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LA
CIVILTA CATTOLICA
ANNO tyECIMOQUINTO
17 Jlarzo 186i.
LA
CIVILTA CATTOLICA
ANNO DECIMOQUINTO
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, VOL. X.
BELLA SERIE QU1NTA
ROMA
COI TIPI DELIA CIVILTA. CATTOLICA.
1864.
- 41957
PROPRIETY LETTERARIA sccondo le Convenzioni del varii Stati.
LA QUISTIONE DEI DUCATI DANESI
I. Ragione di trattarne.
La
piu aniica e la piu avviluppata, fra le quistioni politiche e inter-
nazionali che si discutono in Europa, e fuor di dubbio la quistione
dei Ducati danesi. Dopo che in questi ultimi dodici lustri soltanto
molte costituzioni diverse vennero largite a quelle popolazioni per
conlentarne i desiderii ; dopo che parecchi trattati internazionali
furono maneggiali per antivenire i pericoli d' una guerra , e alcuno
perfm conchiuso e ralificalo; gia per la seconda volta si ricorre alia
spada per tagliare questo nodo gordiano , che ne le condiscendenze
della politica , ne i provvediraenli della diplomazia sono riusdli a
sciogliere. Ne cio deve fare meraviglia. Questa yertenza nasce da
passioni contrarie, da interessi opposli, da principii contraddittorii :
risguarda a un tempo medesimo i re e i popoli ; da un lalo si lega
al passato e dall'altro si stende airavvenire di due nazioni : e come
tocca in un modo singolarissimo i vantaggi si different! di grand!
nazioni , cosl ne sveglia le gelosie reciproche e le mantiene in una
penosissirna espettazione. Una tal gravita esigeva un pronto scio-
glimento : e lo scioglimento e stato finora reso impossibile dal com-
plesso medesimo di tanli principii e di tanti interessi che bisognava
conciliare. Tulti gli uomini adunque di Stato piu gravi e piu speri-
mentati han rivollo lo sguardo sulla penisola danese, e \eggono
6 LA QUISTIONE DEI DUCATI DANESI
quivi andarsi a mano a raano dilatando quella poca favilla , cui puo
fra brevissimo tempo secondare non grande solo , ma immensa la
fjamma. I cervelli leggeri per lo conlraric o chiamano tal quislione
una metafisicheria alemanna, cui non vale ne anco la pena di discu-
tere ; o la dicono si complicata nei varii suoi risguardi, che sia non
che difficile ma quasi impossible di tutta comprenderla e defmirla.
Noi, senza essere ne crederci per nulla uomini di Stalo, intendia-
mo nondimeno talmente Y importanza di questa queslione . che non
dubiliamo di vedervi entro accumulate insieme tutte le difficolta, che
spartitamente si rinvengono nelle altre quistioni politiche e diploma-
tiche, diballute presentemente nell'Europa. In quanto poi alpene-
trare fin dentro ai suoi piu minuti parlicolari non ce ne professiamo
capaci : ma di quel tanlo che puo facilmente sapersene , deduciamo
una conseguenza , la quale e appunto il molivo principale che ci ha
mossi a intrattenere i nostri letlori di questo argomento. Se noi non
G'inganniamo , la soluzione della questione danese sarebbe facilissi-
ma, quante volte si volesse da tutti rispetlato il dritto storico , e da
tutli si ammellessero risolutamenle i principii conservatori. La dif-
ficolta adunque di trovarne un' equa soluzione dimora, secondo noi,
In quel drilto nuovo , che s' e voluto proclamare in Europa , e far
valere in questi ultimi anni. Nel fame 1'applicazione ai Ducati danesi
esso e impotente a soddisfare lutte le contrarie esigenze , ad appa-
gare tutli i contrarii interessi, a far tacere tutte le contrarie passioni.
Ecco dunque, secondo un tal punto di veduta , un nuovo e grandis-
simo fatto in confermazione dei principii per noi propugnati. Se esso
non e una nostra illusione , e che non sia speriamo convincerne i
nostri lettori , noi difficilmente potevamo trovare suggetto piu con-
forme agl' intendimenti della Civilta Cattolica; ne piu proprio a
soddisfare la legitlima curiosila dei lettori di lei. Entriamo adunque
senz' altro a svolgere , secondo i diversi aspelti della quistione , un
tal concetto che a tutti mirabilmente conviene, e dimostriamo in cia-
scuno d'essi, come senza i principii della rivoluzione, messi in voga
in questi ultimi tempi, i Ducali danesi o non avrebbono dato luogo a
nessuna quistione , o ne avrcbbcro Irovato facilissimo lo sciogli-
mento.
LA QUJSTIONE DEI DUG ATI DANESI 7
II. Aspetto politico.
Considerata sotto tale aspetto, la vertenza cade propriamente tra
gli abitanti del Ducato di Schleswig e la Corona di Danimarca: e quin-
di e una vertenza tutta interna, e direm cosi domestica. Le due as-
serzioni contrarie, sostenule 1'una dai parteggiani del Governo da^
nese, 1'altra dai tedeschi che sono nei Ducati , possono cosi esporsi.
Lo Schleswig, dicono i primi, costituisce una provincia danese, for-
manle un tutlo intero col Jutland , col quale si continua verso il
Nord, e sottomesso, non alia persona, ma alia Corona dei Re di Dani-
marca. I secondi, per lo contrario, pretendono che esso e una pro-
vincia tedesca, stretta con vincoli d' unione politica , e incorporata
all'Holstein, col quale non forma che un tulto, benche spartito in due
membra , e sottoposto non alia Corona danese, ma alia persona dei
Re di Danimarca.
Questa sembra a prima vista una quistione quasi oziosa di rap-
porti meramente astratti ; ma & invece, chi ben la considera, la piu
imporlante , anzi la radice di tutte le alire. Se avessero ragione i
Danesi, la Confederazione germanica non avrebbe nessun drilto d'im-
pacciarsene ; leleggicbe governano le a) tre province danesi dovreb-
bero valere per lo Schleswig ; chi succede per legittimo dritto alia Co-
rona di Danimarca non avrebbe bisogno d'un altro dritlo diverse per
possedere lo Schleswig. Cosi per lo contrario, se ban ragione i Tede-
schi, puo la Confederazione alemanna , se non con dritto lampante,
certo con plausibile pretesto altribuirsene 1' ingerenza e pretenderne
la lulela ; i cangiamenti politici nella" costituzione, e le modificazioni
nella legislazione che obbligano la Danimarca non vincolano imme-
diatamente lo Schleswig ; e inline il drilto della successione puo essere
ben diverso per la Danimarca che pel Ducato.
Or quale delle due opinioni e la prevalenle per forza di ragione c
di buon diritto? Esponete le ragioni dejle due parti innanzi a persone
di semplice buon senso, essenon vi troveranno neppure il motive di
fame soggetto di una discussione. La discussione e solo possibile
innanzi ad uomini ligi ai principii della rivoluzione, e devoti al nuovo
dritlo che la rivoluzione tenta di far prevalere nel mondo. Vediamolo
nel falto.
8 LA QUISTIONE DEI DUCATI DANESI
II Ducato d' Holstein fa 1' ultima terra conquistala all' Impero da
Carlo Magno , abitata da' tedeschi e data in feudo imperiale a im
Duca. Nel 1459 , venendo a mancare , colla morte di Adolfo di
Schaumbourg, la discendenza diretta di questo Duca, la succcssione
cadde nella persona del Re di Danimarca, che gli era piu vicino per
sangue. II Re, divenulo Duca d' Holstein, divenne vassallo dell'Im-
pero, da cui ebbe 1'inveslitura, e nulla fu cangiato nel Ducato, che
riraase Slato tedesco com' era innanzi. Disfattosi nella grande rivo-
luzione 1' Impero, quel vassallaggio del Duca d' Holstein cesso, come
tutti gli altri vassallaggi degli Stati alemanni ; e cosi dal 1806 al 1815
il Re di Danimarca fu sovrano indipendente dell' Holstein. Nella nuo-
va Confederazione tedesca , edificatasi sulle ruine dell' Impero , fu
compreso, com' era nalurale, quello Stato iedcsco, e da quel di il Re
di Danimarca , qual Duca d' Hoistein divenne membro della Confe-
derazione alemanna.
Lo Schleswig al contrario e terra danese, perche non fu mai com-
presa nell'Impero, perche fu sempre abilata da popoli danesi, e
sempre congiunta al regno di Danimarca , perche fu sempre consi-
derata come una porzione del Jutland , e come tale ebbe anzi ed ha
tuttavia nome di Jutland meridionale. II Duca di Schleswig era un
vassallo de' Re di Danimarca , da cui venivagli 1' investitura , e a
cui rendeva omaggio per quel feudo. Egli e ben vero che quel Du-
cato fu dato nel decimoquarlo secolo ai Duchi di Holstein : ma non e
men vero che quesli ne riconoscevano 1'alla signoria nella Corona
danese, come per 1' Holstein la riconoscevano nella imperiale. Non
V era altro vincolo che congiurigesse i due Ducati fra loro, salvo la
persona del Duca, che all' uno e all' altro presedeva nel tempo stesso ;
non vincolo di legislazione che era differente , non vincolo di giuris-
dizione che era divisa , non vincolo di servilu militare che dall' un
Ducato non si eslendeva all' altro. Non potendosi adunque dall' una
parte allegare nessun patio d' unione tra i Re di Danimarca e 1' Im-
pero , nessuna carta di cessione dei diritti esclusivi di ciascuno , nes-
sun traltato internazionale ; e dall' altra la sloria dei due paesi mo-
slrandone nel fatto non solo la distinzione , ma la separazione poli-
iica sempre continuata; ne conseguita per nalurale inferenza che
essi non possono in nessuna maniera considerarsi, come parti di ua
LA QUISTIONE DEI DUCATI DANESI 9
tutto unico e compatto , come due province different! di una mede-
sima Monarchia, anzi neppure come due Stati connessi politicamente
insieme. Tanto e dunque contrario al diritto il contrastare alia Con-
federazione germanica la tutela dell'Holstein, quanto il contrastare
alia Corona danese la sovranita sopra lo Schleswig.
Ma se non v' e un vincolo politico che riunisca i due Ducati , v' e
pero un vincolo sociale che li stringe insieme. L'aver essi avuto
per quasi cinque secoli continui un medesimo Principe in comune,
vi ha introdotto a poco a poco una mescolanza di persone, di inte-
ressi, di costumi, che ha col lento procedere, proprio dei cangia-
menti naturali , modificata la natura propria di quelle popolazioni.
Oramai nello Schleswig la nobilla, proprietaria della maggior parte
del terreno , e tedesca ; sopra i suoi trecentoventicinque mila abi-
tanti piu di centoventimila sono d* origine e di favella tedeschi ; la
parte piu colta del popolo, come la piu ricca, e tedesca, e per conse-
guenza abitudini , usanze, affezioni tedesche vi si trovano almen tan-
to, quanto abitudini, usanze, affezioni danesi : anzi vi prevalgono, in
quanto che la parte danese, nella condizion sua dipendente dalla te-
desca , ne ha acceltati in molta parle i costumi e ne tutela gl' inte-
ressi. Queslo successive germanizzarsi dello Schleswig, caso o pro-
posito che sia stato , e un fatto che non puo negarsi ; come non pu6
negarsi il diritto dei Re di Danimarca sopra quel Ducato, scandina-
vo o germanico che esso sia. Una tale unione sociale fu nel decorso
del tempo piu volte cementata da vincoli amministrativi ; essendosl
spesso veduto negli ultimi due secoli le due Diete dei due Ducali
riunirsi per lungo tempo insieme per coslituirne una sola , e allo
Schleswig applicarsi piu sovenle le leggi holsteinesi che le danesi.
Posli questi fatli incontrastabili , e tolta di mezzo ogni passione
rivoluzionaria, non vi puo esser dubbio intorno alia quistione interna
dei Ducati. Lo Schleswig- non ha verun legame politico coirHolstein:
lo ha pero amministrativo e sociale. Per la mancanza del legame
politico esso non ha drilto a far parte della Confederazione alemanna:
per la realta del legame sociale esso ha dhritto ad una costituzione
tutto speciale, e differente da quella comune alle altre province da-
nesi. Sopra un tal punto trovasi d'accordo il dritto storico di quelle
popolazioni col dritto convenzionale dei trattati : e il negare allo
10 LA QUISTIONE DEI DUCATI DANESI
Schleswig una costituzione conforme ai suoi bisogni ed alle sue tradi-
zioni e atto d'ingiustizia si manifesto, quanto I'inedrporarlo politica-
meute all'Holstein, e fame un Ducato tedesco. Innanzi adunque al
buon senso o la quislione interna del Ducali non v' e, o essa ha fa-
cilissimo lo scioglimento.
Ma i principii nuovi della rivoluzione hamio resa gravissima quella
quistione, e ne hanno fatta assai malagevole la soluzione. Due parti
politiche, contrarie non solo, ma nimiche, spingono da due lali oppo-
sti lo Schleswig : il partito radicale scandinavo , e il partito radi-
cale teutonico. II primo aspira all'unione della Svezia, della Norvegia
e della Danimarca in uno Stato solo scandinavo , retto con forme
liberalissime: e perch e questo nuovo Stato si trovi nel momento della
agognata formazione piu forte , cominciasi dal volere distrutlo nello
Schleswig ogni elemento germanico ; e quindi si vuol naturalmente
rotto ogni vincolo amministrativo, e, se fosse possibile, ancor sociale
coll' Holstein. Giunto quel parlilo al Governo della Danimarca, lungi
dal manteuere il diritlo dello Schleswig ad una costituzione sua pro-
pria, ha falto ogni suo potere per abbattervi la parte tedesca, volen-
dola inlerameiile sommessa alia danese. II primo atto della rivo-
luzione danese, che nel 1848 spirise i democratic! al Ministero in
Copenhaghen, si fu 1' incorporazione amminislrativa dello Schleswig
alia Danimarca , dal che surse la prima guerra fra lei e la Germa-
nia, nella quale se la sorte delle armi arrise da principio alia Dani-
marca , 1' impossibilita del continuarla 1' obbligo a promesse , fatte
di mal cuore, e non mai finora interamenle effettuate.
Dopo la guerra i Ducali si tennero e vero da principio in sulle
difese conlro gli attacchi del partilo radicale scandinavo : ma spinti
dali'un lato dal bollore della lotta, e dall' altro aizzati essi stessi dal
partito radicale teutonico, che ha i suoi principal! faulori nell' Uni-
versita di Kiel, ne oltrepassarono i confini', e non content] piu della
semplice unione amministraliva, agognarono altresl alia politica.
Quindi le concession! danesi, falte in questi ultinii tempi e con tanto
mai garbo non furono piu sufficienti a quietarli : e la Confederazione
germanica, spinta forse tropp' oltre dalle intluenze manifeste e se-
crete del Nalionalverein , per soddisfarne i desiderii male accesi e
peggio nutrili, ha novamente ridestala la guerra che, dilatatasi per
LA QTJISTIONE DEI DUCATI DANESI 11
le ragioni che vedremo dopo, minaccia di avvolgere nel suo turbine
tulta T Europa.
Ora qual e la cagione che ha giltati quei due partiti cosi accani-
iamente 1'uno contro 1' atlro, ed ha cosi sconvolta ed inasprita una
quistione, per se facile e piana? E il principle delle nazionalila,
messo in voga dal nuovo dritto. Esso e invocato dagli Scandinavi, e
dai Teuton! al tempo slesso. Ne cio dee far meraviglia. II principio
e cosi vago, 1'applicazione ne e cosi incerta, che, trattandosi di un
paese come lo Schleswig si puo veramente disputare a qual delle
due nazioni esso debba appartenere. Poiche per riputarla terra da-
nese si allegano dagli uni la Storia antica, la giacitura geografica,
la favella parlata dal maggior numero, Famore degli uomini di con-
lado alle istituzioni e alia monarchia danese, gli antichi e nuovi vin-
coli politici • e dagli altri, per giudicarla terra tedesca, si adducono
la storia moderna, la coltura e 1' insegnamento specialmente supe-
riore, il maggior numero dei possidenti , i continui commerci , le
tradizioni, i vincoli sociali, e soprattutto il voto della sua Dieta. Sol
questo fatto basta a mostrare 1' inanita di quel principio , invocato
egualmente dalle due parti avversarie per insignorirsi della stessa
terra, e non senza pan ragione. Se si vuol tener fermo quel princi-
pio, la quistione non puo deciders! che dalla forza : e lo Schleswig
apparterra a quella delle due parti che uscira vincitrice dalla lotta.
II nuovo dritto adunque delle nazionalita, in questa nuova applica-
zione, si risolve nel dritto della conquista; e si vedra come in norne
della liberla possa un popolo venir consegnato in braecio della forza.
]\7e questa applicazione e di sua natura unica , e piii eccezione che
conseguenza di quel principio. L' Europa ne porge tanti altri casi,
al tutto somiglianti, che guai alia liberta vera ed ai veri interessi
dei popoli, se quel principio si vorra da senno applicar da per tutto.
III. Aspetto federate.
L'Holstein, antico feudo dell' Impero, fu, per la convenzione del
1815, unito alia Confederazione germanica, che allora si costitui: lo
Schleswig rimase provincia danese, col dritlo d'essere retta da una
costituzione tulto sua particolare. I trattati posteriori non fecero che
12 LA QUISTIONE DEI DUCATI DANESI
confermare una tal condizione di diritli preesistenti , e fortificare
specialmente con piu esplicita convenzione quell' ultimo. Innanzi a
un lal dritto storico e diplomatico, i rapporli natural! tra la Confede-
razione germanica e la Danimarca come erano semplici a stabilire,
cosi erano facili ad eseguire. Le decision! delia Diela di Francforte
erano obbligatorie per 1'Holstein: senza valore nessuno per lo Schles-
\vig : perche sopra 1' Holstein avea legiltima giurisdizione, sopra lo
Schlewig non ne avea nessuna. II governo di Danimarca per lo con-
trario dovea organizzare il governo dello Schleswig con Diete ed isti-
iuzioni amministrative, appropriate alle tradizioni ed agl'interessi di
quello Stato : e in questo andar d' accordo colla Confederazione, in-
nanzi alia quale ne avea assunto 1'obbligo. Se lo spirito rivoluziona-
rio non vi si fosse inframmischiato, e da ambe le parti si fosse atteso
al compimento del proprio dovere ; era agevolissimo 1'intendersi re-
ciprocamente , e materia di nuove vertenze non vi sarebbe stata , o
essendovi , le nuove vertenze , che non potevano cadere se non nei
particolari?fnotevansi pianamente risolvere. Cosi pero non avvenne,
perche il nuovo dritlo venne a conturbare 1'antico.
Oueslo nuovo dritto e il medesimo che quello delle nazionalita ,
che vedemmo aver turbato innanzi i rapporti dello Schleswig colla
Danimarca. II Nalionalverein arreca in campo due ragioni potentis-
sime per insignorirsi dello Schleswig: una ragione che possiam dire
d'onore, e una che possiam dire d'utilita nazionale ; per non chia-
marle col Tero loro nome d' orgoglio e d'interesse. La ragione d'o-
nore si e che la Germania non puo lasciare senza difesa i Tedeschi
abitanti nello Schleswig, loro fratelli e invocanti la loro prolezione ,
alia merce dei Danesi , i quali tendono a rapir loro quel bene mas-
simo che e la civilta germanica per sostituirvi la scandinava. La ra-
gione d'utilita si e che i porti preziosi dello Schleswig, sia sul mare
del Nord, sia sul Baltico, sono necessarii allo svolgimento della fa-
mosa armata navale , che 1' Alemagna deve costruire ; e piu che i
porli le sono necessarii gli abitanti di quelle coste, che sono riputati
arditi e abilissimi navigatori.
Ne deve sembrare strano che essi trovino queste due ragioni si
potenti, eke facciau loro preterire ogni risguardo agli antichi dritti,
e spingere per ogni via gli Stati tedeschi ad agognare quella con-
LA QUISTIOXE DEI DUCATI DANESI 13
quista. Perche, dicono essi, il piccolo Re di Piemonte corse in sus-
isidio della rivoluzione, scoppiata per opera sua medesima negli allri
Stati d'ltalia, e pole insignorirsene ? Per quella cagion medesima di
-onore, cbe noi invochiamo a favor nostro. Or V Europa non solo
consent! al Piemoirte le sue conquiste , ma vi applaud! . Or perche
vorra opporsi alia Germania, die e spinta dal medesimo impulso, e
mira allo stesso termine? 0 forse perche il Piemonte e piccolo Stato,
e la Germania e grandissimo, si consentira 1'osare piii al primo che
al secondo? E notisi sostanzial differenza che corre tra la Germania
€ il Piemonte : il Piemonte sottrasse popoli italiani a signorie italia-
ne, e la Germania vuol sottrarre popolo tedesco a signoria non tede-
sca ma scandinava. II principio dunque delle nazionalita per la ragion
di onore e piu salvo nella quistione danese , che nella italiana. Ne
men valevole esempio essi arrecano per la ragion d' interesse. Niz-
za e Savoia non furono aggiunte alia Francia per altro .motivo se
non per questo : 1'Italia unificata e una minaccia per la Francia , la
quale, ad assicurare la propria tranquillita, ha bisogno di custodire
essa stessa gli sbocchi, che dall'Italia possono introdurre nella Fran-
cia gli eserciti. Or questa ragione corre senza alcun divario a favor
della Germania. I tre Stati scandinavi tendono ad unificarsi fra bre-
Te, per non costituire che uno Stato solo, quanto polente per la sua
marina, altrettanto avverso all' Alemagna. Egli e dunque necessario
il premunirsi innanzi , e 1' aggregarsi quel Ducato , che , potendosi
considerare piu tedesco che danese, darebbe alia Germania il modo
di lenersi aperti i due mari, e farvi rispettare efficacemente la pro-
pria bandiera. Poiche la possessione dello Schleswig renderebbe da
ona parle sicura la linea dell' Eider, che e il solo passaggio dal Bal-
tico al mare del Nord che possa gareggiare collo slretto del Sund ;
e dall'aHra renderebbe stabile il dominio stesso dell' Holstein, con-
Irada esclusivamente tedesca , e si necessaria all' Alemagna per la
sua marina, per i suoi commerci , e per la sua positura , che puo
dirsi costituirne la chiave maestra verso il settentrione.
Tali sono i proponimenti del liberalismo alemanno, e tali gli ar-
gomenti, coi quali cerca di coonestarli. Orgoglio e interesse li spinge :
sofismi e cavilli li coprono : cio e indubitato per chi non e ligio alia
14 LA QCISTIONE DEI DUCATI DANESI
rivoluzione. Ma per gli uomini del nuovo dritlo I liberal! alemanni
debbono aver ragione, e ragione palpabilissima. Quindi e propria-
menle surto il garbuglio della Confederazione germanica in questa
vertenza. Tenersi al mero drilto storico e diplomaiico e stato per la
Confederazione la maggiore delle sue difficolta: perche con cio scon-
tentava la fazion radicale tedesca, che le si e levata contra nei Par-
lamenti dei varii Stati, nei diarii pubblici, in un numero sterminato
di dissertazioni, e nelle radunanze popolari, tenutesi a tal fine. E
siccome quella fazione e riuscila a forraare un'opinione fittizia, che,
a forza di gridare, ha soifocato la voce degli uomini onesti e indipen-
denti ; cosi T autorita della Confederazione ne e scapitata non poco,
e, cio che non potea mancare, il germe della discordia le si e intro-
dotto in seno, minacciando in nome del principio delle nazionalita, di
scindere quella unione, che solo ora unisce in un corpo le sparse
membra di si potente nazione. Finora nessun atto di quella augusta
Dieta non ha dato ragion palese alia rivoluzione, e la scissura non e
ancora un fatto; e verissimo. Ma egli e pur vero che il liberalismo,
colla mescolanza dei suoi nuovi principii nella vertenza federate dei
Ducati, 1'abbia resa si grave, che ne sia minacciata 1'esistenza me-
desima della Confederazione.
Ne minore e il torto del partito unitario scandinavo ; e non abbiam
bisogno di molte parole a dimostrarlo. Col negar che esso ha fatto
cio che era veramente un dritto dei due Ducati , esso ha cedulo dei
pari air orgoglio e all' inleresse nazionale, ed ha posto in repentaglio
1' esistenza medesima della Monarchia danese. V ha chi pretende
che questo sia appunto il movente secreto di quel contegno: spingere
la Corona, sotlo le apparenze di secondare i voti del popolo danese,
ad errori fatali, che ne affrettino la caduta, e cosi agevolino il modo
di elfettuare la tanto ambita unione coi regni di Svezia e di Norve-
gia. Ma sia o no questo lo scopo diretto del radicalismo scandinavo,
esso ne e certo un probabile termine : e con cio solo puo scorgersi
quaii to , sotto 1' aspetto federale , abbia la rivoluzione intrigata e
aggrandita la vertenza, che senz'essa a mala pena sarebbe surta, c
con grande facilita sarebbe stata risoluta.
LA QUISTIONE DEI DUG ATI DAKESI 15
IV. Aspelto dinastico.
II lalo piu difficile della quistione danese c , fuor di ogni dubbio ,
quello dell' eredila monarchica. II re Federico VII, che nel 1848
monto sul trono di Daniniarca, non avea ne fratelli, ne prole, ne po-
tea sperarne. II genitor suo Gristiano VIII ebbe im fratello Ferdi-
nando, anck'esso senza figliuoli ; ed una sorella, Luisa Carlotta, ma-
ritata al principe Guglielmo, Langravio di Hesse-Cassel, e madre di
progenie numerosa. La successione adunque di Federico VII alia
Corona danese dovea essere sol iemporaneamente raccolta dal pro-
prio zio Ferdinando , quante volfe questi gli sopravvivesse, cio
che nelle previsioni era improbabile per esser egli bene innanzi
nell'eta, e nel fatto non si avvero essendo lo zio morlo sei mesi pri-
nia del nipote. Erede dunque della Monarchia diveniva la LANGRA-
VINA di Hesse-Cassel colla sua discendenza. Ma cotale successione
scindeva la monarchia danese , e offriva quistioni difficili e scompi-
gliale. Scindeva la monarchia danese : perche sebbene la legge regia
del 1665, aboliia la legge salica, abilitava le donne a regnare in
Danimarca, essa non avea vigore pel Ducato d'Holslein, feudo del-
T Irapero, e sottoposto al dritto germanico ; e per conseguenza nep-
pure pel Ducato di Schleswig, il quale, per virtu dell'unione perso-
nale, seguiva 1'ordine di discendenza, proprio deirHolstein. Egli e
ben vero che nel 1721, dopo le improvvide e infelici guerre dei
Duchi di Schleswig colla Danimarca, la successione a quel Ducato fti
assimilata a quella della Danimarca, e per tale ammessa e giurala
dai membri della Dieta schleswigese : ma rimase sempre ferma la
legge salica pel Ducato di Holstein almeno, il quale pero non polea
far parle del relaggio della Langravina, e quindi dovea staccarsi
dalla Monarchia danese. Ecco dunque la scissione della Monar-
chia : ed ecco al tempo stesso cagione potentissima di piu forti litigi
nella quislione del chi sarebbe il Duca di Holstein.
Quella parte di terra, che sulla penisola nordica e compresa tra
T Elba e 1' Eider , e che , a guisa d'un cuneo penetrando colla sua
parte meridionale nell'Alemagna, separa il Gran Ducato di Mecklem-
bourg dal Regno di Hannover, ebbe fino ab antico il nome di Hol-
stein, e dette origine a quella stirpe degli Holstein, che ha dato
16 LA QUISTIONE DEI DUCATI DANESI
e da tanti principi, re ed imperatori all'Europa. Si la terra e si la
stirpe d'Holstein son divisi in brani e frazioni, con un essere pro-
prio di ciascheduna. Vediaino prima le divisioni del territorio, poi
le diramazioni della stirpe, giacche dall' una e dall' allra sorgona
drilli e difiicolta differenti per la successione nel Ducato d' Holstein.
L' Holstein abbraccia nella estensione del suo terrilorio due re-
pubbliche indipendenti, le citla libere cioe di Hambourg e di Lubeck,
la prima delle quali, posta sull' imboccatura dell' Elba, comunica col
mare del Nord, e 1'altra, posta sull' imboccatura della Trave, co-
munica col mar Baltico. II principato di Lubeck, la cui capitale e la
piccola ma graziosa citta di Eulin, tulloche stia sulla parte orienta-
le dell' Holstein, appartiene ai Duchi d'Oldenbourg. Sulla sua parle
meridionale v' e il Lauenbourg , Ducato al tutlo distinto e separate ;
ii quale conquistato dapprima sopra i Yandali, che 1'abitavano, da
Enrico il Lione , venuto poscia in signoria di un ramo dei Duchi di
Sassonia , che estinll senza prole il trasmisero alia casa di Hanno-
ver, venne finalmente da questa, nel Trattato del 1815, ceduto alia
Danimarca. Sulle due citta libere di Hambourg e di Lubeck , e sul
Principato di Lubeck, che nulla han che fare col reame danese, e
che tutti hanno signoria e governo diverso , non cade la quistione
della eredita holsteinese. Sul Lauenbourg, come su terra ceduta di-
reltamente ai Re di Danimarca ed ai loro discendenti e successori ,
neppur cade quistione innanzi al diritto diplomatico, ma si fa cadere
dai sofismi germanici innanzi al dritto nuovo , che non wole rieo-
noscere legitlimita di successori senza il beneplacito de' popoli. Ma
innanzi all'uno e all' altro drilto cade la quistione di quella rimanente
porzione, che propriamente costituisce il Ducato speciale d' Holstein.
E la quistione sorge appunto dai titoli , che i yarii rami della casa
d'Holstein possono affacciare sopra una tale eredita.
La famiglia degli Oldenbourg fino dai decimo quarto secolo ebbe
due rami ; il primogenito che ottenne il Reame di Danimarca, ed il
cadetto che ebbe la signoria del Gran Ducato di Oldenbourg, e 1'ha
tultavia nella persona del Gran Duca NICCOLO. Lasciato da parte
questo ramo cadetto, occupiamoci del primogenilo. II Conte Crislia-
no d'Oldenbourg, scelto nel 1448 dai Danesi per loro Re, ebbe da!
suo cugino, A-dolfo di Schaumbourg, morto senza posterita dirella,
LA QUISTIONE DEI DUCATI DANESI 17
Del 1159, 1'eredita dei Ducati di Schleswig ed Holstein. Esso e il
principio di quel tronco degli Oldenbourg, che la merce sua prese
il nome d' Holstein. Nel 1544 questo tronco si divise in due rami
principal! : nei primogenito , che assunse il titolo di Reale , perche
forniva i Re alia Danimarca, ed ebbe per conseguenza la denomina-
zione di HOLSTEIN-DANEMARK ; e nel cadetto, che assunse il titolo di
Ducale, perche forniva i Duchi alio Schleswig ed all' Holstein , e fu
denominalo di HOLSTEIN-GOTTORP dal luogo della sua residenza.
II ramo degli HOLSTEIN-DANEMARK si biforco ancor esso ; poiche
Cristiano III, re di Danimarca, morto nel 1559 lascio due figliuoli,
Federico e Giovanni il Giovine. II primo regno col nome di Fe-
derico II, e seguito per diritta linea il suo ramo primogenito , che
era fu eslinto colla morte dell' ultimo suo rampollo, il:re Federi-
co VII ; ed il secondo die origine alia linea cadelta di quel ramo, e
fu il germe della casa de' Sonderbourg. Ouesta linea dei Sonder-
bourg presto si parti in altre due famiglie distinte; poiche nel 1627
Alessandro, figliuolo del predelto Giovanni ilGiovane, morendola-
sciava due figliuoli : Ernesto Gontiero, e Filippo Augusta, che fu-
rono ambedue nuovi stipiti di due nuove prosapie. Ernesto Gonlie-
ro, suo primogenito, fu slipite della prosapia degli Auguslenbourg ,
che pero venne denominata Schleswig-Holstein-Sonderbourg-Augu-
stenbourg , il cui rappresentante per dritlo di primogenitura e ora
il Duca Cristiano, padre del principe FEDERICO. Filippo Augusto,
cadetto del detto Giovanni il Giovine , fu stipite della prosapia dei
Glttcksbourg, che pero venne denominata Schleswig-Holstein-Son-
derbourg-Gliicksbourg , il cui rappresentante per diritlo di primoge-
nitura e il Duca Carlo , padre del principe CRISTIANO. Tal e la
discendenza infino a noi del ramo reale degli HOLSTEIN-DANEMARK.
Indichiamo ora qual sia la discendenza del ramo ducale degli HOL-
STEIN-GOTTORP.
Per cagione dell' infelice guerra che queslo ramo mosse a Federi-
co IV re di Danimarca , esso perdette i suoi possedimenti nello
Schleswig, il quale per i trattati conchiusi dalla Danimarca colle
Corli di Prussia, d,' In ghil terra e di Francia (1715-1720) divenne
proprieta esclusiva e diretta di quella Corona, guarentitale dalla mal-
Serie V, vol. X, fasc. 337. 2 17 Marzo 1864.
18 LA QUISTIONE DEI DUCATI DANESI
leveria pattovita di quelle tre Corti. II Duca di Gottorp, Carlo Fe-
derico , cui si era lasciato il solo Ducalo di Holstein, trasferi i suoi
lari in Russia , ove sposo la iigliadi Pietroil Grande. II loro figliuo-
lo monto sul trono dei Czar e fa Pietro III, proavo del presence Im-
peralore ALESSANDRO II.
Concbiudendo adunque questa necessaria , benche noiosa recen-
sione delle yarie diramazioni della originaria famiglia degli Oldcn-
bourg, ineltiamone in imo specchio i rami principalissimi , con se-
gnarvi a lato i nomi di coloro , die , come attuali rappresentanti di
ciascheduno di essi, avrebbero un qualche dritto di aspirare all' ere-
dita danese.
Diramazioni Rappresentanti
OLDENBOURG
HOISTEIN-DANEMARK
LINEA REALE Langravina
LINEA CADETTA
» I AUGUSTENBOURG . Federico
» GLUCKSBOURG . . Cristiano
RAMO PRIMOGENITO . . Alessandro
RAMO CADETTO .
EOLSTEIN-GOTTORP.
Ciascuno dei qualtro rappresentanli maschi dei rami diversi degli
Oldenbourg puo affacciare un litolo ragionev ole alia successione del-
1' Holslein, ove e in vigore la legge salica. Per prossimita di discen-
denza il Duca di Auguslenbourg ha non dubbio il vantaggio sopra
gli allri : ma al tempo stesso e per lo stesso suo dirilto ciascuno degli
altri tre dovrebbe succedere nella Signoria di alcune terre del Du-
cato holsteinese propriamente detto, eke erano appannaggio partico-
lare delle rispettive loro case; e le quali non furono cedute ai Re di
Danimarca , mediante compensi e cambii , se non unicamente per
salvare 1'integrita della Monarchia danese, ed in favore esclusivo
degli eredi o successor! di quella Corona. Cosi, per cagion d'esem-
pio , le Signorie di Rantzau , e di Ptimeberg colla cilia e col porlo
magnifico di Kiel, dovrebbero essere cedule all' imperalore Alessan-
dro II; giacche, se la sua famiglia nel Traltato di Tzarkoe-Selo (1773)
le scambio colle Signorie di Oldenbourg e di Delmenhorsl , vi pose
per patio espresso, rammentalo poscia nel 1853 nei protocolli di
LA QUISTIONE DEI DUCATI DANESI 19
Varsavia , che cio era in favore dei successor! nel trono reale ai Re
di Danimarca , mats non pas en faveur des successions particular es,
qui pourraient s'ouvrir dans les Duches. La successione adunque del
Duca di Augustenbourg porterebbe seco inevitabilmente lo sminuz-
zamento di quel Ducato.
Or dopo la guerra del 1848 , nella quale il Duca di Augustem-
bourg capilano la rivoluzione dei Ducati contro il Governo e il Re
di Danimarca., il principal pensiero del Monarca danese, dopo otte-
nuta la pace, fu di regolare, d'accordo colle grandi Potenze dell' Eu-
ropa, la successione al suo trono, in forma che dall'una parle si evi-
tassero tutte le rivalila e le concorrenze di tanti candidati, e daU'allra
si conservasse integra nella sua totalita la Monarchia. La preferenza
fu data dal Re di Danimarca al Principe Cristiano di Glucksbourg.
Esso potea affacciare sopra Y Holstein dritti quasi eguali al Duca di
Augusteubourg ; ed avendo sposata una figlia della Langravina, po-
tea da costei ottenere facilmente , per ispontanea cessione , i dritti
alia eredita meramente danese ; e la sua prole discendeva dai Re
di Danimarca dal lato dei maschi e dal lalo delle donne. La Langra-
vina Luisa Carlotta rinunzio di fatto in favor suo e dei suoi discen-
denti alia Corona di Danimarca ,. In favor suo inoltre rinunzio 1' Impe-
ratore delle Russie, come capo della famiglia degli Holstein-Gottorp,
a qualsivoglia drilto sopra tutte le parti dei Ducati ; in favor suo ri-
nunzio a qualsisia dritto o possibile pretensione sopra i Ducati il
Gran Duca Niccolo di Oldenbourg , in qualita di capo del ramo ca-
delto degli Holstein-Gottorp. II piu difficile a contentare, e al tempo
stesso il piu assolutamenle da escludere, a cagione delle armi da lui
capitanate contro la Danimarca, era il Duca di Augustenbourg: pur
tutta\ia si riusci ad ottenerne piena ed assoluta rinunzia , mediante
un atto conchiuso il di 30 Dicembre 1852 , fra il conte di Bismark
plenipotenziario e il suddetto Duca. Poiche questo e il punto cardinal©
della presente controversia in Germania, e bene d' indicar qui i due
capi principalissiini di quel traitato.
II primo e il compenso dato al Duca di Augustenbourg per la
chiestagli cessioue. Questo fu di un milione e mezzo di risdolleri dop-
pii, i quali costituiscono otto milioni e mezzo di franchi, pagatigli nel-
le mani sue proprie , e di cui liberamente uso e dispose. II secondo
20 LA QUIST10NE DEI DUCATI DANESI
ela natura medesima della cessione. Egli adunque abbandonava tut-
te le sue proprieta private nello Schles^ig e nell' isola d'Alsen ; pro-
metteva che ne egli, ne veruno mai del suoi discendenti, porrebbe la
sua dimora in veruna terra della Monarchia danese , e neppur nei
Ducati , e che mai non vi acquisterebbe fondi ne lerreni. Nous fai-
sons voeu, seguita poscia Fatto citato , et promettons encore sur no-
ire parole el noire honneur de Due, POUR NOUS ET XOTRE FAMILLE,
de ne rien enlreprendre qui puisse troubler ou mettre en peril la
tranquillile du royaume et des pays de Moire Majeste , et aussi de
ne nous opposer d'aucune maniere aux mesures prises ou a prendre
par Moire Majeste Roy ale, relativement a I'ordre de succession pour
tons les pays actuellement reunis sous son sceptre, ou a I' organisa-
tion e'ventuelle de la Monarchie danoise.
Pochi trattati puo noverare la diplomazia pari a questo, ossia per
la felicila dei maneggi , ossia per la qualita dei pericoli che antive-
niva. Fu adunque con universale satisfazione delle parti direttamen-
le interessate, e delle Corti di tutta Europa riconosciuto per succes-
sore di Federico YII nella Corona di Danimarca e nel Ducalo di
Holstein, il principe Cristiano di Glucksbourg ; e il Trattato che in
quattro articoli separali conteneva un tale assestamento, fu stanzialo
in Londra il di 4 Luglio 18oO , e le convenzioni speciali colle siu-
gole famiglie inleressate furono conchiuse con trattati speciali lungo
i Ire anni dal 1851 al 1854. II Trattato di Londra fu firmato dai
plenipotenziarii della Danimarca , dell' Inghilterra , della Francia ,
della Russia e della Svezia, ai quali aderirono quindi a poco piena-
menle 1' Austria e la Prussia, e una gran parte dei Principi regnanti
in Europa, e segnatamente della Germania.
Or, dopo un tal Trattato , qual quislione piu semplice dinanzi al
tribunale del buon senso che quella della successione sul trono da-
nese, alia morte di Federico YII? Eppure alia sua morte quella qui-
slione e divenuta non solo imbrogliata, ma ardenlissima. Ne in questo
pun to il perche e di verso dal perche degli altri. II dritlo nuovo e
venuto a conturbar tulto. II Nationalverein oppone che quel Trattalo
del 1850 non ricevetle 1'aderenza della Confederazione germanica,
con tullo che abbiasi quella della massima parte dei Principi confe-
derati ; e pero sebbene possaforse obbligare i singoli membri, noa
LA QUISTIONE DEI DUCATI DANESI 21
puo obbligare la riunione loro nella Dieta. Oltre a cio manca, dic'e-
gli, il consenso del popoli, neeessario a render valido un tal atto :
anzi \''e il suffragio contrario si delle popolazioni dei Ducati, e si di
quelle dell'inlera Alemagna. Ne il Trattalo di Londra puo obbligare
il principe Federico , figliuolo del Duca d' Augustenbourg , die il
conlrasse, non essendosi dimandato il suo consenso , che certo non
avrebbe egli dato per non defraudare 1' Holstein del bene sommo
clie sarebbe pel Ducato il costiluire uno Stato ledesco solto un Prin-
cipe cosi devoto al bene dell' Alemagna. E se anche si fosse poluio
giudicare obbligatorio allora pel figliuolo un vincolo contralto dal
padre, per una vana presunzione di dritto ; non si puo giudicare tale
ora che le circostanze cangiate ban reso impossibile 1'esecuzione di
quel Trattato. E che circostanze susseguenti possano invalidare un
patto, precedentemente stabilito, puo dimostrarsi con esempio assai
illustre e recentissimo , qual e quello di Zurigo. Qual parte d' esso
venne finora eseguita dal Piemonte? Si obblighi prima il re di To-
rino a inantenere i patti giurati a Zurigo, ed allora si potra senza con-
traddizione esigere nell' Holstein il mantenimenlo d' un palto, men
giusto e men certo di quello. A farla finita adunque, senza disturbo
di veruno, bisogna accelerare i fatti , pigliar possesso , interrogare
il suffragio di quei popoli, istallarsi nel seggio ducale. II fatlo com-
piuto e il plebiscito aggiunlovisi daranno ragione al dritto nuovo , e
F Europa, lungi dall' attraversarlo, lo rispeltera. Ouesti sono i razio-
cinii del partito radicale tedesco , questa la chiave che spiega i falli
finora accaduti : e tutlo 1' agitarsi alemanno in questa vertenza dei
Ducati non e che un conseguente della rivoluzione che rinnega ogni
dritto nalurale, ogni dritto storico, ogni dritlo diplomatics, per rifare
la societa sopra basi convenzionali e fatlizie.
V. Aspetto internazionale.
Due sono nelle relazioni reciproche delle nazioni , come nei rap-
porti degli uomini individui, i principii motori: il dritto e Y interes-
se. Non fare ad altri cio che non vuoi per le, grida il diritto : togli
agli altri quello che serve a te , grida 1' interesse. Nella quistione
dei Ducati tedeschi 1' interesse offre un massimo pascolo alia cupi-
22 LA QIISTIONE DEI DUCATI DANESI
digia delle varie nazioni di Europa. Trattasi di possedere, se non la
chiave del mar Ballico, certo il piu facile sbocco dal Baltico nel mare
Settentrionale. Trattasi adunque del primalo della Scandinavia nella
navigazione di quei due mari, della liberla maritlima della Rus-
sia, della potenza navale dell'Alemagna : che sono le tre nazioni , le
quali si affacciano colle lor cosle su quelle acque. Eccole dunque
lutte e tre naturalmente cupide di un tal possesso. Ma non meno
importa alia Francia e all' Inghil terra il contrastarlo alia Germania
ed alia Russia : perche i porti si grandi , si sicuri e si difesi che
offrono i seni di quei Ducali , se vengono in mano a due nazioni
ricche, e potenli, minacciano di far nascere tali narilii guerre-
schi, e tali commercial!, che la preminenza inglese e francese nella
signoria dei mari verrebbe forse-'a pericolarne. Se dunque o la Rus-
sia o la Germania tendessero a quell' acquisto, valido contrasto tro-
verebbero nell' interesse opposto di quelle due altre nazioni rivali.
La lotta allora s' allargherebbe di campo immensamenle ; e i Ducati
dopo essere stati disertati , impoveriti , spopolali , insanguinati , sa-
rebbero ben fie vole compenso alia nazione vinci trice. I/ interesse
aduuque nazionale , se si lascia operar solo in questa verlenza , la
rendera la piu pericolosa tra le moderne di Europa, e mostrera una
volta di piu come mat serva alia prosperita dei popoli quei dritto
nuovo, che tanto 1' esalta.
A salvare da si gran disastro le nazioni ed a conciliate gl' interes-
si loro comuni, sol valido e il dritto riconosciuto e abbracciato age-
volmente da tulte. Esso concede alia Danimarca, quasi in consegna,
le ambite costiere holsteinesi : e la Danimarca, abbastanza agguerrita
per non farsi sopraffare da qualche vicino ambizioso, ma non abba-
stanza grande per ambire al dominio esclusivo degli sbocchi del
Baltico, manterra fra i popoli contendenti quei giusto equilibrio, che
e la miglior guarentigia contra le ambizioni di chi fra loro tendesse
a prepotenza. Questo dritto per la Danimarca e ingenito nella tra-
dizione dei popoli, e trasmesso dalla storia de' quattro ultimi secoli,
e scritto nei trattati piu solenni, e guarentito dalla fede pubblica, c
consenlito dalle principal! parti interessate. Perche prevalga col fat-
to non occorre che far tacere le passioni rivoluzionarie , cbe solo la
contrastano.
LA QUISTIONE DEI DUCATI DANESI 23
VI. Conclusione.
A farlo appunto trionfare hanno sguainala la loro spada la Prus-
sia e 1* Austria unite insieme. La Danimarca ha i suoi torti , e questi
le sono derivati dalla fazione radicale scandinava : la Danimarca ha
i suoi dirilli , e quesli le sono contrastati dalla fazione radicale ger-
manica. Contro la prima, non meno che contro laseconda, combal-
tono le due grand! Potenze della Germania, spalleggiate, a quel che
pare, dalla Russia, e coverte, sebbene simulatamente ancora, dalla
Inghillerra. E poiche ora la rivoluzione si e fatla cosmlca, e i rivo-
luzionarii di tutti i paesi sono vincolati da interessi e da patti comu-
ni ; quella guerra iniziata sulla penisola danese e tradolta dai gior-
nali liberaleschi dell' Europa come il cominciamento della reazione
nordica contro i progress! della civilta occidentale , come un duello
tra il DUOVO e ii vecckio drilto , come una disfida che i Re per la
grazia di Dio fanno agli Stati agglomerati dal suffragio universale. E
tale e veramente ; perche in questa lotta devesi decidere , come ab-
biam veduto finora, se debba trionfare la legittimila del drilto, o
T interesse delle fazioni ; se debba prevalere la fede pei traltati o ii
sofisma delle nazionalita ; se debbano osservarsi gli obblighi con-
tralti od autenticarsi i fatii compiuti; se in uria parola debba la ri-
voluzione osar tutto , cangiar tulto , dislrugger tutto , o se debba
1'ordine conservare il bene, proteggerlo, amplificarlo. Questa lotta
potra forse restringersi nelle fazioni guerresche a quelle remote re-
gioni del Nord : ma nelle conseguenze politiche e sociali, ancor cosi
ristretta , partorira i suoi frntti in lutta 1' Europa. Che se poi essa
non riuscira a mantenersi tra quei confmi , o perche la rivoluzione
coll' allargarla voglia rendere piu difficile la propria sconfitta, o per-
che le Potenze conservalrici sperino di rendere piu piena e piu du-
revole la propria viltoria ; se il conflitto di dano-teutonico che ora e
diverra europeo ; noi possiamo profondamente compiangere le Yittime
che esso sara per fare , ma non possiamo disconoscere il beneficio ,
che , Dio concedenle , potra recare all' Europa , che e quello di ri-
metterne le nazioni sul sentiero abbandonato della giustizia e del
buon dritto.
IL CONGRESSO DEI DOTTI CATTOLICI
IN MONACO DI BA.VIERA
E LE SCIENZE SACREi
IX. Qui si cerca se sianvi indizii, die il Candelabra delle Scienze sacre,
rimosso dalle altre nazioni, debba essere collocato in Lamagna.
Poicke il dottor Dollinger ebbe stabilito, nella maniera soprascrit-
ta, come qualmente, per cio che si attiene a filosofia e sacre disci-
pline, nulla di considereyole e nel tempo presente in Italia, nulla in
Francia, nulla in Ispagna, viene finalmenle, con maravigliosa sicu-
rezza, a quest' ultima conchiusione : « Cosi pertanto nei nostri gior-
« ni il candelabro della sciehza teologica e rimosso dai primieri suoi
« seggi ; e la volta di diveniare il principale sostegno ed il custodc
« delle discipline teologiche e finalmente venuta al popolo tedesco.
« I Greci, gli Spagnuoli, gl' Italian!, i Frances! , gF Ingles! ci sono
« andati innanzi, ed io devo dire col poeta romano :
« Illos primus equis Oriens afflamt anhelis,
« Nobis sera rubens accendit lumina vesper.
« Avviene della scienza ecclesiaslica come del sole, che mentre esso
« rischiara nell'aurora una parte della terra, lascia la sera in un'al-
1 Y. il volume IX, pag. 657 e seg.
IL CONGRESSO DEI DOTTI CATTOL1CI E LE SCIENZE SACRE 25
« tra ; e menlre qui rifulge in pieno meriggio, gli antipodi sono rav-
« void in nolle buia l ».
Veramenle al resto della Caltolicita, piultoslo che vedersi ravvolta
In quella buia nolle, dovrebbe piacere meglio, che la scienza sacra,
come cosa caltolica, non fosse privilegio di quesla o quella gente, ma
serbasse il caraltere sovrannazionale, che TAutore medesimo vi ri-
conobbe fmo dal primo slabilirsi di quella nel mondo. E noi stessi,
nel rapido cenno che abbiamo falto delle sue vicende nei sei secoli
seguenti, abbiamo ben dovuto riconoscere che una nazione , per un
dalo lempo, vi fiori piu che un'allra ; ma quella faccenda che la Teo-
logia fosse come il Sole , che porta il meriggio ad un emisfero , la-
sciando immerso 1'allro in nolle profonda, non ci sarebbe venula in
capo neppure per sogno. Ma supposto che la sia venuta in capo al
dotlor Dollinger, il quale con tanla franchezza 1'ha spialtellala in fac-
cia all'Europa civile, noi, nazioni non leuloniche, abbiamo beneil di-
ritlo di sludiare un poco i lunarii, per accertarci che sia propriamente
venulo il tempo di rimanere all'oscuro, addirillura come anlipodi del-
1'Alemagna , dove solo si fruirebbe d' un pieno meriggio. A cessare
nondimeno pur Tombra della gelosia e dell'invidia, dobbiamo aggiun-
gere, per amore di giuslizia, che 1'Aulore, lungi dall' inorgoglire di
questo privilegio della sua nazione, con esemplare modeslia , lo ri-
conosce come dono di Dio , e come un grave dovere di coscienza,
Imposto ali'Alemagna, d' illuminare le altre nazioni. « Noi Tedeschi
1 So 1st denn in unseren Tagen der Leuchter der theologischen Wis-
senschaft von seinen friiheren Stellen weggeriickt, und die Reihe, die vor-
nehmste Tragerin und Pflegerin der theologischen Disciplinen zu werden,
ist endlich an die Deutsche Nation gekommen. Griechen, Spanier, Ita-
lianer, Franzosen, Englander sind uns vorausgegangen, und ich darf mit
dem romischen Dichter sagen :
lllos primus equis Oricns afflavit anhelis,
Nobis sera rubens accendit lumina vesper.
Istesdochmit der kirchlichen Wissenschaft, wie mit derSonnerwa-
hrend diese die eine Seite der Erde in Morgenroth taucht, ist es Abend auf
der andern, leuchtet sie hier in vollem Mittag, so sind die Antipoden in
dunkle Nacht gehullt. Pag. 44.
26 IL CONGRESSO DEI DOTTI CATTOLTCI
(si potrebbe volere umilta maggiore di questa?) « possiamo c dobbia-
« mo riconoscere questo compile a noi hnposto, senza per quesio dar
« luogo ad alcun pensiero di propria alterigia sopra le allre nazioni;
« perciocche si tralta qui di un'alla e sanla vocazione e del coscien-
<f. zioso adempimento di gravi doveri. II carisma dell'aculezza scien-
« tifica, della profondita, delle ricerche istancabili, penetranti al fon-
« do, e dei perseveranti lavori dell' ingegno , fu gia conferito a noi
« Tedeschi : il non volere trafficare un siffalto talento sai'ebbe una
« dannevole infingardaggine l ». Queste parole, la cui modeslia ag-
guaglia nell' Autore la sua dottrina , bastano cerlamente a melterlo
al coperto da ogni sospizione di orgoglio nazionale. Perciocche 1* u~
milta non coiisiste gia nel disconoscere i doni di Dio; ma sivvera-
menle nel confessarne il sovrano datore, e nel compiere i doveri che
quelli impongono: ed egli'fa quello, e dispostissimo a questo , e vi
esorta, con molto gravi parole, i suoi connazionali. Vero e che quei
doni potrebbero essere una fantasia bella e buona ; ma allora , pur
reslerebbe un merito in chi , immaginandosi di possederli, non ne
piglia cagione di levarsi in superbia. II lellore giudichera se sia pre-
cisamente quesio il caso, di cui stiamo trattando.
E pria di tutto conviene osservare, come il Dollinger non preten-
de in alcuna maniera , che in Alemagna si trovi gia costituita una
scienza teologica, rispondente ai bisogni dei tempi moderni. Quanta
al fatto presente, ivi non si sta, in sua sentenza, molto meglio che
altrove ; e per tutto , sotto un tale rispetto , il mondo versa in una
mezza luce, somigliante a crepuscolo. Ma vi e differenza grandissi-
ma in quesio , che, dove nelle altre contrade , nella Francia , esem-
pligrazia, nella Spagna, nell' Italia compresa Roma , il crepuscolo e
1 Und wir konnen iiiifl sollen diese unsere Aufgabe anerkennen , ohne
hiebei einem Gedanken selbslischer Ueberhebung iiber andere Nationen
Raum zu geben ; denn es handell sich hier um einen hohen, heiligen Beruf
und um die gewissenhafte Erfiillung schwerer Pflichlen. Das Charisma der
wisscnschaftliche Seharfe und Grundlichkeit, der rastlosen, in die Tiefe
dringenderi Forschung und der beharrlichen Geistesarbeit ist uns Deut-
schen einmal gegeben ; mil diesem Pfunde nicht wuchern zu wollen ware
strafliche Versiiumniss. Pag. 44-45.
E LE SCIENZE SACRE 27
vespertine e piega a sera , cola e matlutino , e aurora limpidissima
eke cammina al pieno meriggio. E cosi 1'Autore, guardando innan-
zi nel futuro ( vorwarts in die Zukunft schauend ) , piuttosto clie af-
fermare fatti present!, fa vaticinii per 1' avvenire, fondandoli e con-
fortandoli d' indizii e di appareccbi, i quali a lui sembrano irrepu-
gnabili, ma che forse non a tutti potrebbero parere mollo conchiu-
denti. Ad ogui modo, la sentenza e data; ed il movebo candelabrum
tuum, che nel quinto dell'Apocalissi e una minaccia, per lulte le na-
zioni non ledesche e un decreto inappellabile. Ma veniamo agl'indizii.
Certo quello, che fu ricordalo teste, tolto dal Carisma concesso ai
Tedeschi dell' acutezza scienli/ica, della profondita con tulto il re-
slo, e qualita naturale di quella degna gente, non conferitole dalla
Provvidenza ieri od oggi. Ora, diciamo noi, se quel Carisma nei se-
coli andati non basto (secondo che ii Dollinger stesso afferma) a fa-
re, che 1' alemanna agguagliasse le altre nazioni in opera di sacre
discipline, per qual ragione nuova dovrebbe bastare nel presente a
costituirla maestra di tulte? E lo slesso si potrebbe dire dell'altro
indizio di questa wcazione, tolto dalla disposizione , che i Tedeschi
hanno tnaggiore , che non qualunque allro popolo di razza latina,
ad imparare le lingue degli altri popoli e ad addentrarsi nelle loro
proprieta nazionali 1 ; pregi anche questi rdi anlica data , ed i qua-
li non si vede per quale nuova congiuntura dovrebbero al presente
produrre un tanto novissimo effetto. Quantunque intorno a cio fu
gia notato da noi , come nell' insegnamento non si richiede tanto ,
che il maestro intenda il linguaggio degli scolari, quanto che questi
intendano il linguaggio di quello, e di appropriarsi le sue ricchezze
scientifiche; cotalche quella disposizione indicherebbe, che si debba
essere piutlosto scolari che maestri. Tultavolla 1' indizio sarebbe di
qualche valore, quando le altre genti europee avessero una grande
disposizione ed una non minore inclinazione ad imparare il Tedesco,
1 Und da der Deutsche fiir die Erlernung fremder Sprachen und fiir
das Eingehen auf nationale Eigenthiimlichkeiten grossere Neigung und
bessere Eegabung besitzt, als die Romanischen Volker, so diirfte auch die-
ser Zug als eine Bestatigung jenes Berufes gelten, den ich unsrer Naiiou
zueiguen zu sollen glaube. Pag. 38.
28 IL CONGRESSO DEI DOTTI CATTOLICI
ovveramente quando i Tedeschi usassero scriverc nei linguaggi delle
allre genti europee. Ora ne 1' uno , ne 1'altro e vero ; e smesso il lin-
guaggio latino piu forse dai doltori cattolici che dai prolestanti, essi
sono tenacissimi del loro idioma , quasi lutto dettando in quello ;
mentre per contrario le altre genti europee , massime di ceppo lati-
no , trovano il Tedesco non mediocremente alieno dai loro gusto , e
di apprendimenlo meno assai spedito e piu difficile, che non e Y In-
glese e piu ancora il Francese.
Ne valgono punto meglio i due indizii od argomenti, che 1'Autore
raccoglie dalle promesse divine, e dall' analogia colla laucia di Te-
lefo, affine di dimostrare, che 1'unila religiosa dell a Chiesa occiden-
tale dev' essere restituita per opera dei Teologi alemanni, dalla cui
scienza le Confession! separate saranno riconciliate in una piu alta
unita. E com'e saldo nel vaticinio ! com'e sicuro del fatto suo ! « Noi
« dovremrao abbandonarci da noi stessi , dovremmo disperare del
« nostro futuro, quando volessimo smettere la fede che 1' unita reli-
« giosa e possibile, anzi che essa e cert a — tanlo certa, quanto che
« la nazione alemanna non e in decadenza, ma piuttosto e un popolo
« vivace e forte ; tanlo cerlo, quanto che la Chiesa ha la promessa,
« che le porte della morte non saranno prevalent} sopra di lei. II che
« essendo cosi , non potra la Teologia tedesca considerarsi come la
« lancia di Telefo, la quale guari la ferita fatta per lei? I Teologi te-
« deschi sono stati quelli che cominciarono la scissura, che accesero
« il fuoco della separazione, e fin d'allora hanno studiosamente por-
« tato legna per alimentarlo. I Tedeschi singolarmente hanno, con
« tutti i mezzi dell'ingegno, circondata e raffermata di bastioni scien-
ce tifici la dottrina, per cui 1' unita dei Cristiani fu perduta. E pew
« la Teologia tedesca ha altresi la vocazione di riconciliare un' altra
« volta le Confessioni separate in una phi alta unita 1. »
1 Wir miissten uns selber aufgeben, mussten an unserer Zukunft verz-
weifeln, wenn wir von dem Glauberi lassen wollten, dass die religiose
Einigung moglich, ja dass sie gewiss sei — so gewiss, als die deutsche Na-
tion kein untergehendes, sondern ein lebenskraftiges Yolk ist, und die Kir-
che die Verheissung hat, dass die Todespforten sie nicht iiberwaltigen >ver-
den. Uad wenn es so ist, sollte die Deutsche Theologie nicht als der Speer
E LE SCIENZE SACRE 29
Nessurio piu di noi e lontano dal volere menomare i pregi della
nobilissima nazione germanica, nella quale, senza cercare se sia in
istato di decadimento o di progresso, e indubitato die si trovano
molti e preclari elementi di vita e di forza. Ma 1' esservi certezza,
che essa racquistera per propria virtu la perduta unila religiosa ,
quanta ve n' e che la Chiesa , ha la promessa ( als die Kirche die
Yerheissung hat) che le porte della morle (o dell' inferno) nonpre-
varranno sopra di lei, cotesto ci giunge novissimo; e, trattandosi
di cosa positiva e non possibile a conoscersi, che per una posiliva ri-
velazione, avremmo desideralo che il dott. Dollinger ci avesse indi-
cata la fonte, onde 1' ha tralta. Cerlo il Portae inferi non praevalebunt
del XVI di S. Matleo, riguarda manifestamente la Chiesa universale,
senza che alcuna contrada parlicolare abbia dirilto di applicare a se
stessa una uguale certezza di non perdere 1' unita o di ricuperarla ,
non 1'Alemagna piu che la Spagna, la Francia, 1' Italia o qual si vo-
glia altra. Che se le porte dell' inferno prevalsero pur troppo sopra
tante Chiese asialiche ed africane , fiorenti un tempo di santita e di
dottrina, quanlo qualunque allra delle occidental} ; ci si dica dove sta
scritto che le non potranno durare a prevalere sopra alcuna di queste.
La quale ultima considerazione puo servire altresi a dimostrare
la vanita della immagine poetica, tratta dalla lancia di Telefo. I
poeti la inventarono, appunto perche cosa affatto contraria a do, che
comunemente suole e deve avvenire ; e ad onta di quella immagi-
ue resta sempre vero che le ferite, fatte colle lance, non si curano
colle lance, ma si blandiscono cogli unguenti e si fasciano colle
bende ; e per quanto si voglia esagerare il similia similibus degli
omeopatici, da lui altresi ricordato a queslo proposito, non av-
verra giammai , che la ferita , fatta con una schioppettata, possa da
des Telephus sich erweisen konnen, welcher die Wunde erst schliigt und
dann heilt? Deutsche Theologen sind es gewesen, welche die Spaltung be-
gonnen, welche das Feuer der Zwietracht entziindet, und es seitdem, emslg
Holz zutragend, genahrt haben. Deutsche vor allem haben die Lehre, an
der die Einheit der Christen sich verblutet hat, mlt alien Mitteln des Geistes
ausgebildet, mil wissenschafllichen Bollwerken umgeben und befestiget. So
hat denn auch die Deutsche Theologie den Beruf, die getrennten Confessio-
nen einmal wieder in hoherer Einheit zu versohnen. Pag. 45-16.
30 IL CONGRESSO DEI DOTTI CATTOLICI
un'altra schioppetlata essere guarita. Che se fosse vera 1'analogia re-
cata dall'Autore, dovremmo dire che i Greci, sedotli da Fozio, e gli
Africani, soggiogali da Maomelto, debbono rivenire aU'unita caltoli-
ca e cristiana, per opera di Greci e di African!, del che veramente,
almeno per ora, non pare che si vegga alcun principio ; e passarono
dieci secoli pel priori, e dodici pel secondi! Eh! che giova illuder-
si? I malali debbono essere guarili dai sani ; e se, a confessione
dello stesso dott. Dollinger, la scienza alemanna non basto a porre
un argine al primo irrompere dell'eresia, sicche questa dovette tro-
yare i piu \igorosi contrasli ed i ratlenli piu saldi nella slraniera;
Bon crediamo che la lancia di Telefo possa avere rnigliore efietto
ora, che 1'eresia stessa si e tanto saldamente stabilita e rafforzata in
quelle con trade col possesso di oltre a tre secoli, e collo spaventoso
pervertimento degrintelletti, del quale e slata feconda. In ogni caso, i
zelanti dell' unita religiosa dovrebbero star bene sull' avviso conlro
al pericolo, che vi e, di piegarsi essi ad unirsi coll' errore, invece
di condurre gli erranti ad unirsi colla verita. E forse un men bene-
Tolo censore potrebbe vedere un lampo di quel pericolo nella singo-
lare idea, che la Teologia tedesca ha la vocazione di conciliare in
una piii alta unita (in hoherer Einheit m versohnen) le divise Con-
fessioni cristiane. Noi per fermo sopra del Cattolicismo non saprem-
mo pensare una piu alta unita , che gli sovrasti ; ed una Teologia,
che s' imbarcasse nell'opera di trovarla, rischierebbe di corrompere
II Cattolicismo stesso, inserendovi elemenli che ne sono una piu o
meno ampia negazione.
Oltre agl' indizii soprascritti, il dott. Dollinger reca gli apparec-
chi gia falti in Lamagna, perche il candelabro delle scienze leolo-
giche sia cola collocato a rischiararvi il mattino ed il meriggio,
mentre tutti gli altri popoli, come antipodi di quella gente forlunata,
si debbono rimanere nella notte, o al piu nolle ombre di un crepu-
scolo vespertino. Ed ecco come egli si esprime : « Nell' Alemagna
« pertanto dobbiamo noi cercare la patria fulura della Teologia cat-
« tolica; percioccche nessun altro popolo, come il tedesco, ha colli-
« vato con uguale solleciludine, amore e profondila la storia e la fi-
« losofia, che sono i due occhi della Teologia ; e pero, nell' uno e
« nell'altro capo (nella storia e nella lilosofia), t Tedeschi sono diven-
E LE SCIENZE SACRE 31
« tali i maestri di tulle le nazioni 1. » Poscia , ricordate allre ma-
niere di cognizioni, necessarie alia Teologia, cioe dire esegesi bibli-
ca, patrislica, critica della storia e via dicerido, di tuile lascia inten-
dere, che in Alemagna sia il primo magisterio del mondo.
Ora qui sarebbe a cercare prima, se sia possibile lo stabilimento
di una nuova Teologia diversa dall'anUca ; secondo, supposto che si,
sarebbe a vedere in qual misura siano richiesti quegli element!, o,
come egli dice, quei sassi necessarii al nuovo edifizio; da ultimo, si
dovrebbe esaminare se quelli si trovino veramente ampli e perfetti
nel mezzo deila nazione tedesca, a differenza di tutte le altre. Ma i
lellori vedranno da loro che, mettendoci noi in questo pelago, la riva
non ci si farebbe vedere, che molto lonlana, quando, in quella vece,
a loro ed a noi comincia oggimai a tardare 1'afferrarla. Sara dunque
meglio preterire quelle due prime ricerche, alle quali dalle cose phi
sopra discorse non dev' essere malagevole il dare una risposta, e
fermarci alia terza ; per la quale se la conchiusione riuscisse negati-
va, gia non vi sarebbe grandc uopo di occuparci delle altre due.
E che dall' Alemagna si siano avuti, massime nei tre o quatlro ul-
timi decennii di questo secolo, molti e pregevolissimi lavori storici ,
cio non si nega da nessuno, e da noi meno di qualunque altro. Anzi
aggiungiamo di vedere in quella degna nazione i due requisiti phi
necessarii, per conoscere con accuratezza i fatti dei tempi remoti, e
per esporli con veracita ; e vogliamo dire la pazienza nelle ricerche,
e quella schieltezza e leaita di carattere, che italianamente potrebbe
chiamarsi ancora yermanita con bella ed onorevole sinonimia. Le qua-
li nobilissime doti, alterate stranamente pel fanatismo eterodosso, col
rimettere notevolmente di questo negli ultimi tempi, avendo pigliato
di nuovo il sopravvento, si sono falte origine di quei servigi insigni,
che la verila storica in generale, ed in peculiar guisa quella del Catto-
licismo, ha avuto da scrittori proteslanti, quali furono un flurter, un
Yoigt, un Ranke, un Leo, per non dire di autori cattolici , che della
1 In Deutschland also haben wir kiinftighin das Heimathland der ka-
Ihollschen Theologie zu suchen. Hat doch auch kein anderes Volk, als das
Deutsche, die beiden Augen der Theologie, Geschichte und Philosophic,
mil solcher Sorgfalt, Liebe und Griindlichkeit gepflegt; sind doch in beiden
Gebieten die Deutschen die Lehrer aller Nationen geworden. Pag. 47-48.
32 IL CONGRESSO DEI DOTTI CATTOLICI
storia, soprattutlo del medio evo, meritarono otlimamenle. Ma da que-
slo all' essere diventati i Tedesclii i maestri di tulte le nazioni ( die
Lehrer aller Nationen sind geworden ) ci e un gran tralto ; e forse
lo spifferarlo loro in viso con tanta burbanza e il mezzo piu efficace,
perche quelle non si vogliano acconciare ad un tal magistero ; veduto
soprattutto che altre nazioni, come sarebbero quelle di ceppo greco-
latino, polrebbono desiderare peculiarmente nella storia qualche cosa
di piu, che non sono le diligenti ricerche ele veridiche esposizioni,
come certamente vi e qualche cosa di piu in Erodoto ed in Tucidide,
In Tacito ed in Livio, nel Mariana e nel Bossuet, nel Guicciardini e
nel Barloli. Anzi , eziandio riconoscendo che alcuni storici tedeschi
non mancano di perfezione letteraria , le altre nazioni non sogliono
accettare i lavori slorici dei loro maestri a chiusi occhi, e senza be-
nefizio d' invenlario ; e fanno bene. Perciocche se nei Protestanti i
pregiudizii eterodossi non permeltono sempre di vedere o certo di
dire tutta intera la verita , non e raro imbatlersi in Cattolici anche
Illustri, i quali, per una inconsulta condiscendenza a quei pregiudi-
zii stessi, trattano la storia per modo, che le altre nazioni non vi si
potrebbero in buona coscienza affidare. E di un tal vezzo forse il me-
desimo dottor Dollinger ci dara un esempio nell'esame, che divisia-
mo fare, di un suo recentissimo lavoro slorico 1.
Ma ammessa pure quella sovrana eccellenza nella storia e, se vo-
lele eziandio, com'egli prelende, nella linguistica, nella patrislica ,
nella esegesi biblica e via dicendo , si avranno gli elemenli neces-
sarii ad una Teologia specolativa, che possa degnamente sostituirsi
alia Scolastica? Noi non crediamo. Tutte quelle cognizioni, che chia-
mano giustamenle sussidiarie della Teologia, e sono ornamenlo uobi-
1 Die Papst-Fabeln des Mittelalters. Ein Beitrag zur Kirchengeschiclite
von Job. Jos. Ign. v. Dollinger. — Miinchen 1863. — Ne le sue condi-
scendenze si restringono alia storia. Eziandio trattando di cose dommatiche
gli accomodamenti del Dollinger sono tali, che la Teologia cattolica non ne
pud essere satisfatta. Piu di un esempio se ne polrebbe cilare dalsuo libro:
Christenlhum und Kircbe in der Zeit der Grundlegung (Cristianesimo e Chie-
sa nel tempo della fondazione] Regensburg 1860. Ma bastera notare lo stu-
dio, onde alia pag. 264 si contende a ridurre la Geenna a sole pene interior!
deiranima.
E LE SCIENZE SACRE 3$
Essimo e spesso presidio necessario del Teologo, non hanno che fare
eolla Teologia nella sua propria ragione di scienza speculative, della
quale qui Irattiamo. Anzi , secondo che sopra fu da noi accennato ,
laddove quesia poco o punto fornita di quelle puo studiarsi nelle
scuole e coltivarsi privatamente senza pericolo ; per contrario queil
cognizioni stesse , quando non siano guidale ed illustrate da questa
scienza speculative , oltre allo esporre a gravi rischi di err ore lo
studioso, non bastano a costituirlo Teologo propriamente detlo. Po-
tra la persona per esse diventare dotlo , erudito , filologo , storico
anche insigne; ma Teologo nel proprio senso della parola, non mai.
A questo , come alia scienza medesima leologica, e indispensabile il
naturale strumenlo di una solida e compiuta filosofia ; e quando fos-
se vero, che in Alemagna ve ne e una, il voto, ovveramente il vati-
cinio del Dollinger avrebbe almeno la possibilila di venire all'effeUo:
a condizione nondimeno che si Irovassero cola ingegui potenli , i
quali valendosi di quella , facessero al presente intorno alia Doltri-
na ed alia Morale rivelata cio, che S. Tommaso e gli allri grand! e
santi maestri del secolo XIII fecero, valendosi della filosofia di Ari-
stotele.
Ora questo Autore e cosi sicuro del falto suo , che non esita ad
asserire, nel tempo moderuo i Tedeschi essere altrcsi diventatfm
filosofia i maestri di tutte le allre nazioni. La quale parola se, a ris-
petto della storia, pole parere un poco orgogliosa, delta della filo-
sofia non puo qualificarsi altriaienti, che per piii di un poco ridicola.
Certo alle altre nazioni i Tedeschi in fascio dati a maestri in filosofia
polrebbero sembrare alquanto soverchi ; ed il doll. Dollinger avrebbe
falto miglior senno a nominarne un paio, per farci intendere quale
£ la fiiosofia , che lutle le altre nazioni debbono imparare dall' Ale-
magna. Ma egli non potea nominarcene uno ; in quanto deve sapere
meglio di noi, come cola, dopo le capestrerie del Kant , manipolate
variamenle e rese ancora piu pazze dai suoi successori, il Fichle, lo
Schelling e 1'Hegel, e seguito uno scompiglio, una confusione, direm-
nio quasi una babilonia degli sludii razionali , che forse in nessun.
allro paese o tempo trova riscontro : se pure non vogliate onorare
del nome di filosofia quel razionalismo arido e quell' abbielto mate-
SerieV, vol. X, fasc. 337. 3 21 Marzo 1864.
3i IL CONGRESSO DEI DOTTI CATTOL1CI
rialismo, che sono i due sistemi davvero prevalent! al di d' ogg! m
Alemagna. Yera cosa e, che do ha luogo nell'insegnamento eterodos-
so; ma oltre che il Dollinger non esprime alcuna differenza di giu-
dizio tra questo ed il cattolico , dandoci senza piu i Tedeschi (die
Deutsche) per maestri in filosofia di tutte le nazioni ; noi con ramma-
rico dobbiarao aggiungere, che i piu nominal! tra i medesimi scrit-
tori catlolici, che ultimamenle filosofarono, come 1'Hermes, il Gun-
Iher e , se vuolsi tener conlo del rinomo venuto dalla pertinacia , il
Frohschammer, sia per rimembranze di principii schellinghiani ed
hegeliani, sia per vaghezza di una nuova fiiosofia, non seppero farlo
per guisa, da schivare error! anche gravi, sopra iquali caddero cen-
sure iterate dalla parte della Santa Sede. Tulmenle che, quando cola
non fosse akro fuori di quello , che il dott. Dollinger ha in pregio ,
V Alemagna, piu di qualunque altra contrada europea, sarebbe Ion-
tana dal vedere non sorgere, ma risorgere nel suo mezzo la grande
scienza teologica; e cio appunto per le condizioni lamentevoli, in cu!
\ersaoo ivi gli studii filosofici.
Ma per buona ventura le cose non vi sono giunle a questi termini;
e noi, senza attribuire ad alcuna nazione in parlicolare lo slrano pri-
vilegio di essere diventata maestra di tulte le altre in alcuna scienza
umana o divina, ci compiacciamo a riconoscere che nell' Alemagna
altresi si e manifestata, ed ogni di piu si ringagliardisce, rinclinazio-
ne a quella scienza scolastica, la quale, appunto come cosa callolica,
ha caraltere sovrannazionale, e non appartenendo ad alcuna genie
in parlicolare, le puo tutte raccogliere come sorelle nella uniia di
uno stesso pensiero, sotto il magistero e Findinzzo di una sola Chie-
sa. Forse in un apposito lavorelto , che stiamo meditando, avremo
occasione di giuslificare il severe giudizio tesle recato sopra le pre-
sent! condizioni della filosofia alemanna, e d' indicare all' ora mede-
sima i principii onde mosse, ed i segni coi quali si manifesta quella
Inclinazione, che dicevamo, all'anlica Scolastica. Per ora ci basli no-
tare, come un opuscolo del Kleutgen, e poscia i brevi, ma sugosissi-
mi scrilti del compianto professor Clemens di Minister, fino dal 1853,
diedero quasi il primo segnale a quel movimento, che si c venuto a
mano a mano sempre piu allargando e rinvigorendo, ed, a quel che
mostra , non cessera di andare. Quindi da una parte i recentissimi
E LE SCIENZE SACRE 35
libri del medesimo Kleutgen l ; dair altra gli assidui e pregevoli la-
vori del benemerito Periodico Der Katholik di Magonza, comin-
ciarono potenlemenle a conlribuire a quel servigio della patria loro,
del quale noi non crediamo, che, in opera di seienza, le se ne possa
rendere nel tempo presente un altro o piu necessario, o piu insigne.
II dolt. Dollinger di tutto questo non sa nulla ; se forse non e piu
vero che, sapendolo molto bene, se n' e voluto spacciare decretando
Inappellabilmente, che la restaurazione di quella scienza e cosa da
neppur pensarci : Non e piu a pensare ( sono sue parole ) a restrin-
gere di nuovo la corrente teologica in un letto antico, divenuto, gia
da gran tempo, troppo angusto, e perb incapace di contenerla %; »
e tosto ricasca nella sua fisima prediletta della esegesi biblica e del
criticismo storico. Ma deh! si consideri qual costrutto possa cavare
una generazione materialistica e razionalistica dall' essere saturata
di esegesi sopra una Bibbia, a cui piu non crede, e di critica sopra
una storia, nella quale e ferma di non trovare, se non cio che talenta
a lei ! Se questo sia il grande guadagno e I'immenso progresso nel-
la scienza, per cui merito 1' Alemagna deve consolarsi delle sue
scissure religiose, dalle quali fu insanguinala per oltre ad un secolo,
e travolta in portentose chimere per altri due, lo veggano coloro che
di quel guadagno e di quei progress! sono tanto orgogliosi; ma le
genii catloliche non avranno nessuna tentazione di invidiarglieli.
Quanlo a noi, siamo persuasi, che il razionalismo non puo combatfer-
si altrimenli, che colla filosofia razionale ; ed e vano cercare, perche
Impossibile a Irovare, una filosofia razionale che sia sustanzialmente
diversa dalla Scolastica, cioe dall' unica. che sia mai stata professata
nella Chiesa. Ed e si lungi che quella debba essere sovraccaricala di
nuovi presidii positivi, che anzi, nella presenle disposizione delle
menli , all' Alemagna e forse meglio appropriata la Scolastica qual
nacque nel secolo terzodecimo , che non quale fu rawivata e ringa-
1 Die Theologie dei* Vorzeit vertheidigt von Joseph Kleutgen Prie-
ster des Gesellschaft Jesu. Mlinster 1860. — Die Philosophie der Vorzeit
vertheidigt von Joseph Kleutgen P. v.G.J. — Minister 1863.
2 An ein Zuriickstauen des theologischen Stromes in ein alteres schon
langst zu enge gewordenes und daher iiberfluthetes Strombettes ist nicht
mehr zu denken. Pag. 48-49.
36 IL CONGRESSO DEI DOTTI CATTOLICI E LE SC1ENZE SACRE
gliardita nel sestodecimo. Quella nei suoi primordii fa contrapposta
al Realismo di Gilberlo Porretano, al Nominalismo di Roscellino, al
Razioualismo sia di Abelardo , che nulla diceva doversi credere non
dimoslralo dalla ragione, sia degli Arabi della scuola di Cordova, i
quali , con Aristotele interpretato e guaslo dai loro, impugnayano ii
Cristianesimo. Ora lutli gli error! , che hanno ullimamente inondala
1'Europa, ed in particolar modo la Germania, non si differenziando
clie poco o nulla da quelli, la poleraica stessa dovra in certa guisa
dietreggiare, perche Y errore si e rifalto cio che era sei secoli ad-
dietro. E cosi, senza slillars! il cervello nella impresa sempre vana
e quasi sempre perniciosa, di creare nuove scienze e nuove filosofie,
il meglio che per ora possa farsi , sarebbe attenersi principalmente
alia Somma teologica di S. Tommaso e a quella Contra Gentiles.
Ma e tempo oggimai di far punlo ; c forse a qualcuno parra che
sia un po' troppo tardi. Nondimeno la gravita delle cose trattate ci
scusera del non averlo fatto in maniera piu breve ; e quando i leltori
si fossero persuasi che, in opera di Filosofia e di sacre discipline „
la vera via di rislorarle e il ricondurle ai santi e sommi loro maestri
catlolici , senza lasciarsi allucinare dalle apparenze fallaci di una
scienza prosuntuosa , che crede di farsi grande collo spregio del
grandi , essi avrebbero largo compenso della pazienza nell' averci
letto, e noi della falica nell'avere scritlo.
Che se queste pagine venissero sotlo degli occhi di qualche Te-
desco, noi abbiam fiducia nella rettitudine del suo giudizio, che esso
non vorra recare a manco di stima o di benevolenza verso la sua na-
zione cio, che siamo stali costrelti a dire, non tan to per giusta difesa
delle altre genii cosi indegnamente oltraggiale, quanto per amore del-
la verila e della scienza cattolica, che e patrimonio prezioso di tutte
le nazioni. Ad onta di cio, puo ben essere che ci fossimo lasciati dis-
correre a qualche parola un po' troppo severa ; ed in queslo caso, noi,
nel volerla espressamente ritrattata e cassa , preghiamo a riflettere ,
come i Tedeschi del qualunque dispiacere portatone avrebbero lutta
1'obbligazione al doltore Dollinger, il quale, col falto suo, ha rafferma-
to queR'anlico dello, che alia riputazione di una persona o di una gente
fa minor male un censore severo, che un maleavvisato panegirista.
I LIBERALI E LE LORO PROMESSE
I liberal! ( parliamo dei matricolati ) da quegli indemoniati ed
anzi da quei demonii che sono, quanto il comporta quel tanto che
non possono svestire dell'umana natura, non imitano solamenle
il diavolo loro tipo, duce e maestro nelle dottrine che professano,
nello spirito che li informa , nello scopo a cui tendono, siccome
ci pare di avere baste volmente dimostrato in due articoli prece-
denti ; ma, quello che non e meno importante a considerare, 1'i-
mitano ancora fedelmente nel nulla, a cui vedono sempre tornare
le loro imprese, quando queste non riescono anzi al rovescio di
quello a che erano indirizzate. E sarebbe per verila un gran mi-
racolo, se, avendo i liberali comune col diavolo lo scopo, i mezzi
e pressoche ancor non dicemmo 1' indole e la natura, non si tro-
vassero poi avere comune ancora con esso lui il successo e la
riuscita.
E non inlendiamo gia parlare della loro riuscita finale nell'altro
mondo , la quale noi raccomandiamo di cuore all' infinita miseri-
cordia di Dio ; e di cui , in ogni caso , non abbiamo nulla che
dire, per la gran ragione che ( da quel proverbio in fuori il qua-
le dice che : chi e imbarcato col diavolo ha da passare in sua
cornpagma) non se ne sa e non se ne pud saper nulla di certo,
38 I LIBERALI E LE LORO PROMESSE
cccelto che ella e possibile, come tulte le altre cose che non sono
del tulto impossibilissime. Bensi inlendiamo parlare della loro riu-
scila in questo mondo di qua e del successo delle loro imprese
diaboliche qui di sopra. Le quali , appunto perche diaboiiche ,
hanno per fora da finire con isciogliersi e svaporarsi , quali il-
lusioni ed apparenze , in iscbizzale di bolle di sapone , come la
farina del diavolo che sempre e tutta se ne suole andare in cru-
sca, e come ogni altro suo dono e favore , del quale si dice sa-
pientemente cbe diavol reca e diavol porta.
Ed e in verita cosa che dovrebbe saltar subito agli occhi d'o-
gnuno questa che , avendo il diavolo saputo far si male i proprii
affari , non avrebbe a dover essere riputato per persona molto
adatla ad acconciare gli altrui. Che cosa infatti abbia egli gua-
dagnato per se col voler fare il liberale in Paradiso , e un' eru-
dizione che i nostri liberal! non dovrebbero ignorare, poiche essi
si trovano ora avere di si gran teologi per casa. I quali possono
loro raccontare si come una volta, secondo che narra Isaia (XIV,
13 ), Lucifero disse fra se: « lo saliro in cielo; io innalzero il mio
irono sopra le stelle di Dio, sedero sul monle del Testamento ai lali
dell' Aquilone ; saliro sopra 1'altezza delle nuvole, e mi faro so-
miglianle all'Altissimo ». Ma e accadulo il rovescio. Giacche, se-
coudo che segue a narrare il profeta che qui la fa da storico : « Pu-
re, gli dice, volgendogli direltamente la parola, pure sei stato
travolto nell' inferno, nel profondo della fossa ». Ora se tale fu
la riuscita del diavolo nella prima e principale sua impresa, nella
quale egli era, come si dice adesso, personalmente interessato, ve-
dano di grazia i liberali medesimi quali probabilita ci possano es-
sere per un piu lielo successo delle altre sue imprese , in cui egli
non rischia piu allro che la pelle dei suoi cagnotti.
Del resto non abbiamo bisogno d'interrogare le probabilita, dove
il fatto parla da se. Potremmo risalire fino ad Eva poveretla , che
per aver fatto a fidanza colle promesse del serpente (il quale, come
il piu astuto di qualunque altro animale, fu il primo liberale del par-
tito moderalo che parlasse untuosamente di progresso , di sovranila
del popolo e d' indipendenza ) perdette per se e per noi il bene che
I LIBERALI E IE LORO PROMESSE 39
aveva. Potremmo citare Caino, il primo liberale del partito di
azione, secondo che disse anche il Giusti :
A delta di Caino
Abele era codino.
Percio se ne sbarazzo alia mazziniana. Ma ne guadagno una vita
disperala da fuoruscilo eel emigralo perpetuo. Potremmo discendere
fmo a Giuda, il primo liberale presbilero, il quale, per aver data
ascolto al diavolo che gli era entrato addosso , dovette inline conse-
gnargli prima i danari e poi la vita e I'amma. Potremmo correre a
nostro piacimenlo tutto il campo della storia sacra e profana , senza
Irovare altro faslidio cbe della scelta nel cogliere a decine i fiori e
i frulti dell' esperienza dei secoli andati , maestra eloquenlissima di
questo gran vero, che chi si fido al diavolo fini sempre male.
Ma siccome dall'un lato non vi ha nulla di phi istruttivo che 1'es-
perienza fresca e recente, e dall' allro mai 1' esperienza passata non
fu si ricca d' insegnamenti come la presenle che noi stessi esperi-
mentiamo ; cosi venendo a discorrere di noi e delle cose noslrc,
vediamo di grazia se non sia ora evidentissimo , che i liberali non
ne indovinano una e sempre corrono alia propria ruina, mentre cre-
dono di spingervi i loro avversarii.
Non ci ha per fermo alcun popolo, nel quale le idee liberalesche ab-
biano fatte le loro prove phi variamente e piu lungamente che il fran-
cese. Si puo dire con ogni verita che la Francia, indegna certamen-
te per mille titoli di sorte si miseranda , fu pero ed e ancora di fatto-
come una scuola di vivisezione, dove i liberali di ogni falta hanno
alzato cattedra di esperienze liberalesche lagliando , risecando , cu-
cendo, scucendo, aprendo, chiudendo, trapanando, menando insom-
ma il collello anatomico per tutti i suoi membri e per tutle le sue
viscere anche piu nobili , sempre in cerca del miglior governo libe-
ralesco e del miglior modo pralico , onde poter proporre la Fran-
cia e se medesimi al mondo universo come modelli di buon gover-
no. Ma , come si suol dire che chi troppo si assotliglia si scavezza,
cosi ne e venuto, non si sa come, che, ad ogni mutazione di forme
governative e ad ogni preteso miglioramento di governo, la Francia,
40 I LIBERALI E LE LORD PROMESSE
come una pecora impigliala in un burrone di spini , vi lascio sem-
pre qualche bioccolo della sua lana. Dove noi ci guardiam bene dal
parlar di bocca nostra e di nostra privata autorila, la quale e nulla.
Bensi ci fidiarao pienamente a! savii giudizii ed alia dotta espcrien-
za degli scrittori stessi fnmcesi ancora piu autorcvoli , dai quali ab-
biara imparato, con nostra maraviglia, che la Francia, dopo tanto
tempo che insegna il liberalismo agli altri, e ancora in penosa ricer-
ca della propria liber la.
E qui (intendiamoci bene) noi non diciamo gia che la Francia sia
0 non sia in verila libera anche Iroppo, o troppo poco. Noi non di-
ciam nulla. E se dovessimo dir qualche cosa, non potremmo che ri-
petere le sapientissime parole dette dall' imperatore Napoleone III
al nuovo Cardinale di Bonnechose, il di 14 Gennaio di quest' anno
medesimo, quando parlando, non tanto a lui, quanto a suoi buoni
Frances! deputati e non depulati, disse : « Voi dovele certamente es-
« sere stupito al pari di me al vedere, dopo si breve intervallo di
« tempo, uomini appena scampati da un naufragio , chiamare in lo-
« ro soccorso i venti e le tempeste. Dio protegge visibilmenle la
« Francia e non permellera che il genio del male venga ancora ad
« agitarla. II cerchio della nostra Costituzione fu largamente traccia-
« to : ogni uorao onesto ci si puo movere con agio ; perche ognuno
« ha la facolta d'esprimere il suopensiero, di esaminare gli alii
« del Governo, e di prendere la sua giuslaparte nei pubblici affari. »
E evidenle che 1' Imperalore ha ragione; ed e cosa che fa mara-
viglia questa del vedere e dell' udire tanti Frances! e si autorevoli ,
1 quali lull! piangono e si lamentano di non essere liberi abbaslan-
za , e cio dopo non ancor quindici anni da che per troppa liberla la
Francia si trovo presso ad annegare. Ma, come dicemmo, o faccia
o non faccia maraviglia, la cosa e cosi , ne piu ne meno. I Frances!
si lamentano di non aver ancora trovata la vera forma di governo
che loro piaccia. Dove per Francesi intendiamo sempre quelli che
hanno o si prendono la voce in capitolo. E quesli sono in Francia,
come altrove, i meno numerosi; benche siano, com' e naturale, i
piu romorosi , e i soli anzi che si facciano udire. Giacche in Fran-
cia , come altrove , chi parla meno di teorie di governo si e ii vero
I LIBERALI E LE LORO PROMESSE 41
popolo che, nella sua immensa maggioranza, ama non di governare
ma di essere governato , per poter fare comodamente i proprii affa-
ri di casa, che sono poi quelli che interessano davvero il popolo, tan-
to il francese quanlo qualunque altro. Ma insomma quelli che si oc-
cupano di governo pubblico , e ne parlano e ne scrivono , nella loro
quasi totalila, si lamenlano in Francia di non esser liberi : piango-
no le loro catene per quanto il comporta la liberta del pensiero :
deplorano i tempi passali , vagheggiano il tempo avvenire, ciascuno
secondo le sue tradizioni passate. E rispetto al tempo presente (che
serve dissimularlo ? ) non ne sono contenli. E i piu moderati, i phi
fedeli, i piu sicuri, anch'essi aspettano o fingono di aspeitare il co-
ronamento dell' edifizio ; espressione che non puo essere anarchica,
perche fu usata dallo stesso Imperatore ; ma che in bocca di quelli
che la ripetono a ogni momento con vm' insistenza che moslra poca
voglia di aspettare , ha un significato poco celato di malcontenlo e
di voto impaziente d'un meglio, che non si sa bene che cosa debba
essere, ma che si aspetta e si desidera, come la felicita della Fran-
cia e 1' avvenimento definitive di quel lipo di buon governo , che da
tanto tempo si promelle dai liberali e non si vede mai.
E che queslo gran tipo non si sia fmora vedulo in Francia, noi
non raffermiamo gia di nostra autorila, la quale, come dicemmo, e
del tutto nulla, quando si tratta di giudicare di cio che conviene e
non conviene altrui. Ma non abbiam bisogno che di ascoltare per
udirlo affermalo da quanli in Francia sono, o si credono, competenti
a giudicarne. Dal di che il liberalismo, col preleslo che la Francia
non era ben governata col sistema che T aveva governata per tanti
secoli, voile prender sopra di se il pensiero di governarla meglio,
da quel di la Francia non ebbe piu governo che durasse quanto la
vita d' un uomo. E la cosa dovea essere cosi. Infatli proprio la Re-
me des deux Mondes (n.° del 1.° Gennaio di quest' anno pag. 240)
c' insegna che il liberalismo francese del secolo scorso nacque ,
come le rane, dal putridume. « Sappiamolo vedere ( dice ella ) e
« osiamo dirlo : il manco di principii fu una delle piaghe del nostro
« paese al momento della rivoluzione. II manco di principii, il manco
« di esperienza, il manco di rispetlo all' autorita regia ed alia fede
12 I LIBERALI E LE LORO PROMESSE
« cristiana, ecco dove peccarono di piu i rivoluzionarii francesi. La
« loro scusa si e 1'educaziooe che aveano ricevuta, la vita die aveano
« menata, i senlimenti irreligiosi ed anarchici che avevano ricevuto
« dalla generazione, che solto Luigi XV si era dislaccala dalla Chiesa
« e dal Re. » Si polea egli dire piu chiaro che il fango della societa
fraricese fu il campo ove sorse e si fecondo la rivoluzione? Nei
qual solo senso scno vere le citate parole della Revue.
La rivoluzione liberalesca, nata da quel putridume, piglio dunque
allora in Francia, come lo piglia ancor presentemenle per tutto al-
trove, preteslo a sommuovere il popolo conlro 1'aulorita legittlma, dai
bisogno di economia nelle fmanze e di liberla civile. Ma 1'eeonomia
fini colla bancarotta e con un accrescimento prodigioso d' imposle,
che ogni giorno aumenta, senza che se ne veda (se le cose hanno a
durare nella via liberalesca ) alira probabile conchiusione, che 1' as-
sorbimento finale nelle mani dello Stato di tulle le proprieta private.
E la liberta civile? Dio buono! Chi non sa che la rivoluzione fran-
cese condusse a forza di liberla la Francia, che aveva visto assassi-
care il suo Re figlio di tanti Re, a gellarsi come in porto di salute
nelle braccia di un soldato forastiero ; il quale alia sua volta a forza
di sangue francese, versato a fiumi per tulla Europa, condusse due
volte 1' Europa vincitrice in Francia e a Parigi? Questo ebbe, ia
opera di economia , di liberta e d' indipendenza , dal liberalismo la
Francia; finche, lornata sotto il governo de'suoi Re, questi serbarono
del liberalismo quel tanto che basto a farli esulare due volte, sempre
a nome della liberta. che mancava. Ma se i Governi e i Re se n' an-
davano, la liberty pero non veniva. Infatti, il liberalismo, dopo ave-
re, sempre col pretesto di mancanza di liberta, eccitala la Francia a
mutar tanti Governi, la coudusse per la seconda volta in meno di un
secolo ad una schiavitu si compiuta sotto la feccia del popolaccio ,
che il secoudo Impero fu giustamente riconosciuto dalla Francia
come un dono di quella Provvidenza che la prolegge.
Ma si! Lasciate fare ai liberali ! Ecco che non sono ancora passati
quindici anni, e gia 1'Imperalore e obbligato ad avvertire i Francesi,
che badino a quello che fanno , e che non si espongano di nuovo ad
un non sappiamo se ventesimo o cinquantesimo naufragio.
I LIBERALI E LE LORD PROMESSE 45
Che vogliamo ricavare da tutto questo? Nient' altro se non che i
liberal!, come 11 diavolo fece col primo uomo, cosi essi adoperando
coi popoli, proraettono felicita, liberta, indipendenza, ricchezza, pur-
che si faccia a modo loro, mantenendo poi a modo loro e del diavolo
loro maestro, tutto il rovescio di quello che aveano promesso.
E mirate bonarieta dei popoli, ed anche di molti illustri personag-
gi ed espertissimi di faccende politiche! Invece di capire una volta
che tutta T origine di questi mali successi e di questi fiaschi politici
sta nei principii stessi liberaleschi , vanno invece attribuendone la
cagione a quel tale e quel tal altro sistema liberate che non e il loro
predilelto: ma che e invece il prediletto di altri partiti. E cosi il li-
berale parlamentare, avvezzo a trionfare colla sua eloquenza nei par-
lamenti, e ad oltenere, in died anni di faticosa lotta di parole, la
conquista di un emendamento, attribuisce tulti i mali della Francia
e del mondo alia mancanza della tribuna. Invece il liberale dispotico
ed assolutista , persuaso di sua inviolabile onnipotenza, avvezzo o a
farsi obbedire con un cenno da migliaia di soldati sul campo, o ad
ottenere quel che vuole dal popolo coll' oro e con un esercito di spie
e di poliziotti , opina che tutli i mali della Francia e del mondo non
abbiano altra origine che la liberta reale che resla, e crede che si ri-
mediera a tutto regolando, a nome del progresso e della liberta, ognl
passo e ogni pensiero , e perfino il modo d' insegnare V abbicci ai
putti, e il gius canonico ai preti. II liberale democratico pazzo, se
lo lasciate fare, aggiustera il mondo, rompendo ogni vincolo sociale
c perfino il paterno e il maritale. II liberale veneratore storico e tra-
dizionale di un nome e di un casato, promette a tutti la felicita se,
comecchessia, ritorni al potere quell' uomo o quel sistema. Giacche
egli e da porsi bene in mente e da persuadersi che, siccome il libe-
ralismo non ista nelle forme e nelle apparenze, ma bensi nello spirito
e nella soslanza ; cosi lanto e liberale 1' assolutista quanto il demo-
cratico, quando ambedue hanno per regola di governo e per principii
di autorita quei principii e quelle regole, che pongono le leggi umane
in contraddizione colle divine, separano la Chiesa dallo Slato, o con-
fondono 1' una coll* altro, in modo che la Chiesa non abbia pienamenta
i suoi diritti. E quante volte dovremo ripetere che per noi non fu-
44 I LIJBERALI E IE LORO PROMESSE
rono mai liberali le repubbliche svizzere e quelle del medio evo , e
sono invece liberalissimi i Sovrani autocrat!, persecutor! della Chiesa
ed oppressor! dei giusti diritti dei popoli? II giorno dunque in cui i
popoli, e chi fa i loro affari, saranno ben persuasi eke non quel tale
o tal altro sistema liberalesco e pernicioso, ma il liberalisrao per se
medesimo, in qualunque guisa si mascheri, allora, ma allora sollanto,
avranno fmito i liberal! di canzonare e rovinare il mondo.
II quale, per la nalura medesima delle cose, ha da venire un gior-
no a questa conclusione, che i liberali sorio la sua ruina. Infatli sta
nella natura delle cose che i liberali, per riuscire a somrauovere ed
eccilare i popoli, hanno da prometter molto, e appunto quello che i
popoli piu desiderano , cioe la liberta e il benessere. Come infatli
riuscirebbero i liberali aporre in rivoluzione i popoli, se non promet-
tessero che mutando staranno meglio? Ed in verita cosi fecero sem-
pre, e cosi fanno ancora, e cosi faranno, fmche Iroveranno de' gonzi
che li lasceranno fare e che loro crederanno.
Ma sta pure riella natura delle cose che i liberali non mantengano
ai popoli le loro promesse. Non le mantengono in prirao luogo perche
non vogliono mantenerle. Chi e infatli cosi slolido, il quale non mien-
da che, quando, per esempio, il Piemonle invitava il clero ad unir-
si colla rivoluzione conlro 1'Austria, e gli dava per ragione la guerra
che 1'Austria faceva alia liberta ecclesiaslica, il Piemonle non aveva
niuna voglia di concedere poi al clero piu liberla o piu difesa? E
quando si promelteva ai Napolelani , ai Toscani , ai Romagnuoli , il
miglioramento delle leggi , e la diminuzione delle imposte ; credete
voi che non si sapesse benissimo che la rivoluzione avrebbe poi muta-
ti in ceppi i palerni vincoli di suddilanza, e in balzelli enormi le miti
tasse di prima? E per parlar piu in generate, non si sa egli che, quan-
do il liberalismo promelle la liberla, intende di arrivare a poco a poco
a regolar ogni cosa, ogni parola e ogni pensiero nell' inleresse della
rivoluzione e del liberalismo, che si vuol impossessare di lutle le so-
stanze a nome del comunismo, di tulle le persone a nome della pa-
tria, di tutla 1'educazione ed istruzione a nome della civilta? E dun-
que chiaro in primo luogo che il liberalismo promelte quello appunto
che non vuol mantenere ancorche il polesse.
I LIBERALI E LE LORO PROMESSE 45
Ma neanche il puo ancorche il volesse. Chi e infatti, il quale possa
pure immaginarsi che un Governo qualunque siasi, anche in mano
dei piu cosdenziosi, dei phi disinleressali e dei piu illuminati uomini
di questo mondo, possa riuscire a dare la felicila:ai popoli? Una fe-
licila relaliva si. Ma quella felicila che prometlono i liberali, chi la
puo pure immaginare non che concedere? Chi puo colla mente figu-
rarsi una sociela libera, conlenta, senza poveri, senza guerra, nuo-
tanle nell' abbondanza e nella pace , relta da una giustizia invariabi-
le e da unsenno che non fallisce, una sociela di progresso, di civilta,
di lumi, quale la promettono i liberali tutti occupati a far luccicare
dinnanzi agli occhi dei gonzi il paradiso in questa terra? Vede ognu-
110 che cio non lo potrebbe dare neanche Salomone. E lo potranno
dare i liberali? Essi che non aspirano al polere che per arricchire
se medesimi. Essi che non cercano che lo sfogo delle loro vendette
e di ogni loro piu bassa passione. Essi che ignorano i primi element!
di buon governo che sono il rispetlo alle autorita e alia religione , sen-
za il quale la societa degli uomini non si differenzia da una raunan-
za di bestie, se non che nel peggio. Come possono i liberali governare
i popoli altro che colla forza, essi che per arrivare al potere devono
prima predicare il disprezzo d'ogni diritlo? Come possono fidarsi
alia lealta e fedelladei sudditi, essi che per aver seguaci devono co-
mandare e predicare 1'assassinio, la diserzione, il Iradimento? Come
possono nutrire verso i popoli quell' amore e quella solleciludine, sen-
za di cui le noie del Governo nou si pigliano che a peso d' oro e
solamenle pel peso dell'oro, quando essi sono nudriti d' odio e di ven-
detta, di spionaggio e di assassinio, di barricate e di bombe, di co-
spirazioni e di rivoluzioni ? E dunque chiaro in secondo luogo che i
[ liberali promettono a' popoli quello appunto che, ancorche volessero,
pure non potrebbero mantenere.
Or che nasce da questo? Nasce per la natura medesima delle cose
che 1' immaginazione dei popoli, irritata e sollecitata dalle seducenti
promesse dei liberali, si erge in primo luogo a desiderii ed aspirazio-
ni di una impossibile felicita sociale e terrestre. Si chiude in secon-
do luogo ai riinedii e ai soccorsi che contro a questi sogni d'infermo
venivano loro dalla religione , dai buoni principii , e dall' abitudine
dell'attendere ai proprii affari. Perduta cosi in prima ogni fiducia ed
46 I L1BERALI E LE LORO PROMESSE
ogni rispetlo alle autorita legittime, civili ed ecclesiastiche, il popolo
tulto si da alle speranze ed aile lusinghe liberalesche, si butta alle im-
prese rivoluzionarie , conquista fmalmenle la liberta , come gli dico-
no, e come egli erede. Ma in breve si accorge che ha conquistato ai
liberali croci, pensioni, commende , ministerii e governi ; e per se
un giogo intollerabile di leggi, regolamenti, imposte, debiti, coscri-
zioni , guardie mobilitate , discordie cittadine e di famiglie , muta-
menti conlinui e sempre in peggio.
Qual maraviglia che, alungo andare, i liberali abbiano ad esserc
eonosciuti dai popoli per quei traditori e quegli impostori e quei men-
zogneri che sono? Gia siamo innanzi per questa via; gia i liberali s'ac-
corgono di perdere il credito in Italia; gia i micini commeiano ad aprir
gli occhi ; gia i liberali si possono accorgere che a chiacchiere non
possono piu conchiudere gran cosa, e che si ha da fare a fucilate ; se-
gno evidente die le ragioni loro non sono piu alia moda, e che le loro
ciance non seducono piu le menti come prima. Ge ne spiace per loro.
Ma 1'arsenale delle loro imposture e al verde. II loro primo grido di
« Viva la religione e il Papa » , non osano piu neanche ricordarlo
senz' arrossire. II secondo grido di « Yival'indipendenza dallo stra-
niero», ha perduto credito, dopo che han dato allo straniero un bra-
no di terra italiana , infeudandogli tutto il resto. II lerzo grido di
« Chiesa libera in libero Stato » , e morto con chi lo diceva morendo.
Ora T imposlura e 1'ipocrisia liberalesca sono svelate, e i liberali non
sanno piu a qual maschera raccomandarsi.
I/ astro della rivoluzione dunque impallidisce a vista d' occhio. E
impallidisce in grazia appunto di quell' ipocrisia, di cui i liberali non
' possono far senza. Brutta alleata e 1' ipocrisia. Alleata necessaria ;
ma alleata tradi trice. Alleata necessaria perchc colla sola ipocrisia
possono i liberali gabbare i popoli , promettendo liberta col reslo,
quando intendono di dare schiavitu col resto. Alleata traditrice ,
perche quando hanno promesso e cosi sedotti i popoli , quesli , tro-
vandosi gabbali, grazie appunto all' ipacrisia liberalesca, diventano
piu inveleniti contro i falsi suoi sedultori.
Donde apparisce perchc i liberali , mentre tanlo si servono dell'i-
pocrisia, ne siano poi tanto nemici a parole. Non ne sono nemici a
parole solo per ipocrisia ; benche anche per questa. Ma princi-
I LIBERALI E LE LORO PROMESSE 47
palmente per la rabbia naturale che debbono provare conlro un
vizio di cui dall' un lato si hanno per forza a servire, perche senz' es-
so non potrebbero nulla , e dal quale dall' allro lato ricevono sein-
pre il loro castigo a tradimenlo. Giacche 1' ipocrisia ha questo al-
meno di buono , che e coslretla sempre a predicare il bene , la
virtu e la verila, e fame pompa, e a renderla cosi sempre piu ama-
bile agli ingenui che le prestano fede. L'ipocrita liberale, che, sollo
il uianto della bonta e dell'amore del popolo, predica la giuslizia, la
liberla, la civilta, la religione, non falsa al popolo il buon senso cri-
stiano; anzi glielo conferma ed accresce. E questo e il tradimenlo
che -fa 1' ipocrisia ai liberali ; i quali si trovano aver innamorali
sempre piu il popolo di quello, che poi non vogliono e non possono
dargli. E cosi anche per questo motivo si conferma che i popoli a
poco a poco si hanno da inquietar seriamente coi liberali ; secondo
che del reslo in molti paesi gia si e comiaciajo a fare, e secondo
che , coll' aiuto di Dio , noi codini possiam sperare di vedere, piu
presto che non credianao , verificarsi per tutto e specialmente in
Italia. Giacche in Italia piu che altrove, come in paese piu eminen-
lemente cattolico, hanno dovuto i liberali usar piu ipocrisia neir in-
gannar la gente ; e in Italia ancora, appunto per lo stesso motivo del-
1'essere essa paese piu eminentemenle cattolico, hanno dovuto forza-
tamente i liberali urtare piu violenlemente nel senso crisliano del
popolo, quando impossessatisi a tradimento della cosa pubblica han-
110 preso subito a farla aperlamente da quei diavoli che sono , ru-
bando , taglieggiando , fucilando , perseguilando Chiesa ed ecclesia-
slici, Religione e religiosi, e Cristo stesso e i suoi Sanli, di cui neaa-
<jhe possono vedere per le vie le divote immagini, e i lempii, cui ru-
bano e violano e tolgono di mezzo con rabbia veramenle satanica.
Ma non certo con accortezza politica ne con senno civile. Giacche
cosi adoperando , quasi ladri che hanno breve ora per ispogliar la
casa, se riescono a bottinare per un po' di tempo, adunano intauto
sul loro capo la maledizione e 1'ira e 1' indegnazione delle citla fre-
menti, ed avvicinano colle loro improntiludini il momenlo, in cui al
fragor dei fulmini della giuslizia celeste udranno commisto il sibilo
<lei fischi del disprezzo terrestre.
IL CORRESPONDANT
E LA CIVILTA CATTOLICA
Tra i Periodic! cbe , con migliori armi e con pm felice success^,
sostengono in Europa i diritli immortali della verita , della giuslizia
e della religione, noi abbiamo serapre giudicato, die il Correspon-
dant occupasse nobilissimo luogo ; e cio non tanto per essere quello
uno del piu antichi che entrasse nell' aringo, quanto per la gravila
<Iei suoi scritli e per la qualita dei suoi scrittori : tutti degni del
loro uffizio, e non pochi illustrali dai piu bei nomi , clie onorino la
Francia addottrinata e credenle. Di qui e avvenuto, che avendo no-i
osservato, come da alcuni anni quel benemerito Periodico manife-
stava non mediocr! inclinazioni verso le cosi dette idee o liberta mo-
dcrne, ci siamo crcduti obbligati ad impugnarne, il piu cortesemente
che per noi si potesse, alcune doltrine ; raa non lo abbiamo giamraai
nominate come avversario, perche veramenle, ad onta di quel dispa-
rere, lo abbiamo tenuto sempre per commilitone e per amico. Ora
ci6 alia sua sagacila non potea sfuggire; e poiche esso e stato il
primo a dirlo, noi non dissimuleremo, che parecchie pagine furono da
noi deltate allo scopo appunto di togliere di mezzo quel dissenso, cho
ci separava, almeno parzialmente, da persone che abbiamo in pregio
grandissimo , e colle quali vorremmo sempre trovarci uniti a com-
balterc i comuni nemici. E pero oggi, che essi ci stendono la mano.
IL CORRESPONDANT E LA CIVILTA CATTOLICA 49
noi ci affreltiamo a stringerla fraternamente ; e cio diciamo con tanto
maggiore sicurezza, quanto che essi, colle dichiarazioni che fanno 1,
non s' inchinano gia a questo o quello parlicolare scrittore , ma piu
tosto si congiungono a noi nell' ossequio a quell' insegnamento cat-
tolico , che e il nostro decoro comune e la nostra forza.
II solo che noi abbiamo fatlo, per agevolare questo desiderate com-
ponimento, e stato il concedere quanto piu si potesse, salva la verita,
ed il mettere questa nel maggior lume, che ci fosse possibile, ridu-
cendo, per cosi dire , ai suoi minimi termini la discrepanza, sicche
fosse sempre piu facile il travalicarli : tanto siamo persuasi , che tra
il Correspondant e la Civilta Cattolica non sia scavato un abisso smi-
surato, com' esso medesimo ha veduto ed ha delto. Se cio s' intende
essere stato guadagnato alia discussione per le freschissime spiega-
zioni della Civilta Cattolica, la cosa e vera. Ma /' essere la liberta
puromente politica fuori di causa, ed il non essere la Chiesa alleata
del dispotismo e nemica di quella liberta, la Civilla lo disse fin dal
suo primo programma nel Marzo del 1850 , benche prevedesse che
V averlo detto , e piu ancora 1' averlo mantenulo le sarebbe valulo
non lievi dislurbi nel paese in cui era nata. Quando poi, nelle ultimo
sue discussion! , essa ha nominate la dottrina della separazione dello
Stato dalla Chiesa, e le liberta della stampa e dei culti, non ha inteso
gia trincerarsi, come nei suoi uliimi baluardi ; ma ha voluto sempli-
cemente esemplificare 1' applicazione di quelle dottrine ai tre obbiet-
ti , dei quali piu si suole disputare ; quantunque non ne manchino
degli altri, che a quelli si possano aggiungere.
Lasciando nondimeno cio , e indubitalo che i sensi direltamente
espressi dal Correspondant , nel suo quaderno del prossimo passa-
to Febbraio , sopra le cosi detle idee e liberta moderne , sono tali ,
che fanno vedere, non che possibile, ma agevole una piena concilia-
zione ; e noi crediamo compiere un dovere a lui medesimo non dis-
1 Quelle dichiarazioni si trovano in un articolo intitolalo: La Civilta Cat-
tolica et le Correspondent, inserito nel quaderno del 25 Febbraio pagi-
ne 451-460. Recheremo in corsivo i tratti che ne citiamo; e per le poche
pagine che contiene quello scritto, non ci pare necessario indicare il luogo
precise di ciascun tratto.
Serie V, vol. X, fasc. 337. 4 21 Marzo 1864.
SO IL CORBESPONDAXT
caro , se li raccogliamo in pochi tratti , per metlerii sotto gli oc-
chi dei nostri letlori. Esso pertanto riconosce cbe /' unita di reli-
gione fu un bene, ed il piu grande dei beni pei popoli cattolici; ed
e nalurale che , a suo giudizio , quclla iinila sia tullora lale dovun-
que si e potuto mantenere , e sarebbe dovecbe si polesse per vie Ic-
gittime stabilire. Esso non biasima, e per conseguenza approva gli
sforzi, che nei tempi andati si fecero dalla Francia , per conser-
vare quella preziosa unita di religione ; e pel medesimo motivo 6
cerlo cbe si debbono da lui approvare gli sforzi, che all'mtento me-
desimo si fecero presso le altre nazioni. Esso concede cbe trailPo-
tere spirituale ed il civile sia possibile , legitlima e talora ancora
necessaria un alleanza con concessioni ed impegni scambievoli; e
vede ognuno come , nel recarsi in atto una tale alleanza, cbe piutto-
sto sempre necessaria, talora non e possibile, le parti da attribuirsi
a ciascuno dei due Poteri si debbono appropriare alia loro natura
rispettiva, o vogliamo dire al fine speciale, al quale ciascuno di essi
e rispettivamente ordinato. Che se le peculiar! condizioni di dali
tempi e di date contrade hanno reso necessario il legale stanziamen-
to in esse di alcune delle moderne liberta, il Correspondanl le con-
sidera come temperamenti comandati dalle circostanze , ed espres-
samente protesta di non tenerli per principii assoluti di tutti i tem-
pi e di tutti i luoghi , e molto meno come diritli imprescrittibili
dell' umanita.
Ad ogni equo eslimalore deve bastare 1'aver trovalo quesli sensi
in quell'ottimo Periodico , per deporre ogni sospizione di men che
sana dottrina in tutlo cio , che a quelli e conforme ; ne ci pare che
siavi alcun bisogno di cercare se quei sensi medesimi, o in tutto o
in parte , si irovino altresi in un celebre Discorso pronunziato in
Malines. Riconoscendo ben volenlieri che quelli vi si trovino, e fuori
di dubbio che accanlo ad essi si sconirano sensi al lutto contrarii ;
e per convincersene basta rammentare i giudizii, che vi si pronunzia-
no inlorno « agli sforzi fatti in Ispagna, per conservare il bene som-
mo della unita religiosa » , e la ripugnauza che il nobile oratore vi
manifesto di accettare « una liberla die non fosse comune a tulli » :
generosila maleavvisata , che, quando non supponga agguagliato il
E LA C1VILTA CATTOLICA 51
male al bene , riesce a dire , non potersi agli onesti concedere la
liberla di girare per le contrade , senza concederla ai micidiali ed
ai ladri. Ma queste ed altre somiglianti inesattezze di quel Discorso
sono slate messe in luce gia da molti , e segnatamente e stato fatto
in maniera solidissima dalla Dublin Review in un lavoro, che abbiam
visto eziandio stampato a parte 1 , e che rivela una mano veramen-
te maestra; della quale, se e quella che noi congetturiamo, la mo-
destia non e minore della maestria.
Paghi pertanto di aver trovato quelle dichiarazioni nel Corre-
spondant, noi soscriviamo di buonissimo grado a queste sue parole :
Nel Periodico francese e nel romano vigoreggia la medesima som-
missione alia Chiesa, la medesima devozione alia S. Sede , il me-
desimo zelo per la rivendicazione del suoi diritti spirituals e tempo-
rali. Oltre a questo , noi giudichiamo che sia verissima la cagione ,
alia quale da lui si attribuisce principalmente il disparere occorso ;
e quella e, che il Correspondant si stampa in Francia , e la Civilia
Cattolica in Italia ; e noi raedesimi ne facemmo un cenno , quando
cercammo della possibility di una scuola cattolica liberale in Italia.
Nati (cosi dice appunto 1'egregio sig. Foisset, autore di questo arti-
colo, che sembra dirlo a nome dei degni suoi collaboratori) nati nella
societa moderna, nudriti nel suo mezzo, non avendo conosciuto del
passato che le mine, come potea venir loro nel pensiero il cercare
il loro punto di appoggio in quelle ruine stesse , quando avessero
potato trovarlo nelle leggi del loro paese? Certo, per cio che con-
cerne la pratica nella cosa pubblica , quanto alle loro relazioni col
Governo , essi non poteano fare diversamente da quello che ban
falto , e supposto che quei principii siano stali introdotti, non cer-
to da loro , nelle istituzioni della propria patria , essi han fatto otti-
mamenle ad afforzarsi di queste con lealta e fermezza insigne , per
rendere allaCliiesa quel piu e quel meglio diservigi, che dalle circo-
stanze polea essere consentito. 1 Caltolici, non della Francia solamen-
te, ma di tutta 1'Europa, non dimenticheranno giammai il moltoche la
1 Quello scritto ha per titolo: Civil Intolerance of religious error. M. De
Montalembert at Malines — London, Burns and Lambert 1863.
52 IL CORRESPONDAXT
Sede romana, 1'insegnamento crisliano , gli Ordini religiosi , e pos-
siam dire in generate la Chiesa debbono all'azione, alia parola, agli
scritli di un Monlalembert, di un Be Falloux, di un De Broglie, d'uno
Champagny , del signori Game , Cochin , de Gaillard e di parecchi
altri valorosi , che arricckiscono dei loro lavori quel Periodico. Ed
in questa circostanza si permelta all' amicizia il risalire ad un tempo
meno vicino , per ramniemorare col debilo onore quei vero modello
di crisliano scienziato , che fu Carlo Lenormant , il quale per tanti
anni e con tanlo amore diresse ed ispiro il Correspondant, nelle cui
pagine al presente il degno suo figlio Francesco ci fa cosi spesso ri-
cordare la fede e la rettiludine paterna.
Ma supposto, che, per la pratica, il punto di appoygio si doves-
se prendere lealmente nelle istituzioni comunque stabilile in Francia
e non nelle ruine del passalo , quegli oltimi scrillori intenderanno
leggermente, che, pei giudizii inlorno ai principii , non si puo fare
fondamenlo sopra quelle istituzioni stesse ; ma il fondamcnlo si deve
cercare nella inlima ragione delle cose, secondo che esse sono state
ordinale dalla Provvidenza, e negV insegnamenti autorevoli della
Chiesa. Ne, la Dio merce, sono in Francia mancali Giornali e scrit-
tori che abbiano saputo farlo, e lo stiano facendo luttavia con molto
senno e con fermezza uguale. Che se pur vogliasi dalle istituzioni di
qualche paese raccogliere alcuno avviamento od indirizzo, ci par ma-
nifesto, cio non potersi avere da contrade, dove delpassato non re-
stano che ruine ; e piuttosto se ue possono avere norme migliori da
quelle , dove ii passalo non e ancor lutlo in ruine , e dove il Cattoli-
cismo universalmenle dominanle ha permesso, che il concello di Go-
verno crisliano si manlenesse vivace nelle menti , ed in non piccola
parle eziandio nelle abitudini della pubblica vita. Ouando le cose si
considerassero in questa maniera, le eta passate ed alcune moderne
nazioni non sarebbero guardate con una specie di compassione,
perche furono o sono destitute di quelle prelese liberta moderne ; si
terrebbe non per un acquislo prezioso, ma per una grande pubblica
calamita il bisogno, in cui alcune di esse si possono trovare di dar
loro ricello; si condannerebbe, come un indegno altentato alia reli-
gione, alia giuslizia ed alia vera liberta dei popoli, la mania prepo-
E LA CIVILTA CATTOLICA 53
tente di cacciarle o tutle od alcune in contrade, dove non hanno
nessuna ragione di essere, come, per figura di esempio, in Italia,
nel Messico, nelTirolo; ma soprallulto il Governo temporale dei
Romani Ponlefici, per la felice necessita, in che si trova, di non po-
lere essere mai allro, che cristiano, non sarebbe guardalo come
una povera eccezione aH'universale e maraviglioso progresso della
civilta moderna, ma, quanto alle massime teorelicbe e praliche cbe
professa, sarebbe tenuto per cio cbe veramente e : vogliam dire per
un fortunato privilegio, cbe puo sempre servire di modello, e po-
trebbe eziandio un giorno servire di lievito benedetlo, quando i po-
poli ed i Governi stanchi , affranti , disperati di comporsi umana-
menle coi soli presidii della natura , si consigliassero a ridivenire
cristiani.
Osserviamo inoltre, come il Correspondant, professando quei prin-
clpii , dai quali si derivano questi giudizii , non sarebbe in nessuna
maniera obbligato di declamare senza posa contro una legislazione,
alia quale pur si deve appoggiare; anzi torniamo a dire che esso
puo amarla e difenderla e trarne il miglior partito, che puo, a ser-
vigio della Chiesa ed a difesa della verita e della giustizia. E sotto
un tale ris petto, noi non abbiamo mai creduto che in Francia o sia
al presente o possa introdursi in piccolo tempo I' unita religiosa ; e
pero come nelle condizioni dell' Alemagna abbiamo trovata la spie-
gazione di molti concetti, espressi nel suo libro da Monsignor Kelte-
ler , Vescovo di Magonza , cosi siam disposli a trovarla a rispetto
di alcuni somiglianti concetti del Correspondant e di altri scriltori
francesi ; ma si andrebbe troppo lungi dal vero pensando, che la
Francia si possa paragonare religiosamente alia Prussia. Benche poi
sia vero che noi citroveremmo imbarazzati ad indicarglila manie-
ra, colla quale si potrebbero amare assolutamente delle istituzioni
maledicendole senza posa, e difenderle non rifinando mai di biasi-
marle ; nondimeno quando si tratlasse non di maledizioni e di bia-
simi acerbi, occasionali forse dalle esagerazioni contrarie , ma di
una semplice riprovazione in ragione di principii, tanto e lungi
che noi ci troveremmo imbarazzati nell' indicarne il modo , che per
poco non possiamo dire di averlo Irovato nelle medesime parole di
54 IL CORRESPONDANT
questo scritto del signor Foisset. Certo qui si dice di volersi cot-
locare pienamente nell' ipotesi. Ora nulla e piu naturale e piu fre-
quente di questo, che ipotelicamente si ami e si difenda cio che7
fuori di quella ipotesi si avverserebbe ancora fieramente. Cos! la
persona, nella ipotesi di una infermita che glielo renda necessa-
rio, puo amare di sorbire un farmaco nauseante, e puo di fender si il
diritto di sostenere un taglio doloroso: quantunque e indubitalo che,
fuori di quella ipotesi, essa abborrirebbe cordialmente dall'uno e
dall'allro. Alia stessa maniera in paesi, nei quali il Cattolicismo e
del tutto sequestrato dalla pubblica vita, e la Chiesa non e ricono-
sciuta, forse neppur lollerata, i Cattolici fanno bella e salutare opera?
quando si conlendono di partecipare alia liber ta generale per lutti T
affine di pigliarne per se quel piu, che loro ne puo avvenire, ponia-
mo che cio abbia ad essere in compagnia di ebrei , di scisraatici ?
di eretici e di settarii d' ogni ragione. Tuttavia essi intendouo benis-
simo che, fuori di una tale ipotesi, quella sarebbe una condizione
affalto conlraria, potremmo dire a tutti i principii della naturale giu-
stizia, ma ci basti ricordare che essa ripugna agli espliciti ed ilera-
li insegnamenti della Chiesa.
II Correspondant sembra temere che, se non queslo coiwincimenta
per se medesimo, almeno 1' aperta professione di quello potrebbc
nolevolmente scemare di efficacia 1'opera dei Cattolici, che combaltono
il liberalismo anticristiano e rivoluzionario. Se il Siecle, dice esso7
e /'Iiidependance beige fossero letti a Roma, vi si riconoscerebbe
che questi due giornali viuono principalmente della paura, che ispi-
rano ai loro lettori del ritorno della prepotenza clericale. Oltre a
cio da alcune parole del conte du Val de Beaulieu inferisce, che il
liberalismo anticristiano e assai piu sconcertato dai liberali catloli-
ci, che fjli domandano rattuazione piena e leak della liberta per
tutti, che non dai cattolici della scuola romana, dai quali si spac-
cia, scagliando le consuete calunnie d'ignoranza e di oscurantismo.
Ora noi vorremmo ben di cuore che il Correspondant si sgom-
brasse di questa preoccupazione, la .quale certamenle gli ridonda ad
onore, siccome quella che e concepita a fine di meglio difendere la
causa della Chiesa. Ma forse quegli egregi scrittori in questo mede-
E LA CIVILTA CATTOLICA 55
simo molivo troveranno onde deporre agevolmenle quel dubbio. Per-
ciocehe in qualunque difesa, che abbia a condursi colle armi della
ragione, ma siugolarmente in quella d' una causa cosi santa e cosi
giusta, quale la offre la Chiesa, prirna di cercare quali siano ie armi
che diano maggior faslidio agli avversarii, si vuole cercare quali
siano per loro medesime piu conformi alia verila ; e 1' assoluta prefe-
renza che a questa si deve dare in tutti i casi, ci dovrebbe persuadere
ad altenerci alle armi piu vere , se pur non dee dirsi alle sole vere,
fossero pure meno efficaci delle altre. Nondimeno nel caso presente
quella minore efficacia non ha luogo. Appunto perche in Roma non
manca chi legga il Siecle, I' Independance beige, ed altri somiglianti
Interpret! del liberalismo anticristiano, si conosce con ogni e\idenza,
che esso si ride della liberta generale ; e se fa vista di volerla, cio e
solo per valersene ad opprimere la Chiesa in tutle le sue appartenen-
2e, senza fare grande distinzione tra la scuola cattolica liberale e la ro-
«iana. Esso sa meglio di noi, che tutti i Caltolici degni di questo no-
me, a qualunque scuola appartengano, come sono dalla parte loro
disposti a rispeltare con ogni lealta e ad osservare cio che fu legal-
mente stabilito , cosi hanno diritto di esigerne dai loro avversarii
rispetto ed osservanza uguale. Ma il liberalismo anticristiano, fermo
com' e a non volerne fare nulla, si va schermendo dalla scuola cat-
tolica alia romana collo spauracchio fantastico della tirannide cleri-
cale, e dai caltolici liberali col recarne in forse ed anche apertamen-
te negandone la buona fede. Ora, quando pure si volesse concedere
che la prima strategia riesca alia rivoluzione piu efficace della secon-
da, veduto il numero sterminato dei gonzi ; e indubitato che la secon-
da ha altresi i suoi comodi per la rivoluzione stessa , soprattulto
quando lo studio esageralo di mostrare vera quella buona fede a chi
£ risoluto di non vi credere, conducesse i Cattolici liberali a morbi-
dezze e a condiscendenze , dalle quali non e credibile quanto resti
nella lotta sgagliardita 1' azione. E cosi quanto non e meglio fare il
suo foridamento nella verila, la quale sola e poterite, ed a lungo an-
dare sola dovra portare il trionfo ! Questo voile dire in sentenza il
Conte du Val de Beaulieu nel suo giudizioso opuscolo: /' Erreur libre
dans I'Etat libre (Bruxelles , dec. 1863 ) , nel quale quel giovane
56 IL CORRESPONDANT
cavaliere ha fallo moslra di tanlo rigore nel discorso e di lanta luci-
dita nei concetti, che bene ci fa sperare di vederlo presto gareggiare
coi sonimi.
Ma non e nostra inlenzione fare una polemica, che qui non avreb-
be un luogo opportune e forse neppure uno scopo degno. Cio che
solo volemmo fu rassicurare i benemerili scriltori del Correspondant,
cbe , attenendosi essi , come protestano di voler fore , insieme colla
scuola, cbe ad alcuni e piaciuto chiamare romana, agl' insegnamenii
della Cbiesa , i loro nobili sforzi conlro il liberalismo anticristiano e
rivoluzionario non iscapiteranno di pregio e di eflicacia, ed anzi gua-
dagneranno in quello ed in quesla. Nel reslo esso ba ragione di sog-
giungere alia fine : Date quesle spiegazioni e messi al coperlo tulti
i principii cattolici, noi dichiariamo di amare la liberta indirizzata
( eclairee ) dalla religione e temperata da leggi sapienti. Or percioc-
che ne la religione puo per loro medesime indirizzare le cosi clelle
liberta moderne , ne possono essere assolutamente sapienli quelle
leggi, die conferissero uguale liberta al bene ed al male; noi dob-
biamo giudicare cbe il Correspondant per quella liberta da lui amaia
avanti tutlo, come si ama per se medesima la bellezza morale e la
giustizia, intenda la liberta vera, nel nobile senso e cristiano della
parola. Nel qual modo essa e quasi una parte della giuslizia, non e
per nienle legata alia professione ed alia pratica delle idee moder-
ne, se pure quesle non le ripugnino, e sollo Principi e Governical-
tolici , ed in qualunque forma di civile ordinamento , si puo godere
piena e sincera, quanto per a^venlura dai sistemi moderni non si e,
non cbe ottenuto, neppure immaginato giammai.
Una tale liberta civile alia maniera cristiana noi crediamo col Cor-
respondant, cbe sia acconcia a conferire dignita alia vita wnana, ed
a temper are fortemente le anime; ma nessuno sara, il quale s' imma-
gini che « la dignita della vita umana e le anime di forte tempera »
siano cominciale ad apparire in Europa, da che \i e stata introdotta
la liberta generate per tutli. Anzi vi e chi pensa che, nel tempo mo-
derno , le anime o , come pure sogliono dire , i caratteri vanno in
modo notevolissimo declinando ; e ci pare che vi vorrebbe troppa
presunzione , per pensare , che , quanto a grandezza di propositi ed
E LA CIV1LTA CATTOLICA 57
a vigore di esecuzione , il secolo quindecimo , esempligrazia , ed il
sestodecimo siano da meno del presente.
Vera cosa e che , coll' avvenimento di quella liberla generate , i
Caltolici, messi legal men te a paro coi loro piu sfidati avversarii, ban-
no avuto occasione, anzi necessita di agguerrirsi in una lotta, di cui i
noslri padri credenti forse non sospettarono neppure la possibilita ;
ed a quella circoslanza se aggiungele 1'indole piu altuosa della gen-
te germanoceltica a rispetto dell'italiana, s'intendera il fondamento,
sopra il quale noi asserimmo, che « in Italia dai Gattolici non si fa-
rebbe il decimo di cio che si fa nel Belgio » , secondo che il Corre-
spondant, citando quel noslro luogo, ha ricordalo. Ma da cio non ci
pare che 1' Italia si debba dire snervata pel manco dimta pubblica^
quasi che le anime non si possano forlemente temperare, che nella
vita pubblica, o non vi possa essere allro raodo di vita pubblica, se
non la iaformala dalle liberta moderne. Ouando pure si voglia con-
cedere che I'agguerrirsi nella lotta coll' errore e col male sia, solto
qualche rispelto, un bene, non e lal bene, che per ottenerlo sia leci-
to licenziare quei due nemici dell'umana generazione, sicche possano
invcstirla impunemente e col medesimo diritlo, onde il vero ed il be-
ne la possono vivificare. La vita anche senza cio e una lolta ; ma
nella sociela cristiana il male e 1' errore debbono essere repress!
da chi n' ebbe 1' ufficio da Dio ; ed il credere piu civili e piu felici i
popoli, nel cui mezzo quelli non trovano alcun freno o raltento, fuori
degli sforzi incessanti dei Caltolici alia spicciolata,condurrebbe a dire
ohe i Russi, per un modo di esempio, sui confini del Caucaso, per-
che agguerriti dalla lotta perenne , sono piu civili e piu felici della
Toscana o di qual e altra contrada meglio fornita dei doni nobilissi-
mi della pace. Certo se nelle citta noslre si smeltesse ogni pubblica
tutela delle vite e delle sustanze , noi in piccolo tempo ne divente-
remmo bene altrimenti agguerriti, che non siamo al presente, che la
sicurezza ci fa snervati; ma saremmo diventati per questo piu felici
o piu civili ?
Forse per istringere fraternamente la mano al Correspondant,
sarebbe bastato registrare qui quella parte delle sue dichiarazioni,
che non ammetle ombra di dubbio ; e lasciare il resto sotlo una ge-
58 IL CORRESPOND AXT E LA CIVILTA CATTOLICA
nerale riserva. Ma noi abbiamo amalo meglio enirare in qualchc
spiegazione, che delerminasse il senso di alcune espressioni, e da
alcune allre sgombrasse qualche dubbio, onde sembrano ancora of-
fuscate. Solo cosi puo togliersi davvero quel disparere, il quale, se
o stato cagione di qualche manco di simpatia dalla noslra parle per
la maniera, ond'esso ha intesa la difesa degl interessi caltolici, co-
me priraa sara sparito, noi potremo aprire tutte le nostre inclinazio-
ni per quel Periodico, e tutla la fiducia, che i Caltolici debbono nu-
Irire nei buoni effetti dei generosi suoi sforzi. Cerlo quegli egregf-
scritlori non ban no bisogno di ricordarci, come essi hanno sempre
altamenle riservata, senza rispetti umani e senza reticenze, la su-
premazia spirituale delta Chiesa, e la loro sommissione alls sue dt-
cisioni dommatiche; ma appunto perche ricordiamo quelle protesta-
zioni e le credemmo sempre sincerissime, non troviarao nulla di sin-
golare in questo, che essi accettano con piena e docile spontaneita
quelle decisioni stesse. Cosi, tolta di mezzo la nuova cosa di una li-
berta non conforme agV insegnamenti della Chiesa, almeno a riguar-
do loro , si potra logliere eziandio la nuova denominazione ; e sara
\ero di essi, che essendo Caltolici liberali, non cesseranno per
sto di essere Caltolici romani.
LA CHIESA ANGLICAN!
IN RUINA
E gia conto per lutta Italia ed altrove il caso dolente della villa ,
sprofondatasi , non e guari , nel lago di Como. Fondata in palafit-
te, cerchiata ai muri maestri da saldissime spranghe di ferro, ral-
iegrata a pie' da ridenti giardini e dalla vista che aprivasele intorno
di piani e di colli, e piu dalle acque del lago, che colle onde romoreg-
gianli venivano a batterla dolcemente da un lalo , pareva , che fosse
la villa del riposo, dell'amenita e della sicurezza. Ma che? all' im-
provviso ne crolla una parte, ne dirocca un'altra, in poco d'ora giar-
dini e rovine scompaiono sotlo le onde. II suolo, sopra del quale le-
vavasi la fabbrica , essendo avveniticcio e senza sodezza , per opera
delle acque del lago , penetratevi di soppialto , venne di un tratto a
dissolversi ed a sprofondare, traendo seco in luttuosa ruina tutta la
villa soprapposta. Questo fatto di ordine fisico ci da la immagine di
un fatto di ordine morale, compiutosi teste in Inghilterra.
Se v' e al mondo una Chiesa , slaccatasi dalla Romana , per la
quale potesse parere, che ogni cosa dovesse correre prospera in per-
petuo, 1'Anglicana sembra tutta dessa. Essendoche amplissimi patri-
snonii le teneano soavemente incatenati i suoi ministri dei gradi piu
.alti, piu societa potenti in denaro ne salariavano largamente gl' infe-
riori, e T autorita del Governo e delle leggi, rispettate in quel paese,
ia guarentivano da ogni assalto per poco in ogni angolo del mondo.
60 LA CHIESA ANGLICANA IN RUINA
Eppure non e cosi ; essa non serba ormai piu che 1' apparenza ;
quanto alia sostanza, e ruinata improvvisamente e senza riparo. Di-
pendendo essa nelle credenze che davanle corpo , dalla mobile YO-
lonta dell' uomo, come era stata dalla medesima raffazzonala, non e
da maravigliare, se le sia toccata questa sorle impensata. Ecco 1'av-
venimenlo. Due Reverend! del ciero anglicano , Rollando Williams
ed Errico Bristow Wilson, erano stati puniti quali maestri di errori,
colla sospensione ab oflicio el benefcio, e severamente ammoniti per
sentenza del tribunale ecclesiastico nominate dalle Arche. I condan-
nati posero richiamo di queste pene , come iniquamente inflitle , al
Concilio Privato, supremo tribunale in quel regno per do che spetta
alle materie di Chiesa e ne furono mandati assoluti , dichiarandosi
innocenti le loro dotlrine. I punti sopra de'quali cadeva specialmen-
te T accusa , sono che : la Bibbia e la espressione di una mente
divota, e la voce scritta della congregazione , e percio devesi leg-
gere con mente libera; e che : la pena dell' inferno non e eterna.
La prima di quesle due proposizioni e del Williams , T altra e le-
nula dal Wilson J. Col dichiarare cotali doltrine non avverse alia
Chiesa stabilita, il colpo di grazia e dato all' anglicanismo.
Infino a qui traeva la sua possanza dalla Bibbia, come dettato del
Signore, dando merce di essa autorita e forza a quei trentanove ar-
licoli, in cui piacque di partire la credenza che gli die un corpo qual
che egli sia di Chiesa. Ma venendo ora da un tribunale inappellabile
pronuuziata una sentenza, che mette la Bibbia al paro di qualunque
allro libro divoto , sopra del quale ognuno puo lecitamente recare
quel giudizio, che gli suggerisce la propria intelligenza, eccovi crol-
lata la colonna maeslra, a cui si tenea la Chiesa stabilita. Difalto con
queslo principio, preso a regola dal Concilio Privato, si spiega assai
bene , come, alcuni anni fa, si desse vinta al Rev. Gorham contro
1 Procedings were instituted in the Ecclesiastical Court of Arches againsS
the Rev. Dr. Rowland Williams. . . and the Rev. Henry Rristow Wilson. . .
for hawing in Essays published by then . . . affirmed that « the Bible is
an expression of devout reason, and the written voice of the congregation,
and, therefores, to be read with reason in freadom; » and for having denied
Ahat the wicked will be eternelly punished. Hull Advertiser.
LA CHIESA ANGLICANA IN RUINA 61
al VCSCOYO di Exeter, nel presente al Rev. Wilson e nell'anno scor-
so siasi lasciato in pace il Rev. Dr. Colenso, benche lutti e tre inse-
gnassero dottrine opposle agli articoli dati, come di fede inconcussa,
dalla Chiesa anglicana. Onde consegue che siccome aquesli dottori
fu lecito rovesciare alcuni articoli e foggiare nuovi canoni a lor ta-
lento ; cosi ad altri sia permesso di rovesciare senza raltento gli ar-
licoli che rimangono ancora iritatti ed opinare a suo grado. Dimodo-
che le credenze anglicane si possono ormai rassomigliare a piante
di niun conto, spunlate al fianco della via pubblica ed abbandonale
al ludibrio di qualunque passeggiero.
Ne qui finisce il male. Chi pretende di parlare e di reggere au-
torevolmente deve portare una patente sicura della sua missione e
del suo grado. Altramente le sue parole o i suoi ordini , siccome
non aventi alcun valore di costringere le coscienze, saranno pigliati
a scherno o per lo meno non ascollati. Gli uomini del clero col
mandato di chi si presenteranno da quinci innanzi al popolo? Con
quello di Dio? Ormai non e piu possibile. E per fermo, avendo il
supremo tribunale ecclesiastico proferilo una sentenza , per la quale
si puo lecitamente insegnare e sostenere esser la Bibbia dettato di
una mente divota; ne segue per diritta conseguenza che il loro po-
tere ieralico, fondato nella Bibbia, sia divenulo dubbioso se non an-
che nullo; stanteche non valendo piu di quello che valga 1'asser-
zione di una mente pia , suggetta alia disamina ed al giudizio di
chicchessia, od una opinione particolare, comparisce necessariamenle
privo di ogni forza intrinseca. Ondeche, non potendo i ministri della
gerarchia anglicana presenlarsi piu ollre quali uomini investiti di
quella autorita ieratica che rappresentano ; e cessata interamente la
ragione della loro esistenza come tali, e gli atti di giurisdizione, che
per av venlura esercitassero , debbono aversi in conto d' iniqui , o
per lo meno di niun valore, in quanto che operano senza certo potere.
La Chiesa o societa. anglicana cisipresenta adunque l.°come de-
stituita di quegli articoli o principii di credenze comuni , merce dei
quali si tengono rannodate le intelligenze ele volonta dei socii, sic-
che ne risulti la cospirazione de' medesimi in uno stesso intendi-
mento ; 2.° come priva di rettori, che ne regolino autorevolmente il
62 LA CHIESA ANGLICANA IN RUINA
moto, e formino il centre della unita di corpo. E pero la conseguen-
za logica della mentovata decisione si e il totale dissolvimento della
Chiesa slabilita. Conciossiache la essenza di ogni sociela consisten-
do nella cospirazione delle inlelligenze e delle volonta degli associa-
li, secondo il proprio fine, e nell' autorita individuata nel reggitore,
in cui tutta la societa viene ad incentrarsi; e per 1'altro lato essendo
alia Chiesa sopraddetta oramai \7enula meno 1' una e 1' altra cosa in
forza della sentenza pronunziata dal Concilio Privato ; rimane chiarilo
aver essa ricevulo il colpo estremo e la sua vita non esser altro die
una fuggevole apparenza.
Non v'ha piu scanipo. Essa corre a rotta nell' abisso del raziona-
lismo , da cui sono sbucati gli empii Renan ed i consortl di Francia
e di Lamagna. Difatto siccome la turba di cotesto gregge ha batlulo
palnia a palma alia riferita senlenza del Concilio Privato ; cosi gran-
di sono stale per 1'opposto le querimonie del Times, di John Bull e
di altri giornali informati di anglicanisrao. I quali per la data sen-
tenza mirano dolenti la Chiesa stabilita qual nave, die, fiaccati gli
alberi, e perdulo il timone per impeto della bufera, se ne va rapida-
inente trascinata dalle onde nei vortici appunto del razionalismo, che
a'nostri di minaccia d'ingoiarsi ogni maniera di religione posiliva. Ne
cio a torto. Imperocche nel supposto che si consider! la Bibbia quale
scriltura di mente divota , e percio debbasi soggettare al sindacato
della propria ragione ; a chi degli Anglicani facendosi ad aprire il
Yangelo di S. Giovanni ed imbattendosi a modo di esempio nell'allo
mistero della generazione eterna del Verbo, non si affaccera tosto
la domanda : onde e come la menle pia di Giovanni pote sapere il
nelto ed accerlarsi di cio, che egli ci narra ? Un uomo che nacque e
visse nel lempo, ci viene a descrivere avvenimenli lontani da' sensi,
incomprensibili alia mente ed accaduti nel seno dell' eternita ? Sono
fantasie del suo cervello. Ed eccovi lolta di mezzo la divinita del Ver-
bo. Con allri discorsi a queslo somiglianti si ridera della efficacia dei
Sacramenti, come cosa impossibile ad accadere ; esempligrazia, che
V acqua battesimale purghi le anime di una col pa non commessa da
esse, ma redata : si fara befle de'miracoli come di antiche leggende;
insomma beslemmiera quanto si conliene nella Bibbia, alia maniera
e peggio del Renan.
LA CHIESA ANGLICANA IN RUINA 63
E qui vuolsi notare cbe queste orribili bestemmie sono conseguen-
ze dedotte con lulto il diritto da qualunque professi le credenze del-
la Chiesa anglicana. Infatti pognamo che sorga nello Stato una qui-
slione sopra la intelligenza della legge, che si porti al tribunate su-
premo, e che da questo si pronunci la sentenza definitiva. Chi non
vede in questo caso nascere in ogni cittadino il dirilto di opera-
re, secondoche porta la data senlenza? Non ye n' ha dubbio. E chi
volesse contraslarne gli atti, nol potrebbe fare senza manifesta in-
giustizia. Pariraente essendosi autorevolmente definite dal supremo
tribunale della Chiesa anglicana polersi lecitaraente professare la
sentenza del Williams ; ne segue in ogni membro di quella Chiesa
il dirillo di operare secondo la medesima sentenza , e che niuno dei
socii , per qualificato che egli sia , possa in cio contrastarlo diritta-
menle. Si conobbe dal sopraddetto tribunale tutta la portata di que-
sta conseguenza , e quindi per avvalorare la sua decisione penso di
darle un sodo fondaraento , quale si e quello degli statuti , a cui si
regge la Chiesa stabilita. Giacche esso affermo che « la proposi-
zione od asserzione , che ogni parle della Scriltura sia stala seritta
sollo la ispirazione dello Spirito Santo , non s' incontra in veruno
degli arlicoli o delle formole della Chiesa stabilita , e che occorre
a proposito sol tan to il sesto articolo , il quale dice conlenersi nella
santa Scriltura tulte le cose necessarie alia salute, ed i libri del
Yecchio e del Nuovo Testamento sotto questo riguardo essere sti-
mati canonic! 1 » . Ma non essendosi punlo definite quali siano le
parti della Bibbia dettate dallo Spirito Santo o quali cose debbano
aversi in conto di necessarie per la salute ; con questa dichiarazione
non si fece, che confermare viemeglio ogni buon anglicano nella li-
berta di conciar la Bibbia secondo il proprio capriccio.
II fatto lo comprova evidentemente. Ecco quello che ci testimonia
un giornale anglicano intitolato Litterary Churchman, e ci conferma
1 « The proposition or assertion that every part of the Scriptures was
written under the inspiration of the Holy Spirit is not to be found either
in the articles or in any of the formularites of the Church. But in the 6th.
Article it is said that Holy Scripture containeth all things necessery to
salvation, and the books of the Old and New Testament are therein termed
canonical. »
61 LA CHIESA ANGLICANA IN RUIN A
anche \\ Dr. Shawe : « La Chiesa slabilita, se si considerano le len-
denze de'suoi teologi prindpali, sembra che ella non solamenle siasi
Ingolfala profondamenle nello scisma , ma ancora con pie veloce si
spinga verso la slalo pauroso della eterodossia. II rev. J. Maurice,
antico professore nella Universita di Cambridge , rigelta le dottrine
delle pene eterne ; il Rev. professore Jowet di Oxford nega la leori-
ca della espiazione pel sacrifizio di Gesu ; Baden Powel ripudia 1'au-
iorila del Yecchio Testamento e per conseguenza il peccalo origina-
le e 1'osservanza del sabbalo. II paslore di S. Grisostomo, M. Mac-
Naught, nega la ispirazione divina delle ScrUlure, ed il Vescovo di
Hereford rifiula in generale ogni maniera di domma.... La Chiesa
d'lnghilterra si e addorrnentala e si e lasciata cogliere alia sprovve-
duta dalla grande infedelta del secolo presente e dalla antropolairia,
che sostituisce 1' uomo colla sua azione, colla sua scienza, colle sue
forze al governo della Provvidenza. Chi puo sapere la retribuzione
che ci aspetla, e se un giorno 1' impero della Gran Bretagna, il primo
fra quanli leggonsi nella storia del mondo, non sia per essere trat-
tato alia maniera di quelli di Ninive e di Babilonia ? » Donde risulta
in modo lampanle come le credenze della Chiesa anglicana siano per
ogni lalo discreclute, manomesse, e ad una ad una annienlale. Essa
va in ruina, e quello che le torna ad alto disdoro e le dee cuoccre
di piu, si e, che rultimo colpo mortale sia venuto da chi per obbligo
del suo posto e del suo grado avrebbe dovuto adoperarc lutle le
forze della sua mano, per sostenerla erollanle e difenderla da ogai
menomo insulto.
Vero e per altro, che alcuni del pseudoclero anglicano si arra-
batlono per trovar alcun modo o alcuna regola, onde apparisca non
venire dalla sentenza del Concilio Privalo alcun danno alia Chiesa
stabilita 1. Ma indarno. Due casi possono supporsi : o che la sen-
tenza prommziata sia conforme allo stalulo della Chiesa slabilila e
che percio niuna offesa ne derivi al medesimo , in quella maniera
che una legge qualunque non rimane punlo ferila dalle conseguenze
1 II Guardian ha mi articolo, in cui vuol provare che « it is not to be
regarded as hi any sense an act of hostility to the Church ».
LA CHIESA ANGLIC ANA IN RUINA 60
praticbe , le quali da essa naturalmente rampollano : ovvero che si
neghi al sopraddelto tribunale 1'autorita di giudicare defmilivamen-
te in tale materia . e die quindi lion si cagioni alcuna oSesa alia inte-
rezza della credenza anglicana per cotale sentenza. Si sceglie il pri-
mo caso, come si e fatto da parecchi della Chiesa stabiliia? Eccovi
due conseguenli, 1'unopeggior dell'altro. II primo, cbe nella Chiesa
anglicana, siasi ignorato inlino a'nostri di e punito, quale gravissi-
ma reila , in fatto di credenza quello , cbe oggi si licenzia come le-
cito a seguitarsi, come e toccato al Dr. Oakeley non e guari:,la
seconda, cbe lo staluto della Chiesa anglicana abbia portato in corpo
fin dal nascere il mostro del razionalismo , e che, se non 1' ha dato
in luce prima d' ora , cio sia avvenuto, perche infmo al Williams ed
agli uomini del Concilio Privalo non si e trovato chi 1'aiutasse a sgra-
varsene. Si ama piuttosto di attenersi all'altro dei due casi proposti,
come vogliono alcuni dell' alto clero anglicano? Voi gia vedete tutti
costoro mettersi da se in balia della propria opinione, alia quale gli
ha abbandonati il supremo tribunale della loro Chiesa. E per fer-
mo da che sono mossi a credere la ispirazione certa della Bibbia ,
contro il definite ? Dalla propria opinione , la quale dice loro che lo
stalulo della Chiesa stabilita da la Bibbia qual libro sicuramente
ispirato. Ma non avendo 1' autorita di obbligare alcuno a tenere per
certo quello, che essi opinano, ne segue che i membri della medesi-
ma Chiesa possano sostenere due credenze opposte, sopra un punto
capilale , quale si e la ispirazione della Bibbia. Senza che ., avendo
rovesciata 1' autorita del Concilio Privato col negargli il diritlo di
sentenziare defmilivamente, e non potendo dall' altro canto additare
un nuovo tribunale, il quale decida autorevolmente i litigi, che na-
scono del continuo intorno le credenze della loro Chiesa, chi non vede
essersi eglino con questo passo ridolti alia condizione de' prolestanti ?
Onde in qualunque caso la nostra conchiusione del dissolvimento e
della intera ruina della Chiesa stabilita apparisce verificata, anche ai
meno veggenli.
Procedendo nella considerazione della sentenza giuridica pronun-
ziata dal Concilio Privato, ci si offre uno spettacolo degno di essere
osservalo. Si sono levati il Williams e il Wilson, hanno bandito, e ban-
Serie V, vol. X, fasc. 337. 5 23 Marzo 1864.
66 LA CHIESA ANGLICAN! IN RUINA
discono lullavia colle loro scriUure, dottrine die contraddiconoairin-
segnamenlo della Chiesa anglicana, professale infino dalla sua origi-
Be, come si ricava dal confronlarle cogli articoli e colle formole del-
la stessa. Contuttocio per la sentenza autorevole del Concilio Privato
tuiti e due rinaangonsi nel grembo della slessa Chiesa, conlinuano nel
loro grado di paslori, mantengono intero il soldo die ritraggono dal
loro benefizio. Eccovi quinci spuntare un' ovvia conseguenza : « Po-
lersi lecilamente nella Cbiesa anglicana variarc la credenza in punto
soslanziale, senza die percio si cessi di apparlenervi. » Onde-ci vienc
sotto la penna tutto da se il detto verissimo del Bossuel in risguar-
do della Riforma : lu muti, dunque non hai il vero, essendo la \erita
immutabiic. Piu ; essendosi , con autorevole decreto , permesso aglt
unl, che professino ed insegnino la ScriUura non essere ispirata e le
pone dell' inferno non doversi tenere durature in perpeluo , ed agli
allri, che predichino e sostengano 1' opposto; ne conseguita che la
Chiesa anglicana sia divenuta maestra di errore ; slanteche di due
doUrine contraddillorie e meslieri che Tuna o 1'allra sia erronea.
Da ultimo essendosi infino a qui dalla medesima Chiesa insegnala,
quale verila indubitata , la ispirazione della Bibbia e la cternita
delle pene, quando ora 1'uno e 1'allro punto e concesso di revocarc
lecitamenle in dubbio ed anche di negare a talento ; ne deriva , che
nella Chiesa Anglicana siasi fino dai primi suoi inizii insegnato
come verita indubilata ed articolo necessario a credersi cio, che
non oltrepassava la probabilita di una opinione. Ora domandia-
mo ai medesimi anglicani se possa aversi in con to di vera Chiesa
fondata da Gesu Cristo quella die si presenta incorsa nell'errore.
E queslo tanio impossibile, quanto e impossibile che Crisfo somma
Terita, ch' e \enulo al mondo per teslimoniare il vero a coslo della
sua vita , e propagarlo intallo in fino alia consummazione dei secoli
per mezzo della sua Chiesa, insegni e sostenga la raenzogna. II fatlo
quindi della decisione, che abbiamo considerato, ci dimostra mani-
festamente non solo il dissolvimento della Chiesa anglicana ; ma an-
cora, qual giunta importantissima, ci prova che essa come non e al
presente, cosi non fu mai la vera Chiesa. Ella fu opera dell'uomo,
il quale resosi schiavo di vilissima passione si sottrasse al giogo
LA CHIESA ANGLICANA IN RUINA 67
dell' autorita stabilita da Cristo nel suo Vicario, pervivere a ca-
priccio. L'avvenimento presente ci conferma quello che accadde tre
secoli fa.
Eccovi la pessima condizione, in cui giace senza scampo la Chiesa
anglicana. E questa e quella Chiesa, i cui membri in grande numero
hanno determinato di annientare il Cattolicismo in Italia, abbominan-
do il Papalo come ima istituzione dell'orgoglio, ed a tale uopo si sono
rannodati in varie societa ; hanno spedito grosse somme al Garibal-
di, perche compiesse lo slerminio delta signoria temporale della
S. Sede ; hanno compro seminatori di errori , perche corrompessero
negli Italiani la fede dei loro avi ; hanno fatto buon viso e ricolmo di
larghe promesse il Governo del nuovo Regno, perche aprisse la porta
in questa nostra terra ad ogni culto , e cosi fosse corsa a man salva
e calpestata dal sozzo pie dello scisma , della eresia e della empieta
piu svergognata. Non sappiamo se sia concorsa la giuslizia piu che
la misericordia divina nell' ordinare , che di questi di si palesasse al
mondo esser la loro Chiesa, la Chiesa della confusione e deir errore,
ed ormai , non ostante i molti puntelli adoperativi per sostenerla ,
cadere senza riparo per non potere piu rifabbricarsi. Gl' Italiani in-
tanto abbiano una lezione di piu del quanto debbano abborrire quelle
dottrine, che li distolgono dall' obbedienza verso il Vicario di Cristo,
che li ritraggono dalla fede dei loro avi ; quando fuori di essa non
veggonsi , che ruine ed orrore. Che se la rivolta gli ha gittati nei
disordine , li tiranneggia e li aggrava fieramente di balzelli e di
tributi di sangue , non possa almeno giungere mai colle sue trucu-
lenti insidie a strappare dal loro cuore la religione.
-
1
RIVISTA
DELIA
STAMPA ITALIAN A
Elementi di Architettura gotica, da documenti antichi, trovati m
Germania, offer ti agli artisti dal Conte EDOARDO MELLA, Diret-
tore deiristituto di Belle Arti in Vercelli. Parte prima pubUi-
cata nel <I857 ; Parte secondapubbl. nel 4863. — Milano, Lit.
Ronchi. Due tomi in un vol. in foglio, con moltissirne tavole.
Diamo il ben venuto a un Goto , a un Goto gentile, a un Goto dot-
tissimo, e per giunta fiorito di quella modestia che suol andar com-
pagna de'merili straordinarii. Egli civiene dalla feconda terra sub-
alpina, che in questi ultimi tempi diede all' Italia tanti e si preclari
cultori deli'anlichila : il Canina , il Cordero di S. Ouintino, Carlo
Promis, il Provana del Sabbione, Cesare di Saluzzo , Fed. Sclopis ,
Ces. Balbo, il Baudi di Vesme, il Cibrario , il Ricotli , il Vallauri ,
Alberto La Marmora, e altri non pochi non meno illustri ; i quali lutta
investigarono 1' archeologia pelasgica , greca , romana , longobarda
dellanostraPenisola. II conteEdoardo Mella seguendo le chiaretra-
dizioni di famiglia l, e nolo gia ai dotti per varii saggi, onde cono-
1 II padre dell'A., con te Carlo Emmanuele Arborio Mella, fondo I'lstUuto
di belle arti in Vercelli sua patria, fu promotore e illustratore erudito della
famosa basilica di S. Andrea in Vercelli. Tntorno a questo monumento si a-
dunano molte e gloriose memorie careai Vercellesi, e innanzi tutte quella
RIVISTA DELLA STAMPA ITALIANA 69
scerc si poteva, come dall'unghia il leone, viene a collocarsi in que-
sta schiera luminosa, coll' offerire agli artisti un raanuale di archi-
tettura golica. Ci duole di non aver potato prima d' ora far altro che
annunziarla nella bibliografia, senza ragionarne alia distesa : ma me-
gtio tardi, die mai. D'altra parte i periodici scientific!, di qua e di
la dall'Alpi, con tanti plausi salutarono quest' opera, che poco o nulla
poleva scemare alia sua celebrita la mancanza della noslra voce 1.
Niente sembra piu agevole a comporre che un libro di Element! ; e
pure gli uomini consummali nella scienza si concordano pienamente
ad asserire, non essere lavoro da tentarlo altri che i grandi maestri.
E il Mella vi e riuscito, non solo per noslro giudizio (che non siam
competenti ), ma per consenso di quanti ne parlarono da conoscitori
dell'arte. Ne per 6 punto ci marayigliamo, che appena yenuta alia
luce abbia trovato un illustre architetto inglese, sir Giorgio Wegley,
che si pregi di voltarlo in quella lingua. L'A. attribuisce agli archeo-
logi tedeschi la seoperta del principio generatore degli ordini gotici.
Noi non contenderemo loro la gloria di averlo svolto, e derivatone
metodi esatli forse prima degli altri , comeche gl' Inglesi possano
per ayyenlura loro contrastarla : a cio i dotli Alemanni, ollre 1'incen-
dell' illustre loro concittadino il Card. Guala Bichieri che edificolla al co-
minciare del sec. XIII, reduce da una legazione in Inghilterra. II conte Carlo
Emmanuele ha 1'onore d'avere scoverto il nome dell' architetto, che fu un
Brighints, inglese. Cf. MANDELLI, // Comune di Verc'elH, ecc. Tom. Ill, pa-
gina!35 (Vercelli, 1858). Noi che tlobbiamo alia gentilezza d'una famiglia
stretta attinente col ch. A. 1'aver potuto contemplare quel monumento, de-
scritto dai trattatori di cose gotiche nostrani e forestieri , conveniamo che
ell'e di purgatissimo stile anglo sassone, come dicono i piu : ma non osiamo
conclannare coloro che la chiamano normannica, ne chi la volesse romano
bizantina o lombarda. Essa e esemplata dalla cattedrale di Gloucester, la cui
coslruzione risale al sec. XI ; e gli edificii sacri di tale epoca e di tal luo-
go possono benissimo ammettere le quattro denominazioni, a seconda dei
varii sistemi degli archeologi.
1 Nel recente Congresso dei Gattolici a Malines 1' opera del Mella riscos-
se grande applauso, e fu giudicata capace di produrre un felice mutamento
nell'arte dell' edificazione gotica. In diversi giornali ne scrissero encomii i
ch. profess. Andrea Gavazzoni Peclerzini e Giuseppe Mongeri. Citiamo quest!
soli , perche nomi chiarissimi e conosciuti in Italia.
70 HIVISTA
tivo che loro porgevane la bellezza de'patrii monumenti, ebbero, piu
che altri , sussidio da carte e document! felicemente scoperti presso
di loro. Non di raeno questo principio gia era certamente conosciuto
in Italia : il nostro A. parla del Tibaldi (il famoso dipintore dell'Escu-
riale ) ammiratore della nascosa geomelria del sistema ogivale ; noi
sappiamo che prima di lui, Michelangelo non si saziava di godere
1'armonia delle linee gotiche di S. Maria Novella, e quel tempio mi-
rabile chiamava la sua sposa ; Gesare Cesariano e Traiano Ambro-
siano trattano esplicitanaente del triangolo generatore del golico l.
Ad ogni modo non esisleva presso di noi tratlato metodico e com-
piuto dell'arle, che porre si potesse in mano ai giovani sludiosi ; il
primo libro italiano di questo genere e del conte Edoardo Mella.
Entriamo sulle sue pedate nou a trattare , ma ad esporre il suo
sistema: non polra riuscire altro che dilettevole anche ai non inizia-
ti ai misteri ogivali. Come il Barozzi dedusse i suoi Ordini dalla
profonda analisi dei monumenti piu perfetti della maniera greca e ro-
mana, cosi il nostro A. deduce i suoi canoni dalle costruzioni gotiche
dei secoli XIII e XIV, che appunto son reputate le piu correlte. Sa-
gace pensiero e fecondo. Sagace: perche chi volesse rintracciare le
leggi del gotico, abbracciandolo in tutta la sua ampiezza, si mette-
rebbe ( per nostro avviso ) allo stesso cimento che i botanic! nel for-
raare i generi e le specie delle piante; lavoro cento volte fatlo e cen-
to volte da fare. Come la natura con infiniti e insensibili trapassi si
sprigiona dalle frasi dei classificatori , cosi i monumenti acutangoli
con indisciplinate colleganze e sfumature trascorrono fuor delle re-
gole volute in essi addimostrare. Laddove, ristretto lo studio a un
non grandissimo numero di tipi analoghi, piu agevole riesce il com-
pararli, e riconosciulo cio che neH'arlificio e comune e costante, de-
rivarne precetli e ricomporre 1'arte. Aggiungasi, ch'egli e certo per
le istorie, 1'uniformita de'monumenti sacri di quei secoli, non essere
pun to opera del caso (cio che del res to non era credibile) ; ma si di
teorie fisse , di formole architetloniche , insegnate misteriosamente
1 Yedi la dottissima Storia dell'Architetlura in Italia, del ch. march. AMF-
coRicci. Tom. H,pag. 17S (Modena, 1857-60, III-8.0).
BELLA STAMPA 1TALIANA 71
nelle maeslranze muratorie allora fiorenti : e pero anche per questa
parte divien ragionevole d' indagarne il segreto.
Diciam poi pensiero fecondo il suo, perche un sistema metodico di
precetti, elaborato per via di analisi sopra monumenti nel loro gene-
re euritmici e senza contrasto bellissimi a vedere, non puo produrre
altr.o che fabbriche armoniose e di grato aspetto , se per via di sin-
tesi venga messo in pratica. Pero siccome i precetti del Vignola be-
ne atluati producono la corretta maniera classica, cosi i precetti del
Mella ci daranno la corretta maniera ogivale : e dove alia scienza del
nietodo vada accoppiato altresi il genio dell'architettore, gioveran-
110 di norma a nobili basiliche , simiglianli alle maestose cattedrali,
onde sono dedoltele regole e derivati i concetti.
La Parte prima e come il vestibolo dell' arte, a cui possono per-
venire, noache gl'ingegneri, i senopliei arlisti, i quali del magiste-
ro delle linee abbisognano. Tutto vi e breve, concise, e da copiose
figure lumeggiato. Dato un cenno storico sui periodi e sulle varian-
ze dello stile golico , pone la base del sistema. Quesla consiste nel-
1'applicazione del triangolo, che combinate, o sviluppato in poligoni
con certi regolamenti genera le icnografie, le ortografje, le membra-
ture, gli ornati; brevemente, ogni parte. L'A. fa capo dalle modana-
ture semplici, passa alle composte, alle sagome complesse , i profili
delle quali ultime ricava da un ingegnoso intaglio d'un ottagono del-
to fondamentale , e risultante da due quadrati inscritti , aventi per
lato la grossezza del muro a cui si applicano i meinbri di ornato. Di-
scorre poscia delle varie generazioni di archi, derivati anch'essi dal
ti'iaiigolo, e de'trafori ornamentali. Da ultimo fa 1'applicazione di que-
sle prime nozioni al disegno delle finestre , porte , guglie e parti lo-
ro; e cosi termina la prima parte. Vi si sente per ogni dove lo sfor-
zo dell'A. a stringere, a sceverare i precetli capitali dai meno neces-
sarii, a frenare, diremo cosi, la copia della sua scienza, per adallar-
si aU'angusto compito di trattatore elementare.
La Parte seconda, piu ampia di mollo, e dcrviziosa anch' essa di
magniliche tavole, ha per iscopo di condurre il disegnatore al grado
di architelto sacro , o almeno indicargli la strada. S' introduce con
nn breve studio sulle Compagnie muratorie del Medio Evo : recatosi
72 RIVISTA
quindi novellamente in mano V otlagono fondamentale, da quelle la-
sciatoci , insegna a Iracciare le piante del cori , che innanzi ogni
altra parle voglionsi architettare. E un vero incanto il vedere come
dalla luce ossia apertura d'un coro, che viene determinata ad arbi-
trio o dalle circoslanze, a mano a mano si svolge e la loro periferia
poligona, e la grossezza dei muri, e la spazieggiatura de'fineslroni,
e i piedritti, e i contrafforti, e le proporzioni di ciascuna parle, e le
condizioni tutte dell' alzala interna ed esterna. Dalla configurazione
del coro toglie norma il corpo della Chiesa, sia che sorga d'una sola
nave, sia che di piu, sia infine che le corsie lateral! prolungate ag-
girino 1'abside, fiancheggiandola di navala concentrica o di cappelle.
II concetto d'un tempio gotico, di stile corretlo, vien quasi dissi tra-
dotto in una formola matematica, nella quale basta scambiare i sim-
boli algebraic! colle quanlita aritmetiche per ricavarne i parlicolari
concreti delle proporzioni relative. Ed e mirabile che con tanto ri-
gore di proporzioni , rimane tultavia amplissimo campo ai voli del-
rinvenzione, diretti sempre, larpati non mai ; anzi rassicurati contro
il pericolo di cadere nel disarmonico e nello slrano.
Registriamo i litoli dei paragrafi della seconda parte: ci daranno
un'idea dell'ordine e dell' importanza delle materie: « Cenno storico
delle maestranze del Medio Evo — Preliminari. Metodo sistematico
di sovrapposizione delle figure geometriche — Dei Cori, e della loro
costruzione dair ottagono — Applicazione pralica del sistema di so-
vrapposizione dei poligoni — Pianta ed elevazione di una finestra
di chiesa , con rispettivo contrafforte — Alzato dei cori preceden-
ti — Pianta di chiesa dedolta da quella del coro — Delle Volte go-
tiche — Dei Piloni — Delle Torri o Campanili — Delle forme ester-
ne delle chiese e de' suoi accessorii. Esempii pratici di costruzioui ».
A quest! esempii van congiunte XIII grandi tavole.
A renders! capace della vastila di dottrine archileiloniche rac-
chiuse in si breve traltato, basterebbe leggere altentamenle anche il
solo paragrafo primo, che e poco piu d'una pagina in foglio grande;
ogni capoverso e un articolo di codice dell' arle , e per giunta dettato
con si rara lucidita di parole , che anche un semplice dilettante lo
legge e lo gode con dilello. Pero non dubitiamo punto che gli Ele~
BELLA STAMPA ITALIANA 73
menli del Mella non siano per divenire il manuale d'ogni principian-
te; e dove il ch. A. ai precetti di archilettura sacra aggiunga allresi
qualche cenno relative alia profana , egli avra dalo un compagno
classico al classico Yignola , cui gia fin d'ora vince di ampiezza , di
ordine, di praliche applicazioni.
Or che pro', dira taluno, di un Manuale di goticismo in Italia?
Rispondiamo: per conoscere 1'arte, e valersene ne'ristauri de'nostri
monumenti ogivali , ed ancora ad imitarli , dove altri il volesse.
Dalle Alpi insino alle ultime prode di Sicilia torreggiano basiliche
di maniera romanese, bizantina, lombarda , norm anna , archiacuta,
e di fogge miste : or perche non sara ulilissimo studiarne 1' artificio
e le proprieta? L' ogivale propriamente detto e 1' estremo limite delle
modificazioni subite dal greco romano ; e i generi da noi nominal!
ne segnano i trapassi. Pero chi dopo gli sludii ordinarii si adentri
allresi nelle teoriche dell' ogivo, avra con do slesso atlinla un'idea
piii vasta del sistema edificatorio delle varie eta: il che conferira non
poco all' uopo di acconciare alle antiche fabbriche le giunte, o i ri-
sarcimenti, onde abbisognano, senza confondere i proprii disegni e
il carattere naturale.
Non piacera forse a tulti (sia detto di passo) questo noslro pensa-
mento, onde ravvisiamo nel gotico una semplice Irasformazione del
classico, e non sappiamo se gradira allo stesso ch. A. di cui racco-
mandiamo le teorie. Non siam qui per propugnarla come campion!
giurati, la proponiamo come dilettanti. Sappiamo inoltre di essere in
oltima compagnia a professar questa opinione : ci sembra di avere in
suo favore la voce dei monumenti slessi di tutta 1' Europa, i quali con
transizioni irrefragabili e perentorie dimostrano la filiazione delle scuo-
le succedutesi a vicenda nel magislero dell' arch itettare. I monument!
e la storia ripugnano assolutamente alle ipotesi ingegnose , onde si
piacquero certi autori di dare la gloria deir architetlura acutangola,
altri agl'Inglesi, allri ai Francesi, altri ai Tedeschi, altri ai Normanni,
altri ai Saracini, .altri ai Goti. I monumenti ela storia confondono le
utopie di chi V attribui allo spirito di setta, ribellante contro 1'archi-
tettura ieratica di Roma , e nel tempo stesso non consentono a chi
ne fa omaggio esclusivo al genio religioso delle eta crisliane. Un
74 RIYISTA
sistema di architeltura non pullula-per invenzione; ma si trasfonde
per tradizione, si modella sugli esempli, si perfeziona cogli studii, si
modifica dalle scuole , si aecomoda alle condizioni almosferiche e
locali. D' altra parle il genio crisliano e tanto glorioso e ricco, che
non mendica i suoi vanti dalle noslre immaginazioni. Come trionfo
sacrando al vero Dio la basilica vitruviana, cosi continue a Irionfare
in tutli i tempi, sfoggiando la molteplice sua maesla nelle costruzioni
di altri stfli correnti, e dando loro impulso a nobililarsi e grandeg-
giare. Ma torniamo in via, e ripeliamo, gli studii del gotico servi-
ranno di guida ai ristauralori, ne piu si vedranno indotte mani e au-
daci travestire alia greca le chiese del Medio Evo, coll' esito stesso,
del pittore oraziano, ut nee pes nee caput uni Reddalur formae.
Vero e che siffatti studii gia sono felicemente cominciati in Italia,
e gia in molte citla abbiam veduti risorgere i primitivi concetti delle
vetuste basiliche, spogliati delle stranie squame, onde erano stale
barbaramente camuffate l.
Diciamo inoltre che gli Elementi del Mella possono giovare allresi
a' nuovi edificii. Non oseremmo per avvenlura dare impulso a cotali
lavori nella noslra patria, ne il potremmo, volendo: atteso che i
maestri competenti li sfavoriscono qui comunemente , e li ripudiano
come male accordantisi col risorgimenlo universale dell' arte greca,
romana nostra, e come sgraditi all' occhio italiano. Ogni modo, se
qualcne amatore di austerita architettonica s' invaghisse di ritentare
V arte dei padri nostri , come non molti anni addietro avvenne pro-
prio in mezzo alia classica Firenze, egli dovrebbe al tullo consigliarsi
prima colle teorie del nostro Autore. A questo modo sparirebbero
quelle sconciature gotico scismatiche, come giustamente le chiama il
Mella, in cui la composizione tirata a slancio di capriccio, 1' archeg-
giatura dispaiala, Tomato bislacco ringhiano tra loro, e tulti insieme
s'azzuifano contro 1' occhio euritmico del riguardante: e sorgereb-
1 Dopo pubblicati gli Elementi del Mella, F Accademfa di Brera propose
per tema al concorso del premio di Architettura: una Basilica.... sullo svi-
luppo del triangolo equilatero. Egregio esempio, e insigne successo del no-
stro Autore !
BELLA STAMPA ITALIANA 75=
bero invece costruzioni regolari e accordate. Forse anche avverrebbe
che cotali esempii assennati acquistassero ammirazione dai dilettanti,
e perdono dai perraalosi. Del resto , quale che sia per essere il de-
stino del goticismo nelle nostre contrade , il conte Edoardo Mella
avra il merito insigne di averne dichiarati i principii retti dell' arte,
e divulgalili presso gli studiosi.
Sappiamo poi ch' egli non solo vi si adopera colle parole, ma in
pari tempo colle cure assidue e soliecite a pro5 de' palrii monumenti ;
e gia le caltedrali di Casale, di Acqui , di Saluzzo e forse altre che
non sappiamo, vanno a lui debitrici di ben intese e felicissime risto-
razioni. II suo studio e ingombro, ci dicono, di disegni che d' ogni
parte gli si dimandano, e fin dalla Svezia, dove si ya ergendo un
tempio catlolico da lui architettato. Noi non ne facciam punto le ma-
raviglie: una bottega, dove abbonda merce eleltisshna , e si vende
gratis et pro amore Dei, e bene spesso a miglior mercato che sem-
plicemente gratis, non puo fare che non abbia copia grande di av-
ventori. Onore al dotto, al cristiano, ai cavalleresco patrizio piemon-
tese , che cosi professa la scienza a gloria della religione e della
palria.
BIBLIOGRAFIA
ALBERANI ANTONIO — Omelia di Sua Eccellenza Reverendissima, Monsignor
Fr. Elia Antonio Alberani , Yescovo e Principe di Ascoli , recitata nella
Cattedrale Basilica il giorno di Natale. Ascoli, dalle stampe del Cardi 1863.
Un opusc. in 8.° dipag. 12.
ALBERI EUGENIO — Sul processo di Galileo. Due lettere di Eugenio Alberi,
in risposta al giornale I'Opinione. Firenze, lipografia all' ins. di S. Anto-
nino 1864. Un opusc. in 16.° dipag. 20.
Chi desidera di conoscere la verita tutta in- e condensali con grande brevila i fatti e le con-
tera intorno alia favola della tortura di Galileo, siderazioni che tolgono qualsivoglia piu leggero
trovera in quesle poche pagine lucidamente STolli fondamento alia calunnia.
ALFONSO (S.) DE' LIGUORI — Esposizione dellaSatoe Regina, tratta dalle glorie
di Maria, descritte da S. Alfonso de' Liguori. Siena 1863, tip. e calc. or-
civescovile di Giovanni Baroni e figlio, air insegna della Lupa. Un vol. in
S.9 dipag. 232.
— Riflessioni ed affetti, meditazioni ed altre pratiche divote sulla passione di
Gesu Cristo, di S. Alfonso M. de' Liguori. Torino, tip. Pietro dlG. Ma-
rietti, piazza B. V. degli Angeli n. 2, 1863. Un vol. in 16.° dipag. 336.
ANONIMO — Breve risposta all' onorevole Deputato Andrea Moretti , intorno
al suo opuscolo intitolato : La parola di Dio e i moderni farisei, appello
al sentimento cristiano. Milano 1864, presso il libraio Serafino Maiocchi,
via de' Profumieri n. 3219. Un opusc. in 8.° di pag. 38.
— Brevi cenni biografici di Francesco d' Ascoli. Un opusc. in 8.° di pag. 12.
— Brevi cenni sulla Santa Casa di Loreto e di Milano. Terza edizione coll' ag-
giunta del Panegirico, per la prima volta recitato in Milano e da molti
BIBLIOGRAFIA 77
desiderato, sulla Traslazione della S. Casa. Milano 1864, presso Serafino
Maiocchi libraio, via del Profumierin. 3219. Unopusc. in 16.° dipag. 31.
ANONIMO — Brevi memorie di Monsignor Giovanni Sottovia, con un suo
Discorso in confutazione delle dotlrine del professore Gio. Nepomuceno
Nuytz. Roma 1863, dalla tip. di B. Guerra. Un opusc. in 8.° di pag. 29.
— Dei veri e del falsi catlolici, rimedio contro gli odierni error! e contro le
gravi malattie dell'intelletto. Milano 1863, presso Serafino Maiocchi li-
braio,ma de' Profumieri n. 3219. Un opusc. in 8.° di pag. 69.
La questionc che qui trattasi e importanlissi- ne , e le conchiusioni tutto prattiche e acconce
ma : qual sia cioe la soltomessione dovuta al- ai present! bistfgni d' Italia mostrano dottrina e
1'insegnameato della Chiesa, e a chi quesl'inse- ingegno pan allo zelo nello scrittore.
gnamento compela. Lo svolgimenlo della questio-
— Divoto esercizio per celebrare con frutto, nella prima Domenica di Luglio,
la festa del Preziosissimo Sangue di N. S. G. C. Roma 1864, Fratelli Pal-
lotta tip. in piazza Colonna. Un opusc. in 32.° di pag. 70.
— Epigrammi Centuria I.9 Narni, tip. del Gattamelata 1863. Un opuscolo
in 16.° di pag. 48.
II soggetto di quesli epigrammi e per lo piu vi ponga piu mente nelle seguenti Centurie ,
politico , ma di politica onesta e cristiana. Se lo questi epigrammi oltre all'essere veramente ar-
stile fosse piu ripolito, e speriamo che 1'Autore guti, sarebbero aKresl eleganti.
— I casi della Toscana nel 1859 e 1860 ; narrati al popolo da una Compa-
gnia di Toscani, con note e documenti. Firenze, tipografiadi Aciriano Sa-
lani, Fondaccio S. Nicolo, num. 26, 1864. Un vol. in 4.° di pag. 434.
Di questo libro, importantissimo per conosce- legittimo suo Principe, e darla ai Piemonte, ci
(re nella loro genuina Terita tutti gl' intrighi po- occuperemo, piacendo al Signore, in uno dei pros-
5ti in opera nella Toscana alline di cacciarne il simi quaderni.
— II Gontemporaneo ed i suoi 400,000 Toscani. Firenze 1864, tip. Fiorenti-
na, diretta daG. Natali, via della Stufa w.25. Un opusc. in 8.° di pag. 21.
— 11 Filomaria, ossia una vita romantica per saggio di un nuovo genere di
RoniAnzi. Bertinoro, tipi Giulio Cesare CapeUi. Un vol. in 8.6 di pag.
JIY-242.
Per impedire i danni immensi dei cattivi ro- casi d'un cristiano , divoto di Maria Santissima,
manzi non v'e altro modo efficace che scriverne pud dirsi romanzo, perche T'e grande variela e
dei buoni. Questo e il fine che s'e proposto 1'Au- intreccio di avvenimenti interessanti, e trattandosi
tore del Filomaria. Egli pero piu che inventare di persone vive e stalo necessario vestir la ve-
«ose probabili , ordina fatli yeri : e la storia dei rita per non farla troppo facilinente ravvisarc.
— II Mazzolino di fiori, offerto alle famiglie cattoliche nel Marzo del 1864:
Streima del divoto di S. Giuseppe e dell'Apostolato della preghiera. An-
no primo. Modena, lip. deirimm. Concezione 1864. Un opusc. in 8.° di
pag. 80.
— Istruzione sull'Apostolato della preghiera, e modo pratico di stabilirlo. As-
sociazione arricchita di Indulgenze dalla Santita di Pio IX, appro vata da
molt! prelati e aggregata all'llnione del sacro Guore, eretta in Roma nella
Chiesa della Pace. Modena, tip. delHmm. Concezione 1864. Un opusc. in
16.° dipag. 16.
78 BIBLIOGRAFIA
ANONIMO — La conoscenza vera di Dio, di Gesii Cristo, di Maria e della
Religione. Bologna., lip. di S. Maria Maggiore, stabilimento dell* Imma-
colata 1863. Un vol. in 8.° di pag. V-159.
Chi e Dio? Chi e Gesu? Chi e Maria? Che scritto da tale, che dopo lunghi traviamenti non
cos* e la Religione? Bcco i quattro titoli degli trovo pace che ritornando in seno alia verita e
altreltanti capitoli di questo libro, pieno di cal- alia piela cristiana.
do affeUo , di forti immagini, di soda doltrina ;
— La- Corona della Verginita. Firenze, tip. Manuelli 1863. Un opusc. in 16."
di pag. 38.
-r- La stella del Po , Strenna italiana per 1'anno bisestile 1864. Torino 7 tip.
Pietro di G. Marietti, piazza B. V. degli Angeli n. 2. Un opusc. in 16. c
di pag. 129.
— L* querele monginiane, ossla rlflessi critico- moral! suH'empio libercolo:
La cristiana procedura delT attnale Inquisizione Romana, giustificazione
del Parroco Pietro Mongini. Torino, tip. Scolastica di Sebastiano Franco
e figli, 1863. Un opusc. in 8.° di pag. 62.
— Lettera di un Vescovo italiano al clero d' Italia, sopra il contegno del vero
Sacerdote di Cristo verso il Governo e verso i suoi confratelli parteggian-
ti pel Governo. Torino, tip. Pietro di Giacinto Marietti, piazza B. V. degli
Angeli n. 2, 1863. Un opusc. in 8.° dipag. 47.
— Misted della sacra infanzia del Nostro Divin Redentore, da recitarsi mas-
simamente nel giorno XXV d'ogni mese, ad onore di Gesu Bambino. Mo-
dena, tip. dell' 1mm. Concezione 1864. Un opusc. in 16.° dipag. 27.
— Pro doma mea : Discorso a' posteri sulle vicende del Regno di Napoli e di
Sicilia, dal 7 Settembre I860, sino al 7 Settembre 1863. Un opusc. in 8.*
di pag. 94.
ATANASIO (P.) DI S. GIUSEPPE — Giorno di ritiro in preparazione alia morte,
dedicate alle Religiose Carmelitane scalze, del P. Atanasio di S. Giusep-
pe, dello stesso Ordine. Roma, presso Giuseppe Gentili, via Tor Sangui-
gna n. 11 e 12. Un opusc. in 8.° di pag. 46.
AVRILLON — Condotta per passare santamente 1' Avvento, in cui si trovano
una pratica cotidiana, una meditazione e dei sentimenti sul Vangelo del
giorno, con delle sentenze della S. Scrittura e de' santi Padri ; opera del
R. P. Avrillon : prima traduzione dal fraucese dell'Ab. A. F. Bergamo,
dalla stamperia Mazzoleni 1849. Un vol. in 24.° di pag. 446.
BALLERO ANTONIO MARIA — Nei solenni ftmerali dell' Eccellenza Reverendis-
sima di Monsignor D. Pier Raffaele Arduino, Prelato domestico di S. S.,
assistente al Soglio pontificio ecc. ecc. Yescovo di Alghero, celebrati per
cura della piaCongregazione de' SS. Cuori di Gesii e Maria, da lui fon-
data. Orazione letta il 2 Dicembre 1863, dal Dottore in leggi, Can. Anto-
nio Maria Rallero. Genova, coi tipi del R. 1. de' Sordo-Mnti 1864. Un
opusc, in 8.' di pag. 31.
B1BLIOGRAFIA 79
BALZOFIORE FILIPPO — Religione ed arte: Versi del P. Filippo Balzofiore
Agostiniano. Vol. I. Roma 1863, fratelli Pallotta tipografi. Vol. in 8.9
di pay. 262.
Questo primo volume delle Opere del ch. Pa- dinariamente per forti e rohusli pensieri, sono in
dre Balzofiore, non comprende altro che poesie. quellavece aspersi di molte grazie poetiche, fio-
r,li argomenti o sono religiosi e morali, o volli riti di leggiadre e delicate iminagini, e condotti
acconciamente alia Religione ed alia morale, con facile artifizio e disinvolta verseggiatura.
Quanto alia trattazione, se non commuovono or-
BANDI GAETANO — Elogio del Commendatore Giulio Puccioni. Fireme 186i,
col tipi di Fedefico Bencini all'insegna di Dante. Un opusc. in S.° di pa-
gine 24.
Nell'ottantesinio suo anno di eta mori in Siena pretension! dei potenti. Fu quindi da tutti amato
nel 1863 il Comm. Giulio Puccioni, uomo d'an- in vita , e pianto dopo morte : e come vivendo
tica.probita e doltrina. Morigerato , prudente , fu il benefattore d'ogni classe di persone , cosi
dotto, religioso si mostro sempre nei varii ufflcii voile, che i beni guadagnatisi col sudore della sua
pubblici e privati da lui esercitati, di giudice, fronte continuassero le sue beneficenzc a pro dei
di avvocato , di professore , di Provreditore di piu poveri giovanetti d' ogni classe. Questo ri-
Universita: e senza iattanza , come senza vilta tratto del cittadino cristiano e delineato egre-
non piego mai ne alle aurc popolari , ne alle giamente dallo scrittore di questo Elogio.
BARBER1 (CAV.) ANDREA — Epilogo delle prose recitate alia pontificja Acea-
demia Tiberina nel 1863, con la relazione dei nuovi socii e dei defunti
nell'anno, letto nella tornata ordinaria del giorno 28 Decembre dell'anno
medesimo , dall' Avvocato Andrea Cav. Barber! , collateral emerito del
Campidoglio, Segretario dell' Accademia in detto anno. Roma, tip. Mo-
naldi 1864. Un opusc. in 8.° di pag. 32.
Non e facile compile il dare un nesso in breve argute osservazioni e con purgata e sciolta fa-
orazione ai'molti discorsi che lungo un anno si vella il Cay. Andrea Barbcri, Segretario dell' Ac-
sono uditi in un' Accademia. Ma questo incarico cademia Tiberina.
compi con molta maestria e con copia di utili e
BARRETTA ALFONSO MARIA — Volummis exegetico-scientifica Synopsis, per
Alphonsum Mariam Barretta, ex-Cathedralis Ecclesiae Frequentinensis
Ganonicum Theologum, exposita p.t in duos libros distributa. Liber 1.
Neapoli , ex typis Paschalis Androsio 1857. Un volume in 4.e di pag.
I1T///-578.
L' idea dell' Autore e di comprendere tutta la buita in centododici lezioni ; e la seconda abbrac-
materia in due volumi. II primo e gia uscito cia tutte le leggi, classificate per titoli, e costi-
alla luce da alcuni anni, ed il secondo si sta ora tuenti il Codice Teocralico degli Ebrei : buon con-
stampando nella tipografla dell' Oratorio di san cetto e bene eseguito. II secondo dovra contenere
Francesco di Sales in Torino Valdocco. Nel primo alcuni libri del Vecchio Testamento , e lutta la
volume i Prolegomeni introducono i giovani nello storia del nuovo , ollre molte appendici intorno
studio della sacra Scrittura , ed il libvo propda- agli usi degli ebrei, e alle biografie dei piu ii^
mente detto e diviso in due parti: la prima con- signi personaggi biblici.
tiene la storia del Vecchio Testamento , distri-
.
BAS1LI-LUCIANI ALESSANDRO — Elogio funebre di Monsignor Luigi lona, Ve-
scovo di Montefiascorie, lelto nella chiesa del Senlinario della stessa citta
dal canonico Alessandro Basili-Luciani, professore di Belle Lettere, alle
solenni esequie fatte dagli Alunui e Convittori nel 7 Decembre 1863. Mon-
tefiascone tip. del Seminario da U. Sartini. Un opusc. in 4.° di pag. 25.
80 BIBLIOGRAFIA
BEFJNGO JOANNES — Patrum et Doctomm latinae Ecclesiae Bibliotheca cum
notis a loanne Berengo, Metropolitanae D. Marci Basilicae residential! Ca-
nonico, sacrae Theologiae et Juris Canonic! Doctore etc. etc. nomiullisque
. ex veneto clero presbyteris simul collatis curis disposita ct conciunala.
Yenetiis excudebat losephus Gnmaldo, magno aureo numismate arlibus pro-
movendis donatus 1863.
Di questa nuova e grande intrapresa tipografi- sorerchia abbondanza , e non di raro piutto&to
ca abbiamo altra volta parlato. Ma poiche essa farragine che scella. 4.° La forma della parigina,
merita non solo gli elogi , ma altresi la coope- la pienezza dellc pagine , la poca eleganza dci.
razione di tutti gli ccclesiastici italiani, anzi di tipi non la rcndono bclla edizione: ma la veneta
quanti in Italia attendono ai gravi studii dell'an- sara veramente bella e nitida. o.° Nella parigina
tichita cristiana, noi ne seguiteremo i progress! con la correzione dei testi lascia molto a desiderare:
ogni diligenza. Ripetiamo pria di lutlo in breve lo il saggio datone fin qui dalla Teneta , e i nomi di
scopo del coraggioso editore. coloro che la diriggono, promettono molto bene di
II Cursus Patrologiae completus edito a Parigi tal correttezza, pregio principalissimo della stampa
dal Migne si differenzia sostanzialmente dalla Bi- di testi si autorevoli. G.° In quanto al prezzo la
bliotheca Patrum che si comincia a stampare in Teneta sembra piu cara della parigina : ma il po—
Venezia. Ed eccone i principal! divarii: l.°Nel- terlo nella Teneta era pagare a piccole rate as-
1 edizione veneta si comprendono solamente i Pa- sociandosi , il non esserci spesa di dazii e tra-
dri e Doltori della Cliiesa propriamente detti : e sporti, il valore niolto maggiore della stampa, ne
nella parigina ci sono tutti gli scriltori ecelesia- sono compensi molto larghi. Ogni f;iscicolo ven-
stici dei primi dodici secoli. 2.° Nella parigina e desi franchi 2, e componesi di 5 fogli in 4.° gran-
difficile il poter ottenere le opere di unsol Padre, de, cioc dire di ottanla grosse colonne di stampa.
talmente cssi son misti e uniti insieme, o conca- Finora sono usciti cinque fascicoli, nei quali con-
tenati gli uni agli altri : nella Teneta ogni TOlume tengonsi il TERTULLIAM'S lino alia colonna 30i:
non ha che gli scritti d' un solo autore. 3.° Nella ed il cominciamento del CYPWAM'S fino alia co-
Teneta T' e parsimonia, ma molto eletta, di pre- lonna (54.
Jazioni, di commenti, di note: nella parigina T'C
BERTONE ERCOLE — Orazione panegirica in oriore di S. Stanislao Kostka, detta
nella chiesa del Yen. Monastero di S. Simone di Palermo, il 16 Novem-
bre 1863, dal sacerdote Ercole Bertone. Palermo, tip. di F Hippo Barra-
vecchia, discesa san Francesco 1863. Un opusc. in 8.° dipag. 16.
B03BIO G. — Esame ragionato, ovvero Decision*! teologiche sui comanda-
menti di Dio e della Chiesa, sui Sacramenti ed i peccatl capitali, per un
Professore emerito di Teologia della Societa di S. Sulpizio. Versione dal
francese per G. Bobbio, sacerdole Barnabita — Parma, Pietro Fiaccadori
1863. Fasc. I e II in 8.° da pag. I a 320.
Vengono in qucsto importantissimo libro esposti nc »rolge la dottrina positiva. Queslo dungue puu
in forma di esami i casi pratici che risguardano dirsi un Trattato pratico di morale cristiana, utilo
i Comandamenti di Dio , i Precetti dolla Chiesa, al certo ai confcgsori, ma anche a tulti i cristiani,
i Sacramenti, ed i Peccati capitali. Ogni articolo i quali TOgliono conosccre i proprii loro dOTeri, e
« preceduto da una breve istruzione teorica che pe' quali principalmente fu scritlo in italiano.
BONO GIUSEPPE GAETANO — II Microscopic e le sue applicazioni alle perizie
di Medicina forense, per Giuseppe Gaetano Bono, Medico-Chirurgo assi-
stente all'ospedale de'cronici, da servir di tesi nell' esame di aggrega-
zione al Collegio delle facolta di medicina e chirurgia nell'Universita di
Genova. Genora, tip. della Gioventu presso gli ArtigianelH 1863. UnvoL
in 8.' di pag. 248 con tavole.
Per molt! e delicatissimi problemi che deve Talido, come quello del Microscopic. Esso puo-
sciogliere In medicina forense, nessun aiuto c cosi dare, anche da se solo, un'evidcnza piena: o spesso
BIBLIOGMFIA
81
sivi presentano all'occhio dell'osservatore. 11 libro
del dott. Bono e diretlo all'uno e all' altro am-
maeslramento. II metodo semplice e ordinalo, e
le laYole aggiunte per maggior. eyidenza dsllo
descrizioni gl' imprimono molta chiarezza e un ca-
rattere tutto speciale di facilita.
csso giunge OYC 1' analisi chimica e costretta di
arrestarsi. tnitamente poi agli altri sussidii delle
seienze afflni il Microscopio giova polentemente.
Ma per seryirsene occorrono due cose: conoscere
appieno, non solo la teorica, ma eziandio 1'uso
di quello slrumento ; distinguere con perizia i ca-
ratteri esterni che i Yarii corpicciuoli sottomes-
BOSSUET M. IACOPO — Sermoni di M. lacopo Bossuet, Yescovo di Meaux, in
lode di S. Giuseppe, Sposo di Maria Yergine. Modena, tip. dell' Immaco-
lata 1864. Un opusc. in 16.° dipag. 82.
BOTTOM FRANCESCO — II Cristo Risorto, discorso apologetico del sacerdote
avvocato Francesco Bottom. Pesaro 1863, per Annesio Nobili. Volume
primo in 8.° di pag. 363.
L' opera del rev. e ch. gig. Bottoni e diretta a
proyare la Divinita del Caltolicismo. Esso prende
come base della sua dimostrazione la Risurrezione
di Gesu Cristo; perche dal fatto appunto della
sua Risurrezione nasce principalmente la certezza
della sua Divinita: e dalla cerlezza della sua Di-
vinita conseguita la Divinita della Chicsa da lui
fondata, che e la cattolica. Questo e 1'ordine na-
turalc delle idee. Ma a STOlgerlo Yi si aggruppano
inlorno millc imporlantissime quistioni, cui 1'au-
tore largamenle e profondamente tratta. In que-
sto 1.° Tolume egli s'arresta alia prima parte del
suo raziocinio, cioe alia conchiusione che Gesu fe
Dio yero. Comincia adunque colla teorica del nri-
racoli, disnebbiando i sotismi addensatisi intorno
dalla incredulit* ammantellata di filosofismi, e
cosi toglie di mezzo una obbiez4one del raziona-
lismo contra la Risurrezione, che esso nega per-
t-he fuori dell'ordine di natura. Prosegue appresso
a raccoutare la sloria eTangelica della passione e
morle di Gesu Redentore; e cosi una critica in-
concussa stabilisce il fatto fondamentale della
real (a della morte di lui. Quindi narra le circo-
stanze piu minute che precedettero, accompagna-
rono, e conseguirono la sua risurrezione gloriosa,
e cosi da tutle esse deduce la certe/za intrinseca
di quel fatto. Conchiude col recare gli argomenti
estrinseci dedolti dai miracoli che ne seguirono,
dalle testimonianze suggellate coi martirii, dalla
credenza del piu liberi Ingegni, dalla fede che la
Risurrezione ottenne presso tutti i popoli. Con-
chiude dopo tutto cio a buona ragione: Gesu e
risorto , dunque e Dio. Una tal dimostrazione e
piena ed evidenlissima ; e ci auguriamo che essa
gk> vi ad allontanare semprc piu dagl' Haliani la
seduzione del Razionalismo, padre naturale del-
1' aleismo.
IOUGAUD EMMANUELE — Storia di S. Gio.-Francesca Fremyot, Baronessa di
Chantal, e del primordii della Yisitazione, dell' Abate Em. Bougaud, Yi-
cario Generale Arcidiac. della Diocesi d'Orleans: prima versione italiana
sulla seconda edizione francese^ del sacerdote Severino Ferreri. Volume
primo. Torino 1864, tip. Pletro di G. Marietti, piazza B. V. degli Angeli
n. 2. Un vol. in 8.° di pag. YIII-552.
Questa e la piu yera , la piu copiosa , la piu ghire di leggerla ogni persona colta e pia. La
ordinata Sloria che si sia scritta flnora della Chan- Tersione italiana, fatta con molto amare, riflette
tal ; e il giudizio si fayorevole che ne ha recato la piu gran parte del pregi che troyansi nell'ori-
in una sua lunga, piu dissertazione che lettera, ginale francese.
V illustre YCSCOTO d' Orleans, basta a far inra-
BRAZZOLI ANGELO — II glorioso Patriarca S. Giuseppe, Sposo di M. V. Imma-
colata, onorato con pie lezioni e meditazioni sulla sua vita in ciascun
giorno del mese di Marzo, a lui consacrato : operetta del P. Angelo Braz-
zoli d. C. d. G. Modena, tip. dell' Imm. Concezione 1864. Un vol. in 8.°
dipag. 398.
Sogliono i fedeli consacrare al glorioso Pa-
triarca S. Giuseppe il mese di Marzo. Una guida
Serie V, vol. X, fasc. 337.
per tal pia pratica c porta loro da questo libro.
Per ogni dl yienc assegnata una lezione ed una
6
BIBL10GRAFIA
medila/ione. Xclle Iczloni s'espongono le geste,
le virtu c le gloric di S. Giuseppe, raccoglien-
dovi con bell'ordine quel piu e quel meglio die
intorno a lui trovasi scritto nolle satite Scritture,
nolle opere dci Padri e Potlori della Chiesa, nei
libri dcgl' interpret! sacri e dci maestri di asce-
tica , e flnalmente quanto la divota pieta pud
suggerire di probabile, conforme alia pia cre-
denza dei fedeli. Le meditazioni prendono a lor
soggetto alcun lato piu applicabile al profitto
spirituale dell' anima di cio che venne storica-
mente svolto nella lezione di quel giorno stesso.
BRINCI0TTI GAETANO — Lettera pastorale ed indulto per la Quareslma 1864.
Yiterbo, presso Sperandio Pompei, tip. Yesc. e Gov. 1864. Un. opusc. in 4."
di pag. 10.
CANALI GIUSEPPE — Laudi a Maria Vergine in versl latini ed italiani del sac.
D. Giuseppe Canali. Bologna, tip. Maregyiani 1864. Un vol. in 8.° di pa-
gine 38.
Con (al sislema, che opportunamente separa quello
che serve all'islruzione dell'intellelto da cio che
vale per la compunzione del cuore, si esaurisce
quasi il tema, si che nulla piu quasi rimanga a
dcsiderarsi. I devoli adunque di S. Giuseppe nan
cosi nelle man! un libro pieno d' Idee e di af—
fettl, di hotizie e di avvertimenti : e quel che c
piii un libro ben pensato , bene scrilto , e che
promovendo la divozione al glorioso Patdarca
alimenta hi pieta soda c sostanziale dei cri-
stiani.
Belle, arcibelle le poche poesie latine raechiuse
in queste pagine! In esse sceltczza di pensieri,
gastigatezza di frasi , lucidita di dizione , leggia-
dria d'immagini , soavita di aflelto, ed ogni cosa
temperata insieme in guisa da rendere un mislo
di Calullo e di TibuIIo, senza pero che ne tra-
spiri nessuno studio d'imitazione. I quali pregi
abbiamo ammirati massimamente nella prima e
nella terza elegia; coll' una'delle quali 1'Autore
supplica devotamente la SS. Vergine che lo vo-
glia liberate da una fiera malattia di occhi; e
coll' altra si congratula con una nobile donzella,
la quale, per grazia speciale della medesima di-
yina Madre, era uscita salva da una morlale in-
fermita. E perche niuno abbia a sospettare della
sincerity dellc nostre lodi, noil vogliamo lasciar
di notare qualche licenza che si e presa 1'Autoro,
com'e di aver fatta lunga la prima sillaba tantO
in proceridua quanto in praees nella seconda ele-
gia, che non crediamo conforme a buoni esempii.
Per rispetto alle versioni ilaliane, ci sono parse
ancor esse cose pregevoli : ma hanno la sventura
di stare a fronte e come in contrasto con bellezzo
a gran pezza maggiori.
CANINI F. — II libro dell'Adolescenza compilato da F, Canini. Storia Natura-
le. Roma, nella slamperia delle indsioni silografiche, passegyiata di Ri-
petla n. 21 2.' p. 1863. Edis. in 8." da pay. 153 a 232.
CANTAGALLI GIOACCHINO — Poesie in occasione delle nozze deldonte Filippo
Ferniani di Faenza colla Contessa Giovaimina Folicaldi di Bagnacavallo,
del parroco D. Gioacchino Cantagalii. Faenza, dalla lip. di Pietro Conti.
CAPPELLETTI GIUSEPPE — Le chiese d' Italia dalla loro origine sino ai giorni
nostri: opera di Giuseppe Cappellelti, Prete veneziano. Venezia, dal Pri-
vileg. slab, nazionale di G. A.ntonelli, ed. 1864. Fasc. 300, 301, 302, 303,
in 4.° da pag. 561 a 720 del vol. XVII.
CASONI GIAMBATTISTA — Gli Ordini Religiosi, considerazioni dell' avvocato
Giambattisla Casoni. Bologna 1863, dire:. de//ePiccole Letture Cattoliche,
via larga di S. Giorgio 777. Un opusc. in 8.° di pag. 110.
Come gli Ordini religiosi nascessero, che cosa dalla rivoluzione dan mano a distruggere questo
seppero fare sinora, che cosa si possa aspettar da gran bcneficio del genere umano ; o anneghil-
loro per 1'avvenire, espone qui con lucido stile, con titi dalla paura lascian compiere senza ostacolo
una
belle considerazioni, e con pienezza di conoscen-
za il ch. sig. Casoni. Oh! leggano questo pic-
ciolo, ma sagacissimo libro, scritlo da uomo
laico c colto , i tanti italiani , i quali o traviati
fatale distruzione : lo leggano e vedano
quanlo iniqua, quanto perniciosa sia la persecu-
zionc die or si muove agli Ordini religiosi.
BIBLIOGRAFIA 83
CAVAZZONI PEDERZINI ANDREA — Intorno al vero autore di im dipinto attri-
buko al Francia, ricerche di Andrea Cavazzoni PederzinL, Modena tip.
deirimm. Concezione 1864. Un opusc. in 8.° di pag. 16.
La tavola dell' Annunziata nella Pinacoteca Es- sco Bianchi Ferrari che la comincio, e Antonio
tense in Modena, attribuita al Francia da alcuni, Scacceri o Scaccieraro, detlo il {rate, che la corn-
da altri a pittor non ignobile, sebbene ignoto pic, ambedue modenesi. Cio e mostrato ad evi-
della scuola Ferrarese o Bolognese , viene qui denza dal Registro dei conti della Confraternita
arrecata ai loro veri antori che furono France- dell'Annunziata, per la quale fu fatta.
CELESIA MICHELANGELO — La Gaduta e la Redenzione secondo la rivelazione
e la filosofia ; Ragionamenlo di Monsignore D. Michelangelo Celesia, della
Congregazione Cassinese, Vescovo di Patti, letto il di 24 Gennaio 1864,
nella solenne adunanza degli Arcadi, per celebrare ilNatale del divin Re-
dentore, tutelare dell' Accademia. Roma, tip. Salmucci 1864. Un opusc.
in H.°dipag.l9.
CENTORE ANTONIO — Succinta spiegazione del sacro Rito della Messa, com-
pilato ad uso dell'Archidiocesi Capuana da Antonio Centore , canonico
della Cattedrale di Capua. Napoli, stabil. tipogr. di F. Giannini e C.°, vico
S. Geronimo alle Monache n. 1, 1863. Un opusc. in 16.° di pag. 186 .
Si dichiarano ai fedeli ad una ad una i sensi di tutte le persone devote procede per dimanda
mistici di ciascun rito della Messa, affine di e risposta. In fine delle dette spiegazioni vi
muovere il cuore dei fedeli a, devozione verso sono due Metodi pratici per ascollare la santa
quest' augusto sacriflcio. La spiegazione e breve Messa.
« ehiara , e perche piu si adatti alia capacity
CHANTREL G. — Storia popolare dei Papi, Secolo IX. San Nicolo il Grande
e il suo secolo: opera diG. Chantrel, 2.a edizione, volgarizzala da A. Som-
mazzi. — Volume VIII, Modena, tip. deirimm. Concezione 1863. Un vol.
in 16.° di pag. 240.
CHERUB1NO (P.) DA SERAYEZZE - Deliramenli d'un Pastore valdese, per P.
Gherubino da Seravezze, Cappuccino. Prato, tip. di Ranieri Guasti 1864.
Un opusc. in 8.' di pag. 79.
CODAZZA GIOVANNI — II Principe Roncompagni e la storia delle scienze mate-
matiche in Italia, del professore Giovanni Codazza. Milano, Editoridel
Politecnico 1864. Un opusc. in 8.° di pag. 28.
CRISAFULLI LA MONACA MICHELE —I Papi ed i sacerdoti cattolici in ogni tem-
po maestri delle vere scienze; difensori della vera liherta; promotoii del
vero progresso dei popoli : testimonianze storiche per Michele Crisafulli
La Monaca, da Piedimonte-Etneo, Dottore in ambo i dritti, socio nella
classe di scienze della Real Accademia di scienze, lettere ed arti degli
zelanti di Aci-Raele. Palermo, stabilimento tipografico di Francesco Lao,
salita Crociferi N. 86, 1863. Un opusc. in 8.° di pag. 134.
L'argomento del libro e abbastanza indicato !a sua tesi, ma confuta con niolta evidenza le
dal suo titolo ; poiche veramente esso corre tutto calunnie contrarie degl'increduli. Noi ci compiac-
a mostrare come il Sacerdozio cattolico sia stato ciamo di vedere da un laico difeso 1'ordine ec-
sempre e sia il promotore della vera scienza , clesiastico della Chiesa cattolica, e difeso non solo
della vera liberta e del vero progresso. In cia- con tanto coraggio , ma eziandio con si grande
scuno di questi tre capi il dotto e veramente dottrina e facondia.
cattolico autore non solo dimoslra direttamente
84 BIBLIOGRAFIA
B'AVINO VINCENZO — Enciclopedia dell' Ecclcsiastico, compilata dall' abate
Yincenzo d'Avino ; edizione seconda rivedula, aumentata e in parte rifu-
sa. Torino, Pietro di Giadnto Marietti, tipografo-editore, piazza B. V.
degii Angeli. Dispense 7.a 8.a e 9.a in 4.° vol. I da pag. 385 a 576.
Due altre volte abbiamo annunziata questa migliori. L' edizione poi e acourata , esatta, ed
piuttosto nuova Enciclopedia , die edizione di anchc elegante per Enciclopedia ; e precede con.
anlica. Essendo uscite alia luce nuove dispense, tale regolarila die poclie fra le associazioni pos-
noi lorniamo a raccomandarla. Sara d'altro luo- sono vantarne 1' eguale. Ci sembra die nessuno
go il parlarne a bell'agio. Qui basti 1'accennare ecdesiastico debba lasciarsi sfuggire 1'occasione
die essa per la brevita congiunta alia copia , si buona die ora gli si presenla di prenderla a
per la dottrina totalmente sicura , e per la di- brano a brano, pagandone cosi piu agevolmente
slribuzione delle materie dee riputarsi fra le il prezzo die e per se discrete.
DEBROSSE — U mese angelico, ossia la divozione alia Regina ed ai nove cori
degli Angeli, eretta in Confraternita, ed arricchita d'indulgenze da Pio VII
del sac. Debrosse, superiore del Seminario di Bordeaux. Versione italia-
na del sac. Pietro Bazetti. Modena, tip. dell' Immacolala Concezione 1864.
Un vol. in 16.° di pag. 288.
DE GIORGI ALESSANDRO — La filosofta del diritto e lascuola storica. Disserta-
zione di Alessandro De Giorgi, dottore in filosofia e in ambe le leggi, P.
0. di Diritto Romano nella 1. R. Universita di Padova. Padova, col tipi del
Seminario imper. 1863. Un opwc. in 4.° di pag. 51.
Due scuole opposte si disputauo il privilegio ticolari die devono reggere 1' individuo nelle va-
della spiegazione dell'origine del dritlo: la filo- rie relazioni in cui gia si trova: deve cioe con-
so/tea e la storica. Quella si slringe tutta in con- siderar 1'uomo in aslratto nella sua essenza, e 1'uo-
cetti ideali e soggettivi, e fonda il dritto sopra le mo in concreto nei suoi rapporti. II dotto e pro-
norme generali indicate dai principii , indipen- fondo autore di quesla Dissertazione svolge con
denlemente dai fatti : 1' altra mira a costiluire il molta ampiezza e profondita questa nobile qui-
dritto sopra il puro falto, trascurando di appli- stione, e indicando il vero che ciascuna delle due
care al fatto le norme invariabili dei principii. scuole ha per se, le consiglia a riconciliarsi tra
La vera Filosofia del diritto deve incedere per la loro , ripudiando quella parte di esagerato e di
via di mezzo, e cercare le norme generali e par- falso die in lor si scorge.
DE LUCA GIOVANNI — La natura sensibile, simbolo delle bellezze della Madre
di Dio : discorso per la chiusura delle tornate accademiche, tenute nella
Gongregazione di Propaganda nel corso deH'anno 1863, detto dai Diaco-
MO napoletano Giovanni De Luca. Napoli, stabilimento tipograftco di G.
Gioia 1864. Un opusc. in 8.° di pag. 17.
DE SEGUR GASTONE — Risposte brevi e famigliari alle obbiezioni piii diffuse
contro la religione, di Monsig. Gastone dei Conti De Segur. Seconda edi-
zione italiana. Roma, Up. Monaldi 1863. Un vol. in 32.° di pag. 261.
DE'SIVO GIACINTO — Storia delle Due Sicilie dai 1847 al 1861, di Giacinto
De'Sivo. Roma, tip. Salmucci 1863. Volume primo in 8." dipag. 398.
Lo annunziammo gia nella covertina del pas- la severa coucisione di uno stile efficace ed ita-
sato quaderno: ed ora lo rammentiamo di nuo- liano congiunta con molta comprensione delle
vo, perche fin che non ci si dia I' agio di par- caused! ciascun avvenimenlo , e piu che molfa
lame piu di proposito, possano gl' italiani pro- notizia dei fatti accaduti, rende non die pregiato
cacciarsi un libro di storia contemporanea , cui ma singolare nella folia di tante slampe.
BIBLIOGRAFIA 85
B'OTTAVI MARCELLO — Una passeggiata : Racconto dell' Abate Marcello D'Ot-
tavi, scritto ad uso del popolo, stampato a vantaggio delle povere chiese
di Oriente, 1863. Un vol. in 8.° dipag. 163.
Perche le persone del popolo possano guar- Vangeli , viene con varieta di casi svolgendo
darsi dagli error! die i protestanli e gl' incre- cosi come gli se ne porge 11 destro, i principal!
duli vi disseminano, il eh. Autore s'ingegna di punli delle moderne controversie. E adunque un
confutadi in modo non solo piano, ma ancora buon libro, che allettera ed ammaestrera. Si ven-
dilettcvole. Immagina egli una liela hrigata d' a- de in Roma bai. 15 alia libreria Bonifazi , "Via
mid ch'esce a passeggiar per diporto; e inta- delle Botteghe Oscure N. 43.
volata la conversazione sopra un testo dci sanli
DUQUESNE — II Vangelo meditato e distribuito pei% tutti i giorni dell' anno,
dell' Abate Duquesne, Vicario Generate diSoisson. Opera utilissima a tutti
per privata lettura e meditazione, ma specialmente agli ecclesiastic! per
ispiegare il Yangelo al popolo. Nuova italiana versione, distribuita in sei
tomij e amiglior forma ridotta, coH'agg'nmta del testo latino de' Van-
geli, non che di un' Appendice, presentante ottanta disegni di sacri Ser-
moni per tutte le occorrenze dell' anno, da farsi col solo sussidio del Yan-
gelo meditato e di varii copiosissimi indici, per facilitare a chicchessia il
proficuo uso di cotest' opera. Per cura del sacerdote milanese Giuseppe
Riva, penitenziere nella Metropolitana. Milano 1863, presso il libraio-edi-
lore Serafino Maiocchi, via de' Profumieri n. 3219. Sei vol. in 8.° Vol. 7.
pag. JMY-483 ; Vol. 11. pag. 495; Vol. III. pag. 555 ; Vol. IV. pag. 503 ;
Vol. V. pag. 526; Vol. VI. pag. 528, coll' Appedice di altre pag. 191.
Tutta I' opera contiene 3329 pagine, stampate in carattere molto fitto.
II litolo scusa qualsivoglia notizia che no! vo- d' istruzione religiosa. II ch. Sac. Riva, nel cu-
lessimodare, dichiarando assai bene tutto do che rarne 1' edizione italiana, e nel farci quelle sue
una cosi voluminosa opera contiene. Essa e utile aggiunte, ha fatto un nuovo servigio alia pieta
sia agli ecclesiastic! per trovarvi materia da pre- de' fedeli, di cui e si benemerito per altri libri
dieare, e sia ai secolari per formarne soggetto fin qui da lui pubblicati.
FABI MONTAN1 FRANCESCO — Elogio storico del Card. Stanislao Sanseveiino,
per Mons. Francesco de'Conti Fabi Montani, letto nella tornata della pon-
tificia Accademia Tiberina, del di 29 Febbraio 1864. Roma, dalla lipogra-
fia di B. Guerra 1864. Un opusc. in 8.' dipag. 32.
FASTI RERUM GESTARUM a Pio IX Pontifice Maximo ab an. M.DCCC.XLY! ad
an. M.DCcc.Lxml. In unum collegerunt Scriptores Ephemeridum Taurinen-
sium, quae VNITATIS CATHOLICAE nomine vulgantur. Augustae Taurinorum,
ex Officina Sebastiani Franco et ftliorum. An. M.DCCC.LXIH!. Un vol. in 4.°
di pag. 46.
Le iscrizioni, che vengono fuori con questo ti- di filiale pieta de' Cattolici di quesUv povera Ita-
tolo, sono un monumento, che dee riuscire ag- lia verso il medesimo loro Padre e Pontetke, es
graditissimo ad ogni buon Haliano per tre ragio- sendo servita ognuna di esse di titolo d'onore ai
ni, ciascheduna da se bastante a farlo altamente diversi elenchi , pubblicati prima nell' Armenia
apprezzare. La prima e , che le delte iscrizioni e poscia nell' Unita Cattolica, delle Offerte de-
sono altrettanli elogi delle opere piu segnalate gl' Italian! pel Danaro di S. Pietro. La terza fi-
dell' immortale Pontefice Pio IX, se in ogni tern- nalmente, che sono dettatura di uno de' piii va-
po amatissimo , in questo massimamente , che c lenti scrillori , che conosciamo di aurea latinifa,
fatto segno ai vili insulti ed alle calunnie del del si rinomalo Piemontese Tommaso YaHauri.
tristi. La seconda, perche attesta il piu bell' atto
86 BIBLIOGRAFIA
FRASSINETTI GIUSEPPE — Dialoghetti su i Comandamenti della Chiesa, del
sac. Giuseppe Frassinetti, Priore di S. Sabina in Geneva. Torino, tip. del-
I'Orat. di S. Franc, di Sales 1863. Un opusc. in 32.° di pag. 96.
— ]\laniiale pratico pel Parroco novello, per Giuseppe Frassinetti, Priore a
S. Sabina in Geneva, dedicate a Sua Eccellenza Reverendissima Monsig,
Filippo de' Marches'! Gentile , Vescovo di Novara ecc. ecc. Novara 1862T
nella lip. di Girolamo Miglio. Un vol. in 8.° di pag. 296.
Lo zelo infaticabiie e la molta dotlrina del rev. correzioni — 4. Degli scandal! da impedire —
Parroco Frassinetti ci hanno spessissimo porla ma- 5. Della cura dei povcri — 6. Delia cura della
teria ad annunzii di libri buoni, utili, divoti. Quo- Chiesa — 7. Del vice Parroco — 8. Delle funzioni
sta TOlta il nuovo suo libro e' invita a ringra- sacre — 9. Delia benedizione delle case — 10. Della
ziarlo del disegno eoncepito e del lavoro compiuto. yisita pastorale — 11. Delle Congregazioni e pie
Esso e un rero beneflzio clie fa al clero. Egli for- unioni — 12. Delle scuole — 13. Delle buone let-
nito di ollimo ingegno, di soda dotlrina, ha per ture — 14. Della predicazione — lo Del materials
soprappiii la sperienza dei minister} sacri e delle della Cura.
cure parrocchiali, per essere stato trent'anni di se- PARTE H.« DEI SACRAME1NTI. 1. Battesimo e
guito parroco in Yilla, in borgo, in citta. Nes- Cresima — 2. S. Eucaristia — 3. Assistenza agll
suno meglio di lui adunque potea dar consigli infermi e moribondi — 4. Sacramento della Peni-
prudenlissimi ad un Parroco novello, per degna- tenza — 5. Estrema unzione — 6. Ordine — 7. Ma-
inente apprendere gli obblighi che assume, e i trimonio.
modi di compierli. 11 libro e diviso in tre parti, PARTS III.* VIRTU' PUT NECESSARIE AL PAR-
o noi per farne vedere tutta 1' importanza ne da- ROCO. 1. Purita di coscienza — 2. Studio delta
temo qui i titoli special!. Perfezione — 3. Umilta-4. Fortezza -- S. Carita--
PARTE I.» DEI DOTER1 DEL PARROCO. 1. Doti 6. Mortificazione - 7. Disinteresse -- 3. Orazione —
del parroco — 2,Entrala in possesso — 3. Delle 9. Zelo- 10. Ubbidienza.
GALEOTTI MELCHIORRE — Delia proprieta dei Beni ecclesiastic'!, per Mel-
chiorre Galeotti, Prefetto degli studii e Professore di Patrologia del Se-
minario arcivescovile. Seconda edizione con correzioni ed aggiunte. Pa-
lermo 1863, tip. Michele Amenta, via S. Basilio 35. Un vol. in 8.° dipa-
— Dispute e Polemiche con un Ministro Yaldese in Palermo, per Melchiorre
Galeotti, professore nel Seminario arcivescovile. Palermo, Up. Michele
Amenta, via S. Basilio 35, 1863. Un vol. in 8.tt dipag. 254.
— La fede catlolica e lo Spiritismo, raffronti per Melchior Galeotti, Prefetto
degli studii e Professore nel Seminario arcivescovile. Palermo, stab. tip.
di Francesco Lao, salita Croez'/ert w.86, 1863. Un opusc. in8.°di pag. 118,
Tolto dai fatti che si attribuiscono allo Spiritismo fatti, di ragioni e di teslimonianze in questo libro;
do die devesi all' impostura ciarlatanesca , quel il quale pero desideriaino di veder molto diffuso
non poco di vcro che ne rimane non si pud recare in Italia, perche i tanti dabbenuomini, che si la-
che all' azione del Demonio ; e quindi Spiritismo e sciano trasportare dalla curiosila,capiscano il male
Magia son due nomi d' una stessa cosa. Questa e la che fanno , e intendano quanto saggiamente la
lesi verissima, e sodamenle dimostrata a punla di Chiesa abbia fatto divieto di simili sperimenti.
GAL1TZIN AGOSTINO — La Chiesa greco-mssa del Principe Agostino Galitzin,
Yersione con pref. e note del can. Carlo Candiani con dedica a Sua Emi-
nenza Revffia, il sig. Card. Filippo De Angelis. Torino, tip. dell' Or at. di
S. Franc, di Sales 1863. Unvol. in 8.° di pag. JATM08.
Per quanlo si faccia a staccare la polilica dalla tissimo di questo fatto universale si e la causa
icligione, la questione religiosa c sempre al dei Polacchi. L' ostacolo principale, perche la
fondo d'ogni controversia polilica. Caso eviden- Polonia non si sia flnora piegata alia Russia ?i
BIBLIOGRAFIA 87
£ la diflerenza <li Religionc tra i russi e i polac- questo libro del principe Galilzin. Egli nato nel-
cui. L'ortodossia russa opprimentc e il cattoli- 1'orlodossia la conoscc per pratica e per istudio:
cisnio oppresso : ecco Ui gran lite che si diballe peritissimo nella storia patria , della quale ha
in Polonia. Or che cosa e I'ortodossia russa? In scritto libri sommamcnte pregevoli , giudica gli
fhe si ditlerenzia dal Cattolicismo? Come da que- avvenimenli con plena perizia ; rampollo d' una
slo si dislacco "? Per qual modo si polra ricon- slirpe che ha avuto sempre i primi maneggi nello
•durvela? Queste sono le dimande che natural- Stalo, no sa i provvedimenti e le intenzioni. Per
mente si polrebbero fare : a cui pochi in Italia tutti i lali adunque la sua testimonianza e degna
saprebbono rispondere: a cui sodisfa pienamente di fede : e il suo libro merita accoglienza piena.
GAME— II Segno della Croce al secolo XIX, per Monsig. Gaume prot. apost.,
tradotto ed annotate da R. De Martinis P. D. G. D. M. Torino, tip. del-
rOrat. di S. Franc, di Sales 1WL Un vol. in 8.° dipag. XXIl-228.
GHILARDI — Inaugurandosi la Causa di Beatificazione e di Canonizzazione
del servo di Dio, Giuseppe Cottolengo, fondatore della piccola casa della
divina Provvidenza in Torino, la sera del giorno 16 Gennaio 1863; Di-
scprso di Mons. Ghilardi deU'Ordine de'Predicatori, Yescovo diMondovi.
Torino 1864, tip. Pietro di G. Marietti, piazza B. V. degli Angeli n. 2.
Un opusc. in 16.° di pag. 43.
G. 0. — 11 Carnevale del 1861. Due farsette e diciotto favole, dedicate allc
cristiane donzelle dal Direttore della Figlia dell' Immacolata. Bologna ,
libreria dell'Immacolala 1864. Un opusc. in 8." diyag. 84.
UORETTI P. — I beni del Glero ele Gomunita religiose, per P. Goretti tosca-
no, con la lettera dell' Episcopate pure toscano a S. M. il re Mttorio
Emmanuelell. Firenze, tip. di Simone Birindelli 1863. Un opusc. in 4.° di
pag. 53.
fi. L. — Blese di Maria delle anime di vita interiore; ossia la vita della SS.
Vergine, proposta per modello alle anime di vita interiore, appro vato
dall'Arciv. di Tolosa e dai Vescovi di Autun, Aiaccio, Carcassona, Gahors
e Pamiers. A. M., D. G. e B. M. V. S. L. G. Tutto Gesii per Maria. Ope-
retta dei sacerdoti H. e L. Torino 1864, tip. Pietro di G. Marietti, piazza
B. V. degli AngelLZ. Un vol. in 8.° dipag. 436.
HORAE DIURNAE Breviarii Romani ad usum Fratrum minorum S. Francisci
Gapuccinorum, etMonial'mm eiusdem Ordinis, cum officiis Sanctonim,
novissime per Summos Pontifices concessis. Auy. Taurinorum, ex officina
stereo typoyraphica Petri , Hyac. f. Marietli 1864. Un vol. in 32.° di
pag. XXX1I-364. CX.
BORAE DIURNAE Breviarii Romani, ex decreto SS. Concilii Tridentini restituti,
S. Pii V Pontificis Maximi iussu editi, Clementis Till et Urbani YUI au-
ctoriUiterecogniti. rotin'nil863, exofjicina stereotypografica Petri, Hyac.
f. Marietti. Un vol. in 32.° dipag. XXXII, 300, CCXVI.
UCOBONI VINCENZO M. — 11 trionfo di Pio IX nella sconfitta delle schiere
pontificie a Gastelfidardo, perun giovane maceratese. Roma, conpermes-
so 1863. Un opusc. in 8.° dipag. 88.
_
In queslo picciolo poema AL tre canli in terza il poeta imagina di essere dal suo angelo custode
fima, sulle tracce della Basvilliana del Monti , condolto a mirarc dapprima il combattimento di
88 BIBLIOGRAFIA
Castclfldardo, e la sconfllta delle scliiere ponti- e se s'abbia riguardo all' eta del giovanc poeta,
flcie ; e quindi poscia le geste si dei nemici del che non avea piii di 17 anni quando il compose,
Papalo in Italia, si dci catlolici a lui dcTOti, e puo assolutamente dirsi un bel lavoro e che fa
flnalmente il trioufo della Chiesa e del Pontelice sperare da lui cose troppo migliori quando sia
Pio IX sopra i loro persecutori. Nello syolgi- piii avanzato in eta e in coltura. 11 libro si trova
mouto di questo facile e fecondo concetto Y' e yendibile al prczzo di nn franco , in Roma presso
inolta yivacila d'immaginazione, varieta di de- Olivieri, Marini, Spithwver, Aureli e Bonifazi.
scrizioni, caldo d'affetto, scorrerolezza di rerso;
LALLEMANT LUIGI — Ammaestramenti spiritual! del P. Luigi Lallemant della
C. di G., preceduti dalla vita dell'Autore. Opera utilissima cosi per la pro-
pria come per Faltrui direzione. Versione dall' originate francese fatta ad
istanza di molte anime pie da un sacerdote milanese. Milano 1863, pres-
so il libraio Serafino Maiocchi , via de* Profumieri, n. 3219. Unvol. in 8.8
dipag. XXXV, 301.
LASSERRE ENRICO — L' Autore del maledetto- Racconto di Enrico Lasserre,
volgarizzato dal Dott. D. Luigi Gibelli.Piima trarluzioue italiana. Bologna
1864. 27^3io del Periodico La Verita, via Malcontenti 1797. Un opusc. in
16.' di pag. 79.
Lo icandalo cagionato dal libro di Renan, ha qualmente il tal di dell'anno qncl truogolo sarebbe
dato lo stimolo ad uno scrittore , peggiore di colmo, e ogni gente potrebbe andarrisi a luffare
Kenan , a nuovo scandalo. Questo scrittore e a suo bell'agio. Non pare che Ti sia slata folia
un prete, il quale, come dice egli stesso : « non di ciacchi, quando quel di aspeltato spunlo. Pur
sa portare sulla fronte in tutta sua yita e in tuttayia fu bene che sorgesse in Francia chi
mezzo alia turba divota, quella macchia di fan- avvertisse la genie che quella broda era yomito
go chiamata interdetto , senza abbandonarsi alia schifoso d' un appestato : c fu bene altresi che
disperazione, e senza bestemmiare Dio e gli uo- tale avyiso , tradotto in ilaliano , si propagasse
mini. » Queste beslemmie adunque contro Dio ancor tra noi. Questo e il libro che noi qui an-
e gli uomini le ha tulle raccolte in un roman- nunziamo , e che yorremmo fosse conosciuto da
zaccio, che intitola il RIXKEGATO ; vero truogolo tutti, perche tutli si tengano Ionian i dal Rinne-
enlro il quale egli rece la sua bile schifosa. Non yato , come da sozzura che nausea , imbratta e
son maneatt cmpii giornalacci, die ban fatto un appesta.
gridio da chiasso per ayyertire la gente, come
LEONARDO (B.) DA PORTO MAURIZIO — L'ora del Santissimo Sacramento, isti-
tuita per opera del B. Leonardo da Porto Maurizio. Torino, tip. di G. Ma-
rietti 1864. Un opusc. in 32.° dipag. 52.
LUCCIARDI DOMENICO — Indulto per la sacra Quaresima dell' anno 1864. Ti-
pografta di Pattonico e Pieroni. Un fol. in 4.' di pag. 8.
L. V. — II Giglio fra le spine, ossia il pregio della verginila e mezzi per cu-
stodirla, perL. V., Canonico della chiesa orvietana. Modena, tip. del-
I'lmm. Concezione 1864. Un opusc. in 16.° dipag. 29.
MANUZZI GIUSEPPE — Vocabolario della lingua italiana, gia compilato dagli
accademici della Crusca, ed ora novamente corretlo ed accrescinto dal
cav. Abate Giuseppe Manuzzi. Seconda edizione riveduta e notabilmente
ampliata dal comj)ilatore. Firenze, nella stamperia del Vocabolario e dei
tesli di lingua 1863. Dispensa 45 in 4.° vol. 3.° da pag. 199 a 246, fino
alia parola NO\7ERO.
MARCELLINO DA CIVEZZA — Storia del Presepio e del santo Bambino di Ara-
coeli. Tipografia Tiberina in piazza di Poll n. 11. Un opusc. in 16.° di
pag. 24.
BIBLIOGRAFIA
89
MARCELLINO (P.) D'AGNADELLO — Conservate il tesoro del vostri padri, ossia
ragioni ed argomenti per persuadere il popolo a vivere e morire nella
religione dei loro padri , del Padre Marcellino d'Agnadello, Missionario
cappuccino. JUilano 1863, presso Seraf.no Maiocchi libraio, via de'Pro-
fumieri N. 3219. Un vol. in 16.° dipag. 142.
MARCUCCI GIAMBATTISTA — La Monarchia temporale del Romano Pontefice
secondo Dante Alighieri : Commento di Giambattista Marcucci da Lucca.
Lucca, lip. di G. Giusti 1764. Un vol. in 8." di pag. 177-88.
Oguuno sa le male arti adoperate da settarii ziare al classico guslo di bcslemmiare colle frasi
per istravolgcrc in servigio delle loro bieche in- della Divina Commedia. Pero opportunamente
lenzioni i concelli del soiumo Poeta dell' Italia, viene alia luce il libretto testc annunziato del
E bisogna confessarlo, in quest'opera sciagurata sig. Marcucci , il quale si e tolto 1" assunto di
di render tortill diritti volti dellc scritture dan- chiarire i concetti dell' Allighieri principalmenle
tesche, ebbero aiulalori non pochi onesli uomini, iutorno la Monarchia, e le rclazioni die la sua
i qualipreoccupali dalle opinion! del secolo, mi- Monarchia avrebbe avulo col Romano Ponteflce.
sero nella interpretazione della Divina Commedia Abbiamo delto clie questo e 1'assunto principale ;
alcuni falsi fondamenti, i quali per 1' una parte perciocche il discorso comprcnde assai altre co-
distruggono la sostanza, tntta sacra, del Poema, e se (specialmente la spiegazione del concetto so-
dall' altra ravvicinano il Poeta agl' intendimentl stanziale della Divina Commedia), ma raccolte pe-
irreligiosi della selta odierna. E gran tempo che ro solto il risguardo indicate. Molta erudizione
valorosi scrittori lianno incominciato a disgom- abbiamo scoria in questo piccolo volume, critica
"brare con grande industria le tenebre che artata- non comune, e grandc dirillura di animo. Nondi-
mente si e volulo addensare su quelle pagine meno nelle cose avremmo desiderato, qualche volta
immortal!. E se fosse negli avversarii buona fede maggior rigore di dimostrazione , qualche allra
si sarebbero dovuto rendere oggimai alia evi- piu ordine; e nello stile un andamcnto un po'
denza della cosa; siccome per opposto gli scrit- piu disinvolto e castigate. Intanto facciamo voti
tori caltolici non hanno diflicolta di confessare che 1' esempio di questo egregio letterak) sia un
qualche intemperanza del Poela, e qualche sua destatoio ai buoni cattolici, amatori di Dante,
Utopia, che non bene si accordavano colla dirit- che non debbano lasciare senza risposta le fan-
tezza del suo animo. Ma si pensi , se la setta a faronate, che coH'occasione del centenario di lui
quesli tempi appunlo, ne' quali si e insediata si- manderanno in giro i liberal! ; di che lianno gii
gnora dell' Italia, e quando gia e vicino il cen- dato il prinio saggio nel giornale, cominciato a
(enario del natalizio di Dante, vorrebbe rinun- stampare appunto con questo titolo.
MASSAROLI GIRO — Cantilena di Giro Massaroli, per le nozze Massaroli-Vitel-
loni di Bagnacavallo , awenute nel Novembre 1863. Lugo, lip. Melandri
1863. Un fogl. in 4.° dipag. 4.
Questa Cantilena deve annoverarsi Ira le ra- picna di savii consigli , ma port! di si bel gar-
rissime poesie contemporanee, che meritino ve- bo che non si pud meglio. Facciam plauso all'Au-
ramenle la lode di belle. V'e un andarc snello e tore , e lo preghiamo che non tenga ozioso il
naluralissimo, un sapore di lingua e di prover- dono che s' ebbe da natura, e che ha tanto ingen-
bii toscani senza nessuna affeltazione ; tutta e lilito coi suoi sludii.
MINICHINI BENEDETTO — Illustrazione della cappella Caracciolo-Bosso, nella
chiesadiS. Giovanni a Garbonara. Napolif stabilimenlo I ipografico di Gae-
lano Gioia, vicolello Mezzocannone n. 4 p. p. 1863. Un opusc. in 4.° di
pag. 06.
La Vita del B. Gioacchino Piccolomini , ripro-
dolta con questo volume, fu compilata da un rc-
ligioso di Siena de' Servi di Maria fin dal 1332,
sopra la latina di Niccolo Borghesi e il Chroni-
con del Poccianti. Quello che il P. Morini -vi ha
recato del suo e un dotto corredo di Note, di Os-
servazioni, di Document! inediti, pe'quali la sto-
ria del Bealo non solo ricsce piu plena, ma di
piu liberata da alcuni errori, de' quali per fallo
degli antichi era su quajche particolare falsata.
La Bibliografia poi contiene minute notizie del-
le varie Vite dello stesso Beato, c degli scrit—
tori di esse, per quanlo il dotto e laborioso Au-
lore ne ha potuto ricavare dagli anlichi monu-
ment i.
DO BIBL10GRAFIA
MEMORIE per la storia cle'nostri teni])i clal Congresso cli Parigl nel 1856 ai prl-
ral giorni del 1863. Slamperia dell' Unione tipografico-editrice torinesc y
8.° quaderno; 2." del vol. II, in 8.° dapag. 65 a 128.
MISLEI GEMINIANO — La Madre di Dio, descritta dai Santi Padri e Dottori della
Chiesa, con append ice di narrazioni maravigliose: opera di Gemiuiano
Mislei d. G. d. G. Torino, tip. Metro di G. Mariet li^ piazza B. V. degli
Anc/eli, n. 2, 1863. Un vol. in 8.° dipag. A77, 602.
MORINI AGOSTINO — Vita del B. Giovacchino Piccolomini Senese, dell'Ordine
dei Servi di Maria, con note, document!, osservazioni e bibliografia, per
cura di Fr. Agoslino Moriui, deH'Ordine medesimo. Firenze, presso Anto-
nio Cecchi, libraio dietro la piazza del Duomo 1863. Un opusc. in $.° di
pag. 56.
Questa Vita e desunta dalla latina del cava- ta : ma inesatla nel determinare la genealogia
liere IS'iccolo Borghesi e dal Chronicon del Poc- del Beato, e le epochc principal! delle sue geste.
cianti, e fu pubblicata in buon volgare da un A tal difelto suppliscono le note e i document!
Anonimo di Siena nel 1532. E copiosa e devo- aggiuntivi dall' erudito e crilico suo editore.
MURENA SALVATORE — Oratio Salvatoris Muraenae, habita Romae in Quiri-
tium Academia, VIII id. lanuar. Anni MDCGCLXIV. Romae, tijpis Observa-
toris Ro.mani 18.64. Un opusc. in 4.9 dipag. 14.
Quanto gli studii della lalinita dcbbano ai Ro- pure nella forza degli argomenli die reca , m»
inani Ponlefici, qual beneficio abbiano quindi essi eziandio nella facondia e ncllo stile, purgato ed
recato alia coltura e civiltii della inoderna Eu- cleganle , merita di esserc annovcrato Ira' Ya-
ropa, e qual favore pero essi meritino dai cul- lent! noslri conteraporanei , che hanno non solo-
tori della yera letteratura , diniostra in questa latinamente scrilto , ma eziandio lalinamenle pen-
orazione il chiarissimo disserente. II quale non salo.
KEGRI BENEDETTO — Delle condizioni present! dell' eloquenza sacra in Italia
del cav. teologo Benedetto Negri. Torino., tipor/. Giulio Speirani e figlf
1864. Un opusc. in 8.° dipag. 100.
Raccomandiamo vivamente questo libro alia all'esagcrazlone flglia quei pessimo gusto, die si
gioventu ecclesiastica , chc si prepara a'l sacro propaga, di guardare piu ali'elTetlo secuico, che
ministero della predicazione. Gli abusi introdot- all' allelto ragionevole ; piii al bcllo immaginoso
tisi ora nel pulpito son qui dipinti al naturale , che alia vcrila persuasiva ; piii all' ammirazione
c quello che c piu dimoslrati veracemente abusi. vana e spesso fatua die alia sincera coiiversione.
Or noi riputiamo che alia piii gran parte , per Or qui il ch. Autorc vien francamente additando
(iistinguerli 6 necessario d'averli indicati : perchc i vizii che sonosi ai di nostri introdolli sul per-
molti abusi procedono dalle disposizioni dell'u- gamo ; ne indaga le cagioni ; ne iudica i catlivi
ditorio, cui si Tuole condiscendere ; e tal con- cffetti, e ne suggerisce i rimedii. Non e Tera-
discendenza essendo dall' uditorio ripagata col menle un trattalo di sacra eloquenza ; ma e una.
plauso, queslo innanzi agli sguardi dei piii rico- critica dell' eloquenza moderna ; e per do stessa
pro il Tizio , anzi Jo ammantella si bene che il praticamente utilissimo , perche a chi e gik in-
fa parere pregio e merito. Quindi ne segue 1' i- fermo c piu atta la mcdicina curatira, che non la
mitazione : e I'imitazione tendendo di sua natura preservativa.
OPERA DELLE SCUOLE D'ORIENTE — Bolleltino periodico. Milano, presso il
Consiytio Diocesano dell' Opera, contrada Zebedia n. 4130 dal n. 1 al X
in 4.°
L'Opera delle Scuole d'Oriente approvata dalla gcneralc risiede in Parigi, e ne e Diretlore 1'Ab.
Santa Sede, ha per fine di mantenere c moltipli- Soubiranne , Presidente S. E. 1' ammiraglio Ro-
care le Scuole cattoliche in Oriente. II Consiglio main-Desfosses. Avvi un Consiglio diocesano ia
BIBLIOGRAFIA 91
Milano presso i PP. Barnabiti di sant' Alessandro, dulgenza Plenaria: 1 .° al punto di morte ; 2.° una
e ne e Direttore il M. R. Proposto Parroco pa- volta al mese a libera scelta ; 3.° nei giorni di
dre MICHELE MAZZUCCOSI. Ogni cattolico puo es- Natale , Pasqua , Ascensione , dell' Immacolata
sere membro dell'Opera, posta sotto la protezione Concezione , Annunciazione, Assunzioue di Maria
di Maria Sanlissima e S. Giovanni Crisostomo. Sanlissima ; dei SS. Apostoli Pielro e Paolo, o in
Per cssernc membro si paga una lira ilaliana uno dei giorni dell' ottava di queste feste; 4.° il
all'anno. I membri dell'Opera sono invitati alia giorno della festa di S. Giovanni Crisostomo ; S.°
I'ecita d/ un' Ave Maria e deila invocazione : Indulgenza parziale di selte anni e setle qua-
S. Giovanni Crisostomo , pregate per noi. rantene ogni volta che assistono ad una riunione
Dieci membri aventi a capo un collettore for- dell'Opera.
niano una serie. Chi desidera farsi collellore Quest' opera ha un Bullettino suo proprio, UUlo
scriva al M. R. Direttore che *lara le necessarie dedicalo a farla conoscere nei suoi piu minuli
istruzioni. parlicoiari. Esso e appunto quello che annun-
Dietro i rescritti del Sommo Pontefice 13 Di- ziammo , e del quale abbiam veduti con sommo
cembre 1857 , 29 Gennaio 1838 e 21 Febbraio gradimento i primi dieci numeri.
1861, i Membri dell'Opera possono acquistare In-
PALMIERI ADONE — La rosa di Gerico a Maria della salute. Libro di istnizione
popolare compilato dalcav. Adone Palmieri. Roma 1863, dalla tipografia
di B. Guerra, piazza dell' Oratorio di S, Marcello 50. Un vol. in 8.' di pa-
gine 150.
II signer Adone Palmieri e scrittore infatica- L'Autore ha descritto la vita di Rostra Signora,
bile di libri diretti all' istruzione civile e reli- percorrendone le feste principali , e ravvivando
giosa del popolo, e noi bene spesso abbiam do- con islile immaginoso le sue pie considerazioni, e
vuto parlare di essi. Questo c rivolto ad in- conchiudendo ciascuno dei suoi venliquatlro pa-
fiammar la gente al culto di Maria Santissima, ragrafi con qualche poesia itnliana, molte volte
e per libro ascetico scritto da uomo laico e pin composta da lui medesimo , e alcune volte da
di quello che potea ragionevolmente aspettarsene. altri scrittori conlemporanei, viventi in Roma.
PARNISETTI PIETRO — Osservazioni Meteorologiche fatte in Alessandria alia
specola del Seminario 1863. Anno decimo. Alessandria, tip. di Carlo Astu-
li 1864. Un opusc. in 8.° di pag. 30.
PASQUALE (P.) DA AVERSA — II Cristiano catlolico-romano a fronte di ogn'al-
tro sistema autireligioso o religioso del mondo; peril Padre Pasqualeda
Aversa, Lettore giublato in sacra Teologia ecc.Secondaedizione rivedu-
ta e aumentata quattro volte tanlo su quella del 1862. Vol. 1.° Napoli 1863,
dp. dei Gemelli, mco-lungo Montecalvario N. 7. Un vol. in 16.° di pag.
288. II volume II.° porta il titolo seguente :
— La Bibbia protestante e la Bibbia cattolica per il Padre Pasquale da Aver-
sa, Lettore giubilato in sacra Teologia ecc. Seconda ediziorie riveduta e
aumentata. ' N apoli 1863, tip. dei Gemelli, mco-lungo Montecalvario n. 7.
Un vol. in 8.° di paq. 438.
r y
PELLIC4NI ANTONIO — Sulla cristiana educazione della prole; Parenesi di An-
tonio Pellicani d. C. d. G. Seconda edizione. Torino 1863, tip. Pietro di
G. MarielU, piazza B. V. degli Angeli n. 2. Un opusc. in 16.° di pag. 77.
PEROSINO G. S. — Compendio brevissimo di Geografia e Gloria antica ed Ar-
cheologia greca e romana, secondo i recenti programmi governativi per
le scuole ginnasiali del Prof. G. S. Perosino. GEOGRAFIA E • STORIA. GRECA
per la 3.a classe ginnasiale del prof. G. B. B. GEOGRAFIA, STORIA ED AR-
92 BIBLIOGRAFIA
CHEOLOGIV GREC\ per la 2.a classe ginnasiale. Un opnsc. in 8.° di pag. 31.
Presso G. B. Paravia e compagnia, in Torino e Milano, 1864.
PUPPATI LORENZO — Inni a Dio di tuttl i tempi e delle principal! nazioni an-
tiche e moderne. Due volumi in 8.° grande — L vol. Parte antica di pag,
AT/7-160 — II. vol. Parte moderna di pag. TV/-244.
Ci basti per ora semplicemente amiunziare quo- alquanto piii di proposito nelle nostre Riviste, co-
st'opera: poiche speriamo di potercene occupare me prima avremo agio di farlo.
QUATRINI BERNARDINO — Maria SS. Addolorata: Elegia l.a di Callistene Ro-
featico P. A., voltata in terza rimadalcanonico Bernardino prof . Quatrini.
Recanali, lip. Badaloni 1864. Un opusc. in 8.° di pag. 15.
Sotto il nome arcadico di Callistene Rofeatico le cui elegie latino in lode di Maria Santissima
tufti sanno intendersi I'Em. Cardinal Morichini, lodammo in allra bibliografia.
RAFFAELLANGELO (Fr.) DA FAENZA — La sacra Immagine della B. V. del Suf-
fragio, dipinta dal Guido Reni, mbata nel 1855 e restituita nel 1860 alia
chiesa parrocchiale di san Bartolomeo a Porta Ravegnana in Bologna:
discorso che il R. P. LettoreFr. Raffaellangelo da Faenza de'Min. Riform.
diceva il 2 Febbraio 1864. Bologna, presso la tip. Editrice Mareggiani
1864. Un opusc. in 8.° dipag. 15.
REGONATI FRANCESCO — Sopra la Jiecessita di una religione e la divinita del
Cristianesimo, discorsi compilali ad uso clei giovanetti italiani dal prof.
Abate Francesco Regonati, primo direttore di spirito nel Collegio mililare
di Milano. Milano 1863, dott. FrancescoVallardi, tipografo-editore S.Mar-
gherita, N. 5. Un vol. in 8.° di pag. Y//7-124.
RENAN — Vita di Gesu Cristo.
Raccogliamo sotto il nome dell'empio che ha negato la Divinita di Gesii Cri-
sto parecchi libri , scritti per confutarlo. Essi non sono che pochi tra gl' innu-
merevoli altri , stampatisi la Dio merce in Italia, molti clei quali vennero da noi
annunziati nelle bibliografie precedent*!. Sarebbe soverchio alia strettezzadello
spazio il fermarci a dire in particolare i pregi proprii di ciascuna confutazio-
ne : ci basteranno poche parole qui in generate. Ci consola in primo luogo il
vedere uniti in questo santo pensiero di glorificare 1'Uomo-Dio tre classi di
persone si different"! : 1' Episcopate coll'autorita del suo insegnamento , il cle-
ro colla gravita della sua dottrina, ed il laicato col coraggio della sua fede.
In secondo luogo e ammirabile la varieta della forma : 1' Enciclica vesle gli
stessi concetti del Dialogo ; la Dissertazione va del paro col Cantico ; il Trat-
tato largo e diffuso svolge quel fondo medesimo <T idee che e compendiato
nello svelto Opuscolo; e il Discorso sacro fa quel medesimo atto di ripara-
zione che la pia Preghiera. Ci permettiamo solamente d'indicare con distin-
zione per la vastita del lavoro nel loro genere proprio la Lellera Pastorale
di Mons. Spaccapietra, e la Confutazione del Cav. Abb. Arnaldi.
ARNALDI DOMENICO — Vita di Gesii del Professore Ernesto Renan, Confu-
tazione del Cavaliere Abate Domenico Arnaldi. Genova, Stabilimenlo ti-
pografico di G. Caorsi 1863. Un vol. in 16.° di pag. W/-475.
BIBLIOGRAFIA 93
HENAN — Vita di Gesu Crist o.
INVRIA FABIO— Un processo a E. Renan e F. De-Boni, dinanzi al Tribu-
nale del buon senso e dell'onesta, sul libro intitolato Vita di Gesii, di
Fabio Invrea. Genova presso i frat. Carpineti, Cartai a1 Banchi, n.° 170.
Un opusc. in 8.° di pag. 45.
ISOLA I. G. — I Sofismi del Renan nella sua pretesa vita di Gesu, esami-
nati dal Dolt. I. G. Isola. Prato, tipografia di Ranieri Guasti 1863. Un
vol. in S.° dipag. 510.
MANARA ACHILLE — AUi di riparazione alia offesa Maesta di Gesu Cristo ,
per cura del C. Achille Manara. Bologna, tipografia di santa Maria Mag-
yiore 1864. Un opusc. in 32.° di pag. 32.
MASINELLI ANTONIO — La Divinita di Gesu Cristo , difesa colle tes timonian-
zede'suoi nemici. Opuscolo del Dott. Antonio Masinelli. Modena, tipo-
grafia dell' Immacolata Concezione 1864. Un opusc. in 8.e di pag. 35.
ORZELLI SALVATORE — Gesii Gristo vero Dio e vero Uomo , Discorsi nove
recitati nella sacra Novena del santo Natale, dal P. Salvatore Orzelli d.
C. d. G. contro i bestemmiatori sagrileghi della Divinita di Gesu Cristo.
Roma col tipi della Civilta Cattolica 1864. Un opusc. in 8.° dipag. 78.
— ROSATI GIOVANNI — Lettera pastorale intornoalla Divinita di N. S. Gesu
Cristo, di Giovanni Rosati, Patrizio di Ferentino, per la grazia di Dio e
della Santa Sede apostolica, Yescovo di Todi, Prelate Domestico di
Nostro Signore ed alia medesima Santa Sede immediatamente soggetto.
Todi, R. Scalabrini 1864. Un opusc. in 8.° di pag. 20.
SCOTTI-PAGLIARA DOMENICO — Vedi poco appresso sotto questo nome.
SERCI PAOLO— Cristo e Renan, I. al tribunale deila fede, della Ragione,
della umanita; II. al cospetto deH'anno 1863: per Paolo Serci, teologo ag-
gregato nella R. Universita di Cagliari, e Parroco di sant' Eulalia. Caglia-
ri, tipografia arcivescouile 1864. Un opuscolo in 8.° dipag. 58.
SPACCAPIETRA VINCENZO — Lettera pastorale di Mons. Yincenzo Spaccapie-
tra, della Congregazione della Missione di Napoli, Arcivescovo di Smir-
ne e Yicario Apostolico dell' Asia minore,, al clero secola;e e regolare
della sua diocesi. Traduzione dal francese estratta dai Fieri Cattolicij con
im' appendice di poesie. Napoli all' Ufficio del Fiori Cattolici , Largo san
Domenico Maggioren." 15, 1864. Un opusc. in 8." di pag. 63.
SPACCAPIETRA VINCENZO — Lettre pastorale de Monseigneur Spaccapietra,
Archeveque de Srayrue, Yicaire Apostolique de 1'Asie mineure, aucler-
ge seculier et regulier de son Diocese et Yicariat apostolique. Na-
ples 1863. Un opusc. in 4.° di pag. 71.
VALENSISE MICHELE — Cinque Salmi contro Ernesto Renan , scritti da Mi-
chele Yalensise , e dedicali alle cinofue piaghe di Nostro Signore Gesu
91 BIBL10GRAFIA
Crislo , vero Dio e vero Uomo. Napoli, tipografia di Federico Vitale 2
e 4, Largo Regina Coeli 1864. Un opusc. in 16.° di pag. 14.
ROMANI AGOSTINO — Tesoretto splrituale del Sacerdote Agostino Romani,
della cilta di Terni. Roma, tip. di Gio. Cesar etti 1863. Un vol. in 32." di
pag. 164.
BOMOLO (P.) DA PISTOIA — Difesa degli Italian! calunniati dal Valdese Ribet,
del P. Romolo da Pistoia cappuccino. Edizione seconda, con 1'aggiunta di
una prefazione. Prato, tipogr. di Ranieri Guasli 1863. Un opusc. in 16."
dipag.W.
ROSA GABR1ELE — Statuti inediti della provincia di Bergamo, anteriori al se-
colo XVI. Bergamo, Vittore Pagnoncelli 1863. Un vol. in 8.° dipag. 149.
ROSSI GIUSEPPE -- Karolo Contio Comiti convictori alumnor. Collegii Fa-
guanii Patavii, Elegia losepni Rossii Eq. Hierosolymarii. Favenliae, e prae-
lo contiano. Un fog I. in 8.°
RUSPI CARLO — Metodo per distaccare gli affreschi dai muri, e riportarll
sulle tele, proposto dal cav. Carlo Ruspi e pubblicato per cura di Ercole
Ruspi. Roma,dalla tip. di Enrico Sinimberghi 1864. Un opusc. in 8.° di
pag. 15. x
SANTI VINCENZO — Prelezione al corso del 1863-64, del prof. Vincenzo Santi.
Perugia 1863, tip. di V. Santucci, diretta da G. Santucci e G. Ricci. Un
opusc. in 8.° di pag. 22.
SCOTT1-PAGLIARA DOMENICO — Cattolicismo e Protestantesimo. Conferenze
predicate nella chiesa di Montecalvario in Napoli ne'mesi di Luglio, Ago-
sto e Settembre 1863, con uu' appendice sopra la Vie de Jesiis di Ernesto
Renan per Domenico Scotti-Pagliara, prete napolitano. Unvol. w8.° pice,
di pag. 77-396. Napoli, Gabriele Rondinella editor e 8, S. Anna de' Lorn-
bar di 1864. Si vende al prezzo di lire 2,55: per le province franco, con
vaglia postale di lire 2,65.
Tra i frutti piu cerli ed amari della odierna ri- quanto valore lo diuiostra il presents volume, che
TOluzione italiana, fatta in nome dell' Unita, vuol noi vorremmo diffuso, dovunque nell' Italia i mi-
mettersi la deplorabile disunione nella fede, che si nistri dell' errore infettano la purita della fede.
tenta per ogni modo introdurre nella Penisola da una Questo, che non e se non il primo di una serie
pestedi avventurieri calatiei d'ollremonte e d'ollre- di allri Tolumi ch' egli si propone dar fuori, con-
mare, per apportarci la barbaric della loro miscre- tiene qualtordici sugosissioie conferenzc, tutte dom-
denza: e cio sotto 1'ombra tulelare di quel Governo nutiche insicme e polemiche ; le quali sono un
di Torino che si dice nazionale . E dunque impresa fior di sapienza acconcissima ai bisogni de'no-
non meno da feryenti sacerdoti cattolici che da veri stri di. L' ultima che e in confutazione delle be-
cittadini italiani, quella dei Ministri del Sanluario, stemmie del Renan , corona bene tutte le prece-
che tra noi si adoperano a levare una diga contro denti, le quali provano per diretto che il Prote-
il morboso torrente di questo lezzo forestiero. E il stautesimo, come opera dell' uomo e di cornizione,
sacerdote D. Domenico Scotti Pagliara occupa un non puo csser la vera Chiesa di Cristo ; e la sola
be! posto tra questi benemerili. Egli nella citta che sia tale e appunto la cattolica, perche in lei
di Napoli si e messo di gran petto a bandire con solamente rilucono tutli i caratleri di opera di-
la voce eloquente e con la gagliarda penna una Tina,
nobile crociala contro il Protestantesimo: e con
BIBLIOGRAFIA 95
TOMMASO (S.) D'AQUINO — Sancti Thomae Aquinatis, Doctoris angelici, Ordi-
nis praedicatonini,. opera omiiia, ad fidem oplimarum ediliomim accurate
recoguita. Tomus decimusquiiitus. Opuscuia theologica, quorum specia-
lem mentionem facit De-Tocco. Oper. omn. vol. \\. J-armae ex lypogr.
Petri Fiaccadori 1864. Tomus I, Jasc. V in 4.° da pag. 825 a 404.
VALLAURI TOMMASO — Oratl ones habitae in Auditorio maximo Regii Atheiiaei
taurinensis ab an. M.DCCC.XLII ad an. M.DCCGLY. Edilio tert.a. Augustae
Taunnomm, ex Offic. Petri, Uyac. /'. Maneiti, an. M.DCCCLXU!.
Piu volte ci e accadulo parlare nel nostro Pe- sta terza edizione aggiungere altro, salvo chc 10
ricdico dell' aurea latinila di Tommaso Yallauri. nostre congratulazioni coll'Autore, per la testimo-
Di quesle orazioni segnatamente ci siamo intrat- nianza del merito eke gli viene rendendo il pub-
tenuti a luiigo nclla II Serie, vol. I, pag. 40, blico favore, comprovalo dallo spaccio dclle due
segg. e nella III Serie, vol. IV, pag. 200, segg. antecedent! edizioni.
Alle cose cola ragionate non dobbiarno per que-
VAPJI AUTOSI — Studii sui Sordo-Muti e rendiconto degli istituti per quelli
poveri di canapagna della Provincia di Milano. Annuario della Commis-
sione promotnce della loro educazioue pel 1862-63. Milano , coi tipi del-
i'Orfanotropo dei maschi 1863. Un vol. in 4.° di pag. 222.
Questo libro conliene, come prometle il tilolo, milanesi abbia potuto dar vita e durata a una
due cose: 1'una generica che puo dirsi la Sac- istituzione, tanto utile e benemerita. Egli c vero
colla delle Meuiorie e delle Notizie piu impor- che v'abbiam trovato qualche voto che non pos-
tanti , compendiate o distese , uscite in luce nel siamo interamente approvare , e qualche tinlura
liiennio ultimo, intorno ai Sordimuti ; e il Ren- leggerissiiua di liberalismo, di cui non vorremmo
dieonlo degl'istiluli milanesi pei poveri di cam- vedere macchiata la gioventii sopratlulto : ma 0
pagna. Per la prima parte riesce di non poca 1'uno e 1'altro neo non possono oscurare i pregi
utilila per quanti si occupano di questa si.neces- che contiene copiosissimi il libro, ne crediamo
saria, e si difficile educazione ; per la seconda che siano per nuocere in nessun modo a chi si
ritsce a grande consolazione e a ottimo esempio faccia a leggerlo.
lo scorgere come la carita e lo zelo nei signori
— UHimi uffizii ad Ottavia Fazzari. Ricordo degli amici al marito Michele
Yalensise. Napoli, stabilimento tipografico dei Classici italiani 1862. Un
opusc. in 4.° di pag 101.
Quello che piii di ogni altra cosa ci e pia- Questo, piu che ogni altra leslimonianza , pruo-
ciulo in questo serto di fiori poetic i depositalo va quanto pia persona fosse stata in vita 1' Ot-
sulla tomba della defunta, si e una soavissima tavia, e quanta pieta sapesse istillare nella fa-
fragranza di pieta crisliana, che da tutti esala. miglia, cho le c superstite.
VERATTI BARTOLOMEO — Intorno ad alcune quistioni genealogiche relative
alia casa d'JEste e d' Arpad. Risposta del cav. Barlolomeo Veratti al sig.
Bar. Alberto Nyai-y Nyaregyhaza. Modena, tip. degli Eredi Soliani 1864.
Un opusc. in 8.° dipag. 80.
ZANGARI AMADIO — Letlera pastorale sul rispetto umano, nell' occasione di
pubblicare 1' Indulto per la Quaresima del 1864. Macerata, presso Ales-
mndro Mancini 1864. Un opusc. in 8.° di pag. 12.
9(> BIBLIOGRAFIA
ZEFFI GIOVAN FRANCESCO — Epistole di S. Girolamo volgarizzate nel secolo
XVI da Giovan Francesco Zefii, edite novamente per cura di un Religio-
so de'Servi di Maria. Firense, presso Antonio Giuntinilftbl. Un vol. in 8.*
di pag. L 17-750.
La versione fatta dal Zefll delle Epislole di san vita, die 1'ba curata, e per modestia ha voluto
Girolamo e la piu pregiata di talte, si per la fe- rimanere sotlo 1'ombra dell'anonimo, vi ha recato
delta del rendere i pensieri del S. Dottore, co- del suo gran copia di note, osservazioni e schia-
me ancora pe'pregi della lingua e dello stile. A rimenti , che servono ad illustrate assai cose ,
rendere piu preziosa questa edizione il dotto Ser- fatti e persone a cui si accenna nelle letlere.
CRONACA
COxNTEMPORANEA
Roma 26 Marzo 1864.
I.
COSE ITALIANS.
STATI PONTIFICII 1. Soleune ricevimento del Conte di Sartiges, ambasciadore
di Francia — 2. Ordini del Ministro delle Armi e del Generate Montebel-
lo sopra alcune risse tra soldati ; parole del Moniteur — 3. Premii pro-
post! dal Ministero del Commercio per la coltiira del cotone ; confession!
del Debats — 4. Societa di mutuo soccorso in Roma; morte del loro
istitutore D. Francesco Rivi.
1. Fin dal giorno 5* Dicembre del passato anno, S. E. il Gonte Eu-
genio di Sartiges ebbe 1' onore di presentare alia Santita di Nostro
Signore Papa Pio IX , in eudienza privata , le lettere sovrane , con le
quali yeniva accreditato ambasciadore di S. M. 1'Imperatore dei France-
si presso la Santa Sede. Nel giorno poi di Sabato 19 Marzo , S. E. ac-
compagnata dai componenti Y imperiale arabasciata , con grande treno ,
e scortata da un drappello di Dragoni pontificii, si condusse al Palazzo
apostolico in Vaticano , per fare la presentazione delle suddette lettere
credenziali in forma pubblica. Accolto con gli onori dovuti all'alta sua
rappresentanza , 1'Ambasciadore fu introdotto presso il Santo Padre;
che, dopo intrattenutosi per buono spazio di tempo con 1' Ambasciadore,
si degno ricevere tutti gli addetti ali'arnbasciata. Quindi S. E. passo col
suo seguito a complimentare 1'ESio Card. Segretario di Stato ; scese po-
scia nella Basilica Vaticana a yenerare le reliquie dei SS. Apostoli Pie-
tro e Paolo ; d'onde si condusse a complimentare F Eiiio Card. Mattel
Decano del sacro Collegio. La sera dello stesso giorno S. E. apri i suoi
nobili appartamenti, nel palazzo Colonna, a splendido riceyimento, acco-
gliendoyi gli Efiii Porporati , il Corpo diplomatico , i Ministri di Stato, i
Prelati, i Principi e le Dame romane e 1'eletta di nobilissimi personaggi
che troyansi in Roma.
2. Nel passato quaderno abbiam toccato di alcune fra le scellerate im-
prese, che moderati e Garibaldini si tolsero T impegno di condurre in Ro-
ma, per eccitaryi il disordine, od almeno Tapparenza di agitazione popo-
lare ; ed abbiamo dimostrato di cui fossero opera i furti sacrileghi , gli
assassinii e gli scoppii di bombe. II Comitato nazionale si yanto poi
Scrie V, wl. J, fasc. 337. 7 26 Marzo 1864.
98 CRONACA
d'aver compiuta im' altra insigne irapresa, degna d' essere noverata tra-
le fatiche d' Ercole, avendo per alcuni monelli e ragazzi di stalla fatto
gittare, ed accendere qua e cola, alcuni focherelli di Bengala , cui diedc
titolo pomposo di illuminazione, in onore dell' anniversario nalalizio del
Re di Sardegna. Ma tacque d' un' altra tristissima sua opera, per cui in
Roma si ebbe lo spettacolo d'alcune risse tra' soldati pontificii e francesi ;
le quali , originatesi nelle cagioni ordinarie a trovarsi in ogni citta dov' e
presidio di milizie, anche distinte solo per numero di battaglioni, qui
jfurono invelenite da istigazioni di seltarii. Imperocche si sa che certi co-
tali , scorrendo pei caffe e per le osterie , dove che si trovassero soldati
dell' una o dell' altra nazione , prendeano a bello studio a narrare favolc
ribalde, con cui aizzavano gli uni contro gli altri , esagerando presso i
pontificii qualche sgarbo d'alcun francese , e stimolando i francesi a
yendieare 1'onore delle loro divise da supposte insolenze de' pontificii.
Cosi, ingrossando dall' una e daH'altra parte gli umori, nei giorni 2 e 3
del Marzo, si yenne a baruffe, che riuscirono a scambieyoli ferimenti.
Che queste fossero , se non suscitate , certo promosse da istigazioni di
setta , puo argomentarsi con tutta eyidenza da piii parti. Una corrispon-
denza da Roma alia Perseveranza di Milano, diario liberalissimo, confesso
aperto: « Tutte le autorita si accordano ad attribuire il disordine e le
yiolenze (in gran parte immaginarie ) che esistono qui, agli sforzi de!
partito d'azione , ed assicurano che sono giunti qua agenti da Torino , da
Firenze e da Napoli, con ordine di creare agitazione e rendere impossi-
bile il Governo papale. » II che fu proclamato altamente anche dalla
France parigina. E questo appare verissimo dalle corrispondenze del
diario garibaldino il Diritto, in cui, per sempre piii esacerbare le rivalita
soldatesche e farle prorompere a yendette , si diedero sperticate lodi ai
pontificii; si sberteggiarono i francesi , come astretti sempre a yoltar le
spalle , anche quando erano in maggior numero; si scambio in una gran-
dine di sassi , scagliati dal popolo , qualche torsolata di pochi monelli ; si
iwmerarono a cinquantine i morti ed i feriti; s' inventarono uccisioni a
tradimento col pugnale , e si sballarono le piii pazze cose del mondo.
Anche la ministeriale Opinione, n.° 72, stampo una cornspondenza del-
3a stessa natura, in cui per giunta sono incastrati due gioielli piii fulgi-
di ; cioe 1.° che si videro galleggiare nel Teyere cinque o sei cadaveri
di Francesi ; 2.° che « Monsignor de Merode sofBaya nel fuoco per yen-
dicare i morti di Castel Gandolfo. » Ma quando le bugie sono troppo
enormi, cascano subito in terra. Difatto, nella stessa colonna, cinquanta
righe piii sotto, V Opinione registra un ordine del Pro-Ministro delle Ar-
mi, Monsignor de Merode , che fa yedere fino ai ciechi rimpossibilitti
ehe quella calunnia abbia un minimo fondamento nel vero.
Imperocche la domane della prima rissa, avvenuta il 2 Marzo nel Foro
Romano, ayendo il Generale Montebello fatto leggere un suo Ordine del
Giorno a' quartieri de' soldati francesi , e comunicatolo a Monsig. de Me-
CONTEMPORANEA 99
rode, questi si affretto di farlo leggere pure alle milizie pontificie, con
una giunta, che mostra una energica volonta di cessare immantinente
que' disordini, volonta renduta anche piu palese coll' aver fatto partire
subito da Roma il bello e numeroso battaglione de' Cacciatori indigeni.
II giornale la France si affretto di recitare YOrdine del giorno del Monte-
bello, ma o non seppe o non euro quello di Mons. de Merode. L' Indepen-
dence Beige, n.° 70, che questa volta fu leale, reco 1'uno e 1'altro. Veg-
gasi in prima quello del Pro-Ministro delle Armi.
« S. E. il Conte di Montebello ha indirizzato alia Divisione francese
un Ordine del giorno, che il Pro-Ministro delle Armi si affretta di recare a
conoscenza delle truppe pontificie, con tiducia, che il nobile linguaggio
adoperato dall'onorevole Generale impedira il rinnovamento dei fatti ac-
caduti ieri al Foro. I Capi di corpo e gli Ufficiali delle truppe pontificie
sono invitati ad ammonire i loro subordinati, che, se qualcuno di loro, cre-
dendosi provocato, ricorresse alia violenza, il Pro-Ministro delle armi si
vedrebbe obbligato a punirlo severamente. Virmalo Saverio de Merode. »
Or ecco le parole del Generale Conte di Montebello.
« In seguito a risse individuali, che si rinnovarono per piu giorni, ieri
avvenne un conflitto incrcscevole tra uncerto numero di Cacciatori indi-
geni e di soldati dell'85.° di linea. II Generale comandante della Divisio-
ne infligge un biasimo severissimo a codestiatti colpevoli. Ricorda a tut-
ti, ai soldati francesi come ai pontificii, che essi hanno a Roma i mede-
simi doveri da compiere, la stessa causa da difendere, e ch' essi devono
schivare tutto cio che puo disunirli, e procacciare tutto cio che dee ray-
vicinarli. Confidando nel buono spirito delle milizie delle due nazioni ,
spera che questo semplice avviso bastera per cessare ogni specie di
disordine, senza che sia necessario di porre mano a misure di rigore.
Conte di Montebello. »
II semplice avviso non basto, e nuove, benche piu leggieri, risse av-
vennero in quel giorno stesso; di che i colpevoli dell' una e dell' altra
parte furono arrestati, sottoposti a giudizio e severamente puniti.
Ma le cinquantine di cadaveri contati dai Garibaldini e dai cagnotti
del Comitato sono pure favole che mossero a risa tutta Roma. Ecco m
qnal modo ne parlo il Moniteur del 10 Marzo: « Questo deplorabile acci-
dente, in seguito al quale si contarono dodici feriti , sembra essere stato
cagionato da uno di que' contrast! disgraziatamente frequenti nelle citta
di guarnigione mista. Del resto esso non ha alcuna gravita, quantunque
le passioni politiche abbiano subito tentato di dargliene. Le misure pre-
se, di comun accordo, dai Generale di Montebello e dai Ministro delle ar-
mi, permettono di sperare che questi fatti non si rinnoveranno piu. » Ta-
li conflitti accidental}, soggiunge ancora il Pays, « non hanno alcun valo-
re, alcun significato politico. Non se ne dubitera, evidentemente, se si
pensa che casi si mi I i sono avveniiti piu volte nelle citta, la cui guarni-
gione e solamente forraata di reggimenti diversi, e che bastano le piu
futili cause per provocarli. »
100 CRONACA
3. Nel Giornale di Roma, dell' 8 e del 9 Marzo, yennero pubblicate
due Notificazioni del Ministero del Commercio, dell' Agricoltura e de'La-
Tori pubblici ; con le quali il Goyerno, eccitando i proprietarii di terreno
atto a sperimentaryi la coltura del Cotone, annunzia che Sua Santita, pe?
fayorire tali sperimenti, benche altra yolta non sortissero felice risultato,
assegno mi premio di scudi yenticinque per ogni rubbio di terreno desti-
nato a quest' uso ; ed il Goyerno stesso provvedera il seme piu appro-
priate al clima, e ne fara gratuita distribuzione a chi ne facesse richiesta
prima del 25 Marzo. Tal preraiazione , attese le angustie deU'erario,
non si estendera oltre ad un anno ed alia superficie complessiya di trenta
rubbia di terreno ; ma e piu che bastevole ad incoraggiare chi ha mezzi
da accingersi alia prova.
II Giornale dei Debats, benche solito a spropositare assai , per astio o
per ignoranza, ogni qualvolta mette bocca nelle cose di Roma, tuttayia
alii 17 Marzo o seppe o yolle, tolto argomento dalle mentovate Notiiica-
zioni per la coltura del Cotone , dire alcune verita , che in bocca sua
acquistano molto pregio presso i liberali , benche in Roma, e per chi eo-
nosce le cose di Roma, siano da secoli al tutto yulgarissime.
Fatta in prima una lugubre descrizione dell'abbandono in che e lasciato
il terreno per piu miglia intorno a Roma, confessando pero che quell'ab-
bandono in realta si riduce all'essere il suolo in istato di pascoli ubertosi,
dove si moltiplicano greggie di bufale, di buoi e yacche e di cayalli;
conchiude che fin qui si giro sempre in un circolo yizioso ; cioe che la
terra non e coltiyata perche insalubre, ed insalubre perche non coltiyata,
La malaria distrugge le braccia che dovrebbero coltiyare , e mancando
quelle, il suolo resta pestilenziale. Poi soggiunge: « Ho spesso udito ac-
cusare il Goyerno romano di questo stato di cose. E un errore che si
yuole dileguare, un' ingiustizia che si dee combattere. » E qui espone
con tutta yerita che i proprietarii delle terre, ricogliendo con poca spesa
molto maggior frutto dai pascoli che dalle colture, non si brigano di af-
frontare i pericoli di queste pel solo gusto di chiudere la bocca a chi parla
di cio che non sa. « Difatto la natura fa tutto da se, e copre quelle terre
di pascoli doyiziosi. Numerose mandre di buffali, di pulledri e di cayalle,
di bestie boyine e di pecore, yi sono alleyate senza spese, e quasi senza
doyeryi adoperare yeruna cura, e forniscono al paese una delle principal!
sue ricchezze.
« Ma i Papi non trascurarono punto, come a torto si crede, questa rile-
yante quistione. Al contrario essi se ne occuparono col piu yivo impegno,
e, meglio inspirati che i saccenti (savans), cercarono mezzi pratici. Con-
yinti che la coltura e il rimedio piu efiicace per combattere la malaria,
offrirono incoraggiamenti agli agricoltori , e prescrissero ordini che do-
yeano produrre i piu felici risultati. Non e colpa de' Papi, se essi non ol-
tennero 1'intento, per 1'ostinazione dei proprietarii , per J'impotenza dei
coloni, per 1'amore radicato di non uscire dalla carreggiata , e per quel-
CONTEMPORANEA 101
1' ostacolo che s' incontra da per tulto uello Stato romano ( non pero net
Governo : che sarebbe un contraddirsi) , cioe la forza d' inerzia. Pio VI
avea comandato che im numero determinato d' ettari di suolo sarebbe
dissodato e seminato ogni anno nell' agro romano. Pio VII avea fatto di-
segnare intorno alia Capitale una zona del raggio d'un chilometro, da
coltivarsi ; 1' anno seguente si dovea coltivare un' altra zona eguale in-
torno intorno, e cosi appresso nc' vegnenti anni ; di piu tutti i contorni
de'poderi diversi doveano essere piantati d'alberi. I successor! di Pio VII
non trasandarono di stimolare con piu mezzi lo zelo de' coltivatori ; ed il
Papa regnante consacra ogni anno , nel preventive dello Stato , somme
relativamente assai grandi, da distribuirsi in premio per piantagioni d'o-
liveti , di gelsi ecc. » Mauco male che qualche verita scappa talvolta an-
che ai liberali, anche quando parlano di Papi.
4. Moriva santamente in Roma, il di 13 di Marzo , un modesto e vir-
tuosissimo sacerdote romano, Francesco Rivi, caro assai ai giovani arti-
giani, alia coltura de' quali avea consacrato, fmche gli fu concesso, le
sue fatiche e le piu amorevoli cure. II Veridico, n.° 12, facendone un
hen meritato elogio, commendo in ispecial maniera una bella istituzione,
di cui giovera a' nostri lettori 1' aver giusta contezza, affinche si vegga
da quest' uno tra i molti esempii, che si potrebbero recare, qual sia il
vero clero ed il popolo romano.
« Egli avea istituito due pie societa , 1' una dei Maccaronari e Passa-
tori, e 1'altra degli Infornatori e Impastatori. Lo scopo delle due socie-
ta si fu quello del mutuo soccorso. Con una settimanale piccola contri-
buzione di ciascuno degli ascritti, doveva formarsi una cassa per soccor-
rere in caso d'infermita i socii. II buon sacerdote trovo fra gli uomini di
quelle classi una pronta corrispondenza, e circa seicento diedero il loro
Borne a quelle sociela. Daprincipio le contribuzioni furono alquanto con-
siderevoli : ora sono ridotte a bai. 5 alia settimana per ciascuno. Dalle
somme riunite si trae il danaro, non solo da somministrare agli infermi ,
ma a quelli ancora che, senza loro colpa, si trovano privi di lavoro ; e da
pagare un assegno mensile di scudi sei a quelli che fossero resi inabili a
lavorare.
« 11 pio sacerdote non si contento di provvedere solamente gli aiuti
al corpo; ma s'interesso ancora, e molto piu, dello spirito. In ogni do-
menica si riuniscono gli Aggregati nella chiesa di S. Giorgio in Velabro,
ove attendono a pii esercizii, ascoltando la santa Messa, e prendono sti-
molo di mantenere sempre vivo lo spirito di carita, pel quale sonosi riu-
niti. E stabilita fra loro la correzione fraterna, particolarmente ad estir-
pare la bestemmia. Debbono in ogni anno presentare un attestato della
loro condotta, secondo la quale si da luogo, o no, ai soccorsi temporali. E
il piu consolante e che tali cose non sono solo scritte nel loro Regola-
mento, ma sono con puntualita osservate. Quando poi alcuno di essi e
passato agli eterni riposi, gli Aggregati stessi ne recano il cadavere al
102 CRONACA
Cimitero , accornpagnandolo con torch! , e recitando preci lungo il cam-
jnino, e poi nella suddetta chiesa di S. Giorgio gli celebrano i funerali.
« E cosi che martedi 15 Marzo amrairammo, in mezzo a trecento Ag-
gregali di queste due societa, e fra cento e piu torchi, recarsi a seppellire
Ja spoglia del sacerdote Rivi loro fondatore. Muoveva le lagrime vedere
la pieta, con la quale incedevano quegli uomini, e la devozione onde reci-
tavano le preci di suffragio. Quanto piu e umile questa istituzione, tanto
piu onora il sacerdote che 1'ha fondata: e onora ancora gli Aggregati che
si bene hanno corrisposto alle sue pie intenzioni. Possano queste due so-
cieta servire di esempio agli altri artigiani. Oh ! quanto hello sarehbe il
vedere sorgere di tali societa, secondo le varie arti che in Roma si eser-
citano! Con quanto maggior forza potrebbero i Romani rispondereai loro
neinici, che Roma e stata ed e sempre quella singolare citta, ove non regna,
no, un arido spirito di malintesa tilantropia, ma vi arde vigoroso il fuoco
della evangelica carita, tanto piu splendido e riscaldante, quanto meno
alimentato dalla eterogenea sostanza deH'ambizione e della millanteria ! »
REGNO DELLE DUE SICILIE 1. Applicazione della legge contro il brigantaggio;
disfatta di piu bande — 2. Processo e coudanua dei brigauli catlurati a
Genova sull' Aunts; statistics di fucilatl — 3. Le torture d'un sordomuto
in Sicilia sono accertate — 4. 11 Municipio di Psapoli fa levare le imma-
gini sacre dalle vie.
• 1. Ai nostri lettori sovverra senza dubbio , che un paio d' anni addie-
tro il Governo di Torino faceva trombare da' suoi diarii, il brigantaggio
nel Regno essere omai sullo spegnersi, tanto che, tratto esattissimo no-
yero dei banditi , che ancora davano molestia o si teneano alia posta
nelle selve piu inaccessibili , appena se ne contavano ancora un 450;
tutto il resto de'Napolitani, sentendosi ognora piu beati pei nuovi ordini
fondati dal plebiscite, si struggeano di gratitudine pel Sovrano regalato
loro dal Liborio Romano , dai fedelissimi Pianelli, Nunziante e consorti,
dal Garibaldi, dagli Inglesi, e dal non intervento. Vero e che allora si pas-
sava subito a chiedere, perche dunque fosse d' uopo tenere cola, sempre
in armi e in marcia, non meno di 75,000 soldati? Ma a questo si rispon-
dea, che per tenere a freno i pochi incorreggibili partigiani deH'abbattuta
dinastia , ed impedire gl' intrighi de' preti. Chi non era pago di tali ra-
gioni, tanto peggio per lui.
Tuttavia pare che quei 450 briganti o avessero la facolta sovranna-
turale di moltiplicarsi, come i naturalist! sanno di certi anelidi , di cui
ogni tronco diviene un individuo , o quella piu portentosa di risuscitare.
Senza di che sarebbe assai difficile spiegare, come il brigantaggio du-
rasse cola tanto rigoglioso, dopo i macelli che se ne fecero, dopo le fuci-
lazioni quotidiane, dopo la caccia condotta con lanta furia contro di essi
da masnade di ungheri e di volontarii , fino a richiedersi, per frenarlo,
lo Stato d'assedio in 15 province , e le sewie della legge del Pica. Ma
CONTEMPORANEA 103
checche sia di cio, e certo che la nuova legge votata nel Gennaio, da man-
tenersi in vigore fino a tutto Aprile, ed intesa a sterpare i briganti, viene
ora applicata con tutta severita, anche nella parte sua piu tirannesca, cioe
nella facolta di sequestraree mandare a confine, dovechessia, qualunque
persona denunziata come sospetta, assegnandole, sotto norae di domicilio
coatto, un vero carcere. Questo provvedimento, mantenuto con 1'articolo
9 di questa raffazzonatura della legge del Pica , « avea destato , dice il
Memorial Diplomatique, del 24 Febbraio, 1' indignazione universale ; ma
questa esecrazione, lo diciamo con rammarico , non impedi il Governo
d'applicarne la forza a diciotto province dell' Italia meridionale. » Di-
fatto un decreto reale dell' 11 Febbraio , controfirmato dal liberalissimo
Peruzzi, designo, come suggette a quel provvedimento da Tartari , « le
province dell'Abruzzo Citeriore, dell'Abruzzo Ulteriore II, di Basilicata,
di Benevento , di Calabria Citeriore , di Calabria Ulteriore II , di Calta-
nissetta, di Capitanata, di Catania, di Girgenti, di Messina, di Molise, di
Napoli , di Palermo , di Principato Citeriore , di Principato Ulteriore, di
Terra di Bari, di Terra di Lavoro, di Terra d'Otranto, di Trapani. »
« Cosi, segue a dire il mentovato periodico, delle ventidue province
che si coraprendeano nell' antico Regno delle Due Sicilie , diciotto sono
sottoposte ad una legge, che ha per risultato di sospendere ii corso ordi-
nario e regolare della ginstizia , e di creare un vero stato d' assedio. In
Yerita, dopo quattr'anni di leggi eccezionali e di provvedimenti di rigore
spietatamente eseguiti, questo nuovo decreto non e fatto per rassicurare
1'opinione pubblica sopra la stabilita del regime d'annessione ».
Yero e che per tali mezzi si venne a capo di distruggere piu bande di
briganti, condotte da capi, che, per la loro audacia disperata, eransi ren-
duti formidabili , e pur troppo avean gittato terrore grande ne' popoli c
•versato di molto sangue. 11 famigerato Caruso, disfatto in piu scontri col-
le truppe, ridotto a non aver piu con se che un nove o dieci compagni,
riparo in una masseria; dove, per tradimento di sei o seite de'suoi stes-
si complici, fu sorpreso da un forte drappello di Guardia nazionale, ar-
restato, condotto a Benevento, quivi giudicato sommariamente e fuci-
lato. La stessa fine ebbe poc' anzi , presso Avigliaoa, il nou meno fami-
gerato Ninco Nanco; e sorte eguale incolse parecchi altri capi di bande,
le quali davano gran molestia a'cittadini pacifici del paro che al Governo.
2. Anche i quattro briganti che, non avendo commesso delitti sul ter-
ritorio romano dov' eransi rifugiati , aveano ottenuto un passaporto per
riparare in Ispagna, efurono invece catturati a Genova suli'Atm&, resti-
tuiti alia Francia, e da questa consegnati al Governo ,di Torino, sono sul
punto di scontare le loro imprese ed i loro delitti. Condotti a Santa Ma-
ria, giudicati dalla Corle d'Assise, sentenziati rei di crimini enormi e co-
muni dal voto de'Giurati, furono, alii 12 Marzo condannati : i fratelli Ci-
priano e Giona la Gala alia pena di morte, il Domenico Papa alia pena
de' lavori forzati a vita, ed il Giovanni d'Avanzo a 20 anni di lavori for-
104 CRONACA
zati. II processo ed il giudizio fupubblico, e 1'osservanza delle forme le-
gali fu bastevole , con plena liberta ai difensori di perorare la causa de-
gli accusati.
Non cosi avvenne per migliaia d'altri infelici, che barbaramente furo-
no fucilati negli anni scorsi, per ogni menomo indizio d' essere complici
de' briganti, o per aver fatta opposizione alle violenze degli usurpatori.
U Unitd Cattolica del li Febbraio stampo una lettera, speditale dal Re-
gno , ed in cui e descritta una orribile strage , corapiuta nel Luglio del
1861 a Montecilfone, la quale fa, in certo senso, piu ribrezzo ancora che
1'eccidio di Pontelandolfo. Si tratta di 60 tra sacerdoti, gioyanetti sui 20
anni, donne e fanciulle , e fin yecchi di presso a 70 anni , condotti come
pecore in due soli giorni, ad essere fucilati, i piu essendo innocentissimi,
perche gli autori del moto reazionario gia eransi salvati con la fuga ! A.
questo documento nissuno oso contrapporre parola , che ne rivocasse in
dubbio la verita.
3. Ma yi sono dei fatti che mettono anche piu orrore in ogni animo
bennato. Altra yolta accennammo le atroci torture, inflitte per un mese di
seguito , col ferro e col fuoco , ad un sordomuto , per iscoprire se la sua
infermita fosse finta, come sutterfugio per iscampare dalle 'cerne militari.
« Noi abbiamo lunga pezza esitato , leggesi nel Memorial diplomatique
del 17 passato Gennaro, ad aggiustar fede agli atti crudeli e disumani,
di cui erano accusate le autori ta italiane yerso i ricalcitranti alia leva
nel Regno di Napoli ed in Sicilia ; considerandole come esagerazioni pro-
pagate dallo spirito di parte. Ma, avendone innanzi il racconto stampato
nei diarii italiani, sotto gli occhi della Polizia piemontese, il dubbio non
e piu permesso. Un fatto principalmente, tra mille altri, dimostra che la
Sicilia non ha nulla da inyidiare alia Polonia, sotto il riguardo dell' op-
pressione e delle atrocita » . Qui il Memorial riferisce yarii passi de'gior-
nali di Palermo, che narrano la liberazione del sordomuto dalla carcere
di Castellamare, dopo che fu dichiarato innocente del reato per cui ebbe
a soffrire quello strazio ; e trascrive dal Precursdre la descrizione di quei
supplizii, e dei modi tenuti nell'applicargli bottoni di fuoco. Poi dall'lp-
pello la relazione di chi scrisse : « Abbiam yisitato questa povera vit-
tima, in compagnia d'un gran numero di cittadini, che fremettero di
indignazione, yedendo e toccando con mano 1'enorme quantita delle ci-
catrici, che ne coprono tutto il corpo, e svelano chiaramente il gene-
re di ferite che le cagionarono ».
II siciliano Morvillo, che primo denunzio per le stampe al mondo civile
cotali infamie , per levare ai partigiani dell' usurpazione ogni pretesto di
scusarsi o di attribuire tutto cio a calunnie, diviso di tenere una raunata,
in cui fosse ammesso il popolo, e si esponesse alia pubblica vista quel
misero corpo. La Polizia se ne sgomento , e temette di vedere una clas-
sica imitazione di cio che avvenne a Roma, quando Antonio scopri il cor-
po di Cesare , e pose in vista di tutti le sue vestimenta squarciate dai
CONTEMPORANEA
pugnali ed intrise di sangue ; e corse pronta al riparo. La raunanza era
plena, il sordomuto Capello stava per salire ignudo sul palco destina-
togli , quando la Polizia, con le minacce e la forza , disperse e caccio
via tutti. E cosi , per indiretto , confermo essa medesima cio che volea
si tenesse segreto; poiche se il Capello non ayesse avuto sulla persona
quei segni accusatori, perche impedire con tanto sfarzo che si raostrasse?
4. Sul fmire del passato anno, in Napoli, tm ribaldaccio, di quei non
pochi a cui la divisa di Guardia nazionale serve di scudo contro la giu-
stizia che dovrebbe cacciarli in galera , stava giuocando alia disperata
in un Corpo di Guardia. Perdette, infurio, diede in ismanie da pazzo ; e,
non sapendo con chi sfogarsi a man salva, se la prese contro una divota
imraagine della Yergine Santissima , assai venerata dal popolo di quei
quartiere, ed a colpi di daga tutta 1'ebbe guasta e sfregiata, senza che ve-
runo de' suoi compagni il trattenesse. II popolo comincio a risentirsene.
I settarii ne colsero pretesto a dire che, per cessare tutti i guai ed impe-
dire scandali, si dovessero rimovere dalla vista del pubblico tutte quelle
statue ed immagini sacre, onde sono adorne le facciate delle case e le
vie della citta. Una petizione fu percio stesa e spedita dalla schiuma de-
gli scredenti al Municipio. Questo 1' accolse a favore, e delibero che cosi
fosse fatto, ne bandi 1'ordine, e lo mando intimare ai proprietarii delle
case. Indarno questi cercarono di schermirsene, indarno Monsig.Tipaldi,
Vicario Capitolare, supplico i moderni iconodasti di desistere daU'empio
attentato. Si persistette nel proposito , e molte di quelle venerande im-
magini furono rimosse. La plebe minacciava di prorompere a tumulto ; e
vi si rimedio con far di notte la brutta impresa.
Ne si puo dire che queste siano o cose necessarie per 1'ordine pubblico
o richieste dalle convenienze sacre, o imposte dalla necessita di satisfare
ai capricci d' nna plebe imbestialita. Di che vogliamo citare un testimo-
nio per niente sospetto,
La Campana di San Martina, giornale piu che rivoluzionario di Na-
poli, entrando a parlare di questo fatto, strappa dal volto ai modem!
iconodasti la maschera d' ipocrisia di che si coprono, e flagella egregia-
raente la villa di quei Municipio, che, senza esservi astretto dal Gover-
no, per compiacere a pochi tristi, insulta alia pieta di tutto il popolo,
Ecco le sue parole: « Noi non entriamo niente affatto nel merito della
disposizione, provocata ed applaudita dal Pungolo e compagni, stigma-
tizzata dal Monitore e socii. Noi dimostriamo che il Governo ha torto
nelle ragioni che adduce per giustificare 1'opera sua: se avesse delto stat
pro ratione wlnntas, come dice allorche deporta, allorche fucila, allorche
tortura, meno vi si sarebbe potuto trovare a ridire. Ma dire che si tol-
gono le immagini dalle cantonate in omaggio alia pubblica opinione , e
una menzogna; e noi sentiamo il debito di smascherare i mentitori. La
menzogna e 1' ipocrisia sono il fondamento del sistema onde oggi e go-
106 CRONACA
vernata 1' Italia ; e noi ascriviamo a nostro debito, a nosira gloria, la
smascherare e lo smentire gl' ipocriti e i bugiardi.
« La pubblica opinione in Napoli , in questa che fu delta la seconda
Madrid, il paese piii cattolico, piii ortodosso, piu bigotto ancora di Eu-
ropa, ba fatto pressione aU'Autorita per far togliere le immagini?... An-
date la ! Voi non sapete quel che vi dite ! Volete vederla la pubblica opi-
nione, circa i Santi e le Madonne? Percorrete tutte le vie di Napoli, tut-
te, nessuna eccetttiata; guardate in tutte le botteghe, in tutti i magazzini,
in tutte le abitazioni a pianterreno : in ognuna voi vedrete certamente,
indubitatamente, un quadro, una incisione, una litografia rappresentante
una Madonna o un Santo qualunque, spesso piu d'uno, con una lampada
accesa sempre dinanzi, e spesso con dei cerei ancora, nei giorni sacri a
quel Santo. Andate poi per tutte le abitazioni, anche di qtielli che non ci
credono, che non cipensano, e voi troverete statue della Madonna Addo-
lorata o dell' Immacolata, entro tabernacoletti di cristallo, e poi Cristi e
Santi appesi per le mura. Gli uomini delle famiglie, anche quando fanno
una spiritosa professione di ateismo, vi dicono che tengonoquei simulacri,
per Yoechio del mondo, per non dare scandalo aifigliuoli, alle moyli, ecc. »
II.
COSE STRANIERE.
A LEM A GNAE DANIMARCA 1. Note della Danimarca per chiedere 1'intervento
armato delle Potenze— 2. Risposta indirelta del Gablnetto inglese; sue
pratiche per rimettere il negozio ad una Conferenza diplomatica — 3.
Conferenze tra i rappresentanti clegli Stati secondarii aleiflanni a Wtirtz-
bourg — 4. Deputazioni dei Dncati a ^7ienna ed a Berlino — 5. Invasio-
ne del-Jutland; gli Austriaci investono Fredericia — 6. Assedio di Diip-
pel condotto dai Prussian! — 7. Nota collettiva dell'Austria e della Prus-
sia alle Potenze, circa il loro intento verso la Danimarca— 8. Proposte
fatte alia Dieta di Francfort da varie Potenze alemanne — 9. Morte di
Massimiliano II re di Baviera ; avvenimento cli Lulgi II.
1. II Governo danese, con la pertinacia sua nel rifiuto di far ragione ai
richiami della Dieta di Francfort, che sulle prime esigeva solo 1'adempi-
mento dei patti stipulati a Londra nel 1852, si trasse addosso, non solo
le intern peranze del National Verein, che vuole 1'assoluta separazione
dei Ducati dalla Danimarca, ma si ancora la forza degli eserciti alleati
d'Austria e di Prussia. Queste Potenze, che certo prima d' impegnarsi in
tal conflitto armato ebbero a maturarne ben bene i pericoli e le conve-
nienze, non vorranno sicuramente smettere nulla delle loro pretensioni,
e vorranno per di piu farsi compensare le spese della guerra, ed il sangue
versato. Forse dall'una e dall'altra parte si sbagliarono i conti. La Da-
nimarca forse faceva assegnamento sopra gli aiuti di Francia, Inghilter-
ra e Svezia ; e le Potenze Germaniche forse si ripromettevano di poter
CONTEMPORANEA 107
con im colpo repentino e gagliardo prostrare 1'esercito danese, tagliargli
almeno la ritirata nella Danimarca ; e cosi finirla d'un tratto.
Gia vedemmo come e perche andassero falliti i disegni di Wrangel,
che non avendo fatto giungere in tempo i suoi Prussian! alle spalle det
Danesi , sulla via da Diippel al Dannewerk, rendette infruttuoso il va-
lore degli Austriaci nell'attacco di fronte, e si trovo impegnato a con-
durre un lungo, dispendioso e micidiale assedio, durante una stagione al
tutto impropria a tali imprese. La Danimarca cerco a gran voci gli spe-
rati aiuti , e spedi, alii 5 di Febbraio, una Nota alia Francia, all' Inghil-
terra , alia Russia ed alia Svezia , per chieder loro formalmente 1' inter-
posizione delle loro armi a suo favore, dandone per motivo e titolo di
diritto i trattati del 1720 e del 1727. Quali risposte ne abbia avute, a
noi non consta; ma abbiam ragione di supporre che non fossero al tutto
favorevoli , si perche finora non si mosse ne un soldato ne un burchiello
per portarle soccorso ; e si perche i giornali del Reno parlano d' un'altra
Nota danese, spedita I'll di Febbraio, per lo stesso intento , ai meuto-
vati Gabinetti , ma fondata sul loro dovere di far rispettare i irattati
del 1852. Ma e chiaro che a queste nuove istanze si puo rispondere,
che avendo la Danimarca stessa lacerato quei trattati col modificare le
condizioni dell'Holstein ed i suoi rapporti con lo Schleswig, ne ha infer-
mato la forza ed attenuate il diritto, anche per cio che sta in suo favore.
2. Sembra certo per altra parte , che la Francia siasi mostrata pochis-
simodisposta ad impacciarsi di tal negozio , se prirua 1'Inghilterra HOD
ne avesse ben definite le condizioni ; e che per giunta , come leggesi n«l
Memorial Diplomatique del 21 Febbraio pag. 117 , essa ahbia espresso
gravi dubbii sul valore del titoli allegati, cioe delle stipulazioni del 1720
e del 1727 , le quali riguardano un ordine di cose che non esiste piu, o
che possono avere svariatissime interpretazioni. Quanto all'Inghilterra,
si ha per indiretto qualche notizia della sua risposta , in quanto Lord
Russell dichiaro nella Camera dei Lords , che le nuove congiunture si
diversificano troppo da quelle del 1848 , nelle quali 1' Inghilterra avea
creduto di dover riaffermare il vigore del trattato del 1720, e le guaren-
tigie per essi assunte a favore della Danimarca. Onde conchiuse che ,
attese le favorevoli disposizioni ognora manifestate dall' Austria e dalia
Prussia circa 1' integrita del reame danese , si doveano tentare tutte le
vie di pratiche diplomatiche , prima di dare un passo , onde il Governo
brittannico si trovasse vincolato a prendere un contegno ostile contro
TAlemagna.
Consimile nella forma, identica nel concetto, benche diversa nelle pa-
role, fu la dichiarazione di Palmerston alia stessa Camera , nella tornata
del 25 Febbraio ; quando, annunziata 1'adesione delle due grandi Poten-
ze alemanne alle diseguate conferenze, anche quando non si consentisse
ad un armistizio, prese a dimostrare che le presenti condizioni non ban-
no venm riscontro con quelle del 1720 , e che percio sopra quel trattato
108 CRONACA
non era da fondare verun diritto di mescolarsi in un interyento armato ,
se pure gl'interessi brittanici non lo.esigessero per altre ragioni.
Laonde e chiaro che tutti gli studii del Gabinetto di Londra sono volti,
malgrado della raunata e dell' armamento delle sue squadre nayali , a ri-
solverc la quistione per Irattati diplomatici. Difatto J'Europa fu tempe-
stata di dispacci a tal fine , adoperandosi da Russell tulta la yersatilita
sua propria per arreticare la Francia ; la quale si schermisce da tanta
cortesia con dire, che non yuole impegnarsi , se prima 1' Inghilterra non
abbia assicurato 1' assenso delle parti contendenti ; e queste mettono in
campo pretensioni opposte , si che quando 1'una allenta e 1'altra stringe.
L'lnghil terra fece gran pressura a Copenhagen perche s' accettassero le
Conferenze o con Yarmistizio e lo statu quo militare, o senz'armistio ma
con le debite riserve ; ma non e ben certo ancora che ne yenisse a capo,
benche a "Vienna ed a Berlino, come yedremo piii solto, yi si consentis-
se cortesemente.
3. Ben venne fatto allaBaviera di raccogliere a Wiirtzbourg i rappre-
sentanti dell' Hannoyer, della Sassonia, del Wiirtemberg, dei Gran Du-
cati di Baden, di Assia-Darmstadt, di Sassonia-Weimar, e dei Ducati di
Nassau, Sassonia-Meiningen, e Sassonia-Coburgo-Gotha, per farli risol-
vere a dichiararsi, apertamente e tutti insieme, pel riconoscimento del
Principe di Augustembourg come Duca dell' Holstein e membro della
Confederazione germanica ; e cosi bandire la separazione di questo Du-
cato dalla Danimarca. Ma dal raccogliersi al conchiudere qualche cosa,
passa gran tratto. Gia il Conte Rechberg, parlando nel Reichsralh di
Vienna ii 1.° di Febbraio, aveva fatto notare che la pluralita dei suffragi
nella Dieta di Francfort e ben lontana dal rappresentare la pluralita nu-
merica dell'Alemagna, sicche la pluralita ora prevalente, pel numero
delle voci in tal quistione, in realta non rappresenta che un quinto della
popolazione tedesca; mentre i contrarii, cioe 1'Austria e la Prussia, ban-
no seco gli altri quattro quinti. Or come pensare che queste grandi Po-
tenze si lascerebbero trarre a rimorchio da quelle tanto minori di forza
interna e d' influenza europea?
A far yiemeglio penetrare la forza di quest'argomento, il Conte Rech-
berg, alii 13 di Febbraio, spedi a' suoi rappresentanti presso gli Stati
tedeschi una Circolare, riferita nel Debats del 23 Febbraio, con la quale
pose bene in chiaro i propositi dell' Austria. Riconobbe, e yero, che i
Trattati del 1852 non obbligano la Confederazione Germanica ; ma 1'am-
moni che badasse prima di yotare sopra le proposte della Commissione,
deputata ad esaminare la quistione della successione nell' Holstein: di-
cendo : « tal decisione non farebbe progredire d'un passo il risolvimento
del litigio ». E dimostra inutile separare la quistione della successione
da quella sopra i Trattati. E ribadi poco appresso che la dichiarazione,
da parte della Dieta, di accettare le proposte, da noi altrove riferite, del
rappresentante bayaro, sig. Yon der Pfordten, « non cangierebbe aflfatto
CONTEMPORANEA 109
milla nelle condizioni delle cose. » II che era un dire : cianciate, noi
faremo.
Questo fa come uno spegnitoio su quelle fiamme, che fu ricalcato per
mdiretto dal Gabinetto di Berlino. Veduto che col venire a risoluzioni
conformi alle idee vagheggiate dalla Baviera e dalla Sassonia-Coburgo-
Gotha, si imprenderebbe una lotta contro le grandi Potenze alemanne, cer-
to inopportuna, probabilmente infelicissima, che tornerebbe solo a vantag-
gio dei nemici della Confederazione, 1'adunanza di Wiirtzbourg fece senno.
II partito del sig. di Roggenbach , rapprescntante pel Ducato di Baden,
che spingeva le cose all'estremo, fu scartato. Egli, Ministro degli affari
esterni di quel piccolo Stato, chiedeva niente meno, come vedesi nel
Memorial diplomatique del 28 Febbraio, pag. 133, che questo poco: si
levassero in arme tutti gli uomini atti a portarle ; si convocassero le Die-
te degli Stati rappresentati alle Conferenze di Wiirtzbourg ; queste no-
minassero loro Delegati ; ed i Delegati si adunassero in Dieta collettiva,
la quale istituisse un Direttorio. Cosi sorgerebbe una Dieta separatista
e contrapposta a quella di Francfort. II sig. De Beust fu piii temperato,
e si contento di far dichiarare, che non si tenesse per valido verun as-
setto della quistione dano-tedesca, senza il consenso della Dieta di Franc-
fort. Con questo si usci da quel ginepraio, e certe ambizioni eccessive
andarono deluse.
4. Ne punto piu felice fu il risultato di un' altra macchina mossa in fa-
yore del Duca d' Augustembourg da' suoi partigiani d'alta e bassa sfe-
ra. Si fecero partire deputazioni, scelte da' Municipii dei Ducati dello
Schleswig e dell'Holstein, alia volta di Berlino e di Vienna. Accolte dal-
F Imperatore e dal Re Guglielmo I assai cortesemente, esposero il yoto
dei popoli di essere al tutto francati dalla dominazione danese e congiun-
ti col yincolo federale, sotto lo scettro dell'Augustembourg, ai loro fra-
telli d'Alemagna, con i quali hanno tanta comunanza di costumi, di lin-
gua, di tradizioni e d'interessi. In ambedue le Corti ebbero presso a poco
la stessa risposta ; cioe assicurazioni che si farebbe di tutto per appagare
i legittimi desiderii di quei popoli , in quanto i doveri contratti yerso le
Potenze europee, le ragioni politiche ed i dettati di giustizia potrebbero
eonsentire.
E questo doveasi preyedere, quando 1'Austria e la Prussia erano si po-
eo inchinate a quel partito, che , per troncarne le speranze, ayeano fatto
proporre alia Dieta di Francfort, che s' invitasse il Duca d' Augustem-
bourg ad uscire dall' Holstein , dove la sua presenza rinfocava un' agita-
zione inutile e pericolosa. La Dieta, dove allora si mulinavano le idee da
svolgersi a Wiirtzbourg, respinse quella proposta ; ma non era questo il
modo d' impegnar 1'Austria e la Prussia a cangiar parere ed intento.
5. Di che diedero saggio manifesto anche verso la Danimarca. Questa
levo gran rumore, percheuna schiera prussiana, tratta innanzi da un coz-
zo di cavalleria, s' impadroni di Kolding, posta al di la delle frontiere
110 CRONACA
dello Schleswig, e sul terreno della Danimarca propriamente delta. Si
giudico che ciovalesse quanto uno sconfinare Ja quistione oltre i limiti, in
cui Taveano stretta Je dichiarazioni diplomatiche dell'Austria e della Prus-
sia ; e cosi parve anche a Vienna, dove quel fatto di Wrangel fu male
accetto, e si tratto di esigere da Berlino che quell' alto fosse disconfes-
sato e tolto con un contrordine. Ma la Prussia spedi a Vienna il Generale
Manteuffel: e le spiegazioni date sotto il risguardo strategico e militare
giustificarono talmente quell'apparente eccesso di arbitrio di Wrangel,
che 1' Austria non pure se ne appago, ma si pose in pieno accordo con.
la Prussia, circa lo spingere 1' invasions quanto occorresse nell'interno
dello Jutland. In conseguenza di che gli Austriaci dello Schleswig mos-
sero verso il Weile, vi batterono i Danesi, li costrinsero a riparare in
Fredericia, la quale investirono d'assedio. Cio fu fatto si per togliere ai
Danesi la possibilita d' un attacco di fianco sopra i Prussiani innanzi a
Diippel , e si per distrarre il nemico dal concentrare le sue forze in Diip-
pel stessa enell' isola d'Alsen, assalendolo in altro punto assai importante.
6. I Prussiani attesero di fatto a scavar trincere, ed alzar batterie for-
midabili, che poi munirono d'un numero tragrande di mortai da bombe
e di artiglierie rigate di grosso calibro; con le quali gia presero a bom-
bardare i forti di Diippel, come gli Austriaci la citta di Fredericia. Ma
gli assedii, con la stagione si infesta e in mezzo alle nevi, procedono len-
tamente , ed i Danesi , che tutto sperano dal tempo, resistono gagliarda-
mente. II Monrad, ed il re stesso Cristiano IX, impegnaron la loro paro-
la, che spingerebbero la difesa fino agli estremi limiti. Una piccola squa-
dra navale danese, ben armata, si affronto presso a Stralsund, con due
fregale prussiane aftiancate da piii cannoniere; e pare che yincesseroi
Danesi, poiche i Prussiani, allegando il difelto di munizioni ed i rinforzi
grandi ricevuti dal nemico, si ritirarono non senza rilevanti avarie, ben-
che con poca perdita di gente.
7. Coll' invasione ed occupazione dello Jutland, e coll' assedio di Fre-
dericia, sono forse cangiati i disegni deU'Austria e della Prussia? Sono
forse perdute le speranze di componimento per via delle Conferenze cal-
deggiate dall' Inghilterra? Sembra al tutto che si debba rispondere di
no. Imperocche avendo quell' invasione destato diffidenze e timori a Lon-
dra, i Gabinetti di Vienna e di Berlino si affrettarono di spedire cola, co-
me a Parigi , a Pietroburgo ed a Stockolm , uua Nota collettiva ed iden-
tica in data del 7 Marzo, del tenore seguente:
« II Governo (austriaco o pmssiano) avea sperato, che il Governo da-
nese avrebbe mostrato disposizioni piu concilianti. In questo caso le due
grandi Potenze alemanne si sarebbero affrettate di sospendere la loro
azione militare, e di entrare in negoziati. Ma con dispiacere abbiamo a
porre in sodo, che le nostre speranze sono rimaste deluse. L'aititudine
della Corte di Copenaghen, il suo rifiuto di prender parte alle conferenze
CONTEMPORANEA 111
proposte dall' Inghilterra, c'impongono il dovere di mantenere le raisure
eoercitive, alle quali abbiamo avuto ricorso.
« Important! considerazioni strategiche hanno giustificato 1* autorizza-
zione data al comandante supremo delle truppe austro-prussiane , di en-
trare nello Jutland per cuoprire la posizioue delle sue truppe , e tenere
in iscacco i Danesi riuniti a Fredericia , impedendo loro di minacciare i
lianchi dell'armata, o di destinare tutte le loro forze alia difesa delle linee
di Diippel.
« Le due Potenze tanto meno hanno esitato a permetterc questo movi-
mento strategico, in quanto esse erano mosse ad usare rappresaglie ver-
so il Governo danese,che ha dato ordine di catturare le navi in mare, ap-
partenenti agli Stati belligeranti,e quelle di tutti gli Stall della Confede-
razione. Tultavia 1' estensione data alle operazioni militari nulla cangia
alle anteriori dichiarazioni del Governo . relativamente al suo intea-
dimento nel conflitto presente.
« Per provare viepiu ancora che le sue disposizioni concilianti sono-
sincere, e che le sue intenzioni sono le stesse, il Governo si dichiara
pronto a conchiudere un armistizio colla Danimarca , sia sulle basi dcl-
I'evacuazione di Diippel e diAlsen per parle delle truppe danesi, e dello
Jutland per parle dell'armata austro-prussiana, sia sulla base dell'ufo' pos-
sidetis militare. Ma nell'uno e nell'altro caso il Governo pone la con-
dizione,che la cessazione delle ostilita sul mare sara compresa neirarrni-
stizio, e che le prede reciproche saranno restituite da una parte e dall'al-
tra, e che sara tollo Y embargo messo sui vascelli nei porti. II Governo....
si dichiara pronto nel tempo medesimo ad entrare in conferenze colle Po-
tenze inleressate, per discutere i mezzi proprii a ristabilire la pace ».
Quale accoglienza abbiano trovale queste dichiarazioni a Londra , ii-
nora non si sa per documenli ufficiali, ma i diarii dicono che piacquero
assai ; ed il Fremdemblatt dice che Lord Russell , dopo aver preso noti-
zia del documento Irasmessogli, avrebbe loslo dichiarato ch'esso lo sod-
disfaceva altamente e per la forma e per la sostanza ; che riconosceva
senza riserbo lo spirito conciliativo delle Polenze tedesche e il disinte-
resse de1 molivi della loro azione contro la Danimarca ; e che il Gabi-
netto inglese non poteva se non essere grato ai Gabinetti di Vienna e di
Berlino, se essi, come ora fecero, si mostrano del tutto propensi alia pro-
posta dell'armistizio e della conferenza. In tali congiunture, r Inghilterra
potra soltanto deplorare che la Danimarca persista ancora a non voler
cedere, e costringa cosi le Potenze tedesche a spiegare appieno tutti i
mezzi coattivi di cui possono disporre. Questa dichiarazione di Lord Rus-
sell sarebbe stata losto annanziata a Vienna ed a Berlino.
8. Questo contegno delle grandi Potenze , inchinato adaccellare ono-
revole componimento, dovette dar lume alia Diela di Francfort,la quale,
alii 10 Marzo, ebbe a cominciare la discussione di cinque rilevantissinie
proposte, che qui accenneremo, riserbandoci a parlarne altra volta, qua-
112 CRONACA
lora alcima di esse fosse sancita. La prima , fatta dall' Austria e dalla
Prussia, consisteva nel chiedere alia Dieta che le truppe federali del-
1'Holstein fossero poste sotto gli ordini del comandante supremo Wran-
gel ; onde cosi e levar cagioni a dissidii , e mostrare che la Dieta non
rinunzia a partecipare ai fatti dell' Austria e della Prussia verso la Dani-
marca. La seconda fu messa in campo dalla Baviera , dal Baden e dal
Brans wich, e per essa voleasi che invece si accrescessero le truppe fede-
rali nell' Holstein , pigliandole esclusivamente dagli Stati secondarii ; il
che era per filo contro le mire della proposta austro-prussiana. La terza,
combinata fra la Bayiera ed il Wiirtemberg, chiedeva che si conyocasse
la Dieta dcll'Holstein; il che yaleya quanto far proclamare solennemente
il Ducad'Augustembourg, e dargli l'Holstein in pieno possesso. La quarta
era dell'Assia-Darmstadt, che studiayasi di conciliare le pretension! delle
due prime, ed in certo modo appianare la yia all'accordo della Dieta col-
le due grandi Potenze in tal questione. La Dieta , sapendo bene che i
fatti spesso dan lume al consiglio, e che percio yuolsi guadagnar tempo,
indugio le discussioni, e finora nulla yenne risoluto.
9. « Ma ecco che a spianare tali dissensi interyiene , scrisse il Debats
alii 10 Marzo , una Potenza superiore , con la quale i padroni della poli-
tica umana non amano di trattare ; e che , per colpi impreveduti , scon-
yolge ad ogni istante , in cui le piace , tutto 1' andamento delle mondane
yicende. Alii 9 Marzo il Re di Bayiera, che era 1' anima della lega del
piccoli Stati alemanni, fu colpito di male subitaneo , ed oggi la sua yita
e in pericolo. » Ci piace questo riconoscere I'intervento della Provviden-
za a dispetto di tutti i non interventi, decretati dalla diplomazia e dalla
forza dei piu potenti in baionette e cannoni! Senza alcuna idea d'istituire
un confronto, yorremmo tuttayia chiedere al Debats perche siasi ricor-
dato della Potenza superiore nel caso di Massimiliano II , e non Y abbia
riconosciuta in quello del Conte di Cayour, tolto di yita allora appunto,
quando, per confessione de' suoi complici ed anche del Goyerno france-
se, egli era sul punto di poggiare la dove aspiraya < impossessandosi di
quella Roma, che gli stava in cima dei pensieri ?
Checche sia del Debats, e certo che la Corte di Bayiera fece gravissi-
ma perdita. Da qualche tempo il re Massimiliano II sentiyasi un males-
sere assai grave, e se ne doleva. Nei primi giorni del Marzo ebbe lun-
ghe e faticose conferenze coll' Arciduca Alberto d' Austria , spedito da
Yienna a Monaco , per yeder di distogliere il Governo bavaro ed il Re
dalla yia pericolosa per cui s'eran messi , e cessare le scissure tra la Ba-
Tiera e 1'Austria. Quelle pratiche erano andate a vuoto. Dopo 1' ultimo
colloquio, tenuto la mattina del 9 Marzo, il Re si senti male. Nel pome-
riggio di quel giorno si manifesto una intensa e larga resipola al petto.
II morbo progredi a passi di gigante. Alle 10 pomeridiane gia la yita del
Re era in pericolo. La mattina vegnente riceyette i Sacramenti , ed i
medici dichiararono finita 1'opera loro. II Re ebbe accanto a se 1' Arrive-
CONTEMPORANEA 113
scovo di Monaco , e tra i contort! della religione spiro 1' anima sul mez-
zodi del giorno 10.
Gli succedette sul trono, e fu proclamato subito il suo figliuolo pri-
mogenito , con nome di Luigi II, giovane poco piu che diciottenne ,
il quale con solenne bando al popolo pago im tributo d'amore ed os-
sequio all'estinto Genitore, ed invoco 1'amore e la fiducia dei sudditi,
dopo aver prestato giuramento di fedelta alia Costituzione.
SPAGNA 1. Dimissione del Gabinetto presieduto dal Miraflores ; nuovo Mini-
stero — 2. Altra crisi ministeriale; nuovo Gabinetto — 3. Parto della
Regina ; decreto d' amnlstia — 4. Andamento della guerra a S. Domingo
— o. Sequestro d'una nave, carica d'armi e munizioni, diretta ad Ancona.
1. Da quel che narrammo delle cose di Spagna (vol. V, pag. 630-37)
i nostri lettori ben poterono yedere come, malgrado della vittoria eletto-
rale riportata contro gl'intrighi settarii ed i maneggi democratici, lecon-
dizioni del Ministero, presieduto dal Miraflores, fossero ben lontane dal
promettere stabilita di Goyerno, ed acquetamento delle fazioni. Le scis-
sure tra i membri stessi del Gabinetto incoraggiavano gli oppositori, e
davano ansa a nuove pratiche per abbatterlo. Ma quello pare che non
Tolesse pure affrontare nuoye battaglie, e fosse inyece sollecito di por-
gere altrui il destro di disfarsene. Difatto egli propose uno schema di
legge per una riforma costituzionale, secondo la quale la dignita di Se-
natore dovesse essere ereditaria. II marchese di Novaliches, noto sotto
il nome di Generale Pavia, che sino a quel punto era stato de'piu zelanti
difensori del Gabinetto del Miraflores , si yolse a fargli contrasto, ripu-
diando quella legge come incompiuta; in quanto tal dignita ereditaria
avrebbe dovuto recar seco le dovizie e lo splendore dei fidecommissi e
delle primogeniture, gia abolite ; adunque o ristabilir queste o non istituir
quella, e lasciar le cose come stavano. La discussione della legge al Se-
nato fu profonda e vivace; e la proposta del Ministero fu respinta il 15
Gennaio da 93 suffragi contro 53.
II Miraflores co'suoi colleghi non indugio un momento a far quello, a
che gia da pezza disponeasi, e presento le sue dimissioni alia Regina,
che le accetlo, e commise al sig. Arrazola il carico di formare un nuovo
Gabinetto, il quale in breve fu costituitonel modo seguente: Affari ester-
ni, colla presidenza del Consiglio, Lorenzo Arrazola, che e stato a piu
riprese ministro di Grazia e di Giustizia ; ultimamente era presidente
della corte suprema : e riputato in Ispagna come uno de' magistrati piu
ragguardevoli, e come un eminente oratore del Senato. Grazia e Giusti-
zia, Ferdinando Alvarez, antico deputato, e sotto-segretario di Stato al
medesimo Ministero, politico di alta riputazione. Guerra, Francesco Ler-
sundi, senatore e antico presidente del Consiglio dei Ministri ; e uno dei
piu valorosi militari, che molto si distinse nella guerra d' Africa. Finan-
Serle V, vol. J, fasc. 337. 8 26 Marzo 1864.
114 CRONACA.
ze , Trupita, antico ufficiale di tal Ministero, uomo di grandi cognizioni
pratiche nel ramo amministrativo , membro della Camera del Deputati.
Interno, Antonio Benavides, uno degli uomini piu eminenti del partito
moderate , altra volta ministro dell' interno , membro dell' Accademia
spagnuola, che si e reso illustre come oratore e come scrittore. Lavori
Pubblici, Claudio Moyano, deputato e antico ministro che ha reso emi-
nenti servigi nel Ministero, di cui ottenne cosi la direzione. Oltremare ,
AJessandro Castro, che fu ambasciatore di Spagna a Torino dal 1856 al
1858 e poscia consigliere regio e prefetto di Madrid, ed un oratore emi-
nente della Camera. Marina, il Contrammiraglio Ruvacalva.
2. Questo nuovo Gabinetto, entrato in carica alii 19 di Gennaio, e che
pareva dover essere, se non accetto a tutti , per lo meno gradito ai piii,
non teneva che da sole 48 ore il portafoglio, e gia era fatto bersaglio a
violentissimi attacchi d' ogni maniera ; e puo forse trovarsene la cagione
in cio, che si sperava dover quello essere un Ministero puramente ammi-
nistrativo, transitorio, come dicono, e senza intenti politici; ed il sig. Ar-
razola distrusse subito quell' illusione, la quale fomentava le ambizioni di
molti a sperare, che coll' indugiare un poco, la fazione propria salirebbe
al potere. L' Arrazola dichiaro non voler seguire gli errori de' predeces-
sori. « L' idea d' una politica senza parti ti, in cui tutte le opinioni sareb-
hero unite e confuse sotto una sola bandiera, non e che un bel sogno; si
credette per qualche tempo alia sua effettuazione, ma 1' inganno e ces-
sato. Bisogna che vi siano partiti, per 1'efficacia delle istituzioni coslitu-
zionali, ed il Ministero presente ritrae il partito moderato storico, senza
alcuna esagerazione d' idee : temperato, conservatore, costituzionale. »
Questo non garbava punto a chi ne ambiva il posto. Laonde si afferro
il primo pretesto per combatterlo, e due se ne offerirono prontamente, c
furono 1.° Una circolare, di sensi liberali, ma che raccomandava 1'impar-
zialita nel rettificare le liste elettorali ; 2." 1'aver condonate tutte le pene
per reati di stampa, abolendo i processi avviati, e disponendosi a resti-
tuire le multe inflitte a' giornali. II contrasto s' illanguidi durante i quin-
dici giorni di vacanze date alle Camere, per 1'aspettazione del parto della
regina Isabella. Ma al ripigliarsi delle sedute, gli attacchi si ricomincia-
rono piu gagliardi che prima, a proposito d' uno schema di legge, pre-
sentato dal Ministero, secondo il quale doveasi riformare la legge eletto-
rale, cosi che il diritto di elezione fosse fondato sopra un censo molto co-
spicuo. Dovendosi nominare una Commissione per la disamina di tal
disegno, i membri furono scelti in massimo numero tra i Deputati oppo-
sitori. L'Arrazola diviso e propose alia Regina lo scioglimento delle Ca-
mere; ma S. M. si rifiuto ; onde il Ministero non ebbe altro modo ad
uscire d'impaccio, che deponendo i portafogli.
II giorno 1 di Marzo, venne forma to un nuovo Gabinetto, che s'intitola
di parte conservatrice liberate, in questo modo: Presidente, senza porta-
foglio, il sig. Mon ; Ministro di Stato, sig. Pacheco ; per la Giustizia, il
CONTEMPORANEA 115
sig. Mayans; per la Guerra, il sig. Marches! ;,per le Finanze, \\ sig. Sa-
laverra; per gli Affari interni , il sig. Canovas; per la Marina, il
sig. Pareia; pei Lavoripubblici, il sig. Lopez Ballesteros; per Oltremare
il sig. Ulloa. II Memorial diplomatique del 6 Marzo non e molto prodigo
di lodi per questi nuovi reggitori della Spagna , alcuni dei quali erano
fin qui poco noti.
3. A mezzo Febbraio S. M. la Regina, premessi gli atti a lei consue-
ti di singolare pieta cristiana, si sgravo frlicemente d' una Principessa;
ed il Mmistero Arrazola credette di non poter meglio far sentire a' po-
poli la gioia del fausto avvenimento, che col bandire un'ampia e genera-
le amnistia per tutti i reati puramentepolitici, commessi nella penisola e
nelle isole adiacenti, fino alia promulgazione del Decreto reale, che fu
firmato dalla Regina alii 19 di Febbraio. Rimasero esclusi da tal bene-
ficio i soli condannati recidivi, che cosi diedero prova di essere capaci
d'abusare della clemenza regale.
E da sperare che la bonta della Regina vorra prendere in considera-
zione altresi una petizione, in forma d' indirizzo, e firmata gia da piu che
ottantamila persone ; le quali supplicano aftinche si riformi 1' insegnamen-
to, tornandolo su basi cattoliche, e rimettendolo in tal vigore cristiano,
che basti ad attraversare i conati del materialismo che imperversa, e vie-
ne predicate da dottori panteisti.
4. La guerra contro i sollevati a S. Domingo non procedette ne si pro-
spera, ne si breve come speravasi. Le febbri gittarono tanta strage fra
le milizie, che piii di 9,000 soldati dovettero ricettarsi negli spedali. Si
mandarono rinforzi; ma intanto i ribelli ricevettero soccorsi e si rasso-
darono nell' ostinazione della rivolta. II Generale Santana, che strenua-
mente combatteva per la Regina, colpito da piu ferite, per lungo tempo
die speranza di guarigione ; ma teste ebbesi notizia ch' egli dovette soc-
combere. Anche il capo de' sollevati, il Florentino, avendo dato segni di
Yolersi creare Dittatore, incontro le ire e le diffidenze de' suoi, e ne fu
ucciso. Un altro gli succedette, e la guerra si continua con gravi perdite
rcciproche, senza che finora appaia chiaro indizio di prossimo termine.
5. Anche nella Penisola stessa di Spagna pare che si mulinasse qual-
che cosa di tristo. La Regeneration fece sapere, essersi formata una so-
cieta di mercanti con lo scopo di riunir denaro , per sottoscrizione demo-
cratica, da spendersi in armi e munizioni ; e minacce orribili adoperarsi
contro quelli che ripugnavano a concorrere col denaro e partecipare col-
1'opera a' disegni di quella fazione. Di che puo vedersi nel Memorial di-
plomatique del 28 Febbraio una grave corrispondenza, la quale me tie in
giusto dubbio la sincerita delle mentite date intorno a cio dal diario la
Democrazia.
Questi timori si accrebbero quando si seppe che una nave, carica d'ar-
mi e munizioni, dopo toccato a Vigo, era entrata in porto a Malaga ,
onde disponeasi a passare a Barcellona, quando fu posta sotto sequestro.
116 CRONACA
Era mi Battello a vapore inglese, nominato Princess, costrutto in modo
che potesse servire come nave da guerra. II Capitano di esso dichiaro
a Malaga che viaggiava senza carico , con sola zavorra ; che veniva da
Newcastle, diretto ad Ancona, e che voleva solo approvigionarsi di
carbone, Ma la nave si affondava troppo piu che non si convenisse ad
un legno della sua portata. Questo cagiono ragionevoli sospetti, e qual-
che gendarme fu mandato a vigilare quel bastimento.
I Gendarmi riconobbero che vi erano molte armi e munizioni , artifi-
ciosamente nascoste neila stiva e fra le doppie pareti della nave. II Con-
sole inglese aderi ad una inchiesta. Allora il Capitano fu astretto a con-
fessare d'aver mentito, e si seppe che la Princess veniva da Londra, per
conto di un tal Manuel, sconosciuto al Capitano, il quale dovea condurre
ogni cosa ad Ancona. Yisitata la nave, vi si trovarono 6 cannoni, 4 dei
quali erano rigati; 4 affasti d'artiglieria; 416 sciabole; 144 carabine; 177
pistole a rivoltella; 17 bandiere; 57 scuri da niano, e 58 scuri da ahbor-
daggio; enorme quantita di proietti da cannone, razzi alia congreve, pac-
chi di mitraglia, capsule , 24 barili e 21 cassa di polvere; poi tende da
campo, materassi, coperte e divise militari per qualche centinaio d'uomi-
ni. Sicche da tutto questo parve accertato, che quella nave dovesse por-
tare una spedizione di corpi franchi , armati di tutto pimto, e in caso di
difendersi anche in mare.
Piu che alia Spagna, tal regalo sembra che fosse destinato all' Italia. Di-
fatto dovea essere condotto ad Ancona, per conto del misterioso sig. Ma-
nuel, sotto il qual nome, non trovandosi tal persona, ben si puo sospettare
il Garibaldi. E di fatto questi alii 21 di Marzo, alle 11 antimeridiane, fu
levato dalla Caprera, da una nave a vapore inglese della compagnia La-
vallette, che dee trasportarlo non si sa dove , insieme coi due suoi figli,
e sei altre persone, tra le quali il Colonnello inglese Chlambers. La S tarn-
pa, diario ministeriale di Torino, accennaad un accordo tra il Mazzini ed
il Garibaldi , ma crede piu fondata 1' idea che il Garibaldi si proponga di
raccendere fuoco rivoluzionario in Italia, forse per la redenzione di
Yenezia.
MESSICO 1. Lettera del Bazaine a Mons. Labasticla, per intimargli di desistere
da ogni opposizione — 2. Risposta di Mons. Labastida — 3. Protestazione
di tutto 1' Episcopate messicano, esentenza di scomunica maggiore contro
gli autori ed esecutori di recenti decreli a danno della Chiesa — 4. De-
stituzione dei Magistral! della suprema Corte di Giustizia — 5. Lettera
del Generale Neigre all'Arcivescovo di Messico, sopra certe scritlure se-
tliziose — 6. Risposta dell' Arcivescovo al ISeigre — 7. Condizioni politi-
che e militari del Messico.
1. L'Arciduca Ferdinando Massimiliano d' Austria sta in procinto d'ab-
bandonare, forse per sempre , la patria e 1' Europa, e condursi al Messi-
co per cingervi la corona imperiale , procacciatagli dalle armi e dai ma-
CONTEMPORANEA 117
neggi di Napoleone III ; e noi ben di cuore gli auguriamo , che quella
non abbia ad essere piuttosto una corona di spine , o somigliante per lo
meno alia corona , che tanto pesa sul capo a Cristiano IX di Danimarca,
ed a Giorgio I di Grecia ; benche siayi luogo a sperare che il suo senno
gia si bene proyato, e la sincera sua pieta cristiana debbano porre rimedio
ai mali, che ora sono da deplorare. Di che lasciamo a' nostri lettori il fare
quelle divinazioni, che loro parranno meglio fondate; purche, nella disami-
iia dei fatti presenti e nelle conghietture sopra 1' ayvenire , non si dimen-
tichino di quella diyina sentenza, secondo la quale : Nisi Dominus aedifi-
caverit domum, in vanum laboraverunt qui aedificant earn (Psal. 126).
Or egli e piu che da dubitare, che V opera del nuovo impero sia condotta
veramente con lo spirito di Dio, quando si pone mente, non solo al giu-
dizio dei diarii della rivoluzione europea, i quali 1'appellano una emana-
zione del diritto nuovo : ma si principalmente ai fatti che verremo spo-
nendo qui appresso , ed ai documenti che o reciteremo a yerbo, o com-
pendieremo con tutta fedelta , se troppo prolissi.
Nel precedente volume (pag. 639-40) abbiamo narrato succintamente
certi fatti, ingiusti per ogni riguardo, che il Generale Bazaine fece ese-
guire da due altri pari suoi , membri della Reggenza,ossia del Goyerno
provvisorio. La protestazione di Monsignor Labastida, che yillanamente
fu escluso dal Consiglio della Reggenza , riferita nel Monde del 24 Gen-
naio 1864, era tanto fondata in buone ragioni , e metteya in tanta eyi-
denza 1'iniquita dei procedimenti oltraggiosi e dispotici, adoperati contro
1'Arcivescovo, a danno della Chiesa, ed a servigio de' protestanti e delle
selte, che il Bazaine ne temette la forza , e percio , secondo che usano i
liberali, ne proibi la pubblicazione. Pur questo non bastando a cessare i
suoi timori, che i sentimenti cattolici d'una gran parte del popolo mes-
sicano non doyessero trarlo a sostenere , con altro che parole , i diritti
conculcati dell' Arcivescovo , il Bazaine scrisse a Monsignor Labastida
la lettera seguente, che il Monde del 14 Marzo trascrisse dall' Opinion
nationale.
« Monsignore. Ho riceyuto la protestazione che S. E. il Generale Al-
monte mi ha trasmessa , circa i proyvedimenti presi dalla Reggenza ,
per rimovere la S. V. dal Goyerno proyyisorio. Debbo faryi sapere,
Monsignore, che questo provyedimento fu renduto necessario dal yostro
contegno , e che fu fermato d' accordo con me , pel conyincimento che
questo fosse 1'unico mezzo di non impacciare Tincesso degli affari. Siami
permesso manifestare il yoto, che V. S., ben ispirata, accettera lo stato
delle cose tal quale si e al presente, e respingera i consigli e le suggestioni
d'amici imprudenti ; yerso i quali sono per altro ben risoluto di adopera-
re tutte le misure di rigore, che i poteri, ond'io sono rivestito, mi danno
facolta di attuare. Faccio assegnamento sopra 1' abnegazione della S. V.
e sopra la sua deyozione al paese : affinche, mentre io yado nell' interno
del paese per layorare all' opera di pacificazione e di rigenerazione del
118 CROJUCA
Messico, la vostra opposizione non abbia a disturbare per nulla 1' anda-
meato del Governo. Gradite, Monsignore, 1' espressione dell'alta e ri-
spettosa mia considerazione. Bazaine ».
2. La sfrontatezza nel rivendicare per se 1'onore della destituzione del
Presidente della Reggenza; 1' irapudenza nel gettare sopra 1'Arcivesco-
TO 1' insulto, col qualiticarlo come un impaccio pel Governo, o come un
fantoccio aggirato da consiglieri imprudent! ; 1' arroganza delle minacce
di tutte le misure di rigore; \ intimazione di cessare da ogni resistenza,
velata sotto 1'appello all'abnegazione; lutto questo miscuglio di rettorica
da bravaccio, fa credere che il Bazaine s'immaginasse d'aver a fare con
qualcuno di quei politicastri cortigiani , che tu odi balbettare e vedi ba-
sire, tremare a verga a verga , ed ammutolire per sempre , al suono di
somiglianti parole, proferite da qualche cotale avvezzoacondurre uomini
^1 macello delle battaglie. Ma se fu cosi, il Bazaine s' inganno a partito,
Monsignor Labastida e Yescovo, e di quei Vescovi che sanno affrontare
esilio, carcere e morte, per satisfare a' proprii doveri ; e percio non esito
punto a rispondere come si conveniva. I giornali del diritto nuovo, come
la Nazione di Firenze e 1' Opinions di Torino, n.° 75, recarono la lettera
del Bazaine, quasi per dire : guardate come si ban da trattare i Yescovi
indocili !; ma non ebbero la lealta di riferire la risposta che le fu fatta, e
che si legge nel Monde del 14 Marzo.
Detto in prima al Generale , che il ritardo posto a rispondergli era ca-
gionato soltanto dall'aver yoluto anzi tutto spedire il corriere e le corri-
spondenze per 1' Europa; e che gia sapea benissimo come da lui anco-
ra procedesse la pronunciatatks/^ttsiotte, « devo per conseguenza, aggiun-
se Mons. Labastida, rispondere a V. E. quello che ho gia detto ai signo-
ri Almonte e Salas : non riconosco in codesti signori , e non riconosco
punto piu in V. E., veruna podesta di rimoyermi dalla carica, e persisto
percio nella mia protestazione 1.° Non yi e alcuna giurisprudenza
al mondo, la quale permetta che un ufticiale pubblico, perche adempie ii
suo mandate, perche difende i principii della giustizia, perche opera
in tutto secondo la legge, possa essere casso da altri ufficiali pari suoi7
ossia da altri ufficiali, che, non solamente sono senza podesta di levarlo
di carica, ma che non possono ne chiedergli conto del suo contegno, ne
giudicarlo. 2.° La mia destituzione, ben lungi dall'agevolare 1'andamen-
to degli affari, diyiene un ostacolo. Ed invero, checche si dica, quella
equivale alia distruzione del Goyerno istituito, i) 25 del passato Giugno,
pel yolo dell' Assemblea dei Notabili e per 1' approyazione del Generale
supremo dell'esercito di spedizione. II Generale Forey dichiaro, che de-
poneva nelle mani, non di-due, ma di tre capi temporanei della nazione,
i poteri ond' era stato investito dalle circostanze. Cio posto, egli non li
riservo per se, e per conseguenza il Governo provvisorio cesso di esiste-
re dal momento nel quale io fui levato d' ufficio. Cio che ora esiste, sara
tutto quei che si vorra, ma non e piu il Governo, di cui il Generale Forey
CONTEMFORANEA 119
annunziava 1'avvenimento al popolo messicano, alia Francia ed al mondo
intiero. 3.° Non si puo pretendere che la mia destituzione fosse il solo
mezzo di rendere Spedito I' incesso delle cose ; poiche ve n' erano altri
che non si voilero tentare. La sola Assemblea dei Notabili avea facolta
di prendere una determinazione legale , e non si voile far capo a lei ,
benche ne avessi fatta domanda formale; e cosi si diede il colpo di mor-
te al Governo del paese.
« Vostra Ecceilenza esprime il desiderio di vedermi accettare la pre-
sente condizione (situation faite) e respingere i consigli ecc. Quanto al
primo punto, diro a V. E. che io non comprendo la signiticazione rigo-
rosa, che si vuol dare alle parole accepter la situation. Se accettare si-
gnifica consentire ed ammettere, diro a V. E. che non approvo e non ap-
provero mai nulla di tutto cio che fu risoluto contro i diritti che ho difeso;
che anzi , tutt'all'opposto, io persisto in tutte le mie protestazioni. Se
poi quelle parole hanno slretta signiticazione personale, diro a V. E. che,
cedendo ad istanze di altissima natura , ho consentito di partecipare alia
Reggenza, non per ricrearmi, ma per faticare e sacnticarmi al bene
pubblico. Da ultimo, se quelle parole signiticano che io, in mia qualita
d'Arcivescovo, devo osservare perfetto silenzio e restar impassibile ri-
spetto agli assalti diretti contro la liberta dell' insegnamento della Chiesa
e contro le sue immunita: diro a V. E. con la stessa franchezza, che ne
io, ne i miei illustrissimi fratelli dell' Episcopate, non possiamo esimer-
ci dal richiamarcene , e che siamo disposti a tutto soffrire , piuttostoche
venir meno a si sacro dovere. Debho infine dichiarare a V. E. che igno-
ro quali possano essere gli amici imprudenti, a' quali Ella accennava;
€ che io rivendico per me solo la piena malleveria delle mie azioni....
Ella mi trovera, in ogni occasione, disposto a difendere cio che sara giu-
sto, e non saro mai io colui che, mancando di prudenza, tentera qualche
pratica contraria alle vere regole della giustizia. »
3. II Bazaine parti poco appresso dalla Capitale per combattere le squa-
dre repubblicane che infestavano, ed infestano tuttora, le province ; ma
anche di la ebbe a vedere con quanta ragione Monsignor Labastida,
parlando in nome de' suoi fratelli nell' Episcopate, si proferisse pronto con
essi a tutto sopportare, anziche tradire, tacendo vigliaccarnente, il pro-
prio dovere. Sotto il di 26 Dicembre tutti i Vescovi indirizzarono ai si-
gnori Almonte e Salas un atto collettivo, col quale vollero protestarsi con-
tro le commesse ingiustizie, ed esporre la presente condizione di cose, e
rinnovare e confermare le dichiarazioni gia fatte nel 1859, e fulminare
la scomunica maggiore contro i colpevoli degli antichi e recenti attentati.
Ricordate in prima, come puo vedersi nel Monde del 24 Febbraio, le
speranze da essi concepite, le promesse formali ricevute, e gl'impegni
assunti da Napoleone III, colle istanze fatte presso la santa Sede pel ri-
torno de' Vescovi, gl'intrepidi Prelati esclamano: « Vane speranze ! Noi
siamo tornati per trovarci, in modo terribile e dolorosissimo, per tutto
120 CRONACA
cio che concerne la Chiesa, in condizioni al tutto eguali a quelle die
precedettero il nostro sbandeggiamento ; ed in condizioni anche peggiori
di quelle, se consideriamo le strane congiunture in cui noi Prelati fum-
mo ridotti. Le cose, onde ci sentiamo gravati, sono le seguenti:
« II nissun frutto ottenuto dalla giusta opposizione, fatta daH'illuslris-
simo Arcivescovo di Messico, in sua qualita di Reggente, ai comunicati
ed avvertimenti, che davano corsolegale alle obbligazioni (pagans) pro-
yenienti dallo spogliamento della Chiesa: gli ordini risguardanti il pa-
garaento del fitto dei poderi tolti alia Chiesa: la facolta data di conti-
nuare i lavori di costruzione, che erano stati sospesi: la risoluzione presa
dalle EE. VV., senza consiiltare 1'altro Reggente, affinche il Sottosegre-
tario per la Giustizia prescrivesse alle Corti ed ai Tribunali, che doves-
sero procedere circa gli affari, a cui riferivansi i mentovati comunicati ed
avvertimenti: 1'insistenza con cui le EE. VV. perseverarono in questa
risoluzione, malgrado della protestazione di nullita, indirizzatavi il giorno
appresso da Mons. Labastida in sua qualita di Reggente: la destituzionc
fermale del Reggente Labastida, pronunziata il 17 Novembre dalle EE.
VV. d'accordo col Generale Razaine : il rifiuto di restituire alle religiose
la parte non aggiudicata dei loro conyenti, divisa in lotti e posseduta
dal Governo : Y indifferenza manifestata rispetto a queste vergini del Si-
gnore ridotte all'estrema mendicita, ed il rifiuto di lasciar loro anche
una menoma particella dei beni e delle rendite, che loro erano pur state
lasciate dal Governo spogliatore del Juarez: diversi fatti particolari, che
noi non mentoviamo, e che dimostrano essersi fermato il partito di pro-
teggere i pretesi diritti creati dalle leggi dette di ri forme: la circolare
spedita dal Sottosegretano della Giustizia alii 15 del corrente Dicembre,
per volonta del Generale Razaine ; la quale si arroga di rimovere ogni
difficoHa e dichiara,che nissun ostacolo legale puo attraversarsi all'cscr-
cizio dei diritti relatiyi al possedimento dei beni detti del Clero. »
I banditori del diritto nuovo non capiscono certamente 1'enormezza di
questi fatti, c la giustizia delle alte doglianze che ne levarono i Vescovi
del Messico. Posto che, nel codice della moderna civilta, lo scristianeg-
giare un popolo sia un rigenerarlo alia liberta; il confiscare a pro dello
Stalo i beni di Chiesa, e le doti delle monache, sia un puro disammortiz-
zare proprieta nazionali; il rendere impossible la pratica de'consigli e-
yangelici sia un tutelare la liberta delle coscienze; lo sterminare il Clero
ed i religiosi, togliendo loro ogni mezzo di sussistenza, sia un provvede-
re all'esigenze del progresso umanitario : poste queste e piu altre colali
deriyazioni dei famigerati principii dell' 89, e chiaro che il fare nel Mes-
sico quelle cose, per le quali fu impresa e condotta, ne' modi che tutti
sanno, la rigenerazione dell' Italia nel 1859 e nel 1860 , e opera merito-
ria, se non di yita eterna, certo almeno deirapoteosi piii solenne delle
sette, congiurate a promuovere il regno deH'Anlicristo. Ma presso gli o-
nesti, e innanzi a Dio qual giudizio dovra recarsene? A poterlo fare con
CONTEMPORANEA 121
piena informazione di causa, veggasi in prima, descritta da' Vescovi del
Messico, la condizione a cui viene per tal forma ridotto cola il Cattolici-
smo, 1'Episcopato, il Sacerdozio.
« Da quanto precede, risulta, con pienissima e dolorosa evidenza, che
la santa Chiesa soffre oggi al Messico, per opera del Governo che esiste
nella Capitale, una violenza diretta contro i suoi diritti piu sacri e con-
tro le sue liberta canoniche: violenza al tutto simile a quella che le inflig-
geva il Governo costituzionale. Questo suo intruders! negli affari della
Chiesa, non e conseguenza della forma propria del Governo presente ,
o della qualita delle persone ond'e composto, ma derivasi dal carattere e
dalle lendenze degli atti di esso. Gli atti delle EE. YY. tendono a rende-
re stabilmente den'nita 1'opera, che il Governo costituzionale avea tentato
di compiere. Yoi andate diritto a questo scopo, dichiarando esistenti e
validi i diritti e gli atti, che procedono da leggi sacrileghe ed attentatorie,
e dai falti eseguiti contro le immunita ecclesiastiche dal mentovato Go-
verno costituzionale. Yoi vi servile percio del medesimo suo linguaggio,
e fate persino rivivere la frase odiosa , da quello immaginata , per desi-
gnare le proprieta ecclesiastiche. Sarebbe doloroso che i mali della Chie-
sa potessero ancora aggravarsi. Gia, per una sciagura che non deplore-
remo mai a bastanza, vediamo circostanze, le quali ne accrescono a dis-
misura le pene, e la riducono in istato peggiore di quello, in che si trova-
va a'tempi del Juarez. Allora il Governo republicano proclamava schiet-
tamente i suoi principii; il suo contegno, presso il popolo ed il mondo
cattolico, lo mostrava per quel che era, cioe un' opposizione armata con-
Iro la religione della Chiesa. Questa , come vittima immolata, si difese
con eroismo e sopporto gloriosamente, per la nobile causa della giustizia,
una terribile persecuzione.... Ora, dopo un totale cambiamento d'ordini
politici, eccoci tornati qua per assistere all' immolazione di tutti i nostri
principii , alia rovina radicale della Chiesa, all'annientamento di tutte le
speranze.
« Col Governo costituzionale, la Chiesa non avea a fronte che un solo
nemico, il Governo che la perseguitava. Oggi essa ne ha due; cioe in pri-
ma quel medesimo Governo costituzionale, che vive ancora nel paese; che
ha mezzi suoi proprii ; che ha tuttavia un esercito in arme col quale di-
sputa, a palrao a palmo , il territorio ; che fa assegnamento sui principii
c sugl'interessi da esso rappresentati, e le cui radici si stendono in tutto
il territorio nazionale. Poi la Chiesa dee ancora difendersi contro il Go-
verno della Capitale, sostenuto dall' intervento straniero, e la cui princi-
pale occupazione si e attuare il sistema distruggitore, inaugurato dal
Juarez, contro la religione e la morale. Allora noi ricevevamo il colpo di
morte da mano nemica : oggi siamo colpiti da quei medesimi, che preten-
dono d'essere amici della Chiesa eprotettori della sua liberta.
« Allora 1'attacco al pari che la difesa non uscivano dalla cerchia stret-
tamente nazionale ; oggi noi dobbiamo deplorare il carattere dato dal-
CRONACA
1' interveuto straniero a' suoi altacchi ; dobbiamo deplorare che da esso
siano provenute le esigenze , che posero le EE. VV. nella necessita di
operare in tal rnodo. Allora nell' esercizio dei nostri atti episcopali, noi
conservavamo sempre il nostro carattere di Yescovi ; oggi siamo obbli-
gati di presenlare le nostre difese legali alia maniera di semplici Messi-
cani, enon possiamo agire in altro modo. Allora, malgrado delle stret-
toie delle leggi sopra la stampa, noi potevamo pubblicare le nostre
protestazioni e le nostre lettere pastorali ; oggi le stamperie sono sug-
gette a tali regolamenti, che non si puo pubblicare se non quello che
all' intervento piace di permettere. La nostra risponsabilita non gli
basta, e siamo ancora, per gran vergogna de' nostri tempi, suggetti ad
una antecedente censura. Se altri presumesse di pubblicare un'allocuzione
del Papa, od alcuni paragrafi copiati da diarii stranieri, in cui si alludesse*
all'autorita del Santo Padre per cio che risguarda gli affari religiosi del
Messico, riceverebbe tosto un' ammonizione, ed il divieto d'insenre per
1'avvenire alcun che di cotali document!. Quanto alle doltrine antireli-
giose, e talvolta scandalose, si lasciauo passare, senza pur dare segno di
fame caso. Ecco perche parlando delle condizioni, in cui ci troviarno ai
presente, le dichiariamo peggiori che prima. »
Queste cose, stampate anche in Parigi dalla stessa Opinion nationale,
e non impugnate da veruno dei tanti giornali stipendiati per fare il pa-
negirico fa\\' intervento francese al Messico e del nuovo Governo cola
istituilo, mostrano assai meglio di ogni nostro discorso, a cui debbasi re-
care la colpa dell'oppressione esercitata contro 1'Episcopato, la gerar-
chia e la liberta ecclesiastica, e la morale cristiana.
Ma onde mai procedette il primo impulso a tal precipizio? I Vescovi
non si peritarono punto a dirlo con voce alta e ferma, e niuno li pott
smentire. « Baslo una querela, presentata da un suddito francese, affin-
che si dichiarasse : che i diritti e le azioni, risultanti dallo spogliamen-
to patito dalla Chiesa, debbono avere libero corso ». E piii sotto: « Si
prese una risoluzione estremamente grave, che senza dubbio il Gabinet-
to delle Tuileries sarebbesi ben guardato dall' ordinare. E per quale ca-
gione? La cagione e minima, insigniticante. Basto uua lagnanza d'un sud-
dito francese, ed una domanda indirizzata alle EE. YV. dal Generate Ba-
zaine a proposito di tal lagnanza. Ecco la cagione di tanti mail ! Ecco
come s' intende d'osservare 1' imparzialita verso il Messico ! Ecco in quai
modo si tiene la promessa di lasciare al Governo solo, e non al Generale
supremo, il diritto ft iniziatival Tale e la condizione in cui fu gettata la
Chiesa messicana ».
Non e pertanto da meravigliare se i Vescovi, malgrado delle minaccie
scritte dal Bazaine a Mons. Labastida, levarono alto la voce contro la ne-
quizia di chi sacrifice gl' interessi della religione, e di migliaia di sacer-
doti e di religiose, alia tutela d'un suddito francese, complice dei latroci-
nii del Juarez, da cui ebbe per pochi soldi i beni della Chiesa. « La sola-
CONTEMPORANEA 123
zione di questi affari, dopo quella dichiarazione, non e piu riservata al
Governo che sara definitamente costituito; e percio il nostro silenzio sa-
rebbe inescusabile. II nostro carattere di vittimesparirebbe, enoi farera-
mo in certa guisa le parti di complici; il che e insopportabile. La voce
della coscienza, i diritti della Chiesa, 1' amore delia patria, ci recano a do-
vere il respingere energicamente questa parte che ci si yuole assegnare. »
Disaminati quindi ad uno ad uno gli atti recenti del Governo, posta in
chiaro la loro contraddizione con le promesse fatte in tanti bandi del
Forey e nelle lettere dell' imperatore Napoleone III, e con le guarentigie
promulgate; edimostrato la parte che ebbe I' influenza e la preponderan-
za straniera nei fatti deplorati, i Vescovi proclaraarono : « Risulta dal-
1' atteggiamento preso dall' intervento, col dare forza e vigore ai pretesi
diritti, nati da fatti ch'esso erasi proposto di combattere, chz Y intervento
yolge ora i suoi trionfi a danno e rovina della parte della nazione che do-
yrebbe proteggere ». Percio incalzarono 1' Almonte ed il Salas ad annul-
lare la loro Circolare ed i loro decreti , e riservare la soluzione di quelle
difficolta ad un equo componimento , da tratlarsi fra il Sovrano spiri-
tuale ed il Sovrano temporale. Ma , prevedendo forse che le preghiere
tornerebbero vane, impugnarono altresi le armi proprie, cioe le censure
della Chiesa.
« Se per isventura, il che a Dio non piaccia, codeste Circolari e code-
sti Comunicati fossero mantenuti , noi Prelati della Chiesa messicana, in
wtu delle nostre facolta canoniche, e per compimeuto dei nostri doveri,
ci protestiamo in debita forma coutro le predeite Circolari ed i loro eflfet-
ti, le dichiariamo nulle, e riserviamo salvi i diritii della Chiesa; riprodu-
€;amo il nostro Manifesto del 30 Agosto 1859; del quale iudirizziamo alle
EE. VV. quattro esemplari ; il qual Manifesto ebbe per motivi i decreti
del 12, 13 e 23 Luglio 1859, banditi dal sig. Juarez a Vera Cruz, decre-
ti di cui le EE. YV., con la circolare del 15 Dicembre, fanno rivivere i
diritti ed effetti in cio che tocca la proprieta ecclesiastica.
« Rinnovando e confermando il nostro Manifesto del 30 Agosto 1859,
poniamo termine rispettosamente a questa sposizioue, con le dichiarazio-
ni seguenti :
«1.°E vietato di obbedire, o di aiutare all'applicazione dei Comunicati
del 24 Ottobre, alle Circolari del 15 Dicembre 1863, ed a qualsiasi di-
sposizione di qualunqueComwm'cafo e di ogni Circolare che tendesse a far
eseguire i decreti del Juarez.
« 2.° iNe il Governo del sig. Juarez , ne altro qualsivoglia Governo,
aon hanna facolta veruna d' impadronirsi dei beni della Chiesa. Per con-
seguenza i decreti del mentovato Governo del sig. Juarez, come i Comu-
nicati del 24 Oltobre e \eCircolari del 15 Dicembre 1863, costituiscono
un attentato, una tirannia, una violazione della piu sacra proprieta, ca-
dono sotto i colpi delle censure di santa Chiesa, ed incorrono specialissi-
mamente la pena della scomunica maggiore, fulminata dal Concilio di
1M CRONACA
Trento, al capitolo II della Sessione 22 de Reformatione. Laonde incorro-
no questa pena canonica, non solo gli autori e gli esecutori del decreti, del
Comunicati e delle Circolari ricordate, ma altresi tutti quelli che, per qual-
sivoglia modo, cooperassero od ayessero cooperate alia loro esecuzione.
« 3.° 11 cambiamento politico, che 1' intervento cagiona alle cose del
Messico, non altera ne diminuisce punto nulla le obbligazioni e le respon-
sabilita morali e canoniche, alle quali sono suggetti coloro di cui abbiani
parlato; e per questa stessa ragione tutte le nostre protestazioni, circola-
ri e disposizioni diocesane, date riguardo alia Costituzione ed alle leggi
dette di ri forma, durano in tutto il loro yigore, e sono applicabili ai Co-
municati ed alle Circolari delle EE. VV., ed a tutte le disposizioni che
le EE. VV. potrebbero prendere all' intento di far eseguire le leggi od i
decreti del sig. Juarez, o spettanti a fatti che diedero motiyo alle nostre
protestazioni ecc.
« Coloro che incorrono la censura del canone sopra mentoyato (e qui
son numerate tutte le cagioni yia descritte) ; cioe gli autori, esecutori o
cooperatori dello spogliamento della Chiesa e delle sue proprieta urbane
o rurali, delle sue rendite, delle sue possessioni, de'suoi diritti, dei suoi
templi e degli oggetti che questi conteneyano ad uso del culto sacro ecc.
sono nelle piu stretta obbligazione di far restituzione, .ed ammenda ono-
revole per la scandalo cagionato, e non possono riceyere 1'assoluzione,
nemmeno in articolo di morte, se non adempiono le formalita yolute dal-
la Chiesa, e mentoyate nelle nostre Circolari e nei Manifesti diocesani ».
Questa solenne sentenza di scoraunicazione maggiore fu diyulgata am-
piamente ; i colpevoli principal! non possono affettare ignoranza , ed il
popolo messicano, che per massima parte e di sensi profondamente cat-
tolici, non penso punto a riyocarne in dubbio la legittimita e la forza.
4. Non solo il Clero ed il minuto popolo, ma eziandio i supremi Magi-
strati ciyili si affrettarono di fare atto di pieno ossequio a questo giudi-
cato episcopale. Laonde i Giudici del Supremo Tribunale della Giusti-
zia, sottoil 31 Dicembre, furono sollecili di esporre ai due superstiti Reg-
genti, che loro tornaya impossibile il dar corso alle cause, in cui favore
eransi dal Bazaine fatti spedire quei Comunicati e quelle Circolari, collo
scopo di ravyivare le inique leggi del Juarez , e consummare Y assassi-
nio della Chiesa. I Reggenti qualificarono quell'atto della suprema Corte
di Giustizia come un atto di fellonia e di ribellione, tanto piii che essa
protestayasi di non poter ammettere altre disposizioni, se non quelle che
« consacrassero puramente e semplicemente la restituzione dei beni tolti
alclero)). 1 Reggenti, ayuta Y imbeccata da chi li padroneggia , ste-
sero un decreto , pel quale furono cassi e tolti di carica tutti que' Magi-
strati ed i pubblici ufficiali loro aderenti ; e con un bando del loro Filip-
po Raigosa, ed un altro firmato dall' Almonte e dal Salas, ne diedero con-
tezza agli abitanti dell' Impero. Questi documenti, pubblicati m\\' Esta-
fette, diario messicano in lingua francese , yennero trascritti dal Monde
CONTEMPORANEA
del 19 Febbraio ; e riescono a dire : che yoleasi la conciliazione dei re-
pubblicani e Juaristi coi fautori dell' intervento e dell'Irapero, e percio
doveasi sborsare il prezzo dell'accordo dalla Chiesa, col sacritizio delle
sue proprieta ; e il rifmtarvisi e delitto di fellonia e tradimento. Cosi ap-
punto, diciotto secoli addietro, la condanna di Gesu Cristo riamico il
preside romano co' Giudei, et facti sunt amid Herodes et Pilatus in ipsa
die, nam antea inimici erant ad invicem.
5. Questi procedimenti alia turchesca paryero si poco gloriosi , anche
agli occhi degli sfegatati partigiani dell' intervento e dei cantori europei
del nuovo Impero , che non osarono fame motto , o si contentarono di
biascicare tra i denti, come fece il Memorial diplomatique, magre sense,
condite da speranze, che il senno dell'eleUo imperatore Massimiliano ri-
comporrebbe con piena giustizia tutte le cose. Ma nel Messico la yoce dei
Vescovi, amatissimi dalpopolo, sceseal cuoredei piii, elaviolenza ado-
perata contro i Magistral apri gli occhi fino ai ciechi, per yedere di che
sorta beatitudini doyessero asp<jttarsi, e di qual maniera liberta potreb-
bero godere, sotto i nuoyi ordi.i, , foggiati dalla sciabola del Bazaine e dei
suoi complici. Percio grave co^mozione si desto in ogni parte , e corse
per le mani di tutti una scrittnra ; la quale, come yedesi nel Debats del
10 Marzo , chiamava apertamentc i Messicani a sorgere , impugnare le
armi , « trattare gli stranieri oppressori come si conviene a' nemici piu
accaniti della religione e dell' ordine » e con supremo sforzo , a costo
d' ogni sacrifizio « redimersi dall'abominevole tirannide gia costituita ».
Non puo negarsi che questo fosse un vero chiamare a solleyazione i po-
poli, e percio meritasse titolo di scrittnra incendiaria.
II Generale francese Neigre, lasciato a comandare il presidio della
capitale, durante 1'assenza del Bazaine, si accorse che coi Messicani i
colpi di Stato non sono cosi facili a riuscire, come altrove. Temette ra-
gionevolmente di qualche moto popolare, e diviso di impedirlo. E fin
qui fece benissimo. Ma pessimamente opero, rinnovando gl' insulti ai
Yescovi e specialmente aH'Arcivescoyo Mons. Labastida, a cui indirizzo
1' arrogante lettera , pubblicata nell' Estafette messicana del 27 Gennaio,
e riferita nel Debats del 10 Marzo, nei termini seguenti:
« Messico, 10 Gennaio 1864. Monsignore. Mi si fa conoscere un fatto
gravissimo: scritti incendiarii, a me trasmessi, ftirono fattipassare sotto
le porte d'alcune case e sparsi segretamente per tutto. Gli autori di que-
sto manifesto esaltano i yili interessi material]*, che la nostra religione
calpesta, e suscitano le piu odiose passioni contro 1'esercito di S. M.
1' Imperatore, che libero il Messico dal disordine, e protesse i Pastori
delle anime, dando loro la liberta nel loro ministero. Cosi quei Pastori,
che si dicono abbassati e perseguitati, si dimenticano che non furono mai
piu difesi e yenerati. lo yoglio piuttosto credere che V. E. non conosca
queste perfide mene, onde le fo a lei conoscere, moyendole una preghie-
ra per la pace ed il bene di tutti. Poiche in nome della religione cattolica,
126 CRONACA
di cui noi Frances! siamo i figliuoli primogeniti, e poiche in nome dei
Prelati, da noi difesi e venerati, un partito infarae cerca commovere la
nazione; gli dica, Monsignore, che noi vegliamo e conosciamo i suoi
raggiri, e che, insieme col Governo legittimo, i soldati di Francia man-
terranno 1'ordine; gli dica, che noi rifuggiamo si dall'usar modi violen-
ti, ma li sappiamo al bisogno adoperare, e faremo rientrare nell'ombra,
d'onde mandano le loro diatribe, questi rei nemici del Messico. Dica loro
queste cose, o Monsignore, e se la sua voce evangelica li correggera,
ella avra fatto un gran beneficio al genere umano, e in luogo della loro
riconoscenza avra la nostra. // Generate capo superiors Barone Neigre. »
Qui apparisce evidente 1' insinuare che 1' Arcivescovo sia capo e som-
movitore d'un partito infame, poiche da lui si esige che ponga termine
a (]ue\\e per fide mene; evidente il minacciare modi molenti; evidente la
pretensione di avere i Vescovi coraplici del Governo nel bandire come
giusta e santa la presente yiolazione di tulti i diritti della Chiesa e della
giustizia. Se il Neigre credeva che, col rincrudire nelle minacce, avreb-
be potuto riuscire meglio nell'intento che non avesse fatto il Bazaine,
s'inganno a partito.
6. Monsignor Labastida rispose al Neigre con la lettera segueute :
« Al sig. Barone Neigre, capo militare, — Riscontrando 1' onorata sua
del 10 del presente mese, ho 1'onore d' assicurarla che io non cono-
sco finora alcuno degli scritti incendiarii sparsi per la citta ; ma conver-
rebbe che li conoscessi per poterle rispondere ; onde la prego di farmene
avere un esemplare.
« E qui finirebbe la mia lettera, se ella non mi toccasse d' altre cose
fuori dei sopraddetti scritti, ond'ella accusa una parte del clero messica-
no. Mi bisognerebbe adunque correggere tali asserzioni, quando esse
non fossero esatte. E fatto certo, e da tutti conosciuto, che noi tutti ab-
hiamo protestato contro quei due che pretesero d essere un g over-no, e
contro i loro ordini del di 9 Novembre e 15 Dicernbre, dichiarando /or-
malmente che la Chiesa, nella pienezza delle sue immunita e de' suoi di-
ritti, sostiene ancora la guerra che le faceva il Governo di Juarez ; anzi
ch'essa non s'e mai yeduta piu perseguitala, poiche ci hanno messo in
una condizione peggiore di prima. V.E. crede che i Pastori delle anime
nell'esercizio del loro ministero godano della piu grande liberta, e sieno
difesi, protetti e Yenerati. V. E. yede adunque che questi due documenti
(la nostra protesta e la lettera di lei) rappresentano, rispetto allo stato
della Chiesa e de' suoi Pastori, due proposizioni contrarie, 1'una delle
quali e necessariamente falsa.
c' Dall'esposizione de' fatti e dalle deduzioni della logica risulta che noi,
Prelati messicani, ci troviamo, secondo quello ch'ella dice, neiralternati-
"va, o di non conoscere quegli scritti, o di ritratlarli. Ma noi non possiamo
ritrattare noi stessi, poiche abbiamo parlato con verita, chiesto con giu-
stizia, operato con diritto, e sentiamo d' essere stati messi nella crudele
necessita di farlo. Io m'accorgo da quello che V. E. dice, ch'ella non fu
CONTEMPORANEA 127
bene ragguagliata del clero messicano, e sono certo che se i fatti, gl'in-
teressi dibattuti, le cagioni della nostra condotta, le fossero fatte ben co-
noscere, ci avrebbe reso plena ed intera ragione.
« Ho 1'onore di rimettere a V. E. un eseraplare della nostra protesta.
Riceva ecc. PELAGIO ANTONIO, Arcivescovo di Messico. »
Tali sono le condizioni religiose nel Messico ; e sembraci evidente, che
non rispondono punto alle concepute speranze , lasciando a' nostri letto-
ri 1'argomentare , dai documenti riferiti, a cui debbasi recare la colpa
ed il merito del male e del bene. Certo e che Mons. Labastida , che die-
de prova di si imperterrita fennezza contro le soverchierie rnilitari, die-
de pure saggio di mansuetudine e prudenza grande alii 4 Febbraio ,
quando,per la solennita d'un Tedeum, in ringraziamento a Dio dell'avere
i'Arciduca Massimiliano accettato la corona, si presentarono alia Catte-
drale, col Bazaine, i Generali Almonte e Salas; cosi che apparve a tutli
aver esso voluto colpire secondo giustizia la colpa, serbando benignis-
simi sensi verso i colpevoli. E egli da sperare che 1'arrivo cola del nuo-
YO Imperatore abbia a rivendicare le ragioni della giustizia conculcata e
della Chiesa manomessa ? II Memorial diplomatique pretende che si ; la
storia dei popoli beatificati dal diritto nuovo e dai principii dell' 89 fa te-
mere che no. In tutti i casi resta la giustizia di Dio.
7. Quanto alle faccende militari,il Bazaine, valorosamente coadiuvato
dal Generale Douay , si condusse da quel prode ch' egli si mostro in
Crimea e nella guerra d' Italia. Fece di nuovo occupare Tampico, che si
arrese senza colpo ferire; mando tnippe verso il Pacifico e s' im padroni
di Campeche e dei porti piu importanti ; in piu scontri , secondato molto
bene da' Messicani del Marquez, scontisse varie squadre del Juarez ; cor-
se quasi per trecento leghe, di provincia in provincia, fugando i nemici
e sperdendoli , senza che mai esponesse i suoi a gravi danni. Di che tor-
no a maniera di trionfante nella Capitale. Ma e egli per questo da dire
die sia cessata ogni resistenza? Certo che no. II Moniteur francese, per
questa parte, rassomiglia molto ai giornali ufficiali del Governo di To-
rino. Come questi, da due anni intieri, annunziano ogni otto giorni che
il brigantaggio nel Begno delle Due Sicilie siaridotto agli estremi , sen-
za che mai sia domato ; cosi nel Messico il Juarez e periodicamente , ogni
quindici giorni, bandito come oggimai atterrato, privodi aderenze, ab-
bandonato da' suoi soldati , costretto a fuga ignominiosa : ma rinasce co-
stantemente il bisogno di spedire truppe contro le molte e nurneroseban-
de de' suoi partigiani, che talvolta si spingono fino a due miglia dalla cer-
chia delle citta occupate da' Francesi , e ne infestano terribilmente le vi-
cinanze. Molto si spera nelle truppe messicane, gia riorganate, e che
formano tre Divisioni , la migliore delle quali sotto il comando del Ge-
nerale Marquez. Ma finora si combatte.
Difatto llndependance Beige deM5 e del 16 Marzo reca intorno a cio
dei particolari, i quali dimostrano tutt'altro che compiuta la pacificazione
128 CRONACA CONTEMPORANEA
del Messico. « La tranquillita, dice nel num. 76 , e ben lungi dall'essere
restituita alle province ; le guerriglie battono ognora la campagna e la
padroneggiano ; il trasporto sulla via ferrata non puo effettuarsi che con
Ja scorta di numerosa truppa , la quale non sempre basta , poiche gravi
depredazioni furono commesse nella notte dal 3 al 4 Febbraio. » Anzi la
Patrie stessa confessa che alii 7 una vettura, che recava dispacci impor-
tant! e denaro, benche accompagnata da soldati, fu assalita e depredata;
la scorta riparo in una casa e vi si difese; ma, consumate le munizioni ,
ed esposta a perire nell' incendio, dovette arrendersi. Presso a Perote,
alii 20 Gennaio , una carovana di signori , benche difesa da centinaia di
armali, dovette soccombere, e vi perirono oltre a 60 persone, fra le quail
fanciulle nobili e personaggi ragguardevoli, sotto i colpi d'una numerosa
banda di partigiani del Juarez. « Le squadre di questi, che infestano le
terre calde, rendevano impossible ogni comunicazione con Jalapa » ; ed
il simigliante accadeva fin presso alia Capitale ; tanto che il Moniteur ,
per mettere in chiaro i felici risultati delle spedizioni del Bazaine, faceva
risaltare , che oggimai le circostanze di quella citta erano sicure da ogni
attacco, ed il somigliante, a poco a poco , si dovea ottenere per le pre-
cipue terre delle province , dove sono Francesi. II che , per vero dire ,
non mostra che la pacifications sia cola molto piu sicura di quello che
nel Regno delle Due Sicilie.
Sotto il risguardo politico, se e vero cio che leggesi T&IY Independence
Beige, in mezzo ad una colluvie d' improperii al Glero, e da dire che le
cose procedono anche meno prosperamente. Imperocche il corrispondente
di codesto diario dice che « malgrado le dicerie di rappaciamento e di
riconciliazione , si continua la pubblicazione di libelli oltraggiosissimi
contro i Reggenti , contro 1'autorita francese, ed anche contro il signor
di Montholon, » nuovo rappresentante della Francia a Messico. « In co-
desti libelli la persona dell'Imperatore de' Francesi, anzi quella pure del
nuovo Sovrano, non sono punto risparmiate. » II Doblado pare che siasi
al tutto gittato dalla parte del Juarez ; e, raggiunto F Ortega (che fu di-
fensore di Puebla e scampo dalla prigionia salvandosi con la fuga), ab-
bia raccolto buon nerbo di partigiani nello Stato di Zacatecas , dove mi-
naccia di creare grave impaccio al generale Douay , essendo favorito
dalla qualita del terreno. Ma si faceva assegnamento , quanto al vincere
tali resistenze, sulla promessa bandita , che quanti Juaristi aderissero,
entro un mese, al nuovo ordine di cose, ne sarebbero premiati col raan-
tenimento de' loro gradi militari, e, quel che e piu , con la guarentigia
di conservare i beni , rubati alia Chiesa , ed avuti dal Juarez al prezzo
del 2 per 100. Sotto questi auspicii sorge quel nuovo Impero ; che e tutto
opera della moderna diplomazia , del diritto nuovo e della civilta moder-
na , appunto come il Regno ellenico , dove si cambiano gia i Minister!
ogni quattro settimane, ed il Re non si puo far rispettare da una cinquan-
tina di uomini vestiti da artiglieri.
IL TRATTATO DI LONDRA
IL TRATTATO DI ZURIGO
i.
Rayionevolezza di subordinate I'osservanza dell'un traltato
air osser vanza deli'allro.
Chi si pone a considerare con qualche studio la- quistione dane-
se, che e 1' evento a cui sono oggidi altirati principal mente gli occhi
di tutti, non puo fare che non vi scorga una grandissima analogia
€olla quistione italiana. Nell' una e nell'altra e impegnalo il cosi
detto principio di nazionalita ; nell' una e nell' altra si avvera il fatto
cornpiuto d' un' occupazione militare; coll' una e coll' altra sono con-
nessi riguardi di ordine universale ; nell' una e nell' altra e involta
la fede da serbarsi ad un pubblico trattato, non ancora eseguito. 11
traltato di Londra vuol mantenuta 1' integrita della Monarchia dane-
se ; il traltato di Zurigo vuol serbati i dirilli de' diversi Principi ila-
liani, con non altra unita nella Penisola, che la federativa. Ambidue
questi traltati rimangono tuttavia sospesi.
Or a noi sembra non poterci essere stravaganza si matla ne ca-
priccio si irragionevole , come quello di pretendere assolutamenle
1' osser vanza del primo, senza concedere al tempo stesso 1'esecuzione
del secondo. Cio apparira evidentemente dal breve parallelo , che
istituiremo tra 1' uno e 1' altro.
Serie Y, vol. X, flue. 338. 0 31 Marzo 1864.
130 IL TRATTATO DI LONDRA
Noi cliciamo: Tutte le ragioni che mililano per I'adempimento del
trattalo di Londra , militano ancora , e con assai maggior forza, per
I'adempimento del traltato di Zurigo; e nessuna diflicolta puo pro-
porsi contro di questo, la quale non sia piu verace e di inollo mag-
gior peso contro di quello. Veniamo alle prove.
Perche dee osservarsi il traltato di Londra? Perche \i e impe-
gnata la leal la el' onore delle Potenze, che lo soltoscrissero ; e per-
che vi e legato F interessc di varii Stali europei. Or 1' una e Y altra
di queste ragioni valgono ancora e piu fortemenle pel trattalo di
Zurigo. E di fermo, non fu esso altresi soltoscritto in nome della
sacrosanta ed individua Trinita da tre Principi cristiani? Non costi-
luisce esso altresi un pubblico contralto internazionale , che lega in
faccia a Dio ed al mondo la coscienza e 1' onore de' suoi alii con-
traenli ? Poniamo pure che il Governo piemontese non sia soggetto
al giure universale di natura e delle genii , ne tenuto a mantener la
parola data e giurata. Certo e che il medesimo non puo dirsi de' due
potenlissimi Imperatori, che legarono a quel palto la loro fede di cri-
sfiani e di Principi. Nella coscienza di cosloro la firma apposla a
quel trattalo costituisce un dovere sacro ed inviolabile, che ineso-
rabilmente ne reclama 1' esecuzione ; e il senlimento di onore, che
tanlo vuol essere piu delicato, quanlo piu alto e il grado della per-
sona, non puo non provare acutissime punture ogni giorno che s'ag-
giunge al difTerimento di quella.
Per cio poi che spetta i diritli e gF inleressi dei terzi , 1' adempi-
mento del trattalo di Londra e volulo dal diritto della Danimarca e
dalF inleresse delle Potenze, adiacenti al Baltico; 1' adempimento del
trallalo di Zurigo e richiesto non solo dai diritli dci Principi die, in
onta di quello , Tennero spodestati , ma , cio che piu monta , e co-
mandalo imperiosamenle dal diritto e dall' interesse supremo di tutlo
il Catlolicismo, che nella persona del suo Pontefice si vede spogliato
del piu legittimo e sacro possedimento. La liberta del Baltico e cer-
tamente qualche cosa di rilevanle. Ma ognun vede quanto sia da piu
la liberta delle cosdenze cattoliche. legata strelfamente coll' indipen-
denza polilica del loro supremo moderatore.
E IL TRATTATO DI ZURIGO 131
Ma , si (lira , il Piemonte grida di non potersi acconciare all' ese-
cuzione del tratlato di Zurigo. Anche 1'Alemagna protesta di noa
potersi acconciare all' esecuzione del Irattalo di Londra. Se dunque
non si lien conto dei richiami alemanni ; perche dovra tenersi conlo
dei richiami piemonlesi? Escon essi forse da gole phi esercitate e
piu robuste?
Ma T unita nazionale d' Italia scapita coll' osservanza del trattato
di Zurigo. Anche 1' unila nazionale tedesca scapita coll' osservanza
del traltato di Londra. La difficolta dunque , dov' anche fosse vera,
o e valida per entrambi i casi , o per entrambi e nulla. Ma v' ha di
piu : essa per la nazionalita tedesca ha qualche valore ; non ne ha
nessuno per la nazionalitii italiana. Imperocche coll' osservanza del
trattato di Zurigo si concede all' Italia 1' unica unita, di cui essa e ca-
pace, vale a dire la federale 1 , e si ripongono i singoli Stati, usur-
1 Che la sola unita federativa possa competere all' Italia fu tesi comime
di tutti i liberali italiani piu assennati. Basti citarne qualcuno, a mo' di sag-
gio. « La Sovranita temporale dei Papi pud armonizzare ed essere concilia-
bile con quella specie di unita che sola pud esser possibile per 1' Italia,
vale a dire unita per mezzo della Confederazione ; eGioberti e Balbolo nan-
no pienamente dimostrato. » Cos! il Galeolti, ora Deputato al Parlameiito
subalpino , nella sua opera :. Delia Sovranita e del Governo temporale dei
Papi, pag. 190. E il Rarialli nel suo libro: Del Riordinamento dj Italia, di-
mostra ampiamente la ripugnanza che per molti capi presenta 1' Italia a for-
mare uno Stato unico, e tra le altre cose dice: « Una nazione, che per quat-
tro mila anni e dimorata sempre distinta di dominii, fa ragionevolmente ia-
ferire avervi in essa qualcosa , che invincibilmente a reuderla uuo Stato
unico si oppone. E siccome quel che si sperimenta per luughezza di secoli,
ha bene le sue ragioni e cagioni, cosi, dove queste fossero cercate, non
isfuggirebbero per avventura allamente del sapiente: il qualele troverebbe
o nella postura o nella configurazione , o nel clima , o in altro. E la stessa
dimostrazione di costante ripugnanza a uno Stato solo basterebbe per do-
verne argomentare la non bonta, non potendo riuscire mai buono cid che
per essere effettuato, ha mestieri di violenza. »
Vero e che presentemente per non incorrere 1'ira della fazion dominante
non si osa piu in pubblico esprimere si fatte cose. Tuttavia anche adesso non
mancano degli animi franchi e coraggiosi, che affrontano di gran cuore il pe-
ricolo per non tradire la verita e il bene della patria. Cosi ha fatto ultima-
mente 1'egregio Luigi Alberti, il quale in un suo opuscolo, dato alia luce m
132 IL TRATTATO DI LONDRA
pali dal Piemonte , sotto Principi italiani ; laddove coll' osservanza
del trattato di Londra 1' unita stessa federaliva germanica resta in-
taccata e si ripone uno Stato tedesco sollo una Corona scandinava.
Con qual logica adunque si disprezzerebbe la difficolta dov' essa ha
valore, e si calcolerebbe dov' essa e insussislente ?
Ma il voto del popolo italiano? Ouesta obbiezione non crediamo
die si osera piu porre innanzi dal Piemonte , per non sentirsi scro-
sciare sul viso le risa di tutti i Diplomatic! d' Europa ; tanto e nota
oggidi la buffonesca commedia , colla quale si procuro di simulare
quel voto. Tuttavia si ammetta per poco che esso sia vero. Non ab-
biamo noi dair altra parte il voto del popolo alemanno ed in ispecie
de' due Ducati , i quali nei modi piu solenni e legali hanno espressa
la ferma lor volonta di non piu tornare solto la signoria danese?
E notate, che un tal voto non e stato espresso , come tra noi , sotto
la minaccia del pugnale e la violenza d'un' invasione, ma liberamen-
te ed anzi contro 1' influenza e le ordinanze dei governanti. Notate
altresi, che con esempio non ordinario questo voto del popolo ledesca
si trova in mirabile armonia con quello della maggiorita dei suoi Prin-
cipi. Imperocche la piu gran parte dei Sovrani alemanni si oppone
all' esecuzione del trattato di Londra ; e se da essi dissentono 1' Impe-
ratore d' Austria e il Re di Prussia con altri, do c solamente pel ris-
petto che questi onoratissimi Principi professano al diritto riconosciu-
to e alia fede dei trattali. Cosl stando le cose, con qual coerenza in ura
caso si anliporrebbe la fede pei contratli al voto vero del popolo, e
LeH'altro questa slessa fede si posporrebbe al voto falso e simulate?
II quale argomento tanto piu cresce diforza, quanto che niuno
puo ignorare , il voto de' popoli italiani , checche voglia fingersi del
passato, essere presentemente contrario alia moslruosa unita sta-
tuale, che contro ogni deltame di ragione e di sloria si epressoloro
questi giorni in Firenze, promulga altamente che il solo sistema federative e
applicabile all'Italia secondo ragioni storiche, geografiche e politiche; e li-
beramente rimprovera coloro, che a gran detrimento della patria ban mutato
questo programma, da essi un tempo caldamente propugnalo. A proposito
d'una agyiunta al capitolo XVIII dei Casi della Toscana. Protesta e schiart-
menti di LUIGI ALBERTI, Firenze 1864.
E IL TRATTATO DI ZURIGO
voluta impiantare. II solo falto di diciotto province, dovute tener lul-
lavia in istato piu che d'assedio, accio si contentino della beatitudine
unitaria ad esse donata , e un testimouio assai eloquente ; per nulla
dire dei popoli delle Marche, della Romagna, della Toscana, dei Du-
cati di Parma e di Modena. Gli slessi Lombardi ( Iranne i rivoluzio-
narii di professione ) sembrano oggimai pentili del cambio fatto. Da
tutte parti della Penisola non altro s'invoca, che la fine di questa
baldoria del nuovo regno , il quale non ha prodollo che frulti ama-
rissimi di dissensione , d' immoralila , di prigionie , di gravezze , di
miserie, di raaggior dipendenza dallo straniero.
II.
Probabilita deU anzidetta subordinazione dei due trattati.
Non crediamo esserci alcuno si losco di mente, che non vegga
la superiorita delle ragioni, che militano per radempimento del trat-
tato di Zurigo, in paragone di quelle che militano per 1' adempimento
del trattato di Londra. Ma cio riguarda la quistione nel puro giro
speculative, e non tocca la pratica; massimamente in questo tempo
nostro , nel quale per lo piu la pratica corre a rovescio dei detlami
della ragione. Nondirneno noi stimiamo molto probabile che questa
volla non sara cos! ; e a formare un tal giudizio ci conforlano due
argomenti.
II priino e che non possiamo supporre nella prudentissima Austria
uno sbaglio, si madornale, di lasciarsi fuggir di mano una congiuntura
si acconcia per esigere cio, che la giustizia e il suo onore le consi-
gliano. Questo sarebbe per lei un errore imperdonabile ; e tanto piu
imperdonabile, in quanto essa non potrebbe incontrare veruna seria
difficolla, per parte delle altre Potenze, secondoche dimoslreremo nel
seguente paragrafo. Argomenlando dunque dalle ragioni di avvedu-
tezza, non sembra potersi dubilare, che yenendosi al punto di esi-
gere dall' Austria il mantenimento del traltato di Londra, essa esi-
gera in contraccambio 1' adempimenlo del trattato di Zurigo.
II secondo argomento, che c' induce a cosi credere, e il fatto stes-
so che si sla svolgendo sotto i nostri occhi nella controversia danese.
IL TRATTATO DI LONDRA
Che cosa stiara noi mirando? Dall'una parte I'esercito auslro-prussia-
no noil solo ha invaso i Ducati, ma si e spinto ancora nel Jutland; o
forse, quando uscira questo articolo, di gia Duppel e Fredericia sa-
ranno state cspugnate. Ball' altra parte , non ostante V appello si
pressante della Danimarca , le Potenze pui interessate in tal quistio-
ne , sembrano guardar il progresso delle armi aiemanne con pienis-
sima indifterenza. La Svezia , benche stimolata dalle minacce e dai
tumuli! della parle democratic^ , dichiara non doversi per anco ri-
correre alia spada. L} Inghilterra , benche si tralti della causa del
padre di colei che deve esserle regina, e da ogni parle la sospinga-
HO interpellanze di Deputati, clanwi di giornali, voti di popolo; par
ehe si rida di tutto cio, e si tien certa d' un assestamento paCifico
della vertenza. La Russia serba un perfelto silenzio, e vien anzi cre-
dula alleata dell' Austria e della Prussia. La Francia infine , benche
sembri avere alcuna velleita di inuoversi , si astiene dal farlo , per
la certezza di reslar sola nella lotta. Come si spiega questo contegno?
E forse da credere che alle anzidette Potenze poco import! lo smem-
bramento della Danimarca ? Tult'altro; 1'inlegnla di cotesla mo-
narchia e per esse punto irremovibile e capitale. Piuttosto che per-
metlerne io smembramento, esse incontrerebbero i pericoli e i danni
<l'«na guerra europea. Ne cio per troppa riveren2a, che portino alia
santila de' Irattali , giacche molti altri lasciarono infrangere , senza
curarsene ; si veramente per 1' interesse lor proprio, che vi e mesco-
lato, « per 1'equilibrio della bilancia europea, la quale altrimenti
andrebbe sossopra. Se la Germania unisse a se la parte continen-
laie della Dauimarca, diverrebbe in breve potentissima eziandio per
•mare , ed avrebbe di piu nelle proprie mani un passaggio facile e
sicuro per trasportare sollecitamente le sue flotte dal mar Nordico
nel Ballico e viceversa. Un lanto vantaggio all' Alemagna non si
cofisentirebbe giammai dalT Inghillerra e.dalla Francia. Quanto poi
aBa Svezia, essa in quell' ipotesi si vedrebbe quasi necessitata di con-
giungere a se il residuo della smcmhrata Danimarca , restando cosi
padrona assoluta dello stretto dei Sund. II che eseguito , la Russia
rcsAerebbe come incarcerata in fondo al Ballico, alia merce de' navi-
gli svedesi e germanici. Ogoun vede T impossibilila di un tale stato
E IL TRATTATO W ZURIGO
di cose ; e pero la conservazione inlera della Corona di Danimarca e
cosa, da non potersi rivocare in dubbio. L'assestamento finale, dopo
la guerra, sara senza fallo il ritorno al trattato di Londra; e la eer-
tezza del cornune interesse delle Potenze a non lasciarlo infrangere
ba indotto in errore la Danimarca, daadole a credere cbe da loro le
sarebbe venulo per via delle armi quell' aiuto , die uon le verra se
non per via de' negoziali diplomatic! , dopo die la sconfitta 1' avra
resa meno ostinata.
Ma se e cosi, perche 1* Austria. e la Prussia, le quali non possono
ignorare si fatle cose , do Bson ostanle muovono innanzi gli eserciti ;
e par che s'affreltino a rendere un fatto compiuto non solo il pos-
sesso dei Ducati, ma la conquista eziandio della terraferma danese?
E cvedibile che esse si sobbarcbino a tanto dispendio di sangue c
di danaro per noa couseguire altro finer cbe quello di far osservarc
un traltalo, il cui principal beneficio non ^ per loro ma per la Da-
nimarca, e il quale e inviso a tulle le Polenze gerrnai&cke? S'impa-
droniscono di paesi. tla res-lituirsi poscia al vinlo , pel solo gusto
di averli una volta occupati? Saria faneiullaiggine il persuadersene,
Egli e assolutamenle da pensare che quakch.e altro scopo si asconde
solto tali iaUi ; qualch^ grande ^aqtaggio da cavarsi da una almeno
delle due Potenze alleate , ad oltenere il quale 1' allra concorre in
vista di altre ulilita patteggiate o sperate. Or qual sara 1' anzidellc*
scopo? Non crediamo d' essere lemerarii, se didamo che molto pro-
babilmente esso e di otlenere dalle Potenze, che in conlraccambio
del sacriilzio che si fa di rendere alia Danimarca le terre occupate ,
per tener fede al trattato di Londra , si permetta all' Austria di co-
stringere colla forza il Piemonte ad adempire il trattato di Zurigo.
Questa sola supposizione ci.darebbe la chiave per aprire tutto 1'enim-
ma, perche ci spiegherebbe dall' una parte il contegno pacifico delle
Polenze , sicure che la integrita della Monarchia danese sara serba-
ta, e dall' altra ci spiegherebbe le operazioni bellicose deH'Austria e
della Prussia nello Schleswig e nei Jutland , non oslante ta persua-
sione di dover poscia restituire la pretla. Quelle operazioni, secoado
noi, mirano soltanto a porre un antecedente, che renda amniissibiie
e necessario un conseguenle. ;J ^jjooi&UiofS&li ^ osiJ9lo4
136 IL TRATTATO DI LONDRA
Di piu una tal supposizione ci spiega anche a meraviglia la ritro-
sia della Francia a partecipare della Conferenza , gia proposta e vi-
vamente promossa dall' Inghillerra. Non e inverisimile che il Gabi-
netto delle Tuileries preveda , nello scioglimento pacifico di quella
controversia, alcuna cosa che non gli garba. Finalmente la falta sup-
posizione ci spiega 1' attitudine che va pigliando 1' Italia per le vicine
emergenze. E manifesto che essa si mostra impensierita , si arma,
raccoglie truppe dalle province meridional! ? le agglomera verso il Po
ed il Mincio. A die tanta agitazione? Per tentare un colpo di mano
nel Veneto ? Questa risposla sarebbe giusta, se si trattasse di movi-
mento garibaldino. Ma qui si tratta di movimento da parle del Go-
verno; e il Governo sa benissimo avergli 1' Inghilterra dichiarato piu
volte che alia Venezia non pensi. La liberta dell' Adriatico esige che
la Yenezia resti all' Austria. Oltreche una aggressione del Veneto
non potrebbe farsi dal Piemonte, con isperanza di riuscimento, senza
aver ai fianchi la Francia nelle baltaglie ; e il Governo francese nelle
present! circostanze non potrebbe avventurarsi a una seconda guerra
italica. Ma senza cio, chi mira le disposizioni militari, che prende il
Piemonte, s' accorge subito che esse tendono alia difesa piuttosto che
all' offesa. II Piemonte dunque non intende aggredir T Austria , ma
teme d' essere aggredito dall' Austria , e d' essere' aggredito , dopo
composte le cose colla Danimarca ; giacche non credera giammai
die 1' Austria voglia da se ingaggiarsi in nuova guerra, nel tempo
stesso che ne sta facendo un' altra. Or qual potrebbe essere lo scopo
di questa tanto probabile aggressione austriaca, se non quello di far
fmalmente eseguire il trattato di Zurigo?
III.
Improbability di serio contrasto da parte
delle Potenze.
Dira taluno : e certamente assai verisimile che 1' Austria chieda ,
come condizione del ritorno al trattato di Londra , la facolta di far
eseguire il trattato di Zurigo. Ma tal facolta le sara poi consentita
dalle altre Potenze? Ragioniamone un poco.
E IL TBATTATO DI ZURIGO 137
Certamenle non e credibile che la Svezia o la Prussia o la Rus-
sia siano per porvi opposizione. La Svezia non ha alcuno interesse
che 1' Italia sia piuttosto unita che divisa. La Prussia, oltre alia me-
desima indifferenza, si trova in amichevoli relazioni coll' Austria. La
Russia dovrebbe anzi andar conlenta di quel fatto dell' Austria, si per
veder indebolita la parle rivoluzionaria , che da tanto da fare anche
a lei, si pel sommo interesse che ha a veder mantenulo il traltato di
Londra , senza cui la Germania e la Svezia diventerebbero signore
del Baltico, e si finalmente per riparare cosi il grand'atto d'ingrati-
tudine da lei commesso verso il figlio di Ferdinando II , col ricono-
scimento , almen di fatto , del preteso regno dj Italia. L' opposizione
dunque a quella giusta dimanda dell' Austria non polrebbe venire,
che dall' Inghilterra o dalla Francia. Noi pensiarao che ne anche
queslo potrebbe avverarsi , almeno in modo serio ed efficace.
Se si trattasse di chiedere che queste due Potenze cooperassero
anch' esse a costringere colle armi il Piemonte perche mantenga le
giurate obbligazioni ; vediamo bene che la dimanda tornerebbe vana
del tutto. L' Inghilterra risponderebbe che non ci e il suo tornaconto
a far guerra ; e la Francia ripeterebbe che non puo cornbattere contra
quelli, a lato dei quali una volta ha combatluto. Per quanto la prima
risposta sia mercantile, e la seconda piu che cavalleresca ; nondime-
no bisognerebbe tenerle per buone e contentarsene. Ma , per buona
ventura, non si tralta di cio. L' Austria, come dicemmo, non chiede-
rebbe d'essere aiutala, ma solo di non essere disturbata; non chie-
derebbe che altri concorra con lei a fare, ma solo che niuno concor-
ra a impedirla di fare. E in ordine a cio, non ci sembra che 1' Inghil-
terra o la Francia potrebbe efficacamenle attraversarsi.
E quanto all' Inghilterra, essa si e mostrata tenera dell' Italia, non
puo negarsi ; ma senza dare per lei ne un quattrino, ne un uomo.
Essa dunque puo agevolmente serbarsi in seno la medesima tene-
rezza tra i medesimi limiti ; con lode di rimaner cosi consentanea a
se stessa. Ne le dovrebbe sembrare slrano che si procacciasse colla
forza 1' adempimento di un trattato , quando questa appunlo e slata
la ragione da lei allegata per iscusare 1' indifferenza che sta mostran-
do, in ordine al progresso delle armi tedesche nel continente danese.
138 TL TRATTATO DI LONDRA
A coloro die ne la rimproveravano, ella ha risposto, che avendo 1'Au-
stria e la Prussia dichiaralo di operare a solo fine d'indurre la Dani-
marca a osservare gli obblighi assunti , non ci era nigione d' impe-
diro che le aazidette Potenze procurassero colla coazio'ne il manteni-
mento di un trattato. Or basta die 1' Inghilterra dia la medesima
risposta , nella €onferenza prossima , relalivamente air Austria pel
trattato di Zurigo. In somma , quel che imporla air Inghillerra e il
mantenimenlo del Irallato di Londra, rkhiesto dal proprio interesse,
che e la sua legge suprema. Purche 1' Austria si pieghi a quello ,
I' Inghilterra non sara arcigna ne dura per do che concerne 1' Italia.
Rimane dunque la Francia. Ma staremmo a vedere se la Francia
vorra opporre ostacolo all' esecuzione di un traltalo , da lei stessa
conchiuso e giurato ! Ne altri rioordi la celeb re spiegazione, data
dal Thouvenel , che doe il trattato deve adempirsi, ma senza costrin-
gimenlo armato. Quella spiegazione, acciocche riesca tollerabile,
Yiiol essere inlesa in uno di questi due modi: o relativamente al
tempo, o relativamente alia Francia. Relati\7amenle al tempo, in
quanlo cioe prima si cercassero le yie pacifiche , e non si venisse
alle forze, se non quando quelle!'fosseTo esaurite. Relatiyameiile alia
Francia , in quanlo ella , dovendosi venire alia forza , yi restasse
€Str?.nea , laseiando all' altra parle interessata tutto il carico di ado-
perarla. Cos! intesa la spiegazione, pud passare. Ma se s' intendesse
iB:modo del tutto assoluto, sicche non debbasi neppure dair Austria
c in niun tempo costringere il Piemonte a compiere i doveri assun-
ti •; cM non yede la ridicolezza di tal pretensione ? E che direbbesi
di un tribunale , il quale nel dar ragione a una delle parti conten-
denti, non solo' si negasse a far eseguir la sentenza, mavietasse di
costringere come che sia il debilore a pagare? Non sarebbe giu-
stamente imputalo o di mallezza o di comunella col truffalore? Noi
slam lungi le mille miglia dal credere die tale sia stato il senso , in
-che' quella spiegazione fu data. Ma dov' anche, per impossibile, tale
«lla fosse, per fermo uiuno oserebbe di ripeterla in un Congresso
<}i Diplomatici gravi ed onorali. La Francia dunque non potrebbe
presumersi , almen secondo ragione , che voglia frapporre ostacolo
alia esecuzione coatla del tratlato di Zurigo per parte dell' Austria.
E IL TRATTATO DI ZURICO
Al piu potra la\arsene le mani ; e appunto questo , e non altro che
questo, verrebbe domandato.
Ma fingiamo, per toccare tutte le ipolesi, che eliavoglia opporsL
II potra poi efficacemente? Sembra che no. Le condizioni present!
son molto diverse da quelte del 59. La Francia e stanca di tante s-pe-
dizioni. II Messico tiene dislralta una parle dell' esercito; e al mal-
conlento interne, che si disastrosa spedizione ha suscilato, non e prit-
denle aggiugnerne un nuovo. Per la guerra poi , da farsi in pro
dell' Italia , o si chiederebbe il consenso della Camera legislalivaj ,
b no. II non chiederlo sarebbe pericoloso.; il chiedcrlo provochereb>-
be probabilmente una negativa. Ollreche nel 59 i CattoHci poterono
acquietarsi per via di assieurazioni e di promesse. Go non sareb-
be fattibile nel 64 , veduto I'esito di quelle promesse. Oueste ed al-
tre considerazioni , che per brevila si tralasciano , mostrano quanta
sia poco verisimile che nelle circostanze present! la Francia intra-
prenda una seconda guerra contro 1'Austria per aiutare il Piemoirfe.
Ma poniamo che V intraprenda. Essa , secondo ogai apparenza ,
avrebbe questa volta a fronte non la sola Austria , ma la Prussia
altresi e la Russia. Or se quando ebbe a combaltere la sola Austria
col vantaggio per se dei cannoni rigati, f u a un pelo che restasse di
sotto e la sua vitloria si assomiglio di molto a quella di Pirro sopra
i Romani ; ben puo temersi di peggio, dove T Austria, migliorata gia
neir esercito e nelle armi , \enga al conflitto con a lalo due altre
grandi Potenze. II Governo francese si metterebbe ad un rischio 7
dal quale la piu volgare prudenza dovrebbe sconsigliarlo.
Conclusione.
Sembra indubitabile che il ritoruo al trattato di Londrar c«n
forse qualche lieve modificazione, debba essere il termioe della qui-
slione danese. Secondo tutte le ragioni di giustizia, di convenienza,
di opportunita, 1'Austria potrebbe esigerne, come prezzo, 1'adempi-
menlo del trattato di Zurigo. Non potendovisi opporre la Francia ,
il Piemonte resterebbe solo a sostenere il cozzo delle armi austriache,
LJ esito di un tal cozzo non sarebbe dubbioso , chi ricorda Novara ,
1 10 IL TRATTATO DI LONDRA E IL TRATTATO DI ZURIGO
e guarda le peggiorale condizioni dell' esercito pieraonlese , per gli
element! discordi onde e composto, e il disinganno dei popoli da lui
tiranneggiati e anelanti oggimai a scuotere T aborrito giogo. Dove
queslo discorso si naturale si avverasse, il Governo piemonlese sa-
rebbe alia fine coslretto dalla forza a restUuire il mal tollo ; e forse
anche la Lombardia gli scivolerebbe dalle mani , giacche 1' Austria
non vorra esser si dolce, da contentarsi die il vinto goda con danno
di lei i vantaggi di un trattato che esso stesso ha lacerato. L' unico
frutlo che resterebbe al Governo torinese di tante frodi e violenze, e
rapiraenti e guerre, sarebbe la perdita di Savoia e di Nizza, cedute
alia Francia; giacche questo e il solo di tutti ifatti, compiuli in que-
sti cinque anni, che lion verra piu disfatlo.
• Allora sfolgorerebbe di sua vera luce il monumento, che dee innal-
zarsi a Camillo Cavour; giacche apparirebbe che la sua vera gloria e i
suoi meriti immortali coll' Italia sono stali d'averla sguernita de' suoi
piu validi propugnacoli , e aperto libero il varco all' invasione stra-
niera. L' unita poi italiana ci avra guadagnato assai ancor essa ;
giacche le oppressure , le arsioni delle cilia e de' villaggi , le car-
cerazioni a migliaia , 1' aumento importabile de' balzelli , le fucila-
zioni in masse , ed ogni sorta di sopruso e di tirannide esercitala
sopra i popoli meridional! della Penisola , han generate in essi un
amore fraterno si lenero, e strelta un'intimita si tenace di scambie-
\oli affetti, che ci vorranno secoli per attenuarne la forza.
Nondimeno tra tanti mali ci sara un vantaggio reale, ed e V aver
i popoli nostri imparato , benche con dura e crudele esperienza , che
cosa possono e debbono aspettarsi dalle rivolture politiche , dal pa-
trioltismo liberalesco, e dalle bugiarde promesse de' setlarii. II Pie-
monte poi a sue spese imparera quanta prudenza sia stata quella ,
anche secondo i calcoli umani , di correre avventatamente dietro la
prosperita de' fall! compiuli, lasciandosi dopo le spalle un diritto non
solo naturale ma sancito con solenne trattato.
•
UNA NUOVA FORMA DI GENERAZIONISMO
NEL TEMPO MODERNO
I.
Esposizione delta tcorica.
La creazione divina dell'anima in ciascun uomo , attese le sue in-
trinseche ragioni , e piu ancora Y insegnamento progressivo della
Chiesa, pervenne fmalmente a tener sola il campo nelle scuole
cattoliche. II Traducianismo , bandito uuiversalmente da queste,
fion trovo asilo che presso alcuni fisiologi materialist! , e qualche
scriltore -prolestante tedesco od inglese. Soltanto nell' eta nostra ,
restauratrice feconda d' ogni stranezza , si sono veduti de'cattolici
travagliarsi novellamente a risuscitare un errore si grave , benche
sotto forma diversa da quella , che esso ebbe in antico. Due sono,
per quanto e a nostra conoscenza, le nuove fogge, che modernamente
si e cercato di dare al Traducianismo ; e noi qui parleremo dell'una,
riserbando ad altro articolo il trattare dell' altra.
II Dottore Frohschammer, Professore di filosofia nell' Universita di
Monaco in Baviera, diede alia luce nel 1854 un suo libro con queslo
titolo : Suir origine delle anime umane, Giustificazione del Genera-
zionismo 1. In esso egli prende a dimostrare che le anime umane
•")!/}>».'! ..'.
1 Ueber den Ursprung der Menschlichen Leelen — Rechtfertigung des Ge-
neratianismus.
142 TINA NUOVA FORMA DI GENERAZIONISMO
son generate da' parent! : ma non per seme corporeo od incorpo-
reo , il che egli concede essere assurdo , si veramente per eduzio-
ne dal nulla. Nell' uomo, egli dice, e da distinguere la personalita,
ossia la sussislenza individuale , dalla natura , ossia dall' essere
specifico di uomo in quanto uomo , che puo chiamarsi essere gene-
nco. Alia prima appartiene il travagliarsi a perfezionare e svolgere
1' individuo ; alia seconda il travagliarsi a conservare e moltiplica-
re la specie. E siccome ratio generative riguarda questo secondo
scopo ; cosi esso propriamente precede non dalla persona ma dalla
natura. « Non la personalita dei genitori (son sue parole) e quella
che genera , ma la loro natura , la sostanza dell' Umanita , 1'essere
generico , se cosi piace chiamarlo ; benche la personal! la , che n' e
Inseparable, non debba esservi oziosa 1. » E piu sotto : « La per-
sonalita e la sostanza comune colla potenza di propagarsi sono in
certa guisa le due parti opposte della umana natura totale e piena.
Per la personalita, mediante il conoscere evolere, accompagnati
da coscienza , 1' uomo svolge il proprio essere fino alia sua perfe-
zione e durata imperitura. Per la sostanza comune egli e membro
del tulto ( cioe del genere umano ) , e svolge e conserva esso tutto ,
Tale a dire 1' Umanita nelia sua continuazione specifica. Or questa
sostanza comune costituisce la base , il fonrlo ascoso della natura in
genere e dell'amma in ispecie; ed in essa risiede la potenza di ge-
nerare e propagare 1' umana natura quanto al corpo e quanto all'ani-
ma. Qui e dove la natura e connessa colla prima causa ereatrice c
colla vita universale della natara 2. »
Non e peraltro da credere che in si fatla propagazione interven-
ga una duplice azione , Y una che si termini al corpo, e 1' altra che
si termini all'anima. No; quest' azione generaliva, voluta dal Froh-
schammer , e una , come una e la natura del generanle , benche
composta di corpo e di spirito. Anzi e questa composizione appun-
to , -che rende T uomo capace di produrre un altro uomo , ossia
non un viventequalunque, ma un vivente dotato d'anima ragionevo-
le. « Da questo fondo ascoso dell' umana natura, cioe dall' essere
1 Libro citato pag. 71. — 2 Ivi pag. 72
NEL TEMPO MODERNO 143
generico, die si apre , vien parlorito 1' uomo quanto al corpo e al-
1'anima , cioe lutla la sua natura. Non dalla natura corporale nasce
1'anima, e neppure dall' attivita libera della personalita dei genitori,
come se dall' uno e dall' altro di loro fosse da to un pezzo ( per costi-
tuire il nuovo uomo) ; ma le due personalita si spropriano , per dir
cosi, di se slesse nel fondo del loro essere commie, per quivi attuare
la forza creatrice , posta nella natura dell' umanita , e per produrre
una nuova natura umana , mediante 1' atto di questa forza creatrice
secondaria. E perche la. natura corporale e spirituale si .sono unite
e compenetrate , per questo si origina una natura corporeo-spiritua-
le, cioe umana 1. »
Questa teorica , prescindendo dall' idea della vita universale e
della natura umana , e considerata unicamente per cio clie riguarda
la generazione , sembra una tal quale imitaziohe deli' opinione dl
Tertulliano : il quale benche a produrre 1' uomo ammettesse due
semi , 1' uno corporeo e 1' altro animale ; nondimeno li considerava
come congiunti insieme in vera unita : Etsi duas species confitebi-
mur seminis, corporalem et animalem, indiscretas tamen vindica-
mus 2. E poco appresso soggiunge che come da principio il limo
e lo spirito furono da Dio uniti per formare un solo uomo ; cosi quel-
le due soslanze confuse insieme in unita di natura , confusero del
pari i loro semi, sicche divennero un solo principio capace di frut-
tare lulto 1'uomo, composto di corpo e di anima: Cum igitur in pri-
mordio duo diver sa atque divisa, limus et flatus, unum hominem
coegissent, confusae substantiate ambae iam in uno semina (faoque
sua miscuerunl, atque exinde generi propagando formam tradi-
denmt, ut mine duo, licet diversa, etiam unila pariler effluant,
pariterque insin uata sulco et arvo suo pariter hominem ex utraque
substantia e/fruticent. Qui ancora abbiamo la natura che opera ge-
neri propagando , ed opera con unit& di strumento e d' azione, cor-
rispondente all' unita di essere dell'operante. La sola differenza e,
che doYe Tertulliano stabiliva quell' azione come produltiva dell'ani-
1 Opera citata, pag. 72.
2 Liber De anima c. 28.
144 UNA NUOVA FORMA DI GENERAZIONISMO
ma dalla potenzialita della materia; il Frohschammer vuole che
quell'azione sia creatrice, riputando creazione ogni nuova produzio-
ne di vita.
E che tale sia la sua sentenza, apparisce piu chiaramente da que-
st'altro tratto, che togliamo dal suo libro: « II generare, cosi egli si
esprime, per quanto spesso si asserisca, non e un dividere, neppure
negli organismi animali ; ma il generare, anche in quest! e un crea-
re, un produrre cioe qualche cosa di nuovo, che prima in niun modo
esisleva; vero e non quanto alia sustanza ma solo quanto alia forma,
la quale nondimeno e qualche cosa di reale. A piu forte ragione cio-
si verifica nella generazione umana , in cui si deve produrre noa
solo la forma ma anche la sostanza ; giacche si tratta di una nuova
personalita 1. » Ouindi egli conchiude: « Adunque la generazione
e un atto creative della natura umana , e una creazione dal nulla
medianle la potenza creatrice secondaria del genere umano, da Die
data all' umanitSt 2. »
Taluno potrebbe meravigliarsi che questa dottrina sia stata dal-
1' Autore appellata Generazionismo , quando piultosto sarebbe dovuta
dirsi Crcazionismo ; siccome quella che spiega 1' origine dell' anima
umana per vera creazione. Ma 1'Aulore ha giustamente preferito il
primo vocabolc , perche egli attribuisce siffatla creazione alle cause
seconde, val quanto dire ai parenti, come effetto della loro virtu ge-
nerativa , riconosciuta da tutti i filosofi nei vivenli , e che egli arbi-
trariamente trasforma in virtu creatrice.
I punt! principal! di questa teorica possono ridursi a tre. II primo
e la distinzione tra la personalita , propria di ciascun uomo , e la
natura universale, comune a tutti. II secondo e 1'idea di creazione
attribuita ad ogni produzione di nuova vita, eziandio se soltanto ve-
getativa o sensitiva. II terzo, Y applicazione che si fa di questo teo-
rema all' uomo, con argouiento a minori ad mains.
Noi lasciamo da banda il primo punto, siccome quello che non ha
intrinseca connessione col presente nostro proposito. Esso e una ri-
produzione della vecchia dottrina di Guglielmo di Champeaux e de-
1 Opera cilata, pag. 81. — 2 Ivi.
NEL TEMPO MODERNO 145
gli altri realisti esagerali, i quali opinavano die le universal! ragio-
ni delle cose create formalmente esistessero come tali negli individui
concreti. Solamente il Frohschammer vi aggiunge la stravaganza di
allribuire la riflessione sopra 1' intendere e il volere alia personalita,
distinta dalla natura , e alia natura la sola virtu di propagare se
stessa : quasiche tutte le facolla operalrici, quali che sieno, non sor-
gessero in ogni ente dalla natura , e 1' operante umano non fosse in
rigor di termini la persona. Ma , prescindendo da cio , cotesto rea-
lismo esagerato , se non e il panteismo , gli si avvicina di molto , e
pero ne parted pa in buon dato gli assurdi. II che ci sarebbe agevole
di mostrare, se avessimo per iscopo di confutare lulta la dottrina del
Dottore Frohschammer, e non di considerare la sola quistione dell'o-
rigine dell'anima umana. A questa dunque restringendoci preteria-
mo T anzidetto punto , e ci volgiamo a discutere soltanto i due po-
steriori.
II.
Si atterra il fondamento, sopra cui si appoggia il Frohschammer,
che ogni generazione sia creazione.
Per rimuovere la difficolta che la mente nostra potrebbe incontrare
ad ammettere che i parenti creino 1'anima de'figliuoli, il Frohscham-
mer si studia di stabilire che questo interviene eziandio nella produ-
zione delle pianle e dei bruti animali, fermando questo principio ge-
nerale che ogni generazione e vera creazione. II generate, egli dice,
non e una parte del generante, ma e un tutto per se sussistente, che
novamente sorge all' esistenza. II principio vitale, che lo costituisce,
e una realita , che prima non esisteva in nessuna sua parte, e che
vien posta e prodotla per 1' alto stesso generative come cosa del tutto
nuova. Essa dunque vien creata , ossia tratta dal nulla ; e cio per
virtu ed azione connaturale del generante. Vero e che nei vegetabili
e nei puri animali , il principio di vita non ha ragione se non di
semplice forma ; giacche non e capace di stare da se , ma solo di
attuare una materia che da prima nei seme fu data dal generante e
Serie Y, vol. X, fasc. 338. 10 31 Marzo 1864.
116 UNA NUOVA FORMA DI GENERAZIONISMO
poscia nel crescere dell' organismo vien porta dalla circostante na-
tura. Ma do nulla toglie alia novita della vita slessa, die costiluisce
il novello vivenle , e die per esser cosa, la quale innanzi non era in
nessun modo, dee dirsi prodolla dal nulla.
Ouesta dottrina non e nuova del tutto. Fin dai primi tempi della
Scolaslica non pochi della setta dei Nominali insegnarono cbe , co-
me Tanima umana, cosi ancora Tanima dei bruti e delle piante,
anzi gli stessi principii formali dei corpi inorganici non vengono
altrimenti prodolti che per vera creazione. Senonche costoro at-
Iribuivano tal creazione all' onnipotenza divina , die interviene in
ogni operazione della natura ; laddove il Frohschammer F ascrive
all' attivita delle cause seconde generatrici, le quali abbiano ricevuto
come proprieta loro nalurale una tanta efficacia. Ma lasciando stare
per ora che la virtu di creare non puo competere se non a Dio ( il
che sara dimostrato nel paragrafo seguente); prendiamo qui a ri-
battere la sola prima parte del presenle errore , la confusione cioe
che esso fa della semplice generazione colla creazione propriamen-
te delta.
A raostrare 1' irragionevolezza di tal confusione, basterebbe por
mente alle confessioni stesse del nostro Autore. Imperocche noi con-
yeniamo pienamente con lui che il generato non e un' appartenenza,
staccatasi, per divisione, dal generante ; ma e un tutlo per se sussi-
stente , in verita prodotto a nuova esistenza. Tultavia egli stesso
concede che di questo tutto , allorche trattasi di un puro vegetable
o senziente, non si produce che la semplice forma (il principio so-
stanziale altivo ) , la quale non e in rigore di termini vera sostanza,
siccome quella che non puo stare da se, ma ha bisogno, per esislcre,
della maleria, che le faccia da sostegno, e che non vien prodotta di
nuovo, ma viene somministrata in prima dal generante e poscia dalla
circostante natura. Per contrario nella produzione dell'anima umana,
vien data 1' esistenza, non ad una semplice forma ma ad una vera so-
slanza, capace di stare da se senza bisogno di materia che la soslenli.
Or chi non vede 1' immenso divario che corre dall' una all' altra di
si falte produzioni? Quantunque in ambidue i casi si produce una
cosa nuova che prima non era ; nientedimeno nella produzione dell'a-
NEL TEMPO MODERKO 147
niraa umana si produce una cosa che prima non era ne quanto a se
lie quanto al soggelto , giacche essa non ha bisogno di soggetto per
esistere ; all' opposto nella produzione del principio vegetalivo nella
pianla e del sensitivo nel bruto, si produce una cosa che prima non
era quanto a se solamente , ma non quarito al soggetto , necessa-
rio sostegno della sua esistenza. Cio basta per distinguere la crea-
zione dalla semplice produzione; giacche la prima si definisce: Pro-
duetto ret ex nihilo sui et subiecti; la seconda: Productio rei ex ni-
hilo sui sed non ex nihilo subiecti. L' insistere dunque, come fa il
Frohschammer, e il ripetere tante voile che la forma prodotta di nuo-
vo nella generazione della pianta e dell'animale, e una cosa reale,
una cosa nuova, di cui niuna parte preesisteva, e al tutto fuor di
proposito ; slanteche cio prova solamente ch' essa e prodotta dal nul-
la di se, ma non dal nulla del soggetto. Or questo non basta al con-
cetto di creazione, il quale, comeabbiamdetlo, richiede che 1'effello
sia prodolto anche dal nulla del soggetto , val quanto dire che sia
prodotto in guisa che noa preesisla niun soggelto o materia, da cui
dipenda nell' essere.
Molli moderni sostengono che 1' anima dei bruti vien creata da
Dio, e pero da Dio stesso e dislrulta per annichilazione nel dissolvi-
mento deH'organismo. Ma essi sostengono al lempo stesso, che Tan-
zidetta anima e vera sostanza, che sussiste da se indipendentemente
dal corpo. Noi qui non vogliamo discutere si fatta sentenza, ne cer-
care se essa corrisponde al fenomeno delle operazioni del brulo, le
quali soa lulte organiche e niuna si esercita senza concorso del corpo.
Diciamo solo che essa in quelle due parti, che stabilisce, e coerente
con se medesima; giacche in lanto vuole T anima belluina per crea-
zione, in quanto la vuol sussislente al modo stesso dell'aninia umana.
Ma il Frohschammer, che ammette 1'una cosa e non 1'allra, incorre in
manifesta contraddizione, o almeno abusa arbitrariamenle de'vocabo-
li, pretendendo che si chiami creazione qualunque produzione di nuo-
va realta, quando cotesta voce e destinata ad esprimere la produ-
zione di una cosa, non dal nulla di se solamente^ ma dal nulla lotale,
cioe dal nulla di se e del soggetto.
118 UNA NUOVA FORMA DI GENERAZIONISMO
Senonchc Y errore del Frokschammer ha piuprofonda radicc, sic-
come quello clie nasce dal non comprendere la vera ragione di ef-
ficienza, e il rispetto in che ella e coll' ente che si produce.
Queste tre cose : operazione, essere, farsi, sono correlative e pro-
porzionali tra loro. II farsi e via all' essere; 1' essere e termine del
farsi; 1' operazione e frutto di un tal termine, cioe dell'essere. Laon-
de quello, che opera, e propriamente quello che e ; e quello, che e,
e propriamente quello che vien fatto. Di qui segue che quando una
forma ha operazione a .se , senza concorso intrinseco di soggetto
materiale, come accade dell' anima intellettiva ; essaforma possiede
1' essere come cosa propria, e per conseguenza essa e termine di-
retto dell' azione colla quale viene falta. Per contrario , quando non
e la forma che opera, ma il composto; esso composlo e propria-
mente quello che e, e conseguenfemente quello che vien fatto, giac-
che a quello compete la via, a cui compete il termine: Cum fieri sit
via ad esse, hoc modo alicui competit fieri, sicut ei competit esse.
Illud autem proprie dicitur esse , quod ipsum habet esse , quasi in
suo esse subsistens. Unde solae substantiae proprie et vere dicuntur
entia, accidens vero non habet esse, sed eo aliquid est , et hac ra-
tione ens dicitur: sicut albedo dicitur ens, quia ea aliquid est album.
Etpropter hoc dicitur in 7 Metaphys. c. 1, quod accidens dicitur
magis entis, quam ens. Et eadem ratio est de omnibus aliis for-
mis non subsistentibus ; et ideo nulli formae non subsistenti proprie
convenit fieri 1.
Di qui limpidamente apparisce la distinzione tra 1'atto creative e
1' alto meramente produttivo o generative. Imperocche se il termine
dell'azione e conseguentemente 1'oggetto deU'effezione e il sussisten-
te; quando tutto esso vien prodolto, come accade dell'anima umana
( la quale non solo e semplice, ma e indipendente nel suo essere dal
corpo), allora si avvera la creazione, la quale e produzione dell' in-
tero essere dell' effetto. Ma quando per conlrario 1' una parfo del
sussistente si presuppone, e soltanto 1'allra si produce ( come accade
nella generazione della pianta e del brute, dove il sussistente e il
1 S. TOMMASO In 7.m Metaphys. lee. 3.
NEL TEMPO MODERNO 149
composto, e di esso si presuppone la materia e si produce la sola
forma ) , allora 1' idea di creazione vien meno e si verifica la sola
idea di produzione.
Egregiamente in tal proposito il gia citato altra volta P. Kleutgen:
« Affine di svolgere questa dimostrazione nelle singole sue parti ,
noi dobbiamo in prima ricliiamare a menle la dottrina : che, sicco-
me degli accidenti, cosi anche dei principii sostanziali, component!
gli esseri naturali, 1'esserenon puo affermarsi in modo assoluto,
ma solamente subordinate. Siccome non e la rotondita, per esempio,
o la calidita che assolutamente esiste, ma bensi il corpo rotondo e
caldo, e la rotondita e la calidila in tanto e solamente, in quanto per
cssa alcun corpo e rotondo e caldo ; cosi appunto 1' essere non con-
viene propriamente, ne alia maleria, cioe al puro ed indeterminato
primo subbietto, ne. alia forma che la determina, rna soltanto al com-
posto di arnendue ; e cio perche, come gli accidenti dipendono nel
loro essere dalla sostanza, cosi queste parti component! dipendono
1'una dall'allra, e sono 1'una all' altra reciprocamente cagioni del-
1' esistere. Elle sono adunque soltanlo nella loro uniorie, e percio di
ciascuna si puo dire che sia, solo relativamente all' altra, non gia
assolutamenle, come si dice del tutto. Ora quel che e vero de\Y es-
sere, vale altresi del far si. Allorche dunque nuovi esseri sono pro-
dolti nella natura, non e ne la materia ne la forma, ma bensi la so-
stanza, da esse risultante, quella che si fa; e la maleria e la forma si
fanno, solo in senso relativo, siccome solo in senso relative elle sono.
Sopra cio e fondata la distinzione tra il yenerari o fieri per se, e per
accidens. II farsi alcuna cosa per accidens, non vuol dire ch' ella
sia prodolta casualmente ; ma bensi ch' ella si fa non per se , ma
con relazione e dipendenza da un' altra. Si fa il moto , perche il
corpo vien mosso; ed il calore, perche il corpo viene scaldato. Ora,
benche i priacipii vitali degli esseri naiurali non siano meri acci-
denli o fenomeni, ma principii sostanziali; essi pero convengono
cogli accidenti in questo, che non possono essere ne farsi per se, ma
solo nella materia che vien da essi vivificata. Percio adunque dices!
anche di loro, che son gemvali per accidens. Quel che assolutamente
150 UNA NUOVA FORMA DI GENERAZIONISMO
vien fatto, e il corpo vivente, la pianta, il brulo ; e il principio vi-
tale Yien falto solamente, in quanlo Yien fatto il tiillo sussistente.
« Ora, si richiami inoltre a mente, cbe la eongiunzione di tali
forme vitali colla maleria e al tempo slesso un legamento e un assor-
bimenlo. Non si da niuna operazione del bruto, neppure nell'appren-
sione, la quale apparlenga soltanlo aH'anima; ma il corpo animate e
quel die sente, e gli organi viventi son quelli die apprendono. Ma
qual e 1' operarc, tal e 1' essere. L' anima del bruto non ba niun es-
sere, fuorchc nella materia e con essa. Bisogna dunque negli esseri
naturali Yiventi riguardare la materia, non gia coi Cartesiani come
una cosa inanimata, in cui un' altra cosa sia quella che open e viva,
ma come veramente vivente; salvo che essa non e vivenle per se,
ma e diventata vivente, e puo ritornare inanimata. lo posso pertan-
to dire con verila, cbe la materia nella pianla e.divenlala un corpo
vegetaule, e nel bruto un corpo senziente, ed ho con cio espresso
1' essere di quesle cose naturali.
« Allorche dunque si esprime la produzione delle forme colla fra-
se de potenlia materiae educere ; cio vuol dire che le forme sorgo-
no nella materia, nell' atto che questa per le forze generatrici diventa
cio, che e capace di diventare. Siccome il calore e prodotto nel cor-
po, perche il corpo puo diventar caldo; cosi e prodotlo ii principio
vegetativo nella materia, perche la materia puo diventare vivente.
Ora egli e manifesto che in questo modo non puo venire prodolto se
non il priucipio di quella vita sollanto, della quale la materia e capa-
ce d' essere ornata 1. »
Non potea spiegarsi questo punto si rilevanle con piu precisionc
e chiarezza. Da tale spiegazione evidenlemente risulta quanto raal
si confonda la generazione colla creazione ; giacche per questa si
produce tulto 1' essere d'una nuova sostanza , laddove per quella se
ne produce, diciam cosi, una meta, cioe 1' alto sostanziale, di cui la
materia preesistente e capace di rivestirsi. Laonde cosi fatta azione
non puo dirsi creatrice, ma sollanto trasformatrice ; e la nuova for-
1 Die philosophic der vorzeit vertheidrgt , von loseph Klcutgen Priester
der Gesellschaft. Vol. II, pag. 619.
]\TEL TEMPO MODERNO 151
ma, che si produce, non puo dirsi Iralta dal nulla, ma e e dee dirsi
traUa dalla potenzialita della preesistente maleria; giacche in tanto
si produce, in quanto ia causa efficiente conduce coll' altivita sua
la maleria preesislente a un nuovo essere in atto, al quale prima ella
era in potenza : Omnis forma , quae educitur in esse per maleriae
transmutalicnem, est forma educta de potentia maleriae; hoc enirn
est maieriam transmutari, de polentia in actum educi 1.
III.
Si rimuove daU anima umana r applications del principio generate,
riguardante la generazione.
Se dunque il principio vitale degli esseri, inferior! all'uomo, in
tanto si puo dir generate, benche indireltamente ossia per acci-
denle, in quanto si produce come atto e perfezione sostanziale , di
cui la materia stessa si riveste; e chiaro che cio non puo in niuna
guisa attribuirsi all' anima intelleltiva, giacche la maleria puo bensi
diventare vegetante e senziente, ma in niuua guisa puo divefitare in-
telligenle : Anima autem intellectiva non potest educi de potentia
maleriae: iam enim supra ostensum est, quod ipsa anima intellecli-
va excedit totum posse materiae, quum habeat aliquam operatio-
n-em absque materia. Non igitur anima intellectiva in esse educitur
per transmutationem maleriae, et sic neque per actionem virlutis,
quae est in semine 2.
Sopra queslo punto della piena sostanzialila dell' anima umana e
della sua indipendenza dalla materia, a differenza del principio vitale
delle piante e dei bruti, abbiamo consenziente il sig. Frohschammer,
il quale ripete sovente che a riguardo della sola anima dell'uomo deve
prodursi una vera sostanza, un vero sussistente; laddove, a riguardo
dellc \ite inferior! , deve prodursi la sola forma della sostanza non
la sostanza.. Di qui nasce che dunque , supposta la teorica del pa-
-,?-,\ . \v.\,
1 S.TOMMASO ' Contra Gentiles i^^c. 8G.
2 Id. ibid.
UNA NUOVA FORMA DI GENERAZIONISMO
ragrafo precedente, la sola anima umana non puo esistere se non
per creazione : e pero malamente argomenta il Frohschammer, al-
lorchedacio, cbe avviene nella generazione de'vivenli inferior!,
argomenta che nella generazione umana 1' anima de' figliuoli deb-
ba essere prodotla dall' azione de'genitori. Tutto questo suo di-
scorso cade per terra , negandosi la parita dell' esempio ; giacche ,
supposla la differenza, che lo stesso Frohschammer riconosce, tra
il principio \1tale delle piante e de' bruli e T anima dell' uomo, si fa
manifesto che il primo non esige, come la seconda, di essere creato,
cioe prodotlo dal vero nulla. Cio potrebbe bastare a confutazione del
suo sislema. Ma una tal confutazione sarebbe solamente negativa, ed
e bene aggiungerne un' altra che sia positiva. Ouesta e fatta da
S. Tommaso coi due argomenti, che noi omettemmo nel primo arli-
colo, per ripigliarli nel presente; e dicono in somma cosi: 1.° L'ani-
ma umana, essendo ordinata a Dio , non puo procedere che da Dio.
2.° L'anima umana, non potendo aver origine che per pura creazio-
ne, non puo prodursi da' parent! , perche Dio solo e creatore. Chia-
riamo alquanto 1'uno e 1' altro argomento, insistendo suite orme del
S. Doltore.
« II fine di ciascuna cosa, egli dice, dee rispondere al principio
delta medesima ; attesoche allora il prodollo e perfetlo , quando si
ricongiunge al suo principio o per simigtianza nell' essere, o in qual-
che altra maniera. La ragione e, perche ogni agente tende colta sua
azione a riprodurre se stesso o nell' ordine reale o nell' ordine co-
noscitivo ; secondoche il soggetto , sopra cui opera , e capace di
parteciparne la forma fisicamente o idealmente : Omne agens agit
sibi simile. Ora il fine dell' anima umana e 1' ultima sua perfezione
consiste in cio , che travalicando tutlo 1* ordine delle creature ade-
risca a Dio per inlellelto e amore. Dunque, 1' anima umana non ha
che Dio per autore della sua esistenza : Finis rei respondet principio
ems. Tune enim res perfecta est , cum ad primum principium per-
tingit vel per similitudinem vel quocumque alio modo. Finis autem
animae humanae et ultima eius perfectio est , quod per cognitionem
et amorem transcendat totum ordinem creaturarum et pertingat ad
NEL TEMPO MODERNO 11)3
primwn principium, quod est Deus. Jgilur a Deo habet propriae
suae originis principium 1.
L' allegato argomento puo proporsi altresi sotto quest' altra forma :
La qualita del fine, a cui e ordinato un soggetto, ne arguisce la qualita
dell'essere, e la qualita dell' essere ne arguisce la qualita dell'origi-
ne. Perocche come il fine compie la perfezione di esso soggetto, cosi
1'origine la inizia. Or come il fine dell'anima dei bruti e racchiuso nel-
la cerchia delle cose di quaggiu , cosi per contrario il fine dell' ani-
ma umana sgorga immediatamenle da Dio, come oggetto di cono-
scenza e amore. Dunque come T anima belluina dipende nell' essere
e trae origine dalle cose di quaggiu ; cosi per contrario 1' anima uma-
na non e sostenuta nell' essere che da Dio, e da lui solamente deriva
la propria origine.
L' anima d' ogni bruto e delle piante
Di complessi'on potenziata lira
Lo raggio e-'l moto delle luci sante.
Ma nostra vita senza mezzo spira
La somma benignanza e 1' innamora
Di se, sicche poi sempre la disira.
Cosi sulle orme dell'angelico Dottore ragionava il divino Poeta 2.
II secondo argomento di S. Tommaso si esprime cosi: Cio che
vien prodotto , puo esser prodotto in due modi. 0 percbe riceve una
nuova specificazione nell' essere, come accade verbigrazia in una
pianta, la quale si produce per trasformazione d'una previa materia;
o perche riceve 1' essere assolutamenle preso e la prima sussislenza,
come accade di una sostanza che \1en prodotta dal nulla. Or all'ani-
ma umana non puo competere il primo modo di produzione, essendo
essa semplice ed immateriale, cioe indipendente dalla materia. Dun-
que dee competerle il secondo. Ma 1' essere assolulamente preso e la
prima sussistenza e effetto proprio della sola causa universalissima e
prima, cioe di Dio ; giacche le cause seconde non possono produrre,
1 Contra Gentiles, lib. 2, c. 87.
2 DANTE, Paradiso, VII.
151 UNA NUOVA FORMA DI GENERAZIONISMO
se non do che e secondario e adiacente nell' essere. Dunque Y anima
umana non puo essere prodotta che dal solo Dio : Ipswn esse est
proprius effectus primi et unwersalis agentis. Secimda enim ayentia
ayunl per hoc, quod imprimunt similitudinem siiarum formarum in
rebus factis, quae sunt formae factorum. Anima iyitur non potest
produci in esse, nisi a primo et unwersali ayenle, quod est Deus 1.
Quest' argomen to , benche da alcuni impugnalo , a noi sembra
saldissiaio. Imperocche Iddio come si contraddistingue essenzial-
niente da lutte le creature nell'essere, cosi deve conlraddislinguer-
si nell' efficienza non solo inlerna ma anche esterna , la quale risul-
ta dall'essere. Dunque come egli ha un essere proprio, incomunica-
bile alle creature , cosi deve avere un' efficienza inlerna ed esterna
sua propria ed incomunicabile ad esse creature. L'efficienza inter-
na e la produzione del Verbo e dell' Amore sussistente , a se consu-
stanziale nella natura , secondo che c' insegna la Fede. Ma quanto
all'efficienza esterna , qual saraella? Non allra puo pensarsi, se
non la \irtu creatrice. E veramente la sola virtu creatrice , avendo
dominio sulla prima sussistenza deU'effetto, corrisponde a quella
causa, la cui essenza e costituita dail'essere slesso per se sussisten-
te. La virtu creatrice adunque e virtu propria del solo Dio ed inco-
municabile alle cause secoude. Le cause seconde nou possono par-
lecipare, se non una efficienza secondaria, la quale non si stenda
alia fondamental sussistenza dell'effetto, ma ne presupponga semprc
Tincoazione, in quanto presupponga un soggetto polenziale, capacc
di rivestire 1' atto accidental o sostanziale che essa produce.
E 1'esperienza ci conferma un tale deltato della ragione. Impe-
rocche noi veggiamo che menlre la natura colle sue forze si stende
a cavare dalla potenzialiU?» della miateria qualsivoglia forma acciden-
tale o soslanziale , di cui la materia puo rivestirsi ; tuttavia nori e
abile a produrre di nuovo ne anche un atomo di essa materia. Non
e questo un indizio manifesto che le forze create possono soltanto
impiegarsi a trasformare sia accidentalmente sia soslanzialmenle un
essere preesistenle e capace di tali trasformazioni, ma in niuna gui-
1 Contra Gentiles, lib. 2, c. 87.
NEL TEMPO MODERNO 155
sa possono stendersi all' essere stesso fondamentale e alia sussi-
stenza prima , die stia in se medesima , senza bisogno di appoggio
o sostegno?
Non per tanto fingiamo un poco die ne la ragione ne 1'esperienza
dimostrino evidentemenie 1' impossibility della virtu creatrice nelle
cause seconde. Certo ead un tempo die ne 1' una ne 1'altra dimostra
il contrario, doe che lal virtu cicatrice di falto sia stata a quelle co-
municata da Dio. Cio posto, 1' unica via per risolvere la quistione non
puo essere allra, se non la rivelaziqpe. Or la rivelazione indubitata-
menle risolve codesta quistioue nel primo senso, cioe che il solo Dio
e creatore : Administrare crealararum et servorum est, condere autem
atque creare solius Dei. Cosi il grande Atanasio 1. E S. Cirillo Ales-
sandrino : Efftcaciter posse ut creatorem operari et producere res,
quae aliquando non erant, est unum ex us quae pr opria sunt solius
et omnium summae substanliae 2. Sopra un tal punto la tradizione
ecclesiastica e unanime ed universale. Basli a cio , per non esten-
derci in lunghe citazioni , la teslimonianza autorevolissima del Sua-
rez : Vera ac certa doctrina docet de facto nullam creaturam aliquid
creasse; solum enim Deum omnium creatorem vera Fides aynoscit
et Sancti omnes docent 3. E quand' auche si volesse, oltre il sentir
Concorde de' Padri e de' Teologi, un' espressa definizione della Chie-
sa , 1' abbiamo nel Concilio generale IV di Laterano, il quale defini
die Dio solo e creatore di tutte le cose, siano visibili siano invisibili:
Deus. . . unum unioersorum principium , creator omnium visibilium
et invisibilium 4. Di che evidentemente conseguita che fuori di lui
niuna altra causa puo dirsi crealrice ; e pero attribuire ai parenti la
creazione deiranima umana, e manifesta eresia.
1 Sermone 3, contra Arianos.
2 Lib. 2, contra Mianum.
3 Disp. Metaph. Disp. XX, De creatione, sect. II.
4 Capite Firmiter, De summa Trinitate et Fide catholica. Qaesto decreto
fu emanate dal Concilio (1'anno 1215) contro 1'errore di quegli Arabi filosofi
e loro segnaci , i quali sostenevano che le anime umane venissero create
dairinfima delle separate intelligenze. Ma la verlta da esso stabilita, che Dio
solo e creatore delle cose tutte visibili ed invisibili, esclude I'efficacita crea-
trice da ogni causa seconda generalmente.
Io6 UNA NIOVA FORMA DI GENERAZIONISMO
Cio posto, non e maraviglia se il libro delsig. Frohschammer, nel
quale una tale eresia e contenuta, venne solennemente ccndannalo
per giudizio della sacra Congr.egazione dell'Indice, con decreto del di
9 Maggio 1851. Al quale decreto 1' Autore non essendosi sottomesso,
come i suoi doveri di cattolico richiedevano ; anzi avendo messo
fuori allri libri, in cui irriverentemenle si svelenisce contro 1' aulo-
rila, che lo avea sentenziato, e agli antichi aggiunge altri errori; il
Somrno Pontefice Pio IX in un Breve, direito all'Arcivescovo di Mo-
naco, con gravissime parole ne* lo riprende e condannando le sue
nuove pesiilenziali dottrine riconferma la censura, gia inflitta al suo
libro sull' origine dell' anima uraana. II qual Breve, attesa T impor-
tanza del documenlo, crediamo di dovere riportare qui per intero, a
modo di appendice; e con esso resta perentoriamente decisa la
quistione, agli occhi d' ogni sincere cattolico.
Breve di S. S. Papa Pio IX air Arcivescovo di Monaco
e di Frisinga.
YEXERABILI FRATRI GREGORIO ARCHIEPISCOPO MONACENSI ET FRISINGENSI
PIUS PP. IX.
Venerabilis Prater, Salutem et Apostolicam Benedictionem. Gravissimas
inter acerbitates, quibus undique premimur in hac tanta temporum per-
turbatione et iniquitate, vehementer dolemus, cum noscamus, in variis
Germaniae regionibus reperiri nonnullos catholicos etiam viros , qui sa-
cram theologiam ac philosophiam tradentes minime dubitant quamdam
inauditam adhuc in Ecclesia docendi scribendique libertatem inducere,
novasque et omnino improbandas opiniones palam publiceque profiteri,
et in vulgus disseminare. Hinc non levi moerore affecti fuimus, Vcnera-
bilis Frater, ubi tristissimus ad Nos venit nuntius, Presbyterum lacobum
Frohschammer, in istaMonacensi Academia philosophiae doctorem, huius-
modi docendi scribendique licentiam prae ceteris adhibere, eumque suis
operibus in lucem editis perniciosissimos tueri errores. Nulla igitur inter-
posita mora, Nostrae Congregation! libris notandis praepositae mandavi-
mus, ut praecipua volumina, quae eiusdem Presbyteri Frohschammer
nomine circumferuntur, cum maxima diligentia sedulo perpenderet, et
NEL TEMPO MODERNO 157
omnia ad Nos referret. Quae volumina germanice scripta titulum habent:
— Introductio in Philosophiam, — De Libertate scientiae, — Athenaeum,
— quorum primum, anno 1858, alterum anno 1861, tertium yero yertente
hoc anno 1862 istls monacensibus typis in lucem est editum. Itaque ea-
dem Congregatio, Nostris raandatis diligenter obsequens, summo studio
acouratissimum examen instituit, omnibusque semel iterumque serio ac
mature ex more discussis et perpensis , iudicayit , auctorem in pluribus
non recte sentire, eiusque doctrinam a yeritate catholica aberrare.
Atque id ex duplici praesertim parte. Et primo quidem propterea quod
auctor tales humanae rationi tribuat yires, quae rationi ipsi minime com-
petunt ; secundo yero, quod earn omnia opinandi, et quidquid semper
audendi libertatem eidem rationi concedat, ut ipsius Ecclesiae iura, offi-
cium, et auctoritates de medio omnino tollantur. Namque auctor in pri-
mis edocet, philosophiam, si recta eius habeatur notio, posse non solum
percipere et intelligere ea Christiana dogmata, quae naturalis ratio cum
Gde habet communia (tamquam commune scilicet perceptionis obiectum),
yerum etiam ea, quae christianam religionem fidemque maxime et pro-
prie efficiunt, ipsumque scilicet supernaturalem hominis finem, et ea
omnia, quae ad ipsum spectant, atque sacratissimum Dominicae Incar-
nationis mysterium ad humanae rationis et philosophiae provinciam per-
tinere, rationemque, dato hoc obiecto, suis propriis principiis scienter
ad ea posse peryenire. Etsi yero aliquam inter haec et ilia dogmata di-
stinctionem auctor inducat, et haec ultima minor! hire rationi attribuat ,
tamen clare aperteque docet, etiam haec contineri inter ilia, quae veram
propriamque scientiae seu philosophiae materiam constituunt.
Quocirca ex eiusdem auctoris sententia concludi omnino possit ac de-
beat, rationem in abditissimis etiam diyinae Sapientiae ac Bonitatis,
immo etiam et liberae eius yoluntatis mysteriis, licet posito reyelationis
obiecto, posse ex seipsa, non iam ex diyinae auctoritatis principio , sed
ex naturalibus suis principiis etyiribus ad scientiam seu certitudinem per-
yenire. Quae auctoris doctrina quam falsa sit et erronea nemo est/qui
christianae doctrinae rudimentis yel leyiter imbutus non illico yideat,
planeque sentiat.
Namque si isti philosophiae cultores yera ac sola rationis et philoso-
phiae disciplinae tuerentur principia et iura, debitis certe laudibus essent
persequendi. Siquidemyera ac sana philosophia nobilissirnum suum locum
habet ; cum eiusdem philosophiae sit, yeritatem diligenter inquirere, hu-
manamque ra.tionem, licet primi hominis culpa obtenebratam, nullo tamen
158 UNA NUOVA FORMA DI GE]\7ERAZIONISMO
modo extinctam, recte ac sedulo excolere, illustrare, eiusque cognitionis
obiectum, ac permultas yeri tales percipere, bene inteliigere, promovere,
earumque plurimas, uti Dei existentiam, naturam, attributa, quae etiani
fides credenda proponit, per argumenta ex suis principiis petita deraon-
strare, yindicare, defendere, atque hoc modo yiam munire ad baec dog-
mata fide rectius tenenda, et ad ilia etiam reconditiora dogmata, quae
sola fide percipi priraum possunt, ut ilia aliquo modo a ratione intelligan-
tur. Haec quidem agere, atque in his versari debet severa et pulcherrima
"verae philosophiae scientia.
Ad quae praestanda si yiri docti in Germaniae Academiis enitantur pro
singular! inclytae illius Nationis ad severiores gravioresque disciplinas
excolendas propensione , eorum studium a Nobis comprobatur et com-
mendatur, cum in sacrarum rerum utilitatem profectumque convertant,
quae illi ad suos usus invenerint. At vero in hoc gravissimo sane negotio
tolerare nunquam possumus ut omnia temere permisceantur, utque ratio
illas etiam res, quae ad fidem pertinent, occupet atque perturbet, cum
certissimi omnibusque notissimi sint fines, ultra quos ratio nunquam suo
iure est progressa, vel progredi potest.
Atque ad huiusmodi dogmata ea omnia maxime et apertissime spectant,
quae supernaturalem hominis eleyationem, ac supernaturale eius cum
Deo commercium respiciunt, atque ad hunc finem revelata noscuntur. Et
sane cum haec dogmata sint supra naturam , iccirco naturali ratione, ac
naturalibus principiis attingi non possunt. Nunquam siquidem ratio suis
naturalibus principiis ad huiusmodi dogmata scienter tractanda effici po-
test idonea. Quod si haec isti temere asseverare audeant, sciant, se certe
non a quorumlibet doctorum opinione, sed a communi et numquam im-
mutata Ecclesiae doctrfna recedere. Ex divinis enim Litteris, et Sancto-
rum Patrum traditione constat, Dei quidem existentiam, multasque alias
veritates, ab iis etiam, qui tidem nondum susceperunt, naturali rationis
lumine cognosci , sed ilia reconditiora dogmata Deum solum manifestas-
se, dura notum facere yoluit, mysterium, quod absconditum fuit a saeculis
et generationibus * ; et ita quidem , ut postquam multifariam multisque
modis olim locutus esset patribus in prophetis, novissime Nobis locutus
sit in Filio, per quern fecit et saecula 2.... Deum enim nemo vidit unquam.
Unigenitus Films, qui est in sinu Patris, ipse enarravit 5.
\ Col. I, 26.
2 Hebr.1,4, 2.
NEL TEMPO MODERNO 159
Quapropter Apostolus , qui , gentes Deum per ea quae facia sunt co-
gnovisse testatur, disserens de gratia et veritate *, quae per lesiim Chri-
stuin factaest, loquimur , inquit , Dei sapientiam in mysterio , quae
abscondita est . . . , quam nemo principum huim saeculi cognovit ...
Nobis autem 'revelamt Deus per Spiritum swim . . . Spiritus enim omnia
•scrutatur, etiam profunda Dei. Quis enim hominum scii quae sunt homi-
nis, nisi spiritus hominis, qui in ipso estt Ita et quae Dei sunt nemo
cognovit, nisi Spiritus Dei 2.
Hisce aliisque fere innumeris divinis eloquiis inhaerentes SS. Patres
in Ecclesiae doctrina tradenda continenter distinguere curarunt rerum
diTinarum notioneni , quae naturalis intelligentiae vi omnibus est com-
intmis, ab illarum rerum notitia, quae per Spiritum Sanctum fide susci-
pitur ; et constanter docuerunt , per hanc ea nobis in Christo revelari
inysteria, quae non solam humanam philosophiam, verum etiam Angeli-
cam naturaleni intelligentiam transcendunt , quaeque etiamsi divina re-
velatione innotuerint , et ipsa fide fuerint suscepta , tarnen sacro adhuc
ipsius fidei yelo tecta et obscura caligine obvoluta permanent , quam-
diu in hac mortali yita peregrinamur a Domino 5.
Ex his omnibus patet alienam omnino esse a catholicae Ecclesiae do-
ctrina sententiam, qua idem Frohschammer asserere non dubitat, omnia
indiscriminate christianae religionis dogmata esse obiectum naturalis
scientiae , seu philosophiae , et humanam rationem , historice tantuni
excultam , modo haec dogmata ipsi rationi tanquam obiectum proposita
fuerint, posse «x suis naturalibus yiribus et principio ad veram de omni-
bus, etiam reconditioribus dogmatibus, scientiam peryenire.
Nunc yero in memoratis eiusdem auctoris scriptis alia dominatur
sententia , quae catholicae Ecclesiae doctrinae , ac sensui plane adver-
isatur. Etenim earn philosophiae tribuit libertatem , quae non scientiae
libertas , sed omnino reprobanda et intoleranda philosophiae licentia sit
appellanda. Quadam enim distinctione inter philosophum et philosophiam
facta, tribuit philosopho ins et officium se submittendi auctoritati , quam
veram ipse probaverit, sed utrumque philosophiae ita denegat, ut, nulla
1 IOA\, I, J7.
2 1 Corint., II, 7, 8, -10, 44.
S S S. IOA*. CHRY.S. homil. 7 (9) in I. Corint. — S. AMBROS. de fide ad Grat. I, 40.
— ' S. 'LEO, de' Nativ. Dom.,;Ser. 0. — S. CYRIL. ALEX, contr. Nestor, lib. Ill , initio :
in loan. I, 0. _ S. IO\N DAM. de fide, i>rat. U, 4; 2; in I Cor. c. 2. — S. HIEH. in
Gal. HI, 2.
100 UNA NUOVA FORMA DI GENERAZIONISMO
doctrinae revelatae ratione habita , asserat , ipsam nuaquam debere ac
posse Auctoritati se submittere. Quod esset tolerandum et forte admit-
tendum, si haec dicerentur de hire tantum , quod habet philosophia suis
principiis, seu methodo, ac suis conclusionibus uti, sicut et aliae scien-
tiae, ac si ems libertas consisteret in hoc suo iure utendo , ita ut nihii
in se admitteret, quod non fuerit ab ipsa suis conditionibus acquisitum ,
aut fuerit ipsi alienum. Sed haec iusta philosophiae libertas suos limites
noscere et experiri debet. Nunquam enim non solum philosopho, yerum
etiam philosophiae licebit, aut aliquid contrarium dicere iis, quae divina
reyelatio , et Ecclesia docet , aut aliquid ex eisdem in dubium yocare ,
propterea quod non intelligit , aut iudicium non suscipere , quod Eccle-
siae auctoritas de aliqua philosophiae conclusione, quae hucusque libera
erat, proferre constituit.
Accedit etiam , ut idem auctor philosophiae libertatem , seu potius ef-
frenatam licentiam tarn acriter, tarn temere propugnet, ut minime yerea-
tur asserere , Ecclesiam non solum non debere in philosophiam unquam
animadvertere, verum etiam debere ipsius philosophiae tolerare errores,
eique relinquere ut ipsa se corrigat ; ex quo evenit , ut philosophi hanc
philosophiae libertatem necessario participent , atque ita etiam ipsi ab
omni lege solvantur. Ecquis non videt quam yehementer sit reiicienda ,
reprobanda , et omnino damnanda huiusmodi Frohschammer sententia
atque doctrina ? Etenini Ecclesia ex diyina sua institutione et diyinae
fidei depositum integrum inyiolatumque diligentissime custodire , et
animarum saluti summo studio debet continenter adyigilare , ac summa
cura ea omnia amoyere et eliminare , quae yel tidei adversari , yel ani-
marum salutem quoyis modo in discrimen adducere possunt. Quocirca
Ecclesia ex potestate sibi a divino suo Auctore commissa non solum
ius, sed officium praesertim habet non tolerandi , sed proscribendi ac
damnancli omnes errores , si ita fidei integritas , et animarum salus po-
stulayerint, et omni philosopho , qui Ecclesiae filius esse yelit , ac etiam
philosophiae officium incumbit nihil unquam dicere contra ea , quae
Ecclesia docet , et ea retractare , de quibus eos Ecclesia monuerit. Sen-
tentiam autem, quae contrarium edocet omnino erroneam, et ipsi fidei,
Ecclesiae, eiusque auctoritati yel maxime iniuriosam esse dicimus et
declaramus.
Quibus omnibus accurate perpensis, de eorumdem VV. FF. NN. S. R.E.
Cardinalium Congregationis , libris notandis praepositae , consilio , ac
motu proprio et certa scientia, matura deliberatione Nostra , deque Apo-
NEL TEMPO MODERNO 161
stolicae Nostrae potestatis plenitudine praedictos libros Presbyter! Froh-
schammer , tamquam continentes propositiones et doctrinas respective
falsas , erroneas , Ecclesiae eiusque auctoritati ac iuribus iniuriosas , re-
probamus, damnamus, ac pro reprobatis et damnatis ab omnibus haberi
volumus , atque eidem Congregation! mandamus , ut eosdem libros in
Indicem prohibitorum librorum referat.
Bum vero haec Tibi signiticamus, Yenerabilis Frater , non possumus
non exprimere magnum animi Nostri dolorem, cum videamus hunc filium,
•eorumdem librorum auctorem , qui ceteroquin de Ecclesia bene mereri
potoisset, infelici quodam cordis impetu misere abreptum in vias abire,
quae ad salutem non ducunt , ac magis magisque a recto tramite aber-
rare. Cum enim alius eius liber de animarum origine prius fuisset dam-
natus, non solum se minime submisit, verum etiam libris denuo do-
cere, et Nostram Indicis Congregationem contumeliis cumulare, ac multa
^lia contra Ecclesiae agendi rationed temere mendaciterque pronuntiare.
Quae omnia talia sunt , ut iis merito atque optimo iure indignari potuis-
semus. Sed nolumus adhuc paternae Nostrae caritatis viscera erga ilium
deponere ; et iccirco Te , Yenerabilis Frater , excitamus , ut vclis eidem
manifestare cor Nostrum paternum, et acerbissimum dolorem, cuius ipse
est causa , ac simul ipsum saluberrimis monitis hortari et monere , ut
Tsostram , quae communis est omnium Patris vocem audiat , ac resipi-
scat, quemadmodtinl catholicae Ecclesiae filium decet, et ita nos omnes
laetitia afficiat , ac tandem ipse feliciter experiatur quam iucundum sit ,
non vana quadam et perniciosa libertate gaudere, sed Domino adhaerere,
•cuius iugum suave est et onus leve , cuius eloquia casta , igne exami-
nata, cuius iudicia vera, iustificata in semetipsa, et cuius universae viae
iiiisericordia et yeritas. Denique hac etiam occasione libentissime uti-
mur, ut iterum testemur et contirmemus praecipuam Nostram in Te be-
.nevolentiam. Cuius quoque pignus esse volumus Apostolicam Benedi-
ctionem, quam intimo cordis aftectu Tibi ipsi , Yenerabilis Frater , et
.gregi time curae commisso peramanter impertimus.
Datum Romae apudS.Petrum, die 11 Decembris, anno 1862.
Pontificatus Nostri anno decimo septimo.
PIUS PP. IX.
Serie 7, vol. X, fasc. 338. 11 2 Aprile 1864.
LA POVERELLA DI CASAMARI
RACCONTO STORICO
DEL 1860 E 1861
XXX.
Chi la mattina del yentidue Gennaio 1861, a sole gia alto, si fos-
se trovato nelle vicinanze di Gasamari e introdotto neilo spazzo rin-
contro al vestibolo della foresteria, per certo si sarebbe credato es-
sere non piu nell' adito di un silenzioso albergo di solitarii contem-
plativi, ma nel bel mezzo di un clamoroso accampamento di solda-
tesche. Conciossiache inlorao al monastero, di verso il confine e di-
rimpetto a Colliberardi, andavano ronde e baltitori di strade ; e piu
da presso erano senlinelle doppie col sacco in ispalla e T arma al
braccio; e sotto le tetloie che, per servigio della fiera solita tener-
visi la festa di san Malteo, fiancheggiano il procinio^ e nella distesa
della vallicella fino al letto dell' Amaseno, erano gruppi d'nomini
quali in sopravvesti militari e quali in giubbe da paesani : e qui e
la fasci di fucili incrociati con le baionetle in canna, dalle cui gruc-
ce pendeano centuroni, daghe, carlucceri e somiglianli arnesi; e di
que' crocchi cosi sparpagliati altri facevan bollire calderuole, allri
si trionfavano calinelle di legumi in minestra, altri seduli sull'erba
giocavano a'dadi e a'tarocchi, e allri cicalavano o cantavano con una
allegria che mai la piu gioviale. Piu in dentro, cioe nella piazza che
si allarga tra il loggialo della foresteria, la severa faccia della basi-
lica e il rugginoso prospetlo dell' antico cenobio , passeggiavano di
LA POVERELLA DI CASAMARI RACCONTO ECC. 163
lena col loro zigaro in bocca , francesemente colloquiando, Ire uffi-
ciali in cappotli da viaggio sopra una semplice ed elegante assisa :
1'un de'quali, dai ricami in oro cbe aveva nel berreltino e dai fregi
che gli ornavano il colletto del la tunica, si scorgeva essere di grado
primario, e superiore ai due che gli andavano a'lati. Egli era di no-
bile presenza e pieno di brio ; e alia delicala aria del volto abbron-
zaticcio , ai sottili e biondi baffi e alia vivezza d' ogni sua movenza,
parea di eta giovanissimo. Dal calore poi col quale ragionavano tut-
ti e tre, si poleva giudicare che discutessero partiti di grande im-
portanza, e facessero tra loro come un consiglio di guerra.
In questo essere delle cose, nel punto che la campana toccheggia-
ya lentamente per 1'ora di sesta, ecco dalla via di Colliberardi com-
parire un calesse, il quale, torcendo per 1'arco dello spazzo , si fece
dentro, svollo accanto lo zoccolo della croce e fermossi. Egli era
guidato da un uomo grassoccio che , al tabarro e ai lineameuti del
viso, un nostro lettore avrebbe subito riconosciuto per Traiano, il
il quale aveva alia sua sinistra la figliuola maggiore, con in testa un
cappellino scozzese color tane, aggirato da una bianca piuma di slruz-
zo, su le ginocchia un manicotto di martora e indosso un mantiglione
rosso amaranto scaccheggiato di nero. In un ultimo, di sotto le tefr-
toie ov' erano in faccenda, usci una lurba di que' soldati, profferen-
dosi a lui per tenergli il cavallo o staccarglielo, secondo che piu gli
piacesse, e aiutar esso e la compagna a smontare. — No, no, mille
grazie; non accade altro se non che uno di voi badi alia bestia; ri-
spos' egli mentre, calato giu, dava il braccio alia figliuola, che d'un
sal to sguizzo a terra.
Discesi ambedue e messisi pel portico della foresteria : — • Uh, te-
starda che se' ! io te lo aveva pur dello , che non era giornata que-
sta da venir qua ; ehm ! Vedi che tonne di briganti ?
— - Ba' ! i briganti ci rispettano ; soggiunse 1' altra scrollandosi, e
rivoltasi indietro e arrestandosi ; che cefli ! seguito a susurrare pia-
namenle ; che musi ! pap^i mio , lasciate che io guardi bene questa
gentaglia.
— Avanti, avanti, curiosetla! sbrighlamoci; che io non vo' perico-
lare per un tuo capriccio. Avremmo fatto tanto meglio a tornare ;
164 LA POVERELLA DI CASAMARI
aim pazienza! un'occhiata cosi di fuga a qiieste ruine, poi via ; capi-
sci? Cio dicendo si incamminarono verso la piazza.
Appena occorrera indicare qui che Traiano era rivenuto in quesle
parti, per la cagione medesima die ve lo avea: tratto un due mesi
innanzi : cioe per intendersi con quel suo debitore , ricoveratosi in
Arpino, e con esso lui acconciare le partile aH'amichevole. Questi di
fatto, entrante il miovo anno , intimoritosi della minaccia di un se-
questro di certo suo bestiame, mandalagli da Traiano at cadere del
Decembre, lo avea sollecitato per lettera che si fosse raccostato al
Liri, obbligandosi di valicare egli il confine e di provvedere al modo
che si potessero insieme abboccare con sicurla. Traiano, dopo stato
alquanto in bilico , si rese all' invito. Ma sul muoversi per Yeroli ,
tale e tanta baitaglia ebbe dalla Flaminia, per impetrare che la pren-
desse seco e non la lasciasse in casa , dove senza di lui si sarebbc
rotta la pace; che egli, per amore di riscaltarsi dal fastidio di quel
prieghi , la conlento : e di conserva giunsero nella predelta citta la
domenica venti di Gennaio a sera. II di appresso egli ebbe una se-
creta conferenza col debitore , il quale per allora lo rimborso di un
terzo della somma e si allonlano, promettendo espressamente che
fra tre o qualtro giorni al piu tardi , sarebbe tomato a rifarlo di un
altro terzo, merce una cambiale die aspettava da san Germano : e a-
vuto questo saldo, Traiano s' impegnava a chiudere un occhio sopra
il resto, e ad abbonargli il conto.
Molte e varie, sebbeue cautlssime , furono le indagini che, sine*
dalla sua arrivata in Veroli, fece della Giovanna e della <i poverella »
e di Guido. Senonche indarno. Nessuno di coloro che interrogo a
mezza bocca , seppe dargli novelle di quella donna napoletana. La
orrida casipola entro la quale essa nello scorso Noverabre alloggia-
va, era disabitata : ed egli non iscoperse piu in la. Cio tediava alia
figliuola die sarebbe stata vaghissima d'imbattersi nella fanciulla, da
se, o meglio per occasion sua, beneficata ; non tan to per beneficarla
novamente , come per ambizioncella di riscuoterne rendimenti di
grazie e di farsi ammirare e lodare e, chi sa ? forse anche invidiare
da quella tapina, un tempo ricca e nobile e da assai piu di lei. Per
questo ella , sempre eccessiva nelle sue vogliuzze , il Lunedi comin-
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 165
cio a tormenlare il padre che pel domani 1' avesse condotta in Casa-
mari , ov' era facilissimo che T avessero scontrata. E poiche Traia-
no , si per le voci le quali si erano diffuse di una squadra di Regii
che ronzava cola d' intorno , e si per far yisita al suo ben noto
« amico »,la persuadeva a indugiare quella gita anche un poco ; la
cattivella monto in si grande collera, che disse e ridisse ch' ella \i
.sarebbe ita sola e a piedi. Di che il debole uomo, per non rammari-
carla, gliela dovette dar vinta; e noleggiato un calesse , la mattina
del Martedi gli fu forza prendere con lei la strada della Badia.
Lungo il cammino egli seco disfogavasi in brontolamenti , e non
rifiniva mai di rainpognarle , cosi tra 1' agro e il dolce , la sua ca-
parbiaggine. II che faceva, piu che per altro , perche temea d'in-
cappare in qualche branco di Realisti , e di capilar male. In effetto
quando , trapassato Colliberardi , furono a costo la chiesicciuola di
san Cristoforo , si avvennero in quattro uomini armati , i quali con
un tale qual garbo richieserli, per onde essi due fossero avviati e a
che fare. Traiano si sbianco di paura e, al suo solito, con cento bei
protest! rispose : com'egli fosse romano, fedelissimo al Papa e devo-
lissimo (qui si scappello) alia causa di Sua Maesta Francesco II; e
andasse con la figliuola al venerabile santuario di Casamari, per
pigliarvi la perdonanza, e stipplicar Dio che liberasse santa Chiesa
e 1' Italia dal giogo dei nuovi Musulmani.
— Passate pure; soggiunse freddamenle 1'uno dei quattro.
— Obbligatissimo alia vostra cortesia; disse il noslr'uomo rifia-
tando, e gia scoteva le guide per ridare il trotto al cavallo. Ma che?
quel visetto intrepido di Flamiaia, pensandosi di avvalorare 1' animo
del padre, si rivolge a coloro e dimanda baldanzosamente : — Voi
chi siete?
— Si sa, campioni del diritto e della giustizia ; bofonchio Traia-
no, indispettito che la fraschetta mettesse allora il pie nella danza.
— Noi, signorina, siamo soldati del Re.
- Bravi! mi rallegro; dove avete il quarliere?
— Da tie giorni siamo accampati nella Badia.
— Che belli schioppi ! Oh, mostratemene uno.
— Ih! basta cosi, peltegola; sal to su il padre a tagliare netto il
discorso; addio , buoni giovanotti; a rivederci. £ 7 toccato il caval-
166 LA POVERELLA DI CASAMAEI
lo, tiro oltre, sborbottando la sfaccialella che voleva senipre tene-
re il campanuzzo in mano e impacciarsi di quello che non doveva.
Pel quali rimbrotti essa, imperlinente, gli faceva il linguino, quasi
fourlandolo di pusillanime; ed egli che da quesla gioia del cuor suo
avrebbe ricevule le stoccate per carezze, a sorriderle in ultimo, e
ad ammirare da se da se tanto spidlo e grazia di figliuola.
XXXI.
- I' raiei rispetti alle loro signorie ; disse Traiano con un inchino
profondo e una grande scappellala aitre uffiziaii,che si vide innanzi
allo sboccare ch'ei fe nella piazza, e che sostando e fissatolo in qual-
che ammirazione, lo risalutarono con toccarsi il berretto; io m'im-
magino che sia lecito visitare la basilica e osservar il di fuori di
questa celebre Abbazia.
— Signore, scusate; d'onde venite voi? lo interrogo quello di
mezzo con accenlo foresliero ma in grato modo e civile.
— Io? noi? replico 1'uomo con segno di turbamento.
— Si, voi; donde venite? instette 1'altro, piautandogli in faccia
un par di occhi fieramente scrutatori.
- Da Veroli, per una passeggiata di divertimento e anche di de-
vozione. Posto pero che non si possa, torneremo subito indietro :
si figuri !
- Alfiere, informateYi da costoro chi e' sieno e che pretendano ;
disse 1'uffizidle sottovoce e in francese air uno dei due suoi.
— Che ! non accade far uso d' interprete ; soggiunse allora bru-
scamente nella medesima lingua la Flaminia tutta pettoruta ; io iu-
tendo ancor io e parlo il \ostro linguaggio. Cosa desiderate sapere
da noi?
- Vi domando mille scuse, madamigella ; rispose quel primo,
Invermigliaudosi e con atto cavallerescamente gentile ; io desidero
saper solo, se noi possiamo prestar qualche servigio a voi e a que-
sto signore.
- Xante grazie. Ma davanti chi abbiaino noi 1'onore di essere ?
incalzo la baldanzosetta.
— Davanti un Colonnello di Sua Maesta siciliana.
RACCONTO STOBICO DEL 1860 E 1861 167
- 0, o un Colonnello? bisbiglio il padre airorecchio di lei;
chiedigli un po' come si chiami.
— Signor mio; disse qui 1'altro a Traiano con cera d'insospetti-
to; io parlo male la vostra lingua, ma la capisco quanto basta. Se
non erro, voi cercate del mio nome : or favorite prima di dirmi ii
vostro. Abbiatemi per iscusalo, ve he riprego : siamo in tempo di
guerra, con quattromila Piemonlesi alle costole; e voi non ignoratc
che le leggi militari stanno sopra certe convenienze di urbanilL
Adunque chi siele voi, signore?
- Ecco chi sono io; ripiglio Traiano italianamenle (che di lin-
gua francese non ne masticava un'acca) frugandosi in tasca, toglien-
done il passaporlo ed offerendolo al Colonnello ; guardi e si certifichi
co' suoi occhi, se io sia o no un galantuomo.
— Romano ! oh io mi compiaccio di questo incontro ! sclamo 1'uf-
fiziale rendeudogli la sua carta ; che belle notizie portate voi da
Roma?
— Ne belle ne brutte ; sempre le stesse. Egli e un sospiro uni-
versale , che le tribolazioni del santo Padre e del Re di Napoli e di
noi tutti finiscano presto , e che i nuovi Musulmani sieno una volta
schiacciali come. . . .
- Ah, ah ! proruppe Tallro cordialmente ridendo verso i compa-
gni; udite come questo signore battezza bene i nostri nemici?
I due sorrisero, Traiano gongolo di quel suo motto che parvegli
un botton d' oro, la giovane ghigno ancor ella per mostrare consen-
so; e appresso alquante altre parole, il Colonnello, fatto sicuro che
queste non erano persone da ombrarne pun to, si manifesto loro pel
conle Teodolo di Christen.
— Nome famoso ! nome che corre pei giornali ! grido il Romano
nostro, abbrancandogli le mani e- slringendogliele fra le sue con af-
fetto di spasimato; io mi ascrivo a somma fortuna questa prezio-
sissima conoscenza! Oh pensarlo tempo fa, quand'io leggeva nei
fogli la storia della sortita dalla piazza di Gaeta, ch'ella capitano
cosi bravamente! Doh, ve' casi! Bene, benissimo, signer Conte ! dia
addosso ai Piemonlesi, e li conci proprio per le feste, e cavi loro di
corpo 1'appetito lupigno che hanno di divorarsi la roba d' altri. Ev-
"viva lei per Bacco !
168 LA POVERELLA DI CASAMARI
A questi compliment!, che tenne per ischietlissimi , il signor di
Christen non fece viso cattivo; ma presenlatigli con amichevole gra-
ziosita gli altri due uffiziali, che erano il capitano conte di Cootau-
don e 1'alfiere Caracciolo ; accompagnollo sino alia gradinala della
basilica, e garbatamente si licenzio da lui e dalla figliuola. La quale
se alzasse la cresta, per la bella figura che sembravale aver fatta, e
se ne pavoneggiasse e gonfiasse nel padre la matta opinione ch'egli
aveva di lei e delle abilita sue, non lo staremo a dir noi. Piutlosto in
quella che essi attendono ad ammirare la facciata della chiesa e i
due grandi fmestroni che le si aprono sulla fronte, con in mezzo la
rosa a vetri colorati, e montano su per 1'atrio facendo gli stupori del-
le arcate e degl' inlagli finissimi che sovrastano alia porta; noi espor-
remo succintamenle la ragione di quel romoroso Iramestio di gente
d'armi intorno ai clauslri del monastero.
Accennammo altrove come il divisamento di spedire nelle monla-
gne degli Abruzzi un poderoso corpo di milizie, che dovesse pren-
der alle spalle il campo del generate Cialdini assediante Gaeta, fallis-
se, perche i trentamila uomini deslinali a quell' effetto, enlrando ne-
gli Stati pontificii, ebbero dalle guarnigioni francesi che presidiava-
no la frontiera, intimazione di porre giu le armi e di sciogliersi incon-
tanente. Questo gravissimo disastro, che si e variamenle imputalo a
cagioni assai vane, reco travaglio non piccolo all' esercito chiuso
nella fortezza, e accese in alquanti de' piu gagliardi e sperimentati
uffiziali la brama di ripararvi alia meglio, accorrendo arimettere in-
sieme gli avanzi di cotante forze regie, cosi malamente sperperate.
Di cotesti uno fu 1'animoso conte di Christen : il quale dopo essersi se-
gnalato in Gaeta con quella sortila , di cui sentimmo gli elogi anche
tesle da Traiano, penso tornar piu acconcio al genio suo battagliero,
uscirne di nascosto de' Piemontesi, condursi nelle piu prossime gole
degli Apennini , raggranellarvi un buon nerbo di soldati dispersi , e
con questi e con 1' aiuto di qualche banda di paesani, irrompere nelle
province abruzzesi, levarle a sommossa contro 1'occupatore nemico, e
per tal guisa difficultargli le operazioni dell'assedio, gia per la inver-
nale stagione divenute malagevolissime a continuarsi. E il disegno
sarebbegli venuto assai ben colorito , se un accidente inopinato non
RACCONTO STORICO DEL 1860E1861 169
1'avesse coslretto a indugiare la presa di Sora , con la quale medita-
va dare principle a quella sua rischiosissima campagna.
Di fatto in breve egli raccolse nei dirupi circostanti al confine,
tra di uomini che sino allora aveano militato nelle legioni di Napoli,
e di montanari, una squadra di parecchie centinaia, alia quale Chia-
vone di otlimo grado congiunse tutti i suoi Realisti : e con questa
gente, scesonei contorni della terra di santa Francesca, vi aspettoun.
altro capotruppa, col quale aveva segreta intelligenza; e questi dove-
va a lui rannodarsi con un rinforzo notevolissimo. Senonche , per
gl'innumcrabili impediment! che costui ebbe a superare, egli tardo
a sopraggiungere alquanto piu del convenuto : intantoche tutta la
massa non fu in ordine di muovere all' assalto della cilia di Sora ,
altro che la inattina dei sedici di Gennaio.
Quel giorno il conle di Christen che, per iscorciar il cammino,
s'era proposto di tener la via di Casamari, spaccio un suo messo ai-
1' Abate, significandogli Timminente suo passaggio, e pregandolo del-
la facolta di far alto per pochissimo tempo tra le mura della Badia.
N'ebbe in risposta una negativa, quanto cortese ne' modi, altrettanto
^risoluta e franca: imperciocche « io non possoenon debbo, gli riscri-
veva egli, metier questo nostro monastero a pericolo di rappresa-
glie ». Contuttoche questo rifiuto addolorasse fortemente il Christen,
poiche gli guastava in gran parte le prese disposizioni , nientedi-
manco, per rispetto alia ragionevole volonta dell' Abate, mutopensiero
e tosto piglio lastrada della Montagna, faticosissima pei ghiacci e pei
fanghi, che in quel cuor del verno la rendevano poco meno che im-
praticabile.
Falti incredibili sforzi per aprirsi un sentiero e poi per guadare il
Liri, tanto gonfio dallo scioglimento delle nevi che le acque sover-
chiavano il petto, e giugnevano sino al collo degli uomini di statura
sotto la mezzana ; la colonna arrivo fmalmente a tenue distanza da
Sora. Ma quivi appena falto sosla, si ebbe sentore di un presidio di
circa quattromila Piemontesi, guidati dal generale di Sonnaz, i quali,
ammoniti forse da spie, la sera innanzi erano venuti improvvisamen-
te, e s'erano postati nella delta cilta e nel borgo dell' Isola, con caval-
leria e artiglieria e buone munizioni da guerra: cosi che la presa di
170 I A POYERELLA DI CASAMARI
Sora non era piu cosa possibile alle forze regie, troppo inferior! a que-
ste nuove e freschissime del nernico. Ond' e che, tolto ogni indugio,
il Christen si delibero di retrocedere incontanente : e separatosi dalla
banda di quel caposquadra che, senza sua colpa, avea causato il ri-
tardo e che si avvio pe' dossi di Tagliacozzo ; esso co' suoi dugento-
quaranta soldati di regolare milizia, seguiti da quaranlasette paesani
di Chiavone, rifece la travagliosissima strada, ripasso il fiume a gua-
do, e suU'albeggiare delta Domeriica venti, fe capo alia Badia di Ca-
samari; supplicando 1'Abate che non ricusasse di dare un tempora-
aeo ricetto a quella sua genie affamata, rifinita e rotta dagli slrapaz-
21 di una marcia slentatissima e asprissima di quattro intere gior-
nate. II religioso uomo si offerse paratissimo di alimentare que-
gl'infelici a litolo di carita , che ivi non si diniega mai a nessuno.
Quanto pero al soffermarvisi, lo scongiurava con le lagrime agli occhi
di ritenersene, considerando il gran repentaglio che farebbe correre
a iutti i monaci e alia stessa Abbazia, dove si fornisse ai Piemontesi
quest'appiglio di rientrare nel lerritorio pontificio, per dare la Caccia
a'suoi Napoletani e sorprenderli fra le mura del monastero.
- Padre, voi prelendete da me I'impossibile; rispose il conte di
Christen facendo croce delle mani ; i miei uomini sono stracchi morti ;
non si reggon piu sulle gambe : io vi paghero in oro sonante ogni
bricciolo di pane e ogni bruscolo di sarmento che bisognera per isfa-
marci e scaldarci. Ma nel nome di Dio, ditemi : come fareste voi a
. rimettere in marcia una truppa che non ha piu fiato? che casca per
ispossatezza? — L' argomento stringeva, e senza do la condizione di
que' poverelti era si compassionevole che straziava il cuore. L'Aba-
Ce adunque alzo le spalle, e contentatosi che i soldati mettesser mano
alia legna per rislorarsi dal freddo che era acutissimo, diede ordine
a' suoi monaci che apprestassero subito pane, legumi, vino, forma g-
gio e frutta, e ne facessero larga dispensazione a que' famelici ; e in-
lanto con gentile amorevolezza invito il Christen e i due ufficiali ad
una colezione, che procure si servisse loro onorevolmente in una sala
della foresteria ; ne per lutta quella mattina ristette di colmarli di
buone grazie. Ma quando sull'ora del mezzodi gli fu riferito, che la
genie abbasso chiedeva si aprisser loro i fenili per potersi riposaro
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 171
al coperlo : il venerabile vecchio rivoitosi al Colonnello, che accom-
pagnava di urbane ma urgentissime islanze quella domanda : — Si-
gnor Conte ; gli disse con aspetto di altameute rammaricato ; io ce-
dero giacche non ne posso a meno ; vi avverto per altro che se, al
piu tardi, slassera non levate gli alloggiamenti, io senza mezzo ne
ragguagliero in Veroli il Governatore e il signor comandante Carpe-
gna, affinche intervengano essi come meglio crederanno con 1'aulo-
rita o anche con la forza. Me ne duole, caro Conte ; io mi dissangue-
rei per essere utile a voi e fare del bene ai vostri soldali : ma melte-
tevi ne' panni miei : parvi egli prudenza che io esponga i religiosi
miei fratelli e quest' Abbazia al rischio di*una sorpresa di guerra?
-— Padre, voi avete un sacco di ragioni : ma io non ho torto a
ripetervi che i miracoli non li so fare. Sino a tanto che i miei uomini
non si sieno riavuti , io non veggo modo di disalloggiare di qua.
— E perche venirvi, mentre io gia vi avea scritto che questo non
era luogo per voi ?
- Perche la necessita non ha leggi. Nell'andata fui libero di sce-
gliere il passo peggiore, e Io scelsi per non farvi dispiacere. Nel ri-
torno io non aveva altra scelta. All' impossible niuno e lenuto. Io
paghero. Ma piu di questo nou cercale da me. Coraggio, Padre mio
buono ! Iddio vi aiutera.
II Lunedi susseguente a punta di giorno, il Padre rinnovo HOD
solo le suppliche, ma le proteslazioni e le minacce, per ottenere che la
Badia fosse sgombrata da quelle soldatesche. Ma perciocche il Chri-
sten ridomandava di temporeggiare, per sicurarsi delle strade che
volea far prima battere da esploratori ; 1'Abate immediatamente spedi
in Veroli sue lettere, denunziando il caso al Governo e premendo
acciocche si provvedesse quanto piu presto potevasi alia salute del
suo monastero. Or in tanto che da Veroli si mandavan chiedendo
ordini e forse anche soccorsi in Frosinone, e da quivi si richiedeva-
no col telegrafo in Roma, e si avvicendavano cosl dispacci di pro-
poste e risposte , pass6 il Lunedi e sorse il Martedi : giorno che sem-
brava stabililo dal Christen per trasferire il suo campo nelle alture o
delle Scalelle o di Trisulli, e liberare i monaci da tante loro angu-
stie. Senonche gia s'erano cominciate sparger voci di un' appari-
172 LA POYERELLA DI CASAMARI
zione di drappelli piemontesi al di qua della frontiera romana : e per-
cio si il Christen come il capitano di Cootaudon e 1'Alfiere stavano in
qualche dubbiezza ; e proprio nel momento eke Traiano era spuntato
con la figliuola nella piazza , aveano fermo il consiglio di inviare
Chiavone co' suoi qaarantaselte bravi ad osservare il confine ; in-
giungendogli, quando gli avvenisse di scopdre o d' incontrare il ne-
mico, di ritirarsi subitamente senz' appiccare scaramuccia, per non
provocarlo a inoltrarsi.
XXXII.
La chiesa della Badia di Casamari, dedicata ai sanli fratelli mar-
tiri Giovanni e Paolo, per la purita dello stile , per la grandiosita
del vaso e per la magnifica semplicita della pianta, e un capolavoro
di architeltura lombardogolica, cosi unico nel suo genere, che in tutta
Italia non se ne conosce altro il quale lo paragoni, fuorche la chiesa
di Fossanuova presso Piperno , fabbricata dal maestro medesimo,
di cui si e perduto il nome, ma che si sa essere stalo di patria mi-
lanese. Come altro ve abbiam ricordato, ella e costrulla in pietre di
taglio di una cotal calcarea vena traente al rossigno, ma squadrate
e addentellate e immorsate con si bell' arte, che non »e appariscono
le commetliture , e il corpo dell' edifizio rende aria d'una saldezza ,
tutta da cima a pie scarpellala, in un solo masso. La faccia sua, ab-
brunita dalle intemperie e malconcia dagli oltraggi di bene sei se-
coli, riguarda ponente; ed ha innanzi a se, in maniera di piedestallo,
una spaziosa scalinata di venticinque gradini , alle eslremita del-
F ultimo de' quali s' ergono due colonne portanti in capo due gu-
gliette. Di qui ascendesi all' atrio nobilissimo per la maesta della
sua porta principale, decorata neli' arcatura di fregi squisitissima-
mente intagliati e coronanti un campo messo a capricci vaghissimi,
nel quale risalta la croce sormontala da una stella. Agli slipili la co-
steggiano colonnini aggruppati, coi sommoscapi variatamente ador-
ni di fogliami e rabeschi , sull' andare delle cornici che nel cinque-
cento si costumavano porre intorno alle tele dipinte dai piu solenni
pennelli.
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 173
II di dentro della basilica ti presenta una perfetta croce latina,
tutta per lo lungo divisa in tre scompartimenti da selte massicci pi-
laslri, che si alzano dall'un fianco e dairaltro a sorreggere gl'inter-
eolunnii di altrettanli archi di sesto aeuto, i quali bizzarramente
s incur vario nella volta ardila e svellissima della navata di mezzo.
Gli archi poi delle due navi laterali sono sostenuti da colonnette di
gentil fusto, e sopravi capilelli lavorali sul vivo, con ingegnosissima
sottigliezza di trafori e d'emblemi, come archipenzoli, squadre, com-
passi, e con occhi e fmestre situate con si leggiadra disposizione
clie non vi saziereste mai di ammirarle. Simigliante nella struttura
e la nave calcidica o trasversa. Ma nel centro della sua interseca-
zione si solleva una elegante tribuna d' ordine corintio , in foggia di
tempio a cupola, ericca di marmi pellegrini; la quale, comeche dis-
tuoni dal concerto di quel tutto architettonico, non per tan to ride
alia fantasia di cm" la compari ad un prezioso gioiello custodilo in
una vecckia teca, secondoche immagino un suo poetico descriltore. A
questa tribuna, collocata ivi dalla munificenza di Papa Clemente XI,
si sale per uno sealer e a tre ordini ; e dietro essa gira 1' abside, col
coro illuminate al fondo da quattro fines troni bislunghi e da una
rosa a cristalli istoriati, la quale risponde all' altra che dirimpetto a
lei abbellisce la facciata esteriore. Oltre 1'aHare che si rizza sotto la
mentovata tribuna , havvene altri sei addossati alle pareti della cro-
ciera, de' quali quattro fronteggiano 1'ingresso e due stanno ai capi
delle braccia di lei. Per ultimo a un terzo dello spazio corrente
fra la mastra porta e 1' abside , e una fitta cancellala di ferro che si
distende quanto e larga la chiesa , e circoscrive i termini assegnati
per la clausura.
Ne Traiano ne la sua figliuola erano di tanta perizia nell'arte, che
potessero comprendere le schiette armonie di quegli archi, di quelle
volte , di quelle membrature e gustarne le intime bellezze. Ciq non
ostante alia prima si diletlarono di contemplare una mole cosi severa,
cosi nuda d'ogni ornamento e cosi piena di santa malinconia, che vi
tocca 1' anima e dolcemente ve la compunge. Nei balaustri accanto
la cancellata erano alquante villanelle che facevano orazione. Quivi
s' inginocchiarono i due sopravvenuti , per adorare. anch' eglino ii
Sacramento: e voile il caso che la giovane si ponesse a costo di una
171 LA POVERELLA DI CASAMARI
certa cotale, messa in una rozza vesticciuola di lana scura e con in
iesta uno sdruscito fazzolettone pur nero ; la quale non che pregasse,
ma sommessamentesinghiozzava e gemeva e lagrimava con tale di-
rolto pianto, che la tovaglietta stesa sul banco n' era inzuppata. Fla-
minia, presone meraviglia, la sbircio subito con la coda dell'occhio :
ma, per aver quella il volto chiuso tra le mani e le pieghe del faz-
zolelto, non la vide in faccia. Tuttavia se ne commosse, e raddrizzan-
dosi ( che le sue divozioni duravan poco ) gia era in punto di frugare
col gomito il padre e additargli quella sua vicina e bisbigliare di
lei, quando abbattutosi a passare un monacello, Traiano gli volse il
discorso per cercargli cerli schiarimenti sull' essere di costesta chie-
sa che a lui sembrava stranamente singolare. 11 monaco gli compia-
cque ; si confabulo alquanto ; Traiano resto pago ; e nell' istante che
quegli si dipartiva e che Flaminia punzecchiava il padre, acciocche
ponesse menle alia foresetta che tanto piangeva, questa si levo in
piedi, e tergendosi in viso con un lembo del fazzolettone, modesta-
mente s' incammino verso la porla. Traiano 1'accompagno con un tal
occhio che parea e non parea la raffigurasse. — Fosse mai dessa la
poverella ? lo inlerrogo Flaminia un po' sospesa.
— Aspetta ; or te lo dico io; soggiunse il padre; e pigliato il passo
innanzi e raggiunta quella tapina nell' atrio, e ravvisalala: — Buona
giovane ! la chiamo fermandola si che ella smarri tutta ; non mi ri-
conoscete voi dunque piu? — L'altra gii volto un'occhiata tra timida
e ammirativa; si fece piu pallida che non era, poi divento di fiani-
ma, e ritiratasi in se slessa e conficcarido gli occhi in terra: — Si-
gnore, forse io vi riconosco ; rispose pianamente ; voi avreste da esse-
re il Romano. . . .
— Appunto ! la inlerruppe il nostr' uomo.
- E dessa? entro allora Flaminia di mezzo, guardando fisamente
e con aria di superba compassione la giovinetta, la quale non si at-
tentava di riguardar lei.
— Appunto, appunto ! replicava Traiano alcun che confuso ; e
quella di cui abbiamo tanto parlato in casa noslra. 0 bene! mi con-
solo di avervi qui rinconlrata.
— Io sono colei che, e circa due mesi, vi mandai quella limosina
per vestirvi; soggiunse tosto affetlando una degnevole domestichez-
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 175
za la malcreata Flarainia, vogliosa di manifestarsi e di pigliare il so-
pravvento che ambiva ; dove abitate voi ora ?
La donzella per queste sgalanti parole si tinse quasi di porpo-
ra , e dato uno sguardo che faceva pieta alia sgarbala benefatlrice :
— Vi ringrazio , signorina , della bonta vostra ; mormoro sottovoce
e chino il mento in seno, con tale atto che mostrava com' ella lan-
guisse di vergogna.
— Or dove state di casa? riprese a dimandarle Traiano; in
Veroli?
— Signor no ; stiamo non molto discosto dalla Badia.
- E la vostra mamma come va ella? e guarita?
- Ah! mia madre e morta.
— Oh ! sclamo Traiano.
— Morta? chiese Flaminia con un'ansieta che aveva dello sbigot-
iimento.
Quella fe' cenno che si col capo, e tacque reprimendo penosamente
un singulto che le scoppio , e asciugandosi due grosse lagrime che
le erano spuntate e tremolavanle dalle ciglia.
- Povera giovane ! quante disgrazie ! Oh io vi compatisco con
tutto il cuore ; comincio a dire la figliuola di Traiano rammollendosi
davvero, e addolcendo la voce e gli occhi verso quella meschina, che
torceva in altra parte 1' onestissimo viso , per rispetto di nascondere
il suo pianto; quante disgrazie ! povera giovane !
- E del vostro fratellino che n'e egli? torno a dimandarle Traia-
no ; 'perche non i'avete menato con voi ?
— Signore , i Piemontesi lo hanno fucilalo ; e in cio dire si co-
perse la faccia, e si mise a singhiozzare fortissimamente.
Questo suo cordoglio , questi singhiozzi e la dclicata verecondia
del suo rispondere ; e poi quella cera sparuta, quelle guance scarne,
quegli occhi spenti pel continuo lacrimare e quell' aria di pudicissi-
ma gentilezza, la quale abbelliva d' un cerlo che di angelico le sue
sembianze tuttoche macere e disfatte da inconsolabili dolori , tanto
operarono nello spirito di Flaminia, ch'ella si senti mossa a benevo-
lenza di quella crealura infelice, e le piglio subito amore, e le venne
dentro una cosi gagliarda compassione di lei , che nell' impeto del-
Fafifetto non pote frenarsi di prenderla per le mani, e di farle alcune
176 LA POVERELLA DI CASAMAPJ
femminili carezze, confortandola che cessasse di piangere e si desse
pace. Per !a quale amorosita della figliuola, Traiano si rinteneri an-
cor egli fuor di modo : il perche dopo un altro poco di ragionamenti
con la fanciulla, a cui Flaminia non ristava di testimonials accesis-
sima affezione, ridandole a piena bocca quel nome vezzeggiativo di
Fioretta, che sonava a lei tanto dolce sulle labbra della defunta sua
madre, scesero tutti e tre nella piazza che aveano gli occhi rossi.
Ivi la desolata giovane si provo con maniere allrettanto umili co-
me soavi di prender licenza, e andarsi pe' fatti suoi. Ma per quanto
ella si argomentasse,.non venne a capo di dissuadere a Flaminia il
proponimento di ricondurla in calesse fino all' abitazione sua , ehc
diceva essere non molto lontana sulla via di Monte san Giovanni.
Traiano in verita aveva grande ritrosia ad aggirarsi in quelle con-
tingenze per terre cosi sospelle: cio non ostante , perocche cosi la
figliuola voleva, se ne contento ; e rimontato al suo posto e rannic-
chiandosi per far luogo net sedile alia poverella, la quale a sommo
stento si rendette ad assenlarsi accanto la Flaminia ; saluto i soklaii
e prestamente tocco il cavallo, e lo indirizzo verso quella banda che
la giovane tutta perilosa gl'indico con un gesto.
XXXIII.
Cammin facendo si rinfVesco 1' interrogatorio ; ma con assai mag-
gior discrezione e riserbo che non si fosse comincialo a fare nel ve-
slibolo della chiesa : mercecche piu i due scoprivan paese nuovo per
le risposte misuratissime che dava la misera giovane sul conlo suo
proprio e de' cari suoi , e piu s' impietosivano di lei , e le si porge^
Tano facili e riguardosi. Anzi a Flaminia la compassione era pene-
Irata si addentro che , dismesso ogni resto di boria e di quella schi-
filta burbanzosa che era una come sua seconda natura , senz' accor-
gersene, si era lutta umanata, e gi^i trattava quella meschinelta con
affeltuosita e.amorevolezza di sorella.
Or acciocche anche i lettori noslri abbiano contezza delle tristis-
sime novita occorse alia famiglia di quesla sfortunata fanciulla, noi,
tagliando corto i dialoghi , le esporremo qui loro alia storica e con
fedelta e con brevila quanta piu sia per noi possibile.
BACCONTO STORICO DEL 1860E1861 177
All'annunzio inaspettatissimo della barbara uccisione di Guido ,
riportato con un profluvio di lacrime da Otello, la sera del medesi-
mo giorno in cui era intervenuta , quella che di prima giunta parve
riceverne men terribile impressione fu la Giovanna. Che mentre il
padre, buttatosi in terra, ruggiva e si scapigliava e menava smanie
da uomo tolto di senno, e la figliuola cadente in deliquio era rac-
colta fra le braccia di Caterina ; la madre con uno sforzo incredi-
bile sul suo sconfitto cuore, stretlosi al petto il Crocifisso, e.solleva-
li angosciosamente gli occhi in cielo , e stata un piccol tratto come
fuori di se e tutta con I'anima in Dio , si riscosse e pur piangendo e
dibattendosi in raccapricci conYulsrvi , si adopero di mitigare negli
altri i presenlissimi effelti di quella sciagura che era scrosciata lor
sopra come un fulmine. Ma perciocche i risentimenti del corpo af-
fievolito dalla infermita non erano in sua balia al pari che quell!
dell'animo ringagliardito dalla fede ; per queslo la notte fu sovrapre-
sa da una cocentissima febbre, con isbocchi di sangue e altri acci-
denti, che il medico sentenzio per mortali. A sua petizione le si am-
ministro quindi subito il viatico e launzioneestrema: a\uta la quale
la febbre decline un poco , e sembro che la violenza del male an-
dasse rimettendo.
Allora Otello , si per dare qualche maggiore spirito all' aggrava-
tissima donna , e molto piu per ridestare Pellegrino da un tal dolo-
roso stupore ond' era colpito , e da cui non si trovava argomento di
farlo rinvenire, immagino di profferirsi a tentare un ingresso nella
piazza di Gaeta , dalla quale o avrebbe cavato Felice per ricondurlo
in Veroli , o se non altro sarebbe tomato con sue notizie sicure e ,
come dilettavasi di sperarlo, consolantissime. II pensiero piacque:
€d egli ito a conferirne con 1'Alonzi, che campeggiava in vetta al Ca-
slello, n'ebbe il consentimento suo : e cosi partissi alia volta di Por-
to d'Anzio , promettendosi per indubiiato che non gli fallirebbe un
destro e audace barcaiuolo che terra terra e nottetempo, per eludere
il naviglio sardo , lo trasportasse fin sotto i baluardi della assediata
fortezza. Alia quale arrischiatissima impresa, fu egli confortato dal-
ta giovinetia Maria, che senza refrigerio di alcuna sorta, struggeasi
di acutissima ambascia intorno alia madre quasi che moribonda, e
Serie V, vol. X, fasc. 338. 12 2 Aprile 1864.
178 LA POVERELLA DI CASAMARI
Intorno al padre percosso da quella attonitezza, che le facea temere
«on fosse un principio di qualch'altro brutto malanno. E queste pe-
ne e sgomenli si aggiungevano allo slrazio acerrimo di aver perdu-
to il fratello , da lei amato piu che se stessa.
Non ando guari , e la Giovanna ricaduta in uno sbocco di sangue,
spiro come dire improvvisamente. Che cosa diventasse Pellegrino
per cagione di queste due morti del figliuolo e poi della moglie, e
difficile a narrarlo. Pareva non avesse piu 1' uso della favella, tan-
to era taciturno ; mirava stupido e con gli occhi balordi chiunque si
appressasse a parlargli; talora gittava pianti lamentosissimi, accom-
pagnali da tremiti violenti per tulte le membra; ma il piu spesso
rimaneva ore ed ore immobile, cogitabondo, insensato peggio che
un tronco. Non si potrebber contare a mezzo le cure che I'amante
figliuola, dimenlica di se e delle sue tristezze , si prese di lui per
Isvegliarlo daquel torpore, e fargli animo e divertirlo dalla sua tor-
meutosa ailisazione. Per ultimo egli si ricupero alquanto : ma voile
risolutamente slontanarsi da Veroli , e appar tarsi in qualcbe romito
angolo dove che fosse, purche lungi da questa citta nella quale non
piu si potea vedere. A Caterina venne in mente di suggerirgli una
casipola campesirfr di certi onoratissimi contadini suoi congiunti, che
erano sulla via tra Casamari e il paesello di Monte san Giovanni.
Si fecero le pratiche opportune, si strinse'ro gli accordi : e per le fe-
ste del Natale egli tramutossi cola insieme con la sua Maria , la
quale era il conforlo unico che gli sopravvanzasse in tanta sua tri-
bolazione. Imperocche la Calerina, allogatolo ivi, erasi ricondotta
nella sua terra , chiamatavi da faccende che non pativano dilazione.
Senonche Pellegrino da lunga pezzaaveva guastala complessione,
ed un occulto malore con lento lavorio gli veniva stemperando i ner-
vi, e stremandoglieli di vitale sensibilita. Ond' e che accomodatosl
appenain questo alloggiamento, ruslico si ma non disagiatissimo, co-
mincio a febbricitare, e poscia fu soprassalitoda una paralisi di cosi
maligna natura che irreparabilmente lo consumava, e tratto trallo
oscuravagli il lume pure della ragione e mettealo in frenesia. II per-
che si divisi chi puo le distrelte e i crepacuori della sconsolata
figliuola, ridotta a non avere piu altro sollievo che quello di rili-
rarsi ogni maltina a piangere nella chiesa di Casamari ; abbando-
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 179
nandosi , oggimai orfana della madre e del padre , nel seno della
provvidenza cli Dio. Giacch6 tutto il rimanente del giorno e gran par-
te della nolle ella spendeva in vigilare Y infermo , in placarne i de-
lirii , in sedarne le convulsion! , e persino in iraboccarlo con le sue
proprie mani: atlesoche a lui le braccia si erano intorpidite al segno,
che le aveva inutili per qualsiasi affare ; e sopraccio nauseava ogni
medicina e ogni cibo e bevanda, dall'acqua fresca in fuori. Di sorta
che quanlo egli inghioltiva, per suslenlarsi e non mancare d' inedia,
tutto era in grazia delle amorose violenze di lei.
OHre il capo di casa e la buona massaia, erano bensi nella fami-
gliuola de'suoi ospili due fanciulle di eta e molto servizievoli, che si
adoperavano con sollecilu line nell' assistenza del malalo : ma Pelle-
grino,quando si veniva aU'attodi ingollare una cucchiaiala di checche
si fosse , era sordo alle loro voci , ne mai cedeva se non alle iterate
suppliche ed alle industriose finezze della sua Flora. La quale, per
tutto questo carico di fatiche e di vegghie, in aggiunta all'interno
scerapio che schiantavale il cuore, era cosi discaduta di forze, che
miracolo com' ella potesse tenersi in piedi !
Di questa dolentissima istoria Traiano e la Ogliuola furono chiariti
sommariamenle nel breve Iragitto che fecero dalla Badia allo svolto
della viottola, nel cui fondo era il casolare della poverella che guida-
vano seco. Come furonvi arrivati dinanzi, essa fe un cenno a Traiano
che fermo il cavallo. — No, no; enlriamo anchenoi; disse Flaminia
al padre rilenendo la giovane che non ismontasse; vi pare? andar-
cene senza aver lasciala una limosina all' ammalato ?
— Oh! la limosina? ecco, la fo or io a lei che la porti a suo padre;
soggiunse Traiano , ripugnante a frammettere indugi pel ritorno in
Veroli.
— Nossignore; replied 1'altra stizzendosi; io voglio entrare e pas-
sar qualche ora in compagnia di questa buona creaiura.
— Ben , bene ; gia ! sempre s ha da fare a luo modo ! Entriain
pure : ma poi me le pagherai tutte insieme ve' ! bbrbotto quegli : e,
preso il largo, diede la volta e infilo il viale; in quella che la pudibon-
da Maria si reslringeya lulta in se stessa, per celare il supplizio di
confusione che le dava questo si sconveniente diverbio tra padre
e figliuola.
IL PATRIZIATO ROMANO
DI CARLOMAGNO1
v.
Dell'ufficio del Patriziato.
Dopo aver narrato come si originasse e s^volgesse il Patriziato Ro-
mano dei Re Caroling! , e dopo stabilito qual fosse 1' autorita eke lo
Istitui ; dobbiam ora accostarci alia quislione, in quest' argomento
principalissima, e chiarire in che consislesse Tufficio proprio di que-
st! nuovi Patrizii. L' analogia degli antichi Patrizii dell' Impero ben
puo darci qui alcun lume ; imperocche il concetto fondamentale di
Patrocinio, che abbiam veduto essere slato sempre ingenito alia di-
gnita e al norae di Patrizio, intero mantennesi, anzi brillo piu splen-
dido nella nuova dignita , conferita dai Papi ai Re di Francia : ma
quest' analogia troppo e lungi dal poterci rendere un'adeguata idea di
quel che fosse il Patrocinio esercitato dai Carolingi. Oltre di che,
questo argomenlare dagli analoghi suol essere pericoloso e conduce
sovente in inganno , traendo facilmente al di la del giusli limiti chi
vi si abbandona : e ne abbiamo nel caso nostro appunto segnalati
esempii. Imperocche, siccome il rassomigliare che fecero molti scrit-
tori al Patriziato imperiale, istituito da Costantino, quello dei Caro-
lingi nell' otlavo secolo , li trasse a credere falsamente , che anchc
1 Yedi il volume IX, pag. 534 e segg.
IL PATRIZIATO ROMANO DI CARLOMAGNO 181
questo dagl'Imperatori fosse stato conferito e non dai Papi; cosi, dal
vedere agli anlichi Pat rizii affidati i principali governi delle Provin-
ce, e la dignita Pairiziale divenuta quasi sinonima di Prefettura, si
sono indotti a giudicare, che altretlanto dovesse dirsi del Patriziato
dei Carolingi, e con cio sono giunti a pressoche interamente trasna-
turarlo. Noi pero, ad evitare questo scoglio, lasciate le vaghe edin-
gaunevoli analogic , ci allerremo all' autorita sicura di quei monu-
menti storici, che parlano espressamenle del nostro Patriziato, e dai
quali solo si puo e si dee ricavare con oertezza, quaii fossero i ca-
ratteri, le appartenenze , i limiti, i doveri, i diritti dell'ufficio, che
sotto quel titolo fu dai Pontefici commesso ai Re Franchi.
Ora, in primo luogo colesli monumenli, tutti ad unavoce attesta-
no, principal incarico del Patrizio essere stato la protezione e difesa
di Roma, cioe della Chiesa e dello Slato Romano , sanctae Dei EC-
clesiae, et Reipublicae Romanorum ; e lo attestano con tai copia ed
evidenza, ch6 di cio, siccome di cosa indubitata, non e mai stata con-
troversia tra gli eruditi : laonde quegli Aulori medesimi, che poi sono
andati piu lungi dal vero nel frantendere i diritti del Patriziato, tutti
pero convengono in questo capo, e 1'hanno per fondamento inconcus-
so. II dissidio comincia, quando dall'idea generica si discende a spe-
cificare in concreto le qualita di questo Protettorato di Roma , e so-
prattutto a determinare i limiti della potesla e giurisdizione che ad
esso andava congiunta.
Volendo adunque procedere in tal ricerca con pie sicuro , non ri-
putiarno potersi eleggere da noi guida piu fidala e maestro piu au-
torevole che lo stesso Garlomagno; allorquando egli, gia da quaran-
tadue anni Patrizio dei Romani , si fece a chiedere al nuovo Papa
Leone III la conf ermazione del suo Patriziato. In quella celebre Epi-
stola gia piu volte allegata, Carlo ci ha lasciata la piu bella e precisa
defmizione che desiderare potessimo, dell'uffizio del Patriziato; laon-
de a noi non rimane quasi altra fatica, che di commentarla e dedur-
ne le conseguenze, di cui e feconda. Rileggiamone innanzi tratto il
testo, che vorrebb' essere scolpito a gran caratteri d' oro nei fasti
della storia , ed impresso con indelebili note nella mente di tutti i
Principi cristiani.
182 IL PATRIZIATO ROMANO
« Abbiamo ingiunlo (scriv' egli al Papa), al noslro messo Angil-
berto di conferire e trattare con voi di tullocio che voi giudicherete
necessario per 1'esallazione di S. Chiesa, e per la slabilila del vostro
onore , e per la fermezza del noslro Patriziato. Imperocche , sicco-
me io slrinsi Pallo col beatissimo predecessore di vostra santa Pa-
ternita, cosi desidero di stabilire colla Bealitudine vostra la medesi-
ma inmolabile Leya di fedelta, ed amore; per raodo che dall'ima parte
la benedizione apostolica di Vostra Santita , per dono della divina
grazia invocata dalle preci dei Santi, mi accompagai e seguiti in o-
gni luogo, e dall'altra la Sede sanlissima della Romano, Chiesa, Iddio
donante, per opera della noslra devozione venga sempre difesa. No-
stro debilo e il difendere, secondo il pietoso aiuto di Dio, in ocjni luogo
la Chiesa santa di Crislo dagli assalti de' pagan! e daile devastazioni
degl'infedeli al di fuori, e al di dentro munirla col mantenerle illesa
la cognizione della fede caltolica; ed e ufficio yostro, Padre santissi-
mo, elevando con Mose le mani a Dio, aiutare la noslra 'milizia, af-
iinche per inlercessione voslra , col favore e calla guida di Dio , il
popolo cristiano riporti sempre vittoria in ogui parte sopra i nemici
del suo santo nome , e il nome del Signor nostro Gesii Cristo venga
in tutto il mondo glorificato l. »
1 Illique (Angilberto] omnia iniunximus... ut ex collatione mutua confera-
tis vel quidquid ad exaltatwnem sanctae Dei Ecclesiae, vel ad stabllllatem
honoris vestri, vel PATRICIATUS NOSTRI FIRMITATEM necessarium intelligeretis.
Sicut enim cum beatissimo praedecessore vestrae sanctae paternilatis PACTVM
inii} sic cum beatitudine vestra eiusdem fidei et charitatis INVIOLABILE FOEDVS
statuere desidero; quatenus apostolicae sanctitati vestrae divina donante gra-
tia sanctorum advocata precibus, meubique apostolica benedict io consequatur,
et SANCTISS1MA ROMANAE ECCLESIAE SEDES, Deo donante, NOSTRA SEMPER DEVO-
TIONS DEFENDATVR. NOSTRUM Fsi, secundum auxilium .dimnaepietatis, SANCTAM
nbique CHRISTI ECCLESIAM ab incursu paganorum et ab infidelium devastaiione
ARMJS DEFENDERS foris, et iiitus ctttholicae fidei agnitionc munire. Vestnim est,
sanctissime Paler, elevalis ad Deum cum Moyse manibus , NOSTRAM ADIUVARE
muiUM, quatenus vobis intercedentibus, Deo due tore et datore, populus chri-
slianus super inimicos sui sancti nominis ubique semper habeat victoriam, et
nomen Domini nostri lesu Christi toto clariftcelur in orbe. Presso il
Concilia, T. XIII, p. 980.
DI CARLOMAGNO 183
Da queste parole si ritrae in primo luogo, die il Patriziato di Car-
lo (elo slesso dee dirsi di quel di Pipino) era 1'essenzial condizioue
di im Patio sacrosanlo d' alleanza , strelto tra il Re e il Papa ; tanlo
clie la confermazione del Patrizialo e la rinnovazione di questo Pal to
tornavano la stessa cosa, ed erano 1'una ali'altra si intimamente con-
nesse, che per ottener la prima Carlo allro non facea che offerire la
secoflda. La dignita di Patrizio non era perianto in lui un vano litolo
di onorificenza o un mero contrassegno di amicizia o di gratitudine
per parte de'Papi, com'era stato per avventura il Patriziato conferito
gia dagl' Imperalori a Clodoveo e ad altri Re Barbari ; ma bensi un
yero uflicio, che importava obblighi gravissimi di rigorosa giustizia,
e sacrosanti, quant'era sacrosanto quel pactum, quel foedus invtola-
bile di fedella e d'amore , ch' egli avea contratto coi Pa pi , anzi con
S. Pietro e colla S. Sede Romana, e quanto erano sacrosanti i giu-
ramenti, onde 1'avea piu volte sancilo. Quindi e che questi norm di
pactum, foedus, pactionis foedus e simili, s'iacontrano spesso in A-
nastasio , nel Frammenlo Fanluzziano , negli Annalisti Franchi , nei
diplomi imperiali delle eta seguenti , e sopraltutto nelle epislole del
Codice Carolino , quando alludono al Trattato , in virtu di cui Pipino
e i suoi figli furono creali Patrizii. Quanto poi alia slretlezza di que-
sti obblighi, basta notare che i Papi sollecilandone, come spesso fa-
cevano , dai Re Carolingi T adempimento, ne recavan loro a gravis-
simo carico di coscienza 1' intiera e fedele osservanza, minacciandoli
eziandio del giudizio severissimo di Dio e di S. Pielro , e dei casti-
ghi eterni, qualora violassero o negligentassero le cosi gravi e solenni
promesse che aveano giurate l.
1 Nell' Epistola VI del Codice Caroline, Stefano II scrive a Pipino ed ai
suoi figli : Etenim nos omnes causas sanctae Dei Ecclesiae in vestro gremio
commendavimus, et vos reddetis Deo et beato Petro rationem in die tremendi
ludicii quomodo decertaveritis pro causa eiusdem principis apostolorum. Lo
stesso ripete nell' Epistola VII. E Stefano III, nell' Epiist. XLVIII, scrive a
Carlo e Carlomanno : Si, quod non credimus, ipsas iustitias exigere neglexe-
ritis ant distulerids, sciatisvos de islis rationem fortiter ante tribunal Christi
eidem prindpi apostolorum esse facluros; la qual minacciacon termini anche
piii gagliardi intima loro nella famosa Epistola L, vietando ai due Re fratel-
li il parentado col Re longobardo.
184 IL PATRIZIATO ROMANO
Ora , quali fossero i miitui doveri delle due parli che con questo
Patto eransi vincolate d' inviolabile alleanza, ci vien pure chiararaen-
te espresso da Carlomagno nella citata Lettera. Dalla parte dei Papi,
quest! doveano, elevando con Mose le mani a Dio, aiutare colle pre-
ghiere la milizia del loro Patrizio , ed accompagnandolo nelle sue
imprese colla benedizione apostolica , favorirlo presso Dio e presso
gli uomini , ed onorarlo al cospetto dei Re e dei popoli cristiani ,
siccome special campione e difensore di S. Chiesa. Forse a certi
politici materiali dei tempi nostri sembrera troppo misero compenso
alle spese e alle fatiche del Re Patrizio questa mercede di non altro
che preghiere e benedizioni papali ; ma il fatto e che i Re Carolin-
gi se ne teneano soddisfattissimi. Anche nel Frammento Fantuzzia-
no il buon Pipino protesta di non voler altro dal Papa pe' suoi ser-
vigi , fuorche preghiere per 1' anima e il nome di Patrizio 3 ; ed
agli ambascialori imperial! assevero non aver egli intrapreso la
guerra contro i Longobardi , se non che pro amore beati Petri el
venia delictorum 2. E i Papi , in cento luoghi delle leltere del Co-
dice Carolino , allro guiderdone nori promettono ai loro Patrizii ,
fuorche ii perdono dei peccati , e il regno elerno dei cieli , e la pro-
tezione potentissima di S. Pietro, colle incessanti preghiere di tutia
la Chiesa Romana, che saran loro feconde anco di temporali prospe-
rita e Yittorie ; ne ad altro obbligosi tengono vincolati, ne ad altro
alludono, quando hi ricordano esser eglino fedelissimi e costanti os-
servatori di quel Patto singolare d'alleanza che aveano stretlo coi Re
di Francia. Al che debbonsi certamente riferire eziandio quei nuovi
rili , che altrove dicemmb avere Papa Adriano I introdotti nella Li-
turgia pontificia , di pregare in cerli di solenni pro Carolo Rege, o
come dicesi in altro luogo , pro Rege Francorum 3.
Questa protezione poi e sollecitudine speciale , che prendevano i
Papi dei loro regii Patrizii , esprimevasi tutta, per dir cosi, in qucl-
1 Nullam noMs nostrisque successoribus infra ipsas terminationes potesta*
tern reservatam, nisi solummodo ut orationibus et animae requiem profiteaatur,
et a wbis populoque vestro Patritii Romanorum vocemur. TROYA , Codice
diplom. longob. Num. DGLXXXI.
2 ABASIAS, in Stephano II.
3 MABILLON, Museum Ital. T. II, pag. 17, 19.
Dl CARLOMAGNO 185
la adozione figliale, di cui Carlomagno fa menzione in questa me-
desima Letlera : dove , dopo aver pianto con termini di affetto tene-
rissimo la recente perdita del suo dilettissimo e dolcissimo padre,
Adriano , si conforta col pensiero di rilrovare in Leone un altro pa-
dre, il quale preghi ogni di sulla tomba di S. Pieiro per lui e per
tulto il suo regno , e con pieta paterna lui adotti novamente per
figlio 1. II qual titolo di figlio era da Carlomagno lenulo in si gran
pregio, clie talora ei. lo aggiunse a quei di Re e di Palrizio in fronte
a'suoiAUi, siccome vedesi nella gravissima Lettera da lui indi-
rizzata ad Elipando e a tutti i Vescovi della Spagna 2. Ed i Papi
con questo dolce nome di figlio soleano nelle loro leltere appellare
Carlomagno , e prima di lui Pipino ; non gia solamente in quell' uni-
versale significato con cui ogni Re , anzi ogni semplice fedele , e da
loro chiamato figlio , ma con termini e dimostrazioni di affetto spe-
cialissimo ad esprimere clie i loro Patrizii aveano , come lali , un
diritlo sovreminente e tutto proprio all'amore del Padre universale
1 Divinae pietati agimus gralias, quia nobis post lacrymabile vulnus, quod
animae nostrae DILECTISSIMI PATRIS et fideUssimi amid (Hadriani) oUlns infli-
%it, tale in vobis solita sude clementiae providentia solatium perdonare digna-
tus est. E poco appresso: Sed magnum divina nobis praevidebat gratia sola-
tium, dum ws, vir venerande, in locum illius subrogavit, ut esset qui quolidle
apud beatum Petrum principem Apostolorum pro lotius Ecclesiae stabllitate,
et qui pro salute mea meorumque fidelium, imo et pro totius stabilitate regni
nobis a Deo dati inlercederet, et PATERNA PIETATE NOSIN FILIUMSIBI ADOPTARET.
Presso il MANSI, 1. cit. Yeggasi anche il bell'epitaffio, scrltto da Garlomagno
in morte cli Papa Adriano, e che leggesi scolpito in marmo nell' atrio della
Basilica Vaticana. In esso, tra le altre tenerissime espressioniy Carlomagno
dice:
Post Patrem lacrymans Carolus haec carmina scripsi,
Tu mihi dulcis amor, te modo plango, Pater.
Nominaiungo simul titulis, clarissime, nostra: '
Adrianus, Carolus; rex ego, tuque Pater.
2 Carolus, gratia Dei, Rex Francorum et Longobardorum, ac Patricius
Bomanorum, filius et defensor sanctae Dei Ecclesiae, Elipando etc.
186 IL PATRIZIATO ROMANO
del fedeli , ed erano percio in singolar modo suoi figli adoltivi 1 e
peculiari. Cosi , laddove i Patrizii imperial! erano chiamati Patres
Imperatoris, ed acquistavano , come da principio notammo, verso
gli August! una specie di paternila adottiva ; ai Caroling! al contra-
rio fu attribuito il nome e 1'adozione di figli verso i Ponlefici , al ca-
rattere sovranamente paterno dei quali troppo ripugnanle sarebbe
stato quel concetto antico del Palriziato : nel die abbiamo eziandio
un nuovo contrassegno per differenziare il Patriziato dei Caroling!
dall' antico, ed un nuovo argomento a credere ch.' ei fu islituzione
nuova , creata dai Pontefici.
Tali erano adunque le parti, che in virtu del Patto patriziale al Papa
speltavano verso il Patrizio : ma , quel che piii importa al noslro
tema , si e d' inlendere quali fossero gli obblighi che in vigore di
quel Palto stringevano il Patrizio stesso verso il Papa; giacche in
essi consiste tutto 1' ufficio del Patriziato. Ora questi obblighi li ab-
biamo ancor qui esatlamente defmili per bocca di Carlomagno: Di-
fendere la Sede sanlissima delta Chiesa Romano, ; difendere in
ogni luogo colle armi la Chiesa santa di Cristo dagli assalti dei
pagani e dalle devastazioni degl' infedeli al di fuori , e munirla al
di dentro col mantenerle illesa la cognizione della fede catlolica ,
reprimendo cioe con mano gagliarda gii eretici , i ribelli e i pertur-
batori interni , ed assicurando il libero e pieno esercizio della spin-
tuale autorita ai Pastori della Chiesa e sopraltutto al Pas to re supre-
mo ed universale : queste eran le parti assegnate alia devozione del
Patrizio , anzi questo era quel che Carlomagno chiama noslro debi-
to , a cui egli teneasi slrettamente obbligato in vigore del Palto che
lo stringeva al Papa, e del nome che portava di Palrizio. L' ufficio
adunque del Palricius Romanorum, tulto compendiasi in quesla
formola : difendere la Chiesa. Qui sta il concetto proprio ed essen-
ziale di cotesto Patriziato : questo e il carattere tutto suo , che lo
diversifica da tutte le altre dignita patriziali e lo rende a tutte supe-
1 CODICE CAROL. Epist. VII, X, XIV ecc. TUtWEpist. X, scritta in nome
di S. Pietro, si legge : Ego Apostolus Dei Petrus qui vos ADOPTIVOS habeo FI-
LIOS, ad defendendum de manlbus adversariorum hanc Rommmm cimtatem et
populum mihi a Deo commissum etc.
DI CARLOMAGNO 187
riore, merce la doppia qualita di sacro e di universale che in quella
formola e cohtenuta : a questo si riferiscono e riducono tutti gli atti
csercilali dai Re Franchi nella, lor qualita di Patrizii: e da questo
debbonsi derivare, siccome da unico fondamenlo legiltirao, lutte le
attribuzioni, i dirilti e i poteri annessi al Palriziato.
Quindi e verissimo il dire, die sinonimo adequate di Patricius
Romanorum e il Defensor Ecclesiae. Cariomagno iiifatli adopera-
va , per dir cosi , promiscuamente , siccome termini al tutto equi-
valenti , i titoli di Patricius o di Defensor; e benche il primo si
trovi assai piii frequente, anche il secondo nondimeno leggesi scrit-
io in fronte ad alii importantissimi. Cosi nel celebre Capitolare del
23 Marzo 789 , egli s' inlitola : Ego Carolus .... devotus sanctae
Ecclesiae defensor, humilisque adiutor ; e nelF allro Capilolarc
del 769, che fu la prima delle leggi da lui promulgate : Karolus. , .
devolus sanctae Ecclesiae defensor , atque adiutor in omnibus apo-
stolicae Sedis 1 ; e nella Lettera sopra cilata ad Elipando e ai
Vescovi della Spagna , congiunge i due titoli : Patricius Eoma-
norum , filius et defensor sanctae Dei Ecclesiae , quasi a spiegare
col secondo il significato del primo ; laddove in altre Lelterc, omes-
so il litolo consueto di Patricius Romanorum , adopera solo quel di
Defensor sanctae Ecclesiae %. In simil guisa, rnentre i Papi col
titolo di Patrizio eran soliti appellare i Re Franchi, pur talvolta
adoperarono anche quel di Difensore, come vedesi nel Conslitutum
di Papa Paolo I, in fine del quale si legge: Tempore... Pipini excel-
lentissimi Regis Francorum et Defensoris Romani 3. Nelle Leltere
poi del Codice Carolino si incontra quasi ad ogni pagina ripetuto, ed
espresso in tulle le forme possibili, queslo medesimo concetto. II
litolo uffieiale e, quasi diremmo, sacramentale di Patricius Romano-
rum, che in fronle all' Epistola e invariabilmenle allribuito dai Papi
a Pipino ed a' suoi figli , viene poi nel conteslo della leltera com-
mentalo ad ogoi poco colle appellazioni di defensor, auxiliator , tu-
1 BALUZIO, Capilularia Tom. I ; PERTZ, Monum. Germ. Legum T. I.
2 Cosi nella Lettera scritta 1'anno 796 ad Angilberto, e in quella dell'an-
no 800 ad Offa Re del Merci ; presso il MANSI, Concilia, T. XIII.
3 BARONIO, Annans, a. 761, n. 13.
188 IL PATRIZIATO ROMANO
tor, opitulator, liberator, propugnator, protector e con quanli altri
Yocaboli puo 11 Dizionario fornire per loro sinonimi. Tutti gli atli poi,
di cui ivi si parla, aventi risguardo al Patriziato e a quel gran Patto
che legava il Patrizio col Papa ; tutti riduconsi alia difesa, all'aw/o,
alia liberazione e redenzione, ed alia esaltazione della fede ortodos-
sa, della Chiesa Romana e del suo popolo peculiare: tanto die egli
bisognerebbe esser cieco a non yedere da queste Letlere, che sotto
il nome di Patrizio e compreso il concetto di Difensore, e che niun
altro concetto yi e compreso fuor di quest' esso. Altrettanto risulta
dagli storici ed annalisti piu autorev.oli ed antichi : tra i quali, per
non allungarci in citazioni omai superilue, allegheremo due soli , ed
ambidue francesi, cioe I'Annalista Metense, e 1'Autore degli Annales
Veteres Francorum, cola dove ricordano il ricorso fatto nel 773 da
Papa Adriano a Carlomagno. Ibivenit, dice il primo, ad eum missus
domni Adriani Papae, nomine Petrus, obnixe postulans, ut ad de-
fendendam Ecclesiam Romanam festinaret, et ut Populum Roma-
num de manibus superbi Regis Desiderii liberaret: adiungens, quod
ipse LEGITIMUS TUTOR ET DEFENSOR eSSet ipSlUS ECCLESIAE, QUO-
NIAM ILLUM praedecessor suns sanclae memoriae Stephanus Papa
nnctione sacra liniens in Reg em et PATRICIUM ROMANORUM ordi-
navit l. Altrettanto, e pressoche nei medesimi termini, narra il se-
condo ; notando anch' egli espressamente , che Carlomagno veniva
invocato da Roma, siocome LEGITIMUS TUTOR. ET DEFENSOR, perchc
Papa Stefano 1* avea ordinato Patrizio dei Romani, QUONIAM ilium
Stephanus Papa. . . PATRICIUW ROMANORUM ordinarat 2. Egli e
dunque manifesto, che 1' immaginare sotto cotesto nome di Patrizio
altro ufficio o altra potesta che quella di Difensore, sarebbe un uscirc
interamente fuor del concetto espresso di Carlomagno , e fuor di
quello che con Carlomagno esprimono tutti i monumenti storici di
quella eta. II che moltissimo importa che sia ben notato; perche,
sebbene non v' abbia niuno per avventura che neghi essere ingenita
al Patriziato, di cui parliamo, 1* idea di Palrocinio, nondimeno molll
1 DUCHESNE, Hist. Franc. SS. T. III.
2 MARTENE, Collectio amplissima etc. T. V.
DI C4RLOMAGNO 189
v' ha, che a questa altre ne sopraggiungono di lor capo, e con questa
mescolanza di element! stranieri non pure la adulterano, mala tras-
nalurano in tutf altra da quel che yeramente ella si mostra nelle sue
fonti sincere. Ma di cio ci tornera fra poco necessila di ragionare,
quando cercheremo qual fosse la giurisdizione del Patrizio.
Procedendo intanto nella questione che ora abbiamo Ira mano, e
sempre attenendoci alia guida sicura di Carlomagno , egli e da con-
siderare un po' piu da \icino e distintamente 1' oggetto proprio di
quella difesa, la quale costituiva 1' ufficio del Patriziato. Quest' og-
getto, a comprenderlo tutto in due parole , era la Chiesa Romana:
la quale sempre apparisce e campeggia , come scopo e cura vera-
mente unica, non che primaria , del Re Patrizio. Ma sotto questo
nome, due sono i termini che debbonsi distinguere , secondo la piu
o meno ampia significazione che a tal nome puo atlribuirsi.
Primieramente, siccome la Chiesa Romana e madre e maestra di
tutte le altre Chiese, e capo e centro di tutta la Crislianita, e come
tale estende la sua autorita e comunica il suo nome a tutto il mondo
caltolico; cosi il proteggere la Chiesa Romana, nel suo piu ampio
significato, importa il proteggere e difendere la Chiesa universale di
Crislo. E tale e appunlo I' ampiezza, che Carlomagno attribuisce al
suo debito di Patrizio: di difendere, cioe, in ogni luogo colle armi la
Chiesa santa di Cristo dagli assalti esterni, e munirla contro gl' in-
terni pericoli ; e cio, affinche il popolo cristiano riporti sempre vit-
toria in ogni parte sopra i nemici di Dio, e il nome di Gesu Gristo
venga in tutto il mondo glorificato. II campo adunque, a cui yirtual-
mente stendeasi 1'azione del Patrizio, comprendeva niente meno che
tutto il mondo cristiano ; dovunque il Papa giungeva colla sua spiri-
tuale autorita, ivi pure il Patrizio del Papa, il Defensor Ecclesiae,
doveva essere pronto col suo braccio armato a difendere quell' auto-
rita e a fame rispettare i diritti e i comandi da ogni morlale. La
vastila di questo concetto, benche tutta gia fosse conlenuta nel pri-
mo germe dell' istituzione di cotesio Patriziato, forse pero non si era
mai spiegata cosi limpida e piena, come in quest' aurea lettera di
Carlomagno a Leone III. II gran Re , quando scrivea queste frasi
nel 796, avea gia trionfato dei Sassoni, degli Unni, dei Saraceni e
I 90 IL PATRIZIATO ROMANO
di altri Barbari, nemici mortal! del Cristianesimo; e solto gli auspi-
cii di Adriano , che benediceva da Roma le sue armi , avea DOU
pure difeso con isplendide vittorie contro gl' infedeli , ma dilatato
eziandio con nuove conquiste 1' impero di Cristo e della sua Chiesa,
gl'interessi della quale erano sempre nelle sue imprese la cima dei
suoi pensieri. Ricco di si nobili allori , il Difensore della Chiesa ve-
niva ora ad offerire novamente la sua spada al nuovo Pontefice
Leone ; e nel chiedergli la troppo ben meritata conferma del Patri-
ziato, esibivasi pronto a nuove spedizioni, e quasi presentavasi a ri-
cevere gli ordini del Capo della Chiesa, per qualunque parte del
mondo egli sti masse d' inviarlo contro i nemici del nome cristiano.
Cos! nella grand' anima di Carlomagno gia era interamente maturo
II concetto dell' Impero ; non gia quanto all' ambirne il nomc o la
dignita, a cui forse egli ancor non pensava, ma quanto al compren-
derne la sostanza dell' ufficio , che appunto fu di proteggere colla
forza temporale in tutto il mondo la Cliiesa e la Cristianita, unita in
un sol corpo di societa solto il regime del Romano Pontefice. Al Pa-
trizio Carlomagno omai uon mancava piu che il nome e il diadema
d' Imperatore ; e questo non tardo ad essergli conferito da Leone III.
Questa prolezione poi della Chiesa in tutto il mondo comprendeva
due atti principalissimi, e da Carlomagno accuratamente distinli :
difenderla cioe al di fuori, dagli assalti de' pagani e dalla devasta-
zione degl' infedeli ; e al didentro, dagl'interni nemici e perlurbaloii
die si attentassero di alterare la purifa della fede ortodossa, o impe-
dire comechesia alia Chiesa insegnante 1'esercizio della sua potesta.
E 1'uno e 1'allro furono egregiamente intesi e adempiti dai Patrizii
Carolingi. Quanto ai Pagani, ognun sa con quanto valore e felicita il
loro braccio si adoperasse nel secolo VIII, cominciando fin da Carlo
Marlello, a respingere dall' una parte il gran torrente dell' invasione
Musulmana, che dalle Spagne e dall' Africa minacciava il cuore stes-
so del Cristianesimo ; e dall'altra a ricacciare sempre piu lungi ver-
so 1' ultimo Setteutrione le tenebre del Gentilesimo , che ingombra-
vano quasi tutta la Germania. II fatto si e, che quasi tutte le guerre
intraprese per ollre a sessant' anni dai Principi di quella dinaslia ,
c quelle specialmenle di Carlomagno , ebbero un intento non solo
D1CARLOMAGNO 191
politico ma anche religioso , e talvolta piu religioso clie politico ; e
dovunque si avanzavano le schiere Franche a piantare 1'asta vil-
ioriosa , ivi giungeano di pari passo i Missionarii e i Vescovi ad
inalberare la Croce, e prendere in norne di Cristo e della Chiesa fer-
mo possesso delle terre rapite a Maomelto e ad Odino l. Quanto poi
agli erelici e scismatici, cioe agl'interni neraici della fede ortodossa
c dell' autorila della Chiesa , basta ricordare lo zelo con che Pipino
e Garlomagno costantemente si opposero all' invasione dell' eresia
Icouoclastica, che fu la grand' eresia di quel secolo. Leone Isaurico
che ne fu 1' empio autore , e poi Costantino Copronimo, adoperarono
tutti gli sforzi della loro imperiale potenza per inlrodurre in Francia
e in Italia e in tutto 1' Occidente la loro empieta : e se non vi riusci-
rono , cio si dovette alia coslanza invitta dei Papi ed alia potente
cooperazione dei loro Palrizii ; si dovette a quel Patto sacrosanto, con
cui i Patrizii Carolingi si obbligarono ai Papi di difendere a tutla
loro possa la Chiesa e la Fede cattolica. Le letlere del Codice Caro-
lino fanno di cio indubitabile testimonianza ; perocche ivi si vede ,
dall' una parte i Papi raccomandare e inculcare conlinuamente ai Re
Franchi, siccome uno degli obblighi principalissimi ond'essi erano
vincolati a S. Pietro, la difesa della fede ortodossa e la vigilanza
contro le insidie dell' eresia imperiale, sempre intenta a spandere il
suo veleno in Occidente; e dall' altra i Re Franchi fare continue pro-
leste e profferle al Papa, che essi mai non verrebbero raeno a que-
sto lor dovere sacrosanto 2. Ne cotesle furono gia mere profferte, o
1 Intorno a cio, giova leggere, fra gii altri document!, 1'esordio dell'E-
pistola di S. Zaccaria Papa a Pipino e a lutti i principi Franchi (Coo. CAROL.
Epist. Ill); la Lettera di Adriano a Carlomagno, in congratulazione delle vil-
torie Sassoniche (Ivi, Epist. LXXXV) ; e il diploma di Carlomagno per la fon-
dazione della diocesi di Brema nella Sassonia settentrionale, della quale egli
dice aver fatto oblazione a Cristo e a S. Pietro (BARON, a. 788, n. 8): obla-
zione attestata non solo da Adamo Bremense, ma da S. Gregorio VII (Re-
yest. L. YIII, Ep. 23), che scrisse: Idem vero magnus Jmperator Saxoniam
oblulit leato Petro, cuius earn devicit adiutorw. Et posuit signum devotionis
ct libertatis, sicut ipsi Saxones habent scnptum et prudentes illorum satis
sciunt.
2 Epist.TU, XIV, XV, XIX, XX, XXV, XXVII, XXIX, XXXV, XXXVIII etc.
192 1L PATRIZIATO ROMANO
promesse vane ; ma i falti ben mostrarono quanlo elle fossero since-
re : di che quei Re meritarono dai Pontefici quegli encomii e ringra-
ziamenti amplissimi , che nel medesimo Codice s' incoritrano. Anzi,
quella opposizione medesima che i Patrizii, a richiesta del Papi , fe-
cero in Italia agl' Imperatori Bizantini , per vietar loro di ripigliare
qui il dominio politico , che avean per loro colpa irreparabilmente
perdulo; quella opposizione, diciamo, ebbe in gran parte per mo-
vente lo zelo appunto della fede ortodossa; giacche , come scrivea
S. Paolo I a Pipino, lo scopo di quegli August! eretici, nel ritentare
la conquista deir Italia, altro non era che di far trionfare la loro ere-
sia nel centro stesso della Chiesa di Dio i, donde ella avrebbe, spe-
ravano, agevolmenle conquistato tutto 1'orbe cristiano.
Questa doppia difesa contro i nemici esterni della Chiesa e della
Fede cattolica , e contro gl' interni , era adunque parle essenziale
dell' ufficio del Palrizialo : donde si scorge cbiarissimo, il caraltere di
quest' ufficio, anziche politico e chile, essere stato religioso esacro.
II che vuol essere qui tanto piu atientamente notato, in quanto che tro-
viamo la massima parte degli Autori o avere trascurato questo riguar-
do importantissimo del nuovo Patriziato, o averlo eziandio implicita-
mente negato, col dare a questa dignita un significato nient' altro che
profano. Nel qual errore sopfattutto caddero, e dovean cadere, quei
che tal dignila derivarono dall' Imperatore o dal Senato Romano , e
confusero questo Patriziato pontificio coll' anlico Patriziato imperiale ;
giacche, facendone tutto laicale e politica 1' origine, tale pure doveano
stimarne 1' indole e 1' ufficio , stravolgendone cosi con doppio e gra-
vissimo errore il vero concetto. Al contrario, il vero si e che questo
Patriziato dei Papi, da qualunque parte si miri, porta evidentemenle
scolpito un caratlere di religiosita, e percio di grandezza, tulto pro-
prio, che si cercherebbe indarno in qualsiasi altro genere di Palrizii.
L'autorita, da cui fu islituito; lo scopo per cui fu istituilo, a difesa
cioe ed esaltazione della Chiesa ; il motivo, per cui i Carolingi 1' accet-
tarono e lo tennero in tanto pregio, che fu per divozione a S. Pietro,
e per zelo di religione ; gli alti che ne costituivano 1'ufficio, ed erano,
I Epist. XXV e XXVII.
DI CARLOMAGNO 193
combattere il paganesimo e 1' eresia , difenclendo e dilatando in ogni
parle la Fede catlolioa, e proteggere la S. Sede Romana, mantenendo
alPontefici contro qualsiasi aggressore tulti i loro dirilti e le giustizie
di S. Pietro; il guiderdone stesso e lo slipendio, per dir cosi, che a
questi Patrizii , fedeli di S. Pietro e campioni della Chiesa, veniva
promesso, ed al quale essi aspiravano , cioe la mercede dell' anirna,
il perdono dei peccati, la prolezione special e di S. Pietro, e il regno
elerno dei cieli ; tutto mostra che il Patriziato era cosa squisitamen-
te sacra , e che per tale sempre la slim'arono Pipino e Carlomagno ,
del pari chei Papi. Laonde, siccome al nuovo Romano Impero, crea-
to da Leone III, fu poi giustamente attribuilo nella storia il nome di
Sacro, perche sacro ne fu lo scopo e 1' ufficio , cioe tulto consecrato
a proteggere ed esaltare la Chiesa e la Crisliamta nel inondo ; cosi
sacro dee pur chiamarsi per le stesse ragioni il Patriziato che lo pre-
cedelte, e ne fu come la preparazione e il tirocinio.
Di qui forse puo eziandio ritrarsi una cagion miova e verissima ,
benche poco o nulla avvertita dagli storici , di quella straordinaria
sollecitudine che Pipino , e maggiormente ancora Carlomagno, mo-
strarono per le cose di religionc, dovunque slendeasi la loro tempo-
rale potenza. Certo e, cheavedere questo gran Re, fraletante cure
militari e politiche , richieste dal goveruo di si vasta monarchia ,
occuparsi pure con si assidua e minuta diligenza di tutto cio che
spettava alia Chiesa ; a leggere que' suoi Capitolari , in cui tante
prescrizioni s' incontrano di disciplina ecclesiastica; a ricordare
quelle sue Diete di Slato, che spesso, pei negozii che ivi trattavansi
-e pei decreti che stabilivansi , pareano piuttosto Sinodi ecclesiastic!
die non civili Assemblee; a considerare, diciamo , tanto fervore di
zelo religioso, pur troppo rarissimo neiPrincipi, eppure cosi segna-
lato e cospicuo in Carlomagno ; talvolta ci sembra di scorgere in lui
il personaggio di un Vescovo , o di un Legato apostolico , piuttosto
che di un Monarca. Ora , egli e ben vero che ogni Monarca cristia-
no, anche solo come tale , dee pigliare grandemente a cuore e pro-
muovere ne' suoi Stati gl'interessi della religione e della Chiesa; e
ben vero altresi , che Carlomagno , ancorche non fosse mai stato
creato Patrizio dai Papi , per quel profondo senso nondimeno di
Serie V, vol. J, fasc. 338. 13 6 Aprile 1864.
194 IL PATRIZIATO ROMANO
piela e religione ch'egli avea redalo dal padre , e che fu T anima di
tutto il suo regno, avrebbe operato grandi cose per la religione : ma
contuttocio ci serabra pur verissimo il dire, cheacoteslo zelo forlis-
simi stimoli dovette aggiungere nel cuor di Carlo, e grande autorila
nella menle dei popoli, ruilicio di Difensore delta Chiesa, espressa-
mente coramessogli dal Papa. Ai doveri e ai dirilli di Re, questo uffi-
cio aggiungeva i dirilti e i doveri di Avvocalo speciale della Chiesa;
e siccome dall' una parte Carlomagno nulla ordinava nelle cose eccle-
siastiche senza il consenso e 1' approvazione della S. Sede , con cui
mantenne sempre slrettissimo accordo e dipendenza; cosi dall'altra i
popoli, il clero el'Episcopato stesso di buon grado gli ubbidivano in
ogni cosa, in lui riconoscerido 1'autorita di ministro del Papa. Quin-
di , se mai pole dirsi con verita di un Monarca o Imperatore cri-
stiano , esser egli ne' suoi Staii a guisa di un Vescovo temporale ,
cio fu verissimo di Carlomagno Patrizio , e poi Imperatore, in virtu
appunto di quel Protettoralo della Chiesa, onde fu investito prima col
titolo di Patrizio, e poi d'linperatore.
Dal fin qui delto appare, come Tufficio del Patriziato, istituito dai
Papi, si stendesse alia difesa della Cristianila e della Chiesa contro i
pagani e gli eretici in ogni parte del mondo. L'oggetto pero imme-
diato e primario della difesa patriziale , non puo dubitarsi die fosse
la Chiesa Romana , presa in islretto senso , ossia , per sen irci delle
parole stesse di Carlomagno, la Sede santissima della Romana Chiesa.
Finche Roma e i Papi furono sotlo il dominio degl' Inijieratori, era
debito di questi il proteggere la S. Sede ; e cio, non solo per quella
protezione che ogni Principe deve a' suoi sudditi, ma per un' altra ra-
gione specialissima. Infatti, dopoche non pure 1' Imperatore ma Tlm-
perio stesso fu divenuto cristiano, e la Religione cattolica venne san-
cita, come legge dello Stalo, in lullo il mondo romano ; al Capo dello
Stato apparlenea per dovere, di far si che ella fosse rispettata in tutto
I'lmpero ; il che importava innanzi tutto che i Pontefici , Pastori
universali della Chiesa , fossero dal braccio imperiale proletli e so-
stenuti nel libero e pieno esercizio della loro polesta, o manlenuti
nel sicuro possesso delle loro giustizie. E veramente Coslantino Ma-
gno ed altri pii Impcratori non erano mancali a queslo loro dovere;
DI CARLOMAGNO 195
ma e troppo vero altresi, che piu sovenle la protezione imperiale era
riuscita o impotenle per le misere condizioni dell' Impero , o ezian-
dio funesta per la tristizia degl' imperanti, col voltarsi in oppressioue.
ISTel secolo VIII poi le cose erano venute a tale , che i Pa pi , perse-
guitati per la Fede ortodossa da'gl' Imperatori iconoclast! , e abban-
donati dai raedesimi di ogni temporal difesa conlro i Longobardi ,
furono costretti a provvedere da se slessi alia salute di Roma e della
Chiesa , ed a cercare in Occidente un Difenspru non men divolo di
cuore che possente di braccio, il quale pigliasse della S. Sede quel-
la efficace protezione, che era indarno lo sperare mai piu dai Cesari
di Oriente.
D'altra parte 1'anlica sociela del mondo Romano si era omai inte-
ramente disgregata e disciolta: al successore di Coslantino, di Teo-
dosio e di Giustiniano , appena bastavan le forze a salvare sul Bos-
foro le ultime reliquie dell' Impero dalle aggressioni e minacce dei
Saraceni, dei Bulgari, degli Avari ed altri Bdrbari, che ad ogni trai-
to irrompevano tin solto le mura di Costantinopoli : mentre in Europa
sulle rovine dell'Impero nuovi popoli erano sorti e nuovi Regni, Tun
dair altro indipendenti , ma aventi tullavia una comune fratellanza ,
la quale, piu che nel sangue derivato dai comun ceppo germanico ,
era fondata nella religione e nella riverenza che tutli professavano
alia Chiesa Romana, come a lor madre e maestra. In questa pertanto
era il fecoudo principio di quella nuova e piu vasta unita, che doveva
ormai sostituirsi aH'antica uuita politica dell'Impero Romano , ed a
cui questa unila dell'Impero era servita , secondo il verissimo con-
cetto di Dante 1, di preparazione ed agevolamento. La Roma dei
Papi dovea raccoglieree slringere intorno a sela gran famiglia delle
nazioni, meglio che non aveafatto la Roma dei Consoli e dei Cesari,
soggiogandole colla spada; e di queste nazioni , che sotto il magi-
1 Ei fu dell' alma Roma e di suo impero
Neirempireo ciel per padre elettcr
La quale e il quale, a voler dir lo vero,
Fur stabiliti per lo loco'santo
U'siede il successor del maggior Piero.
Inferno, Canto II.
196 IL PATRIZIATO ROMANO
stero di lei gia professavano il Cristianesimo, dovea formare la Cri-
siianita, tutte congiungendole in una gran societa religiosopolitica, il
cui Rettore supremo altri non poteva essere che il supremo Pas tore
della Ghiesa , cioe il Romano Ponlefice. Ma per adempiere questa
sublime missione , il cui alluamento coniincio colla creazione del
nuovo Impero , e venne poi a mano a mano svolgendosi nel medio
evo, era necessario innanzi tratto. che i Papi fossero , non pid sud-
diti di altro Sovrano, ma Sovrani essi medcsimi ; affinche sopra tutli
i popoli e tutli i Re potessero con piena indipendenza e pari dignila
esercitare 1'eccelso loro incarico. E poiche, in sul mezzo del secolo
ottavo, la material debolezza, in cui Roma trovavasi per le passate
calamita e per la presente prepotenza de' Longobardi in Italia , non
consentivale di mantenere e difendere da se sola il nuovo Stalo , nel
quale erasi costituita sotto la sovranita dei Papi ; quest! invocarono
il braccio dei nuovi Re di Francia, la cui gloriosa dinastia parve su-
scitata a quei tempi da Dio in servigio appunto della Chiesa Romana,
non solo per liberarla dai nemici che allora I'opprimevano, e conso-
lidarla nel tranquillo possesso della sua nuova Sovranita ; ma prinei-
palmente per iniziare con lei e sotto di lei, nel nuovo mondo, per
dir cosi, che gia era sorto dalle rovine deH'antico, quei imovi ordini
di cristiana polilica, che dovean poi essere per lunghi secoli la base
e la legge di tutta la Cristianila.
In tal guisa adunque, 1' ufficio di proteggere la Chiesa Romana
passo dagli Imperatori greci ai Re Franchi ; ma con una differenza
gravissima, cheepregio dell' opera il ben notare. Imperocche, sotto
gl' Imperatori, la Chiesa Romana era civilmente suddita dell' Impe-
ro, e i Papi non solo professavano verso gli August! fedelta ed ub-
bidienza , ma e coll' esempio e coll' autorita mantenevano i popoli
nella fede dovuta all' Impero , e piu d' una volta ne rcpressero le ri-
bellioni. Laddove , al tempo dei Caroling! Palrizii , i Papi trovavan-
si in condizione di Sovrani, siccome Principi indipendenti di Roma
e dell' Italia romana ; e come tali invocarono a difesa del loro Stata
le armi franche. Gl' Imperatori greci adunque proteggevano tempo-
ralmente la Chiesa Romana , come un Sovrano protegge il suddito :
mentre i Carolingi la protessero, come un Sovrano protegge un aitro
DI CARLOMAGNO 197
Sovrano suo pari ed alleato, da cui viene richiesto di aiuto; o piulto-
sto, per meglio accostarci al vero concetto di tal protezione, come un
campione giurato protegge il Principe a cui ha obbligato la sua devo-
zione. Negl' Imperatori questa tutela derivava dall'ufficio stesso della
loro sovranita ; laddove nei Carolingi era nala da un patto espresso
di alleanza, ond' eransi vincolati coi Papi, e dal giuramento con cui
eransi obbligati di perpetua devozione a S. Pietro. Laonde , benche
sia verissimo die negl' Imperatori questa protezione importava tein-
porale .superiorita sopra i Papi ; nei Re Franchi al contrario non solo
non diceva niuna superiorita di tal fatta, ma espressamente la esclu-
deva, siccome contraria a quella eguaglianza che e tra due Sovrani,
stringentisi con mutui patti in alleanza, e molto piu a quella dipen-
denza espressa, che i Re Carolingi sempre professarono verso S. Pie-
tro e verso la Chiesa Romana, come suoi fedeli e difensori , e che
era indicata dal loro titolo stesso di Palrizii del Romani; giacche
dall' una parte questo titolo accennava sempre subordinazione al So-
vrano che 1' avea conferito, e dall' altra, come abbiamo dimostralo-,
non aveano i Carolingi ricevuto il Patrizialo da altro Sovrano fuor-
che dal Papa.
Tra gl'Imperatori e i Re Franchi v'ebbe dunque una differenza ca-
pitalissima, quanto alle loro relazioni politiche verso la S. Sede; agli
uni e agli altri appartenendo bensi il medesimo ufficio di proteggerla,
ma per titoli diversissimi. Alia qual diversita per non aver posto
mente molti Autori, hanno stranamente confuso ogni cosa, scambian-
do il Protettorato del Carolingi per vera sovranita, ed assumendo per
indubitato , che eglino , siccome sollentrarono agl' Imperatori Greci
nella protezione di Roma, cosi a loro fossero succeduti parimente in
lutti i diriUi sovrani sopra Roma, e che questi diritti da Carlomagno
posseduti come Patrizio , e indi assai piu come Imperatore , da lui
fossero trasmessi insieme coll' Impero a tutti i successor!. Ma sopra
tal quistione dovremo fra poco ritornare con piu ampio discorso.
Qui intanto, a conchiudere quel che riguarda 1' ufficio del Patri-
ziato, ci rimarrebbe a spiegare piu tritamente, quai doveri impor-
tasse e quali atti comprendesse la protezione della Chiesa Romana.
Se non che la cosa e per se si manifesla, che non accade d'intratte-
198 IL PATRIZIATO ROMANO
nerd piii che tanto a chiarirla. Combattere i nemici che dal di fuori
la travagliassero o minacciassero ; reprimere i ribelli che sorgesse-
rodi dentro acombalterla; mantenere illese le giustizie di S. Pielro,
doe tulti i palrimonii , le cilia , le province e gli Stall appartenenti
alia S. Sede, e fare che ivi ella potesse tranquillamenle esercilare
lutti i suoi dirilli di piena e libera signoria; ampliare eziandio gli
attuali dominii della S. Sede coll'adempiere a raano a mano, secon-
do che le circoslanze il consenlissero, la donazione di quel tan to- di
piii che i Patrizii, nel primo Patto del 754, rinnovalo poi nel 774,
aveano p>-omesso; accorrere colla difesa dell'armi o dell' aulorit& in
aiulo del Papa, ogni qua! volta ei 1'invocasse; cooperare insomnia al
Romano Pontefice con fedella e devozione in ogni cosa, per mante-
oergli vigoroso e libero 1' esercizio di tutla la sua polesta. spiriluale
e. temporale nella Chiesa e nello Slato romano : tali erano le parti
precipue , che al Palrizio , ossia proleltore della S. Sede , compete-
vano in virtu della sua carica, ch' erano indicate dal nome slesso
ch' ei porlava, e che veggiamo appunto poste in opera negli alii piu
cospicui del Palrizialo.
Bensi e da nolare per ultimo uno special riguardo da cui sempre
meglio dimostrasi 1'indole di queslo Palrizialo, e confermasi quel
che abbiamo gia innanzi awerlilo del caratlere lulto religioso e
sacro del suo ufficio. La prolezione della Chiesa Romana compren-
deva senza dubbio eziandio quella dello slato civile di Roma e delle
sue province; non solo il Ponlefice e il Clero, malanobilla, il popo-
lo, le milizie, lulli gli ordini laicali de'cilladini di Roma edell'llalia
romana, erano solto 1'egida del Patrizio dei Romani. Ma quesli ordini
laicali lenevano in quella prolezione un poslo secondario : il Senalo e
il Popolo Romano erano anch' essi obbiello della difesa palriziale ,
ma indirelto e quasi diremmo accidenlale; in quanto che la ragione
del difenderli che faceva il Re Palrizio, allra non era se non che 1'es-
ser eglino apparlenenza deila Chiesa Romana. L&Ecclesia Romana,
la S. Sede, il Ponleflce, questo era 1' obbielto proprio ed essenziale,
il termine dirello e primario a cui era volta e consacrala lulla la de-
vozione del Patrizio; la Bespublica Romanorum, cioe la Citta e lo
Stato venivan dietro come necessaria conseguenza, ma in grazia solo
di quel vincolo per cui erano congiunli alia Chiesa e al Ponteflce.
DI CARLOMAGNO 199
Cio risulta chiarissimo , in primo luogo dai titoli stessi con cui e
per cur il popolo e la citta di Roma Yiene spesso dai Papi racco-
mandata nel Codice Carolino alia protezione dei Patrizii Carolingi :
quei titoli sono 1'essere i Romani populus peculiaris ovvero fami-
liaris sanctae Dei Ecclesiae 1 , populus Romanae Ecclesiae subia-
cens 2, r essere popolo e gregge speciale di S. Pietro 3 e dei Pon-
tefici , dai quali percio e chiamato populus noster , nobis corn-
missus, nosier Romanorum reipubblicae populus, civilas nostra Ro-
mano, £. Ne altrimenti parlano i Romani slessi ; anzi nella letters
che il Senato e Popolo Romano scrissero nel 757 a Pipino, espres-
samente si professano firmi ac fideles servi sanctae Dei Ecclesiae et
domni nostri Pauli summi Pontificis, e di queslo sol titolo si valgo-
no presso il Re Patrizio ad implorarne sempre piu il favore, pregan-
dolo in nome di S. Pielro di continuare sopra la Chiesa Romana e
sopra loro tulli la sua prolezione 3. In secondo luogo cio risulta da
quel perpetuo e dichiaralissimo professar che fecero Pipino e Carlo-
magno di non avere assunla la protezione di Roma se non che per
divozione a S. Pietro, perossequio ed amove alia S. Chiesa, per mer-
cede e rimedio deU'anima, per zelo della fede orlodossa, e altre si-
mili ragioni tulte religiose e sacre. Egli e pure un gran fatlo, de-
gno non solo di attenzione, ma di meravigiia; che cioe da lutti i mo-
numenti slorici di quel tempo, riguardanti queslo Patriziato dei Roma-
ni, non traspare mai che i Re Carolingi si gloriassero di proleggere
Roma per altro motivo che di religione : niuna allusione e mai fatta
alle grandezze passale di Roma profana, il cui nome solea pure eser-
citare un di nelle menli barbariche tanlo prestigio. Roma e protetta
dai Franchi, non per riverenza alia anlica maesla del suo impero,
non perche ella fu un tempo la citta dei Cesari, la regina del mon-
do ; ma perche e la citta di S. Pietro, la Sede del Pontefice e Pa-
store supremo della Chiesa, il capo e centre del Cristianesimo. Se
1 Epist. XVIII, XXXVII, XXXV1IJ, etc,
2 Epist. XXXV.
3 Epist. X.
4 Epist. XXXVII, L, LVI1I, LIX, etc.
5 Epist. XV.
200 IL PATRIZIATO ROMANO DI CARLOMAGNO
quest! titoli fossero mancati a Roma, egli puo tenersi per indubitato,
che i Re Franchi non si sarebbero punto curati del Patriziato, ne bri-
gati di far guerra per lei ai Longobardi loro amid ; e quesli da gran
pezza innanzi 1' avrebbero fatta lor preda ; se pure non vogliam dire
piuttosto, che, assai prima della calala dei Longobardi, Roma senza
i Papi sarebbe divenula sotto i col pi di Alarico, di Altila, di Gense-
rico e di Totila, un mucchio di sassi e di rovine, e tale sarebbe irre-
parabilmente rimasta.
Da cio si trae eziaridio un nuovo argomento per confermare due ve-
rita storiche di gran momento, giada noi altrove dimostrate; Tuna,
die il Patriziato dovett' essere conferito ai Re Franchi dai Papi , e
non gia dal Senato e Popolo Romano, come pretesero il Goldasto ed
allri aulori ; 1'altra, che la civile sovranita di Roma risedeva a quel
tempo veramente nei Papi. Infatti, se la protezione del Patrizio avea
per oggetto primario la Chiesa Romana e il Pontefice , non gia il
Senato e il Popolo, ed a questo stendeasi solo in quanto che era ap-
partenenza della Chiesa, era popolo di S. Pietro; ognun vede facil-
mente, se egli sia cosa credibile, che il Patrizio avesse ricevuto 1'in-
carico di tal protezione dall'autorita del Popolo o del Senato Romano,
anziche dal Pontefice, o che il Pontefice non avesse anche civilmenle
la pienezza dell' autorita sovrana nella Cilia e nello Stato , che solo
in grazia di lui e come cosa sua , riccveva il beneficio della prole-
zione. Ma cio sia detto sol di passata.
Abbiamo esposto fin qui in che consistesse 1' ufficio del Patriziato,
spiegando i significati compresi nel titolo di Difensore della Chiesa
Romana, nel quale quell' ufficio tullo si compendia. A chiarire non-
dimeno interamente la questione , egli e mestieri determinare quale
e quanta fosse la giurisdizione a tale ufficio annessa ; importante e
difficil tema, nel quale siccome cadono appunto le maggiori contro-
versie di tutta quesia trattazione del Paldzialo, cosi piu altenlo dee
rivolgersi il nostro studio. Ma di questo, in altro articolo.
RIVISTA
BELLA
STAMPA ITALIAN!
I.
Memorie e Scritti di LUIGI LA VISTA , raccolti e pubblicati da PA-
SQUALE VILLARI. Un Tol. in 8.° pice, di pag. XL VIII -375.
1863.
Ben differenle e lo scopo noslro , nel dare ai lettori qualche conto
di questo volume, dallo scopo che ha inteso il signor Pasquale Vil-
lari nel mellerlo a luce. Egli anzi lutto si e proposto di pagare un
affeltuoso tribulo alia ricordanza di un condiscepolo ed amico ; e
contenlando quest' antica brama dell' animo suo , da buon « confes-
sore » dell' Italia liberalesca sotto i Borboni diNapoli, si e proposto
allresi di offerire alia palria un nuovo modello di giovane « che sem-
pre palpito per la liberla politica e per la liberta del pensiero 1 » ;
e degno , se non di adeguata iraitazione, certo di singolare ammira-
zione. Percio tutto quanto scrive di lui, e dettatura di « entusiasmo »
che va sino ad « adorare » ; colalche riconosce e confessa con inge-
nuita, che per queslo lato « il suo cuore fa velo al suo giudizio 2 » :
e lulto quanto stampa di lui e opera d' inestimabile diligenza, come
di chi abbia raccolte e ordinate preziose reliquie di un « martire >< .
I Pref. p. XLI. — 2 Ivi.
202 RIVISTA
Noi e converse , ai qu-ili il giovane Luigi La Vista fu sempre igno-
to, essendo lontani da questo pericolo di un annebbiamento del
« giudizio » pel fumi del « cuore » , ci prefiggiamo invece di esa-
minare posatamente qual personuggio riesca egli in effetto dentro
le carte di qaesto libro: se un originate ammirabile, o non anzi un
«sempio lacrimabile. Ouindi sicuramente senza « entusiasmo » , ma
tion senza un' alia compassione per lo sciaguratissimo giovane, to-
glieremo dalle presenti sue Memorie cio che e necessario a for-
mare di lui un genuino ritralto : e lo dipingeremo scrupolosamente
coi colori che ci fornisce egli medesimo nelle sue scrilture. Le qua-
li se sia stato d' uomo prudente e di caulo amico il far tulte pubbli-
«he, lasceremo che allri, dopo letto , senlenzii.
Gli scritti del La Vista , che il Villari fa antecedere da una sua
lunga prefazione , si distinguono in tre parti. L' una comprende le
Memorie della sua vita, o meglio i pensieri, o, come anco le intilo-
la 1'editore, le impressioni dell'animo suo, bultate giu in carta di
tempo in tempo negli ultimi suoi tre anni : e queste sono lo specchio
veridico, dov' e riflessa tuttora la immagine del suo spirito , dei-
fy sua natura, delle sue passioni veementi ed irrequiete. L'altra e
una serie di appunti, di concetti, di osservazioni , intorno alle ope-
re di assaissimi autori d' ogni falta, che egli si divorava del conlr-
tinuo, con una non mai saziabile avidila: e queste note che danno
a divedere fmo a qual segno si fosse falsalo il criterio e scompiglia-
ta la mente nella selva selvaggia di tante letlure , sono , eziandio a
parere del Villari che le ha pubblicate , di poco momento e di qua-
si nessun utile: giacche, come afferrna esso: « molti dei suoi giu-
<lizii sugli antichi sono scorretti ; e spesso anche , nella foga di scri-
Tere non appena aveva fmito di leggere , egli ripele , senza avve-
dersene, le opinioni altrui !.'» La terza e una raccoltina di suoi la-
Yorietti originali, composti sullo stile degli appunti sovrindicati , ma
di un andare meno scapigliato, e che servono a dimoslrare nel suo
pieno i pregi e i difetti si natural! e si acquisiti dell' ingegno di lui :
II quale se fu raro per eccellenza di doli , fu ancora piu raro per lo
1 Pref. p. XL1.
DELIA STAMPA ITALIANA 20£
precoce pervertimento di tulli i migliori principii , e di quel fino gu-
sto italiano ch'egli brultamente imbastardi, per gola d' emulare tip!
stranieri. Or noi attenendoci piii che ad altro ai cenni racchiusi nel-
la prima parte, e giovandoci inoltre del lumi che ci somminislra il
Villari , ricopieremo qui in compendio 1' abbozzo, che vale la spesa
di esser porto a considerare.
Luigi La Vista nacque in Venosa 1'anno 1826. « La mia famiglia
non e nobile, scriv'egli; il padre di mio avo era plebe; io sono la
terza generaziorie del mio casato , che segga fra i genliluomini. La
mia famiglia non e ricca ; la mediocrita della nostra fortuna basta
appena a soddisfare i bisogni della vita. Noi portiamo nelle nostre
opinioni il segno della nostra origine; il nostro sangue e plebeo e H
nostro cuore e repubblicano. Mio avo fu uomo del 99 (doe giacobi-
no) : mio padre fa uomo del 20 (cioe carbonaro) • io lavoro e scri-
vo e penso per essere uomo del primo movimento della liberta d' Ita-
lia. Ecco i miei titoli, ecco le mie glorie 1. » Egli non conobbe qua-
si sua madre che perdelte da bambino: e questa riputo sempre dis-
grazia somma, e la pianse incessantemenle : e forse chi sa che « 1'a-
more delicato e te carezze raaterne di lei » , ch'esso lamentava senza
posa di non avere mai goduto, e i sensi di pieta e di religione da
lei islillatigli , non Io avessero campato dali'abisso, in cui si spense
miseramente nella verdezza degli anni !
In luogo della madre che gli serninasse net cuore il santo timor di
Dio e 1' amore alle belle virtu deir infanzia, ebbe 1' avo che gl' im-
bebbe 1'anima giovinetta di tutt' altri dettami. « A me fanciullo quel
bravo vecchio ispirava 1' amore della gloria e della liberta. Ei mi
leggeva la Bibbia, i nostri poeli, i giornali; me li spiegava e tradu-
ceva e commentava. Mio avo era uomo del novantanove ; ammira-
tore del Frances!, della loro rivoluzione, di Lafayette, di Napoleo-
ne. Uomo del secolo passalo, ei ne aveva la generosita e Y indipen-
denza. Solamente sul finire della sua vita, la religione e venuta a
santificare i suoi sentimenti di patria e di liberta 2. » Per chi abbia
familiare questo gergo , sara piano inlendere come perniciosa do-
1 Pag. 162. - 2 Pag. 160.
204 PJVISTA
vesse tornare a lui garzonelto questa maniera d' istituzione. Tanlo
piu che gl' insegnamenti dell' avo divenuto religioso « solamente sul
finire delia vita » erano confortati dall'esempio paterno. « Mio pa-
dre mi avanza, dice di lui, di quasi trenl' anni, vive sepolto negli
affari e neicalcoli, e segregate dagli studii e dalla capitale : ed e piu
progressista di me: le riforme non lo sbalordiscono , le novita non
lo arrestano 1. » E cliiaro? II povero Luigi dunque sorbi forse il
yeleno nella puerizia, sulle ginoccbia dell' avo e Ira le braccia del
padre.
Ebbe quindi ragione di sospirar dietro a sua madre, che sarebbe
stata per avventura Tangelo suo tutelare, di lamenlarla , di cercarla
negli occhi e nelle sembianze di tulle le persone che gli parevano
buone, e sopra tutto di amarla svisceratamente in una giovane e uni-
ca sorella, intorno alia quale , quando con lei ebbe conversato dopo
ch' ella fu uscita da un educatorio , scriveva queste parole a un ami-
co : « Beppino, ho conosciulo un'altra anima soavissima come la tua;
la compagnia di mia sorella mi compensa della tua lontananza. La
compagnia di una sorella e dolcissima ; e sangue tuo, e parte dell'a-
nima tua. Madre comune ; latte comune ; si e riso, si e pianto insie-
me la prima volta. La slessa voce vi ha irisegnato a parlare ; sullo
slesso seno vi siete addormentati, dalla slessa mammella avele suc-
chiato la vita, T amore, la fratellanza. La donna tradisce e inganna
spesso : la sorella e fedele e sincera sempre 2 » . Le quali parole vo-
lenlieri abbiamo riferite, per prova del cuore gentile e amorosissimo
che sorli questo giovane dalla natura : cuore die educalo nei casli e
divini affetli della virtu dalle cure solerti di una madre pia , ed ar-
inato cosi conlro gl' impeli di una immaginazione smoderata , di un
temperamento bilioso, di un umore volubile , avrebbe germoglialo
frutti ben diversi da quelli che il vedrem ora produrre.
Dalla casa domestica passo ad imparar lettere , in un seminario
di provincia, che il Villari chiama « cattivo » : ma, soggiunge poi .
« datosi a leggere scrittori anlichi e moderni , comincio subito ad
educarsi da se 3 » . Donde 1' editore abbia tratto che quel seminario
1 Pag. 101. — 2 Pag. 166. — 3 Pref. pag. VII.
BELLA STAMPA ITALIANA 205
fosse « cattivo » nol sappiamo : ma crediamo che dal suo futile dis-
pregio liberalesco di tutto cio che e sacro , ed a Chiesa appartiene.
Imperocche il La Yista certifica di se, die egli era « uscilo dal col-
fegio con confidenza, con ignoranza del mondo ed ingenuila cell' ani-
mo 1 » : qualita che non si sogliono riportar fuori da un luogo « cat-
tivo » di educazione. Vero e che il giovane phi innanzi denomina
quel seminario « una galera 2 » : ma cio per una ragione che e qui
bello tacere , e che onora quell' asilo dell' innocenza , e scuopre gia
una magagna nei costumi, o certo negli affetti del prevaricato Luigi.
E questa magagna si fa phi palese , dove narra il primo inciampo
che incontro la sua ambigua morigeratezza , appresso rientrato nel
mondo 3.
La mala sementa depostagli nell' anima mentre pargoleggiava in
grembo al suo vecchio nonno , e la trascurauza molto probabile di
una sufficient cultura religiosa nella eta sua infantile, non e dubbio
che gli dovettero render grave la dimora in quel chiuso recinto del
sahluario, e con essa la pratica dell' aunegazione, della sommessio-
ne e del vivere regolato. Lo attestava egli , quando piu adulto fol-
leggiava nei delirii della sua desolata empieta, con queste amare pa-
role : « In quel giorni una stolta educazione mi sforzava a non dire
quello che senliva, e a non sentire quel che voleva. E quelbrusco
e importuno contrastarmi sempre e in ogni cosa, m' ispirava de'pen-
sieri e de' desiderii non proprii dell' eta mia 4 ». Per lo che divien
manifesto che fin d'allora, comeche non fosse al tutto indevoto ; non-
dimeno non si acconciava punto a quella contraddizione di se mede-
simo e a quelle battaglie dello spirito contro la carne, della ragione
eontro lalmmaginativa, della coscienza contro 1' albagia, con le quali
solamente, e non con allra industria, si acquista virtu e si forma 1'a-
mmo a lodati costumi. Che se da fanciulletto, in cambio d'un avo gia-
cobino che « gl' ispirava 1' amore della gloria e della liberla » e gli
« leggeva e commentava i giornali » avesse avuto ( come abbiam del-
to) una tenera madre che accarezzandoselo in send gli avesse « ispi-
rato 1' amore » di Cristo e del suo Vangelo, e gli avesse « lette e com-
1 Pag. 141. — 2 Pag. 168. — 3 Pag. 146. — 4 Pag. 253.
206 RIVISTA
menlate » le vite dei Santi , e ammaestratolo a vincersi e a doraare
le sue passioncelle per araore della « liberty » dei figliuoli di Dio, e
della « gloria » del paradise ; ben e indubilato che nel collegio avreb-
be sperimentato men « brusco » e meno « importuno » il bisogno di
« contrastarsi sempre e in ogni cosa ».
Ma le piaghe che, per \izio del primitivo suo allevamento , col
crescer degli anni gli si aprivano nell' inlimo del cuore, incanche-
rirono e diventarono imniedicabili per una letlura che a lui fu mor-
tale. Egli non dichiara 51 come giugnesse ad avere in mano i libri di
Giacomo Leopardi, narra sollanto che li'ebbe inquel seminario; e li
ebbe quando « gia quasi abborriva la vita, prima di conoscerla, e
quando avrebbe maledetto e bestemmialo se avesse saputo maledire
e bestemraiare. Allora, prosegue egli, mi fu dato il Leopardi. lo lo
lessi, lo divorai. lo 1' intendeva ben poco , ma abbastanza per com-
prendere ch'egli era un infelice, e che s'era falto interprete degl'in-
felici. lo 1'amai, 1' adorai II Leopardi sar£ sempre un libro sa-
cro per me ; ad ogni pagina, ad ogni parola di esso e attaccata una
mia memoria , un mio desiderio , una mia speranza. E stato il dia-
rio d' una buona parte della mia giovinezza l ».
Chiunque non ignori di quanto sconsolata filosofia Giacomo Leo-
pardi si sia fatto espositore e cantore: quanta disperazione d'ani-
ma., quanto tossico di empia malinconia , quanta ira di incredulita
bestemmialrice abbia egli travasato nelle sue prose e ne' suoi versi,
olezzanti di una cotal greca fragranza, agevolmenle si capacitera del
male grandissimo che dallo sludiarlo assiduamente ne contrasse la
spirito fantaslico, focoso, inquieto, agitato del La Vista. E cio sia di
ricordevole ammonimento a chi invigila 1' educazione giovanile nei
collegi. Un libro peslilenziale o introdotto di frode, o consentito per
lassa indulgenza, puo ammorbare incurabilmente uno, venti, cento
alunni, come accadde di questo sfortunato Luigi. II quale ritirato da
quel recesso, ov'ebbe le prime lettere, guasto nell' inlelletto e imme-
desimato con Taninaa atrabiliare del Leopardi, fu mandalo dal geni-
tore in Napoli per lo studio delle facolta maggiori. II Villari, che
1 Pag. 253.
BELLA STAMPA ITALIANA 207
ilissimula con arte egregiamente liberalesca ma vergognosamente il-
liberale, le vere origini del corrompimento del La Vista, conlenlasi
di indicare che « il seminario gli avea istillato nel cuore un odio
profondo ai preti, ed una dose non piccola di scetticismo, che era sof-
focata dall' entusiasmo del suo cuore. ma non tan to che non gli la-
sciasse nell' anima uno sconforlo ed una irrequietezza che lo rode-
va 1 ». Non e grazioso questo scambietto, di impulare al seminario
il danno recato unicamente da un libro peslifero ? Perche non dire
alia schietta che il Leopardi ostinalamente letto e rilelto e meditato
€ pestato con la fantasia imbizzarrita, avea ridotto Luigi a una si de-
plorabile condizione di spirilo ? Cio imporlava dichiarare malefici gli
scritti del Leopardi. Or questo appunto non si vuole dai nostri filo-
sofastri e pedagoghi e scarabocchiatori italianissimi.
In Napoli Luigi fu degli allievi del maestro Francesco De Sanctis,
il quale nella sua scuola « unico santuario, scrive il Villari, che re-
stasse ancora incontamiuato dalla corruzione borbonica 2 » addestra-
va i discepoli « giovani entusiasti », e per vie non pedantesche, nel-
la sublime letteratura ; e « rendeva possibile che ivi (cioe nella del-
ta scuola) crescesse e moltiplicasse quella virtu, quella nobilta di
proposili generosi, che altrove avrebbe subito portato persecuzioni
€ prigionia 3 ». L'accorto lettore avra subito odorafco cio che qui
si nasconda :
Sotto il velame degli versi strani.
In chiari termini, la scuola del De Sanctis era un semenzaio di libe-
rali dai denti di latte, deslinati prima ad essere vittime gloriose del-
1' Italia da riyenerarsi , e poi , sopravvivendo , a godere uu giorno
il paradiso di lei riyenerata, e goderlo con belle croci cavalleresche
nel petto, con grasse provvisioni dell' erario nazionale in tasca, e in
posli cospicui ancora di Ministri per la pubblica istruzione, come
iocco in sorte, all'oscuro maestro dei « giovani entusiasti ».
II La Vista che intanto, sviato dietro le mattezze del disperatissi-
mo Leopardi, tracannava a larghi sorsi il veleno d' ogni allra rea
1 Pref. pag. XXV. — 2 Ivi, pag. II. — 3 Ivi, pag. III.
208 RIVISTA
dottrina che gli si offerisse alle mani, compie di travolgersi il cer-
yello, mescolandosi ai futuri « eroi » di quel secrelo ginnasio, e in-
yasandosi la testa di quelle idee , che il nonno a lui pargoletto avea
fatte scintillare nella puerile immaginazione. « Un giorno ( ci rac-
conta il Yillari, che era anch'esso dell'avventuroso numero dei gio-
vani entusiasli) lo trovai profondamente commosso per aver letloun
articolo di Saint-Beuve, intorno ad un giovane caduto, combatlendo
sulle barricate di Parigi, nelle tre giornate di Luglio, prima di po-
tersi far conoscere altrimenli che con la sua morte eroica. — Se un
amico, egli mi diceva, parlasse di me a quel modo, morrei conlento
anche dimani, anche ora ».
E impossibile a descrivere il disordinamento di coricelti e di passio-
ni che la filosofia atea del Leopardi, e poi la leltura scompiglialissima
di tanti libri, forestieri e malvagi la phi parte e condannati dalla
€hiesa, e poi le stoltizie politiche e massoniche, ingenerarono in
quel suo cervello torbido e pendente al tetro. A guardarne solo il di
fuori, testifica il Yillari che « assai spesso traspariva nelle sue lab-
bra una mal velata ironia che, senza offuscare la sua ingenua bonla,
manifestava un profondo sconforto dell'animo 1 ». Ma queslo era
non piu che un' ombra del froutispizio, quale si moslrava in pubbli-
co. Chi \7oglia divisarsi cio che fosse di fatlo nell' interior suo, biso-
gna correre le sue noterelle. Noi ne riporteremo un breve saggio, pre-
gando i lettori a scusarci se , per far. toccare loro con mano il gran
pericolo che e a « educarsi da se » senza la scorta di guide onesle e
sicure, li introduciamo di passata nell' inferno leopardiano.
Prima di tulto era senza fede o quasi ; non curava piu Dio Sal-
yatore; non pregiava piu le dolcezze della pieta cris liana , ne i
ministri della Chiesa ; e avea perdu ta ogni credenza in una vita
soprannaturale e nella stessa immortalitadeiranima. « Ilsentimen-
to della religione, scrive egli, non si e soffocato mai del tutlo nel
mio cuore. Quando non ho veduto piu nulla nel tempio e nei rili,
ho creduto di trovare lulto nella natura, in una poesia, neU'anima
d'un amico 2. La piaga dei preti einsanabile; finche il Papa sara
despota, i preti saranno birri 3 » . Altrove parla « del lempo in cui
1 Pref. pag.-XXY. — 2 Pag. 9. — 3 Pag. 136.
BELLA STAMPA ITALIANA 209
credeva ai preti, alle cerimonie» confessando di «non aver pregato
e forse neppure creduto daparecchi anni 1 ». Altrove sclama: « Ve-
nisse la morte ! cesserebbe questa vana agitazione, e in luogo del
dolore e della noia verrebbe 1'oblio, 1' annullamento 2 ». Allrove
chiama « pregiudizio del cuore » la memoria religiosa del defonti 3.
Conseguenle di questa scredenza fu un dubitare perpetuo, un va-
cillare della mente continue, un duellare tormentato e senza posa da
se con se. « Per le due mie orecchie si insinuano due voci, le quali
vanno a turbare la quiete del mio povero cervello; io ondeggio, ora
mi do vinto a questo, ed ora a quello : il dubbio non cessa mai, e la
pace deiranima e perduta 4. Tulti i luoghi, tutte le persone, tutte le
ore sono una stessa cosa. II dubbio e monotono come la noia, eter-
no come il dolore 5. Credete voi che lo scetlicismo e T indifferenza
possano naturarsi colla giovenlu? Voi non sapeie quanto dolore e
contrasto e battaglia sia nel mio spirito. Eccomi a venti anni, con
un cuore ardente, con una fantasia faltaper quel cuore; e non amo,
e non ispero, e non credo. Piango nella solitudine, e mi accorgo che
il mio pianto contrasta colla filosofia, e che il mio cuore non puo
rinchiudersi nel cerchio segnatogli dalla mia testa, Io morro, op-
presso dalla fatale conlraddizione che il destino ha slabilita tra i
moti del mio cuore e i ragionamenti del mio inlelletto 6. »
Di questa smanrosa incertezza altro conseguente fu una meslizia ,
un' angoscia, una desolazione interna al tulto inconsolabile. Dando
le ragioni del perche « nel seminario si sentiva come in carcere » ,
appresso qualche altra piu ignobile, adduce questa: « Io immagina-
va che libero (come un uccello) avrei potuto essere felice , e che il
volo fosse liberta e la luce felicita » ; e conchiude: « Illusion!, so-
gni! dopo sono stato liberissimo, ho corso come quell' uccello, mi
sono circondato di bellezza, inebbriato di luce; e sempre dove che
sia ho sentito sonarmi dietro la mia catena, e crescermi nello spiri-
to la caligine 7. » In altro luogo volgendosi agli amici : « Forse e
incresciosa la mia malinconia? dice loro ; ma voi non perdonate al
1 Pag. 170. —2 Pag. 145. — 3 Pag. 180. — 4 Pag. 68. - 5 Pag. 170. —
6 Pag. 161. — 7 Pag. 168.
Serie V, vol. X, fasc. 338. -14 6 Aprile f864.
RIVISTA
delirio del febbricitante? Anch' io ho la mia febbre; sono inerle e il
pensiero mi divora; sono giovane, e il mio pensiero e tristo 1. » In
altro luogo racconta che, anche nel meglio de'suoi sollazzi del caval-
care e del villeggiare, « si senle preso da si profooda e dolorosa
malinconia, che prorompe in pianto, ed e tentato di gittarsi per ter-
ra e di farsi stritolare dal suo cavallo » e si disfoga cosi : « Eterna
natura, a che bene questa terribile contraddizione tra il volere e
1'essere, tra il cuore e I' universo? 2 » In allro luogo : « Io conosco
un tale, scriv' egli, il quale si annoiava della leltura e delle divine
lettere di Giacomo Leopardi, perche in tutte quelle leltere non eche
un lamento perpetuo della sua insanabile malatlia e del suo dolore
fatale. Io non sono Giacomo Leopardi, %e mi dolgo e lamento conti-
nuamente. Nondimeno io sono ragionevolmente scontento ; e le ca-
gioni del mio scontento e della mia tristezza sono nell' abisso del
cuore 3. » '
Di questo affannoso penare menlalmenle senza i conforti di Dio,
senza i balsami della religione, senza le care giocondila del cielo,
altro conseguenle fu una rabbiosa disperazione: « Sono stanco di
sentirmi slanco ; sono annoiato di sentirmi annoiato 4. Nel mio cuo-
re non ho a'ccolto che I'amicizia ; il reslo 1'ho colmato di disperazio-
ne e di scetticismo 5. La mia malattia non e descritta in nessun li-
bro medico; della mia malattia sono morti molti giovani, spariti pri-
ma d' essersi rivelali. Essa ha la sua sede nel cervello, e sotto la
mammella sinistra ; io morro di apoplessia morale e intelleltuale,
morte morieris. Ho conosciuto troppo innanzi tempo 6. » Ne ripu-
gnando persino a bestemmie atroci, cosi colloquia con se medesimo :
« Donde vieni , dove vai ? domandalo a chi ti ha Iralto dal niente ;
se non e capriccio, certo e crudella. Darti un cuore ribelle alia ra-
gione, darti un desiderio superiore alia felicita, si dice che sia mi-
slero; a me pare che crudelta o peggio. Ecco il mondo, ecco T uo-
mo, ecco la filosofia, ecco la religione "7. » A tal segno questo tra-
viato garzone poneva in non cale le dottrine rivelate, e sole consola-
1 Pag. 158. — 2 Pag. 159. - 3 Pagg. 144-45. —4 Pag. 159. —5 Pag. 161.
- 6 Pag. 182. — 7 Pag. 4.
DELL A STAMPA ITALIANA 211
irici , del fine ultimo dell' uomo , del divino e irieffabile magistero
della grazia, della redenzione, della salute ; e giltalasi la croce e la
fede di Cristo sotto de' piedi, beslemmiava perche non arrivava ad
intendere il « mistero » di questo mondo !
Ouindi qual meraviglia che gli venisse a tedio una vita cosi acer-
ba, cosi travagliata, e che piu volte meditasse di levarsela scellera-
tamente? Abbiamo dinanzi agli occhi una pagina che fa rabbrividire,
nella quale esaminando egli i diversi modi di uccidersi, delibera di
prescegliere 1' oppio. Noi vogliamo risparmiare al letlore il ribrezzo
di tanto orrida insania, e basti che gli accenniamo che quella sna-
turata pagina comincia : « II suicidio non mi ha spaventato mai » e
termina : « 1'oppio e la fatalila, ecco la medicina fisica e morale del-
1'uomo l. » Ma se ne ritenne per amore, dic'egli, del padre. Dov'e
da notare una semplidta liberalesca del buon Villari ; il quale sgo-
mentatosi egli pure della infamia che erano queste righe per « Y a-
dorato amico », si e pensato di rinfamarlo, scaricando il vilupero di
quella sua deliberazione addosso « alia enormitSt della tirannide bor-
bonica, sotto cui dovevamo vivere 2 ». Quasi che il La Vista non
ispieghi da se in mille passi di queste sue Memorie , che quel vi-
tupero era parto della sua miscredenza, della sua empieta, delle
sue disfrenate passioni, le quali travolgeanlo per un vortice d'insen-
salezze, che spesso aveano della frenesia. « Soggiungo che io son
pazzo; oggi era pazzo, stasera son rinsavito 3 » : dichiara egli. « So-
gno e sempre sogno £. Volentieri farei il ciabattino, se le ciabatte
potessero occuparmi il cervello, come mi occuperebbero le mani e
gli occhi 5 »; e via via. Da questa discolpa in fuori, noi non iscor-
giamo quale altra se ne possa allegare, che uon sia ridicola.
Senza che di questa si disorbitanle abbie?ione deir animo del
La Vista , chi cercasse la cagione piu recondita , troverebbe che fu
una soltilissima superbia , una vanita non appagata e non facile ad
appagarsi. Omeltiamo qualche altra affezione erotica , ne'cui lacci
egli si manifesta preso, benche con esito malaugurato ; e su questa
dell'ambizione ci fermiamo, perche trainee in tutte le sue scritture :
e noi stimiamo che sia proprio quel « bianco delle pagine », che ii
1 Pag. 100. - 2 Pag. 101. - 3 Pag. 68. — 4 Pag. 184. — 5 Pag. 155.
212 RIYISTA
Villari ci avvisa « potersi difficilmente saper leggere » da clii « non
lia conosciuto » il giovane Luigi l. Egliavea una sete, unasmania,
una brainosia furenle di riuscire un gran che nel mondo, e di farsi
celebre e nominate pel valore de' suoi talenli di perspicacia e di
facondia, che certo aveva sopra dell' ordinario. E il maestro suo de
Sanctis , apostrofandolo neli' elogio funebre che gli recito « nella
scuola » , pole dirgli : « E tu non eri inodesto , che la coscienza del
luo ingegno brillava nel tuo volto e ne' tuoi discorsi 2. » Ne le lodi,
le ammirazioni , gli applausi de' condiscepoli « entusiasti » , i quali ,
se crediamo al Villari , « gli leggevano sulla fronte un a\ venire di
cui andavano tutti superbi 3 », doveano conferir poco a raffermargli
e gonfiargli in capo questa opinione della propria eccellenza. Se
non che per una parte egli era di piccolo nascimento, di scarso pa-
trimonio, di minime aderenze ; e per T altra « 1' amore alia gloria e
alia liberta » innestatogli nella puerizia dal nonno , ringagliardito-
gli dalle sue letture e rinfocatogli colidianamente nella scuola , non
gli apriva altro sentiero di ascendere presto in alto se non quello
della Rivoluzione. Eppero non vagheggiava piu allro che novila
strepitose , delle quali faceva centre se stesso ; e in queste follie di
sogni orgogliosi, egli consumava il vigore piu vitale dell' esser suo ;
e pel rammarico di trovarli pur sempre sogni e non mai altro che
sogai , struggevasi e pazzeggiuva. Perocche la sua mente disviata
da Dio , non concepiva altra specie di beni possibili e godibili , e ii
suo cuore, vuoto di affeili celesliali, era inabile a trasvolare sopra le
niagnifiche fanciullerie che sono gli onori transitorii, e a posarsi nel-
la beatifica fonte degli onori elerni.
« Come giunse a leggere le storie diverse della rivoluzione del 93
(ci racconta il Villari) e di quella del 30, fu trasporlato in un delirio
d' entusiasmo. Quando ci rileggeva un discorso di Mirabeau , o la
difesa d'uua barricata , sembrava che il petto gli scoppiasse , e per
piu ore dopo la lettura rimaneva esausto. Una tribuna o una barri-
cata, erano il suo eterno sogno. ... I giornali francesi (negli event!
del 1847) arrivavano di soppiallo insino a noi. Nella piccola slan-
zetla di Luigi , egli ci faceva senlire i discorsi di Thiers e di Gui-
1 Pref. p. VI. - 2 Ivi, pp. XL1Y-Y. — 3 Ivi, p. XXV.
DELLA STAMPA ITALIANA 213
zot ; e noi stessi gli strappavamo di mano il giornale , perche si la-
sciava andare ad eccessi strani 1 . » Di qui quella insofferenza tra-
vagliosissima del suo stato, del suo presente vivere , della sua con-
dizione. « Vorrei scrutar 1'avvenire , scriv' egli ; vorrei sapere die
saia di me. II pensiero che potessi restar sempre quel eke sono ora,
mi spaventa. Sudar tanto per rimanere oscuro ! Era meglio che mi
fossi dalo alia campagna 2. » E per esordio alle bestemmie riporlate
piu innanzi, usava queste parole : « Che vuoi, che chiedi? China la
tesla e laci ; non sei nato per riuscire un grand' uomo 3. » Cosi de-
scrivendo il suo giubilo per una cavalcata festiva del suo paese, in
cui egli avea faito comparsa : « Mi pareva, aggiunge, che di quelle
cenlinaia di ieste che m'erano intorno io fossi il pensiero ; mi pareva
che io leguidassi, nuovo Camillo Desmoulins, alia rivoluzione, alia
liberta La mia vera passione e la tribuna, o la cattedra, o la ri-
voluzione 4 ». E poco piu sotto : « Sulle pagine del Moniteur io mi
sento un altr'uomo ; quei caratteri son fiamme, quei discorsi son ful-
mini. Io parlo e grido e declamo solo , e mi fingo intorno un parla-
mento, e sogno la batlaglia oratoria e la vittoria polilica "5. » E al-
Taprirsi nel Maggio del 1848 il Parlamento in Napoli : « Mi sento
oscuro , ma non nato per 1' oscurila. La e una tribuna ; se potessi
impadronirmene per un istante 6 ? » Non e quindi a stupire , che a
furia di chimerizzare inlorno a grandezze poetiche e non reali, e di
pascer d'aria una smodata superbia , egli traboccasse in cosi basso
avvilimento. Al quale, per assegnare a cagione « la tirannide borbo-
nica » , si domandava proprio un cuore di liberate che « facesse velo
al giudizio ».
E si osservi che noi, ascrivendo molta porzione de' suoi errori a
ludibrio di fantasia , non miriamo a detrargli nulla di quel vivo e
splendido ingegno, di che apparisce qui largamente arricchito. Ma
da quanto ci e occorso vedere nelle sue scritturette, ci sembra lu-
culentissimo che egli era almeno allrettanto fantastico che ingegnoso,
e che ne' suoi studii sregolati e fatti a impeto di capriccio, attese
molto piu a svolgere la potenza immaginativa, che non a disciplinare
1 Pref. pp. XXVIII-IX. — 2 Pag. 68. — 3 Pag. 4. - 4 Pagg. 164-65'. —
5 Pag. 178. — 6 Pag. 194,
211 RIVISTA
la discorsiva ; procedendo anzi a balzi di natural genio che ad alzafe
di valenle intelletto. Ne quella ferrana d'aulori d' ogni specie di cui
egli si sopraggravava la mente , potea condurlo ad assellarsi un?
po' in capo il guazzabuglio delle cose che vi bollivano dentro. Di
sustanziosa filosofia era piu digiuno che magro, e con lutto cio sc la
faceva dimeslicamenle, non pure cogli anlichi Plalone, Plutarco, Ta-
cito, Livio o che altri; ma scarlabellava i moderni scriltori e filoso-
fanti, di materie storiche segnatamenle , tedeschi, inglesi , francesi,.
italiani ; e Macchiavelli, e Rousseau, e Mttller, e Hume, e Bossuet, e
Voltaire, e Sarpi, e Gibbon, e Guizot, e Thierry, e Vico, e Herder, e
Botta, e Blanc, e Sismondi e dite voi, con un mescolare e confondere
sistemi e opinion! e sentenze che e malagevole a figurarselo. E sicco-
me oltre la lingua latina, la malerna e la francese non avea perizia
di allre; cosi egli ne manco avea la consolazione di gustare in fonte
i principal! libri del moderni foreslieri, ma volti in francese: di che
gli avvenne d' infranciosarsi tanlo e nei concelii e nello stile, che i
suoi ammiratori condiscepoli gliene mossero lagnanze. Ma il suo
aulore prediletto, I1 idolo de' suoi pensieri fu sempre e solo il Leo-
pardi, che egli dicova di « adorare » , che intilolava « la piu bella*
manifestazione di Dio » , e con le cui opere in mano avrebbe vo-
luto gli si facesse il ritratlo 1. Tanto gli parea d'essere divenuto una
cosa sola con questo nefasto ingegno, avvelenatore dell'anima sua.
Eppure il giovane La Vista, che tanto ricopio in se dello spirito«
prevaricatore del Leopardi , non voile ricopiar nulla ( per quanto
sappiamo da queste Memorie ) del suo cuore penlito. Giacche quei
Leopardi che ripudiava Dio per non maledirlo, e che malediceva
lutto il resto per vendetta di essere infelice, quegli stesso, pochi me-
si innanzi che calasse nel sepolcro, si ricredelte, sgravo il peso delle
sue miserie nel petto di un minislro di Gesu Gristo, pianse con dole!
lagrime i suoi traviamenti appiedi del Bedentore, e riconciliato con
lui, e pieno d'una non mai guslata pace e serenila, mori cristiano e-
penitente. Ne il ncgarlo che hanno falto e fanno i setlarii tulti ilalia-
ni, scandalizzali diabolicamente alia sola idea di un Leopardi abhrac-
ciato al Crocifisso, scema un apice alia nalura di quesla conversione
1 Pagg. 161, 253.
DELLA STAMPA ITALIANA 215
mollo piu facile a provar vera che a provar falsa. Lo sciagurato
La Vista invece resislelte a quella grazia, a cui s' era dalo docilmente
\into Giacomo Leopardi. Ecco un passo che porgiamo da considerare
ai lettori. « Staraaltina (scrisse di se Luigi alcuni mesi avanti di mo-
rire ) sono enlrato in uoa cappella domestica, e vi ho udito una messa
da un ami co sacerdote ; la stessa cappelia, le stesse cerimonie, lo stes-
so sacerdote dei tempi in cui credevo ai preti, alle cerimonie. Quelle
parole, quella persona, quel luogo mi hanno commosso vivamenle. lo
son avea pregalo e forse neppure creduto da parecchi anni ; slamat-
tlna mi sono pure commosso vivamenle. Mi pareva che le immagini
mi parlassero, che le mura mi rimproverassero. Mi sono vergognato,
tnisono pentito ; avrei voluto ritornar nellainfanzia, rifarmi fanciullo.
Dopo un islante io era lo stesso io : il riso mi e tomato sulle labbra, e
il dubbio si e svegliato nell' anima. Dio ! le ricordanze della infanzia
e della adolescenza non sono bastate a ravvivarmi, a conforlarmi 1 ? »
Misero, che dopo ributtato da se Dio, il quale, con quell' invito, gli
offeriva 1'amplesso dell'amore e il bacio del perdono, inorridisce del-
la propria durezza, e rimane attonito della sua mostruosa pervicacia!
I rivolgimenli politici del 1818 sopravvennero a turbare anche
Napoli. Fu bandito lo statuto della liberta , e il La Vista aperse su-
l)ilo il cuore a infinite speranze. II Villari e gli « entusiasti » giova-
iii suoi condiscepoli « a dir poco lo vedevano ministro della pubblica
istruzione 2 ». Ma in iscambio di questa volata, che in un giovinot-
lo di venlidue anni sarebbe stata simile al volo d' Icaro , il povero
Luigi, restalo nell'oscuro luogo in cui lo avea lasciato « la tirannide »
precedente , dove contentarsi dell' umile mestiere di giornalista. A-
vrebbe voluto arrolarsi nelle legioni dei volontarii per la guerra di
Lombardia. Per rivedere prima il padre indugio a farlo , e intanto
s'inscrisse nella guardia nazionale- Finalmenle giunse il padre « vec-
chio canulo, ma'fiero e robusto, con tutte le passioni e i sentimenli
<ii un repubblicano del 98 » dice il Villari 3 : e mentre Luigi aspet-
tava che la guardia avesse ordirie di marciare , si pose a scrivere ,
per appendici a un giornale, le biografie de' piu solenni congiuratori
<del Regno, intitolandoli al solito « marliri napolilani ». ,
1 Pag. 170. - 2 Pref. pag. XXIX. - 3 Ivi, pag. XXXIV.
216 RIVISTA
La maltina del 15 Maggio, giorno deputato dalle sette per alter-
rare il trono di Ferdinando II, Luigi badava a comporre tranquilla-
mente la prima delle sue biografie, quando gli enlro nella stanza il
padre a sollecitarlp che veslisse la militare divisa , afferrasse il
fucile , e seco uscisse a combatlere contro il Re. II giovane si ve-
sti, si armo, lo segui e insieme si appostarono a difendere una casa,
nel Largo della Carita. Le milizie regie, da per lutto vittoriose della
ribellione, si precipitarono anohe sopra questa casa, e nel punto che
Luigi, esausto di munizioni, apriva la porta e si presentava per ren-
dersi prigioniero, una scarica di moschetti lo freddo morto ai piedi
del padre. II quale (ci fa sapere il Villari) « dopo trascinato , qual-
che tempo ancora, una vita miseranda , che somigliava ad un sogno
pauroso; cesso finalraente di vivere, sempre piangendo quel figlio che
avea tanto amato, e da cui era stato cosi ardenlemente riamato l » :
e possiamo aggiunger noi, che egli dispietatamente e iniquamente
avea condotto al raacello. Inutile ogni altro commenlo.
Cosi fini questo disgraziatissimo giovane , il cui cadavere ando
smarrito, e la cui memoria non ha avuto altri onori che un breve elo-
gio dal De Sanctis, deUo nel secreto di una scuola, e poi questo vo-
lumetto : il quale se sia un monumento di vera lode o non anzi di
tristo obbrobrio, vogliamo che ne giudichi il leltore. Ma insieme ec-
co il modello puro e maniato del giovane, che « sempre palpito per
la liberta polilica e per la liberla del pensiero». La prima, scambia-
ta con la libidine del ribellare, lo meno a crudele e immatura mor-
te : la seconda, confusa con la intolleranza d'ogni freno umano c divi-
no, lo precipilo negli abissi di una empieta da dannato. A noi intanto e
parso pregio dell'opera darne questo ragguaglio, si per mettere sem-
pre piu in chiaro di quale sorta sieno gli eroi e i « martiri » che la
Rivoluzione tiene in serbo, per esporli al culto pecorino dei liberali;
e si molto piu per confermare con 1' esempio di questo miserabilc,
quanta ruina apporlino all'adolescenza i libri malvagi, e a quali ec-
cessi di sventure guidi un ingegno anche bello., ma o abusato o tra-
viato, e un cuore anche gentile, ma o viziato o sedotto.
1 Pref. pag. XL.
BELLA STAMPA ITALIANA 217
II.
Se io fossi Vescovo : per ELIA ARR-DUBRON : estratto dal Messaggiere
di ftovereto. -- Venezia, 1864. Un opuscolo in 8.° di pag. 32 ;
nel quale si danno molli consigli ai Vescovi , e nessuno ai Ca-
nonici.
II signer Elia Arr-Dubron, che all' apparenza esolica del suo bel
norae, sembrerebbe dover essere un esercente il Rabbinalo, anziche
un aspirante all' Episcopate, e pero in verita, secondo che apparisce
dal suo libretto, un cristiano di buone intenzioni ; di quelle intenzio-
ni, intendiamoci, di cui dicono gli ascetici essere selciata una certa
parle del mondo di la. Dove non ci ha veruno il quale non sia al
caso, molto meglio che non il signor Elia, di dare buoni pared, non
solo agli altri, che e cosa facilissima, ed ai Vescovi ancora, siccome
fa il nostro autore con quella modesta sicurezza di se medesimo, che
contraddistingue tulti questi distributori gratuiti di consigli non ri-
chiesti; ma ancora, che e cosa comunemente assai piu difficile, a se
medesimo (se fosse in condizione di potersene valere) secondo che
il signor Elia, nella sua qualunque siasi vita, spesa nell' occuparsi
dei doveri altrui, non sembra ancora aver avuto molto agio di fare.
E benche sia noto che , conforme dice il proverbio , « solto con-
siglio non chiesto gatta ci cova » e « guardati da chi ti ccnsiglia a
fin di bene » ; pure, siccome dall'altro canto neanche inancano pro-
verbii i quali dicono in sostanza , che un buon consiglio da qualun-
que parle venga non si ha mai a disprezzare; cosi noi ci risolviamo
di trattenerci alquanlo sopra questo libretto di consigli che il signor
Elia voile, per sua bonta, indirizzare ai Vescovi ; essendoci, Dio gra-
zia, toccata, nella diligente lettura che ne abbiamo falta, la buona
sorte che Donalo narra aver avuta Virgilio, il quale (poiche 1' ha
delto Donate, possiam dirlo anche noi ) aurum colligebat de ster-
core Ennii.
II primo aureo consiglio, in che ci siamo felicemente imbattuti, si
trova a pagina7, dove il signor Elia protesta e dichiara che, se egli
218 RIVISTA
fosse Vesccvo, non vorrebbe ignorant! per casa. « Se io fossi Ve~
scovo, dice egli, mi guarderei bene tlallo scegliere a curator! d'anime
gl'ignoranli. » E poco dopo: « Vorrei bene aprir gli occhi prims
di conferire gli ordini sacri a tulli i concorrenti » . E cio perche « il
prele ignoranle e facilmente superstizioso e fanatico. » Sapientissima
sentenza ! Nel profferir la quale il signer Elia probabilmente non ha
sentito tuUo 1' enorme peso della ragione ch'egli aveva nel pronun-
ziarla. Giacche egli, in verita, non nomina qui espressamente i Ca-
nonici della Gattedralc. Ma sianio persuasi cbe, se egli fosse Veseovo;
odierebbe 1' ignoranza nei membri del sno Capitolo, piu ancora cbe
non nei curalori d'anime e negli altri preli in generale. E cio perche
i Canonici sono i ?onsiglieri nali del Vescovo. E se i Canonic! sono
infatuali, da chi il Vescovo ricevera il sale dei buoni consigli? E dun
que evidente die, nell' opinione sollintesa del signer Elia, i Canonici
della Catledrale banno da essere i piu dotti del Clero. Donde si ri-
cava che, nella sua opinione sempre sottintesa ( giacche e cosa che
fa pensare quesla che ii signer Elia, tra lanti consigli che da ai Ve~
scovi, non ne da mai loro nessuno che riguardi direftamente i Cano-
nici ) si ricava, diciamo, che, se mai il signer Elia fosse Vescovor
e si ritrevasse avere nel Capitolo un Canonico ignoranle , e percio
stesso, secondo ch' egli medesimo sapienlemente osserva, fanatico &
superstizioso ; superslizioso fino a credere dovere strello di cosdenza
i consigli piu alti di perfezione, fanatico fine a dare in pubblico, e con
iusolenzja veramente presbiteriana , i suoi sciocchi pareri al proprio
Vescovo : se mai, diciamo, il signor Elia fosse Canonico . . . volevamo
dire Vescovo, e avesse nel suo Capitolo un Canonico siffatto, siamo
persuasi che egli, nel suo zelo, non avrebbe pace finche non Tavesse7
in qualche buon mo'do, dispensato dal faslidio di dargli piu oltre fatal
consigli. Se non che, noi temiamo forte, che il signor Elia (se fosse
Vescovo) non approverebbe questa conclusione, a lui forse inaspet-
tata, che abbiamo qui tirata dal suo aureo consiglio ; e per difenderse-
ne, si appiglierebbe a quell' allro consiglio ( non tanto aureo nel case*
nostro) che egli d& ai Vescovi, a pag. 17, dicendo: « mi guarderei
bene da ogni qualunque persecuzione » ; ed a pag. 31: « vorrei beo
guardarmi che il mio zelo contro i colpevoli non degenerasse in per^
BELLA STAMPA ITALIANA 219
secuzione » . II qual nostro sospetto ch' egli non si fosse per appiglia-
re, riguurdo ai Canonic! ignoranti fanalici e supers tiziosi, ai consigli
di tolleranza anzi che a quell i di persecuzione, ci e ispirato da quel
dspelto con cui, secondo che dicevamo, il signorElia tratla sempre
in questo suo libretto i Canonici in generale ; rispetto negative, e ve-
ro, in quanto che si mostra soltanto col non parlarne male e col non
esigere da loro niente di quello ch' egli esige dai Vescovi ; ma rispet-
to non per questo meno capace di fare pensare, che egli dee avere
•qualchc intima ragione di rispellar altamente i Canonici.
Aureo parimente e quell' allro consiglio, largamente e in piu luo-
ghi del suo libretto distribuito a Vescovi, sopra la poverta evange-
lica, della quale il nostro Elia serabra sopra ogni cosa infiammalis-
simo. Questo suo amore (se fosse Vescov'o) alia fame, alia sele, al-
<0
la nudita, alle privazioni d'ogni fatta, moslra net suo autore uno stu-
'dio indefesso, se non altro, delle varie frasi e parole, colle quali si
puo esprimere la stessa idea. La quale si puo dire che corre lulte
r opuscolo da capo a fondo. Giacche cominciando da pag. 5, dove
<egli vorrebbe fare umilmenle il suo ingresso a piedi: e non tsnere
$he una piccolo, stanza, e veuendo giu per le seguenti, dove (sempre
aell' ipolesi se fosse Vescovo ) cenderebbe i cavalli , abolirebbe ogni
<cosa super /lua , sarebbe in povera vesle, e diyiunatore sfinilu, e
non possederebbe che un umile letlicciuolo , si conchiude fiualmen-
4e colla promessa solenne (pag. 21) che egli ( se fosse Vescovo)
'vorrebbe dividere giornalmenle le sue provvigioni con ciechi, storpii
4 sciancali.
Dove in verita e cosa strana che il signor Elia abbia parimente
dimenticato il Capilolo dei Canonici. I quaii essendo, come si sa, i
consiglieri del Vescovo, e dovendo, secondo gli antichi canoni,
de' quali il noslro autore e si profondo conoscitore e si alto ammira-
lore, convivere col Vescovo e fare per conseguenza la sua vita, ci pa-
re che avrebbero avuto bisogno di una qualclie mezza dozzina di
consigli del signor Elia, che li inducessero ad adattarsi anche essi a
questo nuovo metodo di vivere, edin'cante non si puo negare, e con-
sigliato dal Vangelo, ma non certamenle imposlo mai fmora da nes-
suno come condizione necessaria ne anche alia santita piu squisita.
220 HI VIST A
Non essendoci che i curatori d'anime ignoranti e percio superstizio-
si e fanatici ( secondo die il signor Elia, che se n' inlende, ha cosi
bene dichiarato alia sua pag. 7), i quali possano pretendere che non
si puo essere santo Vescovo senza andar a piedi, abitare una sola
cameretta e pranzare ogni giorno con ciechi, storpii e sciancati. Ad
ogni raodo pero, il signor Elia che ha questo spirito di Elia di fuoco
e di distruzione di ogni superfluila nei Yescovi, avrebbe dovuto, pa-
re a noi , pensare anche un poco ai Canonici. Che se non ci ha pen-
sato , non si puo dubitare che egli non ne abbia avule le sue buone
ragioni. Noi pero , che non siamo interessati nella questione , giac-
che non siamo ne Vescovi ne Canonici , abbiamo voluto ricordargli
questa sua strana ominissione, persuasi che in una seconda edizione
del suo libretto de' consigli (la quale si potrebbe anche inlitolare:
Se io fossi Canonico ) : non vorra far desiderare piu oltre ai Cano-
nici gli effetli tipografici di quel suo zelo che 1' arde per la perfezio-
ne delle anime altrui.
Or mentre si aspetta il plauso lelterario, col quale questa sua ap-
pendice di consigli sara certamentericevuta, specialmente se, giusta
il suo lodevole costume , questi suoi nuovi consigli saranno dati con
aria insolente, con piglio pelulante e con persuasione ferma, non gia
di dar consigli, ma d'imporre precetti ; menlre si aspetta il frutto che
questi suoi consigli sono certamente destinati a produrre , special-
mente tra i canonici presbiteriani del Carroccio di Milano ; noi cl
prenderemo la liberla di chiedere al signor Elia,se egli sia proprio
persuaso che , se egli fosse Canonico o Yeseovo , li eseguirebbe poi
daddovvero. Noi non gli moviamo gia questa domanda per niun so-
spelto che noi abbiamo sopra la sua vita presente. Noi non sappiamo
punto chi egli si sia. E nemmeno abbiamo il piacere di conoscere il
suo riverito nome , che egli , per modestia certamente , voile furare
alia nostra ammirazione , mascherandolo civeltescamente eon un
Elia-Arr-Dubron. Noi siamo dunque persuasi che, chiunque egli sia,
egli e un modello tra i suoi pari. Noi siamo certissimi che , se egli
e, per esempio, Canonico, egli mostra a tutli colla sua faccia smunta,
nei suoi occhi lagrimosi, sopra i suoi abiti laceri, quell'amore inter-
,no alia poverta ed alia penitenza, di cui egli e compreso a riguardo
DELLA STAMP A ITALIANA
del Yesco\i. Noi non dubitiamo punto che egli non pranzi ogni
giorno con ciechi, conistorpii e con isciancati. Ci par vederlo abitare
una sola nuda camerelta ; e dormire , se pure egli dorme , su di un
povero letticello. Chi puo dubitare che egli non sia sempre il primo
ad andare in coro e 1' ultimo a uscirne? E neanche ci farebbe mara-
viglia se in coro egli fosse sempre in estasi , e se , quando esce per
le vie , le campane per poco non sonassero da se. Che se egli non
fosse Canonico , ma , fosse invece , poniamo , Dottore in leggi , noi
non abbiamo nessuna difficolta nel figurarcelo circondato sempre
da ciechi, da storpii e da sciancali, dar loro consigli gratuiti (e qual
maraviglia di cio , se queslo libretto stesso e un libro di consigli
gratuiti ?) assisterli nelle loro liti per amor di Dio ; essere insomnia
un S. Ivone nel tribunale, come nell' altra ipotesi sarebbe certamente
un sant' Ilarione nel Capilolo.
Ma non e questo che vogliamo dire. Noi non intendiamo qui di-
scorrere della vita piu e meno santa che puo ora menare questo,
chicchessiasi , ma certamente santo consigliere di santita. Noi vor-
remmo solamente sapere da lui , in confidenza , se egli sia persuaso
davvero, die, se egli fosse Vescovo, eseguirebbe poi una sola meta
di quello , cfce ora ha solennemente promesso di voler fare in quella
ipotesi. Poniamo che questo suo bel libro di consigli ispirasse a ta-
luno la felice idea di nominarlo Vescovo , dica il signor Elia , dica ,
di grazia, si mozzerebbe egli volentieri un orecchio per fuggire quel
peso , secondo che egli c' insegna a pagina 4 aver fallo 1' eremita
Ammonio? Farebbe egli il suo ingresso a piedi come , a pagina 5 ,
ci informa aver fatto san Kenticherno? Certo egli non potrebbe in-
contrare niuna difficolta personate nello spogliar gli altari e le opere
pie, secondo che egli santamente consiglia a pagina 9 e 11. Ma a
spogliar se medesimo come S. Colmano, e privarsi <T inverno dei col-
troni come S. Giovanni elemosinario, secondo ch' egli riferisce a pa-
gina 21 , crede egli che non troverebbe qualche difficolla? Forse ,
se egli avesse nella sua diocesi qualche predicatore^di eresie o qual-
che seminatore di scismi, si ricorderebbe allora del suo consiglio di
tolleranza che egli da a pagina 17. Ma, se avesse nel suo capitolo un
Canonico insolentc, che 1' insultasse divotamente con opuscoli asce-
222 BIVISTA BELLA STAMPA ITALIANA
tici alia moda dei Giudei che , genu flexo ante eum illudebant ei ,
farebbe egli come Marlino Papa coll'esarca Calliopa (pag. 18), por-
tandosi come uri agnello senza resistenza? Faccia un po' di esame di
coscienza sopra se medesimo il signor Elia, e consider! se sia pro-
babile che chi, non essendo Vescovo, non sa resistere alia presun-
zione che lo spinge a dar in pubblico ( se direltamente e per mezzo
suo , o indirettamente e per mezzo altrui , cavando , come si dice ,
dal fuoco la castagna colle zampe del gatto , cio poco monta al caso
nostro ) sciocchi pareri di falsa ascetica e di falsa morale al proprio
Vescovo , fatto poi Vescovo sarebbe uomo da dare quegli esempii
sublimi di eroica santita, che si leggono nelle stone dei Sanli e che
sono sempre ammirabili , talvolta non imitabili e non mai obbliga-
torii. Gia abbiamo avulo 1' occasione di dirlo altre volte a proposito
di simili presbiteri , severi giudici ed aspri consiglieri dei proprii
superiori. La perfezione crisliana e consigliala nel Vangelo a lulti
indistintamenle , tanto ai Vescovi quanto ai Canonici , si ai preti
come ai Dottori in legge. Tutti i fedeii sono invitati a porgere I' al-
tra guancia quando sono scbiaffeggiati, e a dar anche la tonaca a chi
ruba loro il mautello. Ma crede egli forse il signor Elia che non
sia buon cristiano chi , col to da uno schiaffo, fugge per non averne
un secondo , e chi rubato del manlello si tiene piu stretta alia vita
la tonaca?
Del resto vi ha cento a porre contro uno che questi rigidi esaltori
della piu sublime perfezione altrui, ossiano Canonici, ossiano Doltori,
ossiano chi si voglia, sara una gran bella sorte se sono poi essi me-
desimi osservatori alia grossa dei piu gravi comandamenli di Dio e
deila Chiesa. Questa almeno e la presunzione che regna nel pubbli-
co contro di loro. 1 quali percio non si debbono maravigliare se,
quando traggono fuori coi loro consigli ascetici , in vece di essere
presi sul serio e confutali come si fa con chi stampa sofismi di qual-
che apparenza, sono invece gentilmente invitali, come accade ora al
signor Elia e compagnia , a sbarazzarsi delle travi che ingombrano
loro ambedue gli occhi , anziche ad impacciarsi della pagliuzza che
credono di vedere nell' occhio del prossimo.
ARCHEOLOGIA
I irtperiodi delle antichissime popolazioni lacustri nella Svizzcra.
La storia del genere umano anteriore alle memorie, o scritte o altri-
menti tramandate alia posterita, non puo essere conosciuta, salvoche per
monument! a gran fatica disseppelliti dal seno della terra e molto accu-
ratamente studiati. Ne tuttavia puo sperarsi con cio altro che notizie
assai vaghe.e generali, eziandio allora che le scoperte sieno in gran co-
pia : benche dall'altro canto il diletto di avere qualche contezza di tempi
cosi remoti da noi compensi pure, ne poco, la scarsita delle conoscenze.
E questo frutto cosi prezioso alia scienza hanno recato, piu chealtri, gli
scavi tentati negli ultimi tempi nella Svizzera, ne' fondi di alcuni laghi
piu di presso alle rive, stati feeondi di cosi •numerose scoperte, da fare
argomentare forse meglio di cento colonie lacustri, stabilite fin da' tem-
pi primitivi nelle sole circostanze de' laghi di Ginevra e di Costanza.
Non diremo qui de' monumenti chevi furono ritrovati; perciocche ne di-
scorremmo abbastanza, distinguendone le yarie specie e i varii usi, al-
lorche ci convenne parlare di quella ricca miniera di coteste antichita,
che, nel 1859 e piii nel 1860 e 1861, si manifesto essere il lago di Neu-
chatel di Ticino a Gencise *. Rendemmo allora le debite lodi ai sig. Fe-
derico Troyoh, il quale, avuto T incarico dal Consiglio di Stato del Can-
tone di Vaud di dirigere quelle opere, non solo pote assicurare il valore
autentico de' monumenti, i quali per le frodi de' contraffattori gia comin-
ciavano a scemare di certezza e di pregio ; ma seppe altresi dichiararli
dottamente, mettendoli in paragone cogli altri discoperti nella stessa
Svizzera o altrove, in guisa da fame provenire la certezza o almeno la
probabilita di un buon numero di fatti storici.
\ Civ. Catt. IV Serie, vol. X, pagg. 603 segg.
ARCHEOLOGU
Ma sembra che quell' illustre scienziato si sia lasciato trascorrere piu
in la, colle conscguenze, di quello che i principii gli consentivano. Pero
avendo noi altrove approvate alcune sue giudiziose argomentazioni intor-
no alia storia di que' popoli, non ci par bene di trascurare le altre cose
che ha pubblicate sul medesimo soggetto ^, ma non tulte colla stessa
finezza di giudizio e circospezione di Logica.
Egli adunque ordina, nella seguente maniera, le diverse eta 2 de' po-
poli antichissimi della Svizzera. I: appartengono all' eta della pietra i
primitivi abitatori della Svizzera orientale, quelli cioe che tenevano le
Ticinanze dei laghi di Costanza, di Pfoeffikon e di Moosserdorf. II: si
vogliono riferire ad un' epoca di passaggio dalla pietra al bronzo i po-
poli stabilitisinei dintornidei laghi di Zurigo, di Sempach e su quello di
Neuchatel presso Concise, apparendo quivi a gran vantaggio T uso di quel
metallo. Ill : la piu parte degli altri abitanti presso il medesimo lago di
Neuchatel, gran parte degli accasati su quello di Bienne, e tutti gli altri
delle rive del Le'man sono da dire dell'eta del bronzo propriamente detto :
salvo che alcuni pochi, di vicino a Neuchatel e Bienne, fanno indizio.del-
1'epoca di passaggio dal bronzo alferro, che 1'Autore addimanda laprima
eta del ferro, o periodo elvetico.
Cio fatto, distingue tre periodi di tempo nella storia primitiva di quel-
Je popolazioni. Nel primo periodo esse non ebbero niuna conoscenza di
metalli, quanto all'uso. La caccia, la pesca, 1'agricoltura, la pastorizia fu-
rono i Ipro mezzi di sostentamento : la coltivazione dei lino o della cana-
pa sopperi agli altri bisogni della vita. Tennero commercio di cambii
co'vicini, ma ristretto : ebbero qualche principio di arti, ma molto rozzo
ed imperfetto. Una subita invasionedi altro popolo, provveduto di armi di
bronzo, mise fine a questo primo periodo colle arsioni de'villaggi e colla
uccisione o colla fuga degli abitanti. Cotesta catastrofe colpi principal-
jnente gli abitatori lacustri della Svizzera orientale, che disparvero per
sempre: ne per tanto risparmio, se non in parte, le colonie fondate sui la-
ghi occidentali.
Nel secondo periodo si manifesto 1'uso del bronzo. Ma di che fatta uo-
mini, e donde venuti, furono i secondi abitatori di quelle terre? L' Au-
tore afferma che alcune delle antiche famiglie, riuscite colla fuga a scam-
pare dall'eccidio comune, dopo alcun tempo si ricondussero su quelle
spiagge medesime, a continuarvi co'nuovi dominatori il loro antico modo
di vivere. In questa ristaurazione, co'nuovi sussidii degl' istrumenti di
bronzo, ogni cosa fu piu perfetta; le case, il vestito , il vasellame: trova-
ta 1'arte di conciare i cuoi, di fondere il bronzo, perfezionata quella del
1 Habitations lacuslrcs des temps anciens et moderncs, par M. FREDERIC TBOYOX.
2 Abbjamo data ragione della divisione delle tre grand! eta, della pietra , del bronzo e
del ferro, nella IV Serie, vol. IX, pag. 226.
ARCHEOLOGIA
tesser le tele, avvanzata ogni altra industria, introdotto 1'uso di abbrucia-
re i cadaver! . Tuttavia il culto della lima, di cui si trovano i segni in
quelle terre, si dee riferire all' eta del ferro. Finalmente una seconda in-
cursione di ua altro popolo che usava le arm! di ferro, e cosi rovinosa,
come la teste descritta, diede fine a questo secondo perio'do.
II terzo periodo ebbe altro principio. Imperocche il popolo Tincitore,
appartenente a luoghi segregati da'laghi, poiche ebbe distrutte quelle bor-
gate, le abbandono come noa opportune alle sue abitudini. Ritornarono
dunque alia stessa maniera, dopo il secondo sterrainio, le famiglie de'fug-
giti, cogl' inizii della nuova civilta potuta raccogliere presso i loro con-
quistatori: ma erano poche : perone si estesero molto,ne quegli esordii di
migliore cultura ebbero considerevoli aumenti. Di non altro che dodki
villaggi incirca, da essere riferiti a questo periodo, appariscono i vestigi
sui laghi di Bienne e Neuchatel ; e le case altro non furono che assai mi-
sere capanne di poveri pescatori.
Quanto alia condizione de' popoli di ciascun periodo, ecco in breve le
conclusion! dell'Autore. La popolazione dell' eta della pietra e creduta da
lui verosimilmente di razza fenicia, o veramenle iberica ; la quale uscita
dall' Asia qualche mille anni avanti la nostra era , sarebbe giunta nelle
grandi vallate delle Alpi, montando su, lungo il corso del Rodano ovve-
ro del Reno. Gli abitatori poi del paese , durante il secondo periodo , li
crede Celti, ed arrivati anch' essi dall' Asia. Di fatto le armi con cui ven-
nero manomessi i primi abitatori di quelle terre lacustri furono armi di
bronzo ; ed erano appunto quelle che adoperavano i Celti , come gia
esperti nella lor patria dell'arte di foggiare questo metallo. Finalmente la
civilizzazione del terzo periodo fu, per giudizio di lui, elvetica, e di El-
vezii la popolazione. Questi gia piu innanzi nella civilta ( per quanto di
civilta era capace quella barbaric di tempi ) discesero con armi di ferro
dal sud-ovest della Germania, distrussero i villaggi lacustri, che dopo la
prima incursione erano ridivenuti piu floridi nella Svizzera occidental, e
iie occuparono le terre.
Queste sono le nozioni storiche principal! , che apprendiamo dal libro
del signor Troyon : ma di parecchie di esse a prima vista si appalesa
la infermita de' fondamenti sopra i quali Y Autore le stabilisce ; e tanto
piu, quanto piu ricisa e la franchezza dell' affermarle. II dottor Keller,
versatissimo anch' esso in questi studii, fa alcune dotte osservazioni per
dimostrarne il poco valore ; e noi, per la ragione poco fa indicata credia-
sno ben fatto esporle qui brevemente.
Innanzi tutto il dottor Keller rettifica alcune posizioni geogratiche
non abbastanza esatte nell' opera del Troyon , quanto alia collocazione
delle colonie lacustri. Quest' opera , egli dice , par che supponga che le
frontiere attuuli fra la Svizzera romanza e la Svizzera alemanna sieno
appunto quelle che in antico separavano i villaggi dell' eta della pietra
Serie V, vol. X, fasc. 338. 15 9 AprUe 1864.
226 ARCHEOLOGIA
clai villaggi dell' eta del bronzo. Ma cotesta supposizione vien contrad-
detta dal sito del yillaggio lacustre di Peschiera, il quale appartenne evi-
dentemente all' eta del bronzo , ed era locate all' oriente delle stazioni
lacustri deli' eta delia pietra in Isvizzera. E cootraddetta con meno chia-
ramente dal sito delle palan'tte di Moosseedorf , che furono interamente
dell' eta della pietra , e pure son circondate di' reliquie di abitazioni,
tra le quali si son trovati stmmenti di bronzo. Del pari, egli dice , e
impossibile di segnare una linea di totale separazione tra i siti delle acti-
che popolazioni , ne' quali si trova il ferro, e gli altri ne' quali non appa-
risce nessun yestigio di.questo metallo. Percioccbe sono stali scoyerti
arnesi di ferro cosi ad Inkwyl , come presso i laghi di Serapach e di
Mauen, che certo non appartengono alia Svizzera occideatale.
Viene poscia esaminando i tre periodi costituiti dal Troyon ; e quanto
al primo osserva , cbe le sco~verte, fatte nei laghi di Pfffiffikon, di Nie-
denvyl e di Costanza, ci dimostrano che quegli uomini non traeyano i
loro alimenti dalla caccia c dalla pesca solamerite, ma ancora e forse piii,
da' cereali. La canapa era sconosciuta : per contrario 1'arte del lino, per
gl' indizii de' yarii tessuti che si sono raccoUi, fa merayigliare dell' abi-
lita di quella gente in tal genere di lavori ; abilita somma , avuto riguar-
do agl' istrumenti che poteano ayere alle mani , e certo la piu notevole
in quella eta della pietra.
Ne appare punto probabile , secondo ii Keller ; appare anzi contraria
al fatto la ipotesi della invasione di un nuoyo popolo , che ayesse in-
cendiato lutte le borgale del popolo primitive, e distruttolo in gran parte
con arnraazzamenti. Imperciocche dall'una parte nessuna traccia d'incen-
dio si e scoperto a Niederwyl e su yarii punti del lago di Costanza :
dairaltra parte in tutt'insieme gli scayi lacustri non sono apparsi meglio
di un cinque o sei scheletri umani. Gli incendii dunque, di che si scor-
gono i segni in yarii luoghi , si vogliono attribuire a piii oyyie cagioni,
in tanta faciiita che avevano quelle capanne , per le materie ond' erano
costruite , di pigliar fuoco : e cosi pure si possono spiegare gl' indizii
delle subite fughe in qualcuno degli antichi villaggi.
Pero non crede , per rispetto al secondo periodo , fondata su buone
congetlure 1'opinione, che in tal epoca venisse a maggior perfezione 1'in-
dustria di lavorare le vesti e preparare i cuoL Di questi segnatamente
aiferma non essere apparito nessun indizio nella Svizzera occidentale.
Per contrario non yede per quali argomenti si possa sostenere che, du-
rante il medesimo periodo, quelle popolazioni occidental! fossero in fatto
di coltura da meno degli abitanti di terra ferma nella parte orientate . Pe-
rocche i monumenti che provengono da Ebesberg non si diiYerenziano
punto nulla dai monumenti ritrovati a Steinberg tra Nidau e Bienne ,
appartenenti al medesimo periodo. Ne piii accettabile di queste ail'erma-
zioni giudica 1'altra, colla quale alia stessa epoca e fatta risalire la con-
suetudine di abbruciare i cadayeri. Le ricerche piii minute non hanno,
ARCHEOLOGU 227
egli dice , sin qui rivelato nulla di particolare intorno al modo dai lacu-
stri tenuto nel seppellire i loro morti, tranoe sol questo , che non aveano
1'uso di abbruciarli. Imperciocche negli scarsi avanzi di tutte le toinbe
di quest'epoca, nella Svizzera orientale, si son trovati rimasugli di ossa
non abbrustolate, e tra esse piccoli arnesi di bronzo. Per contrario il cul-
to della lima e piu particolarmente specificativo di questa eta.
II terzo periodo, che e 1'eta del ferro , della stessa maniera che il se-
condo, e fatto originare dal signer Troyon da subita invasione di un po-
polo armato di ferro, che avesse sterminata gran parte degli antichi abi-
tatori e incendiatene le capanne. II Keller gli oppone le osservazioni del
colonnello Schwab, meritevole di ogni fiducia, dalle quali risulta, che so-
lo una quarta parte delle case lacustri sui laghi di Bienne e di Neuchatel
manifestano tracce d' incendio. Non puo dunque essere quistione di un
subito ed universale sterminio. Yero eche la copia degli strumenti in broa-
zo, accumulati tra le rovine di quelle borgate, e un fatto assai notevole ;
molto piu se si consideri che un certo numero di case seguito ad essere
abitato durante 1' epoca elvetica e galloromana , e niuno potrebbe indo-
vinare donde mai e perche codesti strumenti fossero stati cosi abban-
donati e dimenticati. Ma qualunque spiegazione si voglia dare , certo
e che quella del Troyon non puo reggere. E veramente, se i molteplici
arnesi che sino al presente, coll' uso de' piu acconci ed ingegnosi ar-
gomenti , si e potuto dapertutto raccogliere , si scompartiscano fra le
molte borgate discoperte sinora , riescono pochissima cosa rispetto al
numero assai maggiore che sarebbe dovuto venirne fuori, nella ipotesi ,
die ei vuol supporre, di tanto e si generate ed improvviso sbaraglio.
Venendo poi sulla quistione delle origini dei popoli primitivi, o sieno
lacustri, o siano di terra ferma; padrone, egli dice, chivuole, di negare
ad essi ogni attinenza coi Celti , di farli derivati da' Finni , derivati
dagl'Iberici, o donde che sia : rimanga pero fermo che il popolo primitive
dell' eta della pietra, ondeche originate, non fu diverse, ma si continue
colle generazioni, e quanto alle attiludini, al genere di vita e al modo
della industria, con quegli altri che quindi appresso possederono i metalli.
Cio risulta da tutti gli argomenti che appariscono di un graduate e pacifico
svolgimento della civilta di quei popoli. Ball' altro canto, esclusa la ra-
gione delle mutazioni per subiti assalimenti , non rimane altro appoggio
alia ipotesi contraria, se non questo, che corse gran tempo senza che in
quei luoghi si conoscessero i metalli, finalmente vi apparvero, il bronzo
dapprima e poscia il ferro. Ma tievole fondamento! Imperciocche se per
ogni mutamento di materie si dovesse inferire mutamento di popolo, d'in-
iinite trasformazioni sarebbe piena la storia antica e nioderna. Del resto
Lenche 1' istoria della civilta di que' popoli sia incertissima nelle sue par-
ticolarita, e indicato nondimeno da' monumenti il progredire che essi fa-
cevano in meglio si , ma lentamente, e non mai con bruschi e ricisi pas-
saggi accennanti a straniere intervenzioni. Posto il quale studio di pro-
ARCHEOLOGIA
gresso, e considerate che sino dalla piu rimota antichita era nella Europa
stabilito un mutuo commercio tra i popoli ; qual marayiglia che a mano
a mano si venissero diffondendo le opere inmetallo dagli uni negli altri?
L' ayyenimento poi de' Celti nell' Europa, co' quali 1' illustre Troyon
yuol connettere la storia delle popolazioni lacustri, osserva egregia-
rnente il Keller, e circondato di tenebre non possibili a disgombrare. Or
se tenterebbe opera vana un archeologo a volere determinare il tempo
dell' apparizione de' Celti in quelle terre; non farebbe con piu forte ragio-
ne increscer di se , quando si proponesse di speciticare il grado della ci-
yilizzazione che allora ayevano, e ci yenisse a contare bonamente, come
fa il Troyon, che non solo adoperayano il brorizo , ma erano eziandio
istrutti del rnodo di formarlo , fondendo e raescolando insieme il rame e
10 stagno?
E ardita dello stesso modo egli giudica le altre affermazioni che riguar-
dano gli Elyezii. Questo popolo, a detta del Troyon, ayrebbe con armi
di ferro assalito i lacustri ; e perche essi apparterievano a terra ferma ,
non sapendo che farsi di quel paese, lo avrebbero manomesso e abbando-
nato. II che sarebbe doyuto intervenire, quando il bronzo in que'luoghi
era gia diyenlato di uso comune, e le citta lacustri toccavano il sommo
della loro prosperita. Or cio che puo sapersi di certo intorno agli Elye-
zii, e sol questo, che i Germani come cacciarono dalle spiagge oriental!
del Reno le tribu celtiche , cosi pure sterminarono dal loro paese gli El-
yezii, riducendo quello un deserto, e questi perseguitando nella loro pa-
tria noyella. Non sappiamo pero se quando gli Elyezii entrarono nella
Svizzera, occupando il territorio che fa prima de' Celti, vi fossero spinti
dalla uecessita di riparare da'nemici, oyvero dal desiderio di far conqui-
sta di terre : ne tampoco rimangono memorie se ayessero comunicazioni,
e quali, colle galliche tribu della riya sinistra del Reno. Ma come che sia
non e punto probabile che essi fossero cosi bene proyveduti di ferro ,
mentre i loro yicini di la dall'altra sponda non ne ayeyano conoscenza;
e questo in un tempo, quando la gran diffusione del bronzo nella Europa
centrale da ogni fondamento di credere, che il commercio fosse piuttosto
ampio ed operoso. Poiche chi non vede 1' assurdita che una tribii , qua!
era quella degli Elyezii , contenuta fra la Selva Nera ed il Reno, si poles-
se cosi yantaggiare sopra il popolo della riya opposta , abitante un pae-
se, il quale, o sia per la facile yia della yallata del Reno, o sia pe' yalichi
delle Alpi , era ttitto aperto alle relazioni coi popoli piu ciyilizzati delle
spiagge del mediterraneo?
Queste sono le principal! obbiezioni che il Dottor Keller oppone contra
le conclusion! del signor Troyon. Questi ha promesso di rispondere. Ma
noi dubitiamo assai che possa farlo in guisa da potere assicurare, se non
11 trionfo, almeno la probabilita delle sue affermazioni. Per ogni modo se le
risposte di lui saranno cosi fortunate da riusciryi , noi yolentieri ne ter-
remo conto ne' nostri quaderni.
CRONACA
CONTEMPORANEA
Roma 9 Aprile 1864,
I.
Breve del Sommo Pontefice Pio IX all' Arcivescovo di Monaco di Baviera
sopra H Congresso del dotti cattolici ivi tenuto nel Settembre del 1863.
YENERABILI FRATRI GREGORIO ARCHIEPISCOPO MONACENSI ET FRISINGENSI.
PIYS PP. IX.
Yenerabilis Frater, Salutem et Apostolicam Benedictionem. Tuas li-
benter accepimus Litteras, die 7 proxime elapsi mensis Octobris datas,
ut Nos certiores faceres de Conventu in ista Monacensi civitate, proximo
mense Septembri, a nonnullis Germaniae Theologis, doctisque catholicis
yiris habito de variis argumentis, quae ad tbeologicas praesertim ac phi-
losophicas tradendas disciplinas pertinent. Ex Litteris Tibi Nostro iussu
scriptis a Yenerabili Fratre Matthaeo Archiepiscopo Neocaesariensi, No-
stro , et Apostolicae huius Sedis apud istam Regiam Aulam Nuntio, yel
facile noscere potuisti, Yenerabilis Frater, quibus Nos sensibus affecti
fuerimus, ubi primura de hoc proposito Conventu Nuntium accepimus, et
postquam agnovimus quomodo commemorati Theologi, et viri adhuius-
modi Conventum invilati et congregati fuere. Nihil certe dubitare yole-
bamus de laudabili fine, quo huius Conventus auctores, fautoresque per-
moti fuere , ut scilicet omnes Catholici viri doctrina praestantes, collatis
consiliis, coniunctisque viribus, germanam catholicae Ecclesiae scien-
tiam promoverent, eamque a nefariis, ac perniciosissimis tot adversario-
rum opinionibus, conatibusque vindicarent ac defenderent. Sed in hac
sublimi Principis Apostolorum Cathedra, licet immerentes, collocati asper-
j!30 CRONACA
Timis hisce temporibus, quibus Sacrorum Antistitum atictoritas, si un-
c[«am alias, ad unitatem et integritalera catholicae doctrinae custodien-
dam, vel maxime est necessaria, et ab omnibus sarta tecta servari debet,
non potuimus non vehementer mirari videntes memorati Coriventus invi-
fationem private nomine factam et promulgate m, quin ullo modo interce-
derent impulsus, auctoritas, et missio ecclesiasticae potestatis, ad quani
proprio, ac nativo iure unice pertinet advigilare ac dirigere theologica-
rum praesertim rerum doctrinam. Quae sane res, ut optime noscis, om-
nino nova, ac prorsum inusitata in Ecclesia est. Atque iccirco voluiinus,
Te, Venerabilis Frater, noscere hanc Nostram fuisse sententiam, ul cum
a Te, turn ab aliis Venerabilibus Fratribus Sacrorum in Germania Anti-
stitibus probe iudicari posset de scopo per Conventus programma enun-
tiato, si nempe talis esset, ut veram Ecclesiae utilitatem afferret. Eodem
autem tempore certi eramus, Te, Venerabilis Frater, pro pastorali Tua
sollicitudine ac zelo omnia consilia et studia esse adhibiturum, ne in
modern Conventu turn catholicae fidei ac doctrinae integritas, turn obe-
dientia, quam omnes _cuiusque classis et conditionis catholici homines
Ecclesiae auctoritati ac magisterio praestare omnino debent, vel mini-
mum detrimentum caperent. Ac dissimulare non possumus, non levibus
Nos angustiis affectos fuisse, quandoquidem verebamur, ne huiusmodi
Conventu sine ecclesiastica auctoritate congregate exemplum praeberetur
sensim usurpandi aliquidex iure ecclesiastici regiminis, et authentici ma-
gisterii, quod divina institutione proprium est Romano Pontifici, et Epi-
scopis in unione et consensione cum ipso S. Petri Successore, atque ita,
^ecclesiastico ordine perturbato, aliquando unitas, et obedientia fidei apud
aliquos labefactaretur. Atque etiam timebamus, ne in ipso Conventu quae-
dam enunciarentur, ac tenerentur opiniones et placita, quae in vulgus
praesertim emissa et catholicae doctrinae puritatem, et debitam subie-
^tionem in periculum ac discrimen vocarent. Summo enim animi Nostri
dolore recordabamur, Venerabilis Frater, hanc Apostolicam Sedem pro
gravissimi sui muneris officio debuisse ultimis hisce temporibus censura
uotare, ac prohibere nonnullorum Germaniae Scriptorum opera, qui cum
nescirent decedere ab aliquo principio, seu methodo falsae scientiae, aut
hodiernae fallacis philosophiae, praeter voluntatem, uti contidimus, in-
ducti fuere ad proferendas ac docendas doctrinas, dissentientes a vero
nonnullorum sanctissimae fidei nostrae dogmatum sensu et interpretatio-
ne ; quique errores ab Ecclesia iam damuatos e tenebris excitarunt, et
propriam divinae revelationis et fidei indolem et naturam in alienum
•omnino sensum explicaverunt. Noscebamus etiam, Venerabilis Frater,
fionnullos ex catholicis, qui severioribus disciplinis excolendis operam
navant, humani ingenii viribus nimium fidentes, errorum periculis baud
fuisse absterritos, ne in asserenda fallaci, et minime sincera scientiae
libertate abriperentur ultra limites, quos praetergredi non sinit obedien-
CONTEMPORANEA
tia debita erga magisterium Ecclesiae, ad totius'reyelatae yeritatis inte-
gritatem seryandam diyinitus institutum. Ex quo eyenit, ut huiusmodi
calholici misere decepti et iis saepe consentiant, qui contra huius Apo-
stolicae Sedis, ac Nostrarum Congregationum decreta declamant, ac
blaterant, ea liberum scientiae progressura impedire ; et periculo se ex-
ponunt sacra ilia frangendi obedientiae yincula, quibus ex Dei yolunta-
te eidem Apostolicae huic obstringuntur Sedi, quae a Deo ipso yeritatis
magistra, et yindex fuit constituta. Neque ignorabamus, in Germania
etiam falsam invaluisse opinionem adversus yeterem scholam, et adver-
sus doctrinam summorum illorum Doctorum, quos, propter admirabilem
eorum sapientiam et yilae sanctitatem , uniyersalis verieratur Ecclesia,
Qua falsa opinioae ipsius Ecclesiae aucto'ritas in discrimen yocatur,
quandoquidera ipsa Ecclesia non solum per tot continentia saecula per-
misit, ut ex eorumdem Doctorum methodo, et ex principiis communi
omnium catholicarum scholarum consensu sancitis, theologica excoleretur
scientia, yerum etiam saepissime summis laudibus theologicam eorum
doctrinam extulit, illamque veluti fortissimum fidei propugnaculum et
formidanda contra suos inimicos arma yehementer commendayit. Haec
sane omnia pro gravissimi supremi Nostri Apostolici ministerii munere?
ac pro singular! illo amore, quo omnes Germaniae catholicos carissimam
Dominici gregis partem prosequimur , Nostrum sollicitabant et angebant
animum, tot aliis pressum angustiis, ubi, accepto ruemorati Conyentus
nimtio, res supra expositas Tibi significandas curayimus. Postquam yero
per brevissimum nuntium ad Nos relatum fuit, Te, Yenerabilis Frater,
huiusce Conventus auctorum precibus annuentem tribuisse yeniam cele-
brandi eumdem Conyentum, ac sacrum solemni ritu peregisse, et con-
sultationes in eodem Conyentu iuxta catholicae Ecclesiae doctrinam ha-
bitas fuisse : et postquam ipsius Conyentus yiri per eumdem nuntium A-
postolicam Nostram implorayerunt Benedictionem, nulla interposita mo-
ra, piis illorum yotis obsecundayimus. Summa yero anxietate Tuas ex-
pectabamus Litteras, ut a Te, Yenerabilis Frater, accuratissime noscerc
possemus ea omnia, quae ad eumdem Conyentum quoyis modo possent
pertinere. Nunc autem cum a Te acceperimus, quae scire yel niaximc
cupiebamus, ea spenitimurfore, uthuiusmodinegotium, quemadmodunt
asseris, Deo auxiliante, in maiorem catholicae in Germania Ecclesiae u-
tilitatem cedat. Equidem cum omnes eiusdem Conyentus yiri, yelutl
scribis, asserucrint, scientiarum progressum, et felicem exitum in devi-
tandis ac refutandis miserrimae nostrae aetatis erroribus omnino pendere
ab intima erga yeritates reyelatas adhaesione, quas catholica docet Ec-
clesia, ipsi noyerunt, ac professi sunt iilam yeritatem, quam yeri catho-
lici scientiis excolendis et eyolvendis dediti semper tenuere, ac tradide-
runt. Atque hac yeritate innixi potuerunt ipsi sapientes, ac yeri catho-
lici yiri scientias easdem tuto excolere, explanare, easque utiles certas-
232 CRONACA
que reddere. Quod quidem obtineri non potest, si humanae rationis lu-
men finibus circumscriptum eas quoque veritates investigando , quas
propriis Yiribus et facultatibus assequi potest, non yeneretur maxime.
ut par est , infallibile et increatum Divini intellectus lumen , quod in
Christiana revelatione undique mirifice elucet. Quanrvis enim naturales
illae disciplinae suis propriis ratione cognitis principiis nitantur, ca-
tholici tamen earum cultores divinam revelationem veluti rectricem stel-
lam prae oculis habeant oportet, qua praelucente sibi a syrtibus et
erroribus caveant , ubi in suis investigationibus , et commentationibus
animadvertant, posse se illis adduci , ut saepissime accidit , ad ea pro-
ferenda , quae plus minusve adversentur infallibili rerum veritati , quae
a Deo revelatae fuere. Hinc dubitare nolumus , quin ipsitis Conventus
yiri commemoratam veritatem noscentes, ac profitentes, uno eodem-
que tempore plane reiicere ac reprobare voluerint recentem illam ac
praeposteram philosophandi rationem , quae etiamsi diyinam revela-
tionem veluti historicum factum admittat, tamen ineffabiles veritates ab
ipsa divina revelatione propositas humanae rationis investigationibus sup-
ponit, perinde ac si illae veritates rationi subiectae essent, vel ratio suis
yiribus et principiis posset consequi intelligentiam et scientiam omnium
supernarum sanctissimae fidei nostrae veritatum , et mysteriorum , quae
ita supra humanam rationem sunt , ut haec nunquam effici possit idonea
ad ilia suis Yiribus, et exjiaturalibus suis principiis intelligenda, aut de-
monstranda. Eiusdem vero Conventus viros debitis prosequimur laudi-
hus , proptereaquod reiicientes , uti existimamus , falsam inter philoso-
phum et philosophiam distinctionem, de qua in aliis Nostris Litteris ad
Te scriptis loquuti sumus , noverunt , et asseruerunt , omnes catholicos
in doctis suis commentationibus debere ex conscientia dogmaticis infalli-
bilis catholicae Ecclesiae obedire decretis. Dum vero debitas illis deferi-
mus laudes, quod professi sint veritatem, quae ex catholicae fidei obliga-
tione necessario oritur, persuadere Nobis volumus, noluisse obligationem,
qua catholici Magistri, ac Scriptores omnino adstringuntur , coarctare
in iis tantum, quae ab infallibili Ecclesiae iudicio, veluti tidei dogmata,
ab omnibus credenda proponuntur. Atque etiam Nobis persuademus ,
ipsos noluisse declarare, perfectam illam erga revelates veritates adhae-
sionem , quam agnoverunt necessariam omnino esse ad verum scientia-
rum progressum assequendum, et ad errores confulandos, obtineri posse,
si dumtaxat Dogmatibus ab Ecclesia expresse defmitis fides , et obse-
quium adhibeatur. Namque etiamsi ageretur de ilia subiectione, quae fi-
dei divinae actu est praestanda, limitanda tamen non esset ad ea, quae
expressis oecumenicorum Conciliorum, aut Romanorum Pontiticum , hu-
iusque Apostolicae Sedis decretis defmita sunt, sed ad ea quoque exten-
denda quae ordinario totius Ecclesiae per orbem dispersae magisterio
tamquam divinitus revelata traduntur , ideoque universali et constant!
CONTEMPORANEA 233
consensu a catholicis Theologis ad fidem pertinere retinentur. Sed cum
agatur de ilia subiectione, qua ex conscientia ii omnes catholic! obstrin-
guntur, qui in contemplatrices scientias incumbunt, ut novas suis scri-
ptis Ecclesiae afferant utilitates, iccirco eiusdem Conventus yiri recogno-
scere debent, sapientibus catholicis baud satis esse , ut praefata Eccle-
siae dogmata recipiant ac yenerentur, verum etiam opus esse, ut se sub-
iiciant turn decisionibus , quae ad doctrinam pertinentes a Pontificiis
Congregationibus proferuntur, turn iis doctrinae capitibus, quae commu-
ni Catholicorum consensu retinentur, ut theologicae yeritates et conclu-
siones ita certae, ut opiniones eisdem doctrinae capitibus adversae, quam-
quam haereticae dici nequeant, tamen aliam theologicam merentur cen-
suram. Itaque baud existimamus yiros , qui commemorate Monacensi
interfuere Conyentui, ullo modo potuisse, aut yoluisse obstare doctrinae
nuper expositae, quae ex yerae theologiae principiis in Ecclesia retinetur;
quin immo ea fiducia sustentamur fore , ut ipsi in seyerioribus excolen-
dis disciplinis yelint ad enunciatae doctrinae normam se diligenter con-
formare. Quae Nostra fiducia praesertim nititur iis Litteris, quas perTe,
Yenerabilis Frater, Nobis miserunt. Siquidem eisdem Litteris cum sum-
ma animi Nostri consolatione ipsi profitentur , sibi in cogendo Conyentu
mentem numquam fuisse yel minimam sibi arrogare auctoritatem, quae
ad Ecclesiam omnino pertinet , ac simul testantur , noluisse eumdem di-
mittere Conyentum , quin primum declararent summam obseryantiam,
obedientiam, ac tilialem pietatem ', qua Nos et bane Petri cathedram ca-
tholicae unitatis centrum prosequuntur. Cum igitur hisce sensibus No-
slram, et Apostolicae huius Sedis potestatem, auctoritatemque ipsi reco-
gnoscant, ac simul inlelligant, gravissimum ofticium Nobis ab ipso Chri-
sto Domino commissum regendi , ac moderandi uniyersam suam Eccle-
siam, ac pascendi omnem suum gregem salutaris doctrinae pascuis, et
continenter advigilandi, ne sanctissima fides, eiusque doctrina ullum un-
quam detrimentum patiatur, dubitare non pos?umus, quin ipsi seyeriori-
bus disciplinis excolendis, tradendis, sanaeque doctrinae tuendae operam
navantes , uno eodemque tempore agnoscant , se debere et religiose ex-
sequi regulas ab Ecclesia semper servatas, et obedire omnibus decretis,
quae circa doctrinam a Suprema Nostra Pontificia auctoritate eduntur.
Haec autem omnia Tibi communicamus , ac summopere optamus , ut ea
iis omnibus significes yiris, qui in memorato Conyentu fuere, dum, si
opportunum esse censuerimus, baud omittemus alia Tibi, et Yenerabili-
bus Fratribus Germaniae Sacrorum Antistitibus hac super re significare,
postquam Tuam, et eorumdem Antistitum sententiam intellexerimus de
buiusmodi Conventuum opportunitate. Demum pastoralem Tuam sollici-
tudinem, ac yigilantiam iterum yehementer excitamus, ul una cum aliis
Venerabilibus Sacrorum in Germania Antistibus curas omnes, cogitatio-
nesque in tuendam et propagandam sanam doctrinam assidue conferas.
CRONACA
Neque omittas omnibus inculcare, ut profanas omnes novilates diligen-
ter devitent, neque ab illis se decipi unquam patiantur, qui falsam scien-
tiae libertatem, ei usque non solum verum profectum , sed etiara errores
tamquam progressus impudenter iactant. Atque pari studio et contentio-
ne ne desinas omncs hortari , ut maxima cura et industria in veram
ehristianam et catholicam sapientiam incumbant , atque , uti par est, in
summo pretio habeant veros solidosque scientiae progressus , qui , san-
^ctissima ac divina lide duce et magistra, in catholicis scholis habiti fue-
runt, utque theologicas praesertim disciplinas excolant secundum princi-
pia, et constantes doctrinas, quibus unaoimiter innixi sapientissimi Docto-
res immortalem sibi nominis laudem, et maximam Ecclesiae, et scientiae
utilitatem , ac splendorem pepererunt. Hoc sane modo catholic! viri in
scientiis excolendis poterunt , Deo auxiliante, magis in dies, quantum
fiomini fas est, noscere, evolvere, et explanare veritatum thesaururn, quas
in naturae et gratiae operibus Deus posuit , ut homo postquam illas ra-
tionis et fidei lumine noverit, suamque vitam ad eas sedulo conformave-
rit, possit in aeternae gloriae claritate summam veritatem, Deum scilicet,
sine ullo velamine intueri, Eoque felicissime in aeternum perfrui et gau-
dere. Hanc autem occasionem libentissimo animo amplectimur, ut denuo
testemur et confirmemus praecipuam Nostram in Te caritatem. Cuius
quoque pignus esse yolumus Apostolicam Benedictionem , quam effuso
cordis affectu Tibi ipsi, Yenerabilis Frater, et gregi Tuae curae commis-
so peramanter impertimus.
Datum Romae.apud S. Petrum, die 21 Decembris Anno 1803.
Pontificatus Nostri Anno Decimoctavo
PIVS PP. IX.
Al principio dei nostri arlicoli sopra il Congresso del dotti calto-
iici in Monaco, e precisamente a pag. 386 del vol. IX della Serie V7
fu scritto essersi fatta agli astanti distfibuzione di un indegno libello
contro la S. Congregazione dell' Indice. Piu eerie informazioni ci
fanno sapere cbe quella distribuzione noil ebbe luogo in esso Con-
gresso , ma solo fuori del medesimo ad alcuni di quei personaggi
per invio o dell' autore o del libraio. Ci facciamo un dovere di ret-
lificare con queste lince Y involontario errore.
CONTEMPORANEA
II.
COSE ITALIANS.
STATI Po?mFicii 1. Solennita della Settlmana santa e della Pasqua — 2. II
Santo Padre a santa Maria sopra Minerva — 3. Accademia al Castro Pre-
torio — 4. Sussidii raccolti dali' Osservatore Romano per le Religiose
spogiiate dalla rivoluzione — 5. Offerte de' Lucchesi al Santo Padre — -
6. Decreto della S. Gongr. dell' Indice per proibizione di libri — 7. At*
tentato contro il Vescovo di Gomacchio —8. Agitazione del parti to maz-
ziniano contro il Governo usurpatore nelle province della Chiesa; bando
pel 19 Marzo — 9. I Garibaldini di Ravenna impediti con la forza da
ogni dimostrazione — 10. Assassinio del sottoprefetto d'lmola.
1. Le commoventi solennita della Settiraana santa furono celebrate
quest' anno si nella Cappella Sistina , e si" in S. Pietro al Yaticana, con
la consueta pompa, benche il cuore de' fedeli fosse molto contristato dal
non vedervi partecipare la Santita di Nostro Signore Papa Pio IX , im-
pedito da' riguardi, che richiedevansi a non troncare il corso della coiwa-
lescenza, dopo una breve e non punto grave infermita. Ma 1'universale
desiderio venne appagato la mattina del giorno di Pasqua di Risurrezio-
ne. « Sulie ore dieci, come narra il Giornale di Roma , Sua Beatitudine
discese alia patriarcale Basilica Vaticana ; ed indossate le sacre vesti
alia Cappella del Sacramento, e preceduta dagli Effii e RiTii signori Car-
dinali, *dai Patriarch], dagli Arcivescovi e dai Vescovi , dal Senatore coi
Conservatori di Roma, nonche dai diversi Collegi della Prelatura , e da
tutta la Corte , in sedia gestatoria precede all'altare della Confessione, e
ando a sedere sul Trono. Da quivi presto assistenza alia Messa, che, sii
quell'altare Papale , celebro 1' Emo e Rmo signor Cardinale Mattei , Ye-
SCOYO di Ostia e Yelletri, Decano del sacro Collegio.
« Terminato il sacrosanto Sacrificio, la Santita Sua , preceduta dalla
processione sopra descritta , fermossi alia tomba dei santi Apostoli per
yenerare, giusta il consueto, le Reliquie maggiori , delle quali si fece la
ostensione dalla loggia che soprasta la statua della Yeronica. Quindi ri-
salita nella gestatoria, e yolta al popolo, fece sosta per impartire da qoel
luogo la solenne Benedizione , che il tempo, mantenutosi dal primo mat-
tino costantemente piovoso , impediva di dare dal grande loggiato sulla
fronte del sacro tempio. Recitate pertanto le preghiere di uso, il supremo
Gerarca levatosi in piedi , innalzando gli occhi e stendendo le mani yer-
so il cielo, con alta e commossa voce , comincio a, profferire la solenne
formola, che, fra emozione yivissima di soprabbondanti aff'etti, continue
impartendo la trina apostolica Benedizione. Quindi pubblicossi dai Car-
dinali Diaconi, in italiano e in latino, la plenaria Indulgenza.
« II Santo Padre si ricondusse dipoi alia Cappella del Sacramento a
deporvi gli abiti pontificali ; e presa la mozzetta e la stola bianca , pre*
236 CRONACA
ceduto dal Crocifero ed accompagnato dalla nobile Anticamera , si ri-
trasse nei suoi appartamenti. La moltitudine che , sebbene il tempo du-
rasse cattivo, era concorsa al Vaticano per ricevere la Benedizione dal
Yicario delF Homo Dio risorto, fu straordinaria. L' imraensa Basilica non
solo, ma gli ampii colonnati ed i portici della piazza eziandio ne rigurgi-
tavano, ansiosi tutti di rivedere 1' aspetto augusto del venerabile Ponteti-
ce e Sovrano, che indisposizioni della sua, or redintegrata, salute, aveano
per qualche tempo tenuto ascoso agli sguardi degli amorosi tigli che gli
sono sudditi , e degli esteri venuti da lontane regioni per significargli il
loro affetto e la loro devozione. »
2. Fu poi giorno di singolare giubilo per tutta Roma, e di vero trionfo
pel Santo Padre, quello di lunedi 4 d'Aprile, nel quale celebrossi la festa
della SS. Annunziata , ed il Santo Padre si reco , in treno nobilissimo,
alia chiesa di santa Maria sopra Minerva , per assistervi al Pontificale.
Universale la gara nel dare se'gni di esultanza, di devozione e di affetto.
Mbllate di spettatori le vie, per le quali dovea passare il corteggio, or-
nate di arazzi e damaschi e sparse di fiori ; e presso la piazza la moltitu-
dine era si fitta, che a mala pena quello potea aprirvisi il varco. Le accla-
mazioni piene di ossequio e di amore , quanto appena mai erasi udito in
simili congiunture ; massime poi quando il Santo Padre, terminati i sa-
cri riti, usci sul limitare del tempio, per tornare al Vaticano , e stese la
raano a benedire gli amatissimi suoi figliuoli.
3. Alii 21 di Marzo fu tenuta, nella sala del nuovo edifizio militare al
Castro Pretorio, in onore della Croce, per robolo di S. Pietro, una splen-
didissima Accademia, degna dello scopo a cui mirava il letterario eserci-
zio, e rispondente al carattere dei personaggi che vi presero parte, ed
alia qualita degli uditori appartenenti agli ordini piu cospicui del clero e
del laicato. II luogo era egregiamente adorno per cura del Colonnello
Blumensthil e del Capitano Meluzzi. Argomento dell'Accademia fu la Cro-
ce, qual simbolo di quella fede, che ammaestra, lenefica, combatte e
trionfa. Intorno al quale soggetto ragionarono con mirabile profondita di
dottrina, con ampiezza di erudizione, e con rara facondia, 1' Emo Cardi-
nale Reisach, in lingua tedesca ; 1' Emo Card. Pitra, in lingua francese ;
I'Efiio Card. Guidi, in lingua italiana ; Mons. Manning Preposito di West-
minster, in lingua inglese. Quindi Y avv. Paolo Tarnassi inneggio alia
Croce, rispondendo alsaluto: 0 Crux, ave, spes unica, usato di quei
giorni dalla Chiesa, con una poesia che, per la vivezza delle immagini
e la efficacia delle espressioni, trasse lagrime di commozione dagli occhi.
Sul chiudere dell' Accademia, Mons. Nardi adopero eloquenti parole nel
rendere grazie, quale socio deH'Archiconfraternita di san Pietro, agli Ora-
tori, al poeta, a quantiavean preso parte all'esercizio ed agli intervenuti,
che aveano deposte offerte per /' Obolo di san Pietro.
Le composizioni letterarie furono intramezzate da squisite sinfonie del-
la Gendarmeria pontificia , e da cori della Cappella Giulia del Vaticano ;
CONTEMPORANEA 237
e tutti i cuori furono commossi dalle sublimi armonie che il professore
Listz per quattro yolte fece risonare dal pianoforte. II concorso degli
uditori non potea desiderarsi ne piii numeroso ne piu scelto. Cardinal!
di santa Chiesa, Prelati, Ambasciadori e membri del Corpo diplomatico,
ed il fiore del personaggi nobilissimi d'ogni nazione present! in Roma.
Le offerte che in tal circostanza furono raccolte perl'O&o/o disan Pietro
salirono, dice YOsservatore Romano, a circa quattro mila scudi, e tutto fu
dal Santo Padre , come gia sapeasi, destinato a benefizio dell' istruzione
pei figli del popolo e per le scuole de' poveri.
4. Piu yolte rOsservatore Romano erasi volto con fervide parole alia
pieta de'Romani, per raccogliere sussidii da distribute a quelle sante ed
innocenti vittime della rivoluzione, che nei monasteri conservano la fede
giurata al celeste loro Sposo, e soggiacciono a tutte le conseguenze della
barbara rapina, onde furono spogliate delle loro rendite e delle loro doti.
Gl'mumani ladroni, non paghi di ridurle a dover campare la vita col vile
assegnamento di soli 7 od 8 , o anche 5 baiocchi al giorno , loro il fanno
soventi aspettare le settimane ed i mesi interi ; di che le afflitte Yergini
di Cristo devono sopportare crudeli privazioni , a cui viene troppo tardo
il sussidio in quel poco piu che la centesima parte delle rubate loro pro-
prieta, gittata loro villanamente dal Governo a titolo di limosina.
Le oblazioni raccolte dall' Osscrvatore Romano negli ultimi dieci mesi,
e che stavano peressere distribuite, salivano a scudi 751,19. 5; la quale
somma era troppo scarsa riguardo ai bisogni d'ogni specie di quelle fit-
time della tirannia settaria. Erano 21 Monastero, che gia avean ricevuto
altra volta qualche soccorso, ma ora versavano in estreme angustie, ed
implorayano qualche limosina per le 572 Religiose che yi campavano di
stenti e di rassegnazione ; erano altri 15 Monasteri, abitati da 334 Reli-
giose , che non ayeano fin qui riceyuto 1' obolo della cristiana carita , e
stavano alia merce di Dio, ma supplicavano che anche a loro si stendesse
la rnano. L' Osservatore, alii 22 Marzo, espose questo stato di cose con
belle ed affettuose parole, chiedendo che si facesse in maniera da poter
ispedire a quelle derelitte con che ristorarsi alia Pasqua ; cioe un due
scudi per ciascuna di quelle che non aveano mai riceyuto nulla, ed una
scudo per le altre. In soli 10 giorni le limosine furono si pronte e copio-
se, che salirono alia somma di oltre a 1240 scudi ; dei quali fu fatta la
proposta distribuzione il Venerdi l.°Aprile, a mitigare almen per qualche
giorno i patimenti di 90G Vergini e spose di Gesu Cristo. In due anni
si raccolsero per tal fine, e si distribuirono dalla benemerita direzione di
eodesto giornale piu di 3469 scudi, a 68 Monasteri dell'Unibria e delle
Marche, in cui convivono 1640 Religiose.
5. Ci e pur grato di registrare qui un nuovo atto di devozione figliale
del popolo e del Clero lucchese yerso il Santo Padre, yalendoci di cio
che troviamo UQlYOsservatore Romano del 31 Marzo: « Sappiamo che di
questi giorni , e in occasione della santa Pasqua, e stata umiliata ai piedi
238 CR03NACA
del Santo Padre la somma di fr. 3,800 per 1'obolo di S. Pietro, insieme
a varii oggetti in oro e in argento, per parte della cattolica citta di Lucca.
Oltre a cio sono stati presentati alia Santita Sua : un indirizzo dei par-
rochi e eurati della stessa citta, un altro degli studenti sacerdoti, diaconi
e suddiaconi , e un altro dei chierici. La Benedizione del Santo Padre
impartita con tutta la effusione del cuore ai deyoti offerenti, e stata per
essi il piu gradito contrassegno, che la Santita Sua siasi degnata di be-
nignamente accogliere le loro umili offerte. »
6. Con decreto del 15 Marzo 1864 , pubblicato anche nel Giornale cU
Roma del 23, la sacra Congregazione dell' Indice ha condannato e
scritto fra i proibiti, nell' usata forma, i libri seguenti:
« Franco Mistrali — Vita di Gesu. A. Ernesto Renan. Milano 1863.
« Le Maudit. Par 1'Abbe***. Paris Librairie Internationale 1864.
« La parola di Dio e i moderni Farisei. Appello al Sentimento cristia-
no. ^er Andrea Moretti, Deputato al Parlamento italiano. Bergamo 1864.
« Guia de los Casados 6 Historia Natural de la Generacion ; Mentor
Dome'stico para las personas de ambos secsos. Por Don Federico Hollick.
i\7ueva York.
« Auctor opens cui titulus — II Clero yeneto nell' anno 1862, per un
Testimonio di yista e di fatto, Bologna 1862, Prohib. Deer. 24 Augu-
sti 1863, — laudabiliter se subiedt.
« Auctor opcris cui titulus — Dell' ultima persecuzione della Chiesa,
e clella fine del mondo, per P. B. N. B Yolumi sei. Fossombrone 1863.
Prohib. Deer. 13 Decembris 1865, — - laudabiliter se subiecit.v
1. I settarii mazziniani, a quanto sembra, trovano troppo benigno il
GoTerno di Torino, che si contenta di sbandeggiare o carcerare i Vesco-
yi, o tenerli nelle prigioni comuni, senza processo, per nove o dieci me-
si, come ora fa per 1'Arcivescovo di Spoleto, Mons. Arnaldi. Essi ricor-
rono, per ispacciarsi de' Vescovi, a spedienti piu risoluti-e perentorii;
cioe all' assassinio. Per la Dio merce un recente attentato ando fallito;
ma e da serbarsene memoria, e recitiamo le parole onde dalle Marche ne
fu scritto, nel Marzo, allo spiritoso giornaletto torinese il Subalpino :
« Un sacrilego attentato e stato commesso il giorno 7 corrente contro la
persona di Monsignor Fedele Bufarini, Yescovo di Comacchio, e ammi-
nistratore apostolico della diocesi di Ripatransone. Ad un'ora e mezzo an-
timeridiana fu tirata un' archibugiata con palla nella finestra, rimpetto
alia quale e posto il letto in cui dormiva il prelato. La Dio merce Monsi-
gaore resto illeso da ogni danno. Non yi parlo dell'orrore destato in tutta
la citta, quando yenne conosciuto quell' orribile misfatto. Diro solo che i
tristi, frementi per 1'invitto zelo apostolico dell'egregio prelato, ayeyano
gia da qualche tempo , con minaccie , fatto presentire lo sceilerato loro
divisamento. »
8. Agli occhi d'ognuno sono ancora presenti le scene del 1859 e del
1860 , quando il Governo riyoluzionario di Torino si mostraya tutto in
CONTEMPORANEA 239
arabascia ed in travaglio per contenere la setta garibaldina , mentre di
fatto la stipendiava , I' aizzava , la proteggeva , la forniva d' armi e di
munizioni , la faceva scortare da' suoi vascelli , perche piii sicuramente
potesse effettuare le piraterie contro le Due Sicilie a lei vendute da Mi-
nistri e da Generali traditori ; o spedivauoniini, denari, armi, ogni cosa,
per sommovere le Romagne in prima , poi le Marche e 1' Umbria , spac-
ciando intanto che le truppe ivi raccolte a' confini stavano all' erta per
reprimere qualimque audace tentativo del partito d' azione. Ora queste
nefande comraedie si rinnovano , con simile intreccio. Gli arrolamenti ,
parte volontarii e parte forzati, di settarii si proseguono, a saputa di lutti,
alacremente; e molti poveri giovani, invescati nelle panic della setta ,
ricevono 1'intimazione di condursi a determinate luogo , pena la morte :
ed obbediscono , maledicendo al di che si lasciarono arreticare dalla te-
nebrosa congiura. I capi della setta scorrazzano da Parigi a Torino,
prendono 1'imbeccata a Londra, pubblicano bandi, designano condottieri,
formano squadre, esigono denari , e preparano armi e munizioni. II Go-
yerno di Torino se ne mostra preoccupato ; manda attorno circolari ed
ordini, fa per cerimonia perquisizioni domiciliari e sequestri, avvcrtendo
pero di non mettere mai la mano sul nido delle vipere, e grida pe' suoi
giornali , che oggimai , se la Francia non gli da Roma e non I'.aiuta per
liberare Yenezia, uno scompiglio tremendo e inevitabile.
Gli arnesi piu abbietti e maneschi della setta , e gli ufficiali meno ac-
corti del Governo, pigliano la cosa sul serio, e recitano intanto a meravi-
glia, benche senzaloro saputa, la parte loro appropriata nella commedia.
Onde da una parte smanie e lamenti e violenze; dall'altra minacce, re-
pressione e talvolta qualche castigo. Quando le cose sono venute a que-
sto punto , ecco i diarii ufficiali ed ufficiosi trombare a' quattro yenti :
che uno scoppio e inevitabile, che v'entra la mano provocatrice dell'Au-
stria, e che percio bisogna armarsie star pronti alle difese. Cosi appunto
•yediamo, che la Ministeriale Opinione di Torino del 2 Aprile, tolto argo-
mento dalle precauzioni dell' Austria nel Veneto , le qualitica come pro-
yocazioni al pacidco Goyerno italiano , ed attribuisce a lei le intempe-
ranze del partito £ azione, per ayerne pretesto ad un assalto. « Ci vuol
si poco a provocare una sommossa od una fmta invasione di volontarii !-»
Cosi esclaraa 1' Opinione ; la quale s' inlende molto bene delle piu recon-
dite arti del mestiere, avendo i suoi padroni e complici preparate le finle
sommosse e le invasioni ladre contro tutti gli Stati italiani.
V'e tuttavia un partito nelle Marche e nell' Umbria, il quale sembra fare
da senno contro il Governo usurpatore , il quale da parte sua se ne mo-
stra sinceramente infastidito. Ed e il partito che fece clandestinamenle
stampare ed affiggere in Perugia ed in piu altri luoghi il seguente bando:
« Cittadini fratelli , il giorno 19 Marzo e giorno onomastico dei due
propugnatori dell' italiana indipendenza , Mazzini e Garibaldi , il primo
di pensiero, il secondo d'azione. Quel giorno dovrebbesi da noi con ogni
240 CRONACA
porapa solennizzare. Gli sgherri del Governo sono disposti a rendere quel
giorno infausto , con soprusi e sevizie al partito d' azione. Noi , non per
pusillanimita , ma per riserbare il nostro ardore e il nostro braccio a
tempo piii propizio , e per aderire ad un desiderio dello stesso generale
Garibaldi, non ci perderemo in vane ed inutili prove.
« Pertanto , senza dimostrazioni , senza sperpero in gozzoviglie o lu-
minarie, riuniremo il nostro obolo per rimetterlo a Garibaldi, affinche
ne usi meglio che crede a vantaggio della patria. Inyece di passeggiare
per la citta, formeremo tra noi yarie decurie, ed ognuno potra a suo pia-
cere recarsi in campagna e godere di quella liberta yera, che dagli sgherri
delta tirannidc, piii in f ami di quelli del prete , ci yiene negata. I nostri
nemici si ayyedranno che noi non solo amiamolayera liberta del paese,
ma che siamo ordinati e disposti a sacrificii, e ci temeranno. Yiva Maz-
zini — Yiya Garibaldi — Viva la liberta — Salute e fratellanza. // Co-
mitato succiirsale segreto. »
9. NeH'Umbria cotesto partito non ebbe forza od ardire di tentare al~
tro. Ma a Ravenna disponeasi a tali cose che il Prefetto, sig. Cornero,
n' entro in grave timore , e spedi Circolari sopra Circolari per mandare a
vuoto il disegno del partito di azione « di festeggiare i due Giuseppe,
Garibaldi e Mazzini. » Percio intimava ai pubblici ufficiali che ciascuno
d? essi fosse sollecito « accio 1' ordine pubblico non sia menomamente
compromesso , e venga impedita , e tosto repressa qualunque manifesta-
zione sediziosa , che venisse fatta con grida, con bandiere, con emble-
mi, o in altri modi qualsiasi. » E scese fino ai particolari piu minuti. « Se
parecchi individui andassero in campagna a pranzo, per festeggiare chic-
chessia, si stia attenti per separarli, qualora volessero entrare in citta in
numero tale da costituire attruppamento. » Quindile solite minacce d'twa-
re la forza, di istituire processi.giudiziarii, di fare che in ogni modo « la
forza rimanga allalegge. » E tutto questo confortato dal testo d'un tele-
gramma delMinistro degli affari interni, sig. Peruzzi, perche s'impedisse
qualunque dimostrazione di piazza. I liberal!, che, a furia di simili chias-
•sate, rovesciarono i legittimi Governi, sono pronti ad usare senza pieta
le baionelte , la mitraglia ed il capestro, per impedire cho il popolo so-
vrano si valga contro di loro de' diritti , che essi gli aveano conferito ,
quando trattavasi di farlo servire a' disegni mulinati a Torino ed a Parigi.
E difatto il Diritto di Torino, n.° 88, in cui si leggono per disteso co-
desti document! ufficiali , narro che : « Ravenna non ricorda aver ved«-
to , come nel 19 Marzo, la soldatesca in grosse pattuglie , a brevissima
distanza Tuna dall'altra, sparse per tutte le vie ; e alle porte della citta
forti drappelli, coi fasci d'arme alia pufrblica vista, e cio ad ostentazione
•di terrore. Arte indegna di despotismo ecc. ! » Sottosopra le stesse cose
che, senza egual fondamento , si spacciavano contro i Governi legittimi,
abbaltuti poi dalle sette e dal non intervento.
CONTEMPORANEA 241
10. Sc nei disegni della divina Provvidenza sta scritto che 1'infernale
edifizio, sorto da'fatti del 1859 e del 1860, debba quanto prima crollare e
stritolarsi sotto il peso delle iniquita de' suoi architetti ed esecutori , i
Goyerni legittirai, chiamati a ristaurare la societa civile ereligiosa,avran-
no molto da iraparare, quanto alia fermezza dei procedimenti contro i se-
diziosi , da quello che fanno ora i trionfanti settarii ; e molto ancora
avranno che rispondere, yalendosi dei fatti present! , a giustificazione
delle calunnie, ond' erano per lo passato vilipesi, comejnetti ad impe-
dire i delilti, a frenare i ladri , a colpire gli assassini. Sono poche setti-
mane appena, ed i modcrati empiyano 1' Europa di strida di finto dolore,
per alcuni latrocinii e per due o tre uccisioni ayyenute in Roma : e spin-
sero 1'impudenza fmo a spedire al Generale Comandante del presidio
francese una petizione, che fu stampata nei principal! diarii di Francia ed
Italia, qual si legge nella Nazione~di Firenze del 3 Marzo, affinche, calpe-
stando i diritti soyrani della Santa Sede, prendesse in sua mano la som-
ma delle cose, abolisse la Polizia pontificia, e s' incaricasse ^i tutelare la
Tita e le persone de'cittadini. E tutto cio pei fatti che ogni di ^ cadono a
dieci tanti piii, in numero ed enormezza, nella stessa Parigi. Non sappia-
mo se qualche risposta abbia fatto a quei tristi 1'onoreyole sig. Conte di
Montebello; ma dobbiamo tener per certo che, conscio della falsita dei mo-
tiyi, abbia riguardata come un' ingiuria fatta a se ed all'Imperatore quel-
la assurda domanda, e percio 1' abbia reietta col piu profondo disprezzo.
Tuttayolta e bene che si sappia che nelle province usurpale alia Chie-
sa, sotto il Governo ristauratore delV or dine morale, i furti, le rapine vio-
lenti, gli assassinii in pieno giorno si moltiplicano per modo, che la stessa
ministerialissima Opinione fu costretta, alii 29 #i Marzo, a gettare grida
di sdegno, a proposito della morte del sotto-prefetto d' Imola, sig. Avvo-
cato Murgia. Costui , di nazione Sardo, e inchinato piuttosto a mitezza,
Ja sera del 25 Marzo , « accompagnato dal Giudice mandamentale , dice
il corrispondente , tornaya tranquillamente dal passeggio yerso la pro-
pria residenza, allorche gli fu tirato a bruciapelo, da mano ignota, uncol-
po di pistola alia schiena , che lo feri mortalmente , essendo il proiettile
uscito per il petto, poco sotto lo sterno. II fatto ayyenne dinanzi la farma-
cia deU'pspedale , yale a dire nei luogo forse a quell'ora piu popoloso
della citta. Molte persone, fra le quali il maggiore comandante la Piazza,
con tre ufficiali del deposito del 24° di linea qui stanziato , si trovayano
a pochi passi di distanza : yidero 1' esplosione dell' arma e 1'assassino ;
ma fu tale la sorpresa, che nessuno fece neppur un passo per arrestarlo ,
talche esso pote liberamente dileguarsi in un prossimo vicolo , senza che
alcuno abbia saputo dare contezza o lume sull'essere suo. »
Notisi bene che \ Opinione aggiunge del suo , parlando di fatto si atro-
ce, « in pochi giorni se ne lamentarono altri in altre citta di Romagna. »
II Corrispondente accenna chijaramente che il delitto fu perpetrato « da
Serie Y, vol. X, fasc. 338. 16 9 Aprile 1864.
242 CRONACA
una fazione da quakmque partito politico rigettata , all' unico scopo di
far sentire al Governo ed al partito liberate moderate, die essa vive an-
cora, e si trova forte abbastanza per dominare col terrore. Clii ha letto
il bando di Perugia qui sopra riferito , non puo non yeder designate nel-
Y Opinions il partito d'azione; il quale e quel rnedesimo che imparo dal
moderate a turbare la quiete pubblica con le bombe, che ora va gettando
in Napoli, a Venezia, a Verona, come il Comitato nazionale moderate le
faceva gittare in Roma ; ed e quel medesimo partito a cni la voce pubbli-
ca reco 1' assassinio del Commessi del Baldini, accaduto in Roma la sera
del 20 Febbraio, di cui non si poteron scoprire gli autori, perche riparati-
si, come si riconobbe a molti indizii, sotto la tutela del Regno d Italia.
Ad Imola furono arrestati 19 giovinastri, come sospetti d'essere al-
m'eno complici dell'assassinio del Sotto-prefetto , il quale mori poco ap-
presso. Ma le disposizioni pubbliche erano tali , che per condurli a Bolo-
gna fu d' uopo circondarli di fortissimascorta , ed essi nella stazione della
via ferrata gridavano a squarciagola : Viva Mazzini! Vim Garibaldi!
STATI SARDI 1. La legge pel ragguaglio del tribute prediale e approvata
dalla Camera dei Deputati — 2. 11 Ministero, per accertarne 1'approva-
zione del Senato, nomiua 23 nuovi Senator!; opposizloni percio incoutra-
te — 3. Carcerazione di due sacerdoti, per aver negata la SS. Eucaristia
ad uno scomunicato ; giudizio concorde dei liberall ed empii centre tale
enormezza.
1. Rade volte avvenne che una Icgge di Finanze, intesa a riscuotere
tributi e balzelli dal popolo, fosse cosi vivamente combattuta , come fu
quella proposta dal Minghetti pel ragguaglio del tribute prediale. Tuitc
le antipatie municipali, tutte le ire di parte, tutti i risentimenti d' inte-
resse congiuravano contro il disegno di questo insaziabile avvocato di
quel mostro vorace che e la rivoluzione. I Piemontesi , che da 13 e piu
anni si smungevano per la redenzione dei fratelli, credeano che fosse
tempo per questi di pagare le spese ; e per contro furono gravati di nuo-
va giunta. I non piemontesi, a cui s' erano date a succhiare le speranze,
che, rovesciati i loro legittimi Governi, 1' Italia diverrebbe un Paradise
terrestre, senza gravezze e senza crucci, non volcano ora acconciarsi a
portare la parte loro attribuita , e ne volcano gittare la soma sulla grop-
pa dei Piemontesi, avvezzi a tal seryigio, massime dacche i fratelli di
ogni parte d' Italia si fecero padroni del Governo e dell' erario piemontese.
Inde irae. La discussione di quella legge comincio il 10 Febbraio, come
per simboleggiare la penitenza a cui invitava la Rivoluzione, ad imitazione
della Chiesa che 1' impone a' fedeli ; e si protrasse tino alii 20 di Marzo,
Domenica delle Palme, nel qual di il Minghetti canto YOsanna, riuscende
a vincere il partito del si , per 1' approvazione della sua legge, dibattuta
fortemente in 30 tornate, che produssero un grosso volume di discorsi ,
di chiacchiere, di villanie, di accuse e di recriminazioni sanguinose.
CONTEMPORANEA M3
In qnel giorno, in cui si dovea risolvere il litigio, erano presenti 319
Deputati ; ed il Ministero avea posto in opera tutti i mezzi , di cui puo
disporre un Governo, per istivare de' suoi devoti gli stalli della Camera.
Due soli si astennero. dal recare il proprio suffragio. Votarono per 1'ap-
provazione della legge, 194 onorevoli; e la respinsero 123. Finora, man-
cando la sanzione del Senato e del Re, si puo ripetere impunemente quello
che va sulle labbra di tutti, ed e stampato in ogni giornale non venduto
al Ministero: cioe che quella e, pel modo onde fu stabilito il ripartimento
del tributo prediale, una legge sostanzialmente iniqua. Quella distribu-
zione di gravezze rimane definitamente fissata, per le varie regioni, nelle
seguenti proporzioni, come negli Atti uff. della Camera, n.° 533, p. 2061.
1.° Piemonte, ossia aatiche province . L. 20,079,106
2.° Lombardia ...» 17,717,478
3.° Parma e Piacenza » 2,508,719
4.° Ducato di Modena » 3,491,696
5." Toscana . . . » 8,270,598
6.° Province tolte allo Stato Pontificio . » 11, .57 0,67 5
7.° Province napoletane » 33,530,353
8.° Isola di Sicilia » 10,184,586
9.°Sardegna . . . » 2,646,789
Totale L. 110,000,000
Tuttavia, siccome il Piemonte sarebbe enormemente gravato da sif-
fatto riparto, e varie altre province troverebbonsi nella medesima con-
dizione, si e deciso che per gli anni 1864, 65 e 66, le province piu
favorite non saranno alleggerite che della, meta, e le piu aggravate non
pagheranno che la meta dell'aiimento; eppercio per quei tre anni 1' im-
posta sara ripartita nelle cifre seguenti:
1.
3.
Piemonte ......... L. 18,679,876
Lombardia ......... 19,110,295
Parma e Piacenza » 2,776,087
DucatO di Modena » 3,437,114
Toscana » 7,820,040
Province tolte allo Stato Pontificio . » 12,027,271
Province napoletane » 33,895,334
Isola di Sicilia » 9,625,833
Sardegna » 2,628,150
Totale L. 110,000,000
Spirati i tre anni, andra in vigore il ripatto piu sopra accennato. Da
queste cifre si scorge che il principale danneggiato in questa operazione
e il Piemonte, il principale favorito e la Lombardia.
244 CRONACA.
2. II Minghetti era infastidito di quel lungo contrasto, ma, conoscendo
i suoi polli, non dubitava dell'esito : perche potea contare a molte decine
i Deputati pronti a dire di si, a dire di no , a dire di si e di no tutto in
una volta, secondo il piacer suo , come disse il Brofferio in simili con-
giunture; e per costoro bastava un suo cenno. Per gli altri, avea in
pronto il modo di domarli ; metteva innanzi la qwstione di Gabinetto:
o fate a modo mio , o me ne vado e vi lascio nelle pastoie. Or siccome
le faccende cola procedono a rompicollo, nelle finanze non meno che nel-
1' indirizzo politico , niuno si brigava di tale eredita , ma solo voleasi
renderne amaro il possesso a chi la tiene. Laonde il Ministero sapeva
che , al trar dei conti , la sua legge verrebbe approvata dalla Camera
elettiva.
L' impaccio era per vincere altresi la pluralita dei Senatori , molti dei
quali gia si sapeano dichiaratamenteavversi. II Minghetti non esito pun-
to ad usare in tal caso lo spediente , di cui usarono ed abusarono i suoi
predecessori , anzi quei medesimi che adesso gli si opponeano. Fece
iirmare dal Re, e pubblicare alii 17 di Marzo, un decreto che nomiuava a
dignita e carica senatoria non meno di 23 nuo\Ti padri della Patria. Quel
giorno una scena di violentissimo contrasto rendette insigne la tornata
della Camera dei Deputati , dove il Boggio ed il Crispi rinfacciarono al
Minghetti questa specie di violenza morale che faceasi al Senate ; il
Minghetti alzo le grida a rivendicare la oltraggiata maesta del Re, a cui
spettava quella nomina; gli fu rimandata in viso 1'onta del vigliacoo suo
nascondersi dietro la persona del Re, che non e risponsabile , ed egli
replico d'essere mallevadore della costituzionalita del fatto , ma non po-
tersene, senza ingiuria al Re, combattere la convenienza e le intenzioni.
La seduta si dovette rompere a mezzo, per troncare il diverbio.
La cosa torno pochissimo accetta anche ai piu dei Senatori. I giorna-
listi indipendenti fecero un coro all'unisono, per qualificare come doveasi
quell' atto, valido certamente , ma odioso nelle presenti circostanze. II
Minghetti lascio cantare , sapendo bene che il dititto huovo e fondato
sulla ragione dei fatti compiuti , e che in politica non si dee piu tener
conto ne di giustizia, ne di equita, ne di convenienze, ma solo dell'utile
a chi tiene in mano la forza. Dicest che i piu , se non tutti , dei nuovi
Senatori siansi risoluti di non presentarsi al Senate , se non dopo dis-
cussa codesta legge , e pronunziata la sentenza ; appunto per un certo
senso di pudore, che loro vieta di comparire cola come per dire: nos nu-
mewfi sumus, fatti apposta per dire di si a modo del Ministero.
3. Sta agli Italiani ilcapire una buona volta a che si riduca , in pra-
tica, il valore delle celebrate guarentigie costituzionali, quanto al frenare
gli eccessi e gli arbitrii de' Governanti La Chiesa da gran pezza 1' ha
capita, ed in tutti i casi il Governo rivoluzionario e sollecito di ripetere
spesso la lezione , onde si comprenda il senso giusto della sentenza : li-
lera Chiesa in libero Stato. Eccone un caso recentissimo.
COXTEMPORANEA 245
In Bergamo il deputato Moretti, quel medesimo di cui, nel precedente
vol. a pag. "10, abbiam riveduto un tristo libercolaccio, inscritto all' In-
dice de'proibiti, si presento per ricevere la Pasqua nella chiesa di sant'A-
lessandro in Croce. Due sacerdoti , che successivaiiiente amministrarono
la santissima Eucaristia, credettero debito rigoroso di coscienzadi rifiu-
targli il Sacramento. Questo basto, perche il Fisco , per rivendicare 1' o-
nore del Moretti , li facesse carcerare , sotto pretesto d' ingiuria fatta ad
un Deputato, col rifiuto indebito del Sacramento, per motivi politici.
La cosa parve tanto bestiale, cbe unanime fu il grido di riprovazione.
Gli stessi erapii, come il Diritto del 2 Aprile, e la Gazzetta del popolo :
i liberalissimi, come la Gazzetta di Torino , num. 92 , e piu altri gior-
nali> qualificarono come iniquo 1' arresto e 1' avviato processo. E il loro
argomento si riduce a questo : o il Moretti vuol essere cattolico , e deve
suggettarsi alia legge della Chiesa , ed alle decisioui degli interpreti e
giudici di essa, che sono il Papa, i Vescovi , i preti ; o non vuole essere
cattolico, ed allora perche pretendere la Pasqua? E il Governo come
c'entra.a sforzare i preti a dar Sacramenti a chi , secondo le leggi della
Chiesa, n' e giudicato indegno? Perfmo T Italia di Milano disse : « Qui
Fautorita giudiziaria invade un terreno riservato. Per quelli stessi, che
YOgliono rendere solidale (dipendente) la Chiesa dalio Stato , questa so-
lidarieta si ferma innanzi alia tavola della Comunione. Che sarebbe dun-
que di coloro che proclamano la Chiesa liber a in libero Stato! » Dio
accieca cui vuol punire. Simili eccessi per altra parte aprono gli occhi
persiuo ai ciechi , a vedere che , se il Fisco ed il Governo si spingono
cosi fin negli intimi penetrali della religione e della coscienza , e impos-
sible che vogliano poi rispettare diritti fittizii , quali sono le decantate
guarentigie liberali.
III.
COSE STRANIERE.
AMERICA. SETTENTRIONALE (Stati Uniti) 1. Morte e funerali di Mons. Hugues,
Arcivescovo di New- York— 2. Apertura del 38.° Congresso di Washing-
ton; messaggio del Lincoln ; condizioni del debito pubblico — 3. Mes-
saggio di Jefferson Davis al Gongresso di Richmond — 4. Auinistia ban-
dita clal Lincoln; leggi per una nuova coscrizione militare, e per la con-
fisca dei beni dei ribelli—5. II Governo di Richmond abolisce la facolta
delle sostituzioni nelle milizie — 6. Fatti di guerra nel Tennessee — 7. Spe-
dizione dei Federal! contro Richmond, andata a vuoto; scorrerie nel Mis-
sissipi ; bombardamento inutile di Charleston — 8: Spedizione dei Fede-
rali nella Florida, e loro disfatta.
1. Verso la meta del passato anno 1863, i cattolici americani aveano
deplorata la grandissima perdita da essi patita, per la morte del dotto e
zelante Primate della Chiesa degli Stati Uniti, Mons. Patrizio Kenrick,
CRONACA
Arcivescovo di Baltimora, la cui sede e tuttora vacante ; ed eccp, un sei
mesi clopo, sopraggiungere loro una nuova e dolorosissima sciagura, nel-
la morte di Mons. Hugues, Arcivescovo di New -York, avvenuta nella
sera della Doraenica 3 del passato Gennaio. La pieta in lui andava di pa-
ro col senno, lo zelo con la scienza ; e lo splendore delle sue virtii pasto-
rali aveagli guadagnato altissima stima , non pure del Governo , pros-
so il quale godeva di molta influenza, ma eziandio della moltitudine
de'protestanti, che erano rapiti del suo tratto cortese, aiTabilissimo, pie-
no di mansuetudine e di dignita evangelica. Egli era nato a Clogher, nel-
1'Irlanda settentrionale, il 20 Gennaio 1798, d'una povera ma onesta fa-
miglia di coloni. Emigro agli Stall Uniti nel 1817, e fa accoito nel col-
legio di Monte Santa Maria da quel Mons. Dubois che ne fu fondatore, e
che poco appresso diveune Arcivescovo di New-York.
II giovane Hugues fece rapidi e mirabili progressi ; fu ordinato sacer-
dote nel 1825 ; e tredici anni appresso elevato alia carica di coadiutore
di Mons. Dubois, e consecrato Vescovo di Barilopolis in partibus infide-
lium. Nel 1850 succedette su quella cattedra episcopale, d'onde, sia co-
me coadiutore, sia come Arcivescovo, resse con incredibile frutto spirituals
quella vasta diocesi di New- York per ben 25 anni. La popolazione catto-
lica, quand' egli assunse 1'ufficio pastorale, era scarsa e sparpagiiata ; ora
essa e cresciuta imo a piu di trecento mila anime : alle quali provvide coi*
numerose fondazioni di chiese, di monasteri, d'istituzioni ed opere pie dis?
ogni maniera. Di che ebbe, anche in terra, a godere dolcissimo compen-
so nell'affetto e nella venerazione che professavano per la sua persona,.
non solo i cattolici ma eziandio i protestariti ; i quali ammiravano soprat-
tutto la squisita sua prudenza, onde e sapeva dare ottimi consigli a' Go-
vernanti, senza percio ingolfarsi nelle quistioni politiche, e temperare i
bollori delle fazioni nei momenti piu trepidi e pericolosi.
11 suo corpo rimase esposto per tre giorni in una Cappella ardente, che
fu continuamente stipata di devoti, accorsi a rendergli onore e tributargli
il pio suffragio delle preci; quindi, alii 7 Gennaio, nella chiesa di san
Patrizio, gli furono celebrati splendidissimi funerali, cui assistettero i pri-
marii ufficiali del Governo e del Municipio, scusandosi per lettera il Se-
gretario di Stato , sig. Seward, del non potere, per 1'urgenza degli affari
pubblici , testimoniare cosi anch' egli di sua presenza 1' altissima stima
e venerazione che professava pel benemerito defunto.
2. II 38.° Congresso degli Stati Uniti apri le sue sedute alii 7 del pas-
sato Decembre, con quella fredda e rigida semplicita, che parrebbe inde-
corosa nei Parlamenti europei. Niun apparato pomposo, nissuna mostra
di divise e di decorazioni, non rassegna di milizie, non rimbombo d'ar-
tiglierie, non discorso del Capo della repubblica. I Senatori ed i Deputa-
ti si raccolsero chetamente nelle proprie sale ed allo scocco dell' ora sta-
bilita, il Clerk, ossia segretario della precedente sessione, annunzio aper-
ta la seduta. Si spiccio rapidamente la verificazion dei poteri, si prestc*
CONTEMPORANEA 247
il giuramento alia Costituzione, si costituirono il nuovo Speaker , che e
come a dire il presidente che dirige le discussion!, il nuovo Clerk e gli
altri ufficiali della Camera; quindi si entro subito nella disamina degli
affari .
II giorno 9 di Dicembre, il Presidente Lincoln raando leggere alle Ca-
mere il suo messaggio, che, secondo il consueto, e d'una tale prolissita
che non e indiscreta per gli American!, ma che in Europa tornerebbe in-
sopportabilmente tediosa. E una specie di rendiconto, che puo leggersi
per intiero nel giornale dei Debats del 27 passato Decembre ; e discorre
degli affari esterni, della legislazione degli Stati Uniti rispetto agli stra-
nieri ivi resident!, delle faccencle col Giappone, de' telegrafi, de'Gonsola-
ti, degli affari intern!, delle tinanze, delia guerra, della marina, delle po-
ste, dei territorii e fondi pubblici, della emancipazione degli schiavi e del
ristabilimento dell'Unione.
Quanto alle relazioni con le Potenze straniere, il Lincoln se ne dichiaro
altamente soddisfatto, indirizzo cordiali compliment! alia Francia ed al-
ringhilterra,commendandone assai il contegno nell'osservare la promes-
sa neutralita, circa il conflitto cogli Stati della Confederazione dei ribelli;
<e soprattutto fu gentilissimo verso la Russia, che s'accinge a sempre piu
stringere i vincoli d'amicizia fra i due paesi, per mezzo d' una linea te-
legrafica a traverso del Pacitico. Quanto al rimanente, il buon Lincoln
sembra aver veduto ogni cosa di color roseo. Annunzio discacciati i n-
'belli dal Tennessee, e riaperto alia libera navigazione il Mississipi; il
che non e assolutamente vero, perche le sponde del tiume sono cosi infe-
state dalle scorrerie de' Confederati , che quasi niuno osa mandarvi navi
mercantili per traffico. Poi si dolse che la legislazione fosse insufficiente
a deludere le arti degli innumerevoli stranieri , che posero loro stanza
negli Stati Uniti, con intenzione dichiarata di diventarne cittadini, e che
poi si sottrassero, negando d'aver fatta tal dichiarazione, all' obbligo di
parted pare con la persona e con gli averi alia guerra, che ora si com-
batte , sotto pretesto che fosse guerra civile. Annunzio pertanto che si
proporrebbe una legge, in virtu della quale, cbiunque avesse partecipato
a! comizii pubblici e recato suffragio elettorale, per cio solo dovrebbe
essere riguardato come incapace di esenzione dal servizio militare e dalle
altre obbligazioni civili.
Pose quindi grande studio il Lincoln in dimostrare, che le condizioni
delle finanze sono assai prospere, e tali da bastare largamente a! biso-
gni della repubblica, essendo le entrate superior! alle spese. Difatto « le
^ntrate d'ogni natura, compresi gl' imprestitl ed il residuo del prece-
dente anno, salirono alia sommadi 901,125,674 dollar! ed 86 soldi,
mentre le spese non superarono la somma di 895,796,430 dollar! e 65
soldi, lasciando cosi al Tesoro, ill di Luglio 1863 , un avanzo di
5,320,044 dollar! e 21 soldo. » Questo risultato sarebbe assai giocondo,
se non vi si celasse sotto una grossa magagna. Per raccogliere quella
218 CRONACA
somma di entrate., non bastando i tributi gia onerosi assai , fa d' uopo:
1.° contrarre imprestiti per la somma di 776,482,361 dollar! e 57 soldi;
2." vendere terreni pubblici per la somma di 167,417 dollari e 17 soldi.
Laonde e chiaro che, con questi spedienti, inveee di 5 milioni di dolla-
ri di soprappiu, il Governo avrebbe potuto vantarne 20 o 30, bastan-
do percio accrescere di tanto gl' imprestiti. Ma tutto questo e a carico
enorme del debito pubblico ; perche in solo quest'anno , col mentovato
imprestito e con la giunta di quella vendita , la deficienza del Tesoro si
accrebbe di 776,649,778 dollari e 74 soldi (ossia di 3,883,248,890
franchi) ; e cio senza tener conto di 70 milioni di dollari ( circa 350 mi-
lioni di franchi ) riscossi straordinariamente a titolo di tributo per la
guerra. Diremo poi qui sotto a che segno stia cola il debito pubblico ;
ma fin d' ora si yede , che, se la guerra continuasse ancora im paio
d'anni, gli Stati Uniti yenduti per intiero, persone e roba, appena baste-
rebbero a pagare i creditori. Intanto il Lincoln se ne console coll'esalta-
re 1'ottima riuscita della carta-moneta , di cui si mise fuori un nugolo
del yalore nominale di 400 milioni di dollari , e col magnifieare un im-
prestito, al 6 per 100 d' interesse, per eguale somma di 400 milioni di
dollari. Ob finanze felicissime !
Ma se i debiti sono cresciuti a dismisura,.se ne ha qualche compenso
nel danno recato ai Confederati, e neiraumento della marina militare. II
Lincoln si dolse che non si fosse al tutto potuto impedire ogni commercio
wribelli; e difatto questi poterono, per la yia del Messico e pel porto di
Matamoras, spacciare del cotone per qualche decina di milioni di dollari,
e procacciarsi in ricambio armi e munizioni ; ma per altra parte furono
predate, nel corso dell' anno, niente meno che 1,000 nayi mercantili dei
Confederati, il cui yalore supero 13 milioni di piastre. La marina fede-
rale conta presentemente 588 navi, quasi tutte gia compiutamente in
assetto, e 75 delle quali a yapore sono corazzate.
Quanto ai negri, il Presidente dichiaro che il Governo non ha facolla
legale di abolire la schiavituin yeruno degli Stati, e che doye cio fufatto,
fusolo come un provvedimento guerresco, per togliere ai ribelli le braccia
degli operai ed i mezzi di aver derrate e denaro. Gli Stati Uniti tolsero
a loro servigio non meno di 100,000 negri, la meta de' quali incirca e
incorporata nell'esercito, e il resto serve a' trasporti ed a' lavori di pub-
blica utilita. Yero e che questi soldati negri , avuti in dispetto dai bian-
chi, spesso se ne vendicano in modi crudeli. Alia Nuova Orleans uno di
codesti reggimenti si ammutino, e per andar piu spiccio alia meta, impic-
co tutti gli uffiziali bianchi, da' quali era astretto a disciplina. Aggiunse
per altro il Lincoln, che egli non intende punto di rivocare il bando di
emancipazione , ma nemmeno permettera che siano tornati a schiavitii
i gia emancipati. Codesto bando, da noi compendiato nel Vol. preceden-
te, a pag. 372, aboliva la schiavitu soltanto negli Stati ribellatisi all'U-
nione, mantenendo lo statu quo negli Stati rimasti fedeli.
CONTEMPORANEA 219
Da ultimo venendo al punto rilevantissimo dei mezzi da adoperare per
ricostituire 1'Unione, il Lincoln manifesto la sua intenzione di pubblicare
un bando d'amnistia piena e generate per tutti i ribelli che volessero tor-
nare a obbedienza; ma sotto tali condizioni, e con si copiosa lista di ec-
cezioni , che fece dire al Memorial diplomatique : « In una parola , il
Lincoln dice a quei del Sud : lo impicchero tutti quelli che hanno qualche
influenza sopra di yoi , e che percio potrebbero indurvi ad accettare
le mie proposte, e lasciero vivere tranquilli i rimanenti, dopo averli,
ben inteso, al tutto rovinati, togliendo loro i negri, senza de'quali mor-
ranno di fame ! »
Queste cose si doveano qui esporre con qualche ampiezza, perche
utili a poter recare giudizio intorno alle presenti condizioni politiche ed
amministrative degli Stati federali. Ma la fantasmagoria della felicita
delle finanze ando presto in dileguo ; che il Chase, Segretario del tesoro,
dovette" compiere 1' esposizione del Lincoln ; e siccome la sua relazione
non poteva consistere in figure rettoriche, ma doveva procedere con la
inesorabile argomentazione delle cifre, la verita venne a galla. II totale
del debito pubblico degli Stati Uniti era, il 1.° di Luglio 1863 di dollari
1,097,793,181 ; calcolavasi dover essere, pel 30 Giugno 1864, di dollari
1,686,956,641; e , continuandosi la guerra, si troverebbe senza dubbio
pel 1.° Luglio 1863 essere di niente meno ch& 2,231,935,190 dollari,
ossia 11,159,675,950 franchi. Phi di 11 migliardi ! Per 1'anno corrente le
entrate si presumono dover essere di 161,568,500 dollari : e le spese non
meno di 749,731,960 dollari 1 ondemancano quasi 600 milioni di dollari
(franchi 3,000,000,000) che si dovranno procacciare con nuovi impre-
stiti o con nuovi tributi, avendo il Chase annunziato che ad ogni modo
non vorrebbe accrescere il gia troppo enorme cumulo della carta-moneta.
3. La schiettezza del messaggio, indirizzato dal Presidente Jefferson
Davis al Congresso de' Confederati di Richmond, fa un contra sto curioso
con la iattanza di quello del Lincoln a Washington. Difatto alii 7 Dicem-
bre il Davis rappresento candidamente lo stato delle cose , con tono fer-
mo, con parole pacate, senza dissimulare veruno dei patiti disastri, senza
tacere nulla degli ingenti sacrifizii che richiedeansi per continuare nel
proposito della giurata indipendenza, ed annunziando senz' ambagi, che
persone e cose tutto dovea mettersi, con illimitata devozione, a servigio
della patria contro la prevalenza materiale del nemico. Le parti piii rile-
vanti di questo messaggio sono riferite nel De'bats del 1.° Gennaio 1864,
e ne daremo qui una succinta analisi.
Innanzi tratto ricordo il Davis 1'amara perdita di Yiksbourg e di Porto
lludson, dovute arrendersi con tutto il presidio ; la caduta della citta di
Sakson, capitale del Mississipi ; i royesci patiti nell' Arkansas. Ma fece
spiccare il valore delle truppe nelle battaglie , le disfatte inflitte in piii
scontri al nemico, la indomita difesa di Charleston, ed i risultati dell' in-
yasione del Lee nel Maryland e nella Pensilvania, onde il nemico fu
astretto a sgomberare dalla Virginia ed abbandonare i suoi disegni contro
250 CRONACA
Richmond. Che se la battaglia di Gettysbourg non riusci a compiula vit-
toria, la ritirata del Lee fa dovuta, non all'incalzare del nemico, ma alle
piene del Potomac, che rendeyano impossibile il rifornirsi di yiveri e-
immizioni. Tocco poi della inesplicata dedizione di Cumberland Gap,
onde fu aperto il passo al Rosenkrantz ed all'esercito federate, che astrin-
se le truppe confederate a perdere i vantaggi ottenuti nel Tennessee,
abbanclonare Chattanooga e ritirarsi nell' Alabama.
Si distese poscia a mettere in evidenza la parzialita crudele delle Po-
tenze europee, le quali riconobbero il blocco intimato, con forze al tutto
insufficient!) dai Federali ; e neppur yollero riconoscere ai Confederali la
condizione di belligeranti. Onde flagello con forti parole la mala fede del
Governo inglese. Ma con una certa ilerezza dichiaro, che la Confederazio-
ne sopportaya quest! danni, anziche fame rappresaglie con dare patenti
a'corsari, facendb cosi grave sacrifizio per omaggio ai trattati di Parigi
del 1856.
II piu grave impaccio sta nelle Finanze. Le spese, dal 1 Gennaio al 3 ft
Settcmbre 1863, ossia in nove niesi, salirono a 519,368,559 dollari; pel
tre seguenti mesi calcolavansi in tal somma, che per tutto 1* anno si do-
veano metter fuori circa 650 milioni di dollari. Intanto il debito pubbli-
co eccede gia i mille milioni di dollari, senza tener conto degli impresti-
ti contratti di fuori. Per 'rimediare a tan to precipizio, il Presidente pro-
pose: 1.° Un imprestito di mille milioni di dollari, al 6 per cento paga-
bile in moneta; 2.° La conversione obbligatoria della carta-moneta tin qui
messa fuori, ia altrettanti titoli del suddetto imprestito, cosi che il tempo*
utile alia conversione spirasse col 1 di Aprile, dopo il qual giorno tulta la
carla-moneta non permutata fosse scaduta d'ogni valore, e non avesse
piu corso ; 3.° Esigere una tassa del 5 per 100 sopra il valore di tutte le
proprieta degli abitanti della Confederazione, tanto da ricavarne 120 mi-
lioni di dollari. Per venire a si gravi partiti, e da dire che veramente il
Tesoro sia in eslrema angustia.
Ragiono poscia il Davis sopra la crudelta dei Federali, che rendettero
quasi impossibile lo scambio dei prigionieri di guerra, i quali furono per-
cid ridotti a stato miserevolissimo ; e getto sul Governo di Washington
tutta la colpa del continuarsi, con tanto strazio de'popoli, la guerra ster-
minatrice; imperocche quello oppose i piu ricisi rifiuti ad ogni trattato di
componimento e di pace, che non fosse una rinunzia della indipendenza
rivendicata dalla Confederazione, ancorche fosse manifesto che un abisso
insuperabile si frappone alia riunione di popoli cosi ferocemente inimica-
ti fra loro. Onde conchiuse, ogni speranza doversi riporrein una strenua
difesa ed in un compiuto sacrifizio. Percio essere d'uopo rinunziare al si-
stema di forrnar le milizie con surroganti prezzolati, ma dover ogni citta^
dino al disotto dei 45 anni, purchc valido di forze corporali, rinunziare a
famiglia , ad ogni cosa , ed impugnar le armi, sicche gli oppressor! della
patria liberta si trovino a fronte di tutto un popolo risoluto a patire qua-
lunque altro danno, anziche ricadere in servitii.
CONTEMPORANEA 251
Le legislature, ossia i Parlamenti de'yarii Stati confederati manifesta-
rono piena conformita di sensi col Jefferson Davis, benche deplorassero
la tremenda necessita in cui si veggono ridotti, di usare mezzi estremi e
<lurissimi per sopperire alle necessita della patria.
I. II bando d'amnistia, annunziato dal Lincoln al Congresso, che era
gia firmato agli 8 del Dicembre , fa subito pubblicalo , e se ne legge il
testo net De'bats del 4 Gennaio ; ma le eccezioni e le condizioni apposte
•alia promessa di perdono sono tante e si gravi , che in yerita puo dirsi
quella essere nulla piu che una vana mostra di disposizioni benigne, da
non volersi mai ridurre in atto. Ed in yero niuno yi si lascio gabbare,
cosi die cercasse di profittarne. Innanzi tratto il Lincoln ricordo il suo di-
ritto di concedere perdono anche a'felloni e rei di Stato, attese le dichia-
razioni fatte sopra cio dal Congresso; indi annunzio a quanti parteciparono
alia ribellione, e ne fossero pentiti, che sarebbero prosciolti d'ogni colpa
e d'ogni pena, e reintegrati nel possesso de' loro beni, ma non de'schia-
vi gia affrancati , purche in solenne forma giurassero : l.° di proteggere
€ difendere fedelmente la Costituzione degli Stati Uniti e Y Unions; 2.° di
sostenere egualmente tutti gli atti del Congresso, emanati durante le pre-
senti scissure, rispetto agli schiavi ; 3.° di osservare e difendere del pari
tutti i decreti e bandi pubblicati nello stesso intervallo di tempo dal Pre-
sidente. Ma escluse dal beneficio di tal perdono tutti quelli che in ufficii
civili, giudiziarii o diplomatici servirono al Goyerno de' Confederati , ed
eziandio quanti ebbero grado superiore a quello di Colonnello nell' eser-
eito od a quello di Tenente nella marina; inoltre tutti quelli che erano
Deputati o Senatori al Congresso di Washington, e ne partirono per aiu-
tare la ribellione ; tutti quelli che per lo stesso fine rinunziarono a' loro
gradi nell'esercito o nella marina degli Stati Uniti , e tutti quelli ancora
che trattarono i negri con altri modi che gli usati verso i biancki.
Di qui si scorge con quanta ragione questo bando d'amnistia fosse ri-
guardato come una beffa ; giacche coloro che si fossero indotti a yolerne
profittare, avrebbero doyuto, col prescritto giuramento, riconoscere 1'af-
francamento de' proprii schiayi , e per cio solo ridursi poco meno che
all'estrema miseria, a nulla giovando i'ayer poderi senza braccia da col-
tivarli. Oltre di che gli eccettuati, intanto numero, erano appunto quelli
die per la loro influenza avrebbero forse potuto indurre i non eccettuati
a piegarsi sotto il giogo della necessita ; e troyandosi cosi aggravata sul
capo la sentenza di proscrizione, si dovettero adoperare a potere perche
si continuasse la resistenza. E cosi avvenne di fatto.
Gli Stati a' quali, come ancor involti nella ribellione , estendeasi que^
sta curiosa amnistia, erano 1' Arkansas, il Texas, lat Luigiana, il Missis-
sipi , il Tennessee , 1' Alabama, la Georgia, la Florida e le due Caroline ;
dove , sebbene qualche parte, anche ragguardevole, del territorio fosse
gia occupata dalle forze federali, tuttavia il Governo di Washington non
«era reintegrato nell'esercizio pieno della sua autorita, ma duraya tuttayia
quella del Presidente e del Congresso di Richmond.
252 CRONACA
Per renders piii sedncenti le strane sue offerte di perdono, il Lincoln
le rincalzo con novissima ed anche piii strana applicazione del principio
democratico del suffragio universale; dichiarando che : « se in imo dei
predetti Stati si trovasse tal numero di persone, che non fosse minore
della decima parte dei suffragi raccolti in quello Stato per 1'elezione
del Presidente fatta nell'anno 1860; e ciascuna di tali persone 1.° aves-
se prestato il mentovato giuramento ; 2.° non 1'avesse mai piu violate;
3.° avesse le qualita richieste ad esercitare il diritto elettorale secondo
la legge che vi era in vigore priraa della secessione : e se questo numero
di persone ristabilisse un Governo di Stato, di forma repubblicana, sen-
za trasgredire punto nulla del prescritto in quel giuramento : si ricono-
scerebbe come vero e legittimo cotal Governo, e lo Stato godrebbe per
conseguenza del benefizio dell'AUo costituzionale, onde si dichiara : che
gli Stati~Uniti guarentiranno a ciascuno Stato appartenente all' Unions
una forma repubblicana di Governo, e protegger anno ciascun d'essi con-
tro I' invasions o le violence interne, per la sola domanda della Potcsta
legislativa, od anche della Potestd esecutiva, nel caso che quella non $i
potesse radunare. »
Questa si che puo appellarsi una fictio iuris I La decima parte di qtiei
che ebbero diritti elettorali basta a rappresentare tutto un popolo! E da
dire che il Lincoln stesso abbia capito, quanto sia profondo 1'abisso del-
1' odio contro il Governo di Washington, poiche non oso sperare o chie-
dere almeno la meta dei suffragi, ma si contento d'un decimo!
Yagheggiando 1' effettuazione di questo bel disegno, il Lincoln con-
chiudeva il suo bando d'amnistia col raccomandare agli Stati, ricostituiti
per tal forma e tornati all' Unione, che dovessero voler conservare i
codici delle leggi, i nomi, i limiti, ogni cosa, per appunto tale e quale
era prima deH'avvenuta secessione, modificando solo quelle disposizioni
she risguarderebbero il nuovo ordine introdotto dall' emancipazione de-
gli schiavi ; e vantava questo spediente come 1' unico ed il piu appro-
priate a procurare la bramata pace e riunione.
Questo stravagante portato dei principii democratici, messo alia luce
dal Lincoln sullo scorcio dell' 88. "anno della indipendenza degli Stati
Uniti, casco in terra, senza che un solo Stato ribelle si curasse punto o
poco di valersene; anzi riaccese viepeggio gli sdegni di tutti, parendo
un insulto si quel pretendere condizioni tanto dure, si quell' infliggere
Tostracismo ai nove decimi della popolazione, c si ancora quel conferire
diritti sovrani a cosi scarso numero di cittadini, a detrimento della re-
pub blica.
L' inutilita di questo spediente per rannodare all' Unione i secessionisli
era troppo manifesta, ed il Lincoln capi che era d' uopo di ben altro. Or-
dino pertanto, il di 1.° di Febbraio, una nuova cerna di 500,000 uomini,
oltre ai 300,000 che si erano domandati, ed a grande stento si venivano
ancora raggranellando, col comprare dei volontarii. Per lo passato, pa-
gando 300 dollari, si otteneva Tesenzione dalla milizia, ed il Governo
CONTEMPORANEA
procacciava un sostituto ; e per tal modo avea gia arrolati circa SO, 000
negri. Ma con cio si ayeano soldati di pochissimo valorc, massime quan-
do questi sostituti eran tratti dalla feccia de' yagabondi o degli stranieri
piovuti cola da ogni parte del mondo : molti dei quali s' intascavano il
prezzo deli'arrolamento, lo diyorayano il piu presto possibile , e poi , di-
sertando dalle bandiere, tornayano ad esercitare altre industrie men fa-
ticose e piu lucrose. Si tratto di abolire cotal facolta di riscattarsi dal
servizio militare ; ma la ripugnanza dei fieri repubblicani al draft o co-
scrizione e si grande, che il Congresso indugio a porre questa giunta
sulla derrata, anzi prorogo fino al 1.° di Aprile il tempo, durante il quale
chiunque si arrolera yolontariamente ricevera un premio. Tuttayia il
Lincoln , malgrado de' forti richiarai riceyuti da piu Stati , insistette che
alii 10 di Marzo si traessero a sorte i 500,000 soldati, che gli bisognano
per condurre innanzi la guerra. Di che ayyenneche i sostituti non si tro-
yassero piu che al prezzo di 500, 600 e 700 dollari; ed il fastidio delta
guerra crebbe tanto, che al Congresso fu presentata la proposta di spe-
dire Cornmissarii a Richmond per trattare d' un qualche componimento.
Ma fu reietta.
Per contrario, il Congresso, dopo una discussione di tre giorni, ap-
proyo con la pluralita di soli 8 yoti, 81 contro 73, la legge crudele della
.confisca dei beni dei ribelli. Ed anche prima che qnesta fosse sancita, il
Generale Santon, che comanda nella Carolina settentrionale, ne ayea fatta
un' applicazione alia turca, confiscando i beni di tutti i ribelli che non
aveano pagato i tributi. Or siccome la massima parte dei proprietarii o
sono all' esercito, o yanno fuggiaschi, era naturalissimo che i piu si tro-
yassero cplpiti da quel proyyedimento. Le terre COST cadute in dominio
del Goyerno federate sono yendute al prezzo di un dollaro ed un quarto
(circa fr. 6, 25) per ogni aero, al primo che si presenti disposto a colti-
yarle. Ecco come si precede in quella classica terra della liberta ! S' ay-
yio la guerra sotto pretesto dell' emancipazione degli schiayi ; di questi,
gli affrancati caddero nella piu abbietta miseria, e piii di 200,000, quasi
nudi e consamati dalla fame, rimpiangono la perduta seryitu; gli altri
debbono lor malgrado fare i soldati o layorare ad opere pubbliche per
ayere onde campare la yita; la filantropia de' loro liberatori non ya piu
oltre, ma ottiene lo scopo di opprimere gli ayyersarii politici, usando
contro i loro concittadini questi stessi spedienti , di che si mostrayano
cosi inorriditi, quando si fayoleggiaya, che si adoperassero dalla Russia
o dall'Austria contro i sudditi sollevati.
5. II Congresso di Richmond , alii 18 del passato Dicembre, tratto
del bando d'amnistia pubblicato dal Lincoln , e fu sul punto di dichia-
rare, non solo doyersi respingere con disdegno e disprezzo quelle oltrag-
giose profferte di perdono , come altrettante yiolazioni delja giustizia ;
ma in esse non potersi scorgere altro che un motivo di piii per durarla
saldi nella determinazione di non ayer piii nulla che fare cogli Stati set-
tentrionali. La proposta formale di tal risoluzione fu presentata dal de-
CRONACA
putato Foote , il quale dai giornali di Washington era messo in yoce di
partigiano dell' Unione, appunto pella sua pertinace opposizione contro
il Davis. Ma la Camera passo all' Ordine del giorno , dandone questo
motive : che il bando del Lincoln non meritava punto altro che un disde-
gnoso silenzio , e intanto si continuasse , a tutta oltranza , la guerra
d' indipendenza. Ne altrimenti si spiegarono, nei loro messaggi a' ri-
spettivi Corpi legislativi, i Governatori de' singoli Stati, come puo ve-
dersi nel Memorial diplomatique del 24 Gennaio.
E perche si vedesse che il giuramento di soccombere tutti coll armi
in mano , anziche piegare il collo al giogo delle autorita federali , non
era una vana iattanza, uno dei primi atti del Congresso di Richmond
si fu appunto di sancire la legge consigliata dal Presidente Jefferson
Dayis , per abolire la facolta delle sostituzioni nella milizia. Chiunque e
designate dalla sorte, dai 16 ai 50 anni, non essendone impedito da in-
fermita, dee essere soldato, e non puo a yerun prezzo farsi surrogate da
altri. I giovani dai 16 ai 18 anni, e gli adulti dai 45 ai 50, formano la ri-
serva; gli altri r esercito attivo. Gli stessi infermicci deono seryire nelle
cariche amministratiye. Anzi il Congresso ando ancora piu oltre, e diede
al Governo la facolta di tenere sotto le bandiere tutti quelli che gia vi
erano , qualunque fosse il tempo pel quale s' erano obbligati. I disertori
impesi alle forche, per esempio di terrore a' yigliacchi.
6. Le yicende guerresche nel Tennessee, da noi compendiate nel prc-
cedente yolume,apag. 382-83, aveano costato ad ambe le parti di
molto sangue, con reciproche disfatte , ayyicendandosi le yittorie; fm-
che la improvvisa ed inesplicata dedizione del presidio confederate di
Cumberland-Gap, accennata dal Davis nel sue Messaggio, apri libero il
passo a' gagliardi aiuti accorsi col Grant a rilevare le sorti de' Federali ;
si che alii 25 Novembre questi riportarono una insigne vittoria presso
Chattanooga , e costrinsero il nemico a ritirarsi alle due estremita del
Tennessee, ed a riparare in parte nell' Alabama. II Longstreet, valen-
tissimo Generale de'Confederati, contenne i suoi in ottima ordinanza nel-
la ritirata, e scelto un luogo opportune , si ri volte contro il nemico che
imprudentemente lo incalzava, e gli diede si aspro castigo dell'audacia
sua , che per piu settimane niuno penso piu a disturbarlo. Anzi lo stesso
Grant, che era salito in tanta gloria pel felice successo di Chattanooga, fu
alia sua volta battuto a Ringold: ed il suo collega e Luogotenente Burn-
side che daKnoxville erasi ardito di investire 1'esercito del Longstreet,
ne tocco una rotta sanguinosa , che lo fece tornare piu che di fretta
cola, onde si era importunamente mosso perpoca cognizione della va-
lentia del Generale che egli presumeva di attaccare. Cosi i Confederati
furono , e vero , discacciati dal centro del Tennessee , ma continuavono
ad occuparne le due estremita con eserciti molto agguerriti , e bastanti a
tenere i Federali in continuo timore di qualche colpo ardito , onde fosse
loro strappato il frutto delle precedenti battaglie.
CONTEMPORAISEA 255
7. Ritiratisi gli cserciti , pel rigore della stagione, a'quartieri d'inver-
no, si passarono con leggier! scaramuccie il Dicembre ed il Gcnnaio. In-
tanto pero gemeano nelle carceri di Richmond circa diecimila prigionieri
di guerra federali , che non poteano ricuperare la liberta, per la durezza
del Governo stesso di Washington, il quale ponea allo scambio de' pri-
gionieri condizioni, che non si poteano accettare da quello di Richmond.
Si desto in cuore de' loro commilitoni dell' esercito die campeggiava sul
Potomac, sotto il comando di Meade, un' ardente bramosia di liherarli a
forza; e percio un nerbo di diecimila uomini scelti , di cavalleria leggie-
ra e d'artiglieria di campagna, condotti dal Generale Kilpatrik , la sera
della Domenica 28 Febbraio si mosse di subito da Steyensbourg, con ra-
pida inarcia sulla via di Chancellorsvilie ; piombo sui Confederati che
guardavano i passi a Beaver Dam, e li disperse dopo un breve combatti-
mento, facendo qualche centinaio di prigionieri. Quinci, dopo breve so-
sta, continue di corsa verso la capitale Richmond, distruggendo intanlo
le stazioni della via ferrata in cui s'imbatteva, e la via ferrata stessa per
piu miglia. Giunse la spedizione sotto le mura di Richmond la mattina
del martedi, quando appunto cola si spargea voce,che un corpo di Fede-
rali avesse valicato il Rapidan. Si corse aH'arini dallo scarso presidio, e
si respinse a fatica il primo assalto, che i soldati del Kilpatrik mossero fu-
riosamente per impadronirsi alia baionetta del recinto della citta. 11 com-
battimento fu crudele, perche quasi a corpo a corpo. Ma alia perfine i Fe-
derali furouo ributtati, senza che per questo cessassero dal rinnovare da
piii parti 1'assalto per tutta quella giornata. A sera si accamparono poco
distante ; e furono alia lor voka assaliti da' Confederati durante la notte e
la mattina seguente. Perduta inline ogni speranza di ottenere 1' intento
della spedizione, di liberare cioe i loro commilitoni prigionieri , diedero
volta addietro, e la mattina del Giovedi 3 Marzo si furono ricondotti a
Williamsbourg , paghi <f aver almeno cagionato al nemico un salutare
spavento con quel repentino attacco alia Capitale, e gravissimi dauni con
Ja distruzione della via ferrata.
Al tempo medesimo il Colonnello Dahlgreen, con una piccola mano d'uo-
mini risoluti, si precipito verso il James-River , distrusse la ferrovia a
Frederik-Hall, rovino molti mulini e varii opiticii , e guasto miniere di
carbone, tanto da recare a' Confederati un danno di piu milioni di dolla-
ri, e rapirne buon numero di schiavi e di cavalli; ma pago il suo trionfo
con la vita, rimanendo il suo cadavere in potere de' Confederati , che
accorsero a dare la caccia a quegli scorridori. Non meno propizie furono
le cose pel Generale Sherman , il quale partito , verso la meta del Feb-
braio, con un forte esercito da Yicksbourg, entro nel cuore del Mississi-
pi, come se volesse marciare contro la citta fortissima di Mobile, che e
una delle piu formidabili piazze che ancora stanno in potere de' Confede-
rati. Devasto orrendamente la campagna, dirocco ed incendio villaggi
ed opificii , distrusse molte miglia di via ferrata, condusse via mmierosi
armenti di bestiame e dieci mila schiavi negri ; ma di repente, forse
CRONACA CONTEMPORANEA
per essersi imbattuto ne' Confederati del Johnston, die yolta addietro,
mando la preda a Yiksbourg, e raggiunse il suo collega General Mac
Pherson presso la citta di Jakson del Mississipi. Questa ritirata del Sher-
man pare che procedesse dalla disfatta infiitta dai Confederati al suo col-
lega, Generale Smith, presso a West-Point, da cui il Sherman dovea es-
sere secondato nella sua impresa.
Al tutto inefficaci pero tornarono fin qui gli sforzi de' Federali per im-
padronirsi di Charleston. Dopo 230 giorni di strettissimo assedio, di ri-
petuti assalti e di bomhardamenti spaventosi, I'invitto Beauregard, che
ne comanda la difesa, sfida tutta la forza de' nemici, a cui non lascio nem-
meno occupare le rovine del forte Sumter stritolato sotto bombe di 400
libbre di peso. Dal 12 al 14 Gennaio gli assedianti gettarono sulla citta
non meno di 400 enormi bombe, onde arsero alcune case; ma i difensori
non cedettero un palmo di terra. Le navi corazzate de' Federali tentarono
piii volte d' entrare nel porto ; ma ne furono impedite da forti sbarre e
dal fuoco terribile delle grosse artiglierie , con le quali fulminavale il
Beauregard, cosi che piu d'una di quelle n'ando a fondo. Una orrenda
tempesta, avvenuta sulla tine del Dicembre, porto via le sbarre con cui
i difensori aveano attraversate le imboccature dal porto ; ed i nemici ten-
tarono allora di farsi innanzi ; ma furono egualmente respinti. Di che si
venne continuando fino al Marzo, con piu o meuo di frequenza e di forza,
ma sempre senza verun risultato , il bombardamento ; e da ultimo anchc
da questo si cesso, mantenendo solo uno strettissimo blocco, linche le
congiunture permettano un regolare assedio dalla parte di terra.
8. Travagliarsi un anno intero , con dispendio di centinaia di milioni,
intorno ad una sola fortezza, e poi dovere in qualche modo abbandonare
1' impresa, e certamente uno smacco per le armi federali. Pure esso trova
scusa e giustificazione bastevole si nella robustezza delle munizioni e si
nella perizia singolare del Beauregard che provvede alia difesa.
Ma niuna scusa si trovo al rovescio patito da una recente spedizione,
che, cominciata con grandi speranze, riusci ad una piena disfatta. Senza
saputa del Segretario generale per la guerra, bench e per ordine segreto
del Lincoln, partiva da Port-Royal alii 5 di Febbraio, e sbarcava pocbi
di appresso sulle coste della Florida, un corpo d' esercito federale assai
ragguardevole, comandato dal Generale Seymour, e quasi senza contrasto
impadronivasi della citta di Jaksonville. Esaltato da cosi facile e prospero
successo, il Seymour s' innoltro poco avvedutamente in modo da minac-
ciare un attacco a Savannah nella Georgia: ma tre giorni dopo, alii 20
Febbraio, presso Olustee, s'imbatte nell' esercito confederato , che in
quattr' ore gli diede una rotta compiuta. Per salvare la maggior parte
de' suoi, il Seymour dovette abbandonare sul campo di battaglia i morti
ed i feriti ; e la ritirata fu condotta cosi a precipizio, che n' andarono per-
duti e rimasero in preda a' vincitori molti cannoni e gran parte delle
salmerie. Di che egli dovra, dicesi , dar conto ad un Consiglio di guerra,
come colpevole di aver con la sua imprudenza cagionato si grave disastro.
IL NUOVO IMPERO DEL MESSICO
E L' INTERVENTO FRANGESE
Finche le sorti dell' anlico regno di Monlezuma furono o alia ba-
lia di una interna tirannide, o disputate da armi straniere, o discus-
se lungamente dalla diplomazia ; noi fummo paghi di registrarne
nelle consuete nostre Cronache le principali vicende, parendoci che
cio potesse bastare , a rispetto di regioni per tanta immensila di
mare da noi separate. Ma oggi , che im nuovo Impero si e oggi-
mai costituito al di la dell' All anlico , e clie la piu anlica delle Case
regnanli in Europa gli manda un Imperalore ; sembra che un si
grande avvenimento.ci possa porgere suggelto ad una di quelle trat-
tazioni, colle quali noi ci sludiamo di applicare ai falli contemporanei
i grandi principii della pubblica giuslizia e del Catlolicismo ; se pure
quella si possa separare da queslo in un lempo, nel quale, fuori del
Callolicismo, non vi e reslato della pubblica giuslizia neppure un
vesligio nei fatti , per non dire che nel piu delle menli se n' e per-
duta perfmo la rimembranza.
Se si consideri da una parte la serie delle vicende, che, per oltre
ad un mezzo secolo, apparecchiarono la non sappiam bene se neces-
sita od occasione dell' Intervenlo francese ; si Irovera quella essere
derivala dali' acquisto , che fece il Messico della sua Indipendenza
nazionale; se dall'allra si consideri il riuscimenlo, al quale mira di
falto quell'Inlervenlo medesimo, si trovera appena da queslo volersi
Serie Y, vol. X,f<uc.m. 17 23Apn7cl864.
258 IL NUOVO IMPERO DEL MESSICO
altro, che F applicazione del Dirilto nuovo , del quale gergo i nostri
lettori gia hanno il segreto , e meglio ancora intenderanno il valore
nel corso di questo scritto. Ora Indipendenza nazionale > e Diritto
nuovo sono concetti e Yocaboli , non che noli , ma sperimenlali in
Europa , e segnatamente in Italia , piu di quello che per avventura
non si sarebbe voluto; ed a chiarire le nostre doltrine inlorno alFuna
ed air altro potranno non poco giovare i document! che ci avverra
raccogliere dai casi del Messico. Anzi se ne potra avere tanto piu
splendida confermazione, quanto che, trattandosi di gentidanoi cosi
dispaiate per indole, per costumi e per isloria, e di regioni cosi lon-
ginque, 1'identita degli effelti ci deve far segno della rea indole di
principii , i quali , sotto qualunque cielo, e manipolati da qualunque
generazione di uomini, non possono altro fruttare da do che frultano.
Cinquant' anni di spaven.tosa anarchia, a cui non si ebbe altro ri-
medio, che i non brievi interval!! di tirannide men forse agitata, ma
non meno spaventosa, furono il prezzo, onde il Messico si compero-
1' Indipendenza nazionale. E 1'avesse almeno comperata! Ma 1' In-
tervenlo straniero, che che sia delle intenzioni di chi lo ha ordinato
e lo dirige , col Diritto nuovo , che va ad imporre , rinnega quella
indipendenza ; e dell' anarchia e della tirannia ritenendo una parte,
Dio voglia che non riesca ad apparecchiare un ritorno all' una ed
alF altra I A fermare quei flagelli ogni cosa fa sperare che sia per
bastare il nuovo Imperatore Massimiliano I ; giacche le nobili cjualita
che gli attribuisce la fama permettono di confidare che sia per inten-
derlo e per volerlo. Noi intanto ci volgeremo a sludiare dall' una
parle il prezzo, onde dal Messico fa pagata la sua Indipendenza na-
zionale, e dall' altra la maniera, onde col nuovo Diritto 1'Intervento
francese sembra volerlo preparare all'Impero. Ambedue soggetti ac-
concissimi a farci meglio conoscere certi principii e certe cose che ,
per quantunque distanza di luoghi o varieta di climi, non cessano mai
di essere quello che sono ; cioe flagelli di popoli a nome di liberla.
Intronati, come siamo, gli orecchi, da oltrea tre lustri, del famoso
-unum est necessariwn, colla quale profanazione si volea significare,
nessun bene umano e civile essere possibile ad alcun popolo , desti-
tute della indipendenza ; rioi dovremmo piu di tutto pensarlo del
Messico , come di tutli gli altri possedimenli spagnuoli al di la del-
E L' INTERVENTO FRANCESE 259
1'Aflantico. Se pareva a tanti condizione intollerabile quella del
Lombardoveneto , e pare tultavia della Venezia , pel far parte della
Monarchia austriaca con continuita di regioni , con parila di diritti ,
con propinquita di Metropoli e con non rade visile del Sovrano ; le
immaginazioni si possono bene esercilare nel dipingersi le inestima-
bili calamita e le vergogne del Messico , pei tre secoli , che fu sog-
getlo alia Spagna , con presso a quattromila miglia di mare fram-
mezzo, a traversare le quali i r'egii galeoni spendevano per lo meno
tre mesi , e vi afferravano apperia due volte 1' anno , a portarvi co-
mandi e comandanti, e portarne via ogni maniera di ricchezza, so-
prattutto argento. Ne alia fantasia manca materia da rincarire la
derrata dagli orrori del dispotismo castigliano, rinforzato dalla Inqui-
sizione; il quale, se era insoffenbile nella Spagna, si consider! che
sara voluto essere in quelle regioni rimotissime, dove tutto avra do-
vuto rimanere alia merce di ufficiali avidi e crudeli , contro le cui
vessazioni un richiamo o non era possibile , o dovea quasi sempre
rimanere vuoto di effetto.
A dispetto di tutte cotesle fosche immaginazioni, un fatto rimane
innegabile, atteslato da quei medesimi, che piu si lasciano da quelle
dominare ; e cio e che il Messico, non che agognare, neppur parlava
o pensava di aulonomia nazionale, lietissimo, superbo quasi della sua
condizione 1 ; e piu innanzi vedremo, che ne avea bene onde. Certo
non altrimenti che cosi si puo spiegare uno stato di cose, il quale al
presente colle noslre nuove idee si terrebbe per favoloso. E chi non
qualificherebbe per favola uno Stato per estensione otto tanti la Fran-
cia, con presso a sedici milioni di abitanti, e mantenuto in fede di un
Re non mai visto e lontanissimo da un presidio, cbe rare volte ol-
trepassava gli otto mila soldati? Dove i ricchi convogli , che porta-
vano in tanta copia 1'argento dall' inlerno del paese ai varii porti per
imbarcarlovi , non aveano uopo di altra scorta , che di una bande-
ruola sovresso il primo carro, colla scritta : Danaro del Re ? Dove il
valsente, offerto per ispontanea larghezza dai privati al Governo, era
piu di cio, che se ne riscuoteva per imposte o balzelli, fino ad esser-
1 Vedansi a tal proposito due articoli sopra il Messico dell' egregio si-
gnor Mercier de La Combe, inseriti nel Correspondent dell' Ottobre e No-
vembre 1863 , dai quali noi abbiam tratti parecchi dati pel nostro lavoro.
260 IL NUOVO IMPERO DEL MESSICO
Ti memoria di un Conte di Regla, clie offerse inuna solavolta a Car-
lo III la piccola bagattella di un vascello di linea, fornilo in lutto pun-
to di uomini , di armi e di attrezzi necessarii ad entrare in mare ed
in guerra? Anzi si pensava si poco all' unum necessarium dell' Indi-
pendenza, che quando nel 1808 giunsero cola le prime nuoye della
Spagna invasa dalle armi napoleoniche, e del Re quasi di fatto spode-
stato, il Messico, lungi dal coglierne la palla al balzo, per assorge-
re ad un' autonomia che le circostanze gli offerivano , e che da nes-
jsuno gli potea essere contrastata , fece proprio il rovescio. Tulti gli
ordini dello Stato, Clero, Baronaggio, possidenti, magistral!, merca-
tanti, dei piii ragguardevoli tra loro, con ispontaneo e maraviglioso
consentimento , riproteslarono la propria fedealRe, supplicandola
che volesse andare tra loro, dove troverebbe Regno \asto e ckmzio-
so, sudditi devotissimi, che forse ne potrebbero rivendicare i dirilti :
con che tacitamente si offerivano a combattere, per ridivenire dipen-
denti dalla Spagna. Che se I'affezione improvvida di altri sudditi non
a^7esse , con nuova specie di sedizione , ritenuto per forza Carlo IV
sul punto di partire a quella volta, il drvisato passaggio si sarebbe
effettuato , ne avrebbe avuto luogo 1' infame tradimento di Bayona f
e la conseguente cattivila di quel Monarca.
Ma poi che questa fu consummata, e la Spagna fu entrata in quella
lotla giganlesca, che fe pagare si caro alia Francia il regno fugace
di Giuseppe Bonaparte cola tramulato da Napoli , le Americhe spa-
gnuole si trovarono veramente di fatto abbandonate a loro stesse , e
necessitose di provvedere alia propria loro conservazione. Quali mo-
tivi spingessero gli altri possedimenti ad ordinarsi in repubbliche,
piultosto che in altra forma, sarebbe lungo a dire. Per cio che con-
cerne il Messico, e indubitato avervi potentemente contribuilo , piu
che T esempio, le perfide istigazioni ed i maneggi soppiatti d'ogni
maniera dalla parte degli Slat! Unili, che facevano nel nuovo mondo
cio che 1' Inghilterra sta facendo da tanto tempo nel vecchio. I quali,
Bel deporre quel germe fecondo di perpetue agilazioni e di feroci
discordie civili nel grande Stato vicino, apparecchiavansi il mezzo
sicuro di averlo facile preda in un tempo non lonlano, come gia,
almeno per una gran parte, e seguito. L'arte cli sofliare la discordia,
sotto specie di liberta, nei paesi vicini , per poscia impossessarsene
E I/ INTERVENTO FRANCESE 261
col pretesto cli pacificarli, non fu inventata dal Conte di Cavour. Essa
e antica nel mondo ; ed a quel furbo non saria giovata un'astuzia co-
tanto triviale , se armi prepolenli e non sue non gli avessero data
abilila di sostituire alia furberia 1'aperto e svergognato latrocinio.
Vero e che i Messicani, anche senza la sperienza che si e acqui-
slata di somiglianti arti nella vecchia Europa, avrebbero dovuto in-
tendere, come le origini e le abitudini della loro gente le rendevano
al tutto impraticabile una forma di reggimento, la quale pure provava
come che fosse presso un popolo avveniticcio , che , irrequieto , va-
gabondo e rolto a quella , avea portato nelle nuove sedi il self go-
gernement della razza anglosassone. Ma quale e il popolo che non
si creda, giusla la frase cor rente, mature ad alti destini, e capace d!
governarsi da se medesimo ? quale anzi rion ne ha da nalura il di-
ritto imprescritlibile , secondo i placiti di una certa scuola? Da una
allra parte lo spettacolo scandaloso della prosperita, onde gia comin-
ciavano a fiorire e ad inorgoglire gli Stati Uniti, era una troppo po-
derosa seduzione, sicche altri non si dovesse sentire tentato ad imi-
tarli. Al presente, che quel mostruoso edifizio, sotto dei nostri oc-
chi, mole ruit sua, non ci vuol grande sapienza civile, per capire il
poco assegnamento che puo farsi sopra una confederazione di Re-
pubbliche non collegate con altro vincolo, che di maleriali interessL
Ma al tempo che il Messico, non emancipates! gia dalla madrepatria,
ma, per forza di avvenimenti imprevisti ed imprevedibili, abbando-
nato da quella, discuteva delle proprie sorti, non vi volea meno, che
la preveggenza quasi profelica di un Giuseppe de Maistre, per di-
nunziare ii tempo , in cui 1' opera ammirata del Washington sareb-
be andata in fascio, sbagliando solo di qualche lustro. Che se allora
anche in Europa pochi assai credettero alia predizione di quel gran-
de pubblicista crisliano, come non si crede a parecchie altre, che an-
cora restano ad avverarsi ; noi non ci slupiremo, che i Messicani,
o non la sapendo o non vi credendo, si mettessero fidenti per quella
via di repubblica ora unitaria, era federativa, la quale , ruinosa per
tutti gli altri minori possedimenti spagnuoli, per quello, che era for-
se il massimo , dovea riuscire a conquassi inestimabili , a distruzio-
ne, a sterminio.
262 IL NUOVO IMPERO DEL MESSICO
Quali sarebbero al presente le condizioni del Messico, se nel 1783
Carlo III avesse accettato il Consiglio dell' Aranda che, frammassone
matricolato, per la mano che aveva nella setta allora trapotenteysa-
peva fare i suoi valicinii bene altrimenli, che non foceva il de Mai-
stre; ovveramente se nel 1821 il Gabinello di Madrid avesse aderi-
to ai concetti di D. Agostino Iturbida, che, trovandosi a capo della
nazione messicana, proponeva di orclinaria a Monarchia costiluziona-
le, sollo un Infante di Spagna postovi a Re ; quest], che si chiamano
nellescuole futuri condizionali, nessuno polrebbe indovinaili. I fauto-
ri passionali di quella forma sene sarebbero naturalmenle promessa
ogni gran cosa; laddove noi, che, qual e da essi organizzata, la te-
niamo per un Governo di partiti , non ne avremmo potulo progno-
sticare altro , in un paese non pure insueto alia vita pubblica , ma
ripugnante, che la lirannide, piu o meno camuffata di democrazia,
dalla parte di un piccolo pugno di meslalori, che si sarebbero per-
petuamenle disputalo e palleggiato il potere. Ad ogni modo, rifiuta-
tosi quel concetto da Ferdinando VII, e passato come una fugace me-
teora 1'Impero di Agostino I (T Iturbida nominate piu sopra) , sop-
piantato e cacciato in esilio dal Sant' Anna , i Messicani si videro
quasi nella impossibility di ordinarsi a Monarchia, perche disperati
di trarre donde che fosse un Monarca. E cosi , collo slabilirnento o
piuttosto colla continuazione della repubblica federal} va , fu dato
\into il partito agli Stati Uniti, i quali nulla temeano tanto, quanto
wna Monarchia messicana, come scriveva, sotlo ildi 28Maggio 1822,
lo Chateaubriand , arabasciatore di Francia a Londra, al Duca di
Montmorency, Ministro sopra gli affari slranieri a Parigi.
Forse nessuna nazione mai ha preso piu di quello, cbe abbia fatto
la messicana, prolissa e calamitosa sperienza dell' immensa sventu-
ra che e, per la societa civile, il mancare di un Potere supremo,
<#rto, riconosciuto, incontrastabile, a riguardo del quale sia doverosa
la suggezione e quasi impossible la gelosia. La forsennata e super-
ba presunzione di non dipendero che da se medesimo , derivando
ogni potere , ogni Sovranila dal proprio suffragio, presunzione che
in lei pole parere meno col pe vole, fu tuttavia da lei espiata con un
seguilo d' inenarrabili calamila, le quali se possono avere qualche
riscontro in altri popoli quanto all1 intensila, quanto alia durala noa
E I INTERVENTO FRANCESE
lo trovano in nessuno ; tantoche noi diremmo incredibile, se non la
yedessimo cogli occhi, la pertinacia di uomini, ai quali un tale
spettacolo non basta a far passare il ruzzo della pretesa Sovranita
popolare. Eceo che san fare i popoli diventati assoluti padroni di
loro medesimi, come nel gergo moderno si qualifica 1' essersi o 1' a-
verli sottratti alle legittime autorila, ehe come in cerla guisa ne co-
stituiscono 1' essere, cosi sono condizione indispensabile a mantener-
ne la vita ! Quello che fece la Francia, caduta tra gli artigli della piu
schifosa ed atroce tirannide, che si vedesse mai solto le stelle, per
soltrarsi alia quale si dovette gettare nelle mani di un soldato fora-
stiere, che, smuntala di sangue e di danaro, la lascio phi debole che
iion 1' avea trovata, e con tre eserciti stranieri in casa; quello che sta
facendo 1' Italia, diventata la favola delle nazioni ed il ludibrio di set-
tarii empii e vituperosi, che si disputano il privilegio di straziarne le
coscienze e di affaticarne senza misura le borse. E questo altresi di-
vento il Messico, ma in modo che, senza cedere in intensita ai so-
prascritti, vi duro per non meno di mezzo secolo, smentendo col la-
mentevole fatlo suo quell' antico detto, che nil violentum durabile;
essendo piu che sicuro, che queli'agonia, protratta per cinquant'anni,
quando non vi fosse stalo quel qualunque aiuto, che gli e venuto dal
di fuori , sarebbe perdurata quell' altro poco tempo che vi voleva,
per farlo morire a dirittura, ed essere cancellato dal novero delle
nazioni. Ma esso non fu piu sommesso all' inviso giogo spagnuolo I
esso fu nazione indipendente! e non vi pare che cio debba larga-
mente compensarlo delle anarchie tempestose , delle atroci dittalura
ed eziandio del piu non essere nazione, quando pur questo avesse
dovuto seguire? E forseche non ci e stato dinunziato parecchie volte-
dal fanatico profeta dell' idea, che per 1' Italia il diventare un cumulo-
di ruine sommerse nel sangue varrebbe meglio, che rimanere quale
1'aveva fatta la Provvidenza?
Noi non vogliamo ora decidere se le calamita , nelle quali ver-
sarono le tante altre piccole repubbliche , in che si cangiarono
gli antichi possedimenti ispani , si possano paragonare con quelle ,
che si addensarono sul Messico. Ma si puo dire di certo , che que-
ste secoride furono per vaslita e per durata cosi sfoggiatameute
superlative, che a noi appena pare credibile, che una nazione sotto
264 IL NUOVO IMPERO DEL MESSICO
il peso di quelle abbia potato non obliterarsi al tutto dal mondo , e
rimanere a quelle superstate. Ne ci e pericolo che i fatti , sopra cui
noi fondiamo un tale giudizio , siano o per manco di relazioni difet-
losi , o per malevolenza esagerati. Noi anzi ne abbiamo un tesli-
monio , del quale appena si potrebbe desiderare altro piu compe-
tente o piu imparziale. II primo atto , che si facesse nella capilale
dello Stato , come tosto le armi francesi vi ebbero sconfitto il Juarez
ed i suoi satelliti , fu riunire un' Assemblea di Nolabili tra tutti gli
ordini di ciltadini , la quale , la prima cosa , dovesse meltere a par-
tito e determinare la forma di civile ordinamento , che giudicasse
meglio convenire alia patria loro. Dopo le discussioni tenute in pie-
no consesso , questo commise a cinque di loro , i signori Aguilar ,
Velasquez de Leon , Orazco , Marin e Blanco , lo esporre in un Rap-
porto ragionato l Y unanime suo suffragio , ed i motivi che glielo
aveano persuaso. Ora questo documento , che puo dirsi , piu che il
yoto, il gemito lamentevole di una nazione, trascinata per una via
di vergogne e di sangue suli'orlo dell'abisso , e sul punto di preci-
pitarvi , restera elerno monumento di cio che guadagnano certi po-
poli , quando hanno acquistato Y uno necessario della Indipendenza
nazionale. Chi sa che 1' Italia rigenerata non yi abbia a riscontrare
qualche analogia con se medesima!
S'immagini uno Stato, nel quale il potere supremo, con rare e
brevissime eccezioni , alternandosi tra ditlature violente e repubbli-
che ora unitarie ora federative, e tutto alia merce della ribalda-
glia piu vituperosa , che, soprarrivando sempre nuova e sempre piii
cupida e piu feroce , si vale dello stesso potere sovrano per dilapi-
dare il pubblico danaro, per vessare, spogliare, proscrivere, incar-
cerare ed eziandio uccidere quanto vi ha nel paese di morigeralo c
di crisliano ; uno Stato che mercanteggia pubblicamente in piazza gli
ufficii governativi con micidiali e con ladri ; che si lascia ora com-
battere, ora soppiantare dai frammassoni di rilo scozzese, ai quali ,
per iscombuiar peggio le cose , furono mandati dagli Stati Uniti a
conlrapporsi quelli del rito di York, i quali due ordini, accapiglian-
1 Questo Documento fu rccato da varii giornali : noi lo leggemmo nel
Memorial diplomatique del 6 e 13 Settembre 18G3 ; e da esso ne riferiremo,
recall in italiano, alcuni tratti piu sotto.
E L INTERVEMO FRANCESE 265
dosi tra loro, convengono solamente nell' avere costituito un Governo
nel Governo; uno Stato che, debole con ogni maniera di furfanli, e
forte solo o piutlosto violento coi deboli , quale puo dirsi che era
( come sono in generale tult' i popoli ) 1' intera nazione , usata a ri-
posarsi sotto 1' autorita proteggilrice del suoi Sovrani ; s' immagini,
diciamo , cio , e si avra un' idea abbaslanza adequate di quel che fu
il Messico nel suo mezzo secolo d' Indipendenza nazionale. Sappia-
mo che si potrebbe chiedere : Ma perche dunque la nazione si la-
sciava si indegnamente opprimere e straziare ? perche non riven-
dicava i suoi diritti, e non faceva giustizia dei suoi oppressor!?
Pure gl' Italian! nel 1864 non dovrebbero avere il triste coraggio
di dare dell' imbecille e del vigliacco ad un popolo, al quale sono
diventati essi medesimi , da forse un luslro , almeno parzialmen-
te, non poco somiglianti. E pero noi ne rechiamo piultosto una ca-
gione piu alta, ripetendola da questo , che la Provvidenza non fece
le nazioni , perche si governassero tulte e sempre da loro , come
prelendono i fautori del Diritto nuovo, i quali per questo mezzo rie-
scono oosi spesso non a goyernarle, ma a manomelterle essi. E pero
ogni qual volta la Provvidenza alle nazioni ebbe preposti i Re, come
suoi ministri in bonum , a questi commise altresi F uffizio di proteg-
gerle come dalle alterazioni interne, cosi dalle ambizioni straniere.
Di qui avviene che, la societa, venutole meno, per qualunque nioti-
vo, quel naturale strumento d' ogni bene civile, se ne trova in istato
innaturale e violento, conquassata, sconvolta , senza mezzo o vigore
di ricomporsi; e.la colpa , quando non si debba recare all' ignavia
di chi abbandono quella difesa , come certo non fecero i Reali di
Spagna a rispelto del Messico , neppure si puo sempre attribuire
all' inerzia dei popoli oppressi ; se pure non vogliate colpare una fa-
miglia civile deir essere rimasta villima di pochi scherani, quando
ogni pubblica prolezione le fu dinegata. Oh ! no ! persuadiamcelo :
ne dagli uomini individui , ne dalle nazioni si fa mai impunemente
a fidanza cogli ordinamenti della Provvidenza!
Tra tanta desolazione di quella gente cosi manomessa, pur riful-
geva una qualche speranza , che gli oppressor! si sarebbero riuniti
tra loro e cogli oppressi , quando si foss% trattato di quel supremo
interesse , che e per uno Stato la sua integrita , che si confonde col
266 IL NUOVO IMPERO DEL MESSICO
inedesimo suo essere. E nondimeno neppur questo basto ; anzi si
ebbe tutta la ragione di sospettare, che gli avidi di fuod se la inten-
devano coi padroni di deiitro ; i quali , facendo cola in grande cio
che in Italia si e fatto in piccolo , aveano gia venduta a pronti con-
tanti la patria loro agli slranieri. Invaso il territorio messicano dalle
armi degli Staii Uniti , delle repubbliche confederate appena due , e
di tutte le piu piccole , si mossero : le altre steltero a riguardare ;
intanto che le soldatesche nimiche , venute fin sotto alia Metropoli
con piccolo o nessuno contrasto, non si ebbe altra via di salule, che
compiere vergognosamenie agli invasori la cessione di meglio della
meta dello Slato , caparra del resto, che piu agevolmente ancora
quinci a poco si sarebbon preso. Delle 216,012 leghe di superficie,
che costituiscono il Messico, gli Stati Uniti in pochi anni se ne sono
annesse alia piemontese non meno di 109,942, che vuol dire 1,936
oltre la meta. Prima fu il Texas nel 1837 piu per perfidia, che per
minacce; poscia furono 1' alta California ed il Nuovo Messico nel
1847. Un altro decennio di quella beata indipendenza , e lo Stato ,
quanto e lungo e largo, era Ho!
Ma il gia menlovato Rapporto > steso dalla Commissione dei No-
tabili , non pago ad avere delineato , con pochi ma forti tratli , ii
profondo d' inestimabili pubbliche calamita e di vergogne , in cui la
patria loro fu abbatluta per tulto il tempo della Indipendenza , ha
voluto eziandio deporvi un ricordo delle tanto dh'erse condizioni, in
che quella verso negli anni non pochi della Dipendenza. Benche poi
sia verissimo, che
. . . Nessun maggior dolore,
Che ricordarsi del tempo felice
Nella miseria ;
nondimeno quei generosi , per amore di verita e di giuslizia , lo si
hanno ^7olulo sorbire quel dolore , collocando cosi innanzi agli occhi
deir Europa civile un argomento irrepugnabile della felice cosa, che
erano pei popoli quei Governi cristiani cosi stoltamente disconosciuti,
e cosi indegnamenle calunniati eziandio da tali , che men di tulti
dovrebbero. Quanto noi abbiamo detto e sliamo dicendo coi ragiona-
menti, per rislorare, non diremo la slima e 1' amore, ma il semplice
concetto della Monarchia cristiana presso generazioni, che fin quello
E L' 1NTERVEKTO FRANCESE 267
sembrano aver perduto , non potra a pezza valere questa schiella
testimonianza di tutto un popolo , .innanzi alia quale i parteggiani
d' idee moderns crederanno di trasognare ; e voglia Dio, che lo slra-
friliarne, che dovran fare se vi pongono mente,- giovi a farli entrare
in migliori pensieri !
E per sentire tutla la forza di cio che siamo per riferire , si noti
primamente, corae qui parlano uomini eletli ad esprimere i sensi di
tutta intera un' Assemblea, la quale conobbe quei sensi medesirai e
gli approve ; che parlano di raemorie o proprie o dei padri loro , e
di cose che hanno soil' oechio , e delle quali hanno sperimenlali gli
effeiti; che parlando, come non possono volere calunniare con ingiu-
sta severila la patria loro , cosi non hanno verun molivo di adulare
una nazione , dalla quale sono separati da lanto lempo e per tanlo
spazio; se non anzi vi era pericolo, che dal cosi parlare dovessero
essere non niediocremente offese le suscettivita dilicale dei nuovi
fanlasiosi padroni, che professano un lull' altro sistema. Si noli in
secondo luogo , come la Spagna in quella remola conlrada non si
era impossessata di nazioni gia coslituile; ma anzi tra genii univer-
salmenle pagane, ed in parte selvagge , avea creale nazioni cri-
sliane e civili, o piulloslo crislianamente civili, impianlandovi lanlo
profondamente il Caltolicismo , che questo per avventura vi si e
mantenuto piu amato e piu puro, che non nelle medesime conlrade
europee ; lalmenle che queslo ne costiluisce al presente la sola glo-
ria , che sia rimasta superslite a lanle ruine , offerendoci anche al
presenle un Episcopalo che , per sapienza e fermezza , non la cede
a qual e piu ammirabile dei noslri, ed una Magislralura che, in
opera, di generosa indipendenza, forse non ha risconlro colle noslre.
Da ultimo si noti , che del loro antichi e catlolici Re cosi giudicano
e pai-lano popoli che di presenza non li conobbero mai , ed erano
separati da loro per distanze s terminate, per correre le quali appena
baslavano dieci tanti del lempo che vi vuole adesso ; e pero V azione
governativa non vi polendo giungere che lenlissima e per molli gradi
mediani, i quali poteano alterarla ed anche travel gerla, si consider!
che avrebbe dovulo divenlare nel Messico la lirannide bigolla e
feroce di un Filippo II , esempligrazia , quale gli slupidi pappagalli
delle idee moderne si sono incaponili a giudicare quel sapientissimo
268 1L NUOVO IMPERO DEL MESSICO
e fortissimo Monarca. Cio premesso, si ascolti in qual maniera 1'As-
semblea dei Notabili messicani giudica e parla dell' antica sua dipen-
denza dalla Spagna. Cosi al danno emergente, posto in nota piu so-
pra , si potra aggiungere il lucro cessanle , per avere tutto intero il
computo dei maravigliosi vantaggi , die quella sfortunata nazione
ebbe acquistali dall' essersi assicurato 1' unum necessarium della
Indipendenza nazionale.
I cinque Commissarii ricordati piu innanzi , parlando a nome
dell'Assemblea dei Notabili , non si sanno temperare dal tornare col
pensiero ai tempi della dominazione spagnuola ; e dicono di tornar-
vi colla compiacenza mesta e piena di desiderio , onde 1' infermo a
inorte torna al tempo della sanita vigorosa , il decrepito agli anni
della lieta gioventudine, ricca di rigoglio e di speranza. « Se noi » ,
dicono essi appresso , « sappiamo schermirci dalle esagerazioni
« dei pregiudizii, e da una severita che sarebbe ingratitudine , noi
« dovremo ammirare le tracce luminose, lasciate alia palria no-
« stra da questa serie di Monarchi , che hanno steso , a traverse la
« immensita dei mari , il loro scettro proteggitore sopra del Messi-
« co. Una legislazione speciale , piena di prudenza e di sapienza,
« avea messo gl' indigeni al coperlo dalle persecuzioni , che non
« maneherebbero di pesare sopra una nazione umiliata dalla conqui-
« sta , debole , ignorante e superstiziosa ... La potenza di un Prin-
« cipe non bastava ; vi voleva e vi fu la tenera solleciludine di un
« padre , per appropriare le leggi alle esigenze dei costumi e dei vi-
« zii abituali degl' Indiani , a fine di addolcire i primi , e di correg-
« gere i secondi , attenuando tulto cio che la giustizia ordinaria po-
«• tea avere di troppo severe. L' individuo , la famiglia , il Comune ,
« la borgala dei naturali del paese , tutto fu oggetto di zelo per
« quei Monarchi , i quali si riguardavano , come i tutor! delle per-
« sone ed i difensori dei beni di una razza , degna ai loro occhi di
« unabenevola protezione. Ricoveri, ospedali, collegi esclusivamen-
« te eretti aU'inlento di provvedere ai bisogni material! ed alia cul-
« tura intellettuale dei nuovi loro suggetti : quest! non furono imino-
« ri benefizii profusi sopra del Messico dal Governo spagnuolo. » Ma
certamente non furono neppure i maggiori, in quanto chiunque non
abbia perduto il concetto del fine soprannaturale deir uomo , deve
E I/ INTERVENTO FRANCESE 269
riputare massimo , 1' avergli fornito ogni maniera di mezzi , per di-
ventare crisliano ; tanto che dove poco innanzi era diserto di barba-
ric genlilesca , fiori e fiorisce tullavia una delle porzioni piu elelte
dell' ovile di Cristo.
Ma se questo era lo scopo precipuo e potremmo dire ultimo , a
€ui miravano i Re Catlolici e la stessa Spagna nell'occupare , e po-
scia nel reggere quelle remote regioni; non per questo deve dirsi
ehe gl' increment! materiali ed intellettivi d'ogni ragione venissero
trasandati ; anzi alacremente caldeggiati , erano daquel primo e piu
nobile intento purificati e diretti. E pero il Rapporto si continua ag-
giungendo : « Se noi rivolgiamo gli occhi alia immensa eslensione
« del nostro paese , se noi percorriamo le strade , se penetriamo nel
« piu profondo delle nostre miniere , se esaminiamo le nostre popo-
« lazioni , se esploriamo le citta nostre , da per tutto not scorgiamo
« impresse le vestigia di un' autorila , la quale non si mostrava , se
« non per migliorare solto tutti i rispetli la condizione delle sue co-
« lonie » « I ponti e le grandi strade , le tante agevolate vie
« di comunicazione , la fondazione di cilia magnifiche , i superbi
« acquedotli , le basiliche maestose , i ricchi palagi , i collegi innu-
« merabili , nei quali s' insegnavano lutli i rami dello scibile , i gran-
« diosi istituti dibeneficenza, ordinal! ad alleggerire tuttele umane
« sofferenze La Commissione non finirebbe piu , se volesse
« continuarsi a noverare tutti i gloriosi monumenti della sapienza ,
« della pieta, della munificenza dei Sovrani spagnuoli. » Da ultimo
conchiude questa parte affermando , non vi essere Messicano, « il
« quale non possa notare il giorno e 1'ora , in cui il Messico, abban-
« donando la dolcezza, di cui godeva al sommo della prosperita e
« dell'abbondanza, e entrato nella via della decadenza , per la quale
<( ha camminato piu di cinquant'anni. » Ed e notevolissimo , che in
tutto quel lungo documento non si scontra sillaba, che accenni ad
ombra di biasimo od a querela, quanto che piccolissima , di quei
Sovrani o dei loro Ministri. Governate i popoli a questa maniera, cioe
cristianamente ; e 1' assolutismo non fara paura, e la dipendenza sara
desiderata e benedetta, e sedici milioni di sudditi saranno mantenuti
in fede di un Principe straniero e lontanissimo da soli otlomila sol-
dati : puo essere che neppur di cosi poco vi sara bisogno.
270 IL NUOVO IMPERO DEL MESSICO
Quel documento e stalo letlo da alquanti mesi in Europa; machi
vi ha badato ? E pure in esso , ollre al quadro della portentosa bea-
titudine prodottavi dalla Indipendenza nazionale , si contiene il rad-
drizzamento di un fatto falsato e di un principio rinnegato, che sono
per av ventura la piaga piu cancrenosa del tempo moderno. Quelli
poi si danno la mano 1'un 1'aliro , in quanto il fatto della tirannide
dei Governi passati , e dello spagnuolo riotantemente, e stato inven-
tato, appuuto per rinnegare questo principio ; che cioe ai popoli non
puo venir mai pace , giustizia , prosperity vera, ed aggiungete pure
vera grandezza , se non da Governi cristiani. Ora noi crediamo che
il Eapporto della Commissione messicana sia la confermazione piu
solenne, piu splendida e piu autorevole, che di quel fatto e di quel
principio si possa mai desiderare; ed esso dovrebbe bastare a fare
aprire gli occhi a chiunque non gli abbia addirittura spenli, o in ve-
ro studio It voglia tenere serrati. Ma, come dicemmo, chi vi bada?
Si seguila e si seguitera a dire, che 1'Indipendenza e Yumim neces-
sarium delle nazioni ; che quel vecchio sislema , dal quale si faceva
il precipuo fondamento nel Vangelo e nella Chiesa , era lirannide ,
oscurantismo , servilita con tulto il resto ; e ehe dal Diritto nuovo ,
dal quale si sconosce il Vangelo e ., sotto colore di separazione, si
perseguita la Chiesa , dee venire ogni felicita alle nazioni. E pero,
senza curarsi dei portenti che quello opero , s' imbocca la tromba,
per far sonare ai quattro venli i miracoli di qualche sforzo indivi-
duale, che considerato rispetto alle persone private puo essere tal-
yolta sublime ed eroico , ma che per riguardo alia societa in gene-
rale e presso che nulla. Tuttavolta vorremmo sapere quale na-
zione o quale colonia , ordinata secondo il nuovo Diritto , potrebbe ,
del suo Re costituzionale e del suo Ministero responsabile , dire un
centesimo di do, che il Messico ha detlo della Spagna. A quai ter-
mini si trovino le genti europee , nessuno oggimai puo ignorare ; e
molli altresi sapranno quello, che sono le Indie Oriental! sotto il do-
minio inglese, e pur troppo dobbiamo aggiungere, in parte almeno,
1' Algeria sotto il francese : trovati barbari, furono lasciati barbari ;
ed i conquislatori europei appena della propria civilta diedero loro
a saggiare allro, che lo scandalo dei vizii ed il fulmiuare dei canno-
ni. II Messico medesimo , come vedremo nel seguente articolo, ha
E L' INTERYENTO FRANCESE
comincialo del nuovo sistema a pigliare un saggio ; il quale vorra
essere ben doloroso , se il nuovo Imperatore , assicurato dal suo
senno e dalla sua coscienza conlro i pericoli delle idee moderne, non
vi reca quel rimedio eke tulti da lui stanno ora aspettando.
Nel.resto non ci slparli d' imperfezioni e di abusi dell' antico si-
stema. Perciocche noi , che di quello ammiriamo principalmente ,
per non dire unicamente, la qualila di essere cristiano, abbiamo pre-
sta una replica , la quale vi giungera forse inaspettata , senza che
per questo vi debba parere meno stringente. Infatti, ammesso pure
quan to volete di quelle imperfezioni e di quegli abusi , la sola qua-
lila di essere cristiani medicava in qiiei Govern! le une e gli altri, e
si faceva principio di quei portenti, cui ollre a mezzo secolo di nuo-
vo sistema non 6 bastato a scancellare' dalla memoria, e togllere dal-
1'aspetto degli uomini. Laddove questo stesso nuovo sistema , ap-
punlo perche non e e non vuol essere cristiano, non sa trarre verun
costrutto dalla squisita perfezione del suo organismo , ed e condan-
nato a non potere altro, che spargere agitazioni ed accumulare rui-
ne ; ovveramente , se vogliam dirlo con parole bibliche , e condan-
nato a seminare tempeste , ed a non raccogliere che vento. Ma esso
ha liberate i popoli dalla Inquisizione , e promette loro Indipen-
denza e sovranita nazionale ; non vi pare che di cio essi debbansi
riputare arcicontenli ? 0 non e arcicontenta T Italia da che, caccia-
tone il barbaro e abolitovi per cinque sesti il dominio clericale ,
acquisto padronanza di se medesima, e fu fatta una? Se si ragunasse
oggi una vera Assembled di Notabili ilaliani , noi non sappiamo se
da essa, quanto al passaUred al presente , sarebbe per uscire un
Rapporto somigliante al messicano. Tuttavolta conviene osservare y
che cinque anni di lezione non possono aver prodotlo V effetto , che
cola fu prodotto da cinquanta ; e ad ogni modo se la Provvidenza ,
tra gii altri fini , a cui mira col permettere il passaggiero trionfo
delta iniquita, ordina le pruove ai disinganni, il procurare questi in
se ed in altrui , potrebbe essere mezzo efficace ad accorciare la du-
rala di quelle.
Nel prossimo quaderno ritorneremo sull' argomento che la brevi-
ta dello spazio ci vieta di qui continuare.
LA POVERELLA DI CASAMARI
RACCONTO STORICO
DEL 1860 E 1861
XXXIV.
— Oh santo clelo ! e eke vuol egli questo signore da me? chiese
Pellegrino, con alto brusco e dimostrativo di noia, alia figliuola che
appressatasi al capezzale del suo lelto, gli aveva annunziata la Tisita
di Traiano.
— Egli desidera vedervi, e nient' altro.
— Veder me? ah io non sono piu uomo che si possa vedere !
sono un ceppo, un sasso, un cadavere fastidioso. Glielohai tu detlo?
- Or che fa questo? basli che esso ha voglia di salutarvi tale
qual siete.
— Ebbene, sia come ti piace. Ma tu in prima, figliuola mia, as-
seltami i guanciali sotto del capo, tirami su la coperta di canapina
iianca , che non apparisca questa brulta imbottita , e da aria alia
stanza.
La figliuola si pose all'opera con lestezza, e mentre si dava attorno
per acconciare il letticciuolo e spolverare i mobili e mettere Y aria
in corso, Traiano e Flaminia s' intertenevano nella cucina , dov' era
la massaia con le sue fanciulle, che stavano li a \7iso basso e tutte
peritose di loro due, si che appena si ardivano sbirciarli sollecchi.
Traiano che, a dir vero, si sentiva sal tare la mosca per la insolentc
caparbieria di Flaminia, la quale di pura forza lo aveva trascinato in
LA POVERELLA DI CASAMARI RACCONTO ECC. 273
quel casolare, era taciturno e sbuffava cosi un tan lino e pestava pia-
namenle de' piedi in terra, quasi per insofferenza di aspettare ; intanto
che la giovane sua , con un certo piglio tra 1' amorevole e 1' altiero,
facea varie interrogazioni alia massaia, che replicavale tutta sollecita
e rispettiva, come si reputasse onorata di scambiare quattro parole
con quella signorina elegante.
Di li a poco la figliuola di Pellegrino scese , e con timido cenno
invito i due a salire. Flaminia accostatasi al padre: — Voi montate
pure; gli disse a un orecchio; io v'attendero quaggiii.
— Nossignora ; borbotlo Traiano con collera che e' stentava a re-
primere denlro se; vieni meco, se no. . . .
— Io non vengo , io voglio restare a discorrere con la poverella.
— Non vieni? mormoro 1'altro fremenle di dispetto e afferrandola
per un braccio ; guai a te se mi fai la pazza !
— Ma io non reggo alia vista di un moribondo.
— Vieni, ti dico; e datale una stretta al gomito ch' essa ne vide
le stelle , e spintala innanzi per su la scaletta di legno ; finiamola
ch' egli e ora ! seguito sgridandola sommessamente ; fammi la smor-
fiosa , e ch' io non sia io , se non ti lascio andare un bel paio di
schiaffi !
Flaminia inviperl, si morse le Jabbra e, per la migliore, azzittatasi
si abbranco all' appoggiatoio e sali ; in quella che Maria tutta arros-
siva dello scandalo di tale allercazione ch' ella osservo, sebbene non
arrivasse a capirne il significato.
Per buona sorle I'infermo quella mattina, godendo di un luminoso
intervallo, era nel suo pieno senno, e non tanto grave: di modoche
egli poleva, senza patirne troppo , sostenere un abboccamento con
altri ed esprimere filo filo i concetti suoi proprii. Quando i due fore-
stieri gli si presentarono avanti, non solo li ricevette col miglior viso
che sapesse mostrare in quella sua condizione , ma , sforzandosi di
vincere il tetro umore che ingeneravagli la malattia, fece loro grate
accoglienze e li tratto con belle maniere da gentiluomo. La qual cor-
tesia il Romano si studio di contraccambiargli con pan officiosita,
mista pero di un certo che di compassionevole, che gli guadagno I'af-
fetto di Pellegrino. Onde fatte quelle prime salutazioni, egli prego il
Serie V, vol. X, fasc. 339. 1 8 23 Aprile 1864.
274 LA POVERELLA DI CASAMARI
visitante die si sedesse, e tosto il ghiaccio, come suol dirsi, fu rotto,
e i due uomini da un parlare in un altro, s' ingolfarono in un ragio-
namento che non parea dovesse conchiudersi mollo presto.
Da principio alia figliuola di Traiano si raggriccio il cuore nel pet-
to , per la vista di quel tapino cosi macilento in volto , e con occhi
si lividi e incavati, e con guance si aride e vestite d'una pelle si
cenerognola e morticcia , die a lei sembrava un tescbio di schelelro
vivo e spirante. Per lo che spentasele subitamenle la vampa della
rabbiuzza che le si era accesa dianzi , comincio ad abbrividire , si
discolor! tulta , e corrisposto con un ghignelto a fior di labbra al
complimento che il raalato le fece , chiamandola buona signorina e
graziosa, chino la faccia e non si attentava di riguardarlo piu olirc.
E perciocche convenne a lei pure di assidersi , ella studiosamente
si colloco di sbiescio dietro il dossale della sedia di Traiano ; in for-
ma che schermivasi con gli omeri suoi dall' aspetlo di quelle fat-
tezze che le mettevano raccapriccio , ed eranle una parlante e spa-
ventevole immagine della morle. In queslo contegno ella rimase
alcuno spazio di tempo , con gli occhi quando inchiodati nel suo
manicolto che facevasi rigirar tra le mani , e quando fissi nella po-
verella , la quale si era ritirata in un cantuccio , e d' indi contem-
plava con infinita pieta le amate sembianze di Pellegrino. Per lal
guisa le parti , come a un volger di scena, si erano mutate. Che do-
ve Traiano mal suo.grado era stato dalla caparbieta della figliuola
tratto teste a venire in questa casipola , e vi avea posto il piede con
cruccio ; ora, dismessa la mala contenlezza, vi si tratteneva egli in-
vece con qualche soddisfazione , mentreche la figliuola rodevasi di
secreto rancore, pel tedio ch' ella provava a dimorarvi piu che un
piccolo momento.
Senonche Flaminia poco o niente assuefatta a rintuzzare se me-
desima ed a frenare 1' impazienza , ardeva gia di una smania di
uscir di quivi cosi intollerabile, che la facea stare di pessima voglia.
Quella cameretta, pulila ma rustica, le rendeva ombra di un sepolcro :
quella seggiola, angusta e duramente intrecciata di paglia, le torna-
va disagiosa quanto un sedile di bronchi : quel dialogo del padre suo
con rammalato non le sapeva di nulla : poi quel tanfo spiacevole
RACCONTO STORICO DEL 18GO E 1861 273
dell' ambiente aria, quella squallidezza del letto , quella difformila
paurosa del misero che vi giaceva sopra ; ogni cosa insomnia la den-
tro conferiva a recarle tanta molestia, ch' ella deliberava seco stessa
di riscattarsene con imo di quei mali termini di creanza , co' quali
usava tagliare d' un colpo i nodi quando non le sortiva di disgrop-
parli. E gia era sul punto di rizzarsi e di andare a pigliare per le
mani la giovane a scendere con lei , quapdo Pellegrino , stretto da
una inlerrogazione del noslro Romano , prima di rispondergli altro ,
si rivolto a Maria , e la sollecito che fosse ita giu per una faccenda
che trovo pretesto di commetterle a intendimento di allontanarla.
Allora Flaminia levatasi : — Se non vi rincresce, ancor io la segui-
ro volentieri ; diss' ella a Traiano ; mi sento bisogno di respirare un
po' d' aria fresca : state che io fra breve risaliro seco. — Cio detto,
inchino con gli occhi a terra l'infermo, e si avvio fuori in compagnia
della giovane , la quale non sapeva indovinare il perche di tanta an-
sieta che questa donzella forestiera mostrava di intertenersi con lei
da sola a sola.
XXXV
Fino a quell' istante nel quale Pellegrino giudico bene di licenziar
re la figliuola , il tema del suo colloquio con 1'allro era stato di cose
indifferentissime : come dire ragguagli della infermita sua , notizie
delle fazioni guerresche combattutesi nel Volturno , commenti sulle
perfidie dei traditori del Re , pronostici intorno all' assedio di Gaeta
e simili novelle , che 1' udirle Maria non era d' inconveniente alcu-
no. Ma Traiano, al quale premeva di passare da queste generalita
politiche alle parlicolarita domestiche del suo interlocutore , fatto
uno di quei salti di palo in frasca che a lui erano usuali , avea mes-
so di netto il ragionamento per un verso , che non poteva procedere
a modo, se prima non si fosse discostata la giovane. Onde fu savio
spediente cotesto che immagino Pellegrino , di inventare di sana
pianta una scusa che la facesse rimuovere dalla camera , e a se to-
gliesse 1' impaccio della sua presenza. Partita ch'ella si fu con Fla-
minia , e restati cosi liberi i due uomini di favellare a piacimento :
276 LA POVERELLA DI CASAMAR1
— Ora che siamo a qualtr' occhi, e clie nessuno ci ascolla ; prese a
dire il malato con aria di confidenza ; aprirovvi , signer buono , Fa-
nimo mio e vi contentero di quello die , per bonta vostra , deside-
rate sapere da me. Gia conosco il vostro nobile cuore , e la carila
clie vi degnaste fare ben due volte alia mia disgraziata famiglia.
Ah ! se voi siele di coloro che hanno in pregio le benedizioni dei
poveretti amici di Crislo , sappiate che la buona memoria della Gio-
vanna mia, ve n' ha pregate assai assai , fino all' ultimo suo respi-
ro : e cosi Dio 1'abbia esaudita ! e cosi la esaudisca ora nel paradiso !
Si, lassu, lassu; accenno calorosamente in alto con gli occhi, non po-
tendo con le mani che avea morte ; perche ella e la, felice e beata : ne
sono sicuro ! Che se non c' e entrata ella, la quale non e vissuta per
altro che per penare continuamente, io non so chi ci abbia ad entra-
re. — Disse , nascose il volto nel lenzuolo , mando un gemito vee-
mente che gli si sprigiono dal piii inlimo del petto, e subito rial-
zata la faccia che gli grondava di lagrime , guardo Traiano e tace-
va,. come chi aspetta una parola di confortevole assentimento.
-— Signor Capitano mio , voi avete ragione di nutrire queste si
belle e dolci speranze; soggiunse 1'altro; vostra moglieeraun angelo.
— Vero, vero, un angelo! ripiglio enfalicamente Pellegrino. Se io
dovessi giurarvi che, da che ella nacque fino al giorno ch' ella mori
in Veroli, ha gustata un' ora sola di quella che nel mondo si chiama
felicita, io non oserei giurarvelo in fede mia. Sempre ha palito, po-
veretta , sempre ! Eppure mai ch'io dalla sua bocca abbia intesa una
parolina di lamento ! Menava una vita cosi abbandonata nelle mani
di Dio, che, a far ch' ella, anche in mezzo al colmo de' suoi dolori e
delle sciagure mie, stesse con cuor riposato, le bastava levare un'oc-
chiata al cielo o dare un bacio al Crocifisso. Donna impareggiabile!
tesoro ch'io non era degno di possedere! e percio il Signore me 1'ha
tolta. Ma io la raggiungero presto. Non cosi i miei due figliuoli. Ah !
essi, orfani derelitti , dovranno forse anco per un pezzo piangere la
lor madre e me , e piangerci fra le ambasce di una miseria senza
riparo.
— Quietalevi, Capitano; disse 1' altro con una mostra di pieta che
non poteva dissimulare ; che serve intorbidan i la mente con foschi
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 277
presagi? All' ullimo all' ultimo la Provvidenza c' e per tutti, e anche
pe' voslri figliuoli.
— Si, c'e; oil non ne dubito punto! Ma io ho piu cagione di anti-
veder male che non vi crediate. In casa mia, con la eredita dell'avo-
lo, fu trasmessa ta maledizione che ci ha ridotti al lermine in cui sia-
mo: e il cuor mi dice che sino a tanlo che uno di noi sopravviva, il
flagello della celeste ira non restera di punirlo. Melto fuori di causa
me, che non so, per colpa mia propria, quanti gastighi io meriti. La
moglie e i figliuoli miei pero erano e sono innocenti , erano e souo
timorali di Dio, erano e sono anime buone. E impossibile che pel
demeriti loro sia succeduto quel che e seguito. Si vede adunque che
sono vittime deputate a scontare peccati altrui ; cioe a pagare il fio
delle scomuniche, che quell'improvvido del nonno provoco sopra se e
sopra del sangue suo. Ecco perche io tremo, non oslante che adori
la Provvidenza.
— Capitano , date relta a me ; coteste sono malinconie che pro-
vengono dalla vostra alterazione della salute. 0, che c' entrano qui
le maledizioni o le scomuniche del nonno e del bisnonno ? Slarem-
mo freschi, se dovessimo rivangare i merili degli arcavoli nostri , e
portar noi la pena dei loro spropositi ! Ciascuno e figliuolo delle sue
proprie azioni ; e Domeneddio, che egiusto, non puo pretendere che
gli rendiam conto noi delle capestrerie di chi ci ha preceduti un ses-
santa o cent'anni prima che fossimo nali. Va! questa sarebbebella!
Cerle superstizioni io non le posse tollerare.
— Signor mio gentile, penso che parliate cosi o per celia, o per-
che non vi sovvengono altri migliori argomenti da consolarmi. Or
io non piglio piacere delle consolazioni di questa fatta. Sono angu-
stiato, sono travagliatissimo , sono oppresso da una tempesta di
mali , che molto si rassomigliano a quelli di Giobbe : e nondimeno
io, per quant'oro e nel mondo, non vorrei che mi si logliesse dall'a-
nimolaferma persuasione che vi ho radicata, che tutto sia per effetto
di espiare i falli dei miei maggiori. Forse errero , ma egli e questo
un errore che mi conforta assai , e mi soavizza il patire. Io so quel
che io mi dico.
278 LA POVERELLA DI CASAMARI
— Quando siacosi,miguardi il cielo dalcontrariarvi! sclamdTra-
iano che si avvedeva di essere troppo alia leggiera trascorso in i-
sciocchezze poco bene sonanti. Tutto e possibile: e le scomuniche cer-
to sono un gran malanno per chi se le tiri in casa. Eh si, non c'e die
ridire !
Pellegrino, agitando per un pezzetto la testa, approve. Ouindi rifat-
losi a lessergli pei soinmi capi la narrazione dei domestici infortunii
che Taveano percosso dall'eta sua giovanile fino al presente, si studio
di render persuaso lui pure dell'opinion sua circa i funeslissimi frutti
che recano i beni di Chiesa mal acquislati, e circa le calamita che alle
famiglie partoriscono di generazione in generazione le scomuniche
avute in ispregio. E, valendosi dell'esempio vivo di cio che a se
ed a' suoi era accaduto, gliela ribadi nell' animo con una gagliar-
dezza tanto efficace, che Traiano allibi e s'intese riraescolar lutto.
ImperocchS egli, su questo articolo, non avea tranquillissima la co-
scienza, sicconie quegli che solea burlarsi alquanto delle ammoni-
zioni della mogliesua Maddalena, quando, riprendendolo di essere
o di fingersi troppo liberale, troppo ligio agli usurpatori degli Stati
del Papa, troppo amico ai nemici della Santa Sede, gli rammentava
le scomuniche e gli minacciava guai e si apprensioniva per lui e
segnavasi con la, croce. Vero e che egli scusavasi allegando talora
per se, con un tal risolino indicativo di dubbio, che esso non mo-
vea dilo ai danni del Santo Padre , che non congiurava per rove-
sciarne il Governo , che non erasi aggregate a nessuna setta; e
che se tutli i liberali fossero della sua stampa, le cose non sarebbe-
ro ile cosi a traverso come andavano : giacche il gran male ch' egli
faceva, alia fin fine era di dare chiacchiere molte e denari pocbi, non
di sparar cannonate o di occupare province all' usanza dei Piemon-
tesi. — Quelli si, diceva egli, quelli sono scomunicati ! non io, po-
veraccio, che bado solo a menar la barca per vivere in pace.
Al che replicava la donna, che nossignore, quesle ragionacce non
tenevano punto : essersi ella consigliata col parroco, col viceparroco
e col P. Eusebio : e tutti e tre averla concordemente ceriificata, che
chi, secondo il teslo del recente Breve di scomunica, aiuta col con-
siglio o con la moneta i frammassoni a eonseguire 1' inlendimento
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 279
loro di assassinare la Chiesa , incorre nelle censure ; e che senza
controversia tutti gli aderenli, i cagnotti, i seguacie i tribularii del
Comitalo piemontese di Roma ne erano colpili , perche fautori ope-
rosi del ladroni del Papa , e congiurati ancor essi a soppiantarne i
sacrosanti diritti. E Traiano , a questi risciacqui , tacere , scrollarsi
e mormorare tra se : — Ben bene, questi son conti da rivedersi poi
per Pasqua.
Adunqueegli, per discacciare da se i molesti pensieri e attutire i
rimorsi che gli si risvegliavano dentro : — Voi, Capitano mio, la
ragionate da cristianone ! da uomo di fede antica ! Y inierruppe rad-
drizzantlosi in piedi e quasi in attitudine di licenziarsi. Non vi po-
trei esprimere con la lingua Y edificazione che piglio da questi vo-
stri bellissimi, anzi divini sentimenti. Beato voi! Ora perche nonvi
stanchiate piu innanzi a discorrere, e perche io devo pure tornar-
raene, veniamo anoi. Io non sono ricco, ne ho roba da buttar via:
ma un tetto e un pane da offerire alia vostra ragazza, sinche Iddio
disponga di lei in qualche altro modo, a me non manca. Di piu ho
una moglie la quale, non fo per dire, e donna di gran giudizio e di
anima, e due figliuole che le terfanno ottima compagnia come so-
relle; massime questa che ho condotta meco: essa ha un cuore, un
cuore che ehm ! e tutta suo padre. E pero, senza tante cerimonie,
volete accettare questa profferta che io vi fo schietla schietta, e pro-
prio alia romana?
II malato a cosi nuova interrogazione si scosse, erse il capo, ri-
spiano la fronte, avvivo.le incadaverite sembianze; e guardato Tra-
iano con occhi prima sfavillanti di un lieto raggio d'amore e poi
molli di calde lagrime : — Signer mio ! signor mio buono ! comin-
cio esclamare con rantolosa voce spezzata da singulti ; e voi parlate
da serio ?
— 0 capperi ! se parlo da serio ?
— Dio ! quanto mi duole di aver perdute le braccia ! Vorrei ora
gittarvele al collo e stringervi al petto mio, e in questo amplesso
far passare il cuor mio palerno nel vostro ! Ah anima generosa, si,
deh salvatemi voi questo fiore diletto, quest' unica pupilla degli oc-
chi miei! Levatemela voi di mezzo a una slrada, dov' io la lascero
280 1A POVERELLA DI CASAMAR1
morendo. Ella sar£ una serva delle vostre figliuole, fatichera, sude-
ra per guadagnarsi la vita. Ma resti al sicuro, e trovi in voi e nella
consorte yostra uno scudo, una difesa, una protezione, una guardia,
un padre, una madre.
— . Ve lo prometto, Capitano ; Ye lo giuro su questo mio cuore di
padre. Se V offerta mia vi va a genio, la Flora vostra stara in casa
meco ne piu ne meno che da figliuola.
Ouesta proposizione era tanto bella , era tanto opportuna, ma era
insieme tanto inaspeUatissima , che , fatto quel primo sfogamento di
supplica e di desiderio piuttostoche di espressa gratitudine, il malato
prese volto e parole di dubitante. Ma poi dissipalagli ogni dubbiezza
dalle proteste Tranche e reiterate dell' allro : — Benedetto voi, e be-
nedetto il raomento che Dio vi ha ispirato di farmi quesla visita nri-
sericordiosa ! rispose Pellegrino affannatissimo per la commozkme.
Caro signor mio, o meglio ( permettetemi di cosi chiamarvi ) amico
mio , sedetevi ; riparliamo un poco tra noi : mi bisogna confidarvi
alcuni secreli, dei quali, sono certissimo, voi non abuserete giammai.
— Che? io anzi tutto sono un galantuomo , e il Signore lo temo
ancor io ; disse Traiano risedendo e tergendosi con la manopola del
cappotto le palpebre che gli si erano inumidite.
- Ecco qua. La buona memoria della Giovanna mia, quella sera
che la onoraste in Veroli di una visita , informovvi ella dei disegni
nostri sopra la figliuola e il giovane Olello di Bardo a voi noto?
— Capii tulto a mezz' aria.
- Lodato Dio ! Sappiate pertanto che e mia ferma e immutabile
volonla, che la figliuola mia si unisca secondo il desiderio suo a quel
povero orfano , e che non venga mai costretta comechessia a cam-
biare partito, fosse pure quello di un principe o di un millionario.
Posso morire accertato che voi osserverete questo mio testamento, e
che quando il giovane, uscito di tutela, si presenter^ a voi per aver
la mano di Flora, voi gliela concederete con inviolabile fedelta?
- Restatene certo, com' e certo che io ho 1' anima e T onore.
- Voi lo vedele , benefattore mio ; io fo con voi a sicurta piena :
mi assegno in voi a chius' occhi ; e nel darvi in mano questa crea-
tura, che io amo piu di me stesso, non vi chieggo altra guarentigia
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 281
che la voslra coscienza e la carita vostra. Sono agli estremi : la mor-
te puo cogliermi da un istante all' altro : io afferro quest' occasione
portami delta bonla vostra, come un' ancora che Dio mi manda nel
naufragio finale di lutta la sventurata mia famiglia , per salute di
questa fanciulla unica delizia, unica gioia, unico amor mio. Oh, voi
siete uomo, siete cristiano e siete padre! voi percio intendete di
quanto prezzo sia il pegno irieslimabile che io ciecamente vi abban-
dono in custodia.
A Traiano pel sobbollimento degli affetti che quesla eloquenza a-
mantissima gli eccitava, i lagrimoni filavan giu per le gote grossi e
limpidi come grani d' uva paradisa , e a quando a quando ripeteva
con iscoppii di singhiozzi e le due mani incrociate sul petto : — La-
sciate fare a me , Capitano; (idatevi di me; non dubitate! e T inte-
nerimento gl' impediva di esporre con piu parole i sensi pietosi che
dentro gli ridondavano.
Quest' inlima conferenza fu seguilata sino all'ora del mezzodi: e
vi si tratto dell'altro figliuolo per nome Felice, che Pellegrino aveva
altualmente in Gaeta col grado di sottufficiale nell' ottavo battaglio-
ne dei Cacciatori, e Traiano si obbligo di far pratiche acciocche, nel
caso che la regia fortezza o si rendesse o fosse espugnata , egli ot-
tenesse un posto nell' esercito pontificio. Poi 1'infermo gli tocco un
cenno della cugina, nella quale erano piu che mai rivolte le sue spe-
ranze; ma con la quale non gli era venuto fatto di intavolare nes-
sun accordo a pro della figliuola , per cagione delle sopraggiunte
disgrazie che ne Io aveano distolto ; si che ella era partita da Roma
ignara di tutte le novelle sue traversie. Traiano prese nota de'suoi
ricapiti, e si assunse di scriverle con agio e ragguagliarla d'ogni
particolare.
Su questi conferimenli si udi dalla prossima Badia il rintocco del
mezzogiorno. Pellegrino tronco il parlare e recilo le avemarie, con un
si divoto componimento del viso, che 1' altro non pote a meno di fare
il medesimo ginocchione. Rittosi poscia, die di piglio al cappello che
avea posato su uno sti petto , si raccosto al Capitano e picchiandogli
lievemente in una spalla : — Amico , s' e fatto tardi , e io vorrei es-
sere in Veroli prima delle due ; gli disse con affabilita quasi compa-
282 LA POVERELLA DI CASAMARI
gnevole ; noi ci rivedremo prima di Domenica ; tornero senza meno.
Allora annoderemo il negozio. Per adesso v' occorre niente ?
— Nient' altro eke la vostra protezione e misericordia per me e
per la Flora mia. Dio poi vi faccia piovere in casa centomila bene-
dizioni !
— Grazie, grazie, Capitano mio buono.
Dicendo questo, gia si appressava all' uscio per dare una voce alia
Flaminia, che fosse salita ad accomiatarsi dal povero infermo, come
da basso improvvisamente s'udirono slrida, pianti e lamentazioni
sgomentosissime : — Oh che e? che e? si dimandarono 1' un 1' altro
in una subita sospensione di spirili. Pellegrimo si sbianco e comincio
a smaniare con tremiti. II Romano impallidi ancor egli, esito alquan-
to tra 1'uscio e il lelto e, perciocche il piagnisteo ringagliardiva dis-
peralamente, presa in fine la scala si precipito giu come uno ester-
refatto.
XXXVI.
Dietro la stanza di Pellegiino era un portico o rimessa con quattro
archi aperti voltali a libeccio , e di dentro la cucina vi si corrispon-
deva per un cupo androncello, il quale spartiva il ga'linaio dalla stal-
la de'buoi. Due di qua due di la, rimpetlo ai pilastri di quella rimes-
sa, ergevansi quattro annosi alberi di noce, coi rami secchi, per la
invernale stagione che allora correva, e cospersi di fredda brina.
Ma nel fondo, dove il muro faceva canto con la legnaia, un arbuslo
\erdissimo di gaggia spandeasi come a ventaglio dinanzi lainferria-
ta di una fineslra, e v'intrometteva le cime di alcuni ramoscelli ca-
richi de'lor fiori gialli a pallottola pelosa, i quali tremolavano fra le
lenere foglie e giltavano li allorno una fragranza delicalissiraa. Que-
st'olezzo cosi ternperatamente soave, che 1'asolare del vento spingeva
per 1' angusto andito e diffondeva in tutto il piano terreno, trasse la
Flaminia a inviarsi insieme con la giovane verso il detlo portico ; e
d' indi sotto la verdeggiante finestra , a spiccarvi di que' liorellini ii
cui odore garbavale oltremodo. Formato che n' ebbe un mazzolino, c
fiulatolo e vagheggiatolo e soddisfattasene, lo ripose nel manicotto, e
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 283
invito la sua compagna che si assidesse cola fra quegli arnesi rural!
di cui il portico era ingombrp, e favellasse un po'all'amichevole se-
co, mentre i due padri fra loro colloquiavano lassu dimesticamenle.
L'altra, per un certo rispetto di convenienza, mostro di contentarse-
ne. Onde subito, con demissione da inferiore, graziosamente la prego
di un attimo d'indugio, ch'ella sarebbe ila in cucina a prendere una
seggiola per lei — Ohibo, che seggiola? disse Flaminia; queslo
graticcio mi terra luogo di canape comodissimo. Che! non siamo
noi in campagna?
Sedutesi ambedue i' una accosto deli' altra, per alcuno inlervallo
tacquero come se un occulto riguardo di mutua suggezione le rite-
nesse dal rappiccar tosto il discorso, e niuna si ardisse di essere la
prima a ravviarlo. La poverella Maria tutta ritirata in se stessa ave-
va la mano manca sopra la stiva di un aratro, che le sporgea vicino,
e la premeva quasi senza badarvi; accompagnando involontariamente
con 1' occhio il moto del vomere, che a quelle scosserelle si agitava.
Flaminia invece si pose a rimirare i polloncelli della gaggia, ma di-
strattamente e in aria cogitaliva a mo' di chi tituba e pesca parole.
— Adunque cosi e; prese da ultimo a dirle exabrupto, concludendo
con le labbra un ragionamenlo che dovea aver tra se ruminato col
pensiero ; voi, cara mia, mi fate una compassione cosi profonda, che
io non ho mai provata 1' eguale. Quello che io sento non lo so espri-
mere; ma e un certo tale bisogno di stare eon voi, e di dirvi che io vi
compiango, e di testimoniarvi grande grandissima affezione, che non
c' e cosa che io potessi fare per voi , e non la facessi a qualunque
costo.
— Vi sono molto obbligata, signorina mia bella, di tanta amore-
volezza vostra per me; rispose T altra arrossendo. Io non merito
questa bonta.
— Non si tratta di questo. Voi siete infelice, sommamenle infeli-
€e; e come tale che non meritale voi?
Maria non fiato, ma bassato il viso che tutto le porporeggiava ,
ritrasse la mano dalla stiva e pianto gli occhi in terra. — Non e
egli vero che voi, povera Fioretta, siete infelice? insisle 1' altra fi-
sandola pietosamente.
284 LA POYERELLA DI CASAMARI
Quella neppur ziliiva, e in cambio di rispondere levo un'occhiata
rapidissima in faccia alia sua interlocutrice, la quale non compren-
dendo il signiflcato di quello sguardo larapante : — Perche mi guar-
date? la inlerrogo pigliandole carezzevolmente la destra; che e co-
testo che siete divenuta rossa ? Forse che la mia dimanda e indiscre-
ta? In ogni caso perdonatela al cuore mio : esso me 1' ha slrappata
di bocca. Ma posto che non vi sia grave, desidererei proprio che mi
diceste voi, se vi par d' essere infelice. A me parete tanto, tanto !
— Tribolata si , infelice no ; soggiunse Y altra.
— Come ! non vi tenete infelice? Incalzo Flaminia attondando gli
occhi per lo stupore ; quanto mi fate meravigliare ! Ma se voi non
siete la piu sfortunata crealura che si trovi sotto le stelle, io non
saprei figurarmi quale altra possa essere. Voi di ricca e nobile sie-
te declinata a una poverta di mendica ; voi profuga dalla patria ;
voi un fratellino ucciso e un altro assediato in Gaeta ; voi orfana della
madre e fra poco forse anco del padre ; voi abbandonata da lutti ,
senza un appoggio, senza un ricovero, senza un'anima che si pigli
cura di voi. E con questo non vi'credete essere infelicissima?
— No ; replico posatamente la giovane ; io non sono ne mi credo
infelice.
— Doh, voi mi fate sbalordire! io non capisco piu niente !
— Dirovvi. Mia madre mi ha insegnato sempre, che infelice e
non chi ha travagli e dolori , ma chi vive in disgrazia di Dio.
— Oh, oh! gia voi Napoletani siete impastati diuna certa vcstra
religione , che non si sa di che sorta sia. S' intende : io parlo dal
tetlo in giu. Voleva ben dir io che e' c'era qualche equivoco solto !
- Scusate, signorina ; ma voi avete il torto a pensare che nel re-
gno di Napoli si abbia una religione diversa. Noi siamo crisliani e
cattolici come siete voi in Roma , e professiamo lo stesso Vangelo e
impariamo lo stesso catechismo.
- Via, mi sono male spiegata ; si corresse qui la Flaminia con
un sentore di sdegnuzzo ; basti che ora ci siamo intese. In somma
dalla disgrazia di Dio in fuori , voi vi accorgete di essere come un
bersaglio della sinistra fortuna che vi affligge e vi toglie ogni bene ;
non e cosi?
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 285
Ella si strinse nelle spalle e non fece sillaba. Di che la Flaminia
lutta ammirata si rimise in tacere , e cavato ii mazzolino delle gag-
gie lo odorava pur guardando tra orgogliosa e compassionevole quella
povera fanciulla , che sembrava alcun che ritrosa alle sue amorevo-
lezze tanto sincere, tanto cordiali. Ed era verissimo. Civilla e carita
vietavano a Maria lo scoprire di proposito deliberato nessun indizio,
benche minimo , della noia che sperimentava in se medesima della
vista e del tratto di questa giovane foresliera. Ma che servivale dis-
simularla? Questa noia le traspariva mal suo grado negli occhi, nei
gesti , nel contegno, in tutto il suo di fuori. Mercecche 1'aspetto di
Flaminia, il porgersi, il dire, e il tono stesso della vo.ce di lei, sino
dal primo incontro aveano ingerilole un tal nauseante disgusto della
sua persona , ch' essa le riusci intollerabile affatto : ne per quanto
si sforzasse di soggiogare quello spontaneo movimento di contragge-
nio, pote fare che non lo sentisse vivo e costantemente ribelle a qua-
lunque si fosse imperio della volonta. Da che avesse origine questa
naturale avversione, sarebbe arduo investigarlo. Le leggi che si chia-
manodi simpatia e di antipatia sono cosi recondite ed arcane, che
sfuggono alle cerviere pupille de' piu sagaci notomisti del cuore uma-
no : tanto che v' ha chi, sconfidato di rinvenirle nelle disposizioni
dell' animo, se le finge in un cotal fluido magnetico misteriosissimo
non meno nell'essere che nell'operare. Forse potrebbe congettu-
rars« che cotesta ripugnanza in parte nascesse dal ricordarsi ella
D ^e il poco buon garbo usatole dalla Flaminia, quando le spedi
losina dei cinque scudi ; ovvero dalla disamenita de' suoi
ilia sua loquacita , dal suo portamento alleroso , dalla sua
Sv, vole testardaggine in allercare col padre; e via via. Ma
qual che ne fosse la ragione intima , il caso e che Maria non legava
con 1' altra , e che la sua presenza erale d' incompor labile rincre-
scimento.
Flaminia air opposto , per uno di que' bizzarri contrasti che dir
sogliamo scherzi della natura, non prima ebbe veduta lei e uditala,
che da un irresistibile impeto del cuore fu spinta ad amarla. Ella
non sapeva ne ii come ne il perche: ma al cospetto di questa misera
fanciulla, che innanzi di conoscerla volentieri avrebbe umiliata per
286 LA POVERELLA DI CASAMARI
prendersi a spese sue un' aura di vanita, ella si cambio in un' altra;
e non pure disraise ogni iattanza, e senti raorirsi qualunque voglia di
abbassarla , ma le si fe dolce e trattabile a paro di un' agnelletta.
Non ci era fumo di albagia o resticciuolo di superbia che le reggesse
piu nell'animo, appena volgeva un occhio a Maria. Anzi, tanla era la
virtu prestigiatrice di questa tapinella, che svegliarle un vivo attrai-
mento per se, e invaghirla della sua amista e compagnia fu una sola
cosa. E per questo Flaminia non ebbe requie, sino a che non la tiro
in disparte , e non fu libera di sfogarle quel certo che di passionalo
che le bolliva dentro, e che si risolveva in una accesissima brama
di farsela arnica e di guadagnarne la confidenza.
Ne le dimande, con le quali incomincio a manifestarle questa sua
amorosila, erano senza scopo. Pian piano, e quasi per tentarne la
mente, ella studiavasi di dare un tal giro al discorso, che cadesse
come da se in un invito a venire in Roma, a stabilirsi in casa sua e
a convivere con lei, che le sarebbe stata in luogo di tenerissima so-
rella. Quindi avvislasi che la corda della infelicila di Maria non ri-
spondeva bene all' intento suo, lascio di loccarla ; e ne cerco un'allra
che tornasse meglio in acconcio del suo disegno. Se non che sul bello
delle sue indagini, ambedue rimasero atlerrile dagli strilli e da' pian-
ti che si alzavano di la dall'andito. Perche levatesi ambedue corsero
sgominate alia volta della cucina.
XXXVII.
Mentovammo gia a luogo suo i rumori che la mattina di quel
giorno dei venlidue Gennaio si erano divulgati nelle circostanze di
Casamari; che cioe i Piemontesi, posli sotto il governo del generale
di Sonnaz, marciassero a gran cammino dalla cilia di Sora e dal
borgo dell' Isola, per sorprendere i Regii acquarlierati nella Badia.
Queste novelle dubbiose, ma niente improbabili, si sparsero in un
baleno da un casolare ad un altro : e, come suol intervenire delle
voci popolaresche le quali crescono in dismisura a mano a mano che
si allargano , ogni momento d' ora ingrossavano per forma, che sul
mezzogiorno tutti i conladini del vicinato , non che tenere per pros-
RACCONTO STORICO BEL 1860 E 1861 287
simo 1' arrive di quelle temulissime soldatesche , ina con la fantasia
ne udivano lo strepito del tamburi e delle trombe , e dalla lunga
scorgevano i pennacchietti del Bersaglieri, e per poco non si seutia-
no stordire dal rimbombo delle artiglierie. Di che lo sgomento era
universale, e lutti stavano all' erta, quali per fuggire e quali per as-
serragliarsi nelle stalle o nascondersi dentro i fienili e i riposligli
delle grotte.
Yito, che cosi nominavasi il capo della casa ov'era ospilato Pelle-
grino, tor no dal campo in quell' ora con la testa piena di si fatte no-
tizie paurosissime : e in un subito, riferendole ed esagerandole, eb-
be invasato la moglie e le figliuole di tanto terrore, che queste ur-
lando e scarmigliandosi proruppero nel piagnisteo lamentevole , il
quale fe gelare il sangue ai due uominl che conferivano sopra nella
stanzetta, e alle due giovani appartate di dietro nella rimessa.
Quando Traiano, bianco in faccia come un panno lavato, dal mez-
zo della scala vide la massaia in ginocchio battersi la fronte e pro-
tender le mani supplichevoli ad una sacra immagine pendente dalla
parele , e appresso lei le due fanciulle che si dislrecciavan la chio-
ma e stride vano smaniosamenle, si fermo quasi col to da un fulmine
e : — Che c' e? o Dio, che avete? chiedeva con gli spiriti ristretti e
incerto se dovesse finir di scendere; ma che e questo?
- Ah, signore, i Piemontesi sorio nella Badia! grido la donna
singhiozzosamente; prima di sera Dio sa che sterminio avranno fatto
di noi! Ci avranno scannate tutte. 0 Vergine Santissima! salvatemi
voi queste mie ragazze : ah poverette noi ! Gesu Cristo benedetto ,
libera nos Domine dai nemici voslri ! — E qui nuovi scoppii di
pianto e doglianze acutissime, alle quali facevan coro i lai delle due
forosette che basivano di femminile sbigottimento.
- I Piemontesi ! in Casamari ! ma voi sognate; brontolava Traia-
no sforzandosi di fare V incredulo e il disprezzatore coraggioso di
quello spauracchio.
- Sogniamo ? salto fuori a rispondere Vito che stava ammuc-
chiiindo tronconi di albero per isbarrar Tuscio; i Piemontesi halli
veduli il garzone del compare mio distendersi per la china della Ma-
donna del Reggimento ; e sovvi dir io che e' vogliono abbruciar il mo-
288 LA POVERELLA DI CASAMARI
nastero, sgozzare i frati e fucilare tutti i cristiani die inconlreranno si-
HO a Veroli. Ma io il sangue mio e delle raie ragazze lo vendero caro !
In questa sopravvennero dal portico nella cucina le due giovani.
Maria, intesa appena la spaventevole novita , compresse uno strillo
d' orrore che le scappo inavvertitamente, e messasi per la scalelta
Yolo al capezzale di Pellegrino. Flaminia impallidi ancor cssa, e,
immobile tra un'imposta della porticella e un cassone a panca, gua-
tava con occhio trepido il padre che riguardava lei come uno imba-
lordito. — Noi, che facciamo noi? gli dimando ella poscia con una
vociolina esile e tremolante.
— Lo chiedi a me? ah trisla cocci uta ! ecco il frutto delle tue
caparbieta ! Se non era la tua caponaggine, noi ora saremmo in Ve-
roli.
— Bene, mi piace ! lo rimbecco con una smusalura da imperma-
lita; tulto il male gia sempre ho da farlo io. Se il cielo cascasse,
mia sarebbe la colpa. Dunque restiamo anche noi con quesli conta-
dini, ed aspetliamo che i Piemontesi vengano e ci trucidino con le
baionette.
— Che baionette! che trucidare ! I Piemontesi, corpo di un can-
none, sono soldati onoratissimi ; leoni nei campi di battaglia, ma fio-
re di galantuomini verso la gente pacifica. Non torcerebbero un' ala
a una mosca !
— Si eh? si eh? gli die sulla voce la massaia un po' piagnente
e un po' scandolezzata ; non torcerebbero un' ala a una mosca ? Belli
i miei galantuomini che ammazzano, rubano, scannano, incendiano
e fanno piu strage di persone innocenti essi in un' ora , che non ne
farebbe in un mese 1' esercito di Satanasso !
- Cotes te sono calunnie belle e buone.
— Perdonate; ma voi non li conoscete; ripiglio il villano; noi ve-
diamo e sentiamo tuttodi gli Abruzzesi che a turbe calano dalle mon-
tagne, e si ricoverano in questi sili per fuggire dai Piemontesi : e ci
narrano cose che fanno riprezzo. Da dieci in su sono i villaggi ri-
dotli in cenere: tutte le chiese profanate, che manco i Turchi non le
contaminerebbero in quel modo: quanti montanari afferrano, tanti ne
moschettano. Le capanne, i granai, le masserie, i fienili tutto messo
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 289
a sa^co e a fiamme. E un finirnondo ! lo ho parlato con un pover' uo-
mo a cui hanno squartata la moglie, e ucciso il fratello prete mentre
dava 1'assoluzione a un vecchio ferilo. E il resto che fanno que' dia-
voli scatenati, non ve lo dico perche il lotto e basso^e voi mi capite.
— Pur troppo grandi nefandita si commettono ; lo so aricor io !
soggiunse Traiano; ma non dai Piemontesi.
- E da chi dunque ?
— Dalla marmaglia che si e mescolala con loro, e che vitupera il
loro nome e la loro bandiera. Credete a me, il vero soldato sardo e
bravo, e onesto, e cristiano.
— Se i Piemontesi sono 1 cristiani che pretendele voi , e perche
allora tengono con se tulto questo lezzo di sporchi e ladri sgherracci?
- Per necessita di politica. Che volete? nessuno e padrone in
questo mondo di fare cio che andrebbe falto.
II valentuomo aveva un bel dir egli. Intanto che scaldavasi a la-
rare le amplificazioni di quei rozzi ingegni, a lui pero rion baslava il
cuore di fare pur capolino dall' uscio o dalla fmestra , e mendicava
mille scuse per differire la sua tornata in Veroli, e prender lingua in-
nanzi di avventurarsi al passo di Gasamari. Al termine di un' ora e
mezzo si fu in chiaro, che i Piemontesi non erano apparsi , e che le
milizie spuntate dall' allura del colle intorno la chiesolina, delta la
Madonna del Reggimento, erano quelle dei Napoletani che, apparec-
chiandosi a disalloggiare dalla Badia, spiavano il paese. Quest' an-
nunzio rassereno alquanto Traiano. Fu losto sopra apigliare comiato
daU'infermo, il quale, per la distretla angosciosa, si dibalteva in un
parosismo di convulsione, ed era quasi privo di senlimenlo; e rimon-
tato in calesse con la figliuola, si rimise in istrada. II viaggio riusci
prospero. Ma sull' imboccare la porta della citla egli fu scosso da un
cupo e lontano fragore , che somigliava al rimbombar del cannone.
Si fermo: stette in orecchi. Ghe dubitarne? II cannone rintronava
dalla banda di Casamari.
Serie V, vol. X, fasc. 339. - 19 26 Aprile 1864.
I LIBERALI
E LA LORO TOLLERANZA
Se deirinlrinsichezza, della fratellanza, e quasi non dicemmo della
medesimezza che passa tra il diavolo e i liberal! non ci fosse altro ar-
gomento, che questo palpabile ed evidente della pretensione comune,
che 1'uno e gli altri si arrogano, di voler per s6 e per i loro principii
quell' inviolability, quel rispetto , quel culto che poi negano a Dio
stesso e al suo Cristo; questo solo argomento dovrebbe, pare a noi,
colpire colla sua luce gli occhi ancor piii accecati dal fumo, onde le
teorie liberalesche hanno ingombrala oramai tutta Talmosfera, che
anche, pur troppo, molli non liberali respirano. Tra i quali parecchi,
a forza di sentir dire in ogni lingua ed in ogni metro che i liberali
vogliorio la liberta di coscienza , la liberty dei culti , la liberta delle
opinioni, la liberta del pensiero, hanno finito col credere che i libe-
rali non odiano poi in fine altro che 1' intolleranza. Del che non paio-
no poi tanto a riprendere : se anzi non fossero da lodare siccome
propagatori e vindici di quella bonta e mansuetudine e tolleranza
universale , la quale non si puo negare che , almeno in maschera ,
non sia molto simile a quella carita e fralellanza comune di cui e
pieno il Vangelo.
Or quesli ingenui sono pregati di voler ben por mente, che noi qui
non prendiamo per nulla ad esaminare quanti brutti equivoci covino
sotto quelle belle parole. Noi non intendiamo qui di cercare quanto
I LIBERALI E LA LORO TOLLERANZA 291
sia evangelica la tolleranza , e qual dislinzione sia a fare tra lolle-
ranza e tolleranza. Noi noa vogliamo qui confutare nessuna delle
dottrine liberalesche o semi-liberalesche, piu o meno vestite alia po-
litica ed all' ascelica. Sia pure che la liberla e la tolleranza del cul-
ti sia una virtu. Non e per ora questa la nostra quistione. Noi vo-
gliamo ora solamenle esaminare se la tolleranza e la liberla dei culli,
qual essa e professata e praticata dai liberali, anziche una tolleranza
evangelica non sia piutlosto la tolleranza del diavolo, che abballe tutti
gli allari del vero Dio, perche non resti in piedi allro che il suo. E in
verila, ci pare che saremo altarnente disgraziati se in quesle poche
pagine non riusciremo a far toccar con mano anche ai piu schivi, ai
piu preoccupati, ai liberali medesimi, che siccorae il diavolo negando
a Dio ogni soggezione ed ogni culto e a Lui ribellandosi e coniro dl
Lui cospirando liberalescamente, vuole pero esser adorato egli me- •
desimo e trova ancor adesso, come gia trovo nei tempi del paganesi-
mo, nei paesi stessi piu cristiani, dei liberali assai che i'adorano
formalmente con esecrandi misteri ed orgie sacrileghe; cosi i liberali
medesimi suoi figliuoli spiritual! e fidi colleghi, mentre colla loro li-
berta di coscienza negano di fatto ogui culto determinato, pretendo-
no pero di essere adorali essi stessi , ergendo in articoli di fede le
loro dottrine e se medesimi in sacerdoli inviolabili del culto liberti-
ne, ed in inquisitori general! contro 1' eretica pravita di chiunque osi
non pensar come loro.
La liberalesca prelensione di voler essere trattalo come un Dio (si-
milis ero Altissimo) nacque nei diavolo, siccom' e noto, in cielo stes-
so. Onde essendo slato percio , secondo il suo merito-, vergognosa-
mente cacciato, eccolo subito alia seconda riscossa nei paradiso ter-
restre , dove pretese che T uomo avesse in lui, diavolo e serpente,
quella fede che egli non voleva che si avesse in Dio stesso , cui oso
dare una mentita con quel suo Nequaquam moriemini. Famoso ne-
quaquam! II quale ispiro poi tutti i liberali avvenire che da esso
impararono a mentire poi sempre e sfacciatamente ; ben sapendo
coll' esempio del diavolo che a dir bugia si guadagna sempre qual-
che cosa. Guadagoo infalti il diavolo con quel suo Nequaquam che i
primi uomini volendo anch' essi, come il diavolo, essere Dei (eritis
I LIBERALI
sicut Dii) , si trovarono invece poco dopo nella necessita cli vestirsi
con pelli di bestie. E allora fu che Dio voltosi ad Adamo : Ecce
Adam, disse, quasi units ex nobis faclus est; « Ecco Adamo che e
diventato quasi un Dio ! » Da Adamo a Cristo chi non sa che il dia-
volo voile ed ebbe , in pressoche tutto il mondo , altari , sacrifizii e
sacerdoti? Ma quel diavolo che avea trovato troppo esigenle il Si-
gnore , perche in segno di obbedienza e di culto aveva volulo che
Adamo si astenesse da un porno ; quel diavolo stesso, in segno di ob-
bedienza e di culto a se medesimo, voile poi alia liberalesca sacrifizii
a migliaia di sangue umano. E quando , per redimere gli uomini
dalla tolleranza diabolica, apparve in terra la benignita del Salvatore
nostro Gesu Cristo, subi to il diavolo gli si fece innanzi, offerendogli
ogni cosa purche si prostrasse dinanzi a lui e 1'adorasse : Omnia tibi
dabo si cadens adoraveris me. Tanto il diavolo e smanioso di essere
adorato! Non possono e vero chiedere simili adorazioni i liberali. Ma
emulando, il meglio che possono, gli esempii palerni del diavolo, i
liberali promettono anch' essi annessioni, regni, imperi, avvenimen-
ti al trono, ogni cosa anche ad allissimi e regii personaggi , purche
cadentes adorent illos. Si pieghino i pretendenti ad alte imprese, si
pieghino ad abbassarsi fino nel fango delle selte ; cadano nelle tra-
me dell' immensa rete massonica : prostituiscano il loro nome ono-
rato perche sia poslo in fila colla feccia dei ladri e degli assassin!
nella matricola libertina ; si facciano liberali : cadendo adorino la
satanica frammassoneria, e i liberali omnia dabunt : daranno tutto.
Cioe, promelteranno tulto; mantenendo poi alia liberalesca questo
solo , di conservar il dirilto sopra chi e dei loro , di menar loro pei
fianchi un pugnale , ogni qual volta osino scostarsi d'un dito dalla
cieca e cadaverica obbedienza settaria.
Ma rilornando alia tolleranza del diavolo, siccome da Adamo a
Cristo egli avea preleso e in gran parte ancor oltenuto di esser ado-
rato come Dio dagli uomini da lui sedolti, che negando al Signore del
cielo e della terra il tenue tribute filiale di cui Dio si conlentava, si
conducevano pero da schiavi verso il diavolo, cui erano prodighi in
empii sacrifizii del loro sangue stesso e della vita ; cosi ancor dopo
Cristo fino a noi, mai il diavolo non ha rinunziato alia pretensione di
E LA LORD TOLLERANZA 293
voler essere formalmente adorato. E cosi non 1'avesse ollenuto e non
lo slesse ancor di fatto ottenendo ! Ma e cosa nolissima ad ognuno
che, non solo nelle barbare e pagane region! idolatriche, ma ne' pae-
si stessi piii civili e piu cristiani, sempre il diavolo trovo sotto diversi
nomi or di stregoni or di frammassoni , fedelissimi senitori ed ado-
ratori. Ed ancor presentemente, nelle nostre stesse con trade piu ci-
vilizzate e nelle cilia piu cristiane, si celano nei covi massonici i piu
orrendi ed esecrandi misteri che mente umana possa immaginare
a culto sacrilego dello slesso diavolo. II quale non si contenlando
d' esser adorato in segrelo , esce talvolta air aperto; e nei ritrovi si-
gnorili e nelle sale alia moda riscuote applausi, nella persona de' suoi
posseduti, e nelle meraviglie apparent! delle sue fautasmagorie di ta-
vole e di matite. Giusto casligo della superba vanita dei supposti
grandi uomini di questo tempo, che osano compatire ai secoli andali
come a secoli d' ignoranza !
Ma basti 1* aver accennato qui questo punto tan to per far toccar
con mano ad ognuno che il diavolo, come gia pretese in cielo, e poi
nei paradiso terrestre, e quindi avanti e dopo Cristo, cosi ancor pre-
sentemente e sotto i nostri occhi, pretende per se quel culto che ne-
ga al vero Dio.
Or veniamo ed esaminare se per caso non accada per Tappunto il
naedesimo ai nostri buoni liberali, lolleranli, (chi nol sa?) mansueti,
evangelici, nemici giurati d'ogni violenza fatta alia coscienza propria
ed aU'altrui. E quanto al vantare a parole la tolleranza e la liberta
dei culti, crediamo difficile il pur immaginare, che essa si possa pro-
fessare piu ampiamente di quello che la professino ora i liberali.
I quali si puo dire che in questo solo punto della tolleranza si trin-
cerano come in baluardo inespugnabile. Sopra tutto il resto noa
hanno talvolta difficolla di transigere. La liberla politica la sacrifi-
cano volentieri , quando cio loro serve, alia dittatura. La liberta di
stampa 1'abbiam vista abolita anche in Italia. Della liberta della di-
fesa nelle cause criminal!, quando si tratta di reazionarii veri o sup-
posli, si sa che se ne puo far a meno. E, per dir tulto in una parola,
lo stato d' assedio, che e una sospensione generale di tulte le liberta
liberalesche , e un' arma sempre sfoderata in mano ai liberali. Ma
294 I LIBERALI
quando si tratta della liberla di coscicnza, non ci e luogo ad eccezio-
ni, ne a Iransazioni. Questa e la liberla che nelle teorie libertine dee
sempre rimanere a gaila, anche nel iiaufragio generale dello stato
d' assedio. E se non siamo male informal!, questa condizione deH'aai-
metlere il gran principio della liberla di coscienza e la condizione sine
qua non deirammissione di un chicchesiasi nelle logge Kiassoniche.
'Quando alcuno e invitalo gentilmente a diventar frammassone, acca-
de iion di raro che egli s' inalberi e quasi si offenda e dica « Come?
A me questo invito? E non sapete che io sono buon catlolico, buon
legiltimista, buon suddilo? » « Siate quello che voi vi vogliate » ri-
sponde allora, con civile tolleranza, I'arrolatore. « Niuno vi dimanda
che rinunziate alia vostra fede polilica o religiosa. Noi abbiaino tra
noi dei lurchi e dei crisliani , degli atei e dei giudei. Ciascuno e li-
bero. Solamenle accettate voi il gran principio della liberta di co-
scienza? » Colla profonda educazione leologica e filosofica che ora e
alia <moda, e-ckiaro che, a questa inaspettata condiscendenza, il buon
neofilo dee rispondere : « Se le cose sono cosi , se io posso esser
buon caltolico e buon suddito e solo da me si cerca che io non impe-
disca che allri sia, se gli piace, ebreo o lurco; se da me non si esi-
ge altro che la professione del gran principio della liberta dei culti,
io non vedo perche io debba rifiutare di enlrare nelia vostra oriorala
loggia. »
Ma, checchesia di questo, il certo e che voi in niuna cosa trove-
rele i liberali d' ogni .pelo tan to concordi, quanto in questa dell' am-
metlere come articolo di fede la liberta di coscienza. Tanto che da
questo lato solo si avvera che il liberalismo (almeno di nome) pare
accomunato anche ai tuU'altro che liberali; trovandosi molti, che per
fermo non son liberali, i quali, in queslo punto, parlanocome i libe-
ralissimi. Ma non volendo discorrere di questi buoni ed anzi oltimi
caltolici, ai quali non si potrebbe far torto maggiore che il cbiamar-
li, quel che non sono7 liberali; e cerlo pero che tulti i veri liberali,
se in altre cose si accapigliano fra di loro, in questa della liberta di
coscienza hanno una sola lingua ; e se al-le altre loro teorie ammet-
tono temporanee eccezioni, a questa non rinunziano mai; non trovan-
dosi caso nel quale un liberale degno di questo nome possa essere
E LA LORO TOLLERANZA
sforzato ad aminettere che della liberta di coscienza si puo far a
meno. E, quello che e piu maraviglioso, seun Re qualunque siasi ,
anche il piu dispolico del raondo. vuol esser lodato altamente e trat-
tato quasi come un eroe dai giornali liberali , non ha da far altro
che dar pretesto a credere ch' egli ha falto o sta per fare un atto
qualsiasi in ossequio della liberta di coscienza; quest' atto 1'assol-
vera plenariamente da ogni colpa antiliberale. Se poi un Re, anche
il piu liberale del mondo, e costituzionale quanto volete, si crede in
diritto di lasciar applicar la legge che conduce in galera chi e trova-
to a predicar 1'eresia a'suoi sudditi cattolici, quel Re, o quella Re-
gina che sia, perde issofatto ogni aureola di popolarita liberale; e
non raancheranno organizzatori di pellegrinaggi di penitenza per
otleoere la conversione di un Re o di una Regina cosi nemica della
liberla di coscienza. Si puo dunque conchiudere che la liberta di
coscienza e la dama dei diurni e nolturni pensieri dei nostri cava-
lieri erranti del liberalism*) d' ogni generazione.
Ma siccome accadeva lalvolla ai cavalieri erranti che , credendo
di correr dietro alia dama de' loro pensieri , perseguitavano invece,
per inganno magico , qualche perfida Strega di vecchia , a cui non
aveano mai pensato neanche in soguo ; cosi i nostri liberali , non per
inganno diabolico, ne per istregoneria, ma per loro libera elezione ed;
a ragion veduta, mentre a parole professano di ardere di amore per
la liberta di coscienza e per la tolleranza, \anno invece perduti die-
tro a un tal mostro di barbara iulolleranza e di fanalismo feroce, che
al loro paragone Maometto fu un agnello.
E in prinia e cliiam che, siccome il diavolo, cosi i liberali , dalla
loro lolleranza e dal loro rispetto di tutte le opinioni e di tutti i culti
eccettuano la sola opinione vera e il solo culto legitlimo che e la reli-
gione cattolica, fondala da Gesu Crislo, nella quale sola si adora vera-
raenle il vero Dio. E questa loro eccezione abbastanza strana, perche
si eslende al piu e al meglio delle umane cos<-ienze , questa loro ecce-
zione non avremmo punto bisogno di dedurla logicamente dalle loro
teorie o di provarla lungamenle coi loro fatti, professandola essi slessi
apertamente colla loro espSicila confessione. Giacche e noto che iilibe-
rali vanno ogai di slampaudo sui loro giornali, che essi non possono
296 I LIBERALI
in coscienza comprendere nel loro universale rispetto di lutli i culti,
anche il rispetto del culto cattolico, perche il culto cattolico e il solo
(dicono essi) che non ammette la tolleranza degli altri culli. Sloltis-
siino argomento ! Giacche, lasciando stare essere falso che la sola
religione caltolica sia quella che non professa la tolleranza degli allri
culti , trovandosi raolte false religioni , le quali arrogano a se stesso
questo, che nonpuo essere che privilegio esclusivo della unica vera;
lasciando stare che queste altre false religioni, benche veramenle fa-
natiche e intolleranti, sono pero dai liberali allamenle rispettate e tol-
lerate ; lasciando stare che non si puo dare concetto vero di religione
e di cullo senza che in esso , logicamente parlando , si comprenda
1' esclusione di ogni altro culto e di ogni altra religione ; donde viene
per conseguenza che , se i liberali hanno da lollerar quelle sole reli-
gioni che ammettono la tolleranza, non ne hanno in verita da tollerar
nessuna; lasciando star tutlo queslo , come va che almeno i liberali
non si accorgono che il loro argomento e un argomento liberate cioe
traditore , il quale si ribella proditoriamente conlro i suoi stessi ge-
nitori? Giacche, se i liberali credono poter ecceltuare dal loro rispet-
to e dalla loro tolleranza la religione catlolica, perche questa non am-
metle la liberta dei culti ; da questa loro opinione scende per diritto
filo di logica che i liberali non sono tollerabili in questo mondo , se-
condo i loro stessi principii. Infatti non sono essi per la liberla di
coscienza? Non dicono essi divoler rispettare lutte le opinion! ? Or
bene sappiano che a questo mondo ci e un' opinione molto coscien-
ziosa, come si dice adesso, e mollo generale, in quanto e I' opinione
di tutti i buoni caltolici , la quale opina fermamente e coscienziosa-
mente che i liberali sono il flagello del genere umano. Or perche non
rispettano essi questa opinione? Perche non si vanno a riporre per
obbedire a questa pubblica opinione che e molto stanca dei fatti loro?
Ma noi vogliamo essere tolleranti; e per modo di tolleranza logi-
ca concederemo che i liberali possano esislere in rerwn nalura a
dispetto dei loro stessi principii, che ne li escludono. Solo vorremmo
che, poiche essi ammettono un principio contraddillorio e, per cosi
dire, suicida e micidiale di se medesimo, il quale professando la teo-
rica e dommatica tolleranza di ogni cullo insieme, li Yieta di fatto
E LA LORO TOLLERANZA 297
e li annichila tutti, si appigliassero poi in pratica ad una sola delle
due alternative dialettiche che scaturiscono dal loro bel principio.
II quale, o si piglia nel senso della tolleranza vera di tutti i culli, e
allora dovrebbe condurre i liberali a tollerare anche il culto cattoli-
co; o si piglia nell'altro senso della distruzione vera di ogni culto,
e allora dovrebbe allontanare i liberali dalla ridicola pretensione che
hanno di fondare un culto nuovo al loro esclusivo servizio. Ma i
liberali sono cosi fatti che a niuna delle due alternative si attengono,
pigliando invece la via di mezzo che si oppone ad ambedue. E la via
di mezzo scelta dai liberali si e di perseguitare dall'una parte, a nome
della tolleranza universale, accanitamente il culto cattolico, edall'altra
parte di fondare, parimente a nome della tolleranza universale, un
cerlo loro nuovo culto esclusivo d'ogni altro, che si puo chiamare il
culto libertino ; dando cosi essere e forma ad un aborto tale di
eontraddizioni da personificare in esso e concretare quello spirito
di bugia, che e il loro fiato soffiato in essi da chi e padre loro e della
menzogna.
Non accade certamente che noi spendiamo di molte parole per di-
mostrare che i liberali si tolleranti, si mansueti, si rispettosi di lutle
le opinioni, si zelanti apostoli della liber ta dei culti, perseguitano
pero il culto cattolico, potremmo dire peggio dei Diocleziani e dei
Neroni. Giacche non crediamo che ne Diocleziano ne Nerone ab-
biano mai dato si bel saggio della loro tolleranza , quale fu dato
dai liberali ovunque si poterono liberalescamente sfogare ; sicco-
me accadde, per esempio, nel secolo passato in Francia , e nel pre-
sente in parecchie repubbliche americane. E dove non possono mo-
strare la loro tolleranza colla mannaia, cogli annegamenti, colla di-
struzione dal suolo delle chiese , coll' abolizione totale, sotto pena di
morle, di ogni segno di religione cattolica ; tentano almeno di oppri-
merla con sapienti leggi , secondo che ora accade in tante parti e
specialmente in Italia. Questa loro sapiente oppressione si esercita
coll'inceppare ogni liberta cattolica, sopprimendo gli Ordini religiosi,
incamerando i beni ecclesiastici , impedendo la nomina dei Vescovi
e dei Parroci, legando da ogni parte la Chiesa, si che non possa ne
muoversi ne parlare. Venite; sapienter opprimamus eum. Cosi di-
298 I LIBERALI
ceva [Exod. I, 10), a riguardo del popolo ebreo, 1'empio Faraone.
E questo e ora il piano strategico del liberali verso il culto cattolico:
secondo ch' essi debbono aver imparato dal Re egiziano. II quale
appunto penso che, se egli potea opprimere il popolo ebreo sapiente-
menle, cioe senza violenza e senza ruraore, alia quiela e con astuzia,
ne avrebbe avuto fama di principe savio e avrebbe oltenuto allo
stesso modo il suo volere. Cosi fanno, o meglio cosi lentano ora di
fare, i liberali. Essi ben vedono che non e ancor giunto il tempo di
menar di nuovo le mani alia repubblicana, distruggendo a dirittura
le chiese e macellando i sacerdoti , siccorae poterono fare nella li-
bera Francia nel bel secol d'oro del loro trionfo libertino. Percio usa-
no politica e cercano di opprimere sapientemenle la Chiesa. Ma non
riescono a moderarsi tanto, che di quando in quando non moslrino
gli unghioni e la coda velenosa, per quanto si mantellino alia civile.
E percio udiamo ogni poco di qualche sacerdole assassinate, di qual-
che chiesa profanata , di qualche santa immagine violata. E gia si
comincia in alcune cilia a spezzare rabbiosamente i Crocefissi , e a
far cancellar dalle mura le immagini di Maria e dei Santi, quasi per
tentare il guado e veder se e possibile il passo al peggio cbe si me-
dita. Tulto effetto di tolleranza delle opinioni e della liberta dei culti.
Pur questo saria poco se poi almeno i liberali, colla voce rauca per
il loro conlinuo bestemmiar contro la Chiesa, non traessero innanzi
piagnuccolando che non 'si usa abbas tanza carita con loro : e colle
mani lorde di sangue cristiano e sacerdotale non menassero le di-
sperazioni e le tragedie conlro la prelesa intolleranza cattolica. La
sfacciataggine dell' adultera , quae (Prov. XXX, 20) comedit et
tergens os suum dicit: non sum operata malum , e pudor virginale
a paragone della sfrontatezza liberlina di costoro. Dite : ci fu mai
al mondo inquisizione piu fastidiosa della vosira, o liberali, i quali
\i ficcate perfino nei confessionali a inqtiirere sopra le assoluzioni,
e perfino state ora stesso occupati a cercare a chi debba il sacerdo-
te dare o non dare la santa Comunione? Voi parlate della strage di
S. Barlolomeo. Pensate alle stragi voslre di Francia e di S. Callislo.
Voi compatite ai mali erelici tormentati e uccisi pei lorodelitti. Com-
patite invece alle migliaia di claustrali , che voi anclate ogni di cac-
E LA LORO TOLLER ANZA 209
ciando dalle case loro, e di sacre vergini che voi fate presentemente
morir di fame. Gli ebrei e i mori cacciali dai paesi cristiani vi muo-
vono a pieta. Impietosilevi pluttosto per i tanli Sacerdoti, Vescovi e
Cardinal! che voi sbandite dalle loro sedi e carcerate senza processi.
11 palazzo del S. Uffizio vi fa orrore. Inorridite invece delle cenlinaia
di carceri e di caserme onde voi popolale ogni paese dove ponete il
piede. Badale ai fatli vostri,o liberali. Tergetevi dalla bocca la
schiuma delle vostre rabbiose coqlinue bestemmie, prima di venirci
a parlare di mansueludine e di carita. Scuotetevi dalle mani il san-
gue cristiano prima di venire ad insegnar alia Chiesa la lolleranza.
Rimpoverite, reslituendo il rubato a Dio e ai suoi lempli , prima di
predicare altrui il distacco dai beni di queslo mondo. Smettele i pu-
gnali e le bombe, e poi venite a rimproverar alia Chiesa 1'uso delle
armi temporali. Allora forse portera ii pregio d'illuminare pacatamen-
le 1'igQoranza vostra sopra i pretesi abusi d' intolleranza e di inquisi-
zione, di che voi chiamate in colpa la Chiesa. Ma finche siete quegli
intolleranti , quei crudeli, quei feroci persecutor! della Chiesa e del
cristiani che le vostre opere dimostrano , voi non avete dirilto ad al-
tra risposta che a quella famosa, la quale non si puo negare che non
sia evangelica : Hypocrita ! Eiice primum trabem de oculo luo : et
tune prospicies lit educas feslucam de oculo fralris tui.
Ma cio che mette il colmo all' insolenza liberalesca si e che co-
storo, dopo aver professata la liberla dei culli ela tolleranza di lutte
le opinioni, non contenti di praticar questa tolleranza e questa liber-
la, col distruggere di fatto ogni culto e col perseguitare ferocemen-
te quei solo culto cattolico che non possono distruggere, pretendono
ancora di fondar essi stessi un nuovo culto, una nuova religione,
alia quale attribuiscono, senapre di diritto e dove possono ancora di
fatto , quella protezione esclusiva e quell' intolleranza feroce di cui
accusano il culto cattolico. La cosa e abbastanza curiosa e merita
di essere alquanto considerata.
Se ben si mira, ogni teoria ed ogni fatto liberalesco tende di nalu-
ra sua e nell' intenzione dei liberali , a fondar nel mondo una nuova
religione , la quale ha da essere la sola religione ; non gia la reli-
gione della maggioranza , come ancor si contentano di ammettere
300 I LIBERALI
essere la caltolica in certi paesi; ma la religione dello Stato, la reli-
gione unica, la sola tollerata, la sola protetta, ad esclusione totale di
qualsivoglia altra. Questa miova religione non puo chiamarsi altri-
menti che la religione liberlina. La quale ha ormai i suoi dommi , i
suoi propagator! , i suoi proteltori , i suoi eroi , i suoi marliri , ma
speeialmente i suoi inquisitori.
E quanto ai dommi si sa che i grandi principii dell' 89 sono ora-
mai tutti articoli di fede , i quali chi osa negare , ha subito per lo
meno la patente d' imbecille. Si puo negare 1' esistenza di Dio senza
cessare (almeno a Parigi) di essere per quesio un grand' uomo. Ma
se si nega la sublimita, la profondita, la larghezza e la lunghezza dei
grandi principii dell' 89 , siete spacciato. Foste anche il piu gran-
d' uomo del mondo, un solo dubbio che voi emettiate modestamente
sopra T eccellenza , la verila , la vaslita , la inviolabilita de' grandi
principiideir89, basta a dichiararvi indegno di vivere in questo se-
colo. Crediamo che si arrivera a fare in ogni citta come una specie
di ghetlo, dove saranno rilegati quegli sciocchi, che ancora dubitano
della nuova creazione che e accaduta nel 89. Per ora e certo che,,
per Uiberali , chi non ammette che il mondo ha cominciato ad aver
1'uso della ragione nel 1789, e un fossile, un rimasuglio dell' eta di
pietra, uno che non conla.
Stabilito cosl il credo liberate, ne sono venuti gli apostoli e i pro-
pagatori; e ve ne ha di tutte le sorte. Yi sono i propagatori filosofi e
teologi , i quali ne dimostrano la verita , se occorre , anche con
S. Tommaso. Ma questi fanno poco frutto. I propagatori piu operosi
sono i giorualisti , i quali hanno inventato il nuovo genere di dimo-
strazione che consiste nell' affermazione e nella supposizione che
ogni cosa da dimostrare sia gia dimostrala. Vengono poi i fedeli
semplici che giurano sopra ogni giornale che leggono, e avendo udi-
to dire che non si puo essere grand' uomo senza tenere per certo
che i principii dell' 89 sono grandi principii , li inghiottono sani
sani e senza maslicarli, come una pillola dorata ; chiudono gli occhi,
fanno 1'atto di fede e lanto basta.
Ouesti buoni fedeli sono poi animali continuamente nella fermez-
za del loro cieco credere dall' esempio che e loro proposto innan-
E LA LORO TOLLERANZA 301
zi dall'ascetica liberale nelle leggende e nei martirologi dei loro
eroi e dei loro martin. Quesli variano secondo i tempi. Ora , per
esempio , per esser mar lire liberale , ci vuol poco. Basla una pas-
seggiata piu o meno trionfale , a traverse i campi , da Roma a Co-
rese. Se poi arrivate fino a Torino siete un fenomeno. Ma prima ci
voleva qualche cosa di piu. Un po' di forca , un po' di galera , un
po' di ergastolo almeno era cosa indispensabile. Senza questo non
si era martire. Ora chi ha avuto una ferita in un piede puo andar
in Inghilterra ed e certo di metter a rumore tutta la frammassone-
ria o vogliam dire la mascalzoneria europea. Ad ogni modo, o poco
o mollo che ci voglia per esser martire e sanlo ed eroe liberale , e
certo che la nuova religione, se manca di morale , non manca ne di
articoli di fede, ne di santi canonizzati.
Ci sono poi i legislator! che pongono nei codici le idee liberale-
sche ; gli economisti che preparano il terreno alia seminagione della
mala pianla ; gli organizzatori di congressi che cercano rendere sem-
pre piu popolari le idee che gia attecchirono e far attecchire quelle
a cui i popoli paiono ancor ripugnare. Tra queste la piu felice e sen-
2a dubbio 1' idea dell' istruzione obbligatoria data dallo Stato gralui-
tamenle a tutli e per forza. Istruzione data graluitamente, perche co-
stera milioni ai privati, dalle cui borse il dio Stato la sottrarra. Istru-
xione obbligatoria, perche siamo in tempi di piena liberta. Chi si puo
figurare il progresso che fara la religione liberalesca, quando tutti i
bimbi di Europa , anzi del mondo, saranno costretti di andar alia
scuola dai frammassoni?
Ma qual e quella religione che possa far senza di protettori o in
cielo o in terra? E dunque naturale che la nuova religione liberalesca
se ne sia provveduta qui abbasso. Non occorre spendere qui mol-
te parole. Solo osserveremo di volo che i liberali , quando si tratta
della loro religione, non rifuggono dal braccio secolare, ne dall' ap-
poggio delle baionette, ne dalla protezione del temporale, neda tutti
quegli umani sussidii che, se sono usati a servigio della vera Chiesa,
eccitano si allamente la loro santa indegnazione. Dopo cio vede ognu-
no che neanche merilano di essere mentovate le decorazioni , e le
pensioni, onde questi nemici del temporale si fregiano volentieri T un
302 I LIBERALI E LA LORO TOLLERANZA
I'altro fraternamente. Oueste non sono che le quisquiglie e le bric-
ciole del banchetto che i banchettanti principal! lasciano cadere in
gola ai cani ed ai gatti di casa. Ma ogni cosa pero e buona per far
nuovi proseliti, e per rafforzar nella fede i titubanti.
Per quegli insolenti poi che, o non vogliono credere nella fede li-
berale, o si oppongono comechessia alia sua propagazione, ci e 1'in-
quisizione libertina, la quale ha varii gradi. Per alcuni basiano le
calunnie sparse furbescamenle per togliere loro ogni credito. Con
chi poi ha un credito si ben fondato che ci si spuntano contro le bu-
gie liberalesche, vi e la violenza. E percio, o si cacciano , o si pro-
scrivono , o si esiliano , o si carcerano , o si ammazzano , secondo i
casi. Bel tema d'un articolo sarebbe /' Inquisizione liberalesca! Ma
appunto perche T argoraenlo e si fecondo, non e questo il luogo altro
che di accennarlo.
Del resto , dal fin qui detto e gia abbastanza chiaro che i liberal!
sono ora in via di fondar un nuovo loro culto forzato, che si chia-
mera il culto libertino, o, se meglio vi piace , diabolico. Esso con-
sisie neir adorazione che tulto il mondo dee preslare ai liberal!
sotlo pena d' infamia e di peggio , e nell' adorazione che i liberal!
stessi debbono prestare al diavolo, come a loro capo e fondatore.
Questo nuovo culto non e insomraa che 1'effetto visibile della guerra
che sempre fece e fara a Dio ed alia Chiesa il diavolo coi suoi ca-
gnotti. II diavolo, come si sa, e destinato a perdere una tal guerra.
Ma in lanto veda ognuno, vedano i liberali medesimi, se essi hanno
ragione di vantare la loro tolleranza : essi che non esistono che per
distruggere, se il potessero, violentemente la Chiesa di Cristo e per
fondar violentemente una impossibile religione del diavolo.
ORIGINE
DELLA
DONAZIONE DI COSTANTINO
SECONDO IL DOLLINGER
Chi prendesse a narrare le favole cli' ebbero voga nel medio evo,
e la storia critica delle origin!, delle vicende e delle fortune che
sorlirono per lunghi secoli, fino ai di nostri, farebbe un libro non
solo curiosissimo a leggere, ma sommamenle istruttivo pei raolti
ammaestramenti che se ne potrebbono trarre. Benche, a dir vero,
1'impresa sarebbe tull'allro che agevole, e ben pochi avrebbero
forze da sobbarcarvisi e farvi buona riuscita : sia per 1' immense
campo che sarebbe da percorrere, giacche non v'e quasi avveni-
mento o personaggio , o istituzione , o citta , o famiglia , o castello
per poco illustre, intorno a cui la feconda immaginazione di quella
eta non abbia creato finzioni e miti ; sia pel vasto corredo di erudi-
zione, di perizia nelle fonti storiche e di senno critico, che si richie-
de a beri trattare un argomento di tal fatta e ad evitare il rischio di
non aggiungere oggidi nuove favole del proprio, neH'atto del censu-
rare quelle de' tempi antichi.
Di tutto cio puo far prova il recente volume del Dollinger intito-
lalo : Le favole del medio evo intorno ai Papi 1 ; che e appunto
1 Die Papst-Fabeln des Mittelalters etc. Monaco, 1863, In 8.° di pag. 15f ,
304 ORIGINE DELIA DONAZIONE DI COSTANTINO
un piccolo , ma bel saggio di quel che potrebb' essere il libro
teste immaginato. L'Autore, gia da piu anni noto in Germania
per dotti lavori di storia ecclesiastica, diviso di raccogliere dagli
studii preparalorii ch.e ha falto, die' egli nella Prefazione, per un'o-
pera di maggior lena, destinata ad abbracciare la Storia del Papato,
queslo manipolo di notizie intorno alle favole propagatesi nel media
evo riguardo ai Papi; pareiidogli che 1'unila dell'argomento, altesa
sopraltutto 1'imporlante e moHeplice influenza che tali favole, ben-
che disparate tra loro, tulte nondimeno esercitarono nella storia e
nella poesia, nella teologia e nella giurisprudenza di quell' eta, gli
desse buon diritto a comporne un libro a parle, con isperanza che
tornerebbe gradito al pubblico. II primo Capitolo e intitolato: La
Papessa Giovanna; e come la favola della Papessa e per avventura
il piu singolar fenomeno che nel mondo delle aberrazioni storiche
s' incontri , cosi 1' Autore sembra aver preso a trattarlo con amore
speciale. Seguono quindi altri otto Capitoli, inlilolati : // Papa Ci-
riaco; Marcellino; Costantino e Silvestro; La Donazione di Co-
slantino; Liberia e Felice; Anastasio II — Onorio I; Gregorio II e
I'lmperatore Leone Isaurico; Silvestro II. Qui termina il libro del
Dollinger; ma non dee gia credersi che qua si riducano tutte le fa-
vole, spacciate nei passati secoli intorno ai Papi. Oltre il favoloso
Papa Ciriaco, e da relegare nel paese dei sogni anche Dono II, o
Domno, o Bono, come altri il chiama, e che suol essere noverato
Terso il 973 tra Giovanni XIII e Benedetto VI, ovvero tra quest'ul-
tinio e Benedetto VII; avendo il Giesebrecht 1 e il Jaffe 2 dimostrato
dal riscontro dei Catalog! pontifical!, non essere questo Pontefice
mai esistito, ed il suo nome essere stalo intruso nella serie dei Papi
per isirano sbaglio di chi inter preto, come nome proprio, la voce
Domnus, adoperata da un Codice come nome appellative. E senza
uscire dal secolo X, quante fole non si 'sono divulgate ad infamia di
1 Jahrbilcher des teutschen Reichs unter der Herrschaft Kaiser Otto's IL
(Annali dell'Impero Germanico sotto il dominio dell'Imperatore Ottone II),
Berlin 1840, pag. 141.
2 Regesta RR. Pontificum. Berolini 1851, pag. 331. Puo vedersi anche il
"WATTERICH, Pontificum Romanorum etc. Vitae, Lipsiae 1862. Tom. I, pag. 6G:
SECONDO IL DOLLINGER 303
Sergio III, di Giovanni X, di Giovanni XI e di altri Papi di quel-
1' eta pur troppo sciagurata, ma resa Yiepiu infelice dalle calunnie
che la maldicenza o I'ignoranza fabbrico per denigrarla, e che si
odono ripetere da molti ancora oggidi, senza il menomo sospello di
falso ! Quante storielle nei secoli seguenli, inventate a carico di illu-
slri e santi Ponlefici! le quali ebbero lungo corso e celebrita non
solo per le bocche dei volghi, ma anche nelle scritture e nei libri, e
potente influenza esercitarono ed esercitano tutlaviain molte menti.
Ma non fu certamente disegno del Dollinger 1' abbracciare nei suo
libro tutte le favole, che dei Papi spaccio anche il solo medio evo,
e dare di ciascuna la storia critica ; do che sarebbe maleria di non
pochi volumi.
Intanto, a giudicar solo di quelle ch'egli tratta in queste pagine,
diciamo che, mentre da un lato esse confermano sempre piu la
fama di eruditissimo slorico, in cui 1'Autore gia da gran tempo e
meritamente venuto, dall' altro lasciano qua e cola desiderare non
poco di quella solidila di giudizio e rettitudine di critica , senza di
cui la doltrina poco giova a rischiarare le question! storiche , spe-
cialmente in cosi tenebrosa materia, qual sono di lor natura le fa-
yole. II breve spazio di un articolo non ci consente di esporre qui
tulti i punti in cui noi discordiamo dalle sentenze dell' Autore ; laon-
de ci restringeremo almen per ora ad un solo , cioe alia Donazione
di Costantino; sia perche in questo 1' Autore tocca un tasto che ha
stretla relazione colla Sovranila lemporale dei Papi, argomento oggi-
di piu che mai vivo ; sia perche le opinioni qui da lui recate in campo
ci sembrano piu che altrove lontane dal vero.
Che la famosa Donazione di Costanlino, la quale, soito il titolo di
E die turn o di Conslitutum o di Privilegium Constantini, leggesi fra le
false Decretali d' Isidoro Mercatore, sia merce spuria, egli e cosa gia
da gran tempo passata in giudicato irrevocable presso tutti i dotti ;
sicche, mentre pur v' ha ancora oggidi qualche balordo che crede alia
Papessa Giovanna l, non sappiamo se piu trovisi chi voglia pigliar
1 Tra questi balordi vuol essere mitriato Principe quell'Avvocato toscano
innominate, che ha stampato teste il Cenno Storico dei Pontefici, dedicate al
Popolo italiano (Firenze, Tipogr. Italica, 1863); il cui unico pregio si e d'aver
Serie V, vol. J, fasc. 339. 20 26 Aprile 1864.
306 ORIGINE BELLA DONAZIONE DI COSTANTINO
da senno le difese della Donazione. Ma resta sempre a risolvere il
problema : Dove, e quando, e da chi, e per quale scopo fu egli raai
fabbricato cotesto curioso Documenlo, cbe ba godulo per larili secoli
tanta autorit£ nel mondo? Ora a tutte quesle domande il Dollinger
risponde senz'ambagi : La Donazione Costantiniana fu indubilatamen-
te fabbricata in Roma, da un membro del clero Romano, poco dopo
il mezzo del secolo VIII, e probabilissimamente Ira i!752eil774,
cello scopo di favorire 1'acquisto, cbe allora meditavano i Papi, della
signoria lemporale di tutta 1' Italia, e di oltenere nuove onorificenze
al Clero Romano, mostrandone il primo fondamento legale nell'Editto
Costanliniano ; il quale scopo , egli soggiunge , preso nel suo com-
plesso, fu in effetto felicemente otlenuto 1.
Questa opinione, quanlo alia soslanza, non e punto nuova. Due se-
coli fa, Pietro De Marca, Arcivescovo di Parigi e acerrimo Gallicano,
fu di credere, che la falsa Donazione fosse fabbricata per comando dei
Romani Pontefici, i quali immaginarono, die' egli, quesla pia induslria
contro le pretendenze dei Greci ; anzi ne appunto il tempo e il luogo,
dicendo parergli vero simile cbe cio avvenisse a Genlilly 1'anno 767,
per opera di Giovanni Suddiacono e di Pamfilo, Legal! del Pontefice
S. Paolo I, e col consenso di Re Pipino 2. E il commentatore del
saputo in meno di cento paginetle raccogliere oltre a un buon migliaio di
madornali spropositi di storia, tra i quali la Papessa fa la priraa figura.
1 Pagg. 67, 69, 71, 73, 81.
2 Dopo aver mostrato, che lo scrittore della Donazione non pole essere
uno scismatico, egli soggiunge: Tanlum abest, ul ex hoc capile illud Edictum
proscribendum ccnseam, quin potius ivssu ROMANOUUM PONTIFICUM scriplum
fuisse exislimem, PIA QUADAM INDUSTRIA. Anno etenim DCCLXV1I, Legatis Con-
stantinopolitanis repetentibus a Pipino regiones Italiae , quas Rex Ecclesiae
Romanae attribuerat, loannes Subdiaco nus et Pamphilus, Legati Paulli Papae
mentionem iniecerunt haereseos a Graecis fotae contra tradilionem patrum, et
de omnibus huius legationis capitibus cum Graecis coram Pipino disceptarunt;
quae delude in conventu Gentiliacensi discussa sunt, ubi Orientalium petitio
explosa fuit. Verosimile mihi videtur, TUNG DE CONSENSU PiPim REGIS EXCOGI-
IATAM FUISSE DONATIONS^ CONST ANTING qua pertinacia Const antinopolitanorum
retunderetur. De Concordia Sacerdotii et Imperil, Lib. Ill, Cap. 12, num. 3.
Quanto alle ragioni che il De Marca ivi segue recando della sua opinione,
ci basta dire col celebre Antonio Pagi, che eius conieclurae iam a viris doctis
dissolutae sunt (PAGI, in Critic. Baron, ad a. 324, n, 16 ),
SECONDO IL DOLLLNGER 307
De Marca, 1' eretico Giusto Henningio Bohmer, poco divariando dai
suo Autore, stimo doversi recare tulto il merito dell' impostura ai
fwrbi artifizii di Papa Stefano II, il quale con queste ed altre arti
seppe menar pel naso quel buon sempliciano del Re Pipino, che be-
veva assai grosso, quantunque il monaco Garlomanno, suo fratello,
si affaticasse a porlo in guardia contro le frodi pontificie 1. Taecia-
mo del Gibbon, il quale non solo attribui la conialura dell' Editto
Costantiniano a qualche scriba della S. Sede verso il fine del seco-
lo VIII, ma, a proposito di questa, aggiunse che il Vaticano e il La-
terano erano arsenale ed officina di Alii falsi, che ivi fabbricavansi
e conservavansi per fame poi mercato a profitto della S. Sede 2.
II Dollinger e senza dubbio lonlanissimo da cotesti eecessi de' suoi
antecessori ; anzi net rinfrescare ch' egli fa oggidi la loro opinione,
quel ch'egli vi aggiunge di originate, oltre qualche novita di ragio-
ni , si e appunto 1' accurate studio ch' ei pone , in si delicato argo-
mento, a fuggire ogni espressione che direltamente offenda la rive-
renza dovuta da ogni uomo assennato, non che da ogni buon Calto-
lico, alia S. Sede, ed a quei Papi santissimi del secolo VIII. Se con
tutlo questo studio egli sia riuscito a salvare in effetto questa rive-
renza, il vedremo fra poco; ma non vogliam dubitare dell'ottima sua
inlenzione. Del resto, il nostro assunto qui e di chiamare ad esame
le ragioni della sua opinione, e vedere se i fondamenti, sopra cui egli
la pianla, siano in realta tan to saldi, ch' ella debba tenersi non solo
per probabile, come della sua modeslamente contentavasi il De Mar-
ca, ma per al tutto cerla e indubilata.
Egli comincia dal mostrare che la Donazione non e d' origine
greca, come altri la disse : ed in cio siamo interamente d'accordo col
dotlo Autore. Gli concediamo senza contrasto, che la Donazione giijt
1 Credo, ART/BUS CALLIDIS STEPHANI Ponlificis Romani hanc donationm de-
beri, ut eo fadlius Pipinum Regem dedpere posset., quern aliis variis artibus
iam deceperat....Simpticior hac in re Pipinm erat, quifictis eiusmodi callidi
Ponlifitis persuasionibus facile decipi poterat, ulut a Carolomanno fratre ad-
monitus esset, ut sibi a fraudibus Ponlificis caver 'et etc. Cos! egli, nell' Obser-
vatio Y//7, al Capo citato del De Marca.
2 Decadenza e rovina dell' Impero Romano, Cap. 49.
308 ORIGINE BELLA DONAZIONE DI COSTANTINO
esisleva presso i Latini prima dell' 850 l, che ella era nola in Oeci-
dente gia da qualche secolo prima che fosse conosciuta dai Greci 2,
che fra quesli il primo a menzionarla e adoperarla fu Teodoro Balsa-
mone, Palriarca d'Anliochia, morto nel 1180, il quale probabilmente
1' ebbe da quei Lalini ch' erano gia da lunghi anni Signori della Si-
ria 3. Benche non sappiamo poi conciliare con tulle queste quell' al-
ira asserzione, in cui T Aulore, commentando 1' annolazione apposta
da una mano imperita a un Codice greco della Donazione 4, atlri-
imisce a Fozio 1' onore di avere non solo conosciulo il Docurnento,
ma di averne riconosciuto eziaridio la falsila, siccorae versatissimo
ch' egli era nella letteratura e nella storia, e d' avere odoralo la len-
denza della impostura %. Se i Greci non conobbero la Donazione, se
non qualche secolo dopo 1' 850, or come la conobbe Fozio, il quale
mori nell' 886 ? e se 1'avesse conosciuta, e conosciuta per falsa e fab-
bricata in Roma per quelle ambiziose tendenze che ii Bellinger le
allribuisce, e egli credibile che quel capilalissimo nemico della Santa
Sede, che fu 1'Autore dello scisma greco, si contentasse di ripudiare
con disdegnoso silenzio il Documento, e non anzi ne levasse alte gri-
da ne'suoi numerosi scritti, e se ne valesse come di arme ulilissima
a screditare i Papi?
Ma cio sia detto solo di passata. Quello pero, che a niun patto non
possiamo arameltere, si e la conchiusione che 1' Aulore trae da que-
sto primo capo. La Donazione Costantiniana non fu certamente fab-
bricata dai Greci: Adunque , egli inferisce, ella fu coniata senza
dubbio in Occidente, in Italia, in Roma e da un cherico Romano 6.
1 Pag. 62. — 2 Pag. 66. — 3 Pag. 67.
4 E un Codice di Vienna col testo greco della Donazione, alia quale e
appOSta questa nota : Traps^pXvlBYi dwro TOU a-yiwraT&u TraTpiapxou KtovaravrtvouTroXsw;
xupou O>WTIOU raura ; ossia : Queste cose sono state rigettate dai santissimo Pa-
triarca di Costantinopoli, signor Fozio.
5 Bin in der Lilteratur und Geschichte so bewanderter Mann wie Photius
erkannte naturlich nicht bios die Untichtheit, sondern auch die Tendenz der
FiUtion. Pag. 65, in nota.
6 Die Constantinische Schenkung ist also ohne Zweifel im Occident, in Ita-
lien, in Rom und von einem Rb'mischen Kleriker verfertigt worden. Pag. 67;
e a pag. 72 ripete che FAutore fu senza dubbio un membro del clero Roma-
no : dem Verfasser, ohne Zweifel einem Romischen Kleriker.
SECONDO IL DOLLING ER 309
Adagio, di grazia, ai ma' passi : qui vi sono troppi adunque , ad un
sol fiato. Se la Donazione non fu creata in Oriente , ella dunque fu
in Occidente : fin qua la cosa va oltimamente. Ma ch' ella poi fosse
fabbricata in Italia, e proprio in Roma e da un cherico Romano, non
sappiamo con qual logica possa inferirsi da quella premessa. Tanto
phi che fra gli argomenli, dall'Autore arrecali a dimostrare lal pre-
messa, niuno ve n' ha cbe gli dia diritto di restringere solo a Roma
la condusione, e non anzi eslenderla a tutlo 1'Occidenie. Egli e ben
yero cbe nell' un d' essi il Dollinger, nolando come nella Donazione,
tra le quatlro Sedi patriarcali dell' Oriente , la Coslantinopolitana
venga noverala 1' ultima, cio cbe niun Greco avrebbe mai fatlo ; tosto
soggiunge : do pole farsi soltanto in Roma, dove , prima d' Inno-
cenzo HI, si negb sempre di riconoscere i Canoni del II e del IV
Concilia Ecumenico, riguardanli lor dine di dignila delle Sedi Pa-
triarcali l. Ma ognun vede tal restrizione essere arbitraria, essendo
cerlo al contrario, cbe cio pote farsi in qualsiasi altra Gbiesa d' Oc-
cidente, giaccbe le Cbiese Occidental! punto non dilungavansi in cio
dalla norma della Cbiesa Romana, loro maeslra.
Dopo questo colpo maestro di logica, 1'Autore , tenendo omai co-
me cosa indubitata cbe la Donazione fosse inventata in Roma e da
un cherico Romano, precede a stabilire il quando e il perche fosse
architettata 1' impostura; due question!, cbe nella sua ipotesi vanno
streltamente congiunte. II tempo, dic'egli, si pub con preponderan-
te probabilita collocare negli anni che corsero, dal primo decadere
della potenza Longobarda, doe dal 752 indrca, fino all anno 777,
in cui il Papa Adriano per la prima volta menzionb la Donazione
di Costaatino. L'Autore di quesla non potea guari promettersi buon
successo della sua invenzione , prima di tal tempo. Egli voleva un
yrande Impero, che abbracdasse tutta Italia, sotto la dominazione
dei Papi, in vece di quell' Italia dimsa tra Long obardi e Gred ,
nella quale Roma era bersaglio agli attacchi degli uni e alle vessa-
1 Diess konnte NUR IN ROM geschehen, wo man vor Innocenz HI den die Ran-
(jordnnng der Patriarchenstiihle betreffenden Canonen der sweiten und mer-
tcn dkumenischen Synode beharrlich die Anerkennung verweigerte. Pag. 63.
310 ORIGINS BELLA DONAZIONE DI COSTANTINO
zioni degli attri 1. Indi segue spiegando come Roma e i Papi, Ira
questi due mail , pur sempre preferirono la tiraimia bizanlina alia
prepolenza e barbaric longobarda ; ed allora solo gellaronsi nelle po-
lenti braccia del Francbi , quando ve li ebbe coslretti 1' impoteuza o
1'avversione del Greci a dtfendere 1' Italia dai Longobardi : ma fino
aH'anno 752 (o piu esatlamente, al 753) Papa Stefaho II 2 invoca-
ya ancora gl' Imperatori Greci a venire con un esercilo alia clifesa
d'ltalia. Gregorio II (cosi egli continua) fece bensi dopo il 728 il ten-
tative di costituire una Federazione di citta, la quale si manlenesse
indipendente contro i Greci del pan die contro i Longobardi, e di
cui fosse capo e centro la Sede pontificia 3. Ma la cosa nonriusci. In
1 Mil iiberwie gender Wahrscheinlichkeit lusst sich nlimlich der Zeitpmkt,
in'welchemdie Constantinische Schenkimg erdichlet ww.de, in die Jahre verle-
gen, welche, seit die Macht des Lonrjobardenreiches zu sinken begann, also
seit 752 etwa, bis zum J. 777, wo Papst Hadrian die Gabe Constantins zu-
erst erwahnt, verflossen. Der Urheber konnte nicht wohl friiher einen Erfolg
von seiner Dichtung erwarten. Er wollte ein grosses, das ganze Ilalien urn-
fassendes Reich unter pdpstlicher Herrschaft statt des zwischen Longobarden
und Griechen yetheilten Italiens, in welchein Rom den Angriffen des einen
nnd den Misshandlungen des anderen Theiles preisgegeben war. Pag. 67.
2 II testo dell'Autore a pag. 69, dice Stefano IV ; ma egli e manifesta-
mente un mero sfalma tipografico, in vece di Stefano II, o forse III, secon-
do che ad altri piace.
3 Poco innanzi (pag. 68) il Dollinger avea detlo che Gregorio II fece tut-
to cio che pote per contenere gl'Italiani nei limiti della sudditanza all' Im-
perator Greco; ed altrove (pag. 151-155) confuta di proposito, e con ottimi
argomenti, la favola che Gregorio 11 facesse ribellare Tltalia alVIsaurico, af-
fermando che qucsto Papa, ben lungi dal volere e dalpromuovereilrovescia-
mento del dominio Bizantino in Italia, ne fu anzi, se non V unico, cerlo il
principal sostegno; . . . e fece ogni cosa per impedire che gl'ltaliani scuotes-
sero il giogo Greco, ed eleggessero, come volean fare, un nuovo e lor proprio
Imperalore, e non desiste mai dall'esortarli a mantener fede all'Impero Orien-
tate. Ottimamente: ma come pud accordarsi tutto cio col tentative di cote-
sta Confederazione di citta, che dovesse mantenersi indipendente anche a
fronte dei Greci? II vero e, che allora vi ebbero bensi moti dMn,dipendenza
e principii di Lega tra varie citta italiane; ma il tentative attribuito q-ui dal
Dolli nger a Gregorio II, i monumenti storici, ben lungi daU'attestarlo, es-
pressamente lo confutano.
SECONDO IL DOLLINGER 311
Roma perb si andava sempre piii maturando il pensiero, che la po-
tenza papale ben potrebbe in Italia porsi in luoyo della Greca che
cadeva in pezzi, e della Lonyobarda che era abborrita; e cosl ivi fu
fabbricato quel Documento , che questa forma rappresentava come
la forma normale, voluta gia dal primo Imperatore cristiano. Se
cib avvenisse prima della Donazione di Pipino, o dopo, non si pub
ben risolvere; ma ad ogni modo avvenne prima della fondazione
del Regno Franco in Italia, doe prima del 774. Imperocche, fon-
dato che esso fu , svanl ogni speranza di fare di tutta /' Italia un
solo Stato papale , e I impostura non avrebbe piu avuto mssuno
scopo. Ma ella ben pub essere slata fabbricata subito dopo la dona-
zione dell' Esarcato fatta da Pipino, a/fine di spianar la via e som-
ministrare un fondamento storico alle pretendenze sopra tutta Ita-
lia, toslo che la monarchia Longobarda , gia per se debole , fosse
caduta interamente in rovina 1.
Fin qui il Dollinger; 11 quale ben si guarda di atlribuire espressa-
mente ai Papi quel,che il De Marca chiamava pia industria di coniare
Alti falsi, per gabbare il mondo e prepararlo ad accettare il tempo-
rale dominio; ma da tutto il contesto induce Iroppo naluralmente il
letlore a pensarlo o almeno a pigliarne forle sospetto. Anzi quel porre
1 Gregor II machte nach dem J. 728 den Versuch , eine den Griechen wie
den Lonyobarden geyeniiber sick selbstiindig behauptende Stadte-Confodera-
tion zu bilden, deren Haupt-und Mitlelpunkt der papstliche ^luhl ware. Die
Sacke gelang nicht. In Rom aber reifteimmer mehr der Gedanke, dass die pa-
pstliche Gewaltin Italien an die Stelle der zerfallenden Griechischen und der
widerwillig getragenen Longobardischen treten konnte, und so ward dort das
Dokument geschmiedet, welches diese Form als die normale, schon von demer-
sten christlichen Kaiser gewollte darstellte. Ob diess vor der Schenkung Pipin's
Oder nach derselben geschah, lasst sich wohl nicht mehr enlscheiden, jeden falls
aber vor der Grundung des franMschen Konigreichs Ilalien, also vor 774. Denn
seitdem dieses crrichtet war, fiel jede Aussicht auf die Verwirklichung eines
papstlichen Gesammtsfaates Italien weg, und hatte ^die Erdichtung keinen
Zweck mehr gehabt. Wohl aber kann sie bald nach der Verleihung des Exar-
chats durch Pipin verfertigt worden sein, um Anspriichen auf ganz Ilalien,
wenn das innerlich schwac-he Longobardenreich vollends zerbrochen sein wiir-
de, Bahn zu brechen und eine geschichlliche Vnterlage zu verleihen. Pag. &9.
312 ORIG1NE BELLA DONAZJOIN7E DI COSTANTINO
1' invenzione del falso Eclilto , appunlo in quegli anni in cui i Papi
non invocavano e non riconoscevano piu il dominio dei Greci, e non
era ancor fondato il Regno italico dei Franchi, appena puq spiegarsi
senza supporre complici dell' invenzione i Papi slessi : accennandosi
con cio, che prima di quel tempo i Papi non avrebbero accettato il
falso Editlo per riverenza al Greco dominio, e dopo 1' avrebbero ri-
fiutato come ormai inutile al politico scopo, di acquistare la signoria
di tutta Italia. E nolisi che il Papa , sopra cui verrebbe a cadere il
maggior sospetto , e quel Paolo I, che e venerato come Santo sugli
altari; giacche il suo pontificato duro dal 757 al 767 , doe appunto
nel mezzo dell' epoca, tra i cui confmi il Dollinger crede scritta la
Donazione.
Oltre poi al principale inlento dell' imposlura, che era di prepara-
re ed agevolare ai Papi la signoria temporale di lutta Italia, secondo
il Dollinger, un allro ve n' ebbe meno rilevante, ma che pur sembra
essere stato maggiormente a cuore allo scritiore della Donazione ;
quello cioe di otlenere pei membri del Clero Romano certe onoranze
di gran pregio, che nel Documento lor sono attribuite da Costantino,
come il privilegio di essere uguagliati in dignita ai Senatori, di es-
ser creati Patrizii e Consoli , di vestir gli ornamenti degli ottimali
Imperiali , di cavalcare palafrem con bianche gualdrappe , e di cal-
zare, come i Senatori, bianchi sandali. E qui 1'A. non si perita di at-
tribuire la industria dell' impostura a tutto il Clero romano; imperoc-
che, sebbene ei dica 1' inventore della Donazione essere slato un che-
rico di Roma, tuttavia non solo aggiunge aver questi formolate nel
Documento, solto vesle di donazioni yia fatte, le domande e i desi-
derii dei cherici Romaniin genere 1,' ma piu sotto afferma, avere il
Clero Romano, col suo Documento Costantiniano preso in comples-
so, conseguito si bene i suoi intenti, che piu tardi anche a Napoli si
tentb lo stesso mezzo in favor e del Clero di cola 2 , col fare una
giunta al diploma Costantiniano.
1 Betrachtet man nun die ilbrigen Artikel, d. h. die in Verleihungen einge-
Meideten Forderungen und Wunsche ROMISCHKR KLKBIKER, so etc. Pag. 73.
2 Da DIE ROMISCIIE GEISTLICHKEIT mit HIRER Const ant inischen Urlunde im
Ganzen genommen HIRE Zivecke so gut erreicht hatte, so versuchte man in Nea-
pel zu Gunsten des dortigen Klerus das gleiche Mit lei. Pag. 81.
SECONDO IL DOLLINGER 313
Un'accusa si grave ed oltraggiante alia Chiesa Romana, par che
non dovrebbe muoversi da un Autore caltolico, senza aver buone
ragioni in mano da provarla . Or quali sono le ragioni del Dollinger?
Per cercarne che abbiamo falto nelle sue pagine, non ci venne tro-
vato altro che congetture insussistenti , affermazioni gratuite, che si
atterrano con seuiplici neg azioni , supposti falsi , raziocinii zoppi e
simil merce. Anzi, chi si faccia a esaminar per poco lasua ipotesi,
o piultosto la sua tesi (giacche ei la afferma come cosa cerla), non e
difficile il dimostrarla, da'suoidati medesimi, incoerenteed assurda.
E vaglia il vero , il fondamento stesso della lesi e interamente
falso e contrario alia storica verila. E falso cioe , che in Roma nel
secolo Vill si nutrisse mai il pensiero e la speranza di fare di tutla
I* Italia una sola e vasta monarchia solto lo scetlro del Papa, esclusi
e Greci e Longobardi e Franchi. La spera nza era assurda, perche a
Roma mancavano al lutto le forze per tale impresa, e niuno meglio
dei Romani e dei Papi era persuaso della propria debolezza militare
e politica , poiche ad ogni Iratto ricorrevano al braccio dei Franchi,
e solo con questo riuscirono a frenare prima , e poi ad abbaltere i ne-
nrici che da ogni lalo li assediavano. Che poi neppure se ne avesse
il pensiero, I'inferiamo da piu capi. In primo luogo , niun indizio
slorico , niuoa traccia di tal pensiero si ritrae dai monumenti di
queH'ela; lo stesso Dollinger niun argomento ne reca , ne potrebbe-
recarne. In secondo luogo, troviamo anzi nei monumenli storici te-
stimonianze chiarissime del contrario , le quali cioe escludono affalto
quel pensiero. Infalli il Liber Pontificalis , il Codice Carolino, e gli
Annalisti Franchi di quel tempo, dovunque accennano agli Slati di
S. Pietro, cioe alle province che i Papi rivendicavano solto la loro
signoria, nominau solo il Ducato Romano, 1' Esarcato, la Penlapoli,
la Sabina, la Tuscia romana e longobarda, cioe 1' odierno Patrimo-
nio , la Campania ; quella parte insomma d' Italia che a un dipresso
fu poi sempre Stato del Papa ; ma non e mai che parlino dell' Italia
intiera. L'eslensione massima, a cui si allargassero le pretendenze e
le speranze dei Papi e dei Romani , era quella che trovasi definita
per confini nella donazione fatta da Carlomagno in Roma nel 774 e
descritta nella vita di Adriano presso Anastasio : colla qual dona-
314 ORIGINS DELLA DONAZIONE DI COSTANTINO
zione Carlomagno, come ivi e delto espressamente, altro non fece
die rinnovare e confermare la prima Promessa 1, falta gia da Pipino
in Ouiersya Slefano II nel 754, e non eseguitachein parte da Pipino
dopo le sue vitlorie contro Astolfo : e Carlomagno stesso, per le ra-
gioni die qui non accade cercare , mai non esegui interamente la
donazione o promessa del 774. Ma certo e che i Papi mai non pre-
tesero nulla al di la di questa donazione ; la quale fu eziandio, per
lulto il medio evo, la norma che i Papi prescrissero agl' Imperatori
succeduti a Garlomagno, nei diplomi in cui, prima di dar loro la
corona imperiale, soleano farsi confermare i possess! e i dirilti re-
gali della S. Sede. Ora, siccome i confmi di questa donazione lascia-
yano in signoria dei Franchi tulta almeno I' alia Italia , cioe quello
che poi chiamossi Regno Italico dei Franchi , egli e manifesto che
1 Potremmo allegare qui il Frammento Fantuzziano, che contiene appun-
to il tenore di cotesta prima promessa; ma poiche il Dollinger lo rigetta co-
me spurio, e lo ha per una impostura, fabbricata anch'essa dopo la Douazio-
ne , sotto Carlomagno, 1' allegazione tornerebbe per lui indarno. fiensi vo-
gliam notare , che le due censure fatte al Frammeuto dal dotto Prol'essore ,
(pag. 70 in nota) non hanno agli occhi nostri niun valore. La la e che Pipino
ivi nomini, invece dell'Imperatore Costantino, 1'lmperatore Leone, cui il Dol-
linger crede essere 1' Isaurico. Ma il Fantuzzi e 51 Troya han g a risposto,
notando che nel 754 in Bizanzio con Costantino Copronimo , verameute
fegnava Leone suo figlio e collega uell' imperio , il cui nome iiegli atti
pubblici associavasi a quel del Padre ; e che nel Frammento , se non leg-
gesi il nome di Costantino , egli e perche resto nella penna de! copista. La
2" e che 1'inviato imperiale Marino, ivi nominate, vi sia per iscambio e con-
fusione fatta dal compilatore, del Marino prete, inviato poi da Roma a Pipi-
no, e del Marino Spatario, inviato gia da Leone Isaurico a Roma per toglier
di vita Gregorio II. Ma questo scambio non e che una supposizione gratuita
e vanissima del Dollinger; nulla vietando che, fuor dei due predetti, vi fosse-
ro a que'di altri Marini al mondo, un de'quali venisse nel 754 come Legato
imperiale in Francia. Notiamo inoStre, che mentre il Dollinger soggiunge,
1'impostura del Frajnmento essere stata fatta per ottenere una ampliazione
della donazione da Carlomagno , mostra di non essersi a-vveduto che i ter-
mini della donazione nel Frammento coincidono a capello con quei meclesi-
mi appunto che leggonsi In Anastasio ( Vita Badriani) dov'e narrata la do-
nazione di Carlomagno, ossia la rinnovazione e conferma ch'egli fece nel 774
della prima donazione.
SECONDO IL DOLLINGER 31 0
essa escludeva persino 1'idea di una Italia che tutta intiera fosse sud-
dita al Papa.
Cio posto, avverlasi di grazia allentaraente : se la donazione di
Carlomagno nel 774, altro non fu che la rinnovazione della prornes-
sa fatia gia da Pipino in Quiersy nel 754, colla medesima estensione
e coi medesimi limiti ; adunque anche nel 754 era gia cosa conve-
mila tra Slefano II e Pipino, che 1' alia Italia restasse in signoria
dei Franchi, dopo che avessero disfalto il regno longobardo ; epper-
cio tra il 754 e il 774 non poteva in Roma non che mantenersi, ma
neppur aversi il pensiero di fare di tutta I' Italia un solo e vasto re-
gno pel Papa ; ne fabbricarsi a tal fine Documenti falsi. E se dopo il
774, cioe dopoche fu fondato il Regno Ilalico dei Franchi, svani,
secondo il Dollinger, ogni speranza di fare di tutta I Italia un solo
Stato papule, e /' impostura non avrebbe piu avuto nessuno scopo ,
perche la fondazione di quel regno escludeva il Papa dalla signoria
dell' Italia superiore ; adunque, diciam noi, lo stesso deve affermarsi
di tutto queir intervallo che corse ira il 754, e il 774, cioe di que-
gli anni appunto, nei quali soltanto vuole il Dollinger' che sia slata
possibile in Roma F imposlura della Donazione Coslantiniana; atleso
che quell' esclusione era gia cosa stabilita e ferma nel solenne Patto
di Quiersy tra il Papa e il re Pipino. Ne puo a verun patto ammel-
tersi , che 1' imposlura polesse essere stata fabbricata subito dopo la
donazione dell'Esarcato, fatta da Pipino ( uel 754),-«/$ne di spia-
nar la via e somministrare un fondamento storico alle pretendehze
sopra tutta Italia, tostoche la monarchia longobarda fosse caduta
totalmente in rovina; imperocche nel Patlt) di Quiersy, del quale
la donazione dell' Esarcato non fu che un effetto e un aderapimento
parziale, Pipino avea gia chiusa ogni via a quelle preteudenze ro-
mane (se mai vi fossero stale) sopra lulta Italia, ed era gia cosa
stabilita e ferma, lo ripetiamo per la terza volta, che, al cadere della
monarchia longobarda , 1' Italia superiore resterebbe in signoria dei
Franchi. Pipino Iasci6 in piedi la monarchia longobarda, e dopo le
vitlorie contro Astolfo, vitam et regnum ei concessit, perche si egh*
come il Papa s' impietosirono alle preghiere del vinto Re e credet-
tero alle sue promesse ; laonde il regno longobardo pote sopravvi-
316 ORIGINE DELIA. DONAZIONE DI COSTANTINO
yere altri vent'anni alia gia decretata rovina; ma quando Carloma-
gno discese a dargli 1' ultimo colpo, e prese possesso del regno Ita-
lico, altro non fece che compiere il primo disegno del padre.
Ognuno vede adunque , che coi dati stessi del Dollinger, posti
a riscontro dei fatti e monument! storici phi indubitali del secolo
YIH, viene rovesciato il principal fondamento sopra cui egli ha pian-
tato la sua lesi. Lo scopo capitalissimo, al quale, secondo lui, mira-
va T impostura del falso Editto, doe 1' ollenere al Papa la signoria
di tulla quanta Y Italia , e un sogno, che non entro ne pole mai en-
trare in capo ai Roman! e molto meno ai Pontefici del secolo VIII.
E quel tempo, in cui soltanto egli crede essere slala probabile, anzi
possibile 1' impostura, e quello appunto die la esclude.
Dopo di do, non vale quasi il pregio di parlare di quegli altri inten-
dimenti secondarii , ai quali il Dollinger attribuisce anche in parte
la fabbricazionedeirEditto. E ci parrebbe quasi di fare oltraggio al
buon senso dei nostri lettori, ponendoci seriamente a dimostrare die
la Corte papale e il Clero Romano non ebbe bisogno di ricorrere agli
impostori e ai falsarii del secolo VIII , per acquistare quelle onoranze
che alia sua dignita convenivansi. Tanlo piu che queste onoranze, le
quali il Dollinger suppone domandate e desiderate dagli ecclesiastic!
Romani, e con quella pia industria dell' impostura felicemente ottemi-
te, non si sa da chi ne come, ma certo verso quel tempo a cui egli
assegna 1'origine della falsa Donazione; queste onoranze, diciamo,
erano gia possedute da lungo tempo innanzi. Siccome da gran tempo
la maesta dei Pa pi splendeva in Roma e non avea che invidiare anche
per esterna pompa ai Monarchi della terra ed agl' Imperatori stessi,
i quali le si prostravano umilmenle dinanzi l ; cosi anche il clero
Romano e il corteggio pontificio non avea certo da sospirare per es-
sere pareggiato in dignita ai Senatori laici o agli ottimati dell' Im-
pero. Lasciando da parte, come degna solo di riso, la supposizione
che i Dignitarii ecclesiastic! di Roma ambissero eziandio i titoli lai-
l Veggansi presso ANASTASIO ( in Vita Constantini ) le accoglienze onori-
ficentissime onde Papa Costantino fu nel 711 ricevuto in Costantinopoli ed
a Nicomedia, dove 1'Imperatore Giustiniano II, nel primo incontro col Pa-
pa, cum regno in capile se prostramt, pedes osculans Pontipcis*
SECONDO IL DOLLINGER 317
call di Patrizii e di Consoli ; niuno ci dara mai ad intendere , che
nel secolo VIII Roma avesse bisogno d'invocare un linto edilto di
Costanlino per far si aggiudicare (e da chi mai?) il diritto ditenere
intorno al Papa dei Cubicularii, degli Ostiarii, degli Excubitores 1,
o altri ufficiali e guardie di palazzo ; e quand' anche fosse vero, che
Paolo Afiarta, ai tempi di Stefano IV o III, doe nel 768, e il primo
che si trovi nominate Cubicularius papale, non pero ha buon diritto
il Dollinger di credere che prima non ye ne fossero. Ma poiche nella
Donazione di Costanlino insieme col diritto di lenere Cubicularii ecc.
Tiene conceduto al Papa anche il Palazzo Lateranense 2, perche non
aggiunge il Dollinger, essere stato anche queslo un desiderio e una
domanda del secolo VIII , do che vorrebbe dire , non aver mai i
Papi prima di Stefano II possedulo il Laterano? Quanto poi alle
bianche gualdrappe dei palafreni , privilegio , die' egli , di somma
importanza in Roma, e come tale, tenuto in pregio altissimo non solo
dallo scrittore della Donazione, ma da tutti gli Ecclesiastic! di Roma
dei quali egli era 1'interprele; di queste bianche gualdrappe, dicia-
mo, siccome il Dollinger ci allega egli medesimo esempii dell'eta di
S. Gregorio Magno e di Papa Conone, cosi e manifesto che non era
piu nel secolo VIII un mero desiderio; laonde 1'Autore della Dona-
zione potea risparmiarsi la briga cVinserirla fra leNiltre domande e
gli altri desiderii del Clero Romano. Se pure non vuol dirsi, come
dice il Dollinger 3, ch' ei volesse ottenerne la conferma ; giacche for-
se vi doveva essere non sappiamo chi, che facea guerra alle bianche
gualdrappe dei palafreni prelalizii , e minacciava di spogliare di tal
ornamento il Clero Romano.
Ma di tali inezie basli. Piu degna di risposta e un'altra afferma-
zione del Dollinger , sopra la quale egli fa , a quanto pare , grande
fondamento, e la quale in verita , fra tutti gl' indizii ch'egli arreca a
1 Mans Hess sich ferner unter Constantiri's Namen das Recht, papstliche
Kammerherren, Thurhuter, und eine Leibwache ( Cubicularii, Ostiarii, Excu-
bitores} zu halten, zusprechen. Pag. 75.
2 Concedimus palatinm imperil nostri Lateranense, quod omnibus in toto
orbe terrarum praefertur atque praecellit palatiis etc. EDICTUM CONSTANTTNI.
3 Pag. 75'.
318 ORIGINE DELIA DONAZIONE DI COSTANTINO
confortare la sua lesi , e il solo che abbia qualche peso. Adriano /,
die' egli, in una sua Lellera scritta a Carlomagno 1'anno 777, ac-
cenna incontrastabilmenle alia Donazione Coslantiniana , dicendo ,
aver Costanlino alia Chiesa Romana « conferito la potesta in quesle
regioni dell' Esperia » ; che sono appunlo le occidentalium regio-
num provinciae, di cui parla il diploma della Donazione 1. Dun-
que il diploma era gia fabbricato prima del 777 ; e poiche Adriano
e il primo a fame menzione, doveva essere stato fabbricato poco in-
nanzi e in Roma ; cioe appunto nel luogo e nel tempo cbe piace al
Dollinger di assegnargli.
II falto della Leltera 2 e indubitato, e la somiglianza della frase di
Adriano con quella della Donazione e parimente manifesta. JNoi pero
troviamo ancbe qui la logica dell'Aulore stranamente facile e corriva
a lirare conseguenze incontrastabili da troppo deboli promesse. Ma
innanzi tratlo gli vogliam chiedere : Adriano Papa , cilando la falsa
1 Hadrian I deulet unldugbar auf sie (die Constantinische Schenkung)
durch die Worte: Constantin habe der Rb'misciien Kir che «tn diesen Ldndern
Besperiens die Macht verjiehen » ; diesssind die occidentalium regionum pro-
vinciae (Suouwv y.wpwv sira^iai ) f von dencn die Schenkungsurkunde redet.
Pag. 76. Cf pag. 67: bis zum J. 777, wo Papst Hadrian die Gabe Constan-
tins zuerst erwahnt ecc. Qui sopra il Dollinger traduce il potestatem di Adria-
no colle voci die Macht: la potesta ; ma eglf avrebbe dovuto tradurre sem-
plicemente Macht , potesta: cio che fa un senso ben diverso. Nel primo ca-
so iiifatti , si siguHica avere Costantino dato a Papa Silvestro in Italia tulta
la potesta stessa che avea 1' Imperatore; nel secondo invece, avergli dato
qualche potesta ossia autorita. il primo e un senso assurdo , ma che quadra
a capello colle assurde frasi della falsa Donazione; laddoveil secondo e non
solo credibile, ma storicamente certo , ed e il senso genuino della frase
di Adriano.
2 E 1' Epistola LX del GODICE CAROLINO, secondo 1'edizione del Cenni.
Ivi si legge: Et sicut temporibus beati Sylvestri, Romani Pontificis, a sanctae
recordaiioni<piissimo Constantino Magno imperatore, per eius largitalem
sancta Dei catholica et apostolica Romana Ecclesia elevata atque exaltata
est, et potestatem in his Hesperiae partibus fargiri dignatus est, ita et in his
vestris felicissimis temporibus atque nostris, sancta Dei Ecclesia, id est, beati
Petri Apostoli germinet alque exultet, et amplius atque amplius exaltata per-
maneat etc.
SECONDO IL DOLLJNGER • , 319
Donazione , e adducendo a Carlomagno I'esempio delle liberalila del
gran Costantino, sapeva egli, che la Donazione era falsa, o nol sapeva?
Che nol sapesse , e troppo duro a credere , se e vero quel che sopra
udimmo dal Dollinger , che cioe il diploma era stalo coniato poco
prima, in Roma, e non gia in secreto da qualsiasi cherico Romano,
ma per opera e inlento comum del Clero Romano, di cui Adriano in
minor for tuna era certo un dei membri piu operosi e capaci. Se poi
il sapeva, egli dunque si faceva, anche da Papa, solennemente com-
plice dell' imposlura , anzi adoperando la sua autorit& a propagare
pel primo fuor di Roma il falso diploma , sopra di se assumea la
principal reita di cosiffatta infamia. Noi lascieremo al Dollinger la
cura di cancellar dalla fronte di uno dei piu illustri e intemerati
Ponlefici che abbia avuto la Chiesa , cotestp marchio d' infamia
ch' egli , benche cerlamente senza volerlo e senza pure addarsene ,
vi ha impresso : e in tan to ci faremo ad esaminare i suoi argomenti.
I quali tutti riduconsi a quella somiglianza di frase, gia sopra nota-
ta. Ora noi qui domandiamo in primo luogo : da lal somiglianza se-
gue egli incontrastabilmenle che la Donazione sia anteriore alia Let-
tera di Adriano? e invece di dire, che Adriano allude alia Donazio-
ne, non potrebb' egli dirsi piuttoslo che 1'autore della Donazione al-
lude^ alia Letlera di Adriano ; che cioe , come altre frasi altronde ,
cosi qualche frase abbia racimolata anche dalle epistole di Adriano?
La somiglianza non sarebbe punto guasta , col solo invertire la cro-
nologia. In secondo luogo : cotesta somiglianza e ella tale , che le pa-
role di Adriano debbano necessariamente supporsi caVate dalla falsa
Donazione ?o non potrebbero elle spiegarsi benissimo, derivandole da
tutf altra fonte ? II Muralori l disse bensi , che quelle parole sem-
brano indicare gia nata la famosa Donazione di Costantino ; ma non
oso decidere , e molto meno dar la decisione per incontrastabile. Al-
tronde e certo , che oltre il Cenni e Natale Alessandro, nominati qui
dal Dollinger, altri molti e gravissimi Autori, ch'egli ben sa, han
letto quell' Epistola di Adriano , e nondimeno ban collocato 1' origine
della Donazione assai dopo 1' Epistola, cioe nel IX secolo, giudican-
do con cio che Adriano non alludesse punto alia Donazione.
1 Annali d' Italia, a. 776. Cf. Plena Esposizione ecc. Cap. I.
320 ORIGINE BELLA DONAZIONE DI COSTANTINO
Infatti a rendere ragione di tutto il conlesto di Adriano , egli ba-
sta supporre il falto verissimo c notissimo : che Costaniino Magno
avesse esaltata ed arricchita la Chiesa Romana coa imperiale muni-
ficenza , assegnando riccbe doti di poderi e di patrimonii alle son-
tuose Basiliche da lui in Roma edificate ; che per riverenza alia Se-
de Apostolica, molto deferisse al Papa in ogni cosa, e sopraltutto
dopo la traslazione della sede imperiale a Bizanzio, gli lasciasse in
Italia grande aulorila, non gia per diploma scritto, ma per natural
conseguenza del rimanere che qui faceva il Papa , il personaggio piu
augusto e venerato da tutli gli ordini dell' Impero : la quale autorita
veggiamo infalli avere i Papi esercitalo, per consensodegl' Impera-
tori medesimi e quasi loro Yicarii , in molti casi gravissimi , assai
prima del secolo VIII, come il mostrano specialmente le geste di
S. Leone Magno e di S. Gregorio Magno , che ai di loro spiegarono
in his flesperiae partibus una polesta maggiore assai e piu efficace
e salutare che non quella dei luogotenenli ed Esarchi imperiali. A
questi fatti pubblici , luminosi , notissimi , e gia da gran tempo au-
tenticati dalla universale tradizione , appella manifestamente Adria-
no scrivendo a Carlomagno; e non gia a un Documento il quale,
secondo il Dollinger medesimo , nato poc' anzi in Roma , e non
uscilo per anco alia pubblica luce , non doveva esser noto allora,
non che in Francia e a Carlomagno, ma neppure in Italia. Ben po-
trebbe dirsi piuttosto col Cenni l , avere Adriano fattoallusione agli
Atti apocrifi di S. Silvestro , che gia da piu secoli correano per le
mani di lutli; e nei quali trovasi bastevole riscontro di do che il
Papa scrive di Costantino a Carlomagno : tanto piu che dei medesi-
mi Atli Irovasi addotta da Adriano 1'autorita nella Epistola De Ima-
ginibus a Carlomagno , e nella Lettera a Costantino ed Irene ; donde
appare ch'eili tenea per sinceri; siccome furono per lungo tempo
universalmente tenuti. Anzi questa Leltera a Costantino ed Irene ci
da in mano un nuovo argomenlo a provare che Adriano non cono-
scea punto la Donazione , e che percio questa ai suoi di non doveva
ancora esser nata. Imperocche, iviin sul fine, esortando il Ponte-
fice i Greci Augusti a restituire alia Chiesa Romana i patrimonii che
1 Monumenta dominat. Pontif. I, 305.
SECONDO IL DOLLINGER 321
da Leone Isaurico le erano stati rapili , allega bensi in generale gli
esempii dell'antica pieta degl' Imperatori ortodossi che quei patrimo-
nii avevano offerti e conceduti a S. Pielro 1 , manon fa motto spe-
ciale di Costantino Magno. Ora , se Adriano avesse conosciuta e te-
nuta per vera la Donazione e le slerminate offerte clie in essa fa
Coslantino alia Ghiesa Romana , avrebbe egli tralasciato qui di ri-
cordarla ai suoi successor!? non era questo il caso, se altro mai,
di farla valere? e questo silenzio di Adriano non e egli eloquentissi-
mo a dimostrare , che fino a quell' anno 785 , in cui fu scritta que-
sta Leltera, in Roma non sapeasi ancor nulla della Donazione? Che
se altri rispondesse , Adriano averla bensi conosciuta , ma non aver-
la allegata perche la tenea per falsa ; dunque , ripiglieremo noi, non
la dovette allegare nemmeno a Carlomagno , seppure non vogliamo
fare di quel gran Papa un vile impostore ; dunque la sua lettera a
Carlomagno non allude punto alia Donazione.
Del resto a convincere il Dollinger che Adriano non fece tale al-
lusione, ci basterebbe recar 1'autorita del Dollinger medesimo. Egli
iufatli concede che allorquando il Vescovo di Cremona , Liutprando,
si reco a Costantinopoli, ambasciatore di Ottonel pressoNiceforo, nel
discorso che tenne al Greco Augusto, celebrb bensi le yrandi dona-
zioni fatte da Costantino alia Cliiesa Romana, persino nella Per-
sia, nella Mesopotamia e in Babilonia, ma non seppe nulla di quel
che contiensi nel finto diploma , o nulla almeno ne voile toccare 2.
Ora, paragonisi di grazia la parlata di Liutprando, da lui medesimo
I Porro et hoc vestrum a Deo coronatum ac piissimum poscimus imperium;
ut , si veram et orlhodoxam sanctae catholicae Ecclesiae nitimini amplecli fi-
dem, sicut ANTIQVITVS AB OSTHODOXIS IMPERATOBIBUS, sen a ceteris Cfirislianis
fidelibus oblata atque concessa sunt patrimonia beali Petri Apostolorum prin-
cipis, fautoris vestri, in integmm nobis restituere dignemini pro luminario-
rum concinnaloribus eidem Dei Ecclesiae, atque alimoniis pauperum. MANSI,
Concilia, XII, 1073.
ZLuitprand, Bischof von Cremona, als kaiserlicher Gesandter in Byzanz
zwar die grossen Schenkungen ruhmte, die Constantin der Romischen Kirche
selbst in Persien , Mesopotamien und Babijlonien gemacht habe , aber von dem
Jnhalt der fingirten Urlmnde nichts wusste, wenigstens nichts davon beruhren
mochte. Pag. 77.
Serie Y, vol. X, fasc. 339. 21 27 Apriie 1864.
322 ORIGINE BELLA DONAZIONE DI COSTANTINO
riferitaci nella sua Legatio Constantinopolitana , colla Lettera di A-
driano a Carlomagno. Liutprando disse: Constantinus Imperator Au-
gustus, qui hanc ex suo nomine condidit civitatem , sanctae aposto-
licae Romanae Ecclesiae, lit erat Kosmocrator, multa donaria con-
tulit , non in Italia sohtm , sed in omnibus pene occidentalibus re-
gnis, necnon de orientalibus atque meridianis , Graecia scilicet, lu-
daea, Per side, Mesopotamia, Babylonia, Aegypto, Lybia, ut ipsius
testantur privilegia quae penes nos sunt 1. Udiamo ora Papa Adria-
no : Et sicut temporibus beati Silvestn, cosi egli scrive a Carlo , a
sanctae recordationis piissimo Constantino Magno imperatore , per
eius largitatem, sancta Dei cathoiica et apostolica Romana Ecclesia
e levata atque exaltata est , et potestatem in his Hesperiae partibus
largiri dignatus esl, ita et in his vestris felicissimis temporibus etc. 2.
Adriano dunque null' allro attribuiva a Costantino se non che 1'a-
yere colla sua liberalitci ( largitatem ) esaltata la Chiesa Roraana e da-
lole potenza in quesle parli di Esperia. Ora Liutprando dice for-
se di meno, quando afferma, avere Gostanlino , con munificenza da
cosmocratore , ossia padrone del mondo , falte alia Chiesa Romana
molte donazioni in Italia e in quasi tutto 1' Occidente, per tacere dei
regui oriental! e meridiani? Non fu questo un esaltar la Chiesa e
darle potenza, ecionon solo in queste parti di Esperia, nla in assai
piu vasla sfera? Che se Liutprando pote dire tutto cio, nell'anno 968,
senz'alludere alia falsa Donazione , benche questa fosse certamente
gia nata e divulgata; perche mai, dicendolo Adriano nel 777, dovra
credersi come cosa incontrastabile , che egli alludesse alia Donazio-
ne? e cio per dedurne che questa dovea essere gia nata , pochi anni
innanzi ? E notisi , che il testo di Liulprando porta assai piu stretta
somiglianza con quello della Donazione, che non il testo di Adriano.
Infatli nella Donazione , Gostantino dice: Quibus , cioe alle Basiliche
romane dei santi Apostoli Pietro e Paolo, pro concinnatione lumina-
riorum, possessionum praedia contulimus, et rebus diversis eas di-
Legatio CP. c. 17, presso il PERTZ, Monum. Germ. Script.
T. III.
2 COD. CAROL. Epist. LX.
SECONDO IL DOLLINGER 323
tavimus, et per noslram imperialem iussionem sacrarn, tarn in orien-
te quam in occidente vel etiam septentrional! et meridiana plaga, vi-
delicet in ludaea, Graecia, Asia, Thracia, Africa et Italia, vel di-
versis insulis nostra largitate eis concessimus etc. Non vi par egli di
udir qui di bel nuovo Liutprando , col suo mnlta donaria contulit, e
colla sua enumerazione dei regni occidental! , oriental! e meridian!
d'ltalia, Grecia, Giudea ecc. ? Certo alle parole di Adriano non e pos-
sibile trovare nella Donazione un si ricco ed esafcto riseontro. Con
tutto cio, il Do'llinger ha otlima ragione di dire con tatti i dotti, che
Liutprando non alludeva alia falsa Donazione, e forse neppur cono-
scevala. Ma perche non avra altri egual ragione almeno di affer ma-
re altrettanto di Papa Adriano?
Potremmo aggiungere, che le frasi di Adriano, per quanto altri ne
voglia ampliare ed estendere il significato, sempre rimangano le miHe
miglia lontane dallo sterminato ambito della finta Donazione, in cui
dices! aver Costantino ceduto al Papa, con Roma, tutte le province,
luoghi e citta d'ltalia, anzi di tutto TOccidente, in perpetuo ed asso-
luto dominio 1. Potremmo dire, esser quasi ridicob il supporre ehe
Adriano proponga a Carlomagno 1' esempio di cotesta sformata libe-
ralita di Costantino, solo per indurlo a ordinare la restituzione di al-
cuni patrimonii della Chiesa Romana, che e lo scopo della Lettera: Ut
in integro ipsa patrimonia beato Petro et nobis restituere iubeatis 2;
e che con cio gli prometta, ch'ei sara dalle genti chiamato nuovo Co-
stantino: Ecce novus C hrislianissimus Dei Constantinus imperator his
temporibus surrexit; e che percio la Chiesa Romana sara elevata at-
que exaltata.... sicut temporibus beati Silvestri 3. Tulte frasi , cne
s'intendono benissimo, quando suppongasi, Adriano aver voluto allu-
dere, come gia notammo, ai vasti doni di poderi e patrimonii, onde
1 Ecce tarn palatium nostrum, ut praedictum est, quamque urbem Romam,
et omnes Italiae sen Occidentalium regionum provincias, loca et tivitates pro*-
fato beatissimo pontiftci nostro Silvestro universali Papae concedimus atque
relinquimus, et successorum ipsius ponlificum potestati et ditioni etc. EDICT.
CONST ANTINI.
2 COD. CAROL. Epist. LX.
3 Ivi.
324 ORIGINE DELLA DONAZIONE DI COSTANTINO
Costantino arricchi le Romane Basiliche; ma che piglian dell'assurdor
qualora vogliansi riferire alia pretesa Donazione di tutto 1' Impero
occidental.
Ma troppo oramai ci siamo in questo punto dilungati, ed egli e tem-
po che slringiamo 1' ultima conclusione. Da tulto il ragionato fin qui
risulla pertanto, che 1'opinione temita dal Dollinger per indubitata e
incontrastabile, cioe : che la Donazione Coslanliniana sia stata fabbri-
cata in Roma, dopo il 752 e prima del 774, da un membro del cle-
ro Romano e per comun desiderio del clero medesimo , col doppio
scopo di promuovere in favore del Papa 1'acquisto del dominio tem-
porale di lutta Italia , e di ottenere pel clero Romano cerli privilegi
ed onori da esso ambiti ; e che inoltre Adriano I nella sua Letlera a
Carlomagno a quella Donazione alludesse pel primo e di essa si gio-
vasse: questa opinione, diciamo, non solo non e indubitata e sicura,
ma non e tampoco probabile ne verisimile, anzi e mancante di ogni
fondamento storico , e contraria ai document* storici di quell' eta ;
eppercio vuol essere anch' essa rigettata Ira le tante favole, onde non
ii medio evo sollanto , ma anche i cervelli strani dell' evo moderno
vanno intorbidando la storia dei Papi.
Qui pero, phi d'un lettore ci domandera: Qual fu dunque 1'orlgm
vera della falsa Donazione? quando e dove e da chi e per quale sco-
po fu essa inventata ? Lunga in vero e difficil questione; la quale, a
ben trattarla, richiederebbe non un arlicolo , ma un libro. Ne a noi
qui basta 1'animo o il tempo di mellerci in si oscuro spinaio; bensi
diremo in breve qual sia 1'opinione che in tal materia ci sembra piu
vicina al vero.
Quanlo al tempo, 1'origine della Donazione par che si debba col-
locare nella prima meta del secolo IX , e riputare di poco anteriore
alle false Decretali d' Isidoro Mercatore, le quali nacquero negli ul-
timi anni di Lodovico Pio, o poco appresso. Infatti i primi Autori che
si trovino aver fatta inenzione dell' Editto Costantiniano , sono Enea
Tescovo di Parigi 1, Incmaro di Reims 2, e Adone di Vienna 3, che
1 Nel Liber advmus Graecos, da lui scritto verso Tanno 868.
2 Nell' Epistola 3, c. 13. Incmaro mori 1'anno 882.
3 Nel Chronicon, Aetas sexta. Adone manco di vila 1'anno 875.
SECONDO IL DOLLINGER 325
tutli e tre fiorirono nella seconda mela del IX secolo. Tutti i Codici
fmora conosciuti del falso Isidoro recano 1' Editto ; tdel quale nondi-
meno non e guari credibile che fosse autore Isidoro , non gia per la
ragione dal Dollinger addotla l, cioe perche la contenenza e lo scopo
e lo stile del fmto Documento ripugnino al fabbricatore delle false
Decretali; ma perche, siccome nolarono i due Ballerini 2 e il Zacca-
ria 3 , esso trovasi gia aggiunto in fine della Collezione di canoni
Colbertina, la quale e piu antica del Pseudo-Isidoro , e non ha niu-
na delle merci Isidoriane ; donde sembra probabile che da quella
Collezione appunto Isidoro abbia copiato I'Editto , per arricchirne la
propria.
II dove, ossia la patria, che diede in luce la falsa Donazione , dai
dati teste addotti viene pure abbas tanza indicata. In Galliis ea dona-
tio primum cusa videtur fuisse, dice il Zaccaria 4 ; giacche in Fran-
cia appunto si trova aver essa fatta la prima comparsa. La Collezio-
ne Colbertina , i primi codici Isidoriani , i primi scrittori che della
Donazione parlarono, sono francesi ; e fuori di Francia per lunga eta
non se ne trova vestigio. Laonde , siccome delle false Decretali del
Mercatore e oggidi sentenza comune dei dotti , eziandio Protestan-
ti , ch' elle sian nate in Francia 5 , quantunque altri yolesse gia
fare quest' onore a Roma ; cosi la falsa Donazione , che allri vor-
rebbe fabbricata in Roma, tutti i segni dimostrano aver avulo ori-
gine in Francia ; dove in quell'epoca si hanno certi riscontri di si-
1 Pag. 70.
2 De antiquis Collectionibus et Collectoribus Canonum. Pars III , Cap. YI,
§.5.
3 Nella Disserlazione De Patrimontis S. R. E., Cap. II.
4 Ivi.
5 Yedi il DENZINGER , Ecloge et Eplcrms eorum quae a recentioribus cri-
ticis de Pseudoisidorianis Decretalibus statuta sunt. Cap. I, presso il MIGNE,
Patrolog. lat. T. CXXX. E 1' HINSCHIUS, che e il piii recente ed accurate il-
lustratore delle Decretali pseudo-lsidoriane, dimostra espressamente, che
pro certo habendum est, neque Romae neque in Italia eas esse conpctas. Immo
sententia, cui omnes viri docti hodie, nullo fere excepto, adhaerentj in Francia
Decretales originem sumpsisse, comprobanda est. DECRETALES PSEUDO-ISIDO-
RIANAE etc. Lipsia 1863. Yedi la Parte V dei Prolegomeni, pag. CCY1I e segg.
326 ORIGINE DELIA DONAZIONE DI COSTANTINO
mili fabbricazioni, poiche, oltre le false Decretali, vi si coniarono an-
che i falsi Capitolari di Benedetto Levita. Lo stesso Dollinger , dopo
aver narrato , come udiste, che la Donazione fu inventata in Romar
e citala per la prima volta da Adriano I, candidamente soggiunge :
Nondimeno e certo, che da principio niuna CUT a si ebbe di propa-
garla. Da Adriano I fino a Leone IX (dal 776 fino al 1053^ non
se ne trova niun vesligio nelle lettere pontificie; niuna menzione se
ne incontra nei piu antic hi manoscritti del Liber Ponlificalis ; ma
per mezzo del Pseudo-Isidoro (doe dopo /' 840,1 ella comincib ad
esser conosciuta anche fuor d" Italia , ed anzi in Francia forse piu
che in Italia l. E segue a dire che , mentre Liutprando Vescovo di
Cremona non ne sapeva nulla, o nulla almeno ne disse nel 968, al
contrario in Francia , un secolo prima , Enea, Incmaro, Adone , gia
ne parlavano come di cosa nota. Ora, non e egli questo un nuovo e
grande argom-ento a credere, che la Donazione in Francia appunto,
e non in Italia fosse nala? E non e forse strano a vedere, che la Do-
nazione, dopo essere stata fabbricata in Roma dal Clero Romano per
quei fini che il Dollinger ei ha scoperli, e che ei dice essere stati in
gran parte ottenuti, e che oltenere non si poteano senza dar voga al
finto Documento; non e egli strano, diciamo,che in Roma e in tulta
Italia, per quasi tresecoli, non sitrovi niuna traccia, niun segno del
pur sapersi qui, che fosse al mondo un Documento siffallo? non e
«gli incredibile, che coloro, i quali piu di tutti doveano essere inle-
ressati a divulgarlo, se ne siano mostrati piu di tutti non curanti? e
in tante occasioni che in si lunga eta loro si porsero di giovarsene,
non ne abbiano mai fiatalo?
Ma torniamo in via. Se puo darsi quasi per certa la patria fran-
cese alia Donazione , egli e assai piu malagevole , anzi forse e im-
possibile , il trovare chi le sia stalo padre. Molti Autori han credulo
1 Swher isl indess, dass man sick anfdnglich keine Muhe gegeben hat, sie
zu verbreiten. Von Hadrian I bis an f Leo JX f776 bis 1053^ ftndet sich in den
papstlichen Schreiben keine Spur dawn; in den alleren Handschri/ten des
Liber Pontificalis wird ihrer nicht gedacht ; aber durch Pseudo-Isidor (also
seit 840 ) begann sie auch ausserhalb Italiens, ja vielleicht im Frankenreiche
mehr als in Italien bekannt zu werden. Pag. 76.
SECONDO IL DOLLINGER 327
la Donazione inventata da quel medesimo die invento le false De~
cretali , e che va nei codici sotto nome di Isidore Mercatore , o Isi-
dore Peccatore ; e siccome si ban gravissimi sospetti che cotesto
falso Isidore altri non sia che quel medesimo Benedetto Levita,
cherico di Magonza , il quale lavoro in quegli anni medesimi i falsi
Capitolari 1; con cio il padre del la Donazione sarebbe pressoche bel-
lo e trovato, e colesto Benedetto avrebbe cosi il merito di quasi tutte
le erudite imposture , che in quell' epoca comparvero nella Francia
occi dentate e indi si drffusero pel mondo. Ma 1'opinione di cotesti
Autori , come abbiarno gia notato , patisce gravi difficolta; laonde
non puo farsi grande assegnamento sopra Benedetto , ed e giuoco-
forza lasciare nelle sue tenebre , fmora impenetrabili , il padre della
Donazione.
Dello scopo finalmente, per cui la falsa Donazione pote essere
scritla, molte cose furono gia immaginate, ed altre ancora se ne pos-
sono fantasticare a posta di ognuno. E se noi dovessimo attribuire ad
ogni modo alia Donazione tino scopo politico, e scegliere tra le opi-
nioni fin qui div^isale, facilmente preferiremmo a tutte le altre quella
del Zaccaria: che cioe si volesse in Francia, coll'anlorita di Costantina
Magno, confermare la inaugurazione del nuovo Impero d'Occidente,
fatta dal Papa in Carlomagno, ed attutare cosi le ire e le pretendenze
dei Greci , sdegnatissimi contro il nuovo Impero e insoflerenti della
perdita dell' Italia 2. La quale spkgazione, oltre che si attaglierebbe
ottimaniente all' epoca e alia patria, in cui la Donazione vide la prima
luce, avrebbe assai del verosimile anche per questo rispetto : die to
scwpo della finzione si troverebbe non gia espresso, ma velato nei
Docurcvento, da cui dee dedursi solo per raziocinio e quasi di secon-
da mano; laddove lo scopo, ammesso dal Dollinger, di dare cioe al
1 DENZINGER, loc. cit.
2 Nee fortasse a vero aberraret}qvi renovatum a Leone III, Carolo Magno
Imperatore coronato, OccidmHle Imperium eius fingendi Constiluli Gatto cui-
piam scriptori occasionem, sub IX saeculi initia, dedisse coniioeret ; nt, Can-
stantini Magui auetoritate, Graecorum, Italiae a suo Imperio defectionem ea
Caroli inauguralione confirmatam aegre ferentmm, impetum ferociamque
comprimeret. Dissertazione sopra citata? Cap. II.
328 ORIGINE BELLA DONAZIONE DI COSTANTINO
Papa il dominio di tutta 1' Italia ( e perche non anzi di tutto 1' Occi-
dente? giacche a tanto si stende laDonazione), appunto perche que-
sto dominio e cosa troppo chiaramente e direllamente espressa nel
Documento, e piu inverosimile d'ogni altro; essendo costume ed ar-
te notissima dei falsarii 1'andare per vie torte, e nascondere solto
a] Ire apparenze i loro veri intenti. •
Del resto, forse 1' impostura della Donazione e stata piu innocenle
che ad altri non pare; ed i critici si lambiccano invano il cervello a
ricercare intendimenti polilici e profondi , cola dove per sorte allro
Bon vi fu che un' esercitazione rettorica e uno scherzo d' ingegno,
L' inventore della Donazione Costantiniana forse non intese ad allro
che a ridurre insieme e incorporare, stereotipandole, per dir cosi,
sotto forma diplomatica di edilto , le credenze e le idee vaghe che
gia sparsamente erano in voga per tut to. Gli Atti apocrifi di S. Sil-
vestro, dei qualil'Editto e, per gran parte, un cenlone, correano per
le mani dltutti, gia fin dal V secolo : dall'allra parle, la profonda di-
Tozione di Costantino verso la Chiesa Romana e la sua magnificen-
za nell'arricchirla ; il trasportare ch'egli avea fattolasede imperiale
a Bizanzio, quasi per riverenza ai Papi e per lasciar loro piu libera
autorita in Roma; 1'autorila e potenza grandissima che di fatto i Pa-
pi esercitarono anche civilmenle, non solo in Roma e in Italia, ma
in tutto 1'Occidente, soprattulto dopo le invasion! barbariche; e la
condizione di veri Sovrani , a cui la forza delle cose li aveva innal-
zati in Italia nel secolo VIII; tutle queste erano idee che empievano
gia le menti di tulti. Ora qual maraviglia, che a qualche erudito di
quei tempi sorgesse in capo di coordinare in un sol corpo lutte que-
ste idee, e dar loro autorita e sanzione ferma col nome di Costanti-
no? Egli lo fece un po' goffamente, mescendo al vero delle falsila,
degli anacronismi, e soprattutto, com' e 1' uso dei rettoricanli, delle
esagerazioni sperticate; ma a'suoi di non si guardava molto pel sot-
tile: quindi il suo Editto, cominciatosi ad inserire in qualche codice
o collezione di canoni antichi, passo per antico e per genuino, ed ac-
cettalo poi, forse in buona fede, tra le sue Decrelali dal Pseudo-Isi-
doro, venne divalgato a poco a poco per ogni dove. Cerlo a noisem-
bra, che la gran fortuna e aulorita che ottenne la Donazione nel me-
SECONDO IL DOLLINCER 329
dio evo, si debba in gran parte anche a cio, che ella rispondeva ot-
timamente alle credenze e ai concetti che, al suo primo comparire,
gia universalmente dominavano; e benche, anche in quei secoli non
sia mancato chi ne contrastasse talvolta il valore 1, cio fu piuttosto
1 II primo esempio di tali opposizioni si ha in una lite, agitata in Roma
nel 1105 tra i Monaci della Badia di Farfa ed alcuni nobili Romani pel pos-
sesso di certe Gastella. Avendo questi allegata, pei diritti della S. Sede (da
. cui dipendevano i loro proprii) la Donazione di Costantino ; i Monaci non ne-
garono gia la sincerita del Documento, ma provarono storicamente, che questo
non potea intendersi di una Donazione dell'Italia, giacche isuccessori di Co-
stantino aveano dell'Italia posseduto ed eserdtato sempre il pieno dominio ;
perdo Costantino non aver potuto conferire ai Papi in Italia che soli diritti
spirituali. A quel tempo , doe sotto Pasquale II, il Papa in Roma stessa era
si lontano dall'essere riguardato come Monarca di uno Stato spedale, che i
Monaci col loroAbbatepoterono,senza essere contraddetti, indicare dinanzi ai
giudid Romani come un fatto riconosciuto ; che al Papa non conveniva niuna
signoria eniun governo temporale,avendo egli ricevuto da Dio le chiavi,non
gia di un Regno terreno, ma solamenle del Regno dei deli. Cosinarra il D61-
linger, a pag. 81. Noi pero preghiamo il ch. Autore dirileggere piii attenta-
mente nelle Historiae Farfenses del PERTZ, o nel Chronicon Farfense dei
MURATORI (Rer. Ital. T. II, P. II) quel processo ; ed ivi potra chiarirsi che i
Monaci Farfensi non sognarono mai di negare al Papa ogni signoria tempo-
rale, e molto meno la convenienza di tal signoria, ne mai pretesero che Co-
stantino avesse dato ai Papi solamente diritti spirituali; anzi affermarono
espressamente il contrario. Ivi infatti essi dicono, che postquam aeternam
potestatem per B. Petrum Apostolum Romana Sedes adepta est a Christo,
TEMPORALE etiam suscepit PRIVILEGIUM ab Imperatore Constantino, quod iure
possidere credilur aeterno (MURAT. 1. cit. p. 648); e ricordano in piu luoghi
e riconoscono le molte e vaste signorie, non solo di terre e patrimonii, ma
di citta e province intere in Italia, date o confermate ai Papi dai Principi.
La sola cosa che i Monaci negavano, era che i Papi, in virtu del Privilegium
Constanlini, avessero ricevuto il dominio intero di tutta Italia; quia Constan-
tinus, dicevan essi, non iura privatorum nee EX TOTO terreni Imperii domi-
nium Beato Silvestro concessit (Ivi, pag. 637) ; e conchiudevano dai fatti sto-
rici : non OMNIS ergo ITALIA in terrenis facultatibus patrimonium B. Petri Apo-
stoli Eccleslae extitit, nee unquam Ponlificum Romanorum EX TOTO dominium
fuit, etc. E qui soggiungevano, che sibbene nell' ordine spirituale, i Papi
aveano questo dominio intero di tutta Italia, e non solo di tutta Italia ma
di tutto il mondo : e qui allegavano le virtii delle Chiavi date loro da Dio;
330 ORIGINS BELLA BONAZIONE DI COST ANTING ECC.
per interessi o ire di parte, che non per dubbio scienlifico; il quate
veramente non sorse a combatterla, senon nel secolo XV. Cos! tro-
verebbesi lelteralmente vera quella celebre sentenza del De Maistre:
che laDonazione, si altamente condannata dai modern! come impostu-
ra di falsario, fu scrilta invece dalle mani stesse della ingenuita 1.
Chi la scrisse, altro non fece che interpretare ingenuamente e tra-
durre in termini concreti il pensiero delle mollitudini, che 1' abban-
dono di Roma, falto da Costantino ai Papi, riguardavano come vera
donazione. In questa sentenza deli'aculo Veggente savoino e per av-
ventura piu senno e piu verita, che non nelle studiale ipotesi di
molti dotti.
. non gia per provare (come fa loro dire il Do'llinger) che disdicesse ai Papi
la signoria temporale, ma per mostrare che quella potesta suprema e uni-
versale, da essi posseduta in virtii delle Chiavj, era di ordine spirituale: in
his tamen rebus et causis non quae sunt ad saeculum, sed quae sunt ad Deum.
Non enim claves terrae sen regni terrestris, sed claves regni caeleslis conces-
$it illi omnium Pastor Pastorum etc. (Ivi, p. 641). Da tutto cid si vede adun-
que che quei buoni Monaci di Farfa, del secolo XII, i quali il Dollinger
vorrebbe rappresentarci col loro Abbate alia testa, e con tutti i Giudici ro-
mani in coda, quasi altrettanti precursor'! degl'italianissimi del I860, quan-
to al negare il Dominio temporale dei Papi , e persino la cbnvenienza dital
dominio; quei buoni Monaci, diciamo, erano lontanissimi da tal pensiero; e
risapendolo oggidi, avrebbono gran ragione di maravigliarsi; che, dopo es-
sersi spiegati cosi chiaro in tal materia, pure il loro latino sia ,stato cosi stra-
namente franteso da un cosi dotto Professore di Alemagna.
1 Giova ricordare qui tutto il passo del famoso Autore : Constantin ceda
Rome auPape. La conscience du genre humain qui est infaillible ne Ventendit
pas autrement, et de la naquit la fable de la donation qui est tres-vraie.L'an-
tiyuite qui aime assez voir et toucher tout, fit bientot de /' abandon ( qufelle
n'auroit pas m$me su nommer) une donation dans les formes. Elle la mt ecrite
sur le parchemin, et deposee sur I'autel de S. Pierre. Les modernes crient a la
faussete, et cy est rinnocence mdme qui racontoit ainsi ses pensees. Du PAPE,
Liv. II, Chap. VI.
RIVISTA
DELLA
S T A M P A I T A L I A N A
I.
. |J
Memorie sloriche della chiesa di S. Benedetto in Piscinula, nel
Rione Trastevere, raccolte e pubblicale dal Principe D. CAMILLO
MASSIMO— Roma M. DCCC. LXIV, Tipografia Salviucci. [Jn vo-
lume in 8.° dipagg. 164.
Le antiche memorie fanno in certa guisa rivivere i tempi antichi,
specialmente quando sieno raccomandate a monumenti, checolla lo- **
ro esistenza materiale li rappresenlano non solo alia nostra immagi-
nativa, ma in qualche modo agli occhi stessi del corpo. Di qui provie-
ne il piacere, che sentono comunemente gli uomini, specialmente piii
erudili, a contemplare i venerandi avanzi de'secoli. Imperciocch^
sembra loro di essere quasi trasportati a quelle remotissime eta, di
stare in mezzo a quegli uomini e a quo' costumi, per Tanimarsi che
fanno nella loro fantasia e prendere coma*corpo e forma le svariale
immagini , che di una in altra ne rampollano. E questa efficacia e
ancor piu senlita ne' monumenti cristiani, ne' quali la grandezza della
religione die li consacra, i fatti meravigliosi che testimoniano, e le
altre pietose memorie con cui vanno connessi, sono per se fecondi
di piu solenni concetti, e di piu forti affezioni. Ondeche le anime pie
non possono rimanersi mute a cosiffatti ob-bietti, nei loro cuori in-
sensibili alle impressioni che ne derivano. Ed »nzi non e raro a in-
tervenire che que' medesimi , ehe erano affatto chiusi ai sentiment!
religiosi , o anche scbernitori della pieta cristiana , sieno conquisi
dalla occulta virtu che erompe da que' venerabili lestimonii deli' an-
tica piet^t, e guadagnati alia religione.
332 RI VISTA
Scriviamo queste parole caldi ancora de'sentimenti che ci ha ispi-
rati nell' animo il libro annunziato qui sopra dell' eccellenlissimo
Principe D. Camillo Massimo. Egli ha saputo quasi dar vita ad ogni
angolo , ad ogni pietra , che serbi qualche vestigio di antichita nel
sanluario che ha preso ad illustrare, costringendoli, per cosl dire, a
raccontarci le antiche glorie e i falti memorabili di cui furono testi-
monii. La erudizione che adopera a questo fine e svariata, spesso di
recondite cose, e sempre avveduta e sagace ne'giudizii. Ma cio che
la rende piu pregevole e quel sapore di pieta cristiana, che ridonda
da ogni pagina ; la quale accoppiaia colla veneranda religione delle
memorie che tratta, ne aiuta polentemenle Y effetto. Ne abbia ii
lettore un assaggio nel brevissimo sunto che ne facciamo.
II tempio di S. Benedetto in Piscinula si connette con due glorie
delle piu sfolgoranti di Roma de' bassi tempi ; di genere tra loro
diverse, ma pur volte amendue ad illustrare uno stesso personaggio.
La prima e la famiglia nobilissima degli Anicii, gia tanto famosa
per illustri cariche, che S. Girolamo ebbe a scrivere, tutti di quella
prosapia nascere come destinati alConsolato. Ora gli Anicii sino dai
tempi degl* Imperatori pagani assai case possedevano nella regione
di Roma delta di Trastevere, e per poco non erano essi i padroni di
tutta quanta la contrada ; nella quale anche ora rimaixe un qualun-
que vestigio di quel dominio , per una strada che vi ha col nome
di Anicia. Ma il palagio di lor dimora si levava per appunto su
quell' area, di cui ora occupa una parte il tempio suddetto. E quan-
to fosse ammirabile per ricchezza di marmi e pregio di arle lo pos-
siamo argomentare dalle parole di Secondino, il quale, scrivendo a
S. Agoslino, voile magnificare la eloquenza di lui paragonandola allo
splendore della casa degli Anicii: « Ego namque fateor non tali di-
ligentia nee tanta industria Anicianae domus micare marmora,
quanta tua scripta perlucent eloquentia 1. » La seconda gloria, che
non tanto si connelte quanlo s' immedesima, per cosi dire , con
questa chiesa, e 1'essere stata un tempo abitazione del gran Patriar-
ca de'Monaci d'Occidente, S. Benedetto. Fu egli rampollo dell' anzi-
detta famiglia degli Anicii , essendo nato di Eupropio degli Anicii,
1 Yedi le opere di S. Agostino, Venezia 1733, torn. VIII, col. 5-21.
BELLA STAMPA ITALIANA 333
conle di Norcia ; e benche non in Roma, ma in quel feudo del padre
avesse avuto il natale, certo e per le memorie della vita che san
Gregorio Magno ne scrisse, che fanciulletto di sei anni era in Roma,
e quivi fece i suoi studii. Donde il chiaro Autore \ittoriosamente di-
mostra contro il P. Abbale della Noce, che non gia della casa di Nor-
cia, si veramente del palazzo di Roma si vogliono intendere quelle
parole di S. Gregorio, le quali dicono che il santo giovinetto abban-
donata la casa e le ricchezze paterae si ritiro nella solitudine. Pe-
rocche Roma era la patria de' suoi, e quindi la « Casa loro » , sen-
z'altro aggiunlo, non puo essere altra da quella, in cui essi avevano
piu propria dimora, e naturalmente piii stabile. Ad ogni modo la pic-
ciola cameretta usata da Renedetto, almeno il tempo che attendeva ai
suoi sludii, esiste ancora nella sua forma e rozzezza primitiva, sicche
quasi vi si sente 1' alito di quell' angioletto di fanciullo. Ed e spetta-
colo di meraviglia e di tenerezza tanta virtu di gioyinetto ; il quale
in tutto il gran palazzo de'suoi non seppe per se trovare di meglio,
che questo bugigattolo, lungo appena undid 'palmi, e largo non piu
di tre, certo per segregarsi il meglio che poteva dal tumulto del bel
mondo di Roma, di cui la sua famiglia dovea essere uno de'centri
piu splendidi. Ma bel guiderdone che il Signore gli rende eziandio
in questo moudo ! Imperciocche laddove ora appena si puo a(}ditare
qualche sasso di quel si magnifico e si famoso edifizio che fu il gran
palagio degli Anicii, per contrario la si meschina cameretta di Bene-
dello non solo e tutta intera, ma essa sola terra ferma la fama e mo-
strera almeno un avanzo della primitiva costruzione.
Le antiche tradizioni non ci fanno sicura scorta per indicare con
qualche precisione il tempo, che questa stanzuccia comincio ad essere
venerata dopo la morte di S. Benedetto. Ma non e punto da dubita-
re che non fosse assai presto; attesa la gran fama di santita che an-
cor vivente godeva il santo Patriarca, e la somma riverenza che gli
avevano i suoi : della quale rimane questa memoria , che dovuto il
Santo tornare in Roma dopo trentasei anni, da^ che n' era fuggito,
gli uscirono inconlro a gran festa ed onore tutti della sua numerosa
parentela, accompagnati da molta parle di popolo.
Ma ben maggiore argomento di onore all' inclito Patriarca fu
quello che gli resero i discendenti, com' e da supporre, di quella
334 RIVISTA
stessa prosapia, trasformando tutto intero il palagio in cenobio del-
T Ordine benedettino colla chiesa che tuttora esiste, gia in antico
dedicata alia santissima Vergine, e poscia denominata da S. Bene-
detto. E veramente, come dimostra con buoni argomenti il P. Ab-
bate Gaetani in un suo manoscritto, che ora per la prima vol-
ta 1'iliustre Autore pubblica nel suo libro, esistette congiunto colla
chiesa di S. Benedetto in Piscinula un asceterio di quell' Ordine in-
signe; e gia era fiorente nel secolo nono. Or chi puo dire quanto
tempo inuanzi dovett'essere edificato ? II perche non dovrebbe sem-
brare lontana dal vero la congettura, che gli slessi discendenti di
quella nobile stirpe volessero deputare il loro palagio ai figliuoli spi-
rituali del loro santo antenato.
II chiaro Autore vien seguitando, per cio che permette la oscurita
de' tempi, le diverse vicende del monastero e della chiesa. Noi,
senz' andare per le minute, diremo in poco, che distrutto non si sa
quando, ne come il monastero ; la chiesa fu da tempo immemorabile
deslinata in uso di Parrocchia; e i primi document* che fosse tale
risalgono al secolo decimoquarto. Lo scrittore con somma diligenza
tesse il catalogo de' Sacerdoti che ne tennero la presidenza, facendo
principio da que' pochi, che gli e riuscito di trovar nominati ca-
sualmente dal 1386 insino al 1571, e seguitando senz'altra interru-
zione da quell' epoca in poi, quando fu cominciato a tenere ordiriata-
mente i regislri, secondo la norma del Concilio di Trento. Se non
che dal Gennaio del 1825, cessalo di esser Cura per la nuova cir-
coscrizione delle Parrocchie di Roma, in virtu della Bolla Super Uni-
versam del Sommo Pontefice Leone XII, non ebbe piu Parroci, ma
in quella vece Rettori.
Or questo diremmo quasi infortunio di cosi venerando santuario
fu occasione allo zelo del piissimo signore romano Carlo Massimo ,
primogenito del Marchese Camillo , di domandarlo per gli esercizii
religiosi di una scuola gratuita , che aveva gia istituita in Trasteve-
re, perche vi fosse educata cristianamente la gioventu di quel Rio-
ne, pur troppo in mala voce di indole fiera e sanguinaria. Ebbe la
grazia desiderata nel 1826 ; benche poco ne potesse godere, essen-
do in sul cominciare del seguente anno cessato di vivere. Ma 1'Emi-
nentissimo Cardinale, nipotedi lui, D. Francesco Saverio Massimo,
DELIA STAMPA ITALIANA 335
prosegui con zelo non minore quell' opera di carita , ed ottenne di
piu per 1' uso della scuola la casa che vi e annesa. Non ci ferme-
remo a descrivere i miglioramenti procurati da lui si alia chiesa ,
come alia casa; ne verremmo descrivendo ilfrutto abbondante, da
lui raccolto , della religiosa educazione di tanto numero di rozzi fan-
ciulli; perche son cose delle quali tutla Roma e testimone. Notiamo
solamente, a speranza dell' avvenire , che come il March ese Carlo
ebbe un degno successore delle sue cure nell' Eminentissimo Cardi-
nale; cosi il Cardinale , mancato ai vivi nel 1849, lego la pia opera
al Principe D. Camillo , autore del libro del quale ci siiamo intrat-
tenendo; ed esso la viene continuando con pari amore e successo.
E che non debba giammai cessare in quella si religiosa e beneme-
rita famiglia de' signori Massimi , ci e buona caparra il privilegio
del 6 Maggio 1850, che oltenne il Principe sullodato dall' Emi-
nenlissimo Cardinale Vicario. Con esso e conceduto non solo a lui,
ma a tutt' i suoi discendenti, 1' uso della chiesa di S. Benedetto in
Piscinula all' uopo di riunirvisi i giovanetti della Scuola gratuita,
fmche eglino dureranno a tenere a loro carico delta scuola : inoltre
la facolta di nominare un sacerdote , per Reltore della chiesa , da
essere appro vato nelle debite forme dal Yicariato.
Dopo le cose accennate passa 1' Autore a descrivere minutamen-
te la chiesa , secondo quello che era , e che dipoi e divenuta per
le successive ristaurazioni. Noi non possiamo seguitarlo nella es-
posizione delle singole cose : toccheremo solamente delle piu princi-
pali. L'antichita della fabbrica e altestata dal pavimenlo, delto ales-
sandrino, che e pur quello di tulte le piu antiche basiliche di questa
citta, e comincio ad essere in uso ai tempi di Alessandro Severo ,
continuando sino all' ultima decadenza. Un altro monumenlo specia-
le sono le campane, una delle quali e delle piu antiche, se non forse
lapiuanlica che ritrovisi in Roma, perche reca la data del 1069.
Ma molto piu sono da pregiare due pitture che vi si ammirano,
le quali col vanto dell' antichita hanno congiunto quello di rappresen-
lare oggetti venerabilissimi. Una di queste e il S. Benedetto dell'Al-
tare maggiore, il quale, benche non sia stalo dipinto, come vuole il
Mabillon nel suo Iter italicum , vivendo il Santo , e* nondimeno, per
avviso del Torrigio, la effigie piu antica del medesimo Santo, che
336 RIVISTA
sia in Roma. Esso e figurato assiso su di una sedia della forma che
si usava nel secolo XII ; ha nelia destra il pastorale, e nella sinistra
il libro della regola benedettina , nel quale si legge : Ausculta fill
praecepta magistri et inclina aurem cordis lui. I/ altra , ancor piu
veneranda, e T immagine di Maria SS. col clivino pargoletlo fra le
braccia, quella che, secondo 1'antichissima e comune tradizione, par-
16 a S. Benedetto, consigliandolo a ritirarsi nella solitudine. Essa
adorna 1' altare detto della Madonna nella cappella situata nel por-
tico della chiesa , ed ha dall'uno de' lali quell' angustissimo foro, che
era, come nolammo, 1'eremo domestico del fanciullo Benedetto. NOR
mancano altri dipinti, stimabili anch'essi per arte e per antichita,
che tuttara adornano la chiesa: ma quelli che decoravano il portico,
assai celebrali dall' abate Gaetani e da altri autori , ora sono , con
danno irreparabile, interamente periti, se si faccia eccezione di una
Yergine , e di poche tracce di un martire. Di tutte le pitture che
rimangono , come allresi della pianta e della facciata della chiesa ,
trovera il lettore, ai proprii luoghi di queste Memorie storiche, altret-
tante copie fedeli, impresse per mezzo di belle incisioni in rame. 11
quale ornamento come rende piii compiuta 1' illustrazione , cosi ag-
giunge non piccolo pregio alia elegante edizione del libro.
Un' ultima falica, e per ventura piu molesta di quanta ne ha du-
rata sin qui, si assume 1' illustre Autore. Questa e di dare un cata-
logo storico di tutt' i defunti, da tempi aritichissimi, stali sepolti nella
chiesa di S. Benedetto, raccogliendone le notizie o sia dalle iscri-
zioni sepolcrali, o sia dai registri mortuarii de' Parroci , o donde
meglio gli accadesse raccatlarle. Con che e riuscito a melter fuori
assai notizie del tutto dimenticate , e spesso di persone appartenute
a mollo illustri casati.
Si abbia intanto il signor Principe le nostre congratulazioni per
questo suo si lodevole lavoro. Ma piu che le noslre congratulazioni
gli valgano le benedizioni del santo Patriarca Benedetto , il quale,
come volse la sua esimia santita tulta in benefizio de' popoli incolli,
cosi non puo non aggradire sommamente 1'ossequio di lui in quest' at-
to di glorificare il luogo dei suoi giovanili fervori , e farlo servire ai
nobile uso di educare cristianamente i fanciulli.
DELIA STAMPA ITALIANA 337
II.
Osservazioni intorno alle Donne ed alia loro educazione, di FORTU-
NATO CAVAZZONI PEDERZINI modenese — Bologna, tipografia di
santa Maria Maggiore, Stabilimento dell'Immacolata 1863. Vol.
unico di pag. VIH-190.
Balla educazione in cui e allevata la donna , sogliono rampollare
due effetti di somma rilevanza : otlimo 1'uno, se essa fu savia e ret-
ta; soprammodo tristo 1'alln), se insipiente e torta. Dimodoche quando •
vedete andare a marito una donzella , che sorti la prima maniera di
allevamento, stringete pure la mano allo sposo, fategli le piu cordiali
congratulazioni : egli e un uomo beato e la sua famiglia fortunata.
Che se per 1'opposto sapete , che ella venne informata alia seconda ,
conchiudete dolenle in cuor voslro : quel giovane ed il suo casalo
oggi sono colti dalla piu rea di tulle le sventure. Conciossiache, spen-
ta la luna di miele che suol essere di corta durata , e sopravvenuta
la vita di annegazione che s' incontra nel matrimonio, la prima delle
due spose saviamente educata si acconcera ai desiderii del marito ,
riverira i suoceri, badera alle faccende di sua appartenenza e tollererDi
in pace quelle amaritudini, che non e dato schivare si di leggeri al
cuore estremamente sensitive della donna. Ma non cosi la seconda : i
dissapori , i crucci , i brontolii , le mutue offese ed infme gli abban-
doni saranno i conseguenti tante volte causati dalle voglie pazze, ra-
dicatesi nell' animo merce la torla educazione. Quanto alia prole sar£
negletta, e quindi se di buona indole inselvalichirSt ; se di rea, ere-
scera nella casa qual erbaccia malefica con disdoro della famiglia e
con lutto future della societa.
I moderni rigeneratori d' Italia , pensate se non vogliono rigene-
rarla anche nella educazione della donna. A tale uopo spianlano i
monisteri delle sacre vergini , dannando come rancida e melensa la
educazione che vi si da alle fanciulle italiane , deridono come rusti-
cana quella di modi semplici e schiettl, tramandataci dagli avi, e tut-
to insieme ce ne presentano di varie specie foggiate sopra il loro
gusto italianissimo, esaltandole come un non plus ultra di perfezio-
ne, ed indicando le case, ove si porgono come altretlanti lavoratorii
Serie Y, vol. J, fasc. 339. 22 27 Aprile 1864.
338 RIVISTA
di donne scienziate , sublimi, in una parola veramente italiane. II
sig. Pederzini, eke non e uorao che si appaga di ciance, con quel li-
no e relto giudizio, die e suo proprio, iolse ad esaminare quanto di
piu grande offre 1' incivilimento moderno in opera di educazione fern-
minile, lo ragguaglio coll' antico, pigliando pel confronto una norma
infallibile , vogliamo dire, la natura della donna ed il fine inteso dal
Creatore nel metierla al mondo. Da questo paragone cavo le osser-
vazioni , che con forbita eleganza di stile , con larga erudizione e
savio ordinamenlo scrisse nel libro annunziato.
Quanto grande sia il pregio, in che sono da tenersi coteste osser-
vazioni e presso quali genitori , si giudichi dal concetto che egli ci
porge del suo lavoro, dove esprime schiettamente i suoi inlendimenti:
« Solo mi propongo di chiarire e di bene stabilire alcune poche
verita fondamentali , sopra le quali poi conducendo 1' educazione ed
il reggimento di esse donne , queste se ne debbano trovare costitui-
te nel possesso e nell' esercizio , cosi de' loro diritti, come de' loro
doveri.
« Le cose, ch' io metier 6 innanzi son di lal natura, che I cristiani
poco meno che non le incontrano ad ogni passo ne' Libri sanli ; e gli
uomini anche semplicemente onesti o le vedono cogli occhi prcprii,
o le si trovano scritte dalla mano di Dio nella loro coscienza.
« Penso che tutti gli ordini de' cittadini sarebbero in caso , qual
piu qual meno, di potersi giovare di quello , che andremo dicendo ;
ma confesso d' aver inteso principalmente a servire all' occorrenze
delle famiglie nobili e ricche , quali vivono oggidi nel maggior nu-
mero delle citta d' Italia , e fra cui pur troppo hanno gran corso , e
vigoreggiano assai degli errori perniciosi , e delle false opinioni , e
delle pessime costumanze 1. » Quanto egli prometle, tanto fa. Da
principio addita gli errori che, specialmente a nostri di, si commet-
tono nella educazione, appresso, toccate le false opinioni che corrono,
pone sodi principii e da regole di sicuro riuscimento, in fine sfolgora
le pessime coslumanze. II tutto e spartito in dieci capitoli.
Quattro sono gli errori in che si cade neir opera dell' educare.
Per primo si mette dal ch. Autore lo scambiare la istruzione colla
1 Pag. 5.
DELLA STAMP A ITALIANA 339
educazione e peggio ancora surrogare quella a questa, cioe conferir
iutto alia coltura della parte intellettiva e non curarsi d' informa-
re a virtu la parte morale; per secondo 11 proporre a motive di
retto operare argomenti umani, dispettando come anticaglia di niun
pregio le maschie verila soprannaturali ; per terzo Faccomunare la
stessa forma di educazione a disparate maniere d' individui, e a di-
verse classi; per quarto Tallevare 1'un sesso nella forma proporzio-
Bata e convenevole all' altro. Di quali tristi effetti sia cagione ciascu-
no degli errori enumerati, e facile rilevarlo, ove si consider!, che ca-
dendovi si attuera una educazione o ripiena di boria senza sostanza,
o manchevole di fondamento, o disacconcia alia condizione, o peggio
In disaccordo colla natura. Eccovi in qual maniera il ch. Autore ci
ritrae eleganlemente gli efFetti del quarto errore : « Molti fra di noi
contendono di fare trasnaturare le fanciulle, e condurle a spogliarsi
lo spirito , il cuore , e le miti e soavi inclinazioni della donna , per
vestirsi la forza , il coraggio e gli spiriti dell'uomo. Quinci si for-
mano le moderne viragini dalla persona ritta e superba, cogli occhi
sbarrati e la guardatura ferma ed invereconda, sperte del maneggio
de' cavalli, usate al nuoto, alia caccia e fino a -traitor 1'arme. Siccome
per altro la nalura non si lascia vincere di leggeri, ne impunemente
sopraffare, cosi parmi che quelle sforzate produzioni dell' umana stol-
tezza non riescano mai che ad un' odiosa mostrosita, nella quale man-
cano le buone e le belle qualita cosi dell' uno, come dell' altro sesso.
« E veramente incontra nella viragine che i modi ed i costumi
soprannestati ed avveniticci non hanno verso le sue facolta e le
attitudini natural! , ne da parte del corpo , ne da parte dell' anima ,
quella tale proporzione e convenienza, da cui si produrrebbe la bel-
lezza dell' intero, e per cui tutto Tuso della vita avrebbe quella nalu-
ralita e queir agevolezza piacevole , che , meglio d' ogni altra cosa,
dispone alia beatitudine. Conseguentemente ella deve trovarsene in
condizioni simili a quelle , cui riuscirebbe un uccello acquatico, che
fosse stato allevato fra gli uccelli delle foreste.
« Anch* esso il consorzio maritale , a misura che sia seguito quel
cotale trasnaturare della donna , viene ad essere sconcertato e gua-
sto, per difetto di quella varieta nell' unita, onde producesi 1' armo-
nia ; per 'appunto come verificherebbesi in un' orchestra musicale
340 RIVISTA
ogni qual volta gl' istrumenti di suono mite e soave, come la viola od
il flauto, fossero voluti recare al guerresco clangore delle trombe 1. »
Posto che la istruzione sia congiunta colla educazione , quale e la
maniera che vuolsi lenere per cogliere dell' una e dell' altra il frulto
desiderato? II ch. Autore incominciando dalla islruzione, studia il
falto storico della lelteratura femminile, ne deduce il valore dell' in-
gegno, e dichiarato il fine naturale della donna nella societa, fa toe-
care con mano la falsita della opinione di chi vuol le donne in ogni
scienza ed in ogni letteratura dotlrinate. Donde ricava due savissime
considerazioni. La prima risguarda la scienza ed e, che, « la istru-
zione scienlifica deve essere contenuta nella donna dentro i limiti piu
ristretli e piu comuni 2. » Altramente, volendoli allargare, il falli-
menlo dell' impresa, 1'esaltamento dell'orgoglio e 1'assorbimento del
piu del tempo e del meglio delle forze intellettive saranno indubita-
tamente i tre effetti soprammodo dannosi dell' insano esperimento.
E percio , e per le continue tentazioni della dolcezza della vana
gloria , appena mai sara possibile , che in esse donne rimanga luo-
go al fedele e pieno , ma non guari splendido esercizio della dignila
di madri di famiglia. « Per conseguenza , parlando a termini di ri-
gore da ogni laio , fa d' uopo d'eleggere fra la donna scienziata , o
letterata , od artista , e fra la madre di famiglia ; perocche 1' una
coll'allra professione insieme si ripugnano , e riescono quasi neces-
sariamente incompatibili. . . .
« Finalmente, e d' uopo che la donna medesima sia profondamen-
te persuasa del detto di Fenelon , cioe che per essa dev' esservi , ia
ordine a scienza, un colal pudore, non guari manco delicato di quel-
lo, che inspira 1'orrore del vizio.
« Certo la saccenteria nelle donne e infinilamente ridicola , ed al-
trettanto odiosa ; ed appena troveresti altro vizio , che piu pronta-
mente ributti il sesso maschile , a cui direbbesi ch' esse tenlino,
con quell'attitudine , di pareggiarsi , o piuttosto d' usare contro di
lui una villana soperchieria 3. » Cosi ragiona 1'uomo savio, che non
si lascia muovere dalle splendide apparenze , ma soltanto dalla so-
stanza e dal convenevole!
1 Pagg. 40, 41. — 2 Pag. 55. — 3 Pag. 54-5*6.
BELLA STAMPA ITALIANA 341
L'altra considerazione si riferisce alia letteratura ed e volta a met-
tere in guardia gli educatori circa la seel la dei libri. Nel eke se
V ebbe tempo , che abbisognasse di uomini oculatissimi, questa no-
slra eta per fermo e dessa, in cui diluviano per ogni parle scritli em-
pii e corrottissimi da esserne dilagala tutta Italia. Ritratto con forti
colori 1'osceno carattere di tanti arnesi del male, il eh. Autore con-
chiude : « Sopra cento scrilture , cbe si pubblicano oggidi , forse ap-
pena dieci si troverebbero scbieltamenle informate di buono spirilo;
un' altra discreta parte e vana e vuota d'utilita ; le restanti sono pur
troppo quali cattive, e quali pessime, siccome quelle che se non versa-
no a sgorgo, almeno a goccia a goccia instillano il veleno nei leggitori.
« In questa pestilenza periscono miseramente , se non si tengono
a buona guardia , anche gli uomini forti , prudenti , savii e addot-
trinati ; ed anche in esso loro avverasi che le parole prave corrom-
pono i buoni costumi. Ora come sperare che vi si salvino le donne
semplici , credule , sensibilissime e nescienti 1 ?
Ma chi non sa come fra i libri , che menano strage non piccola
nelle donne, debbonsi annoverare in primo luogo i Romanzi? Dal se-
vero ma savio giudizio , che si porta dal ch. Autore sopra de' buoni
nella sostanza e peccanti solo nella forma dello svolgimento, si dedu-
ca a qual alto grado egli voglia che si abbominino quelli , ne' quali
sotto mille e vaghe maniere si manipolano i veleni piu acuti delle
oscenita e della irreligione. « Finalmente , egli scrive , io voglioav-
yisare una gran verita, che puo*sfuggire facilmente , e di cui molli
per avventura ne manco sospetterebbero ; ed e che quantunque per
il proposito, e per lamateria, e per la condolta , i Romanzi fossero
non solo moralmenle indifferenti , ma buoni ed oUimi al possibile,
s' egli saranno composti coll'artificio di quelli , che piacciono oggidi,
cioe con cento ravvolgimenli ed inlrecciature di casi inaspettati e
maravigliosi , e con simili trovati poetici da tener sempre tesa 1'ani-
ma , ed eccitata la curiosila , con cio solo anch' essi riusciranno mol-
to dannosi ; perocche una volta che sia preso il gusto a quel genere
di composizioni, le storie posale e tutti gli altri libri di natura se-
ria , paiono insipidi , stucchevoli e fastidiosi ; la stessa noslra vita
1 Pag. 56-57.
342 RIVISTA
reale , regolata ed ordinaria ci si presenla sotlo una luce pallida 7
monotona e triste : e da si fatte condizibni al Iraviamento non v' e
che un passo. » Non v' ha dubbio; i Romanzi, che veslono forme co-
tanto dannose, sono da inlerdire alle fanciulle. E ciiiaro pero, che
nella sentenza del ch. Autore non vuolsi do intendere di quelli che,
fondati sulla storia e ritraenti delle scene domestiche usual!, mirano
a vantaggiare gli spirit! miscendo iitile dulci. Come, a modo di esem-
pio, si vede essersi procurato nei loro dal Card. Wiseman e dal
P. Newman , e come tentiamo anche no! a misura della nostra po-
chezza. Veniamo alia deduzione pratica, che s' inferisce dal ch. Au-
tore inlorno alia leltura dei libri.
« Conseguentemente , posto che ledonne sivogliono istrutte, fos-
se pur anche del semplice leggere , rimarra sempre a chi cura del
vero e solido loro bene, un obbligo strettissimo di guardare quelb
che leggono , e diffidare per regola ordinaria ; ed anzi credere che
non possa mai essere soverchia ne manco la massima diffidenza 1. »
Qui ci accorgiamo, che, tratti dal piacere che arreca una scritlu-
ra piena di grande saviezza,ci siamo, senza avvedercene, intrattenn-
ti oltre il dovere di una ri vista sopra la materra dei primi capilolL
Onde per affrettare il passo ed anche per non corrompere la dolcezza
della novita a que' genitori od a quelle educatrici , che non avesse-
ro ancora letto il prezioso tesoretto delle considerazioni, rinchiuse in
piccolo volume , non faremo alcun .motto ne del metodo che vi si
consiglia, affinche metlano e germoglino rigogliosi i semi di ogni
yirtu nel euore.delle fanciulle, ne degli avvisi, che si danno all'uopo*
di una vera e sostanziosa educazione cattolica, ne degl! esercizii, ai
qiwli la donna vuol essere accostumata assai di buon' ora, perche
ella cresca convenevolmente all' intendimento del creatore contro le
fallaci opinion! che corrono ai nostri di. Ci teniamo contenti a dire
alcun che intorno alle pessime costumanze, che pigliano piede fra
noi ogni giorno peggio che altro, a grande rischio delle giovani an-
date a marito. II capitolo VIII, in cui si pertratta singolarmente que-
sto argomento, ^ degno di un acuto filosofo e di uno sperto osservato-
re, quale si e il Pederzini. Finoa pochi anni addietro le donne usci-
1 Pag. 60-61
BELLA STAMPA ITALIANA 313
vano poco per le contrade, ed immancabilmente accompagnate. Ora
si pensa altramente. Ma con quale guadagno? Che al maggior nu-
mero di quelle die sonosi date al nuovo costume, non valse ne 1'in-
gegno, ne Tindole angelica, ne la savia educazione, sicche misera-
bilmente non ruinasse all' ultima perdizione. Quindi la esperienza
ha dettato al ch. Autore la seguente verita pratica generalissimo,:
« Che qualunque volta ed in qualunque luogo una giovine donna sia
ritrovala lungi dagli occhi di terza persona, e non protetta, ne dife-
sa dalla presenza d' alcuno di quelli; che sono . cordialmente impe-
gnati nel suo vero bene, i seduttori ed i corruttori le si gettano in-
torno come falconi famelici alia preda ; ed ella probabilissimamente,
In piu o meno breve termine, dovra cadere 1. »
Pognamo pure, che cio non accada. II dispergimento degli affet-
ti, il divagamento della mente, il getto dannosissimo del tempo, la
introduzione di un lusso sfoggiato, contro di cui non \i e solidita di
famiglia che possa reggere, ed in fine la malvagita dei discorsi, che
sogliono mettersi in cotali ritrovi dell'ozio e delia dissipazione, sono
grinestimabili danni, messi in mostra egregiamente dal ch. Aulore,
come effetli del vagabondare cianciando per varie famiglie con quegli
altri conseguenti reissimi, i quali sogliono tener dietro a cotanti dan-
ui. « E per riassumere le molle particolarita in una breve parola,
nelle conversazioni generalmente, e piu secondo che piu sono mime-
rose e miste , s' incontra il mondo, cioe il lodatore e precettore di
iulte le virtu finte, il delrattore e persecutore di tutte levere, 1'av-
versario d'ogni grandezza intrinseca e verainente propria dell'uomo,
il derisore d'ogni sentimento alto, se non lo erede falso; d'ogni af-
felto dolce, se lo crede intimo : lo schiavo de' forti, tiranno de' debo-
li, odiatore degl'infelici 2. »
Conchiudiamo avvertendo , che il motto della setta in risguardo
della donna e il grido infernale : si corrompa. Di che ognun vede e
il bisogno che i genitori guardino con ogni diligenza le fanciulle alia
aianiera de' fiori delicatissimi , e le cure amorose e savie, che de-
vono i mariti ed i suoceri usare verso le giovani spose. Gli uni e gli
altri ricaveranno vantaggio non piccolo dal conoscere le Osserva-
zioni annunziale del dotlo e profondo Autore.
1 Pag. 137. - 2 Pag. 144.
SCIENZE NATURALI
1. Relazione sopra il taglio dell'istmo cli Suez, ed i lavori compiuti sino al
Febbraio del 1864 — 2. Progress! del traforo del Moncenisio — 3. Pre-
parativi pel telegrafo transatlantico ; vendita del Great Eastern — 4. Te-
legrafo russo-cinese — 5. Ravvivamento dei caratteri dei libri e delle
pergamene antiche — 6. La yerba, ossia the del Paraguay.
1. Nel giorno 1 del passato Marzo si tenne in Parigi una straordinaria
assemblea generate degli azionisti della Corapagnia per lo scavo d'un ca-
nale navigabile tra il Mediterraneo ed il Mar Rosso, col taglio deli'istmo
di Suez. Doveasi in tale adunanza fermare il partito sopra il da farsi per
comporre il litigio insorto, ad istigazione dell'Inghilterra, per mezzo del
Governo ottomano di Costantinopoli , fra il Vicere d'Egitto e la Compa-
gnia medesima, principalmente rispetto ai vantaggi , prima conceduti,
ed ora rivocati , che doveansi ricavare dal canale d'acqua dolce e dai ter-
reni adiacenti al tragitto di esso. Prima di esporre lo stato presente della
controversia, il Presidente, sig. Ferdinando De Lesseps riferi ^ partita-
mente fino a qual punto fossero pervenuti i varii lavori gia impresi; di
che vogliamo qui compendiare la parte precipua , per continuare le no-
tizie, date neH'Agosto del 1863 2, sopra questo importante argomento.
Canale marittimo. I lavori per lo scavo del canale marittimo furono
promossi con tutta alacrita , e condotti bene innanzi , per quanto il con-
sentivano il numero e la forza dei cavafanghi, e la necessita di impiegare
la massima parte degli operai a corapiere il canale d' acqua dolce ; di che
abbiamo accennato altrove 1' estrema urgenza. Gli operai, che si poterono
lasciare al canale marittimo, furono occupati a levar via, in tutta la lar-
ghezza normale di esso ( la quale oggi e di metri 60 al livello del Medi-
terraneo) e tra leduedighe che formano le sponde d' Africa e d'Asia,
\ Questo rapporto fu recitato per intiero dal giornale il Monde di Parigi del 9 Marzo, n. C8.
2 Civilli, Cattolica, Scrie V, vol. VII, pag. 469 e seg.
SCIENZE NATURALI 345
alcune soglie che ancora esistevano tra il lago Menzaleh e 1' estremita
meridionale del lago Ballah. Scavarono inollre a secco , dovunque si
pole, il canale stesso fmo a metri 1,20 sotto a codesto livello; e la quan-
titade' materiali cosi estratti fu di 1,200,000 metri cubi. Si tolsevia an-
cora, sempre a secco, benche il suolo fosse sotto il livello del Mediter-
raneo, un banco di pietre da gesso, di circa 131,000 metri cubi; onde
si potra ricavare profitto insigne, quando sara giunto il tempo da fabbri-
care ivi presso citta e borgate. La parte del canale marittimo che si venia
scavando tra il lato Timsah e la spianata di Toussoum o del Serapeum
stendesi per 6,300 metri, e ne furono estratti 2,150,000 metri cubi di terra
e sassi. A mezzo il Dicembre un certo numero d'operai cominciarono lo
scavo della soglia di Chalouf-el-Taraba, che separa le lagune di Suez dal
bacino dei Laghi Amari , dove si potra lavorare sempre a secco ; e di li
fmo a Suez si useranno i cavafanghi.
Canali di congiunzioni. Due canali, derivati dal marittimo, furono
scavati ed aperti, 1'uno per agevolare 1' uso d'una cava di pietra, 1' altro
allo sbocco del canale marittimo nel lago Timsah, per far comunicare
quello col canale d'acqua dolce ad Ismailia.
Canale dj acqua dolce. Questo, come narrammo altra volta, deriva le
acque del Nilo ; e giunto a Nefiche presso il lago Timsah, si divide in
due ranai, Tun de' quali volge verso Suez sul Mar Rosso, 1' altro scende
verso Porto Said sul Mediterraneo. II primo di questi rami, navigabile,
e gia compiuto e venne inaugurato alii 20 Dicembre, nel qual giorno ,
abbattute le dighe di rattenfo, 1' acqua del Nilo sbocco nel Mar Rosso.
Con cio son provvedute d' acqua potabile tutte le stazioni interme-
die degli operai, si ha facilita di trasporto de' materiali sopra barconi
piatti, e modo di irrigare i terreni adiacenti. Questo ramo, dal Timsah
al Mar rosso, si stende per 89,700 metri di lunghezza, e costo 13 mesidi
lavoro, essendosi estratti nello scavo non meno di 3,346,000 metri cubi
di terra. II secondo ramo, assai minore pel volume delle acque, le quali
scorrono chiuse in grosso tubo di ferro, destinate principalmente ad ap-
provigionare Porto Said, giunge oramai a 16 chilometri di distanza da
questo luogo, e dee tra poco essere finito ; intanto serve a' bisogni delle
stazioni che si trovano lungo i 64 chilometri gia compiuti.
Porto Said. Questa nuova citta, che dee sorgere allo sbocco del cana-
le marittimo, e divenire uno dei porti piu important! pel commercio, non
consiste finora che in editizii per alloggiamenti degli ingegneri ed operai,
ed in vasti ricettacoli per le officine ed i depositi di carbone, legnami ,
ferro ecc. Intanto si lavora allo scavo dei bacini, a che intendono quattro
cavafanghi a vapore e due gru ; le terre estratte si usano a far colmate
ed un gran terrapieno, destinato a servire di suolo alia citta, sicche que-
sta levisi a tale altezza da non dover temere alcuna invasione delle ac-
que del lago Menzaleh ; al quale scopo si ricinge 1' area della futura citta
316 SCIENZE NATLRALI
di alte e robuste dighe. Si stanno pure mettendo in assetto yenti fortis~
simi cavafanghi, e preparando pontoni, gru e simili argomenti meccanici
per i lavori del nuovo porto.
La superficie gia colmata e alzata fino a due metri sopra il livello del
mare e del Menzaleh, e di 119,000 metri quadrati. Si sono prolungati di
180 metri i moli di scarico per le barche, gettandone le fondamenta so-
pra pile di ferro ; e fu spinto innanzi celeremente il lavjro di un isolotto,
parimente di ferro, nel mare, a 1,500 metri dal lido, neila direzione del
molo occidentale, onde valersene come di piazza di scarico per le navi
che non pescaoo piu che 5 metri d' acqua. Quest' isolotto, che servira
pure di riparo, fu prolungato di 51 metro verso 1'alto mare, e di 47 verso
terra, sicche in tutto stendesi per ben 163 metri, quanto basta perche
due navi possano dalia stessa banda deporre il loro carico.
Inoltre dall' angolo tra mezzodi e ponente del grande bacino di Porto
Said fu scavato un canale di 630 metri di lunghezza, che deve essere
continuato fino a 400 metri piu in la, affine di pervenire allo sfondo del
lago Menzaleh , sopra cui navigano in ogni stagione le barche di tras-
porto e di pesca. Con cio saranno spedite le conmnicazioni con tutto il
lido del lago, e specialmente con Damiata, e si raccogliera pure il van-
taggio d' avere all' estremita del canale un' alternativa di correnli, che
gioveranno a tenerlo sgombro di depositi.
Gran numero di ufficiali del!a Com pagnia, e specialmente quelli che
sovrintendono alia direzione generale dei lavori ed ai trasporti, furono
traslocati ad Ismailia, centro dell' istmo; dove percio furono fabbricate
case e magazzini. Alii 31 Dicembre 1863 1'area totale degli editizii, co-
struiti ad uso della Compagnia era di 107,531 metro quadrato: ed a mez-
zo il 1864 saranno compiute tutte le fabbriche disegnate a tal fine.
Telegrafo. II telegrafo, al cominciare del 1863, correva solo da Zaga-
ziga.lla soglia d'El-Guisr. Ora e giunto a toccare da uua parte Porto Said,
dall' altra Tpussoum ; d'onde si lavora per condurlo fino a Suez, il che
sara fatto entro il mese di Maggio. Cosi tutte le borgate e le offidne del-
la Compagnia saranno in comunicazione col Cairo, con Alessandria, con
TEuropa tutta, passando i dispacci per Malta e la Sicilia.
Cio che rimane a farsi, ed e certamente molto , venne affidato ad ap-
paltatori; i quali, veduto 1'ottirao avviamento dell' impresa,, e gli appa-
recchi giganteschi di mezzi per condurla, e la buona coudizione degli
spedali e delle borgate, fornite d'ogni cosa occorrente alia vita, ed anche
alia religione, trassero solleciti a stipulare i patti di speciali opere. Coss
per un contralto del 1.° Otlobre 1863 un sig. Couvreux si obbligo di com-
piere, in quattr'anni,e ridurre alia dovuta perfezione di larghezza e pro^
fondita il canale marittimo nelle vicinanze ed in tutto il tragitto della
spianata d'El-Guisr; cioe per la lunghezza di 15 chil^metri, onde si deb-
bono ancora estrarre 9,000,000 di metri cubi di terra. Con altro appalto
SCIENZE NATURALI 347
del 20 Ottobre i signori Dussaud, che gia impresero la costruzione del
porti di Marsiglia, d'Algeri e di Cherbourg, si tolsero 1'incarico d.i finire,
in quattr'anni, con macigni artificial}, i due gran moli di Porto Said. Con
altro contralto, 1' inglese sig. Aiton assunse 1' obbligo di compiere, a
tutta la dovuta profondita, il canale marittimo da Porto Said tino al punto,
in cui dee porre mano ai lavori il mentovato sig. Couvretix; cioe per la
Junghezza di 60 chilometri, estraendone 21,700,000 metri cubi di terra,
egualmente in quattr' anni. « Laonde, conch iuse il Lesseps, per la fine
del 1867 il grande canale uiarittimo sarebbe spedito alia libera naviga-
zione eziandio delle navi di grande portata , e 1' impresa sarebbe pres-
soche corapiuta. »
Quanto alle difficolta opposte dal Governo egiziano, e da sperare che
quanto prima saranno appianate, avendo il Yicere d'Egitto dichiarato di
lasciare il compimento del litigio all' arbitrate dell' imperatore Napoleo-
ne III, come diremo nella Cronaca delle cose di Francis.
2. I lavori della perforazione del Moncenisio progrediscono , con cele-
rita forse minore di quel che presumevasi, quando si pose mano all' ope-
ra, ma senza incontrare ostacoli impreveduti o straordinarii. La lunghez-
za della galleria, gia scavata in tutta 1'ampiezza defmita, oltrepassa
i 400 raetri ; e questo tratto e compiuto ad opera finita, coi piedritti ed
il volto murato; la cui sezione ha figura approssimativamenle di se-
miellisse, con altezza di metri 6, 50 e larghezza di metri 7,53; avendo
da una parte, sopra mensole al muro , il tubo per 1'aria compressa, e
dall'altra i tubi per 1'aqua ed il gaz : e nel mezzo, in muratura tra le ro-
taie, il canale di scolo. Prolungasi poi la minore galleria centrale , in cui
si lavora con le macchine perforatrici , a piccola sezione, per oltre
a 2980 metri , supponendo continui i due tronchi gia aperti sui due op-
posti versanti del monte. II progresso quotidiano di questa piccola gal-
leria varia dai due ai tre metri incirca per amendue le parti insieme. Fi-
no al 1.° di Gennaio 1864 la somma delle spese a cio impiegate saliva a
fr. 16,800,000; per 1'anno corrente furono richiesti altri 5,932,037. Re-
stano ancora da scavare , prima che le opposte gallerie si incontrino nel-
le viscere del monte , 9,305 metri incirca , il che non credesi possa esse-
re effettuato in meno di 8 o 9 anni; oltre di che la piccola galleria dovra
cssere tutta ridotta alle dimension! sopra mentovate coi lavori accessorii,
che richiedono piu altri anni.
3. La infelicissima riuscita deh" impresa pel telegrafo sottomarino, tra
le isole della Gran Brettagna e gli Stati Uniti, non basto a fare che se ne
smettesse il proposito. Si e anzi costituita a Londra una Societa per ri-
tentare la prova, ed i signori Glass , Elliot e consorti gia posero mano a
far preparare, con nuove forme, 1'immepsa gomena. Pel trasporto di essa
comperarono anzi il Great Eastern , che, non ha molto, dicemmo essere
stato posto aU'asta pubblica. Essi ne prenderanno possesso il di 1.° di
348 SCIENZE NATURALI
Maggio, dal qual giorno saranno a loro carico le spese tutte di manteni-
mento di quella vasta mole. II Cosmos (Vol. XXIV, pag. 282) riferi che
il Great Eastern, che avea costato alle diverse Compagnie, cui apparten-
ne successivamente, non meno di 900,000 sterline (franchi 22,500,000),
fu venduto al prezzo di sole 25,000 sterline (625,000 franchi). Tuttavia
pare che, ove il fatto risponda alle speranze, e tal nave riesca utile agli
imprenditori del telegrafo quanto al trasporto ed all' iramersione della
gomena, i venditori avranno altre 25,000 sterline ; sicche in tutto, sup-
ponendo che le cose volgano propizie all' impresa , la nave che costo
22,500,000 franchi, sara stata venduta per gran merce al prezzo di
1,250,000. Non e cosa che debba ispirare gran coraggio ! A codesto te-
legrafo transatlantico non si mettera mano, quanto all' affondare la go-
raena, che nella ventura primavera del 1865.
4. Per contro e oggimai compiuta in massima parte 1' impresa d'una
comunicazione telegrafica e diretta fra Pietrohurgo e la Cina, in quanto
gia fu condotta a termine tra Omsk ed Irkutzk. I primi dispacci spediti
da Irkutzk alii 31 Dicemhre, a mezzodi, furono ricevuti a Pietroburgo,
lo stesso giorno, alle ore 8 7, pomeridiane, avendo in queste poche ore
percorsa I'enorme distanza di 5750 werste, ossia 6135 chilometri, men-
tre per lo passato una lettera, spedita con tutta la possibile celerita, ri-
chiedeva 24 giorni, per giungere dall' uno all'altro di questi estremi.
5. Puo tornare assai rilevante, in congiunture di liti o trattandosi
di studii intorno a fatti antichi, il poter ravvivare i caratteri sbiaditi e
quasi sparuti di pergamene ed anche di stampati, che, per la cattiva
qualita dell' inchiostro, ne avessero pressoche interamente cancellate le
tracce. Ora il Cosmos (Vol. XXIV, pag. 347) riferisce il trovato d'un
certo sig. Moride , che sembra satisfare all' uopo ; e ne descrive la mani-
polazione, nei termini seguenti. La pergamena o la carta scritta si lasci
qualche tempo in bagno nell'acqua distillata; poi si immerga per cinque
minuti secondi in una dissoluzione d' acido ossalico, in cui siavi un per
cento d' acido. Quindi si lava ; poi si immerge in un vaso che contenga
una dissoluzione di 10 grammi d' acido gallico in 300 grammi d'acqua
distillata. Allora i caratteri appaiono come rigenerati, e basta, per termi-
nare 1' operazione, di lavare anche una volta, poi asciugare. Tal ma-
Dipolazione si vuol fare con molta prontezza e cura, per impedire che
si facciano macchie , o che la carta prenda una tinta uniforme. Si puo,
da chi vi abbia interesse, tentare la prova, essendo 1' invenzione fondata
sopra cio : che 1' acido ossalico intacca piu facilmente la superficie che
fu gia impregnata dall'antico inchiostro; e quindi la dispone a ricevere
nuova impressione dall' acido gallico.
6. Nel periodico Les Mondes (Tom. IV, pag. 467-88) si legge per intie-
ro una Memoria, letta all'Accademia delle Scienze di Parigi, alii 4 Gen-
naio di quest' anno, sopra le qualita e la preparazione d'una specie di the,
SCIENZE NATURALI 349
che, per le sue proprieta e per la sua composizione elementare, tiene ad
un tempo del caffe e del the della Cina. Questo prodotto yegetale, molto
usato in certe region! dell' America meridionale , e conosciuto da quelle
parti in commercio sotto nome di yerba, e spacciasi in forma d' una pol-
yere grossolana, che si prende in infusione. La pianta, onde ricavasi
tal polvere, e un arbusto che per 1' apparenzu esterna rassomiglia molto
all'arancio, ma in verita appartiene alia famiglia delle ilicinee, e costi-
tuisce il genere ilex paraguariensis, sotto il qual nome fu descritto dal
Saint-Hilaire , dal Bonpland e dal Candolle.- Questo eJce perviene fmo a
tre o quattro metri d' altezza , con rami diretti verticalmente , e foglie
alterne, ellittiche , dentate, d' un verde cupo e lucente sulla faccia supe-
riore, ma piu pallido nella inferiore ; le foglie non cadono durante F in-
verno, ma vengono crescendo per tre anni ; in capo ai quali se ne fa
la raccolta. II suo fiorire e in forma di mazzetti bianchi a grappolo,
ciascun de' quali porta da 20 a 40 fiori composti di un calice gamosepalo,
a quattro petali saldati alia base , di 4 stami , d' un pistillo semplice a
stimma largo e persistente, e d' un' oyaia a quattro scompartimenti. II
frutto e una piccola bacca di color rosso violaceo , il cui perisperma mu-
cilaginoso circonda quattro grani tetraedrici.
Quest' arbusto si riproduce specialmente pel suo seme, e si colti-
yaya acconciamente nelle Missioni, che altra yolta iiorirono, con arami-
razione di tutto il mondo, nel Paraguay, per cura dei Gesuiti che le
aveano fondate. Ma distrutta dal turbine settario quell' opera di yera ci-
yilta cristiana, si trascuro quella coltura; di che il prezioso arbusto
non si trova piu che in istato selvaggio, nelle foreste yergini che si
stendono dal 27.° al 23.° grado di latitudine meridionale. II Dottore
Schnepp visito i luoghi in cui quello si troya e si sfrutta, e noto il modo
con cui se ne prepara la yerba del commercio. Questo e molto sem-
plice. Si fanno abbrustolare le foglie ed i teneri ramoscelli ivi stesso do-
ye si raccolgono ; poi si tritano fino ad ayerne quella polvere grossolana,
che si spedisce poi chiusa in sacchi di cuoio.
« La yerba, dice lo Schnepp nella sua Memoria letta all'Accademia
delle Scienze, il 4 Gennaio, da una bevanda aromatica, piacevole, che
non pure disseta, ma tempera eziandio la fame con effetto di yera nu-
trizione, senza punto cagionare stimoli od irritazione, e senza commove-
re il sistema nervoso e disturbare il sonno. Gl'indigeni di cola senz'al-
tro alimento che 1'infusione della yerba, possono viaggiare e sostentarsi
giornate intere, mantenendosi in forze ben gagliarde. Sotto il risguar-
do medicinale, puo adoperarsi anche durante la malattia, e giova molto
Bello stato di convalescenza , quando si deve nutricare 1' organismo
senza irritarlo. » All'Accademia delle scienze furono rimessi dei saggi
della yerba preparata, e del suo seme; di cui si tentera probabilmente la
coltivazione in Algeria, dove, se riuscisse, tornerebbe senza fallo utilis-
sima, per le condizioni di que'luoghi e di quel clima.
CRONACA
CONTEMPORANEA
Roma 30 Aprils 1864.
I.
COSE ITALIANS.
STATI PONTIFICII 1. 11 S. Padre a S. Maria Maggiore; decreto di Beatificazione.
del Ven. Pietro Canisio — 2. II S. Padre alia Propaganda; decreto di Ca-
nonizzazione della B. Maria Francesca delle cinque Piaghe, e di Beatifi-
cazione della Ven. Alacoque — 3. Triduo di riparazione al Collegio Ro-
mano — 4. Regolamento edilizio — 5. I giornali del Governo torinese e
il Moniteur di Parigi, sopra 1'anaore di Roma pel S. Padre — 6. Anniver-
sario del 12 Aprile — 7. Nuovtf Inviato del Messico a Roma — 8. L'lm-
peratore e 1' Imperatrice del Messico a Roma — 9. Messa per la Francia
in S. Giovanni Laterano.
1. Fra il numero grandissimo delle opere che renderanno singolare il
Pontificato della Santita di nostro Sigaore , otterra luogo segnalatissimo
la Confessione, la quale, editicata a spese del suo private peculio, si e
portata a compimento nella patriarcale Basilica Liberiana, ed il cui altare
fu ora solennemente dedicate. Essa e lavoro magnifico per qualsivoglia
riguardo si ami considerare. L'architetto professore conte Virginio Vespi-
gnaoi, cui dalla Santita Sua venae coafidato di progettarne il disegno e
Tegliarne la esecuzione, a giudizio comune, fece opera degna dell' augusto
Pontetice che gliela commetteva , e del suo valore artistico produsse un
altro di quei monumenti, che ne terra presso i posteri raccomandata alta-
mente la fama. Tutto concorre a rendere singolare questa opera: 1' eco-
nomia dello spazio in cui e scavata la Confessione: il girare della scala a
discendervi : Y arcuazione voltare sotto 1'aHare papale per dar luogo al-
T Ipogeo, e quanto, con accordo di b enintesa distribuzione , vi si pose a
decorazione delle pareti: pietre preziose, pietre dure, marmi di squisita
e rara venatura, bronzi fusi e cisellati con magistero che ricorda i tempi
piu felici dell'arte: e colonne, e statue, e intagli , e 1' oro a profusione
condotto a velare le modanature e i risalti dell' opera architettonica;
CRONACA CONTEMPORANEA 351
La quale volevasi pure in tanto alto grado- ammirabile, perche la Santita
Sua facevala operare ad ornamento del sepolcro dell'Apostolo S. Mattia,
i cui resti mortal! riposano sotto 1'altare papale di quella yeneranda Ba-
silica ; e 1' Ipogeo di qu esta Confessione, sul nuoyo altare che yi ha fatto
erigere, destinayalo a conservare le preziose Reliquie della Culla e della
Infanzia del nostro divin Redentore. Alia gelosa eustodia dei quali pegni
dell' amore singolare di Gesu Cristo verso delle sue creature, la in fondo
della cripta si e operata sul muro una nicchia, che e rinserrata da infer-
riata, e, di fuori, da due sportelli in inetallo, con rabeschi e fogliami, che
nei scompartimenti di mezz o presentano le effigie , da una parte della
umile Vergine di Nazaret, eletta a Madre di Dio, dall'altra dell'Arcangelo
S. Gabriele che a lei scende nunzio dell' ineffabile mistero. Nelle pareti
laterali il Cav. Podesti dipinse in due quadri, ed in figura intera, 1s Apo-
stolo S. Mattia, e il Dottore S. Girolamo; e nella yolticella due Angeli,
che in isyolazzante fascia recano scritte le parole proferite dai celesti spi-
riti nell' annunziare ai pastori il nato Redentore.
Pertanto il complesso di queste opere artistiche ayendo riceyuto il fini-
mento desiderate, Sua Beatitudine ha yoluto che la Domenica terza di
Pasqua , giorno sacro al Patrocinio dello Sposo purissimo di Maria ,
S.Giuseppe, si facesse la dedicazione del monumento ; ed egli stesso
amo compiere la cerimonia della Consagrazione dell'altare, che ayea fatto
erigere.
Datosi compimento alle funzioni proprie della Consagrazione deir al-
tare, la Beatitudine Sua, passo alia Sagrestia ed ascese al Trono che yi
era stato innalzato. Al.lato del Sommo Pontefice si pose 1' Emo e Rffio
signor Cardinale Patrizi, Prefetto della S. Congregazione de' Riti, ed in-
sierae Relatore della Causa per la Beatificazione e Canonizzazione del
Yen. Seryo di Dio Pietro Canisio , sacerdote professo della Compagnia
di Gesu. Ai gradini poi del Trono; ciascuno al posto conveniente, si po-
sero i Monsignori Bartolini , Segretario della sacra Congregazione dei
Riti; Frattini, Promotore della Fede; e Minetti, Assessore della stessa
S. Congregazione. Nel piano poi s' inginocchiarono il P. Beckx, Prepo-
sito Generale della Compagnia di Gesu, ed il P. Giuseppe Boero, dello
stesso Istituto, Postulatore di quella Causa, e 1' Ayv. Ilario Alibrandi,
Difensore della medesima. Allora Sua Beatitudine yolle che Monsignor
Segrelario leggesse il Decreto, .col quale dichiara constare di quattro
Miracoli, operali da Dio per intercessione del Yen. Pietro Canisio.
Pubblicatosi il Decreto, ed ammessi al bacio del piede i soprannomi-
nati Monsignori Segretario, Promotore della Fede ed Assessore dei Riti,
il P. Preposito Generale della Compagnia di Gesu rese grazie alia San-
tita Sua perche erasi degnata di comandare che yenisse pubblicato il
Decreto, pel quale, essendo approyati i Miracoli operati da Dio ad inter-
cessione di Pietro'Canisio, questo Venerabil Seryo del Signore sarebbe
352 CRONACA
stato innalzato all'onore del culto, ed avrebbe cresciuto il novero di quei
benavventurati che, yivendo in terra nella Regola del santo Patriarca di
Loiola, erano dalla Chiesa militante invocati come patroni presso 1'Onni-
potente in cielo. E il Santo Padre, dopo avergli dato a baciare il piede,
rispose con discorso analogo alia circostanza della funzione, nonche alle
condizioni dei tempi che corrono. Dopo di cio ammise all'onore di baciar-
gli il piede il P. Postulatore e 1'Avvocato difensore della Causa. II S. Pa-
dre nel passare per la citta, per tutta intera la distanza grandissima che
separa il Vaticano dall' Esquilino, yenne ricevuto ed accompagnato con
le dimostrazioni di riverente affetto di ogni ordine di ciltadini, che atten-
devano il passaggio del suo pontificio corteggio e che imploravano a
gran \oce 1' apostolica Benedizione.
2. II giorno 24 di Aprile, celebrandosi nella chiesa del Collegio di Pro-
paganda le festa di S. Fedele da Sigmaringa, il S. Padre si reco al detto
Collegio. Poiche la Santita Sua si assise in Trono, nella sala a cio nobil-
mente preparata, presero posto ai suoi lati gli EiTii e Riui signori Cardi-
nal! Patrizi, Vescovo di Porto e S. Rutina, Prefetto della sacra Congre-
gazione dei Riti, e di Reisach, Relatore della Causa della B. Maria Fran-
cesca delle cinque Piaghe ; sui gradini poi , ciascuno al luogo conve-
Biente, i Monsignori Bartolini, Segretario della S. Congregazione dei
Riti; Frattini, Promotore della Fede; Minetti, Assessore dei Riti. Din-
nanzi al Trono poi, in terra, s' inginocchiarono il Postulatore della Causa
Monsignor Clemente Maria Buratti; il Difensore della medesima ayv.
D. Francesco Morsilli ; el'ab. Savaresi che ne e Procuratore. Allora,
al comando di Sua Beatitudine, Monsignor Segretario dei Riti lesse il
Decreto, col quale la Santita Sua ordina che si puo sicuramente procedere
alia Canonizzazione della Beata Maria Francesca delle cinque Piaghe del
Signer nostro Gesu Cristo, terziaria professa dell'Ordine dei Minori scalzi
di S. Pietro d' Alcantara, della provincia di Napoli. Dopo la promulgazione
di questo Decreto si fecero appie del Soglio pontificio il Canonico D. Do-
menico Borghi, 1'Avvocato Ilario Alibrandi, e Filippo Carlini, Postula-
tore il primo, e gli altri due 1' uno Difensore 1' altro Procuratore della Cau-
sa di Beatificazione e Canonizzazione della Yen. Suor Maria Margarita
Alacoque, della qual causa e Relatore lo stesso Eiiio Porporato Prefetto
dei sacri Riti. E la Santita Sua ordino a Monsignor Segretario che pub-
blicasse il Decreto, col quale Sua Beatitudine dichiara che consta di tre
miracoli operati dall'Onnipotente ad intercessione della Yen. Serva di Dio
Suor Maria Margarita Alacoque, monaca professa dell' Ordine della Vi-
sitazione di Maria SSiTia, istituito da san Francesco di Sales.
Compiutasi la lettura del Decreto, Sua Santita ammise al bacio del
piede i sopra ricordati Monsignori Segretario, Promotore della Fede, ed
Assessore. Quindi i due Postulatori, Monsignor Buratti e Canonico Bor-
ghi, 1' uno dopo 1' altro, resero grazie a Sua Beatitudine della comandata
CONTEMPORANEA 333
pubblicazione dei Decreti. E il Santo Padre rispose con lungo discorso-
molto adattato alia circostanza, nonche alia trista situazione in cui si tro-
ya la Chiesa cattolica in alcune parti d' Europa.
3. Preceduta datriduana supplicazione, domenica 10 Aprileebbeluo-
go nella ven. chiesa di S. Ignazio una festa solennissima in onore e glo-
ria del Redentor nostro Gesu Cristo. La celebrarono i socii delle Con-
gregazioni Mariane del Collegio Romano dei Padri della Comp. di Gesu,
ed i gioyani che nelle scuole del medesimo studiano alle scienze ed alle
lettere , contribuendovi ancor largamente molte pie persone. Riparare le
ingiurie, con le quali e il Salvatore in guisa speciale a questi giorni offeso,
fu lo scopo santissimo della solennita.
La chiesa venne ornata con isplendidezza straordinaria ; e quasi due
mila ceri erano stati posti ad ardere per la grande nave, i cornicioni e la
macchina dell'altare maggiore, nel mezzo della quale, in alto, yedevasi
il Redentore, che sedente in trono, nell'atto di benedire, era stato nobil-
mente effigiato dal pittore Fracassini.
La mattina poi del giorno destinato all' atto solenne di riparazione,
fuvvi la Comunione generate, che distribui 1'EiTio e Rffio signer Cardinal*
Patrizi, Vicario di Sua Santita; ed oltre alia scolaresca si appressarono
alia sacra Mensa gli ascritti alia Congregazione delta Prima Primaria,
e quindi i fratelli del Carayita, e le Congregazioni della nativita di Maria
e degli artisti , recatiyisi dalla casa del Gesu , oye hanno stanza. II nu-
mero dei fedeli, che si accosto a cibarsi delle Garni dell'Agnello imma-
colato,fu tanto che, distribuendosi a chi si comunicava un libretto scritto
per la circostanza, e stampato in tre mila esemplari, la mattina di quel
giorno stesso fu conosciuta la necessita di fame una seconda edizione.
La Cappella musica, appellata Gregoriana , composta dai giovanetti
che frequentano le scuole di quelfioritissimo Liceo, sostenne con grande
yalore tutti i canti, che accompagnarono le descritte sacre funzioni : solo
yi si aggiunse qualche rinomato Professore. Del rimanente null'altro st
pote desiderare a render la festa piu solenne, sia nella magnificenza dc-
gli apparati, sia nelle yarieta e deyozione degli esercizii di pieta si al mat-
tino si alia sera.
Fu poi singolare la frequenza del popplo che in ogni giorno yi con-
corse ; e ben consolante torno yedere il raccoglimento e lo spirito di fer-
yore, onde fecero mostra i fedeli , e specialmente la numerosissima gio~
yentu, che quiyi si educa alia Religione ed alia patria, la quale yi si rec6
rispondendo ad un invito, che non imponeva oobligazione di sorta.
La solennita di riparazione, che siam yenuti descrivendo, e stata 1' ul-
tima delle moltissime che sonosi finora celebrate, al medesimo intendi-
mento, in questa metropoli entro il corrente anno. A compierne pero la
serie aggiugneremo, che altri tridui e feste con ricchezza di apparato e
splendidezza di lumi, yolgendo il mese del passato Febbraio, yennero
Serie V, vol. X, fasc. 339. 23 30 Aprile 1864.
354 CRONACA
celebrate nella chiesa di S. Andrea delle fratte, dai Padri Minimi di
S. Francesco di Paola, e nell'altra di S. Maria del Popolo , dai Padri Ro-
mitani di S. Agostino. Similmente nell' Oratorio , restaurato di fresco con
molto decoro, presso la Basilica al Carcere Tulliano, dall'Archiconfrater-
nita del SSmo Sagraraento e di S. Niccolo di Mira ; e sui primi giorni di
questo mese di Aprile dalla pia Unione eretta nella cappella del Cernete-
rio ad Sancta Sanctorum, che pure si e restaurata a spese di quei fedeli
che vi si adunano per suffragare i trapassati. Di tal modo, mentre la be-
stemmia insolentisce e la miscredenza fa prova di trionfare , la fede dei
cattolici raddoppia di zelo a glorificare ilSignore, e colla preghiera cerca
disarmarne la Giustizia, e sui peccatori implora la misericordia e la pace.
4. II Giornale di Roma dei 14 Aprile contiene in un suo supplement
un Regolamento edilizio e di pubblico ornato per la citta di Roma. II ti-
tolo 1.° istituisce una Deputazione speciale edilizia, le cui attribuzioni
consistono nel coadiuvare la Magistratura comunale nell' esecuzione di
quanto viene prescritto nel nuovo Regolamento. La Deputazione e di sei
membri oltre il Senatore di Roma che la presiede ; ed essa ha voto con-
sultivo. II titolo 2.° tratta della costruzione e riparazione delle fabbriche:
il 3.° della numerazione civica e delle iscrizioni e pitture sulle case e
porte esterne. Dove e da notare 1' obbligo della lingua italiana per le
iscrizioni sulle botteghe (libera rimanendo la traduzione) obbligo che non
sappiamo essere stato ancora imposto nell' Italia rigenerata. I titoli se-
guenti parlano delle discipline relative alle strade e piazze ; alia sicurezza
e comodita del transito ; alle incolumita ed al comodo degli abitanti ed a
quanto puo conferire alia pubblica decenza, convenienza e sicurezza. II
nuovo opportunissimo Regolamento entrera in vigore il 1.° Luglio: ed e
certamente da credere che, come furono, grazie alia vera civilta di que-
sto popolo romano ed alia soave fermezza dei pubblici magistrati , prese
subito ad osservare altre simili recenti prescrizioni , cosi sia ancora per
accadere di queste.
5. Se i giornali italiani del Governo torinese e quelli francesi che sono
allo stipendio piemontese, come si sa essere il Debats, la Patrie, il Pays
e qualche altro, potessero vantare pei loro sostenitori e padroni un cente-
simo delle ovazioni e dei trionfi che riscuote il Papa in Roma ogni qual
volta si mostra per le vie, noi siamo certissimi che ne andrebbero beati.
Non e pero a stupire se, per non mangiar, come si dice, il pane a tradi-
mento, inventano nell'Italiale acclamazioni, e in Roma il silenzio. Ma il
Moniteur, che talvolta si divertea dir certe verita amare agli italianissimi,
benche carissime agli italiani, voile, nell'occasione dell'andata del S. Pa-
dre alia Minerva, da noi descritta nel passato quaderno, pubblicare quan-
to segue, cbe noi, rendendone al Moniteur quelle grazie che possiamo
maggiori, ci pregianio di qui fedelmente riportare tradotte : « Non si
puo trovare, dice egli, espressione che basti a dipingere 1'allegrezza del
popolo alia vista del Santo Padre e Re, tomato ad una perfetta condizione
CONTEMPORANEA 355
di salute. E nell' andare alia chiesa, e nel suo ritorno al Yaticano, il Papa
e stato intenerito dalle commoventi dimostrazioni d' affetto , di rispetto
e di devozione prodigategli nel suo passaggio. Una popolazione immensa
empiva le vie, le finestre e le loggie riccamente adorne. Molteplici vi-
va frammisti al grido di : Santo Padre, la Benedizione, echeggiavano da
tutte parti. Sulla piazza della Minerva e nelle circostanti vie, ove trova-
yasi riunita 1'eletta della societa roraana e straniera, mazzi di fiori a guisa
di profumata pioggia caddero sul passaggio del Papa-Re. »
II Moniteur con queste parole (nelle quali nomino per ben due volte il
Papa Re) pare aver voluto far intendere die, secondo il suo modo di ve-
dere, quel suffragio universale e quel plebiscite, chedee ora decidere ogni
cosa , e che alcuni ancora aspettano dai Romani pel Papa , e cosa oramai
non solo fatta ma rifatta le cento volte.
6. Del resto, di questo amore dei Romani pel S. Padre nuovo e splen-
dido argomento fu dato il di 12 Aprile, che fu quest'anno festeggiato piu
ancora che nei passati. I varii giornali nostrani e stranieri non lasciaro-
no nulla a desiderare nelle descrizioni di si splendida festa, con cui Roma
voile celebrare 1'anniversario del ritorno del S. Padre da Gaeta, della
sua prodigiosa salvezza nel disastro di S. Agnese, e quest'anno ancora
la sua ricuperata salute, che nei di passati era stata alquanto alterata.
Non ci e consentito dalla brevita dello spazio di ricopiare le belle ed ani-
mate descrizioni , che di tale splendida festa pubblicarono il Giornale
di Roma, Y Osservatore Romano ed il Veridico. Gi contenteremo di dire
che, a giudizio dei Romani, mai Roma non era stata si universalmente e
si riccamente illuminata ; ed a giudizio dei tanti forastieri, che poterono
assistere a si bello spettacolo , questa fu una vera dimostrazione dell' af-
fetto filiale di Roma al suo Papa e Re, e della gentilezza ed educazione
di questo popolo romano, che, versatosi tutto di notte per le vie, non die
luogo al meaomo disordine. II che non sappiamo quanto potrebbe ve-
rificarsi ugualmente nelle altre capitali si d' Italia e si di fuori. I Roma-
ni aveano poco prima dell'ora dell' illumiaazione dimostrato anche colla
presenza e colle voci al S. Padre quegli affetti , onde sono accesi verso
di lui. II quale recatosi nelle ore pomeridiane a S. Agnese, per tutta la
lunghissima via passo, nell'andare e nel venire, tra due ale title di popolo
che lieto gli chiedeva la Renedizione e gli porgeva i piu caldi augurii, che
per molti anni ancora potesse assistere a queste significazioni di amore
e di ossequio della sua Roma.
7. II giorno 16 Aprile, in sul mezzodi, S. E. il signer D. Ignazio Agui-
lar ebbe 1'onore di presentare , in udienza privata , alia Sanlita di No-
stro Signore la Lettera, con la quale S. M. Massimiliano I partecipava al
Santo Padre la sua assunzione al trono imperiale del Messico, e le Cre-
denziali, con cui veniva dalla Maesta Sua accreditato quale Inviato straor-
dinario e Ministro plenipotenziario presso la Santa Sede. La Santita Sua
si degno accoglierla con la benignita, che le e propria , e con gli onori e
356 CRONACA
le formalita solite praticarsi in simili circostanze. Dopo Y udienza ponli-
ficia, S. E. recossi a complimentare 1' Emo e Rmo signer Cardinale An-
tonelli , Segretario di Stato , dal quale venne ricevuta con tutti i riguar-
di dovuti alia sua Rappresentanza.
8. Nelle ore pomeridiane del 18 Aprile, ricevute cogli onori del loro au-
gusto grado e in mezzo a moltissima folia ossequiosa e simpatica, giun-
seroin Romaic loro Maesta Massimiliano I Imperatore del Messico el'au-
gusla sua sposa. Le loro Maesta scesero al palazzo Marescotti , ove ban-
no preso alloggio , degnando di tanto onore 1' abitazione del Presidente
della Deputazione messicana , sig. Guttierez de Estrada. Quivi fu subito
a complimentarle I'EifioeRiiio signer Cardinale Antonelli, Segretario
di Stato. La Compagnia scelta dei Gendarmi pontificii faceva all' abi-
tazione la guardia di onore. La mattina seguente , assai di buon' ora,
le LL. MM., in forma privata , sonosi recate alia Basilica Vaticana ,
e discese nella cripta , che chiude il sepolcro del Principe degli Apo-
stoli, hanno ascoltata la S. Messa, fatta per loro celebrare sull'altare
che sorge sopra di quella venerata tomba. Sul mezzogiorno poi, col no-
Lilissimo seguito che ne forma il corteggio , le LL. MM., in gran treno ,
sonosi recate all' apostolica residenza del Vaticano a fare atto di omag-
gio alia Santita di Nostro Signore. In questa circostanzal'anticamera pon-
tificia era, secondo il costume delle grandi accoglienze , distribuita nelle
yarie sale del Palazzo apostolico, a render per tal modo solenne il rice-
Timento, compiuto con tutte le formalita prescritte dal Cerimoniale. Ap-
pie della grande scala Monsignor Maggiordomo si e fatto incontro agli
augusti Sposi; che sono stati quindi accolti nell'aula Clementina da Monsi-
gnor Maestro di Camera, il quale li ha annunziati al Santo Padre. La San-
tita Sua li ha ricevuti , con loro tratteneudosi in lungo colloquio. Dopo
di che hanno presentato i personaggi del proprio seguito, che, amorevol-
mente accolti da Sua Reatitudine, sono stati consolati dell' apostolica Be-
nedizione. Dopo la udienza pontificia S. M. 1' Imperatore ha voluto ono-
rare i'Emo e Riiio sig. Cardinale Segretario di Stato, che nei proprii ap-
partamenti 1'ha ricevuta con le distinzioni do\ute all'alta sua dignita.
II mattino dei 20 , nella privata cappella della residenza pontificia at
Yaticano, le LL. MM. hanno ascoltato la S. Messa, celebrata dalla San-
tita di Nostro Signore, che le ha cibate del Pane eucaristico, dopo averle
con acconcie commoventi parole infervorate all' atto religioso, cheestato
eziandio compiuto da alcuni dei Personaggi della Corte imperiale.
Piu tardi poi, sulle ore undici aritimerjdiane, la Saniita Sua, in treno
di gala, accompagnata dai Monsignori Borromeo-Arese, Maggiordomo, e
Pacca, Maestro di Camera, nonche dalla nobile Anticaniera, si e recata al
palazzo ove le LL. MM. faceano dimora. Sua Beatitudine e stata ricevu-
ta a pie della scala del palagio dalle MM. LL. che circondate dai perso-
oaggi, i quali ne formano la Casa, attendevano 1'arrivo del Santo Padre;
che, dopo di essersi in quegli appartamenti graziosamente intrattenuto a
CONTEMPORANEA
lungo colloquio cogli augusti Sovrani, e stato dai medesimi accompagBa-
to fmo allo sportello della carrozza. II popolo in grande folia, siccome
accade ogni qual yolta il S. Padre si mostra per Roma, e accorso nelte
vicinanze per dimostrare il proprio riverente affetto verso il Sovrano Pon-
tefice ed implorarne 1' apostolica Benedizione.
II 20 stesso, alle ore 4 e mezza pomeridiane, le LL. MM. mossero da
Roma per Civitavecchia, ove felicemente arrivarono col proprio seguito,
ed alle ore sei e mezzo trovavansi a bordo della fregata austriaca la No-
vara, sulla quale erano arrivati, e salparono alle ore nove precise.
Nella breve dimora fatta nella sede della Religione e delle Arti , gli
augusti Sovrani hanno voluto recarsi ad ammirarne i principali monu-
menti , in ispecie quelli raccolti nei Musei e pelle Gallerie del Yaticano,
i.quali furono oggetto di speciale interesse all'Imperatrice, che per lapri-
ma volta li visitava. Le MM. LL. scambiaronsi pure, in formalita, le yi-
site con le LL. MM. il Re e la Regina delle Due Sicilie, la Regina Vedo-
va e le LL. AA. RR. i Principi e le Principesae^di Napoli , come ancora
con S. A. R.T Infanta di Portogallo. Nella sera del giorno 19 gli augu-
sti Sovrani del Messico aveano aperte le sale della loro dimora a soleane
ricevimento , al quale concorsero i Principi della santa Romana Chiesa,
il corpo Diplomatico, la Prelatura , la Nqbilta Romana e straniera, e
quante persone cospicue per coltura scientilica e per valore artistico sono
in questa Metropoli.
9. I legami secolari, coi quali la Francia si e tenuta unita alia Roma
dei Papi , fecersi manifesti eziandio eon gli ufficii prestati verso la chiesa
Lateranense, la quale, Madre e Capo di tutte le chiese della Citta eterna
e del mondo , non poteva non attirare le religiose premure di quell' in-
clita cattolica Nazione e dei supremi suoi Imperanti. Quindi e che oel
Laterano si conservano care memorie della reale muniticenza dei Monar-
ch] francesi , fra le quali la piu splendida fu la donazione della ricca
Abadia di Clayrac, di cui Enrico IV, nel.1604 , voile arricchita 1'augu-
sta patriarcale Arcibasilica. A rendere perenne la ricordanza di si gene-
roso dono il Capitolo Lateranense, fiho dall' epoca di quella donazione,
celebro ogni anno una Messa solenne pel felice stato di quel Monarca T
de' suoi successori e di tutto il suo regno. Fu poi assegnato alia funzione
il di 13 Decembre , perche era il natalizio del re Enrico. Le vicendelut-
tuose, che si succederono nell' ultimo decennio del passato secolo, priya-
rono il Laterano della pingue rendita della suddetta Abadia , per la per-
dita della quale il re Carlo X, nell'anno 1825, accordo al Capitolo un
annuo compenso. Cessato qnesto nell'anno 1830, S. M. Timperalorc
Napoleone III si e ora compiaciuto volontariamente di assegnare, a fa-
yore del Laterano, una somma da distribuirsi annualmente fra il Capitolo
e il Clero di quella principalissima Basilica.
Grato a quest' atto di religiosa munificenza , il Capitolo slabili che in
avvenire, nel giorno 20 Aprile, natalizio diS. M. V Imperatore^, tornas-
358 CRONACA
se adessere celebrate la solenne Messa pontificate, per chiaraare da Dio
sopra di lui e della cattolica nazione francese le celesti benedizioni. In
quest'anno infatti, nelFindicato giorno20 di Aptile/Sua Eccellenza il sig.
Conte de -Sartiges , Ambasciatore di S. M. 1'Imperatore de' Frances!
presso la S. Sede, in gran treno, alle ore 10 ant. si reco al Laterano
con !e persone addette alia imperiale Legazione, per assistere alia sacra
funzione. Alia porta grande della naye Clementina fa ricevuto da quat-
tro Canonici e da Monsignor Serafini, Vicario, che porsegli 1'acqua be-
nedetta; dopo la yisita del SSffio -Sagrametito fu aecompagnato alia sa-
gristia, ove erano adunati gli EiTIi e RsTii signori Cardinali Antonelli, Se-
gretario di Stato ; De Silvestri e di Pictro , il primo Protetiore della
Nazione austriaca, 1'altro delta Nazione portoghese; Yillecourt e Pitra,
ambedue francesi, che dall'E. S. erano stati precedentemente invitati.
Recatisi tutti al coro, avendo i Him Canonici alia testa 1' EiTio e Rmo
signor Cardinale Altieri, Arciprete della Patriarcale, il sig. Ambasciato-
re ando a sedere al posto preparatogli, entro il Presbiterio, con alto dos-
sello, sopra due gradini, con genutlessorio riccamente parato; ed assi-
stito sempre dal Ceremoniere del Capitolo , quiyi riceyette tutti gli ono-
ri prescritti dall'antico relativo Ceremoniale. Terminata la funzione S. E.
sull' ingresso del Coj|0 ringrazio gli EiTii Porporati , che erano inter-
im enuti.
Yarii Prelati francesi si troyarono presenti alia sacra funzione. In se-
parate tribune poi vi assisterono i Principi e le Principesse della farni-
glia Bonaparte, diraoranti in Roma ; S. E. il sig. Conle di Montebello,
Generale Comandante la truppa francese, con ilsuo stato-maggiore, ed
altri General! e Comandanti superiori della medesima ; il Presidente con
i membri dell' imperiale Accademia di Relle Arti in Roma; nonche altri
distinti personaggi e dame. Molto popolo accorse alia sacra solenne fun-
zione , celebrata col decoro e la pompa rispondenti alia maesta dell' au-
gusto tempio.
II.
COSE STRANIERE.
AIEM\GN\ E DAMMMICA 1. Vantaggi otlenuti dal cattolicismo per la guerra —
2. Disrorso del Re di Danimarca per la chiusura del fiig.sdag — 3. Trat-
tati diplomatic! fra le grandi Potenze; si accettano le Conferenze propo-
ste dall'Inghilterra — 4. Dichiarazioni della Gazzetta di Vienna circa gli
lutendiraenti dell' Austria e della Prussia — 5. Assedio di Duppel; bom-
bardamento di Sonderboui-g — 6. Presa di Duppel ; il Re di Prussia ya di
persona aU'esercito.
1. Ogni qualvolta scende sopra i popoli alcuno di que'tremendi flagel-
!i, onde la diyina Proyvidenza si yale all' asseguimento degli arcani suoi
consigli, la soyrannaturale yirtu del cattolicismo suole manifestarsi con
CONTEMPORANEA 35$
tanta luce e con tanta efficacia, che persino i suoi nemici sono costretti
a confessarla, ed a farle omaggio con implorarne 1'aiuto. Cosi ognuno sa
quanto si vantaggiasse in Oriente la stima e la riverenza alia Chiesa
cattolica, per 1' eroica abnegazione e le sublimi virtu, di cui diedero ma-
raviglioso spettacolo tanti zelantissimi sacerdoti e quegli angeli di cari-
ta, che sempre si mostrarono ie figlie di san Yincenzo de'Paoli. Del pa-
ri la presente guerra tra la Daniraarca e le grandi Potenze germaniche
sembra destinata a ravvivare nel Settentrione 1'amore al cattolicismo,
ed a rompere le catene in che 1'avea gettato il fanatismo luterano. In
Berlino si vide con segni universali di riverenza il funebre e numerosis-
simo corteggio d'un ufficiale cattolico austriaco che, ferito nei primi scon-
tri co'Danesi, mori a Berlino, ed accompagnato dal sacerdote coi riti di
santa Chiesa, fu condotto al cemetero. Piu Congregazioni religiose rice-
vettero dal Governo prussiano 1' invito ed i mezzi di esercitare il loro zelo
ed i sacri niinisteri nell' assistenza a'feriti sul campo e negli spedali. I
coramissarii civili nei Ducati restituirono ad un illustre Barone i diritti
di patronato sopra una scuola, che il Governo danese gli avea tolto, quan-
do si convert! al cattolicisrao. In quasi tutte le citta occupate dall'eser-
cito austroprussiano presero stanza sacerdoti, che con pienissima liberta
vi esercitano ii santo loro ufficio per le anime de'soldati, e raccendono
conla pieta il coraggio in petto ai cattolici dispersi nel paese, che fin
qui gemeano oppressi dalla prepotenza de'protestanti. In Amburgo, sul
cominciare del Marzo, nel di della Commemorazione dei Dolori della
B. Vergine Maria, si apri un ospedale cattolico, novamente fondato , e
pel quale si ebbero generose offerte, essendone affidata la cura alle Suo-
re di san Carlo Borromeo di Treveri ; e persino i diarii liberalissimi so-
no unanimi nel profondere encomii alia devozione ed allo spirito di sa-
critizio, con che i religiosi ed i preti cattolici spendono tutto se stessi
ed espongono ad ogni cimento la vita, a servizio de'malati e de' feriti.
Ond'e fondatissima la speranza, che dalla presente guerra debba almeno
trarsi questo frutto , che nel Settentrione d' Europa o cadano o siano
diminuiti almeno gli ostacoli frapposti dal protestantesimo alia pratica
della vera religione cristiana.
2. Se questa guerra debba ancora prolungarsi, ovvero incontrare, nel-
]e Conferenze diplomatiche iniziate il 20 d'Aprile in Londra, un qualche
efficace rattento, e finora difficile a congetturare con buon fondamento.
Ma e certo che i Danesi si difendono con tal costanza e con tanta gagliar-
dia, che per certo supera di molto la comune espettazione. II popolo &
non solo d' accordo col Governo, ma puo dirsi aver costretto H Re ad
essere irremovibile nel proposito d' incorrere la necessita d'eslremi sa-
crifizii, anziche cedere. Alii 22 di Man;o, dovendosi chiudere il Rigsdag,
ossia Parlamento nazionale, il Re indirizzo alle due Camereun Messag-
gio, riferito nel Memorial diplomatique, n.° 14,-pag. 212; nel quale, lo-
dato altamente il contegno de'popoli e dei deputati, che non abbandona-
360 CRONACA
jona i loro seggi anche quando sapeano i proprii focolari essere occupa-
ti dal nemico, cosi soggiunse: « Dite a'vostri concittadini, clie il nostro
cuore sanguina pensando alle sofferenze che provano i nostri fedeli sud-
diti al di qua e al di la del Konigsau : ma dite loro in pari tempo, che i
Bostri nemici conoscono male il popolo danese se credono potere, coi
carichi che gl' impongono, eccitare in lui desiderio di sacriticare la santa
causa della patria ». Enumerati quindi per sommi capi i torti del nemi-
co ed i danni patiti da' partigiani del Governo nello Schleswig, il Re non
Tolle lasciar alcuna illusione di speranze in soccorsi stranieri : « Noi sia-
mo soli ancora; ignoriamo per quanto tempo 1' Europa restera spettatri-
ceinoperosa di quest' atto di violenza esercitata contro di noi e contro il
uostro popolo. Ripetiamo al Rigsdag la nostra promessa. Noi siamo pron-
ti a far di tutto per ottenere una pace, che sia tale da poter essere appro-
Tata dal paese; ma sappiano i nostri nemici, che e ancora molto lontano
il tempo, in cui noi ed il nostro popolo potremo essere costretti a sotto-
metterci ad una pace umiliante per la Danimarca. L' ultima nostra pa-
iola a voi ed a'vostri elettori sia questa: Persistete, e Dio sia con voi».
3. Questa inflessibile fermezza della Danimarca si manifesto pure con
un fatto rilevante, cioe ricusandosi il Gabinetto di Copenhagen di aderi-
ie alle Conferenze proposte dair Inghilterra, tantoche si astenne pertino
dal rispondere a comunicazioni ufficiose ricevute a tal proposito, di-
cendo essere piu decoroso il silenzio, che 1' esporsi a contrast! con un ri-
fiuto. Ma poi si mitigo tal fierezza, e si presero in considerazione quelle
offerte, rincalzate dagli uffizii della Russia, e con sommo calore promos-
se dal Gabinetto di Londra. I nostri lettori non richiederanno per certo
da noi d' essere guidati nel laberinto sterminato dei giri e rigiri fatti sin
qui dallaDiplomazia, perriuscire a fare che si accettasse il partito di di-
saminare la quistione in una conferenza di Plenipotenziarii in Londra. A
dimostrare I'impossibilita di districare quell' arrufiata matassa, basti dire
che il Governo inglese pubblico una quinta serie di dispacci sopra la
quistione dello Schleswig-Holstein; e questa sola forma un vol. di 820
pagine di dispacci spediti dal 23 Gennaio al 26 Marzo di quest'anno, es-
sendo gia 1,215 le scritture vane de' Gabinetti sopra questo argo-
mento. L'importante a sapersi e, che neppure 1'Austria e la Prussia paio-
no pienamente d'accordo fra loro sopra I' assetto definitive dei Ducati, e
nemmeno sopra il mantenimento dei Trattati di Londra, benche amendue
abbian fermo di non contentarsi di quello, che da principio avrebbe ba-
stato da parte del Governo danese per impedire la guerra. La Francia
dichiaro in tutti i modi di non volersene troppo impacciare; mostro pro-
pensione ad occuparsene quando cio si facessein un Congresso europeo,
nel quale fossero chiamate a disamina le altre piu gravi quistioni ; diede
a capire che il miglior partito sarebbe di ricorrere al suflragio universa-
te dei popoli dei Ducati ; poi, saputa 1'impressione sinistra che cio avea
fetto a Londra, si spiego con dire che a cio si potrebbe ricorrere, a peggio
CONTEMPORANEA
andare, quando gli altri tentativi e le Conferenze stesse riuscissero a
yuoto. Finalmente fmi con accostarsi all'Inghilterra, ed accettare.
Non fu poca cosa che 1' Inghilterra e la Francia finalraente convenisse-
ro in questo punto ; e pare che cio sia dovuto ai recentissimi ufBzii, fatli,
a Inezzo Aprile, da Lord Clarendon: il quale, entralo a far parte del Ga-
binetto inglese, si condusse di persona a Parigi, per intendersela a viva
yoce con Napoleone stesso ; giacche le pratiche antecedent! erano quasi
sempre tornate vane,- attenendosi il Drouyn de Lhuys a risposte moHo
circospette, ed a dimostrare 1' inanita delle Conferenze che si raccoglies-
sero senza base tissa d' accordo. II che era un ripicco velato di cio che
fece I'lnghilterra, quando rifiuto il Congresso europeo di Parigi, propo-
sto dalla Francia per la Polonia e per le piu gravi quistioni d'ltalia e dei
Principati danubiani. Ne minori erano le difficolta di trarre alle Conferen-
ze le grandi Potenze germaniche e laDieta. Imperocche questa nonvole-
va, se prima non fosse risolta la quistione della successione ; e quelle non
poteano perraettere che di cio si trattasse, senza incorrere il sospetto di
riguardare gia come annientati i Trattati di Londra; il che le esponeva a
dissidii con I'lnghilterra; oltre di che non volevano mettere a repentagiio
i vantaggi gia riportati con 1'armi. Quindi incerto il concorso della Dieta,
ambigua 1' intenzione della Prussia , mal ferma 1' adesione dell' Austria,
senza veruna base fissa intorno all' oggetto delle Conferenze. Forse il
contegno dei Gabinetti di Berlino e di Vienna fu ispirato dal proposiio
di riportare prima un gran trionfo, con la presa di Duppel, per aver cosi
in mano un pegno ed un titolo che rendesse piii efficaci le loro esigenze
contro la Danimarca. Alia perfine i travagli erculei di Lord Russell ot-
tennero la palma . La Dieta di Francfort nomino suo rappresentante alle
Conferenze il De Beust, caldissimo, come si sa, per 1' Augustembourg e
per la separazione dei Ducati dalla Danimarca. La Prussia e 1' Austria
deputarono a cio i loro Ambasciadori, del pari che la Francia e la Russia;
e le Conferenze si doveano iniziare alii 20 d' Aprile.
4. II partito del Nationalverein si agita perche la Confederazione ger-
manica debba , nelle Conferenze , far ogni sforzo , onde 1' Europa rico-
nosca i diritti dell'Alemagna sopra 1'Holstein, e la sua inseparabilitd dal-
lo Schleswig ; onde deriva la necessita d' un distacco dei Ducati daJk
Danimarca, a cui, in iscambio del Lauembourg, si darebbe la parte set-
tenlrionale dello Schleswig da essere incorporata alia Monarchia danese,
mentre la parte meridionale sarebbe unita all' Holstein , col quale forme-
rebbe un Granducatoalemanno, membro della Confederazione germani-
ca , la quale vi svolgerebbe la sua potenza marittima. Sono desiderii
molto arditi , e che probabilmente incontreranno insuperabile resistenza.
Quanto all'Austria ed alia Prussia, i loro intendimenti sono adombrati ia
un articolo della Gazzetta di Vienna del 5 Aprile , riferito nel Memorial
diplomatique del 10, in cui, tra varie altre cose di minor rilevanza, leg-
gesi quanto segue :
362 CRONACI
<( L' Austria e la Prussia, avendo tratta la spada per la felicita dei Du-
cati, non potranno permettere che una lotta impegnata per 1' indipenden-
za, se non assoluta almeno relativa, se non materiale almeno morale,
dei Ducati , termini senza che sieno ottenute garanzie soddisfacenti nella
pratica. Queste garanzie devono assicurare ai Ducati la piu intera incfi-
pendenza e una posizione assolutamente uguale, in diritto, a quella del re-
sto della Danimarca. Essa deve pure assicurare, non solo la loro unione
amministrativa, ma anche la politica, e, inoltre, relazioni di protezione
tra essi e la Germania.
« E vero che si tratta di non esprimere queste giuste domande in una
forma altera , e di non porle e svilupparle in modo da farle apparire
inaccettabili. L' Austria prende parte alia conferenza colla ferma speran-
za, che sara possihile risolvere la questione onoreyolmente e senza
svanlaggio per tutte le Potenze interessate.
« Nel caso che vi fossero sacrifizii da fare , dovrebbero esser falti nel-
la misura della giustizia e dell' equita. II Governo austriaco vuole evita-
re che la ostinazione prolungata della Danimarca dia al conflitto presente
le proporzioni di un conflitto europeo. Per questa ragione deve giudica-
re utile e desiderabile che la pluralita delle Potenze, che prenderanno
parte alia Conferenza , si unisca per trovare un componimento profitte-
yole, invece di complicare , coll' immistione di altri elementi , il caratte-
re di una questione che e evidentemente di esclusiva competenza del
diritto pubblico , ed invece di patrocinare pretension! che sono o troppo
ardite o troppo timide.
« II Governo austriaco ha fiducia nell' intelligenza e nel buon volere
delle grandt Potenze; conta sulla cooperazione di un potente ausiliario,
che e il bisogno generale della pace. Spera finalmente che, quando si
sara formata, in occasione della Conferenza che si aprira, un'idea cbiara
della situazione reale dell'Europa, gli sforzi per garantire i veri interes-
si dei Ducati saranno giustamente apprezzati in tutta la Germania. »
5. Mentre la Diplomazia era in affanno , ed ammucchiava dispacci so-
pra dispacci, onde trarre comecchessia i contendenti a dare qualche passo
in sulla via dell'accordo, per mettere termine alia guerra, questa proce-
dea molto piu efficacemente verso il suo scopo, e 1'esercito austro prus-
siano metteva in opera i piu validi argomenti per domare la resistenza
mirabile dei Danesi. Dopo il bombardamento di Fredericia, pareva che
se ne volesse dagli alleati istituire il regolare assedio; ma, dopo alcuni
combattimenti di poca importanza , si contentarono di tenerla vigilata da
bastevoli forze, che mettessero il nemico nella necessita di rimanervi in
buon numero, e cosi non potesse di troppo ingrossare a Duppel. Fupure
divisato di gettare un quindici mila uomini nell'isola d'Alsen, e cosi
prendere dalle spalle i difensori di Duppel; e percio si raccolsero presso
Sonderbourg navi e barconi e si comincio anzi nei primi giorni d'Aprile
a formare il ponte da passare per lo stretto ; ma le opposte batterie da-
CONTEMPORANEA 363
nesi che fulminavano terribilmente, e la violenza della corrente marina
fecero capire che quel tentative avrebbe costato enormi perdite, e forse
avrebbe potuto condurre ad un disastro. Percio si desistette, e si volsero
tutte le cure all' assedio di Duppel.
Nella notte del 28 di Marzo i Prussiani respinsero le guardie e le ve-
dette nemiche tin sotto i bastioni della fortezza ; ma, tratti in agguato la
dove erano presi di fronte dalla mitraglia edalla moschetteria d' un forte,
e di tianco dai proietti della fregata.corazzata Rolfkrake, patirono perdite
rilevanti , e dovettero trarsi indietro dalle conquistate posture. Ma i Da-
nes!, respinti alia lor volta in piu sortite, furono a poco a poco costretti a
riparare dietro i ripari ed i trinceramenti , onde erano collegate le varie
loro fortezze che rendeano formidabile la difesa di Duppel. I Prussiani,
nella notte del 29 al 30 Marzo, aprirono senza ostacolo la prima parallela,
e, per tener distratti i nemici, alii ,2 cominciarono a bombardare furiosa-
mente la citta di Sonderbourg, che in gran parte divampo, non senza
strage degli abitanti. Di che il Governo danese levo alti richiami con una
circo!are a' Governi europei, rappresentando quel fatto come contrario al
diritto delle genti , perche avvenuto senza precedente intimazione e con-
tro citta non fortiticata. Ma questa seconda affermazione era inesatta ,
poiche i Danesi vi aveano fatte munizioni importanti , quali si usano per
difendere una testa di ponte, e quinci poteano uscire ad assalire di iianco
gli assedianti , i quali vollero levarsi di quel pericolo , e percio fecero a
Sonderbourg quello stesso che daH'altra parte a Fredericia. Ripigliarono
poi agli 8 il bombardamento interrotto alii 4, e la giustezza del tiro del-
1'artiglieria prussiana, e la micidiale efficacia dei proietti, gittati con can-
noni da 6 e da 12, fu tale, che le opposte batterie ne rimasero sfasciate
e la citta in rovina. Al tempo stesso si aprivano la seconda e la terza pa-
rallela sotto i ridotti di Duppel , i cui difensori veniano serapre piu ri-
stretti e decimati dai tempestare delle bom be, che dalle trincee prussiane
erano scagliate tino in numero di 500 all'ora.
6. Procedendo secondo le discipline dell' arte , gli assedianti giunse-
ro , la sera del 14 Aprile , fmo alia distanza di soli 80 metri dalla fronte
de'baluardi, dove aprirono larghe brecce, con fuoco violentissimo e
perdite lagrimevoli pe' difensori, a' quali tornava impossibile, sotto
quell' infuriare di proietti d' ogni ragione, riparare a' danni delle mura.
In breve le cose giunsero a tale, che 1'assalto era facile per gli oppugna-
tori , impossibile a schivare per gli assediati. E di fatto la mattina dei 18
Aprile (tanto premeva compiere V impresa prima che in Londra si apris-
sero alii 20 le Conferenze! ) i Prussiani corsero all'assalto , senza sparare
un colpo , a baionette spianate. L' urto fu terribile , e sostenuto dai Da-
nesi con imperterrita fortezza; ma la vittoria non potea essere dubbia. I
Prussiani s' impadronirono dei ridotti , di molte bandiere e di 83 cannoni,
facendo 2,000 prigionieri ; ma perdettero due Generali, sessanta ufficia-
li ed oltre a 600 uomini. I Danesi , che s'aspettavano quel che avvenne^
CRONACA
gia aveano divisato di sgomberare e trasferire nell' isola d'Alsen le mi-
gSiori artiglierie , le munizioni , i feriti ; e quando furono soverchiati dai
ymcitori , una lor brigata si tenne con eroica costanza sulle rovine delle
launizioni in capo al ponte di Sonderbourg, sotto il fulminare de' cannoni
prassiani , onde fu quasi per intiero distrutta ; ma cosi tenne aperto il
passo alia ritirata del grosso dell' esercito, che riparo nell' isola e distrus-
se il ponte.
Pervenute queste notizie il 18 stesso a Berlino , il Re mando per tele-
grafo al Principe Federico Carlo le seguenti parole : « Dopo il Dio degli
eserciti , io debbo la gloriosa vittoria d' oggi alle mie magnifiche truppe
ed al tuo comando. Esprimo alle truppe la mia piu alta soddisfazione, e
la mia regale riconoscenza pei fatti d'arme da esse compiuti. » Quella
sera in Berlino le salve d'artiglieria celebrarono quel tanto bramato
trionfo. Una folia immensa di popolo si addenso sotto il castello reale,
acclamando al Re ed alia Regina , e cantando 1' inno nazionale , tinche le
loro Maesta dal balcone uscirono a ringraziare la moltitudine , che rinno-
YO con piu ardore ed entusiasmo i plausi al Sovrano ed all'esercito. 11
re Guglielmo si mosse quindi per andare di persona a congratularsi con
Fesercito , e giunse il 22 a Rendsbourg , dove dichiaro a' deputati del
popolo , che dovessero stare di buon animo , perche 1' imoresa avrebbe i
risultati per cui s'era cominciata ; e che egli riguarderebbe come sacra
3a causa dei Ducati , e ne vorrebbe rivendicati i diritti , non dovendo es-
rere sparso inutilmente tanto sangue. Ed e certo che, per la caduta di
Buppel, le condizioni della Danimarca sono peggiorate d'assai , non po-
tendosi presumere, che la Prussia vittoriosa voglia smettere le sue pre-
lensioni senza largo compenso pel dispendio di tesori e di saague, che
ehbe a sostenere per tal conquista.
E naturale che i Prussiani vadano alteri della loro vittoria , non solo
per la conquista fatta, ma per la prodezza mirabile con che venne loro
contrastata dai Danesi, come si riconosce dalle perdite che questi patiro-
20, e confessate in un dispaccio da Copenhagen , che cosi narra il disa-
stro del 18 Aprile : « II fuoco dell' artiglieria prussiana distrusse i nostri
ridotti n.° i, 5 e 6, che caddero in potere del nemico. La nostra ala sinistra
fa allora ohbligata di ritirarsi soffrendo gravi perdite. L'aladestra dovet-
te sgombrare anch'essa, in condizioni piu favorevoli, ma soggiacendo es-
sa pure a grandi perdite. Quattro reggimenti danesi furono quasi intera-
mente distrutti. La testa di ponte di Sonderbourg fu abbattula dal can-
none nemico, ma le nostre truppe 1' hanno difesa finche 1' esercito fu pas-
sato nell'isola d'Alsen. » Si ebbero dal Quartier generale altri particolari,
e^ono che scomparve quasi tutta la la brigata danese, e che l'8a e ridot-
ta a meta; che fra i morti sono un Generale, due Colonnelli e sette uffi-
ziali; ed oltre ad 86 gli ufficiali feriti. L'artiglieria de' forti di Duppel fu
perduta, e piu di 700 feriti si contano fra quelli che poterono riparare
aeir isola d'Alsen. La vittoria de' Prussiani fu dunque insigne, ma pro-
CONTEMPORANEA 365
babilmente si sapra poi che fu anche comperata a caro prezzo , e che
le loro perdite eccedono i 600 uomini.
Fu quindi conchiuso un armistizio di 8 ore per raccogliere i feriti e
seppellire i morti. La massima parte dell'esercito prussiano ebbe poi
ordine di muovcre, con tutte le artiglierie d'assedio, verso il Jutland, per
investireFredericia.ProbabilmenteiDanesi saranno astretti a sgombera-
re anche dall'isola d' Alsen , dove possono essere battuti da' cannoni a
lunghissima gittata de' Prussiani, che diedero saggio di rara perizia e
precisione nel tiro, come d' impeto sommo nell' assalto.
IMPERO D' AUSTRIA 1. Clrcolari per 1' ordine pubblico in Gallizia — 2. Conven-
ztone tra 1' Austria e la Prussia circa le frontiere — 3. Condizioni della
Dalmazia; e sciolta la Dieta daknata — 4. Travagli e carestiain Ungheria —
5. Difficolta che ritardarono I'accettazione formale della corona messicana
per parte dell'Arcicluca Massimiliano — 6. Patto di famiglia circa i diritti
di successione; assoluta rinunzia dell'Arciduca Massimiliano; nota della
Gazzetta di Vienna — 7.Avveuimento di Massimiliano I altrono imperiale
del Messico — 8. Suo commiato dalla marina austriaca, e beneficenze in-
signi verso i poveri di Trieste — 9. Partenza del nuovo Imperatore alia
volta di Roma — 10. Arrolamento di truppe pel Messico.
1. Lo stato d'assedio bandito in Gallizia, pel decretp imperiale del 2i
Febbraio (Vol.prec. pag. 750), era nel fatto assai mitigato da' benigni
procedimenti del Governo, che s'atteneva al sistema d' impedire anziche
punire le agitazioni setlarie. Di che sembra che i sommovitpri abusassero
per continuare le colpevpli loro mene, ed i mestatori stranieri principal-
mente, sottp colore di viaggiare per loro diportp p tornare in patria, si
yalessero di questa loro qualita di stranieri p di rifuggiti, per condurre
innanzi le trame rivoluzionarie si nella Gallizia stessa e si ancora nei
Principati danubiani. Percio il Generale Conte Mensdorff-Pouilly spedi
da Lemberg, alii 16 di Marzo, una Circolare, pubblicata poi nel Mornig
Post, e riferita p'alla Nazione di Firenze del 4 Aprile, prescrivendo che:
« tutti gli straoieri senza regolare passaporto, i quali si trovassero ancora
nel paese, o si presentassero anche volontariamente alle autorita, siano
rimandati colla forza, e per la via piu breve, senza alcuna eccezione, nella
patria loro, se contro di essi non deve aver luogo una procedura crimi-
nale. I Polacchi, sudditi della Russia e appartenenti a questa categoria,
debbono essere sottoppsti al medesimo trattamentp. Anche se accertas-
serp aver essi passato il confine dopo la proclamazione dello stato d' as-
sedio, per cercar riftigio in questo paese, je loro affermazipni non debbono
essere prese in veruna considerazione, giacche le condizioni presenti del
vicino paese non giustificano il passaggio del confine senza passaporto. »
Segui poscia ordinando che il passo ai Principati danubiani si dpvesse
lasciar aperto solo a quelli stranieri, « che provassero incontrastabilmen-
te la loro qualita di sudditi di que' Principati. Nel casp contrario i sud-
diti stessi della Turchia non debbono essere rimandati nella patria loro
per la via dei Principati, bensi per quella di Cracovia e di Trieste. Sic-
come i Principati danubiani divennero presentemente il punto di riunione
degli elementi rivoluzionarii, e siccome per conseguenza succede spesso,
che individui si qualifichino falsamente per sudditi dei Principati, cosi
non bisogna contentarsi di questa sola affermazione, ma devesi accertarne
366 CRONACA
la esattezza mediante corrispondenza coi Consolati imperial! a Jassy e
Bukarest. Fino a tanto che non sianq chiarite le cose, i mentovati stra-
nieri saranno trattenuti in luogo di sicurezza. » Onde si vede che se i
direltori della rivoluzione europea sanno scegliere i luoghi di adunata e
di attacco, i Governi minacciati sanno talvolta aprire gli occhi e vedere
non pure la trama, ma ancora la mano che 1' qrdisce.
Con altra circolare fu vietato agli ufficiali di Dogana di aprire « il pas-
saggio del contine per parte dei sudditi russi non muniti di passaporto,
sotto nessun pretesto, anche se questi stranieri si presentassero invocando
asilo e protezione. Essi debbono essere immediatamente rimandati. » Le
quali misure furono promulgate altresi dal Merkel, Direttore di Polizia a
Cracovia.
Lo stesso Mensdorff-Pouilly, sotto il »26 Marzo, mando ai Capitani di
Circqlo un' altra qrdinanza, contro di cut il Governo italiano ed i suoi
diarii liberalissimi non pqtranno trovar che dire, poiche e una pura attua-
zione assai blanda del principio di domicilio coatto, che nel beatissimo
regno d' Italia si manda ad etfetto con la deportazione e 1'esilio. « Contro
fnolti, i quali palesemente ebberq parte nelle agitazioni riYoluzionarie,
non si pote finora procedere giudizialmente, per mancanza di suflicienti
mezzi di proya. Pel caso dunque che costoro ed altri simili , anche dopo
la proclamazione dello stato d'assedio, non avessero cessatq dal Joro cri-
minoso procedere, onde reprimere la loro punibile operosita, non resta
altro, se non che Yengano continati nel luogo di loro domicilio , e posti
sotto la piu severa vigilanza. »
Quali sieno state le conseguenze dello stato d'assedio e di questi ulti-
mi provvedimenti , puo "vedersi dal seguente articoletto della Gazzetta,
ufficiale di Venezia: « Lo stato d' assedio in Gallizia mette in grado 1'Au-
torita di si^oprire le mene della rivoluzipne, e di attraversarle con frutto.
II giorno23 iMarzo, in seguito d'una visita domiciliare, fatta in Cracovia,
nel suo palazzo , alia contessa Ostrowski, essa fu arrestata e condotta in
cittadella, col suo figlio maggiore e colla governante. Nella dimora del-
la contessa sono stati scoperti documenti di grandissima importanza poli-
tica, delle armi, e 200,000 florini. La contessa si disponeva a partir per
Parigi quando fu arrestata. Dopo che lo stato d' assedio m prqclamato
nella Gallizia, e dopo che una severa sorveglianza sugli stranieri si eser-
cita nella Buccovina, i Polacchi,che abbandonano frettolosamente il ter-
ritqrio austriaco, ingombrano la Moldavia. Sono la maggior parte origi-
narii del llegno di Polonia, e s'erano ricoverati nella Gallizia; ora hanno
cercato asilo nei Principal!. II Governo russo ed anche 1'imperiale Gover-
no di Vienna ne hanno cercato 1'allontanamento al Principe Couza ; ma in-
darno: anzi il Governo del Principe ha ottenuto dalle Camere un assegna-
mento per soccorrere i rifugiati polacchi. La Turchia prende disposizio-
ni di sopravveglianza a' confmi, e fa anche essa istanze perche i rifugiati
non abusino deH'ospitalita. »
2. Una convenzione di gran momento venne pure stipulata fra 1' Au-
stria e la Prussia, allo stesso intento di porre un termine allemene rivo-
luzionarie, che incontravano somma facihta a' loro progress!, per 1' age-
Tolezza loro fatta di sottrarsi alia meritata repressione, passando gli agi-
tator! il confine dall' uno all' altro Stato senza ostacolo; ed ecco in qual
modo ne parlo la stessa Gazzetta ufficiale di Venezia: « I Governi d' Au-
stria e di Prussia hanno stipulata una convenzione, il cui testo e stato
CONTEMPORANEA 367
pubblicato nel Monitore Prussiano, e che si riferisce a proyvisioni di po-
lizia sulle frontiere. Secondo questa convenzipne, in casi d' urgenza, i
gendarmi di ciascuno dei due Stati hanno il diritto di perquisire i colpe-
vo!i fuggitivi ed altre persone pericolose , sul territorio dell' altro Stato
e di arrestarli. La persona arrestata dovra essere consegnata alle aulorita
dellp Stato, sul cui territorio e stato fatto 1' arresto, e 1' estradizione se-
guira poi nelle forme consuete. »
3. Lo stato della Dalmazia invocava altresi solleciti provvedimenti da
parte del Governo imperiale. Difatto una corrispondenza da Zara al Wan-
derer di Vienna, sotto il 26 Marzo, cosi lo descriveva: « E nota la deso-
lante situazione in cui si trova il circolo di Zara. Bande organizzate di
briganti, solidarie le une delle altre, si abbandonano al saccheggio, all'as-
sassinio ed all'incendio, scompigliandp la montagnae le coste, imponen-
dp tasse e contribuzioni ai proprietarii, e quando non si paghino o se ne
dia avviso alia giustizia, il proprietario ne paga la pena o colla propria
vita o colla feroce devastazione de'suoi oliveti e dei suoi vigneti. I ban-
diti sppgliano le diligenze e le casse pubbliche, e si ridono dei mezzi irn-
piegati dall'amministrazione pubblica per impadronirsi di essi o per ren-
derli inoffensivi. La vicinanza della Croazia e piu ancora quella della Tur-
chia fornisce loro costanteraente il modo di sfuggire alle ricerche. Que-
sta condizione anormale e disastrosa ha determinate la Dieta provincial
della Dalmazia a nominare, in una delle sue prime sedute, una Commis-
sione speciale incaricata di deliberate maturamente sulle misure recla-
mate d' urgenza dalla necessita di ristabilire la sicurezza pubblica cosi
gravemente minacciata.
« Qui conviene notarecbenel corsodegli ullimiseianni, sopraunapo-
polazione di 157 mila anime, si consumarono, nel circolo di Zara , 1314
casi di danni volontarii, cagionati maliziosamente alia proprieta; 55 sola-
niente degli autori di questi danni poterono essere posti in istato d'accu-
sa e furono condannati. Durante lo stesso periodo furono accertati 541
caso d'appiccati incendii, 33 autori di questi solamente posti in istato di
accusa, di cui 3 condannati. Le misure eccezionali proposte dalla Com-
missione non possono parer strane che a coloro, i quali non comprendono
la pressione che i banditi esercitano nel nostro paese. »
Ma se i baoditi desolayano quelle province, d'altra parte la stessa Dieta,
sciupando il tempo in ciance e dissensioni sempre piu inconciliabili, fal-
liva a' suoi doveri. Onde la Gazzetta u/ficiale di Vienna pubblico la se-
guente patente imperiale, con cui venne disciolta la Dieta della Dalmazia
€ si ordinarono nuove elezioni : « Rendiamp noto e facciamp sapere : Ap-
plicando il §. 10 del Regolaraentp provinciale: trpviamo di sciogliere la
Dieta del nostro regno di Dalmazia, dalla quale, in seguito a quanto fu
fatto finora nella sessione di quest' anno, non si puo attendere una ope-
rpsita profittevole pel paese; e di ordinare nuove elezioni. Ci riserviamo
di fissare 1' epoca della convocazipne della nuova Dieta. Dato dalla no-
stra citta capitale e di residenza di Vienna, il 6 Aprile 1864. Francesco
Giuseppe, m. p. »
4. L'addensarsi di fuorusciti d' ogni nazione ne'Principati danubiani;
i continui trasporti d'armi e di munizioni che vi si fanno da navi france-
si, che riescono a gabbare la vigilauza della Turchia, con la certezza di
far cosa non ingrata al principe Couza ; 1' andirivieni di certi caporioni
della setta piu operosa tra Londra, Parigi, Torino e Bukarest; gli arro-
368 CRONACA
lamcnti di volontarii che si fanno principal men te in Lombardia e nelle
Romagne; le eonventicole tenute da certi sopraccio della rivoluzione ia
Ancona, in Ravenna, a Sinigallia, e piii altri siffatti indizii, danno luogo-
a credere che si volesse allestire qualche spedizione, la quale mettesse il
Governo austriaco nella necessitadi muovere truppe e difendersi in Dal-
mazia, mentre al tempo stesso il grosso delle bande rivoluzionarie, ir-
rompendo da'Principati, manderebbero sossopra 1'Ungheria. E certo 1'oc-
casione sarebbe stata propizia, se la guerra contro la Danimarca avesse
involto F Austria in qualche maggiore impaccio, come speravasi da' suoi
nemici ; e T Ungheria non era forse mal preparata all' uopo, attesa la ca-
restia onde sono afflitti in modo straordinario quei popoli. E si sa che la
malesuada fames non. da ascolto a ragione, quandole si offre buonpasto;
ed i settarii non mancano d' oro, essendovi in Europa tal Potenza, che
ama guerreggiare con la compera di traditori molto piu che con la mitra-
glia e le baionette ; e non manca chi suole prepararsi il terreno, con git-
tare scissure e far mercato di partigiani, prima di mettere in marcia i
reggimenti e le artiglierie. Per contrapporsi alle arti segrete, il Governo
prese solleciti provvedimenti da mitigare gli effetti della carestia ; col-
lette pubbliche fruttarono somme cospicue ; il Santo Padre vi contribui,
nelle angustie del suo peculio, con 1,000 tiorini, a cui il Nunzio pontifi-
cio aggiunse del suo non piccola somma ; altrettanto fecero 1'Imperatore
e Tlmperatrice; opere pubbliche d'ogni maniera, come di vie e ponti
furono imprese per dar pane agli operai. Questo pero non bastava contra
i raggiri settarii e de' nemici esterni.
Ma il Governo austriaco fu posto sull' avviso, ed anche la Russia non
dorme. Gravi richiami furono fatli presso il Principe Couza, si dalla
Russia, si dall' Austria e si dalla Turchia stessa. Questa, per quanto si
dice, sta per raccogliere buon nerbo di truppe che stiano alia vedetta a
Choumla; quella dispone un campo di osservazione a Kronstadt in Iran-
silvania, e le truppe russe divengono piunumerose in Bessarabia, d'on-
de potrebbero, all'uopo, anche dare efficacia alle querele della Russia, per
la prepotenza con cui il Couza pose sotto sequestro i beni di molti con-
Tenti, che godono la protezione del Gabinetto di Pietrobnrgo. Certo che
finora non apparisce speranza di prossimo componimento fra 1' Ungheria
e la Corte imperiale, ne probabilita di veder quella partecipare ai lavori
del Reichsrath ed accettare la costituzione vigente nelTImpero. II Conte
Forgach, Cancelliere d' Ungheria, da qualche tempo e malato od infer-
miccio, percio il suo carico venne affidato al Zichy, a cui e sperabile che
basti la forza da portarlo.
5. Non lievi furono le preoccupazioni a Vienna per 1' ardua impresa a
cui si accinse I'Arciduca Massimiliano, togliendo 1' impegno di costituire
1' Impero messicano, fondato dalle armi fraucesi e dalla politica di Napq-
leone III. Per quanto si vogliano credere inspirate da malevolcnza le di-
eerie di coloro, cheattribuivano i ritardi dell'accettazione di Massimiliano
ad intrighi della Corte austriaca, affinche Napoleone III rimanesse impi-
gliato per buon tratto ancora nel grave negozio messicano ; e certo che
altri giusti motiyi poteano rendere men gradita la risoluzione presa dal-
1'Arciduca. A lui, come primo agnato dell'Imperatore, dovea spettare la
successione al trono, od almeno la reggenza, in casi non impossibili ad
avvenire. Or, supposta tal congiuntura, doveasi lasciar 1' Impero senza
Sovrano o senza Reggente , finche quello o questo potesse smettere la
CONTEMPORANEA 369
corona messicana, svincolarsi da' suoi sudditi, viaggiare 4,000 miglia ed
entrare in possesso de' suoi diritti? E se i Messicani nol lasciassero par-
tire? E se la Francia opponesse un veto al ritorno? E se una guerra ma-
rittima o continentale in Europa avesse chiusi i passi? Ed intanto chi
terrebbe in mano la cosa pubblica? L' unico spediente che rimaneva a
mettere in salvo si gravi interessi era dunque una rinunzia dell'Arciduca
a' suoi diritti agnatizii, tanto rispetto alia Corona , come rispetto alle al-
tre succession! d'ogni genere. Ma questa rinunzia dovea essere assoluta
o cpndizionata ? perpetua o temporanea ? E come conciliate con questa i
diritti degli altri agnati? E 1'Arciduca si contenterebbe di separarsi dal-
r augusta dinastia, di cui potea forse diventar capo?
Per appianare tali difficolta conveniva certamente usare maturita di
«onsiglio, e ponderare le ragioni del pro e del contro in modo, che da
niuna parte le ragioni del giusto e del conveniente patissero offesa. Oltre
di che i ritardi furono anche prodotti dalle difficolla sorte per 1' impre-
stito messicano di 200 milioni, firmato a Parigi il 19 Marzo, coi Glynn
di Londra, e ratificato dall' Arciduca il 22, ma poi yenuto in pericolo di
tornare a nuila, per intrighi finanziarii, ampiamente svolti nel Memorial
diplomatique del 3 Aprile, pag. 210. Per ultimo 1'Arciduca, per lo stra-
pazzo di lunghi yiaggi a Bruxelles, a Parigi, a Londra, a Vienna, sem-
pre nel rigore di asprissimo inverno, era cagionevole di salute, e distrat-
to dai tanti gravissimi negozii ond' era assediato, non avea posto 1'animo
ad indagare a fondo le condizioni, in cui' si troverebbe, verso 1'atigusto
suo fratello e gli Arciduchi agnati. Tomato da Parigi a Vienna senti tutta
Ja gravita delle congiunture.
6. Imperocche, composte ormai tutte le cose con Napoleone III, stipu-
lati i patti d' indennita per la spedizione militare, pel mantenimento del-
1' esercito francese, pei compensi a' sudditi francesi danneggiati dal Jua-
rez; fermate le condizioni per 1'emissione dell'imprestito, e pel paga-
mento dei debiti , 1'Arciduca si torno a Vienna alii 19 di Marzo, dove si
tratto in Consiglio di famiglia del come si dovesse dare assetto alle cjui-
stiqni di eredita e di successione. Stando alle notizie corse sopra i gior-
nali piu autorevoli, 1'Arciduca fu invitatoa firmare, quanto a successione
cd eredita, gli atti medesimi onde e regolato il passaggio d' un' Arcidu-
chessa ad altra famiglia, cioe una rinunzia pura e semplice. Sorsero dif-
ficolta gravissime, ne si pote venire a componimento. L' Arciduca parti
alia volta di Miramar. L'Imperatore nomino suo rappresentante, in qua-
lita di capo della famiglia, 1'Arciduca Leopoldo, che ando a Miramar ac-
compagnato dal BaroneMeysembourg, sotto segretario nel Ministero degli
affari esterni, e dal Barone Lichtenfels, presidente del Consigiio di Sta-
to, che dovea farvi ufficio di notarp della Corona. Per meglip sollecitare
e condurre piu soavemente la pratica, ando pure cola 1' Arciduca Carlo
Lodovico, attissimo all'uffizio di conciliazione, a cui destinavalo suo fra-
tello 1' Imperatore.
In questo mezzo Napoleone III, avuto notizia degli ostacoli frapposti
alia accettazione della corona messicana, ed alia partenza di Massimiliano,
spedi a Vienna un suo Aiutante di Campo, il Generale Frossard , con let-
tera autografa all' Imperatore, il quale 1'accolse a udienza il giorno 1.° di
Aprile. Di che si trattasse frai due personaggi, nulla si pote saper di cer-
to. Fatto sta che il Frossard alii 2 giunse a Miramar, con lettera dello
Serie 7, vol. J, fasc. 339. 24 30 Aprile 1864.
370 CRONACA
stesso Napoleone III all'Arciduca ; la quale pare che abbia avuto per effet-
to di troncare tutti gl'indugi. L'Arciduca si risolvette di tirmare il patto di
famiglia, quale si era preparatp, e che consisteva in una rinunzia pura e
semplice de'suoi diritti agnatizii quanto alia Corona austriaca ; e come dice
il Memorial diplomatique del 10 Aprile, pag. 227, rinunzio pure alia meta
del suo patrimonio (apanages) , ed a tutti i diritti di successione ed ere-
dita ab intestato. La sua augusta consorte rinunzio pure allo spillatico
di 20,000 fiorini che riceveva come Arciduchessa d'Austria. Corse yoce
e fu stampato, che tal rinunzia fosse limitata al tempo in cui Massimi-
liano ed i suoi successor! regnerebbero al Messico. Ma la Gazzetta di
Vienna del 16 Aprile tolse intorno a cio ogni dubbio, con la nota seguen-
te, pubblicata dopo 1'annunzio ufficiale dello stipulate patto di famiglia,
che sara comunicato al Reichsrath : « Siamo in grado di dichiarare tin
d'ora che le sposizioni fatte dal Memorial diplomatique del 10 Aprile,
dalla France dell' 11, dalla Gazzelta di Colonia del 12, contengono una
inesattezza, affermando che 1'Arciduca rinunzia, per se medesimq e pel
suoi eredi d'ambo i sessi, ad ogni diritto di successione emntuale in Au-
stria, per tutto il tempo che la nuova dinastia messicana continuera a re-
gnare. La rinunzia non e subordinata alia durata del regno al Messico ,
ma e assoluta e senza condizioni sotto questo risguardo ».
Questo patto di famiglia venne tirmato con grande solennita nel gior-
no 9 di Aprile a Miramar. L' imperatore Francesco Giuseppe vi si con-
dusse percio espressamente da Vienna, accompagnato dai due Ministri
di Stato e degli Affari esterni, dai Cancellieri aulici delle Corone d'Au-
stria, Ungheria, Transilvania e Croazia, e dal gran maresciallo di Corte.
Con S. M. giunsero pure, sulle 8 antimeridiane, gli Arciduchi Gugliel-
mo , Leopoldo , Ranieri e Carlo Salvatore , che sonp i capi e rappresen-
tanti dei yarii rami agnatizii, dovendp 1'Arciduca rinunziare eziandio ai
diritti di riversibilita sul Granducato di Toscana, e mancandovi solo ilDu-
ca di Modena che stava in Palestina ; e giunsero pure da Venezia 1'Arci-
duca Giuseppe, il Generale Benedek ed il Luogotenente Toggenburg.
Compiuto 1'attp di rinunzia, e seduto a banchetto di famiglia, 1' Impera-
tore tolse r ultimo commiato dall'augusto sup fratello, e con i mentovati
personaggi si diparti da Miramar, poco dopo il mezzogiornp , tornando a
Vienna. E tutto si dispose per 1'atto solenne della presentazione ed accet-
tazione formale della Corona.
7. Questo ebbe luogo la domane, 10 d'Aprile, nel castello di Mira-
mar, con pompa conveniente a si grande congiuntura, e che 6 minuta-
mente narrata nell' Osservatore Triestino , ed anche nel Memorial diplo-
matique dello stesso giprno , che n' ebbe la descrizione per sermzio tele-
grafico speciale. Non ci consente 1'angustia dello spazio di recitare qui il
lungo discorso detto dal Presidente della Deputazione messicana, sig. Gu-
tierez de Estrada, e riferire per intierp la risposta dell'eletto Imperatore;
ma non possiamo omettere di questa i tratti seguenti :
« Signori ! Un maturo esame degli atti di adesione , che siete yenuti
a presentarrni , mi da la fiducia, che il voto dei Notabili del Messico,
che vi condusse poco fa per la prima volta a Miramar, sia stato ralih'ca-
tp dall' immensa pluralita dei vostri compatriotti, e che io possa con-
siderarmi da questo momento, con buon diritto, come 1'eletto del popolo
messicano. Cosi e compiuta la condizione espressa nella mia risposta
del 3 dello scorso Oltobre. Un'altra pure ve ne indicai allora, cioe di as-
CONTEMPORANEA 371
sicurare le garanzie necessarie , affinche il nascente Impero possa con-
sacrarsi coa calma alia nobile opera di stabilire sopra solide basi il suo
ben essere e la sua indipendenza. Contiamo oggi , con sicurezza, su
questa condizione. merce la magnanimita di S. M. 1' Iraperatore dei Fran-
cesi , che , nel corso delle negoziazioni che si tennero su questo punto ,
si e mostrato costantemente animate da uno spirito di lealta e di vera
benevolenza, che giammai si cancellera dalla mia memoria. D'altra parte
1'augusto capo della mia famiglia acconsenti ch'io prenda possessso del
trono che mi viene offerto. Ora dunque posso compiere la promessa con-
diziqnale che vi feci sei mesi fa , e dichiarare qui , siccome solennemen-
te dichiaro, che coll'aiuto dell'Onnipotente accetto dalle mani della na-
zione messicana la corona che ella mi offre....
« Accetto il potere costituente , del quale ha voluto investirmi la na-
zione, organo della quale siete voi, o Signori ; ma lo conservero solo per
quel tempo preciso , che sara necessario per creare nel JVIessico un ordi-
ne regolare, e per istabiliryi istituzioni saggiamente liberali. Cosi dun-
que, come vi annunziai nel mio discorso del 3 di Ottobre 1863, mi ado-
prero per collocare la monarchia sotto 1'autorita di leggi costituziqnali ,
tqstoche la pacificazione del paesesara conseguita del tuttq.... Finiro, p
Signori, coll' assicurarvi di bel nuoyo, che giammai non dimentichera il
mio Governo la riconoscenza che deve all' illustre monarca, coll'amiche-
yole soccorso del quale e divenuta possibile la rigenerazione del nostrp
bel paese. Per ultimo, o Signori, debbo annunziarvi che, prima di parti-
re per la mia nuova patria , mi tratterro solo il tempo necessario per ri-
cevere nella citta eterna , dalle mani del yenerabile Pontefice, la Bene-
dizione preziosa per ogni Sovrano, ma doppiamente importante per nie,
che sono stato chiamato a fondare un nuovo Impero. »
Finite dall' eletto Imperatore queste parole, gli astanti 1' acclamarono
calorosamente ; la bandiera messicana fu spiegata in yetta al castello,
e le salve d'artiglieria dei bastioni del castello ebbero riscontro in quelle,
onde fu annunziato alia citta di Trieste il fausto ayyenimento da'cannoni
del porto e delle nayi da guerra. Fu steso subito il processo yerbale del-
T accettazione, che fu firmato dall' Imperatore, dalla Deputazione e dai
Notabili messicani. Assisteyano come testimonii ufficiali, in nome della
Francia, il Generale Frossard, Aiutante di campo diNapoleone III, ed il
sig. Herbet, ministro plenipotenziario che doyea riceyere la firma dei
trattati gia stipulati a Parigi, ed il comandante della Themis che doyea
fare la scoria a onore a Massimiliano I nel yiaggio al Messico; in nome
del Belgio poi, il Conte 0' Sulliyan, ministro plenipotenziario a Vienna,
ed il sig. Keant, ministro residente del Belgio a Messico.
Fu cantato il Te Deum nella cappella del palazzo ; ma prima 1* Impera-
tore yolle spontaneamente prestar giuramento , con la manq sui sanli
Eyangeli , di osseryare lealmente e con tutta coscienza le leggi del paese
e di fame rispettare 1' indipendenza ; e dopo I' Imperatore, giurarono si-
milmente il sig. Velasquez de Leon , nominate Ministro di Stato , il Ge-
nerale Woll, primo Aiutante di Campo e capo della corte militare dell' Im-
peratore, e piii altri persona ggi.
Subito tinita tal cerimonia, la nuova corte messicana entro ad eserci-
tare i suoi ufficii, cessando i ciambellani ed ufliciali che finq allora ayean
seryito 1' Arciduca come comandante supremo della marina austriaca.
Quindi si spiccarono immediatamente quattro inyiati straordinarii, per
372 CRONACA
notificare alle Corti di Roma, Parigi, Yienna e Bruxelles ravvenimento
dell' Imperatore, ed il capitano Rodriguez quella sera stessa parti per la
Francia, e da S. Nazaire alii 15 s' imbarco pel Messico per portarvi la
tanto bramata notizia ufficiale della forrnale accettazipne. Quindi 1' Impe-
ratore firmo varii trattati e decreti, spettanti le relazioni con la Francia,
le Finanze del Messico, il nuovo imprestito, e simili, che furono pubbli-
cati dal Moniteur parigino del 16 Aprile, e de' quali daremo contezza
come prima potremo ripigliare la narrazione delle cose del nuovo Impero.
8. Con bellissima lettera autografa al Vice-Aiiimiraglio Barone di
Dahlerup, si accomiato Massimiliano dalla marina austriaca, ricordando-
ne, con parole di molta lode e gratitudine, i servigi, la fedelta, i progress!
fatti durante il tempo che egli 1'ayea avuta sotto il sup comando; e rac-
comandando agli ufficiali, ai soldati e marinai che « fedeli, saldi, coraggiosi
ed ubbidienti restino ognora all' immacolata loro bandiera. » Ne di questo
si tenne pagp; ma con suo autografo al Baroiie de Burger, ministro della
marina austriaca, riferito nella Gazzetta ufficiale di Vienna del 15 Aprile,
yolle lasciare un pegno del suo affetto «col destinare un capitale di 10,000
fiorini come fondazione, ordinando che gl' interessi relativi vengano di-
stribuiti annualmente a sei dei piu vecchi invalidi della marina del grado
di sottoufliciali. »
Anche alia citta di Trieste voile lasciare gratissime memorie di se, or-
dinando che i giardini di Miramar fossero aperti al pubblico passeggio,
e douandple la somma di 50,000 t'ranchi, spediti al Municipio, come fon-
dazione, i cui interessi doyessero essere distribuiti ogni anno, la vigilia
del SS. Natale, alle famiglie piu povere. La citta di Trieste, da parte sua,
yolle porgere all' Imperatore un segno della sua gratitudine e devozione,
nel giorno stesso in cui egli accetto la corona , con un indirizzo mtinito
di 11,000 tirme, in un Album d'avorio, legato in oro ed argento e smal-
tato di gemme ; di che Massimiliano ricambio la cortesia con un autografo
che esprime vivissimo rammarico di doyersi separare da quella egregia
cittadinanza.
9. Le fatiche delle precedent! giornate, ed il freddo intense a cui Mas-
similiano I erasi esposto nell' aspettare alia stazione 1' augusto suo fra-
tello, 1'imperatore Francesco Giuseppe, gli cagionarono un ridestamento
di fehbre , onde non pote assistere al solenue banchetto, di cui ebbe gli
onori 1'imperatrice Carlotta; anzi dovette porsi a letto, e rjercio nemme-
no pote ricevere yarie deputazioni, venute per oDferirgli i loro "voti. Le
cure adoperate mitigarpno il male, che procedeva da bronchite acuta, e
1'augusta coppia imperiale pote, alii 14 d' Aprile, dare 1' ultimo addio a
Miramar ed a Trieste, ed in mezzo ad una vera ovazione di popolo ster-
minato, imbarcarsi sulla fregata austriaca la Novara, destinata a portarla
al suo impero, con la scoria della Themis francese. Dopo breve sosta alia
deliziosa isola la Croma, di proprieta dello stesso Massimiliano, che ne
fece ofterta all'lmperatrice d' Austria, le navi ripigliarono la rapida loro
corsa, ed andarono difilato a Civitavecchia.
10. In segno del pieno accordo che regna tra i due Imperatori dell'au-
gusta Casa d' Austria, basti accennare che S. M. Francesco Giuseppe
permise che, come annunzio la Gazzetta militare di Vienna, si arrolasse
un corpo di 6,000 uomini di truppe di terra, con piu cenlinaia di mari-
nai. Di quelli si formeranno tre battaglioni di fanteria, un reggimento di
usseri , un reggimento di ulani, una compagnia di zappatori ed una bat-
CONTEMPORANEA 373
teria d' artiglieria ; e questo cprpo seryira di guardia all' Imperatore ;
come un altro, raccolto inBelgio, seryira di guardia all'Imperatrice. Gli
uffiziali si scelgono nell'esercito austriaco e loro viene riservato il pro-
prio grado per sei anni, dppo i quali potranno tornare sotto le bandiere
austriache. I marinai serviranno a fondare la nuova marina messicana.
FUANCIA. 1. Breve del Santo Padre al Card. Arcivescpvo di Lione sopra il
Messale ed il Breviario Romano — 2. Accoglienze imperiali all' Arciduca
Massimiliano d' Austria — 3. Napoleone III arbitro del litigio fra il Vicere
d'Egitto e la Compagnia pel cnnale di Suez — 4. Spedizione scientifica
alMessico —5. Agitazione elettorale degli operai; nota del Moniteur
coutro le adunanze democratiche — 6. Elezioni di Deputati repubblicani
— 7. Petizione al Senato contro 1'empieta e 1' immoral! la degli stampali;
discorso del Card. Bonnechose; la petizione e messa da parte — 8. E' re-
ietta una petizione sopra lo stato miserevole del Regno delle Due Sicilie
— 9. II Renan mantenuto nella sua carica di Proi'essore; parole dell'Opi-
nion Nationale — 10. Processo e condanna del Mazzini —11. Decreto
emanate dalla Dieta svizzera contro il Mazzini — 12. Nota del Moniteur
circa la permanenza del Garibaldi in Inghilterra — 13. Trattato conchiuso
col Messico per la spedizione e la guerra ivi condotta — 14. Conlegno
della Francia per la questione (lanogermanica ; pratiche fatte in Parigi
dal Duca Ernesto di Sassonia ; missione di Lord Clarendon a Parigi —
15. Abolizione di tasse; lettera dell'lmperatore ; speranze di pace.
1. II clero di Francia universe diede, massime in cjuesti ultimi anni,
si splendide prove d' una devozione e d' una obbedienza mirabile alia
Santa Sede, cbe non senza dolore fu veduto il contegnp d' un certo nu-
merodi parrochi della Diocesi di Lipne verso il loro Arcivescovo, e verso
la Santa Sede raedesima. Dai ppchi cenni cbe abbiam dato nel vol. pre-
cedente, a pag. 611-12, sopra i contrast! fatti aH'introduzione del Bre-
viario e del Messale Romano in quell' illustre Diocesi, e dal discorso te-
nuto dal Santo Padre nelle congiunture ivi ricordate, si e potuto da' no-
stri lettori argomentare la rilevanza di que' dissidii, ed il detrimento che
ne potea venire al buono spirito di quel clero, se non vi si ponea pronto
riparo. Era da sperare che la parola del Vicario di Gesu Cristo, si mite
ad un tempo e si autorevole, avrebbe vinto i riottosi, ma non fu nulla ;
ed i cinque parrochi, che componeano quella Deputazione, scelsero teste
una nuova via di continuare i loro scandali, pubblicando nell' Italic una
loro relazione circa 1'udienza avuta da Sua Santita, ed i risultati di essa.
II che e un fatto tanto meno scusabile, in quanto avvenne dopo avuta
notizia d'un documento che reciteremo qui appresso, e che dovea troncar
ogni questione.
II Moniteur fin dal 28 Febbraio pubblico una nota per dichiarare che
nella lettera, da npi riferita, del Card, de Bonald « il linguaggio attribuito
al Sommo Pontedce, e le parole con cui Sua Santita si sarebbe lagnata
dell'intervento del Governo deH'Imperatore, parveromolto singolari. Noi
sappiamo che 1' Ambasciadore di Francia presso la Santa Sede espresse
al Cardinalo Antonelli la dolorosa sorpresa che gli avea cagipnato la let-
tura di quello scrittp. » E seguiva dicendo che TEmo Cardinale Segre-
tario di Stato, avuti i richiami del Conte di Sartiges, epresi gli ordini di
Sua Santita, avea manifestato all' Ambasciadore che il Santo Padre avea
provato gran rammarico di quella pubblicazione, come d'una indiscre-
zione che non rispettava neppure il segreto del suo Gabinetto ; e che di
374 CRONACA
piu Sua Santita voleva che il suo malcontento fosse manifestato al Car-
dinale de Bonald.
L'Emo de Bonald, con lettera dell'll Marzo: « Ho conosciuto, disse,
il preteso scontento del Papa solo da quel giprnale! II Sommo Pontefice
non mi ha detto nulla circa la mia Circolare ; il suo Ministro Segretario di
Stato non me ne ha parlato* Se io avessi incorso il biasimo di Sua San-
tita, avrei umilmente chinato il capo, ascoltando la parola del Vicario di
Dio, dal quale avrei meritato trattamento severo. L'articolo del Moniteur
m'accusa d' aver commesso un'indiscrezione. Non ho creduto indiscre-
zione ripetere le parole che il Papa avea pronunziate pubblicamente ai
Curati di Lione. Sua Santita non ci affidava un segretq. »
Non si potea piu chiaramente e piu decorosamente rispondere. Del re-
sto, quale fosse il sentimento e la fermezza del Santo Padre si potra ve-
dere dal Breve seguente, indirizzato all'Emo Cardinale De Bonald, e che
noi recitiamo fedelmente tradotto dal testo originate:
« Diletto Figlio Nostro, salute ed apostqlica Benedizione.
« Con somraa pena dell'animo Nostro Noi conoscevamo, o Figlio Nostro
diletto, che 1'antica Liturgia della Chiesa di Lione era stata infelicemen-
te guasta con molte pecche da uno de'tuoi Predecessori, il quale non si
perito di far questo, non solo. in onta della costituzione del Santo Nostro
Antecessore Pio V, la quale incomincia — Quod a Nobis postulat — e
fu pubblicata il giorno nove Luglio dell' anno 1568, a cui tutto il Clero
dell'Orbe cattolico e tenuto di obbedire; ma ancora contro il senlimen-
to e le istanze del Collegio dei Canonici in quel tempo della Chiesa Me-
tropolitana di Lione, i quali non lasciarono di richiamarsi e di protestarsi
solennemente contro le uovita introdotte nella stessa Liturgia dal suddet-
to tuo Predecessore.
« Noi adunque, vivamente premurosi dello splendpre dell' inclita Chie-
sa di Lione, e dell' osservanza della mentpvata Costituzione di S. Pio Y,
con tutto il calore Ti abbiamo, o diletto Figliuol Nostro, eccitato ad emu-
lare i preclari esempii di tutti pressoche i sacri Pastori delle Galiie, e
a cpmpiere ossequiosamente i Nostri desiderii, coll' introdurre nella Dio-
cesi di Lione, aile tue cure affidata, 1'uso del Messale e del Breviario Ro-
mano. Al tempo stesso Noi ti abbiamo signin'cato , come da Noi si per-
mettesse che 1' antica Liturgia della Chiesa Lionese, depurata da ogni
macchia, potesse conservarsi in avvenire. Ai quali Nostri giustissimi vo-
ti tu deterendp per 1' esimia tua fedelta e riverenza verso di Noi e verso
questa apostolica Sede, e conoscendo tu ottimamente come la Liturgia
della tua Chiesa Lionese fosse stata deformata, con somma alacrita e con
animp volonterosissimp ponesti mano all' opera, e procurasti di compila-
re gli Officii proprii, siccpme suol dirsi, dei Santi della tua Diocesi in
un col Calendario. Quindi , o diletto Nostro Figlio, ti recasti a Roma,
aH'intento di sottomettere ogni cosa, seguendo le avite costumanze, al
supremo giudizio Nostro e di questa Santa Sede, e cosi condurre questo
affare al bramato compimento. Noi adunque abbiamo commesso il Calen-
dario e gli Ufficii suddetti alia Nostra Congregazione destinata a sopra-
intendere e riconoscere i riti legittimi, e alia stessa Congregazione in-
giungemmo, che depurasse accuratamente 1'antica Liturgia della Chiesa
Lionese da tutte le novita, di cui aveala infetta il tuo Predecessore.
Dappoiche la stessa Congregazione ebbe il tutto ponderato con diligen-
tissimo esame, e fattane a Noi esatta relazione, come perfettamenle ti e
CONTEMPORANEA. 375
nolo, fu stabilito clie il Messale e il Breviario Romano s'avesse ad intro-
durrej3oco a poco nella Diocesi di Lione, e che 1'antica Liturgia della
Chiesa Lionese, espunta affatto ogni menda, potesse an che per i tempi
futuri essere conservata. Or mentre Noi ci appoggiavamo alia dplce
speranza, che un siffatto temperamento, il quale a tutti i buoni, e
specialmente ai Lionesi, arreco somma letizia, ayesse a riuscire felice-
mente senza alcuna molestia, secondo i Nostri e i tuoi desiderii, abbiam
dovuto lamentare la riprovevple condptta di alcuni parrochi di Lione.
Imperocche questi , sin dal principio di questo aflare, non si peritarono di
opporsi alia Nostra e alia tua volpnta in questa cosa, il cui giudizio spet-
ta unicamente alia snprema autorita Nostra e di questa Santa Sede. Ne
temettero , sia per mezzo di libelli stampati e infetti di errori e somma-
mente ingiuriosi a questa Santa Sede e ai venerabili Nostri Fratelli i Ve-
SCOYI delle Gallie, sia per mezzo di pubblici fogli ostili a questa Santa
Sede, di eccitare il Clero specchiato e deyoto a questa Cattedra di Pie-
tro, ad avversare tra le altre cose la Romana Liturgia. La qual contuma-
cia dei Parrochi e tantp piu riprovevole, perche essendo alcuni di essi
venuti in quest' alma citta Nostra, ed essendo stati ammessi al Nostro
cospetto, non vollero acchetarsi ai Nostri paterni ayvertimenti ed esorta-
zioni ; ai quali avrebbero dovuto con pronto e lieto animo ohbedire, come
s'addice onninamente ad uomini di Chiesa. Pertanto, affinche la cosa ab-
bia una yolta il suo corapimento secondo i Nostri e i tuoi yoti, Noi ti
scriviamo questa lettera, colla quale di nuo^o signitichiamo chiaramente
ed apertamente la Nostra yolpnta. Imperocche vogliamo, ordiniamo, co-
mandiamo che, a norma di cio che fu stabilitp, nella Diocesi di Lione il
Messale e il Breyiario Romano poco a poco si introduca, in modo cioe
che tutti quelli , i quali per I'avvenire riceveranno il sacro Ordine del
Suddiaconato, siano tenuti cosi a recitare le ore canoniche giusta il Bre-
yiario Romano, e quegli OfEcii da te compilati ed approvati dalla Nostra
Congregazipne dei sacri riti, come ad adottare il Messale Romano.
« Concediamo pero ed acconsentiamo che fantica liturgia della Chiesa
di Lione, corretta da tutte le rammentate novita, secondo il modo e la for-
ma che yenne approvata dalla stessa Nostra Congregazione dei sacri Ri-
ti, possa essere conservata liberamente e lecitamente ancheper 1'avve-
nire. Non dubitiamo poi menpmamente, diletto Nostro Figlio, che con
ogni cura'e ardore ti glorierai di eseguire questa Nostra yolonta, e nello
stessp tempo ti adoprerai perche tutti coloro cui spetta, e a cui in avye-
nire in qualunque modo potra spettare, a questa stessa Nostra volonta e
prescrizione diligentemente obbediscanp. Ed inoltre porliamo tiducia
che, la Dio merce, quei Parrochi, i quali furono a Noi ed a te cagione di
dolore, e a tutti i buoni cagione di scandalo, si ravvedano ed ubbidisca-
no, ed imitino 1'esempio deH'ottimo clero delle Gallic, il quale somma-
mente si gloria di dimostrare il suo amore, il suo ossequio, la sua ob-
bedienza singolare verso di Noi e di questa apostolica Sede , e con
egregie opere rendesi benemerito in questi difficilissimi tempi di Noi e
della medesima Santa Sede. Finalmente, a pegnp dj tutte le grazie cele-
sti e della speciale Nostra benevplenza verso di te, comparliamo col-
1' intimo affetto del cuore 1' apostolica Benedizione a te, diletto Nostro Fi-
gliuolo, ed al gregge affidato alia tua vigilanza.
« Dato in Roma presso S. Pietro, il di 17 di Marzo dell' anno 1864, dei
Nosto Pontificate 1' anno decimottavo. pjQ pp j^
376
CRONACA.
X'Emo Card. Arcivescovo comunico questo Breve a' parrochi di sua
Diocesi, con lettera da Roma, sotto il 24 Marzo, in questi termini: « Sua
Santita m'ha indirizzato un Breve, ordinandomi di recarlo a vostra noti-
zia senza indugio. Con quest' atto della volonta pontificia il Papa ha po-
sto tine a discussioni, che si sono troppo prolungate; ma vi ha posto fi-
ne coi riguardi, che la sua bonta gli ha ispirati. Nou ci resta che 1'obbe*
dire e dimenticare le dissensioni, che, come spero, non si rinnoveranno
piii fra noi. Gradite ecc. M. Card. De Donald Arciv. di Lione. »
Le esortazioni dell' Arcivescovo a dimenticare le dissensioni insorte ,
non furono ascoltate dai cinque che scrissero la relazione stampata dal-
V Italic, e che probabilmente non si tennero paghi di empire la Francia
di loro (juerimonie irragionevoli. Imperocche la France del 13 dlAprile
annunzio : aver il Governo di Napoleone III risoluto « di fare 1'applica-
zione deil'articolo 1." delle leggi organiche al Breve indirizzato a S. E.
il Cardinale di Bonald. » Quest' articolo stabilisce che « nessuna Bella,
Breve, rescritto, decreto, mandate, provvisione, ne altre spedizioni della
Corte di Roma, anche quelle che non risguardano se non i particolari ,
non potranno essere ricevute, pubblicate, stampate,, o poste altrimenti ad
esecuzione, senza 1'autorizzazione del Governo. » E inutile far osseryare
che non si potrebbe, senza dare nell' assurdo, estendere la forza di tal
articolo a materie puramente spirituali , cjual e certamente la liturgia. E
inutile parimente il notare che quest' articolo , come tutti gli altri che si
chiamano organici , non sono pun to parte del Concordato ; ma sono sol-
tanto leggi e regolamenti di Polizia non mai approvati dalla S. Sede. Noa
sappiamo se la notizia della France sia vera ; solo ci pare di dover porre
in nota, che il Saint Public di Lione, senza essere smentito da veruno,
pubblico aver il Governo fattq sequestrare tutte le copie che pote avere
del soprariferito Breve, con intimazione a certi librai, che si dovessero
guardar benedalristamparlo.
2. Sul principiq del Febbraio eran giunti dal Messico gli atti ed i do-
cumenti dell'adesione formale della massima parte dcgli Stati e dei Mu-
nicipii all'istituzione dell'Impero ed alia elezione di Massimiliano d'Au-
stria come Imperatore, secondo 1'atto dei Notabili del Messico. Percio
1'Arciduca, alii 12 di Febbraio, ando a Vienna per abboccarsi con 1'augu-
sto suo fratello, ed avere la facolta di accettare 1'offertagli corona. L'Ar-
ciduchessa Carlotta ando quipci a Bruxelles per torre commiato dalla sua
famiglia ; e vi fu raggiunta ai 23 Febbraio dall' Arciduca; il quale per la
lunghezza del viaggio compiuto in 36 ore, in quei rigori acerbissimi di
freddo, ne contrasse una leggiera malatia, che vel fece sostare piii di
quantq intendea, sicche non fu a Parigi se non la sera del 5 di Marzo.
Eransi preparati festini e solennita grandi pel suo ricevimento ; ma per
una parte la moltiplicita e 1' importanza degli affari che doveansi trattare
tra riraperatore e 1'Arciduca, e per 1'altra il lutto cagionato da 'li morte
del re Massimiliano di Baviera, fecero si che tutto si limitasse a sontuosa
ospitalita nelle Tuileries, dove i futuri Sovrani del Messico diedero esem-
pii insigni di pieta cristiana. Intanto si elaborarono trattati per determi-
nare le relazioni d'interessi ed'amicizia tra i due Imperi, il pagamento
delle spese per la spedizione, il mantenim^nto dell' esercito francese al
Messico, il numero delle truppe, le quistioni deH'imprestito necessario a
ristaurarvi le finanze, e piu altre simili cose, alle quali fu deputato spe-
cialmente da Napoleone III il sig. Herbet, che poi a Miramar assistette
CONTEMPORANEA. 377
all'accettazione della corona, e ricevette la ratifica di quei trattati. Ma
questo non impedi i ricevimenti di gala, i banchetti e gli spettacoli tea-
trali, con cui si sogliono festeggiare tali ospiti.
Fermatisi a Parigi fiiio alii 12 Marzo, ne partirono quella sera per Ca-
lais, onde, sopra una nave dello Stato, si tragittarpuo a Londra. Visitarono
ivi la Regina Vittoria, la quale poco appresso ripiglio lo splendore della
Corte, dissipando le dicerie sopra la sua abdicazione. Ivi ancora s'acco-
miatarono dalla regina Amalia e dal re Leopoldo, padre dell'Arciduchessa,
e dopo tre o quattro giorni, spesi in parte da Massimiliario per dare T ul-
tima mano ai trattati colla casa Glynn, circa 1' imprestito di 200 milioni,
si ricondussero a Bruxelles, e quinci passarpno a Vienna, dove si entro
a discutere nel Cpnsiglio di famiglia circa il mpdo di comporre i diritti
ereditarii dell'Arciduca con la nuova sua condizione d' Imperatore del
Messico. II che ebb^il-risultato da noi esposto a suo luogo.
3. L' imperatore Napoleone III, condotta cosi a buon punto la spinosa
faccenda del Messico, pose mano ad un' altra, accettando di farla da ar-
bitro nei litigi insorti fra il Vicere d'Egitto, e la Compagnia fbndata dal
Lesseps pel taglio dell' istmo di Suez. Una lettera del Vicere stesso nel
richiedeva a grande istanza, ed egli aderi , istituendo percio, con decreto
pubblicato nel Moniteur dell' 8 Marzo, una commissione, composta dei
Senatori Mallet e Suin, del Deputato Gouin, del Consigliene di Stato Du-
vergier, e presieduta dal Senatpre Thouvenel. A' quali percio furono co-
muuicati tutti i document! ufficiali e contenziosi, perche potessero elabo-
rare lo schema del contralto di componimento, secondo cui 1' Imperatore
definira da arbitro il litigio, procurando di salvare le ragioni de' conten-
denti. II che per certo non dee garbare molto aU'lrighilterra, la qwale,
con intrighi e raggiri d'ogni sorte, si era sempre opposta all'effettuazione
del disegnato canale marittimo a traverso 1' istmo di Suez.
4. Un' altra commissione fu istituita da Napoleone III, per divisare i
modi di organare e condurre una spedizione scientifica al Messico, esem-
plata da quella si famosa che accompagno il primo Bonaparte nella guer-
ra d'Egitto. La prolissa relazione del Duruy sopra quesl'argomento, pub-
blicata dal Moniteur del 29 Febbraio , espone i motivi del disegno e lo
scopo della spedizione che dovrebbe essere intesa ad esplorare, in tutte
le attinenze del regnp naturale , cio che possa volgere a profilto delle
scienze, del commercio e dell' industria. L' Imperatore approve ogni co-
sa, e una numerosa commissione composta di Ministri, Senatori, Depu-
tati, ingegneri, professpri di bottanica, mineralogia e zoologia, ufficiali
di medicina, chimica, fisica, astronomia, gia si aduno piu volte per cpm-
pilare il programma e le istruzioni da darsi a quelli che saranno destina-
ti a tale spedizione; dalla quale il Memorial diplomatique del 6 Marzo si
ripromette grandi cose.
5. Mentre davasi assetto alle cose esterne, le interne mostravano di
Tolersi alqtiantp scomporre. Dovendosi eleggere due Deputati pe' luoghi
lasciati vacanti in due Circondarii, il 1.° ed il 5.° di Parigi , per doppia
elezione avvenuta de' medesimi candidati , gli operai in gran numero si
posero d'accordo a volere che uno almeno de' Deputati fosse pperaio, e
proposero il loro candidate, e fecero imboccare la tromba a' giornali per
promovere il disegno, e fecero raunate clamorose. La faccenda comin-
ciava a divenir molesta, ed a ricordare gli ultimi mesi del 47 ed i primi
del 48.
378 CRONACA
II Governo sa quanto sia contagipsa in Francia la mama d' ingerirsi
nella cosa pubblica, e sa che lo spirito del Socialismo non vi e spento.
Corse pertanto al riparo. Una nota del Monileur del 16 Marzo bandi che
« sotto pretesto di far propaganda elettorale, in numerose radunanze nei
piu popolosi quartieri della Capitale , si assaliva con yiolenza il Governo.
Queste riunioni furono disciolte, ed una istruzione giudiziaria fu avviata
contro i proprietarii de' locali in cui avveiinero, e contro quelli che le
provocarono. Niuna radunanza pubblica di qualsiasi natura non puo te-
nersi senza permesso... II Governo non dee lar altro che mantener le leg-
gi , e le fara rispettare. » Anche il suffragio universale e la sovranita po-
polare hanno loro liruiti , e Napoleone III sa contenere a tempo chi osa
oltrepassarli.
6. Queste due elezioni doveano farsi alii 20 e 21 Marzo. Ai candidate
del Governo faceano eontrasto due repubblicani, il Carnot, figlio del re-
gicida e dernpcratico caldissimo, ed ii Gamier Pages, si famigerato pei
fatti di Parigi del 48. Non e da credere che il Governo volesse sommi-
nare 1'elezione del Carnot, e che percio Napoleone III scrivesse al Drouyn
de Lhuys la lettera, riferita nel Memorial diplomatique del 28 Febbraro
(pag. 134) per sollecitarlo a curare che la tomba del Carnot padre, mor-
to esule a Magdebourg nel 1823 , non fosse profauata, spirando il tempo
del privilegio. II Carnot tiglio non gradi 1' imperiale sollecitudine, di-
chiarando per le stampe che, ad assicurare il rispetto a quelle ceneri gia
avea pensato chi dovea, cioe la famiglia. Tuttavolta, stando a certe cor-
rispoudenze parigine molto accreditate, sembra che il vanto di pieta
(igliale del Carnot vivo verso il morto non fosse molto piu fondato, che
il vanto della carita del Governo imperiale; perche riduceasi quella
all' aver visitato la tomba., senza provvedere alia conservazione di essa
nell' avvenire ; e per altra parte riduceasi questa a chieder quello che il
Senato di Magdehurgo avea gia fatto. Fatto sta che , venutosi alle ele-
zioni, ii Carnot fu eletto dal 1.° Circondario con 13,351 voti , contro
soli 4,979 dati al piu fayorito de' suoi competitor} ; e nel 5." Circondario
fu eletto il Gamier Pages, con voti 14,444, contro i 6,530 dati al primo
de' suoi rivali. Cosi tutti i rappresentanti di Parigi son fiore di derno-
cratici.
7. Di quei giorni appuntqsi passava nel Senato francese un fatto, che
forse puo spiegare quesli trionti della democrazia. Un antico capitano di
artiglieria, di religione protestante, figlio del famigerato Fouquier-Thin-
yille, che fu convenzionale e regicida ; e percio non sospetto di appartenere
al partito clericale , indirizzo al Senato una petizione contro la svergq-
gnata licenza della stampa, che demolisce la religione, lamoralita, la ci-
TJlta, le hasi stesse della societa civile e conduce al sqvvertimento d'ogni
ordine. II Senatore Thayer riferi sopra questa petizione, nella seduta
del 17 ; e conchiuse, naturalmente, che non era bisogno d'altro, e non si
facessero istanze per cio al Governo, il quale provvedeya bastantemente,
secondo le leggi. II Card. Bounechose ne tolse occasione di iniziare la
sua camera senatpria, con un discorso eloquentissimo, in cui ritrasse a
coSori, quanto vivi altrettanto veraci, le condizioni cui riducesi la nazione
francese, nella famiglia, nella cittadinanza, nelle campagne, in ogni eta
e sesso, per la sfrenatezza dei Jibri irreligiosi, empii, laidi, onde tutto e
inondato. Flagello 1'empieta del Renan ; pose in chiaro 1' insulto per lui
fatto a quanti sono non pure cattolici ma cristiani in Francia e in tutto il
CONTEMPORANEA 379
mondo, e chiese come mai quell' pltraggio andasse immune d' ogni re-
pressione. la quell'argomento fu rincalzato dal Marchese di Boissy, a cui
pareva strano che il Laprade, per una satira contro 1'Impero, fosse stato
tolto dalla cattedra di professore a Lione, e per contro il Renan, che in-
sulto Dio e il mondo intiero, e layoro allo sconvolgimento sociale, con-
tinuasse a ricevere lo stipendio di Professore, e tener cattedra in casa
sua. Piu altri parlarono ia qucsto senso. Ma nella tornata del 18 i cam-
pioai del Governp, tra quali il La Gueronniere, colla solita vuota fraso-
logia sostennero il parere che la petizione dovesse essere posta da parte
senza piu ; e cosi fu fattp per voto delia pluralita del Senato.
Or e egli da maravigliare che un popolo, educato alia scuola del Re-
nan e di quella immensa turba di giprnalisti scredenti e scostumati, che
ogni gioruo coprono la Francia di milioni di fogli pieni di sozzure e di
ribalderie e di false massime , volti conlrp 1' autorita umana quell' odio
che in lui si coltiva contro la stessa autorita divina? E Parigi, che piu
n' e infetta, non ne da segno visibile nelie elezioni de'suoi Deputati? Se
questo ammaestramento non basta, la Provvidenza forse ne prepara altri
piu efficaci e severi.
8. Nello stesso rapdo fu respinta, senza pur che si prendesse in consi-
derazione,una petizione di qualtro Francesi di Yarii Spartimenti, che im-
ploravano dal Senato questa grazia: volesse eccitare il Gpverno a vedere
10 stato miserando in che venne quel Regno delle Due Sicilie, pel quale
nel Congresso di Parigi e in piu altre cpngiunture erasi mostrata tanta
soliecitudine, quando vi regnava il legittimo Sovrano. La Francia, che
ha la tutela del nuovo Regno d1 Italia , e che ebbe tanta parte , se non
precipua, nel fondurlo, avrebbe purdiritto d'impedire quello strazio. Dopo
alcuni discorsi, si con venne da' Senatpri che non doveasi offendere, nep-
purecon consigli, il principio di non intervento, anche nel caso di alleati
o protetti, e la petizione fu reietta. II che e ottima spiegazione dei diritti
che hanno i Governi a mescolarsi delle cose d' altri Stati, ed insegna co-
me all' uopo si potra e si dovra rispondere ad importune istanze, con cui
si pretendesse ancora di violentare a riforme un Governo indipendente.
9. Le cose discorse nel Senato alii 17 di Marzo erano troppo evidenti,
ed il contrasto fra il trattaraento usato dal Governo yerso il Laprade ed
11 Renan era cosi eloquente, che la Francia cattplica n' era commossa piu
di quanto potesse mostrare. Persino qualche Ministro fu penetrate di quel
sentimento di convenienza, se non di stretta giustizia, che detiava il da
fare. Fu proposto di levar i'ufiicio di pubblico professore, e lo stipendio
dello Stato al Renan. Ma il Duruy, Ministro pel pubblico insegnarnento,
Ti si oppose, dichiarando all' Imperatore che in tal caso preferirebbe
smettere il portafoglio e uscire di carica egli stesso, per non conlrofirmare
quel decreto. L' Imperatore lo rassicuro della sua benevolenza, dicono,
e gli comando di restare; come rimase il Renan. L Opinion nationale,
jjiasimando gli sforzi fatti per impetrare che il Renan fosse rimosso, usci
in queste parole, che il Fisco parigino trovo castigatissime, poiche le la-
scio passare immuni d' ogni censura. « Chi ha nominate il Renan profes-
sore di lingua ebraica al Collegio di Francia? L' Inlperatore. Ora 1' Im-
peratore conosceya il Renan : conosceva le sue idee : conosceva abba-
stanza 1' uomo cui avea data una missione scientifica in Siria, e percid
sapeva ch' egli non insegnerebbe, nella sua cattedra, altre idee da quelle
che ayea sempre manifestate. » E qui, ricordato cio che avvenne alia pri-
380 CRONACA
ma lezione, e la sospensione percio del pubblico insegnamento, aggiunse:
« L' aveano nominate per far la da liberate, e lo sospendono per farla da
divoto. Ora, per disgrazia accade, che non si fece la cosa ne abbastanza
da divoto, ne abbastanza da liberate, e che percio divpti e liberali sono
del pari malcontenti. » E-cesi segue di questo passo, incalzando il Go-
verno a procedere con piu. franchezza, o riaprendo il corso pubblico delle
lezioni del Renan, o togliendolo affatto di carica. Le cose rimasero come
prima.
10. Quando si permette d' insegnare , come fa il Renan in casa propria,
senza ostacolq del Governp , perche il numero degli scolari non supera i
yenti : che Cristo non e Dip, e che la religione e una fola ; non sappiamo
qual rattento possa mettersi alia empieta che d'ogni parte si fa piu bal-
danzosa. Ma forse il riparo verra presto dagli eccessi del male, e le
opere dei settarii , che professano appunto i principii del Renan , sono li ,
per mostrare , a chi vuol yedere , che il favorire o tollerare la licenza non
e buon mezzo per consolidare i Governi.
La recente cospirazione dei quattro sicarii destinati ad uccidere Y im-
peratore Napoleone III ha fatto.scprgere di che sian capaci gli uomini che
smettono col buon costume ogni rispettto aU'autprita divina. Un'altra
prova fu esposta allo studio degli uomini capaci di comprenderla, nella
Corte d'Assise di Parigi il di 30 di Marzo, quando, senza intervento dei
Giurati , fu condotto a termine il processo contro Giuseppe Mazzini, im-
putato di complicita col Greco e suoi consorti, nella congiura scoperta nei
primi giorni di quest'anno. II Procuratore generale espose le prove ma-
nifeste della parte precipua avuta dal Mazzini si in questo e si in piu al-
tri delitti siffatti, e cito i documenti onde si faceya manifesta la intimita
del Mazzini con uno dei Lords deH'Ammiragliato inglese, dacui riceveva
il favore di sicurezza per ricapitp di lettere , di denaro e di altri ammi-
nicoli alle sue imprese. Onde risulto chiara la partecipazione di Lord
Stansfeld, se non airattentato specifico di uccisione meditata contro Na-
poleone III, almeno alle imprese settarie del Mazzini, ed in ispecie a
quella gia punila nell'assassino Tibaldi e nel Donati ed in piu altri set-
tarii. II che apparisce daH'atto di accusa, riferito distesamente nel
Debats del 1 Aprile.
Quali fossero le conseguenze di queste manifestazipni del Fisco impe-
riale francese, diremo a suo luogo, tra le cose d'Inghilterra. Qui ci basti
indicare che la conclusione del Procuratore imperiale fu ammessa dalla
Corte di Assise; la quale condanno il contumace Mazzini, per complicita
nella congiura del 1863, dimpstrata dalle dichiarazioni del condannato
Greco, e dai documenti relatiyi allo Stansfeld, alia pena della deportazio-
ne. Di questa pure ben si puo far le grasse risa il Mazzini , che vive ar-
cisicurissimo all' ombra della protezione inglese, sotto Tegida di Lord
Palmerston ; e che vide poco appresso la gloriticazione de' suoi principii
nell' appteosi del Garibaldi suo intimo amico, che ricevette a Londra
ovazioni ed onorificenze, quali appena potrebbe vantare qualsivoglia So-
Trano od Imperatore.
11. Ma il Mazzini, per condurre le sue trame, ha spesso bisogno di ve-
nire sul continente ; ed in tali casi egli trovo sempre comoda e sicura
ospitalita in Isvizzera. Questa ora gli si voile togliere, e non e improba-
hile che la riverenza, o qualchc altro simile motivo, verso 1' Imperatore
francese, abbia costretto la Confederazione elvetica a pubblicare, come
CONTEMPORANEA 381
stampo il Honiteur, un decreto del 15 Aprile, col quale « 1.° I decreti
emanati anteriormente e risguardanti 1'espulsione di Giuseppe Mazzini,
sono rinnovati e confermati. 2.° Tutte le autorita di Polizia dei Can-
toni sono invitate a provvedere al rigoroso eseguimento di questa
decisione, a non piii concedere asilo a Giuseppe Mazzini in veruna cir-
cpstanza, e ad arrestarlo nel caso, in cui egli fosse scoperto, dandoneav-
yiso al dipartimento federale di Giuslizia e Polizia. » Eppure si puo met-
tere pegno di 100 contro 1, che se Mazziui ne ayra bisogno o voglia ,
andra in Isvizzera, vi stara a suo agio, e non sara scoperto ne arrestato
ne espulso. Lupo non mangia lupo.
12. Mentre il Fisco di Parigi e la Dieta federale svizzera sfolgorava-
np il Mazzini, come un truculeato caporione di raasnadieri , questi se la
trionfava in Inghilterra, partecipando alle glorie del suo Garibaldi; il
quale scambiava visile coi Palmerston , coi Russell , coi Clarendon , coi
"Wellington, e banchettava col Duca di Sutherland , ericeveva la citta-
dinanza di Londra, ed intascaya i quattrini raccolti nei meetings , edera
umilmente pregato di accettar in segno d'omaggio bandiere, spade d'o-
nore, diplorai, e quanto puo appagare la vanita d' un pari suo. Nonpre-
sumeremo di spllevare il velo che copre certamente questo mistero di
Frammassoneria, non potendosi supporre che tutto codesto fanatismo del-
1'orgogliosa aristocrazia britannica sia ispirato da sola ammirazione per
gli alti fatti dell'antico mercante di grano e di candele di sego. Certo e
che traspariva in que' festeggiamenti un non so che di stimolo al capo-
rale della setta mazziniana contro la Francia e contro Roma. Per cio che
spetta Roma , ne siamo altamente soddisfatti ; poiche questo ^alse a ras-
sodare 1'impegno d' onore , d' interesse e di politica, onde la Francia e
stretta verso la sovranita temporale della Santa Sede. Ma quel che v' e
di minaccia verso la Francia c anche piii importante. Imperocche le ca-
rezze al Garibaldi si estendeano per indiretto al Mazzini, che ebbe piii
abboccamenti col suo Generale, trincp con lui e fece brindisi da pari
suo col Saffi, coll' Herzen, col Mordini in un convegno a Teddington; e
cosi 1' Inghilterra ebbe tutta 1'apparenza di voler rispondere alia condan-
na proferita in Parigi contro uno dei piu arrisicati strumenti deila poli-
tica britannica , colmandolo di onoranze , come diremo piii distesamente
altra volta, parlando delle cose d' Inghilterra.
L' insulto alia Francia era cosi manifesto, che essendosi Lord Claren-
don, Ministro, condptto a Parigi, ed avendo avuto un abboccamento
con Nappleone III, si congetturo da mplti che si dovesse recare a qual-
che richiamo dell' Imperatore la repentina determinazipne presa, o tatta
prendere al Garibaldi , di cessare le sue visite trionfali e tornarsene alia
Caprera. II Moniteur del 20 Aprile non voile lasciar credere a tal dice-
ria, e stampo suhito: « I giornali il Post, lo Star ed il Daily-News pre-
tendono che Lord Clarendon avrebbe promesso a titolo di concessione al-
1' Imperatore, che Garibaldi abbrevierebbe il suo soggiorno in Inghilter-
ra. Cio e al tutto senza fomlamento di vero. II Governo francese non fe-
ce alcuna osservazione a Lord Clarendon circa il Garibaldi. »
Da parte sua Lord Palmerston si affretio di p'ichiarare nella Camera
dei Comuni , come Lorp1 Clarendon in quella dei Pari, che Napoleone III
non avea fatto motto di cio ; ma che ove simili domande fossero vcnute
dalla Francia , si sarebbero cortesemenie ma fermamente respinte.
382 CRONACA
13. Piu importante assai fu per la Francia quello che essa pote leg-
gere nel Moniteur del 17 Aprile, cioe il trattato conchiuso col nuovo
Imperatore del Messico. Esso e di tale rilevanza che ci e d'uopo riferir-
10 distesamente.
Art. I. Le truppe francesi, che ora si trovano al Messico, saranno ri-
dotte, al piu presto possibile, ad im corpo di 25,000 uomini, compresavi
la legione straniera. Questo corpo , per tutelare gl' interessi che hanno
motivato 1'intervento, restera temporaneamente al Messico nelle condi-
zioni stabilite nei seguenti articoli.
Art. 2. Le truppe francesi partiranno dal Messico a misura che Sua
Maesla 1' Imperatore del Messico potra organizzare le truppe necessarie
per surrogate.
Art. 3. La legione straniera al servigio della Francia , composta di
8,000 uomini, rimarra ancora per sei anni al Messico , dopo che tutte le
altre forze francesi saranno state richiamate conforrnemente all' art. 2.
A datare da questo tempo, la detta legione passera al servigio ed al
soldo del Governo messicano. II Governo messicano si riserva la facolta
di accorciare la durata de'servigi della legione straniera nel Messico.
Art. 4. I punti del territprio da occuparsi dalle truppe francesi , non
che le spedizioni militari di queste truppe , se vi sara bisogno, saranno
determinate di comune accordo e direttamente fra S. M. 1'Imperatore del
Messico ed il comandante supremo del corpo francese.
Art. 5. Su tutti i punti, in cui la guarnigionenon sara esclusivamente
composta di truppe messicane, il cpmando militare sara devoluto al co-
mando francese. In caso di spedizioni combinate di truppe francesi e
messicane , il comandante superiore di esse apparterra ugualmente al
comandante francese.
Art. 6. 1 comandanti francesi non potranno intervenire in alcun ramo
dell' amministrazione messicana.
Art. 7. Finche i bisogni del corpo d'armata francese renderanno ne-
cessario ogni due mesi un servigio di trasporti tra la Francia ed il porto
di Vera-Cruz, le spese di questo servizio (andata e ritorno ) saranno so-
stenute dal Governo messicano e pagate al Messico.
Art. 8. Le stazioni navali, che la Francia tiene nelle Antille e nelT ocea-
no Pacifico, invieranno spesso delle navi a far spiegare il vessillo fran-
cese nei porti del Messico.
Art. 9. Le spese della spedizione francese al Messico, da rimborsarsi
dal Governo messicano, sono fissate nella somma di 270 milioni per tutto
11 tempo della durata di questa spedizione tino al 1 Luglio 1864. Questa
somma sara prprhittiva d' interessi in ragione del 3 % a^ anno. A par-
tire dal 1 Luglio, tutte le spese dell' armata messicana restano a carico
del Messico.
Art. 10. L' indennizzo da pagarsi alia Francia dal Governo messicano,
per soldo, cibarie e mantemmentp delle truppe pel corpo d'armata a par-
tire dal 1 Luglio 1864, e determinata nella somma di 1,000 franchi per
uomo all' anno.
Art. 11. II Governo messicano rimettera immediatamente al Governo
francese la somma di 66 milioni in titoli d' imprestito al tassp d'emissio-
ne, cioe: 54 milioni in decluzione del debito sunnominato all' art. 9, e 12
milioni come acconto sulle indennita dovute a dei Francesi, in virtu del-
1'articolo 14 della presente convenzione.
CONTEMPORANEA 383
Art. 12. Pel pagamento del soprapiu delle spese di guerra e pel pa-
gamentp d^i carichi nominati negli articoli 7, 10 e 14, 11 Governo messi-
cano s'impegna a pagare annualmente alia Francia la somma di 25 mi-
lioni in numerario. Questa somma imputata: 1.° sulle somme doyute in
1'orza dei suddetti articoli 7 e 10 ; 2.° sulrammontare, in interessi e in capi-
tale, della somma fissata all' articolo 9 ; 3.° sulle indennita che resteranno
dovute a dei sudditi francesi in virtu degli articoli 14 e seguenti.
Art. 13. II Governp messicano versera, 1' ultimo giorno d'ogni mese,
a Messico, fra le mani del pagatore generate dell'armata, cio che dovra
per satisfare alle spese delle truppe francesi rimaste al Messico, in con-
formita all' articolo 10.
Art. 14. II Goyernq messicano s' impegna a indennizzare i sudditi
francesi dei pregiudizii che hanno indebitamente sofferto, e che hanno
motivato la spedizione.
Art. 15. Una commissione mista, composta di 3 Francesi e di 3 Messi-
cani, nominati dai loro rispettivi Goyerni , si riunira a Messico in uno
spazio di tre mesi per esaminare e regplare questi reclami.
Art. 16. Una commissione di revisione, composta di 2 Francesi e di
2 Messicani , designati nel medesimo modq, residents a Parigi , proce-
dera alia definitiva liquidazione dei reclami gia ammessi dalla commis-
sione designata neirarlicolo precedente, e risolyera su quelli, la di cut
decisione le sara stata riseryata.
Art. 17. II Goyerno francese rimettera in liberta tutti i prigionieri di
fuerra messicani, appena 1'Imperatore del Messico sara entrato nei suoi
tati.
Art. 18. La presente conyenzione sara ratificata, e le ratifiche ne sa-
ranno scambiate il piii presto che sara possibile.
Fatto al castello di Miramar, illO Aprile 1864. Firmati #erfor£ - Gioac-
chino Velasquez de Leon.
14. La pubblicazione di questo trattato, che dimostra condotta quasi a
termine, senza danno della Francia, la spinosa impresa del Messico, era
im ottimo conforto pel Goyerno in que' giorni, in cui il Corpo legislatiyo
doyea prendere a disamina il bilancio dello Stato. E cio serve a spiegare
la sollecitudine mostrata da Napoleone III,perche Massimiliano si affret-
tasse di accettare la corona ; senza di che non era possibile che ayesse
alcun valore codesto trattato gia compilato in Parigi. Nella letizia di si
fausto ayyenimento ecco giungere alle Tuileries Lord Clarendon, entrato
pochi di innanzi a far parte del Gabinetto di Londra. Di che trattasse con,
i Imperatore tinora non si sa di certo. Ma e fondatissima congettura, che
si appianassero le difficolta fin qui incontrate all'adunanza delle Conference
per la questione fra la Danimarca e le Potenze germaniche. La Francia,
memore dell' alteraripulsa ppposta dall' Inghilterra al proposto Congresso'
europeo da tenersi in Parigi, si mostraya freddissima, non curante, poco
meno che beffarda circa le diyisate Conferenze in Londra. Non le ricusa-
ya, ma le bandiva anticipatamente inutili, e finiya ognora le sue risposte
con accennare al principio delle nazionalita, ossia al yoto de' popoli dei
Ducati, il che mandava a male tutte le pratiche. Pare che Lord Clarendon
sia yenuto a capo di trarre la Francia da quella cerchia disdegnosa, in-
ducendola al bramato consensp.
Con cio diede lo scaccoagli intrighi fatti nel Marzo a Parigi dal patrono
ufficiale del Nationakerein, il Duca Ernesto di Sassonia-Coburgo. II qua-
384 CRONAGA CONTEMPORANEA
le, dopo aver fatto di tutto per costringere 1'Austriaela Prussia ad accet-
tare le sue idee, disperato di venirne a capo, corse a Parigi ad iiwocare
la protezione di Napoleone III in favore del principio delle nazionalitd.
Fu ricevuto a udienza la Domenico 13 Marzo, ed il martedi seguente pe-
roro la stessa causa con gran calore e scarso effetto presso il Drouyn de
Lhuys. Ma non osereramo altribuire interamente a'suoi uftizii la circolare
da questo spedila, per indicare, come unico rimedio efficace a risolvere
quel litigio, il suffragio dei popoli dei Ducati. Questa proposta, benche
fatta con parole ponderatissime, spiacque a tutte le altre grandi Potenze;
ed il Drouyn deLhuys ebbeaspedireun'altra circolare per dichiarare me-
glio il senso della prima, cioe che quel partito si metteya innanzi pel solo
caso in cui tutte le altre pratiche, da disegnarsi nelle ideate Conferenze,
tornassero yane. Checche sia di cip, le Conferenze furono accetlate, e fu
posto il di 20 per cominciarle. Ma il De Beust, Ministro di Sassonia, de-
putato rappresentante della Dieta in Francfort, voile prima aver chiaro e
definite il suo compito; onde non potea trovarsi a Londra per quel
giorno. II Russell volea che le Conferenze si aprisserp egualmente ; e
1'Austria e la Prussia ordinarono a' loro plenipotenziarii di non assister-
yi, se non fosse presente il deputato della Dieta. Difatto alcuni si raccol-
sero; ma, mancandp il De Beust, la Conferenza fu differita. Alia prima
tornata, del 25 Aprile, si trasse in carapo la proposta di cominciare le
pratiche di componimento con rarmistizip; ed i rappresentanti d'Austria*
e Prussia, dichiarando non ayer sopra cio istruzioni de' loro Goyerni, la
fecero cadere in terra. Onde si yede qual debba essere il probabile in-
•esso dj tali Conferenze, cosi laboriosamente preparate a Londra.
15. E egli da temere per questo che, tornando inefficaci le Conferenze
ad un accordo, arruffandosi ognora peggio la quistipne, che nel fondo
coiisiste tutta nel cozzo tra la riyoluzione e la sovranita de'Principi, deb-
ba dalla guerra danogermanica uscir fuori una vampadi guerra europea?
L' Imperatore di Francia non si mostra preoccupatp da tal timore; arizi
con lettera, scritta il 15 Aprile dalle Tuileries al Ministro sopra le Finan-
ze, fece splendere raggi di speranza, che la pace sarebbe mantenuta nel
resto d' Europa. E tale speranza tornp tanto piu accetta alia Francia, in
quanto era confortata da una diminuzione di balzelli. Ecco la lettera del-
1' Imperatore :
« Signor Ministro. La fortunata soluzione dell'affare del Messico fa na-
scere in me il desiderio di yedere il paese approtittare del primorimbor-
so delle spese di guerra, diminuendo una delle imposte che maggiormen-
te aggravano la proprieta prediale. lo y' inyito quindi ad esaminare, se
fosse possibile operare la soppressione immediata del secondo decimp del
registro, non conservando della legge generale, preparata dal Consiglio
di Stato che le disposizioni strettamente necessarie all' equilibrio del bi-
lancio.
« Questo proyvedimento, unito alle speranzc di pace che addivengono
di giorno in giorno piu certc, contribuira, lo spero, allo svolgimentp della
prosperita pubblica. Dopo cio, sig. Ministro, prego Dio a teneryi nella
sua santa custodia. Napokone ».
IL NUOVO IMPERO DEL MESSICO
E L' INTERVENTO FRANCESE l
Persuasi, come tulti siamo, il Gran Principio del Non Intervento,
messo in capo al codice della civil la moderna, dovere essere man-
lenuto inviolato, qaanto ai suoi fautori e cara la civil ta stessa, ci fu
a spalancare la bocca ed inarcare le ciglia, allorche, sugli ultimi
mesi del 1861, si udirono le prime voci di una mossa d' armi, dal-
la parte della Francia, dell' Inghilterra e della Spagna, contro del
Messico. Vero e che a quella, fin da principio, si pose cagione il ri-
farsi dell' onte e dei danni, onde dalla tirannide dello Juarez erano
stati offesi alcuni interessi ed alquanti suddili di quelle tre Potenze.
Ma nessuno ignora come, nei tempi presenli, in somiglianti casi si
suol procedere dalle nazioni anche potentissime e puntigliose quan-
to si voglia : un gastigo inflitto a qualche porlo di mare, una rap-
presaglia di giusta preda che ampiamente soverchi il danno patito ,
una scusa dalla parte dell' offensore ; ed ogni cosa e rappattumata ,
ed il decoro della bandiera cosi ristorato dai giudici di onore e
dichiarato salvo. Ne altrimenti la intesero I'lnghilterra e la Spagna,
le quali, dopo le prime avvisaglie, coltone il destro da alcune diffe-
1 V. questo volume pag. 257 e segg.
Serie Y, vol. X, fasc. 340. 25 6 Maggio 1864.
386 IL NUOVO IMPERO DEL MESSICO
renze sorte tra i duci supremi dei Ire eserciti, si ritrassero dall'iin-
presa ; ed alcuno non sara che pensi , 1'alterigia castigliana e la bo-
ria britannica avere lasciato il carico di vendicare il proprio onore ,
quella all' antica, questa alia moderna sua emola, quale per ambeclue
fu sempre la Francia. Per converse questa vi rimase, e forse ancora
"vi era andata risoluta di combattere a solo suo conto e pericolo, a fi-
ne di rovesciare la tirannide , clie opprimeva quella nazione, e per
sostenerla ad ordinarsi , dopo tanti anni di calamita e di vergogne,
in uno stato tranquillo, prosperoso, e clie avesse probabilita di dure-
volezza. Or questo e bene altro , che farsi rimborsare un credito o
riparare un' ingiuria ! Queslo e un Intervento bello e buono nelle for-
me, secondo 1' antica significazione della parola, e tanto piu ripu-
gnante alia dottrina raoderna , quanto che la Francia meno forse del-
le altre due , e certo meno assai della Spagna , avea titoli sufficient!
per mescolarsene. Che se pure la cosa si fosse voluta giudicare alia
mercantesca, vede ognuno male avvisato computo che sarebbe stato,
per ricuperare otto milioni di franchi (e non era maggiore il credito
dei Frances!) imbarcarsi in una guerra, la quale dopo appena il pri-
mo anno, ne avea gia ingoiati meglio di cento. INon ignoriamo che ,
colla convenzione sottoscritta a Miramar il 10 del p. passato Aprile,
11 Messico si dichiaro debitore alia Francia di 270 milioni di fran-
chi per indennita di guerra, e furono statuiti i patti del pagamento ;
ma oltreche le vile umane non si compensano con milioni , una tale
rimborsazione era sempre dipendente dalla vittoria, e ad ogni modo
il danaro che sta in cassa e piu prezioso di quello che vi dovra en-
trare.
Ne questo diciamo per istremare di pregio Y impresa generosa;
anzi do puo servire a crescerglielo nolevolmenle. Noi , non profes-
sando la dottrina del Non Intervenlo , giudichiamo che il mutuo
sovvenimenlo, com'e spesso dovere ed e sempre virtu tra gli uomi-
ni individui, cosi tra i popoli e atto di benevolenza internazionale ,
che tra i cristiani puo pigliare qualita e carattere eziandio di carita;
e pero noi non potremmo altro che applaudire alia Francia, la qua-
le, per la salute di una cosi degna nazione cattolica, si metteva in
una guerra, la quale certo alia sua potenza non potea offerire diffi-
E L' INTERVENTO FRANCESE 387
colta di momento ; ma che tutlavolta, veduto la qualita e la lonta-
nanza del luoghi, in cui si sarebbe dovuta combatlere, non potea
non riuscire stranamente dispendiosa. Ed e notevolissimo che in
quella impresa si entrava appunto quando il Fould , ctriamato al,
Ministero delle Finanze per assestarne lo squilibrio , rivelava alia
Francia impensierita le piaghe inopinate del suo erario. Ma siccome
quella grande nazione non ha mai penuria di sangue, quando si trat-
ta di versarlo, per far trionfare le nobili idee dei suoi Sovrani ; cosi
quando patisce streltezza ancora di pecunia , sa fare sacrifizii ge-
nerosi, e sa altresi, con sapienli combinazioni finanziarie (come ora
si chiamano ) , far partecipare all' onore di quelli eziandio i posted.
Per queste ragioni nessun'anima onesta e cristiana pole biasimare
per se medesima la spedizione del Messico : lutti la doveltero com-
mendare, quando la videro manlenuta da una sola delle Ire nazioni,
die vi si erano-messe ; e piuttosto vi fu qualcuno che nella prefe-
renza data al Messico, pel conferimento di quell' insigne benefizio,
credette vedere trasandato quell' ordine di benevolenza o carita che
fosse, il quale lo vorrebbe porto ai piu prossimi prima, che ai piu
lontani. Perciocche, diceano essi, T Italia era allora, com'e al presen-
te, manomessa e sconvolta da un partito, piccolo per avventura
quanto quello dello Juarez, poniamo che non cosi sfoggiatamente av-
ventato e feroce. Se dunque la politica francese, fedele alle sue Ira-
dizioni cavalier esche, voleva porgere la mano soccorrevole ad una
nazione oppressa , non pare che avesse uopo di andarla a cercare
di la dell' Allantico, a traverso di tante difficolta, e con si enormi
dispendii. Essa ne ayea una, si puo dire, sulle sue porte, a liberare
la quale forse non vi sarebbe stato uopo neppure d'impugnare le ar-
mi. Al che se si aggiungesse come ai presenti mali dell' Italia ha
contribuito non mediocremente quella medesima politica , tradita ,
& intendet nelle sue ottime intenzioni da certi alleati capricciosi e
caparbi, che di lei si sono valuti, per fare in tutto e per tutto a mo-
do loro; se, ripetiamo, si aggiungesse cio, forse si giudicherebbe
quel soccorso esser dovuto ai piu prossimi per qualche lilolo piu
stringente, che non e la beuevolenza o la carita internazionale, ed
il quale potrebbe essere non guari lontano dalla giustizia, II perche
388 IL NUOVO IMPERO DEL MESS1CO
restava sempre acceso quel problema : Come va che il Gabinetta
delle Tuileries, che potrebbe col solo volerlo, liberare 1' Italia dal do-
minio di un partito, non pare che, almeno per ora, sia molto dispo-
sto a voler questo : tanto che il suo Senato neppure vuole inchinarsi
a discutere una pelizione riguardante Y infelicissima condizione , in
che versano le Due Sicilie; ed in quella vece, per liberare il Messica
dal dominio di un partito, imprende una guerra, non diremo diffici-
le, che in opere guerresche, come mostra 1'esperienza, non vi e nul-
la di difficile alia Francia, ma certo, per le smisurate distanze e per
la inclemenza dei primi sbarchi, non poco malagevole?
Ma il problema avra forse sufficiente soluzione , tanto solo che si
distingua partito da partito. Cola era una generazione di upmini fu-
riosi, pazzi, arrabbiali, qualche cosa di somigliante al Mazzini ed
al Garibaldi , professanli una demagogia sfrenata , ed i quali nei me-
desimi loro eccessi portavano la certezza, che, in un tempo non lon-
tano , doveano finire , traendo nella loro propria ruina quel meno
della meta, che ancora reslava dello Stato, come nell'altro arlicola
dimostrammo. Tra di noi sono dotlrinarii , che professano la mode-
razione, 1'abolizione dei privilegi, 1' imparzialita, la liberta per tul-
ti, la Sovranita popolare, e, per dire tulto in breve, il Dirilto Nuovo
delle sociela moderne o ammodernate ; ma sotto quelle splendide e
bugiarde apparenze nascondono un dispotismo tirannico , quale e
quello delle sette , e piu di questo covano un odio cupo contro la
Chiesa cattolica, che li conosce per quel che sono, e dalla quale so-
lo si aspettano insuperabile conlrasto alia loro opera nefanda di
scristianeggiare il mondo. In somma cola erano uomini nefandi che
han giurata guerra ad ogni principio sociale edumano; qui sono
pretesi sapienti , che non conoscendo allri principii sociali che gli
umani, si conlendono a scacciare dal mondo Cristo ed il suo Van-
gelo : che essi sono gli eredi legittimi del voto satanico di schiacciare
I' Infame, conceputo riel cuore sozzo del Voltaire, e daH'immondo
suo labbro pronunziato pel primo. Fatta questa dislinzione , che non
tutti sono capaci di ben afferrare, non parra piu strano che il prin-
cipio dell' Intervento si applichi a conservare nell' America una na-
zione nella quale il lavoro antisociale delle selle era troppo evidente,
E L' INTERVENTO FRANCESE 389
e la quale inleressi di politica e di traffico persuadono a non lasciar
cancellare dal novero delle nazioni ; ed al tempo medesimo si appli-
chi il principio del Non intervento in Europa ad un' altra nazioue ,
dove 1' assassinio sociale si copre dello specioso velo , non possibile
forse a trapassarsi da tutti gli occhi , di voler fondare un nuovo Stato
sopra del Diritlo nuovo.
E cio pare anche potersi dedurre dai fatti gravi , moltiplici e no-
torii che sono riportati da tutti i giornali , eziandio francesi. Tutta-
volta noi abbiamo ragione di attribuirli , piuttosto che ad intenzioni
del -Governo francese , ad arbitrii del nuovo Generate supremo , non
inesplicabili , veduto 1' imperizia dell' uomo in materie giuridiche ed
ecclesiastiche , 1' ebbrezza della vittoria , e la distanza dei luoghi ,
per la quale si spesso le male intelligenze si producono, e con tanta
difficoltci si raddrizzano. Le vere intenzioni del Governo francese noi
non dobbiamo impararle altronde con sicurezza autentica , che dal-
le Istruzioni date dal Ministro sopra gli affari stranieri , signor
Drouyn de Lhuys , al generate Forey. Ora noi nel leggerle, le tro-
vammo un vero tipo di sapienza civile, di giustizia e diciamo ancora
di moderazione in una vittoria, che cosi grandi sacrifizii era coslata
alia Francia. Pertanto , fmche altre istruzioni conlrarie a quelle
non vengano a nostra notizia , noi abbiamo diritto di parlare con
ogni liberta delle opere del generate Bazaine, mettendo a carico di lui
solamente quanto egli ha fatto , in quesli ultimi mesi , nel Messico a
danno e disdoro della Chiesa, in offesa del sentimento nazionale dei
Messicani , ed in opposizione manifesta a cio , che il suo Governo
avea ordinato ; ne ci meraviglieremmo di udirlo colpito , dalla parte
di Napoleone III, da un biasimo niente meno severe di quello, onde
furono sfolgorati il Cavour ed il Cialdini, per la invasione delle Mar-
che e dell' Umbria. Certo quelle Istruzioni, date il 17 Agosto 1863,
porlavano che la Francia non voleva nulla di violenlo, nulla di
arbitrario, e che non si era venuto a cercare nel Messico verun
vantaggio politico; in esse si qualificavano d' iniqui gli atti del Go-
verno dello Juarez, e si vedeva nella condizione, in cui quello avea
travel to il paese, un ammasso di elementi dissokilivi ; vi si diceva
che la Francia vittoriosa won vorrebbe in alcuna maniera sostituire
390 IL NUOVO IMPERO DEL MESSICO
la propria azione alle libere risoluzioni delta nazione; vi si ricono-
sceva la grande importanza ed autorila dell' Ass emblea dei Notabili,
s' ingiungeva al Generate supremo di guardarsi dalporre la pro-
pria iniziativa in luogo del Governo , e da ultimo vi si proclamava
il principio e vi si raccomandava la pratica della piu severa impar-
zialita. Ne il generate Forey si mostro ispirato da sentiment! meno
equidi questi, quando nel Manifesto dato, nella cltta di Puebla ,
alia nazione, dichiaro che { possessori legittimi ed in buona fede dei
beni nazionali non sarebbero in alcun modo disturbati; ma che i
eontratti frodolenti sarebbero, senza pin, cdssi ed annullati.
Dopo siffatte Istruzioni e dopo un tale Manifesto, i Cattolici mes-
sicani, che vuol dire tutto il Messico, in quanto ivi, salvo alcuni ra-
rissimi stranieri , non si professa , e quasi che non dicemmo neppur
si conosce altra confessione cristiana fuori della cattolica, non aveano
forse ragione di aspettare, che i diritti loro e della Chiesa sarebbero
rispettati, o certo sarebbero lasciati conoscere e decidere ti&WAssem-
blea dei Notabili, legittima depositaria e rappresentante unica, ben-
'che temporanea, del Potere sovrano? Yana espettazione ! Non ancora
erano passati due mesi, da che quelle Istruzioni e quel Manifesto
-erano slati letli nei pubblici diarii, che comincio dalla parte del ge-
uerale Bazaine, restate a capo delle armi francesi, dopo la dipartita
del Forey richiamalo a Parigi , quella serie di atti violenti ed arbi-
trarii , che delle une e dell' altro sono una piena negazione ; ed i
quali provocarono quelle nobili protestazioni e quel decreto solenne
di scomunica, onde il generoso Episcopato messicano, con alia testa
il degno suo melropolitano, monsignore A. P. Labastida, li giudico
e condanno. I nostri lettori gia conoscono , almeno in parte, quei
fatti di dispotismo , ed hanno letto testualmenle questi atti di fer-
mezza episcopate, riferiti da noi in questo medesimo volume -(pagg.
446 e segg.). Ma non sara fuor di luogo mettere qui in nota i piu
capitali tra i primi , perche si tocchi con mano , come 1' Intervenlo
francese , perdurando nell' indirizzo, che il suo Capo novellamente
ha preteso dargli, avrebbe per effetto, non di liberare il Messico
dalla tirannide di un partito , restituendolo a se medesimo , quale
fu la inteazione espressa di Napoleone III, interpretata nobilmente
E L'INTERVENTO FRANCESE 391
dal suo Ministro ; ma avrebbe per effetto il can glare solamente il
partito che lo tiranneggia, soslituendo il doltrinario volteriano, pro-
tetto spiegataraente dalle armi francesi, al demagogico feroce, capi-
tanato dallo Juarez : in quella guisa appunto che tra noi il Rattazzi
voile sconfitto il Garibaldi in Asprornonte , perche il partito domi-
nante restasse in sella.
La grande quistione della liber la dei culti, nel mezzo di un popolo
esclusivamente cattolico, e che di quella non avea, non che voglia,
neppure idea, fu dal Bazaine troncata colla sua spada , mandando a
stabilire per forza il Servizio protestantico in una sala del collegio di
S. Idelfonso. La liberta della stampa, stanziata come diritto di tutti
i Messicani, ha avuto restringimenli, e possiam dire^e stata abolita
del tut to, a rispetto dei Yescovi, i quali soli non potrebbero nulla
pubblicare per le stampe, senza il previo beneplacito dei Governatori
civili o dei Comandanti militari. Gli ecclesiastic! si rifiutavano a som-
metlersi alia giurisdizione del foro laicale ; ed il Bazaine , colla me-
desima speditissima disinvoltura , ordino vi fossero sommessi. La
Reggenza, unica depositaria del Polere sovrano, avea disposto, si so-
spendessero i lavori di costruzione, cominciati sopra i terreni appar-
tenenti ai conventi aboliti ; il Bazaine decreto si continuassero. Ma
1'affare dei beni ecclesiastici merila piu speciale considerazione, per
le gravissime conseguenze che ha avuto.
L' atlo forse piu iniquo, ma certamente sacrilego del caduto Go-
yerno, era stato il pazzo sperpero di tutto il patrimonio della Chiesa,
il quale lo Juarez avea piu donato, che venduto agli affamati suoi
satelliti, al prezzo veramente derisorio dell' otto, del cinque e fmo del
tre per cento sul loro valore, che dicono di catasto, che e sempre
assai minore del vero. E neppur quello era stato pagato dai piu ;
i quali se n' erano sdebitati col sottoscrivere obbligazioni , che ivi
chiamarono pagares. Se questi non sono gli atti iniqui,-di cui parla
Yhtruzione ministeriale; se non sono questi i contratli frodolenti, cui
il Manifesto di Puebla dichiaro di nessun valore > noi non sappiamo
quali sono e dove trovarli. Fu naturale che i ladri, vedendo intor-
bidare le cose, volessero onestare il latrocinio, satisfacendo al prezzo
beffardo, che ne aveano promesso ; e fu naturale altresi che i cosi
392 IL NUOVO IMPERO DEL MESS ICO
iniquamenle frodati non volessero accettare quel prezzo, per non dar
vista di legittimare coll' accettazione la frode. Quinci controversie
forensi e piati infmiti. Ma la Reggenza, eke avrebbe potuto ordi-
nare, senza piu, si restituissero ai loro padroni le propriela rubate,
die pruova di grande senno e di moderazione uguale, ordinando che
1'affare fai pagares si tenesse sospeso. Certo essa intese che il pigliar
partito, in cosa di tanto grave, vaslo e dilicato interesse, non si con-
venisse ad un potere che, quantunque sovrano, era nondimeno lem-
poraneo, e che piuttosto, come nella sua protesta dichiaro monsignor
Labastida, si dovesse attendere la venuta dell' Imperadore, il quale,
presi previamente gli opportuni concerti colla Santa Sede , avrebbe
stabililo cio, che meglio potea convenire al bene della Chiesa e dello
Stato. II Bazaine non credette esservi alcun mestiere di tanle forina-
lita ; e persuase 1'Almonte ed il Salas, membri della Reggenza, di de-
cretare rotondamente , si desse valore e corso legale ai pagares: il
che tornava al medesimo che dire , si compiesse legalraente da un
Potere legittimo cio , che era stato iniziato ladronescamenle da un
usurpatore. E perciocche monsignor Labastida, uno dei tre membri
e presidenle della Reggenza , protesto confro la esorbitanza di quel
decrelo , che ( per dirla cosi di passata ) era gia stampato , quando
con lui , come di cosa tultavia in disegno , ne parlava il Razaine •
questi lo fe deporre d' uffizio dagli altri due. Ne si avvedeva il Ge-
nerale che egli cosi veniva ad annullare, almeno di diritto , la sola
rappresentanza legittima della Sovranila che ivi fosse ; in quanlo
1'autorita suprema essendo stata, non dai Generali francesi, ma dal-
Y Assembled, de Notabili, conferita alia Reggenza, questa moralmen-
te non era piu dessa, come prima uno dei suoi membri ne fu escluso
da chi certo non lo vi avea messo. Oltre a cio, essendosi la supre-
ma corte di Giustizia , con nobile ed irnitabile esempio d' indipen-
denza cristiana , rifiutata a conoscere e giudicare dei piali intorno
ai pagares ed a dar loro esecuzione ; il Bazaine la fece tutta cassare
d'uffizio, per la buona ragione che essa falliva al dovere di rendere
la giustizia; e s' inlende la giuslizia quale la interpretava e la co-
mandava uno cerlamente non magistrate.
Queste cose , come dicemmo , debbono essere gi£ note ai nostri
lettori ; nondimeno abbiamo voluto qui fame un nuovo ricordo, per-
E L' 1NTERVENTO FRANCESE 393
che, con esse innanzi agli occhi, si possa giudicare quanto gran capi-
tale nella pratica si sia fatto delle Istruzioni ministeriali, che, a no-
me dell' Imperatorc dei Francesi, ingiungevano si tenessero per ini-
qui gli atti dello Juarez; non si sostituisse lazione delle armi a cib
che liber amente avesse voluto la nazione; si lasciasse operare lAs-
semblea deiNotabili, ed in tutto si mantenesse la piu sever a impar-
zialita; e si vegga, oltre a cio, come sia stata mantenuta la promessa
fatta nel suo Manifesto dal generale Forey, che i contratti frodolenti
sarebbero stati cassi, e tenuti di nessun valore. Come il Bazaine si
possa acconciare col Ministro, o questi con lui, sel veggano essi.
Quanto a noi, troviamo giustissima la parola dell' Episcopate mes-
sicano, la patria loro, per cio che concerne le relazioni dello Stato
colla Chiesa e i danni da questa patiti , essere stata posta da siffatti
procedimenti in peggiori condizioni , che non fu sotto la caduta li-
rannide. Questa (secondo che consideravano quegl' illuslri Prelati)
in un modo o in un altro, era condannata dai suoi medesimi eccessi
a finire ; laddove il nuovo ordinamento , voluto introdurvi , a quel
che mostra , di solo suo capo dal duce protetlore , minaccia di per-
durare, appunlo perche e trionfo di quel piccolo partito volteriano e
scredente, che professa moderazione ; cotalche da somiglianti infin-
gimenti ed ipocrisie polra essere abilitato a mantenere in vigore tulte
le disastrpse esorbitanze del passato , senza le lurpi apparenze del-
1'anarchia. Nel resto, il vocabolario dev' essere ivi, qual e nell' Ita-
lia rigenerata; e quando si dice liberla, rispello al diritlo, esclusio-
ne dei privilegi, mantenimento della giustizia e somiglianti altri pa-
roloni, messi in voga per uccellare gli allocchi, si dee intendere tutto
in grazia e favore di quello stesso piccolo partilo, che e congiunto
ai suoi protetlori col vincolo scellerato del medesimo odio di Cristo
e della sua Chiesa. Con cio si farebbe certamenle opera di partito.
Ma immaginarsi che per questo mezzo si possa pacificare , costilui-
re , rigenerare il Messico , cotesta e una illusione compassionevole ,
e piu forse per quella, che non per le nazioni della vecchia Europa.
Fu insegnato da Aristotele nei suoi Politici , e ripetuto poscia dal
Machiavelli nei Discorsi sopra la Deca, le istituzioni conservarsi coi
medesimi principii, dai quali ebbero 1'origine, e ristorarsi col rivo-
394 IL NUOVO IMPERO DEL MESSICO
carle a quelli. Ora se vi e al mondo nazione che nacque caiiolica, ed
ogni sua dignita e ogni suo prosperare ed ogni sua grandezza de-
ve al Caltolicismo, e per fermo 1' americana spagnuola, ed in lei in
peculiare guisa la messieana, la cui metropoli era delta la Citta san-
ta al di la dell' Oceano. Chiunque abbia qualclie contezza di quelle
region!, non puo dubitare di questo nostro detlo , non foss' altro dal
non esservi mai,non che attecchita, neppure lasciata mostrarsi om-
bra di eterodossia. Ma eziandio senza cio, se T ammirabile fermezza
dell' Episcopate, che, avendo tenuto testa allo Juarez 1 , non potea
balenare per dinunziare una scomunica a chi si arroga dirilti non
suoi ; se , diciamo , quell' Episcopate trova nobili riscontri in Eu-
ropa; quanto alia Magistratura , Dio volesse che fra noi non si
desiderassero talvolta i generosi esempii, che ha dato la messieana.
E forse una delle ragioni della differenza diniora in questo , che
ivi, fuori della Monarchia cristiana con quei frutti di prosperita
e di decoro , che noi nel precedente articolo ne delineammo , non
si conosce altra maniera di vivere nelpubblico, che 1'anarchia,
consolata a quando a quando dalla tirannide. Talmenle che a con-
fortare i dettami della coscienza cristiana , ai quali noi attribuiamo
principal mente la generosa risoluzione di quei degni Magistral ,
sara venuta la persuasione , solo dal prosperare della Chiesa poter
venir bene alia patria loro ; qualunque offesa ai diritti ed al decoro
di quella tornare a calamita irreparabile della pubblica cosa. E con-
verso , tra noi la lunga e larga prevalenza delle cosi detle idee mo-
derne; l\ dominio esercitato dai dottrinarii volteriani, che comincia-
rono a soppiattamente prevalere nei consigli dei Principi ben molto
1 Con quanta dottrina e con quanto zelo e coraggio 1' Episcopate messi-
cano abbia lottato pel diritti della Chiesa e pel verace bene della patria lo-
ro, contro le intrusioni ed usurpazioni di qualche passato Governo, puo ve-
dersi in due grossi volumi, splendidamente stampati, nei quali sono conse-
gnati molti atti autentici di quella lotta. Essi hanno per titolo : Defensa Ecle-
siaslica en el Obispado de Michoachan desde fines de 1855 hasta principles de
1858, 6 sea Colecion de representations ij protestas ecc. seguida da una serie
de Istruciones y pastorales a los fieles sobra la istilucion, regimen y derechos
de le santa Iglesia catolica por el lie. CLEMENTE DE JESUS MUNGUI\, Obispo de
Michoachan. — 2 Yol. in 4.° MEXICO 1858.
E L' INTERVENTO FRANCESE 395
innanzi , che non uscissero a farlo all' aperto; V una e T altra circo-
stanza hanno addomesticate molte menti , anche tra coloro che sono
o si credono cristiani , a quel miovo ordine d' idee : sopraltutto che*
a rincalzo di quelle , si recava il fatto di Govern! , i quali , ordinati
secondo esse , coprivano come che fosse la loro vita con certo lustro
di civilta e di progresso materiale , sufficiente ad abbaccinare occhi
non molto perspicaci. Di qui ebbe origine quel concetto che , spo-
gliata la Chiesa e svilitp il Sacerdozio, non ci e poi a temerne il fini-
niondo; se non anche (e questa e scoperla recentissima) non abbia-
no Tuna e 1' altro a vantaggiarsene , purificandosi la Chiesa colle
spoliazioni ed il Sacerdozio coll'avviliraento. I quali concetti, che in .
Francia e in Italia cominciano oggimai ad essere non piu di pochi ,
cola non sono per avventura neppur conosciuti; ed, in loro sentenza,
un Governo che non sia. cristiano, se non e Tanarchia di repubblica
ora unitaria, ora federale, o lo Juarez c,olla sua tirannide, se ne deve
ben poco differenziare.
Tra queste condizioni di cose , quando il generate Bazaine fosse
slato tanto pralico di diritto pubblico e di prudenza civile, quanto e
nolo a tutti essere di arte militare , avrebbe capito fin da principio,
che , per pacificare e rigenerare il Messico , suo precipuo fonda-
mento dovea essere il Catlolicismo e la Chiesa ; e , avrebbe dovuto
intendere alineno , solenne imprudenza che era , in una nazione
cosi disposla , astiare scopertamente ed offendere 1'uno el' altra.
E bene avrebbe dovuto metterlo sull' avviso il fatto notevolissimo di
avere Y Assembled del Notabili posto a capo della Reggenza sovrana
il suo Arcivescovo : fatto che per fermo, nei tempi che corrono, non
avrebbe luogo a Parigi , e neppure a Napoli od a Firenze. Ma nulla
e bastato a rattenere la foga d'impiantare il Diritto nuovo in un pae-
se, che meno di qualunque altro vi era disposlo, se pure non debba
dirsi piuttosto, che piu di qualunque altro lo avversa. E cosi, per pa-
cificare, costituire e rigenerare il Messico, egli ha cominciato dal vo-
lere sgagliardita Tunica forza, che cola sia veramente non pur viva,
ma rigogliosa, e dal crollare 1' unico fondamento, che, tra le univer-
sali ruine di quella sforlunata contrada, si mantenga luttavia in piedi.
Ne sia chi ci venga a ricantare la stracca canzone di uno scandalo
piu farisaico che di pusilli , quasi che V Episcopate messicano , per
396 IL NUOVO 1MPERO DEL MESSICO
soverchia cupidita delle cose temporal!, abbia provocato un dissidio
tra la potesta ecclesiastica e la civile in circostanze , nelle quali sa-
rebbe pure stata tanto necessaria la concordia Ira di loro. Gia 1'ave-
re per forza introdotto il pubblico culto eterodosso nel mezzo di un
popolo, che cordialmente lo abbomina ; 1' avere sommesso i chierici
a tribunal! laicali ; 1' avere inceppata la slampa solo pei maestri del
domma e della morale crisliana quali sono i Yescovi , non sono cer-
tamente faccende di beni temporal!. Ma eziandio a rispetio di que-
sti, la quistione versa piutlosto intorno a diritti, che inlorno a cose;
e nessuno dira , che un diritto a cosa materiale sia per se medesimo
cosa materiale anch' esso. Nel resto , questo pun to della necessita ,
che la Chiesa ha, per la sua azione esteriore, delle cose eziandio ma-
teriali , e dell' attenersi in gran parte a queste il decoro del culto ,
1' indipendenza dei ministri, ed il sovvenimento dei poveri ; e dell'es-
sere percio i beni di Chiesa forse i soli che possano dirsi con verita
beni propriamente del popolo ; tutti questi punti, diciamo, sono stati
da tanti e da noi medesimi posti , in questi ultimi tempi , in *cosi
chiara evidenza, che crederemmo inutile opera spendervi piu parole.
Piultosto sara opportune ricordare una considerazione fatta dall' E-
piscopato messicano nel Manifesto o Monitorio, col quale dinunziu-
rono le incorse censure ecclesiastiche agli usurpatorj ed ai loro pro-
teitori e manutengoli.
Perciocche , dissero que' Prelati , se le ricchezze della Chiesa e
dei poveri fossero state incamerate allo Slato, pur pure ! Vi sarebbe
certo occorsa una gravissima ingiustizia ed un sacrilegio uguale ,
non puo dubitarsene ; ma la nazione avrebbe guardato 1'iniquo fatto
con minore ripugnanza. Laddove, gitlate quelle in gola ad un pugno
di privati avidi e senza coscienza, tutto sara in pura perdita; e lo Sta-
to che, senza uccidere la gallina , potea alcuna volta raccoglierne le
uova ; e vogliam dire che , mantenendo alia Chiesa il suo , avrebbe
potuto per vie legittime, come si usava altre volte, averne non ispre-
gevoli sussidii per rifornire un Erario, esausto da mezzo secolo di
sfoggiali ed impudenti peculati ; ne polr^t avere quegli aiuti , e per
non dire dei poveri che restano a carico del pubblico e dei privati ,
per soprassello si trovera nella necessita di sopperire ai dispendii
E L' INTERVENTO FRANCESE 397
del culto ed al mantenimento del sacri Ministri : due bisogni presen-
tissimi di ogni paese cristiano , ma piu grave ancora per uno cosi
profondamente catlolico , ed abitualo a tanto splendore di culto ,
quale e il Messico. Ora quando diciamo Erario, diciamo borse della
iiazione ; ed ecco in ultima conchiusione chi pagherebbe le spese
della protezione, onde si e voluto legiltimare il latrocinio perpetrate
a profilto di pochi furfanti ! Quando la cosa si fosse guardata per
questo verso, il generale Neigre , restato nella Capitale in luogo del
Bazaine partitone per le province , non avrebbe chiesta ragione a
monsignor Labastida dei fieri cartelli sparsi nottetempo per la citta,
coi quali la nazione era aizzata a sollevarsi contro i Francesi, « che
(si diceva ivi) venuti sotto specie di proteggerla , ne depredavano i
templi, ne schernivano le credenze, e ne malmenavano i Pastori ».
La ragione 1' avrebbe dovuto cbiedere al suo duce supremo; e sicu-
ramente 1' avrebbe trovata nell' avere egli inconsultamente pensato ,
che nel Messico, la bieca ostilita per la Chissa farebbe accettare con
plauso qualunque onta o danno di lei , eziandio quando a quella ed
a questo vada congiunto un' onta ed un danno uguale della nazione.
Noi abbiamo piena fiducia che 1' Imperatore Massimiliano I, mes-
so dalla Provvidenza a capo di una nazione cosi eminentemente cat-
tolica , vorra e sapra ristorare nel nuovo mondo quelle tradizioni di
Governo cristiano , che sembrano oggimai sbandite quasi universal-
mente dal vecchio ; e le quali , retaggio prezioso dell' augusta sua
Casa degli Absburgo, nel pio e valoroso Rodolfo ebbero il piu grande
e piu cavalleresco rappresentanle. La pietosa sollecitudine, ond' egli,
prima di assidersi sul nuovo trono , ha voluto venire a Roma per
pregare sopra la tomba del Principe degli Apostoli e ricevere la be-
nedizione dal Successore di lui , debbono essere al mondo pegni di
sicurezza , che egli prendera a norma del suo Governo gli ordini
immortali della Provvidenza. Allora le provvisioni maleavvisate del
Bazaine non farebbero altro effetto, che avere aggiunta una difficolta,
e non delle piu gravi , alle tante altre , che il nuovo Imperatore do-
vra risolvere, ed avere, oltre a cio, scontentali non mediocremente
iMessicani, scemando anche il pregio dell' insigne benefizio , fatto
loro dalle armi francesi : il che non pensiamo che alia indipendenza
398 IL NUOVO IMPERO DEL MESSICO
di quel paese abbia a pregiudicare gran fatto, se pure non debba in
qualche mode contribuire.
Sul quale ultimo proposito noi , prima di fmire , non ci possiamo
tenere dall' aggiungere una considerazione, che si stende alquanto
piu largo del soggelto traltato in questi due articoli. Se vi e in Eu-
ropa Sovrano, che sia meritamente altiero di regnare e.governare in
Tirtft della vblonta nazionale, e certq Napoleone III, a cingere le cui
tempie di corona imperiale convennero, con esempio unico nei tempi
modern! , meglio di otto milioni di suffragi. E cio mentre spiega le
inclinazioni, che la sua politica professa pel suffragio universale, alia
stess' ora commenda la sua perseverante sollecitudine di prendere a
ndrma di tutle le imprese, in cui si mette, quella medesima volonta
nazionale. Ora ella e cosa dolorosa per tutti i buoni , e piu che per
aitri dev' essere per 1' Imperatore stesso e pei.Francesi, il vedere
cojne gli effetti.di quelle riescono spesso contrarii a cio che essi han
sempre voluto, e pare vogliano lultavla. Forse le due inclinazioni,
che piu di tutte primeggiano nella storia di quella grande nazione ,
sono la devozione operosa verso la Chiesa cattolica , e T avversione
cordiale verso dell' Inghilterra. E che 1' una e 1' altra siano tuttavia
vivaci , ce ne sta pegno , non che altro , per la prima , il voto del
Corpo legislativo di pochi mesi or sono; per la seconda , le tante
arti che ci vogliono per mantenere in piedi il fantoccio deir entente
cordiale , a cui nessuno non ha creduto giammai , e men che giam-
mai crede adesso, dopo le fesle fatte al brigante nizzardo, e la con-
danna in contumacia dell' assassino profeta dell' idea.
E nondimeno , a guardare le imprese delle armi francesi da un
paio di lusiri, in tulte certamenle vedrete sfolgorare quel Valor mi-
. litare, che e il giusto orgoglio di quella nazione guerriera, la quale,
. in questi nltimi tempi , vi ha aggiunto nubvo decoro colla costanza;
ma tutte altresi le vedrele fmire, contro ogni intenzione di chi le in-
comincio, con qualche insigne servigio fatto all' In ghilteiTa , e con
qualche non meno insigne disservigio fatto alia Chiesa caltolica ; al-
cima volta coll' uno e coll' altro. Noi non giudichiamo le intenzioni ,
anzi le teniamo per vetlissime, sapendo pur molto bene, che i Potenti
non sempre possono fare quello che vogliono ;. e spesso , per la forza
E L' INTERVENTO FRANCESE 399
delle cose, dalle loro opere si derivano. effetti contrarii del tulto a
cio che essi volevano. Noi ricordiamo solamente un fatto , notato gia
da altri anche francesi , che lo. espressero in libri e giornali stampati
a Parigi. A non dire della Concincina, dove i Cristiani, anche dopo
la vittoria delle armi protgifici /restarono in condizioni peggiori di
prima ; ne della Siria, dovOT Inghilterra guadagno e guadagna quel-
le introduzioni ed influenze, che va perdendo ogni di piu la Francia;
ma la guerra micidiale e dispendiosa della Crimea appena ebbe altro
effetio notevole, che di aver tolto un pruno dagli occhi all' Inghilter-
ra, colla distruzione.dell'armata russa nel Mar Nero; e 1'altra men
lunga, ma piii micidiale, combattuta nei piani lombardi, riusci a sca-
tenare in quasi tutla 1'Italia una vera persecuzione contro la Chiesa,
ed a sottrarre al dominio del supremo Capo <Ji lei forse cinque sesli
del suo Stato. Che piu? In questa medesima impresa del Messico gi&
tutli videro fin da principio, che la precipua utilita ne sarebbe venu-
ta all'Inghilterra, col porre uno Stato potente accanlo alia sua emula
sui mari di la dell'Atlantico, e col sottrarre a quella 1' opportunita di
nuovi increment! ; ma nessuno aveva pensato, che il generale Bazaine
si sarebbe preso il caricodi trarredall- impresa stessa anche il se*-
condo effetto , volgendola, per quanto era in lui, a danno o ad onta
della Chiesa cattolica. Talmente che in ultima conclusione, dal dana-
ro e dal sangue cosi largamente profuso dalla figlia primogenita della
Chiesa e dalla nimica nata dell' Inghilterra , parrebbe che appena si
dovesse cogliere altro frutto , in questi ultimi due lustri, che danni
della prima e vantaggi della seconda, E chiaro che tali non furono
ne poterono essere le intenzioni. Qoando dunque la volonta nazionale
e il suffragio nazionale della Francia avesse gli effetti che rispondo-
no alle sue antiche e naturali inclinazioni , i due primi , che ne se-
guirebbero, sarebbono, senza fallo veruno, 1'esaltazione della Chiesa
cattolica, e T abbassamento della superba Albione.
LA QUISTIONE^ROMANA
RISOLUTA
PER GIUDIZIO DEGLI STESSI LIBERALI
I.
Crilerio proposto dai liberali per risolvere tal quistione.
Era gia buona pezza che il parlito liberalesco, Minislero, Camere,
Giornali , quasi piu non parlavano della quistione romana. Al tanto
cicalio del tempo dei Cavour , dei Ricasoli , del Rattazzi , era succe-
dulo col Visconti-Yenosta il silenzio. Fosse stanchezza , fosse disin-
ganno , fosse arte , niuno osava piu promeltere il prossimo acquisto
di Roma; ed anzi non mauco clii in pubblico Parlamento dinunziasse
F impossibilila dell'impresa 1. A stento il dabben Ministro si per-
mise una volta di proporre air imperatore Napoleone la discussione
dei mezzi per far cessare 1'occupazione di Roma per parte delle
truppe francesi; ma ebbe, senza fallo, a pentirsene, giacche non rice-
vette neppur F onore d' una risposla. Avresti detto che il Goveruo
di Torino , persuaso finalmente che il possesso di Roma era per lui
una Utopia , meltesse F animo in pace ; e solo cercasse di sopire so-
pra di cio F entusiasmo, malamente eccitato e peggio fomentato colle
precedent! ciarle.
1 « Io vi dico che a Roma non andrete. » Discorso del deputato MUSOLI-
, Atti ufficiali della Camera n. 945.
LA QUISTIONE ROMANA RISOLUTA ECC. 401
Quand' ecco ad un Iratto riaccendersi le brame , ribollire gli ani-
mi , e la quislione romana tornare di bel nuovo in campo. Qual e
stata la causa , o meglio 1' occasione di si subito mutamento? Un
equivoco. L' indisposizione sofferta dal Santo Padre nei giorni pre-
cedent! la Pasqua, si era nella fantasia, e piu nel pio desiderio dei li-
bertini, tramutata in grave anzi irrimediabile malattia, e gia, sognan-
do un prossimo Conclave, trombavano su pei giornali esser quella
1'occasione di conseguire lo scopo ultimo di tante frodi e di tanti de-
litti. « Jl telegrafo e lettere autorevoli confermano la gravita della
sua malatlia (del Papa cioe). » Cosi scriveva con mal dissimulata
gioia, la giudaica Opinione di Torino l. E il Diritto: « L' indecisione,
nella quale la quistione di Roma e rimasta dalla morte di Cavour sia
oggi , e falale ad un paese che s' ordina tutto sull' ipolesi cbe Roma
dev' esser sua, e si crede, sarem per dire, provvisorio insin cbe Ro-
ma non e sua. Quest' indecisione e stata sopporlabile insino a che
I'aspetlazione d' un fatto che pareva dovesse portarvi una decisione
per se medesimo, e durata. Ma il giorno che la Sede divenlasse va-
cante, Faspettazione avrebbe avuto un termine , e sarebbe impossi-
bile il riaprii le un campo d' interminata lunghezza alia successione
d' un Papa nuovo 2. » Perfino il Mimstro degli affari esterni , il so-
prallodato Visconti-Venosta, si credette in dovere di scrivere subito
in Francia per impetrare dal polente Alleato il permesso di far en-
trare in tal circostanza le truppe piemontesi in Roma, esprimendo in
pari tempo la confidenza che i voti dell' Italia saranno cosi finalmente
esauditi dalla Francia 3.
1 Numero 106, 16 Aprile 1864.
2 Num. 98, 9 Aprile.
3 La cosa e narrata dair Unit a Cattolica in questi termini : « Una lettera
che riceviamo da Roma ci annunzia la nolizia di un dispaccio del Visconti-
Venosta a Drouyn de Lhuys, e la risposta del Ministro francese al torinese.
II Visconti-Venosta nel suo dispaccio avvisa la Francia che il Santo Padre
essendo vicino a morire, conviene che Roma sia lasciata libera alle armi
italiane, per impedire lo scoppio di una rivoluzione> che esso signor Vi-
sconti dice di sapere pronta a scoppiare in Roma, appena il Papa sia morto :
e termina esprimendo la confidenza che i voti to\Y Italia saranno finalmente
esauditi dall'alleata Francia. II signor Drouyn ha risposto, essere infondatis-
Serie V, vol. X, fasc. 340. 26 6 Maggio 1864.
LA QUISTIOIsE ROMANA
Lasciando stare la falsita del supposto, giacche il Pontefice di gia
riavutosi e piu florido di prima , porgeva un novello argomento che
egli, innanzi di andare a ricevere in cielo il premio degl' immortal!
suoi meriti, sembra essere destinato da Dio a veder sulla terra il
Irionfo della Chiesa; certamente 1'illazione , che i libertini ne cava-
vano, era una stranissima illusione. Imperciocche il potere lempo-
rale della Chiesa e legato non alia persona individuale del Papa ,
ma sibbene al Papato ; e il Papato non muore mai. Laonde se i liber-
tini non trovano la via di mutare coi loro ingegni quest' ordinazione
divina; il fondare le loro speranze sulla contingenza d'un Conclave,
e una manifesta pazzia.
Ma i liberal! non si sgomentano di cio. Essi s' incocciano a cre-
dere che la contingenza d'un Conclave sarebbe un passo decisivo
verso la soluzione del preteso problema, perche darebbe occasione a
potervi applicare il vero criterio, che, secondo essi, deve risolverlo ;
vale a dire il voto del popolo romano. Accaduta , essi dicono , la
vacanza della Sede pontificia , questo voto avrebbe T agio di potersi
manifestare conlro il potere temporale del Papa in modo a lutti.
cospicuo. « Una grande e popolare manifestaziohe contro il potere
temporale, manifestazione schietta e spontanea fatta in Roma stessa,
presenti i francesi e le migliaia di forastieri , che vi convengono ,
H limore che Sua Santita debba mancare di vita prossimamente, giac-
ehe notizie sicure accertano che il Santo Padre sta molto bene di salute. In
ogni caso, essere irragionevole la domanda del Governo di Torino, perche
la Francia ha forze sufficienti a impedire in Roma quahmque siasi riyolu-
zione, e a tutelare nn Conclave che, dovesse eleggere un successore a Pio IX :
caso che si preyede ancora lontano per grazia di Dio. Finalmente il Ministro
francese esorla il torinese ad astenersi dal dar peso a certe voci false , che
si spargono e si accreditano in Italia sul conto della salute del Santo Padre;
perche quelle voci potrebbero far nascere anche altrove il pericolo della ri-
voluzione, che il signor Yenosta vorrebbe evitare. » Unita Catlolica n. 142^
pag. 603.
Ecco un nuovo schiaffo che 1'egregio Ministro riceve dal Gabinetto fran-
cese. E questo vale a mostrare sempre piu che vale porre alia testa degli
affari d' una nazione uomini che non hanno altrove imparato il decoro e la
prudenza diplomatica, se non nei caffe e nei covi di cospirazioni settarie.
BISOLUTA PER GIUDIZIO DEGLI STESSI LIBERALI 403
sarebbe un fatto impprlanie e capitale l. » Una tal dimostrazione
« avrebbe un gran significalo ; sarebbe un avvenimento, di cui do-
yrebbero tener conto laFrancia e le altre Polenze 2. » Essa sommi-
nistrerebbe al Governo italiano le ragioni per vincere tutle le resi-
stenze incontrate fmora 3. Ecco quello , che dopo lunga e matura
deliberazione la sapienza dei liberali ha saputo finalmente escogitare,
come mezzo per risolvere la quislione romana : II voto del popoio ;
ma voto espresso con una manifestazione, che abbia quesli caratteri,
di esser cioe popolare, gmnde, spontanea , fatta alia presenza dei
francesi e de' forestieri concorsi in Roma. Vero e che cio che essi
dicono della spontaneita principalmente , non e che lustra ; giacche
mentre 1' Opinione proclama la manifestazione spontanea da farsi in
Roma, il Diritto ci fa sapere le mene e le macchinazioni che si pre-
parano fuori di Roma per fabbricarla 4. Ma questo a noi non importa
1 L' Opinions n. 104, 14 Aprile. — 2 Ivi.
3 « Se i Frances! non si ritirano immediatamente, il Governo italiano avra
almeno nella manifestazione de'romani un'arma poderosa per vincere le re-
sistenze, che si ebbero finora a qualsiasi tentativo di componimento. E sara
un passo notevole verso una defmltiva soluzione. » Ivi.
4 Gosi sul proposito scrive il Diritto : « E ormai cosa di pubblica ragione la
nessuna fiducia che isjMrava il Gomitato Nazionale romano, per preparare in
Roma e nelle province luttora soggette al Papa un'azione energica e decisiva,
pel glorno in cui Roma rivendicando il diritto, sul quale si appoggia il regno
d'ltalia, sarebbesi dovuta riunire all' italiana famiglia. Lamenti, querele,ri-
eriminazioni non erano state fin qui sufficient! a condurre tutt! i divers! ele-
ment! della parte liberate nella comun« sentenza,- che il giorno dell'azione
era prossimo, e che dovevasi per conseguenza dar mano a predisporvi gli
animi e il braccio.. . . L' emigrazione romana, residente in Torino, Vide la
necessita di concorrere per quanto era in essa a questa azione energica e
deeisiva, e guidata da un istinto pratico, senza piir perd.ere il tempo in
recriminazioni, che all' avvicinarsi dell' azione son sempre fa tali, stabili di
riunirsi tutta ad un convegno, pve si fosse proposta la formaziorie di una
Commissione di due o tre individui, che avessero la fiducia dell'universale,
per darle un mandate di fiducia per awisare ai mezzi onde ottenere in Ro-
ma e nelle province un' azione energica e deeisiva. ecc. » Num. 113.
. Una" manifestazione .spontanea , che per farsi ha bisogno dell' impulse e
del metori da Torino! Buffoni 1 Neppur si vergognano di smentire cosi tur-
pemente s^f stessi !
404 LA QUISTIONE ROMANA
per ora ; e neppur vogliamo cercare se a rovesciare una islituzione
fondata sul diritto e sull' inleresse cli tutto il mondo catlolico , abbia
alcun valore il voto del popolo romano. Cio fu da noi discusso e chia-
rilo altra volta, ne ha mestieri d' essere novamente traltato. Noi vo-
gliamo qui argomentare semplicemente ad hominem , come dicono i
Logic! , e stare al criterio stesso che i liberali hanno proposto , per
yedere qual sia il giudizio che debbe cavarsene.
II.
Come- il popolo romano ha rivolto contro i liberali
il proposto criterio.
Mirate, se Iddio non si prende giuoco della slolta prudenza dei li-
berali ! Nel tempo appunto che essi bandivano quel loro criterio , il
popolo romano ne faceva 1' applicazione contro di loro e in favore del
potere temporale della santa Sede , senza aspeltare la contingenza
del Conclave. Narriamo brevemente la cosa.
Spuntava il di 12 Aprile, anniversario del ritorno del Pontefice
in Roma, per ripigliarvi, dopo T esilio di Gaeta, la sovranita, usur-
patagli dai rivoluzionarii del 48 ; e sembrava che il cielo stesso de-
stinasse quel giorno a qualche grande avvenimento ; giacche esso
spunlava di bel sereno adorno, dopo molti altri piovosi e tempestosi.
II popolo romano, che gia da alcuni anni avea preso quel di per oc-
casione di testimoniare con luminarie e feste il contento di avere a
Principe il Papa, e sbugiardare cosi le calunnie dei liberali ; voile in
quest' anno superare tulti gli anni precedent!, che pur si credevano
Insuperabili. Quindi con archi , con ornati , con macchine , con tra-
sparenli simbolici, con iscrizioni inneggianli al Papa-Re, fregio tulle
le piazze e tutti i monumenti principal! della citta ; e illuminati i pa-
lazzi , le botteghe, le case, le fontane , gli obelischi ; si riverso nelle
pubbliche strade a goderne lo spettacolo e confermare colla presenza
quel solenne suffragio. II fatto fu tanto evidenle, che perfino i Diarii
parigini , prezzolali dal Piemonte , non poterono aslenersi dall' alte-
slarlo. Ecco il telegramma riporlato dal Pays : « II Papa ando oggi
RISOLUTA PER GIUDIZIO DEGLI STESSI LIRERALI
a S. Agnese extra muros e venne accolto colle piu vive acclamazio4-
ni. L' anniversario del ritorno di Pio IX in Roma nel 1850, sara cele-
brato questa sera colla piu splendida illuminazione che Roma abbia
mai visto. La folia nelle strade e immensa ; la tranquillita perfetta. »
E la Patrie riferiva la stessa cosa, con parole del lulto simili : « L' an-
niversario del ritorno di Pio IX nel 1850 , sara celebrato colla piu
splendida illuminazione die giammai siasi veduta in Roma. »
Noi non ci Iratterremo a descrivere i particolari di questo memo-
rabile avvenimento. Una tal descrizione e stata accuratamente fatla
da molli giornali ; e i nostri lettori certamente non possono ignorarla.
Ma tenendoci stretto allo scopo di questo articolo , ci facciamo sol-
tanto a notare come in questa manifestazione del popolo romano si
verificarono appuntino tutti i caratteri voluti dai liberali per espri-
mere il voto del popolo.
II primo carattere , da essi proposto , e che fosse manifestazion
popolare. Or qual manifestazione piu popolare di questa, che fu ope-
ra del solo popolo? II Governo se ne tenne totalmente in disparte.
Esso vieto perfino che s' illuminassero i suoi pubblici stabilimenti.
II popolo la ideo ; il popolo la esegui ; il popolo ne fece le spese. Ogni
macchina, ogni ornato, ogni luminaria, portava scritto il nome del
Rione , a cui appartenevano gli abitanti che n' erano gli autori, o la
classe dei cittadini che 1' avean falta col proprio danaro..Qual diffe-
renza tra questa festa , e quelle degl' italianissimi ; per le quali si
sanno anteeedentemente le ingenti somme che versa il Governo o il
Municipio ? Per questa il popolo ha speso del suo ; per quelle la turba
raccogliliccia vien pagata dai sopraccapo.
II secondo caraltere , voluto dai liberali , e che la manifestazione
fosse grande. Or questa del popolo romano fu tanto grande, che fu in
tutto rigor di termini universale. Ogni classe di cittadini, dai piu alti
capi insino agl'infimi, vi prese parte. Tranne le poche case dei libe-
rali (il che valse a mostrare il loro numero e la piena liberta del fatto),
non ci fa finestra, non bottega, nori fabbricato, che non avesse i suoi
lumi; non viottolo o angolo, benche rimoto, della citta che non fosse
abbellito. Le strade erano percorse da file non interrotte di cocchi,
le piazze ingombre da folia sterminata d'ogni condizione di persone.
406 LA QUISTIONE ROMANA
E in tanta calca di genie , in tanta letizia non un disordine , non un
furto, non uno schiamazzo; sicche un nobile forestiero eslalico a
quella vista, ebbe ad esclamare : Di vero, c questo il primo popolo
del mondo ! Niun altro popolo saprebbe mostrarsi si educalo e si di-
ynitoso. E qui vuol nolarsi la bestiale goffaggirie dell' Opinione di
Torino, .la quale parlando dei romani dice che essi : « non fanno da-
morose dimostrazioni conlro il Governo , ma si astengono ; e la loro
attiludine scoraggia gli altri , tanto che i clerical! farono costretli a
razzolare fuori d' Italia, nel Belgio e nell'Irlanda impresari! di ma-
nifestazioni , di appl.ausi, di batlimani l. » Ma quesla volta la per-
fidia del giudaico giornale ha dovulo restarne fieramente scornata.
Imperocche egli e apparso nella piu sfolgorante luce come il popolo
romano si asliene dalle manifestazioni di amore e di fedelta al Pon-
tefice, e se esse siano. faltura di Belgi od Irlandesi.
Nel che vuole osservarsi come il popolo romano e andato sempre
crescendo in coteste manifestazioni; sicche quest' ultima , di cui par-
liamo, ha superato quelle di tutti gli anni precedenti. Al roveseio di
cio che avviene nelle dimoslrazioni procurate dai liberal! per la loro
causa, nei paesi dove impiantarono la propria tirannide. Esse vanno
mai sempre scemando. La prima neU'effervescenza dell'entusiasmo,
per parte degli uni , e sotto lo stimolo della paura per parte degli
altri, presenta qualche apparenza di sfoggio; ma l.e seconde e le
terze, non oslante gli sforzi del partito e il denaro del Governo , si
riducono a molto modeste proporzioni; ed ora safebbe ridicolaggine
il volerne cons^guire alcuna di qualche impoiianza, aNapoli, esem-
pligrazia, o a Firenze o a Milano.
II terzo carattere, indicate dai liberal!, eiche la manifestazione fos-
se schietta e spontanea. Or sarebbe vera stoltezza pensare il contrario
della manifestazione romana, Chi e stato costretlo a parteciparvi?
Chi e stato impaurito? I liberali, quando yogliono una illuminazione,
comandano minacciosamente che si mettano fuori i lumi; e guai, se
alcuno non ubbidisce. II minor male , che gliene puo incogliere , e
una sassaiuola alle finestre. Si puo dire alcun che di simile della ma-
1 Num. 104, 14 Aprile.
RISOLUTA PER GIUDIZIO DEGLI STESSI L1BERALI 407
nifestazione del 12 Aprile pel Papa-Re? Alcune poche abitazioni di
partigiani del Piemonte rimasero oscure. Chi le molesto? Chi indi-
rizzo loro una sola parola, almeno d' invilo? Anzi chi si euro di loro?
Ma ci ha di piu ! La manifestazione dei romani non solo fu sporitanea ;
ma fu anzi audace. Imperocche il microscopico partito degl' italia-
nissimi non istette inoperoso. Esso fe correre scritture, minaccianti
guai e malanni a chi vi concorresse come che fosse. E perciocche il
popolo romano rnostro di non fare alcun con to delle sue spavalderie,
quella ribaldaglia non dubito di venire a fatli piu nequitosi. In alcuni
luoghi piu affollati fe per mano de' suoi cagnotti gitlare alcune pic-
cole bombe ; sperando cosi di sbigotlire il popolo dal proseguire la
festa, o, se non questo, cagionare almeno confusione e ferite e tramu-
tare in iscena di morte e di lutlo qud popolare tripudio. Orrendo
altentato ! non possibile a traniarsi , che da uomini spietati e non
abborrenti da qualunque nefandezza per riuscire nei loro iniqui di-
segni ! Ma anche qui ebbe ad ammirarsi la protezione divina. Quelle
bombe scoppiarono ; ma in nessun luogo si ebbe a deplorare alcuna
vittima, e neppure perturbamento o paura. Anzi la giuslizia di Dio
le fe tornare a danno degli slessi autori ; giacche una di esse, scop-
piata nel punto medesimo che veniva deposla sul suolo , feri grave-
meute si colui che la portava e si il compagno che gli veniva da
presso ; i quali , presi in quell' atto e perquisiti , diedero colle loro
risposte e piu colle carte , che recavano in dosso , il 'filo a scoprire
anche altri.
E qui vedete buona fede dei liberali! Proteslano di volere il voto
spontaneo del popolo ; e poi quando questo voto si rnoslra contrario
ai loro araori , non rifuggono perfino dai delilti piu atroci per impe-
dirlo. Ma oggimai non ci ha che i soli balordi, i quali non intendano
che sia liberla , popolo e altri simili Vocaboli nel gergo liberalesco.
L' ultimo carattere voluto dai liberali , nella manifestazione da lo-
ro proposta , e che essa fosse fatta sugli occhi delle Iruppe francesi
e delle migliaia di forestieri , che convengono in Roma. E anche
questo si e pienamente verificato nella solennila del 12 Aprile. I Fran-
cesi erano presenti e non solo miravano stupefatti quel non piu ve-
duto spettacolo, ma eziandio vi cooperavano. I forestieri, accorsi in
408 LA QUJSTIONE ROMANA
Roma per Pasqua , in gran parle non ne erano ancora partiti e po-
lerono cosi esser teslimonii oculari di quanto accadeva. Anzi il caso,
o meglio la divina Provvidenza, \7olle che lo stesso Governo di Tori-
no, benche non avesse in Roma rappresentanza diplomatica, nondi-
nieno \i prestasse in cerla guisa ufficiale assistenza, mediante un suo
messo siraordinario , \Tale a dire il general Solaroli. Corse Yoce che
il Gabinetto subalpino , incaponito nell' idea della prossima morte
del Pontefice, avesse spedito in Roma quel signore a fine di conse-
guire da' Francesi , nell' immaginata contingeiiza , alcuna cosa a
vanlaggio della cosi delta causa italiana e intendersi coi zelanti del
partito. Noi vogliamo credere falsa cotesta voce intorno allo scopo
di un tale invio ; quantunque il delto Generale \enisse di fatlo e si
trattenesse in Roma alquanti giorni. Or egli non fece a tempo per
yedere la morte del Papa , ma fece per altro a tempo per vedere la
solenne manifestazione del 12 Aprile. Egli dunque, tomato tra suoi,
avra certamente potulo raccontare, qual testimonio fededegno, quan-
to gli venne vedulo ed udito. A lui rimeltiamo i liberali di Torino e
gli scrittori dell' Opinione , del Diritto e degli altri Giornali della
medesima risma. Da esso potranno intendere e certificarsi se quella
manifestazione Romana in favore del Papa-Re ebbe tutti i caratteri
da essi stessi voluti per essere decretoria, doe che fosse popolare,
yrande, spontanea, e fatta sugli occhi delle milizie francesi e de'fo-
resiieri accoltiin Roma. Noi, che non abbiam bisogno d' inlerrogare
nessuno, giacche ne fummo spettalori ; non abbiamo a fare altro che
ripetere le parole di quel Diplomatico russo, di cui parla il Pa-
triotla di Bologna ; il qual Diplomatico , proferl questa giusta sen-
tenza : « Poiche il voto universale si vuole oggidi legge suprema ,
dinanzi a cui tutlo deve piegare , Roma scrisse teste il suo voto in
carattere di fuoco e lo proclamo in tal modo , da farsi inlendere fmo
all' estremo confine della terra l. »
1 // Patriotta Cattolico, n. 68.
RISOLUTA PER GIUDIZIO DEGLI STESSI LIBERALI 409
*i4i III.
Ragioni di un tal contegno del popolo romano.
V
Ma perche, dira forse taluno, il popolo romano si mostra si zelan-
te della causa del Pontefice , e si avverso a quella dei liberal! ? Tre
ragioni sembra a noi di poterne principalmente arrecare.*
La prima e la religione. II popolo romano ha ricevuto la fede da
S. Pietro, e in essa e stato nutricato dall' opera immediata dei Suc-
cessori di lui. Onde la fede del popolo romano e impronlata d' un
carattere di virilita e di universalita tutto proprio. Essa non si fer-
ma nella sola regione dei dommi, ma scende ad informare di se tutto
1'ordine pratico e lutte le appartenenze della vita sociale. Quindi il
sentimenlo del dovere e vivissimo ed operosissimo nel popolo roma-
no ; ne si restringe nella sola cerchia privata , ma si estehde a tutte
le relazioni del civile consorzio. Di phi, il popolo romano per la
stretta attinenza che ha col Capo universale del Cristianesimo , col
quale forma quasi un quid unum , si sente in cerla guisa malleva-
dore del bene comune di tutla la Chiesa di Gesu Crislo. Gl' interessi
religiosi di tutti i popoli della terra, li stima in cerla guisa inleressi
suoi proprii. Di qui nasce che egli per doppio capo ama d'avere per
principe il Papa, e a lui vuol serbarsi obbediente e fedele. L' uno e
1' obbligazione di coscienza verso il suo legittimo Sovrano ; Y altro e
il bene universale della Chiesa , che , nell' indipendenza politica del
supremo Gerarca , riconosce una indispensabile guarentigia della
indipendenza religiosa di tutti i credenti in Cristo.
La seconda ragione di questo attaccamento del popolo romano al-
ia sovranita temporale del Sommo Pontefice , e il proprio interesse;
il quale, inteso in un senso subordinate e secondario, non solo non e
riprovevole ma e lodevole. II popolo romano col suo senno squisita-
menle pratico inlende benissimo che, se cessasse (J'esser suddito del
Pontefice, cesserebbe issofatto d'essere il primo popolo del mondo,
per agguagliarsi e 'forse sottostare a molti allri popoli della terra.
Come il Pontefice Re per Y eccelsa sua dignila spirituale , congiunta
410 LA QUISTIOXE ROMANA
nella medesima persona colla sovranita temporale, slaal disopra di
tutti i Sovrani del mondo, i quali son tenuti ,d' inchinarsi a lui osse-
quenti e minor! ; cosi il popolo , che non e soggetto se non ad un
Principe di tanta altezza , viene per necessita sollevato al di sopra
del comune livello di tutli gli altri popoli quali che siano. Ma una
tanta eccellenza verrebbe immantinente distrutta quel di , che il po-
polo romano diventasse suddito di un Principe meramenle civile.
Eppur questo non e tutto ; il peggio e che il popolo romano non re-
sterebbe tale se non di puro nome, la realta per lui sarebbe perduta.
Un popolo non ha individuazione^ sua propria pel semplice coabi-
tare di molti tra le medesime mura. Egli Fha dai legami di sangue,
di religione, di costumi, di tradizioni, di leggi sue proprie, d'istitu-
zioni, di lingua. Tutte queste cose nel popolo romano hanno una sta-
bilita maravigliosa , perche partecipano in certa guisa della stabilita
medesima della Chiesa. Ma esse sarebbero in breve dislrutte, se Ro-
ma divenisse capitale del famoso regno. Un'accozzaglia di gente, pio-
vuta da tutte le parti d' Italia, si sostituirebbe al vero popolo romano ;
I piii barbari dialetti ne guaslerebbero il puro linguaggio e la tanto
pregiata pronunzia; mutate le leggi, imbastarditi i costumi , annul-
late le secolari istituzioni, spezzata 1'unita religiosa colla promiscuila
d' altri culti , tutto si ridurrebbe a un guazzabuglio , a una vera ba-
bilonia, a un' amalgama di elementi disparatissimi , che toglierebbe
al popolo romano ogni sua caratteristica , ogni sua proprieta d' in-
dole e quasi diremmo di fisonomia.
La nobilta poi romana che e la piu stimata nel mondo civile, tan-
toche neppur le case regnanti hanno in disdegno d'imparen tarsi con
lei, in breve si estinguerebbe, coll' abolizione de' maiorascali; e trar-
rebbe nella propria rovina tante altre fonti di pubblica prosperita e di
decoro. I palagi principeschi, gl' Istiluti di carita, le biblioteche, le
gallerie, i capilavori d'ogni arte, tutto resterebbe manomesso, sper-
perato , distrutto. Le cariche governative sarebbero occupate dagli
avventurieri di tutta 1'Italia e dai martiri della santa causa; i negozii
verrebbero assorbiti dai mercalanti di Livorno, di Genova, di Napo-
li; al vero popolo romano non resterebbe che 1'onta e il danno d'es-
sersi lasciato soprafiare ed uccellare miseramenle.
RISOLUTA PER GIEDIZIO DEGLI STESSI LIBERALI 411
La terza ragione inline della tenacita di proposito del popolo ro-
mano nella sua devozione al Pontefice , e la vista di do che sta ac-
cadendo in tutte le altre parti d' Italia, dove la fazione liberalesca e
riuscita a prevalere. .La religione eavvilita, imprigionati i Vescovi e
i Sacerdoti piu venerandi, gli Ordini religiosi soppressi, usurpate le
proprieta ecclesiastiche , le sacre Vergini costrette a mendicare un
tozzo di pane , gl' impiegbi piu lucrosi e onorifici invasi da inetfci e
rapaci , il pubblico costume guasto e corrotto , ogni piu sforraata li-
cenza concessa al vizio ed ai viziosi , e solo vessati ed impedili gli
onesti, le imposte cresciute oftre ogni comportevole misura , le car-
ceri rigurgitanti di cittadini per semplici accuse o sospetli , la stam-
pa piena di scostumalezza ed empieta ; ecco un tenue abbozzo delle
beatiludini di che e stata graziata ogni contrada d' Italia annessa dai
liberali al Piemonle. E possono esse adescare o invagkire di se un
popolo, qual e il romano? Non debbono anzi produrre 1'effetlo con-
trario di un abborrimento e di un disprezzo insuperabile, sicche esso
piuttosto patirebbe la morte , che cadere tra le uDghie'di si spietati
neraici ? Quanto piu trovandosi coteslo popolo sotto la paterna lutela
e il mite e sapiente governo del Vicario di Gesu Cristo? -
IV.
Conclusione.
Ex ore tuo te iudico, serve nequam. Cosi, in sullo scorcio di que-
sto noslro articolo, polremmo noi apostrofare contro la fazione libera-
lesca. Yoi avete proposlo, come gran mezzo per risolvere la quistione
romana, una pubblica manifestazione, grande, spontanea, da farsi in
tempo di Conclave, per chiarire in faccia al mondo il desiderio del
popolo romano. Ora il popolo romano non ha aspeltato il Conclave
per contentarvi ; ma persuaso che il Conclave non verra per ora, ha
voluto in tempo utile farvi palesi i suoi sentiment!, ideando ed ese-
guendo in favore del potere temporale della santa Sede la piu solen-
ne e universale manifestazione che siasi fatta giammai. Voi dunque
per voslro stesso giudizio vi siete condannati da voi medesimi ; giac-
LA QUISTIONE ROMANA RISOLUTA ECC.
eke il erilerio da voi proposto ha sentenziato contro di voi. Voleste il
volo del popolo con pubblica manifestazione ? Questo voto e stato da-
to ; la manifestazione e stata fatta. Qaietalevi adunque, se fia possi-
bile , e non istate piu ad annoiare il mondo colle voslre ciance. Ro-
ma loquuta est , causa finita est.
Che se maravigliati dell' esito inaspettato , voi chiedete le cagioni
di questo contrasto che incontrate nel popolo romano , noi le vi ab-
biamo accennate. II popolo romano e un popolo sodamente religio-
so , e quindi onesio e zelante della sua religione che comanda obbe-
dienza al legittimo sovrano e indipendenza politica nel Capo della
Chiesa. Se questa ragione mancasse, sopperirebbe Y idea del proprio
interesse, che lo tiene stretto alia Sovranita del Pontefice. Se anche
da questa ragione si voglia prescindere, la sola esperienza di cio che
ban guadagnalo gli altri popoli italiani colla fatta mutazione , baste-
rebbe a ritrarnelo. Eccovi il fatto e la spiegazione del fatto.
Se non che voi, onorandissimi liberali, non solo vi siete giudicati
da voi medesimi, ma di piu avete condannato il voslro fitlizio regno,
e condannatolo a pena capitale. Imperocche voi avete proferita questa
memorabile proposizione : « Che il regno d' Italia e fondato nell' ipo-
tesi di avere Roma , e si crede provvisorio insin che Roma non sia
sua. » Or poiche mancando Y ipotesi cade la tesi che sopra vi e fabbri-
cata , e il provvisorio non puo esser perpetuo ; ognun vede che non
oltenendosi mai Roma da voi, come e certo che non mai 1'otterrete ;
e forza che il nuovo regno si sfasci e mole mat sua. Cosi vi accorge-
rete un'altra volta a prova che il Papato e quella pietra , contro cui
chi vuol dare di cozzo, e costretto a fiaccarsi le corna.
LA POVERELLA DI CASAMARI
i
RACCONTO STORICO
DEL 1860 E 1861
XXXVIII.
Tutte le voci che dall' un campo all'altro del dinlorni di Casamari
si erano messe in giro sul conto di una scorreria dei Piemontesi ,
non s' ha gia da credere che fossero castelli in aria , o meri spa-
ventacchi di cervelli contadineschi. Imperocche sino dalla prim' al-
ba di quel giorno di Martedi, un circa duemila tra Granatieri e Lan-
ded della brigata del generale di Sonnaz , si erano adunati con al-
quante bocche da fuoco nelle Ticinanze di Castelluccio : e d' indi
moslravano di voler ogni poco spingersi oltre e piombare sopra la
Badia , la qual era il punto che essi tenevano di mira per isnidarvi
le soldaiesche napoletane , e verso cui li aizzava tutta la bordaglia e
la schiuma delle guardie nazionali di Sora e dell' Isola , che , avide
di partecipare al sacco di quell' insigne monastero, faceano massa
dietro alle loro spalle e apprestavano carri da trasportarne il bot-
tino. Per quali ragioni poi temporeggiassero tanto , che non passa-
rono innanzi se non all' ora del vespro , non s' e patuto sapere ; ec-
celtoche si congettura che avanli procacciasserp di sicurarsi ben
bene, per mezzo di segrete spie, dell' essere e delle conlenenze dei
nemici che stayano ad alloggio in quelle mura indifese. Ma e cer-
414 LA POVERELLA DI CASAMAR1
to che ne la banda dei Chiavoniani, mandati ad esplorar la frontiera,
ne le ronde del colonnello di Christen ebbero seutore della loro ve-
nuta, altro che quando essi, precipitaiisi d' improve iso sul dosso del
poggetto ov' e la chiesolina della Madonna chiamata del Reggimen-
to , e postativi alquanti pezzi d'artiglieria , cominciarono trarre gra-
nate e palle contro a' Napoletani , i quali vivandavano allo scoperto
lungo la strada. Cotesli furono gli scoppii che Trafeno intese menlre
imboccava la porta della cilia di Veroli , i quali incussero sgomento
terribile nei monaci e in lutti gli abitalori delle circoslanti campagne.
II Christen, a quei primi colpi si fulminanti, raccolse in im batter
d' occhio tulli gli uomini suoi, e li distese nella pianta del suddetto
poggerello, con animo di occuparlo, tostoche avesse potuto osserva-
re gli andamenti del nemico. Ma non tardo ad accorgersi che que-
sto gia lo avea precorso su q-uell'altura, con forze che soverchiavano
dieci cotanti le sue. Adunque, per non impegnar quivi un combatti-
menfco che, a cagione della disuguaglianza del numero e del disfavo-
re del sito , sarebbe tomato nocevole a se e disastrosissimo all' Ab-
bazia , delibero di prendere subito la strada che raena alia grossa
terra di Bauco , e salitovi di mettervisi in fortezza contro il prepo-
potente Subalpino. Percio fatto ordine all'Alonzi che imboscasse i
suoi imberciatori in un rialto alia destra sponda deli'Amaseno, e di
la tenesse in rispetto i Sardi , egli dispose la ritirata: e cosi, dopo
piccolo intervallo, tutta la squadra dei Regii , avente per retroguar-
dia i montanari di Chiavone , i quali bravissimamente respinsero
1'avanguardia nemica e la sbaragliarono, si indirizzo alia volta della
terra summentovata.
. Mentre che i Napoletani si allontanavano sotto il tiro dei cannoni,
che non isfioraron la pelle a uno solo di essi , la cavalleria e la fan-
teria piemontese avanzavasi nel piano a gran passi , e da ogni lato
veniva circuendo il procinto esteriore della Badia, per forma che ne
1'entrarvi ne Tuscirne era piu possibile a chi che si fosse, salv.oche
con pericolo della vita. Tutte queste soldatesche erano guidate dal
generale di Sonnaz in persona , il quale spiccava tra le turme per la
bellezza del palafreno stornello che avea sotto di se, e per la bizzar-
ria del suo travestimento che non era ne da borgese ne da militare.
KACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861
Or i fatti che poscia seguirono sonp tanto vituperevoli , che non
vogliamo narrarli noi : lasceremo invece che li espongano testimonii
meritevolissimi d'ogni fede , i quali ce ne hanno cortesemente tras-
messe le particolarita che qui porgiamo ai lettori.
« I monaci stavano ancora tranquilli nel loro cenobio , mu quan-
do si avvidero che .i Piemontesi , non piu curandosi dei Borbonici,
procedevano a mano armata contro di essi, un gran timore li prese;
e fuggendo chi qua e chl la, cercavano qualche scampo per salvare
la vita. Ad alcuni venne fatto di sottrarsi : ma questi , uscendo dal
monastero , furon bersaglio alle granate e alle palle che lor fibcca-
vano dietro: e, senza un miracolo, non s'intende come i fuggiaschi
potessero giungere a salvamento.
« Alle ore quattro e mezzo la Badia era investita da ogni parte , e
fattisi innanzi alcuni dei capi , con le spade sfoderate , dimandarono
del Superiore. Questi, cioeil P. Abate, era fuori per assistere ad un
moribondo : come allresi il Vescovo di Sora , it quale dalla sua dio-
cesi si era ricoverato in Casamari , in quel tempo era fuori con tut-
li i suoi, per la solita passeggiata che usava fare in legno, stante la
grave eta e la inferma sua salute. Si presento dunqire loro il P. D.
Bernardo Pietralissa, piemontese dipatria e Priore, il quale mansue-
tamente li richiese di che abbisognassero. Risposero che essi vole-
yano i briganti nascosti nel monastero. II Priore li certificoche non
ve n'era pur rombra; Ma in questo arrivano altripiu fieri, che, af-
ferrato il Priore pel petto, gli minacciano la morte. Indi gli ordina-
no di radunare tutti i religiosi e di partire con essi senz' altro indu-
gio , intimandogli che, dopo un quarto d'ora, quanti monaci si tro-
vassero nei chiostri , tanti sarebbero fucilati. II Priore fece e disse ,
per non muoversi : ma tutto indarno. Gli convenne riunire alia me-
glio i monaci , e con loro andarsene, svillaneggiato da quella solda-
1esca con mille contumelie ed imprecazioni. Alcuni pero nellosmar-
rimento si erano dispersi ed appialtati in una soffitta, dove restarono
segretissimi per non essere uccisi.
« Rimasti in tal guisa padroni del monastero, cotesti Vandali si
diedero a scorrerlo, rompendo e sfasciando tutte le porte. Penetra-
rono nelle celle e nelle officine , e le derubarono d' ogni piu piccolo
LA POVERELLA DI CASAMARI
arredo, fracassando, spezzando e stritolando a rigor di termine tutto
cio che non potevano intascare o insaccare, e caricare nei carri che
aveano condotti con se. Nella stanza dell' Abate involarono mitre,
croci petlorali, aneWi abaziali e quanto allro vi rinvennero. Le casse
delle biancherie, le posate, le stoviglie della cucina, i libri, i mate-
rassi dei letli, e persino le seggiole e le tavole e gli sgabelli, tutto fu
o rapito o guastato. Poscia calarono nella chiesa, dove parecchi solda-
ti di cavalleria, montati sull' altar maggiore, non trovando la chiave
del tabernacoloov' era custodi toil Sacramento, infransero i gangheri
per isforzarlo ed aprirlo, staccarono la piaslra di metallo dorato che
ne guarniva lo sportelletto, gittarono a terra le sante particole e ru-
baron la pisside: poi, faltisi sopra gli altri altari, li spogliarono delle
tovaglie e della cera, lagliaron le braccia ai Crocifissi, mozzaron la
testa alle immagini di Gesu Bambino, e manomisero e profanarono
ogni cosa. D' indi, scassinata la porta della sacrestia, si scagliarono
agli armadii e ai credenzoni, li sfracellarono e vi levarono otto ca-
lici, cinque d'argento e tre di rame dorato, un ostensorio grande di
argento massiccio, due pissidi ed una scatola pure d'argento, due
turiboli, un secchietto per 1'acquasanta, e piviali e camici e pianete
e stole e lini sacri e, in una parola, tutto sino ai corporali, ai purifi-
catoi ed ai fazzolettini. Ne contenti di queslo saccheggio sacrilego,
ammonticchiarono sotto la gradinata della tribuna candelieri, carla-
glorie e che altro, e vi appiccaron fuoco, per distruggere quello che
non potevano portar seco.
« Fatta quesla orribile depredazione della chiesa, della sagrislia
e del monastero, scesero a basso e incendiarono la spezieria , il la-
boratorio chimico e la libreria annessavi ; abbruciarono le camere
della celleria e del forno , dando alle fiamme tutte le carte apparte-
nenti al monastero, cioe apoche, islrumenti, scritture, obbligazioni,
mappe, codici, cabrei e simili, con perdila non solo inestimabile, ma
irremediabile , trattandosi di un' Abbadia fondata da setle secoli e
abitata dal medesimo S. Bernardo.
« L' unico religioso con verso, che non erasi sottratto alia furia di
quella truppa, legato e ehiuso nella spezieria fu abbandonato alle
fiamme: ma, con 1'aiuto di Dio, pole camparne, sollevando coi piedi
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 417
una porticella che corrispondeva col claustro, e introdurvisi. Un altro,
che tardo a nascondersi, ebbe maltrattamenti spielali: giacche pre-
solo e appuntategli alia gola le baionette, gridavano ogni poco, che
lo avrebbero scannato. Ma voile la provvidenza che uno di quei sol-
<lali, giovane lombardo, si movesse a compassione del raonaco e, im-
pugnata una pistola, lo difendesse dagli strazii degli altri che, urlando
e caricandolo d' improperii, si mostravano silibondi del suo sangue.
Dio renda a quel buon giovane , cenluplicata in quesla e nell' altra
vita, la sua carita!
« Messo cosi alia ruba o in fascio cio che diede loro nell'occhio,
bramando di consumare, se fosse possibile, la stessa Badia; la in-
cendiarono in diversi altri punli, ed entrati nella rimessa e impadro-
nilisi degli animali che v'erano dentro, per ultimo gittarono il fuoco
nel fienile; ed accesa la cera tolta dalla chiesa, per illurainar le fine-
stre in segno di giubilo e rischiarare la strada , partirono carichi
della preda. Erano le ore nove. Tornati poi in Sora, fecero mercato
<Ji tutta questa roba rubata, ed era una piela vedere posti all'incanto
gli arredi e i vasi sacri e gli abiti monacal! . Sebbene prima di ven-
derli pensarono di profanarli, perche nel ritornare di la dal confine,
portavano indosso chi un camice, chi una pianeta, chi una cocolla e
chi una lonaca.
« Appena i Piemonlesi si furono slontanati, quei religiosi che si
<erano occultati nella soffitta, uscirono dal nascondiglio, e veduto co-
me il monastero andasse tutto in fiamme , si raccolsero in chiesa ,
levaron da terra le sante particole sparse e calpeslate: e dopo questo,
aiulati da alcuni contadini , si fecero a scorrere per gli ambulacri,
togliendo tutto cio che potea servire di alimento al fuoco. Ma sicco-
me 1' incendio della spezieria e della celleria era lanlo ingrandito
che non c' era modo di estinguerlo, percio misero mano a troncare
le comunicazioni di queste due fornaci col corpo del monastero : e
venne lor fatto, ma con gravissimi pericoli e con fatiche indicibili.
« Non e facile determinare il danno che pati la Badia per quesla
depredazione vandalica. Ma la minor somma che si possa stabilirer
eccede sicuramente i ventiduemila scudi. II danno per altro che n'e
-venuto ai poveri , i quali nelle loro infermita aveano un rifugio nella
Serie V, vol. X, fasc. 340. 27 9 Maggio 1864.
LA POVERELLA DI CASAMARI
spezieria, nominalissima per la bonta e copia de' farmachi , e per la
carita con cui li forniva gratuitamente ai piu miserabili, questo dan-
no Iddio solo puo computarlo. »
A questa relazione la quale, se niente pecca, e piu per quello che
tace delle ribalderie commesse in tal sera , che non per quello che
ne accenna, noi non aggiugneremo commenti. Ma ci baster& no-
tare che Je memorie dell' Abbazia di Casamari , nei seltecento e piu
anni da che ella sussiste, non ricordano devastazioni che a questa in
empiela e barbaric si paragonino, altro che due. La prima fu ai tem-
pi di Papa Onorio III, e la fecero i Saraceni, da quelle mezzo bestic
e mezzo uomini che erano. La seconda fu ai tempi di Papa Pio VI,
e la fecero i Giacobini del generale Macdonald, da quei mezzo uomini
e mezzo diavoli che si gloriavano di essere. Questa terza , fatta ai
tempi di Papa Pio IX, da una porzione di quell' esercito che s' inti-
tolava pomposamente « ristauratore dell' ordine morale » in Italia,
e le cui « armi parricide » ( come le denomino il Pontefice ) gronda-
vano luttavia del sangue dei martiri di Castelfidardo, giudicheranna
i posteri se fosse opera da tutte bestie o da tulti diavoli.
XXXIX.
Bauco e una grossa terra posta ai confini del Regno di Napoli,
distante sette miglia dalla citta di Frosinone, che giace sulla vetta di
una montagnuola a pan di zucchero, la quale da mezzogiorno e da
ponente ha fianchi si ripidi e stagliati che paiono lame di coltello,
e soltanto di verso settentrione apre un comodo accesso, per una yia
che cala nella sottostante vallata. II paese, corso lutto intorno da una
agevole strada, tiene somiglianza di un ampio e gagHardo castello,
con cerchia di mura qui e cola ben rafforzate da terrapieni al di
dentro, e al di fuori munite con avanzi di torrioni e cortine, ed anche
recinte da antemurale. Lo stile di queste fortiflcazioni e del mille.
Percio non e a merayigliare che in gran parte sieno ora sgretolale
e rovinose.
Costassu venne pertanto, la sera dei venlidue Gennaio, a metter-
\isi in riparo il conte di Christen con le due sue compagnie di robust!
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 419
uomini da guerra , che sommavano a dugenquaranta , insieme coi
quarantasetle paesani di Chiavone ; i quali vi giunsero un po phi tar-
di, pel duro conflitto che ebbero a sostenere coll' antiguardia de' Pie-
montesi, fermata dal loro valore alia ripa sinistra dell'Amaseno. Le
accoglienze che queste milizie regie si ebbero dalla gente della ter-
ra, furono piene di cordialita e di un cotale affetto ammirativo, che si
muto poscia in fratellevole amicizia, come videro il fare cortese e i
tratti signorili del Christen e dei due suoi ufficiali, e I'ottima disci-
plina e la religiosita de'loro soldali, che non furon potuli appuniare
di cosa men che onesta e garbata. II qual tenore di procedimenti ,
inesso a riscontro con le bestialila e le diavolerie perpetrate in Ca-
samari dai loro nemici e propalatesi gia in un lampo per tutta la
provincia, non e a dire quanto conciliasse loro la stima e la benevo-
lenza del popolo e d' ogni ordine di persone.
Vero e che la presenza di questi militi del re Francesco II , de-
stava il sospetto non forse i saccheggiatori di Casamari, che procul-
cavano qualunque si fosse diritto umano e divino, ne cogliesser pre-
testo di avven tarsi sopra Bauco , e quindi se ne avesse da originare
lo slerminio di quella nobile terra. Ed era assai ragionevol sospelto :
e il conte Carpegna, che capilanava il presidio di Veroli, per rimuo-
vere appunto cotesto pericolo , avea mandato intimare ai Regii che,
con la maggior prestezza possibile , avesser dovuto sgomberare il
paese e ridursi oltre la frontiera romana : e in evento che rifiutassero,
dichiarava ch' egli avrebbe adoperata la forza. Ma il signor di Chri-
sten , che da un lato non aveva modo di trafugarsi issoffatto air oc-
chio dei Sardi, i quali vigilavano ogni passo , e dall' altro non inten-
deva di cedere pacificamente le armi nelle mani di chi che si fosse;
diede buone parole e in tanto si apparecchio ad una difesa che aves-
se da costar carissimo a chiunque si fosse voluto arrischiare di as-
saltarlo. II qual partito se si vuol dire scusabile, perche consigliato
da condizioni di militar ouore quasiche disperate, certo da niun uo-
mo savio non si dira mai lodevole; consideralo il repentaglio terri-
bilissimo al quale avventurava una inlera popolazione, suddita di un
altro Principe, e netta delle sanguinose brighe che i Napoletani e i
Piemontesi distrigavano tra se nella micidiale lor guerra.
120 LA POVERELLA DI CASAMARI
L' ordine della difesa che egli stabili , appena occupato quel sito
naturalmenle scabrosissimo ad espugnare , fu queslo. Da priina as-
serraglio le ire porte d'ingresso voltate a borea e ad orienle, abbar-
randole con travate e pietrcni formanli un tramezzo alto quallro
metri e largo died : e per tulto iniorno le corline , che erano slab-
brate e a un livello col terrapieno, senza merli, ne spalli, ne piom-
batoi , egli scavo un fosso di lanta cupezza quanta richiedevasi a
tenere coperto un uoino. Appresso, nelle case che fiancheggiano le
dette porte, apposlo scellissimi imberciatori, che, con tiri incrociati
e a bruciapelo, bersagliassero il nemico , dato che giugnesse mai a
superare i serragli, e ad aprirsi un varco nell' accasato. Finalmenle,
dopo avere incorporati i Chiavoniani alle regie milizie, e da ciascuno
avuto il giuramenlo che si sarebbe lasciato lagliare a pezzi avanti
che cedere un palmo solo della terra , ri parti questi dugentollanta-
sette bravi in tre schiere. Al capilano conte di Cootaudon commise
Tuna, designata a guardare la sinistra della piazza, che, comprenden-
do il vaslo orto de' Filonardi , si ripiegava dalla porta di san Niccola
fin all'altra chiamata di santa Francesca. All'alfiere Caracciolo diede
la seconda che dovea custodire la destra, la quale volgeva a levante
sino alia porta di santa Maria. II terzo drappello, minimo per lo nu-
mero, fu riserbato dentro. Ma siccome le munizioni erano misuralis-
sime , a tale che in tutto non si aveano cariche se non per ventun
mila colpi di fucile ; cosi 1' animoso Colonnello di Christen esortava
istanteinente che non se ne facesse scialacquo : e ripeteva celianda
che non si spendesse piu di una cartuccia per testa di nemico.
Fatti questi apparecchiamenti con una leslezza mirabile , i Na-
poletani aspettarono a queto e con la pi pa in bocca, che il Sonnaz si
fosse accostato a provar di cacciarli da cotesto lor nido di girifalchi.
Gia gli esploratori, che rondavano avvisando ogni mossa dei Piemon-
tesi, aveano riferilo che tra Sora e Castelluccio era un grande viavai
di milizie che faceano capo grosso all' estrenio lembo del Regno : di
che il Christen stava all' erta, e ogni poco dall'allo del palazzo Filo-
nardi, ov'era d'alloggio , spiava col suo cannocchiale per non esser
colto alia sprovveduta. Ma la nolle dei venliselte, e piu la matlina
seguente innanzi 1' albeggiare , ebbe da parecchi suoi fidi corrieri
BACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861
T annunzio sicurissimo che il Gencrale, violalo il confine , marciava
con tulta la sua brigata sopra Bauco , e che a punta di giorno egli
sarebbe comparso in vista della terra. Avute queste informazioni, il
Christen , sollecito di non isbigottire le famiglie che erano a riposo,
raccolse tacilamente i suoi , assegno a ciascheduno le poste , rinnovo
le intelligenze col Cootaudon e col Caracciolo ; e piantatosi alia porta
di san Niccola , ivi con 1'Alonzi resto a bada degli assalitori.
Di rincontro a Bauco, e propriamente verso tramontana, levasi un
verdissimo collicello detto Cologni , il quale prospetta le sue porte e
le sue mura si fattamente, che col piede appoggiasi alle radici della
montagnuola che porta in cima il paese : di fronte poi ha il pendio
dolcissimo, ma dai lati esso declina con ripidezza e cala giu in due
valloncelli , che alle falde gli si allargano. Con lo spuntare del sole,
che puro e senza ingombro di nuvole sorgeva di dietro i clivi arpi-
nati, si videro a un tratto sul crine di questo colle sfavillare le armi,
e nel basso, in grembo alle due vallette, scorrazzare i cavalli e am-
massarsi le fanterie dei Piemontesi che, sopraggiuntivi noitetempo ,
si mettevano in ordinanza , per isforzare la terra ed espugnarla al
primo impeto. La loro brigata era compos ta del quarto e del quinto
reggimento dei Granalieri della Guardia , di alquanli drappelli di
Lancieri , e d' una batleria di sei pezzi , de' quali due lisci e quattro
rigati : sottosopra un quattromila e cinquecento uomini. Che si ha da
avere per nulla quel branco di masnadieri , razzolati tra la piu ver-
minosa canaglia di Sora e dell' Isola , i quali alia coda di queste
truppe , sdraioni sul suolo e coi sacchi in ispalla , sospiravano il
beato momento di potersi gittar dentro le conquistale mura, e rifare
di Bauco il malgoverno che, gareggiando con le milizie, aveano fallo
di Casamari.
II conte di Christen riguardava con placido animo e con occhio
tranquillo il difilare, lo stendersi e Fassettarsi di quelle poderose le-
gioni , e noverandole come meglio poteva cosi a un di grosso , non
pure tocco con mano la disformata inegualita delle forze , giacche i
suoi bravi, sguarniti d' ogni artiglieria, sarebbero dovuti stare 1'uno
contro centocinquanta, e questi sorretti da sei buone bocche di fuoco;
ma facendo sottilissima attenzione ai provvedimenti che il generale di
422 LA POVERELLA DI CASAMARI
Sonnaz prendeva da mezzo 1'erta di Cologni, indovino per aria il suo
pensiero. Conciossiache gl'indizii erau tali che mostravano com'egli,
fingendo di mirare al grande orto situalo fra le porte di san Niccola e di
santa Francesca, per attrarre cola ii maggior nerbo dei difensori; in
«ffetto preparasse un formidabile assalto alia man destra , nei punti
€he egli s' immaginava dover essere i meno guardati. E per questo
fine avendo apprestate tre serratissime colonne, indirizzolle ciasche-
duna al suo termine: quindi poco stante, cioe alle selte ore del mat-
iino, si udi una sparata di cannone che era il segno della baltaglia.
A quel fragoroso ribombo si alzo un grido di : — Viva Francesco !
Viva Napoli I — e le trombe squillarono, e un diluvio di palle a tiro
liccante comincio piovere dai propugnacoli di Bauco.
XL.
Non e proposito nostro di descrivere per minuto i casi di questa
fazione notabilissima, nella quale un manipolo di men di trecento uo-
mini , travolti in un nembo di ferro e di fuoco che sfolgoravali per
ogni verso , e oppugnati da ollre quattro mila furibondi assalitori ,
validi, coraggiosi, bene in armi, benissimo governati, per molte ore
continue tenne lor testa ; e li ributto sempre e li sgomino e li scon-
fisse e ne meno tale scempio, che, ridotti aU'estremo, pregaron eglino
di stringere i patti di una capitolazione : onde meritamente Bauco
s' ebbe il nome di Termopili dell'onore napoletano. II tradimento che
nelle guerre del 1860 e del 1861 , da Marsala a Gaeta , fu il solo e
<vero Dio Marte dei conquislatori delle Due Sicilie, colassu non trovo
albergo in nessun cuor di fellone : ma dovunque , tra quelle bastite
in ruina , era un braccio armato per la causa del Re e per la tutela
dei minacciati Baucani ; fede, costanza e bravura insuperabilmente
eroica trionfarono sino airultimo. Di che tutti i paesani della sottopo-
sta valle ernica, i quali furono trepidi spettatori dell'aspro, diuturno
e cosi disuguale combattimento , meravigliati di tanta prodezza dei
Borbonici, ebbero ad esclamare che se i Generali del regio esercito
fossero tutti stati della tempera del conte di Christen, non gi& re Vit-
lorio in Napoli, ma re Francesco sarebbe entrato viricitore in Torino.
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861
Per farla corta , accenueremo che , secondoche il Colonnello avea
pronosticato, T impeto e lo sforzo supremo del Piemontesi dapprima
si scarico tutto conlro il sinislro lato del semicerchio, vicino alia por-
ta di san Niccola. Ma venuto meno 1'urto per la ferocia onde i Na-
polelani, non paghi della difesa, si scagliavano all'offesa; e iterata-
mente le due eolonne assalilrici essendo state spezzate e rovesciale
indietro dal turbine della moschetteria che, mista a macigni, a sassi
e a eatolli di selce rotolati dalla cresta dei terrapieni, le impossibilita-
ya di procedere e crudelissimaraente le mutilava; la zuffa si rinfresco
al lato deslro da porta santa Maria, con tale violenza che Talfiere Ca-
racciolo, oppresso da un intero battaglione, non bastaya piu con soli
sessanta uomini a tenersi ; e gia il soverchiante nemico s' inerpicava
su per gli sporti del serraglio e alleslivasi a dar la scalata. 11 conte
di Christen, fatto inteso del rischio , levo il piu che pole di gente
dalla trincea dell' orto de' Filonardi , e strappato il fucile di pugno
a un gregario, si precipito allora sul ciglio di un parapetto, e ma-
neggiando a furore la baionetta infuse tale audacia ne' suoi, che, dis-
messo di trarre, rivoltarono i fucili, abbrancaronli per lacanna e col
calcio menando colpi disperatissimi in testa a chiunque osava ar-
rampicarsi, in breve ebbero costretta anche questa colonna a retro-
cedere lulta scompigliata e sconnessa.
Ma piu gli assalti moltiplicavano di numero e piu scemavano di
gagliardia, si pei danni che ne riportavano i Piemontesi, tempestati
da un fuoco incessante che usciva appuntissimo di dietro le mura , i
ripari, i bastioni che coprivano i Regii, e sfracellali dalle pietre che
piombavano loro addosso da ogni banda , e si per la stanchezza di
un tanto correre e battagliare e trafelare sempre a vuoto. I Grana-
tieri di due compagnie del lerzo reggimenlo furono ricacciati di fianco
in uno sfondo di terra si prossimo a un trinceramento dei Napoletani,
e insieme cosi esposto al fiotto della metraglia fulminata dalle artiglie-
rie di Cologni, che per ognun d'essi muoversi e perire era tult'uno.
Di che inlimato loro dal Christen di deporre le armi , le deposera
e si diedero per morti. OHre questo tutta la circonvallazione appie
del recinto, per lo spazio d'un buon miglio , era seminata di fe-
riti , di agonizzauti e di cadaveri cosi pesti e malconci, che era una
LA POVERELLA DI CASAMAR1
scena angosciosissima a vederla. Di che i Regii , le cui perdite non
passavano i died uomini , da denlro la piazza si resero certi che il
nemico era a pessimo termine : e percio raddoppiavano le scariche e
animosissimi si davano a scorgere dal cbiuso del loro ridotli. Ne
s' ingannarono punto. Conciossiache il generale di Sonnaz, vedute lor-
nar vane tante prove pagate a si prezioso costo di sangue ; su le ore
due dopo il mezzogiorno, spiegata bandiera bianca, chiese di parla-
m en tare.
II signor conte di Cootaudon , che ebbe tanta parte in quest' am-
mirabile difesa , ed alia cui squisila genlilezza andiamo debitori di
molti dei ragguagli qui a volo indicati , ci ha graziosamente estratto
di proprio pugno dal suo privato diario militare il racconto di do che
avvenne dopo alzatosi dal campo sardo questo signale di tregua : e
noi, per amore di fedella, lo trascrivererno, voltandolo semplicemente
dal francese in ilaliano.
« Incontanente che potemmo discernere la bandiera, il colonnello
di Christen fece quietare il fuoco della nostra moschelteria, dacche
era finito quello dei Piemonlesi, e mi commise d'accogliere il parla-
mentario che si appressava. Affacciatomi alia fmestra di una casa
accanto la porta di san Niccola, vidi un uffiziale inoltrarsi precedu-
to da un Irombetto ; e dimandatogli chi fosse e che cosa volesse ,
dissemi : ch' egli era il Capo dello Stato maggiore del generale di
Sonnaz ; e veniva in suo nome ad informare la guarnigione della
piazza , che se ella li su due piedi non si rendeva a discrezione sua,
egli obbligava la sua fede e 1'onor suo che, espugnato il paese, 1'a-
vrebbe tutta messa a filo di spada. A questa millanteria feci bocca
da ridere , e stava per rispondere , quando gli uomini che mi erano
intorno, e aveano udile quelle parole, proruppero nei gridi di
— Viva il Re ! morte ai Piemontesi ! vogliamo comballere ! — La
risposta era chiara. Adunque notificai a quel signore che dovesse
tornare immedialamente al suo posto ; che in meno di cinque minuti
noi avremmo ricomincialo a far fuoco.
« Esso allora, mulato regislro e assunli modi fioriti di civilta, mi
prego che si fosse mandate al Generale un parlameniario nostro, per-
che si ponesse un termine a questa tanto spavenlosa carnificina. II
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 425
conle di Christen, che era sopravvenuto , se ne contenlo e voile che
andassi io medesimo. Scendendo in compagnia di questo Piemonte-
se, seppi da lui che nessun altro uffiziale s' era ardito di accostarsi a
parlamentare con noi, perche era voce che fossimo « tulti briganti»
i quali moschettavamo senza pieta: ma la vista delle nostre assise mi-
lilari avea tolto dall'animo suo questo timore. Tosto che il Generale
m'ebbe veduto venne ad incontrarmi , e salutatici scambievolmente,
e deltogli dei miei titoli e della mia qualita e fatteci alcune cortesie:
« — Come puo essere ; sclamo egli ; che voi Francese, buon gen-
tiluomo e conoscente di molti miei conoscenti, siate oggi mio nemico?
0 Diavolo ! La Francia e pure nostra alleata !
« — So che il Governo francese vi e benevolo, ma che la Francia
vi sia proprio alleata, ne dubito forte. Ad ogni modo, quanto a me,
posso accertarvi che appunto perche Francese e buon gentiluomo ,
sono e saro serapre avversario vostro. Or cio poco monta. Veniamo
a noi. Io mi sono condotto qui per compiacere il vostro parlamen-
tario.
« — Ah vero! ebbene, accettate voi?
« — Che cosa ? la proposta forse che egli ci ha porlata ? Se mi
parlale di questa, a rivederci ! io rilorno.
« — Sentite me: soggiuns'egli inlrecciando il suo al mio braccio;
dirovvi apertamente che io sono stato corbellalo. Aveva udito dire
che in Bauco non c'era altro che una masnada di vili ladronacci , e
io, sulla fede di questi rapportamenti, mi sono messo all'operadi bat-
ter la terra. Ma troppo mi accorgo che io invece ho contro di me
bravi soldati, condotli da valentissimi uffiziali. Io voglio farla finita
con questo macello : ecco un' altra proposta. La guarnigione uscira
con tutti i soliti onori di guerra ; porra giu le armi a mezzo miglio
dal nostro campo , e ognuno di voi sara Hbero di prendere quella
strada che piu gli piace. Io vi do parola che non molestero nessuno
dei vostri. Vi va?
« — Ne punlo ne poco. Gli onori si fanno rendere e le armi si fan-
no por giu a una guarnigione, allora solo ch'ella sia perdente e venga
a palti. Tale non e il caso nostro. Fino ad ora voi, Generale, siete
perdente ; e non gia noi.
« — Dunque si ricombatta ! diss' egli con qualche alterazione.
426 LA POVERELLA DI CASAMARI
« — Volenlieri ; noi non desideriamo altro. Badate pero che il
giuoco non sara pari. La gente vostra e affranta e non ne puo piu:
la parte migliore degli uffiziali vostri giace, o morta o boccheggian-
te , sotto le nostre mura : di munizioni siete al verde. Noi per con-
trario siamo quasi intatti , abbiamo munizioni da vendere , e corag-
gio da farvi pentire della riprova.
« — Quanti siete? mi chiese in aria brusca.
« — Otlocento ; replicai con molta disinvoltura ; e tutti fiore di
prodi.
« — -Avete ragione; riprese egli mordendosi i mustacchi e guar-
dandomi con occhio attristato ; voi dite il vero : quesla mia brigata
e in couquasso. Ma io non la muovero se prima non ci accordiamo
alia buona. Io dovrei marciare verso gli Abruzzi. Or come lascia-
re gli alloggiamenti di Sora, fin a tanto che voi tenete fermo in
Bauco? Non e possibile. Mandero chiedere balterie in Gaeta, vi as-
sediero, vi seppelliro Ira le bombe : ma, o in un modo o in un altro,
e di necessita clie io vi spunti da cotesla pericolosa bicocca. E fece
nuove proposizioni che io novamente ricusai.
« — 0 diacine! proponetemi dunque voi i patti: se non sono
iroppo duri , io mi vi accomodero.
« Rispostogli che cio spettava al Colonnello , mi fece istanze per-
che quesli venisse a lui per traltar seco. E cosi io mi licenziai , e
il conle di Christen discese ad abboccarsi col Generale.
« Mentre si conducevano queste praliche , il nemico era affaccen-
datissirao in portar via i suoi morli e i feriti , che tutti insieme mon-
tavano a circa un migliaio, di cui quattordici uffiziali : e noi, non che
io disturbassimo , ma gli somministrammo badili e zappe , affinche
desse piu agevolmente sepoltura agli uccisi. Per ultimo , sonatosi a
raccolta , vedemmo i Piemontesi riprendere il cammino della fron-
iiera, in quella che il Colonnello risaliva nella piazza con gli accordi
gia belli e stipulati. Ouesti erano che il Generale immantinente sa-
rebbe uscito dal lerritorio pontificio, nel quale s'impegnava a non
riporre piu il piede per combattervi i Napoletani ; e che il conte di
Christen, passati due giorni, sarebbe partito da Bauco, con promes-
sa che, durante 1'assedio di Gaeta, egli personalmente non avrebbe
adoperate le armi contro de' Sardi.
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 427
« I due reggimenti de' Granalieri, co' quali i nostri dugentottanta-
selle combatterono ben sette ore, aveano falte le campagne di Cri-
mea e di Lombardia ; e noi il domani trovammo in grandissimo nu-
mero , sparse appie delle fortificazioni , medaglie commemorative di
queste due campagne : e sopraccio trentatre altri cadaveri , cento-
cinquanta fucili ; e sciabole, sacchi, centuroni e quaschi a carra. D
coraggio dei Piemonlesi, in tutti gli assalti che diedero, fu superiore
ad ogni eccezione ; ma la resistenza dei nostri fu cosa eroica. » Sino
qui il nobile Capitano.
Opinione costante non pure dei Baucani , i quali ascrissero a mi-
racolo di provvidenza la preservazione della lor patria dal sovra-
stante eccidio, ma persino di molli fra gli assalitori medesimi, i quali
confessavanlo a piena bocca , fu che questo lor disastro cosi orribile
fosse pena esemplarissima delle sacrileghe sciagurataggini commes-
se da quella loro brigata nella Badia di Casamari. Ed e anzi memo-
ria di uno Ira i primarii uffiziali che, al ritorno di essa brigata dope*
la sconfitta , essendo deposto quasiche moribondo nel monastero , e
sentendo che ivi non erano phi medicamenti con cui rislorarlo, per-
che tutto era arso e incenerito ; 1' infelice le\6 gli occhi in alto ed
esclamo : — Giuslizia di Dio ! — e chiesti i conforti del cielo, spiro>
1' anima.
La spada di lassu vedi che taglia ,
Ma sempre a luogo e tempo e con misura ;
Ogni cosa di sopra si ragguaglia.
XLI.
A mezza il Febbraio , la mattina di un giorno splendido e arioso
che parea la primavera fosse nel suo phi bel fiore , per la violtola
che dalla strada maestra di Monte san Giovanni metleva nella casi-
poletta di Yito , s' introdusse uno sconosciuto , il quale , cavalcando-
di passo e ragguardando ora in qua ora in la, mostravasi ambiguo nel
suo cammino e voglioso di qualche addirizzamento. Costui s' inoltro-
fmo al pagliaio: e , conciossiache niuno gli si facea vivo, smontalo
lego la cavalcatura a un palo, si appresso all' uscio per onde si en-
LA POVERELLA DI CASAMARI
trava nella cucina, e sospingeridone un baltente, che era socchiuso :
— 0 di casa ! comincio a chiamare ; e permesso?
— Chi e? grido la massaia facendosi al capo della scaletta.
— Amici ! dite , buona donna , abila nienle qui un cerlo uffiziale
napoletano ammalato, con una sua figliuola che ...
— Be', cosa vorreste da lui?
— Ma c'e egli, o non c'e?
— Yoi chi siete? 1o interrogo la donna sospettosamente e senza
ardirsi di scendere.
— lo? sono un galanluomo, non temiate di me.
— Questo non basta ; ripiglio caldamente 1'altra ; ora tutli i bric-
coni si dicono galanluomini. Donde venite voi? che volete?
— Vengo da Roma , e vengo per parte di quel signore che si
trovo qui con voi il giorno che i Piemonlesi saccheggiarono Casamari.
• — Ah ! si mi ricordo.
— Egli, avendo sentito le cannonate , la sera medesima noleggio
una yettura, e, lasciati i suoinegozii lutli sospesi, parti di galoppo
e lorno in casa sua. Ora che le faccende si sono quietale, ha mandato
inlTeroli me , che sono un uomo suo , per fare eerie riscossioni , e
m' ha dato una letlera per questo voslro uffiziale.
— Ho capito ; rispose la donna rassicurandosi e avviandosi giu
per la scala; eh, il povero Capitano (Dio 1'abbia in gloria !) e andato
in paradiso due settimane fa , subilo dopo la rotta che que' nemici
di Dio ebbero dai Napoletani in Bauco ; e ve lo dich' io, fu un visi-
bilio che non e mai stato il simile al mondo. Le monache benedet-
tine videro gli Angeli che con saette di fuoco fulminavano tulli
quei demonii veslili da soldali; e cose ! cose! insomma un prodigio!
E si puo ben dire che il Capitano 1'hanno ammazzato essi, que'dia-
voli, pel grande spavento e pel crepacuore che gli fecero prendere.
Oh poveretto ! ma beato lui che e morto proprio da santo !
— Pazienza ! la interruppe 1' uomo con atto di rincrescimento ;
s' egli e morto non accade piu altro. Pure quesla letlera , penso io
che si polrebbe dare alia figliuola. Me n'ha parlalo tanto la giovane
del signor Traiano !
— Ahime! la figliuola sua e sparita , e non se ne hanno nuove ,
per cercare che se ne faccia. Appena morto e seppellito suo padre,
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861
la poverina fece un fagotto di tutta la roba di lui e mi disse : « Fi-
lomena, tiella per te ». Ci pago sino airultimo mezzo baiocco, dono
alle mie ragazze uno scudo per una, le bacio e, con un involtino sotto
il braccio, usci di bonissim'ora, piangendo e lasciando detto che an-
dava per le sue divozioni nella Badia. Appresso non e piu riyenuta,
e non se n'e piu saputo nulla. Anche questa e un'ambascia che. . .
oh Vergine santissima! E si asciugo gli occhi che le si empivano di
lagrime.
— Possibile ! sclamo 1'altro ; or che vorra dire la signora Flami-
Dia che le porta tanta affezione, e 1'aspetta in casa sua, e le ha pre-
parata la stanza?
— La nostra gran paura sapete qual e? che 1' abbiano rubata i
nemici di Dio, i quali, mi si dice che nei paesi loro vendono le ra-
gazze come le pecore. E poi quel vostro signore volea darmi a
bere che sono cristiani ! uh , cristiani ? si , va va che manco i
Turchi non farebbero d' ogni erba fascio come fan loro ! Neppure a
Cristo T hanno perdonata nel saccheggio delta Badia! Que' Luciferi
in anima e in corpo gli hanno troncata la testa e le braccia nei Cro-
cifissi, e poi, (terra apriti! ) hanno calpestate le particole del Sacra-
mento! Or figuratevi che sara di quella povera creatura, se fosse
cascata ne' loro artigli ! Noi, mattina e sera sempre si recita YAnge-
le Dei, perche il Signore le abbia misericordia e la liberi.
— Dunque la lettera non serve a nessuno?
— Che v' ho a dir io? lo non so leggere: 1' uomo mio nemmeno.
Vorreste portarla ai monaci che vi spieghino che cosa ella dice?
- Doh! i fatti del padron mio non li fo vedere ad altri; rispose
quegli rifacendosi fuori dell'uscio. Ben bene; io gliela riportero in-
dietro e gli ridiro che il Napoletano e morto, e che la figliuola non si
sa piu dove sia ita, eh?
— Pur troppo !
— Scusate 1' incomodo, buona donna ; soggiunse il messo, e vol-
lossi per isciogliere la cavalcatura.
— Niente, vi pare? riveriteci quel signore, e Dio vi accompagni.
— Non dubitate. E rimontato in sella parti.
IL PATRIZIATO ROMANO
DI CARLOMAGNO1
VI.
Delia Giuris'dizione del Patrizio nello Slato di S. Pietro.
II campo della giurisdizione suol essere campo di guerre e liligi,
sia nell' ordine reale del diritti e fatti storici , come nell' ideale delle
opinioni e sentenze die sopra di essi vengouo quindi agitate dagli
scritlori. Che se la controversia e di qaelle che si dibattono tra il Sa-
cerdozio e 1' Impero, ella riesce non di rado tanto piu viva e spinosa,
quanto e piu arduo talorajl definire nettamente i limiti delle due po-
testa, le quali, benche di ordini si diversi, debbono tuttavia nel go-
verno della societa cristiana intrecciarsi in mille modi e quasi com-
penelrarsi. Ora a questo genere appunto di controversie appartiene
quella della giurisdizione dei Patrizii Carolingi neli'oltavo secolo. Se
non che il litigio qui tutto si ristringe , cosa strana ! nelle sole opi-
nioni degli scrittori , senza che nella storica realta niun sentore se
ne incontri. Infatti tra i Patrizii e i Papi corsero sempre amichevo-
lissime le relazioni, in quei presso a cinquant' anni che fu in vigore
il Palrizialo : e laddove nei secoli seguenli ognun sa le asprissime
lotte che sorsero a quando a quando tra il Sacerdozio e 1'Impero per
le smodale pretendenze e usurpazioni degli Augusli; sotto Pipino in-
vece e Garlomagno Patrizii , si cercherebbe indarno la menoma om-
bra di contesa , non che di roltura, tra essi e la S. Sede ; e bench6
non mancassero anche allora maligni seminalori di discordie, i qua-
li piu d'una fiata studiaronsi di rompere si bell'accordo e sospingere
1 Yedi questo volume, pag. 180 e segg.
IL PATRIZIATO ROMANO DI CARLOMAGNO 431
il Patrizio a soprusare la sua potesta, pur nondimeno loro mai non riu-
sci 1' iniquo intento. Ma se dai fatti e dai monument! antichi rhol-
giamo 1'occhio agli storici modern!, grandissima troviamo la discor-
<lia delle loro opinion! , nell' assegnare i limit! della giurisdizione e
autorita, che al Re Patrizio competeva in Roma e in tulto lo Stato di
S. Pietro, alia sua prolezione raccomandato.
Lungo sarebbe 1'enumerarle tutte distintamente; ma non possiamo
omettere di accennarne almeno le principali. Alcuni, come il Golda-
sto 1 e con lui tutli gl' imperialist!, quell' aulorita esaltano fino a pa-
reggiarla interamente alia potesta sovrana , che gia possedevano in
tutto 1'Esarcato d' Italia gl' Imperatori Bizanlini insino al Copronimo,
pretendendo che da questi ella venisse per nuova Legge Regia del
Senato Romano trasferita nei Re Franchi. Altri , come il De Marca 2
e il Cointe 3 assegnano al Patrizio la potesta medesima che avean
tenuto gli Esarchi, e vogliono che dipendesse anch'ella, se non in
realta come quella degli Esarchi , nominalmente almeno dagl' Impe-
ratori, i quali suppongono avere di propria autorita conferita o alme-
no consentita la dignila patriziale at Carolingi , ed avere conservato
la sovranita di Roma fino all'anno 796. In quest' anno poi, col man-
dare che fece Leone III le chiavi e il vessillo a Carlomagno , credo-
no essersi mutato 1' ordinamento politico dell' Italia romana, ed abo-
lito in questa inlerarnente il dominio imperiale ; ma qui discordano
poi nel definire in chi risedesse da indi innanzi la sovranita. Impe-
rocche gli uni col Cointe pretendono ch' ella venisse ceduta intera-
mente a Carlomagno , a cui , dicon essi , il titolo imperiale assunto
nell'SOO nulla percio aggiunsedi potesta. Laddove altri col De Marca
opinano ch'ella appartenesse in solidum al Papa e al Patrizio, e che
eglino durassero consort! nel potere sovrano , fino alia creazione del
nuovo Impero; in virtu della quale il Papa Leone III, cedendo a Car-
lo Imperatore le prime parti nel governo temporale , sarebbe disce-
so alia condizione, se non di suddito, certo almeno di Principe dipen-
dente. Oltre di cio, ad avviluppare viemaggiormente 1' intrico della
controversia, altri distinguono il governo di Roma e del suo Ducato,
1 Rationale Constitutionum Imperialium, Francof. 1607, pag. 8.
2 De Concordia Sacerdotii et Imperil, Lib. 1, Cap. 12; Lib. Ill, Cap. 11.
3 Annales etc., ad saec. VIII.
•432 IL PATRIZIATO ROMANO
da quello dell'Esarcato e della Pentapoli, e fondandosi sopra un trat-
to di una Lettera di Adriano I, mettono in campo due Patriziali, cioe
il Patriciatus Romanorum deiRe Franchi, e il Palriciatus beatiPe-
tri dato dai Re Franchi ai Papi : in virtu del primo, i Re Patrizii a-
vere avuto la Signoria di Roma e del Ducato , e questa o assoluta e
sovrana, o dipendente dall'Imperatore greco; in virtu del secondo, i
Papi essere stati Patrizii dell' Esarcato, e averne tenuto il dominio a
il governo, ma sotlo 1' alta sovranita dei Re Franchi, da cui 1'aveano
ricevuto : per modo che, secondo queslo bel sistema che piacque al
De Marca e al Muratori, lo Stato di S. Pietro, nella secondameta del
secolo VIII, trovavasi doppiamente diviso tra due Sovrani e due Pa-
trizii: Flmperatore Greco sovrano in Roma , e il Re Franco sovrana
neU'Esarcato; il Papa Patrizio nell'Esarcato, e il Re Franco Patrizio
in Roma.
Tutte queste opinioni, benche tra loro discordant!, sono pero con-
cordi in un punto , nell' esagerare cioe la giurisdizione del Patrizio ,
altribuendo ad essa indubitatamente il dominio e il governo , almea
di Roma e del suo Ducato. E il nostro Muratori, quantunque non ar-
disca definir nulla del Patriziato e lasci le varie opinioni nella loro
incerlezza, a questa sentenza nondimeno sempre mostrasi piu inchi-
nalo, a credere cioe che il vero Signore di Roma fosse, anche prima
dell'800, il Patrizio Carlomagno; mentre dopo quell'anno, egli tiene
per indubitato , Carlomagno Imperatore essere stato non solo unico
Sovrano di Roma e dell' Esarcato, ma avere posseduto in Occidenle
tutti i diritti che aveano gi£ gli antichi Augusli 1.
A cotesta classe di scrillori, per lo piu regalisti o gallicani, i qua-
li, a detrimento dell'autorita pontificia, ingrandirono oltre ii giusto la
polesta del Patriziato , si contrappone uu'altra falange di autori, non
men numerosa forse, ma certo assai piu gagliarda di ragioni; i quali
tolsero a difendere i diritti della S. Sede e della storica verita, ridu-
cendo ai giusti suoi limiti la potesla patriziale dei Re Franchi. Tra
essi ci basti nominare il Baronio e il suo annotatore Antonio Pagi,
il quale, benche francese, non solo non segui, ma corresse e confute
con dottissima crilica le false opinioni di parecchi suoi connazionali; il
1 Annali tf Italia T. IV, P. II; Plena Esposizione ecc. Cap. II e III.
DI CARLOMAGNO 433
Gentili 1, il Bianchi 2, il Fontanini 3, I'Alarnanni 4, il Cenni 5, 1'Or-
si 6, il Zaccaria "7; e tra i piu modern! il Troja 8, il Papencordt 9 e
il Promis 10 : nomi di tale autorila, che basterebbero a sincere la con-
troversia, quand'anche quesla si dovesse risolvere a peso sc4 di suf-
fragi, non a valore di ragioni. E non e gia, che anch'essi tra loro non
discordino in qualche punto , o non diano talora presa a giusta cen-
sura; ma, quanto alia sostanza della dottrina , certo e che sono con-
formi e tra loro e colla storica verita , la quale indarno altri cerche-
rebbe negli opposti sistemi. Quindi noi volendo esporre qual fosse e
quanta la giurisdizione del Re Patrizio nello Slalo di S. Pietro , e
principalmenle in Roma , non dobbiamo far quasi altro che seguire
le loro orme , coordinando in un sol corpo di dottrina le osservazio-
ni e gli argomenti che sparsamenle trovansi presso di loro. Percio ,
stabiliremo da prima la vera indole e i caratteri di cotesta giurisdi-
zione , recando in mezzo tutle le ragioni che la comprovano ; indi ci
faremo ad esaminare e risolvere gli argomenti, con cui gli avversa-
rii, quell'indole e quei caratteri piu o rneno alterando, hanno esage-
rato la giurisdizione del Patrizio, fmo a trasformarla in assoluta so-
Egli e in primo luogo fuor d' ogni dubbio , che i Re Franchi, in
i di quel Patriziato dei Romani, onde furono investiti dai Ponte-
1 De Patridorum origine etc. Lib. Ill, Cap. VII e VIII.
2 Delia Potesta indiretta della Chiesa ecc. Lib. V, §. 2 e 3.
3 // Dominio temporale della Sede Apostolica ecc., e le due Difese del
medesimo.
4 De Later anensibus parietinis. Disputatio historica. Romae 1756.
5 Monumenta dominationis Pontificiae, Tom. I e II.
6 Origine del dominio e della sovranita dey Romani Pontefici. Roma 1788.
7 Rendete a Cesare ecc. pag. 271 e segg.
8 Codice diplom. longob., nelle annotazioni ai Num. DCLXXXI, DGXCII,
DCCXGIV etc.
9 Geschichte der Stadt Rom, pag. 138. Paderborn, 1857.
10 Monete dei Romani Ponlefid avanti il mille. Memoria di DOMENICO
PROMIS. Torino, 1858. Parlando di Stefano II, di Adriano 1 e di Leone III,
TAutore in brevi, ma egregie sentenze, descrive la vera indole del Patri-
ziato dei Re Franchi.
Serie V, vol. J, fasc. 340. 28 9 Maggio 1864.
434 IL PATRIZHTO ROMANO
fid, ebbero vera po testa e giurisdizione non solo in Roma, ma in
tutto lo Slato di S. Pietro. Imperocche, quella dignita, imponendo
loro 1'ufficio e 1'obbligo di difendere la Chiesa Romana e con essa lo
Stalo da ogni sorte di nemici e di perturbatori, ne lal difesa poten-
dosi esercitare all'uopo, senza che il Patrizio interveuisse nello Slato
non solo colla forza dellearmi, ma coll'autorita eziandio del comando
e colla potesta giudiziale, a cui tutti dovessero rendere ossequio ed
ubbidienza; egli e manifesto che il Patriziato importava vera giuris-
dizione: ben diverso in cio da quel Patriziato meramente onorifico
e titolare che soleano gia gl* Imperalori conferire ai Principi e Re
stranieri. Di qui segue, che i sudditi del Papa potean dirsi anche
soggetti al Patrizio , benche in modo assai diverso ; giacche al Papa
eran sudditi in modo assoluto, come a Sovrano, laddove al Patrizio
eran sudditi come ad aiutante del Sovrano, e per dir cosi, a suo pri-
mo ufficiale o minislro. Percio i Romani chiamavansi anche fedeli
del Patrizio, ed ognun sa che tal voce esprimeva obbligo e profes-
sione di fedelta e di ubbidienza. Cosi, nella celebre lettera del Senato
e Popolo Romano al Re Pipino , nell' atto stesso che si professano
firmi et fideles servi sanctae Dei Ecclesiae et domni nostri Pauli
summi pontificis, non dubitano di appellarsi fideles del Re loro di-
fensore 1 ; e Papa Adriano, scrivendo a Carlomagno, chiama fideles
nostros vestrosque i proprii sudditi, e fra essi anche personaggi co-
spicui, quali erano certamente quei due Duchi , Costantino e Paolo,
che, essendo slali da non si sa qual malevolo accusati al Re di sleal-
ta, vengono dal Pontefice caldamente presso di lui difesi, come fe-
delissimi non rneno al Re che alia S. Sede 2. Anzi i sudditi pontificii
non solo attestavano con tal nome la loro fedele devozione al Patri-
zio , ma gliene prestavano giiiramenlo espresso , aggiungendolo a
quello, con cui in primo e principal luogo giuravano fedella e sud-
ditanza alia S. Sede e al Pontefice. Dell' uno e dell' altro giuramento
porgono irrecusabile prova le Epistole di Adriano a Carlomagno. In-
fatti dall'Epistola LV del Codice Carolino, scritla nel Novembre del
775, sappiamo che il Papa, a domare la protervia dell'Arcivescovo di
Ravenna, che pretendea di far da Sovrano nell' Esarcato, e teneva in
1 In nobis, VESTRIS FIDELIBUS, etc. COD. CAROL. Epist. XV, ediz. del CENNI.
2 Ivi, Epist. XCV.
DI CARLOMAGNO 435
poter suo Imola e Bologna, spedi a queste due cilia un suo Legalo, a
richiamarle alia do^uta ubbidienza, coll'esigere e ricevere da tutti gli
aUtanti giuramento di fedella a S. Pietro e al Papa e a Carloma-
gno 1 ; se noa eke 1'Arcivescovo impedi al inesso ponlificio di ese-
guire per allora il suo mandalo, di che il Papa inuove alle doglianze
presso il Re Patrizio. Ora, come ad Imola ed a Bologna, cosi non &
dubbio che in somiglianli circoslanze simil giuramento non si esiges-
se nelle allre cilia e lerre dello Stalo. E ne abbiamo un allro insigne
esempio nella cilia di Gapua ; la quale nel 787 essendo slata, con cin-
que altre cilia della Campania , aggiunta da Carlomagno allo Slato
di S. Pielro, mando a Roma una deputazione di dieci ciltadini a far
nelle mani del Papa Adriano professione solenne di sudditanza ; e il
Papa, condoltili alia Confessione della Basilica Valicana, ivi li fece
giurare fedelta a S. Pietro, a se medesimo ed al Re Patrizio 2.
Per simil modo, quando, Irenfanni innanzi, alia morle del Re Aslolfo,
gli Spoletani eransi dati al Papa , invqcando la prolezione di lui e di
Pipino ; il loro Duca Alboino ed i magnali aveano prestalo giuramen-
to di fedelta al Pontefice ed al Patrizio Pipino 3. -v^;
1 Unde dirigentes ibidem (Imolam atque Bononiam) nostrum rnissum, id
est Gregorium sacellarium, qui indices earumdem cimtatum ad nos deferre
deberet} et SACRAMENTA IN FIDE BEATI PETRI ET NOSTRA, ATQUE EXCELLENTIAE VB-
STRAE, A CUNCTO EARUM POPULO suscipERET, sed nequaquam idem archiepiscopus
eumdem nostrum sacellarium illuc ire permisit etc. Epist. LV, in Embolo.
2 Nempe quidem meminisse credimus, qualiter Vobis per anteriores no-
stras Apostolicas emisimus syllabas de Capuanis, qui ad nos advenerunt per
vestrum regale adminiculum, quatenus dum ipsas nostras vobis emisissemus
syllabas, post aliquantos dies praefatos Capuanos in confessione protectoris
vestri beati Pelri apostolorum principis IVRARE FECIMVS IN FIDE EIUSDEM DEI
APOSTOLI ET NOSTRA ATQUE VESTRAE REGALIS POTENTIAE, 6t pOSt ttCtum SACRAMEN-
TUM unus ex ipsis Capuanis, Gregorius presbyter, nobis petiit seer eta loqui,
asserens: quia nullo modo iam quidpiam celare possum , tale vobis praebens
SACRAMENTUM, etc. Epist. XCII. Nell' Epist. XGI, che e la qui accennata dal
Papa, si leggono i no-mi dei dieci deputati di Capua.
3 Alboinum, ducem Spoletinum, et cum eo satrapas, qui in FIDE BEATI PE-
TRI ET VESTRA SACRAMENTUM PRAEBUERUNT, CtC. Ep'lSt. XYIII. QuantO al g'lUFa-
mento di fedelta , prestato nel 773 al Papa come lor Sovrano temporale ,
dagli abitanti di Spoleto, di Rieti, di Fermo, di Osimo, di Ancona e del Ga-
stello di Felicita, pud vedersi ANASTASIO in Hadriano 1, num. 311-313.
136 IL PATRIZIATO ROMANO
La citla stessa di Roma preslava giuramento di fede e soggezione
al Patrizio: del che si ha espressa teslimonianza da Eginardo, in
un celebre passo de' suoi Annali , il cui vero significato , poslo da
molli Autori in disputa, gran lume riceve, a parer nostro, dalle Epi-
stole teste citate del Codice Carolino. Narra adunque 1'Annalisla , che
il nuovo Papa Leone HI, subito dopo la sua elezione , mandando a
Carlomagno le chiavi della Confessione di S. Pietro e il vessillo di
Roma , lo prego nel lempo slesso d' inviare a Roma aliquem de suis
optimalibus. qui populum Romanum ad suam fidem atque subieclio-
nem per sacramenta firmaret 1. Al Bellarmino parve piii verisimile,
che quel suam dovesse riferirsi al Papa , non a Carlo 2 ; di modo
che i Romani fossero chiamati, per mezzo dell'invialo Franco, a far
giuramento di fede e soggezione al nuovo Papa Leone, il quale, du-
bilando forse della loro ubbidienza, avesse percio invocalo 1' auto-
rita del Patrizio. II Cenni poi arditamente nego la verita del fatto
narralo dall' Annalista , e stimo aver quesli scambiato i tempi, at-
tribuendo a Carlomagno Patrizio quel che dovea rifcrire di Carlo-
magno Imperatore : e cio, perche alui parve, con tal giuramento pre-
supporsi nel Patrizio un' autorita troppo inaggiore del vero 3.
Ora a noi sembra che non vi sia niuna salda ragione , ne di ne-
gare la verita del testo di Eginardo , scrittore autorevolissimo e nel
quale e incredibile lo sbaglio attribuitogli dal Cenni; ne d'interpre-
tare il suo testo in altro senso da quel che porge naturalmente la
frase ; nella quale, benche il SUAM fidem per se sola lenga dell' am-
biguo, ed assolutamenle possa riferirsi tanto al Papa quanto a Carlo,
tulto il contesto nondimeno accenna doversi riferire al medesimo sog-
getto a cui si riferisce il suis optimatibus, cioe a Carlo. OHre di cio
1 EGINHARDI Annales, ad a. 796.
2 Quae verba ( dell' Annalista Franco ) alii intelligunt , quod iusserit
( Leo III) Romanes Francis fidem iurare, sed id non tarn facile esset impetra-
tum. Quare verisimilius est, quod petierit Romanos eo adigi, ut Pontifici
iusiurandum praestarent. Quare Engelbertus. . . iussu Caroli compulit Roma-
num populum fidelita tern iurare Pontifici. BELLARMINUS, De Translation Imperil
Romani. Lib. I, Cap. I, n. S.
3 Id vero esset Patrido plus aequo tribuere. Quamobrem Annalista. . . mi-
scet tempora, nee secernit, ut debuit, Imperatorem a Patrido. CENNI, Monum*
domin. pontif. T. II, pag. 12.
DI CARLOMAGNO 437
e da riflettere, che Leone era stato eletto dai Romani con maravi-
gliosa prontezza ed unanimita di voti , il di stesso che segui alia
morte di Adriano 1 ; che tra i riti della elezione, decretati nel Sinodo
Romano del 769, era stabilito che al nuovo Papa, prima d'introniz-
zarlo in Laterano, tufcta la nobilta e la milizia e il popolo dovesse fare
omaggio , riconoscendolo per Signore e Sovrano 2 ; che in quei pri-
mi tempi del Papato di Leone niim sinlomo appare di quelle turbo-
lenze che piu tardi lo afflissero : laonde riesce al tutto improbabile ,
ch' egli appena assunlo al regno, quasi per assicurarsene il possesso
vacillante , dovesse ricorrere ad un si inusato e insieme odioso spe-
diente, qual era il chiamare dalla Francia un messo di Carlo per
farsi giurare dai Romani obbedienza. Al contrario, posto che quel
giuramento riguardi il Patrizio , ogni cosa precede limpida e piana ,
non solo nel maleriale contesto della frase di Eginardo , ma anche
nell'ordine e nella ragione dei falli. II Papa, mandando a Carlo le
chiavi e il vessillo , mostro di riconoscere in lui il Difensore della
Chiesa e dello Stato di Roma, e di volere in lui continuata e raffer-
mata 1' aulorila di Patrizio : ora , siccome al diritto di cotesta auto-
rita corrispondeva essenzialmente il dovere nei Romani di ubbidirla,
non dee far niuna meraviglia, che il Papa, nel rinnovare a Carlo 1'in-
vestitura del Patriziato , volesse anche rinnovalo dai Romani al Pa-
trizio il giuramento di fede e di soggezione : e diciamo rinnovato ,
perche le parole medesime di Eginardo indicano trattarsi qui della
confermazione (firmaret) di un' ubbidienza , che i Romani sotto il
predecessore Adriano doveano aver gia altre volte solennemente
professata. Dali' altra parle Carlomagno, mandando a Roma, secondo
la richiesla del Papa , il suo ambascialore Angilberto per tratlare e
stabilire c61 Pontefice tutto cio che appartenesse alia rinnovazione
1 Una concordia , eademque voluntale a cunctis sacerdotibus sen proce-
ribus et omni clero, necnon et optimatibus vel cuncto populo Romano, Dei
nutUj in nalali beati primi martyris Stephani (26 Dicembre) electus est.
ANASTAS. in Leone III. Adriano era morto il di 25 (Vedi JAFFE, Regesta
RR. PP.).
2 Et priusquam Pontifex electus fuerit et in Patriarchium deduclus, omnes
Oplimates mililiae vel cunctus exercilus, et ewes honesti atque universa gene-
ralilas populi huius Romanae urbis ad salutandum eum sicut OMNIUM DOMI-
KUMproperare debeat. CENNI, Condi. Lateran. Stephani ///, pag. 11.
438 IL PATRIZIATO ROMANO
del Palto patriziale , non e clubbio che tra i principal capitoli spet-
tanti ad Patriciatus nostri firmitatem, secondo ch' egli scrive rispon-
dendo al Papa, non mirasse appunto al giuramento, che a lui Pa-
trizio dovea dai Romani rinnovarsi.
Del rimanente , T esempio d' Imola , di Bologna e di Capua , che
abbiamo poc' anzi arrecato dietro la testimonianza di Papa Adriano ,
mentre non lascia niun luogo a dubitare che i sudditi pontificii giu-
rassero fede al Patrizio , toglie eziandio ogni difficolla ed ogni dub-
bio al credere , che anco i Romani , anzi i Romani principalmente ,
siccome cittadini della Capitale, dopo il giuramenio di fedelta ed ub-
bidienza al Papa lor Sovrano, prestassero simil giuramenio anche al
Palrizio. Ne percio dee temersi che venga recato niun delrimenlo
all'autorita del Papa, o credersi, come altri immagino, che al Patrizio
venga attribuita in Roma una polesla superiore o pari alia potesta
sovrana del Papa; imperocche il giuramento prestato al Patrizio al-
tro non facea che riconoscere e riverire in lui la potesta patriziale ;
e questa, essendo data dal Papa e da lui dipendente, non era potesta
sovrana, ma bensi aiutatrice e ministra del sovrano potere, il quale
nel solo Ponlefice risedeva, siccome verremo dimostrando.
I Carolingi adunque , in vigore del Patriziato , aveano in Roma e
nelle province della S. Sede vera potesta e giurisdizione ; e questa
veniva dai Romani e dagli allri sudditi pontificii con professioni e
giuramenti di fedelta pubblicamente riconosciuta. Ma, qual era 1' in-
dole e 1'estensione di tal potesta? quali le appartenenze e i limiti?
quali relazioni correano tra la potesta del Patrizio e quella del Pa-
pa? e per qual legge queste due potesla, le quali altri rappresent6
quasi in at to dirivali e nimiche, pure accordaronsi con si bella e fe-
lice armonia a governare per quasi mezzo secolo il nuovb Slato di
S. Pietro? Noi ci studieremo di rispondere a quest! quesiti sopra la
fede dei monumenti storici; e nel descrivere quell' ordinamento po-
litico , porremo tanto maggior cura a ritrarne i veri sembianti , in
quanto che ei furono si nuovi e tulto proprii di quel novello Slato ,
che indarno se ne cercherebbe in altri Stati dei tempi antichi o mo-
derni il protolipo o 1' immagine.
Diciamo pertanto , che la potesla del Patrizio era in primo luogo
una potesta straordinaria. Andrebbe errato di gran lunga chi ere-
DI CARLOMAGNO 139
desse clie il Patrizio esercitasse in Roma o in qualsiasi parte dello
Stato una giurisdizione ordinaria e continua, alia maniera di un Yi-
cere, d' un Prefetto , o di un Magistrate od ufficiale qualsivoglia , il
quale , entrato una volta in carica , deve regolarmente attendere a
spedirne i negozii, amministrando per sua quella parte di cosa pub-
lica che gli e stata commessa. CosifTatta era veramente la potesta dei
Patrizii imperial! , posti al governo delle province , e in ispecialla
quella degli Esarchi d' Italia; e cosiffatta dovrebbe pure essere sta-
la la potesta dei Carolingi , nella sentenza di chi li fa successor! de-
gli Esarchi, o almeno crede che il loro Patriziato importasse la Pre-
fettura di Roma e del suo Ducato. Ma tale non e quella che i docu-
menti storici mostrano da essi esercitata. Questa in ogni suo atto
apparisce a maniera di un intervento straordinario, di un aiuto estrin-
seco; il quale, sempre che viene invocato, accorre in sostegno e di-
fesa dell' autorita del Papa e de' suoi ufficiali ordinarii ; ma fuor di
cio, non s' inframmette altrimenti di niun governo o ministero pub-
blico. Roma e le altre citta aveano i lor governatori o prefetti, i lor
duci e ottimati della milizia, i loro giudici e attori, che, sotto 1'aulo-
rila suprema del Papa , amminislravano tutte le parti del pubblico
reggimento; e finche questi ufficiali ordinarii bastavano da se soli ad
ogni cosa , il Patrizio era come se non fosse : ma se nasceva un bi-
sogno straordinario, seun prepotente nemico al difuori minacciava
o assaliva i terrilorii dello Stato, se gravi turbolenze o liligi sorgeano
di dentro a sconvolgere 1'ordine pubblico, e soprattutto se T auto-
rita o la persona del S. Padre veniva direttamente offesa , come fu
nel famoso attentato del 799 contro Leone III; in tai casi il Papa
invocava 1'aiuto del Patrizio, ed il Patrizio allora interveniva, e sfo-
derando, per cosl dire, la spada della sua potesta protettrice, eserci-
tava quel tanlo di giurisdizione che il caso richiedeva, ed alia quale
tulli i suddili di S. Pietro eran tenuti d'obbedire; dopo di che, rin-
guainata quella spada , egli si ritraeva in disparte , lasciando no-
vamente libero il campo alle ordinarie potesta. II Patrizio dunque,
a guisa di vigile alleato, assisteva allo Stato della S. Sede, pronto a
difenderlo ad ogni uopo, par aim adesse in adiutorium et defensio-
nem sanctae Dei Ecclesiae in omnibus, in quibus necessitas ingrue-
440 1L PATRIZIATO ROMANO
rit, come di se scrivea Pipino a Paolo 1 1 , ma senza pun to arro-
garsi di governarlo. Come Difensore della Chiesa e campione di san
Pietro, egli sempre armato di tutto punto, stava a lato del Pontefice
per proteggerne il trono e la persona , ma non brand! va le armi se
non al cenno del Pontefice. Perpetua era in lui la dignita, e con es-
sa la potesta patriziale , ma questa non recava in atto fuorche nelle
straordinarie contingenze per cui gli era stata commessa ; in quella
guisa appunlo che il guerriero porta sempre al fiarico la spada, ma,
tenendola oziosa in tempo di pace , la sguaina e T adopera soltanto
nel cimenlo della battaglia.
Tal e il vero concetto, che la storia ci da della giurisdizione e po-
testa patriziale, quanto al suo esercizio. Pipino infatti, fuori delle due
guerre che intraprese contro Astolfo, a cui seguirono i due Trattati di
Pavia, e in vigor di quest! la reslituzione e la consegna dell'Esarca-
to e della Pentapoli alia S. Sede; e faori dell'adoperarsi che indi fece
a quando a quando, sia per tulelare lo Stato ponlificio contro le mi-
nacce e insidie dei Greci, sia per costringere Desiderio a rendere al
Papa intiere le sue giustizie ; fuori di questi atli , diciamo , a cui le
espresse ed iterate istanze dei Papi lo sollecitarono, non si sa che mai
si tramischiasse di nulla, quanlo all'inleriore governo di Roma e delle
province, liberissima lasciandone e intera al Pontefice la cura, se non
In quanto raccomandava ai Romani di mantenere al Papa , come a
loro Sovrano , inviolata la fede 2. Anzi , come gia notammo altrove,
egli si astenne da ogni intervento, anche in tal caso che parea mas-
simamenle richiederlo, cioe nelle turbolenze gravissime die in Roma
seguirono alia morte di Papa Paolo I: e forse tra le ragioni dell'aste-
nersene la precipua fu, il non essersi allora fatto da Roma niun espres-
so ricorso al suo aiuto. Carlomagno poi, benche piii frequenle ed ef-
ficace prestasse 1' opera sua al Papa , soprattutto dopo la conquista
del regno Longobardo ; nondimeno mai non esercito ne pretese niu-
na stabile ingerenza di governo ne in Roma , ne in Ravenna , ne in
altre citta dello Stato. Go apparira manifesto dalla serie degli atti del
suo Patriziato , che ci faremo tesle a descrivere, narrando la storia
1 Yedi T Epist. XL del CODICE CAROLING.
2 Yedi 1' Epist. XV del medesimo CODICE.
DI CARLOMAGKO 441
dello Stato pontificio dal 774 all' 800; ma ne possiamo dare fin d'o-
ra una egregia prova, indicando un fatto significanlissimo che a lut-
to quel periodo di storia si estende , non merio che a quello dei venti
anni innanzi.
Questo e il non aver mai i Patrizii Caroling! lenuto in Roma niun
vicario o rappresentante stabile della loro autorila. Personal menle
si sa che Pipino mai non fu a Roma , e Carlomagno , ddle cinque
volte che ci venne 1 , la piu lunga stanza che vi facesse fu di quat-
tro mesi, non trattenendovisi le allre che pochi giorni o poche set-
timane. Ma, non potendo della lor persona, ben polevano esercitare
la giurisdizione patriziale per mezzo di un lor ministro che avesse
in Roma ferma residenza. Eppure di tal ministro non si trova la
menoma traccia ; ma in vece di lui , si veggono soltanto dei messi
temporanei , venire di quando in quando a trattar col Papa , ed a
prestargli in nome del Patrizio i servigi richiesti.
La storia di colesli messi, dei quali si fa conlinua menzione nel Co-
dice Caroline, porge gran lume a intendere le relazioni che correano
tra il Patrizio e il Papa ; ma qui ne loccheremo solo quel die fa al
presente proposito. Essi cornparivano in Roma a inlervalli piu o men
rari, e senza legge di tempo ; vale a dire, non gia come visilatori ordi-
narii che ad ogni dato periodo debbono adempiere la lor missione, ma
come ambasciatori che si inviano secondo che porta il sopravvenir
dei negozii. Spesso il Re Palrizio li inviava di suo moto spontaneo,
per solo Iratto di cortesia e devozione alia S. Sede; ma piu spesso
venivano a richiesta espressa del Papa, che dell'opera loro abbiso-
gnava 2 ; e talvolta ei lagnavasi della loro tardanza , sollecilando
1 Carlomagno fu in Roma la prlma volta, per la Pasqua del 774, e giun-
tovi il Sabato Santo, ripartl prontamente per Pavia dopo il Mercoledi di
Pasqua. La seconda venuta fu per la Pasqua del 781 ; la terza sui principii
del 787; e la quarta, alia Pasqua del medesimo anno, mentr' era di ritorno
dalla spedizione di Benevento. L' ultima e piu lunga visita fu quella, in cui
ebbe la corona imperiale: giunto in Roma il 24 Nove,mbre dell1 800, vi di-
moro fino al 25 del seguente Aprile ( Vedi il BOHMER, Regesta Karolorum ).
2 CODICE CAROLING, Epist. XXV, XXVII, XXIX, XXXIX, LiV, LV, LXVI,
LXXX1X etc.
442 IL PATRIZIATO ROMANO
percio con nuove leltere il Patrizio a spedirli quanto prima l. Per
mezzo di loro il Patrizio cliiedeva ed informavasi di tutto do che
spettava agl'inleressi della S. Sede e dello Slato: se ogni cosa fosse
salva e tranquilla, se i Longobardi avessero adempiule le giustizie,
se Adelchi fosse sbarcato sulle coste d' Italia 2 ; ed allre simili do-
inande, le quali fan toccare con mano, che il Patrizio niun ministro
qui tenea, da cui avesse continui ragguagli di quanlo accadeva.
Adempiuto poi che i regii messi aveano il loro incarico, senz'altro
indugio se ne tornavan tosto in Francia, riportando al Re leltere del
Papa, ovvero associati non di rado ai messi romani, che il Papa in-
yiava a restituire al Re la cortesia della visila ed a tratlare con lui
di viva voce gli affari. Che se al Papa occorreva, per qualche straor-
dinaria necessila, di ritenere presso di se piu a lungo il messo regio ;
di cio avvertiva espressamenle il Patrizio, appunlo perche era cosa
fuori del consueto. Cosi, quando Paolo I, nel 761, temea 1'invasione
dei Greci, che minacciavano Ravenna e Roma, scrisse a Pipiuo che
gl'inviasse un messo, il quale dovesse dimorare qui in Roma pres-
so di lui , finche non fosse svanito il pericolo 3 ; ed altrove lo av-
visa di aver ritenuto in queste parti i due messi regii, perche cosi
domandava 1'interesse di S. Chiesa 4.
Da tutto cio e manifesto, che il Patrizio de' Romani non aveva in
Roma niun ufficiale residente , che stabilmente amminislrasse in
nome di lui, o rappresentasse come che sia la potesla patriziale. Lo
Stato Romano era per lui quasi uno Stato straniero ; giacche , come
tra gli Stati stranieri, a que' tempi in cui nelle Corti non s'era per
1 Epist. LIV, LV.
2 Epist. XXXVII, XL1II, XG.
3 Deprecanles et hoc a Deo institutam excellentiam vest-ram, ut ad nosy
hoc adveniente Martio mense, vestrum dirigere iubeatis missum, qui hie Romae
nobiscum DEMOEAEI debeat etc. Epist. XXV. E nell' Epist. XX VII, ripete la
stessa domanda: lubealis vestrum fidellssimum missum hie ad nos Romam di-
rigere , qui nobiscum PRO MSIDIIS IXIMICORUM DEMORARI debeat etc. Cf. Epist.
XXXIX.
4 Interea duos vestros missos, id est Wulfardum et eius socium, secnndum
vestram pracceplionem (cioe secondo 1'ordine dato loro dal Re), pro utilita-
tibus sanctac noslrae Ecclesiae, in Ms parlibus RETIXUIMUS. Epist. XLI.
DI CARLOMAGNO
anche introdolto 1' uso degli ambasciatori resident!, cosi tra lo Stato
romano e la Franda , tra il Papa e il Patrizio ogni cosa faceasi per
messi volanti; con quesla difFerenza pero, che i messi Franchi erano
qui piu frequent!, atteso 1' intima alleanza che in virtu del Patto pa-
triziale congiungea la Francia con Roma ; e che cotesti messi, quan-
do venivano , non esercitavan solo 1' ufficio di messaggieri e amba-
sciatori del loro Principe , ma si ancora quel di luogotenenti della
sua autorita patriziale.
Ora quest' autorita, appunto perche amministrata da ufficiali stra-
ordinarii , passaggieri , estranei , a tempi interrotti e varii , chiara-
mente mostra non essere stata se non che un'autorita straordinaria,
estrinseca e quasi straniera allo Stato della S. Sede. Quindi scorge-
si, quanlo siano andati lontani dal vero quegli Autori, che hanno
confuso la potesta dei Patrizii Carolingi con quella degli Esarchi
d' Italia, o dei Prefetli di Roma ; conciossiache, a vedere la capital
differenza che passa tra la prima e la seconda, basta paragonarle
neiratto e nel modo del loro esercitarsi, che fu diversissimo. Gli
Esarchi e i Prefetti esercitavano potesta ordinaria e continua ; ep-
percio teneano stanza ferma in Ravenna e in Roma, ed aveano
intorno a se una corle stabile di ufficiali , di giudici , di mili-
zie da lor dipendenti, con quant' altro richiedesi al governo re-
golare di uno Stato o di una provincia. Laddove nulla di tut-
to cio trovasi nei Patrizii ; prova evidentissima che la potesta di
questi non era potesta governativa ed ordinaria , ma sol difensiva,
eppercio straordinaria, non venendo mai all' atto, se non in quei
casi e denlro quei limiti che richiedeva il bisogno di proteggere la
S. Sede e i popoli a lei sudditi. Donde confermasi eziandio ed illu-
strasi sempre meglio quel che abbiamo spiegato nel precedente
articolo; cioe, 1' ufficio del Patriziato non essere stato altro che uffi-
cio di difesa, e il nome di Patrizio de' Romani non aver avulo nei
Re Carolingi altro significato che quel di Difensore della Chiesa
Romana e del suo Stato.
RIVISTA
DELIA
STAMPA ITALIANA
I.
Storia delle Due Sicilie dal 4847 al 4864, di GIACINTO DE Sivo ;
Volume Primo — Roma, tipografia Salviucci 1863.
I Casi delta Toscana net 4859 e 4860 narrati al popolo da una
COMPAGNIA DI TOSCANI cow note e Documenti — Firenze, lipogra-
grafia di A. Salani 1864.
Nella penuria, in che al presente versa T Italia, di gravi scrittu-
re, noi forse non facciamo opera di giudiziosi massai riunenclo in
una sola due libri, dei quali ciascuno potrebbe dare soggetlo ad una
mollo rilevante Rivista. Mal'ideiitita dell' argomento , o piuttosto
1'analogia che passa tra 1'uno e 1'altro lavoro , porgendoci occasione
di dire alcune cose comuni ad ainbedue , noi coll' accoppiarli schi-
viamo il rischio di ripeterci, e potremo rincalzare cio, che siamo per
dire, col lesiimonio di due.
Sono notissime le difficoM che sogliono considerarsi nel deltare
storie di fatti Iroppo recenti , e dei quali coloro , che ne furono va-
riamente autori o viltime , sono o tutti o quasi tutti viventi ancora.
Quelle si riducono generalmente alle preoccupazioni passionate, che
possono turbare la veduta di chi scrive, ed ai riguardi, che spesso si
debbono avere ad alcune persone di cui si scrive, i quali non senoprc
permettono di manifestare schieltamente tulla inlera la verita. Non-
dimeno ai maestri dell'arle quelle difficolla non parvero di tanto peso,
RIVISTA BELLA STAMPA ITALIANA 445
che per ragione di esse una storia debba ispirare poca fiducia pero
solamente, che edi avvenimenti contemporanei allo scriltore. Gia non
diremo universalniente, che le passion! anche calde presuppongono o
producono pregiudizii in offesa del vero; potendo benissimo av venire,
che un ammo ben composto e saldo nei principii di morale cristiana,
sia anzi aiutato dalle passioni ad abbracciare con maggiore coraggio
il nobile uffizio di manifestare il vero, ed a manifestarlo con forme phi
vivaci e persuadevoli. Ne ad un arimo cosi disposio sarebbe insu-
perabile impedimento il riguardo, che pur deve aversi a coloro, che
per 1' altezza del grado , in cui furono collocati dalla Provvidenza ,
hanno diritlo alia riverenza di tulli. Trattandosi di fatti pubblici, alia
riverenza non si oppone la temperata censura anche pubblica ; ed il
riserbo medesimo , che uno scritlore assennato vi recasse , sarebbe
avviso a chi legge di dare a quella il giusto suo peso, intendendo
dal poco che si dice il non poco che talora si prelerisce. Da un'altra
parte le slorie contemporanee hanno 1' insigne vanlaggio di narrare
cose vedute quasi coi proprii occhi dai loro aulori ; e le quali avreb-
bero nuovo suggello di veracita dal silenzio dei presenti , che non
avessero in maniera Yale vole contraddetto o proteslato. Ad ogni mo-
do, se i contemporanei agli avvenimenli non ne regislrassero in un
modo o in un altro i ricordi , sarebbe quasi impossibile avere ( ollre
alia tradizione orale ) slorie anche dai posted , i quali non si pen-
sano poter meglio convalidare le loro narrazioni , che confortandole
dalla teslimonianza dei presenti; neper avvenlura potrebbero in di-
versa maniera.
Si aggiunga che la sloria dovendo essere maestro, delta vita, for-
se un tale uffizio a nessuno suo periodo per le singole generazioni
si avviene meglio, che a quello di cui esse medesime furono spetla-
trici, ed in un modo o in un altro anche parte. In questo caso i do-
cumenti della storia toccandoci molto da vicino , possono esercitare
la loro azione piu effic icemente, che gli avvenimenti lonlani non po-
trebbero; sopraltutto perche a rispetlo dei primi non puo recarsi quel-
la diversila delle condizioni, la quale molto spesso ci vale di scusa per
ischivare la forza dei secondi. Ne sia chi dica che, trattandosi di av-
yenimenti , dei quali lull! furono testimonii , non abbiamo alcun bi-
HI VIST A
sogno che altri li ci venga a narrare, disponendoli piu o meno arti-
iiciosamente in un corpo di storia. Lasciando stare che in tempi di
cosi gravi, moltiplici e diuturne alterazioni pubbliche, e ristreltissi-
mo il cerchio dei fatti, di cui noi medesimi potemmo essere veramen-
te lestimonii oculari; ma di quel tanto piu, che convenne raccogliere
(se pur si raccolse) da relazioni orali o scrilte, deh! chi puo affi-
darsi di avere in tutto, o almeno nel precipuo, saputo il vero in mez-
zo a fazioni prevalent! , le quali , fatte padrone del campo , il primo
uso che fecero del loro dominio fu fabbricarsi una pubblica opinio-
ne per mezzo di quella slampa vendereccia, che e non ultima calami-
la e vergogna dell' eta moderna? Che se pur si fosse giunto a cono-
scere pel loro verso i nudi fatti alia spicciolata , si starebbe ancor
lungi dal trarre dalla storia quegli ammaestramenti salutari , che
emergono non tanto dai fatti stessi, quanto dal loro vicendevole col-
legamento in ragione di cause e di effetti. Ora per questo capo, ap-
pena e credibile a quanti pervertimenti si schiuda la via , quando ,
poniamo pure che i fatli si conoscano nella loro verita , a fame sti-
ma si prendono a norma certi principii stravolti, che sembrano esse-
re 1'orgoglio del nostro tempo , e ne sono piu veramente il vitupero
ed il flagello. In somma la storia contemporanea quanto qualunque
altra, e solto qualche rispetto piu di qualunque altra puo compiere
1' uffizio di essere maestra della vita, ogni qual volta alia veracita dei
fatti che narra sappia accoppiare quella giustezza di principii e quel-
la severita di deduzioni , che sono indispensabili per trarre dai fatti
particolari gli ammaestramenti universali della esperienza.
Per queste ragioni a noi e paruto commendevolissimo , ed abbia-
mo ragione di cotifidare, che sia per riuscire non meno profiltevole
il consiglio, onde il De Sivo ed una Compagnia di Toscani si posero a
narrare all'Italia gli avvenimenti degli ultimi anni, quegli per le Due
Sicilie, questi per la Toscana. Variamente lo fecero ; e noi , discor-
rendone partitamente, indicheremo le differenze precipue, onde i due
lavori si dispaiano tra loro. Ma quanto a sanita di principii, a nobili
sentimenti di onesta e di religione, a coraggiosa franchezza nel qua-
lificare le cose e le persone coi proprii loro nomi, e, per cio che noi
possiamo giudicarne, eziandio quanto a veracita di falti narrati, so-
BELLA STAMPA ITALIANA 4 47
no ambedue lavori degni di essere tenuti in altissimo pregio , e ca-
paci di rinfrancare non poco gli animi onesti ; i quali pur Iroppo ban
ragione di lamentare lo slrazio indegno, che della verila, in questi
ultimi anni, si e fatto , e, per nostro danno , tuttavia si sta facendo.
In tanla prostrazione di spiriti , in tanto oscuramento dei primi prin-
cipii della morale, non che rivelata, ma naturale, in tanla abbiettez-
za di passioni, in tanto trionfo d'iniquita prepotente, questi due libri
ci ban fatto respirare : e ci e paruto cbe, mentre da un lato a chiun-
que voglia conoscere la prima verita dei fatti , ne e porto sicurissi-
mo mezzo ; dall' altro il manto d' infamia, onde agli occhi della po-
slerita dovran comparire coperti i moderni rigeneraiori d' Italia , e
in gran parte lessuto. Che se come il De Sivo lo ha fatto pel mag-
giore Stato della Penisola, e la Compagnia di Toscani per la piu gen-
tile sua parte, cosi si trovasse chi potesse e volesse farlo ugualmen-
te bene per gli Stati della Chiesa e pei due Ducati, il processo della
fazione oggi dominante, e dei suoi protettori e manutengoli, sarebbe
in ogni sua parte compiulo ; ne una sentenza di altissima esecrazio-
ne dovrebbe aspettare la tarda posterila per essere pronunciala so-
pra tal opera. Ma da venire e alia particolarita di ciascuno dei due
libri sopraseritti , per poscia tornare a qualche altra generate consi-
derazione sopra di enlrambi.
II De Sivo ha inteso dettare Storia propriamente detta nell' antica
e nobile significazione della parola. Dei quattro volumi, in cui egli
fomprendera il periodo da lui preso a descrivere, per ora nou ab-
biamo che il primo, comprendente sette libri ; dei quali, com' egli ci
ragguaglia nella Pre fazione, sei erano gia scrilti fin dal 1849. Ma
egli, per non par ere dipercuotere i vinti, e d'inneggiare ai vincitori,
ne a\7ea riposto il manoscritto, notandovi sopra : Da stamparsi dopo
mia morte. Quando nondimeno i vincitori alia loro volta diventaro-
LO vinti e viceversa, egli voile fare con difficolta e con pericolo cio
che allora molto agevolmente avrebbe polulo e forse ancor'a con
profitto. Ai sei libri poi, che narravano i fatti seguiti dal 1846 fino
al 15 Maggio del 1848, egli ha aggiunti gli allri, ,che saranno com-
presi ne' ire seguenti volumi ; ed i quali condurranno, come crc-
diamo, la narrazione fino alia resa di Gaeta, che consumo il disfaci-
418 RIVISTA
mento della piu ampia e piu antica Monarchia, che fosse in Italia.
Periodo, se altro ne fumai, pienissimo di grandi rivolgimenti ,
d'immani colpe, d' inestimabili calamita e d'incredibili error! ; ma
periodo alia sless' ora nolevolissimo per 1' intimo collegamento che
gli avvenimenti stessi ebbero Ira loro, in quanto e indubitato, die
la grande catastrofe del 59 e del 60 ebbe la sua prossima cagione,
o piultosto vogliamo dire il suo addentellalo nel 47 e nel 48; e i due
lustri, che vi corsero fra mezzo, non furono, che il lento e soppiatto
apparecchio , onde la fazione , diventata Governo costituzionale in
Piemonle , e confortata di poderosi aiuli stranieri , intese alia di-
struzione di tutli i troni italiani a proprio profilto, cominciando dal
sabaudo , il piu dominato di tutti da lei : anzi il solo tra lutti , per-
che portosi ad essere suo docile ed inerte slrumento.
Come dicemmo, lo Storico delle Due Sicilie, col rendere un cosi
insigne servigio alia causa della verila e della giustizia, in un me-
desimo ha inteso fare, e veramente ha fallo, nella propria significa-
zione della parola, opera d'arte ; e nel suo libro, come per ogni ragio-
ne si conviene ad una Storia dignitosa ed istruttiva , il decoro nella
forma gareggia colla copia doviziosa delle nolizie, e colla retlitudine
di un giudizio sempre sicuro, e che lalora assorge all'altezza ed alia
universalita di vera sapienza civile. I quali pregi collocano il De
Sivo quasi al paro cogli antichi, senza che nella moderna Italia,
quanlo almeno sappiarao noi, sia alcuno, che per questo rispelto gli
possa essere paragonato. Ed e certamente onorevole alia sless' ora
e consolante per tulti i buoni, che la migliore sloria di quante ne
comparvero in questi ullimi anni tra noi, anche lellerariamente
parlando, sia slata scrittain senso crislianamente oneslo, e stia tan-
to al di sopra a quei falsatori di sloria, che la fazione prese a suo
servigio, togliendosi il carico di porne in fama i lavori e di retri-
buirne largamenle gli autori. II Collelta, il Farini, lo Zobi (ne no-
miniamo uno pei tre precipui Stall ilaliani annessi) sono scolari rim-
petto al De Sivo: il quale ha dalo all'Italia un tipo di storia, certo
non nuovo nei tempi passati, ma il quale nei moderni polea dirsi
perdulo ; e dovea essere, siccome quello che richiede nello scrittore
una tempera d'animo ed un modo di concepire, dalla quale e dal
BELLA STAMPA ITALIANA 449
quale la floscia e quasi avvizzila civilta moderna ci fa ogni di phi
slontanare. Lo stile del De Sivo e nervoso, pieno, rapido, e senza
rivelare ombra d' imitazione servile, ti fa tornare col pensiero agli
AnnalieAdii Cesan'diTacito, quali furono toscaneggiati dal Davan-
zati. Forse gli sludiosi di toscanita non gli manderanno buona qual-
che rara voce , e qualche.piu rara forma di dire , che giudicano di
men buona lega, perche non adoperata dai nostri classici, in quanto
non si trova registrata nei vocabolarii ; e noi medesimi non saprem-
mo approvare quella liberta, ogni qual volla non sia giustificala dal
bisogno di mantenere il concetto, a cui certo le forme e le voci deb-
bono non comandare , ma servire. Che se un due o tre volte vi si
scontya qualche costrutto errato, noi teniamo per fermo che cio debba
noverarsi Ira quelle rnende tipografiche, dalle quali e spiacevole che
questo libro non sia comparso meglio purgato. Ma che sia di cio, il
dettato di questa Storia e originalmente nobile , non la cede in tutta
la sua ampiezza a quelle rare pagirie, che si scontrano belle nelle sto-
ne del Botta , e le quali in quest' ultimo scrittore, contrapposte alia
mediocrita delle altre, ne rendono cosi disuguale e faticoso a legge-
re il tutto. Laddove 1'andamento sempre uguale di quesfa, edil suo
incedereHfranco, stringato e celerissimo la rendono uno dei rari libri,
dei quali , compiuta appena la lettura , ti senti invogliato a leggerli
Mina seconda volta : poniamo che dalle prime pagine il lettore riman-
ga alcun poco sospeso del suo giudizio , come uomo che move cose
assaggia.
Dalla quale maravigliosa concisione, che per nulla non offende
i'ordine o la chiarezaa , e stato il De Sivo abilitato a condensare in
appena 400 pagine di non grande formato una ricchezza di fatti , di
nolizie, di dati statistici, che forse altriavrebbepenatoaraccoglie-
re in due grossi volumi , e che hanno una non piccola rilevanza a
giudicare delle condizioni di quel Reame cosi poco conosciulo da co-
loro, che piu lo hanno calunniato. Egli non usa citare documenti;
ed in cio si conforma ai grandi modelli che ci ha lasciata ranlichita
greca e romana, imitate dagl' italiani del trecento e del cinquecento;
ma ci pare manifesto dal suo libro che 1'Autore, oltre ad essere stato
raccoglitore diligentissimo di contezze, per arricchirne la sua Storia,
Serie V, wl. X, fasc. 340. 29 12 Maggie 1864.
450 RIVISTA
lia dovuto avere a sua posta copia notevolissima di document! auten-
tici , e , come oggi dicono, ufficiali. Ma quali che siano state le fon-
ti , dalle quali egli ha attinto , il cerlo e che -in tulle le cose , delle
quali noi avevamo altronde notizia sicura , e di alcune eravamo sta-
ti spettatori ed anche parte, abbiamo trovato k narrazione di lui con-
formissima alia verita piu scrupolosa ; e(J il medesimo ci fu atteslalo
da altri anche a rispetto del resto deir Italia , i cui avvenimenti 1'Au-
tore tocca spesso e largamente, per occasionedei napolitani. Di qui
ci pare molto conforme alia equita ed alia prudenza il giudicare che,
eziandio pel rimanente , al De Sivo non siano mancate le due condi-
zioni indispensabili allo scrivere storia : dell'avere cioe conosciulo il
vero, e di averlo volutq dire. Con do non si viene ad inferire , che
tutto dunque, fino agli apici, sia fiore di verita: cio sarebbe slato
impossibile in tanta moltiplicita di cose , di persone , di evenli e di
dati, di cui si doveva o dare contezza o profferire giudizio. Lo stesso
Autore vide la probabilita di avere involontariamente errato a ri-
spetto di alcun fatto o dialcuna persona parlicolare; e pero alia fine
di questo volume si professa parato a retlificare cio che avesse po-
tuto asserif e di men vero , quando gliene fossero fatte rimostranze
giustificate. Ma, slando cosi sulle generali, a noi pare che questa
Storia abbia tutti i caratteri necessarii ad essere riputata in ogni sua
parte sustanzialmente veridica.
Quanto ai principii morali dal De Sivo professati nel deilare la
sua Storia , noi gia ne facemmo un cenno; ma bastera per tutto di-
re , che egli e scritlore onesto e cristiano , o piuttosto vogliamo dire
cristianamente onesto , per significare , che per lui 1'onesta ha per
norma il Cristianesimo. Di qui voi potete leggermenle raccogliere
quali siano i suoi pensieri , i suoi giudizii, le sue inclinazioni a ri-
guardo di tutti i punti morali , giuridici , politici , sociali che piu so-
gliono dividere gli animi e le parole nella moderna Europa. Messo
una volta quel cardine del Cristianesimo , ben conosciuto e schietta-
mente professato, con una dose sufficiente di buon senso direito dalla
logica naturale e dairacquisi la, tutto il resto viene da se, tanlo solo
che non sopravvengano o interessi importuni, od opinioni preconcette
ad impedire quello svolgimenlo dialettico del principio. Ma fermato
BELLA STAMPA ITALIANA
questo, il rimanente non puo essere neppure problema ; veduto so-
pratlutto la luce sfolgoranlissima , in cui , in questi ultimi tempi,
quelle varie materie sono state messe. Pertanto, supposto die la per-
sona sia davvero cristianamente onesta, voi gia sapele come egli
pensa ititorno all'origine dell'autorita civile, ed .ai doveri che legano
lei verso dei sudditi, ed i sudditi verso di lei; sapete qual giudizio
porta inlorno a cio che e la Chiesa nel mondo, ai diritti che le com-
petono per 1'uffizio a lei commesso da Crislo, e'pero eziandio inter-
no al potere temporale del Papa; sapete quali sono le sue opinioni
Intorno ai famosi principii dell' 89, ed alle Costituzioni da essi infor-
male, che di quelli sono comunemente il primo portato, ma che appa-
recchiano 1'avvenime'nto piu o meno remoto della democrazia. Che se
vi volgete a cose che hanno alcun poco del pralico, e notantemente a
quelle, per cagione delle quali tante calamita e tante vergogne sono
venule addosso alia povera Italia in quesli tre ultimi lustri , neppu-
re a rispelto di quelle puo essere dubbio , quali siano i giudizii di
un uomo cristianamente onesto ; anzi, perche un uomo cosiffalto giu-
dichi tuttavia per altro, che per lustre ipocrite e per istrumenti di
selle /' unita, I' indipendenza , la liberta, la gfandezza nazionale?
vi e proprio uopo, che esso alle qualita di cristiano e di onesto debba
Interzare 1'altra di supremamente balordo. Insomnia, lo diciamo un'al-
tra volta: il De Sivo e storico onesto e cristiano; di questa sua qua-
lila puo qualunque il voglia riscontrare nel suo scritlo ad ogni pas-
so le conseguenze teoretiche e pratiche, professate da lui Tranche di
rispetti umani e di ambagi quanto che leggerissime ; ed eziandio
senza leggerlo , anticipatamente congetturarle.
Una siffalta disposizione lo rende naturalmenle avverso ai mo- .
derni ordini rappresentalivi; ma darebbe vista di non capire ne 1'in-
tima ragione di questi, ne le condizioni della moderna Italia, chi da
quell' avversione pigliasse argomento di meltere il De Sivo in voce
di parteggiano del dispotismo , e di inimico della liberta. Anzi, per
questo appunto che egli ama la liberla ed abbomina il dispotismo ,
non puo fare buon viso ad una forma di governo , la quale appena
promette altro all' Italia che la tirannide di partili cozzanti Ira loro, ad •
oppressione del vero popolo. Sul quale proposito non vogliaino pre-
452 RIYISTA
terire di osservare, come le aspirazioni manifestatesi nel Regno versa
iParlamenti dell'antica Monarchia, poterono essere strumento di ri-
volta, come dices! al §. 12 d§l Libro terzo (pag. 434, 435). Nondi-
meno questo non ci par vero di tutti. Gerto nessuno si saria avvisato
di risuscitare o i Parlamenti delle terre baronali, o i Seggi delle cilta
regie e segnatamente di Napoli; ma quando il Principe di Belmonte,
esempligrazia, nella sua assennata prefazione alia Congiura del Prin-
cipe di Macchia, recava in mezzo quelle antiche islituzioni del Reame,
intendeva dire che cercandosi temperament! alia Monarchia, sarebbe
convenuto pigliarne gli elementi e forse anche i nomi dalle tradizio-
ni antiche del paese , e non andarle a cercare in una scimmiatura
servile di altre contrade, in tutto e per tulto disparate da quello. Ma
nei faziosi , quelli erano veramente pretesti a piu profondi rivolgi-
menti.
Ed appunto per questo, delle tremende alterazioni, che stanno da
tahto tempo agitando 1' Italia , ed in questi quindici ultimi anni Than
messa al fondo, 1'Autore ha cercato ed ha trovate le vere cagioni,
nonnelle aspirazioni dei popoli fatti adulti, eneppure nel fatale pro-
gredimento della civilta, ma nelle selte, che da oltre un secolo si stan-
no agitando in Europa, guadagnandovi, ognidipiu, aderenze, intro-
duzioni , proteggimenti anche poderosissimi dalla parle di quei mede-
siini, che ne sarebbero stati schiacciati, e ne saranno. Tulto il primo
libro va appunto in descrivere questo sotterraneo lavorio dei nemict
di ogni ordine morale e religioso, civile e politico, privalo e pubblico.
In esso 1' Autore, fatto un cenno dell' essere le Sicilie sempre state
coi Re, e dell' amore di quei popoli al trow , entra a discorrere dei
Massoni, dei Filosofi e di Yoltaire, dell'Enciclopedia, del Montes-
quieu e del Rousseau ; e quindi dell 'accecamento dei Re, dei nobili
e dei popoli, recandone a cagione I' egoismo di ciascuno. Appresso,
del Weishaupt e del suo Illuminismo, dei Giacobini, dei Carbonari,
della Giovane Italia e degli Unitarii; e detto poscia del pretesto
che si prese dalla Unita d* Italia e delle speranze che si collocarono
in Francia ed in Inghillerra, traendo aiuto dalla Religione adulte-
rata, dalla letteratura pervertita e dalla filosopa travoUa, si viene
a conchiudere nel paragrafo 26.° ed ultimo, le sette essere i Barbari
BELLA STAMPA ITALIANA 453
moderni. Abbiamo voluto porre qui in nota quest! argomenti del
primo libro , per far comprendere con quanta ampiezza il De Sivo
abbia considerate il suo soggetto ; e darebbe vista di non intetodere
T intimo nesso , onde questi fatti antichi si legano ai moderni , chi
tassasse quel primo libro o di aver prese le cose da troppo lontani
principii, o di aver messo in fronte alia Storia delle Due Sicilie una
specie di Prodromo od Introduzione, che potrebbe ottimamente ap-
propriarsi alia storia di qualunque altro Stato italiano, ed anche eu-
ropeo. Le frenesie e le calamita del secolo decimonono sarebbero
inesplicabili , senza le incredibili colpe ed i non meno incredibili
errori del decimottavo ; e quando le cagioni furono universal* nel
fatlo, non e colpa degli storici se appaiono comuni nella narrazione.
Quale sara il contegno della fazione dominante in Italia verso que-
sto cosi pregevole lavoro , e quale dovrebb' essere degli amici della
verila e della giustizia, diremo alia fine, tornando a qualche cosa di
comune ai due libri accoppiati in questa Rivista. Ma prima di venire
al secondo, non vogliamo lasciare questo , senza aver dato ai nostri
lettori un saggio del dettato dignitoso, conciso e pur chiarissimo del
De Sivo ; ed, atteso la uguaglianza di quello per tutto il libro , noi
potremo pigliarne anche a caso un paio di brani, assicurando chiun-
que ne voglia fare la pruova , che a questi trovera somigliantissimo
tulto il reslo. Sia dunque il primo tolto dal paragrafo 22 del Libro
Primo (pag. 57, 5%), dove, avendo mostrato, come le sette, trail
1840 ed il 1850 , ai loro intendimenli si valessero della religione
adulterala , viene a narrare , come facessero lo stesso eziandio della
letleratura, scrivendo appunto cosi :
« Come eran bigotti, cosi erano falsi letterati. Falta seguenza nei
« giovani, spingevanli a studii fallaci. Gemevano i torchi per opere
« falte a disegno, cui tosto slrombazzavano eccellenti. Soventeudivi
« celebrare a un tratto nomi nuovi di scrittori, e cogliere allori per
« mediocri e brevi lavori in questa terra , dove gia fur tanto obliati
« in vita gli autori della Gerusalemme e della Scienza Nuova. Era
« loro legge severissima il non lodare scrittori non settarii : se me-
et diocri, li laceravano; se buoni, li punivano di silenzio. Sola dis-
« pensiera di fama la setta ; tirannide nuova agl' ingegni. Prima
154 RIVISTA
« s' invenlo una poesia scoraggiante , disperata , malinconica ; alle
« lamenlazioni del Byron e del Leopardi lutti facevario ritornello, e
<( udivi cantare di suicidii e di tombe giovanetti paffuti, passanli la
« vita in bolleghe da caffe e in cene ubbriache,sche. Cosi la leltera-
« tura d'oltremonti, delta romanlica, neinvase, lugubre e insangui-
« nata, che acconciava gli aniini ad ire e ferocita : tutlo dovea es-
« sere romantico per aver lode ; le menli discostale dal bello e dal-
« 1'oneslo s'intrattenevano nel brutto e nel \izio, ene andava guasta
« la gaia indole ilaliana, gia sempre autrice di grandi opere d'intel-
« lelto. Dimenticati gli ameni e forti studii , le fantasie vollavano
« alia Scandinavia e al medio evo, e n' evocavano immagini sepol-
« crali e streghe e vampiri e spettri fecondi di strani e foschi pen-
« samenti. Ne poi del medio evo pigliavan tutto : le forme repub-
« blicane si , non la pieta cristiana e la fiducia in Dio : quasi che
« quella eroica eta di mezzo , mescolanza di spirit! religiosi ed av-
« ventati, generosi e vendicalivi , municipali e liberali , talentosi e
<( creduli, polesse scissa servir di modello nel male, sconosciuta nel
« bene. Malizia fu porre innanzi inimitabili esempii ed una societa
« uscita da[ caos » perche i giovani , al facile sfuriare delle passioni
« avvezzati, anelassero commovimenti. »
Sia tolto il secondo tratto dal paragrafo terzo del Libro quinlo
(pag 24 4), dove, venendo a parlare delle prime allerazioni, che pre-
lusero ai grandi commovimenti del 1848, descrive le condizioni del
Reame in quesli termini: « La popolazione era indifferente, molti vo-
« leano altri Ministri, pochi rivoltura: le province, fuerche i misfat-
« li nel Vallo, eran chete, ne tampoco sospettavano mutazioni; Na-
« poli incerta, inerte, intenta alia industria ; le soldatesche, fide ; le
« milizie civiche devote all'ordine. Salvo studenti, ambiziosi e pazzi
« che fean seguito, i congiurali procedean soli e ne fremeano; fece-
« ro praliche a muover la plebe , mandaron larghe promesse a po-
« polani, ne furono compresi; si volsero a contrabandieri, quesli ri-
ce sposero sapere tragillare mercanzie di nascosto , non di politiche
« tresche. Ma soli baslarono ; accerchiarono attorno al Re loro ade-
« pli, e lo slrepito del pochi supero il silenzio dei molti ».
In assai piu ristrelto giro di tempo e di spazio si circoscrisse la
Compaynia di Toscani, che voile narrare al popolo i casi avvenuli alia
BELLA STAMPA 1TALIANA 455
patria loro negli anni 1859 e 1860; il quale lavoro noi accoppiam-
mo a quello del De Sivo , per la sola ragione , che e esposizione di
fattirecentissimi, e deltato con otlimo spirito di onesta e di Religione.
Nel resto questa Compagnia di Toscani non intesero scrivere storia
propriamente delta; e pero, senza curarsi gran fatto dei pregi letterarii
dei loro scritti, narrarono cosi le cose un po' alia buona, mescolandovi
quie cold, qualche detto arguto, qualche non indecorosa facezia, qual-
che frizzo piccante , e soprattutto scesero a particolarila di cose fat-
te, di parole pronunciate ed.anche di persone, qualificate quasi sem-
pre secondo il merilo, le quali particolarita non sogliono trovar luo-
go nelle storie gravi ; ma lo trovano opporlunissimo nelle narrazioni
che si fanno al popolo , e possono contribute non poco a rendere
ghiotta la lettura del libro , e farlo correre per le mani di molti. 01-
tre a do, il libro non e continuata narrazione ; ma ora e un berteg-
giare non mediocremente satirico sopra la insipienza e 1'avventalez-
za dei ribelli postisi a capo del Governo, come nei Gapi V e VII, che
descrivono lo scompiglio da essi recalo negli Studiiv nei Codici; ora
e solenne atto di accusa , come nei Capi XVIII e XIX , nei quali si
mostra con quale e quanta svergognatezza di male arti, dall'Assem-
blea dell'll al 16 Agosto 1859, fu decrelata la decadenza della Di-
nastia Lorenese dal Trono della Toscana , e poscia 1' assoluta ed in-
condizionata dedizione di questa al Piemonte , che ne fece una sua
provincia ; ora e una molto vigorosa apologia, come nei Capo XX, che
scagiona il Granduca Leopoldo dalla taccia apposlagli di aver chiama-
lo ilTedesco nei 1849 a domare Livorno, e nei XX, dove lo difende
dalla col pa, che si pretese vedere nei non avere mantenuto lo Slatu-
to. II capo XXV poi , il piu luugo di tutti , siccome quello che com-
prende 75 pagine delle poc'oltre a 400, che e tutto il libro, offre una
sugosa e molto assennata trattazioncella sopra il potere teraporale
dei Papi, nella quale sono recate le piu appariscenti opposizioni, che
si fanno a quello nei tempo presente , ed a ciascuna e data una ple-
na e satisfacentissima soluzione. Pertanto questo libro non e nuda
narrazione, e neppure nuda o polemica, o apologia, o dissertazione ;
ma e qualche cosa sui generis, e partecipa un po' di tutte quelle qua-
lita , quantunque vi prevalga la narrativa , riuscendo cosl di molto
456 RIYISTA
grade vole lettura per la varieta del suggetti, e per qualche disugua-
glianza di slile. Quesla conseguenza dovette provenire dall'essere
libro , non di uno scritlore ma di una Compagnia di scriltori , del
quali uno si e tolto ad esporre le circostanze di un fatlo memorabile,
un altro a svelare le magagne di un preteso suffragio universale ;
quesii a purgare il passalo Governo <3i una calunnia appostagli, que-
gli a chiarire un punto di giure pubblico cristiano. Solo e spiacevole
che il confcegno prudente alia stess' ora e coraggioso dell' Episcopato
e di ambi i cleri , tra tante difficolla di tempi , non abbia trovato in
questo libro una piu ampia ed esplicita menzione.
Tultavolta in-tanta svariatezza di argomenti e di dettato, yi e uni-
ta grandissima nella rettitudine dei giudizii intorno ai grandi sogget-
ti, che costituiscono il patrimonio prezioso delle nazioni cristiane, e che
sono stati cosi iniquamenle sconosciuti e conculcati dalla fazione pre-
valente. E diciamo in yero studio : intorno ai grandi principii, per-
che veramente con unameno generale approvazione dalla nostra parte
polremmo avere 1'afia di entrare pagatori degl'immmerevoli giudizii
che , intorno a cose particolarissime ed a persone svariatissime , Ti
si pronunziano: cosa che certamente non vorremmo fare. Vero e che
il piu delle asserzioni e confortato da document!, dei quali vi e gran-
de dovizia alia fine di ciascun capitolo. Ma, oltre che quest! non so-
no tutti di autorita irrepugnabile , un libro, come queslo , pieno di
circostanze minutissime, di parole riferite, di norni proprii, di date,
di aneddoti, appena e possibile, che abbia potuto schivare delle ine-
sattezze , le quali, da un' altra parte, non danno alcun diritto di ri-
getlare la sustanza dei fatti, e molto meno lo darebbero a sospettare
della sanita del principii. Tuttavia , salvo quella e questa , qualche
conoscitore intimo delle cose toscane, per questi ultimi tempi, potreb-
be trovare nei Casi piu che la sola probabilila di alcun giudizio meno
esatto, intorno a certi uomini ed a certe opinioni, messe in voga in
quel paese.
Se gli Autori di questo scritto col ricordare come il Sovrano nel
1859 rifiuto il soccorso austriaco (pag. 24), favorendo anzi la guerra
della pretesa indipendenza (pag. 42), e come il suo Governo avea
largamente condisceso a tulte le esigenze della parte liberalesca; ser
BELLA STAMPA ITALIANA 457
diciamo, intendono stabilire un argomento ad hominem, per meglio
far sentire la sfoggiata e sconoscente nequizia, di chi , ad onta di cio,
pur voile la rivoluzione ; il discorso non ha nulla di riprensibile , e
conchiudentissimo, e noi medesimi piu di una volta lo abbiamo , in
altre circostanze, adoperato. E ci pare che da un benevolo lettore si
puo dare al conteslo del libro questa interpretazione. Ma se essi ban-
no inteso di approvare le cose per loro medesime , qiielle asserzioni
parte poggiano sul falso, e parte non sembrano conformi a quella ret-
titudine di opinioni , che ha preseduto alia comfulazione di tutto il
libro. Non e vero che nell'Aprile del 59 Leopoldo II rifiutasse il soc-
corso austriaco , tuttoche informato degli umori che bolhvano. II
Principe, grazie alia squisita circospezione, onde il suo prirao Ministro
avealo assiepato, non ^eppe mai nulla degli umori che bollivano, sen-
za che gli si facessero conoscere altri pericoli , da cui guardarsi ,
fuori le velleita canoniche e la propaganda romana, contro la quale
gli si dava ad intendere fossero solamenle diretli certi soppiatti ma-
neggi sul tipo della Biblioteca civile. Talmente che della rivoluzione
preparata di lunga mano in casa il Boncompagni ,* e corapiuta la sera
del 27 Aprile colla partenza del Principe , questi ebbe la prima no-
tizia dagli staffieri , quando , ito la sera del 26 a diporto fuori porta
S. Gallo , e trovatosi in mezzo all' assembramento , di cui si parla
a pag. 25 , chiese da quelli che cosa fosse. Le ore poi , che corsero
dall' avere conosciuta la rivoluzione , fino all' essere da essa cacciato
il Principe dalla Toscana , furono consuraate non a reprimere T au-
dacia dei ribelli , cosa non malagevole ad uomini di piu cuore e me-
no indecisi ; ma sivveramente furono spese a patteggiare coi ribelli :
nel che quel primo Ministro stesso faceva nuovo sperimento del suo
famoso sislema di concession! , il quale ( chi sa ! ) gli avrebbe potuto
frutlare il divenire una seconda volta Ministro costiluzionale.
Per cio che concerne la guerra dell' indipendenza italiana, com-
battuta nel 1859 , e della parte che vi potea prendere il Granduca
ed il suo Governo , ci pare piu manifesto , che nel sopraccitato luo-
go s' intenda di abbattere 1' accusa , che i Triumviri, posti dal Bon-
compagni a reggere la Toscana, mossero all'uno ed all' altro; e pero
e argomento ad hominem, come piu sopra fu per noi detto. Nondime-
458 RIVISTA
no qualche animo piu scrupoloso potrebbe trovare a ridire alcuna
cosa sopra queste parole, die si soggiungono : Quanta al principle*
della indipendenza, bastava per allora, che il Governo non impac-
ciasse i volontarii toscani, che accorrevano a pigliare le armi per
difenderlo. Perciocche anche solamente cotesto non potea essere in
nessuna maniera giustificato, a rispetto di una Potenza arnica, dalla
quale , lungi dall' avere ricevuta alcuna offesa , Leopoldo II, Arci-
duca d' Austria , dieci anni innanzi , era stato aiutato a domare i ri-
belli , ed assistito % ricomporre le cose del proprio Stato. E pure
gli Autori dei Casi non possono ignorare, che in quella circostanza,
si fece qualche cosa di phi, che il non porre ostacolo ai soli volon-
tarii toscani; e se non si venne a mandarvi le proprie truppe , non
fu per manco di condiscendenza dalla parte $ quel primo Ministro,
il quale bene a quell' uopo si era preparata la soldatesca , ed in ge-
nerale non conobbe altro sistema di Governo , che il condiscendere
alia fazione , da cui egli ed il Principe doveano essere mandati a
spasso. Se gli Autori dei Casi intendono dire , che con do fu resa
piu manifestamentd inescusabile e piii svergognatamente iniqua 1'ope-
ra-dei felloni , dicono verissimo ; ed e bene giltarlo loro in viso sen-
za molte cerirnonie ed in tutti i raetri. Ma essi sicuramente non po-
tranno approvare un sistema che, poggiando sopra Tingiustizia delle
cose e sopra 1' ignoranza degli uomini , solo da un' ambizione incon-
sulta potea essere riputato cima di prudenza governativa.
Abbiamo toccati quesli due punti , inlorno ai quali ci pare potersi
fare alcuna osservazione ; e puo essere che persone , piu di noi al
corrente dei fatti e delle loro minute circostanze, ne potranno nolare
degli allri. Ma cio vorra essere in cose molto secondarie, e per ma-
niera, che il piu delle volte la inesattezza slia anzi net modo di espri-
inere il concetto, che nel concetto stesso. Cosi, per ragione di esem-
pio , laddove dicesi (pag. 32$), essere oggi quislione se debba o no
sussistere il Cattolicismo , essi intendono certamente, non del Catto-
licismo per se medesimo, ma delle atlinenze che esso ha con tutto
1' ordine sociale e civile. Alia stessa maniera, asserendosi (pag. 434),
che I'uomo, effetto del Sovrano, non pub fare esso Sovrano , vede
ognuno che per uomo si e voluto significare Yuomo sociale o civile,
BELLA STAMPA 1TALIANA
€ per Sovrano i'autorita; nel quale senso e verissimo che, non po~
tendosi concepire societa senza un'autorila che la inform!, non e pos-
sibile che il primo principle dell'autorita si derivi dalla sociela slessa,
come effetto dalla sua cagione. Ma, salvo queste rare inesattezze o di
circostanze o di espressioni, il libro e per ogni rispetto pregevolissi-
mo, e, se altro ne fu mai , appropriate a rinsaldare e mulliplicare quei
salutari disinganni , che la Provvidenza ha per certo avuto in mira
nel permettere, che si scatenasse una serie di lante ed oggimai cosi
lunghe calamita sopra la patria nostra. Dal qual giudizio punto nulla
non ci rimuove quella liberla, e dobbiamo anche dire quella severita
e durezza di parole, le quali a qualche schifiltoso potrebbero fare afa,
soprattutto che esse qui sono indirizzate a particolari persone desi-
gnate con nome, cognome, titoli , ufficii e poco meno che conlrada e
numero di abitazione. Trattandosi di gente gia infamata per pubbli-
che azioni d' infamia , noi non vediamo grave sconcio , che , a ri-
spetto di essa, si ad^prino per la stampa quelle qualificazioni e quel-
le forme, che meglio rispondono alia verita dei merili. Che se talora
quelle e queste suonano un po' vulgari, oltre al potersi rispondere,
che gli Scriltori dei Casi non intesero dettare una storia illustre , si
potrebbe aggiungere, i Toscani godere del privilegio di parlar
bene, anche qnando adoperano il loro vulgare eloquio. Ora, aven-
dosi a dire intorno^ad uomini dell a taglia di un Boncompagni , di un
Bettino Ricasoli , di un Cosimo Ridolfi , di un Celestino Bianchi e so-
miglianti , quando si sono salvati il vocabolario e la grammatica ,
non vi e allra specie di convenienza, a cui quelli, in rigors di termi-
ni , possano avere diritto.
Forse 1' essere questo libro comparso sotto il velp dell' anonimo
potrebbe dar presa ad alcuno di tassarne di poco cuore gli autori,
i quali pure, nel riprendere cose e persone veramente riprensibili,
dan pruova di una franchezza , che e qualche cosa piu che semplice
coraggio. Ma a noi non pare al tutlo irragionevole il motivo, che es-
si ne recano nel Proemio ; che cioe, avendo nel libro posta la mano
parecchi, male si sarebbe quello potuto attribuire ad uno; quantun-
que, a dir vero, ad un tale sconveniente si sarebbe potuto occorrere
conservando il titolo come sla, ed apponendo ciascuno il proprio nome
*
460 RIVISTA
al Capo od ai Capi da se dettati. E tanto piu a taluno sarebbe polu-
to cio sembrare ragionevole, quanto che gli autori del libro non eb-
bero difficolta di nominare molte persone ragguardevolissiine, come
fedeli al legittimo Sovrano della Toscana. Imperocche avendo 1'av-
vocato Galeotti , lo storico deir Assemblea , che decreto la deca-
denza della dinastia lorenese, e fece 1'atto di dedizione della Toscana
al Piemonte, scriilo, che in quella sentenza erano convenuli due
principi, un bar one, ventinove tra marchesi e conti , e dodici cava-
lieri; gli Autori dei Casi a quelli contrapposero qualtro principi
sette conti, due ball, due duchi, cinquanla tra marchesi e cavalieri
(il barone resto solo nella prima schiera, e non e gran danno), quasi
tutti di Firenze; e nella Nota 17 (pag. 496) al Capo XYIII ne stam-
parono i nomi. Se questa sia stata una indiscrezione , noi non vo-
gliamo decidere ; e forse a persone un po piu circospette polra parere
che si , segnatamente quando non si fosse di tutti chiesto ed ottenu-
to il previo consentimento. Ma checche sia di cio, vuolsi avvertire
che il caso e ben differente. Imperocche non Iraltandosi, come nel-
Taltro caso, di semplice dichiarazione di fede politica, ma bensi di
un grave processo fatto alia fazione dominanle ; a quali rischi non si
sarebbero esposti gli Autori dei Casi, apponendo i loro nomi a quelle
fierissime accuse e recriminazioni ed inveltive , dirette ai present!
padroni d' Italia, le quali debbono far puntura tanlo piu sanguinosa,
quanlo sono piu fondate sul vero?Che se il loro libro, appena uscito
alia luce, fu sequestrate dal Governo, non vi pare che gli Autori ne
sarebbero gtati proscritti , incarcerati e peggio, quando quello ne
avesse portato in fronte i nomi? Certo il coraggio civile e una bella
e buona cosa ; ma esso non dev' essere sprecato a pompeggiarne
come in iscena.
Tornando ora, per conchiudere, a qualche considerazione comune
ai due libri, presi a soggetto di questa Rimsta, diciamo primamente,
che la fazione dominante in Italia dovra ben cordialmente esecrarli ;
e segnaiamente dall' infamia , che le ridonda dal primo volume del
Be Sivo, deve capire quale altro cumulo gliene verra addosso dagli
altri tre , che seguiteranno a quello. Al presente , padrona com' e
del pubblico potere , potrebbe non curarsi del narrare o perorare
BELLA STAMP A ITALIANA 461
degli scrittori ; ma essa sa per propria esperienza che , a lungo an-
dare , T opera della slampa non e sterile ; e , valutasene largamente
per montare in sella, non lascia di adoperarla per mantenervisi, e di
contrastare per tutte le vie chiunque se ne serve per meltere all' a-
perto gl' iniqui suoi fatti , e per coprirli della meritata onta. E pero
non ci slupimmo del sequestro fatto del Cast della Toscana, e non
ci stupiremmo di qualche altra cosa. Quello tuttavia che non bastia-
mo ad intendere e, come mai gli amid dei principii professali da
quesli due libri, non si mostrano universalmente ancor persuasi del
presidio, che puo aversi dalla buona stampa, pel trionfo di quei prin-
cipii stessi. Vero e che molto si e fatto , moltissimo si sta facendo ;
ina siamo ben lungi ancora da cio , a cui erano giunti i liberali in
Italia prima del 1847, che della stampa si erano resi padroni. E per-
che non potrebbero i buoni , a servigio della verita , della giustizia,
della Religione far almeno in parte quello, che i tristi fecero, a sov-
versione di quei fondamenli d' ogni dignita umana e d' ogni civile
perfezione? E pero come degli scritti somiglianti a questi , cosi di
questi , e notantemente della Storia del De Sivo , destinata pel vero
ed insigne suo merito a sopravvivere lungamente ai fatti che narra,
dovrebbero e leggerli essi , e consigliarne ad altri la lettura , e fa-
vorirne la diffusione , e procurarne delle ristampe , passando ezian-
dio per sopra a qualche disparere intorno ad opinioni secondarie ,
per amore di quei grandi principii di morale cristiana, dai quali soli
la moderna sociela puo sperare salute.
Quando cio si facesse davvero e da molli , dalla piena e genuina
eognizione dei fatli si verrebbe a poco a poco ad universaleggiare
nelle menti quei giudizio , dal quale dovrebb' essere governato un
riordinamento delle cose ilaliane, quando la Provvidenza ne dischiu-
desse una via. II quale giudizio, come si raccoglie dai due libri
esaminati e si potrebbe da parecchi altri, puo essere espresso in
questi termini. In quanto fu fatto, in delrimento deli'Italia negli ulti-
mi quarant'anni, ed in peculiar modo dal 1847 al 1861, i popoli non
entrarono per nulla, benche tutto fosse fatto a nome loro. Architetta
ed operatrice unica dei grandi e ruinosi rivolgimenti fu una setta
truculenla, nimica sfidata di Dio e degli uomini, che valendosi della
462 RIVISTA
malizia di alcuni, della ignoranza di altri e delle passion! di tulti,
ha mirato unicamente ad insediare se medesima sopra i troni dei
Principi spodestati; e se fa le viste di acconciarsi per ora colle
insegne e col nome regio, do e a patto di averlo strumenlo e man-
tello delle proprie nequizie. Un tanto trionfo saria stato impossible,
se i depositarii del potere avessero fatto il loro debito a difesa, non
taaito della propria autorita, quanto dei popoli ad essi affidati dalla
Provvidenza ; ed il padre innanzi all'aspide, che si avventa ai figli,
non ha altro debito, che di schiacciarlo. Ma sventuratamenle, fosse
per debolezza di mente, fosse per raanco di cognizione dei proprii
doveri, fosse per iscaltrezza o dabbenaggine di Ministri, il fatto e che
prevalse il sistema della conciliazione, della mitezza, di una clemenza
verso unpugno di scellerati e furfanti, la quale dovea essere pagata
dalle lagrime e dal sangue d' innoeenti a migliaia ed a miriadi. Per
colmo di calamila, 1' usanza di adoperare uomini inetli in carichi ri-
levantissimi, notata dal De Sivo in t erdinando II, non fu vezzo di quel
Principe solamente, nel quale pure erano insigni doli che ne rendeano
meno disastrosi gli effetti. Cos! la setta ebbe agio dilavorare libera-
mente nel relrogradQ Reatne di Napoli sotto Ferdinando bombarda-
tore , e meglio ancora nella Toscana civilissima sotto il tanto lodato
dai liberali Leopoldo. Ma e dove si faceva qualche sembianza di re-
gressione da Ministri seltarii, che nel De Sauget mantenevano in posto
1'assassino di un esercito, e nel Pianelli premiavano un vecchio cospi-
ratore, che nel 1859 del premio si sarebbe valuto per fare uccidere
soldati , cui non isperava corrompere ; e dove di repressione non
si conpsceva neppure il nome, intantoche il primo Ministro pigliava
Timbeccata dai Georgofili, per favorire ogni specie di liberali, e
tribolare intarito la g^nte onesta e fratl innocui ed imbelli suore;
nell'uno e nell' altro paese, diciamo, 1'effetto fu lo stessissimo. Che
se il paese , dove la condiscendenza non fu piena , si divario in
nulla da quello, dove fu pienissima; la differenza fu questa, che nel
Regno rarissimi del Baronaggio ebbero poche e non le prime parti
nella rivoluzione, e la soldalesca, vera espressione del popolo, fu
non pur fida, ma per fedelta e costanza ammirabile; laddove in To-
scana parecchi nobili vi ebbero le prime parti e la soldatesca inde-
DELIA STAMPA ITALUNA
gnamente tradi. Tale e il solenne documento , che si raccoglie da
quesli due libri ; e faccia Dio che si capisca ! Ma se si seguita sullo
stesso sistema, quando, per benigna disposizione della Provvidenza,
seguisse in Italia una ristorazione, questa non potrebbe altro essere,
che apparecchio a nuove catastrofi ; le quali , secondo la sperienza
fattane quattro o cinque volte in appena mezzo secolo , potrebbero
forse sopravvenire meno frettolose delle precedenti, ma sarebbero di
tutte le passate piu ancora tremende.
II.
Enciclopediadell'Ecclesiastico, compilata dall'Abb. YINCENZIO D'A-
VINO. Edizione seconda riveduta, aumentata e in parte rifusa.
Torino , Pietro di Giacinto Marietti tipografo-editore , Piazza
B. V. degli Angeli. Dieci dispense del primo Volume di
pag. 640.
I caporali della grande Rivoluzione francese andavano gridando :
conviene scristianeggiare la Francia , affinche vi si perpetui la rivol-
ta. Che questa sentenza di sterminio siasi filta in capo di chi correg-
ge i moti della rivoluzione italiana, uon ve n' ha dubbio. Vero e che
i rettori visibili del nuovo regno adoperarono parole ed atli di amore
verso la religione persino in quelle leggi, che la offendono gravemen-
te , ma questo non e che orpello. Guardate ai fatti. Non si fa buon
viso al maestri dell' errore venutici d' oltre Alpe? Non s'insediano
nelle universita a maestri, uomini bestemmiatori di ogni religione?
Non si consente , che una stampa invereconda scapestri a suo talen-
to , facendo il peggio che sa del sacerdozio e di ogni altra cosa sa-
cra ? Non v' e ormai luogo , dove il lezzo della corruzione non ap-
pesti , e 1' errore dato a propinare largamente non avveleni ogni or-
dine di cittadini.
Da cotali circostanze si origina nel Pastore delle anime un dove-
re piu grave di rifornirsi di nuovo sapere , ut potens sit exhortari
RIYISTA
in doctrina sana, et eos qui conlradicunt arguere 1. Ma qual agio
avra di farlo il parroco ed il curato , che tutlo di si affatica in opere
del sacro ministero? Bisognerebbero a do volumi di gran coslo , e
spazio non corto per leggerli e cavarne saviamente quegli antidoti ,
che sarebbero all' uopo. Cose all' uno ed all' altro parimente impos-
sibili. Al ch. Abb. Vincenzio D'Avino venne il pensiero di sopperire
al bisogno lavorando un libro, il quale, spartito in quattro grossi vo-
lumi, contenesse, per cosi dire, il distillato dello scibile, che puo oc-
correre al sacerdote in questa nostra eta. Cotal libro si e l&Enciclo-
pedia dell' Ecclesiastico. Noi non sapremmo ritrarre piu chiaramente
il concetto di si vasto disegno altramente, che recando per disteso
quello che egli ci presenta nella prefazione. Come ebbe detto « aver
preso tra i lavori, somiglianli al suo , in ispeciale considerazione II
gran Dizionario della Teologia Cattolica pubblicato in questi ultimi
anni dai chiarissimi professori Wetzer e Welte » , soggiunge :
« Quale intanlo, ci si domandera, sara il circolo, entro il quale ci
aggireremo? La totalita delle scienze ecclesiastiche ; ma di ciascuna
branca in quella varia misura che crediamo piu ulile alia maggio-
ranza del leggilori , ed alia ragione dei tempi in cui viviamo. Tro-
yiamo intanto cosi razionalmente partite e classate le varie materie
nel prospetto del precitato Dizionario di Wetzer e \Yelte, da voler
far nostra la medesima partizione , pressoche identico essendo Y in-
tendimento col quale condurremo la nostra compilazione. Sicche la
nostra Enciclopedia conterra :
« 1.° La scienza della lettera, cioe la filologia biblica dell'anlico
e del nuovo.Testamento, la geografia sacra, la critica e Terme-
Beutica.
« 2.° La scienza dei principii, cioe, T apologetica, la dommatica,
la morale , la pastorale , la catechesi , 1'omilelica , la pedagogia , la
liturgica, 1'arte cristiana, il diritto ecclesiastico.
« 3.° La scienza dei fatti, cioe, la storia della Chiesa, I'archeolo-
gia cristiana, la storia dei dommi, degli scismi , delle eresie , la
patrologia , la storia della letteralura teologica,
1 Ad Titum c. I, v. 9.
BELLA STAMPA 1TALIANA 465
« 4.° La scienza deisMoli, o Tesposizione comparata delle dot-
trine scismatiche ed eretiche , e del loro rapporti coi dommi della
Chiesa cattolica, la filosofla della religione, la sloria delle religion!
non cristiane e del loro culto. »
Eccovi il disegno di tutta 1'opera rappresenlato in pochi tratti. La-
voro amplissimo , di fatica immensa e di utilita non piccola. Noi ci
rallegriamo di cuore col ch. Autore dell'essersi messo a cotanta im-
presa in pro del clero italiano, e quello che e il piu, di avere corri-
sposto col fatto alia promessa, per quanto il patisce la mole e la qua-
lita del lavoro. In pruova della nostra asserzione sarebbe mestieri di
recare a saggio un qualche articolo sopra le varie materie che vi s!
pertrattano. Ma chi non vede, come in cio ne andrebbe per poco tutto
Intero il fascicolo ? II che per fermo non piacerebbe ne ai nostri as-
sociati e neanche a noi. Onde siccome il ch. Autore col darci la
partizione delle materie , ed i mold rispelti sotto dei quali doveano
considerarsi, ci sbozzo la grandiosita del suo concetto ; cosi noi espo-
nendo in brevi parole la maniera , che adopera nel colorire il suo
disegno, faremo comechessia rilevare ii pregio del suo lavoro.
Argomentando dalle dieci dispense annunciate, il ch. Autore mo-
stra di non volere prelermelter cosa , che sia necessaria alia diritla
intelligenza del sacro testo della Scrittura e quanto al vario signifi-
cato delle dizioni, che possono metlervi alcun impaccio, e quanto alia
conoscenza de'luoghi, de' tempi, de'costumi, disnodando le difficolta,
recando le varie opinioni ed indicando le fonti a cui attingere piu
yasta erudizione. Quando poi alia occasione di alcune voci gli viene
in taglio di confutare le obbiezioni degli eretici o degli increduli, non
manca di farlo , gittando qua e cola larghi sprazzi di luce in brevi e
robusti argomenti. Per cio che si riferisce alia Chiesa, espone le dot-
trine dalla medesima professate, le corrobora con savie prove, le di-
fende contro i maestri dell' errore, de' quali contando la vita vilupe-
rosa , che menavano conforme ai loro insegnamenli , od i frodolenti
rigiri, che metteano in opera, viene a darci sul loro conto la piu bella
confutazione. Per 1'opposto, trattandosi de' Padri, tu ammiri nella pri-
ma parte dell' articolo i nobilissimi atti delle loro virtu , e nell' altra
ii vedi schierati in bell' ordine i loro scritli, con quella giunta di co-
Serie V, vol. X, fasc. 340. 30 12 Maggio 1864.
466 RIYISTA
gnizioni che servono all'uopo. II medesimo studio s'incontra negli
articoli dettati sopra cio che apparliene al diritto Canonico , od ai
sacri riti, o risguarda in qualche modo la disciplina della Chiesa. SI
trovano diligentemente notali gli spartimenti delle province eccle-
siastiche, le diocesi che vi si contengono, il numero dei fedeli, ond' e
composto ogni gregge affidato alia cura di un pastore. Non v'e citta
0 luogo con catledra episcopale , del quale non si determini il silo ,
non s indichi il tempo in cui ebbe V alto onore , e per quali pastor!
abbia acquistato rinomanza nella Chiesa.
Tale si e il modo che ii ch. Autore adopera nello svolgere le ma-
terie propostesi a trattare. Di che e facile intendere la utilita che se
ne puo ricavare. La qual cosa apparira ancor meglio, ove si consi-
deri , che nel discorrere di subbietti particolari ei precede ordinato
nei suoi concetti in guisa che, indicando i varii risguardi sotlo de' quali
1 medesimi possono disaminarsi a bell' agio, apre il campo a formare
discorsi ed istruzioni piu o meno lunghe secondo il bisogno. Quando
poi ragiona di alcun argomento in universo, ti mostra in qual modo
convenga determinare il concetto, partirlo scientiflcamente , coordi-
narne le parti , sicche riesca un tutto ben inteso ed in quella che
soddisfa 1' animo colla chiarezza, non faccia lamentare la esilita. L' ar-
ticolo scritto sopra la voce Batlesimo valga di esempio pel primo ca-
so, e 1' altro sopra la dizione Apologetica serva pel secondo.
Contuttocio non intendiamo affermare con queste lodi , che il leo-
logo, il canonista , lo storico e gli altri maestri nelle discipline ec-
clesiastiche non vi trovino che appuntare. Anzi, ne siamo certi, qua
non potranno far buon viso a qualche defmizione, la si quereleranno
di qualche dottrina oscuramente esposta , altrove si dorranno che la
esposizione de' fatti non sia del tutto con forme alia storia, ed a que-
sto ed a quell' articolo daranno taccia di soverchia leggerezza nella
pertrattazione. E come potrebbe accadere altramente in opera di co-
tanta impresa? Quindi per adempiere 1'obbligo della veracita presso
i nostri lettori, senza ii menomo scapito dell'elogio fattone, mettiamo
qui ad esempio alcune osservazioni sopra qualche sentenza od espres-
sione che potrebbe ingenerare nella mente qualche torto e nocivo
sentimento.
BELLA STAMPA ITALIANA 467
1. Nell'arlicolo sopra la voce «Alienazione dei beniecclesiastici»
si scrive : « Essendo le Chiese di Roma e di Costantinopoli le piu ric-
che, da queste comincio la riforma. L' imperatore Leone fece una
legge per impedire 1'alienazione dei beni dellaChiesa di Costantinopo-
li. Basilio Cecina, cbe prese il norae di re di Roma, ordino pure che
non si potessero vendere i beni della Chiesa romana, e sul principio il
Papa Simmaco non disapprove che un laico avesse fatta questa leg-
ge e non tralascio di confermarla in un Concilio tenuto nel 502. »
Alcuno male avveduto potrebbe da questo luogo trarre la conseguen-
za: dunque e dei principi secolari custodire e governare con savie
leggi 1'uso dei beni di Chiesa. Si rellifichi la storia e parra 1' oppo-
sto. L'imperatore Leone fece bensi una buona legge in pro degli or-
fanotrofii, e defini con un'altra, che i Vescovi poteano civilmente dis-
porre de'beni loro privati , ma niuna ne bandi spettante al divieto
asserito l. E vero, che Basilio Cecina proibi con legge 1' alienazione
sopraddelfa, ma e falso cosi che egli siasi dato il titolo di re di
Roma, come che Papa Simmaco non abbia-disapprovata la legge ci-
tala. Leggasi il Costituto di questo Pontefice e si yedra con quanta
forza la medesima sia slata dichiarata nulla, appunto perche fatta da
persona laica. Del reslo non era mestieri, che ponessero mano a co-
siffalte leggi gli Imperatori od i Pretetti residenti in Roma , come il
nominato Basilio : la costituzione di S. Leone Magno inviata ai Ve-
scovi della Sicilia ed il richiamo fatto dal medesimo all' imperalore
Marciano, per guarentire il dirilto e libero uso de' beni della Chiesa
contro le intrusioni laicali, ne sono una pruova luculenta 2.
2. Nell' arlicolo sopra « YApologetica » si pronunzia ricisamente
che « la rinascenza degli studii classici al decimoquinto e decimose-
sto secolo . . . ebbe per risultato il raffreddamento e la decadenza
della fede cristiana. » Questa e sentenza moderna del Gaume ; ma
essa ha contro di se 1'esempio e 1'autorita de'Padri anlichi, dei Pon-
tefici , dei Prelati e degli uomini per ogni virtu insigni dei secoli ci-
tati, i quali furono si lungi dal ravvisare negli studii classici una
\ Annal. BARONII ad ann. 474, n. 4, Cod. lib. 1, tit. 3, de Episcop. et Clet\
2 Epist. 17 et 137.
468 RIVISTA
causa di corrompimento della fede , che in ogni guisa ne caldeggia-
rono il progresso. Adoperando la maniera esagerala di argomentare,
tenuta dall'autore della riferita sentenza, noi potremo dimostrare es-
sere stall gli studii teologici una cagione non lieve delle eresie.
3. Alia voce « Albigesi » sta scritto: « ne pretendiamo di definire
come cosa lecita il perseguitare gli eretici a cagione della sola loro
falsa teoria, quando essi non siano disturbalori della pubblica tran-
quillita; » Nel supposto che la persecuzione, o per favellare piu pro-
priamente , che la punizione degli eretici come tali venga ordinata
dalla legittima autorita, non solo non e una pretesa il definirla affer-
naativamente un alto lecito, ma e di necessita per chi vuole sentire
colla Chiesa. Abbiamo i Padri chel'asseriscono, i canoni dei Concilii,
ehe lo confermano, e la pratica di santissimi Pontefici che vi pone il
suggello piu cospicuo. E poi colla eresia non si consumma il delitto
piu grave di ribellione contro la Chiesa? Quindi siccome non V ha
uomo di sano intelletto che neghi ad una societa legittima e indipen-
dente il diritto e percio la licitezza, di punire il ribelle, cosi niuno
senza ingiustizia lo puo negare alia Chiesa. Ma questo non importa,
che si debba o si possa esercitare cotal diritto, in ogni circostanza.
Non rade volte la utilita lo dissuade, o la parola data, od un patto in
contrario non lo consente. Che se per la citata senlenza si fosse in-
teso di declinare queste ed altre quistioni somiglianti, in tal caso sa-
rebbe da notarsi la oscurita della espressione. Ad ogni modo dal
Suarez 1 e dal Bellarmino 2 chi lo bramasse, puo avere e pruove e
schiarimenti da rimanerne soddisfatto.
4. C'incresce il dirlo, ma I'arlieolo alia voce « Basilea » fu attin-
to a fonte non pura. Discorresi in esso del famoso Concilio tenutosi
In quella citta, ma con formole piuttosto strane e con sentenze non
conformi alia storia. Cosi a modo di esempio qui si lancia un' accu-
sa a tutti i Pontefici di quei tempi, dicendosi : « essere fuor di ogni
dubbio che i Papi seguivano allora nella queslione di oriente una
larga politico,, che abbracciava ad un tempo gF interessi piu gravi
1 De Fide, Disp. XXII, XXIII.
2 De Laicis, c. 21, 22.
BELLA STAMPA ITALIANA 469
delle due Cliiese e quelli di tulti gli Stati europe! ; ma doversi pure
confessare che essi sacrificavano alia politico, estera le question! di
politico, interna. » La si afferma che i Padri del Concilio « scorse-
ro nella traslazione il progetto di paralizzare la liberta dei Vescovi
francesi e tedeschi colla maggioranza de' Vescovi italiani » , come se
realmente il Papa Eugenio avesse avuto tal disegno. Altrove la le-
giltima difesa retlamenle adoperata, si chiama « fanalismo di spedi-
zioni militari contro i seguaci di Giovanni Huss ecc. ecc. » Ouanlo al
Papa Eugenio ti comparisce imprudente, caparbio e cagione de' pri-
mi dissidii del Concilio. Andremmo troppo per le lunghe se voles-
simo reltificare e proposizioni e falti della prima parle di queslo arli-
colo, e percio rimettiamo chi ne avesse 1'agio a cio che ne racconta
il Rainaldi.
5. Nell'arlicolo sopra « I'Assoluzione sacramentale » si riferiscono
quindici capi di casi, nei quali devesi ricusdre I'assoluzione ed otto
di quelli, in cui devesi differire. Basta ragguagliarli con quegli an-
noverali da S. Alfonso o dallo Scavini, per rilevare in piu di essi un
importune rigore. Trattandosi qui di morale, crediamo conveniente di
far notare la inesattezza della regola diciollesima che si da nell' ar-
ticolo sopra il « Battesimo » al §. XIV. Dicesi in essa che « in case
di necessita 1' ordine da tenersi dai fedeli e che non puossi senza
grave peccato violare, rispetto alle p.ersone che devono conferire il •
ballesimo/e a pari circostanza la seguente : la donna ceda all'uomo,
il laico al cherico, il cherico al sacerdole. » E vero, che conviene
osservare 1'ordine indicate in quesla regola, e vero che il laico a part
circostanza non si prepone al sacerdote senza grave peccato, giusta
la comune sentenza dei teologi, ma e del tutto inesatto che si debba
dannare di col pa grave la donna, che si antipone all'uomo, o il laico
che al semplice cherico.
Tali sono le poche osservazioni che abbiamo giudicato opporluno
di soggiungere alle ben meritate lodi date al ch. Autore della En-
ciclopedia annunziata, rimanendo, non ostante le medesime , intatta
la utilita, che, siccpme abbiamo di sopra affermato , puo ricavare il
clero da quest' opera, commendevole ancora dal lato lipografico per
la correzione, la nitidezza e la economia del prezzo.
BIBLIOGRAFIA
ALIMONDA GAETANO — S. Francesco di Sales, Panegirico recitato dalsacerdo-
te Gaetano Alimonda ai RR. Operai evangelic! , detti Framoniani, nella
chiesa di S. Marta in Geneva, il 20 Gennaio del 1863. Torino, lip. scola-
stica di Seb. Franco e fiyli 1863. Un opusc. in 8.<> di pag. 29.
ALLARD G. S. — Giuseppe LuigiGuerin, volontario del corpo de'Zuavi poutifici?
Franco- belgi, nato in Saint Pazanne li 5 Aprile 1838, e morlo in Osimo li
30 Ottobre 1860, per 1' Abate G. S. Allard, canonico della cattedrale di
Nantes, tradotto dall' abate Amerigo Capocci. Firenze, tip. di Luigi Ma-
nuelli 1864. Un vol. in 8.° dipag. JV-189.
ANONIMO — Considerazioni e Raffronti sullo stato deU'Istruzione pubblica
neH'Unibria. Un Laico umbro. -Assist, tip. di Domenico Senni 1864.. Un
opusc, in 8.° dipag. 34.
Non sappiamo chi sia lo scrillore di queste dell'Umbria ha in fatto d'educaziono e islruzione
Considerazioni, il quale si contenla solo di dirci giovanile dislrulto tullo il bene die v'era innan-
che e un Laico umbro. Ma dalla lettura die ab- zi, e sopra quelle ruine o lasciato il vuoto , o
biam fatto del suo libro lo abbiam trovato uomo innalzato ediflcii pessimi ora, di peggiori -cala-
di sensi schicttamente cattolici, di molta dottrina mitci feraci uello avvcnire. Allcga falti e pruove
e di speriehza non picciola in falto d'educazione di una evidenza palpabilissima , e conforms in
e istruzione giovanile, e minutamente istrutto di im punto speciale, do die in tesi generate e gia
quello chc accade nell' Cmbria. Esso dimostra noto, che cioe la rivoluzlone e buona a distrug-
cio che fu anche da alcuni giornali liberaleschi gere, inetta ad cdiflcare.
de' piu caldi asserito, che il Governo usurpatore
.— II Mese dei Fiori sacro alia Regina degli Angeli. Modena, tip. deir Imm,.
Concez. Un vol. in 12° di pag. 180. Si vende in Roma presso il Bendvenga..
— La lira solitaria: raccolta di Poesie inedite. Torino, slamperia dell' Unio-
ne tipografico editrice 1864. Un opusc. in 8.° di pag. 78.
— La parola di Dio, i moderni farisei e il signor Andrea Moretti, per un prete-
bergamasco. Torino, tip. dell'Orat. di S. Franc, di Sales 1864. Vnopusc^
in 8.° dipag. 90.
II signor Andrea Morelli ha pubblicato per le delle risposto. Veramente il tema stesso era faci-
stampe un libro contro la Chiesa e il clero, in- le; giacche a voler far dire alia Scrittura il
tendendo di provare per via deila santa Scrit- contrario o almeno diversamente di quei che
tura che il Papa non puo avere signoria tern- dice, bisogna slirarla e sconvolgerla tanto, che
porale, e i Vescovi e i Preti non possono avere a tutti apparisce la falsita della allegazione, solo
possidenza ne beni; e che dal possederli che che questa si esponga con genuina verita : e le
fanno contro coscienza deriva la corruttela del obbiezioni & i cavilli del sig. Morelti son ciarpc
Sacerdozio cattolico, che quindi invece di essere vecchie, cento volte esposte, cento volte ricoho-
Ja eletta dei paslori e divenuto un'accozzaglia di sdute come cenci smessi e animuffati ne' ghetti.
farisei. E cio egli fa non solo irriverentemente, Tutto questo e vero: ma appunto queslo non e
ma disonestamenle, e pur protestandosi di voler piccolo merito dello scriltore, 1' avere con certa
rimanere cattolico, come innanzi era. Tra le va- opportunita di riflessioni, e brio di stile saputo
rie confulazioni scrittesi conlro un tal libro, que- dare interesse vivo ad uoa polemica facile in se
sta e notevole per la forza del ragionamento, per slessa, e cento voile rifatta.
la moderazione dello stile , e per la evidenza
BIBLIOGRAFIA 471
ANONIMO — Laura dei Bonaventura in Torre de'Specchi. Racconto storico
del secolo XVII. Modem, tipi dell' Imm. Concezione 1864. Un vol. in 8.°
di pag. 333.
II rac-conlo romano clie ci presenta la Collezione le, che non edifica una casa chi guarda al solo
di letturo amene ed oneste pel mesi di Marzo ed interesse materiale nei roatrimonii, ma la distrug-
Aprile, e un racconto dei piu interessanti, e per la ge ; e che 1' educazione per quarto sia ricercata
yerita storica che conliene, e pel nalurale intrec- e fertile in famiglie nobili, se manca 1'elemento
<io e sviluppo dei fatti, e per le moralila che primiero, la Religione, non produce che rei effetti.
deduce tutto spontanee. Noi lo abbiamo lelto con Dobbiamo insieme commendare la schietlezza e
piacere, e n% gjudichiamo la lettura utilissima ad scioltezza dello stile in lutto il racconto, e princi-
ogni classe di persone, ma specialmente alle no- palmente i tratli tenerissimi in che ei descriye un
bili giovanettc, alle quali in singolar maniera 1'Au- Crocifisso dipinto da Mario Bonaventura, e la sua
4ore lo indirizza. morte ediflcante, dopo riceyuti i SSmi Sacramenti.
In questo racconto che lungi dall'essere romanzo, E yendibile a Roma da Gioyanni Benciyenga,
« tutta storia yeridica, campeggia in modo specia- yia di pie di Marmo n. 4.
— Le Querele Monginiane , ossia riflessi critico-morali sull' empio libercolo,
intitolatb : La cristiana procedura dell' attuale Inquisizione romana, giu-
stificazione del Parroco Pietro Mongini. Torino, tip. scolastica di Seba-
stiano Franco e figli 1863. Un opusc. in 8.° di pag. 62.
— Rappresentazioni e poesie sacre pel fanciulli. Milano, tip. e libreria arci-
vesc'ovile, Ditta Boniardi-Pogliani di Ermen. Besozzi 1863. Cinque vol.
in 8.° di pag. 110, 152, 110, 125 e 126.
Noi ci uniamo a'molti giornali cattolici, i quali che dal yenderla se ne ricayera, e destinato ad aiu-
lianno raccomandata caldamente questa Raccolta tare 1' educazione e 1' istruzione dei gioyanetti di
di sacre Rappresentazioni, perche in primo luogo miglior ingegno, i quali aspirano allo stato eccle-
questi drammelti son proprio opportuni a nutrire siastico, ma non hanno mezzi di giungervi senza
•e syegliare nei fanciulli, sopraltuHo del popolo, il sussidio della carila cristiana. L' inlera Rac-
i piu dilicati e i piu generosi sentimenti d' un cuore colta si compone di cinque volumetti, i quali si
Teramente cristiano, mentre essi mirano apparen- yendono anche separatamenle al prezzo di cente-
temente a procacciar loro un piaceyole interteni- simi 8 per ogni foglio di stampa.
mento ; e perche in secondo luogo il poco guadagno
INTONIO M. DI TIVOLI — Tn Vigilia et in Festo Immaculatae Conceptions Bea-
tae Mariae Virginis Officium et Missa Gregorianis numeris ornata. Mechli-
niniae, H. Dessain, successor P. 1. Banicg, Sumrnis Pontificis^. Congre-
gationis de Propaganda Fide et Archiep. Mechl. Typ. 1863. In foglio co-
rale di pag. 12.
Quest' Offlcio e Messa, approyata dal Rmo P. Ge- petenti, molto pregeyole, sempre melodioso, e
nerales dei Minori per tutte le Chiese dell' Ordi- corrispondente alle belle parole, con cui la Chie-
ne, e layoro musicale a giudizio di persone com- sa onora la gran Madre di Dio Immacolata.
1UTORI VARII— Fieri poetici a D. Angelina De Gaetano, che veste 1' abito
religiose nei Conservators dei sacri Cuori di Gesu e Maria, in Santama-
ria Capuavetere, pigliando il nome di Maria Veronica del Divino Araore.
Napoli, stabilimento tipografico strada S. Giovanni inPortan." 32, 1864.
Un fasc. in 8.° di pag. 21.
BARBERI ANDREA — L'uomo. Riflessioni filosofico-religiose dell'avv. cav. An-
drea Barberi. Roma, Filippo Chiassi 1864. Un fasc. in 8.° di pag. 20.
Nella perdita di due care nipotine consolasi 1'au- tal distacco, perche sole elevano 1'anima al pen-
lore con molto soayi considerazioni di fllosofla cri- siero d' una seconda yitaj beata ed imperitura.
stiana, che sole yalgono ad alleyiare il dolore di
BESI GIUSEPPE — Corso elenientare di agricoltura teorico-pratica del Dottor
Giuseppe Besi, professore di agraria nell' istituto tecnico di Geodesia e
472 BIBL10GRAFIA
Icodometria ecc. ecc. Vol. 1.° Roma, tipografia delta Rev. Cam. Apostoll-
ca 1863. Un vol. in 8.° di pag. 230, con tavole.
E intenzione del sig. Besi di comprendere in slanze rendano il terreno alto a produrre ; flnal-
fuesto suo Corso elementare non solo la parte niente la Vl,a la Rotazione agraria, cioe la suc-
teorica, ma eziandio la pratica dell' agricoltura ; cessione delle raccolle sul medesimo terreno.
eioc dire si la scienza, si I' arle. La scienza agro- Questo primo libro e uscito alia luce, e nella sua
nomica, che e contenuta in questo 1.° volume, brevila 1'abbiam trovato chiaro, compiuto, ordi-
la divide esso in sei sezioni. La I." tratta la nalo. Ora aspetliamo 1'altra parte, che dovri
Botanica agraria, ossia i principii piu univer- contenere 1'arte agronomica, e nella quale 1'au-
sali della anatomia e fisiologia vegelale; la II.a tore promette di parlare dell'erbicoUjtira, dell'aj-
la Agrologia, ossia le qualita buone o cattive boricoltura, della tecnologia rurale, della pasto-
delle terre; la III.' la Meccanica agraria, ossia rizia e dell' economia rurale. Sappiamo die a
gli strumenti, le macchine, e i lavori che queste pubblicare quest' opera cosi utile il Santo Padr»
fanno sulle terre; la IV." 1' Idrologia agraria, ha dato non solo approvazione ma aiuto effica-
ossia i danni e i beneflzii che le acque fanno alie cissimo, essendosi degnato di ordinare che foss«
terre; la V.* la Chimica agraria, ossia quali so- stampata a sue spese.
BLOT — In Cielo ci si riconosce, lettere di consolazione scritte dal Rev. Pa-
dre Blot della Compagnia di Gesu, tradotte da un sacerdote toscano. Ft-
renze, presso Alfonso Romoli editore 1864. Unvol. in 8.° di pag. JXV-134.
Questo libro e stato scritlo per porgere ai fe- glia nel Cielo, e 1'amicizia nel Cielo. Tutto il libro
deli una consolazione nella morte dei loro cari: adunque dara grande sollievo alle anime piu af-
e la consolazione si e rammentar loro che in cielo fettuose, e tan to piu grande quanto piu esso e
•i riconosceremo, in cielo ci riuniremo con quelli veroesolidamentedimostrato.Cirallegriamoadun-
ehe in terra ci lasciano a piangere la loro perdita. que di vederlo voltato in italiano sopra 1' ultima
Questa verita e nella ferma persuasione di tutti edizione francese, e ci auguriamo che esso venga
i cattolici: ma il ch. p. Blot ne porge la dimostra- letlo da quanli vivono nel lutto e nell'afflizion*
zione teologica, e ne deduce le conseguenze prati- per la perdita de' loro parenti o dei loro amici.
che. Belli fra gli allri sono i due capitoli, la fami-
BONOLA ALESSANDRO — Alcuni fiori a Maria nel mese di Maggio, di Alessan-
dro Bonola. Bologna 1864, presso Alessandro Mareggiani tipografo edi-
tore, ma Malcontenti 1797. Un opusc. in 8." di pag. 48.
Quesli fiori sono alquante poesie, che hanno pieta, pel colore vivace di belle immagini, per
per argomento la Vergine Santissima. Esse me- la schietta naluralezza delio stile,
ritano un tal ' titolo per la soave fragranza di
BOSCO GIOVANNI — II mese di Maggio consacrato a Maria SS. Immacolata, ad
uso del popolo, per cura del sacerdote Giovanni Bosco. Seconda edizioue.
Torino, lip. dell' Orat. di S. Franc, di Sales 1864. Un vol. in 32.° di pag. 204.
BREVIARIUM ROMANUM, ex decreto SS. Concilii Tridentini restitutum, S. Pii V
Pontificis Maximi iussu edilum, dementis VIII et Urbani VIII auctoritate
recognitum, cum officiis Sanctorum novissime per summos Pontifices
usque ad hanc diem concessis. Taurini, ex officina slereotypographica
Hijadnthi Marietti 1864. Un vol. in 16.° piccolo di pag. L V7-880, CCLIX.
11 pregio di questa nuova edizione del Breviario, queste buone ^ualita e da aggiugnere la tenuiti
fatta dal Marietti, si e la piccolezza del sesto, la del prezzo. Gli stessi pregi si trovano nell'altro
nitidezza della stampa, la correltezza del lesto, e Breviario Ad usum Fra trum MM. S.Francisci Cap-
la pienezza delle giunte pei nuovi ufflcii. A tutte puccinonm, stampalo nella medesima tipografia.
CACCIAGUERRA BUONSIGNORE — Trattato della tribolazione del rev. Buonsi-
gnore Cacciaguerra, nobile Sanese, prete secolare e compagno di S. Fi-
lippo Neri in S. Girolamo della carita in Roma, utile e necessario a chi
desidera imitar Cristo nel patire. Napoli, presso il sac. Giuseppe Pelella,
Strettola di Porto n. 21, 2.9 p. 1863. Un vol. in 12.° di pag. 106.
Quel si gran maestro di spirito che fu sail comandava alle anime cho dirigeva questo li-
Francesco di Sales loggeva frequentemente erac- bro, e in una lettera (LETT. lib. 5 della P. U,
BIBLIOGRAFIA 473
leltera 47) dice intorno a lui queste parole: « Io ebbi in Italia ». Dopo un tal giudizio e inutile
non sono mai stato mosso da Libro alcuno, come ogni altra raccomandazione.
da questo, in una doloipsissima infermita, che io
CECCONI EUGENIO — La voce di Maria Madre del Buon Consiglio, al cuore
della giovinetta, ad uso specialmente del Conservatorii e delle pie case
di educazione. Firenze 1864, tip. Fiorentina, diretta da Giuseppe ISatali.
Un vol. in 32." di pag. 88.
E una ristampa del libretto encomiafo da noi e prendiamo qucst'occasione per congratularci col
(rol. IX, pag. 346). Ne differisce in quanto que- pio e dotto autore, Canonico del Duomo a Fi-
sto e meglio adattato alle fanciulle , menlre renze, delle picciole e delle sue grandi impress a
quello piu si conviene ai fanciulli. Inyitiamo i bene della religione.
padri di famiglia e le istitutrici a giovarsene,
CELESIA MICHELANGELO — 11 Giudeo ed il Gentile al cospetto del Cristo. Ra-
gionamento di Monslgnor D. Michelangelo Gelesia, della Congregazione
Cassinese, Vescovo di Patti, letto la sera del 20 Marzo 1864, nella solenne
adimanza della pontificia Accademia Tiberina, per celebrare la memoria
della passione di N. S. G. G. Roma, tip. Salviucci 1864. Un opusc. in 8.*
dipag. 19.
Quali fossero le condizioni particolari del Gen- le conosciulo era nel Giudeo; ignoranza del be»e
lile e del Giudeo rispetlo al Diyin Redentore al- era nel Gentile : quegli adunque ripudio Cristo ,
1'epoca della sua incarnazione, e 1'argomento as- quesli 1'abbraccib: ecco il concetto informatorc
guntosi dal dotto ed oloquenlo Vescovo di Palti di tutto il discorso, il quate concetto Io rende di
in questo suo Ragionamenlo. Ostinazione nel ma- pratica e presente opportunity.
CORSO D'ISTRUZIONE RELIGIOSA, ad uso delle classi ginnasiali superior!, testo
adottato nell'I. R. Ginnasio di Udine, nel Seminario patriarcale della Sa-
lute in Venezia, ed in altri Istituti. Seconda edizione. Trieste, tipogr. del
Lloyd austriaco 1863. Un vol. in 16.° dipag. 380.
Quest'opera, di cui facemmo i meritati elogi nei nostri quaderni 281 e 302, si trora yendibil*
in Roma presso il libraio Marini, piazza del Collegio Romano.
CUSA MICHELE — Guida storica, religiosa ed artistica al sacro monte di Va-
rallo ed alle sue adiacenze, illustrata con disegni grafici, eseguiti sugll
originali per Michele Cusa professore in pittura. Vercelli, tip. e lit. De
Gaudenzi 1858. In 4.° di pag. 116 con moltissime tavole incise in rame o
litografate.
Al settentrione di Yarallo addossasi , quasi alii- esprimono gli affetti e le passioni del cuore uma-
piano a montagna piii eleTata, un colle, che guar- no, lasciati dagl' immortali artisli Ferrari Gaudea—
da la soltoposta cilia, corne il Partenone guarda zio, dai tre fratelli d' Enrico, Antonio, Giovanni e
JLlene. QuiYi nel 1486 il milanese francescano, Melchiorre, dal Morazzone, da Giambatt. Taba«~
P. Bernardino Caimo da Gerusalemme, comincio, chelli, da Giacomo Bargnuola, dai fralelli Giusepp*
eolle limesine avute principalmente dai Varallesi, e Stefano Donedi, e da altri, che mentre sommini-
a costrurre quella serie di cappelle, ognuna delle slrano Tasto campo agli studii dell'arte, sono pel
quali rapprescnta con iscolture , con dipinti, con popolo una fonte inesauribile di sante meditazioni.
bassi rilicvi un mistero della vita di N. S. Gesu Or questi preziosi monument! della pieta e del—
Cristo, e tulle insieme costituiscono quel famoso V arle cristiana sono stati con immensa fatica co-
Sanluario, che ha il nome si allo di NuoTa Ge- piati e disegnali dal sig. Cusa, Talente pittore df
rusalemme. Un tal sanluario, unico al mondo pel Varallo, e con molta perizia illuslrati, e tutti rac-
eoncetto religioso che Io informa, c anche insi- colli in un Tolume magnifico, il quale e una per—
gne per i capi lavori di arte che racchiude, conte- felta Guida a chi yisila quel Santuario, un nobile
nendo eletlissime produzioni di molli insigni mae- monumento della pieta dei Varallesi, una scuola
slri delle tanlo rinomale scuofe di Roma e di Bo- feconda per gli artisli, e per tutli gl' ilaliani ua
logna. QuiTi e tanta la copia degli esempii, che libro non' solo pio, ma sommamenta dilettoso.
474 BIBLIOGRAFIA
DEGLI ODDI LONGARO — Compendio storico della vita del venerabile servo di
Dio, il Maestro Giovanni d' Avila, sacerdote secolare, detto 1' Apostolo
dell'Andaluzia, le di cui virtu in grado eroico furono pubblicate dalla sa.
me. di PP. Clemente XIII, scritto dal P. Longaro degli Oddi d. G. d. G.
* Roma, tipogr. Aureli e comp. 1864. (In vol. in 8.° dipag. A7F-277.
DE IORIO M. ANTONINO — Le tre ore di Gesii agonizzante e di Maria desolala?
perM. Antonino Delorio. Napoli 1864, libr. call, sotto I'insegna dell' 1mm »
Concezione, largo Gerolomini n. 115-16. Un vol. in 32.° di pag. 158.
DELL' ABBACO PAOLO — Poesie inedite di Paolo Dell'Abbaco, matematico del
sec. XIV, pubblicate da Enrico Narducci. Roma, tip. delle scienze matema-
tiche e fisiche, via Lata w.° 211 , A. 1864. Un opusc. in 8.° di pag. IX, 30,
Maestro Paolo di Piero, piu noto solto il nome codice Magliabechiano segnato Classe VII, nu-
di Paolo Dell'Abaco, illustre matematico del XIV mero 1023, scrittura di yerso il 1440, ma molto
secolo, fu anche buono scrittore di Rime. Alcune guasta di mende e d'idiotismi. Ebbele comuni-
di queste erano gia pubblicate per le slampe in cate da Firenze il.signor Principe Boncompagni,
Tarie raccolte, le piu si danno ora alia luce per il quale le affido al Narducci per allestirae la
•ura del signor Narducci, il quale ne ha corretto stampa, cbe voile si eseguisse a sue spese nella
pazientemente il testo. Queslo e cavalo da un sua privala tipografla.
DELL'ARCO PIER PAOLO — Pubbliche gratulazioni della citta di Alatri al P.
Sebastiano Quatrino, provinciate de' Minori Conventual!, Oratore facon-
do, dotto, elegante, come tenue ricambio dello splendore da lui arrecato
alia sua terra natale, 29 Marzo 1834- Roma, tip.Sinimberghi. Due fogliin
4.° magnificamente impressi.
DI PIETRO GRATILIANO — Quod Gregorianis modis aptavit Immaculatae Con-
ceptionis Deiparae Virginis Mariae oilicium postremo editum, Gratilianus
de Petro e Lanuvio ac lanuvinae Ecclesiae Canonicus, Deo uni et trino?
qui Beatissimam Virginem ab omni originalis culpae labe immupem prae-
servavit, anno 1863, D. D. D. Romae, typis Reverendae Camerae Aposto-
licae. In foglio di pag. 15.
DI SALES S. FRANCESCO — La Filotea, ossia introduzione alia vita divotar
composta da S. Francesco di Sales, Yescovo e Principe di Ginevra, col-
1'aggiunta del modo di ascollar la S. Messa. Torino, per Giadnto Marietti
tipograf'o-libraio 1864. Un vol. in 32.° di pag. 511.
DONDI D. A. — Cenni storici intorno alia vita del venerabile Nunzio Sulpri-
zio. Versione dal francese. Modena 1864. Un vol. in 8.° dipag. 70.
Quanto 6 mirabile il Signore nelJa sua Prov- tormenli di continue malattie. Nato in Pescosan-
Tidenza! Nello stesso giorno e stata decretata Tin- sonesco , piccola lerra dell' Abbruzzo tcramese?
troduzione della causa della Beatiflcazione di due mori nello Spedale degl' incurabili in Napoli IB
persone, cbe al di fuori della gioyinezza grandis- sul principio del 1836. Ma una vita cosi oscura in-
sima degli anni comune ad ambedue, potean dirsi nanzi agli occhi del mondo fu luminosissinfa in-
in tutto il resto non che differenti, ma opposti : TO- nanzi al Cielo : tali e lanle furono le virtu e i doni
gliamo dire la Yen. Cristina di Savoia, e il ven. soprannaturali di quella elelta anima! La suavitii
Nunzio Sulprizio. Questi fu di povera condizione, fu descritta .dagli At'i del Processo negli Analecla
essendo figliuolo d' un ciabatlino, visse poco oltre che si stampano in Roma , ed ora e vollata in
ai diciolto anni fra gli slenli della poverta, e i italiano, e pubblicata in Bologna.
DRAGO RAFFAELE — Considerazioni sopra V al enazione de'beni immobili, ap-
partenenti alle opere pie, per 1' aw. Ilaffaele Drago. Genova, col tipi del
R. I. de'Sordo-muti 1864. Un opusc. in 8.° di.pag. 39.
Le nuove leggi ideate dal presente Ministcro dini religiosi, ma quella eziandio di tultc le Opc-
aon solo minacciano la esislenza di tulti gli Or- re pie. II dl che sara decrelalo che le Operc pi»-
BIBLIOGRAFIA 175
•?endano i possedimenti per comprarne dal pro- caminarsi essc ad una certa distruzione piu o
dotto altrettanta rendita sul Debito pubblico , meno lontana. Cid dimoslra molto evidentemcnte
quel di le Opere pie jra fiorenti cominceranno 1' egr. Aw. Drago, e oltre a cio mostra eziandio
ad esistere non solo ttiacramente , ma eziandio 1' ingiustizia di tal legge, quand' anche essa non
precariamenle, o si pud con verita asserire in- dovesse riuscire cosi dannosa.
f RESCOBALDI MATTEO — Rime di Matteo Frescobaldi, ora per la prima volta
pubblieate. Firenze, nella stamperia del Vocabolario e del testi di lingua.
1864. Un fasc. in 8.° di pag. 16.
Mattfo di Dino Frescobaldi, leggiadro poeta, chiani, e quasi allestite per la slampa dal Contc
qnaori nel 1348, nella sua eta di forse 40 anni. Mortara di chiara memoria. Cio che il Mortara
A lui appartengono i dodici Sonelti, e la Canzo- non pote compiere, il compie ora il Manuzzi, il
oe che ora per cura.de! ch. Abate Manuzzi esco- quale vi aggiunse in fine brevi ma sugose po-
oo alia luce. Esse furono tolte dal Codice Vati- stille, per signiflcare o indicare il senso o 1'uso
«ano 3213, e confrontate coi codici Magliabe- d'alcune parole piu notevoli.
&ANOT A. — Lezioni di fisica sperimentale, per uso delle persone estranee
alle scienze matematiche, degli alunni delle scuoFe di belle lettere,
delle direttrici delle case di ediicazione, e delle fanciulle che frequentano
1 piu rinomati istituti. Prima edizioae, tradotta da F. Canini su 1'iiHima ,
data alia luce dal prof, A. Ganot, corredata di 350 vignette, incise da
Alessandro FoH, ed aumentata di osservazioni e di note" . Roma, presso
I'incisore editor^ 21 passeggiata di ripetta 1864. Un vol. in 8.a
L'arte d'incidere in legno per servigio della saggio che ne abbiam vedulo nei priori fogli im-
slampa, per lungo tempo abbandonala come per pressi, nulla lascia a desiderare, sia dal lato del-
tutto altrove, cos\ in Roma, si e per opera di 1' intaglio, sia dal lato della stampa; sicche non
bravi artisti inglesi, francesi e belgi, e con nuo- dubitiamo di affermare che 1'edizione romana
•vi melodi ravvivata altrove, ma non ancora in del Ganot sara la piu leggiadra e la fiii ele-
HQma. L' incisore rOmano, Alessandro Foli, e riu- gante di quante altre siensi falte di cosi stimafo
•scito nondimeno, dopo molte fatiche e molti stu- autore. Noi desideriamo' che questa opera venga
<lii, ad emulare i migliori, ed ora si accinge a accolta da tutti con favore, afflnche diesi a chi
darne un saggio neila rlstampa del corso di fisica 1'ha intrapresa un ben meritato incoraggiamen-
sperimentale del Ganot, libro utilissimo per la to, e I1 incisione zilografica romana possa svol-
inateria che tratta, e opporlunissimo a dare ad- gersi con ampiezza e toccare quella perfczione,
«n incisore un campo largo da mostrare il pro- che tutte le arti del disegno ban sempre fag-
prio valore nello varie difficolla dell'arte sua. 11 giunto in Roma.
^JARELLI ANTONIO — Poesie scelte dell' Abate Antonio Garelli. Bologna, tipo-
grafia Cenerelli all' Ancora 1864. Volume.unico in 8.° di pag. 243.
Inni, odi," soneltr, canzoni, una cantica in ter- cile e spontaneo ; 1' armonia piena e svariata ; e
?.a~rima, un carme ed una novella in ottava, e finalmente una certa aria di maesta nelle pa-
aarecchie iscrizionl italiane gono il genere di role e nello stile sono i pregi che noi scorgiamo
jpoesie che contengonsi. in questo volume. Gli nei versi del ch. Abate Garelli, e pei quali ci
argomenti o sono sacri, o morali. II valore poi congratuliamo sinceramente con lui, perche abliia
delle poesie non solo e sopra 1'ordinario, ma ha eonsacrato il suo ingegno e i suoi studii ad argo-
•qualche cosa di veramente notevole. Lo stile no- menti non solo utili, ma eziandio nobilissimi.
bile, poetico e pieno di forza; il rimeggiare fa-
UHILARDI GIO. TOMMASO — Difesa delle Congregazioni religiose, e di altri
enti morali, minacciati dalla legge Pisanelli, presentata al Parlamento il
15-Gennaio 1861, e Norma cattolica nella discussione della medesima.
Opuscolo di Monsignor Ghilardi de'Predicaiori, VescoVo di Mondovi. To-
rino, per Giacinta Marietti 1864. Un opusc. in 8.° dipag. 75.
Quando nel 1854 fu proposta al Parlamento la lantissimo Yescovo di Mondovi stampo una forte
-soppressione di alcune comunila religiose, sotto e dotta Difesa dei diritti della Chiesa cattolica
Ml pretesto di sgravare lo Stato della spesa di intorno ai beni temporal! ed alle sue Islitmio-
•ottocento mila lire pel Clero e pel culto, lo ze- ni. Ora si propone la soppressione di tutte le
476 BIBLIOGRAFIA
comunita religiose, ed ecco opportunamente ri- Yolo a questo "estremo atlo d' ingiustizia sociale
stampasi la medesima Difcsa, ampliata pero ed e di empieta irreligiosa, a ritrarsi per tempo dal
emendata in piu luoghi. Possa la YOCC di un tal cagionare alia Chiesa questa nuova ferita, e al-
VCSCOYO persuadere, chi dee concorrere col suo 1' Italia questo HUOYO d*anno!
GILLI GASPARE — II raese di Marzo, consacrato alia passione e morle del
Redentore, perD. Gaspare Gilli. Torino 1864, per G. Marietti, lipografo-
libraio. Un vol. in 32.° di pag. 455.
GIOBGI MONS. CALLISTO — Discorsi al clero, recital! nelle adunanze della pia
imione di san Paolo Apostolo nella chiesa di S. Apollinare in Roma, da
Monsignor Callisto Giorgi, canonico della Basilica di S. Lorenzo in Dama-
so. Firenze, tip. allinsegna di S. Antonino 1864. Un vol. in 16.° di pagi-
ne X/I-303, al prezzo di lire 3.
Questo libro riuscira molto utile al nostro Clero romano suol tenere due Yolte al mese nella
elero d' Italia, massimamenle al gioYane, che ne chiesa di S. Apollinare : e furouo ascoltali e gu-
faccia pascolo dello spirito e del cuore. L' egre- stati da un flore di ecclesiastici, di religiosi , di
gio e dotto Monsignor Giorgi , chiaro non me- Prelati e di Cardinali. Non un ordine precoii-
no pel merito dell' eloquenza che per lo zelo di celto glieli fece ideare e disporre, ma 1'oppor-
•ducare a Dio e alia Chiesa degni ministri , ha tunita, secondo che le congiunture gli suggeri-
raccolto in questi sedici discorsi una come som- Yano. Ma tali e si important! sono stali sempre i
ma delle massime e dei pratici document! , che temi da lui tolti a svolgere, che si trovano ac-
debbon servire di lume e di regola ai sacerdoti concissimi per ogni tempo e singolarmentc pei
eattolici nei tempi odierni. Questi discorsi furono giorni nostri, che corrono tanto burrascosi e sini-
da lui r«cilati interrottamente per Yarii anni stri al perseguitato clero ilaliano.
nelle pubbliche adunanze che 1' esemplarissimo
GOFFINE ANDREA — Libro di istruziohe e di divozione cristiana, del R. P. An-
drea Goffine, dell' Ordine dei Premonstralesi, contenente una breve spie-
gazione degli Evangeli e delle Epistole per tulte le Domeniche e Feste
deU'anno, varie istruzioni intorno ad oggetti di dogmatica e di morale,
e 1' esposizione delle principal! cerimonie della S. Chiesa. Tradotto da)
tedesco da Rodolfo Conte Mamming : in due parti. Bressanone, tipograpa
e proprieta dell' editore Luigi Woger 1863. Un vol. in 8.° di pag. 653.
Leonardo Gofflne, 1'Autore di questo libro, nac- aYrebbero fatto. Fin qui della edizione ; una pa-
que in Colonia, fu dei Premonstratesi di Stein- rolac del libro slesso. Per ogni domenica del Ca-
fel , e pieno di dotlrina , di fatiche e di Yirtu lendario ecclesiastico, e per le ferie di maggiorc
mori nel 1719 , avendo toccato il settantesimo osserYanza Y'e la sua istruzione. Essa e desunla
anno di sua eta. Fra tanti libri di pieta ch'ei principalmente dalla santa messa , di cui si re-
scrisse, quello che Yenne accollo col maggiore cano Yolgarizzate in italiano le parti proprie di
aggradimento dell' uniYersale e queslo libro di ciascun dl , seguitando per i luoghi delia santa
istruzione e di diYOzione cristiana. Esso fu tra- Scrittura la Yersione del Martini. Ogni cosa Yi it
dotto in piu lingue, Yenne piu di duecento Yolte poi spiegata e commentata, e applicata alia Yit;i
ristampato, ed in tutta la Germania non Y'e quasi cristiana, apponendOYi ai luoghi, OYC esse cadono
famiglia cattolica la quale nol possegga, stante piu opportune, le istruzioni pei santi Sacramenti,
il lodeYOlissimo costume che Y' e, che le madri le spiegazioni dei sacri riti, le esortazioni moral! .
pie non manchino mai di regalarlo ad ogni loro le grandi Yerita che la fede c'insegna. Tale e la
flglia che Yada a marito. Nondimeno in italiano prima parte, che puo dirsi delle feste mobili. I.a
non era stato fin qui ancora tradotto , ed ora parte seconda e dedicata alle feste immobili ,
per la prima Yolta esce in luce per opera del nelle quaii si seguita un pressft a poco lo sles.M>
giOYane Conte Mamming , il quale tedesco es- mctodo , salYO che da principio Yi si aggingnc
sendo, ha reso fcdelmente il concetto dell'Aulore, la storia della festiYita e del santo, che in cia-
e quello che e piu da ammirare ha scritto in scun di si celebra dalla Chiesa.
italiano, come pochi YOlgarizzatori dal tedesco
•
GRASSI LUIGI — Alfonso Nicolas e la sua grand'opera, la Vergine Maria, nel-
la sua quarta edizione, breve scritto di Luigi Grassi, canonico a Noslra
BIBLIOGRAFIA 477
Signora del rimeclio, Bibliotecario emerito della R. Universita. Genova,
stabilimento tipografico di G. Caorsi 1864. Un opusc. in 8.° di pag. 7.
Quest' opuscolo e scritto per annunziare la titolo di Madre, 1'attribuiva a una precauzione,
corrczione, che il pio e dotto scrittore francese to Ha per impedire nella Vergine i movimenti
Alfonso Nicolas ha fatto nella YI.a edizione della d'orgoglio, ed ora correggendo 1' attribuisce a
sua opera La Vergine Maria, la dove sp^gan- un' occasione fornitale di esercitare e mettere in
do perche Gesu noil avesse mai dato a Maria il mostra la sua profondissima umilta.
GRASSI LUIGI — Brevi cenni sul Marchese Antonio Brignole Sale, del cano-
nico Luigi Grass! , Bibliotecario emerito della Regia Universita ; i quali
serviranno come aggiunta airedizione gia quasi ultimata di tutti i discor-
si tenuti nell'aula senatoria. Un fasc. in 8.° di pag. T7.
— Nostra Signora del Rimedio. Ragionamento tenuto addi 19 d' Aprile del
1863, Dom. II dopo Pasqua, sua festivita, nell'insigne collegiata e parroc-
chiale del medesimo titolo in Geneva, da Luigi Grassi, canonico nella
stessa chiesa, Bibliotecario emerito della R. Universita. Genovay stabili-
mento lipografico di G. Caorsi 1863. Un opusc. in 8.° dipag. 32.
— Sul titolo Marchionale ai nobili Genovesi, parere del canonico Luigi
Grass! , bibliotecario emerito della R. Universita, Preside della sezione
archeologica nella Soc. lig. di storia patria. Genova, stabilimento lipogra-
fico di G. Caors( 1864. Un opusc. in 8.° di pag. 8.
GRIFONI GIO. BATT. — Giaculatorie a Maria SS. per ogni giorno del mese di
Maria, poste in musica da Gio. Batta Grifoni, Pievano di S. Martino a Sco-
peto, e dedicate al suo amico D. Giovanni Rastrelli, parroco a S. Piero a
Pimaggiore. Milano e Firenze, Giovanni Canti. Un opusc. in 4.° dipag. 36.
HUGUET A. M. — Potere di san Giuseppe, ossia esercizii di pietae nuovemedi-
tazioni per onorare S. Giuseppe, in ciascheduna delle sue feste, nel mese
di Marzo e in tutti i mercoldi dell'anno; con molte preghiere, pratiche
divote ed esempii, del R. P. A. M. Huguet, Marista, Autore delle Glorie
e Virtu di S. Giuseppe ecc. Operetta approvata da S. E. R. il Card. Ar-
civescovo di Lione, e per la prima volta tradotta dal francese da Giusep-
pina Pellico. Torino, per Giacinto Mariettif tipografo libraio 1863. Un
vol. in 8.° dipag. 344.
II ch. P. Huguet , dopo di aver proposto alia e dagli ascetici ; e aggiuntevi le sue riflessioni ha
meditazione delle anime devote le Glorie e le Virtu tutto coordinato di guisa che il libretto riesca un
di S. Giuseppe, propone in questo libro a medi- compiuto Manuale di pieta per i dlvoti di san
tare il gran polcre di questo san to Patriarca presso Giuseppe, come il litolo sufficientemente dimostra,
Gesu e Maria. Com'egli stesso lo avverle nella sua La versione e non solo piena di candore, ma as-
Prefazione, e'si e servito di quanto ha trovato so- sai pulita, e piu che d'ordinario in siffatte opere
pra un tal soggetto scritto da' Padri , da' Dotlori, non suole avvenire.
IMMAGINI SCELTE della B. Vergine Maria tratte dalle romane catacombe. Ro-
ma, Cromo-Litografia pontificia, via di S. Ambrogio 5.
La Commissione pontiflcia , che presiede alia stampato in lingua francese. Questa pubblicazionc
Cromo-Litografia fondata in Roma dal regnante non ha per iscopo d'illustrare con tutto 1'apparato
Pontefice per la pubblicazione de' monument! della scienza archeologica monument! tanto an-
cristiani, ha dato in luce le immagini scelte della torevoli e venerandi della primitiva religione e
Beatissima Vergine, dipinte nelle Romane Gala- piela, ma di prontamente divulgarli, affine d'ap-
combe. La scelta e fatta in guisa da comporrc pagare il desiderfo de' pii Cattolici e deglkstesai
una serie ordinata daU'eta apostolica lino al se- Acattolici, che bramano di conoscerli, di esami-
colo quarto. Le tavole son quatlro , in foglio narli co'proprii occhi, e di possederne una copia.
massimo, colorate. 11 teslo deltato dal Cavaliere 11 prezzo delle tavole e del testo in una delle
Giovanni Baltista De Rossi dichiara 1'interpreta- due linguc e di franchi 25. Le associazioni si
zione e 1* eta di ciascuna delle immagini deli- ricevono a Roma, Cromo-Litografia ponlificia ,
neate nelle tavole. II predetto testo e stato anche via di S. Ambrogio 5.
178
BIBLIOGRAFIA
LAFORET NICCOLA GIUSEPPE— I Dogmi cattolici esposti, provati e difesi da-
gli assalti dell'eresia e dell' incredulita , per Niccola Giuseppe Laforet,
canonico onorario della Cattedrale di Nattmr, dottore in Teologia ecc. ec.
con una lettera di Monsignor Landriot Vescovo della Rocella all' autore,
intorno alia Direzione da dare all' insegnamento apostolico. Prima versio-
ne italiana, eseguita sulla seconda edizione francese, riveduta e corretta
pel Canonico Dott. Felice Gialdini , professore di Teologia dogmat. nel
Yen. Seminario vescovile di Pescia. Firenze, tip. all' insegna di S. Anto-
nino 1862-1863. Tre vol. in 8.° di pag. LIX, 243, 257 e 211.
In queslo tempo in cui i dommi cattolici son
fatli segno di tanti e si violent! assalti si da
parte degli eretici , si da parle degli increduli,
BOD e sola convenienza, non e sola necessita, ma
strellissima urg.nza lo studiarli seriamente; poi-
che dobbiamo confermare e invigorire le proprie
convinzioni nell'intimo della noslra coscienza, e
difenderle di piu al cospetto dei nostri avversa»ii
col rnostrare la solidita e 1' incomparabile bel-
lezza di nostra fede. A tale studio aiulera fuor di
dubbio 1'opera del oh. signer Laforet, professore
valente dell' insigne TJniversita di Lovanio. In
essa il dotto Autore con metodo stretlamenle lo-
gico , e con ordine assai chiaro sopra ciascun
domma del Caltolicismo svolge quattro cose: 1.°
La sposizione dommatica del domma medesimo,
sceverandolo dalle opinion! meramente teologiche
che sono libere nelle scuole ; 2.° II fatto della
rivelazione di quel domma , provando com' esso
sia stato realmente rivelato da Dio, e come tale
creduto mai sempre dalla Chitsa di Gesu Cristo;
3.° La difesa del domma, combattendo gli errori
principal! che a quel dato domma si oppongono, e
le obbiezioni di maggior rilievo che gli sono stat«
fatte dagli avversarii, specialmenle nei di nostri;
4.° Finalmente la convenienza del domma colla
retta ragione e colla sana filosofia, considerandolo
cioe al lume della ragione purificata c aggran-
dita dalla fede. Queslo concetto , svolto colla
sobrieta che si addice a chi non iscrive per for-
mare un dottore teologo, ma per istruire un cri-
stiano di buona fede e di buona volonta, nulla
lascia a desiderare. E siccome cosi appunlo I'ha
svolto 1'egregio professere di Lovanio, cosi non
esitiamo punto a dire che quest'opera e ben idea-
ta , bene esegutta , e pero destinata a produrr*
gran vantaggio, nellc menti sovrattutto della gio-
venlu studiosa. Della verstone italiana, fatta con
molto senno e con parecchie emendazioni dal Ca-
nonico Felice Gialdini, sono gia slampali i tr»
primi Tolumi, ed il quarto Tedra presto la luce.
Ogni TOlume costa L. 2. SO.
LISIPPO CITEREO P. A. — Aiuola Mistica , ovvero Ossequio a Maria Santissi-
ma pel mese di Maggio. Napoli, dalla tipografia di Nicola hzo, mco Gin-
quesanti aS. Gaelano ?i.° 20^ 1864. Un fasc. in 12 di pag. 84.
Sotlo questo nome arcadico deve celarsi non
solo un' anima divota di Maria Santissima , ma
eziandio un ingegno disposto alia poesia. Poiche
il concetto del libro e poetico ; offrendosi a Ma-
ria ogni giorno un flore, simbolo d'una virtu:
1'esecuzione e anch'essa in parle poetica, essen-
do ogni fiore descrilto in un'otta-va, che sempre
e sponlanea , e spesso e anche elegante. Delia
divozione non occorre dire: essa e trasfusa in
ogni pagina del pio librelto. In fine vi e ua
metodo divoto per recitare con atlenzione il san-
tissimo Rosario , questa pia pratica che ancor
vive nelle famiglie cristiane.
WALVICA FERDINANDO — Intorno una Confederazione possibile e duratura: ra-
gionainento del Commendatore Bar. Ferd. Malvica. Lugano 1863. Un o-
p'usc. in 8.° di pag. 133.
La Convenzione di Villafranca, e le Conferen-
/.o di Zarigo hanno stabilito la Confederazione
degli Stali italiani : pei tre Principi che segna-
rono quel Trattato questo e dovere cosi solenne,
come fu solenne 1' invocazione della santissima
Trini^i, fatta in capo al Traltafo medesimo. Au-
dificarlo. Esso esiste contro di lui come una con-
danna , una prolesta , una spinta. Tempo verra
forse che sara costretto ad invocarlo come sua
salvezza. II Malvica, persuaso di cio, dimostra la
possibilita, 1'utilita, la facilita della sua esecu-
zione ; e con molta assennatezza di giudizio e forza
stria, ha fatto da sua parte ogni opera perche sia di ragionamento mostra che la Confederazione
posto in esecuzione : Francia I'ha lasciato e vero
manomettere, ma sempre prolestandosi e appel-
puo dare all' Italia quel rassellamenlo paciflco e
prosperoso, che indarno qualsivoglia altra unione
landosi : il Piemonte lo ha lacerato impunemente ha tentato o potra tenlare di darle,
finora, ma non ha potulo ne cangiarlo, ne mo-
BIBLIOGRAFIA 479
1ARINONI GIUSEPPE — Discorso sull'opera pia della Propagazione della fede,
recitato dal sacerdote Giuseppe Marinoni, Direttore del Sem'mario delle
estere mission], il 2 Dicembre 1863, nella chiesa del santo sepolcro in Mi-
lano, celebrandovisi solennemente la festa di S. Francesco Saverio, Pa-
trono deH'Opera. Milano, tipografta e libreria arcivescovile, Ditta Boniar~
di-Pogliani di Ermenegildo Besozzi 1863. Un opusc. in 8.° di pag. 20.
MARISCOTTI N. C. — L'abolizione dei Conventi , considerata sotto lo aspetto
religiose, morale, politico ed economico per N. C. Mariscotti. Firenze, a
spese dell' Editors 1864. Un opusc. in 8.° di pag. 70.
II nome del sig. Mariscotti non e sospetto alia cui interessi anche materiali difende nel volcr
parle liberate, e agli uomini periti negli sttldii conservati i Conventi. La sua difesa non cadreb-
polilici ed economic! e accettissimo. L' ascoltino be in vano, se i rappresentanti del popolo difen-
adunque, ora che egli perora la causa dei Con- dessero davvero in Parlamento gl' interessi del
venti in Italia. Egli non e 1' avvocato dei mo- popolo, se avessero il coraggio di dire una yolta
naci e dei frati ; ma 1' avvocato del popolo , la un no al Ministero, se ammettessero in sul serio
eui religione , la cui moralila, la cui unione, i quella lor massima di Chiesa libera in libero Stato.
MARRI ANDREA — Funebre laudazione al molto rev. Proposto Don Pietro Petri,
letta nella chiesa parrocchiale di Trequanda dal giovane Andrea Marri _,
il 9 Dicembre 1863. Firenze 1864, tipografia di Adriano Salani, Fondaccio
san Nicolo n. 26. Un opusc. in 8.° di pag. 24.
MARTINET — Soluzione di grandi Problemi adattata alia comune intelligenza.
Versione del Pievano D. Pierfilippo Lobetti sulla IV edizione francese,
riveduta, corretta, aumentata dalT Autore, dedicata a Mons. Clement*
Manzini, Vescovo di Cuneo. Parma, Pietro Fiaccadori 1863. Vol. Ill in
16.° dipag.Ml.
MARTIN M. — Notizie del P. Paolo Riccadonna della Gompagnia di Gesii, nato
in Broni nel Piemonte, e morto nella Siria, scritte dal P. M. Martin della
med. Compagnia. Milano, tipografta e libreria arcivescovile, DittaBoniar-
di Pogliani di Ermen. Besozzi 1864. Un opusc. in 16.° dipag. 16.
MELANDRI FEDERICO — II fedele alia mensa eucaristica e davanti al SS. Sa-
cramento: istruzioni e pratiche, con appendice: la SS. Comunione per
Mons. De Segur. Bologna 1864, presso A. Mareggiani tip. edit, via Mai-
contenti n.6 1797. Un vol. in 32.° di pag. 288.
In questo libretto contengonsi due opericciuole cristiani alia frequente comunione. Fu inlenzioa*
utilissime ad ogni cristiano. La prima e del ch. del sig. Melandri di fare un libretto che potesse
signer Melandri , la seconda di Monsignor De regalarsi ai fanciulli ed alle fanciulle il dl della
Segur. Nella prima vi sono le istruzioni e le loro prima comunione. II libro si per la sua conte-
praliclic piii necessarie a chi si accosta alia Men- nenza, e si pel grazioso suo formalo e riuscito atlis-
sa Eucaristica , o Tuolc adorare Gesu in Sacra- simo a tale scopo, c lo consigliamo volentieri anch«
tiento : la seconda scioglie in modo assai chiaro pel tenue suo prezzo di soli 30 centesimi. In Roma,
le diflicolta che si oppongono da alcuni tiepidi si vende da,Bencivenga , via di Pie di marmo.
MERIGHI C. P. — Le dieci piaghe d' Egitto e le dieci piaghe d'ltalia. Firenze
1863, tip. Virgiliana, diretta da G. Nataliyma Valfondan. 79. Un opusc.
in 8.° dipag. 1%.
Son dieci Sonetti di assai buon gusto, ben zione — 4. LE MOSCHB , Gli aspiranti al ban-
pensati, ben condotti, ben verseggiati. Non po- chetto d' Italia — b. LA PESTE, / libri irreli-
lendo offrirne allro saggio, ci contentiamo di darne giosi — 6. LE ULCBRI, La scostumatezza — 1,
i titoli, i quali rappresentano il riscontro delle dieci LA GRAGNUOLA, Le tasse — 8. LE LOCUSTE, Gl'im-
piaghe d'Egitloe d'ltalia. l.lLNito SANGUIGNO, La piegati — 9. LE TEKEBRE, La confusione uni-
fuerra civile — 2. LE RANE, II partita d' azio- versale — 10. I PRIMOGESITI MORTI, / Yescovi
ne — 3. LE ZA>-ZARE, / yiornulisti della rivolvr sbandeggiati.
480 BIBLIOGRAFIA
MERIGHI PIETRO — La Evaugelizzazione eterodossa al tribunale della Storia
e del Buon Scnso, del canonico Pietro Merighi di Ferrara. Ferrara, tip.
di Domenico Taddei 1863. Un opusc. in 8.° di pag. 64.
NONTUORI GIUSEPPE GAETANO. — Opere predicabili edite ed inedite del Sac.
Giuseppe Gaetano Montuori, parroco di S. Liborio. Napoli , Strettola di
porto n. 21, puntata 4.a in 8.° da pag, I alia pag. 320 del vol. L
Noi ci uniamo interamente al giudizio che il tan- mente chi legge ad abbracciare la verita predi-
to benemerito giornale 1'Armonza ha dato nell'an- dicata ». Per la qua! cosa ottimo divisamenlo e
iiunziare un volume delle Prediche del ch. parroco stato quello del rev. sig. Pelella d" intraprendera
Monluori. Essa dice ottimamente che « 1'egregio au- una edizione di tutle le Opere predicabili del detlo
tore ad una somma conoscenza del cuore umano Autore , una meth, delle quali e ancora inedita.
accoppia molta erudizione, facilita grande di espri- Quesla collezione puo dirsi rara nel suo genere,
mersi, e quel che piu importa una invidiabile un- perche offre ai sacri oratori tutto quanto puo es-
aione nel suo dire, sicche le sue parole non solo ser loro necessario pel uobilissimo disimpegno del
piacciono, non solo muovono, ma traggono dolce- loro ministero.
MONUMENTI DI STORIA PATRIA delle Province modenesi — Statuta Civitatis
Mutinae anno 1327 reformata. Parma, Pietro Fiaccadori 1863, fasc. V/7,
VIII e IX in 4.° da pag. 481 a 720.
NARDI FRANCESCO — Yisita dell'Imperalore e Imperatrice del Messico al San-
to Padre, narrata da Mons. Francesco Nardi, Prelato domestico di S. S.
e uditore di S. Rota. Roma, tipografia Sinimberghi 1864. Unfasc. in 8." di
pag. 22.
In quesle cos'i poche pagine e descritta da IX con si vigoroso stile e si opportune conside-
Monsignor Nardi la visit a di Massimiliano a Pio razioni, che esse valgono un libro.
mSIO SALVATORE M. — L' anima guidata air acquisto della perfezione cri-
stiana, operetta accpmo data ad ogni classe di persone, coll'aggiunla di
utili ascetiche istruzioni, per cura del P. Salvatore M. Nisio delle ScuoU
pie. Terza edizione. Napoli, presso I'editore proprietario sac. Giuseppe Pe-
lella, Strettola di Porto n. 21, 2 p. 1863. Un vol. in 12.* di pag. 410.
HOZZI ENRICO — Henrici Nozzi e S. I. Carmina selecta. Romae, lypisBernar-
di Moriniy M. DCCC. LXHL
Delle molle poesie scritte in varie occasion! gatezza di lingua e di stile e soavita di affetto.
<tal P. Errico Nozzi della C. di G., uomo di squi- I cultori di belle leltere, e particolarmente i gio-
sito gusto in letteratura, stato professore di Uma- vani che si allevano nei seminarii , nei convitti
uita in Collegio Romano , di Retlorica in Per- e nelle scuole, hanno nei versi del P. Nozzi nm
?ara e in Torino e per piu anni in Roma dei libro non nieno dilettevole che utilissimo alia,
giovani suoi correligiosi, scelte le migliori si e mente ed al cuore.
•ompilata questa raccolta , divisa In tre parti. E un bel volumetto di pagg. XXVI-330; e
La prima compreiide le poesie latine di vario si vende dal sig. Giovanni Bencivenga, via Pie
metro, la seconda un dramma latino, la terza le di marmo num. 4, al prezzo di 4 paoli romani,
poesie italiane. Esse sono di argomento o sacro col ribasso del 25 per 100 a chi ne prende piu
o morale o storico , lavorate secondo la norma copie.
ie' classic! scrittori, e dettate con molta casti-
OFFICIUM PROPRIUM Immaculatae Conceptionis Beatae Marie Virginis ex deer.
Urbis etOrbis, auct. SS. D. N. Pii Papae IX, emanato die 25 Septem-
bris 1863^ ab universo Clero saeculari et regular! de praecepto imposte-
rum recitandum. Editio a S. R, Gongregatione revisa et approbata. AM-
gustae Taurinorum, ex officina Petri, Hyacinlhi filii , Marietti 18$i. Un
fasc. in 8.° di pag. 60.
ORAZIONI PANEGIRICHE di S. Michele dei Santi, dell'Ordine dei Trinitarii scal-
zi, recitale nel solenne triduo celebrate a Roma nella Basilica di S. Gri-
BIBLIOGRAFIA 481
sogono, per esultanza della sua Canonizzazione, nei giorni 19, 20, 21 Apr.
1863, con 1'orazione lalina recitata nel primo giorno nella Cappella Car-
dinalizia. Yelletri , lip. di Luigi Cella 1864. Un vol. in 8.° di pag. 107.
PAROLARI GIULIO CESARE — II libro del Contadino, dell' Arciprete Giulio Ce-
sare Parolari. Terza edizione. Padova, prem. stab, di Pietro Prospe-
ring viaS. Lorenzo 1861. Un vol. in 8.° dipag. 151/99, 116.
— II libro del popolo, dell' Arciprete Giulio Cesare Parolari. Ycnezia I860,
Giuseppe Grimaldo, tip. calc. ed. Due vol. in 16.° di pag. 200, 192.
— Saggio di Omelie parrocchiali dell' Arciprete Giulio Cesare Parolari. TV
nezia, tip. di Giuseppe Grimaldo imp. 1863. Un opusc. in 8.° di pag. 80.
Questi libri del Parolari sono scritti con molta tali in varie scuole e istituzioni e vanno tra i
graziadi lingua: e popolarmenle: sicche servano migliori per moralita e coltura.
allo scopo cui 1'Autore li ha destlnati. Sono adot-
PECOR1NI CARLO — I fasti cattolici ossia storia della religione di Gristo
fondazione sino ai moderni tempi di Carlo Pecorini. Savona, dai lipi
di Luigi Sambolino, premiato con medaglia d'argento dalla So cieta econo-
mica 1863. Yol. XV ed ultimo in 8.° di pag. 676.
PELLICO SILVIO — La Marchesa Giulia Falletti di B&rolo, nata Colbert. Memo-
rie di Silvio Pellico. Torino, tip. Pietro di G. Marielli, piazza B. V. degli
Angelin. 2, 1864. Un vol. in 8.° di pag. 145.
La Marchesa di Barolo , per nascita franeese , sto beneficato della Barolo, descrisse col modesto
per elezione di slato ilaliana, e da noverarsi tra titolo di Note che serviranno per chi scrivera la
le piu insigni dame cristiane, che sieno vivule vita della Marchesa di Barolo, alcune delle opere
ai nostri tempi. Tutla la sua vita fu un olocau- di carita da lei praticate. Quesle Note sono qui
slo di carita al Signore: o nell' esercizio della impresse. Chi le legge e tratto da doppia ammi-
pieta verso Dio, o nell'esercizio della carita verso razione, verso il lodatore e verso la lodata. Noi
il prossimo. L'altezza dell'mgegno, la generosila vorremmo che tutte le Signore italianc leggessero
del cuore, 1' ampiezza della fortuna, la soavita questo libro: esse oltre a un grandissimo dUelto
delle maniere , 1' influenza del grado tutlo cssa che ne caverebbero , ne porterebbero ancora un
spese e adopero a sollievo d'ogni sorta di mi- gran bene per la loro vita, il desiderio cioe;d'i-
serie morali e fisiche. D'una si gran donna Sil- mitare almeno in parte le virtu di questa nobile
vio Pellico , questa gloria letteraria del noslro gentildonna, per rendere utiie e benedetta la lo-
secolo, queslo trionfo della nostra religione, que- ro efflcacia e la dolce loro potcnza.
PERRONE GIOVANNI — S. Pietro in Roma, ossia la verita storica del viaggio
di S. Pietro a Roma, dimostrata contro un novello impugnatore da Gio-
vanni Perrone d.C. d. G. Roma 1861, dalla tip. Forense in via della Stam-
peria Camerale n. 4. Un vol. in 8.° di pag. 168. Yendesi al prezzo di bai. 20.
La venuta, il Pontiflcato, e il martirio di S. Pie- gomenti in contrario dei preti. » Una cosi arro-
tro in Roma, sono tre fatti storici di una tale gante sfacciataggine non merilerebbe allra risposta
certezza, quale puo appena aversene per verun che il disprezzo, se non fosse la piela verso lanti
altro. L'ignoranza ancora la. piu supina non puo poveri crisliani, che non possono giudicar da se
bastare a negarli : vi si richiede una mala fede delle asserzioni dei proleslanti, e sono trascinati
determinata a chiudere gli occhi alia luce, e gli a crederle o dall' ignoranza, o dalla passione. NOB
orecchi al tuono. E questa mala fede si trova in fa dunque meraviglia il vedere per la centesima
cerli protestanli, che s' incaponiscono di dire agli volta confutata quella menzogna , e confutata da
italiani: « Vedele: quei monumenti che segnano le penna cosi dotta in materie di polemica religio-
orme del viaggio di S. Pielro in Roma: quel suo sa, qual' e quella del P.1 Perrone. La sua confu-
sepolcro cosi splendido: quelle mcmorie cosi so- tazione nella brevita c piena: egli non lascia un
lenni: quelle testimonianze cosi manifesto: quella solo dei soflsmi e delle menzogne dei protestanti,
tradizione cosi costante sono tulte imposture. S. Pie- raccolte lutte insieme in un recenlc libro d' un
tro non ha mai posto il piede in Roma. Quesla e Valdese, senza la piu luminosa confutazione. To-
una scoperta nuova, che vale piu di tutti gli ar- glie loro di mano ogni argomento: 1'autorita di
Serie V, vol. J, fasc. 340. 31 14 Maggio .1864.
£82 BIBLIGGRAFIA
quegli srrittori recenlissimi, che facendosi 1'eco dei numcnli romani r.on solo antichissimi , ma COCTJ ;
protestanti ne dubitarono ; il preleslo dei luoghi bi- i pellegrinaggi al scpolcro di S. Pietro; i cata-
blici die sogliono arrccarc ; il pretcso silenzio degli loghi dclla suceessionc dei Ponleflci Roman! ; e
scrittori dei primi tre secoli del crislianesimo ; il lutte le altre pruove storiche che possono dimo-
preteso disfavorc degli altri scritlori mcno antichi. strare un fatlo. Sebbene quesla per la mole non
Ne pago di cio compendia in un quadro rapi- sia un'opera, ma un libretto ; tuttavia per la fora
dissimo, esposto ncl Capo HI, tutti gli argomenli c la copia delle pruove ha il valore d' uu' opera,
storici che dimostrano quei fatti: cioe dire la tcsti- che sara certo suffieienle ad imporre silenzio a co-
monianza concorde di tulti gli scriltori ecclesia- loro che hanno uu residue o di onore o di buona
slid dei primi qualtro secoli dclla Chicsa; i mo- fcde
PIANTONI GIOVANNI — Elogio storico alia -glovlnetta sposa Elena Boguet-Ros-
signani, scritta dal Rmo Padre Don Giovanni Piantoni Barnabita. Roma,
stamp, delia S. C. de propaganda Fide 1864. Un vol. in 8.° di pag. 99.
11 moltiplicare nellc Vile che si scrivono gli bene. Tal e 1' Elogio storico ora pubblicato dal
csempii imitabili d' un viverc cristiano 6 cosa uli- ch. P. Piantoni : poiche la gioyane Elena fu of-
lissima, perche da coraggio a tulti di raggiungerc tima figliuola e ottima sposa, e in questi due stati
con facilita que'modelli, che nulla presenlano di s'i different! di vita fu egualc a se stessa, cioe
straordinario, salvo solo la regolarita costante del pia, docile, modesla, generosa.
PINCELLI LUIGI — Un' ora sacra a Maria Desolata, per Luigi Pincelli d. C.
d. G. ; pia pratica da usarsi dalie ore 21 del Venerdi Sai«to fino alle ore
16 del Sabato : come anche in tutti i Venerdi e Sabati dell' anno. Bologna.
tip. di S. Maria Maggiore 1864. Un opusc. in 32.° di pag. 39.
RE GAETANO CARLO — Pascolo delizioso alia divozione dei fedeli nell'assi-
stere alia S. Messa: operetta spirituale, composta dal leologo Gaetano
Carlo Re, Priore della chiesaparrocchiale di Orbassano. Quinta edizione.
Torino, per Giacinto Marietti tip. libraio 1864. Un vol. in 32.° d£ pag. 553.
RICCI MAURO — 11 Guadagnoli, ovvero dei volgari Epitaffii. Libri quatlro a
Piero dei Conti Pasolini, per Mauro Ricci, delle Scuole pie. Firenze, tip.
airinsegna di S. Antonino 1863. Un vol. in 8.° dipag. 333.
II padre Mauro Ricci ha scrilto parccchi libri, simo del libro: ma molto esso si accrescc dalla
utilissimi per la matcria , e pregevolissimi per forma del dettato, che e un dialogo ameno, na-
lo stile, schiettamenle ed eleganlemente toscano. turale , leggiadrissimo , e dalla favella di cosi
Questo nuovo , uscilo tesle alia luce , merita la pura tempera che e una delizia a leggcrlo. Noi
slessa lode per 1' uno e per 1' altro capo. Esso dunque riputiamo questo libro una vcra gemma
tratta con ampiczza dell'arte di scrivcre gli Epi- letteraria, e rendiamo le piii vivc grazie aH'A.utorc
taffii volcjari : e ne ^a precelti si acconci, si giu- per aver fatto un tal dono all' Italia, senza la-
sti, s'» particolari, che non conosciamo altro autore, sciarsi frastornare, nei suoi tranquilli sludii, dallr
che tanti ne abbia raccolti insieme, e tutti di si agitazioni politiche che assorbono ora tulli gli
Inion gusto. Questo solo dase c merito grandis- animi, con si grave danno della civile coltura.
SECCHI ANGELO — L' Unita delle forze fisiche, saggio di filosofia naturale del
P. Angelo Secchi d.C.d.G., Professore di Astronomia e Direttore del-
V osservatorio del Gollegio Romano; ecc. ecc. Roma, tip. Forense 186 \.
Un vol. in 8.° di pag. 511.
Di quesla nuova opera dell'iilustrc aslronomo, qual o il P. Angelo Secchi, ri ocrupercmo di pnv
posito in uno dei prossimi fascicoli.
STECCANELLA VALENTINO — II Valore e la Violazione della Dichiarazione
pontificia sopra il dominio temporale della S. Sede, con apperidice di
document!, per il P. Valentino Steccanella d. C. d. G. Roma, lim della Ci-
vilta Cattolica 1864. Un vol. in 8.° di pag. V111-50L Prczzo, in Roma
paoli 8, fuori di Roma fr. 4, 80.
Quest* lavoro non c ima semplice ristaiupa do- blicati uella Cicilla Callolica; ma puo dirsi la-
gli articoli che di questo argomenlo si sono pub- yoro in gran parte originate, per cagione cho
BIBLIOGRAFIA 483
la materia vi e pressoclie raddoppiata, e cio che menti che coronano la doppia trattazione svolfa
non e nuovo vi e ritoccato diligenlemente dall'Au- nel libro. 11 quale , per la natura del soggetto,
tore. L'opera si divide nelle due parti che annun- si accoppia bene » ol libro delle Origini della So-
zia il suo tilolo: la prima tratta del Valore della vraiula temporale: giacche come 1' uno melte i»
Dichiarazione ponlificia, il quale vi si presenta evideaza la giustizia del Diritto naturale e storico
con tal copia e lume di ragioni teologiche, che dei Papi alia sovranita regia, cosi 1'altro dimo-
non pare si possa desiderate di piu: la seconda stra la forza di quel sacro suggello cbe vi appo-
tratta della Violazione de' sacri diritli avvalorati se la gravissima autorita della Chiesa.
dalla Dichiarazione pontificia, mostrandone il de- Del medesimo Autore e 1' altro libro , analogo
lilto grave e la qualita delle pene a cAi soggia- per 1'argomento a questo che ora si pubblica, che
ce, con argoraenti teologici e colla provade'sen- ha per tilolo II Clero negli attuali rivolgimenti
timenti espressi e praticati dalla Chiesa flno dai politici. Si vende in Roma al prezzo di paoli 4,
primi inizii del Dominio temporale della S. Sede. fuori di Roma al prezzo di franchi 2,40.
Finalmente segue una appendice di scelti docu-
TOMMASI GIACOMO — Nove giorni di preghiera in suffragio delle anime de'
Sacerdoti che penano nel Purgatorio. Firenze 1864, tip. di Niccola Fab-
brim, via Pandolfini n. 17. Un opusc. in 32.° di pay. 16.
TOMMASO (S.) D' AQUINO — Sancti Thomae Aquinatis, Doctoris Angelic), Or-
dinis Praedicatorum, opera omnia ad fidem optimarum edilionum accu-
rate recognita. Parmae, ex tip. Petri Fiaccadori 1863. TomvsXJVcon-
tinens Comm. in aliquot libr. veteris Testamenti et in Psalmos L Tomus
XV continens Opuscula theologica, quorum specialem mentionem facit De
Tocco. Edizione bellissima in 4.° che giugne a pag. 466 del Tomo XV di
tutte le opere.
TRE PANEGIRICI di S. Michele dei Santi, dell' Online de' Trinitarii scalzi,
detti nel solenne triduo celebrate a Roma in S. Carlo alle quattro Fon-
tane, per esultanza della sua Canonizzazione, nei giorni 27, 28, 29 Settem-
bre 1862. — Roma, tip. Aiani. Un opusc. in 8.° di pag. 68.
VALENSISE DOMENICO — Monografia di Polistena, pel sacerdote Domen'co Va-
lensise. Napoli, tip. di Vincenzo Marchese, Largo donnareginan.W e 21
1863. Unvol. in 8.' di pag. 180.
Polislena e piccola citta di presso dieci mila tolati e commisli come va va: tulto vi e scel-
antme suH'estrema Calabria, e posta sopra una to con fine discernimenlo, rigeltato il false,
piecola collina sguarda il mar Tirreno, e signo- esaminato il dubbio , rapportato con veracita il
reggia la vasta pianura di Seminara. Di lei parla male, lodato con discernimento il bene ; e mesa*
questa Monografia, raccogliendo dai monumenti, fra gli element! tal colleganza , che ogni cow
dalla sloria, dalla Iradizione e dalla ossevvazione precede con ordine intimo, e trovasi al suo luo-
viva quanto potea riferirvisi, per darne a cono- go. Se le piccole terre d'ltalia avessero tutte un
scere la positura, la origine, le condizioni geo- ciltadino si colto e si amante della propria citta,
grafiche, lo stato civile e morale de' cittadini, la come e il ch. sig. Valensise, nessuna manchereb-
storia lelteraria e civile, la gerarchia ecclesiasti- be del suo storico imparziale e diligente, il quale
ea, le istituzioni, i costumi, gli usi, le Industrie, le additerebbe le vere glorie ad emulare, i veri
i commerci. Ne questa raccolta di notiz e e un vizii a correggere, i veri miglioramenti a pro-
cumulo di sabbia, ove i granelli vi sono sgre- cacciare.
VALLAURI TOMMASO — Publii Ovidii Nasonis Fastorum libri VI, Tristium li-
bri V, Ex Ponto lib. IV, et Libellus in Ibin, ad usum scholarum, curanle
Thoma Vallaurio. Augustae Taurinorum, ex o/pcina Byacinthi Marietli,
anno 1863. Un vol. in 12.° di pag. 307.
WISEMAN — Fabiola o la Chiesa delle Catacombe, con note illustrative. Ro-
ma, tip. Monal'di 1864. Vn vol. in 16.° Si pubblica un fascicolo di tre fo-
gli la settimana: e finora si sono pubblicati otto fascicoli.
CRONACA
CONTEMPORANEA
Roma 14 Maggio 1864.
I.
COSE ITALIANS.
STATI PONTIFICII. 1. Discorso tenuto dal Santo Padre, nel Collegio di Propa-
ganda, alii 24 d' Aprile — 2. Liberazione di monsig. Arnaldi, Arcivesco-
vo di Spoleto ; imprigionamento del suo Pro-Vicario monsig. Profili —
3. Arresto del Cardinal Morichini, Yescovp di Jesi, condotto alle carceri
di Ancona — 4. Sfrenalezza dell' immoralita nelle usurpate province —
5. Chirografo del Santo Padre, per 1' emissione e vendita di un preslito
fruttifero.
1. La luttuosa condizione di cose, ed il duro strazio che del cattolicis-
mo si ya facendo in Polonia, non potea non commpvere profondamente
F animo del Sommo Pontefice; edifatto Sua Santita, con quella liberta
apostolica e con quella iraperterrita fermezza, cui seppe ognora accop-
piare con la mansuetudine e con la prudenza, levo alto la voce a sfolgo-
rare, come si conveniva, tali enormezze, senza mancare ai riguardi dovuti
allo Czar. Noi ci eravamo creduti in debito di riferire soltanto il cenno
che ne fece il Giornale di Roma, da noi recitato a pag. 353. Ma poiche
il Debate, la Patrie, la Gazette du Midi, con piu altri giornali nostrani e
forestieri, indotti in errore da corrispondenti poco fedeli, alterarono stra-
namente il discorso tenuto dal Santo Padre, non gia in un Concistoro,
come alcuni ban sognato, ma nella sala di Propaganda, ed afFastellarono
parole che mai non furono proferite , falsificandone od inventandone di
pianta i concetti , crediamo di doverlo qui riferire con tutta esattezza,
come fu raccolto da chi, ascoltandolo, ne segno quasi tutte le proprie pa-
role con grande fedelta.
II Santo Padre, preso argomento dal Vangelo della Domenica che ri-
cprreva, esordi colle parole dette dal Salvatore dopo 1' ultima cena, che
cioe, venendo lo Spirito Santo nel mondo, convincera gli uomini della lo~
ro incredulita ; e prosegui spggiungendo:
e Molte infatti e splendissime sono le pruove della verita di nostra san-
taFede, luminosissimi gli esempii a noi tramandati. Eppure, anche al
CRONACA CONTEMPORANEA 485
presente, non vi e pur troppo angolo della terra, fin nelle region! piu ele-
vate, ove non si troyi o un drappello o un esercito di sciagurati, che ban
fatto getto del maggiore lor bene, la Fedel A rimprovero di costoro il Si-
gnore addita i suoi servi, che questa fede hanno suggellata col sangue :
e fra questi dobbiamo in questo giorno e in questo lupgo ricordare
S. Fedele da Sigmaringa, edietro le same orme di lui tanti altri, i quali,
usciti da questo Collegio di Propaganda , si sono sparsi nel mondo ad
annunziare con tanti loro sudori, e a suggellare col sangue il Yangelo.
« Ora pure Iddio rimprovera 1'incredulita del mondp, additandogli que-
ste due serve, le quali ottengono oggi, sebbene in diverse grado, 1'onor
degli altari. La Beata Francesca delle cinque Piaghe dentro il pro-
prip abituro si fece luminoso esempio di abnegazione, di umilta/di rigp-
rpsissima penitenza, cpmprovando la fede alle celesti verita col dispregio
pienissimo delle vanita terrene. La yen. Maria Margarita Alacoque, tutta
accesa di celeste tiamma, si sforzo di condurre il mondo intero alia pra-
tica della fede, per mezzo dell'amore al Cuore santissimo cK Gesu.
« Preghiamo dunque il Signore affinche, per 1' intercessione di queste
due Sante, illumini tanti nostri traviati fratelli, e dia fmalmente alia Chie-
sa quella pace, che tutti desideriamo.
« E qui credo opportune manifestare il mio dolore per una notizia, at-
tinta dalle pubbliche efemeridi , alia quale io non vorrei credere senza
nuova conferma. Stimo bene pero di non dissimularlo, trovandomi cir-
condato da tante persone, affinche non debba mai fare a me stesso quel
rimprovero : Vae mihi quiet, tacui !
« V'ha un Sovrano assai potente in Europa, ma non cattolico, il quale,
togliendo pretesto da una mal consigliata ribellione di una parte de' suoi
sudditi , cerca di scalzare fino dalle fondamenta, in quella parte dei suoi
Stati, la fedecattolica. L'impedire e il reprimere guell' ingiusta ribellione
e nel suo diritto : come e diritto sacro e intangibile dei suoi sudditi, an-
corche traviati, il prpfessare liberamenle la loro fede. No! perseguitando
il cattolicismo non si consolida la fedeita ai Principi della terra ; questa e
figlia della giustizia, di quella giustizia che la Chiesa cattolica fa coscien-
za ai suoi ligliuoli di rendere intera a tutte le legittime autorita. Non e
solo dunque iniquo , ma e sconsigliatp il perseguitare il cattolicismo per
dpmare la ribellione. Ma ora ci vien di piu riferito un tale atto di persecu-
zione, che avanza quelli dei piu accaniti nemici del cristianesimo, i quali
uccidevano bensi i cristiani,ma non si sognarpno maidi sostituirsiaiPon-
tefici, dando o togliendo la giurisdizione spirituale. Ora dicesi, che siesi
tolta ad un Vescovo cattolico questa giurisdizione sulla sua Diocesi :
quasi che 1'autprita spirituale sia soggetta ad alcun potere civile, per
quanto si voglia elevato. La Chiesa cattolica ebbe quell' autorita dal di-
vin Redentore : essa Tesercita per suo dritto proprio; e quei che ne sp-
np depositarii T eserciteranno mai sempre, con uguale nspetto e ubbi-
dienza dei veri fedeli, o che seggano pacificamente sulle loro cattedre,
o che vengano caricati di catene nelle prigioni, o che debbano celarsi nel-
le catacombe.
« Preghiamo dunque , o fratelli , perche Dio illumini questo Sovrano !
Preghiamolo ancora, perche quei poveri cattolici, i quali vengono strappa-
ti dalle loro parrocchie e dalle loro case, e sono tradotti in esilio in terre
inospitali, con non altro cpnforto religioso fuorche la compagnia dei loro
angeli custodi, si conservino costanti nella confessione di Gesii Cristo.
486 CRONACA
« lo intanto, levando al cielo gli occhi ele mani, yi benedico. Benedi-
co primieramente tutti quelli che sono impegnati nell' ossequio del Cuore
santissimo di Gesu. Benedico quelle aninie, che dentroi recinti didome-
stiche miira, o fuori di essi, attendono di proposito all'acquislo delle piu
elette virtu. Benedico voi tutti, pregando insieme il Signore, che se in
tutto non puo distruggersi, almeno si attenui il numero di coloro, che
chiudono volpntariamente gli occhi alia luce della verita.
« Benedictio Dei omnipotentis, Patris et Filii et Spiritus Sancti descen-
dat super vos, et nianeat semper. »
2. Gia da dieci intieri mesi il pio e zelantissimo mqnsig. Giambattista
Arnaldi, Arcivescovo di Spoleto , era sostenuto prigioniero nella Rocca
di quella citta, aspettando, con perfetta rassegnazione al voler di Dio, che
al Fisco dovesse piacere quandochessia di pronunziare il suo oracolo in-
torno all' imputazione , onde si era tratto pretesto a quella si diuturna
carcere *. Ma il Fisco era impacciatissimo, perche nepotea trovar modo
d'istituire un processo, almeno con probabilita di riuscire alia desiderata
condanna, ne volea lasciarsi uscir di bocca una dichiarazione d'innocenza.
Al Governo ristauratore deir ordine morale poco importa di torlurare
«d alfliggere innocenti ; come si vede dal trattenere che fa, prigioniero
in Torino, il Cardinale Arci^escovo di Fermo, gia da quattr'anni strap-
pato -violentemente alia sua Diocesi, senza aver mai potuto inventare un
plausibile pretesto legale ; ed altresi dall'esilio inflitto al Card. Arcive-
SCOYO di Napoli , ed a tanti altri illustri e valorosi Prelati italiani. Cio
che gli preme si e di mettere in aspetto di colpevoli le sue vittime. Or
come poteasi rappresentare qual fellone e sommovitore di ribellione alle
Jeggi ed airautorita del Governo usurpatore, monsig. Arnaldi, solo per
^rver flagellato i vizii, rimmoralita, le nefandezze settarie?
Dieci mesi di profondi studii non poteano creare una colpa che non
^esisteva, ed ii Fisco in capo a tanto tempo trovavasi nello stesso imbro-
glio che il primo giorno. Alia pertine si scopri il cercato ripiego, e fu di
lasciar sospesa sul capo a Mons. Arnaldi 1' imputazione del reato, e la
ininaccia del processo e della condanna , ed intanto metterlo fuor di pri-
gione. Cosi non si correva il pericolo di vederlo dichiarare innocente , e
rimaneva giustificato il Fisco che 1'ayea tenuto in carcere. Pertanto la
Sezione d'accusa della Corte di Perugia, sotto il 22 di Marzo, die fuori
la sua sentenza, dichiarando farsi luogo aprocedimento, ed essere la cau-
sa di competenza, non gia della Corte di Assise di Spoleto, ma di quella
di Perugia. Sarebbesi dovuto, di ragione, oistituire il processo, e venire
al pubblico dibattimento: ovvero, se questo non si voleva, troncare
il corso del processo, od almeno spedire, come poi si fece, 1'atto di di-
missione ex o/ficio dal I carcere. Ma piacque ai padroni d' Italia di fare,
che monsig. Arnaldi vi rimanesse ancora quasi un mese a macerarsi ; dopo
di che si risolvette di metterlo in liberta. Ecco in che modo cio avvenne,
narrato dallo stesso Arcivescovo in una sua lettera all' Osservatore Ro-
mano del 30 Aprile:
« Sig. Direttore. Memore della bonta, che ha sempre avuto per me, e
conscio del vivo suo interessamento per la mia persona durante la pri-
gionia, non posso a meno, fin dai primi momenti di mia liberta , di non
esprimere alia S. V. Illma i piu sinceri ed estesi ringraziamenti , e di
4 CieiltA Caltolica Seric V, vol VII, pag. -105.
COJXTEMPORANEA 481
parteciparle, die nelle ore pomeridiane dello scorso Venerdi 22 corrente
ebbi 1' intimo, che la Sezione di accusa in Perugia aveva dichiarato far-
si luogo a procedere sul mio conto per la nola Pastorale ; e oel tempo
stesso mi fa intiraato il decreto di dimissione dal carcere, spontaneamen-
te ed a raia insaputa , senza cauzione e senza esigere da me.veruna di-
chiarazione di rappresentarmi, che io non avrei mai e poi mai emessa, a
costo anche di morire in carcere ; e quindi alle ore 8 di delta sera feci
ritorno in questa mia residenza. Puo Ella facilmente immaginare le sof-
ferenze di una prigionia prolungata per oltre a dieci mesi ; ma questa
sopportai rassegnato alia volonta del Signore ; e , fermo sempre piu nei
miei inalterabili principii , attendevo colla massima disinvollura e tran-
quillita di animo, qualunque si fosse stato I'esito della mia causa. 11 dq-
lore che mi trafisse fu 1'essere strappato dalla cura della mia Archidiocesi;
ma la Vergine Santissima, fra le durezze del carcere , si e degnata con-
cedermi , sebbene immeritevolissimo , tante grazie e consolazioni , spe-
cialmente di essermi potutp p res tare a dar variemute di spirituali Eser-
cizii, durante la mia prigionia, ai Reclusi o Carcerati in questa Casa di
pena, e non potrei espri merle il gran bene , che per diviua misericordia
si e fatto. »
Veduta la necessita di lasciarsi uscire dagli artigli questa preda, il
Fisco voile, percompenso, ghermirne un'altra ; ed appunto un otto giorni
dopo che il Governo avea risoluto di prosciogliere mons. Arnaldi, t'ece,
per motivi probabilmente ne meno assurdi ne meno iniqui , carcerare,
nella nolle del 31 Marzo, monsig. Luigi Protili, Priore della melropoli-
tana e Provicario Generale di Spoleto ; il quale, con apparato degno
dei lempi che corrono , a maniera di vil malfattore , fu chiuso in quella
Rocca stessa, in cui era sostenuto il suo Vescovo. Dicesi che il pretesto
siasi lolto dall'aver questo virtuosissimo Vicario date istruzioni , che gli
erano chieste a grande istanza , circa il modo da osservare verso coloro
che, rimorsi nella coscienza per partecipazione a rivolture e violenze sa-
crileghe, cercassero di riconciliarsi con Dio, nel Sacramento della Peni-
tenza. Or che e passato in giudicato, doversi la Chiesa spogliar del lem-
pprale, e percio si precede a confische e latrocinii d'ogni geaere, la rab-
bia settaria ya crescendo, e vuole spogliata la Chiesa perfm della libera
amministrazione dei Sacramenti. Sono piu di 50 i processi avviati con-
tro Vescovi , Parrochi, religiosi, e quasi tutti per cagioni spetlanti 1'e-
sercizio del ministero strettamente spirituale. Ecco la libera Chiesa in
libero Stato !
3. Usciva di carcere alii 22 di Aprile 1'Arcivescovo di Spoleto, ed alii
23 gli si sostituiva un'altra vittima nella persona dell' EiTio Cardinale Mo-
richini, Vescovo di Jesi. La cosa avvenne nel modo che si narro dall'O,1?-
servatore Romano , N. 97 :
« Alle ore otto ed an quarto pomeridiane del sabato 23 Aprile si pre-
sento all' Episcopio di Jesi il Capitanp dei Carabinieri, sig. Ruca, che, in-
trodotto presso I' Eminentissimo , gli notitico con tutta quella urbanita
che puo usare in siinili circostanze UQ militare, aver ordine di imprigio-
narlo e seco condurlo in Ancona. In quella entrarono nel gabinetto del-
1' Eminentissimo , un giudice istruttpre, undelegato di pubblica sicurez-
za ed un attuario, mentre al di fuori I' Episcopio veniva circondato dai
Carabinieri , alcuni dei quali occuparono armati la posizione strategica
della sala d' ingresso. L' oggetto di tutti quei personaggi , entrati di se-
188 CRONACA
conda scena nel gabinetto delV Emiuentissimo, era quello di fare im in-
carto giudiziale a carico del Cardinale , e di procedere ad una perquisi-
zione delle sue carte. Allora il Cardinale detto due proteste , che 1'at-
tuario si compiacque di scrivere. Nella prinia diceva che, come Porpora-
to e Principe di S. Chiesa, non poteva essere imprigionato e processato
che per ordine del solo Sommo Pontefice; nell'altra che non avrebbe
punlq potuto rispondere a domande che appellassero a coscienza , o ad
ordini venuti di Roma. Dopo cio si provarono di fare qualche inchiesta ,
ma quelle, poiche yertevano appunto su materia di confessione, assolu-
zione , decreti della sacra Penitenzieria ecc. , non yennero con risposta
alcuna soddisfatte.
« Si passp allora alia perquisizione, ma a lode del yero dehhe dirsi,
che, aperti i cassetti dello scrittoio, nessuno dei quattro ardi di frugaryi
per em,ro, e solo-si limitarono a prendere la circolare a stampa inviala dal-
ia S. Penitenzieria a tutti i Vescoyi d' Italia, in data 6 Marzo 1860 , cir-
colare che yenne riportata fin dai giornali. E cio yalga a smentire le yo-
ci , non sappiamo sepiu maligne o insulse, fatte correre dai caldissimi
dell'onore e dovere del Governo italiano, a giustificazione dtll'operato di
lui : che si fossero cioe rinyenute al Vescovo di Jesi delle corrispouden-
ze con estero Governo, a danno di quello di cui mostransi passionatis-
simi favoreggiatori.
« Alle undici della sera V EiTio Morichini muoveya nel proprio legno
alia yolta di Ancona, confortando ed incoraggiando , con somma trnnquil-
lita, il Clero che pressoche tutto erasi radunato neliestanze dell' Episco-
pio, non si tosto I'u sparsa per la citta la nuoya di quanlo in esso acca-
deva. Sulla piazza attendeya il benamato Vescovo grandv' folia di popo-
lo, che silenzioso e triste genufletteya al passaggio della carrozza, per
ricevere anche una yolta la benedizione del suo Pastore. Seguiva imaie-
diatamente altro legno con quattro carabinieri. II Capitano Rura prese
posto accanto al cocchiere dell' Eminentissimo , e fu solo usciti di citta ,
che, al ripetuto inyito del Porporato, accetto un posto dentro il legno. GJi
erauo compagni D. Sante Crocicchiani Cerimoniere, D. Giuseppe Bucci
Segretario, ed un domestico. Alle due e mezzo del mattino della Dome-
nica 24 correntegiungeva I'illustre prigioniero in Ancona, eyenivarin-
chiuso nelle careen di S. Palagia. In quel giorno non gli yenne permes-
so ne di celebrare ne di ascoltare la messa. La cella in che yenne posto,
sebbene non possa dirsi assolutamente insalubre, pur tuttayia mostra in
alcune delle pareti delle tracce di umidita.
« Venne tosto separate da'suoi compagni , e gli si lascio solo il do-
mestico, finche alia sera fu permesso a D. Crocicchiani di entrare anche
esso in S. Palagia, prigioniero volontario. »
Pervenuta la notizia di cio all' EiRo Card. Anlonucci, Yescovo di An-
cona, egli fu sollecito di chiedere, ed ottenne la facolta di fornire aH'illu-
stre prigioniero quanto polesse alleviarne i patimcnti. Finora non si sa
che il Fisco abbia potuto giustificare con yerun'apparenza di ragione le-
gate questo nuovo attentato sacrilege; e noi teniamo per fenno che il
niotivp sia quel medesimp, che fece gia carcerare centinaia di personaggi
ecclesiastici, riconosciuti innocenti, e doyuti percio, dopo mesi ed anni di
torture crudeli, essere rimessi in liberta. On se i Goyernanti di Torino
potessero metier piede in Roma 1 Chi li terrebbe dai dare saggio della
fortezza del loro governare, infliggendo al Papa il trattamento usato col
CONTEMPORANEA 489
Cardinale di Fermo e col Cardinale di Jesi ? Cosi appunto Tarquinio il
Superbo insegnaya a ceggere gli Stati, tagliando le teste piu alte. I li-
berali non hanno neppure il merito deli' invenzione di tal politica.
4. Un solo Stato v' e in Europa, dove la persecuzione alia Chiesa cat-
tolica adegua, sotto varii rispetti, quella chesi fa dal Governo di Torino
al clero italiano; ed e la Pplonia manomessa dallo scisma. Da pertutto
altrove, anche dove il dominio sta nelleraani de'Framassoni,si lascia go-
dere bastevolrnente alia Chiesa quel tanlo di liberta,onde si possono av-
valere gli altri ordini della societa civile. In Italia non e cosi , ed ogni
pensiero della fazione che si tiene in mano la cosa pubblica sembra volto
a questo solo e supremo intento , opprimere la Chiesa e sterpare il cat-
tolicismo. E percio si vede tolto ogni freno anche alle piu stomachevoli
immoralita , onde procedono inauditi delitti , con ribrezzo degli stessi
liberalissimi, che non hanno ancora reietto ogni senso di naturale onesta.
Lo Zenzero, giornale democratico di Firenze, esclamava poc' anzi : « La
citta dei ftori prendera tra poco il titolo degno di citta dei barbari , se
disgraziatamente continuassero gli atroci fatti, dei quali fumrao testimo-
nii oculari. Per tre centesimi non e di molto che fu ammazzato un uomo;
e due , tr-e , quattro e sei perirono sotto il pugnale. » La Societa demo-
cratica unitaria di Livorno, congrega di patrioti mazziniani , pur non si
tenne alle mosse, per lo spettacolo delle nauseabonde laidezze tollerate,
se non anche promosse dal Governo ; e fermo, alii 13 di Aprile, la deli-
berazione d' invitare la gioventu italiana ad useire dal lezzo, in che la
gettano 1' incuria dei reggitori e la perversita d' infami mercanti di libri
e stampe d'agni sorta. Ecco alcuni dei Considerando , che si leggono
riferiti nell' Unita Cattolica del 5 Maggio : « Considerando come il popolo
tento indarno redimersi a liberta seoza onesta di costumi ; Considerando
come siano questi offesi continuamente mediante la diffusione di libri ,
stampe ed immagini oscene , donde la gioventu attinge gerrni di corru-
zione e di avvilimento ; Considerando come il Governo ed i Municipii,
mentre incomberebbe loro 1'obbligo di promovere la morale pubblica, ed
avvezzare il popolo alia probita, che e ad un tempo supremo bisogno e
speranza di salute nei tempi presenti , lascino impuniti i delitti previsti
dal Codice penale come offesa al pudore eec. ecc. »
Ora quetlo, che dagli stessi italianissimi si lamenta con si forti parole
per la Toscana, accade pur troppo, e, per arte diabolica, in grado forse
anche piu mostruoso, nelle province usurpate ai dominii della santa Se-
de. Corrispondenze autorevoli delle Romagne riboccano di t'atti , onde si
dimostra che la licenza vi tocca il colmo , con le ordinarie conseguenze
d'ogni maniera di delitti, e specialmente di suicidii. La Concordia, gior-
nale rivoluzionario di Ancpna, nel foglio 32 del 20 d' Aprile, lagnavasi
altamente della crescente immoralita, onde la popolazione « era costretta
a ritirarsi per tempo nella sera, od andare armata in propria difesa con-
tro le notturne aggressioni » ; e dipingeva lo sta to presente di quella
citta dove sono bolgie di corruzione , osceni spettacoli , licenziosi ba-
gordi, e risuonano tnbrici canti, oscene canzonacce, ed i pubblici ufficiali
vivono in riprovevole apatia, e gli agenti della pubblica sicurezza (anno
conversazione nei I. . . « Gittando a noi d'intorno uno sguardo, conchiu-
deva la Concordia, ove sono i felici risultati di quest'era novella, attesi
con impazienza genera le? »
190 CRONACA
I risultati non e bisogno che li indichiamo noi alia Concordia , e puo
chiamarsene paga. 1 convent! ed i monasteri, caeciatine i religiosi e le
spose di Gesu Cristo , convertiti in caserme e prigioni ; molte chiese
pane diroccale, parte divenute stalle, fenili e magazzini ; licenziati i la-
dri ad ogni loro industria ; tolti ai lavori dell' agricoltura 200,000 gio-
vani, e condannati a portar 1'armi, aspettando di essere mandati al ma-
cello^ dilapidate le rendite pubbliche e cresciuti i debiti a dismisura , a
vantaggio d'ingordi settarii ; ed i Ministri risponsabili occupati instanca-
bilmente in braccheggiare dietro a' preti , a spiare i confessionali , a
vigilare i battesimi , a comandare , sotto pena di carcere e raulta , 1' am-
ministrazione dell' Eucaristia agli scomunicati , e sopraltutto a cercar
pretesti di spogliare, sbandire, carcerare Vescovi eCardinali. Or e certo
die da genie, che per bocca del Diritto bandi: supremo scopo della rivo-
luzione italiana essere quello di abbattere il Papato e sterminare il cat-
tolicismo, non si puo pretendere ne piu tie meglio all'intento.
5. Nella parte ufficiale del Giornale di Roma del 9 Maggio venne pub-
blicato un Chirografo della Santita di Nostro Signore Pio Papa IX, in
data del 26 Marzp 1864, sopra 1'emissione e la yendita di un prestito
fruttifero, in addizione alFaltro, creato con sovrano Chirografo del 18
Aprile 1860. Questo documento e del tenore seguente:
« Monsig. Giuseppe de'Marchesi Ferrari, Nostro e della Nostra Camera
Apost. Tesoriere Generate, Ministro delle Finanze.
i Allo scopo di provvedere alle ristrettezze, cui per la usurpazione
avvenuta nel 1859 di alcune principal! province soggette alia S. Sede fa
ridotto il pubblio erario, facendo iNoi appello alle popolazioni cristiane
di tutto il mondo, con altro Chirografo segnato di Nostra Mano li 18 Apri-
le 1860 , ed esibito negli Atti della Nostra Camera Apostolica, vi auto-
rizzammo ad aprire un prestito per pubblica soscrizione mediante la emis-
sione di una rendita consolidata, cinque per cento, di annui scudi roma-
ni 165,000, eguali a franchi 2,500,000 colla decorrenza dal 1 del sud-
detto mese ed anno.
« Sopraggiunta nello stesso anno 1860 la usurpazione di molte altre
province, e tolta cosi alia S. Sede la massima parte del suo territorio,
Yedemmo sempre piu crescere le ristrettezze dell' erario, e si manifesto
con maggiore intensita il bisogno di nuovi espedienti.
« A sollievo di si gravi sciagure aveano nel frattemp o principle le
spontanee oblazioni dei fedeli verso la S. Sede da tutte le parti dell'Or-
becattolico, di cui con inesprimibile Nostra compiacenza continuiamo
tutto giorno a sperimentare i piu benefici effetti.
« Ci esponeste quindi, che con i rilevanti prodottidell'Obolo di S. Pie-
tro, che mettemmo a disposizione del pubblico erario, e con altre straor-
dinarie misure, fu in grado 1' erario stesso di supplire alia tenuita delle
rendite di questa Capitate, e delle poche province rimaste, a confronto
delle spese, le qua!i presentano un forte disquilibrio, in quanto che ab-
biamo riconosciuto di Nostro dovere la soddisfazione degli obblighi as-
sunti , e specialmente il pagamento degli interessi dei prestiti contratti
neirinterno ed all' estero, garantiti suite rendite dell'intiero Stato pon-
tificio.
« Col piu vivo rammarico del Nostro cuore peraltro dobbiamo osser-
vare, che le condizioni politiche dei Dominii della Chiesa non sono in.
alcun modo cambiate, e che conseguentemente continua tutt' ora la ne-
CONTEMPORANEA 491
cessita di ricorrere a nuovi provvedimenti per far fronte all' imperiosa
eccedenza delle spese indispensabili al sostegno del diritti spiritual! e
temporali della S. Chiesa.
« In tale critica posizione di avyenimenti , fidati Noi sempre nella in-
cessante devozione dei popoli cristiani , e nel costante loro altaccamento
alia S. Sede, Ci siarno determinati di dare una estensione al suddetto
prestito del 1860, nella feruia persuasione di ricavare da tale straordina-
ria misura un nuovo sollievo alle angustie , da cui ci troviamo oppress!.
« Inteso pertanto il parere della nostra Consulta di Stato per le Finan-
ze, non che quello del Consiglio dei Ministri, col presente Nostro Chiro-
grafo, nel quale abbiamo e vogliamo avere per espressa ogni altra cosa
necessaria ad esprimersi e ad essere individualmente espressa e regi-
strata , di Nostro Motu-proprio, certa scienza e pienezza della Nostra
Suprema Potesta, prdiniarao a Voi, che in Nostro nome diate piena ese-
cuzione,a tutte e singole le disposizioni seguenti.
« 1. E autorizzata la ulteriore emissione di una Rendita consolidata ,
cinque per cento , a debito dello Stato pontificio, nella somma di scudi
romani 465,000, pari a franchi 2,500,000, in aggiunta all' altra di simile
somma, emessa in virtu delsovrano Nostro Chirografo 18 Aprile 1860,
e del contemporaneo Regolamento da Yoi con Nostra approvazione
emanato.
« 2. La negoziazione di tale rendita avra luogo a quel saggio, ed ia
quel modo, che stinierete piu convenierite per il pubblico erario.
« 3. Sara la rendita medesima ripartita in Certificati al Portatore nel-
le tre serie, con lecautele e norme stabilite dal Regolamento suddetto, e
colla stessa semestrale scadenza del 31 Marzo e 30 Settembre di cia-
scun anno, a partire da! 30 Settembre dell' andante anno 1864.
« 4. II pagamento degl'interessi anche per questa rendita si effettuera
per semestre posticipato al prime Aprile, ed al primo Oltobre di ogni
anno, nelle stesse citta principali di Europa , a piacere dei possessor!
dei Certificati, cioe in Roma, Napoli, Parigi , Brusselle, Amsterdam, An-
versa, Londra, Dublino, Francfort sul Meno, Vienna, Monaco, Berlino,
Lucerna, Madrid e Lisbona.
« 5. E assegnato il fondo dell'uno per cento 1'anno, per rammortizzazio-
ne alia pari del capitale corrispondente alia rendita predetta di annui scu-
di romani 465,000, eguali a franchi 2,500,000, con 1'aumento degl' in-
teressi sui Certilicati estinti.
« 6. Volendo poi che Tammortizzazione sia eziandio estesa al Capi-
tale della rendita di egual somma emessa in virtu del Nostro sovrano
Chirografo 18 Aprile 1860, e stabilito all'uopo altro fondo dell'uno per
cento all' anno coll' aumento predettp, di modo che, per I'ammortizzazione
alia pari dell'intero prestito, sara in ciascunanno erogata la somma di
romani scudi 186,000, corrispondente ad un milione di franchi, oltre gli
interessi dei Certificati estinti.
« 7. L'ammortizzazione si fara per estrazione, la quale, colle norme e
col metodo di apposito Regolamento da emanarsi a vostracura, sara ese-
guita in Roma nel mese di Luglio di ogni anno, incOminciando dal Lu-
glio 1865.
« 8. II capitale dei Certificati estratti sara rimborsato a] primo Ottobre
in ciascun anno nelle stesse citta, a piacere dei creditor!, nelle quali e
prescritto il pagamento degl' interessi.
492 CRONACA
« 9. Ordiniamo inoltre , che per il piu pronto e spedito pagamento si
degl' interessi dell'intero prestito, che dell'ammortizzazione, Del riunire
i fondi nolle diverse piazze , ove deve effettuarsi il pagamento stesso ,
sianp da Voidestinate specialmente, e per la cntrante quantita, le Obla-
zioni, che la pieta dei Fedeli offre generosamente alia Nostra Persona per
il Denaro di S. Pietro.
« Vogliamo infine e decretiamo, che il presents prestito , e la consen-
tanea emissione e vendita di questa nuova rendita consolidata , sia rico-
nosciuta come debito dello Stato, ed al pari di quelle preesistenti , e che
il presente Nostro Chirografo, benche non ammesso, ne registrato in Ca-
mera, vaglia e debba avere sempre la plena esecuzione e vigore colla
Nostra semplice Sottoscrizipne , non ostante la Bolla di Pio IV Nostro
Predecessore de registrandis, la regola della Nostra Cancelleria de iure
quaesito non tollendo, e qualsiansi altre Costituzioni ed Qrdinazioni App-
stoliche Nostre e dei Nostri Predecessors, Leggi, Statuti, Ri forme, Usi,
Stili, Consuetudini , ed ogni altra cosa che facesse o potesse fare in con-
trario, alle quali tutte e singole avendone il tenore qui per espresso, e di
parola in parola inserito, questa volta ed all' effetto predetto, specialmen-
te ed espressamente deroghiamo.
« Dato dal Nostro Palazzo Apostolico al Vaticano, questo di 26 Marzo
1864, del Nostro Pontificate I' anno decimottavo. — PrvsPAPA IX.
Segue quindi il Regolamento, approvato da Sua Santita, per 1' annuale
ammortizzazione dell'intero prestito, al quale ed'etto e destinata 1' an-
nua somma di scudi romani 186,000, corrispondente ad uri milione di
franchi. Nel quale Regolamento sono fissate le norme per le estrazioni
ed il pagamento dei Certificati.
STATI SARDF. t. Sequestro di armi e denari della fazione mazzlniana ; il Go-
verno fa restituire ogni cosa — 2. Dimostrazione a Genova , e meetings
a Napoli, pel Garibaldi; corrispondenza del Moniteur parigino — 3. Tu-
multo di studenti a Torino: chiusura e riaprimento della Uriiversita di
Torino e Pavia — 4. Circolare del Pisanelli sopra le cerimonic religiose
vespertine— 5. Circolare del medesimo sopra gT impediment! matrimo-
niali _g. Disegno di legge del Ministro della Rovere, per abolire 1'esen-
zione dei chierici dalla leva militare — 7. Interpellanze varie nella Came-
ra ; proposte contro il Denaro di S. Pietro; promesse del Pisanelli — 8.
Offerte di oggetti preziosi al Santo Padre.
1. Quando si tramava la pirateria garibaldesca contro la Sicilia, il
Conte Cavour dichiaro alia setta, in persona de' suoi capi , che egli non
poteva impacciarsene palesemente : darebbe denari , fucili , munizioni :
fascerebbe prendere i cannoni di Orbetellp ; farebbe accompagnare da
navi da guerra i venturieri, per assisterli, distpgliendo da loro 1'attenzione
della marina napolitana ; raase 1'impresa fallisse, egli se nelaverebbe le
mani, ed occorrendo, punirebbe 1'ammiragiio Persano del soccorso presta-
to, per purgarsi d'pgni cosa al cospetto della Diplomazia. Alia quale di-
fatto giuro che egli era innocente di quell' attentato , che lo disapprpva-
\a, che anzi avea mandate la squadra per attraversarsi alia spedizione
impresa dal Garibaldi , e che farebbe rispettare a tutti i costi il diritto
delle genti. Tutti sanno il resto. Or egli sembra che il simigliante sia ac-
caduto teste per una spedizione men mnesta , ma certamente poco con-
CONTEMPORANEA 493
forme ai sensi che dovrebbe nutrire il Regno cT Italia pel suo fondatore e
protettore ed alleato fedele, Napoleone III.
Per dare al Governo francese la spinta a secondare i disegni della set-
ta dominante in Torino, piu volte si fece mostra di volersi gettare tra le
braccia dell' Inghilterra , come alleata piu energica, piu ferma nel suo
proposito, piu propizia alia politica italiana , allontanandosi percio dalla
rrancia. E questo, se Tapparenza non inganna, fu unp degli intendimen-
ti del Garibaldi nel suo viaggio in Inghilterra: conciliarsene il patroci-
nio, eccitarvi 1'opinione pubblica in favore dell' Italia una , con Roma e
Venezia, e cosi per indiretto influire sopra le risoluzioni di Napoleone III,
cui tutti sanno quanto stia a cuore il buqn accordo con la Gran Bretta-
gna. Ma il giuoco potea voltar male, ed invece di inchinare 1' animo del
vincitore di Magenta e Splferino a compiere 1'impresa, poteva farlo vie-
piii rassodare nel proposito di mantenere lo statu quo , appunto per non
Jasciar credere ch' egli si voglia far rimorchiare dall' Inghilterra. Percio
furono disposte le cose in mpdo, che il Governo di Torino potesse bandir-
si innocente come un bambino nato pur teste.
Come procedessero le cose in Inghilterra, diremp a suo luogo. Qui ba-
sti accennare che il Garibaldi, in mezzo a profusissimi elogi del Governo
e del popplo britannico , a cui recaya massima parte del merito del pre-
sente ordine di cose in Italia, non ricordo che due sole volte i Francesi ;
e fu per accennare con compiacenza aH'uccisione che ne fece a Roma pres-
so Porta S. Pancrazio, e poi per insinuare la necessita di esigere lo sgom-
bro di Rorna, liberando cosi 1' Italia da due Potenze nemiche che I' oppri-
mono. Del resto non una parola con cui mostrasse di ricprdarsi, che alle
vittorie ed alia diplomazia francese son doyute la conquista della Lom-
bardia , ed il riconoscimento delle annessioni di quasi tutli gli altri Stati
italiani.
Quanto al da farsi in Torino, la cosa fu liscia. I diarii ufficipsi si mp-
strarono attoniti, confusi, scontenti, quasi impauriti del viaggio di Gari-
baldi, comedi cosa che poteva pericplare il bupn accordo con altre Pp-
tenze. Poi il Governo spedi circolari contro gli arrolamenti clandestini,
stimolo i Prefetti ed i Questori , fece sequestrare alcune centinaia di lire
ad un certo Lemmi, cassiere del Garibaldi, ed istituire contro lui un pro-
cesso. Tutto questo per poter dire, a chi movesse lagnanze: Ma vedetel
siamo innocenti ! E tutta cplpa di quellp scapato ! Noi abbiam fatto, ab-
biara detto, abbiam messo in moto birri e Tribunali ; che potreste volere
di piu? Ma i Garibaldini di bassa sfera presero la cosa sul serio , leva-
ronp strida , pubblicarono protestazioni, ed a Londra, come vedesi nel
Diritto del 5 Aprile, il Saffi scrisse al Times ed al Daily News, comuni-
cando una lettera del Lemmi, che denunziava all' indignazione pubblica la
perquisizione ed il sequestrodi quei p'ochi quattrini , flagellando la po-
litica meschina del Gabinetto di Torino. Ottenuto 1' intento di comparire
inrotta colla fazione garibaldesca, il Governo di Torino pose fine alia
commedia ; facendo dichiarare che non constava che cjuel denarp fos-
se destinatp alia cassa della societa unitaria democratica, per tini COQ-
trarii ai diritti dello Statp; e fece restituire ogni cosa. Quindi a poco
a poco i diarii ministeriali si rabbonironp verso il Garibaldi, ne nar-
rarono distesamente i trionfi, apprestandosi i padroni a coglierne i frut-
ti. Ma che? giunse notizia del repentino commiato cbe troncava, licen-
ziando il Garibaldi al ritorao verso la Caprera , tutti i maneggi. Ed eo
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co da capo ricominciare, poiehe parea mutato il ventp, le perquisizio-
ni ed i sequestri d'armi , di munizioni , di divise garibaldine in Mila-
no, in Brescia, ed altrove. L'altaiena e un giuocp che servi piu volte
a' ladri, ed e il simbolo della condotta politica dei ristauralori d' Italia,
esemplata da quella d'altri, che per tal modo venne a capo de'suoi di-
segni. Ma talvolia accade che a tal giuoco troppp continuato venga il
capogiro, e chi si divertiva finisca col rompersi il collo.
2. Tra le scene di questo dramma va mentovata la dimostrazione fatta
in Genova, alii 18 di Aprile, che cosi si narro dallo Stendardo Cattolico,
n.' 91 : « leri sera dalle 10 alle 1 1 incirca ehhe luogo ima serenata sotto
le finestre del Console inglese, in omaggio all'Inghilterra, per 1' accogli-
mento che fece al generale Garibaldi. Una folia di persone circondava la
banda che suonava gli inni God save the Queen, di Garibaldi, e di Mame-
li, Fratelli d' Italia. Le sinfonie della musica si alternavano colle solite
grida di evviva e di abbasso, tra le quali abhiamo sentito le seguenti :
Viva la repubblica universale! Viva Mazzini! Viva Garibaldi in Campi-
doglio ! Viva il Pppolo inglese ! Viva 1'ltalia pro'estante! Abbasso i mode-
rati ! Abbasso gli intriganti di Parigi ! ecc. ecc. »
II Corriere Mercantile, copiato ^\\0pinione n.° 122, detto che la folia
era di qualche migliaio, e che il Console inglese era assente, aggiunse:
« Le grida, come suole avvenire in similicircpstanze, furono moke e va-
rie, e qualche abbasso era frammisto agli evviva. Gli evviva piu ripetu-
ti furono al pppolo inglese, a Giuseppe Garibaldi, a Giuseppe Mazzini, a
Stansfeld ; gli abbasso « agli intrighi di Parigi » e piu rari ai moderati,
alia malva d Italia e simili. Non manco un viva &san Giuseppe Garibal-
di, a san Giuseppe Mazzini, al suffragio uniyersale, ed un abbasso ai
pigionanti, ma erano voci isolate e discordanti. 11 nucleo fornito di so-
nore voci e di pqlmoni in ottimo stato si limitava ai primi evviva. Non
Ti furono discorsi propriamente detti ; ma qualche antifona sul genere di
queste « che i due piu grandi uomini del niondo si erano stretti la mano
oltre la Manica, e che quella era una valuta intesa, una cambiale di cui
si doveva esigere I'ammontare » non ricprdiamo la valuta; «che 1'Inghii-
terra accoglieva generosamente i proscritti ed era terra di liberta. »
aQuando la musica della guardia nazionale intuonava 1'inno di Garibal-
di... gli applausi dellemigliaia risuonavano fragprosi ed unanimi; quan-
do s'innalzavano evviva a Mazzini, Stansfeld e simili, rispondevano po-
che decine; le altre p:rida sgangherate morivanp solitarie e senza eco. Si
ha un bel confondere in un solo evviva i due Giuseppe; il buon senso po-
polare distingue. » E cosi do\ea dire un dlario miuisteriale, per dar di
spalla al Garibaldi, scnza dare una ceffata al Governp monarchico. Del
resto I'intimita del Mazzini e del Garibaldi, e la loro appartenenza alia
stessa setta era appunto il giorno innanzi confessata da amendue, ban-
cheltando insieme a Teddington, coll'Herzen e coi caporioni della dema-
gogia europea, come riferiremo a suo luogo.
II simigliante si fece a Napoli sotto la direzione del Ricciardi ; ed ivi
la dimostrazione, veststa dei colori locali, simboleggiava a meravigliale
condizioni di quella citta, dove, tolta la moltitudine che e quel che fa
sempre, per un seitario devoto al Gpverno di Torino, se ne trovano dieci
venduti corpo ed anima al Garibaldi ed al Mazzini.
Ma di queste scene da piazza il Moniteur ufficiale di Parigi, non volendo
avvilirsi a parlarne di propria bocca, e pur volendo manifestare il suo dis-
CONTEMPORANEA 495
gusto, ricorse allo spediente, usato gia piu altre volte, di farsi scrivere
una corrispondenza da Firenze, la quale pubblico il di 1.° di Maggio nei
termini seguenti:
« I meetings organizzati in Italia, per ringraziare gVInglesi dell' acco-
glienza fatta a Garibaldi, sono stati accolti dalla grande massa della po-
polazione con una indiiferenza ostile. II buon senso del pubblico non ha
bisogno di un grande sforzo per comprendere, che quanto succede in In-
ghilterra non puo gioyare ne all'Italia, ne al suo Governo, dal quale non
la si puo separare. Si domanda in nome di qual principio gli uomini di
Stato inglesi possano spiegare 1'accoglienza latta ad un personaggio, che
pretende porsi al di sopra del suo paese e del suo sovrano. Sgraziata-
mente, in effetto, non si potrebbe piu farsi illusione su Garibaldi, dopo
aver letto il suo discorso a Mazzini. Tutti coloro, che provavano ancora
un qualche interesse pel Generale, temevanoquel ravvicinamento che eb-
be luogo, e le cui conseguenze devono imporre al Governo italiano 1'ob-
bligo di raddoppiare di vigilanza. » E da credere che a Torino si sia ca-
pita questa paterna ammonizione ; e di fatto YOpinione se ne mostro non
poco mortificata.
3. Ma una dimostrazione d'altro genere avvenne in Torino stesso, verso
la quale il Governo mostro di voler essere fermo. II Matteucci, quando fu
Ministro sopra 1'istruzione pubblica, avea preparato un regolamento, che
modificava la forma degli esami imiversitarii, in maniera poco accetta agli
studenti. L'Amari, a lui succeduto, intimo poc'anzi 1' effettuazione di tal
regolamento, da applicarsi quest'annp stesso. Gli studenti, che non erano
a cip preparati, messi alle strette, chiesero con una petizione che. almeno
si differisse all'anno venturo, ed una loro deputazione si presento per tal
fine all' Amari, che 1' accolse poco cortesemente, e rifiuto di accettare la
petizione. Cio saputp, gli studenti si radunarono, il Sabato 23 Aprile, nel
Cortile dell' Universita ; si udirono aringhe infocate contro il Ministro , e
si proruppe in grida di abbasso 1 Accorse la guardia nazionale con bupn
numero di poliziotti. Si raddoppiarono a quella vista gli urli ed i fischi ;
ed i tumultuanti, entrati nella grande aula, manomiserp ogni cosa, rom-
pendo banchi e sedie e facendo a pezzi la cattedra. Poi , calmati da due
Professori, sciolsero la raunata, e se ne andarono. Oh se di queste cose
accadessero alia Sapienza di Roma ! Che argomentazioni non vi farebbe-
ro sopra i ristauratori dell'ordine morale!
Pur li non ebbe termine la faccenda. II lunedi seguente quella arden-
te gioventii si tornp a radunare; ma accetto i consigli del deputato Bog-
gio, che promise di fare le parti loro alle Camere, li esortp a temperare
le loro p'omande , e nominare una Commissione a trattare il negozio. Al
che essi aderirono. II mercoldi appresso 27 Aprile, gli studenti trovaro-
no aftisso un invito del Rettore, che li esortava a rientrare neWordine, e
loro faceya « noto che 1'autorita superiore e risoluta a non cep'ere a mani-
festazioni sconvenienti, ed ha preso tutte le provvisioni per impedirne la
rinnovazione; nel qual caso 1'Universita sarebbe tosto chiusa, con perdi-
ta dell'anno scolastico. » Gli studenti ne imbizzarrirono vie peggio. Usci-
rono ordinati in battaglione, andarono a far plausi alia Guardia nazionale
ed ai Bersaglieri che erano appostati in diversi lupghi per accorrere al-
1'uopo; quindi tornarono airilniyersita. Trovata chiusa la porta, la sfoft-
darono, e si raccolserp nel Cortile. Giunta la Guardia nazionale, obbedi-
rono all'intimazione di uscire, ma s' awiarono per fare un chanvan al
496 CRONACA
ministro Amari. Allora fu messa loro dietrp una Compagnia di Bersaglie-
ri, con molti Gendarmi, che, premessp il triplice suono di trornba, li cari-
carono al passo di corsa. Gli studenti si sbaragliarono, e parecchi furono
arrestati.
Crescevano i mali umori. II Ministerp fece assicurare gli studenti che
i non colpeyoli sarebbero trattati con riguardo; ma non basto. L'Univer-
sila di Payia, senza tumultiiare, imitp quella di Torino, astenendosi tutti
gli scolari dall'andarea scuola. II Ministero emano un decreto che le
chiudeva ambedue, permettendo, a chi desse guarentigia di se, di poter
dare gli esami. Si venne ad inquisizione sopra i fatti accaduti ; si voile
scoprire che i piu turbolenti nel tumulto npn erano scolari, ma agitator!
estranei ; se ne tolse cagione di prendere misure di cpmponimento. Molti
degli studenti tirmarono una protestazione, con cui si disapprovavano le
cose fatte illegalmente, ed il Governo emano altro decreto, con cui le Uni-
Yersita furono riaperte. Ma si tenne sodo per gli esami. Cost ebbe termi-
ne la faccenda.
4. 11 Ministro Pisanelli e divorato dallo zelo di riformare la Chiesa
e, non contento di promuoverne 1' asspluto spogliamento, che la faccia
libera d'ogni cura di cose materiali, si sfiata in darle lezipni di morale.
Una di queste e contenuta in una Circolare sopra le funzioni di Chiesa
nelle ore vespertine e notturne; la quale stimiamo inutile di riferire>
come quella che alle prescrizioni ecclesiastiche aggiunge solo Tobbligp
di chiedere la facolta de Prefetti, per celebrare tali funzioni, anche coi
voluti riguardi. L'Unitd cattolica, n.° 146, recitando questo curioso do-
cumento del Ministro Sagrestano, cita le parole a lei scritte da un rag-
guardevole personaggio, che le raccomanda di far coraggip al Pisanelli,
perche non si lasci dominare dagli scruppli, che aHrimenti ne potrebbe
morir pazzo. Scrupoli in un Pisanelli ! E impossibile.
5. Ne yuolsi trasandare un altro enorme attentatp di questo azzec-
cagarbugli Tanucciano, a cui basto Tanimo di spedire una Circolare,
con cui o lirnitare p togliere affatto il valpre delle dispense del Sommo
Pontefice per certi casi di matrimonio ; intorno alia quale scrissero ot-
time cose YOsservatore caltolico, YArmonia, Y Unita cattolica, che ne
riferi il testo nel suo num. 142; e piu altri di quei valorosi giornali,
con cui il sentimento religioso del vero popolo italiano cerca di far ar-
gine aH'empieta settaria. Per ora diremo soltanto che il Pisanelli, dopo
di aver popolato I'ltalia delle cpsi dette case di tolleranza , le quali por-
tano i frutti da noi accennati piu sopra , siede a scranna con dignita da
Pulcinella, e prende a far scuola di morale alia Chiesa cattolica ed alia
sanla Sede, biasimando come immorali , ed annullando per Tavvenire ,
ancorche gia concedute dal Vicario di Gesu Cristp, le dispense per matri-
monio in certi casi d'affinita, nei quali santa Chiesa, intallibile in mate-
ria di costumi , uso sempre dei ppteri a lei conferiti da Dio di iegare e
sciogliere , massime trattandosi di rimuoyere scandali pubblici prodotti
da colpe e da traviamenti, che in altra guisa non avrebnero riparo.
6. Ma mplto piu mostruosa, per la qualita dei motivi e per la natura
dei risultati che ne verrebbero, fu la proposta di legge fatta dal genera-
Je Delia Rovere, ministro della Guerra, nella tornata del 28 Aprile alia
Camera dei Deputati, per levare affatto a'chierici il privilegio d'esen-
2ione dal servizio militare. Egli yorrebbe lasciata la facolta di consacrar-
si al santuario a quelli soli che gia, o per motivi di famiglia o per indis-
CONTEMPORANEA 497
posizioni corporali sarebbero a rigore di legge esenli dal prescritto del-
Je leggi sppra la leva militare. Ora siccome sono scarsissime le esenzioni
per mptivi di famiglia, resta che potrebbero ayviarsi al sacerdozio soli
i sprdi, i ciechi, gli storpii, i tisici, i gpbbi, gli asmatici, e gli affetti di
tali malattie che npn lasciano possibilita di appartenere alia milizia. Noi
siamo ancora pieni di speranza che, neppure dal Parlamento di Torino, si
pptra approvare tale esorbitanza, almeno senza moke eccezioni. Laonde
ci riserbiamo a parlarne quando sara posto a disamina tale schema di
legge. Ma al Delia Rovere restera stampato in fronte il marchio d' igno-
minia per averosatp proporre tal cosa, a cui niun Governp, per quan-
to scellerato e settario, avea fin qui psato metier mano. Di che scrisse
egregiamente e con eloquenza mirabile 1' Unita cattolica del 30 Aprile e
del 4 e 5 Maggip.
7. Maneandoci per questa volta lo spazio, dobbiarao differire al ven-
turo quaderno il dare un sunto delle precipue cose trattate nella Camera
dei Deputati, dove in particolare furonp degne di essere poste in nota le
interpellanze moss^e dal D' Ondes Reggip, circa gli abusi di fprza e le in-
giustizie commesse in Palermo, per rapire alle Benedettine il loro con-
yento; e quelle mosse da Cesare Cantu sopra 1'applicazione della legge
di pubblica beneficenza. Una sola cosa non vogliamo trasandare questa
yolta, ed e un cenno di quel che si trattp circa il Denaro di san Pietro.
Questa maniera eloquentissima di plebiscite per la sovranita temporale
del Papa mette gran cruccio in cuore a'suoi nemici. Gia da pezza .diceasi
che il Pisanelli mulinava una legge per vietare tal colletta. Per lastricar-
gli la yia , il Brofferio, nella tornata del 7 Maggio, fece una sfuriata da
energumenp ; e recate in mezzo, come se fpssfiro yerita gepmetriche q
principii evidenti, le imposture e le calunnie inventate dai riyoluzionarii
circa 1' uso del Denaro di san Pietro, cioe che si spende in prezzolare
brij2;anti ed assassini, chiese che con legge apposita si vietasse. II Pisa-
nelli espose, come temeasi che tal diyieto offenderebbe il sentimento reli-
gioso,percio altra yolta tal proposta si era respinta; che era quasi impos-
sibile far una legge efficace a tale intentp, perche in un mo do o nell'al-
tro si potrebbe eludere ; ma dichiaro che il Ministero era disposto, se fos-
se spstenuto dalla Camera, ad usare provvedimenti che yalessero ad im-
pedire davyero tal colletta, che e un fatto yeramente rincrescevole e do-
loroso. (Atti uff. della Camera, n.Q 604.)
Ma il Bellazzi non fu contento di cio, e rincalzando gli argomenti del
Brofferio, si studio di superarlo nell'empieta del discorso. In questo mezzo
altri depose una proposta formale di ordine del giorno, onde la Camera
invitasse il Governo a far cessare la collelta del Denaro di san Pietro.
Tra quei che firmarono tal proposta v' era il mercante di campagna Sil-
yestrelli, ed un tal Robecchi. I deputati Macchi e Mellana, quantun-
que democratici, vi si opposero. II Peruzzi, ministro degli affari interni,
prese allora a parlare, e confessando che tal colletta era un fatto molto
increscevole, confesso 1.° Che il Governp avea cercato in tutti i modi di
impedirlo, ma che non avea mezzi legali da riuscire. 2.° Che dovunque,
come in Toscana, nella precedence legislazione avea potuto trovare un
appicco, se n' era servito per punire chi raccoglieva YObolo di san Pietro;
e non s* accorse delle mostrupsita che in un regno medesimo si abbiano
leggi per una provincia, inefficaci per 1'altra. 3.° Che si era sollecitata in
Serie V, vol. X, fasc. 340. 32 14 Maggio 1864.
198 CRONACA
tutti i modi la yigilanza del Prefetti e Magistral!, affinche impacciassero
tale dimostrazione. 4.° Che si era allestito un disegno di legge sopra la
pubblica sicurezza, un articolo della quale avrebbe dato modo di colpire
YObolo di san Pietro. 5.° Che da ultimo era sconveniente quei mettersi
tanto in aftanno per questo, atteso che da piu anui vigoriva 1' Obolo di
san Pietro, ne la rivoluzione aveane provato impaccio, ne 1' Italia s'era
percio disfatta. Queste confession! sono preziose, perche dimostrano che
se Y Italia, per razzolare i voti del plebiscite rivoluzionario, ebbe a pro-
Ibndere i milioni, il Governo e impotente a far che i popoli italiani, col
Yolpntario tribute di denaro e doui e firme, dichiarino la lorp fedelta, de-
vozione e sudditanza al Santo Padre, che per gran parte di essi e ancho
Sovrano temporale. Di che siamo gratissimi al Peruzzi. Lapnde finora
niuna legge, ma la sola prcpotenza de'Ministri puo impedire quel tri-
buto d'amore, di fedelta e di venerazione al Santo Padre. (Atti uffciali
del Parlamento italiano w.° 60S, 606.)
8. E che taii siano davvero i sentiment! de' popoli si scorge da questo
fatto. In Milano una pettegola, di quelle che son zimbello di qnalche set-
tario, fece proporre alle donne italiane di spogliarsi dei loro ^ezzi ed
anelli, per fame dono al Garibaldi, che se ne ^alesse alia redenzione di
Roma e Venezia. I dpni furono si pochi, che, a saputa nostra, non osaro-
no davvero i giornali del partito fame gran pompa o darne il noverp.
Questo mosse 1' Unita Caltolica a proporre il simigliante alle donne cri-
stiane pel Santo Padre; e subito gioielli, monili, auelli, vezzi e brillanti
preziosi le furono inviati in grandissimo numero, e furono registrati in
quel valoroso giornale, che ne annunzio la non lontana spedizione a Sua
Santita. Oh se gl' Italiani fossero un momento sottratti alia maiio di ferro
calcata loro sul cpllo, oh qual plebiscite farebbero! Ma per gli arcani di-
segni di Dio ora e da sottostare al flagello, e sono scatenate al mal fare
le podesta delle tenebre. Esse perp non praevalebunt tino alia consumma-
zione dei loro intent! contro la Chiesa ed il Papato ; e questo basta.
II.
COSE STRANIERE.
ALLEMAGNA E DAMMARGA. 1. 1 Danes! abbandonano Fredericia, che viene oc-
cupata da truppe austriache — 2. Onorific^nze conferite dall' Imperatore
d'Austria al Principe Federico Carlo di Prussia ed allp Wrangel — 3 Istru-
zioui date ai plenipotenziarii austriaci e prussiani circa le Conferenze di
Londra — 4. Istruz'on! date dalla Dieta al suo rappresentante De Beust —
0. Scopo della spedizione dell' annata navale austriaca nel mare setten-
trionale; articolo della Gazzetta di Vienna — 6. Accettazione dell'armi-
stizio,, e sospensione del blocco.
1. Appena pccupati i laceri avanzi delle fortificazioni, ond'era costitui-
to il campp trincerato, che prese nome dal villaggio di Duppel, gli Au-
stro-prussiani tentarono di penetrare nell'isola d'Alsen ; ma trovarono di-
strutti i ponti, pei quali i Danesi vi si erano ritirati, e dall'opposta spon-
da apprestate batterie per contrastare il passo. Messo pertanto da parte
il disegno di calare nell'isola, spedirono subito le artiglierie d' assedio e
buon nerbo di truppe a rinforzare gli Austriaci, appostati presso la impor-
CONTEMPORANEA 499
tantissima piazza di Fredericia, che era 11 baluardo principale della Da-
nimarca nel Jutland. La lezione ricevula a Duppel torno salulare al Go-
verno di Copenhagen, dove si capi che sarebbe un esporre 1' esercito a
nuovo macello ed a nuova disfatta, ostinandosi nella resistenza a Frede-
ricia. Percio per ordine del Ministro della Guerra il grosso del presidio
danese si era gia ritirato nell'isola di Fionia, quando la sera del 28 Apri-
le 1'avanguardia degli alleati attacco e respinse entro il giro della fortez-
za le vedette danesi. II comandante di questi, generate Nielsen, avendo
a sua disposizione soli cannoni di ferraccio, ad anima liscia, che gitlava-
no tutto al piu a 700 od 800 metri, coi quali avrebbe dovulo lottarecon-
tro i cannoni prussiani della portata di 3,000 metri, vide inutile il pro-
lunga re la difesa. Che gli assalitori avrebbero potnto, a man salva, distrug-
gere i ripari, ed uccidere con le carabine rigatefinl'ultimo dei difensori,
prima che questi si polessero valere dei loro fucili d'antico modello, o
trarre con qualche effetlo i loro cannoni. Percio la nolle stessa il Nielsen,
avvedutpsi che il nemico si disponeya alfassallo per la domane, fece im-
barcareil meglio delle muuizioni edi cannoni di qualche valore, inchiodo
i rimanenli, che furono circa 197, distrusse gran parte di quel che non
potea portar via di polvere e proietli, inibarco la sua gente, e passo an-
ch'egli nell' isola di Fionia.
Alii 29 due brigate austriache, comandate dai generali Thomas e
Nostiz, presero possesso dell'abbandonata forlezza, nella quale fecero poi
loro ingresso alii 30 il Principe reale di Prussia Federico Carlo ed il ma-
resciallo Wrangel. Potendosi temere un ritorno offensive de'Danesi, gli
alleati non indugiarono punlo a metlere in istalo di difesa i bastioni di
Fredericia, alii a soslenere un poderosissimo assedio, quando fossero ar-
mati di cannoni a lungo liro, e munili di numeroso presidio; lanlo piu
che il possesso di quella piazza e come una guarentigia di sicuro dominio
nello Schleswig. Oltre di che era duopo metlersi in concio di reprimere
colla forza ogni resistenza degli abilanti del Jutland, dai quali si volea
trarre compenso pei danni recali al commercio tedesco dai blocco posto
dai Danesi ai porli della Confederazione nel Ballico e nel mare del Nord.
Difatto i vincitori imposero alloStalo del Jutland una laglia di guerra di
circa 1,800,000 franchi, da pagarsi in lermine di 48 ore; ed avendo mol-
ti ricusalo di pagarela loro quota, s'impiegarono conlro loroi mezzi con-
sueti ad adoperarsi da belligeranti.
2. La caduta di Fredericia, che da tutti riputavasi dover essere molto
piu difficile che quella dei ridotli di Duppel, puo dirsi aver poslo lermine
alia guerra tra gli eserciti di terra, per lasciar luogo a quella di mare, in
cui le forze sarebbero assai piu equilibrate da ambe le parti. A dimostra-
re 1'alta soddisfazione provata per 1'ottenuta vittoria, TImperatore d' Au-
stria, appena avuta notizia della presa di Duppel, nomino Commendalore
dell'Ordine mililare di Maria Teresa il maresciallo Wrangel, e cavaliere
dello stesso Ordine il Principe reale Federico Carlo; di che spedi loro
cortesissimi aulografi sollo il 19 Aprile. Inollre, alii 24, fu pubblicalo
nella Gazzetta di Vienna un decrelo imperiale, in cui il maresciallo Wran-
gel era nominate proprietario del 2.° Reggimento di Corazzieri, che quin-
c' innaazi ne portera il nome; ed il Principe Federico Carlo era simil-
mente nominato proprielario del 7.° Reggiraento di Ussari, onde perpe-
tuare la raemoria della fratellanza d' armi tra i due esercili, novamenle
suggellata in questa guerra.
CRONACA
3. Sebbene le Conferenze di Londra si fossero alia perfine accettate si
dai belligeranti e si dagli altri Govern! che avean firmato i trattati di
Londra del 1852, senza che fosse determinata la base delle negoziazioni ;
tuttavia e certo che Lord Clarendon , andando a Parigi a conferire con
Napoleone III, avea per incarico di stabilire un accordo tra le due Po-
tenze occidental!, all' intento di dare alle Conferenze di Londra un indi-
rizzp, capace di condurre a qualche risultato pratico. La Francia tindal 16
Aprile avea commesso al La Tour d'Auvergrie , che nella prima seduta
delle Conferenze dovesse proporre un armistizio. Or pretendesi che in
Parigi si togliesse 1' irapegno , ad istanza del Clarendon , d' imporlq con
la forza dell'armi a quella delle parti che yi si rifiutasse. Di che, dice il
Memorial diplomatique del 24 Aprile, pag. 261, essendosi avuto sentore
aBerlinp, si sollecito 1'assalto di Duppel, si spinse subito 1'esercito a
Fredericia , e si fece tardare la partenza del De Beust , affine che le Con-
ferenze nonraettessero impaccio a quelle imprese, il cui risultato, se-
epndo i principii del diritto nuovo, che guarda come diritti ifatti com-
pw^',dovea assicurare T intento della Prussia. Tuttavolta le istruzioni
date ai Plenipqtenziarii d'Austria e Prussia non rivelano , se sono pre-
cisamente le riferite dal raentovato periodico, alcun disegno di smembra-
re la Danimarca, od alterare 1'ordine della successione, o di tenere co-
me roba di conquista i Ducati. Imperoche, secpndo queste istruzioni, si
dovrebbe rivendicare nelle Conferenze: 1.° L' integrita della mqnarchia
danese ; 2.° L'autonomia politica ed araministrativa dei Ducati; 3.° II
mantenimento della loro unione serolare e del nexus socialis\ 4.° La
trasformazione della piazza di Rendsbourg in fortezza federale germani-
ca, come guarentigia deirautonomia e della indivisibilita dei Ducati.
4. Egualmente discrete, contro ogni espettazione, furono le istruzio-
ni date dalla Dieta di Francfort al suo rappresentante plenipotenziario
sig. De Beust, le quali, come riferisce il Debats del 27 Aprile, furono
comprese nei punti seguenti : 1. Mettere in opera tutti i mezzi per assicu-
rare il ricqnoscimento dei diritti della Confederazione germamca, come
pure quelli dei Ducati dell'Holstein, del Lauenburgo e dello Schleswig,
e far loro ottenere particolarmente la maggiqre indipendenza possibile.
2. Evitare , per quanto e faltibile, ogni dissidenza con i rappresentanti
deirAustria e della Prussia alia Coaferenza, e concertarsi con essi su tut-
te le quistioni important! che saranno discusse, avendo i due rappresen-
tanti delle grandi Pptenze germaniche ricevuto dal canto loro istruzioni
di seguire la medesima linea di condotta.
La Baviera , sempre tenace del suo proposito di surrogare nei Ducati
rAugustembourg a CristianoIX, per istaccarli al tutto dalla Danimarca ,
avea propostp alia Dieta che, aH'ultimo inciso del prinio punto di tali istru-
zioni, si sostituissero le seguenti parole: « Sforzarsi di far riconoscere i
diritti del principe d'Augustembourg come Duca dello Schleswig-Holstein,
ed in conseguenza la separazione compiuta dei Ducati della Danimarca. »
La Dieta, respingendo tal proposta, fece una concessione che poco era
da sperare pel suo precedente contegno , e che certo non seconda punto
i disegni della demagogia alemanna e del Nationalverein , che ne rice-
•vette un colpo decisivp. Ma si vede che cio provenne da proposito di
rannodare e stringere intima unione con le due grandi Potenze germa-
niche , contro le quali fin qui le minori aveaao impegnato una lotta
inutile e dannosa.
CONTEMFORANEA 501
5. II blocco posto dalla Danimarca ai porti alemanni del Baltico e del
mare del Nord, benche non fosse effettivo per tutti, non bastando a
tanto la marina militare danese, era tuttavia funestissimo al commercio
della Confederazione; perche le navi mercantili non poteano tidarsi di en-
trare in viaggio , potendo ad ogni momento essere sopraggiunte e pre-
date da qualche nave nemica da guerra. Di cbe erano piii che 800 i legni,
gia carichi di merci, ed in certo modo sequestrati nei porti, con danno
gravissimo degli arraatori che non poteano trasportarle e consegnarle a
chi le avea cpnmiesse. La marina prussiana era troppo scarsa, ne potea
senza temerita accingersi ad affrontare la danese. L' Austria pertanto
spedi dall'Adriatico una forte squadra, composta d'un vascello di linea,
di una fregata corazzata , e di piu altre fregate e cannoniere a vappre ,
che dovessero in prima liberare le foci del Weser e dell' Elba. Di cio si
commosse subito 1'Inghilterra, che mando alle Dune la sua squadra della
Manica, per vigilare 1'austriaca. Nella camera dei Comuni si chiese a
grande istanza che 1'armata inglese passasse nel Baltico, per difendere
all'uopo la Danimarca. Ma Lord Grey rispose, che non avendo V Austria
manifestato finora veruna intenzione di far entrare la sua squadra in quel
mare, era inutile ed inopportuna quella dimostrazione ostile; tanto piu
che dalle Dune si potrebbe in ppche ore condursi in qualunque parte ri-
chiedesse il bisogno; e ricuso di dire quali istruzioni avesse percio date
aH'Ammiraglio. Ma il Moniteur parigino fu men riservato, e spaccio che
FAustria avesse tolto I' impegno di non andare al di la dal mare del Nord;
di che la Gazzetta di Vienna del 3 gli raddirizzo le parole in bocca, di-
cendo che 1' Austria avea soltanto dichiarato, che non voleva pel momento
stendere la sua azione marittima nel Baltico, e che poteva, attese le pra-
tiche diplomatiche correnti, contentarsi del primo successo ottenuto,
d'aver cioe liberato le imhoccature dell' Elba e del Weser. Aggiunse
ppi che le grandi Potenze alemanne posero, come condizione d'armisti-
zio, che si dovesse levare il blocco nell' uno e nell'altro mare, in cam-
bio di che esse rinunzierebbero ad allargare 1'occupazione del Jutland;
e che in caso di armistizio , si potrebbe forse venire a componimento in
questa forma, che uscendo gli alleati dal Jutland, la Danimarca abban-
donasse loro 1' isola d'Alsen e restituisse tutte le navi catturate.
6. E da dire che queste proposte delle Potenze germaniche non si di-
lungassero daU'equita; poiche, come annunzio Lord Russell alia Camera
dei Comuni nella tornata del 9 : La conferenza, la quale dovea tornare a
riunirsi il giovedi 12 Maggio, avea accettato la sospensione delle ostilita
per un mese, a cominciare appunto dal giorno 12, sulla base fa]\'uti
possidetis. Ciasctma delle Potenze belligeranti conservera la sua posizio-
ne per terra e per mare; il blocco, per questo tempo, sara sospeso.
Lord Grey annunzio pure in tal giorno, essersi appiccata battaglia tra
alcune navi austriache e danesi , ed a queste essere rimasta la vittoria,
perche una fregata austriaca prese fuoco, ed un' altra con alcune canno-
niere dovette ritirarsi ad Helgoland. Tuttavia altre notizie recarono che,
sebbene due fregate austriache patissero perdite e danni rilevanti, anche
le danesi furono si malconcie, che si allontanarono dal mare del Nord.
II che non va troppo d'accordo con la vittoria annunziata da Lord Grey,
e salutata con plausi dal Parlamento britannico.
1)02 CHONACA
INGHILTERRA 1. Imputazioni criminal!, pubblicate in Francia, contro Lord
Stausfeld membro del Ministero britannico — 2. Discussione nelle Came-
re inglesi, circa la complicita di Lord Stansfeld nelle congiure del Mazzi-
ni conlro Napoleone 111; voto della Camera dei Comuni — 3. Ringagliar-
disce 1'opposi ione contro il Ministero; dimissione di Lord Stansfeld —
4. Viaggio del Garibaldi a Malta ed in Inghilterra; ovazioni ivi ricevute-
da'Governanti e dal popolo; banchetto col Mazzini, elettere ai cnporioni
della demagogia eurppea — 5. Motivi deU'afYrettata sua partenza; dicbia-
razioni fatte dai Ministri alle Camere ; tnmulti di plebe — 6. Conferenze
diplomatiche circa la quistione danogermanica.
1. Nell'atto d'accusa, scritto dal Procuratore generate sig. Cordpen, e
letto il 23 Febbraro alia Corte d'Assise di Parigi, contro i sicarii Gre-
co, Trabucco, Imperatori e Scaglioni, congiuratisi col Mazzini per 1'uc-
cisione di Napoleone III, fu allegatp come prova di fatto, cbe ne'pann*
del Greco eransi troyati piu biglietti autografi del Mazzini, e tra questi
uno che conteneva Tindirizzo, sotto il qualealni, die da Lugano andava
a Londra, si doveano spedire da'compiicile lettere, per averne infprma-
zioni, denaro, e il resto -•. II Fisco imperiale francese non si perito di
bandire chi abitaya nel luogo designate, e qual fosse il personaggio de-
signato da quell' indirizzo che diceva M.r Flower, Thurloe square, 55,
Brompton, London. « Ho dovuto cercare, disse il Cordoen, nell'Almanac-
co del Commercio di Londra, nel Post office Dictionary, qual poteva esse-
re la persona, che si metteva cosi in corrispondenza col Greco. Alia pag-
670 ho trovato la risposta, e non senza rammarico vi ho riconosc'iito il
nome d'un membro del Parlamento d' Inghilterra, che gia, nel 1857, era
stato dal Mazzini costituito cassiere nella congiura del Tibaldi, diretta
contro la vita dell'Irnperatore 2 ». E qui allege due lettere del Mazzinir
nella prima delle quali al Massareati scrivea: « se avete bisogno di de-
naro, andate dall'^mico della fabbrica di birra ; YC ne dara ; gliene man-
do 1'ordine » ; e nella seconda al Campanella, diceva: « 1'affare di Pari-
gi e divenuto piu che mai desiderato ed urgente. Chiedete denaro a Ja-
mes, che io avverto ed a cui ne mando ».
Questo amico della fabbrica di birra, questo James, questo cassiere a
cui il Mazzini mandava suoi ordini, perche somministrasse denaro a' si-
carii da lui spediti per trucidare Napoleone 111 , era appunto Giacomo
Stansfeld, uno dei Lords dell' Ammiragliato e membro percio del Gabi-
nelto di Londra, e per giunta deputato alia Camera dei Comuni pel luo-
go di Halifax. Vedremo qui appresso in qual forma costui, e la signora
Carolina sua degnissima consorte, servissero di raezzani in questi ma-
neggi di setta, benche non risulti chiaro ch'egli ne conoscesse lo scopo
reciso.
2. Lettosi in Inghilterra il rendiconto delle sedute della Corte d'Assi-
se tesle mentovato , il deputato Cox il 29 di Febbraio si levo ed in cospet-
lo della Camera dei Comuni chiese al sig. Stansfeld : se fosse pervenuta
a sua nptizia 1'imputazipne mossa contro lui dal Procuratore imperiale
di Francia. Lo Stansteld rispose con boria e con disdegno , respingenda
alteramente quell' accusa, ma senza scendere a'particolari, mostrandosi
\ Debats 26 Febbraio. — 2 Ivi 28 Febbraio.
CONTEMPORANEA 303
nidignato che sopra di lui si potessero gettare si obbrobriosi sospetti ; e
dicendo di non poter comprendere come mai si fosse osalo di rappresen-
tare uu Ministro della Corona qual complice di attentati, che, se fossero
veri, dovrebbero eccilare 1'esecrazione del mondo intiero.Mancq male, se
si fosse fermato li ! Ma, lasciandosi vincere al dispetto, e, quasi per get-
tare un guanto di sfida ai Magistral Frances! non meno che agli inglesi
onesti ed abborrenti dalle uequizie del regicida, istigatore e maestro del-
1'Orsini, del Tibaldi e d' Agesilao Milano, lo Stanst'eld- prese a fare 1'a-
pologia del Mazzini: « Se v'ha qualche cosa che possa acquetarmi I'ani-
*no cpmmosso per I'indegnita di ial sospetto, ella e certo questa, del por-
germisi occasione di rendere qui testimonianza in favore d' un uomo che
Jo conosco da 18 anni. Non v'ebbe mai veruno che piu di lui fosse cru-
delruente e vigliaccamente caluimiato. Parlo per mia conoscenza perso-
nale. Dico che Mazzini, il cui nome fu intruso in cotesto attentato, e, ne
sono convinto, assolutamente incapace di avervi preso parte. »
Questo era troppo, e mollissimi ne furono stomacati. II sig. Hennessy
con gran calore dimostro, che ben dovea lo Stansfeld giustificare se me-
desimo, ma non potea far le difese del Mazzini al cospetto della Camera,
appuntp di questi giorni, quando il Mazzini stesso, scrwendo al Times y
avea dichiarato d'aver avuto corrispondenze col Greco, patriota entusia-
sta , e provato giuridicamente colpevole di atlentato regicidio ; e ribadl
che in reaka presso lo Stansfeld avean trovato ricapito le letlere di tal
corrisppndenza, e si era consegnalo il denaro a'masnadieri. Lo Stansfeld
nego di saperne punto nulla , e neanche voile dire, se il Flower fosse
Mazzini. E la cosa per quel giorno non ebbe altro seguitp.
Ma la burbanza dello Stansfeld fu guardata come una ingiuria alia Ca-
mera, ed il suo disdegnoso rifiuto di spiegarsi piu chiaro, e di rispondere
categpricamente, accrebbe i sospetti. Alii 16 Marzo fu pertanto riaccesa
la quistipne sopra cio nella Camera dei Comuni , \Tolendosi da alcuni sa-
pere se il Governo francese ne avesse fatto argomento di richiami uffi-
ciali ; al che fu risposto che no : ed il sig. Hennessy, lodato il Governo
perche avesse dichiarate indegne di essere ufficialmente accolte cotali ac-
cuse, ne colse il destrp di leggere varii tratti d' un' opera del Mazzini, in
cui si bandisce la teorica del pugnale. Questo mosse asdegno alcuni schi-
filtpsi, perche, dicean essi, cio era un accusare un assente. Ma il Disrae-
li ribadi il biasimo che meritava lo Stansfeld, per aver fatto 1'apologia del
Mazzini nella Camera, ed essersi confessato suo intimoamico.Nello stesso
giorno il Times dimostro Tinsufficienza delle risposte date, la sconvenien-
za che un Ministro della Corona bazzicasse con gente come un Mazzini
€d un Greco, e cosi pericolasse il buono accordo con la Francia. II Maz-
zini, punto da gratitudine pel suo amico e benefattore, scrisse alii 16 al
Times una lettera , ehe puo vedersi anche nel Debats del 18, per ringra-
ziare lo Stansfeld della generosa difesa che della sua persona avea fatto
nel Parlamento; ed al tempo stesso dichiaro esser vero che quel Signo-
re, con piu altri amici inglesi, s'incaricavano di ricevere e spedire sotto
il prpprio nome le sue lettere, persottrarle alia vigilanza della Polizia del
Continente; ma nego il fatto del denaro.
Cosi volendo rimeritare lo Stansfeld pe'suoi servigi, il Mazzini guasto
ogni cosa, rendenp!o testimonianza che quegli era mezzano almen per le
lettere. II Saffi poi, degno collega del Mazzini, con sua lettera del 17 al-
504 CRONACA
lo stesso Times, fece sapere che lo Stansfeld era merabrp d' una Societa
d' inglesi, amici d' Italia, e diede a capire, come viene riferito nel De'bats
del 20 Marzo , che qtiel gentleman avea generosamente cooperato anche
col denaro; ma che da cio non poteasi trarre argomento ad accuse cri-
minal!. Parve allora che si dovesse venire ad una formale disamina del
fatto, e il signor Stracey, nella tornata del 18, ne fece regolare proposta
alia Camera dei Comum, e svolse ampiamente i motivi, pel quali giudi-
cava al tutto insufficient! le spiegaxioni date dallo Stansfeld , e necessa-
rio chiarire quell' imbroglio. Lo Stansfeld tprno a ripetere, quelle essere
imputazioni odiose; negp ogni sua complicita anche indiretta per 1'atten-
tato del Tibaldi; confesso aver ricevuto lettere pel Mazzini, ma senza a-
yerne mai saputa la contenenza ; e negp piu che mai d'aver dato denaro
al Greco o ad altri qualsiasi pei fatti di che trattavasi. Questa risposta
ad alcuni piacque, ai piu parve assai debole. Lord Palmerston cerco di
syiare la quistione, con un grand'elogio del suo collega, e col far pompa
di alterezza in respingere il dubhio , che il Governo inglese volesse te-
nere in qualche cpnto le affermazioni dei Procurators imperiale di Fran-
cia. Ma il Disraeli, mostrandosi attonito di tal artidzio, insistette e disse
quanto gli paresse indecoroso tal contegno : « In verita e da deplprare
che un primo Ministro manchi cosi ai piu sacri doveri della civilta. II
nobile Lord.pretende che il signor Stansfeld nega i fatti, che questi ha te-
ste confessati, ed i Spttosegretarii di Stato si sbrigano, con affettazione
di disdegno, di gravi imputazioni pur ora confessate La Camera,
se le sta a cuore 1'onor suo , non ha che da fare una cpsa : approvare la
proposta del signor Stracey ». E la proposta era ragionevole, avendo
Lord Lennox dimostrato che lo Stansfeld gia era stato involto, come com-
plice, anche nel processo dell' Orsini. Ne valeya a scusarlo la dichiara-
zione del deputato Taylor, d' essere anch' egli intimo amico del Mazzi-
ni, e d'avergli percio renduti gli stessi servigi , onde ora si biasimava il
deputato d' Halifax. D' Israeli incalzava I'argomento, col rilevare 1'enpr-
mezza del farsi intermedio di comunicazione « tra Mazzini e gli assassini
d' Europa, tra Mazzini e gli uomini che puntano il pugnale sul petto dei
nostri alleati ».
Non e bisogno di grande perspicacia per intendere, che tutto questo ze-
lo non era ispirato da pura delicatezza di coscienza e di onore, ma piut-
tostp dal disegno di combattere, in si propizia opportunita , il presente
Gabinetto, ed affievolirlo e fors' anche costringerlo a ritirarsi. Si parlo
ancora bupna pezza proecontro, finche un partigiano del Ministero,
mettendo in chiaro che questa era quistione anzi giuridica che politica,
trasse parecchi al suo avviso, che si respingesse la proposta dello Stracey.
Lo Stansfeld colse il momento in cui non yedea piu tanti segni di disfa-
vore, e, per far mostra di schiettezza, confesso che in verita il Mazzini,
sotto nome di Fiore ( che in inglese dicesi Flower] avea ricevute piu let-
tere, ma che a lui non constava se ne avesse ricevuto sotto nome di Flo-
wer. Finalmente si venne ai voti, e la proposta dello Stracey fu respinta
da 171, contro 161, cioe da soli 10 suffragi di pluralita. Meschina vitto-
ria in caso si grave !
3. Di fatto le domane Lord Elcho torno alia carica, e domando se fosse
vero che lo Stansfeld avesse offerta la sua dimissione, e perche non si
fosse accettata. Lord Palmerston rispose al primo quesito, che si; ed al
CONTEMPORANEA 505
secondo , che egli stesso avea pregato il suo Collega a desistere da tal
dpmanda e che si rendeva egli malleyadore del ritiutp di aderiryi. Cpsi
si riaccese piu anJente che prima la discussione, e le infamie ed i misfat-
ti del Mazzini ,-le sue sanguinose congiure ed i suoi maneggi da sicariq
furono posti in viva luce dal deputato Haliburton, che si valse percio di
dichiarazipni fatte da Lord Russell, e drlla voce pubblica onde il Mazzi-
ni in Inghilterra era appellate « padre degli assassini » ; facepdo poi ri-
cadere tutta sullo Stansfeld, e sul Palmerston suo patrono, Y ignominia
del mantenersi per 18 anni intimo amico di cotali persone. Altn si piac-
<jue di insistere sopra la « miserabile pluralita di 10 voti » ottenuta il di
innanzi, e che, appunto per la sua meschinita « tornava a vera condan-
na dello Stansfeld ». La seduta tin) con queste parole del sig. Fergusspn:
« Risulta da quantp fu detto sin qui, che 1'onorevole signor Stausfeld
pose la sua casa a disposizione di Mazzini, e gli avea permesso di farvi
indirizzare la- sua corrispondenza sotto falsi nomi. Se Tonorevole gentle-
man giudica couvenevole d' aver intime relazioni cpU'uomo che scrisse
la teorica del pugnale, tal sia di lui. Ma quandp egli e accusato d'essere
mezzano tra gli autori egli esecutori della teorica del puguale, la Came-
ra non puo, senza uno scontento che s'ayvicina al faslidio, vederlo sede-
re accantp al primo Ministro ». La Camera fu quindi prorogate tin dopo
le feste di Pasqua.
Gli oppositori non yoleano lasciarsi sfuggire questa congiuntura, e per-
cio si disppneano a rinnpvare piu forti gli assalti alMinisiero ; anzi per-
sino alcuni dei partigiani di questo mostraronsi irritati, perche lo Stans-
feld , col rispondere malamente e col non ritirarsi dalla sua carica, aves-
se dato agli avversarii si buon giuocp in niano. In questo mezzo ecco
giungere a Londra il testo delTatto di accusa, compilato dal Procuratore
imperiale di Parigi , e la sentenza pubblicata contro il contumace Mazzi-
ni, da noi accennata a pag. 380. In quello la complicita dello Stausfeld
era piu che mai messa in luce, e si citavano i documenti, e la data delle
lettere , e le parole con cui anche la signora Carolina sua consorte avea
scritto al Mazzini, che James avea ricevuto il denaro speditogli, ed
ayrebbe eseguito le istruzioni ricevute. Una buona meta della requisito-
ria fiscule yersava sopra la complicita dello Siansfeld col Mazzini. Siava
per riaprirsi la Camera, che erasi prorpgata per le solennita pasquali, e
senza dubbio sarebbesi dagli oppositori ripigliata la discussione su que-
sto punto, ed il Miriistero sentivasi vacillante. Lo Stansfeld fu dunque
immolato alia necessita del suo partito; e nella. prima tornata del 6 Aprile
dichiaro aver deposto la carica che tenevaaU'Ammiragliato, appunto per
le irnputazioni dategli dal Magistralo francese; le quali per aliro egli
respingeva come insussistenti e calunniose. II Palmerston si dichiaro
rammaricato della perdita di si degno collega, ne ril'ece il.panegirico, e
conchiuse protestandosi , che egli credeva non esservi alcuno che piu
dello Stansfeld comprendesse, quauto fosse preziosa la vita dell'impe-
ratore Napoleone 111 « amico eol alleato fedele dell' Inghilterra » ; onde a
tutti era manifesto « che la sicurezza personate dell'Imperatore e la
prosperita della sua dinastia, non solameute hanno un valore sommo pel
popolo leale da lui governato , ma sono altresi essenziali pel bene gene-
rale dell'Europa. »
Intorno al valore di queste dichiarazioni del Palmerston , ci sembra
che, a farsene giusto concetto, sia utile recare qui un tratto dicerta cor-
50(» CRONACA
rispondcnza parigina , stampata nello stesso Morning Post ', e che ne?
modo seguente discorre dello Stansfeld e del Mazzini \ protelti carissi-
mamente dal Palmerston:
« Per quanto riguarda 1' indignazione del signer Stansfeld, per la sua
supposta implicazione negli affari di Mazzini , quel signore dovrebbe sa-
pere o dovrebbe almeno sospettare , che la Polizia francese e in possesso
delle sue precise relazioni con Mazzini, in una estensione tale, che scnza
dnbbio farebbe stupire I'onorevole rnembro stesso. Mazzini ha ordito piu
di una coogiura contrp la vita dell' Imperatore , e piu di cento congiure
contro la vita di migliaia delle sue vittime italiane ; ne ci vuole di piii die
il senso commie per comprendere , che i suoi passi in Londra siano spia-
ti da agenti francesi. E certo che si conosce chi visita Mazzini; e, da
quanto sento , devo congetturare che nel suo stesso eircolo ci sia unGiu-
da. E facile a supporre come la societa che circonda tali uomini , quale
e Mazzini , contenga nel suo seno gente disposta a insudiciarsi con al-
tre azioni, oltre a queile che sono lo scopo espresso dei lorp convegni. »
Cosi lo Stansfeld cadde vittima dei d'segni degli oppositori contro il
Ministero, a' quali tornava a conto di rnostrare abborrimento pei cospira-
tori contro la vita di Napoleone III; ebbe tuttavia motivo da consolarse-
ne, si per le calde difese che di lui tolsero il Palmerston, ii Gladstone,
il Layard e quasi tutti i suoi colleghi di carica; e si per gl'indirizzi onde
la setta mazziniana il voile onorato, vantandolo come uno dei piu bene-
meriti amici d' Italia. Del resto si sa che alia prima occasione propizia
egli potra tornare al Ministero, come se nulla fosse stato; poiche, se il
Procuratore imperiale di Francia 1'accuso, la Camera deiComuni inglese,
col voto del 18 Marzo, il prosciolse. E se 1'alterigia britannica fece il sa-
crilizio di levarlo d' ufticio, per mostra di rispetto al caro suo alieato di
Parigi che, dopo quella sentenza della Camera dei Comuni , ribadiva le
accuse nella sentenza del 30 Marzo contro il Mazzini; essa se ne ripaga
§pi largamente con le ovazioni inaudite ed incredibili, per le quali puo
irsi aver fatto 1' apoteosi del Garibaldi , intimo amico e braccio destro
del Mazzini e del Palmerston , e strumento della politica inglese contra
la Francia.
4. Accennammo, a pag. HGj'improvvisa parlenza del Garibaldi dalla
Caprera, la mattina del *21 Marzo, sopra il piroscatb Valletta, della Com-
pagnia inglese orientate e peninsolare, senza cheallora si sapt-sse dove
egli si fosse indirizzato. La mattina del 23 giunse a Malta, quando era
ancor buio, e, chetarnente sceso a terra, si ritiro nell' imperial hotel, do-
ve si teune, a dir cosi, nascosto lino al mezzodi del giorno seguenie, q? an-
do giunse il Ripon da Alessandria ; sul quale sail tosto il Garibaldi coi
suoi compagni, salpando poi verso le 6 pomeridiane verso Gibilterra. LTn
certo numero di uificiali inglesi e di rivoluzionarii italiani, che banno
stanza in Malta, si credettero in dovere di visitarlo e d'offerirgli un in-
dirizzo, le cui 190 tirme fanno molto onore a quell' isola, mostranclo cbc
quasi tutli i sottoscritti sono stranieri, e solo qualche pettegola e pochis-
simi Maltesi si avvilirono col fare omaggio al venturiere mazziniatio.
Difatto il Portafoglio Maltese narra come si temesse di disordini con-
tro il Garibaldi, se mai egli avesse osato mostrarsi per la citta; onde fu
consigliato a non uscir di casa; e molto stento a trovare una carrozza da
Bolo per condursi al porto, ed i circa 40 settarii che ve Taccompagnaro-
p
<l
CONTEMPORANEA S07
ao, furono salutati al ritorno dalle tischiate del popolo, die avea prepara-
to simile e piu sonora festa all'eroe medesimo, se la repentiua sua par-
tenza, anticipala di tre ore, non 1'avesse impedita. Usci poi per le stam-
e una solenne protestazione contro 1' indirizzo die una femmina, moglie
el Direttore dei Socii Filodrammatici, avea psato presentare al Garibal-
di come espressione dei sentiment! dei Maltesi; che per contro lo prpcla-
marono « abusivo, falso e scandaloso, perche e opposto ai sentimenti del
popolo maltese, il quale non professa che antipatia ed avversione al ca-
iunniatore e diffamatore del Papato »: tactp piu che « le poche firme con-
tenute in quell' indirizzo, razzolate da varie persone di diverse nazioni,
non possono mai rappresentare il sentimento nazionale di un popolo che
^ strettamente cattolico. »
Mentre il Ripon correva alia volta di Southampton, il . municipio di
questa citta deliberava sopra gli onori che doveansi fare al Garibaldi; e
gli furono decretate poco men che regali accoglienze. Difatto dal mo-
mento in che egli ebbe toccato il lido della Gran Brettagna, fino al gior-
ep della sua dipartita pel ritorno alia Caprera, puo dirsi che fu oppresso
•di tali onorificenze, quali appena si polrebbero sperare, per parte di quel
popolo, da qualsiasi piu grande e potente Sovrano. I giprnali d'lnghil-
terra, Francia ed Italia son pieni delle descrizioni particolareggiate di
questo trionfo, con che la demagogia europea voile onorato un suo cam-
pione, icui precipui titoli di merito sonp I'odio infernale ch'egh professa
contro il Papato ed il cattolicismo, e la implacabile sua inimicizia contro
IVapoleone III. Giunto alii 3 d'Aprile a Southampton, trqvo che v'era una
gara infinita tra il Capo del Municipio, e mplti della piu eletta aristocra-
zia per aver 1'onore di albergarlo. Accetto il palazzo del Municipio, e vi
fu coiidottp in vettura a quattro cavalli, essendo le vie ornate di bandie-
re e parati, cospersa di fiori, in mezzo a folia sterminata che si sgolava
in acclamazioni frenetiche. Fatta quivi breve dimora, ando all' Isola di
Wight, d' onde pochi giorni appresso passo a Londra, sempre in mezzo
a dimostrazioni di fanatica ammirazione d'ogni ordine di cittadini. Tut-
tavia il sig. Riccardo Mayne, Capo della Polizia, scrisse al Comitato, che
•allestiva le feste del ricevimento in Londra, essere « sommamente ini-
pprtante, che non si usiuoin tali occasioni bandiere o cartelli con allusio-
ui a quistioni politiche o religiose. lo saro pronto a fornire 1' aiuto della
Polizia per mantenere il buon ordine nelle strade, secondo che possa es-
sere necessario; e suppongo che non vi sara occasione di alcuna resi-
stenza, o manifestazione di sentimenti ostili in nessuna quistione. » Cosi
alii 7 di Aprile. Imperocche si temea forte che gl' Irlandesi, che sono a
inolte decine di migliaia in Londra, volessero a modo loro fesleggiare
\\eroe. Ma quelli si contennero saviamenle, e per oltre a 22 giorni it Ga-
ribaldi venne affogato negli onori, di che gli furono prodighi oltre misura
aion meno i Governanti che il popolo inglese.
Difatto il suo arrivo e la sua partenza fu salutata da salve di artiglie-
i*ia; parecchie delle piu cospicue famiglie deiraristocrazia britannica
furono ad incontrarlo, sul proprio yakt, per piii miglia in mare, facendo-
gli scoria d'onore fino al porto ; le altere ladies si arrampicavano su
pei tamburi delle ruote del piroscafo, per poterlo meglio contemplare,
<ed aveano indossato la casacca rossa favorita del venturiere ; le schifil-
lose misses gli gettavano fiori e si reputavano beate di toccarne le vesti,
SOS CRONACA
di ottenerne un sorriso, di baciare le mani dell' eroe. Le piu illustri citta
d'Inghilterra e Scozia mandaronp indirizzi e depulazioni ad invitarlo,
che volesse onorarle d'una sua visita, ed a piu che 45 1'eroe diede pro-
messa .die si. Le corporazioni de'mercanti, e piu ancora quelle degli
operai il trattarono come se fosse loro soyrano, ed il Potesta di Southam-
pton lo saluto Re senza corona. I membri piu illustri dell'alta aristocra-
zia furono solleciti di presentarsi a lui, e fargli ossequip, e contender-
si fra loro il vanto di albergarlo, ed imbandirgli banchetti. Fu veduto se-
dere a mensa in casa del Duca di Sutherland, suo ospite privilegiato,
con Lord Palmerston, col Duca d' Argyll, segretario del sigillo privato,
col Conte Granville, presidente del Consiglio dei Minislri, col Conte di
Shaftesbury, col Conte Clarendon, con Lord Gladstone, e le degne con-
sprtr di codesti personaggi ; anzi con lo stesso Lord Derby, uno dei pre-
cipui capi del partito dell' opposizione conservatrice. La citta di Londra,
con pompa magnifica, gli conferi diploma e privilegi di suo cittadino.
Ando alia Camera dei Lords, e fu fattp sedere in un seggiolone presso al
trono, dove furono a complimentarlo i nobili Pari dell'impero hritanni-
cp; ed il simigliante si fece nella Camera dei Comuni. Quando yolle as-
sistere a spettacoli teatrali, la folia degli accorsi era tale da renderne
impossibile I'aditp allo stesso Garibaldi, e bisogno a forza di pugni aprir-
gli il passo fra gli stivati suoi ammiratpri. Furono a visitarlo oltre il Pal-
merston, primo Ministro della regina Vittoria, Lord Russell, capo o'el Fo-
reign-Office, Lord Gladstone, Caucelliere dello Scacchiere, e tutti gli al-
tri Ministri dei Regni Uniti. Che piu? Lo stesso principe ereditario della
Corona, il Principe di Galles, ando spontaneamente a rendergli yisita, e
dargli forti strette di manp, intratteuendosi con lui piu di un'ora. Quan-
do voile visitare gli opiticii e gli arsenali dello Stato, rAmmiragliato po-
se a sua disposizione una nave da guerra.
II concmistatore della Sicilia e di Nappli, come 1'appellayano a bocca
piena nei loro Speaks le deputazioni dei Municipii e degli operai, non
potea, salvo che per miracolo di moltiplicazione della sua persona, ba-
stare agli inviti che ricevea d' ogni parte. Ando al palazzo di cristallo,
e vi fece un'aringa tutta di elogi del popolo inglese, che ne lagrimo di
tenerezza , e diede in urli tali di plauso , che quel vasto editicio ne fu
scosso. In piu altre congiunture, dovendo pur dire qualche cosa, il Ga-
ribaldi non trovo miglior complimento da fare, se non questo: che, senon
era di Lord Palmerston, il regno delle Due Sicilie sarebbe ancora sotto
il dominio dei Borboni, e che se non era degli aiuti dell' Arnmiraglio
Mundy, mai esso non avrebbe potuto passare lo stretto , e scendere a
.Reggio di Calabria. Fu notatp pero che, quantunque fosse generoso nei
brindisi per tutti i personaggi piu benemeriti della rivoluzione europea,
pure non pronunzip mai il uome di Vittorio Emmanuele, e neanche quello
della regina Vittoria. Siccome pero i banchetti, le procession!, i teatri,
i meetings doveano alia perfine aver termine, i suoi devoti , il Duca di
Sutherland, Lord Elbury, Lord Shaftesbury e piu altri, si proposero di
aprire una sottoscrizipne volontaria per fprmare un capitaleda regalargli;
e 1'unp propose che si comperasse per lui tutta la Caprera, Taltro voile
che gli si facesse dono d' una nave armata di cinquanta cannoni ; qucsti
insisteva per una rendita annua di 100,000 franchi, quegli hi voleva se-
questrare dolcemente in Inghilterra, col farlo padrone di case e terrc
nell' isola.
CONTEMPORANEA 509
Tutta questa frenesia aristocratica pel yenturiere ciarlatanescamente
involto nel teatrale suo vestiario, messo gia tanto in ridicolo dal Cialdini,
sarebbe inesplicabile, se non si amraettesse che si voile cosi impedire
che il fantoccio cadesse in mano della demagogia plebea, la quale avrebbe
potato abusarne con molestia e pericolo di chi ora la fa da padrone. Non
e improbabile pero che la setta masspnica volesse con cio promovere qual-
che suo disegno ; ed e pur verosimile che s' intendesse ad un tempo di
fare un ripicco alia Francia, per le accuse scagliate all'lnghilterra nei
processi di attentato di regicidio, e di far vedere all'Allemagna la potenza
di cui potrehbe yalersi la Gran Brettagna, scatenando la democrazia.
Checche sia di cio, il Garibaldi, benche inebbriato dal fumq arisiocrati-
co, non dimentico gli amici antichi e cpnsorli di cqspirazioni e di rivol-
ture. 11 Mazzini ed il Garibaldi si visitarono , s' intrattennero a lungo
colloquio, si strinsero di cuore la mano, mostrandosi cor unum et anima
una. La Domenica 17 di Aprile, come narro il Daily News del 20, e fu
piu ampiamente'pubblicato da altri giornali, il Garibaldi ando ad asciol-
vere in casa del signer Alessandro Herzen, fuoruscitq russo. A fianco di
Garibaldi sedeva Mazzini. Sulla fine del pasto levossi Mazzini e pronun-
zio il seguente brindisi al Generate: « II mio brindisi cqmprendera tutto
cio che abbiamo di piu caro, e tutte le cose per cui abbiamo combattuto
e lottato. Bevo alia liberta dei popoli, all'associazione dei popoli, all'uomo
che e 1' incarnazione vivente di queste grandi idee: Giuseppe Garibaldi!
A quella povera, santa, eroica Polonia, i cui figli combatterpno, e sono
morti in silenzio,per la liberta, da un anno in qua. A quella giovane Rus-
sia, le cui aspirazioni sono patria e liberta ; a quella nuova Russia, che
fra breve tendera una mano di sorella alia Polonia, riconoscera la sua
indipendenza e la sua eguaglianza, e cancellera la memoria della Russia
dello Czar ; a que' Russi i quali , cspitanati dal nostro amico Herzen,
hanno maggiormente lavorato e contribuito alia creazione di questa nuova
Russia. A questa religione del dovere, che ci dara la forza di sacrificarci
fino alia morte per I'effettuazione delle nostre idee. »
Ed ecco come rispose Garibaldi : « Faro una dichiarazione che avrei
dovuto fare da lungo tempo. Vi ha tra noi qui un uomo che rese i piu
grandi servigi alia nostra patria, alia causa della liberta. Giovane, e non
avendo altre aspirazioni che per il bene, ip cercava un uomo capace di
farmi da guida e da consigliere alia mia gipventu. Troyai quest' uomo:
solo egli vegliava allora che tulto dormiva intprno a lui: sold egli ali-
mentaya il fuoco sacro. Egli rimase sempre mip amico; sempre.arden-
tepatriola, sempre devoto alia causa della liberta. Quest' uomo e Giusep-
pe Mazzini. Al mio amico, al mip maestro !...» (Applausi.)
Ma le parole volano, gli scritti restano; e Garibaldi fu fatto scrivere.
Indirizzo lettere spiranti la piu pretta democrazia repubblicana a Louis
Blanc ed a Ledru-Rollin , dopp averli cortesemente visitati ; scrisse al
Guerrazzi che dicesse parole di conforto e di speranza a'suoi partigiani;
scrisse agli altri suoi fratelli d' Italia che era da riprpmettersi gran cose
dall' Inghilterra, e, partendo, lascip un indirizzo ai giornalisti, ed un al-
tro al popolo inglese, che leggonsi nel Memorial diplomatique del 1.*
Maggio pag. 279, con lodi pompose della Gran Brettagna, a cui immagine
e somiglianza si vuol far 1' Italia: ma percio e d'uopo « rompere il giogo
di due Potenze nemiche, che opprimono T Italia » e redimere Roma e
Yenezia. Le Potenze nemiche sono la Francia napoleonica ed il Papato.
510 CRONACA
Quanto all'Austria non era bisogno di parlarne. Si sa quali sono gli amo-
ri de' seltarii per lei.
5. Questi tripnti aristocratici e queste agitazioni demagogiche ebbero
troncatp repentinamente il corso, appunto allora che I' eroe disponeasi di
cominciare 1'altuazione del disegni di coloro che lo mandarono in In-
ghilterra, eda visitare percio le piu pppolose citta, e stringere la mano ai
centomila pperai di Birmingham, di Manchester e di Glascow; dove
speravano i demagoghi italiani d' insaccare piii centinaia di migliaia da
spendere, pel programma raesso a lui in bocca nell' indirizzo al popolo
inglese : « L' Italia non ha che un sol desiderio : infrangere il giogo di
due Potenze nemiche, che 1'opprimono. lo lo dico al cospetto del mon-
do: essa non avra riposp prima del compimento di questo desiderio, il
quale e per essa una quistione di vita o di morte... Non posso pero spe-
rare, lo dico con dolore, che 1' Italia cpmpia i suoi destini senza passare
ancora una yolta per mezzo alia terribile proya della guerra. » La guer-
ra contro chi? Certo contro chi occupa Venezia e fors'a'nche contro chi
Tieta il possesso di Roma.
Ora la guerra e sommamente antipatica aH'Inghilterra, che in mezzo
al fumo del cannone non puo veder chiari i suoi conti, e spacciare le
sue merci. II disegno di raettere sossopra 1'Europa per compiere r Italia,
massime con pericplo d'un urto contro Napoleone III, non potea tornar
caro agli uomini di Stato inglesi, che certo ne aveano avuta notizia.
Pertanto, logorato gia il balocco che essi aveano trappolato alia dema-
gogia e sequestrato in una nube d'incenso, viderp giunto il momento di
rimandarlo alia Caprera. Difatto, appunto un giprno dopo tomato da
Parigi Lord Clarendon, eccp annunziato sui giornali che le continue emo-
zioni pericolavano la preziosa salute del gran patriota italiano, e che
percio gli era d'uopo smettere il pensiero del yiaggio a traverso 1'In-
ghilterra, e tornarsene piu che di fretta alia romita sua stanza. Garibaldi
giurava di star ottimamente, ma il Duca di Sutherland gli ripeteva con
tuono d'angoscia : voi state male, bisogna andarvene.
Qui s'accese una curiosa disputa, fra gli adoratori di due giorni in-
nanzi che volcano sbarazzarsi dell' idolp, e 1' idolp che voleva resiare, ed
i suoi Bramani che lo volcano portare in processione. Ad un medico in-
glese, che lo diceva sano, vegeto, rigoglioso, si contrapppse altro me-
dico piu rinpmato, il Fergusson, che Ip sentenziava in pericolo. 11 dott.
Basile, medico ordinario dell'idolo, giurava che queste eran favole; e
Tospite facea stampare che tutti i devoti dell' idolo trepidavano di ye-
derlo struggersi in quelle fatiche, con pericolo che si riaprisse la ferita,
d'Aspromonte. Felice epigramma! Finalmente fu d'uopo al Garibaldi
cedere, ed annunziare la sua prossima dipartita, la quale, acciocche fos-
se pronta e sicura, fu disposto che avverrebbe in compagnia del Duca e
della Duchessa di Sutherland, sul proprio loro yakt.
Nella tornata del 21 Aprile si fecero intomo a cio interpellanze al Can-
celliere dello Schacchiere, nella Camera dei Comuni, chiedendo se fosse
Yerp che il Governo di S. M. si era interppsto per indurre Garibaldi a
partire. Lord Gladstone rispose, che a richiesta del Sutherland avea vi-
sitato Garibaldi, avea avute dal Fergusson esatte notizie della sua sa-
lute, si era persuaso che soffrirebbe dal continuare quel viaggio; tanto
piu che o visiterebbe tutte le citta che 1' aveano invitato, e s' uccidereb-
be a quello strapazzo , o ne preferirebbe alcune, e otfenderebbe le altre ;
CONTEMPORANEA 511
che percio avea capacitate il Generate, che 11 raeglio da fare era di andar-
sene. Aggiunse che 1'Imperatore de' Francesi non era entrato per nulla
nella presa risoluzione, e che tutto era elfetto del teiiero aniore che si
portava all' eroe. Che canzonatura !
Queste dichiarazioni, conform! a quelle date dal Clarendon stesso nel-
la Camera dei Pad, non persiiasero i fanatici. La sera del 24 si fece un
meeting a Regent Park, dove si biasimarono le rcticenze dei due Mini-
stri, e si comincio a ribadire il chiodo della influenza straniera, a cui
cedeva il Governo, privando 1' Inghilterra di tanto bene. Fu intimato lo
scioglimento del meeting. Cominciarono allora gli schiamazzi, i fischi al-
ia Polizia, i plausi al Garibaldi. S' impegno una baruffa, la quale tini
con poco danno , conchiudendosi col mandare una deputazioue al Mi-
nistero, affinche desse ragione d'aver fatto sperdere quell' adunanza. II
Ministero disse che non ne sapeva nulla, e che lutto era effetto di sover-
chio zelo d'un Delegate di Polizia. Quanto al resto, non se ne impacciava.
L'iasistere dei fanatici non valse a nulla, e Garibaldi parti il inattino del
27 Aprile da San Mawer , dove era andato a ricevere un'ultima festa, sul
yakt del Sutherland. Alii 5 Maggio fu a Gibilterra, d'onde s'avvio alia
Caprera. Ma il dolore dei demagoghi, pel vedersi cosi soppiantati dall'a-
ristocrazia, voleva uno sfogo, e sel piglio alii 7 Maggio con un nuovo
meeting , in cui si bandi che I' eroe era stato spedito via per motivi poli-
tici, perche la sua presenza cagionava impacci al Governo ; e furono sti-
dati il Gladstone, il Shaftesbury ed il Seely , che eranostati i piu fervo-
rosi nello spingerlo a partire, a negare che essi gli avean rappresentato
appunto quel motivo per farlo risolvere. Gli sticlati non eran presenti , e
fu percio h'ato perduto. Fu poi promulgato che il Garibaldi avea ritiutato
le offerte pecuniarie dei soscrittori aristocratic! del Comitato di Straf-
fordhouse, ma accetterebbe con gratitudine quelle degli operai. La de-
magogia cerco in tal modo di pigliarsi una riv-incita; ma quanto a' dena-
ri degli operai , crediamo che Garibaldi non se ne trovera soverchiamen-
te gravato. Cosi ebbe tine questa commedia.
6. Malgrado di tutte le negazioni de' Ministri inglesi , ognuno e per-
suaso che la partenza del Garibaldi fosse condizione urgente per la riu-
nione delle Conferenze diplomatiche sopra gli affari della Germania e
della Danimarca ; e sebbene il Governo francese abbia sdegnato di far
pratiche ufficiali , perche si mettesse termine a quella pompa di culto al
dichiarato nemico di Napoleone III , gli uomini di Statp inglesi aveano
abbastanza criterio per capirne la necessita e la convenienza. Certo e che
1'accettazioue della Conferenza fu in gran parte dovuta al men to di Lord
Clarendon, il quale nei colloquii con 1'Imperatore, come narra il Memo-
rial diplomatique del 24 Aprile (pag. 261 ), ottenne che si fermassero le
basi di un accordo tra i due Govern! per imporre ad ogni costo un armi-
stizio ai belligeranti. « Lord Clarendon torno in Inghilterra dopo aver
preso , in nome del suo Governo, 1' impegno formale di sostenere energi-
camerite la domanda di armistizio , che il Principe La Tour d'Auvergne ,
ambasciadore di Francia , avea ordine di proporre nella prima seduta
delle Conferenze. In altre parole, la Francia e 1' Inghilterra si sono im-
j)egnate a viceuda a dichiarare la guerra a quella delle Potenze , che ri-
fiutasse di sottoscrivere tregua. » Questa notizia fu smentita daila Gaz-
zetta di Vienna, argomentando a priori, che Potenze neutral! non avreb-
bero mai osato , volendo fare ufficii di pace, cominciare con minacce di
CRONACA CONTEMPORANEA
guerra. Ma certo pare che 1'accordo tra la Francia e 1'Inghilterra fosse
piii intimo di quanto forse credeasi.
La prima seduta si tenne alii 27, e doveano assistervi per la Francia
il Principe La Tour d'Auvergne: per 1'Inghilterra il Conte Russell e Lord
Clarendon : per 1' Austria il Conte Apponyi ed il Consigliere intimo sig.
di Biegeleben : per la Prussia il Conte Bernstorff ed il Consigliere intimo
sig. di Balan, gia ambasciadore a Copenhagen; per la Dieta il DeBeust,
ministro di Sassonia ; per la Russia il Conte Brunnow ed il Consigliere
d' Irapero sig. Ewers: per la Svezia il Generate sig. di Wachtmeister :
per la Danimarca il Ministro Quaade ed il sig. Krieger , Consigliere di
Stato. Essendo ancora assente da Londra il De Beust, i plenipoteuziarii
tedeschi si astennero dall'intervenire a quella tornata, e gli altri si con-
tentarono di assegnare per la seconda il 25 Aprile. La matiina di que-
sto giorno tutti si accolserp, e il Conte Apponyi con privati ufficii a\ea
gia disposti i suoi Colleghi a secondare la proposta d'armistizio. Fu no-
minato Presidente Lord Russell, che subito prese a perorare per la tre-
gua, sulla base dell'M^' possidetis militare. II La Tour d'Auvergne rincal-
zo i suoi argomenti. I Plenipotenziarii austriaci, come narra \\Memorial
diplomatique del 1° Maggio, p. 274-75, si mostrarono dispostissimi alia
tregua, purche questa fosse reale, e percio non solo impedisse I'effusione
del sangue, ma si stendesse anche sul mare, senza eccezioni e senza clau-
sole, togliendosi il blocco. I Danesi replicarono che essi non poteano ac-
cettare tal condizione , perche il blocco non e atto di ostilita e si puo
raantenere anche in tempo d'armistizio ; e che percio, come gli alleati te-
deschi manterrebbero 1'investimento delle fortezze del Jutland, cosi i Da-
nesi il blocco marittimo. Non potendosi risolvere la quistione insorta, se
tal parita sussistesse in diritto, fu rimessa la cosa a trattarsi dai rispetti-
vi Governi. I plenipotenziarii ne presero atto ad referendum e le Confe-
renze furono prorogate. Si ripigliarono poi alii 5 Maggio, conquel risul-
tato che abbiam detto tra le cose di Alemagna e Danimarca.
Di qui si vede che era falso cio che i diarii di Francia ed il telegrafo
avean spacciato, cioe che i Plenipotenziarii d'Austria o di Prussia, allegan-
do 1'assurdo pretesto di non aver istruzipni circa 1'armistizio, ne aves-
sero mandata a yuoto la proposta. La difticoka venne dai Danesi, che
volevano usufruire 1' armistizio e continuare la cattura delle navi tede-
sche ed il blocco dei porti germanici , con danno immense del com-
mercio. E non era da aspettarsi che i vincitori di Duppel , il giorno do-
pp una si splendida vittoria , vplessero acconciarsi a tal vantaggio pel
vinto, lasciando predare le merci dei loro sudditi, per far il gusto deH'in-
ghilterra che nulla non ha da perdervi.
Intanto , per liberare dai blocco i porti alemanni del mare del Nord ,
una forte armata austriaca giunse agli sbocchi del Weser e dell' Elba, e
si uni ad alcune cannpniere prussiane. Temendosi in Inghilterra ^che
quest'armata ^alicasse il Cattegat, e passata.nel Balticp struggesse 1' ar-
mata danese , o piombasse su Copenhagen , si fecero istanze all' Inghil-
terra di muovere le sue squadre. Ma il Governo di Londra si contento di
porre in pieno assetto di guerra la squadra della Manica, e spedirla alle
Dune, d onde in poco d' ora puo dirizzarsi ovuuque occorre. Una fre-
gata inglese fu pero spedita ad Amburgo, per vigilare le mosse dell' ar-
mata navale alemanna, e gittp 1'ancora presso una fregata austriaca, sen-
za punto dissimulare il proprio ufticio di spia.
CI SIAMO!
Ci siamo a che? domandera il lettore. Alia pace o alia guerra?
Al principio o alia fine?
Rispondiamo che a un poco di tutto questo insieme. Siamo cioe
al tramonto della guerra ed all'aurora della pace; alia fine del prin-
cipio edal principio della fine. E perche questi non paiano logogrifi,
sciarade , rebus ed indovinelli poco degni dei nostri leltori ed an-
che di noi , diciamo qur subito che non intendiamo parlare delle
guerre mililari che si combattono al trove e che si aspettano anche
ira noi : del cui esito dichiariamo francamente che ne sappiamo ap-
punto quanto i nostri letlori, cioe niente affallo. Bensi intendiamo
discorrere dell'esito della guerra liberale, che si fa ora in Italia alia
€hiesa ed a quanto vi ha di pio , di sacro e di reverendo. Di que-
sta guerra diciamo che siamo al tramonto , cioe alia strelta piu mi-
cidiale e piu assassina. Onde segue che siamo parimente all'aurora
della pace , che sempre Dio suol far sorgere alia sua Chiesa nel piu
buio e nel piu fitto dolla tempesta. Siamo parimente alia fine del
principio liberale ; il quale non avendo altro scopo che di riuscire,
per mille ambagi e laberinti di simulazione e di ipocrisia, allo sper-
pero totale , se fosse possibile , della religione cattolica ; e ora in
sul fare le ullime prove , assalendo violentemente la Chiesa in cio
she ha di piu intimo e di piu essenziale. Donde segue che siamo pa-
Serie 7, vol. X, fasc. 341. 33 18 Maggio 1864.
514 ci SIAMO!
rimente al principio della fine; non lasciando mai il Signore perico-
lare apparentemente la barca, dov'Egli coi suoi naviga le onde
tempeslose e par che dorma , se non quando e in sul dire aulorevol-
mente al mare fremente: «Taci, amrautolisci. »
Chi conosce anche superficial mente la sloria del secolo passato
sa benissimo che ora noi stiamo assistendo ad una sua, come a
dire , seconda edizione riveduta e corretta , ma non mutata sostan-
zialmente. Come nel se'colo passalo, cosi net presenle, i liberali pre-
sero, da quei girifalchi che sono, le volte larghe, per piombar poi
come un fulmine al momento opportune soprala Chiesa, cui preten-
dono sioltamente distruggere e finire. I pratici e gli esperimentati
videro fin dal principio, come nel secolo passalo cosi nel presentc,
dove dovessero parare quelle leali protesle di rispetto alia Chiesa ed
alia sua liberta, colle quali i liberali cominciano sempre il loro dise-
gno di guerra. Ma i phi non se n'accorsero, ne se ne poteano accor-
gere, per quel brutto vezzo, da cui non sanno ancor dlsfarsi i buoni,
di credere alle parole dei liberali. Ora grazie a Dio i liberali parlano
chiaro col linguaggio cinico dei loro giornalacci, e coll'aHro sfac-
cialissimo de' loro fatti. E come in Francia nel secolo passato, dopo
aver aizzati i Principi contro la Chiesa, e i gallicani contro il Papa,
e il minor clero contro il maggiore, e ambedue contro il regolarc,
sempre coH'ottima intenzione (come diceano) di purgare la Chiesa
dagli abusi, di difendere il clero contro 1'oppressione de' Vescovi,
e i Vescovi dalle invasion! dei religiosi , e sopra tutto di tutelare
F indipendenza del polere civile contro la prepotenza della Curia Ro-
mana e della Chiesa, finirono poi col cacciare i Principi e col di-
struggere ogni clero, il secolare come il regolare, il maggiore come
il minore ; cosi era i nostri liberali italiani, dopo le fmte scaramucee
mosse or contro i frati in favor del clero, or conlro i Vescovi in
favor dei Parroci, or contro 1' Austria in favore della liberta eccle-
siastica, or contro la liberta ecclesiastics, in favor dell' indipendenza
civile ; sono venuti al punto che volevano di aver ormai la piazza
franca e il campo netto, per tenlare 1' ultima loro prova e farla finita
una volta, come scioccamsnte s'illudono, colla Chiesa stessa e, come
non tanto scioccamente sperano, colla Monarchia loro serva finora,
se non anzi piuttosto fida manutengola.
CI SIAMOl 515
Non e questo il luogo di rifar il lavoro gi& fatto da noi le tante
volte, di porre in luce e smascherare le varie aril onde i liberali, dan-
do serapre 1' un passo innanzi 1'altro, e usando vera astuzia e appa-
renle moderazione, giunsero al punto dove li vediarao in Italia. Se
prima non si capiva chiaro, ora vediamo tutti che cosa significasse
quel grido di riforme, onde i liberali volevano riformare le varie mo-
narchic d' Italia e rinforzarle. II rinforzo fini collo scoprirne le fon-
damenla , e la riforma coll' annientarle tutte, salvo la Romana che e
supra firmam petram, e mando a spasso per tempo i suoi riforma-
tori , e la Sarda che fu lo stromento finora rispettato in mano del
Sansone rivoluzionario. Anche sa ora ognuno che -cosa significasse
1'uguaglianza diuanzi alia legge, onde si voile legiltimare 1'abolizione
del foro ecclesiastico. L' u-guaglianza fini col porre il clero fuori della
legge, in ballad' una giuslizia eslragiudiziale ed arbitraria , e i laici
sotto la dipendenza tirannica della legge Pica e dello stato d' assedio,
col diritto d' essere carcerati, deportati, fucilati , impiccati senza pro-
cess! e senza tribunali. L'amorechei liberali moslravano a certi
Ordini religiosi, per velareascelicameute 1'odio che portavano a lutli,
la protezione che essi volevano prendere del clero minore conlro il
maggiore, la pieta che fingevano avere della parca mensa de' Parroci
di campagna paragonala colla pingue dei \escovi; si sa che tutto
questo fini colla proposta abolizione totale degli Ordini religiosi ,
colla proposta contisca totale dei beni ecclesiastici, e coll' oppressio-
ne comune del clero grande e piccolo, secolare e regqlare 1.
1 II 18 Geunaio del 1864 il ministro Pisanelli presento alia Camera dei
Deputati uno schema di legge, preceduto da una prolissa sposizione di mo-
tivi, che e la qu'ntessenza dell'ipocrisia e della tirannideliberalesca, intorno
alle corporazioni religiose ed ai beni ecclesiastici. In virtu di tal legge do-
vranno cessare di esistere nel Regrio, quali euti morali riconosciuti dalla
legge civile, tutte le case degli Ordiai religiosi, e tutte le Gongregazioni re-
golari e secolari. Ai membri delle soppresse corporazioui si concedono tut-
ti i diritti civili, compreso quello di morire di fame; perche la pensione an-
Liia, loro assegnata in cambio dei beni e delle case loro tplte, non bastereb-
be certo al loro sostentameuto per tre mesi. Dovranno pure cessare allo
stesso modo i Gapitoli delle chiese collegiate, eccetto alcuni pochissimi
privilegiati, le Abbazie ed i benefizii, le Cappellanie laicali e tutte le fon-
516 CISIAMO!
Diceano i liberal! che il pio voto del loro cuore era una Chiesa li-
bera in libero Stalo: una condizione di cose cioe, in cui Stato e Chie-
sa badassero liberamente ai falli loro, senza impacciarsi 1' un 1' altro.
Con questo bel pretesto, per liberare la Chiesa dai fastidii civili, la ru-
barono di tutlo, le tolsero ogni privilegio , ogni favore , trattandola ,
non come madre onorata e rispeltata da buoni figliuoli , ma peggio
che serva cacciata di casa per infedelta. Quando poi la Chiesa spo-
dazioni di natura ecclesiastica, a cui non sia unita cura d' anime. I tltolari
present! riceveranno , per compenso , una pensione pari alia rendita netta
della dotazione, purche continuino a sostenere i pesi deH'abolito benefizio;
e quando essi cesseranno di vivere, non avranno successor! . Le rendite eel
i beni cosi confiscali dove andranno ? Se ne formera un fondo specials pel
culto. E questo a quale amministrazione sara affidata? A quella del Gover-
no, che ne fara il piacer suo, per mezzo d'economi, a servizio del culto , in
questo modo : che i beni immobili passino subito al Demanio dello Stato7
e i mobili agli economi ; ai quali spettera pagare le pensioni , satisfare
agli obblighi inerenti, migliorarela condizione dei Parroci che non abbiano
rendita netta di lire 1000, e dar sussidii ai membri delClero benemeriti del-
la Chiesa e dello Stato. II che vuol dire, in buon volgare, rubare i beni gua-
rentiti espressamente dallo Statute alia Chiesa ed ai Corpi religiosi, ucci-
der'e moralmente i legittimi possessor'! perche non possano recare impaccio,
servirseneaprofitto dello Stato, e destinarne una particella alia compera di
presbiteri apostati e ribelli alia Chiesa, ed un'altra particella a titolo di sti-
pendio servile ai legitlimi possessor!.
Non basta. I Yescovi , Canonici ed altri beneficiati , che per ora si do-
vrebbero tollerare e stipendiare, dovranno contribuire con grave balzello
ad ingrossare la borsa dell' Economato laicale del Governo, per compiere lo
stipendio ai Parrochi meno retribuiti. E questo ancora e poco. Per assicu-
rarsi bene che la Chiesa mai non possa riavere i beni che le sono cosi usur-
pali, ecco 1'uso che se ne fara. T mobili, comprese le rendite gia incassate,
gli oggetti ed arredi sacri, saranno affidati alle cure dell' Economato, che
ne usera, secondo suo giudizio, al fine indicate. II che non vieta che i cali-
ci, gli ostensorii, i reliqularii si vendano agli ebrei, per trarne quattrini da
ricompensare i presbiteri benemeriti dello Stato. I beni immobili, se spet-
tanti a Corpi religiosi e benefizii aboliti, saranno subito venduti a profitto
dello Stato, e 1' Economato ricevera cartelle del Debito pubblico pel valore
equivalente alia rendita del 5 per 100 dei beni stessi; se poi spettanti a' Ves-
covadi, Capitoli e benefizii con cura d' anime lasciati esistere, saranno an-
ch'essi, a misura che ne cessa il godimento negli odierni investiti, converliti
ci SIAMO! 517
gliata cosi e derubata voile fare i falti suoi , quando , per esempio,
mando ai Confessor! istruzioni per 1'organo della S. Penitenzieria ,
queste istruzioni furono sequestrate come corpi di delitlo, e i deposi-
tarii furono carcerali e condannati 1. Quando il Papa e i Yescovi
Yollero esercitare il loro ufficio pastorale, con decreli e provvedimenli
opportuni ai varii casi, questi decreti e quesii provvedimenti furono
assoggetlati al cosi detto Regio placet od exequatur, col quale sem-
in rendite sul Debito pubblico, o in rendita fondiaria, o in enfiteusi. Ma
tutto cio che spetta ai beni di Ghiesa restera, com' e chiaro, alia merce dello
Stato, al quale, come tanti valletli e servitori, dovranno slender la mano
Vescovi, Ganonicl, Parrochi, religiosi cacciati dai loro conventi e beneficia-
ti d'ogni sorta, per aver una magra porzione di cio che la pieta dei fedeli e
la libera volonta dei testator!, guarentita dalle leggi, avea destinato al pieno
ed indlpendente possesso ed usufrutto del Clero, ed allo splendore del cul-
to. Non andranno esenti dalla* rapacita fiscale neppure le fabbriche delle
chiese, da poche in fuori, o perche cattedrali, o perche parrocchie, o per-
che monument] d'arte.
Qual giudizio abbiano recato gli stessi rivoluzionarii slranieri sopra tal
proposito, gia cominciato ad effetluare, del Governo di Torino, pud ve-
dersi dalle seguenti parole della Presse di Parigi, diario liberalissimo, che
agli 8 di Marzo cosi scriveva : « Questa legge e cosi contraria alia liberta di
coscienza, come alia liberta d'associazione. Gli uomini di Stato di Torino
non pensano presentemente, ben lo crediamo, che a difendersi, togliendo
al Papa la sua milizia piu attiva e piu devota; ma gli uomini di Stato debbo-
no vedere le cosejla piii alto e piu lontano. Noi sappiamo ancora che pos-
sono giustificarsi coll' esempio dell' assemblea costituente di Francia, che
nel 1790 decreto 1'abolizione degli Ordini religiosi, col pretesto che non
appartenevano all'essenza del Cristianesimo; ma annientato il clero regola-
re, si venne quasi subito alia distruzione del clero secolare e dell'intera
liberta religiosa. Su di un simile terreno si sdnicciola facilmente, e la ca-
duta e rapida. La rivoluzione francese lo dimostra ».
1 1 nostri lettori sanno in qual modo fu arrestato , e chiuso nelle career!
dei malfattori comuni , 1' Euio Card. Morichini Yescovo di lesi , al quale ,
nella perquisizione del.suo scrittoio , non fu trovato altro corpo di delitto
che le istruzioni a stampa , della sacra Penilenzieria , sotto il 6 Marzo 1860,
gia divulgate per tutto dai giornali. Or il simigliante avvenne in Italia a piu
altri ; ed il Vescovo di Foggia , carcerato a Como per due anni , non avea
altro delitto da espiare, che questo.
518 ci SIAMO !
pre, in pratica, si dichiara che non placet all' autorita laicale quello
che fa 1' ecclesiaslica e che non si dee eseyuire quello che la Chiesa
comanda. II quale abuso del placet e dell' exequatur, deplorato e
condannato gia le tante volte , e ancor di fresco si eloquentemenle e
con tanta copia di ragioni , dall' episcopate intrero d' Italia , per piu
offesa della liberta ecclesiastica ed a maggiore scherno degli immor-
tali suoi diritli, fu ora applicato ancora a materie che mai, ne anche
net tempo del piu lirannico regalismo , gli erano state assoggettate ,
e, quello che e piu mostruoso, esteso alle province stesse pontificie,
€ perfmo con forza retroattiva, come nella diocesi di Lucca. Quando
i Vescovi , che ban no per ufficio e per dovere 1' ammaestrare il loro
gregge, e preservarlo dagli inganni e dagli errori, vollero compierlo
colle loro Leltere pastomli, queste lettere furono sequestrate, e i
Vescovi stessi processati , e coudannali a carcere e multe , secondo
che e accaduto a Mons. Vescovo di Spoleto , ed a tanli altri , e se-
condo che sta ora accadendo a Mons. Pietro Rota, Vescovo di Gua-
stalla, che, per una sua lettera Pastorale, fu teste condannato dalla
Corte di Assise ad otto mesi di carcere e mille cinquecento lire di
multa. Quaudo poi i fedeli vollero aiulare la poverta della loro ma-
dre, rubata cosi e spogliata ormai di lulto, i liberali si arrovellarono,
e quasi che ogni soldo dato al danaro di S. Pielro fosse roba rubata,
se non alle loro4 borse , almeno alle loro bramose canne , presero a
sludiare ogni via per impedire queste collette 1. Quando i Vescovi
presero a sospendere e punire preti licenziosi, questi preti i liberali
li fecero Cavalieri e Professori. E di do non paghi, o imposero multe
ai Vescovi perche una parte dei beni della Chiesa e dei poveri an-
1 Negli Atli ufficiali della Camera dei Deputati, n.1 604 , 605, 60H , sono
distesamente riferiti i discorsi inqualificabili delBrofferio e del Bellazzi con-
tro il Papa, i Vescovi, i Sacerdoti in generate, eccettp la piccola schiera dei
preti liberali lombardi , per ragionare la proposta di domarli con leggi dra-
•coniane ed eccezionali, e di impedire, a qualunque costo, la colletta pel De-
naro d'< san Pietro. Questa fu dichiarata una dimoslrazione anlinazionale ,
sovversiva, fa tale all' Italia, e che serve solo a prezzolare sicarii ed assassi-
ni, scatenati dal clero a desolare la palria comune, per intendimento politico.
I Mimstri si mostrarono dolentissimi di tale colletta, ed annunziarono un arti-
«eolo di legge di sicurezza pubblica, col quale s' impedirebbe efficacemente.
CISIAMO! 519
dasse a impinguare i presbileri sediziosi, come accadde a Parma; o
fecero pagare le rendite del benefizii ai loro favoriti che non potea-
no, pei loro demerit!, averne la canonica islituzione , come avvenne
pel Bianchi a Firenze, per V Avignone e i suoi tre acoliti a Milano ,
e per altri altrove ; o fecero perfino tener prigione il Superiore eccle-
siastico, reo di non voler gettare margarilas ante porcos, deferendo
poi la causa al Consiglio di Stato, siccome capilo a Mons. Caccia.
E quasi cio non bastasse, appena che il Pisanelli seppe che un par-
roco, lupo del non piu suo gregge, il Mongini, era slato condannato
dal S. Uffizio , deposto , e dichiarato scomunicato vitando, subito lo
Irovo degno d' ingrossar la schiera del Cavalieri e del martiri presbi-
teriani.
E (cosa incredibile ma vera!) quando la Chiesa chiusa nello sles-
so saniuario, nei penetrali recouditi del confessionale , tra il vesti-
bolo e 1' altare, nego una Comunione od una Assoluzione, la Chiesa
fu come rea chiamala a dar ragione dell' amminislrazione dei Sacra-
men ti dinanzi ai tribunal! 1.
1 Sara egli necessario ricordare qui il parroco di S. Procolo e Monsig.
Canzi, Vicario Capitolare di Bologna, processati, carcerati, condannati a pri-
glonia e multa , per aver diiesta ad uno scomunicato la necessaria ritratta-
zioue de' sacrileghi suoi atlentati, e negati i sacramenti a lui periinace nel
rifiutarla ? E chi non rammenta la carcerazione di piu Sacerdoti , solo per
aver cercato di persuadere all' mfelice sclsmatico Caputo, cbe volesse for il
suo dovere verso la Chiesa, prima di presentarsi al Tribunale di Dio? Chi
non sa d'un parroco chiuso nelle carceri coi hdri e micidiali , perche non
voile, uel conferire il battesimo ad una bambina, violare le leggi della Chie-
sa imponendogli nome d' Italia libera? E il parroco Mancmelli non fu arre-
stato e sottoposto a processo, perche non pole consentire che tenesse a bat-
tesimo un tale, ch' egli credeva in coscieuza di dover trattare come pubblico
peccatore e scomunicato? Ed i due sacerdoti di Brescia, non furono eglino
processati per aver negato 1' Eucaristia allo scomunicato Moretti ? E il par-
roco di Cannero nou fu imprigionato per aver privatamente ammohito,
come era suo stretto dovere, i suoi parrocchiani, che lo fcomunicato viiando,
prete Mongini, non potea amministrar loro i sacramenli?Er6w'£aca/fo/ica
non fu mullata di taglia e carcere per aver slampato il Decreto del sant' Uf-
fizio , gia noto a tutta Italia , che colpiva di scomunica quello stesso Mon-
gini ? Ma che giova veuir recitando nomi ? II I'ungolo di Milano pubblico
una lista di 54 tra Vescovi , Parrochi, Sacerdoti e Religiosi, presentemente
520 CISIAMO!
Che diremo dell' audacia di un Pisanelli che teste ardi perfino ,
con un alto solo di sua tirannica inimistione nelle materie ecclesia-
stiche, dar lezioni di sciocca morale alia Chiesa e al Papa, legar le
mani alia giurisdizione ecclesiastica in cio in che essa dee essere piu
libera e piu rispettata , inceppare le coscienze dei fedeli , liranneg-
giare insieme Chiesa e popolo, e rendere, per quanto e in lui, quasi
necessaria, in certi casi, la pubblica e privata immoralila? Alludiarao
alia sua leltera circolare, dove si annuliano, in certi casi, le dispen-
se matrimoniali, con quell' ipocrisia di simulate amore alia morale e
di verd fomite all' immoral! &, che i nostri lettori potranno di per se
ammirare nel testo che pubblichiamo qui in nota 1,
sottoposti a processo per rifiuto di Confessions, di Comumone, e in genere
di Sacrament! ; ed il Diritto di Torino, valeridosi di cio per declamare con-
tro il Clero reazionario, dichiaro che tal lista e incompiuta!
1 Ecco la bella circolare del Pisanelli: « Torino addl 5 Aprile 1864 Ac-
cade spesso che si presentino domande a queslo Ministero per ottenere la
regia esecutoria a provvisioni pontificie, le quali concedono dispensa da
impediment"! canonici a contrarre matrimonio, e per oltenere altresi la dispen-
sa del correlativo impedimenta, che in molte Province del regno viene frap-
posto auche dalla legge civile. Per consueto in cosiffatte domande si allega
a valido motlvo per ottenere la regia esecutoria e la dispensa dell' impedi-
meuto civile la necessita di rimuovere il pubblicb scandalo, a cui da luogo
la illecita convivenza di consanguine"! o di affini. Se non che 1'esperienza ha
dimostrato che 1'esaudimento di siffatte domande, se in qualche raro caso
toglle di mezzo il lamentato pubblico scandalo, produce d'ordinario il deplo-
revole effetto di alimentare in quelli che trascorrono a convivenza illecita la
speranza di aver rnodo agevole di r parare a tale sconcio, e riesce in ultimo
a moltiplicare unioni,, che dalla legge civile e dalla ecclesiastica son tenute
contrarie ai vincoli naturali, alia regolare costituzione della famiglia, ed alia
santita stessa del matrimonio.
« Sopra tale considerazione il sottoscritto, facendo fondamento in pareri
iteratamente emessi uella materia dal Consiglio di Stato, reputa opportuno
fare le dichiarazioni seguenti : 1.° L'esecutoria. per la dispensa daH'impedi-
mento canonico e la dispensa dairimpedimento civile non saranno mai con-
cesse a cognati che intendano unirsi in matrimonio, ove consti essere state
fra loro relazioui adulterine mentre era in vita 51 precedente coniuge, richie-
dendo la tutela del buon costume ed i riguardi debiti alia moralita pubblica
che si usi in proposito di un provvido rigore. 2.° Non sara risguardato come
sufficiente motivo ad ottenere la esecutoria o la dispensa civile per matri-
monii tra consanguinei od affini la sola circostanza, che fra loro abbia avuto
CI SIAMO !
-
Ouesta e la libera Chiesa in libero Stato de' liberal! in Italia.
Libera Chiesa delresto che ben corrisponde al libero Stato. GiacchS
non e ora maggiore in Italia la liberta civile dell' ecclesiastica :
luogo illecito commercio con pubblieo scandalo , dappoiche la violazione
della legge non puo essere motivo per dispensare dall'osservanza della me-
desima. 3.° Sara invece tenuto riguardo della circostanza, che un dei con-
traenti abbia prole in minore eta da prececlente matrimonio, di guisa che le
nuove nozze possano dirsi consigliate dall' intento di procurare alia prole
in minore eta 1'assistenza di chi piii affettuosamente a cagione de'vincoli del
sangue concorra aU'allevamento e all'educazione della medesima. 4.° L'ese-
cutoria e la dispensa civile a matrimonii tra zii o zie e nipoti saranno concesse
soltanto per cause gravissime, dappoiche a tali matrimonii s'oppongono le
ragioni dell' igiene e la gerarchia stessa della famiglia, e saranno assoluta-
mente negate nel caso di relazioni incestuose e di notabile differenza di eta.
5.' Non sara reputato motivo sufficiente ad ottenere 1'esecutoria alle prov-
• visioni pontificie, portanti dispensa da impediment*! canonic!, la circostanza
che i ricorrenti abbiano dovuto sostenere spese per ottenere dalla santa Sede
la dispensa stessa, potendosi dai medesimi aver piena notizia delle disposi-
zioni dell' autorita civile innanzi di ricorrere a Roma.
« Tali dichiarazioni vengouo comunicate per opportuna iiorma a tutti gli
Ordinarii diocesani e a tutti i Procurator*! general! del Re presso le Corti di
Appello del regno, i quali nella cerchia di loro competenza vorranno di fer-
mo mettere lo zelo piu operoso ad impedire e reprimere in materia si grave
inconvenient*! ed abusi, che riescono anocumento della morale pubblica, per-
suasi come debbono essere che col largheggiare dispense per matrimonii fra
consanguinei ed affini si apre un adito alia corruzione delle famiglie, onde
pud venir danno all' intiera societa. II Ministro 6". PisaneUi. »
Questa tirannica e vessatoria disposizione ha fatto gia teste alcune inno-
centi vittime, secondo che si legge nella Nazione del 12 Maggio che dice cosi:
« A. R. ed A. C. di Celle, con grant! fra loro in 4.° grado canonico, chiesero
ed ottennero da Roma la dispensa dall' impedimento canonico per congiun-
gersi in matrimonio; pervenuta la delta dispensa, Monsig. Ciofi, Vescovo di
Chiusi , ordino la esecuzione della bolla pontificia al parroco don Antonio
Marinelli di Gelle, niente curando di ottenere il r. exequatur in ordine alia
legge del 5 Marzo 1863, e il Marinelli congiunse sotto di 13 Aprile 1864 in
matrimonio i due. Al seguito di cid Mons. Ciofi e don Antonio Marinelli sono
stati dal delegate di Radicofani denunzlatial potere ordinario, perche rispon-
dano del reato previsto e punito dall'art. 270 del Codice penale sardo in re-
lazione alia legge 5 Marzo 1864 ; e sappiamo che il procuratore del Re al
tribunale di prima Istanza di Montepulciano ha gia promossa 1'azione penale
nei termini che sopra. »
522 CISTAMO!
essendo Chiesa e popolo trattati ugualmente dai moderni tiranni ,
come pecore da tosare e buoi da macello.
Or poiche siamo omai giunli a tale che non e piu lecilo in Italia
alia Chiesa I'amministrare i suoi Sacramenti senza che traggano in-
nanzi i liberal! ad esigere sacrilegi, non e egli chiaro che ci trovia-
mo ora, come dicevamo, alia stretta piu micidiale e piu assassina
della guerra che i liberali le fanuo ? E qual altro passo rimane piu
ora ai liberali di dare, fuorche di tagliare il capo ad un prete, sola-
mente perche e buon prete?
Benche in un cerlo senso gia si puo dire, che questo ultimo pas-
so gia i liberali lo diedero. E non parliamo degli assassinii di ec-
clesiastici che qua e 1£ vanno eseguendosi liberalescamente in Italia.
Neppure inlendiamo parlare dei processi conlinui, delle carcerazio-
ni, delle persecuzioni, delle multe, onde per tutla Italia i liberali
sfogano contfo il clero e ancor contro i Vescovi, e persino contro
Eminejitissimi Cardinal!, il loro odio settario alia Chiesa catlolica.
Non parliamo deli' alterramento delle chiese 1, della \iolazione delle
sacre immagini, del sacrilego modo, onde ne' tealri si beffeggia em-
piamenle Dio stesso e Crislo e il Cristianesimo. Non parliamo della
fetida colluvie di stampe e di immagini , onde si diffama cotidiana-
mente quanto vi e di sacro, con quella impunila, ed anzi con quella
1 11 Depntato D'Ondes Reggio , come leggesi negli Atti vfficiali della Ca-
mera, n.° 556 , enumero 22 tra monasteri , convent! e chiese occupate vio-
lentemente , volte a uso di caserme, di carcere ed ancor di stalla , nella
sola Palermo ; ed acceso di ginsta indignazione , esclamo : « 1 piii di quei
luoghi si sono occupati, neanche colle vane formalita del Decreto, ma cosi
a capriccio di chi eomanda in Palermo, o meglio di chl ha la forza di occu-
pare... Si e occupato per occupare. E poi, o Signori, chi ha dato la facolta
di occupare le chiese , di mutarle in stalle? Chi poteva concedere e chi ha
conceduto di profanarle? » Tal facolta fu couceduta da quell' autorita me-
des'ma, che legittimo 1'usurpazione violenta, con modi bestiali e crudelissi-
mi , di piu centinaia di monasteri di sacre verglni gittate in mezzo alia stra-
ta dalla forza pubblica, od ammucchiate alia rinfusa in misere catapecchie,
o di poveri frati deportali a capriccio dei Prefetti. Nell' Unita cattolica, del
28 Aprile, ed in quella degli 11 Maggio si reco una lista d'oltre a cento no-
vanta di queste case religiose, confiscate cosi dal 1862 in qua, a'servigi
della setta, che giuro lo sterminio del Papato e del Cattolicismo, come fine
ultimo e neoessario della rivoluzione italiana.
ci SIAMO ! 523?
protezione, onde non sarcbbe coperto chi, invece di pigliarsela colla
maesta di Dio , se la pigliasse invece conlro 1' infimo dei cittadinL
Non parliamo di questo. Bensi dell' empia e parricida legge che or
ora fu proposta alle Camere torinesi, colla quale si decapila morai-
mente il clero cattolico , impedendone il reclutamento e la stessa
esislenza. Chi avrebbe mai sognato, non che pensato, che in Italia, nel
1864, quando ancora erano echeggianti le grida con cui si promette-
va la liberta alia Chiesa, si sarebbe venuto a proporre in pubblico
un progetlo di annientamento del clero cattolico , dichiarando tutti ,
senza eccezione, i cittadini sottoposti alia leva? Chi si sarebbe
aspettato che una tal legge 1' avrebbe proposta, non gia uno di quei
democratici pazzi,un Garibaldi, unPelruccelli, un Mazzini, dei quali
si conoscono le empieta pubbliche e 1' odio vatiniano alia Chiesa ed
al sacerdozio; ma uno di quei Ministri costiluzionali, moderati, savii,
prudenli, caulelati, in una parola, simulatori eipocriti, che sogliono
sempre lasciar ai piu avventati di loro i colpi da orbo e le pazzie da
manicomio?
Ma noi sappiam bene com' e accaduto questo. E accaduto perche la
moderazione e la prudenza, onde cotesti liberali piu accorti velano le
bieche mire del liberalismo, non puo, a lungo , reggere all'impeto
interno del mal principio che erompe e schizza fuori all' impensata
di quei medesiini che meno il vorrebbero. II mal principio dell'.odio
alia Chiesa , che e 1' anima del liberalismo di ogni generazione , in
alcuni e allo stato aperto e chiaro : e questi sono i democratici pazzi,
che spavenlano i popoli colle loro forsennataggini e fan dire a tutti
nel loro segreto : « Guai a noi se capiteremo alle mani di tali fur-
fanli ! » Ma in altri il mal principio liberalesco e nello stato latente,
coperlo e verniciato di rispetto all'autorita della Chiesa e della mo-
narchia. Rispetto effimero, -e vero, rispetto di parole : ma che basta
ad allucinare i piu, e a far loro dire ingenuamente : « Oh quesli si
che sono liberali savii ed onesti ! » Ma il diavolo che ispira i secon-
di non meno che i primi, talvolta li accieca con suo e loro danno,
accadendo anche al diavolo quello che gli antichi diceano di Giove
che a chi vuol male toglie il senno. E cosi accade talvolta, che anche
i vecchioni sperimentali, gli Aristidi del parti to, i Catoni, i Diogeni
s' ubbriacano pazzamenle al lieto aspelto delle cose loro che vanno
521 CISIAMO!
bene: e nella prosperita e nell' allegria in cui si trovano, perdono la
prudcnza appiccicala loro per politica, e si trovano, senz' accorger-
sene, in quel leggero farsettin democralico che sta sotto la loro gran
veste da camera costituzionale. Fanno allora anche essi le pazzie, e
dicono le corbellerie, senza pensare che ci e chi li vede e chi li ode
e fa suo pro delle loro avvinazzale confidenze.
Cosi accade ora ai savii coslituzionali che reggono a Torino non
sappiam bene se la cosa pubblica o la privata. Essi hanno perduta,
come sarebbe a dire , la testa. Essi credono di esser ormai padro-
ni, e di poter fare e dire a loro lalento senza tema di impediment!.
Smascherano percio ogni loro batteria coperta , e prendono a spa-
rare i loro cannon! rigati.
Che se Dio fosse per tollerare ch'essi avessero agio di farequello
che meditano , niun dubbio vi ha che quel novantatre peggiore del
primo, che gia fu annunziato alia Chiesa ed al Sacerdozio, or sono
alcuni anni, da uno dei giornaletti massonici di Torino, non sarebbe
per cominciare tra non molto. E inutile 1'illudersi. I liberal! sono
sempre quelli ; come la Chiesa parimente e sempre quella. E sicco-
me il liberalismo , di natura sua e in forza del suo esistere , lende a
distruggere violentemente la Chiesa e il Sacerdozio, cosi e chiaro che
la Chiesa , in questo secolo in Italia , come nel passato in Francia ,
saprebbe, com'e sua natura, vincere soffrendo e trionfare nella per-
secuzione e nel sangue.
E siccome nel secolo passato la Francia, quando, grazie alia ci-
yilta, che anche allora si diceva moderna, ed ai principii della filan-
tropia che si diceano allora inventali, ed alia liberla che si preten-
deva allora creata, ed alia filosofia che si dicea allora scoperla; in
pochi anni era diventata uu covile di fiere , un lago di sangue , un
paese selvaggio, una nazione senza Governo, senza leggi, senza re-
ligione e senza civilian ; siccome , diciamo , allora appunto apparve
quasi prodigiosamente un venturiere che, per prima cosa, per poter
fondar se stesso , dovette riaprire i tempi! e ridonare la liberla alia
Chiesa : cosi non e a dubitare che lo stesso, in sostanza, accadrebbe
in Italia, quando il liberalismo conducesse questo giardino dell'Eu-
ropa e della Chiesa a quel disertamento lotale, verso il quale del re-
sto e gia molto innanzi.
ci SIAMO ! 525
Ma non e a porre soltanto la fiducia in questo. Giacche, sebbene sia
vero che, come scriveva teste in Roma un illustre prelato 1, « il ter-
ribile auferetur non fu scritto per un sol popolo » , cionondimeno non
€ a negare che la misericordia di Dio mostra di voler volgere in mo-
do speciale i suoi occhi pielosi sopra 1' Italia col concederle, come fa,
un Papa si veggente e si magnanimo, e si fidente nella Yergine SS.
che a Lui dee la defmizione del suo Immacolato Concepimenlo , un
sacro Collegio di Cardinal! che, in tanti dei suoi illustri membri, por-
ge gli esempii piu segnalati all' Episcopato, che lo segue e 1' imita, di
foriezza sacerdotale, un clero si fermo, un popolo si pio, che in lanti
generosi e industri modi protesta contro 1' empiela de'suoi tiranni,
e lo spogliamenlo della sua madre la Chiesa. Questo bene che si va
facendo in Italia non essendo dovuto che . alia misericordia divina,
da indizio che questa intende coronare le sue misericordie, compiendo
e perfezionando 1' opera cominciata , senza far passare 1' Italia per
quel naufragio, dove la spingono i suoi ciechi reggitori, e net quale
ad ogni modo noi siamo certissimi che essi saranno soli ad essere s
fra breve travolti. E bene se n' accorgono ormai gli stessi liberali,
i quali da qualche tempo paiono soprappresi da uno spavento vago ed
indistinto. « Mori ( disse il Brofferio nella Camera torinese il 7 di
Maggio ) mori in Italia la vita politica e sulle sue ceneri nacque una
totale indifferenza che ci conduce al sepolcro. Siamo minacciati dalle
nostre divisioni, dalla irrisolutezza dei Ministri, dal disordine delle
nostre leggi, dallo scompiglio delle nostre fmanze, e piu d'ogni cosa
dallo sconforto comune e dalla generate stanchezza, che tutti sentia-
mo e non sappiamo definire. » E il deputato Crispi nella stessa tor-
nata diceva : « La freddezza di quest' assemblea , 1'atonia dei Depu-
tati mi danno 1' immagine di una moltiludme d'uomini fermatisi inert!
dinanzi una bara. lo non vedo il cadavere e neanche il morente, ma
ci sono tutte le apparenze di una morte che si avvicina. » E 1' Italia
risponde : Amen.
1 Mons. NARDI nel suo bell' opuscolo intitolato: Ytoita dell' Imperatore e
Imperatrice del Messico al S Padre.
IL PATRIZIATO ROMANO
DI CARLOMAGNO1
VII.
La giurisdizione del Patrizio, dipendente dal Papa.
Un altro caratlere , importantissimo a notarsi nella potesta e giu-
risdizione del Patrizio , si e, che tal potesta era in tutto dipendente
dal Papa. Ognuno intende a prima vista, che tale infatli esser do-
vea, ne avrebbe potuto essere altrimenti, senza rinegar se medesi-
.ma ; imperocche, se i' essenza del Patriziato consisteva nel difendere
la S. Chiesa Romana, ogni ragion volea che tal difesa fosse subordi-
nata innanzi tutto al beneplacito di colui, che era per dritto divino il
Pastore supremo di questa Ghiesa, ed a cui, siccome rie era commessa
tutta la cura e il governo, cosi apparteneva in primo luogo il dovere
e con esso il diritto di ordinare sovranamente tutto cio che risguar-
dasse il manlenimento e la difesa delle sue giustizie. II primo e na-
tural difensore della Chiesa Romana era il Papa: il Patrizio doveva
essergli aiutatore, auxiliator , opitulator, come viene chiamato dai
Pontefici nel Codice Carolino, ovvero, come intitolavasi lo stesso Car-
lomagno , sanctae Ecclesiae humilis adiutor 2 , adiutor in omnibus
aposlolicae Sedis 3. Qra, egli sarebbe stato un aiutatore ben tristo
ed incomodo, se nel prestare 1' opera sua, in luogo di dipendere dal
Pontefice, avesse preleso di governarsi a proprio senno e talento : e
peggio ancora, se si fosse arrogato di fargli da padrone in casa,
dettargli la legge e contrastare o trasgredire le sue volonta; cam
biando cosi la protezione in ingiuria, e la difesa in usurpazione.
1 Vedi questo volume, pag. 430 e segg.
2 Nel Capitolare dell' anno 789.
3 Nel Capitolare del 769.
IL PATRIZIATO ROMANO DI CARLOMAGNO 527
OKre di do, tal dipendenza e chiaramente indicata da quell'ap-
pellazione di fidelis beati Petri, che veggiamo data dai Papi ai Pa-
trizii Carolingi e ricevula da quest! a titolo di singolar encomio, on-
de altamente pregiavansi. Qual fosse in quell'eta, e poscia per tutlo
il medio evo, il significato di questa voce fidelis , presa sostantiva-
mente, puo vedersi nel gran Glossario del Ducange e nei monument!
d'ogni genere da lui allegati ; a noi qui basta recare la definizione
che il medesimo Aulore ne arreca, dicendo: FIDELIS, subdilus, vas-
sallus, qui fidem suam domino obstrinxit, fidelitatem iuravit. In tal
senso, di sudditi doe e di vassalli , si trovano nominati in infinite
carle e scritture i fedeli del Re , i fedeli dell' Impero , i fedeli della
Ctiiesa , o di tal Vescovo , di tal Principe , Barone ecc. Ma , senza
uscire dal Codice Carolino, dove abbiam vivo e parlanle lo stile che
allora correa tra i Papi e i Re Franchi, e dove ricorre frequentissima
questa voce di fidelis; hi sempre vedesi contenulo in tal voce un
doppio concetto , doe non solo di fedelta nel mantenere promesse o
giuramenti fatti, ma di soggezione inollre e di obbedienza. Allorche
dunque, nell' Epislola XVI del medesimo Codice , il Papa Paolo I ,
pregando Pipino di adempire tutte le promesse fatte a Stefano II, lo
chiama optimus fidelis beati Petri 1 ; e quando Anaslasio , nella
vita di Stefano II, narra che Pipino, ut vere beati Petri fidelis, atque
Pontificis obtemperans monilis 2, intimo ad Astolfo di restituire alia
S. Sede le occupate province ; egli e indubitato esprimersi con tal
vocabolo non pure la lealta, ma eziandio 1'obbe'dienza che il Re Pa-
trizio professava verso S. Pietro e verso il Pontefice. Anzi tale ob-
bedienza viene con espresse e recise formole inculcata da Stefano III
ai due figli di Pipino , Carlo e Carlomanno , cola dove ricorda loro
T obbligo slreltissimo che hanno di manlenere verso la S. Sede e i
Pontefici fidelitalem et OBEDIENTIAM et illibatam charitatem 3 , e
1 Peto itaque et deprecor te, excellentissime fill et spiritalis compater,
atque per omnipotentem Deum et corpus beati Petri, cuius et OPTIMUS FIDELIS
existis, coniuro etc. Epist. XVI.
2 ANASTAS. in Stephana H, num. 246. Cf. num. 251.
3 Recordamini, peto, excellenlissimi filii, quomodo vos fide dicere visus
est praefatus vester dominus ac genitor, promittens in vestris animabus, Deo
9t beato Petro atque eius mcario antefato . . domno Stephana Papaef firmiter
528 IL PATRIZIATO ROMANO
cio in virlii del Patto speciale che sull' anima loro il loro genitore
avea giurato a Stefano II, e che da loro stessi era state gia piu volte
confermato e rinnovato ; di quel Patto cioe , per cui essi e Pipino
erano stall creati Patrizii.
Ma, prescindendo eziandio da queste ragioni che pur sono si evi-
dent! e gagliarde, a dimostrare la dipendenza della potesla patriziale
dal Papa , basta volger lo sguardo al fatto storico , cioe alia serie
degli atti del Patriziato : i quali parlano in cio con tal copia ed elo-
quenza, che ei riesce a noi la piu strana meraviglia a vedere, come
il Muratori ed altri , mentre sono ili con tanta pena indagando fra
quegli atti qualche raro e incerto vesligio , che paresse collocare
1'autorita del Patrizio sopra quella del Papa, non si siano poi awe-
duti di quelle continue e apertissime prove, ond' essi ad ogni tratto
mostrano I'autorita del Papa soprastare e dar legge a quella del
Patrizio.
Primieramente adunque, cio apparisce dall' origine stessa del Pa-
triziato ; conciossiache, dall' una parte essendo certo e confessato da
lutti, che tal dignita non conferivasi se non da una potesla superio-
re, anzi sovrana ; e dall' altra, come abbiam provato piu sopra, es-
sendo indubilabile che i Caroling! ebbero tal dignita dai Papi ; ne
segue di necessila, che anche la potesta, qualunque ella si fosse, dei
Palrizii Garolingi fosse derivata dai Papi, e percio da loro dipenttes-
se ; siccome i Patrizii imperiali doveano dipendere dall' Imperalore,
appunto perche dall'lmperatore aveano ricevuto le insegne patriziali.
In secondo luogo, cotesta dipendenza apparisce nelperpetuo eser-
cizio di quella difesa che i Palrizii doveano ai Papi, e della giurisdi-
zione qualsiasi che a lei andava congiunta. Nelle due spedizioni che
Pipino intraprese contro Astolfo , ei si governo interamente a senno
debere vos permanere, ergo, sanctae Ecclesiae FIDELITATEM, et omnium aposto-
licae Sedis ponlificum OBEDIENTIAM, et illibatam charitatem; et postmodwn
praedecessori nostro domno Paulo Papae, eademvos, una cum eodem vestro
genitore, cerium est plerumque per missos et script a promisisse ; et post dcces-
sum antefati sanctae memoriae patris vestrif et vos ipsi saepiustam per vestros
missos quamqueper litter as, simulque et per Sergium, fidelisslmum nostrum
nomenculatorem, et per alios nostros missos nobls spopondlstis, in eadem vos
vestra promissione, sicut genitor vester, circa sanctam Dei Eceleslam et NO-
STRAM FIDELITATEM esse perseveraluros. Epist. L.
LI CABLOMAGNO 529
del Papa Stefano II, secondo lo special giuramento che ne avea falto
Del primo abboccamento di Pontigone : a posla del Papa, egli offerse
ad Aslolfo le coudizioni di pace ; poi , rifiutate queste dal Re longo-
bardo, mosse la guerra ; indi, nel piii bello della \ittoria, ne tronco
il corso, e contenlossi di lasciare al vinto Astolfo il regno : in ogni
cosa , secondo che espressaraenle notano Anastasio 1 ed i cronisti
Franchi 2 , seguitando 11 beneplacito del Pontefice che nel campo ,
oppure da Roma , dirigeva le armi del suo Patrizio. Ne allrimenti
comportossi Carlomagno nella guerra contro Desiderio ; perocche, e
ad intraprenderla fu mosso dalle islanze di Adriano , e nel condurla
fino a quell' ultimo termine di schiantare del tutto la potenza longo-
barda , altro non fece che compiere , come altrove spiegammo , il
primo disegno di Stefano II e di Pipino , rinnovato ora da Adriano.
E come in quesle, che furono le prime e le piu grandi imprese dai
Patrizii soslenute in pro della S. Sede, cosi eglino si mostrarono os-
sequiosi alia volonta del Papa in tutti gli atti seguenti.
Dal carteggio infatti del Codice Caroline , come abbiamo gia ac-
cenuato , apparisce che il Patrizio non soleva intervenire nello Stato
romano, se uon invocato? ed invocalo, operava ogni cosa secondo i
Yoleri del Pontefice: due punti rilevanlissimi che fan toccare con
mano la dipendenza del Patrizio dal Pontefice. I messi di Pipino e di
Carlomagno venivano bensi sovente a portare saluti e donativi al
Papa , ed a richiederlo se ogni cosa procedesse prosperamenle , se
1 Qui (Pippinus) iureiurando eidem beatissimo Papae salisfecit, omnibus
MANDATIS EIUS, El ADMONITION1BUS S6S6 tOliS nisibUS OBEDIRE . . . Ut V6W beati
Pelri FIDELIS, atque. , . Ponlificis OBTEMPERANS MONITIS, direxit suos missosAi-
stulfo . . . Pippinus eiusdem beatissimi Patris AVDIENS ADIMPLENSQVE ADMOXI-
T/OA-BM, Deo dilectam pacem inientes etc. ANASTAS. in Stephana II, num. 243,
246, 2i8.
2 Tune rex Pipinus omnem Ponlificis VOLUNTATEM ADDIPLENS .... lega-
tionem ad Haistulphum misit Pipinus vero rex non poterat ea quae Ro-
mano Praesuli promiserat, nisi toto affectu cum Dei auxiiio adimpleret etc.
Annales Veteres Francorum , presso il MARTENE, Collectio amplissima etc.
T. V. — Pippinu-irex, INVITANTE ATQUE SUG&ERENTE Romano Pontifice, propter
iustitiam beati Pelri Apostoli a rege Longobardorum exigendam, Italiam
ingredilur etc. EGINHARDI Annales, a. 755'.
Serie V, vol. J, fasc. 341. 34 18 Maggio 1864.
530 IL PATRIZIATO ROMANO
gli bisognasse in nulla 1'aiuto del Re Patdzio; ma, quanto all'intra-
prendere cosa alcuna, non moveansi se prima non ne veniva lor dato
1' impulso , cioe falla la domanda dal Papa : e troviamo bensi , cbe
talora il Papa dovea replicar le istanze, sollecitare la venuta del regii
jnessi , spronare il Patrizio al pronto ed efficace adempimento delle
sue promesse , ma non veggiamo mai che il Palrizio presumesse di
precorrere, dettando od imponendo i proprii voleri al Papa. L'inizia-
tiva adunque, come oggi dicesi, cioe la prima mossa di tutte le im-
prese e di tulli gli atli spetlanti alia tulela palriziale , apparleneva
al Papa, e da lui parliva : il Patrizio non facea che secondare.
E siccome nell'intraprendere, cosi anche nell'eseguire egli dipen-
dea dal Papa, a senno di lui governando tulto 1'andamento deli'im-
presa. A cbiarirsi di cio , basta osservare il procedimento che te-
neano i regii messi, nell'adempiere 1'incarico loro affidato di rappre-
sen tan li e ministri della potesta patriziale. Essi aveano precetto
espresso dal Re di regolarsi in lutlo secondo il consiglio el'indirizzo
del Papa 1, a lui servendo pro exequendis faciendisque iustitiis beati
Petri 2, e generalmente pro utilitatibiis Ecclesiae 3, in tal maniera
che potessero meritare il gradimento di Dio e di S. Pietro. Quindi,
sopravvenendo a caso qualche nuovo affare , fuor di quelli per cui
eglino aveano avulo dal Re espressa missione , il Papa liberamente
valevasi dell'opera loro ; ai messi regii commetlendo nuovi incarichi
eziandio gravissimi , non altrimenti che se fossero suoi proprii uffi-
1 Dodo (missus Carlomanni regis), qui debuerat in sermtio beati Petri et
nostro fideliter permanere, ipse e contrario animae nostrae insidiabatur, non
agens iuxta id QUOD A suo EEGE ILLI PRAECEPTUM EST, IN SERVITIO BEATI PETRI ET
HOSTRA OBEDIENTIA FIDELITER ESSE PERMANSURVM 6tC. Ep'lSt. XLVl. — Qui(miSSi
regii} nobis fideliter intimaverunt ea quae illis INIUNCTA HABUIT vestra prae-
rectissima regalis potestas, ut SECVNDVM NOSTRUM APOSTOLICUM CONSILIUM, in
partibus Beneventanis, ila peragerenl etc. Epist. XCI. — Arvino duciiussiSTis
qualiter cum caeteris fidelibus vestris missis, ita OMNIA COMPLERE DEBEAT, SICUT
DEO PLACEAT ET BEAw PsTRO APOSTOio etc. Epist. XGII1. — Qui solerlissimus
vir (Itherius] in omnibus SECVNDUM VESTRAM NOSTRAMQUE DECERTAVIT VOLUNTA-
TEM, suique laboris constantiam, iuxta VT A VOBIS ILLI PRAECEPTUM FST, in ipsis
apostolicis exhibuit utilitatibus. Epist. XL VII. Cf. Epist. XI, etc.
2 Epist. XLVII.
3 Epist. XLI.
DI CARLOMAGNO 531
ciali. Cosi , nel 771 , trovandosi in Roma il messo Ubaldo, inviato
da Carlomagno pro ca$teris causis , il Papa Stefano III non dubito
d'inviarlo a Ravenna, perche aiutasse i Legati pontificii a cacciar da
quella Sede e condurre incatenato aRomal'intruso Michele; siccome
fu fatto 1. Che se al Papa avveniva talvolta di trovare i regii messi
men docili e pronti a' suoi voleri, ovvero poco zelanti degl' interessi
della S. Sede, ne scrivea tosto al Patrizio gravrdoglianze, pel man-
care che cosi facevano all' essenzial debito della lor legazione 2 ;
siccome , pel contrario , quando era di loro soddisfatlo , non Irala-
sciava di commendarli della lor fedella e solerzia in servitio beati
Petri et nostro atque vestro 3. Inollre e da notare che, se 1' opera
da loro richiesta doveva effettuarsi fuor di Roma , il Papa soleva
loro aggiungere i proprii rappresentanti , e indi spedirli a com-
piere di comune accordo Y incarico loro affidato 4 ; di modo che i
luogolenenti del Patrizio non esercitavano dentro lo Stato niun atlo
di potesta, senza che V intervenisse insieme 1'autorita, non solo del
Papa, siccome primo e sovrano ordinatore , ma quella eziandio del
ministri papali : cosi appunto richiedendo la natura dell' ufficio pa-
triziale , che era di aiutare il Papa e prestargli braccio forle , non
gia di governare in luogo suo , e molto meno fargli da padrone
in casa.
Quindi e , che i messi del Re Patrizio vengono frequentemente
chiamali , con titolo di ufficio insieme e di elogio , fedeli del Papa ,
non meuo che del Re , nostri vestrique fideles , fideles in servitio
beati Petri et nostro atque vestro 5 ; imperocche , se per 1' una par-
1 Hucbaldus a vestra directus regali, excelleniia PRO CAETERIS CAVSIS, ab
eodern praefato domno Stephano Papa, per vestrum a Deo roboratum regale
adminiculum, Ravennam MISSUS EST , ut eumdem praefalum Michaelium inva-
sorem ex ipsa Ravennate ecclesia expelleret, et hue Romam, tamquam trans-
gressorem sacrorum canonum, de ferret. Epist. XC1V. Cf. ANASTASIO in Ste-
phano III, num. 283.
2 Epist. XLVI, XC, XCI, XCIII.
3 Epist. XI, XLVII, LIX, LXXV, etc.
4 Epist. XXIX, LXIX, LXXH, XG1V etc. Cf. ANASTAS. al luogo teste
citato.
5 Ilherius. . . KOSTER ET VESTER SINCERUS FIDELIS. Epist. XLVII. — Directs
avestigio r eg alis excellence vestrae Ado, Deo amabilis diaconus, NOSTER VE-
532 IL PATRIZIATO ROMANO
te essi doveano ubbidienza e fedella al Re die li inviava, ubbidien-
za e fedelta dovean pure al Papa in cui servigio erano mandati ; e se
II loro Re medesimo, come Patrizio, professavasi fedele di san Pietro
e del Papa, tan to piu tal titolo di soggezione poteva darsi ad essi che
venivano a rappresenlarlo appunto siccorae Patrizio. E qui giova
nolare una differenza , che per avventura parra tenue, ma pure non
e di tenue significato in questa maleria. Laddove i raessi regii nel
Codice Caroline sono spesso chiamati fedeli del Papa , benche non
fossero civilmente suoi sudditi; ivi non leggesi mai che i messi pa-
pali, spediti in Franeia, siano chiamati fedeli del Re; quantunque,
come suddili pontificii , avessero anch' eglino un cerl'obbligo di fe-
delta verso il Patrizio , secondo che abbiamo da principio spiegato.
Ora qual puo essere la ragione di tal differenza? Se ben si mira,
non puo allcgarsene fondatamenle altra che questa: tra il Papa e il
Patrizio, per tutto do che spettava all' ufficio patriziale , cioe alia di-
fesa della S. Sede e dello Stato romano, correa la relazione di su-
periore e suddito , di Sovrano e ministro ; dunque i rappresentanti
del Papa non poleano , come tali , appellarsi con niun titolo che in-
dicasse dipendenza dal Patrizio; laddove i rappresentanti del Patrizio
non sol poteano , ma doveano , appunto perche tali , professare di-
pendenza dal Papa.
Alle prove fin qui arrecate per mostrare come la potesta del Pa-
trizio fosse dipendenle dal Pontefice, un ultimo argomento aggiun-
geremo, tratto dai limit! a lal potesta prescritti. Ma e da avvertire
Innanzi tratto , che la giurisdizione patriziale , nel primo conferirla
e nel successivo confermarla die i Papi fecero ai Re Franchi , non
ebbe mai un codice espresso di regole che piu o men precisamente
ne determinasse le attribuzioni e i confini : tutlo inchiudevasi in
quella formola generate , di difendere e proteggere in ogni caso di
STERQUE FIDELIS. Epist. LXVII. — Euntcs apud Savinense territorium NOSTRL
VESTRIQVE FIDELISSIMI MISSI, videlicet filius nosier Ittierius venerabilis abbas,
sen Maginarius religiosus capellanus etc. Epist. LXIX. — Verum FIDELEX
ipsum ( Georgium Episcopum ) VESTRVM NOSTRVMQUE reperientes, nimis eum vo-
lis commendari poscimus etc. Epist. LXXV.— Dum nobis praesentati fuissent
Ipsi missi vestri, HDELES IN SERVITIO beati Petri et NOSTRO ATQUE VESTRO repe-
rlmus etc. Epist. LIX. Cf. Epist. XLYI, etc.
DI CARLOMAGNO 533
bisogno la Chiesa e lo Stalo di S. Pietro; la qual formola, come
oguun vede , lasciava un -vasto e indefinite campo all' interpretare
fin dove polesse stendersi , nei casi pratici e cencreti , il braccio e
Taulorita del Patrizio. Quindi non era difficile ad accadere che que-
sli , o per soverckio zelo o per qualsiasi altro motivo , trascorresse
talora al di la del convenevole e pretendesse d' inlerporre la potesla
palriziale , dov'ella non era richiesta. Ma in tal caso 1'autorita del
Pontefice , come legge viva e perenne , interveniva tosto a raffrena-
re dentro i giusti suoi limiti il Patrizio; e questi, che in quell'au-
torila riconoscea la prima fonte e la norma sovranadella potesla pa-
triziale, non esitava punto ad obbedire.
Abbiamo di cio un insigne esempio , allorche Carlomagno verso
il 789, per mezzo del suo messo Ermenberto, offerse a Papa Adria-
no un Commemoralorium ossia Memoriale sopra 1' elezione dell'Ar-
civescovo di Ravenna; in cui , allegando il caso dell'elezione di Leo-
ne, fattasi gia coll' intervento del regio messo Ubaldo, parea conchiu-
dere , dover egli , come Patrizio , sempre intervenire co' suoi messi
in colali elezioni. Ma il Papa, nella cortese lettera che gli mando in
risposta 1 , facilmente lo chiari , cio esser contrario alia consuetu-
dine fin qui tenuta sotlo Pipino e sotto lui medesimo, ed alia liberta
dell'elezione che doveasi lasciare intera al clero e al popolo di Raven-
na ; il fatto d' Ubaldo essere stato un'eccezione , per lo straordinario
bisogno che allora v'era di abbattere lo scisma dell' intrusoMichele;
del resto , non porgesse facile orecchio alle male lingue che cerca-
vano di mettere dissapori tra lui e la S. Sede; e si persuadesse,
non esservi persona al mondo , a cui stesse maggiormente a cuore
I'onore del suo Patriziato 2 , fuori del Pontefice. Alle quali «rimo-
stranze non e dubbio che Carlomagno non siasi prontamente acche-
1 Epist. XCIV.
2 Itaque vestram suadentes regalem excellentiam quaesumus, ut linguas
dolosas quae adversus sanctam Romanam Ecclesiam garrire simulant, procul
dubio longe a vobis respuantur, et nullo modo us Iniquls et dolosis credere
iubeatis, quia, sicut in commonitorium (innanzi lo chiama commemoratorium)
Ulud referebatUTj PRO HONOEE VESTRI PATRICIATUS nullus homo esse videtur in
mundo, qui plus pro vestra regali excellentia decertare moliatur exaltatione,
quam nostra apostolica assidua deprecalio etc. Ivi.
S3 4 1L PATBIZIATO ROMANO
tato ; giacche non si trova niun indizio ch' ei promovesse mai piu
cotesta pretendenza , e d'altro lato si sa ch' egli seguito a mantenere
col Papa perfetto accordo di amicizia e di figlial devozione. II Mura-
tori in questa pretensions di Carlomagno y di aver mano nell' elezio-
ne dell' Ar civ escovo di Ravenna , vide un indizio della sua Sovrani-
ta nell' Esarcato 1 : noi al contrario vi scorgiamo una doppia pro-
va della sua patriziale dipendenza dal Papa : in prima , perche Car-
lo non oso intromettersi nell'elezione , senza fame innanzi tratto la
proposta al Papa , quasi da lui aspettandone la facolta , do che noo
avrebbe fatto , e non facea , per niuna diocesi di Francia o di Lom-
bardia, dov'egli era indubitatamenleSovrano; epoi, perche alia ri-
sposla negativa del Papa incontanente si arrese , ben sapendo che
al solo Papa apparteneva il defmire fin dove giungessero i diritli del
Patrizio nello Stato di S. Pietro, e che a niuno meglio che al Papa
doveva essere raccomandalo il manlenimento delle prerogative e de-
gli onori proprii del Patriziato da lui in pro della Chiesa istituHo.
Del rimanente, la quislione dei limiti della potesta patriziale non
diede mai gran briga ai Pontefici di quell' ela. La generosa e since-
rissima devozione dei primi Re Caroling! verso la S. Sede lenne
lontano quel pericolo, che pur suol essere si frequente nei gran Po-
tenlali, di valicare i confmi del diritlo, abusando della materiale po-
tenza, e di cangiare la ostentala protezione in vera signoria , se non
anco in oppressione. Certo e che tra i Re Patrizii eiPapidurosem-
pre streltissimo accordo; che Pipino e Carlomagno si mostrarono
sempre riverenti e docili airautorita del Pontefice, in lulto cio spe-
cialmenle che riguardava 1'ufficio patriziale; che niun liligio di po-
testa tra il Patrizio e il Papa sorse mai a intorbidare la loro armo-
nia; e se talora sorse un dubbio, e con esso un lontano principio di
controversia in tal punto , una parola del Papa basto a dissiparlo e
spegnerlo in sul primo nascere, siccome abbiam veduto nell'esempio
teste addolto. II qual esempio, dobbiamo aggiungere, eforse 1'uni-
co che siasi dato in tutta la sloria di quel Patriziato ; e certamenle e
Tunico di cui ci sia rimasta memoria, se pure non vuolsi riferire a
simil caso quello di cui parlasi in un' altra Epistola di Adriano a
1 Annali d' Italia, a. 794.
DI CARLOMAGNO 535
Carlo i , dove il Papa novamente assicurando 11 Re , esser egli con-
servalore gelosissimo dell'onore del suo Patriziato, e pregandolodi
non far niuna novita nell'olocausto gia offerto da Pipino e da lui me-
desimo a S. Pietro, senabra alludere a qualche abuso di potesta, in
cui certi malevoli della S. Sede studiavansi di condurre il Re Patri-
210 : del che ci accadra di parlare piu stesamente altrove.
Da qualunque lato pertanto si risguardi la potesta del Palrizio, o
nella sua origine , o nell'atto e nel modo dell'esercitarsi , o nei limit!
che le erano prescrilti , ella sempre apparisce in aspetto di potesta
dipendente dal Papa, ovvero, oome allri chiamanla, di polesta de*
legata. Nel tempo stesso, 1'altro suo carattere, che abbiamo sopra
spiegato , di potesta straordinaria , ordinata solo a difendere nei ca-
si di bisogno i dominii della S. Sede , non gia a governarli, dimo-
stra essere lontanissimo dal vero, che mediante il Patriziato avessero
i Re Franchi la Prefettura ossia il governo di Roma e del Ducato
romano , o delle altre province di S. Pietro.
I/ uno e J'altro poi di questi due caratteri essenziali di tal potesla,
assolutamente esclude la sentenza di coloro che ripularono , i Re
Franchi aver posseduto, in virtu del Patrizialo romano, 1'alto domi-
nio, o la Sovranita sia di Roma, sia deU'Esarcalo, o di qualsivoglia
parte dello Stato pontificio. Laonde, a confutare 1'opinione di tal So-
vranila, non.sarebbe d'uopo aggiunger sillaba alle ragioni gia da
noi arrecate. Siccome nondimeno cotesta opinione , per T autorita e
il numero degli scrittori che la favorirono, ha otlenulo si gran forza
nelle menti di molti, che non e facil cosa lo sradicarla di primo trat-
to; e poiche in essa e riposlo 1' error capilale in questa materia; non
crediamo superfluo 1' indugiarci a confutarla ancor direltamente, re-
cando in mezzo nuovi argomenti a provare , che ai Re Patrizii per
niuna guisa appartenne siffatta Sovranita , e che il vero ed unico
Sovrano di Roma e di tutto lo Stato di S. Pielro, nei tempi del Pa-
triziato , altri non fu che il Ponteflce.
1 Sed quaesumus vestram regalem potentiam NULLAM NOVITATEM IN HOLO-
CAUSTVM, quod beato Pelro sanctae recordationis genitor vester oblulit et ve-
stra excellentia amplius confirmavit, imponere satagat ; quid, ut fati estis,
aoNOR PATRICIATVS vESTRi a nobis irrefragabiliter conservator , etiam et plus
amplius honorifice honoratur etc. Epist. XCVIIL
1 PRINCIPII DELL' OTTANTANOVE
ESPOSTI ED ESAMINATI1
Nell' Agosto dello scorso anno prendemmo ad esporre ed esami-
nare i soprascritti Principii ; e, nel cominciare quella traltazione, di-
chiarammo le ragioni, che ce 1'aveano persuasa. In cinque articoli,
dei quali 1' ultimo fu pubblicato nel Novembre dello slesso anno, si
potea dire condotto quasi al termine quel lavoro, tanlo che con al phi
due altri articoli avrebbe esso potuto avere il debito compimento. Nei
dodici paragrafi, in che quegli arlicoli erano divisi, fu stabilito, quei
Principii doversi trovare nella Dichiarazione dei diritti dell uomo,
proclamata dall' Assemblea francese del 1789 , e di quella si reco il
testo ; fatte poscia alcune considerazioni generali sopra quel famoso
documento, se ne esamino il prearabolo, e quindi si venne a discu-
tere il corpo, diciamo cosi, della Dichiarazioue stessa, avendo 1' oc-
chio piu alle materie , che vi sono definite , che non ai diciassette
articoli, in cui essa e divisa. Cosi fu certato della naturale liberla
ed uguaglianza degli uomini , del fine della societci civile , e dei di-
rilti, che in quella competono al cittadino; della resistenza all' op-
pressione; del principio di ogni sovtanita, voluto costituire nella
nazione; della natura della liberta; di qualche parte buona che in
quel documento si trova e della sua pratica sterilila; del potere le-
gislativo attribuito esclusivamenle alia nazione; e da ultimo della li-
1 Vedi questa Serie V, vol. VIII, pagg. 438 e segg.
i PRINCIPII DELL' OTTANTANOVE ESPOSTI ED ESAMINATI 537
berta di coscienza, sottintesa nell'articolo decimo. A questo termine
condotta quell'esposizione e quell'esame, non vi restava, che il trat-
tare della liberta del culti e della stampa, asserite enlrambe come
diritti natural! dell'uomo, in quello stesso articolo decimo e nel se-
guente; ed , oltre a cio , del pregio e del bisogno delle Costituzioni
scritte, menzionati nel decimosesto.
Ma quest' ultima parte dovett' essere tiifferita d'uno in altro qua-
derno fino al presente ; e cio non tanto per materie piii rilevanti che
ci stringessero (che appena se ne saria potuto trovare altra piii rile-
vanle di questa) , quanto perche le sopravvenute essendo spesso se
non identiche, almeno molto analoghe colla trattazione dei Principii
dell'89, dall'accoppiarle nei medesimi quaderni avrebbe sofferto
quella variela di soggetti, a cui pure bisogna avere riguardo nell'or-
dinare un Periodico. Da un' altra parte quell' analogia medesima
avendoci obbligato a traltare appunto di quei soggetti, che restava-
no al compimento di quelle prime trattazioni ; e vogliamo dire la
liberta dei culli e della slampa, ed il pregio delle Costituzioni scrit-
te; noi, senza ricordarlo nel titolo, si puo dire che sustanzialmente
avevamo compiulo quel lavoro, sopra del quale non avremmo poluto
rifarci, senza ripetere le cose gia delte. Oltre a cio, lo scrivere, che
da tanti in questi ultimi mesi si e fatto sopra un tale soggetto 1, ren-
deva ogni giorno piu agevole un ravvicinamento dalla parle di al-
euni egregi e benemeriti Cattolici, i quali sembravano intorno a
quelli non portare giudizii abbastanza accurati; anzi puo dirsi,
ehe il ravvicinamento sia quasi interamente seguito a rispetto di un
loro gruppo, per zelo di religione e per merito di dottrina, forse il
piu ragguardevole. Le nSbili parole, onde gli scrittori del Corre-
spondant ban chiuso il loro quaderno del passato Aprile, sono vera-
1 Ne scrisse pure, brevemente si, rta molto accnratamenle, e con singo-
lare chiarezza ed esattezza d' idee il P. Francesco Kestens d. C. d. G. in un
suo opuscolo intitolato: La liberte des cultes et le droit de I'Eglise. Louvain
1864. Raccomandiamo la lettura di questo libretto di non piu che 32 pagine
(citiarao la seconda edizione aumentata) a quanti desiderano vedere quanto
agevolmente chi ha perspicacia e buona fede puo conciliare gl'immortali
ed eterni principii della verita colle mutabili contingenze dei tempi.
538 1 PRINCIPII DELL" OTTATMTANOVE
mente degne di una rettitudine, che s'ispira dalla religione, e la loro
leale docilita nel volersi attenere agl'insegnamenti della Chiesa e alte-
stata da una espressione, dalla quale non si potea meglio significare
quale dev' essere il contegno di un Cattolico a rispetto delle cosi det-
te liberta moderne. Lamenlando essi come , in un caso particolare,
alia Chiesa si dinegava quella liberta, che pur si concede ai suoi ne-
mici, soggiungorio queste n6tevolissime parole : Cosi da qualnnque
lato noi ci voltiamo, la liberta e il RIMEDIO, che noi Iroviamo, e la
quale noi SIAMO RIDOTTI ad esigere pel ciltadino , come per la
Chiesa 1. Oltimamente detto! Quelle liberla non sono che un rime-
dio, al quale alcune contrade sono ridotte a dovere avere ricorso !
Questo e precisamente, secondo il veder nostro, il concetto cattolico
romano delle liberta moderne ; e quando si stia fermo a questo car-
dine, accettandone le legitlime illazioni, non vi puo essere piu pe-
ricolo di dissenso.
Tornando ora alia trattazione inlorno ai Principii dell' 89 secondo
1'aspetto scientifico (che secondo il pratico \i rimane mollo a dire,
e forse ne diremo), essa potea tenersi per finila. Tuttavolta restava
sempre acceso un debilo verso dei nostri lettori, tra i quali non e
mancato chi ce ne ricordasse genlilmeiite 1' adempimenlo ; e noi,,
che ne abbiarno lanti altri verso di loro, vogliamo almeno satisfare-
a questo. Perlanto in due articoli, partiti in quattro paragrafi, com-
piremo Tintramesso lavoro, esaminando, come sopra fu detto, le
liberla dei culti e della stampa, il pregio ed il bisogrio delle Costitu-
zioni scritte, e nell' ultimo aggiungendo qualche considerazione ge-
nerate, che si raccoglie dalla esposizione e dall' esame di quei Prin-
cipii. Che se ci avverra di ripetere cose dfclte da non gran tempo, ci
con.fidiamo che le spiegazioni date siano per baslare ad iscusarcene.
1 Ainsi de quelque cote que nous nous tournions, c'est la liber te que nous
tronvons pour remede, et que nous sornmes reduits a reclamer pour le ci~
toy en comme pour I' Eg Use.
ESPOSTI ED ESAMINATI 539
XIV.
Delia liberta religiosa o del cnlti sottintesa nelF articolo decimo
delta Dichiarazione del diritti dell'uomo.
Traitando Del paragrafo precedente della liberta di coscienza, in-
(endevamo bene , die la pienezza di quella avrebbe richiesta qual-
<jhe cosa di piu, che non e il semplice manifestare la propria ade-
sione coll' intelletto e colla volonta a cio che si e conosciuto per ve-
ro, ed a cio che si vuole abbracciare per bene. Perciocche potendo
la coscienza detlare, siccome dovere, 1' esercitare con alti esterni la
religione che si professa ; in queslo caso quella liberta si deve esten-
dere fino al diritto di non essere irapedito in quell' esercizio ; ne ci
e atemere che questo turbi 1'ordine esterno stabilito dalla legge, non
si potendo supporre, che un culto legittimo faccia contraslo ad un le-
gitlimo ordinamento civile. Noi pertanto crediamo, che questa se-
conda liberla, che potrebbe dirsi religiosa e suol chiamarsi dei cul-
It, sia alquanto diversa dalla semplice liberta di coscienza; se pu-
re non voglia dirsi che quella prima include questa seconda , e le
aggiunge non pure la manifestazione per atti esterni diversi dalla
sola parola , ma eziandio qualche cosa di comune e di sociale : es-
sendo manifesto che la liberla di coscienza si puo rispettare o lede-
re anche in un solo uomo individuo, e per avventura non si potreb-
be altrimenli, essendo la coscienza cosa essenzialmente individuale;
laddove la liberta religiosa o dei culti suppone una religione gia
costituita comechessia, ed un culto che possa pubblicamente prali-
sarsi: cose che richieggono multiplicila di persone e condizione in
certa maniera sociale e comune. Ma sia che si voglia della distin-
zione Ira quelle due maniere di liberta , noi per amore di chiarezza
abbiamo giudicato meglio traltarneseparatamenle; quantunque spes-
so 1' una non si soglia scompagnare dall' altra negli scritti di coloro,
che in questi ultimi tempi ne hanno discorso.
Ora se per la libert& di coscienza vi e un senso, nel quale essa e
lanto propria della Chiesa, che questa, stata la prima ad averla ve-
ramente ed universalmente introdotta nel mondo , la novero sempr6
510 i PRINCIPII DELL' OTTANTANOVE
tra le piu nobili e pure sue glorie ; non puo dirsi lo stesso di quella
dei culli, la quale nella supposta multiplicita di questi acchiude neces-
sariamente qualche cosa di condannevole e di assurdo. Non ignoriamo
come intorno a quella vi sono dispareri non lievi dalla parte di Catto-
lici molto benemeriti della Chiesa, e per altri capi ragguardevoli ; ma
forse se si va al nucleo vivo della controversia, si trovera che per pa-
recchi il disparere e piu di forma, che di sustanza: quantunque, per
la dilicatezza somma della materia, il non tenere abbastanza 1' occhio
a questa distinzione puo schiudere la via ad errore non lieve, che si
fa poscia origine di pericolose inclinazioni. II quale nostro pensiero
si fara chiaro osservando, come nel Iraltare la quistione della liberta
dei culti , dagli uni si considera questa per se medesima , in modo
teoretico, assoluto e quasi astratto, prescindendo dalle speciali con-
dizioni, ond'essa uei casi particolari puo essere giustificata : dagli
altri si considera in modo pratico , relative e concrete , facendo il
precipuo fondamento in quelle speciali condizioni, che dai primi non
sono per nulla considerate. Qual niaraviglia pertanto che, movendo
da cosi diversi principii , si riesce a conseguenze non pur diverse
tra loro, ma contrarie e conlradditorie? Cosi, per un modo di esem-
pio , se voi considerate il cibo a rispelto della vita animale per se
medesima , senza verun riguardo ad aggiunti accidenlali , in cui un
animale individuo puo versare,, voi dovete di necessita conchiudere,
il cibo essere cosa alia vita animale convenientissimo, ed anzi indis-
pensabile per mantenerla. Ma se voi scendete ad un individuo par-
ticolare in dato tempo, in tal luogo, e circondato dalle tali e tali al-
Ire condizioni, puo avvenire caso di trovarlo affetto di tali aggiunti,
che per esso il cibo sarebbe veleno ; tantoche a mantenere la vita ,
non vi sarebbe altro mezzo , che 1' astenersene. Non e dunque una
sofisticheria da permalosi moralisti quella distinzione della cosa con-
siderata o in se, o nei casi particolari: essa e anzi nella presenlc
materia quasi il tutto della controversia, la quale si vedrebbe per av-
ventura, non che risoluta, ma sparita, tanto solo che si volesse par-
lar preciso, edeterminare accuralamenle il soggelto di cui si tratta.
II non farlo, e peggio ancora il non volerlo fare, non serve^ad al-
tro , che a crescere la confusione e fomentare dissensi tra persone ,
ESPOSTI ED ESAMINATI 541
le quali, per servigio della causa sanlissima che difendono, come sono
di un cuore solo, cosi dovrebbero essere di im solo labbro. E fosse
questo il solo danno che da quella confusione si deriva !
Cosi, per ragione d' esetnpio, chi perorando la causa della liberta
dei culli, espressamente ed iterataraente dichiarasse, da lui non con-
siderarsi quella liberta per se medesima nella condizione assoluta
della societa e nel suo stato , come dire , normale ; lui non volerla
fare da teologo o da filosofo teoretico, ma essere semplicemente po-
litico e storico , che esamina le opportunita praliche dei tempi e dei
luoghi, e del merito delle fatte provvisioni giudica dalle opporlunita
individuali e dagli effetli , che ne sono narrati dalla storia od alte-
stati dair esperienza ; chi , diciamo , cio dichiarasse , o noi non ve-
diamo nulla, o con una tale dichiarazione non verrebbe per questo
capo a dipartirsi dagl' insegnamenli della Chiesa. Perciocche que-
gl' insegnamenli riguardano appunto la quislione per-se medesima,
nelle condizioni assolute e normali della societa , come si considera
dai leologi e dai filosofi teoretici. Purtutlavia, sebbene egli sarebbe
in qualche modo nel suo diritto, omettendo quel lalo assoluto e specu-
lative della quistione, per atteriersi unicamente al relative ed al pra-
tico ; non e men vero pero che il primo e propriamente lo scien-
tifico, il dottrinale , quello che, riguardando 1' intima ragione della
cosa, costituisce quella immobilita ed invariabilila del sapere, la qua-
le lo rende veramente scientiflco. Ne ometteremo di osservare, come
quell' atlenersi streltamente al lato pralico della quislione, senza vo-
lere o levarsi phi alto, o penelrare piu addentro, potrebbe farsi
principio di un errore non lieve, dai quale il medesimo pregio della
verila parlicolare sarebbe non mediocremente offuscato e quasi che
non dicemmo tradotto ad essere errore. Perciocche la considerazione
dell' in lima ragione della cosa rivelandovi cio che e perfetto e con-
forme alia divina ordinazione , o , come dicono , ideale ; voi , con
esso innanzi alia mente , intendete toslo quello a cui dovete ten-
dere ; e se per la necessila delle cose non vi avverra di "giunger-
vi , voi , fermandovi al di qua , vi reslerete come chi accelta o sce-
glie un male minore , e se volete ancora un bene relative. Laddove
trasandando 1' ideale e 1'assolulo , voi correte rischio di tenere come
542 i PRINCIPH DELL' OTTANTANOVE
otlimo per se medesimo cio , che appena puo dirsi bene in ragione
delle circostanze : nel che , oltre all' errore ? che e sempre un male
dell' intelletlo, occorre eziandio il grave inconveniente di perdere di
vista la vera perfezione , alia quale ogni operante ragionevole deve
mirare. A noi non sembra vero cio che alcuni sogliono affermare ;
che cioe quell' ordine di cose, che noi diciamo perfelto ed assolulo ,
sia per tutto ed in ogni sua parle obliterato , e molto meno che sia
impossibile il vederlo mai rislorato. Ma fosse pur cosi , cio non to-
glierebbe un apice all' intrinseca sua verita e rettitudine ; ed il vo-
lerlo o far cadere dalla memoria od attenuare nella stima dei con-
temporanei , sarebbe oltraggioso alia verila non meno, che ai nostri
antichi, e per poco non ci condurrebbe ad amare e desiderare la ma-
lattia per amore del rimedio : e vogliamo intendere quelle pubbliche
alterazioni, che c' imposero la dura necessita di diparlirci se non da
cio che essi insegnarono, almeno da cio cbe essi praticarono.
Queste considerazioni , da noi gia falte altre volte nel trattare ma-
terie analoghe a questa, si renderanno via piu chiare dall'applicar-
le, che faremo, alia liberta dei culti ; e per meglio ottenerlo com-
prenderemo tutto in due proposizioni , le quali colla possibile brevi-
ta dimostreremo. La prima riguardera la cosa perse medesima, se-
condo la sua ragione assoluta ed uuiversale ; il quale modo per noi
e principalissimo, capitale e quasi il tutto; e benche sia da alcuni
egregi Gallolici in vero studio prelerito, siamo riondimeno sieuri che
essi non inconlrerebbero alcuna difficollaad aramellerlo. La seconda
riguardera la cosa nella pratica applicazione a tempi particular! ed a
parlicolari contrade, la quale e la maniera in cui solamenle da quei
medesimi scriltori suol essere considerata ; e da quella si vedra, che
noi ammeltiamo senza difficoHa cio che da loro si afferma , se solo
se n' eccettui quel soverchio magnificare che talvolta si fa, gli effetti
.salulari di una prowisione, che sarebbe sempre la-menlabile nelle ca-
gioni che la rendono necessaria, e le quali da nessuna preziosila di
effetti potranno mai essere giustamente compensate.
PROPOSIZIONE PRIWA. La liberta dei culti, considerata per se me-
desima e prescindendo dalle peculiari condizioni di tempi e di paesi
deter minati, e assurda per cio che suppone, ed e antisocial per cio
ESPOSTI ED ESAMINATI 543
che produce; e perb non pub mai riputarsi bene assoluto, e molto
meno pub desiderarsi e procurarsi siccome tale.
Benche non ne sia lo scopo unico , come volea la Dichiarazione ,
e certo uffizio precipuo dell'Autorita civile 1'assicurare a tulti i citta-
dini 1'esercizio legiltimo dei loro diritti, tutelandoli, quando uopo
e , della sua prolezione , sicche da altri non ne siano impediti od in
qualunque altro modo disturbati. Ora nessuno neghera tra quei di-
ritli noverarsi anche quello di esercitare un culto prescritlo e rego-
lato dalla religione, die i component* una societa civile hanno libe-
ramente abbracciata ; e se il Governo ha il dovere di proteggermi ,
sicche non mi sia impedito d'andare a spasso, o di comperare e ven-
dere cio che mi garba, non si vede perche non debba fare lo stesso,
affine die non mi sia tolto di riunirmi con pochi o molti, come piu
mi talenta, a pregare in un tempio, o a sentirvi una predica, a par-
tecipare ad un rito, ed anche a celebrare una processione per le con-
trade. Ne vale il dire che il Governo non se ne briga, non se ne
inescola. Se non se ne briga e non se ne mescola esso , me ne bri-
go e me ne mescolo io , che ho verissimo diritto di non patire offesa
per questo capo nientemeno , che per gli altri ; ed a questo mio vero
diritto risponde un dovere non meno vero nel Governo- Certo negli
stessi Stati gia Uniti di America, dove lo Stato, piu che in qualunque
altra conlrada del mondo , si professa straniero a tutto cio che si at-
tiene a religione, quella protezione e, almeno in diritto, stabilita co-
me parte del pubblico ordinamento ; e benche nei casi minori , mas-
sime a riguardo dei Cattolici, molto spesso non se ne faccia niente,
Ti sono tuttavia delle circostanze, in cui si fa e si fa davvero. Sup-
poslo pertanto che in una societa si professi universal menle il Cat-
tolicismo , ivi la liberta non dei culti , ma del culto sara un vero ed
imprescritlibile diritto , che solo per somma iniquita polra essere
dinegato ; ed , oltre a cio , il conferire quel dirilto ad altri culli , e
peggio a tutti i culti , sara oltraggio solenne alia societa stessa, e
nel Governante non potra essere effetto , che di una di queste due
cagioni ; e se ne trovaie una terza , yogliate essere cortesi di signi-
ficarcela. 0 cio sara, perche esso crede vere tutte le religioni, il che
torna quasi al medesimo, che a non crederne nessuna; ed allora ci
i PRINCIPII DELL OTTANTANOVE
si dica, come un cosi enorme assurdo, nella mente del Governante,
si possa fare principio di ordine e di giuslizia nelle relazioni tra i
governati. 0 cio avverra, perchc esso, credendone una sola vera e le
altre false , giudica noridimeno , che tulle debbano essere tratlale
ad un raodo ; ed allora \' allribuire i medesimi dirilti alia verila ed
all'errore ci pare assurdo se non piu grave, cerlo piu manifestamcn-
te ingiuslo del non distinguere 1' uno dall'altra. Ed e si prepotente
il senlimento di una tale ingiustizia , che ivi medesimo , dove la li-
bertadei culti, anche non circoscrilta esplicitamentc aisoli culti cri-
stiani, e passata, in forza dell'arlicolo decimo M\a Dichiarazionc ,
nel diritto comune , non si consentirebbe 1* esercizio pubblico del
Maometlismo o della Idolatria ; e noi non sappiamo che in Parigi ,
esempligrazia, anche tra le vertigini della piu sbrigliata licenza, sia
stata mai innalzala una Moschea od un Pagode.
Ecco dunque qual e la verila , secondo che si raccoglie dalla in-
tima ragione delle cose , quali dall'Ordinalore supremo furono co-
stituite , e senza riguardo agli element! disordinati , che dalla igno-
ranza o dalla malizia umana vi possono essere stati introdotli. La
religione vera non e , non puo essere , che una per tutto il genere
umano: poslalato che da nessuno mai fu rccato in forse, prima che
1' ipercritica alemanna , colla sua filosofia dell' identita , facesse la
pellegrina scoperta, che le asserzioni piu disparate, come I'afferma-
zione e la negazione , Y essere ed il non essere , possouo accoppiarsi
otlimamente nell' apprensione deir intelletto medesimo. Quando dun-
que quell'unica religione vera si professa da tutta una societa, da go-
vcrnanti e da governati , quelli hanno il dovere di tutelare a qucsti
quel sommo dei beni ; e quesli hanno alia lor volta il dirilto, che
quel bene venga loro tutelato, senza che alcuno possa mai arrogarsi
la facolta di comunque introdurvi e praticarvi un culto , il quale ,
contrario a quella , od anche solo diverso da quella , pero solamenlc
sarebbe illegittimo , eriuscirebbe, oltre a cio, gravemente pregiu-
diziale, scomunando la comunanza, come dicevano i noslri anlichi,
e rendendo principio di dhisioue quel fondamento d' ogni umana
convivenza, il quale, appunlo dal religare che fa gli animi, fu det-
to meritamente Religione. Pero dicemmo che quella talc liberta,
ESPOSTI ED ESAMINATI 515
oltre agli assurdi die presuppone, e essenzialmente anlisociale , per
le division! che introduce e fomenta.
No accade lasciarsi mollo commuovere dalle fosche dipinlure, che
si fanno, dei disconci che possono venire e spesso sono verwti alia
Chiesa , dalle protezioni governalive. Se a rigetlare una verita pra-
lica bastasse mostrare un incomodo anche grave che se ne puo deri-
vare, forse delle tante, ond' e regolata la vila, non resterebbe in piedi
pure una sola. Nessuno piu di noi lamenta e detesta gl'indegni pro-
cedimenli di non pochi Potentati anche cattolici, i quali, sotto pre-
testo di proteggere la Chiesa, la vollero rendere serva, dando ai
popoli uno scandalo , e togliendo loro un freno soave ed efficacissi-
mo , fino a portarne, in ultima conclusione , essi pei primi i panni
laceri e la vita pesta. Ma per quanto si vogliano gonfiare o spremere
quelle violenze governative , non se ne cavera mai una mentila alia
dottrina che insegna, ottima condizione di una societa essere quella,
in cui tulti, rettori e relti, professando la religione medesima, i pri-
mi nei limit! del ragiorievole e del giuslo , assicurano ai secondi la
protezione necessaria, perche le parti esteriori della religione stessa
possano debitamente esplicarsi e prosperare. Che se i danni venuti
dall' abuso di un tale sistema si possono noverare, sono per contrario
innumerabili ed ineslimabili i vantaggi, che dall'uso regolato di quel
sistema colse 1'Europacristiana; in quanlo tulto cio, che costituisce
il patrimonio della sua vera civilta, e dovuto a quello.
SECONDA PROPOSIZIONE : La liberta dei cidti, a rispello delle pecu-
liari condizioni di un dato popolo, pbtendosi considerare come un '
lene relativo, non m e alcuna difficolla, che essa sia conceduta e
guarentita anche da governanti cattolici.
E potremo essere mollo brevi a dimostrare questa, per la quale
non sappiamo di avere avversarii che la neghino ; e pero anzi che
dimostrarla, che sarebbe un predicare ai converliti, bastera dichia-
rarne in pochi tratli il valore. Ora, come allrove fu gia da noi con-
siderato, nelle cose morali nulla e piu frequente di questo, che una
massima per se , in universale evidente e giuslissima , si debba o
trasandare o modificare notevolmente a riguardo di particolari cir-
coslanze , che ne accompagnano nel caso concrete 1' applicazione.
Serie V, vol. Xf fasc. 341 . 35 23 Maggio 1864.
546 i PRTNCIPII DELL' OTTANTANOVE
Ponete esempio la correzione paterna : qual cosa piu legiltima , piu
ragionevole di questa ? E pure in quanti casi la prudenza suggerisce
cd impone ancora al padre di differire, di temperare in parte e forse
eziandio di omettere una correzione, della quale avrebbe, fuori di
quelle circostanze, il diritlo ed il dovere? Per Ian to, supposto che in
una societa abbia gia avuto luogo quella scissura religiosa, per cui
ancora evitare noi dicemmo illecita la liberta dei culti, puo benissimo
avvenire, che 1'autorita civile prevegga mali assai maggiori nel di-
negvarla, che nel concederla ; puo sperare eziandio qualche vantaggio
non isprezzabile da quella concessione, sia coll' ammorbidire ammi
esasperati, sia coll'ottenere ai Cattolici quella condiscendenza che si
pratica coi dissidenti. In questi casi e indubitato che quella liberla
puo, non che lecitamente, molto lodevolmente consentirsi ; e si e con-
sentita di fatto coir assenso della stessa Chiesa ; la quale, riprovan-
dola pure e condannandola per se medesima, ha permesso tuttavia
che 1'Episcopato francese ed il belga giurassero fedelta alle rispel-
tive Costituzioni dei loro paesi, nelle quali quella e espressamenle
stabilita.
E dicemmo bene stabilita come una provvisione conveniente a
quella determinata contrada ; non come un diritto , che si conferisse
all'errore, o che universalmente si riconoscesse inlui; talmente
che quella liberta non e propriamente altro , che una tolleranza ,
la quale si crede spediente di praticare cogli erranti : i quali , sia
colle Costituzioni giurale, sia con patli espressi , sia con prescrizio-
ni lunghe o consuetudini , che pigliarono forza di leggi , vi possono
acquistare un vero diritto. Quando cio sia avvenuto, nessuno rivoco
inai in dubbio, che i Cattolici in generale, ed i Governi, e qualnnque
altra autorita sacra o profana abbiano dovere di rispetlare quel di-
ritto acquisito, salvo la condizione generale, che si appone al mante-
nimenlo di tutli i diritti; che cioe non si trasmodi nell' esercitarli, o
che dat loro esercizio non ridondi danno grave ed evidente al comune.
Ne sono altro che prette calunnie o sospizioni arbitrarie quelle voci,
che jialla bieca malevolenza si mandano attorno; die cioe i Cattolici,
danclo vista di essere content! della liberla dei culti, dove hanno poche
aderenze e piccole introduzioni, ne diverrebbero distruggitori, come
prima si fossero fatti padroni del cam po. No! torniamo a dire : sono
ESPOSTI ED ESAMINATI 517
prette calunnle e gratuile sospizioni ; e ci pare eke noi di lull' altro
possiamo essere accusati, che di non dir chiaro il noslro pensiero.
Per noi (e do valga di conclusione) questa liberta, per se medesi-
ma, simpliciter, e un male in quanlo presuppone error! dommalici
professali da molti, e lende a scindere un popolo in quello proprio,
ehe piu di tiitlo dovrebbe contribuire a tenerlo unito ; e pero ci pare
un delilto di tradimento il volerla introdurre quasi per forza tra po-
poli universalmente cattolici, dove non ha alcuna ragione di essere,
se non fosse quella sdolcinatura ridicola della liberta pertutti: mas-
sima che solo puo professarsi da chi piu non distingue il vero dal.
falso, ed il bene dal male. Ma quando quella hauna vera e legittima
ragione di essere , quale per fermo e il diritto alia tolleranza che i
dissidenli avessero legalmente acquistato, i Catlolici, senza dissimu-
lare che sarebbero molto contenti di vedere cessate le cagioni , che
legittimarono un tale diritto , fmche quelle e questo rimangono , lo
rispettano , hanno per legge il rispettarlo ; ed e cosa per lo meno
puerile il mostrarsi impensieriti della possibilita , che essi abbiano
niai ad esercitare prepotenze, uomini che in virtu dei loro stessi prin-
cipii religiosi sono obbligati a condannare ogni genere di prepotenza.
XV.
Qui si cerca se la liberta della stampa sia un diritto naturale
deir uomo.
Come delia liberta dei culti, cosi di quella della stampa si posso-
no avere due mollo diverse opinioni : si puo pensare che questa se-
conda sia un diritto naturale deir uomo, e si puo considerare come
provvedimento od istituto umano , che abbia il suo fondamento giu-
ridico nella Costituzione o nelle leggi di alcuni speciali paesi. I legis-
lator! dell' 89 furono del primo avviso ; ed avendo affermato nell'Ar-
ticolo Xt , che la liber a comunicazione dei pensieri e delle opinioni
e uno dei diritti piu preziosi dell' uomo ; soggiunsero loslo : e pero
ogni cittadino pub parlare , scrivere , stampare liberamente , salvo
il rispondere, che dovra fare, dell' abuso di questa liberta net casi
determinati dalla legge.
548 i PRINCIPII DELL'OTTANTANOVE
Ora, a mostrare 1'assurdita madornale di una tale affermazione, a
noi pare die per le persone assennate potrebbe bastare il considera-
re solamente come, dalla invenzione della slampa, fino a quell' anno
1789, die vuol dire per ollre a tre secoli, diquel diritto imprescrit-
tibile dell' uomo nessun uomo avea ayuto, non che pensiero di riven-
dicarlo, neppure T idea di possederlo. E cosi.se il mondo ha aspet-
talo tanto tempo per accorgersene , fino a doverne essere ammonito
daU'Assemblea costitucnte di Franda, do potrebbe servire d'indizio
non ispregevole, che quel diritto naturale veramente non vi e ; in caso
diverse dovremmo supporre possibile, che un bel giorno da qualche
altra assemblea ci siano rivelali altri noslri dirilli nalurali, di cui il
genere umano non ha avulo fin qui alcun sospetto. Che se alia boria
forsennata di quei Costituenti si addiceva bene la pretensione di farsi
scopritori di nuovi diritti natural!; qualunque uomo d'intelletto deve
rimanere stomacato alia superba presunzione di chi s'immagina, che
un diritto naturale dell' uomo sia stato per si lungo tempo tra le na-
zioni cristiane disconosciuto e conculcalo , e sia tutlora in qualche
contrada , alia quale solo i barbari (e fosse pure di Parigi e di Lon-
dra) possono dare 1'appellazione di barbara.
Da un' altra parte se si considera 1' intrinseca natura della cosa ?
non solo non si trovera alcuna ragione naturale di quel diritto ; ma
si trovera precisamenle il contrario. Ed a qual fondamento, se il ciel
vi salvi, vorreste voi appoggiarlo? Voi sicuramente non ricorrerete
alia facolta naturale di parlare, la quale, disdplinala dall'arte e dal-
1'uso, diviene facolta di scrivere e di multiplicare, come che sia, gli
esemplari delle proprie o delle altrui scritture. Perciocche allora, pel
medesimo titolo, dalla facolta naturale che ha Tuomo di trattar colic
mani ogai maniera di oggetli material!, si potrebbe fnferire in lui il
diritto naturale di portare le armi ; e pure do e quasi sempre dalla
legge disdelto , e solo , con grandi restrizioni ed in cerli casi soli ,
a sole certe persone e consentito. Per tan to la verila e che, essendo
la stampa un mezzo artificiale e potentissimo per la diffusione della
parola parlata o scrilla; la natura inlomo ad essa non ci dice nullay
non determina nulla , se non fosse queslo , che , enlrando nella con-
dizione generate di tulti gli strumenti arlificiali , puo servire ugual-
mente al male ed al bene ; e come la coscienza impone all' uomo indi-
ESPOSTI ED ESAMINATI 549
\iduo il dovere di non servirsene pel male, cosi 1'autorila sociale ha
il dirilto di ordinarne 1'uso per modo, che esso non riesca pregiudi-
cievole al bene comune, a cui TaiUorila stessa e preposta. Ne a spe-
cular vi sopra quanto vogliate , voi troverete una ragione inlrin-
seca, la quale valga a dimostrare , cio potersi fare con provvisioni
repressive, che puniscano il male gia fatto; non potersi con preven-
tive, che impediscano il male che verosimilmente sara fatto. E forse
che la medesima Dichiarazione non ci fornisce quanto basta per pro-
vare, che quel diritto, anche in sua sentenza, non vi e? Essa stabili
nell'articolo quarto, la liberta consistere nel poter fare tulto cib che
non nuoce ad altrui, ed aggiunse nel decimo, la manifestazione del-
le proprie opinioni poter essere impedita dal potere civile, ogni qual
yolta lurbasse 1'ordine pubblico stabilito dalla legge. Ora essendo per
se evidenle che la stampa nuoce talora ed anche non leggermente ad
altrui, e che per essa si lurba spesso 1'ordine pubblico stabilito dalla
legge; ne seguita per filo di logica che , anche in sentenza della Di-
chiarazione , la liberta della stampa non puo essere un diritto natu-
rale non soggetto a costringimenti di alcuna sorta. Ne vale il dire che
si puo riparare al danno, e che gli uomini possono essere ritratti dal
farlo per mez^o delle pene. Lasciamo stare, che in quesla materia, il
danno e quasi sempre irreparabile , e talora la troppa foga , che si
reca nel volerlo riparato, non serve, che ad aggravarlo; ina le pene
medesime potrebbero non bastare; e ad ogni modo un legislatore po-
tra riputare che a rispetto del popolo, a cui e data la legge, sia con-
siglio piu prudente 1' impedire in qualche modo che il male abbia
luogo , che non il puniriie 1' autore , quando lo ha gia avuto. Ed in
tutto questo lorniamo a dire , non e possibile scoprire pur 1' ombra
di lesione ad un diritto naturale e imprescritlibile dell' uomo.
Messo dunque da banda questo diritto naturale, inventato dall'As-
semblea costituente, ripeluto dalle due altre che con piccoli intervalli
(1791 , 1193) la seguitarono , per regalare nuove Costiluzioni alia
Francia, e copialo da quanti altri moderni Statuti furono fabbricati in
Europa; noi diciamo senza piu, che inlorno alia liberta della stampa
non si puo fare che una quislione di opportunity come si pratica a
rispelto di tutte le cose, le quali, appunto perche non sono dalla na-
tura , non possono avere 1' invariabilita di lei , e sono pero soggette
550 i PRINCIPII DELL' OTTANTANOVE
a variare secondo le diversissime circostanze, a cui debbono essere
applicate. E considerate sotto quesio rispelto, noi non diremo quella
liberla essere per se illecita , com' e per se medesima illecita quella
del culli. Ma nel fatto questa liberta di stampa non puo essere giu-
stiilcata se non da tali circostanze che , negandosi quella, rechereb-
bero mali maggiori. Ma dell' essere cotesta concessione appropriata
a casi special!, si fa manifesta 1'assurdita di chi ne vorrebbe fare una
condizione universale delle sociela moderne, per questo solo che sono
moderne.
Rimanendo pertanto nella generalita dei principii , osserviamo in-
ollre come dalla di versa maleria , in cui puo la slampa adoperarsi ,
si deve raccogliere una differente dottrina intorno alia liberta del va-
lersene. Perciocche, quando tra popoli cattolici, e per qualche rispet-
to, si potrebbe dire semplicemente cristiani, la stampa si aggira in-
iorno a materie, che per diretto o per indiretto si atlengono alia Reli-
gione , la Chiesa ha diritlo e dovere d' intervenirvi , per ragione piu
intima e piu ampia, che non e quella, per cui lo Stato vi puo entrare ;
cssendo tutte le ragioni dello Stato circoscrilte a lutelare 1' ordine
chile e politico. Non cosi la Chiesa, il cui ministero consiste prin-
cipalmente nell' insegnare ( docete omnes gentes) , e la quale ha
ricevuto a questo effetto un deposito doviziosissimo di verila dom-
matiche e morali, dalla cui conservazione dipende la conservazione
medesima della sua vita nel mondo. Come poi le e stato com-
messo T uffizio , cosi gliene e stato conferito il mezzo eflicace e si-
euro neir autorita di definire infallibilmente tutte le controversie ,
che, intorno alia Fede ed al costume, col succedersi dei secoli , sa-
rebbero potule occorrere. Che se a lei- e stato conferito da Dio il
diritto di un tale insegnamento , segue di necessita che ai fedeli sia
stalo imposto il dovere di uniformarsi a quello , sotto pena di diven-
tare straniero a lei : velut elhnicus el publicanus. Noi non ci dimo-
riamo a dimostrare questi principii elementari e diremmo quasi di ca-
techismo, perche scriviamo per lettori cattolici ; e piuttosto ci vol-
giamo a considerare come fino dai tempi aposlolici quel diritlo d' in-
segnamento fu applicato dalla Chiesa alia proscrizione ed alia con-
<lanna di scritture, che ledessero il domma e la morale cristiana. Del
quale uso si potrebbe mostrare, secolo per secolo, la pratica noa
ESPOSTI ED ESAMINATI
interrolta, cominciando dai libri super tiziosi, che per S. Paolo furono
falti bruciare in Efeso , e venendo giu fmo ai libri proscritli il mese
passato dalla Congregazione dell'Indice, o piuttosto dal Pontefice
Romano per mezzo di quella Congregazione.
Finche gli scritti non si poteano diffondere nel mondo, die pel lento
e dispendioso ministerodei copiatori, parve che una condanna, che
seguisse alia priraa pubblicazione di un reo libro , poless'essere suf-
ficienle riparo ad interromperne il propagamento. Ma quando 1' in-
venzione della stampa, nella seconda meta del secolo decimoquinto,
fece si che la proscrizione di un reo libro saria stato tardo e scar-
so rimedio al danno di vederlo , in piccolo tempo, sparso a migliaia
nel popolo cristiano ; la sapienza , e diciamo ancora la carita della
Chiesa, riunila nella Sinodo Tridentina , ordino quella previa cen-
sura, la quale, stabilita allora universal mente -per la stampa , fu
per oltre a due secoli la sola disciplina , a cui questa fosse sotto-
messa. Ne i Cattolici se ne potevano gravare, ne infalli vi e memoria
che se ue gravassero, procedendo quella da un'autorita, che essi
medesimi, nelle materie dottrinali, tenevanoper competente, e dalla
cui censura ne la dignita di uomo, ne 1' indipendenza di scrittore
portava offesa quanto che piccolissima ; se pure e vero, che la Fede
e perfezione, non avvilimento dell' intelletto. Ma quando 1' autorita
civile dal solamenle dar valore alle prescrizioni ecclesiastiche, di-
retle piu ai tipografi ed ai librari, che non agli autori, passo a con-
fiscare la censura previa a proprio profitto; allora si videro in alcuni
paesi quelle esorbitanze, che tanto contribuirono a farla pigliare in
uggia , e delle quali la Chiesa non deve in nessuna maniera star pa-
gatrice. Inlanto quelle prescrizioni tridentine non essendo state rivo-
cate giammai, noi crediamo che siano tuttavia in vigore, almeno
per gli scritti che si altengono a fede e costumi, senza che sianvi
liberta moderne, Costituzioni e principii di ottantanove o novanta ,
che abbiano potuto annullarle. E di fatti noi vediamo che in tutti i
paesi , anche dove vigoreggia pienissima liberta di stampa , comu-
nemente gli scrittori veramente cattolici non pubblicano libro sopra
quelle materie , che prima non ne abbiano avuta venia dall' autorila
ecclesiaslica.
.'}.'; ::-4 I:l.v II
552 i PRINCIPII DELL' OTTANTANOVE
Noi inlanto non lasceremo questa materia, senza tornare un tralto
alle cose puramenle umane e chili , a rispelto delle quali si e mollo
parlato dei vanlaggi insigni, che dalla liberta della stampa si pos-
sono derivare al pubblico bene. Si e detto die quella e mezzo effi-
cace per conoscere le universali inclinazioni, per fare inlendere ai
governanti i desiderii ed i richiami dei popoli , per mettere all'aper-
to, col sistema della pubblicila , gli abusi prevalent! , e rendereim-
possibile, che quesli gettino profonde radici all' ombra di un segreto,
che appena talora lascia conoscerli a coloro che ne portano il danno.
In ogui caso, e sempre comune utilita che i soprusi, le prepotenze,
gli arbitrii siano sfolgorali della meritata infamia ; ed innanzi a que-
sla e quasi inipossibile che gli autori di quegli eccessi non si veg-
gano costrellio a rimanersene, o a deporre un'aulorita, dal cui abuso
essi si veggono coperti di tanta vergogna. E veramente noi non vo-
gliamo negare che in tutto queslo discorso sia una qualche parte di
vero; e ci pare che , speculativamente parlando , i governanti bene
inienzionali potrebbero raccogliere molti ed utilissimi lurai dalla pub-
blica discussione , la quale si conducesse lealmente e francamente
sopra i comuni interessi da una stampa libera : e per converse i go-
vernanti mal disposti vi potrebbero trovare un freno all' esorbitare ,
e un salutare ratlento.
Notaste nondimeno? noi dicemmo cio essere \wospeculalivamen-
te parlando ; perche veramente nella pratica la cosa va tutt'allri-
menti: e se vi e caso , nel quale si verifica 1'antico detto inventa
lege, inventa fraus, esso e appunto questo della libera slampa, or-
dinata, come si pretende , al freno ed al correggimento di un potere
arbilrario , e nel fatto riuscita ad essere mezzo allo sfrenamenlo
di un dispotismo incorreggibile. Messo per fondamenlo, che la pub-
blica opinione, espressa principalmente dai giornali indigeui e stra-
nieri, debba essere la regola di un Governo, che sia allivello col-
I'altezza de tempi ( per dirlo alia maniera correnle), il Governo, in-
vece di prendere a regola la pubblica opinione , penso sapientemente
di farsi esso regola della pubblica opinione , manipolandola a suo
modo ed a pubbliche spese , per mezzo della stampa ofliciosa ed ufli-
ciale : invenzione tulto moderna, che atlesta in maniera luculentis-
sima la dignitosa indipendenza di chi scrive, e la perspicacia mara-
ESPOSTI ED ESAMINATI 553
\igliosa di chi legge. E tutto il segreto della pellegrina scoperta di-
mora in questo , che il Governo assolda una falange di libellisti e
giornalisli, i quali , nella nobile indipendenza dei loro coscienziosi
convincimenti , hanno il carico di proporre e desiderare come otti-
mo cio, che il Governo ha gia deliberate di voler fare, e di difendere
e di celebrare altresi come ottimo cio, che il Governo ha volulo fare
ed ha fatto. Ed il lepido e che il pubblico conosce molto bene cote-
ste gherminelle, sa quante migliaia di lire si sono spese per far pub-
blicare il tale e tale opuscolo, quante se ne spendouo per mantenere
i tali e tali giornali ; sa quante ce ne vogliono per istabilirne un al-
tro, la cui fondazione si mette al pubblico incanto, come farebbesi
della costruzione di un ponte o di un ramo di ferrovia; enon ignora
da ultimo che tutte quelle lire escono dalla sua borsa. Ma che per-
cio? Esso , ed intendiamo la turba innumerevole dei gonzi , non e
meno docile a lasciarsi menare pel naso dalla stampa officiosa, se non
dalla ufficiale: tanto e vero che chiunque, per condurre i suoi dise-
gni, fa assegnamento sopra 1'umana mellonaggine , raro e che nei
suoi computi resti deluso.
Vero e che accanto alia stampa ufficiale ed ufficiosa vi e sempre
un po di stampa indipendente , che s'inlitola dall' opposizione; ed i
Governi liberali si recano a decoro che ve ne sia sempre una qualche
dose, la quale attesti 1'esercizio vivo di quel preziosissimo diritto:
salvo il caso, si capisce, che una mano prepotente non riesca a sba-
razzarsi eziandio di quel vano gracidare degli opponenti. Quando
nondimeno se ne dee pure mantenere un cotal poco, a non risentirne
alcuno incomodo, si e organato un tal sistema di repressioni, al pa-
ragone del quale sarebbe a prefedre la stessa censura preventiva,
che vi puo bene alcuna volta impedire la pubblicazione di uno scrit-
to, ma non vi condanna a star sempre in palpiti sotto una spada
di Damocle, senza polere indovinare quale sara il capriccio dei do-
minanti, che ne spezzi il filo. Palenti che a beneplacito del Go-
verno si sottraggono agli stampatori , con ruina irreparabile dei lo-
ro interessi ; cauzioni di vistosi valsenti che s' hanno a mettere , da
chiunque vuol fondare un giornale, in mano al Governo, come pegno
del buon senno dei giornalisti ; ammonizioni ai giornali, le quali,
giunte appena alia terza, recano seco ipso facto la loro abolizione ;
i PRINCIPII DELL'OTTANTANOVE ESPOSTI ED ESAMINATI
sequestri, process!, condanne a multe e prigionie ; e quando pure
tutti quest! mezzi riuscissero inefficaci, il Governo, almeno 1' italia-
no, vi scaglia addosso una mano di mascalzoni che, a nome del po-
polo , bruciano le stampe , fracassano i torchi , spargono nella via
i caratteri, manomettono ogni cosa, e degli autori e dei lipografi
fanno quel reo governo che Iddio vel dica. Che se pure tra quesle
condizioni si puo mettere alia luce qualche censura alquanto libe-
ra, a renderla di nessuno effetto, vi resta 1' animo infrunito e la fron-
te silicea di certi Ministri , i quali usciti dalla oscurita e dal fango ,
sono tetragon! al vitupero , e possono fare a fidanza colla pubblita
infamia, sicuri siccome sono che , dovendo ricascare nella propria
oscurita e nel nalio lor fango, vi ricascheranno rimpinzali di qualtri-
ni: e per siffatta gente queslo e ogni cosa. E forse die non lo slia-
mo vedendo coi nostri occhi in questa misera Italia? Non parliamo
della opposizione fatta dal parlito $ azione , il quale se venisse ad
occupare il posto dei present! padroni, certa cosa e che farebbe peg-
gio assai , che questi non fanno ; la stampa onesta e catlolica non e
tra noi inoperosa : anzi atleso la sua desuetudine a questa maniera
di lotta, e le difficolta in cui versa, e indubitato che sta facendo as-
sai piu di quanto si sarebbe immaginalo. E nondimeno con qual
costrutto, se questo s'abbia a misurare dal freno posto alia esorbi-
tanza di un potere arbitrario e violento ? Qual torto fu riparato per
far ragione alia stampa che dinunziavalo? quale giustizia compiuta
a suggerimento di quella? quale iniquo divisamento interrollo? Oh!
si! siatene cerli ! se le sventure e le vergogne dell' Italia non possono
avere rimedio, che dalla libera stampa, bisogneii deporre addirit-
tura il pensiero di \eder mai spuntare pure la speranza di un tale
rimedio !
Reslringiamo ora, per amore di chiarezza, in due parole cio che
in questo paragrafo abbiamo dimostrato. E dunque dimoslrato
I.° Che non vi e alcun dirilto naturale alia liberla della stampa ;
II.° Che quella puo ess,ere opportuna alle condizioni speciali di de-
terminate contrade; III.0 Che nelle cose religiose pei Cattolici non ve
n'e alcuna; IV. ° Che da quella poco assai ci c da sperare pel buono
andamento della pubblica cosa: e pero i danni, dicui comunemente
si fa principle, non sono da alcuna sicura utilitSt ricompensati.
DI UN' ULTIMA FORMA DI GENERAZIONISMO
i
Esposizione della Teorica.
In maniera molto diversa da quella del Froschammer , il Gene-
razlonismo trovo un difensore nell' illustre Abate Rosmini ; la cui
sentenza ci proponiamo qui di discutere. Egli disse che 1' anima u-
niana e , quanto alia sostanza , generata da' parent! , per una specie
di moltiplicazione del loro principio senziente ; e che ella diviene
poscia intellettiva per la manifestazione , che Iddio le fa , dell' idea
dell' ente. « Nell' uomo v' ha un' anima sola , razionale. Ma 1' uomo
e anche un animale , e come tale ha un principio sensitive. La na-
tura dell' animale e del principio sensitive e di moltiplicarsi per via.
di generazione. Questa legge universale degli animali non puo es-
sere annullata per Fuomo. E di fatto 1'uomo genera. Se dunque ge-
nera, e cosi moltiplica V individuo animale , forza e che moltiplichi
anche ranima razionale che e una ed identica in lui air anima sen-
sitiva. » E questo il modo, ond'egli propone a se stesso la quistione
in forma di difTicoHa ; e risponde : « Diciamo che cosi e appunto ; ma
solo presupposta la prima legge, per la quale fu decrelato, che 1'es-
sere universale si unisce a tutii gl'individui,deirumana nalura, legge
556 DI UN* ULTIMA FORMA DI GENERAZIONISMO
stabilita da Dio nel momento che Iddio inspire in Adamo lo spira-
colo della vita l. »
L' anzidetta legge e poi da lui spiegata in questo modo : « L' og-
getto, ossia la forma dell' inlelligenza non puo essere generata, ma
Dio stesso la disvela all' anima che vien resa cosi intelligente ; il
che Iddio fece rispetto a lutta 1'umana natura , quando infuse Y ani-
ma in Adamo, nel quale I'umana natura si conteneva, e questa non
ebbe poscia che a svolgersi in piu individui per via di generazio-
ne. Poiche come al cominciamenlo impose leggi fisse a tulte le co-
se create ; cosi allora fisso anche quesla, che ogni qual volta 1'uomo
moltiplicasse colla generazione gl' individui , a quesli fosse presente
F essere, si fattamente che atlirasse e legasse a se il loro intuito 2.»
Questa dottrina si rannoda dall' una parle colla teorica dell' idea
innata deli' ente , come forma dell' intelligenza ; dallf allra colla teo-
rica generale della generazione degli esseri animati. L' Autore pen-
sa che 1'anima sensitiva sia veramenle generata, nia non per tradu-
ce, come volevano gli antichi, sibbene per mera divisione della ma-
teria, a cui ella e affissa e dalla quale dipende, come da termine del
sentimento fondamentale. « L' espressione ex traduce non esprime
con propriela ne pure i'origine delle anime sensitive, le quali si
moltiplicano colla divisione del sentito, senza bisogno d' altro 3. *
E la ragione che ne assegna e questa : « Poiche il principio senzien-
te, benche tutto esistente in ogni parte di ogni continuo senlito, non
e uno, se non perche e uno il continuo e senza parti; quindi per la
stessa ragione dividendosi il sentito in piu continui, anche i'altivita
sensitiva non risiede in un continuo solo ma in piu continui disgiun-
ti £. » Con cio solo, secondo 1' Autore, resterebbe spiegata Torigine
dell' anima umana , se questa fosse meramente sensitiva al pari di
quella dei bruti. Ma essa e sensitiva insieme ed intellettiva. D'onde
ella deriva questa sua seconda perfezione ? II Rosmini ci dice :
dall' idea dell' ente. « Nello stesso istante che e naturato 1'animale
umano, egli e anche fatto intelligente, perche ammesso alia visione
dell' essere 5. »
1 Psicologiai. 1, lib. 4, c. 23. — 2 Ivi. — 3 Luogo citato, capilo-
lo 9. — 4 Ivi. — 5 Luogo c/tato, cap. 23.
DI UN' ULTIMA FORMA DI GENERAZIONISMO 537
In somma neH'anima umana, in quanto intelletliva, bisogna distiu-
guere due cose : il soggetloeYoggelto. II soggetto, come quello che
s'immedesima col senzienle, vien generate e trasmesso da parent!.
« Niente ripugna che il sogyetlo, di cui si parla , si moltiplichi per
via di generazione, conciossiache il soggetto come soggetto (prescin-
dendo dall'oggetto) non e che un anrmante 1. » Per contrario, 1'og-
getto e iagenerabile, come cosa eterna e divina, e fornilo di qualita
divine 2; ed esso e che cagiona la spiritualita e intelletlualita nel
soggetto col semplice apparirgli. « Ma d'onde, si dira, queslo prin-
cipio animale torra la virtu da intuire Y essere ? Rispondo : gli e crea-
ta dall'essere stesso col congiungersi a lui; perocche essendo 1'essere
intelligibile per essenza, egli non puo congiungersi a niun soggetto,
senz' essere inteso, giacche la sua congiunzione e questa : essere in-
teso. Ha dunque Y essere questa virtu di creare le ifitelligenze. E
che ripugna che un principio senziente, come direbbe Aristotile ,
sia in polenza inlelligente? cioe, che ripugna che egli venga elevato a
condizione intelligente ? Quel principio e semplice, non e corpo, an-
zi il corpo e suo termine ; se gli vien dato un altro termine , la sua
attivita si amplifica necessariamente ; si dee dunque concepire come
una capacita che riceve, come una potenza rimota tratta ad un nuovo
atto. Al principio, a cui era dato un termine esteso, ora e dato al-
tresi un termine inesteso e di natura superiore. Che se questo se-
condo termine non si puo confondere col primo , non puo da esso
venir modificato, e in somma un oggetto ESSENZIALMENTE conoscibile ;
1'effelto che ne nascera, sara appunlo questo che quel principio
con do e divenuto intellettivo : ha perdulo certo la sua identita co-
me principio , si e atluato in un altro principio ; ma questo Irasna-
turamento, ben inteso, non ha nulla di ripugnante 3. »
Molte cose sarebbero da chiamarsi ad esame nei testi addotli ;
ma alcune di esse, quali sarebbero la qualita di unione deHfanima
1 Lib. 4, cap. 23.
2 « Al solo oggetto spetta d'essere annoverato tra le cose divine, come
quello che e veramente illimitato , eterno , necessario e d'altre qualita for-
nito al tutto divine. » Ivi.
3 Luogo citato.
DI UN ULTIMA FORMA DI GENERAZIOMSMO
col corpo , i caratteri dell' idea dell'enle , e la sua origine innata
nelF intelletto, furono da noi ampiamente discusse in altro luogo.
Qui vuol considerarsi solamente quella pafle che concerne la qui-
stione deH'origine dell'anima umana , che 1'Autore fa generar dai
parenti in quanto sensiliva e illuslrare dall'ente per divenire intel-
lettiva. E a questa sola parte limitiamo la presenle disamina.
II.
Inconvenienti della teorica per do che riguarda I' origine
dell'anima in quanto sensitwa.
L' idea fondamentale deli'esposla teorica sta in do , che la gene-
razione viene spiegata per via di divisione. Diceramo generalmenle
per ma di ditfisione, perche sebbene il Rosmini attribuisca la di-
visione al solo corpo e la neghi dell'anima , la quale egli vuole che
non si divida ma si moltiplichi; tuttavia cio nel caso, di cui traltia-
mo, non potrebbe sostenersi , senza un abuso di voce e una falsila
di discorso. Dicemmo, senza un abuso di yoce ; perocche che signi-
fica qui, secondo il Rosmini, il moUiplicarsi deR'anima ossia del prin-
cipio sensitive ? Non altro che sciogliersi in piu , cio che prima era
uno. Ora lo sciogliersi in piu cio che prima era uno, costituisce
appunto la divisione. Dunque Tanima per questo stesso die si mol-
tiplica, si divide l.
1 II Rosmini si e forraato un falso concetto della divisione, e pero viene
poscia a negarla eziandio della materia, come apparisce dalseguente passo:
« Prendiamo, egli dice, un pezzo di materia continua, e dividiamola in due
parti. E ella questa una vera divisione? Propriamente parlando non e che una
moltiplicazjone. per la quale in vece d'avere un individuo solo, ne ho due.
In fatti, acciocche ella fosse vera divisione, io dovrei avere F individuo di-
viso. Ma io non ho 1' individuo diviso, ma ho due individui. Perfermo, i
due individui che io ho prodotti non sono mica parti dello stesso individuo;
perocche le due porzioni di materia continua, essendo divise, non formano
piu un tuito solo , ma due tutti : dunque non sono parti, perche non esiste
il tutto, di cui sieno parti. » Ps. t. I, lib. 4, c. 17, a. 1.
Questo discorso fa ricordare T aneddoto di chi avendo diviso in due
meta un pollastro dimostrava poi che nel desco, oltre le anzidette due meta,
DI UN ULTIMA FORMA »I GENERAZIONISMO
La sola cosa , che il Rosmini potrebbe soslenere , e che tal divi-
sione non cade sul principio senziente, se non indirellamente e per
sequela della division dell'esteso, a cui esso e affisso e da cui dipende
neir esislenza. Ma cio ROD rimuove 1' idea di divisione, inseparabile
dall'idea di moltiplicazione in piu parti di un tuito,- bensi fa sola-
mente che quella divisione competa al principio senzienle non per se
ma per accidente , avrebbon detlo gli Scolastici , cioe come conse-
guenza della divisione esercitata sopra un soggetto, di per se di-
visibile.
Quinci appare la falsita di discorso, allorche si dice : « Non puo
dividers! se non 1'esleso. Dunque non e suscettibiie di divisione 1'a-
nima, la quale e inestesa. » In prima , se queslo raziocinio valcsse ,
dovrebbe inferirsi cbe dunque 1' anima non e neppure moltiplicabile;
giacehe , come abbiam delto , la sua moltiplicazione non potrebbe
concepirsi senza divisione. In secondo luogo , quella premessa vuol
esser dislinta : Non puo dividers! se non 1' esteso, per se, si concede ;
per accidente, si nega. La semplicita d'una cosa importa che essa non
sia divisibile per se rnedesima. Ma se e tale , che dipenda neli'es-
sere dal soggetto esteso e non abbia altro ufficio che d' informarlo
ed attuarlo , con ordine non tanto al tutto, quanlo a ciascuna sua
parte ; diviso il soggelto , si scindera essa stessa , ossia restera
divisa per accidente. Gosi accade del principio vitale delle piante ,
e del principio sensitive dei polipi e d'allri animali d' imperfettissima
ed uniforme organizzazione. E nel vero, cosi appunto concepisce la
cosa lo stesso Rosmini , dicendo : « Come prima di dividers! un sentito
conlinuo in due, vi avea ia ogni punto dell' estensione il sentiniento
e quindi anche tulto il senziente ; cosi anche in tulti i punti delle
parti divise e discontinue e naturale che rimanga un sentiniento e
in ogni punlo di esse rimanga il principio senziente 1, »
vi era ancbe 1' intero, per la ragione che quelle non potrebbero chiamarsi
meta se non per relazione al tutto e la relazione suppone il termiue.
Ognun vedft che al contrario per questo appunt6 che piu non esiste il
tutto, che e stato diviso nelle sue parti, convien dire che la divisione ci e
stata ; giacche non altrimenti, che clisfacenclo il tutto, si poterono distaccare
le parti che lo integravauo.
lib. 4, c.;9. ,.;i ^\,,'
560 DI UN* ULTIMA FORMA DI GENERAZIOMSMO
Del reslo, per non disputare intorno a' vocaboli,sia eke 1'anzidet-
ta maniera di spiegare 1' origine dell' anima sensitiva si appelli divi-
sione , sia che si appelli molliplicazione ; quel che basla osservare,
per rigettarla , si e che essa ci porge un falso concello della gene-
razione deivivenli creati. Imperoccke secondo i principii della retia
Fisiologra, si antica come moderna, per la generazione propriamen-
te delta non si divide o molliplica un essere preesislenle, ma si pro-
duce un novello essere, una nuova sussistenza, numericamente
distinta da quella de' genitori , e ad essa solamenle consimile nella
natura specifica. « Quest' alto , il quale ha per iscopo di dar nasci-
mento ad esseri nuovi, indipendenli dai loro generator! e ad un tem-
po simili ad 'ess! ; e un atto formalore 1. » Per esso non si scioglie
in due una previa unita , ma la previa unila rimaaendo intera in se
medesima , in virtu della sua stessa interezza fa sorgere all' esisten-
za una nuova vita , un nuovo sussislente. La preduzione , essendo
frutto dell' essere , suppone che 1' essere del producente, invece di
sciogliersi neH'atlo produtlivo, si raccolga anzi, quanto piu puo, in
se stesso, per crescere vigore alia virlu operativa.
Ne punto nuoce a lal verila che il novello essere venga all'esisten-
za per via digerme, derivalo da'parenti: imperocche si falto germe e
esso slesso un prodotto , e non e il vivente che si genera , ma solo
il mezzo per cui si genera. In cio ben si apponeva il Frohscham-
mer; e solo errava nel credere che questa fosse una scoperta moder-
na. No; essa e doltrina antichissima, e noi la troviamo limpidamente
svolta da S. Tommaso. « Quanto un agenle, egli dice, e piu alluoso,
tanto puo piu in distante diffondere la virlu sua: come veggiamo nei
corpi caldi, i quali quanlo di maggior calore sono fornili, tanto piu
da lontano riscaldano. I corpi adunque privi di vila, siccome d'infe-
rior grado in nalura, producono allri corpi non per alcun mezzo ma
per loro stessi, e cosi il fuoco per se stesso genera altro fuoco.
Ma i corpi vivenli , essendo piu altuosi , operano alia produzione
della vila non solo immediatamente , ma ancora media tamenle.
1 Cet acte, qui a pour but de donner le jour a des etres nouveaux, inde-
pendants de leurs generateurs et tout a la fois semblables a eux; c'est un acte
formaleur. FREDAULT, Physiologic generate, liv. Ill, ch. 1. De la generation.
DI UN* ULTIMA FORMA DI GENERAZIONISMO 561
Immediatamente, nella funzione nulritiva, per la quale la came ge-
nera altra came ; media tamenle , nella funzione generaliva , giac-
che dall' anima del generante procede nel germe dell' animale o
della pianta una \irtu attiva; in quella guisa che dall' agente prin-
cipale procede nello strumento una forza motiva 1 . » Cotesta virtu
altiva non e anima ne parte di anima , se non wlualmente : Vir-
tus ilia activa non est anima ant pars animae, nisi in virtute 2.
E anima in Yirtu, in quanto cioe ha 1'efficacia di organizzare la ma-
teria del germe e promuoverla di disposizione in disposizione, fino
ad avvivarla del principio vilale, che in essa, e dipendenlemente da
essa, produce : Materia transmulatur a virtute, quae est in semine,
quousque perducatur in actum animae 3. Che se poi si cerca, onde
sia tratta 1' anzidetla materia , il S. Dottore insegna che essa e lolta
dall'alimenlo pienamente elaborato e che prossimamente e capace
di diventare qualsivoglia parte del vivente, sicche possa dirsi die
sia il \7ivente slesso in potenza : Hoc autem, quod est in potentia ad
totum, est illud quod generatur ex alimento, antequam convertatur
in subslantiam membrorum; et ideo ex hoc semen accipitur 4. E
Dante, educato nelle dollrine filosofiche di S. Tommaso, cosi espone
in leggiadrissimi versi la teorica del suo maestro :
Sangue perfetto che mai non si beye
Dall'assetate vene e si rimane
Quasi alimento che di mensa leve ;
1 Quanto aliquod agens est potentius, tanto potest suam actionem diffundeTe
ad magis distant; slcut quanto aliquod corpus est magis calidum, tanto ad re-
motius calefactionemprodutit. Corpora igitur non viventia, quae suntinferio-
ra naturae ordine, generant quidem simile sibi non per aliquod medium sed per
seipsa: sicut ignis per seipsum general ignem. Sed corpora viventia, tamquam
potentiora, agunt ad generandum sibi simile et sine medio et per medium. Si-
ne medio quidem, in opere nutritionis, in quo caro general carnem; cum medio
vero, in actu generationis^ quia ex anima generantis derivatur quaedam virtus
activa ad ipsum semen animalis vel plantae, sicut et a principali agente deri-
vatur quaedam vis motiva ad instrumentum. Summa th. I. p. q.118, a^ 1.
2 Ivi ad l.m
3 Ivi ad 4.m
4 Summa th. I. p. q. 119, a. 2.
Serie V, wl. J, fasc. 341. 36 23 Maggio 1864.
UC2 DI UN' ULTIMA FORMA DI GENERAZIONISMO
Prende nel cuore a tutte membra umane
Virtute informativa, come quello
Che a farsi quelle pet le yene vane * .
Questa doltrma, benche siantica, conviene mirabiloienle coi dei-
tami della moderna Fisiologia ; la quale insegna al modo medesimo
che> per opera di glandole da cio, la materia del seme nell' animale
e tolta dal sangue , eke e il liquido prossimamente nutritive delle
membra ed e in potenza prossima a tutte le parti dell' orgauisino ; e
che ad attuare questa potenza da opera una virtu plastica, dal gene-
rante comunicata al germe, e delta da Bluinenbach nisus formati-
vus , come da S. Tommaso era gia stata delta vis formativa. Tutto
questo non piu sussisle nella teorica del Rosmini. Per essa la gene-
razione abusivamente si chiamerebbe tale, main soslanza non sareb-
be che mera divisione, come quando una parte del legno si divide
dal lutto, la quale cerlamente non dicesi che viene generate o pro-
dotta: Sequerelur quod generatio vivenlis non csset generatio sed
decisio quaedam, sicut pars ligni separatur aligno. Cos! aceoncia-
mente S. Tommaso, rifiutando coloro che volevano spiegare nel mo-
do, accolto poi dal Rosmini, la generazion delle piante e dei bruli 2.
Senonche dove pure la pretesa divisione o moltiplicazione che sia,
fosse atta a spiegare la generazione dei bruti animali ; essa non sa-
rebbe in nessun modo applicable all'uomo. La ragione e doppia.
Prima, perche Y anima umana e la perfetlissima delle forme vivenli,
e pero richiede per soggetto un organismo perfettissimo, idoneo cioe
a svariate azioni e nelia moltiplicita e diversita delle sue parti do-
tato di grande unita. Quindi nasce che essa non sia divisibile non
solo per se, come e di tutte le cose semplici , ma neppure per acci-
dente, come e di lulte ie forme che rispondono al tutto e non a cia-
scuna parle, presa scparatamente, di un dalo organismo. Essa dun-
1 Purgatorio c. XXV.
2 Opinio quorumdam full, quod anima a principio decisionis csset in se-
mine, volentes quod sicut corpus dwiderelur a corpore, it a smul ai an; a prop a-
garetur ab anima : ut statim cum corporis parlicula esset eliam ibi anima etc.
Qq. Disp. Q. Ill, De Potcnlia Dei, art. 12.
DI UN' ULTIMA FORMA DI GENERAZIONISMO 563
que non puo ne scindersi ne moltiplicarsi per la separazione, chc si
faccia dal corpo, di un pezzo di materia; perche in esso non trove-
rebbe il perfettibile a se proporzionato l.Piii; 1'anima sensitiva nel-
1' uomo e identificata coll' intellettiva, o meglio una sola anima in es-
so uomo e sensitiva insieme ed intellettiva. Ella dunque non potrebbe
dividersi ne moltiplicarsi , secondo la perfezione di principio sen-
ziente , sCnza dividersi altresi e moltiplicarsi secondo la perfezione
di principio intelligente. Ma la perfezione di principio intelligente
non e divisibile ne moltiplicabile, per qualsiasi divisione o moltipli-
cazione di maleria ; perciocche essa non e affissa a parte alcuna ma-
teriale, ma sussiste iiella sola anima con piena indipendenza dal cor-
po. Dunque e impossibile che la generazione nell' uomo si spieghi
per divisione o moltiplicazione dell' anima de' genitori , come con-
seguenza della divisione avvenuta nella materia.
Ma inutilmente disputiamo sojya 1' impossibilita di dividere o
molliplicare 1' anima de' genitori nell' anima de' figliuoli , quando ,
1 HRosmini, per persuadere lasua teorica,, ricorda Tes^mpio dei polipi e
d'altri animali d'infimo genere, i quali si moltiplicano per divisione. Ma pri-
mieramente non e buon metodo derivare una teorica generate da cio, che
accade nelle infime specie di uno svariatissimo ordine. Secondamente la ra-
gione che adducouo i Fisiologi, per cui son divisibili gli anzidetli animali,
e perche la loro vita non esige moltiplicita di organi ; il che non si puo
applicare agli animali piuperfetti e molto meno all'uomo. Chez les anirnaux,
dont les facultes sont les plus bornees et dont la vie est le plus obscure, tou-
tesles parties du corps posse'dent lesmemes proprietes physiologiques; chacune
peut se suffire a elle-meme et executer tons les actes dont I' ensemble nous
offre le spectacle. L'indimdu est un aggregation plulot qu'une association d'a-
yents producteurs, et Vorganlsme est comme un de ccs ateliers mal dirigesf
ou chaque ouvrier est charge de la serie entiere des operations necessaires a
la confection de robjet a fabriqiier} et ou lenombrc des mains employees tou-
tes a 1'execution de traveaux semblables, enflue par consequent sur la quantile,
inaisnon sur la qualite des produits. II en resulte que chez ces animaux la de-
struction d'une partie quelconque du corps u'entraine laperte complete d'au-
cune faculte; chaque fragment de I'organisme, s' il ment a $tre isole, peut
continuer a functionner, comme avant la separation, et agir comme agissait la
masse toute entiere. Lecons sur la Physiologic et 1'Anatomie comparee etc.
par H. MILINE EDWARDS t. 1. Introduction.
564 »I UN' ULTIMA FORMA DI GENERAZIONISMO
giusta la teorica del Rosmini, 1' anima sensiliva de' corpi organicl
risulla dalle anime sensitive degli element! inorganici. Imperocche
egli opina clie tutle le parti della matcria, eziandio bruta, siano ani-
mate; e sebbene da prima porge questa sentenza come una proba-
bile ipotesi, la converte da ultimo in verita indubitala l. Quindi egli
distingue due specie di anime: le elementari e le organiche ; e dice
clie guesle seconde pullulano sidle prime 2, in quanto quelle si rac-
colgono e rifondonsi in una sola. « Unendosi piu elementi in virtii
del continuo e d'allre leggi, piu principii senzienlis'identificano in
uno 3. »
L'esame di queslo punto, con tulte le sue adiacenze, ci menereb-
be piu in la, clie noi non vogliamo; e pero basli osservare che le
prove, a cui esso si appoggia, sono vacillanti. La piu appariscente e
quella della generazione spontanea, che il Rosmini crede certa; e
pensa non potersi spiegare altrinjenli, die con T animazione di tulta
la materia. Imperocche 1' alira, presa dall' impossibility die la ma-
teria dia a se stessa 1' unila conlinua, prova solo che e in essa da
riconoscere un principio semplice atlivo. il quale non e necessario
che sia senziente; e la terza, che se V elemento non sentisse sarebbe
nullo in se, e un' affermazione gratuita o al piu fondata sopra il fal-
so principio che la percezione costituisca 1'esistenza. Or quanto al-
ia generazione spontanea, essa primieramente e negata dalla mag-
giorila de'filosofi naturali, i quali seguono e soslengono, come indu-
bi labile, la massima che omne vivum ex ovo. In secondo luogo, quan-
d'anco la generazione spontanea fosse da ammeltere, ella dovrebbe
spiegarsi per virtu seminali, comunicale daDio agli elementi nella pri-
ma loro creazione, non mai per una vita formale e in atto, massima-
mente se sensitiva, che in essi abbia luogo, e la quale, come lo stesso
Rosmini confessa, non si manifesta per nessun esleriore fenomeno.
1 « Altre prove a conferma della vita degli elementi verranno da noi
esposte qua e cola, dove il filo del ragionamento ce ne dara 1'occasione. A
chi le avra bei^g intese, quella cessera d' essere ipotesi ed entrera nel nu-
mero,noi crediamo, delle verita dimostrate. » Psic. 1. 1, lib. 4, c. 15, art. 11.
2Ivilib. 5, c. 2, a. 2.
3Ivi a. 3.
DI UN* ULTIMA FORMA DI GENERAZIONISMO 565
III.
Jnconvemenli delta teorica dal lato die riguarda I' origine
dell anima in quanta intellettiva.
L' anima umana, generata da parent! in quanto sensitiva, diven-
terebbe poscia, secoudo la teorica, intellettiva, per lo svelarlesi che
farebbel'idea dell'ente. S. Tommaso riferisce un' opinione consi-
mile, che era sostenuta da alcuni a' suoi tempi, conle seguenti paro-
le: « Altri dicono che quella stessa anima, la quale da principio era
soltanto vegetaliva, vien poscia per azione della virtu plastica del
germe, promossa a diventar sensitiva, e quindi quesla stessa diviene
intellettiva, non certo per la virtu attiva del seme, ma per la virtu
d'un agente superiore, cioe di Dio, che di fuori la illumina 1. » La
quale opinione e dal S. Dotlore confutata in questo modo : « Cio
non puo aocettarsi. Primieramente, perche nessuna forma sostan-
ziale ammetle gradi nella propria enlila, ma qualunque giunta di
perfezione le si faccia, ne risulta una specie di versa ; siccome 1'ad-
dizionedi un'unita nei numeri li differenzia specificamente : ed edel
tutto impossibile che una medesima forma appartenga a specie di-
verse. In secondo luogo, perche la generazione si confonderebbe col-
Y alter azione, siccome quella che offrirebbe un moto continuo, pro-
cedendo a poco a poco dall' imperfelto al perfetto. In terzo luogo,
perche ne seguirebbe che la generazione dell' uomo o dell' animate
non sia una vera produzione di un nuovo ente, giacche supporreb-
be il soggetto informato da un alto soslanziale, che essa migliore-
rebbe. Conciossiache se la materia del feto e informata fin da prin-
cipio da un' anima vegelativa, la quale vada essa stessa perfezionan-
dosi gradatamente, ci sara solo accrescimento ulteriore di perfe-
1 Alii dicunt, quod ilia eadem anima, quae primo full vegetativa tantum,
postmodum per aclionem virtulis, quae est in semine, perdudtur ad hoc ut
ipsa eadem fiat sensitiva, et tandem ad hoc ut ipsa eadem fiat intellectiva,
non quidem per virtutem activam seminis, sed per virlutem super loris agentis,
scilicet Dei, de foris illustrantis. Summa th., I. p. q. 118, a. 2.
566 DI UN' ULTIMA FORMA DI GENERAZIONISMO
zione, non distruggimento di tin essere e produzione di un allro; i!
che e contra il concetto di vera ed assoluta generazione. In quarto
luogo, perche do che Iddio cagiona per mezzo di quella pretesa il-
lustrazione, o e sostanza , e cosi ella sara cosa essenzialmente divcr-
sa dalla forma previa del soggetto, la quale non era per so sussi-
stente (il che poslo, si tornera all'opinione di quelli, che ponevano
piu anime nel corpo umano ) ] o non e sostanza ma solo una perfe-
zione accidental, aggiunta all'anima preesistente, e cosi ne se~
guira necessariamente che 1' anima intellettiva perisca insieme col
corpo, il che ripugna 1. »
Tutti questi ragionamenli deli'Aquinate potrebbero di leggier! vol-
gersi contro la teorica, che qui discutiamo. Ma noi ci conlenteremo di
notare una sola cosa, ed e che la creazione delle singole anime umane
sarebbe eliminata. Imperocche la creazione importa produzione dal
nulla. Or do non si avvererebbe deU'anima de' neonati umani, ne in
quanto ella 6'sensiliva ne in quanto ella e intellettiva. Non in quanto
e sensiliva, perche sarebbe generata per divisione, o, per usare la pa-
rola del Rosmini,permolliplicazione, dall' anima de'parenli. Non in
quanlo intellettiva, perche 1' idea dell'ente, manifestandosi a lei non
produrrebbe una nuova sostanza, ma solo eleverebbe a nuova perfe-
1 Sed hoc stare non potest. Primo quidem, quid nulla forma substanllalis
recipil magis et minus: sed superadditio maioris perfectionis facit aliam
speciem, sicut addiiio unitatis facit aliam speciem in numeris. Non est autem
possibile ut una et eadem forma numero sit diversarumspeciemm. Secundo,
quia secjuerelur quod generatio animalis esset moius contlnuus paulailm pro-
cedens de imperfecto ad perfeclum, sicut accidit in alteratione. Terlio, quia
sequeretur quod generalio hominis aut animalis non sit generalio simpliciter,
quia subiectum eius esset ens actu. Si enim a prindpio in matericc prolte
est anima vegetabilis et postmodum usque ad perfectum paulatim perducilur,
crit semper additio perfectionis sequentis sine corruptions perfections prac-
eedentis; quod est contra rationem generations simpllciter. Quarto, quia auf
id quod causalur ex aclione Dei, est aliquid subsistens, et ita oportel f/i'od
sit aliud per esscnliam a forma praeexlstente, quae non crat subsist ens 9 e! sic
redibit opinio ponentium plures animas in corporej aut non est aliqind subsi-
stens, sed quaedam perfectio animae praeexistentis, et sic ex necessitate sc-
quilur quod anima intelleciiva corrumpatur, corrupto corpore, quod est im-
possibile. Summa th. I p. q. CXVIIJ^ a. 2.
DI IN' ULTIMA FORMA DI GENERAZIONISMO S67
zione una sostanza gia preesistenle , cioe la stessa anima sensitiva ,
sorla all' esistenza per via di generazione. E nel vero, in che modo,
secondo il Rosmini , avverrebbe questa trdsformazione dell' anima
sensitiva dell' uomo in intellettiva, che egli chiama trasnaturamento ?
Ecco la spiegazione, che egli ne da: La ragione per cui le anime sen-
sitive inferiori all'iimana non possono volgersi ad inluirel'enteideale,
si e perche esse non essendo giunte al inassimo grado di potenza
animale per difetlo di piu squisita organizzazione , stanno occupate
a perfezionar 1' organismo , senza aver tempo ne agio di badare ad
allro. Ma qaesla ragione non ha luogo nell'anima umana, la quale e
forma di un corpo di costrultura perfetlissima. Essa dunque libera
dall' anzidetta cura, puo spaziare colla sua virtu al di fuori, e quindi
scontrarsi coll' ente , il quale e presente per tulto. In tale sconlro
essa lo sente e senlendolo ne resta irraggiata, lo percepisce, in altri
termini diviene inlelligente. Riportiamo le sue precise parole, tolte
dal capitolo in cui spiega appunto come si cosliluisce I'umana nalura:
« Che un principio animale non possa intuire 1' idea, se non giunto
alia maggior potenza di animalita, si puo conghietturare supponendo,
che ogni virtu del principio sensitivo , quando non sia giunlo alia
maggior potenza specifica, rimanga spesa ed assorbita nella tendenza
a conseguire lo slato di perfezione organica che gli manca, e quindi
non possa assorgere a riguardare 1'essere ideate, per se intelligibile
essenzialmente, ed ovunque presente (poiche se non e veduto, e per
difelto del soggetto a cui non resta virtu da volgersi a lui). In fatli,
se si supponga che la virtu di un principio sensitivo tutta si esauri-
sca nelF orgauizzar la maleria , niente phi rimane di esso col quale
possa attuarsi verso 1'ente. Ma dopo che la perfezione specifica del-
i' organismo e del sentimento e a pien conseguita , il principio non
adopera piu quella virtii e forza che impiegava nella fatica dell'orga-
nizzazione, ed ella allora incontra 1'essere, presenie per tutlo, come
dicevo , e prendendolo a termine del suo atto si rende intelligibile.
Perocche e da considerare, per dirlo di nuovo, che 1' essere e dovun-
que ed e dovunque inlelligibile, non polendo essere altro : tale e la
sua propria essenza. Onde se poniamo esistere una virtu universal-
mente sensitiva (un soggetto), atta cioe a senljre ogni cosa che le sia
368 DI UN* ULTIMA FORMA DI GENERAZIONISMO
presentc ; avverra che quesla virtu sentira 1' essere , il quale non
manca mai, a sola condizione che essa non sia occupata ed esaurita
in altro, e col solo sentirlo sara resa intelligente ; perche la natura
del principio senziente viene delerminata dal senlito , e questa e la
natura dell'essere,- che Yenendo sentito rende intelligente il senziente,
appuuto perche egli e 1' intelligibility stessa dell'essere 1. » Lascia-
mo stare 1* incredibile portento di una natura semplice , che si tras-
muta in un' altra ; quando ogni trasmutazione suppone un composto,
di cui una parte resta ed un' altra perisce, cedendo il luogo all' altra
che sopravviene. Ma certo, ehecche sia di do , qui non apparisce
ombra alcuna di creazione. Non ci ha altro che il soggelto senzien-
te ; il quale , sgombro dalla fatica di organizzare il corpo , si scon-
Ira nell'ente e lo sente e per tale sensazione diventa intelligente. Ora
il senziente, come Yedemmo, e per sentenza dell'Autore, generate
da parenti in virtu di divisione o moltiplicazione che sia. Dunque
un essere, gia prodotto da altra causa , e preesistente , si perfeziona
ulteriormente, o, se cosi vuolsi, muta natura. Ma il perfezionarsi, il
trasnaturarsi , o che altro aggrada , non e esser creato ; perche cio
che si crea non dee preesislere in nessun modo, essendo la creazio-
ne produzione dal puro nulla : ex omnino nihil, secondo la frase di
S. Agostino.
Ne si dica che la creazione interviene, in quanto, come il Rosmini
si esprime nel testo che citammo nel primo paragrafo, la. virtu d'in-
tuire 1'idea dell'ente e creata nell'anima sensitiva da essa idea. No;
questa non sarebbe difesa che valga. Priraieramente, perche le facol-
ta vitali, qual certamente e 1'intelligenza, non possono prodursi nel
soggetto per azione d* una causa esterna , ma bisogna che emanino
dall'essenza slessa di esso soggetto. Secondo, perche tal produzione,
quand'anche fosse possibile,non sarebbe vera creazione; si per non
essere produzione di nuova sostanza ma solo di nuova attivita d'una
sostanza , gia vivente ed agente , e si per essere conseguentemente
non tralla dal nulla ma dalla potenzialita d' un previo soggelto , se-
1 Psicol. 1. 1, lib. 5, c. 5.
DI UN* ULTIMA FORMA DI GENERAZIONISMO 569
condo che afferma lo stesso Rosmini 1. Ed infatli il piu perspicace
e fedele espositore della filosofia di esso Rosmini, vale a dire ii Pro-
fessor Pestalozza , loda quella teorica appunto per questo , perche
toglie via 1' idea di creazione dalla produzione dell' anima umana:
« Queili che non conoscono, cosi egli, il vero riesso dell' anima uma-
na col corpo, sono costretli ricorrere alia creazione per concepire il
moltiplicarsi delle anime umane : sicche 1' uomo non genererebbe
che il corpo; e come il corpo non si organizza che perl' anima, 1'a-
nima umana anche come sensiliva sarebbe opera di una nuova e to-
tale creazione. E questa nuova creazione sarebbe non soltanto gra-
tuita, ma contraria alia sapienza del Creatore, che creato ed avviato
1' ordine primitive dell' universo , si dee credere che abbia posto in
esso germinalmente e virtualmenle tutto 1' esplicamenlo success! vo
degli esseri 2. » Finalmente, quand' anche quella' produzione di un
nuovo alto in un preesistenle soggetlo si potesse dire creazione ,
tultavia ella sarebbe da rigettarsi per un altro capo ; per la ragione
cioe che essa si attribuisce all' idea dell' ente 3, la quale, ceme spesso
ei assicura il Rosmim, non e Dio; e noi abbiamo moslrato nell'arli-
colo precedente che Dio solo ha virtu creatrice.
1 « E che ripugna che un principle senziente, come direbbe Aristolile,
sia in potenza intelligente ? . . . Si dee concepire come una capacila che ri-
ceve, "come una potenza rimota tratta a un nuovo alto. » Psic. I. 1, lib. 4,
lib. 4.
II trarre all' alto una polenza, non e creare ma alluare. Per la creazione
si richiede che la cosa non preesisla non solo in alto, ma neppure in po-
tenza.
2 Della mente di Antonio Rosmini pag. 99.
3 « Gli e creala dalf essere slesso col congiungersi a lui ... Ha dunque
1'essere la virtu di creare le inlelligenze. » Psicol. 1. 1, lib. 4, cap. 23.
L' essere, che e lermine dell' inlelligenza, secondo il Rosmini non e che
Ideale. Un ideale adunque produrrebbe il reale, cioe 1' inlelligenza nell' uo-
mo, la quale seuza fallo e reale !
RIVISTA
DELLA '
STAMPA ITALIANA
I.
Institutiones philosophicae ad mentem Dm Thomae, tironum usui,
per Sacerdotem IOAN. BAPT. DE GIORGIO , in Seminario Archie-
piscopali Ulinensi Professor em , accommodatae. Ulini, ex Tipo-
graphia archiepiscop. 1861-1863; 2 vol. in 8.° di pagg. 376 ;
e464.
Un tempo poteasi dire : « Questo e quello e deltato di Filosofia : co-
si la Filosofia insegna : cotest'altro e assioma in Filosofia » ; e diceasi
vero; perciocche una era la dottrina de' filosofi, alraeno ne' precipui
capi della scienza, ed uno percio il retaggio comune che tutli si argo-
mentavano di traraandare incorrotto alia posterita. Nondimeno ai no-
stri giorni clii usasse quelle formole, salvo se fosse per alcuni princi-
pii generalissimi, il suo concetto, nel rigore del vocabolo, sarebbe fal-
so. Conciossiache di scuole filosofiche ve ne ha, ed anche troppo : ma
dov' e mai la Filosofia , doe quel pieno di dottrine , che non sia di
niuna scuola particolare , ma di tutte ; e sopra cui , quasi sopra di
un campo germoglino le differenze delle opinioni , le quali colle stes-
se loro contrariety rappresentino il fondo della comune dotlrina? Ora
la Filosofia e un nome , il quale ; se ha un significato generico, puo
denotare si bene i dissidii degli scienziali, non piu il tesoro della
scienza.
RIYISTA BELLA STAMPA ITALIANA 571
Non farebbe egli dunque opera egregia chi si adoperasse con
ogni suo sforzo di ricondurre la Filosofia su quel senliero, dal quale
con tanto suo danno fu sviata ? Impercioccbe , siccome la condizione ,
in cui ella e presentemente , d' incertezza e instabilita , fra infiniti
sistemi che si contraddicono gli uni cogli altri, e segno evidentissi-
ino chc si aggira fuori della strada cbe conduce al vero ; cosi quella
massima uniformita degli aniicbi , nelle teoriche almeno principal! ,
si dee giudicare un grande argonaeuto del merito e valore delle loro
dottrine. II die vale massimamente dopoche quasi tutte le scuole si
raccolsero intorno all' Angelico Dot tore S. Tommaso, divariandone
in cose raolto secondarie , ovvero discordando alcun poco tra loro
nelle quistioni che si facevano pulluiare dalle doUrine di lui.
Rispondono alcuni clie di coteslo si universale consenso non vuol-
si fare gran easo , perche di que' tempi i'autorila era tutto , e basta-
va un nome famoso per incalenare invincibilmente gl' intelletli. Ap-
punto. Ma chi formava questa medesima aulorila , se non il consen-
so de'clolti, uniformemente concordi nel riconoscere in qualcbeduno
un merito singolare.da tutti? Sicche quanto maggiore si voglia sup-
porre rautorita di qualsivoglia nome famoso, tanto phi esteso, tanio
piu luculento e piu riconosciulo conviene cbe fosse il suo merito. E
questo di fatto avvenne per rispetto a.S. Tommaso, dichiarato per
comune consentimento 1'angelo delle scuole, nelle quali la sua vo-
<ce fu quindi appresso ascoltata, quasi come di maestro infallibiie.
Ma percbe dunque pressoche tutte le scuole filosoficbe si separa-
rono dagli Scolastici , non escluso lo stesso S. Tommaso? Non e an-
€be questo un consenso universale cbe da piu secoli dura? Sarem-
mo impacciati a rispondere , se come pur troppo fu quasi universa-
le quell' abbandono , cosi pure fosse stato uniforme 1' insegnamento
iilosoiico , sostituito a quel primo. Ma non vi e per questa parte
bisoguo di discorso , avehdo , chiunque vuole , agio di esaminare il
gran caos che e divenuta la Filosofia. Per contrario neppure e un
mistero ne il modo come quella separazione fu ottenuta , ne il fine
cbe fu inteso per essa. II modo che si scelse fu di estendere nelle
scienze filosoficbe il reo principio della Riforma , in forza del quale
siccome la ragione individuale era licenziata di elevarsi giudice del-
ai joj'i OB^-O Group's .hb
572 RIVISTA
le conlroversie religiose , niessa da banda qualsivoglia autorila ; co-
si nelle scienze razionali dovesse disconoscere , nonche ogni au tori-
la , ma i suoi medesimi convincimenti , per incominciare le invesli-
gazioni dal dubbio universale. Checche fosse del primo che apri 1'ar-
ringo falale, certo e che i novatori di ogni risrna ci si lanciarono
perdutainenle , procacciando di far proseliti piu che protessero e
daperlutlo, col titolo specioso di redimere la ragione umana , in co-
se di tulta sua pertinenza , dall' indebito giogo delle scuole. Or che
intendessero verainente cotesli fabbri della novella sapienza si fe
manifesto per 1'ardore con cui si travagliarono di sceverare la Filo-
sofia da ogni vincolo colle dottrine rivelate , anzi di melterla in op-
posizione con esse ; sicche un secolo dopo il nome di filosofo pote
diventare sinonimo d' incredulo. II piu e il peggio ce lo dichiarano
le ultime conseguenze del Razionalismo e Panleismo germanico. Di
che, se pruova alcuna cosa quesla guerra universalmente mossa con-
tro gli Scolastici , pruova ne' principal! autori di essa 1'odio che ave-
\ano alia yerita, e il desiderio smanioso di manomettere la Fede:
tanto e lungi che sia un argomento da mettere in discredito la dot-
trina degli anlichi. Intanto qual maraviglia , che in cosi lungo tra-
meslio , e crescendo sempre piu il disprezzo degli Scolastici , le scuo-
le cattoliche a poco a poco si accostassero anch'esse alle nuove teo-
riche , a quelle almerio che non contenevano un manifesto pericolo
contro la Fede? Con che non solamente perderono la Filosofia, la
quale , ad eccezione delle dottrine che hanno appoggio nelle verila
rivelate, ne sono sempre in buon accordo con altre opinioni pur da
esse sostenute , pel rimanente e tutta incerta e vacillante : ma colla
Filosofia fecero parimente miserabile getto della parte, diciamo cosi,
scienlifica della stessa Teologia , si streltamente congiunta e imme-
desimata con quella, che non era possibile venirne divella senza es-
ser distrutia. Dall'altro canto qual presidio potea sperare la Teologia
dal nuovo edifizio filosofico , innalzato appunto per esserle di con-
trasto , ed oltreaccio cosi malfermo e rovinoso nelle parti men ree ,
da non avere neppur consistenza in se medesimo? Cio che solo le ri-
maneva, era di contenersi ne' dommi , per tulelarli dalle aggres-
sioni degli eretici, cogli aiuti principalmenle delle Scrilture e de'Pa-
dri. E questo esso fece in effello.
BELLA STAMPA ITALIANA 373
Sicche 1'opera di ristorare la Filosofia degli Scolastici, massime
di S. Tommaso, non e solamenle un servigio che si rende a questa
scienza, ma un lavorare nello stesso tempo a ristabilire la Teologia
in quel grado di allezza in che prima era salila. La quale cosa se
convene a tult'i Cattolici di senno, chi non vede essere un compito
assai piu proprio degli Ecclesiastici, ai quali meglio che a qualunque
altro dev' essere a cuore la dignita di questa scienza divina. E un
tale ardore, sia lode a Dio , infiamma molti animi generosi , i quali
con ogni studio si argomentano di ripiantare il buon seme; e
quello che e piu non pochi Prelati ecclesiastici , o sia privata-
mente , o sia nelle sinodi provinciali fanno insistenza , perche nei
seminarii di loro giurisdizione sia ravviata la giovenlu per queslo si
sicuro e profittevole sentiero.
Frutto di una deliberazione di questo genere, fatta in comune dai
Vescovi della Venezia, e il Corso filosofico, che abbiamo annunziato,
del chiaro sacerdote Giambaltista de Giorgio ; e lo dichiara egli
stesso nella Prefazione. Perciocche volevano que' yenerandi Prelati
far rifiorire ne' loro Cleri lo studio della Teologia, per le cagiorii te-
sle toccate da noi, quasi universalmente infievolito: il che avrebbero
facilmenle conseguito richiamando nelle scuole le dottrine omai di-
menticale e il metodo di S. Tommaso. Fu dunque deliberate che
s'incominciasse colla Filosofia, la quale ordinata secondo gl'inse-
gnamenti del sanlo Dottore, sarebbe come il fondamento della risto-
razione di quell'altra piu nobile disciplina. Ora yediamo se a questo
fine corrispondano le Istituzioni del de Giorgio, sia per la sicurezza
della dottrina , sia per la scelta delle malerie , sia pel melodo che
cgli serba.
E quanto alia doltrina, possiamo affermare senza timore d'ingan-
gannarci , che e appunlo quella di S. Tommaso. Ma non si creda
pero che il merito dell'Autore allro non sia stato che di avere com-
messi insieme i varii brani del Santo, e fattone cosi risultare un corso
d'istituzioni. Per contrario il Corso del de Giorgio e il frulto dello
studio indefesso, che egli ha posto nelle opere di quel sublime inlel-
letto, facendosi cosi propria la doltrina di lui , che gli sgorga dalla
penna come cosa lulta sua. II che apparisce non solamente nelle
574 RIVISTA
quistioni principali , ma eziandio nelle secondarie , e cosi ncllc con-
seguenze che ne deduce , come nelle varie applicazioni che ne fa, e
nel vantaggio che ne coglie di svenlare per essa tulti i sofismi de' mo-
derni. E non pertanto vi campeggiano i lunglii brani del Santo Dot-
tore : ma essi sembrano come venuti da se , tanto acconciamente vi
s* innestano ; arrecando quest'allro vantaggio di far piu sicuro ii letlo-
re della vera sentenza di chi gli e proposlo come maestro principale,
E questo criterio e diritlura di giudizio si fa non meno manifesto
In quel riserbo clie il chiaro Professore mantiene per ordinario rispet-
to alle quistioni , che non si possono recisamente defmire con cio
che si trova scritto da S. Tommaso. Quando ei viene su questi punti,
dopo avere fedelmente esposte le varie opinioni , in cui si dividono
le scuole, o lascia indecisa la quistione, ovvero modestamente accenna
quello che a lui sembra piu conforme alia mente del sovraiio maestro.
Con tulto cio non vogliamo noi dire di non avere trovato in tan la varie-
ta di cose niuno appiglio alia crilica ; ne che noi slessi acconsentiamo
ad ogni particolare opinione di lui. Ma oltreche sono pochissime co-
teste differenze; qual e quella scienza, che non present! alcuni punti
controvertibili, perche piu vaghi e piu hide terminal!? E 1'essere in
questi punti varie le opinioni di coloro, che professano la medesima
dottrina, fa meglio risaltare 1' accordo in tutto il resto , ed e per se
argomento della evidenza, onde la verita deve avere coadunati i loro
Intelletli. Diamo ora un rapido sguardo alle materie pertrattate dal-
I'illustre Professore, ed alia particolare disposizione che loro da.
Sono quattro le parti principali, nelle quali esso divide ilsuo Gor-
so di Filosofia: cio sono la Logica, la Filosofia naturale, la Filosofia
trascendentale, la Filosofia morale.
La Logica espone nel primo capo gli elementi , le leggi e le varie
forme del raziocinio : nel secondo tratta de'mezzi onde siamo forniti
dalla natura per venire in possesso del vero.
La Filosofia naturale, che Fisica era nominata dagli antichi , ha
per oggetto la natura sensibile sotto un riguardo piu generale e piu
scientifico, che ora non si fa in quella disci plina, che viene dcsignata
con questo nome. L' Autore la partisce in due sezioni , Tuna della
Cosmologia, 1'altra della Psicologia; e si quella, eome questa in va-
DELIA STAMPA ITALIANA l)To
rii capi ed articoli. Le quislioni solite a trattarsi nella Cosmologia ,
de' principii che compongonoicorpi, della loro natura, della dislin-
/ione ed unila di ordine delle cose visibili , delle cause , del moto ,
del tempo, della quantita e del luogo , sono risolute conforme gl'in-
segnamenti ed i principii di S. Tommaso.
La seconda sezione, che ha per soggetto la Psicologia, tratta del-
ranima, secondo le diverse sue specie, e quindi de' varii gradi di
vita ne' composli ; de' quali nondimeno non si salva T unita sostan-
ziale, se non ponendo che 1'anima ne sia unica forma. Quindi e che
nell'uomo, benche vi siano assommate le Ire vile , la vegetaliva, la
sensiliva, 1' intellettiva, uno pero e 1' atto sostanziale, nel quale sono
radicate, e da cui germogliano le funzioni di tulte e tre, Yale a dire
1' anima ragionevole. Le altre materje , che si sogliono discutere a
questo luogo della Filosofia , sono ragionate parimente con sodezza
di dottrina e chiarezza di forma. Ma i tre articoli, il II, il III, il IV,
intitolati De Intellects obiecto; De intellectus natura, eiusque di-
versis actibus ; De ordine intelligent, ci sono sembrati piii degni di
considerazione , non solo perche vi si agita un punto capitalissimo
della scienza, ma ancora perche 1'Autore ha saputo compendiare con
mirabile lucidezza la stupenda teoria di S. Tommaso sull' origine
delle idee. E certose tutti i filosofi Y approfondissero, come il chiaro
de Giorgio, niuno si vorrebbe piu perdere dietro i delirii de' Ragio-
nalisti , e le illusioni degli Ontologi , non potendo non riconoscere
nella dottrina dell'Angelico la formola scientifica di cio che a cia-
scheduno attesta la propria coscienza.
La terza par te, che 1'Autore inlitola Filosofia trascendentale , o
Metafisica propriamente delta, e partita in Ire sezioni. La prima di
esse comprende le quistioni generali dell' Ente, cioe del suo concet-
to in comune, se sia univoco, o analogico , delle sue generali divi-
sion!, e delle propriela trascendenti che gli convengono, vale a dire,
I'Uno, il Vero, il Buono. La seconda sezione che appella Ctisiolo-
gia, riguardaTEnte conlingente, i suoi principii, le sue distinzioni,
le sue proprieta. Finalmente la lerza sezione considera Dio, secondo
cio che col discorso naturale e dato conoscerne.
La quarta parte , che e la Filosofia morale, va divisa in due se-
zioni, Tuna delle quali tratta 1'Etica, 1'altra il Dritto di Natura.
576 RIVISTA
Nella prima si dispute, del Fine dell' uomo, degli alii umani , della
moralita , de' pdncipii cosi intrinseci come estrinseci delle appeli-
zioni, finalmente della coscienza morale. Nell'altra si discorre della
Societa secondo il concetto generate e le sue parlicolari division!; e
di ciascuna di queste si stabilisce il fine , 1' origine , i pdncipii co-
stitulivi, i diritti e i doveri che ne derivano. In quesle traltazioni,
tahto piu delicate in quanto si connettono intimamente cogl' interes-
si piu vilali, non solo dell'uomo individuo, ma di tutto il genereuma-
no , la diritlura delle dottrine die il chiaro Autore espone fa bello
accordo colla forza onde le stabilisce , e colla chiarezza con cui le
comunica. Citiamo per esempio il Capo IV del Drillo di Natura, nel
quale ragiona della Societa polilica ; non perche il piu dollo e pro-
fondo, ma perche il piu acconcio alle presenti condizioni de' popoli.
Chi potrebbe meltere in dubbio la sodezza de'principii, sopra i
quali e ivi stabilito ilvero concetto deH'aulorita polilica, e della ob-
bligazione che ne dimana in tulti gli associati di rispeltarla? Come
dall'altra parte dispariscono, col paragone delta verila, i pdncipii op-
posti, che si sono \oluli sostituire a quegli altd, per averne cagione
di sconvolgere, a grado di qualsivoglia mestatore, la sociela ! Or
ecco altra ragione, perche le sette si sono tan to travagliate di divel-
lere dalle scuole la Filosofia degli Scolaslici. Esse ultimamente mi-
ravano ad abbattere ogni autodfa, si la religiosa di ordine sopran-
nalurale, si la politica e ogni altra di ordine naturale ; ed erano per-
suase di non potere riuscire rovinoso intendimento, se non avessero
in primo luogo distrutti dalle menti i sani priucipii, eposcia elevate
in assiomi eerie massime, le quali non fallirebbero alle bramate con-
seguenze. Sicche non e solo inleresse della Chiesa richiamare in vi-
gore la filosofia degli Scolastici, per quell' intimo legame per cui le
verila rivelate sono congiunte con una sana Filosofia; ma e cosa che
non meno importa alia ci\7ile potesla ben ordinata, se pur vuole man-
lenersi sopra solide basi, e non trarre ogni ragione di sussistere dal
solo e cosi dubbio argomento della forza.
Diciamo ora del metodo, di che il chiaro Professore si avvale per
indidzzare all' acquisto della scienza i suoi giovani aluilni. Ouesto,
come il lettore naturalmente si aspelta, e lo scolastico. Ma cio che noi
BELLA STAMPA ITALIANA 077
crediamo dover nolare a gran lode dell' Autore, e 1'averlo adoperato
nelle forme dialitliche piu spigliale, in guisa che 1'argomentazione nc
ricevesse tutla la efficacia col maggiore compendio possibile di spa-
zio e di tempo. Vi ha chi pensa non essere questo modo cosi strin-
galo di discorso mollo proporzionevole all'inlellello giovanile; a cui
credono per contrario confarsi meglio un ambito piu largo di ragio-
namenlo, quasi per dislemperare fra le molte parole la difficolta.
L'esperienza pero dimostra 1'opposto. Perciocche la veri& ha una
luce sua propria, la quale raccolla in poco si fa manifesta immedia-
lamenle con quella maggiore parvenza all' intellello : laddove spar-
pagliata e, se cosi e lecito dire, rifratta in un lungo discorso, non vi
giunge, se pur vi giunge, che debole e tarda. Di fatto il metodo
scolaslico fu cominciato a dismettere allo stesso tempo, che alle ve-
rita filosofiche si prese a sostituire le fallacie de'filosofi. Quesle si,
hanno bisogno di non parere ; e quindi ad esse fanno buon giuoco
gli artifizii del discorso, i quali mentre dall'una parte ricoprono de-
stramente le magagne del raziocinio, dall' altra neppur lasciano in-
iendere nettamente do che vuol dirsi. Intanto i giovani rintronati
gli orecchi dello strepilo di fragorose lezioni, e pieni il capo della
nebbia di formole inintelligibili, si persuadono di avere capite gran-
<H cose ; le quali poi in fondo non sono altro che errori assai gros-
solani, sotto austere. sembianze di aslruse sublimita. Savio accorgi-
menlo e stalo dunque quello del professore de Giorgio, di rivocare,
insieme colle doltrine del Dottore delle Scuole , il metodo del tras-
metlerle che era adoperalo dalle Scuole. Con questo egli tralta le
sue teoriche, con questo dissolve i contrarii argomenti. E perocchelo
sa fare con maestria non comune, non e dubbio che i suoi giovani,
massime aiutati da quel maggiore svolgimenlo, che si vuol dare al-
le cose colle orali spiegazioni, non debbano assai agevolmente acqui-
stare quell' abilo dialeltico, si necessario e non per tanto si raro, di
scoprire di colpo o sia 1' aggiuslatezza o sia la fallacia degli argo-
menti che si propongono.
E per virtu di questo metodo ha potuto il de Giorgio unire insie-
me, colla chiarezza ed efficacia del porgere, la pienezza della dot-
trina e la brevita del tempo. Conciossiacche ravvilimento per Tun
Serie V, vol. J, fasc. 341. 37 23 Maygio 1864.
578 RIVISTA
verso, in che sono cadute le scienze razionali, e per 1' altro gl' incre-
ment! notabilissimi delle scienze fisiche e matemaliche, ban falto si
che del tempo solito darsi alle istiluzioni filosofiche, per se assai ri-
stretto, una gran parte, se non anche la maggiore, si concedesse
alle seconde; di guisa che, a volere, con buona speranzadi riuscita,
riparare le antiche discipline, sarebbe necessario o allungare il tem-
po delle islituzioni giovanili, o diffalcare dalle cose da apprendere
una buona misura di quelle altre cognizioni di scienze naturali. Ma
il primo spediente non e consentito dalla fretta, che generalmente si
ha, di compir presto gli studii : e 1' altro lornerebbe a non leggiero
detrimento della gioventu, che cosi sarebbe frodata della cognizione
di assai utili cose. Or ecco ii gran servigio che ha reso al de Gior-
gio la speditezza del metodo scolastico, e la sua particolare abilila
del saperlo maneggiare: 1'avergH dato modo di comprendere in si
piccola mole tutte le quistioni non solo di Logica e Metafisica, ma
eziandio di Elica e di Diritlo, che un giovine di mediocre ingegno
le polesse approfondire a bell' agio in due anni, avendo pur temp»
di attendere, senza soverchio sforzo, alle altre facolta di scienze
naturali, che si sogliono apparare congiuntamente alle prime. Main
cio stesso ha egli badalo alia disuguaglianza degl'ingegni, alcu-
ni piu celeri ed altri piu tardi, e questi piu penetrativi, quegli altri
piu restii. 11 perche ha rimandato alle note di. supplement assai co-
se, non del tulto necessarie, le quali si appiccano colle materie del
resto, o ne sono piu ampia e piu sottile trattazione. Cosi, confer me
le diverse qualita degl' intellelti e le allre circoslanze peculiari, pos-
sono essere esposte ovvero omesse, senza che per essere omesse
venga danno alia integrita delle istituzioni. Or non andremo lungi
dal vero, se diremo che, scemato di questa parte, il Corso restereb-
ve abbreviate di un terzo, o certo di un buon quarto. Nondimeno
noi non vorremmo che si facesse mai cotesta lara, almeno in tulto,
salvo se grave necessita la consigliasse : perocche se non ne pati-
rebbe la inlegrila, ne patirebbe pero la pienezza e la solidita della
scienza.
Di un altro arliflzio si e servilo il die Giorgio , parte per rneglio
servire alia brevita nelle singole controversie, e parte per addeslra-
BELLA STAMPA ITALIANA 57 9
re con piu vivacila i suoi giovani alia palestra scolaslica ; e questo
e stato di riserbare per la fine delle varie Sezioni , quasi a maniera
di appendici da studiarsi separalamenle , senza bisogno di maestro,
una parte delle quistioni piu vive, solite agitarsi co' filosofi modern!
e percio bisognose di maggiore svolgimenlo. Esso le ha ridotte ad
esercizii di dispute per proposte e risposte , intrecciate le une colle
altre per si fatta guisa, che ne rimanesse chiai Ha per iutt' i versi la
verila, e scoperta la nullita degli argomenti contrarii. Ne diamo per
saggio il solo elenco. In fine della Logica :
DISPUTATIO ad tironum exercitium de realitate philosophiae — - Phi-
losophus et Sophista.
In fine della Psicologia :
DISPUTATIO I. . . De natura animi humani — Philosophus et Ma-
terialista.
DISPUTATIO II. . . De sermonis necessitate — Thomista et Ratio-
nalista.
DISPUTATIO III. . . De placito rosminiano — Thomista et Rosmi-
nianus.
In fine della Teologia naturale :
DISPUTATIO I. . . De existentia Dei — Philosophus et Pantheista.
DISPUTATIO II. . . De providentia Dei — Philosophus et Deista.
DISPUTATIO III. . . De vi Rationis quoad cognitionem Dei — Tho-
mista et Traditionalists .
In fine del Diritlo di Nalura :
DISPUTATIO . . . De iuris scientiae dogmatibus quibusdam — Phi-
losophus et Pseudopoliticus.
Con queste Industrie e con questi compensi si e studiato il chiaro
Professore di soddisfare al suo impegno di porgere un Corso di sod*
dottrine filosofiche , che , secondo elementi, potesse dirsi compiulo;
ne per tanto disagiare le alire discipline , o pretendere che fosse al-
lungato il tempo solito essere conceduto alia istiluzione scientifica
de' giovani. Crediamo che generalmente ci sia riuscito. E diciamo
yeneralmente; perch^ in queste cose possono notabilmenle variare
i giudizii degl' inlendenti , sicche dove uno vegga soprabbondanza ,
un qualche altro scorga difetlo. Ma quello in che ci sembra es-
580 RIVISTA
sere veramente da desiderare qualche cosa di piu , e la quistioner
de' primi element! della composizione do' corpi. Sa bene il chiaro
Autore che la dottrina degli Scolastici sopra questo particolare e uno
de' priucipali fondamenli della filosofia , e si connette stretlissima-
mente con molte quistioni della slessa Teologia. Nondimeno e il
punto piu conleso da? moderni filosofi , i quali son persuasi del mi-
glior senno, che gli antichi, per la ignoranza di un gran numero
di verita naturali , s' ingaunarono stranamenle iutorno ai primi co-
stitulivi de' corpi. A un dipresso, come i popoli anlichissimi non
avendo modo di appurare le loro origin! , si tessevano favolose ge-
nealogie, le quali, benche assurde, si accallavano fede presso quel-
le genti idiole: cosi , a loro credere , que' nostri yecchi si finsero
due fantasmi, la materia prima, che non e niuna cosa, e puo diven-
tare ogni gran cosa di questo monclo, e la forma, che e 1* alto per cui
la materia divenla or questa or quella cosa. Ma essi, che colle slorte e
co' lambicchi sono potuli penetrare in ogni piu riposto nascoudiglio
di qualsivoglia corpo, ci fanno sicurla che nulla di somiglianle han-
no mai discoperlo, e neppure un indizio della loro dimora, pognama
che non si potesse coglierle a volo nel momento del loro decompor-
si. Per contrario tutte quelle sperienze , a loro senno , addimostrano
che altri devono essere i primi componenti de' corpi , e chi lullavia
si ostinasse a star cogli anlichi, non altro a quesli tempi dusciiebbe
a provare, che la propria ignoranza 1.
1 Noi non intendiamo, ne intendemmo giammai condannare, e molto me-
110 ferire con censura leologica, come alcuni ci hanno falsamente appostor
i difensori di cotesti contrarii sisterai. Sappiamo benissimo che la Chiesa,
suprema maestra e sola giudlce inappellabile del vero, tranne 1' uomo, iutor-
no al quale ha definilo che 1'anima ragionevole e forma del corpo, nulla ha
mai sentenziato intorno ai prlncipii sostanziali degli esseri iuferiori. Cnde la
quistione rlspetto ad essi resta nel semplice giro delle investigazioni filo-
sofiche, da deciders] colla luce del naturale discorso e della esperienza ; e
pero e libero ad ognuuo appigliarsi a quel sistema che sembragli per tali vie
meglio comprovato. La sola cosa che riprendemmo e che tuttavia ripren-
diamo, si e 1' usanza, non certo lodevole. di trattar da assurda una dottrina
sosteimla da si grandi Doltori, quali furono gli Scolastici, e che a parer no-
stro ha 1'appoggio non solo della ragione, ma delle stesse osservazioni spe-
rimeutali.
DELIA STAMPA ITALIANA 581
Stando le cose a quest! termini non'puo oggimai un filosofo , che
voglia sostenore la dottrina di S. Tommaso iutorno la composizione
de' corpi, esser con ten to della semplice esposizione degli antichi ar-
goraenti ; ma e necessario che li difenda da quelle opposizioni che
si desumono dalle conoscenze novamente acquistate ; ed anzi faccia
servire queste medesime conoscenze a \ie meglio raffermarli.
Or questo appunto avremmo desiderato che facesse il de Giorgio,
per assicurare la sua Tesi dalle contrarie argomentazioni. E peroc-
che ci troviamo entrati in questo proposito non lasceremo di notare
che anche in altri punli, dove sono piu strette le relazioni della Fisi-
ca colla Metafisica , ci sarebbe piaciuto che il chiaro Aulore avessc
mostrata la perizia , che certo non gli deve mancare, delle nuove
scoperte, recandole a sostegno delle antiche dottrine, o facendo rile-
vare come sono con esse in buona armonia. Tenendo a questo 1' oc-
chio avrebbe ancora- evitati talvolta alcuni esempii, e tal altra alcune
espressioni , che ora non passerebbero. E cosi gli vorremmo consi-
gliare , per un' altra edizione , di schivare certe forme di dire degli
antichi , che suonano barbare agli orecchi moderni , e potrebbero
dare qualche presa a chi dalla ruggine delle parole volesse prendere
argomento di vilificare Y oro della dottrina. Non diciamo con questo
che lo stile delle Istituzioni sia general mente riprovevole. Anzi ci
sembra molto acconcio all* uso dell' insegnare ; piano , scorrevole ,
chiaro e sufficientemente correlto. Ma cerl,o se scomparisse quel
piccolo sfregio che abbiamo delto, e alcuna volta qualche inesallezza
di lingua, che pur nuoce alia pronla intelligenza del senso , sarebbe
quale si puo giustamenle pretenderc nelle scritture didascaliche.
Per le cose sin qui esposte possiamo meritamente conchiudere ,
che il Corso di Filosofia del de Giorgio , sia per la sicurezza della
dottrina, sia per la sceltezza delle materie, sia fmalmente pel meto-
do, va co' migliori, che negli ultimi tempi sieno usciti alia luce. Noi
che da tanti anni abbiamo fatlo uno de' principal! intendimenti della
Civilta Cattolica quello di ristaurare le doltrine filosofiche di S. Tom-
maso, non possiamo altro che far plauso a que' valorosi, che miria-
mo avere rivolli al medesimo segno i loro sforzi ; e se Professor! ,
ce ne gode tanto piu 1' animo, inquanloche il loro grado li mette in
582 RIVISTA
condizione di lavorare in un terreno piu stabile e certo , qual e la
scuola ; col quale mezzo solamente si puo avere speranza che i buo-
ni germi facciano durevole pruova , e i frutli che ne provengono si
vadano di eta in eta continuando.
II.
Rapporto statistico del Manicomio di S. Maria delta Pieta di Roma
per gli anni 4864 e 486%: pelD.1 BENEDETTO VIALE, Direttore
— Roma 1864, dallo Slabilimento tipografico, via del Corso 387.
Un vol. in 4.° di pagg. 114.
11 Manicomio di S. Maria della Pieta in Roma, ampliato e recato
a nuove forme, per la munificenza del Santissimo Padre Pio IX,
dal Prof. Architetto Francesco Azzurri — Roma 1864 , dalla
iipografia di B. Guerra. Un vol. in 8.° di pagg. 66.
Due pii spagnuoli laid, Diego ed Angelo Bruno, ed un prete an-
ch'esso spagnuolo, Fernando Ruiz , dimoranti in Roma , raccolsero,
primi in Europa , in un ricovero separate i poveri pazzi nell' anno
1548. Secondati dalla carita , che in nessun' eta fu scarsa nella ca-
pitale del cattolicismo, videro essi ingrandir lalmente 1' opera loro,
che in poco tempo noveravano , nella Casa a do deslinata in Piazza
Colonna, piu di ollanta di questi sventurati. Una Confraternita si
costitui, morli i primi fondatori, a dirigere 1' istituto : un Cardinale
ne prese la tutela e la protezione: i dementi vi erano custoditi , se
non con quei melodi curativi che ora si adoperano , certo con modi
assai piu mill e mansueti , che per tutto altrove in Europa. Due se-
coli dopo , quella Casa , poco atta pel sito e per Y angustia , fu ab-
bandonata : i pazzi vennero trasferiti in un Ospizio , fatto apposita-
mente da Benedetto XIII fabbricare per loro all'estremila della Lon-
gara ; e la direzione del nuovo Manicomio fu data al Prelalo Com-
mendatore dell' Archiospedale di S. Spirito , cui sorgeva daccanto.
La condizione di quei rinchiusi fu per tale Iraslocamento migliorata.
e le cure amorevoli dei Prelali che lo governarono 1'andarono sempre
fornendo di nuove comodita. Leone XII ne amplio alquanto 1'edificio,
BELLA STAMPA 1TALIANA 583
divenulo siretto pel mimero sempre crescente del matti , che vi si
dcoveravano : e sotto i due Pontefici successor! vi s' introdussero
miligazioni e agi notevolissimi. Quindi avvenne che quando net 1835
il celebre Esquirol visito questo spedale , asseri di avervi trovati i
mentecatti trattali, se non come egli vagheggiava, certo nel miglior
modo che il sito e il mimero dei rinchiusi consentiva. Egli opinava,
secondo che ne fa fede 1'Emo Card. Morichini 1 , che la natura del
luogo non permetteva far di piu , e che sarebbesi dovuto abbando-
narlo quando si fosse volulo condurre. quell' Istituto a tal grado di
miglioramento , che aulla lasciasse a desiderare. Ne 1' Esquirol era
o il solo, o il primo a dar questo parere: vi consenlivano gli uomini
piu caritatevoli e piu sperimentati di tal sorta d' istituzioni. Quando
FErno Morichini scrisse quel libro, Ire proposte determinate si face-
vano, alle quali ei diede luogo in esso , colle seguenti parole , ag-
giunle immediatamente dopo di aver riferito 1' opinione dell'Esqui-
rol : « E veramente alcuni aveano gia proposto di trasferire i pazzi
al Palazzo Salviati , portando altrove gli archivii che ora vi sono:
ma forse il prossimo Gianicolo , purgato dal cemeterio , porgerebbe
colle sue ville silo piu opportune. Si toglierebbero con cio quesfin-
felici dalla vista della pubblica via , donde alcune volte vengono in-
fastiditi da qualche passeggero poco caritatevole. Potrebbero inoltre
colassu ottenersi in molta parle quelle comodita , cui 1'esperienza ha
riconosciuto piu essenziali per ospedali di simil genere ; e che me-
glio si otterrebbero ove si preferisse qualche amena villa presso al-
cuni dei circonvicini castelli , come altri pur consigliavano. Impe-
rocche e necessario che i manicomii siano eretti in luogo remoto e
Iranquillo ; che vi si goda di un' aria libera e aperta ; che le slanze
siano quanlo e possibile tutte a pianoterra, intramezzate da giardini,
atte ad accogliervi i dementi in separate classi , secondo le diverse
specie e gradi di mania, e le diverse cure di cui abbisognano. »
Da questo tratto scorgesi che tre progetti s'andavano maturando
da lungo tempo, tutli fondali sovra 1' idea che 1' ospedale antico do-
vesse abbandonarsi : il trasferimento nel palazzo Salviati, la costru-
1 Degl' Istituti di pubblica carita, ed istruzione primaria e delle prigion?
in Roma. Roma 1842; pag, 3o del volume prime,
584 RIYISTA
zione sul Monle Gianieolo, il trasferimento in alcuno dei Castelli vi-
cini di Roma, tra i quali fu con preferenza proposlala Villa Mondra-
gone sopra gli amenissimi colli Tusculani. Ciascuno di quesli par-
liti offriva a un tempo vantaggi e incomodi tali, che per lunga
pezza rimase incerlo quale si meritasse la preferenza. Mentre adun-
que si discuteva sopra il modo di effettuare il traslocamento, non si
trascurava d' introdurre nell' antico Manicomio lulle quelle riforme,
che erano possibili nella somma anguslia del fabbricato. II regnante
Pontefice Papa Pio IX , il quale avea gia nella Diocesi d' Imola ,
quando ne era Vescovo, avute cure si paterne pei poveri dementi di
quello Spedale, asceso sulla Catiedra di S. Pielro pose 1' animo a ri-
durre il Manicomio di Roma ad una condizione degna della Capitale
del Mondo crisliano. Prima di sciogliere 1'arduo problema del Irasfe-
rimento , voile il magnanimo Principe cbe nulla si omeltesse di
quanto fosse alto a diminuire le sofferenze di quegli infelici in questo
tempo di aspeltazione. Decreto adunque che un medico assumesse
la direzione immediata e la vigilanza dello intero Ospizio , pose le
Suore della Carita ad assislere le inferme, ed affido loro la cura della
cucina, della dispensa e della guardaroba; largidelle sommevistose
del suo priv?ato peculio, perche venissero erogate a vanfaggio di quei
poveri infermi ; e cosi vennero ampliati i dormitorii delle donne, rin-
novate le scale , costruite le celle pei furiosi , aggiunto un giardino
pel passeggio, e reso anche piu decentel'ingresso. Cooperando tulti
alle beneflche intenzioni di Sua Sanlita, il Manicomio progredi sem-
pre nei miglioramenti ; e tultoche pel numero dei pazzi ognor cre-
scente diventasse sempre piu sproporzionato quell' edifizio , pure la
dimora se non agiala vi si manlenne sempre lollerabile.
Cio era molto : ma non era quanlo il cuore generoso della Sanlita
Sua desiderava, pel bene di quei cosi sventurati suoi sudditi. Soffri-
vario essi cola dentro incomodi gravissimi , ai quali non era possi-
bile sottrarli, perche procedevano tutli dalla mancanzadi piu ampio
spazio nell'abitazione, e di piu ampii corlili o giardini per lavoro
o per distrazione. II pensiero di trovare un silo piuvasto, piu soli-
tario, piu arioso era sempre vivo ; e non la grandiosila dell' impresa,
ma 1' opporlunila faceva ancora ritardarne 1' effeltuazione. II percLe
agli anlichi progetti di trasferimento se ne aggiunsero due nuovi,
BELLA STAMPA ITALIANA 585
e la villa Caserta e la yilla Allied furono prese andi' esse di mi-
ra , come luoghi convenient! alia costruzione di un nuovo Ospe-
dale dei malti. Non si sarebbe probabilmente riuscito mai a capo di
nulla , se invece di cercare un sito che offrisse in un modo assoluto
tutte le comodila richieste , non si fosse finalmente venuto nella
determinazione di preferir quello, il cui acquisto fosse piu agevole ,
e le cui difficolta polessero superarsi dalla scienza medica e dall'ar-
le archileltonica. Fu dunque determinato di aggiungere all'ospedale
antico la vasta villa Cecchina , propriela de' Principi Barberini , che
sorge nel contiguo colle Gianicolo ; di protrarre Tediiicio esistente per
altri trenta metri, incorporandovi le case che riuscivano al porto Leo-
nine , e guadagnare sulle rive del Tevere quel piu che fosse possi-
bile per ingrandire i giardini che vi si affacciano. Invece dunque
d' un traslocamento e d' un nuovo edificio , si venne al parlito d' un
ingrandimento e d' una rifazione ; ma ingrandimento e rifazione tali
che rendessero il Manicomio romano non inferiore a nessuno di
quegl' Islituti , che il noslro tempo ha veduto sorgere in Europa per
rifugio e guarigione della demenza. L' ingente spesa necessaria per
eseguire una tal opera, non isbigolti 1'animo generoso di Pio IX: e
assuntala tutta a carico del suo particolare peculio , voile che la co-
struzione si conducesse con quella maggiore alacrita , la quale con-
senlisse il dover distruggere quasi lutto il vecchio , edificare iutto
il nuovo; e contenere in lanto al tempo stesso lulti i matti die den-
tro vi dimoravano. Affido la cura di questa non facile impresa allo
zelo ed alia perspicacia d' un Prelato operosissimo , qual e Monsi-
gnor Domenico dei Conti Giraud , che colla piena autorita di Visita-
tore apostolico prepose al Manicomio ; e a lui si deve se nello spa-
zio di soli tre anni puo dirsi, se non compiuta, al certo presso al suo
termine una riforma, che non e solo deslinata ad onorare un Ponti-
ficalo , gia per tante altre istituzioni di Beneficenza insigne , ma ad
assicurare , per quanto alia carita ed alia scienza e conceduto , la
guarigione o certo almcno il sollievo a tanti miseri infermi , e fra
gl' infermi ai piu reielti.
L' incarico assunto da Mons. Giraud avea bisogno di due abili
cooperalori , V uno per la parte medica, 1'altro per Tarchitettonica.
Ei seppe scerli attissimi all' uopo , e proporli alia sovrana appro va-
386 RIYISTA
zione nella persona del ch. dott. Comm. Viale Prela, Archiatro pon-
iificio , cui fu data la direzione medica del Manicomio , e Dell' altra
dell' arcliiletlo sig. Francesco Azzurri , cui fu allogata T opera som-
mamenie arduadi architettare e di dirigere i nuovi lavori. Concord!
nel medesimo concetto, 1'uno colla sua scienza e colla sua perizia
medica ; 1'altro coll' ingegno perspicace e colla valenlia Dell' arle del
costruire, aiutala dall'osservazione fatta nei principal! Manicomii di
Europa , cui per questo fine visito e studio minutamente ; ambedue
concorsero a porre le principal! condizioni del nuovo edificio , ed a
facilitarne , ciascuno per la parte sua propria , 1' innalzaraento. Le
due opere, che abbiamo annunziate in capo a questa rivisla, e dalle
quali abbiamo finora attinte le notizie , die compendiosamente por-
gemmo del nuovo e del vecchio Spedale, spiegano minutamente
1'una tutto cio che si riferisce ai lavori di costruzione eseguili in que-
sti tre anni , 1' altra tutto cio che risguarda i malati che vi dimora-
rono nei due anni 1861 e 1862. Dall' uno e dall'altro adunque torre-
mo il sunto che danno di quanto venne fatto per rinnovare ed allargar
lo spedale: perche 1'uno compie 1'altro: e luttedue insieme fan con-
cepire una giusta idea del nuovo fabricate. E cominciamo da cio che
ne dice il Dott. Viale nella pag. 7 del suo libro :
« Cosi oggi ha Roma un Manicomio, che Don e secondo a verun
altro d' Italia e d'oltremonte. L'illustre Prelalo (Monsig. Giraud),
a condurre 1' impresa, si valse deli' opera dell' Archiletto sig. Fran-
cesco Azzurri , il quale con molta destrezza seppe cosi bene plas-
mare il vecchio col nuovo, da formare di due edificii un solo, quasi
fosse slato costrutto di pianta. Dell' anlico manicomio puo dirsi
quasi non rimanga che il luogo ; tanli e cosi soslanziali furono gl' in-
novamenti.
« Nei locali lerreni, oltre le appartate cellelle pei furiosi, si stabHi
e si riordino la Cucina, la Dispensa, i Refettorii, i Bagni ad acqua, a
vapore, le varie specie di docciature, le macchine per la polverizzazio-
ne dell' acqua e per le affusioni, la stufa, lo stenditoio per asciugare
le biancherie nell'inverno, la Spezieria, e quanto altro puo servire
per materasseria e per ogni altro bisogno. Nelle slanze a tetto i Ma-
gazzini di approvvigionamento, Dei solterranei la Legnaia, la Carbo-
naia, la Canova e la Cantina. Si dispose che comperato un gruppo
BELLA STAMPA ITALIANA 587
di case verso mezzodi, venissero su queste prolungati gr intern!
ambient! dell' Ospizio e la fronte fino al porto Leonino. La quale se
fa bella mostra di se condotta sopra uno slesso disegno , sostituite
le vetrate ai ferri, ed accresciute di numero le fenestre,*per dare ai
dormitorii maggior aria e luce maggiore, niuno e che nol vegga. Le
fenestre vennero fornite di persiane, nelle quali 1' obliquila delle stec-
che fu rivolta in alto, non solo per dar piu luce, ma per fare che I
dementi non possan vedere chi sta loro dicontro, ne chi passa per
istracla; e queste persiane scorrevoli, rimangono stabili quando son
chiuse, e si nascondono nella grossezza della muraglia quando ven-
gono aperte.
« Un antimuro fondato sul Tevere rende piu ampio il giardino
degli agitati; ed un altro della medesima costruzione rendera piii
spazioso ed aggradevole il giardino de' sudici. Sulla sorte di questi
infelici si vollero prodigate le piu diligenti ed amorose cure. Da uno
stanbugio, ove venian collocati, furono trasferiti in un quartiere al
primo piano, ampio, arioso ed illuminato, sotto la sorveglianza di
persone caritatevoli, occupate ad educarli e farli rientrare mano
mano nelle idee di nettezza e di proprieta.
« Tulto 1' edificio tanto delle donne che degli uomini e diviso in
quattro distinti quartieri dei Tranquilli, dei Sudici, degli Agitati, dei
Furiosi. A ciascuno e addetto un giardino, un refettorio, una sala
di trattenimento , una fontana. Ciascuno ha per se una scala agevole
che conduce ai rispettivi luoghi di riposo. Per questa separazione si
ha il vantaggio , che i Dementi di una classe per nulla influiscano
su quella degli altri, dacche spesso gli error! della mente si comu-
nicano dair uno all' altro per imitazione.
« I dormitorii ampii, sfogati, pieni di luce, sono distribuiti al pri-
mo e secondo piano, e i lelti vi sono collocati a due metri di distan-
za 1'uno dair altro, di modo che in ciascuno di essi non si conten-
gono piu di 14 o 15 dementi, i quali vengono sorvegliati nella nolle
da un infermiere, che vi manliene 1' ordine, il silenzio e la neltezza.
« Quello che tanto stava a cuore di Sua Sanlila nel 1856, si con-
sogui nel Giugno 1861. La villa Barberini per mezzo dell'arco del
Sangallo fa ora parle del nostro Manicomio. Cola sulla vetta di quel-
1 • amenissimo colle , il quale e pressoche a livello del Manicomio
588 RIVISTA
stesso , sorge una fonle di acqua perenne , e un passeggio , e im bo-
sco che ricrea con le sue ombre ed aiuole fiorile, e quanto allro
puo servire allo spirito di distrazione e di ricreamento. La nobile
Casina che signoreggia dall' alto la valle Vaiicana, le vagbe pendici
di Monte Mario , del Gianicolo , e prospetta da lontano i monli Sa-
bini, Prenestini e i colli Tusculani, viene deslinataa ricevere quei
dementi , che volessero esser tenuti a vitlo e trattamento parlicola-
re, assegnando ad ognuno una decente camera; a tutti poi 1' uso di
un apparlamento, ove ritrovano quanto puo riuscire loro di agiatez-
za e di sollazzo. In questa campagna verranno condolti i dementi
della classe de' contadini a kvorare la terra ; qui sorgeranno le of-
ficine per esercitare altri alienati ai rispetthi mestieri ; qui vi e una
casa villereccia, una cascina da burro , una peschiera ed un orto ben
vasto, che fornisce i dementi di erbaggi.
« L'avanzarsi del Manicomio non dovca andar disgiunlo da quan-
to puote aver riferenza coi progress! della scienza ; ond' e che Sua
Sanlita il voile anche provveduto di una Biblioleca, generosamente
donando opere pregevolissime di Anatomia, di Chirurgia e di Me-
dicina coi piu recent! trattati di Alienazione mentale , e con quanto
altro puo riuscire a conforto di quest' in felici. »
1 A compiere questa descrizione valga il quadro che a grandi toc-
chi ha delineato del suo lavoro architettonico il sig. Azzurri, colle
seguenti parole, tolte dalle pagine 32 e 33:
« L'asilo altuale, protratto ora fino al porto Leonino, da luogo in
ciascuna delle due grandi sezioni, quella degli uomini a deslra,
quella delle donne a sinislra dell' ingresso , ai dislinti quartieri dei
Tranquilli, dei Sucidi , degli Agitati e Furiosi , con 1' infermeria
nelle due sezioni per le malaltie ordinarie , e a un piccolo quartiere
di pensionarii di seconda e terza classe, richiestomi da Monsig. Visi-
tatore per giusle mire carilatevoli, onde ogni classe di persone pos-
sa fruire di quei mezzi curativi, che oggi offre 1' asilo, merce le so-
vrane munificenze. Ogni quarliere, completamente separate, e costi-
tuito a piano terra da una sala di trattenimento, da un refettorio ris-
guardante il proprio giardino, e dalla scala, che monta al respetli-
vo dormitorio superiore. Nella parte centrale di ognuna nelle due
grandi sezioni vi sono stati ricavali i locali dei bagni, ma quest! dis-
DELIA STAMPA ITALIANA 58D
posli in moclo , che menfre occupano il centre della sezione, ogni
quartiere vi ha accesso separatamente con i respeltivi gabinetti da
bagno distinti. Dai locali deslinati airamministrazione, e die occu-
pano il piano terrene della fabbrica sulla pubblica via , e dalla cu-
cina, partono i corridoi di servizio, che si legano con gli altri del
diversi quartieri, in modo, che si puo percorrere 1'intiero stabilimen-
to senza aver la necessita di entrare nei quartieri medesimi. A ri-
muovere Y inconveniente , a cui va soggelto un Manicomio , che ha
la sua fronte sulla pubblica via, ho destinato i piano lerreni ad uso
della amministrazione, della cucina, dispensa, farmacia, e i due pia-
ni superiori a dormitorii, in modov che i malati vi dimorino solamen-
te nella nolle, allorche le fineslre sono chiuse ed assicurate, per ab-
bandonarli complelamente alia mattina. Fra le due grandi sezioni
sorge la chiesa accessibile separalamente ai due sessi, e nelle prin-
cipali festivila anche al pubblico , e quindi 1' ufficio del Diretlore e
dei medici , e la camera di ricevimento. Due distinti corridoi , uno
per le donne , 1' altro per gli uomini, conducono alia villa Barberini,
sormonlando I' arco architetlalo dal Sangallo. Quivi in due separate
localila per ambedue i sessi , vengono sistemati i pensionarii ricchi
di prima classe, e i ragazzi idioti ; una parte del lerreno annesso ai
quartieri suddelti e ridotto a vaghi giardini, e un'altra parle e desti-
nata a servire durante il giorno alia distrazione e ai passeggio dei
[malali tranquilli comuni e convalescenli, i quali dimorerebbero alia
villa, parte raccolli al lavoro, parte alia coltura, e tornerebbero al-
I'asilo all' ora della refezione e al traraonto del sole. Una comoda
via per le velture monlerebbe dalla porla S. Spirito sino alia villa,
e da questa parte si progetta , che vi accedano coloro, i quali vi re-
cano gli ammalali, onde togliere alia vista del pubblico il penoso uf-
ficio del trasporto nell'interno dell'asilo dell'infermo, e a questo ogni
sgradevole impressione. La nuova disposizione delle parti compo-
nenli 1'attuale fabbricato fa conoscere abbastanza, come con 1'attua-
zione del sistema misto rammalato possa godere al piu possibile del
beneficio dell'aria libera , dell' amenita della campagna . dell' esleso
orizzonte, abitando nella nolle sollanto il vecchio stabilimerito».
Da queste due relazioni prese insieme , e molto piu dallo svolgi-
mento particolarissimo che ne fa 1'architetto Azzurri, deduciamo es-
1)90 RIVISTA
sersi felicemente ottenute nel nuovo edificio le principal! condizioni
di un buon Manicomio, ossia con mezzi direlli e naturali , ossia con
ripieghi molto ingegnosi dell'arte e dell' induslria. Non sara discaro
Findicarne qui per sommi capi le principal!, acciocche i romani veg-
gano quanta fiducia possano avere che gli alienali vi guariscano o
almeno vi abbiano quegli agi, che rendano piu tollerabile una si com-
passionevole infermita; e i forestieri comprendano quanta cura si ab-
bia qui in Roma di soccorrere ad ogni sventura colla piu squisita
carita.
Cbi promoveva il trasferimenlo dello Spedale dei matti in su qual-
che colle o in qualcbe campagna, aveva in mira due scopi: torrealla
vista dei cittadini quegl' infelici , che spesso ne rimangono offesi , e
procacciar loro i vantaggi dell' aria campestre, della bella vista, dei
iavori rurali. Or il secondo scopo si e conseguilo coll'annessione del-
la villa Barberini, nei cui terreni, ampii, sfogati, di amenissimo pro-
spetto, trasferisconsi or a passeggio , or a lavoro quegli alienati che
ne possono avere o bisogno o vantaggio; e il primo si e ottenuto col-
la opportuna disposizione delle parti interne di tutto 1'edificio. Poiche
nessun alienato puo essere in nessun'ora mai veduto da chicchessia
sulla strada, ne puo vedervi nessuno. II prospetto dell'Ospedale sul-
la Longara distendesi e vero per 145 metri e piu di lunghezza, ed
ha tre ordini di iinestre in sulla pubblica via. Ma le finestre del pri-
mo ordine al pian terreno meltono nelle officine vane deirammini-
strazione , o nei corridori di servigio interno : tutli luoghi che non
sono mai percorsi dagli alienati : e per soprappiu di sicurezza esse
sono guarenlite all' eslerno da una lunga inferriata di grazioso dise-
gno , la quale , facendo ala a tulto 1' edin'cio , tien lungi i passanli
dalle dette fenestre , e impedisce ogni contalto tra quei di dentro
con quei di fuori. Le due file di finestre dei pinni superior] mettono
Uitle in sale destinale unicamente a uso di dormitorii per la notte.
Cola quando di giorno non v' alberga ne vi dimora veruno , le fi-
nestre vi sono aperte a dar aria ai cameroni. La sera, prima che i
matti vi entrino, gl'inservienti dello spedale chiudono a chiave le im-
posle e le persiane di tutle le finestre , per non aprirle che la dima-
ne quando essi ne saranno uscili. Rimane dunque all' Ospedale il
DELIA STAMP A ITALIAN!
eomodo che da grandissimo 1' essere in una grande citta, ed e ri-
mosso 1' incoraodo e il disordine dell' essere i dementi in comunica-
zione di vista o di parole coi cittadini.
La seconda cosa desiderata in un buon Manicomio si e uno scom-
parlimenlo interim , che separi comodamente le varie classi di paz-
zi, e offra al servigio interiore dello Spedale le maggiori agevo-
lezze possibili. Or ecco come cio si e ottenuto nel nuovo Manicomio.
Nel centro , ov' e la porta d' ingresso, trovasi raggruppato insieme
lutto cio che risguarda la direzione , ramministrazione , le sale dei
parlatorii , le officine , la farmacia e la chiesa , lutti luoghi accessi-
bili al pubblico , senza nessun faslidio ne incomodo dei poveri ma-
lati. Sulla dritta di chi entra v' e lo spedale per gli uomini , sulla
sinistra quello per le donne , 1' uno interamente separate dall' al-
tro. Nell' uno e nell' altro si sono dislinti quatlro quartieri per le
quattro principalissime classi differenli di alienazione , cioe Iran-
quilli , Sudici , Agitati , Furiosi , e olire i quattro quartieri un' in-
fermeria per chi fosse affetto da altro morbo sopraggiunto alia de-
menza. Ogni quarliere ha nel pian terreno la sua sala di tratteni-
mento per tutto il giorno , la sua galleria coverta , e ii suo giardino
per passeggiare, il suofefellorio, i suoi gabinelti d'agiamento, i
suoi camerini da bagno : e i quarlieri dei Iranquilli hanno dippiu la
lor sala di lavoro , e quella di lettura. I dormitorii di ciascun quar-
tiere trovansi nei due piani superiori ; e gli alienati vi ascendono per
una comoda scala , propria di ciascun quarliere , incassata da rauri
ai fianchi , di facile incesso , luminosissima , e che chiusa tutto il di
da un cancello non e accessible che solo quando il mattino vi deb-
bono scendere, o la sera salire. Ogni dormitorio, per phi comodi-
ta, e diviso in cameroni capaci di piu o meno lelti, T uno dall'altro
distanti per due metri, i quali cameroni comunicano fra i i loro per
mezzo di archi ; e son forniti di lavamani con acqua copiosissima
per la nettezza. Dal centro si diramano i corridori di coniunicazio-
ne che girano tutto 1' ospedale ; e il fabricate che stendesi sulla
via della Longara, comunica colla villa Barberini per mezzo del-
1'arco del Sangallo con tanta agevolezza , che dal piano superiore si
ascende alia collina con soli sedici gradini. La via della comunica-
592 RI VISTA
zione per gli uomini e diversa da quella delle donne , come nella
villa medesima la parle deslinala agli uomini non ha verun contat-
to con quella deslinala alle donne.
Siccome nel Manicomio possono trovar luogo persone di svariatis-
sima condizione , cosi e stalo ancor necessario costruirvi per le varie
classi della sociela luoglii a parle. II descritto finora risguarda gli
alienali poveri : per gli agiali si son dislinte tre classi. L' infima
che ha dormitorii corauni , e la media che ha slanze separate ban
trovato il lor proprio luogo , con tulte le comodita convenient} a
ciascuna , nella parte dell' edificio che slendesi sulla Longara : la
classe piu elevata ha nella villa Barberini suoi apparlamenli , messi
a una squisita eleganza con gabinelti di lelella e di bagno , came-
re di sorveglianza , saloni da bigliardo e da musica , gabinelli di
lellura, campanelli elellrici per le chiamate, e via discorrendo. II
casino per gli uomini e compiulo , e quello delle donne sara fra
breve.
Finalmente per 1'educazione dei fanciulli e delle fanciulle idiole si
richiede anch'egli un luogo a parte : e questo e stalo loro assegnalo
assai opportunamente sulla villa Barberini , nella quale due edificii
separali conlerranno, quando saran terminati, e quelli e queste.
Nella stessa villa trovasi una cascina alia svizzera per custodirvi
£ pastorarvi le vacche, aflin di averne la tie e burro per lo spedale ;
e qua e cola sorgeranno varie officine da lavoro, nei sili piu ridenli,
per quei dementi tranquilli , che vi si possono applicare.
L'ullima cosa necessaria in un Manicomio ben coslruilo si e la sa-
lubrila del silo e dell' architetlura. Quella del silo non lascia nessun
dubbio ne per la parle anlica , ne per la nuova aggiuntavi , la quale
anzi dee dirsi ed e veramente deliziosa. L' archilellura poi nulla ha
trascuralo perche la sanita dei rinchiusi non abbia per veruna cagio-
ne a soffrirne. L'aria guasla delle sale e dei dormitorii e porlala via
da tubi aperli al di fuori , su pei quali una lampana accesa provoca
Vaspirazione incessante dell'aria chiusa : le pareli e i pavimenli son
composli o coverli di malerie che non assorbiscono ne miasmi ne
sozzure, e possono mondarsi d'ogni brullura col solo lavarli : la luce
e 1'aria enlra e penetra e aggirasi per lulto da un numero grandis-
BELLA STAMPA 1TALIANA 593
simo cli finestre, che maggiore non si potea ; 1'acqua copiosa monta
in cima dell' edifizio , gira nei suoi condotti per ogni angolo dello
Spedale , ed e da per tulto alia mano di chi vuole o deve servir-
sene, vantaggio importanlissimo per la netlezza e la salubrila : per i
giorni piovosi o canicolari le gallerie coverte offrono ad ogni quartiere
passeggiate innocue : la dislanza da letto a letto che, e come dicem-
mo di due metri, giova assai alia sanita non meno che alia decenza:
e fmalmente 1'aspetto si interno come esterno, lieto, arneno, con nulla
che senta di prigionia o di forza , la vista di giardini e di rive , il
prospetto della cilia che da per tutto si gode, non solo loglie dall'a-
nimo di quei miseri ogni abbaltimento di tetra paura, ma li solleva,
e li ricrea soavemente.
Noi non possiamo dire di questo nuovo edificio, tutto quello che si
e fatto , o si va tuttavia facendo. Un breve cenno che ne ha voluto
dare I'archilelto Azzurri, stendesi per bene 66 pagine : e quando egli
yorra , come si propone , discendere ai minuti particolari , dovra
fare non un opuscolo, ma un giusto volume. Cio che possiamo con-
chiudendo dire si e , che il voto di tanti anni e di tante anime com-
passionevoli della sventura di questi sgraziali ha avuto il suo pie-
no compimenlo: ed esso devesi alia generosila di Pio IX , che sola
pole vincere gli ostacoli che d'ogni parte sorgevano, e assumere, in
tanta difficolla di tempi , una spesa non ad altri tollerabile che o ad
un grande tesoro di Stalo ricco, o ad un'immensa carita di cuore be-
nefico e confidente.
A compiere questa rivista ci rimarrebbe a dire piu parlicolarmente
qualche cosa intorno alle stalisliche , pubblicate dal Dolt. Viale pei
due anni 1861 e 1862, ed alle prudentissime deduzioni, ch' egli da
quei numeri ricava, ossia sotto 1'aspetto medico, ossia sotfo il civile
ed il morale. Ma siccome noi abbiamo avuto in mira principalmente
di far conoscere quesla nuova beneficenza di Pio IX , desumendone
le notizie dai due libri leste comparsi alia luce, cosi ci contentiamo
solo di dire che il lavoro dell' egregio Direltore di questo Spedale e
uguale alia sua scienza e al suo zelo , e fornisce ai medici ed alle
persone, che s' occupano in ispecie di sollevare e guarire i dementi,
preziosi ragguagli e savissime considerazioni pei loro sludii.
Serie Y, vol. X, fasc. 341. 38 25 Maggio 1864.
•91" m VISTA
HI.
Principii della Chiesa Romano,, delta Chiesa Prolestante e delta
Chiesa Cristiana. Torino, stamp. dell'Unione lipograiico-edilri-
ce 1863. Un vol. di pag. 166.
La miova religione dell' Italia , la Dio grazia , si e oggimai ritro-
vata. Essa porlera il nome di Chiesa Cristiana ed i suoi adept!
quello di Cristiani per la grazia di Dio e secondo la Scrittura. 1
principii, sopra dei quali sifonda, ed i canoni, a cui deve reggersi,
vengono esposti nel libro annunziato. Sconciatura piu dispetla, phi
mostruosa e piu ridicola non si polea regalare all'Italia. Se do sia o
no vero, si vedra appresso. Intanto sappi, letter cortese, esser ella fi-
glia dell'Italia e non d'oltremonte. Che se noVcredessi chi ha 1'onore
di presentartela nel libro nominate, ti recita ad un fiato ben cento
attinenze della medesima, tulte di purissimo sangue italiano, le qua-
li fiorivano in sul cominciare del secoloXVI in Ferrara , in Modena,
In Bologna, in Napoli, in Firenze, in Siena, in Lucca, nella Lornbar-
dia ed in Yenezia. Quanto alia nobilta loro basti il dire, che tiene il
luogo piu orrevole Pier Paolo Vergerio, Vescovoapostata, traditore
dopo di essere stato beneficato ed onorificato dal Papa. La mala sorle
voile, che si nobile propagine islerilisse ad un tratto alia meta del
secolo XVI e si giacesse senza moto e senza vita fmo a di noslri,
ne'quali « il Signore apri silenziosamente i cuori ad alcuni, li con-
verti a se, e mise in loro 1'amore di testimoniare altrui la Grazia die
aveano ricevuta da Lui l. »
Ma le opere buone sono sempre odiate dal nemico della uma-
na generazione. E pero « mentre Dio dotava la Chiesa italiana
del dono deir evangelizzazione-continuata-incessante-operosa , sor-
gevano a fianco di essa opere di contenzione 2. » Qui T Autore ci
discopre uno spettacolo degno della nostra considerazione , poiche
melte a nudo le ree qualita e le pessime arti corrompitrici che si
adoperano dalle varie setle , che , venute d' oltre Alpe in Italia , si
sludiano di atlecchirvi comecchesia. Passandole in rassegna , dap-
prima ci fa sapere in generale che le loro forme « sono fracide ,
1 Pag. 31. — 2 Pag. 33.
BELLA STAMPA ITALIANA
che cadono a lembi nei loro paesi , e che sono causa del raziona-
lismo e della incredulila delle loro nazioni 1. » Sopra di che non
abbiamo nulla da ridire. II fatto e patente da gran tempo. Appres-
so pigliandole ad una ad una, quali accuse non lancia contro i Val-
desi ? Li dimostra ingannatori , frodolenti , falsarii , e richiaman-
dosi alia storia coscienziosa « questa dira , egli scrive , che i Val-
desi s'inlromellono fra i cristiani, come usano i Derbisti in Francia
e nella Svizzera, e prima dicono che la loro chiesa e la stessa degli
italiaui, poi la denigrano, e per lusingare e sedurre i semplici sog-
giungono che essi sono approvati dal Governo, che hanno danariper
sovvenire ai bisogni dei poveri, perche i protestanli d' oHremonte li
provvedono riccamente ; e cosi cercano di ammaliare , mettere dis-
cordie e seminare scandali ; dira quante menzogne si sono stampale
dai Valdesi ne' giornali di Scozia , di Parigi , nella loro Buona No-
vella ecc. ecc. 2. » .
La Chiesa scozzese non ne sta meglio sotto la penna del nostro
autore, il quale le profetizza un totale disertamento, come accade
ai Valdesi nel Piemonte e nella Toscana , e se pure awenga che
serbi alcun proselito, questo sara un italiano ignorante o vano 3.
De' Metodisti ci fa consapevoli , che « si danno moto a Firenze, a
Milano, aNapoli, e scivolano dovunque con faccia sorridente e con le
mani piene di oro per comperare anime instabili ed uomini \ani e
si aggirano dapertulto per reclutare proseliti in \1rlu del Dio Mam-
mona 4. » L'unicuique suum e dato anche ai clerico-liberali annida-
tisi in Torino, ed ai loro partigiani. Eccovi il concetto di questi ri-
belli al Papa « sono uomini senza vita, senza ortodossia, pieni di
boria e di vanita 5. » Ne vi pensate , che cotesle sette , rappresen-
tateci cosi nobilmente dal nostro Anonimo, non abbiano che dire ad
onta della Chiesa italiana risuscitata. Stando alle querele che fa
1' Autore , le maligne forestiere ,.e questo si capisce , intessono tale
panegirico de' suoi costumi , le appongono tali aggiunti di vilupero ,
e ne contano tali scempiaggini , che i suoi seguaci , vogliamo dire ,
i Cristiani per la grazia di Dio secondo la Scrittura, compaiono
degni d' infamia e di riso ad un tempo 6. In somma se guardate
lPag.38.-2Pag.34.-3Pag.35.-4Pag.36.-5Pag.32.-6Pag.37.
596 B1VISTA
quesli maestri delle sette nell' esercizio del male usurpalo ministero,
voi li vedele sempre in alto di spacciare menzogne, di porre tranelli
e di fare traffico delle anime , metlendole a prezzo come si usa con
una merce o con un animate : eke se li considerate nelle loro civili
atfinenze, vi si mostrano come altreltanti cani, i quali sopra un osso
impolpato , gittalo loro dinanzi , con aspri ringhii si assalgono e si
addenlano a furore. Ecco i nuovi predicatori dell'Italia! II quadro e
magnificamente ricavato dal naturale. Chi ne puo dubitare? Colui che
r ha colorito e parte del soggetto.
Veniamo ora ad esaminare la nuova Chiesa cristiana, quale ce la
presenta it nostro evangelista; che cosi debbonsi chiamare i suoi pro-
paginalori. Prima di gettare le fondamenla del noyello edifizio con-
veniva preparargli lo spazio , scrollando la Chiesa cattolica romana
ne' suoi Sacramenti, ne' suoi riti e nella suaFede. Ma con qual mez-
zo? Con quello assai facile, che usano lutto di i liberalissimi rigene-
ralori dell' Italia civile : la menzogna e la calunnia. Vedetelo ai falti.
Si afferina che la Cresima e un rilrovalo di Papa Urbano I ; ma si
menlisce, perche da Tertulliano, vissulo primadelPonliflcato di Ur-
bano abbiamo per sino la descrizione del sacro rito nelle seguenli
parole : « Caro ungitur , lit anima consecretur , caro signalur , ul
anima muniaiur, caro manus impositions adumbratur, ut anima spi-
rilu illuminelur 1 ». Si afferma che Sisto II e stato il primo ad ordi-
nare , che si pregasse dinanzi all' altare ; ma si mentisce , perche
dal medesimo Tertulliano, anteriore di Papa Sisto, si ricava, che
tal cosa era in costume a suoi di 2. Si menlisce goffamenle
quando si accerta che le messe e le feste in onore de Santi e inven-
zione del secolo undecimo; giacche S. Cipriano e celebravale con
diligenza e volea che si appuntasse a tale uopo diligenlemente il
giorno, in cui morivano i sanii martiri del suo tempo 3. Si menli-
sce sfrontatamente, dove si dice ia modo beffardo, che il Ponlefice
1 De Resurrectione carnis.
2 Nonne solemnior erit statio, turn si ad aram Dei steleris? De oratione.
3 Corporibus etiam omnium, qui etsi torli non sunt, in car cere tamen glo-
rioso exitu mortis excedunt, impertiatur et vigilantia et cum propensior. . . .
Denique et dieseorum quibus excedunt annotate , ut commemorationes eorum
circa memorias mar ty rum celebrare possimus .... Celebrantur hie a nobis ob-
lationes et sacriftcia ob commemoraliones eorum. Epist. 37.
BELLA STAMPS ITALIANA 597
S Gregorio I, suU'autorita di Platone, di Cicerone e di Virgilio, ha pro-
vaio 1' esislenza del Purgatorio, e si cila a testimonio il Bellarmino,
quando egli dimostra essere il Purgatorio dorama di fede per autori-
la dell'antico e del nuovo Testamenlo 1. Sono grossolane menzogoe
1'asserire che il domma della transustanziazione e trovato di Pasca-
sio, abbale di Corbeia, che Leone IV nel secolo IX e I'istitiitore del
digiuno, che S. Gregorio nel secolo VI ha imposlo a sacerdoli il ce-
libato , che nel decimo si e incominciata la consecrazione de' preii.
Lo sdegno che proviamo al veder tratto il povero popolo in error!
di fatto cosi raarchiani, ci toglie dal continuarne 1'enumerazione ! Lo
sventurato che scrisse il libro, si dimostra a dirittura liglio del dia-
volo, il quale e padre della menzogna.
E qual e la Chiesa, che si vuole fondare in luogo della caltolica?
Una Chiesa secondo la ScriUura : eccovi la risposta del nostro aulo-
re a nome dei fralelli. S' islituisca un breve confronto tra la nuova
Chiesa e-la ScriUura, e la contraddizione di quella con questa appa-
rira piu lampante della luce del giorno. La Scritlura afferma a note
chiarissime che conlro la Chiesa fondata dagli Apostoli non sareb-
bero mai prevalute le porle dell' inferno , e dai seguaci della nuova
Chiesa italiana si spaccia, che essa fu corrotta e trasformata per opera
di Roma fino dalla morte degli Apostoli. La ScriUura c' iusegna che
come Cristo promise di darci vere il suo corpo ed il suo sangue, co-
si eel diede neU'ultima cena, ed essi lo negano con mille beslemmie.
La ScriUura predica il bisogno del digiuno, ci addita T astinenza di
alcuni cibi ordinata dagli Apostoli, ed essi recano ad onla della fe-
de il digiunare , e screditano come irragionevole il divieto di cerli
cibi, posto in alcuni giorni dalla Chiesa caltolica. 'Gli stessi negano la
consecrazione dell' Ordine, e ne abbiamo esempii luculenti negli Atti
apostolici, ed ammonizioni acconce per tale opera da S. Paolo. Affer-
mano che nella Chiesa non vi deve essere chi regga autorevolmenle
i fedeli, e negli Atli apostolici e nelle letlere di S. Pietro e di S. Pao-
lo si parla formal mente di tale autorila , si forniscono opportunissi-
me regole per 1' esercizio e s' impone a' fedeli strettissimo obbligo
di obbedire ai loro preposli. Sostengono non esservi luogo della
ScriUura , dove s' inconlri la voce Sacramento , e questa si trova
1 De Purgatorio, Lib. 1.
1)98 RIYISTA
adoperata da S. Paolo pel matrimonio, e da loro maliziosamente sop-
pressa nel riferire quel testo. Se volessimo qui riferire tutte le stor-
piature delle sentcnze della Scritlura, che commisero , lutte le false
citazioni, che ad inganno dei semplici infilzarono, tutte le slorle in-
terpretazioni, che diedero alia medesima, non finiremmo cosi age-
volmente.
Egli e poi cosa lepida il vanto, che si danno cotesti nuovi cristia-
ni , di non aver clie fare colle sette d1 oltremonti, strombazzando es-
sere opera pretlamente italiana la nuova Chiesa, quando i loro prin-
cipli fondamenlali sono appunto i professati dai maestri di quelle. Di-
fatto i nostri cristiani secondo la Scrittura negano recisamente die si
diano tradizioni divine ed apostoliche, e questa e sentenza che leg-
gesi nei commenti di Lutero sopra la lettera ai Galati e nel Libro
quarto delle Istituzioni di Calvino. Sostengono, clie la interpretazione
delle Scdtture appartiene a tutto il volgo dei fedeli, ed il medesimo
s'inculca da Lutero, da Melantone e da tulti gli altri dottori della ri-
forma. Insegnano, che la fedeinCristo, suggellala esteriormente dal
battesimo, basti per tenersi in pugno come sicurissima la eterna sa-
lute, e non altram'ente si legge nella Schiavitudinc babilonica presso
Lutero. Negano che sia necessario ai bambini il baltesimo, anzi li
fanno incapaci di riceverlo, e cosi spacciavasi da Calvino, da Lulero
e dagli anabattisti, ai quali hanno involato gli argomeiili. 1 capi-
setta di oltre alpe negavano furiosamente che Crislo fosse vere,
realiter et substantialiter nel Sacramento e che nella Messa si ofle-
risse a Dio un sacrifizio sublime ; ed i fedeli della nuova Chiesa so-
nosi appropriate cotali doltrine. Bestemmiava specialmenle Calvino
coi suoi i sacri riti'che la Chiesa usa ne' santi misted, ed i fedeli
della nutva Chiesa hanno fatto tesoro di tutte le menzogne e di lutli
i vituperii ne' quali sfogo la bile quel virulento maestro di errore.
Adunque i loro vantati principii non sono che ciarpame erelicale
incetlato presso lo straniero ; non altro che una abbietta servilila di
ossequio prestata agli antichi maestri dell' errore.
V'e pero un punto nel quale si differenziano, ma con tale goftag-
gine, che si gittano da se in un pecoreccio da non uscirno mai piu.
I Riformalori del secolo XVI predicavano, che ne' primi secoli la
Chiesa erasi mantenula nella sana dottrina, e che poscia a mano a
BELLA STAMPA ITALIASA 599
mano era venuta scadendo ed oscurando. I seguaci della nuova
Chiesa spingono piu oltre la loro empiela e gridano, che « 1' Italia
ritenne per poco tempo, come qualunque allra contrada, la purita
dell' Evangelo e le dottrine degli Apostoli ; che anzi dopo il tempo
di Paolo la Chiesa era gia infedele l. » Or bene, noi domandiamo
loro, da chi tenete la sacra Scritlura? Su la parola di chi la credele
incorrotta? In forza di quale autorita la venerate come dettato delio
Spirito Santo? E inutile il tergiversare; voi 1'avete dalla Chiesa, voi
la riputate incorrolla su la parola della Chiesa, yoi la riverite come
scritlura ispirata in forza dell' autorita di quella Chiesa cattolica,
apostolica e romana, che disprezzate e bestemmiate. Ma se questa
Chiesa e, come voi dile, infedele, e corrompitrice della parola di
Dio , e maestra di strane dottrine, e promulgatrice di Credi infelti
di arianismo e di socinianismo 2, quale guarentigia vi puo ella of-
frire della sua veracila intorno a quanto vi afferma della Scrittura?
Niuna: un corruttore, unfalsario, un menzognero, convinto in punti
capitalissimi, non merila fede : la sua lestimonianza non ha valore.
Adunque la Scrittura per voi, che lenete in si reo conto la Chiesa
cattolica, non dee avere piu di autorita, che i Sacramenti e le dot-
trine professate dalla medesima e da voi sdegnosamente rifiutate
quali trovati dell'ignoranza e della superstizione. In questo caso, che
si do\ra dire della nuova Chiesa cristiana? Che essa e una negazione
di se medesima, che essa cade ruinosa in capo di chi 1' ha si gof-
I'amente concetta.
Secondo il noslro Autore anonimo s'incontra un altro punto di so-
stanziale differenza nella nuova Chiesa , in quanto che nelle sue adu-
nanze e comune il dirilto di spiegare a talento la divina parola. Ec-
covi una nuova goffaggine. Non vi pare cosa sommamente strana ,
che 1' operaio ed il bracciante, persone recate ad esempio dall'ano-
nimo, passino ex abrupto dagli arnesi della botlega e del campo
al magisterio di quei dommi e di quelle dottrine, che faticarono tanti
sublimissimi ingegni? Basta il non aver dato a pigione il proprio
buon senso, benche scarso, per capirlo. Fatto sta che, non e guari, in
Napoli, essendosi in una sala di protestanti ravvisalo per falegname
chi compariva a predicare, gli scoppii di risa della intera adunanza,
1 Pag. 6. — 2 Ibid. pag. 50< oioi:
600 RIVISTA DELIA STAMPA ITALIANA
le beffe e le torsolate avrebbero affogato il misero , se non si fosse
prestamenle involalo.
Quello per altro che compie il mazzo delle goffaggini si e 1'atto del
culto, che prestano in comune, nominate da essi )a S. Cena in sur-
rogazione della Eucaristia. Ma sapete a che si riduce alia fine que-
sta loro adunanza religiosa? Ad ua coirvegno da bettola. Giudicalc
dalla descrizione, che noi abbiamo raccolto fedelmente dal nostro
Anonimo. II luogo della S. Cena puo essere qualunque stanza od an-
che il carnpo aperto, poiche la idea di lempio e invenzione de' Papi.
Nuda deve esser la tavola, intorno a cui hanno ad assidersi i fratelli,
essendo le tovaglie deiraltare un Irovato del romanismo. Quello che
importa come oggetlo sostanziale si e il pane ed il vino , e Y uno e
1' altro in larga misura ; giacche la poca cosa che e Y ostia ed il poco
vino dell' ampolla, che si usa nella messa caltolica, e un corrompi-
menlo della divina Scritlura. Niuno de' fratelli ha diritto di preferen-
za ; ciascuno rompe il pane e mesce da se , e dopo aver mangialo e
beuto dee sfogare lo spirito divino, che 1'accende o in canti o in pro-
fezie o in altro alia edificazione de' fratelli ! Disperando noi di ritrar-
re gli afFocati parlari, i trilli, i gruppi, le gorge e i versi scempii c
raddoppiati , in una parola il dimenar furente dalle gole, che senza
fallo debbe succedere all' atto di un cullo si sublime , specialmente
quando i fiaschi del vino sono assai capaci e ripetuli, notiamo solo un
grave pericolo, ed e che dandosi a tutti la facolla di predicare e d' in-
terpretare la Scritlura a proprio senno, in caso di diversila di opinio-
ne, 1'un fratello, riscaldato dal vino, non forse rompa il capo all'altro,
giurando e sacramentando nel calore del profetare, se essere propria-
menle invaso dello spirito del Signore , ed il compagno da quello di
Satana. Tale si e la nuova religione, che si e ammannila agl'Ilaliani!
Badi chi deve : sembra , che con siffatte sconciature sacrileghe si
voglia tendere insidie specialmente alia gente del contado. II giorno
del loro convegno, che e la Domenica, il luogo, che puo essere una
beltola ed il campo, il pane ed il vino che si offre largamente, le men-
zogne grossolane che si spacciano dal libro da noi riveduto e facil-
menle accessibili al rozzo capo del conladino , sono per noi indizii
assai baslevoli, stante le qualila delle persone e dellc arti maligne,
che si mettono in opera per cogliere gl' incauli.
ARCHEOLOGIA
1. La frase instinctu Divinitalis nell'Arco trionfale di Costantino — 2. Le
monete di Costantino, posteriori alia vittoria sopra Massenzio.
1. Si era detto, e col ripeterlo spesso era diventato errore comune,
che la iscrizione del celebre Arco trionfale, dedicate in Roma aH'im-
peratore Costantino Magno , avesse patita una mutazione la dove
si legge INSTINCTU DIVINITATIS. Perocche parve ad alcuno ve-
dere piu basso il marmo, in cui sono scolpite quelle parole, e i forami
delle lettere confusi e disordinati. Donde si argomentava che siccorne la
locuzione sostituita accenna evidentemente all'aiuto, che il piissimo im-
peratore Costantino riconosceva dal yero Dio, nella yittoria che riporto
del tiranno Massenzio, cosi le parole, "che vi doveano essere irapresse
antecedentemente, fossero manifeslazione di un concetto del tutto paga-
BO, e dicessero per esempio, DIIS FAVENTIBUS, ovvero NUTU IOY,
OPT. MA.X. Ecco il modo, onde spiega la cosa il dottissimo Cardinale
Angelo Mai, tratto anch'esso in errore dalle false relazioni degli altri :
Ego puto inscriptionem excusam fuisse ab ethnico romano homine, quia
Roma nondum Christiana erat: Constantinum autem religione sua, quam
animo iam fovebat, commotum, epigraphem statim emendari iussisse *.
Ne poteva dir meglio, supposto quell' errore di fatto, a poterlo conciliare
colla storia di Costantino. Ma il passato anno, essendo stato necessario,
per compiacere ad un Sovrano straniero, rilevare le forme in gesso si dei
bassorilievi e si di alcune parole della medesima iscrizione, segnatamen-
te di qnelle di cui si fa questione, si e potuto scoprire che sono le stesse
che yi furono scolpite la prima yolta, senza che apparisca nessuno, ben-
che menomo indizio di mutamento. Ed anzi il Cav. de Rossi, non con-
4 ANG. Mil, Scrip, vet. torn. V, pag. 467:
662 ARCHEOLOGIA
lento di cio solo, voile osservare di vicino il monumento, montando sul
castello, die vi era stato costruito per ricavarne le forme; e questo esame
immediato gli frutto la plena evidenza della verita della cosa, siccome
pubblico nel suo Bullettino di Agosto del passalo anno: di che oggiraai
nessuno piu dubita.
E cio basterebbc pel fatto del monumento in se medesimo. Ma peroc-
che esso ha tanta relazione colla storia del primo Imperatore cristia-
no, e quindi del Cristianesimo stesso, sara bene che noi ci occupiamo
alquanto della questione, con cui si connette quella epigrafe, della pub-
blica professione cristiana di Costantino.
L'arco trionfale, come abbiamo accennato, fufatlo innalzare dal Sena-
to in onore dell' imperatore Costantino, per la famosa vittoria riportata da
lui del suo emolo Massenzio nell'anno dell' era volgare 312. La solenne
iscrizione con cui gli fu intitolato, e la seguente :
IMP. CAES. FL. CONSTANTINO MAXIMO
P. F. AUGUST 0. S. P. Q. R.
QUODINSTINCTUDIVINITATISMENTIS
MAGNITUDINECUMEXERCITUSUO
TAMDETYRANNOQUAMDEOMNIEIUS
FACTION EUNOTEMPOREIUSTIS
REMPUBL1CAMULTUSESTARMIS
ARCUMTR1UMPHISINSIGNEMDICAVIT.
Coloro i quali credettero di vedere segni di emendazione nelle parole
INSTINCTU DIVLN1TATIS, o prestarono fede a quelli che 1'affermava-
no ; sostenendo per conseguenza che la frase primitiva esprimesse un
sentimento pagano; spiegavano cosi il fatto: che o Costantino a quel tem-
po non ancora si fosse dichiarato pubblicamente cristiano , ovvero che
cgli per ragioni politiche riputasse opportune di tollerare quella profes-
sione di paganesimo, fatta si veramente per conto suo, ma pero a nome
del Senato e del Popolo romano.Si 1' una ipotesi e si 1'altra e tanto con-
traria ai monument! di quel tempo, che, come abbiain yeduto, il Cardina-
le Mai, ben conoscente della materia, ebbe ricorso a quel ripiego, per al-
tro verso inverosimile, che la iscrizione fosse stata esposta senza saputa
del Principe, il quale pero fattone accorto , 1' avesse voluta immediata-
mente cangiata. Di fatto, come e opinione del iiore de' Critici, quell'arco
non fu dedicate prima del 315, e molto probabilmente appunto in quel-
Tanno, secondo cio che ne argomentano 1' Eckhel ed il oh. Cavedoni •«.
Ma le testimonianze di Eusebio , ed altre memorie non meuo aulorevoli
1 ECEHEL Doctr. num. torn. VIII, pag. 482. CAVEDOM, Ricerche critichc intorno a(fc
vnedaglie di Costantino.
ARCHEOLOGIA 003
ci accertano , che Costantino in quel tempo non solamente professava
pubblicamente la religione cristiana, ma era tutto zelo per promuoverne
gl' interessi, o sia rilevando la condizione de' Cristiani, o sia dotando le
chiese, e decretando costruzioni di sontuose basiliche *. II che cosi es-
seado, non rirnane neppur probabile cbe gli fosse potuto entrare nell'a-
nimo il pensiero di una vile e disonesta dissimulazione per motivi poli-
tici. Iniperciocche se cotesti motivi nol ritenevano da altre manifestazio-
ni non meno luculente di cristianesimo, alcune delle quali, perche posi-
tive, per avventura non 1'obbligavano; perche poi in questa congiuntura
avrebbero avuta cosi gran forza, da farlo consentire ad un pubblico atto
d' idolatria, protestato a suo riguardo ?
La quale argomentazione non lanto dee valere per dimostrare la inte-
grita originaria del monumento, che oggiraai non abbisogna di altra pruo-
va ; quanto per escludere una ioterpretazione dell' inciso INST1NCTU DI-
YINITATIS, quasi altrettanto ingiuriosa a quel Principe, quanto sareh-
be stata la pubblica professione di paganesimo.
Imperocche vorrebbero alcuni che egli avesse adoperata a bello studio
una locuzione equivoca, come dicono esser questa, acciocche ognuno la
potesse intendere a modo suo, i Cristiani applicandola al vero Dio, i pa-
gani ai falsi dei : quanto a se avrebbe inteso, come giudica il Cupero, di
significare in confuso cosi Cristo, come i vani idoli del gentilesimo 2.
Ma il contegno di Costantino nel torno di quel tempo non da, come
si e notato di sopra, nessuno indizio d'infingimento. Dall'altro lato non si
vede ragione che egli avesse di fingere in questa occasione,' dopoche al-
tre volte e con forme non meno solenni, a\eva riconosciuto la sua si in-
signe vittoria da Cristo. Lo avea di fatto invocato sul campo di battaglia
con tutto insieme 1'esercito. Ottenuta poi, con segni apertissimi di fa-
vore celeste, la vittoria , non fu meno pio e fedele nel-riferirla dichiara-
tamente al vero Dio, cosi allora fra le coorti sollecite d'imitarlo, come po-
co appresso in Roma, sotto gli occhi del popolo, colla epigrafe commemo-
rativa, che voile incisa sotto la sua statua. E ci piace qui riportarla per
disteso, come ce 1' ha conservata lo storico Eusebio, tanto e degna di es-
ser conosciuta. Dicea dunque cosi: Hoc salutari signo (la Croce di cui era
fregiata la statua ) , quod verae mrtutis insigne est, vestram urbem tyran-
nicae dominationis iugo liberatam servavi. Senatui Populoque Romano
in libertatem asserto pristinum decus nobilitatis, splendorem restitui $. Or
non e del tutto inverosimile che in quest' atto solenne della dedicazione
deli'Arco egli intendesse lasciare ambiguo cio stesso, che aveva pochi
anni prima con tanto maggiore pubblicita e rumore iteratamente attesta-
\ Vedi Bull, di Arch, crist. del Cav. DE Rossi, Agosto 4863,
2 Epist. ad Columb. in not.
S EUSBB. Hist. Eccl. IX, 9.
604 ARCHEOLOGIA
to? Diciamo anzi, che poste quelle manifeslazioni si luculente, non era
possibile piii che la frase, pognamo che equivoca in se, si porgesse ad
altro intendimento che cristiano non fosse. Perocche niun uomo di senno
avrebbe potutoaccogliere interpretazione di versa da quella, che le prove-
niva da sentimenti gia professati, e dalle opere slesse deU'lmperatorc.
Ma e poi yeramente equivoca per se la locuzione instinctu Divinitalis?
Certo e che 1'invocazioue assoluta del nome di Dio non e per se riferibi-
le a nessun falso dio, per cio stesso che usata senz' altro aggiunto non
signitica nessuno di essi. E questo non e vero solamente in astratto ; ma
fu vero eziandio in bocca de'pagani, i quali, come altesta Tertulliano, al-
lorche ne'subiti casi invocavauo Dio, non aveano animo di ricorrere ne a
Giove neaMercurio, ne ad altrettale ludibrio di divinita, ma si alia yera
Divinita: e queste involontarie confessioni egli uso chiamare testimonii
dell'anima natural rnente cristiana. Deum nominat (scilicet homo ethnicus)
hoc solo nomine, quia proprio Dei veri: Deus maguus, Deus bonus, et
quod Deus dederit, omnium vox est. ludicem qiioque contestatur ilium :
Deus yidet et Deo commendo, et Deus mihi dederit. 0 testimonium ani-
mae naturaliler christianae 4 !
Forsequest'uso, al quale accenna Tertulliano, sara potuto introdursi per
la convivenza de' Cristiani coi pagani ; es,<eudo cosa facilissima, per ogni
piccolo ammonimento suscitarsi 1'idea di un solo e vero Dio, non ostan-
te le preoccupazioni della educazione contraria. Ma checch6 sia della
prima origine, certo e che colla propagazione del cristianesimo si venne
sempre allargando tra i Gentili la cogniziorie di un solo Dio e 1'abitudi-
ne del nomiuarlo, intendendo con quel nome I' Essere sommo e causa
universale delle cose. Di cio fanuo testimonianza eziandio altri apologist!
della Religione, e vi ha non di rado indizii nelle epigrati, a sceverare
le quali, sicche non si scambii qualche pagana per cristiana, vi e bisogno,
come dice il De Rossi, di non poco discernimento 2. Quello che diciamo
della parola Dem, yogliamo altresi intendere della equivalente Divini-
las, adoperata, secondo avverte il Colombo, in que' secoli promiscua-
mente, e nel medesimo senso da'Cristiani: Notent iuniories, cosi egli, w-
cem Divinitatis ex consuetudine istius aevi pro Deo, sive Numine usur-
pari 3.
Dalle quali cose sin qui esposte si deduce che , non gia i Cristiani si
accoslarono ai pagani coll' uso della parola Deus o Divinitas; piutto-
sto i pagani fatti accorti col riscontro della religione cristiana della ne-
cessita di un solo Dio, si senlirono come obbligati a confessarlo; benche
con questa confessione si sforzassero poi di conciliare il culto di molti dei.
\ Tert. Apologet. c. XVII.
2 Bullett. cit. Afjosto \Mo.
3 jVotee in Laclant. De Mori, pertecut. Cap. XLVIII
ARCHEOLOGIA CO 5
Come dimque, a sentire un Gentile invocare il nome di Dio, ovvero la
Divinita senz' altro aggiunto, yi era ogni ragione di credere che egli in-
tendesse il vero e unico Dio, e non gia un nume pagaao ; cosi per con-
trario se un Cristiano usava quel nome, non sarebbe potuto neppur veni-
re il sospetto, che egli lo riferisse ad altro che al vero Dio, adorato da !ui.
Dov' e dunque il fondamento nella frase INSTINCTU DIVINITATIS, pel quale
fosse possibile ai Gentili intendervi significati i loro dei?
II chiaro Cavaliere de Rossi prende una via, come di mezzo, tra le due
opposte sentenze. Egli argomenia da questa cognizione, che abbiamo
detto essere eiitrata in que' tempi nel mondo pagano, per inferirrie che il
Senate, ancor pagano in gran parte, nel fare incidere 1'iscrizione, avesse
prescelta quella forma di dire, siccome tale che ne contraddicesse alia reli-
gione che il Principe professava, ne dall' altro canto dicesse nulla che non
si potesse acceltare dai pagaui. In sostanza, per ripetere le sue parole,
cssi cercaroao una quasi transazione tra la loro idolatria e la novella
fede deir Imperatore ; e credettero di ritrovaila nelle parole instinctu di-
mnitatis, le quali esattamente rispondono allo slato delle credenze e delle
religioni deirimpero sotto gl' Imperatori cristiani *. Noi yeramente non
sappiamo, ne potremmo sapere delle segrete intenzioni de' Senatori. E
indubiiato pero, checche avessero nell'aniino, che essi affermavano un
fatto passato tra la Divinita, che qui e nominata, e 1' Imperatore; inquanto
dichiaravano che I' Imperatore, mosso internamente da quella, avesse fat-
ta yendetla della Republica, distruggendo i suoi nemici : Quod INSTINCTU
DIVINITATIS . . iustis rempublicam ultus est armis. 11 perche, atlestan-
do essi solennemente un fatto inlimo dell' Imperatore, non potevano atte-
starlo altrimenti che nel senso concrete, onde lo inlendeya 1' Imperatore
medesimo ; non gia nell'astratto. Or a tutti costava pe' pubblici fatti, che
ayeano eccitato si gran rumore, a qual movimento di divino favore e a
quale divinita si tenesse obhligato 1' Imperatore. Pero qualunque restri-
zione mentale avessero apposta, secondo coscienza di pagani, questa non
alterava per verun modoil senso delle parole, giatroppo determinate dal-
la fama si piena e si universale degli avvenimenti succeduti di fresco.
2. Alia medesima quistione, sin qui trattata da noi, si riferisce l'altra
de'segni cristiani impress! sullemonete costantiniane, dopo la vittoria ri-
portata di Massenzio: ed anzi Tuna e l'altra riescono in un medesirao
punto. Coloro che ne' tempi passati si occuparono della numismatica co-
stantiniana, si lasciarono trascorrere in molte conseguenze sopra questa
controversia , le quali non si convengono affatto colle altre notizie che
di quel Principe ci ha tramandata la storia. L'Eckhel, per esempio, sen-
tenziava , che dalle monete di Costantino non si puo trarre nessun ar-
gomento deiravversione che egli avesse alle superstizioni gentilesche ,
ne dell'affetto verso la religione cristiana 2. II Tanini poi rilrovava nei
\ Cull. cit. loc. cit.
2 Doctr. Num. t. VIII, pajj. 89.
GO 6 ARCHEOLOGIA
imrnmi costantiniani una strana confusione di segni pagani e cristiani, pa-
rendo a lui, che yi fossero insieme mostruosamente associati la croce e il
monogramma di Cristo cogli idoli de' Gentili -*. Ma essi dovettero avere
esaminati assai superiicialmente i monument! per poter divenire a queste
si erronee conclusion!. Piu moderate fu il Feuardent, ilquale almeno con-
cesse che presso il fine deli' impero di Costantino furono in corso le mo-
nete con simboli cristiani 2. Dopo di quest! ne scrisse il chiaro Monsi-
gnor Cavedoni , il quale , colla perizia che ha tanta in questo genere di
studii, non potenon riconoscere i certi segni di cristianita in grandissi-
ma parte delle monete di quell' Imperatore 5. E sebbene in sulle pri-
me si fosse persuaso che innanzi la sconfitta e la morte di Licinio, per un
riguardo di prudenza, ayesse tollerate le impressioni pagane sulle mone-
te; nondimeno pur di questo si ricrede 4, dopo che il chiaro P. Garrucci
ebbe pubblicata la sua Numismatica costantiniana, come appendice alia il-
lustrazione dei Vetri ornati di figure. QueWo scritto del sullodato P. Gar-
rucci fu il piu pieno e piu accurate che noi conoscessimo sopra questo
argomento. Ora pero, che ha data/uori la seconda edizione dei suoi Ye-
tri, e comparso anch' esso quel trattato della Numismatica costantiniana
cosi rifatto e perfezionato, che noi non sappiamo che si possa desiderare
di vantaggio per accettare questo punto si rilevante della storia di Co-
stantino. E perocche sol esso appartiene alia nostra presente controver-
sia , lasciando da parte le altre cose , che 1'Autore Yi tratta, ne tocchere-
mo solamente cio che a questa si riferisce.
I nummi esaminati dal Garrucci sono 40, secondo le loro specie, alcuni
de'quali del tutto inediti, come quelli de'dueLicinii, emolti altri, com'e-
gli dice, quasi del tutto nuovi. Essi possonsi dividere in due grand! cate-
goric; nell'una che comprende gli undici anni i quali si estendono dal 312.
in cui cadde la yittoria sopra Massenzio, insino al 323, quando fu sconfitto
Licinio; e neH'altra che da quest' epoca ya per tutto il rimanente tempo
deirimperio di Costantino. Non accade pel nostro scopo di far caso della
seconda, perche oggimai niuno degl'intendenti di immismatica ammet-
te il dubbio, chele monete di questo intervallo di tempo non siano distin-
te con segni esclusivamente cristiani. II dubbio potrebbe cadere solamen-
te su quelle del primo periodo, per la cagione del consorzio di un Impe^
ratore pagano , e per alcune figure che danno apparenza di paganesimo.
E noi di queste ci occuperemo.
Ye ne ha dunque di quindici varieta, che il P. Garrucci colloca nello
spazio di tempo indicate da noi; perche i tipi che yi campeggiano, men-
tre sono comuni alle monete de' Licinii, mancano pero nella intera serie
1 Suppl. ad Bandur. pag. 274,
2 Revue numismat. ^8S6.
5 Ricerche criliche intorno alle medaglie di Costantino ecc. Motlena 1858,
4 Opusc. relig. lett. Modena IS'jS, torn. V, app. p. I -I.
ARCHEOLOG1A 607
della monetazione di Costanzo ; e sa ognuno che Costanzo fu create Ce-
sare dopo lo sbaraglio dell'altra casa imperiale, accaduto appunto nel 323.
Chi ne bramasse la descrizione in particolare piio yederla nel Parergon
in fine del volume del citato Autore, dove ancora trovera una tavola colla
incisione di parecchie di esse o inedite, o piu noteyoli, o non esattamente
pubblicate da altri. Noi ci contentiamo di osservare come in tutte quan-
te, non pure in quelle cbe appartengono a Costantino ed ai figli di lui
Crispo e Costantino iuniore, ma altresi nelle due de' due Licinii non fal-
lisce mai o il monogramma o la croce, o 1' uno e 1' altra insieme, yaria-
mente disposti e con piccole differenze, che non fa al nostro scopo il ri-
leyare. Non vogliamo pero lasciar di notare una bella conferma che da
due di queste monete proviene alia testimonianza di Eusebio, il quale
narra essere stato uso di Costantino di recare il monogramma di Cristo
scolpito sul cimiero. Or cosi appunto eel rappresentano i due nummi de-
scritti dal Garrucci sotto i numeri 1 e 2. Nel primo de' quali 1'elmo che
copre il capo dell' Imperatore ya fregiato del monogramma semplice,
scolpito in mezzo a due stelle : e nell'altro 1' ha doppio in sulla cocca.
con lima crescente e globetto sulla fascia di mezzo.
Dinanzi a cosi autorevoli monumenti e di cotanta evidenza e necessa-
rio che si deponga ogni dubbio, se Costantino avesse o no professato di-
chiaratamente il cristianesimo anche prima della morte di Licinio, ed an-
zi immediatamente dopo la yittoria sopra Massenzio. Imperciocche se
consultiamo la storia, questa ci attesta che Licinio non fu meno sollecito
di Costantino nell' implorare il diyino aiuto per riuscire yincitore del suo
emoloMassimino. Lattanzio, che fu contemporaneo a questi avvenimenti,
ci narra di una yisione che ebbe lo stesso Licinio , nella quale 1' Angelo
gli suggeri la orazione che doyesse fare ripetere alle sue milizie ( come
difatti fece) per ottenere la yittoria. Essa era del tenore seguente: Sum-
me Dens te rogamus. Sancte Dens te rogamns. Omnem iustitiam tibi com-
mendamus, salutem nostram tibi commendamus, imperiurti nostrum tibi
commendamus. Per te vivimus, per te mctores et felices existimus. Sum-
ine sancte Deus, preces nostras exaudi. Brachia nostra ad te tendimus.
Exaudi, sancte summe Deus * . Lo stesso Lattanzio inoltre riporta il testo
dell'Editto imperiale con cui dopo la yittoria esso Licinio e Costantino
riconobhero la religione cristiana legalmente, e si professarono essi stessi
cristiani 2. Che se Licinio divento dipoi persecutore di quella stessa re-
ligione, che avea tanto protetta, non abbiamo nessun argomento per so-
spettare, che questa mutazione di lui facesse vacillare menomamente il
c*oraggio religioso di Costantino: anzi tutti i dati della storia provano il
contrario. Se dunque non solo le monete di Costantino compariscono con
\ LACTANT. De Mort. persec. tl. XLVI.
2 Ib. Cap. XLVIII.
608 ARCHEOLOGIA
segni cristiani, maalcune ancora di Licinio, non solo conchiuderemo che
Costantino non si lascio pernulla commuovere da Licinio, ma piuttosto
che Licinio, pognamo che gia pervertito, tuttavia lasciassecorrerlacosa
per riverenza a quel grande.
Vero e che, assolutamente parlando, ne il monogramma, ne la croce, in
tutte le diverse forme, nelle quali appariscono in queste monete, sono per
se segni esclusivi di cristianila. Perciocche di monogrammi quasi del
tutto simili al costantiniano , secondo le sue varie coniigurazioni , s' in-
contrano sopra alcune monete de' Toiomei e di Erode il grande, sul de-
naro di L. Lenlulo Flamine di Marte , e sopra altre di alcuni re del Bos-
foro cimmerio. Le croci poi cosi equilatere, come distigiiali, ovvero con
globetti ai quattro angoli, non sono rare a comparire sulle antiche stovi-
glie di terra cotta; e fino alcune volte si son trovate sospese sul petto
delle statue, come di una del Museo di Londra, scoperta probabilmen-
te in Ninive, attesta il Garrucci. Ma e da avvertire col medesimo chiaro
Archeologo * , che cotesti riscontri non sono altro che material!. Se ne
sa di fatto il significato, o almeno si puo probabilmente indovinare. Cosi
molte volte le combinazioni del X e del P, ovvero del X e del I signifi-
cano xi>.('a?x.0? ; altre volte sono una forma un po' moditicata della sigla
romana , denotante il nuniero died. Dello stesso modo le croci si pos-
sono molto probabilmente giudicare una leggiera variazione di un sim-
bolo usitatissimo presso i popoli asiatici in augurio di salute. Esso era
appunto una croce equilatera , che aveva nondimeno restremita di cia-
scuna delle due aste ripiegate ad angolo retto in direzione contraria.
E chiaro che niuna di coteste spiegazioni , ne di altre che avessero fon-
damento negli usi di que' paesi, si potrebbero applicare alle monete co-
stantiniane. Per queste la sola ragione , che possa essere accettata , di
que' simboli e la religione cristiana. II che e tanto vero , che cio di cui
hanno dubitato gli antiquarii, e stato solamente, se i detti segni fossero in
realta sulle prime monete di Costantino, o non piuttosto che tali li giudi-
cassero i poco esperti: ma confessati che sieno, nessuno piu ardisce di
metterne in dubbio la significazione.
Per questa ragione 1'Eckhel , il Tanini ed altri, anziche negare il va-
lore de' suddetti simboli, amarono meglio di credere che Costantino fa-
cesse sulle sue monete un miscuglio portentoso di segni pagani e cristia-
ni. La quale loro opinione si tiene a questo argomento di uon poca appa-
renza, che spesso unitamente ai segni cristiani vi appariscono figure di
idoli con iscrizioni relative. In alcune per esempio e scolpito Marte con
intorno la leggenda Marti Conservatori , dove col monogramma e dove
colla croce. In altre si vede effigiato il sole, intorno al quale corre la i-
scrizione Soli inmcto Coniiti, e dall' uno de' lati o sia il mouogramnia, o
I Oper. cit. pag, 242.
ARCHEOLOGIA 609
sia la croce. E quest! sono i soli due tipi, benehe variati in piu specie di
monete, sopra i quali puo cadere la quistione. Imperciocche le altre, col-
le figure di Giove e di Ercole , sono anteriori al tempo del crislianesimo
di Costantino, come prova il Garrucci ; il quale di piu osserva, die noa
gli si vuole porre cagione di alcune altre de' suoi figli Crispo e Costan-
tino, riprovevoli per questo capo medesimo; perche battute nelle zecche
di Oriente, soggette a Licinio.
Or dunque, tornando ai due tipi indicati di sopra, primietamente, per
rispetto a Marte, e da considerare che esso yi e tigurato nelle sembianze
di Costantino. II che basta per raeltere questo Principe al sicuro di ogni
sospetto d'idolatria. Perciocche facendosi effigiare nelle note apparenze di
que! nume, voile significare essere nella sua persona come concretata la
ideadella fortezza, di cwi il medesimo dio eraespressione presso i Gentili.
Nel quale intendimento se si puo ravvisare una buona dose di vanita,
per avventura scusabile in un nuovo convertito, nessuno pero lo puo giu-
stamente accagionare d'idolatria. Tanto piu che in un' altra moiieta e ri-
prodotto Marte, parimente nelle sembianze dell'Imperatore, ma non piu
colla leggenda Marti Conservator}, sibbene col semplice motto Virtus:
segno e\idente, che intendeva di fame un tipo del yalore miiitare, ap-
plicandolo a se, e niente altro.
Ne altrimenti puo essere interpretato 1'altro tipo di monete colla figura
del sole. Poiche sappiaino che fu anche questa, se cosi piace norninarla,
una debolezza di Costantino, di appropriarsi questo simbolo, o permetle-
re almeno che gli fosse appropriate, per adombrare cosi i meriti cheesso
ayeva col mondo. Idea che Corse fu insinuata dai suoi panegiristi, tutti
concordi ad acclamarlo luce del mondo. E ne aveano ragione, conside-
rati i benefizii segnalatissimi che egli fece all' impcro, special meute col
promuovere con tanto zelo la propagazione del cristianesimo. E cio stes-
so yolendo egli significare ordino, come attesta Zonara, che alia stataa
del sole, trasportata da Eliopoli nella nuova Capilale dell' Impero , fosse
sostituita la sua testa. Pero qual mcrayiglia che avesse fatto imprimere
il medesimo simbolo suite sue monete? Non vi ba dunque nessun segno,
•che si possa, con buon fondamento di discorso, giudicare pagano nelle
monete, che ci sono pervenute di Costantino, posteriori alia vittoria di
ponte Milvio. Per contrario i segni di crisliaaesimo dopo quell* epoca so-
no stati collocati in tanla luce dal Garrucci, che non crediamo essere pid
possibile il dubitarne.
Serb V, vol. J, fasc. 341. 39 28 Maggio 1864.
CRONACA
C 0 N T E M P O R A N E A
Roma 28 Magglo 1861.
I.
COSE ITALIANS.
STATI PONTIFICII 1. Udienza di congedo data dal S. Padre all'Arciduca Luigi
Vittore d' Austria — 2. Nolificazione per 1'estinzione parziale del Debito
pubblico — 3. Decreto della S. Inquisizione contro il prete Guerrasio -
4. Decreto della S. Congregazione Ae\Y Indice per proibizione di lihri -
5. Sentenza della Sezione d'accusa della Corte d'Appello d'Ancona, circa
la plena innocenza del Card. Morichini e di due Canonici di Jesi, post! in
liberta.
1. Quando il nuoyo imperatore del Messico, Ferdinando Massimiliano
d' Austria, venne a Roma per impetrare dal Santo Padre la benedizione
sopra la nobile impresa, assunta con tanta generosita , di ristaurare nel
Messico 1'ordine civile e religiose, il giovane suo fratello Arciduca Luigi
Vittore d'Austria voile accompagnarlo , e fu poi ancor esso , cogli onori
dovuti all'alto suo grado, accolto a privata udienza dal Santo Padre. Di-
morato qualche settimana in questa Capitale del mondo cattolico, in
istretto incognito, S. A. I. R. fu ricevuta, la mattina del Sabato 7 Mag-
gio, in udienza di congedo, ed intrattenuta lungamente da Sua Santita
con particolare benevolenza , si che ne parti sommamente lieta e com-
mossa. L'A. S. I. nel seguente giorno parti per Civitavecchia, onde per
mare si condusse a Marsiglia e quinci in Austria.
2. II Giornale di Roma del 19 Maggio riprodusse una Notificazione di
Monsig. Tesoriere Generale Ministro delle Finanze in data del 18 ; colla
quale, secondo Y Edilto dell' Emm. Segretario di Stato del 28 Gennaio
1863 , che autorizzo Y emissione in quattro milioni di scudi romani di
Certificati sul pubblico Tesoro , in capitale di scudi 100 1'uno, fruttiferi
il cinque per cento ed anno, e ne fu stabilita 1'ammortizzazione alia pari
nel termine di anni quindici, a datare dal 1° Gennaio 1864 : ed altresi
secondo 1'arlicolo 10 dell' analogo regolamento 31 Gennaio suddctto, da
CRONACA CONTEMPORANEA 611
Je disposizioni opportune per 1'estrazione della prima rata della quindice-
simaparte del quattro milioni suddetti, corrispondente a sc. 133, 33 3., 33, 3,
da estinguersi alia pari ; e 1'epoca , in cui tale estinzione comincera ad
eseguirsi dalla pubblica Depositeria , e fissata al lo Luglio prossimo
renturo.
3. Nella parte officiate &Q\ Giornale di Roma del 13 Maggie, venne
inserito il seguente monitorio ad un prete scandaloso, e pertioace nel
conculcare i comandi espressi del Santo Padre, con detrimento grayissi-
mo della disciplina ecclesiastica.
« DECRETUM s. ROMANAE ET UNITERSALIS INQDISITIONIS. Feria IV , die
4 Maii 1864.
« Etsi SSffius D. N. Pius PP. IX, Apostolicis litteris, die 19 Decem-
bris anni 1862 datis, loca omnia, eeclesias et personas iurisdictioni Ca-
pellani maioris in regno utriusque Siciliae dudum subiecta, quoadusque
aliter ab Apostolica Sede statuatur, respectivis in posterum dioecesum
Ordinariis subesse debere mandaverit : nihilominus sacerdos Caietanus
Guerrasio, abutens protocapellani et regalis capellae palatinae decani ti-
tulo, eamdem Capellani maioris iurisdictionem, quasi ilia adhuc extaret,
quovis destitutus iure, ac teraere omnino, usurpare praesumpsit. Huius-
modi autem pastoralium munerum larva, nedum sacerdotes et clericos ab
Ordinariorum subiectione avellere tentavit, sed etiam turn per se turn
per alios pro animartim regimine exercere non destitit actus, qui sunt
prorsus irriti et nullius roboris ac niomenti. Insuper duobus bisce po-
stremis annis, mandato regio, ut ipse ait, Jibellos evulgare ausus est
plura praecipientes, quae sub anathematis poena ipso facto incurrenda
prohibentur, et ita inscriptos: Ordo divini Officii ad horas canonicas et
Missae sacrificium quotidie servandus in prima regali capella palati-
na neapolitana totaque regali iurisdictione. Ob quae , et alia huius-
modi criraina, ecclesiasticis censuris et poenis inflictis a sacris Ganoni-
bus, Apostolicis Constitutionibus et Generalium Conciliorum decretis
illigatus est. Quare nomine Sanctitatis Suae paternis litteris die 12 Mar-
tii 1863, et novissime die 3 Martii huius anni criminum suorum et multi-
plicis poenae eisdem adnexae fuit admonitus, ut yeram atque ecclesia-
stico Tiro dignam resipiscentiam ostenderet et publicum scandalum re-
pararet. Quum tarnen Apostolica auctoritate contempta, in sua intrusio-
ne persistat et contractis censuris insordescat , idcirco suprema Congre-
gatio sanctae Romanae et Universalis Inquisitionis euni formaliter mo-
nendum esse decrevit, prout praesenti decreto, consuetis in Urbe locis
affigendo et publicando, formaliter ipse monetur, ut nulla interposita
mora ab ecclesiasticae iurisdictionis usurpatione se prorsus abstineat, et
intra duos menses, quod tempus ei conceditur pro trina monitioue pe-
remptorium a die publicationis huius decreti computandum, omnia et sin-
gula Ordinis drvini Officii iam evulgata exemplaria recolligat, scanda-
CRONACA
lum cum maximo salutis animarum discrimine datum tollere festinet, et
de horum omnium executione S. Congregationem doceat: quo tempore
inutiliter elapso, omnibus ecclesiasticis beneficiis, officiis et dignitatibus
quibuscumque, etiam speciali mentione dignis, priyabitur, ct publice ac
nominatim excommunicatus denunciabitur.
« Datum Romae die, mense et anno ut supra. Loco y Sigilli. Angelas
Argenti S. R. et Universalis Inquisitionis Notarius.
« Die 40 Maii '1861. Supradictum Decretum a/fi.xum et publication
fuitadvalvas Basilicae PrincipisApostolorum, Cancel! ariae Apostolicae,
in Acie Campi Florae, aliisque solitis locis Urbisper me Thomam Canobi,
Cursorem eiusdem Sacrae Inquisitionis. »
4. Con decreto del 25 Aprile 1864, riferito nel Giornale di Roma del
2 Maggio, la sacra Congregazione dell' Indice ha inscritto tra i proibiti i
seguenti libri :
« Histoire eiementaire et critique de Jesus: par A. Peyerat. Paris 1864,
« Du Pape: par Philotee. 1863.
« Manual de Derecho publico eclesiastico para el uso de la Juventud
americana: por Francisco de Paula G. Vigil. Lima 1863.
« Dialogos sobra la existencia de Dios de la vida futura : por Fr. Vigil
a la Juventud americana. Lima 1863.
« 1. Defense dela Liturgie de Lyon — 2. A propos d'un pamphlet con-
tre MM. ies cures de Lyon. Quelques mots publics por plusieurs mem-
bres des conseils de fabrique de Lyon 1863 — 3. Lettres de Sophronius.
Question liturgique. Paris 1864.
« Catechisme raisonne sur la liturgie: unite et variete. Dieu est urt
en trois personnes distinctes etc. Paris et Lyon 1860 ; et similia.
« Archives de la S. Congregation des Indulgences pour 1'annee 1862 —
Le Mois liberateur des Ames du Purgatoire, aliaque id genus auctoris
eiusdem \ Abbe Cloquet. Aucfor laudabiliter se subiecit. — Deer. S. C.
Indulg. 29Febr. 4864.
c Pievue spirite: journal d'etudes psychologiques, public,
sous la direction de M. Allan Kardek. Paris 1858.
« Le spiritisme a sa plus simple expression, par Allan
Kardek. Paris 1862.
« Le Livre des esprits contenant Ies principes de la doc-
trine spirite, par Allan Kardek. Paris 1863.
Deer. S. 0//I-
cii FerialV.
« Le Livre des mediums , ou guide des mediums et des )''. _ . ."
^^k/«fr\iitir* *-\nn A 1 1 *^ » \ i *' (\v*f\t\\r OrimnlOAO ' -*
evocateurs, par Allan Kardek. Paris 1863.
« Revue spiritualiste, redigee par une Societe de spiri-
tualistes et publiee par Z. I. Pierart. Paris 1861.
« Emmanuel de Swendenborg ; sa vie , ses ecrits et sa
doctrine: par M. Matter in 8.° pag. 436. Paris 1863, et li- i
bros similia traciantes ex regula 7X Indicts.
Us.
CONTEMPORANEA 61 3
1). L'EiTio Card. Morichini, Vescovo di Jesi , di cui abbiam riferito
nel precedente quaderno (pag. 487-88) 1'arresto e la carcerazione in
sanla Palagia ad Ancona, yenne poslo in liberta la mattina del 10 di
Maggio; e cosi, dopo 16 giorni di prigionia, dichiarato innocente dalla
Sezione d'accusa della Corte d'Appello sedente in quella citta, pole tor-
nare in Jesi, dove fu accolto dal popolo con vive mostre di giubilo e di
yenerazione. L' Unita catlolica del 7 , 8 e 10 Maggio riferi i bellissimi
indirizzi , con cui i Professori del Seminario e del Collegio , i Parrochi
della citta di Jesi , ed il Clero dei Vicariati Foranei di Maioleto e Monte-
roberto vollero testimoniare all'esimio Pastore i loro sensi di clevozione
e di affetto, e la pienissima loro adesione alia santa causa, per cui gli era
dato di patire « per aver compito i doyeri di ambasciadore di Gesu
Cristo. »
E veraraente solo pel nome di Gesu Gristo e per mantenere inviolata
la santita dei Sacramenti e 1'autorita della Chiesa, ebbe 1' Emo Morichi-
ni a soffrire quell' ingiuria e quella prigionia; alia quale parteciparono ,
benche in diverso grado , due Canonici di Jesi ; cioe il Canonico Peniten-
ziere Grossi, accusato, ma lasciato libero; ed il Canonico Planeta, che
ebbe anch' egli a passare per la gloriosa ignominia del carcere. La sen-
tenza pronunziata dalla Sezione di accusa , riferita distesamente nella
Nazione di Firenze del 20 , e nel Diritto di Torino del 17 Maggio, puo
essere divisa in tre parti. Nella prima si espone il fatto e 1' accusa ; nel-
la seconda si discolpano gli accusati ; nella terza si profonde un cumnlo
di spropositi, di yillaniee di nefandezze contro la sacra Penitenzieria
Romana. Di questa per ora non vogliamo occuparci ; ma dalla sentenza
ricaveremo solo quauto basti alia sposizione del falto, da cui fu tratto il
pretesto della carcerazione, ed a chiarire 1'innocenza degli accusati.
Nel rapporto steso , a nome del pubblicoMinistero , dairAvv. Lorenzo
Armelonghi, furono accusati I.9 il Canonico Giuseppe Grossi ed il Cano-
nico Planeta « di abusivo esercizio delle loro funzioni come ministri del
culto, per avere il Planeta, nel 2 Aprile 1864, ed il Grossi nel seguente
giorno 3, indebitamente ricusato di ammettere al Sacramento della con-
fessione ravvocato Augusto Ronzetti , Giudice del mandamento di Jesi.
2.° Lo stesso Planeta ed il Cardinale Morichini : di macchinazione ed
intelligenze con un Governo estero, per procurare al medesimo i mezzi
di commettere ostilita contro lo Stato. » Vedremo qui appresso, che queste
intelligenze con un Governo estero consisteyano nella doverosa applica-
zione d' un decreto della S. Penitenzieria ; e le ostilita nell' osservanza
del prescritto dai SS. Canoni.
II relatore conchiudeva chiedendo che si dichiarasse : non essere luo-
go a procediraento contro il Canonico Giuseppe Grossi pei fatti di che
trattavasi ; ma si pronunciasse Taccusa contro il Cardinale Morichini ed
il Canonico Planeta per reati « 1.° d'indebito ritiuto delle proprie fun-
CRONACA
zioni, accompagnato dapubblico scandalo, ed eccitamento allo sprezzo,
od al malcontento contro le istituzioni costituzionali , reati preyisti da-
gli articoli 471, 268, 269 del Codice penale; per avere, in esecuzione di
decreto della sacra Penitenzieria, e di concerto fra essi loro in Jesi, nella
prima meta del teste scaduto mese di Aprile, dichiarato aH'avvocato Ron-
zetti suddetto di ammetterlo alia confessione, a condizione: 1.° Che ri-
trattasse il giuramento di fedelta prestato al Governo del Re; 2.° Che
promettesse ubbidienza alia Santa Sede; 3." Che implorasse dall'Ordina-
no la facolta di esercitare I'ufficio suo, e do per non cadere nella viola-
^ione delle immunita ecclesiasliche tanto personali die locali. 2.° Di con-
travvenzione alle yigenti regole sopra la necessita dell' assenso del Go-
verno ai proYvedimenti relativi alia religione dello Stato , coramessa con
aver dato esecuzione in questo regno al decreto della sacra Penitenzie-
ria in Roma, indicate nel capo precedente, senza che fosse quel decreto
munito del regio exequatur, a termine dell'articolo I.6 del regio decreto
del 5 Marzo 1863, N.° 1169. II qual fatto costituisce il reato preyisto
dall'articolo 270 del Codice penale. » Pertanto proponeya che il Cardi-
nale ed il Canonico fossero giudicati dalla Corte di Assise di Ancona -,
« ammettendoli alia liberta proyyisoria, mediante cauzione, oye ne fac-
dano richiesta in modo regolare. »
La Sezione d'accusa, sentita la lettura degli atti processuali, e disami-
uate le requisitorie fiscali dell' Armelonghi , conchiuse che « 1' istruzione
ulteriore, susseguitaal decreto di cattura, lungi dall'ayerepostoinmaggio-
re eyidenza le prime traccie, e dall'aver fortificati gli elementi del graye
crimine ascritto in principio agV imputati, ha interamente distrutto ogni
precedente prova di reita, ed ogni elemento moralmente e giuridicamen-
te necessario per la esistenza di un qualunque minimo reato : — Che ogni
fatto del Planeta si riduce, a che, richiesto della confessione di un peni-
tente, e non trovandosi investito delle facolta necessarie per assolyerlo,
abbia dovuto invocarle dalla sacra Penitenzieria pel naturale intermedia-
do del suo Vescoyo : — Che ogni fatto del Cardinale Morichini si riduce
a che, richiesto come Vescovo da un confessore da lui dipendente , ah-
bia doyuto assumere il naturale ufficio d' intermediario prima fra il con-
fessore e la sacra Penitenzieria, poi fra la Penitenzieria ed il confessore;
— Che tanto il confessore Planeta , quanto il Vescoyo Morichini hanno
agito, non gia per libero impulso della loro volonta, ma per una necessita
creata ad entrambi dal rispettivo esercizio del loro sacro ministero; — Che
tutto e stato regolato come formalmente e solito in ogni caso di coscien-
za, in cui il confessore manchi di necessaria facolta^ ed il Vescovo sia
posto intermediario con chi puo impartirla ; — Che il Planeta ed il Mori-
chini hanno entrambi agito dentro la sfera deH'autorita meramente spiri-
tuale ed in materia rigorosamente di coscienza; — Che ogni singolo loro
atto, irreprensibile, sacro e sacramentale nella sua origine, si e mantenuto
CONTEMPORANEA
nel suo originario carattere fino alia fine ; — Che verun atto intermediario
puo condurre non che alia certezza, nemmeno a dnbbio d' intenzioni meno
irreprensibili all' occhio della legge penale ; e che allo stato di evidenza
che ora emerge dal processo, 1'atto coraplessivo del Planeta e del Mo-
richini, lungi daH'offrire gli dementi del crimine previsto dall'art. 169,
N." 2 del Codice penale e di altri, noil offre ad esso neppur 1' idea di un
qualunque minimo reato ;.... — Che pero, scendendo a quanto in ispecie
ed individualmente si puo riferire al Planeta ed al Morichini, veruna pro-
va si e potato raccogliere in atti, che potesse servire al giudice per de-
dume a carico di loro due ima compartecipazione criminosa ne di fatti,
ne di consigli. II Planeta ha agito come pio, dotto e zelante confessore.
II Morichini , del pari , nulla ha detto o fatto , che non fosse nei limit!
del santo ministero del Vescovo.... Insomnia i fatti, tali quali risulta-
no dal processo, non possono essere, a riguardo del Morichini e del
Planeta, ne criminosi, ne imputabili, salvo diseonoscendo le regole del-
¥ imputabilita giuridica e della moralita umana. »
Dimostrato poscia che gli articoli del Codice penale , appellati dal Fi-
sco, non poleano avere alcuna applicazione, la Sezione d'accusa dichia-
ro non farsi luogo a procedimento contro degli accusati , e percio do-
yersi mettere immediatamente in liberta i detenuti.
Egli e dimque manifesto che queste accuse e carcerazioni d' innocen-
ti, fondate sopra un doyeroso rifmto di Sacramenti e sopra un' assurda
pretensione di soggettare all' Exequatur un atto dalla sacra Penitenzie-
ria, erano puro sfogo di rabbia settaria; di quella stessa rabbia, che non
yolle acquetarsi alia sentenza del Magistrate d'Ancona, ma ricerco solle-
citamente la Corte di Cassazione di Milano , per vedere se si trovasse
raodo da annullare tal sentenza, e continuare la persecuzione iniqua, in-
cominciata da un infimo ufficiale dell' autorita giudiziaria. Ecco la libera
Chiesa in libero Stato! Ecco a quali mani yorrebbero certi cotali, che
fosse affidata 1' indipendenza del Vicario d i Gesu Cristo , nell' esercizio
della suprema sua autorita spirituale ! E si osera ancora parlare di con-
ciliazione fra il Papato e questa tirannide seltaria ?
STATI SARDI 1. Cenni sopra i dibattimenti della Camera dei Deputali— 2. Ri-
velazioni del depiitato Siccoli circa gli stipendii dati dal Ministero a'suoi
giornalisti — 3. Elenco di monasteri occupati violentemente dal Gover-
no — i. Sequestro sopra le rendite ecclesiastiche di sudditi pontificii —
S. Furori settarii nella Camera contro il Denaro di S. Pietro; discorso di
Cesare Cantu — 6. Offerte di oggetli prezlosi, ed Obolo di S. Pietro al
Santo Padre , per mezzo dett'Armonia e deli' Unita cattoiica.
1. Dacche, finite le vacanze di Pasqua, si ripigliarono i dibattimenti
parlamentari alia Camera dei Deputati di Torino, Ja massa enorme degli
Atti u/ficiali yenne crescendo si sfoggiatamente, che ci vorrebbe mezzo
616 CRONACA
volume a darne un sunto anche rapidissimo; tante furono le ciancie, le fi-
lippiche, le recriminazioni de'partiti, gli altacchi personal!, con che si sve-
Jenirouo a gara gli onorevoli, parlaudo di tulto uu poco. Anziche affugarci
in quel pelago interminabile, ci sembra miglior partito il dire in due pa-
role, che, dopo sancitp uno schema di legge per mantenere in vigore, per
tutto quest' anno, i principal! articoli della legge del Ptcacqntro ii hrigan-
ttiggio, si approve un aumento di spese per quasi due decine di milioni
di franchi, da impiegarsi in costruzioni di navi da guerra ed in materials
d'artiglieria. Poi si trallo dell' armameotp aelja Guardia nazionale, delle
strade ferrate, e di altri argomenti di minor rilevanza quanto alle cose
interne. II grosso dc'guai venne per gli attacchi 'Ae\Y 'tipposizione contro
la politica del Minislero, massime circa 1'alleanza con la Francia e 1'ln-
ghilterra; il poco frulto ricavato dalle pratiche, rade e tiacche, per !a
mJeuzione di Venezia e di Roma ; il contegno troppo benigno verso il
Clero e la santa Sede; gl'impaeci con cui venne atlraversata 1* opera del
partito d1 azione, e siraili capi d'accusa, che or sotto forma d'inlerpel-
Jaiize, or sotto quella di disamina degli atti del Governo, diedero mate-
ria all'eloquenza tribunizia d'una cinquantina di parlatori.
Quando il Ministero senti, fin dalle prime tornate, quel grandinare
di interpellanze, penso alia maniera di mettervi un poco d' ordine ;
e si convenne di rimandarle al tempo in cui, finita la discussione ge-
nerale del bilancio, si verrehbe alia disamina dei bilanci parziali dei sin-
goli Ministeri; cbe cosi ciascun Miuistro, nel dar ragione delle spc-
se, per le quali chiedevasi facolta, dovrebbe e potrebbe pure .satisfare
agli oppositori con le opportune diehiarazioni ; e cosi fu fatto. Tra i di-
scorsi detti percio da'Ministri, va specialmcnte ricordato quello dv1! VI-
scvsnti-Venosta, nella'tornata del 12 Maggio, con cui egii pretese di chia-
rire tutta la politica esterna del Gabinetto, e dimostrare che quesio si
<ira couqotto con prudenza e con fermezza. Natural men! e comincio da Uo-
nia ; e riccnobbe che tra V Italia e la Francia v'e « differenza di v.edute,
anzi differenza di convinzioui intorno all1 av venire del potere temporalc
del Pontefice, ed intorno al!e vere ed efficaci guarentigie che questo po-
lere lemporale puo dare alia sua indipendenza religiosa ». JNYgo di co-
muuicare i document! diplomatici, per non guastare I'andamento delle
praliche, e per non « incorrere il pericolo di dare esistenza ufliciale a
•quelle difficolta, le quali noi invece continuamente ci travagliamo ad
appianare ». II che tradotto in volgare, rit-sce a dire: ci siamo avveduti
che la Francia non vuole regalarci Roma; facciamo di tulto per ismuo-
verla da questo suo proposito, e continueremo a fare; ma sc mettes-
simo in pubhlico le nostre proposle e le rispqste avute, ne verrebbe che
sarebbe posto in sodo ufficialmente , e stabililo irreparabilmentc, quello
che tinora si sa per via coulidenziale e puo ancora mutarsi, cioe che
a Roma non si va: dunque si dee tacere.
Parlo quindi del leale aiuto, che le truppe francesi porgqno per impe-
dire il brigantaggio ; e disse chiaro che se alruni briganti passano alia
spicciolata, si esagera troupo rappresentando taliinezie come gravi fatti.
Assicuro che i Comandanti francesi son solleciti di arrestare e far 1'estra-
dizione delle persone denunziate loro come briganti o complici ; ovvero
<ii trarle a' loro Consigli di guerra, se colpevoli di qualche atto violento.
Rassicuro tutti che si faceya al Governo pontificio la guerra piu aspra
CONTEMPORANEA 611
die si potesse, massirae con i sequestri sopra i beni ecclesiastic), spettanti
a persone che abitassero nelle province ancora poste sotto il dominio
della Santa Secle. Dimostro che nulla erasi lasciato d'intentato per far
allontanare da Roma il re Francesco II ; e tini di parlare intorno a
Roma , dicendo di sperare che « lo spettacolo di orcline, di calma, di
forza, die presenta 1'Jtalia » convincerebbe tutti della piena guarenti-
gia offerta agli interessi religiosi, e della lealta con che si manterrebhero
gli assunti impegni, e che cosi tutta Europa riconoscerebbe i diritti d'l-
talia a stabilire in Roma la sua Capitale.
Entro poscia a dire delle relazioni con 1'Inghilterra e con 1' Austria ; e
parlo del Congresso e si felicito del buon accordo con la Russia ; e tocco
della politica quanto ai Principal! Danubiani, e si stese lungamente ia
dimoslrare, che fannp torto al Piemonte quelli che gli contrastano, per
darlo al partito d'azione, il vanto d'aver fatto quel miracolo che e la pre-
sente Italia.
2. Dopo questp bel panegirico ufficiale, recitatp dal Ministro, giovera,
yedere qual credito meritino i pauegiristi ufficiosi', e qui lasceremo par-
lare i I depuiato Siccoli; il quale, nella tornata del 9 Maggio, alzo un
lembo del misterioso velo che cuopre certe macchine di Governo lihera-
lesco, volgendo al ministro Peruzzi le seguenti domande (Attiuff. num.
607, pag. 2331):
« lo domaudo a quel gentile cayaliere (e ricpnoscp anch'io che e per-
fettamente gentile cavaliere e gentiluomo) che e il Ministro dell'interuo,
io domando agli uomini che siedono alia destra eche sono contrarii a
noi, se sulla loro coscienza possono assicurare, che non sia vero che YI
sieno dei giornali soyveozipnati a 50 , 100 , 200, 300 franchi al mese !
Se non sia vero che il corrisppndente di un giornale straniero sia pagato
500 t'ranchi al mese, per ispedire tutti i giorni a Parigi un elogio del Mini-
stero! Se non sia vero che un giornale meritevole, senon altro, di avere
seniprc dil'esa la stessa opinione, abbia una sovvenziorie annua di 40,000
franchi ! Se non sia vero che una gazzetta quotidiana ne abbia un'altra
di 50,000 franchi ! Domando inline se non sia vero che un giornale, che
non noraino, ma che si distingue per il suo troppo zelo nell'incensare i
Ministri (zelo che alle volte loro pregiudica) , non abbia una sovvenzione
annua di GO, 000 franchi (Oh! rumori a destra) , compresi 2,000 che si
pagano mensilmente per le spese di direzione e per Je spese di corris-
poudenze ad un giornale di una citta vicinal (Voci a sinistra:}$ra\o\).
« Signori, ho qualche cosa da aggiungere. Fin qui ho parla'o di cose
di cui non ho le prove in mano; ora diro quello die consta a me, perche
nii vi son trpvato incidentalmenle di mezzo. Io so che 1' anno passato
•yiyeva un giornale per la sovvenzione ministerial di 2,000 franchi men-
sili ; che questo giornale, giunta restate (forse per effetto di tempera tura,
o che so io), venne preso da velleita di opposizione , e quindi gli venne
diminuita la sovvenzione di mille lire ; e dopo , perche inseri un certo
articolo, nel quale cpnfesso che io ayeva messo un ppco la mano, gli fu
spppressa. Diro di piu (e mi duolc di non poter nominare la persona),
diro di un Deputato di destra, che scriveva in un giornale ministeriale; al
quale, perche una data volta gli venne fatto, per debito di coscienza, di
Totare contro il Ministero attuale , sulla legge della prerequazione del-
1'imposta, yenne tolto il lavoro affidatogli , solto pretesto che il giornale
618 CRONACA
faceva cattivi affari ; giornale che , a confessione della direzione , ha un
guadagno netto di 28 mila lire annue. . . .
« Quando 1'attuale amministrazione sali al potere, in seno alia stampa
cosi delta moderata, e che, come provcro in seguitp, e tutt'altro che
moderata, si notava nno screzio singolare. Eravi il giornale Y Opinione
che avea an dato colore , che non indichero, per rispetto ad un grande
infortunio : c1 era un giornale ricasoliano , un altro peruzziano , un altro
minghettiano : qgnuno aveva la sua tinta speciale. Queste screziature
naturalmente indebolivano anche la maggioranza, che il Ministero crede
d'avere nel paese, e che io credo non abbia.
« Appena 1'onoreyole Ministro dell'Interno chiamo a reggcre la segre-
teria generale del Ministero qiieU'ahilissimo Segretario, che ora la disim-
pegna , e dal quale ( bisogna che francamentc lo dica ) ho ricevuto in
una data circostanza un grandissimo servizio, allorche mi trovava inNa-
ppli , e per un colpo di testa ( come me lo defini una volta 1' attuale Mi-
nistro della marina), mi meritava per lo meno tre anni di carcere, il
signor Spaventa me li risparmio , ed io gliene sono grato ; ora pero non
intendp parlare del signor Spaventa, ma del Segretario generale ; appe-
na, dico, 1'onorevole Ministro dell'Interno ehhe fatta questa nomina, il
novello Segretario ebbe 1'abilita di fare in modo che, dopo un mese,
tutti i giornali parlaYano in un senso. La Stampa ( giornale ) intonava
['oremus e tutli gli altri risponde^vanp amen! (Ilarita).
« Naturalmente mi venne la voglia di domandare il perche di questa
conversione repentina, quantunque in fatto di conyersioni ne ayessi pa-
recchi esempii piu serii ; ed in allora mi si parlo di corrispondenze rega-
late, di corrispondenze imposte, e anche di corrispondenze che si paga-
vano , perche venissero accettate. Seppi poi anche un fatto speciale,
3uellp cioe d'una fornitura accordata dall* onorevole Segretario generale
el Ministero dell'Interno al Direttore di non so quale agenzia di 25 cor-
rispondenze a 25 giornali , ognuna delle quali corrispondenze doveva
farsi tre volte la scttimana, al prezzo di 20 lire caduna. Io non mi la-
mento del prezzo, anzi le trovo pagate poco, giacche non credo cosa fa-
cile il difendere il Ministero attuale senza un fungo studio e un potente
ingegno. Ho saputo poi anche, che il Direttore di quelTagenzia, trovando
1'impegno superiore alle sue fqrze, e superiore anche alle forze d'un gi-
gante , usufrultava il lalento di alcuni giovani sconosciuti , subaffittando
questa concessione a 3 lire per corrispondenza (Ilarita ). Io mi sono re-
cato da molti uomini del partito opposto, ed ho lorq domandato: credete
vpi, sulla vostra coscienza , che sia vero che il Ministero sqvvenga dei
giornali? E mi hanno risposto, alcuni: lo crediamo, ed altri: ci consta
positwamente. Non ho bisogno di aggiungere che il Ministro dell'Interno
lo sa di certo! »
3. Se tale sperpcro di pubblico denaro, per creare quella Potenza, che
dicesi opinione pubblica, a favore di chi, in virtu del pprtafoglio di Mi-
nistro risponsabile, puo maneggiare a servigio di chi gli piace, le leggi
« 1'erario ; se tale vituperoso ciarlatanesimo, comprato a prezzo di mi-
gliaia e migliaia di scudi, fosse cosa nuova o propria del solo Governo
di Torino; certp vorremmo dimostrarne Fimmoralita profonda e 1'ingiu-
stizia verso i cittadini, a cui si vupta la borsa per empir loro il capo di
corbellerie. Ma questa e consuetudine di tutti i Governi alia moderna, ed
CONTEMPORANE A 619
in Ispecie di quelli che si reggono piu strettamente secondo i dettati del
diritto nuovo. La liberta costa earo; ed e uno del privilegi delle nazioni
liberc, quello del pensare con la testa dei giornalisti, pagati dal Ministero
col denaro della nazione.
Ben e vero pero che, per non mancare di denaro con che comperare i
panegiristi, il GoYcrno di Torino ha certi spedienti assai cpmodi, e che
piacciono a gran numero di persone senza coscienza. Ha bisogno di ca-
serme e di prigioni? Certo che si; anzi deve mqltiplicarle a decine per
yolta. Or bene : onde si cava il denaro da fahbricarJe? Se dal bilancio,
non ne rimane a bastanza per le spese segrete e pel giorualisti. Bene: si
fa dunque cqsi: si cacciano monache e frati da' Convent! , e questi con
pqca spesa si nuitano in carceri, in caserme, in istalle, in checchessia.
Gia indicammo altra volta il rmraero delle propriela ecclesiastiche a cui
TCUDC applicata questa teorica economica. L' Unita catiolica ne va com-
piendo 1'elenco, e nel n.9 163 dell' 11 Maggio recp una nuova lista di
convent!, col nouie dei luoghi e degli Ordini religiosi cui spettavano,
che furono occupati in tal modo, ed in numero di 189, dal Governo, spo-
gliandone barbaramente quelli, a cui lo Statute fondarnentale del Regno
ne avea solennemente ed in forma pieuissirna guarentito il libero ed as-
soluto possesso.
4. Lo stesso giornale, il giorno appresso, 14 Maggio, pubblico il testo
(Tim Decreto reale, in Yirtii del quale, a proposta del Pisanelli, e per
diritto di rappresaglia , e posto sequestro sul godimento dell' usufrutto
dei beni, gia contiscati dai GoYcrni rivoluzionarii del 1860 nelle Mar-
che e neir Umbria, « ai provyisti di beneiizii semplici, abbazie, cappel-
lanie ed altre fondazioni, colpite di soppressione per eiietto di qaelle leg-
gi », qualora questi usufrattuarii appartengano alle province ancora sog-
gette al Goyerno pontilicio. La Cassa ecclesiastica Yenne incaricata d'in-
goiarsi, e dilapidare a modo suo, cotaii rendite.
5. Ma Y'C- un altro genere di denaro, sopra di cui i liberal! non possono
stendere la mano, ed e quello di S. Pietro. Ne parleremo altroye di pro-
ppsito. Qtii basti dire che nella Camera de'Deputati per piu giorni noa
si parlp d' altro ; e quanto il furore settario puo ispirare di falsita e d'im-
Eroperii, lanto fu detto, eon un profhrvio di bestemmie diaboliche, per
ire che il Governo ad ogni costo impedisse tal colletta. Questa guerra
illiberale, perche intesa a violare la piu rispettabile fra le iiberta, quella
di far bene al Papa ; questa guerra crudele, perche Yolta a compiere
i'assassinio del piu augusto fra i Sovrani, a cui gia furono rapiti gli Sta-
ti ; questa guerra impolitica, perche riesce a mostrare quanto si teme il
suffragio del vero popolo, espresso in forma si eloquente; questa guerra
sacrilega, perche intesa a togliere al Papa gli ultimi sussidii con cui
reggere la'Chiesa universale ; questa guerra codarda ed inulileal tempo
stesso, perche non puo ottenere il bramato eiTetto, essendo impossibile
impedire che i fedeli, o in un modo o nell'altro, soccqrrano il Santo Padre;
questa guerra mostra qual sorte dovrebbe aspettarsi il Sommo Pontefice,
quando fosse abbandonato alia discrezione &Q\Y Italia, fabhricata dai tra-
dimenti, dalle violenze e dalle perfidie del 1859 e del 1860.
La conclusione di tutte queile diatribe orrende fu una reiterata confes-
sione del Ministero, che non esiste legge con cui poter impedire tal col-
letla, ma che si fara di tutto per eercare il niodo di riuscirvi.
620 CRONACl
Una sola voce d' upmo veramente cattolico risono in quella sala , per
difendere, con mirabile coraggip, con soda eloquenza e con rara lucidita
di argomentazione, la liberta di mandar sussidii al Santo Padre : e fu la
ypce di Cesare Cantu ; e noi di buonissimo grado sottoscriviamo alle
giustelodi, che percio gli furono tribulate da'giornali cattolici, e special-
mente dall' Unita del 20 Maggio, ne' termini seguenti :
« Non solo in Italia, ma in tutta Europa, in tutto il mondo, dove batte
tin cuore cattolico, dove si apprczza ancora la nobilta di carattere, 1 indi-
pendenza dell' animo, il vero liberalismo, sara acclamato Cesare Cantu ,
che il 18 di Maggio, nella Camera dei Deputati di Torino, ebbe il corag-
gio di levarsi in difesa della giustizia, della carita, della liberta; e, senza
curare i spliti rumori , non obbedendo cbe alia coscienza, parlo da catto-
lico e da ilaliano. La patria nostra ayea gia in Cesare Cantu un egregip
scrittore ed un grande storico. Ora essa puo additare in lui uno dei suoi
piii cari concittadini , uno dei suoi piu valorosi soldati. II cpraggio che
mostra il militare sui campi di battaglia e nulla in confronto di quello che
e necessario in mezzo allariyoluzione. Noi abbiamo di molti e coraggiosi
soldati: la Camera di Torino noa ha che un solo Cesare Cantu. 11 sup
nome restera nella benedizione dei posteri, ed e tin d'ora ammirato dai
suoi medesimi avversarii. »
6. Ma, la Dio nierce, codeste smanie della rivoluzione per non poter
impedire tal yolontario omaggio di fedella e d'amore dei popoli italiaqi
yerso il Papa- Re, omaggio che yal meglio di qualsiasi artifiniato plebi-
scite, non ebberp (inora altro cffetto, che di eccitare i fedeli a raddop-
piare di generpsita nei doni e nelle offerte. Nel passato quaderno (pa-
gina 498) abbiamo accennato alia raccolta di anelli , gemme, monili ed
oggetti preziosi , spedita all' Unita catiolica , da geutildonne e da pie
femmrne d'ogni ordine civile, in altestato di devozione al Santo Padre.
Or ecco quello che annunzio dal canto suo T esimio giornale 1' Armonia
del 18 Maggio :
« Riceviamo un centinaio di anelli tutti d'oro ornati di diamanii e
pietre preziose , un braccialctto d'oro, due oreccliini d'oro c finalmcntc
un gioiello & oro in forma di pesce. II nostrp cuore e sopraffatto dalla
gioia nel vedere un voto cosi solenne e preziosp a favore dtxl Papatp,
mentre la rivoluzione lo vorrebbe distrutto ! Sfidiamp tutti i comitati ri-
yoluzionarii del mondo a vautare simili dimostrazioni di afietto c fi-
ducia! »
L' Unita cattolica poi , che avea eccitato i fedeli a voler fare che , per
Ja festa della B. V. sotto ii titolo Auxilium Christianorum , si polesse
spedire al Santo Padre una copiosa spmma del Denaro di S. Pietro, si
yolse teste le.pidamente a ringraziar di nuovo il Brofferio ed i suoi col-
Jeghi , perche, con i loro improperii e con le Ipro diatribe contro tal col-
letta , 1' aveano resa straordinariamente fruttifera. Imperocche mentre
quella si riprometteva di poter tutt'al piu spedire un 80,000 franchi, le
offerte negii ultimi giorni, dopo le promesse del Ministero di volerle im-
pedire, affluirono si abhondanti, che superarono di 30,000 fianchi la
somma sperata. Ed in elTetto e giunto a Roma, appunto quel giorno, il
personaggio incaricato di deporre a' piedi di Sua Santita la somma di
111,531 franchi , ed uno scrigno pieno di oggetti preziosi. Ci pare che
non si possa bramare attestato piu autentico del voto de' popoli d' Italia,
circa la Soyranita temporale del Papa.
CONTEMPORANEA 621
II.
COSE STRA.NIERE.
ALEMAGNA E DAMMARCA 1. Condizioni del catlolicismo nello Schleswig-Hol-
stein; ottimi effetti della carila e del minister! spiritual! presso 1' esercito
— 2. Taglie poste clal Wrangel sopra il Jutland — 3. Combaltimento na-
vale presso Heligoland -- 4. Istruzioni date al plenipotenzario francese
per le Conferen/e di Londra — 5. Testo della convenzione per 1'armisti-
zio — 6. Assemhlea popolare a Rendsbourg; parole del Duca d'Augustem-
bourg — 7. Petizioni al Re di Prussia per la separazione dei Ducati dalla
Danimarca — 8. Dichiarazione dell' Austria e della Prussia circa i Trattati
di Londra del 1852.
1. (Da nostra corrispondenza) Mentre gli eserciti alemanni si avanzano
con tutti i terror! deila guerra alia conquista delle frontiere della Germa-
fiia, un'altra Potenza sta pure adoperandosi ariguadagnare quelle region!,
che ella ha perdute gia da alcuni secoli, voglio dire la Carita cattolica.
La prima e conquista sanguinosa, strepitosa, e, in parecchi de'suoi episo-
dii, veramente spaventosa ; laddove la seconda precede tranquilla e inos-
servata, ma non percio meno efficace e coslante ; essa mitiga i terror! de-
stati dalla guerra, salda le ferite da questa aperte, e ricongiunge spesso
sotto il medesimo tetto di dolore quei che poc'anzi stavano armati in
eampo 1'un contro 1'altro ; e, quel che piu importa , essa riconduce fmal-
mente le benedizioni della Religione cattolica in quelle contrade, in cui
wn odio radicato da secoli perseguitava ed opprimeva la Chiesa cattolica.
Quando la Danimarca nel 1849 concesse al Culto cattolico inlera liber-
ta, lo Schleswig e THolstein ricusarono di seguitarne 1'esempio. E ben-
che, dopo molte istanze dell'Austria, la Camera dell' Holstein concedesse
nel 1863 qualche maggior liberta ai Cattolici , nondimeno gli Ordini re-
ligiosi , almeno i Gesuiti , furono da tal favore esclusi. Nello Schleswig
poi 1'antica tirannia duro pertinace. In due soli luoghi fu permesso ai
Cattolici di praticare il loro culto, ma anche ivi le loro chiese non poteano
avere campanile ne campane ; e fuori di quest! due luoghi niun sacer-
dote cattolico poteva esercitare qual si fosse funzione o ministero in
seryizio delle anime. Se il Vicario apostolico volea yisitare il Ducato,
doveya ottenere a tal fine speciale facolta dal Governo ; ed e cosa appena
credibile, ma pur yera, che anche tal facolta gli veniva in quest! ultimi
anni negata. I decreti sppra i matrimonii misti erano, quanto dir si pos-
sa, tirannici ; i figli di sinatti connubii doveano essere allevati nel Lute-
ranismo. Contutlocio il Protestantesimo in questa terra e in decadiniento
incredibile. Un cattolico , alcune seltimane i'a , essendo ito per curiosita
nel tempio principale di Schleswig , 1' antica Cattedrale della citta, per
assistere al servizio, "vi trovo la mattina quattro persone, nel pomeriggio
da quaranta a cinquanta; eppure gli fu detto che al pomeriggio vi era
stato un bel concorso. In queste chiese, un di cattoliche, sovente trovansi
ancora in pied! gli allari ; ess! sembrano aspettare tempi migliori, la cui
aurora oggidi appunlo ya spuntando. Durante la presente campagna ,
622 CRONACA
moltp bene gia si e ottenuto, che in altri tempi appena sarebbesi creduto
possibile ; e cio per opera della carita cattolica. Ed ecco in che modo.
11 Corpo d' occupazione austriaco e caltolico , e tal e pure la massima
parte dei spldati prussiani che combaltono nello Schleswig. Ora ie Snore
della Carita si proffersero al servigio dei lazzaretti militari. AHre volte
simil profferta era stata rotoudamente ritiutata dal Ministero della guerra;
ma adesso ella fu accolta con gioia; e le varie Congregazioni t'ecero a
gara per essere assortite all' onore di esercitare la carita cristiana coi
poveri feriti, di modo che al presente ben 150 Snore slanno quivi in
opera, insieme con alcuni Fratelli alemanni. Molti, non solo ecclesiaslici,
ma eziandio membri della- piu aha nobilta dei paesi Renani, della West-
falia e della Silesia, accorsero al tempo stesso nello Schleswig, per aiularc
col consiglio e coll' opera le Suore nella cura degli Spedali. La carita
cristiana creo ad un tratto i mezzi pel mantenimento degli Spedali : cosi
un' adunanza di Nobili in Dusseldorf diede 40,000 tailed per le prime
spese; e dappertutto furono tosto ordinate adunanze , lequali frutlarono
fin dai priini giorni in Amburgo 75,000 franchi, in Colonia 30,000, in
Elberfeld 20,000 , in Essen 12,000, ecc. ; oltre a migliaia di Gaschi di
vino, sigari 100,000, ecc. Da principio le buone Snore ebbero certamente
niolti pregiudizii a superare; ne avrebbe potuto essere -altrimenti. I Re-
ligiosi e le Religiose cattoliche erano stati dipinti da lunga pezza a quei
Protestanti, come una genia di persone ruyide, triste, stanche della yita,
cacciate daila disperazione o dal bisogno dentrp a un chiostro, ed iyi con
ispayentoso governo compresse ed educate a diveritare stromenti di pro-
selitismo e precursori dei Gesuiti , i quali si adoperavanp a ricondurre
la tirannia papale. Non si erano mai vedute tonache religiose ; quindi
qual maravigiia che al primo coniparire fossero accolte con derisioni , e
che la gipvanaglia insolente le salutasse a palle di neye? Anche i medici
vollero yietare alle Suore , che ai gravemente malali non parla'ssero di
Sacramenti. Npndimeno in poclii giorni tutto fu cangiato. Comincio a
destar maravigiia il yedere persone gentili , ben educate , e tra esse al-
cune di elevata condizione, esercitare con serenita , con mansiietudine ,
con pazienza invincibile 3 con devozione eroica i servigi piu abietti , e
cpnsacrarsi per carita irrevocabilmente alia piu penosa delle missioni.
Cio fece che le Suore divenissero oggetto di yenerazione e di ricpnoscen-
za da parte di tutti, e specialmente dei soldati. Anche i medici si mostra-
rono sommamente soddisfatti della cura e singolarmente della netlezza
delle Suore. 11 gencrale Wrangel ordino che elle fossero salutate come
Uffiziali ; il Re stesso le ringrazio personalmente, porse la mano alia Su-
periora e disse: or io me ne vado traiiquillo, perche so che i malati sono
cosi bene assistiti ; e il Principe di Hohenzollern disse, chedopo la guerra
anche i lazzaretti di pace si doveano contidare aile Suore. II Principe
ereditario le visito sovente, e fece distribuire coroue, benedette sotto gli
occhi suoi dal S. Padre. Egli lodaya senza finel'amabiiita del S. Padre,
e raccpnlava come questi, nell'udienza, gli scrisse sotto una immagine :
IHuminare his, qui etc. Anche le Dame dello Schleswig-llolslein si senti-
rono spronale dall'esempio della carita eroica delle Suore, e feceroa gara
per provvedere e allestire tutto cio che occprreva pel servigio degli Ospe-
dali ; tanto che le Suore non rifmivano di lodarc la lorp generosita ed
amorevolezza. Elle si Jodano anche molto dei soldati feriti ; gl' Itaiiani
CONTEMPORANEA 623
soprattulto si fan distinguere per la loro pieta. In unp del lazzaretti gl'I-
taliani convalescent! radunavansi a recitare insieme il Rosario, a cantar
Ja Salve Regina, e con questa funzione religiosa altraevano anche gli al-
tri soldati.
Non meno di quella delle Snore, riusci fruttuosa 1' opera dei Cappella-
ni militari cattolici. Nell'adempiere i lor minister], essi mostrarono uno
zelo ed una iutrepidezza che desto lo stupore universale; tanto piu, che
nulla di spmigliante vedeasi nei ministri protestanti. I Protestanti stessi
e i loro giornali, come la Kreuszeitung, ne fecero alti elogi. Sventura-
tamente il numero dei Sacerdoti era troppo scarso per la moltitudine e
pel fervore dei soldati ; « Voi ayete avuto , scriveva un di questi eo-
clesiastici, per 15 anni le missioni nella Westfalia, ma elle son nulla verso
le missioni che noi abbiamo qui ; nei molti anni che io son Sacerdote,
non ho mai ascoltate tante Confession!. Quandovado al confessionale, vi
trovo ogni pomeriggio ad aspettarmi 50, 100 e fino a 200 soldati. » II
Cappellano, prima della battaglia, teneva ai soldati un breve discorso,
indi dava 1'assoluzione e la benedizione, e licenziavali al combattimento
col sal u to : Lodato sici Gesii Cristo , a cui tutti rispondevano. Durante la
battaglia , e nello stesso assalto di Diippel , i Cappellani assistevano nei
campo ai moribondi sotto una spaventosa grandine di palle. Quest' eroi-
smo accendeva 1'animo dei soldati. Allorche il Rev. sig. Miiller arrivo
presso i soldati dentro la fortezza conquistata, essi 1' accolsero con en-
tusiasmo, salutandolo con tre hurrah. Al Rev. signer Simon, stato ferito
nell' assalto, il Comandante del Reggimento diede un cordiale abbraccio;
gli Ufficiali lo regalarono d'una ricca daga, presa ad un Colonnello ne-
inico ; e i soldati, die gia il teneano per morto, lo accolsero con festa
indescrivibile, e domandarono subito che fosse celebrata una funzione in
rendimento di grazie; cip ch'egli di buon grado consent!, sapendo che
tutto quello che ordinano i Cappellani vien approyato senz' altrp anche
dai Generali : essi ban contralto , come diceva il Feld Maresciallo au-
striaco, von Gablentz , essi ban contratto colle truppe fraternita di san-
gue. Quando si andava all' assalto, i soldati ebrei mandarono al Rev.
sig. Simon una deputazione, pregandolo di estendere anche a loro la
sua benedizione.
Cosi, la Religione cattolica e tprnata gloriosamente a splendere in
quelle regioni, da cui per piii secoli era sbandita. Quasi in ogni piccola
citta dellp Schleswig orientale y'e un piccolo Convento ; nelle chiese pro-
testanti si celebra la Messa pei militari cattolici ; i vecchi pregiudizii si
vanno dissipandp, 1'odio ai cattolici vascemando; le leggi tiranniche
sppra i matrimonii misti sono abolite nello Schleswig p'ai Commissarii ci-
vili. Cio che V Austria non ppte fare cogli sforzi di piit secoli, e stato
fatto dalla carita cattolica. Nihil fortius aniore.
2. Mentre alii 28 d'Aprile gli Austro-prussiani disponeansi all' assalto
di Fredericia, che poi occuparono la domane senza colpo ferire, perche
abbandonata dai Danesi, come abbiam ri ferito nei precedente quaderno
(pag. 499), il maresciallo Wrangel dai suo Quartiere generale di Yeile
die fuora un bando, col quale pose sul Jutland una grossa taglia, il cui
prodotto dovesse servire di cpmpenso ai mercanti alemanni danneg-
giati dai blocco. Ecco il testo di tal bando : « Per i danni cagionati aHe
proprieta dei sudditi prussiani ed alemanni dalla cattura delle navi e dei
CRONACA
carich! escguita dai Danes! , sara imposta al Jutland una conlribuzionc
di 650 rniia tailed prussiani (ogni.tallero equivale a 3 fr. 75 cent.). Que-
sta somma corrisponde al danuo cagionato da quegli alti, e sara aumen-
tata se i danni diventerannp maggipri. Se rimarra un eccedente, dopo il
riparto delle indennita, sara restituito. Sulla somma anzidelta, 50 mila
taller! sarauno pagati, giusta il riparto che yenne fatto, dalla citta di
Veile, e dovranno essere messi senza indugio nelle mani del capo del
comando delle requisizioni, maggiore dei cacciatori di Westfalia, di Bec-
kedorff, se si yogliono evitare i provvedimeuti di coercizione militare,
che sarebbero indispensabili nel caso contrario. Quarliere generale di
Veile, 28 Aprile 1864. — WRANGEL. »
3. La marina militare austriaca, la quale puo dirsi nata appena da un
deceunio, ebbe la prima pccasrone di dare un saggio della sua yalentia
nel giorno 9 di Maggio, in un combattimento sosleuuto tra 1'isola d'lleli-
gpland e 1'imbpccatura dell'Elba, contro due fregate ed una corvetta ad
elice dei Dauesi. Una parte dell'armata austriaca, mandata nel mar set-
tentrionale per proteggervi il commercio, e posta solto il comando su-
premo deirammiraglio Wullersdorf, stava gia presso Cuxbaven nell' El-
ba , e formava una piccpla squadra , composta ddla fregata ad elice
Schwarzemberg mimita di 50 cannoni con 540 upmini d'equipaggio, e
della Radetzkij , fregata a ^apore , da 30 cannoni con 310 uomini; piii
due cannoniere prussiane corazzate, cioe Y Adler e la Blitz , arraate di
soli 4 cawioni da lunghissimo tiro. Siccbe in tutto gli alleali ayeano soli
84 cannoni ; per contro i Danes! aveano le loro navi armate di 202 can-
noni. Avuto notizia che tre na\i dauesi eransi accostate all' isola d' Heli-
goland, il capitano Tegheloff della Schwarzemb rg} , cui spettava il co-
mando della squadra, levo 1'ancora e scese ad ollerire baltaglia al ne-
mico, che raccetto. Erano circa le due pomeridiane, ed il Teghetoff
con mossa audacissima si getto in mezzo a due delle fregate danesi,
denominate 1'una Niels Juel, Taltra Dagrhar, facendo fuoco d'ambe le
parti al tempo stesso. La sorte non arrise propizia a si generoso ar-
dimento.
Fin dai primi colpi , cadde morto il Secondo della Schivarzemberg Ca-
pitano Kleinert, ed una bomba che cadde sopra le vele ammainate del-
i albero di trinchetto, lo pose in fiamme. Bisogao volgere la proda indie-
tro, per impedire che le yampe, spinte dai veutp, appiccassero 1' incen-
dio al grande albero; ed intanto le fregate danesi, merce della rapidita
molto maggiore de' loro movimenti, sottraendpsi a' colpi della Schwar-
zemberg, terribilmente la fulmina\ano da tutti i lati ; si die in due ore
questa fu percossa da 90 fra bombe e grossi proietti , onde rimasero
morti 41 uomini, e gravemente feriti non meno di 50, oltre ad una qua-
rantina d'altri feriti leggermente. Per giunta una bomba caduta presso
il magazzino delle polveri, appicco il fuoco al fianco della nave, con pe-
ricolo d'estremo disastro ; ma si riusci a spegnerlo. Anche la Radetzlnj
fu colpita da 28 proielti , sicche ebbe, facendo ogni sforzp per disimpe-
gnar la Schwar zembcrg , piu morti ed una trenlina di feriti. Le cannonie-
re prussiane, rassicurate dalla lunghezza del tiro de' loro cannoni , noa
s'accostarono al nemico ; poco fecero e nulla soffrirono. Percio, dopo due
ore ed un quarto di accanito combattimento , allargandosi 1' incendio che
divorava il trinchetto della Schwarzemberg e pericolando tulta la nave ?
CONTEMPORANEA 625
il Teghetoff diede il segnale dello ritirata, alia quale niun contrasto fe-
cero i Danrsi. Ouesti » stando alia relazione del Mmislero della marina di
Copenhagen, ebbero soli 14 uomini morti con 54 feriti, essendosi trovati,
e per nuuiero di artiglieria, e per qtialita di navi , d'assai superior! alia
squadra austroprussiana. Tale fu la yittoria danese, anuunziata con tan-
ta gioia, e ricevuta con Unto plauso al Parlamento inglese; la quale, se
fu ielice.pei Danes! , certo fu molto piu onorevole per gli Austriaci , che
essendo quasi nuovi a tali cimenti di mare, vi si condussero con corag-
gio e fortezza mirabile. Di che il Teghetoff ebbe splendido premio, con
la promozione al grado di Ammiraglio.
La divisione navale austroprussiana stelte la sera del 9 presso Heligo-
land, affiue di spegnere il fuoco che ancora ardeva, e riparare aile pid
gray! avarie della Schwarzemberg ; e la mattina del di seguente , 10 Mag-
gio, torno a Cuxhaven. I Danesi dal canto loro abbandonarono intera-
mente il mar settentrionale, e passarono nel Baltico, dov'ebbero acco-
glienza trionfale neli' ingresso a Copenhagen.
4. In questo stesso giorno 9 di Maggio le Conferenze aperte in Londra
yenivano a capo di far accettare alle parti belligeranti im armistizio.
Quali si fossero le istruzioni date dalle Potenze germaniche a' loro rap-
presentauti in Londra, abbiamo riferito nelprecedente quaderno, a
pag. 500. Restava qualche dubbio sopra gl' intendimenti della Francia.
Ora il Memorial diplomatique dell' 8 Maggio (pag. 292) affermo di sa-
pere con tutta esattezza, che, nelle istruzioni spediteal La Tour d'Auver-
gne, il Gabinetto di Parigi , non seatendosi per verun modo impegnatq
nel conflitto, manifesto la piii risoluta volonta di attenersi alle parti di
media tore pacifico ; e percio gli ebbe ordinalo di condursi in modo con-
ciliativo, non far nulla per abbattere i trattati del 1852 , anzi sostenerli
se a questo inchinassero gli altri plenipotenziarii ; e suggerire il ricorso
ad una manifestazione del voto popolare dei Ducati, solo nel caso che le
condizioui di sovranita della Danimasca si dovessero, per le risoluzipni
della Conferenza, trovar mutate. Laonde, qualora si fermasse il partito,
che lo Schleswig-IIolstein fosse unito alia Danimarca per solo yincolo
personate del Re, ma con piena autonomia amministrativa e politica, il
La Tour d'Auvergne dovrebbe chiedere, che questo placito della Confe-
renza fosse presentato al suffrasio de'popoli dei Ducati, da ottenersi per
tal forma che escluda ogni dubbio , Tuoi per mezzo delle Camere rap-
presentative, yuoi per votazione speciale e diretta de'cittadini. Ad ogni
modo il rappresentante francese dovrebbe astenersi dall'acceltare qua-
lunque combinazioiie , che non fosse una defmita e piena risoluzione del
litigio.
5. In quella seduta del 9 Maggio, Lord Russell invito i Plenipotenziarii
deile parti belligeranti a far couoscere se, eel aquali condiziom, avessero
facolta di accettare un armistizio. Quelli d' Austria e Prussia dichiararono
di potersi piegare a tutti i temperamenti che faciliterebbero la tregua,
senza perirolare la posizione strategica delle truppe comandate dal ma-
resciallo Wrangel. I rappresentanti delle Potenze neutrali aderirono a
questa proposta conciliante, e fu fermato che Tarmistizio avrebbe per base
1' uti possidetis. Ma i Plenipotenziarii danesi insistetiero sopra tre condi-
zioni rileyanli, cioe: l/cheToccupazione del Jutland dalle truppe alleate
si limitasse a' luoghi strettamente militari; 2.° che il mantenimento di
Serie V, vol. X, fasc. 341. 40 28 Maggio 1864.
626 CRONACA
esse fosse a carico delle Pptenze alemanne; 3.° che il loro comandante
supremo si astenesse dall' impprre, durante l'armistizio,taglie di guerra,
e dal riscuotere derrate d'ogni genere. Si stipularono pertanto le condi-
zioni dell' armistizio, ed il Monitors prussiano pubblico il testo delle ri-
soluziqni prese, ne' termini segueati:
« Vi sara sospensione d' ostilita per mare e per terra, incominciando
dal 12 Maggio, per lo spazio d'un mese.
« Lo stesso giorno la Danimarca levera il blocco.
« La Prussia e TAustria si obbligano, darante la sospensione delle osti-
lita, a mm porre ostacolo, nelle parti del Jutland occupate dai loro eser-
citi, al commercio, ne alle comunicazioni, ne alia regolare amministrazio-
ne; a non imporre contribuzioni di guerra, ma a pagare, al contrario,
tntto do che sara somrninistrato alle truppe alemanne, che continueranno
solamente ad occupare le loro posizioni strategiche presenti.
« Le parti belligeranti stahiiiscono d'accordo, che conserveranno le loro
posizioni militari rispettive su terra e per mare, e non le rinforzeranno du-
rante la sospensione delle oslilita.
« Cip verra nptilicato ufficialmente ai cpmandanti delle forze bellige-
ranti di terra e di mare dai loro Governi rispettivi. »
La sospensione del blocco, accettata dai Plenipotenziarii danesi a Lon-
dra, gitto scissure nel Gabinetto di Copenhagen ; e due dei Ministri , che
erano ayversi a tal condizione, deposero i portafogli per non essere mal-
leyadori di tal fatto presso il popolo che ne e molto scontento. Onde una
crisi ministerial.
6. II giorno precedente, 8 p*i Maggio, erasi tenuta a Rendsbourg una
assemblea popplare dei Ducati, alia (juale convennero forse 50 milBper-
sone, raccoltesi sulla piazza d'arme, in mezzo alia quale sorgeva una tri-
huna : e riusci al termine che poteasi prevedere ; cipe di dichiararsi con
gran forza in favore d'una compiuta separazione daila Danimarca, e per
]a sovranita dell' Augustembourg sotto titolp di Federigo VIII. La Gaz-
zetta nazionale di Berlino ebbe da una corrispondenza di Rendsbourg i
particolari seguenti:
« L' avvocato sig. Wiggers ha aperto la seduta con un caloroso discor-
so e ripetutamente interrotto da vivi applausi, e terminate con un eyyiva
al duca Federico VIII di Schleswig-Holstein. L'oratore ha quindi dato
Jettura delle seguenti proposizioxii.
«I. Gli abitanti dello Schles^yig-Hplstein, riuniti a Rendsbourg, dichia-
rano: 1.° Noi aderiamo con immutabile fermezza al nostro buon diritto.
Separati dalla Danimarca, yogliamo uno Schieswig-Holstein libero, sottp
il nostro legittimo duca Federico VIII. 2.° Chiediamo che si faccia I'acolta
ai rappresentanti del paese di rendere solenne testimonianza di questp
diritto che ci appartiene. 3.° Se Potenze straniere volessero disporre di
noi arbitrariamente, siamo decisi a difendere fino all' ultima estremita il
nostro diritto, pel quale abbiamo gia altre volte preso le armi.
« II. L'assemblea del popolo di Rendsbourg esprime all'esercito alleato
la ricpnoscenza del popolo holsteinese per la liberazione dello Schlcswig,
yittoriosamente compiuta ; ma deve eziandio all'onore del suo popolo, al
rispetto che deve a se stessa, di esprimere 1' ardente yoto che sia alia
fine permesso agli uomini capaci del servizio militare, di partecipare, con
le armi in mano, al compimento dell' opera del riscatto.
CONTEMPORANEA 627
« I tre primi punti della prima risoluzione sono stall ragionati ed ap-
ppggiati dal sindaco della borghesia, Raven d'lltzehoe, e dal capo di istru-
zione Gerber d'Elmeshorn: la seconda dai signori Lorentzen ed Hansen.
Tutte due furonp votate all' unanimita per acclamazione, ed il comitato
centrale delle societa per lo Schleswig-Ilolstein Yenne incaricato di comu-
nicarle ai commissarii civili dello Schleswig-Holstein, ed al signor Beust
a Londra. »
Inoltre una Deputazione fu spedita a presentare codeste risoluzioni
al Duca d' Augustembourg, il quale rispose con queste parole : « Mai piu
un Re di Danimarca non regnera in questo paese. Sono fermaniente coa-
yinto di poter fare assegnamento su tutte le forze di questo mio pppplo,
per conseguire lo scopo comune ; ed il paese puo star certo che saro lieto
ai poter spendere la mia yita per la difesa del suo diritto. »
Questo sarebbe un anticipate plebiscite , dato da que' popoli secon-
do il disegno del Governo Irancese; ed il National Verein non sarebbe
scontento die influisse sulle deliberazioni di Londra. Ma 1'Inghilterra
lien fermo pei trattati del 1852; la Russia teme che 1'accettare tal pro-
posta faccia ravYivare i disegni d' unita scandinava; la Prussia agogna
al porto di Kiel, e percio ad im annessione ipm o raeno pronta dei Duca-
ti alia propria Corona ; 1' Austria non e certamente inchinata a promovere
1' ingrandimento dell' emula sua, ma non puo star salda ad esigere il
mantenimento dei trattati del 1852, senza romperla con la Prussia e ti-
rarsi addosso tutte le ire della democrazia tedesca. La Francia serabra
voler una cosa sola : che il litigio si componga pacificamente e in modo
decisive. Qual debba esser questo componimento, fin qui e troppo diffi-
cile a conghietlurare.
Vi ba tuttaYolla cbi crcde probabile ad essere effettuato cio, che a
prima giunta potrebbe sembrare un disegno ambizioso ma sleale; cioe
che la Prussia , scorgendo la impossibility di un' annessione diretla dei
Ducaii alia propria Corona , YOglia ora prpmovere quello chepoc'anzi
attraversava, e favorire a potere i maneggi deH'Augustembourg, e farlo
cpstituire Sovrano dei Ducati , per averlo poi sottp il suo protettorato ,
cioe vassallo ; con che essa di fatto godrebbe tutti i Yantaggi d'una yera
annessione dei Ducati , senza incontrarne le difficolta ed i pericoli. E
questa congettura e molto avyalprata si dalle petizioni di che sono in-
ondati lo Schleswig e 1' Holstein in questo senso , e si dal inutato conte-
gno della Prussia Yerso il Pretendente, al quale lascia ora prodigare OYa-
zioni popoiari e festeggiamenti quali s'addicono a SoYrano.
7. Oltre di die e pur degno di considerazione cio che leggesi in una
corrispondenza dell' Unita cattolica , num. 170 : « In Prussia, tanto la
parte democratica, quanto la parte che cola dicono feudale, cioe conser-
Yatrice, o reazionaria, sono piu che mai d'accprdo nel promuovere con
tutti i mezzi 1' annessione dei Ducati alia Prussia ; o , se cjuestp non si
puo ancora per ora, istituire un protettorato della Prussia sui Ducati
staccati dalla Danimarca. La parte feudale e ancora piu calda che la de-
mocratica in questa bisogna. Essa e capitanata dal conte di Arnim, il
quale e 1'amico intimo del signor de Bismark. II layoro e dpppio , pssia
ha doppio scopo, cioe promuovere raunanze e petizioni per 1'annessione,
e preparare i popoli per il suffragio universale. Una sola petizione, ossia
protesta contro 1'imione dei Ducati alia Danimarca, e firmata da 1319
628 CRONACA
niembri delle Camere legislative dell'Alemagna. In Prussia di 348 mem-
bri della seconda Camera tirmarono 133; in Baviera di 148 tirmarono
121 ; in Sassonia di 79, 59 ; Dell' Annover di 87, 64; in Wurtemberga
di 88, 79 ; a Bade di G3, Cl ; nell' Assia elettorale di 56, 47 ; e via di
questp passo.
« Si vede che la Prussia trova un grande appoggip non solo nell'opi-
nionc popolare dell'Alemagna tutta quanta, nia negli uomini stessi che
hanno le mani in pasta. Con cio il Governo di Berlino piglia due colombi
ad una fava. Biacquista la sua preponderanza o egemonia morale in Ale-
inagna, e al di dentro triorifa dell' opposizione della seconda Camera, la
quale certamente non vorra piu contestare al Governo le sue idee che
soup coronate da cosi onorato trionfo. llavvi ancora un terzo Colombo ,
ed e 1'impiccio in cui pone 1' Austria. » Ed infatti questa partecipo alia
gucrra con lo scopo evidente di disarmare la democrazia cd irapedire lo
scoppio di una guerra europea; ma fece ognora di tutto per costringere
la Prussia a dichiarare alto , e prendere 1' impegno , di voler mantenuta
Tintegrita della monarchia danese, appunto perche spspettava di lavo-
rare per compiere a proprie spese i disegni arnbiziosi della Prussia so-
pra i Ducati.
8. Ma d'assai maggior peso sarebbe, se il telegrafo ed i giornali dis-
sero il vero, la risoluzione presa dall' Austria e dalla Prussia, e mani-
festata nella Conferenza di Londra, di dichiararsi ricisamente svincolate
doi Trattali del 1852, allegandone per motive si le violazioni commesse
dalla Danimarca, e si i I'atii sopravyenuti, i risultali della guerra e le
esigenze di tutta la Germania. Qui si parrebbe davvero quanto valgano
Je protestazioni, le mmaoce e gli ufficii deil'lnghilterfa in lavore della
Danimarca, e la sua politica internazionale! Ma pup darsi che le due
grandi Potenze alemanne abbiano, come suol dirsi, rincarito la derrata,
per assicurarsi di eque condizioni e per isgomentare le resistenze della
JDanimarca. Ad ogni modo si vanno ancora mantenendo le speranze che
il conflitto sanguinoso dovra cessare, cbe I'armistizio sara prorogate, e
che forse si trovera modo di dare assetto ai Ducati senza smembrare la
Danimarca.
IMPERO DI RUSSIA 1. Decreli circa le proprie ta predial], i comimi rural! ed i
diritti patrimonial! pel regno tli Polonia — 2. Casligo a student! per non
aver festegginto rami'iversario dell'lmperatore — 3. Ordinanza di Polizia
del gener;tle Trepoff contro cbi ha paura del Governo nazionale — L
INolizie ufliciali circa il modo ed i risultati della repress'ione del solleva-
meuto; nuovi rigor! — 5. Spogliamento e deportazione de' Signori; ven-
dita dei beni sequestrali — 6. Persecuzione coutro il cattolicismo ; prov-
vediment! per la sede episcopale di Varsavia — 7. Anniversario del 1814
a Pietroburgo — 8. Dist'atta dei Circassi.
1. Sul principle del 1863, quando stava per iscalenarsi sull' infelice
reame di Polonia p,uel tremendo flagello che tutto lo copri di rovine e di
sangue, i capi e direttori del sollevamentp, troppo conscii della debolezza
delle forze, con le quali disponevansi ad ingaggiare la lotia contro I'eser-
cilo russo, divisarono di alletlarvi i contadini e castaldi, facendo loro, non
pure larghe promesse, ma dono generoso delle terre loro commesse a
coltivare. Difatto alii 22 di Gennaio, primo giorno della rivoluzione, il
CONTEMPORANEA 629
Comitato centrale, che esercitava i poteri di Governo nazionale provvi-
sorio, pubblico il decreto seguente: « Considerandqche il Governo usur-
patore differi sempre di rendere liberi proprietarii i yillici, nmlgrado del
vplo generale del paese ; cpnsiderando inoltre che i proprietarii banno
diritto a competente indennita per la perdita delle rendite, prestazioni ecc. ,
si decreta quanto segue : Art. 1.* Ogni terra occupata, sotto qualsivoglia
titolo di rendita o prestazione, da piccoli castaldi, con tutle le sue appar-
tenenze, divcnla da quest* oggi lihera proprieta loro, senza alcuna ob-
bligazione di censo o d'altro, eccetto il dovere di pagare i tributi e ser-
vire la patria. Art. 2.° I precedent proprietarii riceveranno una indenni-
ta sui fondi nazioiiali, per mezzo d' un capitate g-uarentito dalla naziooe.
Art. 3.° La somma delrindennita ela natura del capitale saranco fermate
da decreto speciale. Art. i.° Tutti gli ukases, le leggi ecc. pubblicate dal
Governo usurpatore intoruo al censo dei cittadini, sono nulle e di nessim
valore. 5/11 presente decreto si applica non solo alle proprieta private,
ma anche alle terre del la Corona, o concedute altrui dalla Corona, ai be-
ni di Chiesa ecc. »
Al tempo stesso il Comitato centrale intimo ai Signori, che dal 1.° A-
prile 1863, doyessero astenersi dal riscuotere le rendite, i censi, le pre-
stazioni d'ogni natura dai contadini, aspettando T indennita che loro sa-
rebbe data subito dopo fmita la guerra dell' indipendenza. I Signori do-
yettero, di buona o mala voglia , astenersi dal rivendicare i loro dirilti,
e fu certo gran cosa. Imperocche le rendite cosi perdute, come si cal-
colo dal Journal des conomistes( Anno XI, n. 5, p, 237) salivano per
lo meno alia egregia somma annua di 3,000,000 di r'ubli d'argento, ossia
di 20,000,000 di franchi. Ma percio appunto i Signori non ppterono poi
dare a'sollevati gagliardo aiuto, scairseggiando essi medesimi didanaro,
e non pochi trovandosi ridotti quasi alia miseria.
I coutadini non sel fecero dire due volte e cominciarono a godersi i
frutti delle terre, come di cosa loro propria ; ma quanto al prendere parte
al sollevamento, furono o meno ardenti o piii avveduti che non credeasi.
Fosse [>er difetto di accordo precedente , fosse per mancanza di armi ,
fosse perche la cerna militare, che diede T ultima spinta al sollevamento,
non colpiva i contadini : questi non furono che in piccol numero travolti
nel moto rivoluzionario; e sebbene aiutassero e favorissero, quando il po-
teano a man salva, le bande de'solleyati, pure si guardarono dall' ingros-
sarle con le loro persone. Checche si dica, la massima parte delle bande
era formata di giovani cittadiui che, per sottrarsi alia decretata coscri-
zione, si gittarono alia campagna ; dove si rannodarono sotto la direzione
ed in compagnia di fuorusciti, che, yalicando le frontiere della Prussia
e della Gallizia, loro portavano armi, munizioni e speranze di aiuti di
qualche grande Potenza, che pur troppo furono menzognere. I terrihili
falciatori del 1830 non si contarono che a poche centinaia. Eppero i di-
visamenti del Comitato centrale, per questa parte, si volsero a danno di
chi li'avea concepiti.
II Governo russp colse la palla al balzo ; e , convalidando in certq mo-
do con la sua autorita i vantaggi, di che il Comitato centrale rivoluziona-
rio era stato largo a' contadini , reco un altro colpo gravissimo alia causa
dell' indipendenza. Imperocche alii 6 del passatp Marzo, anniversariq
deli'avvenimento di Alessandro II al trono imperiale, furono puhblicati
630 CRONACA
quattro decreti , iirmati alii 2 ; i quali , con una certa tinta di libcralismor
tutto a favore del campagnuoli , sono evidentemente indirizzati a depri-
inere cd annientare 1' influenza della nobilta. Incominciava il primo di
questi alti con dire, che lo Czar voleva al tutto cpmpiere 1'opera incomin-
ciata dal sup predecessore , ed attraversata dagli avYenimenti del 1863,.
e percio ordinaya : che, mediante un tributp prediale, i contadini aves-
sero la proprieta piena ed intiera dei terreni , de' quali hapno 1* usufrut-
tp: che le antiche prestazioni ed i censi verso i proprietary , fossero abo-
iiti : e che a questi fosse assegnata una equiyalente indennita. In virtu
del secpndo di tali decreti, resto abplito il diritto patrimoniale, ossia di
giurisdizione dei proprietarii sopra i contadini , e fu divisata 1' istituzio-
ne di comuni ruraji e d'assemblea di elettori. Queste assemblee saranno
cpmposte degli abitanti che ppssiedono una certa estensione di territories
a' quali spettera 1'elezione dei Sindaci e degli altri ufficiali del Cpmime,
Nei terzo decreto determinavasi la forma dell' indennita ai proprietarii ,
creando percio titoli di rendita al 5 per 100, con ammortizzazione ,
assegnando a tal effetto il prodptto del tribute prediale imposto ai con-
tadini , quello della vendita di certi fondi dello Stato , con altri pro-
venti speciali. Da ultimo il quarto decreto afiidava 1'esecuzione dei pre-
cedent! ad un Comitato, che doyra risedere a Varsavia, sotto la Presi-
denza del Luogotenente imperiale pel reame.di Polonia.
Questi quattro ukases -vennero accuratamente disaminati , sotto il ri-
spetto del diritto e dell' importanza politica , dalia Revue des Deux Mon-
des del 1 Maggio (Tom. LI, pag. 209-24) che ne dedusse come piena-
mente dimostrato il verp scopo, « di mettere cioe tulte le persoue ed i
beni fra le mani de' Gapi militari , di rovinare i proprietarii sen>;a pro-
fitto reale pei coltivatori , e di aggiiwigere alle calaniita, che opprimono
quel popoloTinto, anche il flagello d'una guerra sociale. » La Revue zon-
fortava cjuestp suo giudizio con prove ricavate dal testo degli ukases.
E bastera indicarne alcune precipue : 1. Ordinando che le terre passino
in proprieta piena ed intiera di chi ora le coltiva , venne aggiunto che
i processi per arretrati de censi o fitti , che da queslo momenta sono abo-
liti , sono annullati , ne si potranno r ipiyliar e mai piu. Cosi i contadini
che non pagarono da piu anni i loro debiti a' padroni , ne sono con un
tratto di penna prosciolti. Onde lo Czar « s'arroga di togliere o dare la
proprieta, di annullare debili, d'abolire contratti, senz'altra ragione che
la sua yolonta. » 2. Chi avea cominciato a scavar mine nei terreni suoi >
ora dati a' contadini, non puo proseguire, senza pagare indennita al nuq-
vo proprietario. 3. I terreni vacant! o incplti, benche appartenenti apri-
yati, saranno spartiti fra contadini che si offrano a coltivarli , pagando-
li im tenue prezzo, che sara dato, non ai proprietarii, ma al Tesoro. Sa-
ranno preferiti i villani benemerili del favore imperiale. 4. Se non piac-
ciono al contadino i terreni che ora coltiva , puo esigere la propriela di
quelli che per lo stesso padrone coltivo altra yolla, e che gli erano
stati cambiati dal padrone senza contralto per iscritto. 5. « Le terre e
case acquistate da' contadini in virtu di questo ukase non potranno esse-
re date in pegno o alienate, che a favore di altri contadini. » Ecco.una
casta di proprietarii privilegiati, istituita perlegge! 6. Per altra par-
te i contadini , obbligati a contentarsi di piccoli poderi , per lo sboc-
concellamento de' grandi spartiti fra gli antichi sehi , avranno un' ap-
CONTEMPORANEA 031
parenza di libero ed indipendente dominio, ma in realta saranno seni-
pre piu incenpati che prima, (juanto al migliorare le proprie sorti;
che gli antichi padroni erano interessati a coniidar loro vasti poderi
quando ne speravano maggior rendita ; ed invece il Governo , per aver-
li soggetli , e interessato a mantenerli poyeri.
Molto piu austero che quello della Revue des Deux Mondes, fu il giu-
dizio che ne reco il citato Journal dcs Economistes, a pag. 280: « fienche
<la tutti si senta che codesti ukases handiscono un graye spediente rivo-
luzionario, fondato sull' iniquita e sullo spogliamento dei possessor! del
suolo , in fayore dei contadini, col doppio intento di distpgliere que-
sti dal partecipare al solleyamento , e di royinare quelli di condizione
piu alta, cheaspirano all'indipendenza; tuttayia non se ne comprende
J3cne tutta 1' importanza Studiandoli , si scorge pur troppo che essi
sono frutto d' una politica machiavellesca ; perche sonointesi aseminare
la discordia tra i possidenti ed i non possidenti, ed avranno per effetto
di scompigliare i Coranni ruraii e di rovinare i proprietarii, senza sod-
disfare yerarnente i contadini , con un riscatto iaimaginario. » E per di-
mostrare questa test , il Journal des Economistes, reci.tapdo in prima gli
artieoli dei quattro decreti, yiene a partea parte disaminandoli , sotto il
•rispetto economico, e dimostrando, che ne staranno male non meno i con-
tadini che i proprietarii, perche tutti ridotti alia merce del Goyerno, fat-
tosi assoluto padrone di Uitto.
Con cio la Polonia fu anche assimilata, per un altro risguardo, al restq
deirimpero che alii 13 di Gennaio, primo giorno deH'armo russo, dotayasi
di ordinamento provinciale, fondato sul sistema rappresentativo. Lo sche-
ma di questa nuoya rifornia, che tien dietro all'abolizipne della seryitii
e all' ordinamento giudiziario , istituisce , fra le disposizioni principali ,
•assemblee di distretto e di Goyerno, corrisppndenti alle due forme di cir-
coscrizione lerritoriale della Russia. I dritti di elezione e di eleggibilita
saranno indipendenti da ogni principio di casta p di origine. Conceduti a
tutte le classi , questi dritti deriyeranno principalmente dalla proprieta
tbndiaria, enon saranno siibordioati che al grado e alia categoria di pro-
prieta personale, comunale od urbana. Le assemblee di distretto si radu-
neranno una yolta aH'anno per died giorni. Un Gomitato esecutivo, elettp
fra i membri componenti queste assemblee , esercitera in permanenza i
poteri per tre anni. Ogni assemblea di distretto eleggera inoltre fra i suoi
membri un certo numero di delegali, i quali siederanno nelle assemblee
di Governo. Queste terranno una sessione annua di yenti giorni e npmi-
neranno, come quelle di distretto, il loro Comitato esecutivo. Le attribu-
zioni deiruna e dell' altra assemblea non abbracceranno che gl' interessi
locali. II Ministro dell'Interno e i goyernatori delle Province yigileranno
perche questi limiti sieno rispettati. In alcune quistioni concernenti le
prerogative e i drilti dello Stato, essi eserciteranno il drittp di veto sos-
pensivo, contro il quale le assemblee possono appellarsi in Senato. II
Nord aggiungeva, che sara pure conceduto alle assemblee di distretto e
a quelle di Goyerno il dritto di proppsta e di petizione.
2. Facendo tali concessioni liberali alia Polonia , 'il Goyerno russo si
riprometteya che da tutti si manifestasse esultanza e gratitudine verso
Ip Czar, festeggiandone 1'ayvenimento al trono; e percio si credette in
diritto d'infliggere punizioni csemplari ai riottosi che si astennero da tali
632 CRONACA
prove di devozione. Basti in prova riferire, tradotla a verbo dal Giornale
u/ficiale di Varsavia del 21 Marzo, la nota segiiente: « I! Generate inca-
ricato della Polizia del regno di Polonia fa sapere a tutti che , in virtu
d'una decisione del Luogotenente dell' Imperatore, sotlo il 10 Marzo , le
due classi superior! 6ae 7a del primo licco di Varsavia sono state chiuse.
Per ispiegare tal nrovvedimento aggiungererao, che esso venne preso in
seguito a disordini succeduti in codeslo Gollegio. Imperocche quando,
nel di dell'anniversario solennissimo deH'avvenimcnto dell'Iraperatore al
trono, il Rettore del liceo inyilo gli allievi ad andare in cappella per as-
sistervi alia Messa, molti diedero segni di ripuguanza e se ne andarono
\ia. I principal! autori di questo disordine, due allievi della 7a classe ,
furono condannati , per questo fatto -, alia deportazione fupri del regno.
Ala siccome in tal congiuntura iu nota to, che in generale gli allievi delle
classi superior!, malgrado la lorp giovinezza, raosirano gia cattive dispo-
sizioni verso 1'ordine vigente di cose, e cheiloro professor! non ne sono
rassicurati in modo che si possanp rendere mallevadori, che Y ordine non
sara di bcl miovp turbato alia prinia occasione: fu risoluto, affine d'im-
pedire gli scompi'gli che potrebbero accadere, ed affinche valga d'esempio
agli altri collegi d'educazione , che si chiudano le due classi superior!
del primo liceo. Possiamo aggiungere ancora che, comunicala agli allievi
questa decisione dell'autorita, cagiono in essi una irapressione, la quale
speriamo, sara satutare. »
3. Miseranda .invero, splt'ogni risguardp, era la condizione de'Polacchi!
Posti fra 1' incudine ed il martello , tra il Governo rosso ed il Governo
pcculto o nazionale, taglieggiati dall'imo e dall'altro, nonpoteano restare
indiffercnti, senza esser giudicati felloni da ambe le parti ; non poleano
aderire al Russo , senza incorrere la nota e la pcna di traditori della pa-
tria; non poteano favorire i sollevati, senza andar incontro alia confisca,
alia deportazione in Siberia , alia morte di capestro o di moschetto ! A
queste crudeli torture piu che gli altri audayan soggetti i Signori della
piccola nobilla , senza aver almeno la facoll-a di scampare a sorle tanto
acerba , riparando , in voiontario esilio , in Francia od Alemagna. No !
dovean restare, e scegliere tra qttci due estremi egualmente fatal! ! Per
mettere ilcolmo a' rigori, ecco uscire, alii 10 Marzo, un bando del Tre-
poff, Generale sovrastantea tulla la Polizia del Regno, che noi riferiamo
qui fedelmente tradotto dal testo, che il Debats del 15 Marzo trascrisse
dal Giornale u/ficiale di Varsavia:
« E perveniilo a notizia dell' autori ta, che certi abitanti del reame ,
quali per eccesso di credulita edi paura immaginaria, quali per simpatia
a' ribelli e per mantenere il disordine nel paese , pagano ad un certo
Governo nazionale un tributo, e danno inoltre a suo servigio offer le d'o-
gni sorla. Atteso che questo contegno criminoso non puo cssere tollerato,
si fa sapere ad ognuno quanto segue: 1.° Ogni persona, da cui si pre-
tendesse un tributo qualsiasi a profitto del Governo nazionale, o da cui si
esigesse, non importa sotto qnal titolo , di procurare riunioni illegal!
d'uouiini di caltiva vplonta , e obbligata di denunziarc ogni cosa all'au-
torita di Polizia piu vicina, e di indicare gli autori di cotali procedimenti.
2.° Chiunque, sotto pretesto di paura, o per altri motivi, non denunziera
le persone che si sono volte a lui, e non fara conoscere chi 1' avesse ri-
chiestu di siinili tributi , andra soggetto ad una multa proporzionata al
CONTEMPORANEA 633
grado della sua colpa ed allo stato di sua fortuna, e sara inoltre deportato
nelie province riraole dell'Impero. 3.° Chiunque paghera il tributo a pro-
iitto del Governo che s'intitola nazionale, opartecipera ad un imprestito
detto nazionale, sara tralto innanzi ad un tribunale militare, come com-
plice di atti di ribellione, ed i suoi beni saranno confistati. 4. ° Chiunque,
indirizzandosi ad Ayvocali ovvero ad Uscieri, per averne aiuto nelle sue
liti, incontrera un rifiuto per isligazione del preteso Governo uaziouale ,
e obbligato d'awerlirne immediatamente 1'autorita, solto pena di esser-
ne egli stesso mallevadore a rigore di leggi. 5." Gli Avvocati, i Notai ,
g!i Uscieri ecc. rbc per timore del mentovato Governo nazionale, o per
altri motivi, rifiuteranno di perorare e di assislere legalmente le persone
perscguitale dal parlito rivoiuzionario per non aver pagato il tributo da
lui imposto, ovvero die faronno opera avversa alle dette persone, saran-
no cassi d' ufficio, e trat.li innanzi al Consigiio di Guerra , come coinplici
de' ribelli. II Generate, Capo supremo delta Pclizia, TREPOFF. »
Or s'immagini, chi puo, leorrihili stretleacui furono posti, senza tre-
gna e. senza scampo, i Signori, gli Avvocati, gli Uscieri, i ciitadini d'o-
gni ordine. Frequenlissimo il ricevere, di bocca d'emissarii pronti al sa-
crifizio deiia propria vita, ambasciate di questa forma : — Pt-na la vita ,
pagberetc tanto ! Darete ricetto in casa vostra a tauti f'eriti per la patria!
- Dovete ricoverare tanti giovani soldati, e fornirli dell'occorrente per
la guerra ! - - Vi si consegneranno polvere e munizioni ; badate di'na-
sconderle e tenerle pronte alia priraa richiesta! — Guai a voi se il tal di,
con tanti uomiiii armati, non vi troverete al tal luogo , per iscortare im
convoglio, per agevolare i passi ad una handa, per portare la corrispon-
denza del Governo nazionale — Badate che voi non dovete accettare le
parti del tale nella sua lite — Vi si proibisce di fare I'iniimazione legate
di processo al tal altro — E cosi via discorrendo. Chi ricevea tali iuli-
mazioni o cedeva ed obbediva, ed andava incontro alia confiscaziune, alia
deportazione in Siberia , alia morte. Ovvero vi si rifiutava , ed era sen-
tenzinio traditore della patria dal Governo occulto, che a piu d' uno
mando per niano d'un gendarme la sentenza ad un tempo e la pena, vuoi
col puguale, vuoi col laccio. Ma daio pure che il Governo occulto non
eHeituasse che rarissime volte le sue minacce, a chi mai potea bastar
1'animo e il ctiore di farsi spia e carneHce de' proprii compaesatii , forse
de' proprii congiunli, forse del proprio figlio o padre? Era vita peggiore
che la morte 1
4. Questi provvedimenti di estremo rigore, meglio assai che i discorsi
dei fautori del sollevamento, dicono chiaro quanto dovesse questo esse-
re formidable pel Governo russo, anche dopo quattordici mesi di re-
pressioue energica, esercitata da uomini come il Berg ed il Mourawieff,
che aveano a' loro cenni piu di 180,000 uomini. Da' documenti utiiciali,
pubblicati da varii Gabinetti (bureaux] del Ministero della Guerra, corne
vedesi ncl Monde del 2 Marzo, risulta che dal 22 Genuaio 1863 al 1.*
Gennaio 1864 perirono nei-combattimeuti o di stenti nelle careen c nel-
le selve, o furono fucilati od iinpesi alle forche, 19,860 sollevati polac-
chi; e non meno di 31,573 furono deporlati nelle piu > riraole ed inospile
province della Russia ed io Siberia. I Russi prelendono d'aver perduto,
dal canto loro, non piu che 9,481 uomo. Chi volesse avere piu chiaro
concetto del modo, con cui fu applicata la legge stataria e la peiia di
634 CRONACA
morte, vada a leggere nel Monde del 13 Febbraio di quest' anno i'elenco
di 219 vittime, per nomi e cognomi, profession! e genere di morte, onde
furono colpite ; elenco di cui non puo rivocarsi in dubbio la yeracita,
essendo ricavato dagli annunzii recati da' Giornali ufficiali del Goyerno
russo, cioe clal Corriere di Wilna, e dalla Gazzetta di Yarsavia. Ma que-
sta funebre lista era incompiuta. II Giornale di Posen, ricercando con
piu diligenza i diarii ufficiali, yi scoperse altri supplizii ed altre yittime,
sicche queste furono non meno di 249; cioe: 34 proprietarii, 11 saccr-
doti, 26 borghesi, 19 operai, 23 contadini, 37 ufficiali, 20 soldati, 75
allri d'ignota professione. Nella lista dei 219 data dal Monde, abbiam
contato 2 sacerdoti, 20 nobili e proprietarii, 8 ufficiali e soldati, e 72 tra
operai, contadini e studenti, che finirono di capestro; gli altri ebbero per
gran merce d'essere moschettati.
Con tutto cio il sollevamento continuaya. II Comandante militare del
distretto di Lowicz, come riferi la Gazzetta diMosca -1, studianclosi d'im-
pedire che le bande polacche e specialmente i lore qendarmi si rifornis-
sero di cavalli, ordino 1.° che tutte le fattorie, cascine, officine d' ogni
sorta, doyessero far registrare i loro cayalli ; dopo di che nissuno di que-
st! animal! potrebbe esserne allontanato, senza licenza del Capo militare;
e se ne diede questa ragio'ne ; che cio era necessario per assicurarsi che
all'uopola conh'scazione fosse piena, e che i proprietarii non potessero la-
sciarli usare a' solleyati; 2.° che niuno potesse piii yalersi di sella per
cayalcare ; al quale uopo raando a sequestrare in tutto il distretto ed am-
mucchiare, sotto buona custodia, in Lowicz tutte le selle ; 3.° che niuna
potesse piu adoperare nelle fattorie o case rural! yerun segnale con cam-
pane, affinche il supno di queste non ayesse da seryire d' ayyiso a' sol-
ieyati, che s' ayyicinassero le truppe; e solo in alcuni yasti opilicii fu
permesso che, a certe ore fisse, e con tocchi numerati, si clesse 1' ayyiso-
delle ore di riposo o di refezione, secondo un regolamento fissato dalla
Polizia. II generale Korf fu si contento di questi ordini inyentati dal ca-
pjtano della Guardia Mienchine, <*he sped! apposita circolare, sotto il 1."
di Marzo, a' cap! militari soggetti al suo Goverrio, perche li applicassero
a rigore. Si capisce che la sanzione annessa a tali ordinamenti era quel-
la medesima che colpiva i complici dei ribelli, nel caso di trasgressione ;
cioe confiscazione, esilio o morte.
11 genere dell' ordine, che yigorisce nella stessa Capitale Yarsayia, si
puo argomentare dal bando scguente, che no! traduciamo alia lettera dai
Giornale ufficiale di Varsavia: « Ayendone facolta da S. E. il Generale
Capo supremo della Polizia del regno, mi sono troyato nella necessita di
ordinare quanto segue, affinche d' ora in avvenire gli abitanti paghino le
spese di stampa delle permission! loro concedute secondo gli anterior! or-
dinamenti. Pertanto si doyra pagare : 1.° per licenza di uscire la sera e
di notte, con o senza lanterna, 5 Kopecks 2; 2.° per licenza di yestire a
lutto, 5 Kopecks; 3.° per licenza di uscire dalle porte di citta, !> Kopecks,-
4.° per licenza di portar una mazza, 5 Kopecks; 5.° per licenza di com-
perare ed esportare falci e sirumenti simili, 10 Kopecks; 6.° per licenza
d! far uscire cayalli, 10 Kopecks: 7.° per licenza di farsonare la musica
4 Ifonde, 31 Marzo.
2 II Kopeck moderno equiralc a '; cenfesimi di franco.
CONTEMPORANEA
635
durante una festa di nozze, o per altri motiyi, 10 Kopecks. Dato a Yarsa-
yia agli 11 d' Aprile 1864. II Colonnello Barone Frederiks. »
11 Governo russo, che si trqya in necessita di yietare il luttq, o 1'uso
<T una niazza per sorreggersi in caso di debolezza o di yecchiaia, o 1'u-
scire di citta ed anche dalla propria casa dopp il trampnto del sole, non
puo proibire ed impedire efficacemente che si muoia senza sua licenza.
Tuttavolta si credette in dovere di regolare almeno le raanifestazioni di
dolore dei yivi rispetto ai morti. Difatto il Giornale di Varsavia del 25
Marzo pubblico la seguente ordinanza del sig. Trepoff:
« II numero delle persone, che potranno accpmpagnare i trasporti fune-
.bri, sara iissato ogni volta, secondo la condizione e 1'agiatezza della fa-
miglia del defunto, prendendo per base la somma dei diritti di sepoltura
pagati alia cassa municipale. Gosi, per una sepoltura tassata meno d' un
iublo, il corteggio non potra essere che di 10 persone; per quella tassata
dal a 10 rubli, di!5 persone; da 10 a 20 nibli, di 25 persone; da 20 a 30
rubli, di 35 persone ; da 30 a 40 rubli, di 45 persone; da 40 a 50 rubli, 50
persone ecc. La licenza di yestire a lutto sara cpnceduta secondo le se-
guenti regole: I mercanti d'ordine elevato e medio, i borghesi, i proprie-
tarii di case, i merabri delle corporazioni d' arti e mestieri potranno ot-
tenere facolta di portare il lutto per tre mesi. I nobili, in generale, potran-
no impetrare la stessa facolta per sei mesi. II lutto pero non si potra ye-
stire che dalle mogli e dai figli del defunto. »
Ci sembra che da questo poco i nostri lettori possano far ragione del
rimanente. Quando i cittadini sonq tenuti sottq si rigida tutela; i cam-
pagnuoli sono cattiyati con i donatiyi dei poderi e de' beni de'loro pa-
droni; e questi sono, come yedremo qui appresso, costretti ad emigrare
a decine di migliaia nelle lande selvaggie, tra i Kirgiz ed i Tartari, per
troyarvi di che sfamarsi , non dee tornar difficile il mettere termine al
sollevamento , e pacificare la Polonia.
Questa pacificazone oggimai e ottenuta; e ne abbiamo indizio nel se-
guente rescritto imperiale dello Czar Alessandro al Generale Berg, sotto
il di 1.° di Maggio :
« Dacche yi ho nominato mio luogotenente nel regno di Polonia , e co-
mandante dell'esercito di qccupazione di questo paese , ayete pienamen-
te giustificato la mia fiducia in yoi. S.ei mesi yi bastarqno per pacificare
il paese col pericolo dei yostri giorni. Oggidi la ribellione armata ^ re-
pressa ; le pacifiche popolazioni sono liberate dalle yiolenze e dalle cru-
delta dei ribelli ; tutti i rami deH'amministrazione hanno ripigliato la lo-
ro funzione nprmale, e si precede all'ordinamento delle nuove cqndizioni
della popolazione rurale. Questo ordinamento preparera le basi su cui
desidero ardentemente fondare il Goyerno, conforme ai suoi yeri bisogni
e per assicurare la sua prosperita.
« Attesi gli pttenuti successi , sento una yera soddisfazione nell'espri-
tnervi la mia sincera riconoscenza , e , in segno della mia benevolenza
tutto particolare, yi trasmetto il mio ritratto contornato di diamanti da
portarsi alia yostra bottoniera. Vi prego , inoltre , di ringraziare da par-
te mia tutte le truppe che si troyano sotto il vostro comando , per le fa-
tiche e le difficqlta che ebbero a sopportare duranle la campagna , e per
la rigorosa disciplina che hanno mantenu to. Yostro sinceramente affezio-
nato, e riconoscente, ALESSANDRO. »
636 CRONACA
o. Moltissimi tra i signori polacchi, che caddero in sospetto d' essere
involti nella presents rivoluzione, furono senza piu deportati in Siberia, o
conh'nati in remote province dell'impero ; i loro beni sequestrati. Ma que-
sto sarebbe servito solo a scemare il numero de' Polaccbi nel regno, ed a
crescere 1' estensione dei terreni incolti , senza vantaggio positive per la
Russia. Provvido accorse al riparo il Governo dello Czar, facendo cosi
che buon numero di Russi occupasse il luogo de' Polaccbi, enecoltivas-
se i poderi. Ecco intprno a cio quel che leggevasi nella Gazzetta Ufficia-
le di Venezia: «ln Lituania, come pure nei Governi di Volinia, Podolia
ed Ucrania, il Governo russo ba posto all'asta pubblica un numero si-
gniticante di beni, in parte della Corona e in parte privati. I beni priva-
ti posti in vendita, appartenevano tutti a possidenti polacchi , e turono
in parte contiscati, per avere quest! preso parte all' insurrezione, in par-
te debbono essere venduti per debit! . Per facilitare ai possidenti russi
dei Governi interiori i'acquisto di quest! beni, venne, con un ukase del i
Aprile, disposta la formazione d'un fondo con mezzi dello Stato, con cui
debbono essere fatte agli stessi proporzionate prestanze a questo scopo.
Oltre a cio, vengono posti in vista agli acquirenli russi di questi beni,
privilegi ed altri favori personal!. Qualeraotivo di questi straordinarii fa-
Yori viene addotta la access! ta di rilevare 1' economia agraria, si pro-
fpndamente caduta in basso nei govern! occidental!, a causa dell' insurre-
zione polacca ».
Qttanto ai piccoli signori , che non parteciparono alia rivpluzione, il
Governo, che ad ogni modo non se ne tidava , trovo modo di ridurli al-
1' impotenza, coll' ukase da no! allegato piu sopra , che li spoglio dei lo-
ro poderi, e li ridusse alia piu dura miseria, alia quale riesce troppo
scarso riparo 1' assegnamento del credito verso lo Stato. Or ecco in qual
modo il Moniteur parigino del 6 Maggio espone i provvedimenti dati so-
pra cio: « II Governo russo ha divisato di offerire ai membri della pic-
cola nobilta povera di Polonia una gratuita distribuzione di terre nel'c
province d' Orenbourg e di Samara. II Governo propone di somministra-
re loro, oltre le spese di trasporto ed il terreoo, tutto cio che e necessa-
rio pel prirno stabilimento e per la coltivazione del suolo. Si assicura che
30,000 Polacchi, ridotti ad una indigepza assoluta, hanno gia accettato
tali offerte, e che piu di 300,000 ettari di terra debbono essere loro as-
segnati. I poderi contiscati ai Polacchi in Lituania, nel corso dei due ul-
limi anni , devono essere rivenduti dal Governo a sudditi russi , colic
condizioni seguenti : i compratori potranno redimersi dal prezzo di com-
pcra, mediante un inleresse del 5 1/2 per cento da pagarsi per 37 anni ;
il Governo conservera ipoteca sopra le terre, tino al pagamento dell' ul-
tima annata ».
La cosa va pe'suoi pied!. I Russi si trapiantano in Polonia; i Polacclii
van dissemiuati ne!le province orientali russe, dove colla patria avran-
no ben presto perduto ancbe la fede e la religione cattolica ; e gli Czar
d'.ora in avvenire, cpntiuuando chetamente in questo sistema, potranno
dormire a doppio origliere, senza essere piu importunati per 1'indipen-
denza della Polonia. II risultato pare tan to sicuro, che lo Czar non voile
indugiare a testirnoniarne la sua gratitudiue al Principe GortscbakofT,
suo Caucelliere, per aver saputo e domare la Pulonia, e spacciarsi dellc
molestie de' Governi stranieri, che ne pigliavano la protezione. Di che gli
spedi, all! 19 d' Aprile, il seguente rescritto:
CONTEMPORANEA 631
« Principe Alessanclro Michalowilch. Sforzandovi costantemente, se-
condo !e mie istruzioni , di fermar su basi solide le relazioni amichevoli
della Russia colle Potenze straniere, non avete cessato di giustiticare la
fiducia che ho riposta in voi ; ed i servigi important], che avete resi allo
Slatp, vi hanno parecchie volte meritata la espressione della mia sincera
gratitudine.
« Oggi voi avete acquistato nuovi dirilti. Quando nello scorso an-
no le complicazioni politiche, suscitate dalla ribeilione polacca, minac-
ciavano la inviolabilita dei diritti della Russia, e, pericolando la pace
generate, ppteano ritardare lo sviluppo delle riforme intrapresc nell'or-
dinarnentp interno per la prosperita dell'impero, la raia sollecitudine do-
vette anzitulto volgersi ai mezzi di tutelare la dignila ed i diritti legitti-
mi della Russia. La vostra esperienza, il vostro ardente am ore e la yo-
stra devozione al trono e alia patria, mi hanno fatto troy are un degno in-
terprete de'miei voti e delle mie intenzioni, I conflitti che minacciayano
la Russia, e gli ingiusti tentativi d'ingerenza nei suoi affari interni es-
sendo stati allontanati, lo scopo dei lavori che yi aveva affidaii, e che
spediste con tan to zelo, e stalo ottenuto a gloria ed onore della Russia,
che sono i primi oggetti della mia soHecitudine.
« Per giusta considerazione di quest! servigi eminent!, ed in ispeciale
testimonianza de'miei sentiment! per voi, vi to dono del mio ritratto cir-
condato di diamanti, per essere pqrtato all'occhiello dell'abito sul na-
stro di sant' Andrea: e ri mango couinvariabile bcnevolenza, sinceramen-
te ed affettuosamente Vostro, ALESSANDRO ».
II Principe Gortschakoff e certamente benemerito della Russia, e de-
gno deH'alFetto dello Czar, per quel misto di prudenza e di ardimen-
to, di pieghevolezza e di ostinazione, di cortesia nelle forme e d'in-
flessibile durezza nella sostanza, con che seppe e tener a bada le Poten-
ze occidentali, e schermirsi dalle loro pretensioni, e rivendicare al suo
Governo, ed esercitare piena liberta di domare, per quei modi che giu-
dicasse a proposito, il sollevamento polacco. E tanto piu tal risultato dee
essere gradito a Pietroburgo, in quanto per esso e spianala la via a
quella che il Lloyd di Vienna chiania russificazione della Polonia; « al
quale intento, dice questo giornale, il Governo nisso si vale d'ogni mez-
zo. Furono rimossi a pocp a ppco i Polacchi dai pubblici ufficii, sosti-
tuendo loro dei Russi, stranieri per costumi non meno che per la lingua. II
Comitato centrale per remancipazione dei contadini e composto esclusi-
vamente di Russi; il Governaiore civile di Varsavia e il Generale russo
Roznow; il Presidente della commissione per gli alYari intern! e il russo
Tscherkawskaj, che professa di non capir sillaba di polacco ; A Varsavia
furono aperte scuole esclusivamente di lingua russa : ecc. » E da ultimo
una Circolare del Governo vuole che niun pubblico ufficiale rimanga in
carica, se, oltre la lingiia polacca, non parli o, scriva anche la russa.
6. Codesta russificazione della Polonia sarebbe sempre instabile, finche
il cattolicismo in vigore continuasse aricordare le antiche glorie nazionali
e le antiche lotte Cra i Granduchi di Moscovia e gli eroi di Varsavia.
Laonde anche a questo si ya provvedendo in forme alquanto diverse dal-
le adoperate dallo Czar Niccolo I, ma forse piu efficaci. Si aboliscono i
conventi di religiosi, e le loro casesimutano, comequi in Italia dagli ese-
cutori de' disegni mazziniani, in career! e caserme di soldati. II Debats ,
niente sospetto di troppa tenerezza pei preti e pei frati, cosi, sotto il 27
038 CRONACA
Febbraio, accenna le conseguenze di codesto procedere: « Un pretesto
non e serapre necessario per venire alia confisca, od almeno e certo che
neppure si reca in mezzo, quando si tratta di conveuti. I Missipnarii di
Yarsavia furono ayvertiti che il loro dovea essere trasformato in carce-
re, ed ebbero died giorni di tempo a sgomberare ; ed intanto si comin-
ciarono a meitere le inferriate alle finestre delle celle, per addattarle ai
nuoyo nso. Lo stesso avverra degli altri convent! della citta, ed i reli-
gipsi aspettano da un giorno all' altro 1'ordine di sloggiare. I Missionarii
gia esputsi amministravano una parrpcchia di 30,000 anime, che, per la
loro partenza, rimane privata d'ogni insegnamento e d'ogni soccorsp.re-
ligioso. » Si contano gia a centinaia le parrocchie ridotte a tal condizio-
ne, per essere carcerati, esiliati in Siberia, o morti i parrochi. Or poniamp
che molte migliaia di cpntadini russi vengano dal Governo, secondo gli
ukases mentoyati da principio, installate nelle faltorie e nei yillaggi pnde
furono spogliati i Signpri proscritti e confinati in Siberia, o morti nel
sollevamento ; e certo si vorra dal Goyerno provvederli presto di pastor!
ortodossi, cipe scismatici; i quali piglieranno il posto dei preti cattolici,
e fprmando, in mezzo alle popolazipni rurali, vere colonie di scismatici,
faciliteranno I'unione d' intere province in globo, come gia sotto lo Czar
Niccolo, ma con apparenze meno violente.
Che tale sia il disegno del Governo, ben si puo conghietturare dali'ac-
canimento, col quale, afferrando ogni pretesto, egli fa arrestare e condur-
re in esilio i Parrochi e Curati.-Il Corriere di Wilna, diario ufficiale, in po-
chi giorni registro quindici di cotali deportazioni; ed \\ Monde fa\\'8 Aprile
riferi i nomi di 13 ecclesiastic! con cura d' anime, che furono condannati
a tal sorte nel solo Governo di Minsk. Laonde molte chiese, come a
Sluck, a Berezyn, ad Iwienec, non hauno piu che un solo sacerdote, per
lo piu vecchio ed infermo, e moltissime parrocchie ne sono al tutto pri-
ye ; percio interrotti gli uffizii divini ed impossibile 1' amministrazione
de'sacramenti. Per giunta a quest! si gravi danni, il Governatore di
Minsk vieto, sotto pene severissime, che i preti cattolici potessero bat-
tezzare bambini, se prima i genitori non presentassero in carta bollata
gli atti del proprio battesimo e matrimonio ; e siccome nel massimo nu-
niero dei casi si ottiene che tali atti non si possano presentare, an-
che perche si fanno pagare a prezzo esorbitante, cosi a poco a ppco si fa
che i rozzi contadini, per mancanza d'altro, facciano battezzare i loro fi-
gli dai popi russi. Per tali mezzi si ottengono le conversioni celebrate
dalla Gazzetta di Pietroburgo; la quale di mese in mese ne reca le liste,
•yantandosi che le primizie furono copiosissime, perche nel solo distrettp
di Pruzany, sotto il Governo di Grodno, si ebbero 102 famiglie converti-
te, ossia 3^38 persone, 202 uomini e 136 donne.
E certo puo credersi che con intendimento di preparare la via a code-
ste conversioni avvenisse quello, che 1' Invalido russo riferi; cioe che il
Mourawieff ottenne dall'Imperatrice e dalla. Gran Duchessa Alexan-
dra-Petrowna, che si mandasse alle antiche province polacche un dono
di 300,000 croci greche in rame ed in bronzp, e buon numero in argen-
to, da distribuirsi gratuitamente agli abitanti delle parrocchie rurali ; e
che di piu furono commesse a Pietroburgo altre 25,000 croci, non ba-
stando il numero di 1,000,000 di tali simboli, gia spediti da un mercan-
te, che furono date a'contadini ed alia plebe, affinche si portinosul petto,
hen visibili, come simbolo per ora di fedelta al Governo, e che piu tardi
CONTEMPORANEA 639
sarannp guardate come segno e dichiarazione pubblica della sponlanea
volonta di appartenere alia Ghiesa ortodossa. II quale maneggio e con-
fermato in una gravissima corrispondenza da Pietroburgo al Journal de
Bmxelles, sotto T 8 di Marzo ; in cui si narra come 1'apostala Siemazko,
Metropolita scismatico, faceva distribute a Wilna di codeste croci, ed
ogni fanciullo, che ne accettasse una, veniya considerate come ortodosso,
toito a'suoi parenti ed allevato a scuola scismatica.
La fermezza episcopate di Moos. Felinski, Arcivescovo di Yarsavia, e
1' indomito sup coraggio in rappresentare allo Czar le ragioni della Cliie-
sa e la necessita di porre termine alia persecuzione, gli valse, come nar-
rammo. a suo tempo, 1'essere sequestrate a Jaroslaw, senza facolta veru-
na di comunicare coi sacerdoti e coi fedeli della sua diocesi , altrimenti
che per mezzo della Cancelleria imperiale, in lettere ufficiali all' Abate
Rzewuski, designate come Vicario. Si voile dal generate Berg che que-
sti e gli altri piii cospicui ecclesiastici di Varsavia tirmassero, come leg-
gesi nel Monde del 23 Marzo, una Memoria compilata in nome loro nel-
i'ufficio della Commissione dei Culti, e scritta in modo che, sotto colore
di spiegare la propria condotta, riusciva ad un vero atto di accusa con-
tro Sfons. Felinski. Tutti, meno uno che fu affranto dalle minacce e dalla
paura di yeder piombare sul clero maggiori mali, vi si rifiutarono. Quin-
ci ayvenne che il Berg, irritato , interdicesse qualuncjue comunicazione
con Mons. Felinski, vietando al Rzewuski di condursi a visitarlo a San-
dorair, si per ricevere la formale istituzione nella carica di Vicario , e si
per vedere se 1* Arcivescoyo volesse condiscendere alle domande del
Berg, ed ordinare che si togliesse il lutto impostp alle chiese, appunto
perche si era cosi impedita la comunicazione tra il Yescovo ed i dioce-
sani. Allora si fecero pratiche presso Mons. Felinski medesimo, promet-
tendogli libero ritorno alia sua residcnza, purche innanzi tutto mandasse
ordine di cessare quel lutto. Ma egli si rifiuto a questa pretensione, e di-
chiaro anzi chenon tornerebbe a Yarsayia , se non nel caso che con liu
doTessero egualmente tornare liberi gli ecclesiatici e Prelati, per simile
azione mandati in bando e in carcere. Venute la cose a tal punto, il Berg,
nou potendo indurre il Rzewuski a fare il piacer suo senza licenza di
Mons. Felinski, ottenne, se e yero cio che andp per tutti i giornali piu
autorevoli, e leggesi pure nel Monde del 29 Aprile, che da Pietroburgo
si spiccasse un ukase , pel quale Mons. Felinski fosse deposto e rimosso
dalla sede di Varsavia, private della massima parte delle rendite di sua
mensa, e ristretto in piu severe confine, incondizione di semplice prete,
ne piu ne meno che se il Governo avesse autorita di creare e deporre i
Vescovi. Per giunta fu designate come suo successore il predetto Abate
Rzewuski , a cui si qfferi di prendere stanza nel palazzo arcivescovile ,
rinnovandogli con piu insistenza la domanda di far cessare il lutto delle
chiese. Ma egli si diniego all' una ed all'altra cosa, dichiarando che solo
dalla Santa Sede puo decretarsi la vpluta sostituzione d'un Vescovo, e
che egli non avea veruna facolta di annullare gli ordini dati da Mons.
Felinski. Intorno a che i nostri lettori sanno con quali fortissimi sensi di-
scorresse, in una sala di Propaganda, il Sommo Pontetice Pie IX, alii 24
del passato Aprile.
7. La resistenza armata de' spllevati e omai ridotta a nulla, perche le
schiere piu forti furono rolte e disperse, ed i capi piu ardimentosi o mor-
ti o costretti a cercare scampo nella fuga, come il famoso Bossak, sotto il
6£0 CRONACA CONTEMPORANEA
qual nome nascondevasi il valente colonnellp Hanke. Pare adunque clie
il Governo dovrebbe anchc mitigare i suoi rigori ; ma pur troppo questi
durano , se non anzi crescono di giorno in giorno contro i laceri avanzi
delle bande riparatisi nel fitto delle selve, dove si da loro caccia spieta-
ta. A questo termine riuscirono gli ufficii si caldi deft* Ipghitterra , e !e
pratiche diplomatiche e leminacce delle Potenze occidental!! La Russia,
chc sa dissimulare, ma non dimentica lepatite moleslie, pare che abbia
voluto quest'anno, dopo compressa !a rivoluzione della Polonia, ricorda-
re alia Francia, la quale ne sosteneva con lanlo ardore le parti, che ati-
che sopra di lei stese altra volta la sua mano di ferro il colosso mosco-
Ti'la. E pero al!i 31 di Mnrzo fa festeggiato, con Sstraordiaaria pompa e
solennila di rassegne militari , 1' anniversario dell' inpresso di Alessan-
dro I c dell'esercito russo in Parigi nel 1814 ; e 1' Invalido russo, gloriti-
cando lo Czar per aver allora salvato la capitale della Francia dallo ster-
minio che altri le minacciava : « in tal" modo, dice, il nostro Imperatore
vendico la distruzione di Mosca ».
In questo giorno lo Czar Alessandro II voile che i Rpggimenli si pre-
sentassero alia rassegna con le bandiere che usarono sotto Alessandro I,
ed invito a banchetto di Corte tuiti i veterani snperstiti della guerra del
1814, che si trovarono a Pietroburgo. Inoltre, avendo il Berg fatto in mo-
do, che uncertonumerodi cootadini Polacclii acceltasse Fincaricodianda-
re a Pietroburgo, a ringraziarvi 1' Imperatore, in nome di tutti i loro con-
sorti, per gli ukases da noi mentovati piu sopra : lo Czar loro fece imbandi-
re un sontuoso banchetto nel palazzo di citta, con invito ai capi dei haliag-
gi agricoli del Governo di Pieiroburgo.Ed affine di rendere piu splendida
tal f'esta di fratellanza tra Russi e Polacchi, vi assistettero il Gran Duca
ereditario con due suoi figliuoli, ed il Gran Duca Niccolo. Chi avrehhe
mai creduto un dieci anni addietro, che la Maesta degli Czar sarebbesi
cosi ammorbidita verso i servi della gleba'?
8. La letizia della Russia, per essersi spacciata delle resistenze della
Polonia, giunse poc'anzi al colnio pel trionii riportati contro i Circassi, i
quali puo dirsi che siano sterminati. Imperocche sul principio di quest'an-
no, riappiccatasi la guerra da varie tribu piu bellicose, a prima giunta i
Russi loccarono danni rilevanti, e perdettero varie piccolc fortezze. Ma
le sorti non tardarono a volgere in senso contrario. Che i Circassi , clifet-
tando di vettovaglie, e ndotti alle anguslie della fame in quel'e provin-
ce disertate si lungamente dagli orrori della guerra, dovettero sparpa-
gliarsi. I Russi approtittarono del momento opportune-, e raddoppiarono
i loro eserciti ; invece di ostinarsi, conie pel passato, in superare a viva
forza le giogaie e le gole de' monti, girarono largo attorno, tagliarono i
passi tra 1'una e 1'altra tribu, le combatterono separatamente , parecchie
ne distrussero, ad altre aprirono il passo ad emigrare nelT Armenia e nel-
1'Asia Minore, sicche in breve furono vincilori in tutto il Caucaso , e
posero termine con pieno trionfo a questa guerra di mezzo secolo. Le ul-
time tribu di que' fieri montanari , che ancora osassero tener testa agli
invasori, ebberouna totale sconfitta nel passato Aprile , e vedendo im-
possibile il continuare nella lotta, dovetlero darsi vinte, ed accettare dal
Tincitore Tofferta licenza di condursi in salvo, entro dieci giorni, nelle
province dell' impero ottomano; dove in fatti si ripararono in doloroso
esilio.
IL DANARO DI S. PIETRO
SPAVENTO DEI TRISTI, CONFORTO DEI RUONI
Sia che si guard! all' intrinsesa ragione e al naturale significato
del danaro di S. Pietro, il quale ora phi che mai vigoreggia e mo-
slra quanto facilmente la divina Provvidenza possa con un cenno del
suo Yolere mandar a male i consigli degli empii, eccilando per tutto
il mondo e specialmente in Italia un vero suffragio universale ed un
vero plebiscite a favore ed a sostegno dell' Indipendenza polilica
del Sommo Pontefice; sia che si consider! Festrinseca importanza
che appunto in questi giorni passati diedero a tale manifestazione
cattolica le chiacchiere tanlo piu romorose quanto piu vuote che si
udirono sopra di lei risuonare nella Camera torinese ; da qualunque
parte la cosa si miri , apparira facilmente ad ognuno che a grande
diflicolta si sarebbe poluto trovare argomento piu attuale o piu rile-
vante da trattare in questo quaderno. Nel quale, come facemmo in
pressoche lutt' i suoi fratelli antenati e come speriamo , a Dio pia-
cendo, di fare nei suoi posted, cerchiamo, secondo il nostro potere,
non solo di porre in luce i principii eterni ed immutabili della ve-
dta e del diritto, ma di moslrarne ancora nei falti contemporanei la
pratica e 1'applicazione.
E che il danaro di S. Pietro abbia fmalmente fatlo scoppiare in
un non meno romoroso die inutile frastuono la rabbia lungamente
compressa, e velala fmche si pole con un'apparente non curanza, che
Serie 7, vol. X, fasc. 342. 41 3 Giugw 1864.
642 IL DANARO DI S. PIETRO
covava da molto tempo nel petto del signori rappresentanli della fra-
massoneria in Italia, e cosa naturalissima, e che si capisce a prima
vista solo che si consider! trattarsi qui in primo luogo di danaro :
in secondo luogo di danaro di S. Pietro: in terzo luogo di danaro
di S. Pietro raccolto in Italia. Tre ragioni , delle quali ciascuna e
capacissima di natura sua di far uscir di se in estasi di forsenna-
tezza qualunque siasi degno inquilino di una Camera , che e la rac-
colla phi scelta e piu squisita di quanto vi ha in Italia di phi ostile a
cio ch' essa in teoria dovrebbe rappresentare ; che e la povera Italia
onesta e cattolica, arnica dell' ordine e della pace.
Trattasi dunque in primo luogo di danaro, cioedi metallo coniato,
di metallo sonante, di metallo lucente d'oro e d'argento, di contan-
te effettivo, insomma, capace di abbagliare la vista e far perdere i
sensi e la ragione a qualunque siasi padre moderno di una patria
rigenerata, « Come ! ( debbono aver detto fra se quei gravi padri
della patria) Come ! Vi ha dunque ancora tanto danaro in Italia? E
cio mentre le nostre finanze sono si a secco? Den! Come si puo da
noi tollerare che questo danaro vada altrove che nelle tasche della
patria di cui noi siarno , secondo ogni ragione , natural! rappresen-
tanti, tutori, curatori, amministratori, padri e padroni? » Chi cono-
sce alquanto la teoria pagana, ora piu che mai in fiore nei paesi retti
a liberalismo, della padronanza che ha il dio Stato, di quanto in esso
si contiene, cose e persone, ammettera a priori questo soliloquio li-
bertino. Ma chi non fosse si innanzi nelle teorie a priori e volesse le
cose snocciolate per nomi e segnacasi , eccoci pronti a servirlo con
un periodetto prezioso uscito dalla chiostra dei denti di uno di quei
cosi detti rappresentanti nella tornata degli undid Maggio : « II Papa
(sclamo un certo Deputato il cui nome honoris causa non nominiamo)
il Papa tenta smungerci del nostro danaro. » Avele udito, leltori
perspicaci, quei noslro danaro? E perche mai quei danaro ha da es-
sere cosi voslro, o Depulato innominabile, se non in forza di una idea
implicita, se non innata, che voi dovete avere che il danaro altrui e
danaro vostro? Poniamo pure che il Papa non abbia mai dato a voi
del danaro proprio. Ma quando e mai che il Papa abbia ricorso a voi
per avere del vostro danaro? Di quanto avele voi contribuilo del vo-
SPAVENTO DEI IRISH, CONFORTO DEI BUONI 643
stro al danaro di S. Pielro, se non forse (chi sa?) col parteciparne
alquanto, vivendo alle sue spese ? Or dunque come va che voi osate
venirci a dire cosi spiattellato che il danaro che i fedeli danno al Papa
e danaro vostro, o Deputato insaziabile? E evidenle che questa pro-
prieta che voi vi arrogate in piena Camera , a gran voce , a chiari
accenti e, per cosi dire, in via uffiziale, sopra il danaro altrui, non
puo nascere che da una teoria tutta particolare che voi dovete avere
in capo sopra il diritto di proprieta. Del resto, per esser giusti, bi-
sogna confessare che quella inaudita annessione teorica delle borse
altrui , pronunziata a favore della propria borsa dal Deputato inno-
minate, incontro nella Camera intera pienissima approvazione. Tro-
vo bensi la Camera i suoi romori e i suoi segni di disapprovazione
quando o un D'Ondes Reggio difese il diritto di proprieta, o un
Cantu sostenne il diritto di far limosina. Ma quando un suo degno
figliuolo, un vero suo membro, uno entrato nel parlamenlo per la
porta degli intrighi e non intruso per la finestra del merito, procla-
mo che il danaro che i fedeli danno al Papa e danaro de' Deputati ,
quel Deputato fu udito con quel rispetlo che si dee a chi sostierie i
veri principii di diritto liberalesco.
E dunque naturale che, a quella solenne proclamazione, si sia ac-
cesa piu che mai la maraviglia in capo ai Deputati, come mai pos-
sa accadere ora in Italia che vi sia del danaro , e che questo danaro
non passi sotto la gabella del fisco , e non sia sottoposto a quei
dritti di commissione , a quei ritagliuzzi , a quelle tasse , a quelle
trafile, a quei passaggi che, con tanti begli effetti di chimica econo-
mica, mutano 1'oro in carla, la carta in zero e i zeri in crediti degli
amministratori e in debiti degli amministrati. Col che Dio ci guard!
dall' alludere a cerli impinguati dal danaro pubblico che al presente
seggono nella Camera di Torino , e che sono ora sottoposti ad una
inchiesla parlamentare per indebita annessione di qualche bagattel-
luccia di milioni. Giacche queste sono tutte calunnie, secondo che gia
ci fa pregustare la Stampa dei 22 Maggio: la quale, commentando,
senza saperlo quel proverbio che dice « Lupo non mangia della car-
ne del lupo », ci avvisa fin d'ora che non e da atfcender nulladall'in-
chiesta della Camera, come per molte altre ragioni, cosi ancora per
644 IL DANARO DI S. PIETRO
questa imporlantissima, che cio « non potrebbe avere che conseguen-
ze pericolosissime. » Giusto gastigo diDio die siano incominciate
le inchieste pericolosissime sopra il danaro del Deputati, non appena
fiuirono le bestemmie inulilissime sopra il danaro di S. Pietro.
Ma questo danaro, come dicevamo, none solamenle danaro. Es-
so e ancora danaro di S. Pietro. Nuova ed efficacissima ragionc
perche i Deputati del cosi delto parlamento italiano debbano odiarlo
a morte. Non si puo negare infatti che questo danaro non sia dana-
ro sacro, danaro religioso, danaro che va a sollevare gli stragrandi
bisogni della Chiesa e del suo Capo visibile. Or come possono tol-
lerar do tranquillamente i Depulati torinesi? Essi i quali linora mil-
la ebbero piii a cuore che di rubare da ogni lato quanlo la Chiesa
possedeva in Italia ; essi che al Papa principalmente, come al vero
cardine della Chiesa , lenlano stoltamente di togliere 1' indipendenza
necessaria al retto governo ; essi che una sola speranza hanno di
ridurre , come scioccamenle sperano , ii Papa a patti , col ridurlo
allo stremo di ogni cosa ; che cuore dovettero avere nel vederlo ,
non oslanti tulti i loro sforzi, indipendente sempre, isolalo mai,
meglio assai che non il signor Minislro Yenosta , grazie ancora a
questo mirabile slancio della carita e divozione catlolica a S. Pielro
e alia sua Sede? E naturale dunque che questo danaro di S. Pietro,
che e non ultima causa del nulla , a cui tornarono finora gli sforzi
occulli della framassoneria, sia dai rappresentanli pubblici di questa
perseguitato, inceppato e, se non altro, bestemmiato.
Dove e da considerare e da por ben menle die, finche i Depulati
torinesi non avranno ottenulo che il Papa non possa governare la
Chiesa, non avranno oltenuto nulla di cio che cercano. Giacche in-
somnia che vogliono essi? L' indipendenza d' Italia? Bella indipen-
denza in verita quella che consisle, come amore caccia amore, cosi
nel cacciar uno straniero con un altro. « Indipendenza dallo stranie-
« ro! (sclamo il Miceli nella tornata degli 11 Maggio). Signori : io
« ho il dolore di dichiarare che noi giammai in Italia fummo cosi
« dipendenti , giammai fummo cosi vassalli dello straniero , quanto
« lo siamo adesso. » Non cercavano dunque i liberali 1' indipendenza
dallo straniero : ma la mutazione dello straniero , sperando di can-
SPAYENTO DEI TRISTI, CONFORTO DEI BUONI 645
glare in meglio , in quel solo che desideravano , che era di avere
uno straniero che, lungi dal proleggere il Papa, lo desse loro le-
galo mani e* piedi. Ma anche qui errarono nel loro empio calcolo.
Giacche quello slraniero appunto che , non i Papi 7 ma i liberali
chiamarono in Italia , dopo essersi preso per sc un brano d' Ita-
lia a modo di buona mano, come si dice, o mancia graziosa do-
vuta giustamente a chiunque trova un oggetto perduto , si colloco
phi che mai fermo in Roma nel centro dei desiderii libertini. Si rac-
comanderebbero ben volentieri i Deputati ora all' Austria , e cede-
rebbero a lei un altro brano della patria, se 1'Austria volesse aiutarli
a cacciar i Francesi da Roma che sola desiderano. Ma non poten-
do nutrire si folle speranza , come fanciulli indispettili e rabbiosi ,
piangono e strepitano e batlono i piedi a terra e non lasciano la
Francia in pace ne giorno ne notle , sempre chiedendo Roma , or
minacciando guerra e morle, or promeltendo mari e monti , or vol-
gendosi all' Inghilterra , ora rivolgendosi alia Francia , mostrando
tutte le apparenze di matti e di disperali. Neanche si puo dire che
cercassero o 1' unita quelli che yivono in buona comunanza di scopo
coi repubblicani e coi federali , o la prosperita quelli che, in mezzo
ai Bravo! Bravissimo!, urlano nella Camera (14Maggio) che anzi
che rinunziar a Roma noi dobbiamo o salvarci tulti o perir tulti!
Che cosa cercano dunque i signori Deputati non dell' Italia ma della
framassoneria? NuU'altro (giova ripeterlo) null'altro che la distru-
zione della Religione cattolica , alia quale distruzione e mezzo ne-
cessario il ridurre il Papa all' impossibility di governare. E siccome
finche il Papa sara Re e indipendente in Roma, egli potra sempre
governare liberamente la Chiesa , cosi e naturale che lo scopo vero
dei Deputati torinesi , come di tutta la massoneria , non sia e non
debba essere altro che 1' impossessarsi di Roma per ayere il Papa
nelle mani.
Or poiche il Papa non lo possono aver nelle mani, e naturale che
almeno tentino di diminuirgli quanto possono i mezzi di governo. E
siccome ogni mezzo di governo dipende nel suo esercizio da cio, sen-
za di cui ( come i liberali sanno meglio di tutti ) non si fa nulla, cioe
dal danaro, e naturale che, come si fa ad una cilta che si vuol ridur-
re per fame, cosi essi attorno a Roma, teniino porre come una linea
646 IL DANARO DI S. PIETRO
di circonvallazione che chiuda ogni adito ai soccorsi. Fecero, pove-
retti ! quello che poterono. Rubarono quanto venne loro alle mani.
Ma che? Ecco che, ad una parola del Sommo Pontefice; che si volge
ai suoi figliuoli e chiede aiuto, i milioni piovono a Roma da tutte le
parti. Non quanto basta al bisogno, ma piu di quel che basta a dimi-
mrirne gli effetti. Sperarono i buoni liberali che quesle offer te spon-
tanee sarebbero cessaie presto. Sanno essi quello che costa il por le
mani alia borsa. Giudicavano gli altri da se ; e dicevano : « Se il Papa
avra dalle sue collette quello che abbiamo noi dalle nostre ( delle
quali, in parentesi, non rendiamo rnai conto a nessuno), non sara una
gran cuccagna. » Se non che le offer te continuano a ingrossare.
Passano gli anni : e il Papa non parla di resa. Le sue fmanze sono
( proporzionalmenle parlando ) in buono stato : e senza paragone piu
fiorenti delle italiane. I liberali cominciano allora a impensierire ,
dicendo fr a se : « Qui non si scherza : non si tratta qui di colletle
alia Mazzini e alia Garibaldi che raccolgono dodici camicie e un
paio di scarpe vecchie e menano romore di queslo. Qui si tratta di
milioni. Bisogna provvedere. » Ma hanno sbagliato in questo , che
invece di fare le loro provvidenze in segreto, hanno fatto, come si
dice, il bucato in piazza. Parlarono per un mese : protestarono, be-
stemmiarono , spropositarono : tutto fecero fuorche provvedere. Es-
sendo ogni cosa finita con un pugno di mosche in mano : anzi con
una mosca sola : giacche si e adottato /' ordine del giorno puro e
semplice del signor deputato Mosca.
Ma gli Italiani da quel mare di parole noirraccolsero mosche; bensi
una pescagione ricchissima di preziose yen la, menate alle loro reti
dalla eloquenza venlosa degli indispettiti Deputati ; e fra le altre que-
sta importantissima che tutla fa al caso nostro : cioe che , nell' opi-
nione giustissima dei signori Deputati, il danaro di S. Pietro e degno
di tutto il loro abbominio appunto perche esso serve a conservare
1' indipendenza del Papa , che e propriamente quello che i liberali
vorrebbero anzi tutto distrutto.
Ma non tanto cuoce ai signori Deputati che questo danaro sia un
danaro di S. Pietro, quanto che questo danaro di S. Pietro sia, in
grandissima parte, raccolto in Italia. Che dalle altre parti del mon-
do yengano. danari al Papa, queslo ai signori cosi delti rappresen-
SPAYENTO DEI TRISTI, CONFORTO DEI BUONI 647
lanti dell' Italia non puo certaraente andar molto a sangue : e non YI
ha dubbio che, se potessero, dichiarerebbero quel denaro merce dl
contrabbando e roba di buona presa. Ma, sia perche non hanno verun
mezzo per impedirlo, ne verun pretesto per lagnarsene, sia perche
hanno molte mendicale scuse da allegare a diminuzione della vera
importanza religiosa e politica die ha quel danaro contro gl' inva-
son e i ladri della Chiesa in Italia, non se ne mostrano molto impen-
sieriti. Ma che nell' Italia stessa da loro, se non rappresentata, almeno
certamenle governata , nell' Italia illuminata dalle loro dotlrine, mo-
dellata secondo il loro talento, nell' Italia da loro fiscaleggiata, spia-
ta, tassata, carcerata, deportata e anche fucilata quando occorre,
nell' Italia insomma loro regno, loro bottega, loro mancipio, loro cue-
cagna, si raccolga, senza loro saputa e a loro dispetto, tanto danaro
che Ya al Papa come una protesta e come una dichiarazione dell' af-
fetto degli Italiani alia Santa Sede e dell'esecrazione ond'essi guar-
dano i fatli liberaleschi consummati a suo danno ; questo e che cuoce
ai signori Deputati e che li fa uscire del senno quando Yi riflettono
un po' sul serio.
Giacche insomma e cosa che salta agli occhi questa , che , se gli
italiani danno danaro al Papa, e segno che loYogliono sovrano indi-
pendenle. II che bene spiego il deputato Macchi nella tornata degli
8 Maggio, dicendo : « La cosa piu difficile ad ottenersi dai varii par-
« liti e che pongano mano alia borsa. Ora, se Yi e un partito il quale
« apra una colletta e trovi tanta gente pronta a dargli danaro, siate
« pur sicuri che nessuna legge varra ad impedire che la colletta si
« faccia. II difficile e trovare chi dia il danaro : ma quando il danaro
« ci e, mille spedienti soccorrono per raccoglierlo e mandarlo a de-
ft slinazione malgrado ogni piu sever o divieto. » Ora il male sta ap-
punto in queslo che il danaro ci e: e che la cosa piu difficile ad ot-
tenersi da varii partiti , la qual cosa e che pongano mano alia borsa,
questa cosa e bell' e ottenuta dai Cattolici che sono il tutto quasi
d' Italia.
E se non ci fosse altro argomento che questo per dimostrare la
forza dei CaUolici in Italia , ce ne sarebbe piu che a sufficienza per
dimostrare che i liberali sono potenli fra noi per Yiolenza e per astu-
zia, ma non per numero, ne per autorita morale. E questo e appunto
618 IL DANARO DI S. METRO
quello die, come dicevamo, cuoce piu ai signori Deputali. I quali ben
vedono che questo danaro di S. Pietro che si raccoglie in Italia e un
vero plebiscito, un vero suffragio universale che parla alto e chiaro ;
e distrugge e copre, a romore di buoni contanli, ogni romore di suf-
fragio liberale fatlo a chiacchiere vuote e a carta falsificata. « La
cosa piu difficile ad ottenersi dai varii partili e che diano mano alia
borsa. » Bene : or che debbono dire i Deputati al vedere che, non solo
e facilissimo in Italia trovare un partito caltolico che dia mano alia
borsa in favor del Papa e del suo dominio temporale e della sua in-
dipendenza: ma che (quello che e piu inaudito che raro) e difficilis-
simo e perfino impossibiie ii trovar il modo di fare che quesle borse
si chiudano? E notino i signori Deputati che, se prima queslo danaro
di S. Pietro poteva avere altro significato, ora, dopo le loro diatribe
e le loro proteste e le loro rabbiose declamazioni contro questa col-
letta, essa, senza perdere nessuno dei significati religiosi che prima
aveva, ne rivesle un altro da loro medesimi procurato , che e di si-
gnificato apertissimo di disprezzo di ogni loro diatriba , di contro-
protesta ad ogni loro protesta, di non curanza di ogni loro rabbia, di
Toto insomina, di plebiscite, di suffragio universale e chiarissimo con-
Iro ogni loro desiderio o volere che il Papa sia spogliato, dlpendente
e schiavo.
Ma vi e ancora di peggio pe' signori Deputati. Ed e che, secondo
che ottimamente disse nella tornata dei 18 Maggio il Deputato inno-
rninabile: « a Roma non si andrebbe ogni qualvolta i catlolici ita-
« liani, che sono la massima parte degli italiani, si mostrassero leo-
« reticamente convinti e praticamente persuasi che non si puo essere
« ne buon prete ne buon cattolico, se non sostenendo il poler tempo-
« rale del Papa. » Sapienlissima sentenza ! La quale diinostra ad evi-
denza che, oltre 1'asina di Balaam ed il sacerdote Caifas, vi sono altri
simili esseri nella creazione che, senza niun loro merito particolare,
sono elevati da una provvidenza speciale fino alia sublimita profetica.
Si! o Deputato innominalo! E un falto che a Roma non si andra.
Questa e una profezia certissima uscila dalla vostra bocca provvi-
denzialmente. A Roma non si andra. E perche? Per la ragione pro-
fondissima da voi addolta. Cioe, perche di fatto « i catlolici italiani,
« che sono la massima parte degl' italiani, si mostrano leoreticamen-
SPAVENTO DEI TRISTI, CONFORTO DEI BUONI 649
« te convinti e pralicamente persuasi che non si puo essere ne buon
« prele ne buon cattolico, se non sostenendo 11 poter temporale del
« Papa. » Or come si prova questa leoretica convinzione e pratica
persuasione? Si prova ad evidenza col danaro di S. Pietro. Voi capite
meglio di tulti, o Depulato innominabile, la verita di quello che disse
il deputato Macchi, cioe che « la cosa piu difficile ad ottenere da varii
« parliti e che pongano meno alia borsa. » D' altra parte e cosa no-
toria che gl' Italiani mettono ogni dl la mano alia borsa per pagare
spontaneamente il danaro di S. Pietro. Che questo danaro poi sia
volto a sostenere la sovranita temporale del Papa, non accade che
noi ve lo dimostriamo, poiche per un mese voi 1'avele udito ed anche
declamato nella Camera torinese. E dunque evidente che i cattolici
italiani, che sono la massima parte degli ilaliani, sono teoreticamente
convinti e praticamenle persuasi che e atto di buon catlolico il sosle-
nere il dominio temporale del Papa , il quale e necessario alia sua
politica indipendenza ; e che, per la ragione dei contrarii, non e ne
buon prete, ne buon cattolico chi, invece di sostenerlo, 1'osleggia e
lo vuole distrutto. E posto cio voi, o Deputato, colla vostra perspi-
cacia gia vedete la conseguenza terribile che vi piomba sul capo.
E la conseguenza e che a Roma non si andra, se non forse, come
vi auguriamo, a far penitenza, a spese del danaro di S. Pietro, secon-
do che voi stesso avele cosi sapientemente e solennemente profetato.
Abbiano dunque le nostre congratulazioni e le nostre grazie, unite
a quelle di tulli i buoni cattolici ilaliani, i Deputati torinesi: i quali,
nella loro bonta e nella loro sapienza , vollero , in un lungo mese di
chiacchiere, non concludere niente contro il danaro di S. Pietro e
concludere invece moltissimo a suo favore e propagazione. Giacche
ai Deputati di Torino ed alle loro ciarle e dovuto se, ora piu che mai,
gl' Ilaliani sono ben avvisati che essi non possono far cosa che piu
turbi i sonni e la pace dei signori Deputati che contribuendo colle
loro offer te al danaro di S. Pietro. Alle stizzose declamazioni di quei
cosi delti rappresentanli, ringhiosi piu che non chiede lor possa,
come dei botoli disse Dante, debbono gli Italiani questa certezza, in
cui ora sono piu che per Y innanzi , che quelle loro offerte servono
mirabilmente a frastornare e danneggiare i consigli degli empii.
650 IL DANARO DI S. PIETRO
A quelle diatribe , a quelle bestemmie , che per tanli giorni si udi-
rono a Torino, si dee I' evidenza in cui e ora posta piu che raai 1' im-
possibilita morale , in cui si trovano i signori Deputali di far allro
che beslemmiare di cuore contro gli oblatori.
Tentarono invero molt! Deputati di falsar 1' idea e 1' indole di quella
Colletta, dipingendola come volta a reazione polilica, ed al brigan-
taggio. Ma queste viete calunnie e vuote frasi non servirono che a
velare in alcuni rintimo pensiero di tutti, da molli manifestalo aper-
tamente, cioe che questo e invece danaro diretto all' unico scopo di
sostenere 1' indipendenza sovrana del Sommo Pontefice contro la
schiavitu cui vorrebbero ridurlo i framassoni nemici naturali, come
diogniliberta e di ogni indipendenza, cosi specialmente di quella del
Pontefice Romano.
Che se questa sovrana indipendenza del Papa , che essi vogliono
distruggere, amano chiamarla brigantaggio e reazione, tal sia. Non
disputiamo dei nomi. Tan to piu che iamdudum vera rerum nomina
amisimus. Le cose hanno ora mutato nome. E poiche 1' assassinio si
chiama ordine morale , e il ladroneccio economia pubblica , e la li-
cenza liberta; non vediamo perche ci dobbiamo inquietare con chi
ama chiamare reazione e brigantaggio quello che e in verita null' al-
tro che difesa della propria indipendenza e del proprio avere. Tutto
sta che c'intendiamo nella sostanza delle cose. Or quesle , grazie a
Dio ed alle chiacchiere dei Deputati torinesi , sono ora chiarissime.
Tutti sappiamo ora che i Deputati vogliono venire a Roma e cacciarne
il Papa ; e che cio e reso loro piu che mai difficile nel fatto, e impos-
sibile moralmente, per la prolesta e dichiarazione e voto e plebiscito
e suffragio universale che contro quel loro empio disegno si fa dagli
Italian! colle loro offerte al danaro di S. Pietro. Questo solo ci basta
per intendere che il danaro di S. Pietro e cosa santa , cosa sacra ,
cosa religiosa, cosa benedetta e voluta da Dio , e volta nel consiglio
della sua provvidenza ad ottimo e santo effetlo ; poiche essa e cosa
si delestata dagli empii, e si voluta impedire ed annullare, senza che
pero vedano essi stessi il modo di riuscirvi.
E con cio crediamo poterci dispensare dall' enlrare in altre esorla-
zioni ai buoni cattolici specialmente italiani, perche continuino alacre-
SPAVENTO DEI IRISH , CONFORTO DEI BUONI 651
mente in questa santa loro cooperazione ai consigli di Dio. II quale
forse ha permesso tan to strazio della sua Cliiesa, e tanta perdita del
dominio temporale del suo Capo visibile , appunto per far vedere al
mondo cieco ed empio che non e abbreviata la sua mano , e che per
lui non e differenza tra medio evo e tra evo moderuo, quando si trat-
ta di suscitare filios Abrahae e di far manifesta la protezione onde
copre la sua Chiesa.
E inutile che i liberali s' illudano. Essi non sono mai tanto vicini
alia rupeTarpea, come quando sognano il Carapidoglio. I liberali so-
no cosi fatti che, al primo luccicare di una apparente aurora di pro-
sperita, perdono la testa e impazzano, come scolaretti quando per un
istante il maestro e uscito di scuola. Credono subito esser diventati
padroni, e di non aver piu conti da rendere. Quando poi vedono
annebbiare alquanlo 1'orizzonte, daquelle tesle deboli che sono, qjje
come facil mente s'inalberano nelle prosper! la, cosi facilmente si at-
terrano nelle avversita, subito iremano come foglie, perdono la pre-
senza di spirito , e da se si buttano nel precipizio prima ancora del
tempo. Udite, per esempio, i poveri Deputali di Torino: « Non vede-
« te voi, esclama nella tornata del 7 Maggio, tutto atterrito, il lerri-
« bile deputato Brofferio , non vedete voi la santa alleanza, la quale
« arriva a gran passi? » E gia sembra considerare se non forse sia
tempo di fuggire di nuovo nella sua villa di Locarno in Svizzera, dove,
pochi minuti dopo aver gridata la leva del popolo, rinculo, per modo
di rnossa sirategica, nel 1849 all'appressarsi deiTedeschi. E il Crispi,
piu ancora fuori di se dallo spavento che non il deputato Brofferio ,
gia vedeva nella stessa tornala, non solo che « da un momento all'al-
tro noi possiam essere a guerra » , ma, quel che e peggio, che « alia
vigilia della batlaglia si potra chiedere all' ouore vole Peruzzi: « Cai-
no ! Che hai fatto del tuo fratello ? » Vede ognuno che piacere dovra
esser pei liberali il dover combattere capitanati da Caino. E soggiun-
geva: -< Le province meridional! sono in tali condizioni che in vece
« di essere un elemento di forza , potrebbero essere un clemento di
« debolezza. » E conchiudeva, con piglio da medico disperato , -che
« la freddezza di quest' assemblea , 1' atonia dei Deputati mi danno
« 1'immagine di una mollitudine d'uomini accorsi da varie parti e fer-
-j;ii. I1?:: ; njJA - .-. \>->'^ :^ v- 'i7 aon ;:Uj
IL DANARO DI S. PIETRO
« matisi inerti dinanzi a ima bara. lo non vedo il cadavere e nean-
« co il morentc : ma ci sono tutle le apparenze di una morte che si
« avvicina. Un' ultima volta ve lo dico: fate un appello al popolopri-
« ma che si schiuda sotto i nostri piedi I'abisso. » Qual sia 1' abisso
In cui temono cadere i Deputali, lo spiego lo stesso giorno il Bellaz-
zi , dichiarando che « 1' allitudine dei satelliti della clerocrazia sgo-
« menla i buoni salellili per la patria. Non vacilla nei forti la fede
« neli' avvenire d' Italia, ma si esige da tutti previdenza e freno con-
« Iro la reazione clericale. » Chi 1'avesse detto che iDeputati di Tori-
no, dopo avere, per tanti anni, fatto alia Chiesa tutto il peggior male
che poterono, dovessero ora trovarsi nel caso di tremare di lei! E
pure questo e quanto disse, non solo colle citate parole il Bellazzi, ma
il Siccoli ancora il 9 Maggio, eccitando in lutta la Camera un saluta-
re^spavento dell'influenza ecclesiastica, sclamando: « Ecco la ragio-
« ne della mal' aria che ci circonda, della febbre lenta che ci consu-
« ma. II capo visibile di quest' empia famiglia fa il seguente calcolo:
« Giorno verra che 1'Italia versera in una crisi suprema, sia per una
« coalizione delle Potenze nordiche, sia per la esplosione della pa-
« zienza stanca delle sue popolazioni. Allora noi verremo fuori : noi
« possiamo sgominare e distruggere ogni cosa. I preti sanno aspet-
« tare, e questa e una triste e terribile verita! » E quasi cio fosse
poco, lo stesso Siccoli conchiuse il suo discorso cosi: « La piaga vol-
ge allo stato cancrenoso dapperlulto ! »
E il La Porta nella tornata degli 11 Maggio: « Signori, disse,
« finiamola colle illusioni; esse aprono un abisso che minaccia in-
« goiare lutte le risorse , tutte le esislenze di una nazione. Le pre-
« visioni sulle entrale sono fallile , i nuovi dazii non funzionano nel
« tempo presenle, i beni demaniali non sono venduti nella cifra pre-
« vista. Le spese slraordinarie hanno quasi esaurito in due anni i
« 400 milioni che voi avevate dianzi assegnato per quatlro anni , e
« noi, giorni sono, ascoltammo la disperata proposta del Mellana che
« le volea ridotte a 75 milioni. II prestito di 700 milioni e quasi
« esaurito ; le ferrovie dello Stato sono gia vendute. Non giova illu-
« derci. Se anche riusciste a illuder noi , non illudereste mai T Eu-
« ropa che conosce lo stato delle cose nostre, e il nostro credito andra
« sempre scemando. Qui non Yi e scampo. Al punto in cui noi sia-
SPAVENTO DEI TR1STI, CONFORTO DEI BUONI 653
« mo non \1 ha piii altra scelta per evitar la bancarotla. 0 disarma-
« re o fare la guerra. »
E il deputato Musolino, nella tornata del 14 Maggio, dichiaro aper-
tamente clie « una guerra della Francia contro di noi non sarebbe
« phi intesa a conquiste ma a reazione. Ancbe i repubblicani ci sa-
« rebbero avversi. Dimorai lungo tempo in Francia. I dotlrinarii ,
« le classi intelligent^ a qualunque colore apparlengano, non voglio-
« no V unita italiana. Vedete i Lamartine , i Bastide , i Pelletan , i
« Proudhon ; tutti sono nostri nemici. Avremo guerra ; ma guerra
« di reazione. La reazione e selvaggia e 1' Italia tornerebbe in con-
« dizioni peggiori di prima. » E inutile lo spiegare qui ai noslri let-
tori che, per il Musolino e compagnia, Italia e liberali sono sinonimi.
Sicche quando prevedono giustamenle che T Italia lornerebbe in con-
dizioni peggiori di prima , Yogliono solamente significare che i Mu-
solini d' Italia tornerebbero donde sono usciti. Fatta questa spiega-
zione, possiamo tranquillamente conchiudere col Musolino che: « chi
« non legge negli avvenimenti del giorno i segni forieri di future
« maggiori tempeste , e cieco. »
Vede ognuno che da tutte queste parole (e noi non ne abbiam
citate che poche scelte tra un mare), le quali furono profferite men-
tre si discuteva /' obolo di S, Pietro , esce un certo venticello di
paura liber tina che veramente rinfresca, refrigera e consola. Si scor-
ge ad evidenza che i poveri Deputati di Torino conoscono di averne
fatte delle grosse , e capiscono che si avvicina il giorno del rendi-
conto. Or che hanno da fare i buoni cattolici italiani per affreltare,
secondo il loro potere, questo bel giorno? Evidentemente quello ap-
punto di cui mostrano cotanto d' infastidirsi i signori Deputati ; con-
correre cioe, nella misura della loro devozione e possibilita, a man-
tenere, colleloro pie oblazioni, indipendente e sicura quella Cattedra
di S. Pietro che i liberali tentano si perfidamente di sottominare,
A queste obblazioni in gran parle e dovulo finora se il S. Padre ha
potuto far fronte a tanti continui bisogni del suo Governo e della
Chiesa. A queste obblazioni in gran parle si dovra ancora il trionfo
finale della buona causa. La cui sola aurora, che da lungi si mostra
sull' orizzonte, fa tremar si violentemente le vene e i polsi alia rivo-
luzione atterrita.
UN DOCUMENTO GRECO
SPETTANTE ALLA CORONAZIONE
DEL PRIMO CZAR BELLA RUSSIA
Tra le prerogative, riconosciute in ogni tempo dal mondo cristiano
nel Romano Pontefice, dee numerarsi non ultima quella di conferire la
suprema sanzioue al diritlo regio dei Sovrani, confennando in nome
di Dio la ioro potesta e cosi rendendola sacrosanta e inviolabile ai
cospetto de'popoli. Per tacere del sacro Romano Impero, il quale, es-
sendo creazione propria de'Papi, dovea per natural diritto e per leg-
ge fondamentale della sua costituzione ricevere dai Papi il suo Capo
legittimo ; non v' ebbe quasi Stato nella cristianita, che fin dalle pri-
me origini , ovvero nelle principal! fasi del suo grandeggiare , o
nelle mulazioni dinastiche de' suoi Principi , non abbia fat to ricorso
alia S. Sede per ottener da lei la consecrazione dei diritti e dei
titoli soy-rani ; quasi riputando mal sicuro ed incerto il possesso di
questi , sebbene legittimamente conquistati , finche non avessero
dal suffragio del Capo universal della Chiesa 1' ultimo e indubitato
suggello di legittimita. E la storia , da oltre a mille anni in qua , e
plena di esempii di Principi e Re ed Imperatori, i quali, riconoscen-
do nel Vicario di Dio in terra il dispensatore e 1' arbitro supremo di
quelle dignila che s'intitolano sovrane per grazia di Dio, da lui am-
birono e sollecitarono il titolo di Monarca; ovvero, deponendo ezian-
dio a'suoi piedi il regno e la corona , gli si offersero spontaneamen-
te vassalli e tributarii, con esso i proprii Stati, e vollero dalle mani
di lui novamenle riceverne rinveslitura, per ottener cosi quella pro-
tezione di S. Pielro , la quale , nei secoli di fede soprattutto , era il
UN DOCUMENTO GRECO SPETTANTE ALLA CORONAZIONE ECC. 6o5
piu potente e sicuro scudo che avessero i Re conlro le usurpazioni
de' rivali e contro le ribellioni de' sudditi.
Anche il secolo nostro, benche ateo in politica, pur ha veduto un Na-
poleone I chiedere al Pontefice Pio VII, colla solenne coronazione, la
consecrazione del nuovo Impero ; e quest' anno istesso ii fondatore
di un altro Impero novello nel nuovo mondo, Massimiliano I, appe-
na gridato Imperatore , venire in Roma a ricevere dal S. Padre
Pio IX la benedizione apostolica, che a guisa di batlesimo consecrasse
il neonato Impero, e ne prosper asse i fuluri destini. Ma siffatti esem-
pii assai piu frequenti s'incontrano nell'eta passate, quando la socie-
ta e i suoi governanti, profondamente penetrati dello spirito crisliano,
colla religione voleano autenlicare ogui dritto , e quello soprattutto
che e della civil comunanza il cardine maestro. Ne erano gia sola-
mente i popoli piu maturi nella civilta o piu antichi nella professio-
ne cristiana, che nel Papa riconoscessero la splendida prerogativa di
fare o di confermare i Re ; ma quelli eziandio che pur teste usciva-
no dalle tenebre della barbarie e del gentilesimo ; perocche i loro
Principi stimavano non poter degnamente entrare nel consesso de'Re
cristiani , ne aggregarsi coi loro popoli alia gran famiglia della cri-
stianita, se non vi fossero introdotti dalla mano di colui che di que-
sta gran famiglia era il Padre universale, ed era da tutti, popoli e
Re, riverito come la suprema potesta che fosse in terra.
Oltre la Francia , e le isole Rrilanniche , e i regni della penisola
Iberica, i cui Monarchi e notissimo aver fatto piu volte solenne obla-
zione de' loro Stati a S. Pietro, e aver otlenuto dal Pontefice la pri-
ma collazione ovvero la conferma della dignita e del titolo regio ;
anco le regioni orientali d' Europa e quelle dell' ultimo Settentrione
ci porgono splendide prove della devozione e riverenza di que' po-
poli verso la S. Sede, e del riconoscere che faceano nel Papa quel
privilegio sovrano.
Cosi , allorquando Bogori , ossia Michele 1 , Re de' Bulgari , nel
secolo IX, convertitosi alia fede, disegno di far del suo Stato un Im-
1 Michele e il nome cristiano, che il Re prese col battesimo; e con tal
nome e chiamato nella Yita di Papa Niccolo, presso ANASTASIO BIBLIOTECARIO.*
656 UN DOCl'MENTO GRECO SPETTANTE ALIA CORONAZIONE
pero cristiano indipendente da Coslanlinopoli , invio al Ponteflce
S. Niccolo I i suoi lunghi capelli in segno di soggezione , chiaman-
dosi servo di S. Pietro e del suo Yicario. Indi a poco egli ricadde,
e vero, colla sua nazione sotto il giogo greco ; ma allorche , dopo il
yolgere di tre secoli , Gioannicio ebbe inleramente riscosso i Bul-
gari da quel giogo, si volse al Pontefice Innocenzo III per aver da
lui la corona e lo scettro ; ed il Papa 1' una e 1'altro gli mando , per
mezzo del Cardinal Leone , che incorono Gioannicio e lo proclam6
Re dei Bulgari e Yalachi , dopo avulone giuramento di perpetua
devozione alia Chiesa ed alia fede romana. 11 primo Re d'Unghc-
ria, Stefano il santo , offerse a S. Pietro il suo regno, novellamente
convertito dal Paganesimo , e riceve dal Papa Silvestro II la co-
rona reale e con essa il litolo di Maesta apostolica e il privilegio
di farsi precedere, a guisa di Yescovo, dalla croce aslala nelle pub-
bliche pompe. La corona mandata a Stefano, dicesi che fosse gia de-
stinata a Boleslao I, Duca di Polonia, il quale ne avea fatte premuro-
se istanze presso la S. Sede; ma la Polonia, benche ottenesse allora
da Silvestro II il litolo di regno , ne fu poi novamente spogliala da
S.Gregorio YII pegli orrendi misfatti di Boleslao II il crudelerMio-
si carnefice del santo Yescovo Stanislao; e non riconquisto stabilmente
dalla Sede aposlolica gli onori regali, se non dopo oltre a due secoli
in Premislao II , e poi in Ladislao IV Lokietek , il ristauratore della
Polonia, che dopo la coronazione, scrivendo al Papa Giovanni XXII,
intitolavasi Re di Polonia per grazia di Dio e della Sede aposlolica.
IDuchi di Boemia parimente, anlichi censuali di S. Pietro, non con-
seguirono il regio diadema, se non per concessione de' Papi ; e quan~
lunque AVralislao II, e Ladislao II ottenessero a vita, il primo dall'Ini-
peratore Arrigo IV , e il secondo da Federigo Barbarossa la dignita
reale , nondimeno la Boemia allora solo prese posto fermo tra i re-
gni, quando al suffragio imperiale si fu aggiunto il pontificio ; il che
avvenne in Premislao Ottocaro I, a cui Innocenzo III concesse il ti-
ioio regio, da tramandare in perpetuo ai successori. Oltre i Sovrani
di Polonia e di Boemia, altri Principi della gran famiglia slava ot~
tennero di essere innalzati dai Papi alia regia grandezza , in premio
della lor devozione a S. Pietro. Tale fu Demetrio Zwonimir, il quale
DEL PRIMO CZAR BELLA RUSSIA 651
elello dai Croat! , Dalmali e Schiavoni per loro Signore , si fe spon-
taneo vassallo e tributario alia S. Sede, e dai Legati di Gregorio VII
riceve in Salona gli emblem! del regio potere , lo stendardo , la
spada, lo scetlro e il diadema, e con essi la regia consecrazione. E
tale parimente un altro Demetrio l , Re cattolico dei Russi , che ai
tempi del medesimo Gregorio YII mando a Roma il proprio figlio per
ambasciatore a supplicare il Papa di ricevere il suo regno qual feu-
do di santa Chiesa e di confermargli in nome di S. Pietro la regia
potesta; il che ottenuto, pole coll' apostolica protezione assicurarsi il
possesso del reame , ingiuslamente contrastalogli dai fratello Vsevo-
lod, e turbato dalle rapine di Boleslao II Re di Polonia.In simil gui-
sa Daniele Romanowicz , principe di Halicz e di Kiow, per ottenere
il patrocinio della S. Sede, abiurato lo scisma, consegui da Innocen-
zo IV nel 1246 1'ambito titolo di Re, e dalle mani del Legato ponti-
ficio il diadema regio; se non che, siccome egli indi a poco torno al-
lo scisma, cosi il polente reame da lui fondato non ebbe lunga vita,
e venne poco appresso assorbito dalla Polonia.
Tralasciamo altri esempii, che troppo lungo sarebbe anche il solo
accennare ; ma i tesle ricordati soprabbaslano a mostrare quanto fos-
se universale e radicata profondamente nei popoli e nei Principi la
credenza, che al Sommo Pontefice appartenesse 1' autorila suprema in
terra di conferire ai Re la dignita reale, o di sancirla, consecrandola
col suggello dell'approvazione apostolica. E non e maraviglia ; giac-
che tenendosi per domma indubitato che la potesta dei Re derivasse
da Dio, a chi mai sopra la terra potea spettare il diritto supremo di
sancirla, se non al Vicario di Dio?
Bensi potra recar maraviglia, il vedere quesla prerogativa attri-
buila al Romano Pontefice non solo da cattolici, i quali, o fossero di
1 Questo Demetrio, di cui fa menzione anche LAMBERTO Hersfel dense nei
suoi Annali, all' a. 1075 (presso il PERTZ, Momim. Germ. Script. T. V), e il
medesimo che gli storici russi, come Teodosio di Kiow, il Karamsin ece»
sogliono chiamare Isiaslaf I , efu il decimo tra i Gran Principi di Russia,
della prima dinastia. Nel Regesto di Gregorio YJil (Lib. II, Ep. 74} leggesl
la letlera scrittagli dai Papa , in cui accetta 1' omaggio e gli promette pro-
tezione.
Serie 7, vol. X, fasc. 342. 42 3 Giugno 1864,
658 UN DOCUMENTO GRECO SPETTANTE ALLA CORONAZIONE
antica o di recenle professione, tutti pero attualmenle professavano
ubbidienza alia Chiesa Romana, ma da scismatici eziandio, altual-
mente separati dalla S. Sede ed a lei ribelli. Or queslo e appunto il
nuovo e mirabil fatto che ci viene alteslato da un Documento greco,
spettante alia coronazione del primo Czar della Russia, Ivan IV ;
Documento rimasto fino a pochi anni innanzi del tulto sconosciuto al
mondo, perche sepolto negli archivii sotterranei di Mosca, ed anche
oggidi pressoche ignoto in Europa, in quanto che la prima edizione 1
russa, fatlane a Mosca dal Principe Obolenski nel 1850, oltre 1'esse-
re guasta di varie mende e lacune, non dovelte avere, per ragione
dell'idioma, grande spaccio fuor dell'Impero. Noi dobbiamo ad insi-
gne favore deirEminentissimo Cardinal Pitra il poterne far qui nelle
nostre pagine una nuova e piu corretta pubblicazione , anticipando
quella che Sua Eminenza ne fara tra poco in quell' ampia e preziosa
collezione di monumenti , spettanti al Diritto ecclesiastico de' Greci ,
il cui primo Tomo e uscilo pur ora in luce 2. Ma , prima di recare
il teslo del Documento, e mestieri premettere alcune noiizie, intorno
all' origine ed alle qualita del diploma, afimche piu agevole e piena
ne riesca nei lettori I'intelligenza.
I Sovrani della Russia soleano da prima intilolarsi Gran Principi
(Veliki Kniaz) o Gran Signori (Veliki Gosudar) ; ma col crescere
della potenza e del fasto non tardarono ad ornarsi di titoli piu ambi-
ziosi, in cui facilmente scorgesi 1' imitazione della magniloquenza
Bizantina e della orientale. Tra questi il piu insigne, e divenlato poi
tulto lor proprio, e il titolo di Czar; il quale sia che derivisi, come
piace ad alcuni, dal latino Caesar o piuttosto dal greco Katcap , sia
che nasca da origine schieltamente slava, si ha per equivalente d'/m-
peralore 3. Esso trovasi gia usato a quando a quando verso ii comin-
1 OBOLENSKI, Sobornaia Gramota ecc. Mosca, 1850.
2 Di quest' Opera grandiosa, della quale ci riserbiamo ad altro tempo il
parlare colla dovuta ampiezza, qui darem solo il frontispizio del primo To-
mo: Juris Ecclesiastiri Graecorum Blstorla et Monumenta, iussu Pii IX Pont.
Max., curante I. B. Pitra S. R. E. Card. Tom. I. A primo p. C. n. ad \I
saeculum. Romae, typis Collegii Urbani, MDCCCLXIV.
3 Percio i Rassi chiamano Tsaregrad (citta del Czar) la citta imperiale di
Costantinopoli j e traducono il titolo dell' Imperatore Bizantino, ora con
DEL PRIMO CZAR BELLA RUSSIA 659
dare del secolo XYI da Ivan III , insieme con quello di Autocrate ,
derivato anch' esso da imitazione Bizantina ; ma veramente non co-
mincio ad essere adoperato stabilmente negli Alti sovrani della can-
celleria russa , se non ai tempi d' Ivan IV Vasilievicz , il quale co-
testo titolo trasmise a tutti i successor! , e suol essere percio nove-
rato il primo nella serie degli Czari. Questo Ivan , ossia Giovanni,
soprannomato il Terribile e chiamato dagli storici il Nerone della
Russia, sali sul trono pater no in eta fanciullesca , e diede tosto tre-
mendi segni di quella mostruosa ferocia e gagliardia spaventosa
di carattere, per cui il suo regno e rimasto un de' piu famosi nei
fasti della Russia. Ma qui a noi non accade il ricordare di lui,
se non che lo splendido fatto della sua coronazione , avvenuta nel
Gennaio del 1547 , contando egli allora 17 anni di eta e 14 di re-
gno. La cerimonia fu celebrala con istraordinaria pompa e solen-
nita nella Cattedrale dell' Assunta di Mosca, per le mani di Maca-
rio, Melropolita di tutta la Russia ; la corona e le altre insegne impe-
riali onde Ivan fu inveslito , furono quelle medesime con cui era gia
stato coronato nel secolo XII Yladimiro II Monomaco, e che a Vla-
dimiro mandate , secondo la tradizione russa , dal Greco Imperatore
Costantino Monomaco , suo avo materno , erano stale sempre gelo-
samente conservate dai Sovrani della Russia , e di mano in mano
Irasmesse ; ed il sacro rito fu compiuto colle acclamazioni e colle ado-
razioni fatte ad Ivan dal Metropolila, indi dagli Arcivescovi, Vesco-
vi, Arcbimandriti, e dai Roiari o Grandi del regno, salutandolo tutti
gran Czar e grande Autocrate di tutta la Russia, a molti anni 1.
Con tutto cio Tambizione del giovane Ivan non fu paga, dubitan-
do cbe 1'autorita del Metropolita di Mosca Macario, ancorche raffor-
zata dal consenso di tutto 1' episcopate e clero russo , non fosse per
se sola bastevole a consecrare un Czar e renderne inviolabili i dirit-
ti. II certo si e che egli, indi ad alcuni anni, voile farsi da piu alta
potesta convalidare quell' atto e quel titolo ; e poiche la Russia scis-
Imperator, ora con Czar; e viceversa il titolo di Czar latinamente esprimono
ora con Czarus, ora con Imperator. Egli e vero perq^he nell'antichita, come
notano i Lessici, Czar significa He: la stessa fortuna ebbe il pacriXsu? de'Gre-
ci. Al presente, il titolo di Re ha per corrispondeute in russo, Korol.
1 OBOLENSKI, Sobornaia Gramota ecc. pag. 2.
660 UN DOCUMENTO GRECO SPETTANTE ALLA CORONAZIONE
matica riconosceva per capo supremo della Chicsa ortodossa, come
chiamanla cola, il Palriarca di Costantinopoli, a lui si volse, invian-
dogli con ricchi donalivi un' ambasceria e pregandolo di adunare in
Sinodo i Vescovi della Chiesa orientale , per benedire con solenne
decrelo , cioe approvare e confermare 1' alto della sua coronazione
e la dignita augusta di Czar gia da lui assunla. II Palriarca, che
era a quei di Gioasaf II, condiscese pronlissimo ai desiderii d' Ivan ;
gli scrisse losto una lellera, in cui in nome proprio approva e be-
nedice la coronazione fatta da Macario ; indi , radunalo in Costanti-
nopoli un Sinodo di trentasei Ira Melropolili e Vescovi della sua co-
munione , ivi fu per unanime consenso decretala e scritta la Lettera
' Sinodica, nella quale ad Ivan, atteso le molle e grandi sue virtu, i
segnalati suoi meriti verso la Chiesa ortodossa , e 1' imperiale sua
discendenza da Anna, sorella di Basilio Porfirogenilo, viene confer-
mala la coronazione , supplendo a ogni difetlo di polesla del Melro-
polita Macario , e viene sancila per legitlima e valida la dignita e il
iitolo imperiale da lui assunto.
La Lettera porta la data dell' anno 7069 dalla creazione del rnondo,
che risponde, secondo 1'epoca Costantinopolitana , al Io61 dell' era
volgare; e fu recata ad Ivan da Gioasaf, Melropolita di Euripo, stato
gia mediatore di tutto il negozio Ira lo Czar e il Patriarca di Costan-
tinopoli. Ella e scritta in un gran foglio di pergamena, e porta le
sotloscrizioni autografe del Palriarca e di tulli i Vescovi del Sinodo :
a pie del foglio, da un naslro di sela chermisina pende un sigillo di
piombo, avenle da un lato 1' immagine della Bealissima Vergine col
divin Figlio al seno, e daH'allro 1'epigrafe seguenle :
IOA
SA<I> . €A6O
OY APXieniCK
DOC KONCTNTIN
or noAeoc NCAC
POMHC KAIOIKOr
M6NHKOC HTPI
APXHC
DEL PRIMO CZAR BELLA RUSSIA 661
Gioasaf, per misericordia di Dio Arcivescovo di Costantinopoli ,
nuova Roma, e Patriarca ecumenico. Non e a dire con qual gelosia i
Sovrani della Russia abbiano conservato un Documenlo per essi tan-
to prezioso. Esso fu serbato da prima nei grandi Archivii del Mini-
stero degli Esteri (Inostrannuii ArchivJ, concentrati a Mosca nei sot-
terranei deli'antico Monaslero di S. Giovanni (Ivanuski); ed era
fra i primi nella serie dei diplomi greci , collezione ricchissima di
ben 733 Document! , e la piu ragguardevole che si conosca dopo
quella del Monte Athos. Indi , per cura del Principe Obolenski , So-
prantendente agli Archivii , fu trasferito nei Kremlino , dove tuttora
conservasi chiuso in un ricco forziere con altri Documenti , che for-
raano quasi 1'Archivio segreto del Palazzo imperiale.
Nei 1850, quando la Russia piu apertamente che mai aspirava a
compiere 1' antico disegno degli Czar sopra 1' Impero di Bizanzio , il
Principe Obolenski teste nominato die in luce la prima volta in Mo-
sca il testo greco dei diploma , con due antiche versioni russe , dei
secolo XVI e del XVII; illustrandone con dolta prefazione e con co-
piose note la parte storica , e mirando sopraltutto a porre in risalto
la derivazione della dignila imperiale degli Czar dagl' Imperatori Bi-
zantini l. Ma quest' edizione principe, non ostante i suoi pregi, la-
sciava a desiderarne una seconda, in cui venissero emendati gli er-
rori della prima ed empile le lacune in questa lasciate, cola dove le
piegature della pergamena o il logoro degli anni avean resi illeggibili
i caralteri original! . L'illustre Dom Pitra, oggidi Cardinale degnis-
simo di santa Chiesa , recatosi all' antica Capitale della Moscovia ,
per fare anche cola ricerche di monumenli per la grand' Opera che
meditava, ebbe dalla cortesia del Principe Obolenski ampia facolta
di penetrare negli Archivii imperiali e studiarne i Documenti; ed
esaminato fra gli altri anche il prezioso diploma sopra descritto, ne
trasse fedelissima copia , colmando inoltre le lacune predette con
1 11 libro dell' Obolenski e intitolato : Sobornaia Gramota Duchovenstva
pravoslavnoi vostocnoi Tserkvi, utverzdaiusciaia sann Tsarfa za Velikim Knia-
zeni Joannom IV Vasilievicem, 1561 Goda, ossla: Lettera Sinodica del Ciero
della Chiesa ortodossa orientale, confermante la dignita di Czar al Gran
Principe Giovanni IV figlio di Basilio, 1'anno 1561.
662 UN DOCUMENTO GRECO SPETTANTE ALLA CORONAZIONE
supplementi , del quali altri sono di evidenle certezza , altri si fon-
dano sopra probabilissime congetture.
Or ecco il testo gemiino del diploma , quale ci e comunicato da
Sua Eminenza ; aggiuntavi , per 1' intelligenza di tutti i lettori , una
fedele versione italiana l.
vsac P(*>yiYjs y.al &tstoU[j,eytty$S Pp^^S j
y.ai ei:iT:(i)Orj , cu ;j.6
i:iG7a>v av§p&v , aXXa BY] y.ai dtac evYpa
dhcoSei§e(*)V TWV )rpc/vo*fpd<po3v , OTI 6 vuv paat'Xsu^ ^077.0^(01) ,
Ss'j, aaTpaxavtou- xa^aviou- vo^ai , y.a
y.up'io; io)avvYj£ wcd^^ca UT:O ^svcu? *
' ' ' .upfac avvfj?
1 Le parentesi quadrate segnano le lacune, supplite dal Card. Pitra.
Qnanto alle mende e anomalie ortografiche, che ad ogni poco s1 incon-
trano nel testo, per non ingombrare la stampa di troppi sic, notiamo qui una
volta per tutte, che elle si trovano cosi appunto nell'originale.
2 II tratto, che qui abbiam chiuso in parentesi tonda, portanella membrana
originale i segni d'unaraschiatura, fatta per sostituire alia frase primitiva
quella che ora vi si legge: liberta non rara nei diplomi greci, la quale aggiun-
ge loro, se non altro, il pregio di palimpsesti. Sembra adunque, secondo che
osserva il Card. Pitra, che i portatori del diploma, avvertiti a Mosca come i
Gran Principi pretendevano assolutamente di discendere da Gostantino Mo-
nomaco e di avere da lui ricevute le insegne imperiali, si sian preso 1'arbitrio
di cancellare una mezza linea, per farvi entrare il nome di y-ovcaaxo?, supplen-
do poi un po' grossamente al lesto primitivo. II nuovo testo ha chiaramente,
Salvo le SCOrrez'iOni Ortografiche: aoToxpaTO^; paaiXstou -ti m^y^n-vj' tr.n-y.
poviaay.G; 8k. Questa particclla ^e, che dovrebbe stare subito dopo e'^tra, e
trovasi posta tra due parole inseparabili p-ovo^axo? 6 eOoe^'oraTos , appartiene
evidentemente alia frase primitiva : Ircsira, i cui accenti restano ancor visibili
nella pergamena, precedeva immediatamente. A sinistra si vede ancora un
accento circonflesso che suppone un nome proprio, coi rudrmenti superiori
di un K ; cid che conduce a un KwvofravTwou. Infme le 48 lettere che nella
linea inferiore rispondono allo spazio cancellato, autorizzauo a leggere cosi
BEL PRIMO CZAR DELIA RUSSIA 663
cc) o£ , o feucp^iaraTo? paaiXs'j? xtovbtowrivo? , jjijsTa TOU] TC"T£ :ra7p'iap-
ou, xal 7% TYjviV.auTa ispa? TWV ap"/isp=o3v cuv6ocu , (fccWTseCXafis? Tbv
ispifoaTOV iMQTporopKferjV lessou, y.al ibv TYJC dtoTioyJsia? e^apywo]v,
?c j3asiXsa TCV efoefi&jmTOV psXiV '/.'/EC; (3oXovTfy,oipov , v-al
, TO , T£ (3aaiXiy.cv ar^^a eicl T/J<; y.s^aXv]? , y.al TO
jie-a [XiOtov o"i]aSYj[ji,a , y.al TaXXa paj'iX'i'y.a a'/j^sta xa\ ajji^'a. 50sv
y.al 6 Upd)TaTo<; ^TpOTCoXiTYj? jxoraofiiou y.al Traa^t; jjisYaXr^ pwcta; xup
6p^]ii);j-£vO(; , earstyev auibv ei? pad'Xsa v6f)uqJCOT y.at
, y.a '?j^et<; o^otOTpo^o)? aTcYjTYjOYj^sv ffil^at TOUTOV eig $a-
bu y,up ^a'/^pto?. *al ou jiivov ^Tf)Tpc^[oAiT/)? 5](rui? [av Ta
y.al sTvj §6vaiai , Y^ l^oucfav I^ei TO TOIOUTOV To7sdcai , aX7^' c-j^
•/'f\q aXXoq, ^6vov "f[^p TOIOUTOV] Trpovci^'ov uTuapysi ouo?v, TW
9^;j;i y.al TO) Ktova-cavTYvouTuoXeox; , To6-:ou /apVv xal YJ
TYJV TOtauiYjv ai-njaiv OCT£ Bt'yvai
iq*dVY) xal i:epi TWV TroXXwv xai lAeyaXftV ap£Twv x.al s5-
TOJ £ud£p£aTaTOU pad'X£wc [AOOXO^OU xupCo'J ttoawsu ,
w? aXirjOux; y.aOa7U£p TIC; £t£poi; Xa^TCpoTaTO? •fjXtcs, c^aTpav TYJV
oTtihlf}^ OVTOX; y.al Xa;jL7rpOTaT^v Xa^wv, GUf;i-
sTai y.al Tot? /Oa;^aXci; , y.al o5v"o) ei-nstv crr/jpiyjktc; , falvci y,ai ITC'
uiY] TY] X,0ovi, Ta? d^Tlva? T% duTou ^^r^j-wa-jvr^ Tat? d^avTayou £/,-
cp'tXavOpwrox; 5i:<*ptsfe , y.al a? JASV TWV ly/AXYjatoiV BiJcXiuow
£t, a? 8' e/,y,aX£tTat -rupee; au^r^aiv y,al ^ap^ou^opav TOUTOW Xci-
xai r\ ^£Tp'tcr/^ ^[/.uv
{j.YjTpOTToX'iTwv , y.al
TYJ evsp^eia ^.al ^apifi TOU -Trava^iou y.al 'Cwap^iV.ou xai
Tfvc, , £7W/opYJYtt y>al £7cippa^£U£t TU> pr48
TCU aval y,al cvo^a^£(j8at duibv ei? paciXda vc[x'i[jLOV y.al eu
' f^wv vo^4p(o? a{;,a y,al iy^XYjataaTty-wi;. 'EweC y.al
y.al aTjLaio< aatXix.ou o) etiroJLev y.al
H testO SOppresSO : auTO>cpa(Topo5 paoiXsiou xal rou ^aaiXsw? RwvaTavTtvou . eT
Infatti e noto che la principessa Anna era sorella degl' Imperatori Basilio II
eCostantino VIII, i quali regnarono dall'anno 976 al 1025 e 1028. L'altro
Costantino Monomaco impero dal!042 al 1054. Vedi la Cronologia Bizantina
del MURALT p. 570.
664 TIN DOCUMENTO GRECO SPETTANTE ALLA CORONAZIONE
<psp£'. TO) yptsT'.avYcr^w , 77.: rcovTaxotev voyA'^ov UTuapyj^ y.al cixatov ,
Trpbg cr&nacrw StjXacS'Jj y.al wcpiXs'.av -rcavrbs TGU yp'icrTtavty.oTJ 7:AY]pw[AaTO£.
p ^ofr T0 £H'°'GV *2tvwvY;Tbv , TO cz av5^oiov axowwy/jTov , x,at
'i ^av TO UTC'/jy,oov szssSai y.aTo^iv TYJ<; TOU ap^cvTO<; YVWJJLT^ ,
TO Tiav T% aTUGoei^ea)^ xal T^C; aXr^Osia^ urcapy^'. ou^ TV a ex, TWV
TOCOUTOV y.aTaXa^gavc^ev Tag apywa^ y.ai Ta aifia TWV
, Saov ex. TWV dctTtoJV y.al TWV apywv y,aTaXapi6av£tv Ta ^7:0-
Ta, TCUTOU ^apiv -zpo^avwg au^ospsi TO eTvat y.al *p05rjY£tcr6^K
s&aepTj y.al op06Bo?cv , S'.a Ttva apy^v x.ai Os^Xtcv appa^fj ,
^ cu[jL-a<; Xabg y.a\ TO tna^xobv i^s^Oa'. sitoBsv , y,a\ TOUTOV jxV-
y,aTa oyvapitv Iv epYaafa TtavTO? a^aBou, clov ft ^Tuori'Xa^w
vcv «TC' atTia; cxyaO^; y,al gaaTXr/.f^ d>; stpr^ai, oOev y.al si;
TYJV wspt TOUT03V §^Xa)aVv y.al aa^aXeiav. l^evsTO y.al TO Tuapbv ^{/.iTspov
jAa , x-al l^eooOyj TW euus^^^^1-^ BsocTdTTTto TS y.al clXG-
? Y;PLWV 7.upw UOOVVYJ. iv £T£'. ^6^ ivB. 5:
'luiaca^ eXsw Osou
wy y,al ot
ayxupaq
£cp£sou Aouy.a? :
vr/aiac; KupiXXc;
Taiusivb? pjTpc:roXiTY3<; s&pfeou 'Iwaaao x,al TWV TOWOV lirsy^v Ku^.y.c'j
{J,p07:.^ VxovCou
Bta; AVovuaici;
oVb^ EuOu^Yoc :
DEL PBIMO CZAR BELLA RUSSIA 665
i/,YjTpci:oXfcYjs ipiao-j y.ai aytcu opou? Aa5 :
pjTp OTUoXfiY); ^uxvwv
^£ivb<; .iJLYjTpoTCoXtTiqs [/.ovsgacia? ,
TaTCEivb; pjTpozcXiTYjc /pk-iavou w^Xeo)? Mapi6p'to<;
'AOijvwv KaXXwco? :
KopivOou Swopovb?
r^wv 'Iwaaa? :
Nswv
cu y.a apir^
::a7va'.a)v zatpwv , Fep^avoc
[Xay.£]B£^ovfa? ,
UT£X^; 6^(0x07:0? 1:0X100%
e^^OTUos aXaaawvc*;
4* GIOASAF , PER MISERICORDIA DI DIO ARCIVESCOVO Dl COSTANTINOPOLI ,
NUOVA ROMA, E PATRIARCA ECUMEN1CO.
Poiche la noslra mediocrita si e pienamente accertala e persuasa,
non solo per tradizione di molli personaggi fededegni, ma eziandio
per iscrilte dimoslrazioui del cronografi, che il presente Imperalore 1
1 Traduciamo il (foctXcu; per Imperatore, giacche e noto che nel Basso Im-
pero tal era il significato del titolo po<riXa6{. Quindi e che nel secolo IX gl'Im-
peratori Bizantini, contrastando ai Carolingi il titolo imperiale, non li chia-
mavano paaiXe'a?, ma con sprezzante barbarisrno p^a?, Reges: inlorno a che
veggasi la Lettera dell' Imperatore Lodovico II a Basiliojl Macedone, presso
il BARONIO Annali, a. 871, n. 51 e segg. In questo stesso diploma, Tlmperatore
Costantino Monomaco e chiamato 6 paalxsu; Kovaravrivo; ; e d' altra parte e
certo che i Russi col titolo di Czar pretendeano 1'equivalente d' Imperatore.
666 UN DOCUMENTO GRECO SPETTANTE ALLA CORONAZIONE
della Moscovia , di Novogorod , di Astracan , di Kasan , di Nogai e
di tutta la grande Russia , Sire Giovanni , discende da lignaggio e
sangue veramente imperiale, cioe da quella celebre Imperatrice e Re-
gina la signora Anna, sorella dell'autocrate Basilio Porfirogenito ; e
die poscia il piissimo Imperatore Costanlino Monomaco, insieme col
Patriarca d' allora e colla sanla Sinodo dei Vescovi di quel tempo,
avendo mandato il santissimo Metropolita di Efeso e 1'Eparcodi
Antiochia, incoronarono in Imperatore piissimo ilGran Principe Vo-
lontimiro (Vladimiro), e gli donarono la corona imperiale (da porre)
in capo, e il diadema gemmato, e le altre insegne e vestimenla im-
periali : donde , il santissimo Metropolita della Moscovia e di tulta
la grande Russia, signor Macario, mosso da tai cose, lo incorono in
Imperatore legittimo e piissimo ; e noi similmenle siamo stati richie-
sli d' incoronare lui in Imperatore pio ; essendo ehe non e valido quel
clie fece il predetto Metropolita della Moscovia , signor Macario, e
non solo niun Metropolita quale en' ei si sia non puo ne ha facolla
di far tanto , ma neppure niun altro Patriarca, perocche tal privi-
legio appartiene solamente a due ( Patriarchi ) , cioe a quel di Roma
e a quello di Costantinopoli : percio la nostra mediocrila accogliendo
colesla domanda, siccome giusta e benedetla, ed essendo parimen-
le persuasa si delle molte e grandi virtu% si delle beneficenze di
questo piissimo Imperatore della Moscovia, Sire Giovanni, com'egli
in verita, a guisa d' un altro splendidissimo sole, avendo avuia in
sorte una sfera allissima veramenle e splendidissima d' imperio, pu-
re discende anche fra i morlali, e, per cosi dire, vestilo di solide
forme passeggia anche sopra quesla terra, amorevolmente spanden-
do i raggi della sua limosina sopra tutte le Chiese , ed altre di esse
scaldando vivifica, altre chiama e promuove a feconda maturila: per
tulle queste cose adunque anche la nostra mediocrita, per sentenza
eziandio dei qui presenti santissimi Melropoliti, e Vescovi a Dio di-,
lettissimi , per virtu e grazia del Sacrosanto Spirito, autore di vila
e inizialore di ogni cosa , concede ed aggiudica al detlo Imperalorc
Sire Giovanni, di essere e di chiamarsi Imperatore legitlimo e piis-
simo, e da noi coronato legitlimamente ed ecclesiasticamcnte. Im-
perciocche egli discende da lignaggio e sangue imperiale, come
DEL PRIMO CZAR DELL A RUSSIA 667
abbiam detto, ed e utile atutto il Cristianesimo ; e per ogni rispelto
e cosa legittima e giusta ed atta a recare stabilita e giovamento a
tutto il mondo cristiano. Imperocche , siccome e proprio dei simili
1'accomunarsi e dei dissimili il fuggire la mutua comunione, e tutti
i sudditi amano andar dietro alia sentenza del principe, e tutto il
nerbo della dimostrazione e della yerita sta non tanto nell' inferire
dagli effetti i principii e le cagioni delle cose , quanto nell' inferire
dalle cagioni e dai principii gli effetti; percio e manifestamente cosa
utile cue vi sia e signoreggi un Iraperatore pio e ortodosso, che sia
come principio e fondamento inconcusso, a cui tutto quanto il popo-
lo e i suddifci sogliano andar dietro, ed imitarlo secondo le forze nel-
Foperare ognibene, a guisa di eifetto procedente da causa buona e
sovrana , come si e detto. Pertanto, a manifestazione e sicurezza di
queste cose, fu fatta la presente nostra benefica Lettera, e fu conse-
gnata al piissimo, coronato da Dio e amante di Cristo, Imperator
nostro, Sire Giovanni. Nell' anno 7069.° indizione 4.a
.if;. - • .". »i»« ' - ' .' .;•':», : : .uk
*%* GIOASAF, PER MISERICORDIA DI DIO ARCIVESCOVO DI COSTANTINOPOLI
NUOYA ROMA , E PATR1ARCA ECUMENICO. +fc
Umile Metropolita di Cesarea e Cappadocia, Macario.
Umile Metropolita di Ancira, Gerasimo.
Umile Metropolita di Eraclea, Cirillo.
Umile Metropolita di Efeso, Luca.
Umile Metropolita di 3Nfcea, Cirillo.
Umile Metropolita di Filadelfia, Gabriele.
Di Tessalonica, Teona.
Umile Metropolita di Adrianopoli, Arsenio.
Umile Metropolita di Euripo, Gioasaf e Vicario di Cizico.
Umile Metropolita di Pisidia, Beniamino.
Umile Metropolita d'Iconio, Basilio,
Umile Metropolita di Nicomedia, Dionisio.
Umile Metropolita di Calcedone, Eutimio.
Umile Metropolita di Amasia, Gennadio.
Umile Metropolita di Bindina, Neofito.
668 UN DOCUMENTO GRECO SPETTANTE ALLA CORONAZIONE
Umile Melropolila di Prusa, Gregorio.
Umile Metropolita di Gano, Teofane.
Umile Metropolita di Eriso e del Monte Santo, Davide.
Uraile Metropolita di Zicno, Callisto.
Umile Metropolita di Monembasia, Geremia.
Umile Metropolita di Cristianopoli, Martirio.
Di Alene, Callislo.
Di Corinto, Sofronio.
Di Tebe, Gioasaf.
Umile Metropolita di Larissa, Neofito.
Di nuova Patro, Massimo.
Di Naupalto ed Arte, Gabriele.
Di Filippopoli, Arsenio.
Di Patro la yecchia, Germano.
Umile Metropolita di Lacedemonia, Doroteo.
Umile Metropolita di Ternovo, Gioachino.
Di Anchialo, Acacio.
Meschino Vescovo di Citro, Damasceno.
Meschino Yescovo di Serbia, Macario.
Meschino Vescovo di Poliane, Euplo.
Umile Arcivescovo di Alassone, Gioasaf.
Questo Documento, chi volesse illustrarlo degnamente, offrirebbe
largo campo a commenti e riflessioni di ogni maniera , filologiche e
paleografiche , storiche e politiche ed ectlesiastiche. Le singolarita
dell' ortografia greca , come nota il Card. Pitra, mostrano evidente
il riflesso dell' accentuazione e della pronunzia araba, entrata in Co-
stantinopoli colla conquisla dei Turchi ; giacche nei manoscritti gre-
ci, anteriori alia conquista, e assai raro incontrarle. La lingua e lo
stile non serbano neppur 1'ombra della purezza ed eleganza di quel
nobilissimo idioma, che negli aurei secoli della Chiesa Greca, in
bocca de' santi Padri e Dottori , lasciava poco o nulla ad imidia-
re al classicismo pagano. Ma se il diploma, nelle forme stesse
del suo dettato, porta scolpita 1' impronta di barbaric, e i segni, per
cosi dire, di quel lungo servaggio che la Chiesa scismatica avea so-
DEL PRIMO CZAR DELIA RUSSIA 669
stenuto , prima solto il Basso Impero e poi solto 11 dispoiismo tur-
chesco ; la sua servilita apparisce assai piu nei concetti e nei senti-
ment! della Lettera, e sopratlutlo in quelle sformate adulazioni ver-
so lo Czar , die \ien salutato come Sole del mondo e fondamento
della Chiesa, mentre a quei di egli era gia divenuto per le sue mo-
struose immanita 1'obbrobrio della Chiesa e del mondo. Nondimeno
di leggieri s' intende , perche il Patriarca e i suoi Vescovi s' inchi-
nassero con tanto ossequio alia barbara maesta del Moscovila. Stac-
cati com'erano dal vero cenlro deH'unita crisliana, e gementi sotto il
giogo de' Turchi, essi scorgeano nella crescente potenza della Russia
Tunica speranza di salute e grandezza; percio studiavano ad esaltar
quella potenza col tilolo imperiale , ed altamente proclamavano la
discendenza dello Czar dagl' Imperatori di Bizanzio, accennando con
cio esser egli il loro legiltimo erede , e proponevano a tutto il po-
polo cristiano il nuovo Imperatore ortodosso, come principio e centro
di quella grande unita politico-religiosa , che fu poi sempre ed e
tuttora la brama di tulli gli scismatici greco-slavi.
Ma , Iralasciando queste ed altre osservazioni , quel che noi vo-
gliamo solamente notare nei citato Diploma , si e F aperta profes-
sione che fanno il Patriarca e i Yescovi, di riconoscere nei Roma-
no Pontefice quella prerogativa sovrana, che da principio dicevamo.
Due soli al mondo, dicon essi, hanno il prrvilegio e la polesta d' in-
coronare gl' Imperatori , e proclamare in nome di Dio legittima la
loro dignita; IL PATRIARCA DI ROMA e il Patriarca di Costantinopoli.
Per quanto I'orgoglio della ribellione, da Fozio e dal Cerulario in
qua, accecasse i Patriarch! Greci a disconoscere la supremazia uni-
versale del Papa, non pero giunsero mai a negargli eerie prerogati-
ve che a tal supremazia solo appartengono. Essi vollero bensi aver-
le comuni col Papa, a lui pareggiandosi ; e cio in virtu dell' errore
fondamentale dello scisma , il quale scindendo in due 1' unita del-
la Chiesa di Cristo, pretese di'darle due Capi, ambedue ecume-
nici, ambedue supremi e indipendenti ; ma in questa medesima pre-
tensione di uguaglianza , i Patriarch! della nuova Roma mostraron
sempre verso quei dell'anlica una certa deferenza, trattivi quasi lor
malgrado dall'evidenza troppo gagliarda delle ragioni e dei fatti, che
mostrano il Vescovo Romano, non solo per antichita, ma per ampiez-
670 UN DOCUMENTQ GRECO SPETTANTE ALLA CORONAZIONE
za di potesta nella GMesa universale , essere stato semprc di gran
lunga super-lore a quel di Costantinopoli. E di tal deferenza abbia-
mo un esempio nel nostro stesso Diploma ; dove il privilegio di co-
ronare gl' Imperatori viene attribuito in primo luogo al Patriarca
Romano, e poi al Costanlinopolitano. Costantinopoli non pole mai, per
quanto il volesse , dimenticarsi che Roma le era stata madre, e che
da Roma le era venuta ogni grandezza ed autorita nell'ordine eccle-
siastico come nel politico. Quindi , anche nell' atto di eguagliarsi a
Roma, arrogandosi una potesla che al solo Capo del mondo erislia-
no apparteneva, pure a Roma cedeva le prime parti.
La confessione, che abbiamo udita dal Patriarca e dai Metropoliti
della Chiesa scismatica, viene poi ripetuta e confermata dallo stesso
Czar ; di modo che la prerogativa di creare gl' Imperatori trovasi at-
Iribuita al Papa dalle due autorita supreme del mondo scismatico,
cioe dali' aulorita religiosa e dalla civile, infatti , nella Lettera, che
Ivan IV scrisse al Patriarca Gioasaf 1, per ringraziarlo dell' ottenuto
1 Prima di congedarci dal Patriarca Gioasaf, non sara discaro ai lettori
Favere di lui qualche piu ampia contezza. Secondo la Storia anonima dei
Patriarchi CP., trascritta da Emmanuele Malaxo e pubblicata da Martino
CRUSIO nel Lib. 2.° della sua Turcograecia, Gioasaf fu uomo superbo, ambi-
zioso, aspro col clero e coi nobili, simoniaco, eppercio meritevole della con-
danna che inline lo sbalzo dal seggio patriarcale. Altri nondimeno , come
Teodosio Zigomala (presso il CRUSIO, TurcograeciaL. 1.°), hanpreso a difen-
derlo, tacciando di calunniele colpe appostegli; ed oltre ai pregi di uomo eru-
dito, e di cantore egregio, narrano esser egli stato buon amministratore della
sua Chiesa e severo mantenitore della disciplina. Appena creato Patriarca,
tanto seppe fare che ottenne da Solimano il Magnifico, che fosse ridotto a
2000 il tribute (chiamato weoxsaiov) di 3000 scudi d'oro, che i nuovi Patriar-
chi dovean pagare al Gran Sultano per V investitura. Rifabbrico nobilmente
il recinto del Patriarchio, lo aggrandi di due vasti e splendidi palazzi, e le
chiese arricchi di vasi d' oro e d'argento; munificenze, a cui non poco do-
vettero conferire i ricchi donativi manclatigli dal Czar della Russia. Tra gli
atti di Gioasaf, il piu lodevole forse e la ripulsa da lui data ai Luterani che
tentarono di trarlo a se; imperocche, come narra Leone Allazio (Deconsen-
sione perpetua Occident alls et Orientalis Ecclesiac, Lib. 3.° c. 8), avendo Fi-
lippo Melantone nel 1559 inviato a Gioasaf la formola della Confessione Au-
gustana perche si degnasse d' approvarla, il Patriarca nol degno neppure di
risposta. Ma Gioasaf non gode a lungo gli onori del Patriarcato, anzi tempo
PRIMO CZAR BELLA RUSSIA 671
diploma, ripetendo di questo le sentenze, riconosce anch'egli ed af-
ferma espressamente, niun Metropolita, qualimque ei siasi, anzi niun
altro Patriarca aver la potesta di coronare e benedire Imperatori, e
di sancire per legittima la loro dignita , ma questa dignila allora
soltanto diventar legitlima, quando ha la lode (doe 1'approvazione)
jRomana e la Costantinopolitana : Rimskaia Pochvala i Ronstantina
Grada 1.
Del rimanente, ad intendere in quanto pregio fosse tenuta questa
lode Romano, da Ivan IV e da' suoi successor!, basta osservare il
\ivo e continue studio che i Sovrani di Russia posero da indi in qua
per otlenere dai Romani Pontefici di essere riconosciuti col titolo
di Czar ; non dandosi posa finclie non 1' ebbero conseguilo. Benche
questo titolo fosse lor dato a piena bocca e a piene mani bene-
detto dal Patriarca di Gostantinopoli e da tutta la Gerarchia scismati-
ca, ei sembra che non istimassero d'averne sicuro il possesso, finche
questo non fosse loro confermalo da quell' autorita medesima della
S. Sede, alia cui supremazia ribellavansi come scismatici. E benche
quel titolo fosse lor gia conceduto da altri Sovrani eziandio potenlis-
simi d' Europa, da niun Sovrano nondimeno lanto ambirono e briga-
rono di ottenerlo, quanto dal Papa ; ben sapendo che col voto del
Papa verrebbero loro ad un tralto conquistati gli altri, e che senza
quel volo non potrebbero mai ottenere nel consesso del Potentati
cristiani Talto grado a cui aspiravano.
spogliatone con ignominiosa sentenza. Nel Gennaio del 1565, avendo egli
adunalo il Sinodo per correggere gli ecclesiastic!, questi fieramente contro
lui irritati fecero congiura con Giovanni Cantacuzeno, potentissimo laico, ed
accusato il Patriarca di simonia, ne sentenziarono sinodalmente la deposi-
zione. La sentenza sinodale e riferita per intiero dal Malaxo, e lu sottoscritta
da 52 Prelati , tra i quali rilrovansi quasi tutti quei medesimi Vescovi che ,
quattr' anni innanzi, aveano sottoscritto con Gioasaf il diploma della coro-
nazione d'lvan IV. Vedi \' Oriens Christianus del LEQUIEN T. I; e nei Bol-
landisti, Tom. I. Augusti, il Trattato preliminare De Patriarchis CP.
1 OBOLENSKI, pag. 41. Ivi 1' Autore recita intiera la Lettera del Czar, co-
piandola con altri Document! dal Registro stalistico delle relazioni tra la
Russia e la Gerarchia della Chiesa ortodossa d'Oriente ( Stateinuii Spisok po
snoseniam Rossii s Vlastiami pravoslavnoi Tserkvi na Yostok), Codice Ms.
del secolo XYI.
672 UN DGCUMENTO GRECO SPETTANTE ALL A COR03AZIONE
Lo slesso Ivan IV, dopo la coronazione del 1547, e prima eziandio
di volgersi al Patriarca di Costantinopoli per averne la conferma, erasi
gia volto a Roma, tentando di oltenere dal Papa Giulio III il titolo re-
gio. Ma ii Re di Polonia Sigismorido Augusto, mandato un ambascia-
tore in Roma ad impedir la pralica , facilmente ottenne che si rom-
pesse 1. Laonde, benche Ivan solesse intitolarsi ad ogni tratto Ma-
gnus Dominus Imperator 2 e Magnus Imperator universae Ritssiae 3,
nelle lettere nondimeno che a lui furono scrilte, da Pio IV nel 1561
per invitarlo a mandare oratori al Concilio di Trento 4, da Pio V
nel 1570 per sollecitarlo alia Lega contro il Turco ed all'unione cat-
tolica 5, e da Gregorio XIII nella Legazione del Possevino 6, d'altro
(itolo non fu onorato se non che di Magnus Moscoviae Dux , titolo
poco diverso da quello di Moscoviae Dux et Russiae Princeps, che
a Basilio IV, padre d' Ivan, avea dato Leone X 7. Nel secolo se-
guente, nuove e piu gagliarde pratiche furon mosse a Roma per lo
slesso intenlo da Alessio Michelowicz, il secondo Czar della dinaslia
dei Romanoff. Egli mando nel 1673 a Clemente X ambascialore un
de'suoi primarii ufficiali, Paolo Meneses, scozzese di nascila e di
professione cattolico ; con una leltera in cui chiedeva aiuti per se e
per la Polonia alleata contro i Turchi. In quesla lellera 8 Alessio
1 II Nunzio di Polonia scrivea nel 1561 da Cracovia al Cardinal Morone:
Me recordo che al tempo della felice memoria de Giulio ( III ) sendo qualche
maneggio de far Re el Moscovila, el Re de Pollonia mando un Ambasciatorc
in Roma per impedir, onde conslgliando Giulio con Marcello (il Card. Marcello
Cervini, cbe fu poi Marcello II ) li disse questo, che era inegllo manlener Pol-
Ionia fermo che metterlo in dubbio per el Greco che dodeci volte havea man-
cato alia Chiesa Romana. THEINER, Monumenta Poloniae et Lilhuaniae etc.
ex tabulariis Vaticanis deprompta. T. II, pag. 664.
2 POSSEVINO, Moscovia, sive De rebus Moscoviticis, Yilnae, 1586; fol. 126,
158, 254 etc.
3 THEINER, Monumenta Poloniae etc. pag. 713.
4 THEINER, ivi, pag. 635.
5 THEINER, ivi, pag. 748.
6 POSSEVINO, Moscovia, f. 46, 258.
7 Bullarium De Propag. Fide. Append. T. I.
8 THEINER, Monuments historiques, relatifs aux regnes d 'Alexis Michaelo-
witch, Feodor III et Pierre le Grand Czars de Russie, extraits des Archives
duVatican et de Naples. Rome, 1859; pag. 76 - 78.
DEL PRIMO CZAR BELLA RUSSIA 673
s' intitola : Nos magnus dominus Czar et magnus dux , totius ma-
<jnae, parvae et albae Russiae autocrator etc. etc., e ripete 1'origi-
ne de' suoi antecessori da Gesare Augusto , dominatore di tutto il
mondo 1 , e poi da Vladimiro Vsevolodovicz Monomaco, qui a Graecis
maximo cum decore coronam capiti impositam accepit : edf al Ponte-
fice non da altro litolo che di Papa et Director Ecc/esiae Romanae,
scusandosi ia fine, se ha omesso alcuno del tiloli dovutigli. La guerra
contro il Turco era 1' inlenlo palese dell' ambasciata ; ma nel tempo
slesso il Meneses dovea studiare di stringere relazioni durevoli colla
S. Sede, ottenendo da questa pel suo Sovrano 1'ambito titolo di Czar.
Tuttavia non parve a Clemente X di doverlo di do conlentare, sia'
perche ei si tenesse offeso dell'avergli Alessio negato il titolo diPon-
tefice Massimo, dato gia da Ivan IV e da altri autocrali della Russia
ai Papi ; ovvero non volesse col tilolo imperiale di Czar pregiudicare
alia maesta dell' unico Imperatore d' Occidente ch' era il Germanico,
o diffidasse ad ogni modo dell'amicizia e della fede russa, sperimen-
tala gia le tante volte ingannatrice ; laonde rispose ad Alessio, in
termini generali di cortesia, non salutandolo con altro titolo , che il
consueto di Magnus Moschorum Dux 2.
Ma le traltative che ad Alessio andarono fallite, ebbero miglior
successo indi a poco nei primi anni del regno di Pietro il Grande.
Dall' una parte i Ministri russi , trattando a Vienna ed in Polonia coi
Nunzii pontificii, rinnovarono le istanze che il Papa riconoscesse il
ioro Sovrano col titolo di Czar, promettendo ch'ei non manchereb-
be di trattare il Pontefice coi titoli a lui dovuti, e grandi vantaggi
facendo sperare alia Cristianita e alia Chiesa dall'amicizia di si gran
1 Anche Ivan IV, come narra il POSSE VINO (Moscoma, f. 29), pretendea
di discendere da Gesare Augusto, ossiu da un colal fratello di Augusto,
chiamato Prusso e fondatore della Prussia; e sopra tal pretesa non solo aspi-
rava al dominio della frussia comeretaggio avito, ma si facea chiamare an-
chzlmperatore de'Germani. Vero e che questo titolo uso solo nello scrivere al
Gran Sultano; ma non e dubbio che 1'ambizione d'lvan non agognasse anche
allaGermania e ad una specie d' Impero universale, assai piuvasto di quello
che credesi vagheggiato da Carlo V, suo conlemporaneo.
2 THEINEH, ivi, pag. 78.
Serie Vt vol. Xf fasc. 342. 13 € Giugno 1864.
671 UN DOCUMENT*) GRECO SPETTANTE ALLA CORONAZIONE ECC.
Potentato; e dall'altra parte la S. Sede, bramando sopraltutto di
trarre i Moscoviti all' unione catlolica e di stringerli con ferma lega
ai Principi cattolicl contro il comun nemico Ottomano, ed allettaia
dai favori onde il Czar Pietro accoglieva ne'suoi Stati i Caltolici, fine
a concedere ferma stanza e scuole ai Gesuiti in Mosca , si piego fa-
cilmente a quelle istanze ; tan to piu, che il nome di Czar, come scri-
veva il Nunzio di Polonia, Pallavicini, non significava Imperatore in
istretto senso , o in tal senso almeno che poiesse creare rivalila al
Sovrano del sacro Romano Impero 1. Pertanto il Papa InnocenzoXI,
che, ancor Cardinale, giaera stato favorevole alia domanda del Me-
neses 2 , non dubito punto , nel rannodare coi Sovrani della Russia
le relazioni interrotte nel precedente Pontificalo, di tratlarli col titolo
tanlo sospirato di Czar; e nell' invitarli nel 1684 alia Lega contro il
Turco, intilolo la Lettera: loanni Alexioivicz et Petro Alexioicicz
Magnis Dominis Czarts et Maynis Ducibus universae, magnae et
parvae el albae Russiae, et magnorum dominiorum orientalium, oc-
cidentalium el septenlrionalium paternis el avilis haeredibus, suc-
cessoribus, autocraloribus, dominis et dominatoribus 3: titoli, usati
poi anche dai Pontefici susseguenti.
Cosi, dopo oltre a cent'anni, fu appagato il desiderio d'lvan IV,
e il iitolo di Czar otlenne dalla lode Romana quella sanzione supre-
ma, ch« egli nel primo assumerlo aveva ambita, ed a cui non parea
bastare, agli occhl del Russi medesimi, quella lode, benche amplis-
sima, che aveva ottenulo dai Patriarca di Costantinopoli e dai suo
Sinodo : monumenlo non ispregevole, e da aggiungersi a tanti altri,
di quell' ossequio involontario che il Pontificato Romano ha in ogni
tempo riscosso da' suoi medesimi avversarii.
1 Intorno a queste trattative tra la Russia e la S. Sede, veggansi i Monu-
ments historiques, teste citati, del TIIEINER, specialmente a pagg. 169, J70,
174, 224, 273, 278, 279, 382.
2 Cosi affermo lo stesso Meneses a Mons. Knab, Arcivescovo di Naxivan,
che nel 1684 passava per Mosca, inviato dai Papa al Re di Persia; dicendo-
gli, quod tempore dementis X Romae difficultas fuerit, et noluerint istis Ma-
gnis Ducibus litulwn Czarorum dare; quod tamen modernvs Ponlifex, turn
Cardinal-is, ut detur volebat etc. THEmEn, ivi, pag. 279.
3 THEINEH, ivi , pag. 284.
I PRINCIPII DELL' OTTANTANOVE
ESPOSTI ED ESAMINATI1
XVI.
Delle Costituzioni scritte, e della divisions dei Poteri nella Societd mo-
derna, secondq /' art. XVI della Dichiarazione.
Se non si conoscesse molto bene Y intendimento pratico, col qua-
le fu concepita e promulgata la famosa Dichiarazione dei diritti del-
I' uorno e del cittadino, non si potrebbe a pezza indovinare cio che
avranno voluto conchiudere i suoi autori nell' affermazione contenuta
dall'articolo decimosesto ; il quale si esprime appunto cosi; Qualun-
que societa , nella quale la guarentigia dei diritti non e assicurata,
ne e determinata la divisione dei poteri, non ha Costituzione. Obli-
gatissimi ! Ma che volete inferire, per vita voslra, da questa defmi-
zione, asserzione o descrizione, che vogliate chiamarla? Supposto
che per Costituzione si debba intendere la guarentigia dei diritti e
la dislinzione dei poteri, 1' una e Y altra scritte come che sia sopra
una carta, ci pare poco altro, che un giuoco di parole senza costrutto
quel venirci a dire, con tanto sussiego, che dove non si trova quella
guarentigia e quella distinzione , ivi non e Costituzione. Sia pure !
Concedo totum; e che percio? Che ne vorreste inferire? E proprio
il caso di chi, avendo stabilito che le Accademie scientifiche sono
1 Vedi questo volume pag. 336 e segg.
676 I PRINCIPII DEU/ OTTANTANOVE
associazioni coslituite cosi e cosi, ne tirasse la pellegrina conseguen-
za affermando che dovunque non sono siffalte associazioni, non sono-
Accademie. Sta bene! Ma che se ne dovra concbiuclere ?
Ouesto a considerare 1' articolo per quello die suonano le sue pa-
role. Ma come prima voi ponele raente a lullo insieme il documento,
del quale quello e parte, ed al litolo che a quel lulto stesso e mes-
so in fronte, voi inlenderete tosto, essere stata intenzione dei legisla-
lori dell' 89 lo stabilire, come qualmenle e naturale dirillo dell' uo-
mo e del cittadino , che nel Governo vi sia guarenligia di dirilti e
distinzione di poteri; ed, ollre a cio, che tutlo quello sia scrilto sopra
una carta, la quale si chiami Costiluzione. Senza supporre cio,
queir articolo non ha alcuna ragione di essere, e manca pur dell'om-
bra del senso comune ; laddove supponendo cio , si capisce a prinia
giunta il motivo di quell' articolo ; si ha altresi la spiegazione di
coteslo farnelico impossessatosi, da quell' anno in qua , di tante te-
ste, a giudizio delle quali nessun popolo puo godere liberta , pro-
gresso, giustizia o altro bene civile qualunque, se non ha in saccoc-
cia una Carta Costiiuzionale ; e s' intende finalmente, come in quesli
ullimi settant' anni vi e stato per tutto una foga terribile di fabbri-
care quelle Carte ; tanto che se si avesse conto delle divisate, delle
preparate , delle promulgate e delle stracciate , che sono le piu , si
troverebbe per avventura essersi per questo tempo fabbricate piu
Costituzioni, che almanacchi.
Ma il fatto e che quella Assemblea perpeluamenle chorda oberraf
eadem; e scambiando la sustanza col suo modo, attribuisce a que-
sto, senza una ragione al mondo, 1'universalita e i' immobilila , che
solo si appartiene a quella : e cosi fioccano dalla sua penna diritti na-
turali e imprescrittibili, dei quali 1' umana generazione per sessania
secoli non si era accorta giammai. Cio che solo e vero nell' inlima
natura delle cose , ed a piu foiie ragione e vero nel giro delle idee
cristiane, e che i popoli hanno diritto di essere governati con giu-
stizia , o , in altri termini , che Y azione governativa sia ordinata al
bene comune ; e pero i loro rettori hanno dovere di non governarli
diversamente. Ma che le norme di quella giuslizia abbiano ad esse-
re cosi o cosi determinate ; che abbiano o ad improntarsi nelle con-
ESPOSTI ED ESAMINATI 677
suetudini, o a raccomandarsi alle tradizioni orali , o ascolpirsi in u-
na lapida, o a vergarsi in una lamina di piombo, od a scriversi so-
pra una carta ; di tulto colesto la natura non determina nulla : e ,
come pralica per cento cose somiglianti, avendoci data la ragione,
a questa lascia il defmire cio che meglio si con fa alle speciali con-
dizioni di ciascun popolo, di ciascun secolo e di ciascun paese. Per
soiniglianza appunto della loquela, a rispetto di cui
Opera naturale e ch'uom favella ;
Ma cosi o cosi natura lascia
Poi fare a yoi, secondo che v' abhella.
Di qui e manifesto non esservi alcuna difficolta che un popolo abbia
le sue guarentigie consegnate in una carta, ad ammonimento d4ei pre-
senti, ed a memoria dei futuri. Ma e cosa supremamente ridicola il
pretendere , che non vi sieno guarentigie di sorta alcuna pero sola-
mente, che le non sono consegnate in una carta, quando per avven-
tura il bisogno di metterle in carta potrebbe essere argomento a
convincersi che non vi sono, e che poco si conchiudera dal solo fatto
di averlevi messe. Certo ad ogni uomo d' intellelto sembrerebbe non
mediocremente lamentabile la condizione di una famiglia, nella qua-
le il padre , la madre , i figli ed i familiari si dovessero assidere al-
torno ad una tavola, per metlere in iscritto i diritli di ciascuno : forse
cio solo baslerebbe per pronosticare , che molio presto la dovesse
andare a rompicollo. Alia stessa maniera se altri si avvisa che, tra i
varii ordinamenti civili, possa avere qualche pregio eziandio quello,
che si fonda sopra la divisione dei poteri, faccia il suo comodo: noi non
gli faremo contrasto per questo. Ma venirci a con tare, non si poter
raggiungere alcuna pubblica perfezione , senza quella divisione dei
poteri, cotesla e assurdita tanto piu pazza, quanto che, essendo 1'w-
nita il primo requisito d' ogni essere fisico o morale, il reynum in
se ipsum divisum non potra mai essere, che una storpiatura tollera-
bile solo a fine d' impedirne o di ricomperarne una peggiore. Quan-
tunque, a voler dire il vero, se la divisione dei poteri fu immagina-
ta ed inlrodotla per porre un freno all' esorbitare, che nella pienezza
del potere polrebbe fare 1' umana malizia; questa, raffinata nei suoi
$78 i PRINGIPII DELL' OTTANTANOVE
procedimenti, ha trovato il mezzo darendere la divisione stessa, nel
pm dei casi, un ludibrio.
Noi negli scorsi anni abbiamo trattalo questa materia con tanta
ampiezza, che delle varie parti, in cui lo faceramo, si polerono stam-
pare separataraente due giusti volumi. Ora nel nostro disegno non
puo entrare il melterci neppure di volo a toccare quelle moltiplici e
svariate materie, che si rannodano coi moderni Ordini rappresenta-
tivi. Bastera al nostro interito il recare qui alquante poche conside-
'razioni, che servano di contrapposto a cio che questo articolo deci-
mosesto piuttosto lascia intendere, che non dice.
E sia la prima T osservare, come e cosa al tutto falsa cio, che pure
sta hei pensieri di molta gente, la quale suole essere in voce di ben-
pensaijte ; che cioe governo senza Costituzioni scritte e governo di ne-
«essita assoluto, e per questo medesimo, nella loro sentenza, gover-
no arbitrario e dispolico. Secondo le idee cristiane, non vi e autori-
ta che possa dirsi assoluta, o , come suona latinamente quella voce,
sciolta; in quanto tulte le autorita essendo derivate dall' alto, sono
<essenzialmente legate a quelle nor me di ragione, di diritlo, di giu-
stizia, che I'Autore medesimo della natura ha determinato nella sin-
deresi, pel retto esercizio delle aulorita medesime. Oltre a cio, es-
sendo state le moderne nazioni civili, tutte senza eccezione, costitui-
fe originariamente con una influenza piu o meno ampia della Chiesa
cattolica, quasi per tulto erano stabilite liberta, diritti, franchigie,
<jhe servissero a tutelare i diritti dei popoli, e nel tempo medesimo
a contenere tra giusti limiti ii polere sovrano. Che se nella Francia,
dove vigoreggio sempre una forte Monarchia, si aveano tanti presi-
dii dalle Assemblee, dai Campi di Marzo, o di Magyio, dagli Staii
Generali, e da ultimo dai Parlamenti, colla loro prerogativa di re-
yistrare le leggi, la quale sola valeva piu di lutte le moderne Cosli-
tuzioni ; si consideri che avra dovuto essere in Italia, dove 1' azione
della Chiesa era piu immediata, e le Monarchie erano venute sorgen-
do sopra gli antichi Comuni e le antiche Repubbliche! Uno studio
sopra quelle liberta, mantenutesi almeno in parte sino agli inizii di
questo secolo, sarebbe cosa opportunissima a farci inlendere , come
i nostri maggiori , senza possedere alcuna Dichiarazione ufficiale
ESPOSTI ED ESAMINATI 670
dei diritti dell' uomo e del cittadino, e cinguettando assai meno di
liberla, se ne giovavano senza paragone piu di noi, che oggimai ne
abbiamo stracca la lingua e infradiciati gli orecchi. Ma gia si sa 1
piu si parla di quello clie meno si ha.
E si noti , corae forse in nessuna contrada quelle liberta erano
scritte in una carta, ovvero consegnate in qualche protocollo o per-
gamena ; ma esse erano passale nella pratica, nelle consuetudini,
negli aniorl, nella vita stessa dei popoli ; e quando meno se ne co-
noscevano le origin!, tanta ne" era 1' autorila piu reverenda e piu ri-
verita. Sul quale proposito non vogliamo preterire di osservare, come
una tale condizione di cose si e mantenuta forse unicamente in quel-
la Inghilterra, la quale, eminentemente conservatrice in casa sua, e
perfida fomenlatrice d'innovazioni neU'aHrui, appunlo perche lo sfog-
giato egoismo, che la informa, le fa yolere la ruina delle altre na-
zioni, che e bene suo. E pero i noslri uomini, piu che scimmiarla
goffamente nel male , ascoltandone cio che predica , farebbero mi-
glior senno ad imilarne la tenacita delle proprie istituzioni che
pratica. Tant'e! L' Inghillerra, la terra classica della liberla, sic-
come non ha Codici di leggi, cosi non ebbe mai e non ha tultavia
Costiluzione scrilta, se cio non fosse la Magna Carta datale, ollre a
sei secoli fa, da Giovanni Senzaterra, la quale appena e nota agli
antiquarii. Ma tutto 1'ordinamento civile e politico di quella nazione
e raccomandato alle consuetudini, alle Iradizioni, ad uha folia di Act
o Bill, tra i quali hanno precipuo luogo gli emanati sotto il Protetlo-
re OHviero Cromvello ; nel qual tempo la nazione si atteggio a quel-
la prepotente oligarchia, a cui 1'elemento monarchico serve di para-
la, ed il democralico fa da sgabello. Ma di Costituzioni scritle ivi
non si parlo mai piu di quello che, prima di questo secolo, si parlas-
se nel resto di Europa, dove spesso in opera di liberla non vi era
da invidiare nulla all'inglese.
Ora sapete voi a cui mai i popoli europei, e gl' italiani segnala-
mente hanno tutta Tobbligazione di aver \1sto sperperato, come pu-
la al vento, quel mera\Tiglioso tesoro di diritti, di liberta, di franchi-
gie? Ne hanno tutta Tobbligazione alia grande rivoluzione francese,
ed in guisa particolare alia Dichiarazione dei diritti dell' uomo ; la
quale, distruggendo d' un tralto tulle le antiche istiluzioni, ne yolle
680 i PRINCIPII DELL'OTTANTANOVE
di pianta creare delle nuove ; e queste proprio percke non avevano
alcuna radice nel passalo , sono riuscite e stanno riuscendo piu fra-
gili delle carte, sopra cui furono vergale. Ne siano persuasi i noslri
letlori : i Govern! veramenle cristiaui, con Costiluzioni o senza , non
furono mai dispotici ; la Chiesa non amo mai il dispolismo , .e do-
vrebbero aver perduto il senno i suoi figliuoli, se per fare ossequio
a lei, si credessero dover amare la iirannia. Ne ci stancheremo di
ripeterlo : per queslo appunto , eke noi italiani non amiamo esser
governali alia dispotica, non potremo in eterno fare buon viso alle mo-
derne Costituzioni , le quali , sia per lo spirilo onde sono informate,
sia per le peculiar! disposizioui dei nostri popoli, come prima sono
recate in pratica , e iosto riescono uno slromento poderosissimo alia
licenza del male, alia oppressione del bene, e dovrebbe aggiungersi,
alia sckiaviludine di lutti , salvo i pockissimi cbe pro tern-pore di
quel giuoco fanno correre la meslola.
Dicemmo poi a vero studio per le peculiari disposizioni dei nostri
popoli, percke non vogliamo qui appiccare un piato inlorno all1 inlnn-
seco valore dl quelle, ancke purgate da alcune parti, eke vi sono su-
stanzialmente ree. Cio eke a noi solamente rileva e Topporlunita delle
Gostituzioni stesse a riuscire come eke sia a qualcke bene nelle no-
sire contrade. Ora sia per naturale inerzia, sia per desueludine della
vita pubblica, sia per la nessuna fiducia eke si ka in un tale sislema,
il fatto e eke V universale dei noslri popoli, per quanti Icutalivi si
sieno fatli, o non si e mai risolulo o non e mai riuscito ad enlrare nella
lotla eletlorale ; eke pure e il solo mezzo, percke la cosa pubblica pos-
sa in qualcke modo dipendere dai suoi voleri. Conseguenza inevitabile
di una somiglianle condizione di uomini e di cose e slata il vedere
il potere sovrano, eke di diritto si dovrebbe dividere Ira il Parla-
menlo ed il Minislero ( e gia s' intende eke il Sovrano nominale meno
di tutti ne parlecipa), restare di falto tulto in pugno di un Ministero,
eke si sia assicurala una maggioranza parlamentare. E percioccke
a quel giuoco indegno di tranelli soppialti, di seduzioni, di menzogne
e di corrompimenti , eke si rickieggono per afferrare un portafoglib
e per assicurarsi quella maggioranza , solo puo acconciarsi 1' ambi-
zione sfrenala di uomini senza coscienza e senza legge ; ne seguita
comunemenle eke quel potere sovrano, se non e gkermito di falto da
ESPOSTI ED ESAMINATI 681
un Principe astuto, che sappia vendere lucciole per lanterne, diviene
zimbello di un paio di parliti politici non grand! di numero, ma di
audacia smisurati , dai quali la nazione e sraunta nelle sustanze ,
oltraggiata nella religione, assassinata nei diritti, senza altro com-
penso, che senlirsi salutata per beffa padrona di tutto e sovrana.
Non e questo il luogo di divisare quali sarebbero per 1' appunto i
mezzi, per riuscire con qualche probabilita a quell' intento. Ma, stan-
do cosi sulle general], ci reslringiamo a dire che, per popoli calto-
lici e retli da secoli con Monarchic , che sicuramente non furono ti-
ranuiche, non e possibile che facciano buona pruova isiiluzioni poli-
liche , le quali loro non assicurino quest! due element! della vita
nazionale: Cattolicismo e Monarchia. E quando a tulti i palti o vi
foste incaponiti a volere, o vi paresse inevitable lo slabilire una Co-
sliluzione scritta, collocate, non per dileggio, ma per vederla vera-
mente recata in pratica, nel primo articolo di quella la Religione Cat-
tolica Apostolica Romana, e logliele di mezzo tulte quelle o iniquita
o rnenzogne d' irresponsabilita sovrana , di responsabilita ministe-
riale, di libero cullo, di libera stampa, di libero esame, d'indipen-
denza assoluta e via dicendo, cose Uitte, che di quell' articolo stesso
sono la conlraddizione e V antipodo. Circondate il potere sovrano di
quei rattenti , che piu vi parranno opporluni, per rendergli malage-
vole il disordinare ; e quelli non sappiamo se nei nostri paesi pos-
sano trovarsi altrove , che nella coscienza cristiana di corpi organic!
costituiti. Ma ad ogni modo fate che il Sovrano sia davvero Sovrano
dei popoli, non ludibrio e mantello di partiti, sicche la riverenza,
che, per senlimento cristiano e per redate affezioni dinastiche, hanno
per quello i popoli, serva effettivamente ajla stabilita della pubblica
cosa, e non vada tutta e solo a profilto di un branco di uomini vitu-
perosi ed oscuri, i quali, facendola un po per uno da Sovrani, appe-
na cercano altro, che sfogare malcovati rancori ed insaccare troppo
sospirali quattrini , senza guari curarsi di un' infamia , che neppure
fara loro 1' onore di conservarne i nomi alia esecrazione dei futuri.
Con cio non diciamo, che sarebbe assicurata la beatitudine dei po-
poli ; ma almeno sarebbe cessalo il pericolo di vederne fare, a nome
della liberta e dei diritti dell' uomo, quell' indegno strazio, che in al-
682 I PRINCIPII DELI/ OTTANTANOVE
cuni paesi di questo mondo, ed in Italia segnalameole , se ne sla
facendo.
Come vedete, non potea essere noslra iritenzione di rifare qui un
Esame criiico deyli Ordini rappresentativi alia moderna, cosa gia
falta; e, quanto sappiamo noi, non impugnato finora da alcuno. Ma
queste poche osservazioni, speriamo, saranno bastale a mostrare gli
error! che nell'articolo XVI.0 della Dichiarazione si nascondono solto
la sembianza di parole, che, inlese per quel che suonano , appena
valgono altro, che una scempiaggine iunocua. Perciocche se per esse
si voile significare, che 1' avere una Gostituzione scritta fosse diritto
naturale dell' uomo, i Costiluenti dell' 89 dissero ua assurdo palma-
te. Se, ollre a cio vollero intendere, che quella dovesse essere fog-
giata sul tipo che essi ne offerivano , che fu 1' eterno lipo di quante
gliene vennero appresso, dissero cosa ancora piu assurda, in quanto
pretesero nel giro delle cose pratiche introdurre una sconsigliata uni-
formila , quarido la pratica reca essenzialmenle il vario , secondo la
varieta dei soggetti a cui dev' essere applicata.
XVII.
Conchiusione ed Epilogo.
Ma e tempo oggimai di por termine a questa Esposizione ed a
questo Esame dei Principii dell' ottantanove ; nel trattare dei quali
non saremo sembrali, speriamo, troppo diffusi, vedulo la molliplici-
ta, la svariateza e la gravita delle materie che abbiamo dovuto , per
direlto o per indiretto, togcare; e per avventura ci saranno di coloro
die ne avrebbero desiderata una piu ampia traltazione. Vorremmo
nondimeno che la noslra discrezione nel non infastidire i lettori con
iroppo prolissi discorsi sopra materie, le quali certamente nella Ci-
vilta Cattolica sono tutt' altro che nuove , fosse compensata e quasi
supplita dalla loro perspicacia nel raccogliere chiare e precise idee in
un ordine di cose , nel quale pur troppo la bieca astuzia degli uni ha
garreggiato colla inconsulta o semplicita od ignoranza degli altri, ad
accumulare assurdi, equivoci, concetti vaghi ed oscuri, quando per
ESPOSTI ED ESAMINATI 68$
contrario la verita ha per precipua sua dote la chiarezza ; tanto che
le sue proprieta non trovano nella natura Iraslati o riscontri piu es-
pressivi , che nella luce. Oh! si, sarebbe tempo che le persone as-
sennale e cristiane, sopra certi punti cardinali di dritto pubblico, che
loccano assai dappresso le verita religiose, fermassero una buona vol-
ta il loro chiodo ; sicche quelli, come cose gia passate in giudicato,
non potessero piu venire in controversial Ed intendiamo del non po-
tervi piu venire coi loro pensieri e coi loro pari, perche con una cer-
ta generazione di avversarii la controversia sar& sempre accesa; ed
e uopo avere coraggio e costanza nel sostenerla. Ma l'«no e V altra
proveranno poco , se non si hanno concetti molto limpidi intorno a
cio, che coslituisce il fondamento della controversia stessa.
Ora, nel raccogliere la sustanza ed il midollo di quei famosi Prin-
cipii, se il lettore, venuto a quest' ultimo paragrafo, paragoni la cu>
riosita e I'espeltazione, colla quale (chi sa se dopo quasi un anno se ne
ricorda!) si accinse a leggerne 1' Esposizione e Y Esame, con quello
che realmente ci ha trovato , si fara le croci con seco medesimo al
vedersene reslato poco meno , che con le mosche in mano ; e puo
essere che gli sia corso al pensiero il caso non infrequenle del popo-
lelto minuto, che, invitato dal cerretano ad un grandioso spetlacolo,
appena vi trova altro, che una rappresentanza di burattini ; e nella
presenle maleria non e dubbioso chi siano e dove sliano i cerre-
tani. Per verila, a considerare i Principii per loro medesimi, ed il
gran rumore, che, da tre quarti di secolo se ne sta facendo, non sa-
premmo dar torto a chi se ne credesse in quella inaniera canzonato.
Ma, appunlo nell' accorgersi di questo, dimora il frutto pralico, che
noi vorremoio ne raccogliessero i nostri lettori. Essi oggimai hanno
potuto vedere a che si riducono finalmente i grandi Principii , le
yrandi Conquisle, il reyolatore delle societa moderne, il codice della
liberla del popoli, la condizione sine qua non di ogni dignita umana,
di ogni progresso civile, di ogni pubblica e privata prosperity, e quel-
la panacea in somma, per virtu della quale i popoli, guariti dalle an-
tiche loro piaghe, doveano essere fatli felici, ed i loro Govern! in-
corruttibili. I lettori 1'hanno visto; e dovranno trasecolare, che tanta
superbia e cosi pazzi vantamenti si siano poluti fabbricare sopra di
cosa universalmente tanto meschina e, per molti capi, tanto assurda
684 i PRINCIPII DELI/OTTANTANOVE
e condannevole. Ma, per quanlo 1'abbiano gia visto, sara bene che
abbraccino d'un solo sguardo tutte le'materie toccate nei sedici para-
grafi di questo lavoro, per averne un concetto sugoso ed adequato ;
sicche non sia piu possibile essere da quei paroloni allisonanti, non
che storditi e travolti, neppure leggermente illusi. Una tale rassegna
servira alia stess'ora di Conchiusione e di Epilogo.
Ora , metlendo da parte il preambolo della Dichiarazione , nel
quale il supposlo, che tutti i mali provengano dall' ignoranza , e
datt oblio dei diritti, se la disputa di assurdita colla boriosa insul-
saggine del rimedio di dicbiarare quei dirilli , e colla forsennata
fiducia che in quei rimedio vanissimo si ripone ; noi possiamo divi-
dere in tre parti, non tanto i diciassetle articoli della Dichiarazione,
quanlo quelle forse tre dozzine di lesi di dirilto naturale, che in essa
si slabiliscono. Nella prima si dovrebbero collocare le manifesta-
mente false; le quali, appunto perche false, non possono contribuire
alia felicila dei popoli allrimenli , che guardandosi molto bene dal
professarle, e piu ancora dal mai recarle in pratica. Nella seconda an-
drebbero noverate le manifestamenle vere; le quali, appunto perche
sono non pure manifesto, ma evidenti per se medesime e tra i popo-
li cristiani divenute vulgarissime , non poteano avere nessun buono
effelto dall' essere proclamate con lanta burbanza ; vedulo che il far-
sene poco o niente nel mondo non dipende gia dal negarsene, od
anche solo dal rivocarsene in dubbio la verila, ma dipende da allre
cagioni, delle quali la Dichiarazione non si diede nessun pensiero, ed
anzi per indiretto contribui non poco a moltiplicarle e ad aggravarle.
Da ultimo in ciascuna delle soprascrille due categoric ve ne ha una
piccola parte , la quale , per la forma equivoca , ond' e espressa , si
porge ugualmente ad essere interprelata in falso e yero significato ;
e pero , secondo che si abbraccia quello o questo , parlecipa o alia
reita delle prime, od alia vanita di avere con tanto sussicgo procla-
mate le seconde. Ripetiamo per ordine colla memoria le une e le
allre, per fare da ultimo un cenno altresi delle terze.
E falso perlanto che il fine di ogni sociela politico, sia la difesa
dei diritti, e che questi sieno solo la sicurezza, la liberta e la resi-
stenza all' oppressione ; essendo per se manifesto , il fine della so-
ciela civile essere assai piu ampio di una tale difesa , e questa me-
ESPOSTI ED ESAMINATI 685
desima allargarsi ad altri oggelti fuori dei nominati, meno il terzo,
die e pazzia ; e falso che il principio di ogni Sovranita risegga
essenzialmente nella nazione , non essendo questa la costitulrice
essenziale di se medesima, e pero per nessuna ragione si puo asse-
rire , che qualunque aulorita debba emanare dalla nazione stessa
espressamente ; e falso che la liberta consista nelpoter fare tutto do
che non nuoce ad altrui , se cio s' intenda del solo nocimento male-
riale , come il contesto richiede ; e falso che la legge sia I espres-
sione della volonta generate, essendo quella essenzialmente ordina-
zione di ragione , e potendo questa essere disordinata e irragione-
vole; e pero e altresi falso che tulti i cittadini abbiano diritto natu-
rale ed imprescritlibile di concorrere allo stanziamento di quella ;
e falso che la liberta dei culti e quella della stampa siano diritti
naturali dell uomo , non potendo essere tale la prima che presup-
pone un assurdo od una colpa , non la seconda intorno alia quale la
natura non dice nulla phi, che dell"uso di qualunque altro strumento
arlificiale, ed ambedue solo da special! condizioni di tempi e di luo-
ghi possono acquistare 1' essere utili o convenient! , pigliando forma
di bonta relativa ; da ultimo e falso , che siavi diritto di avere per
tutto e sempre una Costituzione scritta , e piu ancora , che ad una
Costituzione , scritta o non scritta , sia essenziale la cosi delta di-
visione dei poteri.
E con verso, non si puo incontrare nessuna difficolta in questo ,
che le distinzioni sociali siano fondate unicamente sopra il bene co-
mune; che la legge non proibisca, se non le azioni nocevoli alia so-
cieta; e che nessuno sia costretto a fare o ad ometlere cib che quel-
la non comanda o non proibisce ; che la legge sia la stessa per tutti,
€ nello applicarla non m siano accezioni di persone ; che t ca-
richi si conferiscano col solo riguardo alia capacila che altri ha
di sostenerli ; che nessuno sia accusato o incarcerate, se non a ter-
mini di legge, messo da banda ogni arbitrio, sicche le pene siano
misurate dalla sola necessita, e I'inquisito, quando pure debba es-
sere sostenuto , finche non sia giudicato reo, non patisca incomodi
oltre agl' indispensabili della custodia; che la pubblica forza, com' e
istituita, cosi serva unicamente per la utilila comune, e che le pub-
bliche gravezze siano misurate alia necessita e ripartiti equamen-
686 i PRINCIPII DELL' OTTANTANOVE
te, secondo la facolta di ciascuno; die la propriela sia rispeltata,
come un dirilto inviolabile e sacro, e che a nessun cittadino possa
essere tolto il suo, se non nel caso di pubblica evidente necessity, e
sotto condizione di un precedents e giusto compenso. In tutto cote-
sto, lorniamo a dire, non vi puo essere difficolta quanto che picco-
lissima , e sarebbe anzi a desiderare , ehe da lutli si facesse ogni
sforzo, per vedere sempre ed ogni dove recate in pralica quesle belle
massime di giuslizia universale.
Si osservi in terzo luogo die, come alcuni di questi belli apoftem-
ini, interpretati con un rigore che confmi coll' ingiustizia, possono si-
gnificare sensi non poco riprovevoli ; cosi vi ha nella prima caiego-
ria alcune assurdita , che , manipolate con molta indulgenza, posso-
no essere tirate a significazione tollerabile. Per figura di esempio
quando dices! che la legge non proibisce che le azioni nocevoli alia
societa, se altri lo intendesse del solo nocimento materiale, quella
proposizione sonerebbe indegna' clella creatura razionale e morale,
a cui si da la legge. Al contrario quando si asserisce che la legge
e I' espressione delta volonta generate , si potrebbe intendere che,
dovendo quella essere ordinata al bene comune , questo medesimo
e precisamente cio che si vuole dalia volonta generale. In questa
maniera i Principii dell' 89 possono essere o tulli condannati in fa-
scio siccome rei , secondo che fanno alcuni forse soverchiamente ze-
lanti , o non sufficientemente informali ; ovvero pcrssono essere tutti
giustificati almeno siccome innocui, secondo che, con mollo ingegno,
non con verila uguale, si argomento di fare Y egregio e compianto
abbate Godard nel libro, per occasione del quale die pruova di lanta
docilita verso gl' insegnamenti della Chiesa.
Per buona fortuna noi non abbiamo uopo ne dell' uno, ne del-
Taltro procedimento ; e mantenendo pure die la Dichiarazione ,
considerata come uria cosa sola, e empia, assurda e puerilmente or-
gogliosa, non isperimentiamo alcuna ripugnanza a ilconoscere, die
tra quella melma si scontrano pure alcune massime volgari di giu-
stizia universale. Oueste luttavolta essendo, almeno nel popolo cri-
stiano, notissime , esploratissime, comuni perfino tra le vecchierei-
le idiote ed i putti tant' alti, abbiamo diritto di domandare : Quale
uliiita si potea trarre, qual costrutto si e tratto dall'averle con tanla
ESPOSTI ED ESAMINATI 687
solennita dichiarate , se questo non fosse 1' avere aggiunto cruccio
nelle vittime, e sogghigno beffardo nei manigoldi , quando quelle
massime proprio furono seguitate ad essere conculcate come prima,
e senza paragon e peggio assai cli prima? Non -sappiamo che cosa
possa accadere al trove. Ma per noi in Italia, e prima che quei Prin-
cipii fossero proclamati, e dove la Dio merce non sono stati ancora,
le chiacchiere fan poco pro ; ed abituali , siccome siamo , a vedere
nei nostri Governi cristiani , recata ad effelto almeno una qualche
parte, e sia pure che non grande , di quelle massime, abbiamo una
paura terribile di vedere anche quel poco andare alia malora, quando
la pratica di quelle fosse raccomandata ai Principii deli' 89 '.
Intendiamo che, in un popolo scristianeggialo, e per conseguenza
barbaro , quei Principii possano parere una bella cosa, e quasi una
tavola dopo il naufragio. Ma questa stessa tavola va a fondo quando
alle idee che quei principii proclamano manca il modo pratico di
attuarsi. La sociela cristiana , oltre alle idee, possedeva la maniera
efficace di farle praticare ; laddove coteste scede di Assemblee co-
stiluenti 1' umanita , di dichiarazioni filanlropiche e di Principii filo-
sofici , mentre da una parte vi forniscono un centellino di buone
massime , dall' altra , coll' osteggiare che fanno il Cristianesimo ,
sottraggono al mondo il solo mezzo che siavi di praticarle tulle.
Cos! solamente puo spiegarsi questo problema, che in diversa ipo-
tesi sarebbe inesplicabile : Come avviene cioe che il mondo quanto
piu ha parlalo e scarabbocchiato di liberta , e lanlo si & visto piu
oppresso dalla schiavitudine ? Talmente che gli annali del genere
umano dovranno attestare alia lontana posterila questo fatto singo-
larissimo, che cioe, nei tempi cristiani, la vera schiavitudiue dell' uo-
mo e del chtadino e venuta immediatamente appresso alia Dichia-
razione dei diritti dell uomo e del cittadino. E se quella posterita
avra piu senno di noi, trovera la spiegazione dell'incredibile fatto
in questo , che il mondo essendo cessalo di essere social mente cri-
stiano, si penso superbamente che fossero sue una mezza dozzina
d' idee imparate dal Cristianesimo , le quali , separate da questo ,
appena ebbero altro effetto , che di avere aggiunlo nuove ipocrisie
negli oppressori, e fremiti piu sterili e rancori piu cupi negli oppressi.
.
LA POVERELLA DI CASAMARI
RAGCONTO STORICO
DEL 1860 E 1861
XIII.
Vane e notabili , per bellezza <T arle e per disposizion di natura,
sono le cose die attraggono gli sguardi del viaggiatore, com' egli ,
faticosamente cavalcando su e giii per aspri dossi e per trarupe\oli
chine, sia pervenuto in cima alia boschereccia montagna, nel rispia-
nato della quale siede la Certosa di Trisulti. Praterie allegre e ferli-
lissime vallicelle , sparse di erbe odorifere e di fiori silvestri d' ogni
ragione : folte macchie d'elci, di abeti, di cerri, che lutto inverdi-
scono il fianco men ripido della costa e Y adombrano : baize ignude
e scogli ertissimi, che si ammassano gli uni sopra degli allri, e con
punte isolate rizzansi sopraccapo di quella sublime pianura : rora-
gini profonde , burroni e franamenti di rocce , che 1' occhio trema a
fissarli : e di sotto paesaggi alpestri , vaghe e dislese prospetlive, e
scene di arborate pendici e di orridi sassi, che la visla sommamente
giocondano. Queste e altreltali sono le variela del sito. Ma le bellezze
che Yi ha indotte la mano deiruomo, con la vastita degli edificii e
con la eleganza degli ornamenti, vincono di gran lunga le meraviglie
della naturale poslura. Imperocche lachiostri aerati, luminosi, spa-
ziosissimi ; la chiare e nobili fontane ; la giardinetti ricchi di mille
generazioni di piante nostrali ed esotiche ; la quartierini pulilissimi
pe' foresiieri che visitano quel sacro eremo; la una farmacia lanto
bene arredata e copiosa, che se ne pregerebbe una ciltaduzza ; 1&
masserie , la forni , la officine : ma sopratlutto la una chiesa che e
LA POYERELLA DI CASAMARI RACCONTO ECC. 689
uno splendore. Fabbricolla Papa Innocenzo III , al nascere del tre-
dicesimo secolo, in una svelta navata d' un solo corpo a sesto acuto :
e col proceder del tempo rimiglioraronla i Priori, con una sonluo-
sita che ha del reale. Essa e divisa in due scompartimenli corsi
da sfarzosi stalli di noce a intagli , con le pareti ove incrostate di
marmi finissimi , ove coper le di grandi tele a olio che rappresenta-
no casi storici , tolti o dall' Ordine di S. Brunone, com' e il macello
dei Certosini di Londra fatto per comandamento di Enrico VIII ; op-
pure dalla Bibbia, com' e la uccisione de' sette fralelli Maccabei. Ai
quadri si aggiungono le cornici e le orature che danno a questi un
assai vivo risalto, e i dipinli a fresco in tuttala yolta che raffigurano
la gloria beata del celeste empireo. Dovizioso poi oltre ogni credere
& r altare maggiore, costrutto di levigatissimi alabastri, di gialli e di
yerdi antichi, di diaspri e di pietre dure in casloni di metalli dorati
soprapposti , ton artifizio e disegno pieno di grazia : nel cui mezzo
spicca, lulto lucente d'oro in rilieyi e di gemme, il santo tabernacolo,
il quale , fra due roselte in diamanti che sovrastano ai sommoscapi
dei pilastrelli, mostra un'agata egiziana la quale per la grossezza,
per 1'acqua e per la gentile venalura, formanle lo scherzo d' una leg-
giadrissima farfallina, dicono gli esperti ch' ella non abbia paragone.
Senonche 1'anno 1881 in quella magnifica solitudine , albergo
d'uomini morti alia terra e non dediti ad altro che al silenzio, al
digiuno ed alia contemplazione del cielo, ammiravasi una singola-
rita a pezza diversa dalle summenlovate ; della quale. non picciol di-
letto soleano prendere i viandanti, che colassu scavalcavano per loro
edificazione o dipoiio. S' immagini il lettore un ampio e alta stan-
zone terreno , discosto un trenta passi dalla entrata del monistero ,
appoggiato al procinto della muraglia con cui fa angolo, e senza fi-
nestre davanti : ma in quella vece con un atrio o ballaloio a padi-
glioncino di ipomee, di acacie e di cento maniere di fiori a campa-
nelle e di piante erratiche , rampicantisi per su un ingegnosissimo
graticolato di canne ; il quale appie del muro si sprolungava sopra un
erboso e fraltoso valloncello a somiglianza di pergoleto. Un cancellet-
lo di legno apriva 1'adito dello scaleo per onde sajivasi a questo gais-
simo cupolino : nel quale intromessovi appena, voi scorgevate trespo-
Serie 7, vol. X, fasc. 342. M 6 Giugno 1864.
690 LA POVERELLA HI CASAMARI
li e sedili foggiati di capricciosa invenzione, con inlrecciamenli di
rami schietti e rozzi , e intorno a voi un come dire raondo nuovo,
composto delle piu slrane cunosil^ che si Irovino nei tre regni della
tiatura , tulte asseltate a' lor luoghi e acconce con tanta bizzarria,
quanta ne puo capire in un cervello glorioso. Di primo tratto vi si af-
facciava, denlro una casipoletta di acero appesa a uno sporto dell' in-
gresso, un goffissimo barbagianni, che a\ea sotto, in im cartello a let-
tere tonde, segnato 1'ufficio suo in questo avviso : Parlez au portier.
A man manca vedevate un uscio e , sopra 1' architrave , dipinta una
magra figura di donna vecchia, grinzosa, scarruffata con iscrittovi il
norne di « Esperienza » : e nel muro, di qua e di la dagli stipiti, pen-
denti quattro ordini di tavolelte colon te a marmi e portanti ognuna
un motto, un verso , una sentenza quale di Senofonte , quale di Yir-
gilio, quale di Seneca, quale di Dante, quale del Petrarca, quale di
Monsignor della Casa, quale del Shakspeare , del Tassb, del Byron,
del Metastasio e via via : tra lutte le quali vi feriva 1' occhio questa
in istampatello, su di un bel fondo che simulava il lapislazzuli : « La
mia vita presente e viver di studii , d'affanni e di preghiere. 1861 ».
A man ritta lungo il graticolato vi si parava innanzi un museo di
cassettine , di barattoletli , di fantocci , di lave , di sampogne , di
conchiglie, di vasi, di fialette, di ciottole, e d'infmiti ghiribizzi grot-
teschi, sopra menSole ed assicelle disposte a scaffali. Abbasso, nella
parete che fiancheggiava il viale ombrato, ove scendevasi per un'altra
scaletta angustissima, vi si schieravano chiusi in una fila di gab-
biuole cinesi, indiane e gotiche i canarii, i fringuelli marini, i ver-
doni, i cardelli , i merli, i fanelli; e perche nulla mancasse a questo
saggio del creato animalesco, giu tra Y erba miravate strascicarsi la
tartaruga, saltellare la rana, scorrazzare il coniglio, grufolare il
porcellino d' India, razzolare il galletto ; e il resto pensatelo voi. Pe-
rocche non ci regge la memoria a farvi pure il catalogo delle cian-
cioline, delle bagattelle e delle inezie adunate in quello emporio di
arzigogoli , che non aveva altro riscontro se non nella fiera della
piazza di sant' Eustachio in Roma, la notle della Befana.
Questa era la cosi della « Villa fantastica » di un cotal capo ame-
nissimo di pittore, il quale, nel camerone a cui ella facea da portico
e da chiostra, aveva il suo studio, e vi attendeva all'opera di storria
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 691
quadri in servigio della Certosa. Gia lo schizzo che qui abbiamo trat-
teggiato del solo vestibolo di quel suo tempio dell' arte, potrebb' es-
sere sufficienle per chi legge a crearsi un'idea dell'uomo e dei suoi
umori. Contuttocio se mai, lettore corlese, foste vago di conoscerne
alcuna particolarita alquanto piu individuata , eccoci a farvi pago.
Egli chiamavasi allora, e seguita a chiamarsi, don Pippo ; che gra-
zie a Dio egli e an che vivo e verde,- e si conserva tutto fiori e baccel-
li alia gioia de' suoi amici, i quali sono molti, e gli vogliono un gran
bene, e nella ricordanza di lui hanno sempre bello e pronto il rime-
dio da uccidere la malinconia. Di patria e napoletano, e di anni piu:
prossimo ai cinquanta che ai quarantacinque : cerona franca e gio-
viale che voi gli scoprite lutta 1'anima nella faccia; aspetto decoro-
so, statura sopra la mediocre,' fronte cospicua, un po colma e liscia
con un sentore di calvedine ; occhio nero e scintillante, fatlezze calde
e risentite, voce gratamente sonora. Ha baffi grigi e ritorti , e solto
il menlo barba prolissa e sprimacciata , con in mezzo un fiocchetto
candido che pare una leccatura di biacca. I fisonomi pretendono che
esso nel volto arieggi a un certo che misto di Leonardo da Vinci, di
Guido Reni e del Tiziano. In Trisulti vestiva per ordinario calzoni
di panno scuro , e un camiciotio di saia bianca serrato alia vita col
cappuccio di dietro ; e in testa portava un cappellaccio alia sgherra di
lana floscia, ovvero di paglia a tesa larghissima, secondo le stagionL
Quali la di mente ha molte e non dozzinali : una memoria sfondo-
lata che e una dovizia di cose pellegrine, di canliche , di poemi , di
stornelli, di avventure , di be' motti , di novellette , di apologhi dal
tempo della edificazione della torre di Babele , sino a questi nostri
della fondazione del Regno d' Italia : una fantasia ovidiana che tro-
yfrebbe il mappamondo in una bacca di ginepro, e caverebbe una
epopea da un granello di sabbia : una facondia poco meno che da
Marco Tullio , un estro quasi da Ariosto , un sale che saprebbe di
mordente a un Luciano ; una vispezza di concetti, un brio d' immagi-
ni, un fuoco di temperamento che egli, a dispetto del pelo che imbi-
gia, e sempre come un giovanotto di primo sboccio. Dell'abilita sua
nel maneggiare il pennello, non tocca a noi di parlare. Le sue pitture
son li , e dicono esse quanto sia inuanzi don Pippo nella maestria
delle invenzioni, del disegno, delle attitudini, de' panneggiamenti,
692 LA POYERELLA DT CASAMARI •
del colorito. Li sono le due tele, ricordale piii sopra, del macello del
Cerlosini di Londra e del martirio de' Maccabei : li e il Mose che dalla
selce fa scalurirc le acque, c ne ricrea una smaniosissima calca di
uomini, di donne, di vecchi, di fanciullelti ; tante figure di numero
che sono un esercito: li Ml san Brunone che nelle Alpi di •Grenoble
rinnova un simigliante prodigio , a ristoramento degli assetali suoi
cenobiti: li e, nella lunetta die sovrasta il portone del gran cortile,
il suo fresco della Provvidenza: e li sono allri parecchi suoi dipinti
e gravi e scherzevoli, i quali atlestano come sia vero il proverbio
che « r opera loda il maestro ».
Ma i pregi che in lui sopra ogni altro riportano il fiore , e che lo
rendono amabile a quanti incontra di usar seco domeslicamente, so-
no quelli dell' animo. Perciocche egli lia il cuor d'oro in oro, e senle
di averlo proprio di ventiqualtro carati, per questo nulla tan to desicle-
ra come di mostrarlo a lulli, e in tulle le congiunture, e senza mellere
Iroppi divarii tra benevoli o malevoli, tra encomiatori o censor!. Una
volta ch' egli v' abbia stretta la mano e titolato col dolce nome di a-
mico , il cuore , non che mostrarvelo , ma ve lo da prelto pretto in
quanto vi offre : ve lo da in un zigaro dell'Avana, ve lo da in una fan-
tasia di confetti, ve lo da in una penna d'aquila, ve lo da in una mi-
niatura, in un bozzetto , in una fotografia , ve lo da in quel che vo-
lete : giacche esso di punto in bianco vi costituisce padrone di lullo
il suo, e vi apre i forzieri e vi slaccia le cartelle e vi spalanca le cre-
denze e vi dice risolutamente : — Amico , pigliale qualche cosa, se
no mi offendo ; — salva a voi la discrezione di non isvaligiarlo per
rispetto dell' amicizia. In somma ci sembra che niuno , il quale ne
abbia conoscenza o per pratica o per 1' uditone in que' luoghi, possa
mai fare bugiardo un tal semplice montanino , che di lui parlanflo
sclamava: — II pittore di Trisulti? ah, ah! egli ha un cuore di Ce-
sare. Dio lo benedica!
XLIII.
Se avessimo agio e convenevole perizia da rilrarre an che noi , con
parole di vivo e natural colorito , lo spettacolo compassionevolissimo
che nella invernata del 1861 , lassu in Trisulti, davano di se le innu-
merabili famiglie dei profughi dalle lerre dell' Aquilano, del Tronto,
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 693
dell'Ascolano , le quali in que' crudi mesi erano corse e desolate da
bande di ferocissimi assassin! ; tanta materia di lacrimabili scene ci
sivAmmucchierebbe sotto la penna, che un libro sarebbe scarso a
comprenderle tutte distesaraente. Perocche certe belve in sembianze
umane che il Governo torinese avea poste a capo, non piu di onora-
ie milizie , quali furono gia le sarde , ma di truculent! masnadieri ,
scolatura de' ribaldi e feccia di lulte le ladronaie d' Italia , sotto
preleslo di domare i cosi detli briganti ( cioe i paesani armati che a
buona guerra sostenevano le ragioni del legitlimo re Francesco II ,
allora assediato in Gaeta , o del Papa Pio IX) mellevano a sacco e
a fuoco le intere villate , i borghi e i castellr; spargendo a rivoli il
sangue dove che giugnessero a penetrare. E conciossiache all' uopo
di sbramare la lor libidine di carnaggio era poco 1' uccidere a furia
d'archibugiate , que' manigoldi si avventavano alle case con le ba-
ionelte in asta, e vi scannavano senza riguardo i giovani come i vec-
chi , i lattanti come gli adult! , le donne imbelli come gli uomini ru-
besli. Che se impadronitisi dei paesi li trovavario spopolati, perche
gli abitanli s'erano ricoverati a salute negli antri delle montagne , i
marram sfondavano porte , spezzavano mobili , scassinavano , soq-
quadravano , disertavano granai e cantinre , buttando per ira codar-
da le biade al vento, spandendo i vini sul suolo , diroccando e in-
cendiando le capanne, i casolari , le stalle e tutUrcioche poteva es-
sere preda alle fiamme. Ne sazii di* avere con orsina crudelta bru-
teggiato contro le infelici popolazioni , quando inaspettatamente le
sorprendevano , di avere sgozzate le innocenti figliuole in seno alle
madri che lor faceano schermo del petto , di aver trucidate le spose
nelle braccia dei mariti che le difendevano , di avere strozzati i mo-
ribondi nel lelto, di avere smembrati i bamboli in fasce ; que' male-
detli si voltavano a disfogare la lor diabolica rabbia conlro Dio : e
devastavano , abbruciavano , derubavano d'ogni arredo le cappelle e
le chiese ; ed a spregio de' sacri vasi , delle sante immagini e della
stessa Eucarislia , traboccavano in si abbominosissimi alti, che il
pudore vieta persino di adombrarli ; ma che non erano da pareggiare
se non alle nefandezze infernal! dei Saraceni nel medio evo , e dei
Luterani quando fu il saccheggio di Roma. Sia abbastanza il dire
che quel sanguinolenle Ferdinando Pinelli il quale , in un suo bando
69 1 LA POVERELLA DI CASAMARI
da energumeno , avea chiamato il Papa « Vicario non di Cristo ma
di Satana » , e invitati i suoi scherani « a schiacciare il sacerdotal
vampiro, e a purificare col ferro e col fuoco le region! infeslate dalja
immonda sua bava » ; e comandato loro « d'essere inesorabile come
il deslino » , e sentenziato che « la pieta » verso gli Abruzzesi « era
delilto » ; quel Pinelli, nel solo mese di Gennaio, aveva posti alia ru-
ba, inceneriti e distrulti ben quattordici villaggi dell' unica e now
grande provincia di Ascoli ! E queste sono le care gioie di galan-
tuomini, questi i campioni della indipendenza, questi i paladini
della nuova cavalleria d' Italia, a cui si dee far di berreltasotto pe-
na di lesa maesta patria i !
Adunque, stanle T universale sbigottimento, originatosi per questi
atroci misfaiti, tostoche in tina terricciuola diquegli Abruzzi andava
il grido che le truppe eran vicine , che si accostavano , die arriva-
vano ; ecco i poveri terrazzani d'ogni eta, d'ogni sesso, lasciar case e
lavori, scappare tutti sgomentati a cater ve in su le piu erle cime del
monti , e di rupe in rupe vagabondando , ire alia cerca di una ca-
verna in cui riparare la vita, e dare riposo alle membra rotle da gli
strapazzi e intormentite dal gelo. Ora le turbe di questi miseri fug-
giaschi , attraversati i borri e le cresie degli Apennini e superate
nevi altissime, giungevano da trenta, daquaranta e fin da cento
miglia lontano , estenuate, fameliche, intirizzite al porlone delia
1 I cenni rapidissimi dali qui delle immani fierezze a cui si abbandona-
vano i satelliti dei condottieri al soldo di Torino, sono tma particella mini-
ma delle narrazioni che a quei di leggevansi riferite dai cliarii italiani e fo-
restieri d'ogni coiore. Veggansi, per grazia d'esempio, Les Dvbats dei 14
Febbraio , la Gazette du Midi del 1 Febbraio , la Nazione di Fireuze dei 6
Febbraio , il Contemporaneo di Firenze dei 7 Febbraio , il Giornale di Roma
dei 9 Febbraio, \Armonia di Torino dei 21 Febbraio di quell'anno 1861. La
spietatezza poi degli atti e la impudenza del bando del MaggiorePinelli de-
starono tanto fremito in tutta 1'Europa civile , che il Governo torinese dove
fmgere di arrossire di questo suo eroico sen itore , e richiamarlo a se per
sostituirgli altri che fosse , non gia men bestiale , ma meno ciarliero. Kc si
creda che i successor"! del Pinelli abbiano mutato vezzo t dopo tre anni di
strazii, di arsioni e di sevizie da tigri. Anche nel corrente 1864 i pretoriani
dei domiuatori d' Italia seguitano a manomettere le Due Sicilic con tale fe-
rocita di modi , cbe a quelle imscrrime popolazioni fanno desiderare i Co-
sacchi e i Baskiri.
RACCONTO SXORICO DEL 1860 E 1861 695
Certosa di Trisulli ; ed ivi , con im compianto che avrebbe spezzato
!e roveri, chiedevano supplichevolmente pane e fuoco , per non mo-
rire d' inedia e di assiderazione. Ell' erano per lo piumadri spaven-
talissime che si menavan dietro le giovanette figliuole, per camparle
dalle contaminazioni di quegli animali; e molte si lenevan permano
un piccolo garzoncello che a stento moveva i passi saltarellando , e
insieme se ne recavano in collo un altro che allatlavano : cosi che i
gemiti di quelle lapine donne si alzavano intrecciati ai singhiozzi
delle loro fanciulle ed ai vagiti lamentosi dei teneri pargoletti , con
un concerto che schiantava il cuore a udirlo. E que'lor volli erano
lividi, maceri, sparuti ; que' lor occhi infossali, attonili, semispenli ;
e i pedignoni e i manignoni, per le trafitlure del freddo, sanguinava-
no a quelle lor meschine creaturelle , le quali imporporavano ogni
orma che stampassero nella neve ; e altre di loro batlevano cocen-
iissime febbri , e allre rifinite cadevano in deliquio sotto gli alberi
dello spianato. Seguivanle non di rado torme d' uomini , vecchi e
ragazzuoli, sani e infermicci alia mescolata, con camminare piu len-
to e laborioso, perche carichi in ispalla quali di masseriziuole sottrat-
te alia rapacila dei ladroni , quali di caci , di legumi , di farine , di
carni salate e di simiglianti civaie: pur beali di trafelare sotto quel
peso, che in cosi aspre conlingenze era la vita loro e delle mogli e
de'figliuoletti.
Narrare la carita con cui i buoni religiosi accoglievano tanti sven-
lurali ad albergo, gli uomini dentro il recinto , e le donne nelle tet-
toie e ne' pagliai , e li sfamavano , e li riscaldavano, e li ristoravano
€011 medicament! , non e di queste pagine. Sanno i poverelli del vi-
cinato , che in Trisulli un pane e una scodella di minestra loro non
manca mai, a nessun'ora del di e in nessun tempo dell' anno. Ma, nel
corso di quell' inverno si memorabile, la fama della misericordiosa
ospitalitSt e della insolita larghezza dei monad inverso i fuggitivi re-
gnicoli, si divulgo a tal segno, che i popoli degli Abruzzi anche piu
rimoti non cessano pur ora di magnificarli , e di chiamarli Angeli , e
d' invocare sopra di essi le benedizioni di Dio.
E il nostro don Pippo, che faceva egli in questo continue andare e
venire e affollarsi di genti miserabilissime, che piangevano, che tr«-
mavano, che si attapinavano, che col solo mostrarsi avrebbero into-
696 LA POVERELLA DI CASAMARI
nerile le selci di compassione? — Amico mio; diceva egli ad un ta-
le, con cui al rezzo della sua villetta fantastica, si tratleneva in affet-
tuosi ragionamenti , sulle ore piu dolci di una gaia giornata di au-
tunno ; crediatemi che io alle volte non sapeva piu dove diacine dar
del capo ! Appena io metteva il naso fuori dello studio , ed ecco un
parapiglia, un bolli bolli, un assalto di Sebastopoli. « Sor pittore qua,
sor piltore la. » Chi mi tirava di dietro pel cappuccio , chi mi affer-
rava per la falda del camicioUo, chi mi prendeva pei gomiti: i putli
mi si liccavano tra le gambe ; le donne mi stendevano le mani o mi
porgevano i loro bambini ; tutli mi si serravano inlorno , e io era
chiuso in un cerchio che , per romperlo e liberarmene , ci voleva
proprio quel brando di Rinaldo,
fatto dalle streghe in fretta
Che ferri e raarmi come rape affetta.
Allora non c'era mesliere che io non facessi, per dare un aiuto di co-
sta agli speziali, ai dispensieri, ai fornai, a lulli i laici delle officine,
In que' giorni addio pennelli , addio tavolozze , addio quadri storici !
I quadri storici li aveva dinanzi agli occhi belli e vivi ! E si vi di-
ch' io, che erano moa'elli esprimenli passioni cosi angosciose, che io
avrei temi da rappresentare dieci assedii di Gerusalemme! Mi ricor-
dero sempre di una inaltina, che la solto ( e indicava un portico di-
rimpelto al suo pergolalo) io trovai una povera madre seduta in un
covoncello di paglia, con un paio di donzellone fatlicce come due Dia-
ne, ma che sembravano due cadaveri : le giacevano svenule una a
deslra e una a sinistra ; ed ella con le mani stretta la testa di ambe-
due sulle proprie ginocchia , e chinalasi con la faccia sopra i loro
volli, li riscaldava con 1' alito e con le lagrime. Che gruppo da Pras-
silele ! Tutte e tre erano scalze , tulte e tre filavano sangue dai pie-
di , tulte e tre erano digiune da sessant' ore ! Furono rifocillate , fu-
rone pasciule ; e io, rimuginando pe' miei casseltoni, donai loro gli
ultimi avanzi dei pannilani che mi restavano , e a spese mie le feci
calzare di scarpe. Corto , basli che in tre mesi io diedi fondo a tulti
i bauli e a tulte le mie carabattole; e che, se non sollecllava di ri-
fornirmi in Roma di abiti e di biancherie , don Pippo era ridotto a
mettersi in tonaca e cocolla da Cerlosino.
RACCONTO STORICO BEL 1860 E 1861 697
In sullo scorcio del Febbraio tra queste brigate di mendici, di af-
famati , di pezzenli eke si succedevano in Trisulti , comincio a farsi
vedere ancke un giovane, civilissimo di presenza e cosi riserbato in
ogni alto suo, ck' egli non indirizzava mai una parola a cki eke fos-
se : ma ricevuto il pane e quelle due romaiolate di zuppa eke dispen-
savansi dal monaco portinaio , si ritirava in un canto, or dielro una
maceria, or a fianeo di una catasta di legna ; e desinata quella poca
limosina, riportava la scodella e il cucckiaio al monaco, ripigliava la
strada della montagna, e niuno il rivedeva piu scenderne altro eke
il domani , alia stessa ora? per la slessa via, con lo stesso contegno.
Egli era assai rozzamente vestito di pannacci logori, con un pastra-
no indosso rattacconato a toppe di piu colori, e in testa un cappelluc-
eio gualcito, eke distonava coll' aria nobile di quel suo volto e con
quella sua portalura, eke avea un non sapevi eke di marziale. Sebbe-
ne, a considerarlo con attenzione, gli si discoprivano nelle gote due
fossette, e certi rossettini sopra una pelle vizza e biancastra , eke lo
dinotavano mal in essere di salute. Alle prime don Pippo non gli pose
mente gran fatto : pero quel sembiante , que' lineamenti , que' modi
eke n©n aveano nulla del rusticano gli dieder nell' occkio ; e non an-
• do guari ck'egli si senti stuzzicato dalla curiosita di parlargli , e di
conoscere cki egli fosse e donde venisse. Un giorno pertanto, prova-
tosi di salutarlo cosi all'amorevolona come suol egli, ne fu risalutato,
ma con ritenulezza guardinga. Un altro di, picckiandogli pianamen-
te in una spalla, gli offerse una monetuzza d'argento; il giovane, stret-
tasela in pugno, gliene rendette grazie, ma non senza quel po' d'hn-
paccio eke proviene da una mal dissimulata vergogna. — 0 cappe-
ri ! voi dunque avete soggezione di me? gli disse il pittore tenendolo
per la mano ; ben si vede eke voi ignorate eke uomo sia don Pippo.
— Cke volele? rispose il giovane sorridendogli mestamente; per cki
ka bisogno e non e avvezzo a riceverne , tanto da rossore una limo-
sina quanto uno sckiaffo.
— Ek via ! su questi monti non dovreste aver troppo limore di
farvi scorgere. Cki vi guarda? cki vi conosce? Qui non c'e allro eke
neve e sassi, sassi e neve.
- Dite bene voi, signor mio ; ma il sangue eke ko nelle vene non
e gia neve, e questo eke batte qua dentro (e si poso la mano sul la-
to del cuore) non e sasso.
698 LA POVERELLA DI CASAMARI
- Perbacco! sclamo don Pippo, fissandolo con due occhi clie sera-
bravano due pan tondi; voi avete ad essere pur giovane di gran sen-
tire ! Sapele clie? noi siani fatti per intenderci , per essere amici. A
rivederci un' altra volta. E datagli una forle strella di mano entro
nel cortile.
XLIV.
Quando i cibi mvariabilmente magri della Certosa gli venivano a
sazieta, oppure quando lo assaliva all' ugola il pizzicore di alcun
ghiotto bocconcello, il nostro maestro usa$a rizzar su cucina a un
cantuccio del suo studio, il quale, per essere fuori della clausura,
non soggiaceva punto alia regola die vieta severaraente pure 1' in-
troduzione del grasso denlro al chiostro: e ivi o si lessava un polio,
o si arrostiva quattro arnioncini d' agnello , o un paio di braciuo-
lelle o di salsicciuoli , o che altro ; tanto che i suoi denti non si
disassuefacessero del tutto dal macinar carne. Or accadde che, non
molto dopo passate quelle parole col giovane, don Pippo essendo
tomato da visitare Monsignor di Alatri , il quale e suo grande amo-
revole, e in quella citta avendo fatte le opportune provvisioni da
bocca , diviso di ammannire li su due piedi un cencino di desinare
a gusto suo, e d' invitare lo sconosciuto giovane che tenessegli com-
pagnia. Di fatlo all'ora del mezzogiorno ne usci in traccia, lo rin-
venne che stava assiso languidamente presso il portone , ed avutolo
a.se, con cordial! finezze intromiselo nel suo studio. II poveretto era
cosi pallido ed estenuato di forze, che non poleva piu 'reggere la per-
sona sulle gambe ; di che appena fu in quella stanza si lascio cadere
sopra una sedia , e giro un' occhiata di meraviglia per le quattro
pareti , che erano un tesoro di ghiribizzi 1' uno piu nuovo dell' altro.
Agli angoli, sotto il finestrone a mezzo cerchio che prenclea la luce
da un orto, sorgevano due gugliette formate d' intaglio sopra scheg-
ge di quel pino bellissimo che Michelangelo Buonarroti pianto nella
Certosa di Roma , e che pochi anni addietro era stato btittato in
terra da un fulmine: eppero quella a man destra era intitolata al
medesimo Michelangelo , meiilre 1'alira, che a man sinistra faceva
accompagnatura, mostrava una dedica a Torquato Tasso, perche
custodiva la penna, con la quale i lestimonii del diseppellimento del-
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 099
ie sue ceneri rogarono V alto autentico della traslazione, che del 1857
se ne fece nel nuovo suo sepolcro di sant'Onofrio. Piu in la pompeg-
giava un Irofeo di lucentissime armi antiche, sormonlate dal cimiero
d' acciaio , sulla cui cresta ondeggiavano piume sfarzose d' airone :
nel fondo era un orologio mosso dall' acqua ; poi da ogni banda te-
schi umani coronati da conchiglie e da cento arzigogoli di \asi etru-
schi , di stelle, di croci , di gbirlande lavorate a musaico,con ceci ,
fagiuoli , lenticchie e altri legumi secchi ; e finalmente una tapezze-
iia di bozzette e cartoni; e una farraggine di tavolozze, df amatite,
di disegnatoi , di colori in panellini , di telai , col rimanente degli
arnesi richiesti all' arte del dipingere.
- Ebberie, che ne dite, buon giovane, di questo mio romitag-
gio? interrogo don Pippo 1'ignoto suo cemmensale che era tutto in-
ieso in un cartoncino, e parea se lo divorasse con gli occhi.
— Dico che e uno stupore. Non mi sarei figurato mai che in que-
sta camera ci fossero lante e si rare cose !
— Neh? soggiunse il pittore ponendo in tavola tre piattelli; or
sedetevi e sbocconcelliamo un po', nel nome di Dio. Intanto, se e le-
cito, badate ve'se e lecito, potrei sapere chi siate voi, diche paese,
e come e perche stiate gia da due settimane vagando su queste orri-
J)ili montagne?
- Signore, e io sarei curiosissimo di sapere prima da voi che sia
questo cartonetto; replico quegli additandoglielo mentre si assideva.
— Ah, ah! accomodate\i, e subito ve lo spiego. Esso e il figu-
rino della politica all' ultima moda, cioe la volpe di Libia.
— Non parlo di cotest' acquerello con animali, no ; intendo que-
st' altro, questo profilo.
— Una cosa per volta. II Fortiguerri, che e quel poeta che e, nel
sesto canto del suo Ricciardetlo narra,
che del mare in proda
Si pon la yolpe libica a sedere,
IJd immerge nell' acqua la sua coda ;
Cmde i garaberi su vi vanno a schiere,
Che non temono alcuna insidia o froda:
Quand' ecco esce dal mare e a piu potere
Batte la coda in questo^sasso e in quello,
E de' gamberi fa crude! raacello.
700 LA POVERELLA DI CASAMARI
Quest' ottava ho espressa io nel carloncino che yedete; e credo
clie se io la mandassi in dono al conte di Cavour o a lord Palmer-
ston o a qualche altro, credo, vi dico, che per premio di ayerli ritrat-
tali cosi a punto in allegoria, mi appiccherebbero al petto ima bella
croce di Cavaliere. Cosi e, cosi e!
Quello oggi spende saggiamente gli anni
Che col suo travagliar trayaglia il mondo,
, Cercando il suo profitto in gli altrui danni.
Oggi onor porta a null' altro secondo,
Non chi giova e mantien, ma quel che solo
0 1' amico o '1 yicin piu mette in fondo.
Versi aurei, che erauo ima satira ai tempi dell' Alamanni quando
li detto, ma che ora.sono ima verita sanla, una perla sputata dalla
sapienza. Or, giovine caro, servitevi, Ye ne prego; non facciamo ce-
rimonie, perche la cuccagna qui comincia e qui finisce, sapete?
— Obbligatissimo alia bonta vostra; soggiunse I'altro con un' an-
sieta che Io rendeva smanioso; ma quel profilo di chi e egli dunque?
— Mio, oh bella! e di chi ha da essere?
— Capisco, ma chi raffigura?
— Non potrei dirvi se una persona in came ed ossa, o un fan-
tasma soprammondano. Io da tempo almanaccava un'aria di volto
che avesse piu del cielo che della terra, per la composizione di una
Santa in gloria che ho nel concetto di fare: e per quanto dessi spesa
al cervello, non me n' usciva cosa che valesse un lupino. Le yillanotte
che vengono quassu, le sono tutte pezzi di gigantesse buone per mo-
dellarne Giunoni e Cibeli, ma non altro. Eppure Io zurro di quel viso
mi girava e mi frullava, che io non ne avea requie; giacche anche di
noi pittori e yerissimo cio che clei sacerdoti di Apollo cantava quel
capo scarico di Ovidio :
Est Dens in nobis, agitante calescimus illo.
In questo mezzo che e che non e? Una Domenica capita a sentir
messa una creatura, la quale parve calata dalle nuvole apposta per-
che io ne cogliessi i lineamenti: che essa era lulta quella, proprio
quella testa che si confaceya al mio bisogno. Mano all' opera. Mi
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 701
acquattai dielro un muro, e mentr' ella udiva con molta divozione la
sua messa nella cappellella qui fuori del monastero, io la copiai alia
meglio. Torno la seguente Domenica, e io da capo a riloccarne i con-
torni; tanlo die ho potuto poi terminare il bozzeltino, clie ecco qua.
A quesle parole il giovane ravvivandosi tutto, si era affisalo in ri-
considerare il profile con un tal guardo, che egli avea aspetto d'uno
a cui un animo dicesse qualche gran cosa delle fattezze , accennale
li con si dolce accarezzamenlo di sfumalure : percio non curava piu
ne il man glare ne il here, ma stay a come assorto e rapito sopra di
se, nella contemplazione di quel delicatissimo disegnuccio. Don Pippo
per alcuni istanti si azzitlo , e col sorriso alia bocca si compiaceva
dentro se del piacere che il suo convitato sembrava pigliarsi di quel
cartoncino. Ma avvistosi che il giuoco lirava in lungo: — Ehi, amico !
riprese a dire frugandogli un goniito ; vi prego che non m' andiate in
estasi. Questi fegatelli si raffredano; su, torniamo a noi.
— 0 pittor mio, porrei cento conlr' uno ch'ella si, e dessa ! scla-
mo T allfo scagliando a don Pippo una occhiata che era un lampo;
io la ravviso: ah certo e dessa! Deh, signore, ditemi dov' e ella?
dove?
— Ma chi? ma che?
— Voi dovete saperlo, e se non me Io dite, voi siete un crudelis-
simouomo ; grido allora il giovane rizzandosi come in delirio. Dov'e?
dov' e ella, ch' io la riveda.anch' io prima ch' io muoia abbandonato
peggio che un cane? Oh sangue mio ! oh core mio !
— Ancor questa e nuoya ! soggiunse il nostro pittore ; che v' ho a
dir io, giovane caro? io non v' intendo; io smemoro ! Badate che non
avesie a preudefe qualche equinozio.
— E dessa, oh e dessa! persuadetevi, don Pippo, che io non la
scambio. Questa e la sua pettinalura, questa e la sua fronte, questo
e il suo profilo netto spiccato. Figuratevi ! io 1' ho presente in idea,
ne piu ne meno che se io la vedessi qui viva e spiranle.
— II nominative, amico mio bello, il nominative! slrillo 1'altro
con quel suo vocione quadrato, e insieme levandosi e con un bi accio
pigliandolo altraverso le spalle; questo vi dimando io: ditemi in
grazia, di chi parlate? chi e costei, della quale volete notizie da me?
702 LA POYERELLA DI CASAMARI
Ossia che il giovane , entrato m so , avesse risenlimenlo dell' im-
peto smoderato di quel suo affetlo, o che temesse di aver data mala
contentezza all' ospite suo, il caso e che placatosi e ricompostosi tut-
to : — Scusatemi, signore ; soggiunse infcricatamenle ; se voi cono-
sceste le sventure mie e le mie pene, voi siete uomo di lanto senso,
che non solo mi compalireste, ma piangereste meco.
- Basti cosi ; gli replico il maestro risospingendolo pian pian ver-
so la tavola. Or via, concludiamo con questi fegatelli e poi disfoghe-
rete i guai vostri che io ascoltero volentierissimo. Quindi risedutosi
mentre che il giovane rimetteva mano al piatlo, egli, per isvagarlo,
sull' ariettina di una giochevole tarantella napoletana, tolse a cante-
rellare questo rispetto del Lamberti.
«
E il viver nostro un sogno travagliato,
E questa e cosa chiara e non menzogna.
Quei che gia furon yivi hanno sognato,
Questi che viyon oggi ciascun sogna:
Cosi con breve gioia e lungo affanno
Son per sognar ancor quei che verranno.
Ma ell' erano baie. E che questo poverino punto non sognasse,
don Pippo non tardo a rendersene capace.
XLV.
Poco sopra la meta del fianco meridionale di quel gran masso di
rupe, sulla cui vetta si lieva il corpo della Certosa, e un rustico san-
tuario della Madre di Dio, tenuto in somma venerazione dalle genii
de' prossimi paeselli, e da tutli quei moutagnesi d' intorno che lo fre-
quentano con divoti pellegrinaggi. La chiesolina, parte eretta sopra
fondamenta in mattoni , e parte scavata nel vivo della rocca , sorge
accosto una grotticella, sotto la quale corre una vena di acqua lim-
pidissima. Dentro vi e un altarino di pielra semplice , che ha nel-
1'ancona la Immagine chiusa in cristalli, con sopravi questa iscrizio-
ne: PRIMA VIRGO TRIAS EST. SECUNDA VIRGO MARIA EST; di qua e di
la rozze tavolette e poveri voti , e dinanzi una lampada che sempre
yi suole ardere. Solitario e il luogo, sterile, deserto e cosi discosce-
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 703
so ed alpestre, che dovunque giriate 1' occhio non iscernete se nqn
baize , catrafossi e burroni che vlsi spalancano sollo dei piedi sino a
una voragine, in fondo della quale sentite, piuttoslo che vediate, ro-
moreggiare uno strepitosotorrente. Viuzze anguste e disagevoli met-
tono a questa sacra edicola , chiamata volgarmente « le Cese » : ma
quella che vi sceade giu da Trisulti e a dirsi anzi una scala a chioc-
ciola che un senliero, tanto e aspra di bugne e di ritorcimenti.
Sul dar volta la mezzanotte dei tre di.Marzo, due donne , slrella-
menle ravviluppate ne' loro fazzolettoni, tacite e con lento passo avan-
zavausi per una delle sdrucciolose viottole che a questa chiesicciuo-
la fan capo. Era un bellissimo stellato; un acre e sottil venticello
che movea dalle gelate gole dell' Apennino purgava 1'aria, e la luna
spuntava aliora di dietro uno sperone di scoglio , e feriva diritta-
mente le cresle e le schiene di quegli aggruppati macigni , che in-
lorno calano a sprofondar le radici nel sottoposto abisso. Le due pel-
legrinanti che, tutte sollecite di non porre il pie in fallo per su quel-
la stradetta rovinosa , non si erano ardile di levare un' occhiata al
cielo cupamente sereno, e alle stelle che tremolavan lor sopra a mo
di pupille vive , alia subita apparizione di quella luce risteltero co-
me spaventate dalla orribilita in cui a quell' ora , in quel silenzio, a
quel trarre di brezza si miravano quasi smarrite. — Oh Dio ! dove
siamo? disse 1'una di loro appoggiandosi con le spalle a un rocchio
e afferrandosi con le due mani al braccio della compagna.
— Non temere, figliuola mia, siamo a buon punto ; rispose questa
per darle spirilo ; non vedi lucclcare la nello sfondo quella fiammel-
la? E la lampana della Madonna. Coraggio ! anche un po' di strada
e siamo al lermine.
Quella prima non fece altra parola, ma guardandosi dinanzi, d'at-
torno , da lato era attesa in contemplare lo spettacolo delle orri-
dezze che la circondavano , e parea non ardisse piu muoversi. In
effetlo era cosa da raccapricciarne , il trovarsi notletempo sull' orlo
di tali burrati paurosissimi, al chiarore di una luna che investen-
do con isprazzi di raggi vividi e crudi tutti gli s^porti, e smaltando
di un paliido argenlo le ignude lame di quelle aeree altezze, veni-
Ta a spegnere il suo lame nella opacita fosca degli antri, de'covi e
degli anfratti di que' rientramenti di bricche, e discopriva cosi tra'l
70 i LA POYERELLA DI CASAMARI
vedi e non vedi cupezze immensurabili all' occhio atterrito. — Ani-
mo , figliuola mia ! le ridisse quell' altra dopo stata alquanto; oltre,
andiamo che non ti avessi a raffreddare. — E piglialala per le mani
tanto la rincoro , che giunsero alia bocca della cavernella , nel
fianco della quale nasce internandosi la chiesuola di Noslra Signora
delle Cese. Oui le due donne mandarono un gemebondo sospiro, e
buttatesi ginocchioni invocarono con pianli 1'aiuto della potente con-
solatrice degli aiTHtli, e con sommessa voce presero a recitare il ro-
sario.
Leltore, nell' una di queste due viatrici, e per sorte in quella ap-
punto che ha dato segni di maggior timidezza, voi gia raffigurate la
povera orfanella di Pellegrino , che forse da troppo in qua vi aveva-
mo fatta perdere di vista. E noi, a cui tardava di fmalmenle rimet-
tervi sulle sue orme , siamo lieti clie 1'abbiate ravvisata nel ciglio di
queste sgomentevoli frane, e a un'oracolanto insolita, e Ira cosi den-
se lenebre , mal diradale dai riflessi di una luna, che non puo aver
adito entro gli avYolgimenti di questa cieca spelonca.
Adunque si, era proprio dessa. E colei che 1'accompagnava e le
facea da guida. volete sapere chi fosse? Era la sua niadre di latle,
quella buona Calerina, che in Veroli , con araore piu di sorella che
di fantesca , per circa tre mesi , avea prestata ogni desiderabile as-
sistenza alia inferma Giovanna , e asciugalile i sudori dell'agonia ,
e chiusile gli occhi , e perfmo asseltatala nel sepolcro. E volete an-
che sapere d'ond' elleno venissero? Da Collepardo, che e un miser-
rimo paesuccolo siluato a libeccio della Certosa, in poppa a una ver-
dissima coslerella ; ed e noto al mondo solo per la sua meravigliosa
grotta di stalattiti. E volele sapere altresi per dove ambedue fossero
inviate? Pel monle dctto il Castello che, con la cima a baslo rove-
scio , si rizza la verso oriente : ed e al comignolo di tutlo quel filare
di dossi poco meno che impraticabili, i quali si accavallano fra Sora
e Trisulli. II resto poi'lo sapreie piu a bell' agio.
Compita pertanto che ebbero la recita del rosario e" delle altre lor
divozioni, si proslrarono amendue con la faccia in terra, e baciarono
e ribaciaron il sogliare di quel venerabile speco. Quindi rillesi in
piedi, sosiettero anco un tratto a pregare ognuna nel secreto del suo
cuore. Eccetto il sordo stridere dei pipistrelli che svolazzavano , e i
RACCONTO STORICO DEL 1860 E 1861 705
mesti lai di un gufo, inlorno ad esse non si udiva se non il lontanis-
simo strosciare del torrente laggiu nel fondo del baralro, e il dolce
mormorio del rivolo che zampillava in seno alia cavernetta \icina :
onde tale e tanta era la quiete, die Tuna sentiva alitar 1'altra.
In questa il campanile della Certosa batte i primi tocchi del
mattutino, che 1'eco di quelle scarpate rocce fiocamente ripeteva
due, tre, quatlro volte. — Su, figliuola; disse Caterina scostandosi
dalla bocca della grotterella ; andiamcene , che risichiamo di non
arrivare a tempo.
— Eccomi con voi, si , si partiamo ; rispose trepidante la giovi-
nelta, a cui quel tetro suono piombava come voce di morte neh" ani-
ma , e lutta gliela rimescolava , rinfrescandole la memoria dei cari
eslinti, ch' ella pur sempre piangea con lacrime inconsolabili.
Per un pezzo stentatamente rimontarono quasi branconi , aggrap-
pandosi a sterpi, a borni, a bozze di selce , e camminando sopra
risalli di pietra scheggiati che a pena vi si tenevano in piedi. Ma
uscite da quelle asperita di baize e pervenule suli'altura di una grep-
pa che facea valle, respirarono: e colloquiando un po sottovoce s' in-
ollrarono per una straducola serpeggiante tra due file di marruche
e di carpini, che la rinfiancavano a guisa piu di parete che di siepe.
Or mentre studiavano il passo per isboccare in una prateria, che
a capo di quella stradicciuola si apriva tulta dalla luna irraggiata ,
videro a breve distanza da loro un non seppero che agitarsi e ve-
nir loro incontro. Le poverelte allibirono, si ferroarono , si ristrin-
sero T una alle coste dell' altra : e col riprezzo addosso si misero a
invocar Dio e ad aguzzar 1' occhio , per discernere quel confuso og-
gelto che piu si appressava a loro e piu sembrava addoppiarsi. Le
due tapine tremavano a verga a verga, quando si accorsero ch' egli
erano due passeggeri. Volevano dare una voce, ma elle non avean
piu fiato. Se non che 1' uno di cosloro avvistosi di esse, indietreggio,
sostette, bisbiglio una parola al compagno e smosso il cappello a
una lanterna cieca, spicco un salto e vollo loro in faccia il riverbero.
Con quel bagliore improvvisissimo le donne videro lampeggiare una
spada, e appunlarsi contro una pistola: — Oh Dio ! strillarono acu-
tissimamente ; piela ! la vita !
Serie 7, vol. X, fasc. 342. 45 9 Giugno 1864,
RIVISTA
BELLA
ST AM PA IT AL IAN A
I.
Giornale del Centenario di Dante Allighieri. PREPARA LA SOLEN-
NITA NAZIONALE DELIA N ASCII A DI DANTE. Si pubbllCd ill Fi-
renze dal Febbraio 4864. al Giugno
Conviene dire che gli scritlori di questo nuovo Giornale si fosse-
ro persuasi, clie il semplice titolo, come lo abbiamo annunziato qui
sopra, dovesse bastare a far concepire la giusta idea del compito che
si assume vano. Perciocche indarno abbiamo cercala una specificazione
piu determinata del loro proposito, delle parti che questo abbracce-
rebbe, de'mezzi che essi vorrebbero adoperare a fine di conseguirlo.
Cose tutle die qualsivoglia diario suole infall ibilmente spiegare con
do che dicono Programma; ed e poi la nota distintiva con cui si da a
riconoscere nelle prime sue pagine. Ma questo del Centenario , con-
tento dl dirci che egli Prepara la solennita nazionale della nascila
di Dante; dopo la quale, cessata per lui ogni ragione di esistere, ri-
iornera nel suo nulla; si passa di ogni altra cosa come d' inutile.
Nondimeno ora che ha valicato un buon quarto di quella vita, che
>esso medesimo, con privilegio piuttosto unico che raro, si e prefisso;
da cio che ha fatto sin qui , e da cio che ha detto, noi possiamo per
noi stessi dcdurre in che modo esso intende di soddisfare al suo im-
pegno. Infatli di Ire cose si occupa principalmenle ne' suoi numeri :
in primo luogo di registrare i diversi atti del Municipio di Firenze ,
o della Commissione scelta dal Municipio per disporre la festa , con
che solennizzare la ricorrenza centenaria del natalizio di Dante. E in
quesla parle, che intilola Officiate, trovano luogo eziandio altre de-
RIVISTA BELLA STAMPA ITALIANA 707
liberazioni di altri Municipii, cheavessero il medesimo scopo relali-
vamente ai loro Comuni. II rimanente, che per ragione di antitesi e
detto Parle non officiate , o contiene le varie proposte de' particolari
sopra il modo di meglio onorare la memoria del Poeta ; o pubblica
le diverse sposizioni che gli eruditi mandano alia Direzione , or sia
sopra il concetto generate della grande opera dell' Allighieri , che e
la Divina Commedia, or sia sopra i luoghi particolari di essa.
Questo e cio che costituisce il pieno del Giornale del Centenario;
e in questo per conseguenza dev' esser riposto il preparare, che esso
dice di fare, la solennita nazionale della nascita di Dante. Se non che,
quello che e compreso nella parte che esso chiama Officiate,, in quanto
e apparecchio alia solennita , non e opera sua, piu che 1' arare fosse
opera di quella mosca, la quale posata a tutto agio sul corno del hue,
che tirava T aratro , si dava aria di affaccendala ; e richiesta dalle
compagne che facesse : non vedete ? rispondeva : stiamo arando !
Giacche non ostanle la rubrica Officiate, e Non officiate, non esce con
autorita ed a nome del Municipio : a quanto apparisce e una industria,
o poco diversa cosa, del Segretario della Commissione, che n' e il ge-
rente. Per rispetto poi alle proposte, benche sia vero che, se fossero
acceltate e messe in atto , ne avrebbe una parte di merito il Gior-
nale ; temiamo pero , e con fondamento di buone ragioni , che esse
rimarranno lettera morta , a danno detle carte , direbbe Dante.
Dair altro lato 1' azione propria di un Giornale , che vuol disporre
tutto un popolo ad onorare un egregio cittadino, che e il caso presen-
te, piuttosto che pratica e deterrainata nel divisare le manifestazioni
di onore da doversi fare , i modi di onoranza da doversi lenere , ha
da essere, noi crediamo, piu generate e quasi astratta; ordinata cio&
a far crescere la stima di quel cittadino , e il desiderio di onorarlo
straordinariamente.
E a dir vero non ci pare che il Giornale del Centenario la intenda
guari diversamente. Difatli osserviamo che, dovunque gli cade ac-
concio, non oraette di magnificare con ornate parole ii merito eccel-
so del sommo Poeta dell'Italia: e, come abbiaino nolato, apre gran
luogo agli studii sopra il divino Poema, chiunque voglia ad onore di
Dante e decoro delle sue pagine fargliene dono. Questa anzi e spesso
la parte piu abboadante, per quauto almcno lo comporta la carcstia
708 RIVISTA
letteraria de' tempi. Con che mostra evidentemente di aver capito che
1'opera piu propria, che puo competere a se, come a Giornale, e
appunto questa di ravvivare negl' Italiani la stima e V amorc verso
il loro Poeta, lasciando ad essi il pensiero di onorarlo a loro pia-
cimento.
Ma se era cosi, perche non dirlo dichiaratamente dal principio,
ed invece venirci innanzi con quel motto : « Prepara la solennita na-
2ionale della nascita di Dante »? Poiche, ad essere schielti, cotesla
scrilla farebbe assai bene sopra una bottega di festaiuoli : per con-
trario squadernata cosi, senz' altra aggiunta, sulla fronte di un Gior-
nale , fa quasi scambiare il suo sludio con un magazzino di arnesi
da festa. Se non e nostra malizia, qui sotto cova una malizia degli
egregi compilatori. Essi vedeano bene che il principale uflicio , che
loro si conveniva , era per appunto il divisato da noi e il pur tenta-
to da loro , almeno secondo la intenzione. Ma vedevano allo stesso
tempo la gran difficolta della cosa; da non pigliarlaayabbo, direb-
be lutto a proposito il nostro Dante, ne da lingua che chiami mamma
e babbo. Perocche a conciliare a Dante la debita slima e il debito
amore, si dovea farlo comparire nella vera grandezza di Poeta cri-
stiano, che e il carattere suo prcprio. E per questo era bisogno pe-
netrare gl'intimi intendimenli della Divina Commedia, misurarne la
grandezza, scoprire il bello del tutto e delle parti, abbracciare in so-
stanza colla mente quel gran complesso delle maraviglie dell'umano
ingegno, ed ogni cosa divisare ai lettori con islile tulto proporzionalo
alia eccellenza del subbietto. Ora i compilatori doveano essere inli-
mamente convinti di non avere di questa farina ncl sacco loro. Dall'al-
tro canto aspeltarne da spontanei contribuenti era un giocar sull'm-
certo. Che fecero dunque? Spiattellarono li sul Giornale quel mottetto
da boliega : « Prepara la solennita nazionale della nascita di Dante »,
lasciando al discrete leltore lutta lafacolta d'inlenderlo a modosuo.
Cosi se venisse un poco di ben di Dio di letteratura dantesca, tanto
meglio : in caso contrario non sarebbe difficile, cogli Essendo e Con-
sider ando de' Municipii, colle relazioni del monumento A che e stato
appro vato, del monumento B che sara probabilmente appro vato, colle
leltere di congratulazioui e ringraziamenli , colle proposte di biblio-
teche dantesche universali , fmalmente con qualche spizzico d' inter-
DEJXA STAMPA ITALIANA 709
pretazioni da far venire le vertigini, sfangarsela dalle otto pagine di
ciascuno de' tre numeri, che escono ad ogni mese, ne di piccoli ca-
ratteri, ne di sesto assai grande. Nella quale ipotesi, pur troppo pro-
babile , se pericolava la verita dell'epigrafe memorata , inquanto il
Giornale avrebbe sol riferiti, non gia falli gli apparecchi della solen-
nita della nascita ; si sarebbe pero verificata la proposizione inversa,
che questa solennita della nascita di Dante avrrebbe preparata la na-
scita del giornale, sostentatagli la vita, e lasciato agli eredi natural!
un gruzzoletto per seppellirlo con onore.
Considerata la cosa sotto questo rispetto, non sappiamo negare
che gli autori di quesla impresa nazionale di preparare la solennita
della nascita di Dante, non operassero con prudenza. Tanlo piu che
quell' altro impegno di far apparire Dante nella sua genuina gran-
dezza, co' venti che spirano adesso, e nelle circostanze in cui si sono
collocati gl'illustri autori del Giornale, non era neppure da mettere
in campo per rnodo di tentative. Imperciocche, a volere e a non vo-
lere, il Concetto della Divina Commedia e essenzialmente crisliano ;
ma della cristianita del medio evo, che era cosa tutta soprannaturale,
ne da conchiudersi a parole, si bene da praticarsi cdlle opere, in per-
fetta conformita colla legge di Cristo e della Chiesa cattolica. Ora i
liberali, con quel lume di sapienza, che e tutto lor proprio , hanno
veduto che un tal cristianesimo e cosa gretta, piena di superslizioni,
al tullo da spirit! deboli, e per niente adattato alia nuova civilla, che
essi col loro senno e con lungo lavorio sono riusciti a creare. Pero ,
in virtu della pienissima autori la , onde sono investiti sopra tulte le
cose, temporal! e spirituali, di queslo mondo e dell' altro, lo hanno
purificato della ruggine del medio evo , e sollevatolo di peso all' al-
tezza de' tempi. II cristianesimo cosi rinnovato dalla benedizione li-
beralesca, nonche non essere piu in quella eterna conlraddizione col
secolo, gli da anzi e ne riceve il bacio di pace: con che esso addi-
venta essenzialmenle civile, e il secolo essenzialmente cristiano; di-
sparite per sempre tutte le differenze , unificati tutti gl' inleressi , e
sciolto il gran problema , credulo insolubile nel medio evo, di con-
ciliare insieme il cielo e la terra, Cristo e Maometto, Dio e Satanas-
so. Ed ecco ad un dipresso il cristianesimo che i liberali ci vogliono
far vedere onninamente nella Divina Commedia. I quail devono ave-
710 RIVISTA
re ragionato, su per giu, in questa forma. Dante certamente era un
grand' uomo : ma per essere un grand' uomo dovea pensare e cre-
dere come noi , e per conseguenza scrivere ne' nostri sensi : adun-
que la religione della Divina Commedia non e ne puo essere , die
qualche cosa di somigliante alia noslra.
Non si creda clie sclierziamo. Questo raziocinio, se non si trova
cosi espresso, che sarebbe stolidita, negli scrilli de' moderni rifor-
matori, e nondimeno implicilo, quanto basta, ne' loro ragionamenti.
Ne dall' altro canto venga il sospelto , che cio che diciamo del come
intendtmo essi la religione della Divina Commedia, sia un giudicare
troppo malignamente le loro intenzioni. Imperciocche , lasciando da
parte i phi corrivi, i quali per altro neppure ebbero seguito, essendo
usciti colle loro esagerazioni fuori de' confini di ogni verosimiglian-
za; ma gli altri generalmente della scuola liberalesca qual parte
danno all' elemenlo religioso , che ha campo si largo nella Divina
Commedia? Secondo le loro interpretazioni tutta la gran macchina
delle tre Cantiche , che e quanto dire la grande impresa che compie
Dante, e nella figura di Dante il Cristiano, viaggiando per T Inferno,
pel Purgatorio e pel Paradiso, e per conseguenza tutti gli atti di vir-
lu cristiana che va esercitando via via, altro non sono che segni e
figure della ristaurazione polilica e civile, a che il Poeta, secondo
essi, aveva Y intendimento, e di cui il Poema dovea esporre allego-
ricamente i mezzi.
Conciossiache i liberali si sono filti nel capo che il bene , che il
Poeta vagheggiava nel Colle simbolico , era un bene politico ; e che
le fiere, le quali gliel'impedirono, specialmenle la Lupa, furono osta-
coli di ordine politico. Or non e una logica necessita, che il Viaggio,
merce del quale fu liberato da que' mali , e pervenne a quel bene
si ansiosamenle desiderato , si riduca ancor esso al valore di un
mezzo meramente terrene di rislaurazione politica? E in questo caso
che altro e la religione della Divina Commedia , considerala nel suo
valore pratico e quanto all' intendimento dell' Opera, se non che una
faccenda del tulto civile, dispogliata di ogni significazione e di ogni
importanza soprannaturale? E non fa nulla al caso noslro, che in
molti, che cio spacciano, non si annidi cosi rea intenzione. Giacche
a questo proposito accade come sempre, che la gran turba, e in mez-
DELIA STAMPA ITALIANA 711
zo a questa anche uomini dotti e letterati da baldacchino, si lascino
governare dalla volonta della setta ; la quale non si puo dire , come
sia desta per carpire ogni occasione di tulto sbattezzare, travolgendo
nelle sue raacchinazioni , sicche vi lavorino almeno inconsapevoli ,
anche gli uomini di dirilta volonta.
Ora il Giornale del Centenario solto la disciplina e la protezione
del Municipio di Firenze, il quale, nell' alto esercizio della sua giu-
risdizione, ad unanimita di suffragi, dichiara : « Che i tempi nuovi
vaticinati dal Poeta apparvero .... e che la citta di Firenze . . . non
puo meglio che con un grand' alto verso il massimo Cantore mo-
strare al mondo che con Dante furono fecondati in lei tutti i semi
della odierna civilta »; che altro, diciamo, poteva fare il suddetto
Giornale che meltersi in branco co' liberal!, e predicare, secondo la
defmizione del Municipio fiorenlino, a tutto il mondo, come qualmen-
le la settima eta profetata da Dante Allighieri e spuntata, e la Divi-
na Commedia ha fmalmente dopo sei secoli avuto il suo esilo natu-
rale, coll'apparizione avventurosa del benedetto Regno d' Italia ?Per-
ciocche, chi nol sapesse , questa e appunto la piu importante scoper-
ta fatta nei novissimi tempi da' nostri uominoni , che, Sissignori .
questa Italia , che essi ci hanno assassinata, e proprio come ce
1'hanno assassinata, e 1'Italia vagheggiata da Dante. Di essa, se-
condo il decreto del Municipio, il sommo Poeta lascio i semi nella sua
Opera ; i quali poi , fecondati dalla incubazione liberalesca , si sono
scbiusi in quesla gioia di Regno che, benedetto Iddio! minaccia di
annegarci tutti nel mare delle sue beatitudini.
E questo e in sostanza lo spirilo che informa il Giornale del Cen-
tenario Donde agevolmente possiamo argomentare,perche fosse sta-
to cosi restio di fame il soggetto delle sue periodiche pubblicazioni.
Certe assurdita si possono affermare con insistenza, si possono ripe-
tere : e non manchera un buon numero di allocchi , i quali le acco-
glieranno a bocca spalancata , come altrettante verita cascate dal
cielo. Se pero si vogliono trattare sul serio , pretendendo di farle
passare a rigore di ragioni e di argomenti, vi e gran pericolo che si
manifestino per do che sono, sicche que' medesimi , che le avevano
accettate, le rigetlino con isdegno. La quale cosa i liberali hanno ca-
pita a meraviglia ; e pero guardale se ci vengano mai a sciorinare
712 RIVISTA
le loro dottrine per atqui ed ergo, corne s' industria di fare ogni ani-
male ragionevole che sia un po' sicuro del fatto suo. Essi al contra-
rio ce le ammanniscono sotto le forme di assiomi , o dignila , come
diceva il Yico , di verita immediate , di principii primi , di principii
indemonstrabili. E percio e chiaro che il sillogismo non ci puo entra-
re per altro, se non a fine di fame scoppiare le conseguenze, le quali,
per poco che siano aiutate con quella macchina aristotelica, ne scat-
tano tante e cosi fragorose, che e proprio un subisso.
Sicehe e chiaro che il Giornale del Centenario , nato essenzialmen-
te liberate , dovea per obbligo naturale propugnare la identita del
Regno d' Italia coll' intento della Divina Commedia ; e pero sbatlez-
zare la Divina Commedia, com' e senza baltesimo il Regno d' Italia.
Ma provarsi a dimoslrare con qualche conato di raziocinio la voluta
medesimezza, e a far scambiare per virtu, se non altro , di qualche
sofisma meno che infelicissimo , la religione di Dante , pellegrino
pe' tre regni , colla religione de' gia esuli illustri ed ora felicemenle
approdati nel paradiso della cuccagna italiana ; sarebbe stato lo stes-
so che guastare il negozio, e di phi uscirne colle beffe.
Or questa e la ragione del gran vuoto di critica dantesca , che ,
sebbene qualita negativa, possiamo pero dire essere la specificativa
del Giornale del Centenario. Perocche non solo questa critica dee
mancare per necessita, come abbiamo veduto, nella cosa piu sustan-
ziale , ma manca di fatto eziandio nelia parte secondaria d' inlerpre-
tazioni particolari , o di altra acconcia erudizione. Certo tutti coloro
che hanno la giusta intelligenza del concetto dantesco si sarebbero
vergognati di far comparire comechessia il nome loro su quelle pa-
gine stesse, nelle quali quel concetto con tanta sfacciatezza e falsalo.
Quanto ai letterati o liberal! o in servigio de' liberali, non neghiamo
che ve ne ha non pochi , i quali , volendo , avrebbero potuto ali-
mentargli la si corta vita di un anno , con cibi non ispregevoli di
erudizione dantesca. Ma il fatto e, che fmora non hanno voluto, o se
si sono condotti a fargli un qualche poco di carita, e stata ordinaria-
mente de' loro rifiuti. Delia qual cosa non e del nostro proposito in-
dagare le cagioni: ma quali che sieno, il vuoto che dicevamo e sco-
raggiante, e giustifica pienamente la prudenza degli scrittori, i quali
in luogo di porre in fronte al loro Giornale un titolo da doltore , lo
BELLA STAMPA ITALIANA 713
niandano in giro il poveraccio con quella tessera indecorosa di fat-
torino di bottega.
Torremo in esame, a confermazione di quanto abbiamo asserito, le
cose che ci appariscono piu rilevanli negli undid numeri che ci sono
pervenuti sino al giorno d'oggi. E per ora, non potendo allro, ci
occuperemo della spiegazione del Concetto del Poema , di cui la Di-
rezione va debitrice al senno del signor Professore Zauli Saiani, che
gliene fece presente. Comincia la pubblicazione nel numero 3, se-
guita nel 7, e minaccia di estendersi non sapremmo dir quanto. Ma
do che riguarda 1' allegoria fondamenlale sta tutto conchiuso nel
numero 3 ; ed e quanto ci basta al bisogno.
H signor Zauli ha la cura di avverlirci sin dal principio , che egli
fu esule lungo tempo per la causa italiana : e questo non fa per vana
oslentazione ; si per protestare la sua gratitudine al Poeta , per be-
neficio del quale, egli confessa di avere potuto mantenere, fra le ten-
tazioni del lungo esilio, incontaminata la sua fede politica. Cosi, dopo
avere pellegrinato con Dante, gli e riuscilo finalmente di approdare
nel suo Paradiso, cioe nel regno d' Italia, nel quale e vero che non
gode un poslo di gloria molto elevato , essendo semplice Professo-
re : ma gia Dante 1' avea notato,
com' ogni dove
In cielo e Paradiso, etsi la grazia
Del sommo Ben d' un modo non vi piove.
Nel resto egli colla palma di martire , egli coll' aureola di Dottore ,
egli col soldo corrispondente, che costituisce la beatitudine sostan-
ziale de' beati del Regno , e lutlo il caso a farci gustare il concetto
italiano di D<mte , nel compimento del quale e stalo si avveriturosa-
mente compreso.
E prima di lutto gli dobbiamo rendere la lode di avere soddisfat-
to pienamente alia condizione che , come abbiamo avvertito , e indi-
spensabile, per ispiegare nel senso liberale, e con qualche speranza
di buon riuscimento, il Concetto della Divina Commedia : ed e di
elcvare quella spiegazione sino all' altezza delle cose per se note,
A guisa del ver primo che 1' uom crede.
71 1 R1VISTA
Sopra un tal punlo sfidiamo la critica piu sckifiltosa a saperci tro-
vare un solo periodo, nel quale il signor Zauli, non diciamo dimostri
cio che afferma, ma faccia un semplice tentativo di dimostrarlo. Que-
sto sarebbe stato come un meltere in dubbio la verita della cosa:
che allro non potea essere se non che ollraggio alia stessa verita.
Perocche pognamo pure che il dubbio non entrasse nell' animo suo;
poteva pero entrare nell'animo de' suoi uditori. Poiche e da sapere,
che il Professore avea gia pronunziale queste sue dotte lucubrazioni
nel R. Istituto tecriico di Forli , innanzi di fame regalo al Giornale
del Gentenario. Or chi non sa che i giovani quanto son facili ad
accettare dalla bocca del lor Professore checche ad essi si pro-
pone per modo di principio , di massima, di verita almeno ricono-
sciula da'dotti del mestiere; allrellanto sono accessibili al dubbio,
quando il Professore commelta la imprudenza di voler dimostrare
certe cose, per le quali non ci ha dimostrazione che tenga? Ma ii
signor Zauli , ben lungi dall' iinpegnarsi in coteslo pecoreccio , si
sforzo anzi di comunicare ai suoi alunni la evidenza immediala che
gli pareva di averne egli stesso , procurando di vantaggio di riscal-
dare il loro cervello col riverbero del suo , piu che mediocremente
infiammato.
Del quale artistico effetto egli va debitore alia forma estetica, che
seppe dare alle sue lezioni. II letlore ci perdoni , se non possiamo
nominargli con vocabolo dell' arte questa forma , per la ragione
che essendo del tutto originate , cioe propria esclusivamente di lui
signor professore Zauli Saiani, non puo avere un nome ne' trattati,
che gia esistono, di eloquenza didascalica. Nondimeno se si vuole
paragonare alle forme conosciute, almeno in altri generi, apparira che
si accosta mollo di vicino al ditirambo. Lo stesso eccitamento del
ditirambo, che, come si sa , si credeva ispirato da bacco ; la stessa
irregolarita. e frequenza di trapassi, ma pure con una idea sempre
fissa, che vi predomina; le stesse immagini gigantesche; fmalmente
lo stesso sdegno di qualsivoglia disciplina. Togliamone un piccolo
saggio, e sia pure nel principio, quando 1'accensione non suole aver
toccalo il suo sommo. Apre dunque cosi la sua prima lezione:
« Come un umile e zelante minislro di Dio, per ispirarsi a discor-
rere dell'alta legge d'amore, insegnata dal divino Maestro, apre de-
BELLA STAMPA 1TALIANA
voto il gran libro degli Evangeli, io, povero d'ingegno, ma ardente
in patria carita, per ispirarrai a ragionare delle present! condizioni
moral! e politiche d' Italia, apro anck'io una Bibbia, il poemasacro,
eke e la bibbia della nazione italiana ; il gran poema eke rivela al-
T Italia T altissima legge, onde la Provvidenza ad alti e novelli de-
slini 1' ka rickiamala ... »
« Ak si , dopo sei lungki secoli ! ( ma eke importa? i secoli nella
vita delle nazioni son giorni ; la nazione ka fatto un passo da gigan-
te e i secoli sono scomparsi ) , dopo sei secoli alfine vediamo in atto
il grande concepimento del poeta , 1' unita politica d' Italia sotto un
solo monarca, e \7ediamo eke sta per compiersi 1'unila religiosa solto
un nuovo ponlificato, eke spogliandosi dell' ultimo brano del tempo-
rale ammanto , innalzi la tiara al solo e vero splendore , eke le pre-
figgono cielo e terra. Cki avesse dubbio, eke questo non fosse per
divenire folio compile, sconoscerebbe questa bibbia, rinnegkerebbe
la storia, i secoli, i popoli, T Italia. . . e Dante. »
A questo luogo naturalmente dovette erompere uno scoppio di ap^
plausi frenetici ; percke , avete inteso ? non solo e cosa per se nota,
eke il regno italiano e la espressione del concetlo danlesco ; ma non
si puo neppure ammeltere ombra di dubbio eke, per finire di esserlo
a perfezione, non debba distruggere, e presto, ogni reliquia di domi-
nio temporale di Papi. II eke essendo, poicke le cose di evidenza im-
mediata non si dimostrano, ma si propongono solamente, o al piu si
dickiarano; a lui e tutto il bisogno uno spizzico di storia; facendo as-
sapere , qualmente in quel secolo sgraziato , in cui tocco a Dante di
vivere , questa povera Italia era un campo di lotle sanguinose tra
Guelfi e Gkibellini, sempre in sull'armi a disputarsi il comando delle
citta; e eke tra queste una delle piu travagliate fu Firenze , soprad-
divisa , per istrazio peggiore , nelle altre due parti de' Biancki e dei
Ned , funesta cagione al povero Dante dell' esilio e di ogni altro suo
danno. Questo sprazzo di peregrina erudizione ckiarifica tullo. « A-
prile adesso (cosi il Professore invitava i suoi alunni) , aprite adesso
il 1.° canlo della I.a Canlica. Poicke nel mezzo dell' umano cammino
egli (Dante) si e smarrito nell' oscura selva delle parti , eke gli kan-
no procaccialo il dolore dell' esilio , e tenta pure di uscirne con ono-
re ; il eke non puo fare eke salendo all' altezza della Patria ; di cui
716 RIVISTA
aspira al ritorno con tutla la potenza del cuore e vuole il disingan-
no con tutta la forza dell' intellello ; ecco appunto apparirgli ii colle
che la rappresenta irradiato daU'eterno sole della speranza. »
Seguitando innanzi a far luce colla fiaccola stessa , fa riconoscere
il vero significato delle tre belve che sopravvennero ad impedirgli il
cammino; e nella « Pantera o Lonza, di pelo maculato » raffigura «la
stessa sua terra natale, Firenze, divisa in Bianchi e Neri » ; nel Leone
« la sempre superba corle di Francia, con quel suo Carlo di Valese » ;
fmalmente nella Lupa ( ci perdonino i leltori se siamo obbligati di
trascrivere queste bestemmie! ) « un'altra peggior beslia, un mostro
che rappresenta la potesta temporale deTapi, la corte simoniaca non
mai satolla d'oro e di potere. »
Virgilio giunse in buon punto per liberarlo dal terribile scontro ,
e gli profeto un Veltro che avrebbe data la caccia a quella orribile
belva, e ricacciatala nell' Inferno. Gli persuase intanto che lo seguis-
se per un altro cammino, e cosi rimarrebbe salvo dalla offesa di lei.
Ascoltiamo adesso il professore, il quale innestando la storia de' tempi
di Dante colla storia noslra contemporanea, rimuove il velo delle fi-
gure ed illumina il gruppo dantesco, da vederci chiaro anche un orbo.
« II dialogo , egli dice , che ha luogo fra loro (fra Dante e Virgi-
lio), e quello della fantasia che ragiona col cuore , che sollevandosi
senza tempo sui secoli profetizza un Vellro , una potenza nazionale
che di eta in eta deve conquidere la lupa ingorda, la lupa invidiosa
della potesta di Cesare ; un Veltro che di eta in eta deve cacciarla
per ogni terra, finche 1' avra rimessa nell' inferno, dal quale T invi-
dia (il distintivo delle fazioni), 1'invidia dapprima 1'avea falta uscir
fuori. Ora se questa sia veramente rullima eta della lupa io lascio
a voi considerare. Contro un nuovo Carlo Valese, che troppo voglia
prolungare gli ultimi anelili della lupa, c' e un altro Veltro che rap-
presenta la forza de' secoli. . . la potenza della Nazione! E gia 1'ispi-
razione (Virgilio) Seguimi, grida a Dante. Non e per la via ingom-
bra dalla lupa poligama. . . che tu potrai uguagliarti all'altezza della
patria, ma per la strada della gloria. Seguimi e ad ammaestramento
dei vivi ti apriro il regno de' morti. » E delto che lo fara viaggiare
per 1'Inferno, pel Purgatorio e pel Paradiso, conchiude : « Cosi, solo
cosi vincerai la pervicacia delle parti, e richiamato in patria ti assi-
BELLA STAMPA 1TALIANA 717
derai trionfanle nel maggior tempio di quella terra , che ingiusta-
mente ti ha sbandito. »
E in questo sugo di prosa, ne in altro die questo, si sprerne quan-
ta e lunga e larga la pappolala dilirambica del chiaro Professore del
R. Islituto tecnico di Forli , signor Zauli Saiani. Fara maraviglia ,
non diciamo altro , la facilila , onde ha licenziati di farsi largo nel
pubblico cosiffatti suoi sogni. Perocche se queste lezioni le avesse
recitale a solamente qualche dozzina di giovanetti , si capisce assai
bene, come avrebbe poluto pigliare coraggio dalla loro semplicita per
dime di cosi sperticale. Ma divulgarle poi per la stampa, e volere che
facciano il giro dell* Italia, parrebbe alto di straordinaria dissenna-
tezza, o d' ignoranza singolare. Nondimeno , tratlandosi di liberali,
e in cotesta materia , la cosa e spiccia. L' abbiamo detto, e un' in-
iesa tra loro di dovere ridurre a religione civile la religione della
Divina Commedia, e rifondere in essa cotesto aborto del Regno ita-
liano , come ultimo segno di quel bene politico che Dante vi abbia
voluto adombrare. E per giungere a tanto il miglior modo credono
essere questo di ripetere in mille modi il medesimo assurdo, ne mai
stancarsi di ripeterlo ; sicche passi siccome cosa evidente e da do-
vcrsi accettare da tutti.
Or senza bisogno di andare per le minute; che a cio fare ci sa-
rebbe uopo di volumi, ed i volumi gia esistono , chi li volesse con-
sultare; saranno d' avanzo alcune poche e semplicissime considera-
zioni, per mandare in dileguo il ditirambo del Saiani. La selva, in cui
Dante si smarri, secondo egli dice, simboleggia le parti politiche;
per cagione delle quali fu cacciato in esilio. Per contrario il colle
figura la Patria, in cui si argomentava di far ritorno. Contraddizione
flagrante nella stessa posizione ! Imperciocche la selva figurerebbe
due cose che si escludono a vicenda; figurerebbe cioe Firenze ; giac-
che le parti fiorentine lo mandarono in bando ; e figurerebbe 1'esilio ;
stanteche dall' esilio egli si adoperava di ritornare nella Patria. Si-
milmente le tre belve ( con quella logica che a lor presta il Saiani )
in quell'atlo medesimo che si sforzavano d' impedirgli il ritorno dal-
1' esilio nella patria, lo ricacciavano in quel luogo, dal quale fu esi-
liato , che non- poteva essere altro che la patria. Che testa quadra
quella del professore di Forli!
718 RIVISTA
Nel resto chi voglia intendere da senno, e non gia dare ad inten-
dere in servigio de' padroni, che sia veraraente la Selva, die sia il
Colle, non ha bisogno che di un discorso semplicissimo.
La Selva, nella intenzione di Dante, rappresenta quel male, da
cui Virgilio fu mandato a liberarlo con quel mezzo straordinario del
viaggio per 1'altro mondo. E cosa chiara per le stesse parole di
Virgilio a Dante :
A te convien tener altro viaggio,
Rispose, poi che lagrimar mi vide,
Se vuoi campar d'esto loco selvaggio.
Per contrario il Colle simboleggia quel bene , al qual non essendo
possibile a Dante di arrivare per la strada piu breve, fu da Virgilio
indirizzalo per quell' altra piu lunga. Anche questo e chiarissimo
pel dialogo tra Virgilio e Dante. Virgilio aveva interrogate :
Perche non sali il dilettoso monte,
Ch' e principio e cagion di tutta gioia?
Inleso poi dell' impedimento sopraddetto , gli propose il mezzo del
viaggio straordinario con queste parole :
Ond' io per lo tuo me' penso e discerno,
Che tu mi segui, ed io saro tua guida,
E trarrotti di qui per luogo eterno.
Con che lo assicuro che gli farebbe conseguire quel bene , al quale
non gli era possibile di giugnere da per se.
Ora da qual male fu liberato Dante e a qual bene pervenne per
quel viaggio che imprese pe' tre regni dell' altro mondo? Cel dica il
fatto. Dante colla visita dell' Inferno non altro fa , che contemplare
il rigore della divina giustizia nel punire i peccalori. La quale con-
siderazione di sua natura e ordinata ad insinuare nell' anima orrore
e pentimento delle proprie colpe, e disporla alia giustificazione.
Ed in effetto, compiuto che ha il primo viaggio, e innanzi di entra-
re ne'gironi del Purgatorio, per ministero di un Angelo riceve il Sa-
gramento della giustificazione. II rimanente del cammino del Pur-
gatorio va tutto in espiazione della pena che rimaneva a scon-
BELLA STAMPA ITALIANA
tare dopo il Sagramento , ed in purgazione degli abiti rei rimasti
nell' anima : cose simboleggiate dai sette P che 1' Angelo gli lascio
impressi sulla fronle, ed ei si vedeva 1'uno appresso 1'altro dispari-
re, secondo che avanzava nel cammino. Non e egli dunque chiaro,
quanto la luce del mezzodi, che il male da cui Dante fu liberate con
questo mezzo del viaggio per 1' Inferno e pel Purgatorio , e il male
della colpa e de' pessimi effelli che la secondano ; e che il bene, a
cui venne, fu la santificazione dell' anima , ottenula col Sagramento
della penitenza, ed accresciuta e invigorita cogli abiti virtuosi ? Pe-
rocche dell' acquisto graduale di quesli abiti e simbolo la stessa
montagna del Purgatorio, per quella sua specialissima qualita di far
sentire sempre meno la fatica del montar su, secondo che si ascende
piu alto. Come poi il Paradiso terrestre simboleggia 1' ultimo grado
della rettitudine; perche giunlo in esso il Poeta non solamente e re-
so incapace d' ogni istinto al male , ma e si fattamente riordinato ,
che dee pigliare dalla inclinazione del suo arbitrio la norma dell' o-
perare ; cosi il Paradiso celeste e figura della perfettissima unione
con Dio, espressa nel suo ultimo grado dalla visione beatifica.
Donde proviene la necessaria conseguenza, che il mal della Selva,
che Dante volea scampare per la via diretta del Colle, e Virgilio gli
fe fuggire pel mezzo del viaggio , non puo essere altro che il male
della colpa, e gli effetti che ne derivano ; e che il bene del Colle, a
cui Dante non pote pervenire per gl' impediment! delle fiere , e che
Virgilio gli fe acquistare con queH'altro indirizzo, sia la grazia san-
tificante avvalorata dagli abiti virtuosi e cresciuta nel grado piu ele-
vato di perfezione cristiana.
Questa e la idea che emerge limpidissima dalla letlura della Di-
\ina Commedia , che fu accennata da Dante stesso nella epistola a
Cane della Scala , che fu tramandata con semplicissime formole dai
primissimi commentatori , che si e manlenuta per cinque secoli, e
tuttora sussisterebbe , se i liberali , a cui d& ne' nervi ogni odore di
pieta cristiana , non avessero posto ogni studio ad annebbiarla. Ne
solamente risulta dair esame di tutla 1' Opera ; ma vi ha moltissi-
mi luoghi particolari di essa , ne' quali lo stesso Autore V ha diret-
tamente dichiarata , importandogli molto di non essere frainteso so-
pra il punto piu sostanziale. Noi solo ne accenneremo alcuni pochi,
RIVISTA
non essendoci consentito, nel breve spazio di una Rivista, esaminarli
ponderatamenle. Confronti dunque il leltore co' simboli del I.° canto
dell' Inferno i seguenti brani: Purg. I, vv. 40-73; id. XXIII, vv.
112-121 ; id. XXX e XXXI in que'tralti in cui sono contenuti i
rimproveri di Beatrice; fmalmente Parad. XXXI, vv. 79-111.
Secondo un tal fondamento le Ire belve non possono significare
che Ire generi di tentazioni che ricacciavano il Poeta nella selva de'vi-
zii , da cui si argomentava di uscire. E ci sarebbe certamente rica-
scato , se per intercessione della Donna Gentile ( nella quale i phi
assennati commentatori riconoscono Maria Santissima) non fosse sta-
to sovvenuto di quel presidio straordinario, di viaggiare pe'tre regni
dell'allro mondo.
Or queste lentazioni, sinche i liberali non ci vennero ad arruffare
la matassa, si teneva datutli essere le tre grandi concupiscenze, che,
secondo e delto in S. Giovanni, corrompono tutto il mondo, ed anzi
coslituiscono il mondo perverso, condannato dall'Evangelo. Lc qua-
li sono, la concupiscenza della carne , cioe la lussuria, figurata nella
Lonza ; la concupiscenza degli occhi , cioe 1'appetito delle ricchezze ,
ossia 1'avarizia, figurata nella Lupa ; e 1'appetilo dell' eccellenza, cioe
la superbia 1, figurata nel Leone.
Che poi alia conversione di Dante opponesse ostacolo maggiore la lu-
pa, ossia 1'appetito delle ricchezze, non e cosa da fare difficolta, a chi si
faccia presenti nell' animo quesle due considerazioni : la prima, che
Dante si pone in figura deH'uomo in generale: e questo non abbisogna
di pruova, perche oltre ad essere chiaramente insinuate dalla epistola a
Cane, e un punto in che si accordano tutti gl' interpret! anlichi e mo-
derni. La seconda, che, conforme Y insegnamento dello Spirito Santo
nelle divine Scritlure, quell' appetito disordinato dell'avere e cagione
nel mondo di tutti i rnali morali 2. Or di questa verita era Dante piena-
mente penetrato, e ne discorre ampiamente, in prosa e in verso, nel
Convito e nella Divina Commedia ; ed appunto dallo sfrenato imper-
•versare di cotesta passione riconosce la universale corruzione , che
1 Omne quod est in mundo Concupiscentia carnisest, et Concupiscentia
oculorum, et Superbia mtae. IOAN. ep. I, II, 16.
2 Qui volunt divites fieri inddunt in tentationem et in laqueum diaboli. Ra-
dfa enim omnium malorum est cupiditas. I. Timoth. VI, 10.
BELLA STAMPA 1TALIANA 721
lante volte lamenta, de' suoi tempi. Ora qual maraviglia se in una
passione, die egli per lame di fede e di discorso naturale sapeva es-
sere il germe di tulti i peccali , cosliluisse il piu potente impedi-
mento alia salute dell' anima?
Si dira forse, che Dante non si sarebbe mai, neppure in figura, ap-
propriato un vizio, da cui era persuaso che derivassero tutti i mali
sociali del suo tempo, contro i quali si acerbamente inveisce. Ma si
osservi che la cupidita puo essere doppiamenle principio e radice
de'mali morali. Primieramente per rispetto all'uomo individuo, il qua-
le, come dice S. Tommaso, ha nella pecunia il mezzo da conseguire
tutli gli altri beni lemporali, e pero la cerca con piu ardore, e se ne
fa strumento da soddisfare a lutte le altre passioni. Or chi puo ve-
dere assurdo o inconvenienza in questo, che Dante, posto che si re-
putasse peccatore, almeno in figura, riconoscesse anch'egli dalla cu-
pidita 1' origine delle sue colpe ? Nondimeno di esserlo in realta egli
umilmente si accusa in piu luoghi del Poema ; essendo privilegio
esclusivo de' liberali credersi irreprensibili. In secondo luogo , la
cupidita e cagione di corruzione e di delitti di ogni genere nel con-
sorzio civile, se, pel cattivo governo o per altre cagioni, abbia piu
largo campo, ne sia sufficientemente raffrenata. E cosi appunto e1
considerata in piu luoghi parlicolari del Poema , nei quali e detta
causa di tult' i mali della civile societa de' tempi del Poeta.
Ora il secondo riguardo non ha che fare con Dante protagonista, ne
colla idea del Poema. E nondimeno la chiave per ispiegare do che
e detto del Veltro e della impresa di lui. Conciossiacche Dante ri-
peteva il predominio. della cupidila disordinata negli ordini civili,
e quindi la corruzione sociale, dal caltivo governo : e cotesto cattivo
governo egli lo ravvisava cosi ne' Guelfi, come ne' Ghibellini par-
teggianti; cosi negli uomini di chiesa, come ne'laici. Ecco dunque 1'a-
zione che atlribuisce al Veltro: introdurreil buon governo, che era
la Monarchia imperiale ; e con do stesso distruggere la Lupa , ossia
il predominio della cupidita, inquanto causa della sociale corruzione.
Ilperche questa impresa del Veltro ne costiluisce 1'azione del Poema,
ne vi entra come parte di essa : anzi non potea essere ne 1' una
ne 1'aHra, siccome cosa da doversi compiere in un tempt) futuro.
Serie Y, vol. X, fasc. 342. 46 9 Giugno 1864.
RIVISTA
Queste idee abbiamo esposte assai brevemente , perche ci ricor-
da averle dichiarate piii in lungo in altri luoghi del nostro Periodi-
co 1. Ma dal poco che ne abbiamo toccalo si puo vedere con quanlo
lume di critica il signer Zauli Saiani ci venga a contare in sul serio,
come Dante si mise in viaggio per 1'altro mondo, in cerca della Pa-
tria perduta. Cotesta novella 1' avea gia immaginata il Marchetti ; e
perche da gran tempo, non ostaute il favor e liberalesco, era stata
cacciata fra le ciarpe vecchie, il sullodato signor Zauli Saiani 1' ha
voluto, come dicono adesso, riabilitare , afforzandola con una dozzi-
na di contraddizioni di piu, e determinando il concetto della Palria
coll' attuazione di questo regno d' Italia, foggiato da'suoi padroni.
Ci e pero un lato di vero in questa sua spiegazione ; il quale noi ,
per essere gius'ti , non dobbiamo dlssimulare : con che finiremo per
ora. Imperocche se egli restringe la sua affermazione alia prima Can-
tica solamente ; e intende dire che il regno d' Italia ha il suo perfetto
ragguaglio nell' Inferno dantesco, non ha proferito in vita sua verita
piu vera di questa. A cominciare dagli Sciagurati del primo cerchio,
tutf una cosa cogli sciagurati di quassu, che non sono ne per 1' Italia
ne contro , rigettati pero dagli italianissimi e dai clerical! ; trovera
Tia via combaciare ogni cosa a capello , insino all' ultimo girone del
cerchio estremo , la dove si apre lo spettacolo di Lucifero che spa-
lanca quelle immani voragini delle sue tre bocche,
Ed ogni bocca un peccator maciulla.
Magnifica immagine , in cui e tutto Y ideale di quello , che alcuni
corsi di Esletica chiamano Bello satanico; ma, immagine nello stesso
tempo acconcissima al caso nostro! Imperocche come quel luogo
de' traditori e il punto
Dell' universo in su che Dite siede ;
e per conseguenza il fondamento dell' Inferno ; cosi, a lode della ve-
rita, i Traditori, secondo tutte e tre le categorie di Dante, sono 1' o-
1 Civ. Catt. Ser. IV, vol. VI, pagg. 72 segg., 205 segg. ; V, vol. I, pagg.
892 segg., vol. VI, pagg. 658 segg. Vedi ancora sullo stesso proposito BE-
RAHDINELLI , Concetto della Dimna Commedia. Napoli 1859, presso Gabriele
ftondinella.
BELLA STAMPA ITALIANA 123
noralo fondamento di questo Regno d' Italia. Speriamo che la somi-
gliariza non sia per estendersi sino a far loro provare i bad di quelle
bocche ; che di cerlo non ci avrebbero gusto.
II.
La sentenza assolutoria, pronunziala dalla Sezione di accusa delta
Corte di Appello di Ancona nella causa di S. E. il Cardinale
Morichini.
La gravita e la integrita sono due pregi si proprii di chi siede
giudice autorevole, che non v* ha uomo cosi dispetto e cosi infame, a
cui egli si agguagli nella pubblica estimazione, se avvenga, che ap-
parisca dell' uno e dell'altro manchevole. Quindi e che Tullio, volen-
do sfolgorare la slima goduta da un giudice, non seppe trovare miglior
partito, che il chiamarlo semplicemente : index nequam et levis 1.
Ed in vero la maesta del tribunale, la sacra professione che vi si fa,
di rend ere giustizia autorevolmente, formano un contrapposto si mo-
struoso colla trivialita de' modi e colla iniquila delle sentenze , che
sino il piu rozzo sente tutto lo sprezzo e tutto 1' orrore che puo ca-
pirgli in cuore per chi lo rappresentasse nella sua persona, mostran-
dosi ad un tempo giudice autorevole ed uomo da trivio nel suo par-
lare, ed iniquo e frodolento nelle sue sentenze. Ma non sembra che
i giudici della Corte di Appello di Ancona la pensino cosi. Si mise-
ro e lo slrazio che fanno della gravita , si patente e T insulto por-
tato alia integrita nella sentenza di assoluzione pronunziata in pro di
S. E. il Cardinal Morichini, che dopo di averla letta e uopo conchiu-
dere : chi 1' ha formata non sente piu il decoro e la interezza propria
del tribunale.
Dovendosi mandare assoluto di ogni colpa 1' illustre prigione, e
volendosi pure offendere la Religione ne' suoi ministri , si drizzo il
colpo della condanna al piu onorando tribunale del Vicario di Gesii
Cristo , che e la S. Penitenzieria. Per farlo entrare nella soprad-
detta senlenza si mendico il concetto dall' artifizjo adoperatosi nel tri-
1 Pro Planco.
721 RIVISTA
bunale della Senna per do che speitava allo Slansfeld, manulengolo
del Mazzini. Ma che ? fallendo F ingcgno , se n' ebbe una stomache-
vole sconciatura. Conciossiacche quanto la sentenza del Iribunale
franco comparisce urbana , riserbata , e grave ne' suoi modi ed in
ogni sua parola ; lanto quella di Ancona, in risguardo della S. Peni-
tenzieria , si mostra dall' un capo all'altro tuffala nella inurbanita di
ogni maniera d' ingiurie e di sconcezze poco meno che da Irivio.
Diamone un saggio. Le condizioni dichiarate necessarie per chi vuoi
essere prosciolto dalle censure incontrate nella tristizia del tempo
presente, sono dai giudici anconitani chiamate empie, e di un'em-
pieta si manifesta, che colui il quale e solo inizialo alle prime idee
di naturale onesta deve sentirsi costretto ad esecrarle e protestare
altamente contro le medesime. Non basta, sono scandali combinatisi
di rado nella storia dei pin barbari culti. Che piu ? esse sono uno
scandaloso artifizio che fa deiruomo kale un perfido, del santo un
empio e lo colloca in istato di abituale spergiuro , calpesta uno dei
vincoli piu venerandi di ordine divino ed umano, mina le basi del-
la civile societa , mercanteggia sulla coscienza in nome della reli-
gione, santifica il misfatto, insulta alia misericordia di Dio e con-
verte in sacrilegio quel Sacramento, che iSanti Padri hanno chia-
mato seconda tavola di sakazione. Dopo una tirata cosi solenne
d' improperii, credete voi che il tribunale d' Ancona sia ancora sa-
zio? Non vi apponete. II suo frasario e molto piu dovizioso, e percio
continua nella sua foga, gridando che la S. Penitenzieria e corrompi-
trice e perdilrice delle anime, consigliatrice ed istigalrice a commet-
tere ipiit orrendi misfatti distruttivi di ogni ordine, di ogni bene
e di ogni virtu cristiana, e che a tanto lezzo d' iniquila fa servire il
Sacramento della Penitenza. V era bisogno di un concetto, che tut-
ta rappresentasse le trivialita di tanti calunniosi insulti. Non ven-
ue meno all'uopo il vocabolario del Iribunale d' Ancona, il quale sug-
geri come acconcio il dire che si commise il sacrilegio e I infamia
di convertire in luogo piu turpe del luogo piu osceno quel tribuna-
le, in cui all'occhio della fede siede giudice lo stesso Iddio, circon-
dato dalla maesla della sua misericordia. Puo egli invilirsi piu brut-
tamente la maesta di un tribunale, o il linguaggio severo di una sen-
tenza insozzarsi di concetti e d' ingiurie piu indecorose? La Nazio-
BELLA STAMPA ITALIANA 723
ne qualifica lo scrilto della Corle di Appello in Ancona come una
splendida polemica giornalistica. Si ; ma foggiata su la splendidez-
za di quella adoperata da certe Gazzette che /anno schifo alia gente
onesta. Intanto 1'msulto, labassezza de'inodi e le voci del trivio pos-
sono andare superbe in Italia, dove, merce di una Corte d' Appello,
acquistano il vanto di aver corso negli atti piu sacri della giuslizia
pronunziali dal seggio del tribunale r
E queste vili maniere si adoperano con mi altro pubblico tribunale.
Che si direbbe, se un tribunale militare a guisa di cane arrabbiato si
scagliasse addosso un tribunale civile, comeche questo avesse fallito, e
ne facesse un misero strazio e quanlo all'onesta dei giudici e quanto
alia giustizia della sentenza? II fatto comparirebbe si strano e si ol-
traggioso, che non solo il tribunale offeso, ma eziandio tutli gli altri si
leverebbero a romore contro 1' inurbano ed iniquo procedere, siccome
tocchi nel piu vivo della loro dignila. Ne crediamo , che la Sezione
di accusa in Ancona starebbe queta se fosse la straziata. Ma do che
essa riputerebbe grave offesa falta a se, tenne per cosa lecitissima in
riguardo, non gia di un qualche tribunale civile di provincia, ma di
quello che e il piii venerando di tutta la cristianila. E non e egli noto,
che il sommo Pontefice esercita per mezzo della S. Penitenzieria la
sublime potesta di sciogliere e di legare, conferitagli in Pietro da Cri-
sto? E non e egli noto che per questo dee tenersi in conto d' invio-
labile presso tutti i fedeli, e che le offese recate al medesimo sono
gravissime offese portate alia suprema dignita del Vicario di Gesu
Cristo ? Tale apparisce allo sguardo dei fedeli , in quanto che tale
e rappresentalo dai Pontefici che ne hanno determinata o conferma-
ta 1'autorita l. Per tale, aggiungiamo ancora, e tenuto dai giudici
1 In apostolicae Poenitentiariae officio per quod Romanus Pontifex con-
cessam sibi dimnitus in B. Petro Apostolorum Principe supremam ligandi at-
que sohendi potestatem, maximo Ecclesiae universae fruclu, in promoven-
da fidelium salute indesinenter exercet, reclissimam undequaque agendi ratio-
nemconstabilire... cupientes etc. BE^EDICTUS XIY, In Apostolicae.
Quoniam nonnulli iniquitatis filii, elationis et pertindciae suae spiritu as-
sumpto potestatem maioris Poenitentiarii nostri, per longissima tempora toti
orbi notam et a cunctis fidelibus inviolabiliter observatam, in dubium revoca-
re...praesumunt etc. — Eisdem personis, contra tenor em litter arum praedicta-
ij molestias ac damna inferre non enibescunt, in animarum suarum pericu-
726 R1YISTA
della sopraddetta Sezione di accusa, avendo affermato che in esso al-
rocchio della fede siede giudice lo stesso di Dio. Eppure con una
credenza siffatta in capo hanno osato di assalirlo , di coprirlo d' in-
sulli, e di vituperarlo coi nomi del trivio, pubblicando dallo scanno
giudiziario ai qualtro venti che cotal tribunale del Yicario di Gesu
Cristo e covo di corrompitori e di perditori di anime , di consiglia-
tori dei piu orrendi misfatti e convertito dai medesimi in luogo piu
turpe del luogo piu osceno. Se questa non e una impudenza senza
nome, non sappiamo quale altra possa essere.
II tribunale della Senna nella causa ultima del Mazzini si contento di
notare nella sua sentenza, che il tal di si tenne il tale convegno dai co-
spiratori in casa lo Stansfeld ; che il tal altro si prese la deliberazione
del tale assassinio, riputando sconvenevole al proprio grado gitlare un
motto che offendesse individualmente il nobile Lord, che facea copia
della sua casa alle combriccole parricide delle bombe e del pugnale.
Ma i giudici della Sezione di accusa in Ancona si credettero disciol-
11 da ogni maniera di legge verso le yenerande e nobili persone di
un tribunale, per cui il Sommo Pontefice esercita una autorila tutta
divina, e quindi mettendolo piu sotto delle conventicole dei cospira-
tori, dei ridolti dei micidiali assassini, e dei conculcalori di ogni
diritlo ed ordine sociale, purche imperino fanatiche ed empie idee, lo
insultarono, lo calpestarono e lo travolsero nel fango piu lurido del
vitupero, come udiste. Che diranno i caltolici italiani e forestieri a
cotanta reita di condanna? Diranno che, nei tribunal! del nuovo re-
gno si e perduto ogni senlimenlo di pudore per do che risguarda la
religione. Diranno, che, malmenandosi con furore cotanto impuden-
te il sommo Pontefice nel suo tribunale piu venerando, tuttoche anco-
ra principe indipendente e sostenuto con accesissimo araore da tullo
1'orbe cattolico, non si porrebbe alcun modo alle onte ed alle con-
danne, ove si giungesse ad averlo soggetto. Conchiuderanno in fine
rettamente, che conviene adoperare i piu potenti argomenti affine di
assicurargli la indipendenza sovrana, giacche le promesse diploma-
lum, ac ipsius Poenitentiarii, imo veroNostri et Sectts praedictae contemplum
el mlipendium, ac personarum earum praeiudicium non modicum et gravamen,
pernlciosum quoque exemplum et scandahim plurimorum. SIXTUS IV, Quouiam
nonnulli.
BELLA STAMPA ITALIANA 727
iiclie di riverenza e di liberta si mostrano in mille guise non altro
die false lustre per addormentare gli uomini di buona fede.
Delia qtiale ipocrisia ci danno un saggio anche i giudici della
sullodata Sezione. Vero e che comparisce eminentemente ridicolo in
quanto si e mal saputo imitare ben altri modelli di simil genere. Pen-
sate, che dopo di avere, chi pronunzio la sentenza, manomessa senza
il menomo scrupolo del mondo la storia alia maniera dei Centurialo-
ri e di Fra Paolo, e rappresentata tutta la Chiesa di un tempo dall'al-
to al basso dell'mtera gerarchia come una massa di fetente putridu-
me e di nefandita, con una sdolcinatura umanistica viene a dim
in aria di pudibonda fanciulla dal pie ritroso, che alia vista delle
condizioni imposte dalla S. Penitenzieria la mente rimane priva di
ogni idea, la lingua non trova una parola e la penna deve cadere
di mano a chi abbia minima senso di cristiana verecondia e non
possa indursi a porre nemmeno la punta del pie sopra cosi fetido e
morlifero lezzo I Lo slrano si e, che dopo quesla nobile protesla di
anima in atto cotanto schiva si gitta tutto denlro a quelle s\ fetide e
si morlifere condizioni, e le volge e moslra in ogni senso, rovescian-
do in capo de' giudici penitenzieri un diluvio d' insulti. Donde argc-
mentando primieramente con lui ci e lecito il dirgli de ore luo te
iudico : Non serbi il minimo senso di cristiana verecondia, trattan-
do condizioni, dalle quali, secondo le tue parole, come da fetido e
mortifero lezzo deve ritrarre il pie ogni onesto : parlando quindi coi
nostri letteri, aggiungiamo : qui potete toccar con mano, che 1'infra-
limento dene dita e la pudibonda ritrosia del suo piede sono proprio
svenevolezze di ridicola ipocrisia.
II Iratto pero di arte piu fina si e la chiusa della lunga tirata. Udi-
tela : Che se la giustizia del regno italiano potesse scendere un mo-
mento dall' eterne leggi della onesta , e lasciarsi andare all' immo-
ralita di turpi esempii, la Sezione di accusa non avrebbe che ad
imitare la sacra penitenzieria ; ma lasciando che i fatti parlino da
se all' Europa ed al mondo, non scenderanno a disoneste imitazio-
ni ecc. Sissignori , lasciamo che parlino i fatti di cotale giustizia.
Che cosa ha detto la S. Penitenzieria per la penna dello stesso scrit-
tore della senlenza? Disdite il giuramento che avete fatto agli in-
vasori ingiusti del Dominio temporale del Pontefice ; professate fe-
728 BIVISTA
delta al voslro legiltimo sovrano ; se volete servire la parte spoglia-
trice in qualila di manlenilore della giustizia, fatelo pure, ma colla
licenza di chi serba il diritto intero di signoria sopra questi popoli.
Parlino ora i fatti del regno italiano. Che cosa hanno detlo i suoi
fondalori ai sudditi dei legitlimi principi? CM 1' ignora? Essi hanno
lor detto, avete il diritto di ribellare, e percio , rinnegato ogni giu-
ramento, cospirate, tradite, sollevatevi in armi al cenno datovi e
sbaraltate il Governo che Yi regge. Non furono gli ambasciatori
del nascenle regno italiano, che in Roma e nelle Province ranno-
darono congreghe di cospiratori e le diressero ? Non furono uoniini
del medesimo quelli, che corruppero col danaro una parte della pie-
be piu vile, perche tumultuasse ribelle, che allettarono con larghe
promesse i soldati, perche disertassero? Non fu 1'oro e 1'argentove-
nuto dalla capitale provvisoria, che sostenne la rivolta in Bologna e
nelle Romagne? Non furono gli eserciti che entrando improvvisi alia
maniera dell'assassino nelle terre della S. Sede, le invasero, ed op-
pressero col numero quella schiera di generosi, che erano corsi a
difenderle? Si, parlino questi ed altri fatti provali dai pubblici ed
autorevoli documenti e confessati nello stesso Parlamento italiane, e
dopo di averli ragguagliati con quelli della S. Penitenzieria si dica
se il regno italiano, per lasciarsi andare all' immoralita dei turpi
esempii, non ha che imitare la sacra Penitenzieria. Cosi 1' avesse
imitala ! L'ltalia non avrebbe ora a dolere ne il vitupero procurato-
le gravissimo presso le estere nazioni dai vili e indegnissimi tradi-
menti, comprati a conto del nuovo regno, ne i larghi rivi di sangue,
che allagano le sue pacifiche e belle contrade.
Tale si e la forma usala nel condannare la S. Penitenzieria. Fos-
se almeuo giusta la sentenza quanto alia sostanza. Tanto etanto. Ma
chi si mette a considerarla, non vi vede altro che un patente oltrag-
gio apportato alia giustizia. La prima cosa che ce ne avverte si e
proprio il discorso fatto da' giudici per provare la innocenza degli
accusati. Ed in vero quali sono gli argomenti usali? Due: il primo
che S. E. il Card. Morichini ed i compagni nell' accusa adopera-
rono come uomini dipendenti e strelti dalle leggi del sacro loro mi-
nistero , e che percio non polerono fare altramente da quello che
hanno pralicato ; il secondo , che si tennero rigorosamenle entro la
DELLA STAMPA ITALIANA 729
cerchia della loro autorita meramente spirituale ed in mater ia
rigorosamente di coscienza. Ecco le parole della sentenza : « Che
ogni falto del Cardinal Morichini si riduce a che , richiesto come
Vescovo da un confessore da lui dipendente , abbia dovuto assu-
mere il naturale ufficio d' intermediario prima fra il confessore e
la sacra Penitenzieria, poi fra la Penilenzieria ed il confessore ; che
tanto il confessore Planeta quanlo il Vescovo Morichini hanno agito
non gia per libero impulse della loro volonta , ma per una neces-
sita creala ad entrambi dal respeltivo esercizio del loro sacro mini-
stero ; che tullo e stato regolato come formalmente e solito in ogni
caso di coscienza , in cui il confessore manchi di necessaria facolta,
ed il Vescovo sia posto intermediario con chi puo impartirla; che il
Planeta ed il Morichini hanno agito entrambi dentro la sferadell'au-
torita meramente spirituale ed in materia rigorosamente di coscien-
za ; che ogni singolo alto irreprensibile , sacro e sacramentale nella
sua origine, si e mantenuto nel suo originario caraltere sino alia
fine. » Tali sono i motivi della sentenza assolutoria. La S. Peniten-
zieria per la parte sua e ella costretta da leggi del sacro ministe-
ro? Ha operate entro i confini della propria autorita meramente
spiritualet Nella sua risposta si verificano i motivi recall dalla Se-
zione di accusa sullodata in pro di S. E. il Cardinal Morichini?
II vero concetto della S. Penitenzieria discioglie la quistione. Che
cosa e la S. Penitenzieria? Essa e un supremo tribunale della Chie-
sa , che giudica delle facolta e delle dispense da concedersi o
delle risposte da darsi in casi speltanti al foro interno : e un tri-
bunale la cui materia e streltamente spiriluale in quanto pressoche
tutla si riferisce ai sacramenti , ovvero ai dubbii di coscienza. Ma
come tribunale essa e alia maniera di qualunque allro tribunale
obbligata a sentenziare secondo le leggi impostegli dal suo Supe-
riore , che e il Romano Pontefice, in nome del quale esercita la ce-
leste autorila di sciogliere o di legare. Cosi ci viene rappresentata
dal Pontefice Benedetto XIV nella sua Coslituzione : Pastor bonus 1 .
1 Praeter alia plura pro variis causarum generibus constituta Romanae
Curiae tribunalia, voluerunt imprimis, iam inde a vetustissimis usque tempo-
ribus extare in ea et nunquam defecturum perpetuo conservari instar fontis
patentis domui David in ablutionem peccatoris, apostolicae Poenitentiariae
730 RIVISTA
Cio posto ecco il noslro discorso. La S. Penitenzieria, come si dice
dalla Sezione di accusa , fu domandata della necessaria facolla per
1' assoluzione sacramenlale del Ronzetti. Dunque dovette assumere il
naturale ufficio di rispondere alia domanda; e queslo non gia per
libero impulso della propria volonta, ma per una necessita creatale
dal rispettivo esercizio del sacro minislero. Ma essa ne' suoi giu-
dizii deve governarsi secondo le norme prescrittele dal Superiore.
Or quali sono le norme del caso posto in quistione? Le avete nelle
Leltere apostoliche del 26 Marzo 1860 ; dove, in conformila dei sacri
canoni, s' impone non meno all' invasore del Dominio temporale della
S. Sede, che all'aderente o fautore, quale condizione necessaria per
1' assoluzione della censura inconlrala , che ritratti qualunque alien-
talo pregiudizievole al Dominio sopraddelto 1. Ora il giuramenlo
fatto air invasore, essendo una moslra di permanente legaine col
medesimo a danno della usurpala Signoria, e chiaro cbe cbi 1' ha da-
to deve ritraltarlo, quale condizione necessaria per essere assoluto
dalla censura. Dunque la S. Penitenzieria, imponendo la ritrattazione
del giuramento, regolo il suo operare conforme alia legge impostale
in quella maniera che e formalmente solito in ogni caso di coscien-
za. Dall'altro canto essa rispose secondo il suo debilo a S. E. il
€ard. Morichini , come quesli al confessore ed il confessore al pe-
nilente in ordine al Sacramenlo della Penitenza ; dunque opero den-
tro la sfera dell'autorita meramente spirituale ed in materia rigo-
rosamente di coscienza, ed il suo atto fu sacro e sacramentale nella
sua origine e si mantenne nel suo originario carattere fino alia fine.
Ouindi e che la Sezione di accusa in Ancona o non dovea punlo fa-
vellare della S. Penilenzieria , o favellandone dovea lodarne lo zelo
Officium, ad quod universi fideles , ex omni Christian! Orbis regione, pro mis
quisque spirituatibus morbis, quamlibet occultis, sive per se , sive per arcana*
litter as, propriis etiam suppressis nominibus tuto con fug ere possen!, el conve-
nientem vulneribus medidnam secreta et gratuita curalione (quails ab omni-
bus optanda foret] protinusconsequerentur. Cuius (am preclari tamque saluta-
ris instituti ratio Romanis pro tempore Pontificibus, magnopere cordi fuit.
Seguitano appresso le leggi colle quali devesi esercitare uu tan to olfizio.
1 Inhabiles et incapaces esse qui absolutionis beneficium consequantur, do-
nee omnia quomodolibet attentata publice retractavcrint, revocavcrintj cas-
taverint et aboleverint.
DELL A STAMPA ITALIANA 731
nell'esatto e premuroso esercizio del suo minislero , siccome sotlo
tale risguardo ebbe a commendare meritamente il Can. Planeta e
1' EfTio Morichini. Ma non ha fatto cosi, anzi credelle di sfogare la
mal celata bile in unrovescio di insulli e di calunnie contro la S. Pe-
iritenzieria. Si abbia adunque la meritata infamia di essersi lasciata
cogliere per le sue stesse parole in ilagranti di giudicare iniquamente.
Ne quesla e la sola colpa , che trovasl nella sentenza della sul-
lodata Sezione di accusa. Ye ne ha delle altre non meno gravi. La
prima si e la mala fede usata nel riferire le condizioni poste dalla
S. Penitenzieria. In pruova si raffronti il tenore che ci porge delle
medesime il Procuratore generale con quello , che riferisce la Se-
zione di accusa. II Ronzetli sarebbe stato ammesso alia confessione
sacraraentale a condizione ,
Secondo il regio Procuratore Secondo la Sezione di accusa
1. Che ritrattasse il giuramento 1. Che ritrattasse in occulto il
di fedelta prestato al governo giuramento di fedelta presta-
del Re. to al Re, e fosse condizione
sine qua non del possesso e
delta conservazione deU'uffi-
cio coperto dal penitente.
2. Che promettesse ubbidienza 2. Che rinnegandogli (al Re) oc-
alla Santa Sede. cultamenle la giurata fedelta,
s' imponesse un allr o giura-
mento di fedelta alia Santa
Sede.
3. Che implorasse dall' Ordinario 3. Che il penitente non potesse
la facolta di esercitare Y uffi- ritenere Y officio che a bene-
cio suo, e cio per non cadere placito dell' Ordinario ; col
nella violazione delle immu- mendicato pretesto di non in-
nita ecclesiastiche, tanto per- correre le censure,
sonali che locali.
Chi non iscorge la malignita della giunta in occulto posta nella
prima condizione e ripetuta nella seconda , ed il reo intendimento
nella mutazione di ubbidienza in giuramento , che s' incontra nella
seconda, ed una grave estensione dell' obbligo nella terza? Si vuole
732 RIVISTA
nel nuovo regno accaltar odio e disprezzo presso ogni ordine di per-
sone al Papa eel alia Religione ; ed eccovi la Sezione di accusa pre-
stare all' uopo 1' opera sua, rappresentando la S. Penitenzieria , tri-
bunale religioso del Papa , come in atto di valersi del Sacramento
dell a Penitenza , per formare una societa tenebrosa di uomini legal!
con giuramenti ed agli ordini dell' Episcopalo. Ma mentila est ini-
quitas sibi: anche questa yolta la iniquila si discopre da se medesi-
ma fellona, pel semplice confronto delle sue parole.
La legge condanna come indegno del nome di giudice , chi sen-
tenzia iniquamente 1. Ecco un' altra vergogna che grava sopra la
Sezione di accusa per cagione delle chiose apposte dalla medesima
alle condizioni sopra riferite. Per dire tutto in breve , essa le chia-
ma un atto consumato di tradimento e di fellonia verso il Re, e
tali che fanno dell' uomo leale un perfido, del santo un empio, e
lo collocano in istato di abituale speryiuro. Delitti veramente abbo-
minevoli ad ogni uomo , non che ad un cattolico fedele. Ma quanto
al caso nostro cotali delilti sono lutti nel capo dei giudici che pro-
nunziarono la sentenza , poiche hanno supposta una base al loro di-
scorso falsa ed iniqua, equivocando nel vocabolo Re universalmente
preso. Essi supposero che un principe invasore acquisli pel falto
compiuto dell' invasione fortunata i diritli del principe legitlimo. Ma
queslo, come ognun sa, e principio del codice rivoluzionario, contro
del quale protesta non meno la ragione che la fede. Onde sapele al
trar dei conti chi fa dell" uomo leale un perfido, del santo un empio
e lo colloca in istato di abituale spergiuro ? E proprio quell' iniquo
invasore , che consiglia o costringe le province ribellate o violente-
mente occupate a rinnegare la fede che devono al loro legitlimo si-
gnore, perche la giurino a se medesimo.
Ollre il maligno equivoco vi e angora una grave ampliazione di
senso. I savii giudici argomentano cosi: dalla S. Penitenzieria s' im-
pone la rilrattazione del giuramento fatlo al Re ; dunque s' impone
la consummazione di un alto di tradimento e di fellonia. Che vi pare
di quesla conseguenza , nella quale la ritraltazione del giuramenlo e
iseei$a«iejite agguagliata ad un atto gia consummato di tradimento e
1 lure autem disceptare, est iuste iudicare; non est ergo index, si non est
in eo iustitia. C. lustum est. 1, cam. 23, qu. 2, et c. Forus.
BELLA STAMP A ITALIANA 733
di fellonia, ed un semplice non voglio essere obbligato a servirvi con
fedelta giurata si danna senza scrupolo come un apertissimo voglio
tradirvi? A chi non salta agli occhi 1' iniquo gravamento imposto alia
S. Penitenzieria? Circostanze del falto indubitale e palesi, dalle quali
si potesse evidentemente dedurre dall' alto della ritralfazione il prayo
intendimento del tradire, porgerebbero, e vero, un giusto fondamento
alia condanna. Ma quesle doye sono? La Sezione di accusa non le
arreca. E come poteva arrecarle se a lei era noto il documento della
S. Penitenzieria che le esclude palentemente? Interrogato il tribunal©
romano col dubbio decimoquarto : « Se sia lecito il giuramento pro-
posto dal governo intruso in termini, che comprendono un' obbedien-
za illimitala » ; risponde definitivamente « non esser permesso il giu-
ramento che gli yiene esposlo : potersi pero tollerare un giuramento
di obbedienza meramente passiva in tulle quelle cose che non avver-
sano le leggi divine ed ecclesiastiche, secondo la forma approvata dal-
la sanla memoria di Pio YII ed espressa in queste parole, cioe : Pro-
melto e giuro di non avere parte in qualsivoglia congiura, complotto
o sedizione contro il governo attuale, come pure diesserglisottomesso
ed obbediente in tuttocib che non sia contrario alle leggi di Dio e del-
la Chiesa. » Dunque 1' intendimento della S. Penitenzieria si palesa
assolutamenle contrario al tradimenlo, perche questo e contrario alle
leggi divine; dunque si mauifesta del tutto av verso alia fellonia inter-
dicendo ogni congiura e complolio che ne e 1' alto iniziatore. La Se-
zione di accusa nella sua buona fede credette che non si dovesse far
motto della citala risposta, e che piultosto le convenisse di mostrarsi
nelle sue franche parole conscia di una informazione contraria. Ed
ebbe ragione. Altramente con tale documento dinnanzi come avrebbe
potuto scaraventare contro la S. Penitenzieria quel cumulo d' insulti
da trivio , coi quali bramava di sfogare 1' onesto suo zelo , rincaren-
done la derrata colla piu smaccata calunnia?
La orrevole Sezione di accusa non esito di pronunziare , che nel
S. Officio della Penitenzieria simercanteggia suite coscienze a nome
della religione. Ne'tribunali si deve procedere a punta di prove evi-
dent], e solo con queste alia mano e lecito sentenziare contro di alcu-
no. Ma qui dove sono le pruove, anzi dove sono i menomi indizii di
un crimine colanto grave? Con qual diritlo adunque si e osalo di
734 BIVISTA BELLA STAMPA ITALIANA
condannare come im branco di turpi mercanti lutte le nobili e spet-
tabili persone che sono addette alia S. Penitenzieria? Ne dubilate?
col diritto della ingiustizia e della calunnia, in quella maniera che
col diritlo della menzogna si chiamarono mendicato pretesto e cen-
sure anticanoniche quelle spettanti alia immuriita eccleslastica , si
aflermo che le medesime furono sempre irrise dalla sapienza del
Principi civili. si asseri volto at danni del regno d" Italia il pro-
fanato 060/0 di S. Pietro, e si spaccio che lo stesso fu divietato ab
antico in Francia dallo stesso S. Luigi. Conciossiacche basla a^7ere
sfiorato i sacri canoni per sapere che le censure risguardanti le im-
munita sono ad essi conformissime : basta aver letlo un po conside-
ratamente le stone per dedurre , che i principi derisori delle cen-
sure furono di sapienza si scarsi , che tutti furono degni o d' incon-
irare de' guai non piccoli nel loro impero o di fare la mala fine :
basta avere un po di memoria per ricordarsi la solenne menlita toc-
cata al Barone Ricasoli dal nobilissimo corpo dei diplomatic! stanzia-
lo in Roma affin di sapere, se si profani 1'obolo di S. Pietro : basta
scorrere semplicemente coll'occhio la Prammatica sanzione, falsa-
mente altribuita a S. Luigi, per conoscere, che i giudici di Ancona,
•o non la lessero, o la falsarono, aggiungendo cosi al mendacio sopra
la origine, quello sopra il senso 1.
Ecco finalmenle a che si riduce la condanna lanciata contro la
S. Penitenzieria dalla Corte di Appello mentovata : ad un' invettiva
da trivio quanto alia forma , ad una iniquita patenle per molti capi
quanto alia sostanza. A chi non dovea parer conveniente che sopra
lanta infamia di un tribunale d' Italia si dicesse alctin che nel Parla-
mento italiano? Cio si fece con molti piagnistei dal Sineo e con gran-
di furori dal Brofferio : ma qual ne fosse 1' intendimento e ormai noto
a tulto il mondo. Si fece perche venisse confermato pienamente, sic-
come accadde, quanto vi e di >ile e di sconcio nella delta senlenza, e
si reclamasse contro quello che v' e di retto , vogliamo dire la con-
clusione, che S. E. il Card. Morichini co' suoi compagni e innocente.
Volete sapere la cagione di una maniera si strana di procedere? In
cotale sentenza si tratta di preti e di un Cardinale, e questo vi spie-
ga 1' enimma.
1 Yedi Memoire historique sur la pragmatique sanction attribute a saint
Louis, par Charles Gerin.
CRONACA
CONTEMPORANEA
Roman
I.
COSE ITALIANS.
STATI POISTIFICII 1. Solennita flel Corpus Domini — 2. Prodotto totale del-
YObolo di S. Pietro a tutto il Maggio 1864 — 3. Risultato del recente im-
prestito — 4. Ladri ed assassin! mandati dal Governo di Torino nelle pro-
vince pontificie — 5. Insulti al Card. Morichini in Jesi.
1. La mattina del Gioyedi 26 Maggio, giorno sacro alia solennita del
santissimo Corpo di Gesu Cristo , ebbe luogo , con la consueta pompa ,
la processions dalla cappella Sistina alia Basilica Vaticana, girando attor-
no alia vastissima piazza ; ed il Sommo Pontefice, levato sul talamo, por-
tava il santissimo Sagramento . Quando il Santo Padre pervenne all* al-
tare della Confessione, discese dal talamo, e si cantarono le preci asse-
gnate. Dopo di che la Santita Sua impart! col Venerabile la trinabenedi-
zione. Alia sagra cerimonia furono presenti S. M. il Re delleDue Sicilie,
S. M. la Regina Yedoya ed altri reali Principi e Principesse dell'augu-
sta famiglia di Napoli , e S. A. R. Donna Maria Isabella, Infanta di Por-
togallo ; inoltre il Corpo Diplomatico , e grande numero di cospicui per-
sonaggi romani e forestieri , con folia immensa di popolo. E fu conmne e
grandissima per tutti la gioia di vedere in perfetto stato di salute 1'ama-
tissimo Padre e Sovrano. Qui non sara importuno 1'accennare, che 1' In-
dependance Beige , la quale e, come a dire, il Vangelo dei politicastri
d'alta e di bassa sfera , riferi con tutta gravita , essersi bensi fatta la pro-
cessione ; ma Sua Santita ayeryi a grande stento assistito daun balcone,
al quale si affaccio , quasi morente, sorretto da' suoi famigliari, che 1' in-
dussero a scendere per poco dal suo letto di dolori , affine di mostrarsi
73G CRONACA
ancor yiyo. Da questo poco yeggano i nostri lettori qual sia la yeracita
dei giornali de' Framassoni.
2. Mentre imperversavano , nella Camera de' Deputati di Torino, i ne-
mici della Santa Sede e del cattolicismo , yomitando bestemmie e calun-
nie per obbligare il Governo a proibire la colletta ddDenaro di S. Pietro,
Y Unitd Cattolica ebbe il felice pensiero di proporre a' fedeli , che faces-
sero precedere alia festa della B. Y. Maria, sotto il titolo Auxilmm Chri-
stianomm, una divota noyena di preghiere e di sante opere, con le quali
implorareda Dio il perfetto risanaraento del Santo Padre, ed il trionfo
della Santa Sede e della Chiesa. Tale invito fu accolto da pertutto con
gran fervore , ed in piu citta la Novena fa celebrata pubblicamente , an-
cbe in Francia. Ma di cio non contend , i buoni cattolici yollero contrap-
porsi in altra forma non meno signilicativa agli apostati e rinnegati, che
nel Parlamento torinese guerreggiayano inmaniera si codarda ed abbiet-
ta contro ii Santo Padre; e nioltiplicarono percio i doni e le offerte, le
quali poi, come accennammo nel precedente quaderno, furono presen-
tate a Sua Santita nel giorno stesso di qaella festa. Intorno a che il Gior-
nale di Roma del 25 Maggio pubblico quanto segue :
« La Santita di Nostro Signore , che nelle significazioni di riverenza
e di amore, ricevute continuamente dai suoi diletti figli d' Italia, trova
un ristoro efficace a temperare 1'acerbita delle pene e delle angustie pro-
curate al suodiore dalla fiera persecuzione e dall'empiaguerra, che nel-
1'amata Penisola altri non cessano di fare alia Religione , proyo ieri una
di somiglianti consolazioni, resa piu yrva dalle circostanze, coil le quali
si yolle fosse accompagnata. Imperocche nelle sue niani arriyarono i do-
ni ele oblazioni, di cui labenemerita direzione del giornale torinese YU-
nitd Cattolica ayea, dalle yarie parti d' Italia, fatto raccolta nell' ultimo
quadrimestre, e che ayea destinato si umiliassero al Santo Padre, ricor-
rendo il giorno sacro a Maria inyocata Auxilium Christianorum.
« E cosi fu. Nelle ore pomeridiane di ieri , Sua Santita vide depon-i
sul sacro tavolino la somma di fr. cento undicimila cinquecento irentuno,
e ventotto centesimi, frutto dell' Obolo di S. Pietro, che, siccome fecero
considerare i Compilatori del giornale, nel n. 171, dei 20 di questo mese,
negli ultimi giorni, in cui pregavasi a Maria e la guerra contro il Ponti-
ficato rincrudiya, si accrebbe di fr. 30,000 sopra a quanto la esperienza
del passato faceya preyedere. Poi , dentro elegante cassetta, un consi-
dereyole numero di oggetti preziosi, derivanti dalla pieta muliebre, che
dell' afFetto di care memorie avea forse fatto sacriticio, per testimoniare
altro affetto piunobile alPontefice, Sommo Padre della propriaFede. Ed
erano anelli gemmati , monili di ogni fatta , braccialetti , spilli , yezzi di
gioie, di coralli, con altre svariatissime ragioni di adornamenti , nonche
oriuoli, e monete di prezioso metallo , e denari qua e la posti alia spic-
ciolata, i quali formayano altra somma superiore a scudi cinquanta.
CONTEMPORANEA 737
« Cotali aiuti che la Provvidenza non fa cessare alia Sede Apostolica
uelle strettezze a cui ne e ridotto il tesoro, che deve provvedere a tanti
pesi della Chiesa e dello Stato, danno il conforto, che sopra abbiam dettoy
al cuore inagnanimo del Santo Padre. Ma cio che meglio recagli la dol-
eezza delle consolazioni e conoscerei sentiment!, dai quali sono quegli
aiuti prodotti, e sapere le persone che li mandano. Le note che i Perio-
dic! stampano di quelle offerte, le sentenze che si scrivono ad accompa-
gnarle, tanto yivamente commuovono la Santita Sua, che glorifica il Dio
della Misericordia, perche sul prediletto popolo italiano non abbia abbre-
viate la sua mano. E cio muove il Sommo Pontefice a chiamare dal cie-
lo le benedizioni sopra i generosi oblatori, i devoti raccoglitori, e gl' in-
trepidi difensori di tanta pieta, che si usa verso la santa Chiesa cattolica,
apostolica, romana. Intanto poi il Santo Padre, come pegno degl' implo-
rati tesori celestiali , impartisce a tutti con effusione di cuore la pontifi-
cia benedizione.
« Queste misericordie dal cielo il Supremo Gerarca invoca, e questa
sua benedizione apostolica distende ed allarga ancora a quanti vi hanno
suoi figli nell'orbe cattolico, che con egual zelo , pieta ed affetto concor-
rono pure a mandargli i soccorsi dell' Obolo. L' Austria, laFrancia, la
Spagna, il Belgio, i Paesi Bassi, la Baviera ed altri Stati di Germania, i
Regni uniti d' Inghilterra, la Svizzera, le altre diverse regioni di Euro-
pa, e i lontani continenti delle Americhe, e i luoghi di missione neH'Asia,
nell'Africa e ne.ll' Oceania, non si ristanno dal gareggiare sempre piu nel
rendere alia Beatitudine Sua le testimonianze piu care con ogni fatta soc-
corsi ; con quelli della preghiera all' Onipotenle , e con gH altri del sus-
sidio in denaro. Di tal guisa noi possiamo far conoscere, che la colletta
cattolica dell' Obolo di S. Pietro dall' ultima volta che 1'annunziammo in
ijucsto giornale, e fu nel n. 15 dei 20 Gennaio passato , si e accresciuta
di altri scudi romani quattrocentomila , pari a fr. 2,150,520; si che for-
mando allora la somma di sc. romani sei milioni e seicentomila , pari a
fr. 35,483,580, oggi esalita alia somma di seite milioni di scudi, pari a
fr. 37,634,100.
« Mentre le predette cose gittavamo sulla carta, non indifferent! per cer-
lo al presenti mento del gaudio chenelcuordeiCattolici desteranno all'an-
nunzio delle consolazioni, che la loro pieta e d-evozione al Successore di
S. Pietro ed alia Sede romana hanno messo nell'animo della Santita Sua,
ci tornava in mente questo giorno esser sacro alia memoria del Settimo
Gregorio. Qante idee sublimi, e quanti raffronti storici non ci si offeriva-
no spontaneamente fra questi due Pontificati, distanti 1'uno dall'altro per
otto secoli ! Ma la consonanza in cui ne piaceva ferqarci era appunto
sulle Oblazioni che, in circostanze non dissimili, mandavano a quell' in-
vitto sostenitore dei diritti della Santa Sede i fedeli. Bicordavamo che
<juando nel 1081 i suoi legati traversavano la Francia, il Denaro di
Serie V, vol. J, fasc. 342. 47 11 Giugno 1864.
738 CROXACA
5. Pietro era da loro largaraente riscosso : e 11 Papa, grato alia spontanea
dimostrazione, indirizzava parole di gratitudine, che 1' egregio fatto ban-
no eternato (Baron, ad ann. 1081 , num. 27 ). Con le quali, fra le altre
cose, notava Carlo Magno aver quella soccorritrice opera introdotta e pro-
tetta nella generosa nazione. E ne conchiudevamo come lo spirito catto-
lico perseveri costantemente benevolo, e la carita dei figli siasi sempre
tenuta suH'avviso per occorrere alle necessita del Padre ».
3. II Chirografo del Santo Padre pel nuovo imprestito, renduto neces-
sario dagli effetti delle usurpazioni del Governo di Torino, desto ne' ri-
voluzionarii tale eccesso di rabbia, che n' ebbero a farneticare da pazzi.
Provatisi indarno ad usare modi di scherno, per beffarsi di chi credea
possibile che il Governo pontificio trovasse credilo per somma cosi rilc-
yante, cambiarono tono, e vennero a minacce. LOpinione di Torino, gior-
nale ministerialissimo, annunzio che il Governo non riconoscerebbe il
nuovo imprestito pontificio, e percio stesse ognuno in sull'avviso per non
lasciarsi accalappiare, con certezza di perdervi i proprii capitali. Questo
annunzio sorti effetto contrario all'inteso. Non solo il nuovo imprestito non
ebbe percio a trovare verun ostacolo, ma, che e piumirabile,i fondi pubbli-
ci dello Stato romano, che stavano al 67, 50, crebbero di subito al 69. E per
mettere il colmo al disinganno dei rivoluzionarii, il Moniteur parigino del
26 Maggio intono loro la seguente notizia: « II Governo pontificio e stato
informato, che la parte del nuovo prestito romano, di cui si era incaricata
una Compagnia belgica, e stata interamente venduta alia pari. » Pertanto
quelli che, rifuggendo dall'aperta violenza, si ripromettevano di consum-
mare 1'assassinio della Santa Sede con levarle i mezzi di satisfare a'suoi
impegni e di mantenere lo Stato, ebbero per questa parte uno smacco ri-
• spondente alia loro perfidia.
4. E tratto di nerissima periidia fu pure quell'altro, dello spedirein que-
ste province, rimaste alia Santa Sede, malandrini e sicarii , che vi do-
vessero co' loro misfatti gettare lo scompiglio, per trarne poi cagione di
gridare al mal governo, alllmpotenza, alia tristizia dei Ministri del Som-
mo Pontefice. Gia da pezza, sotto nome di volontarii, eransi arrolate le
centinaia di ribaldacci, appostati su quel d'Orvieto, e destinati a cogliere
il momento opportuno di far irruzione violenta contro le milizie pontificie
o contro le citta e terre sguernite di presidio francese, e metterle a ru-
more; ma siccome questa congiuntura tardava a venire, si ricorse in
prima alia calunnia, spacciando che il Governo pontificio vuotava le sue
carceri e galere, e spediva i malfattori in essedetenuti a desolare le pro-
vince annesse al regno d' Italia, e ad ingrossare le bande dei briganti.
Preparata cosi la via a poter allegare motivi di giusta rappresagiia, il
Governo di Torino fece fare una cernadi assassini condannati, e li mando
prosciolti, facendoli pero accompagnare sino a'confmi, sicche non potcs-
sero sviarsi, e dovessero entrare nelle province rimasle alia Santa Sede.
Intorno a che ecco quanlo leggevasi nel Giornale diRoma, del 28 Maggio:
CONTEMPORANEA 739
« Tra le tante calunnie che i fautori della rivoluzione non cessano di
ordire e di spargere contro il Governo pontificio, ando, non e gran tem-
po, segnalata quella, che oso tacciarlo di avere dal bagao di Civitavec-
chia prosciolti que' malfattori che vi stavano scontando gravi condanne
loro inflilte dai tribunali delle usurpate province, coll' intendiraento di
slanciarli ad infestar di nuovo i luoghi ove atroci delitti perpetrarono.
« Questa impudente allegazione, accolta dal giornalismo rivoluzionario
italiano, si dileguo ben presto smentita dal fatto ; dappoiche le darsene,
ed i luoghi di pena di queste preservate province, custodivano allora ,
come tuttora racchiudono, a carico del Governo pontificio, tutti i con-
dannati che furonvi tratti da ogni parte dello Stato e che non abbiano an-
cora espleta la patita condanna. Ne si mandarono liberi alia spicciolata ,
neH'ultimo quadriennio, che coloro i quali ebbero compito la pena o che,
per grazia sovrana, 1'ebbero di poco tempo abbreviata; cosi avendo ado-
perato 1'autorita piemontese nel rimandarci, con inesplicabile indulgenza
pero ed in buon numero, condannati di queste province ch' essa teneva
in custodia.
« Quest' oggi ancora le darsene dello Stato accolgono e custodiscono
1'ingente numero di oltre a settecento indimdui, condannati gia dai tri-
bunali delle usurpate province, e la piu parte di costoro vi subiscono,
per gravi misfatti, la galera a vita o per lungo corso di anni, figurando
tra essi 46 colpiti dalla sentenza nota col titolo degli Ammazzatori di
Ancona, moltissimi di coloro che fecer parte delle famigerate bande as-
sassine del Passatore, del Lazzarini nelle Romagne, ed altri molti chia-
riti rei di titoli comuni i piu gravi ed atroci, che funestarono quelle ed al-
tre delle usurpate province.
« Per questo leale contegno del pontificio Governo era a presumere
che il potere usurpatore degli Stati della Santa Sede sarebbesi guardato
dal porgere argomento a ritorcere contro di lui 1'onta di un fatto, la qua-
le, se tosto disparve in faccia alia calunnia, non si cancellera certamente
al cospetto della verita.
« Negli ultimi trascorsi giorni sonosi visti ritornare in queste rimaste
province dello Stato, liberi e da ogni condanna prosciolti, quaranta mal-
fattori che di qui, anteriormente alle usurpazioni, furono mandati a scon-
tare le loro condanne nelle darsene di Narni, di Ancona, di Forte Urbano
e S. Leo; tutti rei di gravissimi ed odiosi misfatti, e tra essi sedici con-
dannati alia galera in vita.
« Allo zelo della politica autorita e della pubblica forza e riuscito assi-
curarsi di tutti questi pericolosi francati, ne alcun d'essi rimane vagante
ad attestare 1'impotenza della legge che lo ebbe colpito, o il favore di un
potere che si arroga il titolo di governo civile, restauratore dell' ordine
morale.
« Non giova qui indagare, o presumere 1'intendimento vero, o il diso-
nesto fine che ebbesi di mira con quest' atto improntato di quella slealta
CROSACA
che caratterizza gli atti tutti del potere usurpatore, e dal quale traspare
•eziaudio una politica la piii dissennata ; dappoiche, ad una bassa provo-
cazione, una ben dura rappressaglia potrebbe rispondere, se sacra non
fosse nella civilta, la massima che la custodia del grandi malfattori e do-
yere di pubblica giustizia, nell'interesse di tutla la umana societa. »
5*. Spiaceva forte alia setta che il Card. Morichini si fosse dovuto, di
buona o di mala yoglia , spontaneamente o per forza d'ordini spediti da
Parigi, riconoscere e dichiarare innocente. Percio la sera stessa del lo
di Maggio , mentre il massimo numero de' cittadini di Jesi ne festeggia-
ya il ritorno con luminaria e segni di giubilo, un branco di yilissima
ribaldaglia , tutto fiore del partita d' azione e proprio di quella che fu
comperata a due franchi per testa, perche roppresentasse il popolo soyra-
110 quando si fece il plebiscite , fu sfrenata a far il suo mestiere, cioe
trarre sassate alle iinestre , gridar yillanie , urlare degli abbasso e dei
fuori contro 1'esimio Pastore. Poi la cosa fu rappresentata dai giornali
della riyoluzione come un innocente sfogo del popolo irritato , e si con-
chiuse con la consueta formola : Fordine non fu menomamente tnrbato...
II che significa che la Polizia e la pubblica autorita lasciarono fare alia
canaglia quel che le parye e piacque.
Ma questo non bastava alle ire di que' tristi , e percio la sera del *\
tornarono agli insulti , con tanto maggiore cinismo , quanto piii grande
era forse la sicurezza, che la Polizia non si sarebbe punto mossa ne ad
impedire ne a punire qualsiasi eccesso. La cosa fu scritta alia Discussion r
di Torino, che e 1'araldo del famoso Comitato nazionale, da un tale di
Macerata , nei termini seguenti : « leri sera , 24 Maggio , assai iardi in
Jesi la piazza era tutta, adun tratto, illuminate da un falo di nuoyo ge-
nere. Erano le armi prelatizie del Cardinale Morichini , che somministra-
Tano il combustibile. Una mano di arditi popolani le stacco dalla mura-
glia , le trasporto in piazza e loro diede fuoco. Indi , presa una gran pa-
della fecero cuocere una gran frittata. V or dine non fu menomamente tur-
bato. Alcuni grideranno contro questo fatlo. A me pare molto innocen-
te. » E molto innocente doyette pur sembrare alia Polizia ed al Fisco ,
poiche nulla fu fatto a castigo di que' ribaldi. Ma sel tenga per detto la
Discussione : quando si lodano con tanta compiacenza tali birbonate , e
gli esecutori di esse si appellano arditi popolani , si fa in sostanza il pa-
negirico della yiolazione dell'ordine pubblico e della sicurezza privata :
e se codesti arditi popolani ricevcranno un di dal partita $ azione qual-
che altro scudo, da comperarsi le oya per un'altra gran frittata, puo dar-
si benissimo che yadano a cercare il combustibile sulle porte e nei palaz-
zi del Governo , doye troyeranno stemmi capaci di bruciare ne piu ni1
meno che gli stemmi de' Yescovi e do' Cardinali. La giustizia di Dio tar-
da talvolta a yenire, secondo i computi umani, ma quanto piii tarda .
tanto piu e terribile.
CONTEMPORANEA 741
STATI SARDI 1. Bando rivoluzionario della rninisteriale Opinions — 2. Condi-
zioni delle Finanze — 3. Dilapidazione dei beni ecclesiastic!; stato della
Cassa ecclesiastica — 4. Voto del Consiglio di Stato sopra il contegno di
MODS. Caccia — 5. Inquisizione parlamentare sopra la probita di alcuni
Deputati, accusati di peculate — 6. 11 Garibaldi / capo de'Framassom
italiani, li chiama ad Assembler in Palermo.
1. 1 portavoce del Ministero di Torino si sa che non hanno voce pro-
pria, ma trasmettono solo quel che vi soffiano dentro i padroni. Questi
poi, costretti a non dipartirsi dagli ordini che ricevono da Parigi e incal-
zati dal partito d' azione, si troyano spesso in brutto impiccio ; ad uscir
dal qualefanno gli smemorati, disdiconoil detto, hiasimano ciocheavean
lodato, promoyono cio che prima aveano impedito, e girano come leban-
deruole ad ogni yento. Cosi appunto, occorrendo di gettare un' offa in
bocca al Cerbero riyoluzionario, poc'anzi manipolayano e metteano fuori
sull' Opinions di Torino del 23 Maggio un bando da dispe'rati, ne piii ne
meno che se non si ricordassero punto di cio che il Thouvenel ed il
Drouyn de Lhuys ne'loro dispacci, ed il Billault ne' suoi discorsi ufficiali
dichiararono in tutte le forme possibili : cioe che la Francia tiene presi-
dio a Roma, e yieta all7ta/ml'annessione di quel che rimane degli Stati
pontiHcii, per motivo de' grand! interessi nazionali e politici, onde 1' Im-
pero e astretto a tutelare il Papato e la sua indipendenza. Or bene: F 0-
pinione, come se nulla sapesse di cio, yenne fuori quel giorno , gridan-
do che bisogna decidersi! E spiego che, essendo imminente la morte del
Papa, bisognaya afferrare quei momento: inyadere le proyince; chiamare
a riyolta le citta e terre non presidiate da' Francesi ; dare addosso alle
milizie pontificie e compiere F opera cominciata a Castelfidardo, stermi-
nandole affatto ; schiyare di venire al cozzo co' Francesi , ma provocare
ed effettuare un solenne plebiscite per 1'annessione.
Questa tirata da farnetico, avyalorata dal sapersi che sui confmi verso
Orvieto e Viterbo si adunavano squadre di canaglia, diede a credere ad
alcuni, che il Governo sardo volesse davvero romperla a mezzo, gittarsi
allo sbaraglio, e muovere, a dispetto della Francia, contro Roma. Or noi
non crediamo punto che a Torino si covi si pazzo disegno. Se Favessero
fatto dayvero, non 1'avrebbero recato in palese. Del resto essi sanno al
pari di noi, che il loro padrone di Parigi per ora non e punto disposto a
permetlere, anche nel caso di Sede vacante, che si rinnovi sul Patrimo-
nio di san Pietro il ladroneccio delle Legazioni, delle Marche e dell'Um-
bria. La Francia ha bisogno di Roma, e non la cedera davvero al Pie-
monte. Laonde, sapendo questo, chi diede Fimbeccata d\\0pinione voile
solo corbellare gl'importuni, mostrandosi pieno di sollecitudine per com-
piacerli.
II che si fa manifesto dal tono con che un altro diario liberalissimo,
la Gazzetta di Torino, mise in canzone le furie dell' 0p wow e, e quel suo
"42 CRONACA
ditirarnbo, compilato probabilmente dalla faraosa commissione, presieduta
dal foruscito e ribelle Duca Cesarini , e diretta dal Montecchi , per la re-
denzione di Roma. Codesto agitarsi dell' Opinione parve assurdo alia sua
consorella « perche non tutti possono aver dimenticato, che nell' Agosto
passato ella entrava a bandiere spiegate ed a tamburro battente nella
quistione yeneta, e poi nel Dicembre sgridaya fieramente quelli che F a-
yeano ridestata e vi si adoperayano intorno ; e non tulti possono aver
dimenticato che, quattro mesi fa, ella diceva crudo e netto, che fra due
mesi noi dovevamo immancabilmente o far la guerra o disarmare : e og-
gi, come ognun vede, non facciamo la guerra e non disarmiamo, e non
yogliamo disarmare. » Poveretti ! Farete sempre quel che yi comandera
il padrone, e se questo, per cagione qualsiasi, venisse meno, yoi sareste
subito sul lastrico. Ecco la verita. Ora il padrone non ha interesse aper-
mettere che si facciano yiolenze contro Roma , ed i servitori baderanno
bene a non disobbedire. Difattola Stampa, primo dei trombettieri ufficio-
si del Ministero, si lascio scappar dalla penna che ne una insurrezione
interna a Roma (dato che fosse possibile),ne una invasione dal di fuori,
varrebbero a sciogliere la quistione romana. E disse vero. Sicche niuno
si pigli pensiero delle bravazzate torinesi, perche o sono commedie o
sono latrati di cani contro la luna.
2. Si dee per altro concedere qualche sfogo al cruccio che rode code-
sti settarii , perche ne hanno ben d' onde ! Loro supremo scopo e di pa-
droneggiare la cosa pubblica per poter ad un tempo fare discretamenle i
ioro affarucci priyati ; ed invero si conoscono e si mostrano a dito certi
gran patrioti , che qualche anno addietro viyeano sottile sottile, ed ora si
sono arrotondati per benino , ban comperato vasti poderi e grandi case,
e messo sui banchi di buoni gruzzoletti. Tutto yirtu del patriotismq, delle
spese segrete e di qualche altra coserella. Or questa cuccagna pare che
debba fmire, perche la bancarotta s'avvicina a gran passi. Difatto Marco
Minghetti il 25 di Maggio presentava alia Camera dei Deputati la situa-
zione del tesoro al 34 Dicembre 1863 4. Sono cifre bellamente acconciate
per coprire le magagne. Eppure che cosa risulta dalla relazione min-
ghettiana? leggete.
L'esercizio del 1862 ha dati i seguenti risultati :
Entrate Spese
Ordinarie . . L. 471,175,186 28 L. 715,124,983 20
Straordinarie » 119,526,709 48 » 260,467,600 84
Somma L. 590,701,895 70 L. 975,592,584 04
Ne risulta il deficit di L. 384,890,688 28, cioe, L. 243,949.796 92 al
bilancio ordinario, e L. 140,940,891 36 al bilancio straordinario !
I Atti uff. della Camera, n.° 673 e seg.
COXXEXPORANEA
II bilancio del 1863 da i seguenti risultati:
Enlrate Spese
Ordinarie . . L. 511,936,236 81 L. 778,312,797 55
Straordinarie » 73,977,905 14 » 184,681,902 26
Somma L. 585,914,141 95 L. 962,994.699 81
II deficit e quindi di L. 377,080,557 86, cioe L. 266,376,560 74 per
la parte ordinaria, e L. 110,703 997 12 per la straordinaria. t
Riepilogando le risultanze del singoli esercizii, si stabilisce il risultato
finale seguente :
Deficit del 1862 Lire 384,899,688 28
» 1863 » 377,080,55786
Insieme Lire 761,971,246 14
« In soli due anni adunque, dice 1' Unitd Cattolica n. 77, si sono spesi
da noi quasi ottocento milioni piu delle nostre rendite ! E si continua a
spendere ed a spandere, ed ogni giorno piu si verifica quello che lo stes-
so Marco Minghetti diceva alia Camera il 14 Gennaio del 1863 : — La si-
tuazione fmanziaria del regno d' Italia e spaventosa — . La stessa Opinione
confessa che le speranze d' un assetto delle nostre finanze debbono esserc
differite di molti anni, anche nell'ipotesi d'una condizione politica mi-
gliore della presente. »
3. Oual giovamento ritrasse adunque 1'erario dalle inique confiscazio-
ni dei beni degli Ordini religiosi e dei benefizii ecclesiastici? Questo solo :
di gravarsi d'un debito di parecchi milioni di franchi, come e manifesto
daun Documento ufficiale, egregiamente discussodairArwiom^neinum.
123, 124 e 127, cioe dal renctoconto delle operazioni della Cassa eccle-
siastica dal 1855 al 1864 '. E qui, achiarire bene la cosa, e da rifarci al-
quanto indietro, imo alia istituzione di codesta Gassa, avvenutanel 1855
con legge del 29 Maggio.
II Governo sardo, per obbligo contralto all'epoca della ristaurazione di
Casa Savoia, dopo la caduta di Napoleone I, pagava un supplement di
congrua al clero povero deli'isola di Sardegna ed ai parrochi delle anti-
che province, come compenso dei beni ond'erano stati spogliati. Si trat-
tava di una somma annuadi 1,640,000 franchi, de'quali 840,000 incirca
ai parrochi di terraferma, e 751,000 al clero di Sardegna. Nel 1855, cre-
scendo orribilmente i debiti per far le spese alia rivoluzione, il Governo
disegno di far pagare questo suo debito dagli stessi creditori, cioe dalla
Chiesa, servendosi percio dei beni confiscate a' religiosi e beneficiati ec-
clesiastici ; e per riuscirvi esagero stranamente la smisurata ricchezza
degli Arcivescovadi e Vescovadi, delle Abbazie ecc. I Yescoyi proposero
•
4 Atti della Camera dei Doputali, num. G1 5-6-1 6.
744 CRONACA
al Senate del regno di incaricarsi essi medesimi di pagare tal supplements
di congrua, e cosi sgrayarne lo Stato, purche si ritirasse la proposta leg-
ge del 29 Maggio. II Ministero, e specialmente il Cavour ed il Siccardi ,
furono inflessibili in ritiutare le offerte de'Vescovi. La legge fu approvata
dalle Camere e dal Re, la confiscazione fu consummata, ed istituita la Cassa
ecclesiastica. Or questa, dovendo satisfare agli obblighi imposti dalla leg-
ge, e non bastandole i capitali acio destinati, dovette contrarre impresti-
ti coll'economato ecclesiastico e col Ministero delle fmanze; tantoche dal
ft55 a tutto il 1863 dovette spendere appunto 12,723,893. 71 franchi;
e non ayendone potuto dar del suo che soli 3,813, 948. 16, si trovo
gravata di un debito di franchi 8,909,945. 55, di cui orapretende di es-
sere compensata dal Ministero delle fmanze.
Ecco pertanto a che si riduceano le sperticate ricchezze della Chiesa !
II Goyerno, per ingoiarsele, si obbligo di pagare con esse le congrue ed
i sussidii ; ela Cassa ecclesiastica, percio fondata, non pote raggranellare
che circa mezzo milione all' anno, e il resto dovette ayer d' accatto. Non
era egli piu utile, per lasciare da parte 1'onesto, di accettare le proferte
de'Vescoyi? I frati e le monache sarebbero stati tranquilli ne' loro con-
yenti, si sarebbero eyitati scandali e sacrilegi innumerevoli, e.d il Go-
yerno non avrebbe doyuto ricorrere ad una esecrabile persecuzione, ne
spogliare yittime innocenti, per adempire gli obblighi assunti con qnella
infausta legge, ed ora non si troverebbe in necessita di pagare circa
9 milioni di franchi.
Manonbasta! Codesta Cassa ecclesiastica costo, per mantenimento
de'suoi ufliziali, per liti, contratti, yiaggi de' religiosi deportati e delle
religiose ammucchiate in yili catapecchie, e simili cose, non meno di fran-
chi 2,660,301. 65, che si sarebbero inyece impiegati al sostentamento
de' legittimi proprietarii ; e tutto cio per fare che in otto anni il capi-
tate de'beni ecclesiastic! sia scemato di piu milioni di franchi, spariti
e consummati per le spese correnti.
E- v'e di peggio ancora. Per yincere quella cruda legge del 29 Maggio
1855, il Cavour avea affermato che le rendite dei beni per essa contis-
cati sarebbero di 15 milioni di franchi annui. Or bene: Quelle rendite, sa-
cro patrimonio degli Ordini religiosi, a cui eranguarentite dallo Statute fon-
damentale del regno, in otto annigiunsero solo a franchi 16, 951, 628. 4 2,
cioe a circa 2,100,000 franchi annui. Resta dunque fermo che 1'asse ec-
clesiastico sequestrate non eccede i 40 milioni ; de' quali la Cassa ec-
clesiastica, istituita per custodire quel capitale a profitto del Clero pove-
ro , ricevette gia in fabbricati , mobili , terreni rurali , censi ecc. circa
16,717,713. Or di questa somma rimangono soli 10,887, 557 franchi ,
essendosi, per confessione degli amministratori, liquidati e perduti, per
le spese correnti, non meno di 5,629,155 franchi. Cosi il capitale eccle-
sidfetico si va consummando d'anno in anno, ed il Ministero lascia fare, e
1'assassinio della Chiesa si va consummando !
CONTEMPORANEA 745
4. Da cio e lecito inferire che al Governo non premesse ne punto ne
poco di soccorrere il clero poyero, e, quasi diremmo ancora, non gl' im-
portasse nemmeno gran fatto di appropriarsi i beni di Chiesa ; ma si uni-
camente avesse a cuore di far guerra alia religione, con abolirc gli Ordini
religiosi, i benefizii e le Capellanie, con impoverire i Yescovi, con ren-
dere al tutto difficile la vita clericale. E se ne ha buon argomento nella
persecuzione fatta alle leggi stesse della Chiesa, ai diritti dei prelati, alia
giurisdizione canonica. E qui e da ricordare un fatto di tutta evidenza.
II Governo avea nominato a piacer suo Canonici della Metropolitana di
Milano quattro preti, che per giustissime ragioni non ottennero da Mon-
signer Caccia 1' istituzione canonica, di cui in piu modi eransi renduti in-
degni. Di qui una serie di vessazioni inique, citazioni, carcerazione di
Mons. Caccia, poi sua liberazione , ma non senza deferirne la causa al
Consiglio di Stato. II Pisanelli propose a questa Corte tre quesiti:
1.° Rifiutando quella istituzione canonica ai nominati del Governo, Mons.
Caccia e reo di abuso? II Consiglio di Stato , con la pluralita di un solo
voto, rispose che s\. 2." Debbono percio sequestrarsi le rendite a Mons.
Caccia? A grandissima pluralita di voti fu risposto che no. 3.°Devesi al-
Bieno allontanare Mons. Caccia dalla Diocesi di Milano ? E dibel nuovo,
con grandissima pluralita di suffragi, il Consiglio di Stato rispose che
no. — A questo giudicato aggiungiamo una sola parola: Se v' ebbe abu-
so, fu solo dalla parte del Governo , che , violando la ragione canonica,
fece dare a' suoi preti favoriti le rendite di benefizii , di cui non erano
legittimamente investiti.
5. Ma tm'altra sentenza si sta ora aspettando con universale desiderio,
e dalla quale si parra qual sia 1'amore di giustizia, onde sono animati i
Catoni e legislated di Torino. Un tal Susani, deputato al Parlamento, fu
accusato pubblicamente di peculate, per aver ricevuto dal Bastogi la
egregia somma di un milione di franchi, affine di compilare una relazione
sopra le vie ferrate meridionali per forma che, reiette le offerte del Rot-
schild , se ne desse V appalto al Bastogi ed alia sua consorteria, come fu
fatto. II Susani riusci all' intento, tocco, dicono, il suo milioncino in car-
telle di credito, le quali fu sollecito di scambiare con 600,000 franchi so-
nanli, de' quali dovette pero far parte con chi Tavea aiutato nella bisogna.
Questi fatti, denunziati dalla voce pubblica, toccati ne' giornali, riferiti
alia Camera, otteunero che si nominasse una Commissione, incaricata di
ricercare ed appurare la verita o la falsita dell'accusa. Finora non se ne
conosce il risultato ; ma, stando alle voci che corrono, pare che la paura
di scoprir troppe cose abbia fatto si, che non si scoprisse nulla di ben
provato e chiaro.
6. Niente minore e _!$' preoccupazione pubblica per un' assemblea di
Framassoni italiani, convocati a Palermo dal loro capo supremo Giu-
seppe Garibaldi, come risulta da docuraenti pubblicati in quasi tutti i
746 CRONACA
giornali dei primi giorni di Giugno, come nell' Unita Cattolica, n. 182 e
183. Difatto yenne in chiaro, che uno degli intendimenti del Garibaldi nel
suo yiaggio in Inghilterra fu di ottenere dal Gran Maestro della Fra-
raassoneria inglese di quel rito, che dicesi scozzese antico ed accettato,
che volesse riconoscere ed accettare 1' unione con la Framassoneria ita-
liana di questo stesso rito. E con cio si spiegano gli omaggi ricevuti in
Inghilterra dal Garibaldi, per parte di rappresentanti di quasi tutte le
logge massoniche di cola. In riconoscimento di questo servigio, la Fra-
massoneria italiana confer! a questo suo eroe il supremo grado dell' or-
dine, designate con titolo di Grande ispettore generate o Gran Maestro ;
ed egli uso subito la sua autorita per invitare tutti i Corpi massonici dei
rito scozzese antico a voler cooperare all'unita della setta in Italia, unen-
dosi al supremo Consiglio esistente a Palermo ; conyocando percio iyi ad
adunanza nella Grande Loggia i Deputati di tutte le logge esistenti in
Italia. II deputato Boggio interrogo il Ministero , qual contegno si prefi-
gesse di osseryare in tal congiuntura ; ma il Peruzzi, risposto ad altre
interrogazioni, a questa non satisfece con una sola parola; ed il Boggio,
forse per non destare qualche vespaio , non insistette. Dalla qualita del
Gran Maestro della setta se ne puo argomentare lo scopo , che certo non
dee essere altro che il bandito cosi spesso dal Garibaldi, cioe la distru-
zione del Papato e del cattolicismo.
II.
COSE STRAN1ERE.
AIEMAGNA E DANiMARCA 1 . Risposta del Re di Prussia all'Indirizzo del Conte
d' Arnim per la separazione dei Ducali dalla Danlrnarca — 2. Lettera del
Duca d'Augustembourg a Lord Russell — 3. Dispaccio del Bismark aLon-
dra, per dichiararsi svincolato dai trattati del 1852 — 4. La leale osser-
vanza deH'arnaistizio, giustificata dal Monitore prussiano — 5. Notizie of-
ficiose circa i risultati delle Conferenze di Londra.
1. Nel pomeriggio del 23 Maggio, come narro distesamente la Gaz-
zetta dell' Alemayna del Nord, il re Guglielmo I ricevette a udienza una
Deputazione , che avea impetrato di presentargli un indirizzo circa la
questione dello Schleswig-Holstein, da noi mentoyata nel precedente
quaderno, a pag. 627. L'oratore della Deputazione, il Conte Arnim Boyt-
zenburg, antico Ministro di Stato, ha prqnunciato la seguente allocuzlq-
ne : « V. M. ha graziosamente permesso di presentarle un indirizzo relati-
yo aiDucati dello Schleswig e dell' Holstein. Noi ben sappiamo che V. M.
e il piu forte sostegno dell' onore prussiano, il rappresentante piii cal-
do della prosperita della Prussia. Noi non veniamo per dimandare qual-
che cosa al governo di V. M. Veniamo per offrire con gioia le nostre so-
stanze e il nostro sangue a V. M., se ne ha bisogno, per compiere 1'ope-
ra incominciata tanto energicamente , di concerto col suo alleato , e vit-
toriosamente coll'aiuto di Dio. Questa oflerta noi 1'apportiamo fmo da
CONTEMPORANEA 747
questo momento, a nome di piu di 30,000 de' vostri sudditi di tutte le
classi, di tutte le profession!, di tutti i paesi della rnonarchia, i (juali han-
np firmatp 1' indirizzo nei pochi giorni in cui si e messo in giro. » Ag-
giunte quindi alcune sentite parole di entusiasmo per 1'amore dimostratp
dal Re a' feriti dell'esercito: « Sappiarao, prpsegui, quanta pena costi
al cuore paternp di V. M. il dimandare simili sacriticii. Ecco, perche
ci crediamo in diritto di offerirli con gioia a V. M., se le risoluzioni, che
con contidenza pienamente rimettiamo alia saggezza, alia giustizia ed
alia eaergica volonta di V. M., li rendessero necessarii. » Dopo queste
parole, si e data la lettura al Re dell' Indirizzo.
II re Guglielmo rispose ne' termini seguenti : « Ho con piacere accet-
tato V indirizzo, nei quale voi mi dimostrate la premura del popolo prus-
siano a sostenermi in una soluzione della questione dello Schleswig-Rol-
stein , la quale possa ricompensare degnamente il sangue, cosi prezioso
per me, di tanti figli del paese. Questo compenso io lo trovero nell' ef-
fettuazione dei fini, pei quali ho preso le armi coll' Imperatore d'Austria.
Di concerto col mio augusto alleato, procurero, poiche Dio 1'haposto
in nostro potere, che i nostri compatriot! nei Ducati ottengano piena si-
curezza contro il ritorno dell' oppressipne danese, e che noi acquistiamo
guarentigie efficaci e durature contro il pericolo di attentati ulteriori alia
pace sulla frontiera del nord d'Alemagna. Egli e per questo scopo, chele
Potenze alleate hanno combattuto sul campo di battaglia, e noi cerchiamo
in questo momento a farlo prevalere nella conferenza colla liberta coni-
piuta di decisione, alia quale la condotta della Danimarca e gli avveni-
menti ci danno diritto. Sulla forma che noi pensiamo dare alia soluzione
del nostro compito, yoi non v'attendete senza dubbio degli schiarimenti
da parte mia, mentre le negpziazioni sono in corso. Ma parimenti , ypi
dovete avere la certezza ch'ip tutelero 1'onore della Prussia; checche
accada, yoi dovete aver fiducia con me, che i sacrificii che noi abbiamo
fatto per la causa alemanna , saranno fruttiferi per gl' interessi della no-
stra patria piu rislretta. Questa tiducia e in me raffprzata dalle parole
che voi mi avete dirette , e per le quali io vi ringrazio di cuore, perche
io vi vedo una nuova prova della calda e unanime deyozione, sulla quale
io posso contare da parte del popolo prussiano, ogni volta che si tratta
della grandezza e della prosperita della patria comune. »
Egli e chiaro abbastanza da questo fatto e dalle parole del Re, che le
pretensioni della Prussia circa i Ducati vanno ora moltp piu in la, ehe
non quando si esigeva solo dal re Cristiano IX la rivocazione della
nuova Costi tuzione dell' Ottob.re pe' Ducati , e 1 esatta osservanza dei
Tratta ti del 1852. Di che si ha unaltro indizio rilevante, nell'essersi dai
Commissarii ciyili dell' Austria e della Prussia nello Schleswig-Holstein
accettata la petizione compilata ed approvata dal meeting di Rendsbourg,
da noi mentovato a pag. 626 , la quale dapprima essi avean rifiutato di
ricevere , come noa dettata ne presentata da un corpo costituito ed au-
torevole.
2. Inoltre la Gazzetta del Papolo di Berlino pubblico una lunga di-
chiarazione, diretta dal Duca di Augustemburgo al conte Russell. Ecco-
ne i brani principal! :
« La separazione dei Ducati dalla Danimarca e non solamente un' esi-
genza della legittimita e della legalita, essa e un' esigenza dell' umanita
718 CRONACA
e clella pace del mondo. Perocche, quando anche la forza pervenisse a
curvare ancora una yolta i Ducati sotto il giogo danese, essi aspettereb-
hero tuttavia la prima occasione per iscuotere questo giogo illegittimo e
detestatq. Ed io, perparte mia, considererei come un dovere sacro di
chiamarli alle arrni, quando il raomento fosse venuto Ma se, malgra-
do la manifestazione yolontaria e non formale del voti della popqlazione
e del suoi rappresentanti attuali, 1'Europa avesse ancora del dubbii sull'o-
pinione reale del paese, se 1'Eurqpa yolesse dare una nuova sanziqne al
diritto istorico, non yi sarebbe miglior mezzo, a questo fine, che di pro-
yocare i' espressione formale della yolonta del paese.... Se yi sono for-
rae diyerse per mettere in sodo questa yolonta, io accettero una di queste
forme, supposto ch' essa dia una guarentigia compita della libera espres-
sione di questa yolonta e che manifest! , in modo incontrastabile, se %\\
Schleswig-Holsteinesi si riguardino come miei sudditi o come sudditi clel
Re di Danimarca.
« Benche deciso a non piu lasciare il mio paese, acconsentirci tutta-
yia, per eyitare anche i'apparenza di una pressibne, a soggiornare fuori
del paese per questo caso, durante la manifestazione della yolonta della
popolazione. L' amore dell' indipendenza dei Ducati non e una yolonta
impotente. Essi hanno in se le qualita ed i mezzi necessarii pel loro syi-
luppo ; essi lagnansi solamente di non aver trovato fmora 1'occasiqne di
provar di nuqvo la forza della loro yolonta, partecipando al combattimen-
tq che scoppio per causa loro. Si cqnceda loro la liberta di mettere i mez-
zi di loro difesa nello stato in cui erano quando 1' Europa, non laDani-
raarca, tolse loro le armi, ed essi proyeranno colle loro azioni che sono
capaci di conquistare la loro indipendenza e di mantenerla. »
3. Ma piu rileyante ancora, come indizio dei disegni di Berlino, e un
altro documento ufficiale, cioe un dispaccio spedito dal Bismark all' am-
basciadore prussianq in Londra , per dichiarargli i suoi sentimenti circa
le basi d'un componimentq, escludendone affatto i Trattati del 1852. Ri-
cordate le violazioni dei diritti de' Ducati, cqmmesse dalla Danimarca; e
toccato degli sforzi inutili fatti dalla Germania per ottenere paciticamen-
te, co'mezzi diplomatici, la doyuta satisfazione: accenno come gia si fos-
se dichiarato dal Gabinetto di Berlino che, se la Danimarca persisteya
nell' ingiusto riiiuto di giustizia, la Prussia « dovea credersi in dirilto di
non piu considerare ii Trattato del 1852 come obbligatoriq ; » e che so-
lo «stenevasi dal promulgare tal sua risoluzione, per fiducia che qualche
concessione della Danimarca ristabilirebbe le condizioni preliminari, per
non recidere ogni speranza di mantenere la pace. Quindi prosegui nel
modo seguente :
« Anche quando questa speranza cadde, quando al 1.° Gennaio la Co-
stituzione contraria ai trattati, non solo none stata ritirata per Io Schles-
wig, ma fu messa in yigore, le tre grandi Potenze tedesche non hanno an-
cora yolutq fare uso immediato del loro diritto. Anche al momento in
cui la Danimarca le avea obbligate a misure guerresche , esse hanno di-
chiarato, col dispaccio 31 Gennaio, che non intendeyano mettere in que-
stione il principio della integrita della monarchia danese. Ma in pari tem-
po esse dichiararono espressamente, che una persistenza ulteriore della
Danimarca nella yia in cui era entrata, le obbligherebbe a fare dei sa-
crificii, che potrebbero impor loro il doyere di rinunziare alle combina-
CONTEMPORANEA
xioni del 1831 , e di cercare d' intendersi coi iirmatarii del trattato di
Londra sopra un regolamento diverse. Questo caso e avvenuto. II Go-
verno danese ha spinto fmo all'estremo la sua persistenza nel suo rifiuto
ed ha continuato la resistenza armata fmo all' ultimo momento.
« Dopo tutti questi avvenimenti, il Governo del Re non puo piu in al-
eun modo credersi legato dagli obblighi che esso aveva contratti , 1' 8
Maggio 1852, senz'altre presupposizioni. Questo trattato e stato conclu-
so da lui collaDanimarca, e non con altre Potenze, e soltanto fra Copenha-
gen e Berlino le ratifiche furono scambiate, e non tra Berlino e Londra
o Pietroburgo.Quarid'anche, cosa che non ammettiamp,il trattato di Lon-
dra fosse stato destinato a creare degli obblighi tra noi ed i neutri, questi
obblighi sarebbero caduchi col trattato medesimo, dal momento che que-
sto divenisse tale pel non compimento delle sue condizipni preliminari.
«In conseguenza,e conformemente alia sua dichiarazione del 31 Gen-
naio, esso si dichiara come affatto libero da tutti gli obblighi che potreb-
bero dedursi dal trattato di Londra 1852, ed in diritto di discutere ogni
altra combinazione, in modo del tutto indipendente da quel trattato. »
i. Appena erasi attuato 1'armistizio , ed ecco i diarii ufficiosi di Co-
penhagen, acui facean eco c[uelli d'Inghilterra e di Francia, empire il
mondo di cpierele , come se i Prussiani per insigne slealta ne violassero,
con estorsioni e yiolenze d'ogni maniera, i patti piu sacri e rilevanti. A.
sfalare quella impostura, il Monitors prussiano del 27 Maggio pubblico
la nota seguente: « L' inquisizione ufficiale , ordinata in seguito ai rac-
conti yolontariamente o involontariamente falsi dei giornali inglesi e
francesi , ha posto in sodo che gli alleati hanno eseguito letteralraente le
stipulazioni della sospensione d'armi. II commercio, le transazioni e 1'an-
damento deiramministrazione non sono stati inceppati ; non vi e piu sta-
ta levata di contribuzioni, cominciando dal momento della sospensione
d'armi; le provviste in merci confiscate anteriormente sono conservate,
ma non sono yendute. 11 mantenimento delle truppe ha luogo per mezzo
di spedizioni fatte dai provveditori prussiani, ea una linea di confine la
quale risponde a tutti gl' interessi , e stata fissata di accordo col genera-
le danese sig. di Gerlach. Dal suo lato , il Comandante supremo deli'ar-
mata alleata, per tutelare gl' interessi militari, ha impedito tutto cio che
avrebbe potuto essere pregiudicevole all'armata. Le autorita danesi han-
no tentato alcuni atti, i quali hanno questo carattere, come il levare re-
clute e la percezione dei diritti doganali ; ma questi abusi sono stati de-
bitamente impediti. Gli alleati si sono sempre fermamente opposti alle
usurpazipni danesi , ma eseguendo rigorosamente le stipulazioni della
convenzionedel 12 Maggio. »
5. Quanto alle speranze d'un felice risultato delle Conferenze di Lon-
dra per 1'assetto di questo litigio , pel quale si sciuparono infinite prati-
che di Gabinetto , si profusero tesqri e si yerso tanto sangue , appena
si potrebbe avventurare qualche ragioneyole conghiettura, essendo stato
imposto a' Plenipotenziarii Tobbligo di assoluto segreto sopra le cose
trattate o statuite , fmo al punto in cui o si riesca al bramato intento , o
le Conferenze si debbano sciogliere come impotenti ad ottenere il loro
scopo.
Tuttayia 1' ufficiosa Ost-Deutsche-Post di Vienna , sotto il 29 di Mag-
gio, diede una breye sposizione deli'ay venuto nella radunanza de' Pleni-
CRONACA
potenziarii tenuta il giornq innanzi , e scese a particolari , a maniera di
chi afferma con certezza di non poter essere smentito.
« Al principle della Gonferenza il Presidente domando ai Plenipoten-
ziarii danesi qual risposta dqvessero fare alia proposta recata in mezzo
nell'Adunanza precedente , cioe dell'autonomia dei Ducati con Yimione
personale sotto la Corona di Danimarca, ossia deU'indipendenzapolitica
dei Ducati. II sig. Quaade, prirao dei Plenipotenziarii danesi, rispose
die il suo Governo non considerava tal proposta come atta a condurre
al ristabilimento della pace. Lord Russell pero il richiese di dire quali
erano dunque le controproposte della Danimarca ; ed il Quaade laconi-
camente replico: nessuna.
« Allora entro a parlare il Conte Apponyi , rappresentante dell'Austria,
e svolse le basi sopra di cui le Potenze alemanne sarebbero disposte a
conchiudere la pace. Quelle consisterebbero nella separazione compiuta
dei Ducati dalla Danimarca , per essere costituiti in Stato federale ale-
manno indipendente , sottq il governo deH'Augustembourg, che nell'or-
dine di successione e il primo chiamato a regnarvi, riservando alia Con-
federazione germanica la disamina delle pretensioni ereditarie d'altri
agnati , come di affare interno della Confederazione. Le quali proposte
dell'Apponyi furono confortate dal suffragio del Conte Bernstorff e del
Be Beust.
« II Principe La Tour d'Auvergne , Plenipotenziario francese, suggeri
allora un disegno di mediazione, inteso ad unire 1' Holstein ed il Lauem-
hourg ad una parte dello Schleswig, per congiungerli alia Confederazione
germanica, lasciaudo 1'altra parte dello Schleswig alia Danimarca, con la
quale sarebbe pienamente incorporata. Lord Clarendon aderi a questq
disegno, ma si spinse piu oltre, designando senza piu le frontiere dei
novelli Stati, cioe la linea di Husum, Treene, il Dannewerke e laSchley.
Contro di che si richiamarono i Plenipotenziarii alemanni, rifiutando m
generale il principio dello spartimento dello Schleswig, e dichiarando in
particolare semplicemente impossible ad accettarsi la proposta inglese.
Dopo lungo dibattere , i Danesi ammisero ad referendum tutte le proiDO-
ste fatte, e gli Alemanni fecero il simigliante per la proposta di media-
zione dell' Inghilterra e della Francia. »
PRANGIA 1. 11 Moniteur per la sera; sgomento d«i giornali ufficiosi — 2. Ap-
plicazione degli arlicoli organici alia lettera del Santo Padre sopra il
Breviario ed il Messale nella Diocesi di Liorie — 3. Lettera pastorale del
Card, de Bonalcl circa Iq stesso oggetto — 4. Introduziqrie della liturgia
romana nella Diocesi di Belley — 5. Lettera del Principe Napoleone al
comitato rivoluzionario di Torino, per 1'unita d' Italia — 6. Dichiarazioni
ufliciali del Governo francese, circa i supi propositi sopra 1'Italia — 7. Pro-
messe pacifiche e liberal! del sig. Persigny — 8. Assegnamenti alle chie-
se ed ai teatri — 9. Solleyamentq degli Arabi in Algeria; si raccende la
guerra; morte del Maresciallp Pelissier — 10. Spedizione dell'armata na-
vale francese a Tunisi , per vigilare la rivoluzibne scoppiata contro il Be>
— 11. Ultimatum al Marocco.
1. In sullo scorcio del passato Aprile i diarii ufficiosi parigini ebberq
una gran battisoffia, che li tenne in crude ambasce e spinse parecchi di
essi a comiche disperazioni, per la paura di vedersi venir meno ad un
CONTEMPORANEA 751
tempo la profenda del Governo ed il concorso degli associati. Imperoc-
che corse voce, e si ayvero, ehe, pel 1.° di Maggio, uscirebbe alia sara
una edizione del Moniteur ufiiciale, che venderebbesi al prezzo di soli
o centesimi, appunto perche il Governo intendeva facilitare cosi ad ogni
ordine di cittadini, ed anche a'campagnuoli, 1'aver pronta ed esatta noti-
zia dei fatti quotidiani. Di che era oyyio il pensare che moltissimi, po-
tendo con im terzo di spesa aver notizie autentiche, non vorrebbero con-
tinuare a spendere due terzi di piu affine di venirle pescando in qualcuno
de'giornali ufficiosi. Inoltre il Governo coll'istituire un giornale appo-
sito a tal fine, npn continuerebbe forse a stipendiare grassamente altri
portavpce. E cosi il danno di questi sarebbe dpppio. Pero queste paufe
cominciarono a venir scemando fin dai primi giorni del Maggio, dopo
usciti alcuni nuineri del Moniteur du soir , che fu trovato noioso come
un diario ufficiale, ed inoltre colto in fallo di notizie molto inesatte. Re-
stava tuttavia a molti un pruno negli occhi, ed era quell' odipso privile-
gio del neonato, di essere yenduto a 5 centesimi , mentre il solo hollo
che gli era impresso in margine, e valutato 6 centesimi ; eppero chiedea-
si da quando in qua si era inventato questo sistema economico, di dare
gratis la carta e la stampa, e per giunta un centesimodi franco a'lettpri?
Npn era chiaro con cio il proposito del Governo, di scalzare cioe gli al-
tri giornali?
Di cio si mossero domande a'Ministri oratori nel Corpo legislative; e
le risposte furono spddisfacenti; cioe, che il Governo, non potendp impe-
dire che false notizie fossero propagate da vaghe voci di liberi giornali,
dovea e potea procurare che le vere giiingessero a tempo ; che per altra
parte era manifesto come un diario utliciale, sempre poco piacevole, non
potrebbe allettare lettori, se non per I'infimo prezzo; e che percio si do-
vea con oppprtuni sussidii sostenere , poco importando la forma di tali
sussidii, cioe 1'esenzione dal hollo, od H pagamento d'una parte anche
larga delle spese. E la cosa npn ebbe altro seguito.
2. Una delle notizie piu rilevanti, che ornarono il Moniteur du soir
del 14 Maggio, fu data in cjuesti termini : « II Governo, usando del di-
ritto che gli compete per gli articoli organici del Concordato (legge del
18 Germinale, anno X, art. 1.°) non ha permessa la pubblicazione in
Francia </'un Breve, dato a Roma il 17 del passato Marzo, per 1'introdu-
zione della Liturgia romana nella Diocesi di Lione. Pertanto qualunque
pubblicita, data a cotal Breve, costituirebbe la violazione d' una legge,
che il Governo ha doveree diritto di far rispettare. »
Non sara inutile che ripetiamo qui il gia detto altrove : cioe 1.° cbe
codesti articoli organici, npn solo non fanno parte del Concordato, ma
furono positiyamente reietti sempre dalla Santa Sede come intrusi dal
solo Potere laicale, e contrarii ai diritti della Chiesa, la quale si protestp
solennemente contro quell' abuso di forza. 2.° Che quando pure quegli
articoli avessero il valore attrihuito loro dal Moniteur, non potrebbero
mai giustamente applicarsi alia lettera, in cui il Santo Padre manifestava
al Cardinale Arcivescovo di Lione la sua volonta, circa un punto mera-
mente spirituale, che non ha veruna attenenza coll' ordine civile, e che
per uiun modo puo riferirsi a quelle che diconsi materie miste.
Aggiungeremo poi che le dichiarazioni del Moniteur non fanno, e non
potranno mai fare, che il Clero sia disobbligato dall'obbedire, com'e cer-
CRONACA
tissimo che pbbedira, agli ordini del Santo Padre e del Cardinale Arci-
Yescpvo ; ne potranno sottrarre al meritato castigo delle censure eccle-
siastiche i riottosi, che s' incaponissero nella disobbedienza. Eppercio i
Gallicani possono, anche per questo riguardo, andarsi a riporre.
3. Difatto il Cardinale Arcivescovo di Lione e cosi fermo nell'esigere
tale obbedienza, e si preoccupa cosi poco del latrati di quaiche rimasu-
glio della setta Gallicana , che mando leggere in tutte le Parrocchie e Co-
munita religiose, dopo la Messa o durante i Vesperi della Domenica 15
Maggio , una sua lettera pastorale, data sotto il di 8 e riferita nel Monde
del 19. In essa 1' Eiiip Arcivescovo espose le pratiche condotte in Roma,
per purgare la Liturgia della Diocesi di Lione dalle macchie onde 1'avea
contaminate il Gallicano Mons. Montazet. Quindi prese a ribattere per
singola le imposture e le menzpgne spacciate da' ricalcitranti , che cosi
speravano di costringere 1' Arcivescovo e la Santa Sede a iimoversi da)
proposito, per non aver a sostenere insuperabili contrast! col popplo dei
Fedeli. Dichiaro pertanto che si conserverebbe 1'antica liturgia Lionese,
purgata dalle recenti innovazioni ; che si continuerebbero a celebrarc
coll' usata pompa la Messa splenne, le processioni , i Vesperi , senza mil-
la cangiare al canto del Gloria, del Credo, del Sanctus, fo\\ Agnus Dei:
che si favorirebbe sempre il culto diyoto a Marra SS. , massime nel me-
se di Maggio; che non si graverebbero d'enormi spesele parrocchie, pei
libri liturgici ; e che per le solennita esterne si continuereiibero ad usare
gli antichi, finche non si fossero provveduti i nuoyi. E tini ricordando
1'obbedienza dovuta al Supremo Pastore , la quale egli si riprometteva
di trovare interissima nel Clero e nel popolo. Questa Pastorale , pubbli-
cata appunto il giorno dopo le minacce del Moniteur , dimostra che la
Chiesa cattolica , mantenendo con dignita e fermezza la sua indipenden-
za circa le cose spiritual!, e dando a Cesare cio che spetta a Cesare, non
puo essere ridotta all'abbietta servitudine della setta angiicana o dello
scisma russo.
Yero e che , stando a fjuel che leggesi ndYOpinione di Torino del 28
Maggio , la pertinacia dei pochi preti Gallicani di Lione avrebbe trovato
sostegno in un nuovo provyedimento deH'autorita civile , da cui « yenne
impedito a tutti i tipografi e librai , di yendere il nuovo rituale. » Ma an-
«he questo maneggio (se non e pretta inyenzione di chi ami calunniarc
il Goyerno imperiale) , non ne dubitiamo punto, sara yano; ppiche la
massima parte del Clero sara per cio stesso impegnata a procacciarsi da
altri luoghi il Breviario ed il Messale ; e staremo a yedere se i Gendar-
mi doyranno , come in Russia , leyarli dalle mani dei preti e dagli altari !
L' ordine dato dal Santo Padre con la sua lettera del 17 Marzp, ed il Re-
scritto della sacra Congregazione dei Riti del 3 Marzo, di cui si reco un
ampip estratto dal Monde del 7 Maggio, non rimarranno, sel persuadano
pure i fautori della disobbedienza e della viplazione della disciplina ec-
clesiastica, senza ottenere pienissima esecuzione; e se ne ha un indizip
nella prontezza con cui i Seminaristi di Lione, ammessi teste agli ordini
sacri, si obbligarono formalmente tutti, di buona yoglia, al Breviario ed
al Messale romano.
4. La sconfitta dei Gallicani sara tanto piu decisiya e gloriosa per la
Chiesa, quanto maggiore sara stata la yiolenza opposta agli ordini dei
Santo Padre; e tra poco, ne siamo certi, la Liturgia romana accolta in
CONTEMPOPANEA 753
tutta la Francia rendera anche piii manifesta 1' intima unione tra i fedeli di
quella nazione ed 11 centre della cattolicita. Difatto il Monde, del 16 e 17
Maggio, ebbe lettere da Belley che gli annunziavano , come il Yescovo
di guella Diocesi , con Circolafe del giorno 5 , avesse ordinato al suo Cle-
ro il ristabilimento della Liturgia romana. « Una commissipne, dice tal
circolare, sara nominata per occuparsi della scelta dei libri e del canto,
e per compqrre il Proprium. Tuttavolta noi crediamo di conformarci al-
le inlenzioni del Santo Padre non incalzando con troppa fretta 1'esecu-
zione di questi provvedimenti per cjuelli tra.yoi , ai quali 1'eta ed una
lunga abitudine renderebbero quasi impossibile il cangiare di modo nel-
la celebrazione della santa Messa. »
La Diocesi di Belley , che ora e suffraganea di Besancon, ayendo tem-
poraneamente fatto parte di quella di Lione, aveane aHresi riceyuta la
Liturgia. Ma questa unione duro pocq , e prima di essa la Liturgia roma-
na era in pieno vigore in un grandissimo numero delle sue parrocchie ,
le quali molto probabilmente ne conservano ancora i libri ; ed anche al
presente circa duecento de' preti ad essa appartenenti usano gia pe' diyi-
ni ufficii il Breyiario romano. Tuttayolta , per riguardi di condiscendenza
yerso gli abituati agli usi di Lione , Mons. Vescoyo di Belley ayea chie-
sto al Santo Padre, che yolesse dar facolta alia sua Chiesa dl continuare
a praticarli per la Messa bassa e per la Messa solenne. La Santa Sede ,
atteso che 1' unione delle due Chiese era stata si ristretta e passeggiera ,
non aderi all' istanza , e prescrisse il ritorno puro e semplice alia Lilurgia
romana. « II yostrq Yescoyo, dice il yenerando Prelato nella sua Circo-
colare, yi dara egli pel primo Tesempio d' un' obbedienza pronta , affet-
tuosa, tutto figliale. II yenerabile nostro Capitolo n' e gia informato, e
Ja rispettosa sua sommessione ci riusci di consplazione grande. »
5. Si sa che in Torino risiede un Comitato riyoluzionario, che profes-
sa di promoyere con tutti i niezzi proprii delle sette ,la liberazione delle
province yenete , e che si mantiene percio in comunicazione coi Comita-
ti segreti di cola, a'quali manda 1' imbeccata riceyuta dai Ministri di To-
rino e dai complici di Parigi. In ricambio di questi seryigi, prestati pub-
blicamente da Deputati , Senatori e Ministri , il Comitato di Torino rice-
yette da quello di Yenezia un opuscolo, che mando stampare pei tipi del
Botta, e che leggesi per intiero nella Opinione del 20 d' Aprile. Questa
scrittura pretendeya dimostrare, che 1'Austria non puo conseryare il Ye-
neto ; che lo tiranneggia in modo spietato ; che i popoli sono percio in-
fiammati d' adio implacabile ; che il Goyernq italiano non puo , senza
danno e yergogna , tollerare che quelle province siano in potere dello
straniero ; che e necessarip ed urgente troncar gl' indugi e volgere tutte
le cure a riscattare Venezia dall' obbrobriosa seryitu ; e che questa avra
termine se si mupye 1'esercito, si fanno marciare aU'uopo Je 700^000
Guardie nazionali armate, e si compie il programma bandito a Milano da
Napoleone III.
Un esemplare di questa scrittura fu spedito dai Comitato al Principe
Napoleone (Girplamo), che, e per suoi principii politici e per la sua qualita
di genero di Yittorio EmmanueleII,doyea naturalmente farle buon yiso.
Ed in fatti la stessa Opinione del 3 Maggio stampo la seguente confor-
tante risposta ayuta dai Cugino di Napoleone III :
Serie V, vol. J, fasc. 342. 48 11 Giugno 1864.
754 CRO.NACA
« Parigi, 28 Aprile 1861. Signori. Ho ricevuto il libretto che i! vo-
stro Gomitato pubblicava teste , e che voi avete yolutq offerirmi in suo
nome; yi pregb di accettare i miei ringraziamenti. Yoi conoscete si be-
ne, o Signori , i miei sentiment! circa la necessita dell' unita d' Italia ,
che non ho alcun bisogno di dicliiararli qui di bel miqvo. Come voi , io
penso che la questiqne veneta esige una pronta soluzione, ed iq faceio
voti ardenti alfinche ben presto 1' Italia, secondo la parola dell' impera-
tore Napolepne III, sia libera dalle Alpi all'Adriatico. Ricevete ecc. Na-
poleone ( Girolamo) ».
I giornali rivoluzionarii fecero gran festa e tripudio per questo riscon-
tro ; quindi spacciarono, che la Corte di Vienna se n' era assai commos-
sa ; che il Principe di Metternich a Parigi ne ayea chiesto spiegazioni
allo stesso Imperatore; e che questi, detto in prima come gli spiacesse
cotal pubblicazione,avea aggiunto di non poter dissimulare che in sostan-
za egti ancora la pensava come suo Cugino. Per contrario i giornali uf-
iiciosi austriaci, ed anche il Memorial diplomatique, diederq una mentita
ricisa a tali novelle , respingendo disdegnosamente la possibilita di pro-
vare o manifestare risentimenti di sorta per le ciance del Principe Napo-
leone.
6. Checche sia di cip, il Governo francese ha fatto in tale argomento
una breve si ma esplicita dichiarazione , la quale sembra che debba ba-
stare a contrappesare i yoti del Principe cugino , ed a calmare i bollori
del Comitato yeneto.
Nella seduta del 12 Maggio, discutendosi nel Corpo legislatiyo il bi-
lanciq degli alTari esterni, il sig. Jules Favre fece un amara critica del-
T indirizzo dato alia politica imperiale in quasi tutte le quistioni esterne,
massime della Danimarca , dell' Italia , del Messico , della Polonia e de-
gli Stati Uniti ; ed ognuno puo immaginarsi con che fuoco il valente re-
pubblicano si studiasse di dimqstrare, che in tutte il Governo avea lascia-
to scadere la sua influenza, vilipendere la sua forza, abusare della sua
moderazione, trasandare i suoi richiami, con detrimento della sua digni-
ta e con danno della Francia. Noi ci contenteremo di recitare alcune del-
le parole da lui dette quanto all' Italia ed a Roma.
« Qual e la nostra politica in Italia? Io diceva teste, che la Francia
deve restare fedele al nuovo dirittq , ed essa ha adempito questo do-
vere, liberando Y Italia dall'oppressione austriaca. Ma questa e una par-
te sola del programma. Non e egli vero che TAustria e 1' Italia si guata-
no in cagnesco, e che tqsto o tardi succederanno fatti deplorabili? L' I-
talia agogna alia Venezia, e non ha essa il diritto di dire, che le promes-
se del proclama di Milano: Italia libera dalFAlpi all' Adriatico, non fu-
rono mantenute?
« Ma non e solo nell' alta Italia che io scorgo contraddizioni pericolo-
se! Ne vedo soprattutto a Roma (Oh! Oh!)l Chiedo al governo che cosa
ha fatto a Roma? Che cosa vi fa, e che cosa ne spera? Se la sua politi-
ca fosse stata franca, (interruzioni) se si fosse detto agl' Italiani: —Noi
vi domandiamo il sacrifizio della vostra liberta per conservare il potere
temporale del Papa ; noi non siamo a Roma temporariamente, ma vi sia-
mo per servire al decoro del Papato e per sostenere il potere temporale
della Santa Sede , necessario alia grandezza della ci villa ! — se si fosse
adoperato questo linguaggio, io 1' avrei capito; ma non si fece cosi.
CONTEMPORANEA 755
« In quello stesso tempo che noi conducevamo il Papa trionfante a Ro-
ma, hoi umiliavamo la sua autorita colla lettera ad Edgardp Ney ! Ecco-
vi quello che tutti sanno ! II Governo sostiene la teocrazia in Italia, e se
promette di sostenere allra cosa, sa bene che non puo. lo sono cpnvinto
che il potere temporale e un ostacolo ad un tempo all' unita italiana ed
alia re'ligkme ; non voglio ritprnare indietro : ma abbiamo noi obliato il
discorso elqquente di un Ministro, che nel 1863 ci diceva, cpgli applausi
della maggioranza, che 1' Imperatore si affaticherebbe per riconciliare la
Santa Sede coir Italia , la liberta colla religione , e che a questo scopo
tenderebbe con tutte le sue forze? Cosi veniva defmita dai Ministri , in
quest' aula, una pplitica da lorq ignorata (Esclamazioni) !
« Ebbene, quali sono gli atti, le prove, gl' indizii, che noi siamo riu-
sciti in questa riconciliazione? Tutto , al contrario, prova che 1' ostilita
degl' interessi e aumentata , e che la nostra protezione a Roma e bene-
detta officialmente ; ma e accettata con diffidenza (Rumori) .... Recente-
niente il sangue si e sparso a Roma ; tra le truppe pontiiicie e francesi
successero lotte Non yoglio insistere piu oltre ; ma chiedero al Go-
verno che cosa abbia fatto in quest' anno per la questione italiana? Ed
attenderq la risposta »
II ministro di Stato, signor Rouher, che replied a lungo sopra le que-
stioni messicana, danese ed altre, riguardo alia questione italiana, pro-
nuncio solamente le poche parole che seguono :
« Di Roma e dell' Italia non diro che una parola sola ; ed e che, men-
tre il signor Favre c'invita alia guerra per liberare Yenezia, noi aspet-
tiamo dal tempo lo scioglimento di questa questione ; il tempo e la Prov-
videnza scioglieranno queste questioni, meglio che non Teccitamento del-
le passioni ardenti. Le minaccie di guerra sono represse vigorosamente
dal Parlamento italiano ; ne abbiamo mallevadore il sig. Peruzzi colle sue
medesime dichiarazioni allo stesso Parlamento italiano. II Governo del-
F Imperatore adunque spera, che la pace non sara turbata in codesta par-
te d' Europa , e che il grande movimento di assimilazione , che si fa in
Italia, sara continuato senza turbamento e senza peripezie ».
Mempri delle plichiarazipni fatte dal Governo imperiale nelle sue Cir-
colari ai Vescovi di Francia , quando stava per calare in Italia nel 1859
a fpndarvi il presente stato di cose con la forza delle sue armi , e delle
assicurazioni date da' suoi Ambasciadori alia Santa Sede , e dei risultati
che si viderp nel 1859 e nel 1860, lasciamo a' nostri leltori il fare delle
parole del signor Rouher quel caso e quelle interpretazioni,cheloro par-
ranno piu a prpposito.
7. L' ex-ministro sig. De Persigny avea anch'egli, pochi giorni prima,
intonato 1' idilio della pace, in un discorso detto al Concorso regipnale
tenutpsi a Roanne. Egli si mostro rapito d'ammirazione pei progressi del-
1' agricoltura, e celebro con le frasi piu sonanti i meriti de'campagnuoli,
dicendo che da essi, come gia 1' antica Roma, traeva la Francia gli ele-
menti di forza e di saviezza ; e dicea vero : ma voile subito mescolarvi
uno sproposito, dicendo di respingere come una corbelleria la ragione che
da altri allegasi, cioe che i campagnuoli sono piu animati da sensi di re-
ligione e di buon costume. « lo per me, o Signori, rifiutp questa spiega-
zione: la coscienza e indipendente dal mezzo in cui si agita la vita uma-
na . . . Se le grandi citta in generale si trovano piu accessibili a certe
CRONACA
passion!, a certi error! politici, questa disposizione si cieriva da cause
special!, che nulla non hanno che tare con la religione e la morale *: » E
qui comincio ad allegare codeste cause special!, e riusci, senza volerlo,
a dimostrare con evidenza proprio il cpntrario della sua tesi : cioe die i
campagnuoli hanno piu senno e son migliori , appunto perche dalle con-
dizioni loro proprie sono in una specie di necessita d'essere piu religiosi
e piu costumati; e che percio la coscienza non e indipendente dal mezzo
in cui si agita. Questo non impedi per altro che i giornali ufficiosi levas-
sero a cielo questo portento di eloquenza; e certo sel meritava, ed era
hen degno che il Moniteur ristampasse, come fece, per intiero tal discor-
so, tanto era squisito e copioso 1* incenso , che da esso sprigionavasi in-
nanzi all'idolo dell'Impero.
Pel caso nostro importa principalmente di notare il genip pacifico da
cui era ispirato, come se avesse voluto preparare gli aninii alle notizie
di pace bandite ppi dal Rpuher nel Corpo legislative. Ecco alcune sue pa-
role: cdntanto, Signori, tin qui, e quali che siano le grand! cose fatte
per 1' interno dall' Inipero , e certo che la principale sua preoccupazione
si fu ristabilire al di fuori 1' indipendenza della Francia , di restituirle la
sua liberta d' azione nel mondo , e di liberarla da quelle minacce di coa-
lizione, che dal 1815 non cessavano di aggravarsi sopra di lei. L'istoria
raccontera per quali prodigi di accorgimento, di coraggio e di modera-
zione si ottennero quest! grandi intenti. Al presente, compiuta pggimai
questa parte della missione dell' Impero, e finite le sue parti militant! in
Europa, ed essendo la Francia rientrata gloriosamente nel Concerto delle
nazioni, e non ayendo piu altro interesse che gl'interessi comuni all' Eu-
ropa stessa, comincia evidentemente anche per lei un' era di pace. » Que-
sta espolizione oratoria del famoso tema: I' Empire c1 'eat la pa^,potrebbe
avere qualche yalore, se non sapessimo che sempre, quandp stava per
iscatenarsi piu crudele il flagello della guerra, gli araldi di Francia da
dodici anni in qua usarono di uscir fuora coronati d' ulivo, con faccia
lietissima, inneggiando alia pace, frutto del senno e della moderazionc
dell'Jmpero.
8. II sig. De Persigny si dichiaro persuaso che la religione non entri per
nulla 'a fare, che i contadini siano men turbolenti , meno rivoluzionarii
che gli abitanti delle grandi citta ; e bisogna dire che egli non e solo in
Francia nel pensarla cosi. E ne vediamo la prova lampante nella licenza
estrema che si lascia ad ogni ragione di stampati empii od osceni, di che
s' innondano, per mano di merciai ambulant! (colporteurs) le citta di pro-
Tincia ed i villaggi, a prezzo vilissimo ; mentre per altra parte i pochi
giornali religiosi sono tenuti in mrgd ferrea, a rigore di ammonizioni, di
sequestri, di sospensioni e di process!. Altra prova si ha pure nell' im-
pegno con che, fmo a quest! giorni fu mantenuto sulle pubbliche cattedre
d'insegnamento, onde fu rimosso solo al 1.° di Giiigno, un professore fa-
migerato per la perversita ahbominevole de' suoi principii e per solenne
professione di ateismo. E da ultimo tal sentimento e manifesto nella pro-
fusione che si fa , a spese dello Stato , di spettacoli e di teatri nelle cit-
ta, lasciando nella pqverta, spesso indecente ed estrema, le chiese di
campagna. Di che ci basti recare le parole dette dal Barone Ravinel,
I Debats \[ Maggio.
CONTEMPORANEA 757
nclla tornala del 21 Maggip, al Corpo legislativo: « La somma assegna-
!a in quest' anno ai teatri di Parigi a carico del bilancio dello Stato e di
1,320,000 franchi. L'anno scorso furono votati 1,500,000 franchi pergli
ediiizii parrocchiali ; 11 Consiglio di Stato to.lse a questa somma 100,000
J'ranchi ; e cosi il sussidio ai teatri resto superiore a quello assegnato alle
chiese parrocchiali ! Eppure ne\V esposizione delle condizioni dell'>impero
si riconosceva , che in niolti comuni le chiese parrocchiali eranp in pessi-
mo stato ed i teatri di Parigi prosperayano ; si confessava che il sussidio
alie parrocchie dpveva essere accresciuto, ed invece venne diminuito !
Ma pure in un discorso recitato teste a Roanne dal signor De Persigny,
lu dichiarato che le campagne formano la sicurezza delle citta, per i sol-
dati che danno all'esercito. Perche adunque fare meno a yantaggio delle
parrocchie di carnpagna di quello che si fa per i teatri di Parigi? Cono-
sciamo i sentimenti dell' Imperatore per le campagne, ma il Governo im-
periale non se ne occupa punto. Invpco 1' attenzione della Camera e del
Governo sopra questo fatto, ed esprimo il voto che simili contrasti non si
vedano piu. »
II Corpo legislativo passo oltre , ed approve le spese per i teatri di
Parigi, nella somma proposta, maggiore della somma asseguata alie chie-
se parrocchiali !
I Parigini pertanto continueranno a godersi i trastulli , spesso empii t
quasi sempre immoralissimi , di che si porge loro si larga copia , e
de' quali sqno cqsi ghiqtti; ed un esercito d' istrioni e di ballerine, lau-
lamente stipendiato, si occupera , a spese dell' erario , in fare loro la
scuola d'ogni viziq. Unpopolo affogato nelle dilettazioni del senso e ripu-
tato, da certi pplitici, al tutto incapace di recare molestia a'governanti ;
ma dal 1848 si ebbero tante dimostrazioni in contrario, che, senza'un
fatale accecamento, non dovrebbe verun Governo poter credere di am-
mansare le sette, con ^ittar loro il pasto d' un' ampia licenza al mal co-
stume. Un popolo che si educa a quel modo, che fa descritto con tanta ve-
rita dal Cardinale Bonnechqse nel Corpo legislativo alii 17 di Marzo, a
lungo andare non puo che imbestialire ; e, rotto ogni freno di legge re-
ligiosa e divina, credete voi che yorra rispettare la legge umana?
9. Del resto che la religione sia 1' unica salda guarentigia dell' ordine
pubblico, e che, dove questa vien meno, cresca la potenza delle sette,
avvefse non meno all' autorita civile e politica di quello che alia divina
ed ecclesiastica, e un fatto si compiutamente dimostrato dagli orrori che,
tennero dietro alia prima promulgazione ed attuazione dei famosipnnct-
pii del 1789, che Napoleone I, per politica, si trpvo indotto a rialzare in
Francia quegli altari, a riaprire quelle chiese, a ristabilire quel culto pub-
blico, a richiamare cjue'sacerdoti e Vescoyi, che in nome ai quei princi-
pii si erano atterrati, distrutti e proscritti con leggi di sangue.
Al presente non si distruggono per verita le chiese, ne si sbandeggia-
no i sacerdoti, ma non e men vero che, se il cattolicismo riceve protezio-
ne e favori, gli eterodossi, ed anzi i maomettani ne ricevono altrettanto,
se non piu. Al quale proposito sono degnissime d'essere lette e meditate
due lettere, scritte al Debats, ma stampate nel Monde del 24 Maggio, so-
Kra la vera cagione delle presenti rivolture degli Arabi in Algeria. Chi
i scrisse ebbe buono in mano per dimostrare, che Torigine dei guai sta
in questo : che mentre era vietato o renduto impossibile al cattolicismo
758 CRONACA
1'adoperarsi per la conversione degli Arabi, si largheggiava in ispese ds
gran lusso per mantenere in onore e pratica il fanatismo musulmano , il
quale riguardera sempre i Francesi come usurpatori e padroni, non mai
come amici e concittadini d' uno stesso impero. Ed in vero ogni cuore
cristiano dee fremere leggendo con quale sontuosita si adornavano cola7
a spese^dellp Stato, le Moschee con tappeti e candelabri, si manteneva-
no seminarii di marabouts, si stipendiavano gli imans, i talebs, i moued-
dins, e si aprivano e si molti plicavano scuole d' Alcorario, acciocche i
fanciulli v'imparassero cio che insegna 1' Alcorano, cioe che i crisliam
son tigliuoli di cani. Mantenuto cosi in vigore il fanatismo musulmano.
e egli da stupire che questo si prevalga delle occasions propizie, per
iscuotersi dal collo il giogo della soggezione a'cpnquistatori cristiani?
Difatto gia da parecchi mesi il Governo imperiale potea aver sentore
ditrame assai yaste, ordite da Santoni arabi e da emigrati del Ma-
rocco, pei quali sottomano si allestiva la ribellione delle province al-
gerine ; e si ha buon fondamento da credere che 1'espettazione di quel
che avvenne, e che non si seppe o non si pote impedire, ispirasse
al Gabinetto di Parigi quella moderazione e quell'amore di pace, a cui
sacriiico i suoi impegni per la Polonia, le sue simpatie per la Dani-
marca ed i suqi disegni per 1' Italia libera dall' Alpi all' Adriatico. I!
Moniteur parigino ha riconosciuto e confessata la vera prigine della pre-
sente ribellione. Ecco le sue parole: « Non si puo disconoscere che i
movimenti, i quali si manifestano su diyersi punti del territorio mu-
sulmano, hanno fra loro una certa relazione. Lo spirito che presiede
alle risoluzioni ed all'andamento de' sollevati Tunisini, rivela 1'azione
delle societa religiose, la quale si estende sull' Algeria, e si manife-
sta con defezioni e con attacchi sul 'territorio meridionale della Divi-
sione di Orano. Molti capi indigeni credevano che la Francia sarebbe
impegnata in una guerra generale alia primayera del 1864. » Certo
e che ad un tempo stesso e scpppiava una ribellione contro il Be}
di Tunisi, devotissimo alia Francia ed incbinato alle forme di Govern(>
all' Europa, tanto che avea promulgate una specie di costituzione, e la
stendardo del sollevamento e della guerra santa yeniva spiegato contrc-
i Francesi nella provincia di Orano.
II Moniteur dell' Algeria del 14 Aprile narro le mene fatte da uii
giovane marabout per nome Si-Seliman, d'accordo con molti altri ca-
pi arabi si algerini e si marrocchini, per sollevare i loro popoli. Nei
primi giorni del Marzo costui, che, investito d' autorita dal Governo
francese, reggeva in qualita di Bach-Aga i suoi compaesani di Gery-
yille, nella provincia di Orano, si tolse di la coi piu devoti e religion
di sua famiglia; e, seguito da parecchie numerose e belligere tribiu
si pose a campp con aperta ribellione. I comandanti francesi diedero
subito provyedimenti per impedire che il sollevamento si stendesse
verso Algeri, o ricevesse aiuti da scorridori marocchini, o si raffprzas-
se dal concorso di piu altre tribu molto sospette e che incominciava-
DO a mupversi. Ma, colti quasi all' improvviso , non bastarono a spe-
gnere 1' incendio al primo suo divampare, ed anzi il primo scontro
co' ribelli fu molto funestp ; imperocche la disfatta e la strage di tutto
un ragguardevole corpo di fanteria e cavalleria crebbe la baldanza de-
gli Arabi.
CONTEMPORANEA 7o9
II Colonnello Beaupretre era , alii 7 d' Aprile, accampato a cinque mi-
glia da Geryyille con 100 fanti francesi, uno squadrone di spahis, e mol-
te squadre cli cavalleria indigena, alia quale, per la stanchezza della sua
fanteria, ayea commesso le scorte notturne. Sull' albeggiare del di 8 ecco
di repente soprayvenire cjualche migliaio di ribelli , che si gettarono sul-
1' accampamento. Icayalieri indigent che stavano alia vedetta, o'sopraf-
fatti dal numero degli assalitori , o colti da spayento, o per segreto ac-
cordo con quelli, si diedero alia fuga. II Beaupretre cadde tra' primi, uc-
ciso cy pistola uella prppria tenda ; degli spahis tre soli ebbero salya la
vita, ma 'non senza ferite, per la prontezza nella fuga; gli altri fanti e
eayalieri furonq trucidati dal primo all' ultimo. Cadde mortp nel combat-
timento anche il Gapo de' ribelli , Si-Seliman ; ma sottentro in sua yece
im giovane suo fratello , Si-Mohammed, che si condusse a Bou-Alem ,
horgata a 20 leghe da Geryville.
Un bando pubblicato dal Maresciallp Pelissier ad Algeri alii 24 d'Apri-
le, die' notizia di tal disastro, e non dissimulo che « molte tribudelmez-
zodi ayeano risposto alia chiamata del nuoyo capo de' ribelli , e yarii
€api, i quali da lungo tempo si teneano sotto la bandiera della Francia,
ne assunsero il comando ». E qui, assicurato che si farebbe yendetta del
tradimentp, il Pelissier largheggio in protestazioni del ferrao yolere della
Francia di rispettare i diritti degli Arabi, ricordando loro cio che gli avea
scritto Napoleone III : « lo sono egualmente Imperatore degli Arabi che
<lei Francesi ».
II Generale Martineau da una parte, il Generale Deligny dall' altra
mossero contro i solleyati di Si-Mohammed, ed in piu scontri o superarono
yalorosamente la resistenza loro opposta in certi passi aspri e stretti, ov-
yero, eludendo con marcie e contromarcie gli sforzi delnemico, giunsero
ad occupare favorevoli posizioni. Ma non per questo la ribellione fu yin-
ta. Le tribu degli Harars , degli Ouled-Chai'b e dei Flittas si leyarono in
armi , e discacciarpno uno squadrone di spahis da Taguin , uccidendone
non pochi, e trucidando yarii drappelli di soldati sparsi qua e la. Una
«ompagnia di 30 Francesi, che a 40 miglia da Tiaret yigilava i lavori d'un
pozzo artesiano, non riusci a salyarsi, che marciando e combattendo per
:i6 ore, con perdita d'alquanti feriti o rimasti morti, strascinandosi ayanti
<con le loro ferite. Gli Arabi ed i Kabili combattono alia loro maniera;
quando si sentono in numero assai preyalente, assalgonoall'improyyiso,
o nel silenzio della notte, o nello scompiglio delle marcie, o in imboscate :
se troyano resistenza inyincibile, si ritirano e yanno altroye a ricomincia-
re. Cosi assalendo^ad ogni istante, e sempre fuggendo, spessp paionoyinti,
e sempre tengono testa, e distruggono a centinaia i francesi, che soccom-
bono alle fatiche, alle privazioni, alia mancanza di yettovaglie o d'acqua.
Tuttavia due o tre yoke si proyarono a. tener fermo, e furono battuti, con
.grayi perdite. Intanto di Francia furono spediti cola piu reggimenti di
Jinea ed un battaglione di Cacciatpri. II Generale Jusuf colle sue truppe
marcio a sostenere il Deligny ed il Martineau. Parti da Parigi il General
Rose, comandante d' una Brigata della Guardia imperiale , per prendere
il comando d'una nuova Brigata di rinforzi ; e tutta una Divisione, posta
sotto gli ordini del Generale Bourbaki, si tiene in pronto per essere tras-
portata in Algeria, qualora la ribellione o durasse o s' allargasse.
La durata della ribellione e la grayita de' casi ayvenuti supero certa-
mente 1' espettazione del Goyerno ; e contribui forse a crescere la baldan-
760 CRONACA
za de' sollevati il sapersi che il Maresciallo Pelissier, Governatore gene-
rale, gia da buona pezza per 1' eta e la malattia assai affralito , era in tine
di vita. 11 suo nome incuteva gran timore agli Arabi , memori della tre-
nienda sua severita nel casligo. La niprte di lui, avvenuta il 22 di Mag-
gio,dopo riceyuti i conforti della religione, fu riguardata da\Moniteur co-
me una sventura per 1' Imperatore e per la Francia. Voile il Pelissier che
la spada ch' egli cingeya in Crimea, fosse offerta all' altare della Santis-
sima Yergine nella chiesa a lei dedicata presso Algeri. Assunse tempo-
raneamente il supremo goyerno dell' Algeria il Generale Martimprey,, che.
in qualita di Sottpgpvernatore, gia da qualche anno esercitaya 'quell' au-
torita sotto il Pelissier. II corpo del vincitore di Sebastopoli sara ripor-
tato in Francia, dpv'era nato nel 1794.
I proyvedimenti di repressione dati dal Governo, i poderosi rinforzi
spediti, il valore e I'intrepidezza de'Generali francesi doraeranno senza
dubbio i sollevati ; ma s'ingannerebbe a partito chi credesse che con cio
sara pacificata 1' Algeria. Questa , lo ripetiamo , sara sempre da tenere
niilitarmente , come terra di conquista, finche sara lasciato lihero il fana-
tismo musulmano , e trattato del pari che il cattolicismo. II Moniteur del
21 Maggio, vinto dall' eyidenza , attribuisce principalmente alle predica-
zioni dei marabouts ed ai fervori dei peliegrini reduci dalla Mecca, questo
raccendersi della guerra santa ; e tutti i diarii di Francia van d' accordo
in dire che i moti dell' Algeria non sono che un episodic del sollevamen-
to generale, che dpvea aver luogo dall'un capo all'altro delle terre affri-
cane volte al Mediterranep , essendo il focplare del fanatismo nel Maroc-
co, d'onde gli emissarii si spedivano yestiti in mille foggie diverse nel-
1'Al'gerino e su quel di Tunisi.
10. Difatto una ribellione formidabile degli Arabi contro il Bey di Tu-
nisi preoccupo talmente il Goyerno francese, che non indugio punto a
spedire cola dapprima piu nayi da guerra , poi tutta la squadra del Me-
diterraneo, in modo da aver in quella rada non meno di 540 cannoni ,
la cui yoce sembra destinata a qualche cosa di piu, che a semplici prote-
stazioni in difesa dei non molti sudditi francesi, che da quelle rivolture
potrebbero essere tratti in pericolo.
A mezzo 1'Aprile, dopo giunte cola le notizie del sollevamento alge-
rino, la cpngiura venne a' fatti, e ne tolse pretesto da balzelli esorbi-
tanti posti dal Bey. Questi , gia da piu anni , per pagare i debiti dellp
Stato, aveabandito un testatico di 36 piastre, da doversi pagare per ogni
individuo dai 15 anni in su ; e parte con le buone maniere, parte con la
forza, piego le pppolazioni dell'interno ad obbedire. Ma questo non ba-
stava al dispendio; e quattro mesi fa il Bey pubbfico un'altrp edii-
to , pel quale il testatico era raddoppiato, cioe cresciuto a 72 piastre:
e, per giunla, ogni proprietario di buoi e di cavalli dovea pagarne nori
72, ma 108. L'esasperazione degli Arabi giunse al colmo, si che guar-
dando come un rinnegato il Bey ed il suo primo Ministro, che faceano
pompa d'una certa vernice di civilta all'europea, diederp ascoltoalle arin-
ghe de' loro marabouts, e risolvettero di dar di piglio alle armi , per
costringere il Bey a rivocare 1'odiata Costituzione, non volendo essi ri-
conoscere altra legge che il Corano, non altro balzello che le decime da
questo prescritte ; ed a mettere giu 1' esecrato primp Ministro , e piu al-
tri ^randi ufficiali del regno. E percio, abbandonati i lavori campestri ,
si diedero palesemente a prepararsi alia guerra.
CONTEMPORANEA 761
A prima giunta fa stupire che il Bey , avendo a' suoi ordini non meno
di 12,000 uomini di truppe regolari, e piu del doppio di milizie irregola-
ri, uon abbia provveduto a reprimere i prirai moti. Ma queste truppe gia
da gran pezza, secondo cio che accade quasi sempre a'Goyerni orientali,
non avean piu ricevuto un obolo de' loro stipendii ; percio il Bey non
potea fidarsene. Ed invero le truppe regolari, che teneano presidio fuqr
delta Capitale o stavano a campo, si gittarono subitp a parteggiare pe'ri-
belli, occuparono quattro delle precipue citta, e si dichiararono pronte a
sostituireal Bey, se gli Arahi I'avesserpabbattuto, 1'eredepresuntiyo, che,
tenendo il supremo comando delle milizie, si astenne prudentemente dal
mostrarsi favorevole a questa od a quella parte.
Quando lo stendardo della rivolta fu spiegato , un generate Farbak,
d'origine Mamalucco, fedele at Bey, si mosse contro i ribelli, con poco
piu di 300 cavalieri. Ma caduti in imboscatedentrpimbiirronede'monti,
e circondati da quasi 3,000 ribelli, i piu de' soldati del Farbak si salva-
rono con la fuga, e il resto col Generate stesso furono trucidati. Allora
gran terrore e sgomento a Tunisi, dove a grande stento si poterono rac-
cogtiere, a difesa del castello e della residenza del Bey, un 700 uomini,
raal vestiti e peggio armati. I ribelli non tentarono nulla contro la citta
di Tunisi, sapendp che ivi eransi adunate, a difesa de' loro connazionali,
molte navi inglesi, francesi ed italiane; ma atteserp a rinforzarsi neh" in-
terno. II Ministro e 1'Ammiraglio francese fecero di tutto per indurre il
Bey a scendere a patti co' solleyati, contentandosi di abolire quella co-
stituzione e la legge del testatico , ed a licenziare il primo Ministro. II
Bey, dopo lunghi indugi, cedette pei primi due punti , ma non seppe ri-
solversi al terzo , probabilmente perche il primo Ministro o Kasnadar
Mustapha, ha saputo dimostrare al Bey essere interesse della Francia,
non meno che suo, il non lasciar preyalere i ribelli. Imperocche, dove
questi trionfassero, non manchereDbero di slender la mano a' sollevati
]oro fratelli d' Algeria, e la guerra santa troverebbe molto facilmente un
qualche Ald-cl-Kader, che darebbe grossi guai alia Francia. Percio an-
cora il Bey non permise all' Ammiraglio francese di far scendere a terra
sue truppe, a difesa de' suoi connazionali ; dicendo che non ^e n' era bi-
sogno, poiche nella citta non appariva verun pericolo.
11. Ne punto men pericolpsa per le colonie algerine era 1'agitazione del
Marpcco ; d' onde eran partiti gli eccitamenti ai moti succeduti nella pro-
vincia d' Orano, e dove i ribelli trovavano aiuto ed asilo. E gia il fanati-
smo cominciava ad insanguinarsi le mani.Un Francese, presso a Tetouan,
fu trucidato, ed unp dei Capi della ribellione di Orano fu invece ospitato
e protetto. Di che il Governo francese mando, sul finire del Maggio, in-
timare, in forma perentoria, al Governo marocchino, che i suoi porti sa-
rebbero quanto prima bloccati, e quindi si verrebbe a fatti di maggior
rigpre, se non si risolvesse senza dimora a dare alia Francia la dpvuta
satisfazione, in questp modo: che 1.° Si consegnassero gli assassini del-
1' ucciso francese, o si pagassero 500,000 franchi d'indennita ; 2.° Fosse
casso d' ufficio e rimpsso il Governatore di Tetouan, per non aver impe-
dito o punitp quel misfatto; 3.° Fosse cpnsentita 1' estradizione del Capo
arabo , a cui erasi conceduta quella ospitalita in forma da incoraggire i
suoi complici. Dopo qualche tergiversazione, il Marocco si piego a con-
tentare la Francia, e scese a pratiche di componimento.
INDICE
La Quistione dei Ducati danesi pag. 5
// Congresso dei dotti Cattolici in Monaco di Ba-
viera e le Scienze sacre 2i
/ Liberali e le loro Promesse 37
/ Liberali e la loro Toller anza 290
// Correspondant e la Ci villa Catlolica 48
La Chiesa anglicana in ruina 5U
// Trattato diLondra e il Trattato di Zurigo . . . 129
Una nuova forma di Generazionismo nel tempo mo-
derno . 14!
Di uri ultima forma di Generazionismo 555
La Poverella di Casamari. Racconto slorico del
i860 e 1861 162, 272, 413, 688
// Patriziato romano di Carlomagno . 180, 430, 52(>
// nuovo Impero del Messico e I' intervento fran-
cese 257, 385
Origine della Donazione di Coslantino^ secondo il
Dollinger 3(K>
La Quistione romana risoluta per giudizio degli stes-
si liberali 400
Cisiamo! 5i;>
IPrincipii deirOllantanove eposti edesaminati. 536, 675
// Danaro di S. Pietro spavento dei tristi, conforlo
dei buoni 641
Un Documento greco spettante alia Coronazione del
primo Czar della Russia
IND1CE 763
RIVISTE BELLA STAMPA ITALIANA
Elementi di Architetttira gotica , da documenti anlichi ,
trovati in Germania , offerti agli artisti dal Conte EDOARDO
31ELLA, Direttore dell'htitulo di Belle Arti in Vercelli. Parte
prima pubblicata nel 4857 ; Parte seconda pubbL net 4865
- Milano , Lit. Ronchi. Due tomi in un vol. in foglio , con
moltissime tavole pag. 68
Memorie e Scritti di LUIGI LA VISTA, raccolti e pubblica-
ti da PASQUALE VILLARI. Un volume in 8.° piccolo, di pag.
XLVIIl-375. 1863 201
Se io fossi Vescovo: per ELIA ARR-DUBRON: estratto dal
Messaggiere di Rovereto — Venezia, 1864. Un opuscolo in
#.° di pag. 32; nel quale si danno molti consigli ai Vescovi, e
nessuno ai Canonici. 217
Memorie storiche della chiesa di S. Benedetto in Pisci-
ttula, nel Rione Trastevere, raccolte e pubblicate dal Prin-
cipe D. CAMILLO MASSIMO — Roma M. DCCG. LX1V, tipogra-
fia Salviucci. Un volume in 8.° di pagg. 164 331
Osservazioni intorno alle Donne ed alia loro educazione ,
di FORTUNATO CAVAZZONI PEDERZINI modenese — Bologna , ti-
pograOa di santa Maria Maggiore, Stabilimento dell' Immaco-
!atal863. Vol. unicodi pag. VIII- 190 . ...... 337
Sloria delle Due Sicilie dal 4847 al 4864 , di GIACINTO
DE Sivo ; Volume Primo — Roma , tipografia Salviucci 1863. 444
/ Casi della Toscana nel 4859 e 4860 narrati al popolo
4a una COMPAGNIA DI TOSCANI con note e Documenti — Firen-
ze, tipografia di A. Salani 1864 ivi
Enciclopedia deir Ecclesiastico , compilata dall' Abb. VIN-
CENZIO D' AVINO. Edizione seconda riveduta, aumentata e in
parte rifusa. Torino, Pielro df Giacinto Marietti lipografo-edi-
tore, Piazza B. V. degli Angeli. Dieci dispense del primo Vo-
Jume di pag. 640 463
Inslitutiones philosophicae ad mentem Dim Thomae , li-
ironum usui, per Sacerdptem IOAN. BAPT. DE GIORGIO, in Se-
minario Arcniepiscopali Utinensi Professorem, accommoda-
4ae. Utini, ex Tipographia archiepiscop. 1861-1863 ; 2 vol.
in 8.° di pagg. 376; e 464 o7()
Rapporto statistico del manicomio di S. Maria delta Pieta
di Roma per glianni 4864 e 4862 : pelD. BENEDETTO VIALE,
J)irettore — Roma 1864, dallo Stabilimento tipografico, via
del Corso 387. Un vol. in 4.° di pagg. 114 582
564 INDICE
// Manicomio di S. Maria delta Pieta in Roma, ampliato
e recato a nuove forme , per la munificenza del Santissimo
Padre Pio IX, dal Prof. Archiletto Francesco Azzurri —
Roma 1864 , dalla tipografia di B. Guerra. Un vol. in 8.° di
di pag. 66 pag. 582
Principii della Chiesa Romana, delta Chiesa Protestante
e della Chiesa Cristiana. Torino , stamp, deli' Unione tipo-
grafico-editrice 1863. Un vol. di pag. 166 594
Giornale del Centenario di Dante Allighieri. PREPARA LA
SOLENNITA NAZIONALE DELLA NASCITA DI DANTE. Si pubbll-
ca in Firenze dal Febbraio 4864 al Giugno 4865 . . . 706
La sentenza assolutoria , pronunziata dalla sezione di ac-
ciisa della Corte di Appello di Ancona nella causa di S. E.
il Cardinale Morichini. . 721*
BlBLIOGRAFIA 76, 470
ARCHEOLOGIA.. / tre period! delle antichissime popolazioni lacnstri
nella Smzzera , 22'^
— 1. La frase instinctu Divinitatis nell'Arco trionfale di Costantino —
2. Le monele di Costantino, posteriori alia vitloria sopra Massenzio. . (>01
SCIENZE NATURALI 1. Relazione sopra il tag Ho dell" istmo di Suez, ed
I lavori compiuti sino al Febbraio del 1864 — 2. Progressi del traforo
del Moncenisio — 3. Preparativi pel telegrafo transatlantic ; vendita
del Great Eastern — 4. Telegrafo russ'o-cinese — 5. Ravvivamento
del carat ten del libri e delle pergamene antiche — 6. La yerba, ossia
flie del Paraguay * , . . . 311
CRONACHE CONTEMPORANEE
.BAL 12 AL 26 MARZO
I. COSE ITALIANE — STATI PONTIFICII 1. Solenne ricemmento del
Conte di Sarliges, ambasciadore di Francia — 2. Ordini del Ministro
delle Armie del Generale Montebello sopra alcune risse tra soldati:
parole del Moniteur — 3. Premii proposti dal Minister o del Commer-
cio per la coltura del cotone; confessioni del Debats — 4. Societa di
mutno soccorso in Roma ; morte del loro istitutore D. Francesco Rivi
REGNO DELLE DUE SICILIE 1. Applicazione della legge contro il bri-
gantaggio, disfatta di piit bande — tf.Processo e condanna dei briganti
catturati a Genova suit* Amis; statistica de' fucilati — 3. Le torture
dun sordomuto in Sicilia sono accertate — 4. // Municipio di Napoli
fa levare le immagini sacre dalle vie
II. COSE STRANIERE — ALEMAGNA E D^NIMARCA 1. Note della Da-
mmarca per chiedere I'intervento armato delle Potenze — 2. Risposta
indiretta del Gabinetto inglese; sue pratiche per rimettere il negozio ad
INDICE 705
una Conferenza cUplomatica — 3. Conference tra i rappresentanti degli
Stati secondarii alemanni a Vilrtzbourg — i. Deputazioni dei Ducati a
Vienna ed aBerlino — 5. Invasione del Jutland; gli Austriac iinvestono
Frederic-la — 6. Assedio di Dilppel condotto dai Prussiani — 7. Nota
collet tiva dell' Austria e della Prussia alle Potenze, circa il loro intent o
verso la Danimarca — 8. Proposte fatte alia Die I a di Franc fort da
vane Potenze alemanne — 9. Morte di Massimiliano II re di Baviera;
avvenimcnto di Luigi II pag. 106
SPAGNA 1. Dimissione del Gabinetto presieduto dal Mir a/lores ; nuo-
vo Ministero — 2. Altra crisi ministerial; nuovo Gabinetto — 3.
Parto della Regina; decreto d'amnistia — 4. Andamento della guerra
a S. Domingo — 5. Sequestro d' una nave , carica d' armi e munizioni,
dirctta ad Ancona . 118
MESSICO 1. Lettera del Bazaine a Mons. Labastida, per intimargli di
desist ere da ogni opposizione — 2. Risposta di Monsig. Labastida — 3.
Protestazione di tutto I'Episcopato messicano, e senlenza di scomunica
maggiore contro gli autori ed esecutori direcenti decreti a danno della
Chiesa — 4. Destituzione del Magistral della suprema Corte di Giusti-
zia — 5. Lett era del Generate Neigre all'Arcivescovo di Messico, sopra
eerie scritture sediziose — 6. Risposta dell' Arcivescovo al Neigre — 7.
Condizioni politiche e militari del Messico 116
DAL 26 MABZO AL 9 APRILE
I. Breve del Sommo Pontefice Pio IX all'Arcivescovo di Monaco di
Baviera sopra il Congresso dei dotti cattolici., ivi tenuto nel Settembre
del 1863 229
II. COSE ITALIAISE — STATI PONTIFICII 1. Solennita della Setti-
mana santa e della Pasqua — 2. // Santo Padre a santa Maria sopra
Minerva — 3. Accademia al Castro Pretorio — 4. Sussidii raccolti dal-
V Osservatore Romano per le Religiose spogliate dalla Rivoluzione —
0. 0/ferle de' Lucchesi al Santo Padre — 6. Decreto della S. Congreg.
dell' Indies per proibizione di libri — 7. Attentato contro il Vescovo di
Comacchio — 8. Agitazione del partito mazziniano contro il Governo
usurpatore nelle province delta Chiesa; bando pel 19 Marzo — 9.7 Ga-
ribaldini di Ravenna impediti con la forza da ogni dimostrazione —
10. Assassinio del sottoprefetto d" Imola 235
STATI SARDI 1. La legge pel ragguagiio del tributo prediale e appro-
vata dalla Camera deiDeputali — 2. // Minislero, per accertarne rap-
provazione del Senato, nomina 23 nuovi Senatori; opposizioni percio in-
contrate — 3. Carcerazione di due sacerdoti per aver negata la SS.
Eucaristia ad uno scomunicato ; giudizio concorde dei liberali contro
tale cnormczza 212
III. COSE STRANIERE — AMERICA SETTENTRIONALE ( Stall Uniti )
1. Morte e funerali diMons. Hugues, Arcivescovo di New-York — 2. A-
perlura del 38.° Congresso di Washington; messaggio del Lincoln; con-
dizioni del debito pubblico — 3. Messaggio di Jefferson Davis al Con-
gresso di Richmond — 4. Amnistia bandita dal Lincoln; leggi per una
nuova coscrizione rnilitare, e per la confisca dei beni dei ri belli — S. //
Governo di Richmond abolisce la facolta delle sostituzioni nelle milizie
— 6. Fatii.di guerra nel Tennessee — 7. Spedizione dei Federali con-
tro Richmond, andala a vuoto; scorrerie nel Mississipi • bombardamen-
to inutile di Charleston — 8. Spedizione dei Federali nella Florida, e
loro disfatta 2i!>
TG(> INDICE
DAL 9 AL 30 APRIL E
I. COSE ITALIANS — STATI PO^TIFICII 1. II 5. Padre a S. Maria
jlaqgiore; decreto di Beatificazione del Yen. Pietro Canisio — 2. //
S. Padre alia Propaganda ; decreto di Canonizzazione della B. Maria
Francesra delle cinque Piaghe, e di Beatificazione della Yew. Alacoque
— 3. Triduo di riparazione al Collegia Romano — 4. Regolamento edi-
lizio — 5.7 giornali del Governo torinese e il Moniteur di Parigi, sopra
I' amor e di Roma pel S. Padre — 6. Anniversario del 12 Aprile • — 7.
Nuovo Inviato del Messico a Roma — 8. L' Imperatore e llmperatri-
ce del Messico a Roma — 9. Messa per la Francia in S. uiovanni
Laterano pag. 350
II. COSE STRANIERE — ALEMAGNA e DAINWIARCA 1. Vantaggi otte-
nuti dal cattolicismo per la guerra — 2. Discorso del Re di Danimar-
ca per la chiusura del Rigsdag — 3. Trattati diplomatici fra le grandi
Potenze; si accettano le Conferenze proposte dall'Inghilterra — 4. Di-
chiarazioni della Gazzetta di Vienna circa gl' intendimenli dell' Austria
e della Prussia — 5. Assedio di Duppel; bombardamento di Sonder-
bourg — 6. Presa di Duppel; il Re di Prussia va di persona ali'esercilo 358
IMPERO D' AUSTHLV 1. Circolari per V or dine pubblico in Gallizia —
2. Convenzione tra I' Austria e la Prussia circa le frontiere — 3. Con-
dizioni della Dalrnazia; e sciolta la Dieta dalmata — 4. Travagli e
carestia in Ungheria — 5. Difficolta che ritardarono I' accettazione
formale della corona messicana per parte delVArdduca Massimiliano
— 6. Patto difamiglia circa i airitti di successione ; assoluta rinunzia
deirArciduca Massimiliano ; nota della Gazzetta di Vienna — 7. Avve-
nimenlo di Massimiliano I al trono imperials del Messico — 8. Suo
commiato dalla marina austriaca, e beneftcenze insigni verso i poveri
di Trieste — 9. Partenza del nuovo Imperatore alia volta di Roma —
30. Arrolamento di truppe pel Messico 365
FRANCIA. 1. Breve del S. Padre al Card. Arcivescovo di Lione sopra
il Messale ed il Breviario Romano — 2. Accoglienze imperiali all'Arci-
duca Massimiliano d' Austria — 3. Napoleone HI arbitro del litigio
fra il Vicer^ d'Egitto e la Compagnia pel canale di Suez ~ 4. Spedi-
zione scientiftca al Messico — 5. Agitazione elettorale degli opera/*;
nota del Moniteur contro le adunanze democratize — 6. Elezioni di
Deputati repubblicani — 7. Petizione al Senato contro Fempieta e Vim-
moralita degli stampati; discorso del Card. Bonnechose; lapetizione e
messa da parte— 8. E' reietta una petizione sopra lo stato miserevole
del Regno delle Due Sicilie — 9. II Renan mantenuto nella sua carica
diProfessore; parole dell' Opinion Rationale — 10. Processo e condan-
na del Mazzini — 1.1. Decreto emanato dalla Dieta svizzera contro H
Mazzini — 12. Nota del Moniteur circa la permanenza del Garibaldi
in Inghilterra — 13. Trattato conchiuso col Messico per la spedizione
e la guerra ivi condotta — 14. Contegno della Francia per laquistione
Danogermanica; pratiche fatle in Parigi dal Duca Ernesto di Sassonia;
missione di Lord Clarendon a Parigi— 15. Abolizione di tarn; lettera
dell' Imperatore ; speranze di pace
DAL 30 APRILE AL 14 MAGGIO
1. COSE ITALIANS — STATI POKTIFICII 1. Discorso tenuto dal San-
to Padre , nel Collegio di Propaganda, alii 24 d' Aprile — 2. Libera-
zione di monsig. Arnaldi, Arcivescovo di Spolelo; imprigionamento del
suo Pro-Vicario, monsig. Profili — 3. Arreslo del Cardinal Morichini,
Vescovo di Jesi, condotto alle carceri di Ancona — 4. Sfrenatezza del-
ISDICE 767
V immoralita nelle usurpate province — 5. Chirografo del Santo Padre,
per remissions e vendita di un preslito fruttifero pag. 484
STATI SAUDI 1. Sequeslro di armi e denari della fazione mazziniana;
II Governo fa restituire oyni cosa — 2. Dimostrazione a Genova, e mee-
tings a Napoli, pel Garibaldi; corrispondenza del Moniteur parigino
— 3. Tumulto di studenii a Torino: chinsura e riaprimento delta (Jni-
versila di Torino e Pavia — 4. Circolare del Pisanelli sopra le cerimo-
nie religiose vespertine — 5. Circolare del medesimo sopra gl' impedi-
ment matrimoniali — 6. Disegno di legge del Ministro Delia Rovere,
per abolire I'esenzione del chierici dalla leva militare — 7. Interpellan-
ze varie nella Camera; proposte conlro il Denaro di S. Pietro ; promes-
se del Pisanelli — 8. Offerte di oggetti preziosi al Santo Padre. . . 492
II. COSE STRANIERE — ALEMAGNA E DANIMARCA 1. / Danesi abban-
donano Frederida che viene occupala da truppe anstriache — 2. Ono-
rificenze conferite dall' Imperatore d' Austria al Principe Federico Car-
lo di Prussia ed allo Wr angel — 3. Jstruzioni date ai plenipotenziarii
aus triad e prussiani circa le Confer enze di Londra — 4. Istruzioni da-
te dalla Dieta al suo rappresentante De Beust — 5. Scopo della spedi-
zione dell' armata navale austriaca nel mare settentrionale ; arlicolo
della Gazzetta di Yienna — 0. Accettazione dell' armistizio , e sospen-
sione del blocco 498
INGUILTEHRA 1. Imputazioni criminal!, pubblicate inFrancia, con-
tro Lord Stamfeld membro del Ministero britannico — 2. Discussione
nelle Camere inglesi, circa la complidta di Lord Stansfeld nelle congiurc
del Mazzini contro Napoleoneln ; voto della Camera dei Comuni — 3.
Ring a g liar disc e I' opposizione contro il Ministero; dimissione di Lord
Stansfeld — 4. Viaggio del Garibaldi a Malta ed in Inghilterra ; ova-
zioni iviricevute da Governanti e dal popolo ; banchetto col Mazzini., e
lettere ai caporioni della demagogia europea — 5. Molivi dell'aftretta-
ta sua partenza; dichiarazioni fatte dai Ministri alle Camere; tumulti di
plebe — 6. Conferenze diplomatic he circa la quislionc danogermanica. 502
DAL 14 AL 28 MAGGIO
I. COSE ITALIANE — STATI PONTIFICII 1. Udienza di congedo data
dal S. Padre all'Ardduca Luigi Vittorio a" 'Austria — 2. Notificazione
per I'estinzione parziale del Debito pubblico — 3. Decrelo della S. In-
quisizione contro il prete Guerrasio — 4. Decrelo della S. Congregazio-
ne dell' Indice per proibizione di libri — 5. Sentenza della Sezione
d'accusa della Corte d'Appello d'Ancona, circa la plena innocenza del
Card. Morichini e di due Canonici di Jesi , posti in liberla .... 610
STATI SAUDI 1. Cenni sopra i dibattimenti della Camera dei Deputa-
ti — 2. Rivelazioni del deputato Siccoli dr.cagli slipendii dati dal Mi-
nistero a' suoi giornalisli — 3. Elenco di monasteri occupati violente-
mente dal Governo — 4. Sequestra sopra lerenditeecclesiastiche di sud-
diti ponlifidi — 5. Furori setlarii nella Camera contro il Denaro di
S. Pietro; discorso di Cesare Cantu — 6. Offerte di oggetti preziosi ,
ed Obolo di S. Pietro , a^ Santo Padre, per mezzo dell' Armonia e
dell' Unita Cattolica f,i5
II. COSE STRAN1ERE— ALEMAGNA E DANIM ARC A 1. Condizioni del
cattolidsmo nello Schleswig-Holstein; ottimi effetti delta carita e dei
ministeri spirituali presso t'eserdto — 2. Tag tie poste dal Wrangel so-
pra il Jutland— 3. Combatlimento navale presso Heligoland — 4. Is4ru-
zioni date al plenipotenziario francese per le conference di Londra — 5.
Testo delta convenzione per I' armistizio — b.Assembleapopolare a Rends-
bourg ; parole del Duca d'Augustembourg — 7. Petizioni al Re di Prus-
sia per la separazione dei Ducati dalla Danimarca—$. Dichiarazione
dell7 Austria e della Prussia circa i Trattati di Londra del 1852. 621
768 IXDICE
generate Trepoff contro chi ha paura del Gover-
110 naziormle — 4. Xotizie ufficiali circa il modo ed i tisullali della re-
Anniversario del 1814 a Pietroburgo — S.'uisfatta del Circassi. pag. 628
DAL 28 MAGGIO ALL' 11 GIUGNO
I. COSE ITALIANS — STATI PONTIFICII 1. Solennita del Corpus Do-
mini — 2. Prodotto totale dell' Obolo di S. Pietro a tutto il Mag-
gio 1864 — 3. Risultato del recente imprestitar — 4. Ladri ed assassini
mandati dal Governo di Torino nelle province pontificie — 5. Insulti al
Card. Morichini in Jest. 733
STATI SAUDI 1. Bando rivoluzionario della ministeriale Opinione —
2. Condizioni delle Finanze — 3. Dilapidazione del beni ecclesiaslici;
stato della Cassa ecclesiastica — 4. Voto del Consiglio di Stato sopra
il contegno di Mons. Caccia — 5. Inqwsizione parlamcnlare sopra la
probita di alcuni Depulati, accusati di peculato — 6. II Garibaldi, capo
de' Framassoni ilaliani, li chiama ad Assemblea in Palermo 751
II. COSE STRANIERE — ALEMAGNA E DAMM.VUCA l.ffisposta del Re
di Prussia all' Indirizzo del Conle d'Arnim per laseparazione del Ducali
dalla Danimarca — 2. Lettera del Duca d' Angus temboury a Lord Rus-
sell — 3. Dispaccio del Bismark a Londra, per dichiardrsi svincolato
dai tratlati del 1852 — 4. La leale osservanza dell'armistizib, giustift-
cata dal Monitore prussiano — 5. Notizie offidose circa i risultali delle
Conference di Londra ' . . . . 7i()
FRANCIA 1. // Moniteur per la sera',sgomenlo del giornali uffidosi —
2. Applicazione degli articoli organici alia lettera del Santo Padre
sopra il Breviario ed il Messale nella Diocesi di Lione — 3. Lettera
pastorale del Card, de Bonald circa lo slcsso oggetto — 4. fntroduzione
della lilurgia romana nella Diocesi di Be! ley — 5. Lettera del Principe
Napoleone al comitato rivoluzionario di Torino, per I' unit a italiana —
6. Dicliiarazioni ufficiali del Governo francese, circa i suoi propositi
sopra I' Italia — 7. Promesse pacifiche e Hberali delsig. Persiyny -
8. Assegnamenti alle chiese ed ai teatri — 9. Sollevamento degli Arabi
in Algeria; si raccende la guerra; morte del Maresciallo PeHssier —
10. Spedizione dell' armata navale francesc a Tunisi, per vigilare la
rivoluzione scoppiata contro il Bey — 11% Ultimatum al Marocco. . . 7'>d
ERRATA CORRIGE
Pag. 76 I'm. 23 Francesco di Ascoli Francesca di Ascoli
» 498 » 10 e firme, dichiarino e firme non dichiarino
» 607 » 35 ricpnobbero la religione cri- donarono ai Cristiani la li-
stianalegalmenteesiprofes- berta del loro culto , e lo
sarono essi stessi cristiani. riconobbero legalmenle.
Sulla coperlina
del fascicolo 388;
pag.esternalin.i Lebreton Lebrethon
IMPRIMATUR — Fr. Hier. Gifjli 0. P. S. P. A. Mag.
Does Not Circulate
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BX 804 .C58 SMC
La Civiltaa cattolica
AIP-2273 (awab)
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