare  le  offerte  de'Vescovi.  La  legge  fu  approvata 
dalle  Camere  e  dal  Re,  la  confiscazione  fu  consummata,  ed  istituita  la  Cassa 
ecclesiastica.  Or  questa,  dovendo  satisfare  agli  obblighi  imposti  dalla  leg- 
ge, e  non  bastandole  i  capitali  acio  destinati,  dovette  contrarre  impresti- 
ti  coll'economato  ecclesiastico  e  col  Ministero  delle  fmanze;  tantoche  dal 
ft55  a  tutto  il  1863  dovette  spendere  appunto  12,723,893.  71  franchi; 
e  non  ayendone  potuto  dar  del  suo  che  soli  3,813,  948.  16,  si  trovo 
gravata  di  un  debito  di  franchi  8,909,945.  55,  di  cui  orapretende  di  es- 
sere  compensata  dal  Ministero  delle  fmanze. 

Ecco  pertanto  a  che  si  riduceano  le  sperticate  ricchezze  della  Chiesa ! 
II  Goyerno,  per  ingoiarsele,  si  obbligo  di  pagare  con  esse  le  congrue  ed 
i  sussidii ;  ela  Cassa  ecclesiastica,  percio  fondata,  non  pote  raggranellare 
che  circa  mezzo  milione  all'  anno,  e  il  resto  dovette  ayer  d'  accatto.  Non 
era  egli  piu  utile,  per  lasciare  da  parte  1'onesto,  di  accettare  le  proferte 
de'Vescoyi?  I  frati  e  le  monache  sarebbero  stati  tranquilli  ne'  loro  con- 
yenti,  si  sarebbero  eyitati  scandali  e  sacrilegi  innumerevoli,  e.d  il  Go- 
yerno non  avrebbe  doyuto  ricorrere  ad  una  esecrabile  persecuzione,  ne 
spogliare  yittime  innocenti,  per  adempire  gli  obblighi  assunti  con  qnella 
infausta  legge,  ed  ora  non  si  troverebbe  in  necessita  di  pagare  circa 
9  milioni  di  franchi. 

Manonbasta!  Codesta  Cassa  ecclesiastica  costo,  per  mantenimento 
de'suoi  ufliziali,  per  liti,  contratti,  yiaggi  de'  religiosi  deportati  e  delle 
religiose  ammucchiate  in  yili  catapecchie,  e  simili  cose,  non  meno  di  fran- 
chi 2,660,301.  65,  che  si  sarebbero  inyece  impiegati  al  sostentamento 
de'  legittimi  proprietarii ;  e  tutto  cio  per  fare  che  in  otto  anni  il  capi- 
tate de'beni  ecclesiastic!  sia  scemato  di  piu  milioni  di  franchi,  spariti 
e  consummati  per  le  spese  correnti. 

E- v'e  di  peggio  ancora.  Per  yincere  quella  cruda  legge  del  29  Maggio 
1855,  il  Cavour  avea  affermato  che  le  rendite  dei  beni  per  essa  contis- 
cati  sarebbero  di  15  milioni  di  franchi  annui.  Or  bene:  Quelle  rendite,  sa- 
cro  patrimonio  degli  Ordini  religiosi,  a  cui  eranguarentite  dallo  Statute  fon- 
damentale  del  regno,  in  otto  annigiunsero  solo  a  franchi  16, 951, 628.  4 2, 
cioe  a  circa  2,100,000  franchi  annui.  Resta  dunque  fermo  che  1'asse  ec- 
clesiastico sequestrate  non  eccede  i  40  milioni ;  de'  quali  la  Cassa  ec- 
clesiastica, istituita  per  custodire  quel  capitale  a  profitto  del  Clero  pove- 
ro ,  ricevette  gia  in  fabbricati ,  mobili ,  terreni  rurali ,  censi  ecc.  circa 
16,717,713.  Or  di  questa  somma  rimangono  soli  10,887,  557  franchi , 
essendosi,  per  confessione  degli  amministratori,  liquidati  e  perduti,  per 
le  spese  correnti,  non  meno  di  5,629,155  franchi.  Cosi  il  capitale  eccle- 
sidfetico  si  va  consummando  d'anno  in  anno,  ed  il  Ministero  lascia  fare,  e 
1'assassinio  della  Chiesa  si  va  consummando ! 


CONTEMPORANEA  745 

4.  Da  cio  e  lecito  inferire  che  al  Governo  non  premesse  ne  punto  ne 
poco  di  soccorrere  il  clero  poyero,  e,  quasi  diremmo  ancora,  non  gl'  im- 
portasse  nemmeno  gran  fatto  di  appropriarsi  i  beni  di  Chiesa ;  ma  si  uni- 
camente  avesse  a  cuore  di  far  guerra  alia  religione,  con  abolirc  gli  Ordini 
religiosi,  i  benefizii  e  le  Capellanie,  con  impoverire  i  Yescovi,  con  ren- 
dere  al  tutto  difficile  la  vita  clericale.  E  se  ne  ha  buon  argomento  nella 
persecuzione  fatta  alle  leggi  stesse  della  Chiesa,  ai  diritti  dei  prelati,  alia 
giurisdizione  canonica.  E  qui  e  da  ricordare  un  fatto  di  tutta  evidenza. 
II  Governo  avea  nominato  a  piacer  suo  Canonici  della  Metropolitana  di 
Milano  quattro  preti,  che  per  giustissime  ragioni  non  ottennero  da  Mon- 
signer  Caccia  1'  istituzione  canonica,  di  cui  in  piu  modi  eransi  renduti  in- 
degni.  Di  qui  una  serie  di  vessazioni  inique,  citazioni,  carcerazione  di 
Mons.  Caccia,  poi  sua  liberazione ,  ma  non  senza  deferirne  la  causa  al 
Consiglio  di  Stato.  II  Pisanelli  propose  a  questa  Corte  tre  quesiti: 
1.°  Rifiutando  quella  istituzione  canonica  ai  nominati  del  Governo,  Mons. 
Caccia  e  reo  di  abuso?  II  Consiglio  di  Stato ,  con  la  pluralita  di  un  solo 
voto,  rispose  che  s\.  2."  Debbono  percio  sequestrarsi  le  rendite  a  Mons. 
Caccia?  A  grandissima  pluralita  di  voti  fu  risposto  che  no.  3.°Devesi  al- 
Bieno  allontanare  Mons.  Caccia  dalla  Diocesi  di  Milano  ?  E  dibel  nuovo, 
con  grandissima  pluralita  di  suffragi,  il  Consiglio  di  Stato  rispose  che 
no.  —  A  questo  giudicato  aggiungiamo  una  sola  parola:  Se  v'  ebbe  abu- 
so, fu  solo  dalla  parte  del  Governo ,  che ,  violando  la  ragione  canonica, 
fece  dare  a'  suoi  preti  favoriti  le  rendite  di  benefizii ,  di  cui  non  erano 
legittimamente  investiti. 

5.  Ma  tm'altra  sentenza  si  sta  ora  aspettando  con  universale  desiderio, 
e  dalla  quale  si  parra  qual  sia  1'amore  di  giustizia,  onde  sono  animati  i 
Catoni  e  legislated  di  Torino.  Un  tal  Susani,  deputato  al  Parlamento,  fu 
accusato  pubblicamente  di  peculate,  per  aver  ricevuto  dal  Bastogi  la 
egregia  somma  di  un  milione  di  franchi,  affine  di  compilare  una  relazione 
sopra  le  vie  ferrate  meridionali  per  forma  che,  reiette  le  offerte  del  Rot- 
schild ,  se  ne  desse  V  appalto  al  Bastogi  ed  alia  sua  consorteria,  come  fu 
fatto.  II  Susani  riusci  all'  intento,  tocco,  dicono,  il  suo  milioncino  in  car- 
telle  di  credito,  le  quali  fu  sollecito  di  scambiare  con  600,000  franchi  so- 
nanli,  de'  quali  dovette  pero  far  parte  con  chi  Tavea  aiutato  nella  bisogna. 
Questi  fatti,  denunziati  dalla  voce  pubblica,  toccati  ne'  giornali,  riferiti 
alia  Camera,  otteunero  che  si  nominasse  una  Commissione,  incaricata  di 
ricercare  ed  appurare  la  verita  o  la  falsita  dell'accusa.  Finora  non  se  ne 
conosce  il  risultato ;  ma,  stando  alle  voci  che  corrono,  pare  che  la  paura 
di  scoprir  troppe  cose  abbia  fatto  si,  che  non  si  scoprisse  nulla  di  ben 
provato  e  chiaro. 

6.  Niente  minore  e  _!$'  preoccupazione  pubblica  per  un'  assemblea  di 
Framassoni  italiani,  convocati  a  Palermo  dal  loro  capo  supremo  Giu- 
seppe Garibaldi,  come  risulta  da  docuraenti  pubblicati  in  quasi  tutti  i 


746  CRONACA 


giornali  dei  primi  giorni  di  Giugno,  come  nell'  Unita  Cattolica,  n.  182  e 
183.  Difatto  yenne  in  chiaro,  che  uno  degli  intendimenti  del  Garibaldi  nel 
suo  yiaggio  in  Inghilterra  fu  di  ottenere  dal  Gran  Maestro  della  Fra- 
raassoneria  inglese  di  quel  rito,  che  dicesi  scozzese  antico  ed  accettato, 
che  volesse  riconoscere  ed  accettare  1'  unione  con  la  Framassoneria  ita- 
liana  di  questo  stesso  rito.  E  con  cio  si  spiegano  gli  omaggi  ricevuti  in 
Inghilterra  dal  Garibaldi,  per  parte  di  rappresentanti  di  quasi  tutte  le 
logge  massoniche  di  cola.  In  riconoscimento  di  questo  servigio,  la  Fra- 
massoneria italiana  confer!  a  questo  suo  eroe  il  supremo  grado  dell'  or- 
dine,  designate  con  titolo  di  Grande  ispettore  generate  o  Gran  Maestro  ; 
ed  egli  uso  subito  la  sua  autorita  per  invitare  tutti  i  Corpi  massonici  dei 
rito  scozzese  antico  a  voler  cooperare  all'unita  della  setta  in  Italia,  unen- 
dosi  al  supremo  Consiglio  esistente  a  Palermo ;  conyocando  percio  iyi  ad 
adunanza  nella  Grande  Loggia  i  Deputati  di  tutte  le  logge  esistenti  in 
Italia.  II  deputato  Boggio  interrogo  il  Ministero ,  qual  contegno  si  prefi- 
gesse  di  osseryare  in  tal  congiuntura ;  ma  il  Peruzzi,  risposto  ad  altre 
interrogazioni,  a  questa  non  satisfece  con  una  sola  parola;  ed  il  Boggio, 
forse  per  non  destare  qualche  vespaio ,  non  insistette.  Dalla  qualita  del 
Gran  Maestro  della  setta  se  ne  puo  argomentare  lo  scopo ,  che  certo  non 
dee  essere  altro  che  il  bandito  cosi  spesso  dal  Garibaldi,  cioe  la  distru- 
zione  del  Papato  e  del  cattolicismo. 

II. 
COSE  STRAN1ERE. 

AIEMAGNA  E  DANiMARCA  1 .  Risposta  del  Re  di  Prussia  all'Indirizzo  del  Conte 
d' Arnim  per  la  separazione  dei  Ducali  dalla  Danlrnarca  —  2.  Lettera  del 
Duca  d'Augustembourg  a  Lord  Russell  —  3.  Dispaccio  del  Bismark  aLon- 
dra,  per  dichiararsi  svincolato  dai  trattati  del  1852  —  4.  La  leale  osser- 
vanza  deH'arnaistizio,  giustificata  dal  Monitore  prussiano  —  5.  Notizie  of- 
ficiose  circa  i  risultati  delle  Conferenze  di  Londra. 

1.  Nel  pomeriggio  del  23  Maggio,  come  narro  distesamente  la  Gaz- 
zetta  dell' Alemayna  del  Nord,  il  re  Guglielmo  I  ricevette  a  udienza  una 
Deputazione ,  che  avea  impetrato  di  presentargli  un  indirizzo  circa  la 
questione  dello  Schleswig-Holstein,  da  noi  mentoyata  nel  precedente 
quaderno,  a  pag.  627.  L'oratore  della  Deputazione,  il  Conte  Arnim  Boyt- 
zenburg,  antico  Ministro  di  Stato,  ha  prqnunciato  la  seguente  allocuzlq- 
ne :  «  V.  M.  ha  graziosamente  permesso  di  presentarle  un  indirizzo  relati- 
yo  aiDucati  dello  Schleswig  e  dell'  Holstein.  Noi  ben  sappiamo  che  V.  M. 
e  il  piu  forte  sostegno  dell'  onore  prussiano,  il  rappresentante  piii  cal- 
do  della  prosperita  della  Prussia.  Noi  non  veniamo  per  dimandare  qual- 
che cosa  al  governo  di  V.  M.  Veniamo  per  offrire  con  gioia  le  nostre  so- 
stanze  e  il  nostro  sangue  a  V.  M.,  se  ne  ha  bisogno,  per  compiere  1'ope- 
ra  incominciata  tanto  energicamente ,  di  concerto  col  suo  alleato ,  e  vit- 
toriosamente  coll'aiuto  di  Dio.  Questa  oflerta  noi  1'apportiamo  fmo  da 


CONTEMPORANEA  747 

questo  momento,  a  nome  di  piu  di  30,000  de' vostri  sudditi  di  tutte  le 
classi,  di  tutte  le  profession!,  di  tutti  i  paesi  della  rnonarchia,  i  (juali  han- 
np  firmatp  1'  indirizzo  nei  pochi  giorni  in  cui  si  e  messo  in  giro.  »  Ag- 
giunte  quindi  alcune  sentite  parole  di  entusiasmo  per  1'amore  dimostratp 
dal  Re  a'  feriti  dell'esercito:  «  Sappiarao,  prpsegui,  quanta  pena  costi 
al  cuore  paternp  di  V.  M.  il  dimandare  simili  sacriticii.  Ecco,  perche 
ci  crediamo  in  diritto  di  offerirli  con  gioia  a  V.  M.,  se  le  risoluzioni,  che 
con  contidenza  pienamente  rimettiamo  alia  saggezza,  alia  giustizia  ed 
alia  eaergica  volonta  di  V.  M.,  li  rendessero  necessarii.  »  Dopo  queste 
parole,  si  e  data  la  lettura  al  Re  dell'  Indirizzo. 

II  re  Guglielmo  rispose  ne'  termini  seguenti :  «  Ho  con  piacere  accet- 
tato  V  indirizzo,  nei  quale  voi  mi  dimostrate  la  premura  del  popolo  prus- 
siano  a  sostenermi  in  una  soluzione  della  questione  dello  Schleswig-Rol- 
stein ,  la  quale  possa  ricompensare  degnamente  il  sangue,  cosi  prezioso 
per  me,  di  tanti  figli  del  paese.  Questo  compenso  io  lo  trovero  nell'  ef- 
fettuazione  dei  fini,  pei  quali  ho  preso  le  armi  coll' Imperatore  d'Austria. 
Di  concerto  col  mio  augusto  alleato,  procurero,  poiche  Dio  1'haposto 
in  nostro  potere,  che  i  nostri  compatriot!  nei  Ducati  ottengano  piena  si- 
curezza  contro  il  ritorno  dell' oppressipne  danese,  e  che  noi  acquistiamo 
guarentigie  efficaci  e  durature  contro  il  pericolo  di  attentati  ulteriori  alia 
pace  sulla  frontiera  del  nord  d'Alemagna.  Egli  e  per  questo  scopo,  chele 
Potenze  alleate  hanno  combattuto  sul  campo  di  battaglia,  e  noi  cerchiamo 
in  questo  momento  a  farlo  prevalere  nella  conferenza  colla  liberta  coni- 
piuta  di  decisione,  alia  quale  la  condotta  della  Danimarca  e  gli  avveni- 
menti  ci  danno  diritto.  Sulla  forma  che  noi  pensiamo  dare  alia  soluzione 
del  nostro  compito,  yoi  non  v'attendete  senza  dubbio  degli  schiarimenti 
da  parte  mia,  mentre  le  negpziazioni  sono  in  corso.  Ma  parimenti ,  ypi 
dovete  avere  la  certezza  ch'ip  tutelero  1'onore  della  Prussia;  checche 
accada,  yoi  dovete  aver  fiducia  con  me,  che  i  sacrificii  che  noi  abbiamo 
fatto  per  la  causa  alemanna ,  saranno  fruttiferi  per  gl'  interessi  della  no- 
stra  patria  piu  rislretta.  Questa  tiducia  e  in  me  raffprzata  dalle  parole 
che  voi  mi  avete  dirette ,  e  per  le  quali  io  vi  ringrazio  di  cuore,  perche 
io  vi  vedo  una  nuova  prova  della  calda  e  unanime  deyozione,  sulla  quale 
io  posso  contare  da  parte  del  popolo  prussiano,  ogni  volta  che  si  tratta 
della  grandezza  e  della  prosperita  della  patria  comune.  » 

Egli  e  chiaro  abbastanza  da  questo  fatto  e  dalle  parole  del  Re,  che  le 
pretensioni  della  Prussia  circa  i  Ducati  vanno  ora  moltp  piu  in  la,  ehe 
non  quando  si  esigeva  solo  dal  re  Cristiano  IX  la  rivocazione  della 
nuova  Costi tuzione  dell'  Ottob.re  pe'  Ducati ,  e  1  esatta  osservanza  dei 
Tratta ti  del  1852.  Di  che  si  ha  unaltro  indizio  rilevante,  nell'essersi  dai 
Commissarii  ciyili  dell'  Austria  e  della  Prussia  nello  Schleswig-Holstein 
accettata  la  petizione  compilata  ed  approvata  dal  meeting  di  Rendsbourg, 
da  noi  mentovato  a  pag.  626 ,  la  quale  dapprima  essi  avean  rifiutato  di 
ricevere ,  come  noa  dettata  ne  presentata  da  un  corpo  costituito  ed  au- 
torevole. 

2.  Inoltre  la  Gazzetta  del  Papolo  di  Berlino  pubblico  una  lunga  di- 
chiarazione,  diretta  dal  Duca  di  Augustemburgo  al  conte  Russell.  Ecco- 
ne  i  brani  principal! : 

«  La  separazione  dei  Ducati  dalla  Danimarca  e  non  solamente  un'  esi- 
genza  della  legittimita  e  della  legalita,  essa  e  un'  esigenza  dell'  umanita 


718  CRONACA 

e  clella  pace  del  mondo.  Perocche,  quando  anche  la  forza  pervenisse  a 
curvare  ancora  una  yolta  i  Ducati  sotto  il  giogo  danese,  essi  aspettereb- 
hero  tuttavia  la  prima  occasione  per  iscuotere  questo  giogo  illegittimo  e 
detestatq.  Ed  io,  perparte  mia,  considererei  come  un  dovere  sacro  di 

chiamarli  alle  arrni,  quando  il  raomento  fosse  venuto Ma  se,  malgra- 

do  la  manifestazione  yolontaria  e  non  formale  del  voti  della  popqlazione 
e  del  suoi  rappresentanti  attuali,  1'Europa  avesse  ancora  del  dubbii  sull'o- 
pinione  reale  del  paese,  se  1'Eurqpa  yolesse  dare  una  nuova  sanziqne  al 
diritto  istorico,  non  yi  sarebbe  miglior  mezzo,  a  questo  fine,  che  di  pro- 
yocare  i'  espressione  formale  della  yolonta  del  paese....  Se  yi  sono  for- 
rae  diyerse  per  mettere  in  sodo  questa  yolonta,  io  accettero  una  di  queste 
forme,  supposto  ch'  essa  dia  una  guarentigia  compita  della  libera  espres- 
sione di  questa  yolonta  e  che  manifest! ,  in  modo  incontrastabile,  se  %\\ 
Schleswig-Holsteinesi  si  riguardino  come  miei  sudditi  o  come  sudditi  clel 
Re  di  Danimarca. 

«  Benche  deciso  a  non  piu  lasciare  il  mio  paese,  acconsentirci  tutta- 
yia,  per  eyitare  anche  i'apparenza  di  una  pressibne,  a  soggiornare  fuori 
del  paese  per  questo  caso,  durante  la  manifestazione  della  yolonta  della 
popolazione.  L'  amore  dell'  indipendenza  dei  Ducati  non  e  una  yolonta 
impotente.  Essi  hanno  in  se  le  qualita  ed  i  mezzi  necessarii  pel  loro  syi- 
luppo ;  essi  lagnansi  solamente  di  non  aver  trovato  fmora  1'occasiqne  di 
provar  di  nuqvo  la  forza  della  loro  yolonta,  partecipando  al  combattimen- 
tq  che  scoppio  per  causa  loro.  Si  cqnceda  loro  la  liberta  di  mettere  i  mez- 
zi di  loro  difesa  nello  stato  in  cui  erano  quando  1'  Europa,  non  laDani- 
raarca,  tolse  loro  le  armi,  ed  essi  proyeranno  colle  loro  azioni  che  sono 
capaci  di  conquistare  la  loro  indipendenza  e  di  mantenerla.  » 

3.  Ma  piu  rileyante  ancora,  come  indizio  dei  disegni  di  Berlino,  e  un 
altro  documento  ufficiale,  cioe  un  dispaccio  spedito  dal  Bismark  all'  am- 
basciadore  prussianq  in  Londra ,  per  dichiarargli  i  suoi  sentimenti  circa 
le  basi  d'un  componimentq,  escludendone  affatto  i  Trattati  del  1852.  Ri- 
cordate  le  violazioni  dei  diritti  de'  Ducati,  cqmmesse  dalla  Danimarca;  e 
toccato  degli  sforzi  inutili  fatti  dalla  Germania  per  ottenere  paciticamen- 
te,  co'mezzi  diplomatici,  la  doyuta  satisfazione:  accenno  come  gia  si  fos- 
se dichiarato  dal  Gabinetto  di  Berlino  che,  se  la  Danimarca  persisteya 
nell'  ingiusto  riiiuto  di  giustizia,  la  Prussia  «  dovea  credersi  in  dirilto  di 
non  piu  considerare  ii  Trattato  del  1852  come  obbligatoriq ;  »  e  che  so- 
lo «stenevasi  dal  promulgare  tal  sua  risoluzione,  per  fiducia  che  qualche 
concessione  della  Danimarca  ristabilirebbe  le  condizioni  preliminari,  per 
non  recidere  ogni  speranza  di  mantenere  la  pace.  Quindi  prosegui  nel 
modo  seguente : 

«  Anche  quando  questa  speranza  cadde,  quando  al  1.°  Gennaio  la  Co- 
stituzione  contraria  ai  trattati,  non  solo  none  stata  ritirata  per  Io  Schles- 
wig,  ma  fu  messa  in  yigore,  le  tre  grandi  Potenze  tedesche  non  hanno  an- 
cora yolutq  fare  uso  immediato  del  loro  diritto.  Anche  al  momento  in 
cui  la  Danimarca  le  avea  obbligate  a  misure  guerresche ,  esse  hanno  di- 
chiarato, col  dispaccio  31  Gennaio,  che  non  intendeyano  mettere  in  que- 
stione  il  principio  della  integrita  della  monarchia  danese.  Ma  in  pari  tem- 
po esse  dichiararono  espressamente,  che  una  persistenza  ulteriore  della 
Danimarca  nella  yia  in  cui  era  entrata,  le  obbligherebbe  a  fare  dei  sa- 
crificii,  che  potrebbero  impor  loro  il  doyere  di  rinunziare  alle  combina- 


CONTEMPORANEA 

xioni  del  1831 ,  e  di  cercare  d'  intendersi  coi  iirmatarii  del  trattato  di 
Londra  sopra  un  regolamento  diverse.  Questo  caso  e  avvenuto.  II  Go- 
verno  danese  ha  spinto  fmo  all'estremo  la  sua  persistenza  nel  suo  rifiuto 
ed  ha  continuato  la  resistenza  armata  fmo  all'  ultimo  momento. 

«  Dopo  tutti  questi  avvenimenti,  il  Governo  del  Re  non  puo  piu  in  al- 
eun  modo  credersi  legato  dagli  obblighi  che  esso  aveva  contratti ,  1'  8 
Maggio  1852,  senz'altre  presupposizioni.  Questo  trattato  e  stato  conclu- 
so  da  lui  collaDanimarca,  e  non  con  altre  Potenze,  e  soltanto  fra  Copenha- 
gen e  Berlino  le  ratifiche  furono  scambiate,  e  non  tra  Berlino  e  Londra 
o  Pietroburgo.Quarid'anche,  cosa  che  non  ammettiamp,il  trattato  di  Lon- 
dra fosse  stato  destinato  a  creare  degli  obblighi  tra  noi  ed  i  neutri,  questi 
obblighi  sarebbero  caduchi  col  trattato  medesimo,  dal  momento  che  que- 
sto divenisse  tale  pel  non  compimento  delle  sue  condizipni  preliminari. 

«In  conseguenza,e  conformemente  alia  sua  dichiarazione  del  31  Gen- 
naio,  esso  si  dichiara  come  affatto  libero  da  tutti  gli  obblighi  che  potreb- 
bero  dedursi  dal  trattato  di  Londra  1852,  ed  in  diritto  di  discutere  ogni 
altra  combinazione,  in  modo  del  tutto  indipendente  da  quel  trattato.  » 

i.  Appena  erasi  attuato  1'armistizio ,  ed  ecco  i  diarii  ufficiosi  di  Co- 
penhagen, acui  facean  eco  c[uelli  d'Inghilterra  e  di  Francia,  empire  il 
mondo  di  cpierele ,  come  se  i  Prussiani  per  insigne  slealta  ne  violassero, 
con  estorsioni  e  yiolenze  d'ogni  maniera,  i  patti  piu  sacri  e  rilevanti.  A. 
sfalare  quella  impostura,  il  Monitors  prussiano  del  27  Maggio  pubblico 
la  nota  seguente:  «  L'  inquisizione  ufficiale ,  ordinata  in  seguito  ai  rac- 
conti  yolontariamente  o  involontariamente  falsi  dei  giornali  inglesi  e 
francesi ,  ha  posto  in  sodo  che  gli  alleati  hanno  eseguito  letteralraente  le 
stipulazioni  della  sospensione  d'armi.  II  commercio,  le  transazioni  e  1'an- 
damento  deiramministrazione  non  sono  stati  inceppati ;  non  vi  e  piu  sta- 
ta  levata  di  contribuzioni,  cominciando  dal  momento  della  sospensione 
d'armi;  le  provviste  in  merci  confiscate  anteriormente  sono  conservate, 
ma  non  sono  yendute.  11  mantenimento  delle  truppe  ha  luogo  per  mezzo 
di  spedizioni  fatte  dai  provveditori  prussiani,  ea  una  linea  di  confine  la 
quale  risponde  a  tutti  gl'  interessi ,  e  stata  fissata  di  accordo  col  genera- 
le  danese  sig.  di  Gerlach.  Dal  suo  lato ,  il  Comandante  supremo  deli'ar- 
mata  alleata,  per  tutelare  gl'  interessi  militari,  ha  impedito  tutto  cio  che 
avrebbe  potuto  essere  pregiudicevole  all'armata.  Le  autorita  danesi  han- 
no tentato  alcuni  atti,  i  quali  hanno  questo  carattere,  come  il  levare  re- 
clute  e  la  percezione  dei  diritti  doganali ;  ma  questi  abusi  sono  stati  de- 
bitamente  impediti.  Gli  alleati  si  sono  sempre  fermamente  opposti  alle 
usurpazipni  danesi ,  ma  eseguendo  rigorosamente  le  stipulazioni  della 
convenzionedel  12  Maggio. » 

5.  Quanto  alle  speranze  d'un  felice  risultato  delle  Conferenze  di  Lon- 
dra per  1'assetto  di  questo  litigio ,  pel  quale  si  sciuparono  infinite  prati- 
che  di  Gabinetto ,  si  profusero  tesqri  e  si  yerso  tanto  sangue ,  appena 
si  potrebbe  avventurare  qualche  ragioneyole  conghiettura,  essendo  stato 
imposto  a'  Plenipotenziarii  Tobbligo  di  assoluto  segreto  sopra  le  cose 
trattate  o  statuite ,  fmo  al  punto  in  cui  o  si  riesca  al  bramato  intento ,  o 
le  Conferenze  si  debbano  sciogliere  come  impotenti  ad  ottenere  il  loro 
scopo. 

Tuttayia  1'  ufficiosa  Ost-Deutsche-Post  di  Vienna ,  sotto  il  29  di  Mag- 
gio, diede  una  breye  sposizione  deli'ay venuto  nella  radunanza  de'  Pleni- 


CRONACA 

potenziarii  tenuta  il  giornq  innanzi ,  e  scese  a  particolari ,  a  maniera  di 
chi  afferma  con  certezza  di  non  poter  essere  smentito. 

«  Al  principle  della  Gonferenza  il  Presidente  domando  ai  Plenipoten- 
ziarii  danesi  qual  risposta  dqvessero  fare  alia  proposta  recata  in  mezzo 
nell'Adunanza  precedente ,  cioe  dell'autonomia  dei  Ducati  con  Yimione 
personale  sotto  la  Corona  di  Danimarca,  ossia  deU'indipendenzapolitica 
dei  Ducati.  II  sig.  Quaade,  prirao  dei  Plenipotenziarii  danesi,  rispose 
die  il  suo  Governo  non  considerava  tal  proposta  come  atta  a  condurre 
al  ristabilimento  della  pace.  Lord  Russell  pero  il  richiese  di  dire  quali 
erano  dunque  le  controproposte  della  Danimarca ;  ed  il  Quaade  laconi- 
camente  replico:  nessuna. 

«  Allora  entro  a  parlare  il  Conte  Apponyi ,  rappresentante  dell'Austria, 
e  svolse  le  basi  sopra  di  cui  le  Potenze  alemanne  sarebbero  disposte  a 
conchiudere  la  pace.  Quelle  consisterebbero  nella  separazione  compiuta 
dei  Ducati  dalla  Danimarca  ,  per  essere  costituiti  in  Stato  federale  ale- 
manno  indipendente ,  sottq  il  governo  deH'Augustembourg,  che  nell'or- 
dine  di  successione  e  il  primo  chiamato  a  regnarvi,  riservando  alia  Con- 
federazione  germanica  la  disamina  delle  pretensioni  ereditarie  d'altri 
agnati ,  come  di  affare  interno  della  Confederazione.  Le  quali  proposte 
dell'Apponyi  furono  confortate  dal  suffragio  del  Conte  Bernstorff  e  del 
Be  Beust. 

«  II  Principe  La  Tour  d'Auvergne ,  Plenipotenziario  francese,  suggeri 
allora  un  disegno  di  mediazione,  inteso  ad  unire  1'  Holstein  ed  il  Lauem- 
hourg  ad  una  parte  dello  Schleswig,  per  congiungerli  alia  Confederazione 
germanica,  lasciaudo  1'altra  parte  dello  Schleswig  alia  Danimarca,  con  la 
quale  sarebbe  pienamente  incorporata.  Lord  Clarendon  aderi  a  questq 
disegno,  ma  si  spinse  piu  oltre,  designando  senza  piu  le  frontiere  dei 
novelli  Stati,  cioe  la  linea  di  Husum,  Treene,  il  Dannewerke  e  laSchley. 
Contro  di  che  si  richiamarono  i  Plenipotenziarii  alemanni,  rifiutando  m 
generale  il  principio  dello  spartimento  dello  Schleswig,  e  dichiarando  in 
particolare  semplicemente  impossible  ad  accettarsi  la  proposta  inglese. 
Dopo  lungo  dibattere ,  i  Danesi  ammisero  ad  referendum  tutte  le  proiDO- 
ste  fatte,  e  gli  Alemanni  fecero  il  simigliante  per  la  proposta  di  media- 
zione dell'  Inghilterra  e  della  Francia.  » 

PRANGIA  1. 11  Moniteur  per  la  sera;  sgomento  d«i  giornali  ufficiosi  —  2.  Ap- 
plicazione  degli  arlicoli  organici  alia  lettera  del  Santo  Padre  sopra  il 
Breviario  ed  il  Messale  nella  Diocesi  di  Liorie  —  3.  Lettera  pastorale  del 
Card,  de  Bonalcl  circa  Iq  stesso  oggetto  —  4.  Introduziqrie  della  liturgia 
romana  nella  Diocesi  di  Belley  —  5.  Lettera  del  Principe  Napoleone  al 
comitato  rivoluzionario  di  Torino,  per  1'unita  d' Italia  —  6.  Dichiarazioni 
ufliciali  del  Governo  francese,  circa  i  supi  propositi  sopra  1'Italia  —  7.  Pro- 
messe  pacifiche  e  liberal!  del  sig.  Persigny  —  8.  Assegnamenti  alle  chie- 
se  ed  ai  teatri  —  9.  Solleyamentq  degli  Arabi  in  Algeria;  si  raccende  la 
guerra;  morte  del  Maresciallp  Pelissier  —  10.  Spedizione  dell'armata  na- 
vale  francese  a  Tunisi ,  per  vigilare  la  rivoluzibne  scoppiata  contro  il  Be> 
—  11.  Ultimatum  al  Marocco. 

1.  In  sullo  scorcio  del  passato  Aprile  i  diarii  ufficiosi  parigini  ebberq 
una  gran  battisoffia,  che  li  tenne  in  crude  ambasce  e  spinse  parecchi  di 
essi  a  comiche  disperazioni,  per  la  paura  di  vedersi  venir  meno  ad  un 


CONTEMPORANEA  751 

tempo  la  profenda  del  Governo  ed  il  concorso  degli  associati.  Imperoc- 
che  corse  voce,  e  si  ayvero,  ehe,  pel  1.°  di  Maggio,  uscirebbe  alia  sara 
una  edizione  del  Moniteur  ufiiciale,  che  venderebbesi  al  prezzo  di  soli 
o  centesimi,  appunto  perche  il  Governo  intendeva  facilitare  cosi  ad  ogni 
ordine  di  cittadini,  ed  anche  a'campagnuoli,  1'aver  pronta  ed  esatta  noti- 
zia  dei  fatti  quotidiani.  Di  che  era  oyyio  il  pensare  che  moltissimi,  po- 
tendo  con  im  terzo  di  spesa  aver  notizie  autentiche,  non  vorrebbero  con- 
tinuare  a  spendere  due  terzi  di  piu  affine  di  venirle  pescando  in  qualcuno 
de'giornali  ufficiosi.  Inoltre  il  Governo  coll'istituire  un  giornale  appo- 
sito  a  tal  fine,  npn  continuerebbe  forse  a  stipendiare  grassamente  altri 
portavpce.  E  cosi  il  danno  di  questi  sarebbe  dpppio.  Pero  queste  paufe 
cominciarono  a  venir  scemando  fin  dai  primi  giorni  del  Maggio,  dopo 
usciti  alcuni  nuineri  del  Moniteur  du  soir ,  che  fu  trovato  noioso  come 
un  diario  ufficiale,  ed  inoltre  colto  in  fallo  di  notizie  molto  inesatte.  Re- 
stava  tuttavia  a  molti  un  pruno  negli  occhi,  ed  era  quell'  odipso  privile- 
gio  del  neonato,  di  essere  yenduto  a  5  centesimi ,  mentre  il  solo  hollo 
che  gli  era  impresso  in  margine,  e  valutato  6  centesimi ;  eppero  chiedea- 
si  da  quando  in  qua  si  era  inventato  questo  sistema  economico,  di  dare 
gratis  la  carta  e  la  stampa,  e  per  giunta  un  centesimodi  franco  a'lettpri? 
Npn  era  chiaro  con  cio  il  proposito  del  Governo,  di  scalzare  cioe  gli  al- 
tri giornali? 

Di  cio  si  mossero  domande  a'Ministri  oratori  nel  Corpo  legislative;  e 
le  risposte  furono  spddisfacenti;  cioe,  che  il  Governo,  non  potendp  impe- 
dire  che  false  notizie  fossero  propagate  da  vaghe  voci  di  liberi  giornali, 
dovea  e  potea  procurare  che  le  vere  giiingessero  a  tempo ;  che  per  altra 
parte  era  manifesto  come  un  diario  utliciale,  sempre  poco  piacevole,  non 
potrebbe  allettare  lettori,  se  non  per  I'infimo  prezzo;  e  che  percio  si  do- 
vea con  oppprtuni  sussidii  sostenere ,  poco  importando  la  forma  di  tali 
sussidii,  cioe  1'esenzione  dal  hollo,  od  H  pagamento  d'una  parte  anche 
larga  delle  spese.  E  la  cosa  npn  ebbe  altro  seguito. 

2.  Una  delle  notizie  piu  rilevanti,  che  ornarono  il  Moniteur  du  soir 
del  14  Maggio,  fu  data  in  cjuesti  termini :  «  II  Governo,  usando  del  di- 
ritto  che  gli  compete  per  gli  articoli  organici  del  Concordato  (legge  del 
18  Germinale,  anno  X,  art.  1.°)  non  ha  permessa  la  pubblicazione  in 
Francia  </'un  Breve,  dato  a  Roma  il  17  del  passato  Marzo,  per  1'introdu- 
zione  della  Liturgia  romana  nella  Diocesi  di  Lione.  Pertanto  qualunque 
pubblicita,  data  a  cotal  Breve,  costituirebbe  la  violazione  d'  una  legge, 
che  il  Governo  ha  doveree  diritto  di  far  rispettare.  » 

Non  sara  inutile  che  ripetiamo  qui  il  gia  detto  altrove :  cioe  1.°  cbe 
codesti  articoli  organici,  npn  solo  non  fanno  parte  del  Concordato,  ma 
furono  positiyamente  reietti  sempre  dalla  Santa  Sede  come  intrusi  dal 
solo  Potere  laicale,  e  contrarii  ai  diritti  della  Chiesa,  la  quale  si  protestp 
solennemente  contro  quell'  abuso  di  forza.  2.°  Che  quando  pure  quegli 
articoli  avessero  il  valore  attrihuito  loro  dal  Moniteur,  non  potrebbero 
mai  giustamente  applicarsi  alia  lettera,  in  cui  il  Santo  Padre  manifestava 
al  Cardinale  Arcivescovo  di  Lione  la  sua  volonta,  circa  un  punto  mera- 
mente  spirituale,  che  non  ha  veruna  attenenza  coll'  ordine  civile,  e  che 
per  uiun  modo  puo  riferirsi  a  quelle  che  diconsi  materie  miste. 

Aggiungeremo  poi  che  le  dichiarazioni  del  Moniteur  non  fanno,  e  non 
potranno  mai  fare,  che  il  Clero  sia  disobbligato  dall'obbedire,  com'e  cer- 


CRONACA 

tissimo  che  pbbedira,  agli  ordini  del  Santo  Padre  e  del  Cardinale  Arci- 
Yescpvo ;  ne  potranno  sottrarre  al  meritato  castigo  delle  censure  eccle- 
siastiche  i  riottosi,  che  s'  incaponissero  nella  disobbedienza.  Eppercio  i 
Gallicani  possono,  anche  per  questo  riguardo,  andarsi  a  riporre. 

3.  Difatto  il  Cardinale  Arcivescovo  di  Lione  e  cosi  fermo  nell'esigere 
tale  obbedienza,  e  si  preoccupa  cosi  poco  del  latrati  di  quaiche  rimasu- 
glio  della  setta  Gallicana ,  che  mando  leggere  in  tutte  le  Parrocchie  e  Co- 
munita  religiose,  dopo  la  Messa  o  durante  i  Vesperi  della  Domenica  15 
Maggio ,  una  sua  lettera  pastorale,  data  sotto  il  di  8  e  riferita  nel  Monde 
del  19.  In  essa  1'  Eiiip  Arcivescovo  espose  le  pratiche  condotte  in  Roma, 
per  purgare  la  Liturgia  della  Diocesi  di  Lione  dalle  macchie  onde  1'avea 
contaminate  il  Gallicano  Mons.  Montazet.  Quindi  prese  a  ribattere  per 
singola  le  imposture  e  le  menzpgne  spacciate  da'  ricalcitranti ,  che  cosi 
speravano  di  costringere  1' Arcivescovo  e  la  Santa  Sede  a  iimoversi  da) 
proposito,  per  non  aver  a  sostenere  insuperabili  contrast!  col  popplo  dei 
Fedeli.  Dichiaro  pertanto  che  si  conserverebbe  1'antica  liturgia  Lionese, 
purgata  dalle  recenti  innovazioni ;  che  si  continuerebbero  a  celebrarc 
coll'  usata  pompa  la  Messa  splenne,  le  processioni ,  i  Vesperi ,  senza  mil- 
la  cangiare  al  canto  del  Gloria,  del  Credo,  del  Sanctus,  fo\\  Agnus  Dei: 
che  si  favorirebbe  sempre  il  culto  diyoto  a  Marra  SS. ,  massime  nel  me- 
se  di  Maggio;  che  non  si  graverebbero  d'enormi  spesele  parrocchie,  pei 
libri  liturgici ;  e  che  per  le  solennita  esterne  si  continuereiibero  ad  usare 
gli  antichi,  finche  non  si  fossero  provveduti  i  nuoyi.  E  tini  ricordando 
1'obbedienza  dovuta  al  Supremo  Pastore ,  la  quale  egli  si  riprometteva 
di  trovare  interissima  nel  Clero  e  nel  popolo.  Questa  Pastorale ,  pubbli- 
cata  appunto  il  giorno  dopo  le  minacce  del  Moniteur ,  dimostra  che  la 
Chiesa  cattolica ,  mantenendo  con  dignita  e  fermezza  la  sua  indipenden- 
za  circa  le  cose  spiritual!,  e  dando  a  Cesare  cio  che  spetta  a  Cesare,  non 
puo  essere  ridotta  all'abbietta  servitudine  della  setta  angiicana  o  dello 
scisma  russo. 

Yero  e  che ,  stando  a  fjuel  che  leggesi  ndYOpinione  di  Torino  del  28 
Maggio ,  la  pertinacia  dei  pochi  preti  Gallicani  di  Lione  avrebbe  trovato 
sostegno  in  un  nuovo  provyedimento  deH'autorita  civile ,  da  cui  «  yenne 
impedito  a  tutti  i  tipografi  e  librai ,  di  yendere  il  nuovo  rituale.  »  Ma  an- 
«he  questo  maneggio  (se  non  e  pretta  inyenzione  di  chi  ami  calunniarc 
il  Goyerno  imperiale) ,  non  ne  dubitiamo  punto,  sara  yano;  ppiche  la 
massima  parte  del  Clero  sara  per  cio  stesso  impegnata  a  procacciarsi  da 
altri  luoghi  il  Breviario  ed  il  Messale  ;  e  staremo  a  yedere  se  i  Gendar- 
mi  doyranno ,  come  in  Russia ,  leyarli  dalle  mani  dei  preti  e  dagli  altari ! 
L'  ordine  dato  dal  Santo  Padre  con  la  sua  lettera  del  17  Marzp,  ed  il  Re- 
scritto  della  sacra  Congregazione  dei  Riti  del  3  Marzo,  di  cui  si  reco  un 
ampip  estratto  dal  Monde  del  7  Maggio,  non  rimarranno,  sel  persuadano 
pure  i  fautori  della  disobbedienza  e  della  viplazione  della  disciplina  ec- 
clesiastica,  senza  ottenere  pienissima  esecuzione;  e  se  ne  ha  un  indizip 
nella  prontezza  con  cui  i  Seminaristi  di  Lione,  ammessi  teste  agli  ordini 
sacri,  si  obbligarono  formalmente  tutti,  di  buona  yoglia,  al  Breviario  ed 
al  Messale  romano. 

4.  La  sconfitta  dei  Gallicani  sara  tanto  piu  decisiya  e  gloriosa  per  la 
Chiesa,  quanto  maggiore  sara  stata  la  yiolenza  opposta  agli  ordini  dei 
Santo  Padre;  e  tra  poco,  ne  siamo  certi,  la  Liturgia  romana  accolta  in 


CONTEMPOPANEA  753 

tutta  la  Francia  rendera  anche  piii  manifesta  1'  intima  unione  tra  i  fedeli  di 
quella  nazione  ed  11  centre  della  cattolicita.  Difatto  il  Monde,  del  16  e  17 
Maggio,  ebbe  lettere  da  Belley  che  gli  annunziavano ,  come  il  Yescovo 
di  guella  Diocesi ,  con  Circolafe  del  giorno  5 ,  avesse  ordinato  al  suo  Cle- 
ro  il  ristabilimento  della  Liturgia  romana.  «  Una  commissipne,  dice  tal 
circolare,  sara  nominata  per  occuparsi  della  scelta  dei  libri  e  del  canto, 
e  per  compqrre  il  Proprium.  Tuttavolta  noi  crediamo  di  conformarci  al- 
le  inlenzioni  del  Santo  Padre  non  incalzando  con  troppa  fretta  1'esecu- 
zione  di  questi  provvedimenti  per  cjuelli  tra.yoi ,  ai  quali  1'eta  ed  una 
lunga  abitudine  renderebbero  quasi  impossibile  il  cangiare  di  modo  nel- 
la  celebrazione  della  santa  Messa.  » 

La  Diocesi  di  Belley ,  che  ora  e  suffraganea  di  Besancon,  ayendo  tem- 
poraneamente  fatto  parte  di  quella  di  Lione,  aveane  aHresi  riceyuta  la 
Liturgia.  Ma  questa  unione  duro  pocq ,  e  prima  di  essa  la  Liturgia  roma- 
na era  in  pieno  vigore  in  un  grandissimo  numero  delle  sue  parrocchie , 
le  quali  molto  probabilmente  ne  conservano  ancora  i  libri ;  ed  anche  al 
presente  circa  duecento  de'  preti  ad  essa  appartenenti  usano  gia  pe'  diyi- 
ni  ufficii  il  Breyiario  romano.  Tuttayolta ,  per  riguardi  di  condiscendenza 
yerso  gli  abituati  agli  usi  di  Lione ,  Mons.  Vescoyo  di  Belley  ayea  chie- 
sto  al  Santo  Padre,  che  yolesse  dar  facolta  alia  sua  Chiesa  dl  continuare 
a  praticarli  per  la  Messa  bassa  e  per  la  Messa  solenne.  La  Santa  Sede , 
atteso  che  1'  unione  delle  due  Chiese  era  stata  si  ristretta  e  passeggiera , 
non  aderi  all'  istanza ,  e  prescrisse  il  ritorno  puro  e  semplice  alia  Lilurgia 
romana.  «  II  yostrq  Yescoyo,  dice  il  yenerando  Prelato  nella  sua  Circo- 
colare,  yi  dara  egli  pel  primo  Tesempio  d' un' obbedienza  pronta  ,  affet- 
tuosa,  tutto  figliale.  II  yenerabile  nostro  Capitolo  n'  e  gia  informato,  e 
Ja  rispettosa  sua  sommessione  ci  riusci  di  consplazione  grande.  » 

5.  Si  sa  che  in  Torino  risiede  un  Comitato  riyoluzionario,  che  profes- 
sa  di  promoyere  con  tutti  i  niezzi  proprii  delle  sette  ,la  liberazione  delle 
province  yenete ,  e  che  si  mantiene  percio  in  comunicazione  coi  Comita- 
ti  segreti  di  cola,  a'quali  manda  1'  imbeccata  riceyuta  dai  Ministri  di  To- 
rino e  dai  complici  di  Parigi.  In  ricambio  di  questi  seryigi,  prestati  pub- 
blicamente  da  Deputati ,  Senatori  e  Ministri ,  il  Comitato  di  Torino  rice- 
yette  da  quello  di  Yenezia  un  opuscolo,  che  mando  stampare  pei  tipi  del 
Botta,  e  che  leggesi  per  intiero  nella  Opinione  del  20  d'  Aprile.  Questa 
scrittura  pretendeya  dimostrare,  che  1'Austria  non  puo  conseryare  il  Ye- 
neto ;  che  lo  tiranneggia  in  modo  spietato ;  che  i  popoli  sono  percio  in- 
fiammati  d'  adio  implacabile ;  che  il  Goyernq  italiano  non  puo ,  senza 
danno  e  yergogna ,  tollerare  che  quelle  province  siano  in  potere  dello 
straniero ;  che  e  necessarip  ed  urgente  troncar  gl'  indugi  e  volgere  tutte 
le  cure  a  riscattare  Venezia  dall'  obbrobriosa  seryitu ;  e  che  questa  avra 
termine  se  si  mupye  1'esercito,  si  fanno  marciare  aU'uopo  Je  700^000 
Guardie  nazionali  armate,  e  si  compie  il  programma  bandito  a  Milano  da 
Napoleone  III. 

Un  esemplare  di  questa  scrittura  fu  spedito  dai  Comitato  al  Principe 
Napoleone  (Girplamo),  che,  e  per  suoi  principii  politici  e  per  la  sua  qualita 
di  genero  di  Yittorio  EmmanueleII,doyea  naturalmente  farle  buon  yiso. 
Ed  in  fatti  la  stessa  Opinione  del  3  Maggio  stampo  la  seguente  confor- 
tante  risposta  ayuta  dai  Cugino  di  Napoleone  III : 
Serie  V,  vol.  J,  fasc.  342.  48  11  Giugno  1864. 


754  CRO.NACA 

«  Parigi,  28  Aprile  1861.  Signori.  Ho  ricevuto  il  libretto  che  i!  vo- 
stro  Gomitato  pubblicava  teste ,  e  che  voi  avete  yolutq  offerirmi  in  suo 
nome;  yi  pregb  di  accettare  i  miei  ringraziamenti.  Yoi  conoscete  si  be- 
ne,  o  Signori ,  i  miei  sentiment!  circa  la  necessita  dell'  unita  d'  Italia , 
che  non  ho  alcun  bisogno  di  dicliiararli  qui  di  bel  miqvo.  Come  voi ,  io 
penso  che  la  questiqne  veneta  esige  una  pronta  soluzione,  ed  iq  faceio 
voti  ardenti  alfinche  ben  presto  1'  Italia,  secondo  la  parola  dell'  impera- 
tore  Napolepne  III,  sia  libera  dalle  Alpi  all'Adriatico.  Ricevete  ecc.  Na- 
poleone  ( Girolamo)  ». 

I  giornali  rivoluzionarii  fecero  gran  festa  e  tripudio  per  questo  riscon- 
tro ;  quindi  spacciarono,  che  la  Corte  di  Vienna  se  n'  era  assai  commos- 
sa ;  che  il  Principe  di  Metternich  a  Parigi  ne  ayea  chiesto  spiegazioni 
allo  stesso  Imperatore;  e  che  questi,  detto  in  prima  come  gli  spiacesse 
cotal  pubblicazione,avea  aggiunto  di  non  poter  dissimulare  che  in  sostan- 
za  egti  ancora  la  pensava  come  suo  Cugino.  Per  contrario  i  giornali  uf- 
iiciosi  austriaci,  ed  anche  il  Memorial  diplomatique,  diederq  una  mentita 
ricisa  a  tali  novelle  ,  respingendo  disdegnosamente  la  possibilita  di  pro- 
vare  o  manifestare  risentimenti  di  sorta  per  le  ciance  del  Principe  Napo- 
leone. 

6.  Checche  sia  di  cip,  il  Governo  francese  ha  fatto  in  tale  argomento 
una  breve  si  ma  esplicita  dichiarazione  ,  la  quale  sembra  che  debba  ba- 
stare  a  contrappesare  i  yoti  del  Principe  cugino ,  ed  a  calmare  i  bollori 
del  Comitato  yeneto. 

Nella  seduta  del  12  Maggio,  discutendosi  nel  Corpo  legislatiyo  il  bi- 
lanciq  degli  alTari  esterni,  il  sig.  Jules  Favre  fece  un  amara  critica  del- 
T  indirizzo  dato  alia  politica  imperiale  in  quasi  tutte  le  quistioni  esterne, 
massime  della  Danimarca ,  dell'  Italia ,  del  Messico ,  della  Polonia  e  de- 
gli Stati  Uniti ;  ed  ognuno  puo  immaginarsi  con  che  fuoco  il  valente  re- 
pubblicano  si  studiasse  di  dimqstrare,  che  in  tutte  il  Governo  avea  lascia- 
to  scadere  la  sua  influenza,  vilipendere  la  sua  forza,  abusare  della  sua 
moderazione,  trasandare  i  suoi  richiami,  con  detrimento  della  sua  digni- 
ta  e  con  danno  della  Francia.  Noi  ci  contenteremo  di  recitare  alcune  del- 
le  parole  da  lui  dette  quanto  all'  Italia  ed  a  Roma. 

«  Qual  e  la  nostra  politica  in  Italia?  Io  diceva  teste,  che  la  Francia 
deve  restare  fedele  al  nuovo  dirittq ,  ed  essa  ha  adempito  questo  do- 
vere,  liberando  Y  Italia  dall'oppressione  austriaca.  Ma  questa  e  una  par- 
te  sola  del  programma.  Non  e  egli  vero  che  TAustria  e  1'  Italia  si  guata- 
no  in  cagnesco,  e  che  tqsto  o  tardi  succederanno  fatti  deplorabili?  L'  I- 
talia  agogna  alia  Venezia,  e  non  ha  essa  il  diritto  di  dire,  che  le  promes- 
se  del  proclama  di  Milano:  Italia  libera  dalFAlpi  all' Adriatico,  non  fu- 
rono  mantenute? 

«  Ma  non  e  solo  nell'  alta  Italia  che  io  scorgo  contraddizioni  pericolo- 
se!  Ne  vedo  soprattutto  a  Roma  (Oh!  Oh!)l  Chiedo  al  governo  che  cosa 
ha  fatto  a  Roma?  Che  cosa  vi  fa,  e  che  cosa  ne  spera?  Se  la  sua  politi- 
ca fosse  stata  franca,  (interruzioni)  se  si  fosse  detto  agl'  Italiani:  —Noi 
vi  domandiamo  il  sacrifizio  della  vostra  liberta  per  conservare  il  potere 
temporale  del  Papa ;  noi  non  siamo  a  Roma  temporariamente,  ma  vi  sia- 
mo  per  servire  al  decoro  del  Papato  e  per  sostenere  il  potere  temporale 
della  Santa  Sede ,  necessario  alia  grandezza  della  ci  villa  !  —  se  si  fosse 
adoperato  questo  linguaggio,  io  1'  avrei  capito;  ma  non  si  fece  cosi. 


CONTEMPORANEA  755 

«  In  quello  stesso  tempo  che  noi  conducevamo  il  Papa  trionfante  a  Ro- 
ma, hoi  umiliavamo  la  sua  autorita  colla  lettera  ad  Edgardp  Ney !  Ecco- 
vi  quello  che  tutti  sanno !  II  Governo  sostiene  la  teocrazia  in  Italia,  e  se 
promette  di  sostenere  allra  cosa,  sa  bene  che  non  puo.  lo  sono  cpnvinto 
che  il  potere  temporale  e  un  ostacolo  ad  un  tempo  all'  unita  italiana  ed 
alia  re'ligkme ;  non  voglio  ritprnare  indietro :  ma  abbiamo  noi  obliato  il 
discorso  elqquente  di  un  Ministro,  che  nel  1863  ci  diceva,  cpgli  applausi 
della  maggioranza,  che  1'  Imperatore  si  affaticherebbe  per  riconciliare  la 
Santa  Sede  coir  Italia ,  la  liberta  colla  religione ,  e  che  a  questo  scopo 
tenderebbe  con  tutte  le  sue  forze?  Cosi  veniva  defmita  dai  Ministri ,  in 
quest'  aula,  una  pplitica  da  lorq  ignorata  (Esclamazioni) ! 

«  Ebbene,  quali  sono  gli  atti,  le  prove,  gl'  indizii,  che  noi  siamo  riu- 
sciti  in  questa  riconciliazione?  Tutto  ,  al  contrario,  prova  che  1'  ostilita 
degl'  interessi  e  aumentata ,  e  che  la  nostra  protezione  a  Roma  e  bene- 
detta  officialmente ;  ma  e  accettata  con  diffidenza  (Rumori) ....  Recente- 
niente  il  sangue  si  e  sparso  a  Roma ;  tra  le  truppe  pontiiicie  e  francesi 
successero  lotte Non  yoglio  insistere  piu  oltre ;  ma  chiedero  al  Go- 
verno che  cosa  abbia  fatto  in  quest'  anno  per  la  questione  italiana?  Ed 
attenderq  la  risposta  » 

II  ministro  di  Stato,  signor  Rouher,  che  replied  a  lungo  sopra  le  que- 
stioni  messicana,  danese  ed  altre,  riguardo  alia  questione  italiana,  pro- 
nuncio  solamente  le  poche  parole  che  seguono : 

«  Di  Roma  e  dell'  Italia  non  diro  che  una  parola  sola ;  ed  e  che,  men- 
tre  il  signor  Favre  c'invita  alia  guerra  per  liberare  Yenezia,  noi  aspet- 
tiamo  dal  tempo  lo  scioglimento  di  questa  questione ;  il  tempo  e  la  Prov- 
videnza  scioglieranno  queste  questioni,  meglio  che  non  Teccitamento  del- 
le  passioni  ardenti.  Le  minaccie  di  guerra  sono  represse  vigorosamente 
dal  Parlamento  italiano ;  ne  abbiamo  mallevadore  il  sig.  Peruzzi  colle  sue 
medesime  dichiarazioni  allo  stesso  Parlamento  italiano.  II  Governo  del- 
F  Imperatore  adunque  spera,  che  la  pace  non  sara  turbata  in  codesta  par- 
te  d'  Europa ,  e  che  il  grande  movimento  di  assimilazione ,  che  si  fa  in 
Italia,  sara  continuato  senza  turbamento  e  senza  peripezie  ». 

Mempri  delle  plichiarazipni  fatte  dal  Governo  imperiale  nelle  sue  Cir- 
colari  ai  Vescovi  di  Francia  ,  quando  stava  per  calare  in  Italia  nel  1859 
a  fpndarvi  il  presente  stato  di  cose  con  la  forza  delle  sue  armi ,  e  delle 
assicurazioni  date  da'  suoi  Ambasciadori  alia  Santa  Sede ,  e  dei  risultati 
che  si  viderp  nel  1859  e  nel  1860,  lasciamo  a'  nostri  leltori  il  fare  delle 
parole  del  signor  Rouher  quel  caso  e  quelle  interpretazioni,cheloro  par- 
ranno  piu  a  prpposito. 

7.  L' ex-ministro  sig.  De  Persigny  avea  anch'egli,  pochi  giorni  prima, 
intonato  1'  idilio  della  pace,  in  un  discorso  detto  al  Concorso  regipnale 
tenutpsi  a  Roanne.  Egli  si  mostro  rapito  d'ammirazione  pei  progressi  del- 
1'  agricoltura,  e  celebro  con  le  frasi  piu  sonanti  i  meriti  de'campagnuoli, 
dicendo  che  da  essi,  come  gia  1'  antica  Roma,  traeva  la  Francia  gli  ele- 
menti  di  forza  e  di  saviezza ;  e  dicea  vero  :  ma  voile  subito  mescolarvi 
uno  sproposito,  dicendo  di  respingere  come  una  corbelleria  la  ragione  che 
da  altri  allegasi,  cioe  che  i  campagnuoli  sono  piu  animati  da  sensi  di  re- 
ligione e  di  buon  costume.  «  lo  per  me,  o  Signori,  rifiutp  questa  spiega- 
zione:  la  coscienza  e  indipendente  dal  mezzo  in  cui  si  agita  la  vita  uma- 
na . . .  Se  le  grandi  citta  in  generale  si  trovano  piu  accessibili  a  certe 


CRONACA 

passion!,  a  certi  error!  politici,  questa  disposizione  si  cieriva  da  cause 
special!,  che  nulla  non  hanno  che  tare  con  la  religione  e  la  morale  *:  »  E 
qui  comincio  ad  allegare  codeste  cause  special!,  e  riusci,  senza  volerlo, 
a  dimostrare  con  evidenza  proprio  il  cpntrario  della  sua  tesi :  cioe  die  i 
campagnuoli  hanno  piu  senno  e  son  migliori ,  appunto  perche  dalle  con- 
dizioni  loro  proprie  sono  in  una  specie  di  necessita  d'essere  piu  religiosi 
e  piu  costumati;  e  che  percio  la  coscienza  non  e  indipendente  dal  mezzo 
in  cui  si  agita.  Questo  non  impedi  per  altro  che  i  giornali  ufficiosi  levas- 
sero  a  cielo  questo  portento  di  eloquenza;  e  certo  sel  meritava,  ed  era 
hen  degno  che  il  Moniteur  ristampasse,  come  fece,  per  intiero  tal  discor- 
so,  tanto  era  squisito  e  copioso  1*  incenso ,  che  da  esso  sprigionavasi  in- 
nanzi  all'idolo  dell'Impero. 

Pel  caso  nostro  importa  principalmente  di  notare  il  genip  pacifico  da 
cui  era  ispirato,  come  se  avesse  voluto  preparare  gli  aninii  alle  notizie 
di  pace  bandite  ppi  dal  Rpuher  nel  Corpo  legislative.  Ecco  alcune  sue  pa- 
role: cdntanto,  Signori,  tin  qui,  e  quali  che  siano  le  grand!  cose  fatte 
per  1'  interno  dall'  Inipero ,  e  certo  che  la  principale  sua  preoccupazione 
si  fu  ristabilire  al  di  fuori  1'  indipendenza  della  Francia ,  di  restituirle  la 
sua  liberta  d'  azione  nel  mondo ,  e  di  liberarla  da  quelle  minacce  di  coa- 
lizione,  che  dal  1815  non  cessavano  di  aggravarsi  sopra  di  lei.  L'istoria 
raccontera  per  quali  prodigi  di  accorgimento,  di  coraggio  e  di  modera- 
zione  si  ottennero  quest!  grandi  intenti.  Al  presente,  compiuta  pggimai 
questa  parte  della  missione  dell'  Impero,  e  finite  le  sue  parti  militant!  in 
Europa,  ed  essendo  la  Francia  rientrata  gloriosamente  nel  Concerto  delle 
nazioni,  e  non  ayendo  piu  altro  interesse  che  gl'interessi  comuni  all'  Eu- 
ropa stessa,  comincia  evidentemente  anche  per  lei  un'  era  di  pace.  »  Que- 
sta  espolizione  oratoria  del  famoso  tema:  I' Empire  c1 'eat  la  pa^,potrebbe 
avere  qualche  yalore,  se  non  sapessimo  che  sempre,  quandp  stava  per 
iscatenarsi  piu  crudele  il  flagello  della  guerra,  gli  araldi  di  Francia  da 
dodici  anni  in  qua  usarono  di  uscir  fuora  coronati  d'  ulivo,  con  faccia 
lietissima,  inneggiando  alia  pace,  frutto  del  senno  e  della  moderazionc 
dell'Jmpero. 

8.  II  sig.  De  Persigny  si  dichiaro  persuaso  che  la  religione  non  entri  per 
nulla 'a  fare,  che  i  contadini  siano  men  turbolenti ,  meno  rivoluzionarii 
che  gli  abitanti  delle  grandi  citta ;  e  bisogna  dire  che  egli  non  e  solo  in 
Francia  nel  pensarla  cosi.  E  ne  vediamo  la  prova  lampante  nella  licenza 
estrema  che  si  lascia  ad  ogni  ragione  di  stampati  empii  od  osceni,  di  che 
s'  innondano,  per  mano  di  merciai  ambulant!  (colporteurs)  le  citta  di  pro- 
Tincia  ed  i  villaggi,  a  prezzo  vilissimo ;  mentre  per  altra  parte  i  pochi 
giornali  religiosi  sono  tenuti  in  mrgd  ferrea,  a  rigore  di  ammonizioni,  di 
sequestri,  di  sospensioni  e  di  process!.  Altra  prova  si  ha  pure  nell'  im- 
pegno  con  che,  fmo  a  quest!  giorni  fu  mantenuto  sulle  pubbliche  cattedre 
d'insegnamento,  onde  fu  rimosso  solo  al  1.°  di  Giiigno,  un  professore  fa- 
migerato  per  la  perversita  ahbominevole  de'  suoi  principii  e  per  solenne 
professione  di  ateismo.  E  da  ultimo  tal  sentimento  e  manifesto  nella  pro- 
fusione  che  si  fa  ,  a  spese  dello  Stato ,  di  spettacoli  e  di  teatri  nelle  cit- 
ta, lasciando  nella  pqverta,  spesso  indecente  ed  estrema,  le  chiese  di 
campagna.  Di  che  ci  basti  recare  le  parole  dette  dal  Barone  Ravinel, 

I  Debats  \[  Maggio. 


CONTEMPORANEA  757 

nclla  tornala  del  21  Maggip,  al  Corpo  legislativo:  «  La  somma  assegna- 
!a  in  quest'  anno  ai  teatri  di  Parigi  a  carico  del  bilancio  dello  Stato  e  di 
1,320,000  franchi.  L'anno  scorso  furono  votati  1,500,000  franchi  pergli 
ediiizii  parrocchiali ;  11  Consiglio  di  Stato  to.lse  a  questa  somma  100,000 
J'ranchi ;  e  cosi  il  sussidio  ai  teatri  resto  superiore  a  quello  assegnato  alle 
chiese  parrocchiali !  Eppure  ne\V esposizione  delle  condizioni  dell'>impero 
si  riconosceva ,  che  in  niolti  comuni  le  chiese  parrocchiali  eranp  in  pessi- 
mo  stato  ed  i  teatri  di  Parigi  prosperayano ;  si  confessava  che  il  sussidio 
alie  parrocchie  dpveva  essere  accresciuto,  ed  invece  venne  diminuito ! 
Ma  pure  in  un  discorso  recitato  teste  a  Roanne  dal  signor  De  Persigny, 
lu  dichiarato  che  le  campagne  formano  la  sicurezza  delle  citta,  per  i  sol- 
dati  che  danno  all'esercito.  Perche  adunque  fare  meno  a  yantaggio  delle 
parrocchie  di  carnpagna  di  quello  che  si  fa  per  i  teatri  di  Parigi?  Cono- 
sciamo  i  sentimenti  dell' Imperatore  per  le  campagne,  ma  il  Governo  im- 
periale  non  se  ne  occupa  punto.  Invpco  1'  attenzione  della  Camera  e  del 
Governo  sopra  questo  fatto,  ed  esprimo  il  voto  che  simili  contrasti  non  si 
vedano  piu.  » 

II  Corpo  legislativo  passo  oltre ,  ed  approve  le  spese  per  i  teatri  di 
Parigi,  nella  somma  proposta,  maggiore  della  somma  asseguata  alie  chie- 
se parrocchiali ! 

I  Parigini  pertanto  continueranno  a  godersi  i  trastulli ,  spesso  empii  t 
quasi  sempre  immoralissimi ,  di  che  si  porge  loro  si  larga  copia ,  e 
de'  quali  sqno  cqsi  ghiqtti;  ed  un  esercito  d'  istrioni  e  di  ballerine,  lau- 
lamente  stipendiato,  si  occupera ,  a  spese  dell'  erario ,  in  fare  loro  la 
scuola  d'ogni  viziq.  Unpopolo  affogato  nelle  dilettazioni  del  senso  e  ripu- 
tato,  da  certi  pplitici,  al  tutto  incapace  di  recare  molestia  a'governanti ; 
ma  dal  1848  si  ebbero  tante  dimostrazioni  in  contrario,  che,  senza'un 
fatale  accecamento,  non  dovrebbe  verun  Governo  poter  credere  di  am- 
mansare  le  sette,  con  ^ittar  loro  il  pasto  d'  un'  ampia  licenza  al  mal  co- 
stume. Un  popolo  che  si  educa  a  quel  modo,  che  fa  descritto  con  tanta  ve- 
rita  dal  Cardinale  Bonnechqse  nel  Corpo  legislativo  alii  17  di  Marzo,  a 
lungo  andare  non  puo  che  imbestialire ;  e,  rotto  ogni  freno  di  legge  re- 
ligiosa  e  divina,  credete  voi  che  yorra  rispettare  la  legge  umana? 

9.  Del  resto  che  la  religione  sia  1'  unica  salda  guarentigia  dell'  ordine 
pubblico,  e  che,  dove  questa  vien  meno,  cresca  la  potenza  delle  sette, 
avvefse  non  meno  all'  autorita  civile  e  politica  di  quello  che  alia  divina 
ed  ecclesiastica,  e  un  fatto  si  compiutamente  dimostrato  dagli  orrori  che, 
tennero  dietro  alia  prima  promulgazione  ed  attuazione  dei  famosipnnct- 
pii  del  1789,  che  Napoleone  I,  per  politica,  si  trpvo  indotto  a  rialzare  in 
Francia  quegli  altari,  a  riaprire  quelle  chiese,  a  ristabilire  quel  culto  pub- 
blico, a  richiamare  cjue'sacerdoti  e  Vescoyi,  che  in  nome  ai  quei  princi- 
pii  si  erano  atterrati,  distrutti  e  proscritti  con  leggi  di  sangue. 

Al  presente  non  si  distruggono  per  verita  le  chiese,  ne  si  sbandeggia- 
no  i  sacerdoti,  ma  non  e  men  vero  che,  se  il  cattolicismo  riceve  protezio- 
ne  e  favori,  gli  eterodossi,  ed  anzi  i  maomettani  ne  ricevono  altrettanto, 
se  non  piu.  Al  quale  proposito  sono  degnissime  d'essere  lette  e  meditate 
due  lettere,  scritte  al  Debats,  ma  stampate  nel  Monde  del  24  Maggio,  so- 

Kra  la  vera  cagione  delle  presenti  rivolture  degli  Arabi  in  Algeria.  Chi 
i  scrisse  ebbe  buono  in  mano  per  dimostrare,  che  Torigine  dei  guai  sta 
in  questo :  che  mentre  era  vietato  o  renduto  impossibile  al  cattolicismo 


758  CRONACA 

1'adoperarsi  per  la  conversione  degli  Arabi,  si  largheggiava  in  ispese  ds 
gran  lusso  per  mantenere  in  onore  e  pratica  il  fanatismo  musulmano ,  il 
quale  riguardera  sempre  i  Francesi  come  usurpatori  e  padroni,  non  mai 
come  amici  e  concittadini  d'  uno  stesso  impero.  Ed  in  vero  ogni  cuore 
cristiano  dee  fremere  leggendo  con  quale  sontuosita  si  adornavano  cola7 
a  spese^dellp  Stato,  le  Moschee  con  tappeti  e  candelabri,  si  manteneva- 
no  seminarii  di  marabouts,  si  stipendiavano  gli  imans,  i  talebs,  i  moued- 
dins,  e  si  aprivano  e  si  molti  plicavano  scuole  d'  Alcorario,  acciocche  i 
fanciulli  v'imparassero  cio  che  insegna  1' Alcorano,  cioe  che  i  crisliam 
son  tigliuoli  di  cani.  Mantenuto  cosi  in  vigore  il  fanatismo  musulmano. 
e  egli  da  stupire  che  questo  si  prevalga  delle  occasions  propizie,  per 
iscuotersi  dal  collo  il  giogo  della  soggezione  a'cpnquistatori  cristiani? 

Difatto  gia  da  parecchi  mesi  il  Governo  imperiale  potea  aver  sentore 
ditrame  assai  yaste,  ordite  da  Santoni  arabi  e  da  emigrati  del  Ma- 
rocco,  pei  quali  sottomano  si  allestiva  la  ribellione  delle  province  al- 
gerine ;  e  si  ha  buon  fondamento  da  credere  che  1'espettazione  di  quel 
che  avvenne,  e  che  non  si  seppe  o  non  si  pote  impedire,  ispirasse 
al  Gabinetto  di  Parigi  quella  moderazione  e  quell'amore  di  pace,  a  cui 
sacriiico  i  suoi  impegni  per  la  Polonia,  le  sue  simpatie  per  la  Dani- 
marca  ed  i  suqi  disegni  per  1'  Italia  libera  dall'  Alpi  all'  Adriatico.  I! 
Moniteur  parigino  ha  riconosciuto  e  confessata  la  vera  prigine  della  pre- 
sente  ribellione.  Ecco  le  sue  parole:  «  Non  si  puo  disconoscere  che  i 
movimenti,  i  quali  si  manifestano  su  diyersi  punti  del  territorio  mu- 
sulmano, hanno  fra  loro  una  certa  relazione.  Lo  spirito  che  presiede 
alle  risoluzioni  ed  all'andamento  de' sollevati  Tunisini,  rivela  1'azione 
delle  societa  religiose,  la  quale  si  estende  sull' Algeria,  e  si  manife- 
sta  con  defezioni  e  con  attacchi  sul  'territorio  meridionale  della  Divi- 
sione  di  Orano.  Molti  capi  indigeni  credevano  che  la  Francia  sarebbe 
impegnata  in  una  guerra  generale  alia  primayera  del  1864.  »  Certo 
e  che  ad  un  tempo  stesso  e  scpppiava  una  ribellione  contro  il  Be} 
di  Tunisi,  devotissimo  alia  Francia  ed  incbinato  alle  forme  di  Govern(> 
all'  Europa,  tanto  che  avea  promulgate  una  specie  di  costituzione,  e  la 
stendardo  del  sollevamento  e  della  guerra  santa  yeniva  spiegato  contrc- 
i  Francesi  nella  provincia  di  Orano. 

II  Moniteur  dell'  Algeria  del  14  Aprile  narro  le  mene  fatte  da  uii 
giovane  marabout  per  nome  Si-Seliman,  d'accordo  con  molti  altri  ca- 
pi arabi  si  algerini  e  si  marrocchini,  per  sollevare  i  loro  popoli.  Nei 
primi  giorni  del  Marzo  costui,  che,  investito  d'  autorita  dal  Governo 
francese,  reggeva  in  qualita  di  Bach-Aga  i  suoi  compaesani  di  Gery- 
yille,  nella  provincia  di  Orano,  si  tolse  di  la  coi  piu  devoti  e  religion 
di  sua  famiglia;  e,  seguito  da  parecchie  numerose  e  belligere  tribiu 
si  pose  a  campp  con  aperta  ribellione.  I  comandanti  francesi  diedero 
subito  provyedimenti  per  impedire  che  il  sollevamento  si  stendesse 
verso  Algeri,  o  ricevesse  aiuti  da  scorridori  marocchini,  o  si  raffprzas- 
se  dal  concorso  di  piu  altre  tribu  molto  sospette  e  che  incominciava- 
DO  a  mupversi.  Ma,  colti  quasi  all'  improvviso ,  non  bastarono  a  spe- 
gnere  1'  incendio  al  primo  suo  divampare,  ed  anzi  il  primo  scontro 
co'  ribelli  fu  molto  funestp ;  imperocche  la  disfatta  e  la  strage  di  tutto 
un  ragguardevole  corpo  di  fanteria  e  cavalleria  crebbe  la  baldanza  de- 
gli Arabi. 


CONTEMPORANEA  7o9 

II  Colonnello  Beaupretre  era  ,  alii  7  d'  Aprile,  accampato  a  cinque  mi- 
glia  da  Geryyille  con  100  fanti  francesi,  uno  squadrone  di  spahis,  e  mol- 
te  squadre  cli  cavalleria  indigena,  alia  quale,  per  la  stanchezza  della  sua 
fanteria,  ayea  commesso  le  scorte  notturne.  Sull'  albeggiare  del  di  8  ecco 
di  repente  soprayvenire  cjualche  migliaio  di  ribelli ,  che  si  gettarono  sul- 
1'  accampamento.  Icayalieri  indigent  che  stavano  alia  vedetta,  o'sopraf- 
fatti  dal  numero  degli  assalitori ,  o  colti  da  spayento,  o  per  segreto  ac- 
cordo  con  quelli,  si  diedero  alia  fuga.  II  Beaupretre  cadde  tra'  primi,  uc- 
ciso  cy  pistola  uella  prppria  tenda ;  degli  spahis  tre  soli  ebbero  salya  la 
vita,  ma 'non  senza  ferite,  per  la  prontezza  nella  fuga;  gli  altri  fanti  e 
eayalieri  furonq  trucidati  dal  primo  all'  ultimo.  Cadde  mortp  nel  combat- 
timento  anche  il  Gapo  de' ribelli ,  Si-Seliman ;  ma  sottentro  in  sua  yece 
im  giovane  suo  fratello ,  Si-Mohammed,  che  si  condusse  a  Bou-Alem , 
horgata  a  20  leghe  da  Geryville. 

Un  bando  pubblicato  dal  Maresciallp  Pelissier  ad  Algeri  alii  24  d'Apri- 
le,  die' notizia  di  tal  disastro,  e  non  dissimulo  che  «  molte  tribudelmez- 
zodi  ayeano  risposto  alia  chiamata  del  nuoyo  capo  de'  ribelli ,  e  yarii 
€api,  i  quali  da  lungo  tempo  si  teneano  sotto  la  bandiera  della  Francia, 
ne  assunsero  il  comando  ».  E  qui,  assicurato  che  si  farebbe  yendetta  del 
tradimentp,  il  Pelissier  largheggio  in  protestazioni  del  ferrao  yolere  della 
Francia  di  rispettare  i  diritti  degli  Arabi,  ricordando  loro  cio  che  gli  avea 
scritto  Napoleone  III :  «  lo  sono  egualmente  Imperatore  degli  Arabi  che 
<lei  Francesi  ». 

II  Generale  Martineau  da  una  parte,  il  Generale  Deligny  dall'  altra 
mossero  contro  i  solleyati  di  Si-Mohammed,  ed  in  piu  scontri  o  superarono 
yalorosamente  la  resistenza  loro  opposta  in  certi  passi  aspri  e  stretti,  ov- 
yero,  eludendo  con  marcie  e  contromarcie  gli  sforzi  delnemico,  giunsero 
ad  occupare  favorevoli  posizioni.  Ma  non  per  questo  la  ribellione  fu  yin- 
ta.  Le  tribu  degli  Harars ,  degli  Ouled-Chai'b  e  dei  Flittas  si  leyarono  in 
armi ,  e  discacciarpno  uno  squadrone  di  spahis  da  Taguin ,  uccidendone 
non  pochi,  e  trucidando  yarii  drappelli  di  soldati  sparsi  qua  e  la.  Una 
«ompagnia  di  30  Francesi,  che  a  40  miglia  da  Tiaret  yigilava  i  lavori  d'un 
pozzo  artesiano,  non  riusci  a  salyarsi,  che  marciando  e  combattendo  per 
:i6  ore,  con  perdita  d'alquanti  feriti  o  rimasti  morti,  strascinandosi  ayanti 
<con  le  loro  ferite.  Gli  Arabi  ed  i  Kabili  combattono  alia  loro  maniera; 
quando  si  sentono  in  numero  assai  preyalente,  assalgonoall'improyyiso, 
o  nel  silenzio  della  notte,  o  nello  scompiglio  delle  marcie,  o  in  imboscate : 
se  troyano  resistenza  inyincibile,  si  ritirano  e  yanno  altroye  a  ricomincia- 
re.  Cosi  assalendo^ad  ogni  istante,  e  sempre  fuggendo,  spessp  paionoyinti, 
e  sempre  tengono  testa,  e  distruggono  a  centinaia  i  francesi,  che  soccom- 
bono  alle  fatiche,  alle  privazioni,  alia  mancanza  di  yettovaglie  o  d'acqua. 
Tuttavia  due  o  tre  yoke  si  proyarono  a.  tener  fermo,  e  furono  battuti,  con 
.grayi  perdite.  Intanto  di  Francia  furono  spediti  cola  piu  reggimenti  di 
Jinea  ed  un  battaglione  di  Cacciatpri.  II  Generale  Jusuf  colle  sue  truppe 
marcio  a  sostenere  il  Deligny  ed  il  Martineau.  Parti  da  Parigi  il  General 
Rose,  comandante  d'  una  Brigata  della  Guardia  imperiale ,  per  prendere 
il  comando  d'una  nuova  Brigata  di  rinforzi ;  e  tutta  una  Divisione,  posta 
sotto  gli  ordini  del  Generale  Bourbaki,  si  tiene  in  pronto  per  essere  tras- 
portata  in  Algeria,  qualora  la  ribellione  o  durasse  o  s'  allargasse. 

La  durata  della  ribellione  e  la  grayita  de'  casi  ayvenuti  supero  certa- 
mente  1'  espettazione  del  Goyerno ;  e  contribui  forse  a  crescere  la  baldan- 


760  CRONACA 

za  de'  sollevati  il  sapersi  che  il  Maresciallo  Pelissier,  Governatore  gene- 
rale,  gia  da  buona  pezza  per  1'  eta  e  la  malattia  assai  affralito ,  era  in  tine 
di  vita.  11  suo  nome  incuteva  gran  timore  agli  Arabi ,  memori  della  tre- 
nienda  sua  severita  nel  casligo.  La  niprte  di  lui,  avvenuta  il  22  di  Mag- 
gio,dopo  riceyuti  i  conforti  della  religione,  fu  riguardata  da\Moniteur  co- 
me una  sventura  per  1'  Imperatore  e  per  la  Francia.  Voile  il  Pelissier  che 
la  spada  ch'  egli  cingeya  in  Crimea,  fosse  offerta  all'  altare  della  Santis- 
sima  Yergine  nella  chiesa  a  lei  dedicata  presso  Algeri.  Assunse  tempo- 
raneamente  il  supremo  goyerno  dell' Algeria  il  Generale  Martimprey,,  che. 
in  qualita  di  Sottpgpvernatore,  gia  da  qualche  anno  esercitaya  'quell'  au- 
torita  sotto  il  Pelissier.  II  corpo  del  vincitore  di  Sebastopoli  sara  ripor- 
tato  in  Francia,  dpv'era  nato  nel  1794. 

I  proyvedimenti  di  repressione  dati  dal  Governo,  i  poderosi  rinforzi 
spediti,  il  valore  e  I'intrepidezza  de'Generali  francesi  doraeranno  senza 
dubbio  i  sollevati ;  ma  s'ingannerebbe  a  partito  chi  credesse  che  con  cio 
sara  pacificata  1' Algeria.  Questa  ,  lo  ripetiamo ,  sara  sempre  da  tenere 
niilitarmente ,  come  terra  di  conquista,  finche  sara  lasciato  lihero  il  fana- 
tismo  musulmano ,  e  trattato  del  pari  che  il  cattolicismo.  II  Moniteur  del 
21  Maggio,  vinto  dall'  eyidenza ,  attribuisce  principalmente  alle  predica- 
zioni  dei  marabouts  ed  ai  fervori  dei  peliegrini  reduci dalla  Mecca,  questo 
raccendersi  della  guerra  santa ;  e  tutti  i  diarii  di  Francia  van  d'  accordo 
in  dire  che  i  moti  dell' Algeria  non  sono  che  un  episodic  del  sollevamen- 
to  generale,  che  dpvea  aver  luogo  dall'un  capo  all'altro  delle  terre  affri- 
cane  volte  al  Mediterranep ,  essendo  il  focplare  del  fanatismo  nel  Maroc- 
co,  d'onde  gli  emissarii  si  spedivano  yestiti  in  mille  foggie  diverse  nel- 
1'Al'gerino  e  su  quel  di  Tunisi. 

10.  Difatto  una  ribellione  formidabile  degli  Arabi  contro  il  Bey  di  Tu- 
nisi preoccupo  talmente  il  Goyerno  francese,  che  non  indugio  punto  a 
spedire  cola  dapprima  piu  nayi  da  guerra ,  poi  tutta  la  squadra  del  Me- 
diterraneo,  in  modo  da  aver  in  quella  rada  non  meno  di  540  cannoni , 
la  cui  yoce  sembra  destinata  a  qualche  cosa  di  piu,  che  a  semplici  prote- 
stazioni  in  difesa  dei  non  molti  sudditi  francesi,  che  da  quelle  rivolture 
potrebbero  essere  tratti  in  pericolo. 

A  mezzo  1'Aprile,  dopo  giunte  cola  le  notizie  del  sollevamento  alge- 
rino,  la  cpngiura  venne  a'  fatti,  e  ne  tolse  pretesto  da  balzelli  esorbi- 
tanti  posti  dal  Bey.  Questi ,  gia  da  piu  anni ,  per  pagare  i  debiti  dellp 
Stato,  aveabandito  un  testatico  di  36  piastre,  da  doversi  pagare  per  ogni 
individuo  dai  15  anni  in  su ;  e  parte  con  le  buone  maniere,  parte  con  la 
forza,  piego  le  pppolazioni  dell'interno  ad  obbedire.  Ma  questo  non  ba- 
stava  al  dispendio;  e  quattro  mesi  fa  il  Bey  pubbfico  un'altrp  edii- 
to  ,  pel  quale  il  testatico  era  raddoppiato,  cioe  cresciuto  a  72  piastre: 
e,  per  giunla,  ogni  proprietario  di  buoi  e  di  cavalli  dovea  pagarne  nori 
72,  ma  108.  L'esasperazione  degli  Arabi  giunse  al  colmo,  si  che  guar- 
dando  come  un  rinnegato  il  Bey  ed  il  suo  primo  Ministro,  che  faceano 
pompa  d'una  certa  vernice  di  civilta  all'europea,  diederp  ascoltoalle  arin- 
ghe  de'  loro  marabouts,  e  risolvettero  di  dar  di  piglio  alle  armi ,  per 
costringere  il  Bey  a  rivocare  1'odiata  Costituzione,  non  volendo  essi  ri- 
conoscere  altra  legge  che  il  Corano,  non  altro  balzello  che  le  decime  da 
questo  prescritte  ;  ed  a  mettere  giu  1'  esecrato  primp  Ministro ,  e  piu  al- 
tri  ^randi  ufficiali  del  regno.  E  percio,  abbandonati  i  lavori  campestri , 
si  diedero  palesemente  a  prepararsi  alia  guerra. 


CONTEMPORANEA  761 

A  prima  giunta  fa  stupire  che  il  Bey ,  avendo  a'  suoi  ordini  non  meno 
di  12,000  uomini  di  truppe  regolari,  e  piu  del  doppio  di  milizie  irregola- 
ri,  uon  abbia  provveduto  a  reprimere  i  prirai  moti.  Ma  queste  truppe  gia 
da  gran  pezza,  secondo  cio  che  accade  quasi  sempre  a'Goyerni  orientali, 
non  avean  piu  ricevuto  un  obolo  de'  loro  stipendii ;  percio  il  Bey  non 
potea  fidarsene.  Ed  invero  le  truppe  regolari,  che  teneano  presidio  fuqr 
delta  Capitale  o  stavano  a  campo,  si  gittarono  subitp  a  parteggiare  pe'ri- 
belli,  occuparono  quattro  delle  precipue  citta,  e  si  dichiararono  pronte  a 
sostituireal  Bey,  se  gli  Arahi  I'avesserpabbattuto,  1'eredepresuntiyo,  che, 
tenendo  il  supremo  comando  delle  milizie,  si  astenne  prudentemente  dal 
mostrarsi  favorevole  a  questa  od  a  quella  parte. 

Quando  lo  stendardo  della  rivolta  fu  spiegato ,  un  generate  Farbak, 
d'origine  Mamalucco,  fedele  at  Bey,  si  mosse  contro  i  ribelli,  con  poco 
piu  di  300  cavalieri.  Ma  caduti  in  imboscatedentrpimbiirronede'monti, 
e  circondati  da  quasi  3,000  ribelli,  i  piu  de'  soldati  del  Farbak  si  salva- 
rono  con  la  fuga,  e  il  resto  col  Generate  stesso  furono  trucidati.  Allora 
gran  terrore  e  sgomento  a  Tunisi,  dove  a  grande  stento  si  poterono  rac- 
cogtiere,  a  difesa  del  castello  e  della  residenza  del  Bey,  un  700  uomini, 
raal  vestiti  e  peggio  armati.  I  ribelli  non  tentarono  nulla  contro  la  citta 
di  Tunisi,  sapendp  che  ivi  eransi  adunate,  a  difesa  de' loro  connazionali, 
molte  navi  inglesi,  francesi  ed  italiane;  ma  atteserp  a  rinforzarsi  neh"  in- 
terno.  II  Ministro  e  1'Ammiraglio  francese  fecero  di  tutto  per  indurre  il 
Bey  a  scendere  a  patti  co'  solleyati,  contentandosi  di  abolire  quella  co- 
stituzione  e  la  legge  del  testatico ,  ed  a  licenziare  il  primo  Ministro.  II 
Bey,  dopo  lunghi  indugi,  cedette  pei  primi  due  punti ,  ma  non  seppe  ri- 
solversi  al  terzo ,  probabilmente  perche  il  primo  Ministro  o  Kasnadar 
Mustapha,  ha  saputo  dimostrare  al  Bey  essere  interesse  della  Francia, 
non  meno  che  suo,  il  non  lasciar  preyalere  i  ribelli.  Imperocche,  dove 
questi  trionfassero,  non  manchereDbero  di  slender  la  mano  a' sollevati 
]oro  fratelli  d'  Algeria,  e  la  guerra  santa  troverebbe  molto  facilmente  un 
qualche  Ald-cl-Kader,  che  darebbe  grossi  guai  alia  Francia.  Percio  an- 
cora  il  Bey  non  permise  all'  Ammiraglio  francese  di  far  scendere  a  terra 
sue  truppe,  a  difesa  de'  suoi  connazionali ;  dicendo  che  non  ^e  n'  era  bi- 
sogno,  poiche  nella  citta  non  appariva  verun  pericolo. 

11.  Ne  punto  men  pericolpsa  per  le  colonie  algerine  era  1'agitazione  del 
Marpcco ;  d'  onde  eran  partiti  gli  eccitamenti  ai  moti  succeduti  nella  pro- 
vincia  d'  Orano,  e  dove  i  ribelli  trovavano  aiuto  ed  asilo.  E  gia  il  fanati- 
smo  cominciava  ad  insanguinarsi  le  mani.Un Francese,  presso  a  Tetouan, 
fu  trucidato,  ed  unp  dei  Capi  della  ribellione  di  Orano  fu  invece  ospitato 
e  protetto.  Di  che  il  Governo  francese  mando,  sul  finire  del  Maggio,  in- 
timare,  in  forma  perentoria,  al  Governo  marocchino,  che  i  suoi  porti  sa- 
rebbero  quanto  prima  bloccati,  e  quindi  si  verrebbe  a  fatti  di  maggior 
rigpre,  se  non  si  risolvesse  senza  dimora  a  dare  alia  Francia  la  dpvuta 
satisfazione,  in  questp  modo:  che  1.°  Si  consegnassero  gli  assassini  del- 
1'  ucciso  francese,  o  si  pagassero  500,000  franchi  d'indennita ;  2.°  Fosse 
casso  d'  ufficio  e  rimpsso  il  Governatore  di  Tetouan,  per  non  aver  impe- 
dito  o  punitp  quel  misfatto;  3.°  Fosse  cpnsentita  1'  estradizione  del  Capo 
arabo  ,  a  cui  erasi  conceduta  quella  ospitalita  in  forma  da  incoraggire  i 
suoi  complici.  Dopo  qualche  tergiversazione,  il  Marocco  si  piego  a  con- 
tentare  la  Francia,  e  scese  a  pratiche  di  componimento. 


INDICE 


La  Quistione  dei  Ducati  danesi pag.       5 

//  Congresso  dei  dotti  Cattolici  in  Monaco  di  Ba- 

viera  e  le  Scienze  sacre 2i 

/  Liberali  e  le  loro  Promesse 37 

/  Liberali  e  la  loro  Toller anza 290 

//  Correspondant  e  la  Ci villa  Catlolica 48 

La  Chiesa  anglicana  in  ruina 5U 

//  Trattato  diLondra  e  il  Trattato  di  Zurigo  .   .   .   129 
Una  nuova  forma  di  Generazionismo  nel  tempo  mo- 

derno .   14! 

Di  uri  ultima  forma  di  Generazionismo 555 

La  Poverella  di  Casamari.   Racconto  slorico  del 

i860  e  1861 162,  272,  413,  688 

//  Patriziato  romano  di  Carlomagno  .  180,  430,  52(> 
//  nuovo  Impero  del  Messico  e  I'  intervento  fran- 

cese 257,  385 

Origine  della  Donazione  di  Coslantino^  secondo  il 

Dollinger 3(K> 

La  Quistione  romana  risoluta  per  giudizio  degli  stes- 

si  liberali 400 

Cisiamo! 5i;> 

IPrincipii  deirOllantanove  eposti  edesaminati.  536,  675 
//  Danaro  di  S.  Pietro  spavento  dei  tristi,  conforlo 

dei  buoni 641 

Un  Documento  greco  spettante  alia  Coronazione  del 

primo  Czar  della  Russia 


IND1CE  763 


RIVISTE  BELLA  STAMPA  ITALIANA 

Elementi  di  Architetttira  gotica  ,  da  documenti  anlichi , 
trovati  in  Germania  ,  offerti  agli  artisti  dal  Conte  EDOARDO 
31ELLA,  Direttore  dell'htitulo  di  Belle  Arti  in  Vercelli.  Parte 
prima  pubblicata  nel  4857 ;  Parte  seconda  pubbL  net  4865 
-  Milano ,  Lit.  Ronchi.  Due  tomi  in  un  vol.  in  foglio ,  con 
moltissime  tavole pag.  68 

Memorie  e  Scritti  di  LUIGI  LA  VISTA,  raccolti  e  pubblica- 
ti  da  PASQUALE  VILLARI.  Un  volume  in  8.°  piccolo,  di  pag. 
XLVIIl-375.  1863 201 

Se  io  fossi  Vescovo:  per  ELIA  ARR-DUBRON:  estratto  dal 
Messaggiere  di  Rovereto  —  Venezia,  1864.  Un  opuscolo  in 
#.°  di  pag.  32;  nel  quale  si  danno  molti  consigli  ai  Vescovi,  e 
nessuno  ai  Canonici. 217 

Memorie  storiche  della  chiesa  di  S.  Benedetto  in  Pisci- 
ttula,  nel  Rione  Trastevere,  raccolte  e  pubblicate  dal  Prin- 
cipe D.  CAMILLO  MASSIMO  —  Roma  M.  DCCG.  LX1V,  tipogra- 
fia  Salviucci.  Un  volume  in  8.°  di  pagg.  164 331 

Osservazioni  intorno  alle  Donne  ed  alia  loro  educazione , 
di  FORTUNATO  CAVAZZONI  PEDERZINI  modenese  —  Bologna ,  ti- 
pograOa  di  santa  Maria  Maggiore,  Stabilimento  dell'  Immaco- 
!atal863.  Vol.  unicodi  pag.  VIII- 190  .  ......  337 

Sloria  delle  Due  Sicilie  dal  4847  al  4864 ,  di  GIACINTO 
DE  Sivo ;  Volume  Primo  —  Roma ,  tipografia  Salviucci  1863.  444 

/  Casi  della  Toscana  nel  4859  e  4860  narrati  al  popolo 
4a  una  COMPAGNIA  DI  TOSCANI  con  note  e  Documenti  —  Firen- 
ze,  tipografia  di  A.  Salani  1864 ivi 

Enciclopedia  deir  Ecclesiastico ,  compilata  dall' Abb.  VIN- 
CENZIO  D' AVINO.  Edizione  seconda  riveduta,  aumentata  e  in 
parte  rifusa.  Torino,  Pielro  df  Giacinto  Marietti  lipografo-edi- 
tore,  Piazza  B.  V.  degli  Angeli.  Dieci  dispense  del  primo  Vo- 
Jume  di  pag.  640 463 

Inslitutiones  philosophicae  ad  mentem  Dim  Thomae ,  li- 
ironum  usui,  per  Sacerdptem  IOAN.  BAPT.  DE  GIORGIO,  in  Se- 
minario  Arcniepiscopali  Utinensi  Professorem,  accommoda- 
4ae.  Utini,  ex  Tipographia  archiepiscop.  1861-1863  ;  2  vol. 
in  8.°  di  pagg.  376;  e  464 o7() 

Rapporto  statistico  del  manicomio  di  S.  Maria  delta  Pieta 
di  Roma  per  glianni  4864  e  4862 :  pelD.  BENEDETTO  VIALE, 
J)irettore  —  Roma  1864,  dallo  Stabilimento  tipografico,  via 
del  Corso  387.  Un  vol.  in  4.°  di  pagg.  114 582 


564  INDICE 

//  Manicomio  di  S.  Maria  delta  Pieta  in  Roma,  ampliato 
e  recato  a  nuove  forme  ,  per  la  munificenza  del  Santissimo 
Padre  Pio  IX,  dal  Prof.  Archiletto  Francesco  Azzurri  — 
Roma  1864 ,  dalla  tipografia  di  B.  Guerra.  Un  vol.  in  8.°  di 
di  pag.  66 pag.  582 

Principii  della  Chiesa  Romana,  delta  Chiesa  Protestante 
e  della  Chiesa  Cristiana.  Torino ,  stamp,  deli'  Unione  tipo- 
grafico-editrice  1863.  Un  vol.  di  pag.  166 594 

Giornale  del  Centenario  di  Dante  Allighieri.  PREPARA  LA 

SOLENNITA  NAZIONALE  DELLA  NASCITA  DI  DANTE.   Si   pubbll- 

ca  in  Firenze  dal  Febbraio  4864  al  Giugno  4865     .     .     .     706 

La  sentenza  assolutoria ,  pronunziata  dalla  sezione  di  ac- 
ciisa  della  Corte  di  Appello  di  Ancona  nella  causa  di  S.  E. 
il  Cardinale  Morichini.  .  721* 


BlBLIOGRAFIA  76,         470 

ARCHEOLOGIA..  /  tre  period!  delle  antichissime  popolazioni  lacnstri 
nella  Smzzera , 22'^ 

—  1.  La  frase  instinctu  Divinitatis  nell'Arco  trionfale  di  Costantino  — 
2.  Le  monele  di  Costantino,  posteriori  alia  vitloria  sopra  Massenzio.  .  (>01 

SCIENZE  NATURALI  1.  Relazione  sopra  il  tag  Ho  dell"  istmo  di  Suez,  ed 
I  lavori  compiuti  sino  al  Febbraio  del  1864  —  2.  Progressi  del  traforo 
del  Moncenisio  —  3.  Preparativi  pel  telegrafo  transatlantic ;  vendita 
del  Great  Eastern  —  4.  Telegrafo  russ'o-cinese  —  5.  Ravvivamento 
del  carat  ten  del  libri  e  delle  pergamene  antiche  —  6.  La  yerba,  ossia 
flie  del  Paraguay *  ,  .  .  .  311 


CRONACHE  CONTEMPORANEE 

.BAL  12  AL  26  MARZO 

I.  COSE  ITALIANE  —  STATI  PONTIFICII  1.  Solenne  ricemmento  del 
Conte  di  Sarliges,  ambasciadore  di  Francia  —  2.  Ordini  del  Ministro 
delle  Armie  del  Generale  Montebello  sopra  alcune  risse  tra  soldati: 
parole  del  Moniteur  —  3.  Premii  proposti  dal  Minister o  del  Commer- 
cio  per  la  coltura  del  cotone;  confessioni  del  Debats  —  4.  Societa  di 
mutno  soccorso  in  Roma ;  morte  del  loro  istitutore  D.  Francesco  Rivi 

REGNO  DELLE  DUE  SICILIE  1.  Applicazione  della  legge  contro  il  bri- 
gantaggio,  disfatta  di  piit  bande  —  tf.Processo  e  condanna  dei  briganti 
catturati  a  Genova  suit*  Amis;  statistica  de'  fucilati  —  3.  Le  torture 
dun  sordomuto  in  Sicilia  sono  accertate  —  4.  //  Municipio  di  Napoli 
fa  levare  le  immagini  sacre  dalle  vie 

II.  COSE  STRANIERE  —  ALEMAGNA  E  D^NIMARCA  1.  Note  della  Da- 
mmarca  per  chiedere  I'intervento  armato  delle  Potenze  —  2.  Risposta 
indiretta  del  Gabinetto  inglese;  sue  pratiche  per  rimettere  il  negozio  ad 


INDICE  705 

una  Conferenza  cUplomatica  —  3.  Conference  tra  i  rappresentanti  degli 
Stati  secondarii  alemanni  a  Vilrtzbourg  —  i.  Deputazioni  dei  Ducati  a 
Vienna  ed  aBerlino  —  5.  Invasione  del  Jutland;  gli  Austriac iinvestono 
Frederic-la  —  6.  Assedio  di  Dilppel  condotto  dai  Prussiani  —  7.  Nota 
collet  tiva  dell' Austria  e  della  Prussia  alle  Potenze,  circa  il  loro  intent o 
verso  la  Danimarca —  8.  Proposte  fatte  alia  Die  I  a  di  Franc  fort  da 
vane  Potenze  alemanne  —  9.  Morte  di  Massimiliano  II  re  di  Baviera; 
avvenimcnto  di  Luigi  II pag.  106 

SPAGNA  1.  Dimissione  del  Gabinetto  presieduto  dal  Mir  a/lores ;  nuo- 
vo  Ministero  —  2.  Altra  crisi  ministerial;  nuovo  Gabinetto  —  3. 
Parto  della  Regina;  decreto  d'amnistia  —  4.  Andamento  della  guerra 
a  S.  Domingo  —  5.  Sequestro  d'  una  nave ,  carica  d'  armi  e  munizioni, 
dirctta  ad  Ancona  . 118 

MESSICO  1.  Lettera  del  Bazaine  a  Mons.  Labastida,  per  intimargli  di 
desist  ere  da  ogni  opposizione  —  2.  Risposta  di  Monsig.  Labastida —  3. 
Protestazione  di  tutto  I'Episcopato  messicano,  e  senlenza  di  scomunica 
maggiore  contro  gli  autori  ed  esecutori  direcenti  decreti  a  danno  della 
Chiesa  —  4.  Destituzione  del  Magistral  della  suprema  Corte  di  Giusti- 
zia  —  5.  Lett  era  del  Generate  Neigre  all'Arcivescovo  di  Messico,  sopra 
eerie  scritture  sediziose  —  6.  Risposta  dell' Arcivescovo  al  Neigre  —  7. 
Condizioni  politiche  e  militari  del  Messico 116 

DAL  26  MABZO  AL  9  APRILE 

I.  Breve  del  Sommo  Pontefice  Pio  IX  all'Arcivescovo  di  Monaco  di 
Baviera  sopra  il  Congresso  dei  dotti  cattolici.,  ivi  tenuto  nel  Settembre 

del  1863 229 

II.  COSE  ITALIAISE  —  STATI  PONTIFICII  1.  Solennita  della  Setti- 
mana  santa  e  della  Pasqua —  2.  //  Santo  Padre  a  santa  Maria  sopra 
Minerva  —  3.  Accademia  al  Castro  Pretorio  —  4.  Sussidii  raccolti  dal- 
V  Osservatore  Romano  per  le  Religiose  spogliate  dalla  Rivoluzione  — 

0.  0/ferle  de'  Lucchesi  al  Santo  Padre  —  6.  Decreto  della  S.  Congreg. 
dell' Indies  per  proibizione  di  libri  —  7.  Attentato  contro  il  Vescovo  di 
Comacchio  —  8.  Agitazione  del  partito  mazziniano  contro  il  Governo 
usurpatore  nelle  province  delta  Chiesa;  bando  pel  19  Marzo  —  9.7  Ga- 
ribaldini  di  Ravenna  impediti  con  la  forza  da  ogni  dimostrazione  — 

10.  Assassinio  del  sottoprefetto  d"  Imola 235 

STATI  SARDI  1.  La  legge  pel  ragguagiio  del  tributo  prediale  e  appro- 
vata  dalla  Camera  deiDeputali  —  2.  //  Minislero,  per  accertarne  rap- 
provazione  del  Senato,  nomina  23  nuovi  Senatori;  opposizioni  percio  in- 
contrate  —  3.  Carcerazione  di  due  sacerdoti  per  aver  negata  la  SS. 
Eucaristia  ad  uno  scomunicato  ;  giudizio  concorde  dei  liberali  contro 
tale  cnormczza 212 

III.  COSE  STRANIERE  —  AMERICA  SETTENTRIONALE  ( Stall  Uniti ) 

1.  Morte  e  funerali  diMons.  Hugues,  Arcivescovo  di  New-York  —  2.  A- 
perlura  del  38.°  Congresso  di  Washington;  messaggio  del  Lincoln;  con- 
dizioni  del  debito  pubblico  —  3.  Messaggio   di  Jefferson  Davis  al  Con- 
gresso di  Richmond —  4.  Amnistia  bandita  dal  Lincoln;  leggi  per  una 
nuova  coscrizione  rnilitare,  e  per  la  confisca  dei  beni  dei  ri belli  —  S.  // 
Governo  di  Richmond  abolisce  la  facolta  delle  sostituzioni  nelle  milizie 
—  6.  Fatii.di  guerra  nel  Tennessee  —  7.  Spedizione  dei  Federali  con- 
tro Richmond,  andala  a  vuoto;  scorrerie  nel  Mississipi  •  bombardamen- 
to  inutile  di  Charleston  —  8.  Spedizione  dei  Federali  nella  Florida,  e 

loro  disfatta 2i!> 


TG(>  INDICE 

DAL  9  AL  30  APRIL E 

I.  COSE   ITALIANS  —  STATI  PO^TIFICII  1.  II  5.  Padre  a  S.  Maria 
jlaqgiore;  decreto  di  Beatificazione  del  Yen.  Pietro  Canisio  —  2.  // 
S.  Padre  alia  Propaganda ;  decreto  di  Canonizzazione  della  B.  Maria 
Francesra  delle  cinque  Piaghe,  e  di  Beatificazione  della  Yew.  Alacoque 

—  3.  Triduo  di  riparazione  al  Collegia  Romano  —  4.  Regolamento  edi- 
lizio  —  5.7  giornali  del  Governo  torinese  e  il  Moniteur  di  Parigi,  sopra 
I' amor  e  di  Roma  pel  S.  Padre  —  6.  Anniversario  del  12  Aprile  • —  7. 
Nuovo  Inviato  del  Messico  a  Roma  —  8.  L' Imperatore  e  llmperatri- 
ce  del  Messico  a  Roma  —  9.  Messa  per  la  Francia  in  S.  uiovanni 
Laterano pag.      350 

II.  COSE  STRANIERE  —  ALEMAGNA  e  DAINWIARCA  1.  Vantaggi  otte- 
nuti  dal  cattolicismo  per  la  guerra  —  2.  Discorso  del  Re  di  Danimar- 
ca  per  la  chiusura  del  Rigsdag  —  3.  Trattati  diplomatici  fra  le  grandi 
Potenze;  si  accettano  le  Conferenze  proposte  dall'Inghilterra —  4.  Di- 
chiarazioni  della  Gazzetta  di  Vienna  circa  gl' intendimenli  dell' Austria 
e  della  Prussia  —  5.  Assedio  di  Duppel;  bombardamento  di  Sonder- 
bourg  —  6.  Presa  di  Duppel;  il  Re  di  Prussia  va  di  persona  ali'esercilo      358 

IMPERO  D'  AUSTHLV  1.  Circolari  per  V  or  dine  pubblico  in  Gallizia  — 
2.  Convenzione  tra  I' Austria  e  la  Prussia  circa  le  frontiere  —  3.  Con- 
dizioni  della  Dalrnazia;  e  sciolta  la  Dieta  dalmata  —  4.  Travagli  e 
carestia  in  Ungheria —  5.  Difficolta  che  ritardarono  I' accettazione 
formale  della  corona  messicana  per  parte  delVArdduca  Massimiliano 

—  6.  Patto  difamiglia  circa  i  airitti  di  successione ;  assoluta  rinunzia 
deirArciduca  Massimiliano ;  nota  della  Gazzetta  di  Vienna  —  7.  Avve- 
nimenlo  di  Massimiliano  I  al  trono  imperials  del  Messico  —  8.  Suo 
commiato  dalla  marina  austriaca,  e  beneftcenze  insigni  verso  i  poveri 
di  Trieste  —  9.  Partenza  del  nuovo  Imperatore  alia  volta  di  Roma  — 

30.  Arrolamento  di  truppe  pel  Messico 365 

FRANCIA.  1.  Breve  del  S.  Padre  al  Card.  Arcivescovo  di  Lione  sopra 
il  Messale  ed  il  Breviario  Romano  —  2.  Accoglienze  imperiali  all'Arci- 
duca  Massimiliano  d' Austria  —  3.  Napoleone  HI  arbitro  del  litigio 
fra  il  Vicer^  d'Egitto  e  la  Compagnia  pel  canale  di  Suez  ~  4.  Spedi- 
zione  scientiftca  al  Messico  — 5.  Agitazione  elettorale  degli  opera/*; 
nota  del  Moniteur  contro  le  adunanze  democratize  —  6.  Elezioni  di 
Deputati  repubblicani  —  7.  Petizione  al  Senato  contro  Fempieta  e  Vim- 
moralita  degli  stampati;  discorso  del  Card.  Bonnechose;  lapetizione  e 
messa  da  parte—  8.  E'  reietta  una  petizione  sopra  lo  stato  miserevole 
del  Regno  delle  Due  Sicilie  —  9.  II  Renan  mantenuto  nella  sua  carica 
diProfessore;  parole  dell'  Opinion  Rationale  —  10.  Processo  e  condan- 
na  del  Mazzini  —  1.1.  Decreto  emanato  dalla  Dieta  svizzera  contro  H 
Mazzini  — 12.  Nota  del  Moniteur  circa  la  permanenza  del  Garibaldi 
in  Inghilterra  —  13.  Trattato  conchiuso  col  Messico  per  la  spedizione 
e  la  guerra  ivi  condotta  —  14.  Contegno  della  Francia  per  laquistione 
Danogermanica;  pratiche  fatle  in  Parigi  dal  Duca  Ernesto  di  Sassonia; 
missione  di  Lord  Clarendon  a  Parigi—  15.  Abolizione  di  tarn;  lettera 
dell' Imperatore ;  speranze  di  pace 

DAL  30  APRILE  AL  14  MAGGIO 

1.  COSE  ITALIANS  —  STATI  POKTIFICII  1.  Discorso  tenuto  dal  San- 
to Padre ,  nel  Collegio  di  Propaganda,  alii  24  d'  Aprile  —  2.  Libera- 
zione  di  monsig.  Arnaldi,  Arcivescovo  di  Spolelo;  imprigionamento  del 
suo  Pro-Vicario,  monsig.  Profili  —  3.  Arreslo  del  Cardinal  Morichini, 
Vescovo  di  Jesi,  condotto  alle  carceri  di  Ancona  —  4.  Sfrenatezza  del- 


ISDICE  767 

V  immoralita  nelle  usurpate  province  —  5.  Chirografo  del  Santo  Padre, 

per  remissions  e  vendita  di  un  preslito  fruttifero pag.  484 

STATI  SAUDI  1.  Sequeslro  di  armi  e  denari  della  fazione  mazziniana; 
II  Governo  fa  restituire  oyni  cosa  —  2.  Dimostrazione  a  Genova,  e  mee- 
tings a  Napoli,  pel  Garibaldi;  corrispondenza  del  Moniteur  parigino 
—  3.  Tumulto  di  studenii  a  Torino:  chinsura  e  riaprimento  delta  (Jni- 
versila  di  Torino  e  Pavia  — 4.  Circolare  del  Pisanelli  sopra  le  cerimo- 
nie  religiose  vespertine  —  5.  Circolare  del  medesimo  sopra  gl'  impedi- 
ment matrimoniali  —  6.  Disegno  di  legge  del  Ministro  Delia  Rovere, 
per  abolire  I'esenzione  del  chierici  dalla  leva  militare  —  7.  Interpellan- 
ze  varie  nella  Camera;  proposte  conlro  il  Denaro  di  S.  Pietro ;  promes- 
se  del  Pisanelli  —  8.  Offerte  di  oggetti  preziosi  al  Santo  Padre.  .  .  492 

II.  COSE  STRANIERE  —  ALEMAGNA  E  DANIMARCA  1.  /  Danesi  abban- 
donano  Frederida  che  viene  occupala  da  truppe  anstriache  —  2.  Ono- 
rificenze  conferite  dall'  Imperatore  d' Austria  al  Principe  Federico  Car- 
lo di  Prussia  ed  allo  Wr angel  —  3.  Jstruzioni  date  ai  plenipotenziarii 
aus triad  e  prussiani  circa  le  Confer enze  di  Londra  —  4.  Istruzioni  da- 
te dalla  Dieta  al  suo  rappresentante  De  Beust  —  5.  Scopo  della  spedi- 
zione  dell'  armata  navale  austriaca  nel  mare  settentrionale ;  arlicolo 
della  Gazzetta  di  Yienna  —  0.  Accettazione  dell'  armistizio ,  e  sospen- 
sione  del  blocco 498 

INGUILTEHRA  1.  Imputazioni  criminal!,  pubblicate  inFrancia,  con- 
tro  Lord  Stamfeld  membro  del  Ministero  britannico  —  2.  Discussione 
nelle  Camere  inglesi,  circa  la  complidta  di  Lord  Stansfeld  nelle  congiurc 
del  Mazzini  contro  Napoleoneln  ;  voto  della  Camera  dei  Comuni  —  3. 
Ring  a  g  liar  disc  e  I' opposizione  contro  il  Ministero;  dimissione  di  Lord 
Stansfeld  —  4.  Viaggio  del  Garibaldi  a  Malta  ed  in  Inghilterra  ;  ova- 
zioni  iviricevute  da  Governanti  e  dal  popolo ;  banchetto  col  Mazzini.,  e 
lettere  ai  caporioni  della  demagogia  europea —  5.  Molivi  dell'aftretta- 
ta  sua  partenza;  dichiarazioni  fatte  dai  Ministri  alle  Camere;  tumulti  di 
plebe  —  6.  Conferenze  diplomatic  he  circa  la  quislionc  danogermanica.  502 

DAL  14  AL  28  MAGGIO 

I.  COSE  ITALIANE  —  STATI  PONTIFICII  1.  Udienza  di  congedo  data 
dal  S.  Padre  all'Ardduca  Luigi  Vittorio  a" 'Austria  —  2.  Notificazione 
per  I'estinzione  parziale  del  Debito  pubblico  —  3.  Decrelo  della  S.  In- 
quisizione  contro  il  prete  Guerrasio  —  4.  Decrelo  della  S.  Congregazio- 
ne  dell'  Indice  per  proibizione  di  libri  —  5.  Sentenza  della  Sezione 
d'accusa  della  Corte  d'Appello  d'Ancona,  circa  la  plena  innocenza  del 
Card.  Morichini  e  di  due  Canonici  di  Jesi ,  posti  in  liberla    ....      610 

STATI  SAUDI  1.  Cenni  sopra  i  dibattimenti  della  Camera  dei  Deputa- 
ti  —  2.  Rivelazioni  del  deputato  Siccoli  dr.cagli  slipendii  dati  dal  Mi- 
nistero a'  suoi  giornalisli  —  3.  Elenco  di  monasteri  occupati  violente- 
mente  dal  Governo  —  4.  Sequestra  sopra  lerenditeecclesiastiche  di  sud- 
diti  ponlifidi  —  5.  Furori  setlarii  nella  Camera  contro  il  Denaro  di 
S.  Pietro;  discorso  di  Cesare  Cantu —  6.  Offerte  di  oggetti  preziosi , 
ed  Obolo  di  S.  Pietro ,  a^  Santo  Padre,  per  mezzo  dell'  Armonia  e 
dell'  Unita  Cattolica f,i5 

II.  COSE  STRAN1ERE—  ALEMAGNA  E  DANIM  ARC  A  1.  Condizioni  del 
cattolidsmo  nello  Schleswig-Holstein;  ottimi  effetti  delta  carita  e  dei 
ministeri  spirituali  presso  t'eserdto  —  2.  Tag  tie  poste  dal  Wrangel  so- 
pra il  Jutland—  3.  Combatlimento  navale  presso  Heligoland  —  4.  Is4ru- 
zioni  date  al  plenipotenziario  francese  per  le  conference  di  Londra  —  5. 
Testo  delta  convenzione  per  I' armistizio — b.Assembleapopolare  a  Rends- 
bourg ;  parole  del  Duca  d'Augustembourg  —  7.  Petizioni  al  Re  di  Prus- 
sia per  la  separazione  dei  Ducati  dalla  Danimarca—$.  Dichiarazione 

dell7 Austria  e  della  Prussia  circa  i  Trattati  di  Londra  del  1852.  621 


768  IXDICE 


generate  Trepoff  contro  chi  ha  paura  del  Gover- 
110  naziormle  —  4.  Xotizie  ufficiali  circa  il  modo  ed  i  tisullali  della  re- 


Anniversario  del  1814  a  Pietroburgo  —  S.'uisfatta  del  Circassi.    pag.      628 
DAL  28  MAGGIO  ALL' 11  GIUGNO 

I.  COSE  ITALIANS  —  STATI  PONTIFICII  1.  Solennita  del  Corpus  Do- 
mini —  2.  Prodotto  totale  dell'  Obolo  di  S.  Pietro  a  tutto  il  Mag- 
gio  1864  —  3.  Risultato  del  recente  imprestitar  —  4.  Ladri  ed  assassini 
mandati  dal  Governo  di  Torino  nelle  province  pontificie  —  5.  Insulti  al 
Card.  Morichini  in  Jest. 733 

STATI  SAUDI  1.  Bando  rivoluzionario  della  ministeriale  Opinione  — 
2.  Condizioni  delle  Finanze  —  3.  Dilapidazione  del  beni  ecclesiaslici; 
stato  della  Cassa  ecclesiastica  —  4.  Voto  del  Consiglio  di  Stato  sopra 
il  contegno  di  Mons.  Caccia  —  5.  Inqwsizione  parlamcnlare  sopra  la 
probita  di  alcuni  Depulati,  accusati  di  peculato  —  6.  II  Garibaldi,  capo 
de' Framassoni  ilaliani,  li  chiama  ad  Assemblea  in  Palermo 751 

II.  COSE  STRANIERE  —  ALEMAGNA  E  DAMM.VUCA  l.ffisposta  del  Re 
di  Prussia  all'  Indirizzo  del  Conle  d'Arnim  per  laseparazione  del  Ducali 
dalla  Danimarca  —  2.  Lettera  del  Duca  d'  Angus temboury  a  Lord  Rus- 
sell —  3.  Dispaccio  del  Bismark  a  Londra,  per  dichiardrsi  svincolato 
dai  tratlati  del  1852  —  4.  La  leale  osservanza  dell'armistizib,  giustift- 
cata  dal  Monitore  prussiano  —  5.  Notizie  offidose  circa  i  risultali  delle 
Conference  di  Londra '  .     .    .     .      7i() 

FRANCIA  1.  //  Moniteur  per  la  sera',sgomenlo  del  giornali  uffidosi  — 
2.  Applicazione  degli  articoli  organici  alia  lettera  del  Santo  Padre 
sopra  il  Breviario  ed  il  Messale  nella  Diocesi  di  Lione  —  3.  Lettera 
pastorale  del  Card,  de  Bonald  circa  lo  slcsso  oggetto  —  4.  fntroduzione 
della  lilurgia  romana  nella  Diocesi  di  Be! ley  —  5.  Lettera  del  Principe 
Napoleone  al  comitato  rivoluzionario  di  Torino,  per  I' unit  a  italiana  — 
6.  Dicliiarazioni  ufficiali  del  Governo  francese,  circa  i  suoi  propositi 
sopra  I' Italia  —  7.  Promesse  pacifiche  e  Hberali  delsig.  Persiyny  - 
8.  Assegnamenti  alle  chiese  ed  ai  teatri  —  9.  Sollevamento  degli  Arabi 
in  Algeria;  si  raccende  la  guerra;  morte  del  Maresciallo  PeHssier  — 
10.  Spedizione  dell'  armata  navale  francesc  a  Tunisi,  per  vigilare  la 
rivoluzione  scoppiata  contro  il  Bey  —  11%  Ultimatum  al  Marocco.  .  .  7'>d 


ERRATA  CORRIGE 

Pag.    76  I'm.  23  Francesco  di  Ascoli  Francesca  di  Ascoli 

»    498    »    10  e  firme,  dichiarino  e  firme  non  dichiarino 

»    607    »    35  ricpnobbero  la  religione  cri-  donarono  ai  Cristiani  la  li- 

stianalegalmenteesiprofes-  berta  del  loro  culto  ,  e  lo 

sarono  essi  stessi  cristiani.  riconobbero  legalmenle. 
Sulla  coperlina 
del  fascicolo  388; 

pag.esternalin.i  Lebreton  Lebrethon 


IMPRIMATUR  —  Fr.  Hier.  Gifjli  0.  P.  S.  P.  A.  Mag. 


Does  Not  Circulate 


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BX   804    .C58  SMC 

La  Civiltaa  cattolica 
AIP-2273  (awab) 


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